You and Me di Jerry93 (/viewuser.php?uid=96861)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Only Her ***
Capitolo 2: *** In My Mind ***
Capitolo 3: *** Now I know that she knows too much ***
Capitolo 4: *** Thoughts and Doubts (Discovering the past) ***
Capitolo 5: *** The Bell was knelling, at the end ***
Capitolo 6: *** The End and the new Beginning ***
Capitolo 7: *** The Wolf ***
Capitolo 8: *** An Autumn Afternoon ***
Capitolo 9: *** Stay with Me ***
Capitolo 10: *** After the Attack ***
Capitolo 11: *** Smoking with Blaise ***
Capitolo 12: *** Abstinence and Satisfy ***
Capitolo 13: *** Christmas Present: Nightfall ***
Capitolo 14: *** Fragility ***
Capitolo 15: *** Talking about Love (Fragility, Part II) ***
Capitolo 16: *** Missing Moment: Christabel's Tragedy ***
Capitolo 17: *** New Alliance ***
Capitolo 18: *** Some Chords, the Ivy and a White Rose ***
Capitolo 19: *** The shutting of the wings ***
Capitolo 20: *** The brass gate of the Library ***
Capitolo 21: *** The Last Matriarch ***
Capitolo 1 *** Only Her ***
Chapter
One, Only Her
Camminava
con il suo innato portamento elegante e senza prestare il minimo
sguardo a
tutti coloro che si giravano a guardarlo.
Molti lo
temevano, sapevano chi era lui. E se non l’avessero saputo e
avessero osato
sfidare la sua pazienza, lo avrebbero capito a loro spese.
Lui era
l’erede di due delle più importanti famiglie
Purosangue dell’intera
Inghilterra.
Sangue
Malfoy scorreva nelle sue vene, palesandosi con il biondo pallido dei
suoi
capelli e i tratti spigolosi del suo viso.
Sangue
Black
veniva pompato ritmicamente dal suo cuore, non riuscendo a vivacizzare
il
candore della sua pelle diafana ereditata da quella stupida di sua
madre,
Narcissa Black. Prima o poi, suo marito e sua sorella
l’avrebbero uccisa per
potersi liberare di quella macchia nella loro famiglia di fedelissimi
del
Signore Oscuro.
Lui,
però,
non avrebbe ceduto il passo agli eventi. Lui era Draco Malfoy e,
volenti o
nolenti, tutti quelli che erano in quella stanza, un giorno, si
sarebbero
inchinati ad un suo schioccare di dita. E avrebbero implorato
pietà, scusandosi
per quegli sguardi che gli avevano rivolto. Ma lui, non li avrebbe
perdonati.
Tutti
sarebbero stati puniti, tranne lei.
I suoi
occhi
vagarono per la stanza fino a che non riuscirono a trovarla, seduta al
tavolo
dei Grifondoro tra San Potter e quell’idiota di Weasley.
Rideva
allegra, ad una battuta di quel fesso con i capelli arancioni. Lui
sarebbe
stato il primo a morire, sicuramente.
Proprio
in
quell’istante Paciock si avvicinò al trio per
salutarli e, mentre parlava (se
quell’imbranato ne era capace), aveva amichevolmente
appoggiato una mano sulla
spalla della ragazza.
Malfoy
decise all’istante. Paciock, sarebbe stato il secondo ad
andare in contro alla
Dea Nera.
Il terzo
posto spettava da tempo a Potter e nessuno glielo avrebbe sottratto.
La
Granger,
invece, avrebbe avuto la possibilità di scegliere.
O con
lui, o
senza nessuno.
Poteva
amarlo spontaneamente o dopo aver ricevuto una minaccia. Per lui, tutto
ciò non
faceva differenza. Come si suole dire, ciò che conta
è il fine, non il mezzo
per raggiungerlo.
Intanto,
mentre scrutava verso i Griffyndor, si diresse verso il tavolo delle
Serpi.
Non
appena
si fu seduto nel primo posto che incontrò che gli permetteva
di avere una buona
visuale verso la sua ossessione, qualcuno cominciò a
parlarli. Forse erano
quegli idioti di Tiger e Goyle o quella gallina di Pansy Parkinson, con
cui si
era divertito l’anno prima, ma a lui tutto ciò non
importava.
Solo ad
una
cosa ambiva, solo in un desiderio confidava.
Percepire,
sotto le proprie, la morbidezza delle labbra di quella ragazza.
Il resto
non
aveva posto nella sua mente, in quel momento.
Solo
lei.
Silente
si
alzò in piedi.
Come se
un
potente incantesimo fosse stato lanciato sull’intera Sala,
tutti ammutolirono.
L’anziano
mago, spinti verso l’alto gli occhiali a mezzaluna e
sorridendo, cominciò a
parlare.
-Buonasera,
ragazzi e ragazze. Volti nuovi hanno il piacere di vedere i miei occhi
e sguardi
che altre volte ho visto, di nuovo vedo ora. Questo mi riempi
d’orgoglio.
Ancora una volta, infatti, ho la conferma che in molti ritengono questo
luogo
un rifugio sicuro, un porto in cui poter attraccare senza complicanze
di vario
genere. Lord Voldemort è tornato da quasi due anni. In
questi tempi bui, noi
dobbiamo stringerci e affrontare insieme le difficoltà.
Spero che tutti in
questa stanza siano disposti a farlo. –
Dicendo
ciò,
cominciò a passare in rassegna tutti i tavoli, cercando una
conferma alle sue
parole, che però trovò solo poche volte.
Vecchio stupido. Solo questo
pensò Malfoy,
mentre la sua mano sfiorava il proprio avambraccio sinistro.
-Come
ogni
anno, anche questa volta il corpo insegnati ha subito alcune lievi
modifiche,
rispetto all’anno precedente. Da quest’anno,
infatti, il professor Piton,
occuperà la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure.-
Un brusio
si
sollevo da tutti i tavoli e in particolare da quello dei Grifoni.
Draco
sghignazzò, vedendo l’espressione di Potter.
Evidentemente temeva di perdere
quell’unico Eccellente che era riuscito ad ottenere nei suoi
G.U.F.O., o magari
temeva che Piton gli scagliasse addosso qualche strana fattura.
Poi,
però,
Hermione gli posò una mano sulla spalla cercando di
consolarlo.
Un ghigno
rabbioso si dipinse sul sorriso di Malfoy e un velo di tristezza si
posò sui
suoi occhi d’argento.
-Ragazzi,
per favore, contenete la vostra gioia!- disse non abbandonando la sua
innata
pacatezza il Preside – Non ho ancora finito con i
cambiamenti! La cattedra di
Pozioni, infatti, verrà affidata ad Horace Lumacorno, un
atteso ritorno in
questa scuola. Infine, da quest’anno sarà attivo
un corso avanzato per alcuni
studenti. Non tutti potranno, però, parteciparvi. Il corso
è aperto, infatti,
solo a studenti almeno del sesto e anno e, per accedervi, dovranno
avere almeno
un professore disposto a certificare che la preparazione
dell’alunno in
questione è superiore alla media. Credo che il docente che
terrà questo corso potrebbe
essere certamente più esaustivo del sottoscritto sul suo
metodo, purtroppo,
però, mi è appena giunta notizia che ha avuto un
contrattempo e avrà, per questo
motivo, un leggero ritardo. In attesa delle sue delucidazioni, che la
cena
inizi!- continuò, concludendo il proprio discorso con un
unico battito di mano,
che riempì i tavoli di pietanze.
Silente
si
accomodò sorridendo.
Il suo
sguardo, però, si incupì non appena Minerva
McGranitt gli riferì qual’era il
contrattempo del nuovo docente.
***
-Chissà
come
sarà questo nuovo insegnante …
-rifletté ad alta voce Ginny, seduta vicino al
fratello.
Ron non
sembrò avere dubbi.
-Secondo
me,
- cominciò dandosi un’aria saccente –
sarà un mago fallito come Allock –
Harry, a
quell’affermazione, provò a figurarsi il nuovo
professore.
-
Assolutamente no! – esclamò prendendo alla
sprovvista i tre amici che
sobbalzarono spaventati – Sarà sicuramente una
vecchia strega del
paleolitico!-.
Hermione,
stranamente, non diede il proprio parere.
A qualche
metro di distanza, Malfoy continuava a fissarla.
Chissà
cosa
stava tramando, questa volta.
Messa in
soggezione, chinò il capo sul proprio piatto.
***
Gli occhi
color cioccolata che celavano la sua mente brillante.
I ribelli
capelli castani, bloccati da una matita e raccolti sulla nuca.
Non aveva
retto il suo sguardo, non lo aveva guardato come lui, invece, aveva
guardato
lei.
Chissà
cosa
stava pensando in quel momento.
Lui
pensava
solo che era bellissima.
Un urlo
dietro la porta che conduceva a quella sala. Gazza stava sbraitando
contro
qualcuno, che a detta del Custode era un assido frequentatore di donne
adultere,
cercando di impedirgli di entrare nella Sala Grande.
Evidentemente,
non ci riuscì. Pochi attimi dopo, infatti, i battenti
dell’uscio si
spalancarono.
Un
ragazzo
quasi venticinquenne entrò e si richiuse la porta alle
spalle.
-Qualcuno
deve aver lasciato aperte le porte del reparto psichiatrico al San
Mungo- si
disse perplesso, mentre era ancora appoggiato alla porta impedendo a
Gazza di
entrare.
Silente
si
alzò non appena lo vide.
-Professor
Kennan!-
esclamò – È arrivato!-
Il
ragazzo
sentendo questa voce amica, sollevò la testa sorridendo.
Denti
bianchissimi, nascosti dalle labbra sottili. Capelli color carbone
spettinati e
bagnati che gocciolavano sulla camicia bianca sbottonata.
Occhi blu
profondi che strapparono parecchi sospiri alle ragazze della Sala.
-Vecchia
strega o mago idiota?- domandò Ginny a Ron e Harry
– Mi sembra piuttosto un bel
ragazzo palestrato!-
Harry la
guardò.
-È
sicuramente un’idiota, non ti preoccupare-
mormorò, forse accecato dalla
gelosia.
Il
ragazzo
cominciò a camminare tra le due lunghe tavolate di
Hufflepuff e Ravenclaw.
Molte ragazze Slytherin e Gryffindor maledirono quel vecchio e
ammuffito
Cappello Parlante che, sicuramente, le aveva smistate nella Casa
sbagliata.
Alcune
del
primo anno, dopo aver visto il ragazzo passare davanti al proprio naso,
sparsero la voce che quei pantaloni neri che indossava gli facevano
proprio un
bel sedere.
Il primo
a
rivolgere la parola al nuovo professore fu un ragazzino Ravenclaw del
quarto
anno.
-Mi scusi
professore, ma credo che stia gocciolando sangue sul pavimento-.
Questo,
stupito
dall’affermazione, sollevò un sopraciglio e si
girò per vedere ciò che gli era
stato fatto notare.
In
effetti,
il ragazzino non aveva sbagliato.
Dalla
porta
d’ingresso fino al punto in cui si era fermato, vi era un
susseguirsi di
macchioline cremisi distanziate da qualche centimetro tra loro.
-Avrei
voluto una presentazione senza sangue o pazzi urlanti, ma evidentemente
non era
questo il mio destino- si disse, cercando di consolarsi.
Ad una
velocità tale che stupì molti dei presenti, aveva
afferrato la propria
bacchetta e, con un tono soave che aveva fatto sciogliere le poche
appartenenti
al genere femminile che avevano resistito al suo fascino,
pronunciò un
incantesimo.
-Gratta e
Netta-.
Le
macchie,
ad una ad una, sparirono.
Soddisfatto
del risultato ottenuto sul pavimento, cominciò ad
interessarsi del proprio
braccio sinistro.
Un taglio
poco profondo si apriva dalla mano fino al gomito.
Puntò
la
bacchetta contro la ferita e, senza pronunciare nemmeno una parola,
questa si
richiuse senza lasciare segni della propria presenza.
Finalmente,
dopo aver risolto il problema, ricominciò a camminare verso
il tavolo degli
insegnati.
Giunto
qui,
strinse la mano a tutti i professori che reagirono in maniera
differente alla
sua presentazione. Molti di loro, infatti, avevano avuto il piacere di
essere
suoi insegnanti, qualche anno prima.
Hagrid lo
stritolò
in un caloroso abbraccio che quasi lo soffocò, Piton
ricambiò con una smorfia
quasi schifata, Vitious, invece, cominciò a ridere dopo
avergli raccontato un
aneddoto che lo vedeva protagonista.
La
reazione
che sconvolse tutti fu, però, quella della McGranitt, che
perse completamente
il suo cipiglio severo e riuscì persino a battergli
amorevolmente una mano
sulla spalla.
Silente
ricominciò a parlare.
- Ebbene,
ragazzi,
costui si occuperà dello speciale corso avanzato. Spero che
nessuno si faccia
ingannare dalla sua giovane età, visto che questo ragazzino,
alcuni anni fa, mi
ha quasi sconfitto- disse il Preside, palesemente felice di tale
primato.
Gli altri
professori, invece, non potevano affermare la stessa cosa, ed era
proprio
questo che lo aveva reso antipatico fin da subito a Piton.
Una
sonora
sconfitta, quella che aveva subito, che ancora non riusciva a
perdonarsi.
-Credo,
dunque, che sia arrivato il momento delle delucidazioni tanto atteso. A
lei la
parola, professor Kennan -
Il
ragazzo
tossicchiò piano per schiarirsi la voce e si
sistemò una manica della camicia.
-Salve a
tutti, io sono il professore Drew Kennan. Innanzitutto, vorrei scusarmi
con voi
per il mio ritardo. Purtroppo, Lord Voldemort vorrebbe avermi tra le
sue fila e
per questo motivo mi perseguita con uno stuolo di miei fan personali.
Peccato
che questi siano dei nervosi Mangiamorte dalla bacchetta molto facile-
disse.
La platea
non sapeva come rispondere a questa affermazione, se spaventandosi per
il fatto
che era perseguitato dai fidati servi dell’Oscuro Signore, o
se scoppiare a
ridere per il modo in cui li aveva apostrofati.
-Come
credo vi sia stato anticipato dal
professor Silente, quest’anno io gestirò un corso
di magia avanzata atto a
prepararvi ad un possibile scontro al di fuori di questa scuola.
Un’altra
guerra sta per cominciare ed è necessario essere pronti ad
affrontarla. Ognuno
dei professori mi darà un fascicolo dei suoi studenti
migliori che, se mai lo
vorranno, domani potranno presentarsi alle selezioni. In quella sede
solo le
dieci persone giudicate da me più capaci potranno entrare a
far parte del
corso. Vorrei che fosse chiaro che la prova di domani
consisterà in un duello
contro un proprio compagno e che, se non si è pronti a
ciò, è inutile
parteciparvi. Bene, detto questo, troverete l’elenco delle
persone che domani
possono presentarsi appese nelle vostre sale Comuni. Potrete
ricominciare a
cenare, ora-
Dicendo
ciò, si girò e prese posto tra
Vitious e la McGranitt che imbastirono fin da subito
un’accesa conversazione. I
loro sguardi erano leggermente preoccupati a causa
dell’assalto dei
Mangiamorte, ma dopo che Drew li tranquillizzò affermando
che ciò era semplice
routine, le loro domande passarono ad argomenti più frivoli.
***
Tra i
tavoli, ora, si respirava una
leggera agitazione.
Molti
cercavano di stabilire i nomi dei
possibili partecipanti al corso. Ginny, invece, imprecava con la volta
celeste
che l’aveva voluta come fanalino di coda della famiglia
Weasley e, quindi,
sicuramente scartata a causa dell’età.
Ron,
affranto, in quanto certo che nessun
professore si sarebbe mai esposto per lui visti gli scadenti risultati
nei
G.U.F.O., cercò di consolarsi scommettendo con un gruppetto
di Ravenclaw che
sia Hermione sia Harry sarebbero riusciti ad entrare in
quell’elite
d’eccellenza.
-Ma Ron
non è detto che tu non riesca a
partecipare al corso o che io, invece, ce la faccia –
cercò di sdrammatizzare
Hermione vedendo il dispiacere stampato a chiare lettere sul volto
lentigginoso
di Ron.
-Ma dai,
Hermione! Forse dovremmo
chiederci quale dei nove professori che ti ha dato
“Eccezionale” nei G.U.F.O.
sia disposto a non presentarti come propria miglior allieva!- le
rispose.
La cena
continuò così, sommersa da
quell’agitato chiacchiericcio.
Malfoy,
intanto, aveva abbassato lo
sguardo e cercava di mangiare qualcosa di ciò che Pansy gli
aveva gentilmente
messo nel piatto.
Eppure,
quella sua ossessione non lo
abbandonava mai.
***
Finita
la cena, Silente si alzò in piedi.
Coloro
che avevano già partecipato alla
prima cena dell’anno si aspettavano che il Preside li
mandasse a letto, ma così
non fu.
-Durante
la cena il professor Kennan ha
avuto un’idea brillante e che ora vi esporrà-
disse Silente, invitando
gentilmente il ragazzo a parlare.
Costui
non fece il prezioso e si alzò
subito.
-Ho
saputo che tra gli alunni del sesto
anno c’è qualcuno molto particolare –
cominciò passando uno sguardo veloce
sulle teste dei suoi auditori.
Un
ennesimo girò di scommesse cominciò a
diffondersi. Chi sarebbe stato il “particolare”
menzionato? I più, davano per
vincitore Potter, il Ragazzo che, per sfortuna di Draco Malfoy, era
sfuggito
alla Maledizione di Tu-Sai-Chi.
-Beh, so
che può sembrare strano, ma ho
deciso di vedere se costui è in grado di entrare a far parte
del corso stasera.
Per questo motivo, ho intenzione di sfidarlo io stesso, adesso. Se
supererà il
mio esame, sarà ammesso immediatamente- concluse.
Oramai le
quotazioni di Harry erano
salite alle stelle.
Draco,
però, quella sera non puntò il
proprio denaro su quell’idiota di Potter.
-Ebbene,-
riprese il professore – Nove
dei miei colleghi mi hanno informato che costei è la
migliore nelle loro
materie. Lo stesso Preside ha aggiunto alcune parole di encomio.
Dunque,
signorina Hermione Granger di Gryffindor, è disposta a
sfidarmi a duello?-
Così
dicendo, si era mosso fino al tavolo
di Grifondoro e, facendo Materializzare dal nulla un guanto bianco,
glielo
porse.
Lei era
impallidita.
Malfoy
esultò. Aveva vinto un mucchio di
soldi.
***
Tutta la
scuola, fantasmi e quadri
inclusi, la stava fissando in attesa di una risposta.
Nel viso
della McGranitt c’era una tacita
speranza. Molto poco silenziosa, a dire il vero.
-Non si
preoccupi professoressa Sprite, è
della mia Casa. Da noi Onore e
Coraggio sono normali routine. La signorina Granger si
batterà sicuramente!-,
andava dicendo alla collega, mentre lanciava un’occhiataccia
a Piton che aveva
sogghignato.
Era
diventata pallida. Lo sapeva, pur non
avendo uno specchio.
Ed era
preoccupata, molto. Lei, a
differenza della maggior parte degli alunni presenti sapeva chi
l’aveva sfidata
e ciò non faceva che agitarla più di quanto fosse
necessario.
Aveva di
fronte un vero e proprio talento
per la magia che, prima di lasciare Hogwarts pochi anni prima, aveva
espresso
il desiderio di potersi battere con tutti i suoi professori. E
l’unico a non
essere stato sconfitto era stato Silente, anche se voci di corridoio
dicevano
che la McGranitt si era afflosciata a terra senza neppure essere stata
colpita.
Eppure,
quel ragazzo continuava
insistentemente a fissarla.
-Sa,
signorina Granger,- cominciò
all’improvviso – sarebbe un grande disonore per i
suoi professori se adesso lei
rifiutasse-.
Hermione
gli rispose, prima ancora di aver
capito cosa le avesse detto.
-Sarebbe
un onore per me poter duellare
con lei, professor Kennan -.
Mentre
queste parole sgusciavano dalle
sue morbide labbra, afferrò il guanto bianco che il
professore le stava
porgendo.
Un
sorriso soddisfatto si dipinse sul
volto perfetto di Drew.
Minerva
McGranitt alzò il mento orgogliosa,
in un chiaro segno di superiorità rispetto ai suoi colleghi.
-Sarà
sicuramente un duello emozionante!-
esclamò Vitious scendendo dalla sedia.
Kennan
porse il gomito ad Hermione, che, scavalcata
la panca su cui era seduta, appoggiò la mano
sull’incavo offertole.
I due,
come se fossero soli, si avviarono
oltre la porta della Sala Grande, camminando vicini.
Velocemente
i professori si alzarono dal
loro tavolo e li seguirono.
Pochi
istanti per capire cosa stava
succedendo e un corteo di alunni si aggiunse agli spettatori.
Malfoy,
dopo aver aggiunto un altro nome
alla sua lista nera, spintonò alcuni ragazzi Hufflepuff del
primo anno per
poter essere in prima fila.
Se una
sola goccia del suo sangue fosse
stata versata, lui lo avrebbe ucciso.
***
-Prima di
cominciare, signorina Granger,
vorrei darle un consiglio che,- si guardò attorno
– visto il gran numero si
spettatori, vorrei venisse recepito da tutti gli studenti.- Kennan si
prese un
attimo per pensare e ricominciò a parlare poco dopo - In un
duello la potenza
delle magie è relativa, ciò che conta
è il modo in cui esse vengono usate.
Dovete usare l’astuzia, la fantasia.
Solo così potrete sopraffare
il
vostro avversario- concluse, enfatizzando alcune delle parole
pronunciate.
-Pronta?-
domandò rivolto ad Hermione e
finalmente completamente concentrato sul duello.
Ad un
cenno affermativo della ragazza, le
si avvicinò.
-Non
sarò gentile con lei, signorina
Granger – le sussurrò piano, tanto che Hermione
cominciò a sperare di aver
capito male.
Cominciarono
a contare i tradizionali
dieci passi.
***
Uno. Il
suo
cuore perse un battito e, per un attimo, pensò che non
avrebbe più ricominciato
a pulsare.
Due. La
fronte le si imperlò di gelido sudore.
Tre. La
mano
sinistra tremò e la destra si strinse più
saldamente attorno alla sua
bacchetta.
Quattro.
Un
ricciolo scivolò dal nodo fissato con una matita sulla nuca
e le incorniciò il
viso.
Cinque.
Nei
suoi occhi scuri si diffuse la gelida paura.
Sei. La
consapevolezza di non poter più sfuggire al suo destino le
permise di avanzare
con più convinzione.
Sette.
Con
la mano sinistra, non più incerta, si allentò il
nodo della cravatta della
divisa di Gryffindor e fece sgusciare i primi bottoni della camicia
dalle
rispettive asole.
Otto. Un
respiro di aria fresca le riempì i polmoni.
Nove. Un
unico pensiero nella sua testa che sparì prima ancora di
essere formulato.
Dieci.
-INCENDIO-
urlò Drew.
A pochi
passi dai propri piedi, Hermione vide spuntare una fiamma che, in breve
tempo
la circondò.
Non si
aspettava niente di tutto ciò.
Il
professore, vedendola in difficoltà sorrise.
Draco
smise
di respirare.
-Alimentes
flames- disse il ragazzo puntando sul fuoco che ormai l’aveva
circondata.
Minerva
McGranitt sperò che il suo intuito di insegnante non
l’avesse portata ad
errare.
Ron
sbatté
le palpebre sconvolto, vedendo l’amica sparire dietro le
fiamme.
Nessuno
osò
fiatare.
Nessuno
tranne Ginny che urlò un incitamento nei confronti di
Hermione.
Là
dentro
faceva caldo.
Doveva
pensare rapita a come liberarsi di quelle fiamme magiche e a come
controbattere
l’attacco nemico.
Un
semplice
incantesimo Aguamenti non sarebbe stato sufficiente per spegnere quel
piccolo
incendio.
-AQUA
ERUCTO- urlò, cominciando a girare su se stessa, mentre un
potente getto
d’acqua scaturiva dalla sua bacchetta.
Una
normale
ragazzina del sesto anno, molto probabilmente, non avrebbe neppure
dovuto
conoscere quell’incantesimo. Eppure, lei era riuscita persino
a riprodurlo.
Minerva
sorrise soddisfatta e piacevolmente colpita.
Ora,
però,
Hermione doveva riuscire ad attuare la contromossa che aveva ideato in
tutta
rapidità.
Doveva
distrarlo.
-Avis-
disse, quasi sussurrando.
Una
decina
di uccelli infuocati uscirono dalla punta della sua bacchetta.
Un gesto
rapido e questi attaccarono il suo avversario, i cui vestiti non
tardarono a
prendere fuoco.
Doveva
attuare la sua reale contromossa.
-Accio
armatura-
Da dietro
alcune ragazze Ravenclaw un’armatura armata di ascia si
sollevo in aria e la
raggiunse.
Kennan,
intanto, aveva ridotto in cenere tutti gli uccelli e si stava
apprestando a
spegnere i propri vestiti con un incantesimo acquatico.
Non aveva
tempo.
Prima
ancora
che l’oggetto evocato potesse toccare terra, aveva
pronunciato piano, cercando
di nascondere la propria mossa al proprio avversario, un incantesimo.
Le fiamme
sui vestiti del professore erano state spente.
-Expelliarmus!-
disse Hermione.
La
bacchetta, però, non si mosse dalla mano del legittimo
proprietario.
Non
c’era
tempo per cercare di distrarlo. Doveva agire prima che tentasse di
scagliarle
addosso un altro incantesimo.
-Geminio-
Un fascio
di
luce azzurra colpì l’armatura.
Ora,
un’altra perfettamente identica troneggiava, fiancheggiando
la gemella.
Vitious
era
sbalordito per l’ottima idea della ragazza e, sconvolto,
cercava sostegno
nell’austera figura di Severus Piton, il quale storceva la
bocca come se fosse
stato costretto ad assaggiare un folle tentativo di Paciock di
riprodurre la
pozione Felix Felicis.
-
Quell’incantesimo glielo ho insegnato io!!!- esclama contento.
La sua
felicità, però, non poteva essere paragonata a
quella della McGranitt, ancora
leggermente strabiliata dell’ottimo controllo con cui la
signorina Granger era
riuscita a padroneggiare l’incantesimo di Trasfigurazione
Avanzata che gli
aveva permesso di animare l’armatura.
-In
effetti,
i tuoi professori avevano visto bene- disse Drew, mentre si rimboccava
le
maniche della camicia bruciacchiata. – Ma non crederai di
potermi trattenere a
lungo con questo trucchetto, vero?-
Hermione
lo
sapeva benissimo. Era perfettamente cosciente che quel ragazzo sarebbe
riuscito
in breve tempo ad eliminare quell’ostacolo, ma lei aveva
bisogno di tempo per
riflettere.
Le
bastavano
pochi secondi, doveva solo ideare un attacco più
strabiliante e funzionale di
quello che, come aveva appena detto il suo avversario, non sarebbe
riuscito a
farla vincere l’incontro.
Intanto,
il
ragazzo era riuscito a riportare una delle due armature al suo stato di
immobilità.
Aveva
poco
tempo.
Quell’idiota
di Malfoy continuava a guardarla. Si ripromise di accecarlo non appena
avesse
avuto cinque minuti di tempo libero.
Trovato.
-Reducto!-
L’incantesimo
colpì l’oggetto metallico che venne scaraventato
con forza contro Kennan.
Costui
cadde
con un tonno sonoro sul pavimento, schiacciato dalla mole
dell’oggetto.
Hermione
sospirò leggermente sollevata. Un errore, che sarebbe potuto
essere scusato
come causato dall’inesperienza.
Drew
aveva
fatto Evanescere l’ostacolo che gli impediva di alzarsi e,
ancora sdraiato,
aveva pronunciato un altro incantesimo.
-Expelliarmus!-
La
bacchetta
scivolò dalla mano della ragazza e, scorrendo sul pavimento,
si fermò ai piedi
di Draco Malfoy. Costui a stento trattenne il desiderio di lanciare una
maledizione Cruciatus contro Kennan, ma Hermione non poté
vederlo in quanto la
potenza della magia che le era stata lanciata l’aveva spinta
all’indietro
facendola cadere sul pavimento.
-Bene,
credo
che questo incontro Duello finisca qui, signorina Granger- disse,
camminando
verso la ragazza.
-Crede?-
gli
domandò ironica Hermione.
-ACCIO
BACCHETTA-.
Sebbene
la
magia fosse stata instabile, in quanto priva dell’oggetto che
solitamente ne
permetteva la perfetta realizzazione, l’oggetto richiamato
ritornò nella mano
della proprietaria, che non perse tempo per utilizzarla nuovamente.
-Bombarda
Maxima!-
Sapeva
che
se fosse riuscita a colpirlo, incontro sarebbe finito e lei sarebbe
stata la
vincitrice. Ma sapeva che dal grande mago che aveva davanti non poteva
aspettarsi una simile fortuna.
- Protego
Maxima-
Disse
Drew,
tracciando una linea curva nell’aria.
Un
potente
incantesimo scudo si creò attorno alla sua figura e la
Bombarda di Hermione non
lo scalfì neppure.
Kennan
sembrava finalmente deciso a concludere il duello.
-Stupeficium-.
Un raggio
rosso uscì dalla punta della bacchetta del ragazzo.
Tutti,
Preside e professori inclusi, si aspettavano che la gloriosa Granger
fosse
stata colpita dalla magia e, per questo motivo, quando capirono che
così non
era stato gemiti diffusi si propagarono nella stanza.
Hermione
era
riuscita ad evocare a sua volta un Incantesimo Scudo e, ora che era di
nuovo in
piedi, sembrava pronta a ricominciare a battersi.
-Madama
McGrannit, ma non mi aveva detto che la ragazza doveva ancora
frequentare il
sesto anno?- chiese stupito Kennan alla professoressa.
Quest’ultima,
con gli occhiali squadrati calati fino alla punta del naso, era ancora
più
sconvolta del nuovo docente.
-E
infatti è
così- riuscì a dire.
-Dunque
sta
cercando di dirmi che la signorina Granger sa effettuare incantesimi
non
verbali senza che nessuno glielo abbia insegnato?- insistette il
ragazzo, senza
però ottenere una risposta.
Minerva
McGranitt osservava Silente cercando di porli una muta domanda. Il
Preside,
però, sorrideva colpito senza premurarsi della donna.
Hermione
si
permise un’intromissione.
-Scusi,
professor Kennan, ma credo che sia il caso di concludere il nostro
Duello-
disse.
Impertinente
e saputella, Draco l’amava anche per questo motivo.
Così
anticonvenzionale, così sfacciata.
Così
bella e
gentile.
Drew si
voltò verso la ragazza.
-Credo
lei
abbia appena dimostrato il suo immenso valore, signorina Granger
– si prese una
piccola pausa, in cui si avvicinò alla ragazza porgendole la
mano e invitandola
a stringerla.
Hermione
lo
fece.
-Dunque,
benvenuta
al mio corso di Magia Avanzata!- concluse.
Note
dell'Autore
Credo
adorerò questo spazio. Qui, nel mio piccolo angolo di
mondo.
Spero che
ciò che ho iniziato vi sia piaciuto e che decidiate di
diventare miei compagni in questo viaggio... Sempre che qualcuno sia
così gentile da farmi almeno recensione (anche se non credo
sarà così) in modo che io non cada
nella più buia delle depressioni O.o
Un saluto
e a presto,
Jerry
|
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Capitolo 2 *** In My Mind ***
Chapter Two, In My
Mind
Non
aveva
ancora lasciato la mano del professor Kennan, quando Ginny le
saltò
praticamente addosso facendole ruzzolare entrambe sul pavimento.
Poco
dopo,
sotto lo sguardo di Drew, che a stento tratteneva una risata, furono
alzate di
peso da Ron ed Harry.
Il
primo
continuava a guardare Hermione. Certamente colpito, ma sicuramente
altrettanto
spaventato.
Credo proprio che non la farò
più
arrabbiare, pensava.
Harry,
invece, con un sorriso a trentadue denti stampato in viso, continuava
ad
elogiare la sua ottima contromossa.
Hermione,
leggermente rossa in viso, gli rispose con un cenno del viso.
-Tutti
coloro che sono stati proposti da un insegnante e desiderano entrare
nel mio
corso, possono presentarsi domattina al limitare della Foresta
Proibita, dove
si svolgeranno le selezioni. Ovviamente sono esentati dalle lezioni del
mattino.- cominciò Drew, spostando, poi, lo sguardo dagli
studenti che avevano
assistito al duello ad Hermione e continuando dicendo –
Ovviamente, signorina
Granger, sebbene la sua partecipazione è già
stata stabilita, vorrei che
venisse ad assistermi, sempre che non le dispiaccia … -
Molti
furono
i pesanti sospiri delle ragazze della scuola che Kennan poté
udire. Nonostante
tutto, la sua espressione (era forse speranzosa?) non mutò.
Era impassibile,
nell’attesa di una risposta.
-Verrò
con
estremo piacere, professor Kennan –
“E
chi non
lo farebbe?” fu il commento acido di qualche ragazzina del
primo anno.
-Bene,
allora a domani-.
Così
dicendo, dopo aver rivolto un saluto ai suoi colleghi,
manifestò il desiderio
di ritirarsi nella sua stanza.
Mentre
ancora si stava allontanando, Silente si apprestò ad
invitare gli studenti a
ritirarsi nelle loro stanze, aggiungendo che avrebbe avuto il piacere
di
parlare con la signorina Granger in privato nel suo ufficio.
Inutile
dire
che solo poche esponenti del genere femminile decisero di andare a
riposarsi.
Molte, infatti, cercarono di seguire Kennan per scoprire dove fosse la
sua
stanza.
Il
loro
intento, o almeno quello di Calì Patil, che guidava una
spedizione di sei
Gryffindor, era mantenere un certo anonimato. Cosa che,
però, non riuscì alla
ragazza, visto che, mentre correva, era inciampata sull’orlo
di un tappeto,
riuscendo perfino a farsi uscire del sangue dal naso.
Oramai,
nel
luogo dell’incontro, restavano solamente i quattro Gryffindor
e un piccolo
gruppo di Serpi, che circondava il capo in comando Draco Malfoy.
Questi
ultimi confabulavano sommessamente, chiedendo il parere di Draco, il
quale
rispondeva loro con qualche cenno o gesto della mano distratto, preso
com’era
dall’osservarla.
Sorrideva.
Ma
non lo
faceva per lui.
Chiacchierava.
Ma
non lo
faceva con lui.
Si
stringeva
a Potter in cerca d’affetto.
Ne
riceveva
molto, ma non glielo dava lui.
Si
passò una
mano tra i capelli biondo pallido, si voltò e se ne
andò, sotto gli sguardi esterrefatti
dei suoi compagni di Casa.
Aveva
bisogno di stare da solo a pensare.
Aveva bisogno di lei.
***
-Dunque,
signorina Granger, vuole seguirmi nel mio ufficio?- le
domandò poco dopo
Silente.
Non
aveva
prestato molta attenzione a quella voce anziana, persa a veder sparire
Malfoy
dietro ad un angolo.
Mosse
la
testa in un segno affermativo.
-Bene.
Mi
segua allora-
Rinsavita
velocemente, aveva detto ai compagni di precederla al Dormitorio e lo
aveva
seguito.
Camminarono
in
silenzio, visto che l’anziano Preside non le rivolse la
parola.
Si
chiese se
stesse per espellerla dalla scuola. Del resto, aveva utilizzato un paio
di
magie che non poteva conoscere. Forse il Preside avrebbe voluto farle
alcune
domande su come era riuscita a padroneggiarle.
Forse
…
Arrivati
dinnanzi
al gargoyle, che rivelò il passaggio segreto che celava
senza nemmeno chiedere
la parola d’ordine a Silente, il filo dei suoi pensieri venne
bruscamente
interrotto.
Salirono
le
scale a chiocciola ed entrarono nell’ufficio del Preside.
Non
era
prima volta che visitava quel luogo. C’era stata con Ron al
primo anno, mentre
Harry era in infermeria, quando l’anziano aveva cercato loro
di spiegare quanto
fosse importante stare vicini al Ragazzo Sopravissuto in quel momento
così buio
della sua esistenza. E c’era stata anche durante il Torneo
Tremaghi, quando le
dissero che sarebbe stata legata infondo al lago, in modo che Krum
potesse
salvarla e avere il suo momento di gloria.
Entrambi
questi incontri non avevano portato buone notizie e i suoi crampi allo
stomaco
erano un chiaro segno di quanto temesse che anche questo avesse la
medesima ed
alquanto poco piacevole conclusione.
-Prego,
si
accomodi- le disse Silente, indicandole gentilmente una sedia.
-Grazie-
rispose educata, mentre si sedeva.
L’uomo,
da
sotto i suoi occhiali a mezzaluna, la fissava intensamente, senza dare
segni di
voler fare altro.
Le
gote di
Hermione si tinsero per il crescente imbarazzo.
-Signorina
Granger, andrò subito al punto in modo che possa ritirarsi
presto al suo
dormitorio. Sicuramente sarà molto stanca dopo lo
strabiliante duello di questa
sera. – Silente smise di parlare, forse aspettandosi
un’intromissione da parte
della ragazza che, però, non vi fu – Vorrei sapere
dove ha imparato quegli
incantesimi di livello avanzato. – la sua non sembrava tanto
una gentile
domanda, ma più un ordine malcelato nella gentilezza
– Non credo che la
professoressa McGranitt insegni a trasfigurare armature e,
sinceramente, non
credo nemmeno che Vitious le abbia insegnato un incantesimo di Richiamo
potente
come quello con cui ha spento le fiamme del professor Kennan. Per non
parlare
dell’incantesimo Bombarda Maxima … -
Hermione,
nell’arco di pochi istanti, si vide cacciata a calci nel
sedere da Hogwarts da
Gazza, sudicio e sorridente.
-E,
se non
sbaglio,- ricominciò Silente facendole ben intuire che in
realtà sapeva di non
sbagliare – i suoi genitori sono entrambi Babbani –
Si
disse che
se avesse dovuto abbandonare la sua scuola, lo avrebbe fatto a testa
alta e in
grande stile. Magari non evocando un palude come avevano fatto Fred e
George,
ma sicuramente in un modo altrettanto spettacolare.
-Si,
lo
sono. Ma, mi corregga se sbaglio, credo che nella sua affermazione ci
sia una
strana insinuazione. Comunque,- diede a quest’ultima parola
una strana e
saccente intonazione - l’incantesimo di Richiamo di Vitious
lo appreso da un
libro della biblioteca … il “Come un buon mago
deve reagire ad un disastro
naturale”, se non sbaglio. Nel capitolo in cui viene trattato
l’argomento degli
incendi dolosi, infatti, sono elencati e spiegati alcuni incantesimi
per
risolvere una tale eventualità. Per quanto riguarda
l’incantesimo che ho fatto
sull’armatura, l’ho visto fare una volta dalla
professoressa McGranitt e ho provato
a riprodurlo fino a quando non sono riuscita a padroneggiarlo.
Similmente per
il Bombarda Maxima, solo che in questo caso ho potuto osservarlo
più di una
volta, vista la palese passione che la
signora Umbridge provava nei confronti di questo
incantesimo.- concluse,
forse con un tono troppo sfacciato.
-Dunque,
credo che la professoressa McGranitt abbia ragione- e così
dicendo le porse un
biglietto vecchio e ingiallito da tempo, scritto in una calligrafia
elegante e
raffinata.
-Ebbene,
signorina Granger, mi sorprenda.- continuò
l’anziano.
Hermione
pensò un attimo alla risposta che doveva dare al Preside. La
sua mente stava
lavorando rapida.
-Non
posso
essere sicura, ma credo che lei mi abbia appena resa partecipe di un
Incanto
Fidelius. Se la mia ipotesi è corretta, allora lei non
è il Custode. Dalla
scrittura potrei anche azzardarmi nel dire che molto probabilmente il
Custode è
una donna. Forse una grande strega del passato-
Silente
sorrise.
-Corretto,
signorina Granger, corretto. Per la precisione il Custode era Rowena Ravenclaw,
una dei quattro fondatori di questa scuola. Sa, signorina, la Stanza
delle
Necessità è stata ideata e realizzata proprio da
lei. Ed è proprio qui che ha
nascosto ciò che, a suo parere, permette ad un uomo di
diventare un grande
mago. Saprebbe dirmi qual è questa cosa, signorina Granger?-
Ricordò ciò che
le disse il Cappello Parlante il giorno del suo smistamento.
-Il Sapere?- gli
rispose.
Altro sorriso.
-Molto bene,
molto bene. Si ricordi la parola d’ordine, mi raccomando.
Sono lieto di dirle
che lei, ufficialmente, è il decimo studente ad aver accesso
al Reparto Segreto
della Biblioteca di Hogwarts!-
-Il decimo
studente?- domandò perplessa Hermione.
-Ebbene si.
Questo biglietto, che un tempo è appartenuto a Rowena
Ravenclaw, è una parte
del patrimonio che i Presidi di questa scuola ereditano.-
-Scusi, se non
sono indiscreta, potrei sapere chi sono questi dieci studenti?-
-L’elenco è
appeso nel Reparto stesso, ma credo di poterle anticipare alcuni nomi-
le
rispose Silente- Severus Piton ottenne il permesso al suo settimo anno,
io lo
ottenni al sesto, come anche il professor Vitious, la professoressa
McGranitt,
invece, lo ottenne al terzo e, infine, Tom Riddle, noto come Lord
Voldemort, e
Drew Kennan poterono entrarvi fin dal secondo anno-.
-Ed in base a
quale criterio viene dato questo permesso?- domandò ancora.
-Il talento,
signorina Granger - gli rispose.
-Quindi, cinque
dei più grandi talenti che sono passati qui a Hogwarts, sono
qui a proteggere
le future generazioni?-
-Mi sono sempre
vantato di aver reso la mia scuola un luogo sicuro, in modo da poter
proteggere
i miei studenti. Questo mi è sembrato il modo migliore.- le
spiegò – e,
comunque, ha commesso un piccolo errore. Al momento attuale, sono sei i
maghi
più talentuosi di Hogwarts che si trovano qui.-
Un sospiro scosse
il corpo della ragazza. Per l’ennesima volta, aveva evitato
l’espulsione.
-Si è fatto
tardi, signorina. Credo sia ora che lei vada a dormire, anche
perché,
conoscendo Drew, credo che la mattinata di domani sarà molto
impegnativa per
lei-
La congedò e lei,
palesemente felice, si ritirò nel suo dormitorio.
In Sala Comune,
Harry, Ron e Ginny l’aspettavano impazienti.
Peccato non poter
svelare loro, quale dono aveva ricevuto quella sera.
***
Quella mattina Draco
Malfoy si svegliò più facilmente delle altre
volte. Aveva, finalmente, una
bella scusa per saltare l’intera mattinata scolastica.
Tutto merito di
Piton che l’aveva presentato come un’eccellente
studente a quell’allocco di
Kennan.
Inoltre, se fosse
riuscito a superare la selezione, avrebbe potuto avere una scusa per
vederla
per qualche ora in più ogni settimana.
Nessuno, questa
volta, lo avrebbe fermato.
***
-Bene, ragazzi-
cominciò il professor Kennan – Ho il piacere di
notare che tutti coloro che sono
stati proposti dai professori si sono presentati-
Si guardò
attorno.
Sicuramente,
alcuni di loro non avrebbero superato la selezione.
-Siete in venti,
dunque. Passeranno solamente dieci persone, contando anche la signorina
Granger
– continuò, rivolgendo alla ragazza un sorriso
gentile quando la nominò – Vi
sfiderete a duello e uno di voi, per sua sfortuna, si
sfiderà con Hermione. Sia
chiaro fin d’ora, che non verranno ammessi i vincitori del
duello, ma coloro
che combatteranno meglio. Come ho già detto ieri, vince
colui che combatte nel
modo più imprevedibile. È questa, infatti,
l’arma per una vittoria assicurata.
Essere certi di essere un mistero per il proprio avversario e, in
questo, ieri
sera la signorina Granger ha dimostrato di essere maestra. Senza
calcolare la
padronanza di incantesimi di livello molto alto … ma stiamo
perdendo tempo
inutilmente, sfoderate la bacchetta!- esclamò entusiasta.
Solo una persona
obbedì. Forse per l’esperienza personale, forse
perché sapeva meglio di altri
chi aveva davanti. Forse perché, infondo, lo temeva.
-Quando vi do un
consiglio, dovete accettarlo, ragazzi- disse Kennan
–Dominusterra-.
Uno scossa del
terreno, in cui cominciarono ad aprirsi numerose crepe.
Caddero tutti a
terra, tranne Hermione, che riuscì a lanciare in tempo un
incantesimo Ascendio.
-E questi
sarebbero i maghi più promettenti di Hogwarts? Merlino, ho
molto di che
lavorare!- disse il professore – Su alzatevi! Hermione, dieci
punti in più a
Gryffindor –
Molti sguardi
d’odio si piantarono sulla ragazza, che, elegantemente,
ringraziò e fece finta
di nulla.
-Cominciamo con i
duelli, allora-
Dal nulla comparì
una scrivania sul cui bordo si appoggiò. Un colpo di
bacchetta e tra le sue
mani si materializzò un foglio che cominciò a
leggere.
-Vedo sulla mia
lista un nome famoso. Signor Potter, la professoressa McGranitt mi ha
parlato
veramente molto bene di lei, e, per questo motivo, sarà il
primo-
Dopo aver scelto
un Hufflepuff proposto da Ruf, l’incontro cominciò.
Si scoprì che
l’avversario di Harry (molto esperto in Storia della Magia),
non era in grado
neppure di formulare un incantesimo di Disarmo.
-Ok. Bene ad
entrambi- Drew lo disse con così poca convinzione che non
riuscì a convincere
nemmeno se stesso – Harry, gira voce che tu sia in grado di
formulare un
Incanto Patrono solido. Sono solo voci di corridoio infondate?-
-No, signore-
rispose convinto Potter.
-Bene,
dimostramelo-
Drew mosse
rapidamente la bacchetta.
Un vento gelido
si alzò dal nulla.
Un freddo che
Harry conosceva bene.
Non sapeva come e
dove, ma Kennan aveva invocato un Dissennatore.
All’improvviso,
dalla Foresta Proibita, uscì allo scoperto, avvolto nel suo
logoro mantello
nero.
Non vi fu
incertezza nelle mani e nello sguardo di Harry.
- Expecto
Patrono!-
Dalla punta della
sua bacchetta uscì una cerva trottante che, ad un cenno del
proprio evocatore,
caricò il carceriere di Azkaban.
-Bene, molto bene
signor Potter!- esclamò Drew, che sembrava essersi consolato
per il pessimo
incontro a cui aveva assistito – C’è
qualcun altro in grado di far ciò che ha
appena fatto Harry?- chiese.
Alcune mani si
sollevarono. Tutti membri dell’Esercito di Silente.
Kennan non
trattenne il suo stupore.
Rivolto ad
Hermione, che aveva la mano alzata, le chiese – Per caso ve
l’ha insegnato
qualche professore?-
-No, signore. È
stato Harry ad insegnarlo ad alcuni di noi l’hanno scorso-
-Molto bene,
signor Potter, può accomodarsi ho concluso con lei-
La maggior parte
degli incontri seguenti furono, se possibile, persino più
noiosi di quello di
Harry.
Dei restanti
quattro Gryffindor che si erano presentati, solo Neville Paciock
riuscì a
portare la propria bandiera. Il ragazzo, supportato dalla stima che la
professoressa Sprite aveva nei suoi confronti, si era dovuto sfidare
con Goyle,
lo Slytherin celebre tirapiedi di Malfoy che era riuscito a far
esplodere la
propria pozione durante i G.U.F.O. (questo evento, comunque, non era
andato ad
influire sulla grande considerazione di Piton nei suoi confronti, che
infatti
lo aveva candidato). Neville, con un’agilità
straordinaria, attribuita dai
presenti all’utilizzo di sostanze prelevate dalla serra della
Sprite, aveva
Disarmato l’avversario e, prima ancora che costui capisse
ciò che gli era
successo, lo aveva Schiantato. Dopo il duello, il professor Kennan gli
aveva posto
alcuni quesiti di Erbologia, a cui, però, il ragazzo non
aveva avuto grossi
problemi a rispondere.
Pessimo, invece,
fu lo spettacolo dato da Lavanda Brown e
Calì Patil, le quali, con attestazione sulle
loro qualità di Veggenti
stilata da niente meno che dalla professoressa Cooman, avevano entrambe
intuito
la mossa dell’altra, con l’unico risultato,
però, che si erano Pietrificate a
vicenda.
Tra i Ravenclaw,
Luna “Lunatica” Lovegood riuscì a
lanciare un potente Levicorpus contro Tiger
(anch’egli sostenuto da Piton), che imprecò contro
Merlino e contro tutta la
sua famiglia.
Quando mancava
poco più di un’ora alla fine delle selezioni era
rimasto solo un candidato.
- Draco Malfoy,
sei rimasto solo tu?- chiese Kennan, che probabilmente sperava ancora
che
all’improvviso spuntasse qualche altro talento – Il
Professor Piton mi ha detto
che sei molto bravo in pozioni e, se non sbaglio, nei G.U.F.O. hai
ottenuto
Eccellente anche in Difesa contro le Arti Oscure e Trasfigurazioni
… - disse,
anche se sembrava stesse riflettendo ad alta voce.
-Vediamo quanto
vali, allora. Signorina Granger potrebbe duellare con il signor
Malfoy?-
domandò rivolto ad Hermione.
La ragazza annuì,
mentre si alzava con la bacchetta stretta nella mano destra.
-No!- esclamò
Draco. Tutti si erano voltati a guardarlo. Se non fosse stato Malfoy,
tutti
avrebbero detto che nella sua voce c’era una strana
preoccupazione.
Lui non avrebbe
mai puntato una bacchetta, casi estremi esclusi, contro di lei.
-Non mi sfiderò con
lei! Lei non sa chi sono io!- urlò, fuori di
sé.
Drew si
raddrizzò, allontanandosi dalla scrivania. Sembrava
tranquillo, anche se i suoi
occhi blu brillavano si una luce diversa.
-Sei il figlio di
Lucius Malfoy e il nipote di Bellatrix Black –
cominciò pacato – Due dei cinque
Mangiamorte che hanno attaccato mia madre quando erano certi che non
potesse
difendersi. Due dei cinque Mangiamorte che mi hanno reso un orfano
quando avevo
quattro anni. Due dei cinque Mangiamorte che l’hanno uccisa
davanti ai miei
occhi e che non hanno avuto l’accortezza di liberarsi anche
di me. Ringrazia il
luogo in cui ti trovi, Malfoy, perché se non ti avessi
incontrato qui, saresti
già divenuto il mezzo della mia vendetta.- si
fermò per guardarlo bene un
attimo - Come vedi, so bene chi sei. Impugna la bacchetta e combatti-
Non aveva
cominciato ad urlare, non aveva lasciato che la rabbia lo assalisse.
L’imperturbabilità sul suo volto, ma non nei suoi
occhi.
Draco maledì
silenziosamente la famiglia in cui era nato.
-No, non lo farò.
Quella mi fa schifo-
L’innata
abitudine nel mentire aveva fatto trasparire quelle parole quasi come
sincere.
Quasi, perché solo una persona non aveva convinto. Se
stesso. E ora,
lentamente, ricominciava a morire dentro.
A quelle parole
Harry era scattato in piedi, con la bacchetta impugnata, pronto a
riscattare
l’onore dell’amica. Come lui, anche Neville e Luna
sembravano pronti a dar
battaglia.
Drew stava già
per parlare, ma la voce di Hermione lo interruppe.
-Non ti
preoccupare, Malfoy, – disse, togliendosi la matita che le
teneva fermi i
capelli sulla nuca con la mano sinistra – il tuo sentimento
è perfettamente
condiviso- un tocco della bacchetta e la matita si
trasfigurò in un coltello.
Lo fece levitare
e, infine, si passò la lama sulla morbida carne del palmo
sinistro.
L’arma, compiuto
l’incarico attribuitole, cadde con un tonfo sordo tra gli
steli d’erba.
-Quanti
Mezzosangue hanno ucciso quelli come te, nel folle tentativo di
mantenere la
purezza del vostro sangue?- con passi sicuri, era arrivata a meno di un
metro
dal suo interlocutore.
Perdonami.
-Ti faccio
schifo? Hai paura di sporcarti le manine?-
Non dirlo,
mi uccidi.
-Non rispondi?-
Senza aggiungere
altro, lo colpì con una sberla in pieno viso. Una traccia
cremisi sulla sua
guancia.
-Ora, che sei già
stato insozzato da me, lurida Sanguesporco, combatti-
Io ti amo,
perché non lo capisci?
-Credo che la
signorina sia stata chiara, impugni la bacchetta, signor Malfoy -.
Questa volta, nel
tono di Drew non c’era più la solita
condiscendenza.
Obbedì. Troppo
sconvolto da quel gesto d’odio, per riuscire ad avere ancora
una volontà.
***
Puntò la
bacchetta contro la ragazza.
-Serpensortia!-.
Un grosso
serpente spuntò nell’erba.
-Non crederai di
potermi sconfiggere con questa biscia, vero, Malfoy? Però
avete una cosa in comune:
entrambi strisciate. Peccato che tu sia solo un lurido verme. Vipera
Ivanesca -
un colpo di bacchetta ben assestato e il rettile sparì.
Qualcosa negli
occhi di Draco si incrinò. Smettila.
-Sei in grado di
fare solo questo, Malfoy? Mi sto annoiando- acida, come solo lei sapeva
essere.
La sua mano,
intanto, continuava a gocciolare lacrime rosse.
Rapido, troppo
perché lei riuscisse a capire cosa stesse succedendo, le
puntò contro la
bacchetta e gli scagliò un incantesimo.
-Vulnusmendo-
Il taglio sulla
mano di Hermione si rimarginò.
-Che gentile!
Avevi forse paura di sporcarti le scarpe?-.
Lui annuì, senza
troppo impegno.
La rabbia della
ragazza crebbe.
-FASTRUNOM- urlò.
Draco cadde in
ginocchio, stordito dal suono emesso dalla punta della bacchetta della
ragazza.
Lei ricordò un
incantesimo letto qualche mese prima, quando Harry aveva cominciato le
sue
lezioni di Occlumanzia. Lo aveva anche provato su Grattastinchi, una
volta. Non
doveva essere poi molto più difficile farlo su Malfoy.
Ricordava quale sofferenza
provava Harry quando Piton glielo infieriva.
Si concentrò,
cercando di ricordarsi alla perfezione la procedura.
Non doveva avere
pietà. Non l’avrebbe avuta.
- Legilimens!-
Si ritrovò
catapultata nella sua testa. Tra i suoi pensieri.
***
-Protego!-
esclamò Malfoy. Non pensava fosse in grado di controllare
anche un incantesimo
di Legilimanzia, avrebbe oscurato la sua mente se lo avesse saputo.
Lei, invece, ora
sapeva tutto ciò che pensava. Dannazione.
-FUORI DALLA MIA
TESTA, HERMIONE!- urlò. L’aveva chiamata per nome.
E se ne erano accorti tutti.
Gli occhi dei
presenti, stupefatti, puntati su di lui.
Anche i suoi.
L’odio leggibile
fino a pochi attimi prima era sparito.
-ALT- urlò il
professor Kennan – Duello finito-
Malfoy ansimava
ancora.
Gli Slytherin
presenti si strinsero attorno al loro capo, mentre Hermione
trovò Neville, Luna
e Harry ad accoglierla. Era visibilmente scossa e, questo, non
sfuggì a Draco.
-Ecco i nomi di
coloro che potranno partecipare al mio corso: Hermione Granger, Harry
Potter,
Draco Malfoy, Neville Paciock, Luna Lovegood, Daphne Greengrass,
Anthony
Goldstein, Terry Steval, Hannah Abbott e Ernie Macmillan-
elencò Drew – Per
tutti quelli che ho nominato la prima lezione si terrà
giovedì pomeriggio, alle
due, davanti alla statua di Barnaba il Babbeo. O meglio, nelle
vicinanze. Per
gli altri, mi dispiace, ma il loro livello di preparazione non
è
sufficientemente alto-.
I nominati
esultarono, gli scartati rimasti interi, invece, non ne soffrirono poi
molto.
-A giovedì,
ragazzi- concluse, mettendo fine anche alla lezione.
I ragazzi si
diressero verso la Sala Grande, dove presto sarebbe stato servito il
pranzo.
Restarono solo
loro due.
Non parlarono.
Poi, Hermione se
ne andò, lasciandolo solo.
Di nuovo solo,
con i suoi pensieri.
Di nuovo solo,
senza lei.
Note
dell’autore
Ebbene,
ho
concluso anche il secondo capitolo.
Solo
una
cosa (ma che credo dirò spesso). Grazie.
Di
cuore,
veramente. Non avrei mai immaginato di ricevere più di una
recensione neanche
nelle mie più rosee speranze. Invece, cinque di voi (o
almeno eravate 5
l’ultima volta che ho controllato) mi hanno lasciato un
commento.
Molto
più di
quanto sperassi, dunque.
Ritengo
giusto, visto che queste 5 persone hanno perso tempo per me e per la
mia
storia, ringraziarle singolarmente. Procedo:
Books:
ufficialmente la prima ad avermi recensito, grazie. Per
quanto riguarda la
frequenza con cui aggiornerò, mi piacerebbe poterti dire che
lo farò con
regolarità, ma so che non sarà così.
Al momento attuale, infatti, sto lavorando
anche ad un altro progetto che ormai mi tiro dietro da quasi due anni e che, assolutamente, non
voglio e posso
abbandonare. Il tempo che dedico alla scrittura, dunque, devo dividerlo
in
questi due racconti che sto scrivendo. Senza contare che ora non ho
l’impegno
della scuola.
Quindi,
mi
dispiace, ma non posso dirti precisamente quanto spesso
aggiornerò. Spero
tu abbia la pazienza di sopportarmi =)
_tata___: sono molto felice che ti
piaccia già e spero
che questo capitolo non deluda le tue aspettative. Come si dice,
infatti, è
molto semplice ottenere qualcosa, la cosa difficile è non
perderla. Grazie
mille per le belle parole =)
Hollina:
mi sono preso il tuo “Stupendooooooooooo!” e
me lo sono messo in un cassetto. Nessuno me l’aveva mai
detto, o almeno non
così! Soprattutto la mia professoressa di Italiano che, una
volta, ha passato
un’ora intera commentando il mio tema solo con una parola:
“PESSIMO”. Dunque …
gentilissima, grazie!!! =)
Lucelibera: questa
molto
probabilmente è la recensione a cui tengo di più.
Non perché le altre non mi
abbiano fatto piacere, ma perché tra tutte è
l’unica ad avermi mosso almeno una
critica, anche se velata sotto uno spesso drappo di gentilezza. Sono
molto
felice di essermi almeno salvato sul finale! Per fortuna, non posso
perdere i
miei lettori già dal primo capitolo! Grazie per la
sincerità =) (sono del
parere che il mio modo di scrivere sia leggermente tendente allo
schifo, quindi
ogni critica mossa in questo campo servirà per farmi
migliorare)
Cassidy14: spero di
aver
aggiornato abbastanza presto, allora. Grazie mille! =)
Dopo questi dovuto ringraziamenti,
passo a ringraziare
coloro che hanno messo il mio racconto tra le Storie Preferite (Angyi,
astrid 93,
Dolce_Rika, wanda_bella_mel, _MarcoLandi_) e coloro i quali
l’hanno messo tra
le Storie Seguite (BabyFairy, Books, buldina, excel sana, Hollina,
lady_rose,
Lucelibera, pomella, Saphiras, Swan90, Usagichan, zamby88, drakina94).
Spero di
essermi ricordato di tutti e di non aver sbagliato il nome di nessuno. Grazie ancora,
Jerry
|
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Capitolo 3 *** Now I know that she knows too much ***
Chapter
three, Now I know
that she knows too much
Lei ed Harry, dopo aver pranzato, abbandonarono la Sala Grande e,
parlottando sommessamente, si diressero verso la statua di Barnaba il
Babbeo.
Entrambi si chiedevano quale sarebbe stato l’argomento
dell’odierna lezione del professor Kennan ed entrambi
faticavano a darsi una risposta che non prevaricasse i normali limiti
della ragione.
-Ma dai!- esclamò all’improvviso Hermione, ridendo
all’affermazioni di Harry – Non può
insegnarci la magia occulta, è pur sempre un professore di
Hogwarts!-
Un “purtroppo” mugugnato fu la risposta del ragazzo.
Quando arrivarono nei pressi della statua di Barnaba, constatarono di
non essere i primi.
Anzi, forse erano addirittura gli ultimi.
Alcuni, come Neville e Luna, li salutarono allegramente, altri, invece,
come l’austera signorina Greengrass, sembrarono fingere di
non averli notati.
Poi, c’era lui.
Draco Malfoy, che continuava a fissarla. Il suo sguardo, dolcemente
sfrontato, sembrava esaminare ogni centimetro della sua pelle.
Improvvisamente si sentì quasi nuda. Percepì
chiaramente che i suoi segreti venivano svelati da quegli occhi che la
stavano ispezionando.
Si avvicinò ad Harry e, seguendo l’istinto, si
aggrappò al suo braccio. L’altro le sorrise
amorevolmente e la introdusse nella conversazione che stava tenendo con
Neville, interpellandola sull’argomento della stessa.
Lei, distratta dai compagni di Casa, non vide lo sguardo truce che
Draco rivolse a quel demente di Potter.
Lei gli apparteneva.
***
Sbucò dal nulla, facendo sobbalzare tutti i fortunati
ragazzi che avevano avuto la ventura di essere stati selezionati da
lui.
-Buongiorno, ragazzi!- esclamò allegro.
Alcuni riuscirono a riprendere il controllo dei loro corpi e a
ricambiare il saluto, ma i più furono certi
di dover correre da Poppy e di doverla implorare per ottenere
uno dei suo straordinari medicamenti miracolosi.
Quando tutti capirono che il loro cuore non era infartuato, il
professore, evidentemente accigliato, ricominciò a parlare.
-Dovrò faticare parecchio con voi, purtroppo. Eppure,- e con
un gesto saccente indicò la sua longilinea figura
– non credo né di essere brutto come un orco,
né di puzzare come il mio stimato collega Severus Piton -.
Risate poco educate animarono gli animi degli studenti, finalmente
tranquilli. Di quasi tutti gli studenti, visto che gli Slytherin
lanciarono loquaci occhiatacce a tutti coloro che avevano riso del loro
stimato Direttore di Casa.
-Bene, se volete seguirmi in classe, finalmente potremo cominciare la
nostra prima lezione!- disse Drew, inchinandosi e indicando la parete
del corridoio.
Alcuni (ben pochi) dei dieci studenti dubitarono che
l’insegnante possedesse una totale sanità mentale.
Gli altri, invece, non sembrarono per nulla stupidi dal suo
comportamento.
La prima a farsi avanti fu Luna, la Lunatica. Coloro che avevano
precedentemente dubitato del nuovo docente, vedendola avanzare, ebbero
la conferma dei loro sospetti.
Classe del professor Kennan, pensò Luna.
Una porta comparì dal nulla. La ragazza afferrò
la maniglia, l’aprì ed entrò,
chiudendosi la porta alle spalle.
-Dieci punti in più a Ravenclaw, signorina Lovegood
– disse Kennan, ancora inchinato, ma sorridente.
Dopo Luna, fu il turno di Harry, che, non sapendo cosa pensare,
ripiegò giocando d’astuzia.
Il luogo dove si trova Luna Lovegood.
Una soglia compari nuovamente e, dall’altra parte, vide Luna
che lo attendeva sorridente. Dopo Potter, gli altri, armandosi di
coraggio, lo seguirono. Quando ancora chinato Kennan percepì
che nessuno si stava avvicinando alla misteriosa soglia, si
alzò, curioso di scoprire chi fossero le persone che erano
letteralmente rimaste chiuse fuori.
Hannah Abbott e Ernie Macmillan si guardavano reciprocamente,
estremamente affranti.
Lo sguardo del professore, però, si fermò sulle
altre due persone che non erano riuscite ad entrare.
Hermione Granger e Draco Malfoy si stavano fissando negli occhi,
appartati dal mondo, dal quale erano riusciti a trarre un piccolo
angolino silenzioso.
Lo stupore si dipinse sui suoi occhi blu, mentre si passava una mano
nei disordinati capelli corvini.
-Davvero i miei due studenti più promettenti non conoscono
la Stanza delle Necessità?- domandò, disperato,
rivolgendo lo sguardo al soffitto in una muta ma chiara preghiera.
Sospirò e si fece forza.
-Evidentemente, voi quattro che siete rimasti fuori, siete degli
studenti modello che non si lasciano influenzare da cattive influenze-
cominciò, ma dovette fermarsi quando, con estremo
sincronismo, gli occhi di Hannah e Ernie si posarono sulla figura di
Malfoy, i quali tutto potevano sopportare tranne l’immagine
di quel diabolico ragazzo ornato da aureola e con candide ali piumate
– Comunque, come stavo dicendo prima, questa è la
Stanza delle Necessità, un luogo molto misterioso della
nostra scuola creato dalla fondatrice Rowena Ravenclaw.
L’arredamento di questa stanza cambia in base alla
necessità, appunto, di chi chiede il permesso di entrarvi.
Questa, sarà la nostra classe e, proprio per questo motivo,
dovrete pensare intensamente a “Classe del professor
Kennan” per potervi entrare. Tutto chiaro?- chiese guardando
i presenti.
Assensi, dichiarati con un cenno del capo, lo fecero ben sperare.
Il primo a tentare fu Ernie che ci riuscì, subito seguito da
Hannah.
Degli ultimi due rimasti, nessuno dei due sembrava deciso a compiere il
primo passo superando l’altro.
-Allora?- chiese esasperato Drew – State aspettando la luna
piena per trasformarvi in licantropi? Muovetevi, ragazzi!-.
Imperterriti i due mantennero lo sguardo fisso a terra.
-Prego, Granger – sussurrò Malfoy.
-A cosa devo questa gentilezza? I Sanguesporco come me non
sono inferiori a quelli come te?- gli rispose, inquisitoria.
Un verso sconvolto uscì dalla bocca del professor Kennan.
-Assurdo!- cominciò – Voi due sapevate benissimo
come entrare nella Stanza, ma, per chissà quale motivo,
state aspettando che lo facesse l’altro … Vi
prego, ditemi che mi sbaglio.-
I due non fiatarono.
-Io sto perdendo tempo prezioso della mia prima lezione per due
mocciosi infantili come voi? Granger, sono molto deluso. Malfoy
… stai confermando l’idea poco positiva che mi ero
fatto di te. Trenta punti in meno a ciascuno- guardò la
parete e la porta ricomparve – Ora, entrate-
ordinò freddo.
Hermione, la più scossa dei due, si affrettò ad
entrare e a sedersi in uno degli ultimi due banchi rimasti. Ultima
fila, a sinistra. Un disonore per lei. Tutta colpa di quel Malfoy.
Non appena quelle parole si formarono nella sua mente, il diretto
interessato si sedette al suo fianco.
Poggiò la testa sul pugno chiuso, annoiato. Superbo,
altezzoso e attore da quattro soldi.
Eppure, i suoi occhi, i suoi capelli, le sue labbra. Bello. Per la
prima volta nella sua vita, quella parola fu rivolta nei suoi riguardi.
Sorridendo, si voltò a guardarla felice, come se avesse
potuto avvertire ciò che lei aveva solamente pensato.
Lei, dannatamente orgogliosa, girò gli occhi e
cercò di ascoltare il professor Kennan.
-Ebbene, ragazzi, benvenuti al mio corso. Prima di cominciare, vorrei
dare alcune regole fondamentali che dovrete assolutamente rispettare
nelle mie ore. Uno: durante le mie lezioni, io non sono il professor
Kennan, ma Drew. Del resto non sono poi più anziano di voi e
il cognome invecchia!- scherzò Drew – Due:
atteggiamenti razzisti, come quelli manifestati dal signor Malfoy
durante le selezioni, sono categoricamente banditi. Chi non
farà ciò, verrà espulso non solo dal
mio corso, ma anche dalla Scuola. Tre: per tutta la durata del corso
lavorerete a coppie e, queste, non potranno essere cambiate se non dal
sottoscritto. Visto che i banchi sono disposti a due a due, i gruppi
sono già formati. Quattro: chi sfrutterà
l’occasione data da queste lezioni per ferire un compagno
volontariamente, se la vedrà con me. Il che è
molto peggio della semplice espulsione, credetemi. Incantesimi di
Legimanzia e Incanti Senza Perdono, dunque, sono banditi.-
Concluse il suo sermone osservando i suoi studenti e trattenendosi in
particolare sulla nuova coppia Granger/Malfoy.
-Nei nostri prossimi appuntamenti studieremo l’incanto
Patrono, che desidero tutti riescano a padroneggiare. Per i
più abili, inoltre, approfondiremo una particolare
variazioni di questa magia che permette ai patroni di parlare. Qualcuno
sa dirmi chi è l’inventore di
quest’ultima?- domandò Kennan.
Una mano si levò scattante. Anche questa volta, Hermione
Granger sapeva la risposta, constatò Malfoy.
-Nessuno oltre alla signorina Granger?- insistette freddo Drew.
Quando nessuno osò alzare la mano, Drew le concesse di
parlare.
- Il professor Silente- disse controllata.
-Bene, Granger. Darei alla tua Casa dieci punti, se non fossi appena
stato costretto a togliertene trenta-.
Gelido e implacabile Kennan aveva effettuato quell’affondo
con estrema maestria.
Un boato, messo a tacere solo parzialmente, si levò dalle
bocche dei presenti, evidentemente sconvolti.
-Lo immaginavo, professor Kennan -.
Drew sorrise soddisfatto. Era caduta nella sua trappola.
-Questo pomeriggio, dopo la fine della lezione, si fermi qui. Visto che
non ha rispettato la prima delle cinque regole che vigono in queste
ora, lei è in punizione-.
Numerosi occhi sgranarono, uscendo dalle orbite. I ragazzi, Harry
compreso, posarono una mano in mezzo alle loro gambe, nel folle
tentativo di scappare alla Sfortuna. Le ragazze, invece, cominciarono
un cicaleggio infinito, in cui maledirono Hermione, che, oltre ad
essere la cocca del prof, era riuscita anche ad avere un appuntamento.
Malfoy sbiancò, se ciò era possibile.
Hermione Granger, l’impeccabile studentessa, era appena
finita in punizione.
Presto dal cielo sarebbero piovute sfere infuocate e quattro cavalieri
sarebbero giunti, cavalcando i loro demoniaci destrieri.
L’Apocalisse, oramai, era alle porte.
Lei, elegantemente, sussurrò un assenso e chinò
il capo.
***
-Nella lezione odierna, comunque, ripasseremo le basi che ogni
duellante deve possedere. Incantesimi di Disarmo, fatture Varie e
Incantesimi Scudo. Se siete pronti, alzatevi- continuò
Kennan.
Tutti obbedirono.
- Evanesco – disse, in un tono basso, ma chiaro.
Le sedie e i banchi sparirono.
-Mettetevi a coppie e duellate, ragazzi-
***
Lei era lì, a meno di un metro, e guardava solo
lui.
Per quanto tempo aveva atteso questo momento? Troppo. Eppure gli
sembrava poco, adesso che era riuscito ad avere quegli occhi puntati
sul suo corpo.
Dio, quanto è bella.
-Sei pronta, Granger?- le chiese.
-Certo-.
Sicura di sé, era tranquilla, oramai conscia delle proprie
abilità.
Vi era stato un tempo in cui non era stata così. In quel
tempo, però, i suoi denti erano troppo grandi e i suoi ricci
indomabili. In quel tempo, non aveva ancora combattuto contro un gruppo
di Mangiamorte.
Ora, il suo corpo e la sua anima erano stato temprati da quella grande
maturità che da sempre l’aveva caratterizzata.
Ora, quella che un tempo era stata paura, era divenuta una tacita
consapevolezza.
Combattere per sopravvivere. Sempre.
Draco fece un leggero inchino alla sua avversaria, mentre,
dall’altra parte dell’aula, Lunatica lanciava
un’ottima Fattura Orcovolante contro la sua compagna di Casa
Daphne Greengrass.
Si rialzò e, con un evidente piacere, vide Hermione
inchinarsi a sua volta.
Sapeva che se non fosse stato per l’obbligo imposto dal
protocollo di ogni duello non lo avrebbe mai fatto, eppure non riusciva
a non illudersi che con quel gesto lei lo stesse riconoscendo. Come
duellante, come compagno, come uomo.
Poi, con grazia, si drizzò. La bacchetta puntata contro il
suo petto, lo sguardo vuoto. Non più odio, in quelle
pupille. Non un neonato amore. Non ira, pena o dispiacere.
Semplicemente il Nulla.
Fredda e controllata, anche Voldemort, se l’avesse avuta
davanti, le avrebbe scagliato contro un Avada Kedavra il più
velocemente possibile.
Una distrazione e si sarebbe ritrovato in infermeria.
Saperlo, però, non riusciva a farlo concentrare.
- Expelliarmus –
Draco vide la sua bacchetta fare una parabola alta e cadere sul
pavimento.
Hermione, lo sguardo alto, lo superò, camminando piano.
Raggiunse Drew, che, fino a quando lei non fu a un passo dal
raggiungerlo, finse di non vederla.
Poi, come cadendo dalla nuvole, la guardò, sorrise e disse
– C’è qualche problema, Hermione?-
Dolce e melliflua fu la sua voce.
-Si. Vorrei cambiare compagno- gli rispose.
Drew la guardò.
-Impossibile-. Quella parola ruppe il silenzio che si era creato nella
classe. Tutti i presenti avevano gli occhi puntati su di loro.
-Bene- disse Hermione, sorridendo e tornando al suo posto, davanti a
Malfoy, che nella sua testa aveva già capito cosa stava per
fare quella ragazza. Non si sarebbe opposto.
Hermione alzò la bacchetta e la puntò contro
Draco.
-Mi dispiace Malfoy – sussurrò.
Draco chiuse gli occhi. Evidentemente l’odio che provava nei
suoi confronti era talmente forte da impedirle di continuare quelle
lezioni.
- Crucio –
Addirittura pensò Draco, poco prima di sentire il rumore
delle sue carni stritolate.
- Accio Bacchetta Hermione -
Con rapidità la bacchetta sgusciò dalle sue mani
e venne afferrata da quella sinistra di Drew.
-Esci da questa classe, Hermione – disse il professore, gli
occhi blu accesi dall’ira.
-Lo farò con immenso piacere, Drew -.
Senza badare allo sguardo sconcertato di Potter e degli altri presenti,
si girò, aprì la porta ed uscì.
***
-Ragazzi, continuate ad allenarvi, mentre io porto Malfoy in
infermeria- ordinò il professor Kennan, mentre, con un cenno
della bacchetta, il corpo svenuto di Draco si sollevava e prendeva a
levitare ad un metro da terra.
Fatto il tragitto che separava la Stanza delle Necessità dal
luogo in cui era diretto, fu accolto da una Poppy estremamente agitata.
-Cosa è successo a quel ragazzo?- chiese al professor Kennan.
-Maledizione Cruciatus –
Un’espressione sbalordita comparì sul volto
dell’infermiera.
-Comunque, non è stato soggetto all’incanto per
più di un paio di secondi e chi glielo ha lanciato, molto
probabilmente, era al suo primo tentativo. Credo che in un paio
d’ore il signor Malfoy si sarà ripreso-
Dicendo che doveva andare a fare lezione, lasciò il ragazzo
alle sue cure e se ne andò.
Rientrato in classe, tutti erano presi a duellare. Nessuno,
però, sembrava metterci tanto impegno.
L’Apocalisse era alle porte e loro stavano sprecando le loro
ultime ore lanciandosi inutili Fatture da quattro soldi.
***
Aveva atteso che la prima lezione del corso di Drew terminasse nel suo
dormitorio, portandosi avanti con i compiti che dovevano essere
consegnati durante le settimana successiva. Aveva finito il testo di
quindici righe sulla Trasfigurazione degli animali a sangue caldo ed
era a buon punto con il tema di Incantesimi.
Purtroppo, però, doveva andare a subire le conseguenze dei
suoi comportamenti.
Arrivò fino alla Stanza della Necessità. I suoi
compagni stavano uscendo, alcuni anche molto ammaccati, e tutti,
indistintamente, si concessero il privilegio di scrutarla, analizzando
i suoi gesti, in cerca di una minima traccia di rimorso.
Inutile ricerca, la loro. Sul suo volto, c’era la
straordinaria fermezza di chi ha deciso in che modo agire.
Harry le strinse il braccio destro mentre se ne andava, dandole il suo
tacito consenso. Luna e Neville le sorrisero.
Un coraggio, che non credeva di riuscire ad avere,
l’animò.
Per ultimo, uscì il professor Kennan. Lo sguardo torvo.
-Vieni, Hermione - le ordinò, invitandola ad entrare nella
Stanza delle Necessità.
Non se lo fece ripetere ed obbedì.
L’arredamento era mutato nuovamente.
Uno studio, spazioso ma non esageratamente ampio, poco arredato, quasi
vuoto. Una scrivania e una poltrona, a cui Drew si accomodò.
Fece comparire una sedia anche per la ragazza e la invitò a
sedersi.
Obbedì.
-Posso offrirti qualcosa da bere? The, magari?- le chiese gentile.
-Sa, se non temessi che per errore nella mia bevanda finissero tre
gocce di Veritaserum, accetterei volentieri. Purtroppo non posso
esserne certa, dunque, sono costretta a declinare la sua offerta-
-Vigilanza Costante- mormorò Drew – Questa tua
affermazione, però, mi permette di affermare che desideri
mantenere i tuoi segreti tali-
Non era una domanda, ma una semplice costatazione. Hermione, allora,
stette in silenzio.
-Perché?- le domandò.
-Scusi, ma non credo di aver capito cosa mi sta chiedendo-
-Cercherò di essere più chiaro, allora.
Perché non sei entrata nella Stanza delle
Necessità, prima?-
Lei lo fissò perplessa.
-L’ha detto anche lei, semplicemente non ne ero a conoscenza-
gli rispose.
Drew non riuscì a trattenere una risata.
-No? Scusa, mi potresti dire qual’era il ritrovo
dell’Esercito di Silente? E, già che ci sei, mi
spieghi come hai potuto dimenticare l’oggetto del tuo
colloquio con Silente dell’altra sera?-
Evidentemente il professore aveva fatto alcune ricerche molto
approfondite sul suo conto.
-Ritengo che tutto ciò che mi ha chiesto appartenga alla mia
sfera privata. Almeno che lei non desideri rivelarmi cosa si prova a
sacrificare i propri compagni d’avventura per saziare la
propria sete di vendetta, non credo le risponderò. Le
ricordo, comunque, che lo scopo di questo incontro è
impartirmi una punizione esemplare, visto che non ho rispettato due
delle sue cinque importantissime regole-.
La miglior difesa è l’attacco. Lei aveva fatto il
suo affondo, ora doveva aspettare la contromossa del suo avversario.
-Vedo che anche tu hai fatto ricerche sul mio conto. Hermione, io non
sono un nemico. Sei la mia studente migliore e oggi ti sei comportata
in un modo a dir poco sconsiderato. Voglio solo capire cosa ti sta
succedendo e cercare di aiutarti-. Quell’uomo sembrava
comportarsi come un fratello maggiore estremamente protettivo.
-Ero, professor Kennan. Intendo abbandonare il suo corso oggi stesso.
Qual è la mia punizione?-
Un sospiro affranto scosse il corpo di Drew.
-Questo era quello che cercavo di evitare. Volevo che la mia aula fosse
un luogo in cui tutti i miei studenti potessero rifugiarsi. Volevo
essere un amico, prima di un professore. Evidentemente, non ci sono
riuscito.- si passò una mano nei capelli spettinati
– Non ti punirò, Hermione. So che non avresti mai
agito in quel modo sconsiderato, se non per una stretta
necessità-
Il corpo di Hermione si rilassò.
Con un movimento fluido si alzò dalla sedia.
-Bene, allora io vado in dormitorio. Purtroppo, ho molti compiti da
fare –
Si diresse verso la porta e afferrò la maniglia.
-È per quello che hai visto nella sua testa, vero?-.
La contromossa, avvolte, si manifesta con un attacco mortale.
Rapida la lama di quella spada si conficcò nel suo cuore,
che perse un battito e smise di pulsare.
Una lacrima solitaria le rigò il volto e cadde.
-Si-
La sua voce era un sussurro. Non poteva accettare quella
verità.
Non ne aveva la forza.
Una mano gentile e leggera si appoggiò sulla sua spalla.
-Non abbandonare il mio corso, Hermione. Cambierò il tuo
compagno, se è questo che realmente vuoi. Ma, se
ciò che hai visto, potrebbe nuocergli, sei tu che devi
stargli vicina. Sei solo tu che puoi aiutarlo-.
Spostò la mano, lasciandola libera di arsene, se avesse
voluto.
-Io non posso fare niente per lui-. La sua voce rotta dalla debolezza.
-Ho visto come ti guarda, Hermione. Tu puoi salvarlo, se lo vuoi
realmente-
Quel macigno le cadde addosso, schiacciandola.
Drew aveva ragione.
Cercò di trovare alcune parole con cui rispondergli, ma non
le trovò.
-Sei confusa, è chiaro- cominciò Drew –
La prossima lezione si terrà tra una settimana. Se non
verrai, saprò che hai deciso di lasciare il mio corso.
Pensaci, ti prego -
Lei aprì la porta e, con un unico passo, superò
quella soglia. Un nuovo mondo, si aprì ai suoi occhi.
Lei poteva.
Lei.
***
Annaspò, mentre finalmente l’aria ritornava a
riempirle i polmoni.
Cominciò ad avviarsi verso la Sala Grande, dove presto
sarebbe stata servita la cena. Aveva fatto tardi.
-Buonasera, Granger -.
Riconobbe quella voce, non appena il primo suono di quelle parole
entrò in contatto con i suoi timpani.
Lo cercò. La ricerca fu breve.
Appoggiato al muro, a poco più di un metro da lei, con il
volto nascosto dalla penombra.
-Buonasera, Malfoy – cominciò lei, cercando di
essere il più fredda possibile – Spero tu abbia
perdonato il mio comportamento avventato di questo pomeriggio. Non ero
in me – si scusò, cercando di apparire il
più dispiaciuta possibile.
-Queste parole mi consolerebbero, se non sapessi che nei tuoi occhi
c’era una nitida fermezza che indicava quanto tu fossi
conscia di ciò che stavi facendo-. Le sue parole altisonanti
arrivarono implacabili, come uno schiaffo scagliato con forza in pieno
viso.
-Stai meglio?- gli domandò.
-Si, ma, se tu avessi voluto farmi male veramente, non credo sarei
ancora in grado di stare in piedi-
Lui si era rizzato in piedi e l’aveva raggiunta.
La breve distanza le permetteva di sentire il suo respiro caldo sulla
pelle.
-Sai cosa provo per te?- le chiese, riuscendo ad imprigionarla, con un
rapido movimento, contro il muro.
Lei abbassò lo sguardo.
-Guardami, per favore-. Il suo tono dolce, alleggerì
quell’ordine, accompagnato dalle sue dita che, prendendole il
mento, l’avevano obbligata a sottostare alla sua
volontà.
Hermione vide un’innumerevole quantità di
sensazioni sfilare disordinatamente dietro i suoi occhi grigi.
-Si-
Lui si avvicinò. I loro corpi ormai si toccavano
pericolosamente.
Le accarezzò una guancia con la mano destra.
-Provi lo stesso per me?-
Nella sua testa, la risposta fu certa.
-Non lo so, Malfoy – disse.
Lui ridacchiò.
-Vorrei poter essere solo Draco per te-
Quelle parole, però, suscitarono un’inaspettata
reazione in lei.
Solo lei poteva aiutarlo.
Prese coraggio e riprese a parlare.
-Non lo so, Malfoy, ma non credo lo scoprirò mai. Io non
potrò mai amare un assassino-
La sua mano fu rapida e lui non poté opporsi a
quell’atto.
Impugnò rapida la bacchetta che Drew le aveva restituito
durante il loro incontro.
- Deletrius Finitus –
Due furono le parole che pronunciò.
Due furono le parole che fecero cambiare completamente
l’espressione di Draco.
Un teschio con un serpente imprigionato nelle fauci comparve sul suo
avambraccio destro.
-Ora ti faccio io una domanda, Draco. Credi che io possa fingere di non
sapere cosa ti ha chiesto Voldemort?-
Lui non le rispose, troppo scosso da ciò che aveva appena
scoperto. Lei sapeva troppo.
Hermione si alzò sulla punta dei piedi e gli diede un dolce
bacio sulla guancia.
Lo guardò negli occhi.
-No, non posso-
Voltatasi, se ne andò.
Draco rimase lì.
Le gambe cedettero e cadde in ginocchio.
Lei sapeva. Tutto.
Note dell’Autore
Stento a crederci, ma sono riuscito a finire anche il
terzo capitolo. So di averci messo molto più tempo
dell’ultima volta, ma in realtà l’ho
scritto tutto nel giro di una sola giornata. Numerosi sono gli impegni
che mi hanno tenuto impegnato nei giorni precedenti. Siccome sto per
partire in vacanza, mi sono sentito in dovere di lasciare ai miei
lettori almeno un capitolo. Come dicevo, però, gli impegni
sono stati molti e mi sono ridotto a scrivere di notte. Anche ora,
mentre scrivo queste parole, sto cercando di fare meno confusione
possibile, perché la mezzanotte è abbondantemente
passata. Per fortuna c’è il caffè che
mi da una mano (che io poi lo corregga con un po’ di Baileys
per darmi un po’ di brio, centra poco =) ) …
Purtroppo, dal punto di vista del numero di recensioni, il secondo
capitolo ne ha avute ben due in meno, il che è davvero molto
deprimente. Sia chiaro, non accuso nessuno. Il fatto è che
per ogni autore (credo) vedere l’interesse dei lettori
diminuire con il procedere della storia, da un’infinita
sofferenza. Si è solo aggiunto un nuovo fallimento personale
a quelli che cerco di colmare, nulla di grave!
Spero che questo terzo capitolo piaccia almeno un po’
più dell’altro !!!
Altrimenti … beh, altrimenti niente!
Ringrazio le tre Grazie, o Anime Pie che dir si voglia, che sono state
così immensamente buone da recensire. Ovvero: la mitica
Books (che per la seconda volta consecutiva è arrivata prima
… non che i concorrenti fossero poi tantissimi :D), la cara
Hollina (a cui dedicherò uno spazio un po’
più ampio immediatamente sotto) e la NEW ENTRY pomella
(credimi, sarà il caso che Draco cominci a muovere il
cu…. ).
Ovviamente ringrazio le 18 persone che seguono la mia storia e le 5
che, invece, l’hanno ficcata nelle preferite!
Ora, passo ad un argomento che mi sta strettamente a cuore. Cara
Hollina, sono un ragazzO. Lo so, è una notizia terribile, ma
non puoi utilizzarla come scusante per smettere di leggere la mia
storia (mi raccomando!).
Questo vale per tutti coloro che leggono You & Me, ovviamente.
Ora devo andare, visto che mi sto addormentando sul computer. Saluti a
tutti,
Jerry
|
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Capitolo 4 *** Thoughts and Doubts (Discovering the past) ***
Chapter
four, Thoughts and Doubts (Discovering the past)
Il
finesettimana, fortunatamente, era passato rapidamente. La biblioteca,
in cui
si era rintanata per sfuggire allo sguardo indagatore degli studenti di
Hogwarts, era stata un accogliente e silenzioso rifugio dove poter
tenere la
mente impegnata con i compiti che i professori avevano assegnato.
Quando
era
entrata in quella stanza, però, aveva dovuto sopportare
un’occhiata truce della
bibliotecaria che aveva dichiarato chiaramente quale fosse il suo
pensiero.
“La reputazione va
custodita con parsimonia.
Macchiarla una sola volta, la rende inutile”
Dello
stesso
parere sembravano essere anche altri componenti del corpo docenti.
Del
resto,
nessuno se lo aspettava da una come lei.
Come
poteva
l’integerrima signorina Granger scagliare contro un compagno
indifeso niente
meno che la Maledizione Cruciatus?
Nessuno
si
sforzava di capire il motivo del suo gesto, convinti che
l’insensatezza del
proprio parere potesse nuocere alla ragazza, la quale, al contrario,
cominciava
ad apprezzare il tacito rispetto che si era creata con quel gesto.
Fatto
sta
che per molte ora non era stata disturbata e che aveva potuto
avvantaggiarsi.
Ovviamente,
non si era persa la possibilità di chiacchierare con Harry,
Ginny e Ron nel
tepore dei Tre Manici di Scopa, possibilità gentilmente
offerta dall’uscita a
Hogsmeade, ma il resto del tempo libero lo aveva diligentemente
impiegato nello
studio.
Inutile
dirlo, si era aspettata una severa punizione per
l’incantesimo che aveva
scagliato contro Malfoy. Questa, però, non era arrivata.
Sebbene
tutti in quella scuola sapessero ciò che aveva fatto, il
professor Kennan
insisteva che nessun incanto oscuro era stato lanciato nella sua classe
e che,
quindi, non vi era alcuna ragione per punire quella che
definì una
“coscienziosa e diligente studentessa”.
Il
motivo
per cui Drew lo avesse fatto, le era ignoto.
Forse
voleva
solo accertarsi che non lasciasse il suo corso, o forse voleva
solamente
salvare la reputazione di entrambi.
Quale
sarebbe stato, infatti, il parere altrui nei suoi confronti se si fosse
saputo
cosa aveva combinato Hermione sotto il suo naso?
Eppure,
era
certa.
Drew
non era
così.
Questi
erano
i pensieri che ingarbugliavano la sua mente quel mattino e che, come
animati
dal sonno non ancora dissipato, si rincorrevano in un moto ripetitivo,
infinito
e privo di conclusione.
Conscia
che,
una volta sveglia, avrebbe dovuto affrontare quel giorno che attendeva
da
tempo, ma che le incuteva uno strano timore, cercò di
aggrapparsi al sogno che
aveva vissuto durante tutta la notte e dimenticato in un paio di
secondi.
Purtroppo,
era sveglia.
Lo
sguardo
le cadde sul calendario che la sua compagna Lavanda aveva appeso e
sulla
superficie plastificata di quest’ultimo cercò
speranzosa la confutazione di
quella certezza.
Come
si può
smentire il Vero?
Lunedì,
19
Settembre.
Un
cerchio
rosso attorno a quella data.
Buon Compleanno, Hermione si disse,
mentre, stropicciandosi gli occhi assonnati, scostava le coperte e
scendeva dal
letto.
Il
tenero
abbraccio della tiepida acqua, che, scrosciando, riempì la
vasca del bagno, la
svegliò, spazzando il dubbio.
Drew
non era
così.
***
-
Hermione!-
Qualcuno,
con una squillante ed allegra voce femminile, la stava chiamando
dall’altra
parte della Sala Comune, non badando ai presenti e ai loro sguardi, i
quali, fin
da subito, si piantarono su quella ragazza che, oltre ad essere la
cocca di
quasi tutti i professori, era riuscita persino a scagliare una
Cruciatus senza
avere alcuna conseguenza.
Lei
alzò la
mano lentamente in un saluto appena accennato.
La
proprietaria di quell’urlo che l’aveva messa al
centro dell’attenzione dei
presenti, ignorando il suo desiderio di passare inosservata, le corse
incontro
sbraitando e agitando le braccia.
Alla
fine,
Hermione si ritrovò stretta in un abbraccio soffocante.
-Auguri!-
continuò
a gridare la ragazza, dimenticandosi di avere la festeggiata a meno di
dieci
centimetri.
-Grazie
Ginny – rispose Hermione.
Le
gote
palesemente arrossate, gli occhi chini che cercavano di sfuggire agli
sguardi
che la fissavano, i capelli raccolti.
Bella,
così
naturalmente stupenda da togliere il fiato.
Poco
dopo,
due impiastri di alcuni centimetri più alti di lei le si
avvicinarono
sorridendo.
Il
rosso,
leggermente imbarazzato, cominciò a parlare, scusandosi.
-Scusala,
Hermione. Non è colpa sua, mamma la rimprovera sempre per la
sua …
“spontaneità”. Auguri, comunque- le
disse Ron.
-Grazie
mille, Ron -.
Educata,
rispose senza prestar orecchio alle insinuazioni del fratello di Ginny.
Poi,
Harry
se la strinse al petto, complimentandosi con lei per aver finalmente
raggiunto
l’ambito traguardo che l’avrebbe finalmente resa
maggiorenne.
Il
profumo
di quel corpo la cui anima le era stata affianco nei momenti
più duri, la saziò
dandole la forza di reggere quel peso che quel deficiente di Malfoy le
aveva
scaricato.
Harry
c’era
stato sempre. Era stato lui a consolarla quando Ron si era ingelosito
per la
sua amicizia con Victor Krum, ed era stato sempre lui a sostenerla
quando Ron
l’aveva lasciata per Lavanda Brown.
Quando
finalmente Hermione capì che era ancora abbracciata ad
Harry, si staccò
rapidamente da lui.
Un
ricordo
si compose nella sua mente.
Draco
e la
sua possessiva gelosia, che lo attanagliava ogni qualvolta il suo corpo
e
quello di Harry si sfioravano.
Se
li avesse
visti in quel momento, molto probabilmente, sarebbe saltato al collo di
Potter
e gli avrebbe strappato la giugulare a morsi.
Si
ridestò e
vide i tre che le porgevano i loro regali.
Il
primo che
aprì fu quello dell’amica.
Un
delicato
profumo alla vaniglia, che, a detta di Ginny, le avrebbe fatto fare
un’infinità
di nuove conquiste.
Hermione
si
ripropose di controllare quel liquido giallognolo imprigionato in un
elegante
boccetta di vetro, in modo da poter evitare di incappare in qualche
strana
pozione d’amore.
Poi,
fu il
turno di Ron.
Un
libro
intitolato “I 1000 Incantesimi di Sopravvivenza che Ogni Mago
dovrebbe
conoscere”.
-Sai,
me
l’ha consigliato Tonks. Ha detto che le è stato
utile molte volte-
Lieta
di non
aver ricevuto in regalo una Pluffa, lo ringraziò
gentilmente.
Infine,
fu
il turno di Harry.
Le
porse una
piccola scatolina bianca. L’aprì e vide una spilla
a forma di Grifone.
-Spilla
Pirofuga, – cominciò a spiegarle il ragazzo
– in grado di assorbire qualsiasi
incantesimo di Incendio non Oscuro. Visti i propositi del professor
Kennan,
credo che potrebbe esserti utile-
Lei,
ricordando la spirale fiammeggiante in cui era stata imprigionata,
annuì,
sperando, in cuor suo, di non dover mai utilizzare quella spilla.
***
La
giornata
non cominciò nei migliori dei modi e continuò
rasentando livelli minimi
storici.
Harry
era
riuscito a superarla nella realizzazione di quell’inutile
pozione d’amore
durante la prima lezione con Lumacorno, aggiudicandosi una boccetta di
Felix
Felicis e una sfilza di complimenti non indifferenti dal professore. Le
costava
ammetterlo, ma non sopportava essere superata da Harry in qualsiasi
materia che
non fosse Difesa contro le Arti Oscure.
Ma
del
resto, Harry, in fondo, si meritava un po’ di pace dopo tutte
le ore di Pozioni
passate con Piton.
Proprio
quest’ultimo, invece, era riuscito a guadagnarsi da Hermione
una serie di
maledizioni che avrebbero potuto stendere un gigante.
L’uomo,
noto
ai più come L’Unto, evidentemente non aveva preso
bene la sua esenzione da una
qualsiasi forma di punizione per ciò che aveva fatto ed era
arrivato persino a
sottrarre trenta punti a Gryffindor per il semplice fatto che lei,
conoscendo
la risposta alla domanda che aveva posto, aveva alzato la mano.
-Signorina
Granger, reputo giusto informarla che, da quando ha usato la
maledizione
Cruciatus contro uno dei miei studenti, lei ha ufficialmente perso il
diritto
di fare la saputella durante le mie lezioni. Spero di essere stato
chiaro-
queste erano le parole che le aveva rivolto.
Crudeli.
Ma
lei,
aveva annuito e chinato il capo.
In
fondo, se
lo meritava.
Malfoy,
dall’altra parte della stanza, guardava imperterrito il libro
di Difesa contro
le Arti Oscure, mentre i suoi compagni di casa ridevano per quel
pubblico
sbeffeggiamento.
***
-Bastardo-
Questa
fu la
prima parola pronunciata da Harry non appena furono abbastanza lontani
dalla
nuova classe di Piton, che, oramai, aveva assunto il tipico aspetto
della
vecchia aula di pozioni: una cripta.
-Non
importa, Harry. In qualche modo dovevo essere punita.
Riconquisterò quei trenta
punti il più presto possibile, te lo prometto-
La
sua
risposta era stata calma e controllata. Hermione, fredda e calcolatrice
all’occorrenza.
-Sai
bene
che non mi riferivo ai punti-
Lei
annuì
sorridendo.
-Muoviamoci,
ho fame!- esclamò poco dopo, finalmente rallegrata.
***
La
Sala
Grande era già gremita, ma i Gryffindor non tardarono a
trovare un posto in cui
sedersi. Tutti i loro compagni di Casa, infatti, li accoglievano
felicemente.
Del
resto
chi non avrebbe voluto il Cercatore e il Portiere della propria squadra
di
Quidditch seduti al proprio
fianco?
Hermione non otteneva lo stesso
successo, ma, nonostante ciò,
non appena si sedeva subito qualcuno le si avvicinava chiedendo un
aiuto nello
svolgimento di qualche compito. Lei gentilmente smetteva di mangiare e
si lanciava
in approfondite spiegazioni che, a memoria d’uomo, non
avevano mai lasciato
nessuno insoddisfatto. Infine, dopo una numerosi ringraziamenti a cui
lei
cercava inutilmente di porre un termine, la lasciavano al suo pranzo e
al suo
cibo, ovviamente raffreddato.
Quel giorno, decise di mangiare con
calma, visto che
l’aspettava un lungo pomeriggio completamente libero. Avendo
già svolto i
compiti che le erano stati assegnati durante il weekend e avendo
abbandonato le
inutili lezioni della professoressa Cooman molto tempo prima, si
ritrovava, a
differenza di Harry e Ron, con un numero soddisfacente di ore di
libertà, che,
inutile dirlo, aveva intenzione di far fruttare.
***
Dopo
che
Harry e Ron l’ebbero lasciata sola, in quanto erano
già in ritardo per la
lezione di Divinazione, e dopo che il suo tavolo cominciò a
svuotarsi, decise
che era giunto il momento di andare in quel luogo che da tempo ambiva
visitare,
ma per il quale non aveva mai trovato, fino ad ora, il momento adatto.
Alzò
lo
sguardo e lo vide.
I
suo
capelli pallidi, illuminati dal sole del soffitto magico, riflettevano
riverberi di quella luce non vera. I suoi occhi
argento, rischiarati, si
erano dipinti di magnifici arabeschi.
La
stava
guardando. Stava rubando una sua immagine in quel momento in cui era
sola.
Un’immagine che si sarebbe aggiunta alla sua preziosa
collezione personale.
Aveva
bisogno di lei, lui lo sapeva.
Si
alzò e,
camminando piano, si diresse verso la porta della Sala Grande.
Lì, dopo essersi
fermato, si voltò e la guardò.
Un
chiaro
invito, con cui sperava lei decidesse di seguirlo.
Un
chiaro
invito, che lei non accettò.
E,
di quella
che fino a pochi istanti prima era stata la figura di Draco, non rimase
che un
fruscio di vesti e un’occhiata sofferente.
***
La
statua di
Barnaba il Babbeo sembrava fissarla. Si disse, che nonostante la fama,
costui
aveva un aspetto abbastanza intelligente.
Ma,
del
resto, le era parso che anche Allock lo avesse, prima che le sue gesta
smentissero tutte quelle falsità che quell’uomo
raccontava nei suoi libri.
Subito,
desiderosa di non perdere tempo inutilmente, si voltò verso
il muro vuoto.
Helena, la Grigia.
Non
appena
quelle parole si costruirono nella sua mente, la porta della Stanza
delle
Necessità comparì dal nulla.
Hermione
pose la mano sulla maniglia e varcò la soglia.
Ciò
che le
si parò dinnanzi non era la biblioteca che si aspettava ma,
bensì, una piccola
stanza quadrata illuminata da un paio di candele appese alle pareti.
Chiusasi
la
porta alle spalle, notò una statua di marmo, che troneggiava
sulla tenebrosa
penombra di quel luogo angusto.
Questa,
sebbene nessuno vi avesse lanciato alcun incantesimo, si
animò.
-Ebbene,
ragazzina, dimmi: qual è il fine di colui che cerca questa
stanza?-
La
voce
femminile che si sprigionò da quell’oggetto che
fino a poco tempo prima era
inanimato, era profonda e roca.
-La
conoscenza, Madama-
-Corretto,
fanciulla. La sottoscritta, Rowena Ravenclaw, le concede
l’ingresso in questo
reparto della Biblioteca della scuola di Hogwarts –
La
statua
ritornò al suo stato e sul fondo della stanza
comparì una porta, da cui entrava
una luce abbagliante.
Seguì
quel
bagliore e, finalmente, arrivò al luogo che, da quando ne
era venuta a
conoscenza, aveva cercato più volte di immaginarsi.
Una
grande
stanza ottagonale, le cui pareti erano ricoperte da ampie finestre e al
cui
centro spiccava un imponente scala a chiocciola di legno scuro.
l’arredamento
era composto da un’enorme quantità di libri,
perfettamente ordinati in un gran
numero di scaffali, e da qualche tavolino sparso qua e là,
su cui era possibile
consultare i tomi polverosi.
Magia
antica
e recente, quella impressa sulle pagine ingiallite dal tempo di quei
volumi.
Incantesimi
potenti, vergati da mani lorde di sangue innocente o candide come la
prima neve
invernale.
Pozioni
complesse, create da alchimisti provenienti da tempi perduti o da
pozionisti
non ancora deceduti.
L’aria
di
quel luogo sapeva di Potere. Quell’ossigeno avrebbe potuto
ammaliare chiunque.
Hermione
cominciò a girare su se stessa, stupefatta da ciò
che la circondava.
Passeggiando
tra gli scaffali sfiorava le logore copertine dei libri con le dita,
mentre i
suoi occhi leggevano rapidi alcuni titoli.
Magia Elementare Avanzata. Veleni Mortali.
Incantesimi d’evocazione.
L’elenco
sembrava poteva essere infinito.
Prese
un
volume sui Sortilegi Scudo e cercò un tavolino a cui
sedersi.
La
sua
ricerca fu breve.
Ne
trovò uno
posto poco lontano da una delle tante vetrate luminose, di cui quel
luogo
sembrava essere colmo.
Si
sedette
e, non ancora convinta del grande onore che le era stato concesso,
sospirò
pesantemente, appoggiandosi allo schienale della sedia su cui era
seduta.
Improvvisamente,
tossì, diventando paonazza.
L’elenco
è appeso nel Reparto stesso, ma credo di poterle
anticipare alcuni nomi le aveva detto il professor Silente.
Dieci fogli erano
stati appesi al muro con un Incantesimo di Adesione Permanente e,
sull’ultimo a
destra, c’era una sua foto.
Doveva ammetterlo
a se stessa, in quella foto, era venuta veramente bene. La sua copia le
stava
sorridendo allegra, mentre un magico venticello le scompigliava
leggermente i
capelli. Non ricordava di aver posato per una foto
nell’ultimo periodo, ma vi
prestò molta attenzione, visto che questa fu
irrimediabilmente attirata da una
breve didascalia sotto l’immagine.
Questa diceva:
“Hermione Jean Granger, per la grande abilità con
cui riuscì a padroneggiare
Incanti di alto livello senza che questi le venissero in alcun modo
insegnati”.
La frase, la
lasciò basita. Quello sarebbe stato ciò che, un
giorno, qualcuno avrebbe letto
di lei.
Presa
dall’euforia, cominciò ad esaminare anche gli
altri nove manifesti.
Il primo che
vide, scorrendo lo sguardo verso sinistra, fu quello di Drew. Un
ragazzino
dallo sguardo profondo. “Drew Yvor Kennan, per la
precocità e per l’innata
abilità nei Duelli tra Maghi”.
Dopo, fu il turno
di una ragazza dai lunghi capelli rossi, leggermente mossi, e dagli
occhi
verdi. Osservando questi ultimi ebbe come l’impressione di
averli già visti
molte volte, ma solo leggendo la didascalia sottostante poté
capire di chi si
trattasse.
“Lilian Evans,
per l’impareggiabile abilità di
Pozionista”
Hermione si portò
una mano alla bocca, stupefatta.
Era la mamma di
Harry.
E lei non poteva
nemmeno prenderlo per un braccio e trascinarlo fuori da quella classe
dove la
Cooman stava tenendo una delle sue inutili lezioni.
Maledetto Incanto
Fidelius.
Subito dopo la
foto di Lily, vi era quella di un ragazzino emaciato e dai capelli neri
ed
unti.
Sebbene
l’espressione non fosse quella severa a cui era abituata,
avrebbe riconosciuto
quel naso deforme tra mille.
Piton pensò.
“Severus Piton,
per la straordinaria inventiva nella creazioni di Incantesimi”
Hermione credette
di cadere dalla sedia, quando capì che, essendo Piton e Lily
coetanei, la
ragazza era più brava dell’oramai ex-insegnate di
Pozioni.
Quello che
riteneva il più grande Pozionista della storia di Hogwarts,
in realtà non lo
era.
Sconvolta
continuò a leggere i manifesti.
Fu il turno di
una ragazzina che Hermione non aveva mai sentito nominare e che, per
questo
motivo, non guardò attentamente.
“Sheila
Rosalie Bright, per la caparbietà che,
unità al suo raro talento, le permise di superare i limiti
imposti dalla sua
giovane età”
Poi, tocco ad un
ragazzino affascinate, i cui occhi, però, erano segnati da
occhiaie scure.
Purtroppo, Hermione lo riconobbe fin da subito.
“Tom Orvoloson Riddle, per la palese
predisposizione ad ogni branca della Magia”.
Questo lo avevano capito tutti, specialmente
coloro che erano morti a causa della sua bacchetta.
Senza perdere tempo inutilmente, procedette
nell’attenta analisi dei manifesti.
Una giovane ragazza, con i capelli
elegantemente legati in uno chignon sulla nuca. Un cipiglio severo
dipinto sul
volto. Il passare degli anni non l’avevano cambiata.
“Minerva McGrannit, per la dedizione allo
studio e per il grande controllo sul suo enorme potenziale
magico”
Oramai, mancavano solo tre manifesti.
Sul seguente era stata impressa
l’immagine di
un piccolo ragazzo dal sorriso giovale.
“Filius Vitious, per la completa
padronanza
su ogni tipo di Incantesimo anche senza l’utilizzo della
Bacchetta”
Quell’ometto anziano imparentato con un
folletto si era dimostrato un nemico pericoloso per tutti coloro, ben
pochi,
che erano riusciti a disarmarlo.
Sempre più piacevolmente colpita,
Hermione
spostò ancora lo sguardo verso sinistra.
Un ennesimo ragazzo, con piccoli occhiali a
mezzaluna. Se non fosse stato per questi, Hermione, molto probabilmente
non lo
avrebbe riconosciuto.
Lesse ciò che aveva permesso
all’attuale
preside di avere il permesso di accedere a quel luogo.
“Albus Percival Wulfric Brian Silente,
per la
grande capacità in Trasfigurazione e l’ardore con
cui studiò la Magia”
Infine, sebbene non avesse riconosciuto in
quel ragazzetto l’immagine dell’anziano che aveva
visto sui libri, capì ben
presto di chi si stava parlando.
“Nicholas Flamel, per essere riuscito a
creare quella che poi sarebbe diventata la Pietra Filosofale”.
All’improvviso l’interesse per
quel tomo che
aveva preso da uno scaffale aveva perso completamente
d’importanza.
Ora Hermione voleva solamente saperne di
più
sui suoi nove predecessori.
E conosceva chi sarebbe stato felice di
chiacchierare con lei a riguardo.
***
Bussò piano.
Erano solamente le cinque del pomeriggio, eppure quel luogo, come al
solito,
era avvolto da fredde tenebre, riscaldate solamente dalle luci alle
pareti.
-Avanti-
La risposta non
si fece attendere e Hermione, felice di potersi lasciare alle spalle
quel
desolato corridoio dei sotterranei, entrò subito.
Horace Lumacorno
era chino su alcuni compiti che stava correggendo. Abbandonata
temporaneamente
quella mansione, alzò lo sguardo e un’espressione
piacevolmente colpita
comparve sul suo volto.
- Hermione!-
esclamò.
Ripresosi dalla
sorpresa, la invitò a sedersi.
-Allora, qual è
il motivo di questa tua visita pomeridiana?- le domandò,
mentre gentilmente le
porgeva un vassoio colmo di cioccolatini.
-Io avrei alcuni
dubbi e sono certa che lei potrebbe risolverli-.
L’effetto
adulatorio desiderato da Hermione fu palesemente raggiunto e lei ne
ebbe la conferma
quando l’uomo che aveva dinnanzi, inconsciamente,
gonfiò il petto in un chiaro
moto d’orgoglio.
-Questo, mi fa un
infinito piacere, ma, mi dica la verità, non è
venuta qui per risolvere un
problema con i compiti che le ho assegnato, vero?-
La ragazza non
capì come interpretare quest’ultima domanda, ma
sapeva che la risposta poteva
essere una sola.
-No-
Horace Lumacorno
sembrò congratularsi con se stesso e poi
ricominciò a parlare.
