Of tapestries and friendships

di BelleAmie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Of bloodlines and presents ***
Capitolo 2: *** Of Hippogriffs and Harry ***
Capitolo 3: *** Of Demons and Whiskey ***



Capitolo 1
*** Of bloodlines and presents ***


 

 

Of bloodlines and presents

 

 

 

 

Pagina 89 edizione italiana di Harry Potter e l’Ordine della Fenice:

 

‹‹Stiamo cercando di rendere questo posto adatto a ospitare degli esseri umani,›› disse Sirius, agitando una mano per mostrare la cucina lugubre. ‹‹Nessuno abita qui da dieci anni, da quando è morta mia madre, a meno di contare il suo vecchio elfo domestico, e lui è matto… non pulisce niente da secoli››.

 

*

 

Tutta quella storia di pulire Grimmauld Place numero 12 si era rivelata, nel corso di un paio di giorni, un’ardua impresa. In primo luogo, era sconfinata; in secondo luogo, era infestata di tutta una serie di piccole mostruosità che amavano annidarsi nei capelli; in terzo luogo, la signora Weasley, pur avendo sbolognato anche ai figli l’onere delle pulizie, non faceva che aggirarsi nervosa in uno stato di costante ‘supervisione’. Il  suo nervosismo peggiorava quando c’era Sirius nei paraggi; ed essendo Sirius il padrone di casa, era un miracolo che alla signora Weasley non fosse ancora venuto un colpo.

Per la prima settimana era riuscita a tenere Ginny lontana da quell’uomo curioso, che dal canto suo aveva passato gran parte delle sue giornate in una quieta reclusione, parlando solo alle riunioni dell’Ordine o immergendosi in qualche conversazione con Ron ed Hermione; poi la sua missione di riassestamento della casa dei Black si era rivelata un’arma a doppio taglio, perché quando Sirius le aveva detto che sarebbe salito in libreria a dare una spolverata ai libri e la caccia qualche Doxy, Ginny si era accodata senza dire un’altra parola, e la signora Weasley si era dovuta limitare a pulire lo studio accanto, lanciando ogni tanto un’occhiata in libreria per accertarsi che Ginny fosse ancora tutta intera.

Erano in libreria già da un’ora a spolverare gli antichi tomi lì contenuti. C’erano enciclopedie di venti volumi, romanzi, testi che parevano provenire dal Medioevo, prime edizioni di opere rinomate della letteratura magica come Le novelle di Potto il cavaliere e, nascosti dietro a tomi più imponenti, anche qualche libro Babbano.

‹‹Roba mia,›› aveva detto Sirius, cupo; ma Ginny era riuscita a strappargli un sorriso quando aveva tirato fuori una copia della rivista settimanale La Tua Motocicletta, data 14 marzo 1974, dal tomo ‘R’ di un’enciclopedia.

Sirius non parlava molto, ed era effettivamente un po’ strano, come le aveva detto Ron in confidenza; ma non sembrava malvagio. A Ginny dava l’impressione, in qualche momento fugace, di essere della stessa razza dei suoi fratelli gemelli, solo con quasi vent’anni di più sulle spalle e più di un decennio di Azkaban nella testa. Era un miracolo che ragionasse ancora: e Sirius ragionava molto bene. Ripulendo la libreria, aveva dimostrato di aver letto una buona porzione di quei libri; e, ogni tanto, citava a memoria versi di questo o quel libro. Inoltre, Ginny non aveva potuto evitare di notarlo, Sirius era anche piuttosto attraente. Ogni tanto, lanciando qualche occhiata, le pareva di vedere da qualche angolazione come doveva esser stato da giovane, e il dato era uno solo: Sirius doveva essere stato molto bello, da giovane. Questa commistione di fattori fecero sì che, dopo un’oretta trascorsa insieme, Ginny si sentisse molto affascinata da quel peculiare, taciturno essere umano; e mentre la sua stima in Sirius cresceva, le veloci visitine di controllo della madre risultavano sempre più sgradevoli.

Fu mentre ripuliva uno dei cassetti superiori della libreria, vicino al soffitto, che scovò un grosso oggetto ovale e molto duro, rotolato in fondo al cassetto. Usando uno straccetto lo ripulì alla meglio da quelli che parevano un paio di decenni di polvere, e l’oggetto si rivelò un pezzo di pietra levigata e smaltata.

