Un amore in comune

di Morwen_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sesto (parte prima) ***
Capitolo 8: *** Capitolo Sesto (parte seconda) ***
Capitolo 9: *** Capitolo settimo ***
Capitolo 10: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 11: *** Capitolo Nono ***
Capitolo 12: *** Capitolo Decimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo Undicesimo ***
Capitolo 14: *** Capitolo Dodicesimo ***
Capitolo 15: *** Capitolo Tredicesimo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


  
UN AMORE IN COMUNE
 
"Odio e amo. Non chiedermi il perchè
Non saprei dirtelo.
Ma sento che accade
e mi tormento"
(Catullo)


 
Catullo Prologo
 
Lei lo segue velocemente giù per scale.
“Si, bravo! Fuggi! Vattene via! Scappa sempre dai problemi! Questa si che è una bella soluzione!” urla arrabbiata mentre lo raggiunge all’ingresso dove lui è intento a indossare il giubbotto per uscire.
Non avrebbe resistito un minuto di più in quella casa.
 “Devo solo uscire a prendere un po’ d’aria.” Risponde brusco agguantando dal mobiletto il casco della moto.
“Non dovresti guidare in queste condizioni.” Dice lei piano cercando di tranquillizzarsi.
Litigare non le è mai piaciuto. Men che meno ora che sa che Ariel è nell’altra stanza e che gli sta sicuramente sentendo. “I genitori di tua figlia sono morti in un incidente d’auto” aggiunge saccente incrociando le braccia al petto, sicura che questo avrebbe fatto scattare il ragazzo.
“Non è mia figlia!” esclama infatti arrabbiato lui. Lei non si scompone alla sua reazione esagerata. Resta immobile, impassibile, le braccia incrociate e lo sguardo puntato nei suoi occhi.
“E allora di chi è figlia?!” chiede.
Lui la fissa per altri due secondi poi si volta imprecando sottovoce, prende ed esce di casa sbattendo la porta.
La ragazza sobbalza, e poco dopo sente dalla camera del piano superiore il pianto di Ariel.
Lo sapeva.
Sospirando risale le scale per raggiungerla.

 
 Hi everyone!
Eccomi qua con la "mia" prima storia! Dico "mia" così perchè quest' idea non è tutta farina del mio sacco ma ho preso spunto da un film che ho visto qualche tempo fa, magari alcune di voi anche lo conoscono, s'intitola "Tre all'illimprovviso". Appena l'ho visto ho subito immaginato come sarebbe stato se al posto dei due protagonisti ci fossero stati Edward e Bella perciò...ecco nata questa storia! ^^
Non vi rubo altro tempo con queste chiacchere, e vi lascio al capitolo. Sperando che vi piaccia.
E se deciderete di lasciarmi anche un commetinto con il vostro parere, ne sarei molto felice.
Buona lettura. Un bacio.
Morwen

 
  

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Capitolo 2
*** Capitolo Primo ***


Voglio ringraziare tutti quelli che si sono presi anche solo l'impegno di leggere il prologo di questa storia. Questo primo capitolo è una raccolta di episodi che fanno da introduzione alla storia vera e propria.Fatemi sapere cosa ne pensate.
Buona Lettura 
Morwen


Capitolo uno
Momenti di vita

La vita non è cento volte troppo corta per annoiarsi?
(Friedrich Nietzsche)
 

“Non ci provare, Cullen! No, no, no, no! Stammi lontano! Lontano, ho detto! Va via!” urla Isabella mentre cerca di allontanarsi  il più possibile dal ragazzo che con tutta la faccia e le mani imbrattate di cioccolato cerca di abbracciarla.
“Ma Swan non avevi detto che il tuo uomo ideale doveva essere un tipo dolce?” chiede lui innocentemente  cercando di avvicinarsi. “Assaggia! Scommetto che io adesso lo sono!” esclama mentre si avvicina sempre di più.
“Giuro Cullen che se provi ad abbracciarmi in quelle condizioni, ti faccio fuori!” lo minaccia. Ma è una minaccia a vuoto.
“Via! Stammi lontano!” esclama scappando su per le scale della casa della sua migliore amica, Victoria. Seguita a ruota da lui.
“Non cambieranno mai.” Sono le uniche parole che sente esclamare da Vic, prima di chiudersi dentro la sua camera per sfuggire da Cullen.
 
Dallo sdraio Bella nota  la figura del suo carissimo amico Cullen che appoggiato al bancone del bar  fa il filo a una bionda da urlo, bionda finta precisiamo, e le viene in mente un idea.
Velocemente si alza dal lettino, agguanta gli occhiali da sole e con una camminata da gatta morta si avvicino al ragazzo..
“Amoreeee!” esclama con un voce stridula appoggiandosi al suo braccio. Entrambi, sia la bionda che Cullen appena la vedono la inceneriscono con lo sguardo.
“Ma cosa ci fai qui? Non dovevi essere a casa?” chiede mielosa lei continuando la sua farsa mentre Edward le lancia fulmini con gli occhi per averlo interrotto.
Oh ma non sa che il peggio deve ancora venire.
“Sai cosa ti ha detto il medico, vero? Che non puoi venire in spiaggia fino a quando non ti  finisce quel piccolo problemino….” Dice guardandolo, e cercando di non scoppiare a ridere.
Lui riguarda  Isabella sorpreso non capendo di che parla.
“Ma si dai, tesoro, puoi benissimo parlarne con questa bella ragazza!” esclama lei, poi si volto verso la bionda e le regala un bellissimo sorriso finto. “Sai, è da qualche giorno che il nostro povero Edward ha qualche problemino di stomaco, sai forse è il pesce che ha mangiato e non gli ha fatto molto bene e quin…” continua , ma viene interrotta dalla bionda che con faccia un po’ disgustata, avendo intuito il problemino di Cullen, si affretta a congedarsi. “Oh, scusate, ma mi è appena venuto in mente che devo fare una cosa con un…con una mia amica. Ciao. Ci vediamo” dice veloce  e si allontana.
“Ciao ciao!” le fa Bella con la manina.
Poi si volta verso il ragazzo e lo trova che la sta fissando, anzi che la sta fulminando.
“Tu sei una donna morta!” la minaccia.
 Lei scoppio a ridere.
“Uno a zero per me, Cullen!” urla poi, mentre se ne torna vittoriosa al suo sdraio.
 
“Swan! Vieni qui! Muoviti!”  chiama la voce di quel grande rompi scatole di Cullen.
Sbuffandola ragazza si alza dal divano e lo raggiunge fuori, dove sta dando una mano a James a sistemare il giardino.
James e Victoria si sono fidanzati e hanno comprato una casa, o meglio una specie di villetta, dove vivere e Bella e per sua sfortuna anche Cullen, stanno aiutando i loro amici con il trasloco.
“Che c’è?” chiede scocciata.
Lui le sorride. Un sorriso che non promette niente di buono.
“Vieni qui più vicino, da lì non lo vedi.” dice lui facendole cenno con la mano di avvicinarsi di più.
“Non vedo cosa?” chiede la ragazza sbuffando, ma avvicinandosi.
“Questo!” esclama puntandole addosso la canna dell’acqua che stava usando per annaffiare il giardino.
Lei lancia un urlo per la sorpresa, ma soprattutto per l’acqua gelata.
“Sei un uomo morto, Cullen!” sbraita mentre cerca di rubargli la canna dell’acqua per bagnarlo a sua volta.
 
“Vic, non lo trovo sei sicura che l’hai messo dentro questo scatolone?” chiede Bella alla sua amica.
Odio i traslochi! Gli odio! Mannaggia a me quando mi sono offerta di aiutarla!
“Si! Guarda bene!” le risponde Victoria dalla cucina.
Guarda bene un corno! È da un ora che cerco quel maledetto libro ma non c’è!
Piegata in avanti e con la testa immersa nello scatolone la ragazza impreca mentalmente contro la sua migliore amica. Ad un tratto sente uno schiaffo sul sedere. Sbuffa immaginando già chi sia stato.
“Cullen!” esclama già infastidita di suo.
Lui scoppia a ridere. Bella alza la testa dallo scatolone e lo fulmina ancora più infastidita da quelle risate.
“Giù le mani dal mio sedere!” minaccia.
“E tu non metterlo così in mostra!”
“E tu guarda da un'altra parte!” sibila per poi prendere e andare in un'altra stanza.
Ma cosa ho fatto di male per meritarmi questo?!
 
“Victoria, mi devi un enorme, anzi enormissimo favore, ci ho messo due intere settimane per finire quella maledetta lista! Davvero sono distrutta! La prossima volta ti prego invita meno persone al tuo matrimonio!” esclama Bella appena la sua migliore amica viene ad aprirle la porta di casa.
“Davvero l’hai finito?” chiede contenta.
“Si, finalmente!” dice lasciandosi sprofondare nel  divano e appoggiando il lavoro sul tavolino.
“Oh, prefetto!” trilla felice Victoria sedendosi al mio fianco. “E tranquilla, ti ricambierò il favore.” Si affretta ad aggiungere.
“Che ne dici se per iniziare non mi offri qualcosa da bere?” le chiede Bella sorridendo.
“Certo, arrivo subito” dice l’amica e corre in cucina. Non passano neanche due minuti che ritorna con in mano un bicchiere di succo all’arancia.
“Il tuo preferito, no?” chiede retorica mentre lo passa all’altra ragazza. Annuisce e ne beve un sorso, per poi appoggiarlo sul tavolino di fianco al progetto.
“James?” chiede curiosa Bella.
“E di là con Cullen.” risponde Vic. A quelle l’amica si lascia sfuggire una smorfia.
“Sempre fra i piedi deve essere quell’idiota?” domanda più a se stessa che a Victoria.
“Sempre!” risponde la voce di Edward appena entra in salotto.
“Si parla del diavolo…” bofonchia la ragazza alzando gli occhi al cielo.
“Swan, questa tua calorosa accoglienza mi commuove!” esclama sarcastico  lui avvicinandosi e sedendosi sul divano affianco alla ragazza.
“Dovresti esserne abituato, Cullen” ribatte lei guardandolo male.
Lui si limita ad alzare le spalle e ad appoggiare le gambe sul tavolino di fronte al divano. Facendo ciò però fa cadere il bicchiere di succo che va a sporcare tutto il lavoro di Bella.
“No, no, no, no!” esclama la ragazza cercando di salvare almeno qual cosina del suo lavoro. Inutilmente.
Si volto verso Cullen e lo fulmina. Il ragazzo rimane sorpreso nel vedere quell’espressione così furiosa sul volto della ragazza.
“Era importante?” chiede con voce incerta.
“Ti conviene sparire dalla mia vista…” gli suggerisce Isabella, prima di raccogliere il primo cuscino che le capita tra le mani e tirarglielo addosso. “Sei finito!” urla inseguendolo per tutta la casa.
 
“Signorina, è lei la damigella della sposa?” chiede il fotografo.
“Si, sono io” risponde Bella.
“Ecco, bene. Allora deve spostarsi lì vicino alla sposa.” Dice indicandole il posto di fianco a Victoria e davanti a Cullen.
Eh no, mio caro fotografo mi spiace ma c’è un buon motivo se non ho scelto quel posto!
“Dai, si muova signorina non ho tutto il giorno!” la incita lui.
“Ma io…” cerca di dire la ragazza.
“Niente ma. Forza. Si metta lì, che facciamo la foto! Niente storie!” la interrompe lui autoritario.
La ragazza respira profondamente.
 Lo faccio solo per  Vic e James! Solo per loro! Pensa rassegnata mentre si posiziona nel posto indicatole dal fotografo.  Ma appena tutti si mettono in posa per la foto, Bella sente una mano parlarle il sedere.
“Cullen!” esclama sotto voce voltandosi per fulminarlo con lo sguardo.
Lui le sorride innocentemente.
La ragazza riprnede poszione per la foto, ma un'altra palpatina la fa voltare.
“Maledizione Cullen!” esclama di nuovo scocciata. “Smettila! Pervertito!” aggiunge  voltandosi per la seconda volta  e lanciandogli addosso il bouquet, mentre lui scoppia a ridere come un deficiente.
Dio, quanto lo detesto!
 
“Eddai, fammela tenere! Non mordo mica!” esclama Edward cercando di prendere dalle braccia di Bella la bambina di Victoria e James.
“No, ceeerto! Ma chi mi assicura che non la farai cadere?” chiede di riamando lei guardandolo male.
“Ti conosco e non mi fido a darti una bambina tra le mani!” aggiunge poi risoluta.
“Per caso tu sei sua madre?”
“E questo che c’entra? Non ti lascio prenderla!” esclama Isabella mentre sorride alla creaturina stupenda che ha tra le braccia. È una bambina meravigliosa. Ha i capelli scuri e leggermente rossicci come quelli di Victoria, e gli occhioni grandi e chiari come quelli di James. Da grande sarà stupenda, riccia, rossa e con gli occhi azzurri. Ma d’altro canto come potrebbe non essere bellissima con due genitori che sono uno più bello dell’altro?
“Bene. L’hai tenuta abbastanza ora dalla allo zio Cullen!” insiste Edward. Lei sbuffa.
“Non la sai tenere! Le faresti male!”
“Sua madre, che per la precisione è Victoria, mi ha detto che posso tenerla, quindi smettila di rompere e fami prendere in braccio questa bellissima bambina.” dice lui sorridendo al piccolo fagottino che Bella tiene tra le braccia.
“Ma…”
“Bella, dagli la bambina. Non è così inaffidabile, credimi.” Interviene James prima che la ragazza possa ribattere.
Così a malincuore la passa a Cullen.
“Eccola, la mia piccolina!” esclama sorridente lui stringendola tra le braccia. “La mia piccola Emily…” sussurra.
“Emily?” chiede sorpresa Bella. “La bambina non si chiamerà Emily!” esclama. “Si chiamerà Nicole” dice decisa.
“Nicole?” chiede lui. “Ma per favore!”
“Sempre meglio che Emily!”
“Sempre meglio che Nicole!”
“Ragazzi!” la voce flebile di Victoria gli interrompe. Non è ancora molto in forze, ha partorito da poco e deve riposare. “Potrei per favore scegliere io il nome per mia figlia?” domanda retorica mentre aiutata da James cerca di tirarsi su a sedere sul letto dell’ospedale.
Bella ed Edward si guardano, poi guardano Vic.
“Si. Scusaci” dicono all’unisono. Poi Edward passa la bambina alla madre, che sorridendo la stringe al suo petto.
“Bene.” Sussurra sorridendo alla bambina. “Non ci sono dubbi, questa piccola si chiamerà Ariel. Ariel Meis.” Dice decisa la ragazza orgogliosa e piena d’amore per il bellissimo fagottino che tiene tra le braccia.
 


  

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Capitolo 3
*** Capitolo Secondo ***


Buongiorno a tutti! Eccomi tornata con il secondo capitolo.  Voglio ringraziare tutti coloro che hanno letto  il primo capitolo ma ringrazio soprattutto  ary94  e  Baby77  . Questo capitolo avrà molti riferimenti al film ma nei prossimi capitoli vi assicuro che saranno più rari.Spero che anche questo capitoli vi piaccia. Buona lettura.
Un bacio.
Morwen.


Capitolo due
Padrino e madrina

"La parola comunica il pensiero, il tono le emozioni"
(Ezra Pound)

 


 

“Ma dov’è la mia nipotina preferita? Oh, eccola qui! Ciao, Ariel! Vieni! Vieni qui dallo zio Edward!” la bellissima voce di Edward giunge alle orecchie di Bella proprio nell’esatto momento in cui lui mette piede in casa Meis.
La ragazza aveva sperato così tanto che un imprevisto dell’ultimo minuto gli impedisse di venire e invece niente, nada, zero. Lui è qui e le sue preghiere non sono state esaudite.
Sbuffando continua a sistemare le ultime cose per il primo compleanno di Ariel evitando di fare uno dei suoi soliti commenti.
“Bella, è il primo compleanno di Ariel. Perciò niente scenate con Edward, niente litigi, niente frecciatine, niente urli, niente di niente ci siamo capite?” domanda la sua migliore amica guardandola di sottecchi.
Annuisce. “Si, Vic. Ci siamo capite.” Risponde solamente Isabella.
Sarà difficile, ma per la sua piccola Ariel è disposta a provarci. 
“Bene. Allora senti, l’altro giorno sono andata a fare una passeggiata con Ariel qui nei dintorni e ho scoperto che c’è un negozietto dove lavora un tipo davvero molto carino, perciò pensavo…”
“No, Vic. Assolutamente no!” la interrompe la ragazza sapendo già dove vuole andare a parare l’amica.
“Perché no?” chiede l’altra con la stessa voce che usano i bambini piccoli quando non hanno ottenuto ciò che vogliono.
“Perché non sei mai stata brava ad organizzare i miei appuntamenti” risponde semplicemente Bella.
Victoria la guarda e sta per ribattere ma l’amica la precede. “John, il musicista di dice niente? O Paul, il dottore? O Nick, il vicino carino? O Alex l’istruttore di nuoto? C’è ne stato uno con cui l’appuntamento è andato bene?” le domanda  sapendo già la risposta.
Come ogni volta sa di avere ragione lei. Victoria è un amica stupenda, la migliore amica che tutte le ragazze vorrebbero. È solare, sincera, allegra, spensierata, un vero terremoto ma ha un unico difetto: si ostina a organizzare appuntamenti al buio a Bella, appuntamenti che per la precisione poi si rivelano tutti un vero e proprio buco nell’acqua.
La ragazza abbassa lo sguardo, poi apre la bocca per ribattere ma Isabella l’anticipa un'altra volta.
“Per non parlare di Cullen! Ancora mi chiedo come tu abbia fatto a pensare che noi avremmo potuto star insieme! È stato il peggior appuntamento che tu mi abbia mai organizzato!” esclama scuotendo la testa, e ripensando a quanto sia andata male quella maledetta serata di tre anni fa.
“Non lo conoscevo ancora bene. Per me era solo un amico di James a quel tempo. Era carino, e sembrava simpatico e…. beh ho pensato che fosse adatto per te…” cerca di dire Victoria.
“Si, certo. Uno che arriva in ritardo di ben un ora al primo appuntamento, che non ha nemmeno prenotato un tavolo in un ristorante, e che per di più da appuntamento  al telefono ad un'altra ragazza proprio davanti alla ragazza con cui sta uscendo…è sicuramente l’uomo perfetto! E per la precisione l’appuntamento glielo aveva dato per la stessa serata con cui è uscito con me! ” esclama Bella.
“Era una mia amica malata!” esclama Cullen entrando in cucina.
La ragazza lo guarda male.
“Sicuro. E tu l’avresti guarita con il tuo sesso miracoloso, non è così?” gli chiede lei con una smorfia.
Lui si avvicina appoggiandosi al bancone e sporgendosi verso di lei.
“Finche non provi non potrai mai saperlo!” ribatte. Bella sbuffa e gli lancia addosso una delle caramelle che stava sistemando in una ciotola.
“Pervertito!” esclama, mentre lui scoppia a ridere facendola irritare ancora di più.
“Basta, ragazzi!” esclama Vic. “Fammi vedere cos’ha qui la tua maglia…” aggiunge poi avvicinandosi a Edward.
“Ariel gli ha rigurgitato addosso.” spiega James entrando in cucina con la bambina.
Bella sorride. “E brava la mia piccolina!” dice prendendo Ariel dalle braccia del padre. “Finalmente anche tu ti sei accorta di quanto sia orrendo il tuo caro zio Edward, non è così?” chiede sorridente alla piccola lasciandole un bacio sulla testolina.
“Allora preparati Swan tra poco si accorgerà anche di te!” risponde Edward fingendo un sorriso. Lei gli fa una smorfia e torna a guardare la bambina.
“Edward, meglio che vai a cambiarti prima che arrivino gli invitati” gli dice Vic sistemando gli ultimi spuntini per la festa sul tavolo del soggiorno.
È il primo compleanno di Ariel e vogliono tutti che sia perfetto. Amano quella bambina.
L’amano tutti quanti anche troppo, diventerà sicuramente la bambina più viziata di tutta la storia.
Ma in fondo come si fa a non volerle bene? Basta guardarla per sciogliersi.
È così piccolina, paffutella con quel ciuffo di capelli rossi sulla testa e gli occhi grandi ed azzurri, sembra una bambolina. La loro bambolina preferita.
“Che ore sono?” chiede la voce di Cullen.
“Sono le undici, ma a casa Cullen sono le dieci!” risponde Bella rinfacciandogli ancora una volta del suo ritardo di ben un ora al loro primo ed unico appuntamento.
Lui fa una smorfia. “Ah-ah” finge una risata “Che c’è Swan? Credo che tu ci sia rimasta male che tra noi non si sia concluso nulla visto che dopo tre anni me lo rinfacci ancora…” ribatte lui.
“Tre anni in cui tu sei rimasto il solito cretino!” risponde esasperata la ragazza.
Figurati se lei, Isabella Swan, può esserci rimasta male per non aver concluso nulla con quel Don Giovanni di Edward Cullen.
“Lo sai vero che quando non sai più cosa dire cominci con gli insulti?”
“Lo sai vero che se non la smetti ti tiro qualcosa addosso?”
“Stop! Time-out, ragazzi!” esclama James.
Loro lo guardano e annuiscono “Si, ok.”
“Bene. Ora tu vieni su a cambiarti e voi finite di sistemare le cose per la festa!” aggiunge poi lui prima di salire le scale seguito da Edward, il quale prima di scomparire dietro la porta si volta un ultima volta per fare una smorfia a Bella. Lei sta per tirargli addosso un'altra caramella ma lui è già scomparso.
Sbuffa stizzita e torna a prestare la sua attenzione alla bambina bellissima che ha in braccio.
“Vi rendete conto di quanti anni avete?” le chiede Vic scuotendo la testa.
“Certo!” risponde l’amica mentre si spostano il salotto per far sistemare la piccola sul box insieme a tutti i suoi gioccatolini.
“E vi rendete conto di comportarvi ancora come due bambini?” aggiunge l’altra.
Bella si volta a guardarla e si limita a stringere le spalle. “Questa è la mentalità di Cullen. Mi adeguo solamente a lui quando gli parlo sennò povero, non capirebbe.” Risponde solamente stringendosi nelle spalle e facendo scoppiare a ridere l’amica.
 
***
 
Tutto è perfetto.
La festa è perfetta.
Ariel è perfetta.
Ogni cosa va come doveva andare.
La piccola sorridente e felice gioca con i suoi nuovi giocattoli, James e Victoria parlano con i genitori degli altri bambini, Bella si occupa del buffet e Cullen, beh Cullen si diverte come sempre a provarci con tutte le ragazze single e carine che ci sono in casa.
Ormai è un qualcosa di assodato.
Nessuno si sorprende più di questo fatto.
Sbuffando Isabella distoglie lo sguardo dalla figura di Edward e torna a fissare la piccola Ariel.
“Allora, procede bene, no?” una voce la distrae dai suoi pensieri.
Si volta verso il suo amico e sorride.
“Si, mi sembra che vada tutto benissimo, James. Ariel è contenta. Guardala. Si diverte, e quello è l’importante.” Sorride ritornando a guardare la piccola.
“E soprattutto vedo che tu ed Edward siete riusciti a trattenervi dal tirarvi i piatti addosso.” Scherza il ragazzo ridacchiando.
Isabella alza gli occhi al cielo ma non può far a meno di non sorridere. “Si, anche questo è un passo avanti.” Sposta poi lo sguardo verso il ragazzo in questione e lo trova che sta filtrando in maniera più che palese con una splendida ragazza, alta, magra, bionda e con due bellissimi occhi verdi.
Un sorriso amaro le si dipinge sul volto. “Del resto, Jem, quando ci sono delle ragazze bionde, belle e single in una stanza tutta l’attenzione di Cullen e rivolta solamente a loro.” Commenta Bella.
James nota il tono amaro della ragazza, e preoccupato si volta a guardarla. Poche volte aveva sentito l’amica parlare in quel modo, soprattutto se si parlava di Edward. Quasi sempre quando si parlava di lui le o lo disprezzava o l’insultava o ancora di più gli urlava contro. Ma mai ne parlava in tono così amareggiato, quasi triste.
“Ma comunque è qualcosa che si sapeva già, perciò nessuna novità!” aggiunge veloce Isabella sorridendo e alleggerendo la situazione con un esclamazione scherzosa cercando di mascherare così il suo tono di poco prima.
“Bella, tutto ok?” le chiede preoccupato James. Non abboccando al suo così repentino cambio d’atteggiamento. Sa che l’amica le sta nascondendo qualcosa.
 “Sisi, Jem. Tranquillo. Cosa vuoi che ci sia che non va?” domanda retorica lei voltandosi verso Jem e sorridendogli. Un sorriso però che non le arriva agli occhi. Un sorriso che rivela più di quanto il ragazzo avrebbe voluto sapere.
“Forza! Forza! È il momento della torta!” la voce squillante e allegra di Victoria gli interrompe.
E Isabella la ringrazia mentalmente. Per fortuna che l’amica gli aveva interrotti, perché non avrebbe saputo come continuare quella chiacchierata con James.
Vic si catapulta sul braccio di Isabella e la incita ad andar a prendere il dolce.
“Vado. Vado.” Esclama Bella, sorridendo davanti all’allegria dell’amica e scacciando via i brutti pensieri di poca fa. Non è il momento di pensarci.
 
***
“Aspettate, aspettate! Prima di tagliare la torta voglio una foto con la madrina e il padrino!” esclama Vic armata di macchinetta fotografica in mano.
“Amore! Avrai fatto un sacco di foto. Basta!” esclama esasperato il povero James.
“Quando sarai vecchio, e vorrai ricordare tutti questi  bellissimi momenti mi ringrazierai per tutte queste foto!” ribatte sicura Vic guardandolo male.
Lui le sorride e scuote la testa.
“E poi non ho ancora una foto con Ariel, Bella ed Edward tutti insieme! Perciò ecco un buon motivo per farla!” trilla tutta contenta, facendo cenno ai diretti interessati di avvicinarsi alla piccola.
 “Perfetto!” Sorride Vic. “Ora sorridete!” esclama e poco dopo scatta la foto.
“Bene! Ora direi di tagliere la torta, che dite?” chiede Edward affiancando James e aiutandolo a distribuire la torta agli invitati.
Un leggero chiacchierio si diffonde per la sala, mescolato alle risate e agli urletti dei bambini. Un clima ideale per una festa.
Isabella piano si avvicina all’amica e le chiede la macchinetta fotografica.
“Si, certo. Prendila pure, ne sai sicuramente più di me…non sono mica io la fotografa in casa!” ridacchia Victoria passandola all’amica e avvicina dosi poi al marito e ad Edward per dare un mano.
Bella sorride all’amica e guardandola allontanarsi non può che pensare a quanto le voglia bene. E a quanto si sentirebbe sola se un giorno dovesse perderla.
Abbasso poi lo sguardo sulla macchinetta fotografica digitale, e si ferma a osservare l’ultima foto.
Lei da un lato, Ariel al centro, Edward dall’altro lato.
Sorridenti e felici.
Pieni d’amore per quella piccola –perche per quanto detesti Edward Cullen di certo non può mettere in dubbio il bene che anche lui vuole ad Ariel –.
E guardando quella foto non può che pensare a quanto assomiglino a una famiglia.  

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Capitolo 4
*** Capitolo Terzo ***


Buongiorno a tutti. Eccomi tornata con un nuovo capitolo della storia! Ringrazio enormemente le tre veterane di questa storia che commentano sempre , questo capitolo ve lo dedico, è il minimo.
Vi preannuncio che questo capitolo sarà un pò triste,ma spero ugualmente che vi piaccia. Non mi resta che augurarvi BUONA LETTURA!



Capitolo 3
Insieme

"The day you slipped away
 
Was the day I found it won't be the same"
" Il giorno in cui sei scivolata via
E' stato il giorno in cui ho capito 
che non sarebbe piu' stato lo stesso."
(Slipped Away-Avril Lavigne)


“Allora, Bella? Pronta per la giornata al lago? Vieni?” le chiede la sua migliore amica dall’altro capo del telefono.
Isabella storce il naso, cerca di non far cadere il cellulare che tiene fermo tra l’orecchio e la spalla, e finisce di mettersi lo smalto sulle unghie dei piedi.
“No, Vic. Non ne ho molta voglia. E poi non mi va di fare la terza incomodo” risponde l’amica ammirando soddisfatta il suo lavoro. Neanche una sbavatura. E sta pure parlando al telefono.
“Ma cosa dici! Vieni dai! Ci sarà un panorama bellissimo e potrai fare un sacco di foto. So quanto ti piace fare foto. E poi non sarai la terza incomodo, perché forse viene anche Edward….”
“Ecco. Un motivo in più per non venirci!” la interrompe affrettata Bella, sbavando anche un po’ di smalto.
Maledetto Cullen!
“Uff, che noiosa che sei!” la rimprovera Vic.
L’altra amica alza gli occhi al cielo. “Me lo dici sempre, Vic. E visto che sono così noiosa non capisco perché insisti tanto che venga con voi…” ribatte Isabella sorridendo.
“Questo è un colpo basso, Bells. Lo sai che io ti voglio sempre con me. Sei la mia noiosona preferita!” esclama dolce l’altra.
Bella sorride. “E tu sei la mia rompiscatole preferita!” risponde. “No, scherzi a parte, tesoro. Non vengo. Mi spiace. Non ne ho voglia. Poi oggi devo lavorare e devo anche tenere anche la figlia dei Lewis, perciò….e approposito di bambini, la mia piccolina preferita dove sta?” chiede Bella continuando a dedicare parte della sua attenzione allo smalto.
“E’ al nido. Abbiamo deciso di iscriverla là. In modo che alcuni giorni, come questo ad esempio, possiamo dedicarcelo solo a noi.” Spiega Victoria.
“Ecco vedi. Ti sei risposta da sola. Solo per voi. Non per me, te, Edward e James!” precisa l’amica.
L’altra sorride. “Si, forse, hai ragione.” le accorda l’altra.
“Lo so!” ribatte Isabella.
“Ehi, viva la modestia, eh?” la rimprovera Vic. “Che c’è hai passato troppo tempo con Edward e ti ha passato il morbo il-migliore-di-tutti-sono-io?” aggiunge scherzando.
L’amica scuote la testa. “Spiritosa!”
Dall’altro capo del telefono sente provenire solo una gran risata. Una risata calda, solare e contagiosa. A cui è impossibile resistere. Ecco perché scoppia a ridere anche Bella.
“Ora vado, tesoro. James mi aspetta. Ci sentiamo!” la saluta Victoria.
“Certo, Vic. Divertitevi. Salutatemi la piccolina.” Risponde l’altra.
“Sarà fatto. Un bacione. Ti voglio bene!”
“Anche io, Vic. Tanto. Ciao!” esclama Bella, ancora sorridente, prima di riattaccare e completare finalmente la sua pedicure.
Davvero brava, Bella. Davvero brava.Si complimenta da sola la ragazza guardando i suoi piedi e lo smalto perfetto.
Forse ha veramente passato troppo tempo con Edward.
 
***
 
“Signor Mi-faccio-tutte-e-mi-diverto, è pregato di rispondere al telefono! E subito anche! Alza il tuo culo da quel cavolo di letto e vieni a prendere il telefono!” la voce di James gracchia, o meglio urla, dalla segreteria telefonica di Edward e gli arriva direttamente alle orecchie facendolo svegliare.
Imprecando mentalmente il ragazzo si districa dal groviglio di lenzuola in cui è imprigionato e con passo mal fermo si avvicina al telefono.
“Si, pronto?” chiede. La voce ancora impastata dal sonno.
Detesta quando il suo amico lo chiama alla mattina presto per svegliarlo.
Lentamente torna a sdraiarsi sul letto affianco alla ragazza che sicuramente ieri sera si è portato a letto ma di cui non ricorda nemmeno il nome.
“Era ora, Cullen! Maledizione, sarà la decima chiamata che ti faccio questa mattina!” sbraita il suo amico dall’altro capo del telefono.
“Ehi! Ehi! Cerca di non urlare mi fa male la testa.” risponde il ragazzo. La testa gli scoppia già di suo, e le urla del suo migliore amico non aiutano di certo.
“Scusa. Non lo sapevo” si affretta a dire James con tono più basso. “Ma che cavolo hai fatto, ieri sera?” gli domanda.
L’altro sbuffa e a stento trattiene una risata. “Secondo te?” domanda retorico.
“Sei proprio un coglione, Cullen!” lo rimprovera l’amico, non riuscendo comunque a trattenere un sorriso.
“Guarda che tu facevi lo stesso prima di incontrare Victoria” gli rammenta Edward.
“Ha ragione. Ma ero anche più giovane, ora siamo cresciuti Edward….”
“Parla per te!” lo interrompe l’amico sistemandosi meglio sul letto, mentre la ragazza ormai sveglia si avvicina a lui per intrecciare le proprie gambe con quelle del ragazzo.
“Io sono ancora propenso all’idea di continuare a divertirci.” aggiunge Edward mentre eccitato guarda la mano della ragazza che si muove esperta e sensuale sul suo torace abbassandosi sempre di più.
“Sempre il solito…” commenta sbuffando l’amico. “Comunque….” Inizia James cambiando argomento. “…immagino ti sia dimenticato della giornata al lago che avevamo organizzato, no?” chiede.
Edward ci mette un secondo a rispondere troppo intendo a fissare la mano della ragazza che continua a stuzzicarlo.
“Emmm…si” ammette pentendosene all’istante. Odia dimenticarsi le cose, soprattutto se queste riguardano il suo amico e le cose che avevano organizzato assieme.
“Lo sapevo!” risponde rassegnato Jem.
“Prometto che la prossima volta non me lo dimenticherò. Me lo scriverò anche sul calendario, sul cellulare, sul…”
“Tranquillo! Andremo io e Vic. Abbiamo chiesto anche a Bella se voleva venire e…”
“Viene anche la Swan?” lo interrompe curioso il ragazzo. Forse anche troppo curioso.
James trattiene una risata per la reazione dell’amico. “Se ti dicessi che viene verresti anche tu?”
Logico che si.“Logico che no.” si affretta a rispondere il ragazzo. Forse anche troppo di fretta.
James si lascia sfuggire una risata. “No, comunque non viene. Non so perché, ma ha preferito stare a casa.” spiega.
“Ah…” dice semplicemente Cullen, mettendosi a sedere sul letto e scostando la mano della ragazza. Evidentemente non ha più voglia di essere toccato da lei.
“Beh allora ti lascio. Non ho altro da dirti. Ci sentiamo più tardi. E mi raccomando non fare troppo il bastardo, ok?” chiede scherzando Jem.
“Ci proverò.” risponde l’amico. “Tu piuttosto, divertiti. E chissà magari sulle rive di quel lago concepirete un'altra piccola Ariel, no?” scherza Edward.
James scoppia a ridere. “Chi lo sa.”
“A dopo, papino!”
“A dopo, bastardo!” e con quell’ultimo saluto molto affettuoso, entrambi gli amici attaccano.
Dopo di che Edward si alza dal letto e si avvia in bagno.
“Faccio una doccia, quando ho finito devi già essertene andata.” dice solamente alla rossa.
Lei cerca di ribattere. “Ma…”
Il ragazzo sporge la testa fuori dal bagno e le scocca un occhiataccia. “Ero stato chiaro. Una scopata e basta. Niente di più, perciò adios” detto questo chiude la porta del bagno e si rifugia sotto il getto della doccia.
 
***
 
Isabella sta finendo di servire una cliente quando l’anziana signora Smith entra in negozio.
È una delle clienti abituali della Hale’s Library, il luogo dove lavora la nostra Isabella. Ogni sacrosanto lunedì la signora passa per la libreria a salutare Bella ma soprattutto a comprare un “buon libro”, come dice sempre lei.
“Buongiorno, signora Smith!” la saluta sorridente la ragazza.
“Isabella, quante volte ti ho detto di chiamarmi Caroline?” la rimprovera.
“Troppe, signora Smith. Troppe.” Risponde scherzando Bella “Ma io continuerò a chiamarla signora Smith.” Aggiunge mentre agguanta un paio di libri, e si allontanando per sistemarli nell’apposita sezione.
Isabella ama lavora in questo posto. È tutto il suo mondo.
Leggere è sempre stata una delle sue più grandi passioni, oltre alla fotografia, e quando ha trovato lavoro in questa libreria non poteva crederci. Solo star in mezzo a così tanti libri, sentire l’odore di nuovo che esprimono, poterli sfogliare, consigliare alla gente… la rende felice. Ecco perché ogni volta che lavora ha il sorriso sulle labbra.
In fondo come si dice, se un lavoro ti piace non ti sembra neanche lavoro ma divertimento.
“Sei una ragazza testarda” sospira l’anziana signora.
“Testarda, ma molto efficiente.” risponde prontamente Bella tornando davanti alla signora Smith con in mano un libro. Libro che senza dubbio le piacerà molto.
La signora Smith sorride e prende il romanzo che la ragazza le porge.
“Sono molto prevedibile, vero?” domanda.
“Non prevedibile, signora Smith. Solo che la conosco molto bene.” Dice Isabella sorridente, avvicinandosi al bancone per rispondere al telefono che ha cominciato a squillare.
“Pronto?”
“Libreria Hale?”chiede una voce profonda e maschile.
“Si”
“Parla lo sceriffo Clark, dovrei parlare con la signorina Isabella Swan”
A sentire quelle parole Bella sbianca e le viene il batticuore.
“Sono io” riesce a dire la ragazza.
“Oh bene. Ecco le vorrei chiedere di venire in centrale, è successo qualcosa di delicato e non vorrei parlarne al telefono” le spiega l’uomo.
Il cuore di Isabella batte sempre più forte. E i suoi pensieri continuano a concentrarsi per capire quali situazioni delicate possono essere accadute.
“Signorina, c’è ancora?” chiede il poliziotto.
“Co-cosa è successo?” chiede Bella con voce incerta mentre stringe forte il telefono.
“Non credo sia un bene parlarne per telefono….”
“Cosa è successo?” richiede la ragazza questa volta con voce più decisa.
“C’è stato un incidente. ” risponde solamente il capitano, ma non c’è bisogno che aggiunga altro perché Isabella ha già capito tutto. Ci sono solo due persone a cui lei tiene così tanto che possano avere avuto un incidente da far si che la polizia arrivi a chiamarla per telefono.
Vic e Jem.
Sono loro le persone più importanti che conosce in questa città. Non genitori. Non sorelle. Non fratelli. Non parenti. No, loro sono in Europa. Lì, in America, a Phoenix solo due persone sono importanti per lei.
E non è possibile che sia successo loro qualcosa. No. Impossibile.
“Come stanno? Sono feriti? Se si, in che ospedale sono stati ricoverati?” chiede ansiosa.
“Signorina…” cerca di dire lo sceriffo.
“Cosa?”
“Signorina, i suoi amici non sono stati ricoverati in nessun ospedale” risponde.
Bella tira un sospiro di sollievo. Stanno bene.
“Questo vuol dire che stanno bene, no?” chiede speranzosa.
“No, mi spiace.” La corregge l’uomo.
“Allora non capisco..” si affretta a dire Isabella, ma appena si rende conto delle parole dello sceriffo un tuffo al cuore la colpisce. E riesce a stento a respirare. Non può essere vero.
Calde lacrime cominciano a percorrerle le guance.
“Non sono stati ricoverati in nessun ospedale perché non c’era più niente da fare.” aggiunge l’uomo come se quello che era successo non fosse già chiaro a Bella. Le lacrime non accennano a smettere, ma aumentano sempre di più. Sono lacrime silenziose. Silenziose e piene di dolore. Un dolore che le impedisce perfino di parlare.
“Signorina? Isabella? Sta bene?” la voce dello sceriffo la richiama. Ma è un suono troppo lontano, non riesce a percepirlo bene. Vorrebbe rispondergli ma non può. Non ce la fa. Non riesce a muovere un muscolo. Non riesce nemmeno ad asciugarsi le lacrime che come due fiumi in piena gli escono dagli occhi.
Riesce solo a pensare, o meglio sperare, che quello che lo sceriffo le ha detto sia solo un brutto scherzo e che a Victoria e James non è successo nulla.
Ma sa che non è così.
Lo sa.
È questa è la cosa peggiore.
 
