Girasoli e Cani Randagi

di Klowl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Gelosia, Notte, Soddisfazione, Cane Randagio, Baseball. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2-Sorpesa, Incubo, Risate, Unisono ***
Capitolo 3: *** Cap 3: Risveglio, Disperazione, Lacrime, L'altra. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Gelosia, Notte, Soddisfazione, Cane Randagio, Baseball. ***


#Gelosia#

 

La ragazza, con i piedi indolenziti e la fronte sudata, non potè fare a meno di sbuffare, fissando quella casacca rossa poco più avanti a lei.

“Ma che cosa sta facendo?!” chiese stizzita a Jin, senza togliere gli occhi di dosso a Mugen.

Quest’ultimo, i capelli scompigliati come sempre,camminava affianco a due ragazze – due oche nemmeno tanto carine, pensò Fuu- ed era così sorridente, così gentile, così carino  da prenderlo a pugni.

“ Mh …” rispose –o meglio, non rispose- Jin, la sua schiena blu a due centimetri dagli occhi della ragazza.

Fuu sentì  la rabbia montare dentro di lei.

“Un porco, un vero maleducato” borbottò, sperando in cuor suo di essere sentita.

E intanto lui continuava a sorridere e a scherzare.

Sembrava  davvero tranquillo e soddisfatto … come non si mostrava mai con lei.

Quella terribile sensazione si fece strada nel suo stomaco, salendo fino al collo, alle tempie, e scivolando di nuovo giù nei polsi.

Un piccolo maremoto dentro la piccola Fuu.

“Attenzione!” avrebbe voluto  gridare “ sto per esplodere!”

“Perché non andiamo nella foresta?” chiese Mugen alle ragazze.

“Ma cos’hai in mente?!” disse una delle due, ridacchiando.

“Tante cose” rispose Mugen, la voce bassa e roca.

Quella sua maledetta voce … stanca.

Magnetica, irresistibile.

Quel vortice di rabbia riprese il suo cammino, più impetuoso.

“Attenzione, sto per esplodere! Mettetevi in salvo … Tutti tranne quelle due troie … E tu, Mugen. Ah, vedrai.”

 “ … ma no, non succederà nulla, state tranquille” disse lui, parlando di chissà cosa.

“Dici?” chiese l’altra, con gli occhi dolci.

“Ora la ammazzo”.

“Sì, sono solo leggende. Molte volte queste cose sono semplicemente ingigantite” rispose Mugen, sorridendo a entrambe.

“Ah, Mugen …”

“Un corvo a più zampe, hai detto? No, dev’essere qualche animale grosso. Magari un orso.”

Gli occhi di lui erano puntati inequivocabilmente sul seno di una delle due stupide.

“ Ti avveleno” imprecò Fuu nella sua testa, mordendosi il labbro per non urlare.

“ Ti uccido nel sonno, prima che tu possa andare nel letto di quelle due”

 “ … ecco perché non bisogna dar peso a certe storie” continuò lui, gli occhi ancora su quel punto incriminato.

“Vedrai, vedrai se non lo faccio”

 

E poi lui toccò il fondo.

Mugen si lanciò sul petto della ragazza, con fare animalesco.

“Oh, oh! Ma che ti prende?” gridò una , nella zuffa.

“Vattene via, porco!”

“Ma che …?”

Le ragazze erano già lontane e Mugen era a terra. Aveva  dei graffi sul volto,ma sembrava  soddisfatto.

In mano aveva le focaccine dolci che appartenevano alle due giovani.

“Ah, allora era il cibo che guardava. Non il seno.” Pensò lei.

Il maremoto non c’era più. Tutto in lei era calma piatta.

 

      

#Notte#

“Te lo ricordi, vero?” disse lei, in un debole sussuro.

Mugen si voltò a guardarla. I suoi occhioni grandi erano tutti per la Luna.

“Ricordarmi cosa?”

“Mi hai fatto una promessa. Devi cercare con me il samurai che profuma di girasoli. Non morire.” disse lei, gli occhi ancora sulla Luna.