‹‹Ehi, questo deve valere un sacco di soldi,›› disse, quando sulla sua superficie, di un color verde profondo, apparvero delicatissimi intarsi d’oro e il luccichio di gemme preziose. ‹‹E’ un… uovo?››

Sirius, che con qualche giro di bacchetta stava dando una spolverata ad una pila di libri sparsi sulla scrivania centrale, si girò di scatto.

‹‹Tu guarda,›› disse, con un tono di educata sorpresa. Ginny glielo consegnò e lo guardò mentre lo studiava. Poi Sirius tirò fuori la bacchetta e gli diede un colpetto. Metà dell’uovo si sollevò in aria, galleggiando ad una trentina di centimetri dalla metà inferiore, tutta ricoperta di velluto rosso, e dal fondo dell’uovo emerse un piccolo grifone d’oro, corpo di leone e testa e ali d’aquila. Fece un volo aggraziato attorno all’uovo, si posò sulla cima della calotta superiore e fece un piccolo, adorabile ruggito. Quindi riprese il volo e andò a sistemarsi nel suo letto di velluto. La metà superiore dell’uovo calò, e il grifone fu nascosto alla loro vista.

‹‹Era da tanto che non lo vedevo,›› disse Sirius, impensierito. ‹‹Fu un regalo di mio zio Alphard quando seppe che ero finito a Grifondoro. Credo che lo abbia trovato molto divertente,›› soggiunse, con il fantasma di un sorriso sulle labbra. ‹‹Ho sempre sospettato che a farlo sparire fosse stato mio fratello. Regulus era un idiota,›› disse, c’era una certa dolcezza nella sua voce.

‹‹E’ bellissimo,›› disse Ginny, senza pensarci. Forse lo stava guardando con troppa intensità, perché Sirius glielo restituì e disse, con un tono di estrema noncuranza, ‹‹E’ tuo, se lo vuoi. Io non me ne faccio nulla.››

‹‹Oh no -›› protestò immediatamente. ‹‹Non potrei mai accettarlo, è troppo costoso…››

Il solo pensiero di possedere un uovo del genere, che doveva costare almeno un migliaio di galeoni, la faceva arrossire. La cosa più pregiata che possedeva era la catenina d’oro del suo battesimo…

‹‹Sciocchezze,›› tagliò corto Sirius.

‹‹E poi mia mamma non me lo lascerebbe mai tenere,›› aggiunse Ginny, cupa.

Sirius scrollò le spalle, come un ragazzo. ‹‹Non è un problema. Parlerò io con Molly,›› disse. ‹‹Prendilo come un regalo da un cugino.››

‹‹Cugino?››

Sirius sorrise. ‹‹Vieni, ti mostro l’Albero della Nobile e Antichissima Casata dei Black, Toujours pur, maledetti loro,›› disse Sirius, con un movimento della mano a mezz’aria di comica affettazione.

La condusse al piano inferiore, in cui c’era la grande sala principale di casa Black. Una parete era interamente occupata da un gigantesco arazzo dell’albero genealogico della famiglia. Come poté constatare ad un più vicino esame, era, più o meno, l’albero genealogico di un’ottima porzione di tutte le più antiche ed importanti famiglie purosangue del Regno Unito. C’erano anche i Potter – il cuore di Ginny ebbe uno stupido, piccolo sobbalzo – ma Sirius si riscosse e le indicò un punto dell’albero bruciacchiato.

‹‹Tua nonna Cedrella era una Black, come saprai,›› disse.

Ginny annuì. Era una figura nebulosa nella sua memoria, che consisteva di occhialini da lettura e un aspetto elegante, sprecato nella più umile dimora del marito: ma forse erano solo ricordi fabbricati dalla sua immaginazione. L’unica cosa certa era che Cedrella Weasley era morta quando lei aveva cinque o sei anni.

‹‹Bè, lei e mio nonno Pollux erano cugini di primo grado. Come puoi ben vedere,›› disse, indicando i due punti distinti nella tappezzeria, ‹‹per la mia cara mamma sia tua nonna che io non siamo altro che un paio di bruciature.››

‹‹Allora questo significa che io e te…››

‹‹Siamo cugini di terzo grado,›› rispose Sirius, tranquillamente.

