Erouc li amotlov li ottelfirnon

di Margaret24
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


 Ho preferito tradurre le formule e le scritte in inglese, per farlo sembrare più realistico (giacché è ambientato nel Regno Unito) e più legato all’originale, dal momento che nella mia testa, i personaggi di Harry Potter parlano in inglese, perché sono inglesi. Le traduzioni sono in fondo alla pagina.
I personaggi e la trama originale appartengono a J.K.Rowling.
 
 
La luna era finalmente tramontata. Remus Lupin si ritrovò disteso sul pavimento del suo ufficio, le membra doloranti, ma sapeva che non era niente in confronto a quello che provava di solito. Ancora una volta, la Pozione Antilupo aveva fatto effetto. Ancora una volta, era rimasto ad osservare la luna tutta la notte, trattenendosi dall’ululare di felicità, a godere della sua infinita bellezza. E a pensare. Pensare. Chiunque avrebbe detto che era la cosa più naturale del mondo. Non per lui. Non in quelle notti.
Restò ancora qualche minuto in quella posizione supina, inspirando ed espirando profondamente. Era ancora buio. Avvertiva le prime avvisaglie del sonno, ma sapeva che l’insonnia non l’avrebbe lasciato dormire. Si alzò lentamente, sentendosi girare la testa. I muscoli gli facevano male per via della trasformazione, ma ancora non era abituato alla mancanza di ferite e sangue. Si guardò intorno, grattandosi stancamente il capo, e trovò i suoi vestiti dove li aveva lasciati, miracolosamente intatti. Dopo averli indossati, fissò il proprio riflesso sulla finestra, e ancora una volta fu sorpreso di trovarvi solo cicatrici vecchie di mesi su quel viso spaventosamente pallido. Non indugiò troppo: non gli piacevano quelle cicatrici, né le striature di grigio dei suoi capelli, e sapeva di non essere l’unico ad avere l’impressione che il dolore e la malattia avevano accelerato i tempi del suo giovane volto.
Guardò la sua scrivania: la Mappa del Malandrino era ancora là. Non aveva osato nemmeno guardarla da quando l’aveva requisita, ma ora fu pervaso dalla tentazione. Sarebbe stato capace di sopportare il sale sulle ferite ancora aperte? Non doveva fare altro che scoprirlo. Prese con mani tremanti la sua vecchia e fedele amica. Anni fa era stato ingannato. Era stato tradito. Ma di una cosa era sicuro: la Mappa non mentiva. Mai. Prese la bacchetta adagiata sulla scrivania, e il cuore prese a battergli forte. Conosceva l’incantesimo. Dopo anni passati in quella scuola, non aveva nemmeno bisogno di pronunciarlo ad alta voce. Fece un respiro profondo, puntò la bacchetta sulla pergamena e pensò:
 
“I solemnly swear that I am up to no good” 1
 
Righe sottili riempirono la pagina come se vi avesse versato una boccetta d’inchiostro che seguiva solchi ben tracciati, e in un attimo Hogwarts era nelle sue mani. Come se qualcuno stesse scrivendo con una mano invisibile, una scritta verde apparve tra le pareti e i corridoi della scuola:
 

 

Messrs Moony, Wormtail, Padfoot and Prongs
Purveyors of Aids to Magical Mischief-Makers
are proud to present
THE MARAUDER’S MAP 2
 

 

Ma non furono le uniche parole. Non appena queste svanirono, la mano invisibile riprese a scrivere...
 

 

Hello, Mr. Moony! Long time, no see... 3
 

 

La Mappa aveva riconosciuto il tocco di uno dei suoi creatori. Remus sorrise malinconico. Ricordava i guai che avevano rischiato per disegnarla, libri e libri di incantesimi chiesti in prestito ad una sospettosa Madama Pince, appostamenti nei corridoi nell’aspettare che fossero deserti per prendere le misure e controllare ogni passaggio, quello strano stanzino per le scope al settimo piano che li aveva salvati da Gazza per poi sparire misteriosamente, ma che non erano mai riusciti a tracciare sulla carta...
Nell’accarezzare la ruvida superficie, avvertì un impeto di eccitazione. L’intera Hogwarts era là, sotto i suoi occhi. Si sentì intrepido come quando aveva sedici anni. E se...?
Controllò i corridoi: un puntino con un cartiglio gli diceva che in quel preciso istante Severus Piton si trovava al sesto piano; la McGranitt perlustrava il primo; un ragazzo di nome Thomas Bradford si stava facendo servire dagli Elfi Domestici nelle cucine! Scosse il capo. Parlava proprio lui, membro di un gruppo di amici senza il quale quella mappa non sarebbe nemmeno esistita! Fuori dal suo ufficio non c’era nessuno. Con un ghigno malandrino, aprì la porta ed uscì, richiudendola senza il minimo rumore.
 