“Certo che me lo ricordo” rispose lui, seccato.

Ma Fuu non riusciva  a non pensare alle parole di Jin.

“Mugen si allena tanto perché stavolta non è sicuro di vincere”.

Una frase che le aveva tolto il respiro.

 

“Hai promesso di uccidermi. Non puoi morire oggi, ricordalo” aggiunse Jin.

“So anche questo” disse, facendo tre passi verso le scale.

“Pregherò per te” si lasciòsfuggire Fuu.

Mugen si fermò, infastidito.

“Che fai, ti comporti come se fossi mia moglie?!” sbottò, tornando a guardarla.

Ma Fuu non arrossì. In un altro momento lo avrebbe fatto, ma quella volta  no.

 

#Soddisfazione#

Mugen si abbandonò sulla sabbia, un morbido e paradisiaco giaciglio rispetto ai pavimenti su cui aveva dormito negli ultimi mesi.

La sensazione era quella di un riposo dei sensi. Una tranquillità che stava per arrivare.

“Mi sento proprio soddisfatto” disse, tra sé e sè.

Eppure quella tranquillità non arrivava.

C’era qualcosa, in fondo al suo stomaco, che non gli permetteva  di rilassarsi.

E non era quello che  ha mangiato.

E non era il fastidioso verso dei grilli.

Ma dov’era il problema? Adesso era  libero dalla promessa.

L’aveva voluto lei, no?

Aveva detto chiaramente : “ addio.”

E per di più gli aveva dato dell’ “inutile guardia del corpo!”

Beh, se l’era cercata.

Ma allora cos’era quella fastidiosa sensazione?

L’uomo sospirò. Niente, addio pace.

Si passò una mano sul volto, con una stanca rassegnazione.

La Luna era piena. Era grande come i suoi occhi.

“Quella Stronza.” Mormorò lui, incazzato come sempre.

 

#Cane Randagio #

 

Fuu si avvicinò  lentamente, sospettosa.

Insomma, quel tipo sembrava  proprio … cattivo.

I capelli scompigliati, la carnagione scura. Qualche cicatrice sul viso.

Per non parlare di com’era  vestito. 

E la katana in bella vista?

Un criminale, senza dubbio.

“Desidera?” chiese la giovane, perché una cameriera doveva pur fare il suo lavoro. Non poteva evitare i clienti, se avesse potuto farlo, sarebbe stato  il Paradiso.

“ Acqua” tagliò corto lui.

“Acqua?” ripetè lei, incerta.

Accidenti, non voleva discutere con quell’uomo.  Il locale era già pieno di brutta gente … non era proprio il suo giorno fortunato.

“Ehm” si schiarì la voce “noi qui possiamo servire solo clienti che ordinano anche da mangiare. Se non ha i soldi, la prego di uscire da qui …”

Neanche finì  la frase che l’uomo le fece cenno di avvicinarsi, con un’espressione seccata.

“Ehm … mi dica.” Disse lei, a due centimetri dal viso di lui.

“Cinquanta budini dolci.”

“Eh?”

“Cinquanta budini dolci e ti libero da quelle seccature” continuò  lui a voce più bassa, indicando con la testa il figlio del Magistrato e la sua orripilante compagnia.

“Dove diavolo è il mio sakè?” urlò uno degli scagnozzi.

“Facciamo venti” tentò di mercanteggiare la ragazza.

“Non giocare al rialzo con me, prendere o lasciare!”  rispose  lui.

Stava  forse cominciando a incazzarsi?

“Cameriera!” urlò di nuovo il tizio di prima.

Fuu si voltò, decisa a lasciar perdere quel vagabondo .

La sua faccia non le piaceva per niente. Meglio non fidarsi di lui.

 

#Baseball#

Guardando i giocatori americani, Fuu non potè fare a meno di provare un forte disgusto.

Erano quasi tutti grassi e flaccidi. I loro corpi, a confronto con quelli scolpiti nel marmo di Jin e Mugen , erano spazzatura.

