I Due Cigni

di Rose_s Knight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Incontro ***
Capitolo 2: *** Cigno Bianco e Cigno Nero ***
Capitolo 3: *** La Leggenda dei Due Cigni ***
Capitolo 4: *** Il Cigno Attacca ***
Capitolo 5: *** Il Canto del Cigno ***
Capitolo 6: *** Complotti ***
Capitolo 7: *** Ricatti e Aggressioni ***
Capitolo 8: *** Avviso! ***
Capitolo 9: *** Dolore ***
Capitolo 10: *** Essere Lei ***
Capitolo 11: *** Pericoli All'Orizzonte ***
Capitolo 12: *** Io Non Credo Nei Miracoli ***
Capitolo 13: *** Un Piano Diabolico ***
Capitolo 14: *** Soltanto un Miracolo ... ***



Capitolo 1
*** L'Incontro ***


 

L'Incontro

 
Legolas, Aragorn, Gimli e Gandalf, camminavano veloci nella foresta.
L'Elfo osservava incantato la bellezza interiore di quel luogo. Fangorn non era esattamente ciò che si dice, un posto accogliente, ma essendo un' Elfo, lui poteva guardare oltre le apparenze e a quanto diceva, la foresta, aveva tante cose da raccontare. 
"Non farti ingannare da questo posto" disse Gandalf rivolto a Legolas.
"Qui, vive uno spirito maligno, che non dorme mai" continuò guardandosi attorno "Si ciba della forza vitale di Uomini, Nani, Stregoni e di Elfi" pronunciò le ultime parole duramente, come se volesse essere sicuro che Legolas lo sentisse.
"Da come ne parli sembra che tu gli sia stato accanto"disse Aragorn, guardando negli occhi grigi dello Stregone.
"Perché ne parli al maschile?" domandò Gandalf "Chi ha mai detto che si tratta di un' Uomo, figlio di Gondor?" chiese.
"Raccontaci di Lei" disse Legolas, che da un po' di tempo non proferiva parola. "No, non adesso" rispose lo Stregone. "Se ci sente, siamo finiti" concluse rimettendosi in marcia.
"Credi che Merry e Pipino siano usciti vivi da questo posto?" domandò Gimli stringendo la sua ascia "Si. Loro sono vivi" rispose Gandalf con voce grave."è per la tua incolumità che temo, figlio di Thranduilion" pensò.
In quell'istante una voce risuonò nell'aria. "Gandalf" disse "Sei stato uno sciocco a venire qui" continuò.
Era una voce dolce, ma allo stesso tempo,suadente.  Una voce femminile. "Dove sei Cigno Nero? Fatti vedere!" gridò lo Stregone. Sapeva benissimo che cosa voleva.
"Hai forse dimenticato il tuo debito? Tu mi devi un'anima" continuò la voce. "Fatti vedere!" gridò ancora Gandalf. 
Questa volta accadde. Aragorn impugnò la spada, Gimli la sua ascia mentre Legolas incoccò una freccia e tese la corda dell'arco.
Un Cigno Nero si alzò in volo sopra le loro teste. Planò su di loro e si posò davnti ai quattro.
Un fascio di luce nera l'avvolse per alcuni, interminabili istanti. Quando la luce si dissolse, davanti ai loro occhi, era comparsa una ragazza. I lunghi capelli biondi cadevano ordinati sulla schiena,lunghi fino ai fianchi. Gli occhi blu oltre oceano sembravano trafiggere gli animi come schegge di vetro e la sua bocca, rossa come il sangue era un' irresistibile richiamo per Aragorn quanto per Legolas  che era rimasto affascinato da tale, pericolosa  bellezza.Indossava un’ abito nero con le spalline scarlatte e, al collo, attaccato ad una catenina c’era un cristallo nero.  
"Odile, il Cigno Oscuro si fa rivedere" disse Gandalf, con la voce piena d'odio.
"Dunque" disse lei "Un' Uomo, uno Gnomo, Uno Stregone e un' Elfo nelle mie Terre, ah, adoro questa foresta!" concluse lei con una punta di ironia. “Hey, io sono un Nano! Non uno Gnomo!” la corresse Gimli, ma lei non ci fece caso.
 Poi si voltò e tornò a guardare Legolas "Hm, e che Elfo" mormorò. Con passi sensuali si avvicinò all'Elfo. Legolas la osservò avvicinarsi e tese ancora di più l' arco. "Non avvicinarti Strega, o io ti ..." "Ma che boccuccia! Non credevo che dalla bocca di un' Elfo potessero uscire tali parole" fece Odile, noncurante della minaccia di Legolas.
"Tu non scoccherai quella freccia" disse tornando seria e scuotendo dolcemente il capo. Quasi incantato da quella voce, Legolas abbassò l'arco e lo fece cadere a terra. Odile sorrise. Gli si avvicinò.
 Aragorn tentò di avvicinarsi ma, Odile, creò con la magia, un campo di forza che impediva ad altri di passare. “No! Stagli lontana!” gridò Aragorn, ricordando ciò che lo Stregone aveva detto rispetto alla donna.
Odile si avvicinò all’orecchio di Legolas, e,  mormorò alcune parole in una lingua sconosciuta a tutti e quattro tranne che a lei e, posò una mano sul petto dell'Elfo.
Una debole luce si sprigionò a quel contatto, appena furono passati alcuni attimi, gli occhi blu dell' Elfo, si svuotarono completamente, e quella leggendaria forza, lealtà e determinazione che da sempre caratterizzavano il suo sguardo, sparirono.
L' Elfo abbassò leggermente il viso e  dischiuse un poco  le labbra. "Legolas, NO!" gridò il ramingo,  mentre Odile sorrideva crudelmente. "Ho trovato l'anima che mi serviva" mormorò.
"No!" gridò Gandalf. "Odile, no!" la supplicò.
Ma a niente valsero le sue suppliche. "Ormai ho deciso. Sei tu che non dovevi portarlo qui, l'hai condannato a morte" disse lei, mentre,piano, avvicinava le sue labbra scarlatte a quelle di lui.
“Sei disposto a fare qualsiasi cosa che io ti chiederò?” chiese la donna in nero. “Sì, mia Signora” rispose l’Elfo, con una voce priva di qualsiasi emozione, una voce che non gli apparteneva.
“Legolas, ascoltami!” gridò Aragorn “Devi reagire, non puoi arrenderti così! Ti sta facendo un’ incantesimo, dannazione, svegliati!”
lo supplicò. Ma le sue speranze erano vane.
Odile riprese a sorridere crudelmente.
Ora, la sua libertà era vicina.
Le sarebbe bastato baciarlo, le sarebbe bastato prendere la sua Forza Vitale per sé, e la maledizione ch gravava su di lei si sarebbe spezzata.
E si sarebbe sbarazzata della sua gemella.
Odile  stava per baciarlo, quando la sua attenzione fu attratta da un'altra cosa.
Un Cigno Bianco, volava nel cielo.
Gimli strinse l’ascia. “No, figlio di Glòin” lo fermò Gandalf. “Come ’no’!” chiese il Nano.
“Probabilmente è venuto a finire il lavoro dell’altro, vuole ucciderci tutti!” lo assecondò Aragorn, con gli occhi furenti e pieni d’odio.
“Il Cigno Nero avendo il piumaggio scuro, non si preoccupa di fare del male, poiché il suo manto non ne rimarrebbe sporco. Ma che senso ha,per un Cigno Bianco, macchiare il suo candore col sangue?” disse lo Stregone.
“Forse” continuò  poco dopo “Lei, è la nostra unica speranza”i tre tornarono a guardare il Cigno che intanto si era posato sulle chiare acque del lago.
Una luce, stavolta bianca, avvolse l’animale,  e quando la luce si dissolse, sembrò che una Dea fosse scesa dal cielo.
Era la copia esatta di Odile, ma nei suoi occhi c'era fragilità, dolcezza e amore.
L’abito che portava era molto simile a quello dell’altra ragazza, ma a differenza dell’altro, questo era bianco, e aveva un paio di spalline azzurre come le acque del lago.
Come per Odile anche l’altra giovane aveva un cristallo al collo, solo che a differenza di quello della ragazza in nero, era un cristallo bianco.  
"Odette ..." mormorò Odile. 

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Capitolo 2
*** Cigno Bianco e Cigno Nero ***


Cigno Bianco e Cigno Nero

“Come per Odile anche l’altra giovane aveva un cristallo al collo, solo che a differenza di quello della ragazza in nero, era un cristallo bianco.  "Odette ..." mormorò Odile …”


“Odette” mormorò Odile. 
La donna si allontanò da Legolas.
“Possibile che tu mi debba sempre rovinare tutto?!?” chiese Odile, sarcastica.
“Sorella” disse l’altra “Non è giusto così, è scorretto”.
Odile la guardò, “In amore come in guerra vale tutto!” rispose calma,
“Non puoi fare così. È il vero amore che romperà la maledizione, tu hai solo incantato un’ Uomo!” la rimproverò Odette.
“No, non ho incantato un’ Uomo, bensì un’ Elfo! Allora sorellina, non appena io lo bacerò e mi prenderò la sua Forza Vitale, io vivrò mentre tu morirai. Dunque chi ha vinto?” chiese Odile.
“Odile, lascialo libero” disse Odette.
“Concordo con la tipa Bianca” disse Gimli.
“I tuoi poteri non sono superiori ai miei!” gridò Odile.
“No, infatti si equivalgono!” rispose Odette “Odile, non te lo ripeterò una seconda volta, lascialo libero e scioglilo dall’Incantesimo” le disse.
Odile sorrise “Ah, no! Non ora che sono così vicina alla mia vendetta, su Saruman e su di te! Non ora che sono così vicina alla libertà, ad una libertà che il mio cuore ha bramato per secoli! Non ora che …”
“Tu non hai un cuore” la interruppe Odette.
Mise una mano sul cristallo e questo cominciò a sprigionare una luce accecante.
Odile si accasciò a terra e si coprì gli occhi con le mani.
“No! Basta, smettila!” gridò.
“Vattene Odile! Vattene!” gridò a sua volta Odette.
Un turbine di luce e di piume Nere avvolse completamente Odile che, nell’arco di pochi attimi, si trasformò nel perfido Cigno Nero.
L’animale rivolse un’ultima occhiata di odio ad Odette per poi, volare via sparendo tra le fronde degli alberi. 
Nello stesso momento in cui Il Cigno Nero era volato via, il campo di forza era sparito, e , Aragorn si precipitò accanto a Legolas. Appena gli fu abbastanza vicino gli si parò davanti e prese a scuoterlo per le spalle.
“Legolas!  Legolas, mi senti? Coraggio, svegliati!” gli disse, ma non ottenne niente.
“Fermati, erede di Isildur” Aragorn si voltò verso la donna che gli stava davanti.
“Tu! È tutta colpa tua! Se solo fossi arrivata prima! È colpa tua! Tua e di tua sorella!” le gridò contro.
“Accanirti contro di me, non risolverà niente” gli disse Odette con calma, e si avvicinò. 
Non appena vide che Odette si stava avvicinando a lui e a Legolas, Aragorn, sguainò la spada.
“No! Ferma, non fare un altro passo!” la minacciò.
“Sono qui per aiutarvi” spiegò lei.
“No, non ci credo”
“Ti prego!”
“No! Non posso farmi da parte e lasciarti fare ciò che vuoi! Non te lo permetterò!”.
Era stata Odile a far scaturire dentro di lui quella scintilla, che tutti noi, chiameremmo Odio.
E a peggiorare la situazione c’era la somiglianza incredibile tra le due.
Odette stava per parlare, quando qualcosa attirò la sua attenzione. “Ma tu, tu sei, Gandalf il Grigio!” esclamò.
Gandalf le corse in contro e l’abbracciò.
“Beh, non direi proprio Grigio” disse lo Stregone.
“Ma tu eri morto, com’è possibile che tu sia qui davanti ai miei occhi?” chiese incredula la Dama Bianca
“Beh, vedi. Sapevo che avevo troppe cose da finire in questo mondo, così, sebbene sapessi che era rischioso,strinsi un patto con il Cigno Nero. Una vita per una vita. Ed ora lei vuole un’anima che le serva per sostituire la mia e per togliere la Maledizione.”* spiegò Gandalf.
“L’anima di un’ Elfo” aggiunse voltandosi ad osservare Legolas, ancora immobile. Lo sguardo ancora assente.
“Allora la colpa è solo tua” disse Aragorn.
“Tu sapevi” si avvicinò allo Stregone.
“Sapevi che quel Diavolo voleva la sua anima, ma siccome non te ne importava niente, sei passato comunque di qui!”.
Gandalf gli puntò il bastone alla gola.
“Ora basta” disse “Smettila di odiare chi non ha colpa di quanto è appena successo. Odette vuole solo aiutarci. La conosco da quando Saruman l’ha Maledetta”.
Aragorn non sembrava del tutto convinto.
“Aragorn, io posso aiutarlo, ma tu devi fidarti di me” il tono della donna era supplichevole.
L’Uomo osservò di nuovo l’amico. Se lei poteva fare qualcosa, allora tanto valeva tentare.
“D’accordo, ma non fare scherzi” disse infine.
La donna sorrise e andò davanti all’Elfo.
Si tolse il ciondolo dal collo, se lo mise in una mano e lo appoggiò sul petto di lui.
“Legolas, svegliati. Io ti libero dall’Incantesimo” disse.
Quando la ragazza terminò di dire quelle parole, Legolas chiuse gli occhi e cadde a terra.
Aragorn si avvicinò all’ Elfo, svenuto tra le braccia della giovane ,e lo osservò, gli occhi pieni di speranza.
Aspettarono alcuni istanti, poi piano, piano, l’Elfo  riprese conoscenza.
Le palpebre si aprirono, mettendo in mostra le sue iridi  cristalline.
Aragorn tirò un sospiro di sollievo.
Gandalf si allontanò, Gimli stava praticamente saltando di gioia mentre Odette sorrideva.
“Bentornato, amico mio” gli sussurrò Aragorn. 
Legolas sorrise debolmente, poi spostò gli occhi sulla ragazza ed ebbe un fremito di paura. “Aragorn … lei è …”
“No, mi chiamo Odette e sono il Cigno Bianco” spiegò lei, accarezzandogli dolcemente una guancia.
Quando toccò la sua pelle, Odette, credette di sognare.
Era liscia  e perfetta.
Una pelle marmorea che, sembrava, risplendere di luce propria.
Lo guardò negli occhi e credette di impazzire.
Due zaffiri la osservavano, erano profondi come il mare e chiari come il cielo.
Due pozze d’oceano nelle quali Odette poteva specchiarsi.
L’Elfo  le prese la mano.
“Non so bene chi tu sia, ma, il mio cuore sa, che hai fatto davvero molto per me. Grazie” le disse per poi, baciarle la mano.
“Di … di nulla. Non potevo permettere ad Odile di far del male ad una persona pura” rispose la ragazza.
“Lei è tua sorella, non è vero?” chiese lui.
“Si, di sangue. Ma in quanto a spirito, non la considero più mia sorella, Legolas” rispose lei.
“Come sai … il mio nome?” chiese lui.
Già. Come sapeva il suo nome?
Forse perché l’Uomo, Aragorn, l’aveva pronunciato.
No. Lei l’aveva sempre saputo.
Ma il perché, non lo sapeva nemmeno lei.
Stava per rispondere quando notò, l’insolito pallore sul viso di Legolas, e il fatto che, a fatica teneva gli occhi aperti.
Era stanco.
E lei sapeva il perché.
Il fatto di essere stato sotto l’influsso negativo di Odile.
Per un’ Uomo normale non è un’esperienza molto brutta, ma, per un’ Elfo, che è una creatura di luce, è una cosa spossante.
Gli accarezzò teneramente la fronte.
Era fredda.
Non di molto, ma la temperatura era più bassa del normale, questo era certo.
Coccolato da quelle carezze, Legolas, appoggiò la testa sul petto della donna e chiuse gli occhi.
Sentì il suo profumo, era quello delle rose.
“Legolas, cos’hai?” chiese Aragorn allarmato.
“È stanco, ha bisogno di riposo” rispose lei, calma.
“Ma scusa, non capisco” disse Aragorn.
“Vedi, Legolas, essendo un’ Elfo, è una creatura di luce. Essere sotto un potere di ombra, è un’ esperienza spossante per gli Elfi”.
 Si soffermò un momento sul viso di lui.
“Li rende deboli” concluse con tristezza, accarezzandogli di nuovo la fronte, con la stessa dolcezza.
Osservò il suo addome, si muoveva lentamente, tranquillamente.
Si sentiva protetto, come un bimbo, che  si addormenta tra le braccia della madre.
“D’accordo” disse Aragorn.
“Io ti ringrazio, e ti chiedo scusa, per come ti ho trattata” continuò Aragorn,senza guardarla negli occhi.
“Alza la testa, erede di Isildur, io ti perdono” lei sorrise.
Prima di andare via, si abbassò sul viso  dell’ Elfo, e gli diede un dolce bacio sulla fronte.
Si soffermò un’ultima volta ad osservarlo.
I suoi lineamenti rilassati, quel candore, quel viso … non li avrebbe mai dimenticati.
Poi si avvicinò alle acque del lago, mentre un turbinio di luce e di piume Bianche l’avvolse, come era successo per Odile, e il Cigno Bianco, si levò in volo.
Mentre si allontanava, Odette pensava ancora a lui.
“Non è un’ addio. Io so, che noi ci rivedremo. Dormi sereno, mio  dolce Principe, perché io veglierò sui tuoi sogni”.
Il Cigno sparì, andando incontro alla penetrante luce del tramonto.

