La Terra Dei Due Opposti. di IoNonLoSo (/viewuser.php?uid=72929)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** La notte dell'inizio. ***
Capitolo 3: *** Ombre dalle iridi verdi. ***
Capitolo 4: *** Spaventata dalla verità. ***
Capitolo 5: *** Alla scoperta di nuovi luoghi. ***
Capitolo 6: *** Brividi notturni. ***
Capitolo 7: *** Scomunica, vergogna, delusione. ***
Capitolo 8: *** Ritorno e derisione. ***
Capitolo 9: *** Se solo ci fosse un modo. ***
Capitolo 10: *** Scoperte sconcertanti. ***
Capitolo 11: *** Alla ricerca di te. ***
Capitolo 12: *** Un forte legame. ***
Capitolo 13: *** E' tardi per tornare. ***
Capitolo 14: *** Delusioni. ***
Capitolo 15: *** Si torna a casa. ***
Capitolo 16: *** La magia del Dono. ***
Capitolo 17: *** Di nuovo insieme. ***
Capitolo 18: *** Prima volta. ***
Capitolo 19: *** L'inizio. ***
Capitolo 20: *** Lettere dall'altra parte. ***
Capitolo 21: *** Alla ricerca di un padre. ***
Capitolo 22: *** Perdita della cognizione del tempo. ***
Capitolo 23: *** Stringere i legami. ***
Capitolo 24: *** Dall'altra parte. ***
Capitolo 25: *** Faccia a faccia. ***
Capitolo 26: *** Tentazioni ***
Capitolo 27: *** Tutta la verità ***
Capitolo 28: *** Ritorno alla realtà ***
Capitolo 29: *** Lottare con le unghie e con i denti. ***
Capitolo 30: *** Passare avanti ***
Capitolo 31: *** Risolvere ***
Capitolo 32: *** Desiderio ***
Capitolo 33: *** Decisioni e tragedia ***
Capitolo 34: *** In partenza ***
Capitolo 35: *** Non ti lascerò solo. ***
Capitolo 36: *** Cercando te. ***
Capitolo 37: *** Trovandoti. ***
Capitolo 38: *** Il piacere. ***
Capitolo 39: *** Il viaggio continua ***
Capitolo 40: *** Riconciliarsi. ***
Capitolo 41: *** Orrori e cimiteri. ***
Capitolo 42: *** Sensi di colpa ***
Capitolo 43: *** Rimpianti ***
Capitolo 44: *** Farla finita. ***
Capitolo 45: *** La Contea degli Sputafuoco ***
Capitolo 46: *** Impazzire ***
Capitolo 47: *** Solitudine ***
Capitolo 1 *** Prologo. ***
Nuovo.
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
In
principio la terra dei due opposti non era divisa, non prendeva questo nome, non
ospitava due popoli ma solo uno; quello delle creature supreme. Un giorno però,
una di queste creature cambiò inspiegabilmente, i saggi del popolo credevano si
trattasse di una malattia incurabile, la Malvagia. Ma il soggetto in questione,
Lucifero, non era malato. Era semplicemente sommerso da pensieri e desideri
oscuri che, con l’andare del tempo lo trasformarono in una creatura carica
d’odio e di rancore. Inizialmente provò a nascondere la sua natura sofferta e
opposta a quella di tutto il popolo ma infine, dopo essere stato scacciato dal
villaggio ed essere stato trattato come un appestato dalle altre creature,
raccolse molti seguaci finché non formò una vera e propria armata: I guerrieri
della morte. La notte delle comete l’armata attaccò il villaggio delle creature
supreme, la sanguinolenta battaglia durò solo una notte e mieté molte vittime
innocenti. Infine il grande e supremo Alfeo, custode della pace e dell’amore,
stipulò un patto con Lucifero: la terra delle creature supreme sarebbe stata
divisa per sempre. La parte ad ovest avrebbe preso il nome di Malvagia e sarebbe
appartenuta all’armata della morte, mentre la parte ad Est sarebbe stata la
terra della Luce, e sarebbe appartenuta alle pure creature supreme, destinate a
restare tali. Se un solo abitante di una delle due terre avesse oltrepassato il
varco tra i due mondi, la guerra sarebbe scoppiata di nuovo e stavolta non si
sarebbe fermata. Tutt’ora, dopo quasi un milione di anni la terra dei due
opposti è ancora divisa, il popolo della morte regna ancora caotico e violento
ad ovest, mentre le creature della Luce vivono in pace la loro vita pura e
serena. Purtroppo però, tutto ciò è destinato a cambiare a causa di due giovani:
il guerriero Ate, combattente della morte nonché antico e diretto parente di
Lucifero, e la poetessa Era, pura creatura, figlia della grande sacerdotessa
Gea, nipote della grande Nike.
Com’è possibile far scaturire tanto odio solo
per amore?
Ok, nuova storia, completamente fantasy, completamente inventata, nei
capitoli più avanti sarà rating rosso. Spero commenterete anche se questo è solo
un breve prologo. A presto con il primo capitolo, narrato da
Era.
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Capitolo 2 *** La notte dell'inizio. ***
Nuovo.
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
La
notte dell’inizio.
-
Madre! Madre! Svegliati! Sono quasi le otto del mattino! – Urlo in preda al
panico, provando comunque ad essere educata e calma.
Oggi
è il mio primo giorno di scuola alle arti poetiche e mia madre non vuole ancora
alzarsi per darmi una mano a preparare le borse.
-
Arrivo, Era! Calmati, vai a vestirti piuttosto di frugare tra la mia
roba. Arrivo! – Mia madre si alza dal letto in qualche secondo, la vedo
stiracchiarsi dallo specchio di fronte alla mia stanza e ricomincio a cercare
qualcosa di decente da mettermi. Sono davvero emozionata, è la prima volta che
vado fuori casa, ed è il mio primo giorno di scuola. Conoscerò molti poeti,
abiterò nel palazzo della Sapienza per undici lunghissimi mesi e vedrò mia madre e
mia nonna solo la domenica. Sembra tutto così spaventoso ma al contempo così
eccitante.
-
Metti il vestito bianco. – Mi consiglia mia madre, arrivando dietro le mie
spalle e sciogliendomi il nodo del vestito che avevo
precedentemente indossato. Roteo
gli occhi celesti verso l’alto.
- Ma
a me piace questo. – Le rispondo mantenendomi sempre
calma.
Questo
vestito è davvero fantastico, è blu, scollato, lungo, abbastanza provocante ma
pur sempre elegante e adatto a quest’occasione.
- Sei
troppo scoperta, la tonaca bianca andrà benissimo. – Sbuffo, provando a non
farmi sentire. E’ così frustrante non potermi arrabbiare con lei, so già che mi
accuserebbe di tradimento al Sacro Codice e Malvagia. Io non credo alla
Malvagia, non credo a nessuna malattia, credo solo che ognuno di noi è libero di
scegliere tra la luce e il buio.
E
credo sia normale che in ognuno di noi, ogni tanto, capiti qualcosa che ci
induca ad arrabbiarci, vendicarci o odiarci, siamo tutti fatti di carne ed ossa.
Non siamo creature magiche, non siamo supreme come lo eravamo un tempo. Adesso
siamo molto più terrene e umane.
Se
mia madre fosse capace di sentire i miei pensieri sarebbe già morta dal dolore.
Per lei umano, terreno, odio, rabbia sono solo bestemmie.
Il
viaggio verso il palazzo della Sapienza dura qualche ora, ci troviamo al confine
con la terra dell’ovest, Malvagia. Mia madre continua a guidare la carrozza
preoccupata e visibilmente nervosa.
-
Madre, stai bene? – le chiedo, quasi sorridendo. E’ incredibile quanto mi possa
eccitare l’idea di allontanarmi da casa per così tanto
tempo.
- E’
solo che sono preoccupata capisci? Sei così vicina a Malvagia, ai guerrieri
della morte. E poi non sei mai stata senza me, senza mia madre.. Non so come te
la caverai. Ho paura di sbagliare tutto con te. –
-
Madre, non devi aver paura di niente. Io starò bene! Abbiamo già parlato milioni
di volte della terra dell’Ovest e ti ho promesso che non la guarderò nemmeno.
Hai fatto bene a mandarmi qui, sai quanto amo la poesia, sai quanto voglia
studiare e istruirmi, smettila di preoccuparti, ci vedremo già tra qualche
giorno. – La accarezzo e lei si scosta quasi infastidita, poi però si
riavvicina. Lei odia il contatto fisico.
- Ci
vediamo presto, mia creatura. Sta’ attenta, non essere fiduciosa ed ingenua, le
tentazioni potrebbero indurti a peccare. Ricorda il Sacro Codice. Eccoti una
copia, leggilo tutte le sere e prega, figlia mia, prega.-
Mi
porge una pergamena color avorio nuova e profumata, sembra quasi fatta da sabbia
e petali di rosa gialla. La annuso, poi la apro.
Sacro
codice:
Questo
documento, oltre ad essere oggetto di culto e fede, è anche un trattato
stipulato dagli Antichi per porre fine alla terribile malattia che colpì
centinaia di creature, secoli orsono. Per evitare, scongiurare e abbattere
questa malattia in ognuno di noi è necessario, nonché obbligatorio, seguire alla
lettera queste cinque regole, senza tralasciarle per alcun
motivo.
-
Amare, rispettare, fidarsi e accogliere nei cuori e nelle case ogni nuova
creatura della luce, sia essa appena nata, appena conosciuta o appena
rincontrata.
-
Accertarsi sempre, tramite il frammento dell’onestà, dei sentimenti e delle
intenzioni di qualsiasi creatura ambigua o sospettabile.
-
Mai cedere alla rabbia, all’odio, alla vendetta, al desiderio di morte, alla
compassione verso un guerriero della morte, al pensiero di una riappacificazione
tra i due popoli opposti.
-
Mai attraversare la landa proibita ed entrare nella terra della morte, per
nessun motivo. I trasgressori verranno puniti con
l’esilio.
-
Mai disobbedire alla famiglia, alle sacerdotesse, agli Antichi o alle grandi
Autorità.
-
Hai
capito? Mai attraversare la landa proibita, mai disobbedire
alla
famiglia
, alle sacerdotesse e agli Antichi. Si dia il caso che io e tua nonna siamo sia
la tua famiglia e sia, rispettivamente, sacerdotessa e
Antica.-
Roteo
ancora una volta gli occhi, so bene cosa devo e non devo fare, non sono più una
bambina né un’insulsa irresponsabile.
-
Si, madre. Adesso vado, passa una buona giornata. – la saluto con fretta, prendo
i miei bagagli accuratamente preparati ed entro nella grande arcata del palazzo
della Sapienza, pronta per la mia nuova avventura.
-
Benvenuta al palazzo, accomodati al primo piano, una fata ti indicherà la tua
nuova stanza. I bagagli ti verranno portati in seguito. – Mi dice una gentile
signorina dai capelli rossi e gli occhi grigi, mi toglie i bagagli di mano ed
io, quasi saltellando, mi precipito al primo piano dove una dolce fatina del
bosco mi accompagna fino alla mia stanza. E’ l’ultima del grosso corridoio color
avorio, si trova a sinistra e la porta è blu e bianca, con dei rampicanti.
Sembra davvero un luogo fatato.
Apro
la porta della mia stanza e mi affaccio subito dalla grande finestra, aprendo le
grandi ante in legno. Il panorama è agghiacciante, sono finita dalla parte
sbagliata del palazzo e purtroppo, invece di vedere la grossa valle della Luce,
mi trovo davanti un immenso reticolato ed una grande palude che precede
Malvagia. Rabbrividisco e guardo esattamente sotto la mia finestra, seguo il
muro bianco e, proprio a qualche metro dall’edificio, ben nascosto dietro un
cespuglio mezzo spoglio intravedo un ragazzo che guarda. Mi accorgo che sta
guardando l’ultima finestra del piano terra, facendo mente locale mi accorgo che
si tratta dell’aula di Poesia. Ha un taccuino in mano e scrive qualcosa, sembra
quasi che stia prendendo appunti. Ma guardando il suo vestiario capisco che è un
guerriero della morte. Ha dei pantaloni in pelle neri ed è a torso nudo, ho
paura e chiudo la finestra, sperando di non rivederlo mai più. Mi stiro nel
letto e sorrido.
Ciao, vorrei fare chiarezza su alcuni
punti.
1. Ovviamente, essendo una storia fantasy, ci saranno delle creature
mitologiche come le fate e altre creature che rivelerò in
seguito.
2. Non ci sono auto, jeans o elettricità. Piuttosto abiti lunghi,
niente intimo e cavalli.
3. Per chi non l'avesse capito, il palazzo della Sapienza si trova
esattamente al confine tra i due regni. Era sorprende un ragazzo appartenente
all'altro mondo che spia una lezione di Poesia e prende
appunti.
4. La madre di Era è una sacerdotessa molto importante e sua nonna fa
parte della grande congrega degli antichi.
5. Il sacro codice è una specie di "tavola dei dieci comandamenti"
che fu creata dopo la battaglia per ristabilire e assicurare la pace nella terra
dell'est.
6. Era non ha un padre.
Spero di aver chiarito, se avete altre domande fatele
pure.
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Capitolo 3 *** Ombre dalle iridi verdi. ***
Nuovo.
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Ombra
dalle iridi verdi.
Non
ho più riaperto la finestra, sono passate sette ore dal mio arrivo al palazzo ma
non ho più voluto vedere cosa c’è dall’altra parte del
mondo.
Ho
paura di scoprire che tutto ciò che mi hanno insegnato fin ora sia una menzogna.
Se i guerrieri della morte sono davvero così burberi, spietati e privi di ogni
ragione come mai quel ragazzo stava seguendo la lezione di poesia? Mi hanno
sempre detto che la poesia è un arte nobile, destinata a gente pura e di buon
cuore. Com’è possibile che un essere così ignobile ne sia attratto? Certo,
potrebbe anche darsi che stava solo cercando informazioni sul mio popolo per poi
ritorce gliele contro. Non so cosa pensare. Mi lascio nella via del dubbio e
continuo a spacchettare i miei bagagli. Fata Marianne mi ha mostrato tutto il
palazzo, ho visitato la mensa, il giardino, i dormitori femminili e maschili, i
bagni, le docce e anche le aule di poesia, pittura e filosofia. Sono anche stata
al chiosco degli elfi, ho incontrato un simpatico studente di nome Pan, si è
presentato cordialmente, mi ha offerto una bibita e mi ha chiesto di fare una
passeggiata insieme stasera, ho accettato con piacere. Adesso non mi resta altro
che pettinarmi e scendere nell’atrio, dove Pan sarà pronto a farmi visitare le serre e l’orto delle
fate. Sono molto contenta di essermi già ambientata, in così poco tempo. Non me
l’aspettavo.
-
Ciao Era! – Mi volto verso la colonna portante e vedo Pan appoggiato malamente
al pilastro, è davvero un ragazzo carino. Indossa una tonaca bianca che gli
arriva a metà coscia e non posso fare a meno di notare i suoi polpacci e i suoi
avambracci molto muscolosi.
-
Ciao Pan! – Lo saluto con la stessa enfasi che ha usato lui, ci sorridiamo a
vicenda e mi avvicino timidamente. Indosso ancora la tonaca bianca che mia madre
ha scelto per me, stamani.
-
Sei molto carina stasera. – Mi dice ed io sorrido cordialmente, mi piace che la
gente mi faccia i complimenti. Ho indossato degli orecchini di bronzo finemente
ritagliati e spero vivamente che lui li noti.
-
Possiamo andare? – Mi chiede ed io annuisco e mi appendo al suo braccio.
Camminiamo per un po’ e parliamo del più e del meno.
Scopro,
tramite le sue descrizioni, che vive della vallata dei Principi ed è figlio del
potente Proteo, importante commerciante. Lui si stupisce molto quando gli dico
che sono figlia della Sacerdotessa e nipote di Nike, una dei cinque Antichi
della nostra cultura.
- Verrai trattata con rispetto qui, a
scuola, quando si saprà da chi discendi. – Mi rassicura e un po’ mi
infastidisco. Odio che la gente mi rispetti per ciò che è mia madre piuttosto
che per ciò che sono io.
-
Ne sono certa. – Sorrido ancora e lui mi fa gli occhi
dolci.
E’
biondo, ha dei fantastici occhi azzurri e le sue guancie sono velate di rosso,
sembra un dio. Mi piace il modo in cui mi guarda e mi sorride. Ha un bel
sorriso, bianco e largo al punto giusto.
-
Pensi che questa scuola sia adatta ad una ragazza come me? – Gli chiedo, dopo
aver parlato a lungo dei miei hobby e delle mie fantasie.
-
Certo. Questa scuola è adatta ad ogni creatura suprema. – Mi risponde come da
manuale. Odio essere definita suprema, io mi sento terribilmente normale.
Arriviamo alla serra e, voltandomi verso la finestra, mi sembra di scorgere
delle iridi verdi nascoste tra i cespugli. Siamo nuovamente nella parte sinistra
della scuola, ciò significa che siamo al confine.
A
chi appartengono quelle iridi? E’ il ragazzo di stamattina? Mi innervosisco,
i miei muscoli si irrigidiscono e
Pan se ne accorge dato che la cosa che sto stringendo spasmodicamente è il suo
braccio.
-
Tutto bene? – Mi dice, guardandosi intorno. Guardo nuovamente la finestra ma gli
occhi verdi sono spariti. Sospiro sollevata e sorrido.
-
Non è niente, ho una piccola emicrania di tanto in tanto. – Mento per la prima
volta in non so quanto tempo, di solito dico sempre la verità. Tutti qui, nella
terra dell’Ovest diciamo la verità, è fondamentale essere
onesti.
-
Questa è la calendula. – Mi indica dei bellissimi fiori gialli e arancioni con
la forma di una margherita, sorrido forzatamente. Sono ancora preoccupata per
quella presenza che si aggira per la scuola, cosa vorrà da noi? Decidiamo di
proseguire verso l’orto della fate che si trova qualche metro più avanti, dietro
una porta di vetro e delle ante colorate.
L’orto
contiene ogni tipo di ortaggio conosciuto, in piccole
dimensioni.
Le
fate infatti, per quanto magiche e volanti, sono piccole creature dalla
dimensione di una mano, quindi non potrebbero mai occuparsi di una lattuga dalle
normali dimensioni. Ma i loro frutti, essendo piccoli e succosi, hanno un sapore
divino e sono rinominati in tutto il regno.
-
Puoi assaggiarne uno. – Mi porge un pomodoro ma rifiuto, non mi va di mangiare.
Mi si è chiuso lo stomaco.
-
Quindi hai diciannove anni. – Realizzo ad alta voce. – E sei il figlio del
grande Proteo, hai decisamente un bell’aspetto ed un animo gentile. Sei
praticamente il ragazzo più ambito di questa scuola. –
Continuo.
Lui
sorride un po’ troppo entusiasta ed io ricambio.
-
Allora ho fatto bene a scegliere una ragazza del mio stesso rango.
–
Questa
frase mi fa raggelare, non sopporto che certe ragazze vengano considerate
migliori di altre solo grazie alla famiglia o al potere economico. Mi stacco dal
suo braccio infastidita e, senza apparente motivo, guardo nuovamente fuori da
una finestra. Scorgo ancora una volta quegli occhi verdi e qualche ciocca
corvina passare a pochi metri da me. Se non fossi sicura che le barriere tra un
regno e l’altro siano impenetrabili, urlerei. Gli occhi non accennano a scappare
via, come l’ultima volta.
Incredibilmente
un volto si focalizza davanti a me, il ragazzo dagli occhi verdi è una visione.
E’ molto alto, apparentemente muscoloso ma non esagerato, ha degli occhi
fantastici, dei capelli semi lunghi, ricci, castano scuro. E’ completamente
diverso da tutto ciò che ho visto fin ora.
-
Stai bene? – Mi chiede Pan per la seconda volta, provando ad essere gentile, io
lo reputo un po’ ripetitivo ma mi felicito delle sue
attenzioni.
-
Si, scusami. Ho solo un forte mal di testa, ti spiace se torno nella mia stanza?
E’ stata davvero una bella passeggiata, ti ringrazio Pan. – Lo congedo
facilmente, ci salutiamo in fretta e corro in camera mia. In ogni finestra
dell’edificio dall’orto alla mia stanza vedo un ombra seguirmi. Il ragazzo dagli
occhi verdi segue me.
Ringrazio chiunque abbia
letto, commentato ed inserito nei preferiti. Spero di non essere troppo monotona
con questi capitoli ma non voglio rendere tutto scontato, siete d'accordo? Vi prego, sbizzarritevi coi commenti.
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Capitolo 4 *** Spaventata dalla verità. ***
Nuovo.
Spaventata dalla
verità.
Corro
in camera mia, spaventata e al contempo attratta da quell’ombra che mi segue.
Cosa vuole da me? Vuole farmi del male? Ho paura.
Mi
chiudo in camera mia inchiavando la porta due volte, dopo qualche minuto però la
mia estrema curiosità mi spinge ad aprire la finestra per vedere se quel ragazzo
è ancora attorno al palazzo.
Mi
guardo intorno, vedo l’immensa palude fangosa, i lontani alberi spogli e
grigiastri. Poi guardo esattamente sotto la mia finestra, il ragazzo è lì, con
gli occhi puntati verso di me. Le sue iridi verdi sono visibili anche a cinque
metri di distanza, sono quasi abbaglianti. Mi sorride debolmente e, senza
apparente motivo, sorrido anch’io.
“Il
diavolo ha potere di comparire agli
uomini in forme seducenti e ingannatorie” questo pensiero mi balza alla mente e
ricordo di averlo letto in un libro di William Shakespeare, un saggio autore
umano.
Il
ragazzo mi fa cenno di scendere da lui con la mano ma, improvvisamente, presa
dalla ragione mi tiro indietro e chiudo la finestra, spaventata a morte. Stavo
davvero per infrangere tutte le regole che conosco e parlare con un guerriero
della morte? Se mi vedesse mia madre morirebbe, poi resusciterebbe e ucciderebbe
me. Ne sono certa.
-
Era! Scusami, non ho bussato. – Una donna bionda, dai lineamenti nordici e
angelici, entra in camera mia senza permesso e sorride.
-
Salve, non vi preoccupate. – Le dico, dandole del “voi” per cortesia, sembra una
cinquantenne, non vorrei mancarle di rispetto.
-
Non mi sono ancora presentata scusami. Io sono Desia, rettrice di questo posto,
nonché poetessa e pittrice affermata. – Mi spiega velocemente, con un po’ troppa
enfasi e presunzione.
-
Sono lieta di conoscervi, rettrice. – Mi inchino come devo e lei
sorride.
-
Quanta formalità! Su, su! Era, non preoccuparti di darmi del “voi” o di
inchinarti al mio passaggio. In confidenza, non mi piacciono per niente queste
cose. Voglio solo accertarmi che ti trovi bene qui e che non farai mai nulla per
togliere prestigio e reputazione a questo posto, capisci?
-
Ad
un tratto il suo sguardo si fa duro e impenetrabile, è
seria.
-
Certo, Desia, non devi preoccuparti. Sono una studentessa modello sin dalla
Prima Scuola quindi sta tranquilla, non farò nulla di
inappropriato.-
Le
dico sinceramente, per un attimo le iridi verdi mi tornano in mente ma le
scaccio via con la velocità di un fulmine.
-
Bene, anche perché, detto tra noi, girano delle voci qui a scuola.. si dice che
alcune ragazze facciano uso di sostanze proibite provenienti dalle terre
dell’ovest. Sai bene che chiunque sia scoperto con codeste sostanze viene espulso
e punito dagli Antichi, no? – Mi ricorda per l’ennesima volta, come mia madre.
Annuisco e metto le mani dietro la schiena, come un
cadetto.
-
Buona notte allora. – Mi dice, si avvicina e mi bacia sulla fronte.
Sorrido.
-
Grazie, felice notte, Desia. – Le dico cordialmente, finalmente
esce.
Mi
permetto di respirare affondo e sciolgo le mani dalla schiena, mettendomi la
camicia da notte. E’ corta, quasi trasparente, bianca.
Mia
madre dice sempre che con questa camicia sembro una
fatina.
-
Fatina. – Sento una voce maschile provenire dal mio letto, mi volto allarmata,
ancora nuda. Ma non c’è nulla. Era solo la mia immaginazione, mi convinco. Ma la
possibilità che qualcuno possa essersi introdotto magicamente nella mia stanza
mi tiene sveglia fino a notte fonda. Dopo quel ragazzo fuori dal palazzo e
questa strana sensazione di essere perennemente osservata, non mi sento
tranquilla.
Avrei
dovuto dire tutto alla rettrice, poco fa. E invece sono stata
zitta.
Sono
quasi le quattro del mattino, so bene che dovrei riposare, domani c’è la mia
prima lezione di poesia ma non riesco a chiudere occhio, la finestra è chiusa,
la porta bloccata con una sedia e inchiavata. Ma ho comunque paura che qualcuno,
in qualche modo, riesca ad entrare.
-
Fatina. – Sento nuovamente quella voce e sobbalzo, appiattendomi contro la
spalliera del letto e facendomi male la nuca col pomello.
Lui
è davanti a me, in carne ed ossa, il ragazzo dalle iridi
verdi.
-
Chi siete? Cosa volete da me? – Inizio a piagnucolare come una
bimba.
-
Calmatevi, fatina.- Mi dice lui, accarezzando il comò con un
dito.
-
Vi prego, il denaro è dentro quel cassetto, prendetelo e andatevene.
–
Mi
sembra la cosa più sensata da dire, anche se, notando il suo sguardo, mi accorgo
che non è il denaro che vuole.. ma me.
-
Ho bisogno di parlare con voi, ho bisogno di certezze. – Mi dice, serio, facendo
scomparire il sorriso beffardo di qualche secondo prima.
-
Se sono solo informazioni quelle che volete ve le darò, ma poi dovrete andarvene
e promettere di non tornare più qui. – Gli dico, sicura di me stessa e di ciò
che sto dicendo. Meglio assecondarlo finché posso.
-
Io.. voglio chiedervi una cosa, fatina, perché a me non è permesso fare ciò che
fate voi? Studiare, dipingere o fare una passeggiata? Perché non posso
redimermi? L’unica colpa che ho è essere stato messo al mondo da due guerrieri.
Non ho mai ucciso nessuno né ho mai rubato qualcosa. Allora.. se voi non
peccate, ed io non ho peccato, non siamo forse destinati a fare le stesse cose?
– Il suo discorso mi lascia boccheggiante, rilasso i muscoli e capisco che
l’unica cosa che l’ha spinto a venire qui, da me, è la curiosità e la tristezza.
Riesco a vedere il suo animo, è dolce, un po’ ruvido e grezzo, ma buono. I suoi
occhi, nella penombra creata dalla candela, sono ancora più belli di quanto
immaginassi, anche perché sono lucidi e spalancati.
-
Io non posso rispondervi. State chiedendo alla persona sbagliata, non sono
saggia né colta abbastanza per darvi tali soluzioni, posso solo dirvi che mi
dispiace vedervi così affranto. Ma se non vi dispiace vorrei chiedervi qualcosa
io, adesso. – Gli dico, ormai non più spaventata.
-
Voi siete stata gentile e disponibile, adesso voglio ricambiare. – Risponde,
acconsentendo alla mia richiesta. Poi sorride debolmente facendomi segno di
continuare il mio discorso ed io tossisco imbarazzata.
-
Vorrei tanto sapere come avete fatto a sorpassare il confine magico tra il mio
mondo ed il vostro. – Lui sospira, poi fruga tra le tasche lerce dei suoi
pantaloni. Guardandoli bene noto che sono di pelle nera, sporchi di fanghiglia e
piccole erbe.
-
Questo. – Mi mostra un ciondolo con uno scorpione disegnato sopra. – E’ il
ciondolo di Scorpius, un potente mago delle mie terre, nonché mio antenato. – Mi
spiega ed io annuisco, conosco vagamente la storia del mago oscuro. Si narra che
un tempo, centinaia d’anni dopo la divisione delle due terre, un potente mago,
direttamente discendente dallo stesso Lucifero, creò un ciondolo magico capace
di rompere qualsiasi incantesimo per proteggersi dagli attacchi delle fate delle
luce, che l’avevano preso di mira a causa di una sua intromissione nel nostro
territorio.
-
Conosco la storia a somme linee. Continuate. – Dico e lui schiarisce la
gola.
-
Bhé, è da un po’ di giorni che seguo le lezioni di poesia dalla grande finestra
e poi vi ho vista, voi non avete urlato né mi avete denunciato, anzi.. mi avete
sorriso. Quindi ho pensato che magari se fossi riuscito a raggiungervi mi
avreste accolto e saziato di risposte. – Dice, ma sono incapace di capirlo del
tutto, le sue labbra attirano troppo la mia attenzione. E’ davvero un ragazzo
stupendo, con quel fisico e quelle labbra. E poi credo davvero che quelli siano
gli occhi più belli delle terre dei due opposti.
-
Posso sapere come mai mi guardate? – Mi chiede ad un tratto ed io arrossisco e
stringo involontariamente il lenzuolo, appiattendomi all’angolo del
muro.
-
Non saprei, pensavo che voi guerrieri foste più imbruttiti, più rozzi, più
cavernicoli, perdonate gli aggettivi, ma se non fosse per i capelli neri voi
potreste tranquillamente essere scambiato per uno di noi.
–
-
Perché? Qui non avete capelli del genere? – Mi chiede
curioso.
Io
prendo una ciocca bionda dei miei capelli e gliela mostro.
-
Qui abbiamo i capelli biondi, castano chiaro o rossi. E gli anziani li hanno
bianchi. Non esiste il nero, il marrone scuro, il grigio.
–
-
Si, quelli sono i colori che abbiamo noi. – Mi dice, io
sorrido.
-
Bene, adesso dovreste riposare, è notte fonda. Mi dispiace di avervi disturbato
per così tanto tempo. –
-
Non vi preoccupate, è stato illuminante scoprire la vostra gentilezza.- Dico
sincera, al diavolo le credenze popolari.
-
Ma non vi siete ancora presentato! – Dico ricordandomene.
-
Oh, avete ragione. Il mio nome è Ate. – Mi spiega, avvicinandosi un
po’.
-
Io sono Era. – Dico soltanto.
-
Arrivederci Era. – Apre la finestra senza dirmi nulla e inizia a scendere dal
rampicante che fino a qualche minuto prima non c’era. Quella collana aveva
davvero dei poteri magici, mi affaccio e guardo finché non scende. Ad un tratto
ricordo di avergli chiesto di non tornare più e me ne
pento.
-
Tornerete? – Gli dico a bassa voce, provando a non farmi sentire da nessun
altro.
-
Se voi lo volete. – Risponde dal basso, la voce rimbomba.
-
Domani, stesso orario. Buona notte. –
Lo
osservo uscire la collana, metterla davanti alla barriera e aprirne un varco.
Passa senza problemi e comincia a correre per la palude, l’alba è alle
porte.
Ok, capitolo un pò troppo lungo mh? Ma ho sentito il bisogno
di spiegare tutto e subito, di farli parlare invece di interromperli. Sono i
personaggi che mi portano a scrivere, io li invento e loro vivono, sapete che
significa? :) Per quanto riguarda Ate, la collana di Scorpius, il motivo della
sua visita, il comportamento di Era ecc.. spero che abbiate capito tutto, se non
è così siete pregati di farmelo sapere. Fate qualsiasi domanda ed io risponderò.
Un bacione.
Stefy.
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Capitolo 5 *** Alla scoperta di nuovi luoghi. ***
Nuovo.
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La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Alla
scoperta di nuovi luoghi.
Mi
alzo dal letto stropicciando gli occhi, mi sono addormentata all’alba e devo già
alzarmi per andare alla mia prima lezione di poesia.
Poi
mi aspetterà un pomeriggio di escursione e infine rivedrò Pan, che mi ha già
invitata a bere un tè nel suo salotto. Già, ha un salotto nel suo dormitorio, è
decisamente uno dei ragazzi più benestanti della scuola.
Ma
la parte che mi spaventa e mi incuriosisce di più è che probabilmente stanotte
Ate si farà rivedere, parleremo ancora, scoprirò ancora più cose su di lui e
sulla sua specie. Sorrido e rabbrividisco nello stesso
momento.
Apro
il comò che la ieri sera aveva toccato e prendo un vestito verde chiaro, lungo,
abbastanza largo ma scollato sul petto. Metto i sandali bianchi e pettino i miei
riccioli biondi, acconciandoli con dei fermagli e dei fiori di campo. Desia è
stata molto carina nel farmeli trovare dietro al porta, stamani. Prendo il mio
taccuino, la piuma e l’inchiostro, poi vado al piano di sotto. Ho paura che Ate
spierà la lezione dalla finestra un'altra volta, ho paura che venga scoperto e
che la guerra tra i due opposti ricominci a causa sua. Ho paura che si faccia
del male, che muoia.
-
Benvenuti alla vostra prima lezione di Poesia e Letteratura, matricole.
Quest’oggi leggeremo un brano di un famoso autore umano,
Shakespeare.-
Aprii
il mio testo a pagina quattro e iniziammo a leggere una poesia stupenda. I
brividi mi salirono lungo la schiena.
SHAKESPEARE
ALL'AMATA
Se
leggi questi versi,
dimentica
la mano che li scrisse:
t'amo
a tal punto
che
non vorrei restar
nei
tuoi dolci pensieri,
se
il pensare a me
ti
facesse soffrire.
Quella
poesia, quelle parole così sentite, così piene d’amore mi fanno riflettere su
quanto possa essere ipocrita il mio mondo. Parlano tutti d’amore, di rispetto,
di gioia e poi impediscono a ragazzi come Ate di avere i nostri stessi diritti e
le nostre stesse opportunità.
-
Signorina, sta ascoltando? – Mi chiede l’insegnante,
rimproverandomi.
-
Si, mi scusi, mi ero persa tra queste parole. – Rispondo
sincera.
Dopo
aver spiegato appieno questa poesia, la vita dell’autore e il contesto di questo
poema la maestra ci comunica che Shakespeare è l’autore che studieremo per tutto
il mese. Sorrido, felicitandomi della cosa.
Guardo
spesso la finestra ma Ate non c’è, non percepisco la sua
presenza.
Non
capisco nemmeno come abbia fatto a percepirla le altre
volte.
-
Allora, ci vedremo domani, e.. portatemi la poesia che più preferite di
Shakespeare, dovete anche spiegarmi il perché della vostra scelta. La biblioteca
è piena di suoi libri, si trova al terzo piano. –
Cosa?
Biblioteca? Wow! Perché non me l’hanno mai fatta visitare?
Non
sapevo nemmeno esistesse un terzo piano, ho praticamente girato tutto l’edificio
e non ho visto una sola rampa di scale portare ad un terzo piano.
Anche
se, riflettendoci, l’edificio da fuori sembra molto alto, almeno contenente
cinque piani.
-
Ehi! – Una voce mi distrae dai miei pensieri architettonici, due mani si
posizionano sui miei occhi, sento un profumo maschile
avvolgermi.
-
Indovina chi è? – La sua voce è fanciullesca, con un tono
maschile.
-
Pan! – Esclamo, senza alcuna voglia di giocare in maniera infantile, lui sospira
e poi sorride forzatamente. Lo guardo negli occhi.
-
Come stai? – Chiedo, senza sapere cos’altro dire.
-
Io sto molto bene, ma tu? Ti vedo un po’ strana, quest’oggi.
–
Scruta
i miei occhi per diverso tempo ed io sorrido amabilmente.
-
No, sto bene. Mi stavo giusto chiedendo.. ho un compito per domani, non è che
potresti accompagnarmi in biblioteca? – Gli chiedo gentile, lui
sorride.
-
Certo, come potrei dirti di no! Bisogna prendere la luna però. – Mi dice ed io
muovo le sopracciglia, inarcandole. La luna? Che vuol
dire?
-
Oh certo, sei nuova di qui. La luna è una piccola sfera che apre il passaggio
per il terzo piano, ogni studente del mio anno ne ha una. A voi matricole è
negata perché a quel piano si trovano delle cose che ancora voi non
studiate.-
Lo
guardo stralunata, nessuno mi ha mai parlato di queste cose. Credevo di
conoscere tutto riguardo questo palazzo, lo idolatro da quando sono
piccola.
-
La luna è nella mia stanza, andiamo a prenderla. – Mi dice, prendendomi la mano,
stringo la sua un po’ infastidita. Non siamo così in confidenza ma dato che lui
è l’unico amico che ho preferisco non allontanarlo.
Entriamo
nell’ala sud del corridoio, dove si trovano i dormitori
maschili.
Lui
frequenta il quarto anno, ossia l’ultimo, quindi ha diritto di possedere una
delle camere più grandi anche se mi ha informato che un altro ragazzo dorme con
lui. Desia dice che non ci sono abbastanza stanze singole.
Entriamo
nella sua stanza ma io rimango appoggiata accanto alla porta, leggermente in
imbarazzo.
-
Ciao ragazzina, io sono Imeneo. – Il suo amico sbuca dal nulla sedendosi sul
letto a due piazze. Pan lo fulmina con lo sguardo ed io faccio una piccola
smorfia, involontariamente. Imeneo ricambia il mio
sguardo.
-
Io sono Era, ciao. – Mi presento, Pan mi prende infastidito per il braccio ed
usciamo dalla stanza, chiudendoci la porta alle spalle. E’ un po’ arrabbiato e
non capisco come mai, magari il suo coinquilino non gli sta molto simpatico. Oh,
ma che dico! Il Sacro Codice impone di essere sempre gentili con
tutti.
Dopo
aver messo in tasca una piccola sfera bianca, che riconosco come luna, ci
dirigiamo verso un muro bianco tra i due corridoi. Pan prende la sfera, la
appoggia esattamente al centro del muro e sussurra con voce
roca:
-
Acik. – Improvvisamente un varco magico si apre, permettendoci di passare
dall’altra parte e facendoci spuntare in un corridoio illuminato da lanterne
gialle e azzurre. E’ tutto molto poetico.
-
Benvenuta nel terzo piano. – Mi annuncia, riprendendomi la
mano.
-
Cosa sono queste stanze? – Chiedo, curiosissima, vedendo una decina di porte,
tutte di forme e colori diversi, ma senza insegne o
cartelli.
-
Bene. Quella dalla porta color indaco contiene varie attrezzature per il
vola-palla. – Mi spiega. Il vola-palla è uno sport molto praticato nelle terre
dell’est. E’ stato inventato dal grande mago Adej. Bisogna conoscere degli
incantesimi basilari e praticarli sulla palla, chi riesce a rubarla agli
avversari e farla volare più in alto fino a toccare i vari dischi con i punteggi
vince. Più in alto arriva, più punteggi ottieni.
-
E’ permesso giocare solo dal terzo anno in poi, per questo bisogna avere una
luna per questa porta. Sarebbe rischioso affidare certe formule a dei novellini.
– Mi sento offesa. – Perché potrebbero applicarle su persone o oggetti,
piuttosto che sulla palla. – Mi spiega ma io rimango offesa, la maturità non si
misura in base all’età. Lui ne è la prova.
-
Bhé, e le altre porte? – Chiedo, cambiando argomento, stanca della sua
presunzione e dei suoi discorsi insulsi.
-
Ci sono tante cose, troppe per potertele elencare. – Dice, evidentemente stufo
di spiegarmi ogni singola cosa, mi sento infastidita.
-
Ma.. come mai non c’è nessuno? – Chiedo ancora, siamo
soli.
-
Perché in quest’ala non viene quasi mai nessuno. – Mi spiega,
ammiccando.
-
Bene. – Divento un pezzo di ghiaccio. – Andiamo in biblioteca. –
Continuo.
Giriamo
a sinistra e apriamo una porta grigio perla, c’è un enorme biblioteca dall’altra
parte, incredibilmente grande e apparentemente molto
fornita.
-
Shakespeare è da quella parte. – Inizio a sfogliare molti suoi libri, ne prendo
due e li porto fuori da quell’ala magica.
-
Andiamo a mangiare qualcosa? – Chiede, speranzoso di stare con
me.
-
No grazie, è tardi. – Guardo l’orologio, è quasi
mezzanotte.
-
Devo studiare. – Ate dovrebbe arrivare a momenti, ho
fretta.
-
Bene, a domani, bellezza. – Si avvicina stampandomi un bacio insalivato sulla
guancia, appena svolta l’angolo mi pulisco con il dorso della mano. Che schifo
di bacio, che schifo di serata. Corro in camera mia e apro la porta speranzosa,
Ate non c’è. Abbasso lo sguardo e comincio a sistemarmi per la notte, metto una
camicia da notte color panna, con dei merletti.
Arriva
fino a metà coscia e copre abbondantemente petto e
schiena.
Poi
inizio a sfogliare diverse pagine dei libri che ho preso in prestito, sperando
di riuscire a trovare una tra le tante poesia che mi piaccia più del
resto.
Non dire mai che il mio cuore ti è stato infedele,
Sebbene la lontananza sembrasse attenuare la mia fiamma:
Potrei forse allontanarmi da me stesso? No, non potrei
abbandonare la mia anima che è chiusa nel tuo petto.
Scrivo queste righe sul taccuino, decisa a proporre alla classe questa poesia dato che, a mio parere, descrive tutto ciò che è l’amore vero.
Sotto comincio a scrivere un commento, una mia opinione.
Questa verso, appartenente a una delle grandi opere di William Shakespeare mi ha fatto riflettere molto. Sono certa che qualsiasi creatura, qualsiasi essere al mondo sia capace di amare sul serio e questa poesia ne è la prova. Shakespeare era un umano, un semplice pezzo di carne con errori e difetti ma nonostante le sue debolezze è riuscito a provare e quindi a descrivere una tale forma d’amore: forte, impavida, vera, possente.
Sono quasi gelosa che fin ora non sia riuscita a trovare una persona capace di farmi battere il cuore così forte, capace di chiudere la mia anima nel proprio petto ma sono fiduciosa. Prima o poi arriverà una creatura capace di tali gesti per chiunque di noi.
Non sono molto convinta delle mie parole ma credo di aver espresso il mio pensiero completamente. Guardo l’orologio, sono quasi le tre, sono triste e incredula. Ate non si è fatto vedere anche se, sinceramente, non capisco come sia possibile che mi importi tanto di un guerriero della morte. E’ solo pura curiosità, mi convinco, mettendomi sotto le coperte e soffiando sulla candela.
Gli occhi si chiudono velocemente, le labbra si aprono, mi addormento.
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Capitolo 6 *** Brividi notturni. ***
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Brividi
notturni.
-
Fatina. – Vedo chiaramente dei giochi di luce illuminarmi gli occhi
chiusi.
Delle
mani mi toccano, sembrano mille, ma ne individuo solo due.
Apro
gli occhi allarmata ricacciando indietro un urlo, Ate è davanti a me, con una
candela e mi tocca le spalle, provando a farmi svegliare.
-
Ate! – Lo chiamo, rimproverandolo e salutandolo, lui si allontana
subito.
-
Scusatemi, fatina, non volevo farvi paura. – Improvvisamente guardo l’orologio e
noto che sono quasi le quattro del mattino. E’ tardissimo, domani mattina dovrò
alzarmi presto, ma la curiosità mi spinge a farlo
rimanere.
-
Siete arrivato tardi, Ate. – Dico, un po’ delusa ma al contempo felice che sia
arrivato.
-
Spero saprete perdonarmi ma ho dovuto affrontare la mia iniziazione oggi. Adesso
sono effettivamente un guerriero. – Mi comunica e sento un forte dolore al
petto, non capisco cosa sia, mi alzo velocemente dal letto e mi appoggio sulla
scrivania, flettendomi in avanti. Provo a riprendermi ma il dolore non cessa,
vorrei sapere cos’è l’iniziazione ma non riesco a pensare. Sono incapace di
muovermi, il dolore mi paralizza. Sembra quasi che provenga dritto dal cuore,
due lacrime scendono dai miei occhi e inizio a gemere, il male è troppo
forte.
-
Era, state bene? – Il guerriero si avvicina e mi mette una mano sulla spalla,
sento qualcosa che punge dentro di me.
Inizio
a lamentarmi, a strizzare gli occhi e Ate mi continua a scrutare,
accarezzandomi la spalla e diventando sempre più
apprensivo.
-
Vi sentite meglio? – Mi chiede ancora ed io comincio realmente a stare meglio,
non capisco cosa mi sia preso, non ero mai stata male
prima.
-
Si, sto meglio. – Trovo la forza di rispondere, ma quando mi alzo e tolgo le
mani dalla scrivania un giramento di testa mi fa cedere le gambe. Prontamente
Ate mi prende e finisce a due centimetri da me. Sento una miriade di brividi
attraversarmi il corpo.
-
Dovete mettervi a letto, adesso. – Mi dice, facendo due metri e stirandomi sul
letto. Le sue mani sui miei fianchi sono una sensazione nuova, quasi eccitante.
Ad un tratto sento le dei fluidi bagnarmi le mutandine e non capisco cosa mi
stia prendendo, sto davvero male.
-
Dormite. – Inizia ad accarezzarmi la testa, senza però avvicinarsi troppo, sento
quasi la sua mancanza, ho bisogno di lui.
Il
battito del cuore si calma e improvvisamente sento il bisogno di
parlare.
-
Non potete stare in piedi, sedetevi. – Mi sposto leggermente verso il muro,
lasciandogli spazio sul letto. Lui ricomincia ad accarezzarmi i capelli. Mi
sento incredibilmente sbagliata in questo momento, Ate non dovrebbe essere qui,
non così vicino, non nel mio letto!
E’
sbagliato, è tutto sbagliato. Ma una cosa che ti fa sorridere può essere così
sbagliata? Mi addormento con il dubbio, quando mi sveglio Ate non c’è più ed io
sono in ritardo per la lezione di poesia. Mi vesto distrattamente infilando una
tonaca rosa e mettendo i sandali.
Corro
velocemente verso la rampa di scale, sperando di riuscire ad arrivare prima che
le porte vengano chiuse, in quel caso non potrei più
entrare.
Quando
arrivo davanti al grosso portone in legno però, è già chiuso e sbarrato con due
grossi uomini davanti, probabilmente sorveglianti.
-
Mi dispiace signorina, non può più entrare. – Mi dicono ed io abbasso lo sguardo
dispiaciuta e leggermente innervosita da questo tipo di severità.
-
Era! – Sento il mio nome echeggiare in tutto il corridoio, mi volto impaurita,
so già chi è ma spero di sbagliarmi. Faccio mente locale, è già Sabato, giorno
di visite.
-
Madre! – La saluto anche io, diventando subito paonazza. In qualche modo ho
timore che lei possa scoprire di Ate e delle sue visite
notturne.
-
Cosa fai qui? Non è orario di lezione forse? Ai miei tempi quando..
–
-
Madre, ho ritardato. Ho perso la lezione. – Dico con un
mugolio.
Lo
sguardo di mia madre muta subito, diventando
indescrivibile.
-
Cosa. Hai. Fatto?! – Urla, facendo voltare le poche persone nel corridoio,
arrossisco ancora di più e mi nascondo le labbra con la
mano.
-
Mi dispiace madre, sono stata male questa notte. Ho dormito un paio d’ore e mi
sono svegliata tardi, pensavo di arrivare in tempo. –
-
Oh! Signorina! Non te la caverai così facilmente. La scusa dello “stare male”
non è più valida dalla Prima Scuola. – Mi dice, severa.
-
Mi dispiace, ma sono stata davvero male, credimi. – Faccio una smorfia carina e
la guardo con gli occhi da cucciola, il suo sguardo si ammorbidisce
subito.
-
Vieni, usciamo e ne parliamo con calma. – Mi prende per mano e comincia a
camminare verso il portone d’ingresso, la gente mi guarda.
Vedo
due ragazzine ridere alle mie spalle e un professore starnutisce. Questa mattina
fa molto caldo, comincio a sudare.
Ci
sediamo su una panchina e la osservo con attenzione. È davvero una bella donna,
capelli biondissimi, occhi color ghiaccio, pelle candida, abito bianco ed
elegante, sandali con perle. Esattamente ciò che ci si aspetterebbe di vedere in
una sacerdotessa delle terre dell’est.
-
Cos’hai avuto stanotte? – Si acciglia e mi scosta i capelli dal
viso.
-
Ho avuto dei forti dolori, madre. – Non voglio
approfondire.
-
Mal di testa? Dovuto al troppo studio, magari? O forse mal di
pancia?– Una leggera brezza mi fa svolazzare la base del vestito ma lo metto
subito a posto, poi la guardo.
-
No, mi faceva male qui. Forte. – Indico la parte del petto che contiene il
cuore, immediatamente lei si rabbuia. Mi guarda sospettosa, quasi nervosa. Io
distolgo lo sguardo dal suo, ho paura quando mi guarda
così.
-
Figlia mia, sei sicura di ciò che dici? – La sua voce è bassa,
tremolante.
-
Si, madre. Perché lo chiedi? Pensi sia qualcosa di grave?
–
-
Tu torni a casa con me, domani mattina. Non voglio discussioni. –
Per
un attimo il mondo sembra fermarsi, la testa comincia a girarmi e il petto
ricomincia a fare male. Perché mia madre è così spaventata? Perché vuole
riportarmi a casa? Cos’è questo dolore? Non riesco neanche a pensare, mi
accascio sulle gambe di mia madre ma lei non accenna a muoversi, è paralizzata. Inizio a
mugolare e gemere in preda ai dolori più forti ma lei non si muove, non chiede
aiuto, non mi accarezza come faceva Ate. Inizio a piagnucolare, continuo a
tenermi forte il petto ma lei nulla.
-
Madre.. – Trovo la forza di chiamarla prima di svenire e cadere nell’oscurità.
L’ultima cosa che percepisco è un suo sospiro rassegnato.
-
Fatina. – La voce di Ate mi sveglia dal mio sonno, apro gli occhi spaventata e
mi guardo intorno. Non c’è nulla, a parte il letto bianco su cui sono sdraiata
insieme ad Ate. La stanza è nera, completamente nera. Non riesco a percepire
nient’altro se non la sua voce ed il battito furioso del suo cuore. Ricomincio a
piangere, guardandomi attorno spaesata.
-
Era, calmatevi. – Mi dice, la sua mano si poggia nuovamente sui miei capelli,
come questa notte. Mi sento subito meglio, il dolore non c’è
più.
-
Dov’è mia madre? Dove siamo? – Chiedo velocemente,
spaventata.
-
Mi avete portato voi qui, siamo nello spazio dei vostri sogni. Siete svenuta,
ricordate? Adesso siete nel vostro inconscio. – Mi dice ma io non capisco del
tutto, è tutto un sogno?
-
Quindi voi non siete reale, adesso. – Realizzo, chiedendogli
conferma.
-
No, io sono reale. Il posto dove ci troviamo non lo è. – Puntualizza ma, invece
di rasserenarmi e respirare profondamente, trattengo il
fiato.
-
Ho paura, dov’è mia madre? Cosa mi sta succedendo? – Alzo la
voce.
-
Tutto questo nero.. mi confonde. – Aggiungo ma lui non
parla.
-
Era.. non sono la persona giusta per spiegarvi cosa vi sta accadendo, ma posso
giurarvi che sta accadendo anche a me. Non possiamo più vederci, non se vi causa
tutto questo dolore, ho sbagliato a venire da voi la prima volta ed ho sbagliato
ancor più a tornare. Dovete perdonarmi, ho intaccato la vostra purezza. Io.. non
era mia intenzione, credetemi. Perdonatemi se potete, vi giuro che non ho mai
avuto cattive intenzioni con voi, vi giuro che mi dispiace. Vi prego di credermi, non volevo farvi
del male, non.. –
-
Ate, ma cosa state dicendo? È quindi colpa vostra se ho questi forti dolori al
petto? È forse colpa vostra se mia madre è così furiosa? Dovete spiegarmi,
dovete parlare. Non potete lasciarmi così, vi prego. – Le lacrime riaffiorano
sugli occhi, appannandomi la vista, Ate mi guarda.
Ha
dei pantaloni grigi, di una strana stoffa aderente, è senza maglietta, la sua
pelle è più scura della mia, quasi olivastra. I suoi occhi sono color bosco,
color bosco invernale. Non so che colore sia, l’ho appena inventato. Ma i suoi
occhi sono così, il suo respiro è irregolare come il battito del suo cuore. Ho
paura di vederlo scomparire, ho paura di ciò che mi
succede.
-
Era, ascoltatemi vi prego, non insistete. Quando vi sveglierete probabilmente
vostra madre vi spiegherà tutto, vi accuserà di avermi visto ma voi dovrete
negarlo. Promettetelo fatina, vi supplico. Se si dovesse scoprire la guerra tra
i nostri popoli scoppierebbe di nuovo ed io sarei costretto a
combattere voi, il vostro mondo. Non voglio che succeda un disastro, vi prego.
Dovrete negare tutto. –
-
Ate, perché mi dite questo, voi volete che io menta alla donna che mi ha creato?
Perché dovrebbe sospettare di voi? Spiegatemi! – Urlo, quasi. Non posso mentire
a mia madre, non voglio tradire la sua fiducia, non voglio nascondere
nulla. Voglio che lei capisca.
-
Non posso più restare, state riprendendo forze, vi state svegliando. Ricordate,
fatina, anche se non ci rivedremo mai più vi terrò sempre nel mio cuore perché
voi avete risvegliato qualcosa in me, qualcosa di cui non mi ero mai accorto.
Prendete. – Mi porge una catenina d’argento con un ciondolo d’avorio a forma di
triangolo, è un bellissimo gioiello. Le sue parole mi fanno ricominciare a
piangere.
-
Questo sarà un modo per tenermi nel vostro cuore. È stato bello conoscervi, Era.
Diverrete una donna fantastica, ne sono certo. –
Vedo
la sua immagine sfumarsi, sta quasi per scomparire ma io non voglio, mi aggrappo
ai suoi avambracci, li stringo forte, quasi come se volessi trattenerlo. Non può
dirmi delle frasi del genere e poi andare via, lo voglio tenere con me, non
voglio che scompaia ancora.
-
TORNATE! – Urlo con tutto il fiato che ho in corpo, lui sorride e scompare.
Improvvisamente vedo formarsi lentamente le pareti bianche, il pavimento di
marmo rosa, una grande scrivania in legno bianco davanti a me, un armadio beige,
e dei grossi occhi azzurri.
-
Madre! – La riconosco, sorride preoccupata, è lì davanti a me. Quella dove mi
trovo è casa mia, mi ha riportata a casa. Mi sono svegliata, l’ho perso, mi sono
svegliata. Una lacrima scende.
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Capitolo 7 *** Scomunica, vergogna, delusione. ***
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti: Lemon
Scomunica,
vergogna, delusione.
-
Ti senti bene? – Mia madre si avvicina ancora di più, incorniciando il mio viso
con i suoi spaghetti dorati, ha dei capelli liscissimi.
Io
invece ho dei boccoli ingestibili color sabbia, mia nonna dice che li ho presi
da mio padre. Mia madre invece non lo nomina nemmeno.
-
Si, madre. Perché siamo qui? – Le chiedo, la mia stanza è luminosa e ordinata,
proprio come la ricordavo. Un senso di irrequietezza mi pervade, il sogno mi ha
lasciata boccheggiante.
“Dovrete
negare tutto, promettetemelo.” La voce di Ate mi rimbomba nel cervello come se
fosse ancora accanto a me, su quel letto bianco.
-
Sei rimasta svenuta per quasi ventisette ore! Oh Gesù, Era, pensavo che non ti
saresti svegliata più.. e poi farfugliavi strana roba nel sonno! – Mi abbraccia
forte, forse per la prima volta in anni. Ma non riesco a godermi il momento,
sono spaventatissima per ciò che ha potuto sentire.
-
Strana roba hai detto? – Dico, provando ad essere
disinvolta.
-
Si, farfugliavi qualcosa su una guerra, su una collana, non lo so. Mi hai fatto
paura, tua nonna voleva praticare la magia su di te ma l’ho dissuasa dal farlo,
avevamo tutti una paura tremenda. – Vedo la preoccupazione ancora vivida nei
suoi occhi, so che mi sta nascondendo qualcosa. Improvvisamente ricordo il sogno
e stringo il pugno destro, tocco qualcosa di duro nella mia mano. Identifico la
collana di Ate, ma con improvvisa velocità nascondo il ciondolo sotto il
materasso prima che mia madre scopra cos’ho in mano. Sospiro e continuo a far
finta di niente, parlo.
-
Dobbiamo parlare di ciò che è successo, madre. Perché mi hai portata qui? Perché
vuoi che lasci la scuola? – Non riesco a pensare ad altro, ho sempre desiderato
di studiare in quella scuola e adesso vuole che ritorni a casa? Non posso
permetterlo, non posso lasciare che lei rovini tutto così.
-
Era, non voglio parlarne adesso, sono solo felice che tu stia bene. Ora che sei
tornata a casa non avrai più problemi. – Mi comunica
freddamente.
-
Madre! Io voglio parlarne invece! Voglio tornare a scuola. – Mi
impunto.
-
Questo non sarà possibile. – Sento la voce di mia nonna provenire dalla porta
della mia stanza, anche lei è molto bella. Ha dei lunghi capelli bianchi, il
viso giovane, riposato, contornato da fiori. Gli occhi azzurri, le mani curate,
i piedi lunghi e coperti da dei sandali azzurri.
-
Gea, esci di qui adesso. Era ha bisogno di sapere la verità, spetta a me
dirgliela. Vai a raccogliere dei frutti per stasera. – Mia nonna ha sempre avuto
l’ultima parola a casa mia, mia madre ha sempre obbedito quando parlava lei. E
continua a farlo tutt’ora, nonostante i suoi 45 anni.
-
Va bene, vado. Solo.. cerca di non essere troppo brusca. – Mia madre, detto
questo, esce dalla stanza come un fulmine ed io mi alzo sui gomiti mettendomi
comoda contro la spalliera e aspettando le parole di mia nonna. Lei si siede sul
bordo del letto e sospira amaramente.
- Devi dirmi tutta la verità, piccola Era.
E’ necessario che tu sia completamente onesta e sincera con me. Mi hai capito?
–
Sono
spaventata dal suo tono autoritario e glaciale. Nonna Nike è sempre stata tutta
d’un pezzo, autoritaria, fredda e lucida da far paura. Sin da piccola ho sempre
avuto timore di lei e delle sue parole. Lei non parla quasi mai, e quelle poche
volte che parla lo fa solo per dare ordini.
-
Si, certo. Ti prego, dimmi cosa sta succedendo. – Sto
impazzendo.
-
Il dolore che tu hai avvertito l’altra notte non è casuale, sei sotto un
incantesimo, Era. Mi spiego meglio. Siamo tutti sotto un incantesimo, ma tu
l’hai rotto, ed è questo che ti ha provocato tutto questo male.
–
Un
incantesimo che ho rotto? Perché nessuno mi ha mai detto che sono sotto un
incantesimo? Ho paura di ciò che può accadermi.
-
Che incantesimo? – Chiedo, con voce tremolante.
-
Tu.. hai provato qualcosa per una
creatura del male, Era. –
Improvvisamente
sento il respiro mancarmi, come fa a saperlo? Insomma, non ne sono certa nemmeno
io. Non può averlo scoperto, maledizione.
-
L’incantesimo è su tutti noi. Alfeo, il grande e supremo protettore, lo lanciò
sul nostro popolo dopo la scoperta della Malvagia di Lucifero. Siamo tutti
protetti dalle tentazioni dei guerrieri della morte, ma se qualcuno proverà
qualcosa per un guerriero, sia essa compassione, amore o simpatia, verrà colpito
da forti dolori al petto. Ogni volta che proverai qualcosa per quell’essere, tu
starai male! – La sua voce è sempre più seria e autoritaria, ho quasi paura di
ricevere uno schiaffo.
-
Io ti giuro di non conoscere nessun guerriero! Te lo giuro! – Urlo quasi,
provando a scaturire qualcosa di buono in lei. Ma lei è
impassibile.
-
Non mentire ad un Antica, soprattutto non se quell’antica è tua nonna. – Nonna
Nike sembra davvero un diavolo in questo momento, manca solo il fumo che esce
dalle orecchie, per il resto è identica. Sguardo truce, labbra serrate, capelli
scompigliati. Come ha fatto a trasformarsi così?
-
Io te lo giuro, te lo giuro su tutto ciò che vuoi, non ho mai né visto né
conosciuto un guerriero. Come potrei? La barriera è insuperabile.
–
Provo
a farmi credere ma lei è troppo sospettosa, quasi come se sapesse già tutta la
verità. Possibile che in qualche modo l’abbia scoperta?
-
Era, se proprio vuoi insistere sulle tue bugie dovrai fare molto di più che
giurare e spergiurare su questa cosa. Voglio il Riconoscimento.
–
Spalanco
gli occhi e schiarisco la voce, il Riconoscimento? Oh dio.
-
Il.. il r.. Riconoscimento? – chiedo spaventatissima e
colpevole.
-
Esatto, signorina, vuoi tornare a scuola? Fatti Riconoscere dallo stregone e ti
crederò. Ti rimanderò a scuola e tornerà tutto esattamente come prima. Va bene?
–
Il
Riconoscimento è una pratica molto antica utilizzata raramente solo per scoprire
la verità su casi di estrema importanza, come tradimento al Sacro Codice.
Consiste nel convocare lo stregone delle Terre dell’est e fargli praticare un
antichissimo incantesimo sul sospettato. Colui/colei sarà obbligato, tramite
magia, a rivelare tutta la verità. Devo tirarmi fuori da questa situazione il
più velocemente possibile, non posso farmi interrogare da uno stregone,
scoprirebbero la verità e io verrei esiliata, Ate verrebbe ucciso e scoppierebbe
nuovamente una delle guerre più sanguinolente di tutti i tempi tra i nostri
popoli. Non posso farlo accadere, non posso.
-
Non ti fidi di me! Dio.. non posso crederci! Tu.. tu dici di volermi bene, di
volermi proteggere ad ogni costo, e non credi alle mie parole! Non ho bisogno di
nessun Riconoscimento, se vuoi credermi bene altrimenti tornerò ugualmente a
scuola. Ho vent’anni ricordi? Posso decidere della mia vita dove e quando
voglio. Non hai potere, NON HAI POTERE!- Sbraito, mia nonna mi guarda malefica,
fuori di sé.
-
Fammi alzare, maledizione! Devo preparare i bagagli, devo andarmene da qui!
Spostati! – Urlo come un indemoniata, lei spalanca gli
occhi.
-
Non ti riconosco più, Era Olimpia Aris. Sei un estranea per me, quando tua madre
ti ha dato alla luce non avrei mai pensato che saresti diventata preda del male.
Sei una delusione su tutta la linea, io ti scomunico dalla mia famiglia. Io ti diseredo, torna pure in quel
palazzo se vuoi, ma non disturbarti a tornare mai più, ingrata, viziata,
terribile delusione. – Inizio a piangere e mi muovo come una forsennata per
finire i bagagli, mi spoglio davanti a lei, rimanendo solo con un paio di
mutande e infilo una tunica giallo tenue. Infilo i miei sandali in qualche
secondo, prendo tutte le mie borse e inizio a scendere al piano di sotto, sento
la porta di nonna Nike sbattere furiosamente. Si è di nuovo chiusa in camera
sua, a confabulare chissà cosa col suo gatto malefico. Maledetta. Mi ha cacciata
di casa! Non riesco ancora a crederci, chi si crede di essere?
Maledetta.
Ho
il nervoso a mille, sento di stare per sbottare da un momento
all’altro.
Improvvisamente
ricordo di aver dimenticato qualcosa, la collana, sotto il materasso. Lascio i
bagagli sulla scala e torno indietro, prendo la collana sotto il materasso e la
osservo per qualche secondo.
E’
stupenda, proprio come la ricordavo dal sogno. Catenina sottilissima in argento,
triangolo beige d’avorio, contornata da una piccola cornice marrone, forse in
legno. La stringo tra le mie mani e torno di sotto.
-
Dove stai andando? – Mia madre spunta dal soggiorno, con un cesto di frutta in
mano ed un espressione mortificata in volto, ha paura.
-
Vado a scuola. – Il mio tono è glaciale, distrutto, interrotto da singhiozzi.
Sono sicura che il mio viso è impresentabile, al momento.
-
Ma.. ma.. eravamo rimaste d’accordo che.. –
-
No, madre! Tu e tua madre eravate rimaste d’accordo che. Io ho sia la testa che
l’età per ragionare e decidere da sola della mia vita, e dato che voi non volete
farne parte potete tranquillamente ricominciare a vivere la vostra patetica vita
monotona e pura. Io me ne vado, la nonna non mi vuole più qui, mi ha diseredata,
quindi non disturbarti a cercarmi. Sono un estranea per te, adesso. Nonché una
patetica e terribile delusione. Addio, madre. – Sbatto la porta con tutta la
forza che ho in corpo e mi dirigo verso il Palazzo, decisa a non rivederle mai
più.
Vorrei capire come
mai, all'inizio di questa storia, commentavate ogni capitolo. Mentre adesso è
rimasta una sola recensitrice (grazie mille EndZeit). Se questa storia vi piace,
vi delude, vi interessa, vi fa schifo.. insomma, se per qualche motivo la
leggete, vorrei tanto che vi facciate sentire! Mi impegno tanto per aggiornare
spesso e per spiegarvi tutto nel migliore dei modi, spero soltanto che in questo
capitolo troverò più di una recensione. Altrimenti provvederò a cancellare
questa storia. Baci. Stefy, un pò giù di morale.
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Capitolo 8 *** Ritorno e derisione. ***
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Ritorno e derisione.
La
porta del Palazzo è stranamente aperta, io sono stanca e imperlata dal sudore,
dato che casa mia è molto lontana dal confine ed io non ho voluto accettare la
carrozza di mia madre. Ho camminato quasi per mezza giornata, e adesso sto quasi
per ritornare a scuola, pronta a ricominciare.
-
Oh mio dio! Ma è lei! Ha addirittura la faccia di presentarsi a scuola? – Sento
una voce femminile, mi volto e vedo due arpie del terzo anno parlare di me ad
alta voce, sanno bene che dopo l’essere stata diseredata non posso mettermi
ancora in ridicolo attaccandole, quindi sto zitta, continuo a camminare e faccio
finta di niente. Le ragazze rimangono sedute nella panchina a sparlare di me,
ridacchiano e mi indicano quasi tutti nel corridoio. Come dargli torto, essere
diseredata è già una fonte di enorme vergogna per chiunque, ma essere diseredata
da un Antica per non aver voluto farsi Riconoscere, sospettata di tradimento, è
mille volte peggio. So che me la vedrò brutta ma devo provare a tornare alla mia
vecchia vita. Finalmente incontro Pan, una faccia
conosciuta.
Sta
passeggiando in corridoio insieme a due suoi amici, entrambi giocatori al
vola-palla. Gli vado incontro mentre tutti mi squadrano, riesco a percepire
qualche “Dovrebbe vergognarsi, povera Nike” o “Ma con quale faccia torna qui!”
oppure “Oh dio! E’ lei! Guardate che faccia”. Una lacrima sfugge al mio
autocontrollo ma la ripesco velocemente con l’indice, improvvisamente mi trovo
davanti a Pan, non pensavo di essermi avvicinata tanto.
-
Ehi, ciao Pan! Ti andrebbe di accompagnarmi dalla rettrice? - I suoi amici mi guardano come se fossi
un aliena e uno di loro, il più alto, ridacchia sotto i baffi dandogli gomitate
di nascosto.
-
Scusami, ma ho da fare. Ci si vede. – Mi supera, spingendomi leggermente con le
larghe spalle ed io rimango immobile, incredula.
Mi
ha scaricata! Avrei dovuto immaginarlo, lui diceva sempre che appartenevo ad un
ottima casata, che avevo un ottimo terreno e possedevo ottimi gioielli. Adesso
che tutto questo è scomparso non gli interesso più.
E’
davvero incredibile! L’enorme voglia di piangere, urlare e distruggere qualsiasi
cosa mi capita a tiro sale imponente dentro di me ma la ricaccio via con un paio
di lacrime, salendo al secondo piano e arrivando dritta davanti l’ufficio di
Desia. Non so cosa le abbia detto mia madre, ma sono pronta a ritrattare tutto.
Voglio tornare a scuola, trovare un lavoretto, ricominciare la mia
vita.
-
Permesso? – La porta bianca è quasi del tutto aperta, ma per educazione busso e
sento una voce darmi il permesso di entrare.
-
Oh. – Sono sorpresa di vedere Desia in un accesa conversazione con mia nonna,
Nike. – Non sapevo che ci fosse anche LEI qui. Passo dopo. – Dico, facendo per
tornare indietro. Mia nonna mi guarda quasi dispiaciuta e si dirige verso di me,
allungandomi una mano.