‹‹Bè, figo,›› decretò Ginny.

Forse era stupido, ma vedere il loro legame di sangue in filigrana d’oro su un arazzo la fece sentire all’istante un poco più comprensiva nei confronti di Sirius, che, cogliendola del tutto alla sprovvista, rise.

‹‹Sì, è figo,›› disse. ‹‹Non è altrettanto figo il fatto che la tua cara bisnonna era una Yaxley,›› soggiunse, indicando Lysandra Yaxley, unita a doppio filo con Arcturus Black.

Ginny prese la palla al balzo, e indicò a sua volta l’area della bruciatura di Sirius. ‹‹Bè, Sirius, a quanto vedo, tua nonna era una Tiger e la tua bisnonna una Bulstrode.››

Sirius rise. ‹‹Touché.››

In quel momento si sentirono, dal piano di sopra, i richiami della signora Weasley. ‹‹Ginny, Ginny…››

‹‹Ritorniamo di sopra, o tua madre perderà la voce,›› disse Sirius, impassibile. ‹‹Terrai l’uovo? Dopotutto, tua madre non deve per forza sapere…››

Questa volta fu il turno di Ginny di ridere. ‹‹Se la metti così, ci farò un pensierino…››

 

 

*

 

 

Nota dell’Autrice: Mi piace pensare che alla fine l’uovo di Sirius sia ritornato a Grimmauld Place… quando Harry e Ginny l’hanno resa la loro casa dopo il loro matrimonio! Storia ispirata, come forse avrete intuito, da quei leggendari oggetti di gioielleria che sono le uova Fabergé.

 

 

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Capitolo 2
*** Of Hippogriffs and Harry ***


Of Hippogriffs and Harry

 

 

‹‹Siete degli irresponsabili! Questa non è casa vostra – cosa pensavate – questa è una faccenda seria e non stiamo scherzando – irresponsabili…!››

‹‹Ma mamma -›› iniziò Fred, alzando le mani in alto, ‹‹era solo uno scherzetto -››

‹‹Ne ho piene le tasche dei vostri scherzetti – ››

Ginny se la batté prima che la madre se la prendesse anche con lei.  Aveva un forte mal di testa, e non era in vena di ascoltare una ramanzina della madre. Forse la casa stava iniziando a influenzarla, pensò mentre scendeva le scale, buia, triste e polverosa com’era.  Aveva una mezza idea di andare a scrivere qualcosa al suo ragazzo, perché era da più di una settimana che non gli scriveva nulla e, oh Merlino, Michael aveva una certa tendenza a prendere le cose sul personale. Chissà dov’era in quel momento, poi. Abitava a Nottingham, ma nell’ultima lettera che le aveva scritto le era sembrato di leggere che sarebbe sceso al sud. Magari se fosse venuto a Londra… ma non sarebbe mai riuscita a convincere sua madre…

‹‹Attenzione, ragazzina,›› disse una voce maschile, e Ginny quasi perse l’equilibrio. Era Sirius che attraversava il corridoio a grandi passi. Teneva sollevato un grosso sacco di iuta; il fondo era intriso di sangue. ‹‹Stai bene?››

‹‹Oh, io – sì, sì. Quella è la cena di Fierobecco?››

Sirius alzò il sacco e gli lanciò un’occhiata vagamente disgustata. ‹‹Li ho presi oggi nell’attico. Credo che ce ne siano pressappoco un migliaio.››

Senza pensarci troppo Ginny lo seguì su per le scale. Era diventata una cosa abbastanza rara, vedere Sirius. I primi tempi era stato piuttosto allegro, o forse solo contento di avere qualcun altro in casa; poi erano passati i giorni, erano aumentate le riunioni dell’Ordine e, da un giorno all’altro, non si era più fatto vedere molto. Ginny sospettava che passasse gran parte del suo tempo nella biblioteca, a spolverare tomi, bruciarne altri (quelli dai titoli più graziosi, come ‘Inferiorità Babbana’ e ‘Studi Anatomici su Mezzosangue del Quindicesimo Secolo’) e dare un’occhiata a quel vecchio giornaletto di motociclette; oppure se lo immaginava in camera sua, a cercare di far rivivere il rosso acceso degli stendardi Grifondoro, sbiadito da un decennio.

