Perché indossi un reggiseno imbottito?

di Tsuki Hoshizora
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** C'è bisogno di un miracolo! ***
Capitolo 2: *** Non so dove guardare... ***
Capitolo 3: *** Gelosia portami via ***
Capitolo 4: *** Cosa hai fatto ai capelli? ***



Capitolo 1
*** C'è bisogno di un miracolo! ***


L' unica premessa che mi sento di fare, rivolta soprattutto a chi ha letto le mie due precedenti fan fictions, è che in questa ho cambiato l'impostazione del testo, allargando inoltre il punto di vista e abbandonando quello puramente soggettivo! Se ci fossero degli errori, siete liberissimi di farmeli notare. Anzi, mi fate un grandissimo favore, visto che spesso mi sfuggono.. Che altro dire?
Lo ammetto, sono un pò fissata coi due, ma se tutto va bene, la prossima sarà incentrata su Arthur e Alfred, quindi non alzerete più gli occhi al cielo invocando l'aiuto di qualche divinità! Se esistessero fan fictions simili, mi scuso da subito e assicuro che non era assolutamente mia intenzione plagiare nessuno.. Ne ho lette poche su Feliks e Toris, quindi sono solamente certa di non avere in alcun modo copiato quelle.
Altra piccolissima cosa, per evitare ulteriori dubbi: questa storia non è in alcun modo collegata a nessun'altra fan fiction, tanto meno alla precedente.
Buona lettura ^_^
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01. C'è bisogno di un miracolo!

Stavano correndo verso casa del polacco in tutta fretta, quando quest'ultimo si fermò improvvisamente davanti ad una vetrina. Lui e Lituania avevano passato tutto il pomeriggio a giro per negozi a fare shopping, cosa facilmente intuibile dalla grande quantità di buste che penzolavano dalle loro braccia. Si stava facendo sera ed aveva cominciato a nevicare molto forte, fatto di per sé non preoccupante, visto che era ormai dicembre inoltrato. Ma tanto era bastato perché Toris si preoccupasse ed insistesse affinché si affrettassero sulla strada del ritorno.
Proprio per questo, quasi travolse Polonia quando questi si impuntò senza preavviso. Riuscì comunque a riprendersi in tempo, per poi respirare affannosamente nel tentativo di riprendere fiato ed alzarsi a vedere cosa avesse catturato l'attenzione dell'altro. Lituania conosceva Feliks così bene, che ormai non si sconvolgeva più di tanto quando lo trovava ad ammirare dei deliziosi abiti femminili. Non poteva certo negare che il ragazzo riuscisse ad indossarli in maniera del tutto impeccabile e che gli donassero pure molto. Non si stupiva neanche del fatto che, nelle occasioni in cui li aveva indossati in pubblico, avesse attirato l'attenzione di molti uomini, i quali si erano poi dovuti ricredere nel momento in cui avevano udito la sua voce. La voce di Polonia era indubbiamente quella di un ragazzo, bassa e a tratti profonda. Nonostante in molti lo avessero anche apostrofato negativamente, lui ci rideva sopra e scherzava come al solito, dicendo che si divertiva da matti a mandare gli estranei in confusione. Toris si chiedeva spesso se in realtà lui non si sentisse intrappolato dentro ad un corpo sbagliato, ma non osava chiedere.

Che fosse nato donna o uomo, Lituania era quasi del tutto sicuro che Feliks non sarebbe cambiato affatto. Eccentrico, impulsivo, sorridente, spiccatamente ironico e a volte troppo egoista. Un carattere non facile da gestire, ma Toris vi era troppo affezionato per essere puntiglioso in quel senso.
Che fosse nato donna o uomo, lui era del tutto sicuro che nulla sarebbe cambiato, che gli avrebbe voluto comunque un gran bene.
«Po, ehm, senti, ci conviene sbrigarci sul serio!», disse sempre più ansioso, notando con la coda dell'occhio che il cielo si faceva sempre più cupo. Feliks così parve tornare alla realtà, quasi si fosse perso un attimo nei suoi pensieri, mentre contemplava quel grazioso abito a fiori.
«Oh~ Scusa Liet, mi ero totalmente incantato. Adoro anche solo, tipo, osservare le vetrine!», rispose sorridendo dolcemente al lituano, il quale ricambiò e, alzando ironicamente gli occhi al cielo, lo prese sotto braccio e lo trascinò via.
«Dai che manca poco, oltretutto dobbiamo ancora preparare la cena. Per caso non hai fame?», chiese Lituania scherzando, il suo stomaco che già brontolava all'idea dei manicaretti di Polonia. Nonostante fosse molto attaccato alla propria cucina, doveva ammettere che quella dell'amico non gli dispiaceva affatto. Molto probabilmente dipendeva solo dal fatto che le loro culture erano state legate per molto tempo e  che quindi si somigliavano, ma, in qualche modo, Toris aveva l'impressione che l'altro ci mettesse davvero tanto impegno nel preparare da mangiare per lui. Ecco perché era sempre così buono. Solitamente, infatti, Feliks era terribilmente pigro e difficilmente si smuoveva dal ciondolare sul divano o sulla poltrona. Eppure, quando si organizzavano per passare una sana giornata assieme, nel momento in cui toccava a lui andare ai fornelli, stranamente si attivava quasi dal niente e sembrava energico come non mai.
«Heh, no, affatto! Ho tipo una fame mostruosa!», rispose tutto accigliato l'altro, nonostante nello sguardo di Polonia non ci fosse alcuna traccia di rabbia o serietà. Così accellerarono entrambi il passo, continuando a chiaccherare del più e del meno. Ma la testa di Feliks era tutt'altro che presente, mentre tornava a riflettere su ciò che lo aveva distratto un attimo prima.
Arrivarono all'abitazione mezzi zuppi, a causa della neve che si era sciolta sui loro giacconi e sulle loro sciarpe. Le scarpe, del resto, non erano decisamente messe meglio. Misero dunque prima di ogni altra cosa i loro indumenti fradici ad asciugare in bagno sopra al termosifone, per poi tornare in salotto, dove avevano adagiato alla meglio i sacchetti coi loro acquisti. Ovviamente, come al solito, quello che aveva quasi messo fondo al proprio portafoglio era Polonia. Lituania cercava sempre come meglio poteva di controllarlo, ma riusciva ogni volta a fare davvero poco. Feliks adorava comprare cose nuove, era quasi inarrestabile quando si impuntava su qualcosa che desiderava ardentemente. Cocciuto come un muro, seriamente.
Mentre si apprestavano a raggruppare tutto quanto in un un'unica busta, una domanda cadde nel silenzio quasi casualmente, come se avessero lanciato un sassolino contro una finestra.

