Perdersi e ritrovarsi

di Thefoolfan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Perdersi ***
Capitolo 3: *** Risveglio ***
Capitolo 4: *** Tradimento e Castigo ***
Capitolo 5: *** Partenze ***
Capitolo 6: *** Alexis ***
Capitolo 7: *** Ritorno ***
Capitolo 8: *** Ritrovarsi ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


  

Un fruscio leggero come il battere d'ali una farfalla, un gemito sussurrato uscire dalla sua bocca, grida che si soprappongono una sull'altra, pioggia color sangue che gli sporca le mani e rende rossastra l'erba attorno a lui. Con queste immagini fisse nella mente Richard Castle si svegliò da quel sonno tormentato per la settima notte consecutiva. Socchiuse gli occhi passandosi una mano tra i capelli intrisi di sudore mentre, facendo respiri profondi, cercava di calmare quell'ansia che gli opprimeva il petto, di frenare i battiti impazziti del suo cuore, ripetendosi ancora e ancora le stesse parole che in quei giorni erano riusciti a dargli un minimo conforto. 

“l'operazione è andata bene, bisogna solo aspettare che si svegli. L'operazione è andata bene bisogna solo aspettare che si svegli”

 Con un gesto deciso scostò le coperte e si mise seduto sul letto fissando un punto impreciso davanti a se mentre i suoi pensieri erano tutti concentrati su di lei, alle sue parole pronunciate poco prima di essere colpita, al momento in cui i loro occhi si erano incontrati per un breve ma alquanto significativo istante. Si voltò ad osservare sul proprio comodino il cellulare e allungò la mano per prenderlo ma il suo sguardo si posò sulle radiosveglia che segnava le “3.46” e allora si fermò. Una delle infermiere, Sandra, in quei giorni aveva provato cosi tanta pena per lui che quella stessa mattina gli aveva dato il suo numero personale cosicchè Rick potesse chiamarla ogni volta che volesse per sapere le condizioni di Beckett. Seppur desideroso di saper se ci fosse stato qualche miglioramento desistì e, alzandosi dal letto, si diresse in bagno per darsi una rinfrescata. Aperto il rubinetto fece scorrere un po' d'acqua aspettando che questa diventasse gelida e poi, dopo averne riempito le mani, se la gettò sul viso incurante delle vistose gocce che cadevano a terra, il tutto solo per sentirsi ancora vivo. Sempre meglio del metodo utilizzato la sera precedente, pensò, i cui postumi erano ancora visibili sullo specchio davanti a lui che presentava un ampio buco la dove il suo pugno l'aveva colpito e più crepe che partivano da esso lungo tutta la lunghezza del vetro. Si specchio in quei frammenti e cosi come la sua immagine si rifletteva distorta, incompleta, in frantumi, cosi si sentiva nel profondo del suo animo. Era ben conscio di quanto Beckett fosse importante per lui ma quella situazione metteva in luce molti altri dettagli che prima lui stesso teneva ben celati per salvaguardarsi, ma ora era deciso, se, no, quando Beckett si fosse svegliata lui non si sarebbe più trattenuto, non avrebbe perso un ulteriore secondo, pensò. Tornò poi in camera e si distese sul letto pregando che quegli incubi la smettessero di tormentarlo e che il suo sonno fosse accompagnato solo dai ricordi dei momenti passati insieme alla sua musa. Stringendo la collana di lei forte al proprio petto si addormentò.

La mattina seguente iniziò come tutte le altre. Rick si alzava dal letto, si recava in bagno, faceva colazione con sua madre e sua figlia cercando sempre di apparire lo stesso di sempre, ma rendendosi ben conto di non riuscirci per nulla, tornava in camera sua a cambiarsi e poi si dirigeva al distretto. Voleva continuare a mantenere lo stesso stile di vita che aveva prima di quell'incidente, concentrarsi sui casi lo aiutava a non pensare troppo a Beckett. Ryan ed Esposito dal canto loro facevano lo stesso ma non potevano evitare di osservare la scrivania della donna e sentire quel vuoto che li opprimeva e la lavagna che prima Kate utilizzava per risolvere i loro casi giaceva li contro un muro inutilizzata, se qualcuno poteva scriverci sopra quella era lei, solo lei. Tutto ciò che la ricordava era rimasto intatto, nessuno aveva spostato la ben che minima cosa dalla sua postazione cosicchè quando fosse tornata avrebbe trovato tutto uguale a come l'aveva lasciato.

“Ehi. Abbiamo trovato Persie, proprio dove avevo detto io, e una squadra lo sta portando in centrale. Vuoi esserci anche tu all'interrogatorio?”. Era Esposito che affacciandosi alla porta della caffetteria aveva parlato con orgoglio informandolo di quella novità a cui lui stesso aveva contribuito.

“No grazie. Una rapina andata male non mi eccita più di tanto. Solite cose. Il gioielliere si rifiuta di aprire la cassaforte, il rapinatore si arrabbia, qualcosa va storto e ci scappa il morto. Tutto già scritto. Lasciò questo interessantissimo caso a Ryan e te”. Castle non si era nemmeno voltato per parlargli ma rimaneva concentrato sulla tazzina davanti a se che piano piano si riempiva di caffè respirando a pieni polmoni il profumo forte che emanava e solo una volta finito si girò verso il detective.

“Chiami Sandra non è vero?!”. Più che una domanda era una constatazione da parte dell'ispanico alla quale lo scrittore annui solamente mentre portava alla bocca la tazzina ma seguendo con lo sguardo l'altro uomo che prima di allontanarsi gli rivolse una semplice, quanto ovvia richiesta.

Quando lo vide scomparire dentro la sala per l'interrogatorio Castle prese il suo cellulare e premette il numero della chiamata veloce e subito dall'altro capo le rispose una voce ormai conosciuta.

“Mi sembrava strano che non mi avessi ancora chiamato oggi?”. Sandra risponde con la sua voce autoritaria ma che allo stesso tempo dava una sensazione di quiete.

“Ero quasi intenzionato a farlo. Alle 4 di questa mattina” disse Rick ridacchiando avendo ormai instaurato con lei un bel rapporto.

“Se solo ci avessi provato avrei detto alla sicurezza di non lasciarti più avvicinare all'ospedale”

“Andiamo sono certo che non vedevi l'ora di sentire la mia voce?!”

“Facciamo cosi ora io metto giù il telefono e vediamo quanto davvero volevo sentire la tua voce”. Sandra questa volta parlava con voce più decisa e questo fece preoccupare particolarmente Castle il quale temeva di aver esagerato troppo ma subito si tranquillizzò quando la senti continuare a parlare con voce divertita.

“oppure ora taci per qualche istante cosi ti dico quello che vuoi sapere”

“bocca chiusa, parola di lupetto”. Disse lo scrittore mimando la zip sulle labbra quasi come se l'infermiera potesse vederlo.

“perfetto. Sono andata a controllarla un paio di ore fa, le sue condizioni stanno migliorando poco a poco e i medici sono quasi certi che da un momento all'altra si possa risvegliare dal coma. Questione di giorni dicono”.

A sentire quelle parole Castle si senti più leggero. La speranza di poterla rivedere in piedi in breve tempo cresceva ogni giorni di più e quella notizia ora gli riempiva il cuore di felicità tanto che per l'entusiasmo si mise a saltellare per la stanza incurante di tutti gli occhi che lo stavano fissando dall'esterno della caffetteria.

“Rick..Rick ascoltami c'è altro”. Sandra cercava di chiamarlo non ricevendo risposta e perciò alzò la voce sperando di aver più fortuna. “Rick torna sulla terra e ascoltami subito”

Sentendo quel tono di voce più urgente Castle si fermò all'istante portando di nuovo il telefono vicino all'orecchio e invitando la donna a proseguire.

“Come detto si aspetta solo che si svegli ma non abbiamo ancora la certezza di com'è starà una volta uscita dal coma. É un passaggio molto traumatico che può lasciare, come dire, dei problemi dietro di se”

“Che genere di problemi?” La felicità che sentiva fino a qualche secondo prima gli drenò dal corpo costringendolo a sedersi sul divanetto dietro di lui sentendosi poco stabile sulle gambe e preparandosi già al peggio.

“Come sai durante l'operazione il suo cuore si è fermato per qualche secondo, c'era un emorragia molto estesa e il polmone sinistro era stato bucato dal proiettile, tutte cose che non danno la certezza che quando Kate s sveglierà sarà più la stessa di prima. Dovrà affrontare lunghi mesi di riabilitazione, non potrà più far quello che faceva prima, dovrà star attenta anche al più minimo movimento agli inizi e questo le precluderà la possibilità di tornare a lavoro, almeno per quanto riguardo quello sul campo, e da quanto mi hai detto è tutta la sua vita”

“Si è cosi. Ma Beckett non si lascia scoraggiare, è una donna forte e avrà tutti noi al suo fianco ad aiutarla. Siamo la sua famiglia non l'abbandoniamo. L'importante è che si riprenda.”

“Per la ripresa fisica ci vorrà qualche mese. È quella mentale che da più preoccupazioni”

“Perchè dici cosi?”

“Come ti sentiresti tu a sapere che c'è qualcuno la fuori che ti vuole morto? Che ti ha sparato fallendo nel suo compito e che quindi deve rimediare? Come reagiresti al pensiero di esser vivo per miracolo e che la prossima volta non potresti essere cosi fortunato?. Le ferite del corpo guariscono, quelle dell'animo no Richard. Non basterà che le stiate vicino, dovrete fare molto di più”

Castle non disse nulla. Lasciò che il suo cervello assorbisse parola per parola non avendo pensato a tutte quelle conseguenze ma preoccupandosi solo del risveglio di Kate, non di quello che sarebbe successo in seguito. Non si era messo nemmeno per un secondo nei suoi panni, ma aveva sempre pensato egoisticamente. Voleva che si svegliasse non tanto per se stessa o per la sua famiglia ma per lui. Una vita senza Beckett non era vita era solo un tormento continuo.

“Grazie Sandra. Per favore chiamami se ci sono novità”

“Lo sai che lo farò Rick. A presto”

 

Chiusa la chiamata Castle si lasciò sprofondare sul divano con la testa appoggiata allo schienale di questo e con gli occhi rivolti verso l'alto in una silenziosa preghiera. Si concentrò e si ripromise di non lasciare che Beckett affrontasse tutto da sola. Come aveva sempre fatto lui sarebbe stato al suo fianco, nei momenti difficili, pronto per essere il suo supporto. Sempre.

 

“Allora si ha qualche novità” Disse Ryan che si era seduto sul tavolino davanti a lui senza che lo scrittore se ne fosse accorto.

“No nessuna, si aspetta come al solito”. Rispose semplicemente Castle rimettendosi seduto appoggiando questa volta le braccia sulle proprie gambe e tenendo lo sguardo rivolto al pavimento.

“E che altro?” incalzò in quel momento Esposito riconoscendo bene dai gesti dello scrittore che nascondeva qualcosa.

“Sandra dice che una volta uscita dal coma non è che il peggio sia passato. C'è tutto il periodo successivo che non sarà una passeggiata e non si ha la certezza di come Beckett potrebbe reagire, se combatta oppure si lasci andare”. Rick si ributtò contro il divano sfregandosi la faccia con entrambe le mani volendosi togliere quell'improvvisa stanchezza che si sentiva addosso.

“Andiamo ragazzi conosciamo Beckett ne uscirà vincitrice come ha sempre fatto e in men che non si dica sarà di nuovo alla sua scrivania pronta a darci ordini” Esposito se ne stava in piedi vicino ai due e parlava con voce decisa volendo in qualunque modo infondere ai due la sua stessa fiducia.

“E se invece preferisse lasciare perchè è diventato troppo pericoloso?” Commentò Ryan non volendo però nemmeno pensare a come sarebbe il distretto senza Beckett, escludendo nello stesso momento in cui quelle parole uscirono dalla sua bocca quella assurda possibilità.

“Beckett non mollerà ed è questo il problema. Il suo attentatore è ancora la fuori e sarà sempre un pericolo costante e la prossima volta non è detto che...” Castle frustato da tutta quella situazione si alzò andandosi a fare un caffè forte, molto forte, cercando di pensare solo alle cose positive di tutta quella storia, anche se di positivo c'era ben poco ed era molto difficile trovarlo.

“Allora non ci resta che una cosa da fare” Disse Ryan alzandosi dal tavolino e guardando i due che ora lo osservavano curiosi e in attesa che finisse il discorso.

“Concentriamoci su questo caso e troviamo questo cecchino prima che possa colpire ancora”

“Beckett c'è stata dietro per più di 10 anni senza trovare nulla. Nemmeno dopo Kunan, nemmeno dopo Raglan è saltato fuori qualcosa di interessante”. Lo riprese Esposito volendo ricordargli tutto quello successo inerente all'assassino della madre della detective.

“é vero ma appunto per questo ora dobbiamo indagare. Dopo aver scoperto che l'assassino era Kunan si son trovati altri indizi tanto che siamo arrivati a Lockwood e ora chiunque ha voluto l'assassinio di Johanna si sta esponendo rischiando sempre di più. Non dobbiamo perdere quest'occasione. Tutto quello che è successo è accaduto perchè siamo vicini alla verità”

Ryan non era mai sembrato cosi deciso tanto che stupì gli altri due presenti nella caffetteria lasciandoli visibilmente sorpresi, a bocca aperte. Dei quattro era sempre stato il più tranquillo, il più riservato e mai si pensava potesse nascondere tanta determinazione.

“Chi l'avrebbe detto. Il nostro Rayn quando vuole tira fuori la grinta. D'accordo vediamo un po' di far luce su questo caso in attesa che Beckett si risvegli e abbia la possibilità di fermarci” Detto questo Castle diede una pacca amichevole sulla spalla del giovane irlandese e se ne usci con in mano una tazza di fumante caffè con una nuova convinzione. Se voleva proteggere Beckett doveva risolvere quel caso il prima possibile in modo che nessuno potesse più farle del male.

Quella sera tornò a casa non stanco ma annoiato e per lui era la cosa più fastidiosa. Passare la giornata al distretto a fare da spola tra la scrivania e la caffetteria non faceva per lui. Ryan ed Esposito avevano cercato di tirarlo in mezzo all'indagine sulla rapina ma Castle si era rifiutato più volte non trovando la questione di suo gradimento, ritenendola troppo banale per uno scrittore del suo livello, ma in realtà tutti sapevano che qualunque cosa non sarebbe stata interessante per lui se non ci fosse stata Beckett ad indagare. Appena aperta la porta di casa si diresse verso la cucina dove trovò Alexis intenta a cucinare e sfogliare le pagine di un libro di scuola nello stesso momento.

“Cosa c'è di buono?”Chiese l'uomo togliendosi la giacca per appoggiarla su uno degli sgabelli presenti intorno al ripiano della cucina prima di avviarsi verso il frigorifero, non prima però di aver salutato la figlia con un bacio sulla guancia.

“Ali di pollo ed insalata”. Disse la ragazza impegnata a condire con un po' di olio la carne e a ripetere le ultime parole lette sul libro a bassa voce non curandosi più di tanto del padre che ora si trovava davanti il frigorifero aperto concentrato ad osservare il suo contenuto.

“Papà non provare ad assaggiare la torta. Quella l'ho preparata per dopo”.

A quelle parole Rick si bloccò di colpo avendo già avvicinato il dito indice allo strato di panna che ricopriva il dolce pronto per affondarcelo dentro ed assaggiarla.

“Io che faccio una cosa simile?. Ti confondi con tua nonna tesoro”. Castle ritrasse una bottiglia d'acqua dal frigorifero e lo richiuse per poi andarsi a sedere su di uno degli sgabelli pronto a ricevere la consueta domanda da parte di Alexis.

“Si ha qualche novità?” Disse la ragazza speranzosa.

“Per ora nulla, il solito. Ma i medici sono ottimisti”

“Sono giorni che lo dicono eppure non è successo ancora nulla”. Dalla voce della giovane si poteva percepire tutta la sua tensione, la sua frustrazione, dovuta anche al fatto che erano due giorni che i medici non le permettevano di vedere Kate affermando che una ragazza cosi giovane si sarebbe scossa alla vista di tutti quei macchinari alla quale la detective era attaccata. Scusa che Alexis non aveva accettato di buon cuore.

“Ci vuole pazienza tesoro”. Rick proferì solo quelle poche parole avendo già utilizzato le migliori nei giorni passati cercando di rincuorare la figlia.

“Io voglio solo che Beckett si svegli”. Subito dopo iniziò a piangere e Castle meno di un secondo dopo l'aveva già tra le braccia dandole in quel modo tutto l'appoggio di cui aveva bisogno mettendo poi il suo mento sulla testa di lei e iniziandola a cullare come faceva quando era piccolina riprese a parlare.

“Lo sai che Kate continuerà a lottare?” In risposta senti la figlia annuire contro il proprio petto. “e che quando si sveglierà ci bacchetterà tutti per essere stati cosi in ansia per lei” Disse ridacchiando cercando in qualche modo di rendere meno tesa la situazione.

“Mi porterai in ospedale con te domani? Ti prego papa voglio solo salutarla”

Sentendola stringersi ancora più forte a lui lo scrittore non potè far altro che acconsentire.

“D'accordo domani parlerò con i dottori e vedrai che ti lasceranno entrare nella sua stanza. Però ora mangiamo che ho fame”.

Poco dopo li raggiunse anche Martha, appena tornata da un'audizione che ha detta sua era andata magnificamente. Parlarono del più e del meno sussultando ad ogni squillo del telefono, sperando e temendo insieme che fosse una chiamata dall'ospedale o da uno dei detective. Finirono di mangiare e si misero sul divano a guardare un film, routine ormai dei giorni scorsi, attendendo che qualcosa accadesse e infine, mentre le due donne di casa si ritiravano nelle loro stanze, Castle si chiudeva nel proprio studio a scrivere facendo cosi rivivere nelle sue parole il ricordo dei momenti passati con Beckett.

Un altra mattina cominciò e tutto procedette come al solito. L'arrivo al distretto, i saluti a Ryan ed Esposito, le novità riguardo il nuovo Capitano che nel giro di poche settimane sarebbe arrivato, il singolo caffè preso da Castle, la lavagna bianca come se fosse nuova. Era cosi da giorni ma era difficile abituarsi a quel nuovo modo di vivere quella giornata di lavoro. Castle si accomodò al suo solito posto attento a non spostare nulla sulla scrivania di Beckett e cominciò a rileggere tutti i file inerenti a sua madre, a Lockwood e anche gli ultimi rapporti inerenti al cecchino al cimitero cercando quel piccolo collegamento che potesse far luce in quella storia. Era cosi intento nella lettura che quasi non sia accorse del telefono che vibrava e si illuminava davanti a se lasciando passare più di qualche secondo prima di portarlo all'orecchio e parlare.

“Pronto?”Disse distrattamente senza mai togliere lo sguardo dal rapporto sul proiettile che aveva colpito Beckett.

“Richard sono Sandra”. C'era qualcosa che non andava nella sua voce, era flebile, tranquilla troppo traquilla. Non da Sandra e questo fece temere il peggio all'uomo che seppur avendo aperto la bocca per parlare non riusci a far uscire il benchè minimo suono da essa. Passarono i secondi, strazianti e interminabili secondi prima che l'infermiera parlò di nuovo.

“Rick si è svegliata”. Quattro semplice parole che erano tutto, che erano la vita per Castle. Senza dire nulla attaccò il telefono, prese la giacca e si diresse di corsa all'ascensore. L'unica cosa che voleva in quel momento era vedere Kate, essere li per lei, vedere con i propri occhi che era tornata. Chiamò un taxi quasi lanciandosi in mezzo alla strada per essere sicuro di essere visto e tirando fuori 100$ dalla tasca li pose all'autista invitandolo a portarlo in ospedale il prima possibile.

Passò tutto il viaggio a battere i piedi contro i tappetini dell'auto, a sfregarsi le mani, a sistemarsi i capelli, a tenersi occupato. Voleva saltare, abbassare il finestrino e gridare al mondo la sua gioia. Beckett era sveglia. La sua musa, la sua vita era tornata e questa volta, si ripromise, avrebbe fatto di tutto per non perderla ancora. Nessuno gli avrebbe impedito di poter stare vicino a Kate come veramente voleva. Ma la realtà era ben diversa da quella che Castle aveva sperato. Era quasi arrivato davanti alla sua camera quando senti una mano sulla spalla fermare la sua avanzata. Si voltò e lo vide. Il più grande ostacolo che lo divideva da Beckett.

 

“Ciao Richard”

“Ciao Josh”

 

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Ed ecco la fine del primo capitolo. Lo scontro tra Castle e Josh è inevitabile ma chi la spunterà dei due forse non piacerà a molti. Ma a tutto c'è un perchè fidatevi 

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Capitolo 2
*** Perdersi ***


 

Nella puntata precedente

 

è passata una settimana da quando Beckett è stata colpita dall'ignoto cecchino e tutti cercano di andare avanti con le loro vite nonostante tutto, aspettando solo il momento in cui lei si svegli. Castle nel mentre è in costante aggiornamento sulle sue condizioni grazie a Sandra, un infermiera che si occupa della detective. Ed è proprio lei che chiama lo scrittore informandolo del risveglio di Kate e facendo rinascere il lui la speranza di un qualcosa in più con la sua musa. Giunto però in ospedale trova Josh e tutto cambia.

 

CAPITOLO DUE

 

“Ciao Richard”

“Ciao Josh”

 

Castle cercò di rimanere impassibile alla sua vista mentre nella sua mente lo stava maledicendo in qualsiasi lingua conoscesse per essersi presentato li in quel momento. Proprio non ci voleva, non aveva tempo da perdere con lui adesso, Beckett era sveglia e lui doveva esserle vicino non li a parlare con quel dottor-motociclista.

 

“mi dispiace ma ora devo andare da lei. Parlerò volentieri con te più tardi”. Castle indicò la porta della camera mentre parlava e iniziò a voltarsi in direzione di essa usando tutta la propria forza di volontà per non fuggire da Josh e correre in quella stanza, ma ancora una volta dovette fermarsi venendo richiamato ancora dall'altro uomo.

 

“Credo proprio invece che dovremo parlare adesso”. Il tono Di Josh non lasciava dubbi. Parlare era l'ultima cosa che aveva in mente di fare in quel momento e Castle non aveva modo di sottrarsi da quel supplizio. Sbuffando si voltò verso il dottore non preoccupandosi di nascondere il proprio fastidio.

 

“A meno che non si tratti della salute di Beckett te ed io non abbiamo proprio nulla di cui parlare. Quindi avanti dimmi come sta cosi poi posso andare ad accertarmene di persona”. La pazienza di Castle era veramente al limite. Portò le braccia ad incrociarsi al petto e iniziò a fissare il dottore davanti a se sempre con più insistenza, alzando un sopracciglio volendogli dire a gesti “allora che aspetti a parlare”. Quello che uscì dalla bocca di Josh però non era ciò che Castle si aspettava, o che comunque voleva sentire in quel momento.

 

“Non sei il benvenuto qua Richard. Il tuo posto non è qui”. Disse semplicemente Josh mimando gli stessi gesti dello scrittore volendolo sfidare sul suo stesso piano.

“E chi l'ha deciso?. Tu? O è stata Beckett a dirtelo?”. Le mani gli prudevano come non mai e l'unico motivo per cui non aveva ancora tirato un pugno in faccia all'uomo era per evitare l'intervento della sicurezza e quindi rischiare di essere cacciato a malo modo dall'ospedale e di conseguenza non poter vedere la detective.

“L'Ho deciso io. Pensando esclusivamente al bene di Katie”. La battaglia era iniziata. Tutti e due tenevano a Beckett e nessuno dei due avrebbe gettato la spugna cosi facilmente. Josh aveva dalla sua parte l'essere il suo fidanzato ma Castle conosceva Kate nel suo profondo, in un modo che il dottor-motociclista non avrebbe mai potuto, nemmeno dopo un milione di anni.