-Mi dica,
riguarda il Reparto Segreto Della Biblioteca di Hogwarts?-
Evidentemente il
professore aveva previsto che lei, prima o poi, avrebbe avuto
necessità di
parlare con qualcuno di ciò che aveva visto in quella stanza.
-Credo che il suo
silenzio possa essere interpretato come una risposta affermativa-
ricominciò
l’uomo senza aspettare una risposta – Sono
estremamente felice che lei abbia
scelto me come professore con cui confidarsi e, per questo motivo,
può pormi
qualsiasi domanda. Spero solamente di essere sufficientemente esaustivo
nelle
mie risposte-
Hermione bevve
avidamente quelle parole e, senza dare il tempo affinché
possibili ripensamenti
si formassero nella mente del professore, chiarì
immediatamente ciò che l’aveva
portata da lui.
-Io vorrei che
lei mi parlasse di coloro che, prima di me, sono stati ammessi al
Reparto
Segreto-
Horace si stupì.
Evidentemente pensava che la ragazza avesse bisogno di una sua
consulenza per
capire lo svolgimento di qualche complessa pozione.
-Ah … beh, ma
certo!- disse – C’è per caso qualcuno in
particolare di cui vuoi che io ti parli?-
-In verità, si-
-E chi sarebbe?-
- Lilian Evans -
Fu sufficiente
nominare quella ragazza, affinché l’espressione di
Lumacorno si addolcisse.
- Lily era una
ragazza splendida, Hermione. Anzi, era molto più di questo.
Così giovane … così
matura … così talentuosa …
così gentile! Il Signore Oscuro, prima di fare
ciò
che ben sai, ha cercato molte volte di convincerla ad abbracciare la
sua causa.
Ovviamente, non ci è mai riuscito. I principi di Lily erano
troppo saldi,
l’amore per James ed Harry era troppo forte e, soprattutto,
non avrebbe mai
voltato le spalle al mondo magico per un po’ di gloria. Lei
era una vera
Gryffindor. Coraggiosa e caparbia. – Lumacorno, si
soffiò pesantemente il naso
in un fazzoletto – Hermione, dimmi. Per quale motivo, secondo
te, sono stati
uccisi Lily e James?-
-Forse perché
cercarono di ostacolare il Signore Oscuro, nascondendo Harry?-
- No. Se fosse
stato solo per questo, quando trovò James e Lily, avrebbe
potuto legare con la
magia entrambi ed uccidere solamente il piccolo Harry. Erano disarmati
e non
potevano difendersi od opporsi. Non sarebbe stato poi così
difficile per il
Signore Oscuro bloccarli con la
magia,
se il suo obbiettivo fosse stato solo Harry. La verità
è che aveva paura di
loro. James e Lily, se ne avessero avuto la possibilità,
sarebbero riusciti ad
ucciderlo. Se Lily avesse avuto la possibilità di
somministrare una sua pozione
al Signore Oscuro, questo sarebbe morto sicuramente-
Come poteva
quell’uomo esserne così certo? Su quali
informazioni, di cui lei non era a
conoscenza, aveva basato quell’affermazione?
- Sai qual è
stato l’evento che ha permesso a Lily di entrare nel Reparto
Segreto?-
Hermione scosse
piano il capo.
-Lei è riuscita a
somministrarmi un veleno mortale! E io non me ne sono nemmeno accorto!-
oramai
Lumacorno stava quasi urlando. Sconvolto, affranto.
– Capisci quanto
era pericolosa quella ragazza? Le ho chiesto un bicchiere
d’acqua e lei ci ha
versato dentro un veleno completamente inodore, insapore e incolore.
Ancora
oggi, credimi, se Lily potesse ridarmi quel bicchiere, lo berrei
convinto che
al suo interno ci sia solo acqua!-
La ragazza non
capiva per quale oscuro motivo Lily avesse versato del veleno nel
bicchiere di
un suo professore, ma la risposta le arrivò subito dal
professore stesso, che
sembrava aver intuito i dubbi che le passavano per la mente.
-Avevo detto ai
miei studenti che se fossero riusciti ad avvelenarmi, li avrei promossi
con un
Eccellente in Pozioni. Ci hanno provato quasi tutti, anche Severus, ma
tutti i
veleni che cercarono di somministrarmi non avrebbero mai potuto
imbrogliare un
Pozionista esperto come me. Eppure, lei c’era riuscita. Ti
ripongo la stessa
domanda: qual è, dunque, il motivo che ha spinto il Signore
Oscuro ad uccidere
Lily? La paura nei suoi confronti. Solo questo-
Hermione, stava
silenziosa, basita da ciò che aveva scoperto. Il desiderio
di conoscere quella
donna straordinaria crebbe a dismisura. Eppure sapeva che non avrebbe
mai avuto
quella possibilità. Dannato Voldemort.
Poi, una domanda
sorse spontanea, guidata dalla necessità di un conforto.
-Lei era nata da
Babbani, vero?-
Lumacorno la
guardò e capì. Le sorrise e annuì.
-Si, era una
Mezzosangue-
L’orgoglio la
investì e, con esso, crebbe la voglia di carpire altre
informazioni.
-Vorrei porle
un’ultima domanda, professore-
Lumacorno
acconsentì.
-Potrebbe
parlarmi del professor Kennan?-
Horace meditò
sulla risposta che poteva darle.
-Io vorrei
potertene parlare, ma pochi lo conoscono bene e io sono andato in
pensione due
anni prima che lui cominciasse a studiare in questa scuola. Ovviamente,
ho
avuto la possibilità di conoscerlo fin da bambino e, viste
le sue grandi
abilità, sono stato anche incaricato da Silente di fornirgli
alcune lezioni
private di Pozioni. Quindi, se vuoi, posso parlarti della sua infanzia,
ma non
so cosa abbia fatto negli ultimi sei anni-
Hermione, bramosa
di appagare la sua sete, annuì.
-Credo tu sappia
che sua madre è stata uccisa quando lui aveva poco
più di quattro anni, ma non
sono certo tu sappia che quella donna era una strega estremamente
talentuosa.
Quando è entrata in questa scuola, era l’ultima
discendente dell’importante
famiglia Bright e sulle sue spalle gravavano le speranze di
un’intera famiglia.
Per questo Sheila, questo era il suo nome, si impegnò come
ben pochi studenti
hanno fatto in tutta la storia di Hogwarts, pur di riportare alla
ribalta il
suo casato. Purtroppo, il Signore Oscuro decise di troncare questa
possibilità.
Come per Lily, anche Sheila era un premio molto ambito da quello che un
tempo
era stato Tom Riddle e quando, come Lily, lei non accettò la
sua proposta di
entrare a far parte del suo esercito, fece la sua stessa fine-
Nella mente di
Hermione, inaspettatamente, si collegò qualcosa.
Sheila
Rosalie Bright, per la caparbietà che, unità al
suo raro
talento, le permise di superare i limiti imposti dalla sua giovane
età.
Anche la madre di
Drew era riuscita ad ottenere l’ingresso nel Reparto Segreto.
-Per lei, però,
il Signore Oscuro non si sporcò le mani. Mandò
alcuni Mangiamorte, che fecero
il lavoro sporco al suo posto. E Drew rimase solo. La prima a trovarlo
fu
Minerva, inginocchiato vicino al corpo della madre. Non piangeva, non
più
almeno. Minerva era molto legata a quella ragazza, che aveva visto
morire
l’amore della propria vita e padre del proprio figlio, e, per
questo motivo, si
sentì in dovere di provvedere al futuro di quel bambino. Lo
prese con se e lo
portò qui ad Hogwarts. Purtroppo la scuola non poteva
provvedere ad un bambino
così piccolo e Minerva non poteva abbandonare la sua
cattedra di Trasfigurazioni.
Per questo, lei stessa si occupò di trovare una sistemazione
al di fuori delle
mura di questa scuola al piccolo. Ogni fine settimana, però,
Minerva lo andava
a prendere, lo portava ad Hogwarts e si occupava personalmente del
piccolo. Per
lei fu indubbiamente il figlio che non ha mai potuto avere. Mi ricordo
ancora
quando, tenendolo per mano, lo accompagnava in giro per il castello -
Lumacorno, perso
nella nebbia dei ricordi, mangiò un cioccolatino ed
invitò Hermione a fare lo
stesso.
-E Drew cresceva.
Perfettamente educato e gentile con tutti. Tutti gli abitanti del
castello, ben
presto, cominciarono ad affezionarsi a quel ragazzino. E Drew era
sempre
allegro quando veniva qui. Noi eravamo diventati la sua nuova famiglia.
Mangiava dolcetti con Albus, aiutava Pomona nelle sue serre,
chiacchierava con
Hagrid e lo aiutava a fare il bagno a quel bestione di Thor. Tutti gli
volevano
bene, chi più, chi meno. Poi, ebbe
l’età giusta per entrare ad Hogwarts. Io,
come ti ho già detto, ero già andato in pensione
da quasi due anni, ma ciò che
successe durante il primo giorno di Drew è ricordato da
tutti. Come tutti
quelli del primo anno, lo aspettava la cerimonia di smistamento. La
sua, però,
fu unica …
***
Minerva li
aveva accolti all’ingresso della scuola e, pregando di
fare silenzio, li aveva invitati a seguirla. Gli aveva rivolto uno di
quei suoi
sorrisi gentili e lui, felice, aveva ricambiato.
Drew aveva
chiacchierato con alcuni dei suoi coetanei e aveva
cominciato a stringere qualche amicizia. Poi, erano entrati nella Sala
Grande.
Quest’ultima
era gremita di studenti più grandi che, non appena
erano entrati, si erano voltati a guardarli.
Gli
tremavano leggermente le mani. Minerva gli mise una mano sulla
spalla con fare rassicurante.
Poi,
Albus, seduto al centro di una lunga tavolata, a cui erano
seduti tutti i professori, si alzò in piedi e
cominciò a parlare.
Un
discorso divertente, ma l’agitazione non gli permise di
capirlo.
-Ora,
Minerva, ti prego di cominciare l’appello, in modo che lo
Smistamento possa cominciare-
Queste
erano state le parole conclusive del breve monologo di
Albus.
Minerva
aveva preso una pergamena e aveva cominciato a leggere il
primo nome.
Una
ragazzina tremante era uscita dal gruppo che i nuovi arrivati
avevano formato davanti alla Sala Grande e si era avvicinata alla donna
che
l’aveva chiamata. Lei la fece accomodare su uno sgabello e le
pose in testa un
vecchio capello da mago, logoro e rattoppato.
Il
copricapo, si era animato e aveva cominciato a parlare.
- Mmm
… credo che la Casa giusta per te sia Hufflepuff!-
La ragazza
fu ben accolta dal tavolo dei suoi compagni e,
indubbiamente, Pomona fu felice di averla nella sua Casa.
Dopo di
lei, fu il turno di un giovane Slytherin e di due
Gryffindor.
Dopo una
decina di minuti, Minerva lo chiamò.
- Kennan,
Drew –
Tremante,
si avvicinò allo sgabello e si
sedette. Minerva gli mise il capello e, a differenza degli altri
studenti, posò
la mano sulla sua spalla.
Il Capello
parlò.
-Non ho
dubbi su di te, Drew. Il tuo cuore
brucia di coraggio. Sotto di me ho la testa di un ottimo Gryffindor -
Un boato
esplose nel tavolo dei Grifoni e la
mano di Minerva si strinse con più forza attorno alla sua
spalla.
-Ma non
sarà questa la Casa che ti accoglierà.
Il preside Silente, infatti, ritiene che il legame tra te e la
professoressa
McGranitt sia troppo intimo e che potrebbe andare ad incidere
sull’imparzialità
che ogni Direttore deve avere nei confronti dei propri studenti. Per
questo,
Drew, la tua Casa è Ravenclaw -.
Un sonoro
applauso scrosciò nelle fine degli
studenti di Vitious e lui stesso si concesse un grido di
felicità.
Drew,
silenziosamente, si era alzato e si era
tolto il Cappello, dirigendosi verso il suo tavolo, dove in molti si
prodigarono per stringergli la mano.
La mano di
Minerva rimase sospesa in aria. Per
un attimo, guardò Albus.
Poi,
ricominciò l’appello.
Quando
ebbe concluso il suo compito, tornò a
sedersi al suo tavolo.
-Mi
dispiace, Minerva, ma era la cosa giusta da
fare- le disse Albus.
- Drew era
uno di noi, Albus. Uno di noi-
***
-Non
era mai capitato prima che qualcuno si intromettesse nella scelta del
Cappello
Parlante- concluse Lumacorno.
Hermione
voleva sapere cosa aveva fatto Drew dopo questo, ma il professore si
guardò
l’orologio da polso e, dall’espressione che fece
l’uomo, capì che si era fatto
tardi. Rapida, prese congedo dall’uomo ringraziandolo.
-Ma
figurati, Hermione! Mi ha fatto molto piacere chiacchierare con te! Se
hai
ancora bisogno di me, sai dove trovarmi!-
-Grazie
mille, professor Lumacorno –
Mentre
pronunciava queste parole, Hermione si alzò e si diresse
verso la porta.
Prima
che potesse uscire, però, Horace ricominciò a
parlare.
-
Sheila e Lily non hanno ceduto alle lusinghe del Signore Oscuro. Hanno
preferito la morte alla gloria. Presto, anche tu dovrai fare la stessa
scelta.
Sii pronta-
La
porta si chiuse.
Lo
sarò?
***
Subito
dopo la chiacchierata con Lumacorno si era diretta verso la Sala
Grande, dove,
da alcuni minuti, era stata servita la prima portata della cena.
Non
appena superò la soglia di quella stanza, Harry la
chiamò, invitandola a
sedersi vicino a lui.
-Buonasera-
disse Hermione, mentre si sedeva.
-Buonasera?
Dove ti eri cacciata? Ti abbiamo cercata per tutto il pomeriggio!-
Ginny,
come al solito, faceva qualche difficoltà a controllarsi.
-Ho
avuto da fare. Sono stata un po’ in biblioteca-
-Sarà,
ma io non ti ho vista quando sono venuta a cercarti!-
La
discussione stava prendendo una piega poco piacevole. Sapeva di non
aver fatto
niente di male, ma non poteva rivelare niente di tutto ciò
che riguardava il
Reparto Segreto per via dell’Incanto Fidelius e, dunque, non
poteva parlare di
tutto ciò che aveva fatto durante quel pomeriggio.
Per
sua fortuna, Ginny fu fermata da l’arrivo di due barbagianni.
Il
più anziano apparteneva alla famiglia Weasley e portava un
pacchetto
rettangolare con un bel fiocco rosso, sotto il quale era stato bloccato
un
biglietto. L’altro, invece, era Krunch, il barbagianni che
Hermione aveva
regalato ai suoi genitori affinché potessero scriverle ogni
tanto. Alla zampa
di quest’ultimo era stata legata una lettera, che Hermione
prese subito e
cominciò a leggere.
“Cara
Hermione,
se
questa lettera arriverà fino a te, cosa alquanto improbabile
visto il mezzo che
te la dovrebbe portare, sappi che ci dispiace molto di non essere con
te in
questo giorno importante della tua vita. Visto che né io
né tua madre ci
fidiamo di questo barbagianni che ci hai regalato, abbiamo preferito
non
affidare alla cura di questo animale anche il tuo regalo. Te lo daremo
di
persona, la prima volta che ci rivedremo.
Buon
compleanno ancora, Hermione.
Ti
vogliamo bene,
Mamma
e Papà.
P.S.
: mi raccomando non ucciderti con lo studio”
Un
sorriso si dipinse sul volto della ragazza. Immediatamente, mise la
lettera al
sicuro nel libro di Rune Antiche.
Dopo
questa, fu il turno del pacchetto rettangolare portato
dall’animale di sangue
Weasley.
Il
regalo consisteva in una bella scorta di dolcetti fatti con amore dalla
mamma
di Ron. Peccato che non potette goderseli visto che, non appena
aprì la
scatola, questi furono mangiati dalle persone che la circondavano.
Subito
dopo aver afferrato all’ultimo istante uno dei biscotti,
lesse il biglietto.
“Carissima
Hermione,
ti
prego, cerca di scusare Ron. Non ti preoccupare, quell’oca
starnazzante della
Brown non metterà mai piedi in casa mia, fosse
l’ultima cosa che faccio. Ormai
tu fai parte della nostra famiglia, Hermione.
Buon
compleanno,
Molly”
Qualcuno
le mise una mano sulla spalla facendola sobbalzare.
Si
voltò di scatto per lo spavento e lo vide.
-Cosa
vuoi Malfoy?- chiese rabbioso Harry, che evidentemente aveva visto il
ragazzo
prima di Hermione.
-Niente
che ti riguardi, Potter. Torna pure ad abbuffarti come un maiale-
La
voce di Draco era fredda e scostante, eppure il tono con cui
pronunciò quelle
parole permise di capire a tutti i presenti che era furioso.
-Devo
parlare con te, Sanguesporco -
Un
ordine che non ammetteva repliche.
-Ho
un nome e un cognome, Malfoy – disse.
Subito
dopo, però, si alzò e, con un cenno della mano,
lo invitò a farle strada.
Harry
la guardò sconvolta. Lei gli mostrò la bacchetta
nascosta sotto al mantello e
gli sorrise con fare tranquillizzante.
***
-Per
favore, Hermione, dimmi cosa ti ho fatto-
Queste
furono le prime parole che lui le rivolse, dopo che ebbero raggiunto un
posto
appartato in cui poter parlare senza essere sentiti da orecchie
indiscrete.
-Non
capisco cosa intendi, Malfoy – gli rispose.
-Smettila-
la sua voce rabbiosa risuonò nel silenzio che si era creato
tra loro.
-Di
fare cosa?-
Lo
stava forse sfidando? Lei non sapeva cosa poteva farle lui.
-Tu
sai che cosa sto vivendo in questo momento! Tu sai cosa provo per te!
Perché
non mi sei venuta a cercare?-
Il
suo volto, pallido come la luna, era sconvolto dalla rabbia e dal
rancore.
Le
pose quella domanda e, senza aspettare una sua risposta,
continuò.
-Se
fossi quell’idiota di Potter, avresti occhi solo per me! Se
avessi una
cicatrice sulla fronte, passeresti ore a consolarmi! Hai ragione, non
sono
Potter, ma anche io ho bisogno di te!-
Quel
risentimento era stato fatto maturare per anni e, ora, glielo aveva
rovesciato
addosso con cattiveria.
Hermione,
però, non si scompose.
-No-
-Cosa?-
domandò stupefatto Draco.
-No,
io non so cosa stai vivendo in questo momento e non so neppure cosa
provi per
me. Me l’hai mai detto? Tutto ciò che so, te
l’ho strappato con la forza. Se
avessi voluto dirmelo, lo avresti fatto. Quindi, perché
dovrei venirti a
cercare? Per farti sentire importante? No, non lo farò. Su
una cosa, però, hai
ragione. Se tu fossi Harry, non ti lascerei solo. Starei con te,
cercherei di
farti forza, ti consolerei. Ma tu non sei Harry. Tu, a differenza sua,
non mi
rispetti e non hai fiducia in me-
Quelle
parole lo stavano uccidendo.
Quelle
accuse gli bruciavano l’anima, lasciandovi profonde ferite
che, non potendo
vedere, non poteva curare.
-Non
è vero-. Tre parole, con cui cercava di difendersi.
-No?
La tua superbia ti acceca, Malfoy. Tu mi rispetti, infatti, io sono la
tua
lurida Sanguesporco preferita. Tu ti fidi di me e, infatti, mi hai
raccontato
tutto senza mai mentirmi. Credo di non avere più nulla da
dirti-
Draco
le afferrò il braccio destro, impedendole di muoversi.
-Dimmi
cosa dovrei fare-
Una
preghiera, uscita dalla bocca di un disperato.
Hermione
restò ferma al suo posto.
-Sei
tu che devi decidere cosa fare, non io-
La
guardò. Le liberò il polso dalla sua presa. Si
appoggiò al muro. Si lasciò
scivolare fino al pavimento. Cominciò a parlare.
-Mio
padre, dopo l’intrusione al Ministero, dove, assieme agli
altri Mangiamorte, ha
assalito te, Potter e il resto del vostro gruppetto di folli,
è stato
arrestato. Io e mia madre sia restati soli e il Signore Oscuro, su
consiglio di
quella folle di mia zia Bella, ha deciso di farmi prendere il posto di
mio
padre. Così, una sera, mi ha impresso il suo simbolo. Mia
mamma ha cercato di
opporsi a questo con tutte le sue forze, si è persino
offerta di prendere lei
stessa il posto di suo marito. Io, Hermione, non potevo
permetterglielo. Ho
giurato che l’avrei servito nel miglior modo possibile. Poi,
il Signore Oscuro
mi ha dato una missione. Uccidere Silente- con le mani si
coprì il volto – Ha
detto che, se non avessi accettato, sarei stato solo un peso per lui e
che mi
avrebbe dato in pasto al suo serpente. Ho dovuto accettare, Hermione.
Io avevo
paura. Poi, dopo che ormai avevo accettato, mi ha detto che avrebbe
ucciso
tutta la mia famiglia se non fossi riuscito nella mia missione-
Un
tremito scosse il corpo del ragazzo.
-Ora
sai tutto-
La
ragazza non rispose.
-Se
adesso alzassi lo sguardo e vedessi pena nei tuoi occhi, sappi che me
ne
andrei-
Hermione,
non riuscì più a trattenersi.
-Pena?
Per chi? Per te? Tu non ne meriti. Tu hai potuto scegliere e hai avuto
più
opportunità per redimerti, che, però, hai deciso
di non accettare. Tu sei solo
un ragazzino immaturo che soffre di un eccessivo vittimismo-
Draco,
sconvolto da quelle parole, perse le staffe a sua volta.
-Vittima?
Io devo uccide Albus Silente, uno dei più grandi maghi della
Storia della
Magia!-
Hermione
scosse la testa.
-Non
capisci proprio. Voldemort sa che Silente non alzerebbe mai una mano
contro uno
dei suoi studenti, anche se sapesse che da questo dipenderebbe la sua
vita.
Voldemort lo sa perché Silente ha avuto una
possibilità per ucciderlo, ma non è
riuscito a farlo. E, comunque, sappi che nessuno ti obbliga ad
ucciderlo-
-Qui
chi non capisce sei tu! Lui ucciderà la mia famiglia! Tu non
sai cosa vuol dire
essere la causa della sofferenza della propria famiglia!-
esclamò Draco.
Hermione,
a quelle parole, sembrò calmarsi.
-Hai
ragione, io non lo so- la ragazza lo guardò di nuovo negli
occhi – Ma questo è
secondario, in questo momento. Ora tu devi scegliere da che parte
stare. Con o
contro Voldemort –
Poco
dopo Hermione continuò.
-Io
ho scelto molto tempo fa. Ho scelto di combattere Voldemort. Io lo
faccio per
la mia famiglia, per i miei amici, per tutti Babbani che diventerebbero
vittime
senza una valida ragione, per coloro che verranno in futuro e che
meritano un
mondo migliore. Io lo faccio per me e, da oggi, anche per te- la
ragazza alzò
il dito indice e lo puntò contro il ragazzo – Ma
sappi che sono disposta a
farlo con o senza di te, Malfoy –
Per
la seconda volta, la ragazza gli voltò le spalle e lo
lasciò solo.
Con
i suoi pensieri, con i suoi dubbi.
Angolo dell’Autore
Salve!
Ve lo
dico subito: questo capitolo mi ha dato la nausea. Non avrei mai voluto
farlo
così. Troppe informazioni in troppo poco tempo. Spero
solamente che sia meno
dispersivo di quanto penso.
Prestate
molta
attenzione a ciò che è successo in questo
capitolo, è fondamentale per
comprendere i risvolti futuri di questo racconto.
Ovviamente,
i miei più sentiti ringraziamenti alle sei persone che hanno
commentato il
capitolo. Abbiamo superato il precedente record di 5 recensioni (per il
primo
capitolo) e ora non vi resta che infrangere anche questo.
Io,
infatti,
ho cercato di fare tutto ciò che mi compete nel migliore dei
modi, ora tocca a
voi ricambiare, se lo volete. = )
Di
seguito,
le risposte alle recensioni:
Hollina:
beh, per
fortuna! Credo sia evidente che non posso permettermi di perdere
lettrici (e
lettori … spero ce ne sia almeno uno!) = ). Comunque, sono
veramente felice che
il capitolo ti sia piaciuto, spero che questo ottenga lo stesso
successo!
Pomella: come ti ho già detto,
è
arrivato il momento che Draco cominci a fare qualcosa di utile. E cosa
meglio
di un ultimatum, per spronarlo? Il gesto di Hermione
dell’altra volta (il bacio
sulla guancia), come anche il non raggiungere Draco alla porta della
Sala
Grande dopo pranzo, aveva come obbiettivo proprio questo. Stuzzicarlo e
infastidirlo. Pensaci bene, se lei gli avesse presentato questa scelta
subito
dopo aver parlato con Drew (nel suo ufficio, la punizione), lui non
avrebbe mai
accettato. Andresti contro il Signore Oscuro per una ragazza (o nel tuo
caso un
ragazzo), che non sai manco se ti fila? Io, no. Sarò un
realista, sarò un caga
… fifone, ma non credo oserei sfidare Lord Voldemort e tutto
il suo esercito di
psicopatici scappati da un manicomio, per poi magari ritrovarmi pure
solo. Il
fine di Hermione è quello di spingere a pensare Draco. A
prendere una decisione
di cui sia cosciente e che voglia portare fino in fondo. Ad Hermione
non
importa per chi o che cosa lo fa, vuole solo essere certa che, presa
una
strada, Draco non desideri cambiare idea. Forse, in effetti, gli vuole
più bene
di quello che lei stessa crede (ma lo capirà presto). Il
comportamento di
Hermione è strano, lo riconosco. Ma credo che un minimo di
astio, dopo quasi
sei anni di odio reciproco (più o meno veritiero), sia
comprensibile. E poi,
credo non sia da trascurare il fatto che Draco è superbo e
tendente ad un
vittimismo estremo (il caso Fierobecco, è un esempio
lampante), e che si debba
ridimensionare almeno un po’. ok, come vedi, sono una dalla
ciancia facile. E
non scherzo neanche con i vaneggiamenti! Forse ho costruito una
montagna di
carte sul niente, con tutte queste opinioni.
Spero non sia così, ma anche se lo fosse
… fa niente!
Per
quanto
riguarda le scorte d’alcool, al momento attuale abbondano!!!
Non credo mi
faccia bene avere più alcool che globuli rossi ne sangue,
comunque = ). Spero
che questo capitolo non ti abbia delusa.
Stefy89d: grazie mille! Ovviamente,
spero che continui a piacerti! = )
Barbarak: innanzitutto, grazie per la
lunga recensione! Credo sia una delle più lunghe che ho
ricevuto, per ora
(incrocio le dita affinché un giorno me ne arrivi una
chilometrica che mi
impieghi almeno un paio d’ore per rispondere). Hai ragione
(ne hai avuta
parecchia con le parole di questa recensione), Hermione è
molto determinata,
forse troppo. Non si ferma davanti a persone che cercano
pietà e non la
meritano (Draco), non si fa problemi a mettere una pietra su relazioni
poco
fortunate (Ron) e sa adulare le persone giuste nel modo giusto
(Lumacorno).
Posso dirti già da ora che quest’Hermione (come
poi è anche l’originale e
inimitabile made in Rowling) continuerà ad andare avanti
sulla sua strada,
quali che siano le conseguenze. C’hai preso anche con Draco.
Come avrai potuto
vedere in questo capitolo, è ufficialmente scattato un
ultimatum. Sappi, però
(spero tu non intuisca anche questa idea che ho in testa, altrimenti
vado in
depressione), che la superbia di Draco condizionerà la sua
scelta.
Resto
criptico, giusto per lasciare un po’ di suspense per il
prossimo capitolo. = )
Per
quanto
riguarda la missione di Draco, come avrai visto in questo capitolo, ho
deciso
di restare fedele (almeno in quello, visto che ho stravolto sia il
personaggio
di Hermione sia quello di Draco) e, quindi, resta quella che la Rowling
ha
voluto. Con altri risvolti, ovviamente.
Grazie
per
tutti i complimenti Barbarak!
Lady_free: una new entry!!! Una new entry!!! Una new
entry!!! Ok,
mi do un contegno, anche perché immagino di non farci
proprio una bella figura,
se mi abbandono ad attacchi schizofrenici = )
Il
mio modo
di scrivere stupendo e affascinante? Credo che già con
questo capitolo tu possa
ricrederti … Grazie per i complimenti lo stesso (quando ho
letto questo
complimento ho cominciato a camminare a dieci centimetri da terra,
GRAZIE!!!).
Io
Efp,
sinceramente, lo conosco molto poco, quindi sulla presenza maschile ne
so meno
di niente. Confido nel fatto che i pochi ragazzi presenti su questo
sito
mantengano alta la nostra bandiera, che io non credo di saper portare.
(sto
fingendo di mascherare la mia straordinaria superbia con un ipocrita
modestia
da quattro soldi). Beh, grazie ancora!!! Mi raccomando, Lady_free,
continua a
recensire!
Books: non
ti preoccupare, avevo intuito la tua assenza da casa causa
vacanze e, quindi, non me ne sono preoccupato molto.
L’importante è che tu
abbia letto. Grazie per aver trovato del tempo per recensire anche
questo
capitolo. Non ti preoccupare … rimani comunque una delle tre
Grazie (assieme a
Pomella e Hollina)!!! Grazie, ancora.
Grazie a tutti coloro che hanno aggiunto la
mia storia tra quelle seguite e/o preferite.
Spero
di
aggiornare presto (ma non ve lo posso garantire),
Jerry
|
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Capitolo 5 *** The Bell was knelling, at the end ***
Chapter five, The Bell was
knelling, at the end
Quel
martedì
cominciò come tanti altri, da sei anni a questa parte, erano
iniziati.
Stava
facendo colazione al suo tavolo e, mentre si godeva un sorso di
caffè,
rispiegava a Ron la lezione di Storia della Magia dell’altra
settimana.
Si
erano
lasciati quasi quattro mesi prima, a pochi giorni dai G.U.F.O.
Per
lei,
come anche per lui, era stata una liberazione.
Stavano
insieme senza un motivo, senza amore. Stavano insieme quasi per
abitudine.
Poi,
seduti
a un tavolino, aveva preso quella decisione, che non aveva fatto
soffrire
nessuno dei due.
Ognuno
per
la sua strada, si erano detti.
Peccato
che
le vie che il destino aveva tracciato per loro continuassero ad
incrociarsi.
Prima
c’era
stato Harry, poi l’Ordine della Fenice e, infine, la guerra
contro Voldemort,
che era cominciata pubblicamente solo dopo che il Signore Oscuro era
penetrato
con i suoi scagnozzi nel Ministero.
Era
stata
imposta loro una convivenza obbligata, che non aveva lasciato loro il
tempo di
soffrire per quella separazione. Ritornare amici, come erano stati
prima di
mettersi insieme, era risultata la cosa più semplice da
fare.
Lei
era
ritornata l’amica pronta ad aiutare su qualsiasi materia
scolastica, lui, preso
dall’euforia data dall’essere diventato portiere
della squadra dei Gryffindor,
invece, era cambiato.
Ron
Weasley
era divenuto popolare quasi quanto Harry Potter, il Ragazzo
Sopravvissuto Due
Volte.
E
lei? Lei
aveva ottenuto il rispetto. Tutti l’accoglievano benevoli,
tutti le portavano
rispetto ed erano in pochi, oramai, quelli che osavano apostrofarla
come
Sanguesporco.
I
coraggiosi
erano solo alcune serpi, le quali però, da un po’
di tempo, avevano cambiato il
loro atteggiamento nei suoi confronti. Molti degli Slytherin, infatti,
facevano
finta di non vederla, altri, come Blaise Zabini, la salutavano
educatamente.
Nessun
insulto veniva proferito dalla loro bocca, e, se a qualcuno di loro ne
scappava
uno, più per abitudine che per altro, ricevevano loquaci
occhiatacce da Malfoy.
Evidentemente,
era intervenuto con la sua autorità tra i suoi compagni di
Casa.
Lei
avrebbe
preferito ricevere una risposta all’ultimatum che gli aveva
dato, ma il
silenzio del ragazzo probabilmente stava ad indicare che non aveva
preso ancora
una decisione.
Del
resto,
quella era una decisione importante e lei se ne rendeva perfettamente
conto.
***
Come
tante
altre mattinate la posta cominciò ad arrivare.
I
gufi
planavano nei pressi dei destinatari delle missive che trasportavano e,
dopo
aver ricevuto qualcosa da mangiare come ricompensa, ripartivano.
All’improvviso
due civette perfettamente identiche entrarono nella Sala Grande. La
prima si
diresse verso il tavolo degli insegnanti, posto perpendicolarmente
rispetto a
quelli degli insegnanti. Drew non c’era.
L’altro,
invece, atterrò a pochi centimetri da Hermione.
Portava
una
lettera per lei.
Preoccupata,
la ragazza prese la comunicazione.
La
busta era
stata chiusa con della ceralacca rossa. Su questa, quando il liquido,
ora
indurito, era caldo, era stato vergato un simbolo.
Una
croce
greca, con una scritta: “San Mungo”.
Hermione
l’aprì.
Sul
volto di
Silente e della McGranitt, che aveva letto il messaggio che le aveva
dato il
preside, un’indubbia espressione preoccupata.
“Gentilissima
signorina Hermione Jean Granger,
con
la
presente la informiamo che i Babbani Richard ed Emily Granger sono
stati
ricoverati all’Ospedale San Mungo, per Malattie e Ferite
Magiche. Distinti
saluti,
La
Direzione
dell’Ospedale San Mungo, per Malattie e Ferite
Magiche”
Impallidì.
Sua madre e suo padre.
L’irriconoscibile
carnagione rosata della ragazza, celata da quel pallore innaturale,
spaventò
Harry, Ron e Ginny.
-C’è
qualcosa che non va, Hermione?- le chiese Harry.
Cosa
doveva
rispondergli? Lei non lo sapeva, lei non aveva più la forza
per pensare.
-No,
non
preoccupatevi. Io devo andare-
Quelle
poche
parole le aveva riarso completamente la gola.
Parlare,
oramai, le era impossibile. Come lo era anche il pensare.
Le
restava
solo una cosa. Correre.
Lo
fece.
Raggiunse
rapidamente la porta della Sala Grande.
Alle
sue
spalle tutti coloro che le volevano bene la stava fissando preoccupati.
Nello
sguardo di Draco il puro terrore. Non
è
da lei.
Lei,
senza
perdere altro tempo inutilmente, superò quella soglia e
corse verso il suo
dormitorio.
Poco
dopo,
Minerva McGranitt la imitò.
Abiti Babbani.
Quello
era
ciò di cui aveva bisogno in quel momento. Quello era
l’unico pensiero che era
riuscita a formulare.
Frugò
nel
suo baule e prese un paio di jeans e un maglioncino viola.
Li
indossò.
Qualcuno
bussò alla porta della sua camera ed entrò senza
attendere che gli venisse
concesso il permesso.
Un
gesto
altamente maleducato e inaspettato, soprattutto se a compierlo era
niente meno
che la Regina del Bon Ton.
Madama
Minerva McGranitt entrò nella sua stanza, leggermente
affannata.
No,
non
sarebbe riuscita a fermarla. Potevano anche espellerla, non le
importava. La
sua famiglia aveva bisogno di lei e lei non li avrebbe fatti attendere.
-Mi
scusi,
professoressa, ma i miei genitori sono stati ricoverati al San Mungo e
io
intendo andare immediatamente da loro. Non … -
cominciò Hermione, venendo
subito interrotta dalla donna anziana.
-E
io
intendo accompagnarti, Hermione. Muoviamoci stiamo solo perdendo tempo-
L’unica
risposta che riuscì a darle fu un cenno con la testa.
Entrambe
ricominciarono a correre, scendendo le scale del dormitorio femminile
di
Gryffindor e raggiungendo l’ingresso della scuola.
Qualcuno
la
stava attendendo lì.
Harry,
Ron e
Ginny. Quest’ultima teneva ancora in mano la lettera che
Hermione aveva
lasciato sul tavolo.
-
Hermione
noi ven … - cominciò Ron.
-No,
Ron.
Più siamo, più tempo impiegheremo per arrivare al
San Mungo. Io non posso
perdere tempo, ci vediamo dopo- gli rispose Hermione prima ancora che
il
ragazzo potesse finire di concludere la sua frase.
I
boccoli
ribelli di Hermione si mossero al vento di quel giorno autunnale,
quando lei
aprì la porta di ingresso della Scuola di Magia.
Ben
presto,
sparì, seguita dalla silenziosa McGranitt.
-Come
raggiungiamo il San Mungo, professoressa?- domandò Hermione,
visibilmente scossa,
pochi metri dopo.
-Con
la
Smaterializzazione Congiunta, Hermione –
La
sua
mente, ripresasi dallo shock, aveva ricominciato a lavorare
velocemente.
-Quindi,
per
poterlo fare, dobbiamo superare i confini di Hogwarts -
Minerva
annuì.
Superato
quel limite, la donna più anziana afferrò la mano
della ragazza.
-Coraggio,
Hermione –
Subito
dopo,
la sensazione di essere imprigionata in un tubo soffocante la raggiunse.
Quando
riaprì gli occhi si trovavano in un vicolo buio. Lo
sgradevole odore di urina
le avvolse.
-Professoressa-
disse Hermione.
L’arzilla
anziana si voltò.
-Prima
d’entrare, lei sa cos’è successo ai miei
genitori?-
Minerva
McGranitt s’incupì. Sperava di non dover essere
lei a dirle ciò che ora
s’apprestava a pronunciare.
-So
solamente che sono stati attaccati da sei Mangiamorte, Hermione
–
Voleva
sapere per quale motivo Voldemort aveva fatto attaccare i suoi
genitori, voleva
sapere cos’era successo a casa sua poche ore prima, voleva
sapere come avevano
fatto i suoi genitori a sopravvivere ad un attacco del genere.
Voleva
vedere i suoi genitori.
-Ok,
andiamo-
-Io,
Hermione, non ho avuto il tempo di cambiarmi, quindi, devo
trasformarmi. Sai
dov’è l’ingresso
dell’Ospedale?-
Hermione
annuì. C’era stata quasi un anno fa, quando era
andata a visitare il padre di
Ron, dopo il morso ricevuto dal serpente di Voldemort.
-Bene-
Quella
che
era stata l’altera figura di Minerva McGranitt,
mutò fino a diventare una
gatta, con gli attenti occhi cerchiati.
Hermione
uscì da quel vicolo. Si guardò attorno.
Di
fronte a
lei vi era un vecchio magazzino, abbandonato e decadente, con appesa
sul muro
una scritta logorata dalle intemperie.
Diceva:
“Purge & Dowse Ltd”.
Seguita
dalla gatta, si avvicinò ad una delle vetrine
dell’edificio e, avvicinandosi al
vetro, cominciò a parlare all’unico e malconcio
manichino che si trovava dietro
lo spesso cristallo.
-Buongiorno-
disse Hermione – avremmo necessità di vedere i
coniugi Granger –
L’oggetto
lanciò un’occhiata circospetta alla gatta e, dopo
averla riconosciuta, annuì leggermente
e fece segno ad entrambe di entrare.
Quando
ebbero oltrepassato il confine magico si ritrovarono di fronte ad
un’ampia sala
d’Accettazione, animata da un’enorme
quantità di persone.
Se
non
avesse avuto fretta, Hermione si sarebbe sicuramente fermata ad
osservare le
stramberie diffuse in quella stanza, ma, vista la situazione, si
avviò subito
verso una bionda signora grassottella, seduta ad una scrivania vicina
ad un
cartello, con su scritto “Informazioni”.
Con
la
professoressa che si strusciava sulle sue gambe, Hermione si mise in
coda di
fronte al tavolo e attese impaziente il suo turno.
L’infermiera
bionda non sembrava essere molto gentile.
Se
avesse
saputo cosa avevano fatto i Mangiamorte ai suoi genitori, avrebbe
potuto andare
direttamente ad uno dei piani senza perdere tempo lì
inutilmente e, cosa non da
poco, senza rischiare di innervosire ulteriormente quella donna quasi
sbraitante.
Quando
finalmente fu la prima della colonna, cercò di essere il
più gentile possibile
e chiese informazioni alla signora.
-Buongiorno-
cominciò – sto cercando i miei genitori, i coniugi
Granger –
L’espressione
della donna s’addolcì immediatamente e la
preoccupazione di Hermione aumentò.
-Quarto
piano, entrambi sono nella stanza 47. Sono stati dei vili, mi dispiace-
Ecco,
ora il
suo cuore aveva smesso di battere.
Vili? E perché mai? Sei Mangiamorte
contro
due Babbani indifesi, è giocare perfettamente ad armi pari
pensò
involontariamente la ragazza.
-Grazie-
E
con quella
parola si allontanò.
Entrambe
salirono rapidamente le varie rampe di scale che le separavano dal
quarto
piano.
Giunte
al
piano giusto, si misero a scorrere lo sguardo sui cartellini delle
stanze in
cerca del numero 47.
Quando
lo
trovarono, si infilarono subito all’interno.
Hermione
guardò i suoi genitori e la forza che le permetteva di stare
in piedi sfuggì al
suo controllo.
Le
sue gambe
non la ressero e, come un corpo senz’anima, si
afflosciò su se stessa.
Prima
che il
suo corpo potesse toccare il pavimento, però, qualcuno,
trattenendo un lieve gemito,
la sorresse.
***
Vide
l’imperitura notte imprigionata nei suoi occhi e il suo
sorriso gentile, mentre
le accarezzava i capelli.
La
teneva
stretta al suo corpo, imprigionata in un caldo abbraccio.
-Tranquilla,
Hermione –
Drew.
-Cosa
ci fai
qui?- gli chiese.
Lui
si fece
pensieroso, mentre l’aiutava a sedersi su una sedia presente
in quella stanza.
-Sono
stato
io a portare qui i tuoi genitori- il suo sorriso si spense, non appena
pronunciò quelle parole – Se solo fossi riuscito a
liberarmi di quei Mangiamorte
più velocemente, forse starebbero meglio –
La
testa
della ragazza prese a vorticare. Domande. Tante, forse troppe per lo
stato in
cui stava, che imperversavano nella sua testa, attirando la sua
attenzione,
affinché lei le acquietasse dando loro una risposta.
-Cosa
stavi
facendo a casa dei miei genitori?- chiese, scegliendo la prima
richiesta di una
lunga lista.
Drew
non si
fece attendere. Intanto, la gatta, che fino a quel momento aveva
studiato le
ferite di Richard ed Emily, saltò in braccio ad Hermione,
accoccolandosi sul
suo grembo.
-Silente
credeva, giustamente, purtroppo, che Lord Voldemort, prima o poi,
avrebbe
diretto i suoi attacchi sulle persone care ad Harry, per ferirlo, anche
se
indirettamente. Facile intuire che, per raggiungere il suo obbiettivo,
avrebbe
cercato di colpire te o Ronald Weasley. Lui e la sua famiglia,
però, grazie
alla presenza di Arthur al Ministero, hanno un’ottima
protezione. E poi, i
Weasley sono Purosangue. Traditori del loro sangue, certo, ma comunque
ti
origine nobile. Attaccare loro, dunque, oltre che essere molto
difficoltoso, metterebbe
in allerta
tutto il Mondo Magico e, molto probabilmente, diminuirebbe anche il
numero di
sostenitori di Voldemort. Molti di quelli che lo seguono, infatti, lo
fanno
solo per restaurare la supremazia del loro sangue. I tuoi genitori,
invece,
erano una preda facile. Babbani, senza magia e completamente estranei
alle
questioni nobiliari del Mondo Magico. Silente, vista la
possibilità che i tuoi
genitori divenissero vittime innocenti della follia del Signore Oscuro,
aveva
chiesto ai componenti dell’Ordine della Fenice di
controllare, a turno, anche
la casa dei tuoi. Ieri notte, toccava a me. Ti giuro, Hermione, avrei
voluto
impedire che li accadesse tutto ciò, ma io ero solo e i
Mangiamorte erano sei,
troppi da fronteggiare anche per me-.
-Lo
so, Drew
- disse Hermione perfettamente tranquilla – Come si
è svolto l’attacco?-
Fredda
e
scostante.
Il
ragazzo
descrisse la scena.
-Si
sono
Materializzati all’interno della casa dei tuoi genitori, non
essendoci
Incantesimi di Protezioni per quella evenienza. Non appena ho sentito
che stava
succedendo qualcosa all’interno, sono entrato. Quattro mi si
sono gettati
addosso e hanno cominciato a scagliarmi Maledizioni, mentre gli altri
due hanno
portato i tuoi genitori al primo piano. Ho messo fuori gioco i quattro
con cui
stavo duellando e sono andato a cercare i tuoi genitori. Quando sono
arrivato,
uno dei due Mangiamorte ha cominciato a duellare con me, mentre
l’altro si
occupava dei tuoi genitori- Drew sospirò – A un
segnale di quest’ultimo, si
sono Smaterializzati. Credo abbiamo portato con loro anche gli altri-
Hermione
non
parlava, memorizzando tutto ciò che il ragazzo le diceva.
-Mi
sono
avvicinato ai corpi dei tuoi genitori e ho fermato le ferite
più profonde. Poi
mi sono Materializzato qui e li ho portati con me-
Hermione
strinse tra le braccia la gatta e si alzò.
-Grazie
Drew
– mormorò lei, mentre si avvicinava al corpo del
padre.
Esaminò
tutte le ferite che riuscì a vedere.
La
pelle
dell’avambraccio sinistro era stata utilizzata come un foglio
di carta, su cui
era stata incisa, con uno scuro inchiostro cremisi, la parola
“Verme”. Il suo
braccio destro, invece, si concludeva al polso bendato. Il petto,
infine, era
attraversato da una lunga ferita, fatta cicatrizzare con la magia.
Se
anche
fosse sopravvissuto, non sarebbe potuto essere più un
dentista.
Prima
di
abbandonarlo, gli accarezzò dolcemente l’unica
mano che gli restava,
stringendola leggermente tra le sue.
Poi,
con le
gambe tremanti, attraversò il breve spazio che divideva suo
padre da sua madre.
Hermione,
non appena la vide, si portò una mano alla bocca.
Lei
e sua
mamma si assomigliavano molto. Gli occhi, un tempo, erano stati gli
stessi.
Ora,
una
benda era stata legata attorno ai suoi, cercando di coprire quelle
cavità
vuote.
Le
mani, che
l’avevano accarezzata e coccolata, erano ricoperte di
bruciature, che, dove
erano riuscite ad arrivare, avevano strappato pelle e carne a brani.
Anche
per la
sua carriera, non c’era futuro.
Poi,
non
riuscì più a guardare.
Drew
le fu
subito affianco e cercò di consolarla, avvicinandosela al
petto.
-Perché
non
hanno semplicemente usato l’Anatema che Uccide?- gli
domandò.
-
Voldemort
voleva che tu vedessi tutto questo, Hermione. Lui sa quali sono le tue
capacità
e sa che averti come nemica potrebbe essere rischioso. L’ha
fatto con me, l’ha
fatto con mia madre, l’ha fatto con la madre di Harry. Lui
cerca di trascinare
dalla sua parte tutti i maghi e le streghe più promettenti,
perché teme che uno
di essi possa sconfiggerli. L’ha sempre fatto e, quando
capiva che le persone a
cui ambiva non lo avrebbero seguito, le uccideva o le faceva uccidere
prima che
queste potessero ammazzarlo come un cane, quale è. Con te ha
agito in modo
diverso, ma molto simile. Sa che sei troppo fedele ad Harry e alla sua
causa
per poterti convincere a passare dalla sua parte e, quindi, ha
apportato una
piccola modifica ai suoi usuali modi. Lui punta a spaventarti. Per
questo non
ha ucciso i tuoi genitori, voleva che tu vedessi quanto potesse
crudele. Voleva
che vedessi la sofferenza che il mettersi contro di lui può
causare-
-Ma
perché
non uccidere me, invece di attaccare i miei genitori?-
-Il
fatto
che non possa averti, non significa che ha smesso di volerti. Lui vuole
solamente
essere certo di spaventarti abbastanza da rimanere neutrale durante
questa
guerra. Molto probabilmente, ma non posso esserne certo, lui spera che
dopo
questo conflitto, che lui è convinto di vincere, tu, pur di
non morire, decida
di aiutarlo-
-Aiutarlo
a
fare cosa?- gli chiese Hermione spaventata.
-A
sconfiggere l’unico nemico che teme veramente: la morte
– le rispose –
Voldemort non teme Silente in sé, non temeva mia madre o
Lily Evans. Lui teme
soltanto la perdita dell’anima-
Hermione
lo
guardò e scosse il capo.
-Anima?
Lui
non ce l’ha più-
Drew
le
strinse la mano destra tra le sue.
-Purtroppo
ti sbagli, Hermione. Voldemort possiede un anima, per quanto essa sia
stata
resa lurida dalla follia delle morti che ha causato e per quanto anche
un
oggetto inanimato possa averne una migliore della sua-
La
ragazza
sospirò affranta. Non aveva mai pensato che anche Lucifero,
il famelico
cercatore di anime, potesse averne una.
Poi,
rivide
i corpi maciullati dei suo genitori. Le loro condizioni si erano
stabilizzate.
Non sapeva dire, però, se questo fosse realmente un bene.
Quale
vita
sarebbe quella che li avrebbe riaccolti? Sarebbe realmente stato
possibile
definirla tale?
Lei
non lo
sapeva.
Lei
voleva
solo una cosa, appagare quella pressante bramosia che le cresceva nel
petto.
Vendetta.
-Sai
chi è
stato a far loro questo?- domandò ancora la ragazza.
Lui
la
guardò.
-Sicuramente
– cominciò, alzandosi una parte della camicia nera
ed indicando uno squarcio
sul fianco sinistro – Bellatrix era uno dei sei Mangiamorte.
Per quanto
riguarda gli altri, sinceramente, non ho avuto il tempo per
smascherarli-
La
gatta
aveva miagolato alla vista dell’ampia ferita.
-Forse
Drew
dovresti fartela medicare da qualcuno- gli disse Hermione.
-Un
Guaritore normale può ben poco contro la forte Magia Oscura
del Sectumsempra –
La
ragazza
guardò il taglio, dai bordi netti e precisi. Il flusso del
sangue era stato
bloccato con una magia.
-
Sectumsempra?- chiese, speranzosa di avere qualche altra informazione.
-
Esattamente. Magia Oscura di alto livello. È un incanto
pericoloso tanto quanto
una delle tre Maledizioni Senza Perdono, ma, siccome pochi la
conoscono, non è
riconosciuta dal Ministero- le rispose Drew.
-Tu
non
conosci un incantesimo per rimarginare quella ferita?-
Lui
sghignazzò piano. Quella ragazza era davvero curiosa.
-Si,
lo
conosco. Ma consuma molta energia evocarlo e io, purtroppo, ne sono a
corto. Il
primo soccorso dei tuoi genitori e il duello me ne hanno lasciata ben
poca-
Lo
sguardo
attento della ragazza si abbassò.
-Mi
dispiace-
mormorò.
Le
dita
gentili di Drew la obbligarono a guardarlo.
-Con
una
bella dormita sarò come nuovo, Hermione. Qui, chi ha
sbagliato sono io. Se
fossi arrivato prima avrei potuto aiutare i tuoi genitori e, forse, non
sarebbero nemmeno sdraiati su quei letti. Chi si deve scusare sono io,
non tu-
Il
tono
pacato del ragazzo ebbe l’immediato effetto di calmarla.
Poi,
lui
riprese a parlare.
-
Tu,
Hermione, devi promettermi che non farai il mio stesso errore-
Lei
lo
guardò senza capire.
-Promettimi
che non combatterai contro Voldemort per vendetta. Promettimi che
continuerai a
farlo per gli stessi motivi per cui l’hai fatto fino ad ora-
Hermione
non
poteva farlo. Ora il suo scopo era solo uno: nemesi.
Drew,
allora
ricominciò a parlare.
-Io
ho
combattuto solamente per vedere gli assassini di mia madre perire sotto
i colpi
della mia bacchetta. Sai cos’ho capito dopo essermi
vendicato? Io ho avuto
tutto. Peccato aver capito ciò solo dopo aver buttato
ciò che possedevo. Cosa
mi resta ora? Ora, io non ho più nulla. La mia ragazza e i
miei amici sono
sotto tre metri di terra e la mia anima è là, con
loro, che implora il loro
perdono.- lo sguardo del ragazzo si perse in ricordi dolorosi -Quando dissi loro che
avrei affrontato
l’assassino di mia madre, loro mi risposero che mi avrebbero
seguito. Mi
volevano troppo bene. Troppo bene per difendere se stessi dalla mia
follia.
Eravamo inesperti e appena usciti dal nostro settimo anno di studi.
Bambini
messi di fronti all’Orco Nero e ai suoi tirapiedi. Ci
catturarono tutti.
Voldemort mi chiese se volevo passare dalla sua parte. Ovviamente,
stupito
com’ero, gli risposi che avrei preferito morire- il ragazzo
prese un grosso
respiro e le accarezzò una guancia – La Morte
venne. Ma non fu la mia. Non ebbi
nemmeno il tempo per rendermene conto. Vidi solo il corpo di uno dei
miei amici
sbattere il viso sul pavimento con un tonfo sordo. Poi, Voldemort,
sghignazzando, mi pose di nuovo la stessa domanda. Non gli risposi.
Lanciò la
Maledizione Cruciatus contro la fidanzata del mio amico. Stava
piangendo per la
sua morte. Quell’essere interruppe lo scorrere delle sue
lacrime. Le urla di
quella ragazza mi svegliano ancora la notte. Il rumore delle sue ossa
che si
spezzavano lo divertiva, rideva estasiato. Non si fermò fino
a quando nel corpo
di quella ragazza non vi fu più nulla da spezzare. Un
secondo tonfo ci avvertì
che alla fine anche quella ragazza aveva ceduto. Di nuovo mi pose
quella
domanda. Ti giuro, Hermione, se fossi stato cosciente di ciò
ch mi stava
succedendo attorno, avrei accettato. Ma non dissi nulla. Restava solo
lei, la
mia Christabel. Non usò la Cruciatus per lei. Le
tagliò una gamba con il
Sectumsempra. Urlò. Poi, lei si voltò verso di
me. Tre parole furono quelle che
mi disse. “Ti amo, scappa”. Lanciò un
incantesimo senza la bacchetta.
L’Ardemonio, il fuoco maledetto, colpì il
Mangiamorte che mi stava tenendo
imprigionato con un Incanto Incarcerante. Quella distrazione
bastò. Le catene
invisibili attorno alla mie mani si allentarono. Riuscii ad alzarmi, la
presi per
mano ed effettuai una Materializzazione Congiunta. Eravamo quasi salvi.
Poi,
qualcuno riuscì ad afferrarla e lei lasciò la mia
mano. Quando arrivai ad
Hogsmeade, il luogo in cui volevo Materializzarmi, ero solo-
Hermione
lo
guardò. Era sconvolto e lei non era da meno.
-Non
sei
potuto tornare indietro?- gli chiese, pur sapendo che Drew, se avesse
potuto,
lo avrebbe sicuramente fatto.
-Non
sapevamo dove ci avevano portati-
Hermione
sentì il forte desiderio di trovare un modo per consolarlo.
Lui con lei lo aveva
fatto.
-Potrebbe
non essere morta, Drew -
-
L’egemonia
di Voldemort finì poco dopo e io riuscii a trovare qualcuno
in grado di
portarmi fino al luogo dove era stato lasciato il suo cadavere-
L’Opportunismo
stava di casa anche tra le file del Signore Oscuro, dunque.
Hermione
non
seppe cosa dire.
-Promettimi,
Hermione, che non farai il mio stesso errore-
Lei
annuì.
-Te
lo
prometto, Drew –
Un
mugugno
proveniente dal letto del padre di Hermione attirò la loro
attenzione.
***
Nel
primo
pomeriggio, Molly Weasley entrò accaldata dalla porta della
camera 47.
-Signora
Weasley!- esclamò piano Hermione.
-Oh,
Hermione! Mio Dio, come stanno?- le rispose, indicandole i suoi
genitori.
La
ragazza
s’incupì.
-Non
bene.
Papà sembrava aver cominciato a riprendersi, ma i suoi
valori non si sono
rialzati. Mamma, invece, … -
Sta morendo.
Quelle
due
parole le morirono in gola.
No,
non
poteva essere così.
Hermione
si
portò una mano alla bocca, trattenendo un singhiozzo. Gli
occhi lucidi.
Subito,
si
ritrovò stretta nel materno abbraccio di quella donna di
mezza età.
-Fatti
forza, Hermione. Vedrai che staranno meglio, vedrai!-
E
cercando
di riempire quelle parole con dolci rassicurazioni, Molly
aumentò la stretta
attorno al gracile corpo di quella ragazza.
-Hai
mangiato qualcosa a pranzo, Hermione?- le domandò la signora
Weasley, mentre le
accarezzava amorevolmente il viso.
-Non
ne ho
avuto il tempo-
Molly,
realmente preoccupata, le disse che, se non voleva morire di fame,
doveva
mettere assolutamente qualcosa nello lo stomaco e si offrì
di andarle a
prendere qualcosa alle macchinette al quinto piano.
-Vado
io,
Molly. Tu resta qui con Hermione – disse Drew, tremendamente
pallido, alzandosi
da una sedia nascosta in un angolo della camera ospedaliera.
Molly
lo
notò solamente in quel momento.
-
Drew, tu
dovresti andare ad Hogwarts e farti curare quella ferita- si intromise
Hermione.
Minerva
McGranitt, che non aveva ancora deciso di riassumere la sua forma
umana,
miagolò, schierandosi a favore dell’idea di
Hermione.
-Sto
bene,
Hermione. Vado a prenderti qualcosa da mangiare e poi torno a scuola.
Non
appena Piton mi avrà curato, tornerò qui-
Molly
sobbalzò a quest’ultima frase.
-
Drew,
figliolo, sei stato ferito da qualche Incantesimo Oscuro?- gli chiese.
-Si,
ma la
Maledizione mi ha solo sfiorato- le rispose il ragazzo, reggendosi allo
stipite
della porta da cui stava uscendo.
-O
buon Dio!
Drew cosa stai aspettando? Corri ad Hogwarts e vai a farti curare!
Andrò io a
prendere qualcosa ad Hermione! – sbraitò Molly,
comprensibilmente agitata per
la salute del ragazzo.
La
diretta
interessata dell’ultima esclamazione di Molly, intanto, si
era riseduta sulla
sua sedia, posizionata tra i due letti, presa solamente dalle
condizioni di
salute dei suoi genitori.
Drew,
senza
badare alle raccomandazioni della signora Weasley, uscì
dalla stanza.
Con
un balzo
la gatta lo seguì, miagolando in modo poco elegante. Forse,
se avesse avuto il
dono della parola, Minerva McGranitt avrebbe cominciato a sbraitare
contro il
professor Kennan. Queste, però, erano solamente delle
insinuazioni.
Quando
furono rimaste sole, Hermione cominciò a parlare, staccando
per pochissimi
secondi lo sguardo dai suoi genitori.
-Signora
Weasley, posso chiederle un favore?- domandò.
La
donna,
posandole una gentile mano grassoccia sulla spalla, rispose
affermativamente.
-Potrebbe
mentire sulle condizioni dei miei genitori a Ron, Ginny ed Harry?-
Molly,
che
non capiva la motivazione di quella richiesta, restò in
silenzio.
-Sono
certa
che Harry si riterrebbe responsabile per quello che è
successo a loro. Vorrei
evitare quest’eventualità e, se non le dispiace,
vorrei essere io stessa ad
informali del loro stato- e così dicendo, guardò
con una crescente intensità i
volti profondamente addormentati dei suoi genitori.
-Va
bene,
Hermione –
Lei
mormorò
piano un ringraziamento e smise di parlare.
***
Drew,
come
aveva promesso, era ritornato il prima possibile. Non era stato via per
più di
un’ora e, quando era ritornato sembrava ancora più
debole di quando se ne era
andato. Eppure era lì, con lei.
Anche
Molly
non l’aveva lasciata, si era seduta su una sedia e, come
tutti in quella
stanza, aveva mantenuto un religioso silenzio.
Hermione,
ancora seduta in mezzo ai due letti, aveva uno sguardo vacuo. Delle
scure
occhiaie cominciavano a risaltare sul preoccupante pallore della sua
pelle.
Aveva mangiato una merendina di quelle che Drew le aveva portato per
far
tranquillizzare i presenti, ma poco dopo era dovuta correre in bagno.
Il suo
stomaco rifiutava qualsiasi forma di cibo.
Si
era sciacquata
velocemente il viso ed era ritornata al suo posto.
La
McGranitt
le era saltato sul grembo e lei, quasi inconsciamente, aveva cominciato
ad
accarezzarla. Non stava pensando verso chi rivolgeva le sue carezze,
sapeva
solo che farlo la tranquillizzava.
Poi,
lentamente, il cielo aveva cominciato ad imbrunire.
La
signora
Weasley, scusandosi, se ne era andata. Aveva promesso ad Hermione che
sarebbe
venuta a farle compagnia anche nell’indomani.
Domani.
Quel
giorno le sembrava troppo lontano.
Verso
le
otto di sera, Drew le aveva rivolto la parola.
-
Hermione,
è meglio se torniamo per un paio d’ore a scuola.
Hai bisogno di riposare e di
mangiare qualcosa di salutare. Ti prometto che torneremo qui stanotte.
Ti
accompagnerò io stesso-
Hermione
aveva scosso la testa, come per scacciare un pensiero infelice.
-Non
posso
lasciarli soli, Drew –
La
gatta,
che teneva ancora tra le braccia, era balzata giù e si era
accoccolata sul
pavimento, vicino ai suoi genitori.
-Resterà
lei
con loro. Andiamo a scuola-
La
ragazza si
era alzata, obbedendo. I muscoli delle gambe, intorpiditi dalle molte
ore
passate nella stessa posizione, non sembrano voler muovere un passo.
Drew
le fu
vicino e l’aiutò.
Poi,
scese
le scale, si erano lasciati alle spalle l’edificio diroccato
che conteneva il
San Mungo.
Il
ragazzo
la riportò nei pressi dei confini di Hogwarts con una
Materializzazione
Congiunta.
***
Il
suo
corpo, troppo debole e privo d’energie, non aveva retto la
soffocante
sensazione che dava quella magia e, appena i suoi piedi avevano toccato
il
suolo, si era chinata e aveva rimesso.
Di
nuovo.
Ancora
una
volta Drew le era vicino.
“Fatti
forza” le aveva ripetuto.
Come
avrebbe
potuto farlo? Lei non ne aveva più.
Si
erano
diretti verso la porta d’ingresso e, a pochi passi da quella
soglia, Hermione
aveva ripreso la sua caratteristica andatura autoritaria.
Alzare
i
piedi da più di mezzo centimetro da terra le costava fatica.
Poi,
tenendole la porta aperta, Drew l’aveva invitata ad entrare.
Lo
aveva
ringraziato piano.
La
luce
abbagliante della scuola, in netto contrasto con la profonda
oscurità di quella
notte senza stelle, l’aveva
abbagliata.
Non
appena
entrò qualcuno le corse incontro abbracciandola forte.
Ginny.
L’aveva riconosciuta dai lunghi capelli rossi.
Forse
la sua
migliore amica stava piangendo.
Si
guardò
attorno, socchiudendo leggermente gli occhi.
Un
piccolo
corteo la stava attendendo.
Luna,
Neville, Ron ed Harry la stavano circondando. Poco lontano, Silente la
stava
guardando in modo apprensivo.
-Come
stanno
i tuoi genitori?- le aveva chiesto qualcuno. Forse era Luna, forse Ron.
-Bene,
stanno meglio-.
La
mano di
Drew, a quelle parole, aveva lasciato la presa attorno alle sua spalla.
Poi,
distintamente, aveva avvertito la voce di Harry. Si era voltata per
poter vedere
il ragazzo.
-Scusami,
Hermione. Se tu non fossi mia amica, Voldemort … -
Non
gli
aveva dato l’opportunità di continuare.
-No,
Harry.
Se Voldemort, invece di venire ad infestare questo mondo, fosse rimasto
nel
letamaio che era la sua reggia, tutto questo non sarebbe successo.
Niente del
male che ha causato sarebbe successo. Quindi, no, Harry, ciò
che è successo non
è colpa tua-
La
sua voce
era chiara, le parole ben scandite.
-Dobbiamo
fermare quel folle, per chi verrà dopo di noi. Nessuno
merita un tiranno come
quell’essere-
Silente
e
Drew si erano scambiati uno sguardo strano.
-Ora,
scusatemi ragazzi, ma ho bisogno di dormire-.
E
così
dicendo, aveva cominciato a salire le scale, diretta verso la stanza
privata
che Silente le aveva riservato.
Poi,
improvvisamente,
si era voltata.
-
Drew,
potresti venirmi a svegliare tra due ore?- chiese, guardando verso il
basso.
Il
ragazzo
le aveva risposto con un cenno affermativo della testa.
Hermione
ricominciò a salire.
Ogni
passo
la lasciava senza fiato.
Ogni
passo.
***
Aveva
assistito a tutto.
Ora,
lei
sapeva meglio di lui anche l’unica cosa che gli aveva
impedito di darle una
risposta.
Qui chi
non capisce sei tu! Lui ucciderà la mia famiglia! Tu non
sai cosa vuol dire essere la causa della sofferenza della propria
famiglia!
Queste erano le
parole che le aveva quasi sputato in faccia.
Lei, ora, sapeva
cosa si provava. Lei, ora, sapeva di essere stata la vera causa delle
torture
che i suoi genitori aveva subito.
Eppure, non era
scappata, come aveva fatto lui.
Eppure, non si
era arresa alle crudeltà dell’Oscuro Signore.
Anzi, lei aveva
sprezzantemente vanificato gli sforzi di Lord Voldemort per separarla
da Harry
Potter.
Lei gli aveva
mentito.
Lei aveva deciso
di portare da sola quel gravoso peso, che lentamente aveva
già cominciato ad
ucciderla.
Improvvisamente,
la certezza. Lei non se lo meritava.
Lui, Draco
Malfoy, l’avrebbe aiutata. Lei aveva bisogno di lui, come lui
lo aveva di lei.
***
Qualcuno
le
aveva afferrato la mano e l’aveva chiamata per nome.
Si
era
voltata. Conosceva quella voce.
-
Malfoy –
-
Ciao
Hermione –
Era
troppo
stanca per mettersi a discutere con lui.
-Scusami,
Malfoy, ma questa non è stata una bella giornata. Ho bisogno
di dormire-
Non
aveva
atteso una sua risposta e aveva ricominciato a camminare, sorreggendosi
appoggiando una mano al muro che stava fiancheggiando.
-Hai
ragione
tu. Dobbiamo combattere per chi verrà dopo di noi e per chi,
oggi, non può
difendersi-
La
voce di
quel ragazzo le aveva raggiunto rapida il cervello.
-Con
te, Hermione.
Combatterò con te –
Hermione
si
era voltata e gli si era avvicinata.
-Andiamo
a
parlare con Drew –
Nel
dire
queste parole, gli aveva afferrato una mano. Le mani le tremavano.
Stava in
piedi miracolosamente.
-
Hermione
ai bisogno di dormire. Lo faremo un altro giorno. Domani, se le cose
andranno
meglio-
La
ragazza
stava per rispondergli che non c’era tempo, ma si dovette
fermare.
Malfoy
si
era portato la sua mano vicino alla bocca e, mentre gliela baciava,
l’aveva
tirata a sé.
-Dimmi
la
verità, Hermione. Come stanno i tuoi genitori?-
Lui
sapeva
che lei aveva mentito.
La
verità,
però, le bruciava il petto e non aveva il coraggio di
pronunciarla.
Lui
la
strinse più forte, sorreggendola.
-Io
sono qui
per te- le sussurrò all’orecchio.
La
voglia di
spartire quel peso che le gravava sulla coscienza crebbe.
Silenzio.
Un
singhiozzo e l’assordante rumore di una lacrima che si
infrangeva sul
pavimento.
-Stanno
morendo, Draco –
Il
ragazzo
le accarezzò il viso, asciugandole le lacrime.
-Mi
dispiace
–
Quel
pianto
era stato trattenuto troppo a lungo.
Lui
l’accompagnò nella sua stanza e le fece compagnia
fino a quando non credette
che si fosse addormentata.
Prima
d’andarsene le baciò dolcemente una guancia. La sua Hermione.
La
pelle,
dove le sue labbra si erano posate, bruciava, riscaldandola un
po’ dal freddo
che la mancanza del suo corpo le aveva lasciato.
Draco.
***
Drew
bussò
piano alla porta della sua camera.
Lei,
non
essendo riuscita a dormire dopo che Draco se ne era andato, si era
fatta una
doccia e cambiata i vestiti con il cambio che qualcuno le aveva fatto
recapitare in camera.
Gli
aprì la
porta.
Nemmeno
lui
doveva essere riuscito a riposarsi.
I
suoi occhi
blu risaltavano sulla pelle macabramente diafana.
Si
erano
saluti e, piano, si era avviati.
Uscirono
dalla Scuola, ne varcarono i confini e, dopo aver superato
l’asfissiante
Materializzazione, erano arrivati di fronte al San Mungo.
Erano
entrati.
Alla
scrivania dell’Ufficio Informazioni, vi era ancora la bionda
grassoccia, che la
salutò con un cenno del capo mentre le passava davanti.
Gli
scalini
che la dividevano dal quarto piano sembravano non finire mai.
Finalmente,
dopo quella che le parve un’eternità,
riuscì ad entrare in quella camera.
Tre
Guaritori si voltarono a guardarla.
I
loro volti
erano mesti.
Uno
di loro
le chiese gentilmente se quelli distesi nei letti erano i suoi genitori.
Quando
lei
annuì, loro le si avvicinarono.
-Siamo
veramente dispiaciuti, signorina Granger, ma noi non possiamo fare
nulla per i
suoi genitori. Hanno perso molto sangue, nonostante
l’intervento tempestivo del
professor Kennan, e la Maledizione Cruciatus ha lasciato notevoli
lesioni
interne. Purtroppo, non credo riusciranno a superare la notte-
Domani.
Lei
lo aveva
avvertito: quel giorno era troppo lontano.
I
tre lasciarono
la stanza.
Hermione
si
sedette su quella sedia, posta ancora in mezzo ai due letti.
Minerva
McGranitt non si era mossa da dove l’avevano lasciata.
La
gatta la
guardò e miagolò piano.
Di
nuovo, la
rassicurante mano di Drew si pose sulla sua spalle.
Ora
le
restava solo una cosa da fare: attendere.
***
All’improvviso,
in lontananza, avvertì il primo rintocco di un campana,
imprigionata in una
chiesa Babbana.
La
Mezzanotte era giunta.
Suo
padre
emise un gemito sofferto. Prima ancora che lei, sua figlia, potesse
capirlo,
spirò.
Si
alzò.
Afferrò
la
mano di sua mamma.
-Mamma,
ti
prego non lasciarmi- sussurrò, mentre posava gentilmente le
sue mani su quella
ricoperta di scottature di Emily Granger.
Prima
del
dodicesimo rintocco, Hermione Jean Granger fu strappata
dall’abbraccio dei suoi
genitori.
Note
dell’Autore
Ho
letto un
paio di Dramioni di successo negli ultimi giorni per cercare di capire
cosa
mancasse alla mia. Mi sono accorto di molte mancanze, ma, manco a
dirlo, la mia
testardaggine mi ha imposto di continuare seguendo la mia idea di
partenza.
È
vero, ho
scritto quattro capitoli in cui di Dramione c’è
ben poco. Anzi, qualcuno (in
privato, ergo non su Efp) ha definito la mia storia più una
Drewmione. Lo
ammetto, Drew ha avuto molto più spazio di Draco. E ne
avrà molto anche in
futuro. Sarà perché è un personaggio
di mia totale invenzione, sarà perché
è
molto più “impastato” in questo racconto
di quanto si possa pensare, sarà
perché ho dovuto dilungarmi su parti della sua vita passata
affinché i suoi
comportamenti non venissero fraintesi. Sarà per altri cento
motivi inutili e
immotivati, ma, oramai, c’ho che ho fatto non posso
cambiarlo.
E,
in tutta
sincerità, anche se avessi la possibilità di
farlo, non lo farei.
Draco
in
questo capitolo si è mosso, nel prossimo sarà uno
dei due protagonisti.
Poi,
però,
la trama si riallaccerà (almeno lo spero)
all’originale della zia Row. Quindi,
cercherò di riproporre alcune scene de “Il
Principe Mezzosangue”, in questa
nuova chiave Dramione. Non so cosa ne verrà fuori.
Senza
contare che a questo va aggiunto il Reparto Segreto, che va ancora
scoperto
totalmente, la seconda lezione di Drew, che ricordo deve ancora avere
luogo, ed
Harry e Silente che avranno le loro lezioni private e che, alla fine,
dovranno
andare a recuperare l’Horcrux.
Quindi,
come
credo sia palese, ho ancora molte cose da dire. O, meglio, da scrivere.
Ora,
arrivo
al mio fine personale.
La
prossima
volta che ricevo 3 recensioni cado in depressione.
Di
nuovo 3?
Dopo le 6 del terzo capitolo!
È
stato un
duro colpo per la mia autostima, che, a stento, si sta riprendendo.
Non
mi
lamento, potrebbe andare peggio.
Ma
il
quarto, a mio parere di scrittore della storia (quindi niente di
fondamentale),
era un capitolo fondamentale.
Volevo
sapere se tutte le cose che avevo scritto erano state recepite, speravo
di
veder fioccare qualche strana ipotesi e, senza girarci in giro troppo a
lungo,
sognavo nel superamento delle 6 recensioni.
Devo
dirlo?
Ok, lo dico: il record non è stato superato.
Si
è
dimezzato -_-‘’
Manco
il
Baileys mi ha consolato … che depressione …
Ma
non
demordo, anzi, insisto e pubblico un altro capitolo.
Quindi,
onde
evitare astruse incomprensioni, lo dico chiaro è tondo:
MI
FAREBBE
PIACERE SAPERE COSA PENSATE DELLA MIA STORIA E DEI MIEI CAPITOLI!
Quindi,
abbiate un po’ di pietà per questo povero
scrittore alle prime armi e recensite
(le mie mani sono giunte in segno di preghiera) …
Ringrazio
le
10 persone che hanno messo la mia storia tra le preferite (sarebbe una
crudeltà
da parte vostra non commentare … io ve lo dico, avete il mio
futuro nelle
vostre mani! Non vorrete mica un vecchio bavoso e alcolizzato, no?)
Ringrazio
le
3 persone che hanno messo la mia storia tra le ricordate (spero vi
ricordiate
davvero di leggerla)
Ringrazio
le
32 persone che hanno messo la mia storia tra le seguite (non mi offendo
se
scrivete recensioni solo per salutarmi … anche se, se
fossero un po’ più
corpose sarebbe meglio)
E,
infine,
prima di rispondere alle tre anime pie che hanno recensito, un avviso
fondamentale:
Pomella
spero
tu sia in vacanza, perché se hai letto il capitolo e non lo
hai commentato vado
in bagno e mi taglio le vene. Rientri nelle tre Grazie, quindi,
è tuo dovere
morale dirmi se il capitolo fa cagare o no (per favore, ovviamente)!
Ed
ecco le
risposte alle recensioni:
Books: Luce dei miei occhi ciechi,
consolazione della mia anima dannata e forza del mio spirito perduto.
Come
vedi, sto cercando di avere una tua recensione anche per questo
capitolo (sto
veramente toccando il fondo, lo so) … Draco in questo si
è svegliato e nel
prossimo capitolo ne avrai la prova. Hermione, invece, ha dimostrato
forza e
caparbietà, anche se alla fine il dolore è stato
troppo da sopportare. Mi
raccomando, ti imploro, recensisci.
Barbarak: ok, questo capitolo ha
stravolto un po’ le cose. Intanto, Hermione ha ceduto. Ma lo
ha fatto solo dopo
che Draco (che continuerà, anche se molto meno, a fare la
vittima e a voler
essere al centro delle sue attenzioni) ha scelto lei e la sua causa. Ha
ceduto
dopo che lui ha avuto il coraggio di voltare le spalle a Voldemort.
Forse, se
Hermione non fosse stato in quello stato mentale, non si sarebbe fatta
“aiutare” da lui. Forse non avrebbe pianto e non
avrebbe chiesto supporto a
lui.
Per
quanto
riguarda la scelta di Lord Voldemort, si è uno spoiler. Lei
è già stata
sottoposta ad una scelta. Lei ha già scelto (ed è
proprio questa sua
convinzione a smuovere qualcosa in Draco). Infine, sono rimasto
felicemente
colpito quando hai detto che Draco non ti piaceva perché
troppo legato
all’originale. Nella mia idea iniziale(a cui, come ho detto
prima, sono ancora
fedele), c’era la volontà di non allontanarsi
eccessivamente da ciò che zia Row
ha detto. Quindi, Draco è una vittima, Hermione è
orgogliosa e Ron è un idiota.
Questo vale anche per altri personaggi e vale anche per alcuni eventi
della
storia che, sebbene saranno causati da differenti motivi, arriveranno
alla
stessa conclusione. Chi vuol capir, capisca.
Sono
certo
che tu comprenderai. Mi raccomando, lasciami qualche parolina.
Hollina: si, il quarto era un capitolo
chiave. Credo, però che tu sia una delle poche ad averlo
capito. Spero ti sia
piaciuto anche questo. Mi raccomando, fai una buona azione e
recensisci.
Grazie!
Bene,
ciò
che dovevo dire, l’ho detto.
Spero
che
questo capitolo vi sia piaciuto e che, come ho già detto,
siate così gentili da
recensire.
Jerry
(un
bel “per sempre vostro” ci starebbe bene, ma, se mi
ritrovo ancora tre recensioni,
l’unico “per sempre” sarà
quello sulla mia lapide, affianco alle parole
“depresso e sfigato”)
|
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Capitolo 6 *** The End and the new Beginning ***
Chapter
six, The End and the new Beginning
La
luce
dell’alba filtrava dalle spesse tende che coprivano
l’unica finestra della
stanza. Silente le aveva concesso il permesso di soggiornarvi fino a
quando
avesse voluto farlo.
Fortunatamente,
quando era ritornata ad Hogwarts dal San Mungo, non aveva avuto molte
difficoltà a prendere sonno. Certo, quel continuo
susseguirsi d’incubi non
poteva essere definito ristoratore, ma almeno era riuscita a riposarsi
un po’.
Peccato
che
lei, Drew e la McGranitt fossero rientrati solamente da un paio
d’ore.
Lei,
prima
di ritornare a scuola, aveva espresso il desiderio di raggiungere un
telefono
babbano per chiamare sua zia e i due avevano deciso di accontentarla.
L’aveva
svegliata nel mezzo della notte e, come le aveva fatto notare la stessa
donna,
prima che lei le rivelasse il motivo di quella chiamata, il suo povero
cuore
aveva subito pesantemente il contraccolpo.
Sicuramente
Hermione avrebbe potuto aspettare un orario più consueto, ma
il desiderio di
dare una degna sepoltura ai suoi genitori il prima possibile
l’aveva già
assalita.
Per
questo
motivo, aveva bisogno di qualcuno che si assumesse l’incarico
di organizzare le
esequie.
Sua
zia,
dopo aver digerito almeno parzialmente il trauma, aveva accettato
l’onere.
Ovviamente,
prima che ciò accadesse, Hermione aveva dovuto passare molto
tempo con la
cornetta all’orecchio.
Finalmente,
dopo che sua zia le aveva promesso che avrebbe fatto il possibile per
organizzare tutto per il giorno stesso, Hermione aveva chiuso la
chiamata e,
accompagnata dai suoi professori, era ritornata a scuola.
L’essere
riuscita a riposare per almeno un paio d’ore, le aveva dato
la triste illusione
che, tutto ciò che i suoi occhi avevano visto nelle ultime
ventiquattro ore,
era frutto della sua stravagante fantasia e dell’aver
mangiato troppo alla cena
della sera prima.
Purtroppo,
quando la sua mente e il suo corpo sbatterono contro la
realtà e contro la sua
celebre crudeltà, le poche forze che era riuscita a
recuperare con il sonno, si
erano immediatamente esaurite, prosciugate come putride pozzanghere
costrette a
subire le angherie di un rinato Sole dopo il passaggio di alcune nubi
temporalesche.
E,
così, si
era ritrovata a guardare il soffitto, senza in realtà vedere
niente.
Si
era detta
che avrebbe sfruttato completamente la gentilezza del Preside, saltando
tutte
le lezioni di quella mattinata e passando quest’ultima nel
caldo abbraccio di
quelle lenzuola profumate.
Poi,
però,
l’idea di essere sola e di avere tutto quel tempo per pensare
a ciò che le era
successo la spaventò e decise di andare a farsi una doccia,
indossare la divisa
e scendere a fare colazione.
Quando
arrivò davanti alla porta della Sala Grande, il crudele
ripensamento,
mascherato il suo reale volto, l’aveva punzecchiata con il
suo forcone.
Forse, si disse preferisco
passare una mattinata a pensare.
Si
stava già
voltando per andarsene, quando avvertì il tocco gentile di
qualcuno sul suo
braccio.
Biondi
capelli, quasi bianchi, entrarono ben presto nella sua visuale.
-Ciao,
Hermione – le disse Malfoy – Stai forse scappando
dalla Sala Grande?-
Lei
chinò il
capo. Colpita ed affondata.
Ora
non si
sarebbe liberata di lui molto facilmente. Dannazione.
-Se
negassi,
mentendo spudoratamente, mi lasceresti andare?-gli domandò
lei speranzosa.
L’effetto
che desiderava, ovvero una rapida fuga fin sotto le coperte del suo
letto, si
realizzò. Al contrario.
Draco
le si
era avvicinato e aveva cominciato a guardarla attentamente con occhio
medico.
-
No. Se tu
lo facessi, ti obbligherei ad entrare da quella porta, dovessi portarti
in
braccio o legata per i piedi con una corda e agitando la bacchetta a
mo’ di
clava. Devi assolutamente mangiare qualcosa, Hermione – le
disse, dopo la
rapida ispezione, mentre le accarezza una guancia.
Lei
scoppiò
a ridere.
-Grazie,
Draco. Per tutto quello che hai fatto e stai facendo per me-.
Il
tono
della ragazza era ritornato improvvisamente serio.
Il
ragazzo
avvicinò la bocca al suo orecchio.
-Per
te,
Hermione, farei questo ed altro –
Così
dicendo, com’era comparso, svanì.
Se
ne era
andato, lasciandola sola. Fortunatamente. Era troppo orgogliosa per
ammettere
pubblicamente di non avere il coraggio di aprire quella porta che
l’avrebbe
condotta alla Sala Grande.
Lei
lo
sapeva.
Se
fosse
entrata, tutti si sarebbero voltati verso di lei e i loro sguardi
compassionevoli
l’avrebbero lasciata senza forza per reagire.
Se
fosse
entrata, Harry, Ron e Ginny le sarebbero corsi incontro, ripetendo
continuamente quanto erano dispiaciuti per la sua perdita.
Quest’ultima parola,
molto probabilmente, sarebbe stata accompagnata da dolci aggettivi,
quali
“enorme” o “ingiusta”, che
altro non avrebbero fatto che sottolineare quanto in
realtà non potessero capire ciò che lei stava
provando.
Se
fosse
entrata, la Pietà l’avrebbe soffocata.
Era
arrivata
fino a quella porta, l’aveva vista e aveva voluto ritornare
immediatamente
nella sua camera. E, cosa non da poco, aveva incontrato lui.
Era
certa
che sarebbe rimasto a controllarla, che non avrebbe staccato i suoi
occhi
argentei dal suo corpo fino a quando questo non sarebbe sparito dietro
il legno
massiccio di quella porta.
Così,
Draco
Malfoy sarebbe venuto a sapere che lei, l’orgogliosa Regina
Mezzosangue dei
Gryffindor, in realtà non aveva neppure il coraggio di
affrontare degli
sguardi.
Eppure,
chissà per quale motivo, lui se ne era andato.
Lui
le aveva
dato l’opportunità di scappare.
Pochi
istanti dopo la sparizione del ragazzo, lei stava già
correndo, ripercorrendo
al contrario il tragitto appena percorso, diretta verso il Silenzio,
l’indiscusso sovrano della sua camera.
Mancavano
pochi
passi e avrebbe raggiunto la salvezza.
Aveva
il
fiatone, probabilmente era anche rossa in viso per la fatica.
Appoggiando una
mano contro la parete, si chinò, nel tentativo di calmare il
suo respiro
irregolare.
Un
sospiro
pesante, seguito da un leggero brontolio, la spinse a guardare dinnanzi
a sé.
-Cosa
devo
fare con te, Hermione?-
Draco
Malfoy, appoggiato sfrontatamente alla porta della sua camera privata,
la stava
fissando mentre scuoteva piano la testa.
-Cosa
ci fai
qui, Malfoy?-
Lui,
allora,
la guardò divertito e leggermente spazientito.
-Eppure,
Hermione, mi sembra che “Draco” non sia una parola
troppo difficile da
pronunciare. Forse temi di farmi contento, o, magari, hai paura che
Potter ti
scacci dalla sua combriccola di sgangherati. In effetti, adesso che ci
rifletto, la prima ipotesi è la più concreta.
Sono sicuro che se riuscissi a
liberarti dello Sfregiato, cominceresti a baciare la terra dove
cammino-
accompagnava queste parole con gesti che, chiaramente, volevano
sottolineare
l’indiscutibile superiorità della sua persona su
quella di Harry-Cerebroleso-Potter.
Hermione,
alzando un sopracciglio, lo squadrò dall’alto al
basso.
Prima
ancora
che lei potesse rispondere a quella sua affermazione, Malfoy aveva
già
ricominciato a parlare.
-Comunque,
non ti preoccupare passavo di qua per caso. Tu, invece, non dovresti
essere
nella Sala Grande?-
Il
cervello
della ragazza passò un unico messaggio: inventare
una scusa, subito!
-Sono
venuta
a prendere il libro di Trasfigurazione-
Draco
sembrò
bersela. O, almeno, questo pensò Hermione nei due secondi di
silenzio che
Malfoy si era concesso per darsi un tono prima di risponderle.
-Bene,
allora ti aspetto, così dopo ritorniamo assieme in Sala
Grande-.
Come
poteva
liberarsi di lui?
Semplice,
non poteva. Draco non l’avrebbe lasciata nemmeno se
l’avesse implorato.
-Va
bene, ho
mentit … -cominciò Hermione, venendo subito
interrotta da Malfoy.
-Non
ci
crederai, Hermione, ma l’avevo capito – le disse
sorridendo -Ho anche
immaginato che forse, oggi, avresti preferito fare la colazione a letto
–
continuò, estraendo da sotto il mantello un sacchetto di
carta e
porgendoglielo.
Lei
sgranò
gli occhi.
-
Draco –
iniziò Hermione.
Di
nuovo,
lui, sorridendo, la interruppe.
-Non
è
nulla, Hermione. Comunque ti porterò la colazione a letto
tutti i giorni, se è
questa la ricompensa-
Senza
nemmeno pensarci, lei aveva pronunciato il suo nome.
Lui
mosse i
primi passi per allontanarsi da lei.
-
Draco -.
Lui
si
voltò.
-Vuoi
farmi
compagnia?-
***
L’aveva
fatto entrare e, dopo avergli detto di accomodarsi dove preferiva, si
era
diretta verso la finestra per scostare le tende.
La
luce
mattutina investì il suo viso, illuminando quegli occhi
cioccolata ancora
cerchiati da pesanti occhiaie.
Lui,
intanto, aveva preso una sedia e l’aveva accostata al letto
sfatto.
Si
era tolto
il mantello e lo aveva appoggiato ordinatamente sullo schienale della
sedia.
E
la
guardava. Forse si aspettava che fosse lei la prima a parlare, forse
voleva
solamente fissare indelebilmente quel momento nella sua mente,
rendendolo un
ricordo imperituro e protetto dalle offese del tempo.
Lei,
fingendo di non osservare il modo in cui la osservava, salì
sul letto e aprì il
sacchetto di carta.
Prese
un
toast e lo addentò.
Masticò
piano, presa ad assaporare il gusto del cibo che da quasi un giorno non
aveva
potuto gustare.
Inghiottito
il boccone, mormorò piano un ringraziamento al ragazzo.
-Come
stai
Hermione?- le chiese all’improvviso lui.
Il
pezzo di
pane che aveva mangiato stava ancora scendendo lungo la sua gola,
quando il suo
stomaco si chiuse di nuovo.
Scese
velocemente dal letto e, mentre si portava una mano alla bocca, corse
verso il
bagno.
Nuovamente
incontrò il sorriso soddisfatto del water, mentre, poco
elegantemente, vi
vomitava all’interno anche l’anima. Anzi, solo
quella, visto che non aveva
nient’altro da rimettere.
Subito,
qualcuno le raccolse i capelli sulla nuca.
Quand’ebbe
finito, la stessa persona l’alzò di peso e
l’aiutò ad accostarsi al lavandino,
dove si lavò velocemente il viso.
Hermione
vedeva nello specchio il riflesso dei suoi occhi preoccupati che
controllavano
ogni suo movimento.
-Sto
bene,
Draco. Probabilmente mi sono presa qualche virus intestinale, ieri,
mentre ero
in ospedale- gli disse tranquilla, mentre si passava un asciugamano
sulla bocca
bagnata.
-Smettila-
Una
richiesta, nascosta abilmente sotto un’imposizione.
Draco
la
prese in braccio e la riportò sul suo letto.
Il
fragile
corpo della ragazza, indebolito dalla mancanza di cibo e di sonno, era
visibilmente scosso da tremiti involontari.
La
coprì.
-Prova
a
dormire un po’, forse quando ti sveglierai starai meglio e
avrai abbastanza
fame da riuscire a mandar giù qualcosa-
Hermione
sbuffò cercando, inutilmente, di uscire dalle coperte.
Poi,
dopo
aver rinunciato all’idea di sfuggire alla salda presa del
ragazzo che la
bloccava sotto le lenzuola, cominciò ad esclamare affranta.
-Lasciami,
Malfoy!-
Lui,
senza
scomporsi, la guardò severo, ammutolendola.
-Evidentemente,
Hermione, non hai capito. Tu ora dormi e, poi, quando ti sarai
svegliata,
mangerai tutto ciò che ti ho portato in quel sacchetto. Ti
è più chiaro ora?-
Lei,
cercando inutilmente di sgusciare fuori dal letto, cominciò
a ridere.
-E
come
credi di obbligarmi a dormire, Malfoy?- gli chiese.
Sul
volto
impassibile del ragazzo si dipinse un ghigno soddisfatto.
Prima
ancora
che lei potesse capire cosa stesse facendo, lui si tolse le scarpe e la
camicia
e si infilò sotto le coperte.
La
tirò a
sé, appoggiandole una mano attorno alla vita e facendo
aderire la sua schiena
al suo petto.
-MALFOY!-
gridò Hermione sconvolta.
-Ti
ho detto
che devi dormire e intendo stare qui per controllare che tu lo faccia-
le
rispose lui.
Poi,
il
ragazzo avvicinò la bocca al suo orecchio e
cominciò a sussurrarle qualcosa.
-E
comunque,
Hermione, credo che sarò costretto ad essere meno gentile
con te, se continui a
chiamarmi in quel modo-
Lei,
palesemente paonazza in volto, gli fece notare che qualcuno sarebbe
potuto
entrare e avrebbe potuto vederli in quella posizione equivocabile.
-
Colloportus – disse chiaramente il ragazzo, puntando la
bacchetta contro la
porta – Sei tranquilla ora?-
-Tranquilla?
Con te qui?- gli rispose lei, cercando di voltarsi almeno un
po’ per guardarlo
negli occhi.
Lui
rise
piano.
-Buonanotte,
Hermione -
Lei
sbuffò.
Odiava non essere ascoltata.
-Buonanotte
Ma … Draco – disse lei, riuscendo a correggersi
appena in tempo.
Il
ragazzo
la strinse più vicino a sé.
La
stanchezza, ben presto, si impossessò dell’esausta
e recalcitrante Hermione,
che, troppo stanca per opporsi, si addormentò tra le braccia
del ragazzo.
***
La
prima
cosa che percepì, quando alcune ore dopo si
svegliò, fu uno strano calore che
la riscaldava.
Il
suo
cervello, riattivatosi completamente, impiegò pochissimo
tempo a capire quale
fosse la fonte di tale sensazione.
-
Draco,
spostati immediatamente!- berciò contro il ragazzo, mentre
cercava di spingersi
lontano dal suo corpo.
In
quel
momento capì a malincuore che, durante il sonno, oltre ad
essersi voltata,
aveva anche cinto il braccio sinistro attorno al fianco di lui.
Non
appena
nella sua mente si dipinse la pericolosa posizione in cui si trovava,
cercò di
forzare la salda presa del ragazzo facendo leva con le mani sul suo
petto.
Draco Malfoy, però, sembrava non voler cedere.
-Non
è un
bel comportamento il tuo, Hermione. Prima ti strusci addosso a me e
poi, appena
ti sei stancata, te ne vai- le disse lui, con uno sguardo di rimprovero
– Io
non sono la sua prostituta personale, signorina Granger ... Anche se,
se sei
pronta a restituirmi il favore, potrei anche diventarlo-
Hermione
riuscì a trattenere a stento l’impulso di tirargli
una sberla.
-Lasciami
immediatamente, Malfoy!- esclamò lei furiosa, mentre cercava
ancora di rendere
proficui i suoi futili tentativi di liberarsi dalla sua presa.
-Come
mi hai
chiamato?-
Quella
domanda bloccò immediatamente Hermione.
Si
convinse
che Draco, nelle peggiore delle ipotesi, avrebbe potuto solamente
arrabbiarsi
un po’.
Lo
sguardo
che lui le rivolse le fece gelare il sangue nelle vene.
Lui
si alzò
dal letto, prese la sua camicia e cominciò a rivestirsi.
-Non
mi
rispondi?-
In
quelle
sue parole risuonava una pesante cattiveria.
Erano
soli
in una stanza chiusa con la magia. Ed era pur sempre un Malfoy. E la
sua fama
non era proprio delle più confortanti.
-Ti
ho
chiamato Malfoy. Mi ucciderai per questo affronto?- gli rispose lei,
con un
coraggio degno di stima.
Il
ragazzo
scoppiò a ridere.
Ok, ha chiaramente qualche disturbo della
personalità pensò lei.
-Dovrei
ucciderti perché mi hai chiamato per cognome?- le chiese lui.
La
bocca di
Hermione si spalancò e la sua mandibola, lei poté
percepirlo chiaramente, toccò
il pavimento.
-Mi
hai
guardata come se ti avessi pugnalato!- esclamò esterrefatta.
Lui
chinò il
capo.
-Lo
hai
fatto- disse, mentre inchiodava i suoi occhi ai propri – Ma
non credo di poter
pretendere molto, dopo tutto quello che ti ho fatto –.
Lei
si alzò
dal letto, lo raggiunse e gli prese le mani.
-Mi
serve un
po’ di tempo per farci l’abitudine-
cominciò lei – Comunque, solo perché tu
non
abbia dubbi a riguardo, sappi che l’unica cosa importante per
me è che tu sia
qui, adesso –
Lui,
liberate le mani, la strinse in un abbraccio.
-Grazie,
Hermione -
Restarono
così, per un istante infinitamente breve, momentaneamente
imperituro.
-Se
lo stai
facendo perché speri che mi dimentichi che devi mangiare,
stai perdendo tempo-
le disse all’improvviso.
Beccata,
di
nuovo.
-Devo
proprio mangiare? Non ho fame … -
Lui,
senza
permetterle di finire la sua arringa difensiva, la prese in braccio e
si
sedette sul letto.
Porse
alla
ragazza che le stava sulle ginocchia un sacchetto di carta.
-Mangia-
Quello
era
chiaramente un ordine.
***
Aveva
continuato ad accarezzale i capelli mentre si assicurava che mangiasse
tutto
ciò che le aveva portato. Dopo aver finito il toast, a cui
aveva già dato un morso
precedentemente, fu il turno di una mela e di un paio di biscotti al
cioccolato.
-Contento?
Ho finito tutto. Ora puoi mettermi giù,
mammina?- scherzò lei, senza accorgesi nemmeno di
cosa rappresentasse
quell’ultima parola che aveva pronunciato. Lei non aveva
più una madre.
Draco,
felice di ciò, si sbrigò a concentrare
l’attenzione della ragazza su altro.
-Amore,
perché mi fai queste domande, se sai bene qual è
la risposta?-
Lei
cominciò
a preoccuparsi.
-Intendi
dire che mi terrai così ancora per molto tempo?- gli chiese.
-Ti
ho già
detto che non sono la tua prostituta, Hermione. Ti lascerò
quando mi sarò
stancato di averti così vicina-
Ok.
La
situazione stava precipitando.
-Giusto
per
sapermi regolare, questo quanto tempo mi porterà via?-
Il
ragazzo
sembrò pensarci intensamente.
-Non
ti
lascerò molto presto, mi dispiace-
Draco
la
obbligò a distendersi sul letto e le si mise affianco.
Continuava
ancora a passarle gentilmente una mano nei capelli.
Hermione
decise che avrebbe sopportato tutto ciò per altri cinque
minuti, ma già dopo i
primi due sbottò.
-Non
sono
una bambola, Draco!-
Lui
sorrise
amaro.
-Purtroppo.
Mi piacerebbe averti tutta per me-
-Tu
sei
pazzo- disse lei, sconvolta dalla sua risposta.
L’espressione
del ragazzo sembrò darle ragione.
-Che
ore
sono?- gli chiese poco dopo.
Lui,
smettendo momentaneamente di fare ciò che lo stava tenendo
impegnato, guardò il
quadrante del suo orologio da polso.
-Sono
le due
del pomeriggio-
Quando
quell’informazione fu concepita dal suo cervello, Hermione si
alzò dal letto,
ottenendo un’occhiataccia da Draco.
-Oddio,
è
tardissimo! Devo assolutamente andare da Harry, Ron e Ginny!-
esclamò lei,
piuttosto agitata. Poi, come comprendendo un aspetto abilmente celato
in quella
notizia, si rivolse al suo compagno di stanza abusivo.
-Ma
tu non
sei andato a lezione?- gli chiese.
Il
ragazzo
alzò tranquillo le spalle.
-Avevo
altro
di più importante e divertente da fare. Mi farò
fare una giustificazione dai
miei, o andrò a fare un salto da Madama Chips - le rispose
lui.
Hermione,
tremendamente in ritardo, non lo interrogò oltre e lui
poté tirare un deciso
sospiro di sollievo.
-Va
beh, io
devo andare-
Recepito
il
messaggio nascosto tra le righe, Draco Malfoy si alzò,
puntò la bacchetta
contro la porta e l’aprì.
-Non
è molto
gentile da parte tua lasciarmi per San Potter, Lenticchia e quel
maschiaccio
della Weasley. Comunque-
La
Granger
gli puntò contro il dito indice e assunse un cipiglio severo.
-Non
osare
mai più chiamarli in quel modo davanti a me, Draco -.
Se
ne andò,
senza lasciargli possibilità di replica.
***
La
Signora
Grassa, appena la vide, ebbe la bontà d’animo
d’aprirsi senza neppure chiederle
la parola d’ordine.
La
donna,
anzi, dopo aver sottolineato alla ragazza quanto fosse dispiaciuta per
la sua
perdita, le aveva fatto notare che molti Gryffindor attendevano sue
notizie
dalla sera prima.
Hermione
decise di ostentare un finta gentilezza.
-Me
ne rendo
conto, ma purtroppo ho fatto ritorno a scuola solo stamattina e ho
preferito
riposare-
La
Signora
Grassa aveva concordato con la sua scelta e l’aveva lasciata
libera di
procedere.
Non
appena
la sua gracile figura aveva attraversato il valico celato dal quadro, i
presenti erano ammutoliti.
La
guardavano come fosse stata l’attrazione di una compagnia di
circensi, come se,
sotto la sua pelle, vi fosse un mostro pronto a palesarsi in tutta la
sua
orribile maestosità. La guardavano come una ragazza appena
diventata orfana.
Pietà.
Anche
se
aveva fatto di tutto per evitarla, alla fine era riuscita a
raggiungerla. Lentamente
l’ossigeno, che la mattina trascorsa con Draco le aveva dato,
le venne rubato
da tutte quelle bocche aperte in un’espressione dispiaciuta.
Voleva
correre. Voleva ritornare nella sua camera, sotto le sue coperte.
Voleva
percepire la dolcezza delle mani di Draco sulla propria pelle.
Voleva
la
sua aria.
Non
appena
Ginny la vide, le corse incontro.
-
Hermione!-
esclamò Harry, tirando una gomitata a Ron,
affinché smettesse di assalire le
labbra di Lavanda Brown in quel modo a metà tra
l’Orribile e l’Osceno.
Lei
ricambiò
l’abbraccio di Ginny e si fermò un attimo a
ringraziare il cielo. In effetti,
c’era qualcuno che stava peggio di lei. Povera
Lavanda …
Sorrise
al
Ragazzo Sopravvissuto che le stava raggiungendo.
E
aspettò
che il suo interrogatorio di routine cominciasse.
Come stai? Mi dispiace.
Quelle
erano
le domande e le risposte che l’avrebbero aspettata, se lei
non fosse stata
Hermione Granger.
-Come
stai,
Mione?- le chiese Ron, quando, dopo aver dato un istante di tregua alla
povera
Lavanda, che si stava pulendo il rossetto cremisi sbavato, li aveva
raggiunti.
-Bene-
gli
rispose lei tranquilla, mentre si perdeva ad osservare le tracce
scarlatte
lasciate sul suo volto dalle labbra carnose della Brown.
I
tre la
guardarono in modo strano. Poi, Ginny, dopo aver visto lo stato pietoso
in cui
si trovava la faccia del fratello, credendo di non essere vista,
pestò il piede
del rosso, intimandogli di darsi una pulita.
Uno
strano
silenzio si propagò e riempì l’intera
Sala Comune. Tutti stavano aspettando che
lei parlasse.
-Cosa
avete
fatto oggi a Trasfigurazione?- chiese ad Harry, il quale certamente non
si
aspettava una domanda del genere in quel momento. Il ragazzo corse a
prendere
il quaderno degli appunti.
Intanto,
il
tipico clamore che usualmente animava la Sala Comune sembrava essersi
destato
dal suo sonno inusuale e, oramai, cominciava a propagarsi rapidamente.
Harry
tornò
ben presto con un foglietto spiegazzato tra le mani.
-Oggi,
a
dire la verità, abbiamo fatto solo un semplice incantesimo
per raddoppiare
parti del corpo degli animali. Sul foglietto ti ho scritto la pagina
del libro
dove si trova la spiegazione, sono sicuro che non avrai problemi a
padroneggiarlo-
-Solo
questo?- chiese la ragazza.
-Si,
il
resto della lezione lo abbiamo passato a consolidare le lacune sugli
Incanti
più difficili che abbiamo studiato fino ad ora. Sai, la
McGranitt non era
proprio in forma smagliante ... – le rispose lui.
-Capisco-
In
effetti
la professoressa era stata tutto il giorno in ospedale, a vegliare fino
alla
fine sui suoi genitori.
Ron,
all’improvviso, sbottò.
-Andiamo,
Hermione! I tuoi genitori sono morti e tu ti preoccupi dei compiti per
casa?-
Harry
e
Ginny, dando fondo alla loro affinità di coppia, gli
rivolsero due tremende
occhiate che promettevano ore di allenamento con la Maledizione
Cruciatus. Lui,
ovviamente, sarebbe stata la cavia.
-Evidentemente,
Ronald, – cominciò lei – ho pianto
abbastanza-
Quell’affermazione,
nella sua semplicità e nella sua terrificante schiettezza,
lasciò basiti tutti
i presenti, che, evidentemente, avevano solo finto di non ascoltare la
loro
conversazione.
-Se
avrò
bisogno di un confidente, Ronald, – il secondo utilizzo del
nome intero avviò
la diffusione del terrore nelle vene degli uditori – tu sarai
l’ultimo a cui mi
rivolgerò. Non ti preoccupare, so quanto ti impegna il tuo
rapporto con la
Brown -.
La
ragazza,
appena percepì il suo nome, sobbalzò, tracciando
una riga rossa sulla guancia
con il rossetto che stava utilizzando per porre rimedio alle sbavature
causate
dai focosi baci scambiati con Ron Weasley.
Quest’ultimo,
invece, rimase ammutolito.
Harry
afferrò Hermione per un braccio.
-Calmati,
Hermione. Sei diventata pallida quasi come Nick-quasi-senza-testa!-
Lei
mormorò
piano una scusa.
-
È solo che
sto cercando di non pensarci-
Ron
si
avvicinò timoroso.
-Perdonami,
sono un’idiota-
Hermione
accennò un sorriso, ricevendo un’occhiata truce da
Lavanda.
Disse
che si
era fatto tardi e, scusandosi per la breve visita, se ne
andò.
Hermione
stava peggio di quanto pensassero. I suoi occhi color cioccolata
avevano
parlato e le migliaia di parole che avevano pronunciato non avevano
fatto altro
che farli preoccupare maggiormente.
***
Guardava
fuori dal finestrino, al suo fianco c’era sua nonna Jean.
Piangeva piano, come
se avesse il timore di disturbare coloro che si trovavano su
quell’auto, e si
asciugava le lacrime con un fazzolettino di stoffa, oramai zuppo.
Hermione non
vi badava, continuava ad osservare il mutare del paesaggio.
Poi,
arrivarono davanti al cimitero.
Fu
la prima
a scendere.
Porse
gentilmente una mano alla nonna, affinché la donna potesse
aiutarsi ad uscire
dall’auto.
L’anziana
gliela strinse con una forza che Hermione non poteva immaginare avesse.
Jean
le si
accostò e subito la zia le si avvicinò,
fiancheggiando dall’altro lato la
madre.
Anche
Margot, sua zia, aveva il trucco completamente rovinato a causa del
pianto.
I
suoi
occhi, invece, erano solamente pesantemente arrossati.
Il
suo
orgoglio di Gryffindor si faceva sentire anche in quel momento. Lei
avrebbe
cercato di trattenere le lacrime il più a lungo possibile,
in modo che Lord
Voldemort non potesse ridere del dolore che le aveva causato.
Indossava
un
semplice vestito nero senza spalline, che le arrivava fin poco sotto le
ginocchia, e uno scialle viola scuro annodato sul petto, che sua nonna
le aveva
dato dicendole che, senza quello, avrebbe sicuramente avuto freddo. Ai
piedi
uno scomodo paio di décolleté dal tacco troppo
alto per i suoi gusti, anch’esse
nere.
Si
avviarono
piano, seguendo i feretri gemelli che si avviano verso la loro nuova
dimora. La
loro ultima casa.
Alle
loro
spalle, una processione silenziosa, animata solo dal lieve borbottio di
speranzose preghiere.
Poi,
arrivarono ai loculi. Che bel nome per indicare due fosse in cui dei
corpi,
oramai privi di vita, sarebbero stati smembrati dai vermi.
Quel
luogo
era già affollato. Alcuni parenti lontani, alcuni pazienti
dei suoi genitori,
alcuni suoi vecchi compagni di scuola a cui non pensava da
un’eternità e alcuni
come lei.
Alcune
persone dotate di poteri magici.
La
prima che
notò fu Luna Lovegood, accompagnata da suo padre
Xenophilius. Entrambi
indossavano sgargianti abiti gialli e arancioni. Subito affianco
c’era Neville
con sua nonna.
Poi,
vide i
signori Weasley, Bill e la sua elegante fidanzata Fleur Delacour,
Charlie, Fred
e George. Poco più in là, assieme ad Harry
stavano Ron e Ginny. Praticamente
quasi tutta la famiglia di Molly e Arthur era lì riunita.
Quasi, perché Percy
sembrava aver deciso di abbandonare la sua famiglia pur di abbracciare
completamente il suo folle desiderio di raggiungere la vetta che lo
avrebbe
portato al potere nel Ministero della Magia. Forse, avrebbe dovuto
rendersi
conto di quanto questa sua ambizione fosse stupida.
Infine,
in
un gruppetto a sé stante, stavano Remus Lupin e Tonks. Il
primo parlottava
fittamente con il preside Silente, alquanto strano in quegli abiti
Babbani, il
quale era fiancheggiato dalla professoressa McGranitt che, invece,
stava
imbastendo una tranquilla conversazione con la ragazza e con Drew.
Fu
su di lui
che il suo sguardo si bloccò. La strana aura che sembrava
avvolgerlo, unita a
quel suo elegante portamento, sembrava essere in grado di attirare la
sua
attenzione come un calamita. Anzi, sembrava che tutti i presenti, chi
più e chi
meno, fossero soggetti a questo suo potere misterioso.
Indossava
abiti completamente neri, tranne la cravatta che, invece, era di
un’innaturale
candore. I capelli, come al solito spettinati, avevano alcuni ciuffi
particolarmente ribelli gli coprivano parzialmente gli occhi.
Vi
fu un
particolare, però, che Hermione notò per la prima
volta. Infilato nel pollice
della mano destra vi era un anello, illuminato da un luccichio blu,
molto
simile al colore dei suoi occhi.
La
ragazza
si scusò con la nonna e con la zia e, dicendo loro che
doveva assolutamente
andare a ringraziare alcune persone per aver deciso di partecipare al
funerale
dei suoi genitori, si avviò verso quest’ultimo
gruppetto.
Dopo
i brevi
saluti e le formali condoglianze, Hermione si rivolse a Minerva e Drew.
-Volevo
ancora ringraziarvi per essermi stati vicini … -
cominciò lei, venendo subito
interrotta da un gesto della McGranitt.