«Non pensi, tipo, che le ragazze siano davvero fortunate a poter indossare quei vestiti così delicati?», chiese dunque Polonia tenendo in mano una sciarpa di lana pesante color porpora e dando completamente le spalle a Toris, il quale si girò istantaneamente con un'espressione sorpresa disegnata sul volto. Quella domanda sembrava così seria e solenne, che gli ci volle un pò per scuotersi e rispondere, fra l'altro in modo alquanto vago.
«Non saprei, non ci ho mai fatto particolarmente caso..», disse semplicemente, continuando a fissare la schiena del polacco, che, con sua grande sorpresa, si voltò con l'aria spensierata di chi non ha nessun pensiero per la mente. A quel punto Lituania si chiese se non avesse frainteso la domanda, visibilmente confuso nel vederlo tranquillissimo. Un minuto prima era suonato quasi sconsolato.
«Mh, suppongo che, tipo, normalmente un uomo non ci vada minimamente a pensare! Però, ecco, tu sai che io adoro totalmente gli abiti femminili.. Quindi suppongo di averci tipo pensato un pò di più», continuò gesticolando come suo solito. I suoi occhi sembravano brillare, mentre elogiava a quel modo una delle cose che preferiva maggiormente. Convinto di essersi preoccupato inutilmente, Toris tornò ad occuparsi dei vestiti, sorridendo ed annuendo col capo.
«Probabilmente», convenne quindi.
«Eppure Bielorussia è una ragazza e tu la guardi spesso..
», sussurrò piano Feliks, quasi parlasse a se stesso piuttosto che all'altro.
«Eh? Hai detto qualcosa?», chiese Lituania alzando appena la testa. Se anche il polacco avesse detto qualcosa, lui aveva appena percepito una specie di soffio.
«No!», rispose semplicemente Polonia, canticchiando un motivetto piuttosto infantile e finendo di ripiegare una camicia color rosa pallido. Però, mentre mostrava indifferenza riguardo alla questione, tornò a domandarsi se non avrebbe avuto un rapporto migliore con Toris nascendo femmina. Magari lui non avrebbe guardato con quello sguardo da triglia lessa Natalia. Si sentiva alquanto stupido ad esserne geloso, le prime volte che l'aveva incontrata ed aveva capito che Lituania aveva una cotta per lei. Poi aveva compreso il motivo del suo nervosismo e gli era salito lo sconforto. La persona che era adesso non poteva andare bene. Non fisicamente. Ne era perfettamente convinto.
«Po, porto io la tua busta in camera tua, tu occupati della cena!», disse l'altro prendendogli la busta dalle mani con naturalezza.
«Agli ordini~», ribatté dunque Feliks, mettendosi sull'attenti e imitando il tono che un subordinato avrebbe rivolto al suo superiore. Toris non pote fare a meno di portarsi una mano alla bocca e ridacchiare, scuotendo poi la testa. Polonia sorrise a sua volta e si diresse in cucina, per poi sbuffare un attimo. Quando avrebbe voluto dirgli apertamente ciò che provava. Sapendo benissimo che era del tutto inutile pensare cose simili, decise quindi di rimboccarsi le maniche, indossare il grembiule e cominciare a cucinare.
La cena trascorse tranquillamente, fra uno scherzetto e l'altro, con Lituania che non sapeva se ridere o fare una lavata di capo a Feliks, pur sapendo che non sarebbe servita a niente. Decise quindi semplicemente di sparecchiare, mentre l'altro stava quasi per addormentarsi a causa dello stomaco pieno. Sospirando rassegnato, lo scosse un pò per convicerlo a dargli una mano ed asciugare i piatti.
Quando ebbero finito era ormai buio, così decisero di andare direttamente a dormire. Si misero lentamente i loro pigiami, entrambi abbastanza spossati dall'intensa giornata, sbirciandosi reciprocamente quasi involontariamente, per poi girarsi nuovamente, un pò imbarazzati. Polonia non riusciva a fare a meno di guardarlo, era più forte di lui. Adesso che Toris sapeva che lui aveva visto la sua schiena e le cicatrici che la ricoprivano, non si nascondeva più di tanto. Si ritraeva solo un pò, come se gli fosse rimasto un tic nervoso addosso, ma non andava a cambiarsi in bagno come aveva preso a fare inizialmente. Così Feliks poteva tranquillamente osservarlo, pensando inevitabilmente che fosse davvero bello, senza ovviamente proferire parola al riguardo.
Anche Lituania era decisamente sollevato dalla situazione che si era andata a creare non appena gli era stato tolto dalle spalle quel peso enorme. Avere segreti con la persona praticamente più importante della sua intera esistenza era sfiancante. Adesso non c'era altro che sincerità fra di loro. Non si vergognava poi tanto con Polonia, in fondo avevano vissuto assieme per circa quattrocento anni. Si sentiva solo un pò sciocco quando, senza farlo apposta, l'occhio gli cadeva spontaneamente sulla pelle chiara e liscia dell'altro. Era leggermente più sottile di lui, una differenza appena percettibile, eppure ogni volta gli appariva così fragile. Più volte aveva sentito l'impulso di stringerlo protettivamente a sé, per evitare che potesse andare in frantumi da un momento all'altro. Ma subito si era ripreso mentalmente, dandosi dell'idiota. Nonostante ciò, era davvero difficile non fissarlo. Toris in parte credeva che Feliks possedesse una specie di aura, qualcosa capace di abbagliare il prossimo. Ogni tanto si sentiva quasi accecato dalla sua presenza e puntualmente ogni volta si ripeteva che erano solo impressioni insensate.
Mentre il lituano si coricava sotto alle lenzuola beige del letto, tirando su anche il piumone color panna, l'altro si stiracchiò sbadigliando con l'aria di chi non ce la fa più a tenere gli occhi aperti.
«Vieni a dormire prima di crollare disteso per terra..», lo rimproverò con gentilezza, il sonno che già ovattava la sua voce ed appannava i suoi occhi.
«Mh, buonanotte Liet!», rispose semplicemente il polacco, accoccolandosi accanto alla schiena dell'amico, avvolto nel tepore soffice che solo la notte e il riscaldamento ti possono concedere. Sentiva il cuore del compagno battere regolarmente, oltre ad udire distintamente i suoi respiri leggeri. Sorrise scioccamente, incredibilmente felice di essere assieme al suo migliore amico.
«Buonanotte Po», concluse con un sussurro l'altro, gli occhi già chiusi.
Nonostante la stanchezza, purtroppo, il biondo non riusciva proprio ad addormentarsi. Sentiva il disperato bisogno di abbracciare chi gli dormiva accanto, ma non come faceva normalmente. Insomma, aveva davvero un disperato bisogno di un miracolo! Però lui non aveva una bacchetta magica, né tantomeno possedeva dei poteri paranormali.. Poi, dandosi dello stupido per non averci pensato subito, si ricordò perfettamente il nome della persona che avrebbe potuto aiutarlo, se abilmente convinta.
Domani devo chiamare il signor Inghilterra, si disse infine, giusto un attimo prima di scivolare definitivamente tra le braccia di Morfeo.

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Capitolo 2
*** Non so dove guardare... ***


Nessuno può capire quanto io mi sia divertita (malissimo, aggiungerei) nello scrivere questo capitolo. Lo so che è stupido, ma ci tenevo a dirlo! Ci sono certe situazioni che mentre le descrivevo.. A volte un pò di sana demenza fa bene, è un rimedio contro la tristezza xD
Non aggiungo altro, buona lettura ^_^/
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02. Non so dove guardare..

La mattina seguente si svegliò ancora prima del solito, trovandosi davanti agli occhi il viso tranquillo di Lituania che dormiva profondamente. Era sollevato dal fatto che almeno stanotte non avesse avuto qualche incubo, a volte capitava che si agitasse nel letto come se stesse lottando contro qualcuno ed ogni volta doveva svegliarlo. Invece stanotte si era riposato, a giudicare dalla scomparsa delle leggere occhiaie grigiastre che si portava dietro da ieri mattina. Sorrise continuando ad osservarlo. Solo quando dormiva non aveva quel suo solito cipiglio preoccupato.
Improvvisamente l'altro emise un leggero sospiro e storse appena il naso, socchiudendo subito dopo gli occhi.
«Buongiorno Po..», borbottò poi, mentre si stiracchiava.
«Buongiorno Liet!», rispose quasi cantilenante Polonia, ricordandosi improvvisamente ciò che aveva pianificato di fare durante la notte. Si alzò quindi di scatto, chiedendosi che ore fossero e pensando a quale sarebbe stato il momento migliore per fare quella chiamata. Nel mentre Toris si era già diretto alla finestra per aprire le tende. Fuori il sole stava facendo
timidamente capolino da dietro le nuvole bianche che la sera precedente avevano sparso neve ovunque. Era davvero una bella giornata.
I due sistemarono il letto parlando di cosa avrebbero potuto mangiare per colazione, pare fossero soltanto le nove del mattino. Feliks ciabattò fino alla cucina di buon umore, così che l'altro non poté fare a meno di venire contagiato dalla sua allegria. Lituania neanche se ne accorse, ma l'altro continuava ad osservarlo di sfuggita per capire quando poter agire lontano dal suo sguardo indagatore. Polonia non voleva che lo sentisse parlare al telefono con Inghilterra, anche solo per il fatto che in parte la sua idea lo riguardava direttamente.
Finito di mangiare e messa in ordine la cucina, i due si andarono a vestire. Quando scesero nuovamente al pian terreno erano ormai le undici. Toris si sedette sul divano e Feliks subito lo imitò, afferrando il telecomando e cominciando a fare zapping fra i vari canali.