Mugen.

Insomma Mugen non era bellissimo come Jin, però era certamente meglio di quei porci occidentali.

Mugen aveva le mani grandi e callose. Non delicate come quelle di Jin.

E la sua pelle, al contrario di quella di Jin, era scura. Vissuta, piena di cicatrici.

Cicatrici sul volto, sul petto muscoloso.

Cos’era quel caldo improvviso? Sembrava che il suo corpo minuto stesse bruciando.

L’oggetto dei suoi pensieri entrò nel suo campo visivo, e Fuu, arrossendo, decise che era meglio smetterla di pensare al corpo dell’uomo.

 

Quegli americani, oltre che orribili, erano brutali. Avevano fatto fuori il resto della loro squadra.

Un grassone era persino saltato sulla schiena di Jin.

Erano determinati a vincere,  quegli sporchi americani.

E adesso?

Adesso toccava a lei.

Inspirò ed espirò, lentamente.

Era pronta a prenderle di santa ragione?

No, assolutamente. Ma doveva farlo.

Lentamente, si allontanò dal bordo campo per raggiungere la sua postazione.

“Tu stanne fuori” la fermò quella voce.

Bassa e roca. Una voce che non ammetteva obiezioni.

Mugen guardava dritto davanti a sé, come se non l’avesse vista.

Fuu si tirò indietro, felice, mentre l’uomo, con passo deciso e pronto allo scontro, si diresse sul campo da gioco.

 

Lui gli avrebbe fatti vincere. La ragazza ne era sicura.

Ma poi … perché l’aveva fermata?

Non voleva che si facesse male?

Per tutto il finale della partita Fuu non tolse gli occhi da Mugen, senza smettere di interrogarsi su quel gesto.

Quella era stata una … gentilezza?

“Perché per vincervi, basto io soltanto!” urlò lui.

No. Il suo era stato l’ennesimo atto di superbia e egocentrismo.

..O forse no?

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2-Sorpesa, Incubo, Risate, Unisono ***


#Sorpresa#

 

“Ma perché non capisci?” urlò Fuu, in preda alla disperazione.

La catena al suo collo sembrava diventare sempre più pesante. 

Il colpo dell’ultima ragazza rapita giaceva sul tavolo di fronte a lei. Nessun rumore riusciva a svegliarla.

“Tutte le persone a cui togliete la vita” continuò ad urlare, fissando l’uomo con la lunga barba bianca, quasi volesse colpirlo fisicamente con le sue parole “sono persone che hanno una famiglia. Ai loro amici e parenti state infliggendo lo stesso vostro dolore!”

Scosse la testa :”Possibile che tu non lo capisca? E’ un ciclo che si ripete.”

 

L’uomo sembrava non aver sentito nulla.

“Procedi” tagliò corto, rivolto all’uomo con l’ascia. Quest’ultimo si avvicinò al corpo sul tavolo, ma prima che potesse giungere abbastanza vicino da tagliare il seno, Fuu si frappose tra lui e la ragazza.

“No!” urlò. “Non te lo lascerò fare!”

L’espressione calma di quel rude chirurgo non mutò.

“Allora dovrai morire.” Rispose.

 

“E’ fatta. E’ finita” pensò Fuu, mentre l’ascia si librava in alto.

“Sto per morire”  si disse, e non riuscì a trattenere una lacrima mentre la lama si avvicinava alla sua testa.

 CRACK!

Pezzi di legno volarono ovunque.

Come mai non c’era del sangue? Che stava succedendo?

Poi vide Mugen, quasi a mezz’aria.

“ … Mugen?”

Aveva sfondato la porta, e prima ancora che se ne accorgesse era davanti a lei, a farle da scudo.

“ E’ venuto. E’ venuto a salvarmi”

La katana nella mano destra e il sorriso da bastardo, aveva girato appena la testa per guardarla.

“Ti stanno facendo di nuovo piangere, eh?”

La ragazza sentì la certezza di avere salva la vita, di nuovo.

