A casa

di DarkPenn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A casa ***
Capitolo 2: *** Madre ***



Capitolo 1
*** A casa ***


Shinji galleggiava

Shinji galleggiava.

No, questo non era il termine giusto. “Fluttuare” era forse ciò che più si avvicinava alla sua esperienza. Si sentiva privo di corpo all’interno dell’entry plug, meravigliosamente… libero. Libero da suo padre, libero da Asuka, libero dagli angeli e libero dall’Evangelion. Si sentiva bene.

Aveva la sensazione che quella non fosse la prima volta che si sentiva così, ma non riusciva a ricordare un momento passato che potesse riportargli alla mente simili sensazioni.

Sapeva di trovarsi dentro l’Eva, e che stava combattendo contro un angelo. Fuori c’erano delle persone che gli parlavano, chiamavano il suo nome. Ma… chi erano quelle persone?

Sebbene qualcosa nella sua mente dispersa gli urlava che erano persone importanti, in quel momento la questione gli sembrava di importanza limitata.

A dire il vero gli sembrava poco importante anche essere sull’Eva per combattere l’angelo.

 

Perché saliva sull’Eva?

 

Non lo sapeva. Ciò che sapeva e che gli interessava era stare lì, in quel momento. “Fluttuare”.

“Fluttuare”… dove? Dov’era? Cosa ci faceva lì? Ma esisteva davvero un “lì”? Era inutile pensarci, e se ancora avesse avuto una bocca, Shinji avrebbe sorriso ironico. Prima che svanisse anche l’ironia.

 

Mentre la sua mente si disfaceva pezzo dopo pezzo, così come era successo con il suo corpo, Shinji si rendeva conto che davvero vi era stato un momento passato in cui si era sentito così. E, proprio come allora, anche in quel momento sentiva incombere su di sé un possente battito cardiaco.

 

“Mamma…?”

 

I pochi barlumi di coscienza che erano soliti formare l’entità nota come “Shinji Ikari” si rividero all’interno di un luogo antico, buio, umido, caldo, più di qualunque altro luogo antico, buio, umido e caldo, perché preesistente a quegli stessi concetti. Tuttavia esso era estremamente confortevole. Accanto a sé percepì una presenza, qualcosa che lo avvolgeva, che gli dava una forma, che lo riscaldava quando aveva freddo, che gli sorrideva quando era triste, che lo nutriva quando aveva fame. L’ultima parte che ancora sapeva usare il linguaggio formò, nell’etere ispessito all’interno del suo animo una parola:

 

Evangelion…?”

 

Poi, l’essere che era stato Shinji Ikari capì, e si abbandonò a quella sensazione ineguagliabile.

 

“Mamma…”

 

Tutto attorno a lui, il suo mondo distrutto si coagulò in una figura, che lo teneva amorevolmente in braccio, stringendolo a sé.

 

“Eccomi, Shinji… Sono tornata da te.”

“Mamma, io sono felice.”

Anch’io, Shinji. Ed ora che sei tornato da me staremo per sempre insieme.

“Sì, mamma.”

 

***

 

Dopo un tempo che parve un’eternità, l’entità si scisse. Come una foglia che si stacca da un ramo, una parte di essa scivolò via, adagiandosi sul sedile dell’entry plug.

 

“Mamma,” chiese la foglia. “Io… Posso davvero stare qui?”

“Sì, certo, tesoro mio. Puoi stare qui per sempre.”

Però… Credo di non volerlo.”

“Qui ci siamo soltanto io e te. Non c’è bisogno di nient’altro.”

“Però, fuori da qui esistono altre persone… Persone che sono preoccupate per me, perché non sono ancora tornato a casa…”

Ma, Shinji, tu sei a casa.”

“…Allora perché non mi sento bene?”

 

La luce scemò, e l’entità assunse lentamente dei contorni più definiti e più scuri – l’interno di un’entry plug.

 

“Mamma, mi mancano quelle persone.”

“Vuoi rincontrarle?”

“Sì.”

“Vuoi rincontrarla?”

“Sì.”

 

Le pareti scomparvero, sostituite dalla violenta luce artificiale della base della Nerv. Ciò che era stato la foglia percepì una sensazione di freddo, impossibile da definire. Poi al freddo si sostituì il calore di un abbraccio, e il sapore salato delle lacrime.

 

“Non essere triste, mamma. Ti prego, non mi trattenere.”

“Non ti sto trattenendo. Vai da lei.”

“Ti vedrò ancora?”

“Sì. Ma ora vai da lei.”

“Addio, mamma.”

“Addio, Shinji.”

 

***

“SHINJI!!”

 

Misato strinse a sé il corpo nudo del Third Children, mescolando le proprie lacrime all’LCL che lo ricopriva. Credeva di averlo perso per sempre e non aveva esitato a gettarsi su di lui quando, inspiegabilmente, il liquido vitale contenuto nell’entry plug, ed ora sparso sul pavimento, si contrasse, assumendo la forma di Shinji Ikari.

Ora piangeva, come non faceva da molto tempo, e piangeva di gioia e di dolore, perché a volte la gioia è così grande da ferire l’animo dell’uomo.

Shinji fremette a quell’abbraccio e aprì leggermente gli occhi. Incontrò quelli velati di lacrime di Misato.

 

“Si…signorina Misato…”

“Sì, Shinji, sono qui! E’ tutto finito! Sei tornato a casa, Shinji!”