“Non sei suo padre. Non puoi decidere tu cosa è o cosa non è meglio per lei. Quindi smettila di farmi perdere tempo e lasciami andare da Beckett”. Sciocchezze. Solo stupidaggini uscivano dalla bocca di Josh e star li ad ascoltarle non ne valeva la pena. Ancora Castle si allontanò e ancora Josh lo fermò parandosi davanti a lui, bloccandolo questa volta mettendogli entrambe le mani sulle spalle.

“Ma si può sapere che hai?” Gli disse infastidito togliendogli in modo brusco le sua mani da dosso.

“Io non sarò suo padre ma sono il suo fidanzato. Mi preoccupo per lei e non voglio che nulla le accada”. Gli animi iniziavano a scaldarsi sempre di più e le voci crescevano sempre più di intensità. La gente attorno a loro li osservava ma non interveniva per ora anche se più di un infermiere si era messo vicino a loro pronti a fermarli nel caso le cose fossero degenerate, dato che vi erano tutti i presupposti che accadesse cosi. A sentire quell'affermazione Castle non potè fare a meno di lasciarsi sfuggire una leggera risata amara mentre si allontanava da Josh di qualche passo.

“Proprio tu dici che ti preoccupi?, che non vuoi che le accada nulla? Allora dimmi un po' caro dottore dov'eri quando lei aveva bisogno? Dov'eri quando lei aveva i suoi crolli pensando a sua madre? Dov'eri quando le hanno sparato in quel maledetto cimitero?” Ad ogni puntualizzazione Rick lo colpiva sempre più forte sulla spalla usando il dito indice, trovandosi ora faccia a faccia con lui.

“Io ho delle responsabilità. Ho delle vite da salvare”Josh parlava a denti stretti non facendo cadere lo sguardo da Castle ma tenendo gli occhi fissi su di lui mentre sul collo potevano vedersi i muscoli contrarsi come segno evidente della sua irritazione.

“Beckett è una tua responsabilità. Non le sei stato vicino quando dovevi e ora cerchi di trovare in me un ottimo antistress. Hai sbagliato di grosso. Non mi farò mettere i piedi in testa da te. E ora spostati per favore”. Castle fece per superarlo ma Josh fu più veloce di lui e allungando un braccio lo prese e lo trascinò contro il muro facendogli sbattere violentemente la schiena contro di esso. Castle imprecò dal dolore. Subito fece per contraccambiare ma fu fermato dalla voce di un infermiere.

“Vi ricordo che siamo pur sempre in ospedale. Se avete problemi risolveteli al di fuori dell'edificio. Qua ci son persone che stanno male e non hanno bisogno di sentire i vostri battibecchi”

Josh allentò la presa su Castle ma non si staccò da lui non avendo ancora finito di parlare.

“Io le sono sempre stato vicino quando potevo” Josh ancora incalzava volendosi dimostrare a tutti i costi un ottimo fidanzato ma Castle poteva benissimo vedere che le cose erano diverse.

“Ti correggo. Tu le sei stato vicino quando lei te lo permetteva perchè quando stava male non avevi il coraggio di andar li a consolarla. Perchè non ne sei capace e Beckett l'ha capito. Ti ha mai parlato di Royce e del viaggio fatto a Los Angeles per trovare il suo assassino? Oppure ti ha fatto vedere tutti i rapporti sull'omicidio di sua madre che tiene appesi alla finestra?”

Vedendo il volto sorpreso del dottore e la sua improvvisa mancanza di parole Castle capì che aveva avvertito il colpo e che ora era lui in vantaggio.

“Già come pensavo. Non sai nulla di tutto ciò. Forse è ora che ti chiedi il perchè”. Rick era convinto di spuntarla e sul suo volto si era già formato un ampio sorriso di vittoria. Nulla ormai avrebbe potuto cambiare le cose. Sarebbe andato da Beckett per starle vicino e quando le sue ferite si fossero rimarginate le avrebbe detto di quanto è idiota il suo fidanzato e che era ora di lasciarlo per qualcosa di molto meglio. Lui.

Ma per la terza volta nel giro di pochi minuti Josh riusci a fermarlo dal suo intento.

“Ti è cosi difficile capire che il motivo per cui Katie ed io non riusciamo a vivere come vogliamo la nostra storia sei tu?”. Ora l'uomo parlava con voce più rotta. Si poteva ancora trovare in essa qualche sfumatura di irritazione ma poca rispetto a prima. Ora vi era più disperazione. Castle sentì un nodo stringergli alla gola e non riuscì più a fare un ulteriore passo in avanti. Osservava la porta che dava sulla stanza di Beckett, li a pochi passi. Eppure non riusciva a muoversi. In un certo senso capiva ciò che provava Josh. Capiva le sue motivazioni. Rick era certo che Kate provasse qualcosa per lui, l'aveva esternato con quel bacio, dentro il container, davanti alla bomba. Ma un conto era supporlo un altro era proprio sentirselo dire. E quello che Beckett diceva e che Josh era il suo fidanzato, che voleva dargli una possibilità e cosi lo scrittore iniziò a domandarsi se davvero lui non avesse giocato un ruolo importante nella loro storia.

“Beckett ha scelto a te. Se qualcosa non va io non c'entro”. Sapeva benissimo che quelle parole non corrispondevano alla verità ma non voleva ammetterlo tanto che rimaneva con la schiena rivolta verso l'altro uomo non avendo il coraggio di guardarlo in viso e vedere la sua sofferenza.

“ha scelto me solo perchè non poteva avere te. Ma io la amo veramente e se solo se ne accorgesse di quanto è importante per me le cose andrebbero sicuramente meglio. Voglio che sia felice. Che si affidi a me e non a te come invece sta facendo. Ma fin quando tu starai accanto a Katie non avrò mai l'occasione di essere il fidanzato che voglio. Verrò sempre paragonato a te e ammettiamolo, non ho possibilità di vincere.” Josh si lasciò scivolare lungo il muro fino a trovarsi seduto per terra con la testa tra le ginocchia a guardare le proprie scarpe. Castle non si aspettava questo comportamento da lui che sembrava un sosia di qualche supereroe forte e senza paura. Mai nella sua vita aveva preso una decisione cosi difficile. Anche lui voleva solo il meglio per Beckett e forse Josh poteva darglielo. Diede un ultimo sguardo a quella camera, immaginandola pallida tra le coperte ma viva, sorridente nel vederlo, la sua splendida voce riportarlo definitivamente sulla terra. Come sarebbe bello se solo. Già se solo.

“Hai la tua possibilità Josh. Non sprecarla”. Gli disse mentre gli passò di fianco prima di recarsi all'ascensore e salirvici sopra abbandonando in quel corridoio il proprio cuore.

 

Fuori dall'ospedale senti una voce chiamarlo con sempre più insistenza.

“Castle. Ehi Castle sono qui”

 

L'uomo cercò il punto da dove questa veniva e individuò poi Lanie. Quando la donna gli fu davanti Rick fece di tutto per sembrare normale, cercò di sorridere ma invano.

“Che è successo? Non dirmi che Kate?” Temendo il peggio si mise la mano sulla bocca e iniziò a scollare il capo non volendo pensare a quell'eventualità, sentendosi già le lacrime formarsi negli occhi. Castle capì che il medico legale avesse pensato al peggio vedendo la sua espressione perciò andò subito a rassicurarla.

“NO Beckett sta bene. Anzi è sveglia”. Questa volta parlò con tono sereno, contento di dare all'amica quella notizia, vedendola nello stesso momento sospirare e allontanare quell'ansia che in pochi istanti l'aveva avvolta. Ma nulla poteva sfuggire a Lanie.

“Che è successo allora?”. Chiedeva con insistenza ma non tanto per curiosità ma perchè intuiva che qualcosa di spiacevole era accaduto.

“Beckett ed io abbiamo chiuso”. Poche parole dette ma che racchiudevano tutto. Lanie trascinò Castle per il braccio fino a farlo sedere su una panchina li vicino a loro e poi tornò a chiedere.

“Te l'ha detto lei?”

“No. Ho parlato con Josh”. Castle aveva voglia di togliersi quel peso, di spiegare le sue motivazioni a qualcuno e come qualcuno Lanie era perfetta. Sapeva ascoltare ma ancora di più era molto brava a dare consigli e a riprenderti.

“Mi ha detto che sono d'intralcio tra Beckett e lui. Che sarò sempre il terzo incomodo e che a causa mia loro non potranno mai essere veramente felici. Sono il sogno irrealizzato di Kate, Josh invece è la realtà ed era giunto il momento che mi facessi da parte e cosi ho fatto. Josh potrà darle tutto quello che vuole, io no. Sono troppo imprevedibile, troppo impulsivo e sappiamo tutti che lei ha bisogno di stabilità nella sua vita”. Quanto era difficile dire quelle parole. Ad ognuna di esse corrispondeva una coltellata al cuore ma in fondo sapeva che quel giorno sarebbe arrivato. Solo che non immaginava cosi presto. Lanie gli prese una mano nella sua cercando di attirare la sua attenzione su di lei.

“Sai che ha bisogno Kate nella sua vita?” Ricevendo un no dall'uomo come risposta continuò.

“Ha bisogno di vivere e Josh non la fa sentire viva. Solo tu ci riesci e se ora te ne vai tutto quello che hai fatto di buono per lei in questi 3 anni svanirà. É grazie a te se ora lei ha una vita all'esterno del distretto. Prima viveva solo per l'omicidio di sua madre e ne sei ben consapevole. Sai quante volte è uscita a bere qualcosa con Esposito, Ryan o me prima che arrivassi tu? Zero. Era chiusa in se stessa, aveva ben pochi amici. Tu invece l'hai fatta tornare la ragazza gioviale che era un tempo. Non andartene Rick o la perderemo di nuovo”

Castle sorrise all'amica apprezzando sinceramente lo sforzo che stava facendo per convincerlo a tornare sui suoi passi ma ormai aveva preso quella decisione, non poteva farsi venire dubbi a riguardo.

“Beckett ha tutti voi che non le farete sentire la mia mancanza, anzi probabilmente passerete il giorno a tramare alle mie spalle per vendicarvi.” Commentò lo scrittore cercando di far uscire quella vena umoristica che lo distingueva ma trovando la cosa estremamente difficile in quel momento. Non avendo altro da aggiungere si alzò dalla panchina prima però diede un veloce bacio sulla guancia a Lanie.

“Grazie di tutto. E stalle vicino anche per me”. Iniziò cosi ad allontanarsi anche dalla donna che a gran voce gli domando.

“E tu come starai Castle?”. L'uomo non si fermò, nemmeno si voltò, alzò solo la mano in segno di saluto sentendola poi ancora dire.

“Se non mi chiamerai tu per chiedermi come sta lo farò io”

 

Castle optò per tornare a casa a piedi. Non gli importava della distanza che avrebbe dovuto percorrere. Voleva solo rimanere da solo con se stesso e pensare e camminare lo aiutava. Aveva perso Beckett e faceva un male terribile ma lui aveva altro per cui andare avanti oltre a lei. Aveva una figlia meravigliosa, l'invidia per molti genitori, una madre alquanto irritante ma che allo stesso momento non avrebbe cambiato con nessun'altra, un ottimo lavoro, migliaia di fan. Che cosa poteva desiderare di più?!. La risposta era ovvia me per il proprio bene la nascose nei più reconditi recessi del proprio cervello. Iniziò a pensare ad altro. Pensò a come concludere il prima possibile il libro, ad organizzare un tour per le prossime settimane, a programmare incontri con vari editori. A fare tutto ciò che era possibile per tenersi impegnato. Pensò anche di tornare a Los Angeles e seguire le riprese del film di persona. Dopo quasi un ora di cammino giunse finalmente a casa e appena aperta la porta si trova stretto tra le braccia di Alexis. Come dirle ora della decisione che aveva preso?.

 

“Sei in ritardo. Mi dovevi portare da Beckett”Gli ricordò la ragazza che allontanandosi fece per prendere la giacca cosi da poter andare ma Castle la fermò subito.

“Alexis ti devo parlare” invitandola a sedersi con lui sul divano e ricordandosi la reazione di Lanie aggiunse subito.

“Beckett sta bene. Anzi si è svegliata”. Disse osservando la figlia che, come lui quando aveva appreso quella stessa notizia, iniziò a saltellare contenta per la sala.

“Perfetto un motivo in più per andare. Muoviamoci papa, sono certa che sarà contenta di vederci”Alexis cercò di tirarlo per un braccio ma l'uomo non si mosse sentendosi distrutto ancora una volta.

“Siediti Alexis”. La ragazza eseguì subito e solo in quel momento notò che qualcosa non andava.

“Papa?”

“Per un po' è meglio che io non vada più a trovare Beckett. Tu sei liberissima di farlo quando preferisci, anzi ci scommetto che non vede l'ora di aver la tua compagnia. Per quanto riguarda me ho chiuso”. Nuove lacrime si formavano nei suoi occhi al ricordo della decisione presa per il bene della donna che amava. La figlia subito lo abbracciò non capendo bene le parole di suo padre non avendo alcun indizio su quanto accaduto tra lui e Josh.

“Papa dimmi che è successo?”

“Semplicemente mi son fatto da parte per Josh”

“E Beckett lo sa?”

“Per ora lei deve solo pensare a rimettersi. Io le sarei solo d'intralcio. Probabilmente ancora prima che le sue ferite guariscano la trascinerei in qualche indagine pericolosa solo per il mio divertimento personale”. Castle parlava non volendo pensare al futuro. Non riuscendo a vedere un futuro senza Beckett nella sua vita. Rimaneva li sul divano a stringere più forte che poteva la figlia tenendosi dentro quel dolore che lo lacerava.

“Non le piacerà affatto”. Nemmeno Alexis sapeva cosa dire. La confessione del padre l'aveva lasciata di stucco, mai se lo sarebbe aspettato da lui, ma conoscendolo sapeva benissimo che se l'aveva fatto c'erano più che buone ragioni e lei le avrebbe accettate, anche se vederlo star male cosi non era semplice.

“Sarà cosi impegnata a guarire che avrà ben poco tempo per pensare a quanto le possa mancare un bambino di 9 anni in preda agli effetti dello zucchero”. Per un secondo le labbra gli si inarcarono in quel che sembrava un sorriso.

“Mi dispiace contraddirti papa”. Lo riprese Alexis sciogliendosi dal suo abbraccio e osservandolo con un'espressione di rimprovero.

“Più Beckett e te state lontani più vi cercate. Tutti hanno capito che siete fatti l'uno per l'altra eppure voi sembrate non volerlo vedere”

“é complicato”

“No. In realtà è semplicissimo. Risulta complicato perchè voi lo rendete tale. Che c'è di difficile nel confessarvi ciò che provate l'uno per l'altra?.” Alexis era arrabbiata, molto arrabbiata. Era stata in silenzio a guardare per troppo tempo e ora non poteva star li a vedere suo padre rovinarsi la vita con le sue stesse mani senza far nulla.

“E non provare a dirmi Josh perchè, mi dispiace dirlo, ma questa sarà la prima volta che tiro uno schiaffo a mio padre. Nulla ti ha mai fermato prima e ora rinunci cosi senza combattere. Ora me ne vado in camera mia. Tornerò giù per l'ora di cena sperando che mio padre sia rinsanito”

Cosi Alexis se ne andò sbattendo i piedi e sbattendo la porta lasciando Castle a bocca aperta sul divano non riconoscendo sua figlia nella ragazza che fino a pochi secondi prima gli era seduta davanti e gli stava facendo un discorso coi fiocchi. Tutto in quella giornata stava andando a rotoli. Mancava solo una persona a completare il quadro.

 

“Richard Alexander Rodger”

Castle aprì gli occhi, rendendosi conto di essersi addormentato sul divano, vedendo sua madre camminare verso di lui con passo minaccioso.

“Cos'è questa storia che mi ha raccontato Alexis?! Hai detto addio a Beckett? Sapevo che avevo cresciuto un figlio con qualche rotella fuori posto ma non pensavo che fosse cosi tanto stupido da rinunciare alla cosa migliore capitata nella sua vita”. Martha Rodgers era infuriata, il viso rosso dalla rabbia, la voce decisa, seria, autoritaria, le mani che stringevano e strizzavano i guanti per non accanirsi sul collo del figlio.

“Mamma per favore non ti ci mettere anche tu”Rick si alzò dal divano allontanandosi dalla donna e dirigendosi in cucina ma lei ovviamente lo segui.

“Io mi metto dove voglio. Ma perchè l'hai fatto Richard. Perchè?”. Nemmeno lei capiva. Nessuno capiva le sue motivazioni. E lui era già stanco di dare spiegazioni.

“Che altro potevo fare? Star li ogni giorno accanto a lei, ora dopo ora, sapendo che poi lei se ne tornava a casa da Josh. A vedere il sorriso che le si formava sulle labbra o il suo volto che si illuminava quando Josh la chiamava. Star li a volerla prendere tra le braccia ma non potendo farlo perchè lei non è mia.” Castle alzò le braccia al cielo disperato prima di passarsi una mano tra i capelli guardandosi intorno in cerca di un qualcosa e poi fece una cosa che non faceva da molto tempo. Apri una della ante della cucina e ne estrasse una bottiglia di Schotch iniziando a berlo direttamente dalla bottiglia. Sorso dopo sorso fino a sentirsi la gola bruciare, volendo solo far diventare nebbia quei ricordi cosi da cancellarli poi con più facilità.

“Richard questa non è la soluzione. Se solo tu le parlassi, aprissi il tuo cuore lei sarebbe tua”. Martha si avvicinò al figlio togliendogli delicatamente la bottiglia dalle mani e riponendola al suo posto prima di tornare ad osservare il figlio che ora non tratteneva più e lacrime.

“Credi che non ci abbia pensato? Quando eravamo a Los Angeles c'è mancato poco, cosi poco” Diceva iniziando a non essere più tanto stabile sulle proprie gambe non essendo abituato a bere a stomaco vuoto.

“Potevo dirle quanto la amo, potevo baciarla, potevo far anche l'amore con lei per tutta la notte certo che me l'avrebbe permesso. Ma alla fine lei si sarebbe odiata per aver tradito Josh e io non mi sarei mai perdonato di averla fatta sentire cosi. E anche ora se le confessassi tutto e lei nel caso lasciasse Josh vederlo con il cuore infranto la distruggerebbe. Cosi com'è andata è la soluzione migliore. Tutti vincono”

Martha chiuse gli occhi e sospirò accarezzando il figlio sulla guancia destra.

“Quanto ti sbagli ragazzo mio. Non ci sono vincitori, solo vinti. Sia tu, che Josh, che Beckett. Hai scelto la strada più facile. Non hai rischiato e ora non solo tu ma anche gli altri ne pagheranno le conseguenze”

Castle non capiva il senso delle parole di sua madre e non sapeva se dare la colpa all'alcool o a se stesso. Ma fu la stessa Martha che vedendo il dubbio negli occhi di suo figlio chiarì meglio il suo pensiero.

“Costringi Kate a stare con un uomo che non ama, a sforzarsi di essere felice con lui quando non lo è. Josh starà con una donna che non ricambia il suo amore, sperando invano ogni giorno che ti dimentichi, trovandosi ogni giorno a combattere con il tuo ricordo. E poi tu. Dovrai convivere con la consapevolezza che hai combattuto per cose insignificanti nella tua vita e non hai tirato fuori le unghie per quella più importante. Se ora sei infelice è tutta colpa tua”

Martha non era contenta di dire quelle parole al figlio ma non vi era altro modo. Dirgli che aveva preso la decisione giusta sarebbe stato solo un grave errore. Richard doveva capire di aver sbagliato prima che le cose diventassero definitive. Lui ancora non lo sapeva che per sua fortuna il destino avrebbe rimesso ancora una volta tutto in discussione, nella speranza che alla prossima occasione Rick non fallisse.

 

 

 

 

Ed ecco finito anche il secondo capitolo. Come già anticipato Rick e Josh si son detti quello che pensavano da molto tempo, anche se si è avuto un esito inaspettato. Ma per fortuna di Castle le persone attorno a lui non rinunciano facilmente

 

Il prossimo capitolo sarà interamente su Beckett. É ora di vedere come sta dopo essersi risvegliata dal coma e anche di come reagirà quando una certa persona non si presenterà nella sua stanza :)

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Capitolo 3
*** Risveglio ***


 

Nelle puntata precedente

 

Dopo aver ricevuto la notizia del risveglio di Kate Rick è corso in ospedale giusto in tempo per aver un incontro-scontro con Josh che ha portato lo scrittore ad allontanarsi dalla sua musa senza nemmeno aver la possibilità di vederla. Non tutti però hanno preso bene la sua decisione e non mancano di farglielo notare anche con metodi poco carini.

 

CAPITOLO TRE

 

 

Voci. Voci sconosciute che la circondavano. Beckett cercò in qualche modo di aprire gli occhi ma invano e anche i suoi tentativi di muovere braccia e gambe si rivelarono inutili. Qualcosa non andava, non riusciva a controllare la situazione e questo non le piaceva.

 

“Detective Beckett mi sente?”

 

Il suono le arrivò alle orecchie quasi distorto, ovattato, ma per istinto si voltò verso dove questo proveniva sentendo poi altre parole seguire in rapida successione.

 

“Detective se riesce provi ad aprire gli occhi. Lentamente non abbiamo alcuna fretta”

 

Beckett ci mise qualche attimo a registrare quanto le stavano dicendo, a capire il loro significato, era persa, spaesata, nella sua mente solo una fitta coltre di nebbia e nient'altro. Sentiva la palpebre cosi pesanti il che rendeva più difficile quel semplice gesto. Ci provò ancora e ancora e dopo alcuni tentativi finalmente ce la fece. In quello stesso istante ebbe un sussulto. Non vedeva o meglio non vedeva correttamente. Tutto era sfuocato, percepiva solo ombre e poi una luce fortissima la colpì costringendola a richiudere gli occhi e a voltarsi sentendoseli bruciare all'improvviso. Il dottore che si era seduto accanto a lei ripose la piccola pila nel taschino e sussurrò parole incomprensibili agli altri due medici presenti nella stanza prima di tornare a rivolgersi alla donna.

 

“è normale che sia sensibile alla luce. Ci vorrà qualche giorno prima che i suoi occhi riprendano le loro normali funzioni dopo esser stati inutilizzati per più di una settimana”

 

La donna apri di nuovo gli occhi lentamente andando in qualche modo ad osservare il dottore vicino a lei. Apri la bocca per parlare ma nessun suono usci da essa. Aveva come la sensazione di essersi dimenticava di come si facesse, non si ricordava più come strutturare una semplice frase. Un altro brivido le percorse la schiena e il suo cuore iniziò a battere con più frequenza a causa dell'agitazione. Senti una mano posarsi sulla propria spalla e ancora quella voce tranquillizzarla.

 

“Si calmi è del tutto normale. Dopo essere usciti dal coma ci vuole del tempo prima di riacquistare le funzioni del proprio corpo. Se dovesse avere dei vuoti di memoria, o sentirsi debole tanto da non riuscire a non muovere nemmeno un dito o come adesso che non riesce a parlare si ricordi che è del tutto normale e che non deve preoccuparsi di ciò. Sono cose che si risolvono da sole con il tempo.”

 

Coma? Beckett senti quella parola riecheggiare nella sua testa. Come mai era in coma?! Si sforzò di ricordare ma ottenne solo un fortissimo mal di testa. Ancora una volta cercò di mettersi seduta sul letto senza riuscirvi, iniziò a prendersela con se stessa, ad agitarsi. I dottori vedendo questa sua reazione si consultarono e l'ultima cosa che Kate si ricordò prima di sprofondare nel buio furono le parole rassicuranti del dottore.

 

“Ora le somministriamo qualcosa per dormire. Quando si sveglierà tutto le sarà più chiaro vedrà”.