***
 
“Com’ è successo?” chiede Isabella in un sussurro seduta su una sedia nella centrale della polizia.
Il capitano seduto di fronte a lei la guarda con una compassione che la fa piangere ancora di più.
Si soffia il naso per l’ennesima volta, e asciuga le lacrime che silenziose le sono uscite dagli occhi.
“Non lo so di preciso, signorina, stiamo ancora chiarendo la situazione. Erano per strada stavano tornando, non so in che luogo fossero andati, comunque stavano tonando e una macchina li ha presi in pieno e…”
“Tornavano dal lago.” dice piano Bella soffiandosi di nuovo il naso. “Sta mattina avevano chiesto anche a me se volevo andare con loro…” aggiunge poi. La voce che le trema; avvertimento che tra li a qualche momento sarebbe scoppiata di nuovo a piangere.
Magari se fosse andata con loro avrebbe trovato un modo per evitare che salissero in macchina. Avrebbero trovato un modo per evitarlo, o...
Asciugandosi altre lacrime Isabella cerca di trovare un po’ di contegno. Aveva pianto anche troppo. Soprattutto davanti a quell’uomo che nemmeno conosceva.
“Signorina, so cosa sta pensando. Sta pensando che se magari fosse andata con loro tutto questo non sarebbero successo, che sarebbe riuscita a trovare un modo per evitarlo,ma in realtà non è così. Perché lei non poteva neanche lontanamente immaginare che sarebbe successo tutto ciò. Ed è stato meglio che non sia andata con loro sennò avrebbe fatto la loro fine e…”
“Ma non avrebbero dovuto fare questa fine nemmeno loro!” esclama la ragazza cercando di non scoppiare a piangere.
“Signorina Swan…”
“Hanno una bambina. Una bambina piccola. Ha compito un anno da qualche mese…” cerca di dire lei quanto all’improvviso in mezzo a tutto quel dolore si ricorda della piccola Ariel.
Lo sceriffo la interrompe prima che possa iniziare a parlare. “Era al nido quando è successo, ora è sta portata dagli assistenti sociali. Per oggi resterà lì, domani i parenti andranno a prenderla…”
Questa volta tocca a Bella interromperlo. “Quali parenti? Quali? Abitano tutti lontano da qui. Qui a Phoenix abita solo il padre di James.” sussurra piano la ragazza. Ha scoperto che se parla sottovoce la voce e trema meno e non sembra che stia per scoppiare a piangere ogni due minuti.
“Non ha nessuno da chiamare? Qualcuno che conosce? Qualcuno che conosceva anche loro? Potrebbe aiutarla, potrebbe…”
“Edward!” esclama Bella ad un tratto. Può chiamare Edward. Deve chiamare Edward.
“Chi, signorina?” chiede il capitano.
“Posso chiamare un amico. Una persona che venga qui?” chiede lei pregandolo con gli occhi.
Non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivato il momento in cui avrebbe chiamato Cullen per aiutarla. Per starle vicino. Mai. Ma la vita a volte ci riserva brutte sorprese, e quello che mai avremmo immaginato che succedesse accade.
“Certo. Certo. Chiami pure chi vuole. Gli chieda che la venga a prendere e poi che la porti a casa, ha bisogno di dormire e calmarsi.” Le dice piano il capitano alzandosi dalla sedia e allontanandosi un po’ in modo che la ragazza possa chiamare in privato.
Con le mani che le tremano Isabella tira fuori il telefono dalla borsa, e dopo essersi soffiata ancora una volta il naso, digita il numero di Edward.
“Pronto?” risponde lui dopo parecchie squilli. Squilli durante i quali il cuore della ragazza non ha accennato a rallentare i battiti, e le lacrime non hanno accennato a fermarsi.
“Ed-Edward..” soffiata di naso “..sono Bella” riesce a dire con la voce le trema un pochettino.
“Bella, che succede? Che hai? Piangi?” le chiede preoccupato lui appena sente la voce tramante della ragazza.
Non può neanche lontanamente immaginare il motivo della disperazione della ragazza.
“Bella? Isabella?” la chiama lui.
Lei si asciuga le lacrime. “Non ci sono più, Edward” dice trattenendosi dal piangere ancora.
“Cosa non c’è più? Chi?” domanda il ragazzo sempre più agitato.
“Vic-Victoria e…e James” riesce a dire la ragazza dopo svariati tentativi.
Dirlo a voce alta le sembra surreale. Le sembra impossibile. Le parole non suono bene, non suonano bene per niente. Questo la fa scoppiare di nuovo a piangere.
Il ragazzo sempre più confuso cerca di capire la situazione. Anche se un idea che però rifiuta di accettare, gli è venuta in mente.
“Dove sei?” chiede cauto lui, sperando che la ragazza non noti che anche la sua voce sta leggermente tremando.
“Alla centrale.” Risponde tutto d’un fiato Isabella. “Ti prego, Edward. Vieni qui.” Aggiunge poi prima di soffiarsi di nuovo il naso.
“Tranquilla, Bella. Arrivo subito!” promette il ragazzo prima di chiudere la chiamata, afferrare casco e chiavi, salire in moto e partire per la centrale.
 
***
 
“Shhh. Bella. Ti prego. Non piangere.” Le ripete piano per l’ennesima volta il ragazzo stringendola forte a se.
Non può vederla in questo stato. Non sembra la ragazza forte, determinata e sicura di se che ha conosciuto.
Non lo sembra per niente. E questo lo preoccupa.
Lui vuole vedere quella ragazza. Deve vederla.
“Bella, per favore. Guardami.” le dice Edward prendendole il viso tra le mani e alzandolo dal suo petto per far scontrare i loro sguardi.
“Basta. Tu sei forte. Lo so io e lo sai anche tu. Ce la fai. Perciò ora smettila di piangere, tranquillizzati e andiamo a casa.” Le dice piano asciugando con il pollice le lacrime che ancora le bagnavano le guance.
Lei tira su con il naso, chiude gli occhi, respira profondamente e cerca di ricomporsi.
“Brava.” esclama il ragazzo stringendola un secondo a se.
Appena lui è arrivato in centrale Bella gli si è fiondata tra le braccia ed è scoppiata a piangere. E lui non ha avuto un solo momento per parlare con lo sceriffo.
“Ora siedi qui. E aspettami. Arrivo subito.” Dice lui prima di allontanarsi per parlare con John Clark.
La ragazza si appoggia allo schienale della sedia e continua a respirare profondamente. Concentrandosi solo sulla respirazione e cercando di non pensare ad altro. Ma i pensieri, odiosi e bastardi, come solo loro sanno essere si insinuano di nuovo nella sua mente.
E torna a pensare a Vic. A come farà ora senza di lei.
Come farà ad andare avanti se lei non c’è più?
Come farà svegliarsi la mattina senza le sue chiamate del buongiorno?
Come potrà ridere sapendo che lei non sarà li a ridere accanto a lei?
Come potrà girare per casa sapendo che non vedrà più comparire da dietro una porta i suoi ricci capelli rossi?
Come potrà vivere sapendo che la persona con cui si confidava, a cui raccontava tutte le sue paure le sue insicurezze non ci sarà più? Senza avere più accanto lei? Lei che ascoltava ogni dettaglio insignificante della sua vita.
 Come potrà stare senza quella persona che le organizzava appuntamenti al buio su appuntamenti al buio che alla fine non andavano mai bene?
Come farà a sentirsi speciale, indispensabile, utile quando la persona che la faceva sentire così non c’è più?
Come?
Non, si può.
Non, si può.
Lei era tutto. Tutto. Era la sua migliore amica.
Fino a qualche ora fa era viva. Viva. E rideva. Rideva. Isabella la sente ancora la risata della sua amica. Si, che la sente. La risata spensierata che si sono scambiate questa mattina per telefono ignare di quello che sarebbe successo. Ignare che quella sarebbe stata la loro ultima conversazione.
Solo altre lacrime amare, provocano questi pensieri.
E Ariel?
Ariel come farà? Come farà a vivere senza mamma? Senza genitori?
Non se lo meritava povera piccola.
Non se lo merita nessuno, maledizione.
“Bella…” la richiama una voce. “Andiamo.”
La ragazza lentamente si alza, stringe la mano del ragazzo che tanto detesta ma che di cui in quel momento ha un estremo bisogno, e insieme escono dalla centrale.
“Non voglio andare a casa da sola, Edward” sussurra Isabella.
Lui la guarda triste. La capisce. Capisce tutto il dolore che prova quella ragazza. Lei non è l’unica ad aver perso la sua migliore amica.
Anche lui ha perso il suo migliore amico.
“Staremo insieme, Bella.  Affronteremo questa cosa insieme.” dice il ragazzo stringendola a se e cercando di darle il maggior conforto possibile.
Sa di non essere una delle persone migliori che Bella vorrebbe affianco in quel momento, ma ora c’è lui e cercherà di far il possibile per levarle dal cuore quel dolore.
 
Grazie per aver letto anche questo capitolo,aspetto le vostre recensioni.
PS: La frase che ho messo all' inizio,come avrete capito, l'ho presa da una canzone di Avril Lavigne vi lascio il link se in caso voleste ascoltarla.
Bacio,Morwen.

http://www.youtube.com/watch?v=Eob45tSVll8

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Capitolo 5
*** Capitolo Quarto ***


Buongiorno a tutti! Come state? Eccomi tornata con un nuovo capitolo. Spero che la velocità con cui posto i capitoli non vi crei problemi,ma essendo anche io una lettrice so quanto sia odioso aspettare settimane su settimane per leggere un nuovo capitolo di una storia. Sarò ripetitiva,ma non posso a fare a meno di ringraziarvi per l'appoggio che mi state dando,è stata una sorpresona,per me, trovare sei recensioni. Un caloroso benvenuto anche alle nuovissime lettrici. Questo quarto capitolo servirà per capire alcune cose ma vi farà indubbiamnte sorgere ulteriori domande. Ok,ora basta altrimenti vi svelo tutto.
Buona lettura!


 

Capitolo 4
Genitori all'improvviso.


 

Non è nè la carne, nè il sangue ma il cuore, che ci fa diventare padri e figli (J.Schiller)


 
“Come facciamo con Ariel?” chiede la ragazza seduta al tavolo della sua cucina, il giorno seguente al’incidente. Se il fatto di perdere la tua migliore amica per sempre si può ridurre a una così semplice parola. Incidente.

Edward passeggia avanti e indietro per la stanza non sapendo che altro fare. Non riesce a pensare ad altro che a quello che è successo. Tutti i suoi pensieri lo riportano a James, e a come possa cavarsela ora che non ci sarà più. Non ci sarà più quando avrà bisogno di un sostegno, di un consiglio, di una parola amica, non ci sarà più quando avrà bisogno di un amico che lo aiuti a tirarsi fuori da guai, non ci sarà più quando dovranno uscire e divertirsi, non ci sarà più. E di questo non riesce a capacitarsi.

“Non lo so.” risponde lui solamente, riferendosi non solo alla piccola Ariel ma a tutta la situazione.

“Come non lo so?” chiede infastidita lei. È riuscita a riprendersi al crollo emotivo dell’altro giorno. È tornata la Bella rompiscatole e maniaca del controllo che è sempre stata. Secondo Edward però è solo un momento di stallo, una specie di momento di shock, perché si è ripresa troppo in fretta e potrebbe ricrollare da un momento all’altro.

Solo che questa volta non sa davvero, se riuscirà ad aiutarla.

“Dobbiamo fare qualcosa. Non possiamo lasciarla agli assistenti sociali. Ieri lo sceriffo mi ha detto che oggi avremmo potuto andare a prenderla, c’è che i parenti avrebbero potuto andare a prenderla…Però lei non ha parenti. Qui, ha solo noi.” Spiega la ragazza, cercando di tenere la mente occupata. Cercando di pensare solo ad Ariel e non al fatto che ha perso la sua migliore amica per sempre da meno di ventiquattr’ore.

“Stop! Stop! Stop! Lei ha dei parenti.” La blocca il ragazzo, bloccando anche il suo andirivieni in mezzo alla stanza. “C’è il padre di James, la zia di Victoria, sua sorella, suo…”

“Ma in questo momento per caso sono qui a Phoenix, mio caro so-tutto-io?” gli chiede la ragazza fingendo un sorriso.

Lui fa una faccia strana. Sa che la ragazza ha ragione.

“Esatto. Lo sai anche tu che non sono qui. Qui, c’è solo il padre di James che di certo non è nelle migliori condizioni per occuparsi di una bambina. Gli altri arriveranno il giorno del funerale, ma fino ad allora non possiamo lasciarla agli assistenti sociali.” Spiega Isabella.

Edward si lascia sprofondare su una sedia. Spossato e esausto.

“E allora cosa pensi di fare?” chiede lui appoggiandosi con i gomiti sul tavolo.

“Io penso di….” Bella non termina la frase che il cellulare di Edward comincia a squillare.

Il ragazzo guarda lo schermo e fa una faccia strana.

“Chi è?” chiede la ragazza.

“Jasper. Il fidanzato di mia sorella” spiega lui, prima di rispondere.

“Pronto?”

Edward comincia a parlare con Jasper mentre Isabella cerca di cogliere qualche sprazzo della conversazione che le faccia capire di cosa stanno parlando. Ma parlano a monosillabi. O meglio Edward risponde a monosillabi perciò la ragazza non riesce a capire più di tanto.

Dopo due minuti Edward attacca.

“Allora? Che voleva?” chiede curiosa lei. Il suo obbiettivo: mente occupata.

“Sta venendo qui.” Dice solamente il ragazzo appoggiando il telefono sul tavolo. “Era il loro avvocato. Dice che ha bisogno di parlare con noi.” Aggiunge poi il ragazzo per spiegare meglio la situazione a Bella che lo guardava incuriosita.

“E di cosa?” chiede la ragazzo iniziando a preoccuparsi. Avvocato, Victoria e James, parlare con loro…non suona per niente bene, Proprio per niente.

Il ragazzo si stringe nelle spalle.

“Non ne ho la più pallida idea. Ma sembrava un qualcosa di molto importante e che doveva essere fatto con la massima urgenza.”

***

“Cosa?!” esclama sorpreso Edward. Non può essere vero. Non deve essere vero. È tutto un enorme equivoco.

“Ma ne sei sicuro, Jasper?” chiede Isabella cercando di mantenere la calma. Sangue freddo e mente lucida.

“Si. Ne sono sicuro. Ho insistito parecchie volte su questo fatto, chiedendo loro se ne erano pienamente convinti. Perciò ragazzi, casa Meis ora è vostra.” Risponde tranquillo l’avvocato come se la notizia che avesse appena dato hai ragazzi non gli avesse completamente stravolti.

“E come la manteniamo una casa del genere?” chiede la ragazza. “Avete presente quanto grande è?”

A quelle parole Edward la tranquillizza. “Tranquilla, i soldi non sono di certo un problema.” Risponde lui sicuro di se. Consapevole che almeno uno dei problemi non è poi così difficile risolverlo.

Lei lo guarda a bocca aperta.

Ecco il solito Cullen strafottente, pieno di se e figlio di papà.

“Scusa, mio caro, ma io al contrario di te vorrei anche imparare a badare a me stessa senza dover sempre usufruire dei soldi di papà.” Ribatte lei incrociando le braccia al petto. Il ragazzo la guarda sorpreso.

Lui voleva solamente aiutare, e lei come sempre deve star lì a ribatterlo e criticarlo.

“Io non ….” Cerca di dire il ragazzo ma lei lo interrompe.

“Prova solo a dire che non usufruisci dei soldi di tuo padre perché allora si che mi fai incavolare.”

“Beh almeno io al contrario di te i soldi ce gli ho.” risponde lui. Pentendosi subito dopo delle sue parole. Continuando così non sarebbero finiti da nessuna parte.

“Vorrai dire che tuo padre che gli ha. Non tu.” Commenta lei saccente.

“Giuro, che….”

“Basta, ragazzi!” gli interrompe Jasper. “Dovete ancora sentire il resto.”

“C’è anche del resto?” chiede preoccupata la ragazza.

“Si. Ed è sicuramente più importante della casa.” Risponde mite il ragazzo guardandoli entrambi.

“E cioè?” chiede preoccupato Edward. Non sa se riuscirà a sopportare un’altra notizia bomba. Non nelle condizioni in cui è in questo esatto momento.

“Victoria e James vi hanno mai parlato dell’affidamento di Ariel in caso a loro fosse successo qualcosa?” chiede Jasper.

A sentire quelle parole gli occhi della ragazza si velano di lacrime. E ad Edward gli si forma un nodo in gola.

In caso a loro fosse successo qualcosa.

Bel modo di dire che sono morti.

Isabella cerca di respirare profondamente per non piangere, ed Edward notando che la ragazza non risponde si affretta a rispondere al suo posto.

“No, mai.”

“Beh allora sarà un bel colpo. Vedete loro hanno lasciato l’affidamento della piccola a voi.” Dice Jasper, lanciando così la bomba.

A quella parole gli occhi di Bella si spalanco quasi a uscire dalle orbite, e la mascella di Edward è arrivata a toccare terra.

Impossibile. Devono aver sentito male.

“Noi?” chiedo all’unisono. Jazz annuisce.

“Ma….ma non può essere..noi non…”

“Avranno sbagliato, sicuramente noi non…”

Cercando di dire i due ragazzi, ma l’avvocato continua ad annuire.

“Niente ma. Loro hanno scelto voi come tutori di Ariel. Insieme.” Spiega. “Ecco perché vi hanno lasciato anche la casa, vogliono che cresciate qui la piccola. Insieme.” Ripete Jasper.

“Insieme?” chiedo all’unisono sconvolti. Ora tutto ha un senso, il fatto della casa e della bambina coincide perfettamente, forse però i loro migliori amici non hanno fatto i conti con Bella ed Edward. Non si vedono di certo a crescere una bambina. Soprattutto non insieme.

“Ma hai presente il nostro rapporto? Ogni volta che ci parliamo ci insultiamo e finiamo per urlarci contro. Non potremmo mai resistere sotto un tetto insieme e per di più crescere una figlia! Non so come si faccia. Io non so crescere una figlia. Lei nemmeno. Noi non…” comincia a parlare a vanvera Edward.

Jasper non può che pensare che in quel momento il ragazzo assomigli moltissimo a sua sorella Alice quando inizia a stra parlare.

“Non ci può essere un'altra soluzione?” chiede Isabella interrompendo lo sproloquio di Cullen. Mente lucida e sangue freddo.

“Certo. Potrebbero affidarla al padre di James…”

“Ecco! Perfetto!” esclama Edward desideroso di liberarsi del compito di allevare la piccola.

Non che non le voglia bene, anzi. Ama quella bambina. E per questo vuole il meglio per lei.

E lui e Isabella non sono il meglio.

Cos’è vogliono che la bambina cresca tra urli ed insulti?

“No! Edward lui non va bene.” Scuote la testa Isabella.

“Allora ci sarebbe la sorella di Victoria…” inizia Jasper.

“Ecco, lei non sarebbe male. È giovane, carina, gentile…”

“Ha iniziato il primo anno di college, idiota!” lo rimprovera la ragazza.

“La zia di Victoria?” domanda l’avvocato.

“Si. Trovata lei è perfetta!” esclama il ragazzo.

“Vive dall’altra parte del paese. E odia i bambini, lo sai Cullen. Non ha mai voluto vedere ne Victoria ne sua sorella quando erano piccole, aveva troppa paura che con tutti i loro urli e schiamazzi le facessero venire mal di testa.” Lo contraddice Bella.

Il ragazzo sbuffa sconsolato. “Altre opzioni?”

Jasper scuote la testa e chiude il fascicolo. “Ragazzi, ascoltatemi altri parenti ce ne sarebbero ma sicuramente avranno qualcosa che non va come tutti gli altri. James e Victoria conoscevano i loro parenti, e sapevano che non andavano bene. Loro volevano il meglio per loro figlia, e per loro il meglio siete voi. La conoscete. Lei vi conosce. Le volete bene. Credetemi, sapevano il fatto loro. E se hanno fatto questa scelta è perché credevano che fosse la più giusta, perciò accettatela. O almeno provate ad accettarla. Se poi andrà così male cercheremo un altra soluzione.” Jasper gli sorride affabile e si alza dal divano del soggiorno di casa di Bella.

I ragazzi non sanno che dire. Sanno che il discorso di Jasper è giusto. Sanno che Vic e Jem volevano il meglio per Ariel. Sanno che loro avrebbero voluto vedere loro figlia felice e amata.

E loro amano Ariel.

Per quanto in questo momento non siano pienamente in loro, per quanto non siano preparati a una cosa del genere, per quanto non abbiano idea di come gestirla, non potrebbero mai tirarsi indietro.

No, non potrebbero. Non andrebbero mai contro il volere dei loro amici. Non lascerebbero mai la bambina in mano a persone di cui nemmeno Jem e Vic si fiderebbero.

“So che sarà complicato. E difficile. Ma Edward noi ti aiuteremo. Alice, io, la tua famiglia ti aiuteremo, vi aiuteremo. Credetemi”.

Edward annuisce solamente, ancora troppo scosso dalla notizia bomba. Lo sapeva che non sarebbe riuscito a reggerla. Non una notizia del genere.

Una bambina. Da crescere. Insieme a Bella. In casa di James.

“Bene. Ora io vado, devo andare in ufficio. È stato un piacere conoscerti, Isabella. Ci sentiamo” e detto ciò Jasper esce da quella casa lasciandoli soli.

Soli con i loro pensieri. E totalmente impreparati su come comportarsi.

***

“Ehi, piccolina!” esclama sorridente Edward appena prende in braccio Ariel.

Lei gli sorride ed emette un piccolo verso di felicità.

Sono passate poche ore dall’arrivo della notizia bomba, e i due ragazzi hanno deciso che avrebbero dovuto prendere la situazione in mano. Ecco perché sono andati a recuperare la piccola Ariel dagli assistenti sociali.

Un piccolo passo alla volta e forse, ce la potrebbero fare.

“Guarda chi c’è qui? Lo zio Edward!” aggiunge stringendola al petto.

La bambina sorride ancora e contenta appoggia la testina sulla spalla del ragazzo.

Isabella nel vedere quella scena le vengono le lacrime agli occhi.

Non riesce a credere che la stanno portando a casa sua . O meglio a loro casa, ormai.

Ancora non ci può credere che Victoria le abbia lasciato una cosa del genere.

Sapeva che adorava quella bambina. Ma per quanto Isabella le voglia bene, non è sicura di saper crescere una bambina.

È complicato, difficile e stressante.

Lei non è preparata ad una cosa del genere. Era Victoria quella preparata. Era lei che aveva letto i libri, partecipato ai corsi….era lei che doveva diventare mamma, non Bella.

O almeno non così.

E non con Edward Cullen. La persona che più detestava.

Lui era ancora più impreparato di lei. Era ancora un ragazzino. Un ragazzino che non si assumeva mai le sue responsabilità. Per lui era tutto un gioco, un divertimento.

Ora che stava diventando uno pseudo-padre quando avrebbe trovato il tempo per il suo passatempo preferito? Come incastrava tutto il casino in cui ci eravamo immischiati con il suo filtrare con le ragazze?

“Ehi, guarda Ariel, la nostra zia Bella ci sta fissando.” la voce di Edward la richiama alla realtà. V

“E cosa fissavi di così tanto interessante, piccola Swan?” domanda piano il ragazzo.

“Forse stavi fissando la mia straordinaria bellezza?” aggiunge malizioso.. Vuole alleggerire la situazione. Si è accorto della strana espressione della ragazza.

“No, idiota, stavo cercando di vedere se dentro la tua testa ci fosse un po’ di cervello. Ma niente. Povero Cullen, dev’essere proprio dura la vita per te!” Ribatte infastidita da lui, mentre prende dalle sua braccia Ariel e lo precedo verso casa Meis.

Sempre tutto sul ridere deve buttare? Gli pare una situazione divertente?

Sarà davvero, molto ma molto difficile, per loro cercare di non scannarsi davanti alla piccola.

Anticipazione: nel prossimo capitolo ci saranno nuovi personaggi....... I Cullen.
Alla Prossima. Baci,vostra Morwen.

AllaALnkfds

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Capitolo 6
*** Capitolo Quinto ***


Buonasera a tutti! Oddio,ma quanto tempo è passato? Troppo,su questo non c'è dubbio.Come state? Mi scuso ancora per aver messo così presto un "avviso" ma era davvero una questione importante. Ma ora, posso dedicarmi alla mia storia. Non voglio rubarvi altro tempo, anche perchè sicuramente sarete impazienti di leggere questo nuovo capitolo. Vi dico solamente che mi sono divertita moltissimo a scrivere questo capitolo e penso che ne sia uscito un bel lavoretto.
Buona Lettura.


Capitolo 5
Indecisione

La condivisione di una gioia ne moltiplica i frutti, la condivisione di una sofferenza ne divide il dolore.
Tony Nevoso


Appena Edward mette piede in salotto la mattina dopo si ritrova davanti una scena che di certo non si aspettava di vedere. Almeno non con protagoniste come Isabella e Ariel.

La stanza inondata di luce che entra dalle grandi vetrate del soggiorno, Ariel che dormicchia nel suo grande box, con una marea di pupazzi, alcuni anche più grandi di lei, e Isabella sdraiata a pancia sotto sul grande divano di casa Meis intenta a leggere un libro, con addosso una semplice maglia grigia con la scritta “I love New York” di due tagli più grandi che le arriva quasi a metà cosca lasciandole le gambe scoperte e un paio di calzini bianchi ai piedi. I capelli lunghi e scuri raccolti alla bell’è meglio in una coda alta.Anche conciata in questo modo, il ragazzo non può che pensare che Bella sia stupenda.

Sembra anche quasi una bambolina delicata, pura e gentile, almeno fino a quando non apre bocca.

“Ehi, Cullen! Che fai lì sulla porta? Il palo?” chiede sarcastica senza staccare gli occhi dal libro.

Come volevasi dimostrare.

Lui la guarda sorpreso. E ora come si è accorta che ero qui? Non ha neanche alzato lo sguardo da libro.

“No. Il guardone” risponde sarcastico il ragazzo entrando il salotto e andando a sedersi sull’altra penisola del divano con in mano una tazza di caffè.

“Uh-uh. Questa cosa non va bene. Pensavo non ne avessi bisogno visto tutte le ragazze che ti porti a letto.” Commenta acida la ragazza continuando a prestare parte della sua attenzione al libro che ha davanti al naso. “Credo che se si saprebbe in giro rovinerebbe la tua fama.” Aggiunge girando una pagina.

“Davvero simpatica.” Esclama il ragazzo fingendo una risata e bevendo un sorso di caffè, dalla tazza che ha in mano.

“Come sempre.” sussurra piano Isabella in risposta.

Edward alza gli occhi al cielo a sentire quelle parole, e sorvola. Non vuole ribattere sennò non la finirebbero più.

Si allunga a prendere il telecomando dal tavolino del soggiorno e accende la televisione.

“Potresti spegnerla? Sto cercando di leggere.” Si lamenta Bella girando in modo più infastidito la pagina.

“Perché dovrei?” chiede alzando ancora un po’ il volume. “Ora questa è casa nostra. È tutto in comune. Dobbiamo imparare a condividere. Anche il soggiorno.” Ribatte il ragazzo sedendosi meglio sul divano e concentrandosi sulla partita che danno in TV.

“Punto primo questa è una sistemazione provvisoria. Non è ancora deciso se dobbiamo trasferirci qui. E punto secondo qui c’ero prima io a leggere. Perciò aria, circolare. Vai a vederti la televisione in camera.” Precisa Isabella tornando poi al suo libro.

Edward le fa una smorfia. “Punto primo. Siccome dovremmo crescerla insieme la piccola credo che sia ovvio che dobbiamo trasferirci qui. Punto secondo. Il soggiorno è fatto per guardare la televisione. Vacci tu in camera a leggere.” Dice incrociando le braccia al petto e stravaccandosi ancora di più sul divano.

A quel punto Isabella si volta verso Edward e si tira su dal divano mettendosi seduta. “Punto primo. Non è ovvio niente. Perché la bambina non c’è ancora stata affidata legalmente, e non c’è nulla di deciso. E di certo trasferirmi qui a vivere con te non è il massimo delle mie priorità. Punto secondo c’ero prima io qui. Perciò spegni quella cacchio di televisione o almeno abbassala!” esclama la ragazza guardando con indignazione Edward.

Lui le lancia un occhiataccia. “Punto primo…”

“Smettila con questi punti!” urla infastidita.

“Hai iniziato tu!” si difende il ragazzo.

“Beh, smettila comunque!” ripete Isabella alzandosi dal divano e andando a prendere il telecomando dalle mani di Edward. “E abbassa il volume!” aggiunge abbassando lei stessa il volume, fino a quando non si sente più nulla.

“Ecco, così va bene!” dice ripassando il telecomando ad Edward.

“Ma non sento nulla.” Protesta lui. Lei si stringe nelle spalle. “Ma se si sente benissimo.” Mente tornando a sedersi sul divano al suo posto.

Il ragazzo sbuffa. Isabella si volta a guardarlo di nuovo, e per la prima volta da quella mattina lo guarda davvero.

Pantaloni blu della tuta, maglietta semplice bianca che gli fascia molto bene il suo corpo (per quanto odia dirlo) stupendo, capelli leggermente spettinati (e per quanto odi dire anche questo) che lo fanno apparire ancora più bello, occhi grandi e verdi, profilo perfetto, bocca….

Ehi, quella è una tazza di caffè.

“Dammi un po’ di caffè, Cullen!” esclama la ragazza protendendo la mano.

Lui la guarda come se gli fosse spuntata una terza testa. “Neanche per sogno.”

“Ehi, sei stato tu che hai detto che ora è tutto in comune. E dobbiamo condividere.” Dice fingendo un sorriso contento la ragazza.

“Sogna, piccola Swan. Sogna.” Risponde il ragazzo scuotendo la testa.

“Brutto…” sta per insultarlo la ragazza quando Ariel scoppia a piangere.

Entrambi si voltano verso la bimba. Preoccupati.

Edward si alza, appoggia la tazza di caffè sul tavolino e si avvicina al box di Ariel per prenderla in braccio.

Ma Isabella lo blocca.

“No. Fermo. Non prenderla.” Gli ordina avvicinandosi anche lei al box con in mano la tazza di caffè che Edward aveva appena appoggiato sul tavolino.

Quando lui se ne accorge la fulmina con lo sguardo, e lei finge un sorriso di innocenza. “Condivisione.” Dice solamente.

“Ti faccio veder..” cerca di minacciarla il ragazzo, ma il pianto di Ariel gli interrompe di nuovo.

Lui cerca di prenderla in braccio, ma Isabella lo blocca di nuovo.

“Perché no?” chiede mentre la piccola continua a piangere.

“Deve imparare ad auto consolarsi. L’ho appena letto.” Spiega la ragazza come se fosse ovvio.

Edward la guarda con un espressione del tipo: E questa da dove l’hai presa?

“Dai. Proviamo a cantarle una canzone.” Propone la ragazza prima di bere un sorso di caffè dalla tazza che ha in mano. Poi comincia a intonare una canzoncina.

Il ragazzo anche se dubbioso cerca di dare corda alla ragazza. E con voce incerta si unisce alla canzoncina.

Ma Ariel non accenna a smettere di piangere.

Isabella allora vedendo che la cosa non funziona come sperava la prende in braccio. “Forse ha fame.” Dice solamente dirigendosi in cucina.

“Ma…ma mi hai detto di non prenderla.” Protesta Edward seguendola.

***

Isabella è da un ora che traffica con piatti, cucchiai e pappe per bambini.

“Swan, è una bambina. Non un critico gastronomico.” Le ricorda Edward.

Lei alza gli occhi al cielo. Mentre la piccola continua a piagnucolare.

“Lo so. Ma non voglio che si abitui male.” Risponde Bella continuando a mescolare la pappa.

“Prima o poi mangerai Ariel, te lo prometto. Spero prima dei due anni.” Esclama Edward rivolto alla piccola e lanciando però anche una piccola frecciatina a Bella.

Lei si avvicina al seggiolone di Ariel. “Ecco. Ho finito.” Dice prima di sedersi su una sedia vicino.

“Ora diamo da mangiar a questa piccolina.” Dice sorridendo e cercando di imboccare Ariel.

Ma lei non ne vuole sapere.

Scuote la testa di qua e di la, e non apre la bocca.

“Eddai, Ariel. Guarda che è buona.” Cerca di convincerla Isabella.

Niente da fare.

Anzi la piccola gliela risputa anche in faccia.

Nel vedere quella scena Edward scuote la testa rassegnato. Prende da un cassetto un sacchetto di patatine, si avvicina al seggiolone e gliene da un po’ alla bambina.

Ariel le osserva, poi ne prende una in mano e la mangia contenta.

“Forse non siamo proprio il meglio per lei, non credi.” Dice piano il ragazzo guardando Bella.

Lei appoggia il piatto con la pappa di Ariel sul tavolo e si alza spostandosi in salotto.

Si siede sul divano, prende un cuscino e se lo stringe a sé.

Triste e affranta.

Il ragazzo la segue e le si siede accanto senza però dire una parola.

“Cosa intendevi con quelle parole?” chiede piano Isabella interrompendo il silenzio.

“Forse non siamo tagliati per essere genitori. Non sappiamo come prenderla. Non sappiamo neanche come farla smettere di piangere. Non sappiamo darle da mangiare. Bella non credo che siamo i tipi giusti per crescere Ariel.” dice semplicemente il ragazzo.

Isabella vorrebbe ribattere, ma sa che tutte le cose che ha detto Edward sono vere. Stringe più forte il cuscino a sé.

“Per non parlare del fatto che non riusciamo ad andare d’accordo. Litighiamo per ogni singola cosa.” Aggiunge.

“Ma Victoria e James…” cerca di dire la ragazza ma lui la interrompe.

“Non ci hanno pensato bene. O almeno non ci hanno pensato abbastanza. Non ce ne avevano neanche mai parlato, Bella. E non è una cosa da niente. Lasciarci in affidamento loro figlia non è una cosa da niente.” ribatte lui sempre più convinto delle sue parole.

“Magari non ne hanno avuto il tempo. Non è di certo un argomento facile. Nessuno si immaginava che sarebbero morti così presto.” Risponde la ragazza cercando di non scoppiare a piangere visto che ogni volta che si parla di Victoria gli occhi le si riempiono di lacrime.

“Questo è vero. Però è andata così. E ora ci troviamo noi in questa situazione e dobbiamo decidere cosa fare.” Dice semplicemente Edward.

Isabella appoggia il capo sulla spalla del ragazzo.

“Non so cosa fare.” Ammette piano. Odia doverlo ammettere, odia farsi vedere fragile e indifesa. Odia farsi vedere piangere.

Ma ora davvero non sa come comportarsi.

Vorrebbe crescere quella piccola. L’adora. Ed è proprio perché l’adora vuole per lei il meglio. E non è sicura che loro due siano il meglio per lei.

Però non vuole lasciarla. Non vuole darla ad altre persone. Vuole tenerla lei. Crescerla lei.

“Voglio tenerla, Edward. Victoria e James l’hanno affidata a noi. Questo deve pur contare qualcosa. Deve per forza voler dire qualcosa. Non riesco a pensare all’idea di darla a qualcun altro. So che forse noi non siamo il meglio per lei, forse non sappiamo come prenderla, come comportarci, come farla smettere di piangere, come crescerla…ma impareremo. Voglio imparare. Per Ariel.” Confessa la ragazza affondando i più il viso nella spalla di Edward.

Lui le accarezza dolcemente i capelli. “Allora ci proveremo, Bella. Ci proveremo.” Le sussurra piano. Non sapendo cosa altro dirle. Vorrebbe dirle che se fosse per lui cercherebbero subito qualcun altro, fosse per lui lascerebbe stare tutto perché non sa come gestire la faccenda, e non ha idea di come far per imparare. Ma sentendo il suo tono, e vedendo la sua voglia di tenere la piccola non poteva dirle altro che non fosse che in qualche modo ci avrebbero provato.

Per un po’ cala il silenzio.

Isabella che cerca di trattenere le lacrime per non piangere e bagnare la maglietta di Edward, e lui che le accarezza piano i capelli.

Ad un tratto sentono un verso provenire dalla cucina.

Ariel.

Velocemente si allontanano l’uno dall’altro, rendendosi conto solo allora del loro comportamento. E soprattutto della loro vicinanza.

Non si erano mai toccati veramente in quel modo. Non avevo mai avuto una conversazione così seria, e priva di litigi.

“Vado da Ariel.” dice Edward cercando di uscire da quella situazione imbarazzante.

Isabella annuisce. “Si. Io vado a farmi una doccia.” Risponde lei avviandosi verso le scale.

“Doccia?” chiede involontariamente Edward.

Lei lo guarda stranita. “Si. Doccia. Sai quella cosa che si fa con l’acqua, bagnoschiuma, shampoo…”

“Nudi. Si ho presente.” Conclude la frase Edward con un sorriso malizioso.