Aveva sistemato Fierobecco in quella che era stata la camera personale della madre di Sirius. Come tutte le stanze di Grimmauld Place era grande e dagli altissimi soffitti, e questa in particolare era molto maleodorante. La carta da parati, un tempo blu, ora color topo, si staccava dal muro, e il pavimento era coperto da un centimetro buono di polvere. Un imponente letto matrimoniale di legno intarsiato troneggiava al centro della stanza, con le tende del baldacchino ingrigite, impolverate e tirate; in fondo, vicino alle due grandi finestre sbarrate, un piccolo, un tempo grazioso, salottino, con un divanetto e una poltroncina; completavano il tutto eleganti armadio e toeletta in mogano, ed una porta che conduceva alla camera adiacente, presumibilmente occupata un tempo da Orion Black.

E, nel mezzo, un ippogrifo.

‹‹Ciao, Fierobecco,›› salutò Ginny, allungando una mano perché Fierobecco l’annusasse. Avevano già fatto conoscenza, l’ippogrifo e i Weasley; Fierobecco era parso particolarmente felice di rivedere Hermione, e si era profuso in una serie di inchini e versi aquilini, praticamente invitandola a montare in sella. Hermione aveva declinato.

‹‹Gratta e netta,›› mormorò Sirius, puntando la bacchetta ad un mucchio di escrementi di considerevoli dimensioni. Il problema maleodorante sparì in qualche istante e Sirius aprì il sacco. L’ippogrifo s’alzò, diede un mezzo battito d’ali e fece un verso gutturale di approvazione. ‹‹Qualche bel grasso ratto per te. Ti consiglio di andare a sederti,›› aggiunse in direzione di Ginny. ‹‹Qualche volta diventa un po’ agitato mentre mangia.››

Iniziò a nutrire l’animale lanciando nella sua direzione le pantegane, che Fierobecco si divertiva o a mangiar giù intere oppure, in afflati di gioia, a lanciare in aria e riprendere, ora afferrandole intere, ora strappandole a pezzi, come una specie di grosso, assai feroce cane. Sirius guardava con un sorriso di compassionevole tenerezza.

‹‹Perché Molly stava urlando?››

‹‹Fred e George,›› spiegò Ginny. ‹‹Una delle loro nuove invenzioni… è esplosa… la carta da parati si è bruciacchiata un po’, ma mamma l’ha sistemata. Il problema è che ora sono coperti di pustole…››

‹‹Faranno strada,›› disse Sirius. ‹‹Conoscevo un po’ di gente più o meno come loro…››

‹‹Dovresti dirlo a mamma. Immagino che avere Fred e George per figli deve essere un po’ problematico.››

‹‹Il mondo ha bisogno di un po’ di risate,›› disse Sirius. Fierobecco emise uno dei suoi versi, a metà tra un’aquila e una specie di grosso varano. Se la stava spassando un mondo, l’ippogrifo; ma poteva fare solo pochi passi con le ali spalancate, prima di doverle richiudere. A guardarlo bene, sembrava che non stesse tanto bene: c’erano un sacco delle sue penne sul pavimento.

‹‹Lo fai uscire, ogni tanto?›› chiese Ginny, indicando con un cenno della testa l’animale.

‹‹Lo vorrei, ma non posso. Ha bisogno di stiracchiarsi un po’, volare, farsi una galoppata. Mi fa pena, rinchiuso qui.›› E Ginny ebbe la strana sensazione che Sirius stesse parlando anche di se stesso. Dopo dodici anni ad Azkaban, chi non avrebbe voluto soltanto ‘stiracchiarsi, volare, e farsi una galoppata’ assieme al proprio ippogrifo? Ginny sapeva che se fosse stata nella posizione di Sirius avrebbe passato tutto il suo tempo all’aperto, da qualche parte dove l’occhio potesse sperdersi, e sarebbe stato già abbastanza per lei. Invece era rinchiuso in una casa che odiava.

