La Terra Dei Due Opposti.

di IoNonLoSo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** La notte dell'inizio. ***
Capitolo 3: *** Ombre dalle iridi verdi. ***
Capitolo 4: *** Spaventata dalla verità. ***
Capitolo 5: *** Alla scoperta di nuovi luoghi. ***
Capitolo 6: *** Brividi notturni. ***
Capitolo 7: *** Scomunica, vergogna, delusione. ***
Capitolo 8: *** Ritorno e derisione. ***
Capitolo 9: *** Se solo ci fosse un modo. ***
Capitolo 10: *** Scoperte sconcertanti. ***
Capitolo 11: *** Alla ricerca di te. ***
Capitolo 12: *** Un forte legame. ***
Capitolo 13: *** E' tardi per tornare. ***
Capitolo 14: *** Delusioni. ***
Capitolo 15: *** Si torna a casa. ***
Capitolo 16: *** La magia del Dono. ***
Capitolo 17: *** Di nuovo insieme. ***
Capitolo 18: *** Prima volta. ***
Capitolo 19: *** L'inizio. ***
Capitolo 20: *** Lettere dall'altra parte. ***
Capitolo 21: *** Alla ricerca di un padre. ***
Capitolo 22: *** Perdita della cognizione del tempo. ***
Capitolo 23: *** Stringere i legami. ***
Capitolo 24: *** Dall'altra parte. ***
Capitolo 25: *** Faccia a faccia. ***
Capitolo 26: *** Tentazioni ***
Capitolo 27: *** Tutta la verità ***
Capitolo 28: *** Ritorno alla realtà ***
Capitolo 29: *** Lottare con le unghie e con i denti. ***
Capitolo 30: *** Passare avanti ***
Capitolo 31: *** Risolvere ***
Capitolo 32: *** Desiderio ***
Capitolo 33: *** Decisioni e tragedia ***
Capitolo 34: *** In partenza ***
Capitolo 35: *** Non ti lascerò solo. ***
Capitolo 36: *** Cercando te. ***
Capitolo 37: *** Trovandoti. ***
Capitolo 38: *** Il piacere. ***
Capitolo 39: *** Il viaggio continua ***
Capitolo 40: *** Riconciliarsi. ***
Capitolo 41: *** Orrori e cimiteri. ***
Capitolo 42: *** Sensi di colpa ***
Capitolo 43: *** Rimpianti ***
Capitolo 44: *** Farla finita. ***
Capitolo 45: *** La Contea degli Sputafuoco ***
Capitolo 46: *** Impazzire ***
Capitolo 47: *** Solitudine ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Nuovo.

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon


 

In principio la terra dei due opposti non era divisa, non prendeva questo nome, non ospitava due popoli ma solo uno; quello delle creature supreme. Un giorno però, una di queste creature cambiò inspiegabilmente, i saggi del popolo credevano si trattasse di una malattia incurabile, la Malvagia. Ma il soggetto in questione, Lucifero, non era malato. Era semplicemente sommerso da pensieri e desideri oscuri che, con l’andare del tempo lo trasformarono in una creatura carica d’odio e di rancore. Inizialmente provò a nascondere la sua natura sofferta e opposta a quella di tutto il popolo ma infine, dopo essere stato scacciato dal villaggio ed essere stato trattato come un appestato dalle altre creature, raccolse molti seguaci finché non formò una vera e propria armata: I guerrieri della morte. La notte delle comete l’armata attaccò il villaggio delle creature supreme, la sanguinolenta battaglia durò solo una notte e mieté molte vittime innocenti. Infine il grande e supremo Alfeo, custode della pace e dell’amore, stipulò un patto con Lucifero: la terra delle creature supreme sarebbe stata divisa per sempre. La parte ad ovest avrebbe preso il nome di Malvagia e sarebbe appartenuta all’armata della morte, mentre la parte ad Est sarebbe stata la terra della Luce, e sarebbe appartenuta alle pure creature supreme, destinate a restare tali. Se un solo abitante di una delle due terre avesse oltrepassato il varco tra i due mondi, la guerra sarebbe scoppiata di nuovo e stavolta non si sarebbe fermata. Tutt’ora, dopo quasi un milione di anni la terra dei due opposti è ancora divisa, il popolo della morte regna ancora caotico e violento ad ovest, mentre le creature della Luce vivono in pace la loro vita pura e serena. Purtroppo però, tutto ciò è destinato a cambiare a causa di due giovani: il guerriero Ate, combattente della morte nonché antico e diretto parente di Lucifero, e la poetessa Era, pura creatura, figlia della grande sacerdotessa Gea, nipote della grande Nike.

Com’è possibile far scaturire tanto odio solo per amore?

 

 

Ok, nuova storia, completamente fantasy, completamente inventata, nei capitoli più avanti sarà rating rosso. Spero commenterete anche se questo è solo un breve prologo. A presto con il primo capitolo, narrato da Era.

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Capitolo 2
*** La notte dell'inizio. ***


Nuovo.

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon


 

La notte dell’inizio.

 

- Madre! Madre! Svegliati! Sono quasi le otto del mattino! – Urlo in preda al panico, provando comunque ad essere educata e calma.

Oggi è il mio primo giorno di scuola alle arti poetiche e mia madre non vuole ancora alzarsi per darmi una mano a preparare le borse.

- Arrivo, Era! Calmati, vai a vestirti piuttosto di frugare tra la mia roba. Arrivo! – Mia madre si alza dal letto in qualche secondo, la vedo stiracchiarsi dallo specchio di fronte alla mia stanza e ricomincio a cercare qualcosa di decente da mettermi. Sono davvero emozionata, è la prima volta che vado fuori casa, ed è il mio primo giorno di scuola. Conoscerò molti poeti, abiterò nel palazzo della Sapienza per undici lunghissimi mesi e vedrò mia madre e mia nonna solo la domenica. Sembra tutto così spaventoso ma al contempo così eccitante.

- Metti il vestito bianco. – Mi consiglia mia madre, arrivando dietro le mie spalle e sciogliendomi il nodo del vestito che avevo precedentemente indossato.  Roteo gli occhi celesti verso l’alto.

- Ma a me piace questo. – Le rispondo mantenendomi sempre calma.

Questo vestito è davvero fantastico, è blu, scollato, lungo, abbastanza provocante ma pur sempre elegante e adatto a quest’occasione.

- Sei troppo scoperta, la tonaca bianca andrà benissimo. – Sbuffo, provando a non farmi sentire. E’ così frustrante non potermi arrabbiare con lei, so già che mi accuserebbe di tradimento al Sacro Codice e Malvagia. Io non credo alla Malvagia, non credo a nessuna malattia, credo solo che ognuno di noi è libero di scegliere tra la luce e il buio.

E credo sia normale che in ognuno di noi, ogni tanto, capiti qualcosa che ci induca ad arrabbiarci, vendicarci o odiarci, siamo tutti fatti di carne ed ossa. Non siamo creature magiche, non siamo supreme come lo eravamo un tempo. Adesso siamo molto più terrene e umane.

Se mia madre fosse capace di sentire i miei pensieri sarebbe già morta dal dolore. Per lei umano, terreno, odio, rabbia sono solo bestemmie.

Il viaggio verso il palazzo della Sapienza dura qualche ora, ci troviamo al confine con la terra dell’ovest, Malvagia. Mia madre continua a guidare la carrozza preoccupata e visibilmente nervosa.

- Madre, stai bene? – le chiedo, quasi sorridendo. E’ incredibile quanto mi possa eccitare l’idea di allontanarmi da casa per così tanto tempo.

- E’ solo che sono preoccupata capisci? Sei così vicina a Malvagia, ai guerrieri della morte. E poi non sei mai stata senza me, senza mia madre.. Non so come te la caverai. Ho paura di sbagliare tutto con te. –

- Madre, non devi aver paura di niente. Io starò bene! Abbiamo già parlato milioni di volte della terra dell’Ovest e ti ho promesso che non la guarderò nemmeno. Hai fatto bene a mandarmi qui, sai quanto amo la poesia, sai quanto voglia studiare e istruirmi, smettila di preoccuparti, ci vedremo già tra qualche giorno. – La accarezzo e lei si scosta quasi infastidita, poi però si riavvicina. Lei odia il contatto fisico.

- Ci vediamo presto, mia creatura. Sta’ attenta, non essere fiduciosa ed ingenua, le tentazioni potrebbero indurti a peccare. Ricorda il Sacro Codice. Eccoti una copia, leggilo tutte le sere e prega, figlia mia, prega.-

Mi porge una pergamena color avorio nuova e profumata, sembra quasi fatta da sabbia e petali di rosa gialla. La annuso, poi la apro.

 

Sacro codice:

Questo documento, oltre ad essere oggetto di culto e fede, è anche un trattato stipulato dagli Antichi per porre fine alla terribile malattia che colpì centinaia di creature, secoli orsono. Per evitare, scongiurare e abbattere questa malattia in ognuno di noi è necessario, nonché obbligatorio, seguire alla lettera queste cinque regole, senza tralasciarle per alcun motivo.

- Amare, rispettare, fidarsi e accogliere nei cuori e nelle case ogni nuova creatura della luce, sia essa appena nata, appena conosciuta o appena rincontrata.

- Accertarsi sempre, tramite il frammento dell’onestà, dei sentimenti e delle intenzioni di qualsiasi creatura ambigua o sospettabile.

- Mai cedere alla rabbia, all’odio, alla vendetta, al desiderio di morte, alla compassione verso un guerriero della morte, al pensiero di una riappacificazione tra i due popoli opposti.

- Mai attraversare la landa proibita ed entrare nella terra della morte, per nessun motivo. I trasgressori verranno puniti con l’esilio.

- Mai disobbedire alla famiglia, alle sacerdotesse, agli Antichi o alle grandi Autorità.

 

- Hai capito? Mai attraversare la landa proibita, mai disobbedire alla

famiglia , alle sacerdotesse e agli Antichi. Si dia il caso che io e tua nonna siamo sia la tua famiglia e sia, rispettivamente, sacerdotessa e Antica.-

Roteo ancora una volta gli occhi, so bene cosa devo e non devo fare, non sono più una bambina né un’insulsa irresponsabile.

- Si, madre. Adesso vado, passa una buona giornata. – la saluto con fretta, prendo i miei bagagli accuratamente preparati ed entro nella grande arcata del palazzo della Sapienza, pronta per la mia nuova avventura.

- Benvenuta al palazzo, accomodati al primo piano, una fata ti indicherà la tua nuova stanza. I bagagli ti verranno portati in seguito. – Mi dice una gentile signorina dai capelli rossi e gli occhi grigi, mi toglie i bagagli di mano ed io, quasi saltellando, mi precipito al primo piano dove una dolce fatina del bosco mi accompagna fino alla mia stanza. E’ l’ultima del grosso corridoio color avorio, si trova a sinistra e la porta è blu e bianca, con dei rampicanti. Sembra davvero un luogo fatato.

Apro la porta della mia stanza e mi affaccio subito dalla grande finestra, aprendo le grandi ante in legno. Il panorama è agghiacciante, sono finita dalla parte sbagliata del palazzo e purtroppo, invece di vedere la grossa valle della Luce, mi trovo davanti un immenso reticolato ed una grande palude che precede Malvagia. Rabbrividisco e guardo esattamente sotto la mia finestra, seguo il muro bianco e, proprio a qualche metro dall’edificio, ben nascosto dietro un cespuglio mezzo spoglio intravedo un ragazzo che guarda. Mi accorgo che sta guardando l’ultima finestra del piano terra, facendo mente locale mi accorgo che si tratta dell’aula di Poesia. Ha un taccuino in mano e scrive qualcosa, sembra quasi che stia prendendo appunti. Ma guardando il suo vestiario capisco che è un guerriero della morte. Ha dei pantaloni in pelle neri ed è a torso nudo, ho paura e chiudo la finestra, sperando di non rivederlo mai più. Mi stiro nel letto e sorrido.

 

 

 

 

 

Ciao, vorrei fare chiarezza su alcuni punti.

1. Ovviamente, essendo una storia fantasy, ci saranno delle creature mitologiche come le fate e altre creature che rivelerò in seguito.

2. Non ci sono auto, jeans o elettricità. Piuttosto abiti lunghi, niente intimo e cavalli.

3. Per chi non l'avesse capito, il palazzo della Sapienza si trova esattamente al confine tra i due regni. Era sorprende un ragazzo appartenente all'altro mondo che spia una lezione di Poesia e prende appunti.

4. La madre di Era è una sacerdotessa molto importante e sua nonna fa parte della grande congrega degli antichi.

5. Il sacro codice è una specie di "tavola dei dieci comandamenti" che fu creata dopo la battaglia per ristabilire e assicurare la pace nella terra dell'est.

6. Era non ha un padre.

 

Spero di aver chiarito, se avete altre domande fatele pure.

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Capitolo 3
*** Ombre dalle iridi verdi. ***


Nuovo.

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon


Ombra dalle iridi verdi.

 

Non ho più riaperto la finestra, sono passate sette ore dal mio arrivo al palazzo ma non ho più voluto vedere cosa c’è dall’altra parte del mondo.

Ho paura di scoprire che tutto ciò che mi hanno insegnato fin ora sia una menzogna. Se i guerrieri della morte sono davvero così burberi, spietati e privi di ogni ragione come mai quel ragazzo stava seguendo la lezione di poesia? Mi hanno sempre detto che la poesia è un arte nobile, destinata a gente pura e di buon cuore. Com’è possibile che un essere così ignobile ne sia attratto? Certo, potrebbe anche darsi che stava solo cercando informazioni sul mio popolo per poi ritorce gliele contro. Non so cosa pensare. Mi lascio nella via del dubbio e continuo a spacchettare i miei bagagli. Fata Marianne mi ha mostrato tutto il palazzo, ho visitato la mensa, il giardino, i dormitori femminili e maschili, i bagni, le docce e anche le aule di poesia, pittura e filosofia. Sono anche stata al chiosco degli elfi, ho incontrato un simpatico studente di nome Pan, si è presentato cordialmente, mi ha offerto una bibita e mi ha chiesto di fare una passeggiata insieme stasera, ho accettato con piacere. Adesso non mi resta altro che pettinarmi e scendere nell’atrio, dove Pan sarà pronto  a farmi visitare le serre e l’orto delle fate. Sono molto contenta di essermi già ambientata, in così poco tempo. Non me l’aspettavo.

- Ciao Era! – Mi volto verso la colonna portante e vedo Pan appoggiato malamente al pilastro, è davvero un ragazzo carino. Indossa una tonaca bianca che gli arriva a metà coscia e non posso fare a meno di notare i suoi polpacci e i suoi avambracci molto muscolosi.

- Ciao Pan! – Lo saluto con la stessa enfasi che ha usato lui, ci sorridiamo a vicenda e mi avvicino timidamente. Indosso ancora la tonaca bianca che mia madre ha scelto per me, stamani.

- Sei molto carina stasera. – Mi dice ed io sorrido cordialmente, mi piace che la gente mi faccia i complimenti. Ho indossato degli orecchini di bronzo finemente ritagliati e spero vivamente che lui li noti.

- Possiamo andare? – Mi chiede ed io annuisco e mi appendo al suo braccio. Camminiamo per un po’ e parliamo del più e del meno.

Scopro, tramite le sue descrizioni, che vive della vallata dei Principi ed è figlio del potente Proteo, importante commerciante. Lui si stupisce molto quando gli dico che sono figlia della Sacerdotessa e nipote di Nike, una dei cinque Antichi della nostra cultura.

-  Verrai trattata con rispetto qui, a scuola, quando si saprà da chi discendi. – Mi rassicura e un po’ mi infastidisco. Odio che la gente mi rispetti per ciò che è mia madre piuttosto che per ciò che sono io.

- Ne sono certa. – Sorrido ancora e lui mi fa gli occhi dolci.

E’ biondo, ha dei fantastici occhi azzurri e le sue guancie sono velate di rosso, sembra un dio. Mi piace il modo in cui mi guarda e mi sorride. Ha un bel sorriso, bianco e largo al punto giusto.

- Pensi che questa scuola sia adatta ad una ragazza come me? – Gli chiedo, dopo aver parlato a lungo dei miei hobby e delle mie fantasie.

- Certo. Questa scuola è adatta ad ogni creatura suprema. – Mi risponde come da manuale. Odio essere definita suprema, io mi sento terribilmente normale. Arriviamo alla serra e, voltandomi verso la finestra, mi sembra di scorgere delle iridi verdi nascoste tra i cespugli. Siamo nuovamente nella parte sinistra della scuola, ciò significa che siamo al confine.

A chi appartengono quelle iridi? E’ il ragazzo di stamattina? Mi innervosisco,  i miei muscoli si irrigidiscono e Pan se ne accorge dato che la cosa che sto stringendo spasmodicamente è il suo braccio.

- Tutto bene? – Mi dice, guardandosi intorno. Guardo nuovamente la finestra ma gli occhi verdi sono spariti. Sospiro sollevata e sorrido.

- Non è niente, ho una piccola emicrania di tanto in tanto. – Mento per la prima volta in non so quanto tempo, di solito dico sempre la verità. Tutti qui, nella terra dell’Ovest diciamo la verità, è fondamentale essere onesti.

- Questa è la calendula. – Mi indica dei bellissimi fiori gialli e arancioni con la forma di una margherita, sorrido forzatamente. Sono ancora preoccupata per quella presenza che si aggira per la scuola, cosa vorrà da noi? Decidiamo di proseguire verso l’orto della fate che si trova qualche metro più avanti, dietro una porta di vetro e delle ante colorate.

L’orto contiene ogni tipo di ortaggio conosciuto, in piccole dimensioni.

Le fate infatti, per quanto magiche e volanti, sono piccole creature dalla dimensione di una mano, quindi non potrebbero mai occuparsi di una lattuga dalle normali dimensioni. Ma i loro frutti, essendo piccoli e succosi, hanno un sapore divino e sono rinominati in tutto il regno.

- Puoi assaggiarne uno. – Mi porge un pomodoro ma rifiuto, non mi va di mangiare. Mi si è chiuso lo stomaco.

- Quindi hai diciannove anni. – Realizzo ad alta voce. – E sei il figlio del grande Proteo, hai decisamente un bell’aspetto ed un animo gentile. Sei praticamente il ragazzo più ambito di questa scuola. – Continuo.

Lui sorride un po’ troppo entusiasta ed io ricambio.

- Allora ho fatto bene a scegliere una ragazza del mio stesso rango. –

Questa frase mi fa raggelare, non sopporto che certe ragazze vengano considerate migliori di altre solo grazie alla famiglia o al potere economico. Mi stacco dal suo braccio infastidita e, senza apparente motivo, guardo nuovamente fuori da una finestra. Scorgo ancora una volta quegli occhi verdi e qualche ciocca corvina passare a pochi metri da me. Se non fossi sicura che le barriere tra un regno e l’altro siano impenetrabili, urlerei. Gli occhi non accennano a scappare via, come l’ultima volta.

Incredibilmente un volto si focalizza davanti a me, il ragazzo dagli occhi verdi è una visione. E’ molto alto, apparentemente muscoloso ma non esagerato, ha degli occhi fantastici, dei capelli semi lunghi, ricci, castano scuro. E’ completamente diverso da tutto ciò che ho visto fin ora.

- Stai bene? – Mi chiede Pan per la seconda volta, provando ad essere gentile, io lo reputo un po’ ripetitivo ma mi felicito delle sue attenzioni.

- Si, scusami. Ho solo un forte mal di testa, ti spiace se torno nella mia stanza? E’ stata davvero una bella passeggiata, ti ringrazio Pan. – Lo congedo facilmente, ci salutiamo in fretta e corro in camera mia. In ogni finestra dell’edificio dall’orto alla mia stanza vedo un ombra seguirmi. Il ragazzo dagli occhi verdi segue me.

 

Ringrazio chiunque abbia letto, commentato ed inserito nei preferiti. Spero di non essere troppo monotona con questi capitoli ma non voglio rendere tutto scontato, siete d'accordo? Vi prego, sbizzarritevi coi commenti.

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Capitolo 4
*** Spaventata dalla verità. ***


Nuovo.

Spaventata dalla verità.

Corro in camera mia, spaventata e al contempo attratta da quell’ombra che mi segue. Cosa vuole da me? Vuole farmi del male? Ho paura.

Mi chiudo in camera mia inchiavando la porta due volte, dopo qualche minuto però la mia estrema curiosità mi spinge ad aprire la finestra per vedere se quel ragazzo è ancora attorno al palazzo.

Mi guardo intorno, vedo l’immensa palude fangosa, i lontani alberi spogli e grigiastri. Poi guardo esattamente sotto la mia finestra, il ragazzo è lì, con gli occhi puntati verso di me. Le sue iridi verdi sono visibili anche a cinque metri di distanza, sono quasi abbaglianti. Mi sorride debolmente e, senza apparente motivo, sorrido anch’io.

“Il diavolo  ha potere di comparire agli uomini in forme seducenti e ingannatorie” questo pensiero mi balza alla mente e ricordo di averlo letto in un libro di William Shakespeare, un saggio autore umano.

Il ragazzo mi fa cenno di scendere da lui con la mano ma, improvvisamente, presa dalla ragione mi tiro indietro e chiudo la finestra, spaventata a morte. Stavo davvero per infrangere tutte le regole che conosco e parlare con un guerriero della morte? Se mi vedesse mia madre morirebbe, poi resusciterebbe e ucciderebbe me. Ne sono certa.

- Era! Scusami, non ho bussato. – Una donna bionda, dai lineamenti nordici e angelici, entra in camera mia senza permesso e sorride.

- Salve, non vi preoccupate. – Le dico, dandole del “voi” per cortesia, sembra una cinquantenne, non vorrei mancarle di rispetto.

- Non mi sono ancora presentata scusami. Io sono Desia, rettrice di questo posto, nonché poetessa e pittrice affermata. – Mi spiega velocemente, con un po’ troppa enfasi e presunzione.

- Sono lieta di conoscervi, rettrice. – Mi inchino come devo e lei sorride.

- Quanta formalità! Su, su! Era, non preoccuparti di darmi del “voi” o di inchinarti al mio passaggio. In confidenza, non mi piacciono per niente queste cose. Voglio solo accertarmi che ti trovi bene qui e che non farai mai nulla per togliere prestigio e reputazione a questo posto, capisci? -

Ad un tratto il suo sguardo si fa duro e impenetrabile, è seria.

- Certo, Desia, non devi preoccuparti. Sono una studentessa modello sin dalla Prima Scuola quindi sta tranquilla, non farò nulla di inappropriato.-

Le dico sinceramente, per un attimo le iridi verdi mi tornano in mente ma le scaccio via con la velocità di un fulmine.

- Bene, anche perché, detto tra noi, girano delle voci qui a scuola.. si dice che alcune ragazze facciano uso di sostanze proibite provenienti dalle terre dell’ovest. Sai bene che chiunque sia scoperto con codeste sostanze viene espulso e punito dagli Antichi, no? – Mi ricorda per l’ennesima volta, come mia madre. Annuisco e metto le mani dietro la schiena, come un cadetto.

- Buona notte allora. – Mi dice, si avvicina e mi bacia sulla fronte. Sorrido.

- Grazie, felice notte, Desia. – Le dico cordialmente, finalmente esce.

Mi permetto di respirare affondo e sciolgo le mani dalla schiena, mettendomi la camicia da notte. E’ corta, quasi trasparente, bianca.

Mia madre dice sempre che con questa camicia sembro una fatina.

- Fatina. – Sento una voce maschile provenire dal mio letto, mi volto allarmata, ancora nuda. Ma non c’è nulla. Era solo la mia immaginazione, mi convinco. Ma la possibilità che qualcuno possa essersi introdotto magicamente nella mia stanza mi tiene sveglia fino a notte fonda. Dopo quel ragazzo fuori dal palazzo e questa strana sensazione di essere perennemente osservata, non mi sento tranquilla.

Avrei dovuto dire tutto alla rettrice, poco fa. E invece sono stata zitta.

Sono quasi le quattro del mattino, so bene che dovrei riposare, domani c’è la mia prima lezione di poesia ma non riesco a chiudere occhio, la finestra è chiusa, la porta bloccata con una sedia e inchiavata. Ma ho comunque paura che qualcuno, in qualche modo, riesca ad entrare.

- Fatina. – Sento nuovamente quella voce e sobbalzo, appiattendomi contro la spalliera del letto e facendomi male la nuca col pomello.

Lui è davanti a me, in carne ed ossa, il ragazzo dalle iridi verdi.

- Chi siete? Cosa volete da me? – Inizio a piagnucolare come una bimba.

- Calmatevi, fatina.- Mi dice lui, accarezzando il comò con un dito.

- Vi prego, il denaro è dentro quel cassetto, prendetelo e andatevene. –

Mi sembra la cosa più sensata da dire, anche se, notando il suo sguardo, mi accorgo che non è il denaro che vuole.. ma me.

- Ho bisogno di parlare con voi, ho bisogno di certezze. – Mi dice, serio, facendo scomparire il sorriso beffardo di qualche secondo prima.

- Se sono solo informazioni quelle che volete ve le darò, ma poi dovrete andarvene e promettere di non tornare più qui. – Gli dico, sicura di me stessa e di ciò che sto dicendo. Meglio assecondarlo finché posso.

- Io.. voglio chiedervi una cosa, fatina, perché a me non è permesso fare ciò che fate voi? Studiare, dipingere o fare una passeggiata? Perché non posso redimermi? L’unica colpa che ho è essere stato messo al mondo da due guerrieri. Non ho mai ucciso nessuno né ho mai rubato qualcosa. Allora.. se voi non peccate, ed io non ho peccato, non siamo forse destinati a fare le stesse cose? – Il suo discorso mi lascia boccheggiante, rilasso i muscoli e capisco che l’unica cosa che l’ha spinto a venire qui, da me, è la curiosità e la tristezza. Riesco a vedere il suo animo, è dolce, un po’ ruvido e grezzo, ma buono. I suoi occhi, nella penombra creata dalla candela, sono ancora più belli di quanto immaginassi, anche perché sono lucidi e spalancati.

- Io non posso rispondervi. State chiedendo alla persona sbagliata, non sono saggia né colta abbastanza per darvi tali soluzioni, posso solo dirvi che mi dispiace vedervi così affranto. Ma se non vi dispiace vorrei chiedervi qualcosa io, adesso. – Gli dico, ormai non più spaventata.

- Voi siete stata gentile e disponibile, adesso voglio ricambiare. – Risponde, acconsentendo alla mia richiesta. Poi sorride debolmente facendomi segno di continuare il mio discorso ed io tossisco imbarazzata.

- Vorrei tanto sapere come avete fatto a sorpassare il confine magico tra il mio mondo ed il vostro. – Lui sospira, poi fruga tra le tasche lerce dei suoi pantaloni. Guardandoli bene noto che sono di pelle nera, sporchi di fanghiglia e piccole erbe.

- Questo. – Mi mostra un ciondolo con uno scorpione disegnato sopra. – E’ il ciondolo di Scorpius, un potente mago delle mie terre, nonché mio antenato. – Mi spiega ed io annuisco, conosco vagamente la storia del mago oscuro. Si narra che un tempo, centinaia d’anni dopo la divisione delle due terre, un potente mago, direttamente discendente dallo stesso Lucifero, creò un ciondolo magico capace di rompere qualsiasi incantesimo per proteggersi dagli attacchi delle fate delle luce, che l’avevano preso di mira a causa di una sua intromissione nel nostro territorio.

- Conosco la storia a somme linee. Continuate. – Dico e lui schiarisce la gola. 

- Bhé, è da un po’ di giorni che seguo le lezioni di poesia dalla grande finestra e poi vi ho vista, voi non avete urlato né mi avete denunciato, anzi.. mi avete sorriso. Quindi ho pensato che magari se fossi riuscito a raggiungervi mi avreste accolto e saziato di risposte. – Dice, ma sono incapace di capirlo del tutto, le sue labbra attirano troppo la mia attenzione. E’ davvero un ragazzo stupendo, con quel fisico e quelle labbra. E poi credo davvero che quelli siano gli occhi più belli delle terre dei due opposti.

- Posso sapere come mai mi guardate? – Mi chiede ad un tratto ed io arrossisco e stringo involontariamente il lenzuolo, appiattendomi all’angolo del muro.

- Non saprei, pensavo che voi guerrieri foste più imbruttiti, più rozzi, più cavernicoli, perdonate gli aggettivi, ma se non fosse per i capelli neri voi potreste tranquillamente essere scambiato per uno di noi. –

- Perché? Qui non avete capelli del genere? – Mi chiede curioso.

Io prendo una ciocca bionda dei miei capelli e gliela mostro.

- Qui abbiamo i capelli biondi, castano chiaro o rossi. E gli anziani li hanno bianchi. Non esiste il nero, il marrone scuro, il grigio. –

- Si, quelli sono i colori che abbiamo noi. – Mi dice, io sorrido.

- Bene, adesso dovreste riposare, è notte fonda. Mi dispiace di avervi disturbato per così tanto tempo. –

- Non vi preoccupate, è stato illuminante scoprire la vostra gentilezza.- Dico sincera, al diavolo le credenze popolari.

- Ma non vi siete ancora presentato! – Dico ricordandomene.

- Oh, avete ragione. Il mio nome è Ate. – Mi spiega, avvicinandosi un po’.

- Io sono Era. – Dico soltanto.

- Arrivederci Era. – Apre la finestra senza dirmi nulla e inizia a scendere dal rampicante che fino a qualche minuto prima non c’era. Quella collana aveva davvero dei poteri magici, mi affaccio e guardo finché non scende. Ad un tratto ricordo di avergli chiesto di non tornare più e me ne pento.

- Tornerete? – Gli dico a bassa voce, provando a non farmi sentire da nessun altro.

- Se voi lo volete. – Risponde dal basso, la voce rimbomba.

- Domani, stesso orario. Buona notte. –

Lo osservo uscire la collana, metterla davanti alla barriera e aprirne un varco. Passa senza problemi e comincia a correre per la palude, l’alba è alle porte.

 

Ok, capitolo un pò troppo lungo mh? Ma ho sentito il bisogno di spiegare tutto e subito, di farli parlare invece di interromperli. Sono i personaggi che mi portano a scrivere, io li invento e loro vivono, sapete che significa? :) Per quanto riguarda Ate, la collana di Scorpius, il motivo della sua visita, il comportamento di Era ecc.. spero che abbiate capito tutto, se non è così siete pregati di farmelo sapere. Fate qualsiasi domanda ed io risponderò. Un bacione.

Stefy.

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Capitolo 5
*** Alla scoperta di nuovi luoghi. ***


Nuovo.


La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

Alla scoperta di nuovi luoghi.

 

Mi alzo dal letto stropicciando gli occhi, mi sono addormentata all’alba e devo già alzarmi per andare alla mia prima lezione di poesia.

Poi mi aspetterà un pomeriggio di escursione e infine rivedrò Pan, che mi ha già invitata a bere un tè nel suo salotto. Già, ha un salotto nel suo dormitorio, è decisamente uno dei ragazzi più benestanti della scuola.

Ma la parte che mi spaventa e mi incuriosisce di più è che probabilmente stanotte Ate si farà rivedere, parleremo ancora, scoprirò ancora più cose su di lui e sulla sua specie. Sorrido e rabbrividisco nello stesso momento.

Apro il comò che la ieri sera aveva toccato e prendo un vestito verde chiaro, lungo, abbastanza largo ma scollato sul petto. Metto i sandali bianchi e pettino i miei riccioli biondi, acconciandoli con dei fermagli e dei fiori di campo. Desia è stata molto carina nel farmeli trovare dietro al porta, stamani. Prendo il mio taccuino, la piuma e l’inchiostro, poi vado al piano di sotto. Ho paura che Ate spierà la lezione dalla finestra un'altra volta, ho paura che venga scoperto e che la guerra tra i due opposti ricominci a causa sua. Ho paura che si faccia del male, che muoia.

- Benvenuti alla vostra prima lezione di Poesia e Letteratura, matricole. Quest’oggi leggeremo un brano di un famoso autore umano, Shakespeare.-

Aprii il mio testo a pagina quattro e iniziammo a leggere una poesia stupenda. I brividi mi salirono lungo la schiena.

 

 

SHAKESPEARE

ALL'AMATA

 

Se leggi questi versi,

dimentica la mano che li scrisse:

t'amo a tal punto

che non vorrei restar

nei tuoi dolci pensieri,

se il pensare a me

ti facesse soffrire.

 

Quella poesia, quelle parole così sentite, così piene d’amore mi fanno riflettere su quanto possa essere ipocrita il mio mondo. Parlano tutti d’amore, di rispetto, di gioia e poi impediscono a ragazzi come Ate di avere i nostri stessi diritti e le nostre stesse opportunità.

- Signorina, sta ascoltando? – Mi chiede l’insegnante, rimproverandomi.

- Si, mi scusi, mi ero persa tra queste parole. – Rispondo sincera.

Dopo aver spiegato appieno questa poesia, la vita dell’autore e il contesto di questo poema la maestra ci comunica che Shakespeare è l’autore che studieremo per tutto il mese. Sorrido, felicitandomi della cosa.

Guardo spesso la finestra ma Ate non c’è, non percepisco la sua presenza.

Non capisco nemmeno come abbia fatto a percepirla le altre volte.

- Allora, ci vedremo domani, e.. portatemi la poesia che più preferite di Shakespeare, dovete anche spiegarmi il perché della vostra scelta. La biblioteca è piena di suoi libri, si trova al terzo piano. –

Cosa? Biblioteca? Wow! Perché non me l’hanno mai fatta visitare?

Non sapevo nemmeno esistesse un terzo piano, ho praticamente girato tutto l’edificio e non ho visto una sola rampa di scale portare ad un terzo piano.

Anche se, riflettendoci, l’edificio da fuori sembra molto alto, almeno contenente cinque piani.

- Ehi! – Una voce mi distrae dai miei pensieri architettonici, due mani si posizionano sui miei occhi, sento un profumo maschile avvolgermi.

- Indovina chi è? – La sua voce è fanciullesca, con un tono maschile.

- Pan! – Esclamo, senza alcuna voglia di giocare in maniera infantile, lui sospira e poi sorride forzatamente. Lo guardo negli occhi.

- Come stai? – Chiedo, senza sapere cos’altro dire.

- Io sto molto bene, ma tu? Ti vedo un po’ strana, quest’oggi. –

Scruta i miei occhi per diverso tempo ed io sorrido amabilmente.

- No, sto bene. Mi stavo giusto chiedendo.. ho un compito per domani, non è che potresti accompagnarmi in biblioteca? – Gli chiedo gentile, lui sorride.

- Certo, come potrei dirti di no! Bisogna prendere la luna però. – Mi dice ed io muovo le sopracciglia, inarcandole. La luna? Che vuol dire?

- Oh certo, sei nuova di qui. La luna è una piccola sfera che apre il passaggio per il terzo piano, ogni studente del mio anno ne ha una. A voi matricole è negata perché a quel piano si trovano delle cose che ancora voi non studiate.-

Lo guardo stralunata, nessuno mi ha mai parlato di queste cose. Credevo di conoscere tutto riguardo questo palazzo, lo idolatro da quando sono piccola.

- La luna è nella mia stanza, andiamo a prenderla. – Mi dice, prendendomi la mano, stringo la sua un po’ infastidita. Non siamo così in confidenza ma dato che lui è l’unico amico che ho preferisco non allontanarlo.

Entriamo nell’ala sud del corridoio, dove si trovano i dormitori maschili.

Lui frequenta il quarto anno, ossia l’ultimo, quindi ha diritto di possedere una delle camere più grandi anche se mi ha informato che un altro ragazzo dorme con lui. Desia dice che non ci sono abbastanza stanze singole.

Entriamo nella sua stanza ma io rimango appoggiata accanto alla porta, leggermente in imbarazzo.

- Ciao ragazzina, io sono Imeneo. – Il suo amico sbuca dal nulla sedendosi sul letto a due piazze. Pan lo fulmina con lo sguardo ed io faccio una piccola smorfia, involontariamente. Imeneo ricambia il mio sguardo.

- Io sono Era, ciao. – Mi presento, Pan mi prende infastidito per il braccio ed usciamo dalla stanza, chiudendoci la porta alle spalle. E’ un po’ arrabbiato e non capisco come mai, magari il suo coinquilino non gli sta molto simpatico. Oh, ma che dico! Il Sacro Codice impone di essere sempre gentili con tutti.

Dopo aver messo in tasca una piccola sfera bianca, che riconosco come luna, ci dirigiamo verso un muro bianco tra i due corridoi. Pan prende la sfera, la appoggia esattamente al centro del muro e sussurra con voce roca:

- Acik. – Improvvisamente un varco magico si apre, permettendoci di passare dall’altra parte e facendoci spuntare in un corridoio illuminato da lanterne gialle e azzurre. E’ tutto molto poetico.

- Benvenuta nel terzo piano. – Mi annuncia, riprendendomi la mano.

- Cosa sono queste stanze? – Chiedo, curiosissima, vedendo una decina di porte, tutte di forme e colori diversi, ma senza insegne o cartelli.

- Bene. Quella dalla porta color indaco contiene varie attrezzature per il vola-palla. – Mi spiega. Il vola-palla è uno sport molto praticato nelle terre dell’est. E’ stato inventato dal grande mago Adej. Bisogna conoscere degli incantesimi basilari e praticarli sulla palla, chi riesce a rubarla agli avversari e farla volare più in alto fino a toccare i vari dischi con i punteggi vince. Più in alto arriva, più punteggi ottieni.

- E’ permesso giocare solo dal terzo anno in poi, per questo bisogna avere una luna per questa porta. Sarebbe rischioso affidare certe formule a dei novellini. – Mi sento offesa. – Perché potrebbero applicarle su persone o oggetti, piuttosto che sulla palla. – Mi spiega ma io rimango offesa, la maturità non si misura in base all’età. Lui ne è la prova.

- Bhé, e le altre porte? – Chiedo, cambiando argomento, stanca della sua presunzione e dei suoi discorsi insulsi.

- Ci sono tante cose, troppe per potertele elencare. – Dice, evidentemente stufo di spiegarmi ogni singola cosa, mi sento infastidita.

- Ma.. come mai non c’è nessuno? – Chiedo ancora, siamo soli.

- Perché in quest’ala non viene quasi mai nessuno. – Mi spiega, ammiccando.

- Bene. – Divento un pezzo di ghiaccio. – Andiamo in biblioteca. – Continuo.

Giriamo a sinistra e apriamo una porta grigio perla, c’è un enorme biblioteca dall’altra parte, incredibilmente grande e apparentemente molto fornita.

- Shakespeare è da quella parte. – Inizio a sfogliare molti suoi libri, ne prendo due e li porto fuori da quell’ala magica.

- Andiamo a mangiare qualcosa? – Chiede, speranzoso di stare con me.

- No grazie, è tardi. – Guardo l’orologio, è quasi mezzanotte.

- Devo studiare. – Ate dovrebbe arrivare a momenti, ho fretta.

- Bene, a domani, bellezza. – Si avvicina stampandomi un bacio insalivato sulla guancia, appena svolta l’angolo mi pulisco con il dorso della mano. Che schifo di bacio, che schifo di serata. Corro in camera mia e apro la porta speranzosa, Ate non c’è. Abbasso lo sguardo e comincio a sistemarmi per la notte, metto una camicia da notte color panna, con dei merletti.

Arriva fino a metà coscia e copre abbondantemente petto e schiena.

Poi inizio a sfogliare diverse pagine dei libri che ho preso in prestito, sperando di riuscire a trovare una tra le tante poesia che mi piaccia più del resto.

 

Non dire mai che il mio cuore ti è stato infedele,
Sebbene la lontananza sembrasse attenuare la mia fiamma: 
Potrei forse allontanarmi da me stesso? No, non potrei 
abbandonare la mia anima che è chiusa nel tuo petto. 
 
Scrivo queste righe sul taccuino, decisa a proporre alla classe questa poesia dato che, a mio parere, descrive tutto ciò che è l’amore vero.
Sotto comincio a scrivere un commento, una mia opinione.
 
Questa verso, appartenente a una delle grandi opere di William Shakespeare mi ha fatto riflettere molto. 
Sono certa che qualsiasi creatura, qualsiasi essere al mondo sia capace di amare sul serio e questa poesia ne è la prova. 
Shakespeare era un umano, un semplice pezzo di carne con errori e difetti ma nonostante le sue debolezze è riuscito 
a provare e quindi a descrivere una tale forma d’amore: forte, impavida, vera, possente.
Sono quasi gelosa che fin ora non sia riuscita a trovare una persona capace di farmi battere il cuore così forte, 
capace di chiudere la mia anima nel proprio petto ma sono fiduciosa. Prima o poi arriverà una creatura capace di tali gesti per chiunque di noi.
 
Non sono molto convinta delle mie parole ma credo di aver espresso il mio pensiero completamente. 
Guardo l’orologio, sono quasi le tre, sono triste e incredula. 
Ate non si è fatto vedere anche se, sinceramente, non capisco come sia possibile che mi importi tanto di un guerriero della morte. 
E’ solo pura curiosità, mi convinco, mettendomi sotto le coperte e soffiando sulla candela.
Gli occhi si chiudono velocemente, le labbra si aprono, mi addormento.
 

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Capitolo 6
*** Brividi notturni. ***


La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Brividi notturni.

 

- Fatina. – Vedo chiaramente dei giochi di luce illuminarmi gli occhi chiusi.

Delle mani mi toccano, sembrano mille, ma ne individuo solo due.

Apro gli occhi allarmata ricacciando indietro un urlo, Ate è davanti a me, con una candela e mi tocca le spalle, provando a farmi svegliare.

- Ate! – Lo chiamo, rimproverandolo e salutandolo, lui si allontana subito.

- Scusatemi, fatina, non volevo farvi paura. – Improvvisamente guardo l’orologio e noto che sono quasi le quattro del mattino. E’ tardissimo, domani mattina dovrò alzarmi presto, ma la curiosità mi spinge a farlo rimanere.

- Siete arrivato tardi, Ate. – Dico, un po’ delusa ma al contempo felice che sia arrivato.

- Spero saprete perdonarmi ma ho dovuto affrontare la mia iniziazione oggi. Adesso sono effettivamente un guerriero. – Mi comunica e sento un forte dolore al petto, non capisco cosa sia, mi alzo velocemente dal letto e mi appoggio sulla scrivania, flettendomi in avanti. Provo a riprendermi ma il dolore non cessa, vorrei sapere cos’è l’iniziazione ma non riesco a pensare. Sono incapace di muovermi, il dolore mi paralizza. Sembra quasi che provenga dritto dal cuore, due lacrime scendono dai miei occhi e inizio a gemere, il male è troppo forte.

- Era, state bene? – Il guerriero si avvicina e mi mette una mano sulla spalla, sento qualcosa che punge dentro di me.

Inizio a lamentarmi,  a strizzare gli occhi e Ate mi continua a scrutare, accarezzandomi la spalla e diventando sempre più apprensivo.

- Vi sentite meglio? – Mi chiede ancora ed io comincio realmente a stare meglio, non capisco cosa mi sia preso, non ero mai stata male prima.

- Si, sto meglio. – Trovo la forza di rispondere, ma quando mi alzo e tolgo le mani dalla scrivania un giramento di testa mi fa cedere le gambe. Prontamente Ate mi prende e finisce a due centimetri da me. Sento una miriade di brividi attraversarmi il corpo.

- Dovete mettervi a letto, adesso. – Mi dice, facendo due metri e stirandomi sul letto. Le sue mani sui miei fianchi sono una sensazione nuova, quasi eccitante. Ad un tratto sento le dei fluidi bagnarmi le mutandine e non capisco cosa mi stia prendendo, sto davvero male.

- Dormite. – Inizia ad accarezzarmi la testa, senza però avvicinarsi troppo, sento quasi la sua mancanza, ho bisogno di lui.

Il battito del cuore si calma e improvvisamente sento il bisogno di parlare.

- Non potete stare in piedi, sedetevi. – Mi sposto leggermente verso il muro, lasciandogli spazio sul letto. Lui ricomincia ad accarezzarmi i capelli. Mi sento incredibilmente sbagliata in questo momento, Ate non dovrebbe essere qui, non così vicino, non nel mio letto!

E’ sbagliato, è tutto sbagliato. Ma una cosa che ti fa sorridere può essere così sbagliata? Mi addormento con il dubbio, quando mi sveglio Ate non c’è più ed io sono in ritardo per la lezione di poesia. Mi vesto distrattamente infilando una tonaca rosa e mettendo i sandali.

Corro velocemente verso la rampa di scale, sperando di riuscire ad arrivare prima che le porte vengano chiuse, in quel caso non potrei più entrare.

Quando arrivo davanti al grosso portone in legno però, è già chiuso e sbarrato con due grossi uomini davanti, probabilmente sorveglianti.

- Mi dispiace signorina, non può più entrare. – Mi dicono ed io abbasso lo sguardo dispiaciuta e leggermente innervosita da questo tipo di severità.

- Era! – Sento il mio nome echeggiare in tutto il corridoio, mi volto impaurita, so già chi è ma spero di sbagliarmi. Faccio mente locale, è già Sabato, giorno di visite.

- Madre! – La saluto anche io, diventando subito paonazza. In qualche modo ho timore che lei possa scoprire di Ate e delle sue visite notturne.

- Cosa fai qui? Non è orario di lezione forse? Ai miei tempi quando.. –

- Madre, ho ritardato. Ho perso la lezione. – Dico con un mugolio.

Lo sguardo di mia madre muta subito, diventando indescrivibile.

- Cosa. Hai. Fatto?! – Urla, facendo voltare le poche persone nel corridoio, arrossisco ancora di più e mi nascondo le labbra con la mano.

- Mi dispiace madre, sono stata male questa notte. Ho dormito un paio d’ore e mi sono svegliata tardi, pensavo di arrivare in tempo. –

- Oh! Signorina! Non te la caverai così facilmente. La scusa dello “stare male” non è più valida dalla Prima Scuola. – Mi dice, severa.

- Mi dispiace, ma sono stata davvero male, credimi. – Faccio una smorfia carina e la guardo con gli occhi da cucciola, il suo sguardo si ammorbidisce subito.

- Vieni, usciamo e ne parliamo con calma. – Mi prende per mano e comincia a camminare verso il portone d’ingresso, la gente mi guarda.

Vedo due ragazzine ridere alle mie spalle e un professore starnutisce. Questa mattina fa molto caldo, comincio a sudare.

Ci sediamo su una panchina e la osservo con attenzione. È davvero una bella donna, capelli biondissimi, occhi color ghiaccio, pelle candida, abito bianco ed elegante, sandali con perle. Esattamente ciò che ci si aspetterebbe di vedere in una sacerdotessa delle terre dell’est.

- Cos’hai avuto stanotte? – Si acciglia e mi scosta i capelli dal viso.

- Ho avuto dei forti dolori, madre. – Non voglio approfondire.

- Mal di testa? Dovuto al troppo studio, magari?  O forse mal di pancia?– Una leggera brezza mi fa svolazzare la base del vestito ma lo metto subito a posto, poi la guardo.

- No, mi faceva male qui. Forte. – Indico la parte del petto che contiene il cuore, immediatamente lei si rabbuia. Mi guarda sospettosa, quasi nervosa. Io distolgo lo sguardo dal suo, ho paura quando mi guarda così.

- Figlia mia, sei sicura di ciò che dici? – La sua voce è bassa, tremolante.

- Si, madre. Perché lo chiedi? Pensi sia qualcosa di grave? –

- Tu torni a casa con me, domani mattina. Non voglio discussioni. –

Per un attimo il mondo sembra fermarsi, la testa comincia a girarmi e il petto ricomincia a fare male. Perché mia madre è così spaventata? Perché vuole riportarmi a casa? Cos’è questo dolore? Non riesco neanche a pensare, mi accascio sulle gambe di mia madre ma lei non accenna  a muoversi, è paralizzata. Inizio a mugolare e gemere in preda ai dolori più forti ma lei non si muove, non chiede aiuto, non mi accarezza come faceva Ate. Inizio a piagnucolare, continuo a tenermi forte il petto ma lei nulla.

- Madre.. – Trovo la forza di chiamarla prima di svenire e cadere nell’oscurità. L’ultima cosa che percepisco è un suo sospiro rassegnato.

- Fatina. – La voce di Ate mi sveglia dal mio sonno, apro gli occhi spaventata e mi guardo intorno. Non c’è nulla, a parte il letto bianco su cui sono sdraiata insieme ad Ate. La stanza è nera, completamente nera. Non riesco a percepire nient’altro se non la sua voce ed il battito furioso del suo cuore. Ricomincio a piangere, guardandomi attorno spaesata.

- Era, calmatevi. – Mi dice, la sua mano si poggia nuovamente sui miei capelli, come questa notte. Mi sento subito meglio, il dolore non c’è più.

- Dov’è mia madre? Dove siamo? – Chiedo velocemente, spaventata.

- Mi avete portato voi qui, siamo nello spazio dei vostri sogni. Siete svenuta, ricordate? Adesso siete nel vostro inconscio. – Mi dice ma io non capisco del tutto, è tutto un sogno?

- Quindi voi non siete reale, adesso. – Realizzo, chiedendogli conferma.

- No, io sono reale. Il posto dove ci troviamo non lo è. – Puntualizza ma, invece di rasserenarmi e respirare profondamente, trattengo il fiato.

- Ho paura, dov’è mia madre? Cosa mi sta succedendo? – Alzo la voce.

- Tutto questo nero.. mi confonde. – Aggiungo ma lui non parla.

- Era.. non sono la persona giusta per spiegarvi cosa vi sta accadendo, ma posso giurarvi che sta accadendo anche a me. Non possiamo più vederci, non se vi causa tutto questo dolore, ho sbagliato a venire da voi la prima volta ed ho sbagliato ancor più a tornare. Dovete perdonarmi, ho intaccato la vostra purezza. Io.. non era mia intenzione, credetemi. Perdonatemi se potete, vi giuro che non ho mai avuto cattive intenzioni con voi, vi giuro che mi dispiace.  Vi prego di credermi, non volevo farvi del male, non.. –

- Ate, ma cosa state dicendo? È quindi colpa vostra se ho questi forti dolori al petto? È forse colpa vostra se mia madre è così furiosa? Dovete spiegarmi, dovete parlare. Non potete lasciarmi così, vi prego. – Le lacrime riaffiorano sugli occhi, appannandomi la vista, Ate mi guarda.

Ha dei pantaloni grigi, di una strana stoffa aderente, è senza maglietta, la sua pelle è più scura della mia, quasi olivastra. I suoi occhi sono color bosco, color bosco invernale. Non so che colore sia, l’ho appena inventato. Ma i suoi occhi sono così, il suo respiro è irregolare come il battito del suo cuore. Ho paura di vederlo scomparire, ho paura di ciò che mi succede.

- Era, ascoltatemi vi prego, non insistete. Quando vi sveglierete probabilmente vostra madre vi spiegherà tutto, vi accuserà di avermi visto ma voi dovrete negarlo. Promettetelo fatina, vi supplico. Se si dovesse scoprire la guerra tra i nostri popoli scoppierebbe di nuovo ed io sarei costretto a combattere voi, il vostro mondo. Non voglio che succeda un disastro, vi prego. Dovrete negare tutto. –

- Ate, perché mi dite questo, voi volete che io menta alla donna che mi ha creato? Perché dovrebbe sospettare di voi? Spiegatemi! – Urlo, quasi. Non posso mentire a mia madre, non voglio tradire la sua fiducia, non voglio nascondere nulla. Voglio che lei capisca. 

- Non posso più restare, state riprendendo forze, vi state svegliando. Ricordate, fatina, anche se non ci rivedremo mai più vi terrò sempre nel mio cuore perché voi avete risvegliato qualcosa in me, qualcosa di cui non mi ero mai accorto. Prendete. – Mi porge una catenina d’argento con un ciondolo d’avorio a forma di triangolo, è un bellissimo gioiello. Le sue parole mi fanno ricominciare a piangere.

- Questo sarà un modo per tenermi nel vostro cuore. È stato bello conoscervi, Era. Diverrete una donna fantastica, ne sono certo.  –

Vedo la sua immagine sfumarsi, sta quasi per scomparire ma io non voglio, mi aggrappo ai suoi avambracci, li stringo forte, quasi come se volessi trattenerlo. Non può dirmi delle frasi del genere e poi andare via, lo voglio tenere con me, non voglio che scompaia ancora.

- TORNATE! – Urlo con tutto il fiato che ho in corpo, lui sorride e scompare. Improvvisamente vedo formarsi lentamente le pareti bianche, il pavimento di marmo rosa, una grande scrivania in legno bianco davanti a me, un armadio beige, e dei grossi occhi azzurri.

- Madre! – La riconosco, sorride preoccupata, è lì davanti a me. Quella dove mi trovo è casa mia, mi ha riportata a casa. Mi sono svegliata, l’ho perso, mi sono svegliata. Una lacrima scende.

 

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Capitolo 7
*** Scomunica, vergogna, delusione. ***


La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Scomunica, vergogna, delusione.

 

- Ti senti bene? – Mia madre si avvicina ancora di più, incorniciando il mio viso con i suoi spaghetti dorati, ha dei capelli liscissimi.

Io invece ho dei boccoli ingestibili color sabbia, mia nonna dice che li ho presi da mio padre. Mia madre invece non lo nomina nemmeno.

- Si, madre. Perché siamo qui? – Le chiedo, la mia stanza è luminosa e ordinata, proprio come la ricordavo. Un senso di irrequietezza mi pervade, il sogno mi ha lasciata boccheggiante.

“Dovrete negare tutto, promettetemelo.” La voce di Ate mi rimbomba nel cervello come se fosse ancora accanto a me, su quel letto bianco.

- Sei rimasta svenuta per quasi ventisette ore! Oh Gesù, Era, pensavo che non ti saresti svegliata più.. e poi farfugliavi strana roba nel sonno! – Mi abbraccia forte, forse per la prima volta in anni. Ma non riesco a godermi il momento, sono spaventatissima per ciò che ha potuto sentire.

- Strana roba hai detto? – Dico, provando ad essere disinvolta.

- Si, farfugliavi qualcosa su una guerra, su una collana, non lo so. Mi hai fatto paura, tua nonna voleva praticare la magia su di te ma l’ho dissuasa dal farlo, avevamo tutti una paura tremenda. – Vedo la preoccupazione ancora vivida nei suoi occhi, so che mi sta nascondendo qualcosa. Improvvisamente ricordo il sogno e stringo il pugno destro, tocco qualcosa di duro nella mia mano. Identifico la collana di Ate, ma con improvvisa velocità nascondo il ciondolo sotto il materasso prima che mia madre scopra cos’ho in mano. Sospiro e continuo a far finta di niente, parlo.

- Dobbiamo parlare di ciò che è successo, madre. Perché mi hai portata qui? Perché vuoi che lasci la scuola? – Non riesco a pensare ad altro, ho sempre desiderato di studiare in quella scuola e adesso vuole che ritorni a casa? Non posso permetterlo, non posso lasciare che lei rovini tutto così.

- Era, non voglio parlarne adesso, sono solo felice che tu stia bene. Ora che sei tornata a casa non avrai più problemi. – Mi comunica freddamente.

- Madre! Io voglio parlarne invece! Voglio tornare a scuola. – Mi impunto.

- Questo non sarà possibile. – Sento la voce di mia nonna provenire dalla porta della mia stanza, anche lei è molto bella. Ha dei lunghi capelli bianchi, il viso giovane, riposato, contornato da fiori. Gli occhi azzurri, le mani curate, i piedi lunghi e coperti da dei sandali azzurri.

- Gea, esci di qui adesso. Era ha bisogno di sapere la verità, spetta a me dirgliela. Vai a raccogliere dei frutti per stasera. – Mia nonna ha sempre avuto l’ultima parola a casa mia, mia madre ha sempre obbedito quando parlava lei. E continua a farlo tutt’ora, nonostante i suoi 45 anni.

- Va bene, vado. Solo.. cerca di non essere troppo brusca. – Mia madre, detto questo, esce dalla stanza come un fulmine ed io mi alzo sui gomiti mettendomi comoda contro la spalliera e aspettando le parole di mia nonna. Lei si siede sul bordo del letto e sospira amaramente.

-  Devi dirmi tutta la verità, piccola Era. E’ necessario che tu sia completamente onesta e sincera con me. Mi hai capito? –

Sono spaventata dal suo tono autoritario e glaciale. Nonna Nike è sempre stata tutta d’un pezzo, autoritaria, fredda e lucida da far paura. Sin da piccola ho sempre avuto timore di lei e delle sue parole. Lei non parla quasi mai, e quelle poche volte che parla lo fa solo per dare ordini.

- Si, certo. Ti prego, dimmi cosa sta succedendo. – Sto impazzendo.

- Il dolore che tu hai avvertito l’altra notte non è casuale, sei sotto un incantesimo, Era. Mi spiego meglio. Siamo tutti sotto un incantesimo, ma tu l’hai rotto, ed è questo che ti ha provocato tutto questo male. –

Un incantesimo che ho rotto? Perché nessuno mi ha mai detto che sono sotto un incantesimo? Ho paura di ciò che può accadermi.

- Che incantesimo? – Chiedo, con voce tremolante.

-  Tu.. hai provato qualcosa per una creatura del male, Era. –

Improvvisamente sento il respiro mancarmi, come fa a saperlo? Insomma, non ne sono certa nemmeno io. Non può averlo scoperto, maledizione.

- L’incantesimo è su tutti noi. Alfeo, il grande e supremo protettore, lo lanciò sul nostro popolo dopo la scoperta della Malvagia di Lucifero. Siamo tutti protetti dalle tentazioni dei guerrieri della morte, ma se qualcuno proverà qualcosa per un guerriero, sia essa compassione, amore o simpatia, verrà colpito da forti dolori al petto. Ogni volta che proverai qualcosa per quell’essere, tu starai male! – La sua voce è sempre più seria e autoritaria, ho quasi paura di ricevere uno schiaffo.

- Io ti giuro di non conoscere nessun guerriero! Te lo giuro! – Urlo quasi, provando a scaturire qualcosa di buono in lei. Ma lei è impassibile.

- Non mentire ad un Antica, soprattutto non se quell’antica è tua nonna. – Nonna Nike sembra davvero un diavolo in questo momento, manca solo il fumo che esce dalle orecchie, per il resto è identica. Sguardo truce, labbra serrate, capelli scompigliati. Come ha fatto a trasformarsi così?

- Io te lo giuro, te lo giuro su tutto ciò che vuoi, non ho mai né visto né conosciuto un guerriero. Come potrei? La barriera è insuperabile. –

Provo a farmi credere ma lei è troppo sospettosa, quasi come se sapesse già tutta la verità. Possibile che in qualche modo l’abbia scoperta?

- Era, se proprio vuoi insistere sulle tue bugie dovrai fare molto di più che giurare e spergiurare su questa cosa. Voglio il Riconoscimento. –

Spalanco gli occhi e schiarisco la voce, il Riconoscimento? Oh dio.

- Il.. il r.. Riconoscimento? – chiedo spaventatissima e colpevole.

- Esatto, signorina, vuoi tornare a scuola? Fatti Riconoscere dallo stregone e ti crederò. Ti rimanderò a scuola e tornerà tutto esattamente come prima. Va bene? –

Il Riconoscimento è una pratica molto antica utilizzata raramente solo per scoprire la verità su casi di estrema importanza, come tradimento al Sacro Codice. Consiste nel convocare lo stregone delle Terre dell’est e fargli praticare un antichissimo incantesimo sul sospettato. Colui/colei sarà obbligato, tramite magia, a rivelare tutta la verità. Devo tirarmi fuori da questa situazione il più velocemente possibile, non posso farmi interrogare da uno stregone, scoprirebbero la verità e io verrei esiliata, Ate verrebbe ucciso e scoppierebbe nuovamente una delle guerre più sanguinolente di tutti i tempi tra i nostri popoli. Non posso farlo accadere, non posso.

- Non ti fidi di me! Dio.. non posso crederci! Tu.. tu dici di volermi bene, di volermi proteggere ad ogni costo, e non credi alle mie parole! Non ho bisogno di nessun Riconoscimento, se vuoi credermi bene altrimenti tornerò ugualmente a scuola. Ho vent’anni ricordi? Posso decidere della mia vita dove e quando voglio. Non hai potere, NON HAI POTERE!- Sbraito, mia nonna mi guarda malefica, fuori di sé.

- Fammi alzare, maledizione! Devo preparare i bagagli, devo andarmene da qui! Spostati! – Urlo come un indemoniata, lei spalanca gli occhi.

- Non ti riconosco più, Era Olimpia Aris. Sei un estranea per me, quando tua madre ti ha dato alla luce non avrei mai pensato che saresti diventata preda del male. Sei una delusione su tutta la linea, io ti scomunico dalla mia famiglia.  Io ti diseredo, torna pure in quel palazzo se vuoi, ma non disturbarti a tornare mai più, ingrata, viziata, terribile delusione. – Inizio a piangere e mi muovo come una forsennata per finire i bagagli, mi spoglio davanti a lei, rimanendo solo con un paio di mutande e infilo una tunica giallo tenue. Infilo i miei sandali in qualche secondo, prendo tutte le mie borse e inizio a scendere al piano di sotto, sento la porta di nonna Nike sbattere furiosamente. Si è di nuovo chiusa in camera sua, a confabulare chissà cosa col suo gatto malefico. Maledetta. Mi ha cacciata di casa! Non riesco ancora a crederci, chi si crede di essere? Maledetta.

Ho il nervoso a mille, sento di stare per sbottare da un momento all’altro.

Improvvisamente ricordo di aver dimenticato qualcosa, la collana, sotto il materasso. Lascio i bagagli sulla scala e torno indietro, prendo la collana sotto il materasso e la osservo per qualche secondo.

E’ stupenda, proprio come la ricordavo dal sogno. Catenina sottilissima in argento, triangolo beige d’avorio, contornata da una piccola cornice marrone, forse in legno. La stringo tra le mie mani e torno di sotto.

- Dove stai andando? – Mia madre spunta dal soggiorno, con un cesto di frutta in mano ed un espressione mortificata in volto, ha paura.

- Vado a scuola. – Il mio tono è glaciale, distrutto, interrotto da singhiozzi. Sono sicura che il mio viso è impresentabile, al momento.

- Ma.. ma.. eravamo rimaste d’accordo che.. –

- No, madre! Tu e tua madre eravate rimaste d’accordo che. Io ho sia la testa che l’età per ragionare e decidere da sola della mia vita, e dato che voi non volete farne parte potete tranquillamente ricominciare a vivere la vostra patetica vita monotona e pura. Io me ne vado, la nonna non mi vuole più qui, mi ha diseredata, quindi non disturbarti a cercarmi. Sono un estranea per te, adesso. Nonché una patetica e terribile delusione. Addio, madre. – Sbatto la porta con tutta la forza che ho in corpo e mi dirigo verso il Palazzo, decisa a non rivederle mai più.

 

Vorrei capire come mai, all'inizio di questa storia, commentavate ogni capitolo. Mentre adesso è rimasta una sola recensitrice (grazie mille EndZeit). Se questa storia vi piace, vi delude, vi interessa, vi fa schifo.. insomma, se per qualche motivo la leggete, vorrei tanto che vi facciate sentire! Mi impegno tanto per aggiornare spesso e per spiegarvi tutto nel migliore dei modi, spero soltanto che in questo capitolo troverò più di una recensione. Altrimenti provvederò a cancellare questa storia. Baci. Stefy, un pò giù di morale.

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Capitolo 8
*** Ritorno e derisione. ***



 

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

Ritorno e derisione.

 

La porta del Palazzo è stranamente aperta, io sono stanca e imperlata dal sudore, dato che casa mia è molto lontana dal confine ed io non ho voluto accettare la carrozza di mia madre. Ho camminato quasi per mezza giornata, e adesso sto quasi per ritornare a scuola, pronta a ricominciare.

- Oh mio dio! Ma è lei! Ha addirittura la faccia di presentarsi a scuola? – Sento una voce femminile, mi volto e vedo due arpie del terzo anno parlare di me ad alta voce, sanno bene che dopo l’essere stata diseredata non posso mettermi ancora in ridicolo attaccandole, quindi sto zitta, continuo a camminare e faccio finta di niente. Le ragazze rimangono sedute nella panchina a sparlare di me, ridacchiano e mi indicano quasi tutti nel corridoio. Come dargli torto, essere diseredata è già una fonte di enorme vergogna per chiunque, ma essere diseredata da un Antica per non aver voluto farsi Riconoscere, sospettata di tradimento, è mille volte peggio. So che me la vedrò brutta ma devo provare a tornare alla mia vecchia vita. Finalmente incontro Pan, una faccia conosciuta.

Sta passeggiando in corridoio insieme a due suoi amici, entrambi giocatori al vola-palla. Gli vado incontro mentre tutti mi squadrano, riesco a percepire qualche “Dovrebbe vergognarsi, povera Nike” o “Ma con quale faccia torna qui!” oppure “Oh dio! E’ lei! Guardate che faccia”. Una lacrima sfugge al mio autocontrollo ma la ripesco velocemente con l’indice, improvvisamente mi trovo davanti a Pan, non pensavo di essermi avvicinata tanto.

- Ehi, ciao Pan! Ti andrebbe di accompagnarmi dalla rettrice? -  I suoi amici mi guardano come se fossi un aliena e uno di loro, il più alto, ridacchia sotto i baffi dandogli gomitate di nascosto.

- Scusami, ma ho da fare. Ci si vede. – Mi supera, spingendomi leggermente con le larghe spalle ed io rimango immobile, incredula.

Mi ha scaricata! Avrei dovuto immaginarlo, lui diceva sempre che appartenevo ad un ottima casata, che avevo un ottimo terreno e possedevo ottimi gioielli. Adesso che tutto questo è scomparso non gli interesso più.

E’ davvero incredibile! L’enorme voglia di piangere, urlare e distruggere qualsiasi cosa mi capita a tiro sale imponente dentro di me ma la ricaccio via con un paio di lacrime, salendo al secondo piano e arrivando dritta davanti l’ufficio di Desia. Non so cosa le abbia detto mia madre, ma sono pronta a ritrattare tutto. Voglio tornare a scuola, trovare un lavoretto, ricominciare la mia vita.

- Permesso? – La porta bianca è quasi del tutto aperta, ma per educazione busso e sento una voce darmi il permesso di entrare.