Lei gli lancia un occhiataccia. “Il solito pervertito!” esclama tirandogli addosso uno dei cuscini del divano.

E cercando di non sorridere.

Contenta che tutto sia tornato come prima tra loro, senza conseguenze imbarazzanti dovute all’ “inconveniente” di poco fa.

Lui schiva il cuscino e ridacchiando si rifugia in cucina da Ariel.

Isabella scuotendo la testa si dirige al piano superiore. A metà scala però le viene in mente una cosa.

Torna giù e si affaccia dalla porta della cucina. “E sta sera tu dormi nella tua camera degli ospiti. Non pensare neanche di dormire nello stesso mio letto come sta notte!” precisa.

Ieri sera lei era andata a dormire molto presto perché era stanca, e si era addormentata nella camera degli ospiti quella con il letto matrimoniale. E sta mattina quando si è svegliata si è ritrovata una bella sorpresa.

Edward che dormiva al suo fianco.

Chissà cosa aveva pensato quell’idiota lì quando l’aveva vista da sola in quel grande letto.

A sentire quelle parole Edward si volta verso Isabella.

“Come? Pensavo che ti piaceva dormire insieme visto come abbiamo dormito accucciolati.” Ribatte il ragazzo cercando di trattenere un sorriso.

“Io non dormo accucciolata a nessuno, Cullen!” ribatte sicura la ragazza. Cercando di non dar a vedere l’imbarazzo che le sta portando questa conversazione. Perché dentro di se si ricorda di quanto abbia dormito bene questa notte.

“Oh, si invece!” la contraddice lui. “Ti piace proprio avere un contatto quando dormi.” Aggiunge con un sorriso sempre più malizioso.

Isabella spalanca la bocca. Incavolata. E soprattutto imbarazzata. Perché è la verità. Fin da piccola le è sempre piaciuto dormire con qualcuno accanto, si sentiva più sicura.

“Prova a dormire con me sta notte e ti faccio vedere io il contatto.” Lo minaccia Isabella prima di voltarsi e salire le scale.

Edward ridacchia. “La prendo come una proposta.” Le urla da infondo le scale.

“Meglio per te che non sia così!” Esclama in risposta Isabella prima di chiudersi dentro il bagno.

Edward scoppia a ridere per la reazione della ragazza. Poi torna vicino alla piccola. La prende in braccio e insieme si dirigono in soggiorno.

“Vieni piccola, che cerchiamo qualcosa di divertente da fare, visto che non possiamo più infastidire la zia Bella.” Sussurra il ragazzo sempre sorridente, mentre appoggia la piccola sul tappeto del soggiorno e le passa i suoi adorati pupazzi.

Ci si divertirà parecchio.


Spero vi sia piaciuto, aspetto i vostri commenti.
IMPORTANTE: Dalla prossima settimana i capitoli verranno postati ogni Martedì (; Baci,Morwen.

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Capitolo 7
*** Capitolo Sesto (parte prima) ***


Ebbene si come vi avevo anticipato nello scorso capitolom ogni martedì ci sarà un nuovo capitolo, ebbene oggi è martedì. Cosa molto importante questo capitolo ho deciso di dividerlo in 2 parti perchè altrimenti diveniva troppo lungo e si perdeva la continuità del discorso.Spero che per chi studia il rinetro a scuola sia stato sereno. Di questo capitolo mi piace perchè si comincia ad intravedere il rapporto tra Edward e la picccola Ariel,inoltre appaiono anche alcuni dei Cullen, perciò...Vi volevo ringraziare, per seguire sempre in tantissimi la mia storia e perchè mi fate sempre trovare le vostre recensioni, grazie.Ora non parlo più.
Buona Lettura


Capitolo 6

Andrà tutto bene

"Andiamo a far fronte agli eventi che ci si parano davanti"
(W.Shakespeare)
 

“Muoviti, Cullen!” urla Isabella dal piano inferiore.

Edward a sentirla alza gli occhi al cielo e sbuffa.

“Ma le piace così tanto urlare?” borbotta mentre finisce di vestire la piccola Ariel.

È arrivato il fatidico giorno.

Il giorno del funerale. Il funerale di Jem. Di Victoria.

Il ragazzo ancora non ci può credere che tutto questo sta succedendo. Ancora non si è reso conto di tutta la situazione.

Quattro giorni fa la sua vita era normale, come la conosceva da tempo. Con la solita routine. Lavorare, uscire, divertirsi, portarsi a letto una ragazza, dormire. Ora invece è tutto cambiato. Perché si ritrova in questa casa enorme, che sarà tre volte il doppio del suo appartamento, tra le mani questo piccolo mostriciattolo con i capelli rossi di Vic e gli occhi di Jem da crescere insieme a una persona che mai avrebbe pensato di trovarsi accanto. Isabella Swan. Che lo detesta con tutta se stessa.

“Allora, ci sei? Muoviti, ti ho detto. Siamo in ritardo!”

E queste urla sono la prova di quanto detto due secondi fa.

“Si, secondo me ci prova gusto a urlare!” afferma Edward sorridendo alla piccolina che lo ricambia emettendo uno strano verso, simile a una risata.

Dei passi nel frattempo risuonano su per le scale.

“Eccola che arriva.” sussurra Edward sistemando le scarpine alla piccola Ariel.

“Cullen, maledizione. Odio arrivare tardi. Perciò muoviti. Sono due ore che stai lì a vestirla!” esclama la ragazza entrando nella cameretta della bambina.

“Abbiamo bisogno del nostro tempo.” Ribatte il ragazzo.

Isabella sbuffa. “No tu hai bisogno di un cervello nuovo.” Ribatte seccata. “Ricordami di non affidarti più il compito di vestirla.” Sospira prima di scendere di nuovo le scale per andar ad aprire la porta, visto che hanno appena suonato il campanello.

Edward alza gli occhi al cielo, e prende in braccio la piccola.

“Sembra proprio un bel inizio. Soprattutto se pensiamo che devo sopportarla per diciotto anni. Quella lì fa sembrare l’idea di scappare nel deserto una passeggiata al confronto che vivere con lei, non credi?” chiede Edward alla bimba che come prima gli risponde con una risatina.

Ormai è deciso. Hanno preso la loro decisione. Terranno la piccola Ariel. E cercheranno di prendersi cura di lei nel miglior modo possibile.

Lui la guarda. E sorride. “Si, Ariel ridi. Mamma e papà ne sarebbero contenti. C’è bisogno di più sorrisi possibili. Ci sono già state troppe lacrime.” Sussurra piano, appoggiando un bacio sulla testolina della piccola mentre scende le scale e segue quell’impaziente di Isabella fuori dalla porta di casa.

Verso la chiesa.

***

Stanca, esasperata e soffocata Isabella si allontana dalla folla di gente che è ammassata nel salotto di casa Meis per porgere l’ultimo saluto a James e Victoria, e si rifugia nella veranda sul retro.

Si siede sul divanetto.

Anche da lì fuori può sentire ancora il chiacchiericcio che proviene dall’interno.

Appoggia i gomiti sulle ginocchia e si prende il viso tra le mani.

Respira profondamente.

E prende coraggio.

Lei può farcela. Lei deve farcela. Deve farcela per Ariel. Per Vic e per Jem. Per se stessa.

Perché se l’è promesso. Lei sarà forte e imparerà a crescere Ariel.

Scuote la testa e si appoggia allo schienale, buttando la testa all’indietro e chiudendo gli occhi.

Facendo ciò una scena che ha visto il giorno prima le si para davanti agli occhi.

Ariel ed Edward seduti sul tappeto del salotto che giocavano insieme. Lui che le parlava. La bambina che lanciava di qua e di là i suoi pupazzetti. E lei che li guardava di nascosto dalla cucina.

“Sai piccola, la tua mamma e il tuo papà mi hanno tirato un bello scherzo.” Dice piano Edward sorridendo alla piccola. “Chi se lo immaginava che mi sarei trovato a dover prendermi cura di te.” aggiunge passandole un pupazzetto che la piccola aveva lanciato troppo lontano.

“Io che a mala pena so prendermi cura di me stesso, ora devo preoccuparmi anche per te. Questa piccola bambolina dagli occhi azzurri. Azzurri come quelli di Alice. Sai chi è Alice? Mia sorella. È una rompiscatole di prima categoria, ma senza di lei non saprei che fare. Le voglio bene sai. Te la presento un giorno. Secondo me ti piacerà. Lei piace a tutti.” Sorride il ragazzo, e Bella non può che pensare che da come ne parla e da come gli si illuminano gli occhi deve volere davvero molto bene alla sorella.

“Lei ci aiuterà. Ne sono sicuro. Perché piccola, io non so nemmeno da dove iniziare con te. Sarà una vera impresa. Ma bisogna farcela, non è così? Alla fine riusciremo a fare anche questa…” continua Edward accarezzando la testina di Ariel.

“Almeno si spera.” aggiunge piano sottovoce. “E comunque abbiamo sempre quella pazza di Bella.” Sorride.

E a stento trattiene una risata. “Ti piace zia Bella, vero?” chiede alla bambina. A sentire quelle parole, la piccola fa uno strano verso in risposta. “Si quella ragazza è proprio strana. Però è una forza. Ci aiuterà lei. È decisa ad aiutarci. Vuole aiutarci. Ora però non so quanto aiuto ci possa dare, piccola. Prima di aiutare noi, deve aiutare se stessa. È molto giù sai? Ma è logico, sta affrontando un brutto momento. Deve solo riprendersi e poi tornerà forte come prima.” dice piano “Spero.” L’ultima parola è poco più che un sussurro.

Poi le sorride e la prende in braccio.

 

“Ehi, tutto bene?” Una voce la fa sobbalzare, interrompendo i suoi ricordi.

Si volta verso la voce e sorride al ragazzo biondo. L’unica persona che conosce oltre a Edward in mezzo a tutta quella folla. “Mhmm, diciamo.” risponde la ragazza incerta.

“Cosa c’è che non va?” chiede gentilmente Jasper sedendosi sul divanetto affianco a lei.

“Cosa c’è che non va?” gli fa eco la ragazza sarcastica. “Tutto non va, Jasper.” Esclama Bella. “Non va il fatto che non riesca ad accettare che Victoria non ci sia più. Il fatto che continui a sperare che da un momento all’altro possa sentire la sua voce che mi chiama. Il fatto di questa casa enorme, dove ogni volta che mi giro noto un particolare che mi porta alla mente troppi ricordi. Il fatto di vedere tutta questa gente qui, di cui non conosco nessuno oltre a te ed Edward. Il fatto di trovarmi a crescere la figlia della mia migliore amica da sola…”

“Non da sola.” La interrompe Jasper.

“Si, certo. Edward è il compagno ideale con cui crescere una bambina.” Commenta sarcastica la ragazza e guardandolo di sottecchi.

Jasper trattiene una risata. “Si, forse Edward non è perfetto per questo ruolo, però Isabella credimi, non è così male come pensi tu. Certo ha anche lui i suoi difetti, però sa essere anche gentile...”

“Seeee, certo quando gli asini voleranno.” Lo interrompe Bella sprofondando nel divanetto.

Jasper scuote la testa. “Credimi.” Le assicura il ragazzo sorridendole.

Lei lo guarda dubbiosa, poi ripensa a ciò che è successo l’altro giorno.

Sul divano.

Quando gli ha confessato che non sapeva che fare. Quando si è aperta con lui. Quando hanno finalmente deciso che avrebbero tenuto Ariel. Quando lui le ha accarezzato dolcemente i capelli…

“E poi non mi riferivo solo a Edward…” riprende Jasper allacciandosi al discorso precedente. La ragazza lo guarda curiosa. “Mi riferivo alla famiglia di Edward. Conoscevano Jem fin da quando era piccolo, era come un loro figlio, gli volevano molto bene perciò di certo si preoccuperanno per la piccola Ariel, la vedono come la loro nipote adottiva, e vi staranno accanto. Perciò Bella, non sarete da soli.” Sorride il ragazzo. Un sorriso dolce, sincero e ricco di promesse. Un sorriso che gli illumina gli occhi chiari e lo fa sembrare ancora più bello.

“Non la conosco questa famiglia.” Dice piano la ragazza.

Lui si alza dal divanetto e le porge una mano. “E allora che ci facciamo ancora qua?” chiede lui sorridendo.

La ragazza scuote la testa.

“Non voglio rientrare lì dentro. Mi sembra di soffocare. Tutti mi osservano, mi giudicano, si chiedono se sia la persona giusta per crescere Ariel…”

“Tu sei la persona giusta. L’hanno deciso Victoria e James. E Ariel era loro figlia. Sapevano ciò che era meglio per lei. Non importa ciò che dicono gli altri.” Le dice il ragazzo. “Quindi ora alzati da questo divanetto, vieni dentro, prendi in braccio quella piccolina che ormai si sentirà spaesata non vedendoti più, e fai vedere a tutti che ce la puoi fare.” La incita il ragazzo.

E Isabella si alza.

Jasper ha ragione.

Lei ce la farà. E lo farà vedere a tutti.

Prende la mano del ragazzo e torna dentro casa.

***

“Dove cavolo ti eri cacciata?” la rimprovera Edward appena mette piede in salotto. “Sei matta a lasciarmi qui da solo. Questa gente è come gli avvoltoi. Ti girano intorno squadrandoti, poi piano piano si avvicinano e basta è finita. Cominciano con le loro domande che ti spiazzano una più dell’altra e ti ritrovi muto come un pesce non sapendo che cavolo rispondergli. Così poi se ne vanno contenti di averti fatto fare la figura dell’imbecille e di farti capire che non sai niente su come crescere una figlia.” Esclama il ragazzo tutto d’un fiato.

Lei lo guarda con le sopracciglia alzate, mentre prende in braccio la piccola Ariel.

“Tranquillo Cullen, la figura dell’imbecille la fai in qualsiasi caso.” Risponde tranquillamente Isabella.

“Grazie tante.” ribatte Edward.

“Prego.” dice stringendosi nelle spalle e avviandosi il cucina per prendere altri bicchieri.

“Non scherzo, Swan. Non so come fare.” Confessa seguendo a ruota la ragazza verso la cucina.

Bella appoggia Ariel sul bancone e si volta verso il ragazzo.

“Ascolta, Cullen. Non te ne deve importare nulla di quello che pensa tutta quella gente ipocrita che c’è di là. Noi conoscevamo meglio di tutti loro Victoria e James. Noi volevamo bene a loro come se fossero un'altra parte di noi. Noi eravamo i loro migliori amici, non quella gente lì. Loro non hanno nessun dannato diritto di giudicare. Non ci conoscono e non sanno come siamo. Vic e Jem invece lo sapevamo. E se hanno voluto lasciarci Ariel ci sarà un motivo. Perciò lascia credere a quella gente quello che vuole, l’importante è che tu sappia la verità. E andrà tutto bene. Alla grande. Noi ce la faremo. Noi riusciremo a crescere Ariel. Lo faremo per Vic e Jem. Per noi. E soprattutto per la piccola. Chiaro?” Spiega Isabella fissando fisso negli occhi il ragazzo.

“Cristallino.” Risponde di riflesso Edward.

“Bene.” Annuisce la ragazza aprendo un anta della cucina per recuperare i bicchieri.

Il ragazzo si appoggia al bancone di fianco alla piccola e le sussurra sorridendo. “Lo sapevo che sarebbe tornata.”

“Cosa?” domanda Isabella non avendo ben capito le parole del ragazzo.

Lui si volta verso di lei e le sorride. E Isabella non può pensare a quanto quel sorriso, un sorriso sincero e felice, gli illumini gli occhi verdi rendendoli ancora più belli.

“Niente. Parlavo con Ariel.”

“Mmmm, vedo che è un attività che ti appassiona molto parlare con i bambini.” lo punzecchia Isabella guardandolo di traverso.

“Cosa, vorresti insinuare?” domanda curioso il ragazzo.

“Niente. Parlavo tra me.” risponde vaga la ragazza cercando di non sorridere.

“Swan, scommetto che c’è qualcosa che non mi dici.” Afferma Edward sicuro di sé incrociando le braccia al petto.

Lei si volta e gli ride in faccia. “Ci sono un sacco di cose che non ti dico, Cullen.”

“Ad esempio?” domanda lui sporgendosi verso di lei e guardandola malizioso.

“Ad esempio che devi farti gli affaracci propri!” esclama stizzita la ragazza, e infastidita da quello sguardo che, anche se non vuole ammetterlo a se stessa, le piace più del lecito.

“No, questa cosa me la dici già abitualmente.” Risponde il ragazzo scuotendo la testa. “Riprova” la incita sempre con lo stesso tono malizioso di prima.

“Ma neanche per sogno!” esclama la ragazza imbarazzata. “Ora, aria. Circolare. Tornatene in salotto dagli ospiti…” gli dice spingendolo verso la porta della cucina per uscire il prima possibile da questa situazione imbarazzante. “Oh, aspetta porta anche questi.” Aggiunge passandogli i bicchieri da portare agli ospiti.

“Ehi, ehi chi sono? Lo schiavo di casa?” domanda Edward.

“Abituatici. Perché lo diventerai.” Ribatte la ragazza spingendolo di nuovo fuori dalla cucina.

Una volta sola Isabella si appoggia al bancone affianco alla piccola Ariel e prende un respiro profondo.

“Sarà dura, piccola mia.” Sussurra scuotendo la testa.

Sarà davvero dura. Prima si è fatta vedere forte e decisa al ragazzo. Ma non è ancora forte e decisa. Non è ancora tornata forte e decisa come prima. È ancora triste, insicura e piena di dubbi. Anche lei ha bisogno di sentirsi dire le stesse parole che ha detto poca fa ad Edward, peccato che non ci sia nessuno che possa dirgliele. Nessuno che le prenda le mani, le infonda sicurezza e le dica “andrà tutto bene.”

“Andrà tutto bene.” Una voce la fa sobbalzare.

Una voce leggera, dolce e amorevole.

La ragazza sorpresa si volta verso la donna che si trova sulla soglia della cucina. Sbalordita dall’aver sentito le tre esatte parole a cui lei stava pensando.

“Scusi?” chiede piano.

Al donna le sorride. Un sorriso che ha un che di famigliare. Un sorriso dolce e prefetto che le illumina gli occhi. Un sorriso che le ricorda una persona in particolare.

“Andrà tutto bene.” Ripete la donna avvicinandosi al bancone.

Quando la donna è arrivata a un metro da loro si accorge della figura piccola della bambina, coperta prima alla vista da Isabella.

“Oh piccola mia…” sussurra dolce accarezzando dolcemente la testolina della piccola, che sorride a quella donna per Isabella sconosciuta ma per la piccola conosciuta, visto come le sorride.

La ragazza guarda incuriosita la scena.

Poi la donna si volta verso di lei. “Non ti ho più vista in sala, perciò ho immaginato che ti fossi rifugiata in un'altra stanza della casa per avere un po’ di tranquillità. Posso solo immaginare quanto sia difficile per te questo giorno. E mi dispiace davvero moltissimo. Amavo James come un figlio, e sapere di questa disgrazia è stato un colpo a cuore. Un colpo al cuore enorme. E impossibile da rimarginare. Ci sono rimasta davvero male e nei momenti in cui ero più giù, riuscivo solo a pensare che avevo bisogno di avere qualcuno accanto che mi sorreggesse e dicesse che sarebbe andato tutto bene. E ce l’avevo. Avevo mio marito. È stato più forte di me, ha avuto la forza di dirmi quelle tre semplici parole che mi hanno aiutato a superare parte del dolore. Mi ha permesso di appoggiarmi a lui per superare tutto ciò. Quando ti ho vista qui da sola, ho saputo subito di cosa avevi bisogno. Perciò ti ho detto che andrà tutto bene. Perché avevi bisogno di sentirlo e io ero pronta a dirtelo.” Spiega dolcemente la donna prendendo una mia mano tra le sue.

Isabella la guarda sorpresa, confusa ma con le lacrime agli occhi. Colpita per la sincerità e la dolcezza della donna. Per il coraggio che ha avuto nel raccontarle queste cose. E per la bontà e il sentimento vero con cui le ha dette. Per il semplice fatto di averla capita. E di essersi offerta così a lei. Una ragazza che nemmeno conosce.

“Grazie.” Riesce solo a sussurrare Isabella stringendo più forte la mano della donna.

“Non ringraziare, tesoro. È un dovere.”

Bella le sorride.

“Sono Esme. La mamma di Edward.” Aggiunge sorridendo la donna. E a quelle parole alla ragazza tornano in mente le parole di Jasper. Considerava i Cullen delle persone meravigliose. E non poteva dargli torto. Per quanto avesse conosciuto solamente la madre, non poteva pensare che se il resto della famiglia fosse stato come lei, allora Jazz aveva pienamente ragione.

“Abbiamo tanto sentito parlare di te, Bella.” Aggiunge Esme. “E non vedevamo l’ora di conoscerti. James ti reputava una persona fantastica. Schietta, forte, dolce e premurosa. Ci ha parlato molto di te.” Sorride la donna.

Isabella abbasso lo sguardo puntandolo sulle sue scarpe non sapendo che rispondere alla donna.

“Di certo non mi avete conosciuta nel momento migliore.” riesce a sussurrare solamente.

Esme le accarezza la testa. “Oh, ma è come se ti conoscessimo già. Come ti ho detto abbiamo sentito molto parlare di te.”

La ragazza alza lo sguardo e un piccolo accenno di sorriso si forma sulle sue labbra, prima che una voce le interrompa.

Spero che vi sia piaciuto,aspetto i vostri commenti. A martedì.
Baci,vostra
Morwen.
Spero 

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Capitolo 8
*** Capitolo Sesto (parte seconda) ***


Ed eccoci qui, in questo Martedì 20 Settembre torno con la seconda parte del sesto capitolo.Volevo dedicare questo capitolo a due persone in particolare a babycullen e alla sua Katia,si per che lei può realmente capire. Non vi faccio nessunissima anticipazione e vi lascio alla vostra lettura. Vi ringrazio infinitamente per il vostro continuo appoggio.
BUONA LETTURA.  
baby    e     

 

Capitolo 6

Andrà tutto bene (seconda parte)

“No. Alice. Vieni qui. Non andare. Alice….” La voce di Edward precede di pochi secondi l’entrata in cucina di una piccola ragazza dai capelli neri e da due grandi occhi azzurri.

“Isabella!” esclama con una voce squillante, e allo stesso tempo delicata.

Bella la guarda stranita, e confusa sposta lo sguardo verso Edward dietro la ragazza che in tutta risposta si stringe nelle spalle.

La piccoletta si fionda addosso a Isabella stringendola in un forte abbraccio.

E tutta questa forza da dove l’ha presa?

“Come stai? Tutto apposto? Ma no che stupida, logico che non stai bene. Non so come potrei farcela io se morisse la mia migliore amica, mi dispiace davvero tantissimo per quello che è successo. Non posso neanche immaginare quanto tu stia male. Ma non preoccuparti noi di aiuteremo. Io, Edward, Emmett, mamma, papà…tutti noi ti aiuteremo. Te lo prometto. Non sarai da sola. Potrete venire a casa nostra con la piccola tutte le volte che volete, saremo contenti. Emmett si divertirà un sacco con Ariel, è bravissimo con i bambini. E Rose ti spiegherà tutto. Sai lei è incinta. Aspetta una bambina e…ma questo non centra niente. Ci penseremo dopo. Volevo solo dirti che mi dispiace tanto. Davvero. E che io ti staro vicino.” Conclude in fretta Alice.

Bella la guarda sconvolta.

Ma questa è pazza?

Guarda suo fratello Edward dietro di lei che scuote la testa rassegnato, e poi guarda Esme che le sorride esasperata e dice solamente. “E’ fatta così.”

Torna poi a fissare la ragazza. Ha i grandi occhi azzurri velati di lacrime, e un espressione davvero dispiaciuta dipinta sul volto. Sembra quasi che stia per scoppiare a piangere da un momento all’altro. Le sue parole erano tutte vere. Per quanto le abbia dette alla velocità della luce, per quanto possa essere sembrata indelicata sotto sotto Alice era davvero sincera. Sincera e triste. Pronta a offrire senza il minimo dubbio il proprio aiuto e sostegno a una ragazza che nemmeno conosce.

A Isabella le si stringe il cuore e le lacrime le salgono agli occhi.

Diverso metodo, diverso carattere, ma uguale e tale ad Esme.

Pronta a offrirsi per gli altri.

Tale madre, tale figlia.

“Grazie” riesce solamente a dire Bella con la voce roca. Le lacrime di commozione trattenute a stento.

“Oh…” dice solamente Alice stringerla di nuovo nel suo forte abbraccio. Un abbraccio che sa di sincerità, sostegno e un pizzico di nuovo affetto.

“Ti aiuto io.” Sussurra Alice appena scioglie l’abbraccio.

“Nanetta, forse non sarebbe il caso di presentarsi?” Le interrompe la voce di Edward.

“Credo che Isabella abbia capito chi sia, figliolo.” Risponde sorridente Esme.

“Sono Alice. La sorella di questo grande idiota.” Dice lo stesso Alice indicando con una mano il ragazzo dietro di se.

“Ehi, potrei offendermi.” Si lamenta quest’ultimo.

“Taci. Ne sei abituato.” Ribatte Alice, sorridendo a Isabella che sorride a sua volta.

Pensa proprio che andrà molto d’accordo con questa ragazza. Chiunque dia dell’idiota a Cullen sarà nelle sue grazie.

“Piacere di conoscerti, Alice.” Risponde solamente Bella ancora sorridendo alla ragazza.

***

“Posso darti una mano?” chiede una voce dolce e gentile.

Isabella alza gli occhi dai piatti che stava cercando di impalare per portarli in cucina e rivolge lo sguardo alla ragazza che si trova al suo fianco.

Ha un che di famigliare. A Bella sembra di averla già vista da qualche parte.

Lunghi capelli biondi, occhi blu e un fisico da modella fasciato da un bellissimo vestito nero. Eccezione per quanto riguarda il pancione che si ritrova.

Incinta.

Alice aveva parlato di qualcuno incinta….

Qualcuno che dal nome le aveva fatto tornare subito in mente una persona che conosceva.

“Oh tranquilla. Ce la faccio. Non vorrei che ti affaticassi visto le tue condizioni.” Risponde gentilmente Bella impilando un altro piatto su quelli già raccolti.

La ragazza alza gli occhi al cielo e sorride. “Anche tu come il mio fidanzato. Guardate che sono incinta, non moribonda.” Ribatte lei ridacchiando.

Isabella la guarda e sorride a sua volta.

La sensazione che prova con quella ragazza le è famigliare. E quasi del tutto certa di averla già vista da qualche parte, solo che non riesce a focalizzare dove.

“Perciò dammi un po’ di piatti che ti aiuto.” Afferma e senza aspettare un ulteriore rifiuto da parte di Bella prende i piatti e si dirige in cucina.

La mora sorpresa e colpita da quel comportamento la segue.

“Li metto qui?” chiede la ragazza indicando il lavabo. L’altra annuisce.

“Era ora che la gente se ne andasse. Non avrei potuto resistere un minuto di più. Troppa pressione. Non immagino neanche come possa esserti sentita tu.” Sospira voltandosi verso Isabella e sedendosi su uno degli sgabelli della cucina.

La ragazza la guarda con un accenno di sorriso e va a sedersi sullo sgabello accanto. “Soffocata.” Risponde semplicemente. L’altra le sorride comprensiva.

È un sorriso che Isabella ha già ricambiato in passato. Un sorriso che è convinta di aver già condiviso.

Un sorriso dolce e famigliare. Un sorriso che più appartenere solo a una persona.

“Rosalie!” esclama ad un tratto la ragazza appena la riconosce.

L’altra ridacchia. “Ero proprio curiosa di vedere quanto ci avresti messo a riconoscermi!” scherza prendendo dal tavolo uno dei giocattolini di Ariel, che non si sa come sia finito li, e inizia a rigirarselo tra le mani.

Lei era la figlia dei suoi datori di lavoro. La sua prima amica che ha avuto qui a Phoenix. Colei che aveva lavorato per un paio di mesi in libreria. Mesi durante i quali le due ragazze avevano molto legato. Tra una cliente e l’altra avevano imparato a conoscersi, passavano ore a parlarsi, a scherzare e alcune volte quando facevano tardi in negozio appena chiudevano si fermano nel ristorante vicino a mangiare un boccone, oppure ordinavano cinese e si rifugiavano nell’appartamento di Rose a mangiare a guardare un film. Questo però prima che Rosalie scomparisse da un giorno all’altro. E non si presentasse più a lavoro. Senza lasciare nessun messaggio, nessun biglietto. Se ne era semplicemente andata. I suoi erano stati sempre molti evasivi sull’argomento, dicevano solo che si era dovuta trasferire in un’altra città. Non hanno mai detto perché, tanto che Isabella non aveva mai capito il motivo per cui Rosalie era sparita.

“Mi sono sempre chiesta che fine tu abbia fatto.” commenta Isabella. Schietta, diretta e senza giri di parole. Dritta al punto.

A quelle parole Rose abbassa lo sguardo e continua a giocherellare con il pupazzetto di Ariel nervosa.

Si stringe nelle spalle. “Sono stata una stupida a sparire così. Lo so. E mi dispiace, Bella. Ma dovevo farlo” dice piano alzando un po’ la testa e guardando con un pizzico di imbarazzo e molto rimpianto la ragazza mora. “Non voglio spiegarti ora il motivo, perché non è il luogo né il momento adatto. Però te lo dirò Bella. Promesso.” aggiunge guardando speranzosa l’amica.

Bella annuisce. Conoscendola sa che si è pentita di quello che ha fatto, l’ha intuito dal suo tono, e ha capito che non è pronta per raccontarle tutto, non adesso almeno. E lei non è certo così curiosa da volerlo sapere subito, vuole rispettare i suoi tempi e aspettare che sia pronta Rose a parlarne.

Certo le piacerebbe avere una spiegazione del perché lei sia sparita così lasciandola da sola, vorrebbe dirle che non è un comportamento adatto per una che diceva di essere tua amica e che come minimo dovrebbe spiegarsi e cercare di farsi perdonare, però non vuole insistere. Non ha la forza di insistere, non dopo una giornata così. Non in un periodo del genere.

Le prende una mano tra le sue, distogliendo l’attenzione dell’amica dal pupazzetto. “Certo, Rose. Quanto vorrai parlarne ti ascolterò.” dice piano con un piccolo sorriso. Poi abbassa lo sguardo sulle loro mani unite.

Osserva le mani lunghe e delicate della sua amica, le unghie perfettamente curate, la pelle liscia e delicata, i capelli biondi più lunghi, i tratti del viso più marcati, il fisico più alto, l’espressione negli occhi più matura. È cambiata. La sua amica è cambiata. È cresciuta.

Ma nonostante questo è sempre lei. Il sorriso aperto e sincero è lo stesso, la sua presa forte è la stessa, il legame e la sintonia che ha da sempre sentito con lei è la stessa.

“Sono così contenta di rivederti!” esclama ad un tratto Isabella stringendola in un forse abbraccio. È davvero contenta di rivederla. È davvero contenta di vedere un volto conosciuto in mezzo a un sacco di volti sconosciuti. Perché per quanto Alice ed Esme siano state gentili e amorevoli con lei sono sempre delle sconosciute, Rosalie invece è un amica. Un amica che pensava di non poter più considerare tale, ma che ora, forse, può iniziare a esserla di nuovo.

“Anche io, Bella. Tanto. Anche se di certo questo non è il momento migliore.” risponde Rose triste sciogliendo l’abbraccio ma mantenendo pur sempre un contatto con Bella, stringendole la mano.

A quella parole tocca a Isabella abbassare lo sguardo.

Per un momento si era dimenticata della scomparsa di Victoria. Per un momento era stata felice, contenta di rivedere una sua vecchia amica. Per un momento i brutti pensieri erano stati segregati in un angolo della sua mente, sostituiti dai bei ricordi che le erano tornati in mente alla vista di Rose, e dalla felicità di averla ritrovata. Ma ora che la sua amica le ha ricordato il motivo per cui si trovano lì, in quella casa, i brutti pensieri sono tornati a occupare come un fiume in piena la sua mente, oscurando con la loro forza e il loro dolore quelli felici. E riportando Bella nella tristezza.

“Mi dispiace davvero tanto per quello che è successo.” aggiunge l’amica portando un braccio a stringere le spalle di Bella, senza però mollare la presa tra le loro mani.

“Per quanto riguarda la perdita di Victoria non posso certo dirti che so come ti puoi sentire. Non posso davvero, perché sarebbe una bugia. Però per quanto riguarda invece la situazione in cui ti sei ritrovata, Ariel e tutto il resto posso dirti che ti capisco. So come ti senti. Perché ci sono passata anche io. So che ritrovarsi a essere mamma così all’improvviso è preoccupante, quasi spiazzante direi. Non sai come comportarti. Come prende la situazione. Sei preoccupata di non saper fare la cosa giusta. Ti domandi se sarai una brava mamma o una pessima madre. E l’unica cosa che puoi fare è quella di dare il meglio di te, sperando che tutto vada bene.” cerca di rassicurarla l’amica. E a Bella sembra che Rosalie parli per esperienza personale.

La ragazza alza lo sguardo e con la fronte aggrottata fissa Rose. “E tu come fai a saperlo?” chiede piano.

Rose le sorride e sta per risponderle quando delle urla le interrompono.

“Mamma! Mamma!” grida un bambino dai capelli scuri mentre entra di fretta in cucina. “Ho vitto! Ho vitto!” esclama mentre si mette a correre in mezzo alla cucina tutto super agitato.

Isabella lo guarda stranita chiedendosi da dove sia sbucato fuori quel piccoletto. Poi si volta verso l’amica e la guarda con un’unica espressione: Chi è questo qui?

L’altra si stringe nelle spalle e si alza dallo sgabello per andar incontro al bambino. Con un po’ di difficoltà, causate dal pancione, riesce a prenderlo in braccio.

“Lui è Alex. Una delle persone più importanti della mia vita.” spiega Rosalie tornando a sedersi sullo sgabello affianco a Isabella e appoggiando il bimbo sul bancone.

Bella rimane sorpresa a sentire quelle parole. Un bambino. Rosalie è diventata mamma.

Volta lo sguardo verso Alex. Avrà all’incirca quattro anni. Piccolino, con un ciuffo di capelli scuri e dei grandi occhi blu come la mamma, un nasino che è anche quello tale e quale a quello di Rose e un bellissimo sorriso.

“Ho vitto, mamma!” ripete di nuovo il bambino contento.

Rosalie gli sorride. Un sorriso pieno d’amore e di adorazione. “E cosa hai vinto?” gli chiede piano.

“Un bacio dalla mamma più bella.” risponde una voce. Non la voce di Alex però, ma di un’altra persona che fa la sua entrata in cucina.

Oggi la cucina è diventata il ritrovo di tutti.

Nel sentire quella voce a Rose le si illuminano gli occhi. Si volta verso il ragazzo sulla porta e gli sorride.

Fisico alto e muscolo, capelli scuri corti e leggermente mossi, occhi grandi e azzurri tendenti al blu, e un sorriso stupendo con le fossette ai lati. È di certo un tipo che non passa inosservato.

“Pensavo di vincere questa volta ma questo piccoletto mi ha battuto ancora!” esclama avvicinandosi al bancone e spettinando i capelli ad Alex che scoppia a ridere e comincia a cantilenare: “Ho vitto! Ho vitto!”

Rose scoppia a ridere.

“Ehi papà, credo che dovresti smetterla di scommettere con questo bambino perché mi pare che stai cominciando a perdere troppo spesso.” commenta Rosalie guardandolo di sottecchi.

“Ma io ho il premio di consolazione vero, mammina?” chiede in un sussurro il ragazzo avvicinandosi a Rose. Lei arrossisce anche se fa finta di nulla.

“Il plemio! Il plemio!” richiede il bambino interrompendo i genitori. Rose sorride e gli stampa un grosso bacione sulla guancia. “Eccolo!”

A vedere quella scena a Bella vengono le lacrime agli occhi. E si rende contro di quanta strada dovrà fare per arrivare a essere con Edward ed Ariel, una famiglia come è quella di Rosalie. Piena di amore, complicità e allegria.

Il bambino sorride e contento di aver ricevuto il suo premio pretende di scendere dal bancone. Rose lo aiuta.

“Ola vado a dillo a tia Alice. E a tio Edward.” Ridacchia il bambino prima di scappare fuori dalla cucina.

Nel sentire quelle parole Isabella spalanca gli occhi. “Zio Edward?” chiede dubbiosa all’amica.

L’altra le sorride comprensiva. “Eh certo, Bella. Faccio parte dei Cullen adesso.” risponde. Poi si volta a guardare il ragazzo con uno sguardo pieno d’amore. “Sai com’è sono parecchio legata a uno di loro da un pò tempo e questo qui ne è la prova.” aggiunge felice indicandosi la pancia.

Isabella di certo è sorpresa. Non si sarebbe aspetta di ritrovare l’amica così, soprattutto non imparentata con la stessa famiglia del ragazzo con cui lei deve crescere la figlia di Jem e Victoria.

“È…è fantastico!” riesce solo a dire con un piccolo sorriso.

Lei annuisce. Prima che il ragazzo le interrompa per presentarsi. “Io sono Emmett. Il fratello di Edward.”

“E un'altra delle persone più importanti della mia vita” aggiunge dolce Rosalie stringendo la mano del ragazzo.

***

Finalmente Isabella quando tutti se ne sono andati riesce a trovare un attimo per se stessa.

Si prepara una bella tazza di te alla fragola e con Ariel in braccio si dirige in salotto.

Appoggia la piccola sul divano, le posiziona qualche piccolo pupazzetto con cui giocare e stanca le si siede accanto. Raccoglie le gambe vicino al petto, e sistema la tazza sulle sue ginocchia in bilico.

Beve a piccoli sorsi il te caldo, mentre non stacca mai gli occhi dalla piccola.

Ariel non è in vena di giochi. È troppo stanca, come Isabella. Gli occhi le si chiudono da soli. La ragazza prende un cuscino e la sistema meglio, coprendola anche con una piccola copertina trovata lì sul divano.

Sa che sarebbe il caso di prenderla e portarla nel suo lettino, però è troppo stanca. Perciò la lascia lì a dormire tranquilla.

Anche se sa che se ci fosse stata Victoria al suo posto non ci avrebbe pensato due volte e avrebbe già portato la piccola al sicuro nella sua culla.

Bella scuote la testa.

Lei non è Victoria.

Continua a bere il suo te, gli occhi su Ariel.

È così piccola e indifesa. Così impreparata al mondo che la circonda. Così fragile.

Come farà ad affrontare tutto questo? Dovrà imparare a difendersi. Ad ambientarsi.