*******

Eccomi qui. Innanzitutto ringrazio gli utenti e non, che hanno letto il 1° cap. mi raccomando seguitemi e recensite.
* Ho modificato un po' la storia di Gandalf. Perchè lui nel film dice "Sono stato rimandato qui, per finire il mio compito". Si ... ma da chi?!? Per questo ho deciso di scrivere qll che ho scritto. A tutti i Fan di LOTR, SCS!!!
A Presto Spuffyna90
 

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Capitolo 3
*** La Leggenda dei Due Cigni ***


La Leggenda dei Due Cigni

“Mentre si allontanava, Odette pensava ancora a lui. “Non è un’ addio. Io so, che noi ci rivedremo. Dormi sereno, mio  dolce Principe, perché io veglierò sui tuoi sogni”. Il Cigno sparì, andando incontro alla penetrante luce del tramonto...”

Cavalcarono tutta la notte verso Edoras, la città più vicina.
Aragorn era davanti a Gandalf, il suo cavallo correva più veloce.
Ma solo perché, si sa, la forza della disperazione, fa miracoli. Ed era il ramingo, a portare l’Elfo, sul suo cavallo.
Gandalf, invece portava Gimli, attaccato come una cozza alla schiena dello Stregone, che cercava sempre, ed inutilmente, di scrollarselo di dosso.
Un paio di  chilometri separavano i quattro dalla città, quando Aragorn, si sentì chiamare.
“Aragorn fermati!!” gridò lo Stregone.
Il ramingo si guardò alle spalle.
“Che cosa? Non possiamo fermarci ora!” gridò.
“I cavalli sono esausti, non ce la fanno più!” gridò Gimli.
Ombromanto si fermò, e, per non restare solo,  Aragorn, dovette anche se a malincuore,  fermare il cavallo.
Restò immobile per alcuni minuti, a fissare il tetto d’oro del grande palazzo di Theoden, re di Edoras.
Poi abbassò il volto e guardò l’amico.
Ancora privo di sensi, Legolas, stava con la testa appoggiata a lui.
Gli toccò la fronte.
Non era più fredda come prima, ma certo non si poteva dire cha avesse una bella cera!
Era ancora molto pallido.
Ricordò poche ore prima, quando Odette li aveva aiutati.
Ricordò il dolce sorriso sul  viso della donna, quando, aveva guardato negli occhi dell’Elfo.
Chissà se l’avrebbero rivista.
Quei capelli, quegli occhi, quel viso, quel candore.
Non l’avrebbe dimenticata facilmente.
Stava ancora pensando alla donna, quando, vide che Legolas si stava riprendendo.
“Aragorn … dove … dove siamo?” chiese debolmente.
“Siamo vicini ad Edoras, lì chiederemo ospitalità. Confido nell’amicizia che lega Gandalf a Re Theoden. Vedrai ce la faremo” gli rispose Aragorn, quasi in un sussurro.
L’Elfo sorrise “Lo so … ho fiducia in te” disse.
“Ti ringrazio. Ma ora riposati, sei ancora debole, e non hai un bell’aspetto” continuò Aragorn.
Osservò Legolas.
Sì.
Ce l’avrebbero fatta.
Ma poi, vide una cornacchia nera, volare oltre le loro teste, e i suoi occhi si velarono.
Il Cigno Nero, non li avrebbe lasciati in pace, mai.
Fino a quando non avrebbe avuto l’anima di Legolas.
Impugnò saldamente l’elsa della sua spada.
Non le avrebbe permesso  di fargli questo.
Non riusciva a non pensare che, infondo, la colpa era solo di Gandalf.
Se stavano attraversano quel brutto periodo, era solo colpa sua.
Se, poche ore prima, Legolas aveva rischiato di morire era solo e soltanto colpa sua.
L’avrebbe perdonato sì, ma non subito.
E forse avrebbe ritrovato l’ammirazione che nutriva per lui, alla fine di questa storia.
Forse.
Fu riscosso dai suoi pensieri, da un mormorio.
“Odette …” il ramingo abbassò il capo verso l’Elfo, e sorrise amaramente.
Nel sonno, il suo amico aveva chiamato il nome di quella donna.
“Non preoccuparti” gli sussurrò.
“La rivedremo presto” disse alzando il capo e osservando la luna.
“Molto presto” pensò.
Poi si voltò verso Gandalf e Gimli.
“I cavalli si sono riposati abbastanza” gridò.
“Ripartiamo!” lanciò il cavallo al galoppo, subito imitato da Gandalf.
Non ci misero molto ad arrivare alla città, e, una volta entrati, chiesero subito aiuto.
La prima ad uscire del palazzo fu Eowyn, la nipote del Re.
“Sire Aragorn!” gridò felice.
Gli corse incontro e, solo allora s’accorse dell’Elfo.
“Ma che cosa è successo? Sta male?” domandò ansiosa la principessa.
“Abbiamo avuto un’incontro imprevisto nella foresta” spiegò Aragorn.
Poi scese da cavallo, mettendo un braccio intorno a Legolas e lo aiutò a scendere.
“Venite, da questa parte.
Il Re non avrà niente in contrario se vi offro di usare la camera di Theodred” disse la donna di Rohan, conducendoli nei corridoi del Palazzo.
Una volta che l’Elfo fu sistemato nella camera del principe, Eowyn, condusse gli altri nella sala del trono.*   
“Ma guarda!” disse il sovrano, non appena li vide entrare nella sala.
“Gandalf il Grigio viene a farmi visita!”.
Lo stregone si tolse il mantello, rivelando il Bianco delle sue vesti.
“E così ora sei Gandalf il Bianco” fece il Re sbalordito.
“Si, e sono qui per chiederti ospitalità” disse lo stregone Bianco, facendo un leggero inchino.
“Bene, quindi siete: Uno Stregone, Un’ Uomo, Un Nano e …” Theoden si bloccò.
“Ma, sbaglio o manca qualcuno all’appello?” chiese.
“Sapevo che eravate partiti in nove. Due Hobbit sono in viaggio per Mordor, due sono persi nella foresta mentre, Boromir giace morto. Facendo due calcoli, nove meno cinque, fa quattro, ma voi, siete solo in tre! Dimmi Gandalf, dov’è il figlio di Thranduil?” domandò il Re.
“Ve lo dico io, zio” disse Eowyn, intromettendosi nella discussione.
“No, l’errore è stato mio, quindi, Io devo spiegare che cosa è successo!” disse Gandalf.
Il Re si accomodò sul trono e fece  cenno allo Stregone di proseguire.
“Vedi, per alcuni motivi, io ho stretto un patto con il Cigno Nero, ed ora, lei vuole l’anima di un’ Elfo, ma …”
“Ora capisco, quindi bisognerà informare Thranduil, che il figlio è trapassato, per colpa tua” disse il Re.
“No, non lo è affatto!” rispose Aragorn.
“E ditemi dunque, dove sarebbe il suddetto Elfo?” chiese ancora il re.
“Nelle stanze di vostro figlio, Theodred”rispose Gimli.
Il Re spalancò gli occhi.
“Chi vi ha dato il permesso di fare una cosa simile?!?” chiese infuriato scattando in piedi dal trono.
“Sono stata io!” disse Eowyn.
“Comunque, non potete stare qui! Se come dite, il Cigno Nero è sulle vostre tracce, ucciderà voi, e chiunque voglia proteggere l’Elfo!” disse il Re.
“Se per difendere lui, dovrò morire io, bene lo farò!” disse Aragorn.
Eowyn si avvicinò al trono di Theoden. “Mio Signore, vi prego!” gli disse.
“Vi prego, non potete abbandonarlo. Se davvero è braccato dal Cigno Nero, non ha speranze. Non potete abbandonarlo adesso!” il Re la guardò negli occhi.
“Vi prego …”.
Theoden tornò a fissare i tre davanti a lui.
“E sia! L’Elfo resterà qui fino a quando non sarà guarito, poi dovrete andarvene” detto questo si alzò, e fece per andarsene, quando un servitore entrò nel salone.
“Maestà! È giunta da GranBurrone, la figlia di Elrond”disse.
“Arwen” mormorò Aragorn.
La Stella del Vespro fece il suo ingresso nella sala.
Indossava una regale tenuta da equitazione, che aderiva perfettamente al suo corpo.
“Cosa fai qui, Arwen, figlia di Elrond di GranBurrone?” chiese il sovrano.
“Sono venuta, perché sono stata chiamata” rispose con tono pacato la giovane.
Aragorn le corse incontro.
“Ti ringrazio di essere venuta qui tanto presto!” le disse il ramingo.
“Quando ho percepito che Legolas si stava perdendo, nell’oscuro abisso Nero, sapevo di dover venire. Tu mi hai avvertita di ciò che era successo, altrimenti non avrei mai saputo” rispose lei, guardandolo negli occhi.
“Bene, se sei qui per aiutare, allora sei la benvenuta” le disse il sovrano.
“Vi ringrazio” disse Arwen rivolta al Re.
Poi si voltò verso Aragorn.
“Dov’è Legolas?” chiese preoccupata.
Aragorn le sorrise, le indicò il corridoio,e , dopo aver fatto un inchino al sovrano, sparì nel corridoio. 


I suoi occhi di ghiaccio trafiggevano le nuvole e l’aria.
Il suo manto si librava nell’aria dolcemente.
Il suo sguardo attento osservava, centimetro per centimetro, tutta la foresta sottostante.
Il Cigno Nero sapeva.
Sapeva che lui non sarebbe riuscito a resistere.
Sapeva che il suo cuore sarebbe tornato lì, a cercare quella creatura che tutti, chiamavano Cigno Bianco, o , semplicemente, Odette.
Sapeva che la sua mente, ora, non era più un ostacolo per lei.
Ora poteva entrarvi come e quando voleva.
E l’avrebbe riportato da lei. In un modo o nell’altro.
Questa volta, niente errori.
Odette non l’avrebbe più importunata.
Planò e si posò sulle chiare acque del lago.
Chiuse i suoi piccoli occhi rossi.
Che cosa poteva fare, per spingere l’Elfo a venire in quella foresta?
In quell’istante, un uccellino, cominciò a cantare.
Era insopportabile.
Il Cigno Nero aprì le sue grandi ali e da esse, partirono delle piume affilate come coltelli.
Un attimo.
Poi il corpo dell’animale cadde a terra, mentre il sangue , cominciava a macchiare il suo piumaggio.
Odile lo osservò a lungo,poi, nei suoi occhi s’accese una luce.
Ora, aveva trovato il modo.

Arwen entrò nella stanza di Theodred, subito seguita da Aragorn.
Si avvicinò al letto, dove stava Legolas.
Si chinò su di lui. “Legolas?”.
L’Elfo girò lentamente il viso. “Arwen … come hai …”.
La Stella del Vespro pose l’indice sulle sue labbra.
“Shh, sta calmo, ora sono qui, non ti lascio solo, non ora. Come ti senti?” gli chiese Arwen.
“Bene. Tutto sommato, bene” rispose lui, piano.
Seguirono alcuni attimi di silenzio.
“Sono felice che tu sia qui” le disse sorridendo.
“Non avrei potuto fare altrimenti … fratello mio”* rispose Arwen, le lacrime agli occhi, dandogli un dolce bacio sulla fronte. In quell’istante, Legolas, ricordò Odette.
Odile non le avrebbe mai perdonato, il fatto di essersi intromessa tra lui ed il Cigno Nero. “E … Odette?” chiese. “Odette?!?!” chiese Arwen spalancando gli occhi.
“Odette? Il Cigno Bianco?” chiese ancora.
“Sono sicuro che sta bene” rispose Aragorn.
“Tu non mi avevi detto nulla di tutto questo” disse l’Elfa a denti stretti, Aragorn le fece cenno con la testa, di uscire.
“Se hai bisogno di qualcosa, chiamami pure” disse Arwen.
Legolas annuì.
L’Elfa sorrise.
Poi, seguita da Aragorn, uscì dalla stanza.
“Tu non mi avevi detto, che con Legolas, c’entravano i due Cigni!” disse Arwen.
“Ora calmati! Andiamo da Gandalf, ti spiegherà tutto lui” Aragorn portò via Arwen e si diresse nella stanza dello Stregone, dove c’era anche Gimli.

“Folle!” gridò Arwen, dopo aver ascoltato il racconto di Gandalf.
“Perché? Perché l’hai fatto?!? Non hai pensato alle conseguenze del tuo atto?!?”
“Sono stato uno sciocco, lo so. Ma non avevo scelta!” spiegò lo Stregone.
“Possibile che io sia l’unico a non sapere di questi due Cigni?!?” gridò il Nano, al culmine dell’esasperazione.
“Vuoi sapere veramente la storia di quelle due donne?” chiese l’Elfa.
I tre uomini annuirono.
“Odette … Odile … il Bianco e il Nero … la Luce e L’ombra”.
Arwen si avvicinò alla finestra e, osservò la Luna, persa in chissà quali lontani pensieri.
“La loro storia risale a molti secoli fa. Le due erano sorelle di sangue e di spirito, e si volevano molto bene.
Fino a quando, si innamorarono”
“Non mi sembra una cosa così brutta” s’intromise il Nano.
“Non interrompermi, figlio di Glòin!” disse Arwen.
“Si innamorarono, ma il giovane, scelse la dolce Odette, alla sensuale Odile.
Odile era furiosa, lasciò il villaggio furibonda, ed andò a rifugiarsi nella oscura foresta di Fangorn.
Lì incontrò, colui che le avrebbe cambiato la vita”.
“Chi incontrò, in quella foresta?” domandò Aragorn, rapito dal racconto di Arwen.
"Saruman” rispose.
Tutti rimasero a bocca spalancata.
“Ebbene sì. Saruman le diede la possibilità di rivendicare quell’uomo come suo. Odile decise di fare ciò che voleva.
Prese un pugnale, uccise quell’uomo … e bevve il suo sangue.
Saruman, le apparve, le disse che lei doveva rivendicare quell’uomo come suo,non ucciderlo. Così la maledì”.
“Arwen” la chiamò Aragorn.
“Saruman ha avuto ragione di punire Odile, aveva compiuto un omicidio. Ma Odette? Che cosa c’entra lei?” domandò il ramingo.
“Perché ne era sorella. Gemella. Non solo di sangue, ma anche di spirito. Così, la maledizione, colpì anche Odette.
Ma Saruman, sapeva che erano diverse in fin dei conti. E così, ne creò due cigni.
Uno, Odette, lo tinse di Bianco. Simbolo del candore, e della purezza. E fu, Il Cigno Bianco.
L’altro, Odile, lo tinse di Nero. Simbolo dell’immoralità e della morte. E fu, Il Cigno Nero.”
“In cosa consisteva la Maledizione?” chiese Gimli.
“Le parole dello Stregone furono queste “Due Cigni, due anime. Solo l’Amore Vero, potrà distruggere la Maledizione,e , se uno vivrà, l’altro morirà. Solo l’Amore che vi è stato tolto, potrà restituirvi la libertà”. ”
Così Arwen concluse il racconto.
“Ma scusa, Legolas, cosa c’entra?” chiese di nuovo Aragorn.
“Perché, le due si innamorarono di un Elfo” disse la Stella Del Vespro.   