- Oh. – Sono sorpresa di vedere Desia in un accesa conversazione con mia nonna, Nike. – Non sapevo che ci fosse anche LEI qui. Passo dopo. – Dico, facendo per tornare indietro. Mia nonna mi guarda quasi dispiaciuta e si dirige verso di me, allungandomi una mano.

- Sono qui per te, per farti riammettere. Abbiamo fatto le cose con fretta, bambina mia, ti prego di perdonarmi, vieni qui. Abbracciami. –

Non mi da nemmeno il tempo di rispondere o allontanarla, le sue braccia sono irrimediabilmente strette al mio collo, sento due lacrime bagnarmi le spalle.

- N-nonna. – La chiamo flebilmente, non l’ho mai vista piangere, soprattutto non per me! Fino a un ora fa mi manda via di casa e adesso? Viene a scuola per farmi riammettere? Non mi ha mai abbracciata.

Non capisco cos’abbia in mente, so solo che non so se devo fidarmi.

Si stacca improvvisamente e lancio uno sguardo fugace a Desia, lei mi sorride ma ha qualcosa di diabolico nello sguardo, che non riesco a descrivere. Qualcosa di sinistro.

- Tutto bene allora? Possiamo procedere con la riammissione? –

La voce di Desia è cantilenante, come al solito. Dolce ma al contempo severa, seriosa. Mia nonna stacca lo sguardo dal mio e si volta verso la rettrice, seduta elegantemente sulla sua poltrona bianco perla.

Le sorride e pronuncia un flebile “si” quasi inudibile dalle mie orecchie.

- Tua madre verrà a consegnarti i vestiti e i libri che avevamo riportato a casa nel tardo pomeriggio. Nel frattempo la rettrice ti ha liberato la tua vecchia stanza, buona permanenza, tesoro. – Mi consegna il mio vecchio mazzo di chiavi contenente la chiave del portone della scuola e la chiave della mia stanza. In più vedo una sfera, attaccata al portachiavi con lo stemma di famiglia, è una luna.

- Questa è la luna che ti serve per attraversare il muro ed andare al terzo piano, in biblioteca o nell’aula di chimica. –

- Nonna ma gli studenti delle mie classi non ne hanno una.. – Controbatto confusa, come mai sto ricevendo una luna adesso? Lei si avvicina fiera e si accosta al mio orecchio.

- Essere la nipote di un Antica ha i suoi privilegi, piccina mia. – Il mio sguardo non muta, sono sempre sorpresa e guardinga,  Desia continua a sorridermi con quello sguardo che fa paura, la nonna continua a darmi nomignoli, abbracci e vezzeggiativi che non ho mai ricevuto in vent’anni di vita né da lei, né da mia madre. Hanno qualcosa in mente, ne sono certa.

Ma preferisco accantonare i sospetti e godermi il mio ritorno a scuola e all’interno della società, una volta saputosi che mia nonna mi ha ripresa in casa il rispetto della gente tornerà, perfino quello di quell’ipocrita di Pan, che tra parentesi, mi ha deluso da morire.

Dopo aver scambiato cordiali chiacchiere con Desia e mia nonna, mi ritiro nelle mie stanze, confusa e spaventata da ciò che è appena successo.

Prendo il mio taccuino e ne strappo un foglietto, ho bisogno di sfogarmi.

 

Ciao, non ho idea del perché stia scrivendo questo pezzo di carta, in fondo questa lettera o qualunque cosa sia non è intestata a nessuno. Magari dovrei solo pensare e dedicarla a qualcuno.. Ma l’unica persona che mi viene in mente è Ate.

Si, Ate.. sei tu. Sei tu la persona a cui vorrei scrivere questa lettera, al diavolo i convenevoli, al diavolo il “voi” e le buone maniere. Sono arrabbiata, sono furiosa con te perché hai stravolto la mia vita. Sei entrato a far parte di me, hai completamente capovolto le mie credenze ed il mio modo di pensare e poi? Sei scomparso, mettendomi nei guai, senza nemmeno darmi una valida spiegazione. Ho bisogno di te adesso, non capisci? Sono sola, sono impaurita e ho il sospetto che mia nonna stia tramando qualcosa di oscuro. Lei fa dei piani malefici e assurdi lo sai? E’ bravissima col lavaggio del cervello, è fin troppo brava. Ed ho paura che coinvolga la rettrice, mia madre, e dio solo sa chi altri. L’unico che potrebbe darmi spiegazioni reali, che potrebbe farmi stare meglio e far luce su tutta questa storia sei tu, perché sei tu che l’hai causata! Quindi porta immediatamente il tuo culo guerriero su questo letto e dimmi tutto ciò che c’è da sapere perché sto davvero impazzendo senza sapere nulla. Chiaro?

Saluti da Era.

 

So benissimo che questa lettera non arriverà mai al destinatario, ma scriverla mi ha infuso un tale sentimento di pace che non me ne pento affatto. La piego accuratamente e la lascio sul comodino, poi riesco ad addormentarmi senza pensare a nulla.

Mi sveglio a causa di un rumore secco ed assordante, realizzo che è qualcuno che bussa alla porta, probabilmente mia madre dato che è quasi il tramonto. Mi alzo come una molla, sistemando i capelli e apro la porta.

Il viso di mia madre è solare, sorridente. Mi saluta flebilmente e le faccio cenno di entrare in camera, noto che ha tre borse con lei quindi la libero, poggiandole sul sofà. Lei si siede sul mio letto e per un attimo ricordo quando lì, proprio in quel punto, ci stava Ate, che mi accarezzava.

- Tesoro? – Mi dice, capisco che mi stava parlando ma non ero attenta.

- Stai bene? – Mi chiede ancora, guardandomi negli occhi.

- Si, scusami, ero sovrappensiero. – Le rispondo cacciando via il pensiero costante di Ate, sorrido e poi la guardo un po’ preoccupata.

- Madre.. se stesse succedendo qualcosa con la nonna tu me lo diresti? – Le chiedo, interrompendo l’aria serena e cominciando un discorso fin troppo scomodo. Immediatamente lei s’irrigidì e distolse lo sguardo.

- Madre? – La chiamai, vedendola affannata e preoccupata. – Stai bene? –

Lei annuisce stringendo forte la tonaca rosa sul petto, è visibilmente sconvolta. Mi siedo accanto a lei e mi avvicino, mettendole una mano sulla spalla, immediatamente lei si scosta infastidita.

- Scusami, devo proprio andare, mi aspettano per una celebrazione. –

Si alza come una molla, e va veloce verso la porta, la apre e si volta per un attimo. Io sono immobile, non mi ha dato neanche il tempo di parlare.

- Madre ma.. – Provo a parlare, lei mi sorride dolcemente, quasi dispiaciuta e si chiude la porta alle spalle, lasciandomi sola.

Una lacrima scende dal mio occhio, ma la blocco col dito e sento nuovamente il bisogno di scrivere, mi volto verso il comodino per riprendere il foglietto dove avevo scritto prima ma non c’è più.

Metto la stanza sotto sopra ma la lettera non si trova, se l’ha presa mia madre sono davvero nei guai. Mi siedo sul letto e inizio a sbattere manate sul muro.

- Stupida! Stupida! Stupida! – Mi ripeto, continuando a prendere a schiaffi la parete bianca. – Sei solo una stupida Era! Ma come ti è venuto in mente!? Stupida, idiota che non sei altro! – Non smetto nemmeno un attimo di colpire la parete adiacente al mio letto.

Ad un tratto, tirando su col naso, mi accorgo che qualcuno sta bussando.

Mi alzo, sistemandomi e provando ad asciugare le lacrime, apro.

Una ragazzina mi spunta davanti. Ha i capelli rossastri, gli occhi celesti con delle venature dorate, il corpo minuto ma ben composto, la tonaca è vecchia ma elegante, magari cucita a mano, mi sorride amabilmente. Ha un viso d’angelo. Ma in quel momento non sono in vena di smancerie, non riesco a sorridere, la guardo seriosa, senza accennare a parlare.

- Ehm.. ciao. – Mi dice, timidamente. – Io sono Asia, sto nella stanza accanto alla tua, piacere di conoscerti. – Mi dice, ed io realizzo che probabilmente il muro che ho colpito era anche il suo. Mi imbarazzo.

- Ciao, io sono Era, perdonami se ti ho.. disturbata, non volevo. – Mi scuso e abbasso lo sguardo che va automaticamente a finire sui suoi piedi, scalzi, sporchi di terra, malridotti.

- Oh ma ti sei fatta male? – Le chiedo, e lei guarda i suoi stessi piedi, imbarazzandosi e facendosi indietro.

- Oh no! Ho solo fatto una passeggiata nell’orto. – Mi spiega.

- Ma.. l’orto è in manutenzione, le fate ci stanno lavorando, non è negato l’accesso? Io credevo che.. – Inizio a parlare come una macchinetta e mi accorgo che il suo sguardo si fa più duro e spaventato ad ogni parola che dico.

- Posso entrare? – Interrompe il mio monologo insensato e prima ancora che riesca a risponderle lei è già dentro la mia camera, nervosa, con la porta chiusa e inchiavata. Si avvicina minacciosamente a me ed io la fronteggio, se vuole rogna ce n’è anche per lei, quest’oggi.

- Senti.. ti prego. Non dire a nessuno ciò che hai visto. Posso usare il tuo bagno? – Mi dice ed io, un po’ riluttante, glielo indico. Lei corre subito e dopo cinque minuti esce come nuova, i piccoli tagli sui suoi piedi si vedono e sanguinano ancora ma la terra e la sporcizia sono scomparse, segno che si è lavata.

- Mi dispiace, non volevo venire qui solo per usare il tuo bagno.. – E’ visibilmente mortificata ed io, per la prima volta, non ho paura di lei.

- Sta tranquilla- La rassicuro, e le indico il sofà. Lei si siede accavallando le gambe, noto che anche il bordo della sua tonaca è sporco di fanghiglia.

La stessa fanghiglia che ha Ate nei pantaloni quando viene a trovarmi, penso un po’ sospettosa, ma allontano il presentimento.

- Ho sentito che urlavi, e poi tamburellavi sul mio muro. Ho pensato di venire a controllare prima che qualcun altro se ne accorgesse.. insomma, stai bene? – Mi chiede, imbarazzata e insicura, io le sorrido.

- Si, sto bene. Ho solo avuto un momento di.. non lo so, comunque è passato. – Mi spiego un po’ male ma spero che lei capisca.

- Io.. non vorrei sembrare inopportuna, ma è normale avere un momento “no” dopo tutto quello che ti è capitato. Insomma, non so se tutte le voci di corridoio siano vere ma si dice in giro che tu sia stata diseredata. Quindi è ovvio avere certi sfoghi, non preoccuparti. – Mi spiega ancora, stranamente non mi sento infastidita. Anzi, sembra quasi che Asia mi capisca davvero, sembra sincera..

- Bene. – Si alza dalla sedia, senza aggiungere altro. – Adesso devo proprio andare ma mi farebbe piacere uscire con te di tanto in tanto, se ti va sai dove trovarmi. Ci vediamo domani in classe, ciao! – Esce dalla stanza come una saetta e mi ritrovo a sorridere come un ebete. Finalmente un amica! Guardo nuovamente il comodino, forse per abitudine, e noto che il foglietto bianco tanto agognato è di nuovo lì. Ma stavolta è diverso, è stropicciato, ingiallito, un po’ bruciacchiato.

Lo prendo tra le mani e lo apro, quella non è la mia calligrafia.

 

Era, sono io.

Dato che mi hai dato del “tu”, ricambio la cortesia e ti rispondo.

Posso solo dirti quanto sono dispiaciuto per tutto il male che ti sto causando. E’ solo colpa mia se stai avendo tutti questi problemi, mi dispiace molto non poter essere lì con te. Ma è meglio stare separati, credimi.

Ogni qualvolta avrai voglia di vedermi pensa ai danni che potrebbe provocare. Pensa a tua madre, a tua nonna, al mio popolo, alla guerra. Pensa che non ne vale la pena, io sto provando a convincermi che sia così. Ti prego, perdonami se puoi. Se solo avessi saputo sin dall’inizio come sarebbe finita non avrei mai oltrepassato il confine. Sarei disposto a tutto per te, credimi. Se hai bisogno di qualcosa scrivi un altro pezzetto di carta ed io ti risponderò, mi dispiace, ancora.

Ate.

 

Immediatamente, senza pensarci due volte, prendo un foglio dal taccuino e comincio a scrivergli una risposta, nonostante le lacrime ferme sugli occhi mi impediscano di vedere appieno.

 

Vieni da me. Stanotte vienimi a trovare, hai detto che sai disposto a tutto. Hai detto che se ho bisogno di qualcosa devo dirtelo. Bene, io ho bisogno di vederti, ho bisogno di saperne di più. Ti prego Ate, se c’è un briciolo di compassione nel tuo cuore non respingere questa mia richiesta. A mezzanotte. Io ne ho bisogno, davvero. Vieni.

 

Piego nuovamente la lettera e la lascio sul comodino, con le mani tremanti e il viso nuovamente ricoperto di lacrime. Ho troppe cose a cui pensare, troppi problemi, troppi segreti che non posso condividere con nessuno.

Ho paura di ciò che può succedere ma devo rivederlo.

 

 

Capitolo lungo per farmi perdonare il ritardo, ci sono riuscita?

Comunque vi ringrazio davvero per i commenti e le letture, siete unici :3

Un grazie speciale alle poche che seguono tutte le mie ff come Giorgia, Aria, Vale :D

Domandina: Vedreste meglio Asia come amica/alleata o come ennesima nemica? L'ho descritta in modo da poterla rigirare come voglio.. voi come la vorreste vedere? Decidete!

A presto, baci.

Stefy <3

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Capitolo 9
*** Se solo ci fosse un modo. ***



 

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

Se solo ci fosse un modo.

 

Sono quasi le undici, ma Ate non ha risposto, o almeno non è apparsa nessuna lettera. Segno che forse ha deciso di venire o magari ha deciso di ignorarmi totalmente. Ma il mio foglietto è scomparso quando sono andata in bagno quindi Ate ha ricevuto il mio messaggio, speriamo solo che mi accontenti. Per un attimo ripenso alla ragazza di oggi pomeriggio, Asia.

Ha qualcosa di strano lei, nasconde qualche oscuro segreto. Proprio come me, voglio aiutarla perché non ho ancora un amica e lei sembra carina.

Ad un tratto sento la porta bussare, guardando l’orologio noto che manca qualche minuto a mezzanotte. Il cuore inizia a palpitare, chi sarà?

Apro la porta e rimango delusa, quasi infastidita, sono proprio curiosa.

- Pan. – Lo saluto, guardandolo duramente e inarcando il sopracciglio.

- Salve, Era. – Mi saluta cordialmente e prova a prendermi la mano per baciarla ma mi allontano come fossi colpita da una scossa elettrica, lui torna al suo posto e mi guarda penoso.

- Mi dispiace per come mi sono comportato, ho tante cose per la testa, scusami tanto. – Mi dice, ma io non ho voglia di starlo a sentire.

Mi volto, per guardare l’orologio e noto che sull’angolo invisibile agli occhi di Pan c’è un ombra nera. E’ Ate! Deve essere lui! Devo cacciare Pan.

- Senti io devo proprio andare. – Socchiudo leggermente la porta ma lui rimane a tenerla, vuole finire il discorso suppongo.

- Siamo stati bene insieme, non è vero? Ho visto come sorridevi, devi solo perdonarmi e tutto tornerà come prima, le nostre uscite insieme, i nostri lunghi discorsi.. ti prego. – Mi dice ancora, ammorbidendo la voce.

- Ci penserò su, ora devo andare. – Stavolta gli chiudo davvero la porta in faccia e lui non oppone resistenza, mi precipito all’angolo della stanza e metto le mani sul viso del ragazzo, scostando i capelli.

- Oddio! – Mi allontano spaventata e metto una mano sulla bocca.

- Chi siete? Cosa volete? – Inizio a chiedere, accorgendomi che il ragazzo non è Ate ed è davvero malconcio. Ha ferite e sangue dappertutto.

- Io sono.. sono.. suo fratello. – Sussurra, poi sviene, macchiando il pavimento di sangue. Sono tentata di urlare ma mi trattengo.

Lo prendo di peso, senza sapere cosa fare, e lo metto sul letto.

Ha detto di essere suo fratello, intendeva il fratello di Ate?

E’ svenuto, il probabile fratello di Ate è appena svenuto ed ha insanguinato il mio letto. Ho bisogno d’aiuto, mi gira la testa.

Ho paura, ho paura di ciò che è lui, di ciò che può succedermi.

Le gambe non mi reggono, oh dio, è proprio bello come suo fratello.

Stessa carnagione, stessi capelli ed occhi viola, quasi blu.

Mi gira la testa, sto per svenire. Chiudo gli occhi un attimo e gli cado addosso, sento il suo braccio sotto il mio collo, poi svengo, esausta di combattere il mio malessere.

 

- Svegliatevi. – Sento una voce molto vicina al mio orecchio ma non riesco a svegliarmi, sarà tutto un sogno?

- Vi prego, svegliatevi. – La voce è maschile, calda, roca. Un po’ affannata e susseguita da brevi colpi di tosse. Poi ricordo di essere svenuta e apro gli occhi improvvisamente scontrandoli con due iridi violacee. Il fratello di Ate è ancora nella mia stanza, notando la luce capisco che è notte fonda.

- Oh Dio! – Rinsavisco, appiattendomi al muro, è vicinissimo a me.

- Non abbiate paura, sono Egle, il fratello maggiore di Ate. E’ lui che mi ha mandato qui, si scusa di non aver potuto partecipare all’incontro. –

Mi guarda con quegli occhi penetranti e quasi mi fa sentire al sicuro. Sarà una cosa di famiglia, penso sorridendo tra me e me.

- D-dov’è Ate? Sta bene? – Chiedo in preda al panico, anche Egle non sembra messo bene. E poi vorrei tanto avere Ate qui invece del fratello.

- Ate è impegnato, deve combattere, io ero al suo fianco ma sono stato colpito e lui mi ha mandato qui, ha detto che arriverà presto. – Mi dice e sento il cuore battermi forte, troppo forte. Ate sta combattendo? Contro chi? Ho troppa paura di poterlo perdere, il forte dolore al petto torna prepotente, non voglio svenire di nuovo, Egle potrebbe farmi del male. Non posso sapere con certezza se è davvero il fratello di Ate, potrebbe essere una creatura malvagia, in fondo non si assomigliano molto.

Inizio a respirare affannosamente e mi piego sulle ginocchia, affondando la faccia nel cuscino e reprimendo urla di dolore. Egle si precipita immediatamente a fianco a me, mi cinge il fianco con una mano e mette l’altra sul petto, sopra la mia. E’ troppo vicino, troppo intimo, ho paura.

- Sapevo che sareste stata male dopo questo, mi dispiace, dovevo dirvelo. – Mi dice, ma la sua voce è ormai lontana ed i miei occhi sono già chiusi. Il dolore è quasi sparito e Ate è accanto a me, capisco di essere svenuta.

- Ate! Eccoti! – Mi getto tra le sue braccia, consapevole che tutto questo è solo frutto della mia immaginazione e lui, invece di abbracciarmi a sua volta, rimane immobile, è pieno di sangue. Ad un tratto si inginocchia.

Riconosco il luogo, siamo in una palude deserta, quella sotto il mio dormitorio. E’ tutto fangoso, marrone e appiccicoso. C’è un odore terribile, e non siamo in un letto bianco ma bensì in mezzo al nulla, tra cadaveri mozzati e puzza di morte. Vedo sangue, teste ed arti sanguinolenti.

- Oddio. – Dico solamente, accorgendomi di quante anime spente ci sono attorno a noi, sono tutti morti, brutalmente uccisi e mutilati.

- Ate.. ma.. – Cerco spiegazioni nei suoi occhi ma sono vuoti, ghiacciati.

- Ate. – Lo chiamo e lo tocco ma lui sembra in trance, voglio risposte.

Voglio andarmene via da questo posto, è macabro e poi Ate sembra quasi morto dentro. E’ fermo, inginocchiato e immobile, sguardo fisso, affamato.

- Ate, ti prego, andiamo via di qui. – Gli dico, strattonandolo per un braccio, lui sembra fatto d’acciaio. Per quanto possa tirare lui non si muove, non accenna a barcollare.

- ATE! PER LA MISERIA! ANDIAMO! – Urlo fuori di me, ad un tratto sento qualcosa afferrarmi la caviglia, la puzza di putrefazione è insopportabile. Mi giro verso il basso e noto una mano mozzata prendermi il piede e cominciare a tirare per farmi cadere.

- Fame. – Sento questa parola risuonare in tutto il campo di battaglia come se le pietre, la terra, i rami spogli e le nuvole parlassero.

- Solo fame, rabbia e sangue. Morte, Era. Salvalo. –

E’ la terra che mi chiama e mi parla, mi avverte, mi chiede aiuto.

Sono le foglie secche, gli steli dei fiori bruciati, riesco a sentire la bellezza che c’era in quel luogo prima che diventasse un cimitero.

Sento di essere in contatto con la natura e tutto ciò mi provoca sensazioni contrastanti. Mi sento forte e potente, ma al contempo cupa e oscura dato che quella natura, quel luogo, contengono sangue e morte da secoli.

- Dobbiamo andare via da qui, ciò che è rimasto di buono qui mi avverte della morte e della fame. Dobbiamo andare, devo salvarti. Dove sei? Rispondimi Ate. Rispondimi. – Gli chiedo, sento che il sogno sta svanendo, tra poco mi sveglierò e non potrò salvarlo se non saprò dove si trova.

Ma Ate non risponde, non accenna a muoversi. Improvvisamente capisco che lui si trova nel sogno perché io ce l’ho portato con la mente, ma in realtà è così ferito e malconcio che non riesce ad interagire come la prima volta. Mi sveglio di colpo e apro gli occhi sospirando come se avessi avuto un incubo. Egle è sempre accanto a me e mi regge ancora per il fianco accarezzandomi i capelli, comprendo di non essere stata molto tempo svenuta stavolta. Lo guardo e non ho più così timore, adesso so di avere il Dono. So di poter contattare la natura e farmi aiutare nelle situazioni di pericolo quando ne ho bisogno, so di essere magica.

 

Ok, avete tutta la ragione del mondo.

Sono una cattiva, cattiva, cattiva scrittrice. Sono un ingrata che non aggiorna da tanto tempo e che non avverte le sue "amiche".

Scusatemi tanto, se può farmi perdonare vi giuro che non è stata un assenza voluta ma ho perso una mia zia di recente e sono stata troppo distrutta ed impegnata

per dedicarmi a voi e a questa storia. Ringrazio anticipatamente chi commenterà, no ho davvero bisogno.

Se avete dubbi su questo capitolo, su Egle, Ate, sul "Dono" di Era o su qualsiasi altra cosa vi prego di dirmelo. Vi chiarirò. Un bacio.

Stefy.

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Capitolo 10
*** Scoperte sconcertanti. ***



 

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Scoperte sconcertanti.

 

- Egle. – Lo chiamo, vedendolo scioccato guardare verso di me.

- Mi dispiace, Era. Non dovevo farvi preoccupare, siete stata male per Ate. Lui mi aveva avvertito, mi aveva ordinato di mentirvi, ma voi siete una creatura della luce ed io non volevo mentirvi. Vi ho detto che lui era in guerra, voi vi siete preoccupata e siete stata male, mi dispiace. – Mi spiega come un cucciolo indifeso, improvvisamente le prime luci dell’alba illuminano la stanza.

Ricordo di essere a scuola e di non poter mancare alle lezioni. Mia nonna sta già tramando qualcosa con la rettrice e con mia madre quindi non posso assolutamente insospettirle rimanendo in camera, ma devo salvare Ate. Come conciliare il tutto? La lezione di poesia sarebbe cominciata tra quindici minuti e poi avrei dovuto seguire quella di botanica fino alle dieci. Solo dopo sarei potuta tornare qui per parlare con Egle. Ma era troppo pericoloso lasciarlo qui in camera mia, non avrei mai potuto.

- Era, siete sconvolta. State ancora male? – Mi dice con la sua voce roca e malconcia, io mi volto facendogli segno di no.

- Ho visto vostro fratello, Egle. Sta molto male, non è in grado di salvarsi da solo, dobbiamo trovarlo. Dovete andare a cercarlo. – Gli dico, rovistando tra i cassetti e prendendo un paio di bende con un secchio d’acqua. Prendo anche un olio naturale che lenisce le ferite.

- Tenete, curatevi e riposatevi qualche minuto. Ma io devo andare a lezione e voi dovete salvarlo, vi prego. – Gli porgo tutto ciò che ho trovato per farlo stare meglio e lui mi guarda stordito e confuso.

- Non posso farlo, mi rincresce. – Mi dice e a me gela il sangue, com’è possibile che non possa andare a salvare la vita del fratello?

- Non posso uscire finché non si fa buio, altrimenti qualcuno mi vedrebbe e scoppierebbe una guerra di dimensioni epiche. Era, non posso. Dovrò aspettare stanotte. – Ad un tratto ricordo che per andare via deve passare esattamente dall’aula di poesia, che a quest’ora sarà già gremita di persone e ragazzi annoiati che guarderanno fuori dalla finestra per distrarsi. Non posso permettere che lo vedano e fomentino la paura che c’è nella mia terra, incrementando l’inizio della guerra.

- Avete ragione. Ma io non posso rimanere qui, devo davvero andare a lezione. E’ indispensabile che io vada. – Gli spiego e lui annuisce velocemente, poi però mi guarda con una strana espressione.

- Devo chiedervi una cosa, capisco che voi non possiate stare qui e non vi chiedo nemmeno di starci. Ma c’è un’altra persona che in questa scuola mi è amica. Si chiama Asia e abita nella stanza qui di fianco, se voi poteste chiamarla io starei più tranquillo. Lei si prenderà cura di me, l’ha già fatto in passato. – Lui continua a spiegarmi il suo rapporto con la mia vicina di stanza ma io non riesco a seguirlo, sono troppo scioccata dalla scoperta che anche Asia è una simpatizzante di un guerriero, che tra l’altro è il fratello maggiore del mio Ate. Mio? Ate e basta.

- A-asia? – Dico in preda al panico. Ovviamente è credibile, quella volta che l’ho incontrata con i piedi malconci era sicuramente andata nella palude, ma c’è la barriera.. magari Egle gli aveva prestato la collana di famiglia, magari ne esiste più di una. Oh dio, sono così confusa.

- Si, mi ha detto di averti incontrata ma non sapeva ancora che tu conoscessi mio fratello, per questo non si è rivelata. – Mi spiega il guerriero ed io nel frattempo, rovisto di fretta tra i cassetti cercando una tunica da indossare per andare a lezione.

- Bene, allora andrò a chiamarla subito, nel frattempo possiamo anche darci del “tu”. – Gli dico, rilassandomi. Al diavolo tutto, Ate è mio amico ed ha bisogno di me, sta male. Per non parlare di Asia, che è molto simpatica ed ha le mie stesse convinzioni, poi c’è anche Egle che è un guerriero valoroso ed un ottimo fratello. Dovrei abbandonarli solo per non disubbidire alla mia famiglia, che non ci mette nulla ad abbandonarmi e riprendermi come fossi una bambolina? Ho deciso da che parte stare.

-Allora io aspetto qui, grazie di tutto, Era. – Mi dice con voce diversa, più sciolta e meno roca. Gli sorrido appena e mi chiudo in bagno, vestendomi di fretta. La tonaca che indosso è bianca, con delle perline sul petto, e dei ricami sulla gambe. E’ molto elegante, i sandali che metto sono giallo tenue. Lego i capelli per metà, lasciando che alcuni boccoli mi cadano sulle spalle. Esco dal bagno in fretta e, senza aggiungere altro, esco immediatamente dalla mia camera e faccio pochi passi finché non arrivo davanti la porta di Asia. Respiro profondamente e poi busso, dando tre colpi al legno bianco, dopo pochi attimi la porta si apre.

- Era! Oddio. – Dice improvvisamente prendendomi per il braccio e tirandomi dentro la sua stanza come se fossimo in imminente pericolo.

- Oh ti prego, dimmi che sai tutto. – Mi dice, con faccia pietosa e visibilmente preoccupata. Io la guardo come per rassicurarla e lei mi sorride, aspettando però una risposta completa.

- Si, so tutto. E.. in camera mia c’è una persona che credo tu voglia vedere. E’ arrivato stanotte, mi ha chiesto di te. – Guardo la sua espressione mutare da serena a felice e preoccupata.

- Oh! Egle.. è qui? Andiamo! – Mi dice, aprendo la porta e trascinandomi velocemente davanti la mia stanza. Vedo la gente nel corridoio guardarci stranita, la lezione di poesia sta cominciando quindi il dormitorio è strapieno di persone che camminano e guardano. Asia è troppo rumorosa per passare inosservata, ha una faccia indescrivibile.

- Devi calmarti o desteremo sospetti. – Gli dico aprendo lentamente la porta, entriamo di fretta mentre i ragazzi ci fissano e chiudiamo immediatamente la porta. Appena chiudo la porta, vedo Asia correre verso Egle, che è seduto sul letto davanti alla bacinella con l’acqua.

Nel lanciarsi su di lui la bacinella si rovescia e io mi ritrovo a fissare l’acqua che si sparge sul parquet chiaro. Noto Asia che abbraccia Egle con tutta la forza che ha in corpo, lui le sospira qualcosa tra i capelli e poi vedo le loro labbra congiungersi e baciarsi con passione. Non avevo mai visto un bacio tanto appassionato, se non da piccola, quando mio padre baciava mia madre. E’ un bacio davvero carico di sentimento.

- Dio, dio. – Impreca Egle mentre la stringe tra le braccia, Asia è praticamente seduta sull’inguine del guerriero, a gambe spalancate.

- Mi sei mancata così tanto, amore mio. – Le dice, Asia sorride a trentadue denti e si avventa nuovamente sulle sue labbra. Io rimando immobile, impalata a guardarli, incapace di voltarmi e pensare ad altro.

Improvvisamente sento un senso di inadeguatezza mischiato ad invidia verso i loro confronti. Non pensavo che tra due ragazzi della nostra età, tra due rivali eterni, potesse scoppiare un tale amore. Nessuno della mia età, nessuno che conoscessi almeno, aveva mai avuto un simile contatto.

- Ti amo. – Dice Asia, abbracciandolo e stringendogli i capelli corvini.

- Grazie, Era. Grazie! – Per la prima volta in molti minuti Asia mi rivolge la parola e si volta a guardarmi, io sorrido imbarazzata e mi appoggio al comò, reggendomi e provando a smettere di tremare. La scena di pochi secondi fa è stata così intensa e inaspettata che mi ha fatto quasi perdere i sensi. L’amore tra quei due è tangibile, enorme e forte. Inaspettato.

- Di nulla. Adesso devo davvero andare, ma voi fate pure come se fosse la vostra stanza, io tornerò dopo le dieci e decideremo cosa fare stasera, ok?-

Dico con la velocità di un treno in corsa, i due piccioncini faticano a capirmi ma poi annuiscono, io prendo il taccuino e la penna di fretta ed esco dalla stanza come se avessi un cane rabbioso alle calcagna.

Faccio le scale di corsa ed entro per un pelo nell’aula di poesia, che stava quasi per essere chiusa. Prima di sorpassare la porta però, ho la strana sensazione che qualcuno mi fissi, ma mi siedo ugualmente e comincio ad ascoltare le parole della maestra. Poi la mia mente comincia a pensare ad Ate, a ciò che gli è successo, a ciò che inspiegabilmente sento per lui.

Mentre sono distratta riesco a percepire ciò che sta dicendo la maestra. Sta leggendo dei versi di Shakespeare, dei versi che mi fanno riflettere.

Ho superato quelle mura con le ali leggere dell'amore poiché non v'è ostacolo di pietra che possa arrestare, il passo dell'amore..”

Anche Ate ha superato per me delle mura e delle barriere insuperabili, credevo che le avesse superate per curiosità ma adesso non ne sono più così sicura. Forse la voglia che ho di rivederlo, non è dettata solo dall’affetto che si prova per un qualsiasi amico, ma da quel sentimento che condividono Asia ed Egle, o da quello che un tempo lontano condividevano mia madre e mio padre. Prima che lui scomparisse e venisse esiliato da mia nonna.

- Signorina Aris, bentornata, a quanto vedo la sua breve vacanza non le ha concesso di essere più attenta a lezione. Che ne dice di tornare tra di noi? – La maestra si rivolge a me con sarcasmo ed io mi ricompongo immediatamente, sento gli occhi della classe puntati su di me e mi innervosisco immediatamente, respiro con profondità.

- Scusi. – Dico soltanto, lei continua a fissarmi per un po’ e poi riprende la sua spiegazione. La lezione dura solo un ora, ma a me sembra una vita intera. Ho tre pensieri fissi in testa, tre pensieri che non riesco a scacciare: Ate, il Dono che ho scoperto di avere e la relazione tra Egle e Asia. Ma in ogni caso, tutto ciò a cui penso, mi riporta sempre ad un'unica conclusione: io provo qualcosa per Ate. Qualcosa di forte, è un legame possente, un legame davvero importante. Ed ho intenzione di assecondarlo.

 

 

Ciao bellissime/i, putroppo sono un pò scoraggiata dalle vostre pochissime recensioni, dato che le letture sono molte. Non vi chiedo molto, solo qualche parola. Un grazie ad AriaSolis, sempre presente :D Spero di non essere stata troppo scontata con la relazione Egle/Asia, e che ne pensate della deduzione di Era che ha scoperto di provare qualcosa per Ate? E' troppo precipitosa o.. l'ho messa al tempo giusto? Fatemi sapere, vi prego! Un bacio.

Stefy.

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Capitolo 11
*** Alla ricerca di te. ***



 

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Fuga, salvataggio, contatto.

 

- Era! Svegliati dai! – Sento una mano scuotermi la spalla, è una piccola mano, fine, da signorina. Ricordo che Asia è lì con me ed Egle, e che devo fare il sacrificio.

- E’ già ora? – Gli chiedo, con la voce tremolante, ho davvero troppa paura.

- Si, alzati adesso, devi vestirti, dobbiamo andare. – Egle ha la voce un po’ più morbida del normale, ma è sempre mascolina e roca.

Asia mi guarda con comprensione, probabilmente sa bene cosa sto pensando.

Le terre dell’ovest sono piene di sangue, miseria e morte, l’ho visto nelle mie apparizioni. Io non sono una guerriera, non so difendermi, non ho un arma e devo uccidere un animale. Non sono pronta a tutto questo, ho solo vent’anni, sono appena uscita di casa per la prima volta e già mi sono incasinata tutto. Appartengo ad un guerriero del male, la mia famiglia mi ha diseredata ed ora trama qualcosa, probabilmente ho il Dono della natura. Sono troppe, davvero troppe le cose che sto sopportando.

Mi alzo dal letto di controvoglia e stiracchio le gambe, rendendomi conto che indosso ancora la tunica di questa mattina. Asia mi sistema i capelli mentre Egle mi porge un pezzetto di pane con del pomodoro. E’ molto gustoso anche se il pane è stantio.

- Grazie. – Mi rivolgo ad entrambi, è carino da parte loro preoccuparsi così tanto per me, Egle mi sorride ed Asia mi accarezza la spalla e riprende ad acconciarmi i capelli. Sento tirare verso l’alto molti ciuffi, mi faccio male.

- Asia, così mi fai male, lascia che li acconci io. – Le dico, dopo aver finito la bruschetta col pomodoro. Lei non si muove.

- Tu non hai idea di come sia ostile il terreno dall’altra parte, non puoi acconciarli normalmente. – Mi dice, e poi finisce di toccarli.

Mi alzo e vado verso lo specchio, noto che i miei riccioli non ci sono quasi più. Ha legato tutti i miei capelli al centro della testa, formando una crocchia, un solo ciuffo mi ricade dal lato sinistro, contornandomi il viso. Non mi ero mai legata i capelli così drasticamente.

- Hai un paio di pantaloni, Era? – Mi chiede Egle, interrogativo.

Io sorrido e lo guardo accigliata.

- Mica sono un uomo, certo che no! – Rispondo con ovvietà, poi noto che Asia ha dei pantaloni in pelle nera ed un pezzo di stoffa nera legata al petto, a mo’ di maglietta.

- Oh. Siete seri. – Dico, abbassando lo sguardo, ma come mi stanno conciando? Egle mi lancia un paio di pantaloni aderentissimi, in pelle nera, con dei fiocchi sulle cosce che mi lasciano la pelle scoperta.

Asia invece mi aiuta a spogliarmi, mentre il guerriero si chiude in bagno.

Rimango solo in mutande e mentre cerco di infilare quei pantaloni impossibili, la mia amica mi allaccia un pezzo di stoffa sul petto. Mi rendo conto che è incredibilmente striminzito, mi lascia buona parte del seno scoperto, e l’ombelico è in bella vista insieme ai fianchi e alla schiena.

- No, io non esco così, mi dispiace. – Mi impunto, decisa a non cedere.

Sembro una sgualdrina, non posso davvero uscire così, soprattutto non per andare da Ate. Cosa penserebbe se mi vedesse vestita così?

- Era, devi mischiarti al popolo dell’ovest! Se vieni in tonaca e sandali ti trucideranno in pochi secondi, ascoltami! Metti dell’inchiostro sui capelli e andiamo! – Asia parla quasi arrabbiata ed io non mi sento in grado di contestare. In fondo lei è quella esperta, io conosco Ate ed il suo mondo assurdo da così poco tempo che non ho idea di cosa fare per adattarmi.

Faccio come mi dice, spargendo dell’inchiostro nero sui capelli e macchiandoli irrimediabilmente. Asia viene da me con della cenere e me la mette sulle palpebre, truccandomi. I miei occhi azzurri risaltano ancora di più, mi dice. Mi alzo, spaventata, e vado davanti allo specchio, guardandomi. Sono totalmente irriconoscibile, completamente cambiata. Sembro davvero una guerriera, adesso. Mi faccio paura da sola.

- Sei bellissima. – La voce di Egle sembra rapita dalla mia immagine, Asia tossisce infastidita e comincia a truccarsi come me.

- Possiamo andare. – Dice ad un tratto, aprendo la finestra.

Anche lei ha gli occhi dipinti di nero ed i capelli pieni di inchiostro.

- Ma da.. da dove scendiamo? – Ho paura della risposta, non sono abituata a fare queste cose. Sono sempre stata goffa e sgraziata.

- Aspettate! Prendo i sandali! – Dico, vedendoli scendere aggrappati ai rampicanti sotto la mia finestra, è appena passato il tramonto.

- No! Devi venire scalza! – Dice Asia, prima di scomparire e cominciare la scalata verso la palude.

Li seguo con riluttanza, aggrappandomi forte ai rami dei rampicanti e scendendo con la lentezza di un bradipo.

- Dai, cazzo! – Egle e Asia sono già sotto la mia finestra, mi aspettano e sono molto impazienti. Ovviamente io  tornerei indietro se potessi, ma Ate è ancora lì fuori, sta morendo ed io sono l’unica che può salvarlo.

- Eccoti finalmente! – Asia mi parla ed io mi rendo conto di aver già sceso due piani senza accorgermene. Probabilmente il pensiero e l’apprensione che ho per Ate mi hanno aiutata a velocizzare il tutto.

- Se ti senti così in pensiero per lui è anche a causa della collana. – Mi dice Egle, quasi leggendomi nel pensiero ed incamminandosi a passo felpato verso la barriera. Non mi ero mai avvicinata tanto.

- Sto bene. – Dico soltanto, mascherando la mia immensa voglia di piangere ed urlare per lui. Camminiamo per qualche minuto e ci ritroviamo di fronte ad un enorme barriera gelatinosa e a tratti fosforescente.

- Wow. – Dico, come una bambina stupita di fronte al primo giocattolo.

Egle estrae la collana con lo scorpione e la pone davanti alla barriera, che immediatamente si squarcia, aprendo un varco.

- Veloci. – Sussurra Egle aiutandoci a passare dall’altra parte, io esito un momento ma poi ripenso ad Ate ed entro veloce come un fulmine.

Appena entrata nello squarcio mi rendo conto di quante cose sono cambiate.

Il terreno è fanghiglia, puzza e si appiccica ai piedi.

L’odore nell’aria è quasi insopportabile, sa di morte e decomposizione per non parlare del paesaggio. E’ tutto grigio, marrone e spoglio, nudo, crudo.

- Dobbiamo trovare Ate, devi dirmi cos’hai visto nella tua visione. – Egle si pronuncia con un fil di voce, mentre io continuo a guardarmi intorno quasi paralizzata. Quel luogo ti insinua la paura nelle membra, la paura di divora dall’interno. Mi sento già nervosa, allarmata.

- Ho solo visto fango e corpi morti. – Dico cruda, senza aggiungere dettagli. – Sembrava una palude, non c’era nient’altro. – Aggiungo.

- Ok, so dove andare.  Seguitemi. – Dice, prendendo Asia per la mano.

Sento il fango insinuarsi tra le dita dei piedi e solleticarmi, calpesto qualche pietra e inizio a farmi male ma voglio andare da Ate, subito.

Iniziamo a percorrere la palude fangosa finché non avvistiamo delle case, o quanto meno, dei ruderi.

- Devo passare da casa, devo vedere se è lì. – Dice, e fa segno di aspettare dove siamo. Io e Asia ci acquattiamo dietro un cespuglio spoglio, provando a non farci vedere da nessuno, sbircio Egle tra i rami e noto che entra nella prima capanna a destra. Improvvisamente la preoccupazione per Ate mi spinge ad alzarmi e a corrergli dietro.

- Ferma ma che fai! – Urla Asia, provando a prendermi, poi mi corre dietro. Mi nascondo dietro la casa e percorro il perimetro stando molto attenta a non incontrare nessuno, poi entro nella capanna malridotta.

- Egle.. – Sussurro, Asia mi segue impaurita.

- Che diavolo ci fate qui? Vi avevo detto di aspettare di sotto! – Urla sussurrando, il suo tono è sommesso ma nervoso, vorrebbe cacciarmi.

Mi guardo intorno, rendendomi conto che quello è un luogo che non riconosco di Ate. E’ troppo spoglio, troppo rude, troppo vuoto.

Ci sono un paio di mobili malridotti e mal costruiti. Due letti ed una cucina, poi c’è una porta che dovrebbe portare al bagno.

Una casa e sole due stanze, quattro mobili e un tetto quasi totalmente inesistente. Il legno è bagnato, marcio e ci sono insetti ovunque.

- Qui non c’è, dobbiamo andare nella palude di Vulcano, dove c’è stata l’ultima battaglia, sicuramente sarà lì. – Egle appare preoccupato, prima di uscire però prende della fanghiglia da terra e la annusa.

- Qui non è entrato, ne sono certo. – Dice ancora, stupendomi. Probabilmente, essendo molto primitivi, i guerrieri hanno un grande olfatto. Dopo circa dieci minuti di cammino affrettato arriviamo in una palude, i piedi mi si riempiono ancora una volta di fango e l’odore di decomposizione mi spinge a tossire e quasi a vomitare.

- Il-il posto è questo. – Dico sicura, riconosco tutto. Io e Egle ci troviamo davanti un campo desolato pieno di cadaveri mentre Asia è rimasta indietro, non se la sente.

- Bene, ora devi usare il tuo potere Era. Parla con la natura e fatti guidare da lui, altrimenti perderemo troppo tempo. Devi.. devi solo trovarlo, ti prego. – I suoi occhi sono supplichevoli ed io mi sento quasi in colpa per essere così misera.

- Non so come fare. – Dico, fin troppo disgustata e spaventata da ciò che vedo e sento. Troppe morti, troppi uomini uccisi senza motivo. I miei occhi cadono su un corpo sventrato proprio sotto i miei occhi. E’ una bambina.

Inorridisco e indietreggio spaventata, sento Asia sospirare da lontano.

Egle si posiziona subito davanti a me e mi prende il viso tra le mani, nascondendomi la vista di quel corpicino.

- Ascoltami, calmati. Lo so. – Dice mentre comincio a piangere disperatamente. Sento di non potercela fare. 

- Lo so come ti senti, lo so cosa provi. Ate sta male però.. non puoi farti vincere dai cattivi sentimenti, lascia che l’apprensione e l’amore che provi per lui ti guidino fino al suo corpo oppure potremmo trovarlo troppo tardi. E’ notte, ci sono milioni di corpi su questo campo.. come puoi sperare di trovarlo senza magia? Chiudi gli occhi, non pensare a niente, trovalo. –

Le sue parole mi spingono a fare un profondo sospiro e a calmarmi quasi definitivamente, qualche lacrime sgorga ancora ma quando chiudo gli occhi sento un senso di angoscia impadronirsi di me. Non è la mia angoscia, non sono io che sto male.

- Prendilo, salvalo e portalo con te, è l'unico modo per redimerlo, devi mentire, devi salvare... – Sento una voce sibilata entrare nel mio cervello, non appartiene ad Egle, né ad Asia né a qualsiasi creatura umana.

E’ una voce spaventata, innaturale.. o forse fin troppo naturale.

risposto per tutto questo tempo. Scusatemi, spero che con questo "orrendo" capitolo mi farò perdonare.

Stefy.

- Dove? – Sussurro anch’io, mantenendo lo stesso tono di voce.

- Il tuo cuore ti porterà a lui, il tuo amore ti porterà a lui. – La trance di cui ero prigioniera mi lascia, apro gli occhi ed Egle mi guarda sconvolto.

- So dove andare. – Dico soltanto.

Dritto fino al grande albero di ciliegio, poi a sinistra fino al masso dei sacrifici e poi qualche passo in avanti. Ate è lì.

La strada è chiara nella mia mente, ma il difficile è percorrerla.

 

Ok, senza dubbio avete ragione. Sono una cattiva autrice e un'ingrata per non aver né aggiornato, né per non avervi risposto, dovete perdonarmi. Sapete che vi adoro, spero che questo capitolo vi piaccia.

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Capitolo 12
*** Un forte legame. ***



 

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Un forte legame.

 

Dritto fino al grande albero di ciliegio.

La fanghiglia ed il sangue stantio sono ormai appiccicati irrimediabilmente ad ogni parte del mio corpo, ma nonostante il forte dolore al petto, il fastidio a causa dei vestiti e la paura di morire, io ed Egle avanziamo verso l’albero, è a qualche metro da noi, ma mi sembra fin troppo lontano. Aumento il passo, ho paura di ciò che troverò.

A sinistra fino al masso dei sacrifici.

L’albero spoglio e macchiato di sangue si trova davanti a me, Egle mi guarda interrogativo ed immediatamente giro a sinistra, con la velocità di un bradipo. Sento qualcosa di molliccio sotto i miei piedi scalzi, scivolo e cado a pochi centimetri da una gamba mozzata. Un urlo sommesso e poi più nulla, Egle mi riprende e mi rimette in piedi, spingendomi in avanti.

Le lacrime mi solcano nuovamente il viso.

- Calmati, continua! – La voce di Egle non mi permette di replicare.

Continuo a camminare alla ricerca di una roccia qualsiasi.

- Dai, cucciola. – Egle si addolcisce, vedendo quanto sia distrutta.

Improvvisamente vedo qualcosa di distintamente nero, le luci del tramonto mi aiutano a distinguere la famigerata roccia dei sacrifici.

- O-ora capisco perché la chiamano c-così. – Dico balbettando sommessamente. La roccia è immensa piena di interiora che assomigliano a cervelli, è accerchiata da teste mozzate e dilaniate.

- Questa è la roccia dove i traditori vengono uccisi. – Mi spiega Egle ed io rabbrividisco e qualche lacrime continua a solcarmi le guancie. Ho una paura tremenda, tremo in maniera spaventosa ma Ate è la mia priorità.

Poi qualche passo avanti.

- ATE! – Il mio urlo è straziante, le gambe mi cedono e mi inginocchio accanto al suo corpo martoriato. Ate ha gli occhi semi-chiusi.

Egle rimane qualche passo indietro.

- Mi dispiace, oddio, mi dispiace di averci messo tanto.. – Il petto comincia a dolermi più forte del solito, inizio a respirare male e mi suda la fronte.

- Stai bene, sta bene! – Urlo ad Egle, che è vicino a me, guardando il sorriso di Ate. Lui mi accarezza il viso e mi sorride, incurvando le labbra spaccate e sanguinanti. E’ ridotto malissimo, ma è vivo.

Ancora per poco. La voce nella mia testa torna, rivelandomi quanto Ate stia male e quanto poco gli resta.

- All’ombra dell’angelo. – Ate dice questa frase a bassissima voce. – Spesso alberga la presenza del diavolo. Scappa, anima mia. Scappa. – Mi dice, avvertendomi di quanto sia pericoloso per me stare lì.

- Io non ti lascio. – Gli dico, a voce alta.

- Come sta? Sta bene? – Asia viene correndo, spaventata.

- Sì. – Dico soltanto, continuando a stringere la sua mano tra le mie.

- C’è gente. – Dice lei, affannandosi a parlare. Egle sbianca, girandosi.

- Dobbiamo andarcene, saranno i raccoglitori. Sono vicini? – Chiede, mi domando cosa siano i raccoglitori, ma subito dopo ritorno a guardare Ate.

- Spostati.- Egle mi scansa ed io mi rialzo con fatica, si abbassa e prende suo fratello per una spalla, io mi posiziono sotto l’altra spalla e a fatica riusciamo a farlo camminare tra i corpi morti dei suoi compagni di guerra.

Ogni tanto inciampa, ogni tanto cede.. ma tutto sommato riusciamo a tornare nella loro capanna senza essere visti o fermati da qualcuno.

Ate si sdraia nel letto aiutato da Egle.

- Era, stagli vicino, tieni questa. – Mi da una lama affilata che assomiglia molto ad una sciabola da pirata, incurvata sulla destra. Il manico non c’è, ma al suo posto c’è un panno che impedisce di farsi del male.

- Io ed Asia andiamo a prendere un cavallo per il tributo al dannato. – Mi avverte, Ate prova a dire qualcosa ma la sua bocca non emette nessun suono, due minuti dopo Egle non c’è più.

- Grazie per avermi trovato. – Dice Ate. – Ma dovete andarvene, per me non c’è più speranza. Non tutti hanno il Dono, passeranno giorni prima di trovare qualcuno capace di salvarmi.. morirò. – Dice, biascicando le parole. Qualche lacrima gli solca il viso, ripulendolo parzialmente dal sangue. Finalmente distinguo il suo volto.

Improvvisamente sento le sue labbra sulle mie, si è alzato sui gomiti e muove le labbra sulle mie con urgenza.

Rimango immobile, ferma, mentre una sua mano mi stringe ancora di più dalla nuca verso di lui. Ad un tratto comincio a muovere le labbra insieme alle sue, sentendo salire delle emozioni indescrivibili. Le mie labbra si schiudono insieme alle sue e sento la sua lingua toccare appena la mia.

E’ la prima volta che faccio una cosa del genere, è la prima volta che bacio qualcuno.

La mia mano finisce sulla sua nuca, proprio dietro l’orecchio, inizio ad accarezzarlo, spingendomi verso di lui e facendo appoggiare nuovamente sul materasso. Non voglio che si faccia del male, alzandosi.

Mi abbasso ancora su di lui, senza staccare le mie labbra dalle sue.

Le nostre lingue si sfiorano timidamente, ma dopo qualche minuto, finiscono insieme nel più profondo dei modi. Non respiro, non ci riesco.

Mi scosto senza volerlo e lui mi sorride, ha gli occhi lucidi.

- Non morirai. Io ho il Dono. – Dico col fiatone, sorridendo.

- Anche se non so ancora bene come farò a salvarti. – Continuo.

Lui rimane basito, impressionato e comincia a piangere.

- Oh, oh. – Dice, senza riuscire a parlare distintamente. – Non posso crederci, io non lo merito. Grazie, io non.. grazie. – Dice emozionato continuando a lacrimare. Io sorrido, accarezzandogli ancora il collo.

-  Grazie, grazie, gr.. – Lo interrompo baciandolo di nuovo.

- Basta ringraziamenti, voglio solo che tu ti rimetta. – Dico, staccandomi quasi subito. Lui sorride e gli occhi si illuminano nuovamente.

- Dormi ora, Egle sarà qui fra poco. – Gli dico, ma lui invece di chiudere gli occhi si sposta faticosamente verso sinistra.

- Solo se tu dormi con me. – Mi dice, facendomi spazio. Mi corico senza obbiettare, e lui mi cinge la pancia con il braccio, avvicinandomi al suo corpo. Mi sento totalmente stretta a lui ed è la sensazione più assurda che abbia mai provato. E’ perfetto, ma spaventoso.. e sbagliato.

- Mia madre mi ucciderebbe. – Dico, soltanto, ridacchiando appena.

- Tua madre non c’è qui. – Mi risponde proprio dietro l’orecchio, rabbrividisco e mi rendo conto solo ora di quanto è vicino.

Vorrei dire tante cose, dirgli quanto ci tengo a lui ma decido di stare zitto e lasciarlo riposare.

- Fatina. – Mi chiama, dopo una decina di minuti, facendomi riaprire gli occhi. Io decido di stare zitta, senza motivo.

- Sei sveglia? – La sua voce è cambiata, è meno distrutta. Sta meglio.

- Bene, devo dirti delle cose. – Continua, vuole forse parlarmi mentre dormo? Mentre fingo di dormire? Il cuore mi batte più forte.

- Mi dispiace per tutto Era, sono un coglione. Ti ho trascinata in questo casino e non lo meritavi, non meriti di vedere tutto ciò, di patire tutte queste sofferenze. Sei così pura per me. Io.. non ti merito, non merito nulla di ciò che hai fatto per me. Sono una fottuto assassino, ieri ho ucciso più di cinquanta uomini con quella sciabola che tieni stretta. –

Improvvisamente la butto a terra e mi volto verso di lui, spaventata e con le lacrime agli occhi, lui si sorprende e poi mi abbraccia. Nascondo il viso sul suo collo, inspirando quell’odore di sudore e sangue, piango.

- Non piangere. – Dice. – Scusami, non sapevo fossi sveglia. – Continua.

Improvvisamente sento una certa rabbia montarmi e farmi impazzire.

- Ah. Quindi volevi confessare tutto, toglierti il senso di colpa, consapevole che io non avrei sentito una sola parola di ciò che dicevi? – la mia voce si alza da parola in parola.

- Ti prego, non arrabbiarti. – Mi dice, con una voce incredibilmente bassa.

- Non volevo farti del male, io volevo solo.. solo stare con te. – Dopo questa rivelazione decido di respirare forte e stare zitta, non ho intenzione di litigare con un moribondo, non con il moribondo che ho appena baciato perlomeno.

- Ti prego, di’ qualcosa. – La voce di Ate ormai è tornata alla normalità.

- Non stai più male? – Gli chiedo, inizialmente calma. – Prima mi fai prendere uno spavento del diavolo, facendoti credere mezzo morto e adesso vuoi discutere? Eh? Io ho rischiato la vita per te, idiota! – Sbraito, stavolta alzandomi dal letto e puntandogli il dito contro.

- Cazzo, tu mi hai messa in questo casino! – Mi tappo la bocca immediatamente, consapevole di aver appena detto la prima parolaccia della mia vita, dovrei lavarmi la bocca dieci volte e confessare tutto a mia madre ma.. al diavolo! – Cazzo. – Ripeto, a bassa voce. Poi scoppio a ridere nervosamente, senza motivo, sento le lacrime scendere copiosamente sulle mie guancie ma continuo a ridere.. e comincio a piangere.

- Era.. – La voce di Ate è cristallina, seguita da degli schiarimenti di voce.

- Qui c’è il cavallo. – Egle interrompe la conversazione e Ate abbassa nuovamente la testa, sdraiandosi e smettendola di guardarmi.

Io tiro su col naso e asciugo le lacrime.

- Dobbiamo portarlo fuori e terminare il rituale prima che albeggi. – La voce di Egle è sempre più dura e decisa.

- Asia? – Domando, nel panico.

- L’ho riaccompagnata a casa, basta una sola ragazza in pericolo. – Mi informa e quasi mi ingelosisco di lei, Egle ha portato lei a casa mentre io sarò costretta ad assassinare un cavallo e a rischiare la vita per Ate. Per un momento guardo il mio guerriero, sdraiato sul letto, ancora stanco e sanguinante. Decido di agire, di sbrigare questa faccenda, tornare a scuola e lavarmi i capelli il prima possibile.

- Procediamo. – Egle prende in braccio Ate, mentre io prendo il cavallo per le briglie e lo porto al centro di un campo che secondo Egle è il posto più sicuro. Siamo coperti da alberi, cespugli e foschia. E’ notte, siamo al sicuro. Egle mi porge un coltello e mi sorride a metà, io tremo vistosamente. Ate è svenuto, devo sbrigarmi..

- Come.. – Egle mi fa segno di stare zitta, senza dirmi altro.

- Tu sai come fare, dentro di te, tu lo sai. – Tremo ancora di più.

Ad un tratto qualcosa dentro di me parla, mi consiglia.

Impugna il coltello, puntalo dritto al cervello del cavallo e poi trapassalo tre volte, in diversi punti. Aspetta un paio di secondi e dì le parole.

Non ho più paura, non provo neanche ribrezzo o senso di colpa per ciò che sto facendo, socchiudo appena gli occhi e mentre Egle tiene fermo il cavallo io faccio ciò che la voce mi ha detto. Prima coltellata, seconda coltellata, terza coltellata. Sento il sangue schizzarmi in faccia, colarmi giù per il viso. I lamenti del cavallo sono quasi inudibili ormai.

- Tributum demon volo invocare, si interficere equus ad salutem. –

Pronuncio queste parole senza senso, e improvvisamente il cavallo smette di dimenarsi e si accascia a terra con un tonfo, privo di vita.

Io tremo, ricomincio ad avere paura perché sento che la natura mi ha abbandonata, non è più dentro di me.

Improvvisamente mi volto verso Ate e vedo che Egle si è abbassato e gli accarezza la fronte.

- Puoi farcela, fratello.. – Gli sussurra ripetutamente all’orecchio ma Ate resta immobile, privo di sensi.

- Eccovi finalmente. – Una voce agghiacciante si infiltra nelle mie orecchie, ho paura di voltarmi. – Sono qui! – Urla, chiamando qualcun altro.

 

Questo capitolo forse è uno dei miei preferiti, c'è romanticismo e azione, suspence e paura.. ditemi voi :P

Stefy.

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Capitolo 13
*** E' tardi per tornare. ***



 

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

E’ tardi per tornare.

 

- Sapevo che qualcuno stava facendo un sacrificio, ne ho sentito l’aria, si percepisce la magia del Dono. Chi siete? Presentatevi. –

L’uomo di fronte a noi è imponente, pieno di muscoli e molto alto. Sembra un grosso orso senza peli e senza pancia.

- Signore, sono Egle, dalla casata Zahrah. Loro sono mia sorella Era e mio fratello Ate. Ate è rimasto ferito in guerra, abbiamo provato a fare il tributo al dannato ma ci siamo sbagliati, credevamo che mia sorella avesse il dono ma così non è. – Egle mente spudoratamente e ripetutamente a quell’uomo, prima proclamandomi sua sorella e poi mentendo riguardo all’incantesimo e al Dono. Mi sento male per lui, chissà se qui la menzogna viene punita come succede nelle mie terre.

- State professando il vero? – La voce dell’uomo-orso davanti a noi è quasi incomprensibile, troppo roca e cupa per essere compresa subito.

- Si, ve lo giuro signore. – Egle sembra quasi sincero, cordiale.

- Bene, allora vi lasciamo seppellire vostro fratello, ma ricordate.. all’alba bisognerà che voi veniate in ufficio per dichiarare la morte di vostro fratello in modo da poterlo escludere dall’esercito. E’ tutto chiaro? – Egle annuisce e sorride appena.

Io ho lo sguardo fisso su Ate, sono ancora abbassata accanto a lui e gli tengo la mano, improvvisamente mentre Egle guarda e parla ancora con l’uomo-orso sento le dita di Ate stringersi attorno alle mie. Vorrei urlare, infatti sobbalzo.. ma mi fermo prontamente, fingendo che sia morto.

- Signorina vi raccomando di non girovagare da sola, soprattutto la notte.. altrimenti nessuno può garantire per voi. – Quella frase mi mette i brividi, vedo già una tenue luce spuntare all’orizzonte e capisco che non avrò il tempo di tornare al Palazzo, non prima dell’alba almeno.

L’uomo dopo una decina di secondi va via, richiamando con sé altri tre uomini ed io mi precipito sopra Ate, quasi soffocandolo.

- Sei sveglio? Ti prego dimmi che sei sveglio! – Urlo quasi, Egle osserva la scena quasi mortificato ma quando Ate apre gli occhi e sorride suo fratello non può fare a meno di imitarlo.

- Grazie, Era, grazie! – Sento due braccia stringermi e Ate è ancora sdraiato a terra, Egle invece mi ha appena presa in braccio e mi stringe come se fossi la cosa più preziosa del mondo. Ate rimane per terra, sveglio e senza più ferite. Magicamente si sono rimarginate tutto, rimane solo il sangue. Egle si stringe ancora più a me, facendomi girare intorno.

- Ok, può bastare. – La voce di Ate risuona nella palude mentre Egle non accenna ad allontanarsi dal mio corpo seminudo, mi imbarazzo.

- Scusa fratello, mi sono lasciato trasportare. – Egle si allontana ridacchiando come un ebete, sembra rinato. Non l’avevo mai visto così spensierato e scherzoso.. poi d’un tratto mi torna in mente il Palazzo.

- Devo tornare a scuola! – urlo quasi come un ossessa, notando che il corpo di Ate non è più in penombra ma è quasi totalmente illuminato. Saranno già la cinque del mattino!

- Non arriverai mai in tempo. – Inizio ad incamminarmi quasi correndo verso il confine, pur non sapendo da che parte andare. Ma delle braccia si avviluppano nuovamente al mio busto, stavolta è Ate. Riconosco il suo odore.

- Non puoi, ti prego di ragionare. – Mi dice, rimanendo appoggiato sulla mia spalla, a tenermi stretta. – Stai con me, Asia ti coprirà, stai con me oggi. Andiamo a casa, stai con me. – La sua voce è roca, irresistibile, le sue mani scottano così come il resto del suo corpo.

- Ma.. – Non mi lascia parlare, voltandomi la testa con una mano e baciandomi. Le sue labbra secche e spaccate a contatto con le mie mi provocano ugualmente una delle sensazioni più forti ed intense della mia vita. Forse è desiderio, forse è qualcosa di più.

- Ok. – Dico solo, una volta staccata dalle sue labbra. Lui mi lascia e cominciamo ad incamminarci verso la sua capanna, poco distante. Egle ci segue con una certa lentezza, rimanendo sempre dietro, in disparte.

- Stai bene? – Mi volto, quasi preoccupata per lui e lui alza lo sguardo.

Improvvisamente ci raggiunge, mi sorride e comincia a camminare a fianco a me.. A volte ho l’impressione che mi desideri.

- Mi sei mancata. – Ate lo sussurra, forse non vuole che il fratello senta le sue confessioni. Io lo guardo e gli faccio una carezza sul braccio, poi torno a camminare, senza smettere di sorreggerlo.

- Anche tu. – Sussurro piano e lentamente ma lui mi sente e sorride.

 Proseguiamo fino alla capanna, dove Egle ci lascia per andare a dichiarare la falsa morte di Ate.

Io insisto per far sdraiare Ate sul letto ma lui sostiene di stare bene e, dopo essersi lavato velocemente, ritorna allo splendore di un tempo.

Non ha nemmeno un graffio né una macchia di sangue, indossa solo i suoi soliti pantaloni di pelle.

- Non avevo ancora avuto l’occasione di dirti quanto sei.. stupenda e incredibile vestita così. – Mi dice, lasciandomi senza fiato, io ovviamente mi sento ridicola e inopportuna ma magari a lui piaccio di più così.

- Grazie. – Sussurro, lasciandolo sedere accanto a me, sul letto malconcio.

Lui appoggia la testa sulle mie cosce e, quasi automaticamente, comincio ad accarezzargli i capelli con delicatezza, lui sospira soddisfatto e mugola.

- Perché hai ucciso tutta quella gente, Ate? Ho così tante domande da farti che non riesco quasi a pensare. – Dico, parlando veloce.

- Perché mi hai legata a te, perché sono la tua poésia adesso? Perché – Mi interrompo, cominciando a singhiozzare e cambiando nuovamente umore.

- Perché, tutto questo, non è una mia decisione, tu, perché. – Singhiozzo forte e dico parole a caso, cercando di comporre una frase abbastanza straziante così da farlo sentire in colpa. Lui alza la testa e si allontana un po’.

- Se solo tu mi avessi ascoltato quella volta che ti ho detto di non vederci più.. a quest’ora staresti bene, al calduccio, nella tua stanza a studiare e sognare il principe azzurro. Ma tu sei testarda, non è così? – Mi dice, facendomi quasi credere di avere torto. Ma poi rispondo.

- E come mai, se non dovevamo più vederci, mi hai costretta con l’inganno a diventare la tua donna? Mi hai regalato questa maledetta collana! – Sbraito, e lui impallidisce.. finalmente non sa più come rigirare la frittata.

- Io volevo solo tenerti con me.. ora che ti ho legata a me, sento come stai, cosa fai, cosa provi, sempre. E dato che non potevamo stare insieme, l’ho fatto egoisticamente, sperando di poter avere almeno un po’ di te sempre con me. – Quelle parole mi spiazzano, lasciandomi boccheggiante.

- E perché, di grazia, vorresti avere sempre un po’ di me con te? – Chiedo, senza capirne il motivo, o senza volerlo capire del tutto. Sono infuriata.

- Perché mi hai fatto perdere la testa, Era. – Mi dice, spiazzandomi.

- Perché dalla prima volta che ti ho visto il mio cuore si è riempito di te! Perché sei una donna fantastica e perché credo di essermi innamorato di te. – Dice, e mentre continua il suo fantastico discorso, io mi avvicino impercettibilmente a lui, poco alla volta. La voglia di baciarlo è tanta ma la paura è troppa, quindi esito, continuando ad ascoltarlo.

- Mi dispiace di averti ferita, di averti portata qui e di averti delusa. – Si gira dall’altra parte del letto ed io, con un gesto repentino, gli finisco sopra, abbracciandolo e sedendomi sulle sue gambe.