Dovrà essere forte e determinata per superare tutte le difficoltà che si troverà davanti nella sua vita.

Sospirando profondamente allunga un braccio, e delicatamente le accarezza la testina.

Ora il tempo per cambiare idea è finito.

L’incontro per l’affidamento è previsto per domani pomeriggio.

E poi lei ed Edward saranno i nuovi genitori di Ariel.

Ancora le è difficile abituarsi all’idea.

Genitori.

Che parola strana.

Però l’hanno voluto loro e così sarà. È la scelta migliore. Forse non è la più giusta, ma ora come ora secondo Isabella è la migliore.

“E’ così piccola.” Una voce la fa sobbalzare.

Non si era accorta della presenza di Edward in salotto, troppo presa dai suoi pensieri.

Si volta verso il ragazzo e lo trova appoggiato alla stipite della porta che le guarda.

Uno sguardo sereno, tranquillo e forse con un pizzico di amore. Ma proprio un pizzico.

Isabella annuisce, e torna a fissare la piccola.

“Si. Sembra così indifesa, fragile. Impreparata al mondo che la circonda e che si troverà ad affrontare.” Sussurra la ragazza, dando voce ai suoi pensieri di poco prima.

Sente i passi del ragazzo farsi vicini. E un secondo dopo le è seduto affianco sul divano.

“Come farà ad affrontare tutto ciò?” chiede Isabella sempre più preoccupata per Ariel. “Dovrà imparare ad essere forte e determinata.” Aggiunge spostando lo sguardo sulla tazza di te che ancora tiene tra le mani.

Edward a sentire quelle parole, o meglio a sentire il tono della ragazza, si affretta a tranquillizzarla.

“Fossi in te non mi preoccuperei di questo.” Dice stringendosi nelle spalle. Isabella si volta a guardarlo sorpresa da quelle parole.

Lui la guarda negli occhi. “Avrà la migliore delle insegnanti.” Spiega semplicemente. Sperando che Bella capisca che il riferimento è diretto solo ed esclusivamente a lei. Il ragazzo per quanto detesti il modo da sapientona di Isabella, per quanto detesti il suo essere maniaca del controllo, per quanto detesti il suo troppo orgoglio, non può di certo negare che una delle qualità migliori della ragazza sono la sua determinazione e la sua forza, anche se a volte possono essere confuse per cocciutaggine.

Isabella abbassa lo sguardo leggermente in imbarazzo per le parole di Edward.

Odia sentirsi così. Odia trovarsi in situazione che non sa gestire. Non è abituata a sentirsi parlare in quel modo, non è abituata a dimostrazioni di stima, o affetto da parte di altre persone. Nessuno nella sua famiglia è mai stato molto aperto. Preferivano dimostrare a gesti che si volevano bene o che tenevano all’altro, perciò Isabella si trova sempre impreparata a gestire situazioni del genere. In cui ci sono in ballo sentimenti. Cerca di evitarle.

Preferisce battibeccare e stuzzicare le persone. Soprattutto Edward.

“Del resto, diventerà anche una bambina molto invidiata. Tutte le sue amiche vorranno avere un genitore bello e affascinante come me.” Afferma sicuro il ragazzo. Per cercare anche di alleggerire la situazione. Rendendosi conto del disagio di Isabella.

“Io avrei i miei dubbi. Sai com’è tra noi due di certo non sei tu il più carino.” Lo stuzzica Isabella stringendosi nelle spalle con fare ovvio.

“E saresti tu?” chiede lui con un sopracciglio alzato.

“Logico.” Ribatte sicura la ragazza. “Oltre a essere più brava, intelligente e preparata in fatto di bambini.” Aggiunge voltandosi a guardarlo in faccia e sfidandolo a ribattere.

“Vedremo piccola, Swan. Vedremo. Con un po’ di tempo scoprirai molte cose di me.” Le assicura il ragazzo.

“Cos’è una minaccia?”

“No. Una promessa.” Le soffia a un centimetro dal volto. Dopo di che si alza dal divano, prende con delicatezza la piccola in braccio cercando di non svegliarla e si dirige al piano superiore per metterla a letto.

Isabella guarda in silenzio la scena, riuscendo solamente a pensare che le loro labbra meno di due minuti fa erano a pochi centimetri di distanza.

Un brivido la coglie. Prende la coperta che poco prima copriva Ariel e se la stringe addosso per riscaldarsi. Anche se il brivido che ha sentito era di tutt’altra natura.

Cerca di non pensarci. Non deve pensarci a queste cose.

Non se questi pensieri riguardano Cullen.

Stanca e spossata Isabella appoggia la tazza di te vuota sul pavimento. Poi pone la testa sul cuscino del divano, e chiude gli occhi.

Cerca di svuotare la mente da tutti i pensieri, focalizzandosi solamente sul ricordo della sua migliore amica. E di tutti i bei momenti che hanno passato insieme. Immaginando per un attimo che non sia successo niente e che torni tutto a com’era prima, quattro giorni fa.

Aspetto i vostri commenti,a Martedì.
Baci,vostra
Morwen.


Aachdnj 

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Capitolo 9
*** Capitolo settimo ***


Scusate il ritardo nel postare questo capitolo,oramai questo Martedì 27 e quasi ultimato.QUesto capitolo è davvero personale,soprattutto nella prima parte ci sono un sacco di aneddoti della mia vita "reale".Voglio dedicare questo capitolo alla mia migliore amica,si perchè in fondo il nostro raporto rispecchia quello di Victoria e Bella,semplice,unico e sincero.Ti voglio bene tesoro.
Buona lettura dolcezza. 



 

Nulla muore davvero se non viene dimenticato.

Capitolo 7

Victoria

Da oggi fino alla maggiore età dispongo l’affidamento legale e materiale di Ariel Meis a Isabella Marie Swan ed Edward Anthony Cullen.

Isabella seduta affianco a Rose nella macchina dell’amica riesce ancora a sentire nella testa le parole decisive del giudice.

l’affidamento legale e materiale di Ariel Meis a Isabella Marie Swan ed Edward Anthony Cullen.

Ancora le sempre impossibile.

…fino alla maggiore dispongo l’affidamento legale e materiale di Ariel Meis.

A lei? A Edward? Ma cosa cavolo è saltato in mente a loro? Come faranno a mantenerla?

Facile parlarne prima, ora che è tutto deciso e non si può più tornare indietro è davvero più preoccupante.

La paura si fa sentire sempre di più.

Bella pensava che dopo che le avessero affidato Ariel sarebbe stato tutto più facile, si sarebbe sentita sollevata. Una decisione era stata presa. Ora bisogna solo proseguire su quella strada. Doveva essere tutto più tranquillo, e invece lei si sentiva ancora più in ansia di prima.

Stupida e incoerente Bella.

“Ehi, tutto bene?” la voce dell’amica la ridesta dai suoi pensieri.

La ragazza scuote la testa. “Si, certo.”

“Sicura?” domanda l’altra guardandola si sottecchi non molto convinta della risposta.

“Si. Si. Perche dici?”

“Perchè è da quanto siamo partite che fissi un punto davanti a te immobile. Non sbatti nemmeno le palpebre.” Spiega Rosalie continuando a prestare parte della sua attenzione alla guida.

Isabella scuote la testa. Non vuole preoccupare l’amica con i suoi problemi. Già troppe persone l’hanno consolata, ormai saranno stufi di sentire i suoi piagnistei.

“E’ tutto a posto, Rose. Tranquilla.” Ripete Bella cercando di far suonare convincente la sua voce. Appoggia poi la testa sulla testiera del sedile e chiude gli occhi cercando di svuotare la mente.

Troppe emozioni.

E siamo solo agli inizi.

“Eccoci arrivati.” Esclama Rosalie parcheggiando davanti al palazzo dove abitavano Isabella e Victoria, almeno prima che quest’ultima si fidanzasse e andasse a vivere con James a casa Meis.

“Salgo su, prendo un po’ di cose, giusto per tirare avanti un altro paio di giorni prima del trasloco, e poi andiamo, ok?” chiede Bella aprendo la portiera dell’auto per scendere.

“Certo. Io ti aspetto qui con Ariel.” risponde Rose sorridendo e facendo cenno con la testa alla piccolina che dorme tranquillamente nel sedile posteriore.

La ragazza annuisce, scende dalla macchina e si dirige verso il palazzo.

Entra nel grande atrio e si avvicina agli ascensori per salire al settimo piano. Nell’esatto momento in cui però sta per schiacciare il pulsante per chiamare l’ascensore, un ricordo la coglie e ritorna con la mente a tutte le volte che Vic la costringeva a fare le scale per salire a casa.

Riesce ancora a sentire la sua voce.

“Oggi prendiamo le scale. E non voglio obbiezioni. In questo modo facciamo un po’ di movimento e rimaniamo in forma. Non vorrai di certo ingrassare con tutti i dolci che ti mangi!” la rimproverava ridacchiando.

E Isabella come sempre si lasciava convincere e seguiva l’amica su per le scale.

Scuote la testa.

Ora non c’è più nessuno da seguire.

Pensa mentre preme il pulsante per chiamare l’ascensore.

Salita al settimo piano percorre tutto il grande corridoio per arrivare all’ultima porta.

La loro porta.

Di casa loro.

Di casa sua.

In quel esatto momento si ricorda che con tutte le cose che ha avuto da fare, tutte le situazioni che si è trovata ad affrontare, non è più entrata in quella casa da cinque giorni, cioè dalla morte di Victoria.

Era stata costretta a rimanere a casa Meis con Ariel ed Edward.

Per quando ormai era abituata a vivere in quella casa lì da sola visto che l’amica si era trasferita, ora sa che le sarà più difficile entrarci sapendo che Vic non ci metterà più piede. Perché finchè era viva poteva succedere che litigasse con James e si rifugiasse lì nel loro appartamento per trovare conforto, questo era un pensiero che da sempre aveva consolato Bella, adesso però non la consolerà più.

Victoria non ci metterà più piede.

Fine della storia.

Con le lacrime agli occhi, ma con grande determinazione a non farle uscire, Isabella apre la porta ed entra in casa.

Senza prestare troppa attenzione all’ambiente, la ragazza si dirige nella sua camera, cercando di evitare di gettare lo sguardo verso la porta alla sua sinistra. La camera di Vic.

Tira fuori dall’armadio un borsone, lo riempie con un po’ di vestiti. Quelli di cui ha bisogno prima che arrivi il giorno del “trasloco” definitivo.

Ancora le è difficile pensare di andare a vivere con Edward. Nella sua vita non l’avrebbe mai immaginato.

Se qualcuno un mese fa le avrebbe detto che sarebbe andata a vivere con Edward Cullen, di certo lo avrebbe preso per pazzo.

Ora invece, stava davvero succedendo.

Chiudendo la cerniera del borsone lascia vagare per poco lo sguardo sulla sua stanza.

Le foto sue e di Vic sono dappertutto: armadio, parete, comodino, scrivania.

La fotografia è la passione di Isabella. Fotografa tutto ciò che le piace. E la sua migliore amica era uno dei suoi soggetti preferiti.

E lei dal canto suo amava farsi fotografare.

Ogni piccolo particolare le fa tornare alla mente anche il più insignificante ricordo legato a Victoria. Il pupazzo che Isabella ha vinto alle giostre è ancora sopra il suo letto. Un piccolo gattino di peluche. Ha due marcate righe nere sotto gli occhi, non si sa perché, e proprio per questo Victoria l’aveva sempre chiamato “Matita” perché sembrava che avesse la matita sotto gli occhi.

Isabella sorride al ricordo.

Quanto le manca l’allegria e la spensieratezza dell’ amica.

Il suo libro preferito “Cime tempestose” regalatole lo scorso Natale da Vic è ancora appoggiato sul comodino, aperto in una delle parti preferite di Bella, la conversazione tra Nelly e Catherine. L’amica sapeva quanto la ragazza amasse quel libro.

Alcuni dei fogli degli schizzi di Victoria sono sparsi sulla scrivania della ragazza, e le ricordano tutte le volte che l’amica le capitava in camera anche alle due di notte per mostrarle i suoi nuovi disegni e poi se li dimenticava lì.

Isabella scuote la testa.

Deve andare via di lì, prima che cominci a piangere e lei di piangere non ne vuole sapere. Si è imposta di non versare neanche una lacrima.

Prendendo il borsone in mano, volta le spalle ai ricordi famigliari della sua stanza e si dirige verso la porta d’entrata.

È decisa ad uscire quando però si blocca davanti alla camera dell’amica.

Sa che non dovrebbe entrarci perché allora la promessa che si è fatta di non piangere verrà sicuramente infranta, però non riesce ad evitare di pensare che vuole vederla un ultima volta.

Appoggia il borsone per terra e si avvicina alla porta. Due minuti ed è dentro.

Per quanto Vic se ne sia andata la sua camera e rimasta tale e quale a come l’ha lasciata lei.

“Se per caso succedesse qualcosa con James, voglio avere un posto accogliente dove tornare.”

Sosteneva sempre e Bella non si era mai sentita di andare contro il suo volere.

Isabella riesce ancora a sentire la leggera fragranza, ormai scomparsa, del profumo dell’amica. Chiude gli occhi e respira profondamente per sentirlo meglio immaginandosi di averla affianco.

Quando li riapre però non trova Victoria al suo fianco, ma al suo posto solamente una grande e famigliare confusione.

Magliette, gonne, scarpe, pantaloni sparsi dappertutto. L’armadio leggermente aperto si fa vedere nella sua inutilità, visto che all’interno è quasi del tutto vuoto. Vic non era mai stata una tipa ordinata.

Le sue numerosissime collane, braccialetti e anelli occupano buona parte della scrivania, la parte rimanente è occupata dalla miriade di libri che leggeva e dai suoi schizzi.

Isabella li si avvicina, ne prende un po’ tra le mani e non può non pensare che la sua amica aveva davvero talento. Uno ritrae lei stessa seduta sul loro divano intenta a leggere. Vic era riuscita a catturare con i colori tutte le ombre e le luci, facendo sembrare il disegno quasi vero.

Un altro ritrae James di spalle, con la testa leggermente girata a guardare la ragazza che lo stava ritraendo; un altro invece è un auto ritratto di se stessa, Bella se lo ricordava quel disegno. Secondo l’amica le era venuto male, perché non aveva catturato i giusti colori e la giusta angolazione, ma secondo Isabella era stupendo.

Con le lacrime agli occhi lo stringe forte. Quel ritratto lo avrebbe portato via con se, come anche quello di James. Erano ricordi e non dovevano restare chiusi in quella stanza.

Un giorno quando Ariel sarebbe cresciuta lei glieli avrebbe mostrati, le avrebbe fatto vedere quanto belli erano i suoi genitori e quanto sua madre fosse brava a dipingere.

Asciugandosi con una mano le lacrime che le stanno per uscire Isabella va a sedersi sul grande letto di Vic. Dalle lenzuola lilla.

Il suo colore preferito.

Diceva sempre che la rilassava.

La ragazza sorride a quel ricordo.

Si guarda intorno di nuovo cercando di imprimersi nella mente quanti più particolari può, per non dimenticarla mai: il biglietto del cinema in cui ha visto per la prima volta James è ancora dopo anni sul suo comodino affianco alla lampada a forma di fiore che lei adorava così tanto e che ha speso una fortuna per comprarla; la bacheca dove era solita attaccare qualsiasi oggetto, foglio, biglietto che voleva tenere fa ancora bella mostra di se come l’intera anta dell’armadio ricoperta da una miriade di foto, e la scatola enorme stracolma dei sui CD preferiti.

Isabella scuote la testa e si lascia cadere all’indietro sul letto.

Non ce la fa.

Troppe emozioni in quella stanza.

Troppe confidenze in quel letto.

Ancora si ricorda tutte le volte che la sera si erano rifugiate qui in camera, sotto le coperte, strette l’una all’altra a parlare, parlare e parlare. Quel letto conosceva ogni loro piccolo segreto.

Era il loro posto.

Lì, e solo lì, si sussurravano segreti. Al buio. Nel silenzio. Interrotto solo dalle loro voci.

Si ricorda ancora nei minimi particolare l’ultima confidenza che si erano fatte. L’ultima sera che Victoria passò la notte in quella casa. Prima del trasferimento.

Isabella si era appena infilata sotto le lenzuola lilla del letto di Victoria, quando l’amica le si avvicina e le fila i piedi freddi in mezzo alla gambe per riscaldarseli.

“Cavolo, Vic. Sei congelata.” Esclama Bella sistemandosi meglio sul letto ma senza costringere l’amica a spostare i piedi.

“Lo so. Ho freddo.” Risponde Victoria avvicinandosi ancora di più a Isabella.

Lei la stringe forte a se, e il silenzio cala tra loro due.

Si protrae per così tanto tempo che Bella si trova a pensare che forse l’amica si sia addormentata, sta per aprire bocca per chiamarla e accertarlo quando l’altra la precede.

“Ho paura.” Sussurra solamente. Talmente piano che l’altra crede di aver capito male.

“Ho paura, Bella.” Ripete Victoria affondando di più il volto nell’incavo del collo di Isabella.

L’altra si scosta un po’ dall’abbraccio dell’amica per guardarla, sorpresa da quelle parole. Victoria non era mai soggetta a esprimere così apertamente le sue debolezze. Lei era quella forte. Tra loro.

“Paura?” chiede confusa.

“Si, Bella. Ho paura di non farcela.” Risponde con voce tremante.

“In cosa, amore mio?” domanda Bella dolcemente accarezzandole i capelli.

“Ho paura di fare un passo troppo avventato. Ho paura di non riuscire a gestire tutta la situazione. Ho paura di mandare tutto all’aria.” Spiega cercando la mano di Bella. Da stringere. Da cui tratte forza.

“Vic, tu ami James.” Dice solamente l’amica come se bastasse questo semplice dato di fatto a sistemare tutto.

“Si, Bella. Io lo amo. E proprio per questo ho paura di combinare un disastro. Io lo voglio sempre con me, farei di tutto per stare con lui, voglio condividere con lui ogni minuto della mia vita, voglio conoscerlo sempre di più, amarlo sempre di più. Ma se lui invece si stufasse di me? Se io combinassi un disastro? Se non riuscissi a far funzionare il nostro rapporto? E se arriverà il momento in cui non gli piacerò più?” chiede sempre più agitata.

Isabella le prende entrambe le mani tra le sue, e nella poca luce proveniente dalla piccola lampada sul comodino la guarda intensamente negli occhi.

“Victoria, tu non puoi avere paura. Tu sei forte. Tu sei anche la mia forza. Se la ragazza più forte, decisa e determinata che io conosca. Non puoi preoccuparti per queste cose. Sei allegra, simpatica, piena di voglia di vivere. Non sei paranoica. Prendi le cose così come vanno. È questo che mi piace di te. Perciò non iniziare a parlare in questo modo.” Dice autoritaria la sua migliore amica senza mai staccare i suoi occhi scuri da quelli verdi di Vic. “Soprattutto perché James ti ama moltissimo, e credo che ti amerebbe anche se tu fossi la ragazza più disordinata, cosa in parte vera, rompiscatole e noiosa del mondo. Non può andare male tra di voi, credimi. Io lo so. Conosco Jem e conosco te. Voi siete fatti per stare insieme.” Aggiunge addolcendo il suo sguardo e rivolgendole un piccolo sorriso.

Victoria sorride a quelle parole.

Aveva bisogno di sentirsi dire queste cose. Aveva bisogno di una voce amica che le dicesse che sarebbe andato tutto bene. E isabella lo sapeva.

“Grazie, tesoro.” esclama la rossa fiondandosi tra le braccia dell’amica.

“Di niente. in fondo non è per questo che mi ospiti nel tuo letto. Sostegno e tante tante coccole.”

Vic si stringe nelle spalle. “Si. E soprattutto per le coccole.” Risponde abbracciandola sempre più forte.

Isabella scoppia a ridere e stringe a se Vic. “Ti voglio bene, tesoro.”

“Meno male. Perché ti voglio bene anch’io.” sussurra l’altra scoccandole un sonoro bacio sulla guancia.

Quando Bella si ridesta dal ricordo ha il viso inondato di lacrime.

Veri e proprio singhiozzi, che le scuotono il petto. E che le fanno bagnare tutto il lenzuolo di Vic.

Tanti saluti alla sua promessa riguardo al non piangere.

“Adesso ho paura io, Vic.” sussurra affondando il viso nel letto. “Ho paura io.” Ripete a nessuno in particolare.

La ragazza non sa quanto tempo sia rimasta li a piangere e sussurrare la stessa frase, tanto che ha un certo punto sente la porta aprirsi e una Rosalie preoccupata entrare.

“Bella!” esclama vedendola piangere a dirotto. Velocemente si avvicina a lei e la prende tra le braccia.

“Ho paura io. Ho paura io, adesso.” Ripete Isabella anche quando si sente stringere dalle braccia dell’amica e avvolgere dal suo delicato profumo.

“Ho paura io, Vic. Adesso ho paura io. Però tu non ci sei. Non ci sei a dirmi che andrà bene. Tu non ci sei. Io c’ero, tu invece non ci sei.” Ripete Bella continuando a piangere sempre più forte.

“Sssshhh, Bella. Shhhh.” Cerca di calmarla Rose. “Ci sono io, Bella. Ci sono io.” Aggiunge stringendola sempre di più. “Ti aiuto io.” Ripete ancora.

Isabella si lascia cullare da Rosalie, ma le lacrime non accennano a smettere e nemmeno i suoi pensieri riescono a pensare ad altro se non al fatto che quando Vic aveva bisogno della sua migliore amica lei c’era, quando invece è lei ad aver bisogno di Vic, questa non c’è.

Ed è da sola. Sola perché Victoria non c’è. E lei ha paura.

E non è giusto.

***

Dove sono quelle maledette chiavi?!” impreca Isabella rovistando dentro la sua grande borsa. Con un braccio tiene la piccola Ariel che con le sue piccole manine è saldamente aggrappata al suo collo, con l’altro braccio cerca di sorreggere il suo borsone e nel frattempo tenta di trovare le “maledette chiavi” dentro la borsa.

“Quando ti servono, non le trovi mai.” Aggiunge sbuffando e cercando di non far cadere la borsa. Ma invano.

“Maledizione.” esclama inginocchiandosi per raccoglierla proprio nell’esatto momento in cui la porta di casa si apre.

“Swan, vuoi una mano?” chiede la voce di Edward dalla soglia.

“No, guarda mi sono caricata di borse solo per il piacere di farlo.” Risponde sarcastica la ragazza guardandolo male. Lui scoppia a ridere e senza dire niente prende dalle braccia di Isabella la piccola Ariel.

Un sorriso le illumina il viso appena stringe le sue piccole braccine intorno al collo del ragazzo.

E questo a Bella non sfugge.

Per due secondi si ferma a osservali.

È invidiosa del loro rapporto. La piccola sorride sempre quando è in braccio a Cullen. Sempre. Come se lui le trasmettesse serenità, allegria, tranquillità.

“Allora ti dai una mossa, piccola Swan o resti tutta la sera fuori dalla porta?” le chiede pungente il ragazzo mentre si volta e si avvia verso il salotto.

La ragazza impreca ancora sottovoce tra se e se entrando in casa e chiudendosi la porta alle spalle. Appoggia il borsone ai piedi delle scale e la borsa sul tavolo del soggiorno.

“Immagino che nella tua enorme testa vuota non sia passato neanche lontanamente il pensiero di preparare qualcosa da mangiare, vero?” chiede stravaccandosi anche lei sul divano accanto al ragazzo che gioca con la piccola.

Lui si volta a guardarla sorpreso.

“Secondo te perché esistono i telefoni?” le chiede lui di punto in bianco. Isabella lo guarda stralunata.

Questo è scemo forte.

“Per telefonare?” chiede retorica.

“Esatto, piccola Swan. Esatto.” Esclama lui alzandosi dal divano e andando a recuperare il telefono di casa.

Lei lo guarda con le sopracciglia alzate.

“Ora sai a chi telefoniamo noi?” le chiede come se lei fosse una bambina di due anni e lui la persona che le da la notizia più bella della sua vita. “Al cinese! E sai cosa ordiniamo? La cena.” Aggiunge componendo il numero di telefono che evidentemente sa a memoria visto tutte le volte che lo ha chiamato.

Isabella scuote la testa sconvolta. Il ragazzo ordina e dopo due minuti attacca.

“Ecco fatto. La cena è sistemata. Dieci minuti e arriva. ” Dice voltandosi verso la ragazza e sorridendole.

Lei scuote la testa e sta per dirgli che ha appena fatto una cavolata perché il cinese non le piace e per di più non fa bene, quando invece ci ripensa. “Sei fortunato che non hai ordinato giapponese, perché lo detesto. Il cinese invece è passabile.” Dice solamente lasciando perdere tutte le altre cose pungenti e cattive che voleva dirgli.

Devono imparare ad accettarsi e non lamentarsi per ogni cosa.

Un piccolo passo avanti.

Il sorriso del ragazzo si allarga ancora di più.

Isabella lo ricambia, felice di averlo fatto sorridere.

Forse troppo felice.

“Io finchè aspettiamo che arrivi la cena vado a preparare qualcosa da mangiare per Ariel.” dice velocemente alzandosi dal divano, e allontanandosi da Edward il più possibile.

Strane sensazioni la colpiscono da qualche giorno quando è vicina al ragazzo e non sa ancora decidere se siano buone o cattive.

***

“Allora dobbiamo organizzare dei turni per tenere la piccola, io domani lavoro!” esclama ad un tratto Isabella nel bel mezzo della cena.

Sempre se il fatto di trovarsi seduti per terra in mezzo al salotto a mangiare dai cartoni del take way cinese si possa considerare cena.

“Dei turni?” chiede Edward alle prese con un involtino primavera.

“Si certo. Io lavoro, mio caro Cullen. Non sono disponibile ventiquattr’ore su ventiquattro.” Risponde come se fosse logico la ragazza agguantando un gamberetto fritto.

“Nemmeno io sono disponibile ventiquattr’ore su ventiquattro.” Dice semplicemente Edward evitando di guardare negli occhi Isabella e concentrando la sua attenzione sul cibo.

Bella si blocca con la bacchetta a mezz’aria. “Da quel che mi risulta, tu non lavori.”

Edward non alza lo sguardo per guardarla. “E se anche così non fosse non posso comunque tenerla sempre io. Ho da fare.”

Lei rimane sorpresa da queste parole. La solita indelicatezza di Cullen.

“E che hai da fare? Sempre se si può sapere.” Chiede Isabella guardandolo con le sopracciglia alzate.

Lui si stringe nelle spalle. “Non si può sapere.” Risponde semplicemente lui.

Ma…?

Di certo Edward non è il suo migliore amico ma ora che stanno iniziando a convivere insieme per crescere Ariel forse dovrebbero fare dei passi avanti per venirsi incontro e aiutarsi. E con questo Isabella non vuole dire che devono per forza raccontarsi tutto però aprirsi un po’ di più non sarebbe un male. In fondo cosa c’è di male nel dirle perché non può tenere la piccola?

Lei molte volte cerca di eclissare su alcuni comportamenti di Cullen per non tirarne fuori una polemica però lui non collabora proprio per niente.

Sbuffando Isabella si alza da terra, prende la piccola dal box dove stava dormendo per portarla in camera e cercare di tranquillizzarsi evitando di fare una sfuriata al ragazzo.

“Dove vai?” le chiede lui alzando finalmente lo guardo dal cibo per rivolgerlo alla ragazza.

“La porto a letto.” Risponde solamente lei dirigendosi su per scale e portando la piccolina nella sua culla.

La copre con una copertina, le sistema meglio il cuscino e le lascia un piccolo bacino sulla testa.

“Notte, piccolina.” Sussurra piano uscendo e spegnendo la luce della cameretta.

Dopo di che torna in salotto, sedendosi di nuovo per terra davanti ad Edward. Leggermente più calma di prima.

Non dice una parola. E riprende a mangiare.

“Bella, per prima…” cerca di dire Edward per interrompere il silenzio e uscire da una situazione imbarazzante.

“No, Edward, non importa. Lasciamo perdere non ne voglio parlare. in qualche modo faremo.” Dice solamente la ragazza continuando a mangiare.

A quelle parole il ragazzo si zittisce e per un po’ cala il silenzio.

“Oggi sono andato da Emmett. Gli ho parlato, mi ha detto che per qualsiasi problema che abbiamo possiamo parlarne con lui e Rose, ci sono già passati.” Ritenta Edward cercando di trovare un argomento di conversazione.

Isabella alza gli occhi dal cibo cinese. “Sta sera hai voglia di fare conversazione, Cullen?” gli chiede con un sorrisino storto.

Lui si stringe nelle spalle. “Cercavo solo di provare a istaurare un dialogo, un rapporto. Dovremmo vivere insieme in questa casa e l’idea di parlarsi solamente per gridarsi contro o insultarsi non è che mi piaccia più di tanto, perciò stavo cercando di avere una semplice conversazione.” Risponde.

Bella rimane sorpresa da queste parole. Forse qualche piccolo passo avanti sta cercando di farlo anche lui.

E chi è lei per non ricambiare il suo gesto?

“Rosalie mi ha detto la stessa cosa di Emmett. Credo che quei due siano perfetti per stare assieme.” Dice semplicemente Isabella bevendo un po’ di vino dal suo bicchiere.

Il sorriso del ragazzo si allarga ancora di più a sentire quelle parole.

“Lo credo anche io. Hanno cresciuto Alex nel modo migliore e non ho dubbi che anche con il nuovo piccolino faranno altrettanto.”

“O nuova piccolina.” Lo corregge Isabella sorridendo.

“O nuova piccolina.” Ripete il ragazzo scuotendo la testa ma con il sorriso.

“Di quanti mese è, Rosalie?” chiede la ragazza riprendendo a mangiare.

“Quarto, credo. Ma non ne sono sicuro.” Risponde Edward bevendo un po’ del suo vino.

“Mi ricordo ancora quando Vic ha scoperto di essere incinta.” Dice ad un tratto Bella bevendo un altro po’ di vino. “Era sconvolta. Non la voleva questa bambina. Secondo lei era troppo giovane per diventare mamma. Troppo giovane per ingrassare come una mucca, questa era la sua principale preoccupazione.” Aggiunge Isabella ridacchiando. Insieme ad un altro bicchiere di vino.

“Si, mi ricordo. Era fissata con la linea.” Concorda Edward sorridendo.

“Fissata? No, molto ma molto di più.” Scuote la testa Bella ripensando a tutte le cose dietetiche che Victoria comprava e per di più la costringeva a mangiare.

“Quando però ha sentito che davvero dentro di sé stava crescendo quel piccolo mostricciattolo non ci sono stati più versi di farle cambiare idea. Quella era la sua bambina e mai ci avrebbe rinunciato anche a costo di ingrassare come una mucca.” Gli occhi di Isabella si velano di lacrime. “Per il tempo che ha avuto, ha amato Ariel più di qualsiasi cosa.”

“Credo che entrambi abbiano amato Ariel più di qualsiasi altra cosa.” Concorda Edward.

Bella annuisce. Altro bicchiere di vino. “Si, James appena l’ha saputo ha rischiato di avere un infarto, ma non ha mai preso in considerazione l’idea di non tenerla.” Aggiunge la ragazza abbassando lo sguardo e cercando di non piangere.

“Non se ne sarebbero mai dovuti andare.” Sussurra piano con un tono talmente triste che il ragazzo non riesce a trattenersi e le si avvicina per abbracciarla.

Isabella non rifiuta il suo abbraccio, anzi si aggrappa a lui come se fosse la sua ancora. Il suo unico punto chiaro in tutta quella faccenda. L’unico appiglio a cui aggrapparsi.

E’ contenta di non dover affrontare tutto da sola. È contenta di avere Edward al suo fianco.

Piangendo lo stringe ancora più forte a sé, decisa a non lasciarlo.


Scusate  Scusate se nell'intrudizione sono stata di poche parole,ho detto solo l'essenziale. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Un bacio,a martedì.
Vostra Morwen.

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Capitolo 10
*** Capitolo Ottavo ***


Buon pomeriggio! Oggi è martedì, perciò eccomi qui a postare. Ho fatto una piccola pausa dal mio studio, ma sono abbastanza di fretta perchè devo tornare dal mio "amato" libro di greco; una bella verifica di inizio anno mi aspetta domani. Fatemi gli auguri. Detto questo, passiamo a un argomento di certo più interessante. Questo è l'ottavo capitolo, ho cercato di farlo meno triste degli altri, perchè un pizzico di allegria non guasta mai. Vi avverto alcune piccole scene sono ispirate dal film, ma io le ho modificate un pò. :D Non ho voluto tagliarlo, sennò si perdeva il senso, perciò è abbastanza lungo e spero non vi annoi. E' simile al primo capitolo, perchè ci sono varie scene della pseudo-convivenza di Edward e Bella alle prese con l'essere genitori. Spero vi piaccia, buona lettura.


Capitolo 8
Ambientarsi

"Arricchiamoci delle nostre reciproche differenze."
Paul Valéry

 

Un forte dolore al collo fa svegliare Isabella.
Deve aver dormito in una posizione scomoda visto che ogni piccolo movimento le provoca una fitta al collo. Piano cerca di far ruotare la testa da un lato e poi dall’altro. Abbastanza doloroso ma sopportabile.
Stiracchiandosi, si allunga per prendere l’orologio che tiene sempre sul comodino e vedere che ore sono ma la persona stesa al suo fianco non glielo permette.
Rendendosi immediatamente conto di trovarsi abbracciata ad Edward apre di scatto gli occhi.
Ma una forte luce glielo impedisce, facendoglieli socchiudere per evitare di rimanere accecata.
Ieri deve essere stata veramente distrutta per addormentarsi sul divano del salotto abbracciata a Edward. E per  di più aveva pensato a lui come al suo porto sicuro, alla sua spalla. Ieri sera era stata contenta di aver al suo fianco uno come Cullen.
Evidentemente era davvero molto stanca e stravolta per arrivare a pensare quelle cose. E soprattutto il vino deve aver contribuito senza ombra di dubbio.
A pensarci bene però ne aveva bevuto solamente tre bicchieri.
Dettagli. Era stata sicuramente colpa del vino.
Cercando di far il minor rumore possibile Isabella cerca di alzarsi dal divano e allontanarsi il più possibile da quella situazione ma il ragazzo, come era prevedibile, si sveglia.
Dischiudendo piano gli occhi, sorride appena mette a fuoco la figura di Bella.
“Ehi. Buongiorno.” Dice piano guardandola. Uno sguardo che alla ragazza piace più del lecito. Uno sguardo che le fa pensare a cose condivise e segreti rivelati.
“Buongiorno.” Risponde solamente alzandosi più velocemente dal petto di Edward e andando a sedersi dall’altro lato del divano.
La ragazza aveva sempre considerato il fatto di svegliarsi accanto a una persona, o anche dormici, come qualcosa di intimo, qualcosa da condividere con qualcuno che conosci bene, un qualcuno di cui ti fidi e al fatto di aver già dormito due volte accanto ad Edward, nessuna delle due per di più premeditata non sa cosa pensare.
Una parte di lei si sta maledicendo per tutto ciò, mentre un'altra vorrebbe dormire ancora insieme al ragazzo e questa volta non per caso ma perché davvero lo vogliono entrambi.
Troppe incoerenze. Deve cercare di chiarire i suoi pensieri, le sue emozioni.
“Ora mia piccola Swan, non potrai più negare il fatto che ti piaccia dormire accucciolata.” Dice ad un tratto Edward tirandosi su a sedere pure lui e passandosi una mano tra i capelli spettinandoli ancora di più. E rendendoli ancora più belli.
A quelle parole Isabella arrossisce. “E’ stato un caso, Cullen. Un piccola ed unica eccezione. Non preoccupartene, perché non succederà più.” Ribatte convinta lei incrociando le braccia al petto, e scostando alcuni capelli che le erano ricaduti sul volto.
Lui si trattiene dal scoppiare a ridere. “Mi pare di averla già sentita questa frase.” Constata guardandola di sottecchi, riferendosi alla discussione che hanno avuto l’altro giorno proprio riguardo a questo argomento. Lei distoglie lo sguardo dal ragazzo e si alza dal divano. “E’ stata solo colpa del vino.” Dice dirigendosi in cucina per fare colazione ed uscire da quella situazione imbarazzante.
“Ma se ne avrai bevuto si e no tre bicchieri.” Insiste lui seguendola in cucina e sedendosi su uno degli sgabelli del bancone.
Lei si volta a guardarlo, lanciandogli un occhiataccia. “Vino, Edward. Solo colpa del vino.” Ripete lei aprendo il frigorifero per prendere una bottiglia di succo.
“Sarà. Questo vuol dire che dovrò compare vino più spesso.” Sussurra piano il ragazzo cercando di non ridere. Isabella per poco non lascia cadere il bicchiere che tiene in mano.
E con questa frase a cosa si riferiva?
“Grazie, Swan. Molto gentile, peccato che io preferisca latte e cereali per colazione.” Esclama il ragazzo quando la ragazza appoggia sul bancone il bicchiere di succo e delle fette biscottate insieme alla marmellata.
“Oh, Edward, peccato che questa colazione sia per me.” Risponde con finto tono desolato la ragazza mentre prende posto sullo sgabello davanti al ragazzo e beve un po’ del suo succo.
Lui la guarda male. “Ritiro quello che ho detto. La gentilezza non si accorda per niente con te.” Ribatte alzandosi, prendo una tazza, versandoci dentro del latte e un quintale di cereali.
“E le buone maniere non si accordano per niente con te.” Afferma Isabella guardandolo mangiare a grandi cucchiate i cereali.
Lui le risponde con una smorfia e continua la sua colazione. E lei la sua.
Entrambi in silenzio.
Fino a quando lo squillo del cellulare di Edward gli interrompe.
Imprecando il ragazzo si alza per raggiungere il telefono. Sospettando già chi possa essere. Solo una persona più chiamarlo alle otto e mezza di sabato mattina.
“Pronto?”
“Ehi, fratellone. Già sveglio?” esclama la voce strillante di sua sorella dall’altro capo del telefono.
“Anche se fossi stato a letto, Alice, mi avresti appena svegliato con la tua chiamata.” Risponde lui alzando gli occhi al cielo e tornando in cucina.
“Ah, già. Che sbadata. Beh, meglio così. Guarda che splendida mattinata, è uno spreco passarla a letto no?” domanda lei con la sua solita allegria.
Lui riprende a mangiare. “Si, Alice. Si.” Dice piano, per niente contagiato dall’euforia della sorella.
“Bravo, ragazzo. Così si fa. Ora passami Bella che devo parlargli.”
Edward non se lo fa ripetere due volte, e passa il telefono ad Isabella.
“Alice?”
“Bella!” esclama forte l’altra dall’altro capo del telefono. “Si, sono Alice. Che piacere sentirti.”
Incerta sul cosa rispondere la ragazza si limita a un semplice: “Anche io sono contenta di sentirti, Alice”.
A quelle parole vede Edward alzare gli occhi al cielo. Evidentemente sentire la sorella di prima mattina non è una delle sue cose preferite.
“Oh, cara. Ascolta oggi avete in programma di fare qualcosa?” chiede la piccoletta.
“Avete?” domanda sorpresa Bella.
“Si. Tu, Ariel e mio fratello.” Risponde come se fosse logico Alice.
Isabella si volta a guardare il ragazzo che è ancora intento ad abbuffarsi con i suoi adorati cereali.
“Beh io dovrei andare a lavorare…”
“No no no, Bella. Non preoccuparti di questo. Ne ho parlato con Rosalie, e ha già chiamato i suoi per raccontargli della situazione e non hanno esitato un attimo a darti il giorno libero. Perciò mia cara, niente lavoro.” La interrompe tutta contenta la ragazza.
“Oh…” riesce solamente a dire Isabella.
“Non è fantastico?!” trilla felice Alice.
“Si. Fantastico.” Risponde semplicemente Bella. Sorpresa da tutta l’euforia di quella ragazza. Ma per nulla contagiata.
“Oggi andiamo a fare shopping, ok? Dobbiamo comprare un sacco di cose per la piccolina.”
“No no, Alice. Non serve. Ariel ha già un sacco di vestiti, non gliene servono altri.” Si affretta a dire Isabella. Primo non è certo il momento migliore per andare a fare shopping, e secondo come cavolo avrebbe pagato i vestiti di Ariel? Non ha mica soldi da spendere. Con quello che prende sarebbe a mala pena riuscita a mantenere questa casa.
“Non dire sciocchezze, Isabella. I vestiti non sono mai troppi. E poi sarebbe una buona occasione per uscire tutti insieme e dimenticare per un po’ la brutta situazione che state attraversando. Avete bisogno di uscire e divertirvi!” esclama convinta la ragazza.
“Alice, io non credo che…”
“Non voglio sentire un no come risposta. Perciò preparatevi. Alle dieci sono davanti a casa vostra. Un bacio. A dopo.” la interrompe Alice.
“Ma io…” Bella non fa in tempo a dire nulla che l’altra ha già riattaccato.
“Scommetto che andremo a fare shopping con mia sorella, non è così?” domanda Edward alzandosi e portando la sua tazza sporca nel lavabo.
Isabella annuisce. “Non ho potuto dirle di no.”
Edward alza gli occhi al cielo. “Con Alice è sempre così. Abituatici. Ora salgo a svegliare la piccola.” Dice lui sparendo dietro la porta della cucina.
Isabella rimane a fissare il cellulare sconvolta dal comportamento di Alice.
Dopo di che scuote la testa sorridendo, appoggia il telefonino sul bancone e riprende la sua colazione riuscendo solo a pensare che Alice è strana forte.
 