-
Sono qui per te, per farti riammettere. Abbiamo fatto le cose con fretta,
bambina mia, ti prego di perdonarmi, vieni qui. Abbracciami.
–
Non
mi da nemmeno il tempo di rispondere o allontanarla, le sue braccia sono
irrimediabilmente strette al mio collo, sento due lacrime bagnarmi le
spalle.
-
N-nonna. – La chiamo flebilmente, non l’ho mai vista piangere, soprattutto non
per me! Fino a un ora fa mi manda via di casa e adesso? Viene a scuola per farmi
riammettere? Non mi ha mai abbracciata.
Non
capisco cos’abbia in mente, so solo che non so se devo
fidarmi.
Si
stacca improvvisamente e lancio uno sguardo fugace a Desia, lei mi sorride ma ha
qualcosa di diabolico nello sguardo, che non riesco a descrivere. Qualcosa di
sinistro.
-
Tutto bene allora? Possiamo procedere con la riammissione?
–
La
voce di Desia è cantilenante, come al solito. Dolce ma al contempo severa,
seriosa. Mia nonna stacca lo sguardo dal mio e si volta verso la rettrice,
seduta elegantemente sulla sua poltrona bianco perla.
Le
sorride e pronuncia un flebile “si” quasi inudibile dalle mie
orecchie.
-
Tua madre verrà a consegnarti i vestiti e i libri che avevamo riportato a casa
nel tardo pomeriggio. Nel frattempo la rettrice ti ha liberato la tua vecchia
stanza, buona permanenza, tesoro. – Mi consegna il mio vecchio mazzo di chiavi
contenente la chiave del portone della scuola e la chiave della mia stanza. In
più vedo una sfera, attaccata al portachiavi con lo stemma di famiglia, è una
luna.
-
Questa è la luna che ti serve per attraversare il muro ed andare al terzo piano,
in biblioteca o nell’aula di chimica. –
-
Nonna ma gli studenti delle mie classi non ne hanno una.. – Controbatto confusa,
come mai sto ricevendo una luna adesso? Lei si avvicina fiera e si accosta al
mio orecchio.
-
Essere la nipote di un Antica ha i suoi privilegi, piccina mia. – Il mio sguardo
non muta, sono sempre sorpresa e guardinga, Desia continua a sorridermi con quello
sguardo che fa paura, la nonna continua a darmi nomignoli, abbracci e
vezzeggiativi che non ho mai ricevuto in vent’anni di vita né da lei, né da mia
madre. Hanno qualcosa in mente, ne sono certa.
Ma
preferisco accantonare i sospetti e godermi il mio ritorno a scuola e
all’interno della società, una volta saputosi che mia nonna mi ha ripresa in
casa il rispetto della gente tornerà, perfino quello di quell’ipocrita di Pan,
che tra parentesi, mi ha deluso da morire.
Dopo
aver scambiato cordiali chiacchiere con Desia e mia nonna, mi ritiro nelle mie
stanze, confusa e spaventata da ciò che è appena successo.
Prendo
il mio taccuino e ne strappo un foglietto, ho bisogno di
sfogarmi.
Ciao,
non ho idea del perché stia scrivendo questo pezzo di carta, in fondo questa
lettera o qualunque cosa sia non è intestata a nessuno. Magari dovrei solo
pensare e dedicarla a qualcuno.. Ma l’unica persona che mi viene in mente è
Ate.
Si,
Ate.. sei tu. Sei tu la persona a cui vorrei scrivere questa lettera, al diavolo
i convenevoli, al diavolo il “voi” e le buone maniere. Sono arrabbiata, sono
furiosa con te perché hai stravolto la mia vita. Sei entrato a far parte di me,
hai completamente capovolto le mie credenze ed il mio modo di pensare e poi? Sei
scomparso, mettendomi nei guai, senza nemmeno darmi una valida spiegazione. Ho
bisogno di te adesso, non capisci? Sono sola, sono impaurita e ho il sospetto
che mia nonna stia tramando qualcosa di oscuro. Lei fa dei piani malefici e
assurdi lo sai? E’ bravissima col lavaggio del cervello, è fin troppo brava. Ed
ho paura che coinvolga la rettrice, mia madre, e dio solo sa chi altri. L’unico
che potrebbe darmi spiegazioni reali, che potrebbe farmi stare meglio e far luce
su tutta questa storia sei tu, perché sei tu che l’hai causata! Quindi porta
immediatamente il tuo culo guerriero su questo letto e dimmi tutto ciò che c’è
da sapere perché sto davvero impazzendo senza sapere nulla. Chiaro?
Saluti
da Era.
So
benissimo che questa lettera non arriverà mai al destinatario, ma scriverla mi
ha infuso un tale sentimento di pace che non me ne pento affatto. La piego
accuratamente e la lascio sul comodino, poi riesco ad addormentarmi senza
pensare a nulla.
Mi
sveglio a causa di un rumore secco ed assordante, realizzo che è qualcuno che
bussa alla porta, probabilmente mia madre dato che è quasi il tramonto. Mi alzo
come una molla, sistemando i capelli e apro la porta.
Il
viso di mia madre è solare, sorridente. Mi saluta flebilmente e le faccio cenno
di entrare in camera, noto che ha tre borse con lei quindi la libero,
poggiandole sul sofà. Lei si siede sul mio letto e per un attimo ricordo quando
lì, proprio in quel punto, ci stava Ate, che mi
accarezzava.
-
Tesoro? – Mi dice, capisco che mi stava parlando ma non ero
attenta.
-
Stai bene? – Mi chiede ancora, guardandomi negli occhi.
-
Si, scusami, ero sovrappensiero. – Le rispondo cacciando via il pensiero
costante di Ate, sorrido e poi la guardo un po’
preoccupata.
-
Madre.. se stesse succedendo qualcosa con la nonna tu me lo diresti? – Le
chiedo, interrompendo l’aria serena e cominciando un discorso fin troppo
scomodo. Immediatamente lei s’irrigidì e distolse lo
sguardo.
-
Madre? – La chiamai, vedendola affannata e preoccupata. – Stai bene?
–
Lei
annuisce stringendo forte la tonaca rosa sul petto, è visibilmente sconvolta. Mi
siedo accanto a lei e mi avvicino, mettendole una mano sulla spalla,
immediatamente lei si scosta infastidita.
-
Scusami, devo proprio andare, mi aspettano per una celebrazione.
–
Si
alza come una molla, e va veloce verso la porta, la apre e si volta per un
attimo. Io sono immobile, non mi ha dato neanche il tempo di
parlare.
-
Madre ma.. – Provo a parlare, lei mi sorride dolcemente, quasi dispiaciuta e si
chiude la porta alle spalle, lasciandomi sola.
Una
lacrima scende dal mio occhio, ma la blocco col dito e sento nuovamente il
bisogno di scrivere, mi volto verso il comodino per riprendere il foglietto dove
avevo scritto prima ma non c’è più.
Metto
la stanza sotto sopra ma la lettera non si trova, se l’ha presa mia madre sono
davvero nei guai. Mi siedo sul letto e inizio a sbattere manate sul
muro.
-
Stupida! Stupida! Stupida! – Mi ripeto, continuando a prendere a schiaffi la
parete bianca. – Sei solo una stupida Era! Ma come ti è venuto in mente!?
Stupida, idiota che non sei altro! – Non smetto nemmeno un attimo di colpire la
parete adiacente al mio letto.
Ad
un tratto, tirando su col naso, mi accorgo che qualcuno sta
bussando.
Mi
alzo, sistemandomi e provando ad asciugare le lacrime,
apro.
Una
ragazzina mi spunta davanti. Ha i capelli rossastri, gli occhi celesti con delle
venature dorate, il corpo minuto ma ben composto, la tonaca è vecchia ma
elegante, magari cucita a mano, mi sorride amabilmente. Ha un viso d’angelo. Ma
in quel momento non sono in vena di smancerie, non riesco a sorridere, la guardo
seriosa, senza accennare a parlare.
-
Ehm.. ciao. – Mi dice, timidamente. – Io sono Asia, sto nella stanza accanto
alla tua, piacere di conoscerti. – Mi dice, ed io realizzo che probabilmente il
muro che ho colpito era anche il suo. Mi imbarazzo.
-
Ciao, io sono Era, perdonami se ti ho.. disturbata, non volevo. – Mi scuso e
abbasso lo sguardo che va automaticamente a finire sui suoi piedi, scalzi,
sporchi di terra, malridotti.
-
Oh ma ti sei fatta male? – Le chiedo, e lei guarda i suoi stessi piedi,
imbarazzandosi e facendosi indietro.
-
Oh no! Ho solo fatto una passeggiata nell’orto. – Mi
spiega.
-
Ma.. l’orto è in manutenzione, le fate ci stanno lavorando, non è negato
l’accesso? Io credevo che.. – Inizio a parlare come una macchinetta e mi accorgo
che il suo sguardo si fa più duro e spaventato ad ogni parola che
dico.
-
Posso entrare? – Interrompe il mio monologo insensato e prima ancora che riesca
a risponderle lei è già dentro la mia camera, nervosa, con la porta chiusa e
inchiavata. Si avvicina minacciosamente a me ed io la fronteggio, se vuole rogna
ce n’è anche per lei, quest’oggi.
-
Senti.. ti prego. Non dire a nessuno ciò che hai visto. Posso usare il tuo
bagno? – Mi dice ed io, un po’ riluttante, glielo indico. Lei corre subito e
dopo cinque minuti esce come nuova, i piccoli tagli sui suoi piedi si vedono e
sanguinano ancora ma la terra e la sporcizia sono scomparse, segno che si è
lavata.
-
Mi dispiace, non volevo venire qui solo per usare il tuo bagno.. – E’
visibilmente mortificata ed io, per la prima volta, non ho paura di
lei.
-
Sta tranquilla- La rassicuro, e le indico il sofà. Lei si siede accavallando le
gambe, noto che anche il bordo della sua tonaca è sporco di
fanghiglia.
La
stessa fanghiglia che ha Ate nei pantaloni quando viene a trovarmi, penso un po’
sospettosa, ma allontano il presentimento.
-
Ho sentito che urlavi, e poi tamburellavi sul mio muro. Ho pensato di venire a
controllare prima che qualcun altro se ne accorgesse.. insomma, stai bene? – Mi
chiede, imbarazzata e insicura, io le sorrido.
-
Si, sto bene. Ho solo avuto un momento di.. non lo so, comunque è passato. – Mi
spiego un po’ male ma spero che lei capisca.
-
Io.. non vorrei sembrare inopportuna, ma è normale avere un momento “no” dopo
tutto quello che ti è capitato. Insomma, non so se tutte le voci di corridoio
siano vere ma si dice in giro che tu sia stata diseredata. Quindi è ovvio avere
certi sfoghi, non preoccuparti. – Mi spiega ancora, stranamente non mi sento
infastidita. Anzi, sembra quasi che Asia mi capisca davvero, sembra
sincera..
-
Bene. – Si alza dalla sedia, senza aggiungere altro. – Adesso devo proprio
andare ma mi farebbe piacere uscire con te di tanto in tanto, se ti va sai dove
trovarmi. Ci vediamo domani in classe, ciao! – Esce dalla stanza come una saetta
e mi ritrovo a sorridere come un ebete. Finalmente un amica! Guardo nuovamente
il comodino, forse per abitudine, e noto che il foglietto bianco tanto agognato
è di nuovo lì. Ma stavolta è diverso, è stropicciato, ingiallito, un po’
bruciacchiato.
Lo
prendo tra le mani e lo apro, quella non è la mia
calligrafia.
Era,
sono io.
Dato
che mi hai dato del “tu”, ricambio la cortesia e ti
rispondo.
Posso
solo dirti quanto sono dispiaciuto per tutto il male che ti sto causando. E’
solo colpa mia se stai avendo tutti questi problemi, mi dispiace molto non poter
essere lì con te. Ma è meglio stare separati,
credimi.
Ogni
qualvolta avrai voglia di vedermi pensa ai danni che potrebbe provocare. Pensa a
tua madre, a tua nonna, al mio popolo, alla guerra. Pensa che non ne vale la
pena, io sto provando a convincermi che sia così. Ti prego, perdonami se puoi.
Se solo avessi saputo sin dall’inizio come sarebbe finita non avrei mai
oltrepassato il confine. Sarei disposto a tutto per te, credimi. Se hai bisogno
di qualcosa scrivi un altro pezzetto di carta ed io ti risponderò, mi dispiace,
ancora.
Ate.
Immediatamente,
senza pensarci due volte, prendo un foglio dal taccuino e comincio a scrivergli
una risposta, nonostante le lacrime ferme sugli occhi mi impediscano di vedere
appieno.
Vieni
da me. Stanotte vienimi a trovare, hai detto che sai disposto a tutto. Hai detto
che se ho bisogno di qualcosa devo dirtelo. Bene, io ho bisogno di vederti, ho
bisogno di saperne di più. Ti prego Ate, se c’è un briciolo di compassione nel
tuo cuore non respingere questa mia richiesta. A mezzanotte. Io ne ho bisogno,
davvero. Vieni.
Piego
nuovamente la lettera e la lascio sul comodino, con le mani tremanti e il viso
nuovamente ricoperto di lacrime. Ho troppe cose a cui pensare, troppi problemi,
troppi segreti che non posso condividere con nessuno.
Ho
paura di ciò che può succedere ma devo rivederlo.
Capitolo lungo per farmi perdonare il ritardo, ci sono
riuscita?
Comunque vi ringrazio davvero per i commenti e le letture,
siete unici :3
Un grazie speciale alle poche che seguono tutte le mie ff
come Giorgia, Aria, Vale :D
Domandina: Vedreste meglio Asia come amica/alleata o come
ennesima nemica? L'ho descritta in modo da poterla rigirare come voglio.. voi
come la vorreste vedere? Decidete!
A presto, baci.
Stefy <3
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Capitolo 9 *** Se solo ci fosse un modo. ***
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Se
solo ci fosse un modo.
Sono
quasi le undici, ma Ate non ha risposto, o almeno non è apparsa nessuna lettera.
Segno che forse ha deciso di venire o magari ha deciso di ignorarmi totalmente.
Ma il mio foglietto è scomparso quando sono andata in bagno quindi Ate ha
ricevuto il mio messaggio, speriamo solo che mi accontenti. Per un attimo
ripenso alla ragazza di oggi pomeriggio, Asia.
Ha
qualcosa di strano lei, nasconde qualche oscuro segreto. Proprio come me, voglio
aiutarla perché non ho ancora un amica e lei sembra
carina.
Ad
un tratto sento la porta bussare, guardando l’orologio noto che manca qualche
minuto a mezzanotte. Il cuore inizia a palpitare, chi
sarà?
Apro
la porta e rimango delusa, quasi infastidita, sono proprio
curiosa.
-
Pan. – Lo saluto, guardandolo duramente e inarcando il
sopracciglio.
-
Salve, Era. – Mi saluta cordialmente e prova a prendermi la mano per baciarla ma
mi allontano come fossi colpita da una scossa elettrica, lui torna al suo posto
e mi guarda penoso.
-
Mi dispiace per come mi sono comportato, ho tante cose per la testa, scusami
tanto. – Mi dice, ma io non ho voglia di starlo a sentire.
Mi
volto, per guardare l’orologio e noto che sull’angolo invisibile agli occhi di
Pan c’è un ombra nera. E’ Ate! Deve essere lui! Devo cacciare
Pan.
-
Senti io devo proprio andare. – Socchiudo leggermente la porta ma lui rimane a
tenerla, vuole finire il discorso suppongo.
-
Siamo stati bene insieme, non è vero? Ho visto come sorridevi, devi solo
perdonarmi e tutto tornerà come prima, le nostre uscite insieme, i nostri lunghi
discorsi.. ti prego. – Mi dice ancora, ammorbidendo la
voce.
-
Ci penserò su, ora devo andare. – Stavolta gli chiudo davvero la porta in faccia
e lui non oppone resistenza, mi precipito all’angolo della stanza e metto le
mani sul viso del ragazzo, scostando i capelli.
-
Oddio! – Mi allontano spaventata e metto una mano sulla
bocca.
-
Chi siete? Cosa volete? – Inizio a chiedere, accorgendomi che il ragazzo non è
Ate ed è davvero malconcio. Ha ferite e sangue
dappertutto.
-
Io sono.. sono.. suo fratello. – Sussurra, poi sviene, macchiando il pavimento
di sangue. Sono tentata di urlare ma mi trattengo.
Lo
prendo di peso, senza sapere cosa fare, e lo metto sul
letto.
Ha
detto di essere suo fratello, intendeva il fratello di
Ate?
E’
svenuto, il probabile fratello di Ate è appena svenuto ed ha insanguinato il mio
letto. Ho bisogno d’aiuto, mi gira la testa.
Ho
paura, ho paura di ciò che è lui, di ciò che può
succedermi.
Le
gambe non mi reggono, oh dio, è proprio bello come suo
fratello.
Stessa
carnagione, stessi capelli ed occhi viola, quasi blu.
Mi
gira la testa, sto per svenire. Chiudo gli occhi un attimo e gli cado addosso,
sento il suo braccio sotto il mio collo, poi svengo, esausta di combattere il
mio malessere.
-
Svegliatevi. – Sento una voce molto vicina al mio orecchio ma non riesco a
svegliarmi, sarà tutto un sogno?
-
Vi prego, svegliatevi. – La voce è maschile, calda, roca. Un po’ affannata e
susseguita da brevi colpi di tosse. Poi ricordo di essere svenuta e apro gli
occhi improvvisamente scontrandoli con due iridi violacee. Il fratello di Ate è
ancora nella mia stanza, notando la luce capisco che è notte
fonda.
-
Oh Dio! – Rinsavisco, appiattendomi al muro, è vicinissimo a
me.
-
Non abbiate paura, sono Egle, il fratello maggiore di Ate. E’ lui che mi ha
mandato qui, si scusa di non aver potuto partecipare all’incontro.
–
Mi
guarda con quegli occhi penetranti e quasi mi fa sentire al sicuro. Sarà una
cosa di famiglia, penso sorridendo tra me e me.
-
D-dov’è Ate? Sta bene? – Chiedo in preda al panico, anche Egle non sembra messo
bene. E poi vorrei tanto avere Ate qui invece del
fratello.
-
Ate è impegnato, deve combattere, io ero al suo fianco ma sono stato colpito e
lui mi ha mandato qui, ha detto che arriverà presto. – Mi dice e sento il cuore
battermi forte, troppo forte. Ate sta combattendo? Contro chi? Ho troppa paura
di poterlo perdere, il forte dolore al petto torna prepotente, non voglio
svenire di nuovo, Egle potrebbe farmi del male. Non posso sapere con certezza se
è davvero il fratello di Ate, potrebbe essere una creatura malvagia, in fondo
non si assomigliano molto.
Inizio
a respirare affannosamente e mi piego sulle ginocchia, affondando la faccia nel
cuscino e reprimendo urla di dolore. Egle si precipita immediatamente a fianco a
me, mi cinge il fianco con una mano e mette l’altra sul petto, sopra la mia. E’
troppo vicino, troppo intimo, ho paura.
-
Sapevo che sareste stata male dopo questo, mi dispiace, dovevo dirvelo. – Mi
dice, ma la sua voce è ormai lontana ed i miei occhi sono già chiusi. Il dolore
è quasi sparito e Ate è accanto a me, capisco di essere
svenuta.
-
Ate! Eccoti! – Mi getto tra le sue braccia, consapevole che tutto questo è solo
frutto della mia immaginazione e lui, invece di abbracciarmi a sua volta, rimane
immobile, è pieno di sangue. Ad un tratto si inginocchia.
Riconosco
il luogo, siamo in una palude deserta, quella sotto il mio dormitorio. E’ tutto
fangoso, marrone e appiccicoso. C’è un odore terribile, e non siamo in un letto
bianco ma bensì in mezzo al nulla, tra cadaveri mozzati e puzza di morte. Vedo
sangue, teste ed arti sanguinolenti.
-
Oddio. – Dico solamente, accorgendomi di quante anime spente ci sono attorno a
noi, sono tutti morti, brutalmente uccisi e mutilati.
-
Ate.. ma.. – Cerco spiegazioni nei suoi occhi ma sono vuoti,
ghiacciati.
-
Ate. – Lo chiamo e lo tocco ma lui sembra in trance, voglio
risposte.
Voglio
andarmene via da questo posto, è macabro e poi Ate sembra quasi morto dentro. E’
fermo, inginocchiato e immobile, sguardo fisso, affamato.
-
Ate, ti prego, andiamo via di qui. – Gli dico, strattonandolo per un braccio,
lui sembra fatto d’acciaio. Per quanto possa tirare lui non si muove, non
accenna a barcollare.
-
ATE! PER LA MISERIA! ANDIAMO! – Urlo fuori di me, ad un tratto sento qualcosa
afferrarmi la caviglia, la puzza di putrefazione è insopportabile. Mi giro verso
il basso e noto una mano mozzata prendermi il piede e cominciare a tirare per
farmi cadere.
-
Fame. – Sento questa parola risuonare in tutto il campo di battaglia come se le
pietre, la terra, i rami spogli e le nuvole parlassero.
-
Solo fame, rabbia e sangue. Morte, Era. Salvalo. –
E’
la terra che mi chiama e mi parla, mi avverte, mi chiede
aiuto.
Sono
le foglie secche, gli steli dei fiori bruciati, riesco a sentire la bellezza che
c’era in quel luogo prima che diventasse un cimitero.
Sento
di essere in contatto con la natura e tutto ciò mi provoca sensazioni
contrastanti. Mi sento forte e potente, ma al contempo cupa e oscura dato che
quella natura, quel luogo, contengono sangue e morte da
secoli.
-
Dobbiamo andare via da qui, ciò che è rimasto di buono qui mi avverte della
morte e della fame. Dobbiamo andare, devo salvarti. Dove sei? Rispondimi Ate.
Rispondimi. – Gli chiedo, sento che il sogno sta svanendo, tra poco mi sveglierò
e non potrò salvarlo se non saprò dove si trova.
Ma
Ate non risponde, non accenna a muoversi. Improvvisamente capisco che lui si
trova nel sogno perché io ce l’ho portato con la mente, ma in realtà è così
ferito e malconcio che non riesce ad interagire come la prima volta. Mi sveglio
di colpo e apro gli occhi sospirando come se avessi avuto un incubo. Egle è
sempre accanto a me e mi regge ancora per il fianco accarezzandomi i capelli,
comprendo di non essere stata molto tempo svenuta stavolta. Lo guardo e non ho
più così timore, adesso so di avere il Dono. So di poter contattare la natura e
farmi aiutare nelle situazioni di pericolo quando ne ho bisogno, so di essere
magica.
Ok, avete tutta la
ragione del mondo.
Sono una cattiva,
cattiva, cattiva scrittrice. Sono un ingrata che non aggiorna da tanto tempo e
che non avverte le sue "amiche".
Scusatemi tanto, se
può farmi perdonare vi giuro che non è stata un assenza voluta ma ho perso una
mia zia di recente e sono stata troppo distrutta ed impegnata
per dedicarmi a voi e
a questa storia. Ringrazio anticipatamente chi commenterà, no ho davvero
bisogno.
Se avete dubbi su
questo capitolo, su Egle, Ate, sul "Dono" di Era o su qualsiasi altra cosa vi
prego di dirmelo. Vi chiarirò. Un bacio.
Stefy.
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Capitolo 10 *** Scoperte sconcertanti. ***
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Scoperte
sconcertanti.
-
Egle. – Lo chiamo, vedendolo scioccato guardare verso di
me.
-
Mi dispiace, Era. Non dovevo farvi preoccupare, siete stata male per Ate. Lui mi
aveva avvertito, mi aveva ordinato di mentirvi, ma voi siete una creatura della
luce ed io non volevo mentirvi. Vi ho detto che lui era in guerra, voi vi siete
preoccupata e siete stata male, mi dispiace. – Mi spiega come un cucciolo
indifeso, improvvisamente le prime luci dell’alba illuminano la
stanza.
Ricordo
di essere a scuola e di non poter mancare alle lezioni. Mia nonna sta già
tramando qualcosa con la rettrice e con mia madre quindi non posso assolutamente
insospettirle rimanendo in camera, ma devo salvare Ate. Come conciliare il
tutto? La lezione di poesia sarebbe cominciata tra quindici minuti e poi avrei
dovuto seguire quella di botanica fino alle dieci. Solo dopo sarei potuta
tornare qui per parlare con Egle. Ma era troppo pericoloso lasciarlo qui in
camera mia, non avrei mai potuto.
-
Era, siete sconvolta. State ancora male? – Mi dice con la sua voce roca e
malconcia, io mi volto facendogli segno di no.
-
Ho visto vostro fratello, Egle. Sta molto male, non è in grado di salvarsi da
solo, dobbiamo trovarlo. Dovete andare a cercarlo. – Gli dico, rovistando tra i
cassetti e prendendo un paio di bende con un secchio d’acqua. Prendo anche un
olio naturale che lenisce le ferite.
-
Tenete, curatevi e riposatevi qualche minuto. Ma io devo andare a lezione e voi
dovete salvarlo, vi prego. – Gli porgo tutto ciò che ho trovato per farlo stare
meglio e lui mi guarda stordito e confuso.
-
Non posso farlo, mi rincresce. – Mi dice e a me gela il sangue, com’è possibile
che non possa andare a salvare la vita del fratello?
-
Non posso uscire finché non si fa buio, altrimenti qualcuno mi vedrebbe e
scoppierebbe una guerra di dimensioni epiche. Era, non posso. Dovrò aspettare
stanotte. – Ad un tratto ricordo che per andare via deve passare esattamente
dall’aula di poesia, che a quest’ora sarà già gremita di persone e ragazzi
annoiati che guarderanno fuori dalla finestra per distrarsi. Non posso
permettere che lo vedano e fomentino la paura che c’è nella mia terra,
incrementando l’inizio della guerra.
-
Avete ragione. Ma io non posso rimanere qui, devo davvero andare a lezione. E’
indispensabile che io vada. – Gli spiego e lui annuisce velocemente, poi però mi
guarda con una strana espressione.
-
Devo chiedervi una cosa, capisco che voi non possiate stare qui e non vi chiedo
nemmeno di starci. Ma c’è un’altra persona che in questa scuola mi è amica. Si
chiama Asia e abita nella stanza qui di fianco, se voi poteste chiamarla io
starei più tranquillo. Lei si prenderà cura di me, l’ha già fatto in passato. –
Lui continua a spiegarmi il suo rapporto con la mia vicina di stanza ma io non
riesco a seguirlo, sono troppo scioccata dalla scoperta che anche Asia è una
simpatizzante di un guerriero, che tra l’altro è il fratello maggiore del mio
Ate. Mio? Ate e basta.
-
A-asia? – Dico in preda al panico. Ovviamente è credibile, quella volta che l’ho
incontrata con i piedi malconci era sicuramente andata nella palude, ma c’è la
barriera.. magari Egle gli aveva prestato la collana di famiglia, magari ne
esiste più di una. Oh dio, sono così confusa.
-
Si, mi ha detto di averti incontrata ma non sapeva ancora che tu conoscessi mio
fratello, per questo non si è rivelata. – Mi spiega il guerriero ed io nel
frattempo, rovisto di fretta tra i cassetti cercando una tunica da indossare per
andare a lezione.
-
Bene, allora andrò a chiamarla subito, nel frattempo possiamo anche darci del
“tu”. – Gli dico, rilassandomi. Al diavolo tutto, Ate è mio amico ed ha bisogno
di me, sta male. Per non parlare di Asia, che è molto simpatica ed ha le mie
stesse convinzioni, poi c’è anche Egle che è un guerriero valoroso ed un ottimo
fratello. Dovrei abbandonarli solo per non disubbidire alla mia famiglia, che
non ci mette nulla ad abbandonarmi e riprendermi come fossi una bambolina? Ho
deciso da che parte stare.
-Allora
io aspetto qui, grazie di tutto, Era. – Mi dice con voce diversa, più sciolta e
meno roca. Gli sorrido appena e mi chiudo in bagno, vestendomi di fretta. La
tonaca che indosso è bianca, con delle perline sul petto, e dei ricami sulla
gambe. E’ molto elegante, i sandali che metto sono giallo tenue. Lego i capelli
per metà, lasciando che alcuni boccoli mi cadano sulle spalle. Esco dal bagno in
fretta e, senza aggiungere altro, esco immediatamente dalla mia camera e faccio
pochi passi finché non arrivo davanti la porta di Asia. Respiro profondamente e
poi busso, dando tre colpi al legno bianco, dopo pochi attimi la porta si
apre.
-
Era! Oddio. – Dice improvvisamente prendendomi per il braccio e tirandomi dentro
la sua stanza come se fossimo in imminente pericolo.
-
Oh ti prego, dimmi che sai tutto. – Mi dice, con faccia pietosa e visibilmente
preoccupata. Io la guardo come per rassicurarla e lei mi sorride, aspettando
però una risposta completa.
-
Si, so tutto. E.. in camera mia c’è una persona che credo tu voglia vedere. E’
arrivato stanotte, mi ha chiesto di te. – Guardo la sua espressione mutare da
serena a felice e preoccupata.
-
Oh! Egle.. è qui? Andiamo! – Mi dice, aprendo la porta e trascinandomi
velocemente davanti la mia stanza. Vedo la gente nel corridoio guardarci
stranita, la lezione di poesia sta cominciando quindi il dormitorio è strapieno
di persone che camminano e guardano. Asia è troppo rumorosa per passare
inosservata, ha una faccia indescrivibile.
-
Devi calmarti o desteremo sospetti. – Gli dico aprendo lentamente la porta,
entriamo di fretta mentre i ragazzi ci fissano e chiudiamo immediatamente la
porta. Appena chiudo la porta, vedo Asia correre verso Egle, che è seduto sul
letto davanti alla bacinella con l’acqua.
Nel
lanciarsi su di lui la bacinella si rovescia e io mi ritrovo a fissare l’acqua
che si sparge sul parquet chiaro. Noto Asia che abbraccia Egle con tutta la
forza che ha in corpo, lui le sospira qualcosa tra i capelli e poi vedo le loro
labbra congiungersi e baciarsi con passione. Non avevo mai visto un bacio tanto
appassionato, se non da piccola, quando mio padre baciava mia madre. E’ un bacio
davvero carico di sentimento.
-
Dio, dio. – Impreca Egle mentre la stringe tra le braccia, Asia è praticamente
seduta sull’inguine del guerriero, a gambe spalancate.
-
Mi sei mancata così tanto, amore mio. – Le dice, Asia sorride a trentadue denti
e si avventa nuovamente sulle sue labbra. Io rimando immobile, impalata a
guardarli, incapace di voltarmi e pensare ad altro.
Improvvisamente
sento un senso di inadeguatezza mischiato ad invidia verso i loro confronti. Non
pensavo che tra due ragazzi della nostra età, tra due rivali eterni, potesse
scoppiare un tale amore. Nessuno della mia età, nessuno che conoscessi almeno,
aveva mai avuto un simile contatto.
-
Ti amo. – Dice Asia, abbracciandolo e stringendogli i capelli
corvini.
-
Grazie, Era. Grazie! – Per la prima volta in molti minuti Asia mi rivolge la
parola e si volta a guardarmi, io sorrido imbarazzata e mi appoggio al comò,
reggendomi e provando a smettere di tremare. La scena di pochi secondi fa è
stata così intensa e inaspettata che mi ha fatto quasi perdere i sensi. L’amore
tra quei due è tangibile, enorme e forte. Inaspettato.
-
Di nulla. Adesso devo davvero andare, ma voi fate pure come se fosse la vostra
stanza, io tornerò dopo le dieci e decideremo cosa fare stasera,
ok?-
Dico
con la velocità di un treno in corsa, i due piccioncini faticano a capirmi ma
poi annuiscono, io prendo il taccuino e la penna di fretta ed esco dalla stanza
come se avessi un cane rabbioso alle calcagna.
Faccio
le scale di corsa ed entro per un pelo nell’aula di poesia, che stava quasi per
essere chiusa. Prima di sorpassare la porta però, ho la strana sensazione che
qualcuno mi fissi, ma mi siedo ugualmente e comincio ad ascoltare le parole
della maestra. Poi la mia mente comincia a pensare ad Ate, a ciò che gli è
successo, a ciò che inspiegabilmente sento per lui.
Mentre
sono distratta riesco a percepire ciò che sta dicendo la maestra. Sta leggendo
dei versi di Shakespeare, dei versi che mi fanno
riflettere.
“Ho
superato quelle mura con le ali leggere dell'amore poiché non v'è ostacolo di
pietra che possa arrestare, il passo dell'amore..”
Anche
Ate ha superato per me delle mura e delle barriere insuperabili, credevo che le
avesse superate per curiosità ma adesso non ne sono più così sicura. Forse la
voglia che ho di rivederlo, non è dettata solo dall’affetto che si prova per un
qualsiasi amico, ma da quel sentimento che condividono Asia ed Egle, o da quello
che un tempo lontano condividevano mia madre e mio padre. Prima che lui
scomparisse e venisse esiliato da mia nonna.
-
Signorina Aris, bentornata, a quanto vedo la sua breve vacanza non le ha
concesso di essere più attenta a lezione. Che ne dice di tornare tra di noi? –
La maestra si rivolge a me con sarcasmo ed io mi ricompongo immediatamente,
sento gli occhi della classe puntati su di me e mi innervosisco immediatamente,
respiro con profondità.
-
Scusi. – Dico soltanto, lei continua a fissarmi per un po’ e poi riprende la sua
spiegazione. La lezione dura solo un ora, ma a me sembra una vita intera. Ho tre
pensieri fissi in testa, tre pensieri che non riesco a scacciare: Ate, il Dono
che ho scoperto di avere e la relazione tra Egle e Asia. Ma in ogni caso, tutto
ciò a cui penso, mi riporta sempre ad un'unica conclusione: io provo qualcosa
per Ate. Qualcosa di forte, è un legame possente, un legame davvero importante.
Ed ho intenzione di assecondarlo.
Ciao
bellissime/i, putroppo sono un pò scoraggiata dalle vostre pochissime
recensioni, dato che le letture sono molte. Non vi chiedo molto, solo qualche
parola. Un grazie ad AriaSolis, sempre presente :D Spero di non essere stata
troppo scontata con la relazione Egle/Asia, e che ne pensate della deduzione di
Era che ha scoperto di provare qualcosa per Ate? E' troppo precipitosa o.. l'ho
messa al tempo giusto? Fatemi sapere, vi prego! Un bacio.
Stefy.
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Capitolo 11 *** Alla ricerca di te. ***
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Fuga,
salvataggio, contatto.
-
Era! Svegliati dai! – Sento una mano scuotermi la spalla, è una piccola mano,
fine, da signorina. Ricordo che Asia è lì con me ed Egle, e che devo fare il
sacrificio.
-
E’ già ora? – Gli chiedo, con la voce tremolante, ho davvero troppa
paura.
-
Si, alzati adesso, devi vestirti, dobbiamo andare. – Egle ha la voce un po’ più
morbida del normale, ma è sempre mascolina e roca.
Asia
mi guarda con comprensione, probabilmente sa bene cosa sto
pensando.
Le
terre dell’ovest sono piene di sangue, miseria e morte, l’ho visto nelle mie
apparizioni. Io non sono una guerriera, non so difendermi, non ho un arma e devo
uccidere un animale. Non sono pronta a tutto questo, ho solo vent’anni, sono
appena uscita di casa per la prima volta e già mi sono incasinata tutto.
Appartengo ad un guerriero del male, la mia famiglia mi ha diseredata ed ora
trama qualcosa, probabilmente ho il Dono della natura. Sono troppe, davvero
troppe le cose che sto sopportando.
Mi
alzo dal letto di controvoglia e stiracchio le gambe, rendendomi conto che
indosso ancora la tunica di questa mattina. Asia mi sistema i capelli mentre
Egle mi porge un pezzetto di pane con del pomodoro. E’ molto gustoso anche se il
pane è stantio.
-
Grazie. – Mi rivolgo ad entrambi, è carino da parte loro preoccuparsi così tanto
per me, Egle mi sorride ed Asia mi accarezza la spalla e riprende ad acconciarmi
i capelli. Sento tirare verso l’alto molti ciuffi, mi faccio
male.
-
Asia, così mi fai male, lascia che li acconci io. – Le dico, dopo aver finito la
bruschetta col pomodoro. Lei non si muove.
-
Tu non hai idea di come sia ostile il terreno dall’altra parte, non puoi
acconciarli normalmente. – Mi dice, e poi finisce di
toccarli.
Mi
alzo e vado verso lo specchio, noto che i miei riccioli non ci sono quasi più.
Ha legato tutti i miei capelli al centro della testa, formando una crocchia, un
solo ciuffo mi ricade dal lato sinistro, contornandomi il viso. Non mi ero mai
legata i capelli così drasticamente.
-
Hai un paio di pantaloni, Era? – Mi chiede Egle,
interrogativo.
Io
sorrido e lo guardo accigliata.
-
Mica sono un uomo, certo che no! – Rispondo con ovvietà, poi noto che Asia ha
dei pantaloni in pelle nera ed un pezzo di stoffa nera legata al petto, a mo’ di
maglietta.
-
Oh. Siete seri. – Dico, abbassando lo sguardo, ma come mi stanno conciando? Egle
mi lancia un paio di pantaloni aderentissimi, in pelle nera, con dei fiocchi
sulle cosce che mi lasciano la pelle scoperta.
Asia
invece mi aiuta a spogliarmi, mentre il guerriero si chiude in
bagno.
Rimango
solo in mutande e mentre cerco di infilare quei pantaloni impossibili, la mia
amica mi allaccia un pezzo di stoffa sul petto. Mi rendo conto che è
incredibilmente striminzito, mi lascia buona parte del seno scoperto, e
l’ombelico è in bella vista insieme ai fianchi e alla
schiena.
-
No, io non esco così, mi dispiace. – Mi impunto, decisa a non
cedere.
Sembro
una sgualdrina, non posso davvero uscire così, soprattutto non per andare da
Ate. Cosa penserebbe se mi vedesse vestita così?
-
Era, devi mischiarti al popolo dell’ovest! Se vieni in tonaca e sandali ti
trucideranno in pochi secondi, ascoltami! Metti dell’inchiostro sui capelli e
andiamo! – Asia parla quasi arrabbiata ed io non mi sento in grado di
contestare. In fondo lei è quella esperta, io conosco Ate ed il suo mondo
assurdo da così poco tempo che non ho idea di cosa fare per
adattarmi.
Faccio
come mi dice, spargendo dell’inchiostro nero sui capelli e macchiandoli
irrimediabilmente. Asia viene da me con della cenere e me la mette sulle
palpebre, truccandomi. I miei occhi azzurri risaltano ancora di più, mi dice. Mi
alzo, spaventata, e vado davanti allo specchio, guardandomi. Sono totalmente
irriconoscibile, completamente cambiata. Sembro davvero una guerriera, adesso.
Mi faccio paura da sola.
-
Sei bellissima. – La voce di Egle sembra rapita dalla mia immagine, Asia
tossisce infastidita e comincia a truccarsi come me.
-
Possiamo andare. – Dice ad un tratto, aprendo la finestra.
Anche
lei ha gli occhi dipinti di nero ed i capelli pieni di
inchiostro.
-
Ma da.. da dove scendiamo? – Ho paura della risposta, non sono abituata a fare
queste cose. Sono sempre stata goffa e sgraziata.
-
Aspettate! Prendo i sandali! – Dico, vedendoli scendere aggrappati ai rampicanti
sotto la mia finestra, è appena passato il tramonto.
-
No! Devi venire scalza! – Dice Asia, prima di scomparire e cominciare la scalata
verso la palude.
Li
seguo con riluttanza, aggrappandomi forte ai rami dei rampicanti e scendendo con
la lentezza di un bradipo.
-
Dai, cazzo! – Egle e Asia sono già sotto la mia finestra, mi aspettano e sono
molto impazienti. Ovviamente io
tornerei indietro se potessi, ma Ate è ancora lì fuori, sta morendo ed io
sono l’unica che può salvarlo.
-
Eccoti finalmente! – Asia mi parla ed io mi rendo conto di aver già sceso due
piani senza accorgermene. Probabilmente il pensiero e l’apprensione che ho per
Ate mi hanno aiutata a velocizzare il tutto.
-
Se ti senti così in pensiero per lui è anche a causa della collana. – Mi dice
Egle, quasi leggendomi nel pensiero ed incamminandosi a passo felpato verso la
barriera. Non mi ero mai avvicinata tanto.
-
Sto bene. – Dico soltanto, mascherando la mia immensa voglia di piangere ed
urlare per lui. Camminiamo per qualche minuto e ci ritroviamo di fronte ad un
enorme barriera gelatinosa e a tratti fosforescente.
-
Wow. – Dico, come una bambina stupita di fronte al primo
giocattolo.
Egle
estrae la collana con lo scorpione e la pone davanti alla barriera, che
immediatamente si squarcia, aprendo un varco.
-
Veloci. – Sussurra Egle aiutandoci a passare dall’altra parte, io esito un
momento ma poi ripenso ad Ate ed entro veloce come un
fulmine.
Appena
entrata nello squarcio mi rendo conto di quante cose sono
cambiate.
Il
terreno è fanghiglia, puzza e si appiccica ai piedi.
L’odore
nell’aria è quasi insopportabile, sa di morte e decomposizione per non parlare
del paesaggio. E’ tutto grigio, marrone e spoglio, nudo,
crudo.
-
Dobbiamo trovare Ate, devi dirmi cos’hai visto nella tua visione. – Egle si
pronuncia con un fil di voce, mentre io continuo a guardarmi intorno quasi
paralizzata. Quel luogo ti insinua la paura nelle membra, la paura di divora
dall’interno. Mi sento già nervosa, allarmata.
-
Ho solo visto fango e corpi morti. – Dico cruda, senza aggiungere dettagli. –
Sembrava una palude, non c’era nient’altro. – Aggiungo.
-
Ok, so dove andare. Seguitemi. –
Dice, prendendo Asia per la mano.
Sento
il fango insinuarsi tra le dita dei piedi e solleticarmi, calpesto qualche
pietra e inizio a farmi male ma voglio andare da Ate,
subito.
Iniziamo
a percorrere la palude fangosa finché non avvistiamo delle case, o quanto meno,
dei ruderi.
-
Devo passare da casa, devo vedere se è lì. – Dice, e fa segno di aspettare dove
siamo. Io e Asia ci acquattiamo dietro un cespuglio spoglio, provando a non
farci vedere da nessuno, sbircio Egle tra i rami e noto che entra nella prima
capanna a destra. Improvvisamente la preoccupazione per Ate mi spinge ad alzarmi
e a corrergli dietro.
-
Ferma ma che fai! – Urla Asia, provando a prendermi, poi mi corre dietro. Mi
nascondo dietro la casa e percorro il perimetro stando molto attenta a non
incontrare nessuno, poi entro nella capanna malridotta.
-
Egle.. – Sussurro, Asia mi segue impaurita.
-
Che diavolo ci fate qui? Vi avevo detto di aspettare di sotto! – Urla
sussurrando, il suo tono è sommesso ma nervoso, vorrebbe
cacciarmi.
Mi
guardo intorno, rendendomi conto che quello è un luogo che non riconosco di Ate.
E’ troppo spoglio, troppo rude, troppo vuoto.
Ci
sono un paio di mobili malridotti e mal costruiti. Due letti ed una cucina, poi
c’è una porta che dovrebbe portare al bagno.
Una
casa e sole due stanze, quattro mobili e un tetto quasi totalmente inesistente.
Il legno è bagnato, marcio e ci sono insetti ovunque.
-
Qui non c’è, dobbiamo andare nella palude di Vulcano, dove c’è stata l’ultima
battaglia, sicuramente sarà lì. – Egle appare preoccupato, prima di uscire però
prende della fanghiglia da terra e la annusa.
-
Qui non è entrato, ne sono certo. – Dice ancora, stupendomi. Probabilmente,
essendo molto primitivi, i guerrieri hanno un grande olfatto. Dopo circa dieci
minuti di cammino affrettato arriviamo in una palude, i piedi mi si riempiono
ancora una volta di fango e l’odore di decomposizione mi spinge a tossire e
quasi a vomitare.
-
Il-il posto è questo. – Dico sicura, riconosco tutto. Io e Egle ci troviamo
davanti un campo desolato pieno di cadaveri mentre Asia è rimasta indietro,
non se la sente.
-
Bene, ora devi usare il tuo potere Era. Parla con la natura e fatti guidare da
lui, altrimenti perderemo troppo tempo. Devi.. devi solo trovarlo, ti prego. – I
suoi occhi sono supplichevoli ed io mi sento quasi in colpa per essere così
misera.
-
Non so come fare. – Dico, fin troppo disgustata e spaventata da ciò che vedo e
sento. Troppe morti, troppi uomini uccisi senza motivo. I miei occhi cadono su
un corpo sventrato proprio sotto i miei occhi. E’ una
bambina.
Inorridisco
e indietreggio spaventata, sento Asia sospirare da
lontano.
Egle
si posiziona subito davanti a me e mi prende il viso tra le mani, nascondendomi
la vista di quel corpicino.
-
Ascoltami, calmati. Lo so. – Dice mentre comincio a piangere disperatamente.
Sento di non potercela fare.
-
Lo so come ti senti, lo so cosa provi. Ate sta male però.. non puoi farti
vincere dai cattivi sentimenti, lascia che l’apprensione e l’amore che provi per
lui ti guidino fino al suo corpo oppure potremmo trovarlo troppo tardi. E’
notte, ci sono milioni di corpi su questo campo.. come puoi sperare di trovarlo
senza magia? Chiudi gli occhi, non pensare a niente, trovalo.
–
Le
sue parole mi spingono a fare un profondo sospiro e a calmarmi quasi
definitivamente, qualche lacrime sgorga ancora ma quando chiudo gli occhi sento
un senso di angoscia impadronirsi di me. Non è la mia angoscia, non sono io che
sto male.
-
Prendilo, salvalo e portalo con te, è
l'unico modo per redimerlo, devi mentire, devi salvare... – Sento una voce
sibilata entrare nel mio cervello, non appartiene ad Egle, né ad Asia né a
qualsiasi creatura umana.
E’
una voce spaventata, innaturale.. o forse fin troppo
naturale.
risposto per tutto questo tempo. Scusatemi, spero che con questo
"orrendo" capitolo mi farò perdonare.
Stefy.
- Dove? – Sussurro anch’io,
mantenendo lo stesso tono di voce.
-
Il tuo cuore ti porterà a lui, il tuo
amore ti porterà a lui. – La trance di cui ero prigioniera mi lascia, apro
gli occhi ed Egle mi guarda sconvolto.
-
So dove andare. – Dico soltanto.
Dritto
fino al grande albero di ciliegio, poi a sinistra fino al masso dei sacrifici e
poi qualche passo in avanti. Ate è lì.
La
strada è chiara nella mia mente, ma il difficile è
percorrerla.
Ok, senza dubbio avete ragione.
Sono una cattiva autrice e un'ingrata per non aver né aggiornato, né per non avervi risposto, dovete perdonarmi. Sapete che vi adoro, spero che questo capitolo vi piaccia.
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Capitolo 12 *** Un forte legame. ***
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Un
forte legame.
Dritto
fino al grande albero di ciliegio.
La
fanghiglia ed il sangue stantio sono ormai appiccicati irrimediabilmente ad ogni
parte del mio corpo, ma nonostante il forte dolore al petto, il fastidio a causa
dei vestiti e la paura di morire, io ed Egle avanziamo verso l’albero, è a
qualche metro da noi, ma mi sembra fin troppo lontano. Aumento il passo, ho
paura di ciò che troverò.
A
sinistra fino al masso dei sacrifici.
L’albero
spoglio e macchiato di sangue si trova davanti a me, Egle mi guarda
interrogativo ed immediatamente giro a sinistra, con la velocità di un bradipo.
Sento qualcosa di molliccio sotto i miei piedi scalzi, scivolo e cado a pochi
centimetri da una gamba mozzata. Un urlo sommesso e poi più nulla, Egle mi
riprende e mi rimette in piedi, spingendomi in avanti.
Le
lacrime mi solcano nuovamente il viso.
-
Calmati, continua! – La voce di Egle non mi permette di
replicare.
Continuo
a camminare alla ricerca di una roccia qualsiasi.
-
Dai, cucciola. – Egle si addolcisce, vedendo quanto sia
distrutta.
Improvvisamente
vedo qualcosa di distintamente nero, le luci del tramonto mi aiutano a
distinguere la famigerata roccia dei sacrifici.
-
O-ora capisco perché la chiamano c-così. – Dico balbettando sommessamente. La
roccia è immensa piena di interiora che assomigliano a cervelli, è accerchiata
da teste mozzate e dilaniate.
-
Questa è la roccia dove i traditori vengono uccisi. – Mi spiega Egle ed io
rabbrividisco e qualche lacrime continua a solcarmi le guancie. Ho una paura
tremenda, tremo in maniera spaventosa ma Ate è la mia
priorità.
Poi
qualche passo avanti.
-
ATE! – Il mio urlo è straziante, le gambe mi cedono e mi inginocchio accanto al
suo corpo martoriato. Ate ha gli occhi semi-chiusi.
Egle
rimane qualche passo indietro.
-
Mi dispiace, oddio, mi dispiace di averci messo tanto.. – Il petto comincia a
dolermi più forte del solito, inizio a respirare male e mi suda la
fronte.
-
Stai bene, sta bene! – Urlo ad Egle, che è vicino a me, guardando il sorriso di
Ate. Lui mi accarezza il viso e mi sorride, incurvando le labbra spaccate e
sanguinanti. E’ ridotto malissimo, ma è vivo.
Ancora
per poco. La
voce nella mia testa torna, rivelandomi quanto Ate stia male e quanto poco gli
resta.
-
All’ombra dell’angelo. – Ate dice questa frase a bassissima voce. – Spesso
alberga la presenza del diavolo. Scappa, anima mia. Scappa. – Mi dice,
avvertendomi di quanto sia pericoloso per me stare lì.
-
Io non ti lascio. – Gli dico, a voce alta.
-
Come sta? Sta bene? – Asia viene correndo, spaventata.
-
Sì. – Dico soltanto, continuando a stringere la sua mano tra le
mie.
-
C’è gente. – Dice lei, affannandosi a parlare. Egle sbianca,
girandosi.
-
Dobbiamo andarcene, saranno i raccoglitori. Sono vicini? – Chiede, mi domando
cosa siano i raccoglitori, ma subito dopo ritorno a guardare
Ate.
-
Spostati.- Egle mi scansa ed io mi rialzo con fatica, si abbassa e prende suo
fratello per una spalla, io mi posiziono sotto l’altra spalla e a fatica
riusciamo a farlo camminare tra i corpi morti dei suoi compagni di
guerra.
Ogni
tanto inciampa, ogni tanto cede.. ma tutto sommato riusciamo a tornare nella
loro capanna senza essere visti o fermati da qualcuno.
Ate
si sdraia nel letto aiutato da Egle.
-
Era, stagli vicino, tieni questa. – Mi da una lama affilata che assomiglia molto
ad una sciabola da pirata, incurvata sulla destra. Il manico non c’è, ma al suo
posto c’è un panno che impedisce di farsi del male.
-
Io ed Asia andiamo a prendere un cavallo per il tributo al dannato. – Mi
avverte, Ate prova a dire qualcosa ma la sua bocca non emette nessun suono, due
minuti dopo Egle non c’è più.
-
Grazie per avermi trovato. – Dice Ate. – Ma dovete andarvene, per me non c’è più
speranza. Non tutti hanno il Dono, passeranno giorni prima di trovare qualcuno
capace di salvarmi.. morirò. – Dice, biascicando le parole. Qualche lacrima gli
solca il viso, ripulendolo parzialmente dal sangue. Finalmente distinguo il suo
volto.
Improvvisamente
sento le sue labbra sulle mie, si è alzato sui gomiti e muove le labbra sulle
mie con urgenza.
Rimango
immobile, ferma, mentre una sua mano mi stringe ancora di più dalla nuca verso
di lui. Ad un tratto comincio a muovere le labbra insieme alle sue, sentendo
salire delle emozioni indescrivibili. Le mie labbra si schiudono insieme alle
sue e sento la sua lingua toccare appena la mia.
E’
la prima volta che faccio una cosa del genere, è la prima volta che bacio
qualcuno.
La
mia mano finisce sulla sua nuca, proprio dietro l’orecchio, inizio ad
accarezzarlo, spingendomi verso di lui e facendo appoggiare nuovamente sul
materasso. Non voglio che si faccia del male, alzandosi.
Mi
abbasso ancora su di lui, senza staccare le mie labbra dalle
sue.
Le
nostre lingue si sfiorano timidamente, ma dopo qualche minuto, finiscono insieme
nel più profondo dei modi. Non respiro, non ci riesco.
Mi
scosto senza volerlo e lui mi sorride, ha gli occhi
lucidi.
-
Non morirai. Io ho il Dono. – Dico col fiatone,
sorridendo.
-
Anche se non so ancora bene come farò a salvarti. –
Continuo.
Lui
rimane basito, impressionato e comincia a piangere.
-
Oh, oh. – Dice, senza riuscire a parlare distintamente. – Non posso crederci, io
non lo merito. Grazie, io non.. grazie. – Dice emozionato continuando a
lacrimare. Io sorrido, accarezzandogli ancora il collo.
-
Grazie, grazie, gr.. – Lo
interrompo baciandolo di nuovo.
-
Basta ringraziamenti, voglio solo che tu ti rimetta. – Dico, staccandomi quasi
subito. Lui sorride e gli occhi si illuminano nuovamente.
-
Dormi ora, Egle sarà qui fra poco. – Gli dico, ma lui invece di chiudere gli
occhi si sposta faticosamente verso sinistra.
-
Solo se tu dormi con me. – Mi dice, facendomi spazio. Mi corico senza
obbiettare, e lui mi cinge la pancia con il braccio, avvicinandomi al suo corpo.
Mi sento totalmente stretta a lui ed è la sensazione più assurda che abbia mai
provato. E’ perfetto, ma spaventoso.. e sbagliato.
-
Mia madre mi ucciderebbe. – Dico, soltanto, ridacchiando
appena.
-
Tua madre non c’è qui. – Mi risponde proprio dietro l’orecchio, rabbrividisco e
mi rendo conto solo ora di quanto è vicino.
Vorrei
dire tante cose, dirgli quanto ci tengo a lui ma decido di stare zitto e
lasciarlo riposare.
-
Fatina. – Mi chiama, dopo una decina di minuti, facendomi riaprire gli occhi. Io
decido di stare zitta, senza motivo.
-
Sei sveglia? – La sua voce è cambiata, è meno distrutta. Sta
meglio.
-
Bene, devo dirti delle cose. – Continua, vuole forse parlarmi mentre dormo?
Mentre fingo di dormire? Il cuore mi batte più forte.
-
Mi dispiace per tutto Era, sono un coglione. Ti ho trascinata in questo casino e
non lo meritavi, non meriti di vedere tutto ciò, di patire tutte queste
sofferenze. Sei così pura per me. Io.. non ti merito, non merito nulla di ciò
che hai fatto per me. Sono una fottuto assassino, ieri ho ucciso più di
cinquanta uomini con quella sciabola che tieni stretta. –
Improvvisamente
la butto a terra e mi volto verso di lui, spaventata e con le lacrime agli
occhi, lui si sorprende e poi mi abbraccia. Nascondo il viso sul suo collo,
inspirando quell’odore di sudore e sangue, piango.
-
Non piangere. – Dice. – Scusami, non sapevo fossi sveglia. –
Continua.
Improvvisamente
sento una certa rabbia montarmi e farmi impazzire.
-
Ah. Quindi volevi confessare tutto, toglierti il senso di colpa, consapevole che
io non avrei sentito una sola parola di ciò che dicevi? – la mia voce si alza da
parola in parola.
-
Ti prego, non arrabbiarti. – Mi dice, con una voce incredibilmente
bassa.
-
Non volevo farti del male, io volevo solo.. solo stare con te. – Dopo questa
rivelazione decido di respirare forte e stare zitta, non ho intenzione di
litigare con un moribondo, non con il moribondo che ho appena baciato perlomeno.
-
Ti prego, di’ qualcosa. – La voce di Ate ormai è tornata alla
normalità.
-
Non stai più male? – Gli chiedo, inizialmente calma. – Prima mi fai prendere uno
spavento del diavolo, facendoti credere mezzo morto e adesso vuoi discutere? Eh?
Io ho rischiato la vita per te, idiota! – Sbraito, stavolta alzandomi dal letto
e puntandogli il dito contro.
-
Cazzo, tu mi hai messa in questo casino! – Mi tappo la bocca immediatamente,
consapevole di aver appena detto la prima parolaccia della mia vita, dovrei
lavarmi la bocca dieci volte e confessare tutto a mia madre ma.. al diavolo! –
Cazzo. – Ripeto, a bassa voce. Poi scoppio a ridere nervosamente, senza motivo,
sento le lacrime scendere copiosamente sulle mie guancie ma continuo a ridere..
e comincio a piangere.
-
Era.. – La voce di Ate è cristallina, seguita da degli schiarimenti di
voce.
-
Qui c’è il cavallo. – Egle interrompe la conversazione e Ate abbassa nuovamente
la testa, sdraiandosi e smettendola di guardarmi.
Io
tiro su col naso e asciugo le lacrime.
-
Dobbiamo portarlo fuori e terminare il rituale prima che albeggi. – La voce di
Egle è sempre più dura e decisa.
-
Asia? – Domando, nel panico.
-
L’ho riaccompagnata a casa, basta una sola ragazza in pericolo. – Mi informa e
quasi mi ingelosisco di lei, Egle ha portato lei a casa mentre io sarò costretta
ad assassinare un cavallo e a rischiare la vita per Ate. Per un momento guardo
il mio guerriero, sdraiato sul letto, ancora stanco e sanguinante. Decido di
agire, di sbrigare questa faccenda, tornare a scuola e lavarmi i capelli il
prima possibile.
-
Procediamo. – Egle prende in braccio Ate, mentre io prendo il cavallo per le
briglie e lo porto al centro di un campo che secondo Egle è il posto più sicuro.
Siamo coperti da alberi, cespugli e foschia. E’ notte, siamo al sicuro. Egle mi
porge un coltello e mi sorride a metà, io tremo vistosamente. Ate è svenuto,
devo sbrigarmi..
-
Come.. – Egle mi fa segno di stare zitta, senza dirmi
altro.
-
Tu sai come fare, dentro di te, tu lo sai. – Tremo ancora di
più.
Ad
un tratto qualcosa dentro di me parla, mi consiglia.
Impugna
il coltello, puntalo dritto al cervello del cavallo e poi trapassalo tre volte,
in diversi punti. Aspetta un paio di secondi e dì le
parole.
Non
ho più paura, non provo neanche ribrezzo o senso di colpa per ciò che sto
facendo, socchiudo appena gli occhi e mentre Egle tiene fermo il cavallo io
faccio ciò che la voce mi ha detto. Prima coltellata, seconda coltellata, terza
coltellata. Sento il sangue schizzarmi in faccia, colarmi giù per il viso. I
lamenti del cavallo sono quasi inudibili ormai.
-
Tributum demon volo invocare, si interficere equus ad salutem.
–
Pronuncio
queste parole senza senso, e improvvisamente il cavallo smette di dimenarsi e si
accascia a terra con un tonfo, privo di vita.
Io
tremo, ricomincio ad avere paura perché sento che la natura mi ha abbandonata,
non è più dentro di me.
Improvvisamente
mi volto verso Ate e vedo che Egle si è abbassato e gli accarezza la
fronte.
-
Puoi farcela, fratello.. – Gli sussurra ripetutamente all’orecchio ma Ate resta
immobile, privo di sensi.
-
Eccovi finalmente. – Una voce agghiacciante si infiltra nelle mie orecchie, ho
paura di voltarmi. – Sono qui! – Urla, chiamando qualcun
altro.
Questo capitolo forse
è uno dei miei preferiti, c'è romanticismo e azione, suspence e paura.. ditemi
voi :P
Stefy.
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Capitolo 13 *** E' tardi per tornare. ***
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
E’
tardi per tornare.
-
Sapevo che qualcuno stava facendo un sacrificio, ne ho sentito l’aria, si
percepisce la magia del Dono. Chi siete? Presentatevi. –
L’uomo
di fronte a noi è imponente, pieno di muscoli e molto alto. Sembra un grosso
orso senza peli e senza pancia.
-
Signore, sono Egle, dalla casata Zahrah. Loro sono mia sorella Era e mio
fratello Ate. Ate è rimasto ferito in guerra, abbiamo provato a fare il tributo
al dannato ma ci siamo sbagliati, credevamo che mia sorella avesse il dono ma
così non è. – Egle mente spudoratamente e ripetutamente a quell’uomo, prima
proclamandomi sua sorella e poi mentendo riguardo all’incantesimo e al Dono. Mi
sento male per lui, chissà se qui la menzogna viene punita come succede nelle
mie terre.
-
State professando il vero? – La voce dell’uomo-orso davanti a noi è quasi
incomprensibile, troppo roca e cupa per essere compresa
subito.
-
Si, ve lo giuro signore. – Egle sembra quasi sincero,
cordiale.
-
Bene, allora vi lasciamo seppellire vostro fratello, ma ricordate.. all’alba
bisognerà che voi veniate in ufficio per dichiarare la morte di vostro fratello
in modo da poterlo escludere dall’esercito. E’ tutto chiaro? – Egle annuisce e
sorride appena.
Io
ho lo sguardo fisso su Ate, sono ancora abbassata accanto a lui e gli tengo la
mano, improvvisamente mentre Egle guarda e parla ancora con l’uomo-orso sento le
dita di Ate stringersi attorno alle mie. Vorrei urlare, infatti sobbalzo.. ma mi
fermo prontamente, fingendo che sia morto.
-
Signorina vi raccomando di non girovagare da sola, soprattutto la notte..
altrimenti nessuno può garantire per voi. – Quella frase mi mette i brividi,
vedo già una tenue luce spuntare all’orizzonte e capisco che non avrò il tempo
di tornare al Palazzo, non prima dell’alba almeno.
L’uomo
dopo una decina di secondi va via, richiamando con sé altri tre uomini ed io mi
precipito sopra Ate, quasi soffocandolo.
-
Sei sveglio? Ti prego dimmi che sei sveglio! – Urlo quasi, Egle osserva la scena
quasi mortificato ma quando Ate apre gli occhi e sorride suo fratello non può
fare a meno di imitarlo.
-
Grazie, Era, grazie! – Sento due braccia stringermi e Ate è ancora sdraiato a
terra, Egle invece mi ha appena presa in braccio e mi stringe come se fossi la
cosa più preziosa del mondo. Ate rimane per terra, sveglio e senza più ferite.
Magicamente si sono rimarginate tutto, rimane solo il sangue. Egle si stringe
ancora più a me, facendomi girare intorno.
-
Ok, può bastare. – La voce di Ate risuona nella palude mentre Egle non accenna
ad allontanarsi dal mio corpo seminudo, mi imbarazzo.
-
Scusa fratello, mi sono lasciato trasportare. – Egle si allontana ridacchiando
come un ebete, sembra rinato. Non l’avevo mai visto così spensierato e
scherzoso.. poi d’un tratto mi torna in mente il Palazzo.
-
Devo tornare a scuola! – urlo quasi come un ossessa, notando che il corpo di Ate
non è più in penombra ma è quasi totalmente illuminato. Saranno già la cinque
del mattino!
-
Non arriverai mai in tempo. – Inizio ad incamminarmi quasi correndo verso il
confine, pur non sapendo da che parte andare. Ma delle braccia si avviluppano
nuovamente al mio busto, stavolta è Ate. Riconosco il suo
odore.
-
Non puoi, ti prego di ragionare. – Mi dice, rimanendo appoggiato sulla mia
spalla, a tenermi stretta. – Stai con me, Asia ti coprirà, stai con me oggi.
Andiamo a casa, stai con me. – La sua voce è roca, irresistibile, le sue mani
scottano così come il resto del suo corpo.
-
Ma.. – Non mi lascia parlare, voltandomi la testa con una mano e baciandomi. Le
sue labbra secche e spaccate a contatto con le mie mi provocano ugualmente una
delle sensazioni più forti ed intense della mia vita. Forse è desiderio, forse è
qualcosa di più.
-
Ok. – Dico solo, una volta staccata dalle sue labbra. Lui mi lascia e cominciamo
ad incamminarci verso la sua capanna, poco distante. Egle ci segue con una certa
lentezza, rimanendo sempre dietro, in disparte.
-
Stai bene? – Mi volto, quasi preoccupata per lui e lui alza lo
sguardo.
Improvvisamente
ci raggiunge, mi sorride e comincia a camminare a fianco a me.. A volte ho
l’impressione che mi desideri.
-
Mi sei mancata. – Ate lo sussurra, forse non vuole che il fratello senta le sue
confessioni. Io lo guardo e gli faccio una carezza sul braccio, poi torno a
camminare, senza smettere di sorreggerlo.
-
Anche tu. – Sussurro piano e lentamente ma lui mi sente e
sorride.
Proseguiamo fino alla capanna, dove Egle
ci lascia per andare a dichiarare la falsa morte di Ate.
Io
insisto per far sdraiare Ate sul letto ma lui sostiene di stare bene e, dopo
essersi lavato velocemente, ritorna allo splendore di un
tempo.
Non
ha nemmeno un graffio né una macchia di sangue, indossa solo i suoi soliti
pantaloni di pelle.
-
Non avevo ancora avuto l’occasione di dirti quanto sei.. stupenda e incredibile
vestita così. – Mi dice, lasciandomi senza fiato, io ovviamente mi sento
ridicola e inopportuna ma magari a lui piaccio di più
così.
-
Grazie. – Sussurro, lasciandolo sedere accanto a me, sul letto
malconcio.
Lui
appoggia la testa sulle mie cosce e, quasi automaticamente, comincio ad
accarezzargli i capelli con delicatezza, lui sospira soddisfatto e
mugola.
-
Perché hai ucciso tutta quella gente, Ate? Ho così tante domande da farti che
non riesco quasi a pensare. – Dico, parlando veloce.
-
Perché mi hai legata a te, perché sono la tua poésia adesso? Perché – Mi
interrompo, cominciando a singhiozzare e cambiando nuovamente
umore.
-
Perché, tutto questo, non è una mia decisione, tu, perché. – Singhiozzo forte e
dico parole a caso, cercando di comporre una frase abbastanza straziante così da
farlo sentire in colpa. Lui alza la testa e si allontana un
po’.
-
Se solo tu mi avessi ascoltato quella volta che ti ho detto di non vederci più..
a quest’ora staresti bene, al calduccio, nella tua stanza a studiare e sognare
il principe azzurro. Ma tu sei testarda, non è così? – Mi dice, facendomi quasi
credere di avere torto. Ma poi rispondo.
-
E come mai, se non dovevamo più vederci, mi hai costretta con l’inganno a
diventare la tua donna? Mi hai regalato questa maledetta collana! – Sbraito, e
lui impallidisce.. finalmente non sa più come rigirare la
frittata.
-
Io volevo solo tenerti con me.. ora che ti ho legata a me, sento come stai, cosa
fai, cosa provi, sempre. E dato che non potevamo stare insieme, l’ho fatto
egoisticamente, sperando di poter avere almeno un po’ di te sempre con me. –
Quelle parole mi spiazzano, lasciandomi boccheggiante.
-
E perché, di grazia, vorresti avere sempre un po’ di me con te? – Chiedo, senza
capirne il motivo, o senza volerlo capire del tutto. Sono
infuriata.
-
Perché mi hai fatto perdere la testa, Era. – Mi dice,
spiazzandomi.
-
Perché dalla prima volta che ti ho visto il mio cuore si è riempito di te!
Perché sei una donna fantastica e perché credo di essermi innamorato di te. –
Dice, e mentre continua il suo fantastico discorso, io mi avvicino
impercettibilmente a lui, poco alla volta. La voglia di baciarlo è tanta ma la
paura è troppa, quindi esito, continuando ad ascoltarlo.
-
Mi dispiace di averti ferita, di averti portata qui e di averti delusa. – Si
gira dall’altra parte del letto ed io, con un gesto repentino, gli finisco
sopra, abbracciandolo e sedendomi sulle sue gambe.
-
Ok, scusami. – Gli dico. – Mi dispiace di averti dato contro.
–
Lui
comincia a baciarmi dolcemente la guancia con adorazione, io
sorrido.