- Ok, scusami. – Gli dico. – Mi dispiace di averti dato contro. –

Lui comincia a baciarmi dolcemente la guancia con adorazione, io sorrido.

- E.. quello che ho detto è vero. – Dice, ad un tratto, spostandomi e riappoggiandosi sulle mie gambe. – Credo di essermi davvero innamorato di te, fatina. –

Una sola lacrima di commozione e paura mi bagna la guancia, non riesco a rispondere, ho paura di rispondere, ho paura di ciò che provo.

- Grazie. – La parola mi esce spontaneamente, lui sorride e ritorna a sedersi. Sembra inquieto, non fa altro che cambiare posizione da quando siamo qui. Si alza, quasi indispettito, e va a guardare dalla finestra.

Alzando gli occhi al cielo, noto che il tetto bucato è stato riparato in maniera ottimale, anche la casa è un po’ più presentabile.

Non è più sporca come prima e nel letto ci sono lenzuola nuove.

- Hai fame? – Mi chiede apprensivo, voltandosi nuovamente a guardarmi.

- No, per niente. Ma tu mangia pure. – Lo incito, sentendo il suo stomaco brontolare. In verità ho un po’ di fame, ma decido di non mangiare.

- Ok. – Dice soltanto, aprendo la vecchia credenza in legno e tirando fuori un paio di mele rosse. Le lava dentro un secchio e le morsica entrambe, inizia a mangiare con gusto, prima una mela e poi l’altra, alternandole.

Non appena le finisce si stiracchia sul letto, stando quasi attento a non sfiorarmi e poi chiude gli occhi, senza parlare o far rumore.

Ad un tratto sento un forte bruciore alla gamba, così forte da farmi urlare di colpo e svegliare Ate.

- Che succede? – Continuo ad urlare, mi è impossibile dire ad Ate cosa mi succede.. anche perché non lo so nemmeno io. Sento un dolore così forte che credo che la gamba mi stia andando a fuoco.

- La gamba. – Dico sforzandomi di non urlare troppo forte, stringo i pugni graffiandomi i palmi con le mie stesse unghie. Ate mi guarda preoccupato, apprensivo.. non capisce cosa mi succede, mi mette una mano sulla coscia, sopra la mia. Tremo, piango e urlo da quasi dieci minuti.. poi il dolore si calma un pò per poi ricominciare. Non ce la faccio più.

Ad un tratto il dolore passa quasi del tutto, lasciandomi comunque scossa e tremolante. Sento ancora delle leggere scariche di bruciore nella coscia che mi fanno rizzare sulla schiena e rilassare nuovamente.

Decido di togliermi i pantaloni, fregandomene se Ate è lì con me. Devo vedere cosa mi è successo, dev'esserci qualcosa.

Le mie mutande bianche sono sgualcite e malmesse, ma ad Ate sembra non importare. Rimane sconvolto a guardare il piccolo marchio che è appena spuntato sulla mia pelle.

E’ un cerchio, con una E al centro. E’ ancora caldo e brucia, come se fossi stata marchiata con un ferro arroventato.

- Mi dispiace, Era. – Dice Ate, guardandomi con compassione. – Credo che tu.. io credo che tu sia appena stata esiliata. – Dice ancora, sconvolgendomi del tutto.

 

Nuovo capitolo, nuovo colpo di scena. Che ne pensate? Ennesimo litigio tra Ate ed Era, ennesimo comportamento ambiguo da parte di Egle.. ma stavolta qualcosa è cambiato, Ate ha ammesso di amarla ed Era non si è sentita pronta a ricambiare.. e adesso si scopre perfino che non può più tornare nella sua Terra.. cosa accadrà? qualcuno proverà a lottare per farla "riammettere"? O le daranno la caccia? Esponetemi le vostre teorie, tesorine (:

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Capitolo 14
*** Delusioni. ***



 

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Delusioni.

 

Diario, ho perso tutto, ormai è quasi una settimana che sono rintanata qui, nella capanna di Ate, non posso tornare a scuola.. Egle ha incontrato Asia, mia nonna sa tutto. Mi aveva fatto una specie di incantesimo e mi aveva messo un fermaglio magico in mezzo ai capelli, è stato così che mi hanno scoperta. E mi ha esiliata. Ecco cosa aveva in mente quando ha cercato di chiarire. Se solo Ate fosse più presente tutta questa situazione non mi peserebbe più di tanto, ma purtroppo la sua finta morte è stata scoperta e adesso lui deve scontare del “lavori sociali”, pulendo i campi di battaglia. E’ diventato anche lui un Raccoglitore. Raccoglie teste e corpi mozzati di gente morta, e poi torna da me e mi bacia come se nulla fosse. Alcune volte vorrei tanto che tutto questo non fosse mai successo, vorrei risvegliarmi e rendermi conto che sono ancora a scuola e non è mai esistito nulla di tutto ciò.. e invece non posso. Ormai è troppo tardi, se torno indietro mi rinchiudono per sempre, se resto qui rischio di morire in ogni momento.. ed io voglio semplicemente ritornare alla vita di prima. Voglio studiare, scherzare e passeggiare spensierata.

Adesso devo andare, preparo la cena ad Ate, tra poco torna.

Era;

 

Chiudo il diario con un gesto secco e lo nascondo sotto il materasso. Sono cambiate molte cose da quando mi hanno esiliata, ho apportato molte modifiche alla capanna che adesso sembra quasi accogliente.

Il tetto è ormai a prova di grandine, il pavimento aggiustato e ho perfino costretto Ate a costruire l’altra parte del letto, in modo da fare un letto matrimoniale. Ho lavorato perfino per creare una doccia rudimentale e coltivare delle piante, fuori dalla capanna.. ma le piante sono tutte morte.

Sono otto giorni che mangio carne e pesce. Ho bisogno di verdure, ho bisogno di frutta ma sembra proprio che qui non ne esista nemmeno l’ombra.

- Bentornato. – Dico, sentendo la porta scricchiolare.. ma non è Ate.

- Egle. – Aggiungo il suo nome al saluto e poi sorrido cordialmente.

- Ciao Era. – Si avvicina subito, dandomi un bacio sulla guancia.

Si mette dietro di me, senza preavviso, e ricomincia con uno dei suoi gesti ambigui e fin troppo spinti. Mi prende la mano con cui sto impugnando il coltello e mi aiuta a tagliare il pesce, guidandomi la mano.

Sento il suo corpo duro aderire al mio e non capisco come mai non riesco a respingerlo.

- Ehm Ehm. – Due colpi d’avvertimento arrivano dall’uscio ed Egle si sposta subito, sniffando per un ultima volta il mio profumo.

- Cosa cucinate di bello? – Ate si avvicina a me, baciandomi sul collo ma non smette per un attimo di fissare in cagnesco Egle che ricambia beffardo.

- Stavo aiutando Era col pesce. – Dice Egle, quasi ridendo, ma Ate non la beve.. resta accanto a me, sfiorandomi un fianco. L’aria è tesa, cupa.

- Lei sa benissimo cavarsela da sola, Egle. Ti chiedo di evitare, la prossima volta. – Ate ha un tono di voce duro e minaccioso, ma calmo.

- Bene, mi metto da parte. – Dice, e io intuisco diversi sensi su questa frase ma Ate sembra non accorgersi di nulla.

- Ora vado, ciao fratello. – Dice Egle, con la stessa serietà nella voce.

- Ti auguro una felice nottata. – Detto questo scompare e io sospiro di sollievo, finalmente Ate si calma, rilassando i muscoli contro il mio corpo.

Si struscia leggermente, toccando la mia pelle scoperta delle spalle e delle braccia.. ma io continuo a cucinare, senza dargli importanza.

- Sei deliziosa. – Dice, mordicchiandomi leggermente la spalla, io rido.

Però non sopporto questi continui sbalzi d’umore. Un momento prima si litiga ed il momento dopo si deve sorridere, non so fin quando riuscirò a stare ai loro ritmi. Sono giorni che Egle prova a baciarmi o a farle altre cose di questo genere e sono giorni che Ate s’infuria e poi torna normale. Come se cercasse di proteggere un suo oggetto.. non come se suo fratello toccasse continuamente la sua poésia. Forse aveva ragione Asia, forse sono davvero una sua proprietà, non sono più una creatura, sono una cosa come tante altre. Questo pensiero mi mette i brividi.

- Stai bene, cucciola? – La voce di Ate è più roca e sensuale del solito.

- Egle ti ha fatto innervosire? – Mi chiede ancora.. e sento un fiotto di parole cercare di uscire. Ma non voglio litigare e le trattengo.

- Tieni, mangia. – Gli dico, dopo aver cucinato il pesce e averlo messo su un piatto insieme ad una fetta di carne.

- Tu non hai fame? – Mi chiede, quasi arrabbiato.

- No. – Rispondo per l’ennesima volta in una settimana.

- Era non mangi praticamente mai! Quando avrai intenzione di smetterla di fare lo sciopero della fame? Non ti rimpatriano lo stesso, lo sai vero? –

Il suo discorso è giusto, ma detto con tono sbagliato ed infatti mi fa innervosire.. sono una tipa molto permalosa, lo so.

- Senti ma vaffanculo! – Gli dico, uscendo dalla porta e iniziando a camminare verso il terreno di fronte a noi.

- Era fermati! Cazzo! – Urla Ate, venendomi dietro, ovviamente intimorito da ciò che potrei incontrare. – Fermati immediatamente, te lo ordino! – Mi urla ed io sorrido, come se potesse servire a migliorare la situazione.

Ma improvvisamente, mi fermo. Non è la mia volontà a farmi fermare ma la sua. Provo a fare un passo avanti ma la mia gamba non si muove, sono fuori di me dalla rabbia. Voglio davvero prenderlo a calci in culo. Mi ha bloccata.

- Mi dispiace ok? Mi dispiace tanto di aver usato questa cosa con te. Non avrei mai voluto farlo, mi dispiace. Ma ti stavi cacciando nei guai e questa è la zona dei cacciatori, quindi non volevo che ti facessi male. Scusami, ti prego. Puoi muoverti adesso. –

Un sonoro rumore fa eco per tutta la radura. La guancia di Ate diventa immediatamente rosso fuoco e lui mi guarda infuriato.

Ma poi rilassa lo sguardo, sa bene che ha sbagliato e sa bene che lo meritava. Mi bacia immediatamente, io provo ad allontanarmi ma lui mi trattiene, approfondendo subito il bacio e cingendomi per i fianchi.

- Ti amo. – Mi dice, staccandosi e facendomi mancare il respiro.

- Ti amo anch’io, stronzo. – Gli dico, ancora col broncio, ma felice.

 

Diario, eccomi di nuovo. Sono quasi le sette del mattino ed io sono sfuggita dalla morsa stritolatrice di Ate e sono venuta a sedermi qui, nel muretto fuori casa.

Mi piace guardare l’alba, o almeno mi piaceva guardarla da scuola.. perché sapevo che da lì a breve sarei andata a studiare la mia amata poesia. L’alba segnava l’inizio di un'altra fantastica giornata nella mia fantastica scuola. Mentre adesso l’alba è solo l’inizio di un'altra giornata da sola, a combattere contro le avances di Egle e a litigare con Ate per cavolate assurde. Sono sola, mi sento sempre, costantemente sola. Ate va a lavoro, torna, litiga con me ed Egle e poi va a letto esausto. Non ci riesco così.

Dio, non ce la faccio più, ho i nervi a pezzi. Amo Ate, lo amo con tutto il cuore ma non riesco a perdonargli ciò che mi ha fatto.. insomma, io non meritavo di perdere tutto ciò che avevo sempre sognato. So che non è interamente colpa sua ma.. non saprei, forse è l’unico a cui posso attribuire la colpa. La poesia per me era tutto.. e anche se sono estremamente felice di stare con Ate, non sono assolutamente soddisfatta. Mi manca il mio mondo, qui non posso nemmeno mettere il naso fuori dalla porta. Ate non è mai a casa ed io ho bisogno di lui, sento di non saper respirare senza di lui. Lo voglio, vado a svegliarlo.

Era.

 

Poso il mio quaderno malconcio che Asia mi ha fatto recapitare da Egle ed entro dentro casa, facendo scricchiolare il legno sotto i miei piedi. Sposto la tendina che ho messo davanti al letto e mi stiro lentamente accanto ad Ate, rabbrividendo per il freddo. Sta per avvicinarsi l’autunno, realizzo.

Mi avvicino lentamente al collo di Ate, completamente alla mia mercé.

Bacio la parte sotto l’orecchio e scendo languidamente verso il collo, senza sapere esattamente cosa sto facendo. Lo sento rabbrividire sotto le mie labbra e continuo a baciargli il collo, socchiudendo leggermente le labbra.

Con la mano comincio a sfiorargli il petto scoperto e con l’altra accarezzo i capelli, arricciandoli con l’indice.

- Buongiorno. – Sussurro con una voce che non ho mai avuto, è lievemente roca, suadente, calda.

- Ciao amore. – Si sveglia lentamente, godendo appieno delle mie attenzioni. Si stiracchia lentamente, allungando e irrigidendo tutti i muscoli, ma io non smetto nemmeno un secondo di coccolarlo.

- Mm.. – Mormora, visibilmente soddisfatto, metto la gamba tra le sue e lui si irrigidisce subito ma poi decide di lasciarmi fare, rilassandosi nuovamente e mettendo le braccia nella posizione di prima.

Le mie labbra stavolta trovano la clavicola, baciandola con passione.

Noto che ad Ate viene subito la pelle d’oca e che i muscoli della pancia si induriscono per la tensione o per chissà cos’altro.

- Era io.. penso che.. – Si blocca quando la mia gamba si stringe ancora di più tra le sue, sfiorandogli l’inguine. Tremo come una bambina ma non ho intenzione di smettere perché le sensazioni che provo sono le migliori che abbia mai provato in vent’anni.

- Pensi cosa? – La mia voce è suadente ma ferma, senza ripensamenti.

- Io.. – Si blocca di nuovo perché la mia gamba preme sul suo punto più sensibile, facendogli stringere le mani attorno alla mia coscia.

- Basta. – Si alza di botto, sospirando e tossicchiando, instabile.

- Dio.. – Dice poi. – Mi dispiace. – Aggiunge. – Devo lavarmi. –

Detto questo scompare in bagno, e non si fa rivedere per la mezz’ora seguente. Possibile che abbia fatto qualcosa di sbagliato?

Insomma, io volevo solo farlo stare bene.. ma magari non ne so davvero nulla di queste cose. Mi muovo nervosamente sul letto e sento di essere umida.. non riesco a pensare ad altro che al corpo muscoloso di Ate contro le mie cosce, sotto le mie mani, a contatto con le mie labbra.

Stranamente sento il bisogno di soddisfarmi e togliermi questo pensiero fisso che ho da diverso tempo.. ma non so come, cosa si fa in questi casi?

- Stai bene? – Improvvisamente la voce di Ate mi sorprende, facendomi saltare e sedermi sul letto come una molla, le mani strette l’una all’altra. Ho i nervi a mille, sono davvero ansiosa, non capisco come mai sto così per lui.

- Si, certo. – Dico, poco sicura. E’ totalmente bagnato, con solo una tovaglia sulla vita a coprirgli le gambe fino a metà coscia. E’ una visione. Rabbrividisco e sento le mie mutandine, bagnarsi ancora di più, mi irrigidisco immediatamente.

- Vieni qua, per favore. – Dico, aprendo le braccia per farlo mettere davanti a me, lui si piega a novanta e mi abbraccia per qualche secondo abbracciandomi. Io ho le gambe incrociate, la casacca molto alzata. Ma con lui sto bene così.

- Devo vestirmi. – Dice, allontanandosi, ma io lo trattengo per una mano, non voglio che se ne vada di nuovo..

- No, non devi. – Dico, alzandomi e baciandolo con slancio, lui rimane sbigottito e immobile, non ricambia né il mio abbraccio né il mio bacio. Rimango su di lui per qualche secondo ma poi sbuffo, irritata.

Mi delude, mi scoraggio e mi allontano, perdendo la speranza di riuscire minimamente a sedurlo.

- Vado a vestirmi. – Dice, scomparendo ancora una volta in bagno.

Al diavolo, Egle non avrebbe esitato un attimo a lasciarsi baciare, penso di botto.

 

Nuovo capitolo, grazie a Lisa, Acid e Aria per commentare sempre.. grazie anche alle altre e alle lettrici (:

Baci, ditemi cosa ne pensate.

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Capitolo 15
*** Si torna a casa. ***



 

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Si torna a casa.

 

Ate è ancora chiuso in bagno, doveva vestirsi ma ora come ora sento il silenzio più assoluto, possibile che abbia detto una bugia solo per allontanarsi da me? Non riesco a ancora a capacitarmi di aver fatto qualcosa di sbagliato che l’abbia offeso o infastidito. L’ho solo baciato e toccato per un po’.. e lui si è alzato come se avessi la peste.

- Vado a lavoro. – Mi dice, dirigendosi verso di me, per salutarmi.

Le sue labbra si appoggiano piano sulle mie, sta per allontanarsi ma io continuo a baciarlo ed inserisco la lingua, poi si stacca, di nuovo. La mia autostima raggiunge dei livelli così bassi da farmi arrossire.. ma che succede?

- A stasera. – Mi dice, uscendo di corsa, come se l’avessi appena torturato.

Sento due lacrime scendermi sulle guancie bollenti, raffreddandole.

Mi sento davvero nel peggiore dei modi, sento di non avere più nessuna ragione di vivere. Se Ate non mi ama e non mi vuole, che ci faccio io qui? Per quale motivo ho perso tutto nella mia vita? Solo per qualche bacio?

Io credevo che Ate fosse l’uomo della mia vita, credevo che..

- Era! Stai piangendo! – Egle si precipita immediatamente davanti a me, inginocchiandosi ai miei piedi e guardandomi dal basso in alto. Ci mancava solo lui! Non ho davvero tempo per essere stuzzicata da lui, ancora una volta.

- Stai bene? – Dice, mi accorgo che sto davvero da schifo.. piango ancora.

- No. – Dico, lo aiuto ad alzarsi e lo abbraccio forte, piangendo sulla sua spalla. Sento, come al solito, i muscoli guizzanti contro il mio corpo ma decido di non farci nemmeno caso. Il suo profumo è molto simile a quello di Ate, il suo corpo e il suo viso sono solo leggermente diversi.. mi conforta il suo abbraccio, le sue mani che mi accarezzano i capelli.

- Lo so, lo so cosa stai passando. – Mi dice, continuando ad accarezzarmi.

- So quanto stai male, so quant’è ingiusto tutto questo. – Continua ed io ho la strana sensazione che lui mi capisca davvero, pensavo che Egle fosse solo un superficiale e presuntuoso playboy, ma forse sbagliavo.

- Ti prego, ti prometto che ti aiuterò a farti tornare a casa, te lo prometto.-

Mi dice e chissà per quale strano motivo, decido di dargli un bacio sulla guancia e continuare a stringerlo.

- Grazie, Egle! Sei davvero gentile. – Dico, poi decido di staccarmi.

- Figurati, Era. – La sua voce è delicata, non roca e burbera come al solito, le sue mani sembrano più dolci.. il suo sguardo più sincero.

- Però devo chiederti una cosa, per cominciare. – Gli dico, decisa.

- Devi solo farmi il favore di smetterla di avvicinarti così a me, Ate si innervosisce e nemmeno a me fa molto piacere. – Lui mi guarda come se avesse appena visto un fantasma.

- Scusa, ma di che parli? – Dice, con lo sguardo più penetrante del mondo.

- Per favore, non fare finta di nulla, sai bene cos’hai fatto in questa settimana.. – La mia voce si fa leggermente più dura, perché negare tutto?

- Era, ma che stai dicendo? Sono venuto a casa vostra massimo due volte e tu eri sotto la doccia! – Dice, come se fosse la cosa più vera del mondo.

- Egle!  Sei stato tutti i giorni qui a toccarmi e provare a baciarmi! -

Sbraito, un po’ per la rabbia, un po’ per la voglia di avere ragione.

- Era, forse il fatto che mangi poco ti sta rovinando il cervello.. guarda che io sono venuto solo un paio di volte, puoi anche chiederlo ad Ate. –

- Ti ricordo che tu ed Ate litigate tutti i giorni per questo tuo comportamento, quindi non ti conviene chiedere proprio a lui.. – La sua faccia è sconvolta, sembra quasi che lui non sappia davvero nulla.

- Oh no. – Dice soltanto, sussurrando spaventato. – Non di nuovo. –

- Che succede? – Chiedo, spaventata ancor più di lui. Altri guai?

- La mia maledizione. – Il suo sussurro è quasi impercettibile, sembra che stia parlando da solo ma io mi sforzo di capirlo ugualmente. – E’ tornata.-

Il tono della sua voce mi fa ghiacciare il sangue, le sue parole sono incredibilmente spaventose, possibile che dovessi avere altro di cui preoccuparmi?

- Spiegami, Egle. – Gli chiedo con voce balbettante, improvvisamente sento freddo quindi mi metto sotto le coperte, seduta e aspetto.

- Io.. ho un.. non so come definirlo.. ho un parassita dentro di me. – Mi dice. – E’ un parassita originario di qui, lo chiamiamo Mutatio. – Si passa una mano tra i riccioli e poi muove le mani nervosamente. – E’ una specie di animale che si attacca alla tua anima e che sprigiona le tue parti più nascoste, quelle che dovrebbero restare nascoste, e poi ti cancella i ricordi di quegli accaduti così che tu non ti accorga di ciò che ti sta succedendo. – Dice, quasi piangendo adesso. Inizia a strusciare le mani l'una sull'altra e si mantiene ben distante da me, strizzando gli occhi velocemente.

- Io.. non ne sapevo nulla, mi dispiace! Ma perché ad Ate non è venuto in mente? – Dico, incredibilmente sospettosa. Possibile che Ate crede davvero Egle capace di tanto?

- Io e Ate non siamo stati mai molto uniti, io preferivo altre compagnie.. lui non è sempre stato così tranquillo. Era una testa calda, uno che non ragionava.. e le sue colpe andavano sempre a me, quindi non siamo mai stati insieme più di tanto, per questo non abitiamo insieme. – Spiega.

- Quindi magari lui non mi conosce più di tanto, purtroppo. – Nella sua voce c’è una nota di malinconia e tristezza degna d’essere notata.

- Mi dispiace per qualsiasi cosa io abbia fatto, Era. Dimmi solo una cosa.. – Dice con voce bassa, spaventata e intristita. – Ho tradito Asia? –

La sua domanda mi spiazza, il suo amore per lei è così grande.

- No, non te l’ho permesso. – Dico sincera. – Ma ora dobbiamo trovare un modo per liberarti da questo Mutatio. – E’ incredibile quante cose mi stia trovando ad affrontare, quante cose siano spuntate così.. dal nulla.

- C’è solo un modo per liberarsene. – I suoi occhi sono smeraldi ghiacciati, le sue mani sono quasi bagnate, tanto è il sudore.. le gambe tremano.

- Devo allontanarmi da tutti voi, esiliarmi.. e aspettare che passi. – Dice, sofferente.
- E se non dovesse passare? – Chiedo dubbiosa e impietosita da Egle e dalla sua tragica storia.

- Dovrò.. uccidermi. – Dice, mozzandomi il fiato. – Non posso continuare a mettervi in pericolo. –

- Ma non mi hai messa in pericolo! Posso sopportare qualche stupida avances. – Sorrido lievemente, con la morte nel cuore. Egle sta male, sta davvero male.. e non solo mentalmente. Forse ha la febbre.

- Forse non hai capito la gravità della situazione! – Stringo le coperte attorno alle mie ginocchia. – Questa.. COSA dentro di me può spingermi a uccidere, stuprare, torturare gente! Non si parla solo di far innervosire mio fratello.. posso diventare un mostro, posso diventare diabolico. –

Quell’aggettivo, con quel tono e quello sguardo, contribuisce a far crescere la mia immensa paura.. non credevo che la situazione potesse essere così tragica, improvvisamente ho timore perfino a stare con lui nella stessa stanza.

- E perché adesso non mi stai uccidendo? Forse il parassita è andato via. – Non è un mio pensiero, più che altro è una mia speranza.. la più grande.

- No, non appare sempre. Non so da cosa dipendano le sue apparizioni ma adesso non è con me. – Sembra che stia cercando di ragionare da solo, lo vedo camminare a destra e a sinistra, per tutta la stanza, torturandosi le mani e leccandosi frequentemente le labbra secche.

- Dovevo capirlo, maledizione. – Dice, colpevolizzandosi. – Ho avuto diversi vuoti di memoria, maledizione. – Continua a prendersi tutte le colpe e comincia a colpire ogni oggetto che gli capita a tiro, compreso il mio diario che cade a terra e si apre proprio al centro.

- Cos’è questo? – Dice, prendendo il diario e mostrandomi un messaggio scritto in rosso. Mi alzo di botto, togliendoglielo dalle mani. Guardo la pagina e la frase scritta sopra. La scrittura non è mia, la penna nemmeno.

Torna Era. Tua madre ha bisogno di te.

Nonna Nike.

Nike? Nonna Nike? Rileggo il messaggio per diverso tempo e poi mi sento svenire, fortunatamente Egle mi sostiene prendendomi braccia.

- Sbaglio o Nike è la stessa che ti ha marchiato sulla coscia? – Mi chiede Egle ma io non ho la forza di rispondere, troppe cose.. troppe messe insieme.  Alzo la casacca d’istinto e noto che il cerchio con la E sono scomparsi. Non c’è più nessun marchio, posso tornare a casa mia!

- Ferma. – Egle mi trattiene ancor prima che possa muovermi. – So cosa stai pensando, ma devi riconoscere che tua nonna fin ora è stata fin troppo furba.. potrebbe essere uno stratagemma per farti tornare. Ragiona. –

“Tua madre ha bisogno di te” mi ripeto, pensando che potrebbe esserle successo qualcosa di brutto. E’ pur sempre mia nonna, non potrebbe farmi nulla di male no? E poi lei non mente, non mente mai. Manipola sì, inganna.. ma non mente.

- No, devo andare. – Dico, costringendolo a lasciarmi con uno degli sguardi più trucidi che abbia mai lanciato su qualcuno.

- Accompagnami immediatamente al confine, Egle. – Il mio è un ordine, non una richiesta. – Fallo, te ne prego. – Lui prova a parlare ma lo interrompo.

- O mi accompagni tu o vado da sola, decidi. – Detto questo prende uno scialle, me lo mette sulle spalle e inizia a camminare, verso il confine.

- Mi saluterai Ate? – Chiedo, lui annuisce. Tremo, tra qualche ora sarò a casa.

 

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Capitolo 16
*** La magia del Dono. ***



 

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

La magia del Dono.

 

Il cammino verso il confino non è troppo estenuante ma mi fa ugualmente stancare, tanto che, a metà strada, Egle mi costringe a salire sulla sua schiena. Camminiamo per qualche minuto.. finché non scorgo all’orizzonte il Palazzo della Sapienza. Scendo immediatamente dalle spalle di Egle, ormai sfinito,  e comincio a correre tra la fanghiglia. Sono le tre del pomeriggio, c’è un afa bestiale anche se ormai è quasi autunno, il palazzo è illuminato dalla luce forte del sole che mi abbaglia e mi fa girare la testa.

- Fermati, Era! – La voce di Egle arriva in lontananza, io sono quasi al confine ma mi rendo conto di dovermi fermare perché è lui ad avere la collana di Scorpius.  Dopo un paio di minuti Egle mi raggiunge, quasi ansimando per la fatica e mi abbraccia.

- Mi raccomando, per qualsiasi cosa.. io ci sono. – Mi dice. – Sta attenta, non fidarti di nessuno e soprattutto non fidarti di tua nonna! – La sua preoccupazione per me mi fa quasi commuovere, ricambio il suo abbraccio con paura e apprensione, sono preoccupata per lui.. per il Mutatio che lo sta divorando da dentro e soprattutto sono preoccupata per Ate. Lo sto lasciando senza nemmeno salutarlo, anche se sono ancora risentita per il suo comportamento continuo ad amarlo con tutto il cuore.

- Scriverai un biglietto? Faremo in modo di averlo, basta che tu lo dedichi o a me o a mio fratello ed il messaggio arriverà. – Io annuisco.

- Ma come..? –

- Un altro dei trucchetti di Scorpius, un mago davvero in gamba, il mio antenato. – Mi spiega ed io continuo ad annuire come un ebete, non so che altro fare, la sua spalla scotta ed io sento che è arrivato il momento di andare.

- Grazie di tutto, ti prego.. fa’ in modo che Ate capisca perché me ne sono andata e soprattutto fa’ in modo che mi perdoni. – Gli chiedo, quasi supplicante e lui mi guarda un po’ divertito.

- Mi ucciderà per averti aiutata. – Mi dice, con un filo di serietà nella voce.

- Ciao, scimmione. – Lo saluto, con il nomignolo che gli ho attribuito qualche giorno fa.. lui ricambia con un bacio sulla guancia e apre uno squarcio sulla barriera, lasciandomi passare. Sono a casa, sono nella mia terra. La sofficità dell’erba sotto le mie dita me lo conferma, sorrido.

Il profumo dei peschi in fiore e della terra coltivata mi riempie le narici, mi volto un'unica volta indietro, con una lacrima che mi riga il viso, saluto Egle con malinconia ancora una volta e comincio a camminare lungo il perimetro del Palazzo, pronta a rientrare e a ritornare alla mia vecchia vita. Il tempo sembra rallentare sempre di più, ed io mi sento insicura.

Per la seconda volta in un mese, quando rientro al Palazzo mi squadrano dalla testa ai piedi. La gente parla e straparla su di me, indicandomi, disprezzandomi e nel migliore dei casi, deridendomi.

- Salve. – Saluto la dolce signora dai capelli rossi che mi aveva gentilmente accolta il primo giorno di scuola. – Volevo sapere se.. –

- Io non so nulla, sali in presidenza se vuoi qualche informazione, io non sono il tuo Cicerone, cara. – Mi dice acida e maleducata, vado via senza salutarla, sotto gli occhi di tutti.. mi sento soffocare. Cammino veloce.

- SMETTETELA DI GUARDARMI! – Sbraito, nervosa.. e gli occhi della gente attorno a me si spalancano, il vociare non smette nemmeno per un secondo.. anzi aumenta, ed io salgo al piano di sopra quasi correndo e sbattendo contro gente che non ho mai visto. Probabilmente si sono iscritti nuovi studenti.

- Ciao Era. – Sento una voce maschile alle mie spalle e mi volto, Drogo è dietro di me, biondissimo e sorridente. La sua voce è bassa. Quasi avevo dimenticato quanto Drogo potesse essere affascinante e accattivante.

- Non dovresti salutarmi sai? Sono una fuggitiva, sono il male fatto persona.. potrebbero sparlare anche di te. – Dico sarcastica e acida come la signora rossa al piano di sotto, lui sorride per metà e mi guarda.

- Per quanto mi riguarda sei solo la ragazza meno sciatta e più interessante di tutta la scuola. – Dice, stupendomi.. io sorrido.

- Adesso devo andare. – Mi volto e ricomincio a camminare, il mio aspetto non è dei migliori e sono senza scarpe ma non m’importa granché.

Salgo le ultime due rampe di scale a chiocciola e poi mi dirigo subito verso la porta bianca e immacolata della presidenza. Busso con un leggero tremolio alla mano. Ho i capelli troppo in disordine.

- Era, entra, ti stavamo aspettando. – La voce che proviene dalla presidenza è senza dubbio quella di Desia, ma sembra fin troppo acuta per essere la sua. “Stavamo aspettando?” penso, aprendo la porta e rivelando mia nonna, mia madre e altri quattro sconosciuti.

- Salve a tutti. – Sono risentita, credevo che mia madre stesse male e soprattutto credevo che non mi stessero preparando un agguato ma capisco di sbagliarmi quando noto che due degli uomini sconosciuti hanno l’abbigliamento da sciamani, vogliono praticare la magia con me o su di me. Questo pensiero mi spaventa, vorrei tanto tornare indietro adesso.

- Siediti. – Un uomo parla e si alza in piedi, indicandomi la sedia. Indossa una lunga tonaca blu con dei ricami color rame, mi guarda severo.

Io obbedisco, incrociando le gambe sotto la sedia immacolata.

Il colore bianco, che si trova ovunque, mi infastidisce parecchio.. sembra di stare al centro del nulla. Tavoli, sedie, librerie, muri e pavimenti.. tutti bianchi, mi viene da vomitare e mi gira la testa.

- Hai due possibilità. – Dice l’uomo. – Puoi sottoporti all’incantesimo del Dimenticatio,  che ti farà dimenticare gli ultimi due mesi e puoi tornare a casa di tua spontanea volontà, oppure puoi tornare a scuola, senza sottoporti ad un incantesimo particolare, ma devi giurare sul cuore di tua madre di non intrattenerti mai più con Ate Zahrah né con qualsiasi guerriero del male. – La sua voce è ferma, sicura e soprattutto minacciosa.

- Io credo che ci sia un'altra possibilità, invece. – Parlo e guardo mia madre dritta negli occhi, è stupenda come sempre.. ma spenta.

- Tu non hai diritto di credere, non hai diritto di decidere né di far nulla! – Mia nonna si alza in piedi sbraitando questa frase, ma mia madre la prende per un braccio e la fa sedere nuovamente, ricevendo uno sguardo trucido e quasi pieno d’odio. Non l’aveva mai fermata prima d’ora, mai.

- Posso tornare da Ate, posso continuare a vivere la mia vita lontana da tutti voi, popolo di ipocriti e manipolatori! – Sbraito con nervosismo.

- Credete di poter ingannare tutti con le vostre minacce e i vostri codici, ma io so come siete fatti! E so che Ate è molto meglio di tutti voi messi insieme, branco di.. –

- ORA BASTA! – Un altro uomo si alza, ha una lunga barba bianca e degli occhi glaciali e spaventosi. Sembra un vecchio sgangherato.. ma saggio.

- Non intendo sentire altre blasfemie dalla bocca di tua figlia, Gea. Decidi per lei o lo faremo noi. – Mia madre rimane ferma, senza parlare per un po’. Poi sospira e mi guarda per un momento, io le faccio segno di “no” con la testa.. ma lei lo ignora.

- Fatele dimenticare, fatele dimenticare tutto. – Dice. – La porterò a casa oggi stesso e mi premurerò io stessa di non farla tornare nei suoi errori. –

- Questo è un errore! Lei è stata dall’altra parte. E’ infetta, è marcia dentro. Non c’è possibilità di redimerla, Gea! Ragiona, per l’amor del cielo!- Il terzo uomo si alza sentenziando, ma io mi isolo e provo a non ascoltarlo.

- Esiliatemi, chiedo solo questo! – Dico, inginocchiandomi, ormai stanca di lottare e combattere.

- BLASFEMIA. Tu, stupida ragazzina ingrata, vorresti lasciare tutto QUESTO per l’altro mondo? – Il quarto ed ultimo uomo si alza urlandomi contro, improvvisamente mi sento piccola ed indifesa.

- Fatele dimenticare. – Mia madre ricomincia a pregare quegli uomini, pur sapendo che non è questo ciò che voglio. – Ve ne prego. -

Sento una rabbia immensa montarmi dentro e soprattutto sento un forte bruciore al centro della testa, improvvisamente una voce appare nella mia testa, come quella volta nella palude.

- Puoi annientarli, puoi annientare tutto con la tua forza ed il tuo potere, concentrati. – La voce è delicata, sembra quasi che sia un fiore a parlarmi.

- Ma come? – Dico ad alta voce, gli Anziani, mia madre e la rettrice mi guardano sconvolti e allibiti.

- Vedete? Proprio ciò di cui parlavo.. è pazza, parla da sola! – Sbraita il vecchio dalla lunga barba bianca, io lo guardo con disprezzo.. poi la voce ritorna.

- Il potere è dentro di te, respira poi pronuncia le parole. –

Faccio come la voce mi suggerisce, respiro profondamente e butto fuori l’aria con forza, chiudendo gli occhi per qualche attimo.

- OMNIA OBLIVISCAR! – Urlo drammaticamente, rivolgendomi verso tutti in quella stanza, improvvisamente sento uno strano potere provenire dalla terra, dalla natura e arrivare fino alle mie mani.. sento le punte delle dita solleticarmi, allungo le braccia quasi istintivamente e vedo chiaramente sprigionare un lampo di luce di mille colori. Il lampo riempie l’intera stanza e va anche oltre. Le persone davanti a me si bloccano per qualche secondo, chiudono gli occhi e li riaprono tutti insieme.

- Tesoro! Ma che ci fai qui? – La voce di Desia mi riporta alla realtà.

- Che succede? Che diamine ci facciamo qui? – Sbraita quel vecchio antipatico e scorbutico, mia nonna e mia madre stanno zitte.

- Era! Che stai facendo qui? Dovresti essere a studiare! – Ecco che mia nonna torna a dettare legge, io sospiro sollevata.. ce l’ho fatta.

- Scusami nonna, sapevo che eravate qui a scuola, volevo solo salutarvi. – Dico, mentendo, come d’abitudine ormai. – Vi lascio ai vostri affari. – Dico, uscendo in fretta dell’ufficio e lasciando quelle persone a guardarsi confuse tra di loro. Adoro il mio potere, adoro il fatto di essere così.

 - Ciao! – Ecco Pan, che viene verso di me, salutandomi con enfasi, hanno dimenticato tutti, hanno dimenticato tutto solo grazie al mio potere.

Corro immediatamente in camera mia, uscendo fuori la chiave che avevo gelosamente conservato per giorni ed entro.

- Oh, casa dolce casa. – Dico, chiudendo a chiave a sdraiandomi sul letto, stanchissima e sporchissima. Poi penso subito ad Egle ed Ate, ad Asia.

 

Amore mio,

Ti scrivo questa lettera perché tuo fratello mi ha assicurato che la riceverai e potrai rispondermi. So che probabilmente sarai furioso con me, o con Egle ma devi capire che se me ne sono andata è stato solo perché io ne avevo bisogno ed Egle è stato costretto ad aiutarmi, ma anche senza di lui avrei fatto lo stesso. Io ci tengo ancora a te, e ti amo ancora, ma questo è il mio mondo, non posso abbandonare tutto e tutti. Qui va tutto bene, ho usato la magia del Dono e adesso tutti hanno dimenticato cos’è successo in queste ultime settimane. Tu adesso devi pensare ad Egle ed al suo parassita, fai in modo che guarisca.

Tua per sempre,

Era.

 

Piego il bigliettino e lo metto sul comodino, poi vado a fare la doccia.

Mi spoglio, togliendo casacca e mutande, e mi metto sotto il getto tiepido dell’acqua aromatizzata all’arancia che la rettrice fa preparare per questo piano. E’ stupendo il profumo che emana, la morbidezza del sapone contro la mia pelle, il vapore che mi riscalda e l’acqua che scorre su di me.

Improvvisamente mi rendo conto di avere una sola immagine in testa.

Ate. Il suo profumo, la morbidezza della sua pelle, il suo respiro caldo contro di me, le sue mani che mi sfiorano. Mi sento così vuota senza di lui.

Non posso farne a meno, ma non posso neanche stare senza il mio mondo.

Io ho bisogno di entrambe le cose, ho bisogno di sentire Ate qui con me.

Istintivamente tocco la collana che mi ha regalato ed inizio a sfregarla tra le dita.. mugolando di piacere grazie ai benefici della doccia.

Due mani si sovrappongono alle mie, aiutandomi a toccare i fianchi e insaponarli languidamente. Un respiro mi riscalda il collo e un corpo nudo e statuario precede il mio, strusciandomi.

- Ate, sei venuto. – Dico, ormai quasi totalmente in estasi.

- Ci sono sempre quando tu mi vuoi. – Dice, respirando sulla mia spalla e poi baciandola a labbra schiuse. Le sue mani sono calde e scivolose a causa dell’acqua ormai bollente e del sapone.

- Sei bellissima senza vestiti. – Mi dice, e solo allora ricordo di essere nuda, nella doccia.. con lui. Mi copro il seno e il monte di venere con le mani, fin troppo istintivamente.

- Sta ferma, cucciola. – Dice, ricominciando a stringermi da dietro.

Sento la sua erezione puntarmi contro e inizio a tremare, spaventata.

- Sta calma. – Dice, strusciandosi appositamente su di me, stavolta.

Le sue mani mi sfiorando la pancia lentamente, salgono un po’ e poi riscendono senza mai fare niente di troppo avventato. Il mio respiro è pesante, le mie gambe rischiano di cedere e il suo corpo contro il mio è l’unica cosa che mi impedisce di cadere rovinosamente per terra.

I suoi baci sulle spalle mi fanno dedurre che non resisterò per molto, credo di star per impazzire, o per morire.

- Era, respira. – Mi sussurra all’orecchio, portando le mani tra i miei riccioli e iniziando a giocare con la mia pelle più sensibile.

Il mio sospiro gli da via libera e lui continua a toccarmi in una maniera così intensa che non credevo possibile. Sento delle sensazioni incredibili avvolgermi, vorrei provocargli le stesse emozioni ma la posizione in cui siamo non mi permette di far nulla. Quindi decido di muovermi contro di lui, improvvisando su tutta la linea.

Muovo il bacino contro il suo e sento la sua erezione strusciarsi dappertutto, non credevo che potesse esistere un corpo così perfetto. Ho sempre letto di amori tormentati e passionali, di notti infuocate e corpi bisognosi, ma vivere certe situazioni è tutta un'altra cosa. Il cuore mi batte a mille, le labbra si seccano nonostante l’acqua vi scorra sopra ininterrottamente. I nostri ansiti riempiono il vano della doccia, riscaldandolo ancor più e appannando il vetro del box a dismisura.

- Sei fantastica. – Dice, con una voce che non riconosco più come sua.

Improvvisamente le sue mani sembrano più grandi e ruvide, mi volto spaventatissima e noto che gli occhi color bosco sono mutati in verde acceso. Quegli occhi, quei riccioli, quelle labbra.. sono di Egle.

Urlo a squarciagola e dopo due minuti capisco di essere nel mio letto.

E’ stato solo un brutto sogno, penso.. stringendo forte le lenzuola e provando a calmare tachicardia e respiro affannato.

- Solo un brutto sogno. – Dico ad alta voce, convincendomene ancor più.

Sento ancora quelle mani su di me e la consapevolezza che non sono quelle di Ate mi distrugge e mi fa quasi cominciare a piangere.

- Ate, mi dispiace tanto. – Dico ad alta voce, quasi sperando che lui mi senta.

 

Bel capitolo o brutto capitolo? Commentate!

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Capitolo 17
*** Di nuovo insieme. ***



 

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

Di nuovo insieme.

 

- Era! – La braccia di Asia stanno per stritolarmi, abbracciandomi nella maniera più sbagliata possibile. Incredibile quanto uno scricciolo come lei possa avere tanta forza nelle braccia. Sorrido come una bambina e respiro.

- Ok, ora basta.. per favore. – Chiedo pietà ridacchiando e lei si allontana arrossendo, l’intero corridoio è girato a guardarci. Noto diverse ragazze chiacchierare su di noi, stiamo dando troppo spettacolo.. ma non m'importa granché.

- Tu ricordi? Ricordi tutto? – Le chiedo immediatamente, sperando di non aver fatto dimenticare tutto anche a lei.

- Sì, quando hai fatto l’incantesimo io ero dall’altra parte. – Mi spiega, sorridendo ed io mi sento subito sollevata. Ma quando la guardo sento una strana sensazione, magari il fatto di aver sognato il suo ragazzo mi provoca rimorsi ma sono ugualmente felice di vederla e abbracciarla. Per un momento ricordo le mani di Egle.. ma poi ricaccio tutto via.

- Quindi sai tutto di Egle, no? E Ate? Ate come sta?? – Le mie domande sono veloci, quasi incomprensibili, e fin troppo avventate. Asia si guarda intorno e poi mi rivolge uno sguardo ammonitore, ricordo solo ora di essere nel corridoio, in mezzo a decine di studenti pettegoli.

Entriamo subito nella sua stanza, chiudiamo la porta a chiave e ci sediamo sul divano vecchio e scricchiolante.

La sua stanza è semplice, umile.. e soprattutto molto floreale.

Carta da parati a fiori, tende a fiori, copriletto a fiori, vasi con fiori. E’ un po’ inquietante ma il profumo di rose e iris mi riempie le narici, rilassandomi e facendomi tornare ai miei pensieri precedenti.

- Quindi, Ate? – Chiedo ancora una volta troppo impaziente. Asia mi guarda atona ed io capisco subito che c’è qualcosa che non va. Respiro profondamente per diverse volte e lei mi guarda, quasi sforzandosi di non parlare. E' imbarazzata.

- Lui.. bhé, non sta granché bene. Non è proprio felice che tu l’abbia abbandonato così, senza nemmeno salutare. Non credo che gli passerà presto. – Mi dice lentamente, spezzandomi il cuore. Davvero Ate non vuole più saperne di me? I miei occhi parlano da soli, riempiendosi di lacrime.

- Io.. non volevo ferirlo, ma ho bisogno di casa mia! – Provo e giustificarmi ed Asia mi guarda come se fossi un aliena che parla una lingua sconosciuta. – Io lo amo, ma la vita lì era insostenibile.. non potevo. -

- Se tu lo amassi davvero, gli saresti rimasta accanto. E’ così che funziona l’amore. – Mi dice, ed io la disprezzo. Le sue parole fanno male e sento il bisogno di inveirle contro, perché sono invidiosa di non aver pensato io a quelle parole, sono invidiosa di non amare come ama lei, di non essere lì.

- Oh. – Dico calma. – E’ dunque questo quello che pensi? Perché, se è così, anche tu dovresti essere lì con Egle, ad aiutarlo con il Mutatio. – Dico, acida più che mai, riducendo i miei occhi a due fessure velenose.

- Io sono ancora a Palazzo solo perché lui non mi vuole lì! Non di certo per mia scelta. Sarei corsa lì da un pezzo, se lui me l’avesse permesso. – Sbraita lei, guardandomi in maniera ancora più trucida, mi spavento.

Mi accorgo solo adesso che lei si è alzata ed è in piedi, rigida, davanti a me. Ha i pugni serrati ed i capelli spettinati, le guancie sono molto rosse.

- Non credi che anche io abbia i miei motivi? – Chiedo retoricamente, quasi cercando la sua approvazione ed il suo giudizio positivo, lei mi guarda nervosa e inarca il sopracciglio.

- La verità è che tu hai paura, ed il tuo amore per lui, ammesso che esista, non è abbastanza forte da farti rimanere. – Dice, tagliandomi il cuore a pezzi – Non è lui ciò che vuoi, sei solo una ragazzina capricciosa in cerca di un po’ di trasgressione. – Sbraita ancora, guardandomi intensamente.

- Hai sempre avuto tutto dalla vita, soldi, amici e popolarità.. ma ti mancava la trasgressione, non è così? – Ogni sua parola è una pugnalata al petto. Possibile che sia questa l’impressione che ha di me? Magari anche Ate pensa lo stesso.

- Io sono nata in un bosco, è lì che mi hanno trovata.. sono una delle poche orfane di tutta la terra, i miei genitori hanno deciso di abbandonarmi in preda ai lupi, sono stata cresciuta dalle fate e adesso sono totalmente indipendente. Lavoro sodo per pagarmi questa scuola, ed amo Egle a tal punto che abbandonerei tutto ciò che mi sono creata se solo lui lo volesse ma.. – Sento il respiro mancarmi, non credevo che Asia avesse tutti questi problemi e pregiudizi su di me. La sua bocca smette di parlare, inizio io.

- Mi dispiace. – Sussurro. – Non meriti ciò che ti è successo, ma tu non sai nulla di me. – Continuo a parlare, innalzando un po’ il tono di voce.

- Non ho mai avuto nulla per nulla. Ogni cosa che ricevo non fa altro che accrescere il numero di ricatti che mia nonna può farmi, non sono libera di fare nulla, è l’unica cosa di cui ho paura è che per causa mia possa nuovamente scoppiare una guerra, ho paura che a causa mia Ate possa morire. Mia nonna mi ha già scoperta una volta, se continuo non sarà difficile per lei, farlo di nuovo. Potremmo morire tutti. – Dico, drammaticamente sincera. Lei mi fissa con gli occhi spalancati e pieni di lacrime. Mi alzo lentamente e l’abbraccio, lei comincia a piangere disperatamente ed io la seguo a ruota.

- Io amo Ate, non sai quanto.. e mi manca. – le spiego ancora, quasi a volermi giustificare. – Ma questa è la scelta migliore. – Cerco di convincere più me stessa che lei, e alla fine ci riesco. E’ meglio così.

- Non volevo, scusami. E’ solo che tutta questa storia di Egle mi sta mandando fuori di testa.. – Ci sediamo nuovamente sul divano e lei comincia a sfogarsi con me.

- Insomma, sono spaventata. Mi sono documentata sui Mutatio e sono creature capaci di farti fare le cose più inumane.. – Rabbrividiamo insieme e i suoi occhi pieni di lacrime mi fanno quasi commuovere. – Lui non è più Egle quando quel.. coso si impossessa della sua mente e del suo corpo. Potrebbe perfino ucciderci tutti senza pietà. – Sento gelarmi dentro, ovviamente sapevo quando la situazione potesse essere tragica ma non avevo mai pensato ad un tale finale. Asia comincia a piangere ma non smette di parlare ed io decido di non interromperla, ne ha bisogno ed io sono l’unica amica che ha, l’unica che può aiutarla e confortarla.

- Il Mutatio ha addirittura il potere di impossessarsi delle forme spirituali di Egle, può anche apparire nei sogni e trasformarli in incubi. Stanotte ho sognato che mi assassinava, strappandomi il cuore dal petto. – Improvvisamente spalanco gli occhi e ripenso al sogno di poco prima, non era un caso che avessi sognato Egle in atteggiamenti così intimi, era il Mutatio che si era introdotto nel mio subconscio, stringo i pugni ma decido di non far preoccupare Asia con le mie frivolezze.

- Ho letto che il Mutatio può presentarsi in diverse maniere, la maniera sessuale, la maniera omicida o la maniera suicida. – Mentre parla nervosamente e le lacrime le rigano le guancie, Asia comincia a gesticolare un po’ troppo veloce.

- I Mutatio più antichi possono anche presentarsi in tutte le forme e cambiarle a suo piacimento. –

Immediatamente penso che la forma che il Mutatio ha scelto per apparire a me è quella sessuale, e spero vivamente che non si presenti nelle altre due, perché non potrei sopportare la morte di nessuno.

- Ha provato a suicidarsi ieri, ci sarebbe quasi riuscito se Ate non l’avesse prontamente fermato. Adesso l’ha costretto a trasferirsi a casa sua, in modo da poterlo controllare sempre. – Mi sento incredibilmente immatura, ma ogni volta che si parla di Ate tutto il resto scompare, perfino le nostre vite in grave pericolo o la quasi morte di Egle.

- Ate.. – Sussurro il suo nome quasi per confortarmi e Asia mi sorride sforzandosi di non piangere, credo capisca come mi sento. Ripenso a quant'era bello dormire insieme e sento un vuoto dentro, fa quasi male la sua mancanza.
- Mi dispiace tanto, capisco cosa provi. – Mi dice infine, ed io mi sento sollevata, finalmente ho ottenuto il consenso che stupidamente volevo.

Dopo un'altra ora a chiacchierare decido di tornare in camera e iniziare a sistemare le cose per la lezione di domani. Ma il mio primo pensiero, varcata la soglia, è quella di guardare se Ate mi ha risposto.

Guardo ovunque e controllo più volte il comodino, ma non c’è nessuna risposta, niente di niente. Una lacrima scende silenziosa, la asciugo e comincio a preparare taccuini e quant’altro per domani mattina.

Ad un tratto vedo un foglio apparire sul mio comodino, un rumore di carta mi fa voltare immediatamente, corro verso il comodino e apro il foglio spiegazzato con così tanta velocità che rischio di strapparlo miseramente.

Il mio sguardo si abbassa quando capisco che la scrittura non è di Ate.

 

Era,
Volevo solo informarti che Ate sta bene, stiamo già cercando un modo per eliminare il Mutatio, Ate non ha potuto risponderti, ti saluto con la speranza di rivederti presto, un abbraccio!

Egle;

 

 

Leggo quelle poche righe con un velo di tristezza negli occhi, ma mi felicito che Egle stia riuscendo ad eliminare quel parassita. Per un attimo il pensiero di Ate arrabbiato con me mi fa rabbrividire e pensare che sia tutto finito. Ma poi ripenso ai suoi baci, alle sue carezze e capisco che devo riprendermelo in qualche modo.

 

Egle,
Che grande piacere sentire che stai meglio!

Mi dispiace tanto di non poter essere lì ad aiutarti, ma come saprai mia nonna e mia madre sono due personaggi molto rilevanti nelle mie Terre.. e potrebbe succedere il finimondo se solo mi facessi scoprire di nuovo. Volevo solo accertarmi che Ate stesse bene.. e volevo invitarlo da me, stanotte.

Ti prego, digli che è importante.

Con la speranza di saperti salvo,

Era.

 

Piego il foglietto e mi siedo sul letto, fissandolo per tutto il tempo.

Scompare dopo qualche minuto, lasciando solo qualche pezzo di cenere sul comodino, decido di dormire e dimenticare tutti i pensieri.

Quando apro gli occhi però, capisco di non essere sola.. Ate è seduto ai piedi del mio letto, con le spalle rivolte verso di me. Lo riconosco dal suo profumo sparso per la stanza e dalle curve dei suoi muscoli.. e dalle quattro cicatrici sulla schiena.

- Sei venuto. – Dico, affermando, senza sapere che altro dire.

- Sei sveglia. – Fa il mio stesso gioco e io capisco che magari lui si sta trattenendo dall’urlarmi contro quant’è deluso da me e dalla mia fuga.

Sospira e non si volta, non vuole nemmeno guardarmi in faccia.

- Ti prego. – Dico, dopo una manciata di secondi, il cuore mi batte all’impazzata e vedo i suoi muscoli irrigidirsi subito.

- Non sono un Dio. Non pregarmi. – Dice, durissimo ed io mi sento quasi svenire, possibile che non mi ami più? Passano altri interminabili minuti.

- Non hai intenzione di guardarmi? – Parlo con un filo di voce in più e lui si volta leggermente, poi si alza e si siede nella poltrona davanti a me.

- Grazie. – Dico, senza sapere cos’altro dirgli. Vorrei scusarmi ma qualcosa dentro di me si blocca lasciandomi senza fiato, la sua bellezza mi abbaglia.

- Sei cambiato, i tuoi occhi sono più scuri. – Dico, osservandolo bene.

- Quando sono arrabbiato è così. – Il cuore mi si gela immediatamente, allora è vero! Lui è arrabbiato con me, sento un vuoto dentro il cuore.

- So che sei nervoso per colpa mia, mi dispiace. – Sussurro, quasi sperando che non mi senta, ma i suoi occhi si assottigliano e lui si alza.

- Una poésia non abbandona mai il suo uomo. – Mi spiega, ed io sorrido impercettibilmente, si è appena definito “mio”, magari senza volerlo.

- Mi dispiace, Ate. Ma devi pensare a cosa potrebbe succedere se.. –

- Si, Era, lo so! Ci penso tutti i giorni, dannazione! – Sbraita, alzando la voce e facendomi sgranare gli occhi. – Ma.. ti voglio vicino a me! – Dice ancora ed il suo sguardo si addolcisce leggermente ma poi ritorna ad essere duro e inflessibile. Le lenzuola che sto spasmodicamente stringendo mi vengono strappate dalle mani, Ate mi ha appena tolto le coperte.

- Ho bisogno di sentirti, maledizione. Sto male quando non ci sei. – Dice, abbassando gradatamente il tono di voce finché non diventa un sussurro.

Io, con la mia sottana molto corta ed i miei capelli scompigliati, arrossisco pensando di essere indecente nel peggiore dei modi, ma lui mi guarda con un tale desiderio da farmi dimenticare qualsiasi dubbio ancora.

- Vieni. – Gli dico, alzandomi sulle ginocchia e rimanendo nella parte anteriore del materasso, lui sale davanti a me, mettendosi in ginocchio e mi stringe le braccia attorno ai fianchi, accarezzandomi e respirandomi.

- Hai sempre il solito ottimo profumo. – Dice, sospirando felice.

- Mi sei mancato. – Gli dico, in un soffio tra i capelli, lo sento sorridere.

- Anche tu, non sai quanto. – Le sue parole mi riempiono il cuore, non era infuriato con me, aveva solo troppa rabbia per la distanza che ci separa.

E vi separerà sempre. La solita voce profumata mi appare in testa ma la scaccio via, continuando a stringere e baciare Ate sul collo e sulla guancia.

- Ti amo. – Diciamo insieme ed io lo stringo ancora più forte, rischiando di stritolarlo. – In questo momento e per sempre. – Dico poi.

- In questo momento e per sempre. – Mi risponde, con tutto l’amore che ha. Le sue mani mi stringono forte i fianchi e mi solleticano la schina.

Ci abbracciamo stretti e poi, lentamente, ci dirigiamo entrambi alle labbra dell’altro. Quando le sue sfiorano le mie, un brivido sale velocemente dalla schiena e mi fa tremare, mi aggrappo a lui ancora più forte, abbracciandolo e lui ricambia la stretta.

Sento la sua lingua entrare in contatto con la mia, accarezzarmi il palato e giocare tra i miei denti, ricambio il suo bacio lento e passionale.. poi ci stacchiamo. Ad un tratto noto che i suoi occhi sono ancora  più scuri, con delle venature dorate.. ancora più belli del normale. Mi sento davvero fortunata ad essere qui con lui.. perché è questo che mi fa felice. Le sue dita mi sfiorano lentamente il fianco e la coscia ed io rabbrividisco.. non capisco perché lo voglio così tanto, sento il bisogno di baciarlo e toccarlo, sento che senza di lui tutto è niente.

- Ho bisogno di te. – Dice, sedendosi sul letto e portandomi su di lui, a gambe aperte. La camicia da notte non mi copre abbastanza, siamo a stretto contatto e lui trema sotto di me, ma io provo a tenerlo fermo coprendolo interamente col mio calore corporeo. Magari sente freddo.. la finestra è aperta. O magari è solo emozionato, come lo sono io.

 

Ragazze, ho messo davvero tutto l'impegno del mondo a scrivere questo capitolo ma a mio avviso è venuto ugualmente male.. spero solo che voi lo apprezzerete o che mi darete consigli per migliorarlo! Grazie!
Stefy.

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Capitolo 18
*** Prima volta. ***



 

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Prima volta.

 

Sono sdraiata, Ate è sopra di me e mi bacia il collo e la clavicola in maniera troppo indecente, se solo mia madre potesse vedermi..

Ma la sua lingua e le sue labbra sono troppo perfette e magiche per essere respinte, i suoi capelli mi solleticano ed io gli deposito un bacio in mezzo.

- Ma quanto sei bella. – Mi dice, infilando una mano tra i miei ricci biondi e tirandomi a lui, per baciarmi. Alzo la testa e schiudo subito le labbra, baciandolo con tutta la passione che riesco a trasmettergli. Lui trema ed io tremo insieme lui, sospirando ricomincia a baciarmi il collo e nel frattempo, inizia a toccarmi la coscia scoperta.. si avvicina sempre di più all’inguine ed io mi sento eccitata e spaventata allo stesso tempo. E' un turbinio d'emozioni troppo forte per me. So che è sbagliato ma mi rende così felice che non riesco a smettere.. le sue dita salgono, i suoi occhi cercano consenso ed io annuisco. Lui inizia a toccarmi piano e lentamente, sopra il tessuto umido delle mutandine. Io ansimo e mi concentro, chiudendo gli occhi e sforzandomi di non mordere la prima cosa che mi capita a tiro. Il mio corpo è tutto un via vai di brividi e emozioni. Le sue labbra si increspano in un sorriso ed io capisco che è soddisfatto di ciò che provo.

Si sdraia di fianco, accanto a me, e continua a toccarmi intimamente. Il suo dito che si sposta lungo il mio sesso è una cosa che non avrei mai pensato di poter permettere. Ma lui è qui, mi ama, io lo amo quindi, onestamente, non c’è nient’altro al mondo che preferirei farmi fare. Ci baciamo con passione e saliva, mordendoci le labbra e giocando.

Ad un tratto però, la mia faccia smette di rilassarsi e torna ad essere rigida, con gli occhi spalancati. Noto che Ate ha appena sfilato via il mio intimo e adesso sta cercando di togliermi la camicia da notte ma non riesco a muovermi.

- Vorresti che io ti facessi stare bene? – Mi dice calandosi su di me e baciandomi con una lentezza esasperante.

– Lasciati venerare da me. – Quella scelta di parole mi fa capitolare, venerare.. sorrido e resto ancora immobile. E’ troppo, tutto in una volta, ho vergogna del mio corpo. Lui mi guarda ed io distolgo lo sguaro dal suo, imbarazzata.

- Lascia che io faccia provare del piacere alla mia donna. Mi fermerò quando vorrai. – Mi rassicura e mi guarda sorridendomi. – Ti prego. – Le sue mani sono strette al bordo della camicia da notte e poco dopo, sono completamente nuda di fronte a lui. Tengo le braccia sul petto e le gambe incrociate ad alzate, in modo da nascondere tutto. Ma Ate è accanto a me, è molto bravo nel convincermi.. e sta già iniziando a farmi perdere la testa. I suoi capelli mi solleticano.

Sento la sua lingua disegnare dei cerchi sul polso e su tutto il braccio, inumidendomi la pelle e facendomi sospirare. Una cosa così inusuale e al contempo così eccitante. Chi avrebbe mai pensato che potesse piacermi tanto? Con la lingua passa anche sulla spalla e sulla clavicola, scendendo di poco e leccandomi qualche centimetro di seno scoperto. I miei ansiti sono un chiaro invito a continuare, ma le mie mani bloccano il passaggio. Lui alza nuovamente la testa.

- Ti prego, fatina.. lasciati amare. – Mi dice e come per magia, le mie braccia si spostano ai lati della pancia. Sembro paralizzata. Non capisco come faccia a farmi capitolare così, con qualche frase e un paio di baci.. mi sento impotente.

Lui si inginocchia e si getta su di me, prendendo il seno destro tra le mani e cominciando a lambire e giocare con il capezzolo e la pelle attorno. E' più deciso ed audace rispetto a prima, ed è molto più eccitante.

Lo prende tra i denti, stringendo un po’, lo lecca.. prima piano e velocemente, poi forte e lentamente. Lo tocca e lo stringe tra le dita. Ad un tratto le sue mani prendono entrambi i miei seni, e la sua lingua fa il resto.

Io sono quasi in procinto di assalirlo e fare non so cosa, ma sto ferma.

Le sue mani scivolano sulla mia pelle, mi fanno fremere e alla fine decido di sfogare la mia smania baciandolo a mia volta. Gli sollevo la testa e gli do un bacio infuocato che gli fa perdere la testa. La sua mano, con una lentezza esasperante, scende giù e ricomincia a toccarmi intimamente facendomi ansimare ancora più forte, le sue labbra si depositano tra i miei seni e baciano ovunque. Non ci sono barriere tra di noi, nemmeno un pezzo di stoffa.

Ad un tratto però, lui alza lo sguardo e inizia un contatto visivo con me. Ci guardiamo, quasi sfidandoci, e lui.. , inserisce lentamente un dito dentro di me. Le sensazioni che sento non sono descrivibili a parole.

Inizia a masturbarmi nel migliore dei modi, sempre attento a non farmi male. Le sue dita ruvide, a contatto col mio corpo, sembrano benzina pronta ad incendiarsi e la sua lingua è certamente il fiammifero.

Il suo dito non vuole saperne di smetterla, mi scorre dentro e mi fa provare tante di quelle sensazioni che a volte dimentico di respirare. Ho il cuore che batte a mille, e gli ansimi di Ate non mi aiutano a rimanere lucida.

Muovo le gambe nervosamente, non riesco a stare ferma mentre lui mi tortura in quella maniera così dolce.. ed io non riesco a pensare a nulla. Lo afferro per una spalla e lo graffio piano, usando l'ultimo barlume di lucidità per non fargli male. Capisco di non riuscire a continuare così, voglio di più e lui continua a sorridermi e stuzzicarmi.. Agisco. Mi giro velocemente di fianco, ritrovandomi Ate a pochi centimetri dal mio viso arrossito, la sua mano è costretta ad abbandonare il mio centro e le mie mani vanno sui suoi pantaloni, quasi dotate di vita propria. Il suo petto, sul quale mi appoggio per un attimo, è caldo e trasuda sensualità da tutti i pori. Ogni singolo pezzo di lui è stato creato per farmi perdere la testa, per farmi urlare e portarmi alla pazzia. Tasto il terreno per un pò, inesperta.. poi slaccio i pantaloni.

Li abbasso lentamente,  fremendo, e lui mi lascia fare.. ma quando il suo membro è scoperto quasi mi pento di averlo liberato. Non ho idea di cosa fare per provocargli un minimo del piacere che lui ha provocato a me.

- Io.. forse è il caso che tu te ne vada adesso. – Dico, vergognandomi e rimettendomi le mani a mo’ di coperta per non farmi osservare da lui. Noto che lui spalanca gli occhi e mi volto dall'altra parte.. mi sento una nullità.

- Ho fatto qualcosa di sbagliato? – Mi chiede, quasi sentendosi in colpa ed io sento il bisogno di rassicurarlo.

- No, assolutamente. Sono io che non riesco a fare nulla. – Dico quest’ultima frase vergognandomi da morire, ma lui mi sorride, prendendo qualche ciocca dei miei capelli tra le mani e accarezzandomi.

- Tu credi di non potermi soddisfare? – Capisce appieno le mie preoccupazioni e immediatamente le sue labbra si incurvano in un sorriso a 32 denti. Il mio imbarazzo sta salendo alle stelle, insieme alle mie insicurezze e alla mia vergogna. Possibile che sia così incapace?

- Ti prego, va via. – Mi giro nuovamente dall’altra parte, rivolgendogli la schiena nuda.. e lui sospira forte. Ad un tratto, dopo una manciata di secondi, sento la sua mano depositarsi sul mio fianco ed il suo respiro solleticare il mio collo.

- Io posso aiutarti. – Mi dice, in un soffio. – Posso.. –

- Mh. - E' l'unica cosa che riesco a mormorare.. un consenso appena accennato.. che lui non si fa sfuggire.