‹‹Anche io vorrei uscire,›› disse, dopo qualche istante di silenzio, ‹‹vorrei poter giocare un po’ a Quidditch, o godermi un po’ il sole… Non c’è nulla da fare,›› ammise, vagamente imbarazzata dalla consapevolezza che le sue sofferenze non erano nulla in confronto a quelle di Sirius. ‹‹Fred e George sono sempre chiusi nella loro stanza a combinare guai, e Ron ed Hermione stanno sempre chiusi da qualche parte a litigare. Non smettono mai, lo giuro su -››

Sirius sorrise per davvero, stavolta. ‹‹Un vecchio copione.›› E gli parve così divertente che continuò a sorridere mentre Fierobecco mandava giù il quinto o sesto ratto. Pareva molto giovane adesso, in maniera quasi strabiliante, e sembrava quasi sul punto di scoppiare a ridere. Era una cosa allo stesso tempo adorabile ed inquietante: alcune volte i sentimenti intensi e contrastanti espressi nelle linee del suo volto gli davano – per quanto a Ginny dispiacesse notarlo – una vaga aria da pazzo.

‹‹Mi dispiace che ti abbiano confinata qui dentro,›› disse alla fine, ‹‹effettivamente se non ti chiami Mundungus Fletcher credo che sia difficile trovare qualcosa di interessante qui dentro. Ma per vostra fortuna fa un mese andrete ad Hogwarts. E io rimarrò qui a fare le pulizie,›› aggiunse con una smorfia di disgusto.

‹‹Sono sicura che Silente…›› iniziò Ginny, ma si sentì subito molto stupida e ingenua e non finì la frase.

‹‹Silente si sta comportando da Silente,›› disse Sirius, con il tono di chi aveva avuto modo di sperimentare più volte cosa significava ciò che diceva. Ginny era venuta a conoscenza –forse proprio da Malocchio Moody, che non sembrava parlare d’altro – del fatto che Sirius era stato parte del primo Ordine della Fenice, prima che il sacrificio dei Potter ponesse fine alla guerra. Si accorse, con un po’ di vergogna, di non sapere molto della Prima Guerra; era stato un argomento che tutti avevano voluto infilare sotto il tappeto, schiacciare coi piedi e dimenticare che fosse mai avvenuto. Nemmeno sua madre, sorella di due stimati eroi, Gideon e Fabian, ne aveva mai parlato molto – e men che meno con lei. Lei era solo Ginny, no? La piccola, innocente Ginny, che non doveva sapere quelle cose.

‹‹Non lascia nemmeno che Harry venga qui da noi,›› commentò Ginny, un po’ spassionatamente. Le venne in mente subito Michael, per qualche motivo, e dopo qualche ricerca fu felice di sentire uno svolazzo, leggero ma presente, di farfalle nello stomaco: era la prova che aveva superato tutta quella faccenda patetica di essere innamorata persa di Harry Potter, come la più stupida delle sue ammiratrici, solo perché era il Bambino Che E’ Sopravvissuto, e perché – bè, era innegabile – perché aveva il paio di occhi più straordinari che si fossero mai visti.  Merlino, quel colore non sembrava nemmeno vero. All’improvviso, provò ancora più nostalgia di Michael, dei suoi capelli neri e disordinati, dei suoi occhi marroni…

Nelle sue fantasticherie non si era accorta che il sorriso era sparito dal volto di Sirius e che quella strana luce giovanile era sparita. Era ritornato Sirius, uomo dall’età incerta, il volto scavato e due occhi inquieti. Era stata la menzione di Harry? Ginny sapeva – aveva intuito, da conversazioni origliate e confessioni di Hermione – quanto Sirius lo amasse; sapeva anche che Sirius Black era stato uno dei migliori amici del padre di Harry, ed era per questo che era il suo padrino.

Ormai Fierobecco aveva finito di mangiare, e Sirius era più o meno lì, in piedi, a grattare il collo dell’ippogrifo. Ci fu uno strano silenzio nella sala, rispettato anche dall’animale, che teneva gli occhi socchiusi per il piacere dei grattini. Probabilmente stavano pensando tutti e due alla stessa cosa: la disastrosa terza prova del Torneo Tremaghi  e l’esilio di Harry dal mondo magico.