«Ehe, non c'è totalmente niente di interessante alla TV~», disse poi sbuffando imbronciato.
«Beh, ma così facendo neanche vedi di cosa parlano i vari programmi.. Come fai a dire che non ci sia davvero niente? Dà qua!», aggiunse l'altro, tendendogli la mano a palmo aperto.
«Okei.», rispose quindi Polonia passandoglielo, pensando subito di poter approfittare del momento. «Intanto che cerchi qualcosa di carino, tipo, io vado un attimo da Tekla a controllare che non abbia totalmente bisogno di me! Torno fra un pò..», aggiunse sbrigativamente alzandosi.
«Oh, d'accordo!», udì l'altro rispondere, mentre si incamminava lentamente verso l'ingresso, aspettando che Lituania si voltasse nuovamente verso lo schermo. Quando finalmente si decise a farlo, Feliks fece scivolare con indifferenza dietro la schiena il cordless e si allontanò il più in fretta possibile. Non appena si fu chiuso la porta alle spalle, tirò un sospirò di sollievo e raggiunse con pochi passi la piccola stalla dietro l'abitazione. Il numero se lo era appuntato mentalmente la mattina stessa, quindi, sedendosi sopra un secchio capovolto, lo digitò frettolosamente e si mise subito il telefono all'orecchio. L'animale si accorse della sua presenza e nitrì tutta soddisfatta, avvicinando il muso al volto del padrone. Polonia accarezzò delicatamente il suo pony e poi le fece segno di non fare troppo rumore, mentre attendeva una risposta dall'altro capo del cordless.
«Buona, buona~», aggiunse sorridendo a Tekla. Fu allora che finalmente l'inglese rispose.
«Pronto?», chiese una voce tranquilla.
«Buongiorno signor Inghilterra! Sono Polonia.», rispose dunque l'altro, cercando di non alzare troppo il tono della voce, per paura che Toris riuscisse a sentirlo nonostante la distanza.
«Polonia? Buongiorno a te! Anche se non capisco il motivo della tua chiamata, francamente..», disse sorpreso Arthur, il quale neanche si immaginava cosa potesse passare per la testa del polacco in quello stesso istante.
«Heh, sì, in effetti non è niente che riguarda il lavoro.», rise nervosamente un pò incerto sul da farsi. «Volevo chiederle tipo una cosa! Mi spiace se tipo la disturbo, se vuole posso totalmente richiamarla più tardi..», aggiunse sperando in una risposta negativa, visto l'impellenza della questione.
«Ah, no, non disturbi affatto! Non stavo facendo niente di particolare e se non riguarda il lavoro, dato che oggi è un giorno libero, non ci sono davvero problemi. Dimmi pure..», disse quindi Arthur, ora palesemente curioso.
«Bene~», rispose allegro Feliks. «Andrò direttamente al sodo. Lei può farei i miracoli, giusto?», chiese senza tanti giri di parole all'altro.
La conversazione durò per una buona mezz'oretta e quando fu conclusa, Polonia cambiò frettolosamente l'acqua al suo pony, le diede un buffetto e poi tornò quasi di corsa dentro. Doveva fare in fretta, aveva un aereo da prendere. Ma certo non poteva aspettarsi che Lituania fosse rimasto tranquillamente ad attenderlo
per tutto quel tempo. Infatti, come previsto, l'altro si girò preoccupato verso di lui non appena mise piede in salotto. Lo scrutava così intensamente che Feliks non sapeva come fare a rimettere il telefono al suo posto, così si bloccò in piedi contro il muro con aria decisamente un pò sospetta.
«Eccoti! Quanto ci hai messo? Stavo per venire a cercarti..», cominciò quindi Toris spegnendo il televisore. Polonia continuava a pensare come potesse fare, prestando a malapena ascolto a ciò che l'altro gli diceva. Poi, improvvisamente, ebbe un'idea. Forse era stupida, ma non gli venne in mente nient'altro. Così agì.
«BAM!», urlò insensatamente puntando il dito contro il muro opposto. Lituania quasi schizzò per aria dallo spavento, girandosi di scatto verso il punto indicato dall'altro e facendo qualche passo indietro. Senza perdere tempo, Feliks rimise al suo posto il cordless e corse sù per le scale che conducevano al primo piano. Preso ciò che gli serviva, tornò senza esitazione nell'ingresso e si accinse ad indossare il giubbotto e la sciarpa.
«Po? Perché diavolo hai urlato?! Mi hai fatto prendere un'accidente!», disse ancora in preda al panico Toris, raggiungendolo. «E adesso dove stai andando??», chiese a quel punto vedendolo già perfettamente vestito, il dubbio e l'ansia stampati in faccia.
«Ehm, Liet, ti spiego tutto quando torno. Fai tipo come se fossi totalmente a casa tua, io sarò di ritorno al massimo verso sera.», rispose in fretta e furia Polonia, uscendo di casa e lasciando il lituano immerso in un mare di domande senza risposta. Poi ci ripensò, aprì nuovamente la porta tanto quanto bastava per far passare la testa e fissò Lituania dritto negli occhi con sguardo deciso. «E non farti tipo venire il mal di stomaco dalla preoccupazione!», aggiunse sbuffando, per poi dirigersi seriamente verso l'aeroporto.
L'aereo non ci mise molto, ma era così agitato che gli sembrò di aspettare un'eternità. Avrebbe finalmente visto il suo desiderio realizzarsi, quasi non ci poteva credere. Non stava davvero più nella pelle, motivo per cui, quando finalmente raggiunse l'abitazione di Inghilterra, dovette trattenersi dall'abbracciare quest'ultimo non appena gli aprì la porta. Arthur lo fece accomodare e gli chiese di seguirlo giù in cantina, perché era là che teneva tutto l'occorrente per i suoi incantesimi. Tante volte aveva sentito gli altri parlare della magia oscura praticata dall'inglese. Inizialmente aveva creduto che fossero solamente dei pettegolezzi, poi, chiedendo informazioni al riguardo a Toris, aveva scoperto che lui stesso ne era stato accidentalmente vittima più volte, durante gli anni di servizio in casa di America. A quel punto si chiese se anche le voci sul fatto che fosse in grado di vedere le creature magiche di ogni nazione fossero vere, ma, trattenendo la curiosità, non osò farne parola col diretto interessato.
Giunserò in fondo alle scale ed Inghilterra si affrettò ad accendere la luce, perché erano immersi nella completa oscurità. Fu a quel punto che Feliks notò con sorpresa tutti gli strani oggetti che riempivano il tavolo e gli scaffali, alcuni dei quali sembravano ampolle o provette, oltre alla grande quantità di libri piuttosto vecchi sopra cui erano incise frasi in lingue a lui sconosciute. C'erano anche diverse candele colorate, poste sopra a dei piedistalli di ferro. Abbassando lo sguardo, vide chiaramente dei cerchi tracciati sul pavimento con del gesso bianco e si chiese sempre più curioso se Arthur avrebbe tirato fuori un mantello nero, come gli stregoni che aveva visto nei telefilm o nei film fantasy.

«Ooh~ Lei deve essere proprio un mago potente!», esclamò sinceramente ammirato, pur non intendendosene affatto.
«Questo non è niente.», rispose fieramente Inghilterra, sentendosi onorato sia per la richiesta d'aiuto che per il complimento appena ricevuto, pur sapendo quante volte avesse commesso errori nell'eseguire le sue pratiche oscure. «Bene, adesso dovresti posizionarti al centro del cerchio magico.. Ho preparato tutto quanto prima che tu arrivassi!», aggiunse poi prendendo in mano una bacchetta magica alla cui estremità si trovava una stellina color giallo acceso. Polonia lo vide compiere un paio di passi alquanto complicati, poi una luce piuttosto intensa lo accecò per qualche secondo, lasciando subito dopo spazio ad una sottile nebbiolina. Quando questa si fu dispersa nell'aria e poi fuori dalle piccole finestre della stanza, fissò ad occhi sbarrati l'inglese che gli si parava nuovamente davanti, stavolta con indosso una tunica corta e scollata color panna, due ali mediamente grandi sulla schiena ed una luminosissima aureola sul capo.
«Oh..», disse in un bisbiglio, incapace di aggiungere altro, la stessa espressione sul volto.
«Non fare commenti riguardo il mio abbigliamento, so che voi altri lo trovate assurdo ed inaccettabile, non c'è bisogno che tu me lo ripeta!», si affrettò quindi a dire Arthur, fraintendendo completamente l'espressione del polacco. «Ora procederò con la formula magica, tu non ti muover- AH?!», aggiunse poco prima di essere interrotto da Feliks, il quale si era improvvisamente avvicinato e osservava con sguardo brillante il suo abbigliamento.
«Signor Inghilterra, non sapevo che anche a lei tipo piacessero questo genere di cose! Quest'abito è totalmente fantastico, lo ha cucito lei?», chiese poi con foga, animato da sincera emozione e visibilmente ormai troppo curioso per starsene zitto. L'altro rimase tanto sorpreso e assieme sconvolto da una reazione così insolita, da non sapere cosa dire. Poi si riscosse e, con l'orgoglio pompato da troppi apprezzamenti in un giorno solo, anche se leggermente imbarazzato, ringraziò di tutto cuore il polacco.
«B-beh, ti ringrazio, quasi nessuno apprezza quest'abito.. Comunque sì, l'ho realizzato a mano. E' il massimo per dare forma ai miei incantesimi, si adatta perfettamente alla loro magia! C-comunque, se vogliamo finire entro oggi sarebbe il caso che tornassi al tuo posto.», aggiunse poi tossicchiando e cercando di non lasciarsi trascinare troppo dalle sue parole, in parte chiedendosi quanto potesse effettivamente essere positivo ricevere simili complimenti da una personalità eccentrica quanto quella di Polonia. Quest'ultimo, del resto, si vestiva da ragazza. Per giunta, quel che gli aveva chiesto era proprio di diventare donna.
«Ah, sì, mi scusi. Mi sono tipo lasciato trascinare! Continui pure..», rispose improvvisamente serio Feliks, tornando alla sua postazione. L'altro poté quindi riprendere.
Nel tardo pomeriggio, finalmente, l'incantesimo ebbe i risultati sperati. Ringraziando più volte l'inglese, Polonia lasciò quindi l'abitazione di quest'ultimo per correre a prendere un aereo e tornarsene a casa. Aveva lasciato Toris abbandonato a sé stesso per troppo tempo. Sicuramente si era scervellato inutilmente durante tutta la sua assenza, conoscendolo. Quando finalmente scese a Varsavia, infilò dentro al primo taxi disponibile e disse al tassista di fare in fretta. Una leggera ansia lo stava lentamente assalendo.
Rimase quasi un quarto d'ora fuori, davanti alla porta, senza sapere come affrontare Lituania. Poi decise di buttarsi come suo solito ed entrò dentro abbastanza rumorosamente. Non disse niente e nessuno gli venne incontro. Posò quindi lo zaino sotto all'appendiabiti, riponendo anche giaccone e sciarpa, per poi dirigersi quasi in punta di piedi verso il salotto. Non c'era traccia del lituano, così entrò, dandosi subito dopo dello stupido per il suo comportamento da vigliacco.