1. “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni”
2. “I signori Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso
     Consiglieri e Alleati dei Magici Malfattori
           sono fieri di presentarvi
   LA MAPPA DEL MALANDRINO”
3. Salve, Messer Lunastorta! È tanto che non ci si vede...


 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 Aprì in fretta la porta e si tuffò nella stanza, richiudendola rapidamente a chiave con un colpo di bacchetta. Rimase appoggiato alla parete, cercando di calmare il respiro affannoso e restando in ascolto. Non amava tendere le orecchie fino a raggiungere la capacità uditiva di un Lupo Mannaro se poteva evitarlo, ma stavolta era necessario. Poteva sentire le tubature della scuola gorgogliare, perfino i muri vibravano di magia. Per fortuna Piton non l’aveva visto. Tecnicamente non era un problema: ormai era un professore, poteva girare liberamente per i corridoi quando e quanto voleva. Ma avrebbe ricominciato a fare domande a trabocchetto, sospettando che la sua passeggiata notturna avesse a che fare con nientemeno che Sirius Black. I passi fuori la porta si erano allontanati. Prese la Mappa e la studiò accigliato. Era rischioso controllarla da solo, erano sempre stati almeno in due a farlo, uno che guardava davanti e l’altro dietro, e inoltre non aveva un Mantello dell’Invisibilità. Si sentì oppresso dalla solitudine, ma era così abituato da non farci caso. Decise di aspettare l’alba, quando la ronda sarebbe finita.
Puntò di nuovo la bacchetta sulla pergamena, pensando:
 
“Mischief managed” 4
 
Il foglio tornò bianco all’istante. Lo ripose con calma nella tasca interna degli abiti e si guardò intorno.
Riconobbe il luogo dove si trovava. Era un’aula in disuso, ci era finito una volta per errore insieme a James... Il ricordo gli diede una stretta allo stomaco. Cercò di non pensarci, in fondo sapeva di andare incontro a questo ed altro quando aveva accettato la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure. Notò l’enorme specchio in fondo all’aula. Come allora, gli sembrò fuori posto tra quei banchi di scuola. E, come allora, gli sembrò di esserne fortemente attratto. L’ultima volta non aveva avuto il tempo di indagare, era già tanto se erano riusciti a non farsi beccare, prima di tornare di corsa nel dormitorio. Ma stavolta non aveva nessuna torre dove tornare, nessuna clessidra da dover riempire di rubini. Si avvicinò piano.
Come si aspettava, era un normalissimo specchio. Evitò di guardarvi dentro e prese a leggere la scritta sulla stupenda cornice d’oro che poggiava su due zampe di leone:
 