 

I dottori si accertarono che si fosse riaddormentata prima di uscire dalla stanza e dirigersi verso il padre della donna che da ore era seduto sulla stessa sedia in attesa di aver notizie della figlia. James non era mai sembrato cosi vecchio, profonde fosse scure gli si erano formate sotto gli occhi rossi per il troppo piangere. Aveva già perso sua moglie come avrebbe potuto vivere se lo stesso destino fosse toccato a sua figlia. Vedendo i dottori avvicinarsi si alzò di scatto dalla sedia andando loro incontro impaziente di sentire qualsiasi novità.

 

“Sua figlia è uscita dal coma”

 

Jim senza pensarci troppo abbracciò il medico quasi fosse lui l'artefice di quel risveglio.

 

“Grazie. Grazie per tutto quello che avete fatto”

“Abbiamo fatto solo il nostro lavoro però ora vorrei che si risedesse cosi possiamo parlare”

 

L'uomo annui e si rimise seduto mentre il dottore gli si accomodò di fianco incominciando a parlare con quel fare medico che faceva solo crescere la preoccupazione nel signor Beckett.

 

“Ecco vede. Aprire gli occhi e uscire dalla fase comatosa non vuol dire essere coscienti”

 

Jim non capiva, le avevano detto che sua figlia si era risvegliata perchè ora invece sembravano cosi poco speranzosi. Il peggio era passato no?! Ora sua figlia si sarebbe solo dovuta riprendere, aspettare qualche giorno e poi tornare a casa come se nulla fosse successo. Oppure non era cosi?.

 

“Mi dispiace ma non capisco. Se ha aperto gli occhi sarà cosciente di quello che fa. Ora è una strada tutta in discesa. Bisogna solo aspettare che le sue condizioni tornino nella normalità. Cosi mi avevate detto all'inizio” Dapprima l'uomo parlava in modo tranquillo poi invece la sua agitazione crebbe e cosi l'ansia e la rabbia nella sua voce. Si sentiva come tradito da quei dottori che l'avevano preso in giro a detta sua.

 

“Si calmi e lasci che gli spieghi come stanno le cose. Appena usciti dal coma si attraversano delle fasi. Da quanto abbiamo constato sua figlia è nel cosiddetto stadio confusionale ovvero non riesce ad aver il controllo delle funzioni di base del suo corpo. Il fatto che non riesca a parlare ne è una prova per esempio.”

 

Ora era lo stesso Jim che si trovava in uno stato confusionale. Tutto quelle parole non gli davano alcuna risposta. Lui voleva solo sapere come stava la sua Katie. Se sarebbe tornata la stessa di prima, quello gli importava. Non di quanto ci avrebbe messo, Jim avrebbe aspettato anche una vita intera se fosse stato necessario.

 

“Me lo dica chiaro e tondo dottore. Riavrò mia figlia o no?”

 

Il dottore sospirò, non voleva sbilanciarsi ma nel vedere quell'uomo cosi distrutto non potè fare a meno di esserne colpito. Gli era stato insegnato che le mezze verità non aiutavano i famigliari anzi peggioravano solo le cose ma in quel momento voleva solo dare un minimo sollievo all'uomo.

 

“Il fatto che sia uscita da sola dal coma è un fattore positivo. Molti appena svegli ricordano già tutto, parlano senza problemi, riescono a muoversi. Altri come sua figlia invece hanno qualche difficoltà in più. Ora aspettiamo che passi l'effetto del sedativo che le abbiamo dato e poi ne rivaluteremo le condizioni, ma tutto ci fa sperare in una sua ripresa completa e senza conseguenze”

 

Parlando il dottore in cuor suo sperava che le cose andassero veramente cosi se no non solo avrebbe perso la detective ma anche suo padre e questo non sarebbe stato facile da dimenticare.

 

Passarono i minuti, le ore. Nella stanza di Beckett c'era un continuo via vai di dottori ma anche degli amici, Esposito e Ryan erano rimasti li oltre un ora a far compagnia a James convincendolo a prendersi una pausa per un caffè e allontanarsi per qualche minuto da quel posto che ormai era diventato la sua casa. Lanie invece si era piazzata con una sedia vicino al letto di Kate e nessuno riuscì a smuoverla da li, se ne sarebbe rimasta li seduta fino a quando la sua amica non si fosse svegliata. La osservava ricordandosi il momento in cui l'avevano portata di corsa in ospedale. Per tutto il viaggio in ambulanza non si era mai staccata da lei continuando a praticarle il massaggio cardiaco e non lasciando che nessun altro si avvicinasse e prendesse il suo posto. Gli altri potevano rinunciare non ricevendo nessuna risposta Lanie no, avrebbe continuato fin quando il cuore di Beckett non fosse ripreso a battere, avrebbe combattuto al suo posto in attesa che la sua amica potesse farlo con le proprie forze.

Continuava a far scorrere lo sguardo dal libro che stava leggendo al volto di Beckett fino ai macchinari alla sua sinistra osservando ogni minimo cambiamento di quei parametri.

 

“Ah Lanie non credevo che fossi ancora qui”

 

Ok Lanie calmati, Beckett stà riposando e non deve essere svegliata dalle urla di dolore del suo fidanzato mentre tu lo prenderai a calci nello stomaco, su Lanie un bel respiro profondo. Questo si diceva la donna mentre osservava il giovane appena entrato nella stanza e che ora si stava avvicinando alla propria fidanzata. Con un espressione simile al disgusto lo osservava mentre le scostava i capelli da davanti al volto e le dava un leggero bacio sulla fronte volendo che a compiere quei gesti non fosse questo dottor-motociclista ma lo scrittore. Ripensò a Rick e a quello che le aveva detto fuori dall'ospedale e visto che non era nella sua natura tenersi tutto dentro non si fece troppi problemi quando iniziò a parlare con Josh.

 

“Sò che hai parlato con Castle”

 

Lo vide irrigidirsi di colpo mentre si riportava dritto in piedi distogliendo lo sguardo da Kate per portarlo su Lanie. Nel vedere la determinazione sul volto della donna fu quasi intimorito a parlare tanto che passo qualche secondo prima che pronunciasse tre misere parole.

 

“Si è vero”

 

Cercò di far finta di essere impegnato controllando la flebo, la cartella aggiornata a pochi minuti prima ma Lanie non cedeva.

 

“Ti è sembrato giusto metterlo davanti a una decisione simile. Lo sai quanto lui tenga a Beckett”

 

Lanie non sapeva come comportarsi con il dottore, non lo conosceva se non da quel poco che la sua amica le aveva detto a riguardo, ma ben poche informazioni per potersi fare un idea chiara su di lui. In quel momento cercava solo di far tornare Josh sui suoi passi cosi da permettere a Castle di poter vedere Beckett. Come lui ne aveva bisogno anche Kate ne avrebbe giovato della sua presenza, era certa che avrebbe reso la sua guarigione meno faticosa e pesante. Josh però non era dello stesso avviso.

 

“Castle stava cercando di portarmi via Katie perciò si credo di aver agito correttamente”

 

A sentire quelle parole pronunciate con cosi tanta sicurezza la donna non riusci a trattenere la risata e alzatasi in piedi dalla sedia e messe le mani sui fianco in segno di attacco replicò senza mezzi termini.

“Rick non stava cercando di portartela via perchè credimi se avesse voluto ci sarebbe riuscito già molto tempo fa.” Ed era una domanda che spesso faceva capolino nella testa del medico legale. Perchè Castle non aveva agito prima? Da quanto le aveva raccontato Beckett di occasioni ce n'erano state eppure quando stava per avvenire quel fatidico momento tutto cambiava.

 

“E tutte le volte allora che era a casa sua per esempio? Non dirmi che non c'erano dei secondi fini. O il fatto che la segue ovunque lei vada? Vedi quanto successo nel container” Josh teneva la voce bassa sia per non dar spettacolo per chi ascoltava da fuori la stanza sia per evitare di infastidire Beckett rischiandola di svegliarla e farle ascoltare quell'inutile discorso, dal suo punto di vista.

 

“L'ha fatto perchè aveva capito che lei in quei momenti non voleva rimanere sola. Tutto ciò che ha fatto l'ha fatto solo per vedere Beckett felice. Tu per lei avresti mai organizzato una raccolta fondi in memoria di sua madre? Tu avresti rinunciato a un operazione pur di non lasciarla sola in un indagine?”. Lanie le provava tutte, voleva far capire in ogni modo che lui non era adatto a Kate, non era adatto allo stile di vita che lei aveva, non lo sarebbe mai stato e Beckett di certo non sarebbe cambiata per lui.

 

“Io sono un dottore non un poliziotto. Il mio compito è star qui a salvare delle vite non quello di catturare rapinatori o quant'altro”. Josh era infastidito. Era la seconda volta in quella giornata che gli dicevano che lui non era adatto a Katie e poteva intuire dai loro sguardi che anche Esposito e Ryan la pensavo allo stesso modo. Ma Beckett aveva scelto lui perchè nessuno lo voleva capire.

 

“Anche Castle non è un poliziotto. Anche lui ha delle responsabilità, in particolare sua figlia. Però non ha mai perso un occasione per starle vicino, senza mai nulla chiederle in cambio come tu continui a supporre.”

 

“Io per Katie ho rinunciato a un importante incarico ad Haiti. Ho sacrificato un mio sogno per amore”. Josh parlò con superbia cercando di far intravedere nelle sue parole il grande sacrificio che aveva compiuto decidendo di non partire e di rimanere invece con la sua fidanzata. Era convinto di aver segnato il punto ma Lanie non era cosi facile da battere come si pensava.

 

“Vero questo nessuno lo dimentica. Ma Castle ha quasi rinunciato a molto di più. Solo ultimamente ha rischiato di morire per ben due volte nel giro di un giorno per Beckett. Questo mi sembra un vero e proprio sacrificio e mentre tu fai pesare la tua scelta a Kate Castle mai una volta le ha rinfacciato quanto stava per accadere.”

 

“E quindi cosa dovrei fare per dimostrare che la amo? Seguirla come un cagnolino come fa Castle? Scrivere una poesia e dedicargliela? No no ci sono. Ora parlerò con ogni infermiere facendomi dare una ventina di dollari a testa e poi donerò il ricavato a qualche associazione in suo nome”

 

La conversazione fu interrotta per qualche attimo dai movimenti di Beckett. Entrambi la fissarono sperando che fosse un segno del suo svegliarsi ma nulla accadde. La donna si rigirò solo un poco e tornò a dormire. Lanie approfittò di quella breve pausa per schiarirsi le idee prima di continuare a parlare.

 

“Sei davvero superficiale Josh. Pensi che sia quello che colpisca Kate? Non dico che non le faccia piacere ma a lei basta cosi poco, veramente poco e tu non l'hai ancora capito”

 

“Si è vero non capisco cosa lei voglia per essere felice. Quando siamo insieme è sempre cosi distratta. Qualunque cosa io faccio sembra non bastarle eppure ce la metto tutta”Ora Josh la guardava li stesa sul letto in un pacifico riposo e ancora non riusciva a capirla, molte cose di lei gli erano all'oscuro ed era più semplice dare la colpa del suo essere cosi chiusa nei suoi confronti a Castle piuttosto che cercare qualcosa che non andava in lui.

 

“ Dopo tutto il tempo che state insieme tu ancora non riesci a comprenderla Josh, devi ammettere questa cosa. La colpa di tutto ciò non è di Castle. Nemmeno tua. Tanto meno di Kate ovviamente. É sola la riprova che tra voi non potrà mai esserci un rapporto saldo e profondo dato che non ci sono le basi perchè questo accada”. Come far capire a una persona testarda come Josh che la loro storia non sarebbe durata, che era già tanto se erano arrivati fino a quel punto.

 

“Questo era prima, quando Castle era ancora nei paraggi. Ora che invece si è fatto da parte Katie non avrà distrazioni e potremo concentrarci l'uno sull'altra”. Nulla. Josh era sempre più convinto che ora le cose sarebbero migliorate. Ma in tutta quella situazione non si era mai posto quella domanda che fu Lanie a fargli.

 

“E secondo te come la prenderà Kate quando le dirai del discorso che hai fatto a Castle. Che grazie a te Castle ora non le starà più attorno”. Lanie sapeva che la sua amica non avrebbe preso la cosa molto bene. Seppur non voleva ammetterlo Beckett teneva più di quanto lei stessa pensasse a Castle e forse il fatto di perderlo cosi le avrebbe dato la spinta finale per gettarsi tra le sue braccia.

 

“Col tempo lo supererà e io le starò vicino. La sua riabilitazione sarà un ottimo modo per avvicinarsi ancora di più e lei scoprirà di essere davvero innamorata di me. Katie è mia e basta”

 

Da un lato le dispiaceva a Lanie veder soffrire cosi Josh ma dall'altra , dopo questo dialogo avuto, poteva vederlo come fidanzato di Beckett sempre di meno. Aveva avuto un ulteriore conferma che non erano fatti l'uno per l'altra.

 

“Josh arrenditi. Non accadrà mai”

 

In quel momento Kate aprì gli occhi attirando su di se l'attenzione dei due. La sua vista era migliorata, ora riusciva a distinguere i volti anche se la luce proveniente dai neon della camera le dava ancora fastidio. Josh le si sedette subito vicino e le prese il volto tra le mani iniziando a parlarle dolcemente.

 

“Ehi Katie. Tesoro sono io. Come stai?” La osservava con adorazione aspettando solo il momento in cui avrebbe ricambiato il suo saluto, risposto alla sua domanda ma Beckett non disse nulla, semplicemente lo guardava perplessa. Spostò gli occhi su Lanie e quell'espressione dubbiosa rimaneva impressa sul suo volto. Non li riconosceva. Chi erano quei due che la guardavano con cosi tanta apprensione?.

 

“Tesoro ti ricordi di noi?” Questa volta era Lanie che parlava avvicinandosi a lei e rimettendosi seduta sulla sedia su cui era prima. Beckett scrollò la testa in dissenso. I loro volti non le erano del tutto sconosciuti ma nemmeno riusciva a collegare ad essi dei nomi. Le veniva quasi da piangere pensando a quella situazione irreale.

 

“Ti ricordi perchè sei qui?”Ancora una domanda e ancora una negazione.

 

Lanie sorrise alla sua amica cercando di non farla agitare sapendo che era la cosa più sbagliata da far in quel momento. Bisognava agire con cautela e far pervenire le informazioni a Kate poco alla volta, senza farle fare sforzi inutili.

 

“Hai avuto un incidente e ti hanno portata qua. Sei stata in coma per qualche giorno ma ora stai bene o comunque starai meglio nei prossimi giorni” Per qualche strana ragione Beckett sorrise contenta di sentire quelle parole ma in particolare di sentirle pronunciate da quella donna a cui ancora non riusciva a dare un nome.

 

“Katie e di me ti ricordi? Sono Josh il tuo ragazzo”. Il dottore si avvicinò ancora più a lei, accarezzandola, lisciandole i capelli e questo fece solo aumentare l'agitazione della donna che ora si vedeva uno sconosciuto a pochi centimetri dal suo viso.

 

“Non importa. Vedrai che ricorderai presto e io ti aiuterò a farlo. Ora vado ad avvisare gli altri dottori che sei sveglia cosi da decidere il da farsi.” Come consuetudine le diede un bacio sulla fronte e usci dalla stanza senza dire altro. Beckett si era rintanata sotto le coperte. Era appena sveglia, non aveva ricordi eppure quell'uomo si era già preso troppe libertà nei suoi confronti. Non le importava se affermava di essere il suo fidanzato. Fin quando non avrebbe riacquistato la memoria nessuno poteva avvicinasi a lei. Iniziò a guardarsi. Notò solo ora le varie flebo attaccate alla propria mano e poi lo sguardo le cadde sul petto. Dall'apertura della veste che indossava poteva vedere un grosso cerotto. Con cautela andò a toccarselo voltandosi verso Lanie facendole capire solo con gli occhi che voleva sapere che le era successo.

 

“Tu sei una poliziotta. Qualche giorno fa una persona a noi molto cara è morta e mentre eravamo al suo funerale qualcuno ti ha sparato”. Lanie avendo notato la reazione di Kate quando Josh le si era avvicinata non si mosse dalla sedia ma allungò una mano per appoggiarla su quella dell'amica attenta a non toccare gli aghi e i tubicini che sbucavano fuori dal suo palmo. Beckett corrugò la fronte. L'essere poliziotta le diceva qualcosa. Delle immagini confuse si formarono nella sua testa ma lo considerò un buon segno. Forse i suoi ricordi sarebbero ritornati in breve tempo.

 

“Siamo venuti tutti a trovarti. Anche tuo padre è qui. Ora starà parlando con Ryan ed Esposito. Sono due tuoi colleghi e anche io lo sono. Mi chiamo Lanie”. Cercava di mantenere un tono di voce rassicurante per non far sentire l'amica sotto pressione e a quanto pare sembrava funzionare. Rispetto ai momenti in cui Josh era nella stanza con loro Kate sembrava più rilassata. Lanie per qualche strana ragione non fece il nome di Castle, per ora era meglio evitarlo. Spiegarle chi fosse sarebbe stato fin troppo complicato e non era ciò di cui aveva bisogno la ragazza. Doveva solo star tranquilla e pensare a se stessa non agli altri. Per Castle ci sarebbe stato tempo. Beckett diede un leggero colpo di tosse e si portò la mano alla gola facendo capire all'amica di avere sete e subito fu accontentata. Appena l'acqua le scese per la gola asciutta subito si senti meglio e provò di nuovo a parlare.

 

“Amiche?”. Disse con voce rauca e bassa ma che Lanie sentì lo stesso.

 

“Si te ed io siamo amiche. Da molti anni”. Lanie decise di rimanere sulla via del semplice. Darle poche informazioni ma chiare in modo che capisca, si diceva.

 

“Immaginavo”. La donna distesa nel letto sorrise contenta di aver quella compagnia poi osservò fuori dalla camera e notò Josh intento a parlare con un altro dottore. Tornò a guardare l'altra donna per aver conferma se lui era davvero ciò che diceva di essere.

 

“Si lui è Josh il tuo fidanzato”. Per fortuna di Lanie Beckett era ancora troppo debole per notare la difficoltà con la quale pronunciava quella parola, fidanzato, collegata a Josh. La detective si sollevò leggermente sul letto e con l'aiuto del medico legale riusci a sistemare i cuscini fino a trovarsi semi seduta. La mente concentrata sulle informazioni che le erano arrivate cercando da queste di ricostruire la sua storia. Iniziavano a riaffiorarle ricordi di molti anni prima e cosi stette per più di un ora in compagnia di Lanie che per tutto il tempo rimase in silenzio lasciando che fosse Beckett a chiedere il suo intervento se ce ne fosse stato bisogno. Con lo scorrere dei minuti Kate si ricordò sempre più cose ma nulla riguardo al suo passato recente e quello che le dava più fastidio era il non ricordare com'era finita li e se voleva riuscirci il prima possibile solo la sua amica l'avrebbe potuta aiutare.

 

“La verità” Disse solamente toccandosi la ferita sul petto.

 

Lanie tirò un profondò sospiro e con cautela si avvicinò con la sedia al letto controllando ogni cambiamento sul viso dell'altra donna per assicurarsi che quella vicinanza non le desse fastidio ma Kate continuò a guardarla impaziente di ascoltarla.

 

“Va bene. Allora. Abbiamo scoperto che il nostro capitano, Montgomery, era coinvolto in qualche modo all'omicidio di tua madre. Uno degli uomini che in passato aveva cercato di ucciderti aveva dato un ultimato al capitano, consegnare te o perdere la sua famiglia”. Beckett ascoltava attentamente mentre le lacrime le solcavano il viso mentre diverse emozioni si susseguivano nel suo cuore. Ancora non ricordava ma sentiva di aver vissuto quei momenti, quelle sensazioni. In quel momento rientrò Josh che vedendo la fidanzata in quelle condizioni si preoccupò e fece per muoversi verso di lei e fermare Lanie ma fu lui a venir bloccato da Kate che alzando la mano in sua direzione pronunciò un deciso “NO”. Lanie allora continuò con il suo racconto.

 

“Montgomery gli ha attirati in una trappola. É riuscito ad uccidere coloro che ti volevano morta ma per farlo ha sacrificato la sua vita. Durante il suo funerale, mentre stavi facendo un discorso in suo onore, un cecchino ti ha colpita. Ti abbiamo portata di corsa qua dove ti hanno operata d'urgenza. Dopo 7 ore di intervento ti hanno riportato in terapia intensiva dicendoci che eri in coma e che dovevamo solo aspettare. Fine della storia.” Lanie riprese fiato avendo parlato senza un attimo di pausa per evitare che Josh ne approfittasse e la fermasse, se Beckett voleva sapere allora ne aveva tutto il diritto, condizioni precarie o meno. Annui e si richiuse nel suo silenzio mentre i due la fissavano aspettandosi una qualunque reazione da parte sua. Affondò la testa nel cuscino e chiuse gli occhi cercando di ricordare quei momenti anche se farlo voleva dire aprire di nuovo quella ferita, ma doveva ricordare, ne aveva bisogno. Come se stesse guardando un film vide la sua vita scorrerle davanti agli occhi. In un istante si ricordò il funerale, la fitta al petto e lui.

 

“Rick”

 

Gli altri due occupanti della stanza la guardarono con emozioni ben diverse. Lanie aveva un ampio sorriso che andava da orecchio a orecchio, Josh invece si sentì il cuore spaccarsi in più pezzi. Non si ricordava di nulla, non ricordava nemmeno i loro nomi però si ricordava quello di lui. Cosa aveva di cosi tanto importante per essere ricordato?. Josh adirato uscì dalla stanza e nessuna delle due fece qualcosa per fermarlo. Beckett ricordò, ricordò tutto, in particolare le sue parole “Ti amo Kate”. Rideva come una ragazzina e piangeva allo stesso momento contenta di aver ricordato quanto dettole da lui, contenta di aver ricordato quelle particolari e significative parole. Castle aveva ammesso che l'amava ed ora.. Si guardò attorno chiedendosi dove fosse e poi chiese a Lanie.

 

“Dov'è Castle?”

 

 

 

E anche il numero tre è andato. In qualche modo non son propriamente soddisfatta di questo capitolo, scritto durante un attacco di insonnia stanotte. Non sono convinta del dialogo tra Lanie e Josh, chissà se il ragazzo avrà capito che si deve levare dalle scatole. E Beckett, bhè se proprio doveva ricordarsi di qualcuno quello doveva essere Rick o no?!

 

Ps. nei capitoli precedenti non l'ho detto però se qualcuno avesse qualche idea in merito, anche su come far evolvere la storia, o modificare qualcosa già scritto,o volesse vedere qualche scena (tipo Ryan ed Esposito che rigano la moto a Josh) proponga pure sarò più che lieta di accontentarvi.

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Capitolo 4
*** Tradimento e Castigo ***


 

Nella puntata precedente

 

Kate si è svegliata anche se le sue condizioni non sono delle migliori. Lanie e Josh hanno un breve battibecco che non sortisce gli effetti voluti dalla donna interrotta anche da Beckett che, dopo esser stata sedata, si sveglia di nuovo. Con l'aiuto dell'amica cerca di ricordare ma con fatica. L'unico che invece sembra non aver bisogno di esser ricordato è proprio Castle, rimasto sempre nei pensieri della detective.

 

 

CAPITOLO QUATTRO

 

“Dov'è Castle?”

 

Quella domanda uscì spontanea dalla bocca di Kate appena si accorse che non era li con loro. Nei ricordi che ora le stavano riaffiorando nelle mente Rick era sempre rimasto al suo fianco, allora perchè in quel momento non era li quando lei aveva un estremo bisogno di averlo vicino. Si voltò verso Lanie volendo da lei una risposta che mitigasse tutti questi suoi dubbi ma vide solo la donna tentennare, che non incrociava il suo sguardo anzi che proprio la evitava.

 

“Lanie. Dov'è Castle?” Chiese ancora più insistente.