-
E.. quello che ho detto è vero. – Dice, ad un tratto, spostandomi e
riappoggiandosi sulle mie gambe. – Credo di essermi davvero innamorato di te,
fatina. –
Una
sola lacrima di commozione e paura mi bagna la guancia, non riesco a rispondere,
ho paura di rispondere, ho paura di ciò che provo.
-
Grazie. – La parola mi esce spontaneamente, lui sorride e ritorna a sedersi.
Sembra inquieto, non fa altro che cambiare posizione da quando siamo qui. Si
alza, quasi indispettito, e va a guardare dalla finestra.
Alzando
gli occhi al cielo, noto che il tetto bucato è stato riparato in maniera
ottimale, anche la casa è un po’ più presentabile.
Non
è più sporca come prima e nel letto ci sono lenzuola
nuove.
-
Hai fame? – Mi chiede apprensivo, voltandosi nuovamente a
guardarmi.
-
No, per niente. Ma tu mangia pure. – Lo incito, sentendo il suo stomaco
brontolare. In verità ho un po’ di fame, ma decido di non
mangiare.
-
Ok. – Dice soltanto, aprendo la vecchia credenza in legno e tirando fuori un
paio di mele rosse. Le lava dentro un secchio e le morsica entrambe, inizia a
mangiare con gusto, prima una mela e poi l’altra,
alternandole.
Non
appena le finisce si stiracchia sul letto, stando quasi attento a non sfiorarmi
e poi chiude gli occhi, senza parlare o far rumore.
Ad
un tratto sento un forte bruciore alla gamba, così forte da farmi urlare di
colpo e svegliare Ate.
-
Che succede? – Continuo ad urlare, mi è impossibile dire ad Ate cosa mi
succede.. anche perché non lo so nemmeno io. Sento un dolore così forte che
credo che la gamba mi stia andando a fuoco.
-
La gamba. – Dico sforzandomi di non urlare troppo forte, stringo i pugni
graffiandomi i palmi con le mie stesse unghie. Ate mi guarda preoccupato,
apprensivo.. non capisce cosa mi succede, mi mette una mano sulla coscia, sopra
la mia. Tremo, piango e urlo da quasi dieci minuti.. poi il dolore si calma un
pò per poi ricominciare. Non ce la faccio più.
Ad
un tratto il dolore passa quasi del tutto, lasciandomi comunque scossa e
tremolante. Sento ancora delle leggere scariche di bruciore nella coscia che mi
fanno rizzare sulla schiena e rilassare nuovamente.
Decido
di togliermi i pantaloni, fregandomene se Ate è lì con me. Devo vedere cosa mi è
successo, dev'esserci qualcosa.
Le
mie mutande bianche sono sgualcite e malmesse, ma ad Ate sembra non importare.
Rimane sconvolto a guardare il piccolo marchio che è appena spuntato sulla mia
pelle.
E’
un cerchio, con una E al centro. E’ ancora caldo e brucia, come se fossi stata
marchiata con un ferro arroventato.
-
Mi dispiace, Era. – Dice Ate, guardandomi con compassione. – Credo che tu.. io
credo che tu sia appena stata esiliata. – Dice ancora, sconvolgendomi
del tutto.
Nuovo capitolo, nuovo
colpo di scena. Che ne pensate? Ennesimo litigio tra Ate ed Era, ennesimo
comportamento ambiguo da parte di Egle.. ma stavolta qualcosa è cambiato, Ate ha
ammesso di amarla ed Era non si è sentita pronta a ricambiare.. e adesso si
scopre perfino che non può più tornare nella sua Terra.. cosa accadrà? qualcuno
proverà a lottare per farla "riammettere"? O le daranno la caccia? Esponetemi le
vostre teorie, tesorine (:
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Capitolo 14 *** Delusioni. ***
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Delusioni.
Diario,
ho perso tutto, ormai è quasi una settimana che sono rintanata qui, nella
capanna di Ate, non posso tornare a scuola.. Egle ha incontrato Asia, mia nonna
sa tutto. Mi aveva fatto una specie di incantesimo e mi aveva messo un fermaglio
magico in mezzo ai capelli, è stato così che mi hanno scoperta. E mi ha
esiliata. Ecco cosa aveva in mente quando ha cercato di chiarire. Se solo Ate
fosse più presente tutta questa situazione non mi peserebbe più di tanto, ma
purtroppo la sua finta morte è stata scoperta e adesso lui deve scontare del
“lavori sociali”, pulendo i campi di battaglia. E’ diventato anche lui un
Raccoglitore. Raccoglie teste e corpi mozzati di gente morta, e poi torna da me
e mi bacia come se nulla fosse. Alcune volte vorrei tanto che tutto questo non
fosse mai successo, vorrei risvegliarmi e rendermi conto che sono ancora a
scuola e non è mai esistito nulla di tutto ciò.. e invece non posso. Ormai è
troppo tardi, se torno indietro mi rinchiudono per sempre, se resto qui rischio
di morire in ogni momento.. ed io voglio semplicemente ritornare alla vita di
prima. Voglio studiare, scherzare e passeggiare
spensierata.
Adesso
devo andare, preparo la cena ad Ate, tra poco torna.
Era;
Chiudo
il diario con un gesto secco e lo nascondo sotto il materasso. Sono cambiate
molte cose da quando mi hanno esiliata, ho apportato molte modifiche alla
capanna che adesso sembra quasi accogliente.
Il
tetto è ormai a prova di grandine, il pavimento aggiustato e ho perfino
costretto Ate a costruire l’altra parte del letto, in modo da fare un letto
matrimoniale. Ho lavorato perfino per creare una doccia rudimentale e coltivare
delle piante, fuori dalla capanna.. ma le piante sono tutte
morte.
Sono
otto giorni che mangio carne e pesce. Ho bisogno di verdure, ho bisogno di
frutta ma sembra proprio che qui non ne esista nemmeno
l’ombra.
-
Bentornato. – Dico, sentendo la porta scricchiolare.. ma non è
Ate.
-
Egle. – Aggiungo il suo nome al saluto e poi sorrido
cordialmente.
-
Ciao Era. – Si avvicina subito, dandomi un bacio sulla
guancia.
Si
mette dietro di me, senza preavviso, e ricomincia con uno dei suoi gesti ambigui
e fin troppo spinti. Mi prende la mano con cui sto impugnando il coltello e mi
aiuta a tagliare il pesce, guidandomi la mano.
Sento
il suo corpo duro aderire al mio e non capisco come mai non riesco a
respingerlo.
-
Ehm Ehm. – Due colpi d’avvertimento arrivano dall’uscio ed Egle si sposta
subito, sniffando per un ultima volta il mio profumo.
-
Cosa cucinate di bello? – Ate si avvicina a me, baciandomi sul collo ma non
smette per un attimo di fissare in cagnesco Egle che ricambia
beffardo.
-
Stavo aiutando Era col pesce. – Dice Egle, quasi ridendo, ma Ate non la beve..
resta accanto a me, sfiorandomi un fianco. L’aria è tesa,
cupa.
-
Lei sa benissimo cavarsela da sola, Egle. Ti chiedo di evitare, la prossima
volta. – Ate ha un tono di voce duro e minaccioso, ma
calmo.
-
Bene, mi metto da parte. – Dice, e io intuisco diversi sensi su questa frase ma
Ate sembra non accorgersi di nulla.
-
Ora vado, ciao fratello. – Dice Egle, con la stessa serietà nella
voce.
-
Ti auguro una felice nottata. – Detto questo scompare e io sospiro di sollievo,
finalmente Ate si calma, rilassando i muscoli contro il mio
corpo.
Si
struscia leggermente, toccando la mia pelle scoperta delle spalle e delle
braccia.. ma io continuo a cucinare, senza dargli
importanza.
-
Sei deliziosa. – Dice, mordicchiandomi leggermente la spalla, io
rido.
Però
non sopporto questi continui sbalzi d’umore. Un momento prima si litiga ed il
momento dopo si deve sorridere, non so fin quando riuscirò a stare ai loro
ritmi. Sono giorni che Egle prova a baciarmi o a farle altre cose di questo
genere e sono giorni che Ate s’infuria e poi torna normale. Come se cercasse di
proteggere un suo oggetto.. non come se suo fratello toccasse continuamente la
sua poésia. Forse aveva ragione Asia, forse sono davvero una sua proprietà, non
sono più una creatura, sono una cosa come tante altre. Questo pensiero mi mette
i brividi.
-
Stai bene, cucciola? – La voce di Ate è più roca e sensuale del
solito.
-
Egle ti ha fatto innervosire? – Mi chiede ancora.. e sento un fiotto di parole
cercare di uscire. Ma non voglio litigare e le trattengo.
-
Tieni, mangia. – Gli dico, dopo aver cucinato il pesce e averlo messo su un
piatto insieme ad una fetta di carne.
-
Tu non hai fame? – Mi chiede, quasi arrabbiato.
-
No. – Rispondo per l’ennesima volta in una settimana.
-
Era non mangi praticamente mai! Quando avrai intenzione di smetterla di fare lo
sciopero della fame? Non ti rimpatriano lo stesso, lo sai vero?
–
Il
suo discorso è giusto, ma detto con tono sbagliato ed infatti mi fa
innervosire.. sono una tipa molto permalosa, lo so.
-
Senti ma vaffanculo! – Gli dico, uscendo dalla porta e iniziando a camminare
verso il terreno di fronte a noi.
-
Era fermati! Cazzo! – Urla Ate, venendomi dietro, ovviamente intimorito da ciò
che potrei incontrare. – Fermati immediatamente, te lo ordino! – Mi urla ed io
sorrido, come se potesse servire a migliorare la
situazione.
Ma improvvisamente, mi fermo. Non è la mia volontà a farmi
fermare ma la sua. Provo a fare un passo avanti ma la mia gamba non si muove,
sono fuori di me dalla rabbia. Voglio davvero prenderlo a calci in culo. Mi ha
bloccata.
-
Mi dispiace ok? Mi dispiace tanto di aver usato questa cosa con te. Non avrei
mai voluto farlo, mi dispiace. Ma ti stavi cacciando nei guai e questa è la zona
dei cacciatori, quindi non volevo che ti facessi male. Scusami, ti prego. Puoi
muoverti adesso. –
Un
sonoro rumore fa eco per tutta la radura. La guancia di Ate diventa
immediatamente rosso fuoco e lui mi guarda infuriato.
Ma
poi rilassa lo sguardo, sa bene che ha sbagliato e sa bene che lo meritava. Mi
bacia immediatamente, io provo ad allontanarmi ma lui mi trattiene,
approfondendo subito il bacio e cingendomi per i fianchi.
-
Ti amo. – Mi dice, staccandosi e facendomi mancare il
respiro.
-
Ti amo anch’io, stronzo. – Gli dico, ancora col broncio, ma
felice.
Diario,
eccomi di nuovo. Sono quasi le sette del mattino ed io sono sfuggita dalla morsa
stritolatrice di Ate e sono venuta a sedermi qui, nel muretto fuori
casa.
Mi
piace guardare l’alba, o almeno mi piaceva guardarla da scuola.. perché sapevo
che da lì a breve sarei andata a studiare la mia amata poesia. L’alba segnava
l’inizio di un'altra fantastica giornata nella mia fantastica scuola. Mentre
adesso l’alba è solo l’inizio di un'altra giornata da sola, a combattere contro
le avances di Egle e a litigare con Ate per cavolate assurde. Sono sola, mi
sento sempre, costantemente sola. Ate va a lavoro, torna, litiga con me ed Egle
e poi va a letto esausto. Non ci riesco così.
Dio,
non ce la faccio più, ho i nervi a pezzi. Amo Ate, lo amo con tutto il cuore ma
non riesco a perdonargli ciò che mi ha fatto.. insomma, io non meritavo di
perdere tutto ciò che avevo sempre sognato. So che non è interamente colpa sua
ma.. non saprei, forse è l’unico a cui posso attribuire la colpa. La poesia per
me era tutto.. e anche se sono estremamente felice di stare con Ate, non sono
assolutamente soddisfatta. Mi manca il mio mondo, qui non posso nemmeno mettere
il naso fuori dalla porta. Ate non è mai a casa ed io ho bisogno di lui, sento
di non saper respirare senza di lui. Lo voglio, vado a
svegliarlo.
Era.
Poso
il mio quaderno malconcio che Asia mi ha fatto recapitare da Egle ed entro
dentro casa, facendo scricchiolare il legno sotto i miei piedi. Sposto la
tendina che ho messo davanti al letto e mi stiro lentamente accanto ad Ate,
rabbrividendo per il freddo. Sta per avvicinarsi l’autunno,
realizzo.
Mi
avvicino lentamente al collo di Ate, completamente alla mia mercé.
Bacio
la parte sotto l’orecchio e scendo languidamente verso il collo, senza sapere
esattamente cosa sto facendo. Lo sento rabbrividire sotto le mie labbra e
continuo a baciargli il collo, socchiudendo leggermente le
labbra.
Con
la mano comincio a sfiorargli il petto scoperto e con l’altra accarezzo i
capelli, arricciandoli con l’indice.
-
Buongiorno. – Sussurro con una voce che non ho mai avuto, è lievemente roca,
suadente, calda.
-
Ciao amore. – Si sveglia lentamente, godendo appieno delle mie attenzioni. Si
stiracchia lentamente, allungando e irrigidendo tutti i muscoli, ma io non
smetto nemmeno un secondo di coccolarlo.
-
Mm.. – Mormora, visibilmente soddisfatto, metto la gamba tra le sue e lui si
irrigidisce subito ma poi decide di lasciarmi fare, rilassandosi nuovamente e
mettendo le braccia nella posizione di prima.
Le
mie labbra stavolta trovano la clavicola, baciandola con
passione.
Noto
che ad Ate viene subito la pelle d’oca e che i muscoli della pancia si
induriscono per la tensione o per chissà cos’altro.
-
Era io.. penso che.. – Si blocca quando la mia gamba si stringe ancora di più
tra le sue, sfiorandogli l’inguine. Tremo come una bambina ma non ho intenzione
di smettere perché le sensazioni che provo sono le migliori che abbia mai
provato in vent’anni.
-
Pensi cosa? – La mia voce è suadente ma ferma, senza
ripensamenti.
-
Io.. – Si blocca di nuovo perché la mia gamba preme sul suo punto più sensibile,
facendogli stringere le mani attorno alla mia coscia.
-
Basta. – Si alza di botto, sospirando e tossicchiando,
instabile.
-
Dio.. – Dice poi. – Mi dispiace. – Aggiunge. – Devo lavarmi.
–
Detto
questo scompare in bagno, e non si fa rivedere per la mezz’ora seguente.
Possibile che abbia fatto qualcosa di sbagliato?
Insomma,
io volevo solo farlo stare bene.. ma magari non ne so davvero nulla di queste
cose. Mi muovo nervosamente sul letto e sento di essere umida.. non riesco a
pensare ad altro che al corpo muscoloso di Ate contro le mie cosce, sotto le mie
mani, a contatto con le mie labbra.
Stranamente
sento il bisogno di soddisfarmi e togliermi questo pensiero fisso che ho da
diverso tempo.. ma non so come, cosa si fa in questi casi?
- Stai bene? – Improvvisamente la voce di Ate mi sorprende,
facendomi saltare e sedermi sul letto
come una molla, le mani strette l’una all’altra. Ho i nervi a mille,
sono davvero ansiosa, non capisco come mai sto così per
lui.
- Si, certo. – Dico, poco sicura. E’ totalmente bagnato,
con solo una tovaglia sulla vita a coprirgli le gambe fino a metà coscia. E’ una
visione. Rabbrividisco e sento le mie mutandine, bagnarsi ancora di più, mi
irrigidisco immediatamente.
- Vieni qua, per favore. – Dico,
aprendo le braccia per farlo mettere davanti a me, lui si piega a novanta
e mi abbraccia per qualche secondo abbracciandomi. Io ho le gambe incrociate, la casacca
molto alzata. Ma con lui sto bene così.
- Devo vestirmi. – Dice, allontanandosi, ma io lo
trattengo per una mano, non voglio che se ne vada di
nuovo..
- No, non devi. – Dico, alzandomi e baciandolo con slancio,
lui
rimane sbigottito e immobile, non ricambia né il mio abbraccio né il mio
bacio. Rimango su di lui per qualche secondo ma poi sbuffo,
irritata.
Mi
delude, mi scoraggio e mi allontano, perdendo la speranza di riuscire
minimamente a sedurlo.
-
Vado a vestirmi. – Dice, scomparendo ancora una volta in
bagno.
Al diavolo, Egle non avrebbe esitato un attimo a lasciarsi
baciare, penso di botto.
Nuovo
capitolo, grazie a Lisa, Acid e Aria per commentare sempre.. grazie anche alle
altre e alle lettrici (:
Baci,
ditemi cosa ne pensate.
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Capitolo 15 *** Si torna a casa. ***
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Si torna a casa.
Ate
è ancora chiuso in bagno, doveva vestirsi ma ora come ora sento il silenzio più
assoluto, possibile che abbia detto una bugia solo per allontanarsi da me? Non
riesco a ancora a capacitarmi di aver fatto qualcosa di sbagliato che l’abbia
offeso o infastidito. L’ho solo baciato e toccato per un po’.. e lui si è alzato
come se avessi la peste.
-
Vado a lavoro. – Mi dice, dirigendosi verso di me, per
salutarmi.
Le
sue labbra si appoggiano piano sulle mie, sta per allontanarsi ma io continuo a
baciarlo ed inserisco la lingua, poi si stacca, di nuovo. La mia autostima
raggiunge dei livelli così bassi da farmi arrossire.. ma che succede?
-
A stasera. – Mi dice, uscendo di corsa, come se l’avessi appena
torturato.
Sento
due lacrime scendermi sulle guancie bollenti,
raffreddandole.
Mi
sento davvero nel peggiore dei modi, sento di non avere più nessuna ragione di
vivere. Se Ate non mi ama e non mi vuole, che ci faccio io qui? Per quale motivo
ho perso tutto nella mia vita? Solo per qualche bacio?
Io
credevo che Ate fosse l’uomo della mia vita, credevo che..
-
Era! Stai piangendo! – Egle si precipita immediatamente davanti a me,
inginocchiandosi ai miei piedi e guardandomi dal basso in alto. Ci mancava solo
lui! Non ho davvero tempo per essere stuzzicata da lui, ancora una
volta.
-
Stai bene? – Dice, mi accorgo che sto davvero da schifo.. piango
ancora.
-
No. – Dico, lo aiuto ad alzarsi e lo abbraccio forte, piangendo sulla sua
spalla. Sento, come al solito, i muscoli guizzanti contro il mio corpo ma decido
di non farci nemmeno caso. Il suo profumo è molto simile a quello di Ate, il suo
corpo e il suo viso sono solo leggermente diversi.. mi conforta il suo
abbraccio, le sue mani che mi accarezzano i capelli.
-
Lo so, lo so cosa stai passando. – Mi dice, continuando ad
accarezzarmi.
-
So quanto stai male, so quant’è ingiusto tutto questo. – Continua ed io ho la
strana sensazione che lui mi capisca davvero, pensavo che Egle fosse solo un
superficiale e presuntuoso playboy, ma forse sbagliavo.
-
Ti prego, ti prometto che ti aiuterò a farti tornare a casa, te lo
prometto.-
Mi
dice e chissà per quale strano motivo, decido di dargli un bacio sulla guancia e
continuare a stringerlo.
-
Grazie, Egle! Sei davvero gentile. – Dico, poi decido di
staccarmi.
-
Figurati, Era. – La sua voce è delicata, non roca e burbera come al solito, le
sue mani sembrano più dolci.. il suo sguardo più sincero.
-
Però devo chiederti una cosa, per cominciare. – Gli dico,
decisa.
-
Devi solo farmi il favore di smetterla di avvicinarti così a me, Ate si
innervosisce e nemmeno a me fa molto piacere. – Lui mi guarda come se avesse
appena visto un fantasma.
-
Scusa, ma di che parli? – Dice, con lo sguardo più penetrante del
mondo.
-
Per favore, non fare finta di nulla, sai bene cos’hai fatto in questa
settimana.. – La mia voce si fa leggermente più dura, perché negare
tutto?
-
Era, ma che stai dicendo? Sono venuto a casa vostra massimo due volte e tu eri
sotto la doccia! – Dice, come se fosse la cosa più vera del
mondo.
-
Egle! Sei stato tutti i giorni qui
a toccarmi e provare a baciarmi! -
Sbraito,
un po’ per la rabbia, un po’ per la voglia di avere
ragione.
-
Era, forse il fatto che mangi poco ti sta rovinando il cervello.. guarda che io
sono venuto solo un paio di volte, puoi anche chiederlo ad Ate.
–
-
Ti ricordo che tu ed Ate litigate tutti i giorni per questo tuo comportamento,
quindi non ti conviene chiedere proprio a lui.. – La sua faccia è sconvolta,
sembra quasi che lui non sappia davvero nulla.
-
Oh no. – Dice soltanto, sussurrando spaventato. – Non di nuovo.
–
-
Che succede? – Chiedo, spaventata ancor più di lui. Altri
guai?
-
La mia maledizione. – Il suo sussurro è quasi impercettibile, sembra che stia
parlando da solo ma io mi sforzo di capirlo ugualmente. – E’
tornata.-
Il
tono della sua voce mi fa ghiacciare il sangue, le sue parole sono
incredibilmente spaventose, possibile che dovessi avere altro di cui
preoccuparmi?
-
Spiegami, Egle. – Gli chiedo con voce balbettante, improvvisamente sento freddo
quindi mi metto sotto le coperte, seduta e aspetto.
-
Io.. ho un.. non so come definirlo.. ho un parassita dentro di me. – Mi
dice. – E’ un parassita originario di qui, lo chiamiamo Mutatio. – Si passa una
mano tra i riccioli e poi muove le mani nervosamente. – E’ una specie
di animale che si attacca alla tua anima e che sprigiona le tue parti
più nascoste, quelle che dovrebbero restare nascoste, e poi ti cancella i
ricordi di quegli accaduti così che tu non ti accorga di ciò che ti sta
succedendo. – Dice, quasi piangendo adesso. Inizia a strusciare le mani l'una
sull'altra e si mantiene ben distante da me, strizzando gli occhi
velocemente.
-
Io.. non ne sapevo nulla, mi dispiace! Ma perché ad Ate non è venuto in mente? –
Dico, incredibilmente sospettosa. Possibile che Ate crede davvero Egle capace di
tanto?
-
Io e Ate non siamo stati mai molto uniti, io preferivo altre compagnie.. lui non
è sempre stato così tranquillo. Era una testa calda, uno che non ragionava.. e
le sue colpe andavano sempre a me, quindi non siamo mai stati insieme più di
tanto, per questo non abitiamo insieme. – Spiega.
-
Quindi magari lui non mi conosce più di tanto, purtroppo. – Nella sua voce c’è
una nota di malinconia e tristezza degna d’essere notata.
-
Mi dispiace per qualsiasi cosa io abbia fatto, Era. Dimmi solo una cosa.. – Dice
con voce bassa, spaventata e intristita. – Ho tradito Asia?
–
La
sua domanda mi spiazza, il suo amore per lei è così
grande.
-
No, non te l’ho permesso. – Dico sincera. – Ma ora dobbiamo trovare un modo per
liberarti da questo Mutatio. – E’ incredibile quante cose mi stia trovando ad
affrontare, quante cose siano spuntate così.. dal nulla.
-
C’è solo un modo per liberarsene. – I suoi occhi sono smeraldi ghiacciati, le
sue mani sono quasi bagnate, tanto è il sudore.. le gambe
tremano.
-
Devo allontanarmi da tutti voi, esiliarmi.. e aspettare che passi. – Dice,
sofferente. - E se non dovesse passare? – Chiedo dubbiosa e impietosita da
Egle e dalla sua tragica storia.
-
Dovrò.. uccidermi. – Dice, mozzandomi il fiato. – Non posso continuare a
mettervi in pericolo. –
-
Ma non mi hai messa in pericolo! Posso sopportare qualche stupida avances. –
Sorrido lievemente, con la morte nel cuore. Egle sta male, sta davvero male.. e
non solo mentalmente. Forse ha la febbre.
-
Forse non hai capito la gravità della situazione! – Stringo le coperte attorno
alle mie ginocchia. – Questa.. COSA dentro di me può spingermi a uccidere,
stuprare, torturare gente! Non si parla solo di far innervosire mio fratello..
posso diventare un mostro, posso diventare diabolico. –
Quell’aggettivo,
con quel tono e quello sguardo, contribuisce a far crescere la mia immensa
paura.. non credevo che la situazione potesse essere così tragica,
improvvisamente ho timore perfino a stare con lui nella stessa
stanza.
-
E perché adesso non mi stai uccidendo? Forse il parassita è andato via. – Non è
un mio pensiero, più che altro è una mia speranza.. la più
grande.
-
No, non appare sempre. Non so da cosa dipendano le sue apparizioni ma adesso non
è con me. – Sembra che stia cercando di ragionare da solo, lo vedo camminare a
destra e a sinistra, per tutta la stanza, torturandosi le mani e leccandosi
frequentemente le labbra secche.
-
Dovevo capirlo, maledizione. – Dice, colpevolizzandosi. – Ho avuto diversi vuoti
di memoria, maledizione. – Continua a prendersi tutte le colpe e comincia a
colpire ogni oggetto che gli capita a tiro, compreso il mio diario che cade a
terra e si apre proprio al centro.
-
Cos’è questo? – Dice, prendendo il diario e mostrandomi un messaggio scritto in
rosso. Mi alzo di botto, togliendoglielo dalle mani. Guardo la pagina e la frase
scritta sopra. La scrittura non è mia, la penna nemmeno.
Torna
Era. Tua madre ha bisogno di te.
Nonna
Nike.
Nike?
Nonna Nike? Rileggo il messaggio per diverso tempo e poi mi sento svenire,
fortunatamente Egle mi sostiene prendendomi braccia.
-
Sbaglio o Nike è la stessa che ti ha marchiato sulla coscia? – Mi chiede Egle ma
io non ho la forza di rispondere, troppe cose.. troppe messe insieme. Alzo la casacca d’istinto e noto che il
cerchio con la E sono scomparsi. Non c’è più nessun marchio, posso tornare a
casa mia!
-
Ferma. – Egle mi trattiene ancor prima che possa muovermi. – So cosa stai
pensando, ma devi riconoscere che tua nonna fin ora è stata fin troppo furba..
potrebbe essere uno stratagemma per farti tornare. Ragiona.
–
“Tua
madre ha bisogno di te” mi ripeto, pensando che potrebbe esserle successo
qualcosa di brutto. E’ pur sempre mia nonna, non potrebbe farmi nulla di male
no? E poi lei non mente, non mente mai. Manipola sì, inganna.. ma non
mente.
-
No, devo andare. – Dico, costringendolo a lasciarmi con uno degli sguardi più
trucidi che abbia mai lanciato su qualcuno.
-
Accompagnami immediatamente al confine, Egle. – Il mio è un ordine, non una
richiesta. – Fallo, te ne prego. – Lui prova a parlare ma lo
interrompo.
-
O mi accompagni tu o vado da sola, decidi. – Detto questo prende uno scialle, me
lo mette sulle spalle e inizia a camminare, verso il
confine.
-
Mi saluterai Ate? – Chiedo, lui annuisce. Tremo, tra qualche ora sarò a
casa.
|
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Capitolo 16 *** La magia del Dono. ***
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
La
magia del Dono.
Il
cammino verso il confino non è troppo estenuante ma mi fa ugualmente stancare,
tanto che, a metà strada, Egle mi costringe a salire sulla sua schiena.
Camminiamo per qualche minuto.. finché non scorgo all’orizzonte il Palazzo della
Sapienza. Scendo immediatamente dalle spalle di Egle, ormai sfinito, e comincio a correre tra la fanghiglia.
Sono le tre del pomeriggio, c’è un afa bestiale anche se ormai è quasi autunno,
il palazzo è illuminato dalla luce forte del sole che mi abbaglia e mi fa girare
la testa.
-
Fermati, Era! – La voce di Egle arriva in lontananza, io sono quasi al confine
ma mi rendo conto di dovermi fermare perché è lui ad avere la collana di
Scorpius. Dopo un paio di minuti
Egle mi raggiunge, quasi ansimando per la fatica e mi
abbraccia.
-
Mi raccomando, per qualsiasi cosa.. io ci sono. – Mi dice. – Sta attenta, non
fidarti di nessuno e soprattutto non fidarti di tua nonna! – La sua
preoccupazione per me mi fa quasi commuovere, ricambio il suo abbraccio con
paura e apprensione, sono preoccupata per lui.. per il Mutatio che lo sta
divorando da dentro e soprattutto sono preoccupata per Ate. Lo sto lasciando
senza nemmeno salutarlo, anche se sono ancora risentita per il suo comportamento
continuo ad amarlo con tutto il cuore.
-
Scriverai un biglietto? Faremo in modo di averlo, basta che tu lo dedichi o a me
o a mio fratello ed il messaggio arriverà. – Io annuisco.
-
Ma come..? –
-
Un altro dei trucchetti di Scorpius, un mago davvero in gamba, il mio antenato.
– Mi spiega ed io continuo ad annuire come un ebete, non so che altro fare, la
sua spalla scotta ed io sento che è arrivato il momento di
andare.
-
Grazie di tutto, ti prego.. fa’ in modo che Ate capisca perché me ne sono andata
e soprattutto fa’ in modo che mi perdoni. – Gli chiedo, quasi supplicante e lui
mi guarda un po’ divertito.
-
Mi ucciderà per averti aiutata. – Mi dice, con un filo di serietà nella
voce.
-
Ciao, scimmione. – Lo saluto, con il nomignolo che gli ho attribuito qualche
giorno fa.. lui ricambia con un bacio sulla guancia e apre uno squarcio sulla
barriera, lasciandomi passare. Sono a casa, sono nella mia terra. La sofficità
dell’erba sotto le mie dita me lo conferma, sorrido.
Il
profumo dei peschi in fiore e della terra coltivata mi riempie le narici, mi
volto un'unica volta indietro, con una lacrima che mi riga il viso, saluto Egle
con malinconia ancora una volta e comincio a camminare lungo il perimetro del
Palazzo, pronta a rientrare e a ritornare alla mia vecchia vita. Il tempo sembra
rallentare sempre di più, ed io mi sento insicura.
Per
la seconda volta in un mese, quando rientro al Palazzo mi squadrano dalla testa
ai piedi. La gente parla e straparla su di me, indicandomi, disprezzandomi e nel
migliore dei casi, deridendomi.
-
Salve. – Saluto la dolce signora dai capelli rossi che mi aveva gentilmente
accolta il primo giorno di scuola. – Volevo sapere se.. –
-
Io non so nulla, sali in presidenza se vuoi qualche informazione, io non sono il
tuo Cicerone, cara. – Mi dice acida e maleducata, vado via senza salutarla,
sotto gli occhi di tutti.. mi sento soffocare. Cammino
veloce.
-
SMETTETELA DI GUARDARMI! – Sbraito, nervosa.. e gli occhi della gente attorno a
me si spalancano, il vociare non smette nemmeno per un secondo.. anzi aumenta,
ed io salgo al piano di sopra quasi correndo e sbattendo contro gente che non ho
mai visto. Probabilmente si sono iscritti nuovi studenti.
-
Ciao Era. – Sento una voce maschile alle mie spalle e mi volto, Drogo è dietro
di me, biondissimo e sorridente. La sua voce è bassa. Quasi avevo dimenticato
quanto Drogo potesse essere affascinante e accattivante.
-
Non dovresti salutarmi sai? Sono una fuggitiva, sono il male fatto persona..
potrebbero sparlare anche di te. – Dico sarcastica e acida come la signora rossa
al piano di sotto, lui sorride per metà e mi guarda.
-
Per quanto mi riguarda sei solo la ragazza meno sciatta e più interessante di
tutta la scuola. – Dice, stupendomi.. io sorrido.
-
Adesso devo andare. – Mi volto e ricomincio a camminare, il mio aspetto non è
dei migliori e sono senza scarpe ma non m’importa granché.
Salgo
le ultime due rampe di scale a chiocciola e poi mi dirigo subito verso la porta
bianca e immacolata della presidenza. Busso con un leggero tremolio alla mano.
Ho i capelli troppo in disordine.
-
Era, entra, ti stavamo aspettando. – La voce che proviene dalla presidenza è
senza dubbio quella di Desia, ma sembra fin troppo acuta per essere la sua.
“Stavamo aspettando?” penso, aprendo la porta e rivelando mia nonna, mia madre e
altri quattro sconosciuti.
-
Salve a tutti. – Sono risentita, credevo che mia madre stesse male e soprattutto
credevo che non mi stessero preparando un agguato ma capisco di sbagliarmi
quando noto che due degli uomini sconosciuti hanno l’abbigliamento da sciamani,
vogliono praticare la magia con me o su di me. Questo pensiero mi spaventa,
vorrei tanto tornare indietro adesso.
-
Siediti. – Un uomo parla e si alza in piedi, indicandomi la sedia. Indossa una
lunga tonaca blu con dei ricami color rame, mi guarda
severo.
Io
obbedisco, incrociando le gambe sotto la sedia immacolata.
Il
colore bianco, che si trova ovunque, mi infastidisce parecchio.. sembra di stare
al centro del nulla. Tavoli, sedie, librerie, muri e pavimenti.. tutti bianchi,
mi viene da vomitare e mi gira la testa.
-
Hai due possibilità. – Dice l’uomo. – Puoi sottoporti all’incantesimo del
Dimenticatio, che ti farà
dimenticare gli ultimi due mesi e puoi tornare a casa di tua spontanea volontà,
oppure puoi tornare a scuola, senza sottoporti ad un incantesimo particolare, ma
devi giurare sul cuore di tua madre di non intrattenerti mai più con Ate Zahrah
né con qualsiasi guerriero del male. – La sua voce è ferma, sicura e soprattutto
minacciosa.
-
Io credo che ci sia un'altra possibilità, invece. – Parlo e guardo mia madre
dritta negli occhi, è stupenda come sempre.. ma spenta.
-
Tu non hai diritto di credere, non hai diritto di decidere né di far nulla! –
Mia nonna si alza in piedi sbraitando questa frase, ma mia madre la prende per
un braccio e la fa sedere nuovamente, ricevendo uno sguardo trucido e quasi
pieno d’odio. Non l’aveva mai fermata prima d’ora, mai.
-
Posso tornare da Ate, posso continuare a vivere la mia vita lontana da tutti
voi, popolo di ipocriti e manipolatori! – Sbraito con
nervosismo.
-
Credete di poter ingannare tutti con le vostre minacce e i vostri codici, ma io
so come siete fatti! E so che Ate è molto meglio di tutti voi messi insieme,
branco di.. –
-
ORA BASTA! – Un altro uomo si alza, ha una lunga barba bianca e degli occhi
glaciali e spaventosi. Sembra un vecchio sgangherato.. ma
saggio.
-
Non intendo sentire altre blasfemie dalla bocca di tua figlia, Gea. Decidi per
lei o lo faremo noi. – Mia madre rimane ferma, senza parlare per un po’. Poi
sospira e mi guarda per un momento, io le faccio segno di “no” con la testa.. ma
lei lo ignora.
-
Fatele dimenticare, fatele dimenticare tutto. – Dice. – La porterò a casa oggi
stesso e mi premurerò io stessa di non farla tornare nei suoi errori.
–
-
Questo è un errore! Lei è stata dall’altra parte. E’ infetta, è marcia
dentro. Non c’è possibilità di redimerla, Gea! Ragiona, per l’amor del cielo!-
Il terzo uomo si alza sentenziando, ma io mi isolo e provo a non
ascoltarlo.
-
Esiliatemi, chiedo solo questo! – Dico, inginocchiandomi, ormai stanca di
lottare e combattere.
-
BLASFEMIA. Tu, stupida ragazzina ingrata, vorresti lasciare tutto QUESTO per
l’altro mondo? – Il quarto ed ultimo
uomo si alza urlandomi contro, improvvisamente mi sento piccola ed
indifesa.
-
Fatele dimenticare. – Mia madre ricomincia a pregare quegli uomini, pur sapendo
che non è questo ciò che voglio. – Ve ne prego. -
Sento
una rabbia immensa montarmi dentro e soprattutto sento un forte bruciore al
centro della testa, improvvisamente una voce appare nella mia testa, come quella
volta nella palude.
-
Puoi annientarli, puoi annientare tutto
con la tua forza ed il tuo potere, concentrati. – La voce è delicata, sembra
quasi che sia un fiore a parlarmi.
-
Ma come? – Dico ad alta voce, gli Anziani, mia madre e la rettrice mi guardano
sconvolti e allibiti.
-
Vedete? Proprio ciò di cui parlavo.. è pazza, parla da sola! – Sbraita il
vecchio dalla lunga barba bianca, io lo guardo con disprezzo.. poi la voce
ritorna.
-
Il potere è dentro di te, respira poi pronuncia le parole.
–
Faccio
come la voce mi suggerisce, respiro profondamente e butto fuori l’aria con
forza, chiudendo gli occhi per qualche attimo.
-
OMNIA OBLIVISCAR! – Urlo drammaticamente, rivolgendomi verso tutti in quella
stanza, improvvisamente sento uno strano potere provenire dalla terra, dalla
natura e arrivare fino alle mie mani.. sento le punte delle dita solleticarmi,
allungo le braccia quasi istintivamente e vedo chiaramente sprigionare un lampo
di luce di mille colori. Il lampo riempie l’intera stanza e va anche oltre. Le
persone davanti a me si bloccano per qualche secondo, chiudono gli occhi e li
riaprono tutti insieme.
-
Tesoro! Ma che ci fai qui? – La voce di Desia mi riporta alla
realtà.
-
Che succede? Che diamine ci facciamo qui? – Sbraita quel vecchio antipatico e
scorbutico, mia nonna e mia madre stanno zitte.
-
Era! Che stai facendo qui? Dovresti essere a studiare! – Ecco che mia nonna
torna a dettare legge, io sospiro sollevata.. ce l’ho
fatta.
-
Scusami nonna, sapevo che eravate qui a scuola, volevo solo salutarvi. – Dico,
mentendo, come d’abitudine ormai. – Vi lascio ai vostri affari. – Dico, uscendo
in fretta dell’ufficio e lasciando quelle persone a guardarsi confuse tra di
loro. Adoro il mio potere, adoro il fatto di essere così.
- Ciao! – Ecco Pan, che viene verso di
me, salutandomi con enfasi, hanno dimenticato tutti, hanno dimenticato tutto
solo grazie al mio potere.
Corro
immediatamente in camera mia, uscendo fuori la chiave che avevo gelosamente
conservato per giorni ed entro.
-
Oh, casa dolce casa. – Dico, chiudendo a chiave a sdraiandomi sul letto,
stanchissima e sporchissima. Poi penso subito ad Egle ed Ate, ad
Asia.
Amore mio,
Ti
scrivo questa lettera perché tuo fratello mi ha assicurato che la riceverai e
potrai rispondermi. So che probabilmente sarai furioso con me, o con Egle ma
devi capire che se me ne sono andata è stato solo perché io ne avevo bisogno ed
Egle è stato costretto ad aiutarmi, ma anche senza di lui avrei fatto lo stesso.
Io ci tengo ancora a te, e ti amo ancora, ma questo è il mio mondo, non posso
abbandonare tutto e tutti. Qui va tutto bene, ho usato la magia del Dono e
adesso tutti hanno dimenticato cos’è successo in queste ultime settimane. Tu
adesso devi pensare ad Egle ed al suo parassita, fai in modo che guarisca.
Tua
per sempre,
Era.
Piego
il bigliettino e lo metto sul comodino, poi vado a fare la
doccia.
Mi
spoglio, togliendo casacca e mutande, e mi metto sotto il getto tiepido
dell’acqua aromatizzata all’arancia che la rettrice fa preparare per questo
piano. E’ stupendo il profumo che emana, la morbidezza del sapone contro la mia
pelle, il vapore che mi riscalda e l’acqua che scorre su di
me.
Improvvisamente
mi rendo conto di avere una sola immagine in testa.
Ate.
Il suo profumo, la morbidezza della sua pelle, il suo respiro caldo contro di
me, le sue mani che mi sfiorano. Mi sento così vuota senza di
lui.
Non
posso farne a meno, ma non posso neanche stare senza il mio
mondo.
Io
ho bisogno di entrambe le cose, ho bisogno di sentire Ate qui con
me.
Istintivamente
tocco la collana che mi ha regalato ed inizio a sfregarla tra le dita..
mugolando di piacere grazie ai benefici della doccia.
Due
mani si sovrappongono alle mie, aiutandomi a toccare i fianchi e insaponarli
languidamente. Un respiro mi riscalda il collo e un corpo nudo e statuario
precede il mio, strusciandomi.
-
Ate, sei venuto. – Dico, ormai quasi totalmente in estasi.
-
Ci sono sempre quando tu mi vuoi. – Dice, respirando sulla mia spalla e poi
baciandola a labbra schiuse. Le sue mani sono calde e scivolose a causa
dell’acqua ormai bollente e del sapone.
-
Sei bellissima senza vestiti. – Mi dice, e solo allora ricordo di essere nuda,
nella doccia.. con lui. Mi copro il seno e il monte di venere con le mani, fin
troppo istintivamente.
-
Sta ferma, cucciola. – Dice, ricominciando a stringermi da
dietro.
Sento
la sua erezione puntarmi contro e inizio a tremare,
spaventata.
-
Sta calma. – Dice, strusciandosi appositamente su di me,
stavolta.
Le
sue mani mi sfiorando la pancia lentamente, salgono un po’ e poi riscendono
senza mai fare niente di troppo avventato. Il mio respiro è pesante, le mie
gambe rischiano di cedere e il suo corpo contro il mio è l’unica cosa che mi
impedisce di cadere rovinosamente per terra.
I
suoi baci sulle spalle mi fanno dedurre che non resisterò per molto, credo di
star per impazzire, o per morire.
-
Era, respira. – Mi sussurra all’orecchio, portando le mani tra i miei riccioli e
iniziando a giocare con la mia pelle più sensibile.
Il
mio sospiro gli da via libera e lui continua a toccarmi in una maniera così
intensa che non credevo possibile. Sento delle sensazioni incredibili
avvolgermi, vorrei provocargli le stesse emozioni ma la posizione in cui siamo
non mi permette di far nulla. Quindi decido di muovermi contro di lui,
improvvisando su tutta la linea.
Muovo
il bacino contro il suo e sento la sua erezione strusciarsi dappertutto, non
credevo che potesse esistere un corpo così perfetto. Ho sempre letto di amori
tormentati e passionali, di notti infuocate e corpi bisognosi, ma vivere certe
situazioni è tutta un'altra cosa. Il cuore mi batte a mille, le labbra si
seccano nonostante l’acqua vi scorra sopra ininterrottamente. I nostri ansiti
riempiono il vano della doccia, riscaldandolo ancor più e appannando il vetro
del box a dismisura.
-
Sei fantastica. – Dice, con una voce che non riconosco più come
sua.
Improvvisamente
le sue mani sembrano più grandi e ruvide, mi volto spaventatissima e noto che
gli occhi color bosco sono mutati in verde acceso. Quegli occhi, quei riccioli,
quelle labbra.. sono di Egle.
Urlo
a squarciagola e dopo due minuti capisco di essere nel mio
letto.
E’
stato solo un brutto sogno, penso.. stringendo forte le lenzuola e provando a
calmare tachicardia e respiro affannato.
-
Solo un brutto sogno. – Dico ad alta voce, convincendomene ancor
più.
Sento
ancora quelle mani su di me e la consapevolezza che non sono quelle di Ate mi
distrugge e mi fa quasi cominciare a piangere.
-
Ate, mi dispiace tanto. – Dico ad alta voce, quasi sperando che lui mi
senta.
Bel capitolo o brutto
capitolo? Commentate!
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Capitolo 17 *** Di nuovo insieme. ***
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Di
nuovo insieme.
-
Era! – La braccia di Asia stanno per stritolarmi, abbracciandomi nella maniera
più sbagliata possibile. Incredibile quanto uno scricciolo come lei possa avere
tanta forza nelle braccia. Sorrido come una bambina e respiro.
-
Ok, ora basta.. per favore. – Chiedo pietà ridacchiando e lei si allontana
arrossendo, l’intero corridoio è girato a guardarci. Noto diverse ragazze
chiacchierare su di noi, stiamo dando troppo spettacolo.. ma non m'importa
granché.
-
Tu ricordi? Ricordi tutto? – Le chiedo immediatamente, sperando di non aver
fatto dimenticare tutto anche a lei.
-
Sì, quando hai fatto l’incantesimo io ero dall’altra parte. – Mi spiega, sorridendo ed
io mi sento subito sollevata. Ma quando la guardo sento una strana sensazione,
magari il fatto di aver sognato il suo ragazzo mi provoca rimorsi ma sono
ugualmente felice di vederla e abbracciarla. Per un momento ricordo le mani di
Egle.. ma poi ricaccio tutto via.
-
Quindi sai tutto di Egle, no? E Ate? Ate come sta?? – Le mie domande sono
veloci, quasi incomprensibili, e fin troppo avventate. Asia si guarda intorno e
poi mi rivolge uno sguardo ammonitore, ricordo solo ora di essere nel corridoio,
in mezzo a decine di studenti pettegoli.
Entriamo
subito nella sua stanza, chiudiamo la porta a chiave e ci sediamo sul divano
vecchio e scricchiolante.
La
sua stanza è semplice, umile.. e soprattutto molto
floreale.
Carta
da parati a fiori, tende a fiori, copriletto a fiori, vasi con fiori. E’ un po’
inquietante ma il profumo di rose e iris mi riempie le narici, rilassandomi e
facendomi tornare ai miei pensieri precedenti.
-
Quindi, Ate? – Chiedo ancora una volta troppo impaziente. Asia mi guarda atona
ed io capisco subito che c’è qualcosa che non va. Respiro profondamente per
diverse volte e lei mi guarda, quasi sforzandosi di non parlare. E'
imbarazzata.
-
Lui.. bhé, non sta granché bene. Non è proprio felice che tu l’abbia abbandonato
così, senza nemmeno salutare. Non credo che gli passerà presto. – Mi dice
lentamente, spezzandomi il cuore. Davvero Ate non vuole più saperne di me? I
miei occhi parlano da soli, riempiendosi di lacrime.
-
Io.. non volevo ferirlo, ma ho bisogno di casa mia! – Provo e giustificarmi ed
Asia mi guarda come se fossi un aliena che parla una lingua sconosciuta. – Io lo
amo, ma la vita lì era insostenibile.. non potevo. -
-
Se tu lo amassi davvero, gli saresti rimasta accanto. E’ così che funziona
l’amore. – Mi dice, ed io la disprezzo. Le sue parole fanno male e sento il
bisogno di inveirle contro, perché sono invidiosa di non aver pensato io a
quelle parole, sono invidiosa di non amare come ama lei, di non essere
lì.
-
Oh. – Dico calma. – E’ dunque questo quello che pensi? Perché, se è così, anche
tu dovresti essere lì con Egle, ad aiutarlo con il Mutatio. – Dico, acida più
che mai, riducendo i miei occhi a due fessure velenose.
-
Io sono ancora a Palazzo solo perché lui non mi vuole lì! Non di certo per mia
scelta. Sarei corsa lì da un pezzo, se lui me l’avesse permesso. – Sbraita lei,
guardandomi in maniera ancora più trucida, mi spavento.
Mi
accorgo solo adesso che lei si è alzata ed è in piedi, rigida, davanti a me. Ha
i pugni serrati ed i capelli spettinati, le guancie sono molto
rosse.
-
Non credi che anche io abbia i miei motivi? – Chiedo retoricamente, quasi
cercando la sua approvazione ed il suo giudizio positivo, lei mi guarda nervosa
e inarca il sopracciglio.
-
La verità è che tu hai paura, ed il tuo amore per lui, ammesso che esista, non è
abbastanza forte da farti rimanere. – Dice, tagliandomi il cuore a pezzi – Non è
lui ciò che vuoi, sei solo una ragazzina capricciosa in cerca di un po’ di
trasgressione. – Sbraita ancora, guardandomi intensamente.
-
Hai sempre avuto tutto dalla vita, soldi, amici e popolarità.. ma ti mancava la
trasgressione, non è così? – Ogni sua parola è una pugnalata al petto. Possibile
che sia questa l’impressione che ha di me? Magari anche Ate pensa lo
stesso.
-
Io sono nata in un bosco, è lì che mi hanno trovata.. sono una delle poche
orfane di tutta la terra, i miei genitori hanno deciso di abbandonarmi in preda
ai lupi, sono stata cresciuta dalle fate e adesso sono totalmente indipendente.
Lavoro sodo per pagarmi questa scuola, ed amo Egle a tal punto che abbandonerei
tutto ciò che mi sono creata se solo lui lo volesse ma.. – Sento il respiro
mancarmi, non credevo che Asia avesse tutti questi problemi e pregiudizi su di
me. La sua bocca smette di parlare, inizio io.
-
Mi dispiace. – Sussurro. – Non meriti ciò che ti è successo, ma tu non sai nulla
di me. – Continuo a parlare, innalzando un po’ il tono di
voce.
-
Non ho mai avuto nulla per nulla. Ogni cosa che ricevo non fa altro che
accrescere il numero di ricatti che mia nonna può farmi, non sono libera di fare
nulla, è l’unica cosa di cui ho paura è che per causa mia possa nuovamente
scoppiare una guerra, ho paura che a causa mia Ate possa morire. Mia nonna mi ha
già scoperta una volta, se continuo non sarà difficile per lei, farlo di nuovo.
Potremmo morire tutti. – Dico, drammaticamente sincera. Lei mi fissa con gli
occhi spalancati e pieni di lacrime. Mi alzo lentamente e l’abbraccio, lei
comincia a piangere disperatamente ed io la seguo a ruota.
-
Io amo Ate, non sai quanto.. e mi manca. – le spiego ancora, quasi a volermi
giustificare. – Ma questa è la scelta migliore. – Cerco di convincere più me
stessa che lei, e alla fine ci riesco. E’ meglio così.
-
Non volevo, scusami. E’ solo che tutta questa storia di Egle mi sta mandando
fuori di testa.. – Ci sediamo nuovamente sul divano e lei comincia a sfogarsi
con me.
-
Insomma, sono spaventata. Mi sono documentata sui Mutatio e sono creature capaci
di farti fare le cose più inumane.. – Rabbrividiamo insieme e i suoi occhi pieni
di lacrime mi fanno quasi commuovere. – Lui non è più Egle quando quel.. coso si
impossessa della sua mente e del suo corpo. Potrebbe perfino ucciderci tutti
senza pietà. – Sento gelarmi dentro, ovviamente sapevo quando la situazione
potesse essere tragica ma non avevo mai pensato ad un tale finale. Asia comincia
a piangere ma non smette di parlare ed io decido di non interromperla, ne ha
bisogno ed io sono l’unica amica che ha, l’unica che può aiutarla e
confortarla.
-
Il Mutatio ha addirittura il potere di impossessarsi delle forme spirituali di
Egle, può anche apparire nei sogni e trasformarli in incubi. Stanotte ho sognato
che mi assassinava, strappandomi il cuore dal petto. – Improvvisamente spalanco
gli occhi e ripenso al sogno di poco prima, non era un caso che avessi sognato
Egle in atteggiamenti così intimi, era il Mutatio che si era introdotto nel mio
subconscio, stringo i pugni ma decido di non far preoccupare Asia con le mie
frivolezze.
-
Ho letto che il Mutatio può presentarsi in diverse maniere, la maniera sessuale,
la maniera omicida o la maniera suicida. – Mentre parla nervosamente e le
lacrime le rigano le guancie, Asia comincia a gesticolare un po’ troppo
veloce.
-
I Mutatio più antichi possono anche presentarsi in tutte le forme e cambiarle a
suo piacimento. –
Immediatamente
penso che la forma che il Mutatio ha scelto per apparire a me è quella sessuale,
e spero vivamente che non si presenti nelle altre due, perché non potrei
sopportare la morte di nessuno.
-
Ha provato a suicidarsi ieri, ci sarebbe quasi riuscito se Ate non l’avesse
prontamente fermato. Adesso l’ha costretto a trasferirsi a casa sua, in modo da
poterlo controllare sempre. – Mi sento incredibilmente immatura, ma ogni volta
che si parla di Ate tutto il resto scompare, perfino le nostre vite in grave
pericolo o la quasi morte di Egle.
-
Ate.. – Sussurro il suo nome quasi per confortarmi e Asia mi sorride sforzandosi
di non piangere, credo capisca come mi sento. Ripenso a quant'era bello dormire
insieme e sento un vuoto dentro, fa quasi male la sua mancanza. - Mi dispiace
tanto, capisco cosa provi. – Mi dice infine, ed io mi sento sollevata,
finalmente ho ottenuto il consenso che stupidamente
volevo.
Dopo
un'altra ora a chiacchierare decido di tornare in camera e iniziare a sistemare
le cose per la lezione di domani. Ma il mio primo pensiero, varcata la soglia,
è quella di guardare se Ate mi ha risposto.
Guardo
ovunque e controllo più volte il comodino, ma non c’è nessuna risposta, niente
di niente. Una lacrima scende silenziosa, la asciugo e comincio a preparare
taccuini e quant’altro per domani mattina.
Ad
un tratto vedo un foglio apparire sul mio comodino, un rumore di carta mi fa
voltare immediatamente, corro verso il comodino e apro il foglio spiegazzato con
così tanta velocità che rischio di strapparlo miseramente.
Il
mio sguardo si abbassa quando capisco che la scrittura non è di
Ate.
Era,
Volevo solo informarti che Ate sta bene, stiamo già cercando un modo per
eliminare il Mutatio, Ate non ha potuto risponderti, ti saluto con la speranza
di rivederti presto, un abbraccio!
Egle;
Leggo
quelle poche righe con un velo di tristezza negli occhi, ma mi felicito che Egle
stia riuscendo ad eliminare quel parassita. Per un attimo il pensiero di Ate
arrabbiato con me mi fa rabbrividire e pensare che sia tutto finito. Ma poi
ripenso ai suoi baci, alle sue carezze e capisco che devo riprendermelo in
qualche modo.
Egle,
Che grande piacere sentire che stai meglio!
Mi
dispiace tanto di non poter essere lì ad aiutarti, ma come saprai mia nonna e
mia madre sono due personaggi molto rilevanti nelle mie Terre.. e potrebbe
succedere il finimondo se solo mi facessi scoprire di nuovo. Volevo solo
accertarmi che Ate stesse bene.. e volevo invitarlo da me,
stanotte.
Ti
prego, digli che è importante.
Con
la speranza di saperti salvo,
Era.
Piego
il foglietto e mi siedo sul letto, fissandolo per tutto il
tempo.
Scompare
dopo qualche minuto, lasciando solo qualche pezzo di cenere sul comodino, decido
di dormire e dimenticare tutti i pensieri.
Quando
apro gli occhi però, capisco di non essere sola.. Ate è seduto ai piedi del mio
letto, con le spalle rivolte verso di me. Lo riconosco dal suo profumo sparso
per la stanza e dalle curve dei suoi muscoli.. e dalle quattro cicatrici sulla
schiena.
-
Sei venuto. – Dico, affermando, senza sapere che altro
dire.
-
Sei sveglia. – Fa il mio stesso gioco e io capisco che magari lui si sta
trattenendo dall’urlarmi contro quant’è deluso da me e dalla mia
fuga.
Sospira
e non si volta, non vuole nemmeno guardarmi in faccia.
-
Ti prego. – Dico, dopo una manciata di secondi, il cuore mi batte all’impazzata
e vedo i suoi muscoli irrigidirsi subito.
-
Non sono un Dio. Non pregarmi. – Dice, durissimo ed io mi sento quasi svenire,
possibile che non mi ami più? Passano altri interminabili
minuti.
-
Non hai intenzione di guardarmi? – Parlo con un filo di voce in più e lui si
volta leggermente, poi si alza e si siede nella poltrona davanti a
me.
-
Grazie. – Dico, senza sapere cos’altro dirgli. Vorrei scusarmi ma qualcosa
dentro di me si blocca lasciandomi senza fiato, la sua bellezza mi
abbaglia.
-
Sei cambiato, i tuoi occhi sono più scuri. – Dico, osservandolo
bene.
-
Quando sono arrabbiato è così. – Il cuore mi si gela immediatamente, allora è
vero! Lui è arrabbiato con me, sento un vuoto dentro il
cuore.
-
So che sei nervoso per colpa mia, mi dispiace. – Sussurro, quasi sperando che
non mi senta, ma i suoi occhi si assottigliano e lui si
alza.
-
Una poésia non abbandona mai il suo uomo. – Mi spiega, ed io sorrido
impercettibilmente, si è appena definito “mio”, magari senza
volerlo.
-
Mi dispiace, Ate. Ma devi pensare a cosa potrebbe succedere se..
–
-
Si, Era, lo so! Ci penso tutti i giorni, dannazione! – Sbraita, alzando la voce
e facendomi sgranare gli occhi. – Ma.. ti voglio vicino a me! – Dice ancora ed
il suo sguardo si addolcisce leggermente ma poi ritorna ad essere duro e
inflessibile. Le lenzuola che sto spasmodicamente stringendo mi vengono
strappate dalle mani, Ate mi ha appena tolto le coperte.
-
Ho bisogno di sentirti, maledizione. Sto male quando non ci sei. – Dice,
abbassando gradatamente il tono di voce finché non diventa un
sussurro.
Io,
con la mia sottana molto corta ed i miei capelli scompigliati, arrossisco
pensando di essere indecente nel peggiore dei modi, ma lui mi guarda con un tale
desiderio da farmi dimenticare qualsiasi dubbio ancora.
-
Vieni. – Gli dico, alzandomi sulle ginocchia e rimanendo nella parte anteriore
del materasso, lui sale davanti a me, mettendosi in ginocchio e mi stringe le
braccia attorno ai fianchi, accarezzandomi e respirandomi.
-
Hai sempre il solito ottimo profumo. – Dice, sospirando
felice.
-
Mi sei mancato. – Gli dico, in un soffio tra i capelli, lo sento
sorridere.
-
Anche tu, non sai quanto. – Le sue parole mi riempiono il cuore, non era
infuriato con me, aveva solo troppa rabbia per la distanza che ci
separa.
E
vi separerà sempre. La
solita voce profumata mi appare in testa ma la scaccio via, continuando a
stringere e baciare Ate sul collo e sulla guancia.
-
Ti amo. – Diciamo insieme ed io lo stringo ancora più forte, rischiando di
stritolarlo. – In questo momento e per sempre. – Dico poi.
-
In questo momento e per sempre. – Mi risponde, con tutto l’amore che ha. Le sue
mani mi stringono forte i fianchi e mi solleticano la
schina.
Ci
abbracciamo stretti e poi, lentamente, ci dirigiamo entrambi alle labbra
dell’altro. Quando le sue sfiorano le mie, un brivido sale velocemente dalla
schiena e mi fa tremare, mi aggrappo a lui ancora più forte, abbracciandolo e
lui ricambia la stretta.
Sento
la sua lingua entrare in contatto con la mia, accarezzarmi il palato e giocare
tra i miei denti, ricambio il suo bacio lento e passionale.. poi ci stacchiamo.
Ad un tratto noto che i suoi occhi sono ancora più scuri, con delle
venature dorate.. ancora più belli del normale. Mi sento davvero fortunata ad
essere qui con lui.. perché è questo che mi fa felice. Le sue dita mi sfiorano
lentamente il fianco e la coscia ed io rabbrividisco.. non capisco perché lo
voglio così tanto, sento il bisogno di baciarlo e toccarlo, sento che senza di
lui tutto è niente.
-
Ho bisogno di te. – Dice, sedendosi sul letto e portandomi su di lui, a
gambe aperte. La camicia da notte non mi copre abbastanza, siamo a stretto
contatto e lui trema sotto di me, ma io provo a tenerlo fermo coprendolo
interamente col mio calore corporeo. Magari sente freddo.. la finestra è aperta.
O magari è solo emozionato, come lo sono io.
Ragazze, ho
messo davvero tutto l'impegno del mondo a scrivere questo capitolo ma a mio
avviso è venuto ugualmente male.. spero solo che voi lo apprezzerete o che mi
darete consigli per migliorarlo!
Grazie!
Stefy.
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Capitolo 18 *** Prima volta. ***
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Prima
volta.
Sono
sdraiata, Ate è sopra di me e mi bacia il collo e la clavicola in maniera troppo
indecente, se solo mia madre potesse vedermi..
Ma
la sua lingua e le sue labbra sono troppo perfette e magiche per essere
respinte, i suoi capelli mi solleticano ed io gli deposito un bacio in
mezzo.
-
Ma quanto sei bella. – Mi dice, infilando una mano tra i miei ricci biondi e
tirandomi a lui, per baciarmi. Alzo la testa e schiudo subito le labbra,
baciandolo con tutta la passione che riesco a trasmettergli. Lui trema ed io
tremo insieme lui, sospirando ricomincia a baciarmi il collo e nel
frattempo, inizia a toccarmi la coscia scoperta.. si avvicina sempre di più
all’inguine ed io mi sento eccitata e spaventata allo stesso tempo. E' un
turbinio d'emozioni troppo forte per me. So che è sbagliato ma mi rende così
felice che non riesco a smettere.. le sue dita salgono, i suoi occhi cercano
consenso ed io annuisco. Lui inizia a toccarmi piano e lentamente, sopra il
tessuto umido delle mutandine. Io ansimo e mi concentro, chiudendo gli occhi e
sforzandomi di non mordere la prima cosa che mi capita a tiro. Il mio corpo è
tutto un via vai di brividi e emozioni. Le sue labbra si increspano in un
sorriso ed io capisco che è soddisfatto di ciò che provo.
Si
sdraia di fianco, accanto a me, e continua a toccarmi intimamente. Il suo dito
che si sposta lungo il mio sesso è una cosa che non avrei mai pensato di poter
permettere. Ma lui è qui, mi ama, io lo amo quindi, onestamente, non c’è
nient’altro al mondo che preferirei farmi fare. Ci baciamo con passione e
saliva, mordendoci le labbra e giocando.
Ad
un tratto però, la mia faccia smette di rilassarsi e torna ad essere rigida, con
gli occhi spalancati. Noto che Ate ha appena sfilato via il mio intimo e adesso
sta cercando di togliermi la camicia da notte ma non riesco a
muovermi.
-
Vorresti che io ti facessi stare bene? – Mi dice calandosi su di me e baciandomi
con una lentezza esasperante.
–
Lasciati venerare da me. – Quella scelta di parole mi fa capitolare, venerare..
sorrido e resto ancora immobile. E’ troppo, tutto in una volta, ho vergogna del
mio corpo. Lui mi guarda ed io distolgo lo sguaro dal suo,
imbarazzata.
-
Lascia che io faccia provare del piacere alla mia donna. Mi fermerò quando
vorrai. – Mi rassicura e mi guarda sorridendomi. – Ti prego. – Le sue mani sono
strette al bordo della camicia da notte e poco dopo, sono completamente nuda di
fronte a lui. Tengo le braccia sul petto e le gambe incrociate ad alzate, in
modo da nascondere tutto. Ma Ate è accanto a me, è molto bravo nel convincermi..
e sta già iniziando a farmi perdere la testa. I suoi capelli mi
solleticano.
Sento
la sua lingua disegnare dei cerchi sul polso e su tutto il braccio, inumidendomi
la pelle e facendomi sospirare. Una cosa così inusuale e al contempo così
eccitante. Chi avrebbe mai pensato che potesse piacermi tanto? Con la lingua
passa anche sulla spalla e sulla clavicola, scendendo di poco e leccandomi
qualche centimetro di seno scoperto. I miei ansiti sono un chiaro invito a
continuare, ma le mie mani bloccano il passaggio. Lui alza nuovamente la
testa.
-
Ti prego, fatina.. lasciati amare. – Mi dice e come per magia, le mie braccia si
spostano ai lati della pancia. Sembro paralizzata. Non capisco come faccia a
farmi capitolare così, con qualche frase e un paio di baci.. mi sento
impotente.
Lui
si inginocchia e si getta su di me, prendendo il seno destro tra le mani e
cominciando a lambire e giocare con il capezzolo e la pelle attorno. E' più
deciso ed audace rispetto a prima, ed è molto più eccitante.
Lo
prende tra i denti, stringendo un po’, lo lecca.. prima piano e velocemente, poi
forte e lentamente. Lo tocca e lo stringe tra le dita. Ad un tratto le sue mani
prendono entrambi i miei seni, e la sua lingua fa il resto.
Io
sono quasi in procinto di assalirlo e fare non so cosa, ma sto ferma.
Le
sue mani scivolano sulla mia pelle, mi fanno fremere e alla fine decido di
sfogare la mia smania baciandolo a mia volta. Gli sollevo la testa e gli do un
bacio infuocato che gli fa perdere la testa. La sua mano, con una lentezza
esasperante, scende giù e ricomincia a toccarmi intimamente facendomi ansimare
ancora più forte, le sue labbra si depositano tra i miei seni e baciano ovunque.
Non ci sono barriere tra di noi, nemmeno un pezzo di
stoffa.
Ad
un tratto però, lui alza lo sguardo e inizia un contatto visivo con me. Ci
guardiamo, quasi sfidandoci, e lui.. , inserisce lentamente un dito dentro di
me. Le sensazioni che sento non sono descrivibili a
parole.
Inizia
a masturbarmi nel migliore dei modi, sempre attento a non farmi male. Le sue
dita ruvide, a contatto col mio corpo, sembrano benzina pronta ad incendiarsi e
la sua lingua è certamente il fiammifero.
Il
suo dito non vuole saperne di smetterla, mi scorre dentro e mi fa provare tante
di quelle sensazioni che a volte dimentico di respirare. Ho il cuore che batte a
mille, e gli ansimi di Ate non mi aiutano a rimanere lucida.
Muovo
le gambe nervosamente, non riesco a stare ferma mentre lui mi tortura in quella
maniera così dolce.. ed io non riesco a pensare a nulla. Lo afferro per una
spalla e lo graffio piano, usando l'ultimo barlume di lucidità per non fargli
male. Capisco di non riuscire a continuare così, voglio di più e lui
continua a sorridermi e stuzzicarmi.. Agisco. Mi giro velocemente
di
fianco, ritrovandomi Ate a pochi centimetri dal mio viso arrossito, la sua mano
è costretta ad abbandonare il mio centro e le mie mani vanno sui suoi pantaloni,
quasi dotate di vita propria. Il suo petto, sul quale mi appoggio per un attimo,
è caldo e trasuda sensualità da tutti i pori. Ogni singolo pezzo di lui è stato
creato per farmi perdere la testa, per farmi urlare e portarmi alla pazzia.
Tasto il terreno per un pò, inesperta.. poi slaccio i pantaloni.
Li
abbasso lentamente, fremendo, e lui mi lascia fare.. ma quando il suo
membro è scoperto quasi mi pento di averlo liberato. Non ho idea di cosa fare
per provocargli un minimo del piacere che lui ha provocato a
me.
-
Io.. forse è il caso che tu te ne vada adesso. – Dico, vergognandomi e
rimettendomi le mani a mo’ di coperta per non farmi osservare da lui. Noto che
lui spalanca gli occhi e mi volto dall'altra parte.. mi sento una
nullità.
-
Ho fatto qualcosa di sbagliato? – Mi chiede, quasi sentendosi in colpa ed io
sento il bisogno di rassicurarlo.
-
No, assolutamente. Sono io che non riesco a fare nulla. – Dico quest’ultima
frase vergognandomi da morire, ma lui mi sorride, prendendo qualche ciocca dei
miei capelli tra le mani e accarezzandomi.
-
Tu credi di non potermi soddisfare? – Capisce appieno le mie preoccupazioni e
immediatamente le sue labbra si incurvano in un sorriso a 32 denti. Il mio
imbarazzo sta salendo alle stelle, insieme alle mie insicurezze e alla mia
vergogna. Possibile che sia così incapace?
-
Ti prego, va via. – Mi giro nuovamente dall’altra parte, rivolgendogli la
schiena nuda.. e lui sospira forte. Ad un tratto, dopo una manciata di secondi,
sento la sua mano depositarsi sul mio fianco ed il suo respiro solleticare il
mio collo.
-
Io posso aiutarti. – Mi dice, in un soffio. – Posso.. –
-
Mh. - E' l'unica cosa che riesco a mormorare.. un consenso appena accennato..
che lui non si fa sfuggire.
Lui
prende delicatamente il mio braccio e lo avvicina al suo corpo, massaggiandomi
le dita. Ad un tratto, a palmo aperto, sento il suo sesso appoggiarsi contro la
mia mano e riscaldarla completamente.