«Po?», chiese dubbioso Toris, uscendo dalla cucina. Feliks si voltò di scatto, restando paralizzato sul posto, incapace anche solo di fiatare. L'altro continuò a fissarlo per un minuto buono, per poi sospirare, non si sa se per sollievo o esasperazione, dato l'abbigliamento del polacco. «Si può sapere dove sei stato? Ma, cosa ancora più importante, perché ti sei cambiato d'abito?», continuò, grattandosi incerto la testa, un sopracciglio alzato. Sembrava non essersi accorto di niente, quindi avanzò lentamente e tranquillamente verso Polonia, il quale si stava nervosamente strofinando le mani. Improvvisamente, però, parve notare qualcosa, perché si arrestò bruscamente. «Perché diavolo indossi un reggiseno imbottito?!», esclamò quasi urlando, fissandogli improvvisamente il petto, sul quale normalmente, anche quando indossava abiti da donna, non vi era effettivamente niente. L'altro quasi sobbalzò, rispondendo incerto allo sguardo e stringendosi nelle spalle. Così facendo, si rese ancora più minuto di quanto non fosse diventato a causa del cambio di genere. Tanto basto a far notare del tutto l'assottigliamento della sua figura, nonostante già i suoi capelli fossero qualcosa di insolito, visto che adesso erano lunghi fino al fondo schiena. Lituania, spalancando la bocca, senza curarsi di darlo a vedere per il pesante shock, cominciò ad arretrare. Non vedendo dove andasse, urtò con un piede il divano e vi si ribaltò sopra, stendendovisi supino. Il colpo sembrò fargli riguadagnare lucidità, poiché si sedette ed urlò, «Po, perché sei una donna?!».
Feliks, che già stava cercando di trattenersi dal ridere in faccia all'altro dopo la sua comica caduta, vedendo il suo sguardo mezzo allucinato non riuscì a reggere oltre e scoppiò in una fragorosa risata. Ciò che non si aspettava, però, era il suono quasi melodioso della sua vocina da ragazza. Sorpreso, s'interruppe e fissò davanti a sé per qualche secondo. Poi, sorridendo del fatto che Toris stesse letteralmente sbattendo gli occhi dallo stupore, prese coraggio e rispose.

«Ebbene, sono andato dal signor Inghilterra. Chi altri potrebbe fare questo? E' davvero divertente!», disse semplicemente con l'aria di chi ha appena scartato i regali di Natale, facendo una piroetta sù se stesso tutto sorridente.

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Capitolo 3
*** Gelosia portami via ***


Se non si fosse capito, le scritte in corsivo sono i pensieri diretti del personaggio. Spero vi piaccia, io mi sto divertendo da matti a scrivere! Lituania presto mi odierà a morte.. O forse no, visto che la situazione in parte gli piace :P
Mi scuso per il capitolo chilometrico, ma ero in vena di descrizioni un po' troppo minuziose.
Buona lettura ^_^b
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03. Gelosia portami via

Lituania era rimasto per circa quindici minuti completamente immobile sul divano, mezzo disteso, con lo sguardo fisso su Polonia. Non riusciva davvero a credere a ciò che si trovava davanti. L'altro era diventato una donna. Il suo corpo era sottile, aggrazziato e i suoi lunghi capelli biondi ondeggiavano ad ogni singolo movimento. Nonostante non fosse poi così diverso dal solito, di fatto lo era. E questo aveva lasciato il lituano assai sconvolto. Anzi, era totalmente incapace di dire qualcosa.
Al contrario, l'altro continuava a specchiarsi nel vetro di una finestra, un adorabile sorriso stampato in volto, mentre spiegava a Toris quanto doveva. Feliks sembrava davvero essere felice, finalmente poteva indossare abiti femminili senza che nessuno avesse niente da ridire. Evidentemente gli importava eccome di ciò che ne pensavano gli altri. O sarebbe meglio dire che aveva a cuore le attenzioni di una certa persona.
In ogni caso, doveva essere completamente a suo agio, vista la sua espressione sicura di sé.