 

“Ora non è qui tesoro. É passato a trovarti nei giorni scorsi ma oggi doveva occuparsi del suo libro, appena avrà un po' di tempo libero verrà qua subito ne sono certa.” Lanie odiava mentire alla sua amica ma se lo faceva era solo per il suo bene. Conoscendola era facile immaginare che saputa la verità si sarebbe alzata dal letto occupandosi prima di Josh e poi di Castle e al momento era la cosa da evitare. Beckett capì subito che non le stava dicendo le cose come veramente stavano. In primis perchè riconosceva quando l'amica non le raccontava la verità e poi perchè credeva ben poco al fatto che Castle non fosse li al suo fianco appena sveglia, a meno che.

 

“Lo sa che mi son svegliata?”. Forse non l'avevano avvisato, per quello non era ancora venuto a trovarla, ipotizzò. Forse hanno provato a chiamarlo ma era in riunione con Gina o Paula e quindi non ha ancora letto il messaggio e appena lo farà sarà qui, continuò cercando di dare una spiegazione alla sua assenza.

“Si”

 

Ed ecco la conferma. Lanie stava mentendo e il suo mondo crollò. Castle non avrebbe mai perso l'occasione di essere li con lei, a chiederle come stava, a darle forza ed esserle di sostegno se non fosse successo qualcosa. In quel momento non le importava più della sua salute, non le importava che le avessero sparato o del coma, ora voleva solo sapere perchè Castle non era li. Tutti quei pensieri però non giovavano alla sua salute già precaria. Ancora i battiti le salirono all'impazzata, il fiato tornò a mancarle e le forze iniziarono a drenarle dal corpo.

 

“Se ora ti calmi e riposi un po' quando ti svegli ti spiego tutto”

 

Le parole di Lanie non le piacevano ma non poteva far altro che accettare cosi acconsenti a quel patto e iniziò a cercare di calmarsi. Ripensò a Castle, alle parole che le diceva mentre lei piano piano perdeva conoscenza e mentre nella sua testa riecheggiavano le sue parole d'amore di addormentò.

 

Dormì e dormì ancora, passarono le ore lententamente ma per le persone che facevano il turno davanti al suo letto non vi era più alcun timore, ormai era fuori pericolo. I dottori l'avevano riconfermato durante la notte stupiti anche dal fatto che solo poche ore dopo essersi risvegliata dal coma già riuscisse a parlare e cominciare a ricordare tutte le cose della sua vita. Su molte cose andavano ancora cauti non sbilanciandosi per esempio su quanto tempo avrebbe dovuto trascorrere in ospedale prima di poter essere dimessa, senza parlare di tutto il tempo di riposo che avrebbe dovuto prendersi dal lavoro, prima dovevano vedere come reagiva ai diversi stimoli esterni e solo poco alla volta fare le valutazioni, senza fretta.

 

Erano quasi le 11.00 del giorno successivo al risveglio di Kate e lei ancora non si era destata dal suo profondo sonno. Nulla fuori dall'ordinario dissero i medici, il suo metabolismo doveva ancora regolarsi quindi non c'era da preoccuparsi se avesse dormito per la maggior parte della giornata, l'importante è che quando era sveglia fosse lucida. Ryan ed Esposito erano tornati a casa in piena notte, Lanie invece aveva aspettato che giungesse l'alba per tornare a casa, accompagnando nel mentre anche il padre di Kate, che ancora non aveva avuto la possibilità di parlare con sua figlia, ripromettendosi di farlo nel pomeriggio anche perchè non avrebbe resistito a stare al suo fianco senza essere ricordato, per questo preferì aspettare. Ora era il turno di Josh farle compagnia. Era ancora introverso a causa di quanto accaduto il giorno prima. Non aveva digerito il fatto che si fosse ricordata il nome di Richard e non il suo ma da dottore sapeva che il cervello umano agisce in modi misteriosi e che probabilmente era solo un caso che avesse chiesto di lui. Era l'ultima persona che aveva visto prima di svenire, magari era per quello che gli era venuto in mente. Altri motivi non erano accettabili.

 

“Josh?”. Beckett vide un uomo vicino a lei. Dapprima sperava fosse Castle ma focalizzandolo meglio capi che non era cosi e le dispiacque.

 

L'uomo senti la voce di Beckett chiamarlo e subito le fu vicino appoggiandosi al suo letto contento che l'avesse riconosciuto.

 

“Ciao, come ti senti?”. Le chiese prendendole una mano nelle proprie e posandoci sopra un affettuoso bacio prima di tornare a guardarla.

 

Come se mi avessero sparato e mi fossi risvegliata dal coma. Si rispose la donna nella sua testa. Era passato solo un giorno da quanto si era ripresa e aveva già la nausea di quella domanda. Ogni volta che apriva gli occhi se lo sentiva chiedere. Capiva che era compito dei dottori interessarsi sulla salute del paziente ma a tutto c'era un limite.

 

“Sto migliorando, credo”. Gli rispose mettendosi seduta contro i cuscini attenta a non tirare troppo i fili dei macchinari evitando di farli impazzire o di farli cadere in giro per la camera.

 

“Si le tue condizioni sono in continuo miglioramento, anzi i dottori son stupiti da come ti stai riprendendo in fretta, ma da te non ci si poteva aspettare di meno non è cosi?”. Beckett lo guardò. Si vedeva che era veramente contento che lei stesse bene e lei non poteva negare che gli volesse bene. Appunto solo bene, non amore, commentò tra se e se.

 

“Ho avuto degli ottimi dottori a quanto pare. Tra quanto potrò alzarmi dal letto?”.Chiese non avendo altro in quel momento di cui parlare con Josh. A parte la sua salute solo un altra cosa si chiedeva. Perchè Castle non c'era e non era il caso di chiederlo a Josh, in particolare in quel momento. Apprezzava il modo in cui si stava prendendo cura di lei, però non le bastava. Doveva prendere una decisione il prima possibile dando un perchè a tutto quel pensare a Richard, al vero motivo per cui gli mancava cosi tanto, solo se per la compagnia oppure per altro.

 

“Se tutto procede bene come adesso tra un paio di giorni potrai anche iniziare a fare qualche passo. Devi dirci tu a noi cosa te la senti di fare”. Le rispose Josh ora ai piedi del letto con la sua cartella clinica tra le mani.

 

“E se io mi sentissi pronta ad andare a casa mi lascereste?”. Chiese in chiave umoristica che però Josh non accolse.

 

“Non sarai diventata pazza. Dovrai stare qui per almeno due settimane”. Rispose lui invece seriamente con un leggero pizzico di indignazione.

 

“Calmati Josh stavo solo scherzando. E davvero devo star qua ancora due settimane?”Domandò per esser certa di aver sentito correttamente.

 

“Come minimo”

 

Si lasciò ricadere sul cuscino sbuffando. Due settimane a non far nulla, lei, che era abituata a correre dietro ad assassini, a non stare mai un secondo ferma. Due settimane cosi erano il suo incubo peggiore. La noia si stava già facendo sentire.

 

“Non c'è un modo per diminuire i tempi? In fondo se sto bene perchè devo rimanere qua?”. Si rendeva conto di comportarsi quasi alla stregua di una bambina ma quell'idea proprio non le piaceva e avrebbe fatto di tutto per evitare che accadesse.

 

“No non ci puoi far nulla. Ti lasceremo uscire solo quando saremo sicuri che tutti i parametri siano tornati nella norma. Katie ti hanno sparato, sei quasi morta, non prendere la cosa cosi sotto gamba”. Josh tornò da lei sedendosi questa volta sul letto vicino al suo fianco riprendendo ad accarezzarla e a parlarle di tutto e di più ma lei non lo ascoltava. Quelle piccole dimostrazioni di affetto ora la irritavano, tutta quella situazione la irritava, e Josh non faceva nulla per rendere le cose diverse.

 

“Ti dispiace chiamare mio padre e dirgli di venirmi a trovare. Vorrei vederlo, mi manca”. Gli disse lei all'improvviso avendo si voglia di vedere suo padre ma anche di rimanere da sola. Perchè non sopportava la sua presenza cosi tutto d'un tratto?!

 

“Ma certo lo chiamo subito”

 

Osservò l'uomo uscire dalla sua camera per poi mettersi entrambe le mani sugli occhi. Perchè si stava comportando cosi. A Josh voleva bene, era li per lei no, perchè trattarlo cosi male allora. In fin dei conti era il suo fidanzato. Aveva bisogno di tempo da sola per pensare. Farsi quel discorso che per troppo tempo aveva rimandato. Doveva capire chi veramente voleva tra Josh e Castle.

Due minuti dopo il suo fidanzato tornò informandola che il padre era già per strada e sarebbe arrivato di li a poco.

 

“Il mio turno inizia tra 10 minuti. Ti dispiace se inizio ad andare in reparto cosi mi prendo un caffè? O preferisci che rimanga qui fin quando non arriva tuo padre?”

 

“No vai pure. Starò bene, vai a fare quel che devi”. Parlandogli gli toccò il braccio scivolando giù fino la mano prima di stringerla debolmente per rassicurarlo.

 

“Va bene. Ma per qualunque cosa chiamami. Il tuo cellulare è nel cassetto”. Si piegò a baciarla una, due volte e poi usci di nuovo dalla stanza per andare a lavoro. Beckett non perse tempo e cercò il suo telefono li dove gli aveva detto. Era li li per chiamare Castle ma non lo fece. Si ricordò di quanto promessole il giorno prima da Lanie e optò per sentire lei. Le mandò un messaggio pregandola di raggiungerla nel tardo pomeriggio per continuare quella conversazione. Ancora in attesa di ricevere una risposta dall'amica non si accorse di suo padre che era arrivato.

 

“Katie bambina mia”. Senza troppi preamboli l'uomo in due passi fu vicino a lei e l'abbracciò più forte che pote.

“Ho avuto cosi tanta paura di perderti”

“Mi dispiace papa. Non volevo che accadesse”. Ricambiò quell'abbraccio sentendosi rinvigorita ora che suo padre era li. Averlo accanto le dava sempre una sensazione di benessere. Da sempre erano stati l'uno il sostegno dell'altro.

“Ti vedo bene Katie”

“Sto bene papa. Anzi non vedo l'ora di essere dimessa”. Disse ridacchiando cercando, con il suo modo di fare allegro, di rassicurare suo padre, convincendolo che quello che diceva corrispondeva alla realtà.

“Non correre troppo. Sono ormai vecchio per correrti dietro e stare attenta che tu non esageri. Quindi te ne starai qua ancora per un po' di giorni signorina”. Ah che bello ridere, pensò Kate. Finalmente si sentiva rilassata, senza il peso di quanto successo sulle spalle. Sapeva che era una sensazione destinata a durare poco ma voleva godersi fino a fondo quei momenti passati con suo padre. Non avevano modo di stare tanto assieme a causa del suo lavoro e perciò avrebbe approfittato di quella imprevista quanto indesiderata opportunità.

Parlarono per più di un'ora senza mai nominare Montgomery o fare accenni all'incidente, cosi come Kate sperava. Ma Jim consoceva la figlia e aveva capito fin da subito che qualcosa non andava.

 

“Avanti cosa c'è che non va? E non provare a mentirmi perchè tanto lo capirei subito”

 

Beckett osservò suo padre e non riusci a nascondergli la verità. Lui l'aveva sempre consigliata bene, forse anche in questo caso ci sarebbe riuscito.

 

“é solo che Castle non si è ancora fatto vivo e mi chiedevo il perchè. Ci avrei messo la mano sul fuoco sicura di trovarlo qui al mio risveglio. Forse aveva di meglio da fare, non gli interesso cosi tanto quanto credevo”. Si poteva sentire nella sua voce una profonda tristezza. Non voleva in alcun modo sminuire il sostegno che le avevano dato e che ancora le davano le altre persone a lei attorno ma Castle era tutta un altra questione, solo lui sapeva come prenderla. Jim guardò con tenerezza la figlia e le si avvicinò come quando da piccolina le rivela qualche segreto.

 

“Quando tu eri in coma Castle passava ogni minuto qua con te. Arrivava la mattina prima di andare a lavoro e ti leggeva il giornale. Poi tornava all'ora di pranzo e se ne stava immobile sulla sedia per quasi due ore solo a guardarti. La sera poi, finito al distretto, veniva qui apriva il suo portatile e scriveva fino a quando gli infermieri non lo cacciavano. Quindi ti sbagli Katie, gli importa molto di te e lo sai. Non ti abbattere solo perchè non è ancora arrivato” James in quei giorni aveva avuto la possibilità di conoscere meglio Castle, di apprezzarlo come persona e partner della figlia. In quei pochi momenti passati assieme aveva capito che se avesse dovuto affidare la vita della sua bambina nelle mani di qualcuno quel qualcuno sarebbe stato lo scrittore. Non l'aveva ancora ammesso a nessuno ma per lui Rick ormai era un membro della famiglia.

 

“Non hai valutato la possibilità che non sia ancora arrivato perchè aspetta il momento di averti solo per se?”. Kate guardò il padre non comprendendo quel suo pensiero.

“Ora che ti sei svegliata hai ricevuto le visite di tutti non rimanendo mai un attimo sola. Se non c'ero io c'era Lanie, se non c'era lei c'era Josh. Ci sarebbe stata sempre una terza persona scomoda oltre a voi due e credo che Richard volesse evitarlo. Quel ragazzo ha bisogno di stare solo ed esclusivamente in tua compagnia, perciò non ti preoccupare quando meno te lo aspetti sarà li a bussare alla tua porta”

 

Beckett voleva credere alle parole del padre ma in quel momento le risultava difficile, sia per il fatto di esser certa che Castle, anche se circondato da centinaia di persone, sarebbe corso da lei sia per quell'alone di mistero su tutta quella faccenda che Lanie aveva sollevato. Lanie. Era lei la chiave di tutto. Kate sperava che l'amica arrivasse di li a poco sapendo quanto era importante per lei sapere. Infatti dopo pochi minuti il medico legale si presentò.

 

“Come sta la mia ragazza?”

 

Disse tutta contenta entrando nella sua camera tenendo in una mano una pesante borsa di plastica e nell'altra un palloncino a forma di scooby-doo. Kate e Jim si guardarono ridendo pensando al fare di Lanie, sempre cosi vitale e allegro.

 

“Sto molto meglio grazie. E quello che cos'è?”. Chiese indicando il palloncino lasciandosi trasportare dai ricordi a quando da bambina tolse le tonsille e suo padre gliene regalò uno uguale a forma di delfino.

 

“Come che cos'è? È scooby-doo. Un certo scrittore una volta mi ha detto che le ricordavi Daphne ma di palloncini con la sua immagine non ne fanno perciò su impara ad accontentarti” Le spiegava mentre ripose la borsa a terra e legò ben saldo il palloncino a una della sponde del letto.

 

“Salve signor Beckett come sta? Oggi è una bella giornata, con molto sole, che ne dice di andarsi a sgranchire le gambe?”. Era un invito più che palese all'uomo di lasciare le due donne da sole e intuendo che dovessero parlare di cose serie l'uomo non se lo fece ripetere due volte e le lasciò , promettendo alla figlia di passarla di nuovo a salutare prima di tornare a casa. Lanie si prese la sedia e si mise accanto a Beckett. Si abbassò e raccolse la borsa estraendo da essa un enorme barattolo di gelato alla panna e due cucchiai belli grandi che avrebbero contribuito a rendere meno amaro quanto il medico stava per dire.

 

“Ma mi è permesso mangiare il gelato? O meglio tutto questo gelato?” Chiese Beckett contenta di mettere sotto i denti qualcosa di diverso da brodini e yogurt acidi serviti li in ospedale.

 

“Credimi cara mia ne avrai bisogno quando sentirai quello che ho da dirti”. Era indaffarata a togliere il coperchio del gelato, con qualche difficoltà essendo questo incollato con la super colla secondo la sua modesta opinione.

 

“Si tratta di Castle non è vero?”Beckett si rabbuiò, una parte di lei voleva sapere il motivo per cui non era li, l'altra invece preferiva rimanere all'oscuro avendo paura che la verità le facesse troppo male. Se Castle l'aveva abbandonata come avrebbe potuto superarlo. Sentì Lanie mettergli tra le mani il cucchiaio e dirle.

 

“Inizia a ingozzarti, fidati”

 

Le papille gustative di Beckett erano in festa, cibo vero finalmente, e di ottima qualità. Si fece un appunto mentale di fare un regalo particolare all'amica per aver avuto questo dolce pensiero.

 

“Credo che tu sappia benissimo che a me Josh non è che sia mai piaciuto. In verità nemmeno a Esposito e Ryan ma tenevamo il becco chiuso, o meglio loro lo tenevano io un po' di meno, per il tuo bene. “ Lanie parlava tra le varie cucchiaiate di gelato fermandosi ogni tanto a commentare di quanto fosse squisito e di quanto più spesso doveva mangiarlo. Beckett si mangiava il gelato ma non capiva perchè Lanie parlava di loro e di Josh quando a lei interessava Castle.

 

“Ehm, e quindi?”

 

“Eh quindi già prima il dottor-motociclista mi piaceva poco. Dopo quello che ha fatto a Castle per me ha perso tutti i punti possibili e immaginabili”. Si fermò osservando la reazione dell'amica. Sul subito nulla, poi la detective iniziò a guardarla rimanendo a bocca aperta. Aveva capito bene?

 

“Che ha fatto Josh a Castle?”

 

“Il dottorino non ti ha detto nulla non è cosi?” Lanie ci avrebbe scommesso il suo stipendio, era certa, stra sicura che Josh avesse tenuto la bocca chiusa e dallo sguardo perso della sua amica capì che le cose stavano effettivamente cosi.

 

“Bhè Castle era qui quando ti sei svegliata. Pronto a darti il bentornata nella terra dei vivi quando il tuo caro fidanzatino si è messo in mezzo iniziando a fargli un discorso che non stava ne in cielo ne in terra”. Lanie al ricordo del colloquio avuto subito dopo con Castle affondò con forza il cucchiaio nel gelato preferendo che fosse il petto di Josh. Ma gliela avrebbe fatta pagare, ossi in qualche modo sarebbe accaduto. Beckett aveva perso tutto il suo appetito, nonché il buon umore. Ora basta con questi giochetti.

 

“Lanie dimmi chiaro e tondo che è successo”

 

Abbandonando la speranza di mangiare ancora un po' di quel gelato Lanie sospirò lasciandosi scivolare sulla sedia. Osservava il volto teso dell'amica e non poteva far altro che provare dispiacere per lei. Non aveva fatto nulla di male per meritarsi questo, eppure al mondo c'erano ancora persone che erano certe di sapere cos'era il meglio per lei senza nemmeno conoscerla veramente.

 

“Josh ha detto a Castle che per causa sua ti stava perdendo. Lo ritiene responsabile della brutta piega che sta prendendo la vostra storia. Ha detto a Rick che fin quando ti fosse stato attorno tu non ti saresti mai accorta di quanto ti ami veramente, che avevi scelto lui solo perchè non potevi avere il nostro adorato scrittore. L'ha incolpato di tutto Kate e Castle si è sentito a pezzi”

 

Beckett non poteva credere alle sue orecchie. Mai avrebbe immaginato che Josh reagisse in quel modo. Era sempre stata una persona corretta, tranquilla, non vendicativa, ma forse come lui non conosceva lei lei non conosceva lui.

 

“Gli ha detto di andarsene”

“E Castle?”

“Per te se né andato. Ha rinunciato a te pensando fosse meglio cosi”.

 

In quell'istante Beckett si immobilizzò. Gli occhi spalancati che fissavano il vuoto avevano perso la loro brillantezza, le labbra le tremavano cosi come le mani. Non poteva essere vero? Non poteva essere successo davvero?

 

“Devo parlare con Josh”. La sua voce era priva di emozioni e anche il suo volto rifletteva lo stesso stato d'animo. Beckett in quel momento non sapeva cosa fare. Se piangere, se urlare, se lottare o rassegnarsi. Per colpa di Josh aveva perso Castle. Solo questo pensiero fisso nella sua mente.

 

“Potresti andarlo a chiamare e lasciarci soli?”

“Vado subito. Stai bene?”

 

Beckett non si era mossa. Era sempre li seduta, ferma immobile. Lanie non si era aspettata di veder l'amica reagire cosi, preferiva che lei urlasse, che sfogasse il suo dolore, ma non accadde nulla di ciò.

 

“Chiamamelo e basta”

 

Nel giro di pochi minuti Josh era li. Lanie non gli aveva detto il motivo per cui Beckett voleva vederlo, semplicemente gli aveva detto che aveva bisogno di parlargli. Quando lo vide arrivare tutto sorridente capì che non sospettava nulla. Non si sarebbe persa la scena. Ovviamente non sarebbe entrata con lui, volendo lasciare ai due il loro spazio, ma sicuro avrebbe ascoltato da fuori la porta.

 

“Tesoro sò che mi hai cercato. Non ti senti bene?”

 

Josh le sorrideva e ora quel sorriso lo odiava per quel che celava sotto di esso.

 

“Che è successo tra Castle e te?.” Un ultima prova. Se era veramente un uomo le avrebbe detto la verità. Se era un codardo avrebbe sviato il discorso.

 

“Cosa intendi dire?” Le chiese lui innocentemente.

 

Codardo sia, pensò Beckett. In quel momento non aveva voglia di fare giochetti. Voleva solo la verità da Josh cosi da sbarazzarsi di lui e chiamare Castle e spiegarsi.

 

“Intendo quello che ti ho chiesto. Che è successo tra Castle e te? So che era qui quando mi son svegliata, so che ha parlato con te e so che dopo averlo fatto è sparito. Quindi smettila e dimmi che è successo?”Beckett ora non si tratteneva più. Di pazienza ne aveva avuta fin già troppa. Se non fosse per tutti quei tubi che aveva attaccati alle braccia avrebbe già preso a schiaffi Josh solo per il suo modo di agire.

 

“Andiamo Katie, che ti ha detto Castle? È venuto qua a piangere cercando il suo cavaliere dall'armatura scintillante?”. Josh ridacchiava ma solo per nascondere la sua agitazione. Come Lanie aveva predetto Kate non la stava prendendo bene quella novità e perciò lui si teneva a debita distanza non avvicinandosi troppo.

 

“Hai detto a Rick che era d'intralcio? Che era colpa sua se non eravamo felici? Che doveva uscire di scena?”. Ormai non ci provava nemmeno più a stare calma. Che Josh vedesse pure sugli schermi dei macchinari i livelli della sua pressione salire alle stelle, che vedesse pure i battiti del cuore superare i 100, che la vedesse pure adirata. Ormai di Josh e di quello che pensava non le importava più nulla.

 

“L'ho fatto per il tuo bene Katie”. Cercava di dare una spiegazione sul perchè avesse agito in quel modo, la pregava con i gesti di perdonarlo ma ormai era troppo tardi.

 

“No Josh l'hai fatto per il tuo bene”. Beckett lo indicava urlandogli addosso tutto la sua rabbia, la sua disperazione.

 

“Sai che non è..”

 

“Si che è cosi Josh”

 

Ancora spiegazioni inutili spiegazioni. Perchè non chiedeva semplicemente scusa e non se ne usciva dalla sua vita. Non voleva più vederlo. Voleva dimenticarsi la sua faccia, la sua voce, voleva dimenticare che Josh Davidson fosse stato nella sua vita.

 

“Non avevi alcun diritto di intrometterti nella mia vita”. Beckett ora era calma. Ed era molto peggio. Era la fase prima al colpo di grazia. Josh però non voleva arrendersi non dopo tutto quello che aveva fatto per lei.

 

“Non dire cosi Katie”

 

“Mi dispiace Josh ma è finita. Vattene. Esci da quella porta e dalla mia vita”

 

E senza dire altro Josh lo fece. Se ne andò.

 

Lanie aveva ascoltato tutto quel litigio da fuori la porta e stava male per l'amica, avrebbe voluto entrare in quella stanza e consolarla ma capiva che doveva lasciarla da sola e ora aveva una cosa più importante da fare. Prese il telefono dalla tasca e compose un numero ormai familiare.

 

“Ehi Esposito. Tu e Ryan dovete farmi un favore”

 

La vendetta era iniziata.