Riesco
a percepire quanto sia grande, quanto sia duro.. e mi spavento ma l’eccitazione
è tale da lasciare la mia mano in balia di Ate e delle sue volontà. La sua mano si sovrappone alla mia, e mi
aiuta a stringere le dita intorno alla sua asta. Non riesco a muovermi ma lui,
con dei piccoli colpi di bacino, fa scorrere la pelle sotto la mia mano,
masturbandosi.
Sento
i suoi respiri trasformarsi in affanni, poi in ansiti.
La
sua presa sulla mia mano si fa più prepotente, ed io chiudo gli occhi..
sottraggo la mia mano e mi volto, per niente convinta di quello che sto facendo.
Sento le mie cosce umide e il mio piacere insoddisfatto.
Ma,
riaprendo gli occhi, vedo il viso di Ate.. bellissimo e tutto passa. Tutte le
incertezze volano via quando vedo quegli occhi socchiusi e quelle labbra semi
aperte. Sono riuscita a fargli del bene e questo mi riempie di
felicità.
La
mia mano torna a stringere il suo membro e lui ricomincia a muoversi.. ma
stavolta io gli vado incontro con movimenti complementari, e lo bacio. Le nostre
lingue si rincorrono e danzano insieme.. le nostre labbra si amano senza
barriere ed il suo profumo mi avvolge, seguito dalle sue
braccia.
Mi
stringe stretta mentre muovo la mano contro di lui e lo faccio
ansimare.
-
Vuoi fare l’amore con me, fatina? – La sua voce è quasi irriconoscibile, troppo
roca e sibilata, ma altrettanto sensuale e adorabile. Le sue parole mi infondono
un senso di smania e di voglia che non comprendo.
-
Io voglio fare tutto con te. – E’ l’unica cosa che riesco a
dire.
Lui
mi mette in posizione dritta ed io smetto di toccarlo e baciarlo..
istintivamente allargo le gambe e lui si posizione in mezzo, aiutandomi a
poggiare i piedi sul materasso. Sento le sue labbra sul mio collo.. Il suo
membro ogni tanto mi sfiora le cosce e l’inguine.
-
Amore.. sei sicura? – Mi dice, baciandomi la fronte, i capelli e le
mani.
-
No, ma se sei sicuro tu io sto bene. – Dico la verità, senza pensieri e lui mi
sorride ma qualcosa nel suo sguardo non mi convince, è
spento.
-
Se tu non sei pronta io non voglio farlo. – Dice, rimanendo però su di
me.
-
Io.. – La mia mano scende sul suo membro e lui apre la
bocca.
-
A me piace tutto questo, è solo che ho paura del dolore. – Gli dico omettendo
tante altre paure.. come quella dell’essere scoperta.
-
Farò piano, se è solo questo quello che ti preoccupa. – Le mie orecchie lo
sentono, ma io non lo ascolto.. voglio solo unirmi a lui in ogni modo possibile.
Avvicino il suo membro alla mia apertura, senza essere sicura di ciò che sto
facendo, e lui ansima.
-
Lascia che sia io a farlo, fatina. – La sua mano sostituisce la mia e dopo un
attimo sento la sua punta calda e pulsante bagnarsi con i miei umori e provare
ad entrare. Sento subito un forte bruciore e stringo le dita intorno alle sue
braccia.. lui si muove con una lentezza quasi impercettibile ed io, pur
soffrendo da cani per il dolore, sospiro di piacere. Unirsi a lui, in questo
modo.. è davvero la migliore di tutte le sensazioni.
-
Ti faccio male? – Mi chiede ma io faccio segno di no con la testa. Il dolore
c’è, ed è quasi insopportabile, ma il piacere che mi sta regalando spingendo in
me e baciandomi dappertutto sovrasta ogni cosa.
Continua a muoversi lentamente, poi ad un tratto,
sento qualcosa lacerarsi distintamente e mi aggrappo con le unghie, facendo del
male anche a lui. Ci guardiamo distintamente negli occhi e lui continua a
spingere, fa male, le mie unghie stanno facendo soffrire anche lui, ma tutto
questo rende la sensazione ancora più intensa e lui, nonostante le sue braccia
siano in procinto di sanguinare, non accenna a fermarsi.
Le
sue spinte si fanno a mano a mano più audaci, rimanendo sempre gentili e
attente, le sue labbra non smettono di torturarmi collo e seno.. ed io ne sono
lieta. Continuo a stringerlo e baciargli il collo, quando ne ho l’opportunità.
Ad un tratto sento un odore ferroso librarsi nell’aria.. e capisco che la mia
verginità è ormai andata, perduta.. regalata ad un guerriero che mi fa vivere il
paradiso ogni volta che mi sfiora.
Mi
guarda dubbioso, quasi a chiedermi se sono pentita, ed io sorrido, mordendomi le
labbra e abbracciandolo forte.
-
Sono tua. –
-
Sei mia. –
Diciamo
esattamente nello stesso momento.. poi altre spinte ed altre ancora, forse
dieci, forse mille.. un gemito, un orgasmo. Il mio primo, intenso, interminabile
e favoloso orgasmo avviene così, tra le sue braccia. Ci sorridiamo.
Continua
ad entrare ed uscire lentamente in me finché anche lui non
trema, riversandosi fuori, tra le lenzuola. Mi sento ancora scossa, un
brivido mi parte dalla punta dei piedi e arriva fin su ai capelli. Accantoniamo
le lenzuola sporche ai piedi del letto e ci stringiamo forte.
-
Ti amo. – E’ l’unica cosa che riusciamo a ripeterci. Il bruciore è aumentato,
adesso che abbiamo smesso di consumarci, ma le sue braccia intorno a me sono un
ottimo antidolorifico.. ci addormentiamo insieme per la prima volta, tutti nudi,
esposti alla brezza leggera che entra dalla finestra.
Ok, questa è la
famosa prima volta. Spero di avervi soddisfatte.. a me è sembrato di viverla
*___*
Stefy. (ansiosa dei
vostri pareri - positivi o meno - )
|
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Capitolo 19 *** L'inizio. ***
|
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
|
L’inizio.
Mi
sveglio ed apro gli occhi quasi di scatto, ricordando che Ate ed io abbiamo
fatto l’amore, stanotte. Mi volto allarmata e mi rilasso subito dopo,
guardandolo dormire beatamente accanto a me.
E’
così bello che le sue labbra e i suoi capelli potrebbero farmi innamorare altre
cento volte, mi sembra un peccato mortale svegliarlo ma devo farlo. Dalla
finestra inizio ad intravedere una luce soffusa ed io non voglio che lui venga
scoperto a causa mia, e suo fratello Egle ha bisogno di
lui.
Tutti
questi pensieri, se pur validi, non riescono a farmi allungare il braccio per
svegliarlo.. quindi rimango una manciata di minuti a guardarlo, poi, come
d’incanto, anche lui guarda me. E’ sveglio.
-
Buongiorno. – Biascica con voce roca ed impastata, io
sorrido.
Poi
ricordo di essere completamente nuda e a pochi centimetri da lui e dal suo
sguardo, quindi provo a coprirmi in ogni modo possibile.
Le
lenzuola, macchiate di sangue e amore, sono gettate ai piedi del
letto..
-
Tu vorresti la mia felicità? – Mi chiede ad un tratto, smettendo di sorridere e
diventando serio.
-
Certo. – Rispondo d’istinto, senza nemmeno sapere a cosa si riferisce. Forse
stanotte l’ho deluso, forse sono stata..
-
Smettila di coprirti, sei così bella che solo a guardarti io sono felice. – Mi
dice, e come qualche ora fa, le mie braccia si allargano quasi automaticamente.
Non riesco a smettere di soddisfare le sue richieste.
-
Poi se faccio questo. – Mi bacia lievemente. – Sono ancora più felice.
–
Si
avvicina ancora e introduce la lingua tra le mie labbra secche. Ci baciamo per
qualche secondo. – E questo. – Dice.. continuando a baciarmi. La sua mano scende
a toccarmi un seno ed io rabbrividisco.. solo lui riesce a farmi capitolare
così. – E questo. – Tocca un capezzolo con i polpastrelli e lo fa subito
rizzare, io ansimo. – E tanto altro ancora. – Le sue mani percorrono le linee
del mio corpo, quasi conoscendole a memoria.
-
Dovresti vestirti, tra qualche minuto dovrai andare a lezione.
–
Dice
ad un tratto, con voce malinconica ed io sbuffo. Poi ritorno alla realtà, manca
davvero poco all’inizio delle lezioni ed il sole è già alto nel
cielo.
-
Ma tu! Tu dovresti andartene! – Mi metto a sedere, quasi
urlando.
Sono
davvero preoccupato, ha lasciato Egle da solo tutta la notte e adesso non può
più andarsene..
-
Sta tranquilla, fatina. Non sono uno sprovveduto, mia sorella è in casa con lui
ed Asia ha dormito lì stanotte. – Per fortuna mi rassicura e riprendo a
respirare, sollevata.
-
Sorella? – Domando ad un tratto,
sconvolta dalla scoperta.
-
Si, Nasir. E poi ci sono anche mia sorella Alais e mio fratello Zavier.
–
Improvvisamente
ricordo e mi rendo conto di quanto poco conosco di lui, mi mordicchio le labbra
e lui ridacchia.
-
So che vuoi sapere tutto. Nasir è la più grande di tutti ed è un ottima
cacciatrice, Alais ha appena diciannove anni ed è una guaritrice e Zavier ha
quasi diciotto anni ed è già un Raccoglitore. –
Io
annuisco interessata e lui si lecca le labbra, dimentichiamo tutto il resto.
Dimentichiamo la lezione, Desia, Asia ed Egle.
-
Egle è in buone mani, sta tranquilla. Nasir riuscirebbe a beccare una pernice a
trecento metri di distanza con la sua balestra, ha un talento naturale per le
armi e la caccia. E poi dovresti vedere Ali. – Capisco che Ali è un modo
affettivo per chiamare la sorella Alais, quindi sto zitta e non lo interrompo. –
E’ davvero una delle creature più genuine che conosco, darebbe qualsiasi cosa
per salvare la vita agli altri. Zavier è il fratello con cui ho meno contatti,
abita con la sua ragazza, a diversi kilometri da me ed aspetta un bambino. So
che è giovane ma ha avuto il coraggio di prendersi le sue responsabilità,
sposare Iman e trovare un lavoro. –
-
Iman è la sua ragazza? – Chiedo, sempre più curiosa.
-
Si, stanno insieme sin da quando sono bambini. E’ stato amore a prima vista. –
Mi spiega, quasi con tono romantico. Anche dall’altra parte esiste il colpo di
fulmine, il senso di responsabilità e l’amore vero.
Sorrido.
-
E gli altri tuoi fratelli? Sono sposati? – Le mie domande sono veloci e gentili,
siamo nudi, sul mio letto e Ate sembra quasi non farci
caso.
-
No, Nasir lo era, ma suo marito è morto in battaglia ed è stato proprio mio
fratello Zavier a raccogliere il corpo, non si è ancora ripresa del
tutto.-
-
Mi dispiace. – Sussurro, abbassando lo sguardo e sentendo gli occhi inumidirsi..
non riesco nemmeno a pensare a come starei se Ate morisse durante un
combattimento, sono certa che metà del mio cuore morirebbe con lui, se non
tutto. Lui mi sorride tristemente e mi abbraccia forte.
-
Non andrò a scuola, oggi. – Lo informo, senza aver intenzione di accettare
repliche. – Ho già perso la prima lezione, tanto vale rimanere qui con te. Ho
troppo bisogno di conoscerti, dirò che sono stata male. – Ate mi guarda
contrariato, so bene che non vorrebbe mai una cosa del
genere.
-
Hai già perso molte lezioni quando sei stata con me. – Mi dice, ed ha ragione.
Ma la voglia di stare con lui è troppa, soprattutto dopo
stanotte.
-
Va bene, so già che perderei in partenza se solo provassi a replicare. – Dice. –
Dai, ti aiuto a cambiare le lenzuola, amore. – Si alza di scatto e mi aiuta a
sistemare il casino che avevamo combinato la notte prima.
Lenzuola
macchiate, contenuto del comodino rovesciato e cuscini dispersi per la stanza..
lì dentro non si capiva più nulla.
Mettiamo
le lenzuola nuove, sistemiamo tutto e laviamo quelle sporche poi facciamo una
doccia breve ma intensa, piena di baci e coccole.
Ci
rivestiamo velocemente, io metto una tonaca che arriva fino al ginocchio e lui
rimette i soliti pantaloni logori. Noto che non indossa intimo e mi domando che
sensazione si provi, poi lo bacio cautamente.
-
Hai saputo tanto su di me, oggi. Ma ci sono molte cose che io non so di te e se
tu sei d’accordo vorrei sapere qualcosa in più. – Esordisce calmo e posato. Io
sorrido, più che felice di accontentare le sue richieste.
-
Dimmi cosa vuoi sapere. – Gli dico, prendendogli la mano e
stringendola.
-
Non lo so.. mi hai parlato di tua nonna, e nomini spesso tua madre.. ma tuo
padre? – Immaginavo che mi avesse chiesto una cosa del genere prima o poi. E’
imbarazzante rispondere ma è anche liberatorio, dato che fin ora non ho mai
avuto la possibilità di sfogarmi con nessuno riguardo a mio padre e alla sua
improvvisa scomparsa dalla mia vita.
-
Mio padre. – Dico, poi sospiro. – Non c’è molto da dire su di lui, perché non so
quasi nulla su chi sia o su dove sia adesso, so solo quello che mia nonna mi ha
detto a riguardo. So che era un bell’uomo, colto e apparentemente onesto. Ma
poi, il giorno del mio terzo compleanno, lui scomparve. Prese le sue cose e
scomparve nella notte, non se ne seppe più nulla. Mia madre non ne parla mai, i
Giustizieri hanno cercato dappertutto ma non c’è traccia di lui nelle mie Terre.
E’ semplicemente sparito, senza un perché. – Dico, ad ogni parola la mia voce si
abbassa sempre di più, e la mia mano stritola sempre di più quella di Ate, che
mi abbraccia subito dopo. Mi stringe forte ed io scoppio in un pianto disperato.
In vent’anni, che io ricordi, non avevo mai pianto per mio padre. Lo penso tutti
i giorni, ma non ho mai pianto per questo.. e farlo adesso, abbracciata all’uomo
che amo, è come una sorta di liberazione.
-
Mi dispiace tanto. – Sussurra Ate tra i miei capelli. – Ma se è andato via,
lasciando te, stai certa che non ti merita e non sa cosa si perde. – Le sue
parole mi confortano e mi fanno riflettere, quindi dopo un po’ smetto di
piangere ma lui non accenna ad allontanarsi. Mi abbraccia e mi coccola per lungo
tempo, poi sento suonare la campana. E’ ora di pranzo, dovrei andare a mensa ma
non voglio muovermi, anche se lo stomaco brontola.
-
Dovresti mettere qualcosa qui dentro. – Dice, toccandomi la pancia con la mano e
accarezzandomi dolcemente i capelli.
-
Non ti lascio, oggi stiamo insieme tutto il giorno, mi sei mancato troppo per
lasciarti. –
-
Si tratta solo di un paio di minuti, amore. Non puoi morire di fame, nel
frattempo io leggerò qualcosa dal tuo taccuino, se sei d’accordo.
–
-
Ma.. – Voglio parlare e dirgli quanto voglio stare con lui ma mi interrompe
prontamente, mettendomi un dito sulle labbra.
-
Niente ma. Se non ti fai vedere, qualcuno potrebbe insospettirsi e venire qui
per vedere che fine hai fatto.. potrebbero scoprirci, vai! – Mi spinge ed io mi
alzo di scatto, sbuffando e mettendo i sandali ai piedi.
-
Torno subito. – Dico, esco richiudendomi la porta alle
spalle.
Ragazze, finalmente pubblico il
nuovo capitolo di questa ff che tanto amo! Volevo chiedervi un consiglio, vorrei
tanto iniziare una nuova storia.. ma ho paura che una volta iniziata quella,
accantonerò questa. Che mi dite di fare? La inizio subito e provo a scriverle
entrambe (senza però garantirvi niente XD) oppure prima termino questa? Non
mancano molti capitoli alla fine.
AIUTATEMI.
Stefy
<3
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Capitolo 20 *** Lettere dall'altra parte. ***
|
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Lettere
dall’altra parte.
Scendo
le scale con velocità incredibile, già triste per la mancanza di Ate e per
l’impazienza di rivederlo. Vado in mensa e mi metto in fila per il
cibo.
Il
cibo coltivato dalle fate è così buono e nutriente che ne mangerei a
chili.
Ma
mi contengo, conservando metà di tutto, per portarlo ad
Ate.
Mangio
con una velocità quasi impossibile, mi pulisco per bene e mi dirigo nuovamente
verso le scale. Secondo i miei calcoli, sono passati circa diciotto minuti da
quando l’ho lasciato nella mia stanza, con le mie cose, da solo. E non vedo
l’ora di riabbracciarlo e stare insieme a lui, sempre.
-
ERA! – Sento una voce chiamarmi, mi volto senza capire chi
è.
-
Ciao, Desia. – Saluto con imbarazzo, paura e freddezza.
-
Oggi mi hanno comunicato che non sei andata a lezione. Posso sapere come mai? –
Mi chiede, curiosa e falsamente preoccupata. Ormai so com’è fatta, è solo una
ficcanaso, buona a nulla, esattamente vipera come mia nonna e tutti gli Anziani
e gli stregoni delle terre dell’est.
-
Oh, mi dispiace tanto ma non sono riuscita a svegliarmi, domani andrò
sicuramente. – Rispondo con delicatezza ed educazione.
-
Lo spero, dolce Era, altrimenti sarò costretta a prendere provvedimenti. – la
sua voce è dolce e falsamente gentile, come al solito.
Falsa.
-
Certo, ne sono consapevole. Non succederà più. – Dico, sbattendo velocemente le
palpebre e facendo finta di guardare altrove.
Lei
mi tocca la spalla e poi va via, io ricomincio a camminare, ma quando arrivo
davanti le scale noto che una presenza maschile, girata di spalle, occupa la
scala e mi impedisce di salire.
-
Scusa, permesso. – Dico, rivolgendomi con gentilezza, senza sapere chi è.
Osservando i capelli biondissimi capisco che probabilmente conosco quel ragazzo.
-
Buongiorno, Era. – Mi saluta ed io sorrido debolmente.
Drogo.
-
Posso passare? – Chiedo, salendo uno scalino con la punta del
piede.
-
Oh, vorrei parlarti prima. – Lo guardo con diffidenza. – Saresti così gentile da
seguirmi? Ci metterò un minuto solo. – Vedo un lampo apparire e scomparire dai
suoi occhi, un lampo scuro, misterioso e veloce.
-
Va bene. – Rispondo, credendo che assecondarlo sia la cosa
migliore.
Sale
le scale ed io le salgo insieme a lui, per un momento dimentico di dover tornare
da Ate e ho solo paura di ciò che Drogo può dirmi.
Arriva
davanti al muro che, con la dovuta luna, dovrebbe farti arrivare al terzo piano,
ma lui non esce la tipica sfera bianca. Prende una mezza sfera, color avorio, e
biascica alcune parole senza senso.
Mi
prende per mano, cerco di oppormi ma dopo qualche secondo sono in un corridoio
buio, sento solo la sua mano che tocca la mia.
-
Dove siamo? – Chiedo infuriata, ad alta voce.
-
Portami al dormitorio! – Sbraito e, ad un tratto, in mezzo al buio più totale,
sento la sua mano appoggiarsi sulla mia bocca.
Provo
ad urlare ma mi manca il fiato.
-
Sta zitta, maledizione. Vuoi farci scoprire? – Sussurra Drogo, ancora con la
mano sulla mia bocca, inviperito e guardingo.
Camminiamo
per qualche metro ed io la smetto di ribellarmi, ad un tratto, apre una porta,
dalla quale fuoriesce un’enorme luce bianca, accecante.
Mi
lascia la mano e la bocca, spingendomi delicatamente
dentro.
Io
e Drogo siamo le uniche cose a non essere completamente bianche e immobili.
Anzi, io e Drogo siamo le uniche due cose in quella
stanza.
-
Dove siamo? – Chiedo, infuriata. – Che cazzo ci facciamo qua? – Mi scappa e non
posso fare a meno di notare il suo sguardo compiaciuto.
-
Uh. Addirittura imprechi adesso. – Mi dice, sarcastico e
sbalordito.
Ad
un tratto, osservando il suo sorrisetto compiaciuto, inizio a pensare al nostro
primo incontro. A quando mia nonna mi aveva scomunicata e lui mi aveva parlato.
“Non dovrebbe ricordare nulla! Nessuno ricorda nulla di quel periodo, perché lui
ricorda di conoscermi?” Realizzo, spaventata.
-
Tu non dovresti ricordare! – Sbraito e lui ride, quasi
maleficamente.
-
Mi chiedevo quando ci saresti arrivata. – Dice, calmo e
canzonatorio.
-
Sono immune ai tuoi trucchetti. – Mi dice subito dopo, alzando la manica della
casacca e mostrandomi uno strano tatuaggio.
E’
nero, ed ha la forma di una foglia.
-
Anch’io ho il dono. – Mi comunica e subito alzo anche la mia manica, ma non c’è
nessun segno. Inizio a guardarmi tutta, finalmente lo trovo. E’ nell’interno
coscia, identico a quello di Drogo.
-
Che bella visione. – Commenta, e subito abbasso la tunica, imbarazzata e pentita
dei miei gesti avventati. Non sapevo di avere un marchio.
-
Ma come.. – Non so nemmeno cosa voglio sapere di preciso, ho solo bisogno di
delucidazioni, ho bisogno di capire principalmente se Drogo è malvagio o è dalla
mia parte. In fondo non so niente di lui.
-
Abbiamo poco tempo per parlare, e questo è l’unico posto sicuro di questa
scuola, in cui poter parlare senza dare nell’occhio. – Mi
dice.
-
Ma cos’è questo posto? – Non riesco proprio a stare zitta.
-
E’ una delle poche stanze di questa scuola che non ha una funzione, o meglio..
Desia deve ancora decidere cosa farne, nel frattempo però, qui non viene mai
nessuno, ho scoperto questa stanza per caso. – Mi spiega velocemente e a bassa
voce.
-
E questo quarto piano? – Chiedo. – Non pensavo esistesse.
–
-
Oh, solo pochi ne sono a conoscenza. Questa luna non è mia. In questo piano c’è
solo magia, formule e incantesimi. Cose riservate ai pochissimi studenti che
hanno voti alti, famiglie agiate e molti soldi. – Le sue frasi sono veloci,
chiare e coincise, ascolto e divoro ogni cosa che dice, facendone tesoro. Nel
frattempo mi guardo intorno, quasi impaurita che quel bianco possa
scomparire.
-
Sono qui per metterti in guardia, tua nonna non è chi dice di essere. Non è la
sacra e pura Anziana che si professa, io conoscevo e conosco tuo padre.- Quella
frase mi fa accapponare la pelle e bagnare le guancie.
-
Mio.. – Non riesco nemmeno a dire “papà”, scoppio in un pianto
disperato.
-
Non è la carogna che tutti credono. Tuo padre, dall’altra parte, è un grand’uomo, Era. Mi ha
mandato lui qui, a parlarti. – Le sue parole, all’apparenza così sincere mi
sembrano quasi un delirio. Credevo che mio padre fosse morto! E adesso scopro
che si trova a Malvagia e che conosce Drogo.
-
Ma che stai dicendo? – Le lacrime, i forti brividi e la paura mi impediscono di
dire qualsiasi cosa. Biascico e respiro a malapena.
-
Era, concentrati, per favore. Non abbiamo molto tempo. Ho una lettera per te, da
parte di tuo padre, conservala bene e non permettere mai a nessuno di leggerla.
Se solo si sapesse che tuo padre è ancora vivo scoppierebbe un casino. – Mi
porge una pergamena giallastra e mi porta di nuovo fuori dalla stanza, dov’è
tutto buio e triste. Mi prende per mano e pochi secondi dopo siamo nel corridoio
semi-deserto. Due studentesse ridacchiano ed io non piango più, ma i miei occhi
gonfi sono un libro aperto.
-
Devo andare adesso. Sii prudente. – Mi da un bacio sulla fronte e si allontana.
Spero che quel bacio sia da parte di mio padre.
-
Grazie. – Ho il tempo di sussurrare, poi gira l’angolo e
scompare.
Cammino
tremolante fino alla mia stanza, apro la porta, con le lacrime agli occhi e la
richiudo alle mie spalle.
Ate
è sul mio letto e mi guarda preoccupato, due secondi dopo è già accanto a me,
con le braccia che mi stringono forte.
-
Piccola, che succede? – Mi chiede, baciandomi la fronte. Finalmente sono in
condizioni di potermi sfogare, quindi ricomincio a piangere, e lo abbraccio
forte. Lui mi stringe, appoggiando il mento sulla mia testa e scompigliandomi i
capelli. Mi bacia, mi stringe e mi fa sedere su di lui.
Il
letto è pieno di fogli provenienti dal mio taccuino ma me ne
infischio.
Gli
racconto tutto, tra uno sfogo ed un pianto e lui ascolta
silenzioso.
-
Io non ne sapevo nulla. Non so nulla. Non conosco tuo padre, altrimenti ti avrei
subito informata! Com’è possibile!– Dice, confuso e giù di
tono.
-
Non vuoi leggere la lettera? – Mi chiede dopo qualche minuto ed io ricordo di
doverlo fare. La guardo, è giallastra, proprio come quelle che mi arrivano
quando è Ate a spedirle. E’ senza busta, solo piegata a
metà.
La
apro e comincio a leggere, ancora seduta sulle gambe muscolose del mio
guerriero.
Mia
dolce Era,
So
bene che questa lettera per te non sarà altro che motivo di preoccupazione ed
ossessione ma non potevo più aspettare, dovevi sapere la
verità.
Non
ti ho abbandonata, o quanto meno non sono stato io a volerlo
fare.
Ci
sono state persone, in particolare tua nonna, che mi ha costretto ad andare via.
Non ho origini pure, Era. Sono sempre stato un guerriero, la mia relazione con
tua madre è iniziata proprio come quella tua e del giovane Zahrah. Siamo sempre
stati nascosti, ben attenti a non farci scoprire. Ma quando tua madre rimase
scandalosamente incinta a vent’anni, decise di dire tutto a sua madre. Lottò a
lungo per me, per te, per restare tutti insieme e credé perfino di esser
riuscita a convincere tua nonna e gli Anziani che non tutti i guerrieri della
morte erano creature deplorevoli. Ma tua nonna minacciò di ucciderti, non appena
fossi nata, se io non me ne fossi andato immediatamente. Fu così che presi la
decisione di scappare e tornare nelle mie terre. Tua nonna ovviamente scaricò la
colpa su di me, dipingendomi come un traditore, un uomo codardo, vile e senza
cuore.
Usò
un potente incantesimo per cancellare lo scandalo dalle menti di tutti, tranne
che da quelle di pochi eletti, tra cui tua madre, lei stessa e gli
anziani.
Nessuno
ricorda dell’accaduto, eccetto loro. Se ti racconto tutto questo non è per
mettere tua nonna in cattiva luce, è solo per
avvertirti.
Non
esporti, non commettere mai l’errore che commise tua madre raccontandole tutto
perché nel suo cuore non c’è posto per perdono e gentilezza, c’è solo astio ed
odio. Non fidarti di lei, non fidarti di nessuno. Nemmeno di quelli che possono
sembrarti amici, perché nessuno fa nulla se non per un tornaconto
personale.
Questo
è un mondo ipocrita, piccola mia.
Mi
dispiace solo di non essere riuscito a far parte della tua vita e di non poterti
proteggere come solo un padre dovrebbe fare.
Con
la speranza di rivederti e di saperti sempre sana e salva ti
saluto.
Reouven.*
Ciao belle principesse (: Che ne pensate di questo
capitolo? Vi informo da subito che dovrete aspettare un pò per leggere il
prossimo.
Dopodomani parto per Londra, dove starò in vacanza-studio
per venti giorni, e ovviamente non potrò scrivere. *___*
Quando tornerò, giorno venticinque, dopo solo una settimana,
ripartirò in Inghilterra per uno scambio culturale di otto
giorni.
Subito dopo ci sarà il mio compleanno. Conto di aggiornare
nei giorni tra un viaggio e l'altro, cioé tra il venticinque ed il sette. Ma non
so se posso riuscirci.
Altrimenti ci sentiremo dopo il 15 Dicembre, mi dispiace
tanto!
Ma datemi le vostre considerazioni e auguratemi buona
fortuna *__*
*Si legge Ruven.
Stefy.
| |
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Capitolo 21 *** Alla ricerca di un padre. ***
|
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Alla
ricerca di un padre.
Leggo
la lettera tutta d’un fiato, e quasi ancor prima di finirla tiro un grosso
sospiro e decido.
-
Stasera verrò con te, a Malvagia, e cercherò mio padre. – Comunico ad Ate, con
il mio solito tono sicuro che non ammette repliche, lui mi guarda e spalanca gli
occhi, facendo di no con la testa. Anche lui sembra
incontrastabile.
-
Non esiste. Non metterai in pericolo te stessa e altri milioni di persone solo
per la tua impulsività. Non puoi destare altri sospetti. – Dice inflessibile,
guardandomi dritta negli occhi.
Abbasso
lo sguardo e subito dopo mi alzo, abbandonando le sue cosce calde. Lui mi guarda
interrogativo, forse un po’ irritato. Si gira i pollici, poi stringe le mani,
nervoso. Infine, sospira e apre bocca.
-
Perché diavolo sei così testarda e impulsiva? E’ un idea totalmente pazza e
sbagliata. Accetta il fatto che non puoi farlo. – Mi rimprovera e io sento le
lacrime affluire agli occhi, ma le blocco prontamente, lasciando spazio alla
rabbia e al risentimento.
-
Devi smetterla! Io posso andare dove voglio.. e poi potrei tornare e rifare
l’incantesimo Omnia Obliviscar, l’ultima volta ha funzionato. –
-
Non puoi sapere se funzionerà ancora, non sei tu a decidere quando fare
incantesimi, è la natura che decide quando darti i suoi poteri e le sue forze,
lo capisci? Non dipende da te, non puoi correre questo rischio!
–
Sbraita
lui, evidentemente preoccupato e apprensivo, a fin di
bene.
-
Posso correre tutti i rischi di questo mondo. LUI. E’. MIO. PADRE! – Urlo ancora
più forte, sperando ardentemente che nessuno mi senta e si insospettisca. Dio
solo sa cosa succederebbe. – Starò via una notte sola, se l’avrò trovato bene..
altrimenti tornerò a casa con la consapevolezza d’averci provato, ok? Non posso
starmene con le mani in mano, mia nonna ha complottato per farlo fuori dalla mia
vita, ed io non posso abbandonarlo e lasciarlo in quelle Terre. Io devo salvarlo
e sistemare le cose. –
-
DANNAZIONE ERA! So bene cosa vuoi fare, ma hai solo vent’anni, sei una ragazzina
che non sa nulla del mondo o delle terre dell’ovest. Non è tutto rose e fiori e
devi smetterla di fare l’eroina, non puoi salvare tutti e aggiustare tutto. Devi
capacitarti del fatto che potresti non riuscirci, stavolta.
–
-
Ma almeno devo provarci, e non sarai di certo tu ad impedirmelo. – Dico,
reprimendo le molteplici offese e parole che vorrei sputargli in faccia. So che
parla per il mio bene, so che mi ama e vuole proteggermi ma io devo conoscere e
aiutare mio padre, devo sistemare tutto. So che posso.
-
Fai come vuoi. – Detto questo si stira sul letto e ricomincia a leggere quei
fogli che giorni prima avevo scritto con interesse e di cui adesso non me ne
importava nulla.
-
Esco. – Pronuncio questa affermazione a bassa voce ed esco nel corridoio,
chiudendomi la porta alle spalle. Ho bisogno di stare da sola e pensare al da
farsi, senza sentire ulteriori ramanzine o vedere musi
lunghi.
Mi
dirigo spensierata al piano di sotto e vado dritta verso l’orto delle fate, dove
le dolci creature stanno innaffiando quei piccoli ortaggi, canticchiando una
canzone che mi entra subito in testa.
-
Viveva proprio lì, nel bosco delle fate. Tra alberi d’argento e fragole
incantate, uno gnomo no, non era.. un diavoletto invece, che gran
bufera!–
Passeggio
in lungo e in largo, tra piccoli arbusti e qualche fiore. Il lieve rumore
provocato dal battito delle ali di quelle canterine mi provoca un leggero
fastidio, ma decido che tra quei profumi e quelle canzoni, riuscirò a
rilassarmi, quindi rimango.
-
Un giorno molto buio, un Antico arrivò, prese un bel pugnale e le creature
salvò. Il diavolo piangendo, i suoi poteri perse e dalle fiamme rosse mai più
lui riemerse. –
Non
appena capii di che razza d’odio era composta quella canzone decisi di uscire
immediatamente, rimangiandomi tutto ciò che avevo pensato
prima.
-
Tieni cara, assaggia un pompelmo. – Una fatina mi si avvicinò con un piccolo
pallino giallo in mano, io lo presi senza esitare, sorrisi e andai via,
infastidita e nervosa a causa della lite con Ate e di quell’insulsa
canzone.
Uscii
dal portone principale e cominciai a girovagare nel grande cortile verde, fino
ad arrivare al grande cipresso. Mi sedetti su una pietra sottostante e mangiai
il piccolo frutto in un sol boccone. Poi cominciai a pensare a mio padre e a
tutto ciò che avrei potuto fare per salvarlo.
-
Salve, Era. – Vedo Pan sedersi accanto a me, e roteo gli occhi verso l’alto. Poi
rammendo che lui non ricorda niente delle nostre liti e dei nostri disguidi,
quindi decido di fingere che sia tutto normale, come i primi giorni in cui
eravamo usciti insieme.
-
Ciao, Pan! – Lo saluto con finta enfasi, voltandomi poi dall’altra
parte.
-
Siete particolarmente raggiante, oggi pomeriggio. – Mi dice, dandomi del “voi”.
Mi scoccia parlare con lui ma devo assecondarlo, se non voglio destare sospetti.
Tutti devono credere che sono una frivola ragazza, almeno finché non riesco a
salvare mio padre e a sistemare tutto.
-
Vi ringrazio, dovete scusarmi, ma adesso devo proprio andare. – Mi alzo e mi
dileguo, incapace di continuare questa farsa per molto. Lui mi guarda andare via
e poi si alza e scompare da dov’era venuto.
“Che
uomo viscido e senza spessore.” Penso, disgustata, incamminandomi verso non so
dove.
Ritorno
all’interno della scuola e vado a sbattere violentemente contro Drogo, di nuovo.
Lui si volta, mi guarda e mi sorride.
-
Non puoi proprio state lontana da me, non è così? – Ed ecco che spunta il suo
solito sorriso sornione, canzonatorio. Il suo sguardo è inequivocabile, come
sempre sta cercando di flirtare e di mettermi in
imbarazzo.
-
Vieni con me, ti devo parlare. – Lo prendo automaticamente dal braccio,
strattonandolo leggermente. Lui fa cenno ai suoi compagni di scomparire e loro,
un secondo dopo, già sono andati via.
-
Oh, vuoi addirittura rapirmi? – Sorride. – Capisco che ti piaccio tanto ma..
–
-
Basta, Drogo! Smettila, vieni con me. – Dico, sbuffando e ridacchiando sotto i
baffi, può anche essere irritante ma adoro il suo modo di essere sempre
divertente e positivo.
Ci
incamminiamo per andare verso le serre e ci fermiamo tra diversi alberi e
arbusti.
-
Voglio imparare. – Gli comunico e lui ride.
-
Ne ero sicuro. -
Ho voluto
farvi un ultimo regalo prima di partire, mi sono praticamente spaccata in due
per scrivere questo capitolo in appena due ore. Quindi se non sarà bello o se
sarà pieno zeppo di errori è solo perché tra una valigia e l'altra scrivevo
qualcosa, senza nemmeno rileggerla. Commentate, a presto.
Stefy.
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Capitolo 22 *** Perdita della cognizione del tempo. ***
|
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Perdita
della cognizione del tempo.
Sono
quattro giorni ormai che pratico il Dono insieme a Drogo. Non vedo Ate da quel
pomeriggio in cui abbiamo litigato, quando sono tornata in camera ho trovato un
semplice biglietto, e da quel momento più niente.
-
Non ti distrarre e stringi forte la mia mano. – La voce di Drogo mi risveglia
dai miei pensieri. – Devi riuscire a far muovere quella pietra, avanti. – Mi
concentro sul piccolo masso grigio davanti a me.
Assorbo
l’energia di Drogo, come lui mi ha insegnato e la scarico sulla pietra.. che si
sposta di qualche centimetro in avanti..
-
Vedi? Stai imparando, se non mi avessi ascoltato e fossi andata da tuo padre
qualche notte fa, saresti probabilmente morta. – Drogo è davvero bravissimo ad
adularsi e dirmi “te l’avevo detto”, ma ha veramente ragione e questo lo
so.
-
Vedrai, sarà tutto più facile quando imparerai ad assorbire energia dalla terra
e dalla natura in generale. Il tuo potere accrescerà e se userai la magia nei
momenti adatti non avrai problemi, ma questo lo sai già. – Mi spiega per
l’ennesima volta. So bene che non devo abusare dei miei poteri e che non devo
farci pieno affidamento perché la natura è scostante e non sempre è a mia
disposizione. Sono giorni che me lo ripete.
-
Dai, riproviamo. – Mi porge la mano ed io, sbuffando, intreccio le mie dita alle
sue, lui sorride e dopo qualche secondo la pietra si alza, levita per alcuni
momenti e cade a terra.
-
Anche la levitazione! Mh, bene. Signorina Aris, facciamo progressi. – La sua
voce canzonatoria assume un tono autorevole e politico, io ridacchio,
soddisfatta di me stessa e mi siedo su una pietra,
affannata.
-
E’ sempre così faticoso? – Chiedo, respirando forte.
-
Si, non è mai una passeggiata. Ma andrà meglio. Più pratichi, più diventa facile. – Mi
spiega, sedendosi accanto a me. I suoi occhi celesti sembrano un oceano limpido
e calmo, con qualche onda più scura.
-
Stai bene? – Mi domanda, diventando serio come non l’ho mai
visto.
-
Non direi. Sono quattro giorni che non ho notizie di Ate. –
Spiego.
-
Oh. Ma tu gli hai scritto? No sai, perché le cose non scendono dal cielo. – Mi
dice, un po’ annoiato ed un po’ premuroso. Mi sento un po’ in colpa, dopo aver
lasciato Ate solo in camera non l’ho più cercato. Lui cercava solo di trovare la
soluzione migliore ed io l’ho trattato male. La colpa è
mia.
-
Hai ragione. – Sibilo, orgogliosa e presuntuosa.
-
Come sempre. – Scherza lui, con un tono divertito e
saputello.
Mangiamo
qualche frutto e poi andiamo a riposare, quando entro nella mia stanza mi sembra
quasi di sentire l’odore di Ate, ma poi capisco che è solo la mia immaginazione
perché è impossibile che lui sia qui, in pieno giorno.
-
Mi manchi. – Sussurro, quasi sperando che lui mi senta e che mi risponda.
-
Anche tu, fatina. – Mi volto, sobbalzando, e lo vedo uscire dal bagno, con solo
una tovaglia sulla vita. La mia faccia assume delle espressioni indescrivibili.
Per un momento ho il desiderio di urlare, ma poi passa.
Corro
ad abbracciarlo, bagnandomi tutta a causa del suo torace
gocciolante.
-
Ma che ci fai qui? Pazzo! – Dico entusiasta, baciandolo con
passione.
Ma
ad un tratto apro gli occhi e mi accorgo di essere nella mia stanza, da sola..
l’ennesimo sogno finito troppo presto. Due lacrime mi rigano il viso e
finalmente decido di scrivergli, e mettere fine a questo stato d’animo
pietoso.
Ciao
Ate,
Volevo
solo dirti che mi dispiace, mi dispiace tanto per non aver ammesso che avevi
ragione, per essere così testarda e presuntuosa. Scusami, spero potrai
perdonarmi, ti prego, cercami. Ti amo.
Piego
il foglietto e come sempre lo lascio sul comodino, poi decido di fare una visita
ad Asia. Sono giorni che non la vedo e che non ho notizie di Egle, esco dalla
mia stanza e noto che, come sempre, il corridoio pullula di studentesse curiose
con voce stridula.
Busso
un po’ intimorita, senza un perché, e sento dei rumori e delle imprecazioni
provenire dall’interno della stanza. Poi la porta si apre, rivelandomi un Asia
scombinata e con i capelli arruffati.
-
Ti ho svegliata? – Chiedo, premurosa e già pronta ad
andarmene.
-
Si ma tranquilla, entra. – Mi dice, facendomi entrare
furtivamente.
Chiude
subito la porta e mi rendo conto che la sua stanza è un vero e proprio casino, i
fiori sui tavoli sono secchi ed emanano puzza. La tenda che tanto mi piaceva è
strappata e quasi del tutto sradicata.
Il
letto era l’unica cosa intatta, se pur sporco di terra. Anche i mobili sono
graffiati e sporchi.
-
Ma che è successo? – Chiedo mettendomi le mani alla bocca.
-
Egle. – Sussurra il suo nome quasi con vergogna, ma pur sempre con devozione. –
Sta peggiorando, quando Ate non può stargli dietro lo porta qui, e questo è
quello che combina. – Mi spiega, diventando rossa e distogliendo lo sguardo dal
mio. Noto dei graffi sulle guancie e vedo che i suoi vestiti sono strappati
sulle braccia e sulle gambe.
-
Asia lui ha.. – Mi blocco, mettendo nuovamente la mano sulla
bocca.
-
Si. – Mi dice solamente. – Ha fatto anche quello. – Scoppia in un pianto
disperato ma prova comunque a difenderlo. – Ma non è lui! Lui è un uomo
meritevole, dolce e premuroso. Non è stato così terribile, lui è sempre il mio
amore. – Stavolta il suo pianto è così forte che non riesce più a parlare,
nemmeno lei è convinta di ciò che dice. Rabbrividisco e non riesco a pensare
quanto può essere orrendo vivere certe situazioni.
La
abbraccio stretta e lei mi getta le braccia al collo.
-
Non ce la faccio più. – E’ l’unica cosa che riesce a dirmi, e lo
ripete.
-
Passerà, tesoro, passerà. – Le dico, non essendo pienamente convinta di ciò che
dico. Mi sento davvero misera ed impotente.
Le
mie braccia la stringono, i miei capelli sono accanto ai suoi, ma la mia testa è
altrove. Come posso aggiustare le cose? Come posso
guarirlo?
Continuo
ad abbracciarla tra quei fiori appassiti e quelle ferite profonde, lei continua
a singhiozzare e ad aggrapparsi a me, quasi stesse
cadendo.
-
Io farò di tutto per liberarlo e liberarti da questa maledizione. – Dico, sicura
almeno di questo. Mi stacco, le prendo le mani e la guardo negli occhi. – Lo
giuro sul mio nome. –
Lo
sguardo che sussegue questa frase non lo dimenticherò mai, i suoi occhi
lacrimevoli e le sue iridi sincere suggellano il giuramento riempiendomi di
coraggio e volontà.
La
saluto e vado di corsa a cercare Drogo, solo lui sarà capace di consigliarmi la
via più giusta.
-
Impossibile. – Mi dice, dopo aver ascoltato attentamente le mie parole e
richieste disperate. Lo guardo interrogativa ma lui è stato esplicito e non gli
piace ripetersi.
-
Devi smetterla, Era. Tu non sei la paladina delle anime in pena, non conosco un
incantesimo capace di eliminare nessun Mutatio, e anche se lo conoscessi non te
lo direi. E’ pericoloso, questo tipo di magia può ucciderti. Se spostare una
pietra ti affanna immagina cosa potrebbe comportare uccidere un demone. – Mi
dice, tutto d’un fiato ed io sento la rabbia montarmi
dentro.
-
Mi sono stancata dei vostri discorsi, perché vi preoccupate così tanto per me?
Ti ho solo chiesto se conoscevi un incantesimo, non ti ho chiesto di farmi la
paternale! – Sbraito, sono davvero stufa di sentirmi dire cosa devo o non devo
fare, cosa posso e cosa non posso provare.
-
Forse tu non capisci che se tutti ti facciamo questi discorsi è solo perché non
vogliamo che tu ti faccia del male! – Urla anche lui, stringendo il bordo del
tavolo della sua camera.
-
Adesso vai, prima che scoprano che sei qui. – Dice subito
dopo.
-
E non fare cazzate. – Me ne vado stringendo i pugni e decido di mangiare
qualcosa. Vado al chiosco e prendo un paio di tramezzini al formaggio, ne porto
uno ad Asia e lei mi ringrazia.
-
Mi manca Ate. – Dico ad un tratto, addentando il
tramezzino.
-
A me manca Egle, il mio Egle. – Dice malinconicamente lei.
-
Hai trovato qualcosa per aiutarlo? – Mi chiede, speranzosa e
triste.
-
Purtroppo no, ma posso ancora cercare, ti ho promesso che farò di tutto.
-
Vedo
subito i suoi occhi rattristarsi, e il suo sguardo spostarsi verso il
basso.
-
Grazie per il tramezzino, ma ora ho proprio bisogno di dormire. – Mi dice,
dirigendosi verso la porta e aprendola, è un invito ad
andarmene.
Non
me lo faccio ripetere due volte, ovviamente sta male e vuole stare da sola,
quindi non insisto e vado subito nella mia stanza a controllare se Ate mi ha
risposto alla lettera. Con mio grande sollievo una busta gialla e bruciacchiata
si trova sul comodino, al posto della mia.
Quasi
corro per prenderla e la leggo voracemente.
Era,
non
devi preoccuparti per quello che è successo l’altra
notte.
Mi
hai solo aiutato ad allontanarmi da te e a capire che tra di noi non può
funzionare. C’è una cosa in particolare che tu non sai di
me.
Io
sono predestinato a sposare un'altra, lo sono sempre stato.. ho provato a
ribellarmi, ho provato a stare con te.. ma quello è il mio destino ed io non
posso più evitarlo. In più ho Egle a cui pensare, non ho tempo per combattere,
sono stanco di combattere per te. Mi dispiace, spero onestamente che tu vivrai
felice, come meriti.
Questo
periodo con te mi ricorderà sempre quant’è bella la felicità. Ti proteggerò
sempre, ti terrò sempre con me.
Ate.
-
Dio.. – Dico poco prima di accasciarmi al suolo, in preda al dolore più forte.
Sento il cuore fermarsi, poi riprendere a battere troppo forte. Sembra quasi che
mi stia scoppiando nel petto.
Stringo
forte la lettera tra le mani.
-
Aiuto. – Sussurro, ma so bene che non può aiutarmi
nessuno.
Forse
è questa la morte, forse è questo ciò che si prova a morire
d’amore.
Il
cuore non smette di farmi impazzire dal dolore e inizio a piangere
silenziosamente, non ho nemmeno un fil di voce. Non posso
respirare.
Spero
che passi in fretta o che mi uccida in fretta perché il dolore è così
insopportabile da farmi desiderare un coltello, qui e
adesso.
Vorrei
tanto sgozzarmi come ho sgozzato quel cavallo per salvare lui.
-
Era! – La porta si apre e Drogo entra chiudendola alle
spalle.
Non
capisco come sia entrato o perché, ma quando mi prende in braccio e mi mette sul
letto sorrido, smettendola di farmi domande.
Il
dolore si attenua ad ogni carezza che lui mi fa, fino a scompare del tutto. Mi
accorgo di avere ancora la lettera di Ate tra le mani, gliela
porgo.
Drogo
la legge, ho l’impressione che la rilegga più di una volta e poi la getta sul
pavimento e mi abbraccia forte.
-
Sopravvivrai anche a questa. – Mi rassicura. – Ci sono io con te.
-
Ok, vi prego di non tirarmi
troppi ortaggi marci o pietre. Non posso spoilerare niente, stavolta. I'm sorry.
Ma non voglio farvi capire che intenzioni ho. Voi come vorreste si evolvesse la
storia? Dite :)
By the way, sono tornata da Londra tre giorni fa, è stata un
esperienza mozzafiato e sono felicissima di aver trovato molti commenti e
messaggi da parte di tutte voi, splendide fan :) Al prossimo capitolo
:)
Stefy :D
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Capitolo 23 *** Stringere i legami. ***
|
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Stringere
i legami.
I
giorni passano lenti, è passata un intera settimana da quando ho ricevuto quella
lettera da Ate ma ci sto ancora da schifo.
Drogo
ed io ci siamo avvicinati molto, pratichiamo spesso la magia insieme e sto
provando a distrarmi, studiando e cercando costantemente una cura per Egle.
Ho
provato a chiedere ad Asia informazioni su Ate, ma lei è tassativa.. o non sa
nulla o non vuole dirmi nulla per paura che soffra ancora di
più.
Stamattina
la classe di poesia è quasi vuota, oggi è la vigilia di Pacifica, una
festa che equivale al Natale umano. Quasi tutti i ragazzi e molti insegnanti
sono partiti per festeggiare con i parenti, nelle loro case ma mia nonna mi ha
detto che farei meglio a rimanere a scuola.
-
La scuola sarà più silenziosa, non ci saranno molti alunni e i professori si
dedicheranno a te e ad altri pochi ragazzi, sarà più facile impegnarsi e
imparare qualcosa. Tua madre farà in modo di farti avere una porzione di torta
ai lamponi, nel santo giorno. – Mi ha detto, quand’è venuta a trovarmi. Ma io
sono più che felice, non voglio passare una settimana a fingere di non sapere
nulla e di volerle ancora bene come un tempo.
-
Quest’oggi parleremo di Paul Celan, aprite il volume a pagine 23.
–
Sfoglio
quelle pagine enormi e leggo in fretta la poesia.
Scrivimi presto Scrivimi presto, ti prego, e scrivi se voi ancora una mia parola, se puoi ancora accogliere la mia tenerezza e il mio amore, se qualcosa ancora può aiutarti, se tu ogni tanto tendi ancora la mano verso di me e mi oscuri con il sogno pesante, nel quale vorrei splendere come una luce. Tenta, scrivimi, rivolgiti a me, allontana da te scrivendo tutto ciò che ti opprime!
La
poesia è molto significativa, soprattutto per me. Vorrei tanto dedicarla ad Ate
e fargli capire quanto il mio amore per lui sia immenso.. ma il mio orgoglio mi impedisce di
farlo.
Mi
volto, con gli occhi lucidi, e Drogo mi lancia uno sguardo
ammonitore.
Sorrido
e mi ricompongo, continuando la lezione fino alla fine, senza piangere.
L’insegnante ci spiega tutta la lezione impeccabilmente ma mi riesce difficile
concentrarmi, appena sento il suono della campana esco fuori dalla classe come
un razzo. Voglio stare da sola, per un po’.
Salgo
in camera mia e mi imbatto in Pan, che sta seduto sulla lunga scalinata e mangia
una mela.
-
Oh! Era! Che bello vedervi! Pensavo foste tornata a casa per Pacifica.
–
Mi
dice, e io roteo gli occhi, speravo di poter passare
inosservata.
-
Oh no, preferisco stare qui. Adoro la quiete. – Sorrido
cordialmente.
-
Quante cose abbiamo in comune, dovreste passare un po’ di tempo con me, in
questi giorni. La quiete è bella, ma la noia non lo è. – Mi dice, invitandomi in
maniera molto poco formale, io lo fulmino con gli occhi.
-
Credetemi, non conosco la noia e non credo di aver bisogno di compagnia,
preferisco dedicarmi a Shakespeare e a Celan. – Rispondo, un po’
acida.
-
Non insisterò oltre, allora. Ma se vi sentirete annoiata, saprete dove trovarmi.
– Mi dice, poi si scosta e mi lascia passare.. non perdendo l’occasione di
provare a sbirciare sotto la mia sottana.
-
Che insolente. – Bisbiglio, entrando nella mia stanza, più nervosa di prima. Non
riesco a capire come abbia potuto trovarlo interessante i primi giorni, dovevo
capirlo subito che razza di idiota é.
Mi
siedo sul letto e chiudo gli occhi, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e
prendendomi la testa tra le mani. I boccoli biondi si riversano verso il basso
coprendo la luce della finestra.
-
Fatina. – Sento la voce di Ate chiamarmi, ma capisco che sono solo ricordi..
sento le sue mani percorrermi e farmi stare bene.
Le
lacrime iniziano a cadere ed io non faccio altro che ripensare alla nostra prima
ed ultima notte d’amore. Alla nostra settimana di convivenza, a quelle notti
quando dormivamo abbracciati.
Penso
alla sua mano sulla mia pancia, al suo respiro sul mio orecchio e piango come se
fosse morto. Piango perché so di averlo perso per sempre.
-
Ti amo. – Sento ancora la sua voce, è nitida e forte.. sembra quasi che lui sia
qui, provo a scacciare via questi pensieri inutilmente.
Le
sue labbra ricominciano a torturarmi facendomi salire brividi
ovunque.
Cambio
posizione, sono instabile, quindi mi sdraio lateralmente, sul fianco sinistro e
stringo forte le lenzuola. La sua mancanza è quasi come
morire.
Il
dolore al petto è costante da quando ho ricevuto la lettera, ma ormai ho
imparato a sopportarlo, anche perché non è ad alti
livelli.
-
Sono tua. –
-
Sei mia. –
Le
parole della nostra prima notte insieme mi torturano, mi fanno piangere e
stringere le lenzuola come un ossessa.
Piango
per minuti o ore, non lo so. Poi chiudo gli occhi,
esausta.
-
Mi manchi. – Sussurro, e poi mi addormento.. immaginando un flebile “anche tu.”
Respiro pesantemente e aspetto di stare meglio.
Le
ore passano veloci, sento il calore del sole abbandonarmi e quando capisco che è
ora di cena mi alzo stropicciando gli occhi.
Sono
stata in dormiveglia per quasi quattro ore, a pensare e a sognare
contemporaneamente, ed al centro della mente c’è sempre
lui.
Immagino
il vestito da sposa che indosserà quella ragazza quando gli andrà in contro,
immagino la sua cravatta e il sapore del banchetto.
Poi
realizzo che non ho idea di come si svolgano le cerimonie
lì.
Realizzo
che non so proprio niente di lui, di lei o di loro come
coppia.
Non
so proprio nulla di nulla, e basta.
Questo
pensiero mi rattrista ancora di più e mi spinge ad uscire dalla mia stanza. Non
ne posso più di torturarmi.
Percorro
il corridoio e scendo la grande scalinata per arrivare nell’atrio, poi svolto
verso la sala mensa. La sala è quasi deserta, vedo tre ragazze sedute nel mio
solito posto, ma decido di non innervosirmi.
-
Cosa ti posso servire, cara? – La dolce signorina al bancone si rivolge sempre
con gentilezza, ma onestamente non ho molta fame.
-
Solo un po’ di quell’insalata. – Le dico sorridendo
forzatamente.
Lei,
un po’ indelicatamente, ne lancia due cucchiaioni sul mio piatto e me lo porge.
Mi siedo sul primo tavolo che vedo e mangio con lentezza e
noia.
-
Stai dimagrendo a vista d’occhio, rifiutare il cibo non lo farà tornare sui suoi
passi. – La voce glaciale di Drogo si intrufola nel mio orecchio, facendomi
sobbalzare. Non l’avevo visto arrivare.
Si
siede accanto a me e vedo il suo vassoio pieno di cibo.
-
Le patate di oggi sono davvero squisite, prendine un po’ delle mie. – Mi esorta,
ma io faccio segno di no con la testa.
-
Davvero, non ho fame. E poi sto mangiando la mia insalata.
–
Lui
abbassa lo sguardo, e conta le cinque foglie di lattuga.
-
Questo non soddisferebbe nemmeno l’appetito di una fata. – La sua smorfia è
molto carina, mi porge una patata con la forchetta e io la addetto per farlo
contento.
-
Dai, solo altre due. – Mi esorta, mentre mastico, infilzandone un'altra e
avvicinandola.
-
Non ho bisogno di essere imboccata. – Sbuffo, un po’
irritata.
-
Oh si, invece. – Sorride e io sorrido impercettibilmente, addentando l’altra
patata.
Mangio
le ultime due, finisco la mia insalata e nel frattempo chiacchiero piacevolmente
con Drogo. Rido un po’, per la prima volta in una settimana e lui se ne
compiace. Le ragazze sedute in fondo ci guardano male.
Probabilmente
perché Drogo è uno sciupa femmine mozzafiato e magari ha illuso anche qualcuna
di loro.
-
Le tue spasimanti sono sul punto di infilzarmi con un coltello da burro. – Lo
informo, ironicamente, lui le guarda per un attimo.
-
Pfff. Sai bene che non permetterei mai a nessuno di farti del male. – Diventa
serio tutto d’un tratto. – E poi tu sei molto più muscolosa! – Sdrammatizza
immediatamente, quasi spaventato da ciò che ha appena ammesso. Io ridacchio,
facendo finta di nulla, in realtà ho capito quanto Drogo tenga a me già da un
pezzo.
-
Parlando seriamente, sei ancora dell’idea di voler trovare Reouven, giusto? –
Quando sento il suo nome per poco non sobbalzo, mio padre? Ovvio che voglio
ancora trovarlo, è l’unica cosa che voglio fare da anni.
-
Ovvio che si. – Rispondo e lui si volta con paranoia per controllare che non ci
sia nessuno ad origliare.
-
Bene, credo che la serata perfetta sia quella di domani. – Mi
annuncia.
-
Ragiona. E’ Pacifica, tutti sono occupati a spacchettare regali e mangiare torte
ai mirtilli, la scuola è praticamente deserta e tua nonna è più che certa che tu
sia in un intensa fase di studio. Potremmo partire al tramonto, tornare all’alba
e nessuno se ne accorgerebbe. –
-
Perché parli al plurale? – Chiedi ad un tratto, dubbiosa.
-
Perché vengo anch’io con te. Conosco tuo padre, sono già stato nelle terre
dell’est prima d’ora e sono molto più esperto di te, in magia. – Mi
dice.
-
Si, ma non vedo cosa ci guadagni tu, a venire. – Mi pronuncio a bassa voce,
sicura di ciò che dico. In fondo è solo un pericolo per
lui.
-
Io.. non voglio che ti succeda niente. – Bisbiglia in maniera quasi inudibile. –
E poi tuo padre mi ha chiesto di tenerti d’occhio. –
Ci
siamo alzati senza nemmeno accorgercene, stiamo camminando, stando sempre ben
attenti a non farci sentire da nessuno.
-
Raccontami, raccontami di Reouven. – Gli chiedo e lui
annuisce.
-
Mia madre è una creatura della luce ma mio padre.. bhé, lui era metà e metà. Ma
era biondo, con gli occhi azzurri.. quindi sua madre lo portò con sé, qui. Ma i
contatti dall’altra parte non gli sono mai mancati, era molto legato a suo
padre. Un estate, quando avevo 13 anni, mi portò con lui a Malvagia, mio nonno
stava morendo ed il suo ultimo desiderio era quello di vedermi almeno una volta.
Tuo padre era il medico, fece di tutto per salvare mio nonno, ma la peste lo
uccise dopo qualche ora. Mio padre purtroppo fu attaccato e ucciso appena fuori
dalla capanna, morì per salvare me. Volevano rapirmi e vendermi ma lui mi salvò.
Reouven mi prese con sé, mi aiutò a superare lo shock e poi mi riportò a casa.
Tutti mi accolsero come il sopravvissuto
perché tutti pensarono che mio
padre era solo un assassino impazzito che mi aveva rapito per uccidermi. Da quel
periodo in poi io e tuo padre restammo in contatto.– Noto che gli occhi di Drogo
sono pieni di lacrime, che lui trattiene con tutte le
forze.
Apro
la porta della mia stanza e lo faccio entrare.
-
S-sai qual è la cosa peggiore? – Mi dice, balbettando, quasi
piangendo.
-
Che tutti credono che mio padre sia un bastardo, un assassino.. e io non posso
dire a nessuno che razza di perfetto padre è stato per me! – Stavolta comincia
veramente a piangere, si lascia andare sul divano.
-
N-non posso difendere il suo onore, cazzo. – Mi dice, ancora
sconvolto.
-
Sarà sempre ricordato come il bastardo che rapì e quasi uccise suo
figlio.-
Non
so cosa fare, cosa dire.. la sua storia è davvero troppo
sconcertante.
-
E la colpa è solo mia! Perché non ho le palle di rivelare al mondo la verità su
di lui! Perché non sono abbastanza uomo, come lo era lui.
–
Si
asciuga le lacrime, è in evidente imbarazzo.
-
Non dire stronzate. – Mi pronuncio finalmente. – Tu sei uno degli uomini
migliori che conosco, e se non dici nulla è solo per proteggere te stesso e tua
madre. Cosa te ne frega del parere altrui? Tu e tua madre sapete che uomo era..
il resto non conta. Tuo padre ti ha voluto bene, è morto per farti
sopravvivere.. e se adesso tu dichiarassi tutto, moriresti e il suo sacrificio
sarebbe vano. Smettila di fare questi discorsi, sono più che sicura che tuo
padre è orgoglioso di te e dell’uomo che sei diventato. –
Detto
questo, mi precipito sul divano e lo abbraccio forte.
Lui
si sfoga, piange, piange a lungo e poi si calma, senza mai ricambiare
l’abbraccio.
-
Grazie Era. – Mi sussurra. – Credo sia ora che io vada a letto. – Mi dice poi,
più abbattuto che mai.
-
Preparati, domani andremo a cercare Reouven. – Si alza ed esce dalla stanza di
soppiatto, lasciandomi ancora una volta sola ed in balia dei miei
ricordi.
Ditelo, non
ve lo aspettavate un aggiornamento così in fretta mh? Lo so, lo so, sono
troppo buona :D
Ma che posso farci? Adoro questa storia anche io, da
sempre.
Che ne pensate di Drogo? Preferite lui o Ate? E degli
accadimenti di questo capitolo?
Fatemi sapere tutto, aggiorno il prima
possibile.
Stefy.
| |
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Capitolo 24 *** Dall'altra parte. ***
|
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Dall’altra
parte.
Sono
quasi le nove di sera, il tramonto è appena finito ed io e Drogo siamo già
dall’altra parte della barriera. Non mi ha nemmeno fatto dipingere i capelli. Ma
ho indossato i pantaloni e il top che mi avevano dato Egle e Asia la prima
volta. Non so se li ho messi per sicurezza oppure perché quella volta Ate mi
aveva detto quant’ero bella conciata in questo modo.
Sono
ansiosa di incontrarlo, ma più di tutto ho paura di non trovare mio padre. Ho
solo dieci ore per cercarlo, le terre dell’est non possono essere interamente
visitate nemmeno in due giorni. Spero solo che Drogo mi aiuti, vorrei tanto
vedere come sta Egle ma non ho tempo per nulla.
Papà
ha la priorità, adesso.
-
Stai bene? – Mi chiede Drogo, fermandosi a metà palude e guardandomi sospettoso
e preoccupato. – Sei sicura di voler andare? Guarda che se..
–
-
Sto bene, sciocchino. E non sono mai stata più sicura in vita mia.
–
Rispondo
col sorriso sulle labbra. Non è vero, sto da cani.
Ho
l’ansia più forte che abbia mai avuto, mi tremano le gambe e ho paura di morire,
di trovare mio padre morto, di incontrare Egle e il suo Mutatio.. oppure, nel
peggiore dei casi, di incontrare Ate con la sua fidanzata.
-
Stai pensando a lui, vero? – Mi chiede atono, mentre camminiamo
veloci.
Non
rispondo, non mi va di mentire a Drogo, non di nuovo. Sono una persona onesta e
sincera, ma non mi va neanche di dire la verità.
Non
voglio apparire debole e sdolcinata, voglio superare questa cosa e voglio che
lui creda che io l’abbia superata.
-
Guarda! C’è un villaggio, forse è quello dov’è stato curato mio nonno, forse è
lì la casa di tuo padre, dobbiamo avvicinarci per vedere se ricordo qualcosa. –
Mi dice Drogo, indicando delle lucine in lontananza.
Lui
non lo riconosce ma io si, subito.
-
Quello è il villaggio di Ate, non credo sia quello che cerchiamo. Dai,
continuiamo a camminare, non mi va di avvicinarmi. –
Mi
pronuncio subito e spero che lui mi porti lontanissima da
li.
-
No, io ricordo che era molto vicino al confine, dobbiamo provare.
–
Quelle
sue parole mi fanno ghiacciare, devo provare a
dissuaderlo.
-
Ti prego! Quel villaggio è abitato, se solo qualcuno ci vede.. – Dico, prendendo
una ciocca di capelli in mano. E’ davvero pericoloso, siamo entrambi biondissimi
e chiaramente proveniamo dalle terre dell’ovest, se solo qualcuno ci vedesse
sarebbe la fine di tutto.
-
Hai paura d’essere scoperta o hai paura di vedere Ate? – Mi sorride amareggiato
ed io sbuffo, prendo a braccetto
Drogo, sorrido forzatamente facendomi trascinare verso il villaggio, sento il
cuore palpitare forte.
-
Spero di non doverti mai dire “te l’avevo detto”. – Bisbiglio e cammino senza
volontà, col cuore a mille e la preoccupazione che mi sbrana
viva.
Dopo
molti passi e altrettanti sospiri arriviamo proprio dietro il villaggio. Non si
vede né sente anima viva quindi ci addentriamo verso le casette, riconosco
immediatamente quella di Ate, ci passo proprio di fronte ma tutto è spento,
sembra una casa diroccata e abbandonata come tutte le altre. Poi noto che
proprio accanto alla porta c’è una rosa rossa, quella che avevo piantato io. Ma
è appassita, abbassata e annerita.. morta.
-
Così ti ricorderai sempre quanto ti amo. – Avevo detto, due settimane prima,
piantandola con amore. Ricordo e mi rendo conto che il nostro amore è morto
proprio come quella rosa, una lacrima mi scende sulla guancia e stringo il
braccio a Drogo, facendolo fermare di colpo.
Lo
lascio e vado verso la casa.
-
Ma che fai? – Bisbiglia mesto, io faccio segno di
aspettare.
Mi
abbasso proprio davanti la porta, strappo la rosa morta
pungendomi.
-
Ahia. – Dico e senza accorgermene una goccia di sangue ed una lacrima si
depositano proprio sul terreno, accanto allo stelo
mozzato.
Tolgo
con rabbia e tristezza i petali marci e li getto intorno all’ingresso,
desiderosa di distruggere quel maledetto fiore. Poi mi strappo la collana che
fino a quel momento avevo sempre tenuto al collo e la lascio proprio sull’uscio
chiuso. Do un ultima occhiata alla catapecchia e torno da Drogo, delusa e
arrabbiata. Ma cosa mi aspettavo? Deduco di essere una
stupida.
-
Possiamo andare. – Sussurro, con un fil di voce.. mi appoggio nuovamente a Drogo
e ricominciamo a camminare, ben attenti a guardarci intorno. I passi che mi
separano dalla casa di Ate adesso sembrano troppi, è come se nel mio cuore io
sappia di appartenere lì, a quel luogo.
-
Fermi. – Una voce glaciale ci sorprende, Drogo mi prende per mano e mi spinge
con lui, vuole correre via ma io sono bloccata. Non riesco a muovermi, né a
voltarmi indietro. Drogo continua a tirarmi e infine cado a terra, sono così
paralizzata che non riesco nemmeno a ripararmi la faccia.
Cado
in mezzo al sangue e al fango, in mezzo a tutto ciò che mi ricorda
lui.
E
mi rendo conto di non essere semplicemente paralizzata dalla
paura.
-
Ate. – Sussurro, finalmente due braccia mi sollevano e mi
girano.
-
Scusami. – Il viso di Ate è a due centimetri dal mio, quello di Drogo è lontano
ma altrettanto preoccupato e incupito. – Non volevo ordinarti qualcosa.. – Mi
dice, poi, continuando a tenermi dal bacino.
-
Puoi muoverti e far quello che vuoi, scusami. – Mi ripete,
mortificato.
Io
non riesco a parlare e a muovermi comunque, stavolta non per un suo ordine, ma
per il fatto che lui è a due centimetri dal mio viso sporco di fango. Sono
orrenda, sono con un altro uomo, sono indecente e lui è
qui.
-
Ti prego, lasciami adesso. – Sussurro ma lui è immobile tanto quanto me. Sono
incatenata a lui, non con catene o manette, ma con lo
sguardo.