“Non sto piangendo” rispose, imbronciata.

 

#Incubo#

Il cuore le martellava nel petto, sembrava che stesse per esplodere.  Ma Fuu non poteva fermarsi.

Doveva continuare a correre.

Sentiva  le voci di quelle persone , o meglio, quelle cose dietro di lei.

Morti viventi.

Impossibile.

Eppure erano così reali. E pericolosi.

L’immagine di quelle mani che sbucavano con violenza fuori dalla terra sembrava incollata davanti ai suoi occhi.

La ragazza inciampò sul duro e grigio terreno.

“No!” urlò, rialzandosi subito.

 

Morti viventi, vivevano della vita altrui.

Volevano la sua vita, la loro vita.

“Non puoi scappare” urlò uno di loro.

 

Cosa poteva fare contro di loro?

Non sembravano nemmeno reali.

Tutto questo era assurdo.

Un Incubo.

Ma non poteva permettersi di morire.

Prima ancora che se ne accorgesse, il suo nome esplose nella sua gola.

“Muuugen!”

“Mugen!”

 

L’unico uomo che non avrebbe fallito. L’unico uomo che ai suoi occhi era invincibile.

L’unico uomo a cui aveva affidato la sua vita.

 

#Risate#

Jin era ancora su quella roccia, lo sguardo fisso sull’acqua e la canna da pesca in mano.

Era fermo in quella posizione da così tanto tempo che sembrava fosse diventato una statua.

Tra un boccone di pesce e l’altro Fuu si girava a controllare che fosse ancora vivo.

Mugen, invece, non se ne importava nulla.

“Dai Jin, vieni qui a mangiare!” urlò Fuu, che non sopportava che qualcuno stesse in disparte.

“Ti do’ un po’ del mio, se ne vuoi.”

“Lascia perdere” bofonchiò Mugen, continuando a ingozzarsi.

“Ma non voglio che lui …”

“Ma và, tutto questo è divertentissimo.”

L’uomo allontanò il pesce e si mise una mano sotto il mento.

“Oh, no” pensò Fuu.

“Lui era con noi, tutto serio e pensoso…” cominciò Mugen .

“Non farlo” disse la ragazza, controllando che Jin non stesse sentendo la loro conversazione.

Ma era troppo tardi.

“ La pesca non è altro che il rapporto dell’uomo con l’acqua” continuò Mugen, con il tono e l’espressione di Jin.

Fuu sentì la bocca curvarsi in un sorriso.

“Ti prego, Mugen” mormorò, tornando a guardare la schiena di Jin.

“Per pescare basta farsi guidare dai sensi” continuò lui, imitando il bushido  boy.

“Non ridere. Non ridere. Non ridere.”

“Dai, basta …”

“ …E poi non ne ha preso neanche uno!” disse Mugen, esplodendo in una risata.

E Fuu non potè non fare altrettanto. Perché l’imitazione di quell’idiota era perfetta, e perché era vero che Jin, che aveva “spiegato” loro come fare, non aveva preso nemmeno mezzo pesce.

La ragazza si portò la mano alla bocca, cercando di mantenere una compostezza, mentre l’uomo rideva forte, quasi a voler  farsi  sentire dall’altro.

Quando ebbe finito di ridere, notò che Jin non era più sulla roccia.

Il senso di colpa si impadronì di lei in meno di un istante.

“Non avremmo riso un po’ troppo?” chiese a Mugen, con una nota di tristezza nella voce.

“Ma và” rispose lui, tornando a mangiare il suo pesce.

Fuu lo osservò con la coda dell’occhio.  In quel momento avrebbe dovuto odiarlo. Era solo colpa sua se Jin si era offeso, no?

Lei gli aveva detto di fermarsi, ma lui niente.

Faceva mai quello che gli chiedeva? Ovviamente no.

Nonostante il senso di colpa, però, la ragazza si sentiva felice.

Come se quel teppista le avesse fatto un regalo.

Eppure Fuu non era una “musona” come Jin. Non era raro che ridesse o fosse allegra.