Erised stra ehru oyt ube cafru oyt on wohsi 5
 
Intuì immediatamente come riuscire a comprenderla, ma prima che potesse rileggerla, qualcos’altro attirò la sua attenzione: con la coda dell’occhio vedeva riflesse più sagome di quante dovevano effettivamente esservene, e, con riluttanza, posò lo sguardo sul suo riflesso...
Restò a bocca aperta senza rendersene conto. Era troppo sconvolto per urlare. Si guardò automaticamente alle spalle, pur sapendo che la stanza era deserta, pur sapendo che le persone nello specchio non potevano essere dietro di lui, poiché avevano lasciato questo mondo...
Perché lui conosceva molto bene le persone nello specchio. La dolce Lily gli sorrideva, con quei suoi occhi di un verde incredibile; accanto a lei, suo marito rideva della sua faccia sconvolta, arruffandosi distrattamente i capelli; il piccolo Peter, sempre con quei capelli color topo, sempre con la sua timida espressione sorpresa; poi vide anche una persona che sapeva di non conoscere affatto: Sirius. Non era come le foto sui giornali e i manifesti. Era bello e ridente, e teneva James a braccetto, come Remus ricordava, e scherzava con lui, un affetto fraterno che trasudava dal suo viso. Dietro di sé, vedeva sua madre, bellissima, che metteva un bacio in una mano e vi soffiava dentro per indirizzarlo a lui, come faceva sempre quando era bambino; suo padre lo guardava con orgoglio, con gli stessi occhi azzurri del figlio, mentre le cingeva la vita con tenerezza. Remus si avvicinò di più allo specchio, lottando contro il dolore che provava nel petto, un dolore freddo e pungente, ma allo stesso tempo caldo e meraviglioso. Notò che il suo volto aveva qualcosa di strano...Non era lo stesso che aveva visto poco prima, nel suo studio... Remus si toccò la faccia con cautela, quasi avesse paura che il Lupo Mannaro dentro di lui potesse morderlo. Non era possibile...
Quel viso non era pallido. Non una cicatrice solcava le sue guance. Non una ruga attraversava i suoi lineamenti. Per la prima volta da ventotto anni, l’immagine del suo riflesso era una persona normale e felice, sorprendentemente attraente senza quei segni sul viso.
Il dolore nel suo cuore si fece più intenso. Tese una mano verso le persone che amava e la lasciò scivolare rassegnato sulla fredda superficie, sorpreso dalla mancanza di impronte su di essa. Notò che improvvisamente avevano tutti assunto un’espressione malinconica, sebbene gli sorridessero ancora. James gli mise un braccio attorno alle spalle. Era assurdo non sentirne il peso. Sua madre prese ad accarezzargli la testa, come aveva fatto tante volte quando aveva visto il figlio scoraggiato e deluso da un’altra umiliante discriminazione. Delle immagini affiorarono alla mente, le stesse che si insinuavano nella sua testa ogni volta che un Dissennatore gli si avvicinava... Il Marchio Nero sopra la sua casa... i corpi dei suoi genitori... le macerie di quel che restava della casa dei Potter... il dito di Peter in una scatola... artigli e denti affilati che lo torturavano senza pietà...
Si avvicinò allo specchio fino ad appoggiarci la fronte, rabbrividendo al gelido contatto con il vetro, mentre calde lacrime gli scivolavano lentamente sul viso, il dolore nel petto ormai insopportabile. Tutto il peso di quegli anni, le sofferenze che aveva subito nella sua vita tutt’altro che facile, sembravano schiacciarlo, rendendogli difficile persino respirare. In dodici anni aveva imparato a convivere con il suo dolore, a nasconderlo e ad accantonarlo. Nessuno sapeva quanto in realtà gli mancasse la sua famiglia, nessuno immaginava quanto si sentisse solo senza i suoi amici. Lord Voldemort era stato sconfitto. Nessuno si era accorto che Remus Lupin era stato tradito e abbandonato a se stesso, eppure ancora vivo, ancora con la possibilità di un futuro migliore. A quelli come lui non era concesso avere un futuro. Andavano avanti per un innato istinto di sopravvivenza, non certo per rifarsi una vita. Come se avessero un’anima mutilata. Era questo che pensavano di lui. E le persone in quello specchio erano tra le poche ad averla vista diversamente. E adesso non c’erano più.
All’improvviso, un raggio di luce illuminò la stanza, ma le persone non scomparvero. Remus alzò piano lo sguardo verso la scritta sulla cornice, e capì. Si allontanò dallo specchio a fatica e guardò i suoi cari sorridergli. Sentiva la verità serrargli il cuore ancora una volta: quelle persone non sarebbero tornate. Mai più. Quello specchio non gli avrebbe ridato la felicità, né la giovinezza perduta. Tutto ciò esisteva solo in quel mondo simmetrico e impossibile. Non era reale. Li guardò un’ultima volta. Suo padre annuì. O forse era solo la sua stessa coscienza. Guardò James... e gli sorrise. Non tutto era perduto. In quello stesso castello, c’era un ragazzo da proteggere: il figlio del suo migliore amico. Si costrinse a voltarsi e attraversò deciso la stanza, senza guardarsi indietro, e, mentre percorreva i corridoi deserti diretto verso il suo studio, si rese conto che i suoi amici e la sua famiglia gli avevano ridato la speranza ancora una volta.
 
4. “Fatto il misfatto”
5. Erouc li amotlov li ottelfirnon
 

 

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