***
 
Edward annoiato all’ennesima potenza gira a vuoto per il negozio con in braccio la piccola Ariel sperando che Bella ed Alice si decidano a comprare qualcosa.
“Ehi, guarda qui. Questo è carino no?” esclama ad un tratto il ragazzo indicando un semplice giubbottino in jeans.
Isabella gli si avvicina per guardare quanto indicando da Edward.
“Cullen, questo è da maschio.” Precisa lei con una smorfia.
“Ma è carino.” Insiste lui. “Vero che è carino, Ariel?” chiede riferito alla bambina che gli risponde con un piccolo verso e battendo le manine.
“Vedi, piace anche a lei.” Conferma Edward guardando sorridente Isabella.
Lei sbuffa e alzando gli occhi al cielo e si allontana da loro per cercare qualcos’altro di carino per la piccola.
“Credo che a zia Bella non piaccia.” Sussurra Edward alla piccolina seguendo la ragazza.
“Ecco, Edward. Questo è carino!” esclama Bella dopo due secondi indicando un vestitino tutto rosa con un golfino anch’esso rosa e delle scarpette rosa.
Lui guarda con un sopracciglio alzato il completo. “E tu vorresti vestire Ariel come un confetto?”
Bella impreca sentendo le parole di Edward.
“Riusciremo mai ad andare d’accordo?!” domanda esasperata la ragazza mettendosi una mano tra i capelli.
Il ragazzo si stringe nelle spalle. “Che ci vuoi fare, piccola Swan, meglio così. Gli opposti si attraggono.” Dice semplicemente lui sorridendo, prendendosi in risposta solo un occhiataccia da parte di Bella.
 
***
 
“Tua sorella è veramente instancabile. In una giornata non ho mai visto così tanti negozi!” esclama Bella appena mette piede in casa, e si butta sul divano.
Edward sorride. “Dovrai abituartici. Ormai è un rito del sabato. Shopping, shopping e solo shopping.” L’avverte mentre  cerca di togliersi il giubbotto senza far cadere Ariel che tiene in braccio.
“Cosa? Tutti i sabati?! Quella è matta!” esclama buttando indietro la testa Bella e chiudendo gli occhi. “Mi troverò degli impegni improrogabili.” Aggiunge massaggiandosi le tempie.
“Ehi, che ne dici di ordinare qualcosa? Non ho proprio voglia di cucinare.” Propone Bella.
“Sicuro. Aspetta che prendo il…Ehi, lo senti anche tu?” domanda ad un tratto Edward.
“Cosa?” Isabella si alza per avvicinarsi al ragazzo, che nel frattempo stava annusando la piccolina.
“Oh, può darsi che finalmente l’abbia fatta.” Spiega la ragazza.
“Oh, si. Si, credo che…” dice Edward leggermente nauseato passando la piccola a Bella.
“Dai, vuoi che sia così tremenda?” chiede lei prendendo Ariel in braccio. “Oddio…Ariel!” esclama anche lei nauseata.
Edward sorride e si allontana. “Sai credo che io andrò a ordinare qualcosa da mangiare. Tu, tu cambiala pure.” Propone scomparendo subito dopo in cucina.
“Perché io, scusa? Perché sono una donna?” chiede lei seguendolo.
Lui alza lo sguardo dal telefono che tiene in mano. “Beh si, mi sembra…”
“Eh no mio caro, non la cambierò per forza io. Per i prossimi anni mica potrò cambiarla sempre io da sola, perciò…”
“Ok. Ok. La cambio io. Dai dammela.” La blocca Edward prima che Bella inizi con una delle sue prediche e prendendo la piccola dalle braccia della ragazza.
“Povera zia Bella, nemmeno il pannolino ti vuole cambiare…” sussurra piano il ragazzo mentre sale le scale per raggiungere il bagno.
“Ehi, ti ho sentito!” esclama la ragazza.
Lui prosegue salendo senza dire nulla. “No, no aspetta vengo anche io.” Aggiunge la ragazza precipitandosi su per le scale seguendo il ragazzo.
 
“Avanti dai. Non ci vuole molto. Solleva quelle linguette…”
“Vuoi farlo tu?” la interrompe il ragazzo guardandola male.
“No. No però dai muoviti.” Insiste Isabella.
Edward prende a levargli il pannolino quando squilla il telefono. “Vado io!” esclama veloce precipitandosi fuori dal bagno.
“Cullen! Non ci provare. Torna qui. Non puoi lasciarmi così…” cerca di protestare la ragazza ma a vuoto perché il ragazzo si è già precipitato di sotto.
“Grande e grosso per niente.” Borbotta Isabella prendendo il posto di Edward e cercando di cambiare il pannolino alla piccola senza combinare un disastro.
 
***
…Dopo alcuni giorni…
 
“Allora, ecco una bacheca.” Esclama Bella entrando in cucina con una grande bacheca in mano.
Edward che stava cercando di dar da mangiare alla piccola si volta guardandola con le sopracciglia alzate.
“Lunedi. Martedì. Mercoledì. Giovedì. Venerdi…”
“Si, Swan conosco i giorni della settimana.” La interrompe il ragazzo.
Lei gli fa una smorfia. “Bene, qui scriveremo i turni.” Annuncia attaccando la bacheca su una parete della cucina. “Lunedì, devi tenerla tu perché lavoro. Darle da mangiare e cambiarla. Martedì ho solo il turno di mattina perciò il pomeriggio posso tenerla io. Mercoledì invece io non posso perciò tocca te. Giovedì la libreria è chiusa perciò tocca a me. Venerdì invece tocca di nuovo te. Per quanto riguarda le uscite serali io esco il mercoledì  e il venerdì. Per le altre serate puoi uscire tu.” Annuncia scrivendo sotto ogni giorno della settimana o il nome “Edward” o il nome “Bella.”
Il ragazzo la guarda sconvolto.
Si alza e si avvicina alla bacheca. “Facciamo qualche modifica. Il lunedì va bene posso tenerla pure io. Il martedì anche. Perché io devo uscire il pomeriggio. Il mercoledì invece non posso tenerla nemmeno io perciò tocca a te. Il giovedì…”
“No. No. No. Mercoledì non posso tocca a te.” Protesta Bella cancellando il suo nome e riscrivendo quello del ragazzo.
“E invece no.” Ripete lui cancellando il suo nome. “E anche il venerdì. Mi spiace ma esco io.” Annuncia cancellando “Bella” e scrivendo “Edward.”
“No. È la mia serata.” Insiste la ragazza.
“No.”
“Si, invece.”
“Swan, no.”
“Brutto…”
Il pianto di Ariel gli interrompe. “Ecco l’hai fatta piangere.”
“Io?!” domanda sconvolta Bella. “Sei stato tu. Hai iniziato tu a lamentarti perché non ti va bene nulla.”
“Ma, scusa…”
“Shhh. Basta!” esclama prendendo in braccio la piccola e cercando di calmarla.
 
***
“Eddai, Ariel. Mangia. È buono.” Cerca di convincerla Isabella.
Ma la piccola non ne vuole sapere.
“Dai. Un boccone, piccola. Uno solo.” Ritenta Bella ma a vuoto.
“Maledizione!” impreca.
“È da una settimana che tenti di darle da mangiare quelle pappette lì, cambia menù.” Interviene la voce di Edward. Il quale è comodamente appoggiato al muro alle spalle di Bella e si gode i continui tentativi a vuoto della ragazza.
“Secondo me quello che sto mangiando io le piace.” Insiste il ragazzo riferendosi a sacchetto di patatine che tiene in mano.
Lei si volta lanciandogli un occhiataccia. “Qualcuno ha chiesto il tuo parere?”
Lui alza le mani in segno di resa. “Tranquilla. Me ne vado. Me ne vado. Non dire poi che io però non ho cercato di aiutarti.” Dice prendendosi un altro sacchetto di patatine dalla credenza, una birra e spostandosi in salotto a guardare la televisione.
Isabella alza gli occhi al cielo e cerca di trattenersi.
Tranquilla Bella. Tranquilla.
 
 ***
….palla al canestro, si gira e…
“Si!” esclama trionfante Edward, guardando la partita, per il canestro appena fatto.
Ma la piccola Ariel seduta al suo fianco sul divano non è del suo stesso parere e scoppia a piangere.
“Ehi, Ariel. Che c’è? Vuoi vedere qualcos’altro?” le chiede lui preoccupato girandosi a osservarla.
Prova a cambiare canale.
Un'altra partita.
Di football, però.
“Questa? Questa ti piace vero, Ariel?” domanda lui speranzoso.
Ma la piccola continua a piangere.
“Ariel, ma…” cerca di dire, poi scuote la testa e cambia canale un'altra volta.
Cartoni.
Cartoni animati per bambini.
La piccola smette di piangere all’istante, e si perde a guardare la televisione con i suoi grandi occhioni azzurri.
Molto interessata.
Lui la guarda male.
“Non dirmi che vuoi guardar…” non fa neanche in tempo a terminare la frase che la piccola scoppia a ridere. Divertita.
Si, evidentemente vuole vedere questo.
Edward non ha parole. Si limita a passarsi la mano tra i capelli non sapendo che altro fare e sprofondare meglio nel divano.
Bene. Davvero molto bene.
Dall’altro divano sente provenire la risata di Isabella che se la ride di gusto.
Le lancia un occhiataccia. E lei ride ancora di più.
 
***
“Non provare a scrivere il mio nome.” Lo intima la ragazza cercando di allontanarlo dalla bacheca.
“Cullen. Non scrivere il mio nome.” Ripete spingendolo. Ma a vuoto. Non riesce a spostarlo neanche di un centimetro. 
“Mi spiace. Già scritto. Venerdì uscirò io.” Esclama lui soddisfatto allontanandosi dalla bacheca.
“Bella questa idea della bacheca.” Aggiunge prima di sorriderle. Il suo solito sorrisetto da stronzo. E salire le scale.
“Stupida. Stupida bacheca.” Borbotta invece Bella incrociando le braccia.
 
***
“Questo? Questo ti piace?” chiede Edward alla piccola facendole annusare un omogenizzato.
La piccola scuote la testa.
“No?” dice lui rimettendolo al suo posto. “Questo?” chiede proponendogliene un altro.
La bambina scuote la testa.
Edward lo rimette al suo posto. “Quest’altro?”
La bambina annuisce.
“Bene. Allora lo prendiamo.” Annuncia buttandolo nel loro carello della spesa.
Poi apre un altro omogenizzato e lo fa annusare ad Ariel.
“Questo, invece?”
“Cullen! Ma che stai facendo?” gli domanda Isabella tornando da loro con in mano due buste di pannolini e vedendo quello che stavano facendo.
“Sceglievamo gli omogenizzati.” Risponde lui solamente.
Lei scote la testa appoggiando i pannolini sul carello.
“Ma non si può. Edward, non…Ah, con te non ci sono speranze.” Dice solamente senza parola prima di prende e spingere il carello in un'altra corsia.
Dura, sarà molto dura.
 
***
 
“Questo lo spostiamo qui. E questo invece qui. Così vediamo chi esce sta sera.” Sussurra piano Isabella cambiando i foglietti sulla bacheca.
Dei passi sulle scale la fanno scattare.
Velocemente torna a sedersi sulla poltrona che si trova in sala da pranzo fingendo di sistemarsi una scarpa.
“Tu, non dire nulla.” Bisbiglia alla piccola che gioca tranquilla sul seggiolone.
Un minuto dopo Edward fa la sua comparsa sulla soglia. Vestito e lavato, pronto per uscire.
“Allora io vado.” Esclama avvicinandosi alla porta.
Isabella allora si alza. “Eh no, mio caro. Scusa, ma dove credi di andare? Guarda controlla sulla bacheca, ma questa sera tocca a me uscire.” Afferma la ragazza incrociando le braccia al petto. E cercando di non scoppiare a ridere.
Lui la guarda sorpreso. “Swan, ma si può sapere che stai dicendo?” chiede confuso avvicinandosi alla bacheca. Il venerdì avevano deciso che era la sua serata libera.
Però nella bacheca invece c’è proprio scritto “Bella.”
“Non può es…”
“Visto?” insiste la ragazza. Rigirando il dito nella piaga. “Mi spiace, Cullen. Ma sta sera tocca a me.” Aggiunge avviandosi alla porta. “A dopo.” Saluta prima di agguantare borsa e chiavi e uscire di casa.
Edward ancora sorpreso, torna a fissare la bacheca.
Poi guarda Ariel e scuote la testa.
“Credo che la piccola Swan, mi abbia appena fregato, Ariel.” Borbotta sedendosi sulla poltrona dove pochi secondi fa c’era seduta Isabella.
 
***
 
Il pianto di Ariel fa svegliare di soprassalto Isabella.
Guarda l’ora. Le 3:10.
“Maledizione, Ariel.” impreca sottovoce buttandosi di nuovo a letto e tirandosi le coperte sopra la testa.
La piccola però continua a piangere.
Sbuffando Bella si alza dal letto e con passo ancora mezzo addormentato si dirige alla camera di Edward.
“Cullen, sta volta tocca a te.” Avvisa buttandosi poi stanca sul letto del ragazzo.
È da più di una settimana che non riesce a dormire una notte di fila.
Lui non si muove. E la piccola continua a piangere.
“Cullen, maledizione. Tocca a te.” Ripete la ragazza scuotendo Edward non sopportando più il piando di Ariel.
Lo sente imprecare, dopo di che molto lentamente il ragazzo si alza.
Due minuti e torna il silenzio.
Grazie al cielo.
Ma la ragazza ha parlato troppo presto perché Ariel ricomincia a piangere.
Imprecando si alza dal letto e raggiunge Edward in camera della piccola.
“Dalla a me, Edward.” Dice piano prendendo la bambina in braccio e cullandola cercando di addormentarla di nuovo.
“Shhh. Ecco la nostra piccola, Ariel. Ssshh.” Sussurra dolcemente Isabella. “Ssshh. Si, brava così.” Aggiunge camminando su e giù per la stanza.
Dopo svariati minuti la piccola si addormenta di nuovo.
“Non possiamo continuare così.” Afferma sottovoce Edward mentre Bella sistema Ariel nella sua culla.
La ragazza si passa una mano tra i capelli, stanca.
“Abbiamo preso questo impegno, Edward. E ora dobbiamo mantenerlo. Dobbiamo prenderci la mano. Ci dobbiamo solo abituare.” Dice Bella prima di sbadigliare. “Scusa, Cullen. Ma sto crollando. Vado a letto. Ne riparliamo.” E sparisce fuori dalla porta prima che lui possa dire qualcos’altro.
Edward si avvicina alla culla della piccola. Le accarezza piano la testina. “Ci farai diventare matti.” Sussurra prima di lasciarle un piccolo bacino sulla testa, spegnere la luce e uscire dalla camera.
Abituarsi.
Certo, facile da dire. Difficile da fare.
Di certo questo non è lo stile di vita a cui aveva sempre aspirato.
 
***
 
“Grazie e arrivederci.” Saluta Isabella la cliente che è appena uscita dalla libreria, cercando di trattenere uno sbadiglio.
“Ehi, hai dormito poco?” le chiede Rosalie mentre sistema dei libri sullo scaffale delle novità.
“Poco? Possiamo proprio dire che non ho dormito.” Risponde Bella avvicinandosi per darle una mano.
Rose la guarda comprensiva. “Ariel?”
“Proprio lei. Non ci fa dormire.” Si lamenta Isabella .
Rose posiziona gli ultimi libri. “Ti capisco, tesoro. Era lo stesso con Alex. È una fase. Poi passerà. Dovete solo abituarvici.”
“Si. Certo. Sono le stesse cose che ho detto ad Edward. Ma ho i miei dubbi che lui ci si abitui.” Si sposta verso un altro scaffale per sistemare altri libri.
“Perché dici?” chiede Rose.
“Si. Beh non è che io lo conosca più di tanto, ma è logico che questa non è la vita che avrebbe voluto. Non è per niente la bella vita che avrebbe voluto fare.” Risponde Bella continuando a sistemare i libri.
“E con questo? Se si è preso questo impegno non credo che sia il tipo da tirarsi indietro.” chiede Rose.
“Si, può darsi. Però non ne sono sicura.” Cercare di stare sul vago Isabella. Pentendosi di aver tirato fuori il discorso, continua a sistemare i libri.
“Bella, c’è qualcosa che non mi dici?” chiede Rose guardando l’amica di sottecchi.
Isabella continua a sistemare i libri. “No, no.”
Rose ferma l’amica. “Fermati. Dimmi cosa c’è.” La guarda negli occhi.
Bella distoglie lo sguardo. “Non lo so, Rosalie. È solo una sensazione.”
L’amica la guarda con le sopracciglia alzate facendole segno di proseguire. Isabella respira profondamente.
“Sono preoccupata. Preoccupata che lui si stufi di Ariel, di me, di questa novità dell’essere “genitore”, e se ne vada.” Confessa.
Rosalie la guarda.
Ha capito quello che intende l’amica.
Cerca di non sorridere.
“Ma tu non lo detestavi? Non continuavi a ripetere che lui non era certo d’aiuto?” le chiede guardandola di traverso.
Isabella riprende a mettere a posto i libri. Libri che per la precisione non avevano nessun bisogno di essere messi apposto.
“Non lo so, Rose. Te l’ho detto. È una sensazione strana, ma per quanto lo detesti e a volte non lo sopporti sento che non riuscirei più ad affrontare tutto questo da sola.” Spiega Isabella accanendosi ancora contro i libri.
Rosalie scuote la testa. “E questo non ti fa pensare a qualcosa?” insiste.
Isabella si volta a guardarla. “Cosa intendi?”
Rosalie si stringe nelle spalle. “Pensaci, Bella. Pensaci.” Dice solamente allontanandosi poi per andar a servire una cliente che è appena entrata.
Bella rimane un attimo immobile a sentire le parole dell’amica.
Cosa voleva dire Rosalie?
Che stesse insinuando che forse sta cominciando ad affezionarsi ad Edward? Che magari non lo detesta più così tanto?
In fondo quello che Bella ha detto a Rose è vero.
Ora sarebbe davvero preoccupata se Edward rinunciasse a tutto. Non saprebbe come fare senza di lui. Perché anche se a volte lo detesta e ha dei comportanti insopportabili non riuscirebbe più a vedersi da sola a crescere Ariel.
E poi quelle strane sensazioni.
Essere felice se lui è felice. L’intimità. La condivisone. Il vivere insieme. Il punzecchiarsi.
No, non può essere. Non deve essere. Edward si passa tutte le ragazze, perché con lei dovrebbe essere diverso?
Non può stare qui a rimuginare su una persona che magari nemmeno la considera.
Questo la porterà solamente a soffrire.
Edward è Edward. Hanno già provato a “uscire” assieme ed entrambi sanno quello che è successo  dopo. Non sono fatti per stare insieme.
Bella scuote la testa e riprende a sistemare i libri.
Ma che cavolo si mette a pensare.
Maledetta Rose che le ha messo questa pulce nell’orecchio.
 
***
 
“Ehi, sono a casa!” esclama Bella appena mette piede dentro la porta.
“Swan! Già casa?” chiede un Edward preoccupati comparendo con la testa fuori dal soggiorno.
Lei si toglie il cappotto e appoggia la borsa sul comodino in entrata. “Si. Sono uscita un po’ prima. Ho lasciato Rosalie in negozio.” Spiega levandosi anche le scarpe e camminando scalza fino soggiorno legandosi i capelli in una coda alla bell’è meglio.
“Perché? Non mi vol…” le parole le muoiono in gola.
Una ragazza è seduta sul suo divano.
Una ragazza bionda.
Una ragazza alta.
Una ragazza con due grandi occhi verdi.
Una ragazza con un sorriso stupendo.
“Oh…” riesce solamente a dire Bella.
Un silenzio assoluto cade nella stanza. 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Per qualsiasi dubbio, parere,consiglio parlate pure. Vi ascolto.
Un bacione. Alla prossima.
Vostra Morwen

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Capitolo 11
*** Capitolo Nono ***


Salve a tutti :D Eccomi qui con un altro capitolo. Non è molto lungo, perchè ho voluto tagliarlo e lasciarvi solo questa prima parte del chiarimento tra Edward e Bella. Il resto sarà nel prossimo. Ringrazio tutte le ragazze che hanno commentato, vi adoro dalla prima all'ultima, quelle che mi hanno aggiunto tra seguite, preferite e ricordata e anche solamente quelle che leggono solo.
Ora vi lascio al capitolo. Spero vi piaccia. Buona lettura.


Capitolo 9
E illudersi fa male.

"Nulla è più facile che illudersi. Perchè l'uomo crede vero ciò che desidera."
(Demostene)

“Io sono Lauren. Piacere.” Dice la ragazza interrompendo il silenzio e porgendo la mano a Bella.
La ragazza la guarda solo di sfuggita, la sua attenzione è soprattutto per Edward.
Un Edward che per la precisione tiene la testa bassa e non accenna a dire una parola.
Cosa che infastidisce non poco Isabella.
Non sa cosa pensare. Riesce solo a darsi della stupida. Oggi mentre lei pensava a Edward, lui se la spassava con Lauren.
In questa casa.
Con Ariel.
Cerca di calmarsi e far come se niente fosse.
Comportandosi come si è sempre comportata con tutte le ragazze-amiche di letto di Cullen.
“Oh, piacere mio. Io sono Bella.” La saluta con entusiasmo stringendola anche la mano. “Non mi aspettavo di trovarti qui. Se avessi saputo che avremmo avuto un ospite avrei preparato qualcosa. E sicuramente avrei anche un po’ sistemato casa. Visto la confusione che c’è.” Aggiunge la ragazza sorridente sedendosi sul divano accanto a Lauren, e facendo segno con la mano ai diversi pupazzi, giochetti, coperte e libri sparsi per il salotto. “Cullen, perché non mi hai avvertito?” domanda semplicemente, come se niente fosse, guardando il diretto interessato.
Lui rimane sorpreso dall’atteggiamento della ragazza.
Calma. Troppa calma.
Non è da lei.
E’ la sicuramente la calma prima della tempesta.
“Beh, non facciamone una tragedia.” Si affretta a dire la ragazza vedendo che il ragazzo non risponde ma resta a fissarla non sapendo che dire. “Vuoi comunque qualcosa? Un te? Un bicchiere d’acqua? Un po’ di vino?” chiede Isabella alzandosi dal divano e dirigendosi verso la cucina. “Abbiamo un po’ di tutto.”
Lauren si volta a guardare il ragazzo.
Lui si stringe solamente nelle spalle. “Aspetta qui un momento. Arrivo subito.” Le dice alzandosi dal divano e seguendo Bella in cucina.
“Swan…” la chiama entrando e chiudendo la porta alle sue spalle. “E’ tutto app…”
“Edward. Ma si è tutto apposto.” Lo interrompe Isabella aprendo il frigo e tirando fuori una bottiglia d’acqua.  Senza guardarlo. “Piuttosto cosa vuole, mmm aspetta, come si chiamava…” cerca di ricordare.
“Lauren.” Risponde semplicemente la bionda entrando in cucina.
“Oh si, scusa. Mi ero scordata. Allora cosa vuoi? Dell’ acqua? The? Vino?”
“Niente, tranquilla. Me ne stavo andando. È stato un piacere conoscerti.” Si congeda la ragazza posizionandosi la borsa sulla spalla e prendendo il cappotto dalla sedia con l’altra mano.
“Edward.” Saluta il ragazzo dandole un piccolo bacio sulla guancia. “Ci sentiamo.”
“Si. Ciao” risponde Edward accompagnandola alla porta.
Isabella alza gli occhi al cielo. E fa una smorfia. “Piacere, un corno.” Borbotta mentre si versa un bicchiere d’acqua. Anche se avrebbe molto volentieri sostituito quel bicchieri d’acqua con uno di vino.
“Ehi. Sicura che è tutto apposto?” la voce di Edward alle spalle la fa sobbalzare un'altra volta.
“Cristo, Edward.” Lo rimprovera. “Eh si, è tutto a posto. Non insistere.” Ripete bevendo un po’ d’acqua.
Indifferenza.
La migliore arma è l’indifferenza.
Peccato per lei, che questo non sia mai stato uno dei suoi principali pregi. Anzi.
“Sicura? Dal tuo atteggiamento non sembrava. Sai di solito…”
“Di solito cosa, Cullen?”
“Di solito non fai mai la gentile, ti limiti a dire la tua senza problemi.” Cerca di spiegarsi lui passandosi una mano dietro la testa, leggermente nervoso.
Nervoso?
Perché mai Edward dovrebbe essere nervoso? Di cosa, soprattutto?
Lei lo guarda. “Beh oggi mi sono trattenuta. E sai perché? Perché so che se iniziassi a dirti tutto quello che penso riguardo al tuo comportamento poi non saprei fermarmi. Arriverei a dire delle cose di cui poi mi pentirei.”
Ecco, sganciata la bomba.
“Ah si? Beh non credere che io non abbia delle cose da rimproverare anche a te.”
“A me?” chiede scettica la ragazza. “Scusa ma guarda che non sono io che mi sono portata una delle mie sciacquette a casa per spassarmela mentre invece avrei dovuto badare ad Ariel.” Sibila Bella incrociando le braccia al petto.
“Ah, quindi è questo che non ti va giù? Il fatto che mi sia divertito con Lauren.” Afferma saccente il ragazzo incrociando le braccia al petto. 
“No.” Risponde velocemente Bella. Anche troppo velocemente. “Non è questo che non mi va giù!” esclama arrabbiata. “Quello che non mi va giù è che te le porti qui in questa casa. La casa di Victoria e James. La casa di Ariel. Per me puoi spassartela anche con tutte le ragazze di questo mondo ma fuori da questa casa. Fuori da questa dannata casa. Non voglio vedere nessuna ragazza aggirarsi qui dentro. Soprattutto quando devi badare alla bambina!” Sbatte le mani sul tavolo Bella con una reazione anche troppo esagerata.
“Sei sicura che sia solo per questo, Bella?” chiede lui trafiggendola con lo sguardo.
Lei si sente nuda davanti a quello sguardo.
Sente come se lui potesse leggerle dentro, e capire da solo quello che lei cerca di non ammettere nemmeno a se stessa. Forse, Edward ci ha preso più di quanto crede.
“Si, Edward. È solo per questo.” Risponde cercando di tenere un tono deciso la ragazza. Senza lasciar trapelare altro.
Il ragazzo la guarda intensamente negli occhi, e lei riesce a cogliere in essi un pizzico di dolore al sentire le sue parole.
Deve esserselo immaginato.
Edward non può sentirsi così nei suoi confronti.
È impossibile. E lei non deve ricamarci sopra più di tanto. Ne soffrirebbe. Lauren ne è la prova.
“Oh scusa tanto se cerco di mantenere anche un briciolo della mia vita. Non è certo il massimo vivere ventiquattr’ore su ventiquattro dentro questa casa e fingere di essere quello che non sono.” Ribatte lui scostandosi dalla porta e avvicinandosi alla ragazza.
E confermando i sospetti di Bella.
Lui non potrebbe mai, davvero, provarequei sentimenti verso di lei.
“Fingere di essere quello che non sono?” ripete Isabella ancora più arrabbiata. “Fingere di essere quello che non sono? Scusa Edward, ma credo che dovresti pensare a quello che dici prima di aprire bocca.” Sibila  scostandosi dal piano della cucina e uscendo da quella stanza per andare in camera.
Non ha voglia di litigare. Strano, ma vero.
Vuole starsene da sola in camera e dimenticare tutto. Tutta questa situazione del cavolo.
“Resta qui. Non abbiamo finito.” La segue su per le scale Edward.
Bella si blocca e si volta a guardarlo furiosa. “Si, invece. Abbiamo finito. Sono stanca di te, e del tuo continuo dire che non possiamo andare avanti così. Scusami tanto, ma tornare indietro non si può. E continuare a ripeterlo non aiuta di certo. Ok, certo magari non è come pensavi. Fare il genitore non è divertente come speravi, vero? Beh invece è così. Abbiamo fatto questa scelta e….”
“No, tu hai fatto questa scelta!” esclama lui.
“Oh si, certo. Perché tu no? Anche tu hai scelto questo, perciò non venirmi a dire che sei stato costretto. Mi pare che nessuno ti abbia messo una pistola alla testa.”
“Sei stata tu. Tu e le tue continue lacrime. Non sopportavo di vederti così, non ci riuscivo proprio.  Non eri più la Bella che conoscevo io. Quella stronza, orgogliosa, maniaca del controllo che eri sempre stata…E io la rivolevo. Perché non potevo vederti in quello stato. Perciò ho detto di si. E mi sono rovinato la vita.” Abbassa lo sguardo Edward. Le parole che si affievoliscono sempre di più.
Isabella rimane sorpresa. E quasi piacevolmente contenta.
L’aveva fatto per lei. Per lei.
Si, certo ma ora glielo rinfacciava.
Bastardo.
“Nessuno te l’ha mai chiesto, Edward. Nessuno. Non ti ho mai costretto a fare quello che non volevi.” Sibila Bella guardandolo negli occhi. “Non venirmi a rinfacciare qualcosa che non ho fatto.” Aggiunge furiosa.
“E credi che per me sia facile? Che anche io non abbia dovuto rinunciare alla mia vita? L’ho fatto, Edward. Lo sto facendo. Ed è dura. Ma va bene così. Come hai detto tu, l’ho scelto io. E mi prendo le responsabilità delle mie scelte!” esclama arrabbiata.
“Non credere che io non me le prenda…” cerca di dire lui.
“No. Tu non te le prendi. Mai, Edward. Non hai fatto nulla di buono nella tua vita. Per te l’importante era divertirsi, scopare e divertirsi. Beh, vuoi sapere la verità? La vita non è tutta così. Si cresce, si fanno delle scelte e le cose cambiano. Noi dobbiamo accettarlo.” Lo interrompe lei sempre più furiosa.
“Vuoi sapere una cosa? Sai, perché per te è così facile accettare questa nuova situazione in cui ci troviamo? Perché la tua vita di prima faceva schifo. Non la mia. Io almeno me la spassavo. Tu, invece? Cosa facevi? Vendevi libri, vendevi libri e vendevi libri, no? Molto interessante. Non sai neanche cosa vuol dire la parola divertirsi.” Le risponde il ragazzo guardandola negli occhi furioso.
Isabella rimane un momento immobile. Colpita dalle parole del ragazzo.
“Stronzo. Sei solo uno stronzo bastardo.” Sussurra arrabbiata lei.
“Senti chi parla. Impara a giudicare te stessa prima di giudicare gli altri.” Sibila lui.
“E tu cresci per una buona volta. La vita non gira mica solo attorno alle tue comodità. Di certo io e Ariel non abbiamo bisogno di uno come te.”
Lui la guarda negli occhi. E arrabbiato, ma la ragazza riesce a cogliere un pizzico di dolore nel suo sguardo.
E immediatamente si pente delle sue parole. “Fanculo, Bella.” dice solamente girandosi e scendendo le scale.
Lei alza gli occhi al cielo, sbuffa e lo segue giù per le scale.
“Si, bravo. Ora vattene tu. Scappa sempre dai problemi. Questa si che è una bella soluzione. Si vede come ti prendi la responsabilità delle tue scelte.” gli rinfaccia mentre lo raggiunge all’ingresso dove lui è intento a indossare il giubbotto per uscire.
Non avrebbe resistito un minuto di più in quella casa.
“Devo uscire da qui.” Risponde brusco agguantando dal mobiletto il casco della moto.
“Non dovresti guidare in queste condizioni.” Dice lei piano.
Ad un tratto la rabbia è sostituita dalla preoccupazione.
Per lui. Per Edward.
E’ arrabbiato, furioso. Non può guidare così. Potrebbe succedergli qualcosa. Qualsiasi cosa.
No, non può neanche pensarlo.
 “I genitori di tua figlia sono morti in un incidente d’auto.” aggiunge saccente incrociando le braccia al petto, sicura che questo avrebbe fatto scattare il ragazzo.
Ariel non può perdere un'altra persona a cui si è affezionata. Lei non può perderlo.
“Non è mia figlia!” esclama arrabbiato lui. Lei non si scompone alla sua reazione esagerata. Resta immobile, impassibile, le braccia incrociate e lo sguardo puntato nei suoi occhi.
Cercando di trattenere le lacrime che le parole del ragazzo hanno provocato.
Ora lo sa. L’ha capito. Lui non può essere un genitore per la piccola.
L’ha appena confessato.
“E allora di chi è figlia?” sussurra.
Lui la fissa per altri due secondi poi si volta imprecando sottovoce, prende ed esce di casa sbattendo la porta.
La ragazza sobbalza e delle lacrime silenziose le percorrono le guance.
Doveva aspettarlo. Cosa si poteva pretende da uno come Edward?
Questa vita non fa per lui.
Il pianto della piccola si fa sentire dal piano superiore.
Velocemente la ragazza si asciuga le lacrime, e sale le scale per raggiungere Ariel.
Qualcuno che si interessi a lei ci sarà sempre e comunque.
Anche senza Edward.
 
***
Bella è intenta a sistemare i vestiti appena lavati e stirati nell’armadio quando sente la porta di casa aprirsi.
Edward.
Evidentemente è tornato.
Il nodo di agitazione che le si era formato in pancia si dissolve.
Non è successo nulla. Per fortuna.
Sospirando sistema una maglia nel cassetto mentre dei passi risuonano su per le scale.
Si prepara ad affrontarlo.
“Ehi.” Dice piano aprendo la porta della camera di Isabella.
Lei non si volta a guardarlo, e continua a sistemare i vestiti nell’armadio.
“Che c’è?” gli chiede brusca.
Per quanto sia sollevata che lui sia tornato non è ancora pronta a perdonarlo. E tanto meno vuole parlare con lui.
Passano vari minuti prima che Edward le risponda. “Senti, Bella non volevo…”
“Non mi interessa niente di quello che volevi o non volevi, Edward. È andata così. E ora non ho voglia di parlarne. Perciò per favore, vattene.” Lo interrompe lei, posizionando l’ultima canottiere dentro un cassetto.
“Bella…”
“Quale parte della parola vattene non capisci, Cullen?” domanda infastidita lei senza voltarsi. Non vuole guardarlo. Passano altri minuti durante i quali non vola una mosca, poi finalmente la porta della camera si chiude.
Isabella allora si volta, lasciandosi sprofondare sul letto. Lo sguardo rivolto al soffitto.
Calde lacrime sente percorrerle le guance.
Aveva sperato troppo in una famiglia. Aveva desiderato di poter ricreare con Edward il rapporto che avevano Victoria e James. Voleva essere come loro. Felici come loro. Innamorati come loro.
Ma ora sa che non potrà essere così. Perché loro sono Edward e Bella. Sono diversi. Due persone distinte. Non riusciranno mai a creare una famiglia.
Si, era illusa.
E illudersi fa male.  


Allora, cosa ne pensate? Mi raccomando fatemi sapere tutti i vostri pareri, pensieri riguardo il capitolo. Mi fa sempe piacere ascoltarvi.
Scusate se oggi sono di poche parole, ma non è una delle mie giornate migliori. La prossima volta cercherò di essere più loquace.
Baci
Vostra Morwen.
Ho iniziato a scrivere un altra storia su Originali. S'intitola "Luce o Oscurità." Se volete farci un salto, ecco il link. Ne sarei molto felice. :D

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=838393&i=1 

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Capitolo 12
*** Capitolo Decimo ***



 'Sera, ragazze mie! Scusate se oggi posto così sul tardi ma ho avuto un sacco di cose da fare. In questi ultimi tempi non ho mai un minuto libero. Per fortuna però sono riuscita a finire il capitolo, non vi lascerei mai senza. Perdonatemi, se non rispondo alle vostre splendide recensioni ma proprio non ce la faccio, vi assicuro però che sono state tutte lette e apprezzate; ho preso molti spunti per questo capitolo dai vostri pensieri. Spero non vi dispiaccia. Per farmi perdonare vi dedico questo capitolo, ringraziandovi perchè continuate a seguirmi, è solo grazie a voi e al vostro supporto che continuo a scrivere. Grazie, davvero. A tutte.
Vi lascio al capitolo. Buona lettura.