-Io
e la
professoressa McGranitt abbiamo fatto solamente ciò che
dovevamo in qualità di
docenti, Hermione – le spiegò Drew.
Tutti
sapevano che loro avevano fatto molto più di questo.
Il
ragazzo,
però, continuò a parlare.
-Sai,
Hermione, credo che là ci sia qualcuno che ti sta
aspettando- disse, indicando
con il dito indice della mano un luogo che i suoi occhi, assieme a
quelli di
tutti gli esseri magici lì presenti, cercarono
immediatamente.
Là,
dietro
un albero, stava Draco Malfoy. Fumava.
***
Non
prestò
attenzione alle voci sommesse che subito l’avvolsero.
La
sua unica
preoccupazione, ora, era raggiungerlo.
Hermione
mosse il primo passo.
Fred
e
George avevano già proposto di andare a suonargliele di
santa ragione. Tonks,
Ron, Harry e Ginny avevano acconsentito ad aiutarli e, senza aspettare
ancora,
si stavano già muovendo.
La
voce
chiara e nitida di Drew li fermò.
-Tutti
coloro che cercheranno di attaccare Draco Malfoy si ritroveranno
istantaneamente al San Mungo. Non farò distinzioni tra
uomini e donne-
Ron
deglutì
rumorosamente.
-Ma,
Drew!
Lui è un Malfoy!- esclamò Harry esterrefatto.
Drew
guardò
il ragazzo sopravvissuto negli occhi.
-Si,
hai
ragione Harry. Ma è anche un Black -
Harry
sembrò
sul punto di controbattere, ma Drew lo anticipò.
-Qual
era il
cognome del tuo padrino, Harry?- poi, si concentrò su Tonks
– Ninfadora,
sbaglio o tua mamma è Andromeda Black? E infine, ricordo
male o anche i Weasley
sono imparentati con questa famiglia?-
Ogni
tentativo di replica ammutolì, morendo nella gola di colui
che lo stava per
pronunciare.
-Non
credo
che sia corretto da parte vostra giudicare qualcuno in base alla
famiglia in
cui è cresciuto. Vi devo ricordare che, se lo farete, vi
abbasserete al livello
di tutti quei Purosangue che si ritengono superiori ai Mezzosangue?-
Ginny
prese
coraggio.
-
Malfoy è
proprio uno di questi!-
-In
tal
caso, sarà Hermione stessa a cacciarlo o a chiedervi di
farlo-
Silenzio.
Minerva McGranitt e Albus Silente lo osservavano, come anche Molly e
Arthur.
-Sul
suo
avambraccio sinistro, però, c’è il
Marchio Nero-
Quella
voce
proveniva da qualcuno alle sue spalle. La riconobbe subito e rispose al
proprietario della stessa senza nemmeno voltarsi.
-Sul
tuo
corpo, Lupin, ci sono chiari segni della tua natura di Licantropo. Da
quando
giudichi in base alle apparenze? Sai, vero, che potresti essere
ripagato con la
stessa moneta?-
Tonks,
non
appena quelle parole si diffusero nell’aria,
afferrò Drew per il colletto.
Sebbene il ragazzo la sovrastasse di una decina di centimetri, lei lo
fisso
dritto negli occhi, furiosa.
-
Lascialo,
Ninfadora -.
Remus
Lupin
parlò in tono pacato e con voce tranquilla.
Quando
vide
Hermione avvicinarsi, Draco gettò a terra la sigaretta e la
spense pestandola.
Il
suo
orgoglio gli impediva di farsi cacciare da lei come un cane.
Parlò
per
primo.
-Vuoi
che me
ne vada- disse. Non era una domanda, ma una semplice constatazione.
Lei
lo
guardò in silenzio, poi chinò il capo.
-Speravo
fossi così gentile da porgermi educatamente il tuo braccio,
ma evidentemente mi
sbagliavo. Dunque, te lo chiedo. Draco, puoi starmi vicino?-
Quella
richiesta lo spiazzò. Lei voleva lui.
***
Quando
lo
strisciante sovrano Slytherin cominciò ad avvicinarsi
tenendo la gentile regina
di Gryffindor per mano, numerosi commenti scapparono dalle bocche dei
loro
sbadati proprietari.
-Non
c’è
dubbio: Incantesimo Confundus – concluse Fred, mentre si
girava da un’altra
parte per non guardare la scena.
-Ti
sbagli,
fratello. Guarda con chi è! Maledizione Imperius,
sicuramente- lo corresse
George, raggiungendo con lo sguardo il paesaggio spettrale che il suo
gemello
stava già ammirando.
-Si
vuole
vendicare, ne sono sicuro!- esclamò convinto Ron –
Non le è mai piaciuto il
fatto che io l’abbia subito rimpiazzata-
Ginny
scoppiò a ridere, seguita dai due allampanati gemelli.
-Sei
un
idiota, Ron. E comunque, la Brown non potrà mai rimpiazzare
Hermione – la rossa
sembrò fermarsi un attimo per lanciare un’altra
occhiata alla strana coppia.
Ciò la fece rabbrividire. Hermione e Malfoy, insieme.
La
sensazione di aver ingerito un pacchetto intero di Pasticche Vomitose
crebbe.
-Vi
prego
togliete quel sorriso giocondo dalla faccia del furetto platinato!-
pregò
affranta.
Tonks si intromise.
-Credimi,
Ginny, mi piacerebbe molto farlo, ma, se anche riuscissi a superare
Drew, –
disse, lanciando un’occhiata al professore – credo
che Hermione mi stenderebbe
a colpi di Fatture-
-Sapete,
secondo me, qualcuno ha lanciato un potente Incanto della Memoria sulla
nostra
Herm, facendole dimenticare i suoi ultimi sette anni di vita- propose
Charlie.
In
quel
momento anche Bill e Fleur si avvicinarono al gruppetto immerso nel
cicaleggio.
-Ragazzi,
andiamo! Ha appena perso i suoi genitori, è sicuramente
colpa dello shock.
Vedrete, quando ritornerà in sé,
rimpiangerà questo giorno- disse il ragazzo,
supportato da numerosi cenni affermativi della francesina.
-Me
lo
auguro-.
Con
queste
poche parole Harry Potter espresse il suo parere. Sfavorevole.
Poco
più in
là un’altra discussione, anch’essa
appena sussurrata, stava avendo luogo.
-Diamine,
Drew, quel ragazzo ha il Marchio!- ringhiò Lupin –
Potrebbe essere pericoloso!-
Il
ragazzo
sostenne facilmente lo sguardo accusatorio dell’uomo.
-Non
abbiamo
prove che lo sia. Non reputo corretto allontanarlo da Hermione fino a
quando
non avremo prove certe. Nel caso in cui tu possa fornirmele,
sarò ben felice di
scortare personalmente il ragazzo ad Azkaban -.
-Non
abbiamo
tempo! Domani potremmo dover piangere anche Hermione!- gli rispose
Remus.
-
Drew, io
credo che Remus abbia ragione. La signorina Granger è troppo
scossa, dobbiamo
salvaguardare il suo futuro, proteggendola oggi- disse Minerva
McGranitt.
Remus
Lupin
vide la vittoria ad un passo.
-
Albus?-
Il
Preside,
sistemandosi gli occhiali a mezzaluna sul naso adunco, prese parola.
-Ritengo
che
solo la signorina Granger possa sapere di cosa ha bisogno in questo
momento e
reputo giusto informarvi che, a mio parere, lei ha già
scelto. Dunque, io
concordo con il professor Kennan -.
Parità.
La
situazione era di nuovo in stallo.
***
Lentamente
i
feretri vennero calati nelle fosse.
Il
lamentoso
canto di una madre e di una sorella la raggiunse. Parlava di
disperazione, di
rabbia, di frustrazione. Narrava di tempi trascorsi felicemente e di
difficoltà
superata solo grazie alla forza di un abbraccio. Raccontava di quale
vuoto
avesse lasciato la loro perdita prematura nelle loro anime acciaccate.
Inaspettata giunse come un sonoro schiaffo sulla guancia.
La
verità
bruciò i legacci che l’ancoravano al suo orgoglio.
Pianse,
ancora, ma come mai, prima d’ora, aveva fatto.
La
mano, che
Draco le aveva posato sul fianco, strinse la sua presa attirando il suo
corpo
verso quello del ragazzo.
Di
nuovo
quel calore. Ora, però, neppure quello riusciva ad
allontanare quello spettro
dalla sua anima.
I
suoi
gemiti, scappati dalle sue labbra dischiuse e appena sussurrati, si
unirono
alla disperazione di quella triste musica.
***
Hermione,
ancora legata a Draco, camminava piano in testa ad un gruppo di persone
chiacchieranti.
Poi,
qualcuno la chiamò.
Riconosceva
quella voce, sebbene fossero passati più di sei anni e
sebbene il trascorrere
del tempo l’avesse resa più roca.
Si
voltò e
lo vide.
-
Chris?-
chiese.
Il
ragazzo
sorrise.
-Già-
La
ragazza
rimase sconvolta. Quando l’aveva visto per l’ultima
volta era un bambino smilzo
ed emaciato, ora, invece, doveva reclinare la testa
all’indietro per riuscire a
guardarlo negli occhi.
-Che
c’è?
Non ti pare il caso di salutare almeno con un abbraccio un vecchio
amico?- le
chiese lui, interrompendo la rapida ispezione con cui la ragazza stava
constatando tutti gli innumerevoli mutamenti del suo corpo.
-Oh,
certo,
scusa!- gli rispose Hermione, sgusciando dalla presa del riluttante
Draco e
cercando di passare le braccia attorno alle spalle di Chris.
L’abbraccio,
almeno secondo il giudizio di Malfoy, che tossicchiò
cercando di attirare la
loro attenzione, fu troppo lungo e troppo intenso.
-Non
mi
presenti, Hermione?- disse un istante dopo, furioso di non essere stato
nemmeno
minimamente calcolato dalla ragazza.
Lei,
scusandosi, si scostò da Chris e adempì a
quell’incarico che, secondo le leggi
della buona educazione, le spettava.
-
Chris, –
cominciò Hermione, indicando Draco al ragazzo –
questo è Draco Malfoy, un mio
compagno di classe –
Poi,
avvicinandosi di un passo a Draco, proseguì le presentazioni.
-
Draco,
questo è Christopher Hunt -.
Lui,
guardando il Babbano dall’alto al basso, si
avvicinò ad Hermione e le sussurrò
all’orecchio – E chi sarebbe?-.
-Sono
suo
marito- disse Chris, introducendosi nella conversazione prima che la
ragazza
potesse rispondergli.
Gli
occhi
dell’erede Malfoy si iniettarono di sangue. Nella sua mente
si composero i nomi
degli avvocati della sua famiglia. In poco più di un paio
d’ore, concluse,
quell’allegra comitiva di legali sarebbe riuscita a
sciogliere qualsiasi
accordo matrimoniale ed Hermione sarebbe stata di nuovo sua.
Proprio
in
quel momento, il gruppo di Non-Babbani passò affianco ai
tre.
Qualcuno
inghiottì pesantemente.
-Amore
devo
farti una confessione: in questi sei anni ti ho tradito un paio di
volte-
rapido prese le mani della ragazza e le strinse tra le sue –
Ma ti giuro che
non lo farò mai più-
Tutti
i
presenti, magici e non, si erano fermati ad osservare la scenetta.
Malfoy
fu
sul punto di estrarre la bacchetta e lanciare un paio di Maledizioni
Senza
Perdono contro Christopher.
-Mi
dispiace, Chris, ma credo di doverti chiedere il divorzio- gli rispose
Hermione.
-Io
non
intendo concedertelo. Sono sicuro che mi perdonerai e che dimenticherai
le mie
scappatelle-
La
mano di
Draco scivolò sotto il mantello. Hermione vide il suo gesto
e decise di porre
fine a quel teatrino.
-Peccato
che
il matrimonio tra bambini non abbia valore nell’odierna
società- disse lei
allegra.
Chris,
come
se avesse già previsto quale sarebbe stata la replica della
ragazza, le rispose
subito.
-I
nostri
testimoni sono ancora in vita e credo siano disponibili a darmi ragione
davanti
al giudice-
-Devo
ricordarti che il nostro sacerdote ha accettato di sposarci solo dopo
che gli
hai dato quattro barrette di cioccolata e che ha cominciato la
cerimonia
dicendo “Facciamola corta, che ho fame”?-
Chris sospirò affranto.
-Quindi
il nostro
matrimonio finisce qui? Dopo sei anni d’amore profondo e di
completa adorazione
da parte mia nei tuoi confronti?-
Hermione,
oramai, rideva.
-Credo
di
si-
Chris
prese
un fazzoletto di carta dalla tasca e si soffiò il naso.
-Mi
mancherai tanto, amore- disse, mentre si lanciava in una splendida
interpretazione di “Uomo disperato”.
-Mi
auguro
che quest’idiota sia così gentile da andarsene al
più presto-
La
voce
glaciale di Draco Malfoy azzittì il loquace Chris.
Quest’ultimo, già pronto a
replicare, si fermò quando la nonna e la zia di Hermione le
si avvicinarono,
facendola allontanare un po’ dai due.
-Noi,
Hermione, dobbiamo andare a casa- cominciò la zia
– Ma, prima, devi prometterci
che ci penserai-
Jean si intromise.
-Del
resto,
come hai visto, non siamo gli unici a cui manchi-
-Ci
penserò,
ma non credo che cambierò idea-
***
Poco
dopo,
aveva salutato Chris e aveva ripreso a camminare tenendo Draco per
mano.
La
presa del
ragazzo era tutt’altro che gentile, ma non si offese per quel
suo comportamento
rude. Sapeva che lui la riteneva una sua proprietà, sapeva
che lui desiderava i
suoi sguardi solo per lui.
Molly
Weasley, dopo aver ottenuto il benestare di Silente, aveva invitato
anche lei a
cena alla Tana. Hermione, però, si era scusata e, dopo aver
detto che doveva
assolutamente rimettersi in pari con il resto della classe, aveva
declinato
l’invito. Ovviamente tutti pensarono che voleva stare con
Draco Malfoy. Lui
compreso.
Dopo
aver
effettuato una Materializzazione congiunta nei pressi dei confini di
Hogwarts,
i tre professori che li stavano accompagnando avevano deciso di
lasciare loro
una certa intimità, precedendoli di alcuni passi.
Ciò non piacque alla
professoressa McGranitt, la quale ogni due passi si lanciava occhiate
indagatrici alle spalle.
-Posso
farti
una domanda, Hermione?- le chiese improvvisamente Draco.
-Certo-
Lui
sospirò,
liberando l’aria per farsi forza. Aveva paura. Temeva la sua
risposta.
-Di
cosa
parlavano tua nonna e tua zia?-
Lei
sembrò
calibrare nella sua mente la risposta che voleva dargli.
-Mia
nonna
mi ha chiesto di trasferirmi a casa sua-
-Cosa?-
urlò
Draco, facendo voltare contemporaneamente i tre accompagnatori. Minerva
era
agitata e la sua mano era subito corsa verso la bacchetta. Quel
ragazzino era
pur sempre un Mangiamorte.
-Non
ti ho
detto che mi trasferirò, Draco –.
L’occhiata
che la McGranitt gli rivolse fu un chiaro invito a darsi una calmata.
Il
ragazzo
inspirò ed espirò teatralmente e riprese a
parlare.
-Per
quale
motivo dovresti trasferirti? Sei una strega abilissima, il tuo posto
è qui!-
-Grazie
per
il complimento, Draco, ma ti ricordo che loro non lo sanno. Credo,
comunque,
che la mia famiglia voglia solo starmi più vicina-
-La
prossima
volta che ti tocca, comunque, lo ammazzo- disse lui, cambiando
discorso.
-Di
chi stai
parlando di preciso?- gli domandò Hermione.
-Di
chi? DI
CHI? Di quel lurido babbano di Hunt!-
Di
nuovo i
tre che li precedevano si voltarono. Il cipiglio di Madama McGranitt lo
zittì.
Drew sembrò segnarsi di impartire una punizione esemplare al
ragazzo alla prima
occasione.
Hermione,
invece, si limitò ad avvicinarsi di più a lui.
L’effetto da lei voluto fu
subito ottenuto.
Draco
Malfoy
si limitò a guardarla, ricordandosi di respirare ogni tanto.
***
-Non
vieni a
cena?- chiese Draco Malfoy ad Hermione Granger, mentre questa gli si
allontanava.
-Te
l’ho
detto, Draco, devo studiare-
Il
volto di
lui s’incupì.
Lei
gli
strinse le mani e gli sorrise dolcemente.
-Buonanotte,
Draco -.
Hermione
cominciò a salire le scale.
Poi,
improvvisamente, si fermò. Non si voltò.
-La
prossima
volta che parli di Babbani, Draco, ricordati che tutta la mia famiglia
rientra
in questa categoria-.
Lui,
Draco
Malfoy, ne aveva combinata una delle sue.
Sono proprio un deficiente.
Note dell’autore
Credo
che
sia doveroso, da parte mia, cominciare questo spazio con un sincero
ringraziamento. Per tutte le belle parole, per tutte le persone che
sono state
così gentili da commentare (e consolare la mia anima di
autore affetto da radicato
vittimismo), per tutti coloro che mi seguono fin dal primo capitolo e
per quelli
che, invece, si sono aggiunte da poco.
Grazie
a
tutti, indistintamente.
Nella
mia
stupida preoccupazione di aver “mancato”
l’obbiettivo e aver fallito come
autore di Dramione (essere uno dei pochi ragazzi che scrivono questo
genere di
racconti porta con se un onere non indifferente, anche se non sembra),
ho
dimenticato di avere un minimo di orgoglio e sono (s)caduto nella
banalità
della disperazione.
Beh,
non so
se avrete modo di vedermi in stati così pietosi, ma per ora
vi chiedo scusa di
ciò che ho fatto. (Piagnistei sterili e elucubrazioni
mentali futili, compresi)
Grazie
ancora alle mie supporters (io fiducioso confido nella presenza di un
ragazzo),
che, senza dubbio alcuno, sono le migliori. Mi si stacchino le mani e
comincino
a prendermi a pugni, se quello che dico non lo penso realmente.
Passo,
ora,
al capitolo odierno.
Sconvolgerà
qualcuno, temo.
Il
comportamento di Hermione non è quello a cui vi ho abituati
(o almeno non lo è
fino alla fine del capitolo), ma credo che possa essere
scusato/motivato dalla
sua situazione psicologica. In effetti, Bill e Fleur sono quelli che ci
sono
andati più vicino. Hermione cerca di nasconderlo, cerca di
tenerlo per sé, ma è
distrutta. E Draco, in questo caso, diventa un ottimo modo per
“alleggerirsi
l’animo”. Lei non deve dirgli niente, lui sembra
capirla completamente
(infatti, apostrofa un Babbano con l’aggettivo lurido
… Draco, sei un’idiota!
Aspetta … sono io quello che muove il tizio, quindi, gira
che ti rigira, alla
fine, mi sto insultando da solo … che strazio,
però!!!). Si occupa dei suoi
bisogni, la sostiene. In un’unica affermazione, lui
“pensa al suo posto”. Poi,
però, Draco sbaglia. Errare è umano, no?
Hermione, questo, lo capisce.
Drew,
invece, in questo capitolo dimostra di saper essere tremendamente
convincente.
Come ho già detto, il ragazzo avrà un ruolo molto
importante e, già dal
prossimo capitolo, diventerà per Hermione una specie di
confidente, maestro, guida.
Hermione
è
la sua “cocca”, ma credetemi (io vedo e prevedo
ciò che il futuro ha in serbo
per questo ragazzo) tiene a Draco più di quanto si creda.
Non
dico
niente, perché, obbiettivamente, ho già detto
troppo.
Ho
altre
cose da dire? Non me lo ricordo.
Procedo
con
le risposte alle recensioni e, se dalla mia testa malata
verrà fuori
qualcos’altro che vi devo dire, lo aggiungerò alla
fine.
Hollina: ti rispondo procedendo per
punti, in modo da ricordarmi di rispondere a tutto ciò che
mi hai scritto. Condivido
pienamente, il rapporto con Ron andava assolutamente troncato. A me,
sinceramente, il rosso non sta proprio molto simpatico e, quindi, ho
voluto
eliminare il problema (che lui rappresenta) il prima possibile.
Purtroppo, hai
colto nel segno anche con il secondo punto. L’attacco ai
genitori di Hermione
era inevitabile, come lo è stata anche la loro morte. Io non
avrei voluto
arrivare a tanto, ma, alla fine, non ho avuto altra
possibilità di scelta.
Sono
molto
felice che il personaggio di Drew ti piaccia, anche perché,
come ho detto
sopra, avrà un ruolo molto importante.
Per
le belle
parole che mi hai riservato, GRAZIE! Infinitamente, sia chiaro. Mi
raccomando,
voglio sapere cosa ti è sembrato questo capitolo!
Books: Luce dei miei occhi!!! Comincio
subito con il ringraziarti, la fedeltà che hai dimostrato a
questa storia è
assolutamente insuperabile. Grazie, dunque (di tutto …
complimenti e consigli,
sempre ben accetti). Draco ha avuto, finalmente, lo spazio che merita.
Aspetto
il tuo parere su questo capitolo e su come si è mosso il
Malfoy. Grazie,
ancora.
lady_free: dicono che la vita
è un
susseguirsi di alti e bassi. Balle, la vita è un susseguirsi
di disgrazie.
L’unica cosa che cambia è la frequenza con cui
queste ci colpiscono. Se ci
lasciamo abbattere, però, saremo impreparati per quelle che
verranno dopo.
Quindi, forza e coraggio Lady.
Spero
che il
comportamento di Hermione non ti abbia stravolto troppo. Capiscila,
è un po’
scossa. Per quel che riguarda l’errore, grazie per avermelo
fatto notare (temo
non sia un errore di battitura, ma, essendo stato preso dalla scrittura
di
questo capitolo, non sono andato a cercarlo), spero anche di riuscire a
correggerlo il prima possibile. Grazie per i complimenti e per aver
recensito.
Hai tutto il mio supporto, anche se non so quanto questo ti possa
essere utile.
Mi raccomando, fatti forza ;-)
prettyvitto: innanzi tutto, grazie per
aver recensito. La tua osservazione è indubbiamente
corretta. Per darti una
risposta, se non ti dispiace, la prendo alla lontana. Voldemort avrebbe
potuto
attaccare Hermione in due luoghi: Hogwarts e il San Mungo. Il primo,
però, è
abbondantemente protetto da tutti gli incanti che vi stanno attorno e
Silente è
ancora preside. Voldemort, dunque, non potrebbe attaccarla in questo
luogo per
due motivi: 1 non può entrare a Hogwarts perché
Draco gli ha voltato le spalle
e quindi l’Armadio Svanitore nella Camera delle
Necessità non è stato
aggiustato 2 ha sempre temuto Silente ed entrare nella sua scuola
sarebbe
alquanto avventato. Inoltre, se potesse entrare ad Hogwarts, avrebbe
sicuramente cercato di eliminare Harry, che è il suo
obbiettivo primario. Anche
un possibile attacco al San Mungo è da scartare, visto che
Hermione, oltre alla
marea di Guaritori, ha anche la McGranitt e Drew a difenderla. Un
attacco al
San Mungo, poi, sarebbe ancora più avventato di un attacco
ad Hogwarts.
Voldemort si ritroverebbe braccato nel giro di poche ore.
Spero
di
aver chiarito il tuo dubbio (in caso contrario, sono qui a
disposizione).
Grazie ancora.
Barbarak: ebbene,
cosa posso dire? Come al solito ti do ragione. Il passato di Drew
è triste,
Draco si è mosso (alleluia, alleluia … in questo
capitolo, però, sbaglia, dimmi
te se non è castrone) ed Hermione è scossa dalla
morte dei suoi genitori.
Voglio proprio vedere cosa mi dirai di questo capitolo. Grazie, come
sempre,
per l’attenta analisi dei miei capitolo.
Agathe: capirai a tue spese (intendo,
capirai adesso) che io sono uno dalla chiacchiera facile. Quindi,
mettiti
comoda, perché io (finalmente) ho il pomeriggio libero.
Beh,
che
posso dirti? Non sei la prima a sconvolgersi. Anzi, prenditi il tuo
biglietto e
mettiti in coda. Mi dispiace, ma, come credo tu abbia letto, qualcuno
mi ha
anche scambiato per una ragazza. Poco male, l’importante
è che la storia
piaccia. Certo, è stato un duro colpo per la mia autostima,
ma, oramai, l’ho
superato. Come ti ho già detto, è You &
Me che deve piacere, non io.
Ma
evito
d’attardarmi e procedo.
Ok,
il
pairing è strano per un ragazzo, lo ammetto. Aggiungici il
fatto che ho sempre
odiato il personaggio di Draco Malfoy e la cosa rasenterà la
follia pura. Ho
sbirciato nel tuo profilo (lo faccio più o meno con tutti
quelli che seguono la
mia storia e in particolare con quelli che recensiscono …
sai com’è, mi piace
scoprire più cose possibili su chi mi legge) e, con piacere,
ho visto due
titoli fondamentali affinché tu possa capire ciò
di cui ora mi appresto a
cianciare.
Allora,
comincio da molto lontano, posso? Beh, ora non puoi rispondermi e, per
me, vale
l’utilissimo detto per cui chi tace acconsente.
Oramai
sono
quasi passati due anni da quando ho cominciato a scrivere.
All’inizio era un
passatempo con cui riempire una delle tante ore vuote. Ora, purtroppo e
per
fortuna, è diventato un bisogno, una necessità.
Fatto
sta
che, come tutti gli scrittori, esordienti e navigati, anche io ho avuto
la mia
“crisi”. Scrivevo frasi e le cancellavo. Avevo
belle idee ma, non appena
cercavo di buttarle su carta, mi bloccavo. Brutta storia. Periodo buio,
non
solo per la scrittura, quello. Poi, è arrivata lei. Ho letto
la mia prima
fanfiction. È stato amore a prima vista. Dopo la fanfiction,
datami su
chiavetta da una mia amica (dio l’abbia in gloria, non
finirò mai di dirlo), è
arrivato Efp. E, dopo questo sito, è ritornata anche
l’ispirazione. Fino a meno
di qualche mese fa, però, aprivo la finestra di questo sito
solamente per l’aggiornamento
di quella prima fanfiction.
Poi,
quasi
per caso, mi sono trovato tra le mani un ff chilometrica. Il titolo? The ground beneath her feet. E dopo questa,
c’è stata Original
Sin. Savannah, con il suo stile così poetico, con
la sua grande abilità nel
intrecciare parole, mi ha lasciato basito. È stata una di
quelle storie di cui
non si è mai sazi, una di quelle che, arrivato
all’ultimo capitolo, ti auguri
di esserti sbagliato e che ce ne sia ancora uno.
Forse ti starai chiedendo di
cosa mi sono fatto, ma sono proprio queste due ff la causa di You
& Me.
In quei racconti, perfetti in
ogni singola parola, ho trovato una cosa che non mi andava (o meglio
va) a
genio.
Hermione.
Ho sempre guardato questa
ragazza con ammirazione per la sua grande caparbietà, per il
suo coraggio. E me
la sono ritrovata completamente assoggettata a Malfoy. Quasi alle sue
dipendenze. Quasi come se avesse bisogno di lui anche solo per
respirare. Non
mi è piaciuto. Non era quella l’Hermione che mi
ero immaginato.
Volevo una ragazza con più
palle
(in senso puramente figurativo … certe sorprese è
meglio non averle mai), non
disposta a cadere in ginocchio al primo schiocco di dita.
Volevo dire la mia, dare la mia
versione. Lo sto facendo. Non so come, ma lo sto facendo.
Quindi, mi dispiace per le
amanti dei cliché, ma Draco, se vuole Hermione, deve darsi
da fare. Almeno fino
a quando sarò io l’autore dovrà farlo,
nel caso in cui, invece, un alieno
dovesse rapirmi e prendere il mio posto, beh le cose potrebbero
cambiare.
Hai ragione in Draco
c’è
assolutamente qualcosa di mio: il vittimismo.
Come so deprimermi io per nulla,
nessun’altro è in grado di farlo. E infatti,
modestia a parte, mi sono ispirato
alle mie vicende personali per rendere bene questo concetto nel
biondino. = )
Ok, cos’altro devo dirti? Un
mucchio di cose, diamine!
Vorrei che tu notassi che
Hermione, fino ad ora, non ha mai detto nulla di gentile o carino o
romantico
al caro Draco. Quindi, nonostante tutto, lei non è ancora
innamorata di lui.
Prova qualcosa, forse. Questo lo specifico, visto che dal capitolo
magari
poteva essere travisato.
Io rimango fedele alla mia idea,
ergo: Draco, comincia a faticare.
Scusami per la risposta
strampalata, ma il sonno comincia a farsi sentire.
Comunque, credimi, mi fa molto
più piacere ricevere una recensione come la tua che non un 8
in italiano (anche
perché quella donna deve essere imparentata direttamente con
il demonio, quindi
ormai c’ho rinunciato).
Non credo sia necessario
specificarlo. Grazie, infinite. Attualmente è uno dei
più bei commenti che io
abbia ricevuto.
Quindi, aspetto un tuo commento
anche su questo capitolo! Mi raccomando =)
Grazie ancora e scusami ancora per
la balzana risposta (troverò un modo per farmi perdonare).
P.S: il mio amico Baileys
ricambia con affetto!!!
Paula: vai
così!!! Record superato!!! Grazie Paula! Senza di te (ehm
… credo sia ovvio),
non avrei mai superato la soglia delle 6 recensioni! Spero sinceramente
di non
perdere una lettrice appena trovata e confido nella tua
bontà d’animo che ti
darà la forza per lasciarmi una recensione anche questa
volta J. Grazie infinite per i
complimenti e ti prometto che cercherò di staccarmi dal
collo della bottiglia J
Ecco, sono arrivato alla fine.
Ringrazio
di cuore le 10 persone
che hanno messo la mia storia tra le preferite, le 5 che
l’hanno messa tra le
ricordate e, infine, le 38 che l’hanno messa tra le seguite.
Ora vi lascio …
Mi raccomando, recensite!!!
Jerry
P.S: Mi dispiace, ma con l'inizio della scuola finisce anche questa
pseudo-regolarità con cui aggiornava i capitoli. Spero di
aggiornare il più presto possibile, comunque.
|
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Capitolo 7 *** The Wolf ***
Chapter seven,
The Wolf
Riecheggiava
il rumore dei suoi passi, infrangendosi poco dopo sulle fredde pareti
di quel
solitario corridoio.
Riecheggiava
nel suo petto il palpito costante del suo cuore.
Riecheggiavano
nella sua mente un’infinità di ricordi, troppo
belli per essere dimenticati e
troppo dolorosi per essere rivissuti.
Riecheggiava
nella sua anima l’imperturbabile certezza di quella nuova
forza.
Riecheggiava,
in quel mondo sperduto, il coraggio di una ragazza.
Riecheggiava
il suo nome nei desideri di Draco Malfoy.
Hermione Jean Granger.
Il
suo viso
stava lentamente riacquistando la sua usuale carnagione rosata, le sue
labbra
morbide si dispiegavano più spesso in un sorriso gentile e i
suoi capelli
ribelli incorniciavano dolcemente il suo volto ancora troppo magro.
Sembrava
aver superato tutto ciò che le era successo. Sembrava essere
ritornata la
solita Hermione. Bugiarda.
A
poco più
di un giorno dal funerale, a poco più d’un passo
dal baratro in cui aveva
rischiato di cadere.
Era
ancora troppo
presto, anche per lei.
La
porta
della Stanza delle Necessità comparì, esaudendo
il suo desiderio.
Pose
la mano
sulla maniglia, la spinse ed entrò.
Molti
dei
suoi compagni erano già arrivati, ansiosi di partecipare ad
un'altra lezione
del professor Kennan. Quando questi si voltarono verso
l’ingresso e videro la
sua figura gracile, il livello dei mormorii aumentò
esponenzialmente. Lei era
il nuovo argomento di cui sparlare.
Lei,
che non
era più la stessa. Lei, che aveva lanciato una Maledizione
Cruciatus durante
una lezione e che aveva visto morire i suoi genitori. Lei, che,
evidentemente,
doveva essere uscita di senno.
Aveva
capito
solo da poco quanto Hogwarts fosse in grado di parlare. Continuamente
giravano
voci di un suo ritorno di fiamma nei confronti dell’ormai
fidanzatissimo Ron
Weasley.
Qualcuno
parlava di un’illegale relazione con il professore Kennan.
Altri, invece,
sostenevano un alquanto improbabile e altrettanto segreto fidanzamento
con
Draco Malfoy.
Gli
assidui
frequentatori dei corridoi (sede indiscussa del Chiacchiericcio),
invece,
riportavano la notizia della comparsa del Marchio Nero sul suo
avambraccio
sinistro e Mirtilla Malcontenta era pronta a giurare di aver visto la
ragazza
incidere la pelle dei propri polsi con un coltello rubato durante un
pasto alla
Sala Grande.
Infine,
quasi i tre quarti della popolazione maschile di Hogwarts si vantava di
aver
avuto una sfrenata notte d’amore con la Regina dei
Gryffindor.
Insomma,
pareva che la signorina Granger, dopo aver scoperto le ebbrezze date
dal
masochismo e dopo aver giurato fedeltà al Signore Oscuro,
avesse deciso di
darsi alla prostituzione, saltando, con infinita eleganza, dalla sponda
di un
letto a quella di un altro.
E
lei era
lì. Ferma, in attesa che tutti i presenti finissero di
analizzarla.
Quando
credette di aver concesso loro tempo a sufficienza, si
diresse lentamente verso Harry, Neville e
Luna, che l’accolsero con sguardi gentili e amichevoli.
-Sai,
Herm,
girano strane voci su di te in questi giorni …
-cominciò Harry, il quale,
evidentemente, cercava le parole più adatte per proseguire
ciò che aveva
cominciato.
La
ragazza
sorrise tranquilla. Sapeva che, in tutto quel marasma di chiacchiere,
chi le
voleva bene sinceramente si sarebbe preoccupato della sua salute.
Gli
porse le
mani e lui le afferrò.
-Come
vedi,
nessun taglio o marchio-
Lui
si
concesse solamente una breve occhiata per controllare i polsi della
ragazza.
-A
dire il
vero non parlavo di questo … - le rispose, prendendosi,
anche in questo caso,
del tempo per continuare.
Lei
lo
guardò, invitandolo a procedere.
-Tu
e Malfoy
state assieme?-
Tutti
i
presenti ammutolirono, bramosi di ascoltare la sua risposta.
-
No-
La
fermezza
con cui disse quella parola convinse tutti gli astanti della sua
veridicità.
Harry
sospirò pesantemente, felice d’essersi liberato di
quella terribile
possibilità. Evidentemente Bill e Fleur avevano ragione:
Hermione aveva agito
in quel modo assurdo al funerale solo perché pesantemente
scossa dalla morte
dei suoi genitori.
-Ma- continuò
Hermione – Draco, a differenza tua,
non ha avuto dubbi sulla mia condotta. Io non ho dubitato di te, quando
tutti
nel Mondo Magico credevano che tu fossi un ragazzino in cerca di
attenzioni-.
Cos’era quel rancore che le bruciava
dentro?
Cos’era quel risentimento che doveva liberare?
-Lo
so,
Hermione. Io sono solo preoccupo per te-
I
loro occhi
si incontrarono. Il dolore impresso in quelli verdi di lui, le
ricordò chi era
colui che aveva davanti.
-Su
questo
non ho dubbi, Harry. Ma io sono sempre la stessa Hermione. Credi
davvero che
potrei diventare una sgualdrina che va con il primo che le passa sotto
il naso,
così, da un giorno all’altro?- gli chiese.
Lui,
guardando il pavimento, scosse la testa affranto.
-Per
fortuna- esclamò lei, sbrigandosi ad abbracciarlo.
Bastò
quello.
Per
un’amicizia
come la loro, rafforzata da anni di confidenze sussurrate e sorretta da
molte
disavventure superate assieme, troppe parole erano inutili.
I
due
scoppiarono a ridere. Una liberazione, per entrambi. Un necessario
ritrovarsi.
***
Si
era fatta
bella, perché, come gli aveva riferito almeno una decina di
volte, voleva fare
colpo su Drew. Così, aveva saltato il pranzo pur di poter
avere più tempo da
passare davanti allo specchio. Lui, pur sforzandosi, non riusciva a
capire
perché lo avesse fatto. Lei era un bellissima ragazza anche
senza tutti quei
cosmetici che si era spalmata in faccia, ma, chissà per
quale astruso motivo,
cercava in tutti i modi di apparire migliore di quella che era.
-
Draco,
devi dirmi la verità- cominciò lei –
Come sto?-
Lui
sbuffò. Da
quando suo padre aveva fallito la missione che Voldemort gli aveva
affidato,
poche erano le persone che avevano ancora il coraggio di stargli
vicino. Lei,
purtroppo e per fortuna, era una di quelli.
-Bene-
le
rispose lui.
Uno
strano
verso uscì dalle morbide labbra sottili della ragazza.
-Lo
sapevo!-
esclamò disperata – Faccio schifo!-
La
ragazza
prese dalla borsetta una spazzola e cominciò a passarla
sulla frangia che le
copriva l’occhio sinistro, mentre con la mano libera
controllò velocemente che
tutti i suoi biondi capelli fossero imprigionati nel perfetto chignon
che aveva
sulla nuca. Infine, quando ebbe finito di pettinarsi, prese uno
specchio. Sulla
superficie riflettente venne imprigionato il riflesso dei suoi occhi
verde
scuro.
-Secondo
te
il colore del rossetto è troppo acceso?- chiese rivolta al
ragazzo.
Un
ghigno
malevole si dipinse sulle labbra di Malfoy.
-Forse-
La
ragazza
sbiancò.
-Forse?
FORSE???- urlò, preda di quanto più simile a un
attacco isterico – Ma non
potevi dirmelo prima? Ora che cosa faccio?-
-Se
vuoi,
posso Appellarti un sacchetto di carta. Ci facciamo due buchi e te lo
puoi
mettere in testa- le rispose lui serio.
-Lurido
pezzo di m... – berciò la ragazza, venendo subito
interrotta da un Malfoy
sorridente.
-Buongiorno
Drew –
La
tonnellata di prodotti che la ragazza si era spalmata sul viso non
riuscì a
celare l’improvviso pallore mortale della sua pelle.
-Buongiorno
a te, Draco -.
Riconobbe
quella voce. Era lui.
Lentamente
si voltò e vide che Draco era già entrato. Maledetto.
Drew
la
stava guardando.
-Stai
molto
bene con i capelli raccolti, Daphne –
Dopo
aver
pronunciato un ringraziamento, Daphne Greengrass, quasi saltellando,
entrò
superando la porta che il professor Kennan le stava tenendo aperta. Un
sorriso
a trentadue denti stampato sul volto.
Quando
entrò, Draco Malfoy vide Potter che stringeva la sua
Hermione tra le braccia.
Ridevano, entrambi.
Aveva
sopportato tanto negli ultimi sei anni, ora, era arrivato il momento di
ammazzare quell’idiota del Ragazzo Sopravissuto.
Stava
per
prendere in mano la sua bacchetta, quando la ragazza alzò lo
sguardo dalla
spalla di Potter per fissarlo su di lui.
Gli
sorrise.
Il
più bel
sorriso che lui avesse mai ricevuto.
E
magari si
sbagliava, ma, quello imprigionato tra le sue labbra, sembrava proprio
essere
affetto nei suoi confronti.
Hermione
sciolse l’abbraccio da Potter e con alcuni passi si
allontanò da lui.
Sapeva
che
lei non lo stava raggiungendo e, sebbene lo desiderasse più
di qualsiasi altra
cosa, non se la prese quando Hermione si diresse verso la cattedra.
Così,
continuando a tenere gli occhi inchiodati sul suo viso, si diresse
verso
l’ultima fila e si sedette ad uno dei due banchi.
***
-Vedo
con
piacere che hai deciso di continuare a frequentare il mio corso,
Hermione – le
disse Drew quando lei gli si avvicinò.
Hermione
annuì.
-Vuoi
cambiare compagno?- continuò lui.
-No,
credo
che mi terrò Draco - rispose la ragazza, ricambiando al
sorriso del professore
– Ma ho bisogno di parlare con te, quindi, se non ti
è di disturbo … -
Lui
la
interruppe.
-Subito
dopo
questa lezione sono libero. Se vuoi ti offro una tazza di tè-
Lei
accettò
l’invito e, ringraziandolo, si diresse verso
l’ultima fila.
Daphne
Greengrass la fulminò con un’occhiataccia.
***
Teneva
gli
occhi fissi sulle sue mani.
Pur
senza
guardarla, sapeva che lei si stava avvicinando e percepì un
leggero spostamento
d’aria quando lei si sedette.
-Potrei
diventare geloso- le disse, mantenendo imperterrito il contatto visivo
con il
banco.
-Non
sono la
tua fidanzata, Draco –
Lui
alzò i
suoi occhi argentei, fissandoli in quelli color cioccolata di lei.
Aveva
appoggiato il viso scarno sul pugno chiuso della mano sinistra e lo
stava
guardando.
-Purtroppo
non lo siamo pubblicamente, ma, se le cose andranno come credo io,-
cominciò,
sottolineando quest’ultima frase con un gesto della mano,
come ad affermare che
“le cose” sarebbero andate sicuramente come credeva
lui – presto non
abbraccerai altre persone oltre al sottoscritto-
-Mi
dispiace
Draco, ma alla sottoscritta spetta il compito di ricordarti che non
siamo stati
insieme per più di qualche ora- gli rispose Hermione.
-
Questo mi
ricorda che, nelle poche ore che abbiamo condiviso, abbiamo dormito
assieme-
disse lui, abbassando la voce fino a farla diventare poco
più di un sussurro –
E, molto presto, dovrai ricambiarmi il favore, Hermione –.
Draco
Malfoy
le stava praticamente ridendo in faccia.
-Non
so se
questo succederà presto, ma sono sicura, Draco, che
ritornerai presto a fare
una visita di cortesia a Madama Chips -
La
lezione,
intanto, era cominciata.
-Allora,
durante l’ultima lezione, escluse le varie interruzioni, -
cominciò Drew,
lanciando un’occhiataccia agli inquilini
dell’ultima fila, che ammutolirono
immediatamente – abbiamo cominciato a fare un po’
di esercizio con l’Incanto
Patronus. Qualcuno sa dirmi cosa ci permette di fare questo
incantesimo?-
Molte
furono
le mani che si alzarono.
-Dimmi,
Daphne – disse Drew, indicando la ragazza, che
diventò rossa.
Lei,
dopo
aver tossicchiato piano per essere certa che la voce non
l’abbandonasse,
cominciò a parlare.
-L’Incanto
Patronus ci permette di evocare un’essenza positiva, il cui
aspetto varia da
persona a persona, in grado, tra le altre cose, di scacciare i
Dissennatori. È
una magia di alto livello ed è molto complesso riuscire ad
evocare un Patronus
completo- spiegò la ragazza.
-Molto
bene.
Cinque punti a Slytherin – disse Drew – Ora, qual
è l’aspetto fondamentale per
la riuscita dell’Incanto Patronus?-
Ancora
una
volta molte mani si alzarono. Il professore diede la parola a Neville
Paciock.
Costui
si
tinse di una preoccupante tinta bordeaux e cominciò a
balbettare.
-L’a-a-asp-e-tt-to
f-f-f-fon-d-d-damen-t-t-tale è … -
Draco
cominciò a ridacchiare ed era già pronto a
prendere la parola per divertirsi
alle spalle di Neville. Purtroppo le parole gli morirono in gola,
quando
Hermione gli assestò una gomitata nelle costole.
-
Neville,
sono sicuro di aver visto uscire un rospo dalla tua bacchetta, la
scorsa
settimana. So che sai la risposta, quindi cerca di respirare e
tranquillizzati-
lo rassicurò Drew.
Il
ragazzo
prese un grosso respiro.
-Quando
si
pratica questo incanto si deve visualizzare un evento positivo nella
propria
testa. Maggiore è la felicità che
l’avvenimento ci ha dato, maggiore sarà la
potenza dell’Incanto-
Certo,
il
volume della sua voce era tanto bassa da sembrare che il ragazzo stesse
suggerendo qualcosa ad un compagno di banco, ma la risposta era
corretta.
-Molto
bene,
Neville. Cinque punti anche a Gryffindor – disse Drew
sorridente – Ora,
dividetevi a coppie ed esercitatevi. Chi sa già fare questo
incanto lo insegni
a chi non ci riesce ancora, dopo, verificheremo i progressi-
***
Al
suo primo
tentativo dalla bacchetta era uscito solo un piccolo fascio di luce
pallida
che, con la stessa velocità con cui era comparso, era poi
sparito. Al
secondo, una leggera nebbiolina aveva
alleggiato per alcuni secondi, ma, trascorsi questi, si era dissolta in
una
impalpabile polvere argentea. Dopo il terzo tentativo fallito, Draco si
passò
una mano sulla fronte imperlata di sudore.
-Credo
sia
colpa dell’evento a cui stai pensando. Probabilmente non
è abbastanza felice-
gli disse Hermione.
Lui
le
rivolse un’occhiata indubbiamente in possesso del dono della
favella. Lui non
aveva bisogno di lei.
Malfoy
ci
riprovò, ma il risultato fu addirittura peggiore di quelli
precedenti.
-Vedi?
Mi
hai distratto!- la accusò lui.
-Oh,
andiamo!- protestò la ragazza - A cosa stai pensando? Sono
sicura che non è
abbastanza felice … -
Lui
la
guardò e sospirò.
-Non
riesci
a non fare la saputella? Comunque sto pensando a quando sono diventato
Cercatore degli Slytherin! –
Hermione
incrociò le braccia davanti al seno e cominciò a
guardarlo dall’alto in basso.
-Tuo
padre
ti ha comprato il posto in squadra regalando a tutti delle Nimbus
2001!-
esclamò lei, sconvolta dal pensiero su cui era ricaduta la
scelta del ragazzo.
-Se
non
ricordo male, mi dicesti la stessa cosa al mio primo allenamento con la
mia
squadra- ribatté lui, offeso.
La
ragazza
rivisse quel momento nella sua testa.
-Già-
concluse
– Comunque, l’evento non è abbastanza
felice, devi scegliere qualcos’altro-
Poi,
la
ragazza si scostò per lasciargli lo spazio per effettuare
tranquillamente
l’incantesimo.
-Qualcosa
non va, Hermione?- le chiese lui, vedendo che il suo sguardo si era
rabbuiato.
-Tutto
ok,
Draco, concentrati sull’incantesimo-
Era
di nuovo
fredda nei suoi confronti. Aveva detto qualcosa di sbagliato, di nuovo.
Dannazione.
Poi,
quel
ricordo che Hermione aveva rivisto prima di lui, prese forma anche
nella sua
testa.
“Per lo meno, nessuno nella squadra del
Gryffindor si è dovuto comprare l’ammissione. Loro
sono stati scelti per il
talento” aveva detto Hermione. Il suo tono era aspro. Quelle
parole, che gli
stava quasi sputando in faccia, le stava pensando realmente. Concepire
ciò lo
ferì più dell’insulto stesso.
Poteva percepire l’odio che lei,
l’unica
ragazza che voleva ma non poteva avere, nutriva nei suoi confronti.
Così, pur di farle provare
ciò che stava
provando lui, le aveva detto la prima cosa che gli era passata per la
testa.
L’insulto che più volte aveva sentito pronunciare
da quello che un tempo
definiva padre.
“Nessuno ha chiesto il tuo parere, sporca
mezzosangue”
Hermione
le
aveva dato le spalle e lentamente si stava dirigendo verso il gruppo di
Harry,
Neville e Luna.
Non
poteva
lasciarla andare. Non senza essersi scusato e non senza aver provato
almeno a
spiegarle perché lo aveva fatto. Non ora. Non dopo che lei
aveva voluto lui al
suo fianco durante uno dei momenti più brutti della sua
vita. Non dopo che lei
lo aveva scelto.
Ricordava
ancora il calore che lo aveva sconvolto quando i loro corpi si erano
avvicinati, percepiva ancora il profumo alla vaniglia dei suoi capelli.
Quel
pensiero era quella giusto.
***
Qualcosa
le
si strusciò sulla gamba sinistra. Si fermò e
guardò verso il basso.
Un
lupo
luminescente la stava guardando, mentre piano continuava a far scorrere
il suo
pelo morbido sul corpo di lei.
Due
braccia
forti si incrociarono davanti al suo grembo. Avvertì i
battiti rapidi di un
cuore agitato quando le mani sconosciute la spinsero
all’indietro, annullando
la distanza tra la sua schiena e il torace muscoloso di
quell’estraneo. Poi,
una parola, sussurrata all’orecchio da quella voce che negli
ultimi giorni
aveva cominciato a conoscere e a desiderare, la sconvolse.
-Perdonami-
Draco …
***
Harry
e
Neville si stavano già dirigendo verso di lei. Le bacchette
alzate.
Un
ringhio gutturale,
proveniente da un Patronus a forma di lupo, gli fece indietreggiare.
-
Non ti
preoccupare, Hermione, ora lo sistemiamo per le feste- la voce di
Neville era
tranquilla. Per un’amica avrebbe fatto questo e altro.
Il
ragazzo paffuto
mosse un passo, ma si fermò quando il lupo scoprì
i canini affilati.
-Quel
lupo
mi sta già simpatico- commentò Malfoy,
ridacchiando piano.
Hermione
si
intromise.
-Non
preoccupatevi, ragazzi, ora mi lascia- disse, mentre assestava la
seconda
gomitata della giornata al ragazzo – Mollami, Draco
–.
Lui
si chinò
e parlò piano, in modo che lei fosse l’unica a
sentirlo.
-Ti
ho già
detto, Hermione, che io non sono la tua prostituta-
Detto
ciò,
però, sciolse l’abbraccio e lei si diresse verso i
due ragazzi.
-Stai
bene,
Hermione?- le chiese Harry.
Lei
si chinò
e cominciò ad accarezzare il lupo. Al tocco della ragazza si
rotolò sulla schiena,
invitandola a continuare. La ragazza sorrise.
-Tutto
ok,
Harry - gli rispose, mentre strusciava gentilmente la mano sul pelo
luminescente dell’animale.
***
-Ok,
passiamo ora a testare i vostri progressi. Chi non ha ancora evocato il
proprio
Patronus lo faccia- cominciò Drew, prendendo la parola con
un fischio, che
servì ad attirare l’attenzione dei suoi studenti.
Il
cervo di
Harry fece presto la sua comparsa, seguito immediatamente dalla lepre
di Luna e
dal rospo di Neville.
Poi,
fu il
turno di Hermione.
Sapeva
fare
quell’incantesimo alla perfezione. Lo aveva provato almeno un
centinaio di
volte durante le riunioni dell’Esercito di Silente e, ne era
sicura, era in
grado di evocare il suo Patronus in qualsiasi momento.
Ripensò
al
solito momento felice. Aveva dieci anni.
La
McGranitt
era appena uscita dalla porta di casa. I suoi genitori le sorridevano. Erano fieri di lei. “Hermione sono lieta
di annunciarti,
che sei stata ammessa alla scuola di Magia e Stregoneria di
Hogwarts”
-
Expecto
Patronum!-
Dalla
sua
bacchetta uscì qualcosa muovendo alcuni passi instabili sul
pavimento.
Non
era più
la sua lontra, sebbene la ricordasse ancora lontanamente. Le gambe
erano molto
più lunghe del normale e il muso era molto più
schiacciato.
-
Hermione,
che cos’è il tuo Patronus?- le chiese Draco che si
era nuovamente avvicinato.
Lei
continuò
a fissare lo strano essere, che ricambiava il suo sguardo, senza
rispondere.
-Nulla
di
preoccupante, Hermione – la voce rassicurante di Drew la
tranquillizzò.
Tutta
la
classe pendeva dalle labbra del giovane professore.
-Può
capitare, nel corso della vita, che il proprio Patronus muti aspetto.
L’animale
che ognuno di noi evoca con questo incantesimo ci rappresenta e, in un
certo
senso, è una parte di noi. Quindi è ovvio che sei
noi siamo confusi o furiosi,
anche il nostro Patronus lo è. – Drew
abbassò lo sguardo su quella che un tempo
era la lontra di Hermione e la studiò per un attimo
– Nel tuo caso Hermione, il
tuo Patronus, pur essendo Corporeo, non è completo in quanto
è Indefinito.
Purtroppo, quando si verifica questa eventualità, il
Patronus diventa
inutilizzabile-
Il
ragazzo
si avvicinò alla allieva e, come un fido cane da guardia, il
lupo di Draco
cominciò a ringhiare. Drew non vi fece caso e, abbassando la
voce, disse ad
Hermione che, dopo la lezione, avrebbe risposto a tutte le sue domande
a
riguardo.
Poi,
Drew
aveva ripreso il controllo sulla classe borbottante.
-Disponetevi
di nuovo a coppie-
Quando
le
cinque coppie furono formate, Drew fece comparire dal nulla un grosso
baule.
-Mettetevi
in fila e tenete pronti i vostri Patroni- disse, spostando poi la sua
attenzione su Hermione – Non ti preoccupare il mio
basterà per entrambi-
Dicendo
queste ultimi parole il professore alzò la bacchetta e
pronunciò la formula.
Una
grossa
aquila prese a volteggiare nell’aula. Sospiri stupefatti per
la maestosità di
quell’animale accompagnarono il suo volo.
Il
ragazzo
si sistemò vicino ai suoi studenti.
Agitò
velocemente la bacchetta e il baule si aprì.
Un
freddo
innaturale si diffuse nella stanza. Alcuni dei presenti rabbrividirono,
altri,
invece, presero a tremare.
Poi,
quando
cinque Dissennatori uscirono dalla cassa, la paura si diffuse.
-Cosa
dovremmo
fare?- domandò preoccupata Hannah
Abbott.
-Rispedirli da
dove sono venuti- spiegò Drew indicando ai presenti gli
esseri incappucciati.
Malfoy ridacchiò
soddisfatto. Finalmente si faceva qualcosa di divertente.
-Aspettate che si
avvicinino e poi mandate alla carica i vostri Patroni-
continuò il professore.
Gli studenti
obbedirono.
Il primo Patronus
a muoversi fu rospo di Neville, che saltò sulla testa di un
Dissennatore.
Questo prese a muoversi convulsamente e continuò quella
danza disordinata fino
a quando, caricandolo, il cervo di Harry lo fece cascare nel baule, da
cui
l’essere non uscì più.
La lepre di Luna,
invece, decise di accerchiarne un altro, cominciando a corrergli
intorno. Poco
dopo intervenne la volpe di Daphne che, con un balzò, fece
cadere l’Incappucciato
all’indietro, dentro la cassa.
Il cinghiale di
Ernie Macmillan, aiutato dal corvo di Hannah, non ebbe problemi a
rispedire
quella cosa putrida nel buco da cui era uscita. La stessa cosa non
avvenne,
invece, per la testuggine di Anthony Goldstein e per il topo di Terry
Steval,
anche se, dopo un paio di minuti (e con numerose
difficoltà), anche i loro
Patroni ebbero la meglio.
Sicuramente chi
si divertì di più fu Draco, che non
riuscì a trattenere le risate quando il suo
lupo, dopo aver atterrato un Dissennatore, lo morse e prese a
trascinarlo per
il mantello verso il baule. Infine, l’aquila di Drew
afferrò l’essere oscuro con
gli artigli e lo scaricò dentro la cassa che, ad un gesto di
Hermione, affranta
per non aver potuto partecipare, si sigillò.
-Ottimo lavoro,
ragazzi!- esclamò Drew felice – Questa lezione
è finita, vi aspetto la prossima
settimana. Prendete una barretta di cioccolato, prima di uscire-
Queste parole
scontentarono quasi tutti i presenti, che, però, non
poterono opporsi e
uscirono dalla stanza, augurandosi che la prossima settimana si
sbrigasse ad arrivare.
Nessuno, nel fare questo, mancò di afferrare la cioccolata,
che tutti
scartarono immediatamente e che, golosi, morsero.
Hermione e Drew
rimasero soli. Dal nulla comparì una porta, in cui il
professore invitò la
ragazza ad entrare.
***
L’ufficio di Drew
era molto luminoso, sebbene il sole stesse già tramontando
all’orizzonte.
Le aveva detto
gentilmente di sedersi e lei aveva subito acconsentito.
-Vuoi
del tè?-
le chiese lui e, dopo che lei ebbe annuito, fece comparire dal nulla
una teiera
fumante. Le versò un po’ del liquido ambrato in
una delle due tazze che aveva Appellato
e gliela porse. Lei la strinse tra le mani, cercando di scardarsele.
Erano
gelide.
-Non
devi
essere preoccupata per il tuo Patronus, Hermione. Era prevedibile che
il suo
aspetto cambiasse, visto tutto ciò che stai vivendo in
questo periodo-
Quelle
parole, gentili e premurose, non la rassicurarono. Lui non capiva.
Sapere di
non avere difese davanti a qualcuno ed essere conscia di essere
vulnerabile al
volere di uno sconosciuto la intimoriva.
Non
poteva
nasconderlo, aveva paura.
-Quanto
ci
impiegherà a ritornare quello di prima?- domandò
al ragazzo.
Lui
sospirò
piano e prese una sorsata di tè.
-Dipende.
Potrebbe essere domani, o tra una settimana, o magari tra un anno.
C’è anche la
possibilità che non si stabilizzi mai più. Come
ti ho già detto il nostro
Patronus è quasi una parte di noi stessi. Fino a quando tu
sarai confusa, lo
sarà anche lui- Drew si portò di nuovo la tazza
alle labbra – Anche il mio ha
cambiato aspetto, Hermione, prima di essere un’aquila era una
tigre- disse,
cercando di farle coraggio.
Lei
lo
guardò.
-Quanto
tempo ha impieg … -cominciò, venendo subito
interrotta dal ragazzo.
-Sei
anni-
Era
troppo
tempo. Lei non poteva vivere per tutto quel tempo sapendo di essere una
preda
così facile.
Sei anni.
Nella
sua
mente una conversazione, tenuta in ginocchio davanti alla Morte, quasi
una vita
prima, si ricompose.
-Si,
è
successo dopo che Voldemort ha ucciso Christabel – le disse
lui, intuendo i
suoi pensieri – Io ero un’altra persona. Ero un
ragazzo accecato dalla bramosia
della vendetta. Ero sprovveduto e ingenuo. Ancora oggi,
però, ne pago le
conseguenze e cerco di espiare le mie colpe-
Silenzio.
Lui
la stava
invitando a non fare il suo stesso errore. Glielo aveva già
detto una volta.
-Vedrai,
Hermione, il tuo Patronus tornerà ad essere completo presto-
Di
nuovo la
gola del ragazzo, riarsa da quel dolore che non poteva dimenticare, fu
irrorata
da quel dolce liquido ambrato.
Questa
volta
anche Hermione lo imitò, bevendo e augurandosi che farlo
potesse aiutarla ad
andare avanti.
-Di
cosa
volevi parlarmi?- le chiese Drew.
Il
motivo
che l’aveva spinta in quel luogo reclamò la sua
attenzione.
-
Voldemort
ha ordinato a Draco di uccidere Silente-
Disse
quelle
parole con quella freddezza che credeva di aver perso.
Lui
sorrise.
-Lo
so e,
come me, anche il Preside e il resto del corpo docenti ne sono a
conoscenza. Il
giorno del funerale dei tuoi genitori, Draco si è presentato
qui e mi ha
chiesto se potevo accompagnarlo alla cerimonia. L’ho portato
dal Preside e
quest’ultimo ha acconsentito. Lo abbiamo scortato entrambi-
Drew fece una pausa
per bere ancora un po’ di tè – Lungo la
strada ci ha rivelato cosa gli aveva
chiesto Voldemort e ci ha detto che aveva intenzione di voltargli le
spalle-
Hermione
lo
invitò ad andare avanti.
-Quindi?-
Sul
bel viso
del ragazzo le labbra si aprirono in un sorriso.
-Silente
si
è offerto di aiutarlo e di fornire a lui e a sua madre tutta
la protezione
possibile- continuò Drew – In questo momento
stiamo cercando di trasferire
tutti i beni della signora Malfoy nella sua nuova abitazione. Il tutto,
però,
va fatto con cautela, per evitare che Voldemort e i suoi tirapiedi si
accorgano
di questo tradimento prima che l’Ordine della Fenice abbia il
tempo per
preparare tutto ciò che è necessario per
nascondere la signora Malfoy -
Draco,
alla
fine, aveva avuto il coraggio.
Anche
lui
aveva scelto.
-Quanto
tempo ci vorrà?- chiese Hermione.
-Molto,
purtroppo. Dobbiamo fare la cose alla perfezione e con cautela. Questo
ci
porterà via molto tempo, ma dobbiamo farlo. Per Voldemort vi
è una sola
punizione per il tradimento: la morte dell’infedele. Non
possiamo permettere
che ciò succeda-
La
ragazza
annuì piano.
Capiva.
Lei
aveva visto la crudeltà del Signore Oscuro, nascosta nelle
incisioni sui
cadaveri dei suoi genitori.
-
Harry non
deve saperlo, Hermione. Non è ancora riuscito a chiudere il
canale mentale che
lo collega a Voldemort e temiamo che il Signore Oscuro potrebbe
approfittarne-
disse Drew – Come ben sai, Silente sta tenendo delle lezioni
private con Harry.
Ciò che non sai è che queste sono una copertura
per cercare di imporre alcuni
sigilli alla mente di Harry –
Hermione
lo
guardò sconvolta. Sapeva delle lezioni con Silente ed Harry
le aveva anche
raccontato che durante queste avevano visto alcuni ricordi appartenenti
al
passato di Lord Voldemort.
Eppure,
non
sapeva di questo particolare.
-
Harry lo
sa?-
Drew
abbassò
lo sguardo.
-No,
non lo
sa ancora-
Ancora.
-Non
credo
sia giusto tenerglielo nascosto-
Lui
la
guardò in un modo strano.
-Neanche
io,
ma Silente è stato irremovibile. Non vuole spaventarlo-
La
ragazza
percepì una strana sensazione di vuoto. Le mancava qualche
particolare.
-Perché
dovrebbe spaventarsi?-
La
risposta
del ragazzo la colpì in pieno petto. Non se
l’aspettava. Non pensava fosse
possibile. Eppure, lo era.
-Lord
Voldemort sta cercando di prendere il controllo del corpo di Harry
–
***
Avevano
discusso per quasi un’ora. Alla fine di tutte quelle parole,
sapeva solamente
che il legame mentale tra Harry e il Signore Oscuro era ancora aperto,
anche se
sembrava che, grazie ai sigilli imposti da Silente, il Ragazzo
Sopravissuto
fosse momentaneamente al sicuro. Il Preside, comunque, a detta di Drew,
era
certo di poter rendere quell’effetto momentaneo permanente.
-C’è
un’altra cosa che vorrei chiederti Drew –
cominciò all’improvviso Hermione.
Il
ragazzo
si stupì, ma la invitò a domandare.
-Potresti
insegnarmi la Magia Oscura?-
Drew
ripose
la tazzina sul piattino. Si schiarì la voce.
-Dammi
un
buon motivo per farlo e te la insegnerò-
Hermione
si
alzò dalla sedia. Si torceva le mani sudate, continuamente.
-Non
permetterò più a Voldemort di farmi soffrire.
Voglio proteggere le persone a
cui tengo, ma con le mie attuali conoscenze non posso farlo- disse.
-Perché
proprio la Magia Nera? Se vuoi posso insegnarti Incantesimi di Difesa
contro le
Arti Oscure in grado di proteggerti dalla maggior parte delle
Maledizioni-
Lei
posò le
mani sulla scrivania.
Mai,
nei
suoi occhi cioccolata, qualcuno aveva potuto vedere quella certezza.
-Sarò
felice
di imparare tutti gli incanti che vuoi, ma dovrai insegnarmi anche la
Magia
Oscura-
Perché. Drew voleva ancora una risposta.
Perché?
-Chiunque
cercherà di far del male alle persone a cui tengo,
rimpiangerà di essere nato –
disse Hermione -Non mi resta altro, Drew. I miei amici sono la mia
famiglia e
non voglio perdere anche loro –
Lui
cominciò
a studiarla, stando in silenzio.
È una ragazza forte si disse.
-Accetto.
Diventerò il tuo insegnate, ma ad alcune condizioni-
Hermione
sapeva che Drew avrebbe imposto dei limiti ed era pronta ad accettarli.
Annuì
convinta.
-Bene-
disse
il professore - Uno: i tuoi risultati scolastici dovranno continuare ad
essere
eccellenti come sono ora. Due: il tuo impegno durante il mio corso
dovrà essere
maggiore di quello attuale. Tre: da ora in poi tutte le magie che farai
dovranno essere non verbali, di qualsiasi incantesimo si tratti.
Quattro:
dovrai presentarti a tutte le lezioni, o dovrai avere una buona
scusante per
rimandarne una. Cinque: tutti i compiti che ti assegnerò
andranno svolti con
regolarità. Sei: non cambierò il mio metodo di
insegnamento, quindi dovrai fartelo
piacere. E, infine, la settima condizione: da oggi in poi, non dovrai
mai più
separati da quest’anello-
Così
dicendo
si sfilò una collana e gliela porse.
Infilato
nella catenina d’oro, vi era un anello molto simile a quello
che il ragazzo
portava al pollice della mano destra.
Hermione
lo
guardò con attenzione.
Sulla
parte
interna c’era un’incisione.
S.R. Bright.
Quell’anello,
in un tempo lontano, era appartenuto alla madre di Drew.
***
-Non
posso
accettarlo, Drew –
-Vuoi
che ti
insegni la Magia Nera?- le chiese lui freddo.
Lei
aveva
mosso piano la testa, annuendo.
-Bene,
allora devi accettare le mie condizioni. Acconsenti?-
Non
poté
fare altro che ripetere lo stesso movimento. Si.
-Indossa
la
collana e seguimi –
Il
ragazzo
aprì una porta che era comparsa all’improvviso.
Gliela stava tenendo.
Sorrideva,
ancora.
***
Riconosceva
quel luogo, anche se l’illuminazione non era più
quella di un sole autunnale ma
quella di numerose candele appese alle pareti.
-Questo
è il
Reparto Segreto della Biblioteca di Hogwarts –
cominciò Drew – Tutta la magia
nota si trova racchiusa tra le pagine di questi libri. Da questi volumi
studierai
la teoria e poi, durante le nostre lezioni, la metteremo in pratica. Da
adesso
sei una mia studente, vieni-
Così
dicendo, il suo nuovo maestro si diresse verso le scale a chiocciola e
prese a
salirle.
Arrivato
in
una stanza molto simile a quella precedente si mise a frugare tra i
libri.
-Conoscere
tutti gli incantesimi che si trovano in questi libri è
impossibile e anche se
qualcuno ci provasse, alla fine, non riuscirebbe a tenerli tutti a
mente.
Quindi faremo una selezione. Il nostro obbiettivo è fornirti
una preparazione
avanzata nel maggior numero di campi possibili. Fortunatamente, negli
anni
passati ti sei data parecchio da fare e quindi, adesso, la nostra
impresa
sembra leggermente meno impossibile. Dunque – le disse,
mentre prendeva un
grosso volume da uno ripiano molto in alto – cominciamo con
l’Erbologia. Tieni
questo-
Le
porse il
libro e lei lo prese, rimanendo sconvolta per l’immane peso
del volume.
Lesse
il
titolo: Infusi e veleni: il potere delle
piante.
-Sono
sicuro
che, se avrai dubbi su ciò che leggerai, la professoressa
Sprite sarà più che
felice di aiutarti- la rassicurò Drew, mentre già
si avviava verso un altro
scaffale.
Frugò
anche
in questo fino a che non ne prese un tomo dalla copertina blu scuro
piuttosto
sgualcita.
Incanti Protettivi e Fatture d’Attacco, recitava
la scritta dorata.
-Anche
in
questo caso sono sicuro che il professor Vitious sarà
onorato di darti una
mano-
Di
nuovo
cambio mensola e le porse un terzo libro. Filtri
per Pozionisti esperti.
-
Ovviamente,
l’ideale sarebbe rivolgersi a Piton, ma, visto il suo
caratteraccio, credo sia
preferibile chiedere a Lumacorno, che è comunque un ottimo
Pozionista –
Infine,
Drew
prese due dei grossi volumi che aveva dato ad Hermione e le fece strada
verso
una scrivania.
-Il
tuo
compito è leggerli e memorizzare tutte le nozioni possibili
entro il prossimo
venerdì – disse il ragazzo - Questi libri non
dovrebbero trovarsi in mano ad
uno studente, ti consiglio di Trasfigurarli per non dare
nell’occhio-
L’espressione
sconvolta sul volto di Hermione lo appagò. Finalmente
cominciava a capire il
significato di tutte quelle clausole. Drew voleva da lei il massimo
impegno.
E
lei lo
avrebbe accontentato. Avrebbe sputato sangue su quei libri, pur di
potersi
migliorare.
-Se
vuoi
posso Trasfigurarteli io- disse, indicandole i tomi – Non
sono molto bravo in
questo campo, ma credo di riuscirci-
Lei
si
ridestò a quelle parole. Infondo, nemmeno Drew era preparato
in tutto. Infondo
(molto infondo), anche lui era umano.
-No,
non
serve, grazie lo stesso- gli rispose, mentre prendeva la bacchetta.
Il
libro di
Pozioni e quello di Erbologia diventarono un bel paio di orecchini,
quello di
Incantesimi, invece, mutò in una forcina.
Drew
lo
guardò. Era forse stupore quello nei suoi occhi?
-Io
avevo
pensato solo di cambiare i titoli sulle copertine!- esclamò
lui poco dopo.
***
Erano
usciti
dalla Stanza delle Necessità e si erano separati. Lei doveva
andare nel suo
dormitorio per lasciare le sue cose, poi si sarebbe diretta verso la
Sala Grande,
dove sicuramente Harry, Ron e Ginny la stavano già
aspettando.
Prima
di
lasciarla, Drew le mise un altro libro in mano.
-È
un libro
Babbano, ma credo che lo troverai molto interessante- le aveva detto.
Lei,
non ci
aveva fatto troppo caso, accecata dalla fame com’era.
Aveva
superato il quadro della Signora Grassa e aveva salito di corsa le
scale che
collegavano la Sala Comune dei Gryffindor con il dormitorio femminile.
Aveva
gettato i libri sul suo letto.
Con
un’occhiata fugace aveva letto il titolo del libro babbano.
Esoterismo: la simbologia degli animali.
Lo
aveva
preso e aveva cominciato a sfogliarlo.
Il
libro si
era aperto su una pagina. Tra le due facciate vi era una figurina delle
Cioccorane come segnalibro.
La
aveva
presa e aveva riconosciuto il volto austero della strega Morgana.
Poi,
però,
il suo sguardo era caduto su una scritta rossa.
Il Lupo.
Aveva
scorto
rapidamente il testo che seguiva quel sottotitolo, fino a quando non
aveva
incontrato una frase, che le aveva impedito di proseguire.
“
… Il lupo,
quando sceglie una compagna, lo fa per tutta la vita
…”
Note
dell’Autore
Ebbene,
care
le mie supporters, la scuola (dannazione a lei) è
cominciata.
Quindi,
come
purtroppo sono costretto a farvi notare, la scrittura ha subito
pesantemente il
contraccolpo. A volte (praticamente tutti i giorni) mi dico che se
avessi
deciso, alcuni anni fa, di prendere una scuola completamente diversa
dal Liceo
Scientifico, oggi sarei molto più felice. Quella scelta,
durante la terza
media, l’ho proprio toppata. Avrei dovuto andare a fare un
avviamento al lavoro
e magari oggi mi ritroverei con le mani in pasta, tutto preso dai miei
dolci e
dalle mie torte.
Invece,
mi
ritrovo a cercare di sopravvivere alle noiosissime versioni di latino
di
qualche autore psicopatico (morto, sepolto e andato in polvere). Che ci
volete
fare? A volte il Destino tira brutti scherzi.
Comunque,
parlando di qualcosa di più divertente, vi annuncio che un
paio di settimane fa
ho compiuto gli anni. Perché ve lo dico? Perché
ho sfruttato l’occasione per
farmi regale i primi tre volumi di Harry Potter.
Ebbene
si (e
qui casca l’asino), fino a ieri non avevo letto tutti i libri
della zia Row. E,
se proprio devo dirla tutta, prima dell’inizio
dell’estate, non aveva la minima
conoscenza neppure del 4° e del 5°.
Vista
l’impresa in cui mi sono lanciato (ergo questa Dramione), mi
sembrava doveroso,
nei vostri confronti e in quella della Divina e Insostituibile J.K.,
correre ai
ripari e colmare queste mie gravi lacune. Ora, ho adempiuto ai miei
doveri di
scrittore di fanfiction.
Passando
al
capitolo.
Devo
dire
che rileggendolo mi è sembrato parecchio strano come
capitolo.
Dunque,
non
vedo l’ora di vedere le vostre reazioni e di conoscere i
vostri pareri.
La
relazione
Herm-Draco ha cominciato a muovere i suoi primi passi. Traballanti, non
lo
nego.
Del
resto
lui spesso si dimentica con chi a che fare (e come al solito, dopo aver
fatto
la frittata, corre hai ripari per cercare di salvare il salvabile) e
lei,
invece, ha ben altri problemi per la testa (e ne avrà ancora
di più nelle
settimane a seguire, quando scoprirà quanto difficile sia da
tenere il ritmo
che Drew le ha imposto).
A
proposito
di Drew. Devo dirlo, soffre di manie di protagonismo. Se odiate questo
personaggio, vedo il vostro futuro con questa storia leggermente nero.
E
infine, la
new entry: Daphne Greengrass. Tipica oca da cortile, direte. Il suo
Patronus
dice il contrario. Vedremo quale parte di lei prevarrà.
Altro
da
dire?
Si
… Mi
raccomando recensite!!!
Passo
alle
risposte ad personam (spero di aver scritto questo latinismo
correttamente).
Books: le vecchie abitudini non vanno
dimenticate, quindi … Luce dei miei occhi!!!! Di nuovo
prima? Fantastica!
Grazie per i complimenti e sono felice che il Draco Premuroso ti sia
piaciuto.
Avrai modo di vederlo ancora, forse. in questo capitolo non si comporta
proprio
come uno stinco di santo, ma se non altro ha un bel lupo, dai! Grazie
per la
comprensione e per la tua immancabile
“onnipresenza”. Ricambio la tua
ammirazione (anzi io ti ammiro più di quanto tu ammiri me,
anche perché nella
mia persona c’è ben poca roba da ammirare)! Spero
di poter leggere una tua
recensione anche per questo capitolo!
prettyvitto: salve! La risposta alla
tua domanda è: si e no. O meglio, la McGranitt considera
Hermione come una
figlia, ma questo è un sentimento che nutre verso tutti gli
studenti della sua
Casa. Minerva non ha avuto la fortuna di avere figli e, quindi, ha
adottato
l’intero Gryffindor. Certo, sta molto vicina ad Hermione, ma
avrebbe fatto lo
stesso per un qualsiasi Weasley o per Neville o Harry. Quello di Drew,
invece,
è un affetto più profondo. Condividono un destino
comune sotto molti punti di
vista e lui cerca di guidare lei, sfruttando l’esperienza che
ha accumulato con
una lunga serie di scelte sbagliate. Spero di essere stato
sufficientemente
chiaro, in caso contrario, come ti ho già detto, sono sempre
disponibile a
rispondere alle tue domande (sempre molto interessanti, tra
l’altro). Grazie
ancora per la recensione = )
Hollina: devo essere sincero, avere
lettori così gentili e precisi nelle recensioni come te
è un onore. Se poi a
questo si aggiunge anche il fatto che a memoria d’uomo non
hai mai mancato di
recensire, diventi una lettrice insostituibile. Innanzitutto, grazie
per tutti
i complimenti. Passando al resto … è vero, se ci
mette un po’ d’impegno, Draco
sa essere molto premuroso. Eppure, la sua vena sarcastica non ha
tardato a
ripresentarsi. Diciamoci la verità, Hermione ha trovato un
buon modo per
tenerlo buono (gomitate nelle costole =)), ma non so per quanto questo metodo
potrà essere ritenuto
funzionale (prima o poi anche le costole si rompono)… Sono
contento che il
personaggio di Chris ti sia piaciuto, anche perché credo
proprio che tornerà
fuori prima o poi! Comunque, siamo in due: anche io odio la scuola! Mi
raccomando, recensisci!
barbarak: sotto alcuni punti di vista
ritengo che anche questo capitolo possa essere definito (almeno nella
prima
parte) abbastanza romantico. È vero, tra i due
c’è una certa sintonia,
irrimediabilmente rotta da qualche uscita al limite della demenza da
parte di
Draco. Credo, comunque, che se non lo apprezzasse anche per questo suo
essere
così “senza tatto”, Hermione lo avrebbe
già soffocato. Per quanto riguarda Drew
(che sono veramente felice che ti piaccia, a proposito) ti dico solo
una cosa:
fuochino!!! Non ci sei ancora, ma sei sulla buona strada. Capirai tutto
presto,
ne sono sicuro. Altrimenti che Barbarak saresti? Fino ad ora non hai
sbagliato
manco un colpo! Aspetto un tuo parere anche su questo capitolo!!!
lady_free: prima cosa. Io non mi sono
assolutamente offeso per la storia dell’errore, anzi. Sapere
che qualcuno trova
degli errori (nel mio modo di scrivere tutt’altro che
perfetto) mi fa piacere
perché, fondamentalmente, vuol dire che quel qualcuno
è un lettore attento. Le
parole hanno un peso e, spesso, aggiungere un solo aggettivo
può sconvolgere
un’intera frase. Quindi, se trovi errori, non farti problemi!
Giuro che non
cadrò in depressione per un h in meno o in più o
per un li/gli toppato. Spero
che anche questo capitolo ti sia piaciuto e sappi che aspetto
l’elenco dei miei
errori nella prossima recensione, che, tra parentesi, hai il dovere di
fare = ).
Scherzo, ovviamente, io non obbligo nessuno (ç_ç)
zamby88: questa volta ho ritardato un
po’ con l’aggiornamento, ma spero che anche questo
capitolo ti sia piaciuto. Io
non mollo, spero che tu abbia il mio stesso coraggio e che decida di
continuare
a leggere i vagheggiamenti di questo povero pazzo che sono! = )
Agathe: direi che la relazione tra
Hermione e Draco è alquanto particolare. Per ogni passo che
Draco fa in avanti
ve ne sono due all’indietro. Poi, come al solito, spetta ad
Hermione il compito
di recuperare il terreno perduto. Fino ad ora, a mio parere,
l’ha fatto
egregiamente. In questo capitolo anche Draco, magari involontariamente,
ci
mette un certo impegno. Per fortuna.
È
vero,
Lupin ha toppato. Ma aveva davanti a se Drew. Non dico altro (mannaggia
a me e
alla mia lingua lunga). Spero di vedere una tua recensione anche su
questo
capitolo, voglio assolutamente sapere il tuo parere!
Scusa
se non
mi dilungo oltre (maledetta scuola e tempo libero mancante). Comunque,
ricambio.
Se hai bisogno di delucidazioni o vuoi discutere (di qualsiasi cosa),
puoi
contattarmi. Troverò sicuramente il tempo per risponderti.
Le mie fan vengono
prima di cose stupide come la scuola o baggianate del genere. Grazie di
tutto.
Paula: ora che ti sei presa questo
incarico, sappi che hai tutti gli oneri e gli onori del caso. Spero,
comunque,
che la tua recensione sia la nona, questa volta! Bene … da
dove comincio??? Allora,
io sono una di quelle persone che si
fa forza ripetendosi continuamente “la maturità
non dipende dall’età … la
maturità non dipende dall’età
… la maturità non dipende
dall’età …”, quindi mi
dispiace, ma non posso andare contro i miei capisaldi per sembrare
più
“politicamente corretto” di quello che sono. Forse
si, il modo in cui vive il
lutto Hermione è eccessivo. Ma, sotto molti punti di vista,
a mio parere, è eccessivamente
infantile. Se fosse stata più matura avrebbe superato il
lutto subito. Invece
non mangia e aspetta che sia qualcun altro (in questo caso Draco) ad
occuparsi
di lei. Se Malfoy non fosse intervenuto (con il suo essere senza
pietà)
Hermione, molto probabilmente, sarebbe morta di fame nel giro di poco
tempo.
Draco glielo impone. Sa che è quello di cui lei ha bisogno e
non è disposto a
sottostare a valori inutile come la gentilezza o la bontà
d’animo.
Com’è
giusto
che sia, comunque, rispetto il tuo parere. In questo mondo
l’obbiettivo non è
vivere, ma convivere. Lo dico perché voglio evitare di
essere travisato o di
offendere involontariamente qualcuno.
Sono
contento che ti piaccia il personaggio di Draco, che comincia ad essere
sempre
più disturbato da personalità multipla, e che ti
sia piaciuto il comportamento
di Hermione.
Purtroppo
la
ragazza, al momento attuale, si trova tra l’incudine e il
martello. Situazione
non invidiabile, a mio parere. Spero di ricevere ancora una tua
recensione!!!
Grazie per i complimenti!
Fiuuuu
finite! Wow, impiego sempre più tempo a rispondere!!! Anche
questa è una
vittoria personale!
Ringrazio le 10 persone che hanno ficcato
la mia storia tra le preferite, le 6 che l’hanno messa tra le
ricordate e le 41
che, invece, l’hanno messa tra le seguite.
Un ringraziamento doveroso va alle
gentildonne che hanno recensito, ovviamente.
Spero
a
presto,
Jerry
|
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Capitolo 8 *** An Autumn Afternoon ***
Chapter
eight, An Autumn Afternoon
La
penna
scorreva rapida, graffiando il foglio e lasciando tenebrosi simboli
sulla
carta. Lettere che, impresse così, con quella delusione nel
cuore ad
appesantirle, celavano il pericoloso veleno del sapere.
Tutt’attorno,
l’odore di pagine polverose e ingiallite dal tempo la
accarezzava, facendola
annaspare ogni tanto. Da settimane, oramai, scorrendo
l’indice tra le righe,
percepiva sotto i polpastrelli quell’impalpabile polvere.
Come
tutte
le volte, quegli occhi severi non le si scollavano di dosso,
controllando ogni
suo movimento con insopportabile minuzia.
Se
lo
sentiva: presto avrebbe ceduto. E sapeva che si sarebbe alzata, che le
avrebbe
puntato contro la sua bacchetta e che l’avrebbe trasformata
in una gallina,
prestando parecchia attenzione affinché non fosse in grado
di starnazzare.
Così,
dell’austera madama Pince, avvoltoio a guardia della
biblioteca di Hogwarts,
non sarebbe rimasto altro che uno squallido pennuto, che solo Gazza,
bofonchiando come era solito fare, avrebbe pianto.
Ma
del
resto, la donna non stava facendo altro che controllare che il libro
che aveva
preso in prestito fosse ancora integro, quindi Hermione, sospirando,
riportò lo
sguardo sul compito da novanta righe che la McGranitt aveva assegnato
alla sua
classe. Nonostante il suo impegno, però, non era ancora
arrivata a metà
dell’opera, sebbene vi lavorasse già da un paio
d’ore.
Le
doleva
ammetterlo, ma, negli ultimi giorni, faticava a stare concentrata. Il
che,
purtroppo, causava ritardi nella sua tabella di marcia
tutt’altro che
rilassante e ciò, a sua volta, sottraeva tempo alla lettura
dei libri per le
lezioni di Drew.
Ma,
forse,
definire quelle ore perse a rispondere a domande sui compiti assegnati
per casa
“lezioni” era un po’ eccessivo. Tra le
altre cose, la cosa più Oscura che aveva
visto nelle ultime settimane era solo il suo futuro, che, dalle
premesse,
sembrava essere di una noia mortale.
Ebbene
si,
il professor Kennan se la stava prendendo con comodo. Ovvero: niente
magia Oscura.
Continuava
a
dirle che la magia Oscura non era una passeggiata e che per non venirne
sopraffatta aveva bisogno di solide basi nei più svariati
campi magici.
E,
per
questo motivo, aveva dovuto leggere volumi di Erbologia, infiniti
trattati di
Pozioni ed enciclopedici elenchi sulle più rare e svariate
Creature del Mondo
Magico.
Le
restava
solo una materia da approfondire: Babbanologia. Visto con chi aveva a
che fare,
la ragazza, oramai, si era arresa a vedersi ben presto con un libro
sulle varie
abitudine Babbane tra le mani. Conoscendolo, Drew le avrebbe ripetuto
che un
giorno, se qualcuno avesse deciso di lanciarle contro una Maledizione,
lei
avrebbe potuto usare un frullatore o un mixer come scudo. Del resto, la
vita a
volte tira brutti scherzi e lei, grazie ai numerosi regali che il
Destino le
aveva recapitato, cominciava ad accettare la triste realtà e
a distinguere i
limiti a cui le disgrazie sembrano non essere soggette. Eppure, il
mantenere la
testa perennemente impegnata l’aveva aiutata. Erano
già passate più di tre
settimane da quando aveva visto per l’ultima volta il viso di
sua madre e il
sorriso tranquillo su quello di suo padre e lei, Hermione Granger, non
se ne
era quasi neppure accorta.
***
Cercavano
di
opporre resistenza e si aggrappavano al loro unico appiglio con tutte
le poche
forze rimaste. Ma tutto quell’impegno, tutta quella speranza,
tutti quei
desideri ammucchiati infondo all’anima, tutto quel volere e
bramare, motivati
dalla paura di restare senza niente, tutto ciò che erano e
avrebbero voluto
essere, sparì al primo soffio di vento.
Fu
in quel
momento, in cui il dolore divenne talmente forte da diventare
l’anestetico di sé
stesso, che rivissero il Trascorso, quando oramai
già la dolce caduta
accompagnava la morte combattuta e odiata.
Rividero
momenti felici, in cui il Fato era stato abbondante, ed eventi funesti,
dove
Pestilenze Divine le avevano colpite indebolendole e lasciandole in
vita,
crudelmente esposte ad una tortura peggiore.
Alla
fine,
però, dopo quell’infinito precipitare,
incontrarono il freddo fondo di quel
baratro.
Prive
di
forze, si abbandonarono sul gelido terriccio e spirarono
silenziosamente.
Del
resto,
loro non erano che immeritevoli foglie.
Ottobre
era
già cominciato.
***
Sabato
pomeriggio. Il cielo era solo leggermente coperto da nuvole passeggere
e,
escluso il freddo prematuro che permeava l’aria, la giornata
prometteva
d’essere piacevole e serena.
Drew
glielo
aveva anticipato: non sarebbe stato facile mantenere il ritmo senza
rischiare
di venir soffocata dagli impegni scolastici e non. Ma lei non aveva
dato peso a
quelle parole. Lei sarebbe riuscita a fare tutto ciò che le
veniva richiesto.
Aveva
promesso di arrivare perfino a sputare sangue su quei libri, pur di
farcela.
La
sua
grande abilità d’organizzazione, fortunatamente,
la stava aiutando.
Malgrado
ciò, si era vista costretta a cambiare alcune delle sue
abitudini. Essendo
tutte le sue mattinate impegnate con le varie attività
scolastiche e dovendo
passare i pomeriggi a svolgere tutti i sempre più numerosi
compiti assegnati,
aveva dovuto dedicare tutto il suo tempo libero alle folli richieste di
Drew.
L’insensibile
professor Kennan, infatti, aveva portato il numero dei libri che la
ragazza
doveva leggere settimanalmente da tre a cinque e le lunghe
interrogazioni a cui
la sottoponeva per sondare la sua preparazione erano sempre
più minuziose. A
questo andava aggiunto che il ragazzo non sembrava decidersi ad
insegnarle la
magia Oscura.
Hermione,
ovviamente, aveva provato a farglielo notare, ma questo, bloccandola,
la
zittiva ogni volta con la stessa frase.
“Regola
numero sei: il sottoscritto non cambierà per alcuna ragione
il proprio metodo
di insegnamento”
Il
che,
ovviamente, avrebbe fatto imbestialire qualsiasi anima pia. Se
quest’anima pia
non avesse avuto Drew come insegnante, ovviamente.
Il
ragazzo,
infatti, pronunciava quelle parole sempre con un tono affabile e
sorridendo
gentilmente. E così, Hermione si ritrovava a ripetersi che
forse non era ancora
pronta, che sicuramente Drew sapeva cosa stava facendo e che, prima o
poi,
avrebbe smesso di farle leggere libri di Magia tutt’altro che
Nera.
La
ragazza,
ovviamente affaticata da quel ritmo impossibile, che l’aveva
quasi spinta a
chiedere un Giratempo alla professoressa McGranitt, cominciava a
stancarsi.
Tra
le altre
cose, ciò stava diventando sempre più evidente.
Hermione, infatti, oltre ad
essere perennemente tesa e preda di un’agitazione quasi
isterica, cominciava a
manifestare una certa mancanza di scrupoli e di tatto a dir poco
temibili.
Tutta
questa
scontrosità, ovviamente, non aveva fatto altro che andare ad
appesantire la sua
reputazione già piuttosto infangata.
Vi
era chi
riteneva che la causa di tutto ciò fosse un inaspettato
tradimento da parte del
suo amante segreto, sulla cui identità tutti azzardavano, e
chi invece riteneva
che quelli fossero i tipici sbalzi d’umore di una donna in
stato interessante.
Tra
le altre
cose, il suo ex fidanzato Ron Weasley stava facendo notizia grazie alle
sue
avventure infuocate con la sua
nuova
fidanzata Lavanda Brown.
La
cosa non
la toccava minimante, ma purtroppo doveva sopportare anche che alle sue
spalle
si dicesse che il rosso le avesse messo le corna parecchie volte.
Sperava
ancora che il Weasley, magari su suggerimento della sorella Ginny e del
migliore
amico Harry, cominciasse a darsi un maggior contegno, così
che almeno alcune
delle chiacchiere sul suo conto si affievolissero.
Ben
presto,
aveva capito che le sue speranze erano vane. Il fuoco
dell’Amore che bruciava
le anime dei due Gryffindor, infatti, sembrava essere Ardemonio, magia
Oscura
che, inutile dirlo, Drew non le aveva ancora insegnato.
Così,
per
ovvi motivi, aveva cominciato a rinchiudersi sempre più di
frequente nella
biblioteca e nella sua camera, che però, condividendola lei
con la Brown, molte
volte era tutt’altro che tranquilla.
Approfittando
del fatto che Harry aveva stabilito un allenamento di Quidditch proprio
per
quel pomeriggio e che quindi era sola, essendo Ron il nuovo Portiere e
Ginny
una delle tre Cacciatrici, assieme a Katie Bell e alla nuova scoperta
Demelza
Robins, decise di dedicarsi allo studio.
Ovviamente,
ancora non riusciva a credere che Ron fosse riuscito ad ottenere quel
posto
nella squadra e, tra le altre cose, al suo orecchio erano giunte
parecchie
strane voci di corridoio. Ma lei, che stava vivendo sulla sua pelle la
crudeltà
delle chiacchiere, non si sarebbe permessa di sparlare.
Anche
se,
doveva ammetterlo, Lavanda doveva essere davvero brava nel lanciare il
Malocchio …
Il
povero
Harry, invece, non se la stava passando bene. Potter, infatti, stava
avendo
delle lezioni private con il Preside Silente in cui studiava il passato
di Lord
Voldemort e in cui, a sua insaputa, l’anziano stava cercava
di chiudere il
condotto che collegava la mente del ragazzo con quella del Signore
Oscuro. Come
lei, tra gli altri impegni, anche lui veniva invitato dal professor
Lumacorno a
quelle noiose riunioni del Lumaclub, anche se è da dire che
il più delle volte
il nuovo Capitano della squadra di Quidditch Gryffindor trovava alcune
scusanti
invidiabili, come, per esempio, un importante allenamento deciso
improvvisamente di fronte al pingue professore di Pozioni. Ed infine,
anche
Harry frequentava il corso di Drew, che in quel periodo stava
procedendo a
rilento. Purtroppo, il particolare gruppo di studi aveva trovato
parecchie
difficoltà con l’incantesimo che permette ai
Patronus di parlare e, per questo
motivo, Drew aveva deciso di fermarsi, affinché tutti
potessero recuperare le
lacune sull’argomento.
Ovviamente,
il Patronus di Hermione aveva deciso di prendersela con calma e,
quindi, lei si
ritrovava con un essere indefinito e luminescente. Nelle ultime
settimane,
quello che un tempo era stato una lontra, si era rimpicciolito tanto da
sembrare lontanamente un roditore, la cui coda spropositata,
però, rendeva
alquanto ridicolo. Inutile dirlo, il suo topo non sembrava essere
pronto a
spiaccicare nemmeno una parola. Così aveva dovuto fare
pratica chiedendo in
prestito il Cervo di Harry, che aveva portato il messaggio a
destinazione ma
che era scappato prima che il destinatario, il povero Neville, potesse
darvi
una risposta, e con la Lepre di Luna, che tutto aveva fatto tranne
ascoltarla.
Aveva
chiesto aiuto anche a Ginny e, se al secondo tentativo il suo Cavallo
non fosse
imbizzarrito, i risultati sarebbero stati alquanto sorprendenti.
Purtroppo
l’unico Patronus che non vedeva l’ora di portare un
suo messaggio era il Lupo
di Draco, che però, qualsiasi fosse il destinatario,
riportava la missiva al
suo proprietario, che ovviamente si congratulava con
l’animale accarezzandogli
la testa quando questo riportava le parole che Hermione aveva
pronunciato per
qualcun altro accompagnandole con guaiti sconcertati.
Ogni
volta,
il rampollo Malfoy, guardando l’espressione sconvolta di
Hermione, alzava le
spalle e sorrideva sornione.
“Non
è colpa
mia se lui ti ritiene una nostra proprietà”
A
tutto ciò,
ovviamente, andava aggiunto quel maledetto testo per la McGranitt
sull’utilità
dell’azione diversiva messa in atto da alcuni Animagi nel
corso della Seconda
Guerra Mondiale che, con grande dispiacere di Hermione, sembrava non
finire
mai.
Un
insieme
di brutti fattori che non avevano fatto altro che alimentare il suo
cattivo
umore e che la compagna di stanza Calì Patil riconduceva ad
un’oscura
congiunzione astrale su cui la professoressa Cooman aveva tenuto
un’intera
lezione, predicendo disgrazie e catastrofi a destra e manca.
Forse quell’impostora è
riuscita a predire
qualcosa decentemente … cominciò a
pensare Hermione, abbandonando la penna
vicino al foglio e portandosi una mano tra i capelli disperata.
Tutto
quello
che seguì avvenne talmente rapidamente che nemmeno se ne
accorse.
Qualcuno
le
poggiò una mano sulla spalla e lei, tesa e con i nervi a
fior di pelle,
sobbalzò, alzandosi di colpo e puntando la bacchetta contro
il nuovo arrivato.
Vide
solo un
sorriso, saturo di sarcasmo e di una strana ed appena accennata malizia.
-Lo
so amore
che quando mi vedi non riesci a non saltarmi addosso, ma credimi, mi
sarei
accontentato anche di un semplice bacio-
Riconobbe
quel tono, prima ancora di riuscire a riconoscere quella voce stessa. Malfoy.
La
ragazza
era rimasta ferma. Gli occhi sbarrati, la mano che non impugnava la
bacchetta
scossa lievemente da un tremito e il cuore che, se non fosse stato per
quel
battito accelerato che minacciava di farle scoppiare le coronarie,
avrebbe
dovuto essere almeno infartuato.
Forse,
era
un po’ troppo stressata.
Il
ragazzo
cominciò a squadrarla di nuovo con quel suo sguardo
morbosamente preoccupato.
Poi,
si
chinò leggermente e cominciò a bisbigliarle
all’orecchio.
-Forse
è
meglio se ci sediamo. Credo che quella smorfia sulle labbra
dell’Avvoltoio non
preannunci niente di positivo … aspetta! Forse sta solo
sorridendo!-
Hermione
si
era lasciata cadere di peso sulla sedia e, poggiando i gomiti sul
tavolino,
aveva preso a stropicciarsi gli occhi con le mani.
Draco,
intanto, le si era seduto affianco, spostando la sedia pericolosamente
vicina a
quella della ragazza.
Quando
lei
riaprì gli occhi, superato il leggero imbarazzo per
l’eccessiva vicinanza, notò
che teneva un libro tra le mani.
-Cosa
leggi?- gli chiese.
Lui
sorrise
soddisfatto, felice che la ragazza gli avesse posto quella domanda.
-Niente
di
particolare … solo il “De
Potentissimis
Potionibus” – rispose lui, gonfiando il
petto orgoglioso.
Lei
sembrò
soppesare le parole che stava per pronunciare.
-Una
lettura
molto interessante, anche se mancano alcune Pozioni fondamentali e le
spiegazioni spesso sono un po’ imprecise-
Questa
volta, toccò a lui spalancare gli occhi.
-L’hai
già
letto?- le chiese.
Hermione,
questa volta, pensò di non rispondergli, ma la voglia di
zittirlo era troppo
forte.
-Al
secondo
anno-
La
mandibola
di Draco Malfoy sembrò toccare il pavimento.
-E
per quale
motivo lo avresti letto?-
Lei
riprese
in mano la penna e scrisse alcune parole, concludendo finalmente il
compito di
Trasfigurazione.
-Io,
Harry e
Ron avevamo bisogno della Pozione Polisucco per sapere se tu eri
l’erede di
Salazar Slytherin e se eri stato tu ad aver aperto la Camera dei
Segreti-
Lui
scoppiò
a ridere e le si avvicinò.
-E
così
anche tu passavi le giornate a spiarmi- disse lui – Sai,
amore, nella mia testa
di solito ti immagino vestita da infermiera, ma devo ammetterlo, anche
da gatta
non stavi male … -
Il
sangue le
si gelò nelle vene.
***
Dopo
quell’uscita, il ragazzo non aveva più alzato lo
sguardo da quel libro di
Pozioni. Il fatto che sulle sue labbra poi vi fosse perennemente un
sorriso
vittorioso e alquanto fastidioso, sembrò ad Hermione un
particolare seccante ma
accettabile. Del resto, in un certo senso, palesemente ed evidentemente
sbagliato, sapeva di essersela andata a cercare.
E
sapeva anche
che, se per anni non fosse stata la valvola di sfogo di quel folle di
Malfoy e
della sua duplice e svasata personalità, avrebbe dovuto
incassare il colpo e
starsene zitta.
Tacere,
in
quel luogo silenzioso e durante quel periodo dannatamente travagliato
che stava
attraversando, però, le era impossibile.
Il
non avere
nulla con cui ribattere poi, dannazione a sé e a quella sua
improvvisa mancanza
di fantasia, la mandava in bestia.
Così,
senza
neppure accorgersene, si era ritrovata a fissare quel maledetto
Slytherin.
Per
interi
minuti che, ovviamente, non passarono inosservati
dall’interessato.
-C’è
qualcosa che non va, Hermione?- le chiese lui, continuando a leggere e
facendo
scorrere rapidi gli occhi sulle righe.
Lei,
riprendendo il controllo sul suo corpo, non fece attendere la propria
risposta.
-Oltre
al
fatto che ti sei seduto così vicino da togliermi
l’aria, Draco?-
Il
ragazzo
allontanò piano la sua sedia, mantenendo imperterrito lo
sguardo fisso sul
volume proibito.
-Scusa,
avevo freddo- aveva sussurrato a mo’ di scusa.
Felice
per
il risultato inaspettato e stranamente a lei favorevole, Hermione prese
il
libro di Incantesimi e cominciò a studiare le pagine
assegnate dal professor
Vitious.
***
Un
lungo
silenzio, quasi imbarazzante, aleggiò per alcuni minuti in
quel luogo e tra i
suoi pochi visitatori.
Alla
fine,
però, lui lo aveva rotto.
Aveva
chiuso
il libro con un tonfo leggero, che aveva fatto sprigionare una
vanescente
nuvola di polvere, le aveva preso la mano e l’aveva costretta
a guardarlo.
Non
c’era
stata violenza in quel suo gesto, ma quell’incrollabile
fermezza con cui il
ragazzo aveva agito le aveva causato un brivido lungo la schiena.
Aveva
cercato di liberare la mano e, non riuscendoci, aveva cominciato a
fissare
imperterrita fuori dalla finestra.
Gli
alberi
avevano già perso quasi tutte le loro foglie e il limpido
azzurro del cielo era
celato da un impenetrabile strato di nuvole grigiastre.
L’autunno
era già arrivato e lei non se ne era neppure accorta.
-Guardami-
La
voce di
Draco la risvegliò.
Percepì
in
essa una sfumatura che mai aveva avvertito prima.
Preoccupazione. Come mai, neanche mentre
le faceva compagnia dopo la morte dei suoi genitori, aveva potuto
sentire.
-Mollami-
La
stretta
di lui divenne immediatamente meno serrata, sebbene il ragazzo non
obbedì al
suo ordine.
-Guardami-
disse Draco, quasi sussurrando quella parola.
Ancora
quel tono.
Un
attimo
dopo si ritrovò in balia di quei maledetti occhi grigi.
Dannazione, aveva
ceduto.
Le
sue
labbra sottili si piegarono rapidamente, accompagnate da una strana
insicurezza
quasi estranea a quel Sanguepuro Slytherin.
***
L’aveva
obbligata a chiudere i libri e a riportarli nella sua camera. Poi,
prima di
uscire dalla biblioteca, le aveva detto che l’avrebbe
aspettata davanti al
quadro della Signora Grassa per dieci minuti. Passati questi, avrebbe
trovato
un modo per entrare nel suo dormitorio e per portarla fuori.
Avesse
dovuto staccare la testa a quell’idiota di Lenticchia.
Si
era
avviato verso la Sala Comune degli Slytherin, era entrato e, evitate le
occhiate circospette che ricevette, si diresse rapidamente verso la
propria
camera.
Qui,
beatamente sdraiato sul suo letto, stava in una perenne dormiveglia, il
suo
compagno di stanza Blaise Zabini.
L’unico,
visto che Goyle e Tiger avevano chiesto di essere spostati e che nessun
altro
aveva voluto prendere il loro posto.
La
rapidità
con cui Malfoy gettò il “De Potentissimis
Potionibus” sul letto e prese a
frugare nell’armadio, avrebbe insospettito chiunque, ma
Zabini, stropicciandosi
gli occhi, decise saggiamente di proferire poche ma argute parole.
-Ti
ha detto
di si?- cominciò Blaise.
-Come
avrebbe potuto dirmi di no?- gli rispose Draco, con un sorriso a
trentadue
denti stampato sulla faccia.
-Forse
attingendo ad una delle migliaia di parole del dizionario che conosce a
memoria?-.
Draco
alzò
le spalle.
Avrebbe
finalmente avuto Hermione tutta per sé e non sarebbe stato
certamente un idiota
mezzo addormentato a fargli cambiare umore.
Uscì
dalla
stanza, infilandosi il cappotto nero e legandosi una sciarpa dello
stesso
colore attorno al collo.
Una
ragazzina del secondo anno sospirò pesantemente quando le
passò vicino per
uscire dalla Sala Comune.
Se
Hermione
avesse avuto una reazione lontanamente simile a quella sarebbe stato a
cavallo.
Ma,
infondo,
sapeva benissimo di essere un povero illuso.
***
Aveva
frugato per un attimo in una tasca interna del cappotto, fino a quando
non era
riuscito a cavarne un pacchetto di sigarette.
Hermione,
seguendo l’istinto, si era scostata di qualche centimetro.
-Scusa,
non
sopporto la puzza di fumo-
Ciò,
non
aveva fatto altro che causare un’occhiataccia del ragazzo,
che sembrò contare i
millimetri con cui lei si era allontanata, per concludere poi
l’operazione con
una strana luce negli occhi, chiaro avvertimento che aveva deciso quale
sarebbe
stata la punizione per tale affronto.
Intimorita
da quello sguardo, Hermione cercò di minimizzare.
-Sono
solo
un paio di centimetri, Draco –
Lui
sogghignò diabolico.
-Sai,
amore, una delle differenze
fondamentali
tra me e quel fesso del Lenticchia sono proprio un paio di centimetri
nel posto
giusto – aveva cominciato lui – E, credimi, presto
ti faranno proprio piacere-
Hermione
scosse piano la testa.
Lentamente,
ma dando fondo alla sua innata eleganza, avvicinò il suo
viso a quello di lui.
-Per
quel
che mi riguarda, amore, puoi pure
chiedere a Pansy - Oca giuliva – Parkinson di tenermelo in
caldo, perché non
credo di usarlo presto. Anche perché, ad essere sincera, non
vorrei avere un
fidanzato cieco … - gli rispose lei.
Malfoy
si
portò la sua mano alla bocca e la baciò
dolcemente.
-Non
ti
preoccupare, amore, lo sto
trattando
bene solo per te-
-Sei
proprio
romantico, oggi. Comunque, amore,
sono sicuro che Hagrid possa aiutarti con il tuo Vermicolo. Quando si
impegna,
sa far sollevare anche i morti- concluse Hermione soddisfatta.
Draco
sorrise.
-Per
te farò
questo e altro- disse il ragazzo, prendendo un accendino Babbano e
usandolo per
la sigaretta che stringeva ancora tra le dita.
Hermione,
riconoscendo immediatamente l’oggetto, date le sue origini,
gli chiese se
poteva vederlo.
Lui
aveva
risposto annuendo piano e glielo aveva porto.
Sul
dorso
dell’oggetto metallico vi era quello che sembrava il simbolo
di un’importante
famiglia Purosangue. Hermione cercò di aguzzare la vista per
cercare di capire
a quale famiglia appartenesse.
Malfoy, ipotizzò.
Come
se
fosse stato in grado di leggere i dubbi che affollavano la sua mente,
il
ragazzo con poche parole le chiarì le idee.
-È
un regalo
di mia madre-
Fu
solo in
quell’istante che riuscì a distinguere, celate da
arabeschi tortuosi, le cinque
lettere che componevano quella parola.
Black.
***
Sorridendo,
gli aveva restituito l’accendino.
Mosse
alcuni
passi misurati.
Sperò di riuscire a stare zitta.
Si
appoggiò
al parapetto e guardò in basso.
Cominciò a sgretolare con minuzia
impareggiabile quella sua dannata curiosità.
Respirò
ansiosa, riempiendosi i polmoni del profumo che il vento trasportava,
imprigionandolo con le sue catene inconsistenti.
Autunno, annunciatore della fine, sagace
portatore dell’iniqua sfortuna, vile codardo che agisce
nell’ombra.
Autunno, Ladro di Destini.
Erano
bastate quelle poche parole e quel gesto della mano appena accennato.
Solo
in
quell’istante aveva capito quanto in realtà fosse
debole.
***
Si
era
allontanata di qualche passo e si era appoggiata al parapetto.
Sembrava
felice. Sembrava aver ricominciato a respirare.
La
stava già
raggiungendo.
Poi,
nel
breve periodo che una foglia dorata impiegò a raggiungere il
suolo, tutto
cambiò.
-
Heilà,
Granger! –
Uno
sconosciuto.
-Perché
non
vieni giù? Ti prometto che ci divertiamo!- aveva continuato
qualcun altro.
Poi,
un
rumore metallico.
Monete.
-Come
vedi,
Granger, paghiamo in galeoni- aveva completato una terza persona.
Draco
Malfoy
prese l’ultima boccata dal mozzicone di sigaretta e, cercando
di controllare la
rabbia, si avvicinò ad Hermione.
La
guardò
per un solo secondo.
Il
tempo
necessario per verificare che stava tremando e che aveva gli occhi
più lucidi
del solito.
Gettò
ciò
che rimaneva della sigaretta nel vuoto.
L’oggetto
cadde a meno di un metro dai piedi dei tre sconosciuti.
Prese
la
bacchetta da una tasca dei pantaloni e si prese un paio di minuti per
mandare a
memoria i volti di quei tre idioti.
Le
loro
divise parlavano chiaro: Hufflepuff.
Ne
conosceva
solo uno, il più tarchiato. Lo aveva avuto come avversario
ad una partita di
Quidditch, quando ancora faceva parte della squadra degli Slytherin.
Era un
Battitore.
Vide
nei
loro volti uno strano timore reverenziale nei suoi confronti. Checche, pensò Malfoy.
-Stavate
dicendo?- domandò Draco.
I
tre
presero a guardarsi preoccupati.
Il
biondo
cominciò a giocherellare con la sua bacchetta di
Biancospino.
-Allora?-
insistette.
Il
Battitore
sembrò avere più coraggio degli altri e prese la
parola.
-Nulla
di
importante-
Draco
scosse
piano la testa, sfoderando uno strano ghigno soddisfatto.
-Non
avete
neppure il coraggio di ripetere ciò che avete detto pochi
minuti fa ad
Hermione?- chiese, pur conoscendo da sé la risposta
– Quindi, è proprio vero
che la vostra Casa accoglie tutti gli scarti della società-
I
tre
arrossirono lievemente e cercarono di nascondere il viso nelle sciarpe.
-Scusatevi
e
sparite- concluse lo Slytherin, furioso.
Non
in quel
momento, ma si sarebbero pentiti di ciò che avevano fatto
alla sua Hermione.
***
Hermione
aveva continuato a fissare il vuoto. Nel suo sguardo vi era tutto il
suo
orgoglio di Gryffindor.
Tremava
ancora. Maledetti bastardi.
Dopo
alcuni
minuti di silenzio, la ragazza, scostando i capelli dal viso e
portandoseli con
le dita della mano destra dietro l’orecchio,
ricominciò a parlare.
-Grazie-
Pronunciare
quell’unica parola le era costato molto. Lei non voleva
essere aiutata da
nessuno. Soprattutto non da lui.
-Non
serve
che mi ringrazi, non l’ho fatto per te-.