 

Beckett non sapeva più che cosa provare. Quali emozioni provate con Josh erano vere o solo frutto della sua fantasia?. Ma decise di non perdere altro tempo a pensare a lui. Ormai era il suo passato, Castle il suo futuro. Accese il cellulare e compose il suo numero di casa sentendosi il cuore impazzire per l'attesa.

 

“Pronto?”. Non era lui.

 

“Ciao Lex sono Kate”

 

“Oh mio dio Kate. Sei sveglia?! Si che sei sveglia mio padre me l'ha detto. Però ci stai chiamando. Non sai quanto son contenta di sentirti, di vedere che stai bene. Perchè stai bene vero? Se chiami è perchè deve essere cosi se no non lo avresti fatto. Oppure hai chiamato perchè c'è qualcosa che non va. Che cosa c'è che non va? Posso esserti di aiuto, sono molto brava sai”

 

Beckett rimase profondamente colpita dalla preoccupazione che Alexis dimostrava nei suoi confronti. Era capitato in alcune occasioni che rimanessero da sole a parlare. La ragazza si era rivolta a lei per alcuni consigli. Avevano preso molti caffè insieme parlando del college, dei ragazzi, di suo padre e delle sue bambinate. Ma vedere, o meglio sentire, questa dimostrazione d'affetto le riempiva il cuore. Aveva voluto fin da subito bene alla figlia di Castle e ora capiva che anche per lei era lo stesso e non poteva essere più felice di cosi.

 

“Sto bene Lex ti ringrazio. Vorrei parlare con tuo padre è li?”

 

Silenzio. Un silenzio che durava fin troppo secondo gli standard di Kate.

 

“Lex tutto bene?”

“Si è solo che ecco. Papà è partito oggi per Roma”

“Partito?”. L'aveva perso, non poteva essere cosi, non era giusto. Beckett non riusci più a vedere da tante lacrime che aveva negli occhi pronte ad uscire.

“Si. Ha organizzato questo viaggio per accordarsi con alcuni editori per la pubblicazione del terzo libro su Nikki Heat in Italia”

“Capisco”

 

Questo faceva più male del proiettile che l'aveva colpita. Faceva più male di tutti i sacrifici che aveva fatto nel corso degli anni. Era uscita senza conseguenze dal coma ma ora una parte di lei era morta.

 

“Kate. Avrei una cosa da darti da parte di mio padre. Domani posso venire in ospedale?”

“Ma certo Lex. Lo sai che mi farebbe molto piacere vederti”

Da una parte era vero. La compagnia della ragazza le aveva sempre fatto piacere, ma ora non sapeva quanto sarebbe resistita in compagnia della copia di Castle, ma di certo non avrebbe fatto pesare i suoi problemi sulle spalle di Alexis.

 

“Che cosa devi portarmi?”. Che cosa di cosi importante aveva la ragazza da darle?. Non le veniva in mente nulla che Castle potesse avere di suo. Quando un altro ricordo le tornò alla mente. La sua collana era sparita, la collana con l'anello di sua madre non c'era. Ma forse l'aveva presa sua padre non poteva saperlo.

 

“é il suo ultimo libro. Non è ancora andato in stampa. Ci sono poche copie in giro e mio padre voleva che tu, a parte gli editori, fossi la prima a leggerlo”

 

“Mi farebbe piacere. Allora a domani Lex. Ora sono stanca e ho bisogno di riposare”

“Certo. A domani”

 

Chiuse la chiamata ma non riposò. Ormai era tardi. Era tutto finito. Castle se n'era andato.

 

 

Josh non vedeva l'ora di tornarsene a casa. Aveva perso la donna che amava però ancora incolpava Castle e ora anche Lanie. Quando era uscito dopo la litigata con Kate l'aveva vista li fuori dalla porta. Sicuro c'era il suo zampino. Iniziò a incamminarsi verso la sua moto quando riconobbe due volti conosciuti più un carro attrezzi, più la sua moto che veniva sollevata su di quello. La sua moto cosa?. Josh corse verso i due urlando.

 

“Ehi ma costa state facendo. Andiamo ragazzi che è questa storia?”

 

Ryan ed Esposito si guardarono facendo finta di non sapere nulla, anche se una mezz'oretta prima Lanie gli aveva chiamati raccontandogli quanto accaduto tra Josh e Castle e in seguito sempre tra lui e Beckett. I ragazzi a sentire il tutto furono più che contenti di aiutare la donna nella sua vendetta. Ryan prese il suo quadernino degli appunti e iniziò a leggere.

 

“Qualcuno oggi ci ha chiamato dicendoci che la sua moto era stata rubata”

“E quel qualcuno ci ha dato anche una dettagliata descrizione”

“oltre che al numero di targa”

 

I due poliziotti facevano botta e risposta per spiegare a Josh quanto stesse accadendo. Era solo una piccola vendetta, anche se loro avrebbero voluto far di più, ma rappresentavano l'ordine non potevano esagerare. Comunque quel piccolo scherzo di certo non avrebbe fatto felice il dottor-motociclista e questa era la loro intenzione finale.

 

“E pensa un po' corrisponde proprio a questa che ora Henry. Saluta Henry Josh”. Disse Ryan salutando l'uomo che intanto si era affacciato fuori dal finestrino e sorrideva contento di partecipare a quella scenetta mentre Josh se ne stava li imbambolato con il casco tra le mani a vedere la sua moto venir portata via.

 

“Che ora Henry sta portando in deposito cosi da poter fare una verifica”

 

“La moto è mia ho i documenti che possono provarlo”. Josh iniziò a frugare nelle tasche alla ricerca delle chiavi della moto cosi da poter aprire il sedile e sollevarlo in modo da prendere i documenti riposti nel piccolo porta bagagli.

 

“oggi come oggi, con tutte le tecnologie a disposizione, è facilissimo falsificare dei documenti quindi questa bellezza se ne viene via con noi”. Disse Esposito dando qualche colpettino al parafanghi della moto soddisfatto nel vedere il dottore contorcersi cosi.

 

“Vi state vendicando non è vero?”. Stupido non era stupido, o comunque non più di tanto. Ai due poliziotti però non importava, la ragione stava dalla loro parte. In quel caso furono più che contenti di abusare del loro potere

 

“Ma chi noi?” Si indicò Esposito guardando il collega incredulo.

“Noi siamo poliziotti. Facciamo il nostro lavoro. Non abbiamo tempo da perdere con sciocchezze”. Ryan fu interrotto da un forte rumore metallico alle sue spalle. I tre osservarono la moto che ora giaceva in malo modo sul carro attrezzi.

 

“Scusate si vede che non avevo agganciato bene uno dei cavi”. Disse Henry sempre dal finestrino andando poi a guardare Esposito che senza farsi notare con le mani gli fece il segno dell'ok seguito dall'occhiolino.

 

“Eh no ragazzi me l'avete pure ammaccata ora”.Le mani di Josh erano nei capelli rassegnato ormai. La sua moto era andata.

 

“Tranquillo Josh ci penserà l'assicurazione. Faremo i controlli e se la moto risulta davvero tua potrai venire a riprendertela al deposito quando vuoi”. L'ispanico gli diede una pacca sulla spalla facendo segno a Henry di partire pure e poi iniziò a camminare verso la sua macchina. Ryan intanto era ancora vicino a Josh che con lo sguardo seguiva la sua moto che piano piano se ne andava.

 

“ Quando vorrai riprenderti la moto, sempre che risulti tua, portati dietro il libretto degli assegni. Sai tra la multa, l'uscita del carro attrezzi, e la permanenza in deposito ti verrà a costare un pochettino. Ah l'indirizzo del deposito è su questo foglietto”. Ryan glielo mise nel taschino della giacca di pelle allontanandosi il più in fretta possibile prima di scoppiare a ridere in faccia all'uomo. Arrivato alla macchina si scambiò un cenno di intesa con Esposito che subito inviò il messaggio alla diretta interessata.

 

“Missione compiuta”

 

 

 

 

Devo dire che questo capitolo mi piace e Lanie mi sta sempre più simpatica :). Comunque sia facciamo i nostri cari saluti a Josh che intanto se ne ritorna a casa a piedi, poveretto ahahah.

 

Una piccola anticipazione sul futuro: Castle essi è a Roma, nel prossimo capitolo penso che farò vedere come se la spassa nella nostra capitale. Sarà tutto incentrato su di lui. L'ho trascurato in questi ultimi due capitoli e devo rimediare però ahimè....essi c'è un ahimè che non anticipo

 

In fine i vostri suggerimenti son sempre ben accetti :)

 

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Capitolo 5
*** Partenze ***


 

Nella puntata precedente

 

Grazie a Lanie, che le ha messo la pulce nell'orecchio, Kate parla con Josh facendosi confermare da lui che Castle non farà ritorno dietro sua esplicita richiesta. Ovviamente Kate non la prende bene e si lascia con Josh, che zitto zitto se ne va. Beckett allora chiama Castle pronta a riavvicinarsi ma Alexis le dice che il padre ora è a Roma, di conseguenza il sogno di Kate per ora sfuma. Josh infine se la dovrà vedere anche con Ryan ed Esposito.

 

CAPITOLO CINQUE

 

Il giorno stesso che Castle diede l'addio a Beckett fece diverse chiamate una di particolare importanza. A Gina. Era nel suo studio seduto sulla sedia dondolandosi mentre le gambe rimanevano sollevate sulla scrivania e il portatile acceso davanti a se mostrando una pagina vuota. Lo scrittore voleva finire il prima possibile il libro, mancavano solo alcuni dettagli e ora sapeva cosa mettere, all'incirca. L'insicurezza lo attanagliava. Ripensò a quanto gli avevano detto Lanie, Martha e Alexis. Si chiese se non avessero ragione loro, se aveva fatto davvero male a lasciare cosi Beckett. Ma era per il bene di entrambi. Castle era stanco, veramente stanco di andare avanti cosi. Voleva solo lasciarsi tutto alle spalle. Per la prima volta in diversi anni voleva solo fare la valigia e scappare e cosi progettò.

 

“Ehi Gina sono il tuo ex marito preferito. Indovina?” Sapeva che Gina era a conoscenza dell'incidente accorso a Kate e in cuor suo sperava che non tirasse in ballo quella storia. Ogni volta che si vedevano parlavano del libro, perchè questa volta doveva essere diverso. Il tempo di organizzare un paio di cose e Castle sarebbe tornato alla sua adorata solitudine.

 

“Hai deciso di cambiare manager e mettere cosi fine alle mie pene?”Disse la giovane dall'altro capo trovando sempre piacevole il modo con cui Castle si esprimeva. D'altronde era anche grazie a quello, al suo modo di porsi agli altri, che aveva avuto successo quindi perchè non dargli corda.

 

“E privarti di un cosi grande divertimento? per non parlare dell'assegno mensile che ricevi grazie al quale di compri tutte quelle scarpe?! Quante saranno 100? non dirmi 150?

 

“Che vuoi Richard?”. Perfetto l'aveva già esasperata. Meglio. Due minuti di conversazione e nulla più. Le avrebbe riattaccato il telefono in faccia subito.

 

“Mi mancano solo delle piccole modifiche al libro che tra oggi e domani mattina finirò quindi direi di organizzare quel famoso viaggio. Domani stesso. Nel pomeriggio”. Fa che accetti, fa che accetti. Devo andarmene. Devo tenermi impegnato, anche se si tratta di fare qualcosa che proprio non mi piace, bhè non è che proprio non mi piace. Adoro stare al centro dell'attenzione ma ora è l'ultima cosa che vorrei fare ma al contempo è quella di cui ho più bisogno. Si sfregò gli occhi cercando di concentrarsi su Gina e non sulle sue paranoie.

 

“Non ti sembra un po' troppo repentino. Come faccio ad organizzare il tutto?”

 

“Andiamo Gina, tu sei tu. Chiama gli editori e digli che tra due giorni avremo l'incontro. In fondo è mesi che mi chiedono di andare e ora vado quindi vedrai che saranno più che felici di sapere del mio arrivo, anche se con cosi poco preavviso”. Castle continuava a dondolarsi sulla sedia e a fissare la pagina bianca. Gli mancava solo la fine. Ma non riusciva a trovarne una adatta. C'erano due opzioni. Una avrebbe voluto dire addio a Nikki Heat, l'altra significava tenere aperte quelle ferite che ora stava cercando di chiudere.

 

“Facciamo cosi io li chiamo e mi metto d'accordo ma non ti prometto nulla. Tu fai queste piccole modifiche di cui mi dicevi. Serve qualcosa di definitivo da presentargli se vuoi che siano loro a pubblicarlo”. Gina amava particolarmente fare la saccente e Castle odiava particolarmente quando lo faceva.

 

“Tranquilla prima di giungere a destinazione avrai il manoscritto completo”. Chi cercava di convincere? Lei o se stesso. Non sapeva come finirlo, non ne aveva la minima idea, sperava che la notte gli portasse consiglio.

 

“Bene mi fido di te. TI richiamo tra un pò”. Il suono della chiamata disconnessa rimbombò nelle orecchie dello scrittore che senza problemi lanciò il cellulare sul divano davanti a lui. Non aveva idee in quel momento perciò ne approfittò per fare una pausa. Mandò in stampa tutto quello che aveva scritto fin ora, per aggiungere una pagina c'era sempre tempo. Fece il conto di quanti gliene servissero. Uno ad Alexis, uno a sua madre, uno a Gina e almeno tre per gli autori. Già troppe. Dollari e dollari d'inchiostro sprecati cosi, per fortuna alla fine avrebbe avuto un guadagno per tutti quei sacrifici. Lasciando che la stampante facesse il suo lavoro andò in cucina a prepararsi un gustoso panino per recuperare le forze e per pensare. Come concludere quel maledetto libro?. Iniziò a tirare testate al frigo invogliandosi a farsi venire qualche idea.

 

“Avanti Richard pensa pensa, sei uno scrittore plurimilionario e stra famoso oppure no”

 

Alexis e Martha sentendo quei colpi dalla sala passarono in cucina. Mentre di solito non lo disturbavano quando scriveva qua era tutta una situazione diversa.

 

“Mio padre è impazzito non è vero. Dimmi che non è genetico?” Chiese Alexis a sua nonna aggrappandosi al suo braccio fingendosi terrorizzata a quell'idea.

 

“Mi dispiace tesoro ma credo proprio di si. Come vedi tua nonna ne soffre già, io sono sulla buona strada. Prima o poi toccherà anche a te”. Questo era Castle che parlava che ora teneva un panino nella mano destra mentre con la sinistra sorreggeva sulla fronte una scatola di fagioli surgelati per farsi diminuire il rossore che già gli si era creato.

 

“Ti abbiamo sentito parlare al telefono con chi eri?”. Martha parlando andò a sedersi su di uno degli sgabelli della cucina mentre Alexis si avvicinò al padre, diede un morso al suo panino e poi ispezionò la sua fronte del padre verificando la sua teoria. Corretta. Il padre come il solito esagerava. La fronte era rossa a causa della scatola ghiacciata che ci aveva posato sopra, non per via delle testate date. Castle non voleva rispondere alla madre perciò prese la strada del suo studio tentando la fuga.

 

“papaaa”

 

“Ok ero al telefono con Gina” Ancora tentò la fuga ma Martha continuava a porgli domande.

 

“E che volevi da Gina?”. Castle fece cadere la testa verso il basso sconsolato e cosi tornò a sedersi vicino le due donne non perdendo l'occasione di brontolare e sbattere i piedi.

 

“é ora di pubblicare il libro. L'ho concluso, circa. Manca giusto qualche piccolo accorgimento roba da pochi minuti e quindi è ora di sentire i vari editori in iahian” Le ultime parole di Rick erano distorte mentre prendeva un bicchiere d'acqua per dissestarti.

 

“Dove scusa?”Chiese Alexis anche per conto della nonna.

 

“In Italia”. Rick si mise le braccia attorno alla testa rimanendo in equilibrio sullo sgabello in posizione fetale pronto a ricevere parole poco carine e magari qualche schiaffo dalle sue due donne. Uhm niente? Si chiese. Non succedeva niente. Spalancò leggermente le braccia per riuscire a vedere cosa gli stava accadendo attorno. La madre e la figlia erano nella stessa posa. Braccia incrociate al petto, testa inclinata a destra, viso imbronciato e piede destro che batteva ritmicamente a terra. Era morto.

 

“Richard Alexander..”

“Rodgers come hai potuto far una cosa simile?” Da tutte le volte che l'aveva sentito Castle ormai sapeva benissimo cosa avrebbe detto sua madre. Quando doveva sgridarlo dire il suo nome per intero era un ottimo modo per metterlo in riga.

 

“Eh non osare farmi il verso!” Gli disse picchiandolo con uno strofinaccio sul braccio.

“Papa perchè vuoi andare in Italia?. Perchè proprio ora?” Alexis era sempre la voce della ragione. In ogni modo, ogni volta cercava di far rinsanire suo padre, di fare l'adulta per lui ma questa volta non poteva capire ciò che provava.

“Ho solo bisogno di concentrarmi sul mio lavoro per un po'. Non starò via per chissà quanto tempo. Un paio di settimane, massimo un mese. Giusto per farmi conoscere anche in Europa e non solo qui in America” da un lato era la verità, aveva sempre desiderato di andare in Europa, avere l'occasione di visitare città di cui aveva sentito solo parlare. Avrebbe preferito andarci con la figlia e con una certa detective ma non sarebbe mai accaduto.

“E poi mi mancheresti troppo se stessi via di più. Un po' pure te mamma mi mancheresti”Richard aveva abbracciato la figlia e sorriso alla madre. Quella era la tranquillità che cercava, ma prima doveva essere tranquillo lui con la testa, non voleva portare in casa quella tensione che ora a fatica nascondeva dentro di se. Il suo cellulare squillò e di corsa andò a rispondere.

 

“Ciao Gina...Si si certo non c'è problema...no tranquilla ce la faccio. Domani alle 14,45 me ne ricorderò....si va bene me lo segno da qualche parte. Gate 4. Ok ciao Gina. Si si ciao. Ho detto ciao”

 

Sfregandosi le mani contento spiegò alle due donne in piedi davanti a lui. Sapeva che non approvavano la sua decisione ma alla fine non si sarebbero opposte essendo ben consapevoli che se fosse rimasto li sarebbe stato peggio.

 

“Bene domani alle tre meno un quarto partirà un aereo che ci porterà a Roma. La sera stessa ci sarà un party in mio onore dove conoscerò il presidente della casa editrice e altre persone che non so chi siano. Il giorno dopo a colazione o pranzo, dipende dal mal di testa che avrò dopo i festeggiamenti, ci sarà la firma del contratto se gli piacerà il libro, ma ovviamente sarà cosi.È tutto organizzato”

 

Come piano sembrava funzionare alla perfezione. Sarebbe stato stra impegnato, non avrebbe pensato a lei, in particolare non avrebbe pensato a lei mentre Josh le stava vicino in quel momento cosi difficile.

 

“Allora vado a vedere se ha finito di stampare tutto quanto cosi le copie le lascio a voi e mentre sono in volo domani mi fate sapere se va bene o devo fare qualche modifiche. Lo sapete che per me siete i migliori critici al mondo”. Le strinse in un abbraccio veloce, un bacio ad entrambe sulla fronte e poi scappò di nuovo nel suo ufficio non facendosi più vedere per il resto della sera. Le due donne pensavano che era preso con lo scrivere ma non era cosi. Cosi come aveva passato quasi tutta la giornata anche ora stava facendo lo stesso. Era li a fissare quella pagina bianca e vuota non avendo il coraggio di scrivere quel finale.

 

Alexis si svegliò presto quella mattina volendo preparare una colazione abbondante per suo padre e passare con lui la maggior parte del tempo non avendo poi l'occasione di vederlo per chissà quanti giorni. Si recò in cucina pronta a mettersi in azione quando la sua attenzione fu attirata da un malloppo di fogli che giaceva sul tavolino in sala. Curiosa andò a vedere e sulla prima pagina lesse “Heat Rises”. Suo padre aveva finito il libro. Non resistendo alla tentazione iniziò a leggere la prima pagina, poi la seconda, la terza e cosi via. Era cosi presa nella lettura che non si accorse che Martha aveva preso il suo posto ai fornelli. Più Alexis leggeva più tutto le era chiaro. Questo romanzo era diverso dai precedenti. I due protagonisti erano diversi. Avevano una nuova consapevolezza eppure ancora c'era qualcosa che li tratteneva. Nei primi due libri si erano avvicinati, in realtà erano stati molto vicini, ora invece si stavano perdendo. Non ci voleva un genio per capire che non si trattava più di Rook e Nikki. Suo padre nel romanzo aveva raccontato la sua storia con Kate. Le paure, le gioie, la complicità, le sofferenze. E negli ultimi capitoli era stato introdotto un nuovo personaggio. Un assicuratore che piano piano stava facendo crescere l'interesse per lui in Nikki. Era li pronta a vedere come si concludeva la storia quando trovò solo pagine bianche su altre pagine bianche. Si alzò dal divano sulla quale era seduta da un paio di ore e corse in camera di suo padre sia per svegliarlo ma in particolare per chiedere spiegazioni.

 

“Il romanzo non è finito”Disse sedendosi di fianco a lui nel letto.

“Come tesoro?” Chiese l'uomo che piano piano si stava svegliando. Si mise anche lui seduto sfregandosi gli occhi e sgranchendosi i muscoli intirizziti e doloranti per le lunghe ore passate sulla sedia.

“Perchè non c'è il capitolo finale del libro papa?”. Alexis era curiosa, non tanto di sapere perchè non l'aveva ancora scritto, ma lei voleva sapere come sarebbe finito. Che decisione avrebbe preso Rook e di conseguenza suo padre.

“Il capitolo c'è, è tutto qui” Rispose lui indicandosi la testa continuando.

“Solo che non l'ho ancora scritto”

“Perchè?”

“Perchè non sono ancora pronto a farlo. Ma mi toccherà entro poche ore visto che domani lo vogliono vedere completo. Ma a parte il pezzo finale mancante come ti sembra?”Castle si alzò dal letto controllando di aver sistemato tutto in valigia cosi da non dover poi preparare qualcosa all'ultimo. Intanto aspettava la risposta della figlia. Alexis era sempre stata sincera e molti dei cambiamenti da lei suggeriti avevano riscosso molte note positive dalla critica.

“é triste papa. È veramente triste”

“Non tutti i romanzi devono finire bene. Guarda Storm, alla fine l'ho fatto morire” Disse scomparendo nel bagno per darsi una sciacquata. Si guardò alla specchio e commentò tra se e se.

“Quando torno devo far cambiare questo specchio” Era ancora a pezzi dopo che il suo pugno casualmente vi si era scontrato per sbaglio e non ci aveva più pensato.

“Ma questa volta papa è diverso. Storm non significava nulla per te. Nikki e Rook invece rappresentano la vita che vorresti e alla fine potrebbero essere le uniche cose che ti rimarranno di Beckett e te. Non gettare via anche loro cosi”. Richard in quel momento, vedendo sua figlia essere triste per lui, si domandò cosa avesse fatto di buono nella vita per aver lei al suo fianco. Una ragazza cosi meravigliosa, la luce dei suoi occhi.

“Non gli ho ancora detto addio Alexis. Come vedi manca la fine. In un libro, in una storia puoi far succedere qualunque cosa, dalle cose più belle alle cose più brutte. Ma alla fine è quello che accade all'ultimo momento che importa. Il finale può cambiare tutto”

Alexis non sapeva se quanto detto dal padre fosse un buon segno o meno ma lo accettò senza ribattere. Qualunque decisione lui avesse preso gli sarebbe stata sempre al suo fianco.

 

 

---------

 

“I passeggeri del volo 25489 delle ore 14,45 per Roma Fiumicino sono pregati di recarsi al cancello di imbarco”

 

Rick senti il proprio volo chiamare e si alzò per andare a recuperare Gina che intanto si era andata a prendere un caffè.