Capitolo 10
Abbastanza matura?

"Qualunque fiore tu sia, quando verrà il tuo tempo sboccerai.
Prima di allora, una fredda e lunga notte potrà passare.
Anche dai sogni della notte trarrai forza e nutrimento.
Perciò sii paziente verso ciò che ti accade, curati e amati,
senza paragonarti o voler essere un altro fiore,
poiché non esiste fiore migliore di quello
che si apre nella pienezza di ciò che è.
E quando ti avverrà,
potrai scoprire che andavi sognando
di essere un fiore cha ancora doveva fiorire."
(Daisaku Ikeda) 



 

Isabella sistema il giubbottino alla piccola Ariel. Agguanta poi la sua borsa e le chiavi di casa.
“Noi usciamo!” esclama semplicemente prima di prendere la bambina in braccio e uscire fuori all’aperto.
E’ una giornata abbastanza fredda, e il sole non ci pensa nemmeno a farsi vedere.
Un po’ come il mio umore.
Pensa Bella stringendo di più la piccola a se per non farle prendere freddo e scendendo i pochi scalini della veranda, mentre un ragazzo si sta avvicinando attraverso il viale di casa.
“Emmett!” esclama riconoscendolo.
Lui alza lo sguardo da terra, e appena scorge la figura di Isabella si apre in un gran sorriso.
“Bella!” la saluta contento.
Lei rimane sorpresa dalla sua allegria nel vederla. Loro non si conoscono poi molto, le uniche volte che hanno fatto due chiacchere è stato il giorno del funerale e le volte che Emmett viene  in negozio a trovare Rosalie.
Niente di più.
“Ehi.” Ricambia Bella con un cenno del capo.
Lui si avvicina sempre di più. “Ehi, piccolina!” dice rivolto ad Ariel che appena vede lo zio si apre in un enorme sorriso ed emette un piccolo verso di felicità.
“Anche io sono contento di vederti.” Le risponde lui ridacchiando e dandole un buffetto sulla guancia, al quale lei ridacchia di nuovo.
Isabella si perde a guardarli e sorride.
Emmett ci sa fare con i bambini. Rosalie gliel’aveva sempre detto.
“Allora Bella, come va?” le chiede ad un tratto lui alzando lo sguardo dalla piccola e portandolo alla ragazza.
Lei finge che sia tutto apposto. “Bene.” Dice semplicemente cercando di far suonare vere le sue parole.
Emm la guarda con le sopracciglia alzate. “Edward, non la pensa così.”
Bella a quelle parole sussulta. Quindi Emmett, lo sa. Sa della scenate dell’altra sera. Sa che sono tre giorni che lei ed Edward non si rivolgono la parola, tranne per ricordarsi a vicenda i loro “compiti” per la piccola.
“Ah, quindi se qui per parlare con lui.” Sussurra piano abbassando lo sguardo.
“Si. Mi ha chiamato. E mi ha chiesto di passare. Sai, credo che non se la passi molto bene.”
Lei a quelle parole alza lo sguardo. “Ha quindiè lui quello che non se la passa bene. Buono a sapersi.” Esclama stizzita.
Eh certo, ora è lei la colpevole.
E lui la vittima.
Logico.
Come volevasi dimostrare, lui è d’accordo con Edward sul fatto che lei deve fare il primo passo e chiedere scusa.
Peccato però che Isabella non sia d’accordo.
“Bella, non intendevo…”
“Oh io invece credo di si, Emmett.” Risponde sicura lei, prendendo meglio in braccio la piccola che ha preso a giocare con i capelli della ragazza.
“Non è vero. Volevo solo dire che, forse, dovresti cercare di capire la sua situazione. Non è facile per lui, sai com’è sempre stato Edward. E trovarsi ora in una situazione del genere non è certo quello che si sarebbe aspettato. Quello che ha fatto è sbagliato, lo capisco. Ma…” Cerca di spiegare Emmett.
Lei scuote la testa. “Lo so, Emmett. Lo so. Sono cose che ho già sentito un sacco di volte…”
“Vedi, perciò…”
“Però non è certo l’unico che si è trovato in una situazione che non si sarebbe aspettato. Sai, esisto anche io. Anch’io avevo una vita. E nemmeno per me è così facile come credi.” Conclude lei infastidita.
“Vedi, hai detto “Non è stato facile.” Non hai detto: “Non è facile.” Perciò, tu ti ci sei già abituata, almeno un po’. Lui invece no.” Spiega il ragazzo.
Isabella sbuffa, e cerca di togliere dalle mani della piccola una ciocca dei suoi capelli.
“Non tirare, Ariel!” la rimprovera piano.
Poi torna a fissare il fratello di Edward. “Senti, Emmett. Non posso mica aspettare tutta la vita che lui si abitui. Non ho tutto questo tempo. Ariel non ha tutto questo tempo. Perciò se lui non ce l’ha fa a reggere tutta questa situazione che lo dica e se ne vada. Non può continuare a farci stare in questa situazione di stallo. Non va bene. La bambina lo percepisce. In questi tre giorni, l’unica volta che ha sorriso è stato poco fa quando ti ha visto, quindi credo sia evidente che lo sente che c’è qualcosa che non va.” Risponde Bella cercando di non far trapelare dal tono quanto le costi dire queste parole.
Perché sa che se Edward se ne va e rinuncia a tutto ci starebbe male. Non farebbe bene a nessuna di loro due. Né ad Arile né a lei.
Però non va bene nemmeno continuare così. Senza parlarsi.
“Bella, se lui se ne andasse credo che sarebbe ancora peggio.” Sussurra piano Emmett guardandola intensamente come a farle capire che lui ha compreso a ciò che stava pensando.
Bella distoglie lo sguardo. Odia essere così trasparente.
“Secondo me, dovreste solo chiarire. Parlarvi. Chiedervi scusa, e cercare di aiutarvi a vicenda per superare tutto questo. So quanto sia difficile crescere un bambino, soprattutto se non è figlio vostro. Ma tu sei forte e determinata, Edward sa esserlo quando vuole, perciò c’è la potete fare. Solo cercate di collaborare.” Aggiunge piano Emm. A Bella dà l’idea che stia parlando per esperienza personale.
Vorrebbe chiederglielo, ma forse è una domanda troppo personale. E lei con Emmett non è che abbia poi tutta questa confidenza. Si, ripromette però di chiederglielo in futuro.
Prende un respiro profondo. “Non lo so, Emm.”
“E’ la prima volta che litigate…”
“Io non direi. Non so se hai presente ma io ed Edward ci siamo sempre detestati. Le litigate per noi sono all’ordine del giorno.” Lo interrompe lei.
“No, Bella. Non è vero. Questa è davvero la prima volta che litigate veramente. È la prima volta da quando siete diventanti i genitori di Ariel. E tu lo sai, perciò non dire di no. Prima se litigavate e vi tenevate il muso per anche due settimane non cambiava nulla, perché non eravate nulla per entrambi. Ora però siete i genitori di Ariel. Ora qualcuno a causa delle vostre litigate ci rimette. Perciò chiedigli scusa, chiarite. Sistemate questa faccenda.” Cerca di convincerla il ragazzo.
Bella scuote ancora la testa. “E perché dovrei farlo io? Io non ho fatto niente di male, lui ha sbagliato. Lui deve fare il primo passo.” Esclama convinta.
Emm la guarda con un sopracciglio alzato. “Credevo fossi più matura, Bella.”
Lei a quelle parole si sente arrossire.
Lei è matura. Eccome se lo è. E lei che si prende cura di Ariel, che lavora e che è riuscita a sorreggere tutta questa nuova faccenda.
“Io, sono…”
“Non voglio offenderti, Bella. Ma se fossi più matura, capiresti che non è una sfida a chi fa il primo passo. È qualcosa che devi fare per Ariel. Come hai detto tu lei ne risente, e non se lo merita.” Lai interrompe lui.
Lei si ferma a riflettere un attimo a quelle parole.
Forse, ha ragione….Però ecchecavolo, deve fare sempre tutto lei.
Sbuffando prende meglio in braccio la piccola. “Queste cose dovresti dirle anche ad Edward.” Dice semplicemente superandolo e avviandosi verso il cancelletto di casa.
“Bella…” cerca di richiamarla il ragazzo.
Lei si volta interrompendolo. “Salutami Rosalie. Ed Alex. Ciao, Emmett.” Poi si rivolta ed esce dal cancello di casa lasciandoselo sbattere alla spalle.
Non le ha nemmeno chiesto come stessero Rosalie e Alex, pensa la ragazza mentre cammina per la strada.
Ha pensato solo a se stessa e ai suoi problemi.
Forse, non è poi così matura come crede.
 
***
Edward guarda l’orologio. Le sei e mezza di sera.
Isabella è uscita da quasi due ore. E lui non sa dove sia andata, per di più fuori fa sempre più freddo.
Se la bambina si prende qualcosa, questa volta è solamente colpa di Miss-le-cose-che-faccio-io-sono-sempre-giuste.
Sbuffando si lascia andare sul divano. Non sa più che fare con quella ragazza.
Lui cerca di parlarle, ma lei stronca sul nascere qualsiasi suo tentativo.
Certo, si è comportato da stronzo, l’ha capito però ora sta cercando di rimediare, solo che sa come fare se ogni volta che tenta di istaurare un dialogo Isabella non vuole neanche starlo a sentire.
Sbuffando un'altra volta si passa una mano tra i capelli, stanco.
Ad un tratto un rumore di passi e le chiavi nella serratura della porta lo fanno sobbalzare.
Respirando profondamente si prepara a vederla comparire sulla soglia del soggiorno.
“Cavolo. Fa un freddo fuori. Tieni, prendila. Coprila con una copertina.” Dice velocemente Isabella passandogli la piccola Ariel, addormentata.
Lui non riesce a formulare neppure una frase, sorpreso dal comportamento di Bella. E dal tono disinvolto e privo di freddezza con il quale gli si è rivolta. Prende solamente la piccola dalle sue braccia, le toglie piano il giubbottino e la sistema nel suo box, coprendola con una coperta abbastanza pesante.
Isabella nel frattempo si è tolta il giubbotto e le scarpe, sedendosi comodamente sul divano, le gambe strette al petto, i capelli leggermente spettinati raccolti in uno chignon, il naso rosso dal freddo, e una coperta rosa con gli orsacchiotti stretta a se.
Sorride nel vederla. Sembra una bambina.
Lei alza lo sguardo su di lui. Uno sguardo serio e deciso. Uno sguardo da adulta, per niente da bambina.
“Edward, dobbiamo parlare.” Annuncia solamente.
Finalmenteriesce solamente a pensare il ragazzo mentre le si siede accanto sul grande divano.
 “Senti, Edward. Scusa. Scusa per quello che ti ho detto l’altro giorno. Non dovevo. O almeno si dovevo dirti quelle cose però non in quel modo.” si affretta a dire lei.
Lui la guarda sorpreso da quelle parole.
Bella, che chiede scusa? Per caso sta nevicando? C’è un tornando in arrivo? Saremo colpiti da un fulmine?
Evento raro.
“No, Bella. Tu, non devi scusarti. Sono stato io….” Cerca di parlare lui ma lei lo interrompe.
“Si, invece. Devo.”
Le parole di Emmett le sono servite per riflettere.
Nelle due ore che ha passato fuori casa ha capito che suo fratello aveva ragione.
Non è stata solo colpa di Edward, è stata anche colpa sua.
Si era illusa troppo. Edward non le aveva mai veramente dimostrato che lui voleva creare una famiglia, non le aveva mai fatto un gesto vero e proprio che significasse “io voglio creare una famiglia”, è stata lei che ha immaginato tutto. Lui certo è stato d’accordo con Bella sull’accettare l’affidamento di Ariel, ma niente di più.
Ha costruito castelli in aria, solamente.
“Mi dispiace per quello che ho detto. Pretendevo troppo da te. E da me. Aspiravo a creare una famiglia. Speravo di riuscire a ricreare con te, il rapporto che avevano Victoria e James per far sentire Ariel parte di una vera famiglia. E credevo anche di esserci quasi riuscita. Ma ho sbagliato. Non era così.” Si ferma un attimo. Lo sguardo basso, sulle sue mani che tengono stretta la coperta.
Non è facile per lei parlare in questo modo, aprirsi in questo modo. Deve esserci stato qualcosa che le ha davvero fatto capire che ha sbagliato.
O che forse a volte bisogna cercare di fare il primo passo anche quando si crede di aver torto se a rimetterci c’è una persona che non c’entra nulla come Ariel.
Edward cerca di sfruttare il momentaneo silenzio di Bella per parlare.
“No. Fammi finire. Noi non siamo come loro, e questo non è certo una cosa cattiva. Anzi. Però dovevo capirlo. Dovevo capire che noi siamo noi. Abbiamo il nostro strano rapporto, ma va bene così. Perché noi siamo Edward e Bella. Si, lo so a volte non ci sopportiamo e discutiamo spesso ma non importa, l’importante è che poi ci chiariamo.” Dice lei girandosi a guardarlo per fargli capire che è quello che lei sta cercando di fare in questo momento.
“Bella…”
“Quello che abbiamo fatto in quest’ultimo periodo con Ariel non sarebbe stato di certo quello che avrebbero fatto loro ma è andato bene, lo stesso. Perché eravamo noi. Non era perfetto, ma quando mai qualcosa è perfetta?” chiede velocemente la ragazza interrompendolo e cercando di sorridere.
Sta tentando in tutti i modi di far capire ad Edward che lui non se ne deve andare. Che ce la posso fare. Basta volerlo entrambi.
“Quasi mai.” Risponde piano lui.
Non ancora sicuro però di dove voglia andare a parare la ragazza con quel discorso.
“Esatto. Perciò ho pensato che dobbiamo smetterla di camminare in questa casa come se loro dovessero tornare da un momento all’altro, perché non torneranno. ” Finisce il suo monologo Bella.
Lui la guarda stranito.
“Eddai, Cullen. Non hai ancora capito? Con questo voglio dire che non dobbiamo essere dei genitori perfetti solo per sentirci come loro. Non dobbiamo sostituirli. O meglio si, dobbiamo sostituirli perché dobbiamo diventare i genitori di Ariel ma non per questo  dobbiamo essere come loro. Dobbiamo essere noi stessi. Loro ci hanno scelti perché ci pensavo adatti, ci conoscevano per com’eravamo. Ed è per come eravamo che hanno deciso di affidarci la loro piccola, non per la nostra capacità di assomigliare loro. Perciò, penso, che possiamo continuare anche le nostre vite. Cresciamo Ariel insieme, viviamo in questa casa insieme, cerchiamo di essere presenti per la piccola ma possiamo anche continuare a fare quello che facevamo prima. Sarebbe un cambio troppo drastico, cambiare totalmente le nostre vite.” Spiega la ragazza abbassando di nuovo lo sguardo sulle sue mani.
Edward non può credere alle sue orecchie. Non è quello che si sarebbe aspettato.
“Io cercherò di farmi andare bene il tuo stile di vita, cercherò di accettarlo. Non posso costringerti a cancellarla del tutto, in fondo non sono nessuno per costringerti a cambiare. Scusami, per la scenata. Mi ha dato fastidio tornare e trova qui Lauren, speravo che tu avessi più buon senso e capissi che non era certo il momento adatto…Ma non è questo il problema principale in questo, solo evita di portarle qui. O almeno fallo quando non ci sono e non c’è nemmeno Ariel. Per il resto continuiamo come abbiamo fatto in quest’ultimo periodo. Stiamo insieme, qui in questa casa con la piccola, ma non insieme, insieme.” Aggiunge stringendo forte i pugni nascosti dalla coperta con gli orsacchiotti e tentando di non far trapelare il dolore che le provoca pronunciare queste parole.
Sa che non deve provare certi sentimenti per Edward. Lui è quello che è, si sa. Non vuole essere una delle tante che perdono la testa per lui. L’ha detto anche Emmett, lui è fatto così, perché dovrebbe cambiare? Per una come lei poi…Una per cui lui non ha mai mostrato il minimo interesse.
Un tuffo al cuore colpisce il ragazzo quando sente le ultime parole di Bella.
Stiamo insieme ma non insieme, insieme.
Non sono certo le parole che si sarebbe aspettato di sentire.
Non suonano bene. Non sembrano giuste.
Non sono quelle che avrebbe voluto sentire.
Ma cosa avrebbe voluto sentire in verità?
Avrebbe voluto sentire che a lei non andava giù che si passasse tutte le ragazze?
Avrebbe voluto sentire che sarebbero dovuti stare insieme, insieme?
Non crede. Forse.
Ma non le sentirà. Non da Bella, almeno. Lei non va bene per lui. O lui non va bene per lei. Lei può avere di meglio. Lei non ha mai mostrato il ben che minimo interesse per lui.
“Bella, credo che tu ti stia scusando per nulla. Non toccherebbe a te ma a me. Sono io l’idiota in questa situazione. Sono io quello che non riesce ancora ad accettare tutto questo, sono io quello che non sa prendersi le sue responsabilità. Me ne sono reso conto, Bella. Dopo quello che mi hai detto, l’ho capito. E cercherò di fare il possibile, te lo prometto.” Sussurra piano il ragazzo guardandola e aspettando che anche lei alzi lo sguardo.
Lo fa, e sul suo volto c’è un sorriso. Piccolo, ma almeno è un sorriso.
“Non ti avevo mai sentito fare un discorso del genere.” Commenta.
Lui alza gli occhi al cielo. “Beh, neppure tu ci sei andata leggera. Non credevo che potessi uscirtene con parole così serie e mature.” Le risponde cercando così di alleggerire la situazione che si è creata.
Perché non sa se essere contento per le parole di Bella o non esserlo.
Non sa se quello che lei ha deciso di fare sia giusto o sbagliato.
Lei lo guarda e si stringe nelle spalle. “Ho delle qualità nascoste.”
Il ragazzo scoppia a ridere. “Mi piacerebbe scoprirle.” Sussurra con uno sguardo malizioso giocando come al solito con Isabella.
“Chi lo sa. Magari col tempo…” resta vaga lei ricambiando il suo sguardo. Questo non fa che aumentare la sua risata.
Lei sorride con lui contenta che le cose siano tornate come sono sempre state tra loro. Anche se non del tutto…
 “Credo che ora sia tempo di preparare qualcosa da mangiare.” Esclama ad un tratto Bella scendendo dal divano.
“Vuoi una mano?” propone lui.
Lei si volta a guardarlo sorpresa. “Cosa? Questa sera non proponi il solito cinese?”
Lui scuote la testa e si stringe nelle spalle. Questa sera ha voglia di passare un po’ di tempo qui, con Bella, a fare le classiche cose che si fanno in una “famiglia”.
“Ho voglia di preparare qualcosa. Sai mi pare che quella cucina a parte che per la colazione non la usiamo più di tanto.” Risponde semplicemente, sorprendendo ancora di più la ragazza che lo guarda con le sopracciglia alzate.
“Eddai, smettila di guardarmi così!” esclama.
Lei ridacchia. “Ok. Ok. Scusa. Bene, allora forza Cullen andiamo a cucinare!” esclama avviandosi in cucina.
Lui sorride contento alzandosi dal divano e seguendola.
Bella si volta a guardarlo ricordandosi solo ora di un particolare importante. “Ehi, ma almeno sai cucinare?”
Edward si gratta la testa. “Emmm, saper fare il caffè può contare?” Chiede lui guardandola incerto.
La ragazza scoppia a ridere.
“Sarà un duro lavoro.” Commenta  Lei prendendolo per mano e trascinandolo in cucina.
Forse, d’ora in poi se cercano di collaborare, le cose potrebbero andare leggermente meglio.
Luisi lascia trascinare in cucina, sorridendo.
Forse, d’ora in poi dovrà cercare di far cambiare un po’ di cose. 

Spero vi sia piaciuto. Come sempre per pareri, pensieri, dubbi o critiche parlate pure, prometto che la prossima volta vi risponderò :D
Un bacione enorme.
Vostra, Morwen 

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Capitolo 13
*** Capitolo Undicesimo ***


Buon pomeriggio a tutti :D
Prima di tutto chiedo perdono per questo ritardo, ma martedì non ho avuto un minuto libero e ieri nemmeno, fortunatamente oggi sono riuscita a ritagliarmi un momento per postare. Non volevo farvi attendere oltre. So quanto sia fastidioso.
Perdonatemi.
Ora non vi rubo molto tempo, mi limito a dirvi che questo capitolo non mi piace gran che, per di più l'ho scritto un pò di tempo fa e l'ho riletto solo oggi in gran velocità perciò se ci sono degli errori, scusatemi. Fate come se non gli aveste visti :D Per il resto, niente. Spero che a voi piaccia più di quanto piaccia a me.
Buona lettura.


Capitolo 11
Profumo di sole

"È un'illusione che le foto si facciano con la macchina, si fanno con gli occhi, con il cuore, con la testa."
Henri Cartier-Bresson

 

 Circa un mese dopo
 
“Swan, scendi. La colazione è pronta.” Urla Edward dalla cucina, mentre passa in mano alla piccola un biberon con del latte caldo.
Ormai Ariel ha imparato a bere da sola.
Ed Edward ha imparato a gestire la situazione. Con la colazione ad esempio se la cava.
Dei passi rumorosi risuonano giù per scale, poco prima che la figura di Bella in pantaloncini e maglia extra-large faccia la sua comparsa sulla soglia della cucina. Ormai quello è diventato il suo abbigliamento abituale per stare in casa.
E questo da un lato non fa che piacere ad Edward.
“Ehi. Buongiorno.” Esclama avvicinandosi alla bambina e dandole un piccolo bacino sulla testa. Lei le sorride emettendo un piccola verso di felicità.
“Io il bacino del buon giorno non lo merito?” chiede Edward posando sul bancone davanti alla ragazza un bicchiere di succo alla pesca, il preferito di Bella, e un piatto di pancake.
Lei lo guarda e sorride. “Dipende. Vediamo prima come hai preparato la colazione.”
Agguanta un pezzo di pancake e lo porta alla bocca. “Mmm niente male direi. Le mie lezioni di cucina hanno portato a qualcosa di buono almeno.” Constata la ragazza. “Cullen, ti sei appena aggiudicato il compito di preparare la colazione ogni mattina.” Annuncia la ragazza mangiandone un altro pezzo.
Lui si siede sullo sgabello accanto alla ragazza. Scuote la testa. “Non credo, piccola Swan. Anche perché non tutte le mattine sarei disponibile.”
Bella si ferma con il boccone a mezz’aria.
E lo guarda di sbieco.
“Ah, capito.” Sussurra solamente riprendendosi e portando alla bocca il boccone.
Non tutte le mattine sarei disponibile.Bel modo per dire quello che davvero deve fare.
“E a proposito di questo..” comincia la ragazza bevendo un sorso di succo. “E’ da un po’ di tempo che sai, non vedo, aggirarsi delle ragazze. Per caso hai perso il tuo fascino da playboy?” gli chiede sorridendo maliziosa cercando di far sembrare la domanda più come un qualcosa per prenderlo in giro che per altro, anche se sotto sotto è davvero intenzionata di sapere il motivo di tutto ciò.
Forse, può darsi che lui…
No. Non può essere. La ragazza scuote la testa dandosi della stupida anche solo per averlo pensato.
Edward distoglie lo sguardo, portandolo alla colazione.
“Credo che ora come ora sia la cosa di cui devo interessarmi di meno.” Sussurra piano il ragazzo, rompendo con la forchetta i suoi pancake in piccoli pezzi.
Isabella quasi non si strozza con la colazione.
Ha davvero detto così o si è immaginata tutto lei?
Non ci crede. Un passo avanti.
“Wow. E chi se lo sarebbe aspettato di sentire queste parole da uno come Edward Cullen.” Esclama pungente Bella bevendo un sorso di succo.
Lui le lancia un occhiataccia. “Vedo che hai molta considerazione di me.”
Lei si stringe nelle spalle, prima di mangiare l’ultimo pezzo di pancake. “Sei tu che mi hai portato a pensarla così.” Risponde semplicemente.
Lui scuote la testa, sentendosi ancora più in colpa per come si è comportato con Bella.
Per un po’ cala il silenzio. Ognuno preso dalla proprio colazione.
Bella si prende un altro pancake.
“Ehi, ma quanto mangi? Ne ha già mangiati tre.” La richiama Edward. Lei sorride.
“Devo tenermi in forma, oggi ho un intera giornata da passare insieme a quella mostricciattola che mi farà diventare matta.” Esclama indicando con un cenno la piccola Ariel, che è intenta a fissare intensamente in suo biberon rigirandoselo tra le mani.
Il ragazzo sorride a guardarla. Allunga una mano e aiuta la piccola a capire com’è giusto prenderlo, e dandole una mano a bere.
“Ma oggi è mercoledì, Swan. Non dovevo tenerla io?” domanda confuso Edward.
“No, guarda che…” cerca di dire Bella, poi si volta verso la parete dov’è appesa la bacheca. “Cavolo, hai ragione. Mi ero dimenticata di scrivere sulla bacheca che oggi avrei potuto tenerla io, visto che la libreria per un paio di giorni resterà chiusa. Problemi tecnici.” Spiega la ragazza battendosi con una mano sulla fronte.
“Beh, non c’è problema facciamo qualcosa tutti insieme.” Aggiunge poi sorridendo scendendo dallo sgabello e appoggiando sul lavabo i piatti e i bicchieri sporchi da lavare.
“Oggi, dovevo incontrarmi con Alice perché è da un po’ che non vede Ariel, e continua a chiedermi di lei.” Dichiara Edward passando a Bella la tazza del caffe, finito, e il suo piatto.
“Basta che non ci faccia andare per negozi!” esclama preoccupata. Il ragazzo sorride. “Tranquilla. I negozi sono banditi.”
“Bene. Allora oggi andiamo a trovare Alice.” Conferma Isabella. Poi si china sul seggiolone di Ariel.
“Oggi andiamo a trovare zia Alice, contenta?” le chiede sorridendole e prendendola in braccio. Lei emette un piccolo versetto e allaccia le sue braccine al collo di Bella.
“Adesso, però andiamo a fare la spesa. Visto che non ci rimane più nulla.” Propone la ragazza voltandosi verso Edwar. Lui annuisce solamente.
“Ok. Allora andiamo a prepararci!” esclama sorridendo Bella caricandosi Ariel sulle spalle, che scoppia a ridere, e salendo di corsa le scale.
“Swan, è i piatti?” domanda Edward notando che aveva lasciato i piatti sporchi da lavare.
“Guarda la bacheca, mio caro Cullen. È compito tuo.” Urla Bella dal piano superiore. Il ragazzo si volta a guardar la bacheca. Sotto mercoledì, piatti da lavare c’è scritto Bella in realtà.
Scuote la testa e non insiste.
Per una volta può farlo anche lui.
 
***
 
“Prendiamo, questo, questo e quest’altro.” Dice Edward a mano a mano che inserisce nel carello le varie cose da comprare.
Ariel batte le manine contenta guardando il ragazzo.
“Sei contenta, Ariel? Si?” gli domanda lui sorridendole e scompigliandole i capelli.
Lei scoppia a ridere.
“Ehi, cos’è tutta questa allegria?” chiede Bella comparendo nella corsi con in mano dei pacchi di pasta.
“Ariel è contenta.” Risponde semplicemente Edward porgendo una mano alla piccola e la stringe forte tra le sue piccole manine.
Isabella sorride con loro. E notando la differenza di dimensioni tra la mano del ragazzo e quella della piccola.
Appoggia i pacchi nel carello e prende a spingerlo.
Edward la segue, prendendo di tanto in tanto qualche altro alimento da mettere nel carrello. E chiedendo a Isabella cosa manca in casa o cosa no.
Ad un tratto una voce gli interrompe.
“Maestro! Maestro, Edward.”
Entrambi si voltano e si trovano davanti un piccoletto biondo con una simpatica maglia di topolino e una scatola di cereali in mano.
“Ehi, Ethan!” lo saluta Edward abbassandosi alla sua altezza e scompigliandogli i capelli. Isabella guarda la scena sorpresa non sapendo chi sia quel piccolo bambino. “Come stai?”
“Benissimo. Ieri ho passato tutto il pomeriggio a studiare il brano. L’ho imparato quasi tutto. Domani lo suonerò benissimo!” esclama fiero il bambino guardando con adorazione Edward. Come se cercasse di dimostrare ad Edward quando è bravo.
Il ragazzo gli sorride. “Non ho dubbi che lo suonerai male.” Gli risponde tranquillizzandolo. “Ma sei qui da solo, Ethan?”
“No. Con la mamma. Ero andato a prendere solo i cereali.” Spiega il bambino mostrandolo la scatola che tiene in mano.
“Oh, ma che bravo.”
“Si.” Esclama orgoglioso il bambino sorridendo. Isabella vedendo la scena non riesce a non pensare che quel bambino ha una e vera adorazione per Edward. “Ora devo andare, mamma sarà preoccupata. A domani. Ciao Edward, ciao fidanzata di Edward e ciao bambina di Edward.” Esclama tutto di filata il bambino prima di scomparire nell’altra corsia.
Isabella rimane sorpresa dalle parole del bambino.
Si volta verso Edward con le sopracciglia alzate chiedendogli spiegazioni.
“Non ho detto niente. Ha fatto tutto da solo.” Si giustifica Edward voltandosi e riprendendo a spingere il carello.
“Non mi riferivo alle sue ultime parole. E’ logico che ha frainteso. Chiunque in questo super mercato starà pensando che stiamo insieme, Edward. È ovvio, è quello che sembriamo.” Spiega Bella seguendolo.
Quanto vorrebbe che fosse davvero così. Quanto vorrebbe che stessero insieme, insieme.
“Mi riferivo ad quello che ha detto prima. Sbaglio ho a parlato di un brano? E che lo suonerà domani?” aggiunge lei.
Lui scuote la testa.
“Dai…” insiste.
“Non è niente.”
“Edward!” esclama.
“Insegno musica.” Rivela lui velocemente.
Isabella si blocca sorpresa.
“Cosa? E me lo dici così?” chiede sorpresa. “Tu insegni musica? Wow. Ecco da dove prendi i soldi per pagare la casa. E io che credevo che te li facessi dare dalla tua famiglia. E invece….” sussurra piano Bella “Perché non me l’hai detto?” aggiunge poi alzando lo sguardo e puntandolo negli occhi di Edward.
Lui distoglie lo sguardo e ricomincia a spingere il carello. “Non è niente di importante.”
“Come, no? Si, invece.” Ribatte Bella seguendolo. “E che strumento suoni? Dove ti eserciti? Perché a casa non ti ho mai sentito. Però forse lo fai quando io non ci sono.” Inizia a parlare a macchinetta Bella.
“Ehi, ehi, stop.” La blocca Edward. “Suono il pianoforte, va bene? Non mi esercito a casa perché non ce l’abbiamo.” Risponde continuando a muoversi tra le varie corsie del supermercato e buttando di tanto in tanto qualcosa in esso.
“Il piano? Bello. Mi suonerai qualcosa, vero?” chiede guardandolo sorridendo Bella, non potendo trattenere l’immagine di Edward mentre suona il piano.
Uno spettacolo. Deve vederlo assolutamente.
Lui si lascia sfuggire un lamento. “Swan, ti prego. Non abbiamo un piano, come farei a farti sentire qualcosa?”
“Verrò con te alla scuola dove insegni. Non mi sembra tanto complicato.” Ribatte lei come se fosse ovvio.
Lui alza gli occhi al cielo e un altro grugnito gli esce dalle labbra.
Suonare per Bella non gli farà per niente bene.
 
***
“Eccola qui, la mia piccola. Bella, lei. Ciao!” Alice è da quanto Bella ed Edward sono entrati dalla porta di casa sua che continua con la solita cantilena.
“Alice, direi di darci un taglio, non credi?” chiede stanco Edward. Lei lo fulmina con un occhiataccia. E il fratello risponde con una smorfia.
“E’ da una settimana che non la vedo, potrò coccolare la mia piccolina.” Ribatte lei, tornando a sorridere ad Ariel che dal canto suo se la ride di gusto tra le braccia della “zia”.
“Allora, Bella, come procede?” la voce tranquilla di Jazz richiama l’attenzione della ragazza. Si stringe nelle spalle, guarda di sfuggita Edward e poi Jasper.
“Bene.” Dice solamente.
Lui la guarda con le sopracciglia alzate. “Solo bene?”
Annuisce. “Si. Ora come ora va bene. Abbiamo trovato una sorta di equilibrio.”
“E come fate a…”
“Una bacheca. Usiamo una bacheca.” Risponde prontamente Bella intuendo già la domanda di Jasper.
“Una bacheca?”
“Jazz, la smetti di ripetere ogni parola che dice Bella.” Lo richiama Alice mentre passa ad Ariel la sua amata paperella.
“Scusa. Sono solo un po’ sorpreso…”
“Non è così difficile, Jazz. Sulla bacheca scriviamo i nostri compiti per ogni giorno, lunedì ad esempio tocca a me lavare i piatti e cambiarla. Lei deve darle da mangiare. Martedì invece lei deve…” cerca di spiegare Edward ma viene interrotto da Alice.
“Tu? Tu lavi i piatti, cambi Ariel e le fai da mangiare?” chiede sorpresa.
Il ragazzo si stringe nelle spalle. “Si.”
“Oh mio dio, Bella, ma quello è davvero mio fratello?” chiede rivolta alla ragazza. Lei scoppia a ridere.
“Hai visto che miracolo che ho fatto.” Scherza. “No, sinceramente, come dicevo prima a Jasper, abbiamo trovato il nostro equilibrio. Ci sono stati dei problemi –occhiata molto esplicita ad Edward– ma ora ce la stiamo cavando.” Conferma Isabella.
“Bravi. Evidentemente Victoria e James sapevo quello che facevano quando hanno affidato la piccola a voi.” Commenta Jasper sorridendo.
“Si, penso..”
“Alice!” la voce di Edward interrompe Bella, appena vede che Alice sta cercando di far stare in piedi Ariel per farla camminare.
“Cosa c’è?” domanda lei guardandolo male.
“Cosa stai facendo? Vuoi che si uccida?” domanda preoccupato, alzandosi dal divano e avvicinandosi alla sorella per prendere il braccio Ariel, e tenerla al sicuro.
“Guarda che ho letto, che ormai a quindici mesi dovrebbe già camminare e parlare.” Spiega Alice come se fosse una cosa ovvia.
“E da quando in qua tu leggi?” domanda scettico Edward. Lei gli lancia addosso il primo cuscino che trova, mentre il ragazzo cerca di trattenersi dal ridere.
“Ha ragione, Edward. L’ho letto anch’io.” Conferma Isabella lanciando un occhiata di supporto ad Alice che la ringrazia con un sorriso.
“Beh, lasciatele i suoi tempi. Camminerà quando se lo sentirà. Non dovere costringerla. Se poi cadesse e si facesse male?” Ribatte lui stringendo meglio la piccola.
La sorella alza gli occhi al cielo. Sospirando sussurra a Isabella. “Hai creato un mostro.”
 
 
Un paio di settimane dopo
 
“Bella, Bella. Vieni. Devi vedere una cosa.” Esclama ad un tratto Edward dal soggiorno.
Isabella alza gli occhi al cielo. “Sto preparando la tavola, Edward. Cosa cavolo devo venire a vedere?!”
“Ariel.” Risponde il ragazzo. “Sta camminando.” Aggiunge.
“Si certo, come no. Molto divertente.” Risponde scuotendo la testa la ragazza.
Era da un po’ di tempo che Bella cercava di far camminare Ariel, soprattutto da quando anche Alice le aveva detto che era ormai arrivato il momento, ma lei non ne voleva sapere. E tanto meno Edward voleva darle una mano. Secondo il loro parere gattonare era di gran lunga migliore.
Quando quei due si coalizzavano era una causa persa in partenza.
“No, Swan. Sta camminando.” Insiste il ragazzo.
Bella sospirando lascia le posate sul tavolo della cucina e si dirige in salotto.
“Vedi te l’avevo detto che non camminava.” Esclama saccente la ragazza vedendo  la piccola seduta per terra in mezzo ai suoi pupazzi.
“No, ma…” cerca di dire Edward ma Bella se ne è già tornata in cucina.
Passano neanche due minuti che Edward la chiama di nuovo.
“Vieni. Muoviti.” Lei alza gli occhi al cielo.
“Ti ho detto che non è divertente.” Ripete la ragazza comparendo sulla soglia del salotto e vedendo la stessa scena di poco fa.
“Vedi, non cammina. Ora smettila di insistere.”
“Ma prima si era alzata…” tenta di dire il ragazzo ma a vuoto visto che Bella è scomparsa un'altra volta.
Poi si volta verso la piccola. “Scommetto che lo fai apposta. Vuoi farmi passare per un bugiardo.” Le dice guardandola e facendole il solletico. In risposta la piccola scoppia a ridere.
Dopo cinque minuti il campanello suona.
“Edward, vai tu. Saranno le pizze!” esclama la ragazza dalla cucina.
Lui si alza e si dirige alla porta, scuotendo la testa. “Tutto io devo fare.” Sussurra proprio nell’esatto momento in cui sente Bella urlare. “Oddio Ariel, cammini!”
Il ragazzo prende velocemente le pizze e torna in salotto dove trova la piccola in piedi che si avvicina a una Bella sorridente.
“Ecco, Cullen. Vedi. Ora cammina non prima.” Esclama felice la ragazza, stendendo le braccia per prende la piccola ed evitare che cada. L’equilibrio non è ancora il suo punto forte.
“Guarda che anche prima…”
“Taci, Edward. Taci. Non arrampicarti sugli specchi. Prima la bambina non camminava, ora però con me cammina.” Insiste tutta euforica Bella.
Il ragazzo sta per dirle che anche prima Ariel stava camminando solo che quando arrivava lei in salotto la piccola si risedeva, però si trattiene. Guarda il sorriso radioso di Isabella e la faccina tutta impegnata di Ariel che tenta di camminare e preferisce star zitto.
Se pensarla così fa felice Isabella, lui non è nessuno per toglierle questa felicità.
 