-
Non l’hai sentita? Ha detto di lasciarla. – Drogo interviene facendomi provare
un sentimento a metà tra il sollievo e il terrore, non riesco a respirare,
quasi. Le mani di Ate si muovono impercettibilmente, quasi imitando una carezza
d’amore. Poi, ad un tratto e senza preavviso, si allontana di botto, continuando
a guardarmi per un po’. Resto ferma.
-
Cosa ci fate qui? – La sua voce è ancora più roca e sensuale di quanto
ricordassi, mi mette i brividi, Drogo viene verso di me e mi cinge per un
fianco, vuole proteggermi.. lo capisco, ma sono
imbarazzatissima.
-
S-stiamo cercando mio padre. – Dico in un soffio,
sconvolta.
-
Siete impazziti per caso? – Lo sguardo di Ate è fisso sul mio fianco, sta
guardando con odio e disprezzo la mano di Drogo che mi
stringe.
Il
mio fianco è scoperto.. e Ate lo guarda, furente.
-
Non potete mica venire qui come se nulla fosse! E’ pericoloso per tutti.. vi ho
trovati io stavolta, ma se vi avesse trovato qualcun altro sareste morti o
feriti o, nel migliore dei casi, prigionieri. – Dice
velocemente.
-
Sappiamo quello che facciamo. – Risponde Drogo, altrettanto adirato e
presuntuoso. – Abbiamo entrambi il Dono, sappiamo difenderci. –
Dice.
-
Sei un irresponsabile ed un idiota se pensi di poterla proteggere da tutti i
pericoli, sei ancora più idiota se ti sei lasciato convincere a venire qui. –
Sbraita Ate, stavolta guardando direttamente Drogo.. sono
tesissima.
-
Era ha bisogno di un padre, ed ha bisogno di me per trovarlo, quindi se non hai
altri insulti lasciaci andare per la nostra strada. – Dice, educato e freddo,
glaciale. Drogo è molto diverso da Ate, non in maniera negativa.. ma neanche in
maniera positiva. Immagino uno scontro tra di loro, ma non riesco ad immaginare
il vincitore. Sono entrambi forti, uomini, stupendi e scaltri. Hanno
semplicemente due caratteri diversi.
-
Non posso lasciarvi passare. Sono diventato sceriffo di distretto. Questo è il
mio villaggio ed io devo proteggerlo. Mi dispiace, dovete tornare dall’altra
parte, subito. – Ate sembra davvero convinto di quello che
dice.
-
Oh. Hai ottenuto un lavoro migliore, così puoi mantenere tua moglie? – Dico ad
un tratto, pungente. – Oppure devi ancora pagare il matrimonio? – Ho le lacrime
agli occhi, le mani mi tremano e vorrei scaraventarmi su di lui, ma la mano di
Drogo mi tiene, mi da sollievo e mi blocca, proteggendomi da tutto ciò che
potrebbe succedermi. Ate mi fa solo male.
-
Devi farmi passare. – Mi allontano da Drogo e mi avvicino ad Ate, minacciosa e
seria come mai nella mia vita. – Lo sai che me lo devi. – Continuo poi, a due
centimetri dal suo viso. – Non te lo perdonerò mai se non lo fai. – Concludo le
mie minacce e i miei ricatti così. Lui rimane impassibile per un paio di secondi
e poi si scosta, per farmi passare.
-
Andatevene prima dell’alba e state attenti a non farvi scoprire. – Ci dice, con
voce quasi inesistente. Nemmeno gli rispondo e non lo degno di uno sguardo.
Drogo mi prende per mano e andiamo via da quel villaggio, diretti altrove.
Voglio voltarmi indietro per rivederlo un ultima volta ma me lo impedisco, so
bene che la nostra storia ormai è finita. Non c’è più nulla da recuperare,
quando ho nominato sua moglie lui non ha nemmeno provato a controbattere. E poi
è stato così strano stargli accanto che non voglio ripetere l’accaduto, mai più,
soprattutto non davanti a Drogo.
-
Stai bene? – Drogo dice queste due parole, non appena siamo ben lontani da Ate e
dal suo villaggio. E onestamente non riesco a trovare le parole per rispondere
quindi dico l’unica cosa che mi viene più facile.
-
Sì. – Bisbiglio, in tumulto.
-
Sei diventata quasi più brava di me a mentire. – Dice ad un tratto lui,
sorprendendomi. – Ma hai ancora qualche difettuccio da correggere. Non devi
guardare altrove, né abbassare lo sguardo, né sbattere le ciglia. – Dice ancora,
lasciandomi stupefatta. Possibile che sia così evidente?
-
E poi sarai una bugiarda perfetta. – La sua voce è incrinata, non capisco se è
dovuto alla rabbia, alla paura, alla delusione o
all’incertezza.
-
Non so se voglio esserlo. – Rispondo con naturalezza e calma, spostando i
capelli all’indietro. La brezza continua a scompigliarmeli,
però.
-
I bugiardi sopravvivono sempre. – Mi risponde, amareggiato dalla sua stessa
affermazione ed io, in cuor mio, so che ha ragione. Continuiamo a camminare e
sotto i sandali sento la molliccia fanghiglia che mi riempie di malinconia.
Qualche settimana fa mi ero abituata al suolo molle e
sporco.
Qualche
settimana fa stavo con lui ed ero felice.
-
Guarda! – Drogo interrompe i miei pensieri patetici indicandomi altre piccole
luci provenire da un piccolo bosco, poco distante da noi.
-
Forse ci siamo, vieni! – Mi prende istintivamente per mano, quasi eccitato, e
inizia a correre verso quelle luci. Io sono un po’ meno impulsiva, ma ho il
cuore in gola per ciò che posso scoprire. Forse lì c’è
papà.
Arriviamo
nel posto agognato dopo qualche manciata di minuti. Sono stanca, ho il fiatone
ed il cuore a mille.
-
Fermati. – Drogo mi blocca, mettendomi una mano sulla pancia scoperta e
trattenendomi. – Calmati e non essere impulsiva, potrebbe esserci qualcuno.
–
-
Va bene. – Dico, ansimando forte, e stringendo il lembo della sua canotta, lui
mi guarda e mi carezza il viso, prendendo e giocherellando con un mio ricciolo
biondo.
-
Andrà tutto bene. – Mi rassicura, mi prende per mano e cammina a viso scoperto
verso quel villaggio che potrebbe cambiarmi la vita.
Stanotte
partenza per Manchester, ci risentiamo tra una settimana, baci belle.
Stefy.
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Capitolo 25 *** Faccia a faccia. ***
|
La terra dei due opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Faccia
a faccia.
Il
tratto di bosco è breve, il villaggio è a pochi passi ma a me sembra un
eternità, Drogo mi tiene per mano e questo mi rassicura.
-
Eccola. – Indica una piccola casa in legno, non troppo
malconcia.
-
Quella è la casa. – Specifica e ci dirigiamo verso essa, stando
attenti.
-
La luce è accesa! – Sbraito quasi, ma lui prontamente mi tappa la bocca con la
mano. Mi guarda severo ed io aggrotto le sopracciglia.
Si
avvicina all’unica finestrella della casupola e sbircia, provando a stare
nascosto il più possibile.
-
E’ lì dentro. – Mi dice ed io esulto, non voglio sentire
altro.
-
Papà! – Sbraito, aprendo la porta impulsivamente.
Il
calore della casa mi pervade e per la prima volta vedo mio
padre.
E’
seduto su una sedia di legno scuro, ha una penna in mano e mi guarda nella
maniera più sorpresa possibile. E’ sconvolto, spaventato. Moro, occhi verdi..
bello quasi quanto Ate. Mi accorgo di adorare la sua barba.
-
Era. – Bisbiglia quasi senza voce. Io rimando immobile, a qualche metro da lui,
sono affannata e indecisa. Cosa devo fare ora?
-
Piccola mia. – Si alza di scatto e mi viene incontro, baciandomi sulle guancia e
abbracciandomi.
Mi
solleva e mi fa girare due o tre volte attorno alla stanza. Poi mi mette per
terra e per un momento sento la mia testa girare. Sono contentissima.
-
Reouven. – Drogo è dietro di me e saluta mio padre con rispetto, porgendogli la
mano. – E’ un piacere rivederti. – Dice, gentile.
-
Anche per me, caro Drogo. – Mio padre sorride e ricambia la stretta di mano. –
Anche per me.- E’ quasi commosso,
riesco a vedere i suoi occhi luccicare. E’ felice di vedermi, è felice che io
sia venuto a cercarlo.
Vorrei
correre indietro da Ate e urlargli: “Vedi? Ho fatto bene”, vorrei dimostrargli
che non sono la bambina inesperta che lui crede che io
sia.
-
Ma.. come siete arrivati fin qui? E perché? Oh dio, potrebbe essere così
pericoloso.. perché siete qui? – La sua voce è apprensiva, bassa e rassicurante.
Quasi riesco a immaginarmi una fiaba letta da lui.
-
Per te, papà. – Dico in un soffio, ancora stretta a lui.
-
Sono così contento di averti rivista, piccola mia. – Mi dice lui, aumentando la
già possente stretta, quasi facendomi male.
-
Ti voglio bene. – Gli dico impulsivamente e lo sento davvero, dentro le vene,
che pulsa insieme al cuore. Il mio affetto per lui è inspiegabile, non lo
conosco né ho ricordo di lui.. ma lo amo come una figlia ama un
padre.
-
Anche io te ne voglio, perdonami tutto. Ti prego. Farò qualsiasi cosa vorrai per
farmi perdonare. – Mi dice affranto, sentendosi in colpa.
E
stavolta gli getto le braccia al collo, provando involontariamente a
soffocarlo.
-
Non è colpa tua! So che la nonna è una donna ignobile, tu non mi avresti mai
abbandonata di proposito! Mi hai salvata da morte certa! Io ti voglio bene e non
ho niente da perdonarti, sei il mio papà! – Dico felice.
Ad
un tratto sentiamo bussare alla porta, i muscoli di mio padre si irrigidiscono
subito e Drogo scatta come una molla, alzandosi dalla
sedia.
-
Fermi, non muovetevi. – Sussurra mio padre.
-
Chi va la? – Dice poi, ad alta voce.
-
Sono Ate Zahrah, signore. – Una voce maschile proviene aldilà della porta, mio
padre mi guarda ed io annuisco. E’ la sua voce ed io voglio
morire.
-
N-non aprire. – Dico in un soffio. – Non voglio vederlo. – Continuo tremante,
Drogo mi abbraccia da dietro ed io mi volto, appoggiando la testa sulla sua
spalla. Inizio a singhiozzare.
-
Devo. Sono il medico, potrebbe aver bisogno. –
-
Signore, aprite, vi prego. – Sento ancora una volta quella voce e mi sembra di
morire ancora e ancora. E’ una pugnalata al cuore.
Non
capisco come mai adesso ho tutto questo bisogno di piangere, l’ho affrontato a
testa alta qualche ora prima.. e adesso? Cosa mi succede?
-
Si? – Mi accorgo che mio padre ha aperto la porta solo un po’, e sta
bisbigliando con Ate. Subito dopo sento la porta chiudersi e mi volto, essendomi
calmata e pensando che Ate non ci sia più, ma lui è qui, dentro la casa di mio
padre, e mi guarda con occhi gelosi e pieni di tristezza.
-
Ciao. – Dice, a bassa voce. – Di nuovo. – Aggiunge, fissando il suo sguardo alle
braccia di Drogo che mi stringono possessivamente.
-
Che ci fai qui? – Sibilo nervosa ed arrabbiata, possibile che debba rovinare
anche il ricongiungimento con mio padre?
-
Mi dispiace avervi interrotto, non era mia.. –
-
Ho chiesto che ci fai qui. – Continuo, lasciando mio padre a bocca asciutta,
magari mi immaginava debole e piagnucolona.
-
Vi stanno cercando. – Sussurra ed io mi allarmo. – Ci sono i Guardiani in giro,
vi cercano. – Continua poi, ed io non capisco cosa stia dicendo. Sono troppo
impegnata a cercare di calmarmi e respirare normalmente.
-
Qualcuno vi ha visti, ha visto le vostre teste bionde. Vi cercano ovunque, e se
vi troveranno sarà la fine. Per voi, per noi, per tutti. –
Continua.
-
Dovete venire con me. – Dice infine. – Io posso nascondervi, proteggervi e
aiutarvi. – Quest’ultima frase, chissà perché, mi fa stare
meglio.
-
Non credi sarebbe meglio separarli? – Mio padre interviene ad un tratto,
troneggiando con la sua voce autoritaria. Drogo mi stringe istintivamente ma io
sento il bisogno di divincolarmi, non lo faccio e rimango con
lui.
-
Non saprei, signore. Potrebbero trovarne uno solo. – Spiega
Ate.
-
O entrambi o nessuno. – Dice Drogo. – Non potrei vivere sapendo che hanno preso
lei e non me. – Annuncia dolce e premuroso.
-
Potrebbero prendere te e lei potrebbe salvarsi, però. – Esordisce Ate, dandogli
uno schiaffo verbale. – Nella vita bisogna rischiare per le persone amate. –
Adesso ne da uno anche a me.
-
Posso rischiare stando accanto a lei, l’ho portata fin qui e la riporterò a
casa. – Drogo sembra irremovibile ma la sua voce trema
visibilmente.
-
Drogo, ragiona. – Mio padre si intromette. – Avete più possibilità di fuggire se
non state insieme. Siete meno vistosi e più agili. –
-
Sanno tutti che ho una figlia femmina dall’altra parte, in questo villaggio.
Quindi tu colorerai i tuoi capelli, prenderai i miei vestiti e starai qui con
me, fingeremo che tu sia un apprendista. – Stavolta Reouven inizia a dettare
legge, non vuole essere interrotto. – Ed Era verrà nascosta e protetta da Ate.
Se per lei va bene, è ovvio.. – Si volta verso di me ed io non riesco a dire
nulla, ho gli occhi sbarrati e mi manca la voce.
Annuisco
soltanto, so che è per il bene di tutti.
-
Andiamo allora, non c’è tempo. – Ate mi fa segno di seguirlo con la testa ma mio
padre lo afferra minaccioso dal braccio.
-
Prova a toccarla, a ferirla o a spezzarle il cuore ed io ti spezzo le gambe, è
chiaro? Lei è la mia bambina ed io non la lascerei mai nelle tue mani, se ci
fosse un altro modo per farla sopravvivere. Proteggila a costo della vita, Ate.
O morirai per mano mia. E’ tutto chiaro? – Ate lo guarda, quasi fronteggiandolo
e poi abbassa lo sguardo e annuisce rispettosamente.
-
La proteggerò ad ogni costo, signore. – Promette Ate e stavolta lo seguo,
uscendo dalla baracca. Drogo mi guarda e mi saluta con la mano, io non me la
sento di ricambiare. Con una lacrima vado via.
Buon Natale.
Stefy.
| |
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Capitolo 26 *** Tentazioni ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Tentazioni.
-
Sono passate quasi quattro ore, una parola potresti pure rivolgermela. – La voce
di Ate è sarcastica, fredda e quasi annoiata. Siamo dentro una caverna, abbiamo
camminato per oltre un ora e mezza, nel completo buio, e adesso siamo in una
specie di stanza scavata nella roccia. C’è un letto singolo, un tavolino con dei
pezzi di carta, un cesto con del pane e dei pezzi di carne cotta ed un baule dal
contenuto sconosciuto. Mi fermo a pensare al letto, come riusciremo a dormire
entrambi stanotte? C’è solo un posto. Quindi significa che faremo a
turno.
-
Non ho voglia di parlare, sono stanca. – Dico, annoiata e fredda quasi quanto
lui. Mi viene difficile fare l’antipatica con lui, per quanto mi abbia deluso e
squarciato il cuore, provo ancora dei forti sentimenti per
lui.
-
Devi cambiarti, devi metterti questi vestiti. – Mi lancia una gonnellina in
pelle ed un top non troppo scoperto. La gonna è quasi indecente
però.
-
E perché mai? Ho già dei vestiti in pelle. – Abbasso lo sguardo e noto che sono
quasi completamente strappati ed indecenti. Mi domando quando li ho ridotti
così. Rimangio quello che ho detto e afferro i vestiti di
Ate.
-
Potresti uscire? – Domando, quasi ordinando glielo.. e lui si volta, dandomi le
spalle.
-
Non posso, qualcuno potrebbe vedermi. Vai pure, io non mi volto. – Mi
rassicura.. ed io capisco di non avere altra alternativa.
Provo
a sfilare il top con velocità ma non ci riesco, c’è qualcosa che rimane
incastrato. Provo a lungo ma è inutile.
-
Potresti aiutarmi? Non riesco a sfilarlo. – Mi decido a chiedere aiuto ad Ate e
lui si volta immediatamente, quasi emozionato per la
richiesta.
Mi
volto di spalle e lui armeggia, sfiorandomi diverse volte le spalle e la schiena
con i polpastrelli. Rabbrividisco e mi viene la pelle d’oca, vorrei mugolare o
ansimare, ma mi trattengo.
Ad
un tratto il top si sfila di botto e mi lascia nuda, mi copro subito con le mani
e vedo Ate correre davanti a me e darmi di nuovo le
spalle.
-
Scusami, non volevo sfilarlo del tutto. – La sua voce trema, così come la sua
gamba destra e probabilmente la sua fedeltà verso la futura
moglie.
-
Non fa nulla. – Bisbiglio piano, infilando cautamente l’altro
top.
Questo
è molto più coprente e attillato del precedente. Evidenzia le forme ma non le
mette in mostra direttamente, mi piace abbastanza.
Sfilo
i pantaloni con una lentezza esasperante, ho un taglio sulla coscia e mi fa
molto male.. ma decido di non dire niente ad Ate, non mi piace quando si
preoccupa per me. Infilo la gonnellina che arriva a metà coscia e, per mia
sfortuna, non riesce a coprire il taglio semi-profondo.
-
Ho finito. – Annuncio ed Ate si volta lentamente, quasi volendo lasciarmi
qualche altro secondo per sicurezza. E’ ancora imbarazzato, confuso e
probabilmente è stanco quanto me. Dentro la stanza-grotta è tutto buio, abbiamo
solo la soffusa luce di una grossa candela.
-
Hai fame? – Mi chiede apprensivo. – Sonno? Sete? Insomma.. hai bisogno di
qualcosa? – Diventa quasi morboso e parla troppo velocemente, ma la sua voce è
ancora fredda, roca e irresistibile, come lo è sempre
stata.
“Fatina.”
Sento rimbombare nella mia testa. “Ti spoglierei, ti bacerei tutta, ti farei
sentire ciò che provo, ti amo, ti farei urlare.. ma quello è un taglio!” Sento
ancora nella mia testa, forse sono io che lo immagino.
-
Ma quello è un taglio! – Dice Ate nello stesso momento in cui sento la voce,
indietreggio e mi siedo sul letto. Riesco a leggergli i
pensieri.
-
Non è niente, non mi fa male. – Mento spudoratamente.
“Non
sa ancora mentire.” Pensa lui e ancora una volta lo recepisco.
-
Fammi dare un occhiata.- Mi chiede e si avvicina, inginocchiandosi davanti a me,
proprio all’altezza delle mie cosce. E’ una posizione molto erotica e
compromettente. “Ti bacerei tutta, ti farei urlare” Ripenso alla voce di poco
prima e comincio ad immaginare, liberando nell’aria un forte odore.
“Cazzo,
è bagnata!” Pensa spudoratamente facendomi arrossire, non ho la forza di fare
niente né di dire niente. Voglio solo svenire o fare
l’amore.
-
Ti fa male? Dimmi la verità. – Ci passa sopra un dito e fa davvero male, ma le
sue mani su di me fanno anche bene.
-
Un po’. – Dico una mezza-verità e istintivamente apro un po’ le gambe, non
voglio provocarlo, ma non riesco a non essere languida,
adesso.
“Porca
troia, adesso mi apre pure le gambe! Cosa vuole che faccia? Maledizione!” Pensa con una voce arrabbiata,
frustrata. Non so nemmeno io cosa voglio.
-
Devo disinfettarla. – Annuncia subito dopo ed io mi accorgo di non riuscire a
formulare frasi corrette. Dovrebbe alzarsi e prendere qualcosa per curarmi, ma
resta immobile, inginocchiato, davanti alle mie gambe
semi-aperte.
“Devo
baciarla, devo farle capire che ancora la amo, devo toccarla. Cazzo! Io ne ho
bisogno! Devo darle piacere, lei mi vuole!” Pensa ancora, immobile, rendendomi
immensamente felice. Sorrido appena.
“Adesso
sorride pure! Vuole farmi morire, è tutta una tattica per farmi cedere.
Tentatrice del mio cuore. Adesso..”
“
No, sei quasi sposato, non puoi.” Mentre ascolto i suoi pensieri, un’altra voce
femminile s’insinua nella mia testa. Ma chi è?
“Brutta
cagna, è venuta qui per riprendersi il mio promesso. Maledetta e infima
puttana.” Adesso capisco chi è, mi alzo di botto.
-
Sai che ti dico? Non ce ne bisogno, è solo un graffio. – Ate rimane per terra,
si volta e mi guarda sconvolto. “Ma che le è successo?” La sua voce ritorna
nella mia testa ma io la ignoro, e scompare. Non sento più nulla e sono
consapevole che quella sciacquetta della sua promessa è qui
accanto.
-
Amore, stai bene! – Spunta dalla penombra e corre ad abbracciare Ate, che
ricambia sorpreso e forzato. Mi guarda con la coda dell’occhio ed io mi volto, è
troppo doloroso vederli insieme.
-
Ciao! Io sono Taji! – Viene verso di me e mi porge la mano, io la stringo con
riluttanza, quasi schifiltosa. E la squadro dalla testa ai
piedi.
Bruna,
magra e formosa, con occhi neri e denti ingialliti.
Non
è stupenda, ma è decisamente carina. E molto volgare.
Quel
pezzo di stoffa sopra il petto è così minimo che a malapena le copre il metà
seno, e i pantaloncini in pelle lasciano scoperto qualche centimetro di natiche.
E’ davvero inguardabile, secondo i miei canoni. Inguardabile e provocante. Forse
è per questo che piace ad Ate, perché se le dovessi dare un nome la chiamerei di
sicuro “Sesso” o “Esplicita”.
-
Io sono Era, è un piacere conoscerti. – Mento, mento spudoratamente e mi sforzo
di sentire cosa pensa. Ma non ci riesco più, non capisco come sia stato
possibile prima, forse è stato il Dono.
-
Ero venuta a darti notizie, i Guardiani hanno deciso di abbandonare le ricerche,
ricominceranno oggi pomeriggio. Potresti tornare a casa, fare una doccia,
riposare un po’. Resterò io con la ragazza. – L’ultima parte la dice con
disprezzo, quasi con rancore. Ate scuote prontamente la
testa.
-
Ti ringrazio Taji, ma non ho intenzione di lasciare due donne da sole, qualcuno
potrebbe trovarvi e voi non sapreste difendervi. – Annuncia fiero, quasi come un
condottiero o un cavaliere che decide della sorte altrui.
-
Ma sai bene che questo è un posto sicuro, io stessa mi sono persa un paio di
volte nel tentativo di trovarlo! – Lei continua con quella vocina stridula ed
insopportabile, vorrei tanto strangolarla o farle molto
male.
-
Non metterò a rischio le vostre vite, questo è quanto. Adesso torna a casa, non
c’è bisogno di rischiare anche la tua incolumità. – Ate sembra ancor più un
eroe, ma il suo modo di proteggere Taji mi rattrista
parecchio.
-
Ti prego, voglio aiutarti! Sei il mio compagno adesso. – Enfatizza quest’ultime
parole quasi apposta per farmi del male. Io vorrei ringhiare come un animale e
squarciarle la gola. Non capisco da dove provengano tutte queste idee
malsane.
-
Ti prego, vai a casa e controlla Egle, hai ragione.. sei la mia compagna, ed è
lì che mi servi. Nasir non può annullare tutta la sua vita per lui. Anche lei ha
bisogno di tempo libero. – Io continuo a rimanere in disparte, ascoltando
attentamente parole e tono di voce. Vorrei tanto che lui la rinnegasse, che
l’umiliasse davanti a me ma non lo fa.
-
Vorresti mandarmi via da qui per proteggermi, però vuoi che vada a tener
compagnia ad uno stupratore assassino? – La sua voce è più stridula che mai,
sembra quasi un suono che spacca i timpani. La odio.
-
Ti prego di non parlare così di mio fratello. – La ragazza sospira ed vedo Ate
muoversi e sedersi su una pietra sporgente. I suoi muscoli ed i suoi addominali
sono molto in risalto ed io mi accorgo di provare ancora le sensazioni di
qualche minuto prima.
Mi
piace, mi piace ancora tanto. E non dovrebbe.
-
Se vuoi andartene vai pure, vai dove ti pare. – Adesso la situazione è a dir
poco glaciale, Taji lo fulmina con lo sguardo ed Ate, dal canto suo, non sembra
meno nervoso. Vorrei tanto difenderlo ma so che non se lo
merita.
-
Posso rimanere anche da sola. – Sbotto ad un tratto, stanca di questa
situazione. – Se è questo che vi fa litigare. – Finisco la frase
sospirando.
-
Tu fatti gli affari tuoi, per cortesia. Ci manchi solo tu, adesso. – Il gelo si
impossessa anche di me, e sento l’impulso di risponderle in maniera volgare, ma
non è nella mia natura.
-
Non parlarle così. – Ate si intromette ed io mi trattengo dal
sorridere.
Si
alza dalla roccia, sembra più grande e possente che mai.
-
Stai azzardando troppo, sai bene che odio quando fai la bambina. Era sta solo
cercando d’aiutare, ora vattene prima che dica qualcosa di cui potrei pentirmi.
Mi stai proprio dando sui nervi. – Mi trattengo ancora una volta dal sorridere e
dal piangere. Sono felice che lui mi stia difendendo ma sono triste perché non è
più mio. Adesso appartiene a questa donnaccia.
-
Va bene. – Fa uno strano gesto con la mano. – Me ne vado, e di certo non da
quello psicopatico di tuo fratello. Vado da Frijof. – Esce dalla caverna più
velocemente di quando c’è entrata, lasciando Ate
boccheggiante.
-
AHHH! – Un urlo si libera in tutta la stanza, mi volto e vedo Ate fuori di sé.
Scaraventa per terra tutto ciò che si trova davanti, urlando con voce roca. Il
tavolino, le coperte, il baule
-
AHHHHH! – Un ultimo esce dalle sue labbra, io indietreggio mentre lui si
avvicina, non l’ho mai visto così arrabbiato, potrebbe farmi del male potrebbe
aver preso il Mutatio, potrebbe.. si inginocchia davanti a me e appoggia la
testa sulle mie cosce che tremano. Sento le mie cosce bagnarsi un po’ e il suo
corpo scuotersi forte, sta piangendo.
Ciao! Eccomi con un nuovo e lungo e, a
mio parere, incredibile capitolo. Mi piace davvero tanto, sono sorpresa che
qualcosa di mio possa arrivare a piacermi così tanto! Che ci posso fare? Sono
una fan sfegatata di Ate ed Era, insieme! Come potremmo chiamarli? Are/Eta?
Aiutatemi :D
Stefy!
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Capitolo 27 *** Tutta la verità ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Tutta
la verità.
Rimango
pietrificata ma deposito una mano sulla sua spalla nuda e muscolosa, voglio
confortarlo, sembra fuori di sé. Non l’ho mai visto così sconvolto e sconfortato
in questi mesi. E muoio vedendolo così.
-
Uh, non. – Non riesco a formulare una frase completa. – Basta.
–
Lui
non smette, non riesce a respirare bene e comincio a sentire dolore anche io,
stringe spasmodicamente le mie cosce scoperte e le sue lacrime bagnano la mia
ferita aperta, ma il dolore più grande ce l’ho nel cuore.
-
Ti prego. – Dico ancora, nel tentativo di farlo stare meglio. Non so cosa devo
dire, non so cosa riuscirò a dire. E’ tutto così incredibilmente doloroso.
Inizio a lacrimare anche io, i miei occhi cominciano a bruciare e smetto di
trattenermi, smetto di essere forte e mi lascio andare.
Mi
inginocchio davanti a lui, siamo a due centimetri scarsi di distanza e
piangiamo. Urlo, urlo forte anche io, come ha fatto prima lui.. e poi piango e
mugolo e singhiozzo. Mi abbraccia ed io ricambio,
disperata.
-
Ti amo. – Sussurra ad un tratto e poi indietreggia sulle ginocchia, smettendo di
piangere o di parlare, sembra quasi che non respiri nemmeno. Il suo torace è
immobile, abbronzato e scolpito.
Io
sbatto le palpebre bagnate, incredula. Ho sentito bene?
-
Anche io. – Rispondo d’istinto e lo guardo dritto negli occhi, ormai non ho
nulla da perdere, lui è l’unica cosa che ho. Che avevo.
Ci
guardiamo per dei secondi, o per dei minuti, a me il tempo sembra interminabile,
poi lui allunga la mano verso di me, alzandola ed aprendo bene le dita, come a
voler dire “batti cinque!”.
Io
allungo la mano come lui e la appoggio delicatamente alla sua, la mia è molto
più piccola ma molto più calda. Incrocio le mie dite con le sue, ed entrambi
chiudiamo la mano, stringendoci. Il contatto visivo non
cessa.
I
suoi occhi sembrano un immensa vallata verde su cui posso perdermi ed essere me
stessa, e a giudicare dal suo sguardo, anche lui sta per perdersi nel mio oceano
cristallino.
Continuiamo
a fissarci, a stringerci la mano e ad amarci in silenzio.
Non
c’è bisogno di ripeterci, non c’è bisogno di dimostrarlo. Lo sappiamo, lo
sentiamo dentro le vene, sulla pelle e sotto. Arriva fino al
cuore.
Io
mi alzo lentamente, la posizione è davvero troppo scomoda da sopportare, la
pietra ruvida sotto di me mi ha graffiato le ginocchia e stanno iniziando a
sanguinare. Non gli lascio la mano, né distolgo lo sguardo, non ne ho la minima
intenzione. Anche lui si alza come me e poi si avvicina lentamente. Siamo
davvero vicinissimi, nel cuore e col corpo.
-
Ti amo. – Mi ripete poi, senza indietreggiare. Lo dice di proposito stavolta. Il
suo sguardo sembra ancora più sincero delle sue parole.
-
Ti amo. – Dico in un soffio e voglio baciarlo, ma mi trattengo, non posso
mettere a repentaglio la sua relazione, non se lui non fa la prima
mossa.
Non
so che intenzioni abbia con Taji, non so in che guaio possa
metterlo.
-
Vorrei tanto.. – Sospira per un momento e fa per
continuare.
-
Lo so. – Dico, stringendogli ancora la mano. – Vorrei anche io.
–
-..
baciarti. – Continua, quasi incurante delle mie parole. Si avvicina
pericolosamente, e mi prende il viso con la mano libera, senza mai lasciare
l’altra. Il suo fiato mi solletica il viso ed io vorrei tanto
sorridere.
-
Taji. – Dico con un soffio, consapevole di poter rovinare tutto ma speranzosa di
salvarlo, di avvertirlo, di farlo ragionare.
-
Taji non esiste per me. – Risponde enigmatico. – Io sono tuo. – La sua risposta
è così perfetta che non riesco a controbattere
nient’altro.
Si
avvicina ancora, mi accarezza il viso ed istintivamente chiudo gli
occhi.
Le
sue labbra sfiorano le mie, posso sentirle limpidamente premere contro di me. E’
un bacio passionale ma delicato, schiudo le labbra e lo approfondisco. La mia
saliva si mischia con la sua, e per me il mondo non ha più importanza. Tutto si
ferma, tutto perde odore e colore. Esiste solo il verde dei suoi occhi, il nero
dei suoi capelli, il profumo della sua pelle.
Le
nostre mani restano attaccate, ed io gli accarezzo i capelli, smettendo di
respirare. Il bacio è così bello che non riesco a pensare a nulla di negativo.
Le ginocchia fanno un male cane, ma non me ne accorgo. Il taglio sulla coscia
probabilmente è infetto, ma non gli do attenzione. I Guardiani, o chiunque essi
siano, vogliono la mia testa, ma non ci penso.
Taji
probabilmente ha baciato queste labbra qualche ora fa, ma non riesco a
infastidirmi. Ate è la mia maledizione, ed è la mia malattia, ma è anche la mia
redenzione e la mia cura. Ate è il cielo e le stelle, Ate è il caldo ed il
freddo, l’amore e l’odio, la vita e la morte, ed è l’uomo che amerò per tutta la
vita. Le sua mano si sposta tra i capelli e li stringe con passione, poi scende
sulla spalla e mi avvicina ancora di più a lui. I nostri petti si toccano e
sento subito dei brividi su per la schiena.
-
Ate.. – Sussurro il suo nome senza motivo, lui
rabbrividisce.
Ricomincio
a baciarlo e lui scende con la mano fino al fianco, lo stringe forte, io lascio
la sua mano e mi aggrappo con forza alle sue spalle.
Lui
ne approfitta per prendermi in braccio ed io non ribatto, intrecciando le gambe
intorno al suo bacino.
-
Non possiamo. – Sussurro subito dopo, ricordandomi di
tutto.
Sciolgo
la sua presa e mi allontano, quasi come se mi fossi
scottata.
So
che vorrebbe chiedermi il perché, ma anche lui sa la
risposta.
-
Taji, ricordi? Alta, formosa, fidanzata? – Dico, sarcastica e amareggiata.
Vorrei tanto essere arrabbiata con lui, ma non ci riesco.
-
Non m’importa niente di lei, maledizione! – Sbraita, incredibilmente infuriato.
Stringe i pugni e noto un rigonfiamento nei suoi
pantaloni.
E’
eccitato, non credevo che fossimo arrivati a quel punto.
-
Tu sei promesso a lei! – urlo a mia volta, ricordandogli i suoi
doveri.
-
Non per scelta mia! – Urla ancora. – Possibile che tu non capisca? Non è lei che
ho scelto, non è a lei che ho regalato la collana! – La sua voce è disperata,
sconvolta. Noto che stringe qualcosa.
-
L’avevo data a te. – Dice, aprendo il pugno e mostrandomi la collana che ore
prima avevo lasciato davanti casa sua, insieme ai petali di
rosa.
-
Mi dispiace. – Sussurro, vorrei capire e vorrei stare bene. Vorrei che Taji non
esistesse, vorrei che esistesse un'altra terra, a nord o a sud, una terra solo
per me e lui, e papà e mamma insieme, e Egle ed Asia. E anche per Drogo. Vorrei
una terra d’amore, un lieto fine, una volta tanto.
-
Mi dispiace tanto. – Le lacrime cominciano ad affiorare, io mi sento debole e
senza forze. Mi sento stanca, stanca di trattenermi.
Comincio
a piangere, fregandomene di tutto. Il dolore alla gamba è forte, ma il dolore al
cuore è insopportabile. E’ ricominciato, forte e possente.
-
Ti fa di nuovo male il petto? – Ate si avvicina a me mentre io mi accascio al
suolo, arriva in tempo e mi prende tra le braccia, poggiandomi sul
letto.
-
E’ il cuore. – Sussurro, in preda alle fitte. – Non il petto. – Lo correggo e
poi chiudo gli occhi, stanca di sopravvivere. Svengo e per un momento spero non
svegliarmi più. Nei sogni si sta meglio.
Il
buio si impossessa di me, il dolore scompare, le lacrime e tutto il male vanno
via. Solo la faccia di Ate rimane, bellissimo e incredibilmente
reale.
-
Sei vero? Siamo veri? – Gli domando, dandomi un piccolo pizzicotto sul braccio.
Mi accorgo di non indossare quei vestiti in pelle, ho una semplice tonaca
bianca, scollata e sobria.
Lui
ha dei pantaloni in lino, color panna, sembrano quasi
trasparenti.
-
Sì. – Mi dice, apprensivo. – Ci siamo davvero. – Mi
rassicura.
-
Ci ricorderemo di tutto ciò? – Mi preoccupo, subito dopo.
-
Si, quando ti sveglierai ricorderemo tutto. – Le sue risposte sono chiare e
calme quasi quanto il suo tono di voce, rassicurante e
caldo.
-
Non so se voglio svegliarmi, stavolta. – Ammetto, quasi vergognandomi di questa
frase. Non mi ero resa conto di quanto fossi infelice, fin
ora.
-
Perché dici questo? – Ate si avvicina e mi guarda negli occhi come se non ci
fosse un domani, è premuroso, forse spaventato dalle mie
parole.
-
Perché qui dentro.. – Indico la mia testa. – Dentro i miei sogni, noi possiamo
stare insieme, senza guerre, senza tradimenti, senza dolore. – Spiego nel modo
più genuino possibile, continuando a guardarlo negli occhi. Lui sorride appena e
poi ritorna a fissarmi con seriosità.
-
Non puoi rinnegare la realtà, dovrai tornare, prima o poi. – Questa affermazione
mi mette giù di morale, non voglio tornare, non voglio più combattere e
soffrire, voglio solo stare con lui, sempre.
-
E se non volessi? – Dico, quasi in tono di sfida.
-
Accadrebbe qualcosa che non deve accadere. – I suoi occhi si chiudono e
diventano due fessure, i suoi pugni si serrano e la sua mascella si
contrae.
-
Moriresti. – Sussurra questa parola con un filo di voce ed io rabbrividisco. Non
è ciò che voglio. Che fine farebbero Drogo e papà? - Moriremmo, io non ti
lascio. - Si corregge e io capisco che lui può andarsene quando vuole, ma non lo
fa.
-
Dopo quanto tempo? – Chiedo, voglio godermi questi momento di bianco e di pace,
più a lungo che posso. Lui mi guarda e mi sorride.
-
Sono già quasi tre giorni che sei– Si interrompe e si corregge. – Che siamo
svenuti. Potremmo già essere morti per mano di qualcuno che ci ha trovato nella
caverna, potremmo essere nelle mani dei Guardiani, e se restiamo ancora qui
potremmo morire di fame, di sete, di freddo. –
Le
sue parole mi spaventano, ma non mi sento pronta a
tornare.
-
Siamo qua da cinque minuti scarsi! – protesto, com’è
possibile?
-
Questo mondo è parallelo, ed è molto più lento. – Mi
dice..
-Adesso
devi svegliarti, Era. Dobbiamo svegliarci. –
Ad
un tratto capisco, non posso mettere la nostra vita a rischio, né quella di
entrambe le terre solo per un mio momento di scoraggio.
1..
2.. Mi faccio forza e conto mentalmente, prima di svegliarmi.
3!
Io
e Ate trasaliamo nello stesso momento, tossiamo forte e ci guardiamo subito
fissi. Siamo sdraiati in due letti vicini, ma non uniti. La stanza è calda,
accogliente, fatta in legno di acero e pino. Ne riconosco i profumi. E sento un
fortissimo odore di incenso, non capisco come mai ci sia questo profumo in giro
per casa. Poi vedo un ramoscello d’incenso che brucia.
Ciao bellissime, oggi pubblico l'ultimo capitolo
dell'anno.. e domani spero di riuscire a pubblicare il primo :D Spero vi
piaccia. Un beso.
Stefy.
|
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Capitolo 28 *** Ritorno alla realtà ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Ritorno
alla realtà.
-
Siamo a casa mia. – La riconosce subito lui. – La mia nuova casa. – Mi fa
capire. – Tieni, ti prego. Prendila. – Mi mette il triangolo in mano, quella
collana che mi lega a lui sin dentro l’anima. Non so se la voglio o
no.
-
Io non cred.. –
-
Per favore, ho bisogno che tu la prenda, ho bisogno che tu sia mia. – Mi dice,
guardandomi negli occhi in maniera irresistibile. Accetto
subito.
-
Ok. Ma devi.. –
-
Oh dio! Sei sveglio amore! – Sento quella voce stridula e odiosa alle mie
spalle. “..promettermi di sistemare tutto con Taji.” Continuo la frase nella mia
mente mentre la guerriera si precipita sul letto di Ate e lo bacia ovunque. Io
mi sforzo di non reagire, appoggio la testa sul cuscino ruvido e mi giro
dall’altra parte. Una lacrima scende mentre ascolto le idiozie senza senso che
la donna sta blaterando.
-
E poi Egle.. oh che paura! Mio padre.. furioso, il matrimonio annullato ma per
fortuna ora sei qua! Ci sposiamo presto! Asia, la ragazzina, qui.. ieri. –
Riesco a captare solo poche parole che non siano veri e propri squittii, dovrei
essere un animale per riuscire a capire il resto. Che
voce!
-
Era! – Sento una voce familiare e mi giro, contenta! Asia mi abbraccia forte e
per la prima volta mi rendo conto di quanto sia grande la stanza dove io e Ate
ci troviamo. Sembra molto bella, considerando gli standard del luogo, sembra una
casa nobiliare.
-
Ciao! – Dico, abbracciandola a mia volta e, senza apparente motivo, scoppiando a
piangere. A lei si inumidiscono gli occhi ma prima di lasciarsi andare, si
allontana, frenando sia il mio che il suo sfogo.
-
Come stai? Eravamo così preoccupati! – Mi dice, ma stavolta evita di toccarmi
perché capisce che mi basta davvero poco per cominciare a piangere.
-
Sto bene, non capisco cosa sia successo! – Vorrei parlare di più e spiegarle
cos’è successo davvero ma la presenza di Taji è insopportabile quasi quanto la
sua voce e i suoi succinti abiti da sgualdrina.
Noto
di essere stata cambiata, ho una tunica color panna
adesso.
Probabilmente
è stata Asia a portarla per me.. ho così tante domande per
lei!
-
Come sta Egle? – Comincio con la più importante e non riesco ad aspettare la
risposta. – Avete avuto notizie di Drogo e mio padre? – Continuo come una
macchinetta. – E dall’altra parte? Mi cercano? Siamo nei guai? – Non riesco a
stare zitta.
-
Se forse tu mi lasciassi parlare potrei dirti che Egle sta ancora lottando
contro il Mutatio, ma abbiamo trovato un modo di farlo apparire meno. Abbiamo
ricevuto una lettera da Reouven qualche ora fa, stanno bene e sono nascosti in
un posto sicuro. Dall’altra parte, dato che è passata quasi una settimana, si
sono accorti che tu e Drogo mancate.. ma vi hanno dato per scomparsi, sua madre
crede sia una fuga d’amore e quindi non siete nei guai, per il momento. Ma
dovreste tornare al più presto. – Finalmente Asia mi da tutte le informazioni
che voglio, dettagliatamente, e mi sento decisamente meglio. Drogo e mio padre
stanno bene, Egle sta meglio e non sono ancora stata esiliata.
-
Che modo avete trovato per far stare meglio Egle? – Chiedo a bassa voce,
distrattamente, concentrandomi sulla voce di Taji e su quello che sta
squittendo.
-
Il Mutatio viene respinto dall’incenso. – Mi spiega Asia. – So che l’odore è un
po’ fastidioso, ma il Mutatio appare solo un paio di volte alla settimana,
adesso. – Continua a spiegarmi, ma l’uniche parole su cui riesco a ragionare
sono “matrimonio” e “amore” dato che Taji non smette di pronunciarle. Voglio
strangolarla, malvagiamente desidero che il Mutatio appaia adesso e la strangoli
al posto mio.. togliendomi quest’impiccio.
-
E tu? – Taji si rivolge a me con tono aspro, toccandomi il braccio con le sue
unghie lunghe e io mi giro di botto. – Stai bene? – Mi chiede e finalmente mi
ritrovo ad osservarla bene. I suoi capelli crespi sono un orrore, le sue labbra
gonfie assomigliano ad un canotto e i suoi occhi truccati di nero pesantemente
la fanno apparire ancora più volgare.
“Bleah.”
E’ l’unica cosa che riesco a pensare prima di risponderle.
-
Si, grazie. – Poi però paragono il suo fisico al mio e mi
ricredo.
Seno
grosso e sodo, cosce lunghe e tornite, occhi da gatta, mani sottili e femminili,
pelle lucida. Non è per niente simile a me e alla mia mediocrità. Ate ci guarda
in silenzio e io stringo la sua collana, quasi a volerlo sentire più mio. Lui ha
un espressione abbattuta, triste, capisco che si sente frustrato e impotente,
probabilmente anche in colpa.
-
Vieni adesso, hai bisogno di mangiare qualcosa. – Asia mi aiuta ad alzarmi,
mostrando ancora una volta ad Ate le mie cosce coperte solo per metà. Lo sento
trasalire ma non me ne curo, non voglio pensare a questo.
Arriviamo
in un'altra stanza, con una bella luce ma con dei colori cupi, mangio qualcosa
simile al latte e mi piace. Asia mi porge un po’ di zucchero ma non lo voglio,
preferisco il sapore naturale delle cose.
Bevo
due grosse ciotole di latte e mi sento subito meglio, sono
rifocillata.
-
Grazie, mi ci voleva proprio. – Lei si siede accanto a me con la faccia di una
che sa tutto e ha pietà di me.
-
Dimmi come stai. – Mi dice, alzando le sopracciglia e guardandomi con
compassione, mi rendo conto di odiare quello sguardo. – Davvero.
–
-
Sto bene. – Rispondo velocemente, mentendo per l’ennesima
volta.
-
Non prendermi in giro, Era. L’amore della tua vita è con la sua promessa sposa,
nella stanza accanto, tuo padre e un tuo caro amico sono in pericolo, tu stessa
sei in pericolo.. e in più sei svenuta per tre giorni.
Quindi
no, mia cara, tu non stai bene. – Mi dice e io vorrei urlarle in faccia, vorrei
dirle che no, non sto per niente bene, che vorrei morire o uccidere tutti quelli
che mi fanno stare male. Che questo mondo fa schifo, che Ate dovrebbe essere
coccolato da me e non da quella prostituta, che Egle non dovrebbe avere quel
cazzo di Mutatio dentro di se, che mio padre e mia madre non si sarebbero mai
dovuti separare e che questo maledetto taglio nella coscia dovrebbe guarire. Ma
non riesco a spiccicare parola, al posto di ogni sillaba esce una lacrima ed in
poco tempo, il mio discorso arrabbiato si trasforma in un pianto a dirotto. Asia
mi stringe, e mi fa dei versi dolci che non fanno altro che farmi venir voglia
di piangere ancora.
-
Andrà tutto bene. – Mi sussurra, abbracciandomi e accarezzandomi i capelli. –
Andrà tutto bene, sopravviviamo, sopravviviamo sempre. – Mi dice,
accarezzandomi, e capisco dal suo tono di voce che anche lei sta cominciando a
piangere ma si trattiene con tutte le forze.
-
State bene? – La voce di Ate mi fa rinsavire subito, mi metto in piedi, tiro su
col naso e asciugo le lacrime. Asia rimane girata, probabilmente sta piangendo
anche lei, adesso. E come me, non riesce a calmarsi.
-
Tutto bene. – Dico, sentendomi più patetica che mai. La mia faccia è un libro
aperto, quasi quanto la mia voce. Sono davvero penosa.
-
Io.. – Ate vuole iniziare un discorso ma io non voglio sentire
nulla.
-
No. Non dire nulla, sto bene, torna da Taji. – Dico, e dopo un paio di attimi la
sgualdrina spunta dall’arco, abbracciando Ate da dietro.
-
Tutto bene? – L’ennesimo squittio mi manda su di giri e stringo i pugni,
trattenendomi a malapena. – Ti ho preparato un bagno caldo. – Continua poi ed io
rimango immobile, fissando la scena come se fossi in
trance.
-
Forse è meglio che sia Era a farlo per prima, è stanca, ne ha passate tante. –
Ancora una volta Ate si preoccupa per me e questo fa ancora più male, preferirei
essere indifferente per lui piuttosto che sentirlo così premuroso e non poterlo
avere tutto per me.
-
Io il bagno l’ho preparato per te. – Taji diventa ancora più acida, rivolgendosi
al suo promesso e stringendo le mani nervosamente.
-
Vai tu, tranquillo, io lo faccio dopo. – Dico calma e umile, mentre dentro sento
i miei nervi infiammarsi e prepararsi ad esplodere.
-
No, tu sarai molto più stanca di me e io devo ancora mangiare quindi vai pure,
te ne prego. – Mi dice gentile, cortese e apprensivo. Vorrei
vomitare.
-
Ate forse tu non hai capito che quella vasca l’ho esplicitamente preparate per
TE, per NOI. – Taji enfatizza i pronomi ed io vorrei tanto scappare da quella
casa, non ne posso più, non riesco a sopportare questa
situazione.
Il
solo pensiero di Ate in quella vasca, nudo.. con lei, mi fa stringere nuovamente
i pugni e mi fa venire il magone alla gola.
Decido
di accettare, decido d’essere prepotente e negargli quel momento d’intimità
perché Ate è ancora mio, ed io sono ancora sua. Che lei lo voglia o no, magari
non possiamo stare insieme. Ma nemmeno possono. Chi lo decide? Io. Chi sono io?
La donna che ha promesso d’essere sua, sempre.
-
Vai, Era. – Mi dice Ate, ignorando completamente le proteste della ragazza, io
abbasso la testa, le do una spallata e mi dirigo verso il corridoio, Asia mi
accompagna in bagno, mi abbraccia e si gira, pronta per andarsene. Ma quando
apro la porta la voglia di piangere torna prepotente. Petali di rose ovunque,
profumo quasi da vomitare, saponette a forma di cuore e vasca piena di
schiuma.
-
Maledizione. – Impreco, togliendomi lentamente i vestiti.
Una
strana musichetta si insinua nella mia testa, è dolce e
sensuale.
Mi
spoglio completamente, controllo che la porta sia chiusa e mi immergo nell’acqua
profumata dove Ate e Taji avrebbero dovuto consumare il loro rapporto. Mi
compiaccio, ancora una volta gli ho impedito di far
qualcosa.
La
musica rimane dentro la mia testa, un disco con una sola
melodia.
Ad
un tratto sento due colpi alla porta, porto tutta la schiuma su di me e mi copro
a dovere. Non può essere altri che Asia.
-
Si? – Dico ma non sento niente. – Avanti. – Dico ancora e la porta si apre. Non
è Asia, è Ate. Ma incredibilmente non riesco a urlare.
-
Oh! Scusami. – Dice arrossendo subito. – Non pensavo che avessi già iniziato. –
Continua, ma invece di andarsene chiude la porta e si avvicina. Io rimango
pietrificata, coperta dalla schiuma che tra poco svanirà.
-
Vedi. – Comincia e si interrompe, sospirando e sedendosi nel mobiletto in marmo,
accanto alla vasca. – Il fatto è che io ti amo. – Lo dice come se fosse la cosa
più normale del mondo, come se fosse naturale dirmi certe cose mentre sono nuda
e la sua fidanzata è nell’altra stanza.
-
E non posso proprio farci nulla. Non posso trattenerlo. Capisci? Mi mangia, mi
divora dentro. E non solo il cuore, mi divora tutto. Ogni piccola parte di me ha
bisogno di te, ogni fibra. E non posso proprio nasconderlo o metterlo da parte
perché questo. – Si indica il petto.
–
Questo sentimento che ho è la cosa più grande che abbia mai visto.
–
Rimango
senza fiato, boccheggiante. La sua voce è calma, ma sento il battito del suo
cuore accelerare sempre più, e il mio lo raggiunge quasi facendo a gara per
quale cuore batte più forte.
-
Non puoi. – Dico, rinnegando tutti i miei sentimenti per
lui.
-
N-non puoi. – Balbetto, incapace di dire altro. – Taji è nell’altra stanza, tu
sei suo. – Bisbiglio, spaventata. Abbasso lo sguardo e noto che la schiuma è
quasi completamente scomparsa, adesso si vede tutto. Adesso mi vede tutta e noto
che mi guarda famelico, innamorato e eccitato.
Conosco
quello sguardo, lo conosco bene.. e voglio tanto farlo
felice.
-
Tu non puoi guardarmi così. – Aggiungo poi, ma lui alza un braccio scoperto e lo
infila della vasca, prendendo la collana tra le mani.
Il
triangolo, la prova che io sono sua. E sua per sempre.
Poésia.
-
Sei mia. Posso guardarti come voglio. – Dice e diventa audace, lasciando la
collana e iniziando a toccarmi la clavicola, sfiorandomi il seno con le dita. –
E toccarti come voglio. – Dice ed io non riesco a
rifiutarlo.
Mi
accarezza il collo e il bordo dell’orecchio, io chiudo gli occhi e rabbrividisco
di piacere. Possibile che abbia delle mani così esperte?
Ad
un tratto sento le sue labbra appoggiarsi alle mie e io le schiudo, baciandolo
subito con passione e accarezzandogli i capelli.
-
Era? – Sento la voce di Asia e mi sposto subito, tirandomi su ed uscendo dalla
vasca come un fulmine. – Hai finito? – Mi dice.
-
S-si. – Dico voltandomi intorno per vedere se trovo qualcosa da mettermi
addosso, Ate non si muove, non è in panico. Mi guarda
famelico.
-
Non aprire, devo vestirmi. – Urlo con voce nervosa, continuando a cercare
qualcosa. Ate continua a non muoversi, è in piedi e mi
guarda.
Finalmente
trovo un panno e decido di coprirmi ma Ate è più veloce.
Si
avvicina a me e mi sbatte nella parete ghiacciata, mi bacia con passione,
mettendomi subito una mano sul sedere e stringendolo spasmodicamente. Si
struscia su di me, bagnandosi il petto ed i pantaloni.
Gli
afferro i capelli e li tiro, violenta. Voglio fargli male e devo scaricare la
tensione, in qualsiasi modo posso. Dio, mi sento svenire.
L’altra
mano finisce in mezzo ai miei capelli, lui li tira, non troppo forte ma
abbastanza da farmi male, io gli mordo le labbra.. forte.
Sento
subito il sapore del sangue e me ne compiaccio, lui aumenta la stretta nella
natica e mi fa saltellare dal dolore. Io gli graffio una spalla e continuo a
baciarlo, a strusciarmi su di lui come una gatta in calore e ad ansimare più
piano che posso.
-
Ti odio. – Dico ad un tratto, leccandogli le labbra sensualmente e stringendo la
sua erezione gonfia e coperta con una mano. – Ti odio. – Continuo ancora e non
riesco ad allontanarmi, né a smettere.
Lui
mi tira ancora i capelli e mi trattiene la lingua con i denti, la succhia e io
stringo ancora più forte la sua erezione, facendolo
irrigidire.
-
Era, che sta succedendo? Sto entrando. – Dice Asia e vedo la maniglia della
porta abbassarsi con la coda dell’occhio.
-
NO! – Sbraito e mi allontano subito da Ate, che finalmente capisce che è
arrivato il momento di smettere. Mi copro subito col pezzo di stoffa e faccio
segno ad Ate di uscire dalla finestra. – Aspetta un attimo! – Dico, calmando il
tono di voce.
-
Ma che succede? – Asia è preoccupata. – Hai visto Ate? – La voce gracchiante di
Taji si unisce a quella della mia amica ed io aiuto Ate ad uscire, spingendolo
dalle gambe e dal sedere. Dopo qualche secondo è fuori.
-
Ate, sei lì? – Taji innalza il volume della sua voce ed apre la porta,
fregandosene delle mie raccomandazioni. Mi trova sconvolta, con i capelli
scombinati, il corpo arrossato, la finestra aperta ed il pavimento
allagato.
Le
candele sono spende, qualcuna è caduta dentro l’acqua ed i petali di rosa sono
stati calpestati più e più volte, diventando bordeaux.
-
Ma che è successo qua dentro? – Asia è sconvolta e vorrebbe ridere, magari ha
capito tutto. Taji è davanti a lei e mi guarda sospettosa.
Asia
mi fa segno con gli occhi verso la vasca da bagno, ormai semi
vuota.
Devo
averla svuotata quando sono uscita di corsa dalla vasca. Respiro male e ripenso
a cos’è successo. Dio, vorrei buttare tutto per aria.
Ad
un tratto vedo che il polsino di Ate è per terra, in mezzo all’acqua, esposto
alla vista sospettosa della sua futura sposa. Improvviso.
Faccio
finta di scivolare e lo prendo al volo sotto lo sguardo sconvolto di Taji, che
rotea gli occhi.
-
Ma tu sei pazza o cosa? – Dice, prima di uscire indignata dal
bagno.
-
Tu sei pazza davvero. – Dice Asia, ridacchiando e io
sorrido.
-
Dov’è? – Mi chiede poi ed io non smetto di sorridere. – E’ uscito dalla finestra
quando ha sentito la voce di Taji. – Sussurro e Asia chiude la porta,
lasciandomi la mia privacy.
Realizzo
cos’è successo, mi siedo sul mobiletto in marmo e sospiro.
Fatemi sapere se vi è piaciuto. Xxxx.
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Capitolo 29 *** Lottare con le unghie e con i denti. ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Lottare
con le unghie e con i denti.
Sono
passate quasi due ore da quando Ate, Asia e Taji hanno lasciato il bagno, e da
quel momento non ho fatto che pensare alle mani di Ate su di me. Al suo respiro
ansante e mozzato, ai suoi occhi profondi e famelici.
Non
riesco a pensare ad altro, non riesco ad alzarmi di lì e a
reagire.
Giocherello
un po’ con il lembo della casacca che ho indossato e continuo a immaginarmi
nuda, schiacciata tra il muro ed il suo corpo bagnato.
Continuo
a toccare nervosamente la stoffa bronzea quando, ad un tratto, la porta si apre.
Appaiono dei pantaloni di pelle, un fisico scolpito e dei riccioli neri.
Egle.
-
Egle! – Urlo correndo ad abbracciarlo, poi ricordo che potrebbe essere il
Mutatio ed indietreggio. – Come stai? – Dico, facendo finta di
nulla.
Il
suo sguardo è bloccato sulla mia scollatura, lui non parla e non si muove, poi
entra completamente e chiude la porta alle sue spalle.
Prende
il mobiletto in marmo e lo poggia davanti, io sgrano gli
occhi.
-
Che vuoi fare? Che stai facendo? – Dico velocemente,
nervosa.
-
AIUTO! – Urlo, quando lo vedo avvicinarsi lentamente.
Sbatto
contro il muro ghiacciato e vedo Egle buttarsi addosso a me, esattamente nel
modo in cui Ate l’aveva fatto qualche ora prima, rabbrividisco anche stavolta ma
di paura, non d’eccitazione.
-
AIUT.. – Egle mi tappa prontamente la bocca e io non riesco a far nulla, mi
muovo, mi dimeno, ma lui non mi lascia andare. Urlo ma la voce muore appena
incolla la sua mano sulle labbra, producendo un inudibile mugolio. Scalcio e
provo a colpirlo con le ginocchia ma sono completamente coperta dal suo corpo
statuario, che non mi lascia via di fuga. Egle strappa la spallina del mio
vestito, scoprendo una grande porzione di seno e mordicchiandomi la spalla
sensualmente.
-
NOOO!! – Riesco a urlare tra le dita, ma subito lui mi schiaffeggia e mi
costringe a rimanere ferma e zitta, non parla, non fiata.. ma mi tocca tra le
cosce ed io non riesco a fermarlo. Voglio morire
all’istante.
Farei
di tutto, darei di tutto, pur di fermare questa
situazione.
-
Fermmm.. – Non riesco a parlare, sento che mi sta
soffocando.
Mi
strappa il vestito con un gesto secco, e mi stringe il seno, poi toglie via le
mutandine ed io faccio di tutto per dimenarmi, ma lui non ma lascia andare.
Ricomincia a toccarmi lì dove non dovrebbe ed istintivamente io mi abbasso, per
sfuggire alla sua mano. Lui sbottona i pantaloni e mi tiene ferma la testa,
capisco cosa vuole farmi fare e sono terrificata.
Poi
ad un tratto, più nulla. Sono nuda ma lui non mi tocca
più.
Apro
gli occhi spaventata, quasi come quando mi risveglio dal peggiore degli incubi,
ma capisco che non è stata la mia mente. E’ tutto reale.
Il
sangue, Ate che picchia Egle con forza inaudita, rumore di mani, rumore di pugni
e di pelle graffiata. Urla, insulti e ansiti di dolore.
Egle
è stirato per terra, seminudo e Ate lo sovrasta colpendolo al volto e
bloccandolo col suo peso. Scatto immediatamente.
-
BASTA! – Urlo fuori di me, provando a fermare la furia di
Ate.
Lui
si gira di scatto e colpisce anche me, con un gancio destro,
sull’occhio.
-
AHH! – Urlo di dolore, cadendo all’indietro e riversandomi addosso una montagna
di vestiti. Ho appena fatto cadere un mobile in legno, Ate e Egle sono ancora a
terra che lottano ed io comincio a piangere.
Ad
un tratto si spalanca la porta ed un ragazzo sulla ventina, muscoloso e di
colore, entra seguito da Taji.
-
Frijof, sta attento, per l’amor del cielo! – Urla lei,
spaventata.
Il
ragazzo di getta nella mischia, prende Ate per le spalle e lo getta dall’altra
parte della stanza. Asia entra subito dopo con un grosso mazzo di erbe che
brucia. Sono molte fragranze, tra cui l’incenso. Immediatamente Egle chiude gli
occhi, appestato e sanguinante, e li riapre subito dopo.
-
C-che è successo? – Dice, quasi soffocando e tossendo
forte.
Si
volta e mi vede, quasi completamente nuda, coperta solo da qualche pezza. Ate
invece è fermo, seduto, anche lui malconcio e sanguinante.
-
Dio! No! Era mi dispiace tanto! – Dice, prendendo la mano di Asia che lo fa
alzare. Asia da il mazzo d’erba in mano a Taji e corre verso di me, infilandomi
subito una tonaca ed aiutandomi ad alzarmi.
-
Ate.. – Sussurro, mentre Asia mi trascina via dal bagno.
Lascio
la stanza guardandolo negli occhi, mentre lui si volta dall’altra parte.
L’ultima cosa che vedo è Taji che corre verso di lui mentre Egle inizia a
piangere, sconvolto.
Sono
sotto shock, Asia mi trascina verso una stanza da letto ed io la seguo, ma con
la mente sono da un'altra parte.
Incomincio
a tremare, e noto che lei ha le labbra serrate, i pugni
stretti.
Vorrebbe
piangere ma si trattiene, ed io non faccio altro che pensare alle mani del suo
ragazzo che provano a violarmi, e poi a quelle di Ate che lo colpiscono per
difendere me, il mio onore.
-
Stai bene? – Mi chiede, la sua voce è molto roca e
sconvolta.
Annuisco,
non ho la forza di dire qualcosa, e mi sdraio sul letto dove poche ore prima
avevo trovato Ate. Il suo profumo mi conforta e mi ritrovo a sprofondare la
faccia sul cuscino, mentre Asia mi copre le gambe scoperte con la coperta in
lana.
-
Starai bene. – Mi rassicura, e poi esce fuori dalla stanza, visibilmente
sconvolta e fuori di sé. Per un attimo mi metto nei suoi panni e capisco che è
troppo doloroso sopportare quello che lei sta sopportando, è
disumano.
Mi
ritrovo a tremare sconvolta, sentendo e immaginando controvoglia le mani di Egle
percorrermi e forzarmi. Sono scossa da tremiti e brividi.
Penso
ad Ate, al suo sguardo omicida mentre colpiva il fratello con forza inaudita,
possibile che fosse disposto a questo solo per difendermi?
Aveva
pestato a sangue, suo fratello, un membro della sua famiglia per salvarmi, e non
lo avrei mai dimenticato.
-
Amore. – Sussurro tra me e me, quasi sperando che lui mi
senta.
-
Stai bene? – Una voce maschile si libera dietro di me e capisco subito a chi
appartiene, tremo e mi appiattisco subiti al muro, voltandomi e guardandolo negli occhi. Lui è sconvolto, malconcio e sanguinante.
Egle è ben distante da me, mortificato, con lo sguardo
basso.
Non
osa guardarmi in faccia e posso capirlo, provo pena per
lui.
-
Si. – Mento e mi accorgo che da quando ho iniziato a frequentare i guerrieri
della morte non faccio altro che mentire, mentire,
mentire.
-
Mi dispiace, sai io non.. –
-
Lo so, tranquillo. Non è colpa tua. – Dico, sincera più che
mai.
Per
quanto sia terrorizzata, sconvolta e terribilmente instabile, capisco che quello
che è successo non è per niente colpa sua, e a parte me e Asia, la vera vittima
è lui. Quindi mi alzo, mettendo da parte tutte le mie paure, e mi avvicino a
lui.. che però indietreggia.
-
Ti prego non sentirti obbligata a perdonarmi.. – Sussurra ma io continuo ad
avanzare, sorridendo appena e allungando le mani.
Lo
abbraccio in un secondo e lo stringo forte, lui nasconde la testa nell’incavo
del mio collo che poco prima baciava con violenza e comincia a piangere come un
bambino, liberandosi di tutta la tensione.
-
Va tutto bene. – Dico, mentendo ancora una volta. – Ti voglio bene. – Smetto di
mentire e apro il mio cuore a lui. – Asia ti ama, Ate ti ama e tutto questo
passerà. Il prima possibile parlerò con mio padre, vedrò se posso trovare un
modo per liberarti di questa maledizione. Va tutto bene. Ti voglio bene. – Parlo
lentamente e a bassa voce, lui continua a piangere ma si calma ad ogni parola
che dico, mi deposita un piccolo bacio sulla spalla, mi stringe per qualche
altro minuto e poi si scosta.
-
Devo andare da Asia. Devo parlarle, devo.. –
-
Capisco, vai pure. – Dico, indicandogli il corridoio con la
mano.
-
E’ andata fuori, credo. – Continuo poi, lui mi sorride forzatamente e segue la
via che gli ho mostrato, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandomi sola
un'altra volta.
Comincio
a rimuginare sugli accaduti del giorno. L’episodio che ho avuto con Egle in
bagno eclissa per un momento quello incredibile che ho avuto con Ate. Mi sento
male, mi sento sporca e rabbrividisco. So che non è colpa di nessuno, né mia né
tantomeno del povero Egle ma non posso fare a meno di rabbrividire e coprirmi
ogni volta che ci penso.
Credo
che questa, a parte la paura di trovare Ate morto, sia stata la peggiore
esperienza della mia vita sin ora, e la cosa che mi fa più paura è che
probabilmente in futuro accadranno cose anche peggiori.
-
Posso? – Sento la voce di Ate fuori dalla porta, seguita da due colpi
netti.
-
Si. – Sussurro, improvvisamente imbarazzata a causa del nostro episodio in
bagno. Lui entra a testa bassa ed io noto subito un rivolo di sangue, ormai
asciutto sulle sue bellissima labbra carnose.
-
Stai bene? – Mi chiede, e questa è la terza volta che qualcuno lo
fa.
-
Si. – Ormai ho imparato il copione a memoria, solo che stavolta la mia voce mi
tradisce e sembro scocciata.
-
Ne sei sicura? – Il suo tono di voce apprensivo mi fa saltare su i
nervi.
-
Si, dannazione, si! – Dico e lo lascio a bocca aperta. – Grazie per prima
comunque. – Calmo i toni e mi alzo dal letto,
fronteggiandolo.
-
Non so come avrei fatto se tu.. insomma.. – Non riesco a trovare le parole
adatte per ringraziarlo e lui mi sorride, prendendomi la mano e
accarezzandola.
-
Non importa se c’è Taji, o se tu stai con Drogo.. io ti proteggerò sempre. – Mi
dice, riscaldandomi il cuore in un nanosecondo. Sorrido e poi rielaboro la frase
che ha detto.
-
Ma io non sto con.. –
-
Non fa niente, non devi darmi spiegazioni, anzi.. mi dispiace se in bagno ti ho
costretta a.. insomma, ne hai passate tante, e non vorrei essere nella lista dei
tuoi problemi. - Costretta? Io vorrei solo urlagli quanto lo amo e quanto sia
stato incredibile per me il nostro breve incontro, vorrei urlargli che Drogo è
solo un amico e che qualche ora prima, con lui, stavo andando a fuoco e mi
sentivo esplodere. Gli vorrei urlare di lasciare Taji e di fuggire con me ma
invece sto zitta.
-
Ok. – Sibilo. – Grazie. – Aggiungo poi, mordendomi la
lingua.
-
Bhé, adesso torno da Taji, è entrata in crisi quando ha visto di cos’è capace
Egle e credo voglia cacciarlo di casa sai.. è tutto un casino..
–
Mi
dice, avvicinandosi alla porta e lasciandomi la mano.
Sento
immediatamente una piccola fitta al cuore e spero che non peggiori, sono stanca
di sfuggire alla vita per rifugiarmi nei sogni della mia
mente.
-
Si, lo so. – Sospiro e sorrido appena, per cortesia. – Vai pure.
–
Lui
esce subito e si richiude la porta alle spalle e la consapevolezza di averlo
perso mi assale facendomi dimenticare tutto e lasciandomi senza fiato.