‹‹Fra una settimana sarà il suo compleanno,›› disse Sirius cautamente. ‹‹E dovrà trascorrerlo rinchiuso da quei pazzi Babbani.›› Parlava con tono cospiratore, come se stesse pensando di fare qualcosa, prenderlo nel Surrey e portarlo via. Dove avrebbero vissuto?  Ginny immaginò una spiaggia tropicale, lontano dal freddo, dalla pioggia, da Voldemort, stesi su sedie a sdraio, mescolando pigramente cocktail esotici e mangiando fette di mango. Sarebbe stata una buona vita, la vita che Harry meritava. Ma sapeva che Harry, anche se gli si fosse presentata la possibilità, non avrebbe mai accettato. E anche Sirius lo sapeva.

‹‹Gli prepareremo delle torte,›› suggerì Ginny. ‹‹L’anno scorso…››

Sirius non diede segno di aver ascoltato, i suoi occhi grigi persi da qualche parte, ma annuì. ‹‹Torta di melassa. E’ la sua preferita, proprio come James.››

Lasciarono Fierobecco, Sirius chiuse a chiave la stanza e ridiscesero in silenzio le scale. Poi Sirius si scusò borbottando qualcosa e andò in libreria, e Ginny, rimasta sola, scese in cucina. Afferrò penna, pergamena ed inchiostro, e scribacchiò ‘Caro Michael’ – ma poi appallottolò il foglio, ne prese un altro e con più soddisfazione scrisse ‘Caro Harry’ e pensò a qualcosa di divertente da scriverglieli, ma non ne trovò, perché aveva la testa piena di pensieri e nessuno di questi era particolarmente allegro.

Era strano parlare con Sirius, perché non si aveva mai l’impressione di star parlando con qualcuno che viveva nel tuo stesso mondo. Il suo era quello di quindici anni prima, l’unico in cui fosse stato felice. Era un esule, pensò Ginny, scappato dalla più tetra prigione per fiondarsi in un nuovo mondo, ma non migliore di quello che aveva lasciato. Il presente per Sirius Black non era lo stesso presente in cui vivevano loro: il presente per lui era una comparsa occasionale nel flusso ininterrotto dei suoi ricordi. La tragedia di Sirius era essere un uomo vivo ancorato ad un mondo fantasma, abitato da fantasmi, più evanescenti della memoria, più solidi dell’amicizia, più intangibili del velo che li separava da lui.

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Of Demons and Whiskey ***


Of Demons and Whiskey



Caro Harry,

spero che tu te la stia passando abbastanza bene dai Babbani e che


Ginny passò l'ennesimo tratto di penna sulle parole appena tracciate. A forza di iniziare ed interrompersi le era venuto il mal di testa. Non era nemmeno il compleanno di Harry, visto che era solo il trenta luglio, ma c'era qualcosa in quella casa che non la lasciava dormire. La lista di stanze da pulire era interminabile, come anche i mucchi di polvere, i buchi da stuccare nelle pareti, gli insetti da catturare... E poi c'era caldo, un caldo umido che si attaccava alla pelle e rendeva le opere di pulizia ancora più insopportabili. Era stato uno strano luglio.


Così, dopo essersi girata e rigirata sotto le lenzuola per un'ora intera, Ginny aveva abbandonato i suoi propositi di andare a dormire ed era scesa al salottino del primo piano. Aveva fatto piano, per evitare di svegliare qualcuno, o sua madre, che, dopo la riunione dell'Ordine di quella sera, era stata particolarmente intrattabile. Scrivere la lettera di compleanno a Harry era sembrata una buona idea.


Le parole però stentavano ad uscire dalla sua penna. Non riusciva ad immaginare il suo stato, dopo quello che era successo al Torneo. Harry era forte, ma quanto? Ginny non aveva saputo molto, in realtà, di quello che era successo. Nemmeno Ron o Hermione si erano lasciati sfuggire qualcosa, a parte l'idea generale di quello che era accaduto la notte della morte di Cedric Diggory – e l'idea generale era bastata a darle degli incubi... e a nutrire quella sensazione cupa ed ironica che albergava in lei da tanto tempo: di essere tra le poche, poche persone al mondo capaci di capire fino in fondo cosa poteva provare Harry Potter in quel momento.