Lui prende delicatamente il mio braccio e lo avvicina al suo corpo, massaggiandomi le dita. Ad un tratto, a palmo aperto, sento il suo sesso appoggiarsi contro la mia mano e riscaldarla completamente.

Riesco a percepire quanto sia grande, quanto sia duro.. e mi spavento ma l’eccitazione è tale da lasciare la mia mano in balia di Ate e delle sue volontà.  La sua mano si sovrappone alla mia, e mi aiuta a stringere le dita intorno alla sua asta. Non riesco a muovermi ma lui, con dei piccoli colpi di bacino, fa scorrere la pelle sotto la mia mano, masturbandosi.

Sento i suoi respiri trasformarsi in affanni, poi in ansiti.

La sua presa sulla mia mano si fa più prepotente, ed io chiudo gli occhi.. sottraggo la mia mano e mi volto, per niente convinta di quello che sto facendo. Sento le mie cosce umide e il mio piacere insoddisfatto.

Ma, riaprendo gli occhi, vedo il viso di Ate.. bellissimo e tutto passa. Tutte le incertezze volano via quando vedo quegli occhi socchiusi e quelle labbra semi aperte. Sono riuscita a fargli del bene e questo mi riempie di felicità.

La mia mano torna a stringere il suo membro e lui ricomincia a muoversi.. ma stavolta io gli vado incontro con movimenti complementari, e lo bacio. Le nostre lingue si rincorrono e danzano insieme.. le nostre labbra si amano senza barriere ed il suo profumo mi avvolge, seguito dalle sue braccia.

Mi stringe stretta mentre muovo la mano contro di lui e lo faccio ansimare.

- Vuoi fare l’amore con me, fatina? – La sua voce è quasi irriconoscibile, troppo roca e sibilata, ma altrettanto sensuale e adorabile. Le sue parole mi infondono un senso di smania e di voglia che non comprendo.

- Io voglio fare tutto con te. – E’ l’unica cosa che riesco a dire.

Lui mi mette in posizione dritta ed io smetto di toccarlo e baciarlo.. istintivamente allargo le gambe e lui si posizione in mezzo, aiutandomi a poggiare i piedi sul materasso. Sento le sue labbra sul mio collo.. Il suo membro ogni tanto mi sfiora le cosce e l’inguine.

- Amore.. sei sicura? – Mi dice, baciandomi la fronte, i capelli e le mani.

- No, ma se sei sicuro tu io sto bene. – Dico la verità, senza pensieri e lui mi sorride ma qualcosa nel suo sguardo non mi convince, è spento.

- Se tu non sei pronta io non voglio farlo. – Dice, rimanendo però su di me.

- Io.. – La mia mano scende sul suo membro e lui apre la bocca.

- A me piace tutto questo, è solo che ho paura del dolore. – Gli dico omettendo tante altre paure.. come quella dell’essere scoperta.

- Farò piano, se è solo questo quello che ti preoccupa. – Le mie orecchie lo sentono, ma io non lo ascolto.. voglio solo unirmi a lui in ogni modo possibile. Avvicino il suo membro alla mia apertura, senza essere sicura di ciò che sto facendo, e lui ansima.

- Lascia che sia io a farlo, fatina. – La sua mano sostituisce la mia e dopo un attimo sento la sua punta calda e pulsante bagnarsi con i miei umori e provare ad entrare. Sento subito un forte bruciore e stringo le dita intorno alle sue braccia.. lui si muove con una lentezza quasi impercettibile ed io, pur soffrendo da cani per il dolore, sospiro di piacere. Unirsi a lui, in questo modo.. è davvero la migliore di tutte le sensazioni.

- Ti faccio male? – Mi chiede ma io faccio segno di no con la testa. Il dolore c’è, ed è quasi insopportabile, ma il piacere che mi sta regalando spingendo in me e baciandomi dappertutto sovrasta ogni cosa.

Continua  a muoversi lentamente, poi ad un tratto, sento qualcosa lacerarsi distintamente e mi aggrappo con le unghie, facendo del male anche a lui. Ci guardiamo distintamente negli occhi e lui continua a spingere, fa male, le mie unghie stanno facendo soffrire anche lui, ma tutto questo rende la sensazione ancora più intensa e lui, nonostante le sue braccia siano in procinto di sanguinare, non accenna a fermarsi.

Le sue spinte si fanno a mano a mano più audaci, rimanendo sempre gentili e attente, le sue labbra non smettono di torturarmi collo e seno.. ed io ne sono lieta. Continuo a stringerlo e baciargli il collo, quando ne ho l’opportunità. Ad un tratto sento un odore ferroso librarsi nell’aria.. e capisco che la mia verginità è ormai andata, perduta.. regalata ad un guerriero che mi fa vivere il paradiso ogni volta che mi sfiora.

Mi guarda dubbioso, quasi a chiedermi se sono pentita, ed io sorrido, mordendomi le labbra e abbracciandolo forte.

- Sono tua. –

- Sei mia. –

Diciamo esattamente nello stesso momento.. poi altre spinte ed altre ancora, forse dieci, forse mille.. un gemito, un orgasmo. Il mio primo, intenso, interminabile e favoloso orgasmo avviene così, tra le sue braccia. Ci sorridiamo.

Continua ad entrare ed uscire lentamente in me finché anche lui non trema, riversandosi fuori, tra le lenzuola. Mi sento ancora scossa, un brivido mi parte dalla punta dei piedi e arriva fin su ai capelli. Accantoniamo le lenzuola sporche ai piedi del letto e ci stringiamo forte.

- Ti amo. – E’ l’unica cosa che riusciamo a ripeterci. Il bruciore è aumentato, adesso che abbiamo smesso di consumarci, ma le sue braccia intorno a me sono un ottimo antidolorifico.. ci addormentiamo insieme per la prima volta, tutti nudi, esposti alla brezza leggera che entra dalla finestra.

 

Ok, questa è la famosa prima volta. Spero di avervi soddisfatte.. a me è sembrato di viverla *___*

Stefy. (ansiosa dei vostri pareri - positivi o meno - )

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Capitolo 19
*** L'inizio. ***


L’inizio.

Mi sveglio ed apro gli occhi quasi di scatto, ricordando che Ate ed io abbiamo fatto l’amore, stanotte. Mi volto allarmata e mi rilasso subito dopo, guardandolo dormire beatamente accanto a me.

E’ così bello che le sue labbra e i suoi capelli potrebbero farmi innamorare altre cento volte, mi sembra un peccato mortale svegliarlo ma devo farlo. Dalla finestra inizio ad intravedere una luce soffusa ed io non voglio che lui venga scoperto a causa mia, e suo fratello Egle ha bisogno di lui.

Tutti questi pensieri, se pur validi, non riescono a farmi allungare il braccio per svegliarlo.. quindi rimango una manciata di minuti a guardarlo, poi, come d’incanto, anche lui guarda me. E’ sveglio.

- Buongiorno. – Biascica con voce roca ed impastata, io sorrido.

Poi ricordo di essere completamente nuda e a pochi centimetri da lui e dal suo sguardo, quindi provo a coprirmi in ogni modo possibile.

Le lenzuola, macchiate di sangue e amore, sono gettate ai piedi del letto..

- Tu vorresti la mia felicità? – Mi chiede ad un tratto, smettendo di sorridere e diventando serio.

- Certo. – Rispondo d’istinto, senza nemmeno sapere a cosa si riferisce. Forse stanotte l’ho deluso, forse sono stata..

- Smettila di coprirti, sei così bella che solo a guardarti io sono felice. – Mi dice, e come qualche ora fa, le mie braccia si allargano quasi automaticamente. Non riesco a smettere di soddisfare le sue richieste.

- Poi se faccio questo. – Mi bacia lievemente. – Sono ancora più felice. –

Si avvicina ancora e introduce la lingua tra le mie labbra secche. Ci baciamo per qualche secondo. – E questo. – Dice.. continuando a baciarmi. La sua mano scende a toccarmi un seno ed io rabbrividisco.. solo lui riesce a farmi capitolare così. – E questo. – Tocca un capezzolo con i polpastrelli e lo fa subito rizzare, io ansimo. – E tanto altro ancora. – Le sue mani percorrono le linee del mio corpo, quasi conoscendole a memoria.

- Dovresti vestirti, tra qualche minuto dovrai andare a lezione. –

Dice ad un tratto, con voce malinconica ed io sbuffo. Poi ritorno alla realtà, manca davvero poco all’inizio delle lezioni ed il sole è già alto nel cielo.

- Ma tu! Tu dovresti andartene! – Mi metto a sedere, quasi urlando.

Sono davvero preoccupato, ha lasciato Egle da solo tutta la notte e adesso non può più andarsene..

- Sta tranquilla, fatina. Non sono uno sprovveduto, mia sorella è in casa con lui ed Asia ha dormito lì stanotte. – Per fortuna mi rassicura e riprendo a respirare, sollevata.

- Sorella? – Domando ad un tratto,  sconvolta dalla scoperta.

- Si, Nasir. E poi ci sono anche mia sorella Alais e mio fratello Zavier. –

Improvvisamente ricordo e mi rendo conto di quanto poco conosco di lui, mi mordicchio le labbra e lui ridacchia.

- So che vuoi sapere tutto. Nasir è la più grande di tutti ed è un ottima cacciatrice, Alais ha appena diciannove anni ed è una guaritrice e Zavier ha quasi diciotto anni ed è già un Raccoglitore. –

Io annuisco interessata e lui si lecca le labbra, dimentichiamo tutto il resto. Dimentichiamo la lezione, Desia, Asia ed Egle.

- Egle è in buone mani, sta tranquilla. Nasir riuscirebbe a beccare una pernice a trecento metri di distanza con la sua balestra, ha un talento naturale per le armi e la caccia. E poi dovresti vedere Ali. – Capisco che Ali è un modo affettivo per chiamare la sorella Alais, quindi sto zitta e non lo interrompo. – E’ davvero una delle creature più genuine che conosco, darebbe qualsiasi cosa per salvare la vita agli altri. Zavier è il fratello con cui ho meno contatti, abita con la sua ragazza, a diversi kilometri da me ed aspetta un bambino. So che è giovane ma ha avuto il coraggio di prendersi le sue responsabilità, sposare Iman e trovare un lavoro. –

- Iman è la sua ragazza? – Chiedo, sempre più curiosa.

- Si, stanno insieme sin da quando sono bambini. E’ stato amore a prima vista. – Mi spiega, quasi con tono romantico. Anche dall’altra parte esiste il colpo di fulmine, il senso di responsabilità e l’amore vero. Sorrido.

- E gli altri tuoi fratelli? Sono sposati? – Le mie domande sono veloci e gentili, siamo nudi, sul mio letto e Ate sembra quasi non farci caso.

- No, Nasir lo era, ma suo marito è morto in battaglia ed è stato proprio mio fratello Zavier a raccogliere il corpo, non si è ancora ripresa del tutto.-

- Mi dispiace. – Sussurro, abbassando lo sguardo e sentendo gli occhi inumidirsi.. non riesco nemmeno a pensare a come starei se Ate morisse durante un combattimento, sono certa che metà del mio cuore morirebbe con lui, se non tutto. Lui mi sorride tristemente e mi abbraccia forte.

- Non andrò a scuola, oggi. – Lo informo, senza aver intenzione di accettare repliche. – Ho già perso la prima lezione, tanto vale rimanere qui con te. Ho troppo bisogno di conoscerti, dirò che sono stata male. – Ate mi guarda contrariato, so bene che non vorrebbe mai una cosa del genere.

- Hai già perso molte lezioni quando sei stata con me. – Mi dice, ed ha ragione. Ma la voglia di stare con lui è troppa, soprattutto dopo stanotte.

- Va bene, so già che perderei in partenza se solo provassi a replicare. – Dice. – Dai, ti aiuto a cambiare le lenzuola, amore. – Si alza di scatto e mi aiuta a sistemare il casino che avevamo combinato la notte prima.

Lenzuola macchiate, contenuto del comodino rovesciato e cuscini dispersi per la stanza.. lì dentro non si capiva più nulla.

Mettiamo le lenzuola nuove, sistemiamo tutto e laviamo quelle sporche poi facciamo una doccia breve ma intensa, piena di baci e coccole.

Ci rivestiamo velocemente, io metto una tonaca che arriva fino al ginocchio e lui rimette i soliti pantaloni logori. Noto che non indossa intimo e mi domando che sensazione si provi, poi lo bacio cautamente.

- Hai saputo tanto su di me, oggi. Ma ci sono molte cose che io non so di te e se tu sei d’accordo vorrei sapere qualcosa in più. – Esordisce calmo e posato. Io sorrido, più che felice di accontentare le sue richieste.

- Dimmi cosa vuoi sapere. – Gli dico, prendendogli la mano e stringendola.

- Non lo so.. mi hai parlato di tua nonna, e nomini spesso tua madre.. ma tuo padre? – Immaginavo che mi avesse chiesto una cosa del genere prima o poi. E’ imbarazzante rispondere ma è anche liberatorio, dato che fin ora non ho mai avuto la possibilità di sfogarmi con nessuno riguardo a mio padre e alla sua improvvisa scomparsa dalla mia vita.

- Mio padre. – Dico, poi sospiro. – Non c’è molto da dire su di lui, perché non so quasi nulla su chi sia o su dove sia adesso, so solo quello che mia nonna mi ha detto a riguardo. So che era un bell’uomo, colto e apparentemente onesto. Ma poi, il giorno del mio terzo compleanno, lui scomparve. Prese le sue cose e scomparve nella notte, non se ne seppe più nulla. Mia madre non ne parla mai, i Giustizieri hanno cercato dappertutto ma non c’è traccia di lui nelle mie Terre. E’ semplicemente sparito, senza un perché. – Dico, ad ogni parola la mia voce si abbassa sempre di più, e la mia mano stritola sempre di più quella di Ate, che mi abbraccia subito dopo. Mi stringe forte ed io scoppio in un pianto disperato. In vent’anni, che io ricordi, non avevo mai pianto per mio padre. Lo penso tutti i giorni, ma non ho mai pianto per questo.. e farlo adesso, abbracciata all’uomo che amo, è come una sorta di liberazione.

- Mi dispiace tanto. – Sussurra Ate tra i miei capelli. – Ma se è andato via, lasciando te, stai certa che non ti merita e non sa cosa si perde. – Le sue parole mi confortano e mi fanno riflettere, quindi dopo un po’ smetto di piangere ma lui non accenna ad allontanarsi. Mi abbraccia e mi coccola per lungo tempo, poi sento suonare la campana. E’ ora di pranzo, dovrei andare a mensa ma non voglio muovermi, anche se lo stomaco brontola.

- Dovresti mettere qualcosa qui dentro. – Dice, toccandomi la pancia con la mano e accarezzandomi dolcemente i capelli.

- Non ti lascio, oggi stiamo insieme tutto il giorno, mi sei mancato troppo per lasciarti. –

- Si tratta solo di un paio di minuti, amore. Non puoi morire di fame, nel frattempo io leggerò qualcosa dal tuo taccuino, se sei d’accordo. –

- Ma.. – Voglio parlare e dirgli quanto voglio stare con lui ma mi interrompe prontamente, mettendomi un dito sulle labbra.

- Niente ma. Se non ti fai vedere, qualcuno potrebbe insospettirsi e venire qui per vedere che fine hai fatto.. potrebbero scoprirci, vai! – Mi spinge ed io mi alzo di scatto, sbuffando e mettendo i sandali ai piedi.

- Torno subito. – Dico, esco richiudendomi la porta alle spalle.

Ragazze, finalmente pubblico il nuovo capitolo di questa ff che tanto amo! Volevo chiedervi un consiglio, vorrei tanto iniziare una nuova storia.. ma ho paura che una volta iniziata quella, accantonerò questa. Che mi dite di fare? La inizio subito e provo a scriverle entrambe (senza però garantirvi niente XD) oppure prima termino questa? Non mancano molti capitoli alla fine.

AIUTATEMI.

Stefy <3

 


La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon


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Capitolo 20
*** Lettere dall'altra parte. ***


 


La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon


Lettere dall’altra parte.

 

Scendo le scale con velocità incredibile, già triste per la mancanza di Ate e per l’impazienza di rivederlo. Vado in mensa e mi metto in fila per il cibo.

Il cibo coltivato dalle fate è così buono e nutriente che ne mangerei a chili.

Ma mi contengo, conservando metà di tutto, per portarlo ad Ate.

Mangio con una velocità quasi impossibile, mi pulisco per bene e mi dirigo nuovamente verso le scale. Secondo i miei calcoli, sono passati circa diciotto minuti da quando l’ho lasciato nella mia stanza, con le mie cose, da solo. E non vedo l’ora di riabbracciarlo e stare insieme a lui, sempre.

- ERA! – Sento una voce chiamarmi, mi volto senza capire chi è.

- Ciao, Desia. – Saluto con imbarazzo, paura e freddezza.

- Oggi mi hanno comunicato che non sei andata a lezione. Posso sapere come mai? – Mi chiede, curiosa e falsamente preoccupata. Ormai so com’è fatta, è solo una ficcanaso, buona a nulla, esattamente vipera come mia nonna e tutti gli Anziani e gli stregoni delle terre dell’est.

- Oh, mi dispiace tanto ma non sono riuscita a svegliarmi, domani andrò sicuramente. – Rispondo con delicatezza ed educazione.

- Lo spero, dolce Era, altrimenti sarò costretta a prendere provvedimenti. – la sua voce è dolce e falsamente gentile, come al solito. Falsa.

- Certo, ne sono consapevole. Non succederà più. – Dico, sbattendo velocemente le palpebre e facendo finta di guardare altrove.

Lei mi tocca la spalla e poi va via, io ricomincio a camminare, ma quando arrivo davanti le scale noto che una presenza maschile, girata di spalle, occupa la scala e mi impedisce di salire.

- Scusa, permesso. – Dico, rivolgendomi con gentilezza, senza sapere chi è. Osservando i capelli biondissimi capisco che probabilmente conosco quel ragazzo.

- Buongiorno, Era. – Mi saluta ed io sorrido debolmente. Drogo.

- Posso passare? – Chiedo, salendo uno scalino con la punta del piede.

- Oh, vorrei parlarti prima. – Lo guardo con diffidenza. – Saresti così gentile da seguirmi? Ci metterò un minuto solo. – Vedo un lampo apparire e scomparire dai suoi occhi, un lampo scuro, misterioso e veloce.

- Va bene. – Rispondo, credendo che assecondarlo sia la cosa migliore.

Sale le scale ed io le salgo insieme a lui, per un momento dimentico di dover tornare da Ate e ho solo paura di ciò che Drogo può dirmi.

Arriva davanti al muro che, con la dovuta luna, dovrebbe farti arrivare al terzo piano, ma lui non esce la tipica sfera bianca. Prende una mezza sfera, color avorio, e biascica alcune parole senza senso.

Mi prende per mano, cerco di oppormi ma dopo qualche secondo sono in un corridoio buio, sento solo la sua mano che tocca la mia.

- Dove siamo? – Chiedo infuriata, ad alta voce.

- Portami al dormitorio! – Sbraito e, ad un tratto, in mezzo al buio più totale, sento la sua mano appoggiarsi sulla mia bocca.

Provo ad urlare ma mi manca il fiato.

- Sta zitta, maledizione. Vuoi farci scoprire? – Sussurra Drogo, ancora con la mano sulla mia bocca, inviperito e guardingo.

Camminiamo per qualche metro ed io la smetto di ribellarmi, ad un tratto, apre una porta, dalla quale fuoriesce un’enorme luce bianca, accecante.

Mi lascia la mano e la bocca, spingendomi delicatamente dentro.

Io e Drogo siamo le uniche cose a non essere completamente bianche e immobili. Anzi, io e Drogo siamo le uniche due cose in quella stanza.

- Dove siamo? – Chiedo, infuriata. – Che cazzo ci facciamo qua? – Mi scappa e non posso fare a meno di notare il suo sguardo compiaciuto.

- Uh. Addirittura imprechi adesso. – Mi dice, sarcastico e sbalordito.

Ad un tratto, osservando il suo sorrisetto compiaciuto, inizio a pensare al nostro primo incontro. A quando mia nonna mi aveva scomunicata e lui mi aveva parlato. “Non dovrebbe ricordare nulla! Nessuno ricorda nulla di quel periodo, perché lui ricorda di conoscermi?” Realizzo, spaventata.

- Tu non dovresti ricordare! – Sbraito e lui ride, quasi maleficamente.

- Mi chiedevo quando ci saresti arrivata. – Dice, calmo e canzonatorio.

- Sono immune ai tuoi trucchetti. – Mi dice subito dopo, alzando la manica della casacca e mostrandomi uno strano tatuaggio.

E’ nero, ed ha la forma di una foglia.

- Anch’io ho il dono. – Mi comunica e subito alzo anche la mia manica, ma non c’è nessun segno. Inizio a guardarmi tutta, finalmente lo trovo. E’ nell’interno coscia, identico a quello di Drogo.

- Che bella visione. – Commenta, e subito abbasso la tunica, imbarazzata e pentita dei miei gesti avventati. Non sapevo di avere un marchio.

- Ma come.. – Non so nemmeno cosa voglio sapere di preciso, ho solo bisogno di delucidazioni, ho bisogno di capire principalmente se Drogo è malvagio o è dalla mia parte. In fondo non so niente di lui.

- Abbiamo poco tempo per parlare, e questo è l’unico posto sicuro di questa scuola, in cui poter parlare senza dare nell’occhio. – Mi dice.

- Ma cos’è questo posto? – Non riesco proprio a stare zitta.

- E’ una delle poche stanze di questa scuola che non ha una funzione, o meglio.. Desia deve ancora decidere cosa farne, nel frattempo però, qui non viene mai nessuno, ho scoperto questa stanza per caso. – Mi spiega velocemente e a bassa voce.

- E questo quarto piano? – Chiedo. – Non pensavo esistesse. –

- Oh, solo pochi ne sono a conoscenza. Questa luna non è mia. In questo piano c’è solo magia, formule e incantesimi. Cose riservate ai pochissimi studenti che hanno voti alti, famiglie agiate e molti soldi. – Le sue frasi sono veloci, chiare e coincise, ascolto e divoro ogni cosa che dice, facendone tesoro. Nel frattempo mi guardo intorno, quasi impaurita che quel bianco possa scomparire.

- Sono qui per metterti in guardia, tua nonna non è chi dice di essere. Non è la sacra e pura Anziana che si professa, io conoscevo e conosco tuo padre.- Quella frase mi fa accapponare la pelle e bagnare le guancie.

- Mio.. – Non riesco nemmeno a dire “papà”, scoppio in un pianto disperato.

- Non è la carogna che tutti credono. Tuo padre, dall’altra parte, è un grand’uomo, Era. Mi ha mandato lui qui, a parlarti. – Le sue parole, all’apparenza così sincere mi sembrano quasi un delirio. Credevo che mio padre fosse morto! E adesso scopro che si trova a Malvagia e che conosce Drogo.

- Ma che stai dicendo? – Le lacrime, i forti brividi e la paura mi impediscono di dire qualsiasi cosa. Biascico e respiro a malapena.

- Era, concentrati, per favore. Non abbiamo molto tempo. Ho una lettera per te, da parte di tuo padre, conservala bene e non permettere mai a nessuno di leggerla. Se solo si sapesse che tuo padre è ancora vivo scoppierebbe un casino. – Mi porge una pergamena giallastra e mi porta di nuovo fuori dalla stanza, dov’è tutto buio e triste. Mi prende per mano e pochi secondi dopo siamo nel corridoio semi-deserto. Due studentesse ridacchiano ed io non piango più, ma i miei occhi gonfi sono un libro aperto.

- Devo andare adesso. Sii prudente. – Mi da un bacio sulla fronte e si allontana. Spero che quel bacio sia da parte di mio padre.

- Grazie. – Ho il tempo di sussurrare, poi gira l’angolo e scompare.

Cammino tremolante fino alla mia stanza, apro la porta, con le lacrime agli occhi e la richiudo alle mie spalle.

Ate è sul mio letto e mi guarda preoccupato, due secondi dopo è già accanto a me, con le braccia che mi stringono forte.

- Piccola, che succede? – Mi chiede, baciandomi la fronte. Finalmente sono in condizioni di potermi sfogare, quindi ricomincio a piangere, e lo abbraccio forte. Lui mi stringe, appoggiando il mento sulla mia testa e scompigliandomi i capelli. Mi bacia, mi stringe e mi fa sedere su di lui.

Il letto è pieno di fogli provenienti dal mio taccuino ma me ne infischio.

Gli racconto tutto, tra uno sfogo ed un pianto e lui ascolta silenzioso.

- Io non ne sapevo nulla. Non so nulla. Non conosco tuo padre, altrimenti ti avrei subito informata! Com’è possibile!– Dice, confuso e giù di tono.

- Non vuoi leggere la lettera? – Mi chiede dopo qualche minuto ed io ricordo di doverlo fare. La guardo, è giallastra, proprio come quelle che mi arrivano quando è Ate a spedirle. E’ senza busta, solo piegata a metà.

La apro e comincio a leggere, ancora seduta sulle gambe muscolose del mio guerriero.

 

Mia dolce Era,

So bene che questa lettera per te non sarà altro che motivo di preoccupazione ed ossessione ma non potevo più aspettare, dovevi sapere la verità.

Non ti ho abbandonata, o quanto meno non sono stato io a volerlo fare.

Ci sono state persone, in particolare tua nonna, che mi ha costretto ad andare via. Non ho origini pure, Era. Sono sempre stato un guerriero, la mia relazione con tua madre è iniziata proprio come quella tua e del giovane Zahrah. Siamo sempre stati nascosti, ben attenti a non farci scoprire. Ma quando tua madre rimase scandalosamente incinta a vent’anni, decise di dire tutto a sua madre. Lottò a lungo per me, per te, per restare tutti insieme e credé perfino di esser riuscita a convincere tua nonna e gli Anziani che non tutti i guerrieri della morte erano creature deplorevoli. Ma tua nonna minacciò di ucciderti, non appena fossi nata, se io non me ne fossi andato immediatamente. Fu così che presi la decisione di scappare e tornare nelle mie terre. Tua nonna ovviamente scaricò la colpa su di me, dipingendomi come un traditore, un uomo codardo, vile e senza cuore.

Usò un potente incantesimo per cancellare lo scandalo dalle menti di tutti, tranne che da quelle di pochi eletti, tra cui tua madre, lei stessa e gli anziani.

Nessuno ricorda dell’accaduto, eccetto loro. Se ti racconto tutto questo non è per mettere tua nonna in cattiva luce, è solo per avvertirti.

Non esporti, non commettere mai l’errore che commise tua madre raccontandole tutto perché nel suo cuore non c’è posto per perdono e gentilezza, c’è solo astio ed odio. Non fidarti di lei, non fidarti di nessuno. Nemmeno di quelli che possono sembrarti amici, perché nessuno fa nulla se non per un tornaconto personale.

Questo è un mondo ipocrita, piccola mia.

Mi dispiace solo di non essere riuscito a far parte della tua vita e di non poterti proteggere come solo un padre dovrebbe fare.

Con la speranza di rivederti e di saperti sempre sana e salva ti saluto.

Reouven.*

 

Ciao belle principesse (:
Che ne pensate di questo capitolo? Vi informo da subito che dovrete aspettare un pò per leggere il prossimo.

Dopodomani parto per Londra, dove starò in vacanza-studio per venti giorni, e ovviamente non potrò scrivere. *___*

Quando tornerò, giorno venticinque, dopo solo una settimana, ripartirò in Inghilterra per uno scambio culturale di otto giorni.

Subito dopo ci sarà il mio compleanno. Conto di aggiornare nei giorni tra un viaggio e l'altro, cioé tra il venticinque ed il sette. Ma non so se posso riuscirci.

Altrimenti ci sentiremo dopo il 15 Dicembre, mi dispiace tanto!

Ma datemi le vostre considerazioni e auguratemi buona fortuna *__*

 

*Si legge Ruven.

Stefy.

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Capitolo 21
*** Alla ricerca di un padre. ***


 


La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon


Alla ricerca di un padre.

 

Leggo la lettera tutta d’un fiato, e quasi ancor prima di finirla tiro un grosso sospiro e decido.

- Stasera verrò con te, a Malvagia, e cercherò mio padre. – Comunico ad Ate, con il mio solito tono sicuro che non ammette repliche, lui mi guarda e spalanca gli occhi, facendo di no con la testa. Anche lui sembra incontrastabile.

- Non esiste. Non metterai in pericolo te stessa e altri milioni di persone solo per la tua impulsività. Non puoi destare altri sospetti. – Dice inflessibile, guardandomi dritta negli occhi.

Abbasso lo sguardo e subito dopo mi alzo, abbandonando le sue cosce calde. Lui mi guarda interrogativo, forse un po’ irritato. Si gira i pollici, poi stringe le mani, nervoso. Infine, sospira e apre bocca.

- Perché diavolo sei così testarda e impulsiva? E’ un idea totalmente pazza e sbagliata. Accetta il fatto che non puoi farlo. – Mi rimprovera e io sento le lacrime affluire agli occhi, ma le blocco prontamente, lasciando spazio alla rabbia e al risentimento.

- Devi smetterla! Io posso andare dove voglio.. e poi potrei tornare e rifare l’incantesimo Omnia Obliviscar, l’ultima volta ha funzionato. 

- Non puoi sapere se funzionerà ancora, non sei tu a decidere quando fare incantesimi, è la natura che decide quando darti i suoi poteri e le sue forze, lo capisci? Non dipende da te, non puoi correre questo rischio! –

Sbraita lui, evidentemente preoccupato e apprensivo, a fin di bene.

- Posso correre tutti i rischi di questo mondo. LUI. E’. MIO. PADRE! – Urlo ancora più forte, sperando ardentemente che nessuno mi senta e si insospettisca. Dio solo sa cosa succederebbe. – Starò via una notte sola, se l’avrò trovato bene.. altrimenti tornerò a casa con la consapevolezza d’averci provato, ok? Non posso starmene con le mani in mano, mia nonna ha complottato per farlo fuori dalla mia vita, ed io non posso abbandonarlo e lasciarlo in quelle Terre. Io devo salvarlo e sistemare le cose. –

- DANNAZIONE ERA! So bene cosa vuoi fare, ma hai solo vent’anni, sei una ragazzina che non sa nulla del mondo o delle terre dell’ovest. Non è tutto rose e fiori e devi smetterla di fare l’eroina, non puoi salvare tutti e aggiustare tutto. Devi capacitarti del fatto che potresti non riuscirci, stavolta. –

- Ma almeno devo provarci, e non sarai di certo tu ad impedirmelo. – Dico, reprimendo le molteplici offese e parole che vorrei sputargli in faccia. So che parla per il mio bene, so che mi ama e vuole proteggermi ma io devo conoscere e aiutare mio padre, devo sistemare tutto. So che posso.

- Fai come vuoi. – Detto questo si stira sul letto e ricomincia a leggere quei fogli che giorni prima avevo scritto con interesse e di cui adesso non me ne importava nulla.

- Esco. – Pronuncio questa affermazione a bassa voce ed esco nel corridoio, chiudendomi la porta alle spalle. Ho bisogno di stare da sola e pensare al da farsi, senza sentire ulteriori ramanzine o vedere musi lunghi.

Mi dirigo spensierata al piano di sotto e vado dritta verso l’orto delle fate, dove le dolci creature stanno innaffiando quei piccoli ortaggi, canticchiando una canzone che mi entra subito in testa.

- Viveva proprio lì, nel bosco delle fate. Tra alberi d’argento e fragole incantate, uno gnomo no, non era.. un diavoletto invece, che gran bufera!–

Passeggio in lungo e in largo, tra piccoli arbusti e qualche fiore. Il lieve rumore provocato dal battito delle ali di quelle canterine mi provoca un leggero fastidio, ma decido che tra quei profumi e quelle canzoni, riuscirò a rilassarmi, quindi rimango.

- Un giorno molto buio, un Antico arrivò, prese un bel pugnale e le creature salvò. Il diavolo piangendo, i suoi poteri perse e dalle fiamme rosse mai più lui riemerse. –

Non appena capii di che razza d’odio era composta quella canzone decisi di uscire immediatamente, rimangiandomi tutto ciò che avevo pensato prima.

- Tieni cara, assaggia un pompelmo. – Una fatina mi si avvicinò con un piccolo pallino giallo in mano, io lo presi senza esitare, sorrisi e andai via, infastidita e nervosa a causa della lite con Ate e di quell’insulsa canzone.

Uscii dal portone principale e cominciai a girovagare nel grande cortile verde, fino ad arrivare al grande cipresso. Mi sedetti su una pietra sottostante e mangiai il piccolo frutto in un sol boccone. Poi cominciai a pensare a mio padre e a tutto ciò che avrei potuto fare per salvarlo.

- Salve, Era. – Vedo Pan sedersi accanto a me, e roteo gli occhi verso l’alto. Poi rammendo che lui non ricorda niente delle nostre liti e dei nostri disguidi, quindi decido di fingere che sia tutto normale, come i primi giorni in cui eravamo usciti insieme.

- Ciao, Pan! – Lo saluto con finta enfasi, voltandomi poi dall’altra parte.

- Siete particolarmente raggiante, oggi pomeriggio. – Mi dice, dandomi del “voi”. Mi scoccia parlare con lui ma devo assecondarlo, se non voglio destare sospetti. Tutti devono credere che sono una frivola ragazza, almeno finché non riesco a salvare mio padre e a sistemare tutto.

- Vi ringrazio, dovete scusarmi, ma adesso devo proprio andare. – Mi alzo e mi dileguo, incapace di continuare questa farsa per molto. Lui mi guarda andare via e poi si alza e scompare da dov’era venuto.

“Che uomo viscido e senza spessore.” Penso, disgustata, incamminandomi verso non so dove.

Ritorno all’interno della scuola e vado a sbattere violentemente contro Drogo, di nuovo. Lui si volta, mi guarda e mi sorride.

- Non puoi proprio state lontana da me, non è così? – Ed ecco che spunta il suo solito sorriso sornione, canzonatorio. Il suo sguardo è inequivocabile, come sempre sta cercando di flirtare e di mettermi in imbarazzo.

- Vieni con me, ti devo parlare. – Lo prendo automaticamente dal braccio, strattonandolo leggermente. Lui fa cenno ai suoi compagni di scomparire e loro, un secondo dopo, già sono andati via.

- Oh, vuoi addirittura rapirmi? – Sorride. – Capisco che ti piaccio tanto ma.. –

- Basta, Drogo! Smettila, vieni con me. – Dico, sbuffando e ridacchiando sotto i baffi, può anche essere irritante ma adoro il suo modo di essere sempre divertente e positivo.

Ci incamminiamo per andare verso le serre e ci fermiamo tra diversi alberi e arbusti.

- Voglio imparare. – Gli comunico e lui ride.

- Ne ero sicuro. -

 

 

Ho voluto farvi un ultimo regalo prima di partire, mi sono praticamente spaccata in due per scrivere questo capitolo in appena due ore. Quindi se non sarà bello o se sarà pieno zeppo di errori è solo perché tra una valigia e l'altra scrivevo qualcosa, senza nemmeno rileggerla. Commentate, a presto.
Stefy.

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Capitolo 22
*** Perdita della cognizione del tempo. ***


 


La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Perdita della cognizione del tempo.

 

Sono quattro giorni ormai che pratico il Dono insieme a Drogo. Non vedo Ate da quel pomeriggio in cui abbiamo litigato, quando sono tornata in camera ho trovato un semplice biglietto, e da quel momento più niente.

- Non ti distrarre e stringi forte la mia mano. – La voce di Drogo mi risveglia dai miei pensieri. – Devi riuscire a far muovere quella pietra, avanti. – Mi concentro sul piccolo masso grigio davanti a me.

Assorbo l’energia di Drogo, come lui mi ha insegnato e la scarico sulla pietra.. che si sposta di qualche centimetro in avanti..

- Vedi? Stai imparando, se non mi avessi ascoltato e fossi andata da tuo padre qualche notte fa, saresti probabilmente morta. – Drogo è davvero bravissimo ad adularsi e dirmi “te l’avevo detto”, ma ha veramente ragione e questo lo so.

- Vedrai, sarà tutto più facile quando imparerai ad assorbire energia dalla terra e dalla natura in generale. Il tuo potere accrescerà e se userai la magia nei momenti adatti non avrai problemi, ma questo lo sai già. – Mi spiega per l’ennesima volta. So bene che non devo abusare dei miei poteri e che non devo farci pieno affidamento perché la natura è scostante e non sempre è a mia disposizione. Sono giorni che me lo ripete.

- Dai, riproviamo. – Mi porge la mano ed io, sbuffando, intreccio le mie dita alle sue, lui sorride e dopo qualche secondo la pietra si alza, levita per alcuni momenti e cade a terra.

- Anche la levitazione! Mh, bene. Signorina Aris, facciamo progressi. – La sua voce canzonatoria assume un tono autorevole e politico, io ridacchio, soddisfatta di me stessa e mi siedo su una pietra, affannata.

- E’ sempre così faticoso? – Chiedo, respirando forte.

- Si, non è mai una passeggiata. Ma andrà meglio.  Più pratichi, più diventa facile. – Mi spiega, sedendosi accanto a me. I suoi occhi celesti sembrano un oceano limpido e calmo, con qualche onda più scura.

- Stai bene? – Mi domanda, diventando serio come non l’ho mai visto.

- Non direi. Sono quattro giorni che non ho notizie di Ate. – Spiego.

- Oh. Ma tu gli hai scritto? No sai, perché le cose non scendono dal cielo. – Mi dice, un po’ annoiato ed un po’ premuroso. Mi sento un po’ in colpa, dopo aver lasciato Ate solo in camera non l’ho più cercato. Lui cercava solo di trovare la soluzione migliore ed io l’ho trattato male. La colpa è mia.

- Hai ragione. – Sibilo, orgogliosa e presuntuosa.

- Come sempre. – Scherza lui, con un tono divertito e saputello.

Mangiamo qualche frutto e poi andiamo a riposare, quando entro nella mia stanza mi sembra quasi di sentire l’odore di Ate, ma poi capisco che è solo la mia immaginazione perché è impossibile che lui sia qui, in pieno giorno.

- Mi manchi. – Sussurro, quasi sperando che lui mi senta e che mi risponda.

- Anche tu, fatina. – Mi volto, sobbalzando, e lo vedo uscire dal bagno, con solo una tovaglia sulla vita. La mia faccia assume delle espressioni indescrivibili. Per un momento ho il desiderio di urlare, ma poi passa.

Corro ad abbracciarlo, bagnandomi tutta a causa del suo torace gocciolante.

- Ma che ci fai qui? Pazzo! – Dico entusiasta, baciandolo con passione.

Ma ad un tratto apro gli occhi e mi accorgo di essere nella mia stanza, da sola.. l’ennesimo sogno finito troppo presto. Due lacrime mi rigano il viso e finalmente decido di scrivergli, e mettere fine a questo stato d’animo pietoso.

 

Ciao Ate,

Volevo solo dirti che mi dispiace, mi dispiace tanto per non aver ammesso che avevi ragione, per essere così testarda e presuntuosa. Scusami, spero potrai perdonarmi, ti prego, cercami. Ti amo.

 

Piego il foglietto e come sempre lo lascio sul comodino, poi decido di fare una visita ad Asia. Sono giorni che non la vedo e che non ho notizie di Egle, esco dalla mia stanza e noto che, come sempre, il corridoio pullula di studentesse curiose con voce stridula.

Busso un po’ intimorita, senza un perché, e sento dei rumori e delle imprecazioni provenire dall’interno della stanza. Poi la porta si apre, rivelandomi un Asia scombinata e con i capelli arruffati.

- Ti ho svegliata? – Chiedo, premurosa e già pronta ad andarmene.

- Si ma tranquilla, entra. – Mi dice, facendomi entrare furtivamente.

Chiude subito la porta e mi rendo conto che la sua stanza è un vero e proprio casino, i fiori sui tavoli sono secchi ed emanano puzza. La tenda che tanto mi piaceva è strappata e quasi del tutto sradicata.

Il letto era l’unica cosa intatta, se pur sporco di terra. Anche i mobili sono graffiati e sporchi.

- Ma che è successo? – Chiedo mettendomi le mani alla bocca.

- Egle. – Sussurra il suo nome quasi con vergogna, ma pur sempre con devozione. – Sta peggiorando, quando Ate non può stargli dietro lo porta qui, e questo è quello che combina. – Mi spiega, diventando rossa e distogliendo lo sguardo dal mio. Noto dei graffi sulle guancie e vedo che i suoi vestiti sono strappati sulle braccia e sulle gambe.

- Asia lui ha.. – Mi blocco, mettendo nuovamente la mano sulla bocca.

- Si. – Mi dice solamente. – Ha fatto anche quello. – Scoppia in un pianto disperato ma prova comunque a difenderlo. – Ma non è lui! Lui è un uomo meritevole, dolce e premuroso. Non è stato così terribile, lui è sempre il mio amore. – Stavolta il suo pianto è così forte che non riesce più a parlare, nemmeno lei è convinta di ciò che dice. Rabbrividisco e non riesco a pensare quanto può essere orrendo vivere certe situazioni.

La abbraccio stretta e lei mi getta le braccia al collo.

- Non ce la faccio più. – E’ l’unica cosa che riesce a dirmi, e lo ripete.

- Passerà, tesoro, passerà. – Le dico, non essendo pienamente convinta di ciò che dico. Mi sento davvero misera ed impotente.

Le mie braccia la stringono, i miei capelli sono accanto ai suoi, ma la mia testa è altrove. Come posso aggiustare le cose? Come posso guarirlo?

Continuo ad abbracciarla tra quei fiori appassiti e quelle ferite profonde, lei continua a singhiozzare e ad aggrapparsi a me, quasi stesse cadendo.

- Io farò di tutto per liberarlo e liberarti da questa maledizione. – Dico, sicura almeno di questo. Mi stacco, le prendo le mani e la guardo negli occhi. – Lo giuro sul mio nome. –

Lo sguardo che sussegue questa frase non lo dimenticherò mai, i suoi occhi lacrimevoli e le sue iridi sincere suggellano il giuramento riempiendomi di coraggio e volontà.

La saluto e vado di corsa a cercare Drogo, solo lui sarà capace di consigliarmi la via più giusta.

 

- Impossibile. – Mi dice, dopo aver ascoltato attentamente le mie parole e richieste disperate. Lo guardo interrogativa ma lui è stato esplicito e non gli piace ripetersi.

- Devi smetterla, Era. Tu non sei la paladina delle anime in pena, non conosco un incantesimo capace di eliminare nessun Mutatio, e anche se lo conoscessi non te lo direi. E’ pericoloso, questo tipo di magia può ucciderti. Se spostare una pietra ti affanna immagina cosa potrebbe comportare uccidere un demone. – Mi dice, tutto d’un fiato ed io sento la rabbia montarmi dentro.

- Mi sono stancata dei vostri discorsi, perché vi preoccupate così tanto per me? Ti ho solo chiesto se conoscevi un incantesimo, non ti ho chiesto di farmi la paternale! – Sbraito, sono davvero stufa di sentirmi dire cosa devo o non devo fare, cosa posso e cosa non posso provare.

- Forse tu non capisci che se tutti ti facciamo questi discorsi è solo perché non vogliamo che tu ti faccia del male! – Urla anche lui, stringendo il bordo del tavolo della sua camera.

- Adesso vai, prima che scoprano che sei qui. – Dice subito dopo.

- E non fare cazzate. – Me ne vado stringendo i pugni e decido di mangiare qualcosa. Vado al chiosco e prendo un paio di tramezzini al formaggio, ne porto uno ad Asia e lei mi ringrazia.

- Mi manca Ate. – Dico ad un tratto, addentando il tramezzino.

- A me manca Egle, il mio Egle. – Dice malinconicamente lei.

- Hai trovato qualcosa per aiutarlo? – Mi chiede, speranzosa e triste.

- Purtroppo no, ma posso ancora cercare, ti ho promesso che farò di tutto. -

Vedo subito i suoi occhi rattristarsi, e il suo sguardo spostarsi verso il basso.

- Grazie per il tramezzino, ma ora ho proprio bisogno di dormire. – Mi dice, dirigendosi verso la porta e aprendola, è un invito ad andarmene.

Non me lo faccio ripetere due volte, ovviamente sta male e vuole stare da sola, quindi non insisto e vado subito nella mia stanza a controllare se Ate mi ha risposto alla lettera. Con mio grande sollievo una busta gialla e bruciacchiata si trova sul comodino, al posto della mia.

Quasi corro per prenderla e la leggo voracemente.

 

Era,

non devi preoccuparti per quello che è successo l’altra notte.

Mi hai solo aiutato ad allontanarmi da te e a capire che tra di noi non può funzionare. C’è una cosa in particolare che tu non sai di me.

Io sono predestinato a sposare un'altra, lo sono sempre stato.. ho provato a ribellarmi, ho provato a stare con te.. ma quello è il mio destino ed io non posso più evitarlo. In più ho Egle a cui pensare, non ho tempo per combattere, sono stanco di combattere per te. Mi dispiace, spero onestamente che tu vivrai felice, come meriti.

Questo periodo con te mi ricorderà sempre quant’è bella la felicità. Ti proteggerò sempre, ti terrò sempre con me.

Ate.

 

- Dio.. – Dico poco prima di accasciarmi al suolo, in preda al dolore più forte. Sento il cuore fermarsi, poi riprendere a battere troppo forte. Sembra quasi che mi stia scoppiando nel petto.

Stringo forte la lettera tra le mani.

- Aiuto. – Sussurro, ma so bene che non può aiutarmi nessuno.

Forse è questa la morte, forse è questo ciò che si prova a morire d’amore.

Il cuore non smette di farmi impazzire dal dolore e inizio a piangere silenziosamente, non ho nemmeno un fil di voce. Non posso respirare.

Spero che passi in fretta o che mi uccida in fretta perché il dolore è così insopportabile da farmi desiderare un coltello, qui e adesso.

Vorrei tanto sgozzarmi come ho sgozzato quel cavallo per salvare lui.

- Era! – La porta si apre e Drogo entra chiudendola alle spalle.

Non capisco come sia entrato o perché, ma quando mi prende in braccio e mi mette sul letto sorrido, smettendola di farmi domande.

Il dolore si attenua ad ogni carezza che lui mi fa, fino a scompare del tutto. Mi accorgo di avere ancora la lettera di Ate tra le mani, gliela porgo.

Drogo la legge, ho l’impressione che la rilegga più di una volta e poi la getta sul pavimento e mi abbraccia forte.

- Sopravvivrai anche a questa. – Mi rassicura. – Ci sono io con te. -


Ok, vi prego di non tirarmi troppi ortaggi marci o pietre. Non posso spoilerare niente, stavolta. I'm sorry. Ma non voglio farvi capire che intenzioni ho. Voi come vorreste si evolvesse la storia? Dite :)

By the way, sono tornata da Londra tre giorni fa, è stata un esperienza mozzafiato e sono felicissima di aver trovato molti commenti e messaggi da parte di tutte voi, splendide fan :) Al prossimo capitolo :)

Stefy :D

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Capitolo 23
*** Stringere i legami. ***


 


La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Stringere i legami.

 

I giorni passano lenti, è passata un intera settimana da quando ho ricevuto quella lettera da Ate ma ci sto ancora da schifo.

Drogo ed io ci siamo avvicinati molto, pratichiamo spesso la magia insieme e sto provando a distrarmi, studiando e cercando costantemente una cura per Egle.

Ho provato a chiedere ad Asia informazioni su Ate, ma lei è tassativa.. o non sa nulla o non vuole dirmi nulla per paura che soffra ancora di più.

Stamattina la classe di poesia è quasi vuota, oggi è la vigilia di Pacifica, una festa che equivale al Natale umano. Quasi tutti i ragazzi e molti insegnanti sono partiti per festeggiare con i parenti, nelle loro case ma mia nonna mi ha detto che farei meglio a rimanere a scuola.

- La scuola sarà più silenziosa, non ci saranno molti alunni e i professori si dedicheranno a te e ad altri pochi ragazzi, sarà più facile impegnarsi e imparare qualcosa. Tua madre farà in modo di farti avere una porzione di torta ai lamponi, nel santo giorno. – Mi ha detto, quand’è venuta a trovarmi. Ma io sono più che felice, non voglio passare una settimana a fingere di non sapere nulla e di volerle ancora bene come un tempo.

- Quest’oggi parleremo di Paul Celan, aprite il volume a pagine 23. –

Sfoglio quelle pagine enormi e leggo in fretta la poesia.

 

 
Scrivimi presto
 
Scrivimi presto, ti prego, 
e scrivi se voi ancora una mia parola, 
se puoi ancora accogliere 
la mia tenerezza e il mio amore, 
se qualcosa ancora può aiutarti, 
se tu ogni tanto tendi ancora la mano verso di me 
e mi oscuri con il sogno pesante, 
nel quale vorrei splendere come una luce. 
Tenta, scrivimi, rivolgiti a me, 
allontana da te scrivendo tutto ciò che ti opprime!

 

La poesia è molto significativa, soprattutto per me. Vorrei tanto dedicarla ad Ate e fargli capire quanto il mio amore per lui sia immenso..  ma il mio orgoglio mi impedisce di farlo.

Mi volto, con gli occhi lucidi, e Drogo mi lancia uno sguardo ammonitore.

Sorrido e mi ricompongo, continuando la lezione fino alla fine, senza piangere. L’insegnante ci spiega tutta la lezione impeccabilmente ma mi riesce difficile concentrarmi, appena sento il suono della campana esco fuori dalla classe come un razzo. Voglio stare da sola, per un po’.

Salgo in camera mia e mi imbatto in Pan, che sta seduto sulla lunga scalinata e mangia una mela.

- Oh! Era! Che bello vedervi! Pensavo foste tornata a casa per Pacifica. –

Mi dice, e io roteo gli occhi, speravo di poter passare inosservata.

- Oh no, preferisco stare qui. Adoro la quiete. – Sorrido cordialmente.

- Quante cose abbiamo in comune, dovreste passare un po’ di tempo con me, in questi giorni. La quiete è bella, ma la noia non lo è. – Mi dice, invitandomi in maniera molto poco formale, io lo fulmino con gli occhi.

- Credetemi, non conosco la noia e non credo di aver bisogno di compagnia, preferisco dedicarmi a Shakespeare e a Celan. – Rispondo, un po’ acida.

- Non insisterò oltre, allora. Ma se vi sentirete annoiata, saprete dove trovarmi. – Mi dice, poi si scosta e mi lascia passare.. non perdendo l’occasione di provare a sbirciare sotto la mia sottana.

- Che insolente. – Bisbiglio, entrando nella mia stanza, più nervosa di prima. Non riesco a capire come abbia potuto trovarlo interessante i primi giorni, dovevo capirlo subito che razza di idiota é.

Mi siedo sul letto e chiudo gli occhi, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e prendendomi la testa tra le mani. I boccoli biondi si riversano verso il basso coprendo la luce della finestra.

- Fatina. – Sento la voce di Ate chiamarmi, ma capisco che sono solo ricordi.. sento le sue mani percorrermi e farmi stare bene.

Le lacrime iniziano a cadere ed io non faccio altro che ripensare alla nostra prima ed ultima notte d’amore. Alla nostra settimana di convivenza, a quelle notti quando dormivamo abbracciati.

Penso alla sua mano sulla mia pancia, al suo respiro sul mio orecchio e piango come se fosse morto. Piango perché so di averlo perso per sempre.

- Ti amo. – Sento ancora la sua voce, è nitida e forte.. sembra quasi che lui sia qui, provo a scacciare via questi pensieri inutilmente.

Le sue labbra ricominciano a torturarmi facendomi salire brividi ovunque.

Cambio posizione, sono instabile, quindi mi sdraio lateralmente, sul fianco sinistro e stringo forte le lenzuola. La sua mancanza è quasi come morire.

Il dolore al petto è costante da quando ho ricevuto la lettera, ma ormai ho imparato a sopportarlo, anche perché non è ad alti livelli.

- Sono tua. –

- Sei mia. –

Le parole della nostra prima notte insieme mi torturano, mi fanno piangere e stringere le lenzuola come un ossessa.

Piango per minuti o ore, non lo so. Poi chiudo gli occhi, esausta.

- Mi manchi. – Sussurro, e poi mi addormento.. immaginando un flebile “anche tu.” Respiro pesantemente e aspetto di stare meglio.

Le ore passano veloci, sento il calore del sole abbandonarmi e quando capisco che è ora di cena mi alzo stropicciando gli occhi.

Sono stata in dormiveglia per quasi quattro ore, a pensare e a sognare contemporaneamente, ed al centro della mente c’è sempre lui.

Immagino il vestito da sposa che indosserà quella ragazza quando gli andrà in contro, immagino la sua cravatta e il sapore del banchetto.

Poi realizzo che non ho idea di come si svolgano le cerimonie lì.

Realizzo che non so proprio niente di lui, di lei o di loro come coppia.

Non so proprio nulla di nulla, e basta.

Questo pensiero mi rattrista ancora di più e mi spinge ad uscire dalla mia stanza. Non ne posso più di torturarmi.

Percorro il corridoio e scendo la grande scalinata per arrivare nell’atrio, poi svolto verso la sala mensa. La sala è quasi deserta, vedo tre ragazze sedute nel mio solito posto, ma decido di non innervosirmi.

- Cosa ti posso servire, cara? – La dolce signorina al bancone si rivolge sempre con gentilezza, ma onestamente non ho molta fame.

- Solo un po’ di quell’insalata. – Le dico sorridendo forzatamente.

Lei, un po’ indelicatamente, ne lancia due cucchiaioni sul mio piatto e me lo porge. Mi siedo sul primo tavolo che vedo e mangio con lentezza e noia.

- Stai dimagrendo a vista d’occhio, rifiutare il cibo non lo farà tornare sui suoi passi. – La voce glaciale di Drogo si intrufola nel mio orecchio, facendomi sobbalzare. Non l’avevo visto arrivare.

Si siede accanto a me e vedo il suo vassoio pieno di cibo.

- Le patate di oggi sono davvero squisite, prendine un po’ delle mie. – Mi esorta, ma io faccio segno di no con la testa.

- Davvero, non ho fame. E poi sto mangiando la mia insalata. –

Lui abbassa lo sguardo, e conta le cinque foglie di lattuga.

- Questo non soddisferebbe nemmeno l’appetito di una fata. – La sua smorfia è molto carina, mi porge una patata con la forchetta e io la addetto per farlo contento.

- Dai, solo altre due. – Mi esorta, mentre mastico, infilzandone un'altra e avvicinandola.

- Non ho bisogno di essere imboccata. – Sbuffo, un po’ irritata.

- Oh si, invece. – Sorride e io sorrido impercettibilmente, addentando l’altra patata.

Mangio le ultime due, finisco la mia insalata e nel frattempo chiacchiero piacevolmente con Drogo. Rido un po’, per la prima volta in una settimana e lui se ne compiace. Le ragazze sedute in fondo ci guardano male.

Probabilmente perché Drogo è uno sciupa femmine mozzafiato e magari ha illuso anche qualcuna di loro.

- Le tue spasimanti sono sul punto di infilzarmi con un coltello da burro. – Lo informo, ironicamente, lui le guarda per un attimo.

- Pfff. Sai bene che non permetterei mai a nessuno di farti del male. – Diventa serio tutto d’un tratto. – E poi tu sei molto più muscolosa! – Sdrammatizza immediatamente, quasi spaventato da ciò che ha appena ammesso. Io ridacchio, facendo finta di nulla, in realtà ho capito quanto Drogo tenga a me già da un pezzo.

- Parlando seriamente, sei ancora dell’idea di voler trovare Reouven, giusto? – Quando sento il suo nome per poco non sobbalzo, mio padre? Ovvio che voglio ancora trovarlo, è l’unica cosa che voglio fare da anni.

- Ovvio che si. – Rispondo e lui si volta con paranoia per controllare che non ci sia nessuno ad origliare.

- Bene, credo che la serata perfetta sia quella di domani. – Mi annuncia.

- Ragiona. E’ Pacifica, tutti sono occupati a spacchettare regali e mangiare torte ai mirtilli, la scuola è praticamente deserta e tua nonna è più che certa che tu sia in un intensa fase di studio. Potremmo partire al tramonto, tornare all’alba e nessuno se ne accorgerebbe. –

- Perché parli al plurale? – Chiedi ad un tratto, dubbiosa.

- Perché vengo anch’io con te. Conosco tuo padre, sono già stato nelle terre dell’est prima d’ora e sono molto più esperto di te, in magia. – Mi dice.

- Si, ma non vedo cosa ci guadagni tu, a venire. – Mi pronuncio a bassa voce, sicura di ciò che dico. In fondo è solo un pericolo per lui.

- Io.. non voglio che ti succeda niente. – Bisbiglia in maniera quasi inudibile. – E poi tuo padre mi ha chiesto di tenerti d’occhio. –

Ci siamo alzati senza nemmeno accorgercene, stiamo camminando, stando sempre ben attenti a non farci sentire da nessuno.

- Raccontami, raccontami di Reouven. – Gli chiedo e lui annuisce.

- Mia madre è una creatura della luce ma mio padre.. bhé, lui era metà e metà. Ma era biondo, con gli occhi azzurri.. quindi sua madre lo portò con sé, qui. Ma i contatti dall’altra parte non gli sono mai mancati, era molto legato a suo padre. Un estate, quando avevo 13 anni, mi portò con lui a Malvagia, mio nonno stava morendo ed il suo ultimo desiderio era quello di vedermi almeno una volta. Tuo padre era il medico, fece di tutto per salvare mio nonno, ma la peste lo uccise dopo qualche ora. Mio padre purtroppo fu attaccato e ucciso appena fuori dalla capanna, morì per salvare me. Volevano rapirmi e vendermi ma lui mi salvò. Reouven mi prese con sé, mi aiutò a superare lo shock e poi mi riportò a casa. Tutti mi accolsero come il sopravvissuto  perché tutti pensarono che mio padre era solo un assassino impazzito che mi aveva rapito per uccidermi. Da quel periodo in poi io e tuo padre restammo in contatto.– Noto che gli occhi di Drogo sono pieni di lacrime, che lui trattiene con tutte le forze.

Apro la porta della mia stanza e lo faccio entrare.

- S-sai qual è la cosa peggiore? – Mi dice, balbettando, quasi piangendo.

- Che tutti credono che mio padre sia un bastardo, un assassino.. e io non posso dire a nessuno che razza di perfetto padre è stato per me! – Stavolta comincia veramente a piangere, si lascia andare sul divano.

- N-non posso difendere il suo onore, cazzo. – Mi dice, ancora sconvolto.

- Sarà sempre ricordato come il bastardo che rapì e quasi uccise suo figlio.-

Non so cosa fare, cosa dire.. la sua storia è davvero troppo sconcertante.

- E la colpa è solo mia! Perché non ho le palle di rivelare al mondo la verità su di lui! Perché non sono abbastanza uomo, come lo era lui. –

Si asciuga le lacrime, è in evidente imbarazzo.

- Non dire stronzate. – Mi pronuncio finalmente. – Tu sei uno degli uomini migliori che conosco, e se non dici nulla è solo per proteggere te stesso e tua madre. Cosa te ne frega del parere altrui? Tu e tua madre sapete che uomo era.. il resto non conta. Tuo padre ti ha voluto bene, è morto per farti sopravvivere.. e se adesso tu dichiarassi tutto, moriresti e il suo sacrificio sarebbe vano. Smettila di fare questi discorsi, sono più che sicura che tuo padre è orgoglioso di te e dell’uomo che sei diventato. –

Detto questo, mi precipito sul divano e lo abbraccio forte.

Lui si sfoga, piange, piange a lungo e poi si calma, senza mai ricambiare l’abbraccio.

- Grazie Era. – Mi sussurra. – Credo sia ora che io vada a letto. – Mi dice poi, più abbattuto che mai.

- Preparati, domani andremo a cercare Reouven. – Si alza ed esce dalla stanza di soppiatto, lasciandomi ancora una volta sola ed in balia dei miei ricordi.

 


Ditelo, non ve lo aspettavate un aggiornamento così in fretta mh? Lo so, lo so, sono troppo buona :D

Ma che posso farci? Adoro questa storia anche io, da sempre.

Che ne pensate di Drogo? Preferite lui o Ate? E degli accadimenti di questo capitolo?

Fatemi sapere tutto, aggiorno il prima possibile.

Stefy.

 

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Capitolo 24
*** Dall'altra parte. ***


 


La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Dall’altra parte.

 

Sono quasi le nove di sera, il tramonto è appena finito ed io e Drogo siamo già dall’altra parte della barriera. Non mi ha nemmeno fatto dipingere i capelli. Ma ho indossato i pantaloni e il top che mi avevano dato Egle e Asia la prima volta. Non so se li ho messi per sicurezza oppure perché quella volta Ate mi aveva detto quant’ero bella conciata in questo modo.

Sono ansiosa di incontrarlo, ma più di tutto ho paura di non trovare mio padre. Ho solo dieci ore per cercarlo, le terre dell’est non possono essere interamente visitate nemmeno in due giorni. Spero solo che Drogo mi aiuti, vorrei tanto vedere come sta Egle ma non ho tempo per nulla.

Papà ha la priorità, adesso.

- Stai bene? – Mi chiede Drogo, fermandosi a metà palude e guardandomi sospettoso e preoccupato. – Sei sicura di voler andare? Guarda che se.. –

- Sto bene, sciocchino. E non sono mai stata più sicura in vita mia. –

Rispondo col sorriso sulle labbra. Non è vero, sto da cani.

Ho l’ansia più forte che abbia mai avuto, mi tremano le gambe e ho paura di morire, di trovare mio padre morto, di incontrare Egle e il suo Mutatio.. oppure, nel peggiore dei casi, di incontrare Ate con la sua fidanzata.

- Stai pensando a lui, vero? – Mi chiede atono, mentre camminiamo veloci.

Non rispondo, non mi va di mentire a Drogo, non di nuovo. Sono una persona onesta e sincera, ma non mi va neanche di dire la verità.

Non voglio apparire debole e sdolcinata, voglio superare questa cosa e voglio che lui creda che io l’abbia superata.

- Guarda! C’è un villaggio, forse è quello dov’è stato curato mio nonno, forse è lì la casa di tuo padre, dobbiamo avvicinarci per vedere se ricordo qualcosa. – Mi dice Drogo, indicando delle lucine in lontananza.

Lui non lo riconosce ma io si, subito.

- Quello è il villaggio di Ate, non credo sia quello che cerchiamo. Dai, continuiamo a camminare, non mi va di avvicinarmi. –

Mi pronuncio subito e spero che lui mi porti lontanissima da li.

- No, io ricordo che era molto vicino al confine, dobbiamo provare. –

Quelle sue parole mi fanno ghiacciare, devo provare a dissuaderlo.

- Ti prego! Quel villaggio è abitato, se solo qualcuno ci vede.. – Dico, prendendo una ciocca di capelli in mano. E’ davvero pericoloso, siamo entrambi biondissimi e chiaramente proveniamo dalle terre dell’ovest, se solo qualcuno ci vedesse sarebbe la fine di tutto.

- Hai paura d’essere scoperta o hai paura di vedere Ate? – Mi sorride amareggiato ed io sbuffo,  prendo a braccetto Drogo, sorrido forzatamente facendomi trascinare verso il villaggio, sento il cuore palpitare forte.

- Spero di non doverti mai dire “te l’avevo detto”. – Bisbiglio e cammino senza volontà, col cuore a mille e la preoccupazione che mi sbrana viva.

Dopo molti passi e altrettanti sospiri arriviamo proprio dietro il villaggio. Non si vede né sente anima viva quindi ci addentriamo verso le casette, riconosco immediatamente quella di Ate, ci passo proprio di fronte ma tutto è spento, sembra una casa diroccata e abbandonata come tutte le altre. Poi noto che proprio accanto alla porta c’è una rosa rossa, quella che avevo piantato io. Ma è appassita, abbassata e annerita.. morta.

- Così ti ricorderai sempre quanto ti amo. – Avevo detto, due settimane prima, piantandola con amore. Ricordo e mi rendo conto che il nostro amore è morto proprio come quella rosa, una lacrima mi scende sulla guancia e stringo il braccio a Drogo, facendolo fermare di colpo.

Lo lascio e vado verso la casa.

- Ma che fai? – Bisbiglia mesto, io faccio segno di aspettare.

Mi abbasso proprio davanti la porta, strappo la rosa morta pungendomi.

- Ahia. – Dico e senza accorgermene una goccia di sangue ed una lacrima si depositano proprio sul terreno, accanto allo stelo mozzato.

Tolgo con rabbia e tristezza i petali marci e li getto intorno all’ingresso, desiderosa di distruggere quel maledetto fiore. Poi mi strappo la collana che fino a quel momento avevo sempre tenuto al collo e la lascio proprio sull’uscio chiuso. Do un ultima occhiata alla catapecchia e torno da Drogo, delusa e arrabbiata. Ma cosa mi aspettavo? Deduco di essere una stupida.

- Possiamo andare. – Sussurro, con un fil di voce.. mi appoggio nuovamente a Drogo e ricominciamo a camminare, ben attenti a guardarci intorno. I passi che mi separano dalla casa di Ate adesso sembrano troppi, è come se nel mio cuore io sappia di appartenere lì, a quel luogo.

- Fermi. – Una voce glaciale ci sorprende, Drogo mi prende per mano e mi spinge con lui, vuole correre via ma io sono bloccata. Non riesco a muovermi, né a voltarmi indietro. Drogo continua a tirarmi e infine cado a terra, sono così paralizzata che non riesco nemmeno a ripararmi la faccia.

Cado in mezzo al sangue e al fango, in mezzo a tutto ciò che mi ricorda lui.

E mi rendo conto di non essere semplicemente paralizzata dalla paura.

- Ate. – Sussurro, finalmente due braccia mi sollevano e mi girano.

- Scusami. – Il viso di Ate è a due centimetri dal mio, quello di Drogo è lontano ma altrettanto preoccupato e incupito. – Non volevo ordinarti qualcosa.. – Mi dice, poi, continuando a tenermi dal bacino.

- Puoi muoverti e far quello che vuoi, scusami. – Mi ripete, mortificato.

Io non riesco a parlare e a muovermi comunque, stavolta non per un suo ordine, ma per il fatto che lui è a due centimetri dal mio viso sporco di fango. Sono orrenda, sono con un altro uomo, sono indecente e lui è qui.