Bene, anche questo
capitolo è scritto, spero non vi abbia turbate o deluse. Innanzitutto vorrei
ringraziare la mia cara I need you to need me per essersi convinta a
commentare e poi vorrei scusarmi se questo chappy non vi è piaciuto, non ne sono
entusiasta.
Mi scuso per il
ritardo e vi auguro una buona serata.
A presto,
sweeties.
PS. Scema commenta
:DD
Stefy.
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Capitolo 30 *** Passare avanti ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Asia
POV
Passare
avanti.
Esco
fuori chiudendomi violentemente la porta alle spalle e libero un urlo disumano
nell’aria, sfogandomi. Cado sulle ginocchia e comincio a piangere, incurvando la
schiena e singhiozzando come la più debole delle creature. Penso ad Egle, al
quasi stupro e a tutte le cose vili che ha fatto.
Alle
volte che mi ha picchiata, insultata, forzata e odiata.
Mi
ha sputato addosso, mi ha preso a calci e mi ha costretta ad aprirgli le gambe e
nonostante tutto lo amo come il primo giorno, è questo che mi fa dannatamente
male. So che non è colpa sua, so che lui non c’entra niente ma non riesco a
vedere le due cose separate. E ricomincio ad alternare singhiozzi e urla
liberatorie, affondando le mani nella terra e stringendola. Mi ritrovo a pregare
mentalmente mentre due mani mi prendono per le spalle, le riconosco subito. Sono
quelle di Egle.
Non
riesco a smettere di piangere né a voltarmi e guardarlo negli
occhi.
Capisco
che si inginocchia dietro di me, quando sento sbattere il suo petto contro la
mia schiena. Mi abbraccia poggiandomi le mani sullo stomaco e facendomi salire i
brividi. Appoggia la testa sulla spalla e mi deposita un bacio sulla guancia,
carezzandomi piano la pancia.
-
Mi dispiace. – Mi sussurra ed io riesco a calmarmi un po’ anche se le lacrime
continuano a solcarmi le guancie, senza fermarsi mai.
-
Mi dispiace che tu debba subire tutto questo, mi dispiace che tu.. – Si blocca e
annaspa, diventando rigido e visibilmente in difficoltà.
– Insomma, mi dispiace davvero.. se tu
volessi lasciarmi io.. –
-
Non potrei mai. – Sussurro, consapevole di ciò che ho
detto.
-
Non puoi continuare a soffrire a causa mia ed io, purtroppo, non posso fermare
tutto questo. Mi dispiace. – Si scusa per l’ennesima volta ed io tremo, la sua
voce mascolina e roca ha sempre lo stesso effetto su di me.
-
Nemmeno io posso smettere di amarti. – Sussurro ancora, distrutta e amareggiata
da tutta questa situazione. So che non sarà facile, so che soffrirò ancora le
pene dell’inferno ma non riesco a lasciare l’amore della mia vita, perché quando
il Mutatio non c’è io sento che per me non c’è altra felicità al mondo
all’infuori di lui.
-
Allora non farlo. – Mi dice, costringendomi a girare il viso verso il suo con
due dita. Mi bacia impetuosamente, con urgenza, quasi come se dai miei baci
dipendesse la sua vita ma io mi scosto immediatamente rivedendo nella mia mente
Era nuda e sconvolta, scaraventata sul pavimento del
bagno.
-
Scusa ma non.. –
-
Lo so, lo so. Scusami. – Mi dice, allontanandosi e mettendosi in
piedi.
Improvvisamente
inizia a darsi piccoli colpetti sulla fronte che dopo qualche attimo diventano
vere e proprie manate su tutto il viso, seguite da urla e
calci.
-
Amore.. – Lo chiamo, dirigendomi verso di lui. Riesco ad afferrarlo dalla
schiena e a schivare i suoi movimenti convulsi. Lo abbraccio
stretto.
-
Amore, no. Basta. – Gli dico, mettendogli le mani sugli avambracci e aiutandolo
a fermarsi e calmarsi. – Basta, scusami. – Gli dico
ancora.
-
Scusarti? Scusare te? – Sbraita fuori di sé. – Sono io che devo scusarmi, dovrei
uccidermi per tutti gli affronti che ti ho fatto! Per tutto il male e la
violenza, dovrei uccidermi seduta stante. – Urla ancora, voltandosi verso di me
e incorniciandomi il viso tra le mani.
-
Ma ogni volta che ti guardo.. – Sussurra, fissandomi negli occhi. – Ogni volta
che mi perdo in questi occhioni blu non esiste nient’altro. E capisco che non
potrei mai lasciarti, che non potrei mai abbandonarti perché sono il tuo
schiavo, amore mio. E non ho bisogno di una stupida collana per dimostrarti
quanto ti amo, e non ho bisogno di renderti mia, perché io sono già tuo. – Mi
dice, lasciandomi commossa e boccheggiante.
Tremo
sotto le sue mani e mi slancio verso di lui, baciandolo con tutta la passione
che ho in corpo. Improvvisamente il bacio di trasforma in fuoco e ci incendia.
Al diavolo il Mutatio, al diavolo tutto, erano mesi che non lo facevo mio e mi
mancava.. mi mancava dannatamente.
Mi
aggrappo alle sue spalle nude con le unghie e mi avvinghio al suo bacino con le
gambe, saltandogli in braccio.
-
Ma prima.. – Sussurra tra le mie labbra ed io lo bacio, impedendogli di rovinare
il momento con un discorso strappalacrime.
-
Prima non conta, dobbiamo passare avanti. – Sussurro, zittendolo del tutto e
dandogli un silenzioso consenso a toccarmi.
Deposita
immediatamente le sue mani sotto la mia tunica bordeaux reggendomi per il
sedere. Mi palpa, mi bacia e mi tocca, indietreggiando fino al capanno degli
attrezzi. Apre la porta con una spallata ed entra, facendomi immediatamente
sedere sul tavolo pieno di trucioli di legno e polvere. Mi alza la lunga tunica
arrotolandomela sui fianchi e mi bacia sulle labbra, io ricambio con piacere e
faccio scorrere le mani lungo il petto, accarezzandolo e pizzicandolo di tanto
in tanto.
Sorridiamo
nello stesso momento quando lui inizia a soffrire il
solletico.
So
che ha le scapole molto sensibili ma mi piace troppo vederlo
ridere.
Lui
lo sa e quindi mi accontenta, regalandomi uno dei più bei sorrisi che abbia mai
ricevuto. Ricambio senza pensarci due volte e ricomincio a torturargli le
labbra, baciandole, leccandole e mordicchiandole piano.
Lo
trattengo a me dalle spalle, stringendole forte, mentre lui mi sfiora i seni
delicatamente e con passione.
Scende
a torturarmi l’inguine con due dita ed io faccio lo stesso, slacciandogli e
abbassandogli i pantaloni con una mano.
Prendo
la sua eccitazione in mano, gemendo, e comincio a toccarla su e giù. Lui sospira
ed io capisco di essere sulla via della perdizione.
La
mia lucidità scompare e slancio la testa all’indietro, gemendo e venendo tra le
sue braccia, tremando come una foglia in autunno.
Lui
approfitta della posizione per baciarmi il collo ed entrare piano in me,
inaspettatamente e lentamente. Il mio calore lo avvolge ed io ho la sensazione
che tutto intorno a me si sia fermato. Non sento più il vento sbattere sul tetto
di legno e paglia, non sento il gracchio dei corvi né il battito d’ali dei
possenti avvoltoi. Sento solo i suoi mugolii e i suoi
ansiti.
La
sua voce roca esplode in un ringhio ed aumenta subito la velocità, possedendomi
nella maniera animalesca che ho sempre amato.
Il
tavolo comincia a traballare aiutandolo nei movimenti ed io alzo nuovamente la
testa, aggrappandomi alle sue spalle e baciandolo sulle labbra secche. I suoi
movimenti durano parecchio, i suoi gemiti sono irresistibili ed io comincio a
desiderare di continuare per sempre.
Ho
un secondo orgasmo che mi sembra quasi più forte del primo, sospiro e ricomincio
a tremare, stringendo i muscoli attorno al suo membro e facendolo venire. Si
svuota dentro di me e rimane immobile, accasciandosi stanco sulla mia spalla. Io
lo abbraccio, intrecciando le mani dietro il suo collo e gli bacio la testa, tra
i riccioli corvini.
-
Ti amo. Sei fantastica. – Mi sussurra, facendomi
rabbrividire.
I
rumori ricominciano ad impossessarsi della mia attenzione ma il suo battito del
cuore, fuso col mio, sembra più forte di tutto.
-
Ti amo anch’io. – Dico, ancora fuori controllo. E’ stato
eccezionale.
-
Supereremo tutto. Te lo prometto. – Mi sussurra ancora, rassicurandomi ed io lo
stringo ancora più forte. Mi concentro sulle gocce di sudore che mi scorrono
lungo la schiena, solleticate dalla brezza fredda che entra dalla porta aperta.
Rabbrividisco e lui mi abbraccia stretta.
-
Senti freddo? – Mi chiede apprensivo ed io faccio segno di no con la
testa.
-
Non sono mai stata meglio. – Gli comunico sincera, continuando la mia sessione
di coccole e baci sdolcinati. Mi accarezza i lunghi capelli rossi e inspira il
mio profumo, io sorrido ma lui non può vedermi.
-
Andiamo a letto? – Mi chiede, evidentemente stanco e debole.
Mi
sono accorta, in questi mesi, che ogni volta che il Mutatio appare Egle si
indebolisce parecchio, perdendo forze e vigore.
-
Certo. – Sussurro, lui si sposta ed io scendo dal tavolo aiutata dalla sua mano.
Si alza i pantaloni, nascondendomi la vista delle sue cosce allenate e del suo
inguine irresistibile. Io abbasso il vestito color porpora e sistemo spalline e
capelli, scuotendoli un po’. So che questo gesto lo fa impazzire, infatti mi
bacia subito e mi sussurra: - Tu sei la mia perdizione, rossa.
–
Io
sorrido per metà, regalandogli uno sguardo da gatta e incamminandomi verso casa.
Entriamo dalla porta del retro e passiamo la cucina, dove vedo Ate seduto su uno
sgabello e Taji che gli tampona le ferite sul viso con un tovagliolo mentre
Frijof, il ragazzo di colore, li squadra da lontano.
-
Non ho ancora capito chi sia questo ragazzo. – Sussurro ad Egle, mentre
superiamo il salotto chiuso, dove Era probabilmente sta
dormendo.
-
Lui è Frijof Anouk, figlio di
Inuit. – Mi sussurra a sua volta. – E’ il fratellastro di Taji, ma io credo che
sotto sotto ci sia una tresca tra quei due. – Continua a
raccontarmi.
-
Davvero? Perché? – Spalanco gli occhi e un’idea maligna mi attraversa la mente.
Se è vero quello che Egle dice potrei trovare delle prove, mostrarle ad Inuit e
liberare Ate dalla promessa di matrimonio, salvare il suo rapporto con Era,
farli felici.
-
Una sera li ho visti litigare e poi baciarsi in una maniera un po’ troppo intima
per due fratellastri. E ogni volta che Ate allontana Taji lei corre a farsi
consolare da Frijof, per non parlare del fatto che il ragazzo non fa altro che
difenderla, proteggerla e guardarla in maniera ambigua. Sono occhiate che anche
lei ricambia, quindi.. mi sembra abbastanza chiaro. –
-
Scusa, fammi capire, tu li hai visti baciarsi e non mi hai detto niente? Nemmeno
a tuo fratello? – Dico, sconvolta e felice di ciò che ho appena saputo, Egle mi
guarda colpevole e fa spallucce.
-
L’ho dimenticato. – Dice, facendo la faccia più carina dei due
mondi.
Lo
abbraccio e lo bacio dappertutto.
-
Sta tranquillo, hai detto tutto ciò che speravo dicessi. Adesso devo solo
dimostrarlo e liberare Ate dalla sua maledizione. – Dico, riferendomi a Taji,
mentre entriamo in camera da letto.
-
Ate! AMORE! Dove vai?! – Sentiamo gracchiare Taji da tre stanze di distanza,
Egle mi sorride.
-
Ripensandoci, forse è meglio la mia di maledizione. – Ridacchio spensierata e mi
stiro a letto insieme a lui, chiudendo gli occhi e respirando pesantemente. Le
sue carezze mi fanno addormentare.
Ma quale onore! Tutti
questi bei commenti incoraggianti! Grazie mille a Tutte! Spero di non essermi
abbassata di livello in questo capitolo, e spero che l'idea di altri Point Of
View vi piaccia. personalmente adoro la coppia Asia/Egle ed adoro Asia come
personaggio.. quindi, ditemi voi.
-M Ti voglio
bene!
Stefy.
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Capitolo 31 *** Risolvere ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Titolo del capitolo:
Prologo. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Egle
POV
Risolvere.
Asia
dorme sotto metà del mio peso, ed io voglio alzarmi per paura di infastidirla,
la mia mano non vuole proprio saperne di stare ferma, continuo ad accarezzarle i
capelli e la fronte, inebriandomi del suo profumo di donna. Fruttato,
leggermente dolce, fresco e passionale.
Adoro
il suo profumo, mi fa pensare all’amore e alla libertà.
-
Egle, posso? – Sento la voce squillante di Taji provenire da fuori la porta, io
mi alzo di scatto, per impedirle di urlare e svegliare la mia
piccola.
Apro
la porta e faccio segno di stare zitta, mettendomi l’indice di fronte alla
bocca. ‘Dorme’ mimo con le labbra ma, ottusamente, lei non capisce un
accidenti.
-
Cosa!? – Urla come una cornacchia ed io le faccio segno di
seguirmi.
Cammino
lungo il corridoio e mi fermo accanto al salotto.
-
Dimmi. – Le dico, ancora a bassa voce, lei mi guarda come se avesse visto un
fantasma e mi ritrovo a disprezzare le sue labbra
sproporzionate.
-
Bene. Io onestamente non so come dirtelo.. – Per una frazione di secondo mi
sorprendo, quando mai Taji ha avuto peli sulla lingua? Poi però mi ricredo
subito dopo. – Devi andartene da qui ok? Non mi sento sicura se tu sei qua in
giro, sei un mostro. – Dice apertamente, sfiorandomi con un braccio per sbaglio
e ritraendosi come se avesse toccato il fuoco.
Rimango
senza parole, davvero faccio questo effetto alla gente?
-
Ascoltami, so che sei il fratello di Ate e tutto.. ma io mi sono rotta le palle
di chiudere tutte le porte a chiave solo per paura che tu mi stupri. Insomma..
sei un bel ragazzo e tutto.. ma.. capisci no? Cioè è cosi. – Parla in maniera
così gracchiante e superficiale, così ignorante che vorrei schiaffeggiarla e
sbatterla al muro. Non la stuprerei nemmeno da Mutatio, non la sfiorerei nemmeno
morto, vorrei dirglielo e urlarglielo diverse volte per distruggere la sua
autostima. Ignorante oca puttana.
-
Smettila. – Un’altra voce femminile si sovrappone ai suoi squittii. Era è uscita
dal salone e sembra fuori di sé. – Smettila di rompere i coglioni! – Sbraita,
tossicchiando e sbattendo le ciglia. La volgarità non fa per lei, ma è davvero
arrabbiata e mi piace molto questa versione di Era.
Taji
la guarda sconvolta, schifata.. e agita una mano davanti al suo viso di
fata.
-
Ancora tu!? Ma non vuoi proprio saperne di farti gli affari tuoi? – la provoca,
con la sua voce potrebbe irritare chiunque.. e con quei gesti è anche peggio. Ma
Era ha molto autocontrollo e riesce non sventrarla.
-
Questi sono affari miei! Egle è affar mio! E tu non puoi permetterti né di
offenderlo né tantomeno di buttarlo in mezzo ad una strada.. lurida ragazzetta
viziata e.. – Si blocca prima di imprecare ancora mentre Taji la guarda in
cagnesco, mi sembra quasi di vedere la cattiveria scorrerle nelle vene. So che
sputerà una frase davvero terribile ma non riesco a parlare prima di
lei.
-
Quando ti metterai l’anima in pace? Ate è mio, non fare l’eroina perché lui ama
me adesso e non smetterà soltanto perché tu salvi suo fratello! Questa è casa
mia ed io faccio quello che voglio. Per quanto mi riguarda se tu vuoi farti
scopare un'altra volta da Egle, bhé, fatelo fuori da questa casa! – Non riesco a
percepire altro, vedo solo Era che si scaglia contro Taji, prendendola per i
capelli e scagliandola sul muro, facendole sbattere la testa diverse volte. Urla
e ringhia come una vera leonessa, ha tutto sotto controllo quindi decido di non
fermarla e farla sfogare ancora un attimo. Poi Ate arriva correndo dalla cucina
e ferma tutto il divertimento, prendendo Era in braccio e trattenendola mentre a
me tocca trattenere Taji, che mi graffia le braccia e puzza di
sudore.
Anche
Era si dimena, vuole tornare a colpirla e urla.
-
Puttana selvaggia! – Sbraita Taji, sputandole sui piedi. Ate la allontana ancora
e fa per portarla via dalla casa, ma Era urla qualcosa.
-
Bastarda! Non finisce qui, giuro che t’ammazzo! Maledetta! – Sbraita come
impazzita, non l’avevo mai vista e sentita fuori controllo. E’ ancora
maledettamente bella, proprio come la mia Asia. Finalmente lascio Taji che ha
cominciato a piangere istericamente.
-
Selvaggia! Non è altro che una selvaggia! LA VOGLIO FUORI DI QUI! Frijof! –
Sbraita e scompare dalla stanza, lasciandomi basito. Possibile che sia davvero
successo quello che ho visto?
Nel
frattempo sento dei passi dietro di me e mi volto.
Asia
appare assonnacchiata, con la tunica spiegazzata e arrotolata fino a metà
coscia, mentre si stropiccia gli occhi.
-
Che succede, amore? – Mi chiede, accostandosi a me, io le metto un braccio
attorno alla spalla, a mo’ di protezione e le rispondo.
-
Era ha picchiato Taji. – Sussurro come se fosse la cosa più normale del mondo.
Lei assume uno sguardo prima sorpreso, poi spaventato e infine piacevolmente
divertito.
-
Davvero? – Mi dice come una bambina incredula, io annuisco
sorridente.
-
Credo le verrà un bel bernoccolo! – Ridacchio e lei si aggiunge a
me.
-
Non mi piace la violenza, ma devo ammettere che erano giorni che avrei voluto
farlo io stessa. – Ammette la mia principessa, facendomi salire un brivido lungo
la schiena. Per un attimo la immagino lottare, con la rabbia ad offuscarle gli
occhi azzurri, con il sudore ad imperlarle il seno e mi emoziono. Le prendo il
viso tra le mani e la bacio con tutta la passione che ho in corpo, leccandole le
labbra alla fine del lungo bacio.
Lei
resta allibita, con le labbra semiaperte e gli occhi
languidi.
-
E questo per cos’era? – Mi chiede, sorridendo voluttuosa.
-
Sono felice di aver ritrovato l’intimità con te. – Ammetto, abbracciandola e
facendomi abbracciare. Mi dimentico di tutto e ricomincio a baciarla per un
tempo che vorrei fosse infinito.
Veloce, velocissima.
Spero vi piaccia.
Stefy.
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Capitolo 32 *** Desiderio ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Ate
POV.
Desiderio.
Passano
i minuti ma Era non accenna a calmarsi, non vuole smettere di scalciare e
provare a divincolarsi dalla mia presa salda. Siamo nel giardino del retro,
nascosto dal resto della foresta grazie ad una muraglia di pietra nera alta un
metro e mezzo. Siamo al sicuro, nessuno può più toccarla e farle del male, ci
sono io a proteggerla. Ma lei non si sente al sicuro, non si sente tranquilla.
Vuole solo entrare dentro e distruggere Taji ed io vorrei lasciarglielo fare, ma
so che non è giusto.
-
Calmati. – Le sussurro all’orecchio, tra i capelli morbidi e
profumati.
-
Lasciami, dannazione, lasciami andare! – Sbraita, sovrapponendo le mani alle mie
e provando a farmi mollare la presa conficcandomi le unghie nelle dita. Io
stringo ancora più forte.
-
Mai. – Dico e lei ad un tratto, si calma e sbuffa come un drago pronto a sputare
fuoco, la mia presa si trasforma in un abbraccio, lei smette di affondare le
unghie ma lascia le mani sopra le mie per qualche secondo.
-
Merita di morire, quella maledetta! – Sbraita ed io non riesco ancora a
capacitarmi del suo comportamento. Sapevo che Era infondo è sempre stata una
guerriera, ma non fino a questo punto. E’ fuori di sé.
-
Dimmi cos’è successo. – Le chiedo, avvicinandomi al suo collo istintivamente. E’
incredibile quanto la vicinanza di lei mi mandi fuori di testa, inspiro il suo
profumo di donna e ho un lieve capogiro. Il forte vento mi fa sentire freddo per
un attimo e affondo il naso nella sua pelle, ancora.
Lei
non ascolta le mie parole e si struscia lievemente su di me, credo voglia
divincolarsi ma non glielo permetto. Poi la sento tremare.
-
Hai freddo? – Le chiedo, senza lasciarla rispondere le conduco verso il capanno
degli attrezzi, noto che il tavolo è pulito per metà e molta della mia roba è
caduta per terra. La porta è aperta ed un pezzo di stoffa rossa è a terra. Asia
e Egle finalmente hanno ritrovato la loro intimità, ne sono felice.. mi
piacerebbe provare la loro felicità con Era, qui e adesso ma so che è impossibile. Chiudo
la porta alle mie spalle e la lascio andare, lei cammina e si ferma dall’altra
parte della stanza, appoggiata al tavolo, senza fiatare. Vuole distanza tra di
noi, perché? Accendo la lampada ad olio e la stanza si riscalda a breve, lei
sbatte il piede nudo per terra, con nervosismo ed
insistenza.
-
Posso andare a casa? – Mi chiede.
-
Non credo che stare vicino a Taji sia un ottima idea, ora come ora. – Le dico,
fermandomi a guardare le curve perfette del suo corpo.
Le
cosce sode e tornite, il seno ben disegnato, i polpacci sottili ma allenati, i
riccioli biondi e disordinati, due oceani al posto degli occhi e delle labbra da
far svenire. E le mani, piccole e morbidissime, il fondoschiena tondo e
pronunciato, soffice e incredibile al tatto..
-
Intendevo a casa mia. – Mi dice, distogliendomi dai miei
pensieri.
-
Non puoi, ti stanno ancora cercando. Ci sono uomini dappertutto, soprattutto la
notte. – La informo, tralasciando il fatto che probabilmente Drogo è già a casa
dato che Reouven ha pagato una guardia per togliersi di mezzo. Non voglio
rischiare lo stesso per lei, non sono pronto a lasciarla
andare.
-
Ti prego. Io non posso più restare qui. – Mi dice, con le lacrime agli occhi ed
io ho l’impulso di correre e abbracciarla ma mi trattengo, so che si
allontanerebbe. La guardo con rammarico e desiderio, lei distoglie lo sguardo
dal mio e abbassa gli occhi.
-
Lo so che è difficile ma.. –
-
No! La verità è che non lo sai! Non sai proprio un cazzo di come sia difficile!
– Stringe i pugni guardandomi con odio, ho paura dei sentimenti che leggo dentro
di lei. – Hai idea di cosa vuol dire vederti tutti i giorni avvinghiato a quella
sgualdrina? Di doverti avere solo nei miei sogni, perché nella realtà è lei
quella a cui appartieni? – Mi sbraita, appoggiandosi al tavolo per impedirsi di
crollare. Stringe il bordo in legno e si sforza di non piangere, capisco come si
sente, ho provato le stesse cose quando l’ho vista stretta a Drogo. – E come se
non bastasse mi dici che mi ami, mi tocchi, mi fai perdere la testa.. e poi mi
dici c-che hai sbagliato.. e mi guardi in una maniera che.. ecco! Di nuovo! –
Urla indicandomi con un dito, io distolgo subito lo sguardo. E così le facevo
perdere la testa?
-
Hai pure un erezione! E’ incredibile.. incredibile! – E’ fuori di sé ed io mi
vergogno da morire, possibile che in qualsiasi situazione lei abbia un effetto
disastrosamente eccitante su di me? Non so davvero cosa dire, mi limito a
mugugnare qualcosa.
-
Cosa? Non ho sentito bene. – Dice, ancora ad alta voce.
-
Non è colpa mia se quando ti arrabbi sei bellissima. – Sussurro un po’ più
chiaramente. Lei si stacca dal tavolo e fa per avanzare verso di me, con sguardo
ed espressione indecifrabile. Poi torna indietro, maledicendosi ad alta voce. Si
appoggia nuovamente al tavolo e si irrigidisce nuovamente. Si scosta ancora una
volta dal banco e viene verso di me.
-
Oh! Fanculo! – Impreca, prima di saltarmi in braccio e baciarmi con la lingua.
Rimango sconvolto, sorreggendola e
assecondandola.
Non
chiedevo di meglio, questa nuova Era, spregiudicata ed impulsiva, mi piace
incredibilmente ma mi fa anche paura. Non l’avevo mai vista
così.
I
miei pensieri vengono interrotti dalle sue mani che scendono a toccarmi
l’inguine, stringendo la mia erezione con passione e decisione,
boccheggio.
Lei
si sposta un po’ e si rimette in piedi, senza preavviso si
inginocchia.
Non
riesco a dire nulla, non vorrei lo facesse ora, qui.. in questa catapecchia
polverosa. Non vorrei si sentisse usata, io l’amavo
davvero.
Ma
prima ancora di riuscire a dirlo, lei ha già preso la mia erezione tra le
labbra. Sussulto, gemendo e lasciandomi cadere verso il
muro.
Mi
appoggio e ricomincio a gemere, sempre più sorpreso ed
eccitato.
-
Cazzo. – Sibilo. – Era ma.. – Vorrei dirle tante di quelle cose.. ma le sue
labbra languide sul mio glande mi fanno passare di mente
tutto.
La
mia poésia succhia, lecca e bacia tutto ciò che può ed io provo a trattenere
l’orgasmo più a lungo che posso, ma la verità è che anche solo guardandola mi
viene voglia di venire. Le sue labbra scendono e salgono un paio di volte,
seguite dalle sue mani. La sua lingua stuzzica il mio membro in tutta la sua
lunghezza ed io sento una fitta all’inguine.
-
Sto.. sto venendo. – Le comunico per rispetto e lei si alza, ricomincia a
masturbarmi con la mano e alza la sua tunica, non capisco cosa voglia fare ma
dopo pochi secondi, quando il mio seme raggiunge e si deposita sulla sua pancia
calda, la ringrazio mentalmente per averlo fatto. E’ la sensazione più forte e
incredibile che qualcuno mi abbia mai fatto provare.
Struscia
la mia punta sulla sua pancia appena pronunciata godendo e facendomi godere
appieno del calore che si forma tra le nostre pelli.
E’
fantastico, rimango boccheggiante e faccio per baciarla.
Anche
lei è sconvolta, affannata.. decisamente colpita da ciò che è appena successo..
Quando sfioro le mie labbra con le sue lei sembra risvegliarsi di colpo da un
bel sogno, mi guarda in faccia e si allontana, abbassandosi subito la tunica e
privandomi della vista del suo stomaco piatto, pieno di me. La guardo
interrogativo e lei si scosta i capelli con un gesto
veloce.
-
Devo andare, adesso. – Mi dice, uscendo dalla porta e lasciandomi sconvolto e
boccheggiante dentro il capanno.
Mi
lascio scivolare lungo il muro e mi siedo in pezzo alla polvere e al terriccio.
Mi metto le mani tra i capelli, appoggiandomi la fronte sui palmi. Alzo le
ginocchia e resto così per un po’, pensando a lei.
Le
sue labbra.. la sua lingua e le sue mani. Mi mancava, dio si mi mancava averla
mia. E adesso? Adesso era diventata un'altra persona e non vedevo l’ora di
conoscerla. Avrei sistemato tutto, l’avrei riconquistata e l’avrei fatta mia
ogni volta che potevo. Lei appartiene a me.
Spero che questo
capitolo vi piaccia. Che ne pensate di questa "nuova" Era? Ricordate quant'era
stata diversa durante la sua prima volta? Bhé, ditemi tutto.. vi prego :) E
Ate?
Stefy.
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Capitolo 33 *** Decisioni e tragedia ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Era
POV.
Decisioni
e distacco.
Scappo
dal capanno come una furia, toccandomi le labbra e andandomi letteralmente a
nascondermi nel salotto, che è diventata la mia stanza.
Non
appena chiudo la porta mi lascio andare, sedendomi di peso sul letto e
mettendomi la testa tra le ginocchia, sorreggendola con le
mani.
“Oddio,
ma che cosa ho fatto” penso, quasi in trance.
Ripenso
alla mia sfuriata ad Ate, alla mia lite furibonda con Taji e soprattutto penso a
ciò che ho fatto al mio guerriero poco fa.
Dio,
non mi credevo capace di un gesto del genere, è stato tutto così maledettamente
perfetto ed eccitante che mi ha lasciata senza fiato.
Possibile
che le cose migliori accadano in pochi attimi? Non c’ho nemmeno pensato prima di
farlo, e adesso non provo nemmeno un minimo di vergogna. Sarà perché ho fatto
provare del piacere all’uomo che amo da morire. Ma poi ripenso che lui
appartiene ad un'altra, che condivide il letto con un'altra e che sposerà
un'altra.. un senso di colpa mi attanaglia lo stomaco e tutta l’eccitazione che
provo scompare in un battito d’ali.
Sento
delle risatine provenire dal corridoio e capisco che Egle ed Asia si stanno
stuzzicando sereni, sono felice per loro ma mi sento così male che non riesco a
godere appieno della loro felicità. Sono diventata tutto quello di cui avevo
paura. Violenta, maleducata e spregiudicata, adultera e
cattiva.
Non
avrei mai voluto diventare così, chissà cosa pensa Ate di
me..
Ricordo
il suo viso sconvolto, le sue mani serrate, i suoi occhi
spalancati.
Forse,
se prima mi amava, adesso non mi ama più. O forse mi ama di più perché sono
uguale a Taji e alla sua volgarità.
-
Era? – Mi sento chiamare ad un tratto e, voltandomi, noto che la porta che
collega il salone con la cucina è spalancata. Dei capelli biondi splendono alla
luce. Non riesco a crederci, mi alzo di botto.
-
DROGO! – Corro verso di lui e lo abbraccio stretto, lui mi
solleva.
-
Grazie a dio sei viva! – Mi dice, accarezzandomi i capelli con una mano e
continuando a tenermi sollevata con l’altra. Ho gli occhi chiusi e inspiro il
suo profumo come se fosse aria pura. Sorrido come una bambina e non mi accorgo
che siamo indietreggiati fino alla cucina dove Ate, Taji e Frijof ci guardano
sconvolti. Egle ed Asia arrivano mano per meno un attimo
dopo.
In
un angolo vedo mio padre, Drogo capisce e mi lascia andare. Corro anche incontro
a lui che mi abbraccia stretta e mi bacia la fronte tre
volte.
-
Papà.. – Sussurro, estasiata dalla sua presenza. - Il mio cuore sta per
scoppiare, ero così spaventata.. – Ammetto piano, ma gli altri mi sentono lo
stesso e Taji sospira, annoiata e superficiale come sempre. Vorrei tanto fare un
secondo round ma adesso la cosa importante è stare con papà e
Drogo.
-
Bambina mia. – La voce di mio padre si spezza per l’emozione e, per la prima
volta da molto tempo, mi sento amata e accettata da qualcuno. Lo stringo forte,
dandogli piccole pacche sulla spalla possente, è così bello e
muscoloso.
-Drogo.
– Lo chiamo, staccandomi un po’ da papà. – Stai bene? – Chiedo, vedendolo
distratto, con lo sguardo spento e le braccia rigide. Lo vedo aggrottare le
sopracciglia, poi spalancare gli occhi e guardarmi con ira funesta. Un brivido
mi assale e capisco che sta usando il Dono su di me. "Come hai potuto?" Sento i
suoi pensieri per una attimo e poi più nulla. Possibile che si sia aperta una
lieve connessione tra le nostre menti? Percepisco il suo odio e il suo
sconcerto.
-
Tu hai.. dio santo Era! – Esce fuori dalla stanza sbraitando con voce carica di
rabbia e nervoso. Lo guardiamo tutti sconcertati e io lo seguo di corsa, Ate mi
segue con lo sguardo mentre esco dal retro e lo raggiungo al centro del prato
bagnato dalla pioggia. Piove a dirotto e Drogo sta fermo al centro, bagnandosi
come un pulcino e stringendo i pugni.
-
Perché?! – Mi chiede soltanto ed io non riesco a capire cos’abbia fatto per
farlo innervosire così tanto. – Come hai potuto? Lui ti ha abbandonata, ti ha
tradita, ti ha lasciata e tu glielo succhi nel capanno? – Raggelo e perdo il
fiato, un dolore al petto mi fa irrigidire tutti i muscoli del corpo e la
pioggia mi fa respirare male. "Mio Dio.. " Penso sotto shock.
Come
fa a saperlo? Drogo si gira verso di me e mi guarda negli occhi, furioso. Io
abbasso lo sguardo e lui si avvicina impulsivo, prendendomi il mento tra le
mani, tutt’altro che delicatamente. Sento la pressione delle sue dita su di
me.
-
Devi guardarmi negli occhi. – Mi sibila malvagiamente e io alzo lo sguardo
timorosa, ripensando al fatto che lui sa tutto e vergognandomi. Probabilmente ha
letto nei pensieri di Ate e ha capito tutto, vorrei tanto non averlo
fatto.
-
M-mi dispiace. – Sussurro, bugiarda. Per quanto so sia sbagliato non è affatto
vero che mi dispiace perché io lo amo, e lo amerò sempre.
-
Ti dispiace? Solo questo hai da dire? – Sbraita, ancora più
furioso.
-
Credevo ci fosse qualcosa tra di noi, maledizione! – Questa frase mi sconvolge e
indietreggio, costringendolo a lasciare la presa sul
mento.
-
Io.. non ti ho mai promesso niente. – Sussurro, consapevole della verità. E’
vero, ci eravamo affezionati e aiutati a vicenda, ma non avevo mai assunto
atteggiamenti romantici con lui, né ci avevo mai pensato.
-
Tu sei solo un ipocrita! Mi hai usato per arrivare fin qui e mi hai buttato via
come fossi spazzatura! – Vedo un lampo verde attraversargli gli occhi e ad un
tratto la pioggia aumenta, seguita da fulmini e tuoni. Ha scatenato una tempesta
col Dono, riesco a percepire la Natura insieme a lui. Il vento inizia a far
volare oggetti intorno a noi.
-
Che fai?! Calmati! – Urlo, per far sì che lui mi senta ma Drogo sembra in
trance, impassibile. La porta del retro si spalanca e tutti escono fuori
allarmati.
-
Che diavoleria è questa? – Urla Frijof, abbracciando Taji, lei si nasconde sulla
sua spalla, coprendosi dal vento. Egle e Asia fanno lo stesso, guardando verso
la tempesta. Mio padre corre verso di me e Ate rimane
immobile.
-
BASTA! – Urlo, mentre papà mi abbraccia stretta e stringe il braccio di Drogo
con forza, incitandolo a fermarsi. Drogo spalanca gli occhi e il ciclone che
aveva creato scompare, lasciando scompiglio intorno a noi.
-
Si può sapere che ti è preso? – Dice mio padre, con voce
alterata.
-
Non credo tu lo voglia sapere. – Drogo è acido, ha rabbia negli
occhi.
Io
mi volto verso Ate e lo guardo per un secondo, lui ricambia
enigmatico.
-
Hai messo in pericolo tutti. Che diamine ti salta in testa? – Si
pronuncia finalmente, avanzando con passo deciso e posizionandosi tra me e
Drogo. Reouven rimane immobile come un animale che protegge il proprio
cucciolo.
-
Tu non parlarmi. – Drogo sembra davvero un bambino capriccioso, incrocia le
braccia al petto e mi guarda in cagnesco, io arrossisco e sento il bisogno di
scappare via. Possibile che debba giustificarmi con lui?
Spero
solo che non apra bocca e non faccia succedere un putiferio, soprattutto non
davanti Taji e mio padre. Incrocio le dita mentalmente.
Ate
sia avvicina a Drogo con aria minacciosa, fronteggiandolo con lo sguardo, vedo
subito la sua mascella contrarsi e i suoi pugni
stringersi.
Vorrei
bloccarli e farli smettere prima che iniziano, c’è aria di violenza.. riesco a
percepirla. Drogo ha la stessa espressione di Ate.
-
Perché mai non dovrei parlarti? – Ate si pronuncia minaccioso, a qualche
centimetro di lontananza dal viso contratto di Drogo. Reouven continua a
stringermi ma è pronto a scattare in caso di scontro, vuole
difendermi.
-
Perché sei un bastardo! – Sbraita il biondo, ormai incapace di contenere i suoi
sentimenti d’astio, Ate stranamente non reagisce, vuole parlare ancora e non
capisco perché.
-
Hai messo in pericolo la vita di Era, l’hai portata qui e adesso hai scatenato
un temporale sulla sua testa.. e il bastardo sarei io? – Il guerriero parla con
calma, senza fretta e senza esitazione. Sa bene come colpire Drogo, che stringe
i pugni ancora più forte. La fisicità imponente di Ate sovrasta completamente
quella scarna del mio amico, facendomi impaurire. Drogo potrebbe farsi molto
male, anche se Drogo ha il Dono dalla sua e ha già dimostrato di saperlo usare
sapientemente.
Egle,
in presenza di violenza, potrebbe trasformarsi e Asia non vuole lasciarlo solo
quindi li sento rientrare in casa silenziosamente, Reouven mi lascia a
malincuore e li segue, timoroso di una possibile apparizione del Mutatio. Ora
sono sola, di fronte agli uomini più importanti della mia
vita.
-
E tu? L’hai costretta a rimanere con te e a sopportare la visione di te e quella
donnaccia insieme, l’hai abbandonata quando ne aveva più bisogno e ora la
seduci quando più ne hai voglia costringendola a fare cose indegne! – Drogo
sbraita con tutta la voce che ha in corpo mentre io spalanco gli occhi,
possibile che Taji abbia ascoltato e capito qualcosa? La vedo aggrottare la
fronte e muoversi piano.
-
Cosa? Di quali cose sta parlando, Ate? – Taji si avvicina a passo deciso,
ancheggiando e portandosi dietro il fratellastro come un cagnolino da compagnia.
Ate la allontana con un gesto brusco della mano.
-
Allontanati Taji, ne parleremo a momento adatto. – La liquida e Frijof la porta
via, nonostante le sue urla di protesta, io rimango
immobile.
-
Basta ragazzi, per favore. Ate vai via, te ne prego. Lasciaci soli. – Sussurro,
incredibilmente imbarazzata e spaventata, voglio a tutti i costi evitare un
litigio, non voglio che venga creata violenza a causa mia.
-
IO LA AMO, MALEDIZIONE! – Stavolta sbotta Drogo, liberando un urlo in aria e
svuotandosi il petto da quel sentimento che percepivo da qualche tempo a
questa parte. Rimango allibita ugualmente, pensavo che mi volesse bene.. non
addirittura che mi amasse.
-
Anche io la amo. – Dice Ate con molta più calma nella
voce.
Drogo
non ci pensa due volte e gli sferra un pugno in pieno volto, Ate cade per terra,
impreparato e si rialza dopo un paio di secondi colpendo Drogo a sua volta. Io
urlo e chiamo mio padre, ma al suo posto esce Egle esibendo un ascia di ferro e
correndo furioso verso di noi, ha le pupille rosso fuoco.
-
ATTENTI! – Sento Asia urlare e mi volto ed evito un fendente da parte di Egle,
tutto succede velocemente, vedo il viso insanguinato della mia amica avvertirci
del pericolo e poi vedo Drogo cadere a terra ed Egle correre via come impazzito,
con ancora l’ascia in mano. Ate è in piedi accanto a me.
-
NOOO! –Urlo gettandomi accanto a Drogo, sofferente, per
terra.
Egle
l’ha colpito tra la spalla e il collo, con il chiaro intento di ucciderlo e
Drogo sta chiudendo gli occhi. Reouven si precipita e, aiutato da
Ate, prende Drogo in braccio e lo porta dentro casa. Io li seguo
correndo, sconvolta ed entro in casa tempestando mio padre di
domande.
-
Come sta? E’ vivo? Sta bene? Drogo, mi senti? Ti voglio bene! Apri gli occhi,
ok? Resta con me! Mi senti? Ci sono io con te, ti voglio bene.. sei
importante per me, mi senti? TI AMO! – Mio padre lo sdraia sul tavolo in
legno e poi fa segno ad Ate di uscire e portarmi con sé mentre Taji prepara
delle bende inzuppate per curare il graffio in faccia di
Asia.
Ate
mi afferra da un braccio e mi trascina mentre io mi
dimeno.
-
No! Drogo! LASCIAMI, DEVO STARE CON LUI! Drogo! Tesoro!– urlo ma lui mi carica
sulle spalle e mi porta in camera da letto, chiudendo la porta a chiave e
trattenendomi abbracciata a lui. Io piango come una
bambina.
Che ne pensate? lungo
e intricato? vi sembra verosimile? drogo? egle? ate? ditemi tuttoooo
:)
|
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Capitolo 34 *** In partenza ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Ate
POV
In
partenza.
Entro
in camera mia e di Taji e la sento soffocare. Era piange così forte che non
riesce a respirare bene, sento le vene della testa scoppiarmi di dolore. Ripenso
al litigio, a mio fratello, all’ascia, al suo “ti amo”.
-
Calmati, andrà tutto bene, calmati. – Le sussurro, visibilmente sconvolto e
preoccupato, facendola sedere sul letto, accanto a me. – Starà bene, mi
dispiace.. calmati. – Le dico, accarezzandole i capelli ma lei non accenna a
calmarsi, singhiozzando e tremando come una foglia. Mi stringe i pantaloni
all’altezza delle ginocchia per trovare conforto ed io la abbraccio ancora più
stretta. Continuo ad abbracciarla, accarezzandole i capelli e aiutandola a
calmarsi. Continuo a ripensare alle sue urla in cucina.
“Ci
sono io con te, ti voglio bene.. sei importante per me, mi senti? TI
AMO! “ Rabbrividisco
e grugnisco geloso, ma non mi scosto da lei.
Ha
bisogno di me ora più che mai e, se pur ama un altro uomo, io amo lei quindi le
starò accanto per tutto il tempo che mi permetterà.
-
Morirà? – Mi chiede con la voce più tenera dell’universo. – Ti prego, dimmi che
non morirà. – Sussurra poi, distrutta immensamente.
-
No, Reouven è un ottimo medico, lo curerà a dovere. – Dico nell’incertezza, la
ferita di Drogo era davvero terribile a prima vista. -
Ma adesso devi calmarti ok? – Le dico con voce calma e
pacata.
Lei
sospira e si stringe a me, in cerca di sicurezze, io non posso fare altro che
abbracciarla e approfittare egoisticamente di questo momento per inspirare il
suo profumo e bearmi della morbidezza della sua pelle.
-
Egle. – Mormora ed io so già cosa sta per chiedermi.
-
Non posso lasciarti qui e andare a cercarlo, verrà da solo, quando sarà tornato
in sé. – Le comunico, sincero. E’ pericoloso per Egle là fuori e probabilmente
potrebbe rischiare grosso ma Era ha la priorità su tutto, al momento. E’ troppo
vulnerabile, distrutta, annientata e il mio posto è qui con lei.
-
Potresti chiedere a Frijof di andarlo a cercare. E’ compatto e muscoloso, molto
più di Egle, quindi non correrebbe molti pericoli in caso di uno scontro. – Mi
suggerisce ed io scuoto subito la testa, scompigliandomi i capelli e facendo
segno di no.
-
Frijof non si assumerebbe mai un rischio del genere. Lui odia me e la mia
famiglia, non vedi come mi guarda? – Le chiedo, provando a farla distrarre e
parlare un po’. Lei sembra abboccare al trabocchetto.
-
Come mai? Cosa gli hai fatto? – Mi chiede, curiosa, alzando gli occhi verso di
me e fissandomi con sguardo da cucciolo impaurito. Vorrei baciarla più di ogni
altra cosa al mondo ma so di non poterlo fare.
-
Credo.. – Mi zittisco, non so come spiegarlo in modo semplice. – Ho notato delle
premure un po’ troppo intime verso Taji. – Sussurro, tutt’altro che geloso della
mia promessa. A dire il vero, prego tutte le sere per far sì che Frijof ammetta
di amarla e la porti via con sé, liberandomi per sempre.
-
Ma che dici! E’ suo fratello! – Dice Era sorpresa e sbigottita.
Sorrido.
-
Fratellastro. – La correggo subito. – Non hanno legami di sangue.
–
Le
scosto i capelli dal viso e lei rabbrividisce, zittendosi.
-
Non mi resta altro che trovare delle prove, smascherarla e lasciarla al suo
destino. Così sarò libero da quest’impiccio. Ma devo farlo prima della cerimonia
o non potrò più lasciarla, per legge. – Le comunico, desideroso di sapere un suo
parere. Vorrei tanto che lei esultasse felice, mi abbracciasse e mi promettesse
amore eterno ma non lo fa, si limita a tirare su col naso e a singhiozzare
lievemente. Pensa ancora a Drogo e questo mi stringe il cuore, se fosse successo
a me come avrebbe reagito?
-
Comunque ho deciso di partire. – Le comunico, liberandomi finalmente del peso
che mi porto dentro da quando è arrivata qui. Deve sapere, devo salutarla prima
di partire, dato che non ho la certezza di rivederla mai più. Lei si
irrigidisce, alzandosi subito dal letto e fronteggiandomi.
Mi
alzo anche io e mi metto di fronte a lei, la guardo intensamente e poi comincio
a camminare per la stanza, aspettando una sua reazione.
Osservo
le mura spoglie, il capezzale con una scena di caccia dipinta sopra, il
pavimento in legno e l’armadio bianco. Provo a distrarmi ma il mio cuore non
smette di palpitare alla velocità della luce.
-
Dove vai? – Si decide finalmente a parlare, rompendo il silenzio nella stanza,
la sua voce mi sembra ancora più debole e tenera di prima.
Non
so se voglio dirle tutti i rischi che correrò ma lei mi guarda insistentemente e
decido che merita di sapere tutta la verità, stavolta.
-
Avanzerò fino ad arrivare al grande vulcano. – Introduco il mio viaggio
con voce tranquilla ma lei si allarma subito.
-
Il Vulcano della Morte? Perché? – Esclama, evidentemente
preoccupata.
-
Dicono che sulle sponde del Fiume di Lava abiti il più potente guaritore oscuro
di Malvagia. Devo tentare, devo
trovare una cura per Egle e devo farlo in fretta. Hai visto anche tu di cosa sta
diventando capace, è un pericolo per gli altri e per lui stesso. Devo salvarlo.
– Il mio discorso non fa una grinza finché lei non mi
interrompe.
-
Non puoi. Nessuno è mai tornato vivo dal Vulcano della Morte! Le leggende
narrano che quel luogo sia abitato dalla morte e da lei soltanto. Come puoi solo
pensare di poter affrontare questo viaggio da solo? Ti ci vorrà almeno un mese
di cammino, se possiedi un cavallo! Altrimenti potresti anche metterci due mesi,
o anche tre! E poi so con certezza che praticare la magia oscura è vietato anche
nelle tue Terre, potresti finire nei guai, ammesso che tu sopravviva. – Dice
lei, rivelandomi le paure che già ho e conosco bene. So cosa mi aspetta, so
quali sono i rischi, le fatiche e le leggende su quel luogo ma lo devo a mio
fratello.
-
Devo farlo, mi è sembrato giusto dirtelo. Partirò domattina.
–
Era
comincia a piangere, senza però smettere di guardarmi negli occhi e questo rende
tutto ancora più pietoso e difficile da affrontare.
Non
posso andare a morire se lei mi guarda in questo modo.
-
Ti prego. – Mi dice, avvicinandosi lentamente, quasi strascicando.
-
Ti prego. – Si appende alle mie spalle e mi guarda
terrorizzata.
Non
so cosa fare, né cosa dire. Sono totalmente paralizzato dal dolore e dalla paura
di perderla, le mia braccia si spostano quasi automaticamente ai lati delle sue
spalle e la stringono a me.
-
Devo andare. – Le dico, dolorosamente. E lei piange
ancora.
-
Allora io verrò con te. – Singhiozza sconvolta ed io la guardo severo,
allontanandola. Lei mi fissa spaventata e insicura, con il dolore negli occhi ed
io non riesco a rimproverarla come vorrei.
-
Non esiste. Come puoi solo pensare una cosa del genere? – Le dico, guardandola
negli occhi e non ammettendo repliche di nessun genere.
-
Io vengo con te, voglio farlo. – Mi dice, dichiarandomi in quelle parole tutto
l’amore che ancora prova per me. Sento il mio cuore tremare forte e le mia
labbra bramare le sue, inutilmente. Sono irremovibile.
-
Ti prego, non rendere tutto ancora più difficile di come è in realtà.
–
Le
dico, senza sapere ancora dove voglio finire a parare, lei mi guarda
interrogativa e io, pur sapendo quant’è sbagliato, metto in mezzo il suo
fidanzato in fin di vita.
-
Tu appartieni a Drogo, il tuo posto è con lui. – Dicendo per la prima volta
quelle parole mi rendo conto di quanto siano brutali e di quanto mi facciano
male. Lei era sempre stata mia fino ad allora e adesso mi toccava ammettere che
non solo l’avevo persa, ma che lei stava insieme ad un altro uomo, colpito
probabilmente a morte da mio fratello.
-
Io.. – Sta per parlare ma poi si blocca, quasi trattenendo le parole con
violenza. Capisco dai suoi occhi che c’è qualcosa che vuole dirmi, qualcosa di
importante.. ma non lo fa.
-
Non capisco cosa mi sia preso, scusami. Hai ragione, il mio posto è qui con
Drogo. – Dice questa frase incerta, quasi balbuziente. – Farai meglio a
preparare le tue cose, io vado a vedere come sta. – Mi guarda per l’ultima volta
negli occhi, con una decisione e una furbizia che per poco riesco a cogliere e
poi si volta ed esce dalla stanza, lasciandomi solo e
pensieroso.
Ad
un tratto ricordo che prima di partire ho dei doveri da sbrigare, quindi avverto
Taji ed esco di casa, diretto a casa delle mie sorelle. Il tempo fuori è messo
bene, intravedo i raggi del sole tra gli alberi quindi decido di incamminarmi
subito, per non arrivare con la notte. Cavalco per una ora e
raggiungo il villaggio dove le vivono le mie sorelle.
Nasir
è una bravissima cacciatrice, una donna forte che più di una volta ha badato e
protetto Egle da sé stesso. Alais è una guaritrice formidabile, conosce dei
piccoli incantesimi e una quantità infinita di erbe medicinali che probabilmente
aiuteranno Reouven a curare la ferita mortale di Drogo. Devo implorarle di
aiutarmi, ancora una volta.
-
Fratellone! – Sento la voce di Alais e mi volto, come al solito mi ha visto
arrivare dal vialetto ed è uscita felice per venirmi a
salutare.
Mi
salta in braccio dolcemente e mi stringe forte.
-
Sono mesi che non ti vedo, stai bene? – Mi domanda, mentre io le bacio la
guancia con adorazione. Adoro le mie sorelle, sono la mia
famiglia.
Noto
che Alais adesso sembra davvero una donna matura.
Le
ciocche castane di capelli le ricadono lungo le spalle, fino a metà schiena,
sono mosse e setose. I suoi capelli fanno un buon profumo, o forse è la sua
pelle olivastra e vellutata, liscia come quella di un bambino e morbida come
quella di una bellissima giovane donna.
-
Sto bene, tu come stai? – Le chiedo apprensivo, mentre continuo ad osservarla.
Il suo abbigliamento in pelle è sobrio come al solito e le sue labbra a forma di
cuore sembrano ancora più rosee del normale.
Mi
fermo a guardare le bellissime lentiggini che le ricoprono il viso e mi
imbambolo a fissarle gli occhi turchesi. E’ stupenda.
-
Tutto bene. Sei qui per vedere Nasir? – Mi domanda,
rabbuiandosi.
-
E come sta Egle? – Chiede ancora, e la sua voce diventa un sussurro indistinto.
Ho imparato a capire che quel tono di voce è sintomo di tristezza assoluta. –
Egle è ancora alle prese col Mutatio. – Non riesco a mentirle e lei mi sorride
amareggiata, quasi a volermi rassicurare.
-
Stavolta ho bisogno anche di te, sorellina. – Le dico e i suoi occhi si
illuminano di una luce nuova, sconosciuta, che assomiglia alla
felicità.
-
Non vedo l’ora di rendermi utile, lo sai. – Dice, gettandomi di nuovo le braccia
al collo e ringraziandomi in silenzio.
–
Vieni, entra in casa e spiegaci tutto. Nasir è dentro che cucina come al solito.
– Mi invita ed io mi avvio verso la casupola a passo deciso, mentre lei
fischietta spensierata dietro di me.
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Capitolo 35 *** Non ti lascerò solo. ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
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La Terra Dei Due Opposti. Generi: Avventura, Erotico,
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Lemon
Era
POV.
Non
ti lascerò solo.
Avanzo
fino alle scuderie con passo deciso, Drogo sta male e ha bisogno di un miracolo
per sopravvivere. Reouven non sa bene come farà a curarlo ma sono convinta che
riuscirà a concludere qualcosa e poi adesso c’è Alais. Ho chiesto di poter fare
il tributo al dannato, ma Frijof mi ha risposto che quella magia funziona solo
con i guerrieri della morte quindi ho preso una decisione. Che senso ha rimanere
qui, ad aspettare un miracolo, quando invece di perdere solo Drogo probabilmente
perderò anche Ate? Per Drogo non posso fare nulla ma Ate ha bisogno di me e
della mia magia per il suo viaggio, e anche se lui non vuole ammetterlo io lo so
per certo.
Monto
sul cavallo e seguo le orme di quello di Ate, partito circa un ora prima di me.
Non ho detto nulla a nessuno, eccetto che ad Asia.
-
Non puoi! E’ troppo rischioso. – Mi aveva detto lei, scandalizzata e sconvolta
ma io avevo subito contrattaccato.
-
Il mio posto è con lui, ricordi? Io sono la sua poésia, sono sua. – Le avevo
detto, spiegandole quanto lo amassi e quanto fossi disposta a perdere per lui.
Le avevo anche raccontato di Taji e Frijof, e di ciò che avevo
scoperto.
-
Sta tranquilla, farò di tutto per smascherarli mentre sarete via. – Mi aveva
promesso senza bisogno che io glielo chiedessi. L’avevo baciata sulla fronte e
poi ero andata in cucina dove Alais e mio padre stavano curando Drogo, li avevo
salutati col pensiero ed ero uscita di casa, decisa e
sicura.
Adesso
è l’alba, non sono sprovveduta, ho indossato degli scandalosi abiti di pelle che
ho rubato dal guardaroba di Taji, ho dipinto i miei capelli con l’inchiostro
nero e ho truccato il mio viso. Devo solo ricordarmi di non avvicinarmi troppo a
qualcuno, in modo da non far notare i miei occhi color oceano. Il cavallo che ho
preso in prestito dalle scuderie di Taji è un gran bell’esemplare, alto e fiero,
dalla lunga criniera e dal manto nero.
Nel
box dove dormiva c’era inciso un nome che mi ha subito
colpito.
Adelasia
che, nelle antiche lingue umane, vuol dire nobile.
-
Da brava, Adelasia, continua a seguire le orme del tuo compagno. – Sussurro al
suo orecchio, trottando lentamente e avanzando per il bosco di biancospino. Il profumo è lieve e mi mantiene
allegra, mentre ansiosa penso al momento in cui incontrerò Ate e alla reazione
esagerata che avrà.
Il
viaggio a cavallo dura sereno per almeno tre ore, poi però sento il bisogno di
fermarmi per riposarmi qualche minuto.
-
Solo qualche minuto. – Sussurro più a me stessa che ad
Adelasia.
La
puledra mi guarda quasi comprensiva ed io le accarezzo il muso, rivedendo nella
mia mente, per un attimo, gli occhi sperduti del cavallo che avevo trucidato per
salvare la vita ad Ate. I brutti ricordi riaffiorano alla mente e rabbrividisco,
spaventata e incredibilmente triste.
Adelasia
si mette accanto a me ed io mi appoggio ad un albero, sedendomi per terra e
bevendo qualche goccia d’acqua che ho portato in abbondanza in una borraccia. Mi
rilasso per circa cinque minuti, poi decido di riprendere a viaggiare, voglio
ritrovare Ate il prima possibile, non mi sento sicura a camminare da sola e
l’idea di seguirlo, per quanto coraggiosa, adesso si sta rivelando stupida e
paurosa.
Rimonto
a cavallo e comincio a correre come una furia, stando sempre attenta alle orme e
a dove portano. Mi guardo intorno paranoica e ricordo di quando, da piccola, mia
madre mi aveva insegnato a riconoscere le impronte d’animali e a seguirle.
Sapevo riconoscere quelle dei cavalli, dei conigli, dei
cani..
-
Se mai ti perderai, saprai ritrovare la via. Gli animali non vanno dove c’è il
pericolo. – Mi aveva detto, dopo avermi insegnato tutta quella
roba.
Noto
gli zoccoli del cavallo di Ate impressi nella terra e faccio segno ad Adelasia
di seguirli, guidandola con le briglie e i colpetti di tallone sui fianchi. Il
bosco inizia a scurirsi e le prime folate di vento gelido mi colpiscono
facendomi tremare di freddo, il viaggio si rivela ancora più scomodo e difficile
di quanto non avessi immaginato.
Ad
un tratto però, dopo una giornata di cammino, finalmente intravedo una luce
fioca in mezzo al bosco. Rallento improvvisamente e scendo da cavallo, ordinando
alla cavalla di star ferma e aspettarmi.
Cammino
piano, inoltrandomi tra le querce e i cespugli spinosi, fino a che la fiammella
non si rivela un vero e proprio fuoco.
Sul
rogo, infilzato su un bastone, c’è un animaletto che cuoce. All’apparenza sembra
coniglio e il mio stomaco inizia a brontolare, non vedo nessuno e ho paura che
non sia opera di Ate, che mi sia imbattuta in qualche altro guerriero pronto a
smascherarmi e uccidermi.
Sto
per allontanarmi, ma quando mi volto un ramo mi colpisce in faccia facendomi
urlare e accasciare per terra, spaventata.
-
Chi sei? – Sbraita una voce maschile che non riesco a
riconoscere.
-
Identificati, ladruncolo! – La voce, incredibilmente, sembra quasi appartenente
ad un ragazzino come me, e non ad un uomo.
Sono
pietrificata dalla paura e vorrei tanto che Ate comparisse per salvarmi, poi
però spero che non corra rischi e rimangio quel desiderio.
-
Sono Era, della casata Zahrah. Perdonatemi, non stavo rubando, ero solo alla
ricerca di un po’ di calore. – Mento spudoratamente e ripetutamente, alzandomi
poco alla volta, per timore d’essere colpita ancora.
La
guancia brucia sul punto in cui sono stata colpita e voglio
piangere.
Ad
un tratto mi sento afferrare per il colletto del top e vengo portata davanti al
rogo, istintivamente chiudo gli occhi per non farmi
scoprire.
-
Siete una donna. – Dice quasi sorpreso, ma io non apro gli
occhi.
-
Guardatemi. – Continua ed io entro in panico, ma lui non accenna a mollare la
presa. Vorrei assestargli un calcio e scappare, ma so di non essere abbastanza
forte. Non tocco cibo da dodici ore e sono in viaggio da un giorno intero, non
riesco a muovere un muscolo.
-
Non posso. – Improvviso, ad un tratto. – Sono cieca. – Dico e lui sembra
credermi, vorrei socchiudere gli occhi e vedere chi ho davanti ma me lo
impedisco. Sento il ragazzo avvicinarsi a me e mollare la
presa.
-
Ditemi la verità. Cosa volevate qui? Cibo, denaro? – Mi chiede con voce severa,
leggermente impietosita dalla mia rivelazione.
-
Dico davvero, cercavo qualcosa con cui riscaldarmi, ho sentito lo scoppiettio
della legna e mi sono avvicinata. Perdonatemi, vado via subito.- Dico in un soffio, sperando che mi lasci
andare.
-
Non dite sciocchezze, è una notte fredda, voi siete senza cavalcatura né occhi.
Non potete viaggiare adesso. Sarete mia ospite per la notte.
–
Mi
dice, gentilmente, ed io invece di essergli grata vorrei andare via il prima
possibile, ogni minuto che passa Ate è più lontano e la mia morte più vicina.
Non riuscirò a fingere a lungo, questo ragazzo finirà per scoprirmi e per le
nostre Terre sarà la fine. E anche per noi.
-
V-vi ringrazio. – Rispondo furbescamente, sapendo di non poterlo dissuadere
dalla scelta. “Fuggirò in piena notte, quando lui dormirà” mi riprometto,
facendomi scortare dentro la tenda. E’ difficile continuare a tenere gli occhi
chiusi, ma sto quasi per farci l’abitudine.
-
Tenete questo, riposatevi. – Dice, porgendomi un tessuto ruvido e pesante con
cui posso coprirmi. Credo sia un telo di iuta grezza.
-
Perché vi state prendendo cura di me? – Domando, ormai esausta, sdraiandomi sul
giaciglio di paglia dove mi ha fatta sedere.
-
Perché siete una donna, siete cieca e in pericolo e io vi ho colpita. – Dice
tutto velocemente ma chiaramente. Poi smette di parlare per qualche secondo e
quando sto quasi per addormentarmi aggiunge:
-
E perché siete bellissima. – Ma non riesco a capire se sia un sogno o la realtà
perché un minuto dopo sto già dormendo, dimenticandomi del mio piano, di
Adelasia, del Vulcano e di Ate.
Quando
mi risveglio i raggi del sole solleticano il mio viso, quasi costringendomi ad
aprire gli occhi. Li socchiudo, ho appena il tempo di vedere il ragazzo davanti
a me girato di spalle e poi ricordo di essere cieca ai suoi occhi, quindi li
richiudo immediatamente, sentendoli bruciare a causa della luce. Il ricordo
delle sue spalle muscolose mi accompagna per tutta la mattinata, in cui fingo di
dormire per non destare ulteriori sospetti. Mi sento terribilmente in colpa per
essermi addormentata pesantemente e aver perduto l’opportunità di fuggire e
raggiungere il mio amore. Dopo il mezzogiorno, in cui il sole è alto nel cielo,
mi decido a far finta d’essermi svegliata. Mi stiracchio e faccio un po’ di
rumore in modo che il ragazzo entri nella tenda e mi
assista.
-
Ben svegliata. – La sua voce dolce e al contempo matura mi fa rinsavire, non
pensavo fosse già nella tenda. Probabilmente mi stava osservando, lo sento
vicino, più di quanto vorrei. Sono spaventata, e se l’inchiostro fosse andato
via e i miei riccioli biondi fossero visibili?
Rabbrividisco.
-
Sentite freddo? – Mi chiede, sistemandomi il panno di iuta sulle braccia.
Sospiro,
cercando di racimolare tutto il coraggio che ho, e
sorrido.
-
Sto bene, vi ringrazio. Credo sia il momento per me di ripartire. – Dico, ad un
tratto, ormai stanca di recitare. Avevo mangiato e riposato, adesso dovevo
proprio andare o avrei rischiato di perdere le tracce di
Ate.
-
Non mi avete ancora detto dove siete diretta, cosa state cercando. – Ancora una
volta cambia argomento, impedendomi la fuga. Io decido di rispondergli, in fin
dei conti è stato gentile con me e non mi ha fatto del male. La consapevolezza
che un vagabondo, guerriero del male, sia stato così gentile con me mi fa
pensare che questa terra, in fin dei conti, non è così male. Anzi, probabilmente
è pure meglio della mia.
-
Sto andando verso il Vulcano della Morte. L’uomo che amo mi aspetta
lì.-
Dico
la verità, questa volta, e lo sento più lontano. Ho la vaga sensazione che
questa notizia lo abbia sconvolto o quantomeno
infastidito.
-
Quello è un luogo di morte. Cosa spinge il vostro amato ad andare? E cosa spinge
voi, giovane donna, a seguirlo alla cieca? – Mi chiede ed io riesco solo a
sussurrare una parola che ha mille significati.
-
Amore. – Dico, quasi chiamando Ate con la mente. – Non è forse a questo che si
riduce tutto? L’amore per un fratello, per una donna o per un padre. L’amore è
la chiave di tutti i viaggi, di tutti i motivi ed i pericoli. – Mi spiego meglio
ma lui non risponde per un bel po’.
-
Io non capisco questa cosa
dell’amore. Questo viaggio secondo me è dettato solo dalla follia. Solo due
folli potrebbero cercare la morte, avanzando fino al Vulcano. Verrete
inghiottiti dalle potenti ali del Falciatore ancora prima di riuscire a vedere
la lava asciugata. – le sue parole assomigliano più a un presagio che a una
supposizione.
-
Devo andare comunque. Vi ringrazio veramente di ciò che avete fatto per me in
questi due giorni, siete stato gentilissimo. – Ringrazio cordialmente, sempre
stando attenta a non aprire gli occhi. – Come vi chiamate? – Chiedo poi,
curiosa.
-
Mikel. – Mi risponde quasi subito. – Mikel Leheren. – Aggiunge poi, lasciandomi
pensare a quanto stranamente mi dispiaccia andarmene.
-
Bene, Mikel. Aiutatemi ad alzarmi, ve ne prego. – Sussurro e lui non se lo fa
ripetere due volte. Il telo di iuta mi cade dalle cosce, scoprendomi e facendomi
sentire molto freddo.
-
Vi prego, tenetelo con voi. Fa molto freddo fuori. – Mi dice, mettendomi tra le
mani la coperta e aiutandomi ad uscire dalla tenda.
I
raggi del sole, appena accennati, mi illuminano le palpebre
chiuse.
-
Da che parte dovete andare? – Mi chiede, senza trattenermi
oltre.
-
Da dove sono arrivata. – Il vento mi fa rabbrividire e indurire i muscoli
stanchi. Metto la coperta di iuta attorno alle spalle e mi lascio toccare le
braccia. Mikel mi gira verso quello che distinguo come sud e mi
lascia.
-
Grazie ancora. – Dico, facendo qualche passo in avanti e socchiudendo piano gli
occhi. Una volta accertata di essere sola, mi volto indietro e vedo
l’accampamento sparire davanti ai miei occhi stanchi e
brucianti.
Incredibilmente,
contro ogni mia paura, Adelasia è ancora ferma nel posto in cui l’ho lasciata.
Sta mangiando qualche filo d’erba ed è riposata.
-
Mi hai aspettata! – Esclamo, ripensando al gentile guerriero che mi ha accolta.
– Brava, cavalla! – Dico poi, accarezzandomi la guancia gonfia, l’unico segno
che mi è rimasto di quest’esperienza. – Pronta a ripartire? – Chiedo, salendo in
groppa. Lei nitrisce con potenza, quasi felice e ripartiamo alla ricerca di un
guerriero sperduto.
Veloce, velocissima
:) Questa storia sta appassionando me tanto quanto voi. Che ne pensate del
viaggio di Era? Di Mikel? Ditemi tutto.
Stefy.
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Capitolo 36 *** Cercando te. ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Era
POV.
Cercando
te.
Dopo
due giorni di cavalcata non riesco più a continuare, ho dormito circa tre o
quattro ore in questi giorni e sento di poter svenire da un momento all’altro.
Ho finito tutte le provviste che mi ero portata e Adelasia è molto più stanca di
quanto dia a vedere, sento i muscoli del suo corpo tremare dalla fatica ma so di
non potermi fermare. Un temporale è in arrivo e se mi fermo adesso perderò
definitivamente le tracce di Ate.
-
Avanti, piccola. – Sussurro avvicinandomi all’orecchio destro. – Manca poco, un
ultimo sforzo. – Le dico totalmente insicura di ciò che prometto. Non so dove
sia Ate, non so perché non riesco a raggiungerlo e non so se lo raggiungerò
presto. So solo che devo farlo prima che inizi a piovere.
Adelasia
nitrisce e parte al galoppo, cercando di sfruttare al massimo le ultime energie
che le sono rimaste. Io mi acquatto su di lei, provando almeno a rilassarmi un
po’, senza risultato. I miei muscoli sono tesi e fanno un male disumano, i miei
occhi bruciano ma sono ancora vigili.