Il Cigno si librò in volo, verso la Luna.
Appena raggiunse quella grande sfera, sembrò che qualcosa avesse intaccato il candore di quest’ultima, ed un occhio attento, un occhio elfico, avrebbe notato la figura del Cigno sulla superficie lunare. 
Da lì, osservò Edoras. Sapeva che i quattro erano lì.
Rivolse uno sguardo crudele al palazzo, con la magia, percorse le valli  desolate , le strade della città e i corridoi del Palazzo, fino ad arrivare nella stanza di Legolas.
“Sogni d’Oro. Mio Principe” pensò. “Entrerò nella tua mente, dove non potrai sfuggirmi …”.

***************
Eccomi qui! Dunque, un piao di piccoli accorgimenti sulla FF.
1° *- Nella mia versione, Grima Vermilinguo, non c'è. Quindi Re Theoden non è mai stato sotto la sua influenza.
2° *- Molti avranno sicuramente notato che Arwen dice a Legolas "Fratello mio". Dunque, è figurato, perchè ovviamente Arwen e Legolas, non sono fratelli. Il suo, è un modo, per dimostrare il grande affetto che nutre per lui. Non vi fate strane idee.
Per adesso è tutto, leggete e recensite numerosi!
Grazie, Spuffyna90


 

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Capitolo 4
*** Il Cigno Attacca ***


Il Cigno Attacca

“Rivolse uno sguardo crudele al palazzo, con la magia, percorse le valli  desolate , le strade della città e i corridoi del Palazzo, fino ad arrivare nella stanza di Legolas. “Sogni d’Oro. Mio Principe” pensò. “Entrerò nella tua mente, dove non potrai sfuggirmi …”…”

Aragorn era inquieto quella notte.
Dopo che Arwen aveva finito di raccontare quella storia, si erano salutati tutti, ed ognuno era andato nelle proprie stanze.
Con la mente, tornò indietro, ad alcune ore prima.

“Aragorn …” il ramingo, cominciò a svegliarsi di malavoglia.
Non appena vide chi si trovava davanti a lui, corrugò la fronte.
"Arwen? Che ci fai qui? A quest’ora di notte, per giunta!” le chiese l’uomo cominciando pian piano ad abituare gli occhi  all’oscurità della stanza.
“Devo parlarti” sussurrò l’Elfa.
“Arwen, ti faccio presente, che è da giorni che non mi faccio una dormita come si deve. Tu invece dormi tranquilla tutte le notti! Non mi puoi parlare domani mattina?!?” domandò il ramingo, spazientito.
“Aragorn, è una cosa seria! Io … ho avuto una visione” disse Arwen.
“Che cosa?” chiese l’Uomo, mettendosi a sedere sul letto.
Quando Arwen aveva delle visioni, non era mai una cosa buona.
“Che visione?” chiese.
“Una figura. Entrava nella mia stanza mentre stavo dormendo e mi tirava coltelli, frecce, schegge di vetro, e diceva qualcosa sui morti, ma non ho capito cosa” spiegò Arwen.
Ci furono alcuni istanti di silenzio, poi Arwen si gettò tra le braccia di Aragorn.
"Aragorn, ho paura”. Lui ricambiò l’abbraccio.
"Sta tranquilla, non accadrà niente di tutto questo” la rassicurò, ma nemmeno lui era sicuro di ciò che diceva.
"Semmai dovesse accadere qualcosa di strano, tu chiamami, ed io sarò subito da te” la guardò negli occhi, si avvicinò a lei, e i due si chiusero in un tenero bacio.
Dopo un po’ si scostarono.
“Sei più tranquilla ora?” chiese Aragorn.
“Si, ora si” rispose Arwen.
Poi fece per uscire, ma il ramingo la fermò.
"Arwen! Vuoi che ti accompagni?” chiese.
L’Elfa fece cenno di no, ed uscì.


Che cosa poteva voler dire quella visione?
Aragorn chiuse gli occhi.
Chi mai poteva essere una figura che attacca Arwen, e le parla dei morti?
“Bella domanda Aragorn! Si  … proprio bella” si disse.
“Ora parli da solo?”.
Aragorn aprì gli occhi e fece appena in tempo a scansarsi prima che un pugnale lo colpisse in pieno petto.
Cadde sul pavimento, e si guardò attorno, spaesato.
Alzò gli occhi sulla figura che, ancora col pugnale in mano avanzava verso di lui.
“Legolas! Che diavolo …” “Sei sempre stato la mia spina nel fianco da quando ci siamo visti” disse l’Elfo.
“Legolas, che cosa stai dicendo?”
“Con tutte quella tue arie da  grande Re. Mentre sei solo un insulso essere umano  esiliato, scacciato dalla sua patria”
“Legolas, ora calmati e ascoltami!” provò a dire Aragorn.
  “Ma io so che cosa hai fatto, porti su di te il fardello di Isildur”.
Lanciò il pugnale contro Aragorn, e, questa volta lo colpì al braccio. 
L’Elfo gli si avvicinò.
“Avresti dovuto  fare più attenzione, perché, ora, me la prenderò con la persona che ami”.
Aragorn sgranò gli occhi.
La visione di Arwen!
Legolas gli si avvicinò ancora di più.
Questa volta parlò con una voce femminile.
“L’Elfo è mio”.
“Odile!” disse Aragorn.
E quella fu l’ultima cosa che pensò, prima di ricevere un pugno in faccia, e svenire.     

Arwen non dormiva quella notte.
Aveva paura, nonostante tutto.
“Sta calma Arwen, sta calma” pensò.
E chiuse gli occhi.
Aveva appena iniziato a rilassarsi, che un bicchiere venne scaraventato sul muro sopra di lei.
Arwen si alzò spaventata, e vide chi gli stava davanti.

"Legolas!” disse.
“Cosa hai fatto? Lo sai che cosa hai fatto?”. Arwen lo osservò senza capire.
“Sei come una bambina, con le mani che puzzano di morte.
Una bambina! Sei una bambina che gioca con le ossa dei morti!
Ti diverti a tagliare gole, e a staccare teste!” gridò.
“Aragorn!” chiamò Arwen in preda al panico.
Legolas tirò un vaso di ceramica sul muro, e una scheggia le cadde sul viso, graffiandola.
“Ti piace sentire il sangue  che ti scorre sulle mani, vero?!?” continuò l’Elfo.
“Oh, Mio Dio!” pensò Arwen.
“Tu sei sporca! Sporca di sangue! Io so quello che hai fatto!”.
Arwen si alzò e accese una candela.
Per un attimo l’immagine del Cigno Nero si sovrappose a quella dell’Elfo che le stava davanti.
“Odile” pensò Arwen.

“ARAGORN!!” strillò Gimli.
L’Uomo si riebbe pian piano.
Sentiva un forte dolore nel braccio, voltò la testa e vide il pugnale che, molto probabilmente, Gimli aveva estratto, a terra.
In quel momento ricordò tutto.
“Il pugnale … la  visione … Legolas … Odile” disse piano riassumendo ciò che era successo quella notte.
“Ma che dici? Sei impazzito del tutto?” chiese Gimli.
“Arwen!” gridò Aragorn, poi si alzò e corse fuori senza neanche dare a Gimli il tempo di dire qualcosa.

Arwen si coprì gli occhi per non vedere.
Non era possibile che lei, figlia di Elrond di GranBurrone, stesse per soccombere sotto colui che aveva sempre considerato un fratello.
Chiuse gli occhi.
Poi sentì solo dei rumori lontani, ed un tonfo sordo, a terra.
Piano scostò le mani dal viso.
Aragorn era sulla soglia della stanza, con un pezzo di legno in mano, mentre Legolas a terra.
Si alzò velocemente dal letto e corse tra le braccia del suo amato.
“Shh, tranquilla è tutto a posto” le disse lui accarezzandole i capelli.
“Io … io … Aragorn … lei, è stata lei! Ne sono sicura!” disse Arwen,tremando.
“è tutto finito, sta calma” la rassicurò l’Uomo.
“Potrei dormire … con te?” chiese speranzosa.
L’Uomo annuì, e la tenne stretta a sé. 

“È stato tutto inutile!” gridò Odile, strappando la corteccia di un albero.
“Maledetto! Maledetto lei e quella dannatissima Elfa!” strillò ancora in preda alla rabbia.
Prese un vaso e lo scagliò contro il muro.
Prese un bicchiere, per bere e calmarsi, ma non appena l’ebbe tra le mani strinse così forte, che il bicchiere finì in mille pezzi, sporcandole le dita di sangue.
Andò davanti allo specchio, e si guardò.
Il Cigno Nero, sconfitto da un insulso essere Umano?
Ridicolo!
Sarebbe stata lo zimbello di tutti.
Si osservò per bene.
Decise.
Avrebbe giocato sporco.
E al Diavolo sua sorella!
Quella maledetta santarellina di sua sorella!
Si passò l’indice sulle labbra, sporcandole di sangue.
“Non mi sfuggirai” disse a denti stretti.
“Dovessi venire lì  e prenderti con la forza” strinse i pugni.
“Non l’avrai vinta, Odette” pensò.
“Sarai mio!” gridò.

“È stato orribile! Traumatizzante!” disse Arwen.
“Mmh, non si è ancora ripresa vedo!” disse Gandalf, pacato, fumando la sua pipa.
Gimli la guardava sconvolto, dopo aver ascoltato il suo racconto, mentre Aragorn, pensava ancora a ciò che era accaduto quella notte.
“Ovvio che non mi sono ripresa! Quello ha cercato di uccidermi in piena notte! Credi che mi sia calmata in neanche 5 ore?” domandò Arwen.
“Volevo solo dire che …”
“A parte che non ho neanche dormito! Sono stata tutta la notte a fissare la porta, vi rendete conto!?!? Basta! Basta, ho deciso! Io con quei Cigni non voglio avere più nulla a che fare!” concluse l’Elfa.
“Ma Arwen, rifletti. Tu sei l’unica che ne sa così tanto di quelle due, non puoi …”
“No! Odile non mi lascerà in pace. Io non voglio più rischiare così tanto, Aragorn, mi spiace”.
L’Uomo la guardò. “Ha ragione, non possiamo costringerla. Se vorrà aiutarci, sarà solo e soltanto lei a dircelo!”
“A dirci che cosa?” domandò una voce alle loro spalle.
Legolas stava in piedi sulla soglia dell’ingresso al giardino della Reggia.
Vederlo in quella posizione turbò Arwen non poco.
Le fece ricordare l’incubo della notte appena passata.*
“Buongiorno a tutti!” disse l’Elfo con fare allegro. Si diresse verso l’Elfa, ma lei si alzò.
“Scusate” disse, poi uscì dal cortile, non prima di aver lasciato a Legolas un’occhiata di ghiaccio.
“Ma che cos’ha?” chiese, appena si fu seduto, al posto di Arwen. 
“È un po’ stressata” fece Gimli, sorridendo.
“Allora, dormito bene?” chiese il ramingo.
“Ehm, si … ma certo” rispose l’Elfo, in un tono poco convincente.
“Comunque Gimli …” cominciò lo Stregone.
“La prossima volta che vieni a cavallo con me, non attaccarti così, altrimenti ti trasformo in una rana!”. 
I tre scoppiarono a ridere, mentre Legolas, con un sorriso tirato si alzò e andò via.
Entrò nel  Palazzo, si diresse ad un balcone.
Uscì e si affacciò.
La vista era stupenda. 
L' immensa pianura sembrava arrivare, fin dove l'occhio di un uomo poteva guardare.
Ma un occhio elfico, poteva scorgere ancora più in là.
Oltre le valli, oltre i torrenti.
Nella tenebrosa foresta di Fangorn.
Lì  intorno non c'era nessuno.
Sarebbe stato facile per lui, prendere arco e frecce, sgattaiolare via e introdursi nella foresta.
“Legolas …”.
L’Elfo si guardò attorno. Niente.
“Che strano … eppure mi era sembrato che …” Legolas scosse la testa.
Stava diventando troppo suggestionabile.
Tornò a guardare la pianura.
“Legolas … vieni da me …” 
“Dove sei?” disse l’Elfo.
Stavolta l’aveva sentito bene.
Non era stata la sua immaginazione, qualcuno l’aveva chiamato.
“So che lo vuoi … ”
”Chi sei?!?” gridò di nuovo l’Elfo.
“Vieni … coraggio … vieni da me …”.
Quella voce, così persuasiva.
“Smettila!” disse l’Elfo, massaggiandosi le tempie.
“Hey, com’è che ti isoli sempre adesso?”.
Legolas si guardò dietro.
Aragorn.
“Chi ti ha detto che ero qui?” domandò l’Elfo.
“Eowyn” rispose il ramingo con aria ovvia.
“Scusa, hai detto qualcosa prima?” chiese poi.
“Prima?” domandò l’Elfo.
“Qualcosa del tipo ‘smettila’ o qualcosa del genere” spiegò Aragorn.
“No, niente ” rispose Legolas.
Aragorn lo guardò storto. “Sicuro?” chiese, col tono di chi la sa molto lunga.
“Si, sto bene … davvero” rispose l’altro.
Il ramingo, si mise di fianco a Legolas, e cominciò a scrutare l’orizzonte.
“Non sei molto bravo a mentire” disse dopo  un po’.
Legolas sbuffò.
“Ma insomma! Come te lo devo dire che non ho detto niente!?!” gridò l’Elfo, spazientito.
Aragorn alzò le braccia.
“Hey, scusa, Legolas-che-non-si-scompone-mai! Devo averla detta grossa per averti fatto arrabbiare!” disse in tono oltremodo sarcastico.
Legolas abbassò lo sguardo.
“Scusa. Non so cosa mi sia preso” disse piano.
L’Uomo gli mise una mano sulla spalla. “Si, scuse accettate” disse sorridendo.
L’altro, ricambiò il sorriso. “Comunque, prima, non mi riferivo al fatto che Forse avevi detto qualcosa” disse Aragorn.
“E a che cosa, allora?” chiese Legolas. 
“A stanotte. Prima non mi sembravi molto convinto”.
Seguirono alcuni ed interminabili attimi di silenzio, in cui, nessuno de due parlò.
“Sai Aragorn” disse alla fine l’Elfo.
“In realtà, ho dormito non male … malissimo” disse a denti stretti.
“Perché?” chiese l’altro.
“Perché … sentivo una voce … nella mia testa. È come se … qualcuno mi stesse parlando. E poi …”
“Poi?” chiese impaziente Aragorn.
“Poi, non posso fare a meno di pensare a lei”concluse.
Sembrò pensarci un po’ su.
Poi riprese ad osservare l’orizzonte.
“Stanotte ho fatto un sogno assurdo” disse.
“Una ragazza, viene trasformata in un Cigno. Solo l’amore che le è stato tolto, potrà rompere l’incantesimo”.
Fece una pausa.
Il ramingo lo osservò a lungo.
“Ma il suo Principe, si innamora, della ragazza sbagliata”.
Aragorn lo fissò con paura.
“E lei … distrutta dal dolore, si getta da un dirupo … e si uccide”*.
Non dissero nulla per molto tempo.
Poi quando l’Elfo si voltò verso Aragorn per parlare, l’Uomo, vide le lacrime nei suoi occhi.
“Aragorn, ho tanta paura per Odette” disse Legolas.
“E se la ragazza del mio sogno fosse proprio lei?” chiese.
“No, Odette se la caverà. Ne sono più che certo, ne sono convinto” disse Aragorn.
Poi lo guardò ed entrambi sorrisero.