 

“é ora di andare. Hanno chiamato il nostro volo”

 

Gina notò che Castle era particolarmente silenzioso ma non voleva tirar fuori l'argomento mentre stavano salendo su un aereo. Gli avrebbe parlato una volta seduti. Richard doveva essere nel pieno delle sue forze, carico, se voleva convincere gli editori a comprare i diritti sul libro. Dovevano conoscere il Richard Castle pazzo e frenetico di cui si sentiva sempre parlava, non il nuovo Richard larva umana Castle. Si misero ai loro posti. Uno di fronte all'altra e Rick ancora non aveva aperto bocca.

 

“Sicuro che te la senti di partire?”. Gina già due volte in taxi gliel'aveva chiesto e lui aveva sempre annuito come aveva fatto anche ora. Non l'aveva mia visto cosi, sopratutto mai visto cosi a terra per una donna.

 

“Non ti chiederò perchè non sei li con lei ora che è sveglia. E nemmeno perchè sei cosi giù di morale, ma lascia che ti dica solo una cosa”. Rick scrutò in volto Gina. Usava quel tono di voce cosi serio solo quando si trattava della sua carriera, della sua vita privata non si era mai interessata eppure ora lo stava facendo. Ovviamente non era detto che dicesse qualcosa in favore di Kate ma l'uomo era comunque curioso di sentire quanto gli voleva dire.

 

“Tu potresti avere tutte le donne che vuoi, alte, basse, more, ricche, viziate, snob e chi più ne ha più ne metta. Ti sarà concesso di usarle come vuoi per il tuo semplice divertimento personale. Potrai usarle una notte e poi gettarle via e nessuno ti dirà nulla, anzi una nuova ragazza sarà li a prendere il suo posto. Potrai andare avanti tutta la vita cosi a cercare quella che ti faccia stare bene. Ma non la troverai e sai perchè?. Perchè di Katherine Beckett ce né una sola e tu lo sai meglio di chiunque altro. Quindi a te la scelta. Vorrai rimanere il patetico scrittore milionario di tutte o preferiresti essere il patetico scrittore milionario di una poliziotta?”

 

Che botta, pensò Castle. Le parole di Gina l'avevano completamento colto di sorpresa. Non poteva crederci che erano uscite dalla sua bocca, non da Gina, non dalla sua ex moglie barra editrice Gina.

 

“Chi sei tu e cosa ne hai fatto della vera Gina?”. Chiese Rick guardandola di sbieco con un sopracciglio inarcato perplesso. Non la riconosceva proprio.

 

“Smettila idiota”

 

Ed ecco la vecchia e cara Gina. Ma le sue parole comunque ormai avevano lasciato il segno. Rick forse sapeva come finire il romanzo. Prese il suo portatile e iniziò furiosamente a scrivere.

 

“Che stai facendo?”Gli chiese timorosa la donna finendo di bere il suo champagne.

“Finisco il libro” Gli rispose semplicemente lui senza staccare gli occhi dallo schermo.

“Come finisci il libro? Mi avevi detto che era completo Richard”. Rabbia. Ora si che il mondo aveva ripreso a girare, Gina era tornata la solita arpia.

“Ti avevo detto che dovevo solo far qualche accorgimento nulla di più e ora lo sto facendo. Tranquilla prima di atterrare sarà tutto finito”. Cercò di rassicurarla lui ma invano.

“Lo spero per te Castle. Lo spero vivamente per te” Commentò la donna bevendo in un sol sorso il bicchiere stracolmo di alcool.

 

E cosi fu. Nel giro di poche ore Castle riusci a mettere giù il finale perfetto. Se secondo Alexis il librò in realtà raccontava più la storia di lui e Kate che quella di Rook e Nikki allora anche il finale non poteva essere da meno. E pensando ad Alexis gli venne in mente un idea. Un qualcosa per portarsi avanti. Le inviò l'ultimo capitolo insieme a una mail sperando che li leggesse il prima possibile.

 

Appena atterrati all'aeroporto di Roma una limousine li portò subito in albergo dove ebbero appena il tempo di farsi una doccia prima di scendere nell'ampia sala principale addobbata per una grande cerimonia. A Castle piacquero subito gli italiani e quel loro modo di fare cosi festoso. Non era la solita musica da sala. Questa era musica vivace che faceva venire voglia di scendere in pista e ballare. Gli invitati non erano tutti ingessati anzi erano più che propensi alle chiacchiere. Passò cosi la serata a parlare prima con uno poi con l'altro ospite, con il presidente della casa editrice e sua figlia, anche con qualche cameriere si intrattenne. Una cosa notò in particolare. Gli italiani avevano un ottimo gusto per il vino e quella sera Castle ne assaggiò di tutti i tipi. Sfuggi al controllo di Gina e ogni minuto brindava con una persona nuova. Si sentiva felice, apprezzato, non pensava a Beckett che probabilmente in quel momento era addormentata tra le braccia di Josh, aveva solo voglia di festeggiare e cosi fece per tutta la sera e parte della notte. Scoccarono le 2 quando i primi invitati iniziarono a tornare nelle loro camere. Con un po' di fatica Rick arrivò all'ascensore. Non stava male era semplicemente particolarmente allegro.

 

“Vuoi che ti accompagni fino in camera?”Lo scrittore senti una voce provenire dalle sue spalle e di scatto si voltò dovendosi appoggiare al muro per l'improvviso giramento di testa. Osservò da capo a piedi la giovane, era carina molto carina, bionda, occhi scuri, curve al punto giusto e un vestito che le stava d'incanto. Indicandola con un dito e dondolando un po' in avanti le disse.

 

“Io ti ho già vista. Tu sei...tu sei..aspetta che lo sò”. Si grattò la testa pensieroso fino a quando una lampadina non gli si accese.

“Tu sei Sofia. La figlia del presidente”

“Esatto sono proprio io. Ci siamo incontrati qualche ora fa”. Disse la ragazza chiamando l'ascensore e accompagnando Castle all'interno, facendo poi salire il macchinario fino al suo piano.

“Mi piacciono molto i tuoi libri, li ho trovati magnifici, quei personaggi, le storie di fondo, strepitose. Gli ho letti mentre ero in viaggio in America. Sono stata io a dire a mio padre di far di tutto per aver i diritti sul tuo nuovo romanzo”. La ragazza parlava mostrando un ampio sorriso sulle labbra mentre si stringeva sempre di più in modo provocante al braccio e al fianco di Rick. La campanella dell'ascensore suonò facendo capire ai due di essere arrivati al piano. Sofia ancora teneva per il braccio Castle che in quel momento pensava solo ai complimenti che le aveva fatto. Arrivarono davanti alla camera dell'uomo e senza troppi problemi la giovane estrasse dalla tasca dei pantaloni di Rick le chiavi e andò ad aprire la porta mordendosi le labbra mentre alzandosi sulle punte si avvicinava sempre di più a lui.

 

“Sai mio padre sa essere molto generoso, sopratutto con le persone che mi rendono felici. Quindi che ne dici. Stanotte tu rendi felice me e domani farò in modo che mio padre renda felice te con un più che favorevole contratto. Che ne dici?”

 

Castle la guardò e sorrise.

“Favorevole contratto hai detto?”

 

 

 

Ehm Sofia, che peperino vero. Ora sta a Castle. Quale modo migliore per dimenticare una donna se non passare la notte con una altra?! (azz che sacrilegio che ho detto)

 

Che farà Richard? E che c'era nella mail che ha mandato ad Alexis? Ma sopratutto come ha concluso il romanzo?. Per le risposte dovrete ancora aspettare. Ho in serbo altri capitoli, non molti. Nel prossimo faremo un giro dentro la stanza di....Kate. Alexis in fondo è dal primo capitolo che vuole vederla quindi facciamola andare

 

Ps. questo capitolo non l'ho voluto fare tanto impegnativo perchè credo che tutte voi lettrici preferiate sapere come va a concludere la storia con Kate piuttosto di sapere che combina Rick durante i party. Era giusto per aggiungere un po' di pepe.

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Capitolo 6
*** Alexis ***


 

Nella puntata precedente

 

Castle pensando che la soluzione migliore per dimenticare Kate sia starle lontano decide di partire per un viaggio in Italia per promuovere il proprio libro. Durante la serata di festeggiamenti lo scrittore alza un po' troppo il gomito e accompagnato in camera da una giovane si trova a dover decidere se accettare o meno il suo invito di passare la notte assieme.

 

CAPITOLO SEI

 

Era mattino presto ma Alexis era già in piedi. Era tutta indaffarata a prepararsi per poter andare a trovare Beckett come le aveva promesso. In oltre aveva una missione da compiere. Poche ore dopo che suo padre era partito per Roma le aveva mandato una mail.

“Tesoro se credi veramente che ci sia ancora speranza per me, per noi, se credi che Beckett possa perdonare il mio allontanarmi ti prego, portale il libro insieme a quest'ultimo capitolo, forse alla fine capirà. Ti voglio bene, papa”.

.Alexis era più che contenta di fare questo favore a suo padre. Vista l'urgenza con cui l'aveva contattata sicuro c'era un motivo per cui Castle le aveva detto di farlo. Alexis curiosa si stampò una copia dell'ultimo capitolo anche per lei, da leggere sulla metro mentre si dirigeva in ospedale. Controllò di aver preso tutto in particolare il libro finito tenuto al sicuro dentro la sua tracolla. Salutò la nonna e usci dalla casa. Ogni due passi osservava i fogli nella sua borsa. Non vedeva l'ora di esser seduta per poter leggere. Si dondolava sulle punte in attesa che la metro arrivasse fischiettando contenta di poter vedere la detective. Dopo essersi messa d'accordo con lei la sera precedente aveva pregato la nonna di chiamare i dottori per assicurarsi che la lasciassero entrare, non come le avevano vietato quando la donna era ancora in coma. Per i medici non c'era alcun problema, era liberissima di andare. Alexis sorrideva. Voleva veramente bene a Beckett. Era lei a cui si rivolgeva quando aveva bisogno di qualche consiglio. Sua nonna si era un ottima fonte di aiuto, ma con Kate era diverso. La capiva subito e sapeva cosa dirle, cosa voleva sentirsi dire per stare meglio e per questo Alexis qualche volta desiderava che lei fosse sua madre. Voleva bene a Meridith però non c'era quando lei aveva bisogno, e bhè non era nemmeno tanto di aiuto quando ci provava. All'inizio a quel pensiero si sentiva un po' in colpa perchè aveva paura di tradire sua madre ma Castle l'aveva rassicurata. Non c'era nulla d male se cercava una figura femminile a cui ispirarsi oltre a sua madre, anzi l'uomo era particolarmente felice che non si ispirasse a lei. La voce dall'altoparlante annunciava l'arrivo della metro. Alexis fece qualche passo indietro inclinandosi in avanti con la schiena ad osservare le luci dei fanali avvicinarsi a lei, poi le carrozze superarla una ad una fino a quando non si fermarono del tutto. Aspettò che le porte si aprissero e sali sul mezzo andandosi a sedere in un angolino cosi da non essere disturbata mentre leggeva. Prese la sua copia dell'ultimo capitolo e si lasciò immergere nella lettura. Si asciugò la singola lacrime che le era scesa lungo la guancia prima che si perdesse dietro i capelli e ritirò i fogli di nuovo dentro la borsa pronta a scendere alla prossima fermata.

 

“Oh papa” pensò solamente mentre le porte si aprivano permettendole la discesa. Iniziò a camminare verso l'ospedale chiedendosi se era il caso di dire subito a Kate come finiva il libro o aspettare che lo scoprisse da sola. La seconda soluzione le sembrò la migliore. Arrivò nel reparto che sua nonna le aveva detto e chiese a una delle infermiere dove era la stanza di Beckett. Si fermò davanti alla porta esitando un attimo. Si stirò bene bene la camicia e la gonna che indossava e bussò. Sentendo il permesso di entrare provenire dall'interno apri la porta sporgendosi solo con la testa per assicurarsi che Beckett fosse da sola.

 

“Ehi Alexis ti stavo aspettando entra pure”

 

Perfetto era da sola. La ragazza si muoveva cauta. Beckett sembrava stare bene, le avevano anche detto che stava bene però vederla li in quel letto ancora pallida le faceva sorgere dei dubbi.

 

“Forza non mordo mica. Vieni a sederti vicino a me.”. Kate la invitò ad accomodarsi sulla sedia che aveva vicino al letto. La vedeva camminare a piccoli passettini mentre stringeva le mani in pugni. Che fosse arrabbiata? No. Il suo volto diceva tutt'altro. Era la prima volta che la vedeva da quando le avevano sparato. Alexis era li. L'aveva vista accasciarsi a terra tra le braccia di suo padre, l'aveva vista svenire, immersa in una chiazza di sangue. Se per gli altri era stato difficile per lei lo era stato ancora di più. In fin dei conti era poco più che una bambina. Non aveva mai perso nessuno di cosi vicino a lei.

 

“Vieni qui Alexis”. Disse la donna aprendo le braccia cosi che la piccola Castle potesse rannicchiarsi dentro di esse. Senza esitazioni questa volta la ragazza le corse incontro accettando con piacere quel gesto.

 

“Quando non mi lasciavano vederti avevo paura che lo facessero perchè non stavi bene, perchè ti avremmo perduta”

“Ah Alexis l'hanno fatto solo perchè non volevano turbarti, non perchè stavo per morire. In realtà nemmeno loro lo sapevano. Ma ora sono qua. Non è questo l'importante?!”

 

“Si. Si. Anche se non te l'ho mai detto direttamente io ti voglio molto bene Kate. So che posso far sempre affidamento su di te. Ormai ti considero parte della mia famiglia alla stessa stregua di mio padre o di mia nonna.”. Alexi prima di parlare si era staccata da quell'abbraccio cosi da poter vedere la donna dritta in viso mentre pronunciava quelle parole che solo la situazione che stava vivendo le aveva dato il coraggio di tirare fuori d'altro canto non voleva esagerare con l dire troppo per paura di mettere in imbarazzo Beckett.

 

“Anche per me sei diventata parte della mia famiglia. Quasi come un sorella minore...”. Disse Kate mentre le sistemava quella ciocca di capelli ribelle che le si era messa davanti agli occhi. Alexis fece una leggera smorfia. Non era del tutto quello che voleva sentire, era contenta certo ma avrebbe preferito non essere la sorella minore ma altro, ma Beckett riservava molte sorprese.

 

“o qualcosa di più. Se avrò una figlia spero che sia tale quale a te. Anche con questi capelli rossicci che ti ritrovi” Concluse ridacchiando. Sentendo quelle parole Alexis sorrise e non si trattenne. Parlò senza pensarci.

 

“Ma io potrei essere tua figlia basta solo che tu e papa vi mett..”Non fini la frase perchè fece in tempo a mettere le mani davanti alla bocca per non far uscire altre parole che potevano dar fastidio a Kate.

 

“Scusa non volevo”. Alexis era davvero dispiaciuta di aver fatto correre la lingua. Non voleva che la donna ce l'avesse con lei solo perchè ogni tanto sognava di poter essere una vera famiglia.

 

“Tranquilla Alexis non c'è nulla di cui devi scusarti. Non stavi dicendo nulla di male, esprimevi solo un tuo pensiero”. Beckett riusciva sempre a metterla a proprio agio davanti a ogni situazione. Forse poteva parlarle senza problemi. Sicuro non se la sarebbe presa se le avesse detto le sue speranze e i suoi sogni su suo padre e lei. Che male c'era in fondo a sognare un po'?.

 

“é che tra tutte le donne che papa ha frequentato tu sei l'unica con cui son riuscita a creare un vero rapporto. Le altre cercavano sempre di guadagnarsi il mio affetto con regali più o meno costosi solo per farsi belle agli occhi di papa senza capire che io avevo bisogno di una madre. Nessuna di loro mi ha mai voluto veramente bene. Tu sei stata l'unica che mi ha dimostrato che le importava di me, che mi voleva bene. Ci sei sempre stata per me e piano piano ho iniziato a pensare che forse un giorno tu, papa ed io potevamo essere un'unica famiglia.” Nemmeno a suo padre aveva mai parlato cosi chiaramente su quello che voleva per loro. Sapeva che le cose non dovevano essere forzate ma che avevano il loro corso ma qua ci stava mettendo veramente troppo e lei stava perdendo le speranze.

 

“é molto dolce quello che mi hai detto. Poi credimi è facile volerti bene Lex, è una cosa che viene naturale.” E come poteva essere diversamente. Alexis era una ragazza simpatica, generosa, dolce, intelligente, intraprendente e molte altre qualità inutili da elencare. Bastava guardarla per capire che era straordinaria. Simile in molte cose a Castle. Già Richard. Kate voleva chiedere a Alexis come stava, se era arrivato a destinazione ma soprattutto quando sarebbe tornato ma non sapeva come iniziare l'argomento e poi voleva godersi la compagnia della ragazza, non deprimersi subito.

 

“Ti ringrazio Kate. Sai quando uscirai dall'ospedale potresti venire a casa nostra. Ho letto su internet che quando si esce dal coma c'è un lungo periodo di riabilitazione e sarebbe meglio aver qualcuno vicino che ti aiuti. A casa tua saresti da sola, invece a casa nostra avresti me, la nonna e anche papa quando sarà tornato, Josh lo capirà.”

 

Alexis era totalmente allo scuro del fatto che Josh non faceva parte della sua vita. Solo Lanie lo sapeva. L'amica era entrata pochi minuti dopo che il suo ormai ex se n'era andato. Le aveva chiesto come stava e quando le aveva risposto “Bene veramente bene, mi sento più leggera” il medico legale esultò di gioia dicendo che finalmente la detective era rinsanita e aveva capito che stare con Josh era un madornale errore. Beckett si mordicchiò le labbra nascondendo un sorriso. Non le sembrava giusto essere cosi contenta dopo essersi lasciata ma non poteva farci nulla. Lo era veramente. Era cosi felice che notò che non stava cosi bene da davvero tanto tempo.

 

“Josh non credo avrà problemi. “ Commentò ridacchiando e facendo spallucce ormai non volendo più pensare a lui e a quello che pensava.

 

“Bhè non saprei. Papa mi ha detto quello che è accaduto tra loro due”. Alexis non era certa che Josh le avesse raccontato quanto successo in ospedale al suo risveglio tra i due uomini ma non le importava, Josh non aveva il diritto di trattare suo padre cosi e una ramanzina da parte di Kate gli serviva soltanto.

 

“Josh non avrà problemi perchè ormai non fa più parte della mia vita. Lanie mi ha raccontato quanto successo, ho chiesto a Josh e bhè alla fine abbiamo rotto. Quindi non devi preoccuparti di lui.” Beckett vide gli occhi della ragazza illuminarsi di una nuova speranza e il suo viso prima triste ora emanava gioia da tutti i pori. Dal canto suo Alexis pensò solamente. Ostacolo più grande andanto. Ora manca solo che papa si dia una mossa.

 

“Oh meglio cosi. Josh avrà anche salvato la vita a papa e te però non è che mi sia mai stato cosi tanto simpatico” Disse Alexis avvicinandosi alla donna e sussurrando mettendosi una mano a coprire la bocca non volendo farsi sentire dagli inservienti che passavano di continuo fuori dalla porta.

 

“é una cosa che ho già constatato in effetti. A nessuno Josh è mai piaciuto però mi chiedo come mai nessuno me lo abbia detto prima”. A parte Lanie nessuno aveva mai commentato negativamente Josh, nemmeno positivamente a dir la verità, si ricordò Beckett, ma ormai era acqua passata.

 

“Mi pare logico, d'altronde ti vedevamo felice e quindi non volevamo in qualche modo minare il vostro rapporto solo perchè Josh non ci piaceva. La decisione doveva essere tua senza intromissioni esterne”. Kate guardava la ragazza chiedendosi se avesse davvero la sua età e non 5 o 6 in più perchè sotto molti aspetti era davvero matura, molto più delle sue coetanee.

 

“Già. Vi posso capire. Grazie per non esservi intromessi lasciando che io ci sbattessi la testa da sola". Ridacchiò venendo poi interrotta da Alexis.

 

“Lo sai che appena torno a casa dirò a papa che Josh non c'è più nella tua vita”

“In realtà spero vivamente che tu lo faccia. Te l'avrei chiesto io di farlo se non ti fosse venuto in mente a te”

 

Le due donne la vedevano nello stesso modo, viaggiavano sulla stessa lunghezza d'onda, come potevano non essere scambiate per madre e figlia, pensò Alexis. Il traguardo era quasi raggiunto, erano li li a pochi metri di distanza e poi tutto sarebbe andato come doveva esserlo fin dall'inizio.

 

“Riguardo a tuo padre?”

“Si”

“Non hai il suo libro da darmi?. Sono curiosa”

 

Alexis si colpi la fronte con il palmo della mano. Come poteva essersi dimenticata una cosa cosi tanto importante. Subito prese il malloppo di fogli e glielo porse. Beckett passava la mano destra sul titolo impresso nella prima pagina facendolo poi scorrere sul nome dell'autore, lettera dopo lettera.

La giovane vide subito la sua indecisione e parlò.

 

“Sai l'ho letto. Tutto ieri mattina. È magnifico. Non tanto per l'omicidio di fondo, anche se devo ammettere che mio padre sta volta ha dato il meglio di se, solo un vero detective può capire chi è l'assassino. Io pensavo fosse una persona e invece era tutt'altra, ci sono molti indizi che ti sviano”

 

Beckett l'ascoltava con attenzione. Anche se non voleva rovinarsi la sorpresa di quanto scritto una breve trama le sarebbe stata solo utile per capire quello che stava per affrontare. Ma non era tanto l'omicidio che le interessava ma ben altro e sperò che Alexis parlasse anche del rapporto tra i due protagonisti. La ragazza rispose subito a quella silenziosa richiesta.

 

“Anche le vicende che interessano Nikki e Rook sono stupende, intense, che ti fanno ridere dalla gioia ma dopo poche righe piangi come un bambino per come evolve il loro rapporto. C'è anche un nuovo personaggio. Un assicuratore che tu di certo leggendo capirai a chi si ispira”

 

Josh, non ci voleva un genio per capirlo, tanto meno leggere il libro. Beckett non pensava che Castle introducesse anche un suo alter ego ma quell'uomo si era sempre rivelato una fonte inesauribile di sorprese. Si chiedeva solo che ruolo avrebbe avuto in tutta quella storia e che fine gli avrebbe fatto fare. Ancora una volta i suoi pensieri furono interrotti da Alexis che ora si era fatta seriessima.

 

“papa in questo libro ha messo molto di voi. Negli ultimi giorni ha riscritto alcune parti, sopratutto si è soffermato sul finale. Questo libro non è più su Rook e Nikki, ma su Rick e Kate. Sono certa che leggendolo capirai molte cose di lui che per ora ti erano sconosciute. Capirai anche il motivo per cui ha fatto quel che ha fatto. Solo perdona mio padre. Se il suo comportamento ti è sembrato egoistico, se ti sei sentita abbandonata ti assicuro che non è cosi. Leggi e mi darai ragione.”

 

Kate già ora non colpevolizzava di nulla Rick. Era stato una vittima, aveva subito sulla propria pelle gli aspetti negativi della sua storia. Non c'era nulla da perdonargli. Anzi era lei che doveva chiedergli scusa per essere stata cosi ottusa, cosi cieca, cosi codarda da non ammettere prima la verità.

 

“Ti prometto che appena finirà l'orario delle visite e sarò da sola mi concentrerò sul libro, lo leggerò con attenzione in particolare la fine, visto che da quanto mi dici è la parte che più dovrebbe interessarmi”

 

“Si ma non leggerla subito se no non capiresti. Leggi tutto dall'inizio, niente imbroglio”. L'ammonì la giovane immaginando la curiosità della donna ora che lei aveva reso il tutto più interessante, ma sapeva anche che Kate non avrebbe perso l'occasione di leggere prima di tutti il libro, sopratutto visto che parlava di loro in uno stile tutto nuovo.

 

“Promesso leggerò dalla prima all'ultima pagina senza barare”.

 

“Perfetto.”