Caro Harry,

stare coi Babbani deve fare schifo, ma credo che tra poco verranno a prenderti


Non era vero. Anche Hermione lo pensava: l'Ordine – Silente – non aveva nessuna intenzione di portare Harry a Londra. Quando l'aveva chiesto a suo padre, aveva ottenuto come unica risposta un farfugliato 'lo sa Silente, quello che dobbiamo fare' e poi sua madre le aveva chiesto se preferiva le carote o i cetrioli nell'insalata con il suo tono da 'non sono cose che ti riguardano, Ginny'.


Lettere a quest'ora della notte, romantico,” disse all'improvviso una voce leggermente strascicata dietro di lei.


Era Sirius, il viso mezzo oscurato dalle ombre, e una bottiglia in mano. Evidentemente non era l'unica persona incapace di addormentarsi, quella notte – e Sirius, nel semi-buio del salotto e munito di alcol, pareva, bè, pericoloso. Più del solito, in ogni caso. Era uno di Quei Momenti: quei momenti in cui sembrava che il carcerato, l'uomo di Azkaban dentro di lui, fosse riuscito a rompere il sottile, labile strato di ghiaccio che Sirius aveva costruito attorno a sé e ora affiorasse in tutta la sua minacciosità.


Io, uh, cercavo di scrivere un biglietto per Harry,” spiegò Ginny, raccogliendo in fretta il foglio e la penna dal tavolino, per evitare che Sirius leggesse. Ma l'uomo pareva totalmente disinteressato: si era lasciato cadere sulla poltrona di velluto dall'altro lato del tavolino, in una scomoda posizione diagonale, una gamba su uno dei braccioli della poltrona, l'altra per terra, e un'aria di totale sconfitta. “Stai bene, Sirius?”


Agitò la bottiglia in quello che voleva essere un gesto rassicurante. “Sì, sì, sto bene,” disse con tono ruvido. “Sto benissimo.”


Ginny rimase in silenzio. Non sapeva che altro dire, in realtà, e fece una mezza idea sul ritornare a letto, ma le parve scortese, quindi rimase lì, sul divano, cercando di evitare il luccichio della bottiglia in mano a Sirius. Ebbe quasi la tentazione di usare la sua voce da Molly e dirgli 'posa la bottiglia', ma si trattenne. Dopotutto Sirius era un uomo adulto e vaccinato. Erano fatti suoi, anche se tutti lo sapevano, di lui e del suo problema con le bottiglie di liquore invecchiato stipate nella cantina. Nessuno aveva osato commentare al riguardo, ovviamente – tranne Hermione, che un paio di settimane prima aveva pigolato un 'non ti fa bene' ed aveva ricevuto come unica risposta un sopracciglio alzato e tutta la proverbiale freddezza dei Black.


E' stata una riunione interessante?” buttò lì Ginny, per rompere il silenzio.


Le solite idiozie,” rispose lui. “E quel bastardo, quello che mi tocca sentire -”


Non c'era bisogno di chiedere chi fosse il bastardo in questione. L'umore di Sirius precipitava appena Severus Piton metteva piede in casa. Non che lei, Ron, Hermione e i gemelli fossero molto più felici, certo. Le poche volte che lo avevano incrociato il suo sguardo nero aveva comunicato una sola cosa: sarò particolarmente insopportabile quest'anno.


Immagino,” disse Ginny velocemente.


Sirius sorrise amaramente e butto giù un sorso del liquore. Alzò la bottiglia davanti a sé, esaminandola. “Un finissimo Urquhart. Questo era di papà,” disse con un sorriso più largo e inquietante. “Whiskey scozzese, invecchiato un centinaio di anni, ci sarebbe andato a letto se avesse potuto, il vecchio pazzo.” Rise della sua stessa battuta, poi si rabbuiò di colpo.


Nei suoi giorni a Grimmauld Place, Ginny aveva imparato a conoscere quella selvaggia oscillazione negli umori di Sirius, quel suo modo di essere affabile, persino carismatico, un momento e cupo fino al parossismo l'attimo dopo. Ma in quei momenti di solito spariva di sopra, da Fierobecco. Ginny non aveva mai avuto uno spettacolo così evidente della sua instabilità; eppure, mentre la pendola segnava con un leggero ticchettio i secondi, si sentiva stranamente a suo agio di fronte a Sirius.