******
Rieccomi qui, pronta per torturarvi XD!
Dunque, non ci sono molte "*" solo 2.
1°*- Allora, "l'Incubo della notte passata", è una metafora, perchè, per lei è stato talmente brutto da sembrare un incubo. Mi sembrava abbastanza chiaro, ma, onde evitare fraintendimenti ...
2°*- Questa volta, per il sogno di Legolas, ho scelto un pezzo del trailer del Cigno Nero. Perchè? Perchè ci va benissimo. E poi, come ho scritto nella trama, la storia è ispirata a quel film.
Recensite numerosi, e, a presto!

Kiss Spuffyna90

PS: Ne approfitto per ringraziare:  Eledhel,  Bangel4ever90,  Manuela89 e BeatifulLie per i bellissimi commenti ed il supporto. Grazie 1000!! 
PSPS 

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Capitolo 5
*** Il Canto del Cigno ***



Il Canto del Cigno


“Aragorn, ho tanta paura per Odette” disse Legolas. “E se la ragazza del mio sogno fosse proprio lei?” chiese. “No, Odette se la caverà. Ne sono più che certo, ne sono convinto” disse Aragorn. Poi lo guardò ed entrambi sorrisero ...”


Legolas si infilò gli stivali.
Si diresse verso la porta e prese il suo arco, insieme alla faretra, colma di frecce.
Uscì cautamente e si affacciò alla stanza di Aragorn, per essere certo che dormisse.
Poi chiuse la porta.
Si diresse nel corridoio e raggiunse il balcone.
Scavalcò il parapetto e stava per scendere, quando qualcosa attirò la sua attenzione.
“Principe Greenleaf?”.
L’Elfo si girò.
Sulla soglia del balcone, con solo una camicia da notte addosso, stava la nipote del Re, Eowyn.
“Principessa! Che ci fate alzata a quest’ora di notte?” chiese a bassa voce.
“Domanda reciproca, vostra Altezza” fece la ragazza con fare scherzoso.
Legolas sorrise.
“Che cosa state facendo?” chiese la ragazza non appena ebbe visto le armi di Legolas.
Lui le si avvicinò e le prese il viso tra le mani, dolcemente.
“Eowyn, è necessario che nessuno sappia da voi, ciò che avete visto!” le disse.
Lei non poté fare a meno di arrossire, data la loro vicinanza.
“Mi state chiedendo di coprirvi?” chiese.
L’Elfo annuì.
“Posso sapere dove andate?” chiese titubante.
“Per il vostro bene, è meglio di no” rispose lui, pacato. Poi scavalcò di nuovo il parapetto, e, lasciandosi cadere, sparì dalla vista di Eowyn.


La ragazza si stese nel letto.
Le aveva dato una carezza! Ed era arrossita! Com’era dolce il tocco della sua mano sulla sua pelle! “Mi domando come …”. Eowyn si diede un ceffone.
“Ma che razza di pensieri Eowyn!” si disse.
“Lui, a queste cose, nemmeno ci pensa! E poi sei innamorata di Aragorn!”. Ci pensò un po’ su.
Si, era vero.
Lei era innamorata del ramingo, ma qualcosa non quadrava. Continuava a pensare al viso elfico che aveva visto quella notte.
Chiuse gli occhi e si addormentò, ignara di quello, che stava nascendo, dentro di lei.


Si avvicinò ad un albero, e lo toccò.
Chiuse gli occhi.
Un piccolo raggio di luce si scaturì dalla sua mano. Aspettò alcuni secondi poi si allontanò un poco dal tronco.
“Lui è qui” si disse.
“Stavolta non mi sfuggirai” pensò mentre i suoi occhi brillavano di luce malvagia.


La donna si alzò di scatto dal letto.
Avvertiva una presenza. No, due.
Una umana ed una … elfica.
Non poteva essere.
Possibile che fosse così folle da entrare a Fangorn, a mezzanotte passata! No, si era sbagliata.
Eppure il suo cuore, i battiti così accelerati, aveva già provato questa sensazione. E, purtroppo, sapeva quando. Quando aveva incontrato l’Elfo per la prima volta. Ricordava ancora il suo nome, il suo profilo, il suo profumo.
Profumo di foresta.
Un brivido di paura la percorse.
Si vestì e uscì di corsa, mentre due ali Bianche le spuntavano sulla schiena.   


Legolas entrò nella foresta.
I raggi della Luna filtravano attraverso i rami degli alberi, e, disegnavano sul terreno, arabeschi di luce.
Il paesaggio era lucente, quanto oscuro.
Sicuro quanto pericoloso.
Stupefacente quanto spaventoso.
Il luogo perfetto per Cigno Bianco e Cigno Nero.
Si fece strada tra i rovi e gli arbusti, fino ad arrivare nel punto in cui, qualche giorno prima, avevano incontrato le due.
“Ma guarda un po’! Il topo si fa rivedere!”.
Odile lo fissava.
Doveva ammettere che era molto bello.
Il chiarore della luna, che contribuiva al suo pallore naturale, lo faceva sembrare il principe azzurro perfetto. E lui lo sarebbe stato.
Con le buone o con le cattive.
L’Elfo canto suo, la guardava con paura.
Il timore che potesse passare di nuovo quello che aveva passato pochi giorni prima, si fece largamente spazio in lui.
Non avrebbe resistito un’altra volta.
Fece per scappare, ma gli alberi, si spostarono, impedendogli qualsiasi via di fuga.
“Ma come, mi lasciate così presto?” disse Odile con una punta di scherno. L’Elfo si guardò intorno.
Non poteva andare  da nessuna parte, neanche volendo. Guardò il cielo, speranzoso di scorgere un altro Cigno. “Oh, ti prego!” disse Odile, intuendo i pensieri del ragazzo.
“Quella santarellina di mia sorella, non verrà a salvarti. Nessuno lo farà!”.
“Scommetti?!?!” i due si voltarono.
Sul ramo di un albero, Odette, fissava la sorella con ironia e una punta di contrarietà.
Scese dall’albero, e, solo in quel momento, Legolas si accorse delle candide ali dietro alla ragazza.
Odile puntò una mano verso l’Elfo.
“Non ci provare!” minacciò Odette a denti stretti.
Poi fece un cenno agli alberi, che puntarono Odile.
“Siamo in troppi, per te. Vattene ora, e non farti rivedere!”.
Odile venne avvolta da un turbine di piume, ed il Cigno Nero, si alzò in volo.

  
Odette ritrasse le ali, e squadrò Legolas.
“Siete la persona più incline a fare pazzie che io abbia mai visto!” disse la ragazza sorridendo.
“Mi avete salvato la vita … di nuovo! Grazie, Odette”. 
La ragazza lo guardò stupita.
“Ricordate ancora il mio nome?” chiese. 
Lui si chinò e raccolse una Rosa Bianca da terra.
“Potrei non farlo?” chiese porgendole il fiore.
“È pura, come voi” spiegò sorridendo a sua volta.
Lei arrossì leggermente.
“Ma le ali di prima?” chiese.
“Sono un Cigno” rispose lei.
“No, affatto. Voi siete un Angelo” disse Legolas.
“E voi siete il vento che sorregge la mia anima” gli disse Odette.
Passarono alcuni secondi a fissarsi.
“Beh” disse lui dopo un po’.
“Non è un bel posto questo”. 
Lei lo osservò.
“Non avete visto granché in realtà. Posso mostrarvi il Lago dei Cigni” propose.
Lui annuì e le prese la mano, mentre lei cominciava a camminare.
“A proposito, vi prego, datemi del tu” chiese Odette.
“Lo farò, se anche voi lo farete” ripose lui.
La ragazza annuì e si diressero al Lago.


 

Arrivarono sulla riva.
Odette sorrise dolcemente, mentre Legolas, osservava incantato quelle acque cristalline, che risplendevano al chiarore della luna.
“È … è … come dire, stupendo!!” esclamò l’Elfo.
“Già” concordò lei.
“Sono un  po’ stanca. Possiamo sederci?” chiese timidamente.
“Ma certo, Odette” rispose.
Si allontanarono dalla riva, e, si sedettero vicino ad un albero. Legolas lo guardò male.
“Questo non si muove, vero?” chiese sarcastico.
Odette rise. “No, no.
Questo è immobile come una roccia!” rispose.
La ragazza si portò le gambe al petto, come era solita fare quando era in imbarazzo.
Lo guardò un po’, poi arrossì di colpo.
“Senti, potrei provare a fare una cosa?” chiese a mezza voce.
L’Elfo annuì.
“Ok” disse Odette.
Pian piano, distese le gambe e, si sistemò la lunga gonna bianca.
“Appoggia il capo qui” gli disse, indicando con una mano la coscia.
Lui la guardò senza capire.
“Non ti mangio mica, non sono Odile!” fece lei con tono scherzoso.
Legolas la guardò a lungo, poi, fece come lei aveva detto. Non appena si fu sdraiato, la ragazza cominciò ad accarezzargli dolcemente la fonte.
Passarono alcuni minuti così.
Lei continuava ad osservarlo.
Sembrava addormentato.
Era, a dir poco, stupendo. 
“Odette, posso chiederti, una cosa?” chiese lui.
Sempre tenendo gli occhi chiusi.
“Si, dimmi” rispose lei.
“Perché ti è venuto in mente di fare questo?” le chiese poi, aprendo gli occhi.
“Beh, vedi” cominciò lei.
“Molte volte, quando avevo le sembianze di un cigno, vedevo molte coppie che lo facevano, e,mi chiedevo come fosse farlo”. Odette fece una pausa.
“E com’è?” chiese l’altro.
“Ehm … beh … bello, credo” fece lei timidamente.
“Scusa se ti ho messo in imbarazzo” fece lui.
“No, no, nessun’imbarazzo”.
Calò il silenzio tra i due.
“Se vuoi continua pure” fece lui, cercando di nascondere il fatto che, sperava, continuasse.
La ragazza, parve aver sentito i suoi pensieri, e continuò.
Dopo un po’, alzò il viso verso la Luna e, cominciò ad intonare le parole di una canzone.


  There's a song that's inside of my soul
It's the one that I've tried to write over and over again
I'm awake in the infinite cold
But You sing to me over and over and over again  


Una canzone  d’amore, bellissima e struggente.
“Vorrei poter accarezzare il tuo cuore col mio amore, e tenerti accanto per la vita fino a quando non sarà finita, perché io credo solo in te e nella speranza di averti sempre con me!” pensò  Odette mentre ancora fissava la Luna.      


So I lay my head back down
And I lift my hands
and pray to be only Yours
I pray to be only Yours
I know now you're my only hope


“Quando siamo insieme il tempo passa velocemente, io vorrei fermarlo per poter stare al tuo fianco in eterno. E' vero il per sempre non esiste, però lo possiamo inventare noi.
Il mio per sempre sei tu!” pensò Legolas, mentre,  il cuore gli batteva talmente forte, che sembrava squarciargli il petto.


 I give You my destiny
I'm giving You all of me
I want Your symphony
Singing in all that I am
At the top of my lungs I'm giving it back


“I tuoi occhi sono profondi come il mare, le tue labbra calde come il sole, i tuoi abbracci intensi come il tuo profumo... il profumo dell'amore”.  Pensò di nuovo Odette, stavolta,dandogli un bacio sulla fronte.
 
 
“Odette”. La ragazza lo guardò.
“Ho sempre pensato che fosse la vita il dono più bello che abbia mai ricevuto.
Ma quando i miei occhi si sono incrociati con i tuoi ho capito che c'era qualcosa di molto più importante... ho passato intere notti a sognarti. Sei nei miei pensieri e lo sarai per sempre …” disse Legolas, guardandola profondamente nei suoi occhi blu.
Due grosse lacrime fecero capolino dagli occhi di Odette.

“Sai Legolas” cominciò. “Quando Odile ha ucciso l’uomo che amavo, mi sembrava di aver perso ogni cosa.
Poi, sei arrivato tu, e stai cambiando la mia vita dimostrandomi cosa significa amare davvero.
Sei come un angelo. Tu sai illuminare il sole nel mio cielo. Sei sceso dalle nuvole e sei venuto a salvarmi.
Stai diventando tutto il mio mondo! Non ho mai creduto nel "per sempre", ma con te ora è diverso”.
Disse queste parole, senza impedire alla voce di tremare.
Ora, capiva davvero cosa significasse amare alla follia.
Legolas si alzò e si sedette accanto a lei. “Stavolta sono io che voglio provare a fare una cosa.
Ma tu devi restare immobile” le disse.
Poi, pian piano, cominciò ad avvicinare il suo viso a quello della ragazza.
“Che cosa stai facendo?” chiese lei. “Non ti muovere” ripeté lui.
Ma lei era troppo impaziente per aspettare.
E così, fu lei ad avvicinare il suo viso a quello dell’Elfo.
E in un istante svanì tutto. Nell’istante in cui le labbra dei due si toccarono, Legolas, credette di poter volare.
In quell’istante capì, che qualcosa era cambiato in lui.
Passarono alcuni attimi a stretto contatto.
I loro respiri erano uno solo, come i loro cuori.
Poi si scostarono.”Legolas, posso chiederti una cosa?” chiese lei con un sorriso malizioso.
“Si dimmi” rispose lui. “Ma, non avevi mai baciato una ragazza in vita tua?” chiese.
“Ehm … veramente … no” rispose lui.
“Senza offesa … ma si vede” disse Odette ridendo.
“Grazie, eh ragazza!” fece lui, sarcastico. Odette smise di ridere all’istante.
“Ragazza?” ripeté. Poi alzò gli occhi al cielo.
“Oh, no! È tutto sbagliato!”
“Cosa?” chiese lui senza capire.
“Tu non devi innamorarti di me!” disse poi dopo un po’.
“Ma, Odette, che stai dicendo?” chiese lui incredulo.
“Io sono mortale. Tu no. Io un giorno morirò, e tu rimarrai solo, senza la possibilità di  amare qualcun altro! E non provare a ribattere!” disse tutto d’un fiato.
“So, come vanno a finire certe cose” concluse tristemente.
Lui le si avvicinò e le prese il viso tra le mani.
“Odette” le disse.
”Preferirei morire domani,  che vivere cent’anni senza conoscerti”.
 Detto questo, prese un anello dalla sua tasca.
“Me l’ha donato mia madre” pensò. Poi lo mise al dito di lei.
“Io scelgo … una vita mortale” disse.
Aveva deciso.
“Non puoi farlo!” ribatté Odette, ormai in lacrime.
“È mio, da donare a colei che amo! Così come il mio cuore”. 
Poi i due si chiusero in un secondo, tenero bacio.    


  
 
 

  

 

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Capitolo 6
*** Complotti ***


Complotti

“Io scelgo … una vita mortale” disse. Aveva deciso. “Non puoi farlo!” ribatté Odette, ormai in lacrime. “È mio, da donare a colei che amo! Così come il mio cuore”.  Poi i due si chiusero in un secondo, tenero bacio..."   