Ma che cosa aveva di diverso il ridere con Mugen?

Perché nella sua testa si stava facendo strada l’idea che quel momento fosse uno dei più belli della sua vita?

Poi, mentre lui si stendeva sull’erba e cercava di riposarsi, capì tutto.

Fuu lo odiava tanto, troppo.

Insomma, bastava guardarlo in quel momento.  A lui non importava nulla dei sentimenti degli altri.

E’ vero, probabilmente lei stava esagerando a preoccuparsi per Jin, ma sempre meglio del menefreghismo di quel teppista!

Ed era proprio per questo che le risate con Mugen erano rare … preziose.

Perché con lui ci litigava e basta.

Un sorriso increspò le sue labbra.

“ Guarda tu con chi ho a che fare.”

 

 

#Unisono#

Jin era lì, davanti a lei. Nel buio della notte, la pelle bianca dell’uomo sembrava quasi  fosforescente.

Lui le porse una delle sue scarpe.

La scarpa che aveva perso nel Fiume.

Un brivido le corse lungo la schiena.

La scarpa che aveva perso quando stava per morire.

Si sforzò di mandare via quella terribile sensazione.

Poi tornò a guardare Jin.

Le era mancato molto, non poteva nasconderlo. La separazione di quella mattina l’aveva fatta sentire molto triste e vuota.

“Che ci facevi con la mia scarpa? La tenevi come ricordo?” gli chiese, intenerita dal fatto che l’uomo ci tenesse a lei.

“Veramente, pensavo fosse giusto metterla insieme al tuo cadavere.” Rispose lui, atono.

“Ah” disse la ragazza.

Mai che le dicessero qualcosa di carino, quei due.

Due?

Non voleva pensare a lui. Assolutamente no.

L’avrebbe evitato con tutta se stessa.

“Comunque … alla fine ci siamo rincontrati” disse lei, cercando di evitare i lunghi silenzi dell’uomo.

“Mh” rispose lui, come del resto la ragazza avrebbe dovuto aspettarsi.

Fuu si guardò i piedi.

Chissà Mugen …

No.

Non ci voleva pensare.

Le cose che le aveva detto erano state veramente orribili. Si era proprio impegnato a fare lo stronzo.

Lui non era degno delle sue preoccupazioni.

Lui non era degno dei suoi pensieri.

Lui non era degno dei suoi sentimenti.

“E’ un teppista, un maschilista, un maniaco  pervertito. E di lui non ci si puo’ fidare.”

Senza rendersene conto, aveva cominciato a mordicchiarsi il labbro.

Era divisa in due.

Da una parte c’era la sua testa, e dall’altra c’era il suo cuore.

Era sempre così, quando si parlava di Mugen.

La confusione prendeva il sopravvento. E la piccola Fuu non capiva più nulla.

Tornò a guardare l’uomo che le stava di fronte. Anche Jin era perso nei suoi pensieri.

Sentendosi osservato, il bushido boy la guardò.

C’era qualcosa di strano nel suo sguardo.

Qualcosa che stavano condividendo, ma senza neppure saperlo.

“ E lui?” chiesero, all’unisono.

Fuu non era riuscita a trattenersi. Maledizione.

“ Io … non l’ho visto” rispose, a malincuore.

“Che tu sia maledetto, Mugen”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Cap 3: Risveglio, Disperazione, Lacrime, L'altra. ***


#Risveglio #

“Mugen, Jin! Salvate quell’uomo!” urlò la ragazza, senza togliere gli occhi di dosso all’uomo in fiamme.

Erano scesi nell’Inferno: fuoco e fiamme ovunque, urla strazianti di dolore.

Tutti uguali, tutti in pericolo. Tutti dovevano avere una seconda possibilità.

“Cosa? Che cazzo dici, Fuu!” le urlò Mugen, afferrandole il polso e tirandola verso di sé.

 

“Ti sei guardata intorno?!” continuò il ragazzo “ Ti sembra questo il momento di fare gli eroi?”