La
ragazza
si staccò dal parapetto a cui era ancora appoggiata e si
voltò verso il
ragazzo. Lontana da quel supporto e ancora scossa da quel tremore,
sembrava
ancora più fragile, quasi sul punto di afflosciarsi su
sé stessa, come un fiore
appassito.
-Lo
so-
cominciò Hermione – L’hai fatto per
preservare la tua immagine, no? Un Malfoy
non può accettare che la reputazione della propria
puttanella personale venga
infangata, non è vero?-
Il
viso di
lui fu a pochi centimetri da quello di lei.
Percepì
il
suo respiro pesante sulle proprie labbra. Questo raccontava di una
rabbia
bruciante e del crescendo desiderio di vendicarla. Ma soprattutto,
portava con
sé un’incontrollabile voglia.
Lui
la voleva.
-Sai
bene
perché l’ho fatto, Hermione – disse
Draco.
L’avvicinò
a
sé, passandole una mano attorno ai fianchi.
Dolcemente,
quasi avesse paura di poterle fare male, le scostò i
capelli.
La
ragazza
avvertì il calore delle sue mani gentili sul viso.
Poi,
il
ragazzo, avvicinando la sua bocca all’orecchio di lei,
pronunciò tre parole.
-Io
ti amo-
Finalmente,
poté uscire da quel tunnel oscuro.
Il
dolore di
quella luce accecante la riempì, saziandola e ripagandola
per tutto ciò che
aveva perso lungo il tragitto tortuoso.
Draco
le
diede un lieve bacio sul collo e, con un rapido gesto, le diede la
propria
sciarpa nera, augurandosi che a nessun altro venisse mai concesso il
piacere di
assaporare la sua pelle.
***
Si
fermò e
si piegò, cercando di riprendere fiato. Poggiava le mani
sulle ginocchia e si
concedeva respiri profondi.
L’allenamento
di Quidditch l’aveva affaticata e ora il suo corpo si
rifiutava di obbedire ai
suoi ordini. Le fitte alla milza la costrinsero a stringere i denti e
ciò
rimarcò il rossore delle sue guance.
Ma
non poteva
fermarsi.
Non
in quel
momento, non sapendo che Hermione avrebbe potuto aver bisogno di lei.
La
ragazza,
infatti, era sparita e la cosa più preoccupante, oltre al
fatto che non era
neppure in biblioteca, era che la Signora Grassa sosteneva che si fosse
allontanata con Draco Malfoy.
E
lei,
Ginevra Weasley, non avrebbe mai permesso a quella serpe di farle del
male, non
dopo tutto quello che la sua migliore amica aveva dovuto passare.
Le
sue
gambe, spronate da quel pensiero e dalla certezza che anche Harry, in
quel
momento, stesse combattendo contro la scoppio di un polmone pur di
continuare a
correre, ricominciarono a muoversi più veloce di prima.
Percorse
il
corridoio del terzo piano in tutta la sua lunghezza, salì
tutti gli scalini
della Torre di Astronomia e, sempre più allarmata, scese nei
Sotterranei.
Purtroppo, la sua ricerca non diede frutti.
Decise
di
provare a vedere se, per chissà quale sibillino motivo,
Hermione aveva deciso
di visitare la classe di Trasfigurazioni.
Ricominciò
a
correre, tenendosi una mano sullo stomaco, contratto per la fatica.
I
muscoli
delle gambe, già pesantemente messi sotto sforzo
dall’allenamento, bruciavano
ad ogni metro percorso.
Poi,
svoltò
l’ennesimo angolo e li vide.
Camminavano
vicini, senza tenersi per mano o abbandonarsi a smancerie da ragazzini,
cosa in
cui invece Ron e Lavanda eccellevano. Ciò la
consolò: forse non tutto era perso
ed Hermione poteva ancora riacquistare il pieno controllo sul suo
senno.
Eppure,
nello sguardo di lui vide qualcosa di cui mai aveva neppure avuto il
sentore in
quello di suo fratello.
Non
le
staccava gli occhi di dosso, quasi controllando ogni suo minimo
movimento. Era
come se avesse paura che, da un momento all’altro, Hermione
potesse cadesse.
Era preoccupato, per un motivo che lei non conosceva.
Draco
Malfoy
non aveva occhi che per lei.
***
Era
comparsa
all’improvviso, trafelata e ansante.
Non
appena
distinse la sua figura, riconoscendola prevalentemente dai lunghi
capelli
rossi, le corse incontro, ricevendo un’occhiataccia
morbosamente contraria da
Draco che, visto il suo continuo tremare, aveva insistito per rientrare
entro
le mura della scuola.
Poco
le
importò in quel momento. Ginny non sembrava stare molto
bene.
-Ti
… ho …
trovata!- esclamò la ragazza, additandola con un gentile
fare accusatorio –
Dove … Merlino … eri?- le chiese, sedendosi per
terra e cercando di
stabilizzare la propria respirazione.
Hermione
arrossì leggermente.
-Il
professor Lumacorno ci ha convocato nel suo ufficio per chiederci di
aiutarlo a
distillare la pozione del Sonno Indotto- si intromise Malfoy, con una
naturale
tranquillità nella voce e con un tono che fece intendere
alla ragazza che il
loro pomeriggio non era stato divertente.
Ginny
diede
l’illusione di essersela bevuta.
-Bene,
io
vado. Weasley, Granger – disse Draco congedandosi.
Hermione
si
alzò, con l’intenzione di restituirgli la sciarpa
che le aveva prestato.
-Tienila.
Mi
prenderò la mia ricompensa, comunque-
Si
voltò
verso Hermione per un paio di secondi.
Sulle
sue
labbra un dolce ghigno che non prometteva nulla di buono.
Note
dell’autore
Ebbene,
donzelle, sono tornato! Con quasi un secolo di ritardo, lo so.
Sono
fiero
di annunciarvi, che ho preso 6/7 nel primo tema di italiano. Suonino le
trombe,
riecheggi nel vento il mio nome e che la professoressa (a mio parere
incompetente,
ma credo di poter dire d’essere di parte) venga fucilata per
i reati
commessi!!! Ok, come potete vedere, qui la situazione è un
DELIRIO!!! Ed io,
ovviamente, come posso non essere l’epicentro di questa
catastrofe? Non sarei
me stesso, se non fossi una gigantesca calamita per disgrazie, no?
Comunque,
dopo due settimane talmente piene di compiti da mandare in tilt
qualsiasi
cervello (il mio non ha avuto problemi, visto che è da
parecchio che ho messo
il suo annuncio a Chi L’ha Visto), ho avuto un attimo di
tempo per buttare giù
qualcosa. Lo so, il pochissimo impegno che ci ho messo e ben tangibile.
Abbiate
pietà, cercherò di rimediare. Oramai, lo dico
continuamente, tra l’altro.
Tra
una
brutta notizia ed una ancora peggio, però, è
arrivata, a mo’ di manna dal
cielo, la Gita Scolastica!!!
Quindi
domani parto, destinazione Firenze, per l’annuale Viaggio di
Distruzione.
E,
come si
suol dire, annegheremo i dispiaceri nell’alcol!!!
Come
invece
dico sempre io, Dio salvi il Baileys (ma non si disprezza manco il
grappino)!
Credo
sia il
caso di abbandonare le baggianate e di dedicarsi ad un breve commento
del
capitolo.
Allora,
allora, allora … Ebbene si, la relazione Hermione/Draco ha
mosso i suoi primi
passi traballanti. Niente di che, ancora.
Entrano
in
scena due nuovi personaggi, Blaise Zabini e Ginny Weasley, che
cominceranno ad
essere più presenti, soprattutto dal prossimo capitolo.
Sparisce,
di
punto in bianco, il caro e beneamato Drew. Un’assenza
giustificata da impegni
improrogabili, sia chiaro. Lui è un professore tutto
d’un pezzo, cosa che la
mia ADORATA professoressa di Lettere palesemente non è. Le
voglio bene,
comunque (anche se dubito abbia il buon gusto di leggere qualcosa
appartenente
allo “schifosissimo genere Fantasy o sul genere andante).
Glissando
sugli insulti (ne ho una lista, comunque) per quella santa donna che
ancora non
è stata colpita da un fulmine divino (e questa,
indubbiamente, è una prova che
Dio NON esiste), mi dedico alle risposte ad personam.
Books: credo che cominciare anche
questa risposta alla tua recensione con il solito “Luce dei
miei occhi”
sminuisca il mio estro da poeta incompreso, quindi credo che
comincerò a
scervellarmi per trovare un nuovo epiteto adatto alla tua persona,
anche
perché, a dirla tutta, quello che ho usato fino ad ora
è stato ampiamente
sfruttato un po’ da chiunque. Quindi, ci penso, sperando di
riuscire a cavare
almeno un ragno dal buco! Mi dispiace, il seguito non è
arrivato molto presto …
ma spero che questa roba che ho scritto ti piaccia!!! Più
che possessivo,
comunque, direi che Draco è morboso. Daphne, invece,
è già tra le mie pupille.
Il che non so se sia un bene, a dire il vero. Mi raccomando, Books,
lascia un
commentino anche questa volta !!!
prettyvitto: no, si può
uccidere anche
senza la Magia Nera. Il più delle volte, però,
(ad esempio con il sectumsempra)
solo altra magia oscura può sistemare i
“danni” della magia nera. Hermione lo
fa principalmente per questo motivo, visto che, comunque, la sua
conoscenza
della magia non è proprio misera. Essere in grado di poter
aiutare gli altri in
ogni occasione, cercare di evitare altre sofferenze. Questo vuole fare
Hermione. Per altre eventuali domande, sono sempre qui !!! J
Hollina: e
come
potrei non prodigarmi in una serie infinita di complimenti, visti tutti
quelli
che mi fai tu??? Mi sentirei un demente se non lo facessi. Comunque,
sono
meritati, io non parlo (o in questo caso scrivo) per dare fiato alla
bocca …
spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e grazie (in un modo
“tendente all’infinito”)
di tutto !!!
barbarak: allora???????
Cosa ha partorito la tua mente malata geniale???
Comunque, e qui divento
sempre più ripetitivo, hai ragione! Hermione comincia a
capire quanto in realtà
sia difficile studiare la Magia Oscura con Drew, specialmente visto che
lui non
sembra intenzionato a farlo molto presto!!! Per quel che riguarda il
Patronus
della Herm, non ho lavorato molto di fantasia. Ciò che
conta, comunque, sarà il
momento in cui questo “entrerà in
azione” non quale aspetto avrà. Ti lascio a
scervellarti, se ti va di farlo, e grazie per i complimenti e per la
recensione.
Agathe:
e se
Hermione non l’aveva capito con quella frase sul libro (il
che vorrebbe
dire che non
è più lei o che è stata
Schiantata di recente) ne ha avuto la definitiva conferma dal diretto
interessato!!! E per un attimo hai pensato agli animali giusti,
donzella!!!
Grazie per il “mitico”, anche perché
immaginarmi in una versione all’Achille o
all’Ulisse mi ha fatto ridere per almeno mezzora!!!
Paula: se
avessi
un’infinità di tempo a disposizione ti scriverei
un papiro, ma purtroppo in
questi giorni ne ho veramente pochissimo. Quindi, stringendo
(perdonami,
perdonami, perdonami), ti dirò un grazie infinito e ti
implorerò di commentare
anche questa volta, promettendoti almeno venti righe di risposta ( a
costo di
ripetere per un centinaio di volte la parola
“grazie” senza usare
copia-incolla) la prossima volta che aggiornerò. Sperando
che questo capitolo
ti sia piaciuto, grazie ancora!!!
Mirya: vado
a
frugare nel tuo profilo (come faccio più o meno con tutti
coloro che leggono la
mia storia) e, patataf, mi ritrovo catapultato nella pagina di una
scrittrice
di successo. Poi, leggo il genere dei racconti che scrivi e comincio a
sbiancare. Bene, mi dico, preda di un’euforia
tutt’altro che voluta, una vera e
propria esperta del romanticismo che legge una mia storia! Io, che sono
romantico come un pezzo di legno in mezzo alla strada, ho cominciato a
preoccuparmi e a sentire una certa ansia da prestazione.
Così, anticipando il
lavoro futuro, mi sono scavato la fossa. Passando, invece, alla
risposta alla
tua (o devo darti del lei?) recensione, devo dire che mi ha riempito
d’orgoglio. Per vari motivi, che non starò qui ad
elencarti. Dunque, forse
cominciare una recensione dicendo che non lo si farà molto
spesso nel futuro
non è proprio la cosa più bella da fare, ma
sicuramente meglio sapere la verità
fin da subito. Quindi, sono fiero del tempo che mi hai dedicato, visti
anche i
tuoi improrogabili impegni (salutami il tuo bebè!
Chissà se avrà ereditato il
talento della madre …). Grazie per i complimenti, anche se
non credo di essere
pronto a sostenere il peso che le tue parole mi hanno scaricato
(giustamente o
ingiustamente) sulle spalle. Non perché non ne sia felice,
ma perché, per fortuna
e purtroppo, mi porto sulle spalle già la mia instabile
pazzia e la mia stupida
immaturità. Se riuscirò a liberarmi di uno di
questi pesi, comunque, stai pur
certa che porterò con orgoglio la bandiera della mia
generazione! Hai ragione
sulla critica che mi hai mosso (anche perché tu hai sempre
ragione J), Drew è
entrato
troppo prepotentemente sulla scena. Ma avevo bisogno che il suo
personaggio
restasse ben inciso nella mente del lettore e quello che ho scelto, ad
essere
sincero, mi è sembrato il percorso più semplice
da percorrere. Così facendo ho
creato una vera e propria “crepa” in quello che
è il tipico schema della
Dramione, ma non mi pento della mia scelta, pur essendo questa molto
azzardata.
Soltanto il tempo mi dirà se ho puntato sul cavallo giusto.
Anche perché Drew,
per un paio di capitoli, sparirà quasi completamente. Grazie
per il commento.
Chiedo scusa a coloro che mi hanno
recensito per le risposte
stringhiate (soprattutto a Paula, a
cui ho parlato di tutto tranne che della storia).
Ringrazio le
53
persone che hanno messo la storia tre le seguite, le 6 che
l’hanno messa tra le
ricordate e le 13 che l’hanno ficcata tra le preferite.
Ora corro a preparare le valige e, se
sopravivrò, spero di
aggiornare presto.
Grazie ancora a tutte/i!!!
Jerry
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Capitolo 9 *** Stay with Me ***
Chapter
nine, Stay with Me
Indossò
il
suo cardigan bianco latte e, con un rapido gesto delle mani,
liberò i ricci
capelli castani rimasti imprigionati sotto la stoffa. La sua fronte era
coperta
da un’ordinata frangia di capelli lisci, ottenuti dalla
ragazza con un
abbondante uso della Tricopozione Lisciariccio, di cui era
un’assidua
utilizzatrice.
Aprì
le ante
del suo armadio, in cerca di qualche accessorio che potesse scaldarla.
Tra le
mani, forse per pura casualità o forse guidata dal suo
inconscio, si ritrovò
una sciarpa nera. Su un’estremità vi era lo stemma
della Casa Slytherin. Quella
era la sciarpa di Draco.
Nulla
più
del rombo che preannuncia la saetta in grado di squarciare la volta
celeste.
Eppure, erano già trascorse tre settimane da quel giorno.
Forse
solo
un battito d’ali di un angelo caduto. Eppure, molte notti si
erano susseguite
da quella dichiarazione ed ancora le costava una certa fatica ripensare
a quel
pomeriggio.
Sapeva
quali
erano i sentimenti di Draco nei suoi confronti, ma il sapere di averli
rubati
dalla sua mente, in un momento di improvvisa cecità causata
dalla rabbia e
dalla bramosia della nemesi, l’aveva illusa.
Fino
a quel
giorno infatti, si era convinta che tutto quell’affetto e
quella preoccupazione
che il ragazzo aveva nei suoi confronti fosse qualcosa di irreale.
Alla
fine, controvoglia,
aveva dovuto ricredersi.
Aveva
potuto
percepire chiaramente il crescente desiderio di lui nella delicatezza
del tocco
delle sue mani e nel calore delle sue labbra gentili sulla sua pelle.
E
aveva
dovuto ammettere a sé stessa che tutto ciò aveva
un’unica possibile
interpretazione: Draco Malfoy era realmente innamorato di lei.
Ciò,
ovviamente, l’aveva portata a molte spiacevoli riflessioni.
La
prima fra
tutte si concluse con la convinzione che mai loro due avrebbero potuto
essere
una coppia.
Loro,
infatti, erano due opposti inconciliabili: il Bene e il Male,
l’Accusatore e
l’Offeso, l’Eternamente Dannato e il Santo che ha
ottenuto la Beatitudine.
Ora,
trascorso il tempo sufficiente per comprendere ciò, Hermione
Granger sapeva che
le restava solo da stabilire quale fosse il suo ruolo in quel continuo
scontro.
Si
legò la
sciarpa attorno al collo ed uscì dalla sua stanza.
***
Quella
visione l’aveva scossa terribilmente.
Hermione
e
Malfoy che camminavano vicini, troppo
vicini.
Aveva
rimuginato a lungo, aveva provato ad immaginare il futuro di quella
coppia e,
infine, aveva deciso di intervenire.
Hermione
doveva diventare una Weasley e,
purtroppo, lo sguardo di Malfoy le sembrava un ostacolo
tutt’altro che
trascurabile.
Quel
fesso
di suo fratello, dunque, doveva lasciare la Brown e rimettersi con
Hermione.
Inoltre,
la
signora Weasley era stata categorica a riguardo. Lei era la nuora che
voleva,
non quella sottospecie di zitella senza cervello di Lavanda. Ovviamente
tutti
in famiglia, Ron escluso, le avevano dato ragione e Fred e George si
erano
anche offerti di testare alcuni nuovi scherzi sulla povera ragazza.
Ginny,
invece, aveva deciso di utilizzare metodi più consoni e
tranquilli, anche se
non disdegnava l’idea dei gemelli.
Qualcuno
bussò alla porta della sua stanza.
Poco
dopo,
l’aggraziata figura di Hermione Granger si infilò
dalla soglia.
-Sei
pronta,
Ginny?- le chiese.
La
rossa
sorrise e, prendendo la borsetta che aveva preparato e lasciato sul
letto, la
raggiunse.
Il
diabolico
piano “Torna a casa, Hermione!” era ufficialmente
entrato in atto.
***
Stretti
nei
loro cappotti, camminando vicini e procedendo spediti, le due ragazze,
a cui si
erano aggiunti Harry e Ron, raggiunsero i Tre Manici di Scopa.
Essendo
riusciti a precedere la folla utilizzando il passaggio segreto dietro
la statua
della vecchia orba, arrivano al locale quando questo era ancora quasi
vuoto e
riuscirono a prendere posto vicino a una delle due finestrone che
davano sulla
strada principale di Hogsmeade.
Ron,
che la
sorella aveva obbligato a dare buca alla sua fidanzata, aveva un umore
tutt’altro che piacevole. Da quando aveva visto che anche
Hermione, invece di
restare chiusa in biblioteca come faceva quasi ogni finesettimana da
quando era
cominciata la scuola, aveva deciso di aggiungersi alla compagnia, non
faceva
altro che cercare di mandare Maledizioni non verbali a Ginny.
Sperava,
infatti, di non aver davanti agli occhi la Granger per almeno i
prossimi tre
millenni, sia perché temeva una reazione violenta da parte
della ragazza sia
perché la sua presenza, dopo la fine della loro storia, lo
metteva in
soggezione.
Ma
Diabolica
Weasley e il suo complice Potter, evidentemente, non davano molto peso
alla
cosa.
Tra
le altre
cose, poi, Hermione stava diventando sempre più bella e,
come il ragazzo si
ritrovò a pensare involontariamente, Lavanda non aveva la
minima possibilità di
reggere il confronto.
-Allora,
Ron, non hai niente da dire ad Hermione?- lo
“aiutò” Ginny.
Il
ragazzo
in risposta abbassò lo sguardo, cercando di celare
l’agitazione.
-Ti
trovo
bene, Hermione – disse lui, incespicando qua e là
a causa dell’ansia.
La
ragazza
sorrise educata, mentre si toglieva il cardigan e la sciarpa e li
appoggiava
allo schienale della sedia a cui si era seduta.
Ginny
ed
Harry, dopo essersi scambiati un’occhiata complice e
sospetta, sbiancarono. A
nessuno dei due era sfuggito lo stemma Slytherin
sull’estremità della sciarpa.
-Grazie,
Ron
– lo ringraziò lei, sistemandosi alcuni ricci
ribelli dietro l’orecchio –
Allora, come va con Lavanda?-
Per
la
seconda volta la Rossa e il nuovo capitano della squadra di Quidditch
sembrarono
essere in grado di intrattenere un’accesa discussione solo
guardandosi.
-Benissimo-
rispose Ron entusiasta e con un sorriso a trentadue denti stampato in
faccia.
Molteplici
e
chiarissimi insulti furono leggibili negli occhi verdi di Harry e
Ginny, la
quale sembrava essere l’unica in grado di tradurre quel
bagliore appena
accennato nel suo sguardo, pareva essere concorde, annuendo e
aumentando
pesantemente la dose.
-Mi
fa
piacere- disse Hermione tranquilla.
Fu
proprio
questo suo inaspettato stato d’animo che fece preoccupare
maggiormente la
coppia che stava tramando alle sue spalle e che li spinse, inutilmente,
a
cercare una buona scusante per cambiare discorso.
-Tu,
invece,
ti sei trovata un ragazzo?- le domandò il Weasley,
speranzoso in una sua
risposta negativa, così da poter andare in giro dicendo che
lei stava soffrendo
ancora per il suo abbandono.
-In
realtà …
- cominciò la ragazza, venendo subito interrotta da un
improvviso trambusto.
Harry
si era
alzato in piedi di scatto, facendo cadere la sedia.
-Vado
a
chiamare Madama Rosmerta, così possiamo ordinare- disse,
cercando di scusare il
suo comportamento bislacco.
Ron
lo
guardò come se avesse avuto davanti agli occhi un troll di
montagna che fa la
maglia, ma subito dopo si voltò verso Hermione, in attesa di
una risposta.
La
ragazza
aveva già aperto bocca per rispondergli, quando si intromise
Ginny.
-Avete
saputo che questa mattina tre Hufflepuff sono stati ritrovati legati
nel
recinto dei Berretti Rossi di Hagrid?- chiese, dicendo la prima cosa
che le era
passata per la testa.
L’argomento
fortunatamente attirò l’attenzione di entrambi.
-Si
sono
fatti male?- domandò Ron alla sorella.
-I
Berretti
Rossi li hanno riempiti di bastonate tanto da farli perdere i sensi, ma
Madama
Chips si è già messa all’opera per
rimetterli in piedi nel minor tempo
possibile- gli spiegò Ginny – Comunque, noi
dobbiamo sperare che non riescano
ad uscire dall’infermeria almeno fino a sabato prossimo-
A
quest’ultima affermazione seguì una richiesta di
spiegazione da parte del
rosso, il quale, inaspettatamente, la ottenne da Hermione.
-Perché
uno
dei tre- cominciò, collegando alcuni dati incamerati nella
sua testa da tempo –
è Zacharias Smith e, come ben sai, lui è il
Battitore degli Hufflepuff, con cui
Gryffindor dovrà scendere in campo tra due settimane-
I
due
fratelli la guardarono sconvolti. Lei che più volte li aveva
ripresi perché il
Quidditch portava loro via tempo ed energia da applicare nello studio.
Lei,
Hermione Granger, l’Anticristo del più celebre
sport dei Maghi.
-Come
fai a
saperlo?- le domandò Ron basito.
Avrebbe
dovuto dire che tre settimane prima, mentre era uscita a prendere una
boccata
d’aria con l’odiato Draco Malfoy, il ragazzo
Hufflepuff si era preso alcune
libertà che, evidentemente, non erano andate molto a genio
al sopracitato e per
la quali il Principe degli Slytherin aveva deciso di punirlo.
-L’ho
sentito da Katie Bell questa mattina a colazione-
I
due
sembrarono tirare un sospiro di sollievo. Forse, l’Apocalisse
non era proprio
alle porte. Forse.
***
Procedevano
camminando piano e gustandosi gli sguardi sfavorevoli di tutti i loro
compagni
di Casa. Due vipere, circondate da decine di altri serpenti desiderosi
di
conficcare le proprie zanne avvelenate nella loro pelle squamose.
Un’unica
cosa accomunava entrambi: il coraggio di affrontare le conseguenze
delle
proprie scelte.
Daphne
Greengrass, morbidi capelli biondi e profondi occhi verdi, colei che
per prima
si era inginocchiata e gli aveva dato la forza.
Blaise
Zabini, viso gentile e sguardo scaltro, colui che gli aveva teso la
mano per
aiutarlo a rialzarsi.
Camminavano
lunga la via principale di Hogsmeade. Tra loro, colui che aveva
beneficiato
della loro forza.
Draco
Malfoy, il Principe Deposto.
Lo
scortavano, lo proteggevano, lo aiutavano.
Loro
erano i
suoi Salvatori, che lo avevano aiutato a cambiare.
Loro
erano i
suoi Angeli, che lo avevano spinto a fare la scelta più
giusta.
Blaise e Daphne.
-Allora,
cosa facciamo?- domandò Blaise, rivolto a Daphne e Draco.
La
prima
alzò le spalle e nascose la bocca, che si stava aprendo in
uno sbadiglio
assonnato, con la mano destra.
-Andiamo
ai
Tre Manici di Scopa- rispose invece Draco, indicando una delle due
vetrate del
bar.
I
due
seguirono con lo sguardo la traiettoria del suo indice e infine
sbatterono
contro un’intera tavolata di Gryffindor.
Il
primo a
prendere parola fu Blaise.
-Ma
tu non
le avevi già proposto di uscire con te, oggi?- chiese
rivolto a Malfoy.
Quest’ultimo,
indispettito dalla domanda del compagno di stanza, annuì.
-Forse,
allora, se ti ha detto di no era perché preferiva passare il
suo poco tempo
libero con qualcuno di più simpatico di te, no?- insistette
Zabini.
Il
biondo
gli rivolse un’occhiata furente che avrebbe intimorito un
Petardo Cinese.
-E
magari
anche con qualcuno meno superbo e che non passa le giornate a fare la
vittima …
- rincarò la dose la Greengrass.
Il
ragazzo
le rispose sistemandosi il colletto della giacca e inchiodando i suoi
occhi
grigi in quelli verdi di lei.
-Stai
scherzando? Lei mi adora- disse, accompagnando queste parole con uno
strano
ghigno e cominciando ad avviarsi verso la porta d’ingresso
del locale.
I
due,
sospirando pesantemente, lo seguirono.
Il
tragitto
fu breve e ben presto il tepore dei Tre Manici di Scopa
cominciò a riscaldare i
loro corpi infreddoliti.
I
tre
perlustrarono l’ampia stanza in cerca di un tavolino libero.
-Questo
è un
segno del Destino, Draco … -cominciò Blaise - Non
c’è neanche un tavolino
libero!-
-Andiamo
da
qualche altra parte- propose Daphne.
Draco
rimase
in silenzio per alcuni istanti.
Poi,
si
voltò verso i due compagni.
Sogghignava,
ancora.
-Seguitemi-
***
Aveva
appena
bevuto un sorso della sua Acquaviola e, quando lo vide arrivare con
quel suo
sorriso preannunciatore di cattive nuove, rischiò di
soffocare.
La
cosa che
più la sconvolse però, fu vedere che non era
solo.
Certo,
uno
dei suoi accompagnatori era niente meno che Daphne Greengrass, una
delle tante
spasimanti di Drew, ma almeno ebbe la conferma che esisteva qualcuno
sulla
faccia della Terra in grado di sopportarlo.
Fu
solo
quando lo vide avvicinarsi al suo tavolo però, che
capì quanto drammatica fosse
la situazione.
Si
guardò
attorno. Harry e Ron erano sconvolti tanto quanto lei, Hermione invece,
disperata, aveva abbassato lo sguardo e aveva appoggiato la fronte
sulla mano.
Forse,
si
disse Ginny, il suo piano poteva ancora essere attuato.
-Vi
dispiace
se ci sediamo qui?-
La
voce
fredda di Draco raggiunse i suoi pensieri, rendendola consapevole che
la
situazione stava precipitando.
Lei
li aveva
visti. Più volte, in biblioteca.
Harry
li
aveva visti. Ogni settimana, durante le lezioni di Drew.
Quei
due
avevano legato troppo.
Fu
proprio
durante quella sua breve distrazione che i tre Slytherin, senza
aspettare il
permesso di alcuno, si erano seduti.
Ovviamente,
Draco si era seduto vicino ad Hermione e, tirando fuori dal suo
cappello di
prestigiatore una scusa banale, le aveva chiesto di aiutarlo a
togliersi la
giacca.
La
sua
attenzione però, fu attirata da ciò che stava
accadendo dall’altra parte del
tavolo.
La
Greengrass
sembrava intrattenere una discussione alquanto divertente con Harry.
La
rossa si
ripromise di interrogare il suo fidanzato, dopo quello spiacevole
inconveniente.
Intanto,
Zabini fissava il balcone, dove Madama Rosmerta armeggiava con alcuni
boccali
di Burrobirra, e suo fratello Ron, ancora intontito dalla situazione,
cercava
di convincersi che la Terra non aveva ancora cominciato ad orbitare
attorno a
Marte.
***
Draco
le si
era seduto vicino e, dicendo che la sera prima aveva preso uno strappo
alla
schiena, le aveva chiesto di aiutarlo a togliersi la giacca.
Hermione,
la
cui estrema fiducia nel prossimo non aveva portato a pensare a
conseguenze
negative, gli sfilò delicatamente il giubbotto, facendolo
scorrere sulle sue
spalle temprate da ore di allenamento di Quidditch, e, dopo avergliela
tolta,
la piegò e la posò sullo schienale della sua
sedia.
-Grazie,
Hermione – la ringraziò Draco, sorridendole
affabile.
Ron
sbiancò,
impreparato all’affinità dei due, sottolineata
dall’uso del nome proprio e non
più del cognome.
Draco
appoggiò i gomiti al tavolo e nascose la bocca ridacchiante
dietro alle mani
giunte.
Nel
compiere
quest’azione, il maglione leggero che indossava
lasciò scoperta una porzione di
pelle.
Sul
candore
del suo fianco sinistro spiccava un livido violaceo dalla forma
leggermente
allungata.
Hermione,
incuriosita da quell’innaturale imperfezione, tese una mano
incerta.
I
polpastrelli
gentili di lei si avvicinarono fino a sfiorare il suo corpo.
Percepì
sotto le proprie dita affusolate il suo calore. E rabbrividì.
Draco
nascose la contusione con un gesto rapido e deciso, facendo scendere la
stoffa
leggera dell’indumento.
Si
era voltato
e aveva avvicinato la bocca all’orecchio di lei.
-Non
ti
preoccupare, non è niente di importante- le
sussurrò il ragazzo – Comunque,
bella sciarpa-
Lei
comprese
rapidamente cosa quell’ultima frase significasse.
Draco
stava
per prendersi la sua ricompensa.
Hermione
cercò di ipotizzare cosa passasse per la testa di quel pazzo.
Troppe
possibilità, stipate in alcuni secondi di esistenza, che la
portarono a
distrarsi proprio mentre lo Slytherin cominciò a divertirsi.
Draco
prese
il bicchiere che conteneva il suo succo di zucca e, mettendolo in
controluce,
cercò l’impronta delle morbide labbra della
ragazza. La ricerca fu breve e, una
volta trovato il segno del passaggio della sua bocca, si prese
un’abbondante
sorsata.
Ron
e Harry
sbiancarono.
-
Draco,
quello è il mio bicchiere!- esclamò esterrefatta
Hermione.
Il
ragazzo
sorrise, godendo di quelle reazioni.
-Lo
so,
amore- disse lui tranquillo.
Daphne
e
Blaise sospirarono all’unisono, come se fossero in grado di
prevedere il
comportamento di Draco.
Zabini
poco
dopo si alzò e, dicendo che andava a prendersi qualcosa da
bere, chiese ai suoi
compagni di Casa se volessero qualcosa.
-Una
Burrobirra – gli rispose Draco.
-Per
me,
invece, un Idromele Aromatico- disse la Greengrass, attirando lo
sguardo
sconvolto dei Gryffindor seduti a quel tavolo.
-Credetemi,
ragazzi, a breve desidererete di non essere lucidi e allora capirete
perché mi
sono data ai superalcolici- spiegò tranquilla la ragazza
che, forse per la
presenza di alcuni suoi compagni di Casa o forse per quella strana
affinità con
Harry, sembrava completamente a proprio agio.
Intanto,
Draco aveva stretto tra le sue mani quelle di Hermione e, ad intervalli
regolari molto brevi, se le portava alla bocca e le baciava.
Ginny,
le
braccia incrociate sul petto, li guardava attenta.
-Credo
che
ad Hermione non facciano piacere tutte queste attenzioni, Malfoy
– commentò
acida.
Lui,
scusandosi a bassa voce con Hermione per quell’intrusione,
rivolse la sua
attenzione alla Rossa.
-Io,
invece,
credo che sia Hermione a dover esprimere un tale pensiero, non tu-
La
diretta
interessata, ripresasi dallo shock iniziale, si schiarì la
voce per prendere
parola e per esprimere il suo completo appoggiò alla teoria
della Weasley, ma
venne interrotta dal ragazzo, che ghignando le legò la
sciarpa nera attorno al
collo.
Hermione
comprese il chiaro messaggio nascosto tra le righe: doveva tenergli il
gioco.
Non
aveva
intenzione di farlo.
Intanto,
Zabini era ritornato al tavolo con un vassoio carico di bevande
dall’alta
gradazione alcolica.
-Vuoi
un po’
della mia Burrobirra, amore?- gli domandò Draco, dopo
essersene preso un sorso.
Lei
lo
guardò. Non avrebbe retto un minuto di più
quell’inutile farsa.
-Andiamo
a
fare una passeggiata, amore- disse, alzandosi dalla sedia e indossando
la sua giacca
– Stai attento a non farti male alla schiena- si
raccomandò, aiutandolo ad
indossare la giacca e facendo attenzione a premere con forza nella zona
dove
aveva visto l’ematoma.
Infine,
salutati tutti i presenti e dicendo ai compagni di Casa che si
sarebbero
rincontrati la sera al castello, si avviò verso
l’uscita seguita dal biondo, la
cui espressione era tutt’altro che felice.
A
metà
strada si voltò e legò la sciarpa attorno al
collo del ragazzo.
-Sai,
non
vorrei mai che prendessi freddo- commentò lei.
Ginny
sorrise soddisfatta, forse non tutto era ancora perduto.
***
Camminava
con passo spedito a quasi un metro di distanza da lui. Non si era mai
voltata,
non lo aveva più guardato.
In
silenzio
uscirono da Hogsmeade e percorsero uno stretto sentiero. Infine, dopo
essere entrata
per alcuni metri all’interno di una fitta boscaglia di
sempreverdi, Hermione si
voltò.
Si
avvicinò
al suo viso, gli posò un bacio leggero sul mento e immerse
la mano destra nei
capelli biondi di lui.
-Grazie-
sussurrò piano sulle labbra di lui.
Ciò
che
accadde dopo, venne ricordato per secoli da tutti gli abitanti dei
dintorni.
Venne
narrato, infatti, che, dopo un lunghissimo sonno durato interi secoli,
il
crudelissimo Marchese Lufkin si fosse risvegliato e avesse ripreso il
controllo
della sua tetra dimora, la Magione Lufkin, nota ai più come
Stamberga
Strillante.
Ciò
che
realmente avvenne, invece, venne ricordato da Draco Malfoy per tutti
gli anni
che gli restarono da vivere.
Hermione
Granger, infatti, aveva deciso di piantare il proprio ginocchio tra le
gambe
del povero ragazzo e, come più volte gli ripeté
in seguito, lo fece con forza
perché era certa di aver letto su un volume di Erbologia che
solo procedendo in
questo modo si poteva ottenere un risultato ottimale.
L’urlo
del
malcapitato raggiunse livelli di decibel a cui mai nessun mago, senza
l’ausilio
della magia, era giunto.
Era
ancora
chinato, con le mani che cercavano inutilmente di ridurre il dolore
causato
dalla ginocchiata della ragazza, quando questa riprese a parlare.
-Mai
più-
disse lei – Non azzardarti mai più a divertirti
alle spalle dei miei amici o a
fare il Vendicatore Mascherato senza che io ti chieda di farlo,
chiaro?-
Draco,
con
la fronte leggermente imperlata dal sudore, annuì piano.
Hermione
lo
aiutò ad alzarsi e lo fece appoggiare al primo albero che
incontrò. Fatto ciò,
puntò la bacchetta verso la zona dolorante del ragazzo,
guadagnandosi dallo
stesso un’occhiata preoccupata e, senza pronunciare alcuna
parola, vi lanciò un
incantesimo.
Lo
Slytherin, constatando che il dolore si era attenuato, aprì
gli occhi, che
aveva prontamente chiuso quando aveva pensato che Hermione volesse
lanciare una
Bombarda Maxima sui gioielli che aveva ereditato da suo padre.
-Chiarito
questo, grazie-
La
velocità
con cui il ragazzo corse a proteggere la zona vulnerabile con le mani
al
sentire quell’ultima parola causò lo scoppio di
Hermione in una risata
melodiosa.
Dopo
aver
constatato che la ragazza non aveva cattive intenzioni e stupefatto da
quel
ringraziamento, si lasciò scivolare lungo il tronco rugoso,
fino a fermarsi
sulla terra umida.
-È
stato un
piacere, Hermione –
***
-Credete
che
si siano ammazzati a vicenda?- domandò Ron quasi speranzoso
ai suoi compagni di
tavolata.
Si
guardò
attorno, concentrandosi anche sugli Slytherin con cui, visti gli ultimi
eventi,
condivideva un destino poco felice. Mai, a memoria d’uomo, un
Gryffindor aveva
stretto un’amicizia così forte con uno Slytherin
tanto da arrivare persino a scambiarsi
effusioni in pubblico. Ovviamente, Hermione sembrava decisa ad essere
l’eccezione che conferma la regola.
Daphne
Greengrass, che sedeva alla sua sinistra, alzò le spalle.
Blaise
Zabini, invece, che aveva abbandonato il suo posto da capotavola
prendendo
quello di Hermione di fronte al rosso dopo che questa se ne era andata,
bevve
un abbondante sorso di Whisky Incendiario e si lanciò,
leggermente brillo, in
una constatazione che i Gryffindor non furono felice di sentire.
-
Draco non
alzerà mai la bacchetta contro quella ragazza, ci tiene
troppo e da troppo
tempo- disse, stropicciandosi gli occhi assonnati e resi lucidi
dall’alcol che
circolava nelle sue vene abbracciando e canticchiando con i poveri
globuli
rossi.
-Sono
sicuro
che alla fine Hermione ritroverà il suo giudizio e
prenderà a calci in culo
quell’idiota di Malfoy - commentò Harry.
Ginny
sospirò pesantemente e, allungando la mano fino a
raggiungere quella di Harry,
che le era seduto di fronte, cercò in quel contatto un
po’ di consolazione.
-Purtroppo,
amore, credo proprio che Malfoy sia meno idiota di quello che sembra e
più
innamorato di quello che neanche nei nostri peggiori incubi potevamo
immaginare-
Strusciando
pesantemente la sedia, Daphne, che sembrava aver perso tutta la sua
sprizzante
energia, fece un annuncio quasi pubblico.
-Io
vado a
prendermi qualcosa di forte da bere- disse la bionda – Voi
volete qualcosa?-
Viste
le
risposte a tale domanda, Harry e Zabini, sconsolati, decisero di
offrire a
tutti un giro di Rum di ribes rosso.
Fu
così che,
tra un bicchierino e l’altro, i cinque compresero di avere
più cose in comune
di quante sperassero.
***
Le
aveva
chiesto di non andarsene, di restare con lui e di fargli compagnia.
Lei
aveva
acconsentito e si era seduta, cercando di non sporcare il cardigan
bianco, per
terra.
Draco
l’aveva tirata a sé.
Assordata
dal silenzioso rumore di quella boscaglia solitaria, si era ritrovata
accoccolata sulle gambe di lui e con la testa appoggiata al suo petto.
La mano
di lui le accarezzava dolcemente i capelli. Profumavano di vaniglia.
-Sai
come
sta tua madre?- gli chiese improvvisamente.
Lui,
scostandola di qualche centimetro, prese una sigaretta e il suo
accendino e
cominciò a fumare.
-No,
non so
niente- disse lui, dopo aver soffiato il fumo del tabacco bruciato
verso l’alto
– Silente ha dato l’ordine di aiutarla a
nascondersi ad un sottoposto e questo
ritiene che sia sconveniente riferire qualsiasi genere di informazione
a
riguardo-
Questa
risposta
non fece che aumentare i suoi dubbi e Draco, intuendo ciò
che le passava per la
testa, riprese a parlare, cercando di fornirle il maggior numero di
informazioni possibili.
-Credo
sia
per via di Severus - le spiegò lui – Sono in pochi
a credere che lui stia
realmente dalla parte dell’Ordine della Fenice. Io stesso,
prima che Silente
stesso me lo dicesse, credevo fosse un fedele servitore del Signore
Oscuro-
-Sai
chi è
la persona che ha designato Silente?- domandò curiosa
Hermione.
-Purtroppo
credo non sia qualcuno in grado di portare a termine il compito che gli
è stato
affidato, visto che tutti i più importanti membri
dell’Ordine sono impegnati in
missioni più importanti-
In
effetti,
ciò era vero. Remus Lupin, per esempio, stava controllando
la mosse dei Lupi
Mannari.
Dopo
quel
breve interrogatorio, tra i due cadde un lungo silenzio, durante il
quale Draco
finì in tranquillità la sua sigaretta, per poi
ricominciare a stringere tra le
sue braccia Hermione, che lo lasciò fare.
Nella
completa tranquillità di quel luogo ameno i loro cuori,
finalmente,
cominciarono a battere all’unisono, come mai, prima, avevano
fatto.
Finalmente,
scoprirono la sicurezza data dalla presenza dell’altro.
***
La
Sala
Grande, addobbata con zucche intagliate e ragnatele per celebrare la
festa di
Halloween, era già affollata quando loro due, camminando
vicini, vi entrarono.
Si
scambiarono uno sguardo complice e si diressero verso i rispettivi
tavoli.
Lei
si
sedette vicino a Ginny che le aveva tenuto il posto e che la
tempestò di
domande per sapere dove fosse stata fino a quel momento. Le risposte di
Hermione, vaghe ed appena accennate, non saziarono la fame della
Weasley.
Lui
invece,
ordinò ad un ragazzino del quinto anno di cedergli il posto
vicino a Blaise e, una
volta sedutosi, lo ringraziò sarcasticamente per essere
stato così gentile da
impedire a chiunque di prendere il posto riservato alla sua persona.
Lei
accettò
di buon grado di aiutare una del terzo anno che aveva un piccolo
problema a far
funzionare un incantesimo di Trasfigurazione con cui era possibile
trasformare
un origami in una piccola farfalla.
Lui
si
guardò attorno, ridacchiando quando tutte le persone che
incrociarono il suo
sguardo si chinarono e iniziarono a contare quanti piselli avevano nel
piatto.
Lei
si
spostò verso destra quando una ragazza le chiese se poteva
sedersi vicino a
lei.
Lui
torturò
uno del primo anno fissandolo per quasi dieci minuti.
Lei
sorrideva.
Lui
ghignava.
Lei
era il
Bene, lui il Male.
Lei
era il
Male, lui il Bene.
Hermione
e
Draco. Così diversi da poter essere scambiati per la stessa
persona.
***
Harry
vide
Malfoy alzarsi dal suo tavolo. Era più pallido del solito.
Qualcosa
nella sua testa gli disse di seguirlo.
Hermione
era
distratta e Ron stava commentando a Lavanda le mirabili gesta da lui
compiute
durante l’ultimo allenamento di Quidditch.
-Devo
andare
un attimo in bagno- disse, rivolto a Ginny.
Uscì
dalla
Sala Grande e vide un’ombra rapida salire l’ampia
gradinata di marmo e svoltare
a sinistra. I suoi capelli quasi bianchi brillarono nel buio ed Harry
capì che
quello era Malfoy. Lo seguì.
Percorsero
in silenzio alcuni corridoi e, alla fine, lo Slytherin si
infilò nella porta
del bagno di Mirtilla Malcontenta. Harry aspettò, le spalle
appoggiate alla
fredda parete.
Percepì
il
pronunciare di alcune parole e il respiro affannato del ragazzo.
-Dimmi
cosa
ti sta succedendo … io posso aiutarti!- esclamò
l’isterica Mirtilla
Malcontenta.
-Niente
di
insopportabile, ma devo parlare con il professor Piton – le
rispose il ragazzo
preoccupato.
Harry
entrò
nel bagno, interrompendo la conversazione. Draco, che affaticato si
reggeva al
bordo di un lavandino, vide il suo volto riflesso nello specchio.
Mirtilla,
urlando spaventata, si rifugiò nelle tubature.
***
Sul
suo
braccio sinistro, rivelato da un incantesimo e visibile grazie alla
manica
arrotolata della camicia, vi era il Marchio Nero. La pelle su cui il
simbolo
era stato impresso era arrossata. Bruciava e gli mandava insopportabili
fitte
alla testa.
-Non
rispondi al richiamo del tuo Signore?- gli chiese Harry.
La
sua voce
era diversa. Profonda, cupa, malvagia.
Draco
guardò
il ragazzo con più attenzione.
Le
pupille
dei suoi occhi erano estremamente dilatate, come se stesse cercando di
distinguere un oggetto nel buio e le iridi, un tempo di un verde
splendente,
erano opache e circondate da capillari ingrossati.
La
sua bocca
era aperta in un sorriso sghembo e crudele.
Quello
non
era Harry Potter.
-Credevi
di
potermi tradire senza che io venissi a saperlo?- gli domandò
l’essere che aveva
assunto le sembianze di Potter – Credevi che io ti lasciassi
impunito e ti
permettessi di rivelare ai quattro venti i miei progetti?-
Draco
afferrò la sua bacchetta di Biancospino.
Lord
Voldemort impugnava già quella d’Agrifoglio di
Harry.
Il
biondo
comprese che doveva evitare di colpirlo, se voleva evitare di ferire
Potter.
Cercò
di
lanciare un Incantesimo Incarceramus non verbale, ma il suo avversario
lo deviò
con un movimento del polso appena accennato.
Il
Signore
Oscuro scagliò un potente incanto di Disarmo, che il ragazzo
evitò rotolando
sul pavimento.
Mentre
si
rialzava tentò un incantesimo Confundus, il quale
però si infranse contro una
barriera invisibile generata da Colui che non deve essere nominato.
Fu
solo
abbassandosi all’ultimo istante che Draco poté
evitare una fattura, la quale
cozzò contro lo specchio alle sue spalle e venne riflessa
contro la cassetta
dove alcuni istanti prima era appoggiata Mirtilla Malcontenta.
L’acqua
cominciò a scrosciare e a riversarsi sul pavimento.
-Avresti
potuto evitare tutto questo, ragazzo- gli disse Voldemort –
Mi hai voltato le
spalle solo per una stupida Mezzosangue – l’essere
rise diabolico -Tua zia mi
ha implorato di ucciderti facendoti provare le più oscure
sofferenze, sai?-
Draco
si
passò la manica della camicia davanti alla bocca, pulendosi
un piccolo rivolo
di sangue che usciva dal labbro inferiore.
-Comunque,
non ti preoccupare. La tua amichetta ti raggiungerà
prestò, visti i molteplici
problemi che mi ha causato-
Il
timore di
aver condannato a morte Hermione lo sconvolse, facendogli perdere la
concentrazione, già messa a dura prova dalle continue fitte
del braccio
sinistro.
Fu
in
quell’istante.
-SECTUMSEMPRA!-
gridò Harry.
Sangue
cremisi schizzò dal petto e dal volto di Draco: la sua pelle
era stata recisa
da una lama intangibile.
Cadde
all’indietro.
Tremava
in
modo convulso e le sue mani cercavano inutilmente di tamponare la
profonda
ferita.
Ben
presto
le energie svanirono dal suo corpo.
Draco
Malfoy, sconfitto, si arrese alla morte.
L’immonda
risata di Voldemort riempì la stanza.
L’acqua
sparsa sul pavimento allagato si tinse rapidamente di un tetro colore
scarlatto.
Ad
ogni
goccia versata la sua lucidità si affievolì,
annebbiando costantemente il suo
unico pensiero.
Doveva proteggere Hermione.
Note
dell’Autore
Un
applauso
per me e per l’aggiornamento lampo!!! Certo, magari
qualitativamente non sarà
al livello di alcuni dei precedenti, ma vorrei sottolineare (facendo un
po’ di
Drachiano vittimismo) che su 7 giorni (ebbene si, è passata
solo una
settimana), 4 giorni li ho passati in Visita di Distruzione, andando a
dormire
ad orari indecenti, svegliandomi ad orari anche peggiori e mantenendo
costantemente un ritmo da recluta militare durante il giorno.
Ma
essendo
Halloween passato da alcuni giorni e, come si può dedurre
dagli addobbi appena
accennati della Sala Grande e dalla prima parte del capitolo (dove dico
chiaramente che sono passate tre settimane dalla
“dichiarazione” di Draco, che
le lettrici più attente sanno essere accaduta durante il
primo sabato di
ottobre), essendo questo capitolo 9 ambientato proprio durante questa
giornata,
mi è sembrato giusto fare una pazzia e aggiornare in breve
tempo. In questo,
ovviamente, mi ha supportato il ponte dei Santi.
Comunque,
come avrete capito, non ho prestato molta attenzione a questo
particolare.
Vi
avevo
anticipato (o lo avevo fatto solo a qualcuno, ora non ne sono sicuro),
che in
questa fanfic avrei ripreso alcuni eventi che, sebbene causati da
motivazioni
differenti, avrebbero portato allo stesso risultato.
La
prima
cosa, ovviamente, è stato l’episodio
Draco/Harry-Voldy nel bagno di Mirtilla.
Silente,
durante le sue lezioni private con Harry, stava cercando di chiudere il
condotto mentale che lega il ragazzino al Signore Oscuro, ricordate?
È palese
che il vecchio, non volendo dar ascolto a Drew e ai suoi metodi poco
consoni
(che scoprirete nel prossimo chap), ha fallito nell’intento.
Così,
sebbene la scena sia differente da quella del libro (se avete il
Principe
Mezzosangue sotto mano andate a rileggervela e scoprirete che in alcuni
punti
ho fatto una vera e propria “riscrittura” secondo
le mie necessità delle Sacre
Parole della Zia Row), il risultato è lo stesso: Draco in
una pozza di acqua e
sangue più di là che di qua.
Mi
sono
preso alcune libertà, comunque. 1) Mirtilla nella mia
versione scappa, perché
riconoscerà negli occhi di Potter quelli del suo assassino
Tom Riddle. 2) Draco
non Crucia Harry per ovvi motivi. 3) La scena è ambientata
in un altro momento
dell’anno, ovvero, non alla fine dell’anno
scolastico, ma durante la notte di
Halloween (che è celebre nei sei libri della Zia per non
essere spesso
portatrice di buone nuove)
Nel
corso
del racconto, tra l’altro, ho già deciso di
prendermi altri due libertà: la
prima partita di Quidditch non sarà Gryffindor VS Slytherin
ma Gryffindor VS
Hufflepuff e ho intenzione di cambiare un po’
l’aspetto di Blaise Zabini (non
per razzismo o altro, solo perché come è
descritto dalla Row non riesco proprio
ad immaginarmelo).
Fatte
queste
necessarie precisazioni, passo alle risposte ad personam che questa
volta mi
porteranno via meno tempo, visto che non ho dato neppure il tempo a
tutte le
miei supporters di leggere il capitolo.
Books: tadaaa!!!! Abbandoniamo le false
speranze e dedichiamoci alle certezze … Ho aggiornato!!!
Sai, non sei l’unica
che mi ha mosso critiche (sempre ben accette) sulla prima parte,
così, per
cercare di capire su cosa avessi esagerato, l’ho riletta e,
purtroppo, devo ammettere
che avevate ragione. La prima parte è veramente un macigno.
Spero di essere
riuscito ad evitare di ricadere nello stesso errore, questa volta.
Ebbene,
sapere di essere riuscito a ficcare anche un po’ di
romanticismo in questa
storia (una prova ardua per uno come me), mi riempie
d’orgoglio. Grazie per
tutti i complimenti (ho gongolato come un idiota per venti minuti) e
per la
critica. Mi auguro ti trovare anche questa volta una tua recensione!
(ci sto
pensando, comunque, all’epiteto, ma ancora niente)
Agathe: purtroppo, ti sbagli.
L’arroganza di Draco ha ancora qualche asso da giocare, ma
niente che una
ginocchiata ben assestata non possa risolvere! In questo capitolo, di
punto in
bianco, nascosti nella foresta, Hermione e Draco si avvicinano molto. E
di
punto in bianco, la narrazione fa un salto temporale e taglia tutta la
conversazione dei due. Io, diabolico, ho ben pensato di far vedere
quello che
si sono detti nel prossimo capitolo con un bel Flashback. Sono
cattivo???
Si!!!! Spero in un tuo commentino anche questa volta! Grazie per i
complimenti
(secondo te la storia è verosimile?!?! Fiuuu, almeno non sto
cadendo nelle cose
da Bimbeminkia!!!)
Hollina: si, Hermione stava accumulando
davvero troppo stress …
ma è arrivato il
super Draco (idiota) a salvare la situazione! Comunque il ragazzo crede
troppo
nel “mi dai un dito ho il diritto di prendermi il
braccio” ed Hermione non è
molto favorevole a questo genere di comportamento. Comunque, grazie per
aver
recensito e per i complimenti. Mi auguro di avere anche se questo
capitolo una
tua recensione!!!
barbarak: credo che la tua ultima
recensione sia un’ottima sintesi dell’intero
capitolo, con un’analisi dei
personaggi non da poco. Come al solito, mi stupisci. Nel modo in cui
non ti
fermi all’apparenza dei personaggi, nel modo in cui
investighi per poter dare
un parere che abbia un peso. Grazie per tutti i complimenti (ti adoro
anche io)
e, credimi, nel mio modo di scrivere c’è ben poco
da invidiare! Grazie ancora,
barbarak!
lady_free: per quale motivo dovrei
ucciderti? Non sono mica un mostro! Sono andato a vedermi la cosa che
hai fatto
e …. O.O WOW!!! Nessuno aveva mai fatto un (non so come si
chiamano) su una mia
frase!!! Grazie infinite!!! Cmq, mi dispiace, ma la mia professoressa
di
Italiano non ha ancora compiuto 50 anni ed stata sposata (ma il marito
le ha
chiesto il divorzio … sfigata) … E comunque,
recensioni come quelle che ho il
piacere di leggere ad ogni aggiornamento valgono molto più
di un voto dato da
una donna mancata!
Complimenti
per l’8 in filosofia!!! Io adoro questa materia, anche se
quest’anno il nuovo
professore non sa spiegarla … ad essere sincero è
l’unica materia del Liceo
Scientifico che mi piace e, quando l’anno scorso sui
tabelloni dei risultati,
ho visto un bel 10 (l’unico dato da quella prof …
che dio abbia in gloria) mi è
quasi venuto un infarto!!! Quest’anno, però, credo
che se riuscirò a prendere
la metà sarò davvero miracolato!!! Grazie di
tutto!!!
Ebbene,
anche questo Angolo dell’Autore sta per volgere al termine.
Purtroppo
a
causa degli impegni scolastici e non solo quelli, non credo che
riuscirò ad
aggiornare prima della fine di Novembre. Mi dispiace, ma questa volta
non credo
di riuscire a lanciarmi in aggiornamenti rapidi!!!
Un ringraziamento sentito va alle 61 persone
che hanno messo la storia tra le seguite, alle 9 che l’hanno
messa tra le
ricordate, alle 15 che l’hanno messa tra le preferite e alle
5 che l’hanno
recensita.
Infine, mi auguro che Paula non mi odi e
che continui a leggere la mia storia (perdono, perdono, perdono!!!)
E
dopo
questi sproloqui e queste “bassezze da scrittore con poche
lettrici” (poche ma
buone), vi saluto!!!
A
presto,
Jerry
|
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Capitolo 10 *** After the Attack ***
Chapter ten, After the Attack
Malfoy
aveva
lasciato il suo tavolo, seguito subito dal suo fidanzato.
Aveva
visto
qualcosa di strano nello sguardo di Harry e, dopo un paio di minuti,
spinta da
una strana sensazione che le aveva attagliato lo stomaco, aveva deciso
di
seguirlo.
Appena
aveva
varcato la soglia della Sala Grande, aveva preso a correre, sperando di
riuscire a raggiungere il prima possibile i due ragazzi. Purtroppo, i
pochi
istanti che aveva atteso erano stati sufficienti affinché i
due riuscissero a
darle un buon distacco. Così, si era ritrovata senza
metà e con una crescente
paura che la tormentava.
Doveva trovarli.
Se
fosse
stata diligente come Hermione, forse, avrebbe potuto scagliare un
qualche
incantesimo in grado di farle stabilire quale fosse la loro posizione
in quell’immenso
castello, ma quella Gryffindor, mentre lei correva a perdifiato,
probabilmente
stava dando una mano a qualche ragazzino del primo anno con alcuni
incantesimi
di Trasfigurazione. Dannazione!
Cercò
di
ragionare lucidamente, isolando la mente da quella bruciante
preoccupazione. Harry
si era alzato subito dopo che Malfoy si era richiuso la porta della
Sala Grande
alle spalle senza attirare l’attenzione di tutti i presenti.
Sicuramente voleva
seguirlo.
Le
restava
solamente da capire dove fosse diretto quel maledetto di uno Slytherin.
Indubbiamente,
Harry, visto che aveva deciso di lanciarsi in una missione di
spionaggio,
doveva sapere qualcosa di cui lei non era a conoscenza.
Più
tardi,
se tutto fosse andato nel verso giusto, avrebbe fatto a Potter
un’infinita ramanzina
che avrebbe potuto far spaventare persino una furiosa Molly Weasley.
Continuò
a
correre, svoltando a volte a destra e a volte a sinistra, fino a quando
il
rumore di un’esplosione non la fece fermare.
Ebbe
solo il
tempo per maledire Merlino, Morgana e tutta la loro magica progenie,
prima di
cominciare a scendere una doppia rampa di scale, diretta al luogo da
cui
riteneva provenisse quel trambusto.
Percorsi
rapidamente gli scalini e il corridoio che si apriva alla fine di
questi, vide una
porta aperta e, grazie alla pallida e tremula luce che illuminava la
stanza,
due figure, una di fronte all’altra.
Per
prima
riconobbe quella che le dava le spalle: era Harry.
A
pochi
metri da questo, più pallido del solito, stava Draco Malfoy.
Era visibilmente
sconvolto e stringeva saldamente la bacchetta con la mano destra.
Sull’avambraccio sinistro, invece, visibile grazie alla
manica arrotolata della
camicia, vi era un tatuaggio. Ginny non riuscì a distinguere
bene cosa questo
rappresentasse, ma, ricordando le parole di Lupin al funerale dei
genitori di
Hermione e collegando l’austera figura di Lucius Malfoy a
quella di un crudele
Mangiamorte, non ebbe dubbi.
Eppure,
c’era qualcosa di strano nel comportamento dello Slytherin.
Non era quello di
qualcuno che teme che il proprio segreto possa essere svelato, ma
quello di un
uomo deciso a vendere cara la pelle.
Quei
due
idioti stavano duellando.
La
rossa
cercò di avvicinarsi silenziosamente e decise di ascoltare
quello che i due si
stavano dicendo, pronta ad intervenire con un incantesimo di Disarmo,
nell’eventualità in cui questo fosse stato
necessario.
-Avresti
potuto evitare tutto questo, ragazzo. Mi hai voltato le spalle solo per
una
stupida Mezzosangue-
Percepì
nella voce di Harry una strana cadenza quasi strascicata, accompagnata
da un
viscido tono di superiorità completamente estraneo al
ragazzo.
Poi,
riconobbe quella seducente affabilità e quella gentile
cordialità che già una
volta l’avevano ingannata. Riconobbe, nelle spoglie del suo
fidanzato, Tom
Riddle.
-Tua
zia mi
ha implorato di ucciderti facendoti provare le più oscure
sofferenze, sai?-
aveva continuato Harry.
No,
quell’essere non era
Harry.
-Comunque,
non ti preoccupare. La tua amichetta ti raggiungerà
prestò, visti i molteplici
problemi che mi ha causato-
Ginny
sentì
il peso del rimorso che le stava attanagliando l’anima.
Quell’amichetta, quella
stupida Mezzosangue era Hermione e Tom Riddle stava promettendo a
Malfoy che
presto lei lo avrebbe raggiunto.
Dove?
-SECTUMSEMPRA!-
La
ragazza
guardò all’interno della stanza.
Draco
Malfoy
stava cadendo come un peso morto, alzando alcuni schizzi
d’acqua e insozzando
quella restante e sparsa sul pavimento con l’acceso colore
del suo sangue.
Capì
di aver
appena assistito ad una condanna a morte e ad un’esecuzione.
Hermione,
presto, sarebbe morta.
No.
***
Gli
mancava
l’aria e la profonda ferita del petto sembrava non voler
smettere di bruciare.
Doveva
trovare un modo per avvisare qualcuno che Hermione era in pericolo.
E,
maledizione alla sua stupidità, doveva trovare un modo per
salvarsi la pelle!
Possibile che per Hermione tutto il suo innato spirito di conservazione
e
sopravvivenza andasse a farsi benedire da Mago Merlino? Possibile.
Dannazione.
Ciò
che
avvenne dopo fu molto confuso.
Vide
il
corpo di Harry Potter venir scaraventato contro una delle pareti del
bagno e
percepì una sonora sberla sulla guancia. Poi, la vista gli
si offuscò e perse i
sensi.
***
Merda.
Doveva
intervenire. Doveva colpire il corpo del suo fidanzato, sperando di
riuscire a
sopravvivere agli attacchi del Signore Oscuro.
Merda.
-STUPEFICIUM!-
aveva gridato, sperando di aumentare la potenza della sua magia con
quell’urlo
disumano.
L’incantesimo,
fortunatamente, era andato a buon segno e, dopo aver colpito la schiena
di
Harry, lo aveva spinto contro una parete facendogli perdere i sensi.
La
bacchetta
di agrifoglio rotolò lungo il pavimento.
La
ragazza
l’Appellò e, immediatamente dopo, la
Esiliò, cercando di farla arrivare tra le
braccia di Hermione. Se ci fosse riuscita, infatti, la ragazza,
probabilmente
già insospettita dall’abbandono da parte sua e dei
due ragazzi della Sala
Grande, avrebbe cominciato a preoccuparsi e avrebbe messo in allarme i
professori.
Ginny
guardò
il corpo inerte di Harry. Non sapeva in che modo, non sapeva per quale
motivo,
ma il Signore Oscuro, o Tom Riddle che dir si voglia, era entrato nel
suo
corpo.
Agì
a
malincuore, ripromettendosi di posticipare quella terribile sfuriata
alla Molly
che il ragazzo meritava.
-
Incarceramus – sussurrò e robuste corde si
strinsero attorno al corpo di lui.
Dopo
pochi
istanti, Ginny pronunciò un altro incantesimo.
-
Petrificus
Totalus –
Perché
dalla
sua spiacevole esperienza aveva capito che con Lord Voldemort non si
era mai
troppo previdenti e lei, questa volta, non intendeva farsi fregare. Era
una
bambina fragile, quando Riddle era riuscito ad insinuarsi nel suo cuore
con
quelle pagine ingiallite dal tempo.
Ora
non lo
era più e, soprattutto, ora aveva Harry.
Scusandosi
mentalmente con il Ragazzo Sopravissuto, si voltò
rapidamente verso Malfoy.
Capì
all’istante che aveva perso troppo tempo.
Gli
si
inginocchiò di fianco.
Stava
perdendo i sensi. Sfogando una piccola dose della sua rabbia repressa,
gli tirò
uno schiaffo, cercando di non fargli perdere coscienza.
Non
ottenne
l’effetto desiderato.
Agitando
la
bacchetta rapida, gli aprì la camicia. Constatò
che, se a prima vista la
situazione poteva sembrare tragica, in realtà essa era di
gran lunga peggiore.
Un profondo squarcio, che iniziava nella spalla sinistra e scendeva
lungo il
torace fino al fianco destro, pulsava al ritmo del cuore, riversando
sul
pavimento una quantità eccessiva di sangue.
Tentò
di
curargli la ferita con i pochi incantesimi di Guarigione che conosceva,
ma, ben
presto, quando vide tutti i suoi tentativi vanificarsi, decise che
quella era
un’inutile perdita di tempo.
Merda.
-
Malfoy non
puoi morire!- esclamò la rossa rivolta al pallido biondino -
Mi hai capita? Non
puoi morire! Non dopo aver illuso Hermione!-
Come
era
facilmente intuibile, le sue parole furono riversate nel nulla.
Dannazione, Malfoy!
Doveva
chiedere aiuto, ma non poteva lasciarlo in quello stato.
-Ferula!-
Alcune
bende
si legarono strette attorno al corpo del ragazzo, coprendo la lesione e
macchiandosi immediatamente di rosso.
Dopo
aver
ordinato al ragazzo di resistere fino a quando lei non avesse trovato
qualcuno,
uscì dalla stanza e riprese a correre.
Sperò
di
incontrare la professoressa McGranitt, il Preside in persona o quel
Kennan di
cui Hermione ed Harry avevano tessuto infiniti elogi.
Svoltò
l’ennesimo angolo alla fine di un corridoio e andò
a scontrarsi contro
qualcuno, cadendo a terra.
Incrociò
le
dita, augurandosi che fosse qualcuno che la potesse aiutare.
Alzò
lo
sguardo fino ad incrociare due piccoli occhi neri ridotti quasi a
fessure.
Tra
tutta la
popolazione di Hogwarts lui, Severus Piton, l’Impeccabile
Doppiogiochista di
cui solo Silente non aveva dubbi, era l’ultima persona che si
augurava di
incontrare.
-Cinque
punti in meno a Gryffindor!- esclamò soddisfatto.
Idiota.
-
Malfoy è
gravemente ferito- cominciò a spiegarsi lei, annaspando per
la corsa -Nel bagno
di Mirtilla Malcontenta-
L’uomo
sbiancò alla notizia e, muovendosi rapidamente nella sua
lunga e lugubre veste
nera, si diresse verso il luogo da lei indicato.
Ginny
lo
seguì, solo per essere fermata da un’occhiata
truce da parte del professore di
Pozioni.
Voltandosi
di scatto, infatti, le aveva chiesto chi aveva osato colpire Malfoy.
-
Harry, ma
non credo fosse veramente lui – rispose lei vaga.
Lo
sguardo
indagatore di Piton si fece più insistente.
-Non
ho
bisogno di te, Weasley. Va ad avvisare il professor Silente
dell’accaduto-
Lei,
sebbene
temesse che Piton potesse fare qualcosa ad Harry, come per esempio
liberarlo e
permettere a Voldemort di finire ciò che aveva cominciato,
non se lo fece
ripetere due volte e, mettendo a dura prova il suo fisico atletico,
corse verso
la Sala Grande.
Quando
spalancò le due ante della porta tutti i presenti si
concentrarono sulla sua
figura.
In
fondo
alla sala, Hermione, evidentemente agitata, stava parlando con Silente,
il
quale, non appena aveva visto la bacchetta di Harry tra le sue mani,
sembrava
aver cominciato a condividerne la preoccupazione.
Fu
proprio
l’anziano uomo il primo a venirle incontro, tallonato da
Hermione e dalla
McGranitt.
Ginny
non
aveva atteso che qualcuno le ponesse qualche domanda per incominciare a
parlare, ansiosa di condividere quel peso che le gravava sul petto.
-
Harry ha
ferito Draco Malfoy – cominciò la rossa.
Lo
sguardo
del Preside, nascosto dietro i suoi piccoli occhiali a mezzaluna, si
incupì e,
immediatamente, la professoressa di Trasfigurazioni la
incalzò.
-Andiamo,
signorina Weasley, il signor Potter non può essere stato
così avventato!-
Hermione
era
rimasta in silenzio, sebbene le sue mani avessero cominciato a tremare
in modo
spasmodico. Fissava un punto indefinito davanti a sé.
Probabilmente, come
spesso accadeva, la ragazza stava collegando alcune nozioni
immagazzinate e
memorizzate molto tempo prima.
Pochi
istanti di silenzio, seguiti da una domanda, permisero alla Weasley di
calmare
il respiro.
-
Ginevra,-
cominciò Hermione, -Ti è forse sembrato che Harry
si stesse comportando in modo
strano?-
L’uso
del nome
di battesimo e non del solito nomignolo, spinse la rossa a vuotare il
sacco.
Forse,
dopo
aver risposto a quella domanda, la sua reputazione avrebbe raggiunto
minimi
storici e insuperabili, ma la domanda dell’amica era stata
troppo precisa per
non farle capire che doveva rispondere in tutta sincerità.
-Quello
non
era Harry – rispose – Quello era Tom Riddle -.
Lungo
il
tavolo degli Slytherin cadde il silenzio. Nessun componente di quella
Casa
poteva permettersi di non sapere che quello era il vero nome del
Signore
Oscuro. Blaise e Daphne, già piuttosto agitati, si alzarono
in piedi e si
avvicinarono alla ragazza.
Ben
presto,
anche la restante parte degli studenti si zittì, vogliosa di
sapere quale era
la nuova catastrofe che aveva colpito la scuola di Magie e Stregonerie
di
Hogwarts.
Silente
aveva impugnato prontamente la bacchetta e, pronunciato
l’incantesimo, una
lucente fenice era uscita dalla sua bacchetta. Consegnato un messaggio
a
questa, le disse di raggiungere il più rapidamente possibile
Drew.
La
magica
missiva diceva: “Voldemort ha colpito. Fate
attenzione”.
-Minerva,-
iniziò tranquillo Silente – contatta Malocchio e
avvertilo che i Mangiamorte
potrebbero avere in serbo per noi qualcos’altro. Digli di
informare
dell’accaduto tutti i membri dell’Ordine- aveva
ordinato l’uomo, rivolgendosi
alla Direttrice della Casa di Gryffindor – Noi, intanto,
andremo in infermeria-
continuò, invitando i due Slytherin e le due Gryffindor, a
cui si era aggiunto
anche Ron, a seguirlo.
***
Quando
arrivarono in quel luogo, impregnato dell’odore di
disinfettante, lo trovarono
ancora vuoto, sebbene Madama Chips corresse trafelata da una parte
all’altra
della stanza, frugando ansiosa nelle vetrine in cerca di medicinali di
cui solo
lei conosceva l’esatta ubicazione. Hermione, seduta su una
scomoda sedia di
legno vicino ad una delle finestre dell’infermeria, ne
riconobbe alcuni in base
al colore delle sostanze che le boccette di vetro contenevano. Fu certa
di aver
visto della Pozione Soporifera e, con suo estremo dispiacere,
dell’essenza di
Dittamo. Sapeva quali erano gli usi di quella sostanza e, per la prima
volta,
si rimproverò per aver letto quel maledetto volume di
Medicina Magica che Drew
le aveva dato.
Presto,
dalla porta di quella stanza, sarebbe entrato qualcuno con qualche
grave
ferita.
-
Poppy,
credi di poter preparare un po’ di Bevanda della Pace per
tutti i presenti?-
domandò il Preside alla donna, la quale annuì
distrattamente, mentre afferrava
l’ennesimo farmaco.
-Non
preoccupatevi, ragazzi, arriveranno subito- li aveva tranquillizzati
l’anziano,
posando la mano sinistra sulla spalla di Ginny. Fu in
quell’istante che
Hermione, grazie a quel gesto così innaturale da parte
dell’anziano, aveva
notato lo stato del braccio destro. La pelle era annerita e
raggrinzita, come
se fosse stata bruciata.
Non
ebbe
dubbi: quella era magia oscura. La ragazza si guardò attorno
e, dagli sguardi
consapevoli dei suoi coetanei, comprese di non essere stata
l’unica ad essere
arrivata a quella deduzione.
Improvvisamente,
la porta si spalancò.
Nella
penombra, Minerva McGranitt brandiva la sua bacchetta, con cui stava
facendo
levitare il corpo di Harry, ancora imprigionato dalle catene magiche di
Ginny.
Alle sue spalle, il professor Piton stava facendo la stessa cosa su
Draco
Malfoy, accompagnando quel gesto con una lunga e borbottata litania.
Madama
Chips
aveva invitato i due ad appoggiare i ragazzi su due letti adiacenti,
nei cui
pressi, aveva preparato un carrellino con tutte le medicine di cui
poteva aver
bisogno.
Quando
il
corpo dello Slytherin gli fu a meno di un metro, Hermione
poté notare sul suo
petto una ferita non perfettamente richiusa.
Sectumsempra.
***
Silente
aveva deciso di far cadere Harry in un sonno magico e, dopo che Madama
Chips
aveva servito a tutti i presenti, alunni e professori, una tazza di
Bevanda
della Pace, il Preside aveva cominciato a porre alcune domande alla
Weasley. Inizialmente,
questa, volendo evitare di essere presa nuovamente per pazza, aveva
dato solo
rapide risposte stringate e, spesso, queste altro non erano che
monosillabi.
Da
sotto
quegli occhiali a mezzaluna, i vispi occhi azzurro chiaro
dell’anziano
seguivano ogni suo movimento. La pacatezza con cui quell’uomo
la invitava a
parlare, le fece pensare, per un solo istante, che, in fondo, non aveva
sofferto poi molto, quando tutti gli studenti di Hogwarts parlavano di
lei
sottolineando che era in grado di parlare con i diari. Ovviamente,
quest’idea
sparì dalla sua testa con la stessa rapidità con
cui i suoi neuroni l’avevano
formulata.
Aveva
impiegato molto tempo per ripulire la propria fedina penale e, ora che
era
riuscita a renderla linda come un tempo, non intendeva infangarla
nuovamente.
Ginny Weasley preferiva non rubare ancora il titolo di “Pazza
a piede libero di
Hogwarts” a Mirtilla Malcontenta.
Silente,
intanto, continuava a sorriderle gentile.
Probabilmente, pensò Ginny, sta decidendo in quale zona del reparto
psichiatrico del San Mungo rinchiudermi. Speriamo che nella stanza ci
sia
almeno una finestra …
-Parleremo
più tardi o, vista l’ora, domani, quando
avrà avuto il tempo di rielaborare ciò
che è successo- concluse l’anziano
accondiscendente, prima di alzarsi e di
dirigersi verso Piton e Madama Chips, che parlavano fittamente su quale
fosse
il metodo migliore per curare la profonda ferita di Draco.
Il
professore di Pozioni, infatti, aveva continuato per quasi una trentina
di
minuti a ripetere lo stesso incantesimo, mentre la donna spargeva gocce
d’essenza di Dittamo sui lembi recisi di netto della pelle. I
due, sebbene
fosse risaputo che non andassero d’amore e
d’accordo, riuscirono a lavorare in perfetta
sintonia, ottenendo meritatamente un risultato quasi ottimale. Quasi, perché, nascosta sotto
ad alcune
bende e ad uno
strato di pomata
Ricucente, una lunga cicatrice interrompeva l’armonia del
corpo pallido del
ragazzo.
Il
Preside,
intanto, aveva chiesto a Piton come fosse la situazione quando lui era
entrato
nel bagno di Mirtilla Malcontenta e questo, dopo un sintetico ma
esaustivo
riassunto, non aveva potuto esimersi dall’esprimere un
commento strettamente
personale.
-È
indubbio
che, se la signorina Weasley fosse venuta subito a chiedere aiuto, ora
non
saremmo costretti a somministrare a Draco tutta quella Pozione
Rimpolpasangue …
-
-Ed
è
altrettanto indubbio che, se la signorina Weasley non fosse
intervenuta, ora
starebbe fingendo di essere dispiaciuto per la morte del suo
figlioccio. A mio
parere, poi, credo che si possa affermare con certezza che, se lei non
avesse
svelato alcuni dei segreti dell’Ordine al suo padrone Oscuro,
ora ognuno di noi
potrebbe essere nel proprio letto- aveva detto qualcuno, fermo sulla
soglia
dell’Infermeria – Appurato questo, professor Piton,
la pregherei di non dare
inutilmente fiato alla tua bocca-
Molti
sguardi sconvolti si voltarono verso quella figura nascosta nella
penombra e
Daphne Greengrass dovette afferrarsi al maglione di Blaise Zabini per
non
correre incontro a quell’affascinante ragazzo misterioso.
Due
occhi
blu furiosi perlustrarono rapidi la stanza.
Fecero
una
breve pausa su Harry Potter ancora Impastoiato e su Draco Malfoy,
addormentato
a causa degli effetti della Pozione Soporifera. Infine, si fermarono su
Hermione, che, seduta in angolo, reggeva tra le mani una tazza di
Bevanda della
Pace oramai vuota. Lì vicino, i due Weasley la guardavano
preoccupata.
Drew
Kennan
non era affatto contento.
***
Drew
indossava una larga felpa grigia con il cappuccio di almeno una taglia
più
grande della sua e un comodo paio di jeans sdruciti in più
punti. Abiti Babbani.
Il
ragazzo
prese il silenzio dei presenti come un gentile invito a farsi avanti.
Lui lo accettò
immediatamente e lei fu la prima persona a cui si avvicinò.
Per
tutto il
tragitto, Drew continuò a sorriderle. Ad ogni passo che
mosse si aggrappò a
qualcosa e, quando non trovò alcun appiglio a cui reggersi,
fece una muta
richiesta a Ron, che immediatamente gli si avvicinò,
prendendogli un braccio e
portandoselo dietro le spalle.
-Si
appoggi
a me- gli disse il rosso, caricandosi anche del peso di Drew.
Sulla
gamba
sinistra del professore vi era uno squarcio pulsante, evidenziato da
una
bruciatura sulla stoffa dei pantaloni.
Sectumsempra.
Hermione
percepì un fastidioso bruciore lungo la gola e
sentì la testa girare. Non ancora,
non di nuovo.
Credette
di
non avere più la forza nelle mani per reggere il peso della
tazza.
Credette
di
essere in un incubo da cui non riusciva a svegliarsi.
Credette
di
dover indossare di nuovo quel tetro vestito nero.
E
volle
morire.
Non
aveva la
forza per piangere ancora, non aveva la voglia di piangere ancora.
Lei
voleva
solo un po’ di silenzio.
Lei
voleva
solo svegliarsi, magari madida di sudore e ansante, ma libera da quelle
catene
che le bruciavano la carne dei polsi.
-Non
è nulla
di che, Hermione.- le aveva detto Drew, accarezzandole gentile una
guancia – In
questa stanza non morirà nessuno-
Non morirà nessuno.
***
Silente
aveva invitato tutti gli studenti presenti nell’infermeria a
ritornare nei
proprie dormitori. Daphne e Blaise, ancora leggermente storditi
dall’eccessiva
quantità di alcol che circolava nelle loro vene da quel
lungo pomeriggio
passato con quell’improbabile compagnia, sbraitarono per un
paio di minuti
contro il loro Direttore di Casa per convincerlo a lasciarli con il
giovane
Malfoy, ma Piton, che non aveva ancora digerito le parole poco gentili
che Drew
gli aveva rivolto, li mise a tacere con uno sguardo a dir poco
inquietante. La
professoressa McGranitt, invece, sembrò essere
più accondiscendente e permise
ai tre Gryffindor di fermarsi per altri cinque minuti.
Infine,
Ron
e Ginny abbandonarono la stanza, lasciando sola Hermione su precisa
richiesta
di questa.
-Andate
pure, io vi raggiungo- aveva detto la ragazza, che, durante tutta la
serata,
non si era mossa da quella sedia scomoda su cui si era seduta.
Non
voleva
alzarsi.
Non
voleva
andarsene.
Non
voleva
lasciarli soli.
-
Hermione,
puoi fermarti quanto vuoi- la rassicurò Drew, ottenendo
immediatamente delle
occhiatacce dai suoi colleghi e da Madama Chips.
-Anche
i
miei ragazzi volevano rimanere, ciononostante, visto il preciso ordine
del
Preside, non è stato loro concessa la possibilità
di farlo- disse Piton
indignato.
Drew
squadrò
per alcuni istanti l’uomo dal naso adunco con
un’irrispettosa aria schifata,
per poi voltarsi senza degnarlo di una risposta.
-Professor
Silente devo parlarle- aveva detto poco dopo Drew –
Possibilmente, preferirei
che la nostra conservazione non arrivasse nel giro di cinque minuti
all’orecchio del caro Voldemort –
continuò lui, guardando palesemente nella
direzione del professore di Pozioni.
-
Fammi
strada, Drew – acconsentì benevolo
l’anziano Preside.
-Professor
Kennan, prego – gli rispose freddo il ragazzo.
-Come
preferisce, professor Kennan – disse serio Silente.
In
seguito,
rivolse la sua attenzione a Piton e lo invitò a ritirarsi
nelle sue camere.
-E
possibilmente, professor Piton, la pregherei di rimanervi per tutta la
nottata.
Se non le reca disturbo, poi, sarei molto più tranquillo
sapendola freddo,
disteso e pallido. Ovviamente, più del solito- si intromise
Drew, dando fondo
alla sua sagace maleducazione.
Il
diretto
interessato, alzato il suo regale e scosceso profilo verso
l’alto, uscì
indignato dall’infermeria, portando con sé
l’olezzo dei suoi capelli unti e
permettendo a tutti i presenti di tirare un respiro di sollievo.
-Sa
vero,
professor Kennan, che così facendo ha attirato sulla sua
persona un’innumerevole
quantità di maledizioni?- gli chiese Silente, palesando una
raffinata buona
educazione.
Drew
sorrise.
-Non
ho
paura delle fatture da quattro soldi di quel ciarlatano di Piton
– gli rispose
il ragazzo, il quale aveva abbandonato quei suoi toni affabili, che
utilizzava
in presenza del professore di Pozioni, per ritornare al suo solito modo
di
parlare.
Dopo
quest’ultima affermazione, il ragazzo era uscito dalla
stanza, seguito dal
Preside e dalla professoressa McGranitt, invitata dallo stesso Drew.
La
ferita
alla gamba non gli permise di camminare a lungo e, per questo motivo,
si infilò
nella prima aula che incontrò. Alcuni cuscini sgualciti
erano ammucchiati in un
angolo, dove qualcuno, probabilmente il professor Vitious stesso,
legittimo
proprietario di quella classe, li aveva Esiliati.
Drew
formulò
alcuni incantesimi per assicurarsi che non vi fosse alcuna anima viva o
morta e
che, quindi, la loro conversazione potesse rimanere privata.
-Mi
sembra
chiaro- aveva cominciato il ragazzo non appena aveva concluso di
pronunciare i
suoi incanti – che nell’Ordine vi sia qualche spia-
Silente
si
incupì.
-Purtroppo,
temo che lei abbia ragione-
-E
non è la
prima volta, vero professor Silente?- gli chiese Drew – Se mi
avesse dato
ascolto, Draco non si troverebbe in infermeria-
-Il
suo
metodo per chiudere il condotto mentale tra Harry e Voldemort era una
misura
troppo estrema e, comunque, il signor Malfoy è fuori
pericolo- gli rispose
l’anziano.
-
Il mio
metodo, a differenza del suo sigillo, è infallibile e,
comunque, non è merito
suo se domani non dovremo assistere all’ennesimo funerale
causato da Voldemort.
Ritengo che la signorina Weasley si meriti almeno 50 punti, non crede?-
Minerva
McGranitt, ammutolita, continuava a spostare lo sguardo
dall’uno all’altro ad
intervalli regolari.
-Ho
già
provveduto a riempire con altri cento rubini la clessidra dei
Gryffindor, non
si preoccupi- disse Silente.
Drew
sembrò
soddisfatto, ma questo non gli permise di restare in silenzio per
più di
qualche secondo.
-Resta
il fatto
che, come ho già precedentemente consigliato, dobbiamo
imporre l’Incanto
Fidelius sulla mente di Harry -
L’anziano
Preside scosse il capo lentamente.
-Io
non farò
mai una tale barbarie –
-Non
si
preoccupi, so benissimo che lei è eccessivamente attaccato a
quel ragazzo. Lo
farò io stesso – si offrì Drew.
-Sappia,
allora, che io userò tutto ciò che è
in mio possesso per impedirglielo. Ritengo
giusto sottolineare, professor Kennan, che il suo affetto nei confronti
della
signorina Granger va ben oltre al rapporto studente-professore, visto
che, se
non sbaglio, è riuscito persino ad affermare il falso pur di
proteggerla,
sebbene tutti i suoi studenti potessero testimoniare di aver visto la
stessa
lanciare una Maledizione Senza Perdono contro Draco Malfoy, e che,
quindi, lei
è l’ultima persona a potersi permettere di
accusarmi di favoritismi nei
confronti di uno studente. Vorrei, inoltre, che lei non toccasse
più questo
argomento, visto che per le lezioni private che impartisce
all’alunna non ha
chiesto il mio beneplacito-
Drew
abbassò
lo sguardo.
Colpito.
Ma non affondato.
-Sa
bene i
miei diritti nei confronti del signor Potter e credo che lei non sia
nella
posizione adatta per cercare di impedirmi di rivendicarli-
Silente
sorrise.
Sapeva quali erano le coordinate per poterlo
colpire.
-I suoi diritti non hanno alcun
valore,
visto che lei stesso ha deciso di non metterne a conoscenza il ragazzo-
Colpito.
Ma aveva ancora un ultimo tentativo.
L’Asso
nella manica.
-Bene,
allora chiederemo al ragazzo stesso se vuole evitare che qualche altro
innocente venga colpito da Voldemort per sua mano- disse Drew,
sorridendo. Aveva vinto lui.
Il
Preside
dovette acconsentire a malincuore.
-Bene,
io
ritorno in infermeria ad assicurarmi che i miei
pupilli stiano bene- continuò lo stesso Drew
soddisfatto -Buonanotte-.
Il
ragazzo
aprì la porta e, prima di superare la soglia, venne
richiamato dalla voce della
McGranitt.
-
Drew,
riflettici. Sai meglio di noi che usare quella magia in quel modo
è sbagliato.
Non puoi davvero credere che questo sia il metodo migliore per
proteggere
Harry! -
-Io
ragiono
come un Ravenclaw. Le cose che piacciono a voi Gryffindor, quali la
morale e la
correttezza, sono aspetti secondari, ciò che conta realmente
è la realizzazione
del fine- le rispose Drew tranquillo – E, comunque, il mio
unico interesse è
che Draco sia al sicuro e questo metodo è il migliore per
farlo- concluse,
chiudendosi la porta alle spalle.
-Non
mi ha
ancora perdonato per quell’intromissione- dedusse Silente,
cercando lo sguardo
della professoressa di Trasfigurazioni.
Questa
tese
le labbra in un sorriso appena accennato. Aveva gli occhi lucidi.
-Non
credo
ti scuserà mai per questo, Albus. Ma, in fondo, solo i
più grandi Gryffindor
non sono disposti ad accettare che venga fatto un torto nei loro
confronti,
no?-
***
Madama
Chips
tese le tendine e nascose il corpo di Harry, fatto cadere in un
profondo sonno
magico dallo stesso Silente. Infine, raccattate le sue cose, si
rifugiò nel suo
ufficio, lasciandoli soli.
Lei
e Draco.
L’aveva
studiata a lungo. Quella ferita, arrossata e ricoperta da un sottile
strato di
pomata Ricucente, cominciava nella spalla e terminava alcuni centimetri
più in
basso dell’orlo dei pantaloni, che l’infermiera
aveva scostato leggermente sul fianco
destro. Era un squarcio preciso e, come aveva potuto constatare, la
pelle era
stata tagliata di netto.
Sectumsempra.
Con
quella
magia erano morti i suoi genitori.
Con
quella
magia erano stati feriti Drew e Draco.
Evidentemente,
Voldemort voleva farle arrivare un messaggio.
E
lei,
stando ferma e zitta in un angolo, alla fine, lo aveva ricevuto.
Con
quella
magia lei sarebbe morta, se non avesse accettato di entrare a far parte
della
schiera dell’Oscuro Signore.
Per salvarsi, avrebbe dovuto rinnegare tutto
ciò in cui credeva.
Per salvarsi, avrebbe dovuto voltare le
spalle ad Harry, Ron e Ginny.
Per salvarsi, avrebbe dovuto abbandonare
Draco, dopo tutto quello che lui le aveva detto durante quel pomeriggio.
Non aveva dubbi.
Meglio la Morte.
***
-Andiamo, meglio non lasciare un gruppo di
Gryffindor con uno di Slytherin – aveva detto, porgendo una
mano a Draco, che
si era lasciato cadere per terra, strusciando contro l’albero
a cui Hermione lo
aveva fatto appoggiare. Sperava che lui gliel’afferrasse,
continuando a
sorridere. Sperava di non vedere più sul suo viso quella
crudeltà che per molti
anni l’aveva fatta soffrire.
Non lo fece. Fece di meglio.
-Non possiamo restare qui?- le chiese lui.
Quell’espressione speranzosa tingeva di tinte particolari,
che mai aveva potuto
vedere prima, il suo volto aristocratico.
-Soli in una boscaglia?- gli domandò
lei,
alzando un sopracciglio sospettosa.
-Sei hai paura di me, puoi andartene- le
disse lui. La stava sfidando, temendo che lei lo lasciasse
lì come un idiota.
-Io sono una Gryffindor, non ho paura di
niente- gli rispose, girandosi di spalle e cominciando ad abbassarsi
per
sedersi al suo fianco.
Lui le posò gentilmente le mani sui
fianchi,
guidandola fino a farla sedere sulle sue gambe.
Hermione lo guardò con una silenziosa
domanda nascosta nei suoi occhi nocciola.
-Non vorrei mai che la tua giacca si
sporcasse- sembrò scusarsi lui.
La situazione, per la ragazza, era stata fin
da subito alquanto imbarazzante, tanto che, non sapendo come
comportarsi, si
era raggomitolata ben distante dal volto e dal petto di lui, facendo
attenzione
a non pesare troppo sulle sue gambe.
La posizione della Gryffindor, tutt’altro
che comoda per entrambi, ben presto stancò lo Slytherin che
l’attirò a sé e la
costrinse ad appoggiarsi al suo petto, accarezzandole ogni tanto i
capelli.
Poi, avevano cominciato a parlare di sua
madre e lui, dopo averla scostata di qualche centimetro, si era acceso
una
sigaretta. Lei lo aveva ascoltato, ponendo alcune domande per saziare
la sete
della sua curiosità.
Infine, quando della cicca non era rimasto
che un mozzicone stropicciato sulla terra e fatto Evanescere con un
colpo di
bacchetta, lui l’aveva riavvicinata.
Lei sapeva cosa lui provasse nei suoi
confronti.
Glielo aveva letto nei suoi pensieri con un
incantesimo di Legilimanzia e ne aveva avuto la conferma da lui stesso
più
volte.
E lei? Lei lo stava sfruttando. Lei si beava
di quell’affetto gratuito.
Il suo maledetto senso dell’onore la
spinse
a parlare.
Stupida
natura di Gryffindor!
- Draco io non –
-Lo so-
La interruppe prima che lei riuscisse a
pronunciare quelle parole.
-Preferirei, però, non sentirtelo dire.
Credi che io sia così stupido da pretenderti dopo
così poco tempo? Ovviamente
so cosa provi, per questo motivo, amore, ti do ancora un’ora
per cadere ai miei
piedi. Scaduta questa ti rapirò e ti porterò
nella mia caverna- scherzò lui,
sdrammatizzando la situazione – Nella mie più
rosee speranze sognavo di
incrociare il tuo sguardo e di non vedere più
quell’odio nei miei confronti che
io stesso avevo causato- la strinse più forte –
Questo vale molto di più, non
credi? Se questa sera dovessi morire sarei il ragazzo più
felice di tutta la
comunità magica!-
Non
era
morto, ma c’era andato vicino.
-Che poi io non intenda morire prima di aver
assistito al matrimonio dei nostri cinque o sei poppanti e
d’essere diventato
almeno trisnonno, questo è solo un particolare-
Hermione rise, pensando che lui stesse
scherzando.
-Non ti preoccupare, Hermione, per ora basto
io per entrambi.- la rassicurò lui -Per ora-
-E se io mi innamorassi perdutamente di
qualcun altro?- chiese lei sarcastica.
-Non ti preoccupare, non ci sarà
quest’evenienza, visto che intendo rendere sterile qualsiasi
umano di genere
maschile che osi guardarti troppo a lungo-
Di nuovo, lei rise, convinta che quelle
parole fossero una divertente esagerazione.
Poi, una domanda le era sorta spontanea.
Decise di osare.
-Da quanto – cominciò, venendo
subito
interrotta da Draco.
-Da circa due mesi prima che mio padre mi
promettesse di uccidermi se avessi osato portare a casa una
Sanguesporco –
rispose freddo.
-Perché adesso hai deciso di andare
contro
il volere di tuo padre?-
Lui si prese alcuni istanti per riflettere.
-Perché tu hai scoperto cosa provo per
te,
perché tu mi hai dato una via di fuga, perché
grazie a te non ho più paura di
mio padre e di Voldemort e perché passare un mese con te
è stato più divertente
che trascorrere cinque anni senza di te. Ti basta?-
Aveva annuito.
Le bastava.
Le bastava lui.
***
Ora
aveva
capito veramente.
Dicono
che per
apprezzare qualcuno prima lo si debba perdere. Arrivare ad un passo da
quella
solitudine le aveva aperto gli occhi.
Aveva
bisogno di quel ragazzo, delle sue carezze, della sua preoccupazione,
del suo
essere bastardo. Aveva bisogno di Draco Malfoy e capirlo senza dover
celebrare
alcun funerale le dava uno strano senso di onnipotenza.
Spesso
la
salvezza è ad un passo e per poterla afferrare
l’unica cosa da fare è aprire
gli occhi. E lei, questa volta, gli aveva spalancati. Vedeva solo una
luce
accecante, la fine di quel tunnel in cui si era rifugiata con la morte
dei suoi
genitori.
Ora
aveva un
nuovo obbiettivo.
***
Percepiva
le
bende che gli stringevano la cassa toracica, percepiva l’aria
gelida che
accarezzava la sua pelle nuda, percepiva un sentore di vaniglia. Il suo profumo.
Aprì
gli
occhi. Ringraziò la luce soffusa che gli permise di
distinguere subito il suo
viso e che, quindi, gli permise di lasciarsi andare in un grosso
respiro di
sollievo.
Era ancora viva.
Erano ancora vivi.
Cercò
di
chiamarla, di farla smettere di preoccuparsi inutilmente, ma il rantolo
che la
sua voce impastata compose non assomigliava nemmeno lontanamente al suo
nome.
Bastò,
però,
ad attirare la sua attenzione.
Lo
chiamò e la
dolce ansia nella sua voce ebbe quasi l’effetto di un potente
anestetico.
Percepì un’innaturale leggerezza propagarsi in
ogni cellula del suo corpo e,
dopo aver accarezzato l’illusione di poter volare, le rispose.
-
Hey –
Quel
suono,
evidentemente così innaturale se pronunciato da lui, fece
distendere le labbra
del suo angelo in un sorriso un po’ meno teso.
Tentò
di
alzare la mano destra per accarezzarle il viso, ma una fitta lancinante
della
ferita non gli permise di alzare il braccio per più di un
paio di centimetri.
Subito lei gliela strinse tra le sue. Erano gelide.
-Non
sforzarti Draco – gli disse lei.
-Non
ti
preoccupare, noi Slytherin abbiamo la pelle dura- la
rassicurò subito lui – Ora
io e Potter condividiamo anche una cicatrice-
Hermione
rise piano.
-Il
primo
che osa chiamarmi Sfregiato lo ammazzo- continuò lui.
Fu
in
quell’istante che la porta dell’infermeria si
aprì.
Era
Drew
che, finalmente, sembrava aver deciso di farsi curare quella brutta
ferita da
Madama Chips, la quale uscì ben presto dal suo ufficio,
stretta in uno scialle
viola.
Il
ragazzo
salutò entrambi, chiese informazioni a Draco
sull’accaduto, lo informò che lui
e sua madre erano stati attaccati da un gruppo di Mangiamorte e
concluse
rassicurandolo che Narcissa era uscita incolume dallo scontro.
-Non
avevo
dubbi a riguardo- gli disse Draco.
Drew
sorrise, fiero della fiducia che il ragazzo nutriva nei suoi confronti.
Il
professore, infine, si era allontanato, scortato da Poppy verso un
letto su cui
la donna lo aiutò ad adagiarsi.
I
due
ragazzi rimasero nuovamente soli.
Hermione
e
Draco.
Erano
proprio una coppia assurda.
-
Hermione
devi andare a dormire- le disse il ragazzo, preoccupato a causa del suo
pallore,
sempre più marcato nelle ultime settimane.
-Sto
bene,
resto a farti compagnia- lo rassicurò lei.
-Sono
meno
preoccupato se so che sei nel tuo letto, possibilmente sola, e che
domani non
condivideremo il soggiorno in quest’infermeria- insistette
Draco.
-Quando
io
stavo male tu mi sei stato vicino- cominciò Hermione con un
tono che non
ammetteva repliche – Voglio ricambiare il favore-
Lui
si beò
dell’attenzione che la ragazza riversava nei suoi confronti.
-Lo
hai già
fatto, ora vai a dormire- rispose perentorio lo Slytherin.
Lei
sbuffò.
Evidentemente aveva deciso di accontentarlo.
Lui
sorrise,
mentre la vide alzarsi dalla sedia accostata al suo letto.
Constatò che la
ragazza aveva deciso di stare vicino a lui, sebbene anche Harry fosse
presente
nella stanza. Che poi lo Sfregiato fosse solo addormento, a lui non
importava.
-Bene,
vado
allora- disse lei, allontanandosi di un passo dal suo letto.
Lui
le
rivolse uno sguardo truce.
-
Granger,
esigo il bacio della buonanotte!- esclamò Draco realmente
sconvolto del fatto
che la ragazza non avesse ben pensato di darglielo di sua spontanea
volontà.
Scuotendo
la
testa affranta, la Gryffindor si chinò sul suo viso,
sistemando dietro l’orecchio
un ricciolo ribelle. Draco fu quasi sul punto di maledire quella sua
premura
che gli aveva impedito di percepire la morbida consistenza dei suoi
boccoli
sulla propria pelle.
Avrò altre opportunità, in
futuro pensò,
godendo di quella prospettiva felice.
Per
l’avvenire, con la sua coraggiosa Gryffindor, oramai, aveva
solo ottime
aspettative.
Hermione
posò le sue labbra sulla sua fronte.
Il
desiderio
di alzare la testa e percepire la morbida consistenza delle sue labbra
sulle
proprie gli attanagliò lo stomaco. Dio, quanto la voleva
…
Resistette.
Avrò altre opportunità, in
futuro
Dannazione,
quel futuro cominciava ad essere un po’ troppo lontano.
-Buonanotte,
Draco – gli sussurrò Hermione, dopo aver accostato
la bocca al suo orecchio.
Lui
non
riuscì più a trattenersi.
Il
suo
crescente desiderio si manifestò, sebbene il ragazzo,
all’ultimo istante, fosse
riuscito a veicolarlo in qualcosa di non troppo estremo.
Le aveva promesso del tempo, glielo avrebbe
concesso.
Alzò
la
mano, ignorando il dolore al petto, e con questa
l’afferrò dietro la nuca,
immergendo le dita nei suoi ricci ribelli.
La
costrinse
ad avvicinarsi, a sentire il calore della sua pelle.
-Buonanotte,
Hermione – le sussurrò lui a sua volta.
Quando
la
lasciò, vide un leggero rossore che tingeva le sue gote.
Era bellissima.
Poi,
aveva
aspettato che salutasse i presenti, che uscisse dalla stanza e che il
silenzio
della notte coprisse il rumore dei suoi passi.
-
Drew, devo
parlarti – disse, richiamando l’attenzione del
professore ancora alla prese,
assieme a Madama Chips, della sua ferita.
***
Vi
era stato
un tempo in cui muoversi durante la notte non le faceva alcun effetto.
Molti
eventi
poco piacevoli erano accaduti nel frattempo e in molte disavventure era
rimasta
invischiata.
Camminava
rapida, la bacchetta stretta nella mano destra, dentro la tasca dei
pantaloni.
La
luce
delle candele ai muri, sebbene il fuoco fosse magico, riempiva il
corridoio di
riflessi tetri.
Svoltò
l’angolo.
Urtò
contro
qualcuno.
Cadde
all’indietro e perse la bacchetta, che vide rotolare sul
pavimento per quasi un
metro. Troppo distante.
Alzò
lo
sguardo.
Vide
colui
con cui si era scontrata.
Molto
più
alto e molto più robusto di lei. La bacchetta puntata contro
la sua figura.
Fu
tutto
molto improvviso e rapido.
Se
lo
ritrovò addosso.
L’aiuto
ad
alzarsi, posandole gentilmente le mani sui fianchi.
-Scusa
Hermione, non ti ho proprio vista-
Riconobbe
quella voce e quel viso.
Aveva
un
anno in più di lei, lo aveva incontrato ad uno di quei
boriosi incontri del
Lumaclub.
Quello
era
Marcus Belby.
Note
dell’Autore
Lo
so, lo
so. Vi ho fatto aspettare parecchio.
Vi
ho
lasciato con Draco mezzo morto per dissanguamento e un Voldy/Harry
sghignazzante.
Mi
rendo
conto di essere stato crudele, ma gli impegni scolastici e la mancanza
di
voglia hanno sconfitto il mio desiderio di mettermi a scrivere.
Perdono.
Perdono. Perdono.
Spero
almeno
che questo capitolo vi sia piaciuto!!! Comunque, la parte lunga in corsivo, per chi non l’avesse
capito, è
un flashback, che racconta la seconda parte del discorso tra Hermione e
Draco
nella foresta. Come avete potuto vedere, la relazione tra i due ha
avuto una
smossa non da poco e, il triste evento che ha quasi causato la morte
dello
Slytherin, non ha fatto altro che riavvicinarli.
Il
Draco
romantico, gentile e coccoloso sparirà già dal
prossimo capitolo. 1) Ora tocca
ad Hermione fare il passo verso di lui, 2) sono veramente stanco di
scrivere
cose eccessivamente smielate e romantiche (che come avrete capito dalle
cialtronerie e baggianate varie che ho scritto non sono proprio il mio
forte
… ed
ecco a voi la Dramione meno
romantica e più infantile dell’universo di Efp = )
à
rido per non piangere, sia
chiaro). Drew era veramente arrabbiato. L’ho censurato
parecchio, anche perché
secondo il mio progetto iniziale avrebbe dovuto insultare la McGranitt.
Nel
prossimo
capitolo, probabilmente, capirete meglio sia tutto ciò che
riguarda Harry/Voldy
sia il fatto di Narcissa. E, ovviamente, scoprirete che Draco ha
trovato un
degno avversario in quel tizio che non so manco si chiama Ravenclaw (su
consiglio di mia cugina ho deciso di inserirci un bel triangolo
-.-“).
Ho
ancora
una cosa da dirvi.
Sebbene
io
trovi fantastico il fatto che venga concessa
l’opportunità di rispondere alle
recensioni attraverso la casella di posta, credo che
continuerò ad utilizzare
questo spazio alla fine del capitolo. Mi sembra più intimo
e, al momento, mi è
più comodo … Utilizzerò la casella di
posta solo per le risposte a recensioni
di eventuali One-Shot o per l’ultimo capitolo di storie a
lungo termine (come
questa).
Un
grazie
sentito a tutte le donzelle che mi hanno recensito anche per lo scorso
capitolo! (non sarebbe male superare le 8 recensioni … io ve la butto
lì …)
Ora,
com’è
d’uso, passo alle risposte ad personam:
Hollina: hai ragione, Hermione,
specialmente la mia, non può essere costretta a diventare
una Weasley.
Probabilmente avrai già letto il seguito quindi …
che ne pensi??? Grazie per la
recensione e per tutte quelle ai precedenti capitoli!!!
dramy96123:
intanto … ben venuta, nuova
lettrice!!! Seconda cosa … scusa, credo
di averti fatto aspettare un po’ troppo per
l’aggiornamento, ma devo dirti,
purtroppo, che questi sono i tempi, usualmente (l’ultima
volta ho aggiornato
nel giro di una settimana perché, essendo andato in gita, ho
avuto pomeriggi
liberi dai compiti e dallo studio). Infine, grazie per i complimenti,
spero di
ricevere un commentino anche questa volta! Ed ora, a me
l’arduo compito, dramy
… sono un ragazzo. E la mia virilità cerca
inutilmente di resistere a questi
continui contraccolpi … Scherzo ovviamente!!!
Books: ce l’ho!!!! Oh Sorriso
d’Essere
Superno, ben ritrovata!!! (ok, fa un po’ pena …
ammetto di essermelo appena
inventato) Innanzitutto … GRAZIE!!! Per tutti i complimenti
e per aver sempre
recensito la mia storia. Cooomunque, addirittura (cito te)
“esplosivo”????
Grazie, grazie, grazie! Comunque, no. Io non ho cuore, o, meglio, ce
l’ho ma è
solo un muscolo. Ergo, non è sede di alcun sentimento
svenevole. Mi dispiace!!!
Alla prossima recensione (quella a questo capitolo, ovviamente!)!!!
Lady_free: hey! Grazie per il
bentornato e, comunque, si, in gita mi sono divertito! Peccato che i
miei
compagni di classe non mi abbiano lasciato neanche un goccio di Baileys
(l’unico vero amore della mia vita) … Oh, mi fa
proprio piacere far parte del
Lato Oscuro. Ti informo che noi cattivi conquisteremo il mondo.
Comunque, non
sei la prima a dirmi che dovevo andare al Classico, sai? Quindi, ti
rispondo
come rispondo a tutti quelli che mi dicono una cosa del genere. Hai
ragione, se
potessi tornare indietro (ma ahimè non posso farlo), non
andrei al Liceo
Scientifico. Andrei ad un avviamento al lavoro a fare il pasticcere.
Tre anni
di duro lavoro a memorizzare gli ingredienti dei vari dolci e poi via a
lavorare. Invece, ora, mi si prospetta un futuro sui libri. La cosa
peggiore è
che quando lo dico, visto la mia media (8,09 l’anno scorso)
ottenuta
cominciando a studiare alle 5 e mezza di sera, tutti mi ridono in
faccia.
Destino di m … Ma passiamo alla storia che è
meglio!!! Innanzitutto,
assolutamente NO! Non mi sono offeso per il link, anzi mi fa piacere
che una
parte della mia storia ti sia piaciuta a tal punto. Spero che il
rapporto tra i
piccioncini ti sia, almeno in parte, diventato un po’
più chiaro. Lo so, l’aver
saltato il flashback che ho riportato in questo capitolo, ha confuso un
po’ le
idee, ma è stata una scelta sofferta e dovuta. In
realtà, ora, è il turno di
Hermione di avvicinarsi al Malfoy, visto che lui ha deciso di
sconvolgere la
sua vita per lei (e, diciamocela tutta, perché
così poteva evitarsi i tanti
casini che Voldy gli avrebbe causato). Per quanto riguarda il fatto che
i
ragazzi vadano picchiati, ti informo che l’altro ieri sono
stato causato di
essere misogino, quindi evidentemente non posso condividere il tuo
pensiero.
Draco può essere picchiato solo perché
è un idiota e perché Hermione (vedi
sotto -> gnocca) lo degna già della sua presenza e
questo dovrebbe bastargli.
Tra le altre cose, circa una settimana fa, sono andato nelle
“Storie Scelte” in
cerca di qualche Dramione con cui confrontare la mia storia (il
risultato mi ha
demoralizzato parecchio) e sono inciampato in “La Bellezza
del Demonio”,
leggendola mi sono ritrovato proprio la tua citazione "Regina Bianca,
Re
Nero". Hai ragione è veramente un bel paragone (come del
resto è molto
bella anche la storia). Infine, come avrai potuto vedere, Draco
è vivo. Per ora
(se mi tocca ancora Hermione dovrò trovare un modo per
fargli saltare la
testa). E si, se te lo stai chiedendo, non ho tutte le rotelle al loro
posto. Concludo
dicendo che il confine tra genio e pazzia è da sempre molto
poco definito, nel
tentativo di riscattare la mia reputazione. Ciao, Lady!!!
Paula: quando
ho
letto la tua recensione ho tirato un sospiro di sollievo. Non so se sai
cosa
vuol dire temere di essere la causa della fuga dei propri lettori, ma,
credimi,
prima o poi questo mi farà diventare pazzo. E non parlo
tanto dello scrivere
cose che al lettore non piacciono, ma quanto il farlo smettere di
commentare o
leggere un racconto a causa della propria maleducazione. Prima o poi,
mi
chiuderanno in un manicomio, lo so … comunque, grazie
davvero per aver
commentato anche lo scorso capitolo in quest’ultima tua
recensione! Sono felice
che l’avvicinamento dei due ti sembri realistico, anche
perché, se così non
fosse starei scrivendo una schifezza. O meglio, una cosa più
schifosa di quanto
immagino. Quindi, nel caso io diventi troppo surreale, ti incarico ufficialmente
di riportarmi con i piedi per terra con una bella strigliata! Gli amici
avranno
un ruolo importante nel futuro (Ginny, per esempio, è stata
fondamentale già in
questo), soprattutto i due Slytherin. Come ha i potuto vedere, Draco
è in
salvo, per ora. Grazie ancora.
barbarak: non
so
chi non apprezza il tuo modo di recensire ma, posso dirtelo con
certezza quasi
assoluta (quasi in quanto il mio credo filosofico parte dal fatto che
nulla è
perfetto e quindi parole come “sempre”,
“niente” o “assoluto” non hanno
valore), lasciali perdere. Sono degli idioti. Io, qui a casa mia, sto
ergendo
un tempio a te dedicato, dove ogni sera, appena lo avrò
costruito, farò una
preghierina alla mia musa ispiratrice affinché mi dia idee
che tu non possa
dedurre nel giro di due secondi. Bene, ho letto con particolare
attenzione
tutte le cose che ti sono piaciute della storia e, come mi capita
spesso
leggendo le recensioni che ricevo, mi sono augurato di non aver
distrutto
completamente l’idea che avevi in mente di Hermione.