Legolas la baciò teneramente.
Odette si lasciò trasportare dalla dolcezza del suo uomo. Talvolta la dolcezza di Legolas era disarmante.
Si abbracciarono a lungo, poi, lei,  si staccò dall'abbraccio e,  prese una piuma candida.
Dopo di che gliela porse.
Lui la prese e la guardò.
“È il mio pegno d'amore. Tu mi donasti l'anello, ma io, non posso offrirti che questa piuma … insieme al mio amore” lui le si avvicinò e la baciò teneramente. Di nuovo, l’Elfo, appoggiò il capo sulle gambe di lei, e la fissò.
“Odette”.
La ragazza gli accarezzò il volto.
“Dimmi pure, mio dolce Principe”.
Lui la guardò dritto negli occhi.
“Canta, Odette. Fammi sentire vivo” lei lo guardò mentre si sentiva avvampare. Poi, cominciò a cantare in un sussurro.


“Sunrise, Following Our Goodbyes
Following The Night Like You
Disappeared Too Soon”

Legolas la guardò.
Gli sembrava strano che Odette, cantasse una canzone così triste. 

“But It Stays
Hear It In The Morning Waves
Spinning From The Night With You
Underneath The Half Moon”

Odette alzò gli occhi alla Luna, che, pallida, li sovrastava. Nella sua voce una nota di tristezza.
Lui aveva rinunciato alla sua immortalità.
Ora, quella poteva essere la sua ultima Luna.

“Close My Eyes
And You'll Still Be Here With Me
Close My Eyes
The Sunrise Comes Too Soon”

“Odette”. La ragazza lo osservò.
Lui si mise a sedere.
“Che cos’hai?” chiese preoccupato.
“Niente Legolas. Niente … davvero” fece lei.
Ma Legolas sembrava poco convinto. 
“È per la scelta che ho fatto, non è vero?” chiese lui, osservando l’anello che le aveva donato.
La ragazza lo osservò.
“Odile non ti lascerà in pace, ora che sa che hai scelto me. Ora lei ti vuole morto. Perché tu dovresti morire?!?”
“Odette …”
“No!” lo interruppe la ragazza.
“Tu devi fuggire, andartene via il più lontano che puoi! Me la vedrò io con Odile!” gli disse con la speranza che lui ragionasse.
“No Odette” rispose lui, pacato.
Odette scoppiò in lacrime.
“Non posso lasciarti morire … io ti Amo”.
Nessuno disse nulla per alcuni istanti, ed il silenzio di quella notte veniva rotto solo dai singhiozzi di Odette. Poi Legolas, che non le aveva staccato li occhi di dosso, le prese dolcemente il viso con la mano.
“Ma potresti amare un uomo che fugge?” chiese, mentre con un dito, asciugava le gote della ragazza, ormai rigate di lacrime.
Lei non gli diede il tempo di aggiungere altro, egli getto le braccia al collo.
Lui, ricambiò l’abbraccio.
“Preferirei affrontare una sola vita con te, e morire per te, che affrontare tutte le Ere di questo mondo da solo”* le sussurrò. 
Lei gli sorrise.
“Ora sarà meglio che tu vada” gli sussurrò.
Lui l’abbracciò nuovamente, poi le diede un bacio sulla fronte ed uscì di corsa dalla foresta.

“Giusto Legolas? Legolas? Legolas!!”
“Eh? Si … hem … ” il ramingo guardò l’amico con aria da punto interrogativo.
“Capito?” chiese. 
Legolas ci stette a pensare un po’ su.
“Scusa ero distratto, com’era la domanda?” chiese con l’aria innocente.
Aragorn tirò un pugno contro il tavolo.
”Oh accidenti Legolas! Ti spiacerebbe fare un po’ più di attenzione?!? È la quinta volta che ti perdi stasera!!!” gli gridò contro. 
“Forse le strategie militari sono troppo impegnative per lui, Aragorn”  commentò Arwen, seccata.
L’Uomo si voltò verso l’Elfa.
“Arwen, ormai è passata più di una settimana da quel ‘famoso evento’” le sussurrò all’orecchio osservando Legolas di sottecchi.
“Non sarebbe il caso di lasciar stare, adesso?” le chiese. Arwen fece per rispondere, ma Aragorn le mise un dito sulle labbra.
“Tanto per intenderci, era una domanda retorica” si spiegò il ramingo.
Arwen sbuffò, adirata, poi uscì dal salone, dicendo che andava in camera sua.
“Mi sa che non le è ancora passata” commentò Gimli.
Stava per aggiungere altro, quando, Aragorn, gli fece segno di tirargli il collo, che nella loro “segnaletica” significava “Dì qualcosa riguardo a quello che è successo e ti strangolo”, indicando Legolas.
“Beh, scusate, ma … sono molto stanco vado in camera mia” detto questo Legolas si alzò.
“Tranquilli, sto bene. E poi, non credo di esservi molto utile stasera” concluse con un sorriso tirato, poi uscì anche lui dal salone. 
Aragorn si abbandonò sulla sedia e si prese la testa fra le mani.
“Dai Aragorn” disse Gimli con tono scherzoso dandogli una pacca sulla spalla.
“Orecchie a Punta, ci ha assicurato che sta bene, no?” concluse sorridendo.
“No, non è vero. Non sta bene per niente” lo ammonì l’Uomo.
Gimli smise di sorridere.
“Ma lui ha detto che …” “Ah, lascia stare! Legolas, per non farci preoccupare, ci direbbe che sta bene anche in punto di morte!” disse scuotendo la testa.
“Dai Aragorn, non ti angustiare, sono sicuro che come ha detto lui, è solo un po’ stanco” fece Gandalf.
Aragorn annuì, e tornò ad occuparsi delle mappe.

“E a me cosa ne viene?” chiese il Cavaliere.
Odile sorrise maliziosa.
“Io ti dirò, se riesci nel tuo intento, dov’è ma soprattutto chi è il portatore dell’Anello”.
Il cavaliere oscuro spronò il cavallo, alla volta di Edoras. Odile sorrise di nuovo.
“Preparati Legolas, perché  stavolta, neanche Odette potrà salvarti”.      
     


*********

Ciao a tutti!!
Mi scuso per il COLOSSALE ritardo e per la brevità del capitolo, ma purtroppo la mia immaginazione è andata in vacanza iniseme a mia cugina XD!!
Ho solo un'appunto per questo cap.:
*: Riparto alla carica con una bellissima frase di Arwen.
Ogni grande apppassionato del film, l'avrà notato XD!
Il fatto è che quella frase mi piace troppo!
Grazie a quelli che mi seguono!! Leggete e recensite, please!

Spuffyna90

PS: Per chi volesse saperlo la canzone di Odette stavolta è "Sunrise Comes Too Soon" ed è di Late Night Alumni.

 


 

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Capitolo 7
*** Ricatti e Aggressioni ***



Ricatti e Aggressioni


“Il cavaliere oscuro spronò il cavallo, alla volta di Edoras. Odile sorrise di nuovo. “Preparati Legolas, perché  stavolta, neanche Odette potrà salvarti …”


Legolas entrò in camera sua, e chiuse la porta, appoggiandosi ad essa.
La colpì con un pugno. “Non l’anno bevuta!” si disse.
“Direi di no” si disse poi.
Si avvicinò al comodino ed aprì il cassetto.
Sgranò gli occhi.
La piuma non c’era.
“Ma dove diavolo …” “Cercavi questa, Legolas?” chiese una voce alle  sue spalle.
“Sarà Eowyn?” si chiese, anche se già sapeva che non era così. Si voltò lentamente.
Arwen stava sulla soglia della camera, con la piuma di Odette in mano.
“No, non è Eowyn …” si disse ironicamente.
“Dove l’hai presa questa?” chiese l’Elfa, con gli occhi furenti.
“Arwen, posso spiegarti tutto …”
“Ma cos’hai nel cervello? Segatura?!?!” strillò Arwen.
“Arwen … io …” “Sai che cosa stai rischiando?” chiese lei avvicinandosi.
“Stai cercando di  farti ammazzare?!?”
Legolas le prese la piuma dalla mano, e la ripose nel cassetto.
“Arwen, voglio che tu mi faccia una promessa …” “Oh, no, Legolas! Se pensi che me ne starò qui senza fare niente, ti sbagli di grosso! Vado ad avvertire Aragorn!”
Arwen stava già uscendo dalla camera, quando la voce di Legolas, la fermò.
“Allora non avrai niente in contrario se avverto Aragorn di una cosa che è successa quando eri ancora una bambina, vero?”.
Arwen si irrigidì.
Possibile che ancora lo ricordasse?
“Non so di cosa stai parlando” disse con un filo di voce.
Legolas si avvicinò a lei.
“Oh, si invece che lo sai” le disse piano.
“Ora, Arwen, che vuoi fare?” chiese prendendola per le spalle, e facendola girare verso di lui.
“Preferisci mantenere il silenzio, oppure preferisci che Aragorn sappia cosa è successo a quei due bambini soltanto perché hai avuto paura?” “Hey, che succede qui?” i due si voltarono.
Gimli se ne stava davanti a loro, con la faccia di chi sa di aver appena incastrato qualcuno.
Ora Arwen tremava.
“Io te lo ripeto” disse con quel poco di coraggio che le rimaneva, voltandosi verso Legolas. 
“Devi lasciar perdere, Odette, ascoltami. Odile non ti lascerà …” stava per terminare la frase, quando osservò fuori dalla finestra.
Qualcuno si era fermato davanti alla finestra della stanza.
“Si può sapere di che parlate?” chiese Gimli, stranito.
In quel momento, Arwen, capì cos’era, anzi, chi c’era davanti alla finestra.
“Un … un Na …” disse tremando ancora di più.
“Un?” chiese Legolas, che non aveva capito a cosa, l’Elfa si riferisse.
“Un Nazgul!” gridò Arwen puntando un dito contro la finestra. Tutti e tre indietreggiarono.
“Dobbiamo … mantenere … la calma!” disse il Nano, messosi in posizione Yoga.
Arwen stava per scoppiare e strillare, svegliando tutti nel Palazzo, ma Gimli, la precedette, iniziando a smaniare di brutto.
“Calma Arwen, CALMA!! Devi stare CALMA!!!” le gridò in faccia.
L’Elfa lo guardò innervosita, e gli tirò un ceffone sulla guancia destra.
“Ok, questo lo meritavo” borbottò il Nano.
Arwen, lo osservò massaggiarsi la guancia, con un sorriso malizioso sul volto.
Poi gli tirò un ceffone anche sulla guancia sinistra.
“Forse meritavo anche questo” borbottò di nuovo Gimli.
Arwen non si arrese, anche perché la cosa la divertiva non poco.
Quindi gli tirò anche un pugno sulla testa.
“Tanto, più basso di così!” pensò. 
“Ok, Arwen, adesso esageri!” strillò Gimli. Ma il Nazgul, non si era perso nella comicità della situazione.
Aveva preso una mazza chiodata, che ora stava pericolosamente, roteando in aria, minacciando di rompere il vetro della finestra.
“Giù!!!” gridò Legolas, spingendo i due, quando la mazza si abbatté sul vetro, mandandolo in mille pezzi.
Il Nano si trovò catapultato per terra, Arwen venne spinta contro il muro, mentre Legolas riuscì a rimanere miracolosamente in piedi.
“Arwen, Gimli, tutto bene?!?” gridò, voltandosi per assicurarsi che stessero bene.
Ma quello gli fu fatale.
Il cavaliere dietro di lui non perse tempo, e lo colpì al fianco, mandandolo a finire contro la finestra.
Fortunatamente i traversini, gli impedirono di finire fuori e volare, giù nel vuoto. 
Cadde a terra senza emettere alcun lamento, mentre, dal fianco, cominciava a fluire sangue.
Arwen aprì gli occhi, piano, e si guardò attorno.
Cominciò a ricordare quello che era successo.
Il Nazgul, la finestra, Legolas che li spingeva … Legolas!
Si guardò velocemente attorno, e vide la finestra rotta e il Nazgul che si avvicinava al corpo indifeso dell’Elfo. Prese un grosso pezzo di vetro che si era ritrovata nei capelli e si alzò in piedi.
“Hey tu!” gridò all’Uomo, tirandogli contro il vetro.
Il cavaliere si voltò.
“Perché non te la prendi con qualcuno che si può difendere!?!” continuò Arwen.
“Come te?” domandò il Nazgul con la sua voce cavernosa.
Le tirò contro la mazza chiodata, e per un pelo, Arwen riuscì a scostarsi.  
Poi volse un ultimo sguardo a Legolas e Gimli ed uscì di corsa dalla stanza. Doveva dare a Legolas il tempo di riprendersi ed andare ad avvertire Aragorn.
Arwen corse a perdifiato lungo il corridoio.
“Che mi possa maledire da sola, se la prossima volta non mi metto qualcosa di più comodo!” pensò. Effettivamente,correre con un Nazgul alle calcagna con un vestito da cerimonia e le scarpe coi tacchi, non è proprio il massimo.
Si guardò dietro, nella speranza che il suo inseguitore fosse ad almeno 10 o 20 metri di distanza.
Ovviamente le stava alle costole.
Lei allora riprese a correre ma riuscì a fare solo due passi, che si ritrovò davanti alle scale.
Si fermò di colpo e il Nazgul ne approfittò per tirarle una catena alle caviglie.
Arwen non fece in tempo a scostarsi e cadde giù dalla lunga scalinata che portava all’ingresso del salone.
Cadde per un tempo che le  sembrò infinito, poi, la sua caduta terminò con un acuto dolore alla testa.
Fece per rialzarsi ma abbandonò subito l’idea.
Le girava tutto.
Si posò una mano sul punto dolorante della testa, e quando la guardò, capì che doveva essere andata a sbattere contro una colonna.
La sua mano infatti era macchiata di sangue.
Si rese conto di respirare a fatica e si tastò un fianco.
Le faceva male.
Nella caduta probabilmente doveva averlo picchiato sulle scale.
Alzò gli occhi sulla nera figura che la sovrastava.
Si aspettava di vedere la mazza chiodata, cadere inesorabilmente su di lei.
Invece, il Nazgul estrasse un pugnale.
Ed Arwen capì.
Quel pugnale lei l’aveva già visto, e sapeva anche dove.
Era lo stesso che aveva rischiato di uccidere Frodo prima di arrivare a GranBurrone.
Ed ora lei avrebbe fatto la fine che sarebbe toccata all’Hobbit.
Osservò il suo nemico alzare il pugnale su di lei, e chiuse gli occhi.
Non sentì nulla.