«Quindi, come vedi, ero solo tipo totalmente corso a prendere il treno per andare in Inghilterra!», concluse quindi con quella vocina dolce e zuccherosa Polonia. Vedendo che non otteneva risposta, spostò tutta la sua attenzione su Lituania, un pò preoccupato da quell'improvviso silenzio. «Liet?», chiese quindi.
«Eh?», esclamò l'altro distrattamente, riprendendo poi piena coscienza di sé nel momento in cui si rese conto del significato di ciò che Feliks aveva appena detto. Era sotto l'effetto di uno degli incantesimi di Arthur, quella era semplicemente magia.
Un groppo in gola quasi strozzò Toris, che si mise a tossire. Sentì il suo stomaco contorcersi nuovamente, mentre l'ansia cresceva. «Polonia, la magia di Inghilterra non è affatto affidabile! Perché hai fatto una sciocchezza simile? Non ti ricordi ciò che ti ho raccontato riguardo ai suoi incantesimi??», sbottò a quel punto in preda al panico, alzandosi finalmente in piedi e abbandonando il divano.
Raggiunse l'altro e lo scrollò per le spalle quasi instintivamente, per poi bloccarsi improvvisamente al tocco di quelle spalle così piccole.
«Non dire così, dai! Ammetto che inizialmente ha tipo totalmente sbagliato un paio di volte.. Prima mi sono tipo ritrovato vestito da cameriera, l'abito era totalmente adorabile, ma non era ciò che volevo. Poi mi sono tipo sbucate due orecchie e una coda da gatto color grigio, e dopo ancora avevo dei capelli rosa shocking, dovevi totalmente vedere, erano buffissimi Liet~», disse Feliks entusiasta, ripensando alle risate che si era fatto ogni volta che Arthur aveva sbagliato incantesimo.
Ma mentre lui la prendeva alla leggera, il volto di Lituania era completamente sbiancato. Sembrava stesse per svenire, quando con voce flebile si decise a chiedere ciò che più gli premeva.
«E quando andrà via? Anzi, qual'è il modo per sciogliere questa magia?», prorubbe quindi.
«Fra un po'», rispose l'altro con tono vago, quasi non sapesse neanche lui di cosa stesse parlando.
«Po, seriamente..», insistette Toris tornando a scrollarlo, stavolta con più delicatezza.
«Beh, si annullerà quando avrò tipo fatto una cosa. E' totalmente un segreto però!», disse Polonia ridacchiando e portandosi l'indice sulle labbra, come a voler fare silenzio. L'altro, capendo che non c'era alcun verso di cavare il ragno fuori dal buco, sospirò rassegnato. «Non essere tipo così preoccupato, Liet.. Guarda che sto benissimo», aggiunse quindi Feliks, vedendo l'espressione ansiosa dell'altro. Detto ciò, gli prese il viso fra le mani e lo guardò dritto negli occhi, sorridendo. «Capito?», chiese fissandolo con decisione.
«Sì, ho capito!», rispose istantantaneamente e quasi urlando Lituania, arrossendo violentemente. Quella vicinanza adesso risultava eccessiva, soprattutto a causa del viso dell'altro, tanto tondo e paffuto da ricordare quello di una bambola di porcellana. Era il suo migliore amico, ma stava provocando in lui delle sensazioni alquanto strane e scomode.
Così si allontanò, dirigendosi fin troppo rapidamente verso la cucina, ricordandosi che nessuno dei due aveva mangiato e scacciando almeno temporaneamente i pensieri. «A proposito, non abbiamo ancora mangiato.. Sono già le nove di sera», aggiunse quindi sbrigativamente, indossando il grembiule color rosa acceso di Polonia e mettendosi ai fornelli.
«Oh, hai perfettamente ragione~», disse semplicisticamente l'altro, andando ad accostarsi contro lo stipite della porta e continuando ad osservare compiaciuto Toris. Quella reazione era esattamente ciò che voleva, quindi non poteva che riderne sotto ai baffi. «Vuoi tipo una mano?», chiese quindi nel modo più innocente possibile, più che tentato di stuzzicarlo ulteriormente per vederne le espressioni.
«Tu intanto apparecchia!», rispose Lituania, lo sguardo fisso sulla padella, così concentrato da far quasi paura.
«Okaaay», esclamò sbuffando l'altro, deluso da quel distacco improvviso. Senza aggiungere altro fece quanto chiesto.
Quando la cena fu pronta, si sedette a tavola assieme a Toris e cenarono nel silenzio più assoluto.
Feliks neanche si era accorto, troppo preso dalla sua personale delusione, che l'altro lo aveva squadrato più volte di sfuggita mentre sistemava tovaglia, piatti, posate e bicchieri. Forse era colpa della camicetta bianca, o forse della gonna lunga fino alle ginocchia piena di fiorellini colorati, fatto sta che era troppo carina. Sarebbe stato inutile negarlo, nonostante anche solo il pensiero, in aggiunta all'uso del femminile, avesse quasi fatto cadere di mano la padella a Lituania. A quanto pare il suo tentativo di comportarsi come al solito aveva dato i frutti sperati.
Neanche quando furono a due centimetri di distanza, mentre lavavano e asciugavano i cocci, l'altro sospettò nulla.
A quel punto, però, fu un altro problema a minare alla base i buoni propositi del povero Toris. Ovvero il fatto che avrebbero dovuto dormire assieme, nello stesso letto. Quel pensiero fu come un fulmine a ciel sereno. Non se la sentiva seriamente di passare la notte insonne, visto che il giorno dopo avevano una riunione a cui non poteva assolutamente mancare.
«Okay, io dormo sul divano. Tu vai pure a dormire in camera tua!», annunciò quindi perentorio, dirigendosi verso l'armadio dove Feliks teneva i ricambi per il letto. Ormai conosceva quella casa come le sue tasche.
«Ehe?!», esclamò l'altro con aria seccata. «Ma dai, Liet, ti dà tipo così tanto fastidio il mio corpo?», disse quindi portando le mani strette a pugno ai fianchi e sbuffando.
«Non si tratta di questo.. E' una questione di principio. Non posso dormire con una ragazza», rispose Lituania con un tono che non ammetteva obiezioni. Polonia quindi gli tolse cuscino e coperta di mano.
«Allora, visto che sei tipo totalmente l'ospite, dormirai tu nel letto ed io me ne starò sul divano!», replicò squadrandolo con un'occhiataccia, visibilmente seccato da quell'improvvisa e insensata dimostrazione di pudore.
L'altro, che come al solito pensava più agli altri che a se stesso, senza contare il suo eccessivo attaccamento alle buone maniere, riprese prontamente quanto gli era stato tolto e si mise a sistemare il divano. Nonostante fossero amici da ormai tantissimi anni, Toris non era esattamente in grado di lasciarsi andare. Sembrava non rientrare nel suo carattere. Se poi si trattava di Feliks, nonostante non sopportasse il suo spiccato egoismo, era lui stesso il primo ad incoraggiare quel lato del suo carattere, quasi involontariamente.
«Non ce n'è assolutamente bisogno, fila a dormire..», disse mentre si affaccendava. «Buonanotte Po», aggiunse poi irremovibile, come a far intendere all'altro che non avrebbe cambiato idea neanche se l'avesse supplicato in ginocchio.
Polonia incrociò le braccia al petto sbuffando ancora più rumorosamente, visto che l'idea di dormire da solo non gli piaceva affatto. Oltretutto, non vedeva l'ora di vedere l'espressione di Lituania dinanzi alla sua camicia da notte lillà. Aveva fantasticato mentalmente al riguardo per tutta la sera, così adesso era come se gli fosse andato in frantumi uno specchio mentale.
A quel punto, ebbe un'idea. Giusto per prendersi una piccola soddisfazione dopo tutta quella delusione.
«Buonanotte Liet~», esclamò quindi avvicinandosi all'altro con un sorrisetto che non prometteva niente di buono, per poi alzarsi in punta di piedi e dargli un bacio sulla guancia. A causa del cambio di genere si era anche abbassato di qualche centimentro, come se non fosse già troppo basso di suo.
In ogni caso, la reazione di Toris fu alquanto scontata, dato che sobbalzo dalla sorpresa con le guance imporporate.
Ridacchiando, Feliks se ne andò finalmente al piano di sopra, lasciando l'altro ancora in preda al batticuore.
La mattina seguente, Lituania fu svegliato dal solletico che i lunghi capelli dell'altro gli provocavano sul viso. Quando realizzò di avere Polonia chino sopra di lui, puntò insistentemente il suo sguardo contro il tessuto verde del suo letto improvvisato e rispose al buongiorno cercando di non mostrare alcun segno di nervosismo.
Fecero colazione, si prepararono di tutto punto e presero l'aereo.
Quel giorno la conferenza si teneva in Italia, ma ciò non preoccupò più di tanto Toris, il quale era invece alle prese con l'immagine di Feliks con addosso quella maledettissima camicia da notte troppo corta da cui non era quasi riuscito a staccare gli occhi di dosso per tutto il tempo. Si sentiva un depravato. Sperò che quella situazione non fosse destinata a durare troppo a lungo, altrimenti temeva per la sua salute mentale.
Scosse per l'ennesiva volta la testa, scacciando quei pensieri.
Polonia osservava le nuvole fuori dal finestrino canticchiando, tranquillo e allegro come sempre. Aveva notato le occhiate di Lituania, quindi era soddisfatto. Sapeva di star quasi torturando l'altro, ma era così divertente notare quegli sguardi imbarazzati. Era sicuro che il suo piano stesse funzionando.
Quel giorno aveva scelto di farsi due trecce legate con dei fiocchi arancioni, perfettamente coordinati con la maglietta dello stesso colore che indossava sotto alla giacca rosso scuro. Si sentiva talmente a suo agio che avrebbe corso per il mondo urlando dalla gioia.
Quando finalmente atterrarono all'aereoporto di Roma, presero un taxi e raggiunsero perfettamente in orario il palazzo in cui si sarebbe tenuta la riunione. Questa volta il traffico non era stato poi così critico.
Giunti al corridoio che conduceva al salone, dove gran parte delle nazioni si salutavano o chiaccheravano del più e del meno, Toris si bloccò.
«Io vado un attimo al bagno, tu intanto prendi i posti..», disse con aria dolorante, tenendosi lo stomaco.
«Okay. Ti ha tipo dato noia l'aereo, Liet?», chiese preoccupato Feliks.
«Sì, diciamo di sì. Torno subito!», consluse l'altro correndo in direzione della toilette.
Polonia rimase un istante a guardare il punto in cui era scomparso, sentendosi un po' in colpa, temendo di aver fatto salire l'ansia a Lituania comportandosi tanto stranamente.
Poi però si affrettò a raggiungere la sala, senza curarsi affatto degli sguardi sorpresi di molte nazioni al suo passaggio. Non si era minimamente preoccupato delle reazioni altrui, né tanto meno gli importava in quel momento.
Salutò con naturalezza Estonia e Lettonia, i quali lo fissarono ad occhi spalancati, il primo sistemandosi meglio gli occhiali, il secondo stringendo un pacco di fogli al petto.
Stava quasi per varcare la soglia della porta, quando una voce familiare lo fece arrestare.
«Ve~ Buongiorno signorina, non penso di averla mai vista qua! Di una ragazza carina come lei mi sarei sicuramente ricordato», gli disse con fare suadente Veneziano avvicinandosi a lui, lo sguardo che non aveva niente a che fare con la solita espressione addormentata e un pò sciocca dell'italiano. Feliks sapeva che gli italiani avevano una grande fama da corteggiatori, ma certo non si sarebbe mai aspettato di attirare l'attenzione del suo amico. Nonostante si rendesse conto dell'assurdità della situazione, non riuscì comunque ad evitarsi di arrossire un pò, sinceramente grato per quell'impeccabile complimento.
«Ma non dica tipo sciocchezze, suvvia!», rispose quindi sventolando la mano destra davanti a sé.
«Non sto scherzando, lei è davvero graziosa», ribatté Feliciano con sguardo accattivante, prendendogli con delicatezza la mano e baciandogli appena il dorso. «Posso avere l'onore di sapere come si chiama?», chiese poi con gentilezza.
«Io, veramente, ecco..», abbozzò Polonia ancora più imbarazzato da tali carinerie, non sapendo cosa rispondergli. Non ebbe neanche il tempo sufficiente ad inventarsi un nome falso, dato che improvvisamente udì alle sue spalle un pesante rumore di passi.
Mentre il sorriso di Veneziano scemava rapidamente dalle sue labbra, il viso sempre più pallido, Feliks si girò confuso per vedere cosa l'altro avesse visto. Sembrava terrorizzato. E capì all'istante il motivo. Toris li stava raggiungendo con uno sguardo assassino in volto, le mani strette a pugno e tremanti. Una parte di Polonia avrebbe preferito trovarsi davanti Russia, tanto era spaventato.
Quando li raggiunse, entrambi si immobilizzarono sul posto, temendo di essere picchiati. Ma l'unica cosa che fece Lituania, fu pararsi davanti a Feliks e guardare truce l'italiano, il quale intanto si era fatto piccolo piccolo e quasi piagnucolava dalla paura.
«Provaci ancora una volta con lei e non mi prendo la responsabilità delle mie azioni», disse freddamente.
«Vee~ Mi scusi signor Lituania! Non lo farò più, glielo giuro!!», urlò istericamente Feliciano, correndo via in direzione del fratello maggiore.
Nell'esatto momento in cui questi si dileguava, Toris lasciò cadere stancamente le spalle, tirando un sospiro di sollievo e smettendo di tremare. Poi si voltò finalmente verso Polonia, lo sguardo preoccupato di sempre accompagnato da un cipiglio leggermente arrabbiato.
«E tu perché ci stai anche?», chiese con tono stizzito al polacco, il quale continuava a fissarlo ad occhi aperti senza spiccicare parola.
Lituania geloso? Per quanto ci avesse sperato, a primo impatto sembrava fin troppo irreale.

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Capitolo 4
*** Cosa hai fatto ai capelli? ***


04 - Cosa hai fatto ai capelli?