Sicuramente lei non sarà
mai la damigella indifesa (a breve Drew finalmente
incomincerà ad insegnarle la
magia Oscura come si deve), ma in questo capitolo la si vede
estremamente
fragile. Del resto io credo che la persona più forte su
questo mondo sarebbe un
po’ scossa dopo un periodo poco felice come quello che la mia
Herm sta passando
(come vedi mi sto arrampicando sugli specchi). Non lo so, spero di non
aver
fatto qualche danno troppo immenso. Comunque, l’ematoma
è stato causato dai
Berretti Rossi e, quindi, solo a causa della punizione degli
Hufflepuff. Mi
dispiace infrangere così crudelmente ogni tua possibile
immaginazione a
riguardo. E, infine, non ti preoccupare, nella tua recensione non
c’è alcuna
oscenità (scrivessi io così bene quando butto
giù la prima cosa di botto, avrei
già pubblicato un paio o due di libri). Grazie ancora,
Barbarak!!!
sarahoara: intanto,
benvenuta nuova lettrice! Grazie di tutto e, si, Hermione
cederà ben presto al
fascino del Malfoy … Grazia ancora (mi raccomando lascia un
commentino anche
sta volta)!!!
Agathe: sei
l’ultima a cui rispondo, oggi, per fortuna! A dire il vero
comincio a sentire
la stanchezza causata dai ritmi scolastici (sebbene io li prende sempre
molto
alla leggera), ma Natale è vicino, facciamoci forza!!!
Ebbene, l’hai chiesta?
Ecco la discussione, se così si può definire, tra
i due! A proposito, a quale
ti riferivi? A quella tra Hermione e Draco, vero? Perché se
non è questa, tutto
ciò che ho detto sulla discussione precedentemente non vale.
Si, lo so, sono un
sadico. Ognuno ha le sue pecche e i suoi punti di forza, no? Comunque,
Hermione
stessa lo dice. Lei sta (stava) sfruttando Draco e il suo affetto
gratuito. E,
comunque, si è spuntato Voldy, ma era dentro il corpo di
Harry, quindi non so
se vale come un’apparizione del Signore Oscuro, vedi tu.
L’ultimo pensiero va
ad Hermione, ma in questo capitolo si scende più nei
particolari e si scopre
che Draco non è proprio felice che il suo primo pensiero sia
Hermione e non la
sopravivenza, ma del resto, con una come Hermione, queste cose non
contano …
Grazie di tutto!!!
AVVISO IMPORTANTE: da idiota quale
sono ho deciso di
partecipare ad un progetto della mia scuola e, se mi prenderanno (in
totale ci
sono 5 posti), mediamente mi ritroverò con un’ora
in meno di tempo libero fino
alla fine dell’anno scolastico e per i primi tre mesi del
prossimo. Mi dispiace
dunque dirvi che, se tale eventualità dovesse portare
riscontri positivi, avrò
ancora un altro impegno e, quindi, meno tempo per scrivere.
Farò il possibile,
comunque, per mantenere i ritmi che ho tenuto fino ad ora.
Or dunque, non mi resta che
ringraziare le 17 persone che hanno messo la
storia tra le Preferite, le 9 che l’hanno
messa tra le Ricordate e le 65 (guardando la lunghezza
dell’elenco mi è
venuto quasi un infarto) che
l’hanno
messa tra le Seguite. Un sentito ringraziamento alle 8 persone che
hanno perso
del tempo per commentarla!!!
Alla
prossima,
Jerry
P.S:
puntiamo a
battere il record di recensioni, mi raccomando J
|
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Capitolo 11 *** Smoking with Blaise ***
Chapter eleven, Smoking with
Blaise
Si era
alzata presto, nonostante fosse domenica. Aveva dormito poco, ma a
questo,
oramai, aveva fatto l’abitudine. Negli ultimi mesi il tempo
aveva preso a
correre velocemente, scandito solo da qualche nuova ed improvvisa
disgrazia. Si
era riempita di impegni e aveva saturato le sue giornate e la sua mente
con lo
studio, sperando di riuscire, in questo modo, a non dover pensare. Ma
come
aveva ben presto capito, il suo cervello non aveva intenzione di
spegnersi e
aveva deciso di colpirla a tradimento quando non poteva difendersi.
Così,
anche
quella mattina si era risvegliata ansante nel suo letto. Sulla pelle un
velo di
sudore e nell’anima le scene più tetre di quegli
incubi che la tormentavano.
Come
al
solito, si era scostata le coperte di dosso e, puntellandosi sulle sue
gambe
tremanti, aveva raggiunto il bagno.
Aveva
ringraziato infinite volte il Preside per averla nominata Prefetto e
per le
prerogative che questa carica portava con sè. Nella
solitudine della sua nuova
stanza singola, che aveva insonorizzato con un paio di incantesimi,
poteva
permettersi di urlare, senza vergognarsi delle lacrime che le rigavano
il viso
ogni volta.
Poco
importava
se spesso il suo collega Ron Weasley, accompagnato dalla sorella e dal
fidanzato di quest’ultima, entrasse nella sua stanza. Certo,
non aveva la
libertà che aveva potuto provare con la camera privata che
Silente le aveva
concesso per un paio di giorni dopo la morte dei suoi genitori, ma
almeno non
era una camera condivisa con qualcun altro.
Si
era
infilata nella doccia, le spalle appoggiate contro le fredde
piastrelle. Aveva
aspettato che il getto caldo dell’acqua le togliesse di dosso
il sudore e che le
calmasse i battiti irregolari del cuore.
Improvvisamente
si ritrovò seduta, i capelli bagnati incollati sul viso. Si
abbracciò le gambe
e chiuse gli occhi.
L’acqua
le
scorreva addosso gentilmente, trasportando negli scarichi le sue
lacrime.
Voleva
reagire. Per la sua famiglia, per Harry, per Draco, per sé
stessa.
Si
era
asciugata i capelli, cercando di domare i suoi capelli ribelli e
arrendendosi
dopo poco. Li raccolse in uno chignon disordinato sulla nuca,
fermandoli con
una matita. Indossò abiti comodi e, chiusa a chiave la porta
della sua stanza,
si diresse verso la Sala Grande per fare colazione.
Amava
quell’innaturale
atmosfera la domenica mattina. Lungo i corridoi non vi era anima viva e
solo
raramente uno dei fantasmi di Hogwarts sbucava da una parete, per poi
entrare
subito in un’altra. La medesima situazione si presentava
nella Sala Grande,
dove solo alcuni rari mattinieri come lei cercavano di svegliarsi
completamente
bevendosi una tazza di caffè bollente.
Dopo
essersi
seduta scostando piano una delle sedie della sua tavolata, aveva preso
a
chiacchierare amabilmente con Neville Paciock, mentre leggeva la
Gazzetta del
Profeta che un gufo le aveva portato. Il ragazzo, come lui stesso le
disse, si
era dovuto alzare presto in quanto la professoressa Sprite gli aveva
chiesto di
aiutarla a prendersi cura di una pianta molto delicata.
-Tu,
invece,
come mai sei già sveglia?- le chiese Neville. Hermione fu
certa di aver
percepito una nota preoccupata nella sua voce. Evidentemente il trucco
leggero
sul suo viso non era sufficiente per coprire le profonde occhiaie,
oramai
radicate nella pelle del suo contorno occhi.
-Sono
un po’
indietro con lo studio- gli rispose. Lui, spalancò gli occhi
e se li stropicciò
temendo che il sonno gli avesse tirato un brutto scherzo e che quella
che aveva
di fronte non fosse realmente Hermione Granger.
-Tu
sei
indietro con lo studio?- insistette lui, sconvolto.
A
dire il
vero lei aveva già fatto quasi tutti i compiti che le
avevano assegnato per la
settimana a venire, ma, dovendo smaltire ancora tre dei quattro volumi
che Drew
le aveva caldamente “consigliato” di leggere,
doveva assolutamente finirli
tutti. Impresa non da poco, visto il testo di quattrocento righe che
Piton
aveva assegnato sui metodi per impedire ad un vampiro di intrufolarsi
in
un’abitazione.
-Purtroppo,
si- disse lei, sconsolata, mentre la sua attenzione veniva attirata da
un
articolo accompagnato da una foto animata.
“Morti
altri
quattro Babbani, il numero di vittime sale a ventisette”,
recitava il titolo
del giornale. Tutte quelle persone erano state uccise dalla magia e lei
sapeva
bene che in quel conteggio rientravano anche i coniugi Granger.
Le
sue mani
si strinsero attorno al foglio di carta stropicciandolo. Le nocche
sbiancarono rapidamente,
seguendo l’esempio del suo viso.
Neville,
distratto dall’arrivo della Sprite, si alzò,
salutandola.
Lei,
evidentemente agitata, chiuse il quotidiano, mentre rispondeva al
ragazzo
alzando la mano e facendogli un cenno.
Bevve
l’ultimo sorso di caffè, svuotando la tazza e
appoggiandola sul tavolo.
Stava
per
alzarsi, quando due mani gentili le si posarono sulle spalle e presero
a
massaggiargliele. L’ansia, che le animava il corpo e le aveva
fatto tendere i
muscoli delle spalle, si sciolse rapidamente. Poco dopo,
avvertì sulla pelle
delle guancia un respiro caldo.
Percepì
un
profumo dolciastro di agrumi. Lo riconobbe immediatamente.
Marcus Belby.
La
conferma
gli venne dalla voce che ben presto gli raggiunse le orecchie.
-Sei
troppo
tesa, Hermione – cominciò il ragazzo –
Dovresti rilassarti un po’-
La
ragazza
si voltò immediatamente. Incrociò il suo sguardo
incuriosito e stette in
silenzio.
Gli
occhi di
quel ragazzo erano oscuri pozzi senza fondo in cui perdersi e lei, come
ogni
ragazza nella scuola, cominciava a sentire una strana sensazione nello
stomaco.
Attrazione.
-
Ciao
Marcus - riuscì a dire, ingoiando quella che pensava fosse
saliva e
ritrovandosi a constatare che la sua bocca era completamente riarsa.
Le
labbra di
lui si schiusero in un sorriso.
-Quale
buon
vento ti porta a questa tavolata?- gli chiese subito dopo Hermione,
cercando di
mascherare la sua agitazione intavolando una discussione che potesse
essere
definita tale.
Il
ragazzo
sembrò riflettere.
-Volevo
chiederti scusa per ieri sera- rispose lui.
La
ragazza,
scostandosi di lato, lo invitò a sedersi al suo fianco. Il
Ravenclaw con cui si
era scontrata la nottata prima prese l’occasione al volo.
-Ti
sei già
scusato circa dieci volte ieri sera, Marcus – lo
canzonò lei.
-E
va bene, Hermione
– sospirò lui, appoggiando la testa sul pugno
chiuso della mano sinistra –
Volevo vederti. Contenta?-
Lei
annuì
vaga.
Il
ragazzo
aveva lineamenti quasi principeschi e corti capelli color miele,
constatò,
osservandolo con attenzione per la prima volta alla luce del sole.
Indossava un
maglione blu chiaro, che evidenziava il suo fisico atletico, e un
comodo paio
di pantaloni di una tonalità leggermente più
scura.
-Ti
piaccio?- le chiese lui, dopo aver notato che lo stava guardando con
particolare attenzione.
Lei
arrossì
e distolse lo sguardo per fissarlo sulla sua tazza vuota.
Le
dita
garbate del Ravenclaw le scostarono un boccolo ribelle dagli occhi.
-Evidentemente
non sono il ragazzo più brutto che conosci- disse lui,
abbandonandosi ad una
risata cristallina.
Hermione,
con le gote ancora tinte dello stesso colore dei capelli della sua
amica Ginny,
fece finta di non sentire.
-Comunque,
se mai te lo stessi chiedendo,- le sussurrò lui piano
all’orecchio,
avvicinandosi silenziosamente – tu sei bellissima-
Hermione
seppe
che in quel momento il suo viso stava andando in fiamme.
Marcus
le
aveva dato alcuni istanti di silenzio per permetterle di riprendersi.
-Cosa
hai
intenzione di fare, questa mattina?- le chiese, quando ritenne di
averle dato
tempo a sufficienza.
Lei,
felicemente destabilizzata da quel cambio d’argomento,
indicò la pila di libri
che troneggiava a pochi centimetri da una torta alle mele.
-Ho
intenzione di andare in biblioteca, devo studiare- gli disse, poco
dopo.
Il
ragazzo si
alzò, prese i suoi libri e se li mise sottobraccio. Infine,
le porse una mano
per aiutarla ad alzarsi.
-Se
non ti
dispiace, Hermione, vengo con te-
La
Gryffindor, volente o nolente, dovette cedere al suo sguardo oscuro e
al magico
potere che questo sembrava essere in grado di esercitare.
I
due, pochi
minuti dopo, uscirono dalla Sala Grande camminando vicini, dopo che
Marcus, con
i libri di lei stretti contro il fianco sinistro, le ebbe ceduto il
passo
galante.
Dal
tavolo
degli Slytherin, un paio d’occhi verde scuro, brucianti di
rabbia, li seguì
fino a quando i due non sparirono dietro il legno massiccio della porta.
***
-Cosa
ci
faccio nel suo ufficio, professor Silente? Che ore sono?-
domandò Harry non
appena l’anziano mago sciolse il sonno magico che gli aveva
imposto.
-Abbiamo
scoperto, purtroppo, che il condotto mentale tra te e Lord Voldemort,
può
essere usato da quest’ultimo, grazie alla sua grande
abilità nella Occlumanzia
e nella Legilimanzia, per prendere possesso del tuo corpo- gli
spiegò con la
solita pacatezza il Preside – Ciò che
più mi duole è che io lo avevo già
intuito e, infatti, avevo cercato di porre un sigillo per bloccare tale
evenienza, il quale però, come avrai capito, non ha avuti
gli effetti da me
sperati-
-E
a pagare
il dazio è stato Draco Malfoy, che si trova in infermeria
con una bella
cicatrice sul petto- completò Drew, che, con
quest’intrusione, si fece notare dal
Ragazzo Sopravissuto.
La
reazione
del Gryffindor non si fece attendere.
-
Malfoy è
in infermeria? Per quale motivo Lord Voldemort avrebbe dovuto
attaccarlo?-
L’anziano
si
sistemò gli occhiali a mezzaluna sul naso adunco.
-Si
da il caso
che il signor Malfoy, da più di un mese, abbia voltato le
spalle al Signore
Oscuro, schierandosi dalla nostra parte- gli spiegò Silente.
La
bocca
spalancata di Harry in un muto silenzio sembrò voler
esprimere centinaia di
parole, le quali, sebbene si componessero nella sua mente, non
riuscivano ad
essere trasformate in suoni.
-Perché
nessuno me l’ha detto?- domandò sconvolto.
Drew
tossicchiò, prendendo parola.
-In
realtà
non lo abbiamo fatto su richiesta di Draco stesso. Egli, infatti, ha
espresso
il desiderio che sua madre venisse messa al sicuro in modo da evitare
possibili
ripercussioni sulla sua persona e l’Ordine ha deciso di
tenere questa
informazione segreta affinché non giungesse alle orecchie di
Voldemort.
Precauzioni vane, alla fine-
Nella
testa
di Harry crebbe lo sconforto. Non riusciva ancora a concepire che
Hermione, la
sua migliore amica, andasse tanto d’amore e
d’accordo con Malfoy e, in tutto
questo tempo, aveva continuato a sperare che questa fosse sotto
maledizione
Imperius. O, come sostenevano Fleur e Bill, troppo scossa per la morte
dei suoi
genitori. Come poteva una ferrea paladina della giustizia porgere la
mano ad un
Mangiamorte?
Semplice,
visto che l’eroina ha da sempre sofferto della sindrome da
crocerossina e che
il cattivo della favola in realtà è buono.
Questo
significava che Hermione era potenzialmente caduta nelle grinfie di
Malfoy.
Oltre
a
questo problema, indubbiamente gravoso, il ragazzo dovette affrontarne
un
altro. Voldemort poteva entrare nella sua testa e lui non aveva
assolutamente
intenzione di condividere i suoi pensieri con quel folle malato.
-C’è
un modo
per chiudere definitivamente questo condotto?- domandò
Harry, visibilmente
preoccupato per ciò che stava accadendo.
Silente
guardò Drew. Nei suoi occhi azzurri il giovane professore
vide una tacita
richiesta che decise intenzionalmente di non ascoltare.
-Un
metodo
c’è, ma potrebbe essere troppo per te- gli rispose
il Kennan.
-Di
cosa si
tratta?- chiese subito il ragazzo.
Drew
trattenne a stento un ghigno vittorioso.
-Proteggere
la tua mente con un Incanto Fidelius – rispose tranquillo lui.
Harry
sgranò
gli occhi.
-È
possibile?-
-Con
una
versione particolare di questo incantesimo, si. In poche parole,
individueremo
la zona del tuo cervello che ti mette in contatto con il Signore Oscuro
e la
escluderemo da questa magia, in modo che Voldemort, se dovesse decidere
di
farti visita ancora una volta, troverà una barriera a
fermarlo- gli spiegò
Drew, ottenendo subito la completa attenzione di Harry.
Quest’ultimo
era già pronto ad accettare, quando il vecchio Preside si
intromise.
-C’è
un
aspetto negativo, professor Kennan, che ha tralasciato-
-A
dire il
vero, Preside, stavo giusto per affrontarlo- gli rispose il ragazzo,
rivolgendo
poi immediatamente la sua attenzione a colui che avrebbe dovuto subire
la magia
– Il Custode Segreto, purtroppo, saprà tutto di
te: i tuoi segreti, le tue
paure, i tuoi pensieri, persino i tuoi sentimenti-
Harry
capì
subito che questo implicava la perdita immediata della propria
intimità, del
proprio essere unico e speciale.
-Inoltre,
saprà anche i tuoi desideri, le tue ambizioni, le tue
voglie. Tutto ciò che ti
passa per la testa diventerà subito di dominio anche del tuo
Custode- continuò
Silente.
Il
ragazzino
capì subito il messaggio nascosto tra le parole
dell’anziano.
Le
sue
amicizie, il suo amore verso Ginny, il suo odio sempre più
crescente verso
Piton e Voldemort. Tutto ciò non sarebbe stato
più suo.
-È
indubbio
che questo sia un metodo barbaro, ma ad oggi è
l’unico che ti potrebbe
permettere di avere una protezione totale. Non solo per te, ma per
tutte le
persone a cui tieni- insistette Drew – Ieri sera è
stato Malfoy, domani
potrebbe essere la signorina Weasley –
Lo
sguardo di
Potter cominciò a vagare per la stanza.
-Chi
sarà il
Custode Segreto?- chiese dopo alcuni attimi di riflessione.
-La
decisione spetta a te, ragazzo- lo rassicurò Silente.
-Chi
pronuncerà l’incantesimo?-
A
rispondere, questa volta, fu Drew.
-Sarò
io,
visto che sono stato io ad ideare questa versione
dell’Incanto Fidelius –
-C’è
un modo
per avere la certezza che il Custode non riveli mai il mio segreto?-
insistette
Harry, alzando lo sguardo sul Preside.
-Potremmo
imporre un Fidelius anche sul Custode. In questo modo dovresti ricevere
un
doppio tradimento, prima che Voldemort possa avere di nuovo il permesso
di
entrare nella tua testa- suggerì Silente, ormai sconfitto,
chiedendo a Drew se
ciò fosse possibile. Kennan annuì.
-Il
secondo
Custode sarà a conoscenza dei miei pensieri?-
Un
“no” ben
scandito fu la risposta che ricevette.
-Facciamolo-
***
Nella
tarda
mattinata, Hermione si alzò e, dicendo che voleva andare in
infermeria per far
visita a Draco Malfoy, aveva cercato di congedarsi da Marcus Belby.
“Cercato”
in quanto il ragazzo si era offerto di accompagnarla. Di nuovo,
soggiogata dal
suo sguardo, lo aveva ringraziato e aveva accettato.
Avevano
chiacchierato molto, durante quelle ore passate in biblioteca. Il fatto
che
Madama Pince, l’avvoltoio che custodiva quel luogo, avesse
dovuto lasciare il
suo regno per una galante colazione ad Hogsmeade con Mastro Gazza, poi,
sembrò
ad entrambi un chiaro segno del destino. Evidentemente, qualche dio
lassù
voleva che loro chiacchierassero.
Hermione
conosceva
già quel ragazzo, glielo aveva presentato Lumacorno ad una
delle sue noiose
festicciole del Lumaclub. Va detto che del ragazzo, prima di quella
mattinata,
vista la profondità delle chiacchierate con il professore di
Pozioni, sapeva
solamente che era il nipote del celebre Damocles Belby, inventore della
pozione
Antilupo. Con piacere aveva scoperto che, nascosto sotto i capelli
ordinati
color miele, vi era il cervello del ragazzo più promettente
del settimo anno di
Hogwarts. Marcus si era anche offerto di darle una mano con i compiti,
ma, dopo
che lei aveva rifiutato gentilmente dicendo che non ne aveva bisogno,
lui aveva
preso il primo libro che gli era capitato sotto mano dallo scaffale
più vicino
e aveva preso a leggerlo.
La
loro
conversazione, poi, si era spostata sui loro passatempi. Sempre che
tradurre
testi di Antiche Rune possa essere definito un passatempo.
Hermione,
con non poca fatica, era riuscita a sapere che questa era la materia in
cui Marcus
andava meglio, anche se, come lui stesso volle sottolineare, la sua
media era
così alta solo perché era il cocco
dell’insegnate, Bathsheda Babbling.
Una
cosa era
certa, Marcus Belby non amava mettersi in mostra.
L’esatto contrario di Draco,
pensò amara
Hermione, mentre camminavano diretti all’infermeria.
-
Marcus,
posso portarmi i libri da sola … - cominciò lei,
riaprendo una discussione che
il ragazzo pensava fosse ormai archiviata.
-La
mia
educazione mi impone una certa cavalleria, quindi, se vuoi i tuoi
libri, dovrai
strapparli dal mio cadavere- le rispose lui sospirando, fermandosi
subito dopo
per guardarla con il sopracciglio destro alzato in fare dubbioso
– Non vuoi
uccidermi, vero?- le chiese, dopo aver potuto
ammirare la famosa espressione risoluta di Hermione
Granger in tutta la
sua magnificenza.
Lei
alzò le
mani.
-Mi
dichiaro
sconfitta- affermò, scuotendo piano la testa –
Comunque, grazie Marcus –
Un
sorriso a
trentadue denti si aprì sulle labbra sottili del ragazzo.
-È
un
piacere, Hermione –
L’infermeria,
stranamente, era quasi vuota. Con un’occhiata rapida vide che
Harry era già
stato dimesso. Molto probabilmente Silente stava lavorando per chiudere
quel maledetto
condotto mentale.
Poi,
si
concentrò sul letto di Draco, l’unico ad essere
occupato.
Il
primo a
notare il suo ingresso fu Blaise Zabini, seduto ai piedi del letto,
dando le
spalle al degente.
Non
appena
la vide tirò le labbra in un sorriso falsamente educato, che
ben presto mutò in
smorfia quando vide il suo accompagnatore.
Zabini,
si
disse Hermione, aveva uno stile tutto suo.
Un
ciuffo
eccessivamente lungo di spettinati capelli castano scuro gli copriva
quasi completamente
gli occhi marroni assonati. A dare un tocco di classe alla sua aria
trasandata,
la camicia della divisa scolastica stropicciata e con alcuni bottoni
aperti e
la cravatta verde e argento della sua Casa con il nodo allentato.
Sembrava
appena uscito dal letto, in cui si doveva essere addormentato
completamente
vestito, e, vista l’ora tarda in cui lui e la Greengrass
avevano interrotto la
loro veglia attorno al letto del Malfoy, ciò era molto
probabile. Quest’ultima,
seduta affianco al malato sulla sponda del letto, con le gambe
elegantemente
accavallate, le rivolse una occhiata truce. Hermione ebbe la percezione
che la
ragazza le stesse lanciando qualche Maledizione.
Infine,
i
suoi occhi si posarono su Draco.
Qualcuno
doveva averlo aiutato ad alzarsi, facendolo appoggiare al cuscino
addossato
alla testiera del letto. Una maglietta nera copriva quasi completamente
la
fasciatura della sua ferita.
La
finestra
alla sue spalle, permetteva ai raggi del Sole di penetrare nella sua
stanza,
creando armoniosi riflessi sui suoi capelli setosi. Hermione represse
il
desiderio di corrergli incontro e spettinarlo, facendo leva sul suo
orgoglio di
Gryffindor.
-Ciao
Draco
– disse, evitando volutamente di salutare i suoi ostili
compagni di Casa.
-Ciao
Hermione – le rispose lui tranquillo.
-Come
va?-
chiese allora la ragazza.
-Madama
Chips mi ha detto che dovrò restare in questo letto per
almeno una settimana,
anche se la ferita si è perfettamente rimarginata- le
spiegò Malfoy. Il suo
tono era freddo e scostante. Forse non doveva andare a trovarlo.
La
ragazza
annuì. Percepì un leggero spostamento
d’aria alla sua sinistra. Marcus si era
avvicinato.
-Non
mi
presenti il tuo amico?- le domandò allora Draco. Forse
doveva semplicemente andare
a trovarlo sola.
Hermione
si
scostò di lato e indicò il ragazzo che le stava
affianco, il quale la
sovrastava in altezza di almeno venti centimetri.
-
Draco,
questo è Marcus Belby – cominciò,
guardando poi il Ravenclaw durante la seconda
parte delle presentazioni – Marcus, quello è Draco
Malfoy – disse indicandolo.
Il
più
anziano mormorò un “piacere”,
l’altro, invece, rimase in silenzio a fissarlo.
Presto
Daphne Greengrass si alzò e, dopo essersi sistemata le
inesistenti pieghe del
suo vestito grigio, chiese alla Gryffindor di parlare in privato.
Hermione
la
seguì in silenzio.
La
Slytherin
camminò in silenzio, percorrendo un intero corridoio. Poi,
si voltò. I capelli
biondi, sciolti sulle spalle e precedentemente spazzolati con grande
minuzia,
seguirono quel movimento fluttuando.
Non
ebbe
bisogno di indagare a lungo per trovare la furia nei suoi occhi verde
scuro.
-Tu
non sai
cosa ha passato e a cosa ha rinunciato per te- le disse la Greengrass,
fortemente convinta che non fosse necessario esplicitare il soggetto di
quella
proposizione -Fallo soffrire e, quando mi vedrai rompere il tuo bel
visino,
rimpiangerai che il Signore Oscuro non ti abbia mandato al Redentore
prima-.
Detto
ciò,
la ragazza si riavviò verso l’infermeria, seguita,
a un paio di passi di
distanza, da un Hermione estremamente tranquilla.
Non
appena
superò la soglia di quella stanza, avvertì la
tensione soffocante che dilagava
in quel luogo.
La
Granger
si avvicinò a Marcus e, scusandosi, prese un blocco
d’appunti dalla copertina
blu dai suoi libri, che il ragazzo le reggeva ancora.
Fatto
questo, si avviò verso il letto di Draco e, dopo aver
afferrato una sedia, vi
si sedette, porgendo il quaderno al ragazzo.
-
È una
sintesi delle ultime lezioni. Ho pensato che ti sarebbe stata utile per
non
restare indietro rispetto alla classe, visto che sei costretto a letto-
gli
spiegò sorridente, mentre, dopo essersi tolta la matita che
le fermava i
capelli, si ravvivò la chioma ribelle passandoci la mano
destra.
Cercò
di non
pensare che avrebbe potuto avere gran parte della mattina libera, se
non avesse
deciso di fare un favore a quell’idiota di uno Slytherin
geloso.
Il
viso di
Draco si illuminò mentre, sfogliando le quasi venti pagine
di appunti ordinati,
constatava l’eleganza della scrittura della ragazza.
Malfoy
la
ringraziò, gli occhi lucidi di un’emozione quasi
infantile.
I
compagni
di Casa del ragazzo si alzarono in simultanea e, dopo aver salutato
entrambi
Draco, la ragazza diede un pacca sonora al sedere di Zabini,
invitandolo, poco
amabilmente, a camminare.
Quest’ultimo
si portò una mano alla bocca per coprire un rumoroso
sbadiglio e, trascinando i
piedi, uscì dalla stanza.
La
Granger
aspettò un paio di minuti, prima di lasciare libera la sua
sete di sapere.
-Sono
fidanzati?- chiese a Malfoy, ancora ridacchiante per la sua faccia
sconvolta di
fronte a quella scena.
-Diciamo
che
possono essere visti come una coppia- le rispose lui vago –
Indubbiamente molto
aperta a chi vuole parteciparvi, ma comunque una coppia-
continuò Draco,
attirandosi lo sguardo basito di Hermione e l’espressione
leggermente schifata
di Marcus.
***
-Scusa, non avrei dovuto
accompagnarti- le
disse Marcus, con gli occhi bassi, dopo un prolungato silenzio.
Hermione
sospirò.
-Non
ti
preoccupare, gli Slytherin sono celebri per la loro presuntuosa
stupidità- gli
rispose.
Il
ragazzo
ridacchiò in modo sommesso.
-Sai
che se
qualcuno di quei pazzi ti sentisse dire qualcosa del genere ti
ritroveresti con
le spalle al muro e una bacchetta sulla carotide?- le
domandò.
Lei
alzò le
spalle.
-Con
tutte
le minacce di morte che vertono sulla mia testa non posso temere un
ragazzino
dall’orgoglio ferito o la sua guardia del corpo assatanata-.
Il
Ravenclaw
comprese che non stavano più parlando degli Slytherin in
generale.
Si
erano
diretti verso il dormitorio di lei e, di fronte al quadro della signora
Grassa,
la ragazza aveva cominciato a prendere congedo.
-Grazie
per
la bella mattinata, Marcus – gli disse sorridendo.
Lui
si portò
una mano ai capelli e si grattò la testa.
-Qui,
chi
deve ringraziare qualcuno, sono io- cominciò lui –
Era da tanto che non avevo compagnia
degna di questo nome, sai?-
Hermione
tese le mani per prendere i suoi libri, ancora stretti contro il fianco
del
ragazzo.
La
velocità
con cui questo si mosse la lasciò sbalordita.
Non
seppe
come, ma si ritrovò i suoi volumi stretti al petto e uno
strano calore sulla
guancia.
Su
quella
gota, l’invisibile traccia di due labbra gentili.
***
Era
andata
nella sua camera e aveva gettato i suoi bagagli sul letto.
Si
guardò la
mano destra e immediatamente la nascose in una delle tasca dei suoi
jeans.
Scosse piano la testa, cercando di scacciare pensieri che ancora non
avevano
cominciato ad affollare la sua mente. Prevenire
è meglio che curare.
Si
ricordò
della promessa fatta a Ginny, quando l’aveva incontrata nella
Sala Comune.
La
ragazza
le aveva detto che Harry voleva fare visita a Malfoy e che lei aveva
deciso di
andare con lui. Le aveva chiesto di accompagnarli e di ricordare a Ron
che
anche lui aveva il dovere morale di farlo. Il Weasley, doveva
supportare il suo
migliore amico, volente o nolente, o, almeno, ciò sosteneva
sua sorella.
Così,
dopo
essersi data una breve rinfrescata al viso, uscì e
bussò alla porta della
camera del rosso.
Senza
aspettare d’essere invitata ad entrare, come era uso fare tra
i due, spinse la
porta.
La
scena che
vide la stordì leggermente.
Le
labbra di
Lavanda Brown erano avvinghiate a quelle del suo ex fidanzato, in un
modo che
ben poco faceva sembrare quel gesto un bacio.
-Scusate!-
esclamò lei imbarazzata.
I
due, al
sentire la sua voce, si ridestarono. Quando la bolla d’aria
che avvolgeva i
loro corpi aggrovigliati, colma d’ansiti e gemiti,
scoppiò, una tinta scarlatta
ravvivò il viso roseo della Brown.
I
due
cercarono di minimizzare, sottolineando che la sua intrusione non era
niente di
ché e riuscendoci entrambi ben poco.
-Ero
venuta
a dirti che stasera Harry, Ginny ed io andiamo a trovare Draco in
infermeria e
che, se vuoi, puoi venire con noi- si spiegò la Granger,
concentrando la sua
attenzione sulle proprie dita intrecciate sul grembo –
Ginevra dice che non
puoi rifiutarti-.
Lo
sguardo
affranto di Ron, che cominciava a temere le sfuriate di Ginny, sempre
più
simili a quelle di sua madre, sembrò essere in grado di
parlare. Tra una
bestemmia e l’altra, il ragazzo esprimeva il suo parere
avverso riguardo a
questa visita.
-Va
bene-
disse, alla fine, sconfitto.
Hermione
annuì e, sfruttando una breve disattenzione della nuova
fidanzata di Weasley,
gli lanciò un messaggio muto, afferrandosi una ciocca di
capelli.
La
porta si
richiuse alle spalle della Gryffindor.
Ron
diede un
bacio rapido a Lavanda.
-I
tuoi
capelli hanno un buonissimo profumo- le disse.
L’euforia
della ragazza, ben presto, portò entrambi ad un passo del
soffocamento.
Il
rimorso
crebbe velocemente nel petto di Ron.
Non
aveva
mai detto una cosa del genere ad Hermione, quando erano stati
fidanzati.
***
Verso
l’ora
di pranzo aveva abbandonato la sua stanza, in cui, dopo la poco
piacevole
visita a Ron, aveva deciso di rintanarsi, e si era diretta verso la
Sala
Grande. Qui aveva trovato Ginny ed Harry, già seduti e con i
piatti pieni di
pietanze. Quest’ultimo aveva un colorito poco piacevole.
Dopo
una
domanda specifica da parte di Hermione, lui guardò la
Weasley in cerca di
conferme. Questa gli posò la mano sull’avambraccio
sinistro. Vedendo quel gesto
così intimo, la Granger si sentì di troppo.
Potter
le
raccontò brevemente il suo incontro con Silente e Drew,
descrivendole nei
minimi particolari il metodo proposto dal secondo.
-Chi
è il
Custode?- chiese la ragazza, abbassando la voce.
Chinando
il
busto, Harry le si avvicinò e mosse rapidamente le labbra.
Silente.
Lei
condivise la sua scelta e lo rassicurò sul fatto che il
Preside fosse una
persona troppo intelligente e troppo impegnata per badare ai suoi
pensieri.
Hermione
aggiunse anche che questo metodo portava due vantaggi non indifferenti.
Il
primo era
che, quasi sicuramente, la mente di Harry sarebbe stata protetta da
possibili
attacchi magici. Ciò lo rendeva un Occlumante sopraffino,
sebbene fosse noto ai
più che così non era.
Il
secondo
era che, nel caso in cui si fosse trovato in pericolo, gli sarebbe
bastato
pensare di chiedere aiuto e Silente si sarebbe catapultato da lui per
dargli
una mano.
Ginny,
ritrovando il suo tipico sorriso a trentadue denti, annuì
con passione a ciò
che Hermione disse e l’umore di Potter migliorò
decisamente.
Fu
proprio
il ragazzo a riferirle il messaggio di Drew.
Il
professore, infatti, desiderava vederla nel suo ufficio subito dopo
pranzo.
Hermione,
ingoiato controvoglia l’ennesimo boccone, posò la
forchetta e, salutati i
fidanzati, si diresse verso la porta, dove incontrò Ron e
Lavanda.
Lei,
con un
sorriso beato, sembrava camminare a dieci centimetri dal pavimento.
Lui, quando
si incrociarono sulla soglia della stanza, le mormorò piano
un “grazie”
particolarmente sentito.
Bussò
alla
porta dell’ufficio di Drew, che, alzando la voce, la
invitò ad entrare e ad
accomodarsi.
-Come
stai?-
le chiese lui premuroso.
Hermione
lo
guardò, chiedendosi quale fosse la risposta migliore a
quella domanda.
Decise
d’essere
sincera. Almeno una volta, poteva permetterselo.
Alzò
la mano
destra e se la portò davanti al viso. Lievi e continui
tremori la facevano
danzare nell’aria, foglia senza linfa di
quell’autunno inoltrato.
-Come
al solito.
Mi sveglio sperando e mi addormento sconfitta- cominciò
Hermione affranta – Le
mie mani non sono più sotto il mio controllo, smettono di
tremare solo quando
vogliono farlo-
Drew
si alzò
dalla sua sedia, superò la scrivania e la raggiunse. Le si
avvicinò e si piegò
sulle ginocchia per poterla guardare negli occhi.
-Quando?-
La
sua
richiesta, sebbene potesse sembrare molto vaga, non lo fu. Non per
Hermione.
-Per
esempio
quando impugno la mia bacchetta-
Il
professore scosse piano la testa, distogliendo lo sguardo dai suoi
occhi
inquisitori.
Hermione
posò la mano sulla spalla del ragazzo. Le convulsioni
superarono la sottile
stoffa della camicia nera di Drew, raggiungendo la sua pelle.
-Insegnami
la magia Oscura-
Quelle
quattro parole caddero dalle sua labbra come macigni.
-Mi
dispiace, non posso farlo-
La
ragazza
ritrasse la mano, nascondendosela nel grembo.
-Me
lo avevi
promesso- disse lei. Uno strano dolore si manifestava nel suo tono
accusatorio.
-L’ho
fatto
perché credevo che saresti stato in grado di superare il
dolore per la morte
dei tuoi genitori- cominciò lui, afferrandole i polsi
– Guarda, Hermione, è
ovvio che non ci sei riuscita-
-Starò
meglio, devo solo avere la certezza di poter contrastare Voldemort
– gli
rispose testarda.
Lui
la costrinse
a guardarlo negli occhi.
-Hai
bisogno
di certezze è vero, ma la Magia Oscura non può
essere una di queste-
-Tu
non
capisci … -.
-Proprio
perché capisco mi sto comportando in questo modo, Hermione.
Credimi, è la cosa
migliore -.
La
Gryffindor alzò lo sguardo.
-È
la cosa
migliore per te, non per me-.
Drew
si
alzò, ritornando al suo posto.
-Sta
a me
decidere se insegnarti la Magia Oscura o meno. Mi dispiace, non lo
farò- le
disse lui categorico – Non ancora-
Hermione
sospirò.
-Ormai
hai
deciso, non sprecherò fiato inutilmente- disse, alzandosi e
avviandosi verso la
porta.
Drew
la
fermò.
-Scusa,
Hermione, potresti dire a Ginny Weasley che, se vuole, può
partecipare al mio
corso?-
Lei
annuì.
Evidentemente, l’insensibile professor Kennan aveva ritenuto
il comportamento
della Rossa degno di nota, se aveva deciso di farla partecipare alle
sue
lezioni nonostante la giovane età.
-Non
prendertela, Hermione. Sai bene anche tu che è la cosa
più giusta- insistette
il ragazzo, quando questa mosse un passo oltre la soglia.
-A
volte,
Drew, stare in silenzio è la cosa più giusta da
fare- gli rispose Hermione
fredda.
-Fa
attenzione, Hermione – continuò lui, senza
prestare attenzione alle parole
della Gryffindor – Visto cos’è successo
ieri sera, oggi hai un problema in più-
Lei
alzò le
spalle.
-Ti
sbagli.
Il numero dei miei problemi è sempre lo stesso,
ciò che è cambiato è chi
cercherà di colpirmi-
Il
modo in
cui lo guardò, prima di chiudere la porta, lo
ferì.
Era
chiaro
che la ragazza lo riteneva un traditore e che non si sarebbe
più fidata di lui.
Maledizione, imprecò,
sbattendo un pugno
contro il tavolo.
***
L’aria
gelida le muoveva un riccio ribello davanti agli occhi.
Si
strinse
nel suo cardigan bianco e continuò a camminare. Aveva
bisogno di un po’ di silenzio.
Nessuno, più di quest’ultimo, le era stato amico
nelle ultime settimane. Gli
chiedeva titubante di scaldarla tra le sue braccia, lui
l’accontentava. Gli
chiedeva di raccontarle una fiaba prima che gli incubi ricominciassero,
lui
l’accontentava. Gli chiedeva di rinchiuderla in una bolla di
sapone dove fosse
libera di non pensare, lui l’accontentava. In fondo, quel
silenzio era il
miglior amante che, fino a quel momento, aveva avuto.
Infatti,
Victor Krum, nonostante tutto il suo impegno, tutto poteva essere
definito
tranne che una cima di romanticismo e Ron, che invece non si era mai
sforzato
troppo, lo seguiva a ruota.
Sorrideva
ancora ripensando alla frase più romantica che il Rosso le
aveva detto durante
il breve periodo in cui erano stati fidanzati.
-Vuoi un po’ d’arrosto?- le
disse,
sputacchiando rimasugli di cibo qua e là e prendendosi un
sonoro ceffone dalla
signora Weasley, oramai disperata per quel caso clinico di cattiva
educazione.
Nella
sua
breve lista, aveva deciso di inserire anche Chris, sebbene quello tra i
due non
fosse stato altro che un giochetto da bambini. Ma del resto, non aveva
altro
modo per allungare quell’elenco.
Doveva
ammetterlo con sé stessa. Forse era solo merito della loro
innocenza, ma in
quel periodo, lontano già troppi anni, era stata felice.
Ora,
invece,
non le restava che chinarsi e tentare di raccogliere i frammenti della
sua
anima cercando di non tagliarsi.
E
poi,
ovviamente, a chiudere la sua breve lista, c’era Draco
Malfoy, secondo,
momentaneamente, solo al silenzio. Sempre che il Principe delle Serpi
potesse
essere definito suo amante.
Era
salita,
senza nemmeno accorgersene, fino alla sommità della Torre di
Astronomia.
Non
lo
riconobbe immediatamente. Dovette avvicinarsi di qualche altro passo,
prima di
riuscire ad identificare il ragazzo silenzioso nel modo in cui era
seduto
contro il parapetto.
Disordinato,
anche nel modo di sedersi.
Lui
alzò lo
sguardo su di lei. Hermione credette che i suoi occhi non potesse
vederla,
nascosti com’erano da quel ciuffo spettinato.
-
Granger –
La
sua voce,
pacata e gelida, smentì immediatamente il suo pensiero.
-
Zabini –
rispose lei educata.
Il
ragazzo
stava fumando. Un vizio molto diffuso tra le fila degli Slytherin,
evidentemente.
Blaise
prese
a frugare nel taschino della camicia stropicciata, ingrigita dalla poca
gentilezza con cui il ragazzo aveva deciso di trattarla.
Le
lanciò
qualcosa e lei, accanita sostenitrice
dell’inutilità di qualsiasi sport, per
poco non lo fece cadere.
Studiò
l’oggetto che si ritrovò tra le mani. Un pacchetto
di sigarette, sgualcito e
pieno a metà. All’interno, un piccolo accendino
nero usa e getta.
Evidentemente, tra i fumatori, era una moda quella di possedere tale
oggetto
babbano.
-Prenditene
una- le disse lui, parlando con la testa piegata verso il cielo plumbeo
e con le
palpebre serrate – Sono un ottimo calmante-.
D’impulso,
Hermione cercò di nascondere le sue maledette mani tremanti.
La sua dannazione.
Seguì
l’istinto. I suoi genitori l’avrebbero sgridata,
ricordandole tutti gli effetti
collaterali del fumo. I suoi amici sarebbero rimasti con le bocche
spalancate.
L’intera comunità magica che abitava quella scuola
avrebbe ripreso i mai
interrotti chiacchiericci sulla sua persona.
Ne
prese una
e se la accese.
Si
avvicinò
al ragazzo e, piegandosi sulle ginocchia, gli porse il pacchetto.
Zabini
lo
afferrò e lo ripose nel taschino.
Un
lento
filamento biancastro si allontanava dalla mano sinistra della ragazza,
disperdendosi al primo soffio di vento e riformandosi non appena questo
cessava.
Ricordava
la
prima volta che aveva provato a fumare, con quella scapestrata di sua
cugina
Jessica, il suo personale serpente tentatore. Quella volta non si era
tirata
indietro. Un po’ per ribellione, un po’ per la
semplice voglia di sperimentare,
un po’ per sentire il brivido della trasgressione.
-Speravo
sempre che Draco si svegliasse, un giorno, e capisse che tu non sei la
ragazza
adatta a lui- cominciò all’improvviso Zabini
– Il tuo sangue è lurido, sei una
Gryffindor e sei troppo intelligente. L’esatto contrario di
una buona moglie
Purosangue-
Quelle
parole, così pregne dell’astio del ragazzo, non la
ferirono. Rimase semplicemente
in silenzio, prendendosi una boccata dalla sua sigaretta.
-Speravo
sempre che Daphne avesse ragione, che dopo averti scopata lui avrebbe
perso
subito il suo interesse nei tuoi confronti- continuo lo Slytherin.
Hermione
continuò imperterrita a non proferire parola, concentrando
tutta la sua
attenzione nella difficile operazione di soffiare il fumo fuori dai
suoi
polmoni.
Blaise,
dopo
quell’ultima uscita, si alzò e, gettato il
mozzicone della sigaretta per terra,
si avviò verso la scalinata che riportava ai piedi della
torre.
-E
poi, se
proprio doveva scegliere una come te, poteva prendersene una un
po’ più
combattiva, no?- chiese, prima di sparire dalla vista della ragazza,
rivolgendo
la sua richiesta più a qualche dio della volte celeste che
non a lei.
Più combattiva …
Si
stava
lasciando sconfiggere, stava per gettare la spugna. Stava per scappare
dal suo
destino, da sé stessa, dalla sua vita. Dal suo Draco.
Un vero Gryffindor non si comporta in questo
modo pensò affranta.
Spense
il
suo mozzicone sul pavimento con la mano tremante e lo fece Evanescere,
assieme
a quello di Zabini.
Doveva
trovare la forza per mettere un punto nella storia della sua vita ed
andare a
capo, spezzando finalmente un infinito periodo ricco di metaforica
disperazione.
Sapeva
che,
se avesse deciso di farlo, una mano più ferma della sua
l’avrebbe accompagnata
in quel gesto.
Perché
non
accettare un aiuto esterno?
***
Quando
l’aveva vista entrare da quella porta, che già
cominciava ad odiare visto che
entro quelle pareti vigeva il divieto di fumare, aveva cercato di
tirarsi su,
ottenendo come risultato solo un gemito di dolore e
un’occhiata esasperata da
parte di Hermione, cosa che, hai suoi occhi, la rese ancora
più sexy di quello
che già era.
Il
sorriso
beota che aveva stampato in viso si spense immediatamente quando
entrò Potter,
seguito a ruota dai due Weasley.
-Wow,
amore,
l’hai portato a finire l’opera?- chiese scorbutico
il biondino.
La
Gryffindor, che gli si era avvicinata per aiutarlo a sistemare il
cuscino su
cui appoggiava la schiena, lo pizzicò
sull’avambraccio sinistro.
Ciò,
ovviamente, non riuscì a far zittire Malfoy.
-Hai
deciso di
portare anche la scorta per essere sicuro di riuscire a farmi fuori?-
insistette, infatti, poco dopo.
Lo
sguardo
truce della Weasley lo intimorì leggermente.
-
Hermione,
mi potresti ricordare per quale assurdo motivo non l’ho
lasciato a morire
dissanguato tra le braccia di Mirtilla Malcontenta?- chiese la Rossa
rivolta
all’amica, tutt’altro che felice di essere stata
messa in mezzo a quella
disputa.
-Per
due
motivi, Ginny. Il primo è che sai che, se Malfoy deve morire
prematuramente, lo
farà per mano mia – gli rispose il Prefetto
Gryffindor, aggiungendo
bisbigliando in modo che solo il degente potesse sentirlo –
Soprattutto se non
comincia a stare zitto. Il secondo, invece,- continuò
riprendendo un tono
udibile da tutti i presenti – è che volevi essere
sicura che Harry non finisse
ad Azkaban a causa di un furetto pieno di sé-
Draco
non
prese bene quell’affermazione, anche se dovette ammettere a
sé stesso che il
fatto che Hermione volesse essere la causa della sua morte era un
notevole
passo avanti nel loro rapporto.
-Soprattutto
se il furetto pieno di sé è il ragazzo di cui ti
sei perdutamente innamorata-
rispose Draco, ghignando.
Hermione,
come fu piacevolmente colpito, non cominciò a sbraitare come
un’ossessa ma si
limitò ad una caustica alzata di sopracciglio.
-Dunque,
a cosa devo il piacere di avere
qui riuniti i peggiori esponenti dell’intera Casa
Gryffindor?- domandò lo
Slytherin, voltandosi subito verso Hermione – Ovviamente,
amore, tu sei
esclusa- continuò, dando delle pacche gentili sul dorso
della mano della
ragazza.
Harry
si fece avanti.
-Io
volevo scusarmi per tutto ciò che è
successo … -cominciò subito Harry, il cui nobile
animo aveva portato a
scegliere quella terribile umiliazione, venendo subito interrotto da
Draco.
La
faccia schifata dello Slytherin fu
memorabile.
-Finiamo
presto questa pagliacciata,
Potter, sappiamo entrambi che quello non eri tu. Quindi, riprenditi il
tuo saio
e la tua croce, San Potter, io ti assolvo da tutti i tuoi peccati-
tagliò corto
lui.
Harry
rimase a dir poco basito.
-Ovviamente,
Rossa, grazie per avermi
salvato. Ti prometto che smetterò di insultarti, Piattola-
continuò Malfoy,
rivolgendosi, infine, a Ron – Per quel che riguarda te,
Lenticchia, grazie per
essere stato in silenzio durante tutta la visita, mi hai risparmiato
un’infinita sofferenza-
Draco
Malfoy sospirò teatralmente,
prendendo fiato.
-Una
confezione di Cioccolatini ripieni
di Whisky Incendiario sarà ben accetta. La visita
è finita, andate in pace
fuori da questa stanza, così che finalmente potrò
restare solo con l’unica
Gryffindor che mi interessa- concluse il ragazzo, aprendo leggermente
le mani e
muovendole in bislacchi segni di benedizione.
I tre
rimasero sconvolti, ma se ne
andarono rapidamente, felici che quell’agonia fosse
già conclusa.
Hermione,
neanche a dirlo, era furiosa.
Se Draco avesse avuto un minimo di buon senso avrebbe capito che era
meno
pericoloso sfidare il Platano Picchiatore, ma era palese che questa
caratteristica gli mancava completamente.
-Pace,
finalmente- disse Malfoy rilassandosi
sul cuscino.
-Vorrei
fossi un po’ più gentile con i
miei amici- gli disse Hermione seria.
-Vorrei
che tu mi baciassi, ma, come
vedi, non si può avere tutto dalla vita- rispose Draco.
-Se
hai intenzione di fare l’idiota me ne
vado-
Lo
Slytherin sbuffò.
-Sono
geloso, va bene? Vorrei essere io
il centro dei tuoi pensieri-
-Egocentrico-
sentenziò la ragazza,
tornando subito alla carica - Promettimi che li tratterai meglio, Draco
–
insistette, infatti.
-Lo
farò solo se anche stasera mi darai
il bacio della buonanotte. Se possibile, poi, vorrei fosse qualcosa di
un po’
più serio … - buttò lì il
ragazzo.
-Da
quando abbiamo aperto una
compravendita sul mio affetto?- domandò sorridendo Hermione.
Questa
volta, fu il turno di Draco di
alzare un sopracciglio.
-Da
quando tu ti sei presa tutto il mio
di affetto, così da lasciarmi senza niente da barattare,
suppongo-
Hermione,
leggermente rossa in viso,
decise di cambiare argomento.
-Vorrei
anche che tu fossi un po’ meno
scorbutico con Marcus –
Lo
Slytherin divenne immediatamente più
serio.
-Da
quanto tempo lo conosci?- le chiese.
Lei,
credendo che sicuramente quella
domanda avesse dei doppi fini, ma dubitando che il ragazzo glieli
sbattesse in
faccia subito, rispose.
-Da un
paio di settimane, l’ho conosciuto
ad una cena del Lumaclub -
Il
tono di Draco mutò immediatamente,
diventando rancoroso.
-Io ho
dovuto aspettare sei anni per
avere il piacere di sentirti pronunciare il mio nome e, ancora oggi,
spesso mi
chiami per cognome o con gli stupidi sopranomi dei tuoi amici
Gryffindor –
-Non
essere infantile- gli rispose lei –
Sai bene che è una cosa differente-
-Io
non intenzione di gareggiare con
quell’idiota di un Ravenclaw per averti, lo sai vero?-
Hermione
sospirò. Egocentrico, vittimista e
superbo pensò.
-So
molte più cose di quanto tu creda,
furetto- gli rispose, usando quell’epiteto sperando di farlo
infuriare, cosa
che ottenne immediatamente.
-Bene,
io vado a dormire- disse,
avvicinandosi al viso del ragazzo, desiderosa di fuggire dalla
possibilità di
ricevere una sfuriata da quel pazzo degenere di Malfoy –
Buonanotte –.
Era
stato molto rapido, ma quei pochi
secondi gli erano bastati per percepire il calore delle sue labbra
morbide
sulle propria bocca.
-Non
farti strane illusioni, Malfoy –
aveva sussurrato non appena si era scostata da lui, prima che avesse il
tempo
per prendere possesso della situazione e rispondere al suo bacio.
-E
ricordati cosa mi hai promesso!-
esclamò la ragazza prima di chiudersi la porta
dell’infermeria alle spalle.
Prima
di accontentarlo, nonostante
andasse contro i suoi principi di ragazza per bene, gli aveva afferrato
il
mento gentilmente per aver un maggiore accesso alle sue labbra.
Se
qualcuno avesse potuto osservare
quella scena avrebbe notato che la mano di Hermione non tremava.
Quel
ragazzo la faceva stare bene.
Note
dell’Autore
Ben
ritrovate, gentili donzelle! Oggi non mi dilungo molto (sospirate pure
di
sollievo, non mi offendo) … Comincio dicendovi una cosa
fondamentale: NON
prendete Hermione per una donna “dai facili
costumi”. Chiarito questo,
vi informo che spero di riuscire a fare
almeno un altro aggiornamento prima di un capitolo
“natalizio”, nel caso in cui
non ci riesca (cosa alquanto probabile), riceverete il capitolo di
natale molto
più tardi. Comunque, almeno un paio di aggiornamenti durante
le vacanze vorrei
farli (Baileys permettendo, ovvio! Perché tutto
ciò che il mio amico dice è
Legge e io non ho intenzione di disquisire con lui).
Bene,
passo
alle risposte alle recensioni.
lady_free: chiedo perdono e
pietà
(mentre mi prostro ai tuoi piedi) per averti fatto attendere tanto per
avere
l’aggiornamento la scorsa volta (non che questa sia poi
andata meglio)! E dopo
aver incassato l’insulto “stupido
ciarlatano” (ti scuso solo perché credo
nell’assoluta verità dell’affermazione
“Mai pestare i piedi ad un pazzo”),
passo a rispondere seriamente alla tua recensione. Come hai potuto
vedere Draco
non è morto, ma dire che non sono abbastanza sadico per
ucciderlo è un errore.
Ti informo, ufficialmente, che il sadismo è la mia linfa
vitale. Bene, passando
ad altro … in fin dei conti sapevo di non essere molto
credibile come persona
romantica, quindi la tua scetticità (sai credo che questa
parola non esista XD)
non mi fa soffrire poi molto. Puoi cercare di illuderti che le
cicatrici sui miei
polsi non sono state causate dalla tua affermazione, se vuoi. Spero
comunque
che il rimorso non ti faccia dormire stanotte XD. Santa Ginny, hai
proprio
ragione!!! Io, personalmente, la adoro. Per quando riguarda Herm, siamo
finalmente arrivati ad un punto di snodo. Da ora in poi, vedrai che le
cose
andranno bene (visto anche il suo successo con gli uomini). Le cose
andranno
meno bene per il caro Draco, che finalmente ha un rivale degno di
questo nome,
il caro Marcus. Cmq, credo che i segreti e i complotti siano la vera
ragion
d’essere di una storia e, non preoccuparti, tutti verranno
svelati un po’ per
volta. E ora ti starai chiedendo: “dov’è
la risposta al resto della mia
recensione?”. Ho deciso di inviarti un messaggio privato.
Appena ti arriverà
avrai le tue risposte e le mie motivazioni. A presto!!! (e vedi di
recensire
questo ciarlatano, se non vuoi che mi offenda per davvero!)
Hollina: salve! Temo di non aver
risposto a tutte le tue domande. Diciamo che sono uno a cui piace
allungare il
brodo. Cooomunque … grazie
per i
complimenti e spero di sapere nei minimi particolari la tua idea su
questo
capitolo! A presto!
Agathe: ben ritrovata! Da dove
inizio? Ah si, dal
ringraziarti per
avermi definito sadico. È una delle mie caratteristiche
preferite. Una mia
amica una volta mi ha detto che sarei un serial killer perfetto, credo
che
anche questo si ricolleghi al fatto che sono affascinato dal dolore in
tutte le
sue diverse sfaccettature (soprattutto quello mentale). E si, sono
pazzo (mi
piace essere definito pazzo perché con questo epiteto veniva
chiamata anche
Alda Merini, l’unica poetessa che mi appassionato). Fiuuu,
respiro di sollievo
sapendo che la mia storie sembri almeno verosimile. Credo che dire che
una
storia è un po’ campata in aria sia la peggiore
critica che si possa muovere ad
un autore, quindi, Agathe, GRAZIE infinite!!! Drew un motivo ce
l’ha, questo è
indubbio! Mi raccomando, recensisci anche questa volta e … A
presto!
Books: Wow, la prima recensione in cui
vengono ripresi alcuni frammenti del mio scritto! Mi sto esaltando come
una scimmia
dello zoo davanti ad un casco di banane!!! Comunque hai ragione. Piton
doveva
essere messo a posto (come ha fatto a tradire Lily, che è
uno dei miei
personaggi preferiti, dio solo sa) e, comunque, hai interpretato nel
modo
giusto l’affetto di Drew. È una persona troppo a
modo per perdere la testa per
una ragazza dell’età di Hermione! Povera Daphne,
che ancora si illude!!! Ok,
ora voglio sapere se Marcus è davvero un gradino sotto a
Draco, quindi, ti
prego di rendermi partecipe dei tuoi pensieri a riguardo! Bene, spero
di
ricevere ancora una volta una tua recensione (ne hai fatte dieci, vuoi
non
farne una per ogni prossimo capitolo che scriverò???) e non
preoccuparti per il
ritardo: l’importante è che la recensione arrivi
XD!!! A presto!
barbarak: il tempietto, addobbato con
le lucine di natale che ho rubato al presepe, sta attirando un mucchio
di
visitatori, sai? Temo, comunque, che poco possa contro la tua geniale
intuizione. Hai ragione, se avessi ucciso Draco avrei davvero rischiato
il
linciaggio (mai ricevute tante minacce di morte in un colpo solo
…). Che Drew
fosse un Gryffindor, questo è indubbio. Nei prossimi
capitoli (molto, molto,
molto prossimi) si scoprirà quanto nelle sue vene scorra
sangue ben poco
Ravenclaw … Hermione: lei è davvero il mio
tormento. Purtroppo, se fosse
cambiata da un giorno all’altro avrei rovinato la storia,
quindi ho dovuto
intraprendere una strada tutta in salita. Come avrei potuto vedere in
questo
capitolo, la cara Herm è molto meno fredda e coraggiosa di
quello che sembra. È
molto fragile, anche se cerca di mascherare questo suo lato di
sé e,
solitamente, lo fa molto bene. In questo momento, ha raggiunto il
limite di
sopportazione. Ha deciso di combattere, ha deciso di ribellarsi alla
sua paura
e ha deciso di “farsi aiutare” da Draco. O meglio,
ha deciso di dargli e darsi
un’opportunità. Bene, mi dispiace, ma nel
triangolo Herm c’è finita. Ma credi a
me, detta lei legge (scervellati anche su questo, per favore!!! Mi
piace un
sacco vedere cosa partorisci ogni volta!!!). Una cosa non ho capito:
non
stavamo parlando del rapporto Draco/Drew? Cosa centra Harry? Comunque,
a
presto! Ci vediamo stasera al tempio (spiritualmente parlando, si
intende)!
Sarahoara: Salve! Drew la talpa???
Ipotesi alquanto interessante. Sul fatto che lui si sia preso una cotta
per la
Herm, mi vedo costretto a smentirti. Sono felice che il personaggio di
Drew ti
piaccia, anche perché, essendo un personaggio made in me, i
complimenti sul suo
conto valgono doppio!!! Comunque hai ragione. Herm è davvero
cocciuta a volte!
Mi raccomando, recensiscimi anche questa volta. A presto!!!
Ora,
come al
solito, non mi resta che ringraziare dal
profondo del cuore le 20 persone che hanno messo la mia storia tra le
preferite, le 71 che l’hanno ficcata nelle seguite e le 10
che invece l’hanno
messa tra le ricordate.
Un ringraziamento ancora più sincero a
Ashiling e Books, hanno messo la mia persona nell’elenco
degli autori preferiti
e alle 6 persone che mi hanno recensito!!!
Infine, un grazie anche a tutti i
“Lettori
Silenziosi” (come li ha definiti qualcuno più
saggio di me), che fino ad oggi
mi ero dimenticato di citare in queste note a piè di pagina.
A
presto,
Jerry
|
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Capitolo 12 *** Abstinence and Satisfy ***
Chapter
twelve, Abstinence and Satisfy
Finalmente
la sua reclusione sembrava volgere al termine. A poco meno di
ventiquattro ore,
nel tardo pomeriggio dell’indomani, Madama Chips
l’avrebbe reso nuovamente un
uomo libero. E Draco Malfoy sapeva perfettamente che la prima cosa che
avrebbe
fatto sarebbe stata accendersi una sigaretta, la cui astinenza lo stava
facendo
letteralmente impazzire. Purtroppo l’infermiera era stata
categorica: niente
fumo, alcol o sostante stupefacenti per i degenti.
Quella donna è proprio un’
ignorante aveva
concluso il ragazzo non appena era venuto a conoscenza di quelle norme
eccessivamente restrittive.
Così,
mentre
cercava di sopravvivere al desiderio di respirare nuovamente
l’odore del
tabacco bruciato, si
era visto costretto
a cercare di riempire nel miglior modo possibile le infinite ore del
suo
ricovero.
Fortunatamente
Daphne e Blaise erano venuti a trovarlo con una certa frequenza,
passando ore
intere a raccontargli i nuovi pettegolezzi di Hogwarts.
Ciò
che più
gli fece piacere però, furono le visite quotidiane di
Hermione. Ogni giorno
infatti, la ragazza, poco dopo cena, arrivava in infermeria tenendo tra
le
braccia un quaderno azzurro con tutti gli appunti delle lezioni della
giornata.
Fantastica.
Stava
proprio studiando le sue ordinate annotazioni sull’ultima
lezione della
McGranitt, quando la ragazza entrò
nell’infermeria.
-Disturbo?-
gli aveva domandato sorridente.
Lui
aveva
alzato lo sguardo dal blocco degli appunti. Evidentemente
devo aver perso la concezione del tempo si disse, mentre i
loro sguardi si
incrociavano.
Eppure
tutto
ciò era estremamente strano. Madama Chips non aveva ancora
servito la cena, se
quel purè di patate quasi liquido e quel brodino di verdure
insapore potessero
essere definiti “cena”.
Poi,
la
guardò meglio.
Indossava
un
abito blu scuro lungo poco oltre le ginocchia e senza spalline.
La
ragazza
mosse un passo sicuro sui tacchi a spillo delle sue
decolleté laccate per
raggiungerlo.
Il
suo viso
gentile era coperto da un trucco leggermente più marcato di
quello usuale e i
suoi capelli ribelli era stati domati in un ordinata e semplice
acconciatura.
Per
poco,
Draco Malfoy non rischiò di raggiungere il Redentore. Bellissima.
Eppure,
il
rapido cervello dello Slytherin giunse a conseguenze che avrebbe
preferito
evitare.
-Ciao
Draco
- le disse lei con la sua solita gentilezza. Sta
cercando di prepararmi alla notizia pensò Draco.
-Ciao
Hermione. Dove stai andando?- le chiese senza darle il tempo di pensare
ad una
qualsiasi scusa.
Lei
alzò un
sopracciglio sentendo il tono eccessivamente curioso di quella domanda.
-Ad
una cena
del Lumaclub – gli rispose lei tranquilla, mentre si sedeva
su una delle sponde
del letto.
-Vai
a
prenderti una giacca. Il cardigan bianco può andare bene-
Hermione
lo
guardò sconvolta.
-Hai
ragione, prenditi anche la sciarpa che ti ho regalato-
continuò lui annuendo.
-
Ginny e
Lavanda hanno impiegato quasi l’intero pomeriggio per cercare
di domare questi-
disse la ragazza, indicando con un gesto teatrale i suoi ricci
perfettamente
raccolti – Io andrò a quella cena così
come sono, che tu lo voglia o no, signor
Malfoy!-
Questo
scostò le coperte e saltò giù dal
letto.
-Cosa
stai
facendo?- gli chiese Hermione raggiungendolo e cercando di riportarlo a
letto.
-Ovvio,
vengo con te e mi assicuro che nessuno ti metta le mani addosso!-
esclamò lui,
come a sottolineare l’ovvietà della sua
affermazione.
La
Gryffindor incrociò le braccia al petto e stette in silenzio.
Quel
gesto
imperioso obbligò un Draco affranto a ritornare nel suo
giaciglio con lo
sguardo basso.
-Smettila
di
fare il bambino-
Lui
le
rivolse un occhiata poco gentile.
-Con
chi ci
vai?- le chiese non appena lei sembrò abbassare la guardia.
-Sola-
-Chiedi
a
Potter di accompagnarti- le ordinò lui.
-
Harry ci
viene con Ginny – gli spiegò lei, cercando di
sembrare tranquilla sebbene
stesse cominciando a perdere le staffe.
-Chiedi
a
Weasley, allora- insistette lui.
-
Ron ha
deciso di passare la serata in compagnia di Lavanda nella sua stanza da
Prefetto-
Sul
volto di
Malfoy comparve una faccia schifata.
-Oh,
per
Salazar! Che scena riprovevole!-
La
Granger
sembrò richiamare tutti i santi del paradiso magico
affinché le dessero la
forza di non prenderlo a sberle.
Conclusa
la
sua preghiera, sospirò pesantemente.
-Non
ti
preoccupare, nessuno mi importunerà. Ci sarà
Marcus con me-
Lo
Slytherin
sembrò essere sul punto di aggiungersi alla schiera dei
fantasmi di Hogwarts.
Evidentemente
Hermione aveva esagerato.
-Non
costringermi a legarti, amore- cominciò Draco, le mani in
procinto di
stritolare il povero lenzuolo già molto stropicciato del suo
letto – Siediti
qui – le disse indicandole una porzione del letto
pericolosamente vicina al suo
corpo – e fai la brava-
Il
sopraciglio di Hermione, come dotato di vita propria, salì
di nuovo verso
l’alto.
-Smettila
di
fare l’idiota, Draco –
-Promettimi
che non permetterai a nessun essere umano di genere maschile, San
Potter
escluso, di toccarti per più di due decimi di secondo-
Lei
sbuffò.
-Ok-
-No,
Hermione, devi dire: “ Giuro solennemente che non
permetterò ad alcun uomo,
vecchio o bambino che sia, di toccarmi per più di due decimi
di secondo”- disse
lui, scuotendo la testa piano e con un’espressione seria e
risoluta sul suo
viso.
-Non
farò
mai una tale pagliacciata, Malfoy – rispose lei, altrettanto
determinata.
Alla
fine lo
Slytherin dovette arrendersi.
-Beh
io
vado, allora- disse Hermione mentre si alzava.
Draco
riuscì
ad afferrarle una mano poco prima che la lontananza tra i loro corpi
diventasse
eccessiva.
-Aspetta-
le
disse.
Hermione
si
voltò, invitandolo a parlare.
-
Blaise mi
ha detto che gli devo una sigaretta per, come le ha definite lui, le
“consumazioni della mia signora”. È
vero?- le chiese.
Lei
abbassò
lo sguardo imbarazzata. Dannato Zabini!
-Scusa,
Draco. Provvederò a pagare i miei debiti personalmente il
prima possibile- gli
rispose Hermione, cercando di evitare il suo sguardo.
-Non
ti
preoccupare, l’ho già fatto io per te-
-Scusami,
non ero proprio completamente in me- insistette lei, nel tentativo di
trovare
una scusante alle sue azioni.
La
stretta
della mano di lui si fece più salda.
-Ti
chiedo
solo una cosa, Hermione. La prossima volta, nel caso in cui ti venisse
nuovamente voglia di fumare, vieni da me-
Vieni da me.
Aveva
aspettato che il rumore dei tacchi della ragazza fosse lontano, poi
aveva
afferrato la sua bacchetta e formulato rapidamente l’incanto.
Il
suo lupo
argenteo, dopo essere uscito dalla punta della sottile stecca di
Biancospino e
dopo essere saltato sul suo letto con fare ruffiano, aveva atteso
ordini. Il
ragazzo, immergendo la mano nel suo pelo luminescente, vi aveva
lanciato un
incantesimo vocale.
“Daphne,
fa
in modo che Hermione stia lontana da Belby. Avverti anche
Blaise”
***
Per
amicizia
si può fare molto, ma la richiesta di Draco, questa volta,
era decisamente
esagerata. Blaise, poi, aveva preso la cosa decisamente in modo
negativo.
-Dovremmo
fare le balie della Sanguesporco per tutta la sera?- aveva detto, con
quella
che sembrava molto una costatazione e ben poco una richiesta.
-
Blaise,
sai bene che lo avrebbe fatto Draco, se non fosse recluso in
infermeria-
rispose Daphne mentre, dopo aver rifatto il nodo della cravatta del
ragazzo,
cercava di sistemare, aiutandosi con una spazzola, il suo ciuffo
disastrato.
-Perdi
tempo, amore- constatò lui pacato, tirando la ragazza un
po’ più vicina –
Quell’idiota mi dovrà ben più di una
sigaretta, comunque -.
La
Greengrass, dopo cinque minuti di intenso armeggiare, lanciò
l’oggetto di
plastica con cui aveva cercato di pettinare i capelli del ragazzo
contro il
muro. Sospirò affranta preda di una disperazione oramai
maturata nel tempo, la
quale però, durò per pochi istanti.
-Te
l’avevo
detto- disse Zabini, portandosi la mano destra davanti alla bocca per
coprire
uno sbadiglio.
La
ragazza,
che intanto aveva preso a sistemare il colletto della giacca del
fidanzato, lo
zittì con un bacio.
-Restiamo
qui- le sussurrò lui, allontanando per un breve istante le
loro labbra.
Lei
sorrise.
-Per
poi
ritrovarmi tra venti minuti sola con te, profondamente addormentato?
No,
grazie- scherzò lei – Muoviti - lo
esortò la ragazza, specchiandosi rapidamente
per controllare la sua acconciatura.
Il
professor
Lumacorno aveva fatto un ottimo lavoro con il suo ufficio, ampliando la
stanza
con un eccellente incantesimo di Estensione Irriconoscibile e
aggiungendo
tavoli imbanditi e comodi divani di un terribile color melanzana.
Non
appena
l’uomo panciuto li vide entrare tenendosi a braccetto, corse
loro incontro.
-
Blaise!-
esclamò gongolante, perfettamente a suo agio in quella
stanza dove la quasi
totalità dei presenti si era imposta un falso sorriso di
cortesia – Sono molto
felice che tu sia venuto, anche perché la tua
accompagnatrice allieta
indubbiamente l’atmosfera!- continuò quello,
indicando la Greengrass e il suo
tubino bianco avorio.
La
ragazza,
trovando finalmente un’utilità alle stupide
lezioni impartitele da un insegnate
privato per volere dei suoi genitori Purosangue, finse di non
offendersi per la
totale non curanza con cui l’uomo la trattò e si
limitò ad annuire ogni tre o
quattro parole del suo fidanzato.
Poi,
dopo
quasi dieci minuti di interrogatorio, il borioso professore di Pozioni
li
lasciò liberi.
Si
guardarono in giro in cerca del loro obbiettivo.
La
loro
ricerca fu breve: Hermione Granger era seduta ad uno dei piccoli tavoli
rotondi
sparsi casualmente per tutta la stanza e chiacchierava con la Weasley e
lo
Sfregiato.
La
Rossa
doveva aver detto qualcosa di divertente, visto che Potter, paonazzo in
viso,
faceva fatica a respirare e la Mezzosangue, piegata sulle ginocchia, si
teneva
una mano sullo stomaco.
Fu
proprio
in quell’istante che Belby, vestito con un elegante completo
nero, le si
avvicinò e, porgendole la mano destra in un modo
eccessivamente elegante, la
invitò a ballare.
Lei
scosse
piano la testa e deviò l’invito, probabilmente,
pensò Daphne, affermando di non
saper ballare. Il Ravenclaw non si arrese e, chiedendo con
un’occhiata aiuto ai
due Gryffindor che accompagnavano la saputella, provò ad
insistere.
Questa
volta
però, la Weasley cominciò a muovere le braccia in
modo scoordinato, in quella
che sarebbe potuta sembrare un’esortazione.
Volente
o
nolente, Hermione Granger accettò.
-Sgualdrina-
disse Blaise, rompendo il filo dei pensieri di Daphne.
Il
ragazzo,
dopo aver reso pubblico il proprio pensiero, si allontanò
dalla Greengrass, indicando
con un cenno della testa il tavolo dove venivano servite le sostanze
alcoliche,
contrabbandate da qualche loro compagno di Casa.
***
-Non
pensavo
fossi così recalcitrante- le sussurrò Marcus
mentre, posandole una mano sul
fianco, obbligava la ragazza ad appoggiarsi contro il suo petto.
Hermione,
rossa in viso come lo era stata poche volte nel corso della sua vita,
scusò il
suo comportamento dicendo di avere una totale incapacità nel
ballo.
Lui,
stringendola più a sé, le disse di lasciarsi
guidare e di seguire i suoi
movimenti.
-E
così il
tuo fidanzato ti ha messo delle guardie del corpo al seguito-
constatò il
Ravenclaw, prima di lanciarsi in un semplice volteggio, che ad Hermione
sembrò
un numero di ballo acrobatico.
Afferrandosi
alla sua spalla nel disperato tentativo di non ritrovarsi spiaccicata
contro il
pavimento come una povera balena spiaggiata, cercò di
formulare una risposta
all’affermazione di lui che fosse breve e concisa.
-Evidentemente
si- cominciò lei – E comunque lui non è
il mio fidanzato!-
Quest’ultima
frase, purtroppo eccessivamente lunga, fu la causa di un doloroso
giramento di
testa quando Marcus si prodigò in un casqué.
Forse,
agli
occhi di un osservatore esterno, la Granger sarebbe potuta sembrare una
leggiadra ballerina. La ragazza invece, si ripromise di non salire
più su
quelle vomitevoli montagne russe.
Sul
viso di
Belby intanto, si era dipinto uno strano sorriso.
-Perfetto,
perché non ho proprio intenzione di essere la causa della
rottura di un
fidanzamento- disse lui sicuro di sé.
-Stai
per
caso cercando di dirmi qualcosa, Marcus?- gli domandò
Hermione, la quale ebbe
la percezione di sentire una voce stridula dire la parola
“baldracca”.
Voltandosi verso la direzione da cui aveva percepito quel suono, vide
solo una
chioma di biondissimi capelli volteggianti e un elegante abito color
avorio che
si allontanavano a passo marziale.
Marcus
ridacchiò.
-
Non
conoscevo questo lato così egocentrico di Hermione Granger
… - cominciò lui,
quasi riflettendo ad alta voce – Comunque, si. Cercavo di
dirti che sei
bellissima-
La
ragazza
mormorò piano un ringraziamento, rafforzando la presa delle
sue mani sulla
schiena di lui, troppo presa dal timore di inciampare nei propri piedi
per
ascoltare cosa lui avesse da dirle.
***
-Sono
veramente
una bella coppia quei due, non trovi?- chiese Harry alla fidanzata.
Questa
bevve
un lungo sorso della sua Acquaviola e rispose annuendo piano.
-Secondo
te
ha finalmente liquidato Malfoy?- insistette il ragazzo.
-Non
so.
Credevo ci fosse qualcosa tra quei due- disse vaga Ginny.
-Probabilmente,
Hermione ha finalmente capito che ci sono partiti decisamente migliori
di
quell’idiota platinato- ipotizzò serio Potter.
La
Weasley
restò in silenzio. Qualcosa, nella sua testolina nascosta da
lisci capelli
color carota, non le tornava.
***
La
serata di
Hermione si concluse presto. Dopo un paio di balli tra le braccia di
Marcus
infatti, la testa aveva preso a vorticare. Così, scusandosi
e dicendo d’essere
stanca, si era staccata dal ragazzo, il quale, però,
sembrava tutt’altro che
deciso ad allontanarsi.
L’aveva
stretta nuovamente tra le braccia e aveva avvicinato le labbra alla sua
guancia.
-Non
ti
lascerò così facilmente a Malfoy – le
disse dopo aver appoggiato la sua bocca
alla pelle di lei e prendendole una mano.
-Ti
accompagno al tuo dormitorio-
Mentre
quelle parole uscivano dalla bocca del Ravenclaw, questo aveva preso a
trascinarla per tutta l’ufficio di Lumacorno e, una volta
giunto sulla porta,
si era congedato dal professore con un gesto educato della mano.
Era
rimasto
in silenzio per tutto il tragitto, rischiando, nel suo poco gentile
trascinare,
di far inciampare la ragazza.
Infine,
davanti ad un’indignata Signora Grassa, Belby le si era
avvicinato e,
spingendola dolcemente, l’aveva bloccata tra il suo corpo
caldo e la gelida
parete secolare che dava sulla Sala Grande dei Gryffindor.
-Devi
solo
dirmelo e io mi fermerò- sussurrò piano lui sulle
sue labbra.
Era
stato un
bacio lungo. Era stato un bacio coraggioso. Era stato un bacio
voglioso. Era
stato un bacio gentile. Era stato un bacio bugiardo, come il ragazzo
che glielo
aveva dato.
Lui
aveva
liberato le labbra di Hermione dalle proprie solo dopo aver appagato
tutto il
suo desiderio, lasciandola livida dall’imbarazzo e
leggermente affannata.
-Buonanotte,
Hermione – le aveva detto, accarezzandole i capelli
spettinati in cui aveva
infilato le mani, preda della passione. Lei non gli aveva risposto.
Lo
aveva
seguito con lo sguardo fino a quando non lo vide svoltare
l’angolo del
corridoio. Si era lasciata scivolare, fino a ritrovarsi seduta sulle
pietre del
pavimento. Aveva ascoltato i suoi passi fino a quando questo le era
stato
possibile. Si era guardata le mani tremanti, per poi nasconderle subito
al suo
sguardo.
-
Draco
vuole parlarti-
La
voce
sgradevole della Greengrass la ridestò.
Lei
si alzò.
Ad ogni passo che fece percepì sulla sua anima la
gravosità di ciò che aveva
compiuto.
Ad
ogni
passo il suo orgoglio crebbe.
Draco
camminava avanti e indietro, percorrendo, con passi irosi e rapidi, un
breve
tragitto attorno al suo giaciglio. Blaise lo guardò in
silenzio, grattandosi
ogni tanto la testa e rendendo ancora più disordinati i suoi
capelli
spettinati.
Poche
volte
aveva potuto vedere il suo compagno di Casa in quello stato e mai,
prima di
quel momento, aveva potuto distinguere la tensione dei suoi muscoli
tesi. Non
c’era espressione sul volto di Draco, animato dalla mandibola
contratta.
L’arrivo
delle due ragazze fece interrompere a Draco la sua marcia. La
guardò a lungo,
ma lei resse il suo sguardo, troppo fiera per rendersi conto che, se
almeno lo
avesse abbassato, lo avrebbe fatto soffrire di meno.
-Uscite-
ordinò Malfoy ai due Slytherin, che obbedirono senza aprire
bocca.
Aspettò
che
fossero soli.
Poi,
tese la
sottile tendina che circondava il suo letto e rese Imperturbabile il
piccolo
anfratto così creatosi.
-Vorrei
che
tu fossi al mio posto- cominciò il ragazzo, mentre si sedeva
sul letto e
cominciava a fissare le sue mani incrociate – Vorrei che tu
provassi ciò che
sto provando io. Vorrei farti soffrire-
-Fallo-
La
risposta
gelida e fiera della ragazza lo sbalordì.
-Ti
stai
divertendo?- gli chiese furioso, alzandosi all’improvviso e
afferrandola per le
spalle.
-Forse-
disse la ragazza – Se non hai nulla da dirmi, andrei a
dormire-
Il
ragazzo
non riuscì a controllare il suo corpo. Si ritrovò
con la mano ad un nulla dal
volto di Hermione, senza sapere come questa era arrivata lì.
Se non si fosse
fermato all’ultimo istante, l’avrebbe colpita.
Non
un
muscolo si mosse sul viso di lei.
Avrebbe
accettato il suo colpo.
Non
si
sarebbe opposta.
Un
colpevole
che accetta la condanna, ma qual’era la sua colpa?
-Dimmi
la
verità- la implorò, sfiorandole con una carezza
la guancia che stava per
percuotere.
La
Granger sembrò
riflettere. Sapeva di dovere molto a quel ragazzo.
-
Ho
incontrato Belby la notte dell’attacco di Voldemort, stava
andando in
infermeria per chiedere a Madama Chips qualcosa per il mal di stomaco-
gli
disse la Granger.
Lui
la
guardò senza capire.
-Il
giorno
dopo, ha cominciato a diventare onnipresente. Mi aspetta fuori dalla
porta
della classe, mi accompagna in biblioteca, andiamo a pranzo e a cena
assieme. E
parliamo, parliamo tanto –
L’espressione
sul volto di Malfoy non prometteva nulla buono. Se la ragazza stava per
rinfacciarle
in cosa quel finocchio di Belby gli era superiore, l’avrebbe
presa a sberle
veramente.
-La
materia
in cui lui va meglio è la mia favorita. Il mio libro
preferito è anche il suo.
Ascolta persino musica Babbana, la stessa che piace a me-
Il
giudizio
di Malfoy venne momentaneamente mandato in cortocircuito dalle parole
della
ragazza. Evidentemente, quella ragazzina non era a conoscenza del suo
grande
orgoglio.
-
Marcus è
il ragazzo perfetto. Casualità, mi è cascato tra
le braccia-
Quando
il
suono di quei vocaboli raggiunse il cervello dello Slytherin questo
sembrò
ridestarsi dopo un lungo sonno.
-Questi
sono
gli scherzi del Destino- constatò la ragazza alzando una
delle sue mani, ancora
tremanti – Ho trovato il mio spirito affine ora, proprio
mentre le mie certezze
stanno andando a rotoli. Ora che il numero delle mie disgrazie
può fare
concorrenza con quelle di Mirtilla Malcontenta- continuò,
dicendo ad alta voce
cose che da tempo pensava ma che mai, prima di quel momento, aveva
avuto il
coraggio di pronunciare - Ci deve essere qualcuno lassù con
un cuore veramente
grande- scherzò lei.
Hermione
si
ritrovò stretta tra le braccia del ragazzo in quello che
sembrava un abbraccio
alquanto soffocante.
-Dio
mio,
grazie- sospirò lui, immergendosi nei suoi ricci e
respirando il suo profumo –
Pensavo che ti fossi realmente infatuata di quel damerino con un manico
di
scopa infilato nel sedere-
Hermione
cercò di scostarlo leggermente per poterlo guardare negli
occhi. Lui mugugnò
qualcosa e rafforzò la sua presa sul suo corpo.
-Scusami
Draco –
Lui
alzò le
spalle.
-La
prossima
volta avvertimi prima- le disse con una punta di rancore nella voce.
Hermione
acconsentì.
-Quindi
mi
assolvi da tutti i miei peccati?- gli domandò lei scherzando.
-Per
te
questo e altro- rispose lui pacato.
-Anche
se ti
dicessi che l’ho baciato?-
Draco
l’afferrò per le spalle e le diede uno scossone.
-Tu
cosa?!?-
chiese assumendo una preoccupante tinta bordeaux.
Hermione
gli
ripeté la sua colpa.
-Tu
hai
baciato lui prima di me?!?- insistette Draco quasi urlando.
Fortunatamente
avevano reso la zona Imperturbabile.
-Hai
detto
che mi avresti assolto da tutte le mie colpe!- rispose lei.
-E
infatti
non ce l’ho con te, ma con quel vigliacco di un Ravenclaw che
ha osato toccare
le tue labbra, sebbene fosse noto a tutta popolazione di Hogwarts che
mi
appartengono!- esclamò furioso Draco.
-
A dire il
vero, mi ha chiesto il permesso di farlo-
Lo
sbraitante Malfoy ammutolì.
-Scusa?-
le
chiese convinto di aver capito male.
-Cosa
dovevo
fare?-
Lui
alzò un
sopracciglio.
-Per
esempio
dirgli che hai contratto una strana forma di lebbra incurabile ed
altamente
contagiosa o, se proprio non volervi dirgli una bugia, potevi dirgli
che sei
una promessa sposa, la mia promessa
sposa!- esclamò lo Slytherin sconvolto
dall’ovvietà di quella domanda.
-Tu
non sei
Draco Malfoy - concluse la ragazza squadrandolo e stupendosi dei suoi
frequenti
cambi d’umore.
-Scusa,
sono
in astinenza da una settimana. Sto diventando come quella pazza di mia
zia!-
urlò portandosi la mano nei capelli.
-Abbiamo
reso questa zona Imperturbabile, ti basterà far Evanescere
il mozzicone- gli
consigliò la Gryffindor.
-
Hermione
sei un genio!- disse quello mentre correva verso il comodino dove si
trovava il
suo intonso pacchetto di sigarette.
Quella
notte, mentre tra una parola e l’altra Draco svuotava la sua
personale riserva
di tabacco, il Principe delle Serpi e la Regina dei Grifoni
progettarono il
loro piano.
Obbiettivo
finale: truffare il truffatore.
***
Quella
giornata si prospettava essere una delle peggiori della sua bieca
esistenza.
Sicuramente, pensò Draco Malfoy mentre continuava a
camminare, quel giorno
poteva essere piazzato immediatamente dopo quello in cui era stato
marchiato
come una qualsiasi bestia da soma e dopo la serata passata a tingere le
piastrelle del bagno della Malcontenta di un acceso rosso scarlatto. Ma
del
resto, con il passare degli anni, aveva cominciato ad abituarsi a
quella strana
sensazione che, per motivi noti solo all’Illustrissimo
Merlino, lo faceva sentire
come un parafulmini per disgrazie. A tutto ciò poi, andava
aggiunta la “cotta”
che si era preso per Hermione, l’unica ragazza in tutta
Hogwarts che non gliela
avrebbe mai servita su un piatto d’argento, implorandolo di
prenderla, e
ringraziandolo dopo averle fatto provare quel magnifico senso di
unicità che
solo lui poteva dare. Ovviamente,
lo
Slytherin stava parlando dell’anima dell’orgogliosa
Gryffindor, la quale,
nell’ultimo periodo, stava dimostrando doti
d’attrice melodrammatica da far
invidia al Principe delle Serpi stesso. E il caro Belby, illuso caprone
ignorante, ci stava cascando con tutte le scarpe.
In
tutti
questi aspetti negativi però, era riuscito a trovarne uno
positivo: può un
Ravenclaw alquanto promettente essere più fesso di un troll
di montagna?
Domanda
retorica.
Proprio
in
quel momento, raggiunse il campo da Quidditch della scuola. Gryffindor
contro
Hufflepuff, partita fantasticamente inguardabile.
Chi
avrebbe
vinto, la squadra dello Sfregiato Sfortunatamente Sopravvissuto o
quella della
Casa di Hogwarts che sembrava scegliere i propri membri in base alla
loro
cialtroneria?
Dilemma.
Forse
avrebbe avuto una risposta al suo dilemma, se fosse riuscito a rimanere
sveglio
fino alla fine della partita.
Si
guardò in
giro in cerca di Hermione e del suo pidocchioso accompagnatore, i
quali,
ovviamente, sembravano aver deciso di prendere la cosa con calma
estrema.
Draco
rimpianse la mancanza di Blaise e Daphne. I due compagni di Casa
infatti, non
appena aveva proposto loro di andare a vedere la
“partita” tra Gryffindor e
Hufflepuff, avevano cominciato a costruire fantasiose scusanti tra loro
contraddittorie. Alla fine Zabini, con poche parole come era solito
fare, aveva
posto fine alla discussione. “Sabato mattina dobbiamo
scopare” . Inutile fu
fargli notare che la frequenza con cui i due condividevano il letto era
più
alta di quella di qualsiasi roditore.
Il
biondo si
sistemò una spilla verde appuntata al colletto della giacca.
Sull’oggetto
tondeggiante scorrevano alcune frasi, delle quali la meno offensiva si
concludeva con una richiesta di delucidazioni su chi, nella coppia
Potter/Weasley, avesse ricevuto da Madre Natura gli attributi maschili.
Mentre
sulla
spilla la proposizione “Potter trovati un uomo” si
muoveva pacata, Hermione e
Belby comparvero all’orizzonte. I due ragazzi camminavano
vicini sorridendo e
chiacchierando in modo amichevole. Sembravano quasi sinceri. Quasi.
Sul
volto
del povero Ravenclaw vi erano ancora i segni della sua vendetta e dei
tre
giorni trascorsi da Madama Chips.
Certo,
farlo
svegliare una mattina senza i suoi due amichetti al loro posto, forse,
era
stato uno scherzo leggermente eccessivo, ma lui del resto si era
macchiato con
il reato più grave: toccare la sua
Hermione. Sicuramente questo sarebbe stato un monito per i
prossimi folli
che avrebbero deciso di osare tanto.
L’aspetto
più divertente di tutto ciò fu che, quando
Hermione venne a sapere che aveva
usato solo un incantesimo Dissimulante, la ragazza gli aveva detto che
avrebbe
preferito farglieli sparire definitivamente.
Quella
Gryffindor, a volte, era diabolica. Molto spesso, a dire il vero,
nell’ultimo
periodo.
Fatto
sta
che questa aveva accettato la richiesta di Draco, acconsentendo a farsi
accompagnare in infermeria tutti i giorni e a giurare solennemente di
rispettare alcune semplici regole sul comportamento da tenere con il
Ravenclaw.
In cambio, la ragazza aveva voluto solo il suo silenzio sul duplice
volto di
Belby.
Aveva
cercato di convincerla a raccontare la sua ipotesi a qualcuno. Ma il
Preside, a
parere della ragazza, era troppo impegnato per poter sprecare tempo con
le sue
idee e la McGranitt non avrebbe capito. Allora le aveva consigliato di
parlarne
con Drew, ma lei gli aveva risposto che non erano più in
buoni rapporti.
La
cosa gli
sembrò strana ma purtroppo, ne ebbe la certezza quando
poté percepire in prima
persona la freddezza di entrambi durante il corso pomeridiano tenuto
dal nuovo
professore.
Draco
concentrò completamente la sua attenzione sulla Gryffindor,
pur sapendo che sul
volto di Belby vi era un falso sorriso di circostanza a cui sarebbe
stato suo
dovere ricambiare. Il Ravenclaw, evidentemente, si offese e
tirò a sé Hermione,
allacciando un braccio attorno ai suoi fianchi e stampandosi in viso un
ghigno
soddisfatto.
Avrebbe
voluto che la ragazza gli tirasse una sberla, ma sapeva benissimo che,
se lo
avesse fatto, la sua copertura sarebbe andata a farsi benedire dalla
strega
Morgana. Constatò piacevolmente che la ragazza, forse a
causa della sua
presenza, non rispose in alcun modo a quel gesto. Decise di
accontentarsi,
ripromettendosi di rendere le norme da lui stabilite per il loro patto
più
restrittive il prima possibile.
-Andiamo?-
domandò Hermione, interrompendo il lungo scambio di occhiate
truci dei due.
Malfoy
aveva
annuito vago.
Belby
se ne
era uscito con un “Certo, amore” che fece tendere
tutti i muscoli dello
Slytherin. Questa, per quel che lo riguardava, era una prova certa
della
falsità del ragazzo.
Bene, allora adesso posso ucciderlo dedusse
Draco.
-Volete
sedervi nelle tribune delle vostre Case?- chiese ancora la Gryffindor,
quasi
come se avesse il desiderio di liberarsi il prima possibile di quei
due.
Ovviamente,
Marcus disse che preferiva seguirla.
-Rinnegare
la propria Casa per una ragazza- commentò Malfoy, mentre
cominciava ad avviarsi
verso le scale che lo avrebbero condotto agli spalti semivuoti verdi ed
argentei degli Slytherin – Stupido, vile e banale- commentò acido,
abbassando la voce, sebbene
sapesse di essere perfettamente udibile.
Belby
gli
rispose. La sua frase fu volgare e se ne pentì non appena
Hermione cominciò a
guardarlo sconvolta. E bugiarda, come lui.
Meglio di lui.
***
La
partita
fu più noiosa del solito. Oltre
all’inutilità di quel rincorrere alcune palle a
cavallo di insicuri trabiccoli di legno, quella partita ebbe anche la
fortuna
di essere completamente scialba. Già dopo i primi minuti
infatti, con quasi
sessanta punti di vantaggio, l’esito di quella partita era
certo.
Evidentemente, le ore supplementari di allenamento fortemente volute
dal nuovo
capitano Harry, ristabilitosi completamente, avevano sortito il loro
effetto.
Persino Ron, l’eterno insicuro, parava la Pluffa con una
strana certezza nei
gesti, molto vicina alla strafottenza. Ogni presa del Weasley poi, era
accompagnata da una rumorosa ovazione da parte di Lavanda e di alcune
ragazze
da lei convinte ad alzarsi, fischiare e urlare il nome del suo
fidanzato. Lo
aveva chiesto anche a lei, leggermente rossa in viso per
l’imbarazzo. Aveva
acconsentito. Se Lavanda aveva avuto il coraggio di chiedere a lei di
fare il
tifo per il suo ex fidanzato pur di farlo felice, chi era lei per
tirarsi
indietro, evitando di fare una pessima figura imitando una scimmia
urlatrice?
La
cosa che
più la impressionò di quella partita
però, fu la grande affinità di Harry e
Ginny. Pur giocando in due ruoli totalmente diversi, i loro occhi non
smettevano mai di cercarsi, pronti ad intervenire nel caso in cui
l’altro fosse
stato in difficoltà. Potter, nel suo tipico atteggiamento da
cavaliere della
Tavola Rotonda, si era quasi preso un bolide in pieno petto,
così da evitare
che questo colpisse la sua gracile fidanzata. La quale, non appena vide
il suo
gesto, cominciò ad urlare che non aveva bisogno di una baby
sitter. La Weasley
gli ricambiò il favore alla prima occasione.
Hermione,
osservandoli, ne ebbe la certezza.
Il
loro era
amore. Un amore semplice e sincero.
Li
invidiò.
Voleva
anche
lei qualcuno con cui condividere quel sentimento, qualcuno che la
capisse,
qualcuno da amare.
Voleva
smettere di essere sola.
-Come
mai
Malfoy non gioca più a Quidditch?- le chiese
all’improvviso Belby.
Non
capì
immediatamente quella domanda, poi ricordò.
Non
aveva
visto la prima partita del campionato di Quidditch,
quell’anno. Sapeva solo che
i Ravenclaw avevano sconfitto gli Slytherin.
Tu non sai cosa ha passato e a cosa ha
rinunciato per te le aveva detto Daphne Greengrass. Si era
chiesta spesso a
cosa si riferisse la ragazza.
-Scusa,
devo
andare- gli aveva risposto, alzandosi e dileguandosi rapidamente.
Aveva
freddo. Stava ripercorrendo rapidamente la strada per il Castello.
Harry, Ron e
Ginny si sarebbero arrabbiati quando, a partita conclusa, lei non
sarebbe
andata a complimentarsi con loro.
Aumentò
il
passò.
Percepì
una
presa salda attorno al polso destro. Quell’idiota di Belby
l’aveva già
raggiunta. Si fermò e si voltò.
-Senti,
Marcus … - cominciò.
Le
parole
seguenti le morirono in gola.
-Hai
le mani
gelide, Hermione – constatò un Draco Malfoy,
leggermente preoccupato e appena
affannato.
-Ho
freddo.
Sto tornando al castello- gli rispose lei, creando delle vanescenti
nuvole di
vapore ad ogni parola.
Lui
si
slacciò il giubbotto e, afferratele le mani, gliele condusse
fino alla stoffa
calda dei suoi vestiti. La ragazza percepì la consistenza
tonica del suo corpo.
La
strinse a
sé.
-Cosa
stai
facendo?- gli domandò Hermione.
Lui
alzò il
sopracciglio destro.
-Mi
pare
ovvio, ti scaldo-
Le
gote
della Gryffindor si tinsero di un rosso acceso.
-Potrebbero
vederci- disse lei, meno desiderosa di staccarsi da lui di quanto desse
a
vedere.
La
presa di
Draco si fece più sicura, mentre immergeva il viso nei suoi
ricci profumati.
-
Draco – lo
chiamò.
Luì
si
spostò. Le loro labbra a pochi centimetri di distanza.
La
baciò. In
modo rude e passionale, liberando tutti i freni che si era imposto e
smettendo,
finalmente, di trattenersi. Lui la voleva, glielo aveva detto in tutti
i modi
che conosceva.
Lei
lo aveva
volutamente ignorato e ora doveva subire le conseguenze della sua
scelta.
Immerse
la
mano destra nei suoi capelli, afferrandoglieli con forza e continuando
a
stringerla a sé.
Avvertì
le
mani di Hermione, che lui stesso aveva riparato sul suo corpo,
allontanarsi e
allungarsi sui fianchi della ragazza. Inerme e fragile tra le sue
braccia.
Non
si stava
opponendo al suo gesto, ma non lo stava neppure condividendo con lui.
Di
nuovo,
solo lui cercava lei.
L’allontanò,
conscio e colpevole.
-Scusami-
aveva mormorato, con lo sguardo basso, mentre faceva aumentare con
passi rapidi
e ampi la distanza tra i loro corpi.
Si
voltò.
Solo.
***
Draco
se ne
era andato. Forse spaventato, forse arrabbiato.
Aveva
interrotto quel loro contatto rapido e fugace, lasciandola
lì sola.
Si
portò una
mano alla bocca, toccandosi le labbra ancora calde del bacio dello
Slytherin.
Era
sicura.
In quei secondi troppo brevi in cui i loro corpi si erano accarezzati,
aveva
potuto sentirlo di nuovo. Ne era così certa
perché le sue orecchie ne erano
rimaste quasi assordate. Eppure, dopo tutto quel tempo, risentire il
battito
del suo cuore, agitato da qualcosa di diverso dalla paura, le era
sembrato
bellissimo.
Quel
bacio
le era sembrato bellissimo.
Lui era bellissimo.
Cominciò
a
correre.
Poco
le
importava dei capelli spettinati che si agitavano nel vento e del suo
aspetto
disordinato.
Corse, sentendo i suoi muscoli tendersi
per accontentare le richieste sempre maggiori del suo cervello, in quel
momento
focalizzato solo su un unico pensiero. Raggiungerlo.
Lo
vide
sparire dietro il legno massiccio della porta d’ingresso
della scuola. Aumentò
ancora il passo, rischiando di non riuscire a fermarsi
sull’uscio, che spalancò
trafelata.
Lo
vide
salire lo scalone dell’atrio. Lo chiamò,
piegandosi un attimo per riprendere
fiato. Quando si rialzò i loro sguardi si incrociarono.
Nei
suoi
occhi grigi poté vedere un breve bagliore. In silenzio, le
stava chiedendo le
motivazioni del suo comportamento.
Hermione
salì rapida le scale a due pioli alla volta.
Finalmente
poteva raggiungerlo. Voleva raggiungerlo.
Doveva
raggiungerlo.
Fu
ad un
passò da lui.
Inciampò
sull’ultimo scalino.
Le
braccia
forti di lui la sorressero.
La
ragazza
sussurrò piano un ringraziamento.
-Devi
dirmi
qualcosa?- le chiese Draco.
-In
realtà
devo chiederti qualcosa- gli rispose Hermione.
Lo
Slytherin
alzò un sopracciglio.
Lei
arrossì.
-Posso
baciarti?-
Il
sorriso
che si aprì sulla sua bocca fu il più bello che
Hermione avesse mai visto.
Gioioso, gentile, grato.
-Accomodati-
le rispose, come ad invitarla ad entrare in una casa in cui, da tempo,
aveva
lasciato le sue valige.
Soddisfatto, solare, semplice.
Lei
si alzò
sulle punta dei piedi, così da poter essere alla sua
altezza.
Dolce, desideroso, destabilizzato.
Cercò,
improvvisamente spaesata, il contatto con le sue mani. Lui gliele fece
trovare
subito.
Le
loro dita
si intrecciarono in un nodo indissolubile.
Afrodisiaco, ansioso, attratto.
Hermione
si
sporse, instabile sul suo appoggio improvvisato.
Posò
la sua
bocca sulla sua.
Indeciso, impressionato, innamorato.
Draco
non
attese oltre e rispose a quel contatto, afferrando nella salda presa
delle sue
labbra quelle di lei.
Mordicchiò
piano il suo labbro inferiore, domandando con quel gesto il permesso di
avere
il pieno accesso alla sua bocca. Quella di lei si dischiuse leggermente.
Il
calore
che gli avvolse e la necessità di quel bacio troppo atteso
li lasciò senza
fiato.
Draco
le
concesse un attimo di pausa, che usò per piegarle la testa
in modo che quel
contatto fosse più comodo per entrambi.
La
mano di
Hermione si perse nei capelli ispidi e biondi della nuca di lui.
Inosservati,
nascosti in un anfratto della scuola di Hogwarts, quella lunga danza
continuò a
lungo.
Note
dell’Autore
Comincio
subito questo spazio facendo un ringraziamento.
Grazie
a Lady Annette, per il suo
ineccepibile
lavoro da correttrice di bozze, di questo capitolo e della quasi
totalità di
quelli precedenti, e per la sua comprensione.
Per
quanto
riguarda il capitolo, beh non è il mio preferito. Ho deciso
di cambiare
completamente la trama della mia storia (nella prima versione di You
and Me,
non si sarebbe scoperto così presto di Marcus).
L’ho fatto per un motivo
semplicissimo: mi sono reso finalmente conto (forse) che quella che sto
scrivendo è una Dramione e che le mie lettrici vogliono
questo. Vi starete
chiedendo cosa me l’ha fatto capire. Vi rispondo che sono una
serie di fattori,
tra i quali alcuni (come il calo del numero di recensioni e la perdita
di
alcune persone che avevano messo la mia storia tra le ricordate)
più visibili
di altri.
Il
fatto che
Belby fosse un “malvagio Mangiamorte”, comunque,
era già stabilito e, infatti,
avevo piazzato due giganteschi suggerimenti per le lettrici
più attente. Nella mia
testa di sadico, però, c’era il forte desiderio di
farvi adorare il suo
personaggio, per poi distruggerlo con un colpo solo.
Alla
fine,
ho cambiato idea.
Risultato?
Un Hermione prostituta e un Draco estremamente comprensivo.
Ho
deciso di
utilizzare la funzione “rispondi”, quindi niente
pagine infinite con le
risposte ad personam, questa volta (le risposte arriveranno il prima
possibile,
lo prometto).
Non
era
questo il capitolo “natalizio” che volevo
“regalarvi”, ma, per problemi
personali, ho deciso di prendermi una pausa. Quindi, Buon Natale a
tutti!
Spero
a
presto,
Jerry
P.S.:
grazie
di cuore a tutte le persone che hanno messo la mia storia tra le
preferite/seguite/ricordate e a chi ha recensito.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Christmas Present: Nightfall ***
Chapter
thirteen, Christmas Present: Nightfall
A Lady Annette,
perchè, hai ragione tu, in fondo non mi hai chiesto la Luna
...
Hermione
si
avvicinò a Marcus, lo salutò sorridente e gli
porse un pacchetto di carta blu ornato
con un fiocco eccessivamente
sfarzoso di
color rame. Il ragazzo squadrò prima il dono e poi lei.
-Come
mai mi
dai oggi il mio regalo di Natale?- le chiese con tono interrogativo.
Natale. Quei quasi quaranta giorni erano
passati rapidi. Quaranta giorni dal
suo primo bacio con Draco.
La
ragazza
contemplò per un attimo la possibilità di
spiegarli che era tradizione Babbana
quella di consegnare di persona i propri regali e non di spedirli via
gufo, ma
si disse che, vista la grande preparazione del Ravenclaw su tutto
ciò che
riguardava il suo mondo di provenienza, tutto ciò sarebbe
stato solo un inutile
perdita di tempo.
-Silente
mi
ha dato il permesso di cominciare le mie vacanze già da
questa sera, quindi,
siccome parto oggi e non domani e visto che non credo ci vedremo
durante il
periodo natalizio … -cominciò lei non sapendo fin
da subito che pesci pigliare
per spiegare una cosa che, ai suoi occhi, era estremamente semplice
– Comunque,
se vuoi, puoi aprirlo il giorno di Natale, non è necessario
che tu lo faccia
adesso- concluse lei un po’ troppo sbrigativa.
Il
ragazzo
sbiancò a quella risposta, con la paura di aver scontentato
il suo obbiettivo
dipinta negli occhi.
-Assolutamente
no!- esclamò lui.
In
un
battere di ciglio, la carta che nascondeva il regalo era stata
strappata,
svelando il suo contenuto.
Una
sciarpa,
comprata con pochi soldi e di una sfumatura bluastra non delle
migliori.
-Grazie,
amore- disse questo con un sorriso gentile e appoggiando la sua mano
sulla
guancia morbida di lei.
Hermione
rispose a quel sorriso falso con un altro altrettanto bugiardo.
Marcus
la
tirò a sé, per ricompensare quel suo gesto
“gentile” con un bacio.
La
Gryffindor vide le labbra di lui avvicinarsi pericolosamente.
Sapeva
benissimo che, se si fosse fatta baciare, poi avrebbe dovuto subire un
lungo
interrogatorio da un Draco furioso e accecato dalla gelosia. Sapeva
altrettanto
bene, però, che, se avesse trovato un modo per sfuggire a
quel contatto anche
questa volta, il Ravenclaw avrebbe cominciato a sospettare qualcosa.
Fece
rapidamente un voto a Morgana e agì seguendo
l’istinto, sperando che questo non
la portasse ad una rapida morte causata dalla bacchetta di Malfoy.
Optò per la
scelta più logica e, con un rapido movimento, prese
l’iniziativa e posò un
castissimo e rapidissimo bacio sulle labbra del ragazzo.
Belby
rimase
interdetto. Lei, si alzò e, dopo aver ricevuto
un’occhiataccia da Madama Pince
per aver strusciato la sedia, si allontanò da Marcus,
dicendo che aveva bisogno
di un libro.
Superò
alcuni scaffali e, dopo aver svoltato a destra, trovò
finalmente Draco seduto
per terra e appoggiato al muro, completamente assorto nella lettura di
un
grosso volume appoggiato sulle sue ginocchia.
-La
Biblioteca- cominciò lui, voltando pagina e rimanendo in
silenzio per alcuni
istanti, forse attratto da un passaggio particolarmente interessante
dell’opera
che stava leggendo – Bel posto per un appuntamento romantico-
continuò ironico,
alzando lo sguardo sulla ragazza.
-Hai
ragione- gli rispose lei – La prossima volta
inviterò Marcus nel Bagno dei
Prefetti, così, se qualcuno ci troverà nudi,
avremo una scusa plausibile-
Malfoy
chiuse gli occhi e si prese alcuni minuti per contare fino a dieci e per permettere ad una
discreta quantità di
ossigeno di rinfrescarli il cervello.
-Chiedimi
scusa per aver baciato quel muflone- disse gelido lui dopo aver
catturato il
suo sguardo.
-Stai
scherzando?- gli domandò Hermione sconvolta.
-Io,
a differenza
tua, non mi diverto con battute di dubbio gusto- le rispose lui
– E, comunque,
per quale motivo saresti venuta immediatamente qui, altrimenti?-
Hermione,
che aveva voluto assicurarsi che il ragazzo non fosse furioso, si
pentì
immediatamente della sua scelta.
-Scusa-
mugugnò.
Sebbene
il
verso della ragazza avrebbe potuto significare
un’infinità di cose, Draco
decise di essere buono, così da mantenere intonso lo
spropositato orgoglio
della sua ragazza.
-Ora,
implorami di non portarti via da questo posto che puzza di vecchio
legandoti
mani e piedi e gettandoti in spalla come un sacco della spazzatura-. Buono, ovviamente, per quanto un Malfoy
potesse essere definito tale.
Hermione
rimase basita.
-Non
lo farò
mai-
Lui
sospirò.
-Allora,
ci
vediamo tra dieci minuti. Soli-
sottolineò lo Slytherin, specificando, pur senza dirlo, che
doveva liberarsi
del muflone.
In
quell’istante la voce di Belby riempì la stanza.
La stava cercando.
Hermione
afferrò il libro che teneva in mano Draco e corse in contro
al suo spasimante.
I
silenziosi
tentativi del ragazzo di fermarla furono vani e, alla fine, dovette
arrendersi
e lasciarla andare.
Si
alzò e
uscì dalla biblioteca, passando per l’entrata
secondaria.
Eppure,
gli
sarebbe piaciuto vedere la faccia di Hermione.