Le
mie mani sono segnate da lunghe strisce rosse e dolorose, provocate dalle
briglie, ho il torcicollo e il taglio nella guancia è decisamente aperto e
dolorante.
-
Chi va là? – Una voce mi fa sobbalzare e istintivamente mi giro verso destra,
pronta a correre veloce e sfuggire al nemico. Adelasia si
blocca.
-
Era? – Noto che l’uomo davanti a me è Egle, sporco e mal combinato, ma è
decisamente lui. Mi fermo a guardarlo e per un attimo ho l’istinto di scendere
da cavallo velocemente e prenderlo a calci per Drogo. Poi voglio
abbracciarlo.
-
Egle! Che ci fai qui? – Chiedo sconvolta. – Non sei ancora tornato a casa?-
Domando ancora, in fondo so di volergli fin troppo bene.
-
No. Non tornerò finché il Mutatio non mi avrà abbandonato. – Mi comunica,
rimanendo fermo e ben distante da me. Sa che ho paura.
-
Devi tornare a casa invece! – Sbraito, se non torna a casa Ate non potrà
curarlo, una volta tornato e questo viaggio sarà inutile.
Gli
spiego tutto ciò che mi passa per la mente e lui urla e poi
piange.
-
Ma cosa gli viene in mente? Morirà! Morirà a causa mia! – Dice piangendo ed io
scendo da cavallo e lo abbraccio più stretto che posso.
-
Non morirà, Egle. – Sussurro. – Sto andando da lui per aiutarlo, torneremo sani
e salvi, con una cura, ma tu adesso devi andare a casa. Asia sarà distrutta e
Nasir ti starà cercando ovunque. Non farai del male a nessuno, ti terranno sotto
controllo, sta tranquillo. – Dico continuando a tenerlo stretto. Ad un tratto
sento delle gocce cadermi sulle braccia, sta iniziando a
piovere.
-
Oh no. – Bisbiglio. – No, no, non ci siamo! – Urlo poi, staccandomi da
lui.
-
Devo andare, o perderò le tracce di Ate! Promettimi che tornerai a casa,
promettimelo! – Dico a voce alta, salendo su Adelasia e
aspettando.
-
Te lo prometto, non far morire mio fratello e torna sana e salva! – Dice, ma io
non ho nemmeno il tempo di rispondergli, Adelasia è già partita al galoppo più
veloce e decisa di prima. I minuti di riposo l’hanno fatta rifocillare, ha
mangiato qualche filo d’erba ed è pronta a trovare il mio amore prima che le
tracce vengano cancellate.
Corre
così veloce che non ho nemmeno il tempo di guardarmi intorno o schivare gli
alberi, quindi mi appiattisco sul suo manto bagnato e aspetto di trovare Ate
davanti a me.
-
ATE! – Urlo ad un tratto, chiamandolo e sperando che risponda qualcuno intorno a
me. – Ate! – Lo chiamo un po’ più piano ma non sento
nulla.
Adelasia
continua a correre senza fermarsi quando ad un tratto sento qualcosa. Presto
attenzione ad ogni singolo suono proveniente dal bosco.
Un
urlo si libera tra gli alberi e mi arriva alle orecchie come un suono lontano
kilometri. Tiro forte le briglie e Adelasia frena di
colpo.
-
ATE! SEI TU? – Grido con tutto il fiato che ho in corpo ma non sento più nulla,
allora mi blocco e chiudo gli occhi. Tiro un lungo respiro e mi appello alle
forze della Natura. Mi hanno aiutato a trovarlo già una volta e senza di loro so
di non potercela fare, la pioggia è incessante e il terreno è ormai fango, senza
alcun tipo di traccia o impronta da seguire.
E’
vicino. E’ molto vicino a te.
Finalmente
la voce profumata appare nella mia mente, facendomi rincuorare. Ma ho bisogno di
qualche altro dettaglio per trovarlo.
Avanza
di cento passi, poi gira a destra e cerca la grotta nera. Lui è
lì.
Ringrazio
mentalmente chiunque mi abbia aiutata e parto all’avanscoperta. Adelasia cammina
lentamente per cento passi, sotto mio ordine e poi gira a destra. I miei occhi
stanno per chiudersi ma mi impongo di essere vigile e forte anche per qualche
minuto. Poi troverò Ate e potrò riposarmi e bearmi del calore delle sue braccia
attorno a me.
Ad
un tratto noto una strana roccia grigio-nera apparire davanti ai miei occhi
e farsi sempre più luminosa e brillante. Sembra fatta di tanti piccoli diamanti.
Mi domando cosa sia e a cosa serva.
Lava
cristallizzata, utile per l’assorbimento di calore.
La
voce in testa non tarda a rispondermi e sorrido, correndo veloce verso la
caverna luccicante. Adelasia si ferma poco prima dello squarcio che è aperto
sulla liscia parete nera. Scendo e le ordino di rimanere lì,
ferma.
-
Ate? – Sussurro piano, entrando all’interno della roccia.
Il
terreno è incredibilmente soffice per qualche metro, coperto da
muschio.
L’interno
della caverna è buio come la pece ma riesco a distinguere il muschio e subito
dopo la dura pietra sotto i miei piedi coperti da sandali quasi
inesistenti.
Mi
muovo con cautela, col timore di incontrare qualcosa di
pericoloso.
-
Ate? – Domando ancora, rivolgendomi al nulla. Il buio è totale e spaventoso,
vorrei scappare via e tornare a casa mia, nella mia Terra ma decido di rimanere
nonostante il mio corpo tremi e sia infinitamente stanco. Socchiudo gli occhi
per vederci meglio ma non cambia nulla.
-
Ate? – Il mio è ormai un sussurro, dettato dalla grande
paura.
Avanzo
ancora di qualche passo e mi volto indietro, sentendo uno scricchiolio, mi
accorgo di essermi allontanata molto dall’entrata che non riesco più a
scorgere.
-
Chi è? – La voce roca di Ate mi fa sobbalzare, una leggera luce proveniente da
una torcia artigianale mi mostra il suo fisico in
lontananza.
-
Oh, grazie a cielo! – Urlo di sollievo, correndogli
incontro.
Quando
mi getto tra le sue braccia lui inspira forte il mio profumo e lascia cadere la
torcia a terra, che però continua a far luce.
-
Sei forse impazzita? –Mi dice, stringendomi forte e apprensivamente. Per un attimo ho la forte paura che sia
arrabbiato con me e non mi voglia. Ho paura che mi dica di tornare a casa o mi
abbandoni lì, una lacrima scende.
-
Oh amore mio! – Sussurra tra i miei capelli sporchi e impastati dall’inchiostro.
– Ti amo! Ti amo così tanto! – Dice poi, baciandomi la guancia. Mi scosto e lui
si avvicina, quasi chiedendomi il permesso di potermi baciare. Appoggio le mie
labbra sulle sue con slancio e lo bacio con tutta la passione e la disperazione
che ho in corpo. Lui non tarda a ricambiare, stringendomi possessivamente i
fianchi e la nuca. Stiamo parlando con un bacio, ed è la più bella
dischiarazione di amore che qualcuno mi abbia mai fatto, sento il modo in cui mi
ama. E' folle, impetuoso, per sempre.
-
Ti amo. – Sussurro, ormai incapace di mentire. – Dobbiamo parlare.
–
Annuncio
poi, decisa a dirgli tutta la verità su me e Drogo.
-
Certo, certo. – Dice, con una felicità che mi fa sorridere. – Hai un cavallo? Lo
faccio entrare e lo sistemo con il mio, tu va avanti e sistemati della grotta. –
Mi dice, preoccupandosi subito di come sto e guardandomi.
Mi
lascia con riluttanza, quasi correndo verso l’uscita, io prendo la torcia in
mano e mi dirigo verso la grotta che trovo incredibilmente
accogliente.
E’
uno grande spazio chiuso, con dei piccoli buchi che filtrano luce e delle torce
appese alla parete rocciosa. C’è un grande giaciglio di paglia, coperto da
rustiche coperte in iuta. C’è anche un masso alto e liscio, che funge da tavolo,
dove sono appoggiate frecce, arco e pugnali di vario genere. C’è un paniere con
pane e cibo assortito. Sembra quasi che Ate viva qui, permanentemente. A
giudicare dalla sistemazione deduco che è qui da almeno un giorno, se non di
più. Sento un rumore provenire dall’unica e grossa fenditura nella roccia. Mi
libero della borsa e mi inoltro nella spaccatura, rivelando una piccola stalla
improvvisata con grandi quantità di paglia ed erba, e un secchiello d’acqua. Un
grosso cavallo grigio, maestoso e muscoloso è fermo al centro della stanza,
dorme.
Ad
un tratto Ate mi sorpassa, tenendo Adelasia per le briglie e conducendola verso
la stalla di roccia. Lei è nervosa, restia a fidarsi.
-
Sta tranquilla, cucciola. – Le dico accarezzandole il muso, mentre Ate mi fissa
e stenta ancora a credere che io sia lì. Il grosso cavallo grigio si sveglia e
si agita, vedendo la mia cavalla davanti a lui. Noto che ha una grossa cicatrice
sul viso e dei grossissimi, insoliti, lucidi occhi viola. E' davvero un animale
incredibile, possente e raro. Mi piace molto.
-
Haydes, sta calmo, è un amica. – Sussurra Ate, rassicurandolo. Va per
accarezzarlo ma lui si sposta fiero, nitrendo.
Il
grosso bestione chiude nuovamente gli occhi e ricomincia a riposare mentre
Adelasia lo osserva in silenzio e poi lo imita timidamente. La vedo chiudere gli
occhi serena, dopo aver bevuto un pò, finalmente può riposarsi.
Ate
mi prende per la mano e mi porta nuovamente nell’altra stanza, senza mai
staccare gli occhi da me.
-
Stai bene? Dio! Ma come ti viene in mente? – Il suo è un dolce rimprovero, sono
stretta tra le sue braccia e capisco che la sua non è rabbia ma semplice
apprensione. Mi tiene con sé per molti minuti, senza fiatare, io non riesco a
parlare né a dirgli quanto sia felice di rivederlo.
-
Tu avevi detto che dovevi stare con Drogo, perché sei qui? E’ successo qualcosa?
– Mi chiede, subito pensando al peggio.
-
Drogo sta meglio, anche se non si è del tutto ripreso e sta tranquillo, non è
successo nulla. E’ proprio di Drogo che dobbiamo parlare. – Gli dico,
appoggiandomi nel tavolo di pietra, lui mi fronteggia,
vicinissimo.
-
Senti, tranquilla, tu non mi devi nessuna spiegazione. E’ normale che tu sia
andata avanti e ti sia scelta un altro compagno anche se..
–
Lo
zittisco mettendogli un dito sulle labbra e facendolo emozionare, i suoi occhi
sono pieni di lacrime trattenute.
-
Non trarre conclusioni affrettate. Io non ti ho mai detto che sto insieme a
Drogo. Ti ho promesso di essere tua per sempre e così sarà. Io e Drogo siamo
stati, siamo e saremo sempre amici, come fratello e sorella. Sei tu l’uomo con
cui voglio passare il resto dei miei giorni. – Dico chiaramente, tutto in un
fiato, senza dimenticarmi nulla. Ate mi guarda con gli occhi lucidi, sorpreso.
Ed io ricambio il suo sguardo trasmettendogli amore, fiducia, fedeltà e
devozione.
-
T-tu e Drogo non state insieme, dunque? – Mi chiede, quasi come non avesse
capito. E' incredulo e mi sento felice.
-
No, mai stati. – Sorrido come una bambina di cinque anni e lui si fionda sulle
mie labbra, quasi divorandole. Mi bacia con adorazione e gratitudine poi si
stacca, ansimando e facendomi ansimare. Mi accarezza frenetico,
entusiasta.
-
Grazie, grazie, ti amo, sei mia. – Dice velocemente, e stavolta lo bacio
io.
Che ve ne pare? Un
bacione! Stefy.
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Capitolo 37 *** Trovandoti. ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Ate
POV
Trovandoti.
Era
mi bacia con tutta la passione che ha in corpo ed io vorrei urlare dalla
felicità, scalpitare e fare l’amore con lei per tutto il
giorno.
Il
fatto che lei non stia con Drogo mi ha liberato da un peso che mi schiacciava il
cuore, che mi faceva male e mi uccideva ogni giorno di più. E ora è qui, tra le
mie braccia, come deve essere. Sento la collana che le ho regalato riscaldarsi a
contatto con me, sembra quasi che anche la collana percepisca cosa sta
succedendo. Per un attimo penso che anche lei sta male esattamente come stavo
male io quando la credevo insieme a Drogo. Taji deve scomparire, una volta per
tutte, la mia Era non deve soffrire.
-
Ti amo. – Le dico ancora una volta, tra un bacio infuocato e
l’altro.
-
Come stai? Stai bene? Oh dio, cos’è questo taglio? – Dico subito dopo, notando
il breve taglio profondo che ha sullo zigomo destro, quasi accanto
all’attaccatura dei capelli tinti di nero. Con questi abiti è capace di farmi
perdere la testa, anche più del solito, se è possibile.
-
Oh niente. Ho avuto un piccolo contrattempo. – Mi dice, regalandomi uno dei più
bei sorrisi che abbia mai visto. E’ così innocente e devota da farmi perdere il
senno, ho sempre saputo quanto mi ama, quanto mi vuole.
E
io la voglio allo stesso modo, morirei se solo me lo
chiedesse.
-
Che contrattempo? – Le scosto i capelli e li metto dietro l’orecchio, baciandole
il collo con la punta della lingua. La sento tremare
forte.
-
S-se fai così non riesco a parlare. – Mi dice e quella voce languida mi fa
ripensare al nostro incontro nel capanno, a quello che mi ha fatto, a come mi ha
stregato e mi ha fatto impazzire in pochi minuti. Sospiro
agitato.
-
Scusa. – Mormoro, allontanandomi di poco. Per il momento mi interessa solo
sapere se sta bene, cosa le è successo e come mai è qui. Al resto penseremo in
seguito, abbiamo tutta la notte davanti a noi.
A
quel pensiero il mio corpo viene scosso da un brivido che mi fa ansimare piano,
sto già pregustando il momento in cui sarà mia, di nuovo.
-
Amore, raccontami tutto. – Le dico, prendendola in braccio e adagiandola nel
letto di paglia. Mi metto in mezzo alle sue gambe, senza gravarla del mio peso e
aspetto che lei parli. E’ rossa in viso, perfetta. Le sue cosce sono scoperte e
il suo seno è in bella vista, vorrei morderla tutta.
Ma
quando inizia a parlare non riesco più a smettere di ascoltarla, lei parla ed io
mi preoccupo, poi sorrido e la ascolto con interesse. Non penso più al sesso,
alle cosce o al seno che sta fiero davanti a me. C’è solo lei, ora. Solo lei,
quello che ha passato, quello che ha provato per raggiungermi e ricongiungersi
con me. Mi ama, lo percepisco sempre.
Le
sue labbra che si muovono, le sue corde vocali che tremano, la sua voce stupenda
sono tutto ciò che voglio sempre attorno a me, su di me.
Mi
racconta di Mikel, di Adelasia, di Egle e del lungo viaggio senza tralasciare
nulla. Tremo pensando che ha dormito nella tenda con uno sconosciuto di cui non
si ricorda nemmeno il cognome, tremo pensando che non è nemmeno riuscire a
vederlo in faccia, che si è fatta curare da lui e non da me. Tremo pensando che
quel vigliacco l’ha colpita al viso e probabilmente l'ha guardata mentre
dormiva. Tremo perché lei dovrebbe stare sempre e solo con me.
E
poi la ammiro. La ammiro perché capisco quanto le sia costato questo immenso
viaggio, perché è scappata, ha rubato provviste e cavallo, si è messa in marcia
solo per cercare me, per dirmi che è ancora mia.
-
Grazie per essere qui. – Dico, con tutto l’amore che posso. – Non dovevi. –
Aggiungo un po’ più severo. – Ma grazie davvero. – Continuo poi, baciandola
ovunque tranne che sulle labbra. Lei è smaniosa, capisco che vuole un contatto
più intimo ma ho intenzione di farla impazzire per un po’. Le bacio la clavicola
scoperta, la spalla e il braccio, fino alla mano.
Le
bacio i polpastrelli, uno ad uno, e poi il dorso della mano,
piano.
Lei
mi guarda con adorazione ed io continuo a venerarla, riservando lo stesso
accurato trattamento anche all’altro lato del suo corpo.
Sento
il suo odore forte nell’aria, capisco che è bagnata e me ne compiaccio. Mi piace
sapere che a lei faccio lo stesso effetto devastante che lei fa a me, in
qualsiasi momento e in qualsiasi situazione. Siamo complementari, siamo
destinati ad amarci. Io la amo e lei mi ama.
-
Ate.. – Lei pronuncia il mio nome in un sospiro e non capisco se è dettato dal
piacere o da un bisogno di attenzione. Alzo lo sguardo e sorrido, adoro sentire
il mio nome detto da lei. E’ stupendo.
-
Guardami. – Mi dice quando riabbasso lo sguardo e le labbra, per venerarla
ancora. La guardo, come lei mi dice e poi lei mi sorride. Io capisco che non
incontrerò mai degli occhi che mi sappiano guardare come i suoi, delle labbra
che abbiano la stessa forma e capacità di regalarti il mondo con un solo
sorriso. Era è unica, inimitabile, perfetta.
-
Io ti amo. Ti amo, voglio stare con te per sempre. – Mi confessa, sincera come
non era mai stata. – Ti prego, non rinnegarmi mai. – Aggiunge in fine, quando
una lacrima le solca il viso. Io mi sento tremare, morire e rinascere, mentre la
pulisco da quella goccia d’emozione con le labbra.
Il
sapore delle sue emozioni salate nel mio palato è indescrivibile, mi sento in
dovere di risponderle e di rassicurarla perché lei è mia e nessuno mai dovrà
farla piangere, nemmeno io, l’ho già fatto troppe volte.
-
Come potrei? – Dico, sincero quanto lei. – Tu sei tutto ciò che di bello la vita
mi abbia mai regalato e mi regalerà mai. Tu sei la mia partenza, il mio viaggio,
la mia meta finale. – Dico e lei, inizialmente, non capisce il senso di questa
metafora ma ne è ugualmente felice. – Il viaggio fino al Vulcano non l’ho sto
facendo solo per Egle. – Ammetto, con un po’ di vergogna. Mi piacerebbe pensare
che questa mia impresa sia dedicata solo a mio fratello e al sangue che
condividiamo da sempre ma è inutile cercare di non ammettere che lei e il suo
benessere sono sempre stati e sempre saranno al primo posto tra i miei
pensieri.
-
Sono qui, adesso e andrò fino in fondo soprattutto per te. Per noi. Per
assicurarmi che avremo un futuro insieme, senza pericoli. – Affermo, un po’
egoisticamente, sperando che lei capisca e sia egoista insieme a
me.
Dal
suo sguardo capisco che le mie speranze sono state
esaudite.
Mi
guarda innamorata, sollevata e forse anche lusingata da questa mia confessione.
Forse anche lei è qui per me, piuttosto che per Egle.
-
Mi vergogno di ciò che ho appena detto. – Confesso infine, con una punta
d’amarezza nella voce, accarezzandole i capelli e baciandole il
naso.
-
Ma non potevo più tenermi tutto dentro. Sei tu la ragione di ogni mio gesto, tu
e nessun’altro, Era. – Questa mia ultima frase la fa slanciare verso di me,
sento le sue labbra coprire perfettamente le mie e baciarle con passione,
leccandole e mordicchiandole con gratitudine ed emozione.
-
Non vergognarti dell’amore che provi per me, non vergognartene mai perché è la
mia unica ragione di vita. Se tu non mi amassi o non mi pensassi io non avrei
motivo di vivere. Lo capisci questo? Vivo solo per te, respiro solo grazie a te
e ti amo, come non ho amato mai. Come nessuno ha amato mai. E come non amerò
mai, né prima né dopo la morte. – Quando finisce di parlare le sue parole mi
rimbombano ancora nelle orecchie e quando mi asciuga le lacrime con le dita, mi
accorgo di essermi persino messo a piangere dalla commozione. Stavo piangendo
per la prima volta davanti a lei, mi stava spogliando del mio orgoglio, della
mia dignità, del mio nome, della mia carica, della mia mascolinità ed io ne ero
incredibilmente, totalmente, incondizionatamente felice e
adulato.
Perché
lei meritava ogni cosa da me. Ogni lacrima, ogni sorriso, ogni parola, ogni
gesto. Lei era tutto per me, era il mio mondo. Mi
accorgo che anche lei, adesso sta piangendo dalla felicità e finalmente, dopo
tanto tempo, mi accorgo di averla davvero ritrovata. Mi
bacia con lentezza, quasi a volersi gustare ogni minimo contatto, respiro e
sensazione. Io la stringo possessivamente per i fianchi e le bacio le labbra
fino a quando non mi manca il respiro, prendo un po’ d’aria e ricomincio, senza
volermi mai fermare. La
sento muoversi smaniosa sotto di me, eccitata e smaniosa.
-
Che c’è, piccola? Tutto bene? – Le chiedo, preoccupandomi. Magari vuole solo
respirare, forse la stringo troppo, la bacio troppo o magari è
esausta.
-
Oh si. – Sospira in estasi e mi rassicura. – E’ solo che.. –
-
Cosa? – Le chiedo, preoccupandomi nuovamente.
-
Voglio fare.. insomma.. quella cosa che.. – Dice impacciata. – Voglio fare
l’amore con te, tutta la notte. – Mi dice ad un tratto, dopo aver respirato,
sicura di sé. Sento il mio membro tirare e il mio corpo agire senza riflettere.
Pochi secondi dopo lei è totalmente nuda sotto di me, splendida come sempre, ed
io sono sempre più eccitato e desideroso di averla.
Grazie infinite a chiunque legga e commenta. Spero continuerete così e mi
premierete dato che aggiorno spessissimo :) Stefy.
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Capitolo 38 *** Il piacere. ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Era
POV.
Il
piacere.
Mi
bacia la clavicola ed io inspiro il suo ottimo profumo. Riesco a distinguere
diversi odori. Menta, fumo, limone,
grano. E poi ancora pelle, saliva, lui. Vibro sotto di lui
come la corda di una chitarra, annusando.
Mi
beo del suo profumo incredibilmente attraente, mentre lui scende libidinoso a
baciarmi la clavicola e la pelle iniziale del seno.
Lo
prendo per i capelli, lo bacio sulla testa e sulla fronte, schiacciata dal suo
peso e bloccata in ogni movimento. Ho così tanta voglia di lui, di condurre il
gioco che non voglio aspettare altro.
Stanotte
sarò io a guidarlo, stanotte sarò sicura perché l’amore rende sicuri. Rende
diversi.
Sicura.
Pazza. Impulsiva. Diversa.
Faccio
pressione sulle sue braccia che non vogliono smettere di accarezzarmi e ribalto
la situazione, aiutata da lui che si sdraia sulla schiena mentre io,
immediatamente dopo, gli salgo sopra, sedendomi sui suoi pantaloni gonfi e
mettendo le ginocchia piegate accanto ai suoi fianchi morbidi e bollenti. Lui mi
guarda innamorato e io mi abbasso a baciarlo con voluttuosità. Gli passo la
lingua sulle labbra morbide e quando lui prova ad imitarmi io mi allontano,
facendogli capire che stanotte sono io quella che decide. Non rassegnato, passa
le sue mani sui miei fianchi, provando ad abbassarmi per baciarmi ma prendo i
polsi e glieli metto sopra la testa, tenendoli ed esponendo il mio seno di
fronte a lui. Lui prende un capezzolo tra le labbra facendomi mugolare di
sorpresa e piacere. Vorrei infastidirmi per la sua mancanza di sostegno ma sono
troppo accecata per allontanarlo. Ate, però, non si libera i polsi pur essendo
molto più forte di me, sta iniziando a capire, a
sottomettersi.
Passo
le mani e la lingua lungo le sue braccia, stringo i polsi, i gomiti, i bicipiti
e poi il petto, bacio il collo, la pelle della gabbia toracica, i fianchi e lo
privo dei pantaloni. Lui sta fermo, sussulta, non si muove, mi asseconda.
Ansima, mugola e prova a non gemere, per vergogna e orgoglio, la sua voce è
stupenda. Affannata. Roca. Bassa.
Chiara.
I
suoi occhi fissano i miei, senza vergogna ed io mi ritrovo a pensare quanto sia
incredibilmente stupendo il suo sguardo. I nostri occhi iniziano una
connessione, un contatto destinato a durare fino alla fine dell’amplesso. Mi
perdo in quella foresta irresistibile.
Bosco.
Foglie. Roccia. Muschio. Verdi,
le sue iridi verdi.
-
Ti amo. – Sussurra, continuando a guardarmi mentre bacio ogni centimetro del suo
corpo, senza freni né pudore.
Quando
scendo nella zona inguinale lo sento fremere e trattenere il respiro, inquieto e
poco paziente. Gli bacio le cosce e poi comincio a dargli attenzioni più intime,
come al capanno, ma con meno furia, con più amore, dolcezza e premura. Lunghezza. Larghezza. Durezza.
Sapore.
Lo
bacio a lungo, gustandomi ogni suo gemito e sospiro, poi lui mi prende
delicatamente per i capelli ed io capisco che sta per finire tutto, quindi
smetto, risalendo a baciarlo sulle labbra dove lui mi accoglie con ardore e
gratitudine. Ci baciamo a lungo ed io mi sento pronta ad accoglierlo dentro di
me, ma lui non è della stessa opinione.
-
Voglio toccarti anche io. – Mi dice. – E’ da troppo tempo che non ti tocco.- E
non appena pronuncia questa frase mi rendo conto di quanto sia vera. Si alza di
schiena e siamo vicinissimi, io sono ancora seduta su di
lui.
Mi
tocca la schiena in maniera dolce e appena accennata, con la punta dei
polpastrelli, poi stringe i fianchi, le spalle, la natiche. Mi bacia il collo e
il seno, facendomi inarcare la schiena e chiedere di più.
Le
sue mani sono incredibili. Ruvide.
Grandi. Esperte. Insaziabili.
Una
mano scende ad accarezzarmi intimamente mentre l’altra rimane ad accarezzarmi la
schiena, la nuca ed i capelli. Le sue labbra si spostano dal seno al collo e dal
collo alle labbra, non lasciandomi tregua.
Quando
mi adagia sul letto e capisco cosa vuole fare, un brivido mi scuote forte e lui
se ne accorge.
-
Sei nervosa? Non ti va? – Mi chiede subito, già tra le mie
gambe.
-
No. Non è quello. Ti amo. – Dico onesta. – E’ bellissimo poterti avere di nuovo.
– Continuo mentre lui mi sorride e scende a lambirmi, facendomi gemere forte. Lingua. Dita. Bagnato.
Orgasmo.
Quando
mi riprendo dall’amplesso lui è a due centimetri dalle mie labbra e mi bacia
subito. Le sue mani, che ancora odorano di me, mi accarezzano i capelli neri e
ruvidi. Il suo naso sfiora il mio e le nostre lingue
danzano.
-
Sei bellissima quando vieni. – Dice, un po’ volgare, ma apprezzo il suo essere
un po’ animalesco e spontaneo. Gli stringo le braccia al collo e lo guardo con
adorazione, poi con una mano percorro il suo fisico statuario fino a prenderlo
in mano e dirigerlo verso di me.
-
Lascia che sia io a farlo. – Dico, ricordandomi che la prima volta era stato
lui. Lui annuisce gentile e si avvicina, mentre io lo spingo dentro.
Quando
lo sento dentro di me provo una sensazione inimmaginabile. Mi sento felice,
appagata e non penso a nient’altro.
Adorazione.
Devozione. Felicità. Amore.
Lo
sento muoversi piano dentro di me, lentamente, ed entrambi ci gustiamo questi
momenti di piacere, di amore, di appartenenza.
-
Sono tua.- - Sei mia. -
-
Tu credi di non potermi soddisfare? -
-
Vuoi fare l’amore con me, fatina? - - Io voglio fare tutto con te.
-
-
Lasciati venerare da me. Lascia che io faccia provare piacere alla mia donna.
-
-
Ma quanto sei bella. -
Le
parole della nostra prima volta mi accompagnano durante il mio secondo orgasmo.
Lui non è ancora arrivato all’apice e decido di farlo finire come ho iniziato,
conducendo io il gioco.
-
Ti va di farmi muovere su di te? – Gli chiedo al contempo sicura e insicura. Un
lampo di sorpresa ed eccitazione passa dai suoi occhi lucidi e annebbiati da
piacere. Lo vedo annuire e stirarsi, io lo seguo senza farlo uscire dal mio
corpo, ancora tremante e visibilmente scossa.
Mi
abbasso su di lui, cominciando ad improvvisare con movimenti secchi o circolari.
Mi muovo in diversi modi, studiando le sue espressioni e capendo ciò che lo fa
stare meglio. Gli bacio il collo e non smetto mai di muovermi, aumentando e
diminuendo il ritmo, alzandomi e riabbassandomi, ondeggiando e disegnando cerchi
immaginari col bacino. Quando
sento la sua presa sui fianchi farsi più stretta mi accosto al suo orecchio e
aumento il ritmo.
-
Ti amo. – Sussurro, continuando a muovermi e ascoltando i suoi
gemiti.
-
Ho bisogno di te. – Continuo, senza fermarmi, andando veloce e gemendo insieme a
lui. Gli bacio il lobo dell’orecchio e lui mi stringe più forte. Capisco che è
vicino all'orgasmo e decido di volergli dare tutto il meglio di me.
-
Mi sei mancato, non sai quanto.. – Mi sforzo di interrompere i gemiti per
parlargli, per fargli capire quanto lo amo, quanto sia bello. Ci guardiamo negli
occhi per un istante, riesco a leggere tutto l'amore che prova per me, la
felicità.
-
E’ bellissimo. – Sussurra ad un tratto, con una voce roca ed eccitata.
Rabbrividisco ma non mi lascio distrarre.
-
Ti adoro. – Continuo, alternando gemiti, baci e parole. Il mio bacino sembra
dotato di energia propria ed il suo inizia a muoversi andando incontro al mio,
rendendo più profonde le spinte, più vere e piacevoli. I gemiti diventano più
alti.
-
Sono tua. – Continuo e lui inizia a riversarsi dentro di me, senza controllo. –
Ti appartengo. – Dico, mentre ho un terzo ed ultimo orgasmo. Stringo forte i
suoi capelli tra le mani e lo bacio con passione, mentre lui continua a
tremare.
-
Fai di me ciò che vuoi. – Gemiamo forte entrambi, e io comincio a tremare su di
lui come impazzita, lui mi stringe per le spalle e la schiena, accarezzandomi i
capelli e baciandomi la testa con immensa gratitudine.
-
Sei.. sei.. perfetta. – Balbetta ancora eccitato ed emozionato come
mai.
-
Mi hai fatto vivere il momento più bello della mia vita. – Continua, ed io alzo
gli occhi bagnati, rivelando la mia espressione triste. Drogo. Morte.
Egle. Maledizione. Asia. Vittima. Mamma. Guerra. Nonna. Male. TAJI.
SUO.
-
Era? – Mi chiama interrogativo. – Perché piangi? – Mi dice, guardandomi negli
occhi senza smettere di coccolarmi.
Io
scoppio in un pianto disperato, senza più riuscire a contenermi, intrappolata in
tutti i ricordi che avevo messo da parte per godermi una notte con l'amore della
mia vita. Penso a Taji, alla loro promessa, alla mia parte in tutto
questo.
-
Perché io appartengo a te, ma tu appartieni a lei. –
Con
queste ultime parole chiudiamo il discorso. Io continuo a singhiozzare sul suo
petto, ancora su di lui, ancora insieme a lui. Lui
non parla, non sa cosa dire o forse vuole solo lasciarmi sfogare. Continua
ad accarezzarmi.
Sotto di me, attaccato a me, dentro di
me.
Spero che questa seconda scena lemon vi sia piaciuta. E' triste alla fine, ma spero capirete. Fatemi
sapere tutto ciò che pensate, vi prego!
Stefy.
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Capitolo 39 *** Il viaggio continua ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Era
POV
Il
viaggio continua.
Mi
sveglio con la luce del sole che si alza fioca nel cielo, capisco che devono
essere passate circa 7 ore dall’ora più buia.
Ate
dorme dall’altra parte del letto, ben distante da me e dalla mia sottoveste.
Dalla nostra notte d’amore non ha più provato a toccarmi, amarmi, baciarmi,
dichiararmi i suoi sentimenti. Siamo semplicemente diventati compagni di viaggio
che hanno uno scopo comune. Salvare Egle.
Quando
lo guardo un senso di rabbia, rimorso e inquietudine mi percorre. Ricordo la
nostre lite come se fosse successa ieri, e non cinque giorni
fa.
-
Ma che cazzo vuoi da me, eh? Cosa posso fare io? Sai bene che Inuit mi farebbe
passare le pene dell’inferno se solo non sposassi sua figlia!
–
-
Tu non avresti mai dovuto accettare! Non capisci? Se solo tu mi avessi amata un
minimo di quanto l’ho fatto io avresti preferito morire di miseria piuttosto che
impegnarti con un'altra donna! –
-
Tu mi avevi lasciato per tornare alla tua vita da principessina! Io ero senza
via di scampo, i Guardiani mi avevano ridotto alla fame per la finta morte,
nessuno mi dava lavoro e tutti sapevano del Mutatio! Dovevo trovare una famiglia
rispettabile a cui appoggiarmi.. ma tu non lo sai! Perché non c’eri per me, hai
preferito lasciarmi. Perché eri a sbavare dietro Drogo e la sua folta chioma
bionda, non è così?–
-
Io non ho mai sbavato dietro a nessuno! Sono tornata nelle mie Terre perché la
vita con te era inaccettabile! Non mi davi attenzioni, non volevi starmi vicino,
quando ti sfioravo tu ti allontanavi sdegnato! E poi pensavo che mia madre
stesse male, ho corso dei rischi anch’io, cosa credi?
–
-
Non ti davo attenzioni? Il tuo problema riguarda il maledettissimo sesso? Io
volevo mantenere intatta la tua purezza, maledizione! Ma a quanto pare voi
creature della luce non siete così santarelline come date a
vedere!–
-
Non ti permettere! Non ti permettere di darmi della sgualdrina! Io volevo
consumare il mio amore con te, non fare del semplice sesso! Sei tu quello che
non ha avuto problemi a sbattersi la prima puttanella di turno, per una casa e
qualche prestigio! Sei tu il venduto, dannazione! –
-
E’ questo quello che pensi di me? Io non ho.. oh! Al diavolo! Che senso ha darti
spiegazioni quando il tuo cervello è così chiuso da non lasciar passare nemmeno
uno spiffero d’aria? Sei molto meno intelligente di quanto pensavo, mi stai
facendo girare i coglioni. Tornatene a casa dal tuo amato e lasciami in pace,
una buona volta! –
-
Sarebbe facile se io scappassi un'altra volta, vero? Ma per tuo dispiacere non
lo farò, ho promesso ad Egle che lo avrei salvato e non me ne andrò finché non
avrò portato a termine questo giuramento. Nel frattempo tu dovrai guardarmi
tutti i giorni e sentirti in colpa per ciò che mi hai fatto, per come mi hai
tradita e rimpiazzata con la prima oca di turno! Buona notte, Ate.
–
-
Vaffanculo, Era! -
Due
lacrime scendono silenziose sulle mie guancie ma prontamente le asciugo. Le sue
parole sono più dolorose e taglienti di qualsiasi arma.
Mi
alzo inquieta e decido di fare quattro passi fino al fiume per schiarirmi le
idee. Mi vesto di fretta e furia, indossando pantaloni in pelle e corsetto
aderente. Metto il mio solito mantello nero e indosso gli stivali che ho
comprato in un villaggio, ieri. Il mio primo e nuovo pugnale sta dentro il
fodero, accanto al mio femore, pronto ad essere utilizzato qualora ce ne fosse
bisogno. Guardo Ate un ultima volta e un ultima lacrima scende, poi mi giro e
passa tutto. Strizzo gli occhi un paio di volte e mi dirigo verso il rivolo
d’acqua, poco distante dal nostro accampamento
improvvisato.
Mi
inginocchio sulla riva e prendo un po’ d’acqua tra le mani, lavandomi la faccia
con accuratezza e togliendo via tutto il trucco nero e impastato dagli occhi e
dalla radice dei capelli. Decido di lavare anche la mia zazzera nera, metterò
del nuovo inchiostro dopo. E’ presto, siamo ben rintanati, nessuno mi vedrà.
Poi.. toccando ancora l’acqua con la mano, il bisogno impulsivo di tuffarmi e
nuotare a perdi occhio come un delfino arriva impellente. Mi spoglio in fretta e
furia, stando ben attenta che Ate dorma
che gli occhi di nessun altro siano puntati su di
me.
Rimango
in mutande, e decido di togliere anche quelle. Sciolgo la crocchia di capelli
che cadono sbarazzini fin sotto le spalle, quasi a toccare la
vita.
Sono
cresciuti tantissimo in questo periodo.
Senza
ulteriori paranoie e ripensamenti entro nel fiume davanti a me, di cui le rive
sono scivolose e coperte da muschio. Muschio. Come i suoi occhi.. Prima mi
fissavano innamorati, eccitati. Poi arrabbiati, delusi.
Il
canale del fiume non è molto largo ma è profondo circa un paio di metri a
giudicare da ciò che riesco a vedere ad occhio nudo, l’inverno si sta
avvicinando, posso sentire la brezza autunnale farmi
rabbrividire.
L’acqua
è gelida ma immergo il mio corpo tutto in una volta, assorbendo il freddo e
iniziando a godere della piacevolezza dell’acqua sul mio corpo stanco e sui miei
capelli rovinati. Nuoto, poi mi fermo a galleggiare e vado sott’acqua. Trascorro
circa venti minuti così, conquistata e sedotta dall’acqua, dal benessere, dalla
sensazione di pulito. Ma quando decido di uscire e fare pochi passi per riuscire
a prendere i miei vestiti sulla roccia noto che Ate è impalato davanti a me, con
un’espressione indescrivibile sul volto. Rabbia. Eccitazione. Confusione.
Timidezza.
-
Non riuscivo a trovarti, mi ero preoccupato. – Dice, mentre io rimango coperta
dal sottile e limpido velo d’acqua. Sono sicura che riesca a vedere gran parte
del mio corpo e questo mi imbarazza. E mi
intriga.
-
Scusami. Non avevo intenzione di rimanere così tanto. – Spiego,
mogia.
I
nostri sguardi si incrociano un paio di volte e la visione del suo torace
scoperto e dei suoi capelli scompigliati mi fa venire le farfalle allo stomaco.
“Non smetterò mai di amarlo” Questa consapevolezza mi assale e mi ritrovo a
giocherellare con le mani nervosamente. Mi manca tanto.
-
Ti sei lavata via l’inchiostro, e il trucco. – Constata impassibile, ed io non
riesco a trovare nulla da dirgli. Annuisco soltanto,
timidamente.
-
Li rimetto subito. – Prometto, giocherellando con i capelli
biondi.
-
Bene. Ti aspetto all’accampamento, dobbiamo muoverci. – Mi dice, quasi
sforzandosi di andare via, mi sento quasi offesa dalla sua forza di
volontà.
L’avessi
visto io nudo e bagnato non avrei resistito così bene e così a lungo. Appena
sono certa di essere sola esco dall’acqua e mi siedo su una pietra, lasciando
che il sole mi asciughi almeno un po’. Penso a quanto siamo stati cattivi l’un
l’altro, adesso abbiamo instaurato un rapporto a malapena di tolleranza. Si vede
che abbiamo due grosse ferite sul petto, al posto del cuore. Lui ha pugnalato me, e io ho pugnalato lui. A
morte.
Quando
sulla mia pelle candida sono rimaste solo poche gocce d’acqua le levo via con
una mano e poi comincio a indossare i vestiti.
Mutande
nere, pantaloni in pelle, pugnale, casacca, corsetto lucido e stivali. Friziono
i capelli e mi asciugo per bene la faccia.
Poi
mi incammino verso i letti di paglia, dietro un grande
roccia.
Quando
arrivo mi accorgo che Ate è girato di spalle e muove un braccio spasmodicamente,
inizialmente non mi rendo conto di ciò che sta facendo, quando però osservo i
pantaloni mezzi abbassati e sento i suoi mugolii capisco che si sta masturbando.
Rimango basita e decido di non disturbarlo, sono immobile, a qualche passo da
lui, incapace di muovermi o di fargli sapere che lo sto osservando. Mi
ossessiono a guardare il suo braccio, i muscoli della sua spalla che si
contraggono, la sua testa che si getta all’indietro e poi torna in posizione
normale. Ascolto i suoi respiri, i suoi gemiti e ansiti di piacere. Quando
riesce finalmente a provare piacere lo sento sussurrare il mio nome e sussulto,
poi lui si gira, mentre si sistema i pantaloni e mi vede a bocca aperta,
arrossendo immediatamente. Mi guarda e strizza gli occhi, non riesce a
crederci.
-
Oh. – Dice soltanto, scomponendosi. – Io, non.. tu non avresti. Mi.. – Non sa
cosa dire e decido di rendergli la situazione più facile.
-
Mi serve una mano con l’inchiostro, non riesco ad applicarlo ovunque.
–
Ammetto,
cambiando completamente discorso e mi accorgo che lui ha capito tutto ed è grato
che io non gli faccia pesare ciò che ho visto.
-
S-si, certo. – Dice, timido ed imbarazzato come non l’ho mai
visto.
Prendo
la boccetta d’inchiostro e mi siedo su un masso, mettendomi a testa in giù. Ate
versa il contenuto sulle mani e comincia a spalmarmelo sulla testa, facendomi
tremare e rabbrividire d’emozione.
Sento
le sue dita muoversi sulla mia testa, massaggiandola delicatamente ma senza
incertezza, penso a cosa ha toccato prima con quelle mani e l’istinto di
salirgli sul bacino e fare l’amore con lui è forte. Ogni tanto mi sfiora il
collo e io sento il bisogno impellente di ansimare ma resisto. Il contatto dura
più di dieci minuti, quando poi finisce e si allontana mi sembra quasi di
sentirmi vuota, triste.
Mi
alzo, senza mostrargli niente e lego i capelli in una lunga treccia laterale,
lasciando sciolto solo un ciuffo sull’occhio destro.
Prendo
un po’ di polvere nera e la spalmo sugli occhi con due dita, truccandomi come
tutte le guerriere fanno, quando ho finito mi volto verso di lui che è ancora
impalato, a guardarmi. Mi manca tanto, vorrei correre da lui ad abbracciarlo ma
qualcosa me lo impedisce.
Orgoglio.
Risentimento. Rabbia. Stupidità.
-
Possiamo andare. – Mi limito a dire, prendendo la tracolla e mettendola. Mi
dirigo verso i cavalli e quando passo ci sfioriamo le spalle, un brivido mi
assale ma lo scaccio via. Vado verso Adelasia e le accarezzo il
muso.
Haydes
mi guarda astioso ed io accarezzo il muso anche a lui, che dopo poco si ritrae,
come sempre. Adelasia sfiora la testa con la sua ed entrambi si guardano per un
momento. Possibile che anche i nostri cavalli abbiano trovato il modo di stare
insieme e noi siamo così stupidi e senza coraggio da lasciar perdere tutto al
primo ostacolo? Mi rattristo e monto sulla mia cavalla, che aspetta che anche
Ate e Haydes siano pronti.
Poi
partiamo, iniziando a galoppare verso la Contea degli
Sputafuoco.
-
E’ uno dei luoghi più popolati delle mie Terre. Ci sono molti passatempi,
locande, spettacoli ma c’è anche un grosso giro di sostanze proibite e
ladruncoli. Ci sarà molta gente, è praticamente impossibile passare di lì senza
essere visti, quindi ci dichiareremo al Mastro Passante e dormiremo in una delle
locande più riservate della città, ti va bene? – Mi dice, in una delle poche
pause che ci prendiamo, io annuisco.
-
Chi è il Mastro Passante? – Domando, curiosa e intimorita.
-
E’ il custode della città. Si mette davanti ai cancelli e dichiara, controlla,
perquisisce chiunque voglia varcare la soglia. C’è un Mastro Passante per ogni
grossa città, rende tutto più sicuro e controllato. – Mi spiega ed io gli offro
la mia borraccia d’acqua quando mia accorgo che le labbra hanno iniziato a
seccargli. L’afa in questa zona è quasi insopportabile, segno che c’è una fonte
d’acqua calda molto vicina. I vulcani sono ancora lontani.
-
Arriveremo stasera tardi, se camminiamo a passo spedito. – Mi dice ed io vorrei
tanto proporgli di fare l’amore dentro il lago d’acqua calda ma sto zitta e
annuisco come sempre, come una vigliacca, come una
stupida.
Vigliacca.
Debole. Stupida. Insicura.
Dopo
un pomeriggio di cavalcata ci fermiamo per la terza sosta della giornata,
mangiamo un po’ di formaggio e qualche pezzo di pane, beviamo e decidiamo di
accendere un fuoco per riscaldarci un po’.
La
temperatura è molto bassa, le fonti di acqua calda sono ormai lontane, il buio è
arrivato portando con sé freddo, vento e una leggera ma fitta pioggerellina che
quasi ti taglia la pelle.
-
Siamo vicino ai Cimiteri. – Dice, quasi spaventato. Io inizialmente non capisco
come ci si possa spaventare di qualche tomba ma poi mi
spiega.
-
I Cimiteri sono posti maledetti dove i Guardiani uccidono e lasciano esposti i
cadaveri dei furfanti, dei traditori, dei mendicanti. – I miei occhi si
dipingono di orrore e decido che forse le mie Terre non sono poi così
male.
-
Perché fanno delle barbarie del genere? Nella mia Terra sarebbe inconcepibile, i
morti sono più sacri dei vivi. – Spiego, inespressiva mentre Ate si dirige verso
una grotta, seguito da me. Lasciamo i cavalli fuori.
-
Lo fanno per dare l’esempio così chiunque voglia tradire, rubare, mendicare ci
penserà due volte prima di farlo. Ma non credo sia giusto, in ogni caso. Anche
loro sono persone. – Dice, un po’ confuso ed io capisco che magari non ha molto
chiara l’idea di ciò che è bene e ciò che è male.
Ripensandoci
anche le mie certezze stanno iniziando ad affievolirsi da quando sono qui. Il
pensiero di mia madre e dei suoi insegnamenti rigidi e severi mi sfiora il
pensiero e quasi mi manca, se l’avessi ascoltata non avrei mai visto nulla di
tutto questo e onestamente non so se fosse stato un bene o un male.
Mi
sono innamorata, ho dato il primo bacio e ho fatto l’amore, ho conosciuto la
verità sui guerrieri, ho visto nuove terre, ho conosciuto mio padre, ho
sperimentato il Dono, ho fatto nuove amicizia, ho vissuto.
Però
ho abbandonato poesia, sono quasi stata uccisa, stuprata. Sono stata tradita,
sono stata braccata e inseguita. Ho sopportato tradimenti, dolore, sacrifici.
Sono stata costretta a vedere cose e a fare cose che non avrei mai voluto fare e
vedere. Ho visto corpi morti, teste mozzate, sangue e
budella.
Ho
perso la fiducia di mia madre, ho scoperto che mia nonna è
malvagia.
-
A che pensi? – La voce di Ate rompe il silenzio, mi accorgo che ha già acceso il
fuoco, dato il mangiare ai cavalli e riscaldato il pane.
Dev’essere
passato un po’ di tempo. La grotta è riscaldata, adesso.
-
Sei strana. – Mi dice, evidentemente apprensivo, ma freddo e
distaccato.
-
Non è niente, pensavo un po’ a tutto quello che mi è capitato. – Spiego
minimizzando e ripensando per un momento a Drogo, alla sua possibile morte. Poi
ricaccio indietro il pensiero, se inizio a stare male per lui non la smetto più,
non posso permettermi debolezze, per adesso. Quando tornerò saprò come sta e
tutto cambierà. In bene o in male.
IO
LA AMO, MALEDIZIONE! La sua voce mi ritorna in mente e
ricaccio anche quella, poi mi accorgo che Ate mi sta parlando e io non sto
prestando attenzione, vedo solo le sue labbra muoversi.
-
Scusami, non ero attenta. Dimmi. – Vedo il suo sguardo che si abbassa deluso e
lui si volta, continuando a cucinare sul fuoco.
-
Nulla di importante, lascia stare. – Mi dice e io sento una punta d’amarezza
nella voce, cosa mi aveva detto?
-
Ti prego, io voglio saperlo. – Gli chiedo gentilmente e lui
sospira.
-
Volevo farti sapere che mi dispiace per oggi, insomma.. – Si blocca e continua a
darmi le spalle, capisco che è imbarazzato ma non capisco di cosa sta parlando,
poi mi illumina. – Per quello che hai visto al fiume, mi dispiace, non volevo
che tu.. – Dice, e si blocca ancora e ancora.. senza riuscire a pronunciare
delle scuse decenti, io sorrido, incapace di continuare quella farsa ancora. Non
riesco a non amarlo.
-
No.. sta tranquillo. Mi sono sentita.. – Stavolta mi blocco io, offendendomi
mentalmente, ma cosa mi salta in mente?
-
Come ti sei sentita? – Stavolta Ate si gira, io sono seduta su un masso e lui e
in ginocchio, a qualche passo da me, e mi guarda
intensamente.
-
Lusingata. – Sussurro, in preda alla vergogna e allo
sconcerto.
Come
ho potuto ammetterlo? Come ho potuto dirglielo dopo quello che mi aveva detto?
Dopo il litigio, dopo tutto? Mi mordo le labbra fino a farmi male e lui continua
a guardarmi famelico.
-
E mi dispiace anche per come abbiamo litigato. – Continua con voce roca,
animalesca. Non ha un bell’aspetto, è visibilmente in difficoltà quando si
tratta di scusarsi. L’orgoglio è il peggiore dei suoi difetti, e anche dei
miei.
Ma
so bene che riesco a farlo capitolare dopo poco, e lui sa fare lo stesso con
me.
Complementari.
Destinati. Appartenere. Anime Gemelle.
-
Dispiace anche a me. – Siamo entrambi sinceri, io lo leggo nei suoi occhi e lui
lo legge nei miei. Forse non è tutto perduto, forse c’è ancora speranza. Per la
prima volta in giorni, gli sorrido dolcemente.
Ciao ragazze,
scusatemi se sono scomparsa per quasi una settimana ma internet non fungeva
:)
Per farmi perdonare
però vi lascio questo luuungo capitolo e vi prometto che aggiornerò ogni giorni
per altri tre giorni :D
Contente? Ma se i
commenti scarseggiano ritorno ad aggiornare saltuariamente eh? ^^ Bacioni.
Stefy.
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Capitolo 40 *** Riconciliarsi. ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Ate
POV
Riconciliarsi.
Il
suo sorriso mi scalda il cuore, facendomi respirare più velocemente, è
bellissima illuminata solo dalla fioca luce del fuoco che ho acceso ed è
incredibile. I suoi occhi azzurri sembrano zaffiri luminosi, incastonati in
diamanti. Le sue labbra carnose, le sue mani, perfino i suoi capelli
impiastricciati. Tutto di lei mi fa emozionare, la sua voce
soprattutto.
-
Non avrei dovuto giudicarti. Penso ancora che hai sbagliato, ma sono pronta ad
ammettere che ho sbagliato anche io. Tu avevi bisogno di soldi, io avevo bisogno
di tornare a casa. Ognuno dei due ha fatto quello che riteneva più necessario,
non posso fartene una colpa. – Mentre fa questo discorso vedo i suoi occhi
inumidirsi un poco, pensare alle pessime scelte che abbiamo fatto fa soffrire
maledettamente anche me. Nonostante tutto Era tira su col naso e mi guarda,
senza mai abbassare lo sguardo, senza mai sottomettersi a me e al mio amore per
lei. E’ seria, fiera, stupenda.
-
So che probabilmente avrei dovuto cercare qualche altro modo. Ma Inuit
era un buon amico di mio padre, e quando, nei periodi più bui, mi
ha fatto questa proposta e io non ho saputo rifiutare. Credevo di averti persa
per sempre, capisci? Non l’avrei mai fatto altrimenti, è solo che tu sei la mia
poésia ed io ogni giorno riuscivo a percepire le tue giornate con Drogo, la tua
spensieratezza, il tuo impegno e.. non lo so, forse volevo stare meno solo,
forse l’ho fatto soltanto per Egle o per i soldi. Avevo solo bisogno di stare
meglio e ho scelto istintivamente. – Le spiego, totalmente in sincerità. Avevo
scelto io di sposare Taji, è vero. Ma l’avevo fatto nella disperazione, le
sensazioni di Era mi arrivavano tutti i giorni come un eco lontano. Tramite il
nostro legame riuscivo a percepire il suo sentimento per Drogo, le risate, i
sorrisi, l’impegno che metteva per imparare a usare la magia e per ritrovare suo
padre, ma era raro captare una sensazione rivolta a me. Sapevo solo che lei
stava bene e ne ero felice, ma volevo stare bene anche io. Egle peggiorava di
giorni in giorno, Asia ne soffriva parecchio e le sue visite erano sempre più
rare. Nasir era esausta e ormai tutti avevano scoperto del Mutatio, avevano
paura di Egle e non riuscivo a trovare lavoro da nessuna parte. In più le Forze
Superiori avevano anche scoperto la mia finta morte e volevano farmi pagare un
pegno che non possedevo. Era tanto, troppo denaro. E poi era arrivato Inuit, con
la sua primogenita, formosa e sensuale, e mi aveva proposto ricchezza e fortuna
in cambio di un matrimonio. Ci avevo pensato a lungo e infine avevo risposto di
sì. Avevo perso Era, avevo perso Egle, avevo perso il lavoro e ogni ricchezza,
tanto valeva perdere anche la dignità.
-
Io riesco a comprendere quello che mi stai dicendo. Leggo la verità nei tuoi
occhi, sai che ci sono sempre riuscita con te. Ma non riesco a passare avanti.
Riesco a capire perché hai preso questa decisione ma io non posso accettarla. Tu
stai con Taji, la sposerai e per me non ci sarà più posto nella tua vita. E’
troppo difficile continuare dato che poi, una volta tornati a casa, tu bacerai e
toccherai lei invece che me. Non mi bastano cinque minuti in un capanno con te,
io ti volevo per tutta la vita. – Ammette, mentre le lacrime iniziano a
scorrerle sulle guancie rosse. Io voglio abbracciarla e consolarla, ma le sue
parole mi hanno fatto male.
E
così vuole chiudere tutto? La disperazione mi assale ma la
nascondo.
-
So cosa vuoi dire. Mi sentivo nello stesso modo quando credevo che tu stessi con
Drogo. Tutt’ora riesco a percepire i forti sentimenti che nutri per lui, e
tutt’ora ne soffro. Quindi non posso darti una colpa se vuoi lasciarti tutto
alle spalle. Ma se decidessi di continuare io posso prometterti che farò ogni
cosa in mio potere per evitare questo matrimonio e tornare da te. Posso
giurartelo. - Le dico, giocandomi
la mia ultima carta e vedendola chiaramente confusa. Sono spaventato da ciò che
può dirmi, il tramonto è ormai passato da un pezzo, se solo mi dicesse di no
potrei scappare e andarmi ad uccidere prima che lei riuscisse ad accorgersene.
Sento il bisogno di schiaffeggiarmi per ciò che ho appena pensato, sento il
bisogno di piangere per ciò che lei può dire, sento il bisogno di fare l’amore
con lei, quello sempre.
-
E se lo smascheramento di lei e Frijof non funzionasse? E se non trovassimo il
modo di annullare questo matrimonio? E se.. –
Mi
avvicino a lei che subito ammutolisce, forse ha paura che la baci, o forse vuole
che la baci. Ma io non lo faccio, mi metto solo più
vicino.
-
Con le supposizioni non si risolve nulla. – Le dico, sfiorandole il naso col mio
e soffiandole queste parole a direzione delle labbra. Lei trema, lo fa sempre
quando è vicino a me, segno che le piaccio, che le faccio un certo effetto. Il
mio stupido ego maschile si compiace.
-
Io ti ho promesso che farò di tutto. E se nulla funzionasse, scapperemo insieme,
in un altro mondo, tu mi sognerai e resteremo in quella stanza bianca per
sempre. – Le sto proponendo la morte, me ne rendo conto mentre parlo, ma lei non
sembra sconvolta, né disgustata. E’ allettata.
-
Oppure la ucciderò. Ucciderò chiunque si frapporrà tra di noi. Te lo prometto,
Era. Io e te staremo insieme, alla fine. A qualsiasi costo.
–
Le
sue lacrime continuano a scorrere e le sue braccia si stringono attorno a me,
abbracciandomi forte e baciandomi la spalla. La stringo
stretta.
-
Si. – Dice soltanto, alzando poi gli occhi. – Si. Ce la faremo. – Promette
ancora, continuando a guardarmi e a farmi tenerezza.
-
Non sono niente senza di te, niente. Non posso starti lontano. – Ammette per
ultimo, avventandosi sulle mie labbra e baciandomi appassionatamente. Sento la
sua lingua cercare la mia e la accontento più che felice, le accarezzo i capelli
legati, le spalle nude, le braccia e la faccia. Lei sposta le sue mani lungo
tutta la mia schiena, stringe i fianchi, poi le spalle, infine ricomincia
d’accapo. Sembra quasi che ci stiamo toccando per la prima volta, siamo entrambi
emozionati come mai lo siamo stati.
-
Dovremmo ripartire? – La sua è una domanda e a malincuore devo risponderle di
sì. Siamo vicinissimi ai Cimiteri, se ci trovassero qui si farebbero strane
idee, e poi preferisco passarci la notte, per non vedere tutti gli orrori che si
celano tra quegli alberi e quelle pietre. Disumano.
-
Sì. Ma prendiamoci altri cinque minuti. Mi sei mancata. – Le confesso,
rendendomi conto di quanto sia diventato sincero e aperto con lei. Lei mi
sorride baciandomi di nuovo, io la sollevo e la faccio sedere su di
me.
Ho
bisogno di sentirla tutta, ho bisogno di baciarla tutta.
-
Ti amo. – Mi sussurra sulle labbra, facendomi tremare
d’emozione.
Appoggia
le sue piccole mani sulle mie spalle e si stringe ancora di più a me, sedendosi
sulla parte più calda del mio corpo. Sussulto eccitato.
-
Ti amo. – Le rispondo con convinzione, a voce bassa. La sua mano giocherella col
mio petto, sfiorandomi i capezzoli e il bordo dei
pantaloni.
Io
le tocco i seni, incapace di controllarmi. Sembro un maledettissimo adolescente
alle prime armi.
-
Non ho mai fatto sesso con lei. – Le confesso, sputandolo senza sapere il
perché, questo non è il momento.. ho forse rovinato tutto?
-
Tu sei stata l’ultima. – Dico e lei si ferma, e sorride felice. Io mi avvicino
per baciarla, ma lei mi anticipa avventandosi sul mio collo e sbottonandomi i
pantaloni.
-
Era.. – La chiamo, a metà tra il sorpreso e il severo. Lo voglio tanto ma non
abbiamo tempo. Ogni dubbio passa quando la sua mano comincia a masturbarmi
velocemente, capisco che non vuole fare l’amore, sa che non c’è tempo. Vuole
solo rifare ciò che mi ha visto fare stamattina.
Sono
tentato di fare la stessa cosa e infine, quando mi ritrovo con la mano dentro le
sue mutandine, mi sorprendo di quanto poca forza di volontà riesco ad avere. Mi
muovo veloce, anche il mio obbiettivo e farle provare piacere. Lei è veloce, io
vado in profondità, toccandola con due dita.
Sento
i suoi ansiti accanto al mio orecchio e mi emoziono, possibile che esista un
suono più bello di questo in tutto il pianeta? Non esiste.
Lei
continua a masturbarmi con due mani, ed è la sensazione più bella del mondo,
quando però lascia una mano per aggrapparsi e stringersi alla mia spalla capisco
che è vicina all’orgasmo quindi velocizzo, e lei fa lo
stesso.
Sento
una morsa nello stomaco e capisco che anche io sono
vicinissimo.
-
Ah.. – La sento svuotarsi sulla mia mano e faccio lo stesso sulla
sua.
-
Oh.. si. – Sussurra, sfacciata, ricomponendosi dopo poco. La guardo rapito, mi
alzo dopo di lei e la blocco quando cerca di uscire.
-
Aspetta. – Le dico, abbracciandola stretta. Lei, sorpresa getta il pezzo di
stoffa con cui si era pulita la mano, e mi stringe forte mentre io la sollevo di
poco, baciandole la spalla.
-
Non lasciarmi mai più. – Sussurro, spaventato e insicuro come un fottutissimo
ragazzino. Odio ridurmi così, quando c’è lei.
-
Mai. – Mi promette. – Io non ti lascerò mai solo. – Continua, riempiendomi il
cuore di gioia e speranza. Poi però aggiunge:
-
Tu non osare sfiorarla ancora. Né lei, né nessun’altra. – Il suo tono severo e
glaciale mi mette quasi i brividi, è arrabbiata, seria,
indiscutibile.
Le
accarezzo i capelli, le bacio la fronte e la metto lentamente
giù.
-
Non lo farò. – La mia voce è quasi un sussurro ma la
rassicura.
Mi
prende per mano e mi porta fuori dove Haydes e Adelasia ci aspettano, molto
vicini, infreddoliti e teneri. Sorrido e mi avvicino al mio destriero grigio. Lo
accarezzo finché lui me lo permette, poi monto in sella, Era fa la stessa cosa,
mettendosi attorno alle spalle un telo di iuta. Probabilmente è quello che gli
ha regalato Mikel quando l’ha trovata nella foresta.
Una
morsa di gelosia mi attanaglia lo stomaco, ma la scaccio via. Lei è mia, lo è
sempre stata e lo sarà sempre. Lo leggo nei suoi occhi.
Partiamo
al galoppo, raffreddandoci e maledicendo il clima.
Il
vento glaciale ci fa bruciare la pelle scoperta e ci congela il
resto.
COMMENTATEEEE.
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Capitolo 41 *** Orrori e cimiteri. ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
.
Era
POV
Orrori
e Cimiteri.
-
Non possiamo continuare. – Mi dice Ate, sconvolto e stremato, quando anche la
grandine inizia a tormentarci. Possibile che la natura ci voglia impedire di
andare avanti?
-
Dobbiamo trovare un riparo al più presto. – Mi informa, ed io tremo senza
riuscire a rispondere, Adelasia è scossa da forti brividi.
Camminiamo
piano, sia per dare un po’ di pace ai cavalli, sia per non sentire troppo
freddo, tutto in una sola volta. Poi, i miei occhi vedono qualcosa di
sconvolgente. Un grosso cancello in ferro nero.
-
Di là. – Ho la forza di dire, Ate si volta e urla qualcosa che non riesco a
capire. Il cancello è socchiuso ed io parlo al galoppo con Adelasia, smaniosa e
desiderosa di trovare al più presto un riparo.
Il
buio è ormai totale, il freddo insopportabile, la stanchezza e il dolore mi
sfiancano. Ate continua a urlarmi qualcosa ma non ho la forza di sforzarmi e
sentirlo, non riesco nemmeno a girarmi. Anche il telo di iuta che Mikel mi aveva
dato una settimana fa è ormai inutile.
Il
freddo si è appropriato dei miei pensieri, del mio corpo, della mia anima e di
tutto ciò intorno a me. Adelasia, ormai tremolante, continua a camminare in quel
sentiero scuro e sinistro.
Ad
un tratto, un odore ferroso e disgustoso mi colpisce alle narici, quasi
provocandomi un conato di vomito. E’ più o meno lo stesso odore che ho sentito
quando ho salvato Ate, nella radura, mesi fa.
Sangue.
Putrefazione. Sudore. Morte. Improvvisamente
tremo di paura.
Qualcosa
mi colpisce alla spalla, mi volto e vedo un piede umano, alla altezza della mia
schiena. Alzo gli occhi timorosa e noto che, su di me, attorno a me, accanto a
me è pieno di cadaveri attaccati agli alberi.
Sangue
rattrappito, mutilazioni, squarci nella pelle, orrore. La cosa che mi sconvolge
di più è un cadavere minuscolo, appeso a un ramo, con un grosso squarcio sul
petto, era un bambino di cinque o sei mesi al massimo.
Urlo
con quanto più fiato ho in gola e subito Haydes mi raggiunge con Ate. Anche il
freddo sembra quasi scomparso. Ate mi fa salire su Haydes e tiene Adelasia per
le briglie. Cammina lentamente, e mi conforta.
Mi
siedo davanti a lui, faccia a faccia, e lui mi stringe
forte.
-
Vieni qui. – Mi sussurra, mentre sovrappongo le mie gambe alle
sue.
-
Chiudi gli occhi, non ci pensare. Non ci pensare. – Mi sussurra mentre io
continuo a piangere disperatamente, anche la sua voce ha un non so ché di triste
e sconvolto. Mi nascondo nell’incavo tra la sua spalla e il collo e continuo a
piangere. Le facce piene d’orrore e dolore di tutti quei morti mi torturano, non
mi lasciano in pace. Se apro gli occhi me li trovo davanti, se li chiudo li
ritrovo nella mia mente. Sono senza via di scampo.
Mi
brucia tutto il corpo, ormai ustionato dal freddo. I capelli e la testa sono
stati martoriati dalla forte grandine, ma il dolore più grande c’è l’ho al
petto, perché ho visto quello spettacolo disumano.
-
Era solo un bambino.. avevi detto che erano criminali.. lui era appena nato, era
squarciato.. c’erano donne incinte, anziani, bambini. –
Sussurro
al suo orecchio, piangendo disperatamente e tremando
forte.
Lui
vuole abbracciarmi ma è occupato a portarmi fuori di lì. Deve guidare Haydes,
Adelasia e deve stare attento a non farmi cadere.
Dopo
minuti interminabili di pianti Ate mi comunica che siamo fuori dai Cimiteri. Io
apro gli occhi e l’unica cosa che vedo nel buio è un cancello grigio, che segna
la fine di quel luogo degli orrori. Sospiro riprendendomi.
-
Dobbiamo trovare un rifugio o moriremo. – Mi sussurra, il vento è diminuito, non
grandina più. Ma noi siamo troppo stanchi e indeboliti, il freddo finirà per
ucciderci. Dopo qualche altro minuto Ate nota una piccola sporgenza in una
roccia, decide di fermarsi lì.
Mi
fa scendere da cavallo lentamente, io vorrei piangere e urlare per il dolore
della pelle ustionata dal freddo ma lui resiste, e allora resisto anche io.
Adelasia è ormai tormentata da brividi e tremori che la rendono instabile,
decidiamo di far entrare subito i cavalli nella sporgenza o anche loro moriranno
e noi non avremo più un mezzo di trasporto.
Poi
li seguiamo. Ate si prodiga subito per accendere il fuoco che ci riscalderà ed
io preparo i giacigli per la notte. Esco fuori e raccolgo paglia, foglie ed erba
in grosse quantità, congelo e rientro nella caverna.
Il
fuoco è già acceso, do da mangiare ai cavalli e poi mi accovaccio sul petto di
Ate, che è sdraiato davanti al fuoco.
-
Mi dispiace per ciò che hai visto. – Mi sussurra, riportando alla mente occhi
spalancati, bocche aperte, squarci, sangue, ferite, morte,
orrore.
Io
mi stringo ancora di più a lui e cominciamo a parlare. In breve tempo la tetra
conversazione si trasforma in un insieme di ricordi, esperienze d’infanzia,
condivisioni che mi incuriosiscono e distraggono dal
dolore.
-
Mia madre si chiama Felia e proviene dal Borgo Ombroso. Lì la vita non è molto
facile, le donne spesso vengono tratte in schiavitù e portate a lavorare nei
campi ma lei ebbe la fortuna di conoscere mio padre, Kerhter delle Pianure
Rocciose, che la prese con sé e la sposò, sottraendola ad un destino crudele e
meschino. – La sua voce è fiera, sicura, quasi priva d’emozione o forse
contenente orgoglio e tenerezza.
-
Mia madre mi raccontò che i primi tempi la convivenza con mio padre fu
pressappoco impossibile. Lui l’amava ma era stato cresciuto da una famiglia di
spietati guerrieri di conseguenza non sapeva come trattare degnamente una donna.