 

Alexis rimase li un altra ora e mezza a farle compagnia. Le raccontò della scuola, dei nuovi corsi, delle compagne più simpatiche e di quelle meno simpatiche. Poi incentrò il discorso su Ashley. Come tutte le coppie avevano i loro alti e bassi e voleva sentire il parere di un'altra donna oltre a sua nonna che propinava sempre la filosofia “ Noi donne Rodgers non chiediamo mai scusa, dobbiamo sempre essere servite e riverite, ci scorre nel sangue essere le migliori”. Il suo cellulare poi squillò. Era Paige che le ricordava del loro appuntamento perciò Alexis salutò la donna e se ne andò ringraziandola di tutto. Dopo la ragazza arrivarono suo padre, poi Ryan ed Esposito, che viaggiavano sempre in coppia, e Lanie. Gli ultimi tre passarono una buona mezz'ora a raccontare il tiro mancino giocato a Josh, dalla preparazione dello scherzo alla sua attuazione. Beckett non poteva credere di aver amici cosi meravigliosi. Non si sarebbe mai aspettata che per lei avessero messo in atto un piano cosi elaborato e diabolico, ma molto divertente anche. Poi fu il turno dei dottori e poi fu da sola. Il libro era li appoggiato sul comodino di fianco a lei. Oggi era stata una giornata felice, stava bene, era allegra e il libro poteva rovinarle l'umore perciò decise di rimandare la lettura al giorno successivo, sperando in cuor suo di aver il coraggio di girare quella prima pagina e le seguenti.

 

Appena uscita dall'ospedale Alexis non perse tempo. Prese il suo cellulare e fece il numero. Doveva chiamare suo padre. Doveva informarlo delle novità su Kate e Josh, subito, prima di subito, c'era ancora speranza. Aveva una più che stupenda notizia da dargli. Attese e attese ma nulla fino a quando non le rispose una donna.

 

“Gina?”Chiesa con cautela.

 

“Ciao Alexis. Stai cercando tuo padre?”. Perchè Gina rispondeva al cellulare di suo padre. Oh no papa dimmi che non l'hai fatto. Alexis si appoggiò al muro dell'edificio e si massaggiò la fronte pensierosa.

 

“Si infatti. È li con te?”. Ti prego no fa che non sia li.

 

“No non è qua con me”. Fiù. Sospirò Alexis. Questa si che era una bella notizia. Non avrebbe mai perdonato suo padre se durante il viaggio a Roma si fosse in qualche modo riavvicinato a Gina, una volta va bene, due si può capire ma tre proprio no, non poteva farlo.

 

“Ha dimenticato il suo telefono in sala ieri alla fine del party e l'hanno consegnato a me. Stavo per andare a portarglielo. Il tempo di prepararmi. Devo dirgli qualcosa?”.

 

Alexis era indecisa. Dirle o no di Beckett. Gina avrebbe riferito il messaggio? E se non l'avesse fatto Alexis sarebbe riuscita a chiamare suo padre in tempi brevi oppure la sua ex matrigna avrebbe boicottato il tutto. Si doveva rischiare dopo tutto, era troppo importante.

 

“Si ho bisogno che tu mi faccia un piacere enorme. È davvero importante. Per papa è davvero importante. Deve saperlo assolutamente. Kate ha lasciato Josh. Sta aspettando papa e lui deve tornare il prima possibile”

 

Gina ascoltava dall'altro capo non troppo contenta. Questa proprio non ci voleva. Era contenta di aver preso lei la chiamata altrimenti Rick avrebbe fatto le valigie tempo zero senza dir niente a nessuno e sarebbe tornato di corsa a casa. Era una cosa impensabile. Si era preso degli impegni con gli editori e doveva rispettarli.

 

“Ok lo farò”. Disse cercando di essere convincente. Ma la sua risposta venne troppo velocemente, non ci aveva pensato abbastanza e questo insospettì Alexis.

 

“Gina per favore. So che tu vuoi ancora bene a papa quindi fallo per lui. Dagli la possibilità di essere felice come merita. Ha fatto cosi tanto per noi, è il momento di ricambiare”

 

In quel momento bussarono alla porta e Gina dovette chiudere la chiamata. Chi poteva essere alle 6 di mattina? Andò ad aprire la porta della camera e vide uno dei soci del presidente della casa editrice. Il volto scuro, teso, sembrava arrabbiato. Rick che hai combinato ora?! L'uomo si assicurò che nessuno potesse sentire quanto doveva dirle e quando notò una delle donne delle pulizie avvicinarsi a loro preferì sussurrare alla donna.

 

“Che ha fatto stanotte?”

 

Chiuse la porta e corse a vestirti. Seduta sul letto intenta a mettersi un paio di scarpe pensava già a come informare i giornalisti dell'improvvisa morte dello scrittore. Infarto, cocktail di medicine, soffocamento per mano della sua ex moglie. Non poteva credere a quello che le avevano detto. Aveva rovinato tutto, di certo il contratto sarebbe saltato ma poi le tornarono in mente le parole di Alexis.

 

“Maledetto Rick”

 

Prese il cellulare e chiamò il centralino.

 

 

 

E siamo a sei. Che faticaccia, fiù. Quindi ora Kate ha il libro ma chissà quale effetto sortirà in lei, ma sopratutto che ha combinato Rick per scatenare in Gina quella reazione. Essi Rick ne ha combinata una davvero grossa, ma davvero davvero.

 

Signori e signore per oggi il sipario chiude sperando che lo spettacolo vi sia piaciuto. Vi aspettiamo alla prossima rappresentazione. :P

Ah chiedo scusa per il capitolo precedente ma mi son dimenticata di tenere conto dei fusi orari, nel prossimo capitolo farò più attenzione. ;)

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Capitolo 7
*** Ritorno ***


 

Nella puntata precedente

 

Su richiesta del padre Alexis porta il libro completo a Kate e ne approfitta anche per passare del tempo con lei. Beckett intanto informa la giovane della sua rottura con Josh sperando che la voce arrivi anche alle orecchie di Rick. Nel frattempo Rick, ancora a Roma, ha fatto qualcosa che non è piaciuta per niente a Gina.

 

CAPITOLO SETTE

 

Spom. Che fosse scoppiata la terza guerra mondiale? pensò Rick sentendo quell'improvviso tonfo. Apri a mala pena gli occhi e vide Gina furiosa. Si era scoppiata. Rick si girò dall'altra parte non volendo ascoltare la donna avendo già un impressionante mal di testa e non volendo peggiorarlo. Ma che aveva fatto ieri sera per stare cosi male oggi?! Ah si bevuto, molto per l'esattezza. D'improvviso luce, luce ovunque. Gina aveva aperto le tende lasciando entrare i primi raggi mattutini dentro la camera. L'uomo si rifugiò sotto le coperte cercando riparo ma queste gli furono spostate di dosso subito.

 

“Potevo essere nudo lo sai”. Disse lo scrittore optando per il cuscino per ripararsi dalla luce.

“Niente che io abbia già visto”

“E ammirato”. Ora era seduto sul letto guardando con quel fare sornione la sua ex moglie che però non rispecchiava il suo umore.

“Che succede?” Chiese innocentemente non avendo idea di cosa avesse potuto fare per renderla cosi di cattivo umore già di prima mattina. Ripensò alla sera precedente ma non ricordò quasi nulla e in quel poco che gli riaffiorava alla mente non si ricordava di aver trattato male la donna.

“Sofia!”

 

Che c'entrava quella ragazzina ora. Per quale motivo Gina la tirava in ballo, a meno che. Dannata ragazzina. Rick si lasciò cadere sul letto per poi rotolare e scendere da quello. La testa ancora gli girava ma meno rispetto la serata precedente, era più la lingua impastata e il gustaccio in bocca che gli davano fastidio. Si massaggiò il mento sentendo une leggera barbetta iniziare a formarsi. Prese la vestaglia e si diresse in bagno dimenticandosi di Gina, ma lei non si era dimenticata di lui.

 

“Come hai potuto farlo? Lei è la figlia del presidente”. Sul letto ora ci stava la donna con le braccia protese dietro di se a sorreggere il peso del corpo mentre si osservava attorno ad ammirare la stanza dell'uomo.

 

“é lei che mi ha provocato”. La risposta arrivò da dietro la porta chiusa del bagno dove si era rintanato Castle. Che importava se era la figlia del presidente. Ieri sera quella ragazza cercava qualcosa e qualcosa ha avuto, che colpa ne aveva lui.

 

“Richard ha solo 24 anni. Per lei eri un gioco. Ora vai dal presidente e scusati”. Come far a capire a quel testardo di Rick che quella era l'unica soluzione per non perdere il contratto. Gli italiani se la sarebbero legata al dito e lui non avrebbe più potuto pubblicare nemmeno una poesia in quella nazione.

 

“Richard mi hai sentito?”

 

“Forte e chiaro tranquilla” Disse lui uscendo dal bagno mostrando un aspetto un po' migliorato rispetto a prima ma i segni della sbornia ancora visibili sotto i suoi occhi.

 

 

“E quindi?”. Continuò a insistere la donna.

“E quindi non mi scuso. Se l'è meritato”

“Si è meritata di sentirsi dire di essere una sgualdrina?”

 

Castle si fermò al centro della stanza pensieroso. Non le aveva dato della sgualdrina. Almeno non direttamente. Le aveva semplicemente detto che era troppo piccola per lui e che se si comportava cosi poteva benissimo esser scambiata per una donna di facili costumi. Questo le aveva detto.

 

“ehm. Ero ubriaco non sapevo che dicevo. Meglio cosi che andarci a letto no. No?”. Senza farsi troppi problemi iniziò a vestirsi non preoccupandosi della presenza della donna. Inoltre aveva ragione. Erano cose che aveva già visto quindi che problema c'era.

 

“Per tua fortuna ho già chiamato il presidente che anche se non era molto con tento dell'appellativo che hai dato a sua figlia era molto più contento che non fosse finita a letto con te quindi ho organizzato la firma del contratto alle 10.30”. Gli spiegò la donna. Si era sentita le urla del presidente al posto suo. Almeno poteva dirle un grazie, che gesto carino, per fortuna che ci sei tu. Invece lui le disse tutt'altro.

 

“Cosi presto? Non possiamo fare almeno alle 13 che riesco a mangiare prima?”

 

Alzando gli occhi al cielo dall'esasperazione Gina prese la borsetta che aveva appoggiato a terra precedentemente e se l'appoggiò sulle gambe pronta ad estrarne il contenuto ma prima doveva far un piccolo discorsetto a quell'uomo che sarebbe stata la causa dei suoi capelli bianchi prima dei 40 anni. Cosa a cui non voleva assolutamente pensare.

 

“Circa tre quarti d'ora fa mi ha chiamato Alexis”

 

Sentendo pronunciare il nome della figlia Castle si mise subito sull'attenti e iniziò a pensare al peggio. Perchè Alexis aveva chiamato Gina? Che cos'era successo? Qualcosa di grave. Forse aveva avuto un incidente? Forse sua madre?. Iniziò a frugare come un disperato tra i vestiti sparsi sul pavimento, guardò nei cassetti, sotto il letto ma niente.

 

“Dov'è quel maledetto cellulare?”

 

“ehm ehm”

 

Si voltò verso Gina che teneva l'apparecchio telefonico sollevato con una mano mentre lo guardava con quell'aria da strafottente.

 

“L'avevi lasciato in sala ieri ma tranquillo Alexis sta bene. Mi ha chiamato per informarmi di un piccolo cambiamento avvenuto mentre noi eravamo in viaggio”

 

A Castle erano sempre piaciute le sorprese, i colpi di scena, la suspance, in quel momento li odiava. Voleva sapere perchè Alexis aveva chiamato. Ora.

 

“Kate ha lasciato Josh e da quanto posso supporre l'ha fatto per te”. Disse diretta Gina.

 

Apriti cielo. Aveva udito davvero quelle parole? Kate aveva lasciato Josh? Finalmente erano liberi di poter star insieme?. Senza pensarci cercò una maglietta per correre da lei ma quando fu alla porta si ricordò di un piccolo particolare. Lui era tutt'altra parte del mondo. Ma un aiuto gli arrivò inaspettato. Gina ora gli era vicino con una busta in mano e gliela stava porgendo.

 

“L'aereo per New York parte alle 13.15 quindi se fossi in te sarei puntuale alla firma del contratto cosi da non rischiare di perdere il volo.”

 

Rick era sbigottito. Non ci credeva. Gina lo lasciava andare? Non lo tratteneva li con la forza? Non lo legava al letto per farlo uscire solo per gli incontri con i fan? Prendendo la busta contente il biglietto tra le mani glielo chiese.

 

“Perchè lo fai?”. Era veramente incredulo. A fatica riusci a chiudere la bocca per lo stupore.

 

“Era giunto il momento di ricambiare”.Sempre quell'aria da strafottente ma Castle in quel momento adorò il suo modo di fare. Gli stava dando la possibilità di rimediare al suo errore e lui non se la sarebbe fatta scappare.

“Ora su sbrigati, prepara la valigia”

 

Rick non se lo fece ripetere due volte. Si mise subito in moto per aver tutto pronto prima della firma del contratto. Arrivò più che puntuale all'incontro e per sua fortuna anche gli editori erano in anticipo e tutto si concluse nel giro di mezz'ora. Anche grazie a Gina che fece pressioni sugli uomini dicendo che se non avessero accettato subito avrebbero chiamato un'altra case editrice che era più che interessata ai libri di Castle. Firmato e stretto le mani come da rito Rick salutò Gina ringraziandola ancora prima di correre nella propria camera, prendere i bagagli e correre in aeroporto. Alle 13.15 stava decollando per tornare a casa. Per tornare da Kate.

 

**

 

Quella mattina Kate non si svegliò di buon umore. Ebbe degli incubi durante tutta la notte. Sempre su di lui. Su di lui che se ne andava, che la lasciava da sola per sempre. Si chiedeva se Alexis avesse parlato con suo padre e se si come l'avrebbe presa lui. Controllò il cellulare, nessuna chiamata. Rick non l'aveva ancora cercata. Perchè? Che davvero non gli importasse più di lei?. Che Josh avesse rovinato definitivamente il loro rapporto?. Beckett non voleva pensarci, Castle non era cosi superficiale, aveva sempre affrontato le sfide che si trovava davanti. Tranne lei, con lei non aveva mai fatto quel passo definitivo. Forse era cosi anche questa volta. Basta Kate!, pensò la donna, non ci pensare più se non vuoi piangere come una ragazzina. Allungò una mano sul comodino cercando la bottiglia dell'acqua quando trovò altro. Il manoscritto. Non l'aveva ancora letto. Era giunto il momento però. Prese la bottiglia d'acqua e bevve senza staccare gli occhi da quei fogli dopodiché inviò diversi messaggi chiedendo a tutti di non andarla a trovare in quella giornata. Li rassicurò che stava bene ma che doveva affrontare quell'ostacolo da sola. Lanie non era tanto convinta, non voleva lasciarla sola in particolare in quel momento ma dopo 4 messaggi e una chiamata di oltre 20 minuti desisti.

 

“Forza e coraggio Kate”. Si mise seduta con le ginocchia sollevate e li appoggiò il libro fissando la pagina iniziale per qualche secondo. Perchè era cosi tanto difficile? Era un libro dopo tutto. Anche se Alexis aveva detto che suo padre aveva messo molto di loro questa volta. L'idea di leggere la sofferenza, di scoprire tutto quello che l'uomo si era tenuto dentro e non le aveva mai confidato, le faceva male, ma doveva farlo, per lei, per loro. Girò la prima pagina cercando la dedica. L'avrebbe dedicato lei? Sarebbe stato vago? Avrebbe scritto giusto poche parole?. In realtà non scrisse nulla. Non vi era nessuna dedica. Forse era un caso, voleva aspettare che gli editori gli dessero l'ok prima di inserirla. Troppe domande affollavano la mente di Kate,

 

“Leggi e basta ok.”. Era pronta era veramente pronta adesso.

 

Cosi si perse nelle parole. Si lasciò trasportare da loro in un altro mondo, un mondo che prima rappresentava il suo sogno, ora era più simile a un incubo. Agli inizi andava tutto bene tra i due protagonisti sempre lavorando insieme, cercandosi, stuzzicandosi, amandosi ma ad un certo punto tutto cambiava. Tutto mutò e rimasero solo litigi, grida e poi più nulla. Nikki e Rook erano finiti e la donna cercò consolazione in un altro uomo.Josh in pratica. Leggendo la reazione di Rook a tutto quello Beckett poteva capire cosa passava nelle mente di Castle in quei momenti. Scoprì cose che non sospettava. Cosi come loro erano quasi morti congelati anche Nikki e Rook rischiarono la loro vita dentro una cisterna piena d'acqua e una volta usciti indenni da quell'esperienza Rook stava per dirle che l'amava ma furono interrotti dall'assicuratore. Quella scena gli sembrò fin troppo conosciuta. Era la trasposizione di quanto accaduto dopo la bomba. Se solo Josh fosse arrivato qualche minuto dopo, se proprio non fosse venuto. Gli mancavano solo pochi capitoli ma doveva fermarsi. Non ce la faceva ad andare avanti. Quanto era stata stupida, quanto era stata cieca a non vedere i segnali che lo scrittore le mandava. Senti qualcuno bussare alla sua porta. Chi poteva essere. Aveva detto ai suoi amici di non venirla a trovare oggi e tutti avevano accettato quella sua richiesta. Solo una persona non aveva ancora sentito.

 

“Avanti”. Non ci sperare Kate, rimarrai delusa, non riporre le tue speranze in due colpi alla porta. Lui è a Roma attorniato da centinai di fans, oppure no?!.

 

“Ciao Kate”

 

**

 

10 ore di volo erano infinite. 10 ore di volo con lo stato d'ansia di Richard erano insopportabili, per il suo vicino di sedile. Lo scrittore continuava a farsi portare dalla hostess noccioline su noccioline da mangiare, continua a dondolarsi sul sedile, facendolo prima scendere e poi risalire non trovando una posizione comoda, per ultima si mise a tamburellare contro il sedile del passeggero davanti a lui. Stava combattendo con la voglia di chiamare Kate e dirle che stava tornando ma voleva farle una sorpresa. Però non poteva presentarsi a mani vuote. Magari un mazzo di rose, un enorme mazzo di rose. Una cinquantina sarebbero bastate. Però dove avrebbe potuto metterle? Quelle stanze di ospedale sono sempre cosi piccole e qualche infermiera poteva approfittarne e rubarne, qualcuna meglio non rischiare. Cioccolatini allora. Uhm ma poteva mangiarli o doveva seguire una dieta particolare?. Scartatati anche questi. Quanto era difficile trovarle qualcosa di adatto. Un peluche?. Un enorme peluche a forma di orso, magari con scritto “Ti amo” o “strapazzami di coccole”. No, nemmeno quello troppo sdolcinato, Kate l'avrebbe cacciato subito dalla sua stanza. Gli serviva un pensiero, un qualcosa di piccolo ma significativo che poteva darle. Pensò e ripensò ma nulla li venne in mente. Nulla era all'altezza di Beckett. Forse un parere femminile gli sarebbe stato d'aiuto. Chiamò un hostess ed attese.

 

“Vuole altre noccioline Signor Castle?”

 

“ No in verità avrei bisogno di un consiglio”

 

“Se posso volentieri”

 

La donna era più che contenta di aiutarlo. Quante volte nella vita capitava di poter aiutare un personaggio famoso come lui. Di solito non si chiedono consigli alle hostess. Peccato che la povera non sapeva a quello che andava in contro.

 

“Se io ti avessi lasciata perchè non potevo sopportare l'idea di vederti con il tuo fidanzato, preferendo fuggire in un altro continente piuttosto che parlarti, non chiamandoti o sentendoti in alcun modo cosa ti piacerebbe avere per regalo per farmi perdonare? Ah metti conto che sei anche appena uscita dal coma”

 

Vuoto più totale. La hostess non sapeva cosa dirgli. Quando aveva acconsentito di aiutarlo non avrebbe mai pensato a una richiesta simile. Cioè che razza di uomo poteva fare una cosa simile?!.

 

“Bhè non è una cosa che si può risolvere con fiori”

“Quello che aveva pensato anche io. Gioielli?”

“Troppo impegnativo credo”

“Vero”

 

I due erano entrambi pensierosi. Castle che fissava il tavolinetto davanti a se, la donna che faceva correre lo sguardo sui passeggeri sperando in un'ispirazione. Non era una cosa facile. Esisteva un regalo abbastanza importante per farsi perdonare un gesto simile?.

 

“Uhm pensi a cosa le piacerebbe avere alla donna”

“Lei non dice mai cosa vuole, è molto criptica, bisogna leggere tra le righe.”

“Lei è uno scrittore è il suo compito quello. Quindi pensi bene, cosa vorrebbe veramente ma che però non hai mai chiesto direttamente?”

“Eh bella domanda. Essere la mia vicina sulla luna pensa che potrebbe piacerle?”

 

 

**

 

“Ciao Kate”

 

“Martha?”

 

“Aspettavi qualcun'altro”

 

“No”. Si in realtà, tuo figlio.

 

Lei proprio non aveva pensato ad avvisarla. Non immaginava che sarebbe venuta a trovarla, ma Martha era come una madre per lei e c'era da aspettarselo.

 

“Credo che la tua visita non sia propriamente di cortesia”. Disse Kate sorridendo in direzione della donna. Se Martha si palesava da qualche parte era perchè aveva qualcosa di importante da dire. L'attrice si mise seduta sul letto della donna cogliendola di sorpresa pensando che anche lei, come tutti gli altri, si accomodasse sulla sedia.

 

“Vedo che l'hai letto” Disse in direzione del manoscritto.

“Non tutto in realtà, mi mancano pochi capitoli comunque”

“Ah quindi non sai ancora”

 

Martha aveva quell'espressione dalla quale intuivi che aveva un segreto ma stava combattendo con se stessa per non dirlo.

 

“Avanti Martha che succederà?”. Non voleva saperlo ma a quel punto credeva che la donna glielo avrebbe detto comunque quindi perchè non dimostrare quel falso interesse.

 

“Ah no no ho la bocca serrata io” Parlò imitando la zip sulle labbra. Martha con la bocca chiusa? Impossibile. Lei era sempre pronta a farle prendere fiato, non perdeva occasione per dire la propria opinione ed era alquanto strano che non lo facesse a proposito del libro di suo figlio.

 

 

“Martha perchè sei qui?”

 

“Per ringraziarti”

 

Di cosa poteva ringraziarla? Di aver fatto scappare il figlio in un altro continente cosi lei poteva aver la casa libera per le sue feste? Magari la ringraziava semplicemente per essersi risvegliata. Ma una persona poteva ringraziarne un altra per essere uscita dal coma? Sembrava una cosa alquanto strana. Anche se l'attrice era molto introversa cosi era veramente esagerato. L'unica era chiederle il motivo.

 

“Per cosa mi ringrazi?”

 

“Per avermi riportato indietro mio figlio”. Come? Beckett non capiva. Forse Castle stava tornando dall'Italia? Voleva intendere in quel senso?. No, non sembrava, l'avrebbe detto più chiaramente se fosse stato cosi. Dalle sue parole si poteva invece intuire qualcosa di più profondo.

 

“Mi dispiace non capisco”. Era vero. Non riusciva a comprendere il vero significato di quelle parole.

 

“Negli ultimi tre anni che Richard ha passato con te l'ho visto piano piano tornare quel ragazzo spiritoso, amante della vita, fiducioso, giocherellone che era una volta. Prima di te non era cosi. Dopo la fine del suo matrimonio con Meridith e poi con Gina era distrutto. Si era auto convinto di dover passare la sua esistenza da solo, iniziò a pensare di non aver uno scopo nella vita. Lo scrittore multimilionario che pensava solo al successo, alle donne, a sfornare libri era una finzione. Richard iniziò a recitare quel ruolo, in realtà non voleva più essere cosi”.