-Eccomi!-
esclamò la ragazza, spuntando da dietro uno scaffale con il
libro stretto al
petto – Scusami, non riuscivo a trovarlo-
continuò, scostando la sedia e
poggiando il volume sulla scrivania.
Gli
occhi lucidi
di malizia di Belby, accompagnati da un perverso ghigno sbilenco, si
spostarono
dalla copertina del tomo alla scollatura della camicetta quasi
completamente
abbottonata di Hermione.
Scossa
da
quell’indagine improvvisa che tutto poteva sembrare tranne
che gentile o
educata, si portò di riflesso una mano a coprire il seno,
già di per sè
completamente nascosto, e lesse, con una rapida occhiata, il titolo
dell’opera
omnia che tanto aveva interessato Malfoy.
Le
lettere
si composero rapide nella sua mente a formare un parola dal retrogusto
orientale.
“Kamasutra”.
La
vergogna
le colorò celere il viso e, con la stessa
velocità, una serie di muti insulti
nei confronti di Draco venne sfoderata dalla fantasiosa mente della
Gryffindor.
Io lo ammazzo. Anzi, prima trucido tutti i
suoi ormoni da toro infoiato, poi lo decapito!
Hermione
ebbe solo il tempo per percepire con i suoi sensi da duellante
l’avvicinamento
della mano vogliosa del Ravenclaw verso il suo sedere.
E si atteggiava pure da gentiluomo, ‘sto
Mangiamorte perverso!
Si
scostò
rapida, con le gote prede di un fuoco infernale e con il crescente
desiderio di
rifare i connotati a quel porco.
-Devo
aver
preso il libro sbagliato- buttò lì, mentre,
intanto, cercava una scusa
plausibile da utilizzare.
Belby
prese
il libro tra le mani e, dopo aver guardato a lungo l’immagine
animata sulla
copertina di quei corpi nudi e aggrovigliati in pose sempre
più complesse, alzò
lo sguardo sulla sua persona, come a dire che nessuno avrebbe potuto
prendere
un libro del genere senza volerlo veramente.
Hermione
trattenne a stento il desiderio di afferrare la propria bacchetta per
cominciare a scagliare Maledizioni a destra e a manca. Quel piacere, si
disse,
sarebbe dovuto toccare solo a quell’idiota di Malfoy.
Agguantò il libro in
questione e, dopo esserselo portato al petto, facendo attenzione a
coprire quei
tre o quattro scostumati che si stavano dando alla pazza gioia,
uscì dalla
stanza con passo marziale.
Forse,
se
Madama Pince non fosse stata completamente fuori di sé,
avrebbe requisito quel
libro assolutamente immorale, per poi, ovviamente, usarlo per animare
le sue
nottate assieme a Gazza lo Sghembo.
Quando
lo
vide, beatamente appollaiato sul basso muretto che affiancava la
stradina
sterrata che conduceva alla casa di Hagrid e, poi, alla Foresta
Proibita,
desiderò di ucciderlo.
Oltre
ad
averla messa in quella situazione sconveniente, infatti, il biondino si
era
pure dimenticato di dirle dove dovevano incontrarsi. Idiota.
E lei, idiota il doppio di lui, si era anche dannata per
non arrivare in ritardo!
-Sei
in
ritardo- le disse lui tranquillo, dopo aver espirato il fumo della
sigaretta,
che, come era solito fare, aveva acceso non appena ne aveva avuto la
possibilità.
Hermione
strinse i pugni, pronta a conficcarsi le unghie nella carne, pur di
trattenersi.
Non
appena
si ricordò che era assolutamente stupido farsi del male per
un impiastro come
Malfoy, cambiò strategia e decise di utilizzare lo Slytherin
come valvola di
sfogo.
Gli
si
avvicinò, fino ad averlo a poco più di due metri.
Afferrò
saldamente il volume a luci rosse e glielo lanciò, prendendo
come bersaglio il
bel viso aristocratico del biondo. Quest’ultimo, i cui
riflessi erano stati
rafforzarti dagli allenamenti per il suo ruolo di Cercatore nella
squadra di
Quidditch della sua Casa, lo schivò piegando la testa a
destra, mentre, con
fare strafottente, si portava nuovamente la sigaretta alla bocca.
-Sei
troppo
lenta e rumorosa per riuscire a colpirmi- disse lui – E
comunque, dovresti
cercare di essere un po’ più controllata. Ti
scaldi per ogni minuscola cosa,
Hermione -.
Il
sermone
saccente del ragazzo venne accompagnato dal simpatico corretto dei
quattro
abitanti della copertina del Kamasutra, i quali, dopo aver lungamente
lavorato,
si abbandonarono ad un melodioso orgasmo all’unisono.
Hermione
afferrò la propria bacchetta, prossima ad esplodere.
-
Silencio!-
Immediatamente,
le figure animate tacquero.
-
Wingardium
Leviosa – continuò la ragazza, facendo levitare
rapidamente il libro in aria.
Draco
la
guardò preoccupato.
-
REDUCTO!-
gridò la Granger, mentre mentalmente ringraziava Ginny per
averle insegnato
quell’incantesimo.
Lentamente,
una polvere leggera planò verso terra, ammucchiandosi
sull’erba verde.
Malfoy,
stringendo la sigaretta tra le labbra sottili, cominciò ad
applaudire piano,
per poi smettere non appena la ragazza prese a dirigersi verso di lui.
-Alzati-
gli
ordinò fredda.
Lui,
portandosi la mano alla fronte in un saluto militare, obbedì.
Con
un gesto
rapido, la Gryffindor afferrò la cicca del ragazzo e la
gettò a terra. Infine,
con un gesto teatrale, la spense sotto la suola della sua scarpa.
-
Hey! –
cominciò Draco sconvolto – Io le pago quelle!-
-Scusati-
gli rispose lei senza calcolare minimamente i suoi brontolii.
Il
Malfoy la
squadrò dall’alto in basso.
-Per?-
chiese, assumendo un’aria superba.
-Chiedimi
scusa- insistette la ragazza.
I
due, senza
nemmeno rendersene conto, era pericolosamente vicini.
-Non
lo farò
mai- disse Draco alzando le spalle.
-Ok,
ok!-
urlò alla fine il giovane Malfoy – Scusami!-
Hermione,
al
suono di quella parola così soave, mollò
immediatamente la presa.
Draco,
invece, non appena fu libero, cominciò a massaggiarsi
l’orecchio sinistro che,
dopo l’assalto della Gryffindor, aveva assunto una poco
promettente tinta
bordeaux.
-Certo
che
sei proprio violenta!- esclamò esasperato, mentre costatava
la vanità dei suoi
tentativi di farsi passare il dolore.
-Potevi
chiedermi scusa subito- gli disse lei, alzando le spalle tranquilla.
Si
era
allontanati dalla scuola, avvicinandosi alla Foresta, sperando che
Belby non
avesse deciso di seguire Hermione.
Per
quel
poco che lo conosceva, comunque, la ragazza si sentiva di scartare
tranquillamente quell’ipotesi. Se era realmente un
Mangiamorte, infatti, molto
probabilmente, qualsiasi fosse la missione che Lord Voldemort gli aveva
affidato,
gli era stata imposta e quindi non si sarebbe dannato per inseguirla.
Nell’eventualità alquanto improbabile in cui,
invece, Marcus fosse un semplice
ragazzo realmente innamorato della riccia, sicuramente avrebbe avuto il
buonsenso di non seguirla, dopo quella pessima ed imbarazzante figura
che aveva
fatto.
Volendo
evitare qualsiasi possibile ritorsione, comunque, Hermione, pur
controvoglia,
aveva lanciato l’incantesimo Muffliato che Harry aveva letto
nel libro del
Principe Mezzosangue. Inutile dire che, se Potter fosse venuto a sapere
di ciò,
lei avrebbe perso tutta la sua credibilità, già
messa a dura prova dalla
quantità industriale di voci che giravano sulla sua persona,
di Prefetto severo
e rigoroso.
-Dovremmo
denunciarlo a Silente- concluse Draco, già afflitto per
quella che sapeva
sarebbe stata la risposta della ragazza.
-Non
abbiamo
ancora nessuna prova, Draco – gli rispose, infatti, lei.
-Probabilmente,
se lo dicessimo ai professori, loro potrebbero trovarne molto
più rapidamente
di noi. Magari utilizzando un po’ di Veritaserum, o usando la
Legilimanzia –
provò ad insistere lui – E, comunque, a mio
parere, tante piccole stranezze
come quelle di Belby possono essere ritenute una prova-
Da
quando
lei e Malfoy si erano scambiati gli ruoli? Da quando lui era la persona
accorta
e lei quella stupida e recalcitrante?
-Voglio
essere io ad incastrarlo, voglio che Voldemort sappia che non sono una
preda
facile come crede- gli rispose lei – Devo farlo, è
una questione … –
-D’orgoglio-
la interruppe Draco – Come al solito, del resto-
Lei
abbassò
la testa, distogliendo lo sguardo da quel cielo grigio che prometteva
neve,
così simile al colore cinereo dei suoi occhi.
-Testarda,
orgogliosa, saputella, pudica, violenta e autolesionista-
elencò Malfoy, mentre,
scuotendo piano la testa, afferrava il suo pacchetto di sigarette
– Me la sono
proprio andata a cercare-
Hermione
continuò imperterrita a fissarsi i piedi.
-
Hey, stavo
scherzando!- la rassicurò, dandole alcune pacche gentili
sulla testa, come un
padre amorevole avrebbe fatto con una bambina troppo esuberante.
Lei
sorrise.
-Hai
ragione
tu, meglio dirlo ai … -cominciò, prima
d’essere interrotta di nuovo da Draco.
-Due
mesi,
dopo il rientro dalle vacanze. Dopo questo periodo lo diremo ai
professori, che
tu abbia prove a favore della tua tesi o meno-
Mormorò
un
ringraziamento, lui alzò le spalle, portandosi la sigaretta
alla bocca.
-Devo
darti
una cosa- cominciò all’improvviso Hermione, mentre
cominciava a frugare nella
sua borsetta, opportunamente ampliata con un incantesimo di Estensione
Irriconoscibile – Oggi pomeriggio ritorno a casa –
Casa: un edificio vuoto e solitario.
-Quindi,
siccome è tradizione Babbana consegnare i regali di Natale
di persona, ecco il
tuo!- esclamò riuscendo finalmente ad afferrare un pacchetto
rettangolare verde
e argento.
Draco,
euforico per la notizia, gettò la sigaretta ancora a
metà e afferrò la
confezione.
La
sua
espressione mutò immediatamente quando vide il contenuto di
quell’involucro.
Un libro.
-EGOCENTRISMO
e VITTIMISMO: ecco la cura!- disse, leggendo il titolo sulla copertina.
“Guida
per
Principianti”, recitava una nota a piè di pagina.
-Un
libro?-
chiese Draco, trattenendo a stento un conato di vomito –
Dimmi la verità … è
uno scherzo?-
-No-
-E
a Belby
hai regalato una sciarpa?- domandò ancora il biondino.
-Si-
-Dimmi
che
hai una buona scusa per non avermi regalato qualcosa di meglio- la
implorò.
Hermione
sospirò.
Irrecuperabile.
-A
dire il
vero ne ho due- gli rispose, dopo aver riacquistato la calma
– La prima è che
non sapevo cosa regalarti, visto che i tuoi fondi alla Gringott
occupano almeno
una decina di camere blindate. La seconda, invece, nasce dal fatto che
i miei
genitori non pensavano di – si fermò per cercare
la parola più adatta, la meno
dolorosa – andarsene così presto e che non posso
prevelare neppure un centesimo
dal mio conto fino a quando non sarò diventata maggiorenne-
-Ma
tu sei
già maggiorenne!- esclamò esterrefatto Malfoy,
colpito più dalla stupidità
della frottola della ragazza che non dal contenuto della stessa.
-Lo
sono nel
mondo magico, ma per essere ritenuta una donna adulta, nel mondo
Babbano, devo
aver compiuto diciotto anni- gli spiegò tranquilla
– Quindi, mi dispiace Draco,
ma questo Natale è a risparmio-
Più
volte
Hermione, nei mesi precedenti, aveva potuto osservare la
rapidità dei cambi
d’umore del lunatico Draco, ma mai, prima di quel momento, lo
aveva visto
diventare serio così all’improvviso.
-Dovevi
parlarmene- disse, cercando di celare la sua rabbia e il suo rancore
– Se hai
bisogno di soldi, devi solo chiedermeli-
Anche
Harry,
un giorno di alcune settimane prima, quando era venuto a sapere della
sua
situazione, aveva cercato di convincerla ad accettare il suo denaro in
prestito
e, come lui, pure Ron e Ginny, a nome di tutta la famiglia, si erano
presentati
con una manciata di galeoni. Persino Silente, nella sua infinita
bontà d’animo,
le aveva offerto una borsa di studio.
La
sua
risposta era sempre stata la stessa. Aveva chinato la testa di lato,
sorriso e
rifiutato gentilmente l’offerta.
E
le costava
ammetterlo, ma avrebbe preferito abbandonare Hogwarts e raggiungere i
suoi
parenti Babbani, pur di non essere costretta ad accettare i soldi di
Draco.
Come lui stesso le aveva detto, infatti, lei era troppo orgogliosa per
abbassare il capo e accettare quell’aiuto che, nella sua
testa, veniva catalogato
sotto la voce “carità”.
-Non
ti
preoccupare, Draco. Durante queste vacanze di Natale andrò a
trovare mia zia,
la mia tutrice legale, e le chiederò di fare un piccolo
prelievo a nome mio-
Percepì
il
calore della stretta delle mani dello Slytherin attorno alle proprie.
-Permettimi,
almeno, di pagarti la tassa trimestrale- insistette Draco –
La mia non è pietà,
Hermione – specificò poco dopo.
E cos’è, allora?
Questo
avrebbe voluto chiedergli, ma non lo fece, troppo spaventata dalla
risposta che
avrebbe potuto ricevere.
-Se
ne avrò
bisogno, te lo chiederò. Fammi parlare prima con zia Margot
– acconsentì lei,
alla fine.
Sul
viso di
Draco si dipinse il suo bellissimo sorriso. Sincero e vittorioso.
-Bene,
allora. Spero di vederti presto- concluse, mentre, dopo aver afferrato
il viso
di Hermione tra le mani, si concedeva un lungo bacio troppo a lungo
trattenuto.
Questo,
infatti, era stato il patto silenzioso che i due avevano stabilito
senza mai
accordarsi veramente: fare incontrare le loro labbra solo quando
l’astinenza
dal sapore dell’altro diventava insopportabile.
Molto
spesso, dunque.
***
Lo
aveva
promesso: nelle prime ore della giornata dell’indomani, la
Vigilia di Natale,
avrebbe abbandonato la casa dei suoi genitori e, usando la
Materializzazione,
di cui aveva superato l’esame da poco, avrebbe raggiunto la
Tana, dove
l’aspettavano l’intera famiglia Weasley, ad
eccezione di Percy, il quale
sembrava aver troncato i rapporti con i suoi consanguinei, e Harry,
che, come
lei, sarebbe stato ospitato dai rossi durante il periodo natalizio.
Percorse
il
vialetto di casa con passi instabili. Arrivò al porticato.
In un angolo vi era
ancora la poltrona dove, durante le serate estive, amava sedersi per
leggere.
Posò la sua valigia e, frugando nella sua piccola borsetta
magicamente
ampliata, prese a cercare le chiavi. Non appena le trovò, le
infilò nella toppa
della porta d’ingresso. Un tintinnio melodioso
accompagnò il gesto con cui le
fece girare nella serratura.
Posò
la mano
sulla serratura e l’uscio si aprì.
Afferrò
il
proprio bagaglio e, facendosi coraggio, entrò.
Riconobbe
quella
fragranza famigliare, nascosta dall’odore di chiuso.
Aprì una finestra per
cambiare aria.
Si
guardò
attorno.
Rivedere
l’arredamento di quel salotto, accuratamente scelto da sua
madre e poi nascosto
con lenzuoli bianchi per preservarne la bellezza per volere di sua
nonna, le
mozzò il fiato.
Non
appena
lo distinse, sotto la candida stoffa con cui era stato ricoperto, lo
raggiunse.
Le sue mani tremanti riuscirono a scostare il telo leggero.
Il pianoforte di papà.
Si
lasciò cadere
sullo sgabello foderato e si perse ad osservare il susseguirsi dei
tasti
bianchi e neri. Ricordava le domeniche mattine in cui suo padre si
accomodava
su quello scranno, che ora occupava lei, e durante le quali, dopo aver
scrocchiato le dita, cominciava a suonare, chiedendo spesso alla moglie
di
accompagnarlo cantando. Ricordava come suo padre cercò
più volte, invano, di
darle alcune lezioni, le quali si concludevano tutte con un forte mal
di testa
e lo scontento dei vicini.
Hermione
si
ripromise che avrebbe imparato. In memoria di suo padre.
Accarezzò
un
tasto e udì il suono che l’oggetto le
rimandò.
Si
alzò e
afferrò la bacchetta. Scagliò alcuni incantesimi
non verbali, come le aveva
richiesto Drew, come aveva smesso di fare non appena aveva deciso di
non
seguire le lezioni private con il nuovo professore.
Cave Inimicum
Si
era
presentata al loro solito appuntamento, lui l’aveva guardata
stupefatto.
Maleficio Reflego
Lei
gli
aveva chiesto i libri che doveva leggere per la volta successiva, lui
glieli
aveva consegnati.
Altera Oculis
Gli
aveva
detto che, essendo lo studio della magia Nera l’unico fine di
quelle lezioni,
non aveva più intenzione di prenderne parte. Aveva aggiunto,
poi, che se fosse
stato così gentile da indicarle quali volumi doveva leggere,
avrebbe continuato
ad approfondire le proprie conoscenze, seguendo, però, i
propri ritmi. Lui, a
malincuore, aveva accettato.
Qualcuno
si
avvicinò alla proprietà della famiglia Granger.
Immediatamente,
Hermione fu felice di aver lanciato l’ultimo incantesimo, che
aveva scoperto in
uno dei tomi che il professor Kennan gli aveva consigliato.
Nella
sua
mente, infatti, poté vedere la zona circostante la sua casa
e, concentrando la
propria attenzione sulla porta d’ingresso, poté
osservare lo sconosciuto.
Non
appena
lo riconobbe sorrise.
Era
il suo
vicino di casa, Christopher Hunt.
Nascose
rapidamente la bacchetta e attese che il ragazzo suonasse il
campanello. Il
trillo non tardò ad arrivare ed Hermione, dopo aver contato
mentalmente fino a
dieci, aprì la porta.
Sorrideva.
Di rimando, lo fece anche lei.
Non
lo aveva
mai visto triste, non lo aveva mai visto piangere o disperarsi. Sul suo
viso
c’era sempre un’espressione felice, qualsiasi fosse
la situazione, con chiunque
stesse parlando, qualunque fosse l’argomento principale
trattato.
Il
dolore,
la morte, la sofferenza.
Lui
le aveva
vissute. Lui, a differenza sua, le aveva superate.
Si
salutarono, concedendosi un abbraccio di conforto e alcune reciproche
pacche
amichevoli sulle spalle.
-Come
stai?-
le chiese, stringendole le mani. Il suo tocco era premuroso e la sua
gentilezza
rasentava una quasi distaccata cordialità.
Hermione
rifletté rapidamente, come era solita fare dinnanzi ad un
possibile pericolo.
Ripensò
al
buio del momento che aveva dovuto attraversare, alla
fragilità del suo corpo e
della sua mente e a quell’incomprensione che il mondo
sembrava avere nei
confronti di tutto ciò che usciva dalla sua bocca. Poi, si
concentrò sulla sua
cura, sul calore dell’amore che stava provando, sulla
tangibile preoccupazione
della sua voce. Ripensò a tutti i suoi difetti e a quelle
numerose qualità che
spesso celava. Ripensò a Draco, che prima era stato la sua
ancora al mondo
reale e che, lentamente e pazientemente, era diventato colui che la
teneva per
mano lungo l’impervio e tortuoso cammino della vita che aveva
quasi rischiato
di perdere.
-In
via di
guarigione- rispose, finalmente smettendo d’essere bugiarda
con gli altri e con
sé stessa.
Poche
pagine
la separavano dalla conclusione di quel libro, colmo di sofferenza e
privo del
normale senso logico. Avvertiva già la difficoltà
a separarsi da quelle pagine
ingiallite dal tempo a cui, in fondo, era affezionata. Eppure, non
voleva
fermarsi. L’inebriante desiderio di cominciare un nuovo
romanzo non poteva più
essere trattenuto.
-Vedrai
che
supererai anche questo- continuò Chris, cercando di
nascondere la folle
contentezza che gli dava rivederla più felice e tranquilla
dopo tutto quel
tempo.
Hermione
gli
offrì un tè caldo, che l’amico di
infanzia accettò ben volentieri.
Fortunatamente, il giovane Hunt non si accorse del rapido gesto della
bacchetta
con cui la ragazza fece comparire dal nulla alcune bustine per
preparare la
bevanda. Purtroppo, credendo che la Gryffindor non avesse intenzione di
far
ritorno presto in quel luogo, sua zia e sua nonna avevano eliminato
tutto ciò
che c’era di commestibile in quella casa.
Del
resto,
sebbene nessuna delle due lo sapesse, quella dove in quel momento stava
soggiornando era la scena di un delitto. Magico, certo, ma non per
questo
motivo meno sanguinoso e truculento.
-Hai
progetti per questa sera?- le chiese Christopher poco prima
d’uscire dalla
porta d’ingresso dell’abitazione.
Hermione
scosse piano la testa.
-Beh,
se
vuoi puoi venire a casa mia. Ordino una pizza, guardiamo un film alla
tv e
chiacchieriamo un po’ dei bei tempi andati come due vecchie
nonnette
bisbetiche. Niente di formale, solo una serata passata in compagnia di
un
vecchio amico che non vedi da tempo- propose lui.
-
Sarebbe
fantastico!- rispose immediatamente Hermione.
-Bene,
a
casa mia alle sette, allora. E ricordati, non puoi perderti, sempre
dritta e
poi a sinistra, dall’altra parte della strada- disse
ridacchiando il ragazzo,
mentre, girandosi di spalle, percorreva il vialetto pavimentato che
conduceva
al cancelletto della proprietà della famiglia Granger.
Chris
aveva
detto “niente di formale” e lei lo aveva preso alla
lettera. Certo, aveva fatto
attenzione a non infilarsi i pantaloni del pigiama, anche
perché era certa che
Chris, visti i coniglietti rosa con cui era decorato l’abito
in questione,
l’avrebbe fatta rinchiudere in qualche ospedale psichiatrico.
Restava il fatto,
comunque, che aveva scelto i pantaloni più comodi che aveva
a disposizione e
una larga felpa da uomo che Harry le aveva prestato una sera e che non
gli
aveva ancora restituito.
Seguendo
le
precise istruzioni di colui che l’aveva invitata, aveva
attraversato la strada
e, dopo aver voltato a sinistra, si era ritrovata di fronte alla
modesta
abitazione degli Hunt. Niente di eccessivo, una casa come tante e
piuttosto
anonima sotto molteplici aspetti. Tra questi ultimi, ovviamente, non
rientrava
il colore giallo acceso della vernice con cui erano stati dipinti i
muri
dell’abitazione.
Suonò
al
campanello.
Il
padrone
di casa le aprì presto.
Hermione
trasse un sospiro di sollievo quando vide gli abiti del ragazzo, un
paio di
pantaloni di tuta e una maglietta nera a maniche corte.
Fortunatamente,
la parola “informale” aveva lo stesso significato
per entrambi.
Così,
lei
entrò, ringraziando il giovane che la invitava a mettersi
comoda, inchinato in
modo platonico. Chris, strusciando sul pavimento le pantofole grigie in
cui
aveva infilato i piedi nudi, la condusse fino al salotto e, dopo aver
atteso
che lei si accomodasse, come lui stesso le aveva consigliato, si
spaparanzò sul
divano. Dopo aver incrociato le gambe, le indicò una pila di
DVD e le chiese di
scegliere quello che preferiva.
Il
ragazzo
aveva appoggiato sul tavolino la scatola contenente la pizza, ormai
vuota a
metà.
-Allora,
hai
un fidanzato?- le chiese Chris a bruciapelo, mentre si passava una mano
sulla
pancia piena.
-Diciamo
che
non lo è in modo ufficiale, ma che può essere
ritenuto tale- gli rispose
ambigua Hermione. Il ragazzo, educato come al solito, non
indagò con domande
indiscrete che avrebbero potuto metterla in agitazione.
-È
quel
biondino senza un minimo senso dell’umorismo che ti
accompagnava al funerale
dei tuoi genitori?-
Hermione
rispose con un cenno affermativo della testa.
Il
suo
vicino rimase in silenzio.
-Indubbiamente
è un po’ antipatico, ma credo sia il ragazzo
giusto per una come te-
-E
cosa te
lo pensare?- domandò colpita dalla sua uscita.
-Mi
ricordo
come ti guardava, come ti teneva vicina, come mi osservava pronto ad
azzannarmi
alla gola- le rispose lui tranquillo.
Hermione
sorrise. In effetti, Draco era molto protettivo. Forse, possessivo
era una parola più corretta, a dire il vero.
-E
tu
invece? Hai una ragazza?- domandò curiosa Hermione. Prima o
poi, si disse, la
sua bramosa voglia di conoscere l’avrebbe uccisa.
-Da
quando
un paio di settimane fa, guardandomi allo specchio, ho visto un paio di
corna
di troppo sulla mia testa, sono felicemente single-
Hermione,
mortificata per la pessima figura, cercò di consolarlo,
rinunciando non appena
capì che il ragazzo non aveva alcuna necessità
d’essere rallegrato. Era fin
troppo contento.
La
serata,
tra un trancio di pizza e l’altro, proseguì
rapidamente e, verso le undici,
Hermione, scusandosi, si ritirò per la prima notte nella sua
casa dopo molto
tempo.
Il
giorno
dopo, nella prima mattinata, avrebbe raggiunto la Tana dove sapeva
benissimo
l’aspettava ansiosa e bisognosa d’appoggio Molly
Weasley, con Bill e la sua
fidanzata ufficiale Fleur Delacour.
***
Ginny
era
già di ritorno dalla sala da pranzo, dove aveva appena
finito di preparare la
mastodontica tavolata, Allungata con un incantesimo da suo padre per
poter
ospitare tutta la famiglia.
-
Ginevra,
per favore, controlla che non si bruci l’arrosto mentre vado
un attimo da tuo
padre- le ordinò suo madre Molly, dopo aver lanciato una
rapida occhiata al suo
speciale orologio. Lo faceva sempre, nell’ultimo periodo. Del
resto, era
l’unico modo con cui la donna poteva assicurarsi che suo
figlio Percy, il quale
aveva troncato di netto i rapporti con la propria famiglia, stesse
bene. La
lancetta del nuovo “leccapiedi del Ministro”, come
lo aveva definito Fred,
comunque, era perennemente puntata sulla parola
“Lavoro”. Stava bene, dunque.
Sempre se quel suo eccessivo attaccamento alla sua minuscola scrivania
al
Ministero potesse essere ritenuto un sintomo di sanità
mentale.
La
rossa
ultimogenita della grande nidiata dei Weasley mescolò
distrattamente la
pietanza che la madre le aveva lasciato in custodia, sospirando
pesantemente.
Molly, infatti, l’aveva strappata con la forza dal salotto,
dove, assieme ai
gemelli, Ron, Harry ed Hermione, stava progettando uno dei nuovi
prodotti dei
Tiri Vispi Weasley. Va detto che l’unica ad avere un ruolo
che potesse essere
definito tale in quest’impresa, oltre a Fred e George, era
Hermione, la quale
stava snocciolando molteplici nozioni della sua invidiabile conoscenza
come se
niente fosse.
Qualcuno
bussò alla porta.
Ginny,
pulendosi le mani in uno strofinaccio, si avviò verso
l’uscio. Probabilmente,
si disse, era Charlie, finalmente ritornato a casa dopo una lunga
assenza.
La
sua
bocca, in un moto involontario, si spalancò dallo stupore.
-Buon
Natale!- esclamò Drew con un sorriso a trentadue denti
stampato in faccia.
-Auguri-
riuscì a rispondere lei, troppo presa ad osservare sconvolta
l’accompagnatore
del professore.
Draco
Malfoy, con la migliore delle sue espressioni schifate, la stava
guardando
dall’alto al basso, giudicando, assieme ai vestiti che
indossava, anche i
penosi gusti nel campo dell’arredamento di mamma Weasley.
-Che
ci fa
lui qui?- domandò, cercando d’essere discreta, con
un cenno della testa.
Drew,
ridacchiando, le si avvicinò e le parlò
all’orecchio.
-Deve
parlare con Hermione –
Evidentemente,
si disse la Rossa, la sua migliore amica le stava nascondendo qualcosa.
Prima
si era presentata al funerale dei suoi genitori tenendo a braccetto
niente meno
che il Principe delle Serpi, poi l’aveva vista passare la
grande maggioranza
delle sue ore con Belby, con cui sembrava aver cominciato una storia
seria. Ed
ora, a meno di un’ora dal pranzo di Natale, Malfoy si
presentava a casa sua, in
tutta la sua schifosissima superbia.
-
Drew!-
esclamò Molly, rientrando nella stanza. Il ragazzo,
superando con un’agile
mossa la ragazza, raggiunse la padrona di casa, la quale gli
spiaccicò un
affettuoso bacio sulla guancia, che non fece altro che aumentare la
gaiezza del
giovane.
Ginny,
intanto, aveva preso a squadrare il biondino, il quale, come al solito,
riponeva nei suoi atteggiamenti la solita superiorità.
-Te
la vado
a chiamare- disse lei, voltandosi rapidamente, ben contenta di non
dover più
guardare quella faccia da pirla che voleva profondamente prendere a
schiaffi.
Finalmente,
quella fessa della Piattola si decise a rendersi utile, liberandolo
dalla sua
riprovevole presenza. Drew, intanto, che si era offerto di
accompagnarlo, dopo
essersi sbaciucchiato con la vecchia, aveva preso a chiacchierare
amabilmente
del più e del meno con la stessa. Certo
che quel ragazzo ne ha di stomaco, pensò Draco.
Dopo
quasi
due minuti d’attesa, Hermione decise di accordargli la
grazia, presentandosi al
suo cospetto.
Lui,
l’erede
della famiglia Malfoy, era stato costretto ad attendere.
Chiunque,
al
posto della bella Gryffindor, sarebbe stato torturato a morte e,
probabilmente,
la Granger, conoscendo la sua agiata posizione nei suoi confronti,
aveva deciso
di prendersela comoda.
Draco
si
ripromise di fargliela pagare in qualche modo, per poi lasciar cadere
immediatamente i suoi propositi non appena la vide.
Splendida,
dannatamente splendida.
Drew
le fece
gli auguri e lei gli ricambiò, più fredda di
quello che avrebbe voluto essere.
Poi,
prestò
immediatamente la sua totale attenzione a Draco. Se era lì,
doveva avere un
buon motivo.
-Ciao,
Draco
- cominciò lei.
-Devo
parlarti- le rispose lui muovendo alcuni passi nel giardino della
famiglia
Weasley, in quel momento imbiancato da un sottile strato di neve.
Rimasero
ad
osservarsi in alcuni istanti.
Poi,
Hermione, dopo aver cominciato a passarsi rapidamente le mani sugli
avambracci
nudi, decise di prendere parola.
-Possiamo
fare in fretta?- gli domandò, agitando un po’ le
braccia per spingerlo a
parlare, pentendosi immediatamente della sua azione e stringendosi le
braccia
nuovamente al petto nel tentativo di porre fine ai tremori causati dal
freddo.
Lui
spalancò
gli occhi, offeso.
-Non
sei
felice di vedermi?- le chiese gelido, più
dell’aria di quel dicembre inoltrato.
-Non
mi sono
presa la giacca. Ho freddo- gli rispose lei aspra.
Un
ghigno
malizioso si aprì sulle labbra del biondo.
-Vuoi
che ti
scaldi io?-
-Certo-
rispose Hermione, bloccando subito con un gesto imperioso della mano il
ragazzo
che le si stava già avvicinando – Così,
saremo sicuri che tutti sapranno dei
miei timori su Marcus. Idea geniale, la tua –
Lui
sospirò
e scosse piano la testa.
-Dimentichi
il vantaggio più importante, amore- commentò
Draco divertito dalla situazione –
Eliminato quel verme dalla faccia della Terra, io dovrò
smettere di dividerti
con altri e potrò, finalmente, saltarsi addosso anche in
pubblico-
-
Draco,
amore, lascia che ti dia un consiglio- cominciò lei in
risposta – Non devi
sforzarti d’essere squallido, lo sei già di natura-
L’altro
ridacchiò
in modo poco convincente e, poi, rimase in silenzio.
-Allora?-
disse la Gryffindor, con le braccia incrociate e con un piede che,
puntellandosi su un lungo tacco sottile, batteva un ritmo incalzante,
che
quella discussione palesemente non aveva.
-Ok,
generale Granger – scherzò lui – Sono
venuto qui per due motivi. Il primo –
cominciò, avvicinando le labbra al orecchio di lei e
prendendo a sussurrare – è
che dovevo assolutamente dirti che per me è stato un
piacere, sia lo starti
vicino, sia il sapere che, se non fosse per il fatto che tutta la
famiglia
Weasley ci sta osservando dalla finestra, mi strapperesti i vestiti di
dosso e
mi obbligheresti ad appagare tutte le tue fantasie perverse
… -
Hermione,
fingendo di non aver udito l’ultima parte del suo discorso,
sorrise. Aveva
pensato per giorni interi a cosa scrivere su quella prima pagina di
quel
manuale strampalato che gli aveva regalato. Voleva che fosse qualcosa
di
sincero, di speciale, di vero. Voleva che fosse la più bella
dedica che Malfoy
avesse mai ricevuto. Purtroppo, la sua Musa ispiratrice aveva ben
pensato di
lasciarla a piedi. Maledetta.
Infine,
aveva deciso di scrivere ciò che pensava.
“Grazie,
per
tutto. Con affetto, Hermione”
Che
poi da
quella minuscola dichiarazione d’affezione la mente di Draco
avesse tratto
conclusioni inspiegabili e che, ovviamente, la vedevano completamente
senza
vestiti, era irrilevante.
Arrossì,
come una bambina pudica al primo bacio.
-Il
secondo
motivo, invece, è che devo darti questo-
continuò, slacciandosi alcuni bottoni
della lunga giacca nera.
Questo ragazzo è veramente malato, constatò
mesta Hermione.
-Spero
ti
piaccia-
Ed estremamente perverso,
pensò,
continuando il filo interrotto dei propri pensieri.
Poi,
vide
comparire un piccolo muso nero, accompagnato da un flebile miagolio.
-Lo
so- la
interruppe quando la vide in procinto di parlare –
È tradizione Babbana, oltre
che consegnare di persona i propri regali, anche quella di incantarli.
Ma ti
giuro che ho fatto di tutto per convincerlo a stare fermo mentre lo
avvolgevo
nella carta regalo!- esclamò lui, alzando la mano destra
ricoperta di graffi
più o meno profondi.
-
È per me?-
chiese la ragazza incredula.
-No,
è per mia
zia Bellatrix!- le rispose – Certo che è per te,
per quale motivo sarei venuto qui
altrimenti?-
Lei
continuò
ad arrossire, assumendo una tinta quasi bordeaux e smettendo di avere
freddo.
-Grazie-
-Prego-
Rimasero
in
silenzio.
-Posso
prenderlo?-
-Finalmente
me lo hai chiesto! Ma sei proprio sicura, amore, di volerlo fare con il
pubblico,
la prima volta?- disse Malfoy ghignando.
Hermione
finse di spazientirsi e tese le mani verso il piccolo animale, il quale
sembrò
essere ben felice di allontanarsi da quello psicopatico biondo
platinato.
Il
piccolo
gattino dal morbido pelo nero, interrotto solamente da una piccola
macchia
bianca quasi circolare sulla fronte, fece le fuse quando le mani
gentili di lei
lo accarezzarono.
L’esserino,
forse a causa del rigido clima, forse per la presenza di Draco, tremava
e la
riccia, impietosita di quella che ancora non sapeva essere un bestia
infida
almeno quanto la persona che gliela aveva regalata, se
lo strinse al petto. Ciò che ottenne, fu la
gioia del gatto e un commento stralunato da parte di quello che oramai
doveva
ritenere, se non il suo fidanzato ufficioso, almeno il suo amante
segreto.
-Sei
ingiusta, Hermione! Io, per arrivare dove si trova quella palla di
pelo, sto
lavorando da anni!- esclamava esterrefatto, sottolineando
minuziosamente quanto
ciò gli avesse levato intere nottate di sonno.
-Me
lo hai
regalato tu, amore- gli rispose tranquilla lei, mentre giocava con il
suo
regalo.
-Non
infierire, per favore- mugugnò lui – Almeno lo
avessi preso femmina!-,
esprimendo i suoi pensieri ad alta voce.
Inutile
cercare di negarlo, Hermione aveva occhi solo per qual dannato gatto,
di cui
aveva già scelto il nome. Nightfall
… Non
ha proprio un minimo di gusto per i nomi! Devo ricordarmi
d’essere io a
scegliere i nomi dei nostri futuri e numerosi marmocchi … pensava
Draco,
mentre la fissava estasiato prendersi cura di qualcuno più
debole di lei. Come
lui aveva fatto con lei. E alla fine, come quel gatto stava facendo con
quei
suoi miagolii riconoscenti, anche lui aveva ricevuto da lei una giusta
ricompensa. Le sue labbra, il suo respiro, il suo profumo.
-Ti
ha
regalato qualcosa il tuo amico Belby?- le chiese
all’improvviso.
Lei
distolse
l’attenzione dalla bestiolina che stava coccolando solo per
alcuni istanti, poi
aveva abbassato la testa, cominciando a parlare con il felino.
-Lo
senti
com’è morbosamente possessivo, Nightfall?-
L’essere,
che Malfoy cominciò da quel momento ad odiare, emise un
verso, che la
Gryffindor, ovviamente, interpretò come un assenso.
-Credo
sia
una collana- gli rispose piatta.
-Credi?-
domandò Draco – Non hai ancora aperto il
pacchetto?-
Lei
sorrise.
Splendidamente superba e conscia della propria intelligenza.
-No,
e non
lo farò fino a quando non sarò sicura che
qualcuno non ci abbia lanciato
qualche strano incantesimo o che sia Maledetta. Chiederò a
Malocchio di darci
un’occhiata- continuò lei, ancora distratta dallo
scricciolo infreddolito.
-Ragazzi,
entrate o vi prenderete un malanno!- urlò Molly - mamma
premurosa - Weasley,
socchiudendo appena la porta.
Hermione
fu
la prima a muoversi, seguita, di controvoglia, dal Malfoy, che le si
teneva a
distanza di qualche passo.
Non
appena
il tepore della cucina sciolse il gelo formatosi sulla pelle dei due
ragazzi,
questi notarono che la stanza era alquanto affollata.
Fred,
affranto, stava dando alcune banconote a George. Evidentemente non
avevano
perso quel brutto vizio delle scommesse, che avevano preso quando
ancora
frequentavano Hogwarts. Memorabili erano, infatti, le loro bische
clandestine,
inutilmente cercate d’essere fermate da Gazza.
Harry
era
pallido, quasi quanto Draco, e sembrava reggersi a stento in piedi.
Fleur
e Bill
si teneva stretti, rimembrando, molto probabilmente, il loro primo
appuntamento.
Ginny,
invece, continuava a guardare prima Hermione, poi Draco ed, infine,
Nightfall.
Fu chiaro ad entrambi gli amanti secreti che, se la ragazza aveva da
sempre
palesato qualche dubbio sul rapporto che gli univa, ora doveva avere la
certezza che la loro non era una semplice amicizia.
Infine,
Ron
sembrava non aver capito nulla. Del resto, il Rosso non vedeva
l’ora di chiudersi
nella sua stanza in soffitta per scrivere una lettera alla sua adorata
Lavanda.
-
Draco ti
fermi a pranzo?-
La
domanda,
rivolta da un sorridente signora Weasley che mescolava con attenzione
lo
stufato, sconvolse tutti i presenti. Draco per primo.
-Mi
dispiace,
signora Weasley, ma ho promesso a mia madre che sarei ritornato il
prima
possibile- rispose educato il biondo, cercando di non fare qualche
pessima
figura causata dall’agitazione che quella situazione gli
aveva iniettato in
vena.
-Beh,
sinceramente, credo che anche mia cugina Narcissa, pur di non star sola
a
Natale, preferisca la nostra compagnia-
disse la donna, sottolineando con quell’aggettivo possessivo
quell’allegra
famiglia allargata formata da traditori del proprio sangue e
Sanguesporco. Perché
Draco lo sapeva bene: i Weasley, assieme a Potter, erano la famiglia
della sua
Hermione. L’unica che le restava.
-Indubbiamente-
riuscì solamente a dire il Purosangue.
Fortunatamente,
in suo aiuto, intervenne Drew.
-Bene,
allora, io vado a prenderla!- annunciò mentre, rapidamente,
si chiudeva la
porta d’ingresso alle spalle per poi sparire immediatamente
con una veloce
Smaterializzazione.
Nella
stanza
calò il silenzio.
-Bene,
Hermione, noi dobbiamo tornare al lavoro!- esclamò George
dirigendosi verso il
salotto, seguito a ruota dal gemello, da Ron e da Harry.
Hermione
si
incamminò poco dopo, posando una mano sul braccio di Draco e
cominciando a
trascinarlo.
-Ti
prego
non lasciarmi solo con questa banda di pazzi squilibrati!- la
implorò il
ragazzo cercando di non farsi udire da nessuno degli appartenenti di
quella
famiglia.
Hermione
rise e, ben presto, alla sua risata si unì quella di Ginny,
che, dopo aver
finalmente ottenuto il congedo dal servizio militare da sua madre, si
era tolta
il grembiule a fiori, un tempo appartenuta a sua bisnonna Cedrella, e
si era
lanciata all’inseguimento dei due.
-Non
ti
preoccupare, Malfoy, non siamo così mal ridotti da mangiare
le carogne come te-
Quindici
minuti più tardi, Drew, accompagnato dalla signora Malfoy,
bussò nuovamente
alla porta dei Weasley.
Non
appena
la porta si aprì, con un cenno della mano, il ragazzo
invitò la donna a
precederlo. Lei, gli sorrise gentile, e, dopo averlo ringraziato,
entrò.
Una
cosa era
ovvia: Draco Malfoy non aveva ereditato nulla dalla madre.
-Piacere,
signora Weasley, io sono Narcissa Malfoy – disse la donna,
porgendo
rispettosamente la mano alla padrona di casa.
Questa
per
poco non scoppio a ridere.
-Ti
prego,
dammi del “tu” e chiamami Molly!-
La
bionda
signora sembrò sospirare di sollievo.
-Bene,
allora io sono Narcissa – disse sorridente la Purosangue
– Posso darti una
mano?-
Molly
accettò ben volentieri, felice di poter dividere
l’arduo compito di sfamare due
intere squadre di Quidditch con qualcuno.
Le
due
donne, lasciate sole da Drew, che aveva deciso di andare a trovare
Arthur
Weasley, il quale si era rintanato nel retro della casa, cominciarono a
parlare
del più e del meno.
-E,
infine,
al quinto tentativo, è nata Ginny. Una vera faticaccia avere
un bambina,
credimi!- aveva detto, dopo aver concluso il lungo elenco della sua
prole.
-Mi
sarebbe
piaciuto avere una bambina, -cominciò Narcissa –
ma purtroppo al mio primo
tentativo è nato Draco e, assicuratosi un erede, mio marito
ha deciso di non
avere più altri figli-
-Mi
dispiace-
la consolò Molly, passandole una mano grassottella sulla
spalla.
-Alla
fine
Lucius aveva ragione. Guarda cosa ha dovuto sopportare Draco, guarda il
tatuaggio che ha sul braccio sinistro. Non sono stata una buona madre,
avrei
dovuto fermare quei pazzi- disse la sua interlocutrice – Ma
non ne ho mai avuto
la forza e il coraggio – continuò, trattenendo a
stento le lacrime.
La
signora
Weasley, donna gentile e amorevole, l’abbracciò.
-Bene,
ora
che abbiamo applicato l’incantesimo d’Estensione
Irriconoscibile, dobbiamo
decidere cosa porre all’interno del Kit di Pronto Soccorso
Magico- stabilì
Hermione – Prendete carta e penna –
continuò rivolta a George e Fred.
-Essenza
di
Dittamo, Ossofast, Pozione Corroborante, Pozione Pepata, Pozione
Soporifera, Pozione
Singhiozzante e, perché no, un po’ di pasticche
Vomitose, come estremo rimedio
per l’ingerimento di sostanze allucinogene- elencò
Hermione, assistendo, ad
ogni nome, al crescere del luccichio negli occhi dei due gemelli
–
Consiglierei, poi, di imporre un Incantesimo di Rabbocco di buona
fattura sulle
ampolle delle pozioni, così che queste si riempiano
autonomamente. Renderebbe
il nostro Kit un oggetto davvero insostituibile e molto utile, visto il
poco
spazio che occupa- propose la ragazza, prendendo in mano una piccola
scatola di
plastica bianca con un croce rossa disegnata sopra.
-
Hermione,
lasciatelo dire … - cominciò George.
-Sei
un
genio!- concluse Fred.
-E
voi mi
dovete il quaranta per cento dei vostri guadagni, ricordatevelo!-
rispose
Hermione.
Un
applauso
interruppe quella conversazione.
-Scusate
se
mi intrometto, ma vi consiglierei di aggiungere alla lista dei
medicinali anche
una boccetta di Pozione Rimpolpasangue –
Draco,
non
appena sentì quella voce, sembrò ridestarsi. Sua mamma.
I
proprietari
dei Tiri Vispi Weasley guardarono Hermione, con un tacita domanda nello
sguardo.
-Oh,
la
signora Malfoy ha ragione, è un’ottima idea-
confermò.
I
due,
immediatamente, si chinarono sulle loro rispettive liste e presero un
appunto.
Draco,
intanto, si era alzato e le era andato incontro, facendo cenno ad
Hermione di
seguirlo.
-Mamma,
questa è Hermione Granger. Hermione, questa è mia
mamma, Narcissa Malfoy – le
presentò Draco, alquanto imbarazzato.
-È
un
piacere, signora Malfoy – disse Hermione, stringendo la mano
alla donna.
-Chiamami
Narcissa, Hermione – le rispose l’altra –
Non è che saresti così gentile da
presentarmi ai figli di Molly e ad Harry? Sai non credo che mio figlio
sia
proprio in buoni rapporti con loro … – le
sussurrò all’orecchio, cosa che tinse
le gote di Draco di rosso.
-Certamente!-
esclamò entusiasta Hermione.
Draco non è suo figlio pensò
la ragazza,
fortemente convinta che il ragazzo fosse stato posto nella culla
sbagliata
quando era al San Mungo.
***
Il
pranzo
abbondante oramai volgeva al termine. Pochi erano i sopravvissuti alla
sfilza
di antipasti, primi, secondi e contorni. Tra questi, Ron e Drew
sembravano
essere i meno provati, seguiti a ruota da Charlie, Fred e Bill.
Hermione e
Ginny si erano fermate alle prime portate e, per il resto del pranzo,
continuarono a rifiutare gentilmente le pietanze che venivano servite
contemporaneamente da Molly e Narcissa, le quali sembravano conoscersi
da una
vita e che andavano d’amore e d’accordo. Fleur,
invece, troppo attenta alla sua
linea, ingurgitò solo un’insalata leggera e
ciò, ovviamente, non fece altro che
aumentare l’odio di mamma Weasley nei suoi riguardi.
Così, il povero Bill fu
costretto, pur di acquietare le acque, a mangiare anche le porzioni che
la
madre aveva preparato per la fidanzata.
Draco,
seduto tra Hermione e la signora Malfoy, ebbe indubbiamente
l’idea più astuta e
decise, fin dall’inizio del pranzo, di assaggiare tutto,
prendendone una
piccola quantità. Arthur Weasley, temprato dai molteplici
anni di matrimonio
che pesavano sulla sua coscienza, lo imitò. George e Harry,
invece, non ebbero
la stessa accortezza e, pur cercando di reggere i ritmi di Ronald, si
ritrovarono ben presto sazi e con un piatto sempre pieno da svuotare.
-Sai,
Drew,
Ron e Ginny sostengono che tu sei uno dei maghi più potenti
che Hogwarts ha mai
sfornato- cominciò Fred, armandosi di una bella dose di
sfrontatezza – Non è
che ci fai vedere cosa sai fare?-
Molly
e
Arthur Weasley lanciarono un’occhiata di rimprovero al
figlio, il quale, però,
fu certo di vedere una certa ammirazione negli occhi di suo padre.
Drew
ringraziò i due Weasley più giovani, mentre
sorrideva, sazio e felicemente
colpito.
-Certamente,
Fred – acconsentì il ragazzo – Chi vuole
duellare con me?-
La
stanza
ammutolì. Ron, Harry e Ginny cercarono rapidamente un modo
per diventare
invisibili o, almeno, per riuscire a nascondersi sotto la tavola.
Hermione,
invece, pur incontrando la muta richiesta nello sguardo del professore,
che
molte volte le aveva dato lezioni private, non accettò il
suo invito. Non era
da lei, che non aveva paura di niente, che non aveva riflettuto
più di dieci
minuti prima d’accettare la sfida che lo stesso Drew le aveva
lanciato davanti
a tutta la Sala Grande.
Non si sono ancora riappacificati
pensò
Draco, troppo preso ad osservare la maschera calata sul viso della sua
ragazza.
Devo parlarle.
George
se ne
uscì con un “Che peccato, ho lasciato la bacchetta
sul balcone in negozio”,
lasciando il fratello, come si suole dire tra i maghi scaricatori di
porto,
nelle feci di un Ippogrifo.
Fred
cominciò a guardarsi in giro preoccupato, mentre, intanto,
Fleur rifiutava
elegantemente l’offerta, seguita dal promesso sposo, troppo
appesantito dal
cibo per combattere, e da Charlie e Arthur, entrambi lamentanti
acciacchi dovuti,
rispettivamente, dal lavoro stressante e dall’età.
-Ehm
…
-cominciò l’ultimo rosso rimasto, cercando di
trovare una buona scusante per
lasciare l’onere e l’onore di combattere con Drew a
sua mamma.
-Beh,
se
nessuno si candida, lo faccio io- disse Narcissa Malfoy, di ritorno,
assieme a
Molly, dalla cucina, dove con due colpi esperti di bacchetta avevano
costretto
una spugna e uno strofinaccio a lavare ed asciugare i piatti sporchi.
-Perfetto!-
esclamò entusiasta il ragazzo – Dove possiamo
duellare?-
L’intera
famiglia si era spostata nel retro della Tana dove, dopo essersi
scambiati
l’inchino che voleva il Galateo del Duellante, Drew e
Narcissa avevano
cominciato a duellare.
-Spetta
alla
signora la prima mossa- aveva detto tranquillo il ragazzo.
La
donna era
rimasta per alcuni istanti in silenzio, mentre squadrava sospetta il
suo
avversario.
-
Drew, ti
prego. Evita di sprecare energia con la Legilimanzia, so nascondere
sufficientemente
bene i miei pensieri da riuscire a tenerti occupato per il tempo
necessario che
mi serve per lanciarti un Avada Kedavra – disse
all’improvviso la donna,
sconvolgendo tutti i presenti. I motivi di tale sconvolgimento erano
due: il
primo era che Drew stava cercando di forzare la mente
dell’avversaria, il
secondo, invece, era che quest’ultima aveva affermato di
voler utilizzare la
Magia Oscura. Ciò, ovviamente, aveva una conseguenza palese
per tutti. Il loro
duello non era qualcosa di scherzoso e amichevole come tutti si era
aspettati.
Distratti
da
questi pensieri in pochi notarono il guizzo rapido della mano di
Narcissa, con
cui questa lanciò un incantesimo non verbale, che Drew
respinse con un
altrettanto veloce movimento della bacchetta.
-
Cos’è
successo?- chiese sconvolto George, con un’espressione
stupefatta in viso completamente
uguale a quella di Fred.
Hermione,
che aveva riconosciuto nel modo in cui la madre di Draco aveva mosso il
braccio
l’incantesimo che questa aveva lanciato, gli rispose,
saziando la curiosità di
molti altri.
-
Narcissa
ha lanciato un Incantesimo Incarceramus –
Draco,
troppo agitato per distogliere lo sguardo dal duello, sorrise quando
senti
Hermione chiamare sua mamma per nome.
Intanto,
i
due combattenti avevano preso a girare, tracciando una circonferenza
quasi
perfetta sulla neve morbida.
Drew
lanciò
uno Schiantesimo d’ottima fattura, il quale, però,
si infranse su una barriera
invisibile evocata dalla donna. Fu un attimo, il tempo
d’evocare l’incantesimo
protettivo era stato sufficiente al ragazzo per ritornare
all’attacco.
Narcissa
se
lo era ritrovato alle spalle.
Si è Materializzato riflette
lucida la
signora Malfoy, prima d’avvertire la punta della bacchetta
del suo avversario
sul collo.
-
Zilerius –
le sussurrò suadente all’orecchio.
Lei
capì che
doveva ragionare più rapidamente. Drew, infatti, sembrava
essere sempre due
mosse avanti a lei.
Narcissa
seppe in quell’istante che, se avesse deciso di liberare i
suoi polmoni
dall’acqua che la magia del suo avversario aveva evocato,
sarebbe stata
sconfitta.
Cadde
in
ginocchio, portandosi una mano alla gola e prendendo a tossire.
Drew
ebbe un
piccolo ripensamento. Lei si puntò la bacchetta sul collo,
lanciò l’adeguato
contro incantesimo non verbalmente e si smaterializzò, per
poi ricomparire alle
spalle del ragazzo, ripagandolo con lo stessa moneta.
-
Depulso! –
disse la donna scaraventando Drew a quasi due metri di distanza.
-
Expelliarmus!- insistette, cercando di disarmarlo.
Il
suo
attacco fu intercettato e contrastato con un semplice Incantesimo
Scudo.
-Complimenti,
Narcissa - disse il ragazzo, mentre si rialzava.
-Grazie,
Drew – rispose a tono l’altra.
-Credo
che
sia il caso di porre fine a questo duello- continuò lui,
dopo aver lanciato una
rapida occhiata all’orologio da polso – Confrigo
–
Narcissa,
con un lungo sortilegio, riuscì ad arginare la sostanza
esplosiva che fuoriuscì
dalla bacchetta di Drew e, infine, la fece Evanescere.
Non
appena
vide il liquido sparire nel nulla tirò un sospiro di
sollievo, il quale, però,
durò ben poco.
Alle
sue
spalle, Drew stava sogghignando.
-Morta-
disse
lui divertito – Bel duello, comunque-
Narcissa,
alzate le mani in segno di resa, accettò la sconfitta.
I
presenti
si prodigarono in un sonoro applauso, durante il quale Draco,
finalmente,
ricominciò a respirare.
***
Dopo
il
duello, tutti erano rientrati in casa e, dopo che tutti ebbero ripreso
il loro
posto a tavola, vennero serviti i dolci.
Verso
le
cinque del pomeriggio, qualcuno bussò alla porta e il signor
Weasley andò ad
accogliere i nuovi arrivati.
Ben
presto,
Remus Lupin, seguito da un perennemente zoppicante Malocchio,
entrò nella sala
da pranzo.
Non
appena
gli occhi del Lupo Mannaro incrociarono quelli di Drew nella stanza si
diffuse
un silenzio innaturale, interrotto solamente dal basso e lontano
ticchettio del
pendolo appeso alla parete del salotto.
-Senti,
Arthur, credo sia il caso che io ritorni più tardi- disse
all’improvviso Remus.
Non
appena
quella frase fu pronunciata Drew scattò in piedi,
strusciando rumorosamente la
sedia.
-Non
ti
preoccupare, Lupin, credo di aver abusato fin troppo a lungo della
compagnia
della famiglia Weasley e ritengo giusto che anche tu ne possa
beneficiare,
quindi, se non ti dispiace, preferisco essere io ad andarmene- disse
Drew
pacato.
Narcissa
scattò in piedi immediatamente.
-
Drew,
credi sia possibile andare a far visita a mia sorella Andromeda?-
chiese la
donna speranzosa.
-Possibilissimo-
rispose il ragazzo accondiscendente.
-Perfetto!-
esclamò felice la signora Malfoy, rubando
l’aspetto ad una bambina a cui era
stata regalata una caramella – Non vedo l’ora di
vedere la mia nipotina
Ninfadora in carne ed ossa-
Drew
sorrise.
-Sai,
Narcissa, credo sia cambiata molto dalla foto che ti ha spedito
Andromeda quasi
venti anni fa – cominciò il ragazzo, ricordandosi
dell’immagine rinchiusa in
una cornice che la donna teneva sul comodino della sua nuova camera da
letto –
E, comunque, in questo momento, Tonks non è proprio nel
migliore dei suoi stati
… sai, problemi d’amore con uno spasimante molto
lunatico – continuò,
sussurrando quasi l’ultima frase del suo discorso.
Lupin,
tirato in causa dalla frecciatina del professor Kennan,
riuscì a trattenere a
stento la rabbia.
Narcissa,
che ovviamente era quasi completamente all’oscuro del cattivo
rapporto che
intercorreva tra i due e che nulla sapeva della clandestina relazione
amorosa
tra la sua “nipotina” e il Lupo Mannaro, non
capì quale fosse la causa della
triste piega che aveva assunto la conversazione.
-Avanti,
Draco, dobbiamo andare-
Il
ragazzo,
che per tutta la permanenza nella dimora Weasley aveva spiaccicato solo
alcune
parole con Hermione, Drew e sua madre, sospirò di sollievo
all’idea di
allontanarsi da quei pazzi e, facendo leva con la forza delle braccia,
spinse
la sua sedia lontana dal tavolo.
Certo,
ora
stava per entrare nella casa di una coppia mista, ma del resto, poteva
andargli
peggio. Poteva dover entrare in un edificio Babbano, per esempio.
-A
dire il
vero, signora Malfoy, mi chiedevo se Draco potesse accompagnarmi da mia
zia-
chiese educata Hermione, che si era alzata a sua volta.
Grazie Merlino pensò Draco,
forse
ironico, forse sincero.
Narcissa
la
squadrò. Suo figlio e Drew le avevano parlato molto bene di
lei e, doveva
ammetterlo, era una ragazza estremamente educata. E poi, come
più volte la sua
“guardia del corpo” le aveva sottolineato, Draco
aveva deciso di tradire Lord
Voldemort solo per seguire lei.
-Io
non ho
alcun problema a riguardo, quindi, se Draco vuole venire con te
… -cominciò
venendo subito interrotta dal figlio.
-Certo
che
voglio!- esclamò, alzandosi e afferrando una mano della
ragazza.
La
loro
copertura, agli occhi di Ginny, cadde completamente.
-Perfetto-
concluse Narcissa – Drew, per favore, rivela ad Hermione dove
si trova la mia
nuova cella che tu ti ostini a definire casa-
-Ma,
Narcissa, non credo sia una buona idea- cominciò a
controbattere lui, venendo
fermato sul nascere dalla donna.
-Andiamo!
È
pur sempre una ragazzina, anche se lo volesse fermamente non
riuscirebbe mai a
portarmi da Voldemort!- esclamò quasi furiosa la sempre
contenuta signora
Malfoy.
-Io
non ne sarei
così sicuro, se fossi in te- disse, mentre, avvicinandosi
alla sua allieva
preferita, la quale continuava imperterrita ad odiarlo, le sussurrava
qualcosa
all’orecchio.
-
Hermione,
mi raccomando, lascio il mio unico figlio nelle tue mani!- disse la
donna,
mentre, spinta da Drew, usciva dalla Tana.
L’ultimo
sguardo che Drew rivolse all’interno della stanza fu rivolto
a lei, Hermione.
Nei
suoi
occhi blu c’era una richiesta.
Fiducia.
Di
entrambi
nel confronto dell’altro.
Nightfall,
sbadigliando, si acciambellò e riprese a dormire, mentre
Grattastinchi,
dall’alto lo controllava.
Note dell’Autore
Comincio
subito con un avvertimento: dopo due “Note
dell’Autore” alquanto stringate, ho
deciso di recuperare, quindi ciò che mi appresto a scrivere
sarà decisamente
prolisso.
Bene,
a
coloro che hanno deciso di non chiudere la pagina di “You and
Me” dico “grazie”
per aver deciso di sopportare i miei sproloqui.
Il
capitolo
13 (questo che avete appena finito di leggere) avrebbe dovuto essere il
mio
regalo di Natale per voi. Inutile che lo sottolinei, non ci sono
riuscito. In
compenso, mi è uscito qualcosa di estremamente corposo (e
dire che nei miei
progetti iniziali c’era quello di descrivere anche la scena a
casa dei parenti
di Hermione).
Sono
rimasto
piacevolmente colpito dallo scompiglio che la notizia della doppia
faccia di
Belby ha creato (felice, in quanto ciò significa che ho
ancora un paio d’assi
nella manica da giocare) e, quindi, mi sembra opportuno dirvi quali
erano i due
indizi che avevo seminato nel corso dei capitoli precedenti (ammetto
che non
erano indizi palesi):
1)
Il
primo è una frase che dice Hermione a Drew
nel breve colloquio che hanno nel capitolo 11, dopo che questo
l’avverte di
stare più attenta, in quanto dopo l’attacco di
Voldemort a Draco, lei è
indubbiamente più a rischio. All’affermazione del
prof. Kennan lei risponde in
questo modo: “Ti
sbagli. Il numero dei miei problemi è sempre lo stesso,
ciò che è cambiato è
chi cercherà di colpirmi”.
Ovviamente, per poter interpretare
giustamente questa frase criptica, si dovrebbe avere bene in mente
quando la
frase viene pronunciata. Siamo nella mattinata dopo l’attacco
del Lord Oscuro,
Draco è ancora in infermeria. È proprio costui,
però, la chiave di lettura. Per
tutti (Hermione, Drew, Silente e la parte dell’Ordine che ne
era stata messa al
corrente esclusi), lui era un Mangiamorte pericoloso che nessuno capiva
per
quale motivo fosse lasciato a piede libero dal Preside di Hogwarts.
Dopo che
Malfoy finisce in punto di morte (Harry, per esempio, lo sa da Silente
e Drew,
c’è scritto), la sua fedina penale viene ripulita
e lui smette, ufficialmente,
d’essere un “pericolo”, diventando,
assieme a sua mamma Narcissa <3, un
traditore. Ora una domanda sorge spontanea … chi
è che ha preso il posto di
Draco, diventando un “problema” per Hermione (e non
solo lei)? La risposta è
Belby, il quale è l’unico personaggio mai citato
prima dell’attacco di
Voldemort e che quindi è l’unico su cui potrebbero
cadere dei sospetti.
2)
Il
secondo indizio, mi duole dirlo, era più
difficile da scovare del primo. Non si tratta, infatti, di una frase
come nel
caso precedente, ma, bensì, di un artificio letterario
(aggettivo,
quest’ultimo, che poco si adatta a ciò che scrivo,
che di letterario non ha
neanche le virgole). Nel capitolo 10 si trova una strana
“ripetizione”. Mi
spiego: Ginny, dopo aver soccorso Draco ed Harry (legandolo), va a
cercare
aiuto. Ecco lo spezzone incriminato: “ Svoltò
l’ennesimo angolo alla fine di un corridoio e andò
a
scontrarsi contro qualcuno, cadendo a terra. Incrociò le dita, augurandosi che fosse
qualcuno che la potesse aiutare. Alzò lo sguardo fino ad
incrociare due piccoli
occhi neri ridotti quasi a fessure. Tra tutta la popolazione di
Hogwarts lui,
Severus Piton, l’Impeccabile Doppiogiochista di cui solo
Silente non aveva
dubbi, era l’ultima persona che si augurava di incontrare”.
Ginny,
dunque, incontra qualcuno che si finge qualcun altro (in questo caso,
non credo
sia il caso di sottolineare quando sia abile Piton a fingersi
Mangiamorte).
Alla fine del capitolo, Hermione, dopo essere stata sola con Draco
(come lo fu
Ginny, visto l’Harry privo di sensi, presente, comunque, in
entrambe le scene),
fa ritorno al suo dormitorio e anche a lei tocca sopportare un incontro
del
terzo tipo. Di nuovo, ecco lo spezzone incriminato: “Svoltò l’angolo. Urtò contro qualcuno. Cadde
all’indietro e perse la bacchetta, che vide rotolare sul
pavimento per
quasi un metro”. Anche in questo caso, vista
l’assonanza continua con la scena
precedente, si dovrebbe intuire (lo so è forse un percorso
mentale molto
complesso, ma io lo avevo pensato così … sono
contorto, che ci volete fare?)
una similitudine anche con la persona con cui le nostre donzelle vanno
a
cozzare. In questo caso, Belby finge d’essere un ragazzo per
bene, quando in
realtà è un Mangiamorte.
Superata
quest’ampia spiegazione dovuta, ho bisogno di prendermi un
paio di righe per
parlare di qualcosa che prescinde da questa storia. Saprete tutte
(visto che lo
so io, che sono “nuovo” nel mondo di Efp, sono
sicuro che voi ne siete a conoscenza)
che, poco tempo prima di Natale, è scoppiato il caso delle
Recensioni Bastarde.
Per chi non lo sapesse (cioè tutti, visto che il nome
l’ho coniato io in questo
momento), si tratta di recensione poco gentili scritte da persone
decisamente
senza peli sulla lunga. Bene, sottolineo che non sono qui per riaprire
una
polemica che ritengo debba essere chiusa il prima possibile,
né per fare
dell’inutile perbenismo con una lunga filippica contro le
persone incriminate.
Non sono qui neppure per lanciarmi contro tutte quelle donne
“più mature” che
hanno affermato che i giovani d’oggi (quelli della fascia
15-20 anni, o almeno
così diceva una signora) sono privi di una buona educazione,
perché oramai ho
alzato bandiera bianca e la mia lunga battaglia contro le persone
“adulte” che
tendono a fare di tutta l’erba un fascio è stato
conclusa. E, infine, non sono
qui neppure per dire chi, in questo scandalo, è dalla parte
del torto e chi,
invece, da quella della ragione. Non perché io non abbia un
parere a riguardo, ma
per il semplice fatto che non ritengo d’avere
l’autorità adatta per farlo. Per
chi crede, questo compito spetta al suo dio. Per chi, invece, come me
è un
povero viandante che inutilmente cerca la Locanda
“Verità” in cui poter
riposare le stanche membra, nessuno ha un tale onere ed onore. E vi
sembrerà
strano, ma non sono qui neppure per implorare la scrittrice di fanfic,
che ha
permesso che questo problema venisse sviscerato e che ha deciso di
prendersi
una pausa di riflessione, di ricominciare a scrivere. Chi sono io, che
ho letto
le sue storie e che le ho apprezzate, per permettermi di
dirle/consigliarle
cosa fare? Non sono io che ho subito quella barbera e futile angheria,
non sono
io (fortunatamente) che ho visto quell’odio immotivato nei
miei riguardi e,
infine, non sono io che ho visto le mie certezze crollare con uno
stupido
castello di carte.
Dico
solo
una cosa a questa autrice, anche se so che molto probabilmente non
leggerà mai
queste parole: io, giovane adolescente d’oggi, frequentante
il liceo scientifico,
venderei l’anima al diavolo pur di avere una professoressa
come lei.
Voi
direte:
e questo cosa centra? Niente ed è appunto per questo motivo
che l’ho scritto.
Infine,
non
sto scrivendo futili parole per difendere le ragazze autrici (e forse
pure
ragazzi, non lo so) di queste Recensioni Bastarde, ma devo ammetterlo,
capisco
il modo pesante e spesse volte volgare con cui hanno reagito. A volte,
per le
persone abituate a vivere perennemente nella luce è
difficile notare tutte le
molteplici differenze tra ombra e oscurità. Particolari,
direte. Particolari
che a volte salvano le persone “malvagie” come me.
Io,
Jerry93,
sono qui per un unico motivo. Dire grazie a voi lettrici, che fino ad
ora mi
avete sostenuto. Perché le cose, quando vanno dette, vanno
dette. Quindi,
mettetevelo bene in testa, sappiate che siete fantastiche (e spero
continuiate
ad esserlo)!!!
Grazie,
Grazie, Grazie.
Dopo
questo
lungo sproloquio, passo alle recensioni ad personam (si, mi dispiace,
ma
preferisco continuare a mettere le risposte alla fine dei capitoli):
Books: Ok, mi permetto
d’essere sincero
con te (e mi auguro che anche tu lo sia sempre nei miei confronti).
Quando ho
letto la tua recensione (che è stata l’unica per
una buona mezzora … trenta
minuti di pura sofferenza, sappilo XD), mi è caduto addosso
il mondo. Veramente
tutto mi aspettavo tranne una critica del genere. Perché so
che il mio stile è
troppo artificioso, so che potrei caratterizzare meglio i miei
personaggi, so
anche che la mia storia non è nemmeno lontanamente
paragonabile a quelle
Dramioni veramente belle che offre Efp. Eppure, pur avendo spalle
grandi, non
sono riuscito ad uscire indenne dalla tua opinione. E ciò
sofferto, si. Ma non
tanto perché ho ritenuto una cattiveria da parte tua
scrivermi che il mio
capitolo non ti ha trasmesso emozioni, quanto perché non
potevo fare nulla per
migliorarmi. Non so se sto riuscendo a spiegarmi, ma credimi ci sto
provando!
Per farti un esempio, non mi hai detto che dovrei migliore con i
dialoghi, cosa
che, con un po’ d’esercizio potrei migliorare. E
così mi sono ritrovato muto,
pur volendo parlare, e inutile, pur volendo avere
un’utilità. Non capire dove
avevo sbagliato, cosa non dovevo più scrivere mi ha
tormentato per molte notti.
E non ho ancora trovato una soluzione e, forse, non la
troverò mai. Quindi,
GRAZIE più del solito. Perché ora ho trovato
qualcosa per cui valga la pena
fare una lunga ricerca, perché ora so di non aver lettrici
superficiali al
seguito. GRAZIE di cuore, Books. Spero che questo capitolo ti sia
piaciuto un
po’ di più e grazie per la fiducia!!!
mya95: intanto, ben venuta nuova
lettrice!!! È sempre un piacere ricevere recensioni da nuove
persone!!! Quindi,
grazie XD!!!
Hollina: sono
veramente felice che questo capitolo ti sia piaciuto, sei una delle
poche, se
devo essere sincero!!! Fantastica, Hollina!!! Tu non sai nemmeno quanto
la tua
recensione mi ha tirato su di morale, GRAZIE!!! E, mi raccomando,
recensisci!!!! XD
Agathe: prima
cosa, non sei tonta, anzi. Sappi, se ti può consolare (e
deve farlo) che
nessuno lo aveva capito, quindi, probabilmente, è colpa mia,
che ho lasciato
indizi indecifrabili!!! Sono contento di aver descritto bene la scena
del
bacio, sai per me è un ostacolo non da poco fare cose
“romantiche” … Maschi,
che ci vuoi fare? Lo ammetto: sto contrabbandando bottiglie di Baileys
a
Hogwarts. Sai com’è, a volte, il Whisky e meglio
prenderlo con un po’ di crema
al latte e non Incendiario!!! GRAZIE di tutto e, mi raccomando, (lo
dico sempre
lo so) lasciami una recensione anche questa volta!!!
usagi89: Salve!!!
Allora … ho trovato la tua recensione tra quelle del primo
capitolo, ma, dal
contesto, mi sembrava ti riferissi al capitolo 12. Quindi, un
po’ per comodità,
un po’ per mancanza di voglia, rispondo alla tua recensione
qui, assieme alle
altre. Hermione, se possibile, diventerà ancora
più perfida (magari non molto
presto, ma prima o poi, forse più poi che prima,
diventerà quasi come la pazza
della Carica dei 101 con i capelli bianchi e neri). GRAZIE infinite!!!
Spero
recensirai anche questo capitolo!!!
barbarak: sarà
perché sono un po’ bifolco, ma ogni volta, quando
mi arriva una tua recensione,
mi spunta in faccia un sorriso da deficiente che si fissa sulla mia
faccia per
almeno tre o quattro ore. Sei una lettrice superlativa, lo sai vero?
Come
scrittrice, invece, non posso dire la stessa cosa. La prima buona
regola per
ogni scrittore è: farsi pubblicità. E, se io non
avessi sbirciato nel tuo
profilo, probabilmente non avrei mai saputo che stai scrivendo una
storia.
AVRESTI DOVUTO DIRMELO!!! Io che aspetto ogni tua recensione per sapere
cosa ha
partorito la tua mente geniale, secondo te, non avrei voluto sapere che
dai
sfogo alla tua fantasia aggiornando settimanalmente una fanfic??? Ora
che lo
so, comunque, ti prometto sul quel poco che resta del mio onore, che,
non
appena avrò un po’ di tempo libero,
leggerò il tuo racconto e ti farò sapere
cosa ne penso. Ma sono sicuro fin da ora che saranno solo cose
estremamente
positive! Passando alla tua bellissima recensione, che mi ha quasi
commosso
(dico quasi perché noi maschi non piangiamo mai e
perché io ho un certo
orgoglio da difendere e dire che mi sono messo a frignare davanti al
computer
non lo aiuta di certo XD) … La relazione tra Hermione e
Draco non ha fatto
grossi passi avanti, ma non è nemmeno tornata indietro.
Ovviamente, hai ragione
(quante volte te l’ho detto???), non possono farsi vedere
alla luce del giorno.
Diciamo che riescono a nascondersi in un angolino di Hogwarts molto
spesso …
Comunque, credo sia chiaro che la loro farsa durerà ben
poco, visto che dopo un
mese di indugi Draco è riuscito a rovinare tutto
presentandosi alla Tana. Ci
sarà un evento, nei prossimi capitoli, che li
allontanerà leggermente e che
permetterà di ridurre molti dei sospetti che vertono su i
nostri protagonisti.
Evento, comunque, che non riuscirà ad ingannare Ginny, che
ne sa una più del
diavolo. Mi hai chiesto una delucidazione, cerco di dartela. Blaise e
Daphne
sono fidanzati, ma, come ha detto Draco, sono una coppia molto aperta.
Cerco di
anticiparti il meno possibile, visto che vorrei approfondire un
po’ questa
coppia in futuro. Cooomunque, sappi, cara Barbarak, che, come si usa
tra i
Sanguepuro, anche i Zabini e i Greengrass hanno deciso di legare i loro
figli
in un matrimonio combinato, che Blaise e Daphne, oramai, dopo aver
deciso “a
tavolino” alcuni aspetti, hanno accettato. Insomma, diciamo
che sono piuttosto
liberi nei loro rapporti amorosi. Per quanto riguarda
l’affascinante teoria su
Drew e Godric, sappi che ti ruberei volentieri questa idea, se non
fosse che il
prof ha già misteri a sufficienza. Uno lo hai quasi svelato
(la soluzione sta
in un nome)!!! GRAZIE INFINITE, barbarak!!!
Ora,
non mi
resta che ringraziare tutte le persone che hanno messo “You
and Me” tra le
storie “Seguite”, “Ricordate” e
“Preferite” e coloro che, invece, mi seguono
pur senza lasciare cenno della loro esistenza.
Concludo,
riportando un verso dell’unica persona di cui ho letto
più di una poesia e che
è diventato l’emblema di noi pazzi.
"Così
alla
base della cattiveria umana c'è solo qualche cretino che non
sa per niente che
tutti noi non vivremo mica in eterno" Alda Merini
A presto,
Jerry
|
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Capitolo 14 *** Fragility ***
Chapter fourteen, Fragility
Il
ticchettio di un orologio a pendolo, ornato con due piccoli putti
gioiosi ed
adagiati su moncherini di colonne tortili, le riempiva la testa. In
quel ampio
salotto circolare, illuminato dalla luce artificiale di un costoso
lampadario,
lei non era nessuno. Teneva impegnate le sue mani
nell’inutile occupazione di
lisciare le pieghe inesistenti della gonna del suo tailleur verde
scuro.
Si intona con i tuoi occhi le aveva
detto.
Lei
odiava
quel colore. Avrebbe voluto avere gli occhi anonimi e vitrei di sua
madre.
Concentrava
il suo sguardo sulle mani, temendo che, al primo respiro pesante di suo
padre,
queste ricominciassero a tremare.
Suo
padre,
l’essere che prima le aveva dato la vita e poi era arrivato
ad un passo dal levargliela.
Quell’uomo
che
continuava a conversare affabile con la signora Zabini e con il nuovo
compagno
che questa aveva raccattato nel bordello dove era solita lavorare,
ridendo
sguaiato alle battute della donna e corteggiandola spudoratamente. Sua
madre,
quasi incosciente e troppo concentrata a constare la bellezza di un
raro
dipinto appeso alla parete, lo lasciava fare.
Spesso
Blaise veniva reso partecipe della conversazione, lei, invece, ne era
completamente estromessa.
Lei non era nessuno.
-Allora,
Daphne, come va a scuola?-
La
voce
della meretrice che aveva partorito il suo promesso sposo la raggiunse
appena.
La
prima
volta che quella donna le aveva rivolta la parola, lei le aveva
risposto dando
fondo a tutta la sua buona educazione, ma suo padre, comunque, non
aveva
apprezzato.
E
lei ne
aveva portato i segni per settimane intere.
-Purtroppo,
ha preso la stupidità da sua madre- rispose al suo posto il
padre –
Fortunatamente, sono riuscito a inculcare qualcosa di utile nel suo
minuscolo
cervello-
Per
lui era
un vero e proprio hobby sminuirla. Poco gli importava che in
realtà lei fosse
una delle migliori studentesse del suo anno, seconda solo alla Granger
e ad un
paio di Ravenclaw.
-Io
credo
che Daphne abbia molteplici qualità- disse pacato Blaise.
L’intromissione
del ragazzo non piacque al signor Greengrass. Lui non amava essere
contraddetto, soprattutto quando aveva un paio di bicchieri di troppo
ad
idratare le sue poche cellule cerebrali.
-Hai
ragione, caro ragazzo, è molto servile e ben educata-
cominciò l’uomo in
risposta – Ma questi sono miei meriti, non suoi.
Probabilmente è talmente
stupida da non capire neppure ciò che ci stiamo dicendo-
La
verità
era che lei capiva benissimo, purtroppo.
-Mi
permetta
di contraddirla, signor Greengrass, ma le vorrei ricordare che
è una delle
poche persone che è entrata a far parte del corso di magia
avanzata del
professor Kennan – provò ad insistere Blaise,
comprendendo subito che la sua
stupida uscita sarebbe stata la causa di un’ennesima
punizione per la sua
fidanzata.
-Corso
al
quale io non le ho dato il permesso di partecipare- rispose
l’altro,
trattenendo la furia a stento – Comunque, mi auguro che
almeno lei, a
differenza della madre, riesca a darti un figlio maschio, Blaise -.
Lei
e sua
sorella erano questo per quell’uomo: incubatrici ambulanti da
vendere al
miglior offerente.
Non
si mosse
e non parlò, com’era giusto che fosse: lei era
solo un oggetto.
-Scusa,
Daphne, potresti accompagnarmi in giardino?- le chiese
all’improvviso Blaise.
Attese
in
silenzio che suo padre, anche quella volta, rispondesse per lei.
Sbagliò
e
seppe che, alcune ore più tardi, avrebbe pagato anche per
quell’errore.
-Il
tuo
futuro marito ti ha fatto una domanda, rispondi, puttana- le aveva
sussurrato
suo padre, voltando la testa verso il suo gracile corpo, in quello che
fu il
gesto più complice e gentile che lei si scambiò
con quell’uomo durante tutta la
sua vita.
Si
alzò,
risalendo con lo sguardo il corpo del suo fidanzato e fermandosi sul
nodo
sfatto della sua camicia, in un gesto di umile riverenza.
-Tutto
ciò
che lei desidera-
Blaise
le
aveva offerto il gomito, lei lo aveva afferrato ed insieme erano usciti
dal
salotto.
Il
tempo per
raggiungere l’immenso cortile era stato sufficiente per
permetterle di
ricordare.
Suo padre l’aveva lasciata lì,
in compagnia
di quel ragazzino disordinato. Le aveva detto che era un suo coetaneo,
che,
come lei, avrebbe frequentato la scuola di Magie e Stregonerie di
Hogwarts e
che sarebbero stati compagni di Casa.
Slytherin, perché lei non poteva
scegliere.
O, meglio, poteva farlo solo se glielo concedeva suo padre.
Aveva undici anni, era una bambina e no, non
era stupida, anche se Lui diceva il contrario.
Lei sapeva che quell’odioso ragazzino, il
quale, a differenza sua, poteva tenere lo sguardo alto e squadrarla con
aria di
superiorità, sarebbe divenuto, un giorno, il suo nuovo
padrone.
Marito, l’aveva corretta sua mamma.
Le avevano detto che si chiamava Blaise. Le
avevano detto di non parlare, a meno che lui non le avesse dato il
permesso per
farlo.
Fu in quell’istante che, per la prima
volta,
cominciò ad accarezzare le grinze dei suoi vestiti,
cercando, inutilmente, di
renderli perfettamente lisci.
Impeccabile, questo doveva essere Daphne
Greengrass. Non un desiderio, non una volontà. Solo una
necessità.
-Puoi alzare lo sguardo-
Queste furono le prime parole che il
ragazzino le rivolse. Il primo ordine.
-Puoi parlare-
Aveva continuato lui, dopo alcuni lunghi
minuti di silenzio. La seconda imposizione.
-La ringrazio, signor Zabini – gli aveva
risposto, sorridendo del solito sorriso falso che suo padre le aveva
insegnato.
Il suo interlocutore si era alzato e
l’aveva
raggiunta. Aveva visto la sua mano alzarsi e si era preparata alle
percosse.
Non erano mai arrivate.
Quel bambino le aveva sfiorato leggermente
la guancia, sussurrandole parole gentili all’orecchio. Da
quella giorno,
spesso, il suo tocco gentile era divenuto la sua unica consolazione.
Giunti
alla
loro meta, Blaise afferrò un pacchetto di sigarette e se ne
accese una con un
colpo di bacchetta. Utilizzare il solito accendino nero e Babbano,
infatti,
sarebbe stato un affronto imperdonabile anche per un Purosangue
rivoluzionario
come lui.
Nessuno
dei
due parlò. Lui troppo innamorato del silenzio per spezzarlo,
lei ancora attenta
a rispettare i dogmi di una giovane e nobile milady, figlia di un uomo
troppo
stupido e superbo.
Poi,
Daphne
aveva cominciato, come era solita fare, a riordinare il fidanzato. Il
primo a
subire il suo trattamento da perfezionista fu il colletto della
camicia,
seguito subito dal nodo della cravatta e da quello che era il
più grande
tormento della ragazza, i capelli, quel pomeriggio particolarmente
spettinati.
-Ti
punirà
per quello che ho detto, vero?- le chiese Blaise, mentre continuava a
fumare
tranquillamente e la lasciava fare.
-Si-
gli
aveva risposto lei, dando alcune pacche alla giacca spiegazzata
– Mi punirà per
le tue parole, per il non aver risposto subito alla tua domanda e per i
miei
respiri troppo rumorosi- continuò, tirando le labbra in un
sorriso stentato –
Alla fine, troverà qualcosa per cui valga la pena alzare la
sua bacchetta su di
me-
-Fermati
qui, questa notte- le propose lui, liberando un respiro biancastro.
-Se
non
potrà sentire le mia urla, mi sostituirà con mia
madre o mia sorella-
Non
le
avrebbe utilizzate come scudo per i suoi sbagli. Non dopo tutto quello
che,
senza neppure scambiarsi parole, avevano condiviso.
-Tua
madre
non ti ha mai difeso in tutti questi anni, Daphne!- aveva urlato
all’improvviso
lui, afferrandola saldamente per le spalle.
Lei
lo aveva
guardato negli occhi senza, in realtà, vederlo davvero e,
poi, si era
risistemata la frangia, scompigliata dallo scossone.
-Restane
fuori, Blaise, non è una cosa che ti riguarda-
Era
stata
fredda, sperando che ciò fosse sufficiente a soffocare ogni
tentativo di
replica da parte del ragazzo.
Lui
sembrò
arrendersi.
-Vuoi?-
le
aveva detto, avvicinandole alle labbra le dita strette attorno alla sua
sigaretta fumante.
Lei
scosse
piano la testa.
-L’ultima
volta che ho osato tanto non sono riuscita ad alzarmi dal letto per una
settimana- cercò di ironizzare Daphne.
-Davvero?-
le domandò Blaise, stranamente più loquace e
preoccupato del solito. Forse, si
era ricordato di quella sigaretta che le aveva offerto, durante la cena
sfarzosa
che sua madre aveva organizzato per il suo diciassettesimo compleanno.
Perché farlo preoccupare?
Perché rovinare
anche la sua esistenza?
In
fondo,
non aveva poi un prezzo così alto donare
un’illusione all’unica persona che,
pur conoscendo completamente la sua situazione famigliare, la trattava
come un
essere umano.
-
Ovviamente, no!- esclamò Daphne, prendendosi una piccola
boccata.
Blaise,
dopo
essersi preso un deciso respiro di sollievo, finì di fumare
e gettò il
mozzicone per terra.
Infine,
dopo
essersi tirato a sé la ragazza, poggiandole una mano su un
fianco, la
riaccompagnò all’interno dell’edificio.
La
visita
della famiglia Greengrass sembrava essere già conclusa. I
coniugi, se in questo
modo potevano essere definiti i genitori di Daphne, era usciti
dall’ampio ed
elegante salotto in cui la signora Zabini, la quale si era occupata
personalmente
dell’arredamento della stanza, li aveva ricevuti.
Blaise,
guardando negli occhi il padre della sua futura moglie, si
avvicinò, portando
con sé la ragazza, che, pur conscia di quale sarebbero state
le conseguenze di
quel gesto, non si oppose.
Troppo
vicini.
-
Daphne,
hai fumato?- gli chiese l’uomo, non appena il puzzo di
tabacco bruciato lo
raggiunse.
Lei,
senza
neppure guardarlo, seppe con certezza che sul volto dell’uomo
si era già dipinto
un ghigno trionfante, riconoscendo quel particolare tono di voce che
soleva
accompagnare quella sua terribile espressione.
Finalmente,
aveva offerto a quell’essere la possibilità di
punirla per un motivo valido.
Aprì
la
bocca, pronta a firmare con il suo sangue quel patto con il diavolo.
-Mi
scusi,
signor Greengrass, ma credo che la colpa sia mia- si intromise Blaise,
stringendola più forte e causando il repentino mutamento
dell’espressione
dell’uomo – Mi scusi, ma non sono riuscito proprio
a trattenermi – cominciò,
passando morbosamente il pollice della mano destra attorno alle labbra
di
Daphne, cercando di cancellare un’invisibile sbavatura di
rossetto – Ma del
resto, come lei stesso si è più volte premurato
di informarmi, Daphne mi
appartiene, non è vero?-
-Corretto,
ragazzo- gli rispose l’altro, combattuto tra il gioire per
essere finalmente
riuscito a liberarsi di quella piattola di sua figlia e tra il
rattristarsi per
non poterla punire anche per quel motivo – Ora, signora
Zabini, tolgo il disturbo-
concluse, facendo cenno ai due oggetti animati che si portava appresso
di
seguirlo.
-A
dire il
vero, signor Greengrass, mi chiedevo se Daphne potesse fermarsi a
dormire da
noi, stasera- insistette Blaise, ricevendo una rapida occhiataccia
dalla diretta
interessata di quella richiesta.
L’uomo,
ora
decisamente soddisfatto, nascose la sua felicità dietro la
solita facciata da
gentiluomo con cui usava celare il suo vero volto di bestia.
-Ovviamente,
se per lei signora Zabini non è un eccessivo disturbo, io
non posso che cercare
di esaudire questa richiesta del mio futuro genero- disse
accondiscendente.
La
madre di
Blaise, altrettanto bugiarda, prese parte a quella recita di ipocriti.
-Come
potrei
io oppormi, quando mio figlio preme per accogliere in questa dimora la
mia
adorata nuora?- domandò la donna, richiamando una schiera di
folletti con uno
schiocco di dita – Preparate la stanza degli ospiti- disse
loro altezzosa.
-Scusatemi,
madre, ma questa notte io e Daphne condivideremo la mia stanza-
Quest’affermazione
sconvolse i presenti.
La
raffinata
maschera del padre di Daphne, poi, cadde, mostrando il suo vero volto.
-Eccellente!-
esclamò, trattenendosi a stento dal saltare per la gioia.
Le
rosse
labbra carnose della signora Zabini fecero una smorfia, preoccupate che
qualche
altra prostituta potesse assumere la reggenza di quella villa.
Daphne
si
strinse le mani giunte sul grembo e guardò sua madre. Negli
occhi di quella
donna, precocemente invecchiata dalla violenza, vide la vera essenza
della
paura
Blaise
la
invitò ad entrare, dicendole di accodarsi dove preferiva.
Lei,
cercando di non fare alcun rumore, prese posto in un piccolo angolo del
grande
letto a due piazze. Lui cominciò a spogliarsi.
Rimasto
a
piedi nudi e gettata la giacca su una sedia, Blaise cominciò
a sbottonarsi la
camicia.
-Non
parli?-
le domandò tranquillo.
-Non
ho
nulla da dire, padrone- gli rispose, alzandosi e cominciando a riporre
in modo
più ordinato i vestiti del ragazzo.
-Ti
avrebbe
punito, Daphne – le disse, mentre la costringeva a voltarsi,
afferrandola per i
polsi.
-Punirà
mia sorella,
al mio posto- sussurrò, agitando le braccia nel tentativo di
liberarsi dalla
sua presa.
-
Lo so, ma Astoria
capirà. Lei sa benissimo che ti prendi anche la sua dose,
pur di evitare che
tuo padre la tocchi!-
-Tu
non sai
niente!- urlò furente Daphne – Tu non
l’hai sentita urlare! Tu non l’hai vista
piangere! Tu non sai cosa si prova quando Lui ti punisce! Tu non
conosci quel
dolore, quella vergogna, quel senso di inferiorità!-
Blaise
la
liberò, assistendo alla rapidità con cui il corpo
di lei, come morto, cadde a
peso sul pavimento. Riuscì a malapena ad evitare che si
facesse male.
Tremava.
-Lei
è così
piccola … lei è così piccola
… lei è così piccola … -
cominciò a ripetere
Daphne, troppo scossa per accorgersi dell’insensata litania
che usciva dalla
sua bocca.
Lui,
inginocchiato al suo fianco, l’abbracciò,
spingendola contro il suo petto.
-Eri
molto più
piccola di lei, quando lui ha alzato la bacchetta per la prima volta
contro di
te. E tu, a differenza sua, non avevi nessuno a difenderti- le disse,
cercando
di tranquillizzarla e ottenendo l’effetto contrario.
Quelle
parole la fecero improvvisamente rinvenire, ridandole la
lucidità che aveva
perso.
-E
tu credi
che io, dopo tutto quello che ho provato, potrei anche solo pensare
lontanamente di rifugiarmi qui da te e lasciarla esposta alla follia di
quella
bestia?- gli domandò, mentre cercava di allontanarlo da
sé facendo leva con le
braccia sul suo petto.
Blaise
non
le rispose e rimase in silenzio. Daphne prese a scalciare per
liberarsi, come
un animale di fronte ad un pericolo mortale, e lui,
nell’impulsivo istinto di
difendersi, le afferrò una gamba. Lei smise di combattere e
strinse i denti per
un dolore che Zabini non pensava di averle causato.
Il
ragazzo
impugnò subito la bacchetta e pronunciò piano un
incantesimo.
-
Finitus
Incantatem –
Sulle
gambe
della ragazza, lasciate scoperte dalla vetusta gonna del tailleur verde
scuro,
comparirono numerosi lividi di diverse tonalità e
dimensioni.
-Da
quando
ha smesso di usare la magia?- le chiese, digrignando i denti per la
rabbia.
-Da
quando
ha la necessità di punire anche i folletti- rispose lei,
quasi offesa dal
cambiamento di discorso.
Il
ragazzo
aumentò ancora la forza del suo abbraccio, quasi
soffocandola.
-
Dov’è il
Blaise freddo e insensibile che mi piace tanto?-
Lui
sospirò
oltraggiato.
-
Dov’è la
Daphne che parla come uno scaricatore di porto e che si batte anche a
mani nude
per le cose in cui crede?-
Nella
stanza, nuovamente, calò il silenzio.
-Scapperò,
prima o poi- lo rassicurò, consolando anche sé
stessa – Non appena avrò la
certezza che mia madre e mia sorella saranno al sicuro-.
La
discussione era chiusa. Come al solito, lei si era portata a casa la
vittoria.
Blaise
l’aiuto ad alzarsi, facendo attenzione a non farle del male.
Quando
fu
finalmente in piedi, sul viso di lei si dipinse un ghigno.
-Non
credi
sia il caso di non vanificare le loro aspettative?- gli
domandò – Spogliati,
stasera quella brutta racchia di tua madre ti sentirà
gridare-
Il
ragazzo
rise soddisfatto.
Questa è la vera Daphne Greengrass.
***
L’atmosfera
alla Tana, con l’arrivo di Lupin e Malocchio, si era fatta
più calda.
Coscienziosamente, Drew, dopo aver combattuto una breve battaglia
verbale con
il primo, con cui da tempo non era più in buoni rapporti,
aveva deciso di
battere in ritirata e, di conseguenza, aveva sgomberato il luogo in cui
si era
tenuto il combattimento, immediatamente aiutato dalla sua consolidata
alleata
Narcissa Black.
Subito
dopo
il professor Kennan e la signora Malfoy, anche Hermione e Draco si
erano
rapidamente defilati. La prima era stata costretta da Molly a
promettere di
ritornare il prima possibile, il secondo, invece, mentre la ragazza
parlottava
con Moody, aveva dato sfoggio di tutta la sua buona educazione,
ringraziando i
signori Weasley per aver ospitato lui e sua madre e tutto il resto
della
famiglia per la bella giornata trascorsa in loro compagnia.
Inutile
dire
che scostando la superficiale gentilezza di quelle parole, palese era
la totale
intolleranza del ragazzo per quella mandria di bifolchi schizzati.
Quando
finalmente furono liberi, entrambi rimasero in silenzio fino a quando
il buio
di quel pomeriggio invernale impedì ad entrambi di vedere il
viso dell’altro.
Poi
Draco,
quando fu certo che nessun curioso potesse vederli o sentirli,
l’acciuffò,
passandole un braccio attorno al grembo e stringendola a sé.
-Credi
che,
se Blaise me lo chiedesse, potrei definire questa visita dai tuoi
parenti come
un appuntamento?- le chiese, sussurrandole piano all’orecchio.
Hermione,
imbarazzata e felice che la poca luminosità di quel luogo le
permettesse di
nascondere il rossore di cui era certa si fosse tinto il suo viso,
cercò di
sfuggire alla sua presa, ancora convinta di potersi liberare da quel
contatto
senza soffrire.
Draco
mugugnò qualcosa, simile ad un invito a smettere con i suoi
futili tentativi di
liberarsi, e la cinse anche con l’altro braccio, appoggiando
la testa
nell’incavo tra la testa e la spalla della ragazza.
-Non
rispondi,
amore?- le chiese, sogghignando, lo Slytherin.
-Definiscilo
come preferisci, amore. Sappi, comunque, che a chiunque me lo
chiederà dirò di
aver esagerato con il Whisky Incendiario e di non ricordare nulla di
questa
giornata di Natale-
Draco
le
posò un bacio lieve sulla pelle sensibile del collo.
Hermione poté percepire le
labbra di lui schiudersi in un sorriso. Avrebbe voluto vederlo, quel
sorriso.
Avrebbe
voluto essere stata in silenzio, perché, vista la
felicità del ragazzo, sapeva
benissimo che stava per colpirla approfittando della sua affermazione.
-Perfetto.
Racconterò io di come mi hai presentato la tua famiglia, di
come mi hai
implorato di sposarti e di come mi sei saltata addosso non appena ho
acconsentito. Infine, con abbondanza di particolari, narrerò
la nostra prima
notte da fidanzati, soffermandomi sulle numerose volte in cui hai
urlato il mio
nome- le rispose lui, interrompendo il suo discorso solo per
mordicchiarla
dolcemente dove prima aveva lasciato un bacio.
Lei
rimase
immobile, visibilmente tesa.
-Non
parli?-
le chiese lui, poco dopo – Non starai cercando di dirmi che
… -
Lei
sbottò,
cosa che prese il ragazzo in contropiede. Gli occhi nocciola della
ragazza,
furiosa e con le braccia incrociate sul petto, lo spaventarono.
Nonostante ciò,
non sciolse la sua presa.
-
Visto che
non ci arrivi con il tuo cervellino da criceto, cercherò di
spiegarmi nel modo
più semplice e comprensibile- cominciò Hermione,
prendendosi un grosso respiro
– Dobbiamo Smaterializzarci. Visto che tu non hai ancora
fatto l’esame, devo
trasportare anche te. Infine, siccome vorrei evitare di Spaccarti, ho
bisogno
di concentrarmi. In conclusione, credi di poter trattenere i tuoi
ormoni?-
Draco
si
offese.
-Bastava
dirlo- brontolò il ragazzo.
Hermione,
dopo un sospiro liberatorio e un’imprecazione silenziosa, lo
afferrò per una
mano e, senza neppure avvisarlo, si Smaterializzò.
Il
ragazzo
si ritrovò in un vicolo lievemente illuminato dalla luce
giallastra di un
lampione. La sua testa non sembrava volersi fermare e, a peggiorare la
situazione, uno spiacevole senso di vomito lo tormentava. Ovviamente,
la sua
amata Hermione stava sghignazzando soddisfatta.
-Grazie
dell’abbondante preavviso, amore- commentò
velenoso.
-Non
oso
immaginare che effetto potrebbe avere uno Schiantesimo su di te, se una
semplice Smaterializzazione ti riduce ad uno straccio- gli rispose lei,
con un
tono simile.
Il
ragazzo,
che non aveva preso bene l’affermazione della ragazza, si
piegò sulle
ginocchia, cercando un po’ di pace da quella spiacevole
sensazione.
Hermione
lo
raggiunse e, poggiandogli una mano sulla schiena, cominciò a
preoccuparsi della
sua salute.
-Vattene,
Granger – le rispose l’altro, colpito nel suo
radicato orgoglio maschile.
-Non
fare il
bambino, Malfoy – lo riproverò lei mentre, dopo
aver impugnato la sua
bacchetta, eseguiva un semplice incantesimo contro il mal di Scopa,
che,
purtroppo, aveva dovuto utilizzare molte volte durante le lezioni di
Volo del
primo anno con Madama Bumb.
La
magia
sembrò avere l’effetto desiderato.
-Come
stai?-
gli chiese Hermione.
-Meglio-
rispose lui – Grazie –
Hermione
gli
si avvicinò.
-Forse
avrei
dovuto avvertirti-
Draco
alzò
un sopracciglio.
-Stai
cercando di scusarti?- le chiese, soddisfatto.
Lei
non gli
rispose.
-Il
tuo
maledetto orgoglio- cominciò il ragazzo poco dopo
– sarà la tua rovina.
Dovresti capire che non puoi fare tutto da sola, dovresti abbassarti a
chiedere
aiuto quando ne hai bisogno e dovresti imparare a chiedere scusa quando
è il
caso di farlo-
Dalla
bocca
di Hermione uscì una preoccupante risatina isterica.
-Devo
proprio essere ridotta male se uno Slytherin mi sta dando lezioni di
vita-
mormorò, avviandosi verso l’angolo che, una volta
svoltato, le avrebbe permesso
di uscire da quel vicolo oscuro.
Di
nuovo, la
salda presa della mano di Draco attorno al proprio polso la trattenne.
-Vorrei
poter entrare in quella tua testolina contorta, sai? Vorrei sapere cosa
ti
tormenta, qual è la causa dei tuoi comportamenti e,
soprattutto, vorrei sapere
cosa pensi di me-
I
loro occhi
si incontrarono. Hermione aveva voluto che lui la vedesse, che non
avesse dubbi
sulla veridicità di ciò che stava per dirgli.
-Ho
paura di
perdere le poche persone che mi restano e a cui voglio bene, voglio
riuscire a
mettere in scacco il Signore Oscuro e, infine, credo che dovresti
trovarti una
ragazza che ti meriti più di me-
La
candida
pelle del Sanguepuro subì pesantemente il contraccolpo,
tingendosi del canuto
colore dei capelli dei saggi.
-
Dov’è il
tuo orgoglio, stupida saputella?- le chiese lui esasperato –
Possibile che tu
sappia usarlo solo quanto è chiaro che non dovresti farlo?
Mi cercherò un’altra
ragazza non appena mi sarò stancato di poter finalmente
respirare un po’ d’aria
fresca- continuò, avvicinandosi a lei, in cerca di un
contatto che Hermione
evitò – Non credo mi mancherà molto
presto il fetore che ho dovuto sopportare
prima di conoscerti, comunque –
-Quindi,
mi
sopporti per mero interesse personale?- gli domandò. I suoi
occhi nocciola scansavano
continuamente il contatto con quelli inquisitori di lui.
-Vuoi
che ti
dica una bugia, rispondendoti di sì? Sai, amore, non vorrei
mai che le mie
parole ledessero la tua dignità- le rispose.
-Lo
fai per
pietà?-
Calò
il
silenzio.
Anche
le
auto Babbane, che, seppur di rado, passavano sulla strada principale di
quella
piccola cittadina, sembrarono fermarsi. Per alcuni lunghi istanti, il
Tempo
scese a patti con le loro esigenze, concedendo ad entrambi il tempo
necessario
affinché nessuno dei due ferisse l’altro.
-Dovresti
passare meno tempo con quegli idioti di Potter e Weasley, amore. La
loro
stupidità sembra essere molto contagiosa-
ironizzò Draco – Possibilmente,
dovresti seguirmi come una brava cagnetta obbediente, così
sarei anche sicuro
che quell’idiota del chihuaua Belby non possa metterti
addosso le sue luride
zampe. Se solo lo avessi saputo prima, ti avrei regalato un bel
collare, invece
di quel sacco di pelo ruffiano-
Evidentemente,
Draco si era pentito di averle regalato Nightfall, il quale sembrava
essere
divenuto un rivale in amore ben più pericoloso del Ravenclaw.
-Comunque,
Hermione – continuò lui – Hai ancora di
questi dubbi?-
Insicura.
Spaventata.
Sola.
-Io
ti amo,
te l’ho già detto più d’una
volta. Forse dovrei fartelo dire dalla McGranitt,
visto che prendi tutto ciò che dice quella vecchia come oro
colato-
Lei
mosse un
passo verso di lui.
Lo
abbracciò.
Respirò
a
pieni polmoni il suo profumo, capendo solo in quell’istante
quanto questo le
mancasse.
Percepì
sotto i polpastrelli tremanti delle sue mani il corpo solido di lui.
Lui era la
certezza di cui aveva bisogno e, sebbene lo sapesse da tempo, non aveva
mai
avuto il coraggio di ammetterlo a sé stessa.
Gli
posò un
lieve bacio alla base del collo, ricambiando un favore che per lei era
già
mutato in urgente bramosia.
-Se
continui
così, Hermione, sarò costretto a sbatterti contro
il muro- sussurrò Draco,
appagato.
Lei
frenò
immediatamente la rapida corsa delle sue mani nella perlustrazione
della
schiena di lui.
-Allora
la
smetto subito-
L’occhiata
furiosa che le rivolse sembrò poterla soffocare.
-Stavo
scherzando- disse, scandendo bene quelle due parole –
Ricomincia
immediatamente!-
Hermione
poggiò una mano sul suo viso e sorrise.
-Purtroppo,
dobbiamo andare da mia zia-
La
mascella
dello Slytherin sembrò cominciare una rovinosa caduta verso
il pavimento.
A
fermarla
furono le labbra gentili di Hermione, che gli concessero un rapido
bacio.
-Andiamo-
esordì lei, dando una breve occhiata al suo orologio da
polso.
Dovunque tu voglia.
***
Gli
teneva
un mano, pur camminando ad un passo da lui.
Sembrava
felice. Sembrava che, nell’ultimo periodo, fosse riuscita a
lasciarsi alle
spalle, almeno in parte, il dolore che perdere i suoi genitori le aveva
dato.
Finalmente,
Hermione Granger stava ricominciando ad essere, per quanto le fosse
possibile,
ciò che Lord Voldemort aveva cercato di cancellare.
Eppure
non
riusciva a togliersi quel tarlo che, se ne rendeva conto, mandava in
cortocircuito il suo senso critico.
Perché
lei,
per lui, era un continuo mistero, una piccola cittadina nascosta
perennemente da
un imperturbabile foschia.
-Parlami-
Svelati.
Avrebbe
voluto che ciò che aveva avuto il coraggio di pronunciare
avesse il tono di un
ordine a cui la ragazza non si sarebbe opposta. Il massimo che
riuscì ad
ottenere fu una supplica malcelata.
-Di
cosa?-
gli chiese lei, voltandosi.
Hermione
aveva acconsentito.
Draco
sorrise.
-Di
quello
che preferisci- rispose, certo che, se fosse stato lui a porre un
limite a
quella conversazione, anche lei si sarebbe rinchiusa in sé
stessa.
-Chiedi
ed
io ti risponderò-
Le
lasciò la
mano. Lei, che intanto avevo ripreso a camminare, sembrò
essere sul punto di
fermarsi nuovamente per chiedergli spiegazioni.
Draco
la
strinse a sé prima che lei avesse il tempo di farlo, legando
i loro corpi in
quella che era, sebbene lui non lo sapesse, una vicinanza appagante per
entrambi. Quel gesto improvviso causò un piccolo sobbalzo di
Hermione.
-Prima
domanda- incalzò immediatamente Draco – Hai paura
di me?-
Lei,
com’era
solita fare, si prese alcuni istanti per formulare una risposta sensata
e
razionale.
-Della
coppia, non sono io quella che si tormenta con dubbi stupidi?- gli
rispose,
interpellandolo a sua volta.
Coppia.
-Non
mi hai
risposto, Hermione!- esclamò esterrefatto – Non
credere di poter sfuggire così
facilmente al mio interrogatorio! Comunque … sono il tuo
fidanzato?-
Lei
ghignò,
con un’espressione palesemente da Slytherin.
-Vorresti
esserlo?-
Lui,
tenendosela stretta, pur continuando a camminare, la squadrò
dall’alto in
basso.
-Domanda
stupida, amore, visto che credo di aver più volte
sottolineato che, se fosse
per me, saresti già mia moglie da tempo-
Il
silenzio
della ragazza preoccupò Draco. Hermione di rado era un corpo
in quiete.
-Mi
piace-
esordì lei, colpendo di sorpresa più
sé stessa che non il suo interlocutore.
-Che
cosa?
Vedermi dannare mentre cerco di inculcare in quella tua testa cocciuta
che sono
l’unico ed ideale uomo della tua vita?- scherzò
lui.
-Assolutamente
no, amore- rispose Hermione piccata – Parlo del sentirsi
desiderata, del sapere
di poter scegliere di non essere più sola,
dell’avere un’alternativa-
Draco,
dando
fondo alla sua esperienza maturata in anni interi trascorsi ad essere
l’unica
preoccupazione di sua madre Narcissa, si mascherò con un
tenero broncio da
bambino incontentabile.
-Mai
una volta
che ti scappi di dimostrarmi un po’ d’affetto-
sentenziò, oramai sconfitto – E,
comunque, devi ancora rispondere alla mia prima domanda!-
Alla
fine,
dopo una dura battaglia, la Gryffindor alzò bandiera bianca,
accettando la
sconfitta.
Per
poi
ritornare immediatamente sui suoi passi.
-Devi
proprio cercare di distruggere così il mio entusiasmo,
Draco?-
-Rispondimi!-
-Uffa
…
diciamo, allora, che molte delle mie paure riguardano la tua persona-
lo
accontentò – E, mettitelo bene in testa, stupida
vipera, se non fosse per te
non mi sarei mai sentita così-
***
Erano
arrivati davanti alla porta d’ingresso
dell’abitazione di sua zia e lei, dopo
aver afferrato la mano che Draco le porgeva, aveva suonato il
campanello.
Un
vociare
confuso superò le spesse mura di cemento armato e il fragile
vetro degli
infissi. Era da quando sua cugina aveva lasciato quella casa che non
percepiva
più quella confusione caotica ed estremamente famigliare.
Qualcuno
aprì loro la porta. Una ragazza, quasi ventenne, con capelli
sciupati e di
un’accesa tinta rossastra, con un’evidente
ricrescita castano scura. I suoi
occhi erano stanchi ma, in tempi migliori, dovevano aver fatto stragi
di cuori
con la loro innata vivacità. Un bel viso, che Hermione
ricordava molto
spigoloso, ammorbidito e più dolce. Le solite mani
affusolate, rovinate da un
lavoro svilente e faticoso.
-Oddio,
Hermione!- esclamò sua cugina Jessica, la ragazza dai
capelli rossi, quando la
vide.
Lei
era il
suo personale serpente tentatore che, offrendole
quell’inebriante desiderio di
ribellione di cui aveva bisogno, spesso l’aveva portata sulla
cattiva strada.
-
Jessica,
cosa ci fai qui?-
Questa,
con
la bocca ancora spalancata, riuscì solo a chiamare soccorso.
-Mamma!-
urlò, strabuzzando gli occhi.
Zia
Margot
entrò presto nel campo visivo dei due visitatori.
Rideva.
Da
quando
quelle due andavano d’amore e d’accordo?