***
 
“No, no, no. Ariel, fermati!” la voce squillante di Bella risuona per tutta la casa.
Da quando la piccola ha iniziato a camminare e muoversi dappertutto Bella ed Edward non hanno un minuto libero. Devono tenerla costantemente sott’occhio.
“Edward. E lì!” esclama Bella. Edward prontamente riesce ad alzarsi dal divano e prendere in braccio la piccola prima che si avvicini troppo agli scalini d’entrata.
“Dove credevi di andare, piccola peste?” le chiede caricandosela sulle spalle, mentre lei scoppia a ridere.
Bella si lascia andare sul divano, stanca.
“Chi l’ha spronata tanto per farla camminare?” domanda pungente Edward. Lei gli risponde con una smorfia.
“Non infierire.”
Lui sorride e scuote la testa.
Ad un tratto la suoneria del cellulare di Isabella gli interrompe.
“Cavolo.” Impreca la ragazza, non volendo alzarsi e andarlo a recuperare.
“Cullen, andresti a prenderlo tu?” domanda speranzosa con i suoi occhioni da cerbiatta. Il ragazzo scuote la testa.
“Alza le chiappe, Swan.”
“Eddai…” insiste la ragazza, ma ormai il cellulare ha pure finito di squillare.
“Ecco. Chiamata persa.” Dice semplicemente il ragazzo stringendosi nelle spalle. Lei gli fa una smorfia.
“Gentile come sempre. Avrebbe potuto essere una chiamata importante.” Borbotta sottovoce.
Lui passa la piccola alla ragazza. “Eh va bene. Vado a prenderlo.” Annuncia rassegnato.
“Bravo!” esclama sorridente Bella.
Edward scuotendo al testa, sale le scale fino ad arrivare davanti alla camera della ragazza. Sinceramente non ci è mai entrato senza che lei fosse all’interno, e cosa da precisare lui quando c’è Bella in una stanza non è che ha molto altro da guardare oltre a lei.
Questa volta però si prende la briga di osservare quel posto. Quella piccola camera, che è la parte della casa più legata alla ragazza. E resta a bocca aperta.
Nell’intera casa regna il più assoluto ordine, Bella non vuole la ben che minima cosa fuori posto, lì dentro invece non è affatto così. E’ la manifestazione pratica della teoria del caos. E’ stracolma di libri che Edward mai e poi mai riuscirebbe a leggere nemmeno avendo a disposizione la sua intera vita; letteralmente traboccante di CD, riviste, pupazzi e giochi che sicuramente appartengono ad Ariel e non si sa perché siano lì, schizzi, disegni, due ritratti di Victoria e James attaccati sul soffitto, appunti scritti in una calligrafia minuta e squadrata da ragazza studiosa, vestiti sparsi ovunque, pacchi di carte, stecche di cioccolata mezze aperte, tazze e libri e ancora libri, aperti, chiusi, accatastati sulla libreria, per terra, sul comodino e sul letto, ma soprattutto foto. Ovunque ci sono foto, e una bellissima macchina fotografica sopra la scrivania.
“Mmmm”  commenta “Questa stanza sta gettando nuova luce sulla figura Bella-maniaca-del-controllo.” Sussurra Edward mentre cerca di recuperare dentro quella confusione il cellullare. Stare lì dentro gli da una strana sensazione. Stare lì, dove Bella dorme su un letto sfatto, legge libri che sparpaglia dappertutto e mangia cioccolata in ogni parte. Gli da un senso di vertigine pensare all’intimità di quel luogo dove lei pensa e sogna, si cambia e getta i vestiti da tutte le parti, rimane nuda.
Meglio fermarsi.
Il cellulare suona di nuovo. Un messaggio.
Riesce a trovarlo sopra una mensola della libreria. Guarda il mettente. Un certo Jar.
Jar?
E chi è mai questo?  Cosa vuole da Bella?
Lei non conosce nessuno che si chiama Jar. Non gli hai mai parlato di nessuno che si chiama Jar. Non esce con nessuno che si chiama Jar. O forse si.
Una strana sensazione gli fa stringere il cellulare tra le mani. Nonostante vivano insieme, lui non sa quasi nulla della vita di Isabella.
Non la conosce davvero. Sa che lavora in una libreria; ama il succo alla pesca; è una maniaca del controllo come dell’ordine, eccezione per la sua camera; è testarda, e super orgogliosa. Ma a parte questo non sa niente altro di lei.
Un colpo al cuore lo colpisce. Come è possibile. Non è giusto, come può interessarsi poco alla sua vita però sentire questa strana sensazione dritta la cuore, pensando ai sorrisi, alle confidenze, ai sospiri tra un bacio e l’altro che potrebbe condividere con questo Jar.
Sicuramente lui la conosce più di lui.
Stringe più forte i pugni, e arretra di qualche passo sedendosi sul letto. Le lenzuola impregnate del suo profumo. Un profumo che sa di sole. I giorni di sole splendente.
Deve essere proprio messo male se questi sono gli unici pensieri che lo colgono vedendo quel nome sul cellulare, magari è semplicemente un amico, un conoscente.
Scuote la testa rassegnato e casualmente con la coda degli occhi nota delle foto sul comodino. Velocemente le prende.
Rimane sorpreso nel vedere che quelle foto ritraggono lui stesso.
Lui mentre suona al pianoforte, deve avergliela fatta alla scuola di musica quando è andata a sentirlo qualche giorno fa. Lui che guarda assorto la televisione con accanto la piccola che dorme appoggiata al suo petto. Lui che sorride giocando con Ariel e la sua amata paperella. Lui che ride, ride davvero con una strana luce negli occhi. Lui che cerca di preparare qualcosa da mangiare. Lui che fa il bagnetto alla piccola. Lui che stringe a se Ariel cercando di farla addormentare. Lui mentre parla con Alice, alla cena a casa Cullen della settimana scorsa. Lui insieme ad Emmett che cercavano di insegnare a giocare a football ad Alex al parco sabato scorso.
Sono stupende. Bella è riuscita cogliere il meglio di lui. Di entrambi. Le loro vere espressioni. Sono scene prese di sfuggita, scene vere, vissute. Foto che raccontano di lui, della sua vita.
Com’è possibile che non si sia accorto che lo stava fotografando. E perché proprio lui?
Velocemente, riguarda tutte le foto. Felicemente sorpreso. Vorranno pur dire qualcosa.
Le foto sono sue. Lei ha voluto fotografare lui.
“Ehi, Cullen? Quanto ci metti?” la voce di Isabella al di fuori della porta lo fa sobbalzare. Cerca di riporre le foto sul comodino ma la ragazza è già entrata, con in braccio la piccola e lo guarda stranita.
Quando poi si accorge di quello che il ragazzo ha in mano, spalanca gli occhi e velocemente corre a prendergliele dalle mani.
“Cosa stai guardando? Chi ti ha detto che potevi toccare le mie cose?” chiede sulla difensiva. Edward si stringe nelle spalle. “Sono stupende.”
Lei arrossisce leggermente e abbassa lo sguardo sulle foto. La prima foto della lista è quella sua e di Alice.
“Dico davvero, Bella.” aggiunge Edward. Lei alza lo sguardo e gli sorride leggermente.
“Ehmm, grazie.”
“Beh, sicuramente è anche tutto merito del soggetto.” Constata, lodandosi come suo solito. A quelle parole l’espressione di Bella cambia totalmente. Lo guarda con le sopracciglia alzate. Poi si stringe nelle spalle, lancia un occhiata alla varie foto e commenta. “Si, hai ragione, Ariel ed Alice sono davvero carine.”
A quelle parole Edward resta spiazzato. Scuote la testa e scoppia a ridere, una risposta del genere non è certo quello che si sarebbe aspettato.
Bella ride con lui. I loro sguardi si incontrano. Un brivido scuote entrambi, la risata diminuisce.
“Bella…” comincia Edward, la voce carica di intensità, ma viene interrotto dalla voce di Ariel.
“Tia!” esclama forte indicando con la manina la foto che ritrae Alice.
I due ragazzi si voltano a guardarla sconvolta. È la prima volta che Ariel dice qualcosa. È la sua prima parola.
“Oh mio dio, Ariel!” Bella le da un bacio sulla testa, sinceramente sorpresa e commossa. Non ci crede.
Si volta verso Edward, e scuote la testa.
“Non ci credo.” Lei annuisce contenta mentre la piccola continua a ripetere “tia, tia, tia!” sorridendo contenta e battendo le sue piccola manine.
La ragazza la guarda sorridente e con le lacrime agli occhi. Si sente una stupida a commuoversi per una cosa del genere, ma la sensazione che sta provando è più grande di quanto si sarebbe immaginata.
Arile sta crescendo. Sta diventando grande.
E lei è presente in ogni piccolo attimo della sua vita.
Un pensiero la colpisce all’improvviso. Anche Victoria dovrebbe esserci.
Inconsapevolmente alza gli occhi al cielo, immaginandosi che la sopra tutte le nuvole la sua migliore amica gli stia guardando e sorrida felice. Felice, come loro. E che sia contenta di quello che lei sta facendo.
Sto facendo del mio meglio, Vic. Spero che basti.
La voce di Edward la richiama da quei pensieri. “Ariel, ora non iniziare a parlare come Alice che non la smette più. Regoliamoci.” Esclama alzandosi dal suo letto e prendendo dalle braccia della ragazza la bambina che continua a ripetere la sua nuova parolina.
“Si, Ariel. È la zia. Quando lo saprà mia sorella che l’hai riconosciuta non voglio neanche immaginare cosa farà…” borbotta Edward sorridendo e facendole il solletico. Poi si accorge di avere ancora in mano il cellulare di Bella e il sorriso sparisce.
“Swan, il telefono. Ti ha chiamato un certo Jar.” Dice freddo lui passandoglielo.
“Jar?” chiede stranamente sorpresa la ragazza. Annuisce.
“Oddio.” Esclama prendendo il cellulare dalla mani di Edward. E al ragazzo non sfugge il luccichio nei suoi occhi e il sorrisino sul suo volto. Un moto involontario gli fa stringe i pugni ancora una volta, la sensazione di prima ritorna prepotentemente dentro di lui. 

Allora, come vi è parso? Non da cestinare proprio del tutto, vero?
Prima non ho neanche ringraziato quelle che hanno commentato, quelle che mi hanno aggiunta tra seguite, preferite e ricordate e quelle che mi hanno contatto per parlarmi della storia, perciò vi ringrazio ora. Vi adoro tutte quante, non saprei come fare senza di voi. Grazie :D
Un bacione enorme,
Vostra Morwen

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Capitolo 14
*** Capitolo Dodicesimo ***


Buona domenica ragazze mie! :D Finalmente eccomi qui. Con uno estremo ritardo però ci sono. Non ho scusanti, davvero. Solo perdonatemi. Ho avuto un sacco di cose da fare, e ho trovato solo adesso un momento di tempo per postare.
Non vi trattengo più di tanto, perchè credo che vorrete leggere il capitolo. Vi dico solo che in questo capitolo c'è una piccola svolta. Possiamo dire che conclude la prima parte della storia, dedicata principalmente a quello che i due ragazzi si sono trovati ad affrontare, e dal prossimo avrà inizio la seconda, dedicata interamente all'evolversi del loro rapporto (finalmente xD).
Spero vi piaccia. Io ho adorato Ariel e Bella *-*
Buona lettura



Capitolo 12
Sopra le nuvole

"C'era una volta una ragazza che un giorno si ritrovò in cielo.
Si sporse dalle nuvole
e vide sua sorella sulla terra:
sentiva troppo la sua mancanza,
era troppo, troppo triste,
così lei intrecciò fili
che non si sarebbero mai incontrati,
raccolse una manciata di momenti, 
li agitò,
e li lasciò cadere come dadi
nel mondo dei vivi.
E funzionò.
Il ragazzo con la chitarra
attraversò la strada di sua sorella.
Ecco qua, Len,
le sussurrò.
Adesso tocca a te.
(The sky is everywhere. Jandy Nelson)

 

L’appartamento di Rosalie trasmette calore. Vita.
E’ una mansarda con le travi a vista e le pareti arancioni che creano un atmosfera accogliente;  il profumo di torte appena sfornate ricordano a Bella l’infanzia e le giornate a casa della nonna, i rumori di Alex e Ariel che giocano nella stanza accanto la fanno sentire sicura e in famiglia.
“Perciò Emmett ha deciso di comprare questo appartamento. Appena l’ha visto, ha capito che era adatto per noi e non ci ha pensato due volte. E’ in una posizione perfetta, lo spazio è giusto…” Rose alza lo sguardo dalla torta e fissa l’amica che è ancora intenta a messaggiare “…e per di più si trova all’ultimo piano così che quando avrò lo strano impulso di suicidarmi basta che mi sporgo un po’ dalla finestra ed è fatta, non trovi?” chiede la voce di Rosalie mentre sta finendo di stendere l’impasto della torta sulla teglia.
Bella annuisce solamente senza staccare gli occhi dallo schermo del suo cellulare. “Si. Hai ragione.”
“Bella!” la richiama l’amica indignata sbattendo le mani sul tavolo.
La ragazza alza lo sguardo. “Che c’è?” domanda innocentemente.
L’altra la fulmina con lo sguardo. “Hai ascoltato l’ultima cosa che ho detto?”
“Certo, Rose.” Mente Bella.
Rosalie alza un sopracciglio per nulla convinta. “Ah davvero? Allora dimmi di cosa stavo parlando?”
Isabella la guarda incerta, si morde un labbro nervosa.
“Dicevi che…” cerca di dire perché in verità non ha proprio idea di quello che abbia appena detto l’amica.
L’altra scuote la testa sconsolata.
“Bella, è tutta la mattina che sei distratta. Mi chiedi qualcosa, e poi non ascolti mai quello che ti dico. Stai sempre lì a messaggiare. Se non volevi parlarmi potevi evitare di passare.” Brontola Rose.
La mora si sente in colpa sentendo il tono di voce dell’amica. Appoggia il cellullare sul tavolo della cucina e la guarda.
“Scusa, Rose. Perdonami. Ora la smetto. Vai parla.” Esclama congiungendo le mani sopra il tavolo e stampandosi in faccia un espressione a “sono tutta orecchi”.
Nell’esatto momento in cui Rosalie sta per dire qualcosa il cellulare di Isabella vibra di nuovo.
Rose scuote la testa e inforna la torta, quando poi si volta di nuovo verso l’amica la trova nella stessa posizione di prima.
“Non rispondi?” L’altra scuote la testa. “No. Ho detto che ora ti ascoltavo.”
Rosalie sorride. “Rispondi, Bella. Non importa.”
Isabella le sorride, chiedendole scusa e prendendo il cellulare tra le mani.
“Ma con chi è che stai messaggiando?” domanda l’altra mentre si asciuga le mani appena lavate su uno straccio azzurro.
“Jared.” Risponde semplicemente Bella, le dita che si muovono veloci sulla tastiera del telefono.
“Jared?” Ripete Rose sedendosi sulla sedia accanto a Bella.
“Un amico.” Lo sguardo di Bella ancora fisso sullo schermo del cellulare.
“Amico?” domanda la bionda con un sopracciglio alzato. Isabella le lancia un occhiataccia.
“Si, Rose. Amico.” Precisa Bella marcando bene l’ultima parola.
“E cosa vorrebbe questo amico?”
“Rosalie, smettila di pensare male. E’ solo un amico.” Sbuffa Bella guardandola.
L’altra alza le mani cercando di non scoppiare a ridere. “Non ho fatto nulla.” Isabella alza le sopracciglia. “Ok, ok. Va bene.” Ammette.
“Comunque, cosa vuole?” ripete Rosalie curiosa.
L’amica si stringe nelle spalle. “Ci stiamo organizzando per farmi tornare a Forks.” Spiega mentre invia il messaggio e appoggia il cellulare sul tavolo.
“Cosa?? Non definitivamente, vero?” domanda preoccupata l’altra. Non sopporterebbe il fatto di perderla di nuovo, non ora che lei è tornata. Non ora che si sono ritrovate.
“No, tranquilla, tesoro. Solo per un periodo. Vogliamo fare una sorpresa a un nostro amico. Sai, è da molto che non torno a casa mia e già che ci sono sfrutto questa occasione.”
“E con Ariel?” domanda Rose. “Ed Edward?”
L’altra abbassa lo sguardo. “Ancora non lo so. Non vorrei lasciargli qui da soli, però non so se portarli con me sia la cosa migliore. I miei vecchi amici non sanno tutto quello che è successo, e per di più vorrei poter staccare un po’. Tornare a casa e rivivere per un po’ di giorni la mia vecchia vita. Senza preoccuparmi sempre di cambiare pannolini, preparare pappette, fare il bagnetti…”
“Capisco.” Dice solamente l’amica, non pienamente convinta però delle parole di Bella. Non è giusto, secondo lei, che Isabella la pensi così perché ora è questa la sua vita. La sua vita ora è fatta di cambi di pannolini, pappette e bagnetti. Ora della sua vita fanno parte Ariel, ed Edward. E deve capirlo. Non può pensare di andarsene. Ariel non è una spina da cui ci si può staccare, ma è una bambina. Una bambina che ha appena subito la perdita più sconvolgente della sua vita e ha bisogno di lei. Sarebbe come se lei stanca di queste vita prendesse e se ne andasse via da Alex ed Emmett. Non può farlo e non vuole. Loro sono la sua famiglia, e lei ha bisogno di loro come loro hanno bisogno di lei. E questo vale anche per Isabella.
Una vibrazione annuncia un altro messaggio.
“Vuole che vada giù per venerdì della prossima settimana.” Annuncia Bella leggendo. “Puoi guardare che giorno è?”
Rosalie si volta per guardare il calendario appeso sulla porta. “E’ il 22.”
A sentire quel numero Isabella impallidisce. Gli occhi le si riempiono di lacrime.
Il 20 è il compleanno di Victoria.
Un compleanno che non potrà festeggiare.
Come ha fatto a non ricordarselo?
Rose si volta di nuovo verso Bella, e solo allora si accorge che l’amica è cambiata.
“Bella, tutto apposto?” domanda preoccupata. L’altra scuote impercettibilmente la testa.
“Due giorni prima è il compleanno di Victoria.” Confessa, al cui Rose trattiene per un attimo il respiro.
“Oh, tesoro.” Sussurra alzandosi e andando ad inginocchiarsi davanti all’amica stringendo le sue mani tra le proprie.
“Vuoi che ti accompagni a comprarle dei fiori e poi al cimitero?” le chiede premurosa. Bella scuote la testa.
“Non voglio andarci, Rose. Non ci sono mai andata.” Rivela.
Rosalie rimane leggermente sorpresa da quelle parole. Alza lo sguardo, fissando il volto contratto dal dolore dell’amica e gli occhi velati di lacrime persi a fissare il vuoto, o meglio persi a guardare ricordi che solo Isabella può conoscere. Con una mano le accarezza dolcemente i capelli.
“Tesoro, ascoltami. Io non posso dirti cosa fare, perché non so come tu possa sentirti, ne posso convincerti a fare qualcosa perché ognuno e libero di fare quello che vuole, però Bella secondo me, dovresti andarci. Almeno una volta. Ti farà bene. Vai da lei e parlale, portale dei fiori. Fai come preferisci, ma vacci.” Le dice gentilmente, la stessa voce che Bella può giurarlo, Rosalie usa sempre per parlare con Alex.
La mora la guarda negli occhi, stringe la mano dell’amica. Non vuole dirle apertamente che secondo lei è inutile andare a trovare la tomba di Victoria. Inutile quanto doloroso. Bella non vuole ricordarsela come una lapide, un corpo inerme sotto terra. Vuole ricordarsela come la sua migliore amica, un tornado di allegria con i capelli rossi e un sorriso da fare invidia a chiunque. Non vuole portarle fiori e piangere. No.
“Non penso ci andrò, Rose.” Sussurra pianissimo. L’amica scuote la testa, si alza e l’abbraccia forte.
“Non importa, tesoro. Fai quello che ti senti. Non ti obbliga nessuno.”
 
***
 
“Cosa?” domanda, quasi urlando Edward, alzando lo sguardo verso la ragazza.
Lei si stringe nelle spalle continuando ad imboccare Ariel, che stranamente ha cominciato ad apprezzare le sue pappette.
“Ho semplicemente detto che la prossima settimana parto per Forks. Sto via un po’ di giorni.” Spiega Bella.
Il ragazzo non accenna a staccare lo sguardo da lei, la quale non si azzarda a spostare lo sguardo da Ariel per evitare di guardare Edward.
“E questa strana idea da dove ti sarebbe venuta?” chiede lui.
“E’ stato Jared. Un amico.” Sussurra piano.
A quelle parole Edward si blocca.
Jared. Jar. Il famoso Jar.
Lei gli sta dicendo che tra pochi giorni prenderà un maledetto aereo per andare a trovare questo Jar, e lasciarlo da solo a prendersi cura di Ariel.
Per andare da Jar.
A trovare Jar.
A salutare Jar.
Ad abbracciare Jar.
A, magari, baciare Jar.
Non ci crede. Non vuole pensarlo.
Una strana sensazione, che si potrebbe quasi definire gelosia, lo percorre.
Lui? Geloso? Della piccola Swan?
Impossibile. L’ha sempre detestata, gli è sempre stata indifferente, hanno sempre litigato. Per essere geloso di una persona dovresti provare qualcosa per questa persona e lui non ha mai provato nulla per Bella. Non sono neanche mai stati amici, come può su due piedi diventare geloso di lei? Certo, la trova una ragazza stupenda, ma non è la prima, molte altre sono considerate stupende da  lui. Ma verso di loro lui non prova questo sentimento, non gliene frega niente se vanno con altri ragazzi, per Bella però è diverso. E perché? Perché proprio per la Swan? Lui non può provare qualcosa per lei. No, ci hanno già provato ed è andata nel peggiore dei modi, riprovandoci si farebbero di nuovo male entrambi, solo che questa volta ne soffrirebbe anche una terza persona. Non si può.
Bella si volta a guardarlo, sorpresa dall’improvviso ammutinamento di Edward.
“Non preoccuparti. Starò via poco, te la caverai.” Cerca di tranquillizzarlo la ragazza. Senza sapere che ciò che preoccupa Edward non è il fatto di trovarsi da solo a occuparsi di Ariel, ma il fatto che lei si troverà da sola con Jared.
Senza che lui possa essere presente e controllarla.
“Cullen, hai perso la lingua?” domanda la ragazza mentre porta alla bocca di Ariel un boccone di minestrina.
“Mai sentito dire che chi tace acconsente?” lo punzecchia.
“Non acconsento proprio per niente.” Si affretta a dire Edward, riprendendosi.
La ragazza si volta leggermente per evitare di far vedere al ragazzo che sta sorridendo per la sua reazione.
“Ti ho detto che non starò via molto. Se non riuscirai a gestirti con Ariel, potrai sempre chiedere una man…” cerca di dire lei ma lui la blocca.
“Non è questo il punto. Tu non puoi prendere ed andartene così su due piedi solo perché questo Jared ti chiama e ti mette in testa questa strana idea.” Protesta lui e, Bella può giurarlo, pronunciando il nome di Jared con un certo astio.
“Edward, è un mio amico. Non è uno sconosciuto. Gli voglio bene, lo conosco da tutta la vita. E non me ne sto andando, sto solo tornando per un periodo nella mia città. Non vi sto abbandonando.” Ribatte Bella voltandosi verso Edward e fissandolo male.
“Questo non c’entra, e il…”
“Come, questo non c’entra Edward? Se non è questo e non è nemmeno il fatto che dovrai occuparti di Ariel da solo a impedirmi di partire allora cos’è?” chiede infastidita Isabella.
Ha sempre destato le persone che le dicono cosa deve o non deve fare. Lei è autonoma. Lo è da quando ha diciassette anni.
Lui la fissa intensamente, e sinceramente non sa che dirle. Non può dirle che non vuole vederla con Jared, lei gli riderebbe in faccia e gli rinfaccerebbe quello che è successo anni fa. E da qui si creerebbero tensioni, disagi e si rovinerebbe tutto il nuovo rapporto, il nuovo equilibrio che sono riusciti a ricreare.
“Non lo so.” Dice piano abbassando lo sguardo.
Lei schiocca la lingua. “Come non lo so? Questa non è una risposta, Edward. Te ne stai solo lavando le mani, e sai quanto lo odio. Dimmi in faccia le cose, parlane. Non torniamo a quando non ci rivolgevamo neanche la parola, tranne se non per urlarci contro.” Ribatte arrabbiata Bella.
Lui scuote la testa.
“Dio, quanto non sopporto quando ti comporti così. Ora mi ricordo perché ci detestavamo così tanto.” Commenta lei appoggiando sul tavolo il piatto con la minestrina di Ariel e incrociando le braccia al petto.
“Non voglio che tu vada da sola.” Dice ad un tratto Edward.
Lei rimane sorpresa da queste parole. Lo guarda con le sopracciglia alzate.
“Credimi so badare a me stessa.” Risponde sicura.
“Noi verremo lo stesso.” Afferma deciso il ragazzo.
“Come voi verrete lo stesso? Io, non…” cerca di dire lei.
“Si. Si.” Ripete lui. Non la lascerà andare da questo Jar, da sola.
 “Non accetto un no, anzi vado già ad avvertire la scuola di musica.” Aggiunge sparendo dietro la porta.
 
***
 
“Ariel è pulita. Ariel è pulita.” Canticchia Isabella mentre seduta sul pavimento del bagno davanti alla vasca sta cercando di fare il bagnetto alla piccola.
“Tutta pulita. Pulita e profumata.” Trilla sorridente sciacquandola, mentre lei ridacchia giocando con le sue amate paperelle, e cercando di formulare delle parole di senso compiuto, anche se la maggior parte di suoni che le escono dalla bocca sono semplici, “la-la” “ba-ba” “ta-ta” oppure strani versi non identificati.
“Ah? Davvero?” chiede Bella fingendo di capire i discorsi della piccola. “Uh-uh, credo di pensarla anche io come te. La paperella rossa è sicuramente più carina di quella verde.”
La piccola risponde con uno strano verso e comincia a schizzare l’acqua ridendo, e facendo così cadere fuori anche un po’ dei suoi pupazzi gommosi.
“Oh, ma cosa combini?” le domanda Bella. “Non puoi lanciare via mamma Papera.” La rimprovera mentre raccoglie il pupazzetto.
“Come faranno a vivere le altre paperelle piccole senza la mamma?” le chiede passandogliela.
Ariel la prende e comincia a rigirarsela tra le mani con uno sguardo concentrato.
Ad un tratto si volta verso Bella, che sorridente e appoggiata al bordo della vasca, la sta osservando.
“Mamma!” esclama forte.
Isabella a quelle parole sbianca. Si immobilizza, sconvolta.
Ariel cerca di dirlo di nuovo. “Mam-ma”
“No. No, Ariel. Non sono la mamma. Io sono Bella. Bel-la.” Cerca di dire la ragazza, la gola secca e la voce incerta.
La piccola la fissa, gli occhioni grandi e azzurri come quella di Jem.
“Mam-ma.” Ripete alla fine convinta.
“No, Ariel. No.” Insiste Bella con le lacrime agli occhi.
Appoggia il volto sul freddo bordo della vasca e continua a ripetere piano “No” mentre la piccola continua a dire la sua nuova parolina, facendo accumulare sempre di più le lacrime negli occhi di Bella.
“Edward!” esclama lei alzandosi da terra e affacciandosi dalla porta dei bagno.
“Edward!” urla di nuovo, e poco dopo sente i passi del ragazzi su per le scale. Si volta a guardare la piccola che la fissa ancora con uno sguardo confuso.
“Scusa, tesoro mio.” Le sussurra Bella, mentre Edward apre la porta.
“Cosa c’è da urlare?” chiede.
Isabella si volta verso di lui, ormai prossima a scoppiare. “Finisci tu.” riesce solamente a dire con voce flebile riferendosi al bagnetto della piccola, prima di uscire dal bagno.
Si appoggia alla parete del corridoio, e si lascia scivolare lungo di essa, stanca e li si sfoga.
Lascia libero tutto il suo dolore. Il macigno che gli comprime il cuore da quando quella piccola parola è uscita dalle labbra di Ariel.
Una parola sbagliata.
Una parola che lei non doveva sentire.
Non è lei la mamma di Ariel.
Non doveva essere rivolta a lei quella parola.
Non doveva sentirla lei. Victoria doveva sentirla.
Lei, doveva esultare di gioia al sentire che sua figlia per la prima volta la chiamava mamma.
Lei doveva essere presente in questo momento.
Lei.
Lei è sua mamma, non Bella.
E non è giusto che lei prenda il suo posto. No. Non tocca a lei. Non può essere felice di qualcosa che avrebbe dovuto fare felice la sua migliore amica. Non può sostituirla.
Non può dimenticarla. Ariel non deve dimenticarla, perché Victoria è sua mamma.
Le lacrime lungo le guance della ragazza non accennano a smettere, si trasformano in veri e proprio singhiozzi.
Non sa per quanto tempo resta accucciata lì, appoggiata alla parete a piangere, non sa quanto tempo sia passato da quando Edward le si è seduto accanto.
“Ariel?” chiede piano la voce roca dal pianto.
“Sta giocando nel suo box.” Risponde piano il ragazzo. Bella annuisce e riappoggia la testa alla parete, gli occhi chiusi.
“Bella, cos’è successo?” si azzarda a chiedere lui.
Lei trattiene le lacrime. “Ariel mi ha chiamato mamma.”
Edward rimane sorpreso dalle sue parole. “E non dovrebbe essere fantastico?”
La ragazza scuote la testa, mentre una piccola lacrima sfugge dai suoi occhi. “Non sono io sua mamma. Victoria lo è.” Cerca di dire aprendo li occhi e fissando il ragazzo. “Non posso prendere il suo posto.”
Edward la guarda comprensivo. “Bella, cosa credi di aver fatto per tutto questo tempo?” le domanda lui.
Lei abbassa lo sguardo, il ragazzo le appoggia una mano sotto il mento, facendole alzare la testa e scontrare i loro sguardi.
“Bella, credimi. Tu per Ariel se più mamma di quanto credi.” Le dice. I suoi occhi si riempiono di nuovo di lacrime. Lo abbraccia di slancio, aggrappandosi a lui. Profuma di limone, e di ragazzo. Edward la stringe forte al suo petto, accarezzandole dolcemente i capelli.
“Victoria sapeva che questo sarebbe successo. E ha scelto te. Ha voluto che Ariel si legasse a te, ha voluto tra tutti che lei vedesse come sua madre te. Vic, non arriverebbe mai a pensare tu l’abbia sostituita. Anzi sarebbe orgogliosa di quello che stai facendo.” Le sussurra piano il ragazzo.
Lei lo stringe più forte a se, per poi scogliere l’abbraccio.
“Grazie, Edward.”  Sussurra piano guardandolo nei suoi grandi occhi verdi. Così stupendi, sinceri, pieni di comprensione… vicini.
“Ora devo andare. Devo fare una cosa.” Esclama la ragazza asciugandosi le ultime lacrime e alzandosi di slancio da terra.
Edward la guarda confusa. “Non aspettarmi per cenare. Non so quando torno.” Aggiunge scendendo velocemente le scale. Agguanta il giubbotto, la borsa e le chiavi di casa, dopo di che esce fuori nel freddo di un pomeriggio di Settembre.
 
***
 
Non posso credere che mi trovo qui.
Bella si stringe meglio nel suo giubbotto di pelle, l’aria fredda le si insinua anche attraverso di quella.
Le scarpe le affondano sul terreno cedevole della collina, che la pioggia ha inzuppato.
La leggera pioggerellina che cade dal cielo sembra la manifestazione della tristezza che riempie il cuore della ragazza.
Si avvicina sempre di più a quel grande cancello. Con mano tremante, e non solo per il freddo, lo apre entrando così nel piccolo cimitero. Cammina con lo sguardo basso, non vuole vedere le lapidi che ricordano le perdite che da sempre hanno causato dolore alle loro famiglie.
Aumenta il passo, sempre più veloce. Veloce e veloce, per arrivare il prima possibile a destinazione. Per poco non si mette a corre. E sente l’ordito della morte che per mesi ha aderito alla sua pelle disfarsi e scivolarle di dosso. Corre, sospesa per in un attimo di libertà, di velocità, di rauca gioia solitaria. Le sembra quasi di non toccare il suolo mentre vola verso i secondi, i minuti, le ore, i giorni, le settimane, gli anni a venire.
Si ferma davanti alla tomba di Victoria e James.
E’ sola in quel piccolo cimitero sulla collina.
Lascia cadere la borsa per terra, e ci si inginocchia davanti, non le importa se il terreno è bagnato e lei si sta sporcando tutta. Le lacrime le annebbiano la vista, ma questo non le impedisce di vedere i fiori posti davanti ad essa.
Qualcun altro, sicuramente migliore di lei, vieni a trovarla molto più spesso. E forse questo qualcuno è anche Edward.
Per un istante si sente imperdonabile. Esclusa.
Si avvicina un po’ di più alla tomba, le lacrime che cercano in tutti i modi di uscire dai suoi occhi. Accarezza piano l’iscrizione nella pietra: il nome della sua migliore amica, i suoi ventidue anni e la foto sorridente, riesce a cogliere così tanti particolari della piccola Ariel in quella foto.
“Victoria…” sussurra piano. Una parola quasi impercettibile.
Cerca in tutti i modi di soffocare l’enorme tristezza che l’ha travolta. Inutilmente. E’ un tormento troppo grande.
Le lacrime cominciano a percorrerle le guance.
Come può, il cuore, reggere così tanto?
“Mi manchi.” Le dice. “Non posso credere di essere qui. Non avrei mai pensato che mi sarei ritrovata a piangere sulla tua tomba.” Sussurra. “Ma ho così bisogno di te, Vic. Che non so cos’altro fare per sentirti vicina.” Confessa passandosi una mano sulle guance per fermare le lacrime, mescolate alle gocce di pioggia che cominciano a cadere sempre più forte.
“Ho paura di star combinando un macello. Di non farne una giusta. Di sbagliare tutto, e ho bisogno di te al mio fianco. Devi tenermi la mano e aiutarmi. Non posso farcela senza di te.” Continua, la voce che le trema sempre di più.
“Non so come gestire Ariel. Lei sta crescendo. Fa degli enormi passi avanti, ora cammina, mangia e di notte non piange quasi più, però dentro di me continuo a chiedermi se tu avresti fatto ciò che ho fatto io. O se invece saresti stata più brava. Che domande, tu di sicuro saresti stata più brava. Eri sua madre, sapevi come trattarla, saresti stata sempre presente e non saresti scappata quando lei ti avrebbe chiamata mamma per la sua prima volta.” Scoppia a piangere Bella, non riuscendo a sopportare il suo comportamento.
“Ho sbagliato tutto, Vic. Chissà come sarà confusa, come si starà sentendo in questo momento. Io me ne sono andata, sono fuggita. E lei è rimasta sola. E non è giusto, lo so, ma non sapevo cos’altro fare. Tesoro, lei mi ha scambiato per sua madre, ma io non lo sono. Tu, lo sei. E io non voglio prendere in tuo posto. Non voglio sostituirti. Non voglio dimenticarmi di te.” Aggiunge, i singhiozzi che quasi le impediscono di parlare.
“Non riesco neanche quasi più a ricordarmi il suono della tua voce. E ho paura che con il tempo diventerà tutto più difficile.” Sussurra.
Poi un piccolo sorrido. “Anche se credo che avrò sempre una piccola te al mio fianco. Crescendo sono certa ti assomiglierà sempre di più.” Le dice Bella, ripensando ad Ariel. “Ma sarà anche un pro memoria di quello che ho perso.”
La pioggia non accenna a smettere e Bella si ritrova tutta inzuppata. “Lo so, che tu non vorresti che rimanessi così attaccata ai ricordi, ma Victoria tu non sai quanto è difficile andare avanti. Non sai quanto ho bisogno di averti ancora qui con me, quanto ho bisogno dei tuoi consigli. Quanto vorrei raccontarti di Edward. Dio, scommetto che tu avevi sempre sperato che tutto tornasse come una volta. L’hai sempre saputo che sarebbe successo di nuovo.” Isabella sorride ripensando per un attimo ai pomeriggi passati in camera di Victoria a parlare di quanto lei ed Edward sarebbero stati bene insieme, l’amica sosteneva da sempre questa sua idea.
Si ferma per un po’ a fissare il volto sorridente dell’amica nella foto. E pensa a tutto quello che è successo dalla sua morte, le racconta tutto e sa che lei la sta ascoltando.
Là sopra le nuvole, in un posto migliore di questa terra si trova la sua amica, e la guarda, l’ascolta, le urla tutto il bene che vuole, facendole capire che tutto quello che sta facendo è perfetto così com’è.
E Bella capisce. In un attimo comprende quello che da tempo è dentro il suo cuore. Il dolore è per sempre. Non scompare, diventa parte di te, passo dopo passo, respiro dopo respiro. Non smetterà mai di soffrire per la morte di Victoria perché non smetterà mai di volerle bene. È così. Il dolore e l’amore vivono intrecciati, non esiste l’uno senza l’altro. E lei non può fare che questo, volerle bene, e cercare di vivere come faceva Vic, con coraggio, energia e gioia.
“Ti voglio un bene dell’amica, tesoro. Quanto mi manchi.” Sussurra piano. “Non riesco a sopportare l’idea che ti perderai così tante cose.”
Si asciuga le ultime lacrime, raccoglie la sua borsa e si alza da terra.
E’ scossa dai brividi. Il freddo della solitudine le penetra fin dentro le ossa. Anche se ora una piccola fiammella dentro di lei si è accesa.
“Tornerò, amore mio. Non saremo più sole.” Sono le ultime parole che le rivolge prima di voltarsi e camminare verso il cancello del cimitero.
 