 

A Beckett le parole che sentiva le suonavano strano. Richard era sempre stato cosi con lei. Non aveva mai recitato una parte. L'aveva sempre visto aver quei comportamenti infantili e superficiali.

 

“Ha ucciso Storm perchè si era annoiato di lui, perchè si era annoiato della vita che faceva. La routine demoralizza una persona attiva come Richard. Poi arrivi tu e tutto cambia. Gli torna la voglia di fare tanto che nel giro di poco scrive un romanzo dal nulla. Trova nuovi stimoli, nuovi amici, non è più avvilito. La smette di esistere semplicemente ma inizia a vivere. Inizia a vivere per te Kate.”

 

La giovane donna non poteva immaginare un Rick diverso dal solito e non doveva esser stato facile per Martha vedere il proprio figlio piano piano abbattersi senza che lei non potesse far nulla per impedirlo.

 

“Prima era solo un corpo che vagava alla ricerca del suo posto e ora l'ha trovato. Il suo posto è accanto a te. Sei tu che ogni giorno da la forza a mio figlio di andare avanti, che gli da un motivo per combattere. L'hai reso felice. L'hai riportato alla vita e io te ne sarò sempre grata.”

 

Che poteva rispondere a quell'esternazione di Martha?. Nessuna parola era abbastanza grande per esprimere il senso di orgoglio, per esprimere tutta la felicità, che ora provava nel cuore. Cosa dire che potesse essere la miglior riposta a quanto detto dalla donna senza sminuire in pochi secondi tutto quel discorso. Beckett si trovò senza parole per qualche istante.

 

“Come posso rispondere per non risultare banale? Cosa posso dire perchè tu capisca quanto queste tue parole mi rendano felice?. Saper di essere stata di aiuto a Castle in un qualsiasi modo mi fa toccare letteralmente il cielo con un dito. Lui sembra sempre quello invulnerabile, invincibile e io non sapevo mai come aiutarlo perchè quanto facevo per lui non era nulla in confronto a quello che lui ha fatto per me. L'unica cosa che potevo fare era stargli vicino, sempre e comunque”

 

“Vuoi sapere qual'è la risposta più adatta a quanto ti ho detto?”

“Si”

“Dimmi perchè l'hai fatto?”

 

Nessuna esitazione. Nessun dubbio. Basta nascondersi dietro un muro di mattoni per proteggersi. La vita va vissuta e farlo con Rick era il modo migliore.

 

“Perchè lo amo”

“Questa è la risposta che volevo sentire”.

 

Martha non disse altro. La salutò ed usci dalla stanza. Per molti quella sua visita poteva anche non dire nulla. Per Kate voleva dire molto. Rick per lei era molto importante, senza di lui non era niente ma grazie a Martha capì anche altro, capi che per Castle era lo stesso. Rick senza di lei era solo un involucro vuoto. Quale miglior sensazione che sapere che l'uomo che ami vive esclusivamente perchè tu ci sei?. Questa consapevolezza le diede nuovo coraggio. Prese il manoscritto e continuò a leggere da dove si era fermata. Era ora di giungere alla fine. Era ora di scoprire la verità.

 

Erano ormai passate le 19 quando la donna fini di leggere il libro. Beckett rilesse ancora e ancora le ultime pagine del libro in particolare le ultime parole. Per qualche strana ragione sentì il bisogno di pronunciarle ad alta voce e cosi fece.

 

“Jameson Rook era su quell'aereo. Il viaggio era stato organizzato in fretta e furia ma il giornalista non poteva più rimanere in città, non poteva più lavorare a stretto contatto con Nikki. Ora lei aveva al suo fianco un altra persona, lui si era fatto da parte e doveva accettarlo, oppure no. Osservò l'aereo che decollava e si guardò indietro ripensando alle decisioni prese negli ultimi giorni e capi...”

 

Un altra voce sovrastò la sua dicendo a memoria, parola per parola, quanto vi era scritto sul libro dando alle parole tutto un altro peso, dando ad esse maggiore importanza, facendole sentire più vere di quanto già non lo fossero.

“e capì di aver commesso il più grande errore di tutta la sua vita. Si ripromise di tornare entro pochi giorni. Doveva riconquistarla, non gli importava in che modo, non gli importava quanto tempo ci avesse voluto. Alla fine lei sarebbe stata sua, perchè in quel momento Rook capì che era lei. Era sempre stata lei. La sua unica e sola.”

 

Beckett non voleva crederci, non poteva essere cosi bello, stava sognando. Alzò gli occhi e lo vide. Era li davanti a lei.

 

“Ciao Kate”. Mai il suo nome era stato pronunciato con cosi tanta tenerezza, con cosi tanto sentimento, con cosi tanto trasporto, con cosi tanto amore.

 

“Rick...”

 

“Mi sei mancata”

 

 

Rick è tornatooooooooooooooooooooo. Non serve dire altro :P

 

O si. Sono un po' in crisi con il prossimo capitolo, che sarà anche l'ultimo, Ho praticamente scritto la parte finale ma mi manca come arrivarci ahaha...ma ce la farò, con calma.

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Capitolo 8
*** Ritrovarsi ***


 

Nella puntata precedente

 

Kate finalmente inizia a leggere il libro ma non riesce a finirlo per paura di quello che poteva esserci scritto alla fine. Solo grazie all'intervento di Martha troverà il coraggio di proseguire fino all'ultima pagina. Intanto Rick, grazie a un gesto inaspettato da parte di Gina, sta tornando a casa. In quella stanza di ospedale Kate, intenta a rileggere la ultime righe del libro, riceve finalmente la sua visita. Rick è tornato da lei.

 

CAPITOLO OTTO

 

 

“Ciao Kate”

 

“Rick..”

 

“Mi sei mancata”

 

Finalmente le sue preghiere erano state esaudite, le sue speranze erano diventate realtà. La sua voce la guarì subito da ogni dolore, fastidio, malessere che il suo corpo ancora aveva, ma sopratutto guarirono le ferite del suo animo. Maledetti quei fili che la tenevano costretta al letto, maledette quelle gambe che ancora non riuscivano a sorreggerla impedendogli di correre da lui e pregarlo di non lasciarla mai più, maledetta la propria codardia che le stava facendo perdere tutto. Non riusciva a parlare. Aveva paura di rompere quell'incantesimo e non voleva. Rick aveva il viso solcato dalla stanchezza. Immaginò a causa delle lunghe ore di volo che si era fatto. In due giorni 20 ore le aveva passate su un aereo, chiunque ne avrebbe portato i segni. Rick la guardava finalmente dopo giorni e giorni dall'ultima volta. Mai le era sembrata cosi bella. Non vedeva tutti quei tubi che aveva attaccati alle braccia, non vedeva il suo volto pallido che piano piano stava riprendendo colore, vedeva solo la donna che amava sorride per lui, un sorriso nato grazie a lui. Lo riportava alla vita. Che dirsi ora?!

 

“Sai di solito quando uno ti dice che gli sei mancata dovresti rispondere lo stesso”. Chiuse la porta dietro di se non volendo essere disturbato da nessuno. Prima di entrare aveva pregato Sandra di fermare chiunque avesse cercato di entrare e lei era più che contenta di eseguire quella richiesta. Si era piazzata sulla porta e nessuno l'avrebbe spostata da li. Lo scrittore posò a terra la borsa che solo ora Kate notò e si mise ai piedi del letto appoggiando entrambe le mani sulle sbarre di questo per sostenersi.

 

“Ed esaltare cosi il tuo ego. Mai”. La solita vecchia Kate. Il regalo più bello che avesse mai ricevuto. Quando gli avevano detto che la donna poteva aver delle conseguenze, che c'era la possibilità che non tornasse quella di prima Rick si era sentito a pezzi, ma ora vedendola capì che nulla di ciò era vero. Beckett era la solita, sarebbe tornata la straordinaria detective che l'aveva fatto innamorare e lui l'avrebbe aiutata, le sarebbe stato vicino in tutto quel percorso.

 

“Mi sei mancato Rick in un modo che nemmeno ti puoi immaginare”

 

“Non sai quanto son contento che tu stia bene”

 

“Anche io son contenta di stare bene”

 

Perchè andavano cosi cauti? Perchè ancora non riuscivano a parlarsi chiaramente. Tutta quella situazione non gli aveva insegnato a gettarsi per non rischiare di perdersi definitivamente? Bastava cosi poco in fondo, un semplice gesto, due semplici parole, ma ancora sia uno che l'altra temevano di farlo, temevano di parlare. Di cosa avevano paura? Sapevano che l'altro provava gli stessi sentimenti eppure c'era ancora bisogno di altro per fargli far quell'ultimo salto.

 

Rick prese coraggio e fece per parlare. Dicendo a memoria quel discorso che si era preparato durante le lunghe ore di viaggio, dopo aver tormentato la hostess e il vicino di posto. Era una dichiarazione d'amore, voleva esprimerle quanto lei era importante per lui ma mentre stava per cominciare Beckett lo anticipò.

 

“L'ho lasciato per te”. Non voleva più commettere gli stessi errori. Era ora di parlare sinceramente. Da ora gli avrebbe detto sempre e solo la verità.

 

“Lo sò”. Rick rispose semplicemente pensando se dirle o no come ne era venuto a conoscenza. Non voleva rischiare ancora di perderla per il suo silenzio. Da ora le avrebbe detto sempre e solo la verità.

 

“Alexis ha chiamato sul mio cellulare che in quel momento era tra le mani di Gina, l'avevo dimenticato nella sala dove si era tenuto il party, e la mia ex ha risposto. Strano ma vero è venuta a dirmelo e mi ha dato un biglietto di sola andata per tornare qui. L'ho preso e son corso da te. Ero già intenzionato a riaverti con me una volta tornato dall'Italia ma quando mi è stato detto che avevi lasciato Josh non volevo perdere ancora un secondo”

 

“L'avevo capito. Dal tuo libro si era capito. Fin l'ultima pagina avevo paura di averti perso ma poi leggendo di Rook ho avuto la certezza che saresti tornato da me, che avrei solo dovuto aspettare ma alla fine saresti tornato”. Dire quelle parole era al momento la cosa più difficile ma allo stesso momento facile da fare. Difficile perchè non voleva esprimere quelle stupide paure che l'avevano tenuta in sospeso fino a pochi attimi prima, facile perchè con Castle vicino tutto risultava più facile perchè lui ti dava un'assoluta sicurezza solo con la sua presenza. Poi lo guardò incredula.

 

“Gina ha fatto cosa?” Doveva aver capito male non poteva essere cosi.

 

Rick rise vedendo la sua reazione molto simile alla sua. Era una cosa davvero difficile da crederci eppure i miracoli accadono e lui ne stava vivendo uno. Kate stava bene ma sopratutto ora, finalmente, sarebbe stata sua.

 

“Difficile da crederci ma è cosi. Si è assicurata prima che firmassi il contratto ma poi mi ha lasciato andare.”

 

“Le devo un grosso favore allora”

 

“Le regalerò un nuovo paio di scarpe, vedrai che sarà contenta”

 

Beckett scoppiò a ridere. Castle quando voleva sapeva essere davvero cosi un bambino eppure non l'avrebbe voluto in modo diverso. Nella sua testa però c'era ancora quella vocina che urlava, che chiedeva l'attenzione necessaria. Basta giri di parole. Ma a quanto pare il momento di dichiararsi non era ancora arrivato.

 

“Ho parlato con i medici” Esordi Castle.

“Entro la fine della settimana puoi metterti di nuovo in piedi cosi potrò venire a trovarti e portarti un po' fuori dall'ospedale. Ho visto qua vicino un parco con delle comode panchine, molto più allettanti di questo letto. Poi mica vorrai farci la muffa in questa stanza”

 

“Mi piacerebbe che mi portassi in effetti. Iniziò ad annoiarmi, non c'è nulla di interessante da fare. Ho provato a convincere Ryan ed Esposito ad aggiornarmi su qualche caso ma si son rifiutati”

 

L'uomo ridacchio scrollando il capo. Non sarebbe mai cambiata, il lavoro era ancora la sua vita. Meglio cosi, non la voleva diversamente. Voltò gli occhi verso la borsa e si chiese se non era quello il momento per dargli il suo regalo. Si chiese se le sarebbe piaciuto. In effetti non era nulla di che, veramente un piccolo gesto per farla star meglio. C'era anche la possibilità che non lo apprezzasse, in quel caso l'avrebbe preso e dato alla prima infermiera che passava. Non vi era alcun problema. Tornò ad osservare la donna che ora lo guardava intensamente. Che fosse arrivato il momento. La sicurezza sul suo viso pareva confermarlo.

 

“Rick io..”

 

“No no aspetta, lasciami parlare prima”

 

La interruppe subito lui. Non voleva ancora sentirsi quelle parole. Erano passati anni poteva resistere ancora pochi minuti prima di udire quelle tanto agognate parole. Ma prima doveva parlare lui. Si era preparato un discorso non poteva non dirlo dopo tutta la fatica che aveva fatto per aprire il proprio cuore e trovare le parole adatte. Quello era il momento e il luogo perfetto per farlo. Quanto scritto nel finale del libro era solo una piccola parte di quanto voleva confessarle. Ora era il momento per il resto. Si schiarì la voce e cominciò il proprio monologo inspirato da lei.

 

“Tu sei la luce che mi fa strada verso quei luoghi dove trovo la pace. Tu sei la forza che mi fa andare avanti, tu sei la speranza che mi fa credere, tu sei il nutrimento della mia anima. Tu sei il mio scopo. Tu sei tutto. Mi tieni tra le tue mani per non farmi cadere, tu calmi il mio cuore e mi togli il respiro. Perchè tu sei tutto ciò che voglio, sei tutto ciò di cui ho bisogno. Sei tutto per me. Tutto.”

 

Come era possibile non piangere dopo aver sentito parole cosi perfette, cosi straordinarie. Kate nemmeno se lo domandò, lasciò che le lacrime scendessero senza fine. Non si vergognava a farsi vedere emozionata da lui dopo quanto aveva appena sentito. Aveva un assoluto bisogno di udirle, aveva bisogno di sapere che lei era importante per lui ma non avrebbe mai osato immaginare che gliela avrebbe dichiarato in un modo cosi speciale. Mentre si asciugava gli occhi e singhiozzava cercando di recuperare l'uso della parole non si accorse che Castle intanto si stava slacciando qualcosa del collo e nemmeno si accorse che si stava avvicinando a lei. Notò la sua presenza solo quando senti il materasso sprofondare sotto il suo peso. Rick era seduto vicino a lei. Lo scrittore portò la mano destra sulla guancia di lei lasciandola ferma li mentre con il pollice asciugava quell'ultima lacrima che seguiva lo stesso percorso fatto dalle precedenti che si erano perse nei suoi capelli.

 

“Dimmelo. Ho bisogno di sentirtelo dire”

 

“Ti amo Rick”

 

Lasciò scivolare la mano dalla guancia di lei fino al suo collo e l'attirò a se. Si persero l'uno negli occhi dell'altra. In quel momento le parole sembravano inutili. Le loro labbra ora erano cosi vicine ma ancora un secondo pensò Rick.

 

“Ti amo Kate”

 

Le sussurrò prima di baciarla. Fu un bacio dolce, delicato. L'uomo cercava di trattenersi avendo paura di poter far male alla detective in qualche modo ma a lei non importava. Portò le braccia intorno al collo di lui stringendosi il più possibile contro il suo petto. Rick sorrise contro le sue labbra. Aveva aspettato tanto ma ne era valsa sicuramente la pena. Beckett avverti l'altra sua mano scostarle i capelli e raggiungere la destra intorno al suo collo, vi rimase qualche secondo prima iniziare la sua discesa verso il basso con estrema lentezza. La donna si avvinghiò ancora più stretta a lui fino a quando non senti la mano posarsi sul cerotto che nascondeva la sua ferita. Si staccò da lui sentendosi mancare il respiro.

 

“é stato fantastico”. Disse ridendo volendo ricordare il suo commento a quel bacio usato come copertura per distrarre la guardia che teneva sotto controllo l'entrata dell'edificio dove erano rinchiusi Ryan ed Esposito. Poi spostò lo sguardo verso la mano di lui che ancora non si era mossa dal suo petto e vide altro. Mentre la stava baciando Castle ne aveva approfittato per rimetterle al suo posto la collana della madre. Con una mano tremolante andò a prendere l'anello tra le dita. Non pensava che le fosse mancato cosi tanto averla con se.

 

“Grazie Rick”. Disse non distogliendo lo sguardo dal diamante incastonato nella montatura. Da piccola, si ricordò, le piaceva osservare come rifletteva i colori e oltre ai ricordi era tutto quello che le rimaneva di sua madre.

 

“Quando ti abbiamo portato all'ospedale ci hanno consegnato i tuoi oggetti personali. Ho preso la collana perchè avevo paura che la perdessero e so quanto sia importante per te. L'ho tenuta con me perchè in un certo senso mi sembrava di averti vicino ogni volta che la stringevo, mi faceva stare bene. Alla fine mi son ripromesso di ridartela una volta che ti fossi svegliata e cosi ho fatto”

 

“é stato molto dolce da parte tua conservarla per me”. Gli disse accarezzando ora lei la sua guancia e approfittando di averlo ancora vicino per dargli un altro bacio. Castle non poteva essere più felice di cosi . Aveva tutto ciò desiderava li tra le sue braccia, che altro poteva chiedere.

 

“Una volta uscita da qui verrai a vivere a casa mia. Con Alexis e purtroppo anche mia madre, ma contatterò uno dei miei amici produttori e la farò scritturare per qualche film cosi non ti starà troppo tra i piedi”. Tentò ancora la fortuna Rick. Oggi sembrava che gli sorridesse abbastanza quindi perchè non rischiare. Kate rise pensando fosse una battuta delle sue ma vedendo il suo voltò serio smise all'istante.

 

“Non correre troppo Castle”

 

“Vabbè io ci ho provato. Non si può mai sapere, magari mi avresti anche risposto di si. Però ti chiedo di valutare anche questa possibilità. Quando uscirai da qui sarai a casa da sola e non potrai, per qualche tempo, avere lo stesso stile di vita che avevi prima e una mano ti farebbe di certo comodo. Se venissi a casa mia avresti tre persone a tua completa disposizione”. Castle cercò di non esser troppo speranzoso. Sapeva di correre troppo con quella proposta ma dopo tutto quel tempo ora non voleva più starle lontano per nemmeno un secondo, in particolare ora dato le sue condizioni.

 

“Appunto per questo non verrò. Non voglio essere un peso per voi tre”

 

“Non lo saresti, lo sai”

 

“Ho bisogno di riprendere nelle mani la mia vita Rick, voglio tornare a vivere come se nulla fosse successo e ho bisogno di farlo a casa mia per riprendere i miei ritmi”

 

Castle non sembrava molto convinto. Non voleva lasciarla da sola. Se si fosse fatta male mentre nessuno era li con lei?, se sentisse ancora male e nessuno fosse stato li ad aiutarla?. L'idea proprio non gli piaceva. Iniziò già a pensare ad assumerle una donna delle pulizie cosi lei non avrebbe fatto sforzi inutili, se non l'avesse voluta piuttosto sarebbe andato lui a farle. Kate vedendo il buon umore svanire dal suo volto che ora si faceva cupo andò subito ad aggiungere.

“Ma poi chissà. Forse mi sentirò sola e andrà a finire che chiamerò un certo scrittore per venire a farmi compagnia”

 

“Lo farai? Mi chiamerai per starti vicino ed aiutarti?”

 

“Ogni giorno”

 

Questo poteva accettarlo. Anzi gli andava benissimo. Stare in casa di Kate solo loro due. Molto meglio che stare a casa sua con anche sua madre e sua figlia nei paraggi. Li almeno avrebbero avuto tutta la privacy di cui avevano bisogno e Richard non vedeva l'ora di approfittare di quei momenti per scoprire ancora quei lati della donna che gli teneva ancora all'oscuro e che lo lasciavano ogni volta sempre più sorpreso, affascinato, ammagliato. Ogni giorno sarebbe andato da lei riempiendola di fuori, di regali. Regali? Si domandò all'improvviso. D'un tratto si ricordò della borsa che ancora giaceva per terra. Si alzò dal letto e andò a prenderla prima di piazzarsi di fianco alla donna ed estrarre da questa un cofanetto grande quanto un libro.

 

“Ho un regalo per te.” Gli disse porgendogli quel cofanetto. Beckett lo guardava con gli occhi di una bambina intenta a scartare il regalo di natale. Che poteva esserci dentro? Da Castle ci si poteva aspettare di tutto. Vedendo il contenuto la donna diventò improvvisamente seria. Come mai Castle tra tutti i regali che poteva fargli aveva pensato proprio a quello?. Dei dvd di Temptetion Lane. Kate lo guardava in cerca di spiegazioni.

 

“Mi sembrava brutto venire qui senza portarti nemmeno un pensiero ma non trovavo nulla di adatto, di speciale per te in cosi poco tempo. Mentre stavo tornando però mi son ricordato di quella volta che mi hai raccontato di quando avevi 9 anni e dovevi essere operata alle tonsille. Tua madre si prese una pausa dal lavoro e rimase con te a vedere questa soap. Mi son ritornate in mente le tue parole “ Ogni volta che lo vedo mi fa sentire come se fossi a casa e al sicuro”. Voglio che tu ti senta cosi Kate,voglio che tu ti senta sempre cosi.” Rick parlava con il cuore in mano, avrebbe fatto di tutto per mantenere fede alle sue parole. Aveva una nuova missione nella sua vita, rendere felice Kate, e ci si sarebbe impegnato anima e corpo per non deluderla mai.

 

“Rick..” Perchè anche il più piccolo gesto da parte sua sembrava essere cosi grande invece?. Una cosa semplice ma che nascondeva sotto altri significati. Cosi come sua madre le era stata vicina quella volta oggi Rick era li per lei e guardare quel programma le dava quella sensazione di sicurezza. Solo ora che Castle era li con lei si sentiva davvero a casa e al sicuro.

 

“Son le puntate che sono state trasmesse quando eri in coma e ho immaginato che le volessi vedere per non perdere troppo il filo. Anche se, secondo me, a parte tradimenti e pugnalate alle spalle, anzi in questo caso direi che ci sta meglio accettate, non accade nulla. Ma per te soffrirò nel vederle. Sempre se mi vuoi qui con te?.” Le domandò avvicinandosi a lei piano piano. Posò una mano vicino al fianco della donna e la vide spostarsi contro il bordo opposto. Per un fugace secondo pensò che si stesse allontanando da lui ma poi comprese il suo gesto. Gli stava facendo posto accanto a lei. Rick si tolse le scarpe e sali sul letto permettendole di appoggiare la testa sul suo petto prima di stringerla forte tra le braccia.

 

“Allora Kate. Mi vuoi al tuo fianco?”

 

Lo guardò fisso negli occhi e poteva specchiare in essi lo stesso sentimento che lui poteva vedere nei suoi. Un amore vero, profondo, puro. Posò una mano sul petto di lui per poterlo usare come leva e alzò il volto fino a trovarsi faccia a faccia con l'uomo. Senza dire niente lo baciò. Un baciò pieno di promesse che diede la certezza ai due innamorati che tutto sarebbe andato bene, perchè qualunque cosa fosse accaduta l'avrebbero affrontata insieme. Staccandosi poi rispose.

 

“Sempre”

 

 

Cari lettori siamo giunti alla conclusione. I nostri due amati protagonisti si meritavano di esser cosi felici alla fine. È il loro destino e anche se dopo un po' di peripezie alla fine l'hanno abbracciato pienamente. Ora non ci resta che aspettare e sperare che anche nella realtà accada ciò. Ma sicuro accadrà, solo che gli autori ce lo faranno penare questo benedetto lieto fine hihihi.

 

Comunque sia grazie a tutti per avermi seguito in questa mia prima fan fiction e avermi dato il sostegno per continuarla e non lasciarla in sospeso dopo il primo capitolo.

 

Ps. Il monologo di Rick non è opera mia. Son parole tratte da una canzone . Everything dei Lifehouse, usata appunto in un video su Rick e Kate.

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