Feliks sembrava aver perso completamente la facoltà di muoversi, oltre che la capacità di parlare, dato che continuava a starsene fermo sul posto, le braccia ciondolanti lungo i fianchi e due occhi quasi del tutto sgranati dalla sorpresa. Questa sua reazione metteva non poco a disagio Toris, il quale si stava ormai chiedendo da svariati minuti quando esattamente il polacco sarebbe scoppiato a ridergli in faccia: vedendo poi che questa sua replica usuale tardava ad arrivare, cominciò a preoccuparsi.
Insomma, si era appena comportato da classica ragazzina isterica e gelosa di una qualche pessima Soap Opera, mettendosi terribilmente in ridicolo; non era assolutamente normale che l'altro non se ne approfittasse per trarne divertimento, sostenendo per l'ennesima volta quanto il volto di Lituania fosse "buffo".
Distolse lo sguardo dal viso di Polonia, le guance un po' imporporate per l'imbarazzo, fissando la porta alla sua destra che si apriva sull'ampia sala in cui si sarebbe tenuta la discussione di lì a poco, notando solo allora che si stavano accomodando tutti a sedere intorno al tavolo.
Decise così che quello strano silenzio si era ormai proteso troppo a lungo e, onde evitare di dover fronteggiare la spaventosa quantità di domande che stava cominciando a propinargli la sua mente riguardo a quanto appena successo, si costrinse a prendere la parola.
«Ehm, senti Po, non sarebbe il caso di andare a prendere posto?», chiese quindi con un filo di voce.
«Mmm? Ah! Sì, tipo, hai perfettamente ragione
~», esclamò improvvisamente il ragazzo, sobbalzando e scuotendo subito dopo il capo, in modo tale da tornare lucido e ben presente. Non era proprio il momento adatto per assentarsi dalla realtà.
Si affrettarono dunque ad entrare, realizzando con disappunto che erano arrivati troppo tardi e che non erano rimaste neanche due sedie vicine libere. Avrebbero dovuto sedere distanti, circostanza più unica che rara per le due nazioni, così abituate a stare quasi quotidianamente assieme.
Se il lituano aveva inizialmente cercato di trovare una qualche soluzione però, sospirando rassegnato non appena si era reso conto di quanto sarebbe apparso stupido chiedere a qualcuno di spostarsi, l'altro non si era neanche posto il problema. Non tanto per cattiveria, quanto per il puro e semplice desiderio di sfruttare l'occasione a suo vantaggio! Le azioni del compagno stavano diventando sempre più imprevedibili, sempre più curiose.. Per quanto da un lato sapesse di stare in qualche modo facendo un torto all'amico, non riusciva davvero a darsi un contegno. Cos'altro si poteva celare dietro al suo sorriso rassicurante?
Si era così attaccato al braccio sinistro di Toris, costringendolo ad abbassarsi ed avendo in tal modo la possibilità di farsi sentire senza dover obbligatoriamente alzare troppo la voce. Doveva mettere in atto la sua piccola strategia, mancava ormai pochissimo all'inizio della conferenza.
«Senti, Liet, tipo, io vado totalmente a sedere accanto a Feliciano, almeno chiarisco il malinteso.. Tu, tipo, raggiungi totalmente i tuoi fratelli. Guarda, là, tipo, accanto a Lettonia ed Estonia! Ci ritroviamo totalmente qua fuori a fine riunione~», sussurrò Feliks all'orecchio del ragazzo, sorridendogli tranquillo giusto un attimo prima di correre via. Lituania avrebbe voluto controbattere od opporsi, ma non ne ebbe minimamente il tempo.
Dovette quindi accettare la decisione presa da Polonia senza fiatare, una sensazione abbastanza sgradevole che gli circolava in corpo, mentre raggiungeva in fretta e furia la sua postazione, salutando con un cenno della mano i due baltici.
Non appena si fu seduto si accorse di avere precisamente davanti niente di meno che il polacco, il quale lo salutò sventolando appena la mano da sopra il tavolo, l'aria spensierata di chi sta magnificamente e non ha nessun problema al mondo, per poi tornare a chiacchierare e ridacchiare assieme a Veneziano. La cosa non era affatto casuale, ma il lituano questo non lo sapeva. Ciò nonostante, era comunque soddisfatto al pensiero di poterlo tenere sott'occhio, per quanto la visione riuscisse comunque ad irritarlo.
Prendeva appunti, ascoltava quanto veniva detto dai vari relatori, ma non mancava un solo istante in cui non osservasse l'altro. Inutile dire che l'amico se n'era perfettamente accorto, poiché di tanto in tanto ricambiava le occhiate dell'altro, sventolando con apparente nonchalance le lunghe trecce bionde, un sorrisetto compiaciuto sulle labbra. Tutta quell'attenzione non gli dispiaceva affatto.
Quando poi la discussione fu terminata, Feliks si alzò in piedi, raccogliendo i fogli che gli erano stati dati e avviandosi all'uscita. Fu prontamente affiancato da Toris, il quale non disse niente, ma si limitò semplicemente a camminare. Subito dietro di loro c'erano Raivis ed Eduard, che continuavano a fissarsi a metà fra il preoccupato e il confuso, bisbigliando di tanto in tanto tra di loro, entrambi sorpresi dall'insolito silenzio che aleggiava fra i due compagni. Qualcosa stava cambiando. O magari erano semplicemente a corto di argomenti. Insomma, poteva succedere a chiunque.
In ogni caso, visto che per quel giorno avevano finito con il lavoro, ognuno tornò rispettivamente alla propria casa.
Arrivato finalmente a destinazione, Polonia si lasciò andare di peso sul divano, affondando la testa in un cuscino: aveva trascorso tutto il tragitto fatto assieme a Lituania con addosso il fortissimo impulso di stringergli la mano, cercando con tutti i mezzi possibili di trattenersi ed era stata press'a poco una tortura. Sapeva che sarebbe stato visto come sospetto e non riusciva a decidere se fosse il caso di venire del tutto allo scoperto, mettendo così in gioco quei sentimenti repressi che negli ultimi mesi lo avevano messo a dura prova; inoltre, era perfettamente cosciente del fatto che l'unico inconveniente poteva non essere solamente il suo genere. Era così spaventato all'idea di non essere ricambiato che preferiva restare nel dubbio, per quanto fosse una condizione snervante.
In realtà, una minuscola parte di lui neanche credeva alla possibilità di un cambiamento nella loro situazione attuale, per quanto nel complesso continuasse a sperarci quasi ciecamente. Forse perché temeva che i segnali che cercava di mandare all'altro non arrivassero affatto al destinatario.
Ciò fu in parte smentito dalle chiamate che il polacco ricevette nei giorni successivi da parte dell'amico, le quali cominciarono ad arrivare ad orari regolari e sembravano mirate unicamente ad accertarsi che stesse bene. Normalmente era più facile che fosse il primo ad usufruire in maniera eccessiva del telefono ai danni del lituano, anche per la più piccola sciocchezza, ad orari del tutto inappropriati, motivo per cui il ragazzo ne rimase completamente spiazzato, almeno in principio.
Due settimane dopo, alla terza volta che alzava la cornetta in un giorno, non dette neanche il tempo all'altro di dire "pronto".
«Tipo, sto totalmente bene! Non mi stanno derubando, non ho dato fuoco alla cucina e certamente non morirò di fame o sete!», disse tutto d'un fiato, quasi cantilenando, mentre si sforzava di trattenere eventuali risate.

«Sul serio, Liet, sei, tipo, diventato totalmente uno stalker? Essere donna non mi rende non autosufficiente», aggiunse infine, impedendo nuovamente all'altro di aprire bocca, mentre arricciava distrattamente il filo dell'apparecchio intorno all'indice destro. Era dannatamente adorabile che si preoccupasse a quel modo per lui, ma al contempo questo lo esasperava. Un po' perché a lungo andare diventava noioso, un po' perché l'idea che questa strana evoluzione potesse dipendere esclusivamente dal suo aspetto fisico lo turbava.
«Eh? Ah! No.. Io.. ero solo preccupato, ecco», rispose una voce titubante e balbettante dall'altro capo del telefono. «Lo sai bene cosa provoca l'ansia al mio stomaco», sentì poi bisbigliare, non si sa bene rivolto a chi.
«E allora, tipo, smettila totalmente di preoccuparti~», esclamò prontamente.
«Lo sai che non lo faccio apposta!», tentò di giustificarsi l’altro, la voce vagamente lagnosa e supplicante, captando l’ovvietà di quelle parole e, nonostante ciò, conscio di non essere in grado di controllarsi.
«Però lo fai~», concluse spicciolo il biondo.
A quelle parole Toris ammutolì, borbottando qualcosa d'incomprensibile. Poi aggiunse una flebile richiesta di scusa, appena percettibile. Se c'era una cosa che però Feliks non sopportava era che l'altro dovesse discolparsi quotidianamente per cose delle quali non aveva un'effettiva colpa, senza mai fare concretamente qualcosa per cambiare quei lati del suo carattere che danneggiavano solamente lui. Del resto, non aveva il diritto di fargli la predica, visto e considerato che era il primo a non ascoltarlo quasi mai, quindi si limitò a tacere.
«Uhm, senti Liet..», chiese poi dal nulla Polonia, interrompendo quella pausa di silenzio che era caduta fra i due.
«Dimmi!», esclamò Lituania, quasi di scatto.
«Domenica sei libero? Per accompagnarmi, tipo, a fare shopping a Varsavia, ovviamente. Sai, è totalmente noioso da soli!», ribatté un po' impacciato l'altro, mentre arrossiva fino alla punta delle orecchie. Meno male che non poteva vederlo in quell'istante.
«Oh, aspetta che controllo..», rispose in un sussurro l'altro, mentre in sottofondo si sentiva distintamente un fruscio di fogli. Con ogni probabilità stava sfogliando l'agenda per controllare di non avere eventuali impegni.
«Okay, sono libero! Dimmi il programma.», aggiunse infine.
Fu deciso che si sarebbero ritrovati a casa del polacco, per poi trascorrere il resto della giornata a giro per la capitale. Era ancora inverno, quindi avrebbero dovuto coprirsi per bene onde evitare di beccarsi un malanno! Si sa che da quelle parti il clima è estremamente rigido.. Però, a detta del telegiornale, quel giorno non sarebbe dovuto nevicare o piovere in alcun modo. Questo rassicurò in qualche modo anche il lituano, il quale non ci teneva ad inzupparsi come durante la loro ultima uscita.
Ora che quest'ultimo ci faceva caso, oltretutto, era stato a seguito di quell'occasione che l'altro aveva deciso di cambiare. Dai discorsi che aveva fatto allora, effettivamente si percepiva che qualcosa non andava. Si diede dello stupido per non averlo capito immediatamente, ma non è mai facile comprendere una persona tanto variabile e lunatica quanto il compagno. O avrebbe dovuto cominciare a chiamarla "amica"? Che poi, per  quanto sarebbe andata avanti questa stravagante magia?
Fu solamente quando arrivò il giorno in questione che un dubbio attanagliò dolorosamente lo stomaco di Toris, facendolo boccheggiare per un minuto buono davanti al vetro dello specchio, gli occhi spalancati e la mascella cadente.