L’ultima volta che le aveva viste
assieme la più giovane, dopo aver lungamente sbraitato con e
contro l’altra,
aveva preparato una piccola valigia e aveva abbandonato la casa
materna.
-
Jess, come
credi di poter badare ad Emy, se hai problemi persino ad invitare gli
ospiti ad
entrare?- domandò la donna, invecchiata dagli eventi, alla
figlia, mentre
superava la porta che, dalla cucina, conduceva al piccolo corridoio
d’ingresso.
Non
appena
Margot vide la nipote, si portò le mani al petto e si
lanciò in un’esclamazione
gioiosa.
-Mamma!-
gridò anche questa a sua volta.
Infine,
l’anziana nonna Jean, reggendo tra le braccia un piccolo
batuffolo rosa,
giunse, con il suo solito passo tranquillo, al luogo dove si
concentrava tanto
clamore.
Hermione,
ancora sconvolta da quella riunione di generazioni in cui,
inconsapevolmente,
si era ritrovata coinvolta, salutò la parente a cui era
particolarmente
affezionata.
Questa,
ovviamente,
la riconobbe subito e, dopo aver dato il morbido involucro a Jessica,
la
raggiunse quasi correndo e la strinse in un accalorato abbraccio.
Dopo
Hermione fu il turno di Draco.
Jean,
la cui
espansività era nota in tutta la famiglia, concesse una
stretta gentile anche
al ragazzo, il quale, palesemente imbarazzato, ricambiò alla
meno peggio.
Conclusi
i
convenevoli, le tre donne li invitarono ad entrare.
-Entrate,
ragazzi, entrate!- cominciò Margot, finalmente ritornata il
sé – Vado a
scaldare l’acqua per il tè!-
La
scoperta
che la nonna si era prodigata per cucinare i suoi celebri biscotti,
poi, aveva
reso vani tutti i tentativi dei due ragazzi di declinare
l’offerta.
La
Gryffindor dovette attendere d’essere seduta di fianco al suo
accompagnatore
sul vecchio divano del salotto per poter, finalmente, essere aggiornata
su
tutti i cambiamenti che sembravano aver scosso dalla fondamenta
l’ora stabile
equilibrio di quella casa.
Jessica,
dopo essersi seduta sul bracciolo dello stesso sofà, con
grande attenzione,
aveva messo tra le braccia della cugina il batuffolo rosa.
-
Hermione,-
aveva cominciato Jessica – ti presento Emy, mia figlia-
La
notizia
la lasciò basita.
Poi,
scostando i lembi della morbida coperta in cui la pargoletta era stata
avvolta,
aveva potuto vedere il viso paffuto di una neonata addormentata.
-Ma
…
quando?- riuscì a chiedere Hermione, mentre il suo sguardo
sembrava essersi
completamente invaghito dell’esserina.
-Quando
è
nata? Cinque mesi fa. Da quando nonna Margot lo ha scoperto? Da poco
più di due
mesi, quando sono stata costretta a venire a chiedere il suo aiuto per
cercare
di dare ad Emy un futuro migliore. Te lo giuro, Hermione, avremmo
voluto
dirtelo, ma non siamo riuscite a rintracciarti- le rispose Jessica.
Probabilmente,
se non avesse deciso di andare a far visita a sua zia, non sarebbe mai
venuta a
conoscenza della nascitura. Del resto nessuno, di quel che le rimaneva
della
sua famiglia, sapeva quale scuola frequentasse e dove questa fosse. E,
comunque, se anche fossero state al corrente di queste informazioni,
non
avrebbe mai potuto dire loro che, per poterla rintracciare, avevano
bisogno di
un gufo o di un barbagianni.
-E
sai chi è
il padre?-
La
domanda,
apparentemente crudele, lasciò Draco basito.
-No-
disse
tranquilla l’altra – Ma chiunque sia, devo
ringraziarlo per avermi fatto il
regalo più bello della mia vita-
Hermione
prese a cullare piano la piccola Emy.
-Tu,
invece,
dove e quando hai conosciuto questo bel ragazzo?- chiese Jessica, non
appena
ritenne fosse giunto il momento per il suo interrogatorio.
Entrambi,
in
perfetta sintonia, arrossirono imbarazzati.
-Siamo
compagni di classe-
-Siete
fidanzati?- insistette l’altra.
Alla
fine,
la domanda fatidica era arrivata.
-Si-
La
voce
della Gryffindor era stata chiara, nitida e sicura.
-Peccato-
concluse Jessica, mentre si riprendeva felicemente la figlioletta che
Hermione
le stava porgendo.
Madre
e
figlia, molto più simili di quanto si potesse pensare, aveva
continuato, per
quasi un’ora, a tempestare Draco Malfoy di domande.
Da dove vieni? Che lavoro fanno i tuoi
genitori? Cosa ti ha colpito di Hermione? Da quando siete fidanzati?
Per
alcune
di queste, lo Slytherin, con opportune modifiche ricamate dalla sua
invidiabile
fantasia, non ebbe dubbi, per altre, invece, dovette chiedere il
sussidio della
sua fidanzata, la quale, dando prova di una perfetta armonia di coppia,
interveniva subito in suo aiuto.
Zia
Margot,
verso le cinque, aveva servito il tè. La donna, dopo aver
riempito le tazze con
l’acqua calda, aveva passato alla nipote l’ampio
contenitore in cui custodiva
gelosamente le sue numerose varietà di infusi.
La
Gryffindor decise di sperimentare i frutti rossi, lo Slytherin, invece,
superato lo shock causato dalla grande possibilità di
scelta, si gettò sul gusto
vaniglia, cosa che gli fece guadagnare una grande quantità
di punti nella scala
di valori di zia Margot.
-Finalmente
qualcuno che mi capisce!- aveva esclamato la donna – Sai, la
vaniglia è il mio
gusto preferito!-
-Sbaglio,
Hermione, o ha regalato anche a te un profumo alla vaniglia?- si
intromise
Jessica.
Draco
sapeva
bene la risposta corretta di quella domanda, ma, cercando di nascondere
il
rossore appena accennato delle sue gote, si prese
un’abbondante sorsata del
liquido ambrato.
La
conversazione,
poi, era passata ad argomenti ben più seri.
-Zia
Margot
- aveva cominciato Hermione – mi chiedevo se, in quanto mia
tutrice legale,
potessi fare un piccolo prelievo dal conto dei miei genitori a mio
nome. Sai,
sono un po’ al verde … -
La
donna si
era incupita rapidamente.
-Purtroppo
no- aveva risposto scuotendo piano la testa – Nel testamento
dei tuoi genitori,
questi hanno espresso la volontà che per ogni prelievo dal
loro conto, prima
del tuo raggiungimento della maggiore età, tutti i tuoi
parenti più stretti in
vita dessero il loro benestare. Purtroppo, oltre a me e tua nonna,
anche tuo
zio Leonard deve firmare le carte necessarie e, come ben sai, lui non
è al
momento raggiungibile-
Zio
Leonard,
il fratello di suo padre. Un vero e proprio amante del pericolo.
Probabilmente,
mentre loro stavano parlando, lui stava affrontando un anaconda nella
foresta
pluviale, aiutato da quel pazzo di suo figlio George.
-Comunque,
domani mattina potrei provare a rintracciarlo. Magari, se lo facessi
parlare
con il direttore della Banca, potremmo riuscire ad accedere al tuo
conto e fare
il prelievo di cui hai bisogno- ragionò a voce alta la donna
– Dubito,
comunque, di riuscire in questa impresa. Quell’uomo
è un vagabondo-
-Potreste
fermarvi per un paio di giorni qui da noi- si intromise, nuovamente,
Jessica.
Hermione,
dopo un breve colloquio di sguardi con Draco, rispose ad entrambe.
-Noi
non
possiamo fermarci. Dobbiamo ritornare a scuola e dobbiamo prendere il
treno
questa sera- disse.
A
prendere
parola fu la saggia nonna Jean.
-
Hermione,
cara, hai appena detto che sei senza soldi, come farai a pagarti la
scuola?-
La
diretta
interessata alzò le spalle.
-Mi
troverò
un lavoro pomeridiano-
Di
nuovo, la
donna, come aveva già fatto il giorno del funerale dei suoi
genitori, stava per
farle quella proposta.
-Lo
so,
Hermione, che quella che frequenti è una delle migliori
scuole di tutta
l’Inghilterra, ma, se tu accettassi di lasciarla e di
trasferirti
definitivamente qui da noi, potremmo aiutarti molto più di
quanto non facciamo
ora- cominciò Jean – Noi non abbiamo molto denaro,
infatti viviamo in quattro
con la mia pensione e lo stipendio di tua zia, e tu sei troppo lontana,
Hermione –
La
stretta
della mano di Draco si fece più salda. Seppe che il ragazzo
non aveva preso
bene quella notizia.
La
ragazza
si prese un grosso respiro.
-Ci
ho
pensato molto, in quest’ultimo periodo. Ma non voglio e non
posso lasciare la
mia scuola. Non ora, almeno. Troverò un modo per finire
quest’anno scolastico
e, se la situazione si dovesse fare insostenibile, verrò ad
abitare qui da voi-
disse Hermione – Prima, però, voglio essere sicura
di non avere nessun’altra
possibilità-
Sua
nonna
uscì dalla stanza, con gli occhi lucidi per
quell’ennesimo rifiuto e per l’aver
rivisto, nella certezza delle parole della nipote, quella con cui,
alcuni
prima, la sua secondogenita Emily le aveva annunciato il suo imminente
matrimonio.
Quando
era
ritornata nella stanza, stringeva tra le mani una piccola mazzetta di
banconote
di poco valore.
-Non
è
molto, Hermione, ma questo è tutto ciò che mi
è rimasto della mia misera
pensione- le disse, porgendogliela.
-Non
posso
accettare nonna- aveva risposto subito la Gryffindor, allontanando la
mano
raggrinzita della donna, con cui questa aveva asciugato lacrime troppo
amare per
essere trattenute.
-Questo
è
l’unico modo con cui io e tua zia possiamo aiutarti, visto
che non sappiamo
neppure dove si trova quella tua dannata scuola, quindi prendili e non
replicare, Hermione – aveva concluso Jean, afferrandole la
mano e facendogliela
stringere attorno alle banconote.
La
ragazza,
sconfitta, aveva riposto il denaro nella sua magica borsetta.
***
Stavano
ripercorrendo la stessa strada al contrario. Quel vicolo, dove il buio
era
padrone, sarebbe stato il posto più adatto per la
Smaterializzazione Congiunta.
La
verità
era una sola. Hermione sapeva che, se non fosse riuscita a trovare i
soldi per
pagare le tasse di Hogwarts, avrebbe dovuto abbandonare il mondo
magico,
ritornando ad essere una normalissima Babbana come tante.
Dopo
la
visita a casa di zia Margot, Hermione dovette ammettere a sé
stessa che poche
erano le sue vie d’uscita.
Accettare
la
carità dai suoi amici o chiedere a Silente di lanciarle un
incantesimo di
memoria sufficientemente forte da farle dimenticare tutto
ciò che aveva
scoperto negli ultimi sei anni della sua vita.
E
lei sapeva
già quale strada avrebbe intrapreso.
Avrebbe
concluso il suo sesto anno, cercando in ogni modo di incastrare Marcus
Belby,
e, poi, sarebbe sparita, come petali di un soffione scosso dal vento.
Di
lei,
della celebre Hermione Granger, non sarebbe rimasto nulla se non un
piccolo
ricordo nella testa delle persone che le volevano bene.
Avrebbe
abbandonato Harry, lasciandolo in balia della sua
impulsività e del suo poco
sangue freddo. Ma era certa che Ginny, la sua unica vera amica,
l’avrebbe
sostituita egregiamente.
Avrebbe
abbandonato Ron e tutta la sua amorevole famiglia. E così,
finalmente, avrebbe
fornito all’intera umanità la necessaria eccezione
che conferma la regola: lei,
il suo primo amore, lo avrebbe dimenticato.
Avrebbe
abbandonato i suoi amati libri di Magia e chi glieli aveva fatti amare.
Le
faceva male sapere che, troppo presto, avrebbe scordato la
professoressa
McGranitt, il professor Vitious e Drew.
Infine,
avrebbe abbandonato lui.
Sapeva
che,
probabilmente, i suoi occhi premurosi l’avrebbero tormentata
nelle notti più
buie della sua esistenza, ma sarebbe sopravissuta anche a quella
sofferenza o
sarebbe morta nel tentativo di farlo.
Sapeva
che
l’illusione del tocco gentile delle sue labbra
l’avrebbe resa pazza, ma sperava
che almeno la pazzia, con gli adeguati psicofarmaci,
l’aiutasse ad andare
avanti.
Sapeva
che
mai, in nessun altro ragazzo, avrebbe potuto ritrovare il suo profumo e
il
sapore della sua pelle.
Ma,
alla
fine, del suo Draco Malfoy non
sarebbe rimasto che un doloroso tormento scavato nelle sue ossa.
-Ne
ho già
parlato con mia mamma, ci occuperemo noi di tutte le spese necessarie
per la
tua educazione-
Sapeva
che
lui avrebbe combattuto, ma lei non avrebbe abbassato facilmente le sue
difese.
-La
mia
famiglia non andrà di certo in banca rotta per un centinaio
di galeoni e
all’inizio del prossimo anno compirai diciotto anni e avrai
accesso al conto
dei tuoi genitori. Non puoi dirmi di no-
Era
vero.
Lei non poteva dirgli di no. Le delusione sul suo volto
l’avrebbe uccisa.
-Il
problema
non sono i soldi, Draco – disse Hermione – Io non
posso più voltare le spalle
alla mia famiglia. È stata la mia decisione di diventare una
strega che ha
portato alla morte dei miei genitori, e questa, lentamente, sta
logorando mia
nonna. L’hai sentito anche tu, loro hanno bisogno di me.
Hanno bisogno di soldi
ed io, oltre a dare loro il denaro dei miei genitori, potrei anche
trovarmi un
piccolo lavoro per arrotondare lo stipendio di mia zia. Loro sono tutto
ciò che
mi rimane, lo capisci Draco?-
Si
era
voltata e gli aveva preso le mani.
Lui
era
impassibile.
-Ed
io?-
Hermione,
per la prima volta nella sua vita, non seppe cosa rispondere.
-Ed
io,
Hermione?- insistette Draco – Io ho voltato le spalle al
Signore Oscuro per te!
Io ho esposto mia madre per te! Non puoi trattarmi con un paio di
scarpe
vecchie, non me lo merito neppure io-
-Lo
so,
Draco, ma … -provò lei, venendo subito interrotta.
-Guardami
negli occhi e dimmi che non mi ami- le ordinò lui,
afferrandole il viso con una
presa sicura.
-Sai
che non
posso-
Draco
sorrise.
-Lo
ammetto,
ci speravo- disse, immediatamente più sollevato –
Ascoltami, allora. Hai detto
che i soldi non sono un problema. Non appena compirai diciotto anni, o
prima se
la signora Margot riuscirà a trovare tuo zio, darai tutti i
soldi dei tuoi
genitori alla tua famiglia, risolvendo i loro problemi economici. Tu,
invece,
come un’adatta futura signora Malfoy, vivrai a mie spese.
Provvederemo io e mia
madre al tuo mantenimento e a tutte le tue spese. In cambio, devi solo
promettermi che non abbandonerai il mondo magico-
Una
via di
fuga. Con Draco.
-E,
ovviamente, dovrò sposarti … -
-Credevo
che
quest’aspetto fosse assodato, amore- scherzò lui.
Lei
sospirò,
sconfitta, per la seconda volta nel giro di mezzora.
-Accetto,
ma
… -
-Ma?-
domandò Draco, particolarmente affascinante con quel suo
sopracciglio sinistro
alzato.
-Ma
mi
servono solo i soldi per le tasse scolastiche e ho intenzione di
restituirti
tutto ciò che mi presterai il prima possibile-
-Non
avevi
detto che i soldi non sono un problema?- le chiese –
Comunque, se mi prometti
che non te ne andrai da Hogwarts, per me va bene. Anche se non so come
farai a
trovare quei soldi-
Lei,
entusiasta per quell’opportunità, gli
saltò tra le braccia, cosa che Draco
apprezzò particolarmente.
-Ovviamente
darò ripetizioni!-
-Non
fumi,
oggi?- gli domandò Hermione poco prima che si
Smaterializzassero.
-La
tua
futura suocera è un segugio e non apprezza questo mio vizio-
le rispose
tranquillo lui.
La
risata
cristallina della Gryffindor riempì l’aria.
E
i due
ragazzi, teneramente abbracciati, ricomparirono davanti ad una piccola
palazzina Babbana di quindici piani.
Nel
grande
attico che occupava tutto il sedicesimo piano, abilmente celato da un
ottimo
incanto Fidelius, dimorava la signora Narcissa Malfoy.
Note dell’Autore
Prima
cosa …
Grazie, grazie e grazie! A tutte le lettrici veterane e a quelle
“nuove”. Con
il capitolo 13, per chi non lo sapesse, è stato superato il
limite che ormai
davo per insuperabile delle 8 recensioni. Quindi, ancora grazie alle 10
persone
che lo hanno recensito!!!
Vi
informo
che ho ritenuto fosse il caso di alzare il rating da giallo ed
arancione per i
contenuti di questo capitolo (parlo del padre violento della povera
Daphne).
Ed
ora, a
malincuore, vi annuncio che ho una cattiva notizia. Avevo anticipato,
nelle
“Note dell’Autore” di qualche capitolo fa
che, prima o poi, sarebbe cominciato
un progetto a cui avevo deciso di partecipare e che, sicuramente, mi
avrebbe
impiegato molto tempo. Beh, il momento tanto atteso è giunto
ed ora, dalla
scorsa settimana, mi ritrovo con 10 ore e mezza in meno di
libertà a cui,
ovviamente, vanno aggiunte quelle di cui necessita la scuola.
Risultato?
Non ho tempo per fare niente. Questo capitolo (che volevo pubblicare
prima
della fine di gennaio), per esempio, è stato scritto quasi
completamente la
sera tardi, quando facevo fatica a tenere gli occhi aperti. Conseguenza
di
questo impegno che mi sono preso è anche il non poter
leggere le fanfiction
altrui, quindi, se qualcuno dei pochi autori che ho recensito
nell’ultimo
periodo si stesse chiedendo dove sono, sappia che, non appena
avrò un po’ di
tempo, farò il possibile per smaltire gli arretrati.
Passo
ora
alle risposte a personam (sono molte più del solito!!!):
Jennifer91: innanzitutto
… è un piacere conoscerti, nuova
lettrice!!! Grazie, grazie, grazie! (mi riferisco ai complimenti sul
mio
“talento”, sul mio stile e sulla trama –
su quest’ultimo aspetto ti anticipo
che vi saranno mutamenti inaspettati – XD) Per quanto
riguarda la tua mancanza di
“talento nel mettere per iscritto ciò che
penso”, permettimi di darti un
consiglio. Per scrivere bene ci vogliono tre cose: tempo da impiegare,
pazienza
perché l’ispirazione viene quando ne ha voglia e,
infine (ma non per
importanza, anzi), allenamento. Io leggo molto da sempre (quando ho
tempo,
ovviamente) ma ho cominciato a scrivere poco più di due anni
fa. Credimi, se ti
dico che rileggendo i miei temi di prima superiore mi sono sbalordito
del mio
miglioramento. Magari non lo noterai subito, ma, se scrivi spesso, il
tuo stile
farà passi da gigante. E, comunque, nessuno potrà
mai dire di aver imparato
completamente come si scrive, in quanto la scrittura è un
campo in cui non si
smette mai di migliorare. Con questo non voglio dirti che devi scrivere
recensioni
più lunghe, sia chiaro. Era solo per fare un po’
di conversazione XD!!! Grazie
ancora e a presto, spero …
Willow Malfoy: come è mio uso
fare, ti
dico che è stato un immenso piacere ricevere il tuo parere,
nuova lettrice! Sapere
che qualcuno ritiene la mia storia originale mi rende immensamente
orgoglioso
di me stesso. Diciamo pure che è una delle cose su cui punto
di più. E,
ovviamente, mi fa piacere ricevere complimenti sul mio stile, visto che
di rado
ne ricevo e perché, purtroppo, devo convivere sempre con
questa mania che mi fa
vedere il mio modo di scrivere come troppo macchinoso XD Quindi
… Grazie,
grazie, grazie! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto!!!
Books: Heilà!!! Forse era un
po’
velato, ma nella mia ultima risposta alla tua recensione
c’era un sentito
ringraziamento. E ora sono veramente dispiaciuto che tu ti sia sentita
una
schifo. Diciamo che mi sento uno schifo per averti fatta sentire uno
schifo XD.
Sei una delle lettrici che apprezzo di più, soprattutto per
la tua sincerità.
Le critiche fanno male, ma fanno crescere. E comunque, con il senno di
poi, mi
sono reso conto di quanto fosse vero ciò che mi avevi detto.
infatti, ora,
pongo molta più attenzione a ciò che scrivo.
Quindi grazie, anche perché sei
una delle poche lettrici che mi segue dal primo capitolo e non potrei
sopravvivere se, al prossimo capitolo, non trovassi una tua fantastica
recensione!!! Passando al capitolo … sono contentissimo che
ti piaccia l’idea
delle tasse ad Hogwarts (che ritorna in questo capitolo), la mia
personalissima
caratterizzazione di Narcissa e, infine, il nome che ho dato alla palla
di
pelo! Drew nasconde molte cose, ma, ad una lettura particolarmente
attenta,
alcune di queste potrebbero essere svelate … Ancora grazie,
grazie e grazie!
Spero a presto!!!
Agathe: salve!!! La tua recensione mi
ha fatto veramente sbellicare e credo che più di qualche
parente abbia avuto la
conferma della mia infermità mentale. Questo spiegherebbe
perché spesso mia
madre mi fissa come se fosse pronta ad annotarsi qualche mio
comportamento
strano … va beh, lasciamo stare la mia pazzia!!! Volevo
spezzare una lancia a
favore della mia personalissima versione di Narcissa. Sicuramente non
ha nulla
del Malfoy, ma ti ricordo che, tra i Black, l’unica ad essere
particolarmente crudele
era Bella (visti Sirius il Gryffindor ed Andromeda che è
diventata una
casalinga) … e, comunque, non sottovalutarla, mi piace
troppo per farla scadere
nella banalità!!! XD Spero a presto!!!
Hollina: ok,
te
lo giuro. Da questo capitolo in poi puoi ritenere ufficialmente chiuse
le
disgrazie di Hermione. Purtroppo, quello del suo essere perennemente al
verde
era un problema che avevo lasciato aperto e mai chiuso. Mi sembrava il
caso di
farlo, e l’ho fatto. Spero che non ti abbia spinto a smettere
di leggere la mia
storia, ovviamente. E, comunque, ora Draco ed Herm sono legati da
qualcosa di
molto più profondo (praticamente un accordo
matrimoniale!!!). Grazie, grazie e
grazie!!!
LullabyDeath:
piacere
di conoscerti, nuova lettrice!!! Prima cosa, anche se non riguarda la
storia …
bel nick, complimenti!!! Molto drammatico e con un certo retrogusto
malinconico, insomma, molto, molto bello!!! Non so, secondo te Draco ha
ottenuto più “coccole” in questo
capitolo??? Mah … comunque, grazie, grazie e
ancora grazie per i complimenti! E soprattutto per il riconoscimento
del mio
impegno!!! Spero a presto!!!
Barbarak: te
lo
dico con tutta la mia sincerità (parecchia), la tua
lunghissima recensione mi
ha commosso. Mai ricevuta una così attenta analisi di un mio
capitolo e dei
personaggi che lo animano così attenta. Come ho
già detto, sei una lettrice
superlativa. E, ora che ho letto la tua fatica, posso tranquillamente
affermare
anche che sei una lettrice egregia. Hai tutto il mio rispetto (chino il
capo in
un umile segno di rispetto e reverenza)! Non so davvero da che parte
cominciare
a rispondere alla tua recensione. Veramente, più la leggo,
più rimango senza
parole. E viste le numerose riletture, praticamente posso solo stare
zitto. Ti
offendo se ti rispondo con un “hai ragione su tutto tranne
sull’acredine tra
Drew e Narcissa”??? spero di no, perché non me la
sento proprio di rispondere
punto per punto. Parlerei (scriverei, in questo caso) per ore,
credimi!!! Cmq,
presto Belby farà la sua mossa. La sua seconda mossa, visto
che la prima l’ha
fatta negli ultimi due capitoli … Fantastica Barbarak!!!
Grazie, grazie,
grazie!!! Ah si … scusami, ma non ho avuto il tempo per
leggere i tuoi due
ultimi aggiornamenti, ma sarà la prima storia che
recupererò non appena avrò un
minimo di respiro!
_Dubhe:
Molto
piacere, Katia, io sono Jerry. Non è il mio vero nome,
ovviamente, ma, fosse
per me, lo userei sempre. E, comunque, è solo un futile
istinto dell’uomo cercare
di dare un nome a tutto. È un’inutile voglia di
catalogare tutto ciò che non
riusciamo a comprendere. Io resto me stesso, anche se uso un nome che
non è il
mio. La Sacher è una torta fantastica sia che la si chiami
così sia che la si
chiami “torta al cioccolato, con marmellata di albicocche e
glassa”, no? Per
quanto riguarda i cambiamenti da me fatti per rendere più
“popolare” la mia
storia, questi riguardano solamente il rendere palese i dubbi di
Hermione su
Belby. Drew, invece, è tenuto volutamente fuori dalla storia
(ma ci resterà per
poco) per altri motivi. Volevo che fosse onnipresente nei primi
capitoli e che,
rapidamente, sparisse. Il fatto che tu ne senta la mancanza, mi dice di
aver
fatto un buon lavoro. Non ti preoccupare, tornerà. I
chiarimenti sull’incanto
Fidelius arriveranno, ma molto dopo il ritorno di Drew XD. Nel caso in
cui tu
voglia ancora approfondire alcuni punti della mia storia, sappi che
sono pronto
a rispondere a tutte le tue eventuali domande (se ti è
più comodo puoi anche
inviarmi un messaggio personale, cosa che ti permetterebbe di avere una
risposta
più immediata) e che riceverle mi farebbe molto piacere!!!
Grazie ancora per
tutti i complimenti, Katia!!! Spero a presto, Jerry
123cilvia:
sapere
che la mia storia, dopo una prima occhiata, è stata
brutalmente scartata mi ha
messo un po’ d’inquietudine (mi sono chiesto
… in quanti l’avranno fatto?), ma,
superato il breve collasso mentale, ho provato un certo piacere nel
capire che,
se non altro, sono riuscito a far cambiare idea almeno ad una persona!
Come mi
ripete sempre mio padre: piuttosto che niente, è meglio
piuttosto! Che poi non
abbia alcun significato in italiano, è di poca importanza.
Per quanto riguarda
l’argomento “Jerry è un
ragazzo!”, sappi che per me non è mai stato un
problema
essere nato maschio e tantomeno lo è stato dirlo ad alcune
lettrici che mi
avevano scambiato per una ragazza. Certo, è stato un duro
colpo per la mia
virile autostima, ma non sono io quello che è rimasto
sconvolto dal scoprire
che nel mio cromosoma genetico ho una Y. La quasi totalità
delle mie lettrici,
nella prima recensione, ha approfondito l’argomento
sopracitato. Non che mi
dispiaccia, ovviamente, ma su Efp io scrivo come chiunque altro. Ho
apprezzato
particolarmente il tuo consiglio e, infatti, in questo capitolo ho
usato il
verbo “comparire” solo due volte, un vero e proprio
obbiettivo per me! Cercherò
di migliorare ancora XD Per altri eventuali critiche/consigli, sai dove
trovarmi. Mi fa sempre piacere riceverle, sarà forse per il
fatto che ho spalle
sufficientemente larghe per sopportarle! Grazie ancora per i
complimenti!
Ageno: heilà!
Sappi che aspetto il poema che mi hai promesso XD!!! La tua recensione
mi ha
lasciato spiazzato, positivamente spiazzato. Purtroppo, in quanto
maschio, devo
portare in alto la mia bandiera, quindi è mio dovere
ricordarti che molti dei
più grandi scrittori sono stati maschi. Vuoi un paio
d’esempi??? Alighieri,
Manzoni, Tolkien, Bulgakov, Defoe, Shakespeare e Marlowe. E la lista
è molto
lunga! Per un istante mi sono visto armato di clava e con una pelliccia
d’orso
polare gettata addosso. Scena traumatica XD. Scherzi a parte, non
sentirti in
dovere di farmi pubblicità su Facebook. Ovviamente ne sarei
molto più che
onorato, ma sono sicuro che hai preoccupazioni ben più
importanti per poterti
permettere di sprecare tempo con me e la mia storia =). Infine, sappi
che ho
dato un’occhiata (forse te l’avevo già
detto) alla tua pagina. Una delle tue
storie mi è piaciuta molto, ma purtroppo, tra un impegno e
l’altro, mi sono
dimenticato di recensirla. Se puoi perdonare la mia enorme testa vuota,
ti
prego di farlo. Sto parlando di “Diario di una
suicida”. Molto ben scritta e
molto originale, complimenti!!! Spero a presto, Jerry
Bene,
è
stata una piacevole faticaccia rispondere a tutte queste recensioni!!!
Mi
auguro di
non fare troppo tardi con il prossimo aggiornamento, anche se dubito di
riuscire a pubblicare entro questo mese (che tra le altre cose
è anche più
breve del solito, uffa) …
Un
grazie
sincero alle persone che hanno messo la mia storia tra le
“Preferite”, “Ricordate”
e “Seguite” (wow, siete tantissime!) e tutti coloro
che leggono questa storia.
A
presto,
Jerry
|
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Capitolo 15 *** Talking about Love (Fragility, Part II) ***
Chapter
fifteen, Talking about Love (Fragility, Part II)
A Barbarak,
perchè da poco ho scoperto
che, oltre ad essere una lettrice insostituibile ed
una scrittrice splendidamente introspettiva, è
una donna dal cuore d'oro
La
camera di
Hermione, quella sera, era illuminata dai caldi raggi del sole
crepuscolare.
Sulle pareti candide, l’arancione della luce disegnava figure
geometriche,
accompagnando in una strana danza di chiari e scuri l’ombra
allungata della
ragazza.
Le
vacanze
natalizie erano finite troppo presto. Forse, però, doveva
ritenersi fortunata.
Se fosse rimasta un’altra settimana alla Tana, molto
probabilmente, con tutto
il cibo con cui Molly aveva preso l’abitudine di rimpinzarla,
avrebbe avuto
molte difficoltà ad utilizzare le sue gambe per camminare.
Ma avrebbe
cominciato a muoversi rotolando molto volentieri, se, in cambio, avesse
potuto
avere un’altra fetta della fantastica torte di mele della
signora Weasley.
Adorava quel dolce e, se chiudeva gli occhi, le sembrava di poter
percepire
ancora sulla lingua l’aroma della cannella e la morbidezza
delle mele, in
contrasto con la friabilità della pasta frolla.
Fantastica.
Hermione
si
lasciò cadere sulla sedia della sua scrivania. Le sue mani
erano ricoperte da
un leggero velo di sudore, mentre cercava di aprire la busta che un
vecchio
gufo le aveva portato.
Quando
aveva
avvertito il picchiettare del becco dell’animale contro il
vetro della
finestra, stava risistemando i vestiti nell’armadio, dopo che
questi avevano
subito un soggiorno troppo breve nel suo baule. Aspettava quella
missiva da
troppo tempo per poter mantenere la calma.
Le
parole
tracciate sul foglio nella grafia caotica di Malocchio le riempirono la
testa.
Credeva quasi di poter sentire la voce arrabbiata dell’ex
Auror nelle orecchie,
tanto da spingerla a pensare che quella busta che teneva in mano fosse,
in
realtà, una Strillettera. La parola che la concludeva, poi,
sembrava essere un
ordine perentorio e indiscutibile.
“Liberatene”.
Moody
non
parlava dell’oggetto contenuto nel pacchetto che accompagnava
l’epistola, ma
della persona che glielo aveva regalato.
Scoprire,
infatti, che Belby era realmente intenzionato a mandarla
all’altro mondo la
preoccupò e divertì assieme. Lo aveva anticipato,
era stata più scaltra di lui
e, ora, aveva la possibilità di passare al contrattacco.
Ricordò
il
consiglio che Drew aveva dato a lei e a tutti gli studenti di Hogwarts
poco
prima che cominciassero il loro primo duello.
In un duello la potenza delle magie è
relativa, ciò che conta è il modo in cui esse
vengono usate. Dovete usare
l’astuzia, la fantasia.
Solo così
potrete sopraffare il vostro
avversario.
E
lei,
questa volta, non si sarebbe limitata sconfiggere il suo avversario. Lo
avrebbe
schiacciato, come una qualsiasi foglia rinsecchita dal sopraggiungere
dell’autunno.
Il
giorno
seguente sarebbero riprese le lezione e lo avrebbe rivisto.
Si
sarebbe
goduta la sua espressione sconvolta quando l’avrebbe rivista
viva e si sarebbe
divertita a giocherellare con quella collana che le aveva regalato.
Aprì
il
pacchetto in cui Malocchio aveva riposto una copia perfetta
dell’oggetto e lo
indossò.
Le
piccole
sfere di una sfumatura azzurrognola rimbalzarono sul suo petto.
Mai,
se non
avesse voluto raggiungere a tutti i costi il suo obbiettivo, avrebbe
indossato
quella collana d’opali dallo stile così antico.
***
Le
tre
settimane seguenti erano passate rapidamente, forse solo
perché non aveva avuto
tempo per fermarsi a pensare. Il periodo, come ogni anno, era colmo di
prove
pratiche e teoriche, cosa che le riempiva quasi completamente tutti i
suoi
pomeriggi. A ciò, poi, andavano aggiunte le ripetizioni che
aveva cominciato a
impartire ad alcuni studenti più piccoli per poter
racimolare la somma che
doveva a Draco. Purtroppo, i centocinquanta galeoni della somma finale
erano
ancora un’illusione molto lontana.
Draco,
nell’ultimo periodo, dopo un’iniziale freddezza in
seguito alla breve
discussione avente come causa scatenante Belby e il suo desiderio di
eliminarla
dalla faccia della Terra, era diventato ancora più premuroso
del solito.
Cercava, in ogni modo possibile, di tenerla lontana dal Ravenclaw e,
come la
stessa Hermione fu costretta ad ammettere, ci stava riuscendo
egregiamente.
-Posso
chiederti una cosa, Hermione?- le chiese il ragazzo a cui aveva appena
finito
di ripetere le fasi principali della Guerra dei Folletti, spezzando il
filo dei
suoi pensieri.
Lei smise immediatamente di
sistemare i suoi
libri e lo invitò a proseguire.
-
Cos’è
l’amore?-
La
domanda
la lasciò spiazzata. Mai si sarebbe aspettata una simile
richiesta, tanto meno
da lui.
Le
era
sempre parso estremamente riservato, nonostante, da buon Gryffindor
quale era,
era sempre circondato da un gruppo corposo di amici o da un nugolo di
spasimanti.
Quel
ragazzino del quarto anno, infatti, con quel suo modo gentile di
osservare
tutto e tutti, aveva fatto una vera e propria strage di cuori e, tra le
vittime, vi erano anche alcune ragazze del settimo anno.
Lei
stessa,
a volte, si chiedeva come riusciva a resistere al desiderio di baciarlo
per
poter percepire la consistenza delle sue labbra sottili.
Daniel
Alleyn aveva un fascino particolare, difficilmente descrivibile. Non
era molto
alto e decisamente smilzo, eppure, forse grazie al suo viso, riusciva
ad
incantare chiunque.
Ma
ciò che
più di lui aveva stupito Hermione era la sua
profondità, il suo non
accontentarsi di risposte preconfezionate e la sua voglia insaziabile
di
conoscere il parere altrui.
-Mi
dispiace, Daniel, ma non credo di essere la persona più
adatta a rispondere a
questa domanda- gli rispose Hermione, un po’ imbarazzata.
Lo
sguardo
del ragazzino dai capelli biondo scuro si incupì.
La
tristezza
che poté leggere nelle sue iridi color miele la
spaventò.
-Ma,
se ti
accontenti della risposta della prostituta di Hogwarts, puoi provare ad
ascoltarmi-
Lui
le
rivolse un sorriso. Hermione prese un grosso respirò.
-
Quando
trovi l’amore, questo ti appare come liberazione, salvezza e
sicurezza.
Credimi, non c’è niente di più
rassicurante del contatto con la persona di cui
si è innamorati. È una cosa immediata. Un giorno
non sai nemmeno che esiste,
quello dopo riconosci il suo odore tra mille altri-
Daniel
la
fissava estasiato e leggermente malinconico.
-Poi,
quando
vivi l’amore, questo diventa una necessità. E hai
bisogno di vederlo, di
sentirlo, di toccarlo, di sapere che è al sicuro, di essere
certo che non ti
abbandonerà e di potervi sopravvivere-
Il
ragazzo
sciolse il contatto dei loro occhi e abbassò la testa.
Hermione gli pose una
mano sulla guancia destra e, con una dolcezza quasi materna, lo
invitò a
guardarla. Gli sorrise, dimostrandogli di non aver bisogno di alcuna
parola per
capire cosa lui stesse provando in quel momento.
Hermione
lo
sapeva, cos’era l’amore.
Per
troppo
tempo aveva camminato nella vasta landa desolata dell’Odio.
Per troppo tempo
non aveva incontrato nulla sul suo percorso se non l’arido
terriccio bruno su
cui camminava e alcuni radi arbusti piegati dalle frustate della
siccità.
Indebolita dall’incomprensione e dalla solitudine, si era
lasciata scaldare dai
gelidi raggi di un sole perennemente celato dietro nuvole grigie. E
aveva
atteso a lungo un solo segno, un solo sorso d’acqua con cui
rinfrescarsi la
gola riarsa.
Infine,
il
cielo si era tinto con il sangue e la terra, scossa da un tremito
improvviso,
aveva finalmente aperto le sue braccia per lei. E quella che era una
minuscola
crepa, in pochi attimi mutò in una profonda spaccatura e,
poi, in un baratro.
Là, sul fondo, un piccolo punto troppo lontano dalle sue
mani.
Quell’insignificante
macchia colorata, come un sasso lanciato contro un vetro, infranse le
sue
certezze. Perché quel misero segno celeste era il suo primo
scorcio di un cielo
vero.
E
all’improvviso, poté distinguere la via che
l’avrebbe condotta alla sua vera
dimora, indicatale dalla voce rassicurante del suo angelo custode.
Perché si,
sebbene non ci avesse mai creduto, anche lei, laggiù aveva
un cherubino biondo,
egocentrico e insopportabile che l’attendeva strepitante.
Hermione,
quella volta, fece una sola cosa. Chiuse gli occhi e si
lasciò cadere.
Lei
e Daniel
avevano chiacchierato a lungo quel pomeriggio. Poi, si erano separati.
Hermione, mentre il piccolo Gryffindor, prima di uscire dalla
biblioteca,
alzava la mano destra in un cenno di saluto, vide nel suo volto quello
di un
fratellino che non avrebbe mai potuto avere. Le si strinse il cuore.
Perché
solo
in quel momento, evidentemente troppo tardi, si rese conto di quanto
avesse
trascurato la persona per cui, da molto tempo, aveva la forza di
alzarsi la mattina.
Quegli occhi grigi, oramai, stavano già diventando la sua
personalissima
ossessione.
Voltandosi,
diretta verso uno scaffale in cui aveva adocchiato un libro che le
interessava
particolarmente, vide Ginny, seduta ad uno dei numerosi tavoli presenti
in
quella stanza, con le mani nei capelli rosso fuoco e con una ragazza,
che
Hermione dedusse appartenere ai Ravenclaw dallo stemma sulla divisa
scolastica,
che le accarezzava una spalla cercando di consolarla.
La
osservò
con attenzione e la riconobbe. Denise Millay. Un’espressione
estasiata le
illuminava il viso. Ginny, evidentemente, non sembrava ancora aver
perso la sua
capacità di avere una battuta sempre pronta.
Hermione
si
avvicinò, sperando di non disturbale.
Denise,
dopo
aver ricambiato il saluto con un basso mormorio, abbassò lo
sguardo. I capelli
neri e ordinati le ricaddero sul viso, coprendo anche la porzione
lasciata
scoperta dalla frangia, spettinata dalla cattiva abitudine della
ragazza che la
spingeva ad immergevi la mano ogniqualvolta si sentiva osservata.
Sempre,
considerata la sua spasmodica timidezza.
Ginny,
invece, fu ben più loquace.
-Cosa
fate
di bello?- chiese Hermione, stringendo i libri di Storia di Magia del
quarto
anno, che aveva opportunamente recuperato dal baule in cui li aveva
riposti.
-
Denise mi
da una mano con Trasfigurazioni- le rispose Ginny, lanciandosi, poi, in
un
sospiro teatrale – Sono proprio una frana-
-Avresti
potuto chiedere a me, sai che ti avrei dato una mano molto volentieri-
disse
l’altra, forse un po’ offesa.
-Lo
so
perfettamente, ed è proprio per questo motivo che ho chiesto
a Denise. Tu
saresti capace di ammazzarti, pur di riuscire ad aiutare chiunque te lo
chieda.
E, comunque, non credo sia il caso di sottrarti ancora a quel povero
ragazzo,
che già così è costretto a vederti
solo nei tuoi ritagli di tempo … -
Hermione
sbiancò.
-Di
chi stai
parlando?- le domandò, stringendo più forte i
libri.
Ginny
scoppiò a ridere.
Poi,
cercando di riprendere fiato e asciugandosi gli occhi che avevano preso
a
lacrimare per le troppe risate, riprese a parlare.
-Vediamo
se
riesco a darti una descrizione che non ti lasci dubbi-
cominciò la Weasley,
prendendosi subito una pausa di riflessione – Lingua
biforcuta, pelle diafana
sintomo di una putrefazione precoce e capelli color biondo platino,
rimasuglio
del suo trascorso da drag queen-
Denise
scoppiò a ridere, seguita subito da Hermione.
L’isterismo che trapelò dalla
voce di quest’ultima non passò inosservato.
-Comunque,
Herm, non ti preoccupare, Denise è la migliore del mio anno-
-Non
sono
affatto preoccupata, Ginny – le rispose, riprendendo un
po’ di colore dopo la
tragica rivelazione della rossa e rivolgendosi subito alla Millay
– La tua fama
ti precede, Denise –
La
Ravenclaw
arrossì, la ringraziò con un gridolino e
portò immediatamente la mano destra al
viso. Con questa spinse gli occhiali da vista verso l’alto,
facendoli scivolare
sul piccolo naso, e sistemò una ciocca di capelli corvini
dietro l’orecchio.
-Sai,
Hermione, che Denise ha vinto una delle borse di studio messe a
disposizione da
Silente?- disse Ginny, riaprendo la conversazione, già
arrivata ad un punto
fermo.
Denise
implorò con uno sguardo supplichevole la Weasley,
affinché smettesse di tessere
altre lodi sulla sua persona.
Lei
era
così. Una Mezzosangue, come tante altre, desiderosa di
rimanere nel completo
anonimato.
Dopo
una
decina di minuti, Hermione aveva lasciato le ragazze e, dopo aver
afferrato il
libro di cui aveva bisogno, si era diretta versa l’uscita.
Prima di sfuggire da
quel luogo, stranamente più caotico del solito, aveva
salutato educatamente
Madama Pince. Questa, in risposta, aveva alzato la mano sinistra,
continuando a
scrivere qualcosa su un foglio bianco.
La
passione
che metteva in quel gesto era mirabile, tanto da spingere la ragazza a
pensare
che quel pezzo di carta fosse uno struggente messaggio
d’amore indirizzato a
Gazza. Non volendo approfondire l’argomento, svelando gli
aspetti più celati di
quell’amore così lontano dalla bontà di
un qualsiasi dio, si affrettò a
richiudersi la porta alle spalle.
Li
avvertì
subito sulla pelle. La perquisivano, frugando negli spigoli
più nascosti della
sua anima e lasciandola indifesa. Se avesse avuto la forza di pensare,
forse,
sarebbe scappata.
Marcus
Belby
le sorrise gentile, come al solito. Le aveva rifilato lo stesso sorriso
quando,
circa venti giorni prima, lei aveva gironzolato per tutta la scuola con
la
falsa collana d’opali che avrebbe dovuto mandarla a far
compagnia a tutti i più
temuti avversari di Lord Voldemort.
-Come
va?-
le chiese premuroso.
Hermione
fece fatica ad aprire la bocca. Fino a cosa si sarebbe spinto quel
pazzo
tirapiedi di Tu-sai-chi? Perché era venuta a cercarla? Cosa
e chi doveva
temere?
-Sono
un po’
stanca in questo periodo, ma, tutto sommato, ho vissuto periodi
peggiori. Tu,
Marcus, invece?-
Belby
le si
avvicinò, premendo il corpo di lei con il proprio e
facendola adagiare
lentamente contro la parete alle sue spalle.
-Ora
che mi
sei così vicina, molto bene- le sussurrò
all’orecchio, soffiando respiri
carezzevoli contro il suo collo ad ogni parola.
Ora che hai il tuo obbiettivo così
vicino,
vorresti dire pensò Hermione.
Non
disse
nulla, attendendo che il suo avversario compisse la sua mossa.
Aveva
alzato
attorno al suo Re Bianco alcune discrete difese e, ora, doveva solo
sperare che
il generale dei Neri non intuisse l’unico punto debole nella
sue mura.
Belby
le
prese la mano destra stesa lungo al fianco e, non curandosi
dell’espressione
sconvolta sul volto della Granger, se l’appoggiò
su una spalla. La Gryffindor
si ritrovò stretta in un abbraccio a cui, sebbene lo
volesse, non poteva
sottrarsi.
Il
suo
avversario aveva mosso il Cavallo. Nel palazzo del Sovrano risuonarono
i passi
delle numerose truppe rivali che percorrevano quel tunnel buio il
quale, in
caso di occupazione, sarebbe stato utilizzato per gli
approvvigionamenti.
Quella che pensava sarebbe sempre stata la sua via di fuga, il suo
passaggio
segreto per mettere in salvo il proprio esercito, era stato utilizzato
contro
di lei.
Marcus
lasciò una lunga scia di baci languidi sul collo di lei, per
poi risalire sul
viso, arrivando quasi a lambire le sue labbra.
Espugnata
anche la capitale, del suo immenso impero non sarebbe rimasto che un
mucchio di
macerie logorate dall’intemperie e ricoperte di muschio
verde.
-Vuoi
essere
la mia fidanzata?- le chiese, parlandole all’orecchio.
Scacco
matto.
Avrebbe
dovuto alzare la bandiera bianca ed essere trascinata dietro il carro
di
Trionfo del suo nemico. Avrebbe dovuto far cadere il vessillo che aveva
rappresentato le temibili legioni delle sue milizie, oramai ridotte a
pochi
drappelli di soldati feriti. Avrebbe dovuto inchinarsi al nuovo
Tiranno,
privando della libertà i suoi sudditi.
Il
Re Bianco
era caduto, pugnalato alle spalle da un servo traditore.
La
Regina,
con le gote rigate di lacrime, aveva incoccato la prima freccia sul suo
arco.
***
Continuava
a
spintonare chiunque gli si parasse davanti. Non gli importava a quale
Casa
appartenesse, né quanti anni avesse. Continuavano
imperterriti, nonostante il
suo palese umore nero, a mettersi tra lui e la sua camera nei dormitori
maschili degli Slytherin e, per questo motivo, andavano puniti.
Un
ragazzino
Hufflepuff del primo anno ebbe la sfortuna di incrociare la sua strada
con
quella di Draco Malfoy e ciò era stato la causa del perfetto
Levicorpus che si
era beccato.
Scese
nei
sotterranei e, superata la sala comune, si diresse verso la propria
stanza.
Entrò
e
richiuse la porta con una spinta violenta.
Daphne,
che
stava leggendo un libro distesa sul letto di Blaise, svegliò
con uno scossone
il proprio fidanzato, che, tenendo una mano sul grembo di lei in modo
possessivo, stava sonnecchiando.
Draco
non li
degnò di uno sguardo. Si tolse la giacca e, assieme alla
bacchetta, la lanciò
sul suo letto. Fece uscire dalle asole alcuni bottoni della camicia e,
trattenendo a stento la rabbia, arrotolò le maniche
dell’indumento fino al
gomito.
Aveva
sopportato tanto e l’aveva aspettata a lungo. Non le aveva
chiesto nulla, gli
sarebbe bastato solo un gesto d’affetto. Una carezza
affettuosa, un altro bacio
spontaneo, una piccola dichiarazione.
Hermione
non
gli aveva dato nulla di tutto ciò.
Le
aveva
concesso molto tempo, affinché potesse riordinare le idee
che le frullavano per
la testa. Le aveva permesso di prendersi lo spazio di cui aveva bisogno
per
respirare, pur essendo conscio che, dandolo a lei, lo avrebbe sottratto
a se
stesso.
Ma
lei non
lo aveva capito, o, forse, non aveva voluto ricambiarlo.
Lui
aveva
cercato in tutti i modi di proteggerla e lei, ovviamente, si era
lanciata tra
le braccia di colui che la voleva morta.
Stupida Gryffindor
Avrebbe
dovuto odiarla. Avrebbe dovuto allontanarla, cercando di preservare la
propria
salute mentale. Avrebbe dovuto voltarle le spalle.
Ma
non ci
riusciva. Per quale motivo, dannazione, l’amava
così tanto?
Draco
caricò
il colpo.
Hermione non lo guardava.
Tese
i
muscoli del braccio destro.
Si torceva le mani. Era preoccupata,
ansiosa.
Si
conficcò
le unghie nella carne fino a percepire il calore del sangue che, da
tempo, era
abituato a riconoscere, trovando in esso un insperato sollievo.
Senza fermarsi per prendere fiato, gli aveva
raccontato tutto ciò che era accaduto, non tralasciando
neppure i particolari
in cui quel verme di Belby l’aveva toccata.
Strinse
il
pugno, pronto a colpire.
Le aveva chiesto cosa lei avesse risposta a
quella domanda. I pochi istanti che Hermione impiegò per
rispondere gli
sembrarono infiniti. Lunghissimi anni passati a scontare la propria
pena
all’Inferno, sotto i colpi del suo Demone Custode.
Prese
una
piccola rincorsa e stese il braccio, caricando quel gesto di quanta
più forza
potesse.
Aveva accettato, era diventata la fidanzata
di Marcus Belby.
Gioì
del
rumore delle sue nocche contro il muro freddo di quella stanza,
ricominciando a
respirare quando il dolore, come l’ultima onda di un mare in
burrasca, si
allungò lungo tutto il suo corpo, raggiungendo il cervello e
facendogli
chiudere gli occhi per la sofferenza.
Le aveva detto che era stata la scelta
giusta, le aveva sorriso e se ne era andato. Sul labbro inferiore erano
ancora
visibili le ferite che si era procurato mentre, mordendosi, cercava la
forza
per non insultarla.
Daphne
scattò giù dal letto e cercò di
fermarlo aggrappandosi con tutta la forza che
aveva al suo braccio. Lui la spinse via e alzò
l’altra mano, pronto a tirarle
uno schiaffo.
Vide
distintamente in quegli occhi verdi, che tante volte
l’avevano consolato, il
coraggio di chi è pronto a ricevere l’ennesima
percossa a testa alta.
Blaise
lo
fermò in tempo, torcendogli il polso dietro la schiena con
forza.
-Spostati
Daphne – ordinò Zabini alla fidanzata –
Sapeva a cosa andava incontro, lascialo
fare-
La
ragazza
spalancò gli occhi, ma, chinando il capo, si
allontanò verso il letto da cui si
era appena alzata. Si appoggiò allo schienale, stringendosi
le ginocchia al
petto.
Blaise
sussurrò qualcosa all’orecchio del biondo che la
Greengrass non riuscì a
sentire.
-Te
l’ho già
detto. Sei il mio migliore amico, ma se tocchi Daphne sei morto. Puoi
colpire
chi o cosa vuoi, ma, se solo la sfiori, la nostra amicizia non ti
basterà per
salvarti –
Il
ragazzo,
poi, raggiunse Daphne e le posò una rapido bacio sulle
labbra.
-Si
fermerà
prima o poi, non ti preoccupare-
Dopo
aver
recuperato il cuscino, finito sul pavimento, Zabini si rimise a
dormire.
Malfoy
continuava a colpire quella parete antica, macchiandola di rosso in una
macabra
rappresentazione del suo supplizio.
La
Greengrass, intanto, si sforzava di leggere il libro che aveva tra le
mani prima
dell’ingresso di Draco. Molte volte le stesse parole, di cui
non riusciva più a
ricordare il significato, si composero nella sua testa, gettando le
fondamenta
per quella dimora che sarebbe stata l’intera proposizione. Ad
ogni gemito di
dolore del biondo, quella casa crollava, lasciandola senza nulla tra le
mani se
non un po’ di polvere.
Non
si era
fermato per molto tempo.
L’odore
ferroso del suo sangue aveva riempito la stanza e quel colore scarlatto
era
gocciolato sul pavimento dal suo braccio maciullato.
Sapeva
che
doveva fermarsi. Eppure non lo fece fino a quando il dolore fisico non
coprì
quello della sua anima.
I
suoi
pensieri erano affollati da parvenze che non riusciva a dimenticare,
sebbene
fossero solo frutto della sua immaginazione.
Vedeva
la sua Hermione tra le braccia di
Marcus.
Sorridente, molto più di quando era in sua compagnia. Vedeva
la sua Hermione che baciava quel
bastardo
che gliela stava rubando. E lei assaliva le sue labbra con una dolcezza
infinita, lo mordeva, lo stringeva e lo voleva, come mai aveva
desiderato lui.
Vedeva la sua Hermione che
prendeva
per mano quell’avanzo dell’Evoluzione Darwiniana e
che, fiera, lo accompagnava
davanti agli sguardi indiscreti di tutti gli abitanti di Hogwarts. Non
si
vergognava di lui, non aveva timore di mostrarsi con lui e non prestava
attenzione a null’altro che non fosse lui.
Lui
e la sua Hermione.
Non
c’era
spazio, in quell’idillio armonioso, per Draco Malfoy.
Avrebbe
preferito morire. Invece, era costretto a continuare a vivere, solo.
La
mano
gentile di Daphne si posò sulla sua spalla, stringendola
piano. Era
inginocchiata al suo fianco. Non sapeva quando, ma aveva smesso di
colpire quel
muro e si era lasciato cadere sul pavimento.
-Vieni,
ti
accompagniamo da Madama Chips –
Si
guardò in
giro. Blaise lo guardava, senza giudicarlo, senza ribadire con lo
sguardo che
la ragione era sempre stata dalla sua parte.
-Scusami-
mormorò Malfoy alla ragazza.
Questa
gli
posò un bacio sulla fronte e lo strinse in un abbraccio.
-Di
cosa,
Draco? L’unico che ha diritto di pretendere delle scuse sei
tu. Non hai colpito
me, hai colpito te stesso-
Lui
la
strinse a sé con il braccio sinistro.
Aveva
bisogno di quel calore che solo un’amica sincera come Daphne
poteva darle.
-Ho
bisogno
di lei, perché non lo capisce?- chiese, senza essere rivolto
veramente a
qualcuno.
-Capirà,
non
ti preoccupare- lo rassicurò lei, mentre, con
l’aiuto di Blaise lo sollevava
dal pavimento.
***
Il
giorno
seguente Daphne era intrattabile, una madre premurosa a cui qualcuno
aveva
toccato i propri cuccioli.
E
quel
qualcuno, in quel momento, reggeva il suo sguardo furioso con grande
dignità.
-Dimmi,
Granger, come credi di potermi impedire di spaccarti quel bel visino da
troia
che ti ritrovi?- le chiese, dopo averla fermata in mezzo ad un
corridoio vuoto
tirandola per una spalla.
-A
cosa ti
riferisci?- le domandò in risposta Hermione, logica e fredda
come al solito.
-Ti
avevo
detto che se avresti fatto soffrire Draco di avrei mandato
all’altro mondo,
ricordi? O forse sei troppo impegnata a tenere a mente i nomi di tutti
quelli
che ti muoiono dietro?-
Draco.
Sapeva
che
sarebbe stato un duro colpo per il ragazzo, ma la sua reazione le era
sembrata,
tutto sommato, piuttosto positiva.
Non
rispose.
-Sai
vero
che Draco farebbe di tutto per te, vero?- insistette la Slytherin.
Annuì.
-Sai
che ha
tradito Voldemort per stare con te?-
Di
nuovo
mosse impercettibilmente il capo.
-Sai
che
questa sua scelta, indubbiamente stupida vista la spregevole persona di
cui si
è innamorato, lo ha portato ad un passo dal raggiungere quei
Babbani dei tuoi
genitori?- continuò la Greengrass, accompagnando ogni
stilettata con un gesto
imperioso della mano destra.
La
sua
risposta fu la stessa.
-Sai
che da
te non voleva niente se non un po’ d’affetto?-
-Si-
riuscì
a mormorare Hermione.
Sulle
labbra
sottili di Daphne apparve un sorriso soddisfatto.
-Allora,
sai
sicuramente anche di essere una stronza, vero?-
Questa
volta, quelle parole ruppero qualcosa dentro di lei. Un dolore diffuso,
cominciato nel petto e spostatosi nelle viscere del suo corpo e della
sua
anima, la lasciò senza fiato.
La
Greengrass la obbligò a guardarla.
-Fa
una
cosa, Granger: sta lontana da Draco. Non dovrebbe esserti difficile,
visto che,
tra tutti quelli con cui ti diverti, c’è anche il
tuo fidanzato-
Daphne,
dicendo quelle parole, si voltò e prese a camminare sulle
sue scarpe dai tacchi
alti in una marcia quasi militare.
La
chiamò,
fermandola.
Questa
si
voltò con un sopracciglio alzato.
-Mi
odia?-
le domandò con un filo di voce.
-Purtroppo
no. Anzi- le rispose la Greengrass, un po’ rabbonita
– Senti, Granger, so bene
che sei una ragazza intelligente. Pensa a lui, almeno una volta. Draco
è più
fragile di quello che sembra, soprattutto in questo periodo, e non ha
bisogno
di qualcuno più debole di lui. Ha bisogno di qualcuno che lo
sostenga, non di
qualcuno da sostenere-
Presto
l’esile figura della Slytherin sparì, lasciandola
sola, confusa e pensierosa.
Aveva
bisogno di qualcuno con cui confidarsi, con cui parlare. Aveva bisogno
di
un’amica.
Ginny
non si
fece attendere e bussò alla porta della sua camera.
Entrò
sorridente, per poi cominciare a preoccuparsi non appena vide
l’espressione
triste di Hermione.
-C’è
qualcosa che non va?- le chiese, avvicinandosi.
La
Granger
continuava a guardare fuori dalla finestra. Oltre la vasta distesa
erbosa e la
cupola grigia di nuvole, là, in quel luogo appartato,
cercava quella
tranquillità di cui aveva bisogno.
-Ne
ho
combinata una delle mie- le rispose, mentre si strofinava gli occhi,
arrossati
da alcune lacrime versate nel completo silenzio.
Ginny
si
fece subito più attenta. Si sedette su una sponda del letto
e invitò l’altra a
fare lo stesso.
-Che
succede?-
Era
da tanto
che non parlavano. Lo facevano spesso, prima. Poi, dopo tutto quello
che le era
successo e con il poco tempo libero che le era rimasto, si erano
allontanate.
Eppure,
quel
libero sfogo, privo di giudizio e sensi di colpa, le mancava.
Le
sue
parole uscirono incontrollate.
Le
raccontò
tutto, da quello che aveva visto nella testa di Draco con
l’incantesimo di
Legilimanzia quasi quattro mesi prima, alle lezioni private bruscamente
interrotte con Drew. Non tralasciò nemmeno gli ultimi
eventi, ponendo
l’attenzione di entrambe sia sulla collana maledetta che
Belby le aveva
regalato per Natale sia sul fidanzamento con quest’ultimo.
-
Hermione,
non ti offendere, ma ti stai comportando davvero come
un’idiota. Belby ti vuole
morta, come puoi anche lontanamente pensare di diventare la sua
fidanzata?
Questo si chiama suicidio! Per non parlare di quello sfigato di Malfoy!
È
superbo da far schifo, ma anche tu, ragazza mia, visto quello che provi
nei
suoi confronti, accontentalo! In fondo, non ti sta chiedendo di
diventare una
Mangiamorte! Rifletti un attimo, Herm. Malfoy è ricco, bello
e stupido … Non
avrai mai più una possibilità come questa!
Vogliamo parlare, poi, della tua
possibile futura suocera? Ergerei un monumento equestre a quella donna
a mani
nude in questo stesso momento!- scherzò Ginny alla fine del
lungo monologo di
Hermione.
Questa,
però, non sembrava essere dell’umore adatto a
quella sana ironia.
Ginny
le
afferrò le mani.
-Non
ti preoccupare,
quel ragazzo ti ama troppo per lasciarti andare così
facilmente. Vai a parlare
con lui, chiedigli scusa e abbi il coraggio di dirgli quello che provi
per lui.
Capirà, ti perdonerà e, se le cose andranno per
il meglio, prenderà a calci nel
sedere quel bifolco di Belby. Del resto, Hermione, Malfoy non ha colpe
… lui
sta solo cercando di proteggerti-
continuò la Rossa – E, comunque, sappi che
condivido pienamente la sua idea.
Dovresti aver denunciato quel lurido Mangiamorte a Silente da tempo-
-Ma
io … -
-Non
essere
stupida- la interruppe Ginny – Voldemort non può
prendersi anche il tuo amore –
***
Parlare
con
Ginevra l’aveva aiutata a capire. Da tempo stava percorrendo
la strada
sbagliata e la via che aveva scelto di percorrere l’avrebbe
portata solamente a
perdere le persone a cui teneva.
Aveva
frugato nei suoi ricordi in cerca del momento in cui aveva intrapreso
quel
sentiero errato e, alla fine, tutte le sue riflessioni erano arrivate
allo
stesso risultato.
Bussò
alla
porta della Sala Insegnati. La voce bassa e sgradevole di Piton la
invitò ad
entrare.
Il
professore di Difesa contro le Arti Oscure la squadrò
dall’altro in basso con
aria di superiorità.
-
Hermione!-
esclamò giovale Lumacorno, mentre, dopo essersi alzato dalla
sedia su cui aveva
appoggiato il suo sedere avvolto in pregiati e antiquati pantaloni di
seta
verde, le andava incontro – Come sta, ragazza mia? Spero si
sia ripresa
completamente da quella brutta influenza che le ha impedito di venire
all’ultima riunione del Lumaclub … -
Lei,
che
aveva completamente rimosso dalla sua testa la scusa che aveva
utilizzato per
evitare quel noioso appuntamento all’insegna della
falsità, annuì.
-Oh,
ne sono
veramente felice! Ma, signorina Granger, posso chiederle per quale
motivo è
qui?-
-Ho
bisogno
di parlare con il professor Kennan – gli rispose educata.
Questo,
con
un sorriso a trentadue denti, glielo andò a chiamare,
salendo rapidamente
l’ampio scalone posto alla fine della stanza che conduceva
alle stanze private
dei professori.
-E,
se posso
saperlo, per quale motivo deve avere quest’urgente
conversazione con il
professor Kennan?- le domandò viscido Piton.
Lei,
presa
in contropiede dal tono insinuante della voce dell’uomo,
rimase in silenzio.
A
sostituirla, fu Drew che, in modo estremamente pacato, rimise al suo
posto
l’Uomo-dai-Capelli-Unti.
-Credo,
professor Piton, che la cosa non la riguardi, a meno che, ovvio, lei
non voglia
conversare amabilmente con noi di questo suo ambiguo ruolo di
doppiogiochista
con il Signore Oscuro che Silente le ha affidato-
Il
ragazzo
le sorrise, poco prima di voltarsi verso Lumacorno che, affannato per
la corsa
in cui si era lanciato Drew per raggiungere la sua pupilla e che,
scioccamente,
aveva deciso di imitare, stava per aver un infarto.
Assicuratisi
che il professore di Pozioni non fosse in pericolo di vita, i due erano
usciti
dalla stanza e, fatti un paio di passi per scongiurare eventuali
orecchie
indiscrete, avevano preso a conversare.
-Allora,
a cosa
devo il piacere di poter riavere una conversazione con te?- le
domandò, tra il
sarcastico e il vendicativo.
-Sono
venuta
a chiederti scusa per come mi sono comportata in quest’ultimo
periodo e per i
miei modi sgarbati nei tuoi confronti- gli rispose lei, guardandolo nei
suoi
bellissimi occhi blu, fiera come mai prima.
-Scuse
accettate- le disse lui, regalandole, dopo molto tempo, uno dei suoi
strani
sorrisi.
Si
ritrovò
schiacciata contro la sua spalla, con la sua mano gentile che le
accarezzava la
testa.
-Finalmente
ho di nuovo la mia pupilla!- esclamò entusiasta Drew,
sciogliendo l’abbraccio.
Gli
aveva
raccontato tutto ciò che le era capitato e, alla fine, gli
aveva chiesto aiuto.
Lui
si era
dimostrato fin da subito disponibile ed estremamente preoccupato.
-
Draco
aveva ragione. Magari non a me, ma dovevi comunque raccontarlo a
qualcuno del
corpo insegnanti. Sono sicuro che Minerva avrebbe preso sicuramente in
considerazione i tuoi sospetti- concluse Drew, passandosi una mano nei
capelli
neri, estremamente ordinati nel loro disordine.
-Lo
so, ma
volevo incastrarlo da sola- cercò di scusarsi Hermione.
-
E ora?- la
incalzò lui.
-Non
ti
mentirò, Drew. Voglio ancora che quell’idiota
ritorni dal suo padrone sconfitto
e umiliato, ma … -
-Ma?-
-Ma
non sono
certa di poter sopravvivere anche alla perdita di Draco –
concluse lei, con le
guancia arrossate dall’imbarazzo.
-
E il tuo
orgoglio?- le chiese ancora il ragazzo.
-
Voglio
solo una cosa ora e, per averla, ho bisogno di tutto ciò che
dispongo, orgoglio
compreso-
***
Faceva
freddo. Quella sera il vento non dava pace e tagliava tutto
ciò che colpiva. Su
quella stretta terrazza che incorniciava una delle tante torri di
Hogwarts,
poi, l’aria sembrava odiare chiunque osasse sfidarla.
Hermione gli aveva
inviato un messaggio via gufo, sperando che Draco volesse ancora
vederla e
acconsentisse ad incontrarla. Era in ritardo di quasi trenta minuti, ma
aveva
deciso di aspettarlo per l’intera notte, anche se questo
avrebbe portato
certamente alla morte per assideramento.
Alzò
il
colletto del suo solito cardigan bianco e spostò di qualche
centimetro il nodo
della sua sciarpa nera che, tempo prima, il ragazzo che attendeva le
aveva
regalato.
Avrebbe
potuto estrarre la bacchetta e scaldarsi con la magia, ma non aveva
intenzione
di farlo. Doveva pagare per la sua stupidità, questa volta.
Le
costava
ammetterlo, ma la verità, purtroppo, era una sola: il suo
sbagliare stava diventando
una routine.
Cercò
di
riempirsi la testa di pensieri, così da distrarsi e da far
passare più
rapidamente il tempo. Tutti questi cavilli mentali, però, si
dirigevano verso
un’unica direzione. Lui.
Dopo
alcuni
minuti di patimenti si arrese e si lasciò scivolare contro
la parete di pietra,
resa più liscia da anni di intemperie.
Draco,
evidentemente, aveva deciso di dimenticarla. Aveva fatto la scelta
giusta,
evitando tutti i numerosi problemi che gli avrebbe causato.
Eppure
Hermione continuava a sperare che quella maledetta porta si aprisse e
che
quegli occhi grigi si incontrassero con i suoi. No, Draco non poteva
arrendersi
ora che lei aveva messo ordine nella sua vita. Voleva solo
un’ultima
opportunità e lei avrebbe combattuto contro chiunque pur di
avere lui al suo
fianco.
Lo
voleva,
ne aveva bisogno.
Come
leggendo i suoi pensieri, una famigliare chioma biondo platino,
illuminata dai
bagliori della luna, superò quella soglia.
-Ciao-
le
disse Draco scostante.
Sembrava
non
essersi reso conto di essere in ritardo di quasi un’ora.
-Ciao-
rispose Hermione, facendo leva sulle braccia per alzarsi.
Lui
restò
distante.
Lei
cercò di
toccarlo.
Lo
Slytherin
alzò il braccio destro per non farla avvicinare, mostrando
alla ragazza la
pesante fasciatura che copriva la mano.
-Cosa
ti sei
fatto?- le domandò lei preoccupata.
Cosa ti ho fatto?
-Niente-
Niente che ti riguardi.
-Dimmi
la
verità, Draco -
All’improvviso
se lo ritrovò a pochi centimetri di distanza. Il suo respiro
caldo e rabbioso
le bruciava la pelle.
-La
verità,
Hermione? La verità è che io ti ho chiesto una
sola cosa e tu non sei stata in
grado di darmela!- il ragazzo perse il controllo, accecato dalla rabbia.
Urlava
e
quelle parole, pronunciate con un astio che non aveva mai rivolto ad
un’altra
persona, recidevano i pochi appigli che la ragazza aveva con il mondo
reale.
-La
verità è
che non posso sopportare anche questo, non posso vederti diventare la
ragazza
di un altro-
Quella
confessione fu peggio di uno schiaffo in pieno viso.
-Sai
bene …
- provò a dire Hermione, venendo bruscamente interrotta
dallo Slytherin.
-So
bene
cosa? Che non sei innamorata di Belby? Che ti sei fidanzata con lui
solo per
incastrarlo? Che tutta questa storia è solo uno stupido
teatrino?- le chiese,
diventando più furioso ad ogni domanda – Lo so,
non hai bisogno di trovare
altre scuse- continuò Draco, mentre, mordendosi un labbro,
si metteva le mani
nei capelli – Ma sai qual è la verità,
Hermione? Io ho rinunciato a tutto
quello che avevo per te e,
credimi, mi
sarei accontentato anche di essere il tuo fidanzato per finzione-
La
ragazza
lo vide trattenere a stento delle lacrime troppo amare per essere
sopportate.
Lo
osservò
mentre si tormentava il labbro inferiore con i denti.
Assisté alla rapidità con
cui la fragile pelle rosata della sua bocca si tingeva con alcune
piccole gocce
scarlatte. Scorse nuovamente, nascosta dalla manica della lunga giacca
nera,
quella pesante fasciatura attorno alla mano destra.
E
alla fine
capì.
Gli
afferrò
la mano sinistra e se la portò sul cuore.
-Smettila-
gli disse, mentre, dopo aver imprigionato il suo mento, gli passava
dolcemente
il pollice sulle labbra ferite.
Lui
obbedì.
Alla
fine,
Hermione era riuscita ad afferrare la verità. Finalmente, le
parole di Daphne
avevano cominciato a prendere la giusta collocazione nella sua testa.
Come
lei,
anche Draco si celava dietro una maschera. Come lei, nascondeva dietro
l’arroganza e la superbia il bisogno di essere compreso. Per
lui, tutto ciò che
provava nei suoi riguardi era una necessità.
I
ricordi
agirono incontrollati. Hermione si ricordò di una visita ad
un giardino
botanico. Rammentò di aver visto una rosa bellissima. Si
chiamava Double
Delight.
Lei
e Draco
erano boccioli di quel fiore. Ostentavano una piccolissima parte del
loro
carattere, quella più forte, e rinchiudevano la loro
debolezze. Mostravano solo
i loro petali scarlatti, lasciando nell’oblio quelli candidi
come la neve.
Fingevano
di
essere forti, ma, in realtà, erano solo dei grossi bugiardi.
-Ti
amo
Draco – disse lei all’improvviso –
Riconosco la mia stupidità per non avertelo
detto prima, ma, ti prego, non lasciarmi adesso. Non ora che ho capito,
non ora
che ho bisogno di averti vicino. Non ora che voglio esserti vicino-
Le
gambe di
Draco non sembrarono essere in grado di reggerlo.
Era
tutto
troppo rapido e troppo bello.
-E
Belby?-
le chiese sconvolto.
-
Non mi
interessa-
-E
i tuoi
amici?- insistette lui.
-Capiranno-
-Perché
ora?-
-Non
credi
che abbiamo già perso troppo tempo?-
-E
tu non
credi di correre un po’ troppo, Hermione?-
Lei
ci pensò
un attimo.
-No-
rispose
sicura.
-Forse
dovresti prenderti un po’ di tempo per riflettere
… - provò Malfoy, decisamente
poco convinto di volerlo fare.
-Ho
avuto
mesi interi per pensarci, Draco – disse lei, posando una mano
sulla sua guancia
– Qualcuno mi ha aiutato a capirlo, l’amore va
preso al volo. Credo sia giusto
avvertirti, quindi, che il treno Granger passa una volta sola-
Draco
ridacchiò.
-E
chi ti
dice, Granger, che i Malfoy non abbiano comprato tutte le stazioni
ferroviarie
dell’Inghilterra?-
Lei
alzò un
sopracciglio e lo scrutò dubbiosa.
-Come
faccio
ed essere sicuro che per te non sono una semplice consolazione?- le
domandò
subito dopo, facendosi serio.
-Te
lo
dimostrerò, ho solo bisogno di un po’ di tempo per
capire come-
-Ti
ho dato
tempo a sufficienza, voglio una prova ora- rispose lui pacato, sebbene
sapesse
di metterla in difficoltà.
-Vado
a
mandare a quel paese Belby un attimo e torno- disse subito Hermione,
staccandosi da lui e avviandosi verso la porta.
Lui
la
riacciuffò e, dopo essersi appoggiato al muro, la
tirò a sé.
-Quel
verme non
mi interessa, prova con qualcos’altro. E, comunque, a lui
devo farci
l’abitudine, non credo sia la cosa più giusta
mollarlo così su due piedi-
Lei
lo
guardò ammirata e, poi, si paralizzò.
-
Draco, mi
dispiace, ma non credo di essere ancora pronta per quel
passo-
Malfoy
scoppiò a ridere.
-Certo,
sarebbe divertente, ma non sto pensando a quel
passo- la tranquillizzò lui – Non punto
ancora così in alto-
Hermione
riprese a respirare, decisamente sollevata. Anche se, ad essere
sincera, la sua
fantasia più volte, in passato, aveva toccato
quell’argomento.
Cadde
il
silenzio.
Alla
fine,
Draco aveva deciso di compiere l’ennesimo passo verso di lei.
-Giurami
che
domani, quando mi sveglierò, tutto quello che sto vivendo in
questo momento non
sarà solo il frutto della mia immaginazione. Giurami che non
mi volterai le
spalle alla prima difficoltà, ma che combatterai con
chiunque pur di non
abbandonarmi. Giurami che, qualsiasi cosa accadrà, non mi
lascerai solo e che
non ti farai ammazzare prima d’essere certa che io sia morto-
Lei
sorrise.
-Lo
giuro-
-Posso
darti
un bacio?- gli domandò Hermione.
-Non
devi
chiedermi ogni volta il permesso per farlo- sbuffò
spazientito Draco - E,
comunque, credi di potertela cavare con un solo bacio? - le rispose
sconvolto
lui.
Quella
notte
sarebbe stata più calda e appassionata di quanto entrambi
avessero potuto
immaginare.
Alla
luce di
quella luna piena, quelle due Double Delight si erano dischiuse,
rivelando la
loro vera natura.
Note
dell’Autore
Hey!
Come
state? Spero bene.
Purtroppo,
come avrete potuto dedurre dall’immenso ritardo di questo
aggiornamento, io
sono un po’ incasinato in quest’ultimo periodo.
Conseguenza di ciò è la
decisione di postare mensilmente a meno che, grazie a ponti o vacanze
varie,
non riesca a scrivere più di un capitolo al mese. Mi
dispiace, ma non posso
fare altrimenti.
Questo
capitolo è un po’ strano. Un po’
affrettato, forse, ma mi sembrava che dopo
quattro mesi di conoscenza Hermione potesse sbottonarsi e accontentare
Draco e,
diciamoci la verità, pure se stessa.
Il
ragazzo,
nel caso in cui non fosse chiaro, è affetto da una delle
malattie del nuovo
millennio: l’autolesionismo. È stata una scelta
forse troppo affrettata, da
parte mia, ma credo che stravolgere ancora il canon di questo
personaggio in
questo modo lo renda molto più vero.
E
per tutte
coloro che si aspettavano un Draco spietato, bello, impossibile,
stronzo e
tutte quelle cose lì, beh io l’avvertimento OOC
l’ho messo, quindi ho la
coscienza pulita. A mio parere, poi, zia Row ha lasciato sottintesa,
più volte,
una fragilità di fondo in questo personaggio.
Resta
il
fatto che, con tutti tranne Hermione, Blaise e Daphne, Draco
rimarrà sempre il
solito ragazzino sagace e superbo, non preoccupatevi.
Credo
sia
giusto, poi, alla fine di questo capitolo inserire una nota dovuta. Le
rose
Double Delight esistono realmente, trattasi, infatti, di ibridi di Tea (Rose Ibride e chi ha orecchie per
intendere, intenda), molto profumate e di dimensioni abbastanza grandi
(rispetto ad una rosa comune). Il loro colore, appunto, è
rosso all’esterno e
bianco all’interno. Nel caso vi interessi, ovviamente, vi
invito a fare qualche
ricerca su Internet.
E
ora, in
rapidità, le risposte ad personam:
Books: posso dirti la verità?
Anche io
ho sentito la tua mancanza in questo periodo ma, purtroppo, credo che
ci
sentiremo sempre più di rado. Scuola maledetta. Sono felice
d’essere riuscito a
farti rivalutare Blaise e che ti sia piaciuto come ho raccontato la
storia di
Daphne (<3). Ti ringrazio, come al solito, per tutti i tuoi
complimenti e
per il tuo essere una lettrice così affezionata. Grazie di
cuore! Comunque, ora
voglio sapere cosa ne pensi del modo in cui ho stravolto Draco. Attendo
in
trepida attesa …
Hollina: io liberarmi di te? Ringrazia
gli dei dell’Olimpo che non ti sono attaccato ad una gamba
come una
sanguisuga!!! Scherzi a parte … GRAZIE HOLLINA!!! Visto il
capitolo che ho
pubblicato, questa potrebbe essere l’ultima risposta ad una
tua recensione,
quindi mi dimostro parecchio affettuoso e bisogno di conforto. Ti prego
non
abbandonarmi!!!
_Dubhe: comincio dicendo … ma
ci si
mette anche il Fato a far dimenticare la mia storia alle lettrici??? Ma
questa
è veramente un’impresa impari!!! Comunque
… wow che bella recensione!!! Una
delle più ben argomentate e complete della mia breve
esistenza da scrittore di
fanfiction! Che posso dire? Niente, se non GRAZIE! Aspetto il tuo
parere anche
su questo capitolo! Ah si, Daphne e Blaise sono la mia coppia
preferita,
quindi, con me, sfondi una porta aperta!!!
chihuahua: innanzitutto,
piacere di conoscerti, nuova lettrice! Alla fine,
Draco, queste coccole in più le ha ricevute, no? Grazie per
la recensione!
barbarak: quale modo migliore per
ringraziarti della tua immensa gentilezza, se non dedicarti un
capitolo? Mi
sembrava il minimo, visto che non sono neppure riuscito a recensire
l’ultimo
capitolo della tua storia, quindi spero tu non ti sia offesa (sono un
pezzente,
lo so). Finalmente Hermione si è lanciata. Credo che abbia
atteso a sufficienza,
no? Bellissima recensione, come al solito, e mi dispiace veramente
lasciarti
una risposta così striminzita, ma, credimi, se non lo
facessi, probabilmente mi
ritroverei ad aggiornare tra tre o quattro giorni e non mi pare il
caso.
Aspetto di sapere le tue impressioni su questo capitolo!
End!!!
Mi
scuso con tutte cinque persone che mi hanno recensito per le risposte
mingherline,
ma non ho veramente tempo. Non ne ho mai, a dire il vero.
Prima
di
passare ad alcuni ringraziamenti, vi informo che ho preso 8-
nell’ultimo tema
di italiano. Non chiedetemi come ho fatto, perché
l’unica cosa che so è che,
sebbene avessi promesso ad alcune lettrici di moderarmi, stasera io e
la mia
bottiglia di Baileys diventeremo un’unica essenza. Se ne
avete a casa, bevete in
mio onore (non sarete sole, ecco)!
E
ora,
grazie a:
SweetTaiga e Igrain perché entrambe,
sebbene con ritmi diversi, sembrano essere decise a leggere e recensire
ogni
capitolo di questa storia.
Barbarak per aver consigliato questa
storia nelle sue note a fine capitolo
Grazie
alle
cinque persone che mi hanno recensito, alle persone che hanno aggiunto
la mia
storia tra le seguite/ricordate/preferite e ai lettori silenziosi.
E,
infine,
grazie a chi continuerà a leggere questa Dramione,
nonostante, come mio solito,
ho stravolto completamente il personaggio di Draco XD
Spero
a
presto (lo spero per davvero),
Jerry
|
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Capitolo 16 *** Missing Moment: Christabel's Tragedy ***
Missing
Moment: Christabel's Tragedy
A tutte
le
mie lettrici.
A chi
non mi
ha mai abbandonato,
a chi mi
ha
appena trovato e
a chi mi ha
perso e mi perderà
Spesso,
quando mi svegliavo la mattina, il mio unico desiderio era toccarlo,
perché, da
quando era diventata la sua fidanzata, vederlo non mi bastava
più. Avevo
bisogno di sentirlo, di sapere che quello che stavo vivendo non era un
bel
sogno che sarebbe svanito al primo battito d’ali
d’un angelo lunatico. E lo so,
sono stata un’illusa.
Ho
creduto
più di una volta che il non sentire il calore della sua
pelle mi avrebbe potuto
condurre ad una morte certa ed è stata proprio
l’assenza di vita, solamente
quella, a dividerci e a spiegare un velo nero per tenere divise le
nostre
labbra. Oramai, le acque invalicabili del fiume Acheronte dividono i
nostri
corpi da troppo tempo.
La
verità è
che quell’amore era riuscito a imprigionare il mio cuore con
le sue radici, che
solo ora, dopo anni di solitudine, sono riuscita ad estirpare. Non lo
rimpiango, non mi sono pentita della mia decisione.
Lui
era il
mio unico pensiero, la mia insostituibile necessità.
Lui
fu il
mio primo ed ultimo vero amore.
Questa
che
mi appresto a raccontarvi è la mia storia, il racconto di
come l’amore mi ha
donato la vita e, poi, me l’ha tolta.
Questa
è la
Tragedia di Christabel.
Anche la fine ha un inizio.
Non
riuscivo
a smettere di guardarlo. Eravamo lì, lui ancora assopito ed
io stretta al suo
corpo caldo. Era una torrida mattina d’estate, ma il quando
non aveva
importanza. Solo un morbido lenzuolo bianco copriva la nostra
nudità.
Il
suo petto
si alzava ed abbassava piano, seguendo il ritmo del suo cuore. Ogni
battito
risuonava potente nella sua cassa toracica, permettendomi di scandire
il
trascorrere il tempo.
Lo
accarezzavo piano, sfiorandolo appena con la punta delle dita.
Lentamente i
miei polpastrelli avanzavano sul suo corpo, memorizzando ogni
centimetro della
sua pelle. L’addome sbozzato da muscoli rilassati, i fianchi
tonici, quel
piccolo neo vicino al suo ombelico.
Era
bellissimo, era perfetto.
Anche
nel
sonno mi teneva stretta a sé con il braccio destro ed io lo
lasciavo fare. Io
ne avevo bisogno.
Presi
a
baciarlo. Piano, cercando di non svegliarlo. Con quella lunga scia di
baci
lievi presto, troppo presto, raggiunsi l’incavo del suo
collo.
Respirai
il
suo odore. Una nota salata, causata dal sudore che aveva accompagnato
quella
notte bruciata troppo presto, celava il suo sapore. Eppure lo percepii.
Sapeva
di una folata di vento che piega gli steli d’erba in alta
montagna, sapeva
della salsedine di un mare cristallino che accarezza la sabbia, sapeva
di un
bastoncino d’incenso dolciastro lasciato bruciare nel salotto
di una famiglia
numerosa.
Si
svegliò. La
sua mano gentile mi fece alzare la testa e le nostre labbra si
incontrarono. Non
sciolse quel legame per molto tempo. Poi, dopo essersi staccato per
permettermi
di riprendere fiato, cominciò a sussurrare.
“Il
più bel
buongiorno della mia vita” mi disse “Ora permettimi
di ricambiare il favore”.
Non
ebbi il
tempo per acconsentire. A volte le sue labbra sottili cedevano il posto
a morsi
gentili, a volte la sua bocca si allontanava dal mio corpo per
mormorare
qualcosa.
Poi,
si
allontanò. Uscì da quel letto, sfilandosi dal
lenzuolo e assicurandosi che io
fossi completamente coperta. Vederlo infilarsi i pantaloni della tuta
fu una
tortura.
Lo
volevo
ancora. Lo avrei voluto sempre.
Indossò
una
maglietta nera e la schiena larga si tese in quel movimento. Il rilievo
appena
accennato delle scapole sembrava invitare lo sguardo a scivolare verso
il
basso, verso quella zona proibita in cui io, Eva tentata, avevo colto
il mio
peccato.
Armeggiò
nella cucina per alcuni minuti, per poi ritornare nella nostra camera
reggendo
un vassoio. Si sedette sul letto incrociando le gambe.
“La
colazione” mi disse, sorridendo.
Presi
un
biscotto, gli diedi un morso e, mentre con lo sguardo cercavo qualcosa
con cui
coprirmi, lo riposi sul piattino da cui lo avevo preso.
Indossai
la
mia vestaglia e, poi, mossi la mano per riprendere il frollino che
avevo
lasciato a metà. Non lo trovai o, meglio, lo vidi
chiaramente mentre veniva
addentato dalla sua bocca.
“Lo
volevi
tu?” mi chiese. Rimasi in silenzio. Lui, allora, ne prese un
altro, ne mangiò
metà e mi diede quella restante.
Sorrisi
e lo
accontentai.
“Sei
bellissima” mi disse, scostandomi una ciocca di capelli dal
viso.
Sentii
le
guance bruciare e abbassai lo sguardo. Quelle parole, pronunciate da
lui,
avrebbero steso chiunque.
Un
fruscio e
mi ritrovai stretta tra le sue braccia.
“Da
quando
la mia gattina selvatica è così
timida?” insistette, divertito dal mio
imbarazzo.
Lo
pregai di
smettere.
“Per
un
bacio, forse, potrei anche decidere di rimanere in silenzio”.
Chiusi
gli
occhi. Fu solo luce. Quel buio si illuminò di colori e la
mia mente divenne la
tela su cui lui, talentuoso pittore, dipinse l’amore con
pennellate rapide e
precise.
“Ti
amo,
Drew”
Volevo
dirglielo, volevo gridarlo al mondo: perché lui mi saziava
con la sua dolcezza,
mi riempiva con i suoi gesti, mi donava uno scopo con ogni parola.
Mi
afferrò
il viso con entrambe le mani. Il mio sguardo si perse nel blu dei suoi
occhi ed
io stessa mi smarrii mentre nuotavo con tutta la forza della mia
disperazione
verso il fondale di quell’oceano, certa che, raggiunto il
trono di Atlantide e
ricongiunte le mie labbra con quelle del mio sovrano, avrei potuto
assaporare
la mia priva vera boccata d’aria.
“Sposami,
allora”
Condanna e assoluzione: Amore.
Progettammo
una vita perfetta, disegnammo la casa dei nostri desideri e stabilimmo
la data
delle nozze. Pochi mesi, necessari per organizzare il matrimonio, e in
una
calda sera di settembre avrei potuto guardare il mio riflesso in uno
specchio e
vedere in questo la signora Kennan. Volevamo avere anche dei figli, ma
decidemmo di aspettare che Drew divenisse Auror, così da
poter avere una certa
stabilità economica.
Pensai
che,
senza rendermene conto, avevo trovato l’incantesimo per la
Felicità. Mi
sbagliavo.
Me
ne parlò
una sera. Conoscevo il suo passato, sapevo che tutti i suoi successi
scolastici
erano finalizzati ad un unico scopo ed ero certa che anche la scelta di
entrare
nel corpo speciale del Ministero era finalizzata a raggiungere quel
maledetto
obbiettivo. Eppure, speravo d’essere sufficiente per
allontanare quello spettro
da lui.
Mi
auguravo
che le mie carezze gli facessero dimenticare il volto morente di sua
madre.
Auspicavo che, d’improvviso, capisse quanto stupido fosse il
suo desiderio di
vendicarsi su Lord Voldemort. Mi illudevo.
Decisi
d’aiutarlo. Decisi di proteggerlo lungo quel sentiero
tortuoso che aveva deciso
di percorrere. Decisi d’essere pronta a tutto per lui.
Ne
parlammo
a lungo. Sapevamo che il Signore Oscuro si trovava in Albania, in cui,
dopo la
morte dei coniugi Potter, sembrava essersi rifugiato. Si narrava che il
Bambino
Sopravissuto lo avesse ridotto ad un ibrido continuamente in balia tra
la vita
e la morte. Potevamo finirlo, era debole.
Ma
noi
eravamo solamente due ragazzi appena usciti da Hogwarts, noi non
eravamo
abbastanza forti. Cercai di convincerlo a chiedere aiuto a qualcuno.
Gli
suggerii Silente. Era risaputo, infatti, che l’anziano
Preside volesse
eliminare il Signore Oscuro.
Ma
Drew era
troppo testardo e, nonostante fossero trascorsi quasi otto anni, non
riusciva
ancora a perdonarlo per essersi intromesso nella scelta del Cappello
Parlante.
Condividevo la scelta di Silente, ma solo io e pochi altri sapevamo
quanto quel
piccolo orfano avesse sofferto per quella scelta.
Madama
McGranitt gli aveva fatto da madre e il Preside, così
facendo, lo aveva
privato, per la seconda volta, dell’affetto materno di cui
aveva bisogno.
“Christy,
è
in fin di vita, non abbiamo bisogno di quel vecchio pazzo di
Silente!” mi aveva
detto “Chiederemo a Derrick e Phoebe, loro saranno
più che sufficienti”.
Alla fine, avevo accettato.
Forse con quel suo
sguardo magnetico e con quel suo comportamento da leader mi aveva
convinto,
forse semplicemente non volevo contraddirlo. Temevo di ferirlo, avevo
paura di
perderlo. Mi sono comportata come una bambina sciocca. Ma, in fondo, eravamo bambini sciocchi.
Giovani incoscienti
Camminavamo
vicini, tenendoci per mano. La Londra Magica, quel giorno, sembrava
essere più
affollata del solito. Bambini tiravano i genitori per i pantaloni,
implorandoli
di comprare loro una confezione di Api Frizzole. Il più
delle volte il padre,
dopo aver scambiato un’occhiata complice con la coniuge,
prendeva in braccio il
pargoletto ed entrava nel primo negozio di dolciumi. Le risate
argentine di
quella nuova generazione prometteva un futuro migliore, lontano dal
periodo di
Terrore causato da quel decerebrato di Voldemort. Un avvenire che non
sarebbe
mai stato tale se il Signore Oscuro non fosse stato sconfitto
definitivamente.
“Presto
anche noi avremo un marmocchio pestifero quasi diabetico”
disse Drew.
Non potei non ridere, mentre immediatamente rivedevo quella scena a cui
avevo
appena assistito con nuovi protagonisti. Vidi l’uomo della
mia vita ed i suoi
capelli spettinati, vidi il mio grembo coperto a stento da una larga
maglia
rosa e vidi un bimbo con i miei ricci e con lo sguardo di suo padre.
Fu
in quel
momento che non ebbi più dubbi. Dovevamo farlo.
Per
quel noi che sarebbe stato
sinonimo di
famiglia e per quella bambina che, in quell’illusione,
cresceva rapida dentro
di me.
Lo
fermai e
lo baciai. Improvvisamente mi parve che le sue parole fossero ispirate
da
un’inspiegabile conoscenza del futuro e la mia fiducia nei
suoi riguardi crebbe
incontrollata.
E
divenni
cieca, come lui.
Raggiungemmo
il bar in cui Phoebe e Derrick ci aspettavano. Oramai, facevano coppia
fissa da
quasi quattro anni. Galeotta fu un’amicizia in comune e due
fidanzatini che
passano le ore a tenere le proprie labbra incollate. Io e Drew.
Phoebe
era
rimasta la ragazzina minuta che avevo conosciuto al secondo anno.
Piccola ed
agile, una delle migliori Cercatrici della squadra di Quidditch dei
Ravenclaw.
Come al solito, teneva i capelli corvini legati in una coda alta.
Quella era la
sua tenuta di battaglia. Con quello stesso elastico arancione era
finita in
Infermeria dopo che un Bolide le aveva rifatto i connotati e con il
medesimo
era uscita vittoriosa e affaticata dalla stanza in cui aveva tenuto
l’esame
pratico di Pozioni per i MAGO. Derrick, invece, sembrava aver deciso di
sostituire gli occhiali con un paio di più comode lenti a
contatto Babbane. I
suoi occhi scaltri, anche quella volta, mi misero in imbarazzo.
Nonostante
fosse il tipico topo di biblioteca, era palese che non fosse uno
sprovveduto.
Ho creduto spesso, in passato, che fosse in grado di elencare i pregi
ed i
difetti di una persona anche solo dopo un’occhiata rapida.
Spesso ho avuto
paura del suo parere e dell’influenza che quel ragazzo aveva
su Drew. In realtà
capii, con un grande ritardo, che il signor Kennan era un deciso
sostenitore
dell’indipendenza delle proprie idee e che, in
realtà, tra i due, Derrick era
decisamente rimasto stordito dalla grande figura di leader celata
dietro il
sorriso di Drew.
Assieme
Derrick
e Phoebe formavano una coppia alquanto improbabile. Lei, atletica e
vivace, e
lui, pacato e scaltro. Eppure, nonostante venissero dati per sconfitti
già in
partenza, erano ogni giorno più affiatati di quello
precedente. Niente li aveva
potuti dividere, neppure quegli inconciliabili interessi che sembravano
voler
porre un bivio sulla loro strada. L’occasione irripetibile di
giocare in una
vera squadra femminile per Phoebe e una borsa di studio per una delle
più
antiche scuole di Magia dell’intera Europa per Derrick.
Avevano deciso di
abbandonare i loro sogni, pur di poter avere la possibilità
di coronare il loro
amore.
Ma
il
destino, per un’unica opportunità che seppero
cogliere al momento adatto,
sorrise loro, regalando loro una promettente carriera politica ed un
sempre più
grande negozio di articoli sportivi.
Phoebe,
quando ci vide arrivare, mi saltò praticamente addosso,
mentre Derrick, dopo
aver lanciato un’occhiata disperata alla propria fidanzata,
si alzò per
stringere la mano a Drew, il quale preferì abbracciarlo.
“Allora
quali
sono queste novità di cui dovevate assolutamente
parlarci?” ci domandò la
ragazza, dopo aver bevuto un sorso del suo caffè.
Lui
mi prese
la mano. Mi voltai e incrociai il suo sguardo. Mi sorrise, ricambiai.
Trattenni
a stento l’impulso di immergere le mani nei suoi capelli e di
riappropriarmi di
quelle sue morbide labbra.
“Io
e
Christy ci sposiamo” disse a tradimento.
Derrick
prese a tossire, cercando di deglutire la sorsata di liquido bollente
che aveva
bevuto. Phoebe, invece, dopo un iniziale silenzio, incrociò
le braccia al petto
ben poco prosperoso e sbuffò spazientita.
“E
quando
sarebbe, questo matrimonio?” chiese acida.
“A
settembre” mormorai spaventata dalla sua reazione. Pensai,
per un istante lungo
quanto un battito di ciglia, che lei non ci approvasse. Ma, subito
dopo,
cominciai a fregarmene. Non volevo la sua benedizione, io volevo solo Drew.
Si
alzò in
piedi, sbatté violentemente le mani aperte sul tavolo e
cominciò ad urlare.
“Hai
capito,
Derrick? Questi due stronzi si sposano! A settembre!”
gracchiò teatrale
rivolgendosi al ragazzo, che sembrava essere preso a constatare che,
probabilmente, l’interno del suo esofago, scottato, si stava
riempiendo di
bolle “E secondo te, amore, quanto avrebbero aspettato per
dare questa notizia
alla loro damigella e al loro testimone?”
L’altro
le
assestò una gomitata gentile nel fianco sinistro e, per
contrasto, cercò di
tranquillizzarla sussurrando.
“Amore,
sai
che ti stanno guardando tutti, vero? E, comunque, ce lo stanno dicendo
ora,
smettila di sbraitare come un orango urlatore dello Zimbabwe!”
L’altra
abbassò le braccia che aveva cominciato ad agitare in aria e
ricadde sulla
sedia.
“Ah
già”
disse, quasi a volersi scusare. Poi, ridacchiando, si era voltata verso
Derrick.
“Ma
esiste
l’orango urlatore dello Zimbabwe?” gli chiese.
“Forse?”
le
rispose l’altro, alzando le spalle.
Non
lo
negherò. Credetti che fossero ammattiti.
“State
bene?” domandai.
“Credo
che
ci sia qualche strana droga nei loro caffè” mi
bisbigliò Drew all’orecchio.
Scoppiammo
a
ridere tutti e quattro. Eravamo ancora uniti, nonostante tutto.
In
quel
momento, però, io non prestai attenzione a nulla se non al
calore del suo fiato
sulla pelle. Dio solo sa quanto l’amavo, ma
all’epoca, ignoravo ancora a quale
fine ci avrebbe condotto la nostra stoltezza.
Superato
quell’argomento, parlammo loro della nostra decisione di
uccidere il Signore
Oscuro.
Convincerli
fu facile. Non ci avrebbero mai lasciati soli in una missione
così rischiosa e,
come solo ora capisco, anche loro furono vittime delle debolezze umane.
La
gloria, la fama, il successo. Tutte cose che in quel momento potevano
solo
percepire senza toccare. E le desideravano, come ogni uomo le vuole.
Come io le
volli.
Sbaragliati dal sibilo di un infido serpente
Tutto
era
cominciato con un bacio. Le mie mani avevano slacciato vogliose la sua
camicia
bianca che, con uno strattone deciso, si era ammucchiata ai suoi piedi.
Mi
strinse a sè, continuando ad intrecciare le nostre labbra.
Il
dubbio si
era insinuato strisciando nella mia testa, avvolgendo nelle sue spire
le mie
certezze. Capii troppo tardi che quella momentanea insicurezza altro
non fu che
un barlume di ragione. Eppure, mi erano bastati il suo profumo, il suo
tono
comprensivo e la dolcezza della sua labbra per ricondurmi a quella che,
scioccamente, pensavo fosse lucidità.
Fui
pazza e,
come tale, fortemente convinta della sensatezza della mia follia. Mi
accontentai della mia daltonica visione della vita, pur di averlo. E,
purtroppo, lo farei ancora.
Quando
il
mattino seguente mi svegliai, mi ritrovai sola in quel letto che, senza
il suo
corpo caldo, mi sembrava gelido ed immenso. Lo chiamai, lo cercai e
temetti che
fosse partito verso l’Albania senza di me. Il crudele Destino
celò sotto le
spoglie del mio peggior incubo la mia unica speranza ed io, ovviamente,
non lo
capii.
Uscì
affannato dal bagno, con un asciugamano stretto attorno ai fianchi e
spaventato.
“Cosa
succede?” mi domandò.
Minuscole
gocciole si rincorrevano sui suoi capelli bagnati, spiccando rovinosi
salti nel
vuoto che, nel migliore dei casi, terminavano sul suo corpo atletico.
“Nulla,
scusami” gli risposi, abbassando la testa imbarazzata.
Drew
mi
prese una mano e se la portò al viso.
“Non
ti
preoccupare, non me ne vado senza di te” sussurrò.
Poi,
si
diresse verso la nostra camera, tirandomi piano.
“Ora
dormi,
presto avremo bisogno di averti al massimo delle tue
capacità” continuò, dopo
aver scostato le coperte ed avermi invitato a rientrare nel tepore del
nostro
giaciglio.
Mi
rimboccò
le coperte ridendo. La mia piccolina,
diceva. Mi schioccò un bacio rumoroso sulla fronte e una
goccia d’acqua rotolò
dal suo al mio viso.
Poi
si
allontanò. Lo vidi troppo lontano, troppo distante. Da me,
da noi.
Mi
sentivo
indifesa, fragile e stranamente bisognosa d’affetto.
Lo
ammetto,
non ero mai stata un ragazza forte, lasciavo sempre quel ruolo a
Phoebe, ben
più adatta di me. Eppure, fino a quel momento, non mi ero
mai sentita così
debole: una di quelle donzellette delle favole che non riescono a
liberarsi
della strega cattiva o di un inferocito Petardo Cinese e che, per
scappare
dalla torre in cui vengono tenute prigioniere, devono attendere
pazienti,
magari ingannando il tempo con un cruciverba, il bel principe stretto
in una
calzamaglia azzurra e, il più delle volte, troppo timoroso
di rompersi
un’unghia per poter mandare all’altro mondo
l’antagonista di turno.
“Non
resti
qui?” gli domandai.
Lui
mi
guardò colpito. Probabilmente anche lui capì che
qualcosa stava cambiando in
me. La mia celebre razionalità Ravenclaw era stata smussata
dall’istinto di
sopravvivenza. Non il mio.
“Non
ti
preoccupare, finisco di asciugarmi e ti raggiungo” mi
rassicurò Drew,
rivolgendomi, ancora, uno di quei suoi bellissimi sorrisi. Quel suo
gesto aveva
qualcosa di magico. Non c’era preoccupazione che non fosse in
grado di
sciogliere, non c’era paura che non poteva spaventare e non
c’era incubo che
non riusciva a tramutare in un sogno.
Non
si fece
attendere a lungo. Percepii solo le sue braccia muscolose che,
prendendomi di
spalle, mi strinsero in una stretta rassicurante. Mi addormentai,
vivendo
troppo rapidamente le ultime ore che mi restavano.
Partimmo
la
sera stessa, con un bagaglio leggero. Decidemmo di prendere una delle
numerose
Passaporte Internazionali di cui erano colmi tutti i cestini di un
qualsiasi
Aeroporto Babbano. Così, in un angolo oscuro di un reparto
magico
dell’edificio, un fazzoletto usato ci
smaterializzò direttamente dove eravamo
diretti: Albania.
In
precedenza, Drew aveva fatto molteplici ricerche. Forse, questo avrebbe
farmi
intuire quanto pericolosa fosse questa sua ossessione. Eppure,
lì, ad un passo
dalla fine della seconda epoca di terrore che Voldemort sembrava deciso
a
riproporre dopo quella che si era conclusa con la morte dei coniugi
Potter,
tutto ciò non aveva importanza. Potevamo essere i nuovi eroi
del mondo magico,
scrivendo il finale di quel racconto dell’orrore che, dopo
un’interruzione
troppo breve, sembrava essere sul punto di ricominciare con i brusii
della
gente. Perché la gente mormorava e ciò di cui
parlava era di un Signore Oscuro
debole e abbandonato da tutti i suoi fedeli Mangiamorte.
Chiacchiere,
appunto.
Sapevamo
che
si stava nascondendo dove nessun uomo si era spinto, là dove
la natura regnava
sovrana incontrastata. Fitte foreste, dove i rami degli alberi si
avvolgevano
in intricati grovigli che non permettevano neppure alla luce del sole
di illuminare
i sentieri impervi che percorremmo. Lo trovammo ma, quando lo vedemmo,
scoprimmo che non era più solo.
La
fatica,
la stanchezza ed i vari attacchi dei pericolosi animali che abitavano
quel
luogo ci avevano sfiancati. Volevamo uccidere quello che era stato uno
dei più
potenti Stregoni Oscuri di tutta la storia magica, ma riuscivamo a
stento a
stare in piedi sorreggendoci a vicenda.
Drew
fece un
passò avanti. Quel gesto sicuro diede a tutti a noi una
scarica di coraggio. Fu
quello, probabilmente, il nostro errore. Quattro Ravenclaw hanno
bisogno di
pensare, non di farsi influenzare da stupide sensazioni da Gryffindor.
Il
nostro
leader scambiò una lunga occhiata con quell’uomo
di cui Voldemort era divenuto
il parassita. Sembrava essere non molto più anziano di noi,
eppure, come presto
capimmo a nostre spese, lui conosceva la Magia Nera. Indossava una
lunga tunica
nera e il suo volto era sconquassato da una terribile espressione
divertita.
Drew
prese a
parlare, urlando per avere la certezza d’essere sentito dal
suo peggior nemico.
“Io
sono
Drew Yvor Kennan, figlio di Sheila Rosalie Bright e sono qui per
vendicare la
sua morte” disse sicuro.
La
bocca
sulla nuca di quell’uomo si spalancò in una risata
malvagia.
“Quella
stupida di tua madre avrebbe dovuto diventare una mia serva e avrebbe
avuto
salva la vita!” esclamò quell’essere.
Poi,
vedemmo
solo il movimento troppo rapido della mano di quell’uomo.
Avvertii solamente
che la bacchetta mi veniva sfilata dalla mano da una forza invisibile e
che,
come attirata da una calamita, raggiungeva la mano del nostro
avversario. Non
era la sola ad essere disarmata.
Come
me,
anche ai miei compagni, Drew compreso, era toccato lo stesso destino.
Il
buio
sopraggiunse subito.
Sospirò un bambino, si spense un incendio
Fui
la prima
ad essere risvegliata.
Percepii
le
strette catene magiche attorno al mio corpo e, disperata, sforzai i
miei occhi,
la cui vista era ancora offuscata dal sonno magico in cui Voldemort e
il suo
tirapiedi mi avevano fatto cadere, per riuscire ad osservare il luogo
in cui
eravamo stati condotti.
Una
piccola
radura ombrosa, circondata da una fitta boscaglia. A pochi centimetri
dal mio
corpo, notai un crine di unicorno avvolto attorno ad alcune schegge di
ciliegio. La mia bacchetta. Seppi, in quell’istante, che non
avrei più rivisto
il cielo plumbeo che circondava Hogwarts nei primi giorni
d’inverno. Constatai
che alle armi di Phoebe e Derrick era toccata la stessa sorte.
Non
sarei
stata l’unica a perire.
A
quasi un
metro dal corpo di Drew, invece, la sua stecca di legno era stata
conficcata
nel terreno. Compresi che quell’oggetto, il quale
rappresentava la nostra unica
salvezza, era stato posto affinché fungesse da macabra
lapide per i nostri
corpi insepolti e divorati dalle bestie. Poi, la mia attenzione si
focalizzò
sull'uomo che aveva offerto il proprio corpo come dimora al Signore
Oscuro. Lo
avevo già percepito in precedenza ma più che mai,
in quell’istante, fui certa
che quell’anima, che si palesava con una fessura ed alcune
protuberanze sulla
nuca di un folle, altro non era che un’essenza spolpata a cui
erano stati
strappati a morsi brani interi.
Provai
quasi
pietà per quel povero pazzo che, pur di divenire immortale,
aveva deciso di
spingersi a tanto. Fu un sentimento fugace, prontamente sostituito
dalla
rabbia.
“Stai
bene,
Christy?” mi domandò Drew, cercando di guardarmi
negli occhi. La sua
preoccupazione mi incupì. Lui era
il
nostro leader, lui doveva guidarci.
Annuii
piano. Poi, la voce gracchiante di Voldemort richiamò la
nostra attenzione. Il
suo servo, intanto, manteneva attivo senza alcuna difficoltà
l’incantesimo
Incarcerante.
“Offrii
a
Sheila la possibilità di unirsi a me, ma lei disse di
preferire la morte ed io
la accontentai” cominciò, annaspando quasi ad ogni
parola “Oggi, pongo a te la
stessa domanda. Diventa un mio servo e avrai gloria, fama e potere o
rifiuta la
mia offerta e pagherai con la vita”.
Quella
era
la nostra unica speranza per sopravvivere, per far si che quel futuro
che
avevamo progettato potesse avverarsi. Mi aggrappai a quel barlume di
luce,
pregando, in cuor mio, che Drew fosse a conoscenza della
gravità della
situazione. La rapidità con cui riacquistò la
solita fermezza mi preannunciò la
risposta a quel quesito.
“Preferisco
morire con onore che vivere all’ombra di un verme affetto da
manie di
protagonismo” gli disse con un sorriso sarcastico sul volto.
Distinsi
solo
il raggio verde che, dopo un movimento fluente, fuoriusciva dalla punta
della
sua bacchetta. Trascorsero instanti interminabili, durante i quali il
mio
sguardo ispezionò il corpo di Drew in cerca di una ferita
mortale. Non la
trovai e sospirai sollevata.
Poi,
le urla
disperate di Phoebe mi riscossero. L’incantesimo si era
infranto in minuscole
scintille sul petto di Derrick e, a causa dell’urto, il suo
corpo era stato
sbalzato all’indietro. Sbatté violentemente contro
la dura corteccia di un
albero centenario e, infine, si accasciò, senza vita, poco
distante dalle
robuste radici della pianta.
Non
avevo
ancora concepito ciò che era successo quando quella domanda
giunse nuovamente.
“Allora,
Drew?”
Lo
implorai
silenziosamente affinché abbassasse il capo e accettasse, ma
non fu così.
Derrick era il suo miglior amico e il vederlo morire lo aveva scosso
profondamente. Rimase in silenzio, gli occhi sbarrati e lo sguardo
assente.
“Crucio!”
gridò soddisfatto il servo di Voldemort.
In
quella
foresta, cadde un silenzio innaturale. Le grida di Phoebe si erano
acquietate, fino
a trasformarsi in un mormorio sofferente. La vidi conficcarsi le unghia
nei
palmi delle mani fino a far sbiancare completamente le nocche. Il
dolore doveva
essere insopportabile.