“A casa…”

 

A costo di un grande sforzo, Shinji sollevò un braccio, e rispose goffamente all’abbraccio di Misato. Non era granché, ma ciò gli infuse un grande calore nel petto. Un calore che aveva provato solo poche volte nella sua vita, molto tempo prima. E una volta, in un tempo e in un luogo che non avrebbe potuto definire. Sì, concluse, si sentiva a casa.

 

“Signorina Misato…?”

“Sì, dimmi, Shinji.”

“Mamma…”

 

Misato rimase attonita a guardare Shinji che si accoccolava fra le sue braccia, stringendosi sorridendo al suo seno, e addormentarsi così. Dacché lo conosceva, non aveva mai avuto un’espressione così serena sul volto. E lei non era così felice da molto, molto tempo.

Gli accarezzò i capelli, ancora umidi di LCL, e rimase in quella posizione, silenziosamente assorta, aspettando l’arrivo dei soccorsi.

 

 

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Capitolo 2
*** Madre ***


“Sono tornato

“Sono tornato.”

“Sì sì, ben tornato.”

Era sempre la solita storia. Asuka non si sforzava mai di trattarlo meglio di quello che era: una seccatura. Dall’alto della sua perfezione, lei non considerava che anche altre persone trovassero faticosi i test di sincronizzazione.

Certo, anche per lei non erano una passeggiata, ma faceva di tutto per farli sembrare tali. Ed ora come al solito si rilassava davanti alla tv, facendo finta di non essere affaticata. Mentre lui invece, Stupi-Shinji, lui non mascherava la sua fatica, passando per il pappamolle di casa.

Come al solito, si chiuse in camera sua, estrasse dallo zaino di scuola il suo walkman e si mise ad ascoltare la traccia 25, la sua preferita. Asuka, indifferente, lo degnò appena di uno sguardo prima di concentrarsi sulla trama ingarbugliata della soap trasmessa in tv.

Se solo sua madre fosse stata lì con lui, non si sarebbe sentito così a terra. Ed invece se n’era andata. L’aveva lasciato solo. Una nullità.

Come da programma, quella sera Asuka uscì con la capoclasse, limitandosi ad un freddo saluto verso Shinji, che nemmeno se ne accorse. La casa rimase fredda e vuota. E silenziosa. Estranea.

Shinji si sentiva andare in pezzi, solo com’era in un luogo così grande e desolato ed estraneo. Si raggomitolò sul letto e alzò al massimo il volume della traccia 26, annebbiando la sua mente e la consapevolezza di essere solo.

Se solo sua madre fosse stata lì con lui, non avrebbe avuto bisogno di danneggiarsi i timpani, di artigliare le coperte, di soffocare il pianto. Se sua madre fosse stata lì quella casa sarebbe stata calda, accogliente, piena di vita. Sarebbe stata casa sua.

Non si accorse della porta che veniva aperta e della luce che veniva accesa, e nemmeno di Pen-Pen che usciva pigolando dal suo frigorifero a fare le feste alla sua padrona. Non si rese conto di nulla finché la luce accesa della sua stanza non lo abbagliò e non vide la figura di Misato sulla soglia.

“Ciao, Shinji. Stai bene?”

“Sì.”

“Se vuoi ti preparo qualcosa, così ti ricarichi.

“No, grazie, sto bene così.”

“Shinji…”

Qualcosa nel tono di voce di Misato lo costrinse a voltarsi e a spegnere il walkman. Lei era sempre lei, eppure sembrava diversa. Guardò la sveglia sul comodino. Erano le due di notte. Misato era appena rientrata dal lavoro. Doveva essere molto stanca.

“Vada pure a riposarsi, signorina Misato,” riprese il ragazzo, cercando di sorridere e mostrarsi sereno. “Non si preoccupi per me, sto bene.”

“Shinji, non sei capace di mentire.”

Il tono delle parole di Misato era il solito, ma alle orecchie di Shinji suonava immensamente comprensivo. Sentì delle calde lacrime salirgli agli occhi, e cercò di reprimerle. Invano.

Misato si avvicinò, esitante. Di solito Shinji non permetteva a nessuno di avvicinarlo quando era in quello stato, ma ora il ragazzo non fece nessun gesto per allontanarla. Rimase seduto, curvo, le spalle che sobbalzavano lievemente per i suoi singhiozzi, gli auricolari del walkman abbandonati sulle gambe.

La donna si fece coraggio e si sedette accanto a lui. Shinji sollevò gli occhi su di lei. Il velo di lacrime gliela mostrava confusa, circondata di luce. L’espressione sul suo volto era gentile e sorridente, ma i suoi occhi erano infinitamente tristi. D’improvviso, il ragazzo seppe chi gli ricordava, e la casa vuota e silenziosa parve rifiorire di vita. Era come se il suo cuore battesse per la prima volta.

Misato allungò esitante una mano verso le sue spalle, e lui si abbandonò completamente al suo abbraccio, stringendola a sua volta come se non volesse più lasciarla andare. Sorrise nel sentire il battito sommesso del suo cuore accanto all’orecchio e il freddo della sua croce sulla guancia. La donna esitò qualche istante, poi depositò una dolce carezza sulla testa del ragazzino, chinandosi ad abbracciarlo.

“Signorina Misato…” riprese lui dopo lunghi minuti.

“Sì…”

“Posso chiamarla mamma…?”

“…Sì. Sì, Shinji.”

Shinji sorrise, accoccolandosi nell’abbraccio di Misato, sollevando le gambe fino a raggomitolarsi accanto a lei. La donna, sorridendo a sua volta, gli depositò un lieve bacio sulla testa e lo strinse maggiormente a sé. Era come se, per la prima volta, avesse trovato qualcuno per cui valesse la pena di vivere.

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