Shinji
galleggiava.
No, questo non era il termine
giusto. “Fluttuare” era forse ciò che più si avvicinava alla sua esperienza. Si
sentiva privo di corpo all’interno dell’entry plug,
meravigliosamente… libero. Libero da suo padre, libero da Asuka,
libero dagli angeli e libero dall’Evangelion. Si
sentiva bene.
Aveva la sensazione che quella non
fosse la prima volta che si sentiva così, ma non
riusciva a ricordare un momento passato che potesse riportargli alla mente
simili sensazioni.
Sapeva di trovarsi dentro l’Eva, e
che stava combattendo contro un angelo. Fuori c’erano delle persone che gli
parlavano, chiamavano il suo nome. Ma… chi erano
quelle persone?
Sebbene qualcosa nella sua mente
dispersa gli urlava che erano persone importanti, in
quel momento la questione gli sembrava di importanza limitata.
A dire il vero gli sembrava poco
importante anche essere sull’Eva per combattere l’angelo.
Perché
saliva sull’Eva?
Non lo sapeva. Ciò che sapeva e
che gli interessava era stare lì, in quel momento. “Fluttuare”.
“Fluttuare”… dove? Dov’era? Cosa ci faceva lì? Ma esisteva davvero un “lì”? Era inutile pensarci, e se
ancora avesse avuto una bocca, Shinji avrebbe sorriso ironico. Prima che svanisse anche l’ironia.
Mentre la sua mente si disfaceva pezzo dopo pezzo, così come era successo con il
suo corpo, Shinji si rendeva conto che davvero vi era
stato un momento passato in cui si era sentito così. E,
proprio come allora, anche in quel momento sentiva incombere su di sé un
possente battito cardiaco.
“Mamma…?”
I pochi barlumi
di coscienza che erano soliti formare l’entità nota come “Shinji
Ikari” si rividero all’interno di un luogo antico,
buio, umido, caldo, più di qualunque altro luogo antico, buio, umido e caldo,
perché preesistente a quegli stessi concetti. Tuttavia esso era estremamente confortevole. Accanto a sé percepì una
presenza, qualcosa che lo avvolgeva, che gli dava una forma, che lo riscaldava
quando aveva freddo, che gli sorrideva quando era triste, che lo nutriva quando
aveva fame. L’ultima parte che ancora sapeva usare il linguaggio formò,
nell’etere ispessito all’interno del suo animo una parola:
“Evangelion…?”
Poi, l’essere che era stato Shinji Ikari capì, e si abbandonò
a quella sensazione ineguagliabile.
“Mamma…”
Tutto attorno a lui, il suo mondo
distrutto si coagulò in una figura, che lo teneva amorevolmente in braccio,
stringendolo a sé.
“Eccomi, Shinji…
Sono tornata da te.”
“Mamma, io sono felice.”
“Anch’io,
Shinji. Ed ora che sei tornato da me staremo per
sempre insieme.”
“Sì, mamma.”
***
Dopo un tempo che parve
un’eternità, l’entità si scisse. Come una foglia che si stacca
da un ramo, una parte di essa scivolò via, adagiandosi sul sedile dell’entry plug.
“Mamma,”
chiese la foglia. “Io… Posso davvero stare qui?”
“Sì, certo, tesoro mio. Puoi stare
qui per sempre.”
“Però…
Credo di non volerlo.”
“Qui ci siamo soltanto io e te.
Non c’è bisogno di nient’altro.”
“Però, fuori da
qui esistono altre persone… Persone che sono preoccupate per me, perché non
sono ancora tornato a casa…”
“Ma, Shinji, tu sei a casa.”
“…Allora perché non mi sento
bene?”
La luce scemò, e l’entità assunse
lentamente dei contorni più definiti e più scuri – l’interno di un’entry plug.
“Mamma, mi mancano quelle
persone.”
“Vuoi rincontrarle?”
“Sì.”
“Vuoi rincontrarla?”
“Sì.”
Le pareti scomparvero,
sostituite dalla violenta luce artificiale della base della Nerv. Ciò che era stato la foglia
percepì una sensazione di freddo, impossibile da definire. Poi al freddo si
sostituì il calore di un abbraccio, e il sapore salato delle lacrime.
“Non essere triste, mamma. Ti
prego, non mi trattenere.”
“Non ti sto trattenendo. Vai da
lei.”
“Ti vedrò ancora?”
“Sì. Ma
ora vai da lei.”
“Addio, mamma.”
“Addio, Shinji.”
***
“SHINJI!!”
Misato
strinse a sé il corpo nudo del Third Children, mescolando le proprie lacrime all’LCL
che lo ricopriva. Credeva di averlo perso per sempre e non aveva esitato a
gettarsi su di lui quando, inspiegabilmente, il liquido vitale contenuto
nell’entry plug, ed ora sparso sul pavimento, si
contrasse, assumendo la forma di Shinji Ikari.
Ora piangeva, come non faceva da
molto tempo, e piangeva di gioia e di dolore, perché a volte la gioia è così grande da ferire l’animo dell’uomo.
Shinji
fremette a quell’abbraccio e aprì leggermente gli
occhi. Incontrò quelli velati di lacrime di Misato.
“Si…signorina Misato…”
“Sì, Shinji,
sono qui! E’ tutto finito! Sei tornato a casa, Shinji!”
“A casa…”
A costo di un grande sforzo, Shinji sollevò un braccio, e rispose goffamente
all’abbraccio di Misato. Non era granché, ma ciò gli infuse un grande calore nel petto. Un
calore che aveva provato solo poche volte nella sua vita, molto tempo prima.
E una volta, in un tempo e in un luogo che non avrebbe potuto
definire. Sì, concluse, si sentiva a casa.
“Signorina Misato…?”
“Sì, dimmi, Shinji.”
“Mamma…”
Misato
rimase attonita a guardare Shinji che si accoccolava
fra le sue braccia, stringendosi sorridendo al suo seno, e addormentarsi così. Dacché lo conosceva, non aveva mai avuto un’espressione così
serena sul volto. E lei non era così felice da molto,
molto tempo.
Gli accarezzò i capelli, ancora
umidi di LCL, e rimase in quella posizione, silenziosamente assorta, aspettando
l’arrivo dei soccorsi.