- Ti prego, lasciami adesso. – Sussurro ma lui è immobile tanto quanto me. Sono incatenata a lui, non con catene o manette, ma con lo sguardo.

- Non l’hai sentita? Ha detto di lasciarla. – Drogo interviene facendomi provare un sentimento a metà tra il sollievo e il terrore, non riesco a respirare, quasi. Le mani di Ate si muovono impercettibilmente, quasi imitando una carezza d’amore. Poi, ad un tratto e senza preavviso, si allontana di botto, continuando a guardarmi per un po’. Resto ferma.

- Cosa ci fate qui? – La sua voce è ancora più roca e sensuale di quanto ricordassi, mi mette i brividi, Drogo viene verso di me e mi cinge per un fianco, vuole proteggermi.. lo capisco, ma sono imbarazzatissima.

- S-stiamo cercando mio padre. – Dico in un soffio, sconvolta.

- Siete impazziti per caso? – Lo sguardo di Ate è fisso sul mio fianco, sta guardando con odio e disprezzo la mano di Drogo che mi stringe.

Il mio fianco è scoperto.. e Ate lo guarda, furente.

- Non potete mica venire qui come se nulla fosse! E’ pericoloso per tutti.. vi ho trovati io stavolta, ma se vi avesse trovato qualcun altro sareste morti o feriti o, nel migliore dei casi, prigionieri. – Dice velocemente.

- Sappiamo quello che facciamo. – Risponde Drogo, altrettanto adirato e presuntuoso. – Abbiamo entrambi il Dono, sappiamo difenderci. – Dice.

- Sei un irresponsabile ed un idiota se pensi di poterla proteggere da tutti i pericoli, sei ancora più idiota se ti sei lasciato convincere a venire qui. – Sbraita Ate, stavolta guardando direttamente Drogo.. sono tesissima.

- Era ha bisogno di un padre, ed ha bisogno di me per trovarlo, quindi se non hai altri insulti lasciaci andare per la nostra strada. – Dice, educato e freddo, glaciale. Drogo è molto diverso da Ate, non in maniera negativa.. ma neanche in maniera positiva. Immagino uno scontro tra di loro, ma non riesco ad immaginare il vincitore. Sono entrambi forti, uomini, stupendi e scaltri. Hanno semplicemente due caratteri diversi.

- Non posso lasciarvi passare. Sono diventato sceriffo di distretto. Questo è il mio villaggio ed io devo proteggerlo. Mi dispiace, dovete tornare dall’altra parte, subito. – Ate sembra davvero convinto di quello che dice.

- Oh. Hai ottenuto un lavoro migliore, così puoi mantenere tua moglie? – Dico ad un tratto, pungente. – Oppure devi ancora pagare il matrimonio? – Ho le lacrime agli occhi, le mani mi tremano e vorrei scaraventarmi su di lui, ma la mano di Drogo mi tiene, mi da sollievo e mi blocca, proteggendomi da tutto ciò che potrebbe succedermi. Ate mi fa solo male.

- Devi farmi passare. – Mi allontano da Drogo e mi avvicino ad Ate, minacciosa e seria come mai nella mia vita. – Lo sai che me lo devi. – Continuo poi, a due centimetri dal suo viso. – Non te lo perdonerò mai se non lo fai. – Concludo le mie minacce e i miei ricatti così. Lui rimane impassibile per un paio di secondi e poi si scosta, per farmi passare.

- Andatevene prima dell’alba e state attenti a non farvi scoprire. – Ci dice, con voce quasi inesistente. Nemmeno gli rispondo e non lo degno di uno sguardo. Drogo mi prende per mano e andiamo via da quel villaggio, diretti altrove. Voglio voltarmi indietro per rivederlo un ultima volta ma me lo impedisco, so bene che la nostra storia ormai è finita. Non c’è più nulla da recuperare, quando ho nominato sua moglie lui non ha nemmeno provato a controbattere. E poi è stato così strano stargli accanto che non voglio ripetere l’accaduto, mai più, soprattutto non davanti a Drogo.

- Stai bene? – Drogo dice queste due parole, non appena siamo ben lontani da Ate e dal suo villaggio. E onestamente non riesco a trovare le parole per rispondere quindi dico l’unica cosa che mi viene più facile.

- Sì. – Bisbiglio, in tumulto.

- Sei diventata quasi più brava di me a mentire. – Dice ad un tratto lui, sorprendendomi. – Ma hai ancora qualche difettuccio da correggere. Non devi guardare altrove, né abbassare lo sguardo, né sbattere le ciglia. – Dice ancora, lasciandomi stupefatta. Possibile che sia così evidente?

- E poi sarai una bugiarda perfetta. – La sua voce è incrinata, non capisco se è dovuto alla rabbia, alla paura, alla delusione o all’incertezza.

- Non so se voglio esserlo. – Rispondo con naturalezza e calma, spostando i capelli all’indietro. La brezza continua a scompigliarmeli, però.

- I bugiardi sopravvivono sempre. – Mi risponde, amareggiato dalla sua stessa affermazione ed io, in cuor mio, so che ha ragione. Continuiamo a camminare e sotto i sandali sento la molliccia fanghiglia che mi riempie di malinconia. Qualche settimana fa mi ero abituata al suolo molle e sporco.

Qualche settimana fa stavo con lui ed ero felice.

- Guarda! – Drogo interrompe i miei pensieri patetici indicandomi altre piccole luci provenire da un piccolo bosco, poco distante da noi.

- Forse ci siamo, vieni! – Mi prende istintivamente per mano, quasi eccitato, e inizia a correre verso quelle luci. Io sono un po’ meno impulsiva, ma ho il cuore in gola per ciò che posso scoprire. Forse lì c’è papà.

Arriviamo nel posto agognato dopo qualche manciata di minuti. Sono stanca, ho il fiatone ed il cuore a mille.

- Fermati. – Drogo mi blocca, mettendomi una mano sulla pancia scoperta e trattenendomi. – Calmati e non essere impulsiva, potrebbe esserci qualcuno. –

- Va bene. – Dico, ansimando forte, e stringendo il lembo della sua canotta, lui mi guarda e mi carezza il viso, prendendo e giocherellando con un mio ricciolo biondo.

- Andrà tutto bene. – Mi rassicura, mi prende per mano e cammina a viso scoperto verso quel villaggio che potrebbe cambiarmi la vita.

Stanotte partenza per Manchester, ci risentiamo tra una settimana, baci belle.

Stefy.

 

 

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Capitolo 25
*** Faccia a faccia. ***


 


La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Faccia a faccia.

 

Il tratto di bosco è breve, il villaggio è a pochi passi ma a me sembra un eternità, Drogo mi tiene per mano e questo mi rassicura.

- Eccola. – Indica una piccola casa in legno, non troppo malconcia.

- Quella è la casa. – Specifica e ci dirigiamo verso essa, stando attenti.

- La luce è accesa! – Sbraito quasi, ma lui prontamente mi tappa la bocca con la mano. Mi guarda severo ed io aggrotto le sopracciglia.

Si avvicina all’unica finestrella della casupola e sbircia, provando a stare nascosto il più possibile.

- E’ lì dentro. – Mi dice ed io esulto, non voglio sentire altro.

- Papà! – Sbraito, aprendo la porta impulsivamente.

Il calore della casa mi pervade e per la prima volta vedo mio padre.

E’ seduto su una sedia di legno scuro, ha una penna in mano e mi guarda nella maniera più sorpresa possibile. E’ sconvolto, spaventato. Moro, occhi verdi.. bello quasi quanto Ate. Mi accorgo di adorare la sua barba.

- Era. – Bisbiglia quasi senza voce. Io rimando immobile, a qualche metro da lui, sono affannata e indecisa. Cosa devo fare ora?

- Piccola mia. – Si alza di scatto e mi viene incontro, baciandomi sulle guancia e abbracciandomi.

Mi solleva e mi fa girare due o tre volte attorno alla stanza. Poi mi mette per terra e per un momento sento la mia testa girare. Sono contentissima.

- Reouven. – Drogo è dietro di me e saluta mio padre con rispetto, porgendogli la mano. – E’ un piacere rivederti. – Dice, gentile.

- Anche per me, caro Drogo. – Mio padre sorride e ricambia la stretta di mano. – Anche per me.-  E’ quasi commosso, riesco a vedere i suoi occhi luccicare. E’ felice di vedermi, è felice che io sia venuto a cercarlo.

Vorrei correre indietro da Ate e urlargli: “Vedi? Ho fatto bene”, vorrei dimostrargli che non sono la bambina inesperta che lui crede che io sia.

- Ma.. come siete arrivati fin qui? E perché? Oh dio, potrebbe essere così pericoloso.. perché siete qui? – La sua voce è apprensiva, bassa e rassicurante. Quasi riesco a immaginarmi una fiaba letta da lui.

- Per te, papà. – Dico in un soffio, ancora stretta a lui.

- Sono così contento di averti rivista, piccola mia. – Mi dice lui, aumentando la già possente stretta, quasi facendomi male.

- Ti voglio bene. – Gli dico impulsivamente e lo sento davvero, dentro le vene, che pulsa insieme al cuore. Il mio affetto per lui è inspiegabile, non lo conosco né ho ricordo di lui.. ma lo amo come una figlia ama un padre.

- Anche io te ne voglio, perdonami tutto. Ti prego. Farò qualsiasi cosa vorrai per farmi perdonare. – Mi dice affranto, sentendosi in colpa.

E stavolta gli getto le braccia al collo, provando involontariamente a soffocarlo.

- Non è colpa tua! So che la nonna è una donna ignobile, tu non mi avresti mai abbandonata di proposito! Mi hai salvata da morte certa! Io ti voglio bene e non ho niente da perdonarti, sei il mio papà! – Dico felice.

Ad un tratto sentiamo bussare alla porta, i muscoli di mio padre si irrigidiscono subito e Drogo scatta come una molla, alzandosi dalla sedia.

- Fermi, non muovetevi. – Sussurra mio padre.

- Chi va la? – Dice poi, ad alta voce.

- Sono Ate Zahrah, signore. – Una voce maschile proviene aldilà della porta, mio padre mi guarda ed io annuisco. E’ la sua voce ed io voglio morire.

- N-non aprire. – Dico in un soffio. – Non voglio vederlo. – Continuo tremante, Drogo mi abbraccia da dietro ed io mi volto, appoggiando la testa sulla sua spalla. Inizio a singhiozzare.

- Devo. Sono il medico, potrebbe aver bisogno. –

- Signore, aprite, vi prego. – Sento ancora una volta quella voce e mi sembra di morire ancora e ancora. E’ una pugnalata al cuore.

Non capisco come mai adesso ho tutto questo bisogno di piangere, l’ho affrontato a testa alta qualche ora prima.. e adesso? Cosa mi succede?

- Si? – Mi accorgo che mio padre ha aperto la porta solo un po’, e sta bisbigliando con Ate. Subito dopo sento la porta chiudersi e mi volto, essendomi calmata e pensando che Ate non ci sia più, ma lui è qui, dentro la casa di mio padre, e mi guarda con occhi gelosi e pieni di tristezza.

- Ciao. – Dice, a bassa voce. – Di nuovo. – Aggiunge, fissando il suo sguardo alle braccia di Drogo che mi stringono possessivamente.

- Che ci fai qui? – Sibilo nervosa ed arrabbiata, possibile che debba rovinare anche il ricongiungimento con mio padre?

- Mi dispiace avervi interrotto, non era mia.. –

- Ho chiesto che ci fai qui. – Continuo, lasciando mio padre a bocca asciutta, magari mi immaginava debole e piagnucolona.

- Vi stanno cercando. – Sussurra ed io mi allarmo. – Ci sono i Guardiani in giro, vi cercano. – Continua poi, ed io non capisco cosa stia dicendo. Sono troppo impegnata a cercare di calmarmi e respirare normalmente.

- Qualcuno vi ha visti, ha visto le vostre teste bionde. Vi cercano ovunque, e se vi troveranno sarà la fine. Per voi, per noi, per tutti. – Continua.

- Dovete venire con me. – Dice infine. – Io posso nascondervi, proteggervi e aiutarvi. – Quest’ultima frase, chissà perché, mi fa stare meglio.

- Non credi sarebbe meglio separarli? – Mio padre interviene ad un tratto, troneggiando con la sua voce autoritaria. Drogo mi stringe istintivamente ma io sento il bisogno di divincolarmi, non lo faccio e rimango con lui.

- Non saprei, signore. Potrebbero trovarne uno solo. – Spiega Ate.

- O entrambi o nessuno. – Dice Drogo. – Non potrei vivere sapendo che hanno preso lei e non me. – Annuncia dolce e premuroso.

- Potrebbero prendere te e lei potrebbe salvarsi, però. – Esordisce Ate, dandogli uno schiaffo verbale. – Nella vita bisogna rischiare per le persone amate. – Adesso ne da uno anche a me.

- Posso rischiare stando accanto a lei, l’ho portata fin qui e la riporterò a casa. – Drogo sembra irremovibile ma la sua voce trema visibilmente.

- Drogo, ragiona. – Mio padre si intromette. – Avete più possibilità di fuggire se non state insieme. Siete meno vistosi e più agili. –

- Sanno tutti che ho una figlia femmina dall’altra parte, in questo villaggio. Quindi tu colorerai i tuoi capelli, prenderai i miei vestiti e starai qui con me, fingeremo che tu sia un apprendista. – Stavolta Reouven inizia a dettare legge, non vuole essere interrotto. – Ed Era verrà nascosta e protetta da Ate. Se per lei va bene, è ovvio.. – Si volta verso di me ed io non riesco a dire nulla, ho gli occhi sbarrati e mi manca la voce.

Annuisco soltanto, so che è per il bene di tutti.

- Andiamo allora, non c’è tempo. – Ate mi fa segno di seguirlo con la testa ma mio padre lo afferra minaccioso dal braccio.

- Prova a toccarla, a ferirla o a spezzarle il cuore ed io ti spezzo le gambe, è chiaro? Lei è la mia bambina ed io non la lascerei mai nelle tue mani, se ci fosse un altro modo per farla sopravvivere. Proteggila a costo della vita, Ate. O morirai per mano mia. E’ tutto chiaro? – Ate lo guarda, quasi fronteggiandolo e poi abbassa lo sguardo e annuisce rispettosamente.

- La proteggerò ad ogni costo, signore. – Promette Ate e stavolta lo seguo, uscendo dalla baracca. Drogo mi guarda e mi saluta con la mano, io non me la sento di ricambiare. Con una lacrima vado via.

Buon Natale.

Stefy.

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Capitolo 26
*** Tentazioni ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

Tentazioni.

 

- Sono passate quasi quattro ore, una parola potresti pure rivolgermela. – La voce di Ate è sarcastica, fredda e quasi annoiata. Siamo dentro una caverna, abbiamo camminato per oltre un ora e mezza, nel completo buio, e adesso siamo in una specie di stanza scavata nella roccia. C’è un letto singolo, un tavolino con dei pezzi di carta, un cesto con del pane e dei pezzi di carne cotta ed un baule dal contenuto sconosciuto. Mi fermo a pensare al letto, come riusciremo a dormire entrambi stanotte? C’è solo un posto. Quindi significa che faremo a turno.

- Non ho voglia di parlare, sono stanca. – Dico, annoiata e fredda quasi quanto lui. Mi viene difficile fare l’antipatica con lui, per quanto mi abbia deluso e squarciato il cuore, provo ancora dei forti sentimenti per lui.

- Devi cambiarti, devi metterti questi vestiti. – Mi lancia una gonnellina in pelle ed un top non troppo scoperto. La gonna è quasi indecente però.

- E perché mai? Ho già dei vestiti in pelle. – Abbasso lo sguardo e noto che sono quasi completamente strappati ed indecenti. Mi domando quando li ho ridotti così. Rimangio quello che ho detto e afferro i vestiti di Ate.

- Potresti uscire? – Domando, quasi ordinando glielo.. e lui si volta, dandomi le spalle.

- Non posso, qualcuno potrebbe vedermi. Vai pure, io non mi volto. – Mi rassicura.. ed io capisco di non avere altra alternativa.

Provo a sfilare il top con velocità ma non ci riesco, c’è qualcosa che rimane incastrato. Provo a lungo ma è inutile.

- Potresti aiutarmi? Non riesco a sfilarlo. – Mi decido a chiedere aiuto ad Ate e lui si volta immediatamente, quasi emozionato per la richiesta.

Mi volto di spalle e lui armeggia, sfiorandomi diverse volte le spalle e la schiena con i polpastrelli. Rabbrividisco e mi viene la pelle d’oca, vorrei mugolare o ansimare, ma mi trattengo.

Ad un tratto il top si sfila di botto e mi lascia nuda, mi copro subito con le mani e vedo Ate correre davanti a me e darmi di nuovo le spalle.

- Scusami, non volevo sfilarlo del tutto. – La sua voce trema, così come la sua gamba destra e probabilmente la sua fedeltà verso la futura moglie.

- Non fa nulla. – Bisbiglio piano, infilando cautamente l’altro top.

Questo è molto più coprente e attillato del precedente. Evidenzia le forme ma non le mette in mostra direttamente, mi piace abbastanza.

Sfilo i pantaloni con una lentezza esasperante, ho un taglio sulla coscia e mi fa molto male.. ma decido di non dire niente ad Ate, non mi piace quando si preoccupa per me. Infilo la gonnellina che arriva a metà coscia e, per mia sfortuna, non riesce a coprire il taglio semi-profondo.

- Ho finito. – Annuncio ed Ate si volta lentamente, quasi volendo lasciarmi qualche altro secondo per sicurezza. E’ ancora imbarazzato, confuso e probabilmente è stanco quanto me. Dentro la stanza-grotta è tutto buio, abbiamo solo la soffusa luce di una grossa candela.

- Hai fame? – Mi chiede apprensivo. – Sonno? Sete? Insomma.. hai bisogno di qualcosa? – Diventa quasi morboso e parla troppo velocemente, ma la sua voce è ancora fredda, roca e irresistibile, come lo è sempre stata.

“Fatina.” Sento rimbombare nella mia testa. “Ti spoglierei, ti bacerei tutta, ti farei sentire ciò che provo, ti amo, ti farei urlare.. ma quello è un taglio!” Sento ancora nella mia testa, forse sono io che lo immagino.

- Ma quello è un taglio! – Dice Ate nello stesso momento in cui sento la voce, indietreggio e mi siedo sul letto. Riesco a leggergli i pensieri.

- Non è niente, non mi fa male. – Mento spudoratamente.

“Non sa ancora mentire.” Pensa lui e ancora una volta lo recepisco.

- Fammi dare un occhiata.- Mi chiede e si avvicina, inginocchiandosi davanti a me, proprio all’altezza delle mie cosce. E’ una posizione molto erotica e compromettente. “Ti bacerei tutta, ti farei urlare” Ripenso alla voce di poco prima e comincio ad immaginare, liberando nell’aria un forte odore.

“Cazzo, è bagnata!” Pensa spudoratamente facendomi arrossire, non ho la forza di fare niente né di dire niente. Voglio solo svenire o fare l’amore.

- Ti fa male? Dimmi la verità. – Ci passa sopra un dito e fa davvero male, ma le sue mani su di me fanno anche bene.

- Un po’. – Dico una mezza-verità e istintivamente apro un po’ le gambe, non voglio provocarlo, ma non riesco a non essere languida, adesso.

“Porca troia, adesso mi apre pure le gambe! Cosa vuole che faccia? Maledizione!”  Pensa con una voce arrabbiata, frustrata. Non so nemmeno io cosa voglio.

- Devo disinfettarla. – Annuncia subito dopo ed io mi accorgo di non riuscire a formulare frasi corrette. Dovrebbe alzarsi e prendere qualcosa per curarmi, ma resta immobile, inginocchiato, davanti alle mie gambe semi-aperte.

“Devo baciarla, devo farle capire che ancora la amo, devo toccarla. Cazzo! Io ne ho bisogno! Devo darle piacere, lei mi vuole!” Pensa ancora, immobile, rendendomi immensamente felice. Sorrido appena.

“Adesso sorride pure! Vuole farmi morire, è tutta una tattica per farmi cedere. Tentatrice del mio cuore. Adesso..”

“ No, sei quasi sposato, non puoi.” Mentre ascolto i suoi pensieri, un’altra voce femminile s’insinua nella mia testa. Ma chi è?

“Brutta cagna, è venuta qui per riprendersi il mio promesso. Maledetta e infima puttana.” Adesso capisco chi è, mi alzo di botto.

- Sai che ti dico? Non ce ne bisogno, è solo un graffio. – Ate rimane per terra, si volta e mi guarda sconvolto. “Ma che le è successo?” La sua voce ritorna nella mia testa ma io la ignoro, e scompare. Non sento più nulla e sono consapevole che quella sciacquetta della sua promessa è qui accanto.

- Amore, stai bene! – Spunta dalla penombra e corre ad abbracciare Ate, che ricambia sorpreso e forzato. Mi guarda con la coda dell’occhio ed io mi volto, è troppo doloroso vederli insieme.

- Ciao! Io sono Taji! – Viene verso di me e mi porge la mano, io la stringo con riluttanza, quasi schifiltosa. E la squadro dalla testa ai piedi.

Bruna, magra e formosa, con occhi neri e denti ingialliti.

Non è stupenda, ma è decisamente carina. E molto volgare.

Quel pezzo di stoffa sopra il petto è così minimo che a malapena le copre il metà seno, e i pantaloncini in pelle lasciano scoperto qualche centimetro di natiche. E’ davvero inguardabile, secondo i miei canoni. Inguardabile e provocante. Forse è per questo che piace ad Ate, perché se le dovessi dare un nome la chiamerei di sicuro “Sesso” o “Esplicita”.

- Io sono Era, è un piacere conoscerti. – Mento, mento spudoratamente e mi sforzo di sentire cosa pensa. Ma non ci riesco più, non capisco come sia stato possibile prima, forse è stato il Dono.

- Ero venuta a darti notizie, i Guardiani hanno deciso di abbandonare le ricerche, ricominceranno oggi pomeriggio. Potresti tornare a casa, fare una doccia, riposare un po’. Resterò io con la ragazza. – L’ultima parte la dice con disprezzo, quasi con rancore. Ate scuote prontamente la testa.

- Ti ringrazio Taji, ma non ho intenzione di lasciare due donne da sole, qualcuno potrebbe trovarvi e voi non sapreste difendervi. – Annuncia fiero, quasi come un condottiero o un cavaliere che decide della sorte altrui.

- Ma sai bene che questo è un posto sicuro, io stessa mi sono persa un paio di volte nel tentativo di trovarlo! – Lei continua con quella vocina stridula ed insopportabile, vorrei tanto strangolarla o farle molto male.

- Non metterò a rischio le vostre vite, questo è quanto. Adesso torna a casa, non c’è bisogno di rischiare anche la tua incolumità. – Ate sembra ancor più un eroe, ma il suo modo di proteggere Taji mi rattrista parecchio.

- Ti prego, voglio aiutarti! Sei il mio compagno adesso. – Enfatizza quest’ultime parole quasi apposta per farmi del male. Io vorrei ringhiare come un animale e squarciarle la gola. Non capisco da dove provengano tutte queste idee malsane.

- Ti prego, vai a casa e controlla Egle, hai ragione.. sei la mia compagna, ed è lì che mi servi. Nasir non può annullare tutta la sua vita per lui. Anche lei ha bisogno di tempo libero. – Io continuo a rimanere in disparte, ascoltando attentamente parole e tono di voce. Vorrei tanto che lui la rinnegasse, che l’umiliasse davanti a me ma non lo fa.

- Vorresti mandarmi via da qui per proteggermi, però vuoi che vada a tener compagnia ad uno stupratore assassino? – La sua voce è più stridula che mai, sembra quasi un suono che spacca i timpani. La odio.

- Ti prego di non parlare così di mio fratello. – La ragazza sospira ed vedo Ate muoversi e sedersi su una pietra sporgente. I suoi muscoli ed i suoi addominali sono molto in risalto ed io mi accorgo di provare ancora le sensazioni di qualche minuto prima.

Mi piace, mi piace ancora tanto. E non dovrebbe.

- Se vuoi andartene vai pure, vai dove ti pare. – Adesso la situazione è a dir poco glaciale, Taji lo fulmina con lo sguardo ed Ate, dal canto suo, non sembra meno nervoso. Vorrei tanto difenderlo ma so che non se lo merita.

- Posso rimanere anche da sola. – Sbotto ad un tratto, stanca di questa situazione. – Se è questo che vi fa litigare. – Finisco la frase sospirando.

- Tu fatti gli affari tuoi, per cortesia. Ci manchi solo tu, adesso. – Il gelo si impossessa anche di me, e sento l’impulso di risponderle in maniera volgare, ma non è nella mia natura.

- Non parlarle così. – Ate si intromette ed io mi trattengo dal sorridere.

Si alza dalla roccia, sembra più grande e possente che mai.

- Stai azzardando troppo, sai bene che odio quando fai la bambina. Era sta solo cercando d’aiutare, ora vattene prima che dica qualcosa di cui potrei pentirmi. Mi stai proprio dando sui nervi. – Mi trattengo ancora una volta dal sorridere e dal piangere. Sono felice che lui mi stia difendendo ma sono triste perché non è più mio. Adesso appartiene a questa donnaccia.

- Va bene. – Fa uno strano gesto con la mano. – Me ne vado, e di certo non da quello psicopatico di tuo fratello. Vado da Frijof. – Esce dalla caverna più velocemente di quando c’è entrata, lasciando Ate boccheggiante.

- AHHH! – Un urlo si libera in tutta la stanza, mi volto e vedo Ate fuori di sé. Scaraventa per terra tutto ciò che si trova davanti, urlando con voce roca. Il tavolino, le coperte, il baule

- AHHHHH! – Un ultimo esce dalle sue labbra, io indietreggio mentre lui si avvicina, non l’ho mai visto così arrabbiato, potrebbe farmi del male potrebbe aver preso il Mutatio, potrebbe.. si inginocchia davanti a me e appoggia la testa sulle mie cosce che tremano. Sento le mie cosce bagnarsi un po’ e il suo corpo scuotersi forte, sta piangendo.

Ciao! Eccomi con un nuovo e lungo e, a mio parere, incredibile capitolo. Mi piace davvero tanto, sono sorpresa che qualcosa di mio possa arrivare a piacermi così tanto! Che ci posso fare? Sono una fan sfegatata di Ate ed Era, insieme! Come potremmo chiamarli? Are/Eta? Aiutatemi :D

Stefy!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 27
*** Tutta la verità ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

Tutta la verità.

 

Rimango pietrificata ma deposito una mano sulla sua spalla nuda e muscolosa, voglio confortarlo, sembra fuori di sé. Non l’ho mai visto così sconvolto e sconfortato in questi mesi. E muoio vedendolo così.

- Uh, non. – Non riesco a formulare una frase completa. – Basta. –

Lui non smette, non riesce a respirare bene e comincio a sentire dolore anche io, stringe spasmodicamente le mie cosce scoperte e le sue lacrime bagnano la mia ferita aperta, ma il dolore più grande ce l’ho nel cuore.

- Ti prego. – Dico ancora, nel tentativo di farlo stare meglio. Non so cosa devo dire, non so cosa riuscirò a dire. E’ tutto così incredibilmente doloroso. Inizio a lacrimare anche io, i miei occhi cominciano a bruciare e smetto di trattenermi, smetto di essere forte e mi lascio andare.

Mi inginocchio davanti a lui, siamo a due centimetri scarsi di distanza e piangiamo. Urlo, urlo forte anche io, come ha fatto prima lui.. e poi piango e mugolo e singhiozzo. Mi abbraccia ed io ricambio, disperata.

- Ti amo. – Sussurra ad un tratto e poi indietreggia sulle ginocchia, smettendo di piangere o di parlare, sembra quasi che non respiri nemmeno. Il suo torace è immobile, abbronzato e scolpito.

Io sbatto le palpebre bagnate, incredula. Ho sentito bene?

- Anche io. – Rispondo d’istinto e lo guardo dritto negli occhi, ormai non ho nulla da perdere, lui è l’unica cosa che ho. Che avevo.

Ci guardiamo per dei secondi, o per dei minuti, a me il tempo sembra interminabile, poi lui allunga la mano verso di me, alzandola ed aprendo bene le dita, come a voler dire “batti cinque!”.

Io allungo la mano come lui e la appoggio delicatamente alla sua, la mia è molto più piccola ma molto più calda. Incrocio le mie dite con le sue, ed entrambi chiudiamo la mano, stringendoci. Il contatto visivo non cessa.

I suoi occhi sembrano un immensa vallata verde su cui posso perdermi ed essere me stessa, e a giudicare dal suo sguardo, anche lui sta per perdersi nel mio oceano cristallino.

Continuiamo a fissarci, a stringerci la mano e ad amarci in silenzio.

Non c’è bisogno di ripeterci, non c’è bisogno di dimostrarlo. Lo sappiamo, lo sentiamo dentro le vene, sulla pelle e sotto. Arriva fino al cuore.

Io mi alzo lentamente, la posizione è davvero troppo scomoda da sopportare, la pietra ruvida sotto di me mi ha graffiato le ginocchia e stanno iniziando a sanguinare. Non gli lascio la mano, né distolgo lo sguardo, non ne ho la minima intenzione. Anche lui si alza come me e poi si avvicina lentamente. Siamo davvero vicinissimi, nel cuore e col corpo.

- Ti amo. – Mi ripete poi, senza indietreggiare. Lo dice di proposito stavolta. Il suo sguardo sembra ancora più sincero delle sue parole.

- Ti amo. – Dico in un soffio e voglio baciarlo, ma mi trattengo, non posso mettere a repentaglio la sua relazione, non se lui non fa la prima mossa.

Non so che intenzioni abbia con Taji, non so in che guaio possa metterlo.

- Vorrei tanto.. – Sospira per un momento e fa per continuare.

- Lo so. – Dico, stringendogli ancora la mano. – Vorrei anche io. –

-.. baciarti. – Continua, quasi incurante delle mie parole. Si avvicina pericolosamente, e mi prende il viso con la mano libera, senza mai lasciare l’altra. Il suo fiato mi solletica il viso ed io vorrei tanto sorridere.

- Taji. – Dico con un soffio, consapevole di poter rovinare tutto ma speranzosa di salvarlo, di avvertirlo, di farlo ragionare.

- Taji non esiste per me. – Risponde enigmatico. – Io sono tuo. – La sua risposta è così perfetta che non riesco a controbattere nient’altro.

Si avvicina ancora, mi accarezza il viso ed istintivamente chiudo gli occhi.

Le sue labbra sfiorano le mie, posso sentirle limpidamente premere contro di me. E’ un bacio passionale ma delicato, schiudo le labbra e lo approfondisco. La mia saliva si mischia con la sua, e per me il mondo non ha più importanza. Tutto si ferma, tutto perde odore e colore. Esiste solo il verde dei suoi occhi, il nero dei suoi capelli, il profumo della sua pelle.

Le nostre mani restano attaccate, ed io gli accarezzo i capelli, smettendo di respirare. Il bacio è così bello che non riesco a pensare a nulla di negativo. Le ginocchia fanno un male cane, ma non me ne accorgo. Il taglio sulla coscia probabilmente è infetto, ma non gli do attenzione. I Guardiani, o chiunque essi siano, vogliono la mia testa, ma non ci penso.

Taji probabilmente ha baciato queste labbra qualche ora fa, ma non riesco a infastidirmi. Ate è la mia maledizione, ed è la mia malattia, ma è anche la mia redenzione e la mia cura. Ate è il cielo e le stelle, Ate è il caldo ed il freddo, l’amore e l’odio, la vita e la morte, ed è l’uomo che amerò per tutta la vita. Le sua mano si sposta tra i capelli e li stringe con passione, poi scende sulla spalla e mi avvicina ancora di più a lui. I nostri petti si toccano e sento subito dei brividi su per la schiena.

- Ate.. – Sussurro il suo nome senza motivo, lui rabbrividisce.

Ricomincio a baciarlo e lui scende con la mano fino al fianco, lo stringe forte, io lascio la sua mano e mi aggrappo con forza alle sue spalle.

Lui ne approfitta per prendermi in braccio ed io non ribatto, intrecciando le gambe intorno al suo bacino.

- Non possiamo. – Sussurro subito dopo, ricordandomi di tutto.

Sciolgo la sua presa e mi allontano, quasi come se mi fossi scottata.

So che vorrebbe chiedermi il perché, ma anche lui sa la risposta.

- Taji, ricordi? Alta, formosa, fidanzata? – Dico, sarcastica e amareggiata. Vorrei tanto essere arrabbiata con lui, ma non ci riesco.

- Non m’importa niente di lei, maledizione! – Sbraita, incredibilmente infuriato. Stringe i pugni e noto un rigonfiamento nei suoi pantaloni.

E’ eccitato, non credevo che fossimo arrivati a quel punto.

- Tu sei promesso a lei! – urlo a mia volta, ricordandogli i suoi doveri.

- Non per scelta mia! – Urla ancora. – Possibile che tu non capisca? Non è lei che ho scelto, non è a lei che ho regalato la collana! – La sua voce è disperata, sconvolta. Noto che stringe qualcosa.

- L’avevo data a te. – Dice, aprendo il pugno e mostrandomi la collana che ore prima avevo lasciato davanti casa sua, insieme ai petali di rosa.

- Mi dispiace. – Sussurro, vorrei capire e vorrei stare bene. Vorrei che Taji non esistesse, vorrei che esistesse un'altra terra, a nord o a sud, una terra solo per me e lui, e papà e mamma insieme, e Egle ed Asia. E anche per Drogo. Vorrei una terra d’amore, un lieto fine, una volta tanto.

- Mi dispiace tanto. – Le lacrime cominciano ad affiorare, io mi sento debole e senza forze. Mi sento stanca, stanca di trattenermi.

Comincio a piangere, fregandomene di tutto. Il dolore alla gamba è forte, ma il dolore al cuore è insopportabile. E’ ricominciato, forte e possente.

- Ti fa di nuovo male il petto? – Ate si avvicina a me mentre io mi accascio al suolo, arriva in tempo e mi prende tra le braccia, poggiandomi sul letto.

- E’ il cuore. – Sussurro, in preda alle fitte. – Non il petto. – Lo correggo e poi chiudo gli occhi, stanca di sopravvivere. Svengo e per un momento spero non svegliarmi più. Nei sogni si sta meglio.

Il buio si impossessa di me, il dolore scompare, le lacrime e tutto il male vanno via. Solo la faccia di Ate rimane, bellissimo e incredibilmente reale.

- Sei vero? Siamo veri? – Gli domando, dandomi un piccolo pizzicotto sul braccio. Mi accorgo di non indossare quei vestiti in pelle, ho una semplice tonaca bianca, scollata e sobria.

Lui ha dei pantaloni in lino, color panna, sembrano quasi trasparenti.

- Sì. – Mi dice, apprensivo. – Ci siamo davvero. – Mi rassicura.

- Ci ricorderemo di tutto ciò? – Mi preoccupo, subito dopo.

- Si, quando ti sveglierai ricorderemo tutto. – Le sue risposte sono chiare e calme quasi quanto il suo tono di voce, rassicurante e caldo.

- Non so se voglio svegliarmi, stavolta. – Ammetto, quasi vergognandomi di questa frase. Non mi ero resa conto di quanto fossi infelice, fin ora.

- Perché dici questo? – Ate si avvicina e mi guarda negli occhi come se non ci fosse un domani, è premuroso, forse spaventato dalle mie parole.

- Perché qui dentro.. – Indico la mia testa. – Dentro i miei sogni, noi possiamo stare insieme, senza guerre, senza tradimenti, senza dolore. – Spiego nel modo più genuino possibile, continuando a guardarlo negli occhi. Lui sorride appena e poi ritorna a fissarmi con seriosità.

- Non puoi rinnegare la realtà, dovrai tornare, prima o poi. – Questa affermazione mi mette giù di morale, non voglio tornare, non voglio più combattere e soffrire, voglio solo stare con lui, sempre.

- E se non volessi? – Dico, quasi in tono di sfida.

- Accadrebbe qualcosa che non deve accadere. – I suoi occhi si chiudono e diventano due fessure, i suoi pugni si serrano e la sua mascella si contrae.

- Moriresti. – Sussurra questa parola con un filo di voce ed io rabbrividisco. Non è ciò che voglio. Che fine farebbero Drogo e papà? - Moriremmo, io non ti lascio. - Si corregge e io capisco che lui può andarsene quando vuole, ma non lo fa.

- Dopo quanto tempo? – Chiedo, voglio godermi questi momento di bianco e di pace, più a lungo che posso. Lui mi guarda e mi sorride.

- Sono già quasi tre giorni che sei– Si interrompe e si corregge. – Che siamo svenuti. Potremmo già essere morti per mano di qualcuno che ci ha trovato nella caverna, potremmo essere nelle mani dei Guardiani, e se restiamo ancora qui potremmo morire di fame, di sete, di freddo. –

Le sue parole mi spaventano, ma non mi sento pronta a tornare.

- Siamo qua da cinque minuti scarsi! – protesto, com’è possibile?

- Questo mondo è parallelo, ed è molto più lento. – Mi dice..

-Adesso devi svegliarti, Era. Dobbiamo svegliarci. –

Ad un tratto capisco, non posso mettere la nostra vita a rischio, né quella di entrambe le terre solo per un mio momento di scoraggio.

1.. 2.. Mi faccio forza e conto mentalmente, prima di svegliarmi. 3!

Io e Ate trasaliamo nello stesso momento, tossiamo forte e ci guardiamo subito fissi. Siamo sdraiati in due letti vicini, ma non uniti. La stanza è calda, accogliente, fatta in legno di acero e pino. Ne riconosco i profumi. E sento un fortissimo odore di incenso, non capisco come mai ci sia questo profumo in giro per casa. Poi vedo un ramoscello d’incenso che brucia.

Ciao bellissime, oggi pubblico l'ultimo capitolo dell'anno.. e domani spero di riuscire a pubblicare il primo :D Spero vi piaccia. Un beso.

Stefy.

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Capitolo 28
*** Ritorno alla realtà ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Ritorno alla realtà.

- Siamo a casa mia. – La riconosce subito lui. – La mia nuova casa. – Mi fa capire. – Tieni, ti prego. Prendila. – Mi mette il triangolo in mano, quella collana che mi lega a lui sin dentro l’anima. Non so se la voglio o no.

- Io non cred.. –

- Per favore, ho bisogno che tu la prenda, ho bisogno che tu sia mia. – Mi dice, guardandomi negli occhi in maniera irresistibile. Accetto subito.

- Ok. Ma devi.. –

- Oh dio! Sei sveglio amore! – Sento quella voce stridula e odiosa alle mie spalle. “..promettermi di sistemare tutto con Taji.” Continuo la frase nella mia mente mentre la guerriera si precipita sul letto di Ate e lo bacia ovunque. Io mi sforzo di non reagire, appoggio la testa sul cuscino ruvido e mi giro dall’altra parte. Una lacrima scende mentre ascolto le idiozie senza senso che la donna sta blaterando.

- E poi Egle.. oh che paura! Mio padre.. furioso, il matrimonio annullato ma per fortuna ora sei qua! Ci sposiamo presto! Asia, la ragazzina, qui.. ieri. – Riesco a captare solo poche parole che non siano veri e propri squittii, dovrei essere un animale per riuscire a capire il resto. Che voce!

- Era! – Sento una voce familiare e mi giro, contenta! Asia mi abbraccia forte e per la prima volta mi rendo conto di quanto sia grande la stanza dove io e Ate ci troviamo. Sembra molto bella, considerando gli standard del luogo, sembra una casa nobiliare.

- Ciao! – Dico, abbracciandola a mia volta e, senza apparente motivo, scoppiando a piangere. A lei si inumidiscono gli occhi ma prima di lasciarsi andare, si allontana, frenando sia il mio che il suo sfogo.

- Come stai? Eravamo così preoccupati! – Mi dice, ma stavolta evita di toccarmi perché capisce che mi basta davvero poco per cominciare a piangere.

- Sto bene, non capisco cosa sia successo! – Vorrei parlare di più e spiegarle cos’è successo davvero ma la presenza di Taji è insopportabile quasi quanto la sua voce e i suoi succinti abiti da sgualdrina.

Noto di essere stata cambiata, ho una tunica color panna adesso.

Probabilmente è stata Asia a portarla per me.. ho così tante domande per lei!

- Come sta Egle? – Comincio con la più importante e non riesco ad aspettare la risposta. – Avete avuto notizie di Drogo e mio padre? – Continuo come una macchinetta. – E dall’altra parte? Mi cercano? Siamo nei guai? – Non riesco a stare zitta.

- Se forse tu mi lasciassi parlare potrei dirti che Egle sta ancora lottando contro il Mutatio, ma abbiamo trovato un modo di farlo apparire meno. Abbiamo ricevuto una lettera da Reouven qualche ora fa, stanno bene e sono nascosti in un posto sicuro. Dall’altra parte, dato che è passata quasi una settimana, si sono accorti che tu e Drogo mancate.. ma vi hanno dato per scomparsi, sua madre crede sia una fuga d’amore e quindi non siete nei guai, per il momento. Ma dovreste tornare al più presto. – Finalmente Asia mi da tutte le informazioni che voglio, dettagliatamente, e mi sento decisamente meglio. Drogo e mio padre stanno bene, Egle sta meglio e non sono ancora stata esiliata.

- Che modo avete trovato per far stare meglio Egle? – Chiedo a bassa voce, distrattamente, concentrandomi sulla voce di Taji e su quello che sta squittendo.

- Il Mutatio viene respinto dall’incenso. – Mi spiega Asia. – So che l’odore è un po’ fastidioso, ma il Mutatio appare solo un paio di volte alla settimana, adesso. – Continua a spiegarmi, ma l’uniche parole su cui riesco a ragionare sono “matrimonio” e “amore” dato che Taji non smette di pronunciarle. Voglio strangolarla, malvagiamente desidero che il Mutatio appaia adesso e la strangoli al posto mio.. togliendomi quest’impiccio.

- E tu? – Taji si rivolge a me con tono aspro, toccandomi il braccio con le sue unghie lunghe e io mi giro di botto. – Stai bene? – Mi chiede e finalmente mi ritrovo ad osservarla bene. I suoi capelli crespi sono un orrore, le sue labbra gonfie assomigliano ad un canotto e i suoi occhi truccati di nero pesantemente la fanno apparire ancora più volgare.

“Bleah.” E’ l’unica cosa che riesco a pensare prima di risponderle.

- Si, grazie. – Poi però paragono il suo fisico al mio e mi ricredo.

Seno grosso e sodo, cosce lunghe e tornite, occhi da gatta, mani sottili e femminili, pelle lucida. Non è per niente simile a me e alla mia mediocrità. Ate ci guarda in silenzio e io stringo la sua collana, quasi a volerlo sentire più mio. Lui ha un espressione abbattuta, triste, capisco che si sente frustrato e impotente, probabilmente anche in colpa.

- Vieni adesso, hai bisogno di mangiare qualcosa. – Asia mi aiuta ad alzarmi, mostrando ancora una volta ad Ate le mie cosce coperte solo per metà. Lo sento trasalire ma non me ne curo, non voglio pensare a questo.

Arriviamo in un'altra stanza, con una bella luce ma con dei colori cupi, mangio qualcosa simile al latte e mi piace. Asia mi porge un po’ di zucchero ma non lo voglio, preferisco il sapore naturale delle cose.

Bevo due grosse ciotole di latte e mi sento subito meglio, sono rifocillata.

- Grazie, mi ci voleva proprio. – Lei si siede accanto a me con la faccia di una che sa tutto e ha pietà di me.

- Dimmi come stai. – Mi dice, alzando le sopracciglia e guardandomi con compassione, mi rendo conto di odiare quello sguardo. – Davvero. –

- Sto bene. – Rispondo velocemente, mentendo per l’ennesima volta.

- Non prendermi in giro, Era. L’amore della tua vita è con la sua promessa sposa, nella stanza accanto, tuo padre e un tuo caro amico sono in pericolo, tu stessa sei in pericolo.. e in più sei svenuta per tre giorni.

Quindi no, mia cara, tu non stai bene. – Mi dice e io vorrei urlarle in faccia, vorrei dirle che no, non sto per niente bene, che vorrei morire o uccidere tutti quelli che mi fanno stare male. Che questo mondo fa schifo, che Ate dovrebbe essere coccolato da me e non da quella prostituta, che Egle non dovrebbe avere quel cazzo di Mutatio dentro di se, che mio padre e mia madre non si sarebbero mai dovuti separare e che questo maledetto taglio nella coscia dovrebbe guarire. Ma non riesco a spiccicare parola, al posto di ogni sillaba esce una lacrima ed in poco tempo, il mio discorso arrabbiato si trasforma in un pianto a dirotto. Asia mi stringe, e mi fa dei versi dolci che non fanno altro che farmi venir voglia di piangere ancora.

- Andrà tutto bene. – Mi sussurra, abbracciandomi e accarezzandomi i capelli. – Andrà tutto bene, sopravviviamo, sopravviviamo sempre. – Mi dice, accarezzandomi, e capisco dal suo tono di voce che anche lei sta cominciando a piangere ma si trattiene con tutte le forze.

- State bene? – La voce di Ate mi fa rinsavire subito, mi metto in piedi, tiro su col naso e asciugo le lacrime. Asia rimane girata, probabilmente sta piangendo anche lei, adesso. E come me, non riesce a calmarsi.

- Tutto bene. – Dico, sentendomi più patetica che mai. La mia faccia è un libro aperto, quasi quanto la mia voce. Sono davvero penosa.

- Io.. – Ate vuole iniziare un discorso ma io non voglio sentire nulla.

- No. Non dire nulla, sto bene, torna da Taji. – Dico, e dopo un paio di attimi la sgualdrina spunta dall’arco, abbracciando Ate da dietro.

- Tutto bene? – L’ennesimo squittio mi manda su di giri e stringo i pugni, trattenendomi a malapena. – Ti ho preparato un bagno caldo. – Continua poi ed io rimango immobile, fissando la scena come se fossi in trance.

- Forse è meglio che sia Era a farlo per prima, è stanca, ne ha passate tante. – Ancora una volta Ate si preoccupa per me e questo fa ancora più male, preferirei essere indifferente per lui piuttosto che sentirlo così premuroso e non poterlo avere tutto per me.

- Io il bagno l’ho preparato per te. – Taji diventa ancora più acida, rivolgendosi al suo promesso e stringendo le mani nervosamente.

- Vai tu, tranquillo, io lo faccio dopo. – Dico calma e umile, mentre dentro sento i miei nervi infiammarsi e prepararsi ad esplodere.

- No, tu sarai molto più stanca di me e io devo ancora mangiare quindi vai pure, te ne prego. – Mi dice gentile, cortese e apprensivo. Vorrei vomitare.

- Ate forse tu non hai capito che quella vasca l’ho esplicitamente preparate per TE, per NOI. – Taji enfatizza i pronomi ed io vorrei tanto scappare da quella casa, non ne posso più, non riesco a sopportare questa situazione.

Il solo pensiero di Ate in quella vasca, nudo.. con lei, mi fa stringere nuovamente i pugni e mi fa venire il magone alla gola.

Decido di accettare, decido d’essere prepotente e negargli quel momento d’intimità perché Ate è ancora mio, ed io sono ancora sua. Che lei lo voglia o no, magari non possiamo stare insieme. Ma nemmeno possono. Chi lo decide? Io. Chi sono io? La donna che ha promesso d’essere sua, sempre.

- Vai, Era. – Mi dice Ate, ignorando completamente le proteste della ragazza, io abbasso la testa, le do una spallata e mi dirigo verso il corridoio, Asia mi accompagna in bagno, mi abbraccia e si gira, pronta per andarsene. Ma quando apro la porta la voglia di piangere torna prepotente. Petali di rose ovunque, profumo quasi da vomitare, saponette a forma di cuore e vasca piena di schiuma.

- Maledizione. – Impreco, togliendomi lentamente i vestiti.

Una strana musichetta si insinua nella mia testa, è dolce e sensuale.

Mi spoglio completamente, controllo che la porta sia chiusa e mi immergo nell’acqua profumata dove Ate e Taji avrebbero dovuto consumare il loro rapporto. Mi compiaccio, ancora una volta gli ho impedito di far qualcosa.

La musica rimane dentro la mia testa, un disco con una sola melodia.

Ad un tratto sento due colpi alla porta, porto tutta la schiuma su di me e mi copro a dovere. Non può essere altri che Asia.

- Si? – Dico ma non sento niente. – Avanti. – Dico ancora e la porta si apre. Non è Asia, è Ate. Ma incredibilmente non riesco a urlare.

- Oh! Scusami. – Dice arrossendo subito. – Non pensavo che avessi già iniziato. – Continua, ma invece di andarsene chiude la porta e si avvicina. Io rimango pietrificata, coperta dalla schiuma che tra poco svanirà.

- Vedi. – Comincia e si interrompe, sospirando e sedendosi nel mobiletto in marmo, accanto alla vasca. – Il fatto è che io ti amo. – Lo dice come se fosse la cosa più normale del mondo, come se fosse naturale dirmi certe cose mentre sono nuda e la sua fidanzata è nell’altra stanza.

- E non posso proprio farci nulla. Non posso trattenerlo. Capisci? Mi mangia, mi divora dentro. E non solo il cuore, mi divora tutto. Ogni piccola parte di me ha bisogno di te, ogni fibra. E non posso proprio nasconderlo o metterlo da parte perché questo. – Si indica il petto.

– Questo sentimento che ho è la cosa più grande che abbia mai visto. –

Rimango senza fiato, boccheggiante. La sua voce è calma, ma sento il battito del suo cuore accelerare sempre più, e il mio lo raggiunge quasi facendo a gara per quale cuore batte più forte.

- Non puoi. – Dico, rinnegando tutti i miei sentimenti per lui.

- N-non puoi. – Balbetto, incapace di dire altro. – Taji è nell’altra stanza, tu sei suo. – Bisbiglio, spaventata. Abbasso lo sguardo e noto che la schiuma è quasi completamente scomparsa, adesso si vede tutto. Adesso mi vede tutta e noto che mi guarda famelico, innamorato e eccitato.

Conosco quello sguardo, lo conosco bene.. e voglio tanto farlo felice.

- Tu non puoi guardarmi così. – Aggiungo poi, ma lui alza un braccio scoperto e lo infila della vasca, prendendo la collana tra le mani.

Il triangolo, la prova che io sono sua. E sua per sempre. Poésia.

- Sei mia. Posso guardarti come voglio. – Dice e diventa audace, lasciando la collana e iniziando a toccarmi la clavicola, sfiorandomi il seno con le dita. – E toccarti come voglio. – Dice ed io non riesco a rifiutarlo.

Mi accarezza il collo e il bordo dell’orecchio, io chiudo gli occhi e rabbrividisco di piacere. Possibile che abbia delle mani così esperte?

Ad un tratto sento le sue labbra appoggiarsi alle mie e io le schiudo, baciandolo subito con passione e accarezzandogli i capelli.

- Era? – Sento la voce di Asia e mi sposto subito, tirandomi su ed uscendo dalla vasca come un fulmine. – Hai finito? – Mi dice.

- S-si. – Dico voltandomi intorno per vedere se trovo qualcosa da mettermi addosso, Ate non si muove, non è in panico. Mi guarda famelico.

- Non aprire, devo vestirmi. – Urlo con voce nervosa, continuando a cercare qualcosa. Ate continua a non muoversi, è in piedi e mi guarda.

Finalmente trovo un panno e decido di coprirmi ma Ate è più veloce.

Si avvicina a me e mi sbatte nella parete ghiacciata, mi bacia con passione, mettendomi subito una mano sul sedere e stringendolo spasmodicamente. Si struscia su di me, bagnandosi il petto ed i pantaloni.

Gli afferro i capelli e li tiro, violenta. Voglio fargli male e devo scaricare la tensione, in qualsiasi modo posso. Dio, mi sento svenire.

L’altra mano finisce in mezzo ai miei capelli, lui li tira, non troppo forte ma abbastanza da farmi male, io gli mordo le labbra.. forte.

Sento subito il sapore del sangue e me ne compiaccio, lui aumenta la stretta nella natica e mi fa saltellare dal dolore. Io gli graffio una spalla e continuo a baciarlo, a strusciarmi su di lui come una gatta in calore e ad ansimare più piano che posso.

- Ti odio. – Dico ad un tratto, leccandogli le labbra sensualmente e stringendo la sua erezione gonfia e coperta con una mano. – Ti odio. – Continuo ancora e non riesco ad allontanarmi, né a smettere.

Lui mi tira ancora i capelli e mi trattiene la lingua con i denti, la succhia e io stringo ancora più forte la sua erezione, facendolo irrigidire.

- Era, che sta succedendo? Sto entrando. – Dice Asia e vedo la maniglia della porta abbassarsi con la coda dell’occhio.

- NO! – Sbraito e mi allontano subito da Ate, che finalmente capisce che è arrivato il momento di smettere. Mi copro subito col pezzo di stoffa e faccio segno ad Ate di uscire dalla finestra. – Aspetta un attimo! – Dico, calmando il tono di voce.

- Ma che succede? – Asia è preoccupata. – Hai visto Ate? – La voce gracchiante di Taji si unisce a quella della mia amica ed io aiuto Ate ad uscire, spingendolo dalle gambe e dal sedere. Dopo qualche secondo è fuori.

- Ate, sei lì? – Taji innalza il volume della sua voce ed apre la porta, fregandosene delle mie raccomandazioni. Mi trova sconvolta, con i capelli scombinati, il corpo arrossato, la finestra aperta ed il pavimento allagato.

Le candele sono spende, qualcuna è caduta dentro l’acqua ed i petali di rosa sono stati calpestati più e più volte, diventando bordeaux.

- Ma che è successo qua dentro? – Asia è sconvolta e vorrebbe ridere, magari ha capito tutto. Taji è davanti a lei e mi guarda sospettosa.

Asia mi fa segno con gli occhi verso la vasca da bagno, ormai semi vuota.

Devo averla svuotata quando sono uscita di corsa dalla vasca. Respiro male e ripenso a cos’è successo. Dio, vorrei buttare tutto per aria.

Ad un tratto vedo che il polsino di Ate è per terra, in mezzo all’acqua, esposto alla vista sospettosa della sua futura sposa. Improvviso.

Faccio finta di scivolare e lo prendo al volo sotto lo sguardo sconvolto di Taji, che rotea gli occhi.

- Ma tu sei pazza o cosa? – Dice, prima di uscire indignata dal bagno.

- Tu sei pazza davvero. – Dice Asia, ridacchiando e io sorrido.

- Dov’è? – Mi chiede poi ed io non smetto di sorridere. – E’ uscito dalla finestra quando ha sentito la voce di Taji. – Sussurro e Asia chiude la porta, lasciandomi la mia privacy.

Realizzo cos’è successo, mi siedo sul mobiletto in marmo e sospiro.

Fatemi sapere se vi è piaciuto. Xxxx.

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Capitolo 29
*** Lottare con le unghie e con i denti. ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

Lottare con le unghie e con i denti.

 

Sono passate quasi due ore da quando Ate, Asia e Taji hanno lasciato il bagno, e da quel momento non ho fatto che pensare alle mani di Ate su di me. Al suo respiro ansante e mozzato, ai suoi occhi profondi e famelici.

Non riesco a pensare ad altro, non riesco ad alzarmi di lì e a reagire.

Giocherello un po’ con il lembo della casacca che ho indossato e continuo a immaginarmi nuda, schiacciata tra il muro ed il suo corpo bagnato.

Continuo a toccare nervosamente la stoffa bronzea quando, ad un tratto, la porta si apre. Appaiono dei pantaloni di pelle, un fisico scolpito e dei riccioli neri. Egle.

- Egle! – Urlo correndo ad abbracciarlo, poi ricordo che potrebbe essere il Mutatio ed indietreggio. – Come stai? – Dico, facendo finta di nulla.

Il suo sguardo è bloccato sulla mia scollatura, lui non parla e non si muove, poi entra completamente e chiude la porta alle sue spalle.

Prende il mobiletto in marmo e lo poggia davanti, io sgrano gli occhi.

- Che vuoi fare? Che stai facendo? – Dico velocemente, nervosa.

- AIUTO! – Urlo, quando lo vedo avvicinarsi lentamente.

Sbatto contro il muro ghiacciato e vedo Egle buttarsi addosso a me, esattamente nel modo in cui Ate l’aveva fatto qualche ora prima, rabbrividisco anche stavolta ma di paura, non d’eccitazione.

- AIUT.. – Egle mi tappa prontamente la bocca e io non riesco a far nulla, mi muovo, mi dimeno, ma lui non mi lascia andare. Urlo ma la voce muore appena incolla la sua mano sulle labbra, producendo un inudibile mugolio. Scalcio e provo a colpirlo con le ginocchia ma sono completamente coperta dal suo corpo statuario, che non mi lascia via di fuga. Egle strappa la spallina del mio vestito, scoprendo una grande porzione di seno e mordicchiandomi la spalla sensualmente.

- NOOO!! – Riesco a urlare tra le dita, ma subito lui mi schiaffeggia e mi costringe a rimanere ferma e zitta, non parla, non fiata.. ma mi tocca tra le cosce ed io non riesco a fermarlo. Voglio morire all’istante.

Farei di tutto, darei di tutto, pur di fermare questa situazione.

- Fermmm.. – Non riesco a parlare, sento che mi sta soffocando.

Mi strappa il vestito con un gesto secco, e mi stringe il seno, poi toglie via le mutandine ed io faccio di tutto per dimenarmi, ma lui non ma lascia andare. Ricomincia a toccarmi lì dove non dovrebbe ed istintivamente io mi abbasso, per sfuggire alla sua mano. Lui sbottona i pantaloni e mi tiene ferma la testa, capisco cosa vuole farmi fare e sono terrificata.

Poi ad un tratto, più nulla. Sono nuda ma lui non mi tocca più.

Apro gli occhi spaventata, quasi come quando mi risveglio dal peggiore degli incubi, ma capisco che non è stata la mia mente. E’ tutto reale.

Il sangue, Ate che picchia Egle con forza inaudita, rumore di mani, rumore di pugni e di pelle graffiata. Urla, insulti e ansiti di dolore.

Egle è stirato per terra, seminudo e Ate lo sovrasta colpendolo al volto e bloccandolo col suo peso. Scatto immediatamente.

- BASTA! – Urlo fuori di me, provando a fermare la furia di Ate.

Lui si gira di scatto e colpisce anche me, con un gancio destro, sull’occhio.

- AHH! – Urlo di dolore, cadendo all’indietro e riversandomi addosso una montagna di vestiti. Ho appena fatto cadere un mobile in legno, Ate e Egle sono ancora a terra che lottano ed io comincio a piangere.

Ad un tratto si spalanca la porta ed un ragazzo sulla ventina, muscoloso e di colore, entra seguito da Taji.

- Frijof, sta attento, per l’amor del cielo! – Urla lei, spaventata.

Il ragazzo di getta nella mischia, prende Ate per le spalle e lo getta dall’altra parte della stanza. Asia entra subito dopo con un grosso mazzo di erbe che brucia. Sono molte fragranze, tra cui l’incenso. Immediatamente Egle chiude gli occhi, appestato e sanguinante, e li riapre subito dopo.

- C-che è successo? – Dice, quasi soffocando e tossendo forte.

Si volta e mi vede, quasi completamente nuda, coperta solo da qualche pezza. Ate invece è fermo, seduto, anche lui malconcio e sanguinante.

- Dio! No! Era mi dispiace tanto! – Dice, prendendo la mano di Asia che lo fa alzare. Asia da il mazzo d’erba in mano a Taji e corre verso di me, infilandomi subito una tonaca ed aiutandomi ad alzarmi.

- Ate.. – Sussurro, mentre Asia mi trascina via dal bagno.

Lascio la stanza guardandolo negli occhi, mentre lui si volta dall’altra parte. L’ultima cosa che vedo è Taji che corre verso di lui mentre Egle inizia a piangere, sconvolto.

Sono sotto shock, Asia mi trascina verso una stanza da letto ed io la seguo, ma con la mente sono da un'altra parte.

Incomincio a tremare, e noto che lei ha le labbra serrate, i pugni stretti.

Vorrebbe piangere ma si trattiene, ed io non faccio altro che pensare alle mani del suo ragazzo che provano a violarmi, e poi a quelle di Ate che lo colpiscono per difendere me, il mio onore.

- Stai bene? – Mi chiede, la sua voce è molto roca e sconvolta.

Annuisco, non ho la forza di dire qualcosa, e mi sdraio sul letto dove poche ore prima avevo trovato Ate. Il suo profumo mi conforta e mi ritrovo a sprofondare la faccia sul cuscino, mentre Asia mi copre le gambe scoperte con la coperta in lana.

- Starai bene. – Mi rassicura, e poi esce fuori dalla stanza, visibilmente sconvolta e fuori di sé. Per un attimo mi metto nei suoi panni e capisco che è troppo doloroso sopportare quello che lei sta sopportando, è disumano.

Mi ritrovo a tremare sconvolta, sentendo e immaginando controvoglia le mani di Egle percorrermi e forzarmi. Sono scossa da tremiti e brividi.

Penso ad Ate, al suo sguardo omicida mentre colpiva il fratello con forza inaudita, possibile che fosse disposto a questo solo per difendermi?

Aveva pestato a sangue, suo fratello, un membro della sua famiglia per salvarmi, e non lo avrei mai dimenticato.

- Amore. – Sussurro tra me e me, quasi sperando che lui mi senta.

- Stai bene? – Una voce maschile si libera dietro di me e capisco subito a chi appartiene, tremo e mi appiattisco subiti al muro, voltandomi e guardandolo negli occhi. Lui è sconvolto, malconcio e sanguinante. Egle è ben distante da me, mortificato, con lo sguardo basso.

Non osa guardarmi in faccia e posso capirlo, provo pena per lui.

- Si. – Mento e mi accorgo che da quando ho iniziato a frequentare i guerrieri della morte non faccio altro che mentire, mentire, mentire.

- Mi dispiace, sai io non.. –

- Lo so, tranquillo. Non è colpa tua. – Dico, sincera più che mai.

Per quanto sia terrorizzata, sconvolta e terribilmente instabile, capisco che quello che è successo non è per niente colpa sua, e a parte me e Asia, la vera vittima è lui. Quindi mi alzo, mettendo da parte tutte le mie paure, e mi avvicino a lui.. che però indietreggia.

- Ti prego non sentirti obbligata a perdonarmi.. – Sussurra ma io continuo ad avanzare, sorridendo appena e allungando le mani.

Lo abbraccio in un secondo e lo stringo forte, lui nasconde la testa nell’incavo del mio collo che poco prima baciava con violenza e comincia a piangere come un bambino, liberandosi di tutta la tensione.

- Va tutto bene. – Dico, mentendo ancora una volta. – Ti voglio bene. – Smetto di mentire e apro il mio cuore a lui. – Asia ti ama, Ate ti ama e tutto questo passerà. Il prima possibile parlerò con mio padre, vedrò se posso trovare un modo per liberarti di questa maledizione. Va tutto bene. Ti voglio bene. – Parlo lentamente e a bassa voce, lui continua a piangere ma si calma ad ogni parola che dico, mi deposita un piccolo bacio sulla spalla, mi stringe per qualche altro minuto e poi si scosta.

- Devo andare da Asia. Devo parlarle, devo.. –

- Capisco, vai pure. – Dico, indicandogli il corridoio con la mano.

- E’ andata fuori, credo. – Continuo poi, lui mi sorride forzatamente e segue la via che gli ho mostrato, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandomi sola un'altra volta.

Comincio a rimuginare sugli accaduti del giorno. L’episodio che ho avuto con Egle in bagno eclissa per un momento quello incredibile che ho avuto con Ate. Mi sento male, mi sento sporca e rabbrividisco. So che non è colpa di nessuno, né mia né tantomeno del povero Egle ma non posso fare a meno di rabbrividire e coprirmi ogni volta che ci penso.

Credo che questa, a parte la paura di trovare Ate morto, sia stata la peggiore esperienza della mia vita sin ora, e la cosa che mi fa più paura è che probabilmente in futuro accadranno cose anche peggiori.

- Posso? – Sento la voce di Ate fuori dalla porta, seguita da due colpi netti.

- Si. – Sussurro, improvvisamente imbarazzata a causa del nostro episodio in bagno. Lui entra a testa bassa ed io noto subito un rivolo di sangue, ormai asciutto sulle sue bellissima labbra carnose.

- Stai bene? – Mi chiede, e questa è la terza volta che qualcuno lo fa.

- Si. – Ormai ho imparato il copione a memoria, solo che stavolta la mia voce mi tradisce e sembro scocciata.

- Ne sei sicura? – Il suo tono di voce apprensivo mi fa saltare su i nervi.

- Si, dannazione, si! – Dico e lo lascio a bocca aperta. – Grazie per prima comunque. – Calmo i toni e mi alzo dal letto, fronteggiandolo.

- Non so come avrei fatto se tu.. insomma.. – Non riesco a trovare le parole adatte per ringraziarlo e lui mi sorride, prendendomi la mano e accarezzandola.

- Non importa se c’è Taji, o se tu stai con Drogo.. io ti proteggerò sempre. – Mi dice, riscaldandomi il cuore in un nanosecondo. Sorrido e poi rielaboro la frase che ha detto.

- Ma io non sto con.. –

- Non fa niente, non devi darmi spiegazioni, anzi.. mi dispiace se in bagno ti ho costretta a.. insomma, ne hai passate tante, e non vorrei essere nella lista dei tuoi problemi. - Costretta? Io vorrei solo urlagli quanto lo amo e quanto sia stato incredibile per me il nostro breve incontro, vorrei urlargli che Drogo è solo un amico e che qualche ora prima, con lui, stavo andando a fuoco e mi sentivo esplodere. Gli vorrei urlare di lasciare Taji e di fuggire con me ma invece sto zitta.

- Ok. – Sibilo. – Grazie. – Aggiungo poi, mordendomi la lingua.

- Bhé, adesso torno da Taji, è entrata in crisi quando ha visto di cos’è capace Egle e credo voglia cacciarlo di casa sai.. è tutto un casino.. –

Mi dice, avvicinandosi alla porta e lasciandomi la mano.

Sento immediatamente una piccola fitta al cuore e spero che non peggiori, sono stanca di sfuggire alla vita per rifugiarmi nei sogni della mia mente.