“Ah!” esclamò Odette.
Barcollò per alcuni istanti e si appoggiò ad un albero.
Si appoggiò una mano sul petto e ascoltò i battiti del suo cuore, diventare sempre più veloci.
Spaventata, inspirò tutta l’aria che poteva ed espirò, per tre volte.
Allora cominciò a calmarsi.
Appena riacquistò un po’ più di lucidità, cominciò a ragionare. Com’era possibile che così, di colpo, le fosse venuta una fitta così intensa?
Al cuore, poi!
Era già da un po’ che aspettava, ed era già da un po’ che Legolas non si faceva vedere.
“Odette, tutto a posto, sorellina?”. Odile intervenne col suo solito sarcasmo. Inopportuno in quel momento.
“Odile! Che cosa vuoi?” chiese Odette, ancora ansimante. Odile la guardò, fingendo di essersi offesa.
“Oh, ma come siamo scorbutiche stasera!” le disse. “Senti Odile” cominciò la sorella.
“Se il tuo intento, stasera, è quello di farmi arrabbiare, beh sappi che ci stai riuscendo benissimo!” l’avvisò.
“Hey! Calma! Volevo solo sapere se andava tutto bene!” “Quando mai ti è interessato di come sto!?!” chiese Odette.
“Sai, ho qualcosa che credo ti possa interessare” fece Odile.
“Beh sentiamo” disse Odette seccata.
Ma la sua espressione tradiva il fatto che voleva saperne di più.
“Proprio stasera ho visto un Nazgul cavalcare verso Edoras” rispose Odile.
“Ho pensato che ti interessasse” concluse facendo spallucce.
“Come l’hai convinto?!?” chiese Odette, ora, più spaventata che mai.
“Beh, sai, posso essere molto persuasiva”.
“Come?” chiese di nuovo l’altra.
“Gli ho promesso, se riesce, di dirgli dove si trova l’Anello e chi lo porta” rispose con un sorriso crudele.  
Odette la guardò dritto negli occhi.
“Odile” le disse piano.
“Se succede qualcosa a Legolas, te ne pentirai amaramente” strinse i pugni, talmente forte da fare penetrare le unghie nella carne, ma non le importava.
Sentiva dolore, ma in quel momento era l’ultimo dei suoi pensieri.
Non mi vincerai” disse.
Non fallirò.  Non ti cederò mai, le cose che ho amato. E che amo”.
Odile osservò la sorella, stavolta era spaventata.
Non l’aveva mai vista così.
Porta via te stessa. Via lontano da me. Io sarò per sempre …  La tua nemica perfetta.
Odette disse le ultime parole con tutto l’odio che aveva in corpo.
Odile la osservò, poi voltò le spalle, e fece per andare via, quando si fermò e si voltò di nuovo verso Odette.
“Accetto la sfida” sibilò con rabbia.
Odette annuì, poi Odile, sparì nella foresta.

********
Eccomi qui!
Dunque, spero che questo capitolo abbia più successo del precedente XD! Non ho appunti particolari tranne uno.
Le parole scritte in "corsivo-viola" sono la traduzione di "Perfect Enemy" dei T.A.T.U.
"Nemica Perfetta" è la traduzione. Non è "Perfetta" per la storia?

Grazie a tutti quelli che mi seguono,

Spuffyna90  
 

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Capitolo 8
*** Avviso! ***


Ciao a tutti!

A causa di una partenza improvisa sono costretta a rimandare il prossimo aggiornamento al 15/08/11.
Mi scuso per l'inconveniente

a presto

Spuffyna90
 

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Capitolo 9
*** Dolore ***


Dolore


“Alzò gli occhi sulla nera figura che la sovrastava. Si aspettava di vedere la mazza chiodata, cadere inesorabilmente su di lei. Invece, il Nazgul estrasse un pugnale. Ed Arwen capì. Quel pugnale lei l’aveva già visto, e sapeva anche dove. Era lo stesso che aveva rischiato di uccidere Frodo prima di arrivare a GranBurrone. Ed ora lei avrebbe fatto la fine che sarebbe toccata all’Hobbit. Osservò il suo nemico alzare il pugnale su di lei, e chiuse gli occhi. Non sentì nulla …”

“Arwen …” l’Elfo aprì piano gli occhi.
Si guardò attorno, cercando di rimettere a posto le idee.
La prima cosa che vide fu, il Nano, che era ancora per terra e ronfava come un ghiro.
“Nani!” sospirò Legolas.
Si appoggiò su di un braccio per alzarsi, ma gli sfuggì un gemito di dolore.
 Si voltò per vedere cosa fosse successo.
Strinse i denti. Nel suo braccio, c’era piantato, un pezzo di vetro della finestra.
Prese il coraggio a due mani, ed estrasse la scheggia.
Deglutì, sebbene a fatica, mentre dalla ferita, cominciava a fuoriuscire sangue.
Si tastò il fianco  ferito, ed alzò gli occhi al cielo.
 “Beh, sempre meglio che cadere nel vuoto” constatò, guardando la finestra.
“Grazie ai Valar” disse piano.
 “Ed ai traversini” concluse con una punta di sarcasmo. 
“Arwen?” chiamò piano.
Dopo alcuni istanti, in cui il silenzio gravò su di lui come un masso sulle spalle, l’Elfo cominciò a preoccuparsi.
“Arwen!” chiamò di nuovo, stavolta con più decisione.
Fece un veloce riepilogo di quella serata da incubo.
Arwen doveva essere fuggita per le scale.
Si rialzò, più velocemente che poteva, e corse fuori.

“È finita. Ora è proprio finita“ si disse Arwen.
Non poteva fare niente e, combattere contro di lui, sarebbe stato inutile.
Non poteva fare più niente, e, per di più, non aveva armi con lei.
“No, aspetta!” si disse.
Un’arma ce l’aveva: la voce.
Se avesse gridato, Aragorn, l’avrebbe senza dubbio sentita!
Senza indugiare oltre, pose le mani a cono, e gridò con tutto il fiato che aveva in corpo.
Era la sua unica speranza.

Il grido di Arwen risuonò in tutto il Palazzo.
Aragorn, spalancò gli occhi.
Cos’era successo di tanto grave da far gridare così la sua amata?
Solo qualcosa di terribile.
“Odile!” pensò subito.
Senza dare il tempo a Gandalf ed al Re di dire qualcosa corse fuori, pregando di arrivare in tempo. 

Il Nazgul tentennava.
Arwen si insospettì.
Perché aspettava tanto ad ucciderla?
Sarebbe bastato far calare il pugnale su di lei e sarebbe stata la fine.
Cosa stava aspettando?
Si decise aprì di scatto gli occhi.
Quello che vide fu solo confusione.
Una figura stava correndo verso di lei.
“Aragorn!” pensò l’Elfa.
No.
Non era Aragorn.
Ma il Nazgul ancora non la stava uccidendo.
Sembrava stesse aspettando che lui, chiunque fosse, la salvasse.
Aguzzò la vista.
Troppo alto per essere Gimli.
Troppo giovane per essere Gandalf o Theoden.
Troppo  uomo per essere Eowyn.
Troppo biondo per essere Aragorn.
All’improvviso capì.
Escludendo tutti quelli che aveva nominato, poteva essere solo …
“Legolas!”.
Arwen sorrise.
Ce l’aveva fatta, aveva sicuramente avvertito Aragorn, ed ora la stava venendo a salvare.
Ma qualcosa non andava.
Sembrava che,appunto, il Nazgul lo stesse aspettando.
Capì tutto.
Ma non fece in tempo a dire nulla.
Non fece in tempo a pronunciare nessuna delle mille parole, che il suo cuore gridava con forza.
L’Elfo le si parò davanti, e in quell’istante, il Cavaliere Oscuro, calò definitivamente il pugnale.
Il colorito di Arwen divenne cereo. 
Sentì il freddo vento della morte passare pericolosamente vicino all’Elfo.
Lo sentì gridare.
Un grido carico di dolore.
Lei non si mosse.
Rimase immobile respirando appena, mentre Legolas cadeva a terra.
Finalmente riuscì ad articolare un suono.
“N-no …” sussurrò.
Si piegò sul corpo dell’Elfo.
Lo sollevò appena.
“Legolas … no. Non arrenderti, ti prego”.
Arwen tremava.
Era stata tutta colpa sua.
Se avesse capito prima le intenzioni del Nazgul, e lo avesse avvertito in tempo, questo non sarebbe accaduto.
Sopra di lei, il Cavaliere, puliva la lama del pugnale, soddisfatto. 
Arwen sentì dei passi provenire dal salone.
Ma non se ne curò.
Continuava a fissare il volto di quello che aveva sempre chiamato fratello,  contratto in una smorfia di dolore.
Quando comprese, che le speranza erano poche, grosse lacrime cominciarono a spuntare, bagnandole i profondi occhi nocciola.
“NO!!” gridò

Aragorn correva come un forsennato.
Di nuovo.
Un altro grido.
Era sicuro che Odile avesse fatto del male ad Arwen.
Ma, purtroppo, la verità era un’altra.
Si affacciò al salone.
“Arwen! Cosa è …” non fece in tempo a finire la frase, che, sentì gelarsi il sangue nelle vene.
Il Nazgul emise un verso simile ad un a risata, e scomparve nel nulla.
Il ramingo si avvicinò ai due Elfi.
Lei lo guardò.
“Aragorn … lui … è …”
L’Uomo appoggiò una mano al petto dell’amico.
Fece cenno di no.
Arwen fece per dire qualcosa, ma la voce le morì in gola, e si getto a piangere sul petto dell’Uomo.
Aragorn le cinse le spalle e l’abbracciò.
Poi fece un cenno ad Eowyn, che intanto era giunta anche lei, richiamata da quelle grida, e la Dama di Rohan corse via velocemente.

Erano ormai passate alcune ore dall’accaduto, e tutti si erano radunati davanti alla stanza di Theodred.
Anzi sarebbe più corretto dire, la stanza di  Legolas.
Eowyn aveva recepito subito il messaggio del ramingo, ed era subito corsa a cercare un medico.
Chiamatela “fortuna”, fatto sta che la donna, era miracolosamente riuscita a trovarne uno, che, ancora più fortunatamente, era esperto di medicina elfica.
Gandalf e il Re, erano riusciti a recuperare Gimli. Il Nano se l’era cavata con qualche bernoccolo. “Colpa di quel maledettissimo Elfo!” era stato il suo primo commento. Ma poi, quando era stato informato sulle reali condizioni del “Maledettissimo Elfo”, era praticamente scoppiato a urlare e sbraitare contro, stavolta il “Maledettissimo Nazgul” o all’occorrenza al “Maledettissimo Cigno Nero”. 
Arwen non aveva pronunciato parola.
Era sempre stata zitta ad osservare la porta.
Quando il silenzio si fece insopportabile, fu Aragorn a romperlo.
“Sono sicuro che andrà tutto bene” disse, cercando di convincere più sé stesso che gli altri.
“Sì! È vero!” concordò Gimli.
“Ma chi vogliamo prendere in giro?!?” disse Arwen con un filo di voce.
“Non ce la farà” disse piano.
“Evviva la positività!” fece Eowyn sarcastica.
“Come puoi fare la sarcastica in un momento come questo!?!” disse Arwen.
“E tu allora? Vuoi smetterla di piangerti addosso!” disse la Dama di Rohan, indispettita.
“Ora smettetela!” le rimproverò Aragorn.
“Ma io non riesco a capire!” gridò Arwen, balzando in piedi dalla sedia.
Tutti si voltarono a guardarla.
“Io non riesco a capire come accadano certe cose” continuò l’Elfa, mentre sentiva le lacrime sopraffarla.
“Come può essere? Era un caro amico per tutti noi, e all’improvviso ne resta solo un corpo vuoto! E io non riesco assolutamente ad accettare che la morte sia una cosa definitiva. È stupido! È stupido, morire! Ed Aragorn osservava la porta e non parlava, e io piangevo, e ho pensato: Legolas non potrà più versare delle lacrime, mai più! O tirare con l’arco, o litigare con Gimli, mai più! E non c’è nessuno che mi spieghi, come mai!” si coprì il viso con le mani, e si lasciò andare sulla sedia, piangendo.
Eowyn le si avvicinò.
“Mi dispiace per prima” le disse, poi le due si strinsero in un dolce abbraccio.

********

Ciao a tutti! Sorprendentemente sono tornata prima, e posso aggiornare prima.
Dunque, non ho particolari "*" da dire, anzi in realtà non ne ho nessuna XD!
Grazie a chi legge (utenti e non),
leggete e recensite numerosi,

Spuffyna90 

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Capitolo 10
*** Essere Lei ***


Essere Lei

“NO!!” disse Odile.
Il cavaliere le si avvicinò pericolosamente.
“Avevamo un patto, Strega” le disse puntandole la spada alla gola.
“Si, il patto era che se tu l’avessi ucciso, io ti avrei detto quello che volevi sapere”rispose Odile, con aria di sufficienza, spostando la spada con un dito.
“E dunque?” chiese il Nazgul.
“E dunque, cosa? Avevo detto, MORTO. Non FERITO” disse Odile, con rabbia.
“È morto!” affermò il Cavaliere.
“No, io non credo” fece Odile, calma.
“Come fai a dirlo?” chiese l’altro.
Odile si trovò in difficoltà.
Già, come faceva a dirlo?
“Non sono affari tuoi! Ed ora vattene, prima che ti trasformi … in una … lucertola!” gli disse indicando la porta.
Il Nazgul, uscì, e sparì in groppa al suo destriero.
Odile chiuse la porta e vi si appoggiò.
“Uff ...” sospirò, sollevata
Si toccò il cuore.
Era vivo.
Lo sentiva.
Si diede della stupida.
“È strano” pensò.
“Erano parecchi anni, che non sentivo il mio cuore, battere così … vivo” pensò.
Il suo cuore, lei lo sapeva, era morto, tanti anni prima.
Ma allora, perché? 
Perché si sentiva avvampare ogni volta che pensava all’Elfo.
Per la seconda volta quella notte, si diede della stupida.
Come poteva avere quei pensieri?!?
Gli occhi, le si velarono.
Una lacrima li bagnò.
“Ma perché?” si chiese.
“Perché proprio io devo essere la cattiva?”.
Con aria sconsolata si diresse verso la finestra.
Solo perché lei era il “Cigno Nero”, allora, doveva essere cattiva!
“Perché, per una volta, non posso essere io, quella candida?” si chiese.
“Per una volta. Soltanto per una volta, vorrei essere io, Odette” disse a voce alta, sperando in, non so quale aiuto dal cielo.
“Perché, non puoi?”.
Odile si voltò di scatto.
“Chi è la?” chiese allarmata.
Scorse una figura nascosta nell’ombra.
“Ho seguito il filo dei tuoi pensieri, tesoro. Che ci trovi in quella lì, eh?” continuò l’uomo.
“Chi sei?” chiese ancora la ragazza.
“Fatti vedere!” minacciò.
Piano l’uomo, uscì dalla penombra.
Odile si sentì morire.
L’ uomo, che le stava davanti, era abbastanza alto,  aveva i capelli castani, e gli occhi verdi, di un verde intenso, aveva due smeraldi al posto degli occhi, uno sguardo dolce ma allo stesso tempo sfacciato, che diceva tutto ma non diceva niente, indecifrabile.
Il ragazzo, la fermò e con tono sfacciato dopo averla guardata per bene, le disse:
”Ciao piccola”
Ad Odile ci volle un po’ per rispondere.
Quel ragazzo aveva uno sguardo così magnetico.
 Per la prima volta in vita sua si trovò in difficoltà, non perché avesse avuto dei problemi.
Anzi, un problema c’era.
Il problema era che quel ragazzo aveva il potere di metterla in soggezione.
“Rothbart!” disse la ragazza, mettendosi una mano sulle labbra.
“Sembri sorpresa” rispose Rothbart, avvicinandosi a lei.
“Beh” cominciò lei, allontanandosi.
“Direi. L’ultima volta che ci siamo visti ,sei caduto, trascinato giù dal …”
“Balrog. Si lo so. Ma per lo meno, il vecchio, è andato” la interruppe lui.
“Ah … no, io non direi. Direi invece che Gandalf è vivo e vegeto” fece lei, maliziosa.
Rothbart non se ne curò più di tanto, si limitò ad annuire.
“Ah” disse poi.
“Tanto lavoro per niente” concluse scuotendo il capo.
“Vedo che non ti interessa più di tanto” disse Odile, pensierosa.
“Beh, cambiando discorso, prima parlavi da sola, amore?” disse lui, malizioso.
*“Devi smetterla di considerarmi tua. E di chiamarmi amore” lo rimproverò la ragazza.
“E come dovrei chiamarti allora?” Rothbart le si avvicinò.
“Passerotto? Dolcezza? Mia … Riccioli D’Oro?” l’uomo le accarezzò i capelli.
“Adoro i tuoi capelli. Il modo in cui li porti …”*
Odile alzò una mano e gli assestò un poderoso schiaffo sulla guancia. 
“Smettila. Non sono più tua da tanto tempo, ormai”. La donna si voltò verso la finestra.
L’uomo le cinse le spalle.
“Cosa vuoi, davvero?” le chiese.
“Vorrei solo, per una volta, non dover fare sempre la scelta sbagliata. Vorrei essere io la santarellina per una volta. Vorrei essere Odette”.
L’uomo sorrise crudelmente.
“Beh, un modo ci sarebbe” rispose, fingendosi pensieroso.
“E quale?” chiese lei, speranzosa.
“Ecco, vieni, ora ti spiego” Rothbart la condusse in un angolo, e cominciò a spiegare. 