Manco dovessi andare ad un appuntamento con una ragazza, si era rimproverato mentalmente con rabbia. Era un pensiero sciocco, eppure, nel momento in cui si era ritrovato ad andare avanti e indietro davanti all'armadio, terribilmente indeciso su cosa indossare, gli era balenato in mente con forza. Solitamente, infatti, non aveva nessuna esitazione sull'abbigliamento, era una persona che indossava quasi le prime cose che adocchiava non appena apriva le ante.
Era quindi corso in bagno a sciacquarsi il viso, schiaffeggiando con forza le guance, nel tentativo di darsi un contegno, mentre il cuore batteva all'impazzata dentro al petto, tanto era preso dal panico. Insomma, si parlava del suo migliore amico. Per quanto il corpo fosse quello di una donna, restava sempre il solito.
Ma anche questa certezza gli si frantumò davanti, quando, analizzando obiettivamente i giorni passati, si rese conto che qualcosa nell'atteggiamento del ragazzo era cambiato. Anzi, anche il suo comportamento era nettamente diverso. Non si sentiva tanto confuso da chissà quanti mesi. Il peggio è che non riusciva a trarne le conclusioni, mancava qualcosa d'importante che continuava a sfuggirli.
Decise di finirla lì e, per una volta tanto, staccò la spina al cervello, sbrigandosi ad uscire di casa.
Arrivato davanti all'ingresso dell'abitazione di Feliks, però, nonostante la determinazione iniziale, s'immobilizzò sullo zerbino, una mano bloccata a mezz'aria accanto al campanello. Rimase in quella posizione per minuti che a lui parvero ore, per poi realizzare che il portone era socchiuso. Si sentì così stupido che si sarebbe volentieri sotterrato seduta stante, ma si limitò a scuotere la testa rassegnato nei suoi confronti e ad entrare.
Polonia non era né in salotto, né in cucina, né in corridoio. Lituania decise quindi di controllare al piano di sopra, dirigendosi prima in camera da letto, poi in bagno. La porta era spalancata, così fece capolino con naturalezza al suo interno, sorridendo pacatamente, ignaro di cosa avrebbe dovuto fronteggiare di lì a poco.
Il polacco se ne stava con aria seria davanti allo specchio, i lisci capelli biondi completamente sciolti e un fiocco rosa abbastanza grande posizionato al centro del capo, proprio sopra l'attaccatura. Per un attimo la sua immagine e quella di Bielorussia si sovrapposero davanti agli occhi del lituano, terrorizzandolo quasi a morte. Due persone tanto diverse non avevano niente a che fare l'una con l'altra, erano una visione da far accapponare la pelle. Neanche nei suoi peggiori incubi avrebbe mai potuto immaginarsi un simile ibrido.
Inutile dire che il suo sorriso morì sul nascere, mentre arretrava in fretta di qualche passo, battendo così una sonora testata al muro. 
Ultimamente gli capitavano fin troppo spesso incidenti di quel tipo, non era un buon segno. Era così sotto shock che non fu in grado neanche di urlare, restando stupidamente a bocca aperta.
Anche il polacco, non appena si accorse di essere osservato, fece balzo all'indietro dallo spavento, finendo per sedersi sul bordo della vasca da bagno, se non rischiare direttamente di caderci dentro.
«Liet, tipo, sei impazzito? Mi hai totalmente fatto perdere vent'anni di vita!», quasi gridò quest'ultimo, portandosi una mano al petto.
«Cos'hai fatto ai capelli?», chiese di rimando l'altro, respirando affannosamente, mentre tornava ad avvicinarsi. La sua voce era ridotta ad un rantolo insignificante.
«Oh, beh, sai, tipo, ho pensato..», cercò quindi di giustificarsi il biondo, balbettando debolmente e giocherellando nervosamente con i propri pollici.
Non gli fece neanche terminare la frase, dirigendosi seduta stante verso il lavandino e afferrando la spazzola, due elastici verde scuro e due mollette bianche a forma di coniglio. Aveva già memorizzato con una sola occhiata i colori degli abiti che indossava: un vestito color panna ed un maglioncino verde chiaro. Sapeva bene, del resto, quanto ci tenesse il ragazzo ad indossare dei colori ben coordinati fra loro. Sotto questo punto di vista era decisamente più modaiolo di lui, il quale si limitava alla comodità e all'anonimato.
Quindi tolse quel fiocco dai suoi capelli 
 forse troppo bruscamente, a giudicare dall'espressione leggermente sofferente del compagno  e si sedette accanto a lui, facendogli girare lievemente il capo, in modo tale da fare una divisa ben dritta; credeva fermamente che gli stessero meglio le solite due trecce, quindi, sebbene non fosse un parrucchiere esperto, cercò di fare quanto poteva.
L'altro se ne rimase completamente in silenzio per tutto il tempo, fissando ovunque fuorché l'amico. Solo a lavoro concluso si specchiò, osservandosi attentamente la chioma. Ne era così entusiasta che si sarebbe messo a saltellare sul posto, ma gli era già bastato tutto il disordine che aveva creato con le sue stesse mani quella mattina, accatastando vestiti su vestiti sopra al letto, tanto era teso ed emozionato. Si era ovviamente premurato di rimettere tutto in ordine prima che l'altro arrivasse, poiché sapeva perfettamente che dopo sarebbe stato impossibile trascinarlo fuori, tanto era maniaco della pulizia.
«Ecco fatto», sentenziò poi Toris, annuendo quasi con solennità e riponendo al suo posto quanto aveva preso, mentre tornava a sorridere sollevato e soddisfatto.
«Grazie..», disse Feliks in un sussurro, arrossendo vistosamente. Chinò quasi istantaneamente il capo, grattandosi distrattamente una guancia ed osservando con grande interesse i suoi stivali neri. Le sue reazioni peggioravano sempre più e non sapeva davvero in che modo giustificarle. Fortunatamente l'altro non faceva mai domande, ma la cosa lo infastidiva lo stesso, poiché sfuggivano al suo controllo.
Lituania si accorse del broncio che era apparso spontaneamente sul volto del polacco, il quale si era messo a sbuffare senza accorgersene, così pensò bene di fargli presente che il tempo non si fermava per far loro un favore. Sarebbe stato un ottimo modo per distrarre entrambi dall'attuale situazione, che pareva disagevole ed estremamente imbarazzante.
«Non dovevi andare a fare shopping, eh, Po?», chiese con una sottile vena d'ironia nella voce il lituano.
«Giusto! Hai totalmente ragione. Andiamo, tipo, a giro per negozi~», esclamò Polonia, scattando su in piedi nuovamente tutto infervorato, gli occhi brillanti e le mani strette a pugno davanti a sé. Insieme al Crossdressing, quella era davvero una delle sue attività predilette.
L'altro si alzò a sua volta, ridacchiando dinanzi alla dimostrazione di cotanta energia e dirigendosi distrattamente verso il corridoio.
«Allora che ne dici di uscire? Sempre se hai finito di prepararti..», aggiunse voltandosi nuovamente verso il ragazzo.
«Certamente, andiamo~», rispose semplicemente il biondo, spingendolo definitivamente fuori.
Si diressero inizialmente verso la Nowe Miasto, soffermandosi maggiormente nella 
Rynek Nowego Miasta. Passarono poi nuovamente attraverso il Barbacane, il quale fa da ingresso a questa zona della città, esterna rispetto alle sue antiche mura medievali, per raggiungere la Stare Miasto. Qua attraversarono la Rynek Starego Miasta, attorno a cui si dipana un reticolo di vicoli e stradine molto suggestivi, deviando successivamente in direzione della Plac Zamkowy, dominata dallo Zamek Królewski e situata nella parte meridionale, da cui inizia la Trakt królewski. Il primo tratto della strada è costituito dal Krakowskie Przedmieście, un grande viale alberato dove sono situati edifici e monumenti di grande importanza nazionale; nel secondo si apre la via Nowy Świat, una tra le strade più belle della città, costeggiata da palazzi ed edifici della antica nobiltà, oggi pulsante di vita con i suoi numerosi ristoranti, caffè e negozi alla moda.
Fu qua che si soffermarono maggiormente, per quanto gli acquisti fossero in buona parte solamente una scusa per passare del tempo assieme all'ingenuo compagno: la sua speranza era infatti che fosse abbastanza tonto da non farsi insospettire dal suo scarso "bottino" della giornata. Solitamente era tanto pieno di buste e bustine, sia di carta che plastica, da riuscire a malapena a camminare senza barcollare; nei giorni più critici appariva un ubriaco fradicio incapace di reggersi in piedi, tanto per intenderci.
Lungo il tragitto ebbero inoltre un piccolo malinteso con un'anziana signora che vendeva fiori alla sua bancarella per strada, fatto che, diversamente dal solito, mandò letteralmente in esagitazione Feliks e non scosse più di tanto Toris, il quale forse era ormai fin troppo abituato a scene di quel genere. Capitava spesso che dei perfetti estranei confondessero l'altro per una ragazza, anche prima che avvenisse questa totale trasformazione. I suoi lineamenti androgini traevano in inganno mezzo mondo.
«Perché non fa un regalo alla sua fidanzata e non le compra un bel mazzolino di fiori?», chiese questa innocentemente, un sorriso gentile da nonna premurosa sulle labbra.