- Si, lo so. – Sospiro e sorrido appena, per cortesia. – Vai pure. –

Lui esce subito e si richiude la porta alle spalle e la consapevolezza di averlo perso mi assale facendomi dimenticare tutto e lasciandomi senza fiato.

 

Bene, anche questo capitolo è scritto, spero non vi abbia turbate o deluse. Innanzitutto vorrei ringraziare la mia cara I need you to need me per essersi convinta a commentare e poi vorrei scusarmi se questo chappy non vi è piaciuto, non ne sono entusiasta.

Mi scuso per il ritardo e vi auguro una buona serata.

A presto, sweeties.

PS. Scema commenta :DD

Stefy.

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Capitolo 30
*** Passare avanti ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Asia POV

Passare avanti.

 

Esco fuori chiudendomi violentemente la porta alle spalle e libero un urlo disumano nell’aria, sfogandomi. Cado sulle ginocchia e comincio a piangere, incurvando la schiena e singhiozzando come la più debole delle creature. Penso ad Egle, al quasi stupro e a tutte le cose vili che ha fatto.

Alle volte che mi ha picchiata, insultata, forzata e odiata.

Mi ha sputato addosso, mi ha preso a calci e mi ha costretta ad aprirgli le gambe e nonostante tutto lo amo come il primo giorno, è questo che mi fa dannatamente male. So che non è colpa sua, so che lui non c’entra niente ma non riesco a vedere le due cose separate. E ricomincio ad alternare singhiozzi e urla liberatorie, affondando le mani nella terra e stringendola. Mi ritrovo a pregare mentalmente mentre due mani mi prendono per le spalle, le riconosco subito. Sono quelle di Egle.

Non riesco a smettere di piangere né a voltarmi e guardarlo negli occhi.

Capisco che si inginocchia dietro di me, quando sento sbattere il suo petto contro la mia schiena. Mi abbraccia poggiandomi le mani sullo stomaco e facendomi salire i brividi. Appoggia la testa sulla spalla e mi deposita un bacio sulla guancia, carezzandomi piano la pancia.

- Mi dispiace. – Mi sussurra ed io riesco a calmarmi un po’ anche se le lacrime continuano a solcarmi le guancie, senza fermarsi mai.

- Mi dispiace che tu debba subire tutto questo, mi dispiace che tu.. – Si blocca e annaspa, diventando rigido e visibilmente in difficoltà.

 – Insomma, mi dispiace davvero.. se tu volessi lasciarmi io.. –

- Non potrei mai. – Sussurro, consapevole di ciò che ho detto.

- Non puoi continuare a soffrire a causa mia ed io, purtroppo, non posso fermare tutto questo. Mi dispiace. – Si scusa per l’ennesima volta ed io tremo, la sua voce mascolina e roca ha sempre lo stesso effetto su di me.

- Nemmeno io posso smettere di amarti. – Sussurro ancora, distrutta e amareggiata da tutta questa situazione. So che non sarà facile, so che soffrirò ancora le pene dell’inferno ma non riesco a lasciare l’amore della mia vita, perché quando il Mutatio non c’è io sento che per me non c’è altra felicità al mondo all’infuori di lui.

- Allora non farlo. – Mi dice, costringendomi a girare il viso verso il suo con due dita. Mi bacia impetuosamente, con urgenza, quasi come se dai miei baci dipendesse la sua vita ma io mi scosto immediatamente rivedendo nella mia mente Era nuda e sconvolta, scaraventata sul pavimento del bagno.

- Scusa ma non.. –

- Lo so, lo so. Scusami. – Mi dice, allontanandosi e mettendosi in piedi.

Improvvisamente inizia a darsi piccoli colpetti sulla fronte che dopo qualche attimo diventano vere e proprie manate su tutto il viso, seguite da urla e calci.

- Amore.. – Lo chiamo, dirigendomi verso di lui. Riesco ad afferrarlo dalla schiena e a schivare i suoi movimenti convulsi. Lo abbraccio stretto.

- Amore, no. Basta. – Gli dico, mettendogli le mani sugli avambracci e aiutandolo a fermarsi e calmarsi. – Basta, scusami. – Gli dico ancora.

- Scusarti? Scusare te? – Sbraita fuori di sé. – Sono io che devo scusarmi, dovrei uccidermi per tutti gli affronti che ti ho fatto! Per tutto il male e la violenza, dovrei uccidermi seduta stante. – Urla ancora, voltandosi verso di me e incorniciandomi il viso tra le mani.

- Ma ogni volta che ti guardo.. – Sussurra, fissandomi negli occhi. – Ogni volta che mi perdo in questi occhioni blu non esiste nient’altro. E capisco che non potrei mai lasciarti, che non potrei mai abbandonarti perché sono il tuo schiavo, amore mio. E non ho bisogno di una stupida collana per dimostrarti quanto ti amo, e non ho bisogno di renderti mia, perché io sono già tuo. – Mi dice, lasciandomi commossa e boccheggiante.

Tremo sotto le sue mani e mi slancio verso di lui, baciandolo con tutta la passione che ho in corpo. Improvvisamente il bacio di trasforma in fuoco e ci incendia. Al diavolo il Mutatio, al diavolo tutto, erano mesi che non lo facevo mio e mi mancava.. mi mancava dannatamente.

Mi aggrappo alle sue spalle nude con le unghie e mi avvinghio al suo bacino con le gambe, saltandogli in braccio.

- Ma prima.. – Sussurra tra le mie labbra ed io lo bacio, impedendogli di rovinare il momento con un discorso strappalacrime.

- Prima non conta, dobbiamo passare avanti. – Sussurro, zittendolo del tutto e dandogli un silenzioso consenso a toccarmi.

Deposita immediatamente le sue mani sotto la mia tunica bordeaux reggendomi per il sedere. Mi palpa, mi bacia e mi tocca, indietreggiando fino al capanno degli attrezzi. Apre la porta con una spallata ed entra, facendomi immediatamente sedere sul tavolo pieno di trucioli di legno e polvere. Mi alza la lunga tunica arrotolandomela sui fianchi e mi bacia sulle labbra, io ricambio con piacere e faccio scorrere le mani lungo il petto, accarezzandolo e pizzicandolo di tanto in tanto.

Sorridiamo nello stesso momento quando lui inizia a soffrire il solletico.

So che ha le scapole molto sensibili ma mi piace troppo vederlo ridere.

Lui lo sa e quindi mi accontenta, regalandomi uno dei più bei sorrisi che abbia mai ricevuto. Ricambio senza pensarci due volte e ricomincio a torturargli le labbra, baciandole, leccandole e mordicchiandole piano.

Lo trattengo a me dalle spalle, stringendole forte, mentre lui mi sfiora i seni delicatamente e con passione.

Scende a torturarmi l’inguine con due dita ed io faccio lo stesso, slacciandogli e abbassandogli i pantaloni con una mano.

Prendo la sua eccitazione in mano, gemendo, e comincio a toccarla su e giù. Lui sospira ed io capisco di essere sulla via della perdizione.

La mia lucidità scompare e slancio la testa all’indietro, gemendo e venendo tra le sue braccia, tremando come una foglia in autunno.

Lui approfitta della posizione per baciarmi il collo ed entrare piano in me, inaspettatamente e lentamente. Il mio calore lo avvolge ed io ho la sensazione che tutto intorno a me si sia fermato. Non sento più il vento sbattere sul tetto di legno e paglia, non sento il gracchio dei corvi né il battito d’ali dei possenti avvoltoi. Sento solo i suoi mugolii e i suoi ansiti.

La sua voce roca esplode in un ringhio ed aumenta subito la velocità, possedendomi nella maniera animalesca che ho sempre amato.

Il tavolo comincia a traballare aiutandolo nei movimenti ed io alzo nuovamente la testa, aggrappandomi alle sue spalle e baciandolo sulle labbra secche. I suoi movimenti durano parecchio, i suoi gemiti sono irresistibili ed io comincio a desiderare di continuare per sempre.

Ho un secondo orgasmo che mi sembra quasi più forte del primo, sospiro e ricomincio a tremare, stringendo i muscoli attorno al suo membro e facendolo venire. Si svuota dentro di me e rimane immobile, accasciandosi stanco sulla mia spalla. Io lo abbraccio, intrecciando le mani dietro il suo collo e gli bacio la testa, tra i riccioli corvini.

- Ti amo. Sei fantastica. – Mi sussurra, facendomi rabbrividire.

I rumori ricominciano ad impossessarsi della mia attenzione ma il suo battito del cuore, fuso col mio, sembra più forte di tutto.

- Ti amo anch’io. – Dico, ancora fuori controllo. E’ stato eccezionale.

- Supereremo tutto. Te lo prometto. – Mi sussurra ancora, rassicurandomi ed io lo stringo ancora più forte. Mi concentro sulle gocce di sudore che mi scorrono lungo la schiena, solleticate dalla brezza fredda che entra dalla porta aperta. Rabbrividisco e lui mi abbraccia stretta.

- Senti freddo? – Mi chiede apprensivo ed io faccio segno di no con la testa.

- Non sono mai stata meglio. – Gli comunico sincera, continuando la mia sessione di coccole e baci sdolcinati. Mi accarezza i lunghi capelli rossi e inspira il mio profumo, io sorrido ma lui non può vedermi.

- Andiamo a letto? – Mi chiede, evidentemente stanco e debole.

Mi sono accorta, in questi mesi, che ogni volta che il Mutatio appare Egle si indebolisce parecchio, perdendo forze e vigore.

- Certo. – Sussurro, lui si sposta ed io scendo dal tavolo aiutata dalla sua mano. Si alza i pantaloni, nascondendomi la vista delle sue cosce allenate e del suo inguine irresistibile. Io abbasso il vestito color porpora e sistemo spalline e capelli, scuotendoli un po’. So che questo gesto lo fa impazzire, infatti mi bacia subito e mi sussurra: - Tu sei la mia perdizione, rossa. –

Io sorrido per metà, regalandogli uno sguardo da gatta e incamminandomi verso casa. Entriamo dalla porta del retro e passiamo la cucina, dove vedo Ate seduto su uno sgabello e Taji che gli tampona le ferite sul viso con un tovagliolo mentre Frijof, il ragazzo di colore, li squadra da lontano.

- Non ho ancora capito chi sia questo ragazzo. – Sussurro ad Egle, mentre superiamo il salotto chiuso, dove Era probabilmente sta dormendo.

- Lui è Frijof Anouk,  figlio di Inuit. – Mi sussurra a sua volta. – E’ il fratellastro di Taji, ma io credo che sotto sotto ci sia una tresca tra quei due. – Continua a raccontarmi.

- Davvero? Perché? – Spalanco gli occhi e un’idea maligna mi attraversa la mente. Se è vero quello che Egle dice potrei trovare delle prove, mostrarle ad Inuit e liberare Ate dalla promessa di matrimonio, salvare il suo rapporto con Era, farli felici.

- Una sera li ho visti litigare e poi baciarsi in una maniera un po’ troppo intima per due fratellastri. E ogni volta che Ate allontana Taji lei corre a farsi consolare da Frijof, per non parlare del fatto che il ragazzo non fa altro che difenderla, proteggerla e guardarla in maniera ambigua. Sono occhiate che anche lei ricambia, quindi.. mi sembra abbastanza chiaro. –

- Scusa, fammi capire, tu li hai visti baciarsi e non mi hai detto niente? Nemmeno a tuo fratello? – Dico, sconvolta e felice di ciò che ho appena saputo, Egle mi guarda colpevole e fa spallucce.

- L’ho dimenticato. – Dice, facendo la faccia più carina dei due mondi.

Lo abbraccio e lo bacio dappertutto.

- Sta tranquillo, hai detto tutto ciò che speravo dicessi. Adesso devo solo dimostrarlo e liberare Ate dalla sua maledizione. – Dico, riferendomi a Taji, mentre entriamo in camera da letto.

- Ate! AMORE! Dove vai?! – Sentiamo gracchiare Taji da tre stanze di distanza, Egle mi sorride.

- Ripensandoci, forse è meglio la mia di maledizione. – Ridacchio spensierata e mi stiro a letto insieme a lui, chiudendo gli occhi e respirando pesantemente. Le sue carezze mi fanno addormentare.

 

Ma quale onore! Tutti questi bei commenti incoraggianti! Grazie mille a Tutte! Spero di non essermi abbassata di livello in questo capitolo, e spero che l'idea di altri Point Of View vi piaccia. personalmente adoro la coppia Asia/Egle ed adoro Asia come personaggio.. quindi, ditemi voi.

-M Ti voglio bene!

Stefy.

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Capitolo 31
*** Risolvere ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Titolo del capitolo: Prologo.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

Egle POV

Risolvere.

 

Asia dorme sotto metà del mio peso, ed io voglio alzarmi per paura di infastidirla, la mia mano non vuole proprio saperne di stare ferma, continuo ad accarezzarle i capelli e la fronte, inebriandomi del suo profumo di donna. Fruttato, leggermente dolce, fresco e passionale.

Adoro il suo profumo, mi fa pensare all’amore e alla libertà.

- Egle, posso? – Sento la voce squillante di Taji provenire da fuori la porta, io mi alzo di scatto, per impedirle di urlare e svegliare la mia piccola.

Apro la porta e faccio segno di stare zitta, mettendomi l’indice di fronte alla bocca. ‘Dorme’ mimo con le labbra ma, ottusamente, lei non capisce un accidenti.

- Cosa!? – Urla come una cornacchia ed io le faccio segno di seguirmi.

Cammino lungo il corridoio e mi fermo accanto al salotto.

- Dimmi. – Le dico, ancora a bassa voce, lei mi guarda come se avesse visto un fantasma e mi ritrovo a disprezzare le sue labbra sproporzionate.

- Bene. Io onestamente non so come dirtelo.. – Per una frazione di secondo mi sorprendo, quando mai Taji ha avuto peli sulla lingua? Poi però mi ricredo subito dopo. – Devi andartene da qui ok? Non mi sento sicura se tu sei qua in giro, sei un mostro. – Dice apertamente, sfiorandomi con un braccio per sbaglio e ritraendosi come se avesse toccato il fuoco.

Rimango senza parole, davvero faccio questo effetto alla gente?

- Ascoltami, so che sei il fratello di Ate e tutto.. ma io mi sono rotta le palle di chiudere tutte le porte a chiave solo per paura che tu mi stupri. Insomma.. sei un bel ragazzo e tutto.. ma.. capisci no? Cioè è cosi. – Parla in maniera così gracchiante e superficiale, così ignorante che vorrei schiaffeggiarla e sbatterla al muro. Non la stuprerei nemmeno da Mutatio, non la sfiorerei nemmeno morto, vorrei dirglielo e urlarglielo diverse volte per distruggere la sua autostima. Ignorante oca puttana.

- Smettila. – Un’altra voce femminile si sovrappone ai suoi squittii. Era è uscita dal salone e sembra fuori di sé. – Smettila di rompere i coglioni! – Sbraita, tossicchiando e sbattendo le ciglia. La volgarità non fa per lei, ma è davvero arrabbiata e mi piace molto questa versione di Era.

Taji la guarda sconvolta, schifata.. e agita una mano davanti al suo viso di fata.

- Ancora tu!? Ma non vuoi proprio saperne di farti gli affari tuoi? – la provoca, con la sua voce potrebbe irritare chiunque.. e con quei gesti è anche peggio. Ma Era ha molto autocontrollo e riesce non sventrarla.

- Questi sono affari miei! Egle è affar mio! E tu non puoi permetterti né di offenderlo né tantomeno di buttarlo in mezzo ad una strada.. lurida ragazzetta viziata e.. – Si blocca prima di imprecare ancora mentre Taji la guarda in cagnesco, mi sembra quasi di vedere la cattiveria scorrerle nelle vene. So che sputerà una frase davvero terribile ma non riesco a parlare prima di lei.

- Quando ti metterai l’anima in pace? Ate è mio, non fare l’eroina perché lui ama me adesso e non smetterà soltanto perché tu salvi suo fratello! Questa è casa mia ed io faccio quello che voglio. Per quanto mi riguarda se tu vuoi farti scopare un'altra volta da Egle, bhé, fatelo fuori da questa casa! – Non riesco a percepire altro, vedo solo Era che si scaglia contro Taji, prendendola per i capelli e scagliandola sul muro, facendole sbattere la testa diverse volte. Urla e ringhia come una vera leonessa, ha tutto sotto controllo quindi decido di non fermarla e farla sfogare ancora un attimo. Poi Ate arriva correndo dalla cucina e ferma tutto il divertimento, prendendo Era in braccio e trattenendola mentre a me tocca trattenere Taji, che mi graffia le braccia e puzza di sudore.

Anche Era si dimena, vuole tornare a colpirla e urla.

- Puttana selvaggia! – Sbraita Taji, sputandole sui piedi. Ate la allontana ancora e fa per portarla via dalla casa, ma Era urla qualcosa.

- Bastarda! Non finisce qui, giuro che t’ammazzo! Maledetta! – Sbraita come impazzita, non l’avevo mai vista e sentita fuori controllo. E’ ancora maledettamente bella, proprio come la mia Asia. Finalmente lascio Taji che ha cominciato a piangere istericamente.

- Selvaggia! Non è altro che una selvaggia! LA VOGLIO FUORI DI QUI! Frijof! – Sbraita e scompare dalla stanza, lasciandomi basito. Possibile che sia davvero successo quello che ho visto?

Nel frattempo sento dei passi dietro di me e mi volto.

Asia appare assonnacchiata, con la tunica spiegazzata e arrotolata fino a metà coscia, mentre si stropiccia gli occhi.

- Che succede, amore? – Mi chiede, accostandosi a me, io le metto un braccio attorno alla spalla, a mo’ di protezione e le rispondo.

- Era ha picchiato Taji. – Sussurro come se fosse la cosa più normale del mondo. Lei assume uno sguardo prima sorpreso, poi spaventato e infine piacevolmente divertito.

- Davvero? – Mi dice come una bambina incredula, io annuisco sorridente.

- Credo le verrà un bel bernoccolo! – Ridacchio e lei si aggiunge a me.

- Non mi piace la violenza, ma devo ammettere che erano giorni che avrei voluto farlo io stessa. – Ammette la mia principessa, facendomi salire un brivido lungo la schiena. Per un attimo la immagino lottare, con la rabbia ad offuscarle gli occhi azzurri, con il sudore ad imperlarle il seno e mi emoziono. Le prendo il viso tra le mani e la bacio con tutta la passione che ho in corpo, leccandole le labbra alla fine del lungo bacio.

Lei resta allibita, con le labbra semiaperte e gli occhi languidi.

- E questo per cos’era? – Mi chiede, sorridendo voluttuosa.

- Sono felice di aver ritrovato l’intimità con te. – Ammetto, abbracciandola e facendomi abbracciare. Mi dimentico di tutto e ricomincio a baciarla per un tempo che vorrei fosse infinito.

 

Veloce, velocissima. Spero vi piaccia.

Stefy.

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Capitolo 32
*** Desiderio ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Ate POV.

Desiderio.

 

Passano i minuti ma Era non accenna a calmarsi, non vuole smettere di scalciare e provare a divincolarsi dalla mia presa salda. Siamo nel giardino del retro, nascosto dal resto della foresta grazie ad una muraglia di pietra nera alta un metro e mezzo. Siamo al sicuro, nessuno può più toccarla e farle del male, ci sono io a proteggerla. Ma lei non si sente al sicuro, non si sente tranquilla. Vuole solo entrare dentro e distruggere Taji ed io vorrei lasciarglielo fare, ma so che non è giusto.

- Calmati. – Le sussurro all’orecchio, tra i capelli morbidi e profumati.

- Lasciami, dannazione, lasciami andare! – Sbraita, sovrapponendo le mani alle mie e provando a farmi mollare la presa conficcandomi le unghie nelle dita. Io stringo ancora più forte.

- Mai. – Dico e lei ad un tratto, si calma e sbuffa come un drago pronto a sputare fuoco, la mia presa si trasforma in un abbraccio, lei smette di affondare le unghie ma lascia le mani sopra le mie per qualche secondo.

- Merita di morire, quella maledetta! – Sbraita ed io non riesco ancora a capacitarmi del suo comportamento. Sapevo che Era infondo è sempre stata una guerriera, ma non fino a questo punto. E’ fuori di sé.

- Dimmi cos’è successo. – Le chiedo, avvicinandomi al suo collo istintivamente. E’ incredibile quanto la vicinanza di lei mi mandi fuori di testa, inspiro il suo profumo di donna e ho un lieve capogiro. Il forte vento mi fa sentire freddo per un attimo e affondo il naso nella sua pelle, ancora.

Lei non ascolta le mie parole e si struscia lievemente su di me, credo voglia divincolarsi ma non glielo permetto. Poi la sento tremare.

- Hai freddo? – Le chiedo, senza lasciarla rispondere le conduco verso il capanno degli attrezzi, noto che il tavolo è pulito per metà e molta della mia roba è caduta per terra. La porta è aperta ed un pezzo di stoffa rossa è a terra. Asia e Egle finalmente hanno ritrovato la loro intimità, ne sono felice.. mi piacerebbe provare la loro felicità con Era, qui  e adesso ma so che è impossibile. Chiudo la porta alle mie spalle e la lascio andare, lei cammina e si ferma dall’altra parte della stanza, appoggiata al tavolo, senza fiatare. Vuole distanza tra di noi, perché? Accendo la lampada ad olio e la stanza si riscalda a breve, lei sbatte il piede nudo per terra, con nervosismo ed insistenza.

- Posso andare a casa? – Mi chiede.

- Non credo che stare vicino a Taji sia un ottima idea, ora come ora. – Le dico, fermandomi a guardare le curve perfette del suo corpo.

Le cosce sode e tornite, il seno ben disegnato, i polpacci sottili ma allenati, i riccioli biondi e disordinati, due oceani al posto degli occhi e delle labbra da far svenire. E le mani, piccole e morbidissime, il fondoschiena tondo e pronunciato, soffice e incredibile al tatto..

- Intendevo a casa mia. – Mi dice, distogliendomi dai miei pensieri.

- Non puoi, ti stanno ancora cercando. Ci sono uomini dappertutto, soprattutto la notte. – La informo, tralasciando il fatto che probabilmente Drogo è già a casa dato che Reouven ha pagato una guardia per togliersi di mezzo. Non voglio rischiare lo stesso per lei, non sono pronto a lasciarla andare.

- Ti prego. Io non posso più restare qui. – Mi dice, con le lacrime agli occhi ed io ho l’impulso di correre e abbracciarla ma mi trattengo, so che si allontanerebbe. La guardo con rammarico e desiderio, lei distoglie lo sguardo dal mio e abbassa gli occhi.

- Lo so che è difficile ma.. –

- No! La verità è che non lo sai! Non sai proprio un cazzo di come sia difficile! – Stringe i pugni guardandomi con odio, ho paura dei sentimenti che leggo dentro di lei. – Hai idea di cosa vuol dire vederti tutti i giorni avvinghiato a quella sgualdrina? Di doverti avere solo nei miei sogni, perché nella realtà è lei quella a cui appartieni? – Mi sbraita, appoggiandosi al tavolo per impedirsi di crollare. Stringe il bordo in legno e si sforza di non piangere, capisco come si sente, ho provato le stesse cose quando l’ho vista stretta a Drogo. – E come se non bastasse mi dici che mi ami, mi tocchi, mi fai perdere la testa.. e poi mi dici c-che hai sbagliato.. e mi guardi in una maniera che.. ecco! Di nuovo! – Urla indicandomi con un dito, io distolgo subito lo sguardo. E così le facevo perdere la testa?

- Hai pure un erezione! E’ incredibile.. incredibile! – E’ fuori di sé ed io mi vergogno da morire, possibile che in qualsiasi situazione lei abbia un effetto disastrosamente eccitante su di me? Non so davvero cosa dire, mi limito a mugugnare qualcosa.

- Cosa? Non ho sentito bene. – Dice, ancora ad alta voce.

- Non è colpa mia se quando ti arrabbi sei bellissima. – Sussurro un po’ più chiaramente. Lei si stacca dal tavolo e fa per avanzare verso di me, con sguardo ed espressione indecifrabile. Poi torna indietro, maledicendosi ad alta voce. Si appoggia nuovamente al tavolo e si irrigidisce nuovamente. Si scosta ancora una volta dal banco e viene verso di me.

- Oh! Fanculo! – Impreca, prima di saltarmi in braccio e baciarmi con la lingua. Rimango sconvolto, sorreggendola  e assecondandola.

Non chiedevo di meglio, questa nuova Era, spregiudicata ed impulsiva, mi piace incredibilmente ma mi fa anche paura. Non l’avevo mai vista così.

I miei pensieri vengono interrotti dalle sue mani che scendono a toccarmi l’inguine, stringendo la mia erezione con passione e decisione, boccheggio.

Lei si sposta un po’ e si rimette in piedi, senza preavviso si inginocchia.

Non riesco a dire nulla, non vorrei lo facesse ora, qui.. in questa catapecchia polverosa. Non vorrei si sentisse usata, io l’amavo davvero.

Ma prima ancora di riuscire a dirlo, lei ha già preso la mia erezione tra le labbra. Sussulto, gemendo e lasciandomi cadere verso il muro.

Mi appoggio e ricomincio a gemere, sempre più sorpreso ed eccitato.

- Cazzo. – Sibilo. – Era ma.. – Vorrei dirle tante di quelle cose.. ma le sue labbra languide sul mio glande mi fanno passare di mente tutto.

La mia poésia succhia, lecca e bacia tutto ciò che può ed io provo a trattenere l’orgasmo più a lungo che posso, ma la verità è che anche solo guardandola mi viene voglia di venire. Le sue labbra scendono e salgono un paio di volte, seguite dalle sue mani. La sua lingua stuzzica il mio membro in tutta la sua lunghezza ed io sento una fitta all’inguine.

- Sto.. sto venendo. – Le comunico per rispetto e lei si alza, ricomincia a masturbarmi con la mano e alza la sua tunica, non capisco cosa voglia fare ma dopo pochi secondi, quando il mio seme raggiunge e si deposita sulla sua pancia calda, la ringrazio mentalmente per averlo fatto. E’ la sensazione più forte e incredibile che qualcuno mi abbia mai fatto provare.

Struscia la mia punta sulla sua pancia appena pronunciata godendo e facendomi godere appieno del calore che si forma tra le nostre pelli.

E’ fantastico, rimango boccheggiante e faccio per baciarla.

Anche lei è sconvolta, affannata.. decisamente colpita da ciò che è appena successo.. Quando sfioro le mie labbra con le sue lei sembra risvegliarsi di colpo da un bel sogno, mi guarda in faccia e si allontana, abbassandosi subito la tunica e privandomi della vista del suo stomaco piatto, pieno di me. La guardo interrogativo e lei si scosta i capelli con un gesto veloce.

- Devo andare, adesso. – Mi dice, uscendo dalla porta e lasciandomi sconvolto e boccheggiante dentro il capanno.

Mi lascio scivolare lungo il muro e mi siedo in pezzo alla polvere e al terriccio. Mi metto le mani tra i capelli, appoggiandomi la fronte sui palmi. Alzo le ginocchia e resto così per un po’, pensando a lei.

Le sue labbra.. la sua lingua e le sue mani. Mi mancava, dio si mi mancava averla mia. E adesso? Adesso era diventata un'altra persona e non vedevo l’ora di conoscerla. Avrei sistemato tutto, l’avrei riconquistata e l’avrei fatta mia ogni volta che potevo. Lei appartiene a me.

 

Spero che questo capitolo vi piaccia. Che ne pensate di questa "nuova" Era? Ricordate quant'era stata diversa durante la sua prima volta? Bhé, ditemi tutto.. vi prego :) E Ate?

Stefy.

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Capitolo 33
*** Decisioni e tragedia ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Era POV.

Decisioni e distacco.

 

Scappo dal capanno come una furia, toccandomi le labbra e andandomi letteralmente a nascondermi nel salotto, che è diventata la mia stanza.

Non appena chiudo la porta mi lascio andare, sedendomi di peso sul letto e mettendomi la testa tra le ginocchia, sorreggendola con le mani.

“Oddio, ma che cosa ho fatto” penso, quasi in trance.

Ripenso alla mia sfuriata ad Ate, alla mia lite furibonda con Taji e soprattutto penso a ciò che ho fatto al mio guerriero poco fa.

Dio, non mi credevo capace di un gesto del genere, è stato tutto così maledettamente perfetto ed eccitante che mi ha lasciata senza fiato.

Possibile che le cose migliori accadano in pochi attimi? Non c’ho nemmeno pensato prima di farlo, e adesso non provo nemmeno un minimo di vergogna. Sarà perché ho fatto provare del piacere all’uomo che amo da morire. Ma poi ripenso che lui appartiene ad un'altra, che condivide il letto con un'altra e che sposerà un'altra.. un senso di colpa mi attanaglia lo stomaco e tutta l’eccitazione che provo scompare in un battito d’ali.

Sento delle risatine provenire dal corridoio e capisco che Egle ed Asia si stanno stuzzicando sereni, sono felice per loro ma mi sento così male che non riesco a godere appieno della loro felicità. Sono diventata tutto quello di cui avevo paura. Violenta, maleducata e spregiudicata, adultera e cattiva.

Non avrei mai voluto diventare così, chissà cosa pensa Ate di me..

Ricordo il suo viso sconvolto, le sue mani serrate, i suoi occhi spalancati.

Forse, se prima mi amava, adesso non mi ama più. O forse mi ama di più perché sono uguale a Taji e alla sua volgarità.

- Era? – Mi sento chiamare ad un tratto e, voltandomi, noto che la porta che collega il salone con la cucina è spalancata. Dei capelli biondi splendono alla luce. Non riesco a crederci, mi alzo di botto.

- DROGO! – Corro verso di lui e lo abbraccio stretto, lui mi solleva.

- Grazie a dio sei viva! – Mi dice, accarezzandomi i capelli con una mano e continuando a tenermi sollevata con l’altra. Ho gli occhi chiusi e inspiro il suo profumo come se fosse aria pura. Sorrido come una bambina e non mi accorgo che siamo indietreggiati fino alla cucina dove Ate, Taji e Frijof ci guardano sconvolti. Egle ed Asia arrivano mano per meno un attimo dopo.

In un angolo vedo mio padre, Drogo capisce e mi lascia andare. Corro anche incontro a lui che mi abbraccia stretta e mi bacia la fronte tre volte.

- Papà.. – Sussurro, estasiata dalla sua presenza. - Il mio cuore sta per scoppiare, ero così spaventata.. – Ammetto piano, ma gli altri mi sentono lo stesso e Taji sospira, annoiata e superficiale come sempre. Vorrei tanto fare un secondo round ma adesso la cosa importante è stare con papà e Drogo.

- Bambina mia. – La voce di mio padre si spezza per l’emozione e, per la prima volta da molto tempo, mi sento amata e accettata da qualcuno. Lo stringo forte, dandogli piccole pacche sulla spalla possente, è così bello e muscoloso.

-Drogo. – Lo chiamo, staccandomi un po’ da papà. – Stai bene? – Chiedo, vedendolo distratto, con lo sguardo spento e le braccia rigide. Lo vedo aggrottare le sopracciglia, poi spalancare gli occhi e guardarmi con ira funesta. Un brivido mi assale e capisco che sta usando il Dono su di me. "Come hai potuto?" Sento i suoi pensieri per una attimo e poi più nulla. Possibile che si sia aperta una lieve connessione tra le nostre menti? Percepisco il suo odio e il suo sconcerto.

- Tu hai.. dio santo Era! – Esce fuori dalla stanza sbraitando con voce carica di rabbia e nervoso. Lo guardiamo tutti sconcertati e io lo seguo di corsa, Ate mi segue con lo sguardo mentre esco dal retro e lo raggiungo al centro del prato bagnato dalla pioggia. Piove a dirotto e Drogo sta fermo al centro, bagnandosi come un pulcino e stringendo i pugni.

- Perché?! – Mi chiede soltanto ed io non riesco a capire cos’abbia fatto per farlo innervosire così tanto. – Come hai potuto? Lui ti ha abbandonata, ti ha tradita, ti ha lasciata e tu glielo succhi nel capanno? – Raggelo e perdo il fiato, un dolore al petto mi fa irrigidire tutti i muscoli del corpo e la pioggia mi fa respirare male. "Mio Dio.. " Penso sotto shock.

Come fa a saperlo? Drogo si gira verso di me e mi guarda negli occhi, furioso. Io abbasso lo sguardo e lui si avvicina impulsivo, prendendomi il mento tra le mani, tutt’altro che delicatamente. Sento la pressione delle sue dita su di me.

- Devi guardarmi negli occhi. – Mi sibila malvagiamente e io alzo lo sguardo timorosa, ripensando al fatto che lui sa tutto e vergognandomi. Probabilmente ha letto nei pensieri di Ate e ha capito tutto, vorrei tanto non averlo fatto.

- M-mi dispiace. – Sussurro, bugiarda. Per quanto so sia sbagliato non è affatto vero che mi dispiace perché io lo amo, e lo amerò sempre.

- Ti dispiace? Solo questo hai da dire? – Sbraita, ancora più furioso.

- Credevo ci fosse qualcosa tra di noi, maledizione! – Questa frase mi sconvolge e indietreggio, costringendolo a lasciare la presa sul mento.

- Io.. non ti ho mai promesso niente. – Sussurro, consapevole della verità. E’ vero, ci eravamo affezionati e aiutati a vicenda, ma non avevo mai assunto atteggiamenti romantici con lui, né ci avevo mai pensato.

- Tu sei solo un ipocrita! Mi hai usato per arrivare fin qui e mi hai buttato via come fossi spazzatura! – Vedo un lampo verde attraversargli gli occhi e ad un tratto la pioggia aumenta, seguita da fulmini e tuoni. Ha scatenato una tempesta col Dono, riesco a percepire la Natura insieme a lui. Il vento inizia a far volare oggetti intorno a noi.

- Che fai?! Calmati! – Urlo, per far sì che lui mi senta ma Drogo sembra in trance, impassibile. La porta del retro si spalanca e tutti escono fuori allarmati.

- Che diavoleria è questa? – Urla Frijof, abbracciando Taji, lei si nasconde sulla sua spalla, coprendosi dal vento. Egle e Asia fanno lo stesso, guardando verso la tempesta. Mio padre corre verso di me e Ate rimane immobile.

- BASTA! – Urlo, mentre papà mi abbraccia stretta e stringe il braccio di Drogo con forza, incitandolo a fermarsi. Drogo spalanca gli occhi e il ciclone che aveva creato scompare, lasciando scompiglio intorno a noi.

- Si può sapere che ti è preso? – Dice mio padre, con voce alterata.

- Non credo tu lo voglia sapere. – Drogo è acido, ha rabbia negli occhi.

Io mi volto verso Ate e lo guardo per un secondo, lui ricambia enigmatico.

- Hai messo in pericolo tutti. Che diamine ti salta in testa?  – Si pronuncia finalmente, avanzando con passo deciso e posizionandosi tra me e Drogo. Reouven rimane immobile come un animale che protegge il proprio cucciolo.

- Tu non parlarmi. – Drogo sembra davvero un bambino capriccioso, incrocia le braccia al petto e mi guarda in cagnesco, io arrossisco e sento il bisogno di scappare via. Possibile che debba giustificarmi con lui?

Spero solo che non apra bocca e non faccia succedere un putiferio, soprattutto non davanti Taji e mio padre. Incrocio le dita mentalmente.

Ate sia avvicina a Drogo con aria minacciosa, fronteggiandolo con lo sguardo, vedo subito la sua mascella contrarsi e i suoi pugni stringersi.

Vorrei bloccarli e farli smettere prima che iniziano, c’è aria di violenza.. riesco a percepirla. Drogo ha la stessa espressione di Ate.

- Perché mai non dovrei parlarti? – Ate si pronuncia minaccioso, a qualche centimetro di lontananza dal viso contratto di Drogo. Reouven continua a stringermi ma è pronto a scattare in caso di scontro, vuole difendermi.

- Perché sei un bastardo! – Sbraita il biondo, ormai incapace di contenere i suoi sentimenti d’astio, Ate stranamente non reagisce, vuole parlare ancora e non capisco perché.

- Hai messo in pericolo la vita di Era, l’hai portata qui e adesso hai scatenato un temporale sulla sua testa.. e il bastardo sarei io? – Il guerriero parla con calma, senza fretta e senza esitazione. Sa bene come colpire Drogo, che stringe i pugni ancora più forte. La fisicità imponente di Ate sovrasta completamente quella scarna del mio amico, facendomi impaurire. Drogo potrebbe farsi molto male, anche se Drogo ha il Dono dalla sua e ha già dimostrato di saperlo usare sapientemente.

Egle, in presenza di violenza, potrebbe trasformarsi e Asia non vuole lasciarlo solo quindi li sento rientrare in casa silenziosamente, Reouven mi lascia a malincuore e li segue, timoroso di una possibile apparizione del Mutatio. Ora sono sola, di fronte agli uomini più importanti della mia vita.

- E tu? L’hai costretta a rimanere con te e a sopportare la visione di te e quella donnaccia insieme, l’hai abbandonata quando ne aveva più bisogno e ora la seduci quando più ne hai voglia costringendola a fare cose indegne! – Drogo sbraita con tutta la voce che ha in corpo mentre io spalanco gli occhi, possibile che Taji abbia ascoltato e capito qualcosa? La vedo aggrottare la fronte e muoversi piano.

- Cosa? Di quali cose sta parlando, Ate? – Taji si avvicina a passo deciso, ancheggiando e portandosi dietro il fratellastro come un cagnolino da compagnia. Ate la allontana con un gesto brusco della mano.

- Allontanati Taji, ne parleremo a momento adatto. – La liquida e Frijof la porta via, nonostante le sue urla di protesta, io rimango immobile.

- Basta ragazzi, per favore. Ate vai via, te ne prego. Lasciaci soli. – Sussurro, incredibilmente imbarazzata e spaventata, voglio a tutti i costi evitare un litigio, non voglio che venga creata violenza a causa mia.

- IO LA AMO, MALEDIZIONE! – Stavolta sbotta Drogo, liberando un urlo in aria e svuotandosi il petto da quel sentimento che percepivo da qualche tempo a questa parte. Rimango allibita ugualmente, pensavo che mi volesse bene.. non addirittura che mi amasse.

- Anche io la amo. – Dice Ate con molta più calma nella voce.

Drogo non ci pensa due volte e gli sferra un pugno in pieno volto, Ate cade per terra, impreparato e si rialza dopo un paio di secondi colpendo Drogo a sua volta. Io urlo e chiamo mio padre, ma al suo posto esce Egle esibendo un ascia di ferro e correndo furioso verso di noi, ha le pupille rosso fuoco.

- ATTENTI! – Sento Asia urlare e mi volto ed evito un fendente da parte di Egle, tutto succede velocemente, vedo il viso insanguinato della mia amica avvertirci del pericolo e poi vedo Drogo cadere a terra ed Egle correre via come impazzito, con ancora l’ascia in mano. Ate è in piedi accanto a me.

- NOOO! –Urlo gettandomi accanto a Drogo, sofferente, per terra.

Egle l’ha colpito tra la spalla e il collo, con il chiaro intento di ucciderlo e Drogo sta chiudendo gli occhi. Reouven si precipita e, aiutato da Ate, prende Drogo in braccio e lo porta dentro casa. Io li seguo correndo, sconvolta ed entro in casa tempestando mio padre di domande.

- Come sta? E’ vivo? Sta bene? Drogo, mi senti? Ti voglio bene! Apri gli occhi, ok? Resta con me! Mi senti? Ci sono io con te, ti voglio bene.. sei importante per me, mi senti? TI AMO! – Mio padre lo sdraia sul tavolo in legno e poi fa segno ad Ate di uscire e portarmi con sé mentre Taji prepara delle bende inzuppate per curare il graffio in faccia di Asia.

Ate mi afferra da un braccio e mi trascina mentre io mi dimeno.

- No! Drogo! LASCIAMI, DEVO STARE CON LUI! Drogo! Tesoro!– urlo ma lui mi carica sulle spalle e mi porta in camera da letto, chiudendo la porta a chiave e trattenendomi abbracciata a lui. Io piango come una bambina.

 

Che ne pensate? lungo e intricato? vi sembra verosimile? drogo? egle? ate? ditemi tuttoooo :)

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Capitolo 34
*** In partenza ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Ate POV

In partenza.

 

Entro in camera mia e di Taji e la sento soffocare. Era piange così forte che non riesce a respirare bene, sento le vene della testa scoppiarmi di dolore. Ripenso al litigio, a mio fratello, all’ascia, al suo “ti amo”.

- Calmati, andrà tutto bene, calmati. – Le sussurro, visibilmente sconvolto e preoccupato, facendola sedere sul letto, accanto a me. – Starà bene, mi dispiace.. calmati. – Le dico, accarezzandole i capelli ma lei non accenna a calmarsi, singhiozzando e tremando come una foglia. Mi stringe i pantaloni all’altezza delle ginocchia per trovare conforto ed io la abbraccio ancora più stretta. Continuo ad abbracciarla, accarezzandole i capelli e aiutandola a calmarsi. Continuo a ripensare alle sue urla in cucina.

“Ci sono io con te, ti voglio bene.. sei importante per me, mi senti? TI AMO! “  Rabbrividisco e grugnisco geloso, ma non mi scosto da lei.

Ha bisogno di me ora più che mai e, se pur ama un altro uomo, io amo lei quindi le starò accanto per tutto il tempo che mi permetterà.

- Morirà? – Mi chiede con la voce più tenera dell’universo. – Ti prego, dimmi che non morirà. – Sussurra poi, distrutta immensamente.

- No, Reouven è un ottimo medico, lo curerà a dovere. – Dico nell’incertezza, la ferita di Drogo era davvero terribile a prima vista. - Ma adesso devi calmarti ok? – Le dico con voce calma e pacata.

Lei sospira e si stringe a me, in cerca di sicurezze, io non posso fare altro che abbracciarla e approfittare egoisticamente di questo momento per inspirare il suo profumo e bearmi della morbidezza della sua pelle.

- Egle. – Mormora ed io so già cosa sta per chiedermi.

- Non posso lasciarti qui e andare a cercarlo, verrà da solo, quando sarà tornato in sé. – Le comunico, sincero. E’ pericoloso per Egle là fuori e probabilmente potrebbe rischiare grosso ma Era ha la priorità su tutto, al momento. E’ troppo vulnerabile, distrutta, annientata e il mio posto è qui con lei.

- Potresti chiedere a Frijof di andarlo a cercare. E’ compatto e muscoloso, molto più di Egle, quindi non correrebbe molti pericoli in caso di uno scontro. – Mi suggerisce ed io scuoto subito la testa, scompigliandomi i capelli e facendo segno di no.

- Frijof non si assumerebbe mai un rischio del genere. Lui odia me e la mia famiglia, non vedi come mi guarda? – Le chiedo, provando a farla distrarre e parlare un po’. Lei sembra abboccare al trabocchetto.

- Come mai? Cosa gli hai fatto? – Mi chiede, curiosa, alzando gli occhi verso di me e fissandomi con sguardo da cucciolo impaurito. Vorrei baciarla più di ogni altra cosa al mondo ma so di non poterlo fare.

- Credo.. – Mi zittisco, non so come spiegarlo in modo semplice. – Ho notato delle premure un po’ troppo intime verso Taji. – Sussurro, tutt’altro che geloso della mia promessa. A dire il vero, prego tutte le sere per far sì che Frijof ammetta di amarla e la porti via con sé, liberandomi per sempre.

- Ma che dici! E’ suo fratello! – Dice Era sorpresa e sbigottita. Sorrido.

- Fratellastro. – La correggo subito. – Non hanno legami di sangue. –

Le scosto i capelli dal viso e lei rabbrividisce, zittendosi.

- Non mi resta altro che trovare delle prove, smascherarla e lasciarla al suo destino. Così sarò libero da quest’impiccio. Ma devo farlo prima della cerimonia o non potrò più lasciarla, per legge. – Le comunico, desideroso di sapere un suo parere. Vorrei tanto che lei esultasse felice, mi abbracciasse e mi promettesse amore eterno ma non lo fa, si limita a tirare su col naso e a singhiozzare lievemente. Pensa ancora a Drogo e questo mi stringe il cuore, se fosse successo a me come avrebbe reagito?

- Comunque ho deciso di partire. – Le comunico, liberandomi finalmente del peso che mi porto dentro da quando è arrivata qui. Deve sapere, devo salutarla prima di partire, dato che non ho la certezza di rivederla mai più. Lei si irrigidisce, alzandosi subito dal letto e fronteggiandomi.

Mi alzo anche io e mi metto di fronte a lei, la guardo intensamente e poi comincio a camminare per la stanza, aspettando una sua reazione.

Osservo le mura spoglie, il capezzale con una scena di caccia dipinta sopra, il pavimento in legno e l’armadio bianco. Provo a distrarmi ma il mio cuore non smette di palpitare alla velocità della luce.

- Dove vai? – Si decide finalmente a parlare, rompendo il silenzio nella stanza, la sua voce mi sembra ancora più debole e tenera di prima.

Non so se voglio dirle tutti i rischi che correrò ma lei mi guarda insistentemente e decido che merita di sapere tutta la verità, stavolta.

- Avanzerò  fino ad arrivare al grande vulcano. – Introduco il mio viaggio con voce tranquilla ma lei si allarma subito.

- Il Vulcano della Morte? Perché? – Esclama, evidentemente preoccupata.

- Dicono che sulle sponde del Fiume di Lava abiti il più potente guaritore oscuro di Malvagia.  Devo tentare, devo trovare una cura per Egle e devo farlo in fretta. Hai visto anche tu di cosa sta diventando capace, è un pericolo per gli altri e per lui stesso. Devo salvarlo. – Il mio discorso non fa una grinza finché lei non mi interrompe.

- Non puoi. Nessuno è mai tornato vivo dal Vulcano della Morte! Le leggende narrano che quel luogo sia abitato dalla morte e da lei soltanto. Come puoi solo pensare di poter affrontare questo viaggio da solo? Ti ci vorrà almeno un mese di cammino, se possiedi un cavallo! Altrimenti potresti anche metterci due mesi, o anche tre! E poi so con certezza che praticare la magia oscura è vietato anche nelle tue Terre, potresti finire nei guai, ammesso che tu sopravviva. – Dice lei, rivelandomi le paure che già ho e conosco bene. So cosa mi aspetta, so quali sono i rischi, le fatiche e le leggende su quel luogo ma lo devo a mio fratello.

- Devo farlo, mi è sembrato giusto dirtelo. Partirò domattina. –

Era comincia a piangere, senza però smettere di guardarmi negli occhi e questo rende tutto ancora più pietoso e difficile da affrontare.

Non posso andare a morire se lei mi guarda in questo modo.

- Ti prego. – Mi dice, avvicinandosi lentamente, quasi strascicando.

- Ti prego. – Si appende alle mie spalle e mi guarda terrorizzata.

Non so cosa fare, né cosa dire. Sono totalmente paralizzato dal dolore e dalla paura di perderla, le mia braccia si spostano quasi automaticamente ai lati delle sue spalle e la stringono a me.

- Devo andare. – Le dico, dolorosamente. E lei piange ancora.

- Allora io verrò con te. – Singhiozza sconvolta ed io la guardo severo, allontanandola. Lei mi fissa spaventata e insicura, con il dolore negli occhi ed io non riesco a rimproverarla come vorrei.

- Non esiste. Come puoi solo pensare una cosa del genere? – Le dico, guardandola negli occhi e non ammettendo repliche di nessun genere.

- Io vengo con te, voglio farlo. – Mi dice, dichiarandomi in quelle parole tutto l’amore che ancora prova per me. Sento il mio cuore tremare forte e le mia labbra bramare le sue, inutilmente. Sono irremovibile.

- Ti prego, non rendere tutto ancora più difficile di come è in realtà. –

Le dico, senza sapere ancora dove voglio finire a parare, lei mi guarda interrogativa e io, pur sapendo quant’è sbagliato, metto in mezzo il suo fidanzato in fin di vita.

- Tu appartieni a Drogo, il tuo posto è con lui. – Dicendo per la prima volta quelle parole mi rendo conto di quanto siano brutali e di quanto mi facciano male. Lei era sempre stata mia fino ad allora e adesso mi toccava ammettere che non solo l’avevo persa, ma che lei stava insieme ad un altro uomo, colpito probabilmente a morte da mio fratello.

- Io.. – Sta per parlare ma poi si blocca, quasi trattenendo le parole con violenza. Capisco dai suoi occhi che c’è qualcosa che vuole dirmi, qualcosa di importante.. ma non lo fa.

- Non capisco cosa mi sia preso, scusami. Hai ragione, il mio posto è qui con Drogo. – Dice questa frase incerta, quasi balbuziente. – Farai meglio a preparare le tue cose, io vado a vedere come sta. – Mi guarda per l’ultima volta negli occhi, con una decisione e una furbizia che per poco riesco a cogliere e poi si volta ed esce dalla stanza, lasciandomi solo e pensieroso.

Ad un tratto ricordo che prima di partire ho dei doveri da sbrigare, quindi avverto Taji ed esco di casa, diretto a casa delle mie sorelle. Il tempo fuori è messo bene, intravedo i raggi del sole tra gli alberi quindi decido di incamminarmi subito, per non arrivare con la notte. Cavalco per una ora e raggiungo il villaggio dove le vivono le mie sorelle.

Nasir è una bravissima cacciatrice, una donna forte che più di una volta ha badato e protetto Egle da sé stesso. Alais è una guaritrice formidabile, conosce dei piccoli incantesimi e una quantità infinita di erbe medicinali che probabilmente aiuteranno Reouven a curare la ferita mortale di Drogo. Devo implorarle di aiutarmi, ancora una volta.

- Fratellone! – Sento la voce di Alais e mi volto, come al solito mi ha visto arrivare dal vialetto ed è uscita felice per venirmi a salutare.

Mi salta in braccio dolcemente e mi stringe forte.

- Sono mesi che non ti vedo, stai bene? – Mi domanda, mentre io le bacio la guancia con adorazione. Adoro le mie sorelle, sono la mia famiglia.

Noto che Alais adesso sembra davvero una donna matura.

Le ciocche castane di capelli le ricadono lungo le spalle, fino a metà schiena, sono mosse e setose. I suoi capelli fanno un buon profumo, o forse è la sua pelle olivastra e vellutata, liscia come quella di un bambino e morbida come quella di una bellissima giovane donna.

- Sto bene, tu come stai? – Le chiedo apprensivo, mentre continuo ad osservarla. Il suo abbigliamento in pelle è sobrio come al solito e le sue labbra a forma di cuore sembrano ancora più rosee del normale.

Mi fermo a guardare le bellissime lentiggini che le ricoprono il viso e mi imbambolo a fissarle gli occhi turchesi. E’ stupenda.

- Tutto bene. Sei qui per vedere Nasir? – Mi domanda, rabbuiandosi.

- E come sta Egle? – Chiede ancora, e la sua voce diventa un sussurro indistinto. Ho imparato a capire che quel tono di voce è sintomo di tristezza assoluta. – Egle è ancora alle prese col Mutatio. – Non riesco a mentirle e lei mi sorride amareggiata, quasi a volermi rassicurare.

- Stavolta ho bisogno anche di te, sorellina. – Le dico e i suoi occhi si illuminano di una luce nuova, sconosciuta, che assomiglia alla felicità.

- Non vedo l’ora di rendermi utile, lo sai. – Dice, gettandomi di nuovo le braccia al collo e ringraziandomi in silenzio.

 – Vieni, entra in casa e spiegaci tutto. Nasir è dentro che cucina come al solito. – Mi invita ed io mi avvio verso la casupola a passo deciso, mentre lei fischietta spensierata dietro di me.

 

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Capitolo 35
*** Non ti lascerò solo. ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

 

Era POV.

Non ti lascerò solo.

 

Avanzo fino alle scuderie con passo deciso, Drogo sta male e ha bisogno di un miracolo per sopravvivere. Reouven non sa bene come farà a curarlo ma sono convinta che riuscirà a concludere qualcosa e poi adesso c’è Alais. Ho chiesto di poter fare il tributo al dannato, ma Frijof mi ha risposto che quella magia funziona solo con i guerrieri della morte quindi ho preso una decisione. Che senso ha rimanere qui, ad aspettare un miracolo, quando invece di perdere solo Drogo probabilmente perderò anche Ate? Per Drogo non posso fare nulla ma Ate ha bisogno di me e della mia magia per il suo viaggio, e anche se lui non vuole ammetterlo io lo so per certo.

Monto sul cavallo e seguo le orme di quello di Ate, partito circa un ora prima di me. Non ho detto nulla a nessuno, eccetto che ad Asia.

- Non puoi! E’ troppo rischioso. – Mi aveva detto lei, scandalizzata e sconvolta ma io avevo subito contrattaccato.

- Il mio posto è con lui, ricordi? Io sono la sua poésia, sono sua. – Le avevo detto, spiegandole quanto lo amassi e quanto fossi disposta a perdere per lui. Le avevo anche raccontato di Taji e Frijof, e di ciò che avevo scoperto.

- Sta tranquilla, farò di tutto per smascherarli mentre sarete via. – Mi aveva promesso senza bisogno che io glielo chiedessi. L’avevo baciata sulla fronte e poi ero andata in cucina dove Alais e mio padre stavano curando Drogo, li avevo salutati col pensiero ed ero uscita di casa, decisa e sicura.

Adesso è l’alba, non sono sprovveduta, ho indossato degli scandalosi abiti di pelle che ho rubato dal guardaroba di Taji, ho dipinto i miei capelli con l’inchiostro nero e ho truccato il mio viso. Devo solo ricordarmi di non avvicinarmi troppo a qualcuno, in modo da non far notare i miei occhi color oceano. Il cavallo che ho preso in prestito dalle scuderie di Taji è un gran bell’esemplare, alto e fiero, dalla lunga criniera e dal manto nero.

Nel box dove dormiva c’era inciso un nome che mi ha subito colpito.

Adelasia che, nelle antiche lingue umane, vuol dire nobile.

- Da brava, Adelasia, continua a seguire le orme del tuo compagno. – Sussurro al suo orecchio, trottando lentamente e avanzando per il bosco di biancospino.  Il profumo è lieve e mi mantiene allegra, mentre ansiosa penso al momento in cui incontrerò Ate e alla reazione esagerata che avrà.

Il viaggio a cavallo dura sereno per almeno tre ore, poi però sento il bisogno di fermarmi per riposarmi qualche minuto.

- Solo qualche minuto. – Sussurro più a me stessa che ad Adelasia.

La puledra mi guarda quasi comprensiva ed io le accarezzo il muso, rivedendo nella mia mente, per un attimo, gli occhi sperduti del cavallo che avevo trucidato per salvare la vita ad Ate. I brutti ricordi riaffiorano alla mente e rabbrividisco, spaventata e incredibilmente triste.

Adelasia si mette accanto a me ed io mi appoggio ad un albero, sedendomi per terra e bevendo qualche goccia d’acqua che ho portato in abbondanza in una borraccia. Mi rilasso per circa cinque minuti, poi decido di riprendere a viaggiare, voglio ritrovare Ate il prima possibile, non mi sento sicura a camminare da sola e l’idea di seguirlo, per quanto coraggiosa, adesso si sta rivelando stupida e paurosa.

Rimonto a cavallo e comincio a correre come una furia, stando sempre attenta alle orme e a dove portano. Mi guardo intorno paranoica e ricordo di quando, da piccola, mia madre mi aveva insegnato a riconoscere le impronte d’animali e a seguirle. Sapevo riconoscere quelle dei cavalli, dei conigli, dei cani..

- Se mai ti perderai, saprai ritrovare la via. Gli animali non vanno dove c’è il pericolo. – Mi aveva detto, dopo avermi insegnato tutta quella roba.

Noto gli zoccoli del cavallo di Ate impressi nella terra e faccio segno ad Adelasia di seguirli, guidandola con le briglie e i colpetti di tallone sui fianchi. Il bosco inizia a scurirsi e le prime folate di vento gelido mi colpiscono facendomi tremare di freddo, il viaggio si rivela ancora più scomodo e difficile di quanto non avessi immaginato.

Ad un tratto però, dopo una giornata di cammino, finalmente intravedo una luce fioca in mezzo al bosco. Rallento improvvisamente e scendo da cavallo, ordinando alla cavalla di star ferma e aspettarmi.

Cammino piano, inoltrandomi tra le querce e i cespugli spinosi, fino a che la fiammella non si rivela un vero e proprio fuoco.

Sul rogo, infilzato su un bastone, c’è un animaletto che cuoce. All’apparenza sembra coniglio e il mio stomaco inizia a brontolare, non vedo nessuno e ho paura che non sia opera di Ate, che mi sia imbattuta in qualche altro guerriero pronto a smascherarmi e uccidermi.

Sto per allontanarmi, ma quando mi volto un ramo mi colpisce in faccia facendomi urlare e accasciare per terra, spaventata.

- Chi sei? – Sbraita una voce maschile che non riesco a riconoscere.

- Identificati, ladruncolo! – La voce, incredibilmente, sembra quasi appartenente ad un ragazzino come me, e non ad un uomo.

Sono pietrificata dalla paura e vorrei tanto che Ate comparisse per salvarmi, poi però spero che non corra rischi e rimangio quel desiderio.

- Sono Era, della casata Zahrah. Perdonatemi, non stavo rubando, ero solo alla ricerca di un po’ di calore. – Mento spudoratamente e ripetutamente, alzandomi poco alla volta, per timore d’essere colpita ancora.

La guancia brucia sul punto in cui sono stata colpita e voglio piangere.

Ad un tratto mi sento afferrare per il colletto del top e vengo portata davanti al rogo, istintivamente chiudo gli occhi per non farmi scoprire.

- Siete una donna. – Dice quasi sorpreso, ma io non apro gli occhi.

- Guardatemi. – Continua ed io entro in panico, ma lui non accenna a mollare la presa. Vorrei assestargli un calcio e scappare, ma so di non essere abbastanza forte. Non tocco cibo da dodici ore e sono in viaggio da un giorno intero, non riesco a muovere un muscolo.

- Non posso. – Improvviso, ad un tratto. – Sono cieca. – Dico e lui sembra credermi, vorrei socchiudere gli occhi e vedere chi ho davanti ma me lo impedisco. Sento il ragazzo avvicinarsi a me e mollare la presa.

- Ditemi la verità. Cosa volevate qui? Cibo, denaro? – Mi chiede con voce severa, leggermente impietosita dalla mia rivelazione.

- Dico davvero, cercavo qualcosa con cui riscaldarmi, ho sentito lo scoppiettio della legna e mi sono avvicinata. Perdonatemi, vado via subito.-  Dico in un soffio, sperando che mi lasci andare.

- Non dite sciocchezze, è una notte fredda, voi siete senza cavalcatura né occhi. Non potete viaggiare adesso. Sarete mia ospite per la notte. –

Mi dice, gentilmente, ed io invece di essergli grata vorrei andare via il prima possibile, ogni minuto che passa Ate è più lontano e la mia morte più vicina. Non riuscirò a fingere a lungo, questo ragazzo finirà per scoprirmi e per le nostre Terre sarà la fine. E anche per noi.

- V-vi ringrazio. – Rispondo furbescamente, sapendo di non poterlo dissuadere dalla scelta. “Fuggirò in piena notte, quando lui dormirà” mi riprometto, facendomi scortare dentro la tenda. E’ difficile continuare a tenere gli occhi chiusi, ma sto quasi per farci l’abitudine.

- Tenete questo, riposatevi. – Dice, porgendomi un tessuto ruvido e pesante con cui posso coprirmi. Credo sia un telo di iuta grezza.

- Perché vi state prendendo cura di me? – Domando, ormai esausta, sdraiandomi sul giaciglio di paglia dove mi ha fatta sedere.

- Perché siete una donna, siete cieca e in pericolo e io vi ho colpita. – Dice tutto velocemente ma chiaramente. Poi smette di parlare per qualche secondo e quando sto quasi per addormentarmi aggiunge:

- E perché siete bellissima. – Ma non riesco a capire se sia un sogno o la realtà perché un minuto dopo sto già dormendo, dimenticandomi del mio piano, di Adelasia, del Vulcano e di Ate.

Quando mi risveglio i raggi del sole solleticano il mio viso, quasi costringendomi ad aprire gli occhi. Li socchiudo, ho appena il tempo di vedere il ragazzo davanti a me girato di spalle e poi ricordo di essere cieca ai suoi occhi, quindi li richiudo immediatamente, sentendoli bruciare a causa della luce. Il ricordo delle sue spalle muscolose mi accompagna per tutta la mattinata, in cui fingo di dormire per non destare ulteriori sospetti. Mi sento terribilmente in colpa per essermi addormentata pesantemente e aver perduto l’opportunità di fuggire e raggiungere il mio amore. Dopo il mezzogiorno, in cui il sole è alto nel cielo, mi decido a far finta d’essermi svegliata. Mi stiracchio e faccio un po’ di rumore in modo che il ragazzo entri nella tenda e mi assista.

- Ben svegliata. – La sua voce dolce e al contempo matura mi fa rinsavire, non pensavo fosse già nella tenda. Probabilmente mi stava osservando, lo sento vicino, più di quanto vorrei. Sono spaventata, e se l’inchiostro fosse andato via e i miei riccioli biondi fossero visibili? Rabbrividisco.

- Sentite freddo? – Mi chiede, sistemandomi il panno di iuta sulle braccia.

Sospiro, cercando di racimolare tutto il coraggio che ho, e sorrido.

- Sto bene, vi ringrazio. Credo sia il momento per me di ripartire. – Dico, ad un tratto, ormai stanca di recitare. Avevo mangiato e riposato, adesso dovevo proprio andare o avrei rischiato di perdere le tracce di Ate.

- Non mi avete ancora detto dove siete diretta, cosa state cercando. – Ancora una volta cambia argomento, impedendomi la fuga. Io decido di rispondergli, in fin dei conti è stato gentile con me e non mi ha fatto del male. La consapevolezza che un vagabondo, guerriero del male, sia stato così gentile con me mi fa pensare che questa terra, in fin dei conti, non è così male. Anzi, probabilmente è pure meglio della mia.

- Sto andando verso il Vulcano della Morte. L’uomo che amo mi aspetta lì.-

Dico la verità, questa volta, e lo sento più lontano. Ho la vaga sensazione che questa notizia lo abbia sconvolto o quantomeno infastidito.

- Quello è un luogo di morte. Cosa spinge il vostro amato ad andare? E cosa spinge voi, giovane donna, a seguirlo alla cieca? – Mi chiede ed io riesco solo a sussurrare una parola che ha mille significati.

- Amore. – Dico, quasi chiamando Ate con la mente. – Non è forse a questo che si riduce tutto? L’amore per un fratello, per una donna o per un padre. L’amore è la chiave di tutti i viaggi, di tutti i motivi ed i pericoli. – Mi spiego meglio ma lui non risponde per un bel po’.

- Io non capisco questa cosa dell’amore. Questo viaggio secondo me è dettato solo dalla follia. Solo due folli potrebbero cercare la morte, avanzando fino al Vulcano. Verrete inghiottiti dalle potenti ali del Falciatore ancora prima di riuscire a vedere la lava asciugata. – le sue parole assomigliano più a un presagio che a una supposizione.

- Devo andare comunque. Vi ringrazio veramente di ciò che avete fatto per me in questi due giorni, siete stato gentilissimo. – Ringrazio cordialmente, sempre stando attenta a non aprire gli occhi. – Come vi chiamate? – Chiedo poi, curiosa.

- Mikel. – Mi risponde quasi subito. – Mikel Leheren. – Aggiunge poi, lasciandomi pensare a quanto stranamente mi dispiaccia andarmene.

- Bene, Mikel. Aiutatemi ad alzarmi, ve ne prego. – Sussurro e lui non se lo fa ripetere due volte. Il telo di iuta mi cade dalle cosce, scoprendomi e facendomi sentire molto freddo.

- Vi prego, tenetelo con voi. Fa molto freddo fuori. – Mi dice, mettendomi tra le mani la coperta e aiutandomi ad uscire dalla tenda.

I raggi del sole, appena accennati, mi illuminano le palpebre chiuse.

- Da che parte dovete andare? – Mi chiede, senza trattenermi oltre.

- Da dove sono arrivata. – Il vento mi fa rabbrividire e indurire i muscoli stanchi. Metto la coperta di iuta attorno alle spalle e mi lascio toccare le braccia. Mikel mi gira verso quello che distinguo come sud e mi lascia.

- Grazie ancora. – Dico, facendo qualche passo in avanti e socchiudendo piano gli occhi. Una volta accertata di essere sola, mi volto indietro e vedo l’accampamento sparire davanti ai miei occhi stanchi e brucianti.

Incredibilmente, contro ogni mia paura, Adelasia è ancora ferma nel posto in cui l’ho lasciata. Sta mangiando qualche filo d’erba ed è riposata.

- Mi hai aspettata! – Esclamo, ripensando al gentile guerriero che mi ha accolta. – Brava, cavalla! – Dico poi, accarezzandomi la guancia gonfia, l’unico segno che mi è rimasto di quest’esperienza. – Pronta a ripartire? – Chiedo, salendo in groppa. Lei nitrisce con potenza, quasi felice e ripartiamo alla ricerca di un guerriero sperduto.

 

Veloce, velocissima :) Questa storia sta appassionando me tanto quanto voi. Che ne pensate del viaggio di Era? Di Mikel? Ditemi tutto.

Stefy.

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Capitolo 36
*** Cercando te. ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

Era POV.

Cercando te.

 

Dopo due giorni di cavalcata non riesco più a continuare, ho dormito circa tre o quattro ore in questi giorni e sento di poter svenire da un momento all’altro. Ho finito tutte le provviste che mi ero portata e Adelasia è molto più stanca di quanto dia a vedere, sento i muscoli del suo corpo tremare dalla fatica ma so di non potermi fermare. Un temporale è in arrivo  e se mi fermo adesso perderò definitivamente le tracce di Ate.

- Avanti, piccola. – Sussurro avvicinandomi all’orecchio destro. – Manca poco, un ultimo sforzo. – Le dico totalmente insicura di ciò che prometto. Non so dove sia Ate, non so perché non riesco a raggiungerlo e non so se lo raggiungerò presto. So solo che devo farlo prima che inizi a piovere.