***
Eccomi qui.
Scusate la cortezza del capitolo ;-)!
In questo cap. ho solo una piccola nota
1"*": Questo piccolo dialogo è un'omaggio alla coppia Spuffy (Buffy-Spike) del telefilm "Buffy The Vampire Slayer".
Mi piaceva troppo!!
Leggete e recensite numerosi, mi raccomando!
 

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Capitolo 11
*** Pericoli All'Orizzonte ***


 

Pericoli All’ Orizzonte


Erano passate alcune ore, e quella porta, ancora non si apriva.
Gimli, ogni tanto, borbottava cose del tipo “Ma quanto ci mette?” oppure “Perché ci mette così tanto?” ed Arwen, sospirava.
Erano tutti tesi.
E si vedeva.
Quando ad un tratto …
“BOM!”
Tutti si voltarono di scatto verso il ramingo.
“Scusate ... scusate. Si può dire che non l’ho fatto … a posta” si scusò.
“Sire Aragorn” Eowyn si avvicinò all’uomo.
La sua mano era incastrata nel muro.
“Dov’è finita la vostra mano?” chiese la Dama.
“Ho dato un pugno al muro. Mi sentivo così frustrato che … ho perso il controllo” spiegò il ramingo.
“Santi Valar!” esclamò Arwen, balzando in piedi  dalla sedia e correndo verso di lui.
“Sei ferito alla mano?” chiese l’Elfa.
“Così sembra” rispose pacato Aragorn.
Non pensava di aver talmente tanta forza, da fare un buco nel  muro.
“Scusate per il muro” disse piano.
“Oh non importa! Era uno di quelli che dovevamo rifare …” rispose Eowyn sorridendogli.
“Avresti potuto colpire … qualcos’altro!” lo rimproverò Arwen.
“Chiedo scusa un’altra volta” fece Aragorn, seccato.
“E ti ha fatto sentire … meglio” chiese dopo un po’ Arwen.
Aragorn notò il dolore negli occhi dell’amata e si addolcì.
“Per appena un secondo” rispose.
“Per un intero secondo!?!” chiese Arwen, sbalordita.
Avrebbe potuto provare lei.
Dopotutto, si sentiva così in colpa.
“Credevo che il muro tenesse meglio” disse Aragorn, cambiando discorso.
Gli pesava parlare, o addirittura pensare all’accaduto.
“Già pensavo anch’io. Ma perlomeno, ora abbiamo una buona scusa per far ristrutturare quest’ala del Palazzo ” rispose Eowyn.
“Cosa mi sono perso?” chiese il medico facendo capolino dalla stanza.
“Sire Aragorn se l’è presa con il muro!” rispose Eowyn, ridendo.
“Riesci a girare il polso?” chiese Arwen.
Il ramingo annuì, e le due, tirarono il braccio.
“AH!” si lamentò l’Uomo, appena il polso uscì dal muro.
“Oddio!” esclamò Eowyn.
La mano di Aragorn era tutta insanguinata.
“Non è niente” le rassicurò.
“Ti fa male?” chiese Arwen.
Aragorn la guardò.
“Volete una benda?” chiese il medico.
Solo in quel momento si resero conto dell’effettiva presenza del medico.
Tutti si fiondarono sul pover’uomo, a chiedere notizie del loro compagno.
“Calmatevi, calmatevi! Ora vi spiego!” fece il medico, esasperato.
“Dunque, sono felice di aver constatato che la ferita, non è,  della gravità che pensavo” li rassicurò.
“Quindi è fuori pericolo?” chiese Arwen.
“Non è in pericolo di vita?” chiese Aragorn.
“Non ci dobbiamo preoccupare?” chiese il Nano .
“Sì alla prima, sì alla seconda, no alla terza. Comunque, c’è da preoccuparsi, perché potrebbe avere lo stesso effetto che ha avuto sul Portatore dell’Unico. Ma sinceramente, è un’opzione che scarterei” dichiarò l’uomo.
Tutti tirarono un sospiro di sollievo. 

Passò le dita affusolate sulle piume che ornavano la micidiale arma, prese la mira … e scoccò.
“Centro perfetto, grande Arciere!” gridò Aragorn, dalla panchina e l’Elfo, sorrise compiaciuto.
 Era passata appena una settimana da quando era stato ferito, e, Legolas, riprendeva già il suo posto nella Compagnia.
Si era perfettamente ristabilito in poco tempo, ed ora, dentro di sé, fremeva dalla voglia di vedere Odette.
Era stato lontano da lei troppo tempo.
Gli mancava.
Non seppe neanche lui come, ma la sera arrivò in fretta.
Si preparò ed uscì.
Aron lo salutò, nitrendo di gioia.
Gli era mancato il suo padrone.
Legolas gli sorrise, e montò in groppa.  
Uscì di corsa dalle scuderie, diretto a Fangorn.
 Entrò nella foresta col cuore in gola.
Attraversò un tratto di boscaglia, ma poi si fermò.
Davanti ai suoi occhi, c’era un bivio.
“Non ricordavo ci fosse un bivio” pensò.
Poi sentì un rumore dietro di lui.
“Oh no!” si disse.
L’ultima cosa di cui aveva bisogno quella notte, era di incontrare Odile.
Incoccò una freccia e prese la mira.
Aguzzò la vista.
La  figura si fece largo tra il fogliame.
Alzò gli occhi e solo in quel momento l’Elfo capì chi si trovava davanti a lui.
“Odette!” “Legolas!”
I due innamorati si gettarono l’una tra le braccia dell’altro.
Si guardarono negli occhi, e si baciarono dolcemente.
“Oh Legolas, quanto mi sei mancato!” disse lei, con le lacrime agli occhi.
“Anche tu mi sei mancata! D’ora in poi non ti lascerò più sola neanche per un istante” le rispose lui.
“Tranne che di giorno” fece lei scherzosamente.
Lui le sorrise e la prese per mano.

“E tu mi stai dicendo che …”
“Si Odile. Se tu seguirai il mio piano, tu avrai la vendetta su tua sorella ed io mi prendo l’anima dell’Elfo” disse Rothbart.
“Il patto col vecchio non era proprio così” disse Odile pensierosa.
“Sì, ma se facciamo come dico io, li avremo tutti e due … nel palmo della mia mano” disse Rothbart, stringendo un pugno.
Odile aggrottò le sopracciglia.
“Le nostre mani, vorrai dire” lo corresse.
“Ma sì, certo, certo” rispose lui, sbrigativamente.
Odile ci pensò un po’ su.
Ci sarebbero stati molti vantaggi se avesse accettato l’offerta del mago.
Lui le tese la mano.
“Va bene. Ci sto” rispose la ragazza stringendola.
Anche se non era affatto sicura di ciò che stava facendo.

“Odette, mi spieghi esattamente come funziona la maledizione?” chiese Legolas.
“Beh, non è complicato. Quando la Luna sorge in cielo, io e Odile, possiamo diventare umane. Però c'è anche un'altra cosa. Vedi una volta l'anno, la luna non sorge, e come ben  saprai, se non c'è la Luna, noi restiamo Cigni. Oh, e c'è anche un'altra che dovresti sapere. A turno una resta Cigno e l'altra diventa umana.” seguirono alcuni attimi di silenzio.
“Guarda” disse lei.
“L'alba, è già qui” concluse tristemente.
“Odette, è già da un po' che ci penso, e, volevo chiederti una cosa” disse lui.
La ragazza annuì.
“Come si spezza la Maledizione?” chiese.
“Ehm ….” “Ci sarà un modo, no?” chiese lui impaziente.
La ragazza ci pensò un po' su.
Poi, di colpo, i suoi occhi si illuminarono.
“Sì” rispose.
“Si che c'è! Devi fare un giuramento d'Amore Eterno” disse lei.
“Lo farò! Da quando ti conosco, è tutto quello che ho sempre desiderato di fare” esclamò Legolas con enfasi.
“Sì, però … c'è un problema” fece Odette tristemente. “Quale sarebbe?” chiese lui.
 “Devi provarlo a tutta la terra di Mezzo”
“Come?” chiese lui.
“Non lo so! Dammi retta, lascia perdere” lo supplicò lei.
Non voleva che si cacciasse nei guai.
Ne aveva passate tante.
Troppe.
Non poteva chiedergli di rischiare ancora la vita per lei.
Teneva troppo a lui.
“Lasciar perdere? E lasciarti qui, sola, con quella pazza sadica di Odile?!?! Spero tu stia scherzando!” disse Legolas.
Lei aprì bocca per rispondere, ma lui la precedette. L'abbracciò forte, e in quel momento lei, si sentì amata come non mai.
“Non preoccuparti Odette. Troveremo una soluzione” le disse in un sussurro.
“Tornerò domani sera” le disse.
Odette sorrise, e, detto questo, Legolas uscì correndo dalla foresta.
“Odette, cara sorellina!”.
Odile le venne incontro.
“Ciao Odile” la salutò Odette, senza tono.
“Quanta ostilità in sole due parole” fece Odile, provocandola.
“Che cosa vuoi?” il tono di Odette era duro, e non ammetteva repliche.
“Niente è che … mi era sembrato di sentire delle voci” rispose Odile. 
“Ero sola. Come ha potuto sentire delle voci?” chiese Odette con tutta la calma di questo mondo.
Sembrava tranquilla, ma in realtà, tremava dentro.
“Forse, me le sono immaginate” disse Odile.
“Forse” le fece eco Odette.
“Oh senti” le disse Odile.
“Sai a che cosa mi sono ritrovata davanti,stanotte? Ad una sdolcinata scena che ritraeva mia sorella mentre si baciava, guarda il caso con chi? Con niente di meno che il Principe degli Elfi!” disse tutto d'un fiato.
“Credevi di poter ingannare Il Cigno Nero, sorellina?!?”.
Odette la guardò con odio.
“Non potrai mai averlo, orrenda creatura!  Sposerò Legolas, e tu non potrai impedirmelo!” gridò la ragazza.
“Oh, invece si che lo farò! Non potrai vederti con il tuo Principe, domani sera” disse Odile, con un sorriso maligno sul viso.
“Se vuoi fermarmi, dovrai uccidermi!” disse Odette con rabbia.
“Beh,  l' idea è alettante, ma no, io non credo. Vedi hai tralasciato un dettaglio molto importante. Domani sera … non … ci sarà … la Luna!”
Detto questo Odile, cominciò a ridere sadicamente, e Odette, disperata, si gettò in ginocchio cominciando a piangere  mentre le sue lacrime si mescolavano alle dolci acque del Lago.           
 

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Capitolo 12
*** Io Non Credo Nei Miracoli ***



Io Non Credo nei Miracoli
 


Io non credo nei miracoli
Tu sei stato per me l'eccezione

[…]


Dolce stella non tremare
Ci ho provato e riprovato ma non posso più
Farti male, farmi male
Tutto questo, dimmi, che senso ha?                        
         


Spacchiamo il mondo io e te.
Ho il cuore pieno di noil.
Ma perché non riesco a viverti come io vorrei?



Tu mi stringi un nodo in gola
Mi fa quasi male a respirare.
Mentre mi difendo sento che
Vorrei proteggerti da me.


[…]

Farti male, mi fa male
Tutto questo, dimmi, che senso ha?


Ti muovi dentro di me
Ho il cuore pieno di te.
Coi tuoi sguardi che accarezzano l'animale in me

Speciale
il mondo con te   
                                                          
                          


Che bello il buio con te

Ma perché non riesco a viverti come io vorrei?
Come vorrei ...
  

Io non credo nei Miracoli ...
..se potessi tu sorprendermi...

***********
Ciao cari lettori (e lettrici XD)!
Dunque, come vedete oggi sto aggiornando alla velocità della luce.
Il capitolo è completamente dedicato ai pensieri di Odile e Odette, riguardo a Legolas.
Le parti  
Rosa” sono i pensieri di Odette.
Mentre quelle “Viola” sono i pensieri di Odile. 
La frase scritta in “Blu”  è un pensiero “comune” ad entrambe.                                                                                 
Grazie a tutti,

Spuffyna90

PS: Piccolo avviso: se riesco posterò almeno due o tre cap. al giorno, poiché il 18 parto x Parigi e non so se riesco a finire in tempo.
Nel caso in cui nn riuscissi, ci sentiamo il 25/08/11.

Grazie ancora e scusate, per quest’altro inconveniente.   

  
 

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Capitolo 13
*** Un Piano Diabolico ***


Un Piano Diabolico

“Se vuoi fermarmi, dovrai uccidermi!” disse Odette con rabbia.
“Beh,  l' idea è alettante, ma no, io non credo. Vedi hai tralasciato un dettaglio molto importante. Domani sera … non … ci sarà … la Luna!”
Detto questo Odile, cominciò a ridere sadicamente, e Odette, disperata, si gettò in ginocchio cominciando a piangere  mentre le sue lacrime si mescolavano alle dolci acque del Lago ...”