Fuu non sapeva che cosa rispondere. In preda all’ansia, continuava a voltarsi verso l’uomo in pericolo.

Perché doveva andare sempre così?

“Guardami!” urlò Mugen, strattonandola.

Perché gli altri non potevano salvarsi? Perché solo lei, così piccola e inutile, doveva rimanere in vita?

 

“Non hai ancora trovato il samurai che profuma di girasoli! Vuoi proprio morire adesso?”

La risposta.

Fuu ritrovò il suo equilibrio.

Doveva vivere. Aveva uno scopo.

“Grazie, Mugen”

 

 

#Disperazione#

No.

No.

No.

No.

La nave brillava su quello specchio d’acqua. Pezzi di legno continuavano a volare per aria e il fumo ormai aveva quasi coperto le stelle.

No.

Non poteva essere vero.

Era tutto così assurdo. Come guardare una vita non sua.

Poi il pianto dell’altra la svegliò.

“No …” cominciò Fuu, guardando prima Jin e poi la ragazza in lacrime.

Mugen.

Si trattava di Mugen.

Quello dei budini dolci.

Quello che aveva fatto fuori quell’impossibile Gigante.

Gli aveva visto fare cose … assurde.

E morire in quel modo era così … così… banale.

Non poteva trattarsi dello stesso ragazzo.

“Non è così semplice uccidere Mugen!” urlò.

Si voltò, pronta a correre a cercarlo sulla spiaggia. Era convinta di trovarlo lì, sano e salvo.

“Sarà sicuramente saltato in acqua prima dell’esplosione …”

“Fuu, fermati.”

“E quando lo troverò, mi dirà qualcosa di stupido …”

“Fuu, smettila!”

“ E io, io. Io piangerò, piangerò perché…”

“Fuu, Fermati!”

Non si era neanche accorta che Jin la stava trattenendo per il polso.

I suoi occhi tornarono alla nave.

Non era Mugen ad essere morto.

Era lei a morire, con gli occhi incollati a quelle fiamme.

 

#Lacrime#

“Perché stai piangendo?”

Accidenti, se n’era accorto.

Ma Mugen doveva proprio spuntare fuori in quel momento?

Non voleva rispondergli.

Non voleva dirgli che si era commossa solo perché aveva visto una bambina con la sua mamma.

Mugen non avrebbe capito. L’avrebbe presa in giro, e lei non l’avrebbe sopportato.

Ma era anche vero che il ragazzo non avrebbe avuto tutti i torti.

“Non sto piangendo” rispose, girandosi dall’altra parte.

Ma le mani del ragazzo sulle sue guance la costrinserlo a guardarlo.

Quel contatto, naturale quanto inaspettato, la fece arrossire.

“Chi ti ha fatto piangere?” le chiese lui, con la voce ferma e gli occhi fissi nei suoi.

“ … Mugen … io…”

“Lo farò piangere.”

Cosa?

Ma lo aveva detto sul serio?

Mugen voleva vendicarla?

A Mugen importava qualcosa ?

E perché diavolo a lei sembrava di essere la persona più felice del mondo, in quel momento?

 “Oh, Mugen …” cominciò la ragazza, quasi commossa.

“Devi solo dirmi quanto sei disposta a spendere.”

Ma che …?

“Mugen, STUPIDO! Ed io che ero quasi commossa!” urlò, dandogli un pugno in testa.

 

#L’altra #

“ E Fuu? Lei è felice?”

Mugen continuò a fissare il cielo, senza far capire a Koza quanto la sua domanda lo stupisse.

Cosa  diavolo c’entrava, Fuu, in tutto questo?

Si stava parlando del suo passato, giusto?

Della sua vita, del suo Inferno.

Cosa cazzo c’entrava quella stronzetta, con quel discorso?

“ … Lei?” chiese, con il solito tono svogliato.

Uno strano silenzio scese tra loro due.

“Lei è felice perché è con Mugen” rispose Koza.

Una risposta a se stessa, una risposta per entrambi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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