Adelasia nitrisce e parte al galoppo, cercando di sfruttare al massimo le ultime energie che le sono rimaste. Io mi acquatto su di lei, provando almeno a rilassarmi un po’, senza risultato. I miei muscoli sono tesi e fanno un male disumano, i miei occhi bruciano ma sono ancora vigili.

Le mie mani sono segnate da lunghe strisce rosse e dolorose, provocate dalle briglie, ho il torcicollo e il taglio nella guancia è decisamente aperto e dolorante.

- Chi va là? – Una voce mi fa sobbalzare e istintivamente mi giro verso destra, pronta a correre veloce e sfuggire al nemico. Adelasia si blocca.

- Era? – Noto che l’uomo davanti a me è Egle, sporco e mal combinato, ma è decisamente lui. Mi fermo a guardarlo e per un attimo ho l’istinto di scendere da cavallo velocemente e prenderlo a calci per Drogo. Poi voglio abbracciarlo.

- Egle! Che ci fai qui? – Chiedo sconvolta. – Non sei ancora tornato a casa?- Domando ancora, in fondo so di volergli fin troppo bene.

- No. Non tornerò finché il Mutatio non mi avrà abbandonato. – Mi comunica, rimanendo fermo e ben distante da me. Sa che ho paura.

- Devi tornare a casa invece! – Sbraito, se non torna a casa Ate non potrà curarlo, una volta tornato e questo viaggio sarà inutile.

Gli spiego tutto ciò che mi passa per la mente e lui urla e poi piange.

- Ma cosa gli viene in mente? Morirà! Morirà a causa mia! – Dice piangendo ed io scendo da cavallo e lo abbraccio più stretto che posso.

- Non morirà, Egle. – Sussurro. – Sto andando da lui per aiutarlo, torneremo sani e salvi, con una cura, ma tu adesso devi andare a casa. Asia sarà distrutta e Nasir ti starà cercando ovunque. Non farai del male a nessuno, ti terranno sotto controllo, sta tranquillo. – Dico continuando a tenerlo stretto. Ad un tratto sento delle gocce cadermi sulle braccia, sta iniziando a piovere.

- Oh no. – Bisbiglio. – No, no, non ci siamo! – Urlo poi, staccandomi da lui.

- Devo andare, o perderò le tracce di Ate! Promettimi che tornerai a casa, promettimelo! – Dico a voce alta, salendo su Adelasia e aspettando.

- Te lo prometto, non far morire mio fratello e torna sana e salva! – Dice, ma io non ho nemmeno il tempo di rispondergli, Adelasia è già partita al galoppo più veloce e decisa di prima. I minuti di riposo l’hanno fatta rifocillare, ha mangiato qualche filo d’erba ed è pronta a trovare il mio amore prima che le tracce vengano cancellate.

Corre così veloce che non ho nemmeno il tempo di guardarmi intorno o schivare gli alberi, quindi mi appiattisco sul suo manto bagnato e aspetto di trovare Ate davanti a me.

- ATE! – Urlo ad un tratto, chiamandolo e sperando che risponda qualcuno intorno a me. – Ate! – Lo chiamo un po’ più piano ma non sento nulla.

Adelasia continua a correre senza fermarsi quando ad un tratto sento qualcosa. Presto attenzione ad ogni singolo suono proveniente dal bosco.

Un urlo si libera tra gli alberi e mi arriva alle orecchie come un suono lontano kilometri. Tiro forte le briglie e Adelasia frena di colpo.

- ATE! SEI TU? – Grido con tutto il fiato che ho in corpo ma non sento più nulla, allora mi blocco e chiudo gli occhi. Tiro un lungo respiro e mi appello alle forze della Natura. Mi hanno aiutato a trovarlo già una volta e senza di loro so di non potercela fare, la pioggia è incessante e il terreno è ormai fango, senza alcun tipo di traccia o impronta da seguire.

E’ vicino. E’ molto vicino a te.

Finalmente la voce profumata appare nella mia mente, facendomi rincuorare. Ma ho bisogno di qualche altro dettaglio per trovarlo.

Avanza di cento passi, poi gira a destra e cerca la grotta nera. Lui è lì.

Ringrazio mentalmente chiunque mi abbia aiutata e parto all’avanscoperta. Adelasia cammina lentamente per cento passi, sotto mio ordine e poi gira a destra. I miei occhi stanno per chiudersi ma mi impongo di essere vigile e forte anche per qualche minuto. Poi troverò Ate e potrò riposarmi e bearmi del calore delle sue braccia attorno a me.

Ad un tratto noto una strana roccia grigio-nera apparire davanti ai miei occhi e farsi sempre più luminosa e brillante. Sembra fatta di tanti piccoli diamanti. Mi domando cosa sia e a cosa serva.

Lava cristallizzata, utile per l’assorbimento di calore.

La voce in testa non tarda a rispondermi e sorrido, correndo veloce verso la caverna luccicante. Adelasia si ferma poco prima dello squarcio che è aperto sulla liscia parete nera. Scendo e le ordino di rimanere lì, ferma.

- Ate? – Sussurro piano, entrando all’interno della roccia.

Il terreno è incredibilmente soffice per qualche metro, coperto da muschio.

L’interno della caverna è buio come la pece ma riesco a distinguere il muschio e subito dopo la dura pietra sotto i miei piedi coperti da sandali quasi inesistenti.

Mi muovo con cautela, col timore di incontrare qualcosa di pericoloso.

- Ate? – Domando ancora, rivolgendomi al nulla. Il buio è totale e spaventoso, vorrei scappare via e tornare a casa mia, nella mia Terra ma decido di rimanere nonostante il mio corpo tremi e sia infinitamente stanco. Socchiudo gli occhi per vederci meglio ma non cambia nulla.

- Ate? – Il mio è ormai un sussurro, dettato dalla grande paura.

Avanzo ancora di qualche passo e mi volto indietro, sentendo uno scricchiolio, mi accorgo di essermi allontanata molto dall’entrata che non riesco più a scorgere.

- Chi è? – La voce roca di Ate mi fa sobbalzare, una leggera luce proveniente da una torcia artigianale mi mostra il suo fisico in lontananza.

- Oh, grazie a cielo! – Urlo di sollievo, correndogli incontro.

Quando mi getto tra le sue braccia lui inspira forte il mio profumo e lascia cadere la torcia a terra, che però continua a far luce.

- Sei forse impazzita? –Mi dice, stringendomi forte e apprensivamente. Per un  attimo ho la forte paura che sia arrabbiato con me e non mi voglia. Ho paura che mi dica di tornare a casa o mi abbandoni lì, una lacrima scende.

- Oh amore mio! – Sussurra tra i miei capelli sporchi e impastati dall’inchiostro. – Ti amo! Ti amo così tanto! – Dice poi, baciandomi la guancia. Mi scosto e lui si avvicina, quasi chiedendomi il permesso di potermi baciare. Appoggio le mie labbra sulle sue con slancio e lo bacio con tutta la passione e la disperazione che ho in corpo. Lui non tarda a ricambiare, stringendomi possessivamente i fianchi e la nuca. Stiamo parlando con un bacio, ed è la più bella dischiarazione di amore che qualcuno mi abbia mai fatto, sento il modo in cui mi ama. E' folle, impetuoso, per sempre.

- Ti amo. – Sussurro, ormai incapace di mentire. – Dobbiamo parlare. –

Annuncio poi, decisa a dirgli tutta la verità su me e Drogo.

- Certo, certo. – Dice, con una felicità che mi fa sorridere. – Hai un cavallo? Lo faccio entrare e lo sistemo con il mio, tu va avanti e sistemati della grotta. – Mi dice, preoccupandosi subito di come sto e guardandomi.

Mi lascia con riluttanza, quasi correndo verso l’uscita, io prendo la torcia in mano e mi dirigo verso la grotta che trovo incredibilmente accogliente.

E’ uno grande spazio chiuso, con dei piccoli buchi che filtrano luce e delle torce appese alla parete rocciosa. C’è un grande giaciglio di paglia, coperto da rustiche coperte in iuta. C’è anche un masso alto e liscio, che funge da tavolo, dove sono appoggiate frecce, arco e pugnali di vario genere. C’è un paniere con pane e cibo assortito. Sembra quasi che Ate viva qui, permanentemente. A giudicare dalla sistemazione deduco che è qui da almeno un giorno, se non di più. Sento un rumore provenire dall’unica e grossa fenditura nella roccia. Mi libero della borsa e mi inoltro nella spaccatura, rivelando una piccola stalla improvvisata con grandi quantità di paglia ed erba, e un secchiello d’acqua. Un grosso cavallo grigio, maestoso e muscoloso è fermo al centro della stanza, dorme.

Ad un tratto Ate mi sorpassa, tenendo Adelasia per le briglie e conducendola verso la stalla di roccia. Lei è nervosa, restia a fidarsi.

- Sta tranquilla, cucciola. – Le dico accarezzandole il muso, mentre Ate mi fissa e stenta ancora a credere che io sia lì. Il grosso cavallo grigio si sveglia e si agita, vedendo la mia cavalla davanti a lui. Noto che ha una grossa cicatrice sul viso e dei grossissimi, insoliti, lucidi occhi viola. E' davvero un animale incredibile, possente e raro. Mi piace molto.

- Haydes, sta calmo, è un amica. – Sussurra Ate, rassicurandolo. Va per accarezzarlo ma lui si sposta fiero, nitrendo.

Il grosso bestione chiude nuovamente gli occhi e ricomincia a riposare mentre Adelasia lo osserva in silenzio e poi lo imita timidamente. La vedo chiudere gli occhi serena, dopo aver bevuto un pò, finalmente può riposarsi.

Ate mi prende per la mano e mi porta nuovamente nell’altra stanza, senza mai staccare gli occhi da me.

- Stai bene? Dio! Ma come ti viene in mente? – Il suo è un dolce rimprovero, sono stretta tra le sue braccia e capisco che la sua non è rabbia ma semplice apprensione. Mi tiene con sé per molti minuti, senza fiatare, io non riesco a parlare né a dirgli quanto sia felice di rivederlo.

- Tu avevi detto che dovevi stare con Drogo, perché sei qui? E’ successo qualcosa? – Mi chiede, subito pensando al peggio.

- Drogo sta meglio, anche se non si è del tutto ripreso e sta tranquillo, non è successo nulla. E’ proprio di Drogo che dobbiamo parlare. – Gli dico, appoggiandomi nel tavolo di pietra, lui mi fronteggia, vicinissimo.

- Senti, tranquilla, tu non mi devi nessuna spiegazione. E’ normale che tu sia andata avanti e ti sia scelta un altro compagno anche se.. –

Lo zittisco mettendogli un dito sulle labbra e facendolo emozionare, i suoi occhi sono pieni di lacrime trattenute.

- Non trarre conclusioni affrettate. Io non ti ho mai detto che sto insieme a Drogo. Ti ho promesso di essere tua per sempre e così sarà. Io e Drogo siamo stati, siamo e saremo sempre amici, come fratello e sorella. Sei tu l’uomo con cui voglio passare il resto dei miei giorni. – Dico chiaramente, tutto in un fiato, senza dimenticarmi nulla. Ate mi guarda con gli occhi lucidi, sorpreso. Ed io ricambio il suo sguardo trasmettendogli amore, fiducia, fedeltà e devozione.

- T-tu e Drogo non state insieme, dunque? – Mi chiede, quasi come non avesse capito. E' incredulo e mi sento felice.

- No, mai stati. – Sorrido come una bambina di cinque anni e lui si fionda sulle mie labbra, quasi divorandole. Mi bacia con adorazione e gratitudine poi si stacca, ansimando e facendomi ansimare. Mi accarezza frenetico, entusiasta.

- Grazie, grazie, ti amo, sei mia. – Dice velocemente, e stavolta lo bacio io.

 

 

Che ve ne pare? Un bacione! Stefy.

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Capitolo 37
*** Trovandoti. ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

Ate POV

Trovandoti.

 

Era mi bacia con tutta la passione che ha in corpo ed io vorrei urlare dalla felicità, scalpitare e fare l’amore con lei per tutto il giorno.

Il fatto che lei non stia con Drogo mi ha liberato da un peso che mi schiacciava il cuore, che mi faceva male e mi uccideva ogni giorno di più. E ora è qui, tra le mie braccia, come deve essere. Sento la collana che le ho regalato riscaldarsi a contatto con me, sembra quasi che anche la collana percepisca cosa sta succedendo. Per un attimo penso che anche lei sta male esattamente come stavo male io quando la credevo insieme a Drogo. Taji deve scomparire, una volta per tutte, la mia Era non deve soffrire.

- Ti amo. – Le dico ancora una volta, tra un bacio infuocato e l’altro.

- Come stai? Stai bene? Oh dio, cos’è questo taglio? – Dico subito dopo, notando il breve taglio profondo che ha sullo zigomo destro, quasi accanto all’attaccatura dei capelli tinti di nero. Con questi abiti è capace di farmi perdere la testa, anche più del solito, se è possibile.

- Oh niente. Ho avuto un piccolo contrattempo. – Mi dice, regalandomi uno dei più bei sorrisi che abbia mai visto. E’ così innocente e devota da farmi perdere il senno, ho sempre saputo quanto mi ama, quanto mi vuole.

E io la voglio allo stesso modo, morirei se solo me lo chiedesse.

- Che contrattempo? – Le scosto i capelli e li metto dietro l’orecchio, baciandole il collo con la punta della lingua. La sento tremare forte.

- S-se fai così non riesco a parlare. – Mi dice e quella voce languida mi fa ripensare al nostro incontro nel capanno, a quello che mi ha fatto, a come mi ha stregato e mi ha fatto impazzire in pochi minuti. Sospiro agitato.

- Scusa. – Mormoro, allontanandomi di poco. Per il momento mi interessa solo sapere se sta bene, cosa le è successo e come mai è qui. Al resto penseremo in seguito, abbiamo tutta la notte davanti a noi.

A quel pensiero il mio corpo viene scosso da un brivido che mi fa ansimare piano, sto già pregustando il momento in cui sarà mia, di nuovo.

- Amore, raccontami tutto. – Le dico, prendendola in braccio e adagiandola nel letto di paglia. Mi metto in mezzo alle sue gambe, senza gravarla del mio peso e aspetto che lei parli. E’ rossa in viso, perfetta. Le sue cosce sono scoperte e il suo seno è in bella vista, vorrei morderla tutta.

Ma quando inizia a parlare non riesco più a smettere di ascoltarla, lei parla ed io mi preoccupo, poi sorrido e la ascolto con interesse. Non penso più al sesso, alle cosce o al seno che sta fiero davanti a me. C’è solo lei, ora. Solo lei, quello che ha passato, quello che ha provato per raggiungermi e ricongiungersi con me. Mi ama, lo percepisco sempre.

Le sue labbra che si muovono, le sue corde vocali che tremano, la sua voce stupenda sono tutto ciò che voglio sempre attorno a me, su di me.

Mi racconta di Mikel, di Adelasia, di Egle e del lungo viaggio senza tralasciare nulla. Tremo pensando che ha dormito nella tenda con uno sconosciuto di cui non si ricorda nemmeno il cognome, tremo pensando che non è nemmeno riuscire a vederlo in faccia, che si è fatta curare da lui e non da me. Tremo pensando che quel vigliacco l’ha colpita al viso e probabilmente l'ha guardata mentre dormiva. Tremo perché lei dovrebbe stare sempre e solo con me.

E poi la ammiro. La ammiro perché capisco quanto le sia costato questo immenso viaggio, perché è scappata, ha rubato provviste e cavallo, si è messa in marcia solo per cercare me, per dirmi che è ancora mia.

- Grazie per essere qui. – Dico, con tutto l’amore che posso. – Non dovevi. – Aggiungo un po’ più severo. – Ma grazie davvero. – Continuo poi, baciandola ovunque tranne che sulle labbra. Lei è smaniosa, capisco che vuole un contatto più intimo ma ho intenzione di farla impazzire per un po’. Le bacio la clavicola scoperta, la spalla e il braccio, fino alla mano.

Le bacio i polpastrelli, uno ad uno, e poi il dorso della mano, piano.

Lei mi guarda con adorazione ed io continuo a venerarla, riservando lo stesso accurato trattamento anche all’altro lato del suo corpo.

Sento il suo odore forte nell’aria, capisco che è bagnata e me ne compiaccio. Mi piace sapere che a lei faccio lo stesso effetto devastante che lei fa a me, in qualsiasi momento e in qualsiasi situazione. Siamo complementari, siamo destinati ad amarci. Io la amo e lei mi ama.

- Ate.. – Lei pronuncia il mio nome in un sospiro e non capisco se è dettato dal piacere o da un bisogno di attenzione. Alzo lo sguardo e sorrido, adoro sentire il mio nome detto da lei. E’ stupendo.

- Guardami. – Mi dice quando riabbasso lo sguardo e le labbra, per venerarla ancora. La guardo, come lei mi dice e poi lei mi sorride. Io capisco che non incontrerò mai degli occhi che mi sappiano guardare come i suoi, delle labbra che abbiano la stessa forma e capacità di regalarti il mondo con un solo sorriso. Era è unica, inimitabile, perfetta.

- Io ti amo. Ti amo, voglio stare con te per sempre. – Mi confessa, sincera come non era mai stata. – Ti prego, non rinnegarmi mai. – Aggiunge in fine, quando una lacrima le solca il viso. Io mi sento tremare, morire e rinascere, mentre la pulisco da quella goccia d’emozione con le labbra.

Il sapore delle sue emozioni salate nel mio palato è indescrivibile, mi sento in dovere di risponderle e di rassicurarla perché lei è mia e nessuno mai dovrà farla piangere, nemmeno io, l’ho già fatto troppe volte.

- Come potrei? – Dico, sincero quanto lei. – Tu sei tutto ciò che di bello la vita mi abbia mai regalato e mi regalerà mai. Tu sei la mia partenza, il mio viaggio, la mia meta finale. – Dico e lei, inizialmente, non capisce il senso di questa metafora ma ne è ugualmente felice. – Il viaggio fino al Vulcano non l’ho sto facendo solo per Egle. – Ammetto, con un po’ di vergogna. Mi piacerebbe pensare che questa mia impresa sia dedicata solo a mio fratello e al sangue che condividiamo da sempre ma è inutile cercare di non ammettere che lei e il suo benessere sono sempre stati e sempre saranno al primo posto tra i miei pensieri.

- Sono qui, adesso e andrò fino in fondo soprattutto per te. Per noi. Per assicurarmi che avremo un futuro insieme, senza pericoli. – Affermo, un po’ egoisticamente, sperando che lei capisca e sia egoista insieme a me.

Dal suo sguardo capisco che le mie speranze sono state esaudite.

Mi guarda innamorata, sollevata e forse anche lusingata da questa mia confessione. Forse anche lei è qui per me, piuttosto che per Egle.

- Mi vergogno di ciò che ho appena detto. – Confesso infine, con una punta d’amarezza nella voce, accarezzandole i capelli e baciandole il naso.

- Ma non potevo più tenermi tutto dentro. Sei tu la ragione di ogni mio gesto, tu e nessun’altro, Era. – Questa mia ultima frase la fa slanciare verso di me, sento le sue labbra coprire perfettamente le mie e baciarle con passione, leccandole e mordicchiandole con gratitudine ed emozione.

- Non vergognarti dell’amore che provi per me, non vergognartene mai perché è la mia unica ragione di vita. Se tu non mi amassi o non mi pensassi io non avrei motivo di vivere. Lo capisci questo? Vivo solo per te, respiro solo grazie a te e ti amo, come non ho amato mai. Come nessuno ha amato mai. E come non amerò mai, né prima né dopo la morte. – Quando finisce di parlare le sue parole mi rimbombano ancora nelle orecchie e quando mi asciuga le lacrime con le dita, mi accorgo di essermi persino messo a piangere dalla commozione. Stavo piangendo per la prima volta davanti a lei, mi stava spogliando del mio orgoglio, della mia dignità, del mio nome, della mia carica, della mia mascolinità ed io ne ero incredibilmente, totalmente, incondizionatamente felice e adulato.

Perché lei meritava ogni cosa da me. Ogni lacrima, ogni sorriso, ogni parola, ogni gesto. Lei era tutto per me, era il mio mondo. Mi accorgo che anche lei, adesso sta piangendo dalla felicità e finalmente, dopo tanto tempo, mi accorgo di averla davvero ritrovata. Mi bacia con lentezza, quasi a volersi gustare ogni minimo contatto, respiro e sensazione. Io la stringo possessivamente per i fianchi e le bacio le labbra fino a quando non mi manca il respiro, prendo un po’ d’aria e ricomincio, senza volermi mai fermare. La sento muoversi smaniosa sotto di me, eccitata e smaniosa.

- Che c’è, piccola? Tutto bene? – Le chiedo, preoccupandomi. Magari vuole solo respirare, forse la stringo troppo, la bacio troppo o magari è esausta.

- Oh si. – Sospira in estasi e mi rassicura. – E’ solo che.. –

- Cosa? – Le chiedo, preoccupandomi nuovamente.

- Voglio fare.. insomma.. quella cosa che.. – Dice impacciata. – Voglio fare l’amore con te, tutta la notte. – Mi dice ad un tratto, dopo aver respirato, sicura di sé. Sento il mio membro tirare e il mio corpo agire senza riflettere. Pochi secondi dopo lei è totalmente nuda sotto di me, splendida come sempre, ed io sono sempre più eccitato e desideroso di averla.

Grazie infinite a chiunque legga e commenta. Spero continuerete così e mi premierete dato che aggiorno spessissimo :) Stefy.

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Capitolo 38
*** Il piacere. ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Era POV.

Il piacere.

 

Mi bacia la clavicola ed io inspiro il suo ottimo profumo. Riesco a distinguere diversi odori. Menta, fumo, limone, grano.  E poi ancora pelle, saliva, lui. Vibro sotto di lui come la corda di una chitarra, annusando.

Mi beo del suo profumo incredibilmente attraente, mentre lui scende libidinoso a baciarmi la clavicola e la pelle iniziale del seno.

Lo prendo per i capelli, lo bacio sulla testa e sulla fronte, schiacciata dal suo peso e bloccata in ogni movimento. Ho così tanta voglia di lui, di condurre il gioco che non voglio aspettare altro.

Stanotte sarò io a guidarlo, stanotte sarò sicura perché l’amore rende sicuri. Rende diversi.

Sicura. Pazza. Impulsiva. Diversa.

Faccio pressione sulle sue braccia che non vogliono smettere di accarezzarmi e ribalto la situazione, aiutata da lui che si sdraia sulla schiena mentre io, immediatamente dopo, gli salgo sopra, sedendomi sui suoi pantaloni gonfi e mettendo le ginocchia piegate accanto ai suoi fianchi morbidi e bollenti. Lui mi guarda innamorato e io mi abbasso a baciarlo con voluttuosità. Gli passo la lingua sulle labbra morbide e quando lui prova ad imitarmi io mi allontano, facendogli capire che stanotte sono io quella che decide. Non rassegnato, passa le sue mani sui miei fianchi, provando ad abbassarmi per baciarmi ma prendo i polsi e glieli metto sopra la testa, tenendoli ed esponendo il mio seno di fronte a lui. Lui prende un capezzolo tra le labbra facendomi mugolare di sorpresa e piacere. Vorrei infastidirmi per la sua mancanza di sostegno ma sono troppo accecata per allontanarlo. Ate, però, non si libera i polsi pur essendo molto più forte di me, sta iniziando a capire, a sottomettersi.

Passo le mani e la lingua lungo le sue braccia, stringo i polsi, i gomiti, i bicipiti e poi il petto, bacio il collo, la pelle della gabbia toracica, i fianchi e lo privo dei pantaloni. Lui sta fermo, sussulta, non si muove, mi asseconda. Ansima, mugola e prova a non gemere, per vergogna e orgoglio, la sua voce è stupenda. Affannata. Roca. Bassa. Chiara.

I suoi occhi fissano i miei, senza vergogna ed io mi ritrovo a pensare quanto sia incredibilmente stupendo il suo sguardo. I nostri occhi iniziano una connessione, un contatto destinato a durare fino alla fine dell’amplesso. Mi perdo in quella foresta irresistibile.

Bosco. Foglie. Roccia. Muschio. Verdi, le sue iridi verdi.

- Ti amo. – Sussurra, continuando a guardarmi mentre bacio ogni centimetro del suo corpo, senza freni né pudore.

Quando scendo nella zona inguinale lo sento fremere e trattenere il respiro, inquieto e poco paziente. Gli bacio le cosce e poi comincio a dargli attenzioni più intime, come al capanno, ma con meno furia, con più amore, dolcezza e premura. Lunghezza. Larghezza. Durezza. Sapore.

Lo bacio a lungo, gustandomi ogni suo gemito e sospiro, poi lui mi prende delicatamente per i capelli ed io capisco che sta per finire tutto, quindi smetto, risalendo a baciarlo sulle labbra dove lui mi accoglie con ardore e gratitudine. Ci baciamo a lungo ed io mi sento pronta ad accoglierlo dentro di me, ma lui non è della stessa opinione.

- Voglio toccarti anche io. – Mi dice. – E’ da troppo tempo che non ti tocco.- E non appena pronuncia questa frase mi rendo conto di quanto sia vera. Si alza di schiena e siamo vicinissimi, io sono ancora seduta su di lui.

Mi tocca la schiena in maniera dolce e appena accennata, con la punta dei polpastrelli, poi stringe i fianchi, le spalle, la natiche. Mi bacia il collo e il seno, facendomi inarcare la schiena e chiedere di più.

Le sue mani sono incredibili. Ruvide. Grandi. Esperte. Insaziabili.

Una mano scende ad accarezzarmi intimamente mentre l’altra rimane ad accarezzarmi la schiena, la nuca ed i capelli. Le sue labbra si spostano dal seno al collo e dal collo alle labbra, non lasciandomi tregua.

Quando mi adagia sul letto e capisco cosa vuole fare, un brivido mi scuote forte e lui se ne accorge.

- Sei nervosa? Non ti va? – Mi chiede subito, già tra le mie gambe.

- No. Non è quello. Ti amo. – Dico onesta. – E’ bellissimo poterti avere di nuovo. – Continuo mentre lui mi sorride e scende a lambirmi, facendomi gemere forte. Lingua. Dita. Bagnato. Orgasmo.

Quando mi riprendo dall’amplesso lui è a due centimetri dalle mie labbra e mi bacia subito. Le sue mani, che ancora odorano di me, mi accarezzano i capelli neri e ruvidi. Il suo naso sfiora il mio e le nostre lingue danzano.

- Sei bellissima quando vieni. – Dice, un po’ volgare, ma apprezzo il suo essere un po’ animalesco e spontaneo. Gli stringo le braccia al collo e lo guardo con adorazione, poi con una mano percorro il suo fisico statuario fino a prenderlo in mano e dirigerlo verso di me.

- Lascia che sia io a farlo. – Dico, ricordandomi che la prima volta era stato lui. Lui annuisce gentile e si avvicina, mentre io lo spingo dentro. Quando lo sento dentro di me provo una sensazione inimmaginabile. Mi sento felice, appagata e non penso a nient’altro.

Adorazione. Devozione. Felicità. Amore.

Lo sento muoversi piano dentro di me, lentamente, ed entrambi ci gustiamo questi momenti di piacere, di amore, di appartenenza.

- Sono tua.- - Sei mia. -

- Tu credi di non potermi soddisfare? -

- Vuoi fare l’amore con me, fatina? - - Io voglio fare tutto con te. -

- Lasciati venerare da me. Lascia che io faccia provare piacere alla mia donna. -

- Ma quanto sei bella. -

Le parole della nostra prima volta mi accompagnano durante il mio secondo orgasmo. Lui non è ancora arrivato all’apice e decido di farlo finire come ho iniziato, conducendo io il gioco.

- Ti va di farmi muovere su di te? – Gli chiedo al contempo sicura e insicura. Un lampo di sorpresa ed eccitazione passa dai suoi occhi lucidi e annebbiati da piacere. Lo vedo annuire e stirarsi, io lo seguo senza farlo uscire dal mio corpo, ancora tremante e visibilmente scossa.

Mi abbasso su di lui, cominciando ad improvvisare con movimenti secchi o circolari. Mi muovo in diversi modi, studiando le sue espressioni e capendo ciò che lo fa stare meglio. Gli bacio il collo e non smetto mai di muovermi, aumentando e diminuendo il ritmo, alzandomi e riabbassandomi, ondeggiando e disegnando cerchi immaginari col bacino. Quando sento la sua presa sui fianchi farsi più stretta mi accosto al suo orecchio e aumento il ritmo.

- Ti amo. – Sussurro, continuando a muovermi e ascoltando i suoi gemiti.

- Ho bisogno di te. – Continuo, senza fermarmi, andando veloce e gemendo insieme a lui. Gli bacio il lobo dell’orecchio e lui mi stringe più forte. Capisco che è vicino all'orgasmo e decido di volergli dare tutto il meglio di me.

- Mi sei mancato, non sai quanto.. – Mi sforzo di interrompere i gemiti per parlargli, per fargli capire quanto lo amo, quanto sia bello. Ci guardiamo negli occhi per un istante, riesco a leggere tutto l'amore che prova per me, la felicità.

- E’ bellissimo. – Sussurra ad un tratto, con una voce roca ed eccitata. Rabbrividisco ma non mi lascio distrarre.

- Ti adoro. – Continuo, alternando gemiti, baci e parole. Il mio bacino sembra dotato di energia propria ed il suo inizia a muoversi andando incontro al mio, rendendo più profonde le spinte, più vere e piacevoli. I gemiti diventano più alti.

- Sono tua. – Continuo e lui inizia a riversarsi dentro di me, senza controllo. – Ti appartengo. – Dico, mentre ho un terzo ed ultimo orgasmo. Stringo forte i suoi capelli tra le mani e lo bacio con passione, mentre lui continua a tremare.

- Fai di me ciò che vuoi. – Gemiamo forte entrambi, e io comincio a tremare su di lui come impazzita, lui mi stringe per le spalle e la schiena, accarezzandomi i capelli e baciandomi la testa con immensa gratitudine.

- Sei.. sei.. perfetta. – Balbetta ancora eccitato ed emozionato come mai.

- Mi hai fatto vivere il momento più bello della mia vita. – Continua, ed io alzo gli occhi bagnati, rivelando la mia espressione triste. Drogo. Morte. Egle. Maledizione. Asia. Vittima. Mamma. Guerra. Nonna. Male. TAJI. SUO.

- Era? – Mi chiama interrogativo. – Perché piangi? – Mi dice, guardandomi negli occhi senza smettere di coccolarmi.

Io scoppio in un pianto disperato, senza più riuscire a contenermi, intrappolata in tutti i ricordi che avevo messo da parte per godermi una notte con l'amore della mia vita. Penso a Taji, alla loro promessa, alla mia parte in tutto questo.

- Perché io appartengo a te, ma tu appartieni a lei. –

Con queste ultime parole chiudiamo il discorso. Io continuo a singhiozzare sul suo petto, ancora su di lui, ancora insieme a lui. Lui non parla, non sa cosa dire o forse vuole solo lasciarmi sfogare. Continua ad accarezzarmi.

Sotto di me, attaccato a me, dentro di me.

 

Spero che questa seconda scena lemon vi sia piaciuta. E' triste alla fine, ma spero capirete. Fatemi sapere tutto ciò che pensate, vi prego!

Stefy.

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Capitolo 39
*** Il viaggio continua ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

Era POV

Il viaggio continua.

 

Mi sveglio con la luce del sole che si alza fioca nel cielo, capisco che devono essere passate circa 7 ore dall’ora più buia.

Ate dorme dall’altra parte del letto, ben distante da me e dalla mia sottoveste. Dalla nostra notte d’amore non ha più provato a toccarmi, amarmi, baciarmi, dichiararmi i suoi sentimenti. Siamo semplicemente diventati compagni di viaggio che hanno uno scopo comune. Salvare Egle.

Quando lo guardo un senso di rabbia, rimorso e inquietudine mi percorre. Ricordo la nostre lite come se fosse successa ieri, e non cinque giorni fa.

- Ma che cazzo vuoi da me, eh? Cosa posso fare io? Sai bene che Inuit mi farebbe passare le pene dell’inferno se solo non sposassi sua figlia! –

- Tu non avresti mai dovuto accettare! Non capisci? Se solo tu mi avessi amata un minimo di quanto l’ho fatto io avresti preferito morire di miseria piuttosto che impegnarti con un'altra donna! –

- Tu mi avevi lasciato per tornare alla tua vita da principessina! Io ero senza via di scampo, i Guardiani mi avevano ridotto alla fame per la finta morte, nessuno mi dava lavoro e tutti sapevano del Mutatio! Dovevo trovare una famiglia rispettabile a cui appoggiarmi.. ma tu non lo sai! Perché non c’eri per me, hai preferito lasciarmi. Perché eri a sbavare dietro Drogo e la sua folta chioma bionda, non è così?–

- Io non ho mai sbavato dietro a nessuno! Sono tornata nelle mie Terre perché la vita con te era inaccettabile! Non mi davi attenzioni, non volevi starmi vicino, quando ti sfioravo tu ti allontanavi sdegnato! E poi pensavo che mia madre stesse male, ho corso dei rischi anch’io, cosa credi? –

- Non ti davo attenzioni? Il tuo problema riguarda il maledettissimo sesso? Io volevo mantenere intatta la tua purezza, maledizione! Ma a quanto pare voi creature della luce non siete così santarelline come date a vedere!–

- Non ti permettere! Non ti permettere di darmi della sgualdrina! Io volevo consumare il mio amore con te, non fare del semplice sesso! Sei tu quello che non ha avuto problemi a sbattersi la prima puttanella di turno, per una casa e qualche prestigio! Sei tu il venduto, dannazione! –

- E’ questo quello che pensi di me? Io non ho.. oh! Al diavolo! Che senso ha darti spiegazioni quando il tuo cervello è così chiuso da non lasciar passare nemmeno uno spiffero d’aria? Sei molto meno intelligente di quanto pensavo, mi stai facendo girare i coglioni. Tornatene a casa dal tuo amato e lasciami in pace, una buona volta! –

- Sarebbe facile se io scappassi un'altra volta, vero? Ma per tuo dispiacere non lo farò, ho promesso ad Egle che lo avrei salvato e non me ne andrò finché non avrò portato a termine questo giuramento. Nel frattempo tu dovrai guardarmi tutti i giorni e sentirti in colpa per ciò che mi hai fatto, per come mi hai tradita e rimpiazzata con la prima oca di turno! Buona notte, Ate. –

- Vaffanculo, Era! -

Due lacrime scendono silenziose sulle mie guancie ma prontamente le asciugo. Le sue parole sono più dolorose e taglienti di qualsiasi arma.

Mi alzo inquieta e decido di fare quattro passi fino al fiume per schiarirmi le idee. Mi vesto di fretta e furia, indossando pantaloni in pelle e corsetto aderente. Metto il mio solito mantello nero e indosso gli stivali che ho comprato in un villaggio, ieri. Il mio primo e nuovo pugnale sta dentro il fodero, accanto al mio femore, pronto ad essere utilizzato qualora ce ne fosse bisogno. Guardo Ate un ultima volta e un ultima lacrima scende, poi mi giro e passa tutto. Strizzo gli occhi un paio di volte e mi dirigo verso il rivolo d’acqua, poco distante dal nostro accampamento improvvisato.

Mi inginocchio sulla riva e prendo un po’ d’acqua tra le mani, lavandomi la faccia con accuratezza e togliendo via tutto il trucco nero e impastato dagli occhi e dalla radice dei capelli. Decido di lavare anche la mia zazzera nera, metterò del nuovo inchiostro dopo. E’ presto, siamo ben rintanati, nessuno mi vedrà. Poi.. toccando ancora l’acqua con la mano, il bisogno impulsivo di tuffarmi e nuotare a perdi occhio come un delfino arriva impellente. Mi spoglio in fretta e furia, stando ben attenta che Ate dorma  che gli occhi di nessun altro siano puntati su di me.

Rimango in mutande, e decido di togliere anche quelle. Sciolgo la crocchia di capelli che cadono sbarazzini fin sotto le spalle, quasi a toccare la vita.

Sono cresciuti tantissimo in questo periodo.

Senza ulteriori paranoie e ripensamenti entro nel fiume davanti a me, di cui le rive sono scivolose e coperte da muschio. Muschio. Come i suoi occhi.. Prima mi fissavano innamorati, eccitati. Poi arrabbiati, delusi.

Il canale del fiume non è molto largo ma è profondo circa un paio di metri a giudicare da ciò che riesco a vedere ad occhio nudo, l’inverno si sta avvicinando, posso sentire la brezza autunnale farmi rabbrividire.

L’acqua è gelida ma immergo il mio corpo tutto in una volta, assorbendo il freddo e iniziando a godere della piacevolezza dell’acqua sul mio corpo stanco e sui miei capelli rovinati. Nuoto, poi mi fermo a galleggiare e vado sott’acqua. Trascorro circa venti minuti così, conquistata e sedotta dall’acqua, dal benessere, dalla sensazione di pulito. Ma quando decido di uscire e fare pochi passi per riuscire a prendere i miei vestiti sulla roccia noto che Ate è impalato davanti a me, con un’espressione indescrivibile sul volto. Rabbia. Eccitazione. Confusione. Timidezza.

- Non riuscivo a trovarti, mi ero preoccupato. – Dice, mentre io rimango coperta dal sottile e limpido velo d’acqua. Sono sicura che riesca a vedere gran parte del mio corpo e questo mi imbarazza. E mi intriga.

- Scusami. Non avevo intenzione di rimanere così tanto. – Spiego, mogia.

I nostri sguardi si incrociano un paio di volte e la visione del suo torace scoperto e dei suoi capelli scompigliati mi fa venire le farfalle allo stomaco. “Non smetterò mai di amarlo” Questa consapevolezza mi assale e mi ritrovo a giocherellare con le mani nervosamente. Mi manca tanto.

- Ti sei lavata via l’inchiostro, e il trucco. – Constata impassibile, ed io non riesco a trovare nulla da dirgli. Annuisco soltanto, timidamente.

- Li rimetto subito. – Prometto, giocherellando con i capelli biondi.

- Bene. Ti aspetto all’accampamento, dobbiamo muoverci. – Mi dice, quasi sforzandosi di andare via, mi sento quasi offesa dalla sua forza di volontà.

L’avessi visto io nudo e bagnato non avrei resistito così bene e così a lungo. Appena sono certa di essere sola esco dall’acqua e mi siedo su una pietra, lasciando che il sole mi asciughi almeno un po’. Penso a quanto siamo stati cattivi l’un l’altro, adesso abbiamo instaurato un rapporto a malapena di tolleranza. Si vede che abbiamo due grosse ferite sul petto, al posto del cuore. Lui ha pugnalato me, e io ho pugnalato lui. A morte.

Quando sulla mia pelle candida sono rimaste solo poche gocce d’acqua le levo via con una mano e poi comincio a indossare i vestiti.

Mutande nere, pantaloni in pelle, pugnale, casacca, corsetto lucido e stivali. Friziono i capelli e mi asciugo per bene la faccia.

Poi mi incammino verso i letti di paglia, dietro un grande roccia.

Quando arrivo mi accorgo che Ate è girato di spalle e muove un braccio spasmodicamente, inizialmente non mi rendo conto di ciò che sta facendo, quando però osservo i pantaloni mezzi abbassati e sento i suoi mugolii capisco che si sta masturbando. Rimango basita e decido di non disturbarlo, sono immobile, a qualche passo da lui, incapace di muovermi o di fargli sapere che lo sto osservando. Mi ossessiono a guardare il suo braccio, i muscoli della sua spalla che si contraggono, la sua testa che si getta all’indietro e poi torna in posizione normale. Ascolto i suoi respiri, i suoi gemiti e ansiti di piacere. Quando riesce finalmente a provare piacere lo sento sussurrare il mio nome e sussulto, poi lui si gira, mentre si sistema i pantaloni e mi vede a bocca aperta, arrossendo immediatamente. Mi guarda e strizza gli occhi, non riesce a crederci.

- Oh. – Dice soltanto, scomponendosi. – Io, non.. tu non avresti. Mi.. – Non sa cosa dire e decido di rendergli la situazione più facile.

- Mi serve una mano con l’inchiostro, non riesco ad applicarlo ovunque. –

Ammetto, cambiando completamente discorso e mi accorgo che lui ha capito tutto ed è grato che io non gli faccia pesare ciò che ho visto.

- S-si, certo. – Dice, timido ed imbarazzato come non l’ho mai visto.

Prendo la boccetta d’inchiostro e mi siedo su un masso, mettendomi a testa in giù. Ate versa il contenuto sulle mani e comincia a spalmarmelo sulla testa, facendomi tremare e rabbrividire d’emozione.

Sento le sue dita muoversi sulla mia testa, massaggiandola delicatamente ma senza incertezza, penso a cosa ha toccato prima con quelle mani e l’istinto di salirgli sul bacino e fare l’amore con lui è forte. Ogni tanto mi sfiora il collo e io sento il bisogno impellente di ansimare ma resisto. Il contatto dura più di dieci minuti, quando poi finisce e si allontana mi sembra quasi di sentirmi vuota, triste.

Mi alzo, senza mostrargli niente e lego i capelli in una lunga treccia laterale, lasciando sciolto solo un ciuffo sull’occhio destro.

Prendo un po’ di polvere nera e la spalmo sugli occhi con due dita, truccandomi come tutte le guerriere fanno, quando ho finito mi volto verso di lui che è ancora impalato, a guardarmi. Mi manca tanto, vorrei correre da lui ad abbracciarlo ma qualcosa me lo impedisce.

Orgoglio. Risentimento. Rabbia. Stupidità.

- Possiamo andare. – Mi limito a dire, prendendo la tracolla e mettendola. Mi dirigo verso i cavalli e quando passo ci sfioriamo le spalle, un brivido mi assale ma lo scaccio via. Vado verso Adelasia e le accarezzo il muso.

Haydes mi guarda astioso ed io accarezzo il muso anche a lui, che dopo poco si ritrae, come sempre. Adelasia sfiora la testa con la sua ed entrambi si guardano per un momento. Possibile che anche i nostri cavalli abbiano trovato il modo di stare insieme e noi siamo così stupidi e senza coraggio da lasciar perdere tutto al primo ostacolo? Mi rattristo e monto sulla mia cavalla, che aspetta che anche Ate e Haydes siano pronti.

Poi partiamo, iniziando a galoppare verso la Contea degli Sputafuoco.

- E’ uno dei luoghi più popolati delle mie Terre. Ci sono molti passatempi, locande, spettacoli ma c’è anche un grosso giro di sostanze proibite e ladruncoli. Ci sarà molta gente, è praticamente impossibile passare di lì senza essere visti, quindi ci dichiareremo al Mastro Passante e dormiremo in una delle locande più riservate della città, ti va bene? – Mi dice, in una delle poche pause che ci prendiamo, io annuisco.

- Chi è il Mastro Passante? – Domando, curiosa e intimorita.

- E’ il custode della città. Si mette davanti ai cancelli e dichiara, controlla, perquisisce chiunque voglia varcare la soglia. C’è un Mastro Passante per ogni grossa città, rende tutto più sicuro e controllato. – Mi spiega ed io gli offro la mia borraccia d’acqua quando mia accorgo che le labbra hanno iniziato a seccargli. L’afa in questa zona è quasi insopportabile, segno che c’è una fonte d’acqua calda molto vicina. I vulcani sono ancora lontani.

- Arriveremo stasera tardi, se camminiamo a passo spedito. – Mi dice ed io vorrei tanto proporgli di fare l’amore dentro il lago d’acqua calda ma sto zitta e annuisco come sempre, come una vigliacca, come una stupida.

Vigliacca. Debole. Stupida. Insicura.

Dopo un pomeriggio di cavalcata ci fermiamo per la terza sosta della giornata, mangiamo un po’ di formaggio e qualche pezzo di pane, beviamo e decidiamo di accendere un fuoco per riscaldarci un po’.

La temperatura è molto bassa, le fonti di acqua calda sono ormai lontane, il buio è arrivato portando con sé freddo, vento e una leggera ma fitta pioggerellina che quasi ti taglia la pelle.

- Siamo vicino ai Cimiteri. – Dice, quasi spaventato. Io inizialmente non capisco come ci si possa spaventare di qualche tomba ma poi mi spiega.

- I Cimiteri sono posti maledetti dove i Guardiani uccidono e lasciano esposti i cadaveri dei furfanti, dei traditori, dei mendicanti. – I miei occhi si dipingono di orrore e decido che forse le mie Terre non sono poi così male.

- Perché fanno delle barbarie del genere? Nella mia Terra sarebbe inconcepibile, i morti sono più sacri dei vivi. – Spiego, inespressiva mentre Ate si dirige verso una grotta, seguito da me. Lasciamo i cavalli fuori.

- Lo fanno per dare l’esempio così chiunque voglia tradire, rubare, mendicare ci penserà due volte prima di farlo. Ma non credo sia giusto, in ogni caso. Anche loro sono persone. – Dice, un po’ confuso ed io capisco che magari non ha molto chiara l’idea di ciò che è bene e ciò che è male.

Ripensandoci anche le mie certezze stanno iniziando ad affievolirsi da quando sono qui. Il pensiero di mia madre e dei suoi insegnamenti rigidi e severi mi sfiora il pensiero e quasi mi manca, se l’avessi ascoltata non avrei mai visto nulla di tutto questo e onestamente non so se fosse stato un bene o un male.

Mi sono innamorata, ho dato il primo bacio e ho fatto l’amore, ho conosciuto la verità sui guerrieri, ho visto nuove terre, ho conosciuto mio padre, ho sperimentato il Dono, ho fatto nuove amicizia, ho vissuto.

Però ho abbandonato poesia, sono quasi stata uccisa, stuprata. Sono stata tradita, sono stata braccata e inseguita. Ho sopportato tradimenti, dolore, sacrifici. Sono stata costretta a vedere cose e a fare cose che non avrei mai voluto fare e vedere. Ho visto corpi morti, teste mozzate, sangue e budella.

Ho perso la fiducia di mia madre, ho scoperto che mia nonna è malvagia.

- A che pensi? – La voce di Ate rompe il silenzio, mi accorgo che ha già acceso il fuoco, dato il mangiare ai cavalli e riscaldato il pane.

Dev’essere passato un po’ di tempo. La grotta è riscaldata, adesso.

- Sei strana. – Mi dice, evidentemente apprensivo, ma freddo e distaccato.

- Non è niente, pensavo un po’ a tutto quello che mi è capitato. – Spiego minimizzando e ripensando per un momento a Drogo, alla sua possibile morte. Poi ricaccio indietro il pensiero, se inizio a stare male per lui non la smetto più, non posso permettermi debolezze, per adesso. Quando tornerò saprò come sta e tutto cambierà. In bene o in male.

IO LA AMO, MALEDIZIONE!  La sua voce mi ritorna in mente e ricaccio anche quella, poi mi accorgo che Ate mi sta parlando e io non sto prestando attenzione, vedo solo le sue labbra muoversi.

- Scusami, non ero attenta. Dimmi. – Vedo il suo sguardo che si abbassa deluso e lui si volta, continuando a cucinare sul fuoco.

- Nulla di importante, lascia stare. – Mi dice e io sento una punta d’amarezza nella voce, cosa mi aveva detto?

- Ti prego, io voglio saperlo. – Gli chiedo gentilmente e lui sospira.

- Volevo farti sapere che mi dispiace per oggi, insomma.. – Si blocca e continua a darmi le spalle, capisco che è imbarazzato ma non capisco di cosa sta parlando, poi mi illumina. – Per quello che hai visto al fiume, mi dispiace, non volevo che tu.. – Dice, e si blocca ancora e ancora.. senza riuscire a pronunciare delle scuse decenti, io sorrido, incapace di continuare quella farsa ancora. Non riesco a non amarlo.

- No.. sta tranquillo. Mi sono sentita.. – Stavolta mi blocco io, offendendomi mentalmente, ma cosa mi salta in mente?

- Come ti sei sentita? – Stavolta Ate si gira, io sono seduta su un masso e lui e in ginocchio, a qualche passo da me, e mi guarda intensamente.

- Lusingata. – Sussurro, in preda alla vergogna e allo sconcerto.

Come ho potuto ammetterlo? Come ho potuto dirglielo dopo quello che mi aveva detto? Dopo il litigio, dopo tutto? Mi mordo le labbra fino a farmi male e lui continua a guardarmi famelico.

- E mi dispiace anche per come abbiamo litigato. – Continua con voce roca, animalesca. Non ha un bell’aspetto, è visibilmente in difficoltà quando si tratta di scusarsi. L’orgoglio è il peggiore dei suoi difetti, e anche dei miei.

Ma so bene che riesco a farlo capitolare dopo poco, e lui sa fare lo stesso con me.

Complementari. Destinati. Appartenere. Anime Gemelle.

- Dispiace anche a me. – Siamo entrambi sinceri, io lo leggo nei suoi occhi e lui lo legge nei miei. Forse non è tutto perduto, forse c’è ancora speranza. Per la prima volta in giorni, gli sorrido dolcemente.

 

Ciao ragazze, scusatemi se sono scomparsa per quasi una settimana ma internet non fungeva :)

Per farmi perdonare però vi lascio questo luuungo capitolo e vi prometto che aggiornerò ogni giorni per altri tre giorni :D

Contente? Ma se i commenti scarseggiano ritorno ad aggiornare saltuariamente eh? ^^ Bacioni.

Stefy.

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Capitolo 40
*** Riconciliarsi. ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

Ate POV

Riconciliarsi.

 

Il suo sorriso mi scalda il cuore, facendomi respirare più velocemente, è bellissima illuminata solo dalla fioca luce del fuoco che ho acceso ed è incredibile. I suoi occhi azzurri sembrano zaffiri luminosi, incastonati in diamanti. Le sue labbra carnose, le sue mani, perfino i suoi capelli impiastricciati. Tutto di lei mi fa emozionare, la sua voce soprattutto.

- Non avrei dovuto giudicarti. Penso ancora che hai sbagliato, ma sono pronta ad ammettere che ho sbagliato anche io. Tu avevi bisogno di soldi, io avevo bisogno di tornare a casa. Ognuno dei due ha fatto quello che riteneva più necessario, non posso fartene una colpa. – Mentre fa questo discorso vedo i suoi occhi inumidirsi un poco, pensare alle pessime scelte che abbiamo fatto fa soffrire maledettamente anche me. Nonostante tutto Era tira su col naso e mi guarda, senza mai abbassare lo sguardo, senza mai sottomettersi a me e al mio amore per lei. E’ seria, fiera, stupenda.

- So che probabilmente avrei dovuto cercare qualche altro modo. Ma Inuit era un buon amico di mio padre, e quando, nei periodi più bui, mi ha fatto questa proposta e io non ho saputo rifiutare. Credevo di averti persa per sempre, capisci? Non l’avrei mai fatto altrimenti, è solo che tu sei la mia poésia ed io ogni giorno riuscivo a percepire le tue giornate con Drogo, la tua spensieratezza, il tuo impegno e.. non lo so, forse volevo stare meno solo, forse l’ho fatto soltanto per Egle o per i soldi. Avevo solo bisogno di stare meglio e ho scelto istintivamente. – Le spiego, totalmente in sincerità. Avevo scelto io di sposare Taji, è vero. Ma l’avevo fatto nella disperazione, le sensazioni di Era mi arrivavano tutti i giorni come un eco lontano. Tramite il nostro legame riuscivo a percepire il suo sentimento per Drogo, le risate, i sorrisi, l’impegno che metteva per imparare a usare la magia e per ritrovare suo padre, ma era raro captare una sensazione rivolta a me. Sapevo solo che lei stava bene e ne ero felice, ma volevo stare bene anche io. Egle peggiorava di giorni in giorno, Asia ne soffriva parecchio e le sue visite erano sempre più rare. Nasir era esausta e ormai tutti avevano scoperto del Mutatio, avevano paura di Egle e non riuscivo a trovare lavoro da nessuna parte. In più le Forze Superiori avevano anche scoperto la mia finta morte e volevano farmi pagare un pegno che non possedevo. Era tanto, troppo denaro. E poi era arrivato Inuit, con la sua primogenita, formosa e sensuale, e mi aveva proposto ricchezza e fortuna in cambio di un matrimonio. Ci avevo pensato a lungo e infine avevo risposto di sì. Avevo perso Era, avevo perso Egle, avevo perso il lavoro e ogni ricchezza, tanto valeva perdere anche la dignità.

- Io riesco a comprendere quello che mi stai dicendo. Leggo la verità nei tuoi occhi, sai che ci sono sempre riuscita con te. Ma non riesco a passare avanti. Riesco a capire perché hai preso questa decisione ma io non posso accettarla. Tu stai con Taji, la sposerai e per me non ci sarà più posto nella tua vita. E’ troppo difficile continuare dato che poi, una volta tornati a casa, tu bacerai e toccherai lei invece che me. Non mi bastano cinque minuti in un capanno con te, io ti volevo per tutta la vita. – Ammette, mentre le lacrime iniziano a scorrerle sulle guancie rosse. Io voglio abbracciarla e consolarla, ma le sue parole mi hanno fatto male.

E così vuole chiudere tutto? La disperazione mi assale ma la nascondo.

- So cosa vuoi dire. Mi sentivo nello stesso modo quando credevo che tu stessi con Drogo. Tutt’ora riesco a percepire i forti sentimenti che nutri per lui, e tutt’ora ne soffro. Quindi non posso darti una colpa se vuoi lasciarti tutto alle spalle. Ma se decidessi di continuare io posso prometterti che farò ogni cosa in mio potere per evitare questo matrimonio e tornare da te. Posso giurartelo. -  Le dico, giocandomi la mia ultima carta e vedendola chiaramente confusa. Sono spaventato da ciò che può dirmi, il tramonto è ormai passato da un pezzo, se solo mi dicesse di no potrei scappare e andarmi ad uccidere prima che lei riuscisse ad accorgersene. Sento il bisogno di schiaffeggiarmi per ciò che ho appena pensato, sento il bisogno di piangere per ciò che lei può dire, sento il bisogno di fare l’amore con lei, quello sempre.

- E se lo smascheramento di lei e Frijof non funzionasse? E se non trovassimo il modo di annullare questo matrimonio? E se.. –

Mi avvicino a lei che subito ammutolisce, forse ha paura che la baci, o forse vuole che la baci. Ma io non lo faccio, mi metto solo più vicino.

- Con le supposizioni non si risolve nulla. – Le dico, sfiorandole il naso col mio e soffiandole queste parole a direzione delle labbra. Lei trema, lo fa sempre quando è vicino a me, segno che le piaccio, che le faccio un certo effetto. Il mio stupido ego maschile si compiace.

- Io ti ho promesso che farò di tutto. E se nulla funzionasse, scapperemo insieme, in un altro mondo, tu mi sognerai e resteremo in quella stanza bianca per sempre. – Le sto proponendo la morte, me ne rendo conto mentre parlo, ma lei non sembra sconvolta, né disgustata. E’ allettata.

- Oppure la ucciderò. Ucciderò chiunque si frapporrà tra di noi. Te lo prometto, Era. Io e te staremo insieme, alla fine. A qualsiasi costo. –

Le sue lacrime continuano a scorrere e le sue braccia si stringono attorno a me, abbracciandomi forte e baciandomi la spalla. La stringo stretta.

- Si. – Dice soltanto, alzando poi gli occhi. – Si. Ce la faremo. – Promette ancora, continuando a guardarmi e a farmi tenerezza.

- Non sono niente senza di te, niente. Non posso starti lontano. – Ammette per ultimo, avventandosi sulle mie labbra e baciandomi appassionatamente. Sento la sua lingua cercare la mia e la accontento più che felice, le accarezzo i capelli legati, le spalle nude, le braccia e la faccia. Lei sposta le sue mani lungo tutta la mia schiena, stringe i fianchi, poi le spalle, infine ricomincia d’accapo. Sembra quasi che ci stiamo toccando per la prima volta, siamo entrambi emozionati come mai lo siamo stati.

- Dovremmo ripartire? – La sua è una domanda e a malincuore devo risponderle di sì. Siamo vicinissimi ai Cimiteri, se ci trovassero qui si farebbero strane idee, e poi preferisco passarci la notte, per non vedere tutti gli orrori che si celano tra quegli alberi e quelle pietre. Disumano.

- Sì. Ma prendiamoci altri cinque minuti. Mi sei mancata. – Le confesso, rendendomi conto di quanto sia diventato sincero e aperto con lei. Lei mi sorride baciandomi di nuovo, io la sollevo e la faccio sedere su di me.

Ho bisogno di sentirla tutta, ho bisogno di baciarla tutta.

- Ti amo. – Mi sussurra sulle labbra, facendomi tremare d’emozione.

Appoggia le sue piccole mani sulle mie spalle e si stringe ancora di più a me, sedendosi sulla parte più calda del mio corpo. Sussulto eccitato.

- Ti amo. – Le rispondo con convinzione, a voce bassa. La sua mano giocherella col mio petto, sfiorandomi i capezzoli e il bordo dei pantaloni.

Io le tocco i seni, incapace di controllarmi. Sembro un maledettissimo adolescente alle prime armi.

- Non ho mai fatto sesso con lei. – Le confesso, sputandolo senza sapere il perché, questo non è il momento.. ho forse rovinato tutto?

- Tu sei stata l’ultima. – Dico e lei si ferma, e sorride felice. Io mi avvicino per baciarla, ma lei mi anticipa avventandosi sul mio collo e sbottonandomi i pantaloni.

- Era.. – La chiamo, a metà tra il sorpreso e il severo. Lo voglio tanto ma non abbiamo tempo. Ogni dubbio passa quando la sua mano comincia a masturbarmi velocemente, capisco che non vuole fare l’amore, sa che non c’è tempo. Vuole solo rifare ciò che mi ha visto fare stamattina.

Sono tentato di fare la stessa cosa e infine, quando mi ritrovo con la mano dentro le sue mutandine, mi sorprendo di quanto poca forza di volontà riesco ad avere. Mi muovo veloce, anche il mio obbiettivo e farle provare piacere. Lei è veloce, io vado in profondità, toccandola con due dita.

Sento i suoi ansiti accanto al mio orecchio e mi emoziono, possibile che esista un suono più bello di questo in tutto il pianeta? Non esiste.

Lei continua a masturbarmi con due mani, ed è la sensazione più bella del mondo, quando però lascia una mano per aggrapparsi e stringersi alla mia spalla capisco che è vicina all’orgasmo quindi velocizzo, e lei fa lo stesso.

Sento una morsa nello stomaco e capisco che anche io sono vicinissimo.

- Ah.. – La sento svuotarsi sulla mia mano e faccio lo stesso sulla sua.

- Oh.. si. – Sussurra, sfacciata, ricomponendosi dopo poco. La guardo rapito, mi alzo dopo di lei e la blocco quando cerca di uscire.

- Aspetta. – Le dico, abbracciandola stretta. Lei, sorpresa getta il pezzo di stoffa con cui si era pulita la mano, e mi stringe forte mentre io la sollevo di poco, baciandole la spalla.

- Non lasciarmi mai più. – Sussurro, spaventato e insicuro come un fottutissimo ragazzino. Odio ridurmi così, quando c’è lei.

- Mai. – Mi promette. – Io non ti lascerò mai solo. – Continua, riempiendomi il cuore di gioia e speranza. Poi però aggiunge:

- Tu non osare sfiorarla ancora. Né lei, né nessun’altra. – Il suo tono severo e glaciale mi mette quasi i brividi, è arrabbiata, seria, indiscutibile.

Le accarezzo i capelli, le bacio la fronte e la metto lentamente giù.

- Non lo farò. – La mia voce è quasi un sussurro ma la rassicura.

Mi prende per mano e mi porta fuori dove Haydes e Adelasia ci aspettano, molto vicini, infreddoliti e teneri. Sorrido e mi avvicino al mio destriero grigio. Lo accarezzo finché lui me lo permette, poi monto in sella, Era fa la stessa cosa, mettendosi attorno alle spalle un telo di iuta. Probabilmente è quello che gli ha regalato Mikel quando l’ha trovata nella foresta.

Una morsa di gelosia mi attanaglia lo stomaco, ma la scaccio via. Lei è mia, lo è sempre stata e lo sarà sempre. Lo leggo nei suoi occhi.

Partiamo al galoppo, raffreddandoci e maledicendo il clima.

Il vento glaciale ci fa bruciare la pelle scoperta e ci congela il resto.

 

COMMENTATEEEE.

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Capitolo 41
*** Orrori e cimiteri. ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

 

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

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Era POV

Orrori e Cimiteri.

 

- Non possiamo continuare. – Mi dice Ate, sconvolto e stremato, quando anche la grandine inizia a tormentarci. Possibile che la natura ci voglia impedire di andare avanti?

- Dobbiamo trovare un riparo al più presto. – Mi informa, ed io tremo senza riuscire a rispondere, Adelasia è scossa da forti brividi.

Camminiamo piano, sia per dare un po’ di pace ai cavalli, sia per non sentire troppo freddo, tutto in una sola volta. Poi, i miei occhi vedono qualcosa di sconvolgente. Un grosso cancello in ferro nero.

- Di là. – Ho la forza di dire, Ate si volta e urla qualcosa che non riesco a capire. Il cancello è socchiuso ed io parlo al galoppo con Adelasia, smaniosa e desiderosa di trovare al più presto un riparo.

Il buio è ormai totale, il freddo insopportabile, la stanchezza e il dolore mi sfiancano. Ate continua a urlarmi qualcosa ma non ho la forza di sforzarmi e sentirlo, non riesco nemmeno a girarmi. Anche il telo di iuta che Mikel mi aveva dato una settimana fa è ormai inutile.

Il freddo si è appropriato dei miei pensieri, del mio corpo, della mia anima e di tutto ciò intorno a me. Adelasia, ormai tremolante, continua a camminare in quel sentiero scuro e sinistro.

Ad un tratto, un odore ferroso e disgustoso mi colpisce alle narici, quasi provocandomi un conato di vomito. E’ più o meno lo stesso odore che ho sentito quando ho salvato Ate, nella radura, mesi fa.

Sangue. Putrefazione. Sudore. Morte. Improvvisamente tremo di paura.

Qualcosa mi colpisce alla spalla, mi volto e vedo un piede umano, alla altezza della mia schiena. Alzo gli occhi timorosa e noto che, su di me, attorno a me, accanto a me è pieno di cadaveri attaccati agli alberi.

Sangue rattrappito, mutilazioni, squarci nella pelle, orrore. La cosa che mi sconvolge di più è un cadavere minuscolo, appeso a un ramo, con un grosso squarcio sul petto, era un bambino di cinque o sei mesi al massimo.

Urlo con quanto più fiato ho in gola e subito Haydes mi raggiunge con Ate. Anche il freddo sembra quasi scomparso. Ate mi fa salire su Haydes e tiene Adelasia per le briglie. Cammina lentamente, e mi conforta.

Mi siedo davanti a lui, faccia a faccia, e lui mi stringe forte.

- Vieni qui. – Mi sussurra, mentre sovrappongo le mie gambe alle sue.

- Chiudi gli occhi, non ci pensare. Non ci pensare. – Mi sussurra mentre io continuo a piangere disperatamente, anche la sua voce ha un non so ché di triste e sconvolto. Mi nascondo nell’incavo tra la sua spalla e il collo e continuo a piangere. Le facce piene d’orrore e dolore di tutti quei morti mi torturano, non mi lasciano in pace. Se apro gli occhi me li trovo davanti, se li chiudo li ritrovo nella mia mente. Sono senza via di scampo.

Mi brucia tutto il corpo, ormai ustionato dal freddo. I capelli e la testa sono stati martoriati dalla forte grandine, ma il dolore più grande c’è l’ho al petto, perché ho visto quello spettacolo disumano.

- Era solo un bambino.. avevi detto che erano criminali.. lui era appena nato, era squarciato.. c’erano donne incinte, anziani, bambini. –

Sussurro al suo orecchio, piangendo disperatamente e tremando forte.

Lui vuole abbracciarmi ma è occupato a portarmi fuori di lì. Deve guidare Haydes, Adelasia e deve stare attento a non farmi cadere.

Dopo minuti interminabili di pianti Ate mi comunica che siamo fuori dai Cimiteri. Io apro gli occhi e l’unica cosa che vedo nel buio è un cancello grigio, che segna la fine di quel luogo degli orrori. Sospiro riprendendomi.

- Dobbiamo trovare un rifugio o moriremo. – Mi sussurra, il vento è diminuito, non grandina più. Ma noi siamo troppo stanchi e indeboliti, il freddo finirà per ucciderci. Dopo qualche altro minuto Ate nota una piccola sporgenza in una roccia, decide di fermarsi lì.

Mi fa scendere da cavallo lentamente, io vorrei piangere e urlare per il dolore della pelle ustionata dal freddo ma lui resiste, e allora resisto anche io. Adelasia è ormai tormentata da brividi e tremori che la rendono instabile, decidiamo di far entrare subito i cavalli nella sporgenza o anche loro moriranno e noi non avremo più un mezzo di trasporto.

Poi li seguiamo. Ate si prodiga subito per accendere il fuoco che ci riscalderà ed io preparo i giacigli per la notte. Esco fuori e raccolgo paglia, foglie ed erba in grosse quantità, congelo e rientro nella caverna.

Il fuoco è già acceso, do da mangiare ai cavalli e poi mi accovaccio sul petto di Ate, che è sdraiato davanti al fuoco.

- Mi dispiace per ciò che hai visto. – Mi sussurra, riportando alla mente occhi spalancati, bocche aperte, squarci, sangue, ferite, morte, orrore.

Io mi stringo ancora di più a lui e cominciamo a parlare. In breve tempo la tetra conversazione si trasforma in un insieme di ricordi, esperienze d’infanzia, condivisioni che mi incuriosiscono e distraggono dal dolore.

- Mia madre si chiama Felia e proviene dal Borgo Ombroso. Lì la vita non è molto facile, le donne spesso vengono tratte in schiavitù e portate a lavorare nei campi ma lei ebbe la fortuna di conoscere mio padre, Kerhter delle Pianure Rocciose, che la prese con sé e la sposò, sottraendola ad un destino crudele e meschino. – La sua voce è fiera, sicura, quasi priva d’emozione o forse contenente orgoglio e tenerezza.