 
“Qualunque cosa facciano, sarò io ad averli in pugno!”.
Rothbart ed Odile,  entrarono a grandi passi nella casa nella radura. 
Odile non stette lì a sindacare perché diceva “io”.
Ormai aveva capito che con lui, non c’era da discutere.
Rothbart si sedette pesantemente su di una sedia, subito imitato dall’aggraziato movimento di Odile.
“D’altra parte il giuramento di Legolas, potrebbe compromettere tutto” gli ricordò la ragazza, osservandosi le unghie, dipinte di rosso, con noncuranza.
L’Uomo si massaggiò le tempie.
“Hm, dovrò vedere di sistemare anche lui” disse il mago.
“Ma COME?” gridò, osservando la Nera.
“Ah, non guardare me! Sei tu il capo organizzativo!” fece Odile, facendo l’offesa, mentre giocava col suo Cristallo Oscuro.
Seguirono alcuni attimi di silenzio.
“Il Giuramento!!” disse dopo un po’.
“Come prego?” chiese Odile.
“Gli farò fare il giuramento alla ragazza sbagliata!” strillò Rothbart con enfasi.
“Oh, fantastico, e dove la trovi una identica ad Odette?” chiese Odile.
Il mago la osservò bene.
“Stai pensando a me?” chiese la ragazza dopo alcuni attimi.
“Esatto!” esclamò il Mago.
“Io ti farò diventare uguale ad Odette!” esclamò ancora.
“Beh, non sarà così difficile, siamo identiche” commentò distrattamente Odile.
“Esattamente! Ci sarà da lavorare ben poco e ne varrà la pena. Basterà procurarti un abito Bianco, pitturare le tue unghie di azzurro, mascherare il tuo Cristallo di Bianco ed il gioco è fatto! E quando il nostro caro principino dalle Orecchie a Punta, farà il suo Giuramento d’Amore Eterno a te … Odette morirà” disse tutto d’un fiato.
“Ma a me cosa ne …”
“E la parte migliore deve ancora venire!” disse Rothbart.
Odile sospirò, seccata, alzando gli occhi al cielo.
“Sarò io stesso, a finire Legolas!”        
“Cosa?!?” strillò Odile, saltando in piedi dalla sedia.
“Hai sentito bene mia cara” disse Rothbart, con un sorriso crudele.
“Il nostro patto era un altro! Avevi promesso che Legolas sarebbe stato mio!” gli ricordò la ragazza.
“Ah si? Beh il patto è cambiato” disse il mago.
“Trovati un’altra ragazza, io ho chiuso!” fece Odile decisa.
 “Scusami tanto, ti spiacerebbe ripetere quello che hai detto? Devo avere qualcosa nell’orecchio …” fece lui, ironicamente.
“Allora leggi le mie labbra” rispose lei.
“Scordatelo!” sillabò, poi andò a passi svelti verso la porta.
“Odile, Odile cara, mia dolce sottoposta! Non ci stiamo dimenticando un piccino piccino, sebbene cruciale dettaglio?” chiese lui, fermandola.
“Tu sei mia!!” gridò il Mago.
Odile lo osservò con odio.
“Senti questo suono? È il suono della tua libertà, che fluttua fuori dalla finestra per sempre!” continuò Rothbart.
“Non mi interessa! Non ti aiuterò a fargli del male!” replicò la ragazza.
“Non riesco a credere che tu te la prenda tanto per un … Elfo!” sbottò Rothbart, indignato.
“Ma lui è diverso! Da quello che ho visto, è sincero, dolce, non farebbe mai niente per ferire le presone che ama!” fece Odile con aria sognante.
“Per favore! È un Elfo!” le ricordò di nuovo il Mago.
“E poi, O Grande Onnipotente” continuò lei, ironicamente.
“Non credo tu possa fargli niente. Non te lo premetterò!”
“Va bene, devo passare alle minacce?” chiese l’Uomo.
“Mettiamola così. Se non vuoi che uccida la tua cara, e dolce sorellina, davanti ai tuoi occhi, farai meglio ad aiutarmi. E poi …”
“Poi …” chiese la ragazza.
“Poi  farò fare la stessa fine al tuo caro Legolas. E stavolta …” il mago le si avvicinò, scostandole una ciocca di capelli dall’orecchio.
“Stavolta sarò io … a cavargli il cuore dal petto. E quel cuore, ancora pulsante, rotolerà ai tuoi piedi finché non avrà consumato … fino … all’ultimo … battito”
Lacrime amare rigarono il volto di Odile.
“Questo è un vile ricatto” sussurrò, troppo sconvolta per parlare.
“E ti converrà accettare mia cara” le disse il Mago.
Odile si gettò a terra, e scoppiò in un pianto disperato, mentre, Rothbart, era sicuro di averla ormai in pugno.

Odette nuotò per un po’ nelle acque della prigione  in cui era stata rinchiusa.
Non poteva credere che Rothbart fosse ancora vivo.
L’aveva catturata e rinchiusa in una prigione, nel Lago.
Non c’era la Luna quella sera, ed Odile ne avrebbe approfittato.
Avrebbe ammaliato Legolas, e il Giuramento sarebbe stato fatto.
Lei sarebbe morta, certo, ma quello che più la spaventava era il fatto che, poi , il suo amato sarebbe stato nelle mani di Odile, e lei poteva farne quello che voleva.
“Odette!” Rothbart, si affacciò ad una finestra, che dava sulla cella.
Le lanciò alcune rose, che caddero sull’acqua senza un rumore.
“Mi duole doverti rinchiudere Odette, mi duole profondamente” le disse.
Il Cigno lo ignorò completamente.
“Oh, adesso sei arrabbiata con me, vero?“ chiese mortificato.
Ovviamente fingeva.
Se avesse potuto parlare, Odette, gliene avrebbe dette di tutti i colori.
“Sai mi piacerebbe tanto restare, ma vedi, se non vado ora temo che farò tardi” un sorriso crudele si fece largo sul suo viso.
Il Cigno lo osservò con odio.
“No, non guardarmi così, signorina! È colpa tua, solo tua se adesso il tuo caro Elfo si trova nei guai! L’hai dovuto tirare in ballo, vero?!? Allora peggio per te!!”  gridò il Mago, mentre la sua voce rimbombava, mentre chiudeva la finestra sulla sua cella.
Quello che le bruciava, era che aveva perfettamente ragione.
Era colpa sua.
“Oh, Valar. Dategli protezione” pensò guardando il cielo, che  nero si stagliava sopra di lei, attraverso le grate della cella.
“Fate che possa vivere”

 

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Capitolo 14
*** Soltanto un Miracolo ... ***


Soltanto un Miracolo …


Il Cigno lo osservò con odio.
“No, non guardarmi così, signorina! È colpa tua, solo tua se adesso il tuo caro Elfo si trova nei guai! L’hai dovuto tirare in ballo, vero?!? Allora peggio per te!!”  gridò il Mago, mentre la sua voce rimbombava, mentre chiudeva la finestra sulla sua cella.
Quello che le bruciava, era che aveva perfettamente ragione.
Era colpa sua.
“Oh, Valar. Dategli protezione” pensò guardando il cielo, che  nero si stagliava sopra di lei, attraverso le grate della cella.
“Fate che possa vivere”

Arwen si irrigidì.
Spalancò gli occhi.
§ Vide Odile, che si trasformava in Odette.
Un Mago che rideva.
Odette rinchiusa in una prigione.
Ed una notte senza Luna §
L’Elfa si riebbe, quando sentì le mani di Aragorn, scuoterle le spalle.
“Arwen! Arwen cos’hai?!?” le chiese il ramingo preoccupato.
“Ho avuto una visione” disse piano Arwen.
“Aragorn! Stanotte la Luna non c’è! Capisci!?!” chiese concitatamente.
“Emh … no” fece l’Uomo, pacato.
“Ok ascoltami, c’è una cosa che devi sapere” disse l’Elfa prendendo tra le sue, le mani di Aragorn.
“D’accordo, dimmi, ti ascolto” disse lui.
“Dunque, Legolas …”
“Cosa gli è successo?” chiese Aragorn senza darle il tempo di finire la frase.
“Niente … credo. Anzi, più che “credo” spero” disse Arwen.
“Ecco, lui, la sera non … sta nella sua camera … ma va … ecco ... ok, basta con i giri di parole, va a Fangorn, da Odette”.
Seguirono alcuni attimi di silenzio.
“Arwen, dannazione!” sbottò Aragorn.
“Cosa diavolo stavi aspettando a dirmelo!?!?” gridò balzando in piedi dalla sedia.
“Non potevo!” gridò a sua volta Arwen.
“E sentiamo, perché?” chiese il ramingo.
“Perché Legolas, mi aveva minacciata. Di rivelare un mio segreto, se io avessi parlato”.
Aragorn era allibito.
Non era da Legolas minacciare Arwen.
“Vabbè, ma tutto questo che c’entra con la Luna?”
“Vedi, la leggenda dice che i Due Cigni, posso diventare umane, solo con la Luna” cominciò Arwen.
“E allora?! Stasera la Luna non c’è, quindi non diventano  umane, qual’ è il problema?” chiese Aragorn, che non capiva niente.
“No, non è così semplice. Una volta all’anno la Luna, come sai non sorge, e a turno, solo una delle due può diventare umana, quest’anno tocca ad Odile” disse Arwen.
Ora Aragorn, cominciava a capire.
“Legolas non lo sa!” disse Arwen.
“Gimli, Gandalf, venite con me!” gridò Aragorn, e come una furia si diresse fuori dal Palazzo.  

“Allora dolcezza, hai capito bene?” chiese Rothbart.
“Si tutto chiaro” disse la ragazza, infuriata.
Con l’abito Bianco, Odile, sembrava proprio Odette.
Non per niente erano gemelle.
“E ricorda quello che accadrà se ti azzardi a non fare quello che ti dico” le disse il Mago.
Il suo tono si era fatto improvvisamente più rude.
“Non sono del tutto convinta Rothbart, facciamo così, prima lo convinco a fare questo stramaledetto Giuramento, e poi faccio tutto il resto” propose la donna.
Il Mago la guardò poco convinto.
“O così o niente” sibilò Odile.
Si sentì un’egoista.
Una grande egoista.
Avrebbe voluto dirgli solo “No, non lo farò”. Ma non ne aveva il coraggio.
Non voleva che Rothbart, lo uccidesse in quel modo così crudele.
In quel momento sentirono dei passi.

Il cavallo di Legolas correva veloce, attraverso le pianure.
Quella sera avrebbe fatto il suo giuramento.
E la sua Odette, sarebbe stata libera.
Stava pensando a cosa avrebbero fatto dopo, quando si accorse che era entrato nella foresta.
Scese da cavallo e chiamò.

La paura prese il sopravvento nel cuore di Odile.
Era lui.
Era Legolas.
Rothbart la osservò.
“E va bene d’accordo” le disse.
Poi sparì tra gli alberi.
“Odette!” Legolas arrivò nella radura .
“Legolas!” disse Odile, dolcemente, correndogli incontro, poi baciandolo con passione.
“Odette” le disse poi.
“Questa notte, voglio fare il Giuramento”  le disse prendendo le mani della donna tra le sue.
“Voglio …”
La ragazza gli pose un dito sulle labbra.
“Da dove vengo io …” gli disse.
“È usanza che le donne facciano prima un regalo all’uomo amato” gli spiegò.
Lui sorrise.
Lei gli prese le mani e lo condusse, ad uno spiazzo.
Era un luogo pieno di oscurità, il punto più oscuro di Fangorn, la Foresta Proibita.
“Odette, dove siamo?” chiese lui.
“Nell’ultimo posto che vedrai,  mio Principe” rispose la ragazza, mentre lo osservava maliziosamente.
“Ma cosa …”.
Legolas non fece in tempo a finire la frase. Alcune fronde, gli strinsero i polsi e le caviglie e lo sbatterono con una violenza brutale contro un’ albero.
Un turbine di luce Nera avvolse la giovane, e quando finì, si mostrò per chi era veramente.
“Odile!” sibilò l’Elfo, ,con tutta la rabbia che aveva in corpo.
“Sorpreso di vedermi?” chiese Odile, avvicinandosi.
“Stammi lontana! Dov’è Odette? Che ne hai fatto di lei?” chiese Legolas.
“Non ne ho la più pallida idea. Però puoi sempre chiedere al mio socio” disse Odile, mentre Rothbart, si faceva largo tra gli alberi.
“Oh, lei sta bene, per ora. Ma quando avrai fatto, il famoso Giuramento, Odette morirà” disse l’uomo.
Legolas, sorrise.
Un sorriso di scherno.
“Cosa vi fa pensare che io sia talmente folle da fare una cosa simile?” chiese.
Rothbart fece un cenno ad Odile, e la ragazza gli si avvicinò.

Arwen entrò nella foresta.
“Arwen, aspetta!” la chiamò Aragorn.
“Tu e Gimli, andate a cercare Odette, mentre io e Gandalf cercheremo Legolas, d’accordo?”.
L’Elfa annuì e, anche se non era esattamente felice di lavorare con un Nano, si diresse, nel posto in cui più probabilmente l’avrebbero trovata, il Lago, mentre gli altri due, prendevano la direzione opposta.

“Ho sentito dire che le orecchie degli Elfi sono particolarmente sensibili” disse Odile con fare malizioso.
“Che cosa vuoi fare?” chiese Legolas.
In realtà aveva capito benissimo quello che Odile aveva intenzione di fare.
Ma, in cuor suo, sperava di sbagliarsi.
Sperava che non fosse così, maledettamente, meschina.
“Credo che tu invece abbai capito benissimo, cosa voglio fare, Legolas”.
Odile si avvicinò e, fece per sfiorargli un orecchio quando …
“Fermo dove sei, Cigno Nero!”.
I due si voltarono, e solo in quell’istante, Odile s’accorse che Rothbart era sparito.
“Vigliacco” pensò la donna.
“Non si usano più i nomi di persona?” chiese Odile col suo solito sarcasmo.
Aragorn non disse nulla, ma fece un cenno allo stregone, ed entrambi si gettarono sulla ragazza.
“Ma fatemi il piacere!” sospirò Odile.
Poi alzò una mano ed entrambi vennero scaraventati contro un albero, e legati allo stesso modo di Legolas.
“Ed ora, zitti, per favore” disse con noncuranza, voltandosi di nuovo verso l’Elfo.
“Dunque, dov’eravamo rimasti? Ah si …”
Odile si avvicinò di nuovo all’Elfo, e stavolta non si fermò.
Lo sfiorò piano, dolcemente.
Poi avvicinò il suo viso.
La sua bocca si ritrovò vicino, troppo vicino all'orecchio di Legolas, che tremò violentemente mentre sentiva il respiro caldo della donna sulla sua parte più sensibile.
Si sentiva spaesato e confuso.
Odile, si avvicinò ancora di più, e lo sfiorò di nuovo.
Legolas ebbe un altro violento brivido.
Chiuse gli occhi, ormai perso in quel turbine di emozioni, che lo travolse.
“Odile … n-non … smettila … è troppo …”
La donna lo zittì, iniziando a giocare con la punta del suo orecchio.

Legolas emise un gemito, mentre sentiva i suoi sensi confondersi.
“Odile!” gridò Aragorn.
“Non ti azzardare a …” alcune foglie gli tapparono la bocca, impedendogli di parlare.
“Ma stai zitto! Chi sei, il fratello maggiore?” chiese Odile, maliziosa.
Aragorn la guardava con odio.
In quello stato poteva fargli dire qualsiasi cosa.
Odile tornò a guardare l’Elfo, che ansimava.
Poi, il tocco finale.
Si avvicinò di nuovo e gli accarezzò delicatamente il bordo dell'orecchio fino alla punta.
Questa volta, Legolas, cadde in uno stato di trance.
Odile guardò soddisfatta il suo lavoro.
Aragorn tentò di gridare ma dalla sua bocca uscì solo un lamento.
“Allora” disse Odile.
“Adesso, me lo vuoi fare questo stramaledetto Giuramento?” chiese mentre avvicinava le sue labbra scarlatte a quelle dell’Elfo.
Legolas stava per annuire, sottomettendosi al volere della donna, quando ripensò ad Odette.
Un barlume di lucidità si fece largo nella sua mente.
“Preferirei … morire” disse piano, mentre Odile stringeva i denti.
“D’accordo, allora, come vuoi tu!”
Detto questo, Odile, posò una mano sul petto di Legolas e, da quel contatto si scaturì una luce potentissima.
Aragorn e Gandalf osservavano la scena atterriti.
Gli occhi del ramingo erano lo specchio del terrore, mentre lo stregone si malediceva per quello che aveva fatto a quella creatura pura.
L’aveva mandato alla morte.
Odile ansimava, mentre dalla gola dell’Elfo, uscivano grida strazianti.
La Nera, non aveva mai provato un’energia così potente.
Un misto di sensazioni indescrivibili:  Gioia e Dolore, Amore e Morte.
Non riusciva a controllarlo.
Doveva fermarsi.
Voleva fermarsi.
Ma non riusciva.
Tutta quella energia era così inebriante.
“Forza Odile” si disse.
“Concentrati, puoi farcela”

Non riusciva a smettere di gridare.
Anche se pian piano, le sue grida si affievolivano.
Le energie scivolavano via dal suo corpo, e non poteva fare niente per impedirlo.
La vista gli si annebbiava.
Cercò di restare lucido: se si fosse lasciato andare ora, Odile avrebbe avuto campo libero.

Ora, soltanto un Miracolo avrebbe potuto salvarli.
E forse quel Miracolo sarebbe avvenuto.
Forse …

*****
Eccomi qui, cari lettori!
Ho solo un piccolo appunto. la frase scritta tra "§§" è la visione di Arwen.
Dunque, mi duole avvertirvi che non riesco a finire la FF, poichè parto per Parigi.
Ma durante il viaggio continuerò, anche perchè ormai siamo agli sgoccioli ...
Il prossimo aggiornamento sarà per il 26!
Grazie e scusate,

Spuffyna90  

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