Augura a Harry buon compleanno anche da parte mia,” disse Sirius a bassa voce. “Digli che Felpato se la sta spassando e digli che – ah non so. Fai tu. Gliela scriverei io una lettera se potessi. Ma non posso. Non posso nemmeno respirare nella mia dannatissima casa -” e poi si fermò e bevve di nuovo. Piccoli sorsi, come se si rinfrescasse la bocca.


Mi dispiace, Sirius,” offrì Ginny.


Dispiace anche a me,” disse lui. “Non dovresti stare qui. Non sono una buona compagnia.” Scoppiò a ridere, una di quelle sue strane risate in cui sembrava andare a corto d'aria e che finivano per essere un rantolo asmatico. Fred una volta lo aveva imitato, e si era beccato un calcio nello stinco da Ginny. “Sei coraggiosa, Ginevra. Non è un tratto da Weasley, ad essere proprio sinceri... sei più una Prewett che una Weasley. Una cosa buona secondo me,” sghignazzò.


Ginny scelse di accettare quello strano ragionamento come un complimento e rimase zitta.


Non sono proprio una buona compagnia,” ripeté, assorto. “Proprio no...”


Sei una compagnia perfettamente accettabile,” disse Ginny.


Un'espressione sardonica si dipinse sul volto di Sirius. “Grazie. Penso tu sia l'unica a pensarla così da queste parti. Pensano sia un pazzo. Forse hanno ragione.”


Dico davvero,” disse Ginny. Voleva che lo sapesse; il pensiero della solitudine di Sirius era terribile, angosciante. In quel momento la colpì il pensiero che Sirius non aveva nessuno al mondo, a parte Harry. Harry che era da qualche parte nel Surrey, tenuto lontano dal suo mondo, tenuto lontano da loro e da Sirius e con la sua buona porzione di demoni. Erano la coppia padrino-figlioccio più problematica del mondo. “Chi lo pensa è un idiota. La gente non sa quello che dice, la gente non sa mai niente di niente...” disse appassionatamente, non sapendo nemmeno lei dove volesse andare a parare. “Penso che la gente preferisca non sapere. Alcune volte penso che... penso che la gente preferisca proprio non capire. E' più semplice, così.”


Sirius la guardò come non l'aveva mai guardata prima; l'alcol aveva reso i suoi occhi cupi e pungenti, punte affilate dentro di lei. Ginny distolse lo sguardo. Stava pensando a Riddle – a come tutti facessero finta che non fosse successo. Passavano direttamente al 'ma ora stai bene', ed ignoravano il 'com'è stato essere posseduti?'. E se solo avessero saputo com'era stato, se solo avessero conosciuto il calore del sangue e quegli occhi -


Me l'hanno detto,” commentò. “Quello che ti è successo. Mi dispiace.”


E' stato tanto tempo fa,” tagliò corto Ginny. Raccolse velocemente foglio e penna e si alzò dal divano. “Vado a dormire, allora. A domattina, Sirius.”


Sirius annuì. L'atmosfera di strana intimità tra loro si era spezzata: respirava un'aria diversa, come se ci fosse più ossigeno nei suoi polmoni. La casa era sempre cupa e terribile e piena di sporcizia e di cose vecchie e orribili, ma c'erano gemme nascoste di umanità tra i suoi muri. Sirius era una di queste, rifletté Ginny mentre attraversava il salone, una di quelle gemme: un tempo aveva brillato, lo sapeva, e ora anni di polvere l'avevano corrotta e offuscata, ma c'era forse ancora un bagliore da poter salvare...


Buonanotte, Ginny,” gracchiò la voce di Sirius da dietro di lei mentre era sulla soglia. Si girò: ma Sirius non stava guardando verso di lei, ma verso il muro di fronte a lui, un muro vuoto, dall'intonaco staccato e la carta da parati rosicchiata.


Buonanotte, Sirius,” disse Ginny. “Buttalo quel whiskey,” soggiunse un attimo dopo, prima di potersi autocensurare. “Sono sicura che fa schifo.”


E prima che Sirius potesse rispondere, percorse in punta di piedi il pianerottolo e salì su per le scale.



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