***
 
Appena Bella rimette piede in casa, si sente più leggera, libera. Per un attimo non pensa a ciò che ha perso, ma a ciò che ha trovato.
Un profumo di lasagne appena sfornate le fa venire l’acquolina in bocca.
“Ehi! Sono a casa!” annuncia appoggiando il giubbotto nell’ attaccapanni dell’entrata.
Poi si avvia verso la cucina, trovando un Edward tutto impegnato con una mano ad appoggiare sulla tavola la teglia delle lasagne e con l’altra a tenere in braccio al piccola Ariel, aggrappata con le manine al suo collo.
“Swan, giusto in tempo!” esclama Edward alzando lo sguardo e sorridendole.
Lei sorride di rimando.
“Mam-ma!” la saluta la vocina della piccola. Il sorriso sulle labbra della ragazza si illumina ancora di più, le si avvicina. Scambia uno sguardo d’intesa con Edward e la prende dalle braccia del ragazzo.
“Si, Ariel. Sono la tua mamma.” Le dice stringendola a se e lasciandole un piccolo bacino sulla guancia.
Il ragazzo le guarda felice. Rendendosi conto, anche lui per la prima volta, che quello che ha ricevuto è un dono del cielo.
La ragazza si avvicina al tavolo della cucina, si siede e comincia a mangiare con la piccola in braccio. Edward la imita.
“Niente male. Logicamente le ho fatte io.” Constata Isabella.
“Io però ho fatto la mia parte. Guarda che anche riscaldarle, richiede il suo impegno.” Afferma Edward mangiandone un boccone.
Bella fa una smorfia poco convinta. “Oh, si. Certo.” Esclama con una buona dose si sarcasmo.
“Ehi, piccola Swan, era per caso sarcasmo quello che ho sentito nella tua voce?”
Lei lo guarda innocentemente. “Sarcasmo? Quale sarcasmo?”
Edward scuote la testa, e la ragazza scoppia a ridere.
Ad un tratto si ricorda di una cosa. “Edward, la settimana prossima per quanto riguarda Forks, potete venire anche voi. Per me va bene.”
“Davvero?” chiede Edward sorpreso.
“Si. Tutti e tre. Insieme.” Risponde Bella sicura.
“Bene.” Dice Edward soddisfatto continuando a mangiare.
Isabella si perde a guardarlo. E sa di aver fatto la scelta giusta. Ormai si appartengono, sono una famiglia per quanto strana possa sembrare. E dove va lei, vengono anche loro. 

Allora che ne pensate? Spero vi sia piaciuto.
Ringrazio tutte quelle che mi seguono in questa mia storia, chi mi ha inserito nelle preferite, ricordate e preferite, chi recensisce e in particolare dico un GRAZIE enorme a violet80, non saprei come fare senza di lei <3
Un bacione enorme
Vostra Morwen.
PS: credo che d'ora in poi capitoli verrano postati il venerdì :D Ho finalmente capito che è il giorno dove ho meno impegni. ^^

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Capitolo 15
*** Capitolo Tredicesimo ***


Eh si, sono proprio io!
Ehi, ehi, ehi, mettete tu quei forconi, se mi fate del male poi non saprei mai come finisce la storia! u.u
Okay, lo so, sono in super ritardo e non ho scusanti, vi dico solo che mi dispiace davvero ma è un periodaccio :( Spero ci sia ancora qualcuna che mi segue, ma comunque se così non fosse posso benissimo capirlo. Per le altri invece le abbraccio tutte quante e dico un enorme "Grazie" per tutto, che mi seguite, che recensite, che mi inserite tra le preferite, seguite e ricordate. Grazie davvero!
Beh, oggi non parlo molto anche perchè credo che siate ansiose di leggere il capitolo.
Perciò...Buona lettura! :D E un grazie di cuore va ancora a violet80, ha betato questo capitolo e crede così tanto in questa storia, forse anche più di me! :D Io te l'ho detto prima o poi ti farò una statua, ragazza! :D



Capitolo 13
Semplice comparsa

 

"Noi non apprezziamo il valore di ciò che abbiamo mentre lo godiamo; ma quando ci manca o lo abbiamo perduto,
allora ne spremiamo il dolore"
W. Shakespeare


 


Isabella si sporge dal posto del passeggero per guardare l’orario che segna l’orologio sul cruscotto davanti al guidatore. E’ da dieci minuti che aspetta.  Devono partire per Forks, e da lì a due ore il loro aereo avrebbe preso il volo.
Scese dall’auto. “Cullen, muoviti! Siamo in ritardo!” sbraita sulla porta d’entrata aperta. Sente provenire un imprecazione dal piano superiore, e sorride.
“Magari se mi dessi una mano…” commenta Edward scendendo le scale con entrambe le mani occupate a trasportare due valigie.
“Scusa, ma chi è l’uomo di casa?” domanda pungente Bella, mentre si scosta per farlo passare dalla porta.
“Taci, piccola Swan.” La rimbocca lui, superandola e andando a caricare le valigie nel bagagliaio dell’auto.
Bella risale in auto dal lato del passeggero, si volta a guardare la piccola per controllare che sia tutto a posto; lei è intenta a ispezionare l’orsacchiotto che tiene tra le mani. La ragazza sorride nel vederla; ormai quel pupazzo non lo lascia più. Gliel’ha regalato Alice qualche giorno fa, e Ariel se ne è subito innamorata.
“Ma con tutti i pupazzi che ha proprio quello lì deve portarsi dietro?” borbotta Edward salendo in auto. Bella si sistema meglio sul sedile voltandosi. “E’ così carino! Cos’hai contro quel pupazzo?”
Lui scuote la testa. “Fa paura, Bella. Hai visto i suoi occhi?” domanda il ragazzo mettendo in moto e uscendo dal vialetto di casa per dirigersi all’aeroporto.
Isabella scoppia a ridere. “Si, beh a parte gli occhi. Cosa gli è successo?”
“Un attacco di rabbia di Alice. Era infuriata perché le avevo rasato a zero una bambola, e se l’è presa con il mio povero pupazzo.” Spiega Edward mentre Bella scoppia a ridere.
“Beh ha fatto bene, non si rovinano le bambole delle bambine.” Afferma lei in tono autoritario. Edward la guarda con le sopracciglia alzate.
“Tu non puoi neanche immaginare come sia traumatico passare l’infanzia con una come Alice.” Esclama il ragazzo con tono di voce che fa capire a Bella quanto stia dicendo sul serio.
“Oh, sai credo di essermene fatta un idea.” Commenta la ragazza ripensando a tutte le volte che la sorella di Edward si era precipitata all’interno delle loro vite come un tornado. Sorride e scuote la testa, immaginandosi lei e Cullen da bambini che si rompevano le scatole a vicenda. Come avrebbe voluto vederli. Come avrebbe voluto conoscere tutto di lui. “Alice è…”
La voce di Ariel interrompe la ragazza. “Tia Alice!” trilla felice stringendo ancora più forte il pupazzo tra le sue mani; Bella si volta a guardarla e sorride. “Tia Alice, tia Alice!”
“Si, Ariel. E’ zia Alice.” Risponde semplicemente Bella come se quelle parole le avesse già ripetute fin troppo.
“Ancora non capisco perché non ha ancora detto Edward.” Borbotta sottovoce il ragazzo, lo sguardo puntato sulla strada. Troppo puntato sulla strada, secondo i gusti di Isabella. “Cos’ha quel piccolo mostriciattolo che piace così tanto.” Aggiunge con lo stesso tono di voce. La ragazza sorride.
“Non abbatterti, Cullen. Sono certa che prima o poi arriverà il momento in cui si accorgerà di te.” Dice ironicamente Bella. “La speranza è l’ultima a morire.” Constata mentre si sporge in avanti per accendere la radio e cercare una stazione che trasmetta della musica decente.
Lui le lancia un’occhiataccia. “Come il tuo enorme sarcasmo.” Commenta acido al che lei gli fa una smorfia, neanche fosse una bambina di tre anni, prima di scoppiare a ridere e tornare a prestare la sua attenzione alla radio.
 
***
 
“Non posso credere che tu abbia paura di volare!” esclama Edward sorridendo, mentre prende posto nel sedile accanto a Isabella. A sinistra c’è la piccola Ariel che dorme placidamente con ancora il suo amato pupazzo stretto tra le braccia, mentre dall’altro lato della ragazza il posto è occupato dal suo tormento personale. Ma perché mai doveva sedersi lei al centro?
“Mi pare che questo fatto ti faccia sorridere un po’ troppo, Cullen!” Commenta indignata lei, mentre cerca di non pensare che tra poco quel cavolo di aereo si leverà dal suolo per prendere il volo. Aveva sempre odiato volare, la terrorizzava. Bella voleva sempre avere il controllo di ogni dannata cosa e volare metri e metri sopra la terra nel vuoto non era certo il suo prototipo di “tenere sotto controllo tutto.” Ancora ricordava la prima volta che c’era salita: era rimasta per tutto il viaggio aggrappata alla mano di suo padre, come se quello avesse potuto salvarla quando e soprattutto se l’aereo fosse precipitato. Quando poi Charlie era sceso si era ritrovato l’impronta delle unghie della figlia sul palmo della mano.
“No, è solo che non credevo che anche l’impassibile Isabella Swan avesse delle paure futili come quella di volare.” Dice semplicemente il ragazzo allacciandosi la cintura. La ragazza se l’era già all’allacciata da un pezzo e stretta il più possibile.
“Non è una paura futile!” protesta Bella, mentre la voce di un hostess che annuncia la partenza l’interrompe. Si lascia sfuggire un imprecazione, ed Edward si trattiene a stento dallo scoppiare a ridere. Lei lo fulmina, ma appena sente l’aereo muoversi non riesce a evitare di prendere la mano del ragazzo tra le sue e stringerla forte. Lui rimane sorpreso da quel gesto, e si perde a fissare le loro mani unite sorridendo sornione. Soddisfatto di poter per una volta passare lui per quello forte, pronto a dare sostegno a quella ragazza che non è quasi mai disposta ad accettare aiuto. Contento che lei si senta sicura con lui al suo fianco.
Isabella chiude gli occhi e appoggia la testa al sedile. “Ti prego fa che duri poco.” Sussurra piano, ma non troppo piano affinché Edward possa non  sentirla. Un qualcosa dentro di lui vorrebbe stringerle anche l’altra mano e darle coraggio, dirle che andrà tutto bene e che ci sarà lui lì con lei, ma non riesce a farlo, non sa come potrebbe prenderla Bella. E non sopporterebbe che lo guardasse con quei grandi occhi scuri carichi di troppe domande inespresse a cui lui non sarebbe riuscito a rispondere, non era ancora pronto a reggere quel suo sguardo pieno di sofferenza, per quello che aveva perso e sorpresa ,per quel comportamento che Isabella era certa di non rivedere più in lui soprattutto se rivolto a lei. Perciò si limita ad essere il solito Edward che lei conosce e detesta.
“Guarda, piccola Swan, ci stiamo alzando!” Esclama sporgendosi dal sedile e indicando fuori dal finestrino il paesaggio che piano piano si faceva sempre più piccolo. Lei non apre gli occhi e anzi li strizza ancora di più per tenerli chiusi. Edward sorride e cerca di non scoppiare a ridere. “Ormai non si distingue quasi più nulla!” Aggiunge poco dopo per provocarla. Bella stringe la presa sulla mano del ragazzo.
“Smettila di fare lo stronzo, Cullen!” sibila lei, mentre lui cerca di evitare dal lasciarsi sfuggire un mugolio di dolore causato da quella presa ferrea. Cavolo, e tutta quella forza da dov’è l’ha presa?
“Secondo te, Swan, quanto alti saremo? Io credo all’incirca….” Continua il ragazzo a punzecchiarla, ma lei lo interrompe. Stringe ancora di più la mano di Edward nella sua e lo guarda con occhi furenti.
“Non tirare troppo la corda, Cullen! Nessuno mi impedisce di tirarti un pugno in faccia appena atterriamo!” esclama furiosa, mentre il ragazzo non ce la fa più e scoppia a ridere, troppo divertito da quella situazione.
Questo non fa che irritare maggiormente Isabella che socchiude ancora di più gli occhi e borbotta un semplice “Hai appena firmato la tua condanna a morte.”
Edward non accenna a smettere di ridere; si prospetta un bel viaggio.
 
***
 
Mille imprecazioni, minacce e risate dopo finalmente l’aereo atterra e Isabella non può che tirare un sospiro di sollievo. Lascia la mano del ragazzo e può tornare a prendere la situazione sotto controllo. Si passa un mano tra i capelli ravvivandoli e dopo aver slacciato la cintura si alza.
Edward intanto muove in modo rotatorio la mano, cercando di far tornare in circolo il sangue. Bella lo guarda con un sopracciglio alzato, lui si affretta a spiegare: “Non ti facevo così forte, Swan!” Esclama mostrandole gli stampi delle sue unghie sulla mano. Lei rimane sorpresa, e quasi imbarazzata. “Potevi parlare, Edward. Evitavo di stringere così forte.” Cerca di scusarsi lei, il ragazzo si stringe nelle spalle come se niente fosse; sotto sotto era contento di aver provato quel dolore. Lei si era aggrappa a lui, come una volta faceva sempre, e gli era piaciuto ritrovare quella sensazione. Come se lui valesse ancora qualcosa.
Sapeva che stava ingigantendo un po’ troppo le cose, ma era più forte di lui.
Dopo aver recuperato i propri bagagli, si avviano presso l’entrata dell’aeroporto. Edward con in braccio la piccola Ariel che si tiene al suo collo e con una valigia alla mano  segue la ragazza che fa strada in quell’ambiente familiare mentre si guarda attorno per cercare qualche faccia conosciuta. Bella gli aveva detto che sarebbe venuto a prenderli uno dei suoi vecchi amici.
La ragazza continua a guardarsi attorno quando il suo sguardo si sofferma su un ragazzo alto, moro, dal fisico massiccio e la pelle leggermente scura, sul volto un sorriso a trentadue denti. Isabella non riesce a trattenersi, lascia la valigia e corre ad abbracciarlo.
“Embry!” esclama felice fiondandosi tra le sue braccia.
“Bella!” risponde il ragazzo ricambiando il suo abbraccio.
Dio, quanto le era mancato quel sorriso. Un sorriso che sa di ricordi, di casa, di famiglia.
Edward la guarda sorpreso da quel comportamento. Isabella non era mai stata un ragazza così espansiva, aperta, non era mai corsa incontro a nessuno con una gioia così grande. E di certo non con lui.
Questo piccolo particolare non può che fargli sentire un tuffo al cuore, rendendosi conto per l’ennesima volta di quello che aveva perso. Con passo lento come se avesse un macigno sopra la testa, o forse meglio dire sul cuore, il ragazzo prende anche il trolley di Bella, che aveva abbandonato in mezzo all’aeroporto, e si avvicina ai due.
“Non posso credere che sia venuto tu a prenderci, Embry!” Riesce a sentire la voce di Bella commentare mentre tirava a se il ragazzo per un altro abbraccio. A quel punto Edward si blocca sorpreso. Embry? Ma non era Jar?! Quanti ce ne sono ancora nascosti nell’armadio?
“Swan, quando hai finito di attirare l’attenzione con i tuoi urli, io direi che faremo meglio ad andare.” Commenta infastidito Edward quando arriva a fianco alla ragazza; il solito e vecchio Edward. La ragazza si volta a guardarlo con un sorriso così luminoso che Edward non le ha quasi mai visto. Bella non coglie il sarcasmo di Edward e nemmeno il suo tono infastidito, fa come se non avesse detto niente o avesse meglio da fare che star lì a ribattere alle sue stupide frecciatine. “Edward, lui è Embry. Uno dei miei miglior amici.” gli presenta, il sorriso che non accenna a diminuire di un millimetro dal suo viso.
“Piacere di conoscerti, Edward.” Lo saluta Embry con un cenno della testa, al quale Edward ricambia, non felice come la ragazza, per averlo visto.
“Tia Alice!” esclama la vocina di Ariel ad un certo punto come a voler richiamare l’attenzione.  Isabella si volta a guardarla sorridendo e scuotendo la testa. E’ una delle due parole di senso compiuto che ha imparato a pronunciare la piccola, e ora la ripete in continuazione non sapendo cos’altro dire per far vedere che c’è anche lei.
Embry sembra accorgersi solo allora della bambina in braccio ad Edward. La guarda sorpreso, poi sposta lo sguardo su Bella e dopo su Edward. Possiamo ben immaginare cosa stia pensando.
“Stop! Non voglio neanche sentire quello che stai per dire!” lo anticipa la ragazza alzando una mano.
“Ma Bel…” cerca di dire lui.
“Niente. Lui è Edward, e lei è Ariel.” Ripete Isabella indicandoli. “E sono….” A quella parole si blocca non sapendo come continuare la frase. Cos’avrebbe potuto dirgli? Come avrebbe potuto spiegare tutta quella storia assurda in due parole al suo amico? Non avrebbe capito, non avrebbe voluto capire. Perché era tutto troppo assurdo. Scuotendo la testa si volta verso Edward come per chiedergli una mano e lui come ha sempre fatto non esita a darglielo. “Siamo solo Edward e Ariel. Niente di più.” Conclude semplicemente Edward con un tuffo al cuore. Embry sembra ancora più confuso di prima, ma dallo sguardo di Bella capisce che è meglio non insistere, la conosce abbastanza bene per sapere che se lei avesse voluto gli avrebbe spiegato tutto in un altro momento.
“Va bene. Ora, però, andiamo gli altri sono ansiosi di vederti Bella, e quando sapranno che hai portato con te anche questa piccolina impazziranno di gioia. Dovessi vedere come coccolano la figlia di Emily, neanche fosse loro.” Spiega Embry, mentre comincia a camminare verso l’uscita dell’aeroporto seguito da Bella e da Edward con Ariel.
“Emily ha avuto una bambina?” chiede felicemente sorpresa la ragazza. L’altro annuisce tirando fuori dalla tasca dei jeans la chiave dell’auto. “Oh sono così felice. Ha sempre amato i bambini.” Trilla contenta. “E Sam?” domanda Bella perdendosi a parlare con Embry di persone che Edward non ha mai sentito nominare, e l’unica cosa che può fare è seguirli senza dire niente, beandosi della vista del viso sorridente di Bella e maledicendosi per essere stato talmente stupido da impedire che fosse lui la causa di quel sorriso stupendo.
 
In macchina Bella si perde a raccontare ad Edward la prima volta che lei ed Embry si sono conosciuti.
“Non ci puoi credere, Cullen. Gli ho tirato un pugno in faccia e per poco non gli ho rotto il naso.” Dice scoppiando a ridere, mentre Embry intento a guidare non può che scuotere  la testa sconsolato.
“Picchiava forte la ragazza!” commenta lui. “Il mio naso non smetteva di sanguinare.” Aggiunge, mentre lei continua a ridere ed Edward si bea di quella risata.
“Si, però l’avevo fatto per una buona causa.” Afferma la ragazza, ricevendo in risposta solo un’ occhiataccia. “Buona causa? Prendere a pugni una persona non va bene, Bella. Nemmeno se è una buona causa.”
Lei sbuffa anche se ancora sorride. “Si, invece.” Poi si volta verso il sedile posteriore per guardare Edward. “L’avevo scambiato per il ragazzo che aveva fatto soffrire la mia amica Kim, invitandola ad uscire solo per poi portarsela a letto. Quando lei me l’ha confessato non ci avevo visto più, e volevo fargliela pagare a quel brutto bastardo, solo che le ho date alla persona sbagliata.” Cerca di spiegare in parole povere la ragazza; Edward accenna un piccolo sorriso immaginandosi la scena, conosce abbastanza bene il caratterino di Isabella per non  credere a ogni parola che lei le sta dicendo.
“Eh, grazie tante.” Commenta sarcastico Embry. Isabella si volta a guardarlo. “E dai, Embry! Dopo mi sono fatta perdonare!” esclama lei con voce dolce, mentre il ragazzo scoppia a ridere un'altra volta. “Si, non mi ha più fatto respirare per settimane. Ogni giorno veniva a trovarmi per sapere come stavo e a scusarsi, neanche avesse ucciso il mio gatto.”
“Scusa sai se mi preoccupavo per te. E poi mi sembrava che non ti dispiacessero le mie visite!” Afferma stizzita la ragazza e con una nota di malizia che Edward riesce a cogliere e che lo mette sull’attenti. Cosa cavolo era successo tra quei due?
“Era per i pasticcini al cioccolato che portavi!” Confessa il ragazzo, guadagnandosi un buffetto sul braccio dalla ragazza che lo guarda con finta indignazione.
“Buono a sapersi.” Bofonchia.
Edward vedendo quella scenda si chiede se non fosse stato meglio per lui starsene a casa e non assistere a tutte quelle effusioni tra Bella e i suoi vecchi amici. Loro avevano condiviso con lei molte più cose di lui, loro erano qualcosa nella sua vita, lui era semplicemente niente. E stare lì nel sedile posteriore di quell’auto a vedersi confermata quella sua teoria non era certamente il massimo. Sarebbe stato meglio se non fosse venuto.
Come si dice occhio non vede cuore non duole.
Avrebbe continuato la sua vita, credendo alle sue false speranze, non era la verità ma faceva meno male, immaginandosi che sotto sotto Bella tenesse ancora a lui, che quell’odio, quell’antipatia, quelle frecciatine fossero solo una maschera, un qualcosa che lei si fosse costruita per riuscire a superare il dolore che era certo lui le aveva causato. Un dolore che, se avesse fatto scelte diverse, non le avrebbe mai fatto vivere. Un dolore che non sarebbe mai esistito, e forse ora al posto di Embry al suo fianco, a ridere dei vecchi tempi e scherzare insieme, avrebbe potuto esserci lui. Invece di essere solamente uno spettatore della vita di Isabella, avrebbe potuto farne parte. Essere il suo co-protagonista. In fondo era quello il ruolo che lui avrebbe voluto. Quel ruolo che credeva di interpretare a casa, in Colorado, dove c’erano solo lui, lei ed Ariel ma fuori dal loro piccolo guscio, lì a Forks, dove la vita di Bella si mescolava ad altre persona alle quali lei volveva bene, si rendeva conto che tutto fosse solo una sua stupida fantasia. Non era il suo co-protagonista. Era solo una comparsa, con un ruolo forse troppo grande per lui.
“Ehi, Cullen? Ci sei?” Chiede la sua voce, mentre si volta per guadarlo. Lui annuisce semplicemente. “Dov’ è finita tutta la tua spavalderia? L’hai persa tutta sull’aereo?” aggiunge sarcastica lei.
Lui le risponde con una semplice alzata di spalle. “Il tuo sarcasmo invece c’è sempre e comunque per nostra sfortuna.”
“Simpatico.” Commenta lei fingendo una risata e spostando poi lo sguardo alla piccolina seduta a fianco al ragazzo. “Tu, piccolina, tutto bene?” le chiede sorridendo e arricciando il naso in quella smorfia che Edward adora. La piccola, anche se non capendo fino in fondo le parole della ragazza, le regala un bellissimo sorriso per il semplice fatto che la sua “mamma” le abbia parlato. Basta la voce di Bella per renderla felice.
Il suono di un cellulare interrompe quel momento. Embry risponde e dopo due parole attacca.
“Credo che ti farà un immenso piacere sapere che dobbiamo passare dal tuo caro Paul.” Annuncia il ragazzo, svoltando in una strada a sinistra. Bella lo guarda sorpresa. “Paul?”
“Proprio lui.” Afferma.
“Alla fine allora è rimasto qui. Addio ai suoi sogni di gloria.” Commenta Bella, ed Embry scoppia a ridere.
“Ti sorprenderà sapere cosa l’ha fatto restare qui.”
A sentire quella conversazione Edward non riesce a pensare ad altro se non al fatto della presenza di quanti altri amici riuscirà a sopportare. Jar, Embry, Paul….e poi? Di certo, qualcosa gli dice che non è finita qui.
Sposta lo sguardo fuori dal finestrino, chiedendosi un ulteriore volta cosa cavolo sia venuto a fare.
 
***
 
Appena Embry parcheggia davanti una piccola casa, in fondo alla strada, Isabella non aspetta due minuti e scende dall’auto, proprio nell’esatto momento in cui un giovane dalla pelle ambrata come quella di Embry, ma più alto e muscolo esce dalla porta.
Un sorriso strafottente e forse troppo compiaciuto di sé sulle labbra. Edward sente già di detestare quel ragazzo e il suo odio verso di lui aumenta quando si avvicina a Bella.
“Ehi, stronzetto!” lo saluta lei fingendo indifferenza; un semplice cenno del capo.
“Ehi, troietta!” ricambia lui facendo una smorfia e incrociando le braccia sul petto. Entrambi si guardano negli occhi, quasi uno sguardo di sfida a vedere chi dei due cederà per primo.
“Fanno sempre così!” Commenta sottovoce Embry guardandoli e avvicinandosi ad Edward che li fissa appoggiato al cofano dell’auto.
“Sempre?” chiede lui non staccando lo sguardo dalla ragazza; l’altro annuisce. “Fanno a gara a chi cede per primo nell’affermare quanto entrambi amano l’altro.” Spiega al che Edward si volta verso il ragazzo sconvolto. Ha sentito male o Embry ha davvero detto amare? Non è possibile che Bella amasse quel ragazzo, non poteva. Strinse forte i denti, e i pugni, per non scoppiare. Perché lui non lo sapeva? Era impossibile, lei avrebbe dovuto dirglielo.
“Oh, Paul!” esclama ad un tratto Bella abbracciandolo forte. Lui sorride, un sorriso semplicemente stupendo e sincero; un sorriso che Edward riconosce bene, solo un ragazzo innamorato può sorridere in quel modo. Le stringe le abbraccia intorno ai fianchi, stringendola forte a se.
“Mi sei mancato così tanto!” confessa Bella, quando i loro corpi si allontanano un po’.
“Tu di più, stronzetta!” risponde lui avvicinandosi e baciandole una guancia. Lei scoppia a ridere riabbracciandolo. “So io cosa ti è mancato….” Commenta poi allontanandosi e voltandosi per tornare alla macchina, un tono malizioso che preoccupa non poco Edward. Non va per niente bene, si sta preoccupando troppo. Sta cogliendo troppi doppi sensi in frasi forse del tutto innocenti.
Paul però non si fa sfuggire quest’occasione per dare un piccolo schiaffo al sedere di Bella; ed Edward si incavola ancora di più. Ma cosa cavolo sta facendo? Come cavolo si permette di toccare anche con un solo dito il corpo della sua Bella??
“Ehi, giù le mani, stronzetto. Ora sono occupata.” Risponde Bella voltandosi e fulminandolo. Il ragazzo scoppia a ridere a quelle parole; neanche fossero una battuta. “Tu? Occupata?” chiede tra una risata e l’altra. “Non ci posso credere.” Aggiunge continuando a ridere.
Lei gli lancia un occhiataccia. “Per me puoi credere quello che vuoi.” Dice semplicemente.
Edward è rimasto fermo alle parole “sono occupata”. Cosa voleva dire? Cosa cavolo stava dicendo Bella? Da quando in qua era occupata? E non poteva dirglielo prima, magari a casa, cosicché si abituasse all’idea invece di venirsene fuori lì così proprio ora? E poi con chi? Non poteva essere qualcuno lì a Forks, vero? Cioè non l’aveva mai sentita a casa fare chiamate lunghe e coinvolgenti? Non l’aveva neanche mai sentita accennare a una cosa del genere? E se l’avesse conosciuto a casa e lui non se ne fosse accorto? Magari quando lui era alla scuola di musica lei….
No, basta. Quei pensieri non andavano bene. Sembrava che Bella fosse di sua proprietà quando invece per lui non era nulla. Avevano scelto così. Anzi lui aveva scelto così. Scuotendo la testa, si volta per non avere più davanti agli occhi la ragazza e sale in auto, sbattendo la portiera forse un po’ troppo forte.
Si maledice mentalmente, sbuffando.
Sente delle voci ovattate fuori dall’auto ma non si sforza nemmeno di capire quello che dicono; ormai non gliene importa più niente. Si è già reso ridicolo abbastanza con quei pensieri; e in più è incavolato con Bella, per essere così…così…così è basta, e con se stesso per aver mandato a rotoli tutto quanto come sempre. “Mama” la vocina di Ariel lo distrae dai suoi pensieri, abbassa lo sguardo sulla piccola seduta a fianco a lui e la prende in braccio appoggiandola sulle sue gambe. Le sorride mentre le sposta dei capelli da davanti gli occhioni azzurri. “Ehi, piccolina.” Sussurra sorridendole. “Eeeema” Rispose lei, parlando in quel suo linguaggio comprensibile solo alle sue orecchie. Lui scuote la testa mentre le continua a parlottare e giocare con il suo pupazzetto.
“Perciò da Jake, passiamo domani?” chiede la voce della ragazza mentre apre la portiera posteriore dell’auto per salire. Edward si volta a guardarla chiedendosi perché debba salire dietro con lui; non riesce a guardarla, si volta dall’altra parte guardando fuori dal finestrino fingendo come al solito indifferenza.
“Si. Gli facciamo una sorpresa domani. Stasera dormite da Jared, Kim vi cede la sua stanza.” Risponde Embry salendo al posto di guida.
“Ah ok. E perché lui viene con noi?” domanda facendo un cenno con la testa a Paul seduto davanti a lei. Lui si volta a guardarla malizioso. “E dai stronzetta, non dirmi che non hai voglia di stare in mia compagnia.”
Lei sorride e si sporge in avanti. “Non potrei mai.” Sussurra a un centimetro dalle sue labbra lei, scoppiando poi a ridere, seguita a ruota da lui. Edward scuote la testa nauseato da quella scena. Non credeva che lei fosse così sfacciata. Le piaceva, solo che doveva averla con lui quella sfacciataggine non con Paul.
Si diede dell’idiota subito dopo averlo pensato e continuò a guardare fuori mentre Embry metteva in moto e si perdeva in una conversazione con l’altro ragazzo su quello che avrebbero fatto quella sera. Edward prestava loro poca attenzione, e quelle volte che cercavano di interpellarlo per coinvolgerlo lui rispondeva a monosillabi.
Ad un certo punto ricevette un pugno sul braccio da Bella. “Ma cosa diavolo….?” Chiede acidamente mentre si volta verso di lei. Isabella lo fulmina. “Dannazione, Cullen. Un po’ di vita!” gli sussurra in modo che gli altri non sentano. “Lo so che non sei il massimo della compagnia, ma un piccolo sforzo, no eh?” Aggiunge arcuando le sopracciglia in una maniera assurda. “Scusa se non sono come te e mi struscio su tutti quelli che vedo.” Sibila lui, al che lei riduce ancora di più gli occhi a due fessure. “Ma come cavolo ti permetti? Brutto…” Gli impreca dietro la ragazza, proprio quando l’auto si ferma davanti a un piccolo cancello. Lei lo ghiaccia con un'altra sua occhiata, prima di scendere furente dall’auto. Lui alza gli occhi al cielo e la segue dietro la macchina per scaricare le valigie dal bagagliaio. Cerca di darle una mano, ma lei si scosta. “Faccio da sola.” Esclama appoggiando il bagaglio per terra e avviandosi verso la casa, Embry le si avvicina per darle una mano e lei l’accetta volentieri passandogli la valigia, visto che con un braccio stava sorreggendo anche la piccola Ariel che si era persa a tirare i capelli della ragazza. Edward rassegnato e infastidito sempre di più segue gli altri attraverso il giardino fino alla porta dalla quale una bellissima ragazza dai lunghi capelli mori e dai tratti tipici indiani sta per uscire.
“Kim!” esclama Isabella abbracciandola.
“Bella!” la saluta lei stringendola a se. “E questa piccolina chi è?” domanda poi voltandosi verso Ariel e regalandole un bellissimo sorriso. “Ariel.” Risponde al suo posto Bella mentre l’altra le accarezza dolcemente una guancia.
“Sei una bambina davvero carina!” esclama portandosi automaticamente una mano alla pancia. Un gesto troppo materno per essere fatto casualmente. Isabella se ne accorge ed emette un piccolo verso di felicità.
“Oddio, Kim!” esulta notando solo ora che la sua amica è incinta; non di molto ma ora che la guarda bene può di certo notare un piccolo rigonfiamento.
“Si!” Esclama semplicemente l’altra sorridendo. “Sono così contenta!” Aggiunge mentre prende meglio in braccio la piccola Ariel.
“Bella!” La voce di un ragazzo la fa voltare.
“Ehi, papino!” Lo saluta raggiante Isabella mentre si avvicina per abbracciarlo. “L’hai saputo?” chiese lui sorridente. “E come non si potrebbe notare!”
Lui scoppia a ridere e abbraccia la sua ragazza che si stringe a lui. “Vedo che anche tu però hai una sorpresa…” comincia il ragazzo guardando Ariel. Isabella sorride e sposta anche lei lo sguardo su Ariel. “Eh si, Jar, questa piccolina qui è Ariel.” Spiega la ragazza, facendo segno alla bambina di salutare. Lei lo fa sorridendo, prima di nascondere poi di nuovo la testa sulla spalla di Bella. Jared sorride, poi riferendosi alla figura di Edward che si sta avvicinando alla casa seguito da Paul. “Vedo che non è l’unica…”
Bella alza gli occhi al cielo. “Non è come sembra.” Si affretta a spiegare. Kim la guarda ridacchiando. “Non è per niente male, Bel. Hai sempre avuto buon gusto…” dice con un sorriso che sotto intende troppe cose.
“Kiiiim!” la richiama la ragazza scoppiando poi a ridere.
“Dai, vieni. Ti mostriamo la stanza.” Le interrompe il ragazzo precedendole verso casa. Le altre si prendono a braccetto e lo seguono, non prima che Bella si sia voltata  e abbia fatto cenno ad Edward di seguirla.
Lui scuote la testa rassegnato; l’unica cosa che riesce a pensare è “uno in meno.”
Jar, quel Jar, di cui si era preoccupato tanto era felicemente fidanzato. Per fortuna. Ora aveva da preoccuparsi solo degli altri.
 
***
 
“Sarà solo per questa sera, Cullen!” annuncia Bella dall’altra parte della porta del bagno. “Domani andremo a casa di Jake e ha più stanze, ne troveremo una anche per te.” Spiega uscendo mentre ancora con un asciugamano si friziona i lunghi capelli bagnati. Lui annuisce solamente, senza però alzare lo sguardo dallo schermo del suo cellulare.
Sinceramente a lui non è che dispiaccia più di tanto  dormire nello stesso letto  di Isabella. Anzi, se avessero tenuto quella stanza per tutto il tempo che fossero rimasti a Forks lui ne sarebbe stato  più che contento.
“Vedo che oggi sei davvero di molte parole.” Commenta acida lei mentre apre la sua valigia per cercare una felpa da indossare sopra la semplice maglietta marrone extralarge che usa anche a casa come pigiama, e un paio di calzettoni.
“Si vede che non ho niente da dire.” Dice solamente lui continuando a tenere il suo sguardo sul telefonino.
“Beh, avresti potuto fare uno sforzo. Non hai spiccicato parola, e quelle poche volte che l’hai fatto non hai certo dato il meglio di te.” Sbuffa Bella chiudendo la cerniera della felpa grigia. Lui alza gli occhi al cielo, e indignato dalle sue parole si volta a guardarla, pentendosene subito dopo. Quello che gli si presenta davanti agli occhi non aiuta di certo a tenerle il muso, l’unica cosa che vorrebbe fare è alzarsi e far combaciare i loro corpi di nuovo, come facevano una volta.
“Beh credo che tu sia stata abbastanza, come dire espansiva, per entrambi.” Constatò  acido lui, marcando bene sulla parola “espansiva”. A quel tono Isabella si infastidì.
“Cosa diavolo vorresti insinuare, Cullen?” domanda alterandosi leggermente.
Lui sbuffa e torna a guardare lo schermo del cellulare. “Niente. Lasciamo perdere.”
“Eh, no caro mio. Cosa volevi dire?” Insiste lei incrociando le braccia al petto e fulminandolo. Edward si alza dal letto e mette nelle tasche dei pantaloni della tuta il cellulare. “Con quale dei tanti sei andata a letto insieme? Paul? Embry? O forse dovrei dire tutti e tre.” Commenta lui mentre agguanta un paio di scarpe da ginnastica. A quelle parole Isabella scoppia.
“Oh ma senti da che pulpito viene la predica!” esclama arrabbiata. “Credo che tu sia quello meno indicato per venire a farmi la predica, Cullen.” Aggiunge lei mentre lui si china per infilarsi le scarpe. “Primo perché tu te ne sei passate molto più di me senza problemi. Secondo non credo che a te debba fregare qualcosa di me visto che è da anni che non vuoi averci a che fare.” Sibila furiosa mentre gli si avvicina; lui si alza per prendere una felpa e infilarsela, cercando di trattenersi dallo scoppiare e dirle tutto. Dirle quanto sia stato stupido a voler perdere una come lei, stupido a preferire le altre a Bella.
“E terzo, per me tu non sei assolutamente nulla. Sei stato tu a decidere di non essere nulla, sbaglio forse ma quello che non era pronto ad affrontare tutto eri tu, eh? Sbaglio? No che non sbaglio, Cullen. Non sei niente, perciò la predica falla a qualcun altro, perché su di me non puoi avanzare nessun dannato diritto!”
“E se non volessi essere un niente, maledizione!?” Esclama lui subito dopo voltandosi verso di lei e guardandola negli occhi scuri. Non ce l’aveva fatta a trattenersi; non dopo il dolore e la rabbia con cui aveva sentito che lei gli stava dicendo quelle cose. Dio, avevano sbagliato tutto.
Gli occhi della ragazza per un secondo si addolciscono quasi e una piccola luce di speranza si accende in essi, come se non potessero credere, ma volessero farlo, alle parole del ragazzo. Come se aspettasse solo quello da una vita. Ma questo succede talmente in fretta che Edward crede di esserselo immaginato perché gli occhi con cui lei lo guarda adesso sono solo freddi e duri, velati da lacrime trattenute.
“Credo che sia troppo tardi per i rimpianti, Edward.” Sussurra piano, la voce però decisa. Senza una minima vibrazione. Lo guarda decisa, coraggiosa e sicura di sé; e lui la conosce abbastanza bene per sapere che forse ormai come ha detto lei non c’è altro da fare. Distogliendo lo sguardo dal volto della ragazza, con un dolore che gli comprime il petto quasi impedendogli di respirare e una voce nella testa che continua a ripetergli come cavolo siano finiti in quel situazione, si volta e senza dire una parola esce da quella stanza che è diventata troppo piccola per entrambi. In quel momento perfino il più grande dei castelli sarebbe stato troppo stretto per loro. Chiude piano la porta alle sue spalle, non è un ragazzino arrabbiato che scappa da una camera perché le cose non sono andate come voleva è un ragazzo che sa quello che ha fatto, dove ha sbagliato e sa che sbattere una porta non servirà a nulla.
Scende le scale velocemente cercando di uscire il prima possibile da quella casa, lontano da lei.
L’unica cosa che riesce a pensare nel momento in cui esce dalla porta di casa e l’aria fredda della sera gli soffia sul viso è che almeno le lacrime non si vedranno ma verranno spazzate via da quel vento forte. Vorrebbe che si portasse via anche i suoi ultimi anni, e la sua grande idiozia.
Credo che sia troppo tardi per i rimpianti, Edward
L’aveva chiamato anche Edward. Questo valeva per indicare che diceva davvero sul serio.

Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo! :D
Un abbraccio enorme a tutti! Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate, che è fondamentale per me u.u

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