- Mia madre mi raccontò che i primi tempi la convivenza con mio padre fu pressappoco impossibile. Lui l’amava ma era stato cresciuto da una famiglia di spietati guerrieri di conseguenza non sapeva come trattare degnamente una donna. Lei era passata da essere una schiava nelle piantagioni, ad essere schiava del marito. Poi, col passare degli anni, mio padre si ammorbidì a piano a piano, anche se è sempre rimasto molto chiuso mentalmente. Io e le mie sorelle scappammo a giovane età, Egle ci seguì poco dopo. Solo mio fratello Zavier rimase in casa con lui, e sopportò tutti i suoi soprusi, i suoi insegnamenti severi, le sue crudeltà. –

Mi spiega, rattristandomi. Allora non ero l’unica ad aver vissuto un’infanzia difficile. Io avevo dovuto sopportare il rigore e la freddezza di Nike e Gea, ma lui era addirittura scappato da bambino e sopportato molte cose che non oso tutt’ora immaginare.

- Mio padre aveva già trovato mogli e mariti per tutti noi.

E’ stato lui a sistemare Zavier con Iman, ed è stato lui a programmare la gravidanza di lei. Anche Nasir è stata costretta a sposare un uomo di cui poi si è innamorata e che ha perso in battaglia. E’ stato mio padre ad arruolarlo nell’esercito e a condurlo alla morte. Egle e Alais si sono sempre rifiutati di farsi accoppiare con qualcuno, come le bestie. E anche io.. fin quando.. – Si zittisce.

- Fin quando non hai accettato di sposare Taji. – Sussurro tristemente. Lui mi stringe ancora di più a sé ed io inspiro il suo ottimo odore.

Haydes e Adelasia dormono vicini, quasi attaccati, si riscaldano a vicenda.

- Esatto. – Conferma, altrettanto tristemente. – Ma non gliela darò vinta.- Mi promette alludendo al fatto che si libererà di Taji il prima possibile, come da giuramento fatto. Io ho fiducia in lui e mi rassereno.

- E.. com’è finita con la tua famiglia, alla fine? – Domando curiosa, aspettando la fine della storia che non arriva. Ate sospira.

- Bhé.. quando io e le mie sorelle siamo scappati di casa, mio padre è tornato ad essere il vecchio burbero e spietato che mia madre aveva conosciuto. Solo Egle e Zavier rimasero con lui, ma quando anche Egle scappò via, per venirci a raggiungere, mio padre si trasformò definitivamente. Si arruolò nell’esercito, dove aveva già un posto serbato. Fu il generale di diverse battaglie, sfogò la sua rabbia su molti cadaveri, compì diverse stragi e quando fu troppo vecchio per combattere tornò a casa e costrinse mio fratello Zavier a prendere le sue orme. Mia madre nel frattempo perse pazienza, forza d’animo e speranza, scappò via anche lei, tutt’ora non so dove. – Mi comunica e io provo un moto di pietà per quella famiglia distrutta, per sua madre, per suo fratello, per lui.

- Quando mio padre si accorse che Zavier non era portato per la guerra lo costrinse a vivere tra i morti, facendo il Raccoglitore, come punizione per non essere un guerriero capace. Adesso mio padre vive da solo, credo si sia risposato con una donnaccia o qualcosa del genere. Zavier continua a fare la vita che mio padre ha programmato e nessuno di noi è più in contatto con lui. L’ultima volta che l’ho visto è stato durante la festa di fidanzamento tra me e.. Taji. Non mi ha rivolto nemmeno la parola. –

Il suo racconto si conclude nel peggiore dei modi e io mi ritrovo, per un attimo, a pensare a quante vite quell’uomo abbia distrutto.

Ha smantellato una famiglia, manovrato tutti i suoi figli per portarli alla fuga o all’autodistruzione, deluso e perso sua moglie, rovinato la vita di tutti. Penso a Nasir, alla perdita che ha dovuto subire a causa dell’irragionevolezza del padre. Penso a Zavier, al terribile lavoro che deve fare, al fatto che a diciotto anni deve già crescere una figlia, mantenere una moglie, sottostare al volere del padre. Penso a Felia, alle torture e al dispiacere che ha vissuto per anni a causa di quell’uomo, alla disperazione per la perdita dei figli, alla fuga improvvisa, alla distruzione della sua famiglia.

- Mi dispiace tanto che tu abbia dovuto subire tutto questo. E’ ingiusto, orrendo.. vorrei tanto che tu avessi avuto il meglio dalla vita. – Sussurro sincera e piena di dispiacere. Ate mi accarezza la testa.

- Ce l’ho adesso. – Sussurra, io alzo il capo e lui mi bacia lascivamente.

Le sue mani scendono ad accarezzarmi spalle e schiena, mentre io percorro i suoi tratti facciali con la punta delle dita.

- Raccontami di te. – Mi chiede ad un tratto ed io decido di sbloccarmi come ha fatto lui, di raccontargli tutto.

- Io vengo da Opera, una delle più grandi città delle mie Terre. Lì risiedono la Congrega degli Anziani e il Tempio delle Sacerdotesse. La mia casa di trova al centro della città, accanto alla Locanda di Odelia.

Sono cresciuta in casa con mia nonna e mia madre, e fino ai nove anni non ho mai messo piede fuori casa. Nemmeno per giocare un po’. Studiavo in casa, insieme a mia nonna. Poi però mi mandarono alla Prima Scuola dove conobbi altri bambini e iniziai a studiare poesia.

Mi innamorai subito di quella materia e iniziai a leggere centinaia e centinaia di libri sull’argomento. La poesia mi aiutava a pensare, a formarmi un mio modo di ragionare, a non farmi plasmare dalle idee della nonna. Mia madre è sempre stata spenta, incolore, inodore, priva di qualsivoglia forza. Non ha mai avuto la forza di contraddire mia nonna, non ha mai avuto la forza di opporsi a nulla, non ha mai avuto la forza di disobbedire o prendere una decisione per me. Ha lasciato andare mio padre e mi ha mentito per tutta la vita, a riguardo. Mia nonna invece ha sempre deciso per me, vissuto per me. A dieci anni tutte i bambini e le bambine cominciavano a uscire, giocare, divertirsi insieme. Io invece ero chiusa in casa a studiare a memoria tutti gli scritti sugli Antichi e sulle regole delle nostre Terre. Tutti giorni ero costretta a passare quattro ore nel Tempio a pregare, a meditare, a sentire la presenza degli Dei.

Mia nonna non mi permetteva di uscire nemmeno quando stavo male. Anzi, ogni volta che mi lamentavo, mi aumentava le ore. Una volta mi ha tenuta chiusa lì dentro per quasi due giorni, senza cibo né acqua. – Vedo Ate sbiancare, forse non si immaginava che anch’io avessi visto la mia buona dose di crudeltà.

- Oltretutto mi ha sempre fatto odiare mio padre, anche se in fondo al cuore ho sempre saputo che uomo fosse. Dopo anni di costrizioni, freddezza, obblighi.. ho ottenuto il permesso di andare a studiare la mia amata poesia. E bhé, il resto lo sai. – Concludo, con un po’ di tristezza nella voce. Il pensiero di mia nonna mi rattrista sempre.

Lui mi carezza ancora una volta la chioma bionda e mi stampa un bacio sulla fronte.

Amore. Dedizione. Affetto. Apprensione.

Ate mi culla per tutto il tempo finché non mi addormento. So che mi ama, so che non mi farà mai mancare niente. E nonostante gli ostacoli, i fraintendimenti, la paura, la guerra e il dolore, so per certo che lui resterà per sempre mio. E io farò di tutto per essere sempre sua.

 

Come promesso, un altro capitolo.. il prossimo sarà pov Egle, fatemi sapere cosa ne pensate.

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Capitolo 42
*** Sensi di colpa ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

Capitolo dedicato a Mary.

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Egle POV.

Sensi di colpa.

 

Ho vomitato a lungo, il sapore del sangue mi impasta tutt’ora l’interno delle guancie. Provo disgusto per me stesso, per ciò che il Mostro mi fa diventare. Per il modo in cui ho morso quel contadino, ore fa.

- Andrà bene. – Per l’ennesima volta la voce di Asia, l’unica donna che abbia mai amato follemente, prova a consolarmi inutilmente.

Sento il senso di colpa dilaniarmi dall’interno.

Dovrei essere io a tirarle su il morale, a confortarla, a proteggerla.

E invece sono io il suo pericolo più grande, il motivo dei suoi dolori, la causa dei suoi dispiaceri. Mi faccio schifo anche per il solo fatto che non riesco ad allontanarmi da lei e a proteggerla da ciò che ho dentro.

Ma questo non riesco a dirglielo, come un approfittatore lascio che lei mi culli, mi riscaldi con le sue mani morbide, mi rassicuri e mi faccia sentire protetto. Almeno finché il Mostro non riaffiorerà ancora, e allora ci saranno altri morti, altro sangue, altre lacrime, altre urla. Altro dolore.

- Passerà. – Continua, e una lacrima mi bacia la spalla. Soffre, soffre maledettamente a causa della mia situazione ed io non faccio nulla per proteggerla. Avrei dovuto lasciarla, impedire di tornare da me.. ma il mio egoismo, il mio bisogno di lei non me l’ha mai permesso.

Possibile che il bisogno di averla accanto sia più importante di tutto il resto? Più importante della sua vita stessa forse, e certamente della mia.

- Tornerai da me, per sempre stavolta. – Continua, tra singhiozzi e parole strozzate. Continua a soffrire, continua  a piangere per me. Sta da cani.

- Mi dispiace. - - Non è colpa tua. - - Non dipende da te. -

Le solite false affermazioni, le solite menzogne.

Il Mostro scatena solo la parte nascosta di me, non fa altro che liberare tutto l’odio, la perversione, la rabbia che c’è dentro di me.

Il Mostro è solo disinibitore. E’ solo una scusa, un modo più facile per far uscire la mia vera natura. La natura di un assassino, di un carnefice.

- A che pensi? Sei distante. – Mi dice, toccandomi appena la spalla.

Siamo sdraiati di sbieco sul letto, lei è dietro di me e mi accarezza la nuca e le spalle ad intervalli irregolari. A volta piange, a volte sospira.

- Sto bene. – Sentenzio debole. Non ho nemmeno la forza di parlarle e darle qualche frase di conforto. Sono un incapace, un meschino.

Sono tornato a casa da quasi tre giorni, Nasir mi ha abbracciato freddamente come al solito. Frijof si è limitato a farmi un cenno glaciale.

- Non stai bene. Come puoi dire di stare bene? –

Reouven mi ha stretto la mano compassionevole e Taji mi ha guardato con disprezzo, schifo, superiorità. Asia mi ha baciato e abbracciato a lungo, poi ha pianto per altrettanto tempo, mi ha picchiato, mi ha odiato e ha ricominciato ad amarmi perdutamente. Fino alla morte.

- Cosa vuoi che ti dica? – Ed ecco una volta il mio tono distante, colpevole, che non fa che provocare altri danni. Sono davvero crudele nei suoi confronti, non vorrei trattarla con misura, ma non riesco a fare altrimenti.

- Sfogati, maledizione! Sono la tua donna, sono la tua migliore amica. Possibile che dopo tutto, non hai proprio nulla da dirmi? –

Sento il freddo dietro di me e quando me la trovo davanti, in piedi, fiera e arrabbiata, mi accorgo che si è alzata e me ne rattristo. Ha preso le distanze come faccio sempre io, ogni volta che sto male e mi chiudo in me stesso, nella mia prigione formata da ossa e sensi di colpa.

- Ma cosa dovrei dirti? – Continuo a trattarla come se fosse una sconosciuta, come se non le dovessi nessuna spiegazione. Come se non le dovessi la mia intera vita. Rispondo alle domande con altre domande, questo è l’unico modo per evitare lo sfogo.

Io non sono debole, non posso piangere o lasciarmi andare. Devo essere forte, per me e per lei. Devo continuare per me e per lei. Per noi.

- Sei.. sei incredibile! – Si infuria, le guancie le si imporporano, mi sembra quasi di vedere i capelli arancioni rizzarsi come degli aghi di porcospino.

Stringe i pugni e gli occhi blu le si velano di lacrime. E’ stupenda.

- Lasciami solo. – L’ennesima richiesta sofferta, l’ennesimo rifiuto.

Lei prova a starmi vicino, a capirmi, a farmi sentire meglio ed io la scaccio via come se fosse la peggiore delle seccature. Ma è la mia ragione di vita.

- No! – Tuona immediatamente, fuori di sé. – Non ti lascerò in pace finché non mi parlerai e non mi renderai partecipe, brutto.. –

Sono ad un soffio da lei, dai suoi occhioni che mi guardano spaesati.

Non si aspettava questo gesto da me, si zittisce subito prima di riuscire a dire qualcosa di cui poi si pentirebbe di certo.  Stupida morale da creatura suprema, come sempre. Stupida educazione, stupida calma.

- Vuoi essere partecipe di tutto questo schifo? – Urlo, incredulo e arrabbiato. Ma non con lei, con il mondo intero. – Come osi chiederlo? Non ti vergogni a voler partecipare al mio scempio? Ho ucciso uomini, Asia! Ho ucciso decine di uomini, donne e bambini! Li ho morsi, dilaniati, colpiti e ammazzati! – Ammetto, finalmente sputando tutto il dolore che ho in corpo. Sento le mie corde vocali vibrare e liberarsi in un ringhio gutturale.

- Ti ho stuprato, che siano dannati gli Dei! – Questa bestemmia non fa altro che indurire ancora di più il mio discorso. – Ho quasi ucciso uno dei nostri! Ho quasi violato Era! Ti ho picchiata, distrutta, tradita! E tu osi ancora chiedermi di voler sapere come mi sento a riguardo? Pensi sia facile da ricordare, da esprimere? – La rabbia che esce fuori dal mio sguardo è nulla in confronto a quella che ho sepolta nel cuore. Le mie parole ne sono solo una piccola dimostrazione!

- Sto da schifo! Ok? Sento ancora il sangue di quell’uomo che ho morso prima nella bocca! Sento ancora i corpi freddi tra le mie braccia assassine, sento ancora i corpi caldi delle donne che ho violentato! – Continuo ancora, facendola indietreggiare sconvolta. So di starle facendo ancora più male ma il mio fiume di parole non vuole fermarsi.

- Mi faccio schifo, vorrei uccidermi! E non perché il Mostro me lo comanda, ma perché sono i miei sensi di colpa che mi rendono impossibile la vita! – Quest’ultima affermazione le fa spalancare il cuore, non avevo mai contemplato il suicidio e ora mi ritrovo a volermi uccidere per la disperazione. Ecco cosa è rimasto di me, solo un uomo disperato.

- Io ti starò vicino sempre. – Sussurra, interrompendo il mio monologo. Io la guardo stupito. Possibile che dopo tutto ciò che ho ammesso, che dopo tutto ciò che le ho fatto, il suo amore resti forte e immutato?

- Non devi. – Le sussurro, in un getto di rabbia. Sento il Mostro cibarsi di quel sentimento, accompagnato da delusione, scoraggiamento, sconfitta.

- Io voglio. – Mi risponde a tono, stessa rabbia, stesso scoraggiamento nella voce. Stessa disperazione. Tremo per l’emozione.

Non avevo mai capito, provato, sfiorato l’amore, prima di lei.

Nemmeno per un pizzico, nemmeno per un po’.

Ed ora mi ritrovo con un oceano infinito d’amore, sprigionato solo da questa stupenda testa rossa davanti a me. Mi lusingo, ne vivo.

- Ti farò ancora del male. – Le dico avvicinandomi troppo lentamente per lasciarle il tempo di scappare, o allontanarsi ulteriormente.

- Lo so. – Dice, facendo anche lei un passo verso di me, col sorriso spento sulle labbra. Col sorriso di una che ha perso, di una persona infelice.

- Il Mostro non si placherà davanti a niente. – Le assicuro un’altra cosa che la rattrista ancora di più ma lei fa un altro passo verso di me.

- Lo so. – Risponde soltanto, mordicchiandosi le labbra in maniera adorabile e incredibilmente insicura. Un altro passo verso di me.

- Ti tradirò. Ti picchierò. Ti umilierò ancora. – Prometto anche questo, facendo un ennesimo passo verso di lei. Siamo vicini, troppo vicini. Il Mostro si muove dentro di me, tra le mie vene e i miei tendini.

Il suo respiro fiorito mi riscalda il naso ed il cuore. E’ una visione.

I capelli sono scompigliati ma lucenti. Gli occhi lucidi e pieni di sentimenti contrastanti che mi spaventano e mi attraggono.

Amore. Odio. Paura. Devozione.

Il corpo fasciato da abiti in pelle. Stretti, troppo stretti.

Le braccia sottili, ricoperte da una femminile peluria chiara.

Il collo scoperto, caldo ed invitante. Il piccolo seno costretto.

La pancia piatta, morbida, liscia. Le gambe lunghe, allenate.

Il sedere rotondo, sodo. I polpacci muscolosi, sottili.

Il corpo minuto, magro, formoso, da vera donna.

- Lo so. – Compie l’ultimo passo che fa unire le nostre labbra ed io, come primo istinto, ho quello di scacciarla malamente via.

Ogni bacio mi riporta alla mente tutti i sensi di colpa e l’amore che provo.

Ma l’amore è più forte del resto, la passione mi divora, il bisogno di lei è invincibile, instancabile, impossibile da scavalcare.

Le mie labbra si muovono sulle sue, le mie mani si aggrovigliano tra le onde rosse dei suoi capelli profumati. Il mio corpo si stringe al suo, aiutato delle sue mani che mi toccano fianchi, costole e scapole.

- Ma non smetterò mai di esserti servo. – Giuro alla fine, sulle sue labbra e sul suo fiatone che ho appena smesso di provocare.

- Lo so. – Dice un ultima volta ed io capisco che sarà impossibile spezzare il legame che abbiamo. Se la lasciassi, se la calpestassi e cacciassi, lei continuerebbe ad accarezzarmi, baciarmi, coccolarmi e amarmi.

Ed io continuerei a fare lo stesso. Perché è tutto ciò che i nostri cuori, i nostri istinti, le nostre menti, i nostri desideri ci permettono di fare.

- Non smetterò mai di amarti. -

- Lo so. - Continuiamo con promesse e rassicurazioni. - Nemmeno io. - Aggiunge stavolta.

- Giuro. -

- Giuro. -

 

Ed ecco come se la cavano Egle e Asia, un bacio.

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Capitolo 43
*** Rimpianti ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

Questo capitolo lo dedico a Ciccio, che mi ha ispirata ad arrabbiarmi tanto :D

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

Reouven POV.

Rimpianti.

 

 

Sono passati quindici giorni dalla partenza di Ate e di mia figlia ma non ho ancora avuto notizie. La preoccupazione mi dilania dal momento in cui apro gli occhi al mattino a quello in cui riesco ad addormentarmi la sera.

Mi è quasi impossibile dormire ormai, dato che Era potrebbe già essere pasto per i lupi da diverso tempo. Drogo si è svegliato ieri, è debole, ha avuto il tempo di biascicare qualche parola incomprensibile è poi è nuovamente caduto in un sonno che non ha mai fine.

Come la mia disperazione, il mio dolore, il forte senso di impotenza.

Impotente perché non ho avuto la forza di combattere per l’amore della mia vita, per mia figlia, per una famiglia.

Impotente perché non ho avuto la forza di contattare Gea in tutti questi anni e non ho saputo spiegarle nulla.

Impotente perché ho aspettato che fosse mia figlia a trovarmi, perché se non fosse per me lei non sarebbe qui.

Impotente perché non riesco a curare Drogo ed Egle come dovrei.

Impotente perché non sono mai stato presente nella vita di Era, non le ho imparato le arti curative, né l’ho vista crescere e imparare.

Impotente perché una vecchia malvagia è riuscita ad allontanarmi dalle due cose che mi avrebbero reso felice per sempre.

Impotente perché io sono qui, Era è in pericolo e Gea in trappola.

Improvvisamente apro gli occhi e noto che è già giorno da un pezzo. Forse è addirittura mezzodì.  Quanto tempo ho dormito? Quanto tempo ho pensato? Quanto tempo ho pianto? Quanto tempo sono stato impotente?

Mi alzo di scatto e sento la schiena scrocchiare, ulteriore segno della mia spossatezza fisica e degli anni che segnano il mio corpo. Forse troppi.

Sono passati ben vent’anni dall’ultima volta che ho visto Gea e questo pensiero di ferma come un groppo alla gola, portandomi alla mente ricordi che ho sempre preferito accantonare.

E’ una giornata piovosa nella città di Opera. Gea ha sempre amato la pioggia e nonostante sua madre non voglia che torni a casa zuppa e raffreddata lei non riesce a fare a meno di mettersi sotto le gocce del cielo.

E’ lì che Reouven la vede per la prima volta. Non è di certo la prima volta che mette piede in quelle Terre, né tantomeno in quella città, non è di certo la prima creatura che vede, né la prima bionda. Ma quella ragazza, bella e pura come tante altre, suscita in lui un sentimento che non provava da tanto, troppo tempo. Interesse.

Reouven le si avvicina piano, silenzioso, come un felino che vuole agguantare la preda e farla a pezzi.

Ma lei è scaltra, allenata.

Si volta di scatto e spalanca gli occhi, il cappuccio di Reouven è scivolato via e Gea ha piena visione dei suoi occhi neri e dei suoi capelli altrettanto scuri e misteriosi. Non ha dubbi, lui è un guerriero della morte. Ma non indietreggia, qualcosa dentro di lei la fa rimanere immobile. Reouven le sorride delicato e lei, inspiegabilmente, gli tende una mano. Sono al centro della piazza popolare e nonostante non ci sia nessuno nelle vicinanze non vuole rischiare d’essere vista e riconosciuta.

Nike gliela farebbe pagare molto cara, questo lei lo sa già.

Reouven le prende la mano liscia e morbida e si fa condurre in un cortiletto appartato, dove poi lei si allontana facendolo incuriosire ancora di più. Perché stava in mezzo alla pioggia, tutta sola e con la testa alzata verso il cielo plumbeo? Perché non era scappata? Perché l’aveva portato in un luogo appartato? Perché non aveva paura? Troppe domande senza risposta, troppi dubbi senza certezze, troppo mistero che lo intrigava.

Avrebbe potuto ucciderla, questo lei lo sapeva, ma nonostante tutto in quelle pupille nere lei non leggeva crudeltà. Solo disperazione.

Gea è ben lontana dal ragazzo e lo guarda con curiosità, è spaventata e non riesce a capire perché l’abbia trascinato con lei. Ha letto qualcosa in quegli occhi che l’ha portata ad incuriosirsi, ad impietosirsi.

Reouven, d’altro canto, non era meno confuso di lei. La vedeva, la vedeva chiaramente davanti a sé e cercava di fare lo sguardo da cattivo.

Ma quella ragazza era troppo strana, troppo diversa, non riusciva a suscitargli altro che interesse. Lui voleva sentirla parlare ma lei non si degnava di fare altro che guardarlo. Lui faceva lo stesso.

D’altronde cosa avrebbero potuto dirsi? Chi sei, come ti chiami, perché sei qui.. tutte domande futili a cui nessuno dei due avrebbe risposto con sincerità e per cui la curiosità di entrambi non si sarebbe placata affatto.

Sembrava semplicemente che volessero leggersi dentro, senza parole.

Si guardavano, si scrutavano, si studiavano e poi si bagnavano sotto la pioggia, non c’era niente di sbagliato. Lei non gli stava parlando, né dando confidenza, non si stava fidando. Lo stava semplicemente studiando.

E lui non si stava facendo scoprire, non stava tradendo la sua missione da Interno, non stava spifferando nulla riguardo all’Organizzazione. La stava semplicemente guardando.

Poi, ad un tratto, dopo diverse ore o diversi minuti, l’incantesimo si spezza. La voce della vecchia Turan si libra nell’aria, facendo sobbalzare entrambi. La pioggia era fitta, la nebbia anche di più.

Possibile che li avessero visti? Turan non usciva mai sul cortile, possibile che fosse uscita proprio adesso, con questo tempaccio?

Gea si maledisse per aver scelto un posto tanto ovvio, Reouven si insultò per aver permesso che lei ce lo conducesse.

- Gea? Sei tu? Chi è quell’uomo? – Sbraita la donna, Gea comincia a correre, riprendendo Reouven per la mano. Ma lui stavolta non la segue, si rimette il cappuccio e scompare nella foschia. Gea resta sola, tra la pioggia e la sua solitudine. Non si capacita di ciò che ha appena fatto, non riesce a mandar giù il fatto che quello straniero l'abbia lasciata sola.

Corre a casa zuppa e prende l’ennesimo rimprovero dall’Antica, mentre Reouven si affretta a correre verso il confine. Deve fuggire il più lontano possibile da quella, che in futuro, sarebbe diventata la sua maggior debolezza.

Esco dalla mia stanza e la luce mi travolge gli occhi, in camera mia era appena soffusa. Li chiudo e li riapro più volte, fino ad abituarmi e percorro il corridoio che mi porta alla cucina. Egle è seduto a tavola con accanto Frijof, stanno mangiando qualche boccone insieme, senza parlare.

- Buongiorno. – Troneggio, ormai quasi parte della casa.

Frijof mi fa un lieve cenno con la mano mentre Egle si alza e viene a stringermi la mano in segno di rispetto e saluto.

- Tutto bene? – Domando, Frijof non risponde, Egle annuisce falsamente.

Ad un tratto vedo le sue mani tremare, i suoi occhi inumidirsi.

Provo a ricordare i testi che avevo letto sul Mutatio e sui sintomi d’apparizione.

Tremori diffusi, lacrimazione, improvviso calo di temperatura corporea, muscoli irrigiditi.

L’apparizione del Mutatio, oltre che al caso, sembra sia anche particolarmente legata ad ambienti poco sereni, situazioni pericolose o violente, o emozioni troppo forti. In caso di apparizione, immobilizzare il soggetto, accendere una fiaccola d’incenso, aloe, erba del drago, bardana e assenzio e assicurarsi che il Mutatio sia scomparso prima di liberare il soggetto.

I muscoli di Egle tremano davanti a me, due lacrime gli scendono dagli occhi e lo vedo indietreggiare ed irrigidirsi.

- Frijof, va via! – Sbraito, poco prima di essere colpito al viso da un violento pugno di Egle. Frijof scappa dall’uscita principale ed Egle, dapprima tentato di seguire lui, opta per scagliarsi contro di me.

 Si abbassa quel tanto che basta per iniziare a colpirmi al volto e al collo con forti e possenti pugni che rischiano di farmi svenire da un momento all’altro. La gola mi si chiude quando Egle sferra un gancio sinistro esattamente sulla laringe. Il mio urlo diventa silenzio e prego che qualcosa riesca a fermarlo prima che mi uccida. Le sue mani trovano il mio collo e cominciano a soffocarmi. Non ho più via di scampo.

Morirò prima di aver rivisto Gea, prima di aver rivisto mia figlia.

Morirò come un codardo, come un ignobile, come un impotente.

Poi ad un tratto vedo dei ciuffi rossi volteggiare per aria e capisco che Asia, ancora una volta, è qui per fare i conti con Egle.

 

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Capitolo 44
*** Farla finita. ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

A tutte le mie lettrici, con amore.

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

Asia POV.

Farla finita.

 

Egle è dritto di fronte a me, proprio davanti al bancone della cucina, Reouven è sdraiato a terra, Egle lo sovrasta e lo riempie di pugni e manate che entro breve gli saranno letali. Poi lo strangola.

Non c’è tempo per ragionare, né per andare a prendere il mazzo d’erbe.

Improvviso, urlando con quanto più fiato ho in corpo, prendo la sedia di legno che ho accanto e la getto con quanta più forza ho in corpo contro le spalle di Egle che si scuote e non smette di soffocare il padre della mia migliore amica. Cosa fare? Non ho tempo per farmi assalire dal panico.

Prendo un vaso di vetro, sulla cristalliera, e glielo scaglio contro chiudendo gli occhi e piangendo come una disperata, lui molla per un secondo la presa, mi guarda truce e poi si scaglia nuovamente su Reouven, ricominciando a stringergli le mani attorno al collo. La sua espressione è così truce e sfigurata dalla rabbia che non riesco a riconoscerlo come mio.

Senza pensare oltre mi scaglio in una lotte corpo a corpo, i miei lunghi capelli rossi finiscono ovunque e mordo le spalle di Egle con tutta la forza che ho dentro. Sento il sangue impastarmi la bocca ed Egle, prendendomi per i fianchi con forza inaudita, mi scaglia lontana, facendomi sbattere violentemente contro il muro di cemento.

- BASTA! – Urlo, notando che Reouven ha chiuso gli occhi.

E’ morto o semplicemente svenuto? Ancora una volta non lascio che il panico si impossessi di me e mi alzo scattante, pronta ad un altro attacco.

Mi scaglio con potenza su di lui e gli mordo l’orecchio, graffiandoli le guancie con le unghie, Egle vibra sotto i me e ringhia. Finalmente si alza, lasciando in pace il corpo martoriato di Reouven e gettandomi a terra.

Non ho nemmeno il tempo di riprendermi che lui è già su di me e mi strappa i vestiti.

- Brutta puttana! Infima troia! – Sbraita, fuori di sé, strappandomi i pantaloncini e il top. – Adesso ti faccio urlare! – Urla ancora, stringendomi forte un seno e gettandosi su di me per farmi violenza.

No, ti prego. Di nuovo no. Mi ritrovo a supplicare mentalmente.

- NO! – Sento un urlo disumano provenire dalla gola rauca di Reouven.

Si alza e prende Egle di sorpresa, colpendolo con forza inaudita in faccia.

Egle cade all’indietro svenuto ed io urlo con tutto il fiato che ho in gola mentre delle calde lacrime mi solcano il viso. Reouven è inginocchiato, senza più forze ed io sono nuda, ferita, dolorante e decisa a mettere fine a tutto questo. Per la terza ed ultima volta mi faccio forza e mi alzo, coprendomi malamente con la tovaglia da tavola e corro nello sgabuzzino per prendere il mazzo di incenso, aloe, bardana, erba di drago e assenzio.

Prendo un fiammifero e accendo il mucchio d’erbe, l’odore è fortissimo, torno in cucina e lo metto proprio davanti al viso di Egle, che è ancora svenuto. Nel frattempo Reouven ha trovato la forza di alzarsi e mettersi a sedere su una sedia.

Getto la fiaccola davanti ad Egle e corro da lui, col cuore in gola.

- Come stai? – Mormoro piangendo. – Stai bene? – Reouven ha la faccia tumefatta, piena di tagli e lividi che già si stanno formando.

Non è messo bene ma nonostante tutto annuisce per rassicurarmi..

- Che è successo? Oddio no! – Sento una voce femminile alle mie spalle e vedo Nasir appoggiata sconvolta allo stipite della porta, quasi le mancano le forze per reagire. Vedere ancora una volta lo scempio che ha combinato Egle la scombussola, e non poco. Reouven mi poggia una mano sulla spalla ed io torno a guardare lui con gli occhi persi e spalancati.

- Va’ in camera tua. Qui ci pensano loro. – Mi consiglia con voce irriconoscibile, mi volto e mi accorgo che anche Alais è arrivata e si sta già dirigendo a curare le ferite che io stessa ho inferto ad Egle.

I morsi sulle spalle, sull’orecchio, i graffi sul collo e sulla nuca, le manate.

Nasir invece inizia a tamponare il viso di Reouven con degli impacchi d’erbe con poteri guaritori.

- Tu hai bisogno di cure? – Mi chiede, sconvolta Alais.

- Lo sapevo, non sarei mai dovuta andarmene! – Sbraita nervosamente e disperatamente Nasir, parlando tra sé e sé. Si sente colpevole.

Io rispondo ad Alais con un cenno e mi dirigo verso la mia stanza, esausta.

Corro quasi a perdifiato finché non mi getto sul letto, distrutta.

Inizio un pianto silenzioso e l’insopportabile ottimo odore di Egle e dappertutto. Mi sento sopraffatta, mi sento fuori di me, ho bisogno di non averlo intorno per un po’, ho bisogno di respirare aria insatura di lui.

Mi alzo, mi getto addosso una veste lunga e informe, che solitamente uso per fare le faccende di casa ed esco fuori, sul giardino posteriore.

Inizio a camminare lentamente, quasi come se ogni passo mi costasse un pezzo di cuore. Possibile che mi stessi arrendendo? Sento come se ogni speranza si stia affievolendo miseramente, come se non ci sarà mai fine.

Sento il bisogno di tornare a casa mia, alla mia vita, e finalmente dopo mesi riesco a provare i sentimenti che spinsero Era a fuggire da Ate.

Disperazione, orrore, stanchezza, bisogno.

Non credevo di poter contemplare una vita senza Egle, ma dopo tutti questi episodi non riesco a contemplare una vita con lui. Non in questo stato almeno. Non voglio abbandonarlo, e non lo farò. Ma vorrei.

Questo pensiero mi spaventa a tal punto che mi inoltro nel capanno quasi inconsciamente, è lì che abbiamo vissuto il nostro ultimo rapporto d’amore, e quasi cerco qualcosa che mi tiri su.

Ma quando entro vedo certamente un altro scenario.

Un bambino, di circa quattro o cinque, sta frugando tra i bauli.

E’ lercio, smilzo e apparentemente affamato. Sta piangendo sommessamente ed è veloce, maledettamente furtivo.

- Fermo dove sei. – Dico provando a mantenere la voce ferma e a smettere di piangere. Lo vedo bloccarsi e voltarsi lentamente verso di me, con la paura che chiaramente lo attanaglia allo stomaco. Poi, inaspettatamente, si asciuga le lacrime e si prostra ai miei piedi.

- Perdonatemi. – Dice, guardandomi con degli occhi neri e spenti. La sua voce è fanciullesca, quasi sussurrata ma capisco sin da subito che è un bambino molto intelligente e scaltro. La disperazione l’ha certamente fatto maturare prima del giusto tempo. Il dolore ha segnato anche lui.

Guardo i corti ciuffi castani, i grandi occhi neri e provo pietà per lui.

Un altro disperato, un'altra vittima. Un altro miserabile, come noi.

- Come ti chiami, piccolo? – Chiedo con estrema dolcezza, prendendolo per le mani e facendolo alzare. Lui mi guarda spaesato, continuando a trattenere le lacrime e a stringere i pugni, ostinato a fingersi adulto.

- Cyrano, mia signora. – Annuncia, sincero. – Dal villaggio delle nubi. –

Faccio mente locale e ricordo che il villaggio delle nubi è a qualche ora di cammino da qui. Anche se non capisco come sia possibile che un bambino di quattro anno sia scappato così e sia arrivato fin qui, da solo.

- Sei da solo? – Chiedo, continuando a sorreggerlo per le mani.

Lui annuisce debolmente, quasi come se questa mia domanda lo faccia stare maledettamente male. Per un attimo ripenso ad Egle e sto così anch’io. Lo sguardo del piccolo su di me mi fa rinsavire e riprendere.

- Si, signora. – Mi risponde, ancora più composto, ancora più gentile.

- I miei genitori mi hanno lasciato qui nei paraggi circa un paio di giorni fa, ho provato a tornare da loro ma.. e poi erano arrabbiati.. e io.. –

La sua voce sfocia in un pianto disperato e dio lo abbraccio stretto.

- Non devi spiegarmi nulla. Andiamo a mangiare qualcosa ti va? –

Gli chiedo, compassionevole e piena d’ammirazione e pietà.

Lui annuisce debolmente e poi mi sorride, io lo prendo in braccio e torno a casa, dove Egle è ancora svenuto e tutti gli altri mi guardano sbalorditi, mentre Cyrano sorride un po’ più sereno e si abbuffa di pane nero.

 

Nuovo personaggio che nasconderà molte insidie, spero che vi sia piaciuto, vi prego ditemi tutto ciò che vi passa per la testa.

Stefy.

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Capitolo 45
*** La Contea degli Sputafuoco ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

POV Era.

La Contea degli Sputafuoco.

 

Io e Ate arriviamo all’ingresso della cittadina alla sesta ora dopo il mezzodì. Il Mastro Passante, proprio come Ate aveva predetto, è appostato davanti ai grandi cancelli in ferro battuto e ha un aria stanca ma vigile. Ate si avvicina, a piedi, trascinando Haydes e Adelasia con le due braccia, io sto seduta sulla mia cavalla, tenendomi a debita distanza dall’uomo che ci scruta con aria sospetta.

- Identificatevi. – Dice, con voce seccata e autoritaria, Ate si schiarisce la gola insicuro, forse ha paura che io venga scoperta.

Nel frattempo io tengo gli occhi chiusi.

- Il mio nome è Ate Zahrah, del villaggio della pioggia. – Si annuncia e poi io capisco che è arrivato il mio turno, quindi mi stringo forte il corpetto con evidenti segni di nervosismo. Continuo a fingermi cieca.

- Io mi chiamo Alais Zahrah, sorella di Ate. Anche io provengo dal villaggio della pioggia. – Rubo l’identità alla sorella minore di Ate per riuscire a passare senza problemi, poi sento dei passi. Il Mastro Passante è molto vicino a me, si appoggia al mio cavallo e, nonostante io abbia gli occhi sbarrati, ho la sensazione che mi stia guardando intensamente.

- Come mai tieni gli occhi chiusi? – Mi chiede sospettoso ed io alzo le spalle, con un moto involontario. Poi stringo forte le briglie, pronta a scappare in caso di smascheramento. La paranoia si impossessa di me.

- Sono cieca. – Rispondo con tutta la naturalezza che riesco a racimolare in quei pochi attimi, Ate tossisce appena, anche lui è molto nervoso.

Poi, finalmente, sento i passi del Mastro farsi lontani.

- Qual è il motivo della vostra visita nella Contea degli Sputafuoco? – Chiede, ormai la sua voce non è più diffidente e accesa, bensì spenta e annoiata. Dev’essere stancante ripetere sempre le stesse domande.

- Dobbiamo far visita ad un guaritore. – Ate inventa la risposta sul momento, ma il Mastro Passante gli crede, tantoché ci apre  i cancelli subito dopo. Lo scricchiolio dei cardini spropositatamente grossi e arrugginiti mi fa venire i brividi, come un unghia che graffia una lavagna.

Ate tira i cavalli con le briglie e mi aggrappo forte ad Adelasia per non cadere, senza smettere di tener chiuse le palpebre.

- La locanda è poco distante, mezz’ora di cammino e arriviamo. -

Mi annuncia, indietreggiando e accarezzandomi la mano, poi ricomincia a camminare. Sento un forte frastuono intorno a me, gente che sbraita, che urla, che ride, che piange. Sento chiacchiericcio, stramazzi, confusione.

Qualcuno mi scontra accidentalmente più di una volta, ma non mi faccio prendere dal panico, so che Ate è a qualche metro da me perché Adelasia continua ad avanzare con passo guidato. Poi, finalmente, dopo un tempo che sembra interminabile, Ate si ferma e mi fa scendere piano da cavallo.

Mi spinge delicatamente verso quella che dev’essere la locanda e mi fa entrare con gentilezza, tenendo aperta la porta e seguendomi. Avanziamo di qualche passo e il forte odore di muffa e cipolla mi pizzica il naso.

- Una stanza doppia e due posti nelle vostre stalle per i nostri destrieri. –

La voce di Ate è cristallina, non più insicura né esitante.

- Per quante notti? – La voce sensuale di una donna mi fa aggrottare le sopracciglia, poi sorrido come un ebete. Ma la curiosità mi divora.

- Una soltanto. – Come posso essere gelosa della locandiera solo perché sta parlando col mio uomo a pochi passi da me? Scuoto la testa, ma la curiosità non accenna a scomparire, resta in me insieme alla gelosia.

Schiudo leggermente un occhio per osservarla e per qualche nanosecondo la fisso. E’ alta, formosa e molto attraente, ha un seno prosperoso e in bella vista, ma Ate guarda da tutt’altra parte. Mi maledico per aver dubitato di lui, so che mi ama. Richiudo la palpebra e gli prendo la mano.

Lui la accarezza per qualche momento e poi la lascia, siamo fratello e sorella adesso, non possiamo permetterci atteggiamenti intimi.

Non possiamo essere come Frijof e Taji. Penso malefica, ghignando.

- Bene, eccovi le chiavi, proseguite lungo il corridoio e poi svoltate a sinistra. La stanza che vi ho riservato ha la porta in legno d’acero. I cavalli verranno scortati nelle stalle dal nostro scudiero. La taverna è dietro quest’angolo, buona permanenza e buona notte, signore. –

La voce della donna è davvero simile ad una melodia, ma ancora una volta distolgo i cattivi pensieri dalla mia mente. Ate mi prende per un braccio e mi costringe a seguirlo velocemente, camminiamo per poco tempo e poi ci fermiamo. Sento la chiave girare due volte nella serratura, poi Ate mi spinge dentro e mi schianta sulla porta, baciandomi con ardore.

Io apro gli occhi di scatto e, dopo diverse ore, mi ritrovo ad ammirare la sua incredibile bellezza. Sul suo viso un lampo d’eccitazione mi fa tremare ma entrambi sappiamo che, almeno per il momento, abbiamo principalmente bisogno di rifocillarci. Il freddo ci ha sfregiati, la fame ci ha indeboliti, la sporcizia ci ha imbrattati, il tempo ci ha stancati.

- Vai tu a lavarti? – Mi chiede, tra un bacio disperato e l’altro.

Io faccio spallucce, poi un brivido mi percorre nuovamente la schiena.

- Mi lavi tu? – Gli chiedo, sorridendo come una bambina che fa i capricci e cerca di irretire i genitori. Lui sorride entusiasta e ammicca.

- Speravo lo dicessi. – Mi prende tra le braccia, come uno sposo fa con la sposa e mi porta dritta in bagno. La stanza è abbastanza calda e accogliente, i muri sogni di legno, così come la vasca da bagno, al centro della stanza. La parte anteriore, dove va la testa, è più rialzata rispetto al resto. La tinozza è di marmo, così come il mobile e la latrina.

Mi spoglio lentamente, sotto gli occhi vigili e famelici del mio uomo che non si permette a sfiorarmi finché non entro nella vasca d’acqua calda.

Mi rilasso subito, abbasso la testa quel tanto che basta per bagnarmi completamente i capelli e poi mi appoggio nello schienale scuro.

Le mani di Ate iniziano a massaggiarmi le spalle lentamente, poi salgono sul collo, facendomi rilassare e dimenticare tutto il resto.

Lui ha sempre avuto potere assoluto su di me, dal primo momento.

- Mi ami? – Mi chiede, interrompendo il severo silenzio che si era creato.

- Più di ogni cosa. – La mia risposta è sincera al cento per cento, e lui si abbassa per baciarmi castamente sulla guancia e mi accarezza i capelli.

Dopo un bagno estremamente lungo e rilassante Ate mi convince a mettere nuovamente trucco e inchiostro, non ne posso più di riempirmi di lerciume che mi rovina pelle e capelli ma so che devo farlo.

Quindi mi rivesto davanti a lui, provocandolo apertamente e poi vado a frizionarmi i capelli nell’altra stanza, liberando il bagno e permettendogli di lavarsi a sua volta. Mi vesto sul letto, indossando i nuovi abiti che Ate ha comprato al villaggio, durante il tragitto.

Pantaloni in cuoio, casacca grigia e corpetto nero, in cuoio nero, con dei disegni astratti sui fianchi. Il seno esce sporgente dalla casacca, sospinto dal corpetto rigido, ma anche questo è un modo per confondermi tra i guerrieri. Tutte le donne vestono in maniera scoperta e provocante.

Prendo l’inchiostro che abbiamo portato in grandi quantità nella casacca e lo verso sui capelli, davanti ad un grande specchio. Inizio a spalmarne su ogni ciocca meticolosamente, senza tralasciare nulla. Poi passo alla polvere nera, la prendo con due dita e la applico sulle palpebre facendo attenzione a non farla arrivare sugli occhi. Quando finisco, Ate sbuca fuori dalla porta, tutto bagnato e con solo una tovaglia alla vita.

Sbatto le palpebre un paio di volte e deglutisco, è ancora più bello, atletico e appetitoso di quanto ricordassi, ma voglio trattenermi.

Poi però, quando vedo una gocciolina scendere dalla mascella fin sotto la tovaglia il mio istinto prende il sopravvento, sbottono il corpetto lentamente, avvicinandomi come una gatta che caccia la preda.

Gli bacio il collo con tutto l’impegno che riesco a trovare, e cerco di essere più decisa e sensuale possibile, lui ridacchia ed io arrossisco.

Possibile che riesca solo a rendermi ridicola davanti a lui?

Lui avrà avuto decine di donne prima di me, avrà sperimentato ogni gioia e ogni godimento, ed io invece ho solo ciò che ho imparato con lui.

Non è niente, in confronto. Per me è stupendo, ma per lui è niente.

Mi allontano triste e sconfortata, so bene che probabilmente non gli faccio nessun effetto.. che magari Taji saprebbe fare meglio, anzi di sicuro!

- Che succede, piccola? – Mi prende il mento tra le dita, trattenendomi davanti a lui e guardandomi negli occhi, leggendomi l’anima. Vorrei tanto fare lo stesso, vorrei leggergli l’anima per capire cosa pensa di me.

Sono turbata, mi vergogno di me stessa e di ciò che non riesco a dargli.

Un tremito mi scuote appena e io capisco che, contro ogni mia volontà, il Dono è tornato in mio aiuto.

- Niente. – Rispondo con voce mesta aspettando un suo pensiero.

“Ti amo, parlami.” Pensa, quasi consapevole che sto leggendo dentro di lui. Non ne abbiamo mai parlato di questo mio potere, né prima né dopo la scenata di Drogo, a casa sua. Sua e di Taji. Per un attimo penso a Drogo, a quanto sia orribile stare lontano da lui, a come posso salvarlo.

- Non tagliarmi fuori dalla tua vita, Era. – Mi sussurra disperato, sulle labbra, poi mi bacia lievemente e si distanzia un poco, per lasciarmi rispondere. I suoi occhi lucidi, le sue dita sul mio mento, il suo respiro senza ritmo, le sue labbra socchiuse, i suoi capelli bagnati. Stupendo.

- Non c’è nulla da dire, davvero. – Provo ad assumere un tono dolce e pacato, gentile, ma la mia voce suona più dura di quanto vorrei.

“Maledizione, c’è sempre una barriera tra di noi.. e ci sarà sempre.”

Questa sua riflessione mi fa tremare incerta, impaurita. Possibile che lui pensi questo? Io gli darei tutta me stessa se solo potessi, gli regalerei il mio corpo, il mio cuore, i miei pensieri e anche la mia anima. Tutto.

- Va bene. Vado alla taverna a prendere qualcosa da mettere sotto i denti.-

Mi informa, lasciandomi e vestendosi velocemente. Il pensiero di lui che passa davanti alla locandiera, di lei che lo guarda mellifluo mi fa impazzire. Non voglio che vada, voglio fare l’amore con lui e renderlo mio, almeno per un tempo limitato. Voglio vedere il piacere distorcersi sul suo volto, voglio vederlo sfinito e boccheggiante, voglio farlo stare bene.

- Ok, io starò qui. – Rispondo contro ogni mia volontà. Codarda.

Lui indossa gli stivali e fa per uscire dalla porta, mi guarda un ultima volta intensamente, vorrei fermarlo ma qualcosa me lo impedisce.

“Ti amo, ma non riesco a stare bene se sei così distante.” Riesco a captare quest’ultimo pensiero prima che lui esca dalla camera, sbattendo la porta e lasciandomi sola. E codarda, più di prima.

 

Buona lettura, commentate.

Stefy.

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Capitolo 46
*** Impazzire ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

Ate POV

Impazzire.

 

Esco in corridoio pressappoco scioccato, possibile che Era abbia completamente perso ogni briciola d’attrazione che nutre nei miei confronti? Un secondo prima mi baciava languida, si faceva insaponare da me e un secondo dopo si allontanava torva e priva d’ogni eccitazione.

Io tutt’ora ho un erezione dolente e lei è in camera a tingersi i capelli come se nulla fosse. Ma il vero problema è certamente un altro.

Riesco a capire che c’è qualcosa che non va, che la fa stare male e la allontana da me, ma non riesco a capire cosa sia questa cosa.

Forse è ancora disturbata dal pensiero di Taji? Non posso di certo darle torto, io non avrei mai sopportato di saperla insieme a Drogo.

O forse è proprio Drogo il problema? Forse, adesso che sono lontani lei ha capito di amarlo, e non intendo come un fratello.

Un brivido di rabbia mi percorre le braccia e stringo i pugni, digrignando. Non permetterò mai a nessuno di portarmela mia, nemmeno a lui.

- Due piatti di legumi e una forma di pane. – Annuncio, appena arrivo alla taverna dietro l’angolo, una signorina decisamente in sovrappeso e con vestiti troppo succinti mi sorride languida. – Arrivano subito. –

Mi dice con voce squillante che vagamente mi ricorda quella di Taji.

Per un attimo il pensiero della mia promessa mi sfiora la mente, ricordo il primo giorno che l’ho incontrata, la prima impressione che ho avuto.

Ate entra nella sala d’ingresso di Inuit, un potente proprietario terriero nonché ex generale delle truppe del Terrore. Si sente quasi abbagliato dagli affreschi, dalle luci multicolori, dall’oro e dall’argento che luccicano davanti ai suoi occhi, dappertutto e insistentemente. Suo padre aveva ragione, quell’uomo era davvero ricco e potente.

- Salve, voi dovete essere Ate! Entrate, entrate! – Una ragazza molto giovane, di circa sedici o diciassette anni, lo fa accomodare in un salotto molto elaborato. Tende e tappeti di stoffa preziosa, legno pregiato.

- E così sei tu il figlio di Kerhter. – Una voce lo sorprende e quando si gira, Ate, nota subito un grosso trono di acciaio con un uomo seduto sopra. E’ molto nervoso, le mani gli tremano ma avanza sicuro di sé.

- Salve, signore. – Ate indossa subito i panni del galantuomo e va a stringere la mano a quello che sarebbe diventato il suo futuro suocero.

- Molto piacere di conoscervi, sono davvero onorato di p.. –

- Suvvia! Smettiamola con questi convenevoli e passiamo al dunque. Io ti mostro la merce e tu decidi se acquistarla o no, tutto chiaro? Un semplice scambio d’affari, niente di più e niente di meno. – Dice l’ex generale facendolo inorridire. E così il matrimonio di sua figlia era semplicemente un affare per lui? Ate annuisce debolmente e Inuit fa segno alla serva di venire avanti, che poco dopo entra accompagnando la futura sposa.

Ate la osserva bene, indossa una gonna di pelle ed un corpetto nero.

Sono corti, un po’ provocanti, ma decisamente adatti al suo corpo felino.

Ha un fisico slanciato, muscoloso e prosperoso. Un grosso seno e delle labbra spropositate. Ate pensa per un momento a quelle di Era, alla morbidezza, alla forma, al colore. E per un attimo è tentato di scappare via a gambe levato, ma quando si concentra per percepire i sentimenti della sua poésia non gli risulta nulla di nuovo. E’ con sempre con lo stesso ragazzo, è impegnata ma apparentemente felice. Sta ridendo.

Lei non lo ama più.

- Accetto. – Dice in un soffio, prendendo la mano di Taji e baciandola lievemente, lei arrossisce e Ate nota che in viso la natura non è stata particolarmente generosa con lei. Ma si accontenta, poi trattiene le lacrime e percorre la navata a ritroso, uscendo da quella casa.

Busso alla porta ed Era mi apre subito, ha gli occhi lucidi, le guancie rosse, segno che probabilmente ha pianto o era in procinto di farlo.

- Tieni. – Le dico, porgendole il vassoio con i legumi ed il pane.

Lei lo afferra ed entra nella camera, appoggiando tutto sul comodino e dirigendosi verso di me con passo insicuro.

Mi stringe forte, affondando la faccia sul mio collo e bagnandomi con le lacrime. La sua schiena è scossa da spasmi dovuti al pianto, le sue mani mi stringono convulsamente, le sue labbra provano a dire qualcosa.

- Mi di.. mi dispiace. – Dice, tirandosi su e baciandomi piano.

Non capisco cosa stia succedendo, ma che diavolo le prende?

Leggo nel suo animo e mi accorgo che c’è un incredibile sentimento verso di me, forte come l’amore e l’attrazione, ma distruttivo come l’odio.

Un sentimento nuovo che non riesco a definire.

- E’ dipendenza, ossessione. – Dice lei, quasi leggendomi nella mente.

- Io ti leggo nella mente. – Aggiunge facendomi sbiancare, non mi allontano ma lo vorrei. Com’è possibile? Io riesco a leggerle il cuore e lei la mente? Oppure è semplicemente il Dono a venire in suo aiuto?

- La seconda. – Ridacchia, sul mio petto. – Non lo decido io, a volte riesco, a volte no. – Mi spiega un po’ più chiaramente, baciandomi il petto.

Le sue labbra a contatto col mio torace mi fanno sempre un effetto incredibile, non riesco a smettere di pensarla o di desiderarla.

- Allora non smettere, fa’ l’amore con me, lasciati andare. – Mi propone lei, con voce suadente, direttamente all’orecchio.  Io vorrei tanto parlare di lei, del suo Dono, del modo in cui lo sa usare, del perché a volte mi rifiuta..

- Parleremo dopo, baciami, toccami. – Mi sussurra ancora, facendomi impazzire totalmente. E’ impossibile per me resisterle.

La prendo per le natiche e la sollevo, facendole intrecciare le gambe lunghe e affusolate attorno al mio bacino nudo.

La spingo sul letto e facciamo l’amore con passione, con sentimento.

Mentre spingo in lei dolcemente non riesco a smettere di pensare a quanto lei sia tutto per me, a quanto la ami e a quanto non riesca a resisterle.

- Insieme. – Mi dice lei, con voce roca, prima di lasciarsi andare, seguita da me. Le bacio i seni, poi le labbra e il collo, finché non è tutto finito.

- Ti amo. – Diciamo insieme, mentre io mi accascio sul suo petto morbido e latteo. Non so se riesce ancora a leggermi nel pensiero ma non mi interessa, io sono un libro aperto per lei, la amo e questa è l’unica cosa che conta. Spero solo che lei possa amarmi e stare con me, d’ora in avanti.

- Per la cronaca, sì riesco ancora a leggerti,  e sì anche io ti amo. –

Mi dice con una naturalezza che mi fa perdere ogni difesa.

Passiamo altre tre, quattro o mille ore a coccolarci, poi decidiamo di rivestirci e andare. La notte è passata veloce, abbiamo fatto l’amore tante di quelle volte che a malapena riesco a muovere i muscoli.

- Dai amore.. – Mi dice lei quando le salto nuovamente addosso, bloccandola tra le lenzuola e il mio corpo. Si è già rivestita, per metà. Non ha indossato gli stivali e il corpetto, il suo pugnale è gettato per terra, da qualche parte. L’idea di averla totalmente in mio potere mi affascina.

Ha smesso di leggermi nel pensiero diverse ore fa, e ora è vulnerabile.

Il vigore del mio corpo torna prepotente quando le sue cosce mi si sfregano addosso, facendomi eccitare per l’ennesima volta. Lei ridacchia, io ringhio sommessamente e mi getto sul suo collo, mordicchiandolo e solleticandola.

- D-dobbiamo andare. – Dice, lagnandosi sotto il tocco delle mie mani.

- Ti voglio. – Le sussurro all’orecchio, facendola fremere sotto di me.

La plasmo sotto le mie mani, stringo, accarezzo, bacio e mordo tutto ciò che mi capita, e in poco tempo i suoi ansiti si trasformano in gemiti che mi incoraggiano a fare sempre di più, la sua voce è melodica, pura e stupenda. Ha tolto l’inchiostro, i suoi capelli biondi e profumati ricadono sul cuscino distrattamente ed io li annuso. E’ bellissimo vederla col suo aspetto naturale. Mi affascina, lei mi rende schiavo, mi rende debole ma mi rende felice e quindi non riuscirò mai a lasciarla, mai più.

- PRENDETELI! – Sento la porta spalancarsi con un calcio vigoroso e istintivamente mi alzò, spingendo malamente Era alla base del letto.

Voglio combattere e squartare chiunque provi a prenderla, ma presto mi rendo conto che io sono troppo debole, i vassoi col cibo sono rimasti interi sui comodini, e stanotte mi sono indebolito troppo per riuscire a vincere contro sei o sette soldati addestrati.

Riesco ad atterrare tre uomini a mani nude, facendoli svenire, due si precipitano a prendere Era ma riesco a liberarla da un energumeno, spaccandogli un baule in testa. L’altro uomo, imponente e incredibilmente forzuto, se la carica sulle spalle e urlando esce via mentre altri due mi bloccano, facendomi perdere tempo.

Li atterro dopo qualche minuto, ma quando esco zoppicando dalla locanda vedo l’uomo in nero su un cavallo grigio, con Era disperata e stirata malamente da una parte all’altra del cavallo, con braccia e gambe penzolanti.

- ATE! ATE! Aiuto! – Urla, ed io non ho tempo per pensare, mi precipito nelle stalle e noto che entrambi i nostri cavalli sono stati brutalmente sgozzati. Mi avvicino, Haydes non respira più, Adelasia è già fredda.

Verso una lacrima per Haydes, che mi aveva accompagnato sin da bambino e giuro vendetta, poi rubo un cavallo e parto al galoppo.

Ma quando mi metto sulle tracce del rapitore e di Era, non riesco a trovarne alcuna, come se la terra li avesse risucchiati o si fossero messi a volare. Poi sento un urlo disumano provenire dal cielo, un forte boato e alzo gli occhi. Era urla, piange e penzola, tenuta dalla zampa di un Rapace di Fuoco, mentre il soldato è seduto malamente sul suo collo e si fa trasportare dal vento, guidando l’impazzito destriero, che sputa fiammate e versi agghiaccianti. Scendo da cavallo e mi inginocchio, urlando e piangendo. L'ho persa, è tutto finito.

 

Ciao ragazze, scusate per il ritardo, ma sono alle prese con un altra storia (che spero leggerete tutte) e ho trovato pure un fidanzato XD Quindi ho davvero poco tempo per scrivere. Ma non abbandonerò mai la storia.

La nuova storia che sto scrivendo è su Draco ed Hermione (Harry Potter della Rowling) spero leggerete.

Vi avvertirò quando sarà postata, nel frattempo commentateee (ps. la guerra dei due mondi è vicinaa)

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Capitolo 47
*** Solitudine ***


la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

Era POV

Solitudine.

 

Otto mesi dopo.

 

Mi alzo da terra controvoglia. La stanza è buia e puzzolente come sempre.

Ate. Penso subito, come a dargli il buongiorno. Poi delle fitte di dolore muscolare mi gettano nuovamente a terra, facendomi graffiare la pelle, già sporca, sottile e martoriata. Mi rialzo, appoggiandomi al muro di pietra nera tagliente e mi dirigo verso le sbarre, dove trovo la solita ciotola con della poltiglia beige, e mezzo bicchiere d’acqua.

Mi getto sull’acqua come un cammello nel deserto e poi mangio con le mani e la faccia, come un cane denutrito. Perché in fondo, da quando sono qui, anche io sono trattata da animale e in un certo senso sento di esserlo diventata perché da quando ho visto di cosa sono capace gli uomini preferisco essere considerata di specie diversa. Deglutisco.

Ho sentito due soldati parlare, tempo fa, so di certo che fuori di qui c’è la guerra e so che la colpa è mia. Probabilmente le persone che amo sono morte, stanno soffrendo o hanno sofferto.

Non ho notizie di nessuno, non ho idea della fine che mia madre o mio padre abbiano fatto. Drogo, Egle, Asia, Pan.. E soprattutto Ate. Da quando quel soldato mi ha strappato dal mio letto non ho più visto nessuno di loro, e nessuno di loro è venuto a cercarmi. Le lacrime escono copiosamente dagli occhi e mi maledico, avevo promesso a me stessa di non piangere più, ma non ci riesco.

- Puttana, è l’ora del bagno. – Il solito soldato, che ho identificato come Tysil - un grosso omaccione di colore, particolarmente brutale – apre la cella  e mi carica sulla spalla, di peso. Indosso una casacca lercia di panno irritante, originariamente color panna, adesso grigiastra che a malapena riesce a coprirmi il fondoschiena.

Tysil cammina per i corridoi con una spavalderia che trovo particolarmente irritante, l’odio che provo si trasforma in gocce salate che ancora una volta mi bagnano le lacrime. Maledette, maledette lacrime.

Riconosco il corridoio e cerco di memorizzare ogni particolare, qual’ora un giorno riuscissi a fuggire mi sarebbe utile, ma prima ancora che riesca ad abituare gli occhi alla luce, vengo scaricata in un barile d’acqua bollente che mi ustiona la pelle e mi fa urlare per il bruciore delle ferite.

- Ma come diavolo fai a combinarti così, lurida bestia? – Mi chiede, con tono sprezzante, voltandomi vedo che altre due ragazze sono in altre due vasche. Una è svenuta, l’altra sveglia e immobile.

- Dove siamo? – Chiedo, e vedo Tysil sogghignare per poi tirarmi un sonoro ceffone, la mia testa cade penzolando ed io riesco a rialzarmi a malapena, sento il calore del sangue scivolarmi sulla guancia.

Mi ha ferito e non riesco a vedere bene da un occhio, è incredibile quanta forza riesca a trasmettere con una manata.

- Sempre le solite domande, eh mostro? Dove siamo, dov’è Ate, cosa volete da me, perché mi fate questo.. Sei patetica, puttana. – Vedo chiaramente l’odio velargli gli occhi e sento il Dono in procinto di uscire, ma il collare magico che mi hanno fatto indossare prontamente lo blocca.

Maledizione, maledizione.

Sono senza scampo, non riesco quasi a respirare, l’acqua calda è una tortura quasi insopportabile. Per mia fortuna, Tysil mi prende per le ascelle e mi fa uscire.

- Indossa questi. – Mi dice, poggiandomi a terra e lanciandomi una semplice ed anonima tunica nera. – Oggi ti venderemo. – Disse ancora, sputando accanto a me. Io aspetto che vada via, prima di sfilarmi il vestito ma lui rimane a guardarmi, gustandosi la scena del mio corpo nudo, smilzo e martoriato.  Non m’importa più del mio corpo, né del mio cuore.

Li ho persi entrambi, insieme alla libertà, quando mi hanno picchiata e violentata e umiliata. Non ho più nulla di cui vergognarmi, nessun onore da proteggere, nessun pudore da rispettare. Sono un animale, io.

Mi metto la tunica nera e poi Tysil mi riporta in cella.

- Non sporcare il vestito o ti ammazzo. – Dice, chiudendomi dentro la caverna e andando via. Altre lacrime, altro dolore.

Lo stomaco brontola incessantemente ed io lecco la ciotola da cui avevo mangiato prima, poi provo anche a recuperare qualche goccia d’acqua inutilmente.

Passano i minuti, le ore o forse i giorni.. e quando Tysil riapre la gabbia, mi ritrovo a non aver più lacrime da gettare.

Vorrei solo rimanere per sempre nella mia solitudine, a piangere e morire di fame, come una cagna.

- Non mordi più, eh mostro? – Mi chiede, sarcastico e per un attimo guardo la sua spalla dove il marchio dei miei denti regna sovrano.

Cammina a lungo tra cunicoli e corridoi, ogni tanto sento urla e suppliche provenire dalle celle e ricordo i mesi scorsi.

Quando anche io ero una gatta selvaggia pronta a graffiare, mordere e combattere chiunque si avvicinasse o provasse a toccarmi.

Quando non mi stancavo mai, non dormivo e mi spezzavo le unghie a scavare tra terra e rocce, per trovare una via d’uscita.

Quando piangevo per la disperazione e urlavo e invocavo Ate e pregavo gli dei di aiutarmi a scappare.

Ma poi le cose erano cambiate, il mio corpo e le mie speranze erano andate ad assottigliarsi sempre di più, lasciandomi senza forze né volontà.

Mi ero stancata di combattere o di ribellarmi e avevo imparato che accettare il dolore era meno doloroso che farselo infliggere.

E allora mi avevano violentata, e poi morsa e picchiata.

Ed io avevo urlato e graffiato, avevo immaginato Ate e avevo provato a togliermi la vita, senza risultato. Infine, una mattina, mi ero spenta.

- Esci con le tue gambe, o penseranno che sei malata. – Dice Tysil, gettandomi per terra e facendomi rialzare. Apro gli occhi e mi accorgo di essere di fronte ad una porta aperta, di fronte a me un piccolo palchetto in legno e poi una calca spaventosa di persone di tutte le razze e le età, urlanti e scalpitanti, pronti a comprarci, stuprarci, ucciderci.

Tysil mi spinge verso il palco e quando esco alla luce del sole ho l’istinto di chiudere gli occhi, ma non lo faccio.

Non vedo gente da mesi, e ho quasi la speranza di intravedere Ate o mio padre, pronti a rivendicarmi, in mezzo a tutti quei bruti.

Un uomo nel palco accanto a me mi lega una catena al collare magico che mi blocca i poteri, e mi trascina al centro del palco, dove cado in ginocchio.

- Ottanta denari per questa poetessa! – Sbraita e sei uomini urlando alzano le mani, le prime offerte sono state fatte. Inorridisco nel guardarli.

- Novanta denari! – Sbraita ancora, e stavolta tre uomini alzano le mani.

Sono sicura di avere uno sguardo spento e senza emozione, voglio piangere e disperarmi, voglio morire.

- Mille denari ed è mia! – Urla un ragazzo tra le prime file, lo guardo attentamente e mi accorgo che è di pelle abbastanza chiara, con occhi verde scuro che mi ricordano quelli di Ate, lineamenti abbastanza dolci, labbra carnose e corporatura normale, con muscoli accennati.

Lo schiavista accanto a me strabuzza gli occhi.

- Sei una miniera d’oro, puttana. – Mi dice e alza un piede per darmi un calcio ridendo. Improvvisamente il ragazzo salta sul palco e in men che non si dica  gli punta un pugnale alla gola.

- Non toccarla, è mia adesso, schifoso. – Dice, mentre il soldato indietreggia sconvolto. Il ragazzo gli tira un sacchetto addosso, che aprendosi rivela molti soldi che riconosco come più di ottocento denari.

- Fatteli bastare, rognoso. – Dice, sciogliendomi dalla catena e prendendomi su una spalla, come era solito fare Tysil.

Mi aggrappo alle sue spalle, stringendomi il più possibile al suo corpo imperlato di sudore a causa del sole. Sarà pure un maledetto, ma almeno mi ha portato via da quella prigione e gli sarò grata per sempre.

 

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