Lei era passata da essere una schiava nelle piantagioni, ad essere schiava del
marito. Poi, col passare degli anni, mio padre si ammorbidì a piano a piano,
anche se è sempre rimasto molto chiuso mentalmente. Io e le mie sorelle
scappammo a giovane età, Egle ci seguì poco dopo. Solo mio fratello Zavier
rimase in casa con lui, e sopportò tutti i suoi soprusi, i suoi insegnamenti
severi, le sue crudeltà. –
Mi
spiega, rattristandomi. Allora non ero l’unica ad aver vissuto un’infanzia
difficile. Io avevo dovuto sopportare il rigore e la freddezza di Nike e Gea, ma
lui era addirittura scappato da bambino e sopportato molte cose che non oso
tutt’ora immaginare.
-
Mio padre aveva già trovato mogli e mariti per tutti noi.
E’
stato lui a sistemare Zavier con Iman, ed è stato lui a programmare la
gravidanza di lei. Anche Nasir è stata costretta a sposare un uomo di cui poi si
è innamorata e che ha perso in battaglia. E’ stato mio padre ad arruolarlo
nell’esercito e a condurlo alla morte. Egle e Alais si sono sempre rifiutati di
farsi accoppiare con qualcuno, come le bestie. E anche io.. fin quando.. – Si
zittisce.
-
Fin quando non hai accettato di sposare Taji. – Sussurro tristemente. Lui mi
stringe ancora di più a sé ed io inspiro il suo ottimo
odore.
Haydes
e Adelasia dormono vicini, quasi attaccati, si riscaldano a
vicenda.
-
Esatto. – Conferma, altrettanto tristemente. – Ma non gliela darò vinta.- Mi
promette alludendo al fatto che si libererà di Taji il prima possibile, come da
giuramento fatto. Io ho fiducia in lui e mi rassereno.
-
E.. com’è finita con la tua famiglia, alla fine? – Domando curiosa, aspettando
la fine della storia che non arriva. Ate sospira.
-
Bhé.. quando io e le mie sorelle siamo scappati di casa, mio padre è tornato ad
essere il vecchio burbero e spietato che mia madre aveva conosciuto. Solo Egle e
Zavier rimasero con lui, ma quando anche Egle scappò via, per venirci a
raggiungere, mio padre si trasformò definitivamente. Si arruolò nell’esercito,
dove aveva già un posto serbato. Fu il generale di diverse battaglie, sfogò la
sua rabbia su molti cadaveri, compì diverse stragi e quando fu troppo vecchio
per combattere tornò a casa e costrinse mio fratello Zavier a prendere le sue
orme. Mia madre nel frattempo perse pazienza, forza d’animo e speranza, scappò
via anche lei, tutt’ora non so dove. – Mi comunica e io provo un moto di pietà
per quella famiglia distrutta, per sua madre, per suo fratello, per
lui.
-
Quando mio padre si accorse che Zavier non era portato per la guerra lo
costrinse a vivere tra i morti, facendo il Raccoglitore, come punizione per non
essere un guerriero capace. Adesso mio padre vive da solo, credo si sia
risposato con una donnaccia o qualcosa del genere. Zavier continua a fare la
vita che mio padre ha programmato e nessuno di noi è più in contatto con lui.
L’ultima volta che l’ho visto è stato durante la festa di fidanzamento tra me
e.. Taji. Non mi ha rivolto nemmeno la parola. –
Il
suo racconto si conclude nel peggiore dei modi e io mi ritrovo, per un attimo, a
pensare a quante vite quell’uomo abbia distrutto.
Ha
smantellato una famiglia, manovrato tutti i suoi figli per portarli alla fuga o
all’autodistruzione, deluso e perso sua moglie, rovinato la vita di tutti. Penso
a Nasir, alla perdita che ha dovuto subire a causa dell’irragionevolezza del
padre. Penso a Zavier, al terribile lavoro che deve fare, al fatto che a
diciotto anni deve già crescere una figlia, mantenere una moglie, sottostare al
volere del padre. Penso a Felia, alle torture e al dispiacere che ha vissuto per
anni a causa di quell’uomo, alla disperazione per la perdita dei figli, alla
fuga improvvisa, alla distruzione della sua famiglia.
-
Mi dispiace tanto che tu abbia dovuto subire tutto questo. E’ ingiusto,
orrendo.. vorrei tanto che tu avessi avuto il meglio dalla vita. – Sussurro
sincera e piena di dispiacere. Ate mi accarezza la testa.
-
Ce l’ho adesso. – Sussurra, io alzo il capo e lui mi bacia
lascivamente.
Le
sue mani scendono ad accarezzarmi spalle e schiena, mentre io percorro i suoi
tratti facciali con la punta delle dita.
-
Raccontami di te. – Mi chiede ad un tratto ed io decido di sbloccarmi come ha
fatto lui, di raccontargli tutto.
-
Io vengo da Opera, una delle più grandi città delle mie Terre. Lì risiedono la
Congrega degli Anziani e il Tempio delle Sacerdotesse. La mia casa di trova al
centro della città, accanto alla Locanda di Odelia.
Sono
cresciuta in casa con mia nonna e mia madre, e fino ai nove anni non ho mai
messo piede fuori casa. Nemmeno per giocare un po’. Studiavo in casa, insieme a
mia nonna. Poi però mi mandarono alla Prima Scuola dove conobbi altri bambini e
iniziai a studiare poesia.
Mi
innamorai subito di quella materia e iniziai a leggere centinaia e centinaia di
libri sull’argomento. La poesia mi aiutava a pensare, a formarmi un mio modo di
ragionare, a non farmi plasmare dalle idee della nonna. Mia madre è sempre stata
spenta, incolore, inodore, priva di qualsivoglia forza. Non ha mai avuto la
forza di contraddire mia nonna, non ha mai avuto la forza di opporsi a nulla,
non ha mai avuto la forza di disobbedire o prendere una decisione per me. Ha
lasciato andare mio padre e mi ha mentito per tutta la vita, a riguardo. Mia
nonna invece ha sempre deciso per me, vissuto per me. A dieci anni tutte i
bambini e le bambine cominciavano a uscire, giocare, divertirsi insieme. Io
invece ero chiusa in casa a studiare a memoria tutti gli scritti sugli Antichi e
sulle regole delle nostre Terre. Tutti giorni ero costretta a passare quattro
ore nel Tempio a pregare, a meditare, a sentire la presenza degli
Dei.
Mia
nonna non mi permetteva di uscire nemmeno quando stavo male. Anzi, ogni volta
che mi lamentavo, mi aumentava le ore. Una volta mi ha tenuta chiusa lì dentro
per quasi due giorni, senza cibo né acqua. – Vedo Ate sbiancare, forse non si
immaginava che anch’io avessi visto la mia buona dose di
crudeltà.
-
Oltretutto mi ha sempre fatto odiare mio padre, anche se in fondo al cuore ho
sempre saputo che uomo fosse. Dopo anni di costrizioni, freddezza, obblighi.. ho
ottenuto il permesso di andare a studiare la mia amata poesia. E bhé, il resto
lo sai. – Concludo, con un po’ di tristezza nella voce. Il pensiero di mia nonna
mi rattrista sempre.
Lui
mi carezza ancora una volta la chioma bionda e mi stampa un bacio sulla
fronte.
Amore.
Dedizione. Affetto. Apprensione.
Ate
mi culla per tutto il tempo finché non mi addormento. So che mi ama, so che non
mi farà mai mancare niente. E nonostante gli ostacoli, i fraintendimenti, la
paura, la guerra e il dolore, so per certo che lui resterà per sempre mio. E io
farò di tutto per essere sempre sua.
Come
promesso, un altro capitolo.. il prossimo sarà pov Egle, fatemi sapere cosa ne
pensate.
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Capitolo 42 *** Sensi di colpa ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Capitolo dedicato a Mary.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Egle POV.
Sensi
di colpa.
Ho
vomitato a lungo, il sapore del sangue mi impasta tutt’ora l’interno delle
guancie. Provo disgusto per me stesso, per ciò che il Mostro mi fa diventare.
Per il modo in cui ho morso quel contadino, ore fa.
-
Andrà bene. – Per l’ennesima volta la voce di Asia, l’unica donna che abbia mai
amato follemente, prova a consolarmi inutilmente.
Sento
il senso di colpa dilaniarmi dall’interno.
Dovrei
essere io a tirarle su il morale, a confortarla, a
proteggerla.
E
invece sono io il suo pericolo più grande, il motivo dei suoi dolori, la causa
dei suoi dispiaceri. Mi faccio schifo anche per il solo fatto che non riesco ad
allontanarmi da lei e a proteggerla da ciò che ho dentro.
Ma
questo non riesco a dirglielo, come un approfittatore lascio che lei mi culli,
mi riscaldi con le sue mani morbide, mi rassicuri e mi faccia sentire protetto.
Almeno finché il Mostro non riaffiorerà ancora, e allora ci saranno altri morti,
altro sangue, altre lacrime, altre urla. Altro dolore.
-
Passerà. – Continua, e una lacrima mi bacia la spalla. Soffre, soffre
maledettamente a causa della mia situazione ed io non faccio nulla per
proteggerla. Avrei dovuto lasciarla, impedire di tornare da me.. ma il mio
egoismo, il mio bisogno di lei non me l’ha mai permesso.
Possibile
che il bisogno di averla accanto sia più importante di tutto il resto? Più
importante della sua vita stessa forse, e certamente della
mia.
-
Tornerai da me, per sempre stavolta. – Continua, tra singhiozzi e parole
strozzate. Continua a soffrire, continua
a piangere per me. Sta da cani.
-
Mi dispiace. - - Non è colpa tua. - - Non dipende da te.
-
Le
solite false affermazioni, le solite menzogne.
Il
Mostro scatena solo la parte nascosta di me, non fa altro che liberare tutto
l’odio, la perversione, la rabbia che c’è dentro di me.
Il
Mostro è solo disinibitore. E’ solo una scusa, un modo più facile per far
uscire la mia vera natura. La natura di
un assassino, di un carnefice.
-
A che pensi? Sei distante. – Mi dice, toccandomi appena la
spalla.
Siamo
sdraiati di sbieco sul letto, lei è dietro di me e mi accarezza la nuca e le
spalle ad intervalli irregolari. A volta piange, a volte
sospira.
-
Sto bene. – Sentenzio debole. Non ho nemmeno la forza di parlarle e darle
qualche frase di conforto. Sono un incapace, un meschino.
Sono tornato a casa da quasi tre giorni, Nasir mi ha
abbracciato freddamente come al solito. Frijof si è limitato a farmi un cenno
glaciale.
-
Non stai bene. Come puoi dire di stare bene? –
Reouven
mi ha stretto la mano compassionevole e Taji mi ha guardato con disprezzo, schifo,
superiorità. Asia mi ha baciato e abbracciato a lungo, poi ha pianto per altrettanto
tempo, mi ha picchiato, mi ha odiato e ha ricominciato ad amarmi perdutamente.
Fino alla
morte.
-
Cosa vuoi che ti dica? – Ed ecco una volta il mio tono distante, colpevole, che
non fa che provocare altri danni. Sono davvero crudele nei suoi confronti, non
vorrei trattarla con misura, ma non riesco a fare
altrimenti.
-
Sfogati, maledizione! Sono la tua donna, sono la tua migliore amica. Possibile
che dopo tutto, non hai proprio nulla da dirmi? –
Sento
il freddo dietro di me e quando me la trovo davanti, in piedi, fiera e
arrabbiata, mi accorgo che si è alzata e me ne rattristo. Ha preso le distanze
come faccio sempre io, ogni volta che sto male e mi chiudo in me stesso, nella
mia prigione formata da ossa e sensi di colpa.
-
Ma cosa dovrei dirti? – Continuo a trattarla come se fosse una sconosciuta, come
se non le dovessi nessuna spiegazione. Come se non le dovessi la mia intera
vita. Rispondo alle domande con altre domande, questo è l’unico modo per evitare
lo sfogo.
Io
non sono debole, non posso piangere o lasciarmi andare. Devo essere forte, per
me e per lei. Devo continuare per me e per lei. Per
noi.
-
Sei.. sei incredibile! – Si infuria, le guancie le si imporporano, mi sembra
quasi di vedere i capelli arancioni rizzarsi come degli aghi di
porcospino.
Stringe
i pugni e gli occhi blu le si velano di lacrime. E’
stupenda.
-
Lasciami solo. – L’ennesima richiesta sofferta, l’ennesimo
rifiuto.
Lei
prova a starmi vicino, a capirmi, a farmi sentire meglio ed io la scaccio via
come se fosse la peggiore delle seccature. Ma è la mia ragione di
vita.
-
No! – Tuona immediatamente, fuori di sé. – Non ti lascerò in pace finché non mi
parlerai e non mi renderai partecipe, brutto.. –
Sono
ad un soffio da lei, dai suoi occhioni che mi guardano
spaesati.
Non
si aspettava questo gesto da me, si zittisce subito prima di riuscire a dire
qualcosa di cui poi si pentirebbe di certo. Stupida morale da creatura suprema, come
sempre. Stupida educazione, stupida calma.
-
Vuoi essere partecipe di tutto questo schifo? – Urlo, incredulo e arrabbiato. Ma
non con lei, con il mondo intero. – Come osi chiederlo? Non ti vergogni a voler
partecipare al mio scempio? Ho ucciso uomini, Asia! Ho ucciso decine di uomini,
donne e bambini! Li ho morsi, dilaniati, colpiti e ammazzati! – Ammetto,
finalmente sputando tutto il dolore che ho in corpo. Sento le mie corde vocali
vibrare e liberarsi in un ringhio gutturale.
-
Ti ho stuprato, che siano dannati gli Dei! – Questa bestemmia non fa altro che
indurire ancora di più il mio discorso. – Ho quasi ucciso uno dei nostri! Ho
quasi violato Era! Ti ho picchiata, distrutta, tradita! E tu osi ancora
chiedermi di voler sapere come mi sento a riguardo? Pensi sia facile da
ricordare, da esprimere? – La rabbia che esce fuori dal mio sguardo è nulla in
confronto a quella che ho sepolta nel cuore. Le mie parole ne sono solo una
piccola dimostrazione!
- Sto da schifo! Ok? Sento ancora il sangue di quell’uomo che ho morso prima
nella bocca! Sento ancora i corpi freddi tra le mie braccia assassine, sento
ancora i corpi caldi delle donne che ho violentato! – Continuo ancora, facendola
indietreggiare sconvolta. So di starle facendo ancora più male ma il mio fiume
di parole non vuole fermarsi.
-
Mi faccio schifo, vorrei uccidermi! E non perché il Mostro me lo comanda, ma
perché sono i miei sensi di colpa che mi rendono impossibile la vita! –
Quest’ultima affermazione le fa spalancare il cuore, non avevo mai contemplato
il suicidio e ora mi ritrovo a volermi uccidere per la disperazione. Ecco cosa è
rimasto di me, solo un uomo disperato.
-
Io ti starò vicino sempre. – Sussurra, interrompendo il mio monologo. Io la
guardo stupito. Possibile che dopo tutto ciò che ho ammesso, che dopo tutto ciò
che le ho fatto, il suo amore resti forte e immutato?
-
Non devi. – Le sussurro, in un getto di rabbia. Sento il Mostro cibarsi di quel
sentimento, accompagnato da delusione, scoraggiamento,
sconfitta.
-
Io voglio. – Mi risponde a tono, stessa rabbia, stesso scoraggiamento nella
voce. Stessa disperazione. Tremo per l’emozione.
Non
avevo mai capito, provato, sfiorato l’amore, prima di lei.
Nemmeno
per un pizzico, nemmeno per un po’.
Ed
ora mi ritrovo con un oceano infinito d’amore, sprigionato solo da questa
stupenda testa rossa davanti a me. Mi lusingo, ne vivo.
-
Ti farò ancora del male. – Le dico avvicinandomi troppo lentamente per lasciarle
il tempo di scappare, o allontanarsi ulteriormente.
-
Lo so. – Dice, facendo anche lei un passo verso di me, col sorriso spento sulle
labbra. Col sorriso di una che ha perso, di una persona
infelice.
-
Il Mostro non si placherà davanti a niente. – Le assicuro un’altra cosa che la
rattrista ancora di più ma lei fa un altro passo verso di
me.
-
Lo so. – Risponde soltanto, mordicchiandosi le labbra in maniera adorabile e
incredibilmente insicura. Un altro passo verso di me.
-
Ti tradirò. Ti picchierò. Ti umilierò ancora. – Prometto anche questo, facendo
un ennesimo passo verso di lei. Siamo vicini, troppo vicini. Il Mostro si muove
dentro di me, tra le mie vene e i miei tendini.
Il
suo respiro fiorito mi riscalda il naso ed il cuore. E’ una
visione.
I
capelli sono scompigliati ma lucenti. Gli occhi lucidi e pieni di sentimenti
contrastanti che mi spaventano e mi attraggono.
Amore.
Odio. Paura. Devozione.
Il
corpo fasciato da abiti in pelle. Stretti, troppo stretti.
Le
braccia sottili, ricoperte da una femminile peluria
chiara.
Il
collo scoperto, caldo ed invitante. Il piccolo seno
costretto.
La
pancia piatta, morbida, liscia. Le gambe lunghe, allenate.
Il
sedere rotondo, sodo. I polpacci muscolosi, sottili.
Il
corpo minuto, magro, formoso, da vera donna.
-
Lo so. – Compie l’ultimo passo che fa unire le nostre labbra ed io, come primo
istinto, ho quello di scacciarla malamente via.
Ogni
bacio mi riporta alla mente tutti i sensi di colpa e l’amore che
provo.
Ma
l’amore è più forte del resto, la passione mi divora, il bisogno di lei è
invincibile, instancabile, impossibile da scavalcare.
Le
mie labbra si muovono sulle sue, le mie mani si aggrovigliano tra le onde rosse
dei suoi capelli profumati. Il mio corpo si stringe al suo, aiutato delle sue
mani che mi toccano fianchi, costole e scapole.
-
Ma non smetterò mai di esserti servo. – Giuro alla fine, sulle sue labbra e sul
suo fiatone che ho appena smesso di provocare.
-
Lo so. – Dice un ultima volta ed io capisco che sarà impossibile spezzare il
legame che abbiamo. Se la lasciassi, se la calpestassi e cacciassi, lei
continuerebbe ad accarezzarmi, baciarmi, coccolarmi e
amarmi.
Ed io continuerei a fare lo stesso. Perché è tutto ciò che
i nostri cuori, i nostri istinti, le nostre menti, i nostri desideri ci
permettono di fare.
- Non smetterò mai di amarti. -
- Lo so. - Continuiamo con promesse e rassicurazioni. -
Nemmeno io. - Aggiunge stavolta.
- Giuro. -
- Giuro. -
Ed ecco come se la
cavano Egle e Asia, un bacio.
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Capitolo 43 *** Rimpianti ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Questo capitolo lo dedico a Ciccio, che mi ha
ispirata ad arrabbiarmi tanto :D
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Reouven
POV.
Rimpianti.
Sono
passati quindici giorni dalla partenza di Ate e di mia figlia ma non ho ancora
avuto notizie. La preoccupazione mi dilania dal momento in cui apro gli occhi al
mattino a quello in cui riesco ad addormentarmi la sera.
Mi
è quasi impossibile dormire ormai, dato che Era potrebbe già essere pasto per i
lupi da diverso tempo. Drogo si è svegliato ieri, è debole, ha avuto il tempo di
biascicare qualche parola incomprensibile è poi è nuovamente caduto in un sonno
che non ha mai fine.
Come
la mia disperazione, il mio dolore, il forte senso di
impotenza.
Impotente
perché non ho avuto la forza di combattere per l’amore della mia vita, per mia
figlia, per una famiglia.
Impotente
perché non ho avuto la forza di contattare Gea in tutti questi anni e non ho
saputo spiegarle nulla.
Impotente
perché
ho aspettato che fosse mia figlia a trovarmi, perché se non fosse per me lei non
sarebbe qui.
Impotente
perché non riesco a curare Drogo ed Egle come dovrei.
Impotente
perché non sono mai stato presente nella vita di Era, non le ho imparato le arti
curative, né l’ho vista crescere e imparare.
Impotente
perché una vecchia malvagia è riuscita ad allontanarmi dalle due cose che mi
avrebbero reso felice per sempre.
Impotente
perché io sono qui, Era è in pericolo e Gea in trappola.
Improvvisamente
apro gli occhi e noto che è già giorno da un pezzo. Forse è addirittura
mezzodì. Quanto tempo ho dormito?
Quanto tempo ho pensato? Quanto tempo ho pianto? Quanto tempo sono stato impotente?
Mi
alzo di scatto e sento la schiena scrocchiare, ulteriore segno della mia
spossatezza fisica e degli anni che segnano il mio corpo. Forse
troppi.
Sono
passati ben vent’anni dall’ultima volta che ho visto Gea e questo pensiero di
ferma come un groppo alla gola, portandomi alla mente ricordi che ho sempre
preferito accantonare.
E’
una giornata piovosa nella città di Opera. Gea ha sempre amato la pioggia e
nonostante sua madre non voglia che torni a casa zuppa e raffreddata lei non
riesce a fare a meno di mettersi sotto le gocce del
cielo.
E’
lì che Reouven la vede per la prima volta. Non è di certo la prima volta che
mette piede in quelle Terre, né tantomeno in quella città, non è di certo la
prima creatura che vede, né la prima bionda. Ma quella ragazza, bella e pura
come tante altre, suscita in lui un sentimento che non provava da tanto, troppo
tempo. Interesse.
Reouven
le si avvicina piano, silenzioso, come un felino che vuole agguantare la preda e
farla a pezzi.
Ma
lei è scaltra, allenata.
Si
volta di scatto e spalanca gli occhi, il cappuccio di Reouven è scivolato via e
Gea ha piena visione dei suoi occhi neri e dei suoi capelli altrettanto scuri e
misteriosi. Non ha dubbi, lui è un guerriero della morte. Ma non indietreggia,
qualcosa dentro di lei la fa rimanere immobile. Reouven le sorride delicato e
lei, inspiegabilmente, gli tende una mano. Sono al centro della piazza popolare
e nonostante non ci sia nessuno nelle vicinanze non vuole rischiare d’essere
vista e riconosciuta.
Nike
gliela farebbe pagare molto cara, questo lei lo sa
già.
Reouven
le prende la mano liscia e morbida e si fa condurre in un cortiletto appartato,
dove poi lei si allontana facendolo incuriosire ancora di più. Perché stava in
mezzo alla pioggia, tutta sola e con la testa alzata verso il cielo plumbeo?
Perché non era scappata? Perché l’aveva portato in un luogo appartato? Perché
non aveva paura? Troppe domande senza risposta, troppi dubbi senza certezze,
troppo mistero che lo intrigava.
Avrebbe
potuto ucciderla, questo lei lo sapeva, ma nonostante tutto in quelle pupille
nere lei non leggeva crudeltà. Solo disperazione.
Gea
è ben lontana dal ragazzo e lo guarda con curiosità, è spaventata e non riesce a
capire perché l’abbia trascinato con lei. Ha letto qualcosa in quegli occhi che
l’ha portata ad incuriosirsi, ad impietosirsi.
Reouven,
d’altro canto, non era meno confuso di lei. La vedeva, la vedeva chiaramente
davanti a sé e cercava di fare lo sguardo da cattivo.
Ma
quella ragazza era troppo strana, troppo diversa, non riusciva a suscitargli
altro che interesse. Lui voleva sentirla parlare ma lei non si degnava di fare
altro che guardarlo. Lui faceva lo stesso.
D’altronde
cosa avrebbero potuto dirsi? Chi sei, come ti chiami, perché sei qui.. tutte
domande futili a cui nessuno dei due avrebbe risposto con sincerità e per cui la
curiosità di entrambi non si sarebbe placata affatto.
Sembrava
semplicemente che volessero leggersi dentro, senza
parole.
Si
guardavano, si scrutavano, si studiavano e poi si bagnavano sotto la pioggia,
non c’era niente di sbagliato. Lei non gli stava parlando, né dando confidenza,
non si stava fidando. Lo stava semplicemente
studiando.
E
lui non si stava facendo scoprire, non stava tradendo la sua missione da
Interno, non stava spifferando nulla riguardo all’Organizzazione. La stava
semplicemente guardando.
Poi,
ad un tratto, dopo diverse ore o diversi minuti, l’incantesimo si spezza. La
voce della vecchia Turan si libra nell’aria, facendo sobbalzare entrambi. La
pioggia era fitta, la nebbia anche di più.
Possibile
che li avessero visti? Turan non usciva mai sul cortile, possibile che fosse
uscita proprio adesso, con questo tempaccio?
Gea
si maledisse per aver scelto un posto tanto ovvio, Reouven si insultò per aver
permesso che lei ce lo conducesse.
-
Gea? Sei tu? Chi è quell’uomo? – Sbraita la donna, Gea comincia a correre,
riprendendo Reouven per la mano. Ma lui stavolta non la segue, si rimette il
cappuccio e scompare nella foschia. Gea resta sola, tra la pioggia e la sua
solitudine. Non si capacita di ciò che ha appena fatto, non riesce a mandar giù
il fatto che quello straniero l'abbia lasciata
sola.
Corre
a casa zuppa e prende l’ennesimo rimprovero dall’Antica, mentre Reouven si
affretta a correre verso il confine. Deve fuggire il più lontano possibile da
quella, che in futuro, sarebbe diventata la sua maggior
debolezza.
Esco
dalla mia stanza e la luce mi travolge gli occhi, in camera mia era appena
soffusa. Li chiudo e li riapro più volte, fino ad abituarmi e percorro il
corridoio che mi porta alla cucina. Egle è seduto a tavola con accanto Frijof,
stanno mangiando qualche boccone insieme, senza parlare.
-
Buongiorno. – Troneggio, ormai quasi parte della casa.
Frijof
mi fa un lieve cenno con la mano mentre Egle si alza e viene a stringermi la
mano in segno di rispetto e saluto.
-
Tutto bene? – Domando, Frijof non risponde, Egle annuisce
falsamente.
Ad
un tratto vedo le sue mani tremare, i suoi occhi
inumidirsi.
Provo
a ricordare i testi che avevo letto sul Mutatio e sui sintomi d’apparizione.
Tremori
diffusi, lacrimazione, improvviso calo di temperatura corporea, muscoli
irrigiditi.
L’apparizione
del Mutatio, oltre che al caso, sembra sia anche particolarmente legata ad
ambienti poco sereni, situazioni pericolose o violente, o emozioni troppo forti.
In caso di apparizione, immobilizzare il soggetto, accendere una fiaccola
d’incenso, aloe, erba del drago, bardana e assenzio e assicurarsi che il Mutatio
sia scomparso prima di liberare il soggetto.
I
muscoli di Egle tremano davanti a me, due lacrime gli scendono dagli occhi e lo
vedo indietreggiare ed irrigidirsi.
-
Frijof, va via! – Sbraito, poco prima di essere colpito al viso da un violento
pugno di Egle. Frijof scappa dall’uscita principale ed Egle, dapprima tentato di
seguire lui, opta per scagliarsi contro di me.
Si abbassa quel tanto che basta per
iniziare a colpirmi al volto e al collo con forti e possenti pugni che rischiano
di farmi svenire da un momento all’altro. La gola mi si chiude quando Egle
sferra un gancio sinistro esattamente sulla laringe. Il mio urlo diventa
silenzio e prego che qualcosa riesca a fermarlo prima che mi uccida. Le sue mani
trovano il mio collo e cominciano a soffocarmi. Non ho più via di
scampo.
Morirò
prima di aver rivisto Gea, prima di aver rivisto mia
figlia.
Morirò
come un codardo, come un ignobile, come un impotente.
Poi
ad un tratto vedo dei ciuffi rossi volteggiare per aria e capisco che Asia,
ancora una volta, è qui per fare i conti con Egle.
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Capitolo 44 *** Farla finita. ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
A tutte le mie lettrici, con amore.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Asia
POV.
Farla
finita.
Egle
è dritto di fronte a me, proprio davanti al bancone della cucina, Reouven è
sdraiato a terra, Egle lo sovrasta e lo riempie di pugni e manate che entro
breve gli saranno letali. Poi lo strangola.
Non
c’è tempo per ragionare, né per andare a prendere il mazzo
d’erbe.
Improvviso,
urlando con quanto più fiato ho in corpo, prendo la sedia di legno che ho
accanto e la getto con quanta più forza ho in corpo contro le spalle di Egle che
si scuote e non smette di soffocare il padre della mia migliore amica. Cosa
fare? Non ho tempo per farmi assalire dal panico.
Prendo
un vaso di vetro, sulla cristalliera, e glielo scaglio contro chiudendo gli
occhi e piangendo come una disperata, lui molla per un secondo la presa, mi
guarda truce e poi si scaglia nuovamente su Reouven, ricominciando a stringergli
le mani attorno al collo. La sua espressione è così truce e sfigurata dalla
rabbia che non riesco a riconoscerlo come mio.
Senza
pensare oltre mi scaglio in una lotte corpo a corpo, i miei lunghi capelli rossi
finiscono ovunque e mordo le spalle di Egle con tutta la forza che ho dentro.
Sento il sangue impastarmi la bocca ed Egle, prendendomi per i fianchi con forza
inaudita, mi scaglia lontana, facendomi sbattere violentemente contro il muro di
cemento.
-
BASTA! – Urlo, notando che Reouven ha chiuso gli occhi.
E’
morto o semplicemente svenuto? Ancora una volta non lascio che il panico si
impossessi di me e mi alzo scattante, pronta ad un altro
attacco.
Mi
scaglio con potenza su di lui e gli mordo l’orecchio, graffiandoli le guancie
con le unghie, Egle vibra sotto i me e ringhia. Finalmente si alza, lasciando in
pace il corpo martoriato di Reouven e gettandomi a terra.
Non
ho nemmeno il tempo di riprendermi che lui è già su di me e mi strappa i
vestiti.
-
Brutta puttana! Infima troia! – Sbraita, fuori di sé, strappandomi i
pantaloncini e il top. – Adesso ti faccio urlare! – Urla ancora, stringendomi
forte un seno e gettandosi su di me per farmi violenza.
No,
ti prego. Di nuovo no. Mi
ritrovo a supplicare mentalmente.
-
NO! – Sento un urlo disumano provenire dalla gola rauca di
Reouven.
Si
alza e prende Egle di sorpresa, colpendolo con forza inaudita in
faccia.
Egle
cade all’indietro svenuto ed io urlo con tutto il fiato che ho in gola mentre
delle calde lacrime mi solcano il viso. Reouven è inginocchiato, senza più forze
ed io sono nuda, ferita, dolorante e decisa a mettere fine a tutto questo. Per
la terza ed ultima volta mi faccio forza e mi alzo, coprendomi malamente con la
tovaglia da tavola e corro nello sgabuzzino per prendere il mazzo di incenso,
aloe, bardana, erba di drago e assenzio.
Prendo
un fiammifero e accendo il mucchio d’erbe, l’odore è fortissimo, torno in cucina
e lo metto proprio davanti al viso di Egle, che è ancora svenuto. Nel frattempo
Reouven ha trovato la forza di alzarsi e mettersi a sedere su una
sedia.
Getto
la fiaccola davanti ad Egle e corro da lui, col cuore in
gola.
-
Come stai? – Mormoro piangendo. – Stai bene? – Reouven ha la faccia tumefatta,
piena di tagli e lividi che già si stanno formando.
Non
è messo bene ma nonostante tutto annuisce per
rassicurarmi..
-
Che è successo? Oddio no! – Sento una voce femminile alle mie spalle e vedo
Nasir appoggiata sconvolta allo stipite della porta, quasi le mancano le forze
per reagire. Vedere ancora una volta lo scempio che ha combinato Egle la
scombussola, e non poco. Reouven mi poggia una mano sulla spalla ed io torno a
guardare lui con gli occhi persi e spalancati.
-
Va’ in camera tua. Qui ci pensano loro. – Mi consiglia con voce irriconoscibile,
mi volto e mi accorgo che anche Alais è arrivata e si sta già dirigendo a curare
le ferite che io stessa ho inferto ad Egle.
I
morsi sulle spalle, sull’orecchio, i graffi sul collo e sulla nuca, le
manate.
Nasir
invece inizia a tamponare il viso di Reouven con degli impacchi d’erbe con
poteri guaritori.
-
Tu hai bisogno di cure? – Mi chiede, sconvolta Alais.
-
Lo sapevo, non sarei mai dovuta andarmene! – Sbraita nervosamente e
disperatamente Nasir, parlando tra sé e sé. Si sente
colpevole.
Io
rispondo ad Alais con un cenno e mi dirigo verso la mia stanza,
esausta.
Corro
quasi a perdifiato finché non mi getto sul letto,
distrutta.
Inizio
un pianto silenzioso e l’insopportabile ottimo odore di Egle e dappertutto. Mi
sento sopraffatta, mi sento fuori di me, ho bisogno di non averlo intorno per un
po’, ho bisogno di respirare aria insatura di lui.
Mi
alzo, mi getto addosso una veste lunga e informe, che solitamente uso per fare
le faccende di casa ed esco fuori, sul giardino
posteriore.
Inizio
a camminare lentamente, quasi come se ogni passo mi costasse un pezzo di cuore.
Possibile che mi stessi arrendendo? Sento come se ogni speranza si stia
affievolendo miseramente, come se non ci sarà mai fine.
Sento
il bisogno di tornare a casa mia, alla mia vita, e finalmente dopo mesi riesco a
provare i sentimenti che spinsero Era a fuggire da Ate.
Disperazione,
orrore, stanchezza, bisogno.
Non
credevo di poter contemplare una vita senza Egle, ma dopo tutti questi episodi
non riesco a contemplare una vita con lui. Non in questo stato almeno. Non
voglio abbandonarlo, e non lo farò. Ma vorrei.
Questo
pensiero mi spaventa a tal punto che mi inoltro nel capanno quasi
inconsciamente, è lì che abbiamo vissuto il nostro ultimo rapporto d’amore, e
quasi cerco qualcosa che mi tiri su.
Ma
quando entro vedo certamente un altro scenario.
Un
bambino, di circa quattro o cinque, sta frugando tra i
bauli.
E’
lercio, smilzo e apparentemente affamato. Sta piangendo sommessamente ed è
veloce, maledettamente furtivo.
-
Fermo dove sei. – Dico provando a mantenere la voce ferma e a smettere di
piangere. Lo vedo bloccarsi e voltarsi lentamente verso di me, con la paura che
chiaramente lo attanaglia allo stomaco. Poi, inaspettatamente, si asciuga le
lacrime e si prostra ai miei piedi.
-
Perdonatemi. – Dice, guardandomi con degli occhi neri e spenti. La sua voce è
fanciullesca, quasi sussurrata ma capisco sin da subito che è un bambino molto
intelligente e scaltro. La disperazione l’ha certamente fatto maturare prima del
giusto tempo. Il dolore ha segnato anche lui.
Guardo
i corti ciuffi castani, i grandi occhi neri e provo pietà per
lui.
Un
altro disperato, un'altra vittima. Un altro miserabile, come
noi.
-
Come ti chiami, piccolo? – Chiedo con estrema dolcezza, prendendolo per le mani
e facendolo alzare. Lui mi guarda spaesato, continuando a trattenere le lacrime
e a stringere i pugni, ostinato a fingersi adulto.
-
Cyrano, mia signora. – Annuncia, sincero. – Dal villaggio delle nubi.
–
Faccio
mente locale e ricordo che il villaggio delle nubi è a qualche ora di cammino
da qui. Anche se non capisco come sia possibile che un bambino di quattro anno
sia scappato così e sia arrivato fin qui, da solo.
-
Sei da solo? – Chiedo, continuando a sorreggerlo per le
mani.
Lui
annuisce debolmente, quasi come se questa mia domanda lo faccia stare
maledettamente male. Per un attimo ripenso ad Egle e sto così anch’io. Lo
sguardo del piccolo su di me mi fa rinsavire e riprendere.
-
Si, signora. – Mi risponde, ancora più composto, ancora più
gentile.
-
I miei genitori mi hanno lasciato qui nei paraggi circa un paio di giorni fa, ho
provato a tornare da loro ma.. e poi erano arrabbiati.. e io..
–
La
sua voce sfocia in un pianto disperato e dio lo abbraccio
stretto.
-
Non devi spiegarmi nulla. Andiamo a mangiare qualcosa ti va?
–
Gli
chiedo, compassionevole e piena d’ammirazione e pietà.
Lui
annuisce debolmente e poi mi sorride, io lo prendo in braccio e torno a casa,
dove Egle è ancora svenuto e tutti gli altri mi guardano sbalorditi, mentre
Cyrano sorride un po’ più sereno e si abbuffa di pane
nero.
Nuovo personaggio che
nasconderà molte insidie, spero che vi sia piaciuto, vi prego ditemi tutto ciò
che vi passa per la testa.
Stefy.
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Capitolo 45 *** La Contea degli Sputafuoco ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
POV
Era.
La
Contea degli Sputafuoco.
Io
e Ate arriviamo all’ingresso della cittadina alla sesta ora dopo il mezzodì. Il
Mastro Passante, proprio come Ate aveva predetto, è appostato davanti ai grandi
cancelli in ferro battuto e ha un aria stanca ma vigile. Ate si avvicina, a
piedi, trascinando Haydes e Adelasia con le due braccia, io sto seduta sulla mia
cavalla, tenendomi a debita distanza dall’uomo che ci scruta con aria
sospetta.
-
Identificatevi. – Dice, con voce seccata e autoritaria, Ate si schiarisce la
gola insicuro, forse ha paura che io venga scoperta.
Nel
frattempo io tengo gli occhi chiusi.
-
Il mio nome è Ate Zahrah, del villaggio della pioggia. – Si annuncia e poi io
capisco che è arrivato il mio turno, quindi mi stringo forte il corpetto con
evidenti segni di nervosismo. Continuo a fingermi cieca.
-
Io mi chiamo Alais Zahrah, sorella di Ate. Anche io provengo dal villaggio della
pioggia. – Rubo l’identità alla sorella minore di Ate per riuscire a passare
senza problemi, poi sento dei passi. Il Mastro Passante è molto vicino a me, si
appoggia al mio cavallo e, nonostante io abbia gli occhi sbarrati, ho la
sensazione che mi stia guardando intensamente.
-
Come mai tieni gli occhi chiusi? – Mi chiede sospettoso ed io alzo le spalle,
con un moto involontario. Poi stringo forte le briglie, pronta a scappare in
caso di smascheramento. La paranoia si impossessa di me.
-
Sono cieca. – Rispondo con tutta la naturalezza che riesco a racimolare in quei
pochi attimi, Ate tossisce appena, anche lui è molto
nervoso.
Poi,
finalmente, sento i passi del Mastro farsi lontani.
-
Qual è il motivo della vostra visita nella Contea degli Sputafuoco? – Chiede,
ormai la sua voce non è più diffidente e accesa, bensì spenta e annoiata.
Dev’essere stancante ripetere sempre le stesse domande.
-
Dobbiamo far visita ad un guaritore. – Ate inventa la risposta sul momento, ma
il Mastro Passante gli crede, tantoché ci apre i cancelli subito dopo. Lo scricchiolio
dei cardini spropositatamente grossi e arrugginiti mi fa venire i brividi, come
un unghia che graffia una lavagna.
Ate
tira i cavalli con le briglie e mi aggrappo forte ad Adelasia per non cadere,
senza smettere di tener chiuse le palpebre.
-
La locanda è poco distante, mezz’ora di cammino e arriviamo.
-
Mi
annuncia, indietreggiando e accarezzandomi la mano, poi ricomincia a camminare.
Sento un forte frastuono intorno a me, gente che sbraita, che urla, che ride,
che piange. Sento chiacchiericcio, stramazzi, confusione.
Qualcuno
mi scontra accidentalmente più di una volta, ma non mi faccio prendere dal
panico, so che Ate è a qualche metro da me perché Adelasia continua ad avanzare
con passo guidato. Poi, finalmente, dopo un tempo che sembra interminabile, Ate
si ferma e mi fa scendere piano da cavallo.
Mi
spinge delicatamente verso quella che dev’essere la locanda e mi fa entrare con
gentilezza, tenendo aperta la porta e seguendomi. Avanziamo di qualche passo e
il forte odore di muffa e cipolla mi pizzica il naso.
-
Una stanza doppia e due posti nelle vostre stalle per i nostri destrieri.
–
La
voce di Ate è cristallina, non più insicura né esitante.
-
Per quante notti? – La voce sensuale di una donna mi fa aggrottare le
sopracciglia, poi sorrido come un ebete. Ma la curiosità mi divora.
-
Una soltanto. – Come posso essere gelosa della locandiera solo perché sta
parlando col mio uomo a pochi passi da me? Scuoto la testa, ma la curiosità non
accenna a scomparire, resta in me insieme alla gelosia.
Schiudo
leggermente un occhio per osservarla e per qualche nanosecondo la fisso. E’
alta, formosa e molto attraente, ha un seno prosperoso e in bella vista, ma Ate
guarda da tutt’altra parte. Mi maledico per aver dubitato di lui, so che mi ama.
Richiudo la palpebra e gli prendo la mano.
Lui
la accarezza per qualche momento e poi la lascia, siamo fratello e sorella
adesso, non possiamo permetterci atteggiamenti intimi.
Non
possiamo essere come Frijof e Taji. Penso
malefica, ghignando.
-
Bene, eccovi le chiavi, proseguite lungo il corridoio e poi svoltate a sinistra.
La stanza che vi ho riservato ha la porta in legno d’acero. I cavalli verranno
scortati nelle stalle dal nostro scudiero. La taverna è dietro quest’angolo,
buona permanenza e buona notte, signore. –
La
voce della donna è davvero simile ad una melodia, ma ancora una volta distolgo i
cattivi pensieri dalla mia mente. Ate mi prende per un braccio e mi costringe a
seguirlo velocemente, camminiamo per poco tempo e poi ci fermiamo. Sento la
chiave girare due volte nella serratura, poi Ate mi spinge dentro e mi schianta
sulla porta, baciandomi con ardore.
Io
apro gli occhi di scatto e, dopo diverse ore, mi ritrovo ad ammirare la sua
incredibile bellezza. Sul suo viso un lampo d’eccitazione mi fa tremare ma
entrambi sappiamo che, almeno per il momento, abbiamo principalmente bisogno di
rifocillarci. Il freddo ci ha sfregiati, la fame ci ha indeboliti, la sporcizia
ci ha imbrattati, il tempo ci ha stancati.
-
Vai tu a lavarti? – Mi chiede, tra un bacio disperato e
l’altro.
Io
faccio spallucce, poi un brivido mi percorre nuovamente la
schiena.
-
Mi lavi tu? – Gli chiedo, sorridendo come una bambina che fa i capricci e cerca
di irretire i genitori. Lui sorride entusiasta e ammicca.
-
Speravo lo dicessi. – Mi prende tra le braccia, come uno sposo fa con la sposa e
mi porta dritta in bagno. La stanza è abbastanza calda e accogliente, i muri
sogni di legno, così come la vasca da bagno, al centro della stanza. La parte
anteriore, dove va la testa, è più rialzata rispetto al resto. La tinozza è di
marmo, così come il mobile e la latrina.
Mi
spoglio lentamente, sotto gli occhi vigili e famelici del mio uomo che non si
permette a sfiorarmi finché non entro nella vasca d’acqua
calda.
Mi
rilasso subito, abbasso la testa quel tanto che basta per bagnarmi completamente
i capelli e poi mi appoggio nello schienale scuro.
Le
mani di Ate iniziano a massaggiarmi le spalle lentamente, poi salgono sul collo,
facendomi rilassare e dimenticare tutto il resto.
Lui
ha sempre avuto potere assoluto su di me, dal primo
momento.
-
Mi ami? – Mi chiede, interrompendo il severo silenzio che si era
creato.
-
Più di ogni cosa. – La mia risposta è sincera al cento per cento, e lui si
abbassa per baciarmi castamente sulla guancia e mi accarezza i
capelli.
Dopo
un bagno estremamente lungo e rilassante Ate mi convince a mettere nuovamente
trucco e inchiostro, non ne posso più di riempirmi di lerciume che mi rovina
pelle e capelli ma so che devo farlo.
Quindi
mi rivesto davanti a lui, provocandolo apertamente e poi vado a frizionarmi i
capelli nell’altra stanza, liberando il bagno e permettendogli di lavarsi a sua
volta. Mi vesto sul letto, indossando i nuovi abiti che Ate ha comprato al
villaggio, durante il tragitto.
Pantaloni
in cuoio, casacca grigia e corpetto nero, in cuoio nero, con dei disegni
astratti sui fianchi. Il seno esce sporgente dalla casacca, sospinto dal
corpetto rigido, ma anche questo è un modo per confondermi tra i guerrieri.
Tutte le donne vestono in maniera scoperta e provocante.
Prendo
l’inchiostro che abbiamo portato in grandi quantità nella casacca e lo verso sui
capelli, davanti ad un grande specchio. Inizio a spalmarne su ogni ciocca
meticolosamente, senza tralasciare nulla. Poi passo alla polvere nera, la prendo
con due dita e la applico sulle palpebre facendo attenzione a non farla arrivare
sugli occhi. Quando finisco, Ate sbuca fuori dalla porta, tutto bagnato e con
solo una tovaglia alla vita.
Sbatto
le palpebre un paio di volte e deglutisco, è ancora più bello, atletico e
appetitoso di quanto ricordassi, ma voglio trattenermi.
Poi
però, quando vedo una gocciolina scendere dalla mascella fin sotto la tovaglia
il mio istinto prende il sopravvento, sbottono il corpetto lentamente,
avvicinandomi come una gatta che caccia la preda.
Gli
bacio il collo con tutto l’impegno che riesco a trovare, e cerco di essere più
decisa e sensuale possibile, lui ridacchia ed io
arrossisco.
Possibile
che riesca solo a rendermi ridicola davanti a lui?
Lui
avrà avuto decine di donne prima di me, avrà sperimentato ogni gioia e ogni
godimento, ed io invece ho solo ciò che ho imparato con
lui.
Non
è niente, in confronto. Per me è stupendo, ma per lui è
niente.
Mi
allontano triste e sconfortata, so bene che probabilmente non gli faccio nessun
effetto.. che magari Taji saprebbe fare meglio, anzi di
sicuro!
-
Che succede, piccola? – Mi prende il mento tra le dita, trattenendomi davanti a
lui e guardandomi negli occhi, leggendomi l’anima. Vorrei tanto fare lo stesso,
vorrei leggergli l’anima per capire cosa pensa di me.
Sono
turbata, mi vergogno di me stessa e di ciò che non riesco a
dargli.
Un
tremito mi scuote appena e io capisco che, contro ogni mia volontà, il Dono è
tornato in mio aiuto.
-
Niente. – Rispondo con voce mesta aspettando un suo
pensiero.
“Ti
amo, parlami.” Pensa, quasi consapevole che sto leggendo dentro di lui. Non ne
abbiamo mai parlato di questo mio potere, né prima né dopo la scenata di Drogo,
a casa sua. Sua e di Taji. Per un
attimo penso a Drogo, a quanto sia orribile stare lontano da lui, a come posso
salvarlo.
-
Non tagliarmi fuori dalla tua vita, Era. – Mi sussurra disperato, sulle labbra,
poi mi bacia lievemente e si distanzia un poco, per lasciarmi rispondere. I suoi
occhi lucidi, le sue dita sul mio mento, il suo respiro senza ritmo, le sue
labbra socchiuse, i suoi capelli bagnati. Stupendo.
-
Non c’è nulla da dire, davvero. – Provo ad assumere un tono dolce e pacato,
gentile, ma la mia voce suona più dura di quanto vorrei.
“Maledizione,
c’è sempre una barriera tra di noi.. e ci sarà sempre.”
Questa
sua riflessione mi fa tremare incerta, impaurita. Possibile che lui pensi
questo? Io gli darei tutta me stessa se solo potessi, gli regalerei il mio
corpo, il mio cuore, i miei pensieri e anche la mia anima.
Tutto.
-
Va bene. Vado alla taverna a prendere qualcosa da mettere sotto i
denti.-
Mi
informa, lasciandomi e vestendosi velocemente. Il pensiero di lui che passa
davanti alla locandiera, di lei che lo guarda mellifluo mi fa impazzire. Non
voglio che vada, voglio fare l’amore con lui e renderlo mio, almeno per un tempo
limitato. Voglio vedere il piacere distorcersi sul suo volto, voglio vederlo
sfinito e boccheggiante, voglio farlo stare bene.
-
Ok, io starò qui. – Rispondo contro ogni mia volontà. Codarda.
Lui
indossa gli stivali e fa per uscire dalla porta, mi guarda un ultima volta
intensamente, vorrei fermarlo ma qualcosa me lo impedisce.
“Ti
amo, ma non riesco a stare bene se sei così distante.” Riesco a captare
quest’ultimo pensiero prima che lui esca dalla camera, sbattendo la porta e
lasciandomi sola. E codarda, più di
prima.
Buona lettura, commentate.
Stefy.
|
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Capitolo 46 *** Impazzire ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Ate
POV
Impazzire.
Esco
in corridoio pressappoco scioccato, possibile che Era abbia completamente perso
ogni briciola d’attrazione che nutre nei miei confronti? Un secondo prima mi
baciava languida, si faceva insaponare da me e un secondo dopo si allontanava
torva e priva d’ogni eccitazione.
Io
tutt’ora ho un erezione dolente e lei è in camera a tingersi i capelli come se
nulla fosse. Ma il vero problema è certamente un altro.
Riesco
a capire che c’è qualcosa che non va, che la fa stare male e la allontana da me,
ma non riesco a capire cosa sia questa cosa.
Forse
è ancora disturbata dal pensiero di Taji? Non posso di certo darle torto, io non
avrei mai sopportato di saperla insieme a Drogo.
O
forse è proprio Drogo il problema? Forse, adesso che sono lontani lei ha capito
di amarlo, e non intendo come un fratello.
Un
brivido di rabbia mi percorre le braccia e stringo i pugni, digrignando. Non
permetterò mai a nessuno di portarmela mia, nemmeno a lui.
-
Due piatti di legumi e una forma di pane. – Annuncio, appena arrivo alla taverna
dietro l’angolo, una signorina decisamente in sovrappeso e con vestiti troppo
succinti mi sorride languida. – Arrivano subito. –
Mi
dice con voce squillante che vagamente mi ricorda quella di
Taji.
Per
un attimo il pensiero della mia promessa mi sfiora la mente, ricordo il primo
giorno che l’ho incontrata, la prima impressione che ho
avuto.
Ate
entra nella sala d’ingresso di Inuit, un potente proprietario terriero nonché ex
generale delle truppe del Terrore. Si sente quasi abbagliato dagli affreschi,
dalle luci multicolori, dall’oro e dall’argento che luccicano davanti ai suoi
occhi, dappertutto e insistentemente. Suo padre aveva ragione, quell’uomo era
davvero ricco e potente.
-
Salve, voi dovete essere Ate! Entrate, entrate! – Una ragazza molto giovane, di
circa sedici o diciassette anni, lo fa accomodare in un salotto molto elaborato.
Tende e tappeti di stoffa preziosa, legno pregiato.
-
E così sei tu il figlio di Kerhter. – Una voce lo sorprende e quando si gira,
Ate, nota subito un grosso trono di acciaio con un uomo seduto sopra. E’ molto
nervoso, le mani gli tremano ma avanza sicuro di sé.
-
Salve, signore. – Ate indossa subito i panni del galantuomo e va a stringere la
mano a quello che sarebbe diventato il suo futuro
suocero.
-
Molto piacere di conoscervi, sono davvero onorato di p..
–
-
Suvvia! Smettiamola con questi convenevoli e passiamo al dunque. Io ti mostro la
merce e tu decidi se acquistarla o no, tutto chiaro? Un semplice scambio
d’affari, niente di più e niente di meno. – Dice l’ex generale facendolo
inorridire. E così il matrimonio di sua figlia era semplicemente un affare per
lui? Ate annuisce debolmente e Inuit fa segno alla serva di venire avanti, che
poco dopo entra accompagnando la futura sposa.
Ate
la osserva bene, indossa una gonna di pelle ed un corpetto
nero.
Sono
corti, un po’ provocanti, ma decisamente adatti al suo corpo
felino.
Ha
un fisico slanciato, muscoloso e prosperoso. Un grosso seno e delle labbra
spropositate. Ate pensa per un momento a quelle di Era, alla morbidezza, alla
forma, al colore. E per un attimo è tentato di scappare via a gambe levato, ma
quando si concentra per percepire i sentimenti della sua poésia non gli risulta
nulla di nuovo. E’ con sempre con lo stesso ragazzo, è impegnata ma
apparentemente felice. Sta ridendo.
Lei
non lo ama più.
-
Accetto. – Dice in un soffio, prendendo la mano di Taji e baciandola lievemente,
lei arrossisce e Ate nota che in viso la natura non è stata particolarmente
generosa con lei. Ma si accontenta, poi trattiene le lacrime e percorre la
navata a ritroso, uscendo da quella casa.
Busso
alla porta ed Era mi apre subito, ha gli occhi lucidi, le guancie rosse, segno
che probabilmente ha pianto o era in procinto di farlo.
-
Tieni. – Le dico, porgendole il vassoio con i legumi ed il
pane.
Lei
lo afferra ed entra nella camera, appoggiando tutto sul comodino e dirigendosi
verso di me con passo insicuro.
Mi
stringe forte, affondando la faccia sul mio collo e bagnandomi con le lacrime.
La sua schiena è scossa da spasmi dovuti al pianto, le sue mani mi stringono
convulsamente, le sue labbra provano a dire qualcosa.
-
Mi di.. mi dispiace. – Dice, tirandosi su e baciandomi
piano.
Non
capisco cosa stia succedendo, ma che diavolo le prende?
Leggo
nel suo animo e mi accorgo che c’è un incredibile sentimento verso di me, forte
come l’amore e l’attrazione, ma distruttivo come l’odio.
Un
sentimento nuovo che non riesco a definire.
-
E’ dipendenza, ossessione. – Dice lei, quasi leggendomi nella
mente.
-
Io ti leggo nella mente. – Aggiunge facendomi sbiancare, non mi allontano ma lo
vorrei. Com’è possibile? Io riesco a leggerle il cuore e lei la mente? Oppure è
semplicemente il Dono a venire in suo aiuto?
-
La seconda. – Ridacchia, sul mio petto. – Non lo decido io, a volte riesco, a
volte no. – Mi spiega un po’ più chiaramente, baciandomi il
petto.
Le
sue labbra a contatto col mio torace mi fanno sempre un effetto incredibile, non
riesco a smettere di pensarla o di desiderarla.
-
Allora non smettere, fa’ l’amore con me, lasciati andare. – Mi propone lei, con
voce suadente, direttamente all’orecchio. Io vorrei tanto parlare di lei, del suo
Dono, del modo in cui lo sa usare, del perché a volte mi
rifiuta..
-
Parleremo dopo, baciami, toccami. – Mi sussurra ancora, facendomi impazzire
totalmente. E’ impossibile per me resisterle.
La
prendo per le natiche e la sollevo, facendole intrecciare le gambe lunghe e
affusolate attorno al mio bacino nudo.
La
spingo sul letto e facciamo l’amore con passione, con
sentimento.
Mentre
spingo in lei dolcemente non riesco a smettere di pensare a quanto lei sia tutto
per me, a quanto la ami e a quanto non riesca a
resisterle.
-
Insieme. – Mi dice lei, con voce roca, prima di lasciarsi andare, seguita da me.
Le bacio i seni, poi le labbra e il collo, finché non è tutto
finito.
-
Ti amo. – Diciamo insieme, mentre io mi accascio sul suo petto morbido e latteo.
Non so se riesce ancora a leggermi nel pensiero ma non mi interessa, io sono un
libro aperto per lei, la amo e questa è l’unica cosa che conta. Spero solo che
lei possa amarmi e stare con me, d’ora in avanti.
-
Per la cronaca, sì riesco ancora a leggerti, e sì anche io ti amo.
–
Mi
dice con una naturalezza che mi fa perdere ogni difesa.
Passiamo
altre tre, quattro o mille ore a coccolarci, poi decidiamo di rivestirci e
andare. La notte è passata veloce, abbiamo fatto l’amore tante di quelle volte
che a malapena riesco a muovere i muscoli.
-
Dai amore.. – Mi dice lei quando le salto nuovamente addosso, bloccandola tra le
lenzuola e il mio corpo. Si è già rivestita, per metà. Non ha indossato gli
stivali e il corpetto, il suo pugnale è gettato per terra, da qualche parte.
L’idea di averla totalmente in mio potere mi affascina.
Ha
smesso di leggermi nel pensiero diverse ore fa, e ora è
vulnerabile.
Il
vigore del mio corpo torna prepotente quando le sue cosce mi si sfregano
addosso, facendomi eccitare per l’ennesima volta. Lei ridacchia, io ringhio
sommessamente e mi getto sul suo collo, mordicchiandolo e
solleticandola.
-
D-dobbiamo andare. – Dice, lagnandosi sotto il tocco delle mie
mani.
-
Ti voglio. – Le sussurro all’orecchio, facendola fremere sotto di
me.
La
plasmo sotto le mie mani, stringo, accarezzo, bacio e mordo tutto ciò che mi
capita, e in poco tempo i suoi ansiti si trasformano in gemiti che mi
incoraggiano a fare sempre di più, la sua voce è melodica, pura e stupenda. Ha
tolto l’inchiostro, i suoi capelli biondi e profumati ricadono sul cuscino
distrattamente ed io li annuso. E’ bellissimo vederla col suo aspetto naturale.
Mi affascina, lei mi rende schiavo, mi rende debole ma mi rende felice e quindi
non riuscirò mai a lasciarla, mai più.
-
PRENDETELI! – Sento la porta spalancarsi con un calcio vigoroso e istintivamente
mi alzò, spingendo malamente Era alla base del letto.
Voglio
combattere e squartare chiunque provi a prenderla, ma presto mi rendo conto che
io sono troppo debole, i vassoi col cibo sono rimasti interi sui comodini, e
stanotte mi sono indebolito troppo per riuscire a vincere contro sei o sette
soldati addestrati.
Riesco
ad atterrare tre uomini a mani nude, facendoli svenire, due si precipitano a
prendere Era ma riesco a liberarla da un energumeno, spaccandogli un baule in
testa. L’altro uomo, imponente e incredibilmente forzuto, se la carica sulle
spalle e urlando esce via mentre altri due mi bloccano, facendomi perdere
tempo.
Li
atterro dopo qualche minuto, ma quando esco zoppicando dalla locanda vedo l’uomo
in nero su un cavallo grigio, con Era disperata e stirata malamente da una parte
all’altra del cavallo, con braccia e gambe penzolanti.
-
ATE! ATE! Aiuto! – Urla, ed io non ho tempo per pensare, mi precipito nelle
stalle e noto che entrambi i nostri cavalli sono stati brutalmente sgozzati. Mi
avvicino, Haydes non respira più, Adelasia è già fredda.
Verso
una lacrima per Haydes, che mi aveva accompagnato sin da bambino e giuro
vendetta, poi rubo un cavallo e parto al galoppo.
Ma
quando mi metto sulle tracce del rapitore e di Era, non riesco a trovarne
alcuna, come se la terra li avesse risucchiati o si fossero messi a volare. Poi
sento un urlo disumano provenire dal cielo, un forte boato e alzo gli occhi. Era
urla, piange e penzola, tenuta dalla zampa di un Rapace di Fuoco, mentre il
soldato è seduto malamente sul suo collo e si fa trasportare dal vento, guidando
l’impazzito destriero, che sputa fiammate e versi agghiaccianti. Scendo da
cavallo e mi inginocchio, urlando e piangendo. L'ho persa, è tutto
finito.
Ciao ragazze, scusate
per il ritardo, ma sono alle prese con un altra storia (che spero leggerete
tutte) e ho trovato pure un fidanzato XD Quindi ho davvero poco tempo per
scrivere. Ma non abbandonerò mai la storia.
La nuova storia che
sto scrivendo è su Draco ed Hermione (Harry Potter della Rowling) spero
leggerete.
Vi avvertirò quando
sarà postata, nel frattempo commentateee (ps. la guerra dei due mondi è
vicinaa)
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Capitolo 47 *** Solitudine ***
la terra dei due opposti
La terra dei due
opposti.
Titolo:
La Terra Dei Due Opposti. Generi: Avventura, Erotico,
Fantasy Rating: Rosso Avvertimenti:
Lemon
Era
POV
Solitudine.
Otto
mesi dopo.
Mi
alzo da terra controvoglia. La stanza è buia e puzzolente come
sempre.
Ate.
Penso
subito, come a dargli il buongiorno. Poi delle fitte di dolore muscolare mi
gettano nuovamente a terra, facendomi graffiare la pelle, già sporca, sottile e
martoriata. Mi rialzo, appoggiandomi al muro di pietra nera tagliente e mi
dirigo verso le sbarre, dove trovo la solita ciotola con della poltiglia beige,
e mezzo bicchiere d’acqua.
Mi
getto sull’acqua come un cammello nel deserto e poi mangio con le mani e la
faccia, come un cane denutrito. Perché in fondo, da quando sono qui, anche io
sono trattata da animale e in un certo senso sento di esserlo diventata perché
da quando ho visto di cosa sono capace gli uomini preferisco essere considerata
di specie diversa. Deglutisco.
Ho
sentito due soldati parlare, tempo fa, so di certo che fuori di qui c’è la
guerra e so che la colpa è mia. Probabilmente le persone che amo sono morte,
stanno soffrendo o hanno sofferto.
Non
ho notizie di nessuno, non ho idea della fine che mia madre o mio padre abbiano
fatto. Drogo, Egle, Asia, Pan.. E soprattutto Ate. Da
quando quel soldato mi ha strappato dal mio letto non ho più visto nessuno di
loro, e nessuno di loro è venuto a cercarmi. Le
lacrime escono copiosamente dagli occhi e mi maledico, avevo promesso a me
stessa di non piangere più, ma non ci riesco.
-
Puttana, è l’ora del bagno. – Il solito soldato, che ho identificato come Tysil
- un grosso omaccione di colore,
particolarmente brutale – apre la cella e mi carica sulla spalla, di peso.
Indosso una casacca lercia di panno irritante, originariamente color panna,
adesso grigiastra che a malapena riesce a coprirmi il
fondoschiena.
Tysil
cammina per i corridoi con una spavalderia che trovo particolarmente irritante,
l’odio che provo si trasforma in gocce salate che ancora una volta mi bagnano le
lacrime. Maledette, maledette
lacrime.
Riconosco
il corridoio e cerco di memorizzare ogni particolare, qual’ora un giorno
riuscissi a fuggire mi sarebbe utile, ma prima ancora che riesca ad abituare gli
occhi alla luce, vengo scaricata in un barile d’acqua bollente che mi ustiona la
pelle e mi fa urlare per il bruciore delle ferite.
-
Ma come diavolo fai a combinarti così, lurida bestia? – Mi chiede, con tono
sprezzante, voltandomi vedo che altre due ragazze sono in altre due vasche. Una
è svenuta, l’altra sveglia e immobile.
-
Dove siamo? – Chiedo, e vedo Tysil sogghignare per poi tirarmi un sonoro
ceffone, la mia testa cade penzolando ed io riesco a rialzarmi a malapena, sento
il calore del sangue scivolarmi sulla guancia.
Mi
ha ferito e non riesco a vedere bene da un occhio, è incredibile quanta forza
riesca a trasmettere con una manata.
-
Sempre le solite domande, eh mostro? Dove siamo, dov’è Ate, cosa volete da me,
perché mi fate questo.. Sei patetica, puttana. – Vedo chiaramente l’odio
velargli gli occhi e sento il Dono in procinto di uscire, ma il collare magico
che mi hanno fatto indossare prontamente lo blocca.
Maledizione,
maledizione.
Sono
senza scampo, non riesco quasi a respirare, l’acqua calda è una tortura quasi
insopportabile. Per mia fortuna, Tysil mi prende per le ascelle e mi fa
uscire.
-
Indossa questi. – Mi dice, poggiandomi a terra e lanciandomi una semplice ed
anonima tunica nera. – Oggi ti venderemo. – Disse ancora, sputando accanto a me.
Io aspetto che vada via, prima di sfilarmi il vestito ma lui rimane a guardarmi,
gustandosi la scena del mio corpo nudo, smilzo e martoriato. Non m’importa più del mio corpo, né del
mio cuore.
Li
ho persi entrambi, insieme alla libertà, quando mi hanno picchiata e violentata
e umiliata. Non ho più nulla di cui vergognarmi, nessun onore da proteggere,
nessun pudore da rispettare. Sono un animale, io.
Mi
metto la tunica nera e poi Tysil mi riporta in cella.
-
Non sporcare il vestito o ti ammazzo. – Dice, chiudendomi dentro la caverna e
andando via. Altre lacrime, altro dolore.
Lo
stomaco brontola incessantemente ed io lecco la ciotola da cui avevo mangiato
prima, poi provo anche a recuperare qualche goccia d’acqua
inutilmente.
Passano
i minuti, le ore o forse i giorni.. e quando Tysil riapre la gabbia, mi ritrovo
a non aver più lacrime da gettare.
Vorrei
solo rimanere per sempre nella mia solitudine, a piangere e morire di fame, come
una cagna.
-
Non mordi più, eh mostro? – Mi chiede, sarcastico e per un attimo guardo la sua
spalla dove il marchio dei miei denti regna sovrano.
Cammina
a lungo tra cunicoli e corridoi, ogni tanto sento urla e suppliche provenire
dalle celle e ricordo i mesi scorsi.
Quando
anche io ero una gatta selvaggia pronta a graffiare, mordere e combattere
chiunque si avvicinasse o provasse a toccarmi.
Quando
non mi stancavo mai, non dormivo e mi spezzavo le unghie a scavare tra terra e
rocce, per trovare una via d’uscita.
Quando
piangevo per la disperazione e urlavo e invocavo Ate e pregavo gli dei di
aiutarmi a scappare.
Ma
poi le cose erano cambiate, il mio corpo e le mie speranze erano andate ad
assottigliarsi sempre di più, lasciandomi senza forze né
volontà.
Mi
ero stancata di combattere o di ribellarmi e avevo imparato che accettare il
dolore era meno doloroso che farselo infliggere.
E
allora mi avevano violentata, e poi morsa e picchiata.
Ed
io avevo urlato e graffiato, avevo immaginato Ate e avevo provato a togliermi la
vita, senza risultato. Infine, una mattina, mi ero spenta.
-
Esci con le tue gambe, o penseranno che sei malata. – Dice Tysil, gettandomi per
terra e facendomi rialzare. Apro gli occhi e mi accorgo di essere di fronte ad
una porta aperta, di fronte a me un piccolo palchetto in legno e poi una calca
spaventosa di persone di tutte le razze e le età, urlanti e scalpitanti, pronti
a comprarci, stuprarci, ucciderci.
Tysil
mi spinge verso il palco e quando esco alla luce del sole ho l’istinto di
chiudere gli occhi, ma non lo faccio.
Non
vedo gente da mesi, e ho quasi la speranza di intravedere Ate o mio padre,
pronti a rivendicarmi, in mezzo a tutti quei bruti.
Un
uomo nel palco accanto a me mi lega una catena al collare magico che mi blocca i
poteri, e mi trascina al centro del palco, dove cado in
ginocchio.
-
Ottanta denari per questa poetessa! – Sbraita e sei uomini urlando alzano le
mani, le prime offerte sono state fatte. Inorridisco nel
guardarli.
-
Novanta denari! – Sbraita ancora, e stavolta tre uomini alzano le
mani.
Sono
sicura di avere uno sguardo spento e senza emozione, voglio piangere e
disperarmi, voglio morire.
-
Mille denari ed è mia! – Urla un ragazzo tra le prime file, lo guardo
attentamente e mi accorgo che è di pelle abbastanza chiara, con occhi verde
scuro che mi ricordano quelli di Ate, lineamenti abbastanza dolci, labbra
carnose e corporatura normale, con muscoli accennati.
Lo
schiavista accanto a me strabuzza gli occhi.
-
Sei una miniera d’oro, puttana. – Mi dice e alza un piede per darmi un calcio
ridendo. Improvvisamente il ragazzo salta sul palco e in men che non si
dica gli punta un pugnale alla
gola.
-
Non toccarla, è mia adesso, schifoso. – Dice, mentre il soldato indietreggia
sconvolto. Il ragazzo gli tira un sacchetto addosso, che aprendosi rivela molti
soldi che riconosco come più di ottocento denari.
-
Fatteli bastare, rognoso. – Dice, sciogliendomi dalla catena e prendendomi su
una spalla, come era solito fare Tysil.
Mi
aggrappo alle sue spalle, stringendomi il più possibile al suo corpo imperlato
di sudore a causa del sole. Sarà pure un maledetto, ma almeno mi ha portato via
da quella prigione e gli sarò grata per sempre.
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