«No! Guardi, io..», esclamò immediatamente con fare allarmato il biondo, all'apparenza donna, cercando di smentire sul nascere quell'insinuazione. Solo che la voce si perse chissà dove, mentre le guance si coloravano prepotentemente di rosso, costringendolo a correre ai ripari e quindi a fissare i propri occhi sull'asfalto della strada.
Tanto bastò perché l'amico si avvicinasse, osservando attentamente quei pochi fiori in grado di resistere alle gelite temperature invernali e, infine, optando per delle semplici Acacie. L'altro non se ne accorse neanche, tanto era preso dai suoi ragionamenti.
«Tieni», disse pacatamente Lituania, porgendoglielo ed interrompendo quel flusso di strampalati pensieri che si erano impossessati della mente di Polonia, contribuendo così a farlo tornare coi piedi ben saldi per terra.
«Grazie.. Ma perché?», chiese timidamente quest'ultimo, visibilmente confuso da quel gesto.
«Nessun motivo in particolare, ecco!», concluse bruscamente il lituano, improvvisamente imbarazzato e incapace di ricambiare il suo sguardo, mentre si voltava dall'altra parte e riprendeva a camminare lungo la via. L'altro si affrettò a raggiungerlo, in quanto quella partenza in quarta lo aveva colto completamente di sorpresa, esaminando più da vicino quell'inaspettato regalo.
Era certo che Toris non conoscesse il significato dei fiori, e che quindi la sua scelta fosse stata dettata unicamente dall'estetica, ma il curioso risultato della sua decisione lo lasciò comunque di stucco, in quanto il loro significato era niente di meno che "amore segreto". Aveva sentito spesso parlare di segni mandati casualmente dal destino, fato, caso o come lo si voglia chiamare, però niente di concreto ne aveva mai dimostrato l'effettiva esistenza. Nonostante ciò, in cuor suo nacque spontanea un'incognita carica di speranza, ed il sorrisetto compiaciuto che apparve sul suo volto in quello stesso istante ne era la testimonianza.
Verso il tardo pomeriggio tornarono in direzione dell'abitazione di Feliks, nell'aria uno strano sentore di tranquillità e quiete, dovuta forse al fatto che quest'ultimo aveva parlato poco o niente. Era strano, ma sentiva che non ci fosse bisogno di chiacchiere inutili quel giorno.
Poi, giunti di fronte all'entrata, complice probabilmente la prossima separazione, in vista del ritorno a casa dell'altro, un impulso repentino colse il biondo, portandolo a compiere quello che potremmo definire l'atto finale. La chiave stretta saldamente in una mano e gli occhi serrati, si sporse in punta di piedi verso l'ignaro migliore amico, premendo le labbra contro le sue, in un casto bacio a stampo. Questi non si allontanò, pietrificato sul tappetino del pianerottolo, gli occhi quasi fuori dalle orbite per lo stupore. Stavoltà non arrossì, bensì sbiancò all'istante, colto totalmente impreparato.

«Liet, io sono innamorato di te. L'incantesimò si annullerà, tipo, solamente dopo che avrai totalmente scelto.. L'ho fatto per te!», disse tutto d'un fiato Polonia, per quanto la voce risultasse a tratti spezzata o debole. Gli occhi verdi erano puntati con determinazione in quelli blu di Lituania, nonostante la loro lucidità mostrasse quanto le lacrime minacciassero di sfuggire alla presa incerta della sua forza di volontà.
«Devi decidere tu», aggiunse quindi in un bisbiglio, martoriandosi il labbro inferiore e sbattendo ripetutamente le ciglia, un istante prima di rifugiarsi all'interno della sua abitazione e chiudersi il portone alle spalle, lasciando il ragazzo in balia di sé stesso.
Era definitivo, adesso non c'era più alcuna possibilità di fare retromarcia.

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Ci sono riuscita, dopo quasi un anno che non scrivevo più niente sono finalmente riuscita a concludere qualcosa *^*
Questo capitolo era già stato scritto, lo so bene, ma siccome mi ero dovuta sforzare (per determinate persone), non era uscito come lo volevo, né tantomeno si era concluso come avevo programmato. Quindi eccolo qua, stavolta si spera definitivamente!
Inanzitutto mi sembra giusto scrivere le traduzioni di alcuni nomi polacchi che ho usato nel corso della fan fiction:
Nowe Miasto = Nuova Città
Rynek Nowego Miasta = Piazza del Mercato della Città Nuova
Stare Miasto = Vecchia Città
Rynek Starego Miasta = Piazza del Mercato
Plac Zamkowy = Piazza del Castello
Zamek Królewski = Castello Reale
Trakt królewski = Strada reale

Poi, dato che ho passato la nottata a scrivere con un amico che mi scriveva cretinate assurde su Kiku Honda (Giappone), alle quale fra l'altro ho contribuito io stessa, ci terrei a citare una sosta straordinaria dell'appuntamento dei due protagonisti del capitolo, ideata appositamente da lui ♥
Polonia e Lituania fanno tappa per pranzo ad un rinomato ristorante messicano - che stranamente conoscono solamente loro - situato lungo la rinomata via Nowy Świat e sono quindi seduti comodamente al loro tavolo, in attesa di ordinare. Improvvisamente viene presentato il gruppo musicale che si esibirà nella sala per intrattenere i commensali.
Proprietario: "Vi presento, per la gioia delle vostre orecchie, visto che a quella dello stomaco ci penseranno i nostri provetti cuochi, I tre caballeros!"
Entrano quindi in scena tre tizi con indosso gli abiti più tradizionali della cultura messicana, ovvero poncho di lana e sombrero calato sugli occhi, le chitarre alla mano, già pronti per suonare. Ma prima hanno l'accortezza di presentarsi, mostrando finalmente i loro volti.
Kiku: "Il mio nome è Hondez, Kiku Hondez. Sono Giappessico."
Veneziano: "Il mio nome è vee
~ Voglio dire, Triste Tristano (e Isotta, certo). Sono Italessico."
Romano: "Io invece mi chiamo Lobirra Rumano.."
Mentre il trio, dopo aver ricevuto un coro di risate, fischi e applausi, comincia con la sua nuova canzone, intitolata Pasta, pizza e sombreros, Polonia comincia ad insospettirsi, nonostante i tre giovini siano prontamente inbaffati. Anzi, dopo qualche minuto non ha più dubbi sul loro conto, a differenza di Lituania, il quale sembra più interessato al menù (o magari è solo poco sveglio).
Polonia: "Ehi, Liet, guarda, c'è Feliciano!"
Lituania: "Dov- *li vede e sputa l'acqua che stava bevendo* ..credo di non star bene, ho delle visioni."
Polonia: "Non essere, tipo, sciocco, è lui! Ci sono totalmente anche Kiku e Lovino."
Lituania: "...non erano messicani?"
Polonia: "Nah, Kiku è Giappessicano, Feliciano e il fratello maggiore sono Italessici
~"
Lituania: "Eh?! Credevo che l'assurdità delle tue affermazioni avesse un limite, devo essermi sbagliato."
Polonia: "*canta assieme alla band, per poi girarsi nuovamente verso il compagno* Tipo, hai detto qualcosa?"
Lituania: "Assolutamente no.."
A fine concerto i tre vengono fatti avvicinare al loro tavolo da un Polonia estremamente tranquillo e solare che sventola una mano in loro direzione, come se la situazione non fosse fuori dal mondo in tutti i sensi (non so voi, ma io il Giappessico e l'Italessica ancora non li conoscevo). Il trio pare allarmato, o almeno, tutti eccetto Veneziano, il quale corre letteralmente a salutare l'amico/a polacco/a, beccandosi lo sguardo inceneritore del lituano, il quale, se dotato della giusta forza, avrebbe probabilmente già frantumato il bicchiere in vetro che tiene in mano. I restanti due si guardano tra di loro, sospirano rassegnati e poi si decidono a raccontare il motivo del loro soggiorno a Varsavia.
Giappone: "Il fine settimana noi lavoriamo qua, sotto falso nome."
Romano: "Se fate i bastardi e provate a dirlo a qualcuno, giuro che me la pagherete cara.."
Veneziano: "Vee
~ E' un segreto, mi raccomando!"
Polonia: "D'accordo, giuro sul mio vestitino natalizio più succinto che non lo dirò a nessuno!"
Lituania: "....sono l'unico che continua a trovare tutto questo senza senso?"
THE END

Ringrazio chiunque leggerà in anticipo e spero sia di vostro gradimento ;D
P.S.: "Lobirra" non è una mia idea (trovate il testo completo sulla pagina di Facebook chiamata Hetalia Crack), ma era troppo epica per non essere citata, mentre "Rumano" deriva da un mio errore di battitura.
 

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