Eppure,
aveva preso a muoversi in modo scoordinato, nel disperato tentativo di
raggiungere il proprio fidanzato. Quelle maledette catene le impedivano
ogni
movimento e, ben presto, si ritrovò con il viso a terra,
sbucciato e sporco.
Pensai
che
non si sarebbe più rialzata. Con mia enorme sorpresa,
invece, la vidi
rimettersi a carponi e procedere. Quell’uomo
intensificò la potenza
dell’incanto e, ben presto, gli scricchiolii delle ossa di
Phoebe che si
spezzavano riempirono l’aria.
Quel
ticchettio perverso non si fermò per interi minuti, come
interrotte furono le
risate di Voldemort.
Chiamai
Drew, cercando di riportarlo alla ragione. Mi fu chiaro da subito che
non sarei
riuscita a farlo rinsavire prima della morte della mia amica,
così presi ad
urlare contro il diretto interessato.
“Smettila,
mostro!” urlai.
Non un rumore giunse alle
mie orecchie.
Sperai, per un tempo troppo lungo, d’essere riuscita a far
ragionare quella
bestia. Illusa.
Mi
voltai e
la vidi.
Il
corpo
minuto devastato dalla crudeltà di quella Magia Proibita, il
viso immerso
nell’erba verde scuro di quella radura e le dita conficcate
nella terra come se
fosse persino disposta a morire nuovamente pur di raggiungere il suo
amato.
La
disperazione mi colse impreparata. Phoebe, la mia unica vera amica,
giaceva
riversa sulla terra e senza vita, lontana dalla sua casa, dalla sua
famiglia e
dal suo amato.
Non
avevo
bisogno di altre conferme: la prossima sarei stata io. Ma Drew no, lui
doveva
assolutamente salvarsi.
Volevo
riuscire a metterlo in salvo, volevo essere certa che, piante le nostre
morti,
avrebbe potuto ricominciare a vivere, lontano dall’incubo di
Lord Voldemort e
dagli spettri dal suo passato. La verità è che
percepii solamente la sofferenza
causata da una lama invisibile che, all’improvviso, mi
squarciò il polpaccio
della gamba destra, recidendo muscoli e tendini. Poi, il dolore crebbe
fino ad
intontirmi e non potei fare altro che urlare per il dolore. Percorsi
rapidamente il mio corpo con le mani, fino a raggiungere la ferita.
Quando non
trovai nulla oltre al ginocchio destro, però, riacquistai
improvvisamente
lucidità. Mi restava solo una cosa da fare: mettere in salvo
Drew. E lo avrei
fatto.
Il
mio urlo
parve avergli ridato lucidità, così, senza
rifletterci a lungo, agii.
Gli
dissi
solamente tre parole. Con poche lettere, rifiutai l’ultima
possibilità che il
Destino mi diede. Un uomo gentile, il cui viso era coperto dal
cappuccio di un
mantello nero, avevo reciso la mia speranza, candida rosa bianca, e
l’aveva
riposta in una sacca che portava a tracolla. Spuntò su un
registro il mio nome
e si mosse verso un altro roseto. Tra le sue mani vi era un paio di
cesoie
affilate.
“Ti
amo,
scappa”
Invocai
un
incantesimo senza utilizzare la bacchetta e, ciò che
ottenni, fu un Ardemonio
completamente privo di controllo che, con le sue fiamme
cominciò a divorare
tutto ciò che incontrò. Raggiunse anche il
Signore Oscuro, il quale, prima che
quelle lingue infuocate lambissero il suo corpo, evocò una
barriera protettiva.
L’incantesimo
Incarcerante si sciolse e Drew, pienamente cosciente, scattò
subito verso la
propria bacchetta. Lo vidi afferrare l’oggetto e, poi,
muoversi verso di me.
Prima
di
percepire le sue braccia accoglienti attorno al mio corpo,
però, la stanchezza,
data dall’inarrestabile quantità di sangue che
sgorgava dalla mia ferita, prese
il sopravvento e mi sentii svenire. La mia testa non sbatté
al suolo. Lui era
arrivato, lui mi stava stringendo.
Mi
sussurrò
di non preoccuparmi, rassicurandomi sulla mia salute con spudorate
bugie.
Eppure, volli credere nelle sue parole e un piccolo barlume, lucciola
in una
notte d’estate, mi diede la forza per obbedire ai suoi ordini.
Mi
alzò,
cercando di farmi stare in posizione eretta. Il sangue prese a correre
più
rapidamente.
Avvertii
la
sensazione d’essere spinta a forza in un tubo troppo stretto
per il mio corpo
ed un improvviso bisogno d’aria. Forse la Smaterializzazione
Congiunta sarebbe
andata a buon fine, forse Drew sarebbe riuscito a richiudere i lembi
tagliati
di netto del mio corpo monco. Forse saremmo riusciti a raggiungere un
ospedale
e, poi, dopo alcuni giorni di convalescenza, saremmo potuti ritornare
nel
nostro appartamento. Forse avremmo potuto realizzare i nostri sogni e
sposarci
entro la fine dell’estate.
Sentii
la
stretta di una mano sicura attorno alla mia caviglia sinistra e tutti
quei
sogni, uno dopo l’altro, caddero.
Avrai
potuto
stringermi più forte a Drew e trasportare
quell’essere con noi, ma questo
avrebbe causato la morte dell’uomo che amavo. Sapevo, sebbene
lo avessi capito
troppo tardi, che nonostante fosse ridotto ad essere poco
più che un parassita,
Voldemort era ancora un mago potente. Troppo anche per un duellante
abile come
Drew.
Non
avrei
più sfiorato il suo corpo con le mie labbra. Non lo avrei
più baciato. Non
avrei più immerso le mani nei suoi capelli. Non mi sarei
più persa nei suoi
occhi blu scuro.
Sciolsi
la
presa che avevo sul suo corpo per lasciarmi cadere.
E
le fiamme
di quell’Inferno magico, che io stessa avevo creato, ci
accolsero.
Ultimo atto: Epilogo
Avrei
voluto
essere in grado di trattenerlo il tempo sufficiente affinché
quella pietra si
chiudesse su entrambi, imprigionandoci per sempre insieme in quel
sarcofago, ma
non ne fui capace. Voldemort riuscì facilmente a mettersi in
salvo.
I
corpi di
Phoebe e Derrick vennero divorati completamente da quelle fiamme. Per
il mio,
invece, vi fu una sorte diversa. Il fuoco mi bruciò la pelle
ma, quando morii
dopo una lunga agonia, l’incantesimo, privato del suo
evocatore, si interruppe.
Il
mio
cadavere rimase in quella radura di terra bruciata a lungo.
Subì la furia delle
intemperie e l’assalto di molti animale. Ma, alla fine,
ottenne una degna
sepoltura.
Qui
la mia
storia troverebbe la sua conclusione, se in punto di morte non avessi
compiuto
l’ennesimo errore.
Fui
codarda
e sperai che rimanere mi permettesse di vivere per sempre con Drew.
Divenni
un
fantasma.
Il
mio corpo
fluttuante e luminescente mi bastò per capire che non potevo
pretendere che
l’uomo che amavo restasse con me.
Ora
so solo
che è ancora vivo e questo mi basta.
Seduta
su
una pietra gelida, ma il cui freddo non avverto, aspetto. Giorno e
notte si
inseguono senza sosta ed io resto qui immobile. Attendo qualcuno che
come voi
mi stia ad ascoltare e con cui poter condividere ciò che io
ho imparato dalla
mia tragedia.
Oramai
io e
questo luogo siamo un’unica essenza. Qui Voldemort, ammaliata
la Dama Grigia,
ritrovò il Diadema di Rowena Ravenclaw e, dopo un cruento
omicidio, ne fece un
Horcrux; qui lo stesso si rifugiò dopo essere stato
sconfitto dal bambino
Sopravvissuto; qui il giovane professore di Difesa contro le Arti
Oscure
Quirinus Raptor rimase affascinato dal potere di un rimasuglio
d’anima; qui venne
stretto in modo indissolubile il nodo tra Derrick e Phoebe, che furono
inseparabili in vita e in morte; qui io dissi addio all’amore
e abbandonai la
vita; qui Drew Yvor Kennan perse il suo primogenito.
Capite?
Abbandonare questo luogo, per me, è impossibile. Anche io,
come tutti gli
alberi che mi circondano, ho posto qui le mie radici.
Questo
è il racconto
di come l’amore è in grado di renderti stupido,
facendo in modo di darti
veramente la vita. Questo è il racconto di due adolescenti
innamorati.
Io
sono
Christabel e quella che vi ho narrato è la mia storia.
La
storia di
come l’amore può vincere su morte e paura.
Io
sono
Christabel e sono un fantasma. Seduta all’ombra di un albero,
aspetto
viaggiatori che hanno perso la via e a cui poter raccontare le mie
vicissitudini. Perché ho molte cose da dire e molti eventi
da narrare.
Io
sono
Christabel e sono una cantastorie.
Se
vuoi
siediti e fammi compagnia, in cambio ti racconterò la mia
fiaba …
Note
dell’Autore
Comincio
subito scusandomi. Lo so, vi avevo detto che non avrei aggiornato prima
di
aprile ma, in effetti, questo capitolo è, per ovvi motivi,
ben lontano dalla
trama attuale di You and Me. Non riguarda Hermione e Draco, per
intenderci.
Forse
non
condividerete il mio pensiero, ma per me, Dramionista ben poco
convinto, era
giunto il momento di cambiare un po’ l’aria e mi
pare che questo, tutto
sommato, sia stato un buon modo per farlo.
È
stato un
capitolo complesso, ma soprattutto è stato causato.
Colei
che
per prima legge questi capitoli e che molte volte mi ha evitato brutte
figure
ortografiche (pur conoscendo la regola continuo insistentemente o
sbagliare
quei maledetti “li” e “gli”) ha
richiesto un po’ di fan service. Il punto è che
lei è una fan scatenata (ossessiva compulsiva e possessiva)
di Drew. Ho
rimandato a lungo ma, alla fine, ho deciso di accontentarla per il suo
compleanno (chiaramente il capitolo lo concluso con almeno mezza
settimana di
ritardo).
Sorse
dunque
un problema. Come faccio ad accontentarla senza svelare i molteplici
segreti
irrisolti del caro prof Kennan? La soluzione l’ho trovata nel
riscrivere, in
modo più particolareggiato e da un diverso punto di vista,
un evento già citato
da Drew stesso.
Così è nato questo “Missing
Moment” durante il quale Christabel, la fidanzata
di Drew uccisa da Voldemort, ha avuto modo di parlare. Per farvi un
po’ di
chiarezza: siamo nell’estate precedente al primo anno di
Harry ad Hogwarts,
quindi Voldy è poco meno che un parassita sulla testa di
Raptor; Christy e
Drew, coetanei, si godono la prima estate dopo il loro settimo anno ad
Hogwarts. Tutto il Missing, dunque, è ambientato sei anni e
mezzo prima della
solita narrazione di You and Me.
Se
avete
dubbi, sono disponibile a chiarimenti. Se ho sbagliato qualche cosa
(intendo
errori Rowliniani), vi pregherei di farmeli notare, così che
possa, se
possibile, attuare le opportune modifiche.
Ovviamente,
mongolo quale sono, ho deciso che il capitolo non era sufficientemente
complesso, così ho deciso di narrarlo in prima persona e dal
punto di vista di
una donna morta. Problema non da poco, visto che sono un ragazzo e per
ora (e
spero ancora per molto) sono vivo.
Il
capitolo
potrebbe farvi schifo. Di nuovo, vi prego di dirmelo. Preferisco una
critica
pesante piuttosto che una sparizione senza parole, credetemi.
Approfitto
di questo spazio per ringraziare SweetTaiga
che ha pubblicizzato questa storia e la mitica Hollina
che mi segue dal primo capitolo con relative recensioni.
Grazie di cuore ad entrambe.
Visto
che ho
già risposto a tutte le persone che mi hanno recensito, mi
eclisso con la
stessa rapidità con cui mi sono palesato.
Grazie
a chi
legge, segue, preferisce e ricorda.
Spero
a
presto (scuola permettendo),
Jerry
P.S.:
Auguri
Lady Annette!!!
|
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Capitolo 17 *** New Alliance ***
Chapter sixteen
Chapter
sixteen, New Alliance
Alla mia Subdola Lettrice,
che poi tanto malvagia non è ...
Le
lanterne
appese alle pareti riempivano la grande stanza ovale di una luce fioca,
la
quale si specchiava, come una dama vanitosa, sui numerosi oggetti
d’argento
posti su alti tavolini dalle gambe sottili. I Presidi che avevano
preceduto
Silente, il quale era seduto alla sedia della sua scrivania,
sonnecchiavano
nelle loro cornici o mormoravano piano tra loro.
L’anziano
uomo teneva stretta nella mano destra una lettera. La lesse prendendosi
tutto
il tempo necessario per decifrare quella calligrafia un po’
stentata e
traballante. Quando il suo sguardo si alzò dal foglio, un
sorriso animava le
sue labbra e le rughe che, ad ogni inverno trascorso, si erano prese
una
piccola dimora sul suo viso.
-Buone
notizie?- gli chiese Piton, inginocchiato di fianco al vecchio e
piegato sul
pavimento con la bacchetta stretta nel pugno.
-Molto
buone, caro Severus!- esclamò il vecchio entusiasta. Sapeva
che quell’uomo
austero, che incarnava perfettamente il prototipo
dell’insegnate terribile, non
avrebbe indagato oltre e che, se non fosse stato lui ad affrontare
quell’argomento, mai si sarebbe permesso di rivolgergli
domande a riguardo.
Questa
volta, però, lo avrebbe reso partecipe dei suoi progetti,
sperando che questo
fosse una ricompensa sufficiente per i suoi servigi.
Gli
diede
una pacca leggera sulla spalla con la mano sana.
-Riposati
un
momento, Severus - cominciò Silente, sottraendo il braccio
sinistro dalle cure
oscure con cui l’uomo stava cercando di arginare la potente
maledizione che lo
aveva colpito – L’ordine degli eventi non
muterà solo perché un vecchio
decrepito come me vivrà un’ora in meno, no?-
Voleva
alleggerire il peso che sapeva presto avrebbe dovuto reggere solo con
le sue
spalle, ma sapeva che un po’ di ironia non sarebbe stata
sufficiente.
Piton
tenne
gli occhi fissi sul pavimento.
-
Un’ora-
sospirò il professore – Potrebbe proprio essere
l’ora in cui il figlio di Lily
potrebbe aver bisogno d’essere salvato da lei-
Il
preside
si alzò dalla sua comoda sedia imbottita. Le sue ossa,
tremendamente fragili
come mai prima, scricchiolarono accompagnando quel movimento lento. Con
pochi
passi misurati, raggiunse il trespolo su cui la fenice Fanny,
l’unica ad essere
a conoscenza di tutti i suoi segreti, lo guardava con occhi tristi. Le
porse la
busta e questa, non appena l’animale la strinse nel suo
becco, s’infiammò. Il
fuoco famelico ingoiò la carte, la quale, annerita, si
sbriciolò in frammenti
leggeri.
Silente
le
sfiorò il dorso delicatamente con un dito e dagli occhi
tristi dell’uccello
scaturirono alcune lacrime cristalline. Neppure il potere medicamentoso
di
quell’acqua cristallina, però, poteva qualcosa
contro la maledizione di
Voldemort.
Eppure,
lui
sapeva con chi stava combattendo, lui aveva visto il giovane Tom Riddle
crescere e, ad ogni anno, cambiare la propria pelle fino a trasformarsi
nell’ispide che era stata sconfitta dal piccolo Harry. Uno
stupido errore di
valutazione, come, purtroppo, ne aveva fatti tanti nel sua vita. Ma non
se ne
pentiva perché, sebbene solo per pochi attimi, quando si era
infilato l’anello
di Gaunt, aveva potuto rivedere il viso pallido ed emaciato di Ariana.
Si,
il suo
essere un uomo come tutti gli altri era stato la causa della sua
disfatta.
Il
Rimorso
aveva guidato le sue azioni e, pur di attenuare i sensi di colpa che
per anni
non gli avevamo permesso di dormire sonni tranquilli, aveva girato per
tre
volte la Pietra della Resurrezione nella sua mano sinistra.
Ciò
che vide
gli bastò, nonostante la sua fragile sorellina non fosse
né viva né uno
spettro. Il poco tempo gli permise solo di chiederle scusa e, ne era
certo,
quell’ombra che tanto assomigliava ad Ariana aveva annuito,
come se con quel
gesto l’avesse assolto dalle sue colpe. Perché lui
sapeva d’essere il vero
colpevole della sua morte. Ma anche in quel momento, seppure da tempo
avesse
aperto gli occhi sulla vera natura di Grindelwald, era certo che, se
avesse
potuto rivivere la sua esistenza, avrebbe seguito di nuovo Gellert in
capo al
mondo. Perché vi era stato un tempo in cui quegli occhi,
quelli con cui il potente
mago Oscuro lo aveva sfidato a duello, lo avevano guardato con una
dolcezza
quasi dolorosa e perché, molti anni prima, le sue braccia,
quando si
stringevano attorno al suo corpo, erano state l’unico vero
motivo per
continuare a vivere.
Ma
molti
anni era passati da quando, giovane e sciocco, aveva intrapreso quello
scontro
contro suo fratello Aberforth che si era concluso con il prematuro
stroncamento
dell’esistenza di Ariana.
Voltò
le
spalle a Fanny e ritornò a sedersi alla sua scrivania.
-Troppi
pensieri
inibiscono il nostro giudizio- commentò lui stesso, mentre
incrociava le mani
davanti al viso, poggiando i gomiti sul tavolo.
Eppure,
erano in pochi coloro che potevano comprendere veramente
quell’affermazione. Da
quando Drew aveva proposto l’Incanto Fidelius come soluzione
contro le
incursioni di Voldemort nella mente di Harry, i pensieri del ragazzo
spesso
superavano la barriera che l’anziano Preside aveva interposto
tra le loro
menti. Le sensazioni del giovane Potter, a volte, erano talmente forti
da
lasciarlo intontito: la paura di perdere le persone a lui care,
l’amore verso
la sua giovane fidanzata Ginny, la preoccupazione per Hermione e il
desiderio
di vendicare Sirius. Ma, in fondo, queste scosse emotive gli facevano
bene, lo
motivavano.
-Il
Falco,
alla fine, ha accettato. Verrà ad Hogwarts entro settembre-
continuò Silente,
come se non fosse stato per alcuni attimi zitto e pensoso.
Un’espressione
sbalordita ravvivò il viso cupo di Piton.
-Come
ha
fatto a – cominciò Severus, venendo interrotto da
una risata argentina del
Preside.
-È
uno dei
tanti agi che essere il Preside di Hogwarts ed avere una fenice
permettono di
avere ad un mago abile come me-
-Ma
da
quanti anni – riprovò l’altro, ottenendo
lo stesso risultato.
-Quasi
sei
anni di cui non si hanno notizie certe sulla sua esistenza, esclusa la
busta
che ho appena bruciato- rispose subito Silente gongolante.
***
Hermione,
quando aveva pregato i suoi amici di seguirla, si era sentita un
po’ stupida.
Si sentiva una ragazzina alla prima cotta che, dopo aver dato il primo
bacio ad
un timido coetaneo, smaniava dalla voglia di raccontarlo a qualcuno.
Tutta
quella segretezza stabilita di comune accordo con Draco, poi, dava una
striatura misteriosa alla sua storia con il ragazzo.
Draco,
infatti, forte del supporto di Drew, si era dimostrato più
scaltro di quanto
lei avesse ipotizzato. La verità era che, a causa della
cacofonia che aveva
accompagnato quel periodo, si era dimenticata della sua natura. Mai gli
sguardi
che le rivolgeva e i carezzevoli baci con cui sfiorava le sue labbra
l’avrebbero spinta a riconoscere nell’erede dei
Malfoy la sua natura Slytherin.
Lei vedeva solo Draco, la sua impertinenza, la sua superbia e i suoi
occhi
plumbei, leggermente lucidi per l’emozione.
Quell’emozione
che, in quel momento, illuminava anche il suo sguardo:
l’amore.
Ginny,
sua
unica complice e confidente, attendeva tranquillamente seduta su una
sponda del
letto della camera da Prefetto di Hermione. Ron, invece, con lo sguardo
basso,
stava appoggiato alla scrivania in silenzio. Il primo a prendere
parola, però,
fu Harry, che, a differenza dei due Weasley, camminava ansioso per la
stanza,
borbottando preghiere a Merlino e Godric Gryffindor.
-Allora,
Hermione, cosa devi dirci?- chiese rivolto alla ragazza.
Questa,
presa in contropiede, iniziò ad agitare le mani ed a
balbettare alcune parole
completamente slegate tra di loro e prive di senso. Poi, recuperata la
sua
rinomata freddezza, liberò i polmoni dall’aria con
uno sbuffo deciso e, dopo un
grosso respiro, cominciò a parlare.
-Mi
vedo con
un ragazzo- cominciò lei, sicura.
-Un
ragazzo
che non è quell’idiota di Belby?- insistette
Harry.
Lei
annuì.
La
reazione
del suo unico interlocutore la lasciò basita.
Il
celebre
Ragazzo Sopravissuto aveva preso a ciondolare instabile, fino ad
arretrare
pericolosamente di alcuni passi. Ginny scattò in piedi e,
con una spinta
leggera ma decisa, lo fece sedere sul letto, vicino a lei.
-Vedi?
Dovresti avere più fiducia nella tua fidanzata …
- scherzò Ginny.
-Ma
… ma …
ma è Malfoy!- balbettò lui, afferrando le mani
della rossa e smuovendola, come
per spronarla a dargli ragione. Quella, però, non appena il
nome dello
Slytherin era stato pronunciato, era sbiancata.
Hermione
le
aveva rivolto un’occhiata truce. Quel cipiglio severo, Ginny
lo sapeva
perfettamente, non poteva che portare nuove poco felici.
-Senti,
Hermione, non potevo tenerglielo nascosto- cercò di scusarsi
la ragazza,
giocando d’anticipo – Erano preoccupati-
-Molto
preoccupati- aggiunse Ron, parlando per la prima volta.
-Decisamente
preoccupati!- esclamò Harry – E avevamo ragione!-
Hermione,
punta sul vivo, si mise sulla difensiva.
-Voi
non lo
conoscete, Draco non è come sembra- disse subito la
Gryffindor.
Harry
si
lasciò scappare un’imprecazione. Poi,
bisbigliando, si rivolse ai due Weasley.
-L’avete
sentita? Non può essere Hermione!- disse, per poi rivolgersi
alla diretta
interessata – Il problema, qui, non è
quell’impiastro platinato di Malfoy, ma
Belby il Mangiamorte!-
Hermione,
stupita da quell’affermazione, rimase in silenzio.
-Quindi,
non
smetterete di parlarmi a causa di Draco, vero?- chiese, dopo alcuni
istanti di
riflessione.
-Per
quale
motivo dovremmo farlo?- domandò stizzita Ginny.
-Però,
per
favore, Hermione, dacci almeno un paio di lustri per abituarci
all’idea prima
di chiamarlo per nome!- si intromise Ron.
La
diretta
interessata sospirò di sollievo.
-E,
comunque- continuò la rossa – sappi che hai dalla
tua parte una delle migliori
alleate che potesse capitarti-
Incuriosita,
Hermione le chiese di chi si trattasse.
-
Molly
Weasley – le rispose sorridendo l’altra.
Di
nuovo, la
Granger ammutolì. Evidentemente, Ginny non si era accontenta
di rivelare ad
Harry e Ron di Draco, ma aveva deciso di raccontarlo alla sua intera
famiglia. Maledetta
pensò.
-In
effetti,
Herm, se hai mamma dalla tua sei praticamente a metà
dell’opera!- scherzò Ron –
Pensa che ha riunito tutta la famiglia per discuterne ed ha obbligato
papà a
richiedere un collegamento internazionale speciale tra il nostro camino
e
quello della casa di Charlie in Romania! –
-Per
non
parlare del fatto che ha invitato anche Fleur la Flebo!-
rincarò la dose Ginny.
Hermione
si
concesse alcuni attimi per digerire completamente la notizia. Era
risaputo che
il rapporto tra Fleur Delacour e la futura suocera non solo non era dei
migliori ma tendeva, anzi, ad essere piuttosto bellicoso. Chiaramente,
se Molly
Weasley si era spinta a tanto per lei, non poteva che esserle
riconoscente.
-Vostra
madre ha riunito tutta la famiglia per me?-
chiese Hermione, senza sapere come comportarsi di fronte ad una
novità di tale
portata.
Ginny
annuì
in modo vigoroso.
-Ovviamente,
quell’idiota di Percy non si è presentato, ma solo
la mamma sperava che quel
troll cambiasse idea- le disse la rossa.
Tutti
i
presenti, estranei alla famiglia Weasley compresi, si ritrovarono a
maledire la
brama di scalare la gerarchia sociale del nuovo leccapiedi del
Ministro.
-Beh,
non ci
chiedi cosa ha detto il Generale Molly durante questa
“Riunione d’Emergenza”,
come l’ha definita lei stessa?- domandò Ronald ad
Hermione, rompendo,
finalmente, quel silenzio ovattato in cui la camera era stata immersa
in quegli
ultimi istanti.
La
ragazza
scosse piano la testa, sorrise piano e gli fece la fatidica domanda.
-
Cosa vi ha
detto il Generale Molly?-
Ginny
e il
fratello si guardarono complici. La prima, allontanandosi con una
rapida
stretta della mano da Harry, si alzò e mutò la
propria espressione in una
perfetta riproduzione del cipiglio severo della matrona di casa
Weasley.
-Chiunque,
e
sottolineo “chiunque”,- cominciò con un
tono di voce grave ed alzando l’indice
della mano destra con fare ammonitorio – oserà
manifestare pubblicamente il
proprio disappunto per la relazione di Hermione con Draco Malfoy non
avrà più
il diritto d’entrare dalla porta della mia
cucina!-
Ron,
che
aveva affiancato la sorella, prese a gesticolare teatralmente.
-Fu
in
questo preciso istante che il nostro stolto fratello Fred
tentò di manifestare
il proprio disappunto a riguardo, ponendo la nostra attenzione sulla
palese
demenza del suddetto platinato- cominciò, muovendo le mani
davanti al viso e
piegandosi sulle ginocchia, in un ben poco riuscita imitazione di un
giullare
di corte – Crudelmente, - ricominciò mesto il
ragazzo, senza fermarsi neppure
per riprendere fiato – tutti i tentativi di replica vennero
soppressi dalla
grande abilità oratoria del generale Weasley –
Ginny
gonfiò
il petto, nel tentativo di riproporre il seno prosperoso della madre,
dalla
presenza del quale la Natura l’aveva esclusa.
-Non
credere, Fred, - prese ad urlare, rossa in viso – che, solo
perché da un paio
di mesi un elfo domestico ti lava le mutante, tu sia autorizzato a
mancare di
rispetto a tua madre! Una sola battuta su Draco Malfoy in mia presenza
e,
sappilo, puoi stare certo che andrai a fare compagnia al Demone in
soffitta!-
Harry
scoppiò a ridere, seguito, poco dopo, da Hermione.
A
prendere
parola fu di nuovo Ron, in un’ottima parodia del padre.
-
Molly, ti
prego, cerca di calmarti- disse, tentennante, invitando cautamente la
moglie a
calmarsi.
-Taci,
Arthur!- gli rispose Ginny, forse facendosi prendere un po’
troppo dalla foga –
Tu sei troppo permissivo con i tuoi figli, ma, questa volta, non ti
consiglio
di sfidarmi, se non vuoi andare a chiedere a tua zia Muriel un letto in
cui
dormire, stanotte!-
La
scenetta
durò a lungo, fino a che, stremati, i due fratelli, ridendo,
si lasciarono
cadere sul letto oramai sfatto di Hermione.
Il
gruppo,
finalmente riunito, si impegnò per darsi una calmata e per
riprendere a
respirare normalmente.
Alla
fine,
quando tutti, seppure con le guance ancora cremisi, erano ritornati
tranquilli,
Hermione aveva ripreso a parlare.
-Davvero,
ragazzi, vorrei sapere cosa ne pensate di me e Draco – disse,
guardando negli
occhi gli amici, ma senza soffermarsi su nessuno di essi.
La
prima a
rispondere, come la stessa Hermione aveva supposto, fu Ginny.
-Io
sono
assolutamente favorevole!- esclamò la rossa – E,
poi, avete visto che sedere si
ritrova? Credi a me, Hermione, un’occasione del genere non ti
ricapiterà molto
presto!-
Harry,
punto
sul vivo, rivolse un’occhiata truce alla fidanzata, la quale,
alzando le
spalle, gli diede un rapido bacio. Hermione, invece, arrossì
e, voltandosi
rapidamente, cercò di nascondere agli occhi dei presenti le
sue gote scarlatte.
Fu
proprio il
ragazzo Sopravvissuto a voler dire per secondo il proprio parere, non
appena le
sue labbra si separarono da quelle della fidanzata, di cui, con uno
slancio da
Cercatore, si era impossessato.
-
Malfoy è
un idiota- cominciò, facendo prospettare ad Hermione un
proseguo poco felice – Assodato
questo, va tenuto in conto che, nell’ultimo periodo, essendo
stato l’unico con
cui hai condiviso i tuoi sospetti su Belby, ha saputo proteggerti molto
bene.
Quindi, essendo tu quella costretta a passare del tempo con lui, fai
ciò che
ritieni più giusto, visto che fino ad ora il tuo giudizio
non ha mai fatto
cilecca.-
Hermione
sospirò di sollievo. Due su tre, per lei, era già
un risultato più che
positivo.
-Ma
ti
chiedo due cose, Hermione – riprese Harry, facendo ripiombare
la Granger
nell’insicurezza – La prima: non escluderci
più dalla tua vita. Se hai un
problema, noi vogliamo essere al tuo fianco, vogliamo aiutarti e farti
sapere
che non sei sola. La seconda, invece, è più un
favore personale: se mai dovesse
ferirti, permettimi di aiutarti a picchiare quella serpe!-
La
stanza si
riempì delle risate generali. Hermione, però,
colpita da quel dolore che,
inconsciamente, aveva inferto ai suoi amici di sempre, vide il
sopraggiungere
dell’ultimo giudizio come un catastrofe funesta.
Rimaneva
solamente Ron, il suo ultimo fidanzato.
Lo
guardò,
cercando di invitarlo a parlare solo con uno scambio di sguardi.
Lui,
stupendola, capì.
-La
verità,
Hermione, è che tu hai già deciso. Tu, da noi,
cerchi solo una conferma, un
appoggio. Ed è questo, credo, che dovrebbe spingerti a
capire che la strada che
hai deciso di intraprendere è quella giusta. Non per noi, ma
per te- cominciò,
evitando i suoi occhi nocciola – Vuoi che ti dica il mio
parere? Si, dovresti
tenere Malfoy il più lontano possibile da te,
perché, ora che Lavanda ha deciso
di cambiarmi come un paio di scarpe vecchie, vorrei evitare
d’essere solo come
un cane e circondato da fringuelli in amore-
Questa
notizia, così improvvisa, portò ad un rapido
cambio d’argomento.
Quella
sera
durò molto a lungo.
***
Quei
gradini
sembravano non voler finire mai. Ad ognuno di questi parevano seguire
almeno
altri tre e ciò spinse un’affaticata Hermione
Granger ad imprecare contro
quella torre altissima di Hogwarts che, scioccamente, poco tempo prima
aveva
scelto come luogo in cui attendere il suo biondino preferito. Il quale,
come
ogni bravo Slytherin, si era fatto attendere a lungo.
Intuibile
conseguenza del suo agire sconsiderato, fu un bel raffreddore.
Fortunatamente,
nulla che non si potesse risolvere con una cucchiaiata abbondante di
Pozione
Pepata.
Per
vendetta, però, decise, a poco più di venti passi
dalla soglia che, una volta
spalancata le avrebbe permesso di vederlo, di fermarsi un attimo per
riprendere
fiato. Non voleva interpretare la parte della ragazzina perdutamente
innamorata
che, senza un minimo di ritegno, si mette a correre per tutto il
castello pur
di raggiungere il proprio lui il prima possibile. Purtroppo, doveva
ammetterlo
con la parte più orgogliosa di se stessa, quel ruolo le
calzava a pennello,
forse anche a causa delle sue guance rosse e del suo respiro affannato.
Ma
per lei,
che come una brava vecchina stava ricucendo le crepe del suo animo
vicino ad un
camino acceso e alle braci crepitanti in questo, tutto questo aveva
solo
un’importanza relativa.
Certo,
prima
di cominciare a correre si era assicurata che nessuno potesse fare da
testimone
alla sua follia con un rapido incantesimo, ma comunque, dopo essersi
separata
da Daniel, con cui si era dilettata con le oramai abitudinarie
ripetizioni di
Storia della Magia, i suoi passi avevano preso a susseguirsi rapidi.
Si
era detta
che, se qualcuno l’avesse fermata, chiunque fosse stato,
McGranitt compresa,
gli avrebbe detto d’essere inseguita da un branco di Troll di
Montagna, pur
sapendo d’essere poco credibile.
Perché
non
poteva più negarlo, l’unica cosa che le importava
in quel momento era
raggiungerlo.
Trascorsi
pochi e rapidi minuti, sufficienti per riportare il suo cuore a pulsare
in modo
regolare, aveva salito gli ultimi scalini tre alla volta e aveva spinto
quella
porta, ultimo ostacolo tra i loro corpi.
Dava
le
spalle al panorama, poggiando i gomiti sulla balaustra in una posa
sfrontata.
Guardava verso l’alto, verso l’azzurro pallido di
quel cielo dei primi di
marzo. Il collo pallido, teso in quel gesto, tracciava una linea
elegante che
lei avrebbe voluto sfiorare con i polpastrelli delle sue dita e con le
sue
labbra.
Fumava
tranquillo, come da molto tempo non lo vedeva fare.
-La
puntualità non è uno dei dogmi infrangibili per
essere un’Hermione Granger
perfetta?- la punzecchiò non appena la sentì
aprire la porta.
Lei
non gli
rispose subito, affascinata dagli avambracci scoperti dalle maniche
arrotolate
della camicia.
-Ogni
tanto
mi piace cambiare- disse, dopo essersi ripresa – Tu, invece,
non credi
d’esagerare un po’ ad andare in giro
così poco vestito solo per poterti vantare
d’essere una serpe dal sangue freddo?-
Draco
sogghignò. Quei loro battibecchi gli mancavano.
-Speravo
che
tu fossi così gentile da scaldarmi- la punzecchiò
lo Slytherin.
La
riccia,
incrociate le braccia sul petto, lo guardò
dall’alto in basso.
-Figurati,
Draco, devo giusto fare un po’ di pratica con gli Incantesimi
Incendiari del
professor Vitious -
Lui
respirò
profondamente dalla sua sigaretta, con fare signorile e superbo.
-Una
ragazza
violenta non è elegante- cominciò Draco,
allontanandosi dalla balaustra e
avvicinandosi a lei – Queste cose, una futura signora Malfoy
dovrebbe saperle-.
Hermione
percepiva chiaramente sul suo viso il respiro caldo di lui.
L’odore di tabacco
bruciato, rapidamente, aveva raggiunto il suo corpo.
Si
perse ad
osservare le foglie secche che, bruciando piano, tramutavano in cenere.
Percorse con lo sguardo la superficie di quella sigaretta, fino ad
incontrare
la pelle rosata delle sue dita affusolate.
Lui,
avendo
notato l’attenzione che la ragazza stava rivolgendo a
quell’oggetto, alzò il
braccio e le avvicinò le dita alle labbra.
-Vuoi?-
le
chiese semplicemente.
Hermione
annuì piano.
La
sua mano
sinistra si strinse attorno al polso del ragazzo.
Fu
rapida,
come solo durante un duello mortale avrebbe dovuto essere.
Premette
le
sue labbra contro quelle di lui.
-Accetto
l’offerta- aveva sussurrato, dopo essersi sottratta da quel
contatto
La
sigaretta
scivolò dalla presa dello Slytherin.
Le
aveva
posato le mani sul viso e aveva fatto in modo che quella gelida
distanza di
pochi centimetri svanisse nuovamente. Percepiva le dita di lei, della sua Hermione, che si intrecciavano con i
suoi capelli e le labbra vogliose di baci che, dopo quella lunga
attesa, lo
chiamavano.
Cercò
d’essere gentile, ma fece una fatica immensa a trattenere
tutta quella passione
che solo un gemito sfuggito dalla bocca della ragazza aveva
risvegliato.
Lei
gli
mordicchiò il labbro inferiore, ricevendo, in cambio, un
altro bacio dal
ragazzo.
La
teneva
stretta al suo corpo, attirandola a sé con il braccio che le
aveva passato
attorno ai fianchi, e, con il tocco gentile della mano destra, la
invitava a
guardarlo, così che quel loro incontro di emozioni fosse
più agevole per
entrambi.
Quando
le
loro bocche si divisero, le labbra di entrambi erano gonfie per
l’effusioni che
i due si erano scambiati.
Le
loro
fronti si toccavano, i loro sospiri affannati si fondevano e i loro
corpi
continuavano a rimanere legati.
-Hai
parlato
con San Potter e con la sua compagnia di Mentecatti?- le chiese, dopo
alcuni
istanti di piacevole silenzio.
Lei
si
staccò da lui, in modo da frapporre tra loro il giusto
spazio per esprimere il
suo disappunto senza, tuttavia, smettere di percepire il suo calore.
-Compagnia
di cui anche io faccio parte- commentò, dopo avergli
lanciato un’occhiata torva
– e che, caro mio, è meglio che cominci a farti
piacere-
Draco
spalancò gli occhi e la sua pelle, arrossata dai baci,
riprese immediatamente
la solita carnagione pallida.
-Stai
scherzando?- le domandò, realmente preoccupato.
-Mi
dispiace, Draco, ma sei stato ufficialmente accettato da tutta la
famiglia
Weasley e da Harry – gli rispose Hermione ridacchiando
– Nel tuo futuro vedo un
gran numero di cene e pranzi alla Tana, sai?-
Lui
si
rimpossessò delle sue labbra. Quando fu sazio, sorridendo
sulla pelle calda di
lei, le rispose.
-Sopporterò
quella banda di pazzi, pur di vedere questo futuro con te-
***
Alla
fine,
dopo l’ennesimo bacio, si erano separati: Hermione diretta
verso
l’inaccessibile torre dei Gryffindor e lui, per contrasto,
nell’oscuro antro
degli Slytherin.
La
Sala Comune
della sua Casa, come da usanza, era affollata da ragazzi e ragazze
silenziosi.
Perfette statue di marmo, i cui contorni erano stati levigati
dall’abile
scalpello di un artigiano superbo. In quell’ampio salotto,
riscaldato da un
magico fuoco verde crepitante nel caminetto, i più nobili
rampolli di alcune
delle famiglie Purosangue più influenti di tutta
l’Inghilterra sorridevano
ipocriti al passaggio del Malfoy.
Un
gioco squallido,
quello a cui tutti in quella stanza partecipavano e a cui nessuno
Slytherin
poteva sottrarsi. Un passatempo estenuante, in cui ogni mossa sbagliata
comportava un’inevitabile perdita di punti.
Draco,
che,
prima di Hermione e del tradimento di Voldemort, era stato il campione
incontrastato di quello scontro tra famiglie, sapeva bene come giocare.
Nonostante fosse regredito ai livelli più bassi della
classifica, continuava a
combattere per la sopravivenza, tendendo le labbra in false espressioni
compiacenti. Persino in quel momento, quando poteva ancora chiaramente
percepire il sapore della sua ragazza, la sua bocca si stiracchiava in
sorrisi.
Qualcuno,
memore dell’antica gloria del Malfoy, si alzò
persino dalla comoda poltrona su
cui era seduto.
Theodore
Nott, colui che, fino ad un nuovo scandalo, avrebbe stretto tra le mani
lo
scettro del potere. Quel ragazzo era stato da sempre un abile
tirapiedi,
peccato che, come testimoniavano gli eventi, si era dimostrato ben
più scaltro
di quanto desse a vedere.
Forte
dell’arresto del suo anziano padre per il teschio del Signore
Oscuro che questo
aveva tatuato sul braccio sinistro, non gli era stato poi troppo
difficile
approfittare del declino dei Malfoy per prenderne immediatamente il
posto.
Come
Draco
aveva ormai capito da molto tempo, è nelle vesti delle
persone più silenziose e
servili che si nasconde la fiala contenente il veleno più
pericoloso.
Nott
gli
porse la mano destra in segno di saluto, lui gliela strinse, sorrise
ironico e,
senza prodigarsi in quelli che erano i suoi doveri nei confronti del
nuovo
“boss”, lo aveva superato con passo sicuro,
dirigendosi verso la sua camera,
dove era certo di trovare Blaise e Daphne. Un gran numero di mormorii
riempì la
Sala Comune al mancato inchino del Malfoy.
Legge
non
scritta, infatti, era che tutti chinassero il capo dinnanzi a colui che
conduceva il gioco, aspetto a cui lo Slytherin non si sarebbe mai
piegato.
Raggiunse
la
porta della sua stanza e, senza neppure bussare, entrò.
Zabini,
suo
unico compagno di stanza, sonnecchiava sul suo letto. Daphne, invece,
seduta su
una poltrona ed utilizzando la schiena del ragazzo come poggiapiedi, si
stava
dedicando alla cura delle proprie unghie, limandole con un attenzione
quasi
maniacale.
Blaise,
chiusi gli occhi, era scivolato in una vigile dormiveglia. Pur
intontito dalla
stanchezza, infatti, pensieri confusi gli impedivano di dormire come
avrebbe
voluto. Cercava di svuotare la mente, ma, ogni volta che lo faceva,
l’istinto
prendeva possesso del suo corpo e le sue dita cominciavano a sfiorare
la
morbida pelle delle gambe di Daphne. Lentamente, la sua mano
raggiungeva le
caviglie sottili, cominciando a tracciare invisibili cerchi e spirali
interminabili.
Eppure, ogni volta costringeva il proprio cervello a riprendere il
controllo.
I
muscoli di
lei si tendevano sotto il suo tocco che, seppur gentile, sembrava
essere in
grado di risvegliare il dolore causato dai molteplici lividi scuri che,
come
entrambi sapevano, erano stati celati da un incantesimo Dissimulante di
ottima
fattura.
Quando
Draco
era entrato in quella stanza, Blaise sembrava essere appena riuscito a
trovare
la quiete adatta a sconfiggere la sua insonnia.
Il
ragazzo,
come se la dea Atena gli avesse donato, in cambio dei suoi sogni,
l’intangibile
conoscenza, sbuffò e, dopo essersi preso alcuni istanti per
stropicciarsi gli
occhi assonnati, si mise a sedere, spostando piano le gambe di Daphne.
Questa,
dopo
aver preso una sigaretta dal pacchetto sgualcito che Blaise teneva sul
comodino, l’accese prendendone un grosso respiro e gliela
porse. Il ragazzo,
reso ancora più pigro dal sonno, le sussurrò
piano un ringraziamento. Dopo
averla afferrata tra l’indice e il medio, distinse
chiaramente sulla superficie
liscia del filtro l’impronta della soffice carne delle labbra
di lei,
imprigionata dal rossetto chiaro.
Se
la portò
alla bocca.
Il
famigliare odore del tabacco bruciato, come una buona tazza di
caffè, ebbe la
capacità di risvegliarlo. Quel profumo, per lui, contava
moltissimo: perché
sapeva di quella stanza dove aveva trascorso i momenti più
belli della sua
esistenza, perché lo ritrovava nei suoi vestiti e tra le sue
lenzuola e perché
due delle persone più importanti della sua vita sembravano
non potersi muovere
senza averlo addosso.
Riconosceva
quell’aroma
con una leggera nota di cioccolato nel respiro di Daphne e persino in
Draco,
sebbene, da qualche giorno, un retrogusto eccessivamente dolce di
vaniglia
intaccava la fragranza più robusta delle sigarette del
ragazzo.
-
Drew ci
deve parlare- esordì Malfoy.
L’unica
presenza femminile di quella stanza si animò immediatamente.
-Il
professor Kennan?- domandò, facendo Evanescere con un colpo
di bacchetta la
limetta che stava usando e cominciando a sistemarsi i capelli.
Il
biondo,
in risposta, sospirò e, dopo aver scosso la testa per darsi
la forza necessaria
a sopportarla, le rispose.
-Quanti
altri Drew conosci, Daphne?-
-Chiedimi
quante teste di cazzo conosco, Draco - le rispose lei sorridendo
mentre, dopo
essersi rinfilata le scarpe rigorosamente con il tacco, usciva dalla
stanza –
Io vado a prepararmi, ci vediamo dopo-
Blaise,
spenta la sigaretta in un posacenere, ritornò nel caldo
abbraccio del suo
letto.
-L’appuntamento
è tra più di due ore, Daphne!- urlò
Draco, dopo averla inseguita e ad aver
spalancato la porta della stanza.
La
voce
della ragazza che si stava allontanando raggiunse Zabini prima che
questo
ricadesse nella sua dormiveglia.
“Solo
due
ore? Non sarò mai pronta in così poco
tempo!”
***
Daphne
camminava piano, affiancata da Blaise e Draco. Il rumore leggero dei
suoi
tacchi sul pavimento scandiva il ritmo tranquillo di quella marcia che
avrebbe
condotto i tre fino al nuovo ufficio di Drew, il quale, dopo una lunga
ricerca,
aveva trovato sistemazione in un vecchio archivio impolverato. Certo,
la stanza
aveva avuto bisogno di un paio di modifiche, ma nulla che non si
potesse risolvere
con due colpi di bacchetta ben assestati e con una squadra di elfi
domestici
addestrati.
Al
loro passaggio,
più di un ragazzo si era voltato a guardarla. La ragazza
sapeva bene che quelli
che indossava non erano abiti consoni al luogo in cui si trovava,
aspetto che
Draco non aveva tardato a farle notare, ma, nella peggiori delle
ipotesi,
avrebbero incontrato l’austera McGranitt la quale,
però, si sarebbe limitata ad
un rimprovero e alla sottrazione di un paio di punti. Inezia a cui la
Greengrass poteva facilmente porre rimedio con alcuni interventi
durante le
lezioni di Lumacorno.
Restava
dunque
il fatto, che sebbene il vestito nero non le coprisse completamente le
cosce, fino
a quel momento nessuno si era lamentato delle sue gambe.
Nessuno
tranne Blaise che, nel suo solito silenzio, aveva accennato ad
un’espressione
di disappunto. Nulla più di questo, comunque, anche
perché, se si fosse spinto
oltre, avrebbe infranto l’unica regola che vigeva sulla loro
relazione.
“Per
quel
che mi riguarda, puoi fare quello che vuoi, ma voglio esserne
informato” le
aveva detto, alcuni anni prima, in un impetuoso attacco di
loquacità. Questa
clausola, ovviamente, era valida per molteplici ambiti: poteva prendere
a
sberle una stupida Purosangue Slytherin, o girare mezza nuda per tutta
Hogwarts, o flirtare spudoratamente con un ragazzo, ma, fatto il
misfatto,
avrebbe dovuto informare di tutte le sue imprese colui che la sua
famiglia
aveva scelto come suo marito.
Blaise Zabini.
Lui
le aveva
offerto la possibilità di non diventare una schiava senza
dignità come sua
madre e lei aveva accettato immediatamente, anche perché, il
più delle volte, il
ragguagliarlo su tutte le sue marachelle non aveva alcuna ripercussione
sulla
sua persona.
Ovviamente,
anche la pazienza del suo futuro marito aveva un limite e, come Daphne
aveva
capito ben presto, il ragazzo era un efferato sostenitore della
vendetta. Era
capitato per puro caso, per esempio, che, dopo un paio di Whisky
Incendiari di
troppo, lei si fosse ritrovata sotto le coperte del letto di Theodore
Nott,
quando questo, in quel periodo, era ancora un buon amico di Blaise.
Come da contratto,
era stata costretta a rivelarlo a Zabini che, tempo dodici ore, le
aveva
ricambiato il favore, scivolando, casualmente, tra le gambe di Pansy
Parkinson,
con cui la Greengrass, in quell’epoca oramai molto remota,
condivideva la
stanza. Inutile dire che Pansy, il giorno seguente, non era riuscita a
dire
neppure tre parole su quella serata focosa prima di ritrovarsi
allegramente
Schiantata contro un muro.
Quella
che
spinse Daphne, nonostante l’apparenza, non fu gelosia:
odiava, semplicemente,
quelle pesanti occhiaie che rovinavano l’armonia del suo
viso, dirette
conseguenza di quella nottata insonne.
La
sua
totale indifferenza a riguardo, comunque, non le aveva impedito di
pensare ad
una degna ripicca che, però, non aveva mai attuato. Aveva
deciso, infatti, di
far cadere nella sua ragnatela il miglior amico di Blaise, ma, dopo
essersi
ricordata che era anche il suo
miglior amico, era dovuta ritornare sui suoi passi.
Del
resto
era certa che Draco, una volta stuprato da Blaise, non le avrebbe
più rivolto
la parola e ciò l’avrebbe privata della compagnia
dell’unico essere dotato di
intelletto in tutto il dormitorio Slytherin.
La
scaglia
di drago, come si suole dire tra i maghi, non valeva neppure la fatica
dell’impresa.
Finalmente,
però, dopo una lunga attesa, aveva la possibilità
di ottenere la sua nemesi e
di colpire Blaise con la sua ira fulminea.
Perché,
se
avesse messo le mani su Drew, poi il suo diabolico fidanzato, per
rispondere
alla sua offensiva, avrebbe dovuto trovare un’insegnante
disposta a cedere alle
sue lusinghe. Non che la cosa fosse difficile per il suo giovane
fascino, ma,
comunque, avrebbe dovuto cogliere il suo fiore in un prato oramai
avvizzito. E
lei, con un ghigno, avrebbe goduto della sua plateale caduta di stile.
Percorso
l’ennesimo corridoio e svoltato l’angolo, li vide.
I quattro Gryffindor più
celebri di tutta la scuola stavano sostando, ridendo tra loro, davanti
alla
porta dell’ufficio di Drew. Non appena distinsero le loro
figure, riconoscendo
nell’immane classe di cui erano sprovvisti le loro persone,
ammutolirono.
Subito Potter si incupì, stringendo le mani fino a far
sbiancare le nocche e
digrignando impercettibilmente i denti.
Nella
mente
di Daphne, l’espressione aggressiva di Harry venne associata
immediatamente a
quella di un cane lasciato per una settimana senza cibo. I due Weasley,
invece,
a causa della loro tipica faccia da ebeti, sembravano essersi colpiti
vicendevolmente la testa con una clava.
-Spero
che
questa coincidenza sia solo un tremendo errore del Destino –
disse la
Greengrass, cercando, senza provarci con vero impegno, di non guardarli
con
aria troppo schifata.
I
due
compagni non le risposero. Non che si aspettasse una parola da Blaise,
ma,
comunque, vedere Draco che, senza darle ascolto, accelerava il passo,
la
stizzì.
D’istinto
afferrò la mano destra di Blaise e prese ad inseguirlo, per
poi fermarsi
all’improvviso ad un metro dal gruppo di Gryffindor.
Draco,
dopo
aver sussurrato qualcosa all’orecchio della Granger, aveva
cominciato a
baciarla.
Sconvolta,
la Greengrass cercò il supporto del fidanzato, il quale,
però, stava osservando
le effusioni della coppia impassibile. Possibile
che sia sempre così freddo? si chiese la ragazza.
Il
conforto
di cui aveva bisogno, inaspettatamente, le giunse da quelli che, da
tempo
immemore, aveva catalogato nel sempre più ampio gruppo degli
“avversari”. La
Piattola sembrava aver trovato qualcosa di molto interessante nelle sue
scarpe
da quattro soldi, sistema molto utile per nascondere le gote ancor
più rosse
dei suoi capelli. L’allampanato re Ronald, invece, dopo aver
scostato lo
sguardo, pareva cercasse inutilmente di utilizzare il suo unico neurone
per
contattare mentalmente i due gemelli, affinché questi gli
fornissero al più
presto il rimedio per le Pasticche Vomitose. Infine, aspetto che
più la rese
felice, il viso di San Potter faceva trapelare chiaramente una cieca
furia
omicida.
-Appena
questo teatrino pietoso sarà finito, vorrei sapere, Draco,
per quale motivo loro sono qui-
disse acida, indicando
con un cenno del capo gli eredi di Godric Gryffindor.
Malfoy,
dopo
aver posato un dolce bacio sul collo di Hermione, le rispose tranquillo.
-Perché
sono
qui per il tuo stesso motivo-
-Ovvero?-
insistette lei.
-Rendere
inoffensivo Marcus Belby –
Un
silenzio
pesante calò tra i ragazzi.
Il
respiro
leggero di Blaise rimbombava sulle pareti di quel castello secolare.
-Capisco
i
tuoi timori di perdere la tua principessa saputella, ma non ti sembra
eccessivo
castrare quel povero fesso di Belby?- domandò Daphne,
suscitando le risate dei
presenti.
Percorse
rapidamente con lo sguardo i tre Gryffindor che, come lei, erano
rimasti
invischiati in quella spiacevole situazione.
In
fondo,
non parevano essere così stupidi come ad un primo sguardo
potevano sembrare.
***
Perfettamente
in orario, i suoi ospiti bussarono alla porta. Si aspettava un gruppo
rumoroso
e sbraitante ma, con suo enorme stupore, i sette ragazzi entrarono in
ordine e
silenziosi.
Drew
fece
comparire con un cenno della bacchetta un numero di sedie sufficiente e
li
invitò a sedersi. Il modo in cui si disposero su queste,
invece, fu piuttosto
prevedibile. Hermione e Draco sedevano in quelle centrali, affiancati,
come se
fossero diverse fazioni politiche, dai propri compagni di Casa.
Gryffindor
da una parte, Slytherin dall’altra.
Una
guerra
che si combatteva da quando i fondatori avevano dato luce ad Hogwarts e
la cui
fine veniva procrastinata continuamente. Eppure, come era solito
cantare il
Cappello Parlante, uniti non avrebbero potuto avere avversari.
Nonostante
le discrepanze, però, gli sembrava che, seppure in minima
parte, questo
processo d’unione che sicuramente avrebbe piegato molti altri
anni prima di
giungere ad un termine, poteva dirsi cominciato. Lì, nel suo
piccolo studio,
lui stava per dar inizio ad un’operazione che, forse per la
prima volta nella
storia di tutta la scuola, avrebbe visto la cooperazione di nemici
storici.
-Bene,
ragazzi, sapete perché siamo qui?- cominciò Drew,
studiando le reazioni dei
suoi astanti.
-
Dobbiamo
perdere tempo con queste cose?- domandò Daphne, sicura e
stranamente seria –
Sappiamo tutti che siamo qui per Belby!-
Drew
le
sorrise gentile, gesto che fece imporporare leggermente le guance della
Greengrass, la quale, però, non si scompose minimamente.
-E
sapete
anche chi è Marcus Belby?-
Ad
intervenire fu Blaise, che, mentre rispondeva alla domanda del
professor
Kennan, si accese una sigaretta.
-Sappiamo
cosa potrebbe essere e cosa Draco e la Granger credono che sia, non
quello che
realmente è-
Il
ragazzo
che teneva le redini della discussione propose di bere una tazza di
tè. Tutti,
rispondendo tranquillamente come fece Hermione o annuendo appena come,
invece,
fece Blaise, accettarono.
Dopo
aver
fatto comparire dal nulla un servizio di porcellane adatte
all’occasione e con
un leggero gusto orientale, Drew versò il liquido ambrato da
una brocca,
facendo attenzione a non spargerne neppure una goccia.
-Purtroppo,
ho prove sufficientemente concrete per credere che la teoria di
Hermione sia
fondata- riprese lui, conclusa l’operazione – Ho
parlato con Moody e lui mi ha
confermato che la collana che Belby ha mandato ad Hermione per Natale
è
maledetta. A questo, va aggiunto che le informazioni disponibili negli
archivi
di Hogwarts riguardo alla sua persona sono alquanto scarni-
-Ma
questo è
impossibile! La sua famiglia è una delle più
antiche dei Purosangue di
tutt’Inghilterra!- sbottò Daphne - Senza contare
che è perfettamente risaputo
che nessuno dei Belby, fino ad oggi, Marcus compreso, è mai
finito tra gli
Slytherin!-
-Stai
forse
dicendo, Daphne, che tutti i Mangiamorte furono, ai tempi di scuola,
degli
Slytherin?- le rispose Drew tranquillo – Mi pare
un’affermazione, oltre che
difficilmente verificabile, anche piuttosto improbabile-
La
ragazza
dovette ammettere di non avere, fortunatamente per la sua Casa, alcuna
prova in
grado di sostenere la sua ipotesi.
-Tu,
Drew,
credi che Belby sia un Mangiamorte?- gli chiese Harry, introducendosi
nella
conversazione.
Questo
si
limitò ad annuire.
-Scusate,
ma
non potremmo limitarci a denunciarlo a Silente?- domandò,
allora, Ron.
-Purtroppo,
Ron, non è possibile, o, meglio, non ancora. Per poterlo
accusare d’essere un
Mangiamorte, dobbiamo prima vedere il Marchio Nero. Non è
un’accusa di cui si
può incolpare alla leggera-
-E,
per ora,
Hermione è ancora la sua fidanzata- disse Draco, molto preso
dalla discussione
sebbene fosse rimasto in silenzio. La Granger arrossì e
distolse lo sguardo.
-Problema
stupido che si può risolvere semplicemente con un
“arrivederci”- constatò
Daphne, analizzando la questione messa in luce dal compagno di Casa.
-Il
problema
è che lasciare Hermione e Belby soli potrebbe essere la
scelta sbagliata- disse
Drew – Dobbiamo trovare un metodo per poter lasciare loro
l’intimità
sufficiente senza perderli di vista e potendo avere la
possibilità di
intervenire immediatamente nel caso in cui gli eventi precipitino-
Ad
intervenire fu nuovamente la Greengrass.
-Potremmo
aspettare la prossima cena del Lumaclub – propose –
Nel chiasso generale, la
Granger potrà liberarsi rapidamente del Mangiamorte
… -
-
… e noi
potremmo assicurarci che la situazione non precipiti- concluse Harry
per lei.
Il
professor
Kennan constatò che si trattava di un’ottima idea.
-E
cosa
faremo per le prossime due settimane?- chiese Ron.
-Lo
terremo
lontano da Hermione, occupando, a turno, tutte le ore in cui altrimenti
sarebbe
sola- disse sicuro Draco.
-Quindi
dovremmo fare le balie della Granger?- domandò sconvolta
Daphne.
Il
silenzio
che ne seguì fu una risposta sufficiente alla sua domanda.
La
riunione
strategica non durò molto a lungo.
-Credo,
comunque, che ci sia bisogno di raccogliere il maggior numero di
informazioni
su Belby – disse il professor Kennan, alla fine di questa.
-A
questo
sto già pensando io!- esclamò allegra Ginny,
sorridendo diabolica e attirando
sulla sua persona l’attenzione di tutti i presenti.
Ginevra
Weasley aveva un informatore segreto.
Drew
le
aveva chiesto di parlare in privato.
Avevano
aspettato che tutti uscissero e, quando Daphne, dopo aver offerto ai
suoi
compagni di sventura un giro di Whisky Incendiario, si richiuse la
porta alle
spalle, il ragazzo cominciò a parlare.
-Credo,
Hermione, che tu sia finalmente pronta per le lezioni di Magia Oscura
che ti
avevo promesso-
Note
dell’Autore
Ebbene
si, sono ancora vivo!
Comincio
subito implorando il vostro
perdono per il mio ritardo (e una richiesta di scuse ancora
più sentita nei
confronti di Chihuahua, a cui avevo
promesso che avrei aggiornato entro sabato, cioè entro
ieri).
Purtroppo,
mi sono reso conto che, da un
mese a questa parte, tra scuola ed impegni extrascolastici, non ho
avuto molto
tempo per dedicarmi alla scrittura. Ma credo che lo abbiate intuito
anche voi …
Nonostante
ciò, negli ultimi due giorni
mi sono messo d’impegno e, combattendo contro un mal di
pancia logorante e il
grande numero di interrogazioni sempre crescente (chi, come me, va
ancora a
scuola sa di cosa parlo … e credo anche chi non ci va
più da un po’ …), ho
finito il capitolo 16.
Noterete,
mi auguro, che questo capitolo
(come anche i prossimi due o tre) è un po’
più “leggero” degli altri. Insomma,
godetevi un po’ quest’aria fresca,
perché, presto, ci sarà un nuovo sconvolgimento.
Nell’ultimo
mese, poi, libera_di_sognare (a cui
è dedicato
questo capitolo e che approfitto per ringraziare ancora) ha indicato
“You and
Me” all’Amministrazione per le Scelte. Non
è ancora un passo compiuto in
avanti, ma, come sostiene una mia amica, da qualche parte si
dovrà pur
cominciare, no?
Nell’attesa
di un responso che forse non
verrà mai, io incrocio le dita.
Questa
novità, poi, mi ha spinto a
riflettere e mi sono chiesto: “ Da quanto tempo non ringrazio
le mie lettrici?”
Dunque,
siccome l’ultimo ringraziamento
risale ad un’altra era geologica, lo faccio ora: GRAZIE a
tutte! A chi legge, a
chi ricorda, segue, preferisce e recensisce!
Bene,
sperando di non aver dimenticato
nulla, vi lascio ai vostri impegni!
Jerry
P.S.:
mi auguro di riuscire ad aggiornare
almeno un’altra volta entro la fine della scuola …
superato questo scoglio, mi
dedicherò a questa storia con maggiore frequenza, giuro!
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Capitolo 18 *** Some Chords, the Ivy and a White Rose ***
Chapter
seventeen, Some Chords, the Ivy and a White Rose
Alla
fine,
l’informatore di Ginny aveva perso il suo anonimato. Tra i
Gryffindor, colei
che più si stupì, togliendo questo velo di
mistero dall’identità della
famigerata spia, fu Hermione. Perché mai avrebbe creduto che
quella timida
coetanea della rossa, appartenente ai Ravenclaw, potesse essere in
grado di
tallonare, senza farsi scoprire, un proprio compagno accusato
d’essere un
Mangiamorte. Eppure, nonostante quel sorriso titubante e quegli occhi
insicuri
celati dalle lenti di un paio d’occhiali, Denise Millay si
era dimostrata ben
più che adatta al suo compito. Ogni giorno, a dieci minuti
dalla mezzanotte, un
piccolo gufo diligente beccava il vetro della finestra di Ron e gli
consegnava
una lettera, all’interno della quale, vergate con una grafia
minuziosa, stavano
parole che descrivevano, ora per ora, come Marcus Belby si comportava
all’interno del proprio dormitorio. Il compito di Ronald,
poi, era quello di
smistare le informazioni di cui entrava in possesso tra tutti coloro
che erano
stati informati dell’ormai certa doppia identità
di Belby. Il Weasley era stato
scelto per questo compito in quanto, come ogni Prefetto, aveva a
disposizione
una camera singola e, quindi, aveva la possibilità di agire
indisturbato.
Iniziava,
così, un lungo processo di cui Ron non era che
l’iniziatore.
Uscito
dalla
propria stanza, doveva percorrere il breve corridoio che lo separava da
quella
di Hermione, tenuta, in quel periodo, sotto stretta sorveglianza. La
ragazza,
completamente sola solamente durante la notte, aveva ricevuto da Drew
l’ordine
di non aprire a nessuno senza una precedente annunciazione.
Affinché
l’efficienza di questa fosse massimizzata, i Gryffindor, su
suggerimento di
Harry, avevano rimesso in uso i galeoni fallaci che Hermione aveva
incantato
per l’Esercito di Silente l’anno prima. Ogni sera,
verso le undici, una figura
esterna alla casa dei Gryffindor e dei Ravenclaw, perfettamente
incarnata
nell’imperturbabile Zabini, sceglieva una particolare
combinazione di tre cifre
e la incideva, con la magia, sulla moneta di cui era stato messo in
possesso. Con
un semplice incantesimo, dunque, Ron doveva far comparire una scritta
magica
sulla superficie della porta della camera di Hermione e questa,
finalmente,
avrebbe potuto aprirgli.
Giunti
a
questo istante, la scena che si ripeteva tra i due era più o
meno simile tutte
le sere.
Fatto
entrare il compagno, lei si buttava sul letto, sbuffava e se ne usciva
con un
“Quasi quasi chiedo il trasferimento ad Azkaban”.
Superato
questo abituale scoramento dato dalla situazione e dalla grande
sorveglianza
che Hermione era costretta a sopportare, finalmente il viaggio di
quella busta
contenente le informazioni su Belby ricominciava.
La
Granger,
dopo aver letto il contenuto della missiva, eseguiva un incanto di
Duplicazione,
ben più semplice di quello con cui aveva raddoppiato le
armature molto tempo
prima, e Trasfigurava le buste in canarini, una delle magie che da
sempre le
riusciva meglio. Solitamente Ron, memore delle sue oramai antiche
disavventure
amorose, aspettava di vedere i pennuti uscire dalla finestra per
riprendere
fiato, decisamente più rilassato. Le due bestioline,
cinguettando allegre, si
dirigevano verso le proprie destinazioni, dove, una volta appollaiate
sulla
mano del ricevente, riassumevano il loro aspetto cartaceo. Dopo pochi
battiti
d’ala le strade dei due animali si separavano: il primo, con
lenti moti
circolari, risaliva la torre dove si trovavano i dormitori dei
professori; il
secondo, invece, dopo aver planato verso il Lago Nero, si intrufolava
agile tra
le sbarre di metallo di una finestra lasciata volutamente aperta e,
dopo un
tragitto buio e tortuoso nei sotterranei, raggiungeva
l’ingresso del dormitorio
Slytherin. Quest’ultimo, mentre l’altro veniva
benignamente accolto da Drew,
dovette sopportare l’ennesimo improperio di Daphne, la quale,
non essendo
riconducibile ad Hermione in alcun modo, era sembrata a tutti la
persona più
adatta a quel ruolo. Tutti i suoi tentativi di ribellione erano stati
sedati
nel sangue e lei, dopo essersi maledetta per aver deciso di partecipare
a
quella follia, fu costretta, per due lunghissime settimane, ad
attendere
l’arrivo di quel dannato piccione viaggiatore, con tanti
saluti al suo sonno
ristoratore e alla pelle perfettamente liscia del suo viso.
Impossessatasi della
missiva, Daphne, congratulandosi con se stessa per non aver fatto
arrosto il
canarino, raggiungeva Draco e Blaise nella loro camera, il primo
strepitante
per la voglia d’avere nuove notizie e il secondo
profondamente addormentato.
La
perfetta
efficienza notturna, dovette constatare Hermione suo malgrado,
caratterizzò
anche le ore diurne. I ragazzi erano riusciti ad organizzarsi,
inglobando alla
loro allegra comitiva anche Denise, in modo che lei, al di fuori delle
ore in
cui dava ripetizioni, fosse sempre controllata da due di loro.
Capitarono così,
allegri pomeriggi in compagnia di Ginny e Denise, o Harry e Ron, ma
anche
infinite ore trascorse ad osservare la Greengrass presa a limarsi le
unghie e
Zabini che, sonnecchiante, giocherellava con il Galeone falso,
comportandosi
all’insegna della discrezione. Fortunatamente, Drew aveva
cominciato a
prelevarla per le loro lezioni private e molte delle ore in cui lei non
aveva
trovato nessuno da aiutare con i compiti vedevano anche la presenza di
Draco, il
quale si era autonominato jolly della situazione, affermando
d’essere disposto
a tallonare Hermione per tutte le ore in cui era libero.
Per
tutto l’ultimo
pomeriggio, quello prima della festa al Lumaclub, i suoi secondini
furono Ron e
Denise. I due, dopo che il primo aveva deciso di non partecipare al
party di
Lumacorno, avevano deciso di sfruttare l’occasione al meglio,
attuando una ben
più rischiosa missione secondaria: intrufolarsi, durante
l’assenza del
proprietario, nella stanza di Belby.
L’idea
era
stata proposta dalla Millay stessa, non soddisfatta
dell’eccellente lavoro da lei
svolto come informatrice a causa delle numerose ore buie in cui Marcus
si
rintanava nella propria camera, a lei, nonostante i tentativi, non
accessibile.
Ron, che per orgoglio non aveva voluto accompagnare né i
suoi amici né sua
sorella al raduno dei piccoli talenti di quello squinternato del
professore di
Pozioni, aveva accettato di buon grado la possibilità di
dimostrare la propria
abilità.
I
due, dopo
che Drew aveva dato la propria approvazione, avevano cominciato a
trascorrere
moltissime ore assieme, confabulando piano e puntualizzando ogni
più piccolo
dettaglio, come stavano facendo in quell’istante. Il rigore
di Denise,
stranamente, sembrava aver contagiato anche Ron, il quale, nonostante
interrompesse spesso la ragazza per proporre una “pausa
spuntino”, non aveva
mai prestato tanta attenzione neppure alla partita della finale del
Campionato
di Quidditch. Probabilmente, aveva supposto Hermione, osservandolo
discretamente tra una pagina di Antiche Rune e l’altra, stava
solamente
cercando di tenere impegnata la testa per non pensare
all’improvvisa
separazione con Lavanda.
Mai
avrebbe
pensato che quell’oca di Lavanda potesse stancarsi di
camminare per i corridoi
tenendo a braccetto il Re Weasley, inaspettato talento della squadra
dei
Gryffindor, oramai vicino a raggiungere la fama del precedente portiere
Oliver
Baston. Eppure, così non era stato: lei, per un qualche
motivo oscuro, lo aveva
lasciato, senza soffrirne, senza ripensamenti. Ben presto, molte voci
si
sparsero tra i gruppetti di studenti appostati nel bel mezzo dei
corridoi.
Perché ad Hogwarts, era cosa risaputa, anche i muri
sparlavano alle spalle
degli studenti. I più ottimisti, sostenitori di questa
strana coppia,
sostenevano che la causa della rottura era stata una discussione su un
argomento di poca importanza e che, presto, i due sarebbero ritornarti
assieme.
Altri, invece, più pessimisti, giuravano, a discapito della
vita di parenti
vicini e lontani, di aver sentito Ron urlare nei pressi della Foresta
Proibita,
mentre inveiva contro Lavanda criticandola aspramente per la sua
condotta
libertina. Hogwarts, in conclusione, aveva un’altra nuova
prostituta.
Forse,
dato
che Lavanda aveva cambiato già ben tre fidanzati nelle
ultime due settimane,
tutte queste voci di corridoio non erano poi completamente infondate.
-Pronta
per
stasera?- le chiese improvvisamente Ronald, con un sorriso gentile
sulle
labbra.
Hermione,
scuotendo piano la testa per scacciare via questi pensieri, rispose a
quel
gesto in modo altrettanto garbato.
-Sono
pronta
da settimane- aveva risposto sicura – voi?-
A
rispondere, questa volta, era stata Denise, ben più loquace
da quando era stata
costretta a trascorrere molti pomeriggi con Hermione. Tra le due non vi
era
un’amicizia profonda come quella tra la Granger e Ginny, ma
questa situazione
molto particolare le aveva avvicinate, tanto da spingere la
più giovane a
chiedere il parere dell’altra a riguardo della
“missione” che lei e Ron avevano
deciso di intraprendere. Hermione, ben felice di aiutarla, si era
prodigata per
trovare le idee più utili e brillanti, ma, alla fine, non
aveva fatto altro che
riconoscere la superiorità di quelle proposte da Denise
stessa. Perché una cosa
sulla Millay, dopo una lunga osservazione, l’aveva capita: se
quella ragazza si
prendeva un incarico, questo non poteva che arrivare ad una rosea
conclusione.
Nessun
dettaglio era lasciato al caso e tutto veniva studiato con attenzione e
migliorato continuamente fino al raggiungimento di un risultato il
più vicino
possibile alla perfezione. Hermione lo aveva capito da come la ragazza
aveva
organizzato il tutto, dall’accuratezza con cui prendeva le
sue note su un
piccolo blocco per gli appunti e da tutti gli incantesimi che aveva
lanciato sullo
stesso, affinché nessuno riuscisse a mettere le mani su
quelle informazioni.
-Non
lo si
può essere mai a sufficienza- rispose Denise tranquilla
– Ma stiamo valutando
tutti i possibili imprevisti e, fino ad ora, non ne abbiamo trovato uno
impossibile da superare-
Hermione
sorrise ancora.
In
fondo,
sotto questo punto di vista, loro due si assomigliavano molto.
***
Quando
Hermione era arrivata, lui le aveva sorriso. Gli si era accostata,
poggiandosi
a sua volta sul parapetto di quella piccola terrazza sulla
sommità di una delle
torre di Hogwarts, oramai diventato il luogo dei loro incontri.
Come
al
solito, il ragazzo fumava lasciando che il vento bruciasse una buona
parte
della sua sigaretta. Come al solito, riempiva ogni suo gesto con
l’incredulità
di chi non riesce a credere di aver ricevuto, finalmente, una
ricompensa dalla
vita. Eppure, quel giorno, era stranamente taciturno. Non una domanda
su ciò
che la ragazza aveva fatto durante la giornata, o su cosa aveva
intenzione di
fare. Solo il silenzio, da spartire con le loquaci pietre di quella
torre.
-Pensieroso?-
gli chiese Hermione, dopo alcuni istanti, maledicendosi subito per
quella sua
insaziabile curiosità.
Il
ragazzo
voltò la testa per guardarla ed annuì piano.
-Si
tratta
di profonde riflessioni filosofiche?- insistette la ragazza,
avvicinandosi al
corpo di lui, che continuava imperterrito a fissarla.
-No-
rispose
tranquillo Draco, con una maschera impassibile sul viso.
-Bugiardo-
sentenziò la Gryffindor, appoggiando la testa sul pugno
chiuso della mano
destra e interrompendo il contatto con gli occhi plumbei di lui.
Le
dita di
Draco riacciuffarono immediatamente il suo mento, costringendo la
ragazza a
fissarlo.
-Saputella-
Le
labbra di
Hermione si erano già dischiuse, pronte a lanciare una
violenta invettiva
contro quello Slytherin, idiota e mentecatto, quando lo stesso se ne
impossessò, zittendola. Lei sorrise sulla bocca di lui e,
poi, ricambiò con
trasporto.
-Bene,
discorso chiuso. Cosa hai fatto oggi di interessante?- disse
all’improvviso il
Malfoy, interrompendo quel bacio troppo presto e beandosi
dell’espressione di
disappunto di Hermione, la quale, desiderosa di ottenere
un’adeguata vendetta,
mise il broncio e non gli rispose.
Purtroppo,
il suo incontenibile desiderio di sapere la fece ritornare
all’attacco.
-Facciamo
un
gioco, allora, stupido Malfoy – propose la ragazza
– Tu fai una domanda a me e
io ne faccio una a te. L’unica regola è che si
deve rispondere in completa
sincerità, anche se so che per uno come te è
quasi impossibile … -
Quello,
senza scomporsi minimente per la frecciatina della mora,
alzò le spalle
sbruffone conscio della reazione che ciò avrebbe causato in
lei.
-Io
so già
tutto di te- le disse superbo.
Hermione
lo
squadrò dall’alto in basso e, dopo aver accettato
la sua sfida, si lanciò in
una scarica di domande.
-Quando
sono
nata?- disse, sperando di metterlo in crisi con la domanda
più semplice che le
venisse in mente.
-Banale,
signorina Granger – le rispose l’altro,
afferrandole tra il dito medio e
l’indice una guancia e sminuendo, con quel gesto, la sua
intelligenza e il suo
orgoglio – Sei nata il 19 settembre 1979-
-Non
cantare
vittoria, era una domanda semplice- affermò subito lei,
cominciando a
riflettere sulla seguente – Qual è il mio secondo
nome?-
Draco
sbadigliò sonoramente, mandandola in escandescenza.
-
Jean, come
tua nonna-
-La
mia
materia preferita?- domandò. – Oserei dire tutte
tranne Volo, viste le tue
reazioni davanti ad una scopa, comunque tutti sanno che hai una certa
predilezione per la materia più inutile di tutto il
programma scolastico,
ovvero Antiche Rune-
Maledizione! esclamò Hermione
nella
propria testa, pronta, oramai, a svelare i suoi segreti più
oscuri, pur di
zittire quella serpe.
-Tutta
fortuna, Malfoy, tutta fortuna- lo schernì, prima ti
pronunciare un’altra
domanda – Come si chiama l’associazione che ho
fondato per la difesa dei
diritti degli elfi domestici?- disse sorridente, preannunciando,
scorrettamente, un’imminente vittoria.
-
C.R.E.P.A., un nome stupido per un progetto altrettanto stupido-
Punta
sul
vivo, Hermione perse il controllo sulla sua freddezza.
-Bene,
Draco, allora saprai sicuramente anche con chi ho perso la
verginità, vero?-
La
rapidità
con cui il ghigno spavaldo del ragazzo venne sostituito da
un’espressione funerea
fu memorabile: probabilmente se un Petardo Cinese gli avesse staccato
di netto
una gamba con un morso, sarebbe stato più felice.
-Chi
è
stato?- le chiese con un filo di voce, impreparato
all’accettazione di una
notizia così sconvolgente.
Hermione,
trionfante, si godette il suo istante di gloria.
-È
per caso
una domanda, Draco?- gli domandò divertita.
L’altro
riprese immediatamente colore, raggiungendo una preoccupante
tonalità bordeaux.
-Si,
maledizione, è una domanda!- urlò.
La
risposta
si fece attendere. Lo Slytherin constatò, poco tempo dopo
quella rivelazione,
che quelli trascorsi ad attendere che Hermione si decidesse ad aprire
bocca,
furono gli istanti più lunghi della sua vita. Purtroppo, in
seguito, dovette
ricredersi.
-Con
nessuno!- disse, infine, la Gryffindor allegra. Dopo un lungo sospiro,
Draco
ritornò alla sua solita imperturbabilità.
***
Quella
stanza, senza Draco e Daphne, era vuota. Afferrò il
pacchetto sgualcito di
sigarette dal comodino, prendendone una. L’ennesima di troppo
per quella giornata.
Sua madre era stata chiara a riguardo: doveva smettere di fumare il
prima
possibile. La sua pelle, così, sarebbe rimasta giovane, i
suoi capelli, tanto
odiati da Daphne a causa del loro perenne disordine, non sarebbero
caduti,
lasciandolo stempiato a vent’anni, i suoi denti non sarebbero
ingialliti e non
avrebbero intaccato, quindi, il suo candido sorriso e la sua voce,
infine, non
si sarebbe incupita, rimanendo melodiosa come quella di suo padre.
Il
signor
Zabini, nella sua giovinezza, fu uno dei più importanti
rampolli delle famiglie
Purosangue. Un bellissimo uomo profondamente innamorato della persona
sbagliata, il cui corpo, a pochi mesi dal matrimonio con sua madre, era
stato
ritrovato sul fondo di una piscina in un hotel babbano. Ad essere
accusata fu
Marilyn Stright, una giovane ragazza poco più che ventenne
che faceva la donna
delle pulizie nel suddetto albergo. Venne processata e reclusa in
carcere. Morì
suicida prima che la buona condotta le permettesse di allontanarsi da
quelle
sbarre di metallo troppo strette.
Nel
frattempo, sua madre lo aveva partorito, si era risposata ed era
rimasta vedova
nuovamente. Uno dei serpenti che Victor, il secondo marito, accudiva
era
improvvisamente impazzito, mordendo il proprio padrone e causandone il
decesso.
La cosa, parve a molti sospetta. Eppure, alla fine, le finte lacrime di
sua
madre riuscirono ad incantare tutti coloro che dubitavano della
moralità della
sua condotta. Crebbe così, Blaise, cambiando padre con la
stessa frequenza con
cui la sua amata nonna gli regalava un bastone da passeggio adatto alla
sua
statura. Una volta cresciuto, però, fu proprio
l’anziana signora, la quale non
era mai stata consolata per l’improvvisa perdita del suo
unico figlio, ad
indirizzarlo verso la verità. Gli regalò una
busta, contenente una lettera
ingiallita dal tempo, che lei aveva trovato mentre, su richiesta della
nuora,
stava scegliendo quali ricordi tenere del giovane uomo a cui aveva dato
la vita
e che era deceduto prima di lei.
La
grafia
era elegante ma sobria e tutte le maiuscole erano rappresentate con un
piccolo
ricciolo iniziale. Blaise avrebbe detto, guardando per la prima volta
quella
missiva, che qualcuno aveva tentato di imitare il suo modo di scrivere,
se non
fosse stata per la firma con cui quel testo era stato concluso: Oscar
Zabini,
suo padre. Ciò che più lo colpì e che
con molta probabilità era ciò che sua
nonna sperava notasse, era il contenuto. Se chiudeva gli occhi, nel
totale
silenzio di una stanza vuota, poteva assistere ancora a quelle parole,
che,
come quel giorno in cui le lesse per la prima volta, si componevano
nella sua
mente, riempiendosi di significati, sentimenti e sensazioni.
Cominciò quel
giorno a crescere nella sua anima il risentimento verso colei che lo
aveva
partorito e poi privato di ciò che, ne era certo, sarebbe
potuto essere l’uomo
più importante della sua vita. Cominciò con quel
“Cara Marilyn, solo
guardandomi attorno la tua mancanza si fa soffocante”. Lei,
la signorina
Stright, colpita pur essendo innocente e suicidatasi sotto Imperius, in
un
mondo migliore avrebbe potuto essere sua madre.
Ma
quel
mondo idilliaco ed utopico era destinato a rimanere tale. Entrambi
erano
polvere e non avrebbero potuto essere altrimenti.
Chiunque,
sua nonna per prima, avrebbe creduto che dopo una tale scoperta lui non
volesse
più vedere quell’assassina. Eppure, non fu
così. Perché lei, l’edera che si era
arrampicata tenacemente sui muri del suo castello, infiltrando le
proprie
radici nei piccoli solchi tra le pietre, era già entrata
nella sua vita, trascinandosi
gli enormi pesi di una sofferenza e di un coraggio che lui non avrebbe
mai
potuto provare od avere. La piccola Daphne Greengrass, che con la sua
risolutezza si era insinuata nelle pieghe del suo animo, era diventata
da
subito un piccolo cucciolo da difendere, da proteggere, da amare.
E
sebbene
odiasse ammetterlo, se non fosse stato per sua madre, la quale aveva
combinato
il loro matrimonio, non la avrebbe mai potuta avere.
Blaise
spense il mozzicone di sigaretta nel portacenere e, sistemato il
cuscino dietro
la testa, riprese a dormire.
La serata che li attendeva sarebbe stato molto lunga e lui aveva
bisogno di
essere al massimo delle sue energie.
***
Dire
che la
notizia di Hermione aveva risollevato l’umore di Draco era
poco. Non fosse stato
per quella solita maschera di distaccata freddezza, la Granger avrebbe
persino
potuto dire di aver scorto sulle labbra di lui quel sorriso,
così lontano dal
suo ghigno beffardo, di cui si era innamorata.
Quell’espressione sincera,
sfuggita dal controllo del Malfoy solo quella sera, sempre
più lontana nel
tempo ma ancora ben chiara nella mente di lei, dopo che era riuscita a
dirgli
cosa provava per lui.
Perché
quelle
due parole, quel “ti amo”, erano state una
liberazione, il mettere un punto
fermo alla fine di un periodo troppo lungo ed articolato.
-Perfetto,
sarò il primo e l’ultimo- disse lui,
impossessandosi immediatamente delle sue
labbra.
Non
c’erano
né ironia né sarcasmo nella sua voce. Non stava
scherzando, non più. Lei lo
sapeva.
Si
strinse a
lui, accarezzandogli con una mano i capelli biondi e il collo e
percorrendo con
lei dita dell’altra la pelle della schiena di lui, nascosta
sotto i vestiti.
-Non
credo
che tu saresti in grado di sopportami per tutta la vita … -
rifletté, poi, ad
alta voce la Gryffindor.
Lui
si
lasciò sfuggire un sorriso ironico.
-Mi
faccia
quella domanda, signorina Granger – disse immediatamente
Draco, lasciandola
momentaneamente confusa.
Lei,
pronta
a ciò che sapeva sarebbe stato difficile da sopportare, lo
accontentò.
-A
cosa
stavi pensando, quando sono arrivata?-
-
Pensavo a
quando arriverà quel momento- rispose lui, distogliendo lo
sguardo da lei, pur
tenendola vicina – A quando capirai che io non sono la
persona adatta a te,
ricordando tutto ciò che ti ho fatto e riaffrontando le
offese che ti ho
arrecato per credi che, in quei tempi bui, sono stati la mia unica
ancora di
salvezza. A quando smetterai di combattere per me, per noi, e
ritroverai la
gioia data dagli abbracci di quegli amici che ti sono sempre stati
vicini e che
lo sono tuttora. A quando il mio passato, la mia famiglia e gli sguardi
superbi
dei Purosangue diverranno un peso eccessivo per essere sopportato e te
ne
andrai, portandoti via, con la tua valigia, anche la mia anima.
Perché quelli
come noi non posso convivere a lungo, perché la mia
esistenza è il tuo dolore e
la mia sofferenza è la tua vita-
Hermione
rimase in silenzio, mentre lui si scostava da lei e si appoggiava al
parapetto.
Sotto di lui, quello che, molto lontano, era il suolo, era il vuoto nel
suo
spirito.
L’oblio,
il caos, l’estrema quiete.
Lei
lo
imitò: non lo avrebbe mai lasciato solo davanti a quel
baratro.
-Quella
sera, quando la nostra amicizia è diventata qualcosa di
più, ero al corrente di
tutto ciò. Me l’aveva suggerito la fasciatura
attorno alla tua mano, il tuo
labbro sanguinante e quell’incantesimo Dissimulante che non
hai ancora sciolto e
che nasconde il Marchio sul tuo braccio sinistro. Sapevo già
che non sei l’uomo
perfetto, che con te dovrò combattere quotidianamente, che
in momenti come
questi avrei dovuto essere sincera. Era cosciente di tutto, ma non mi
sono
tirata indietro- aveva cominciato lei, guardando ad un passo oltre
l’orizzonte
– Perché l’ho fatto? Perché
tu, per primo, mi hai accettata per quello che
sono. Credi che non sappia quant’è insopportabile
la mia cocciutaggine? Noi due,
Draco, siamo scesi a patti molto tempo fa, perché entrambi
vogliamo che l’amore
tra principe e principessa resti nel libro delle favole- lei si
fermò, attirata
dalla sensazione d’essere osservata. Lui la guardava, in
silenzio.
-Non
ti
prometto il “per sempre”, sai meglio di me che, al
momento attuale, tu sei
primo solo nel mio cuore e non nella mia mente. Tutte le mie forze sono
impiegate per il raggiungimento di un unico obbiettivo: rendere innocuo
Lord
Voldemort. Morirò nel tentativo di farlo, se necessario-
Draco
annuì.
Si, lui sapeva.
-Promettimi
che, quando tutto questo finirà, combatterai per noi-
Lui
la
capiva, come lei riusciva a comprendere lui, perché il patto
che avevano
suggellato tra loro era un accordo d’amore.
-Prometto-
Lo
baciò,
con più trasporto di prima. Perché anche senza
aprire gli occhi sapeva che,
sulle labbra di lui, che continuava a mordere e a rendere proprie,
c’era quel
bellissimo sorriso di cui era follemente innamorata.
***
Hermione,
come tutti i pomeriggi verso le cinque, si stava dirigendo verso
l’ufficio di
Drew, per poi andare assieme verso la Stanza delle
Necessità. Le lezioni di
Magia Oscura tanto attese, alla fine, si erano dimostrate ben
più faticose di
quanto pensasse. Il ragazzo, infatti, non le concedeva neppure un
attimo di
riposo, continuando a pretendere da lei il massimo. Se non altro, visto
l’appuntamento quotidiano, non aveva più libri dei
più svariati argomenti da
leggere.
Il
professor
Kennan aveva stabilito che, almeno per le prime lezioni, avrebbe
imparato
solamente come difendersi dagli incantesimi Neri, senza praticarli
veramente.
Sosteneva, infatti, che la Magia Oscura è un veleno in grado
di diffondersi ad
una velocità impensabile e da cui, prima di poterlo
manovrare con leggerezza,
si deve essere immuni. Le prime cose che le aveva insegnato,
stranamente, non
seguivano l’ordine che Hermione aveva pensato. Avevano
cominciato subito con
gli incanti per fermare le Maledizioni Senza Perdono, manifestazioni
somme di
questa branca della Magia.
Le
lezioni,
solitamente, erano puramente pratiche, se esclusa la breve spiegazione
iniziale
su ciò che avrebbero fatto. Molto diverse, dunque, da quelle
totalmente
teoriche a cui abituata.
Anche
la
locazione, tra l’altro, era cambiata. Non più il
Reparto Segreto della
Biblioteca di Rowena Ravenclaw, ma l’ampio stanzone dove
l’anno prima avevano tenuto
le lezioni dell’Esercito.
Un
sottile
velo di sudore le ricopriva la fronte, raccogliendosi in piccole gocce
che le scendevano
lungo il viso e il collo. Ansimava, stanca e provata. Stava piegata
sulle
ginocchia, cercando di riprendere fiato e mantenendo il contatto visivo
con gli
occhi di Drew, che stringeva saldamente la bacchetta nella mano destra.
Il
ragazzo aveva gettato la giacca per terra e, dopo alcuni istanti di
combattimento, aveva slacciato i bottoni più alti della
camicia e quelli delle
maniche. Nonostante facesse fatica ad inseguire Hermione in quel suo
continuo
fuggire, non sembrava essere stanco come la Gryffindor.
-Ogni
volta
che schivi un attacco, perdi la posizione di difesa e diventi
vulnerabile.
Conosci gli incantesimi di difesa adatti, usali!-
La
Granger,
cercando di trattenere il rapido alzarsi ed abbassarsi del petto, aveva
tentato
di rispondere aspra come avrebbe voluto, ma il risultato, a causa della
fatica,
fu piuttosto scadente.
-Come
faccio
a mettere in pratica un incantesimo così difficile di cui mi
hai detto
solamente la formula venti minuti fa?- aveva detto, sconvolta dal
terrorismo
psicologico che Drew stava attuando su di lei.
La
risposta
dell’altro non si fece attendere.
Un
lampo verde
si diresse verso di lei, la quale riuscì a schivarlo
buttandosi a destra e
rovinando al suolo. Un ampia bruciatura sul suo maglione preferito
portava il
segno di quella magia: l’Anatema che Uccide.
-Sei
o no la
strega più promettente di tutta Hogwarts?- disse ironico
Drew, mentre si
preparava a lanciare un’altra Maledizione Senza Perdono.
Dopo
aver
compianto per alcuni istanti cruciali la propria felpa, Hermione la
fece
Evanescere, restando solamente con la comoda canottiera che saggiamente
aveva
deciso di indossare qualche ora prima. L’assenza di maniche
le agevolava ogni
movimento, rendendoglieli non solo più semplici, ma anche
più rapidi.
Cercò
di
alzarsi in piedi, ma si fermò a metà del
movimento, osservando l’ennesimo
Imperius passarle a pochi centimetri dalla fronte. Una cosa era certa,
Drew non
scherzava più.
Cercò
di
trovare la concentrazione adatta a formulare uno degli incantesimi di
Difesa
contro le Arti Oscure Avanzata che il ragazzo le aveva elencato
rapidamente
all’inizio della lezione, ma la velocità con cui
gli attacchi di lui si
susseguivano le impediva di ragionare, obbligandola a limitarsi a
continui
salti verso il pavimento.
Cercando
di
non far insospettire Drew, cominciò a girargli attorno,
sperando di riuscire ad
avere uno degli specchi appesi alla parete dietro le spalle.
Come
se
potesse leggerle nella mente, quello lanciò un Incantesimo
Sonoro contro la
superficie riflettente, la quale non resse l’urto e si
infranse.
-Devi
tenere
le tue difese mentali alte, se non vuoi che il tuo avversario penetri
nella tua
testa- le spiegò il professor Kennan – Comunque,
una bella strategia, quella di
mandarmi al tappeto con un mio incantesimo-
Obbedì,
coprendo
i suoi pensieri nel miglior modo possibile, sebbene fosse ancora una
principiante nell’Occlumanzia.
In
seguito,
cominciò a guardarsi attorno, sperando di avere
un’illuminazione su una
strategia che le permettesse di sopravvivere almeno ad ancora un paio
d’attacchi magici, così che potesse avere il tempo
per cercare di ricordare
perlomeno un incanto.
Il
suo
avversario approfittò immediatamente di questa sua breve
distrazione.
-
Crucio!-
La
Maledizione la colpì in pieno.
Il
dolore,
bruciante ed insopportabile, le piegò la ginocchia,
facendola finire a terra,
preda di convulsioni. Dopo pochi istanti che le parvero infiniti, Drew
spezzò
l’incantesimo, lasciandola dolorante ma viva.
-Tutto
bene?- le chiese, ironico.
Hermione
non
gli rispose.
-Avanti,
alzati- le ordinò poco dopo.
La
Granger,
tenendo gli occhi chiusi per il dolore, fece leva sulle braccia e,
seppur
traballante, si rimise in piedi.
-Pronta?-
le
domandò Drew, accompagnando quella richiesta con
l’ennesimo Anatema che Uccide.
La
ragazza lo
schivò per mera fortuna. Eppure, le parve che il suo
avversario si stesse
divertendo a non colpirla per prolungare più a lungo quella
tortura. Si stava
lasciando prendere dalla rabbia, accresciuta da tutti quei lividi che
si era
procurata cadendo.
Stava
infrangendo la prima ed unica regola che ogni buon duellante non
può non
sapere: mantieni la calma, o morirai prima ancora di poter alzare la
bacchetta.
In
un impeto
di lucidità lo capì e cercò di
regolarizzare la propria respirazione, così da
poter essere più lucida.
Il
polso del
ragazzo si mosse ancora, puntando dritto verso il cuore di lei.
Hermione vide
distintamente la luce verde avvicinarsi e quelle due parole, che tanto
aveva
cercato, comporsi nella sua mente. Stese in avanti il braccio rapida e
pronunciò
l’incanto in grado di salvarle la vita.
-
Protego
Horribilis!-
Una
barriera
sferica, fumosa come un leggero banco di nebbia, si sviluppò
attorno al suo
corpo, impedendo all’Avada Kedavra di colpirla.
-Molto
bene,
Hermione!- esclamò Drew, che ricevette in cambio di quel
complimento uno
sguardo omicida – Devi lavorarci ancora, comunque,
perché questa barriera,
quando l’incantesimo è usato alla perfezione,
è completamente invisibile-
Non
appena
il suo insegnante personale pronunciò queste parole,
Hermione seppe cosa
l’attendeva.
Evocò
rapida
la sua protezione, ancora biancastra, preparandosi a subire una scarica
di
Maledizioni che non tardò ad arrivare.
***
Riconobbe
Ginny, la sua Ginny, fin dal bussare allegro sulla porta. Stranamente,
quella
sera era pronta prima di lui, che solitamente era costretto ad
attendere sempre
la propria fidanzata. Non appena le aprì, questa
entrò tenendo stretta tra le
mani una porzione della gonna del suo vestito scarlatto, perfettamente
intonato
con i suoi capelli rossi sciolti sulle spalle.
-Buonasera-
gli disse sorridendo.
Harry
rispose al saluto un po’ impacciato e rosso in viso.
-Sei
bellissima- sussurrò, con voce gracchiante.
Questa,
arrossando a sua volta, distolse lo sguardo.
-Grazie,
anche se trovo tutto questa mania di Lumacorno piuttosto scomoda-
rispose
Ginny.
Lui
le porse
la mano e, dopo che questa gliel’afferrò, la
condusse con fare eccessivamente
elegante verso il proprio letto.
La
rossa,
dopo che si fu seduta, incrociò le gambe e posò
entrambe le mani sulle
ginocchia.
-Finalmente
il Destino ha voluto che mi fosse fatta la grazia di incontrare un vero
gentleman! Ahimè, al
giorno d’oggi, purtroppo,
sono pochi gli esponenti di tale ceto ancora in grado di prestare i
propri
servigi ad una nobildonna come me … - scherzò
Ginny.
Harry,
dopo
essersi inginocchiato ai suoi piedi, si portò una mano sul
cuore e parlò,
giocando a sua volta.
-La
prego,
mia signora, non si dolga inutilmente e mi permetta, se ciò
l’aggrada, d’esser
io stasera il suo cavaliere durante le danze-
-Crede
sia
opportuno, per vossignoria, che la mia inadeguata persona
l’accompagni a
quest’evento, dove ci si aspetta che ogni nobile sia
accompagnato dalla propria
fidanzata?- gli domandò, fingendosi imbarazzata e portandosi
elegantemente la
mano alla bocca per palesare il suo stupore per tale proposta.
-Lo
credo-
rispose sicuro Harry.
-Non
sono
una sua preoccupazione, dunque, le malelingue che sulle nostre figure
danzanti
potrebbero agitare le bocche dei malparlanti?- insistette Ginny.
-Qual
miglior morte potrebbe essere la mia, se mentre vengo assassinato ho
l’onore di
ballare con lei?-
Compiaciuta,
la Weasley mise una definitiva conclusione a quella altolocata
discussione.
-Se
è pronto
a prendersi codesto onere, suggelli il nostro accordo con un candido
bacio-
Potter,
alzatosi in piedi, l’aiutò a distendersi
completamente sul letto e, poi, la
baciò stringendola a sè.
-Avevo
detto
“candido”, Harry!- sbuffò Ginny, mentre
si dirigeva verso lo specchio
leggermente trafelata – Sembra quasi che abbia appena finito
di duellare con un
Ungaro Spinato!- concluse, osservando
il
rossetto rosso sbavato.
-Credimi,-
cominciò Harry, mentre si allacciava i bottoni della camicia
– se ti fosse
capitato veramente, non ne parleresti con questa leggerezza!-
La
rossa estrasse
la bacchetta dall’invisibile tasca, realizzata appositamente
per contenere
quell’oggetto, collocata lungo la coscia destra, mentre
Potter cercava, con non
poca fatica, di fare un bel nodo alla propria cravatta.
Perché
una
sola cosa aveva imparato da suo Zio Vernon e desiderava essere al
altezza delle
aspettative di quel Babbano almeno in questo caso.
-Passabile?-
chiese alla fidanzata dopo un paio di tentativi non soddisfacenti.
Questa,
concluso ciò che stava facendo, gli rispose.
-Ti
darei un
Eccezionale, ma sono di parte- disse sorridendogli – Io?-
Lui
la
scrutò con attenzione e le si avvicinò.
-Direi
proprio di si-
Dopo
un
breve bacio, però, arrivò la fatidica domanda.
-Secondo
te
ci possiamo fidare degli Slytherin?- chiese Harry.
-Ho
avuto
modo di parlare molto con Daphne, durante queste ultime due settimane-
cominciò
Ginny – Il mio unico quesito è su Blaise, con cui
è praticamente impossibile
instaurare ogni tipo di discussione. Ma del resto, se la Greengrass e
Malfoy si
fidano di lui, perché non dovremmo farlo anche noi?-
Potter
le
diede ragione, confermando, comunque, che quella sera si sarebbe
dedicato
solamente alla sorveglianza di Hermione e Belby e ottenendo in
ciò il pieno
supporto della fidanzata.
Dopo
aver
invitato la rossa ad impossessarsi del proprio gomito, i due, spenta la
luce
della camera, si diressero verso l’ufficio di Lumacorno, dove
anche questa
volta si teneva la festa del Lumaclub.
***
Ancora
una
volta, il suo avambraccio era stretto tra il gomito e il corpo di
Blaise. Tra quella
bambola di pezza graziosa e la vera Daphne non vi era che
un’unica sottile
differenza: lo sguardo fiero e testardo, su quel volto da principessa
delle
fiabe, stonava in modo lampante. I suoi occhi verde scuro tenaci ed
orgogliosi,
infatti, non erano in grado di celare la verità, inculcata
nella sua testa
dalla violenza di un padre malato. Eppure, il suo sorriso gentile ed i
suoi
modi eleganti, nonostante la ferocia dell’evidenza,
sembravano essere in grado
di distrarre tutti gli ipocriti da inutili e false consolazioni. Forte
di
questa certezza, la ragazza si impegnava per recitare al meglio la
propria
parte, sperando che, alla fine dello spettacolo, la platea sarebbe
esplosa in
un applauso e avrebbe lanciato fiori recisi per elogiarla.
Aveva
raccolto i morbidi capelli biondi sulla nuca, fermandoli con un nastro
verde,
emblema della sua Casa di appartenenza, così che chiunque
notasse le linee
aristocratiche del suo collo. Il trucco accurato del viso, poi, metteva
in
risalto i suoi occhi, rendendoli ancora più magnifici e
fatali. Sapeva che
nessuno, considerato l’abito bianco che esaltava le sue
forme, avrebbe perso
tempo per guardarle il viso, ma non le importava: lei doveva essere
perfetta.
Continuava
ad incedere fiancheggiando il suo fidanzato, scoprendo, ad ogni passo,
le
lunghe gambe e i piccoli piedi, calzanti, per l’occasione,
vertiginose decolleté
laccate di verde. Il profondo spacco del semplice vestito senza
spalline, con
estremo disappunto di Blaise, lasciava ben poco spazio
all’immaginazione.
Eppure, in lei non vi era nulla di volgare. I ragazzi si voltavano per
ammirarla, le ragazze per sbrodolarsi in sciocchi pettegolezzi. Ma,
come il suo
fidanzato le aveva insegnato, tutto ciò le scivolava
addosso, imperturbabile e
fredda.
Lumacorno,
non appena li vide, arrancò tra la folla distinta,
scivolando come un serpente
tra i fili d’erba.
-
Blaise,
mio caro, vedo con piacere che sei riuscito a liberarti dei tuoi
impegni per
partecipare alla mia festicciola- disse il professore, utilizzando il
diminutivo
solo per esaltare maggiormente il suo ricevimento pomposo.
-Come
avrei
potuto non venire, professor Lumacorno?- gli rispose affabile Blaise,
le labbra
tirate in un sorriso di circostanza.
-In
effetti,
la tua assenza sarebbe stata sicuramente evidente, visto che in questa
sala
sono riuniti alcuni dei più grandi talenti di tutta Hogwarts
… - constatò
superbo l’uomo, prima di rivolgersi, finalmente, a Daphne.
Con
il dorso
del dito indice, spinse verso l’alto il mento della ragazza,
estasiato.
-Orecchini
veramente splendidi, signorina Greengrass –
commentò, prima di ritornare dai
suoi ospiti dopo aver salutato con un inchino appena accennato Zabini.
Il
professore di Pozioni si riferiva, evidentemente, ai pendenti che
Blaise le
aveva regalato a Natale. Oro bianco, con un piccolo smeraldo
incastonato su
ognuno. Un costoso accessorio inanimato che, però, in quella
stanza contava più
di lei. Lei, Daphne Greengrass, non meritava neppure d’essere
salutata.
Brava
a
scuola, ma non un’eccellenza. Ricca, ma non ai vertici della
società.
Proveniente da una famiglia antica, si, ma ormai decaduta. Mediocre e,
quindi,
di relativa importanza. Solo un bel suppellettile per Blaise Zabini.
Perché non
poteva negarlo, quando lui le porgeva il braccio, attenendosi
rigorosamente
alle norme di comportamento di ogni gentiluomo, lo faceva come futuro
marito.
Lei
altro
non era che una candida rosa bianca da mettere all’occhiello.
***
La
stanza
delle Necessità, quella sera, era mutata ancora. Da un paio
di settimane,
quello era il luogo che Denise e Ron avevano eletto a quartier
generale. La
loro richiesta, quella in base alla quale la Stanza si era modellata,
era di
avere un luogo sicuro in cui poter parlare e discutere indisturbati.
Aveva,
dunque, assunto l’aspetto di un ampia stanza a base quadrata,
caratterizzata da
un arredamento spoglio e mutevole. Se uno dei due, per esempio, era
affamato,
compariva un’ampia tavolato colma di cibo di tutti i tipi.
Solo
due
cose, in quella stanza, non erano mai cambiate: l’ampio
tavolo quadrato al
centro dell’ambiente e i due stendardi appesi su due pareti
vicine, l’uno
raffigurante il Leone dei Gryffindor, l’altro il Corvo dei
Ravenclaw.
-Abbiamo
tutto?- chiese Denise per l’ultima volta.
Ron
svuotò
nuovamente lo zaino e, rimettendo gli oggetti all’interno
dello stesso, li
chiamava ad alta voce, così che la ragazza potesse spillarli
dall’elenco che i
due avevano accuratamente preparato.
-Perfetto,
c’è tutto- concluse la ragazza, mentre si rifaceva
la coda ai capelli – Indossa
il Mantello Invisibile, non credo saresti ben accolto dai miei compagni-
***
Hermione
fu
una delle ultime ad entrare nell’ufficio di Lumacorno, per la
prima volta nella
sua vita in ritardo. Si sistemò lo scialle blu notte attorno
alle spalle e,
stringendo stretta la pochette abbinata e ampliata con la magia,
all’interno
della quale vi era solamente la sua bacchetta, sua unica difesa da un
possibile
attacco di Belby, varcò la soglia di quella stanza.
Inizialmente,
il rumore, inatteso a causa dell’Incantesimo Insonorizzante
lanciato sulle
pareti, la stordì. Non appena ritorno in sé,
però, mosse il primo passo in
quella stanza.
Si
guardò in
giro, desiderosa di trovare i propri secondini, sebbene non avesse
bisogno del
loro aiuto.
I
primi che
individuò, grazie alla bellezza accecante di lei, furono
Blaise e Daphne.
Stavano abbracciati in un angolo, lei con la mano infilata sotto la
giacca di
lui, che intanto sembrava completamente preso da ciò che
stava sorseggiando.
Sapeva benissimo che nella tasca interna della giacca di Zabini vi
erano le
bacchette di entrambi, pronte per essere estratte ed utilizzate.
Poi
fu il
turno di Ginny ed Harry, meno appariscenti dell’altra coppia,
ma comunque
presenti e sicuramente più rassicuranti degli altri.
Scherzavano tra loro,
scambiandosi occhiate d’intesa non appena la videro entrare.
Anche loro, nel
caso in cui vi fosse stata la necessità, erano pronti ad
intervenire.
In
seguito,
riconobbe Drew, il quale stava chiacchierando con Lumacorno, come
qualsiasi
invitato speciale ad una serata avrebbe fatto. Lo intratteneva con
racconti
sulle disavventure da lui vissute e incantandolo con elogi vuoti.
Quegli occhi
blu, Hermione ne era certa, avrebbero potuto imbrogliare chiunque. Il
ragazzo
gesticolava con le mani, ma la destra si dirigeva regolarmente verso la
tasca
dei pantaloni, dove solitamente Drew riponeva la propria bacchetta.
Infine
incrociò lo sguardo rassicurante e fermo di Draco. Una mano
dietro la schiena,
l’altra stretta attorno ad un bicchiere da cui, in
quell’istante, stava fingendo
di bere. Gli sorrise e lui ricambiò.
Guardò
dritta dinnanzi a sé e lo vide arrivare.
Il
suo
attuale fidanzato, con cui, nelle ultime settimane, si era limitata a
brevi
incontri sparuti, sotto la stretta sorveglianza di almeno uno dei
bodyguard
presenti in quella stanza.
Aveva
pettinato in modo ordinato i capelli biondi e sbottonato un
po’ la camicia,
così da poter mettere in mostra i propri pettorali. Gli
abiti che indossava
aveva il fetore degli oggetti costosi e poco utilizzati.
Le
si
avvicinò e le diede un bacio garbato.
Le
porse un
calice pieno di vino e le sorrise.
Le
passò un
braccio attorno ai fianchi e la strinse a sé.
La
recita
aveva inizio.
Il
sipario
s’aprì e la protagonista, stretta nel suo abito
blu, si recò verso la posizione
che le spettava sul palco.
Note dell’Autore
Heilà!
In
ritardo cronico, lo so. Ahimè, non aggiorno da un secolo, ma
l’ultimo periodo
di scuola era veramente oberato di compiti ed interrogazioni (confido,
comunque, che un giorno i professori saranno tutti in grado di
organizzarsi,
limitando al minimo le verifiche a giugno, periodo in cui è
risaputo che i
cervelli degli studenti sono già proiettati sulle vacanze)
e, poi, mi sono
ritrovato con la prima settimana di vacanza impegnata quasi totalmente
nella
lettura delle storie che hanno superato la selezione per il concorso
indetto su
Efp (ne approfitto per complimentarmi ancora con SweetTaiga,
che sarà pubblicata). Aggiungeteci, infine, il
compleanno di mia mamma e tre inaspettati giorni di festeggiamenti ed
ecco che
siete arrivati ad oggi.
Nell’ultimo
periodo, comunque, non sono rimasto inattivo, anzi (e qualcuno di voi
lo sa).
Ho
pubblicato una one-shot sulla Caduta di Lucifero, argomento che mi ha
sempre
affascinato, pur essendo stato io in una delle mie vite passate un
eretico
condannato al rogo. Se per caso voleste leggerla, questo è
(e si noti che ho
imparato a fare i collegamenti ipertestuali XD) il link/titolo Do
you
remember, Father?.
Ma
le novità
non finiscono qui! Ho anche aperto una pagina Facebook dedicata alle
mie
storie, dove potrete reclamare aggiornamenti, insultare
l’autore (ciò la mia
persona), ascoltare le canzoni che ascolto io mentre scrivo (i miei
gusti sono
di dubbia credibilità) e avere qualche rara anticipazione
sui capitoli.
Basta
un “mi
piace” e avrete tutto questa in un’imperdibile
offerta! Accorrete numerosi,
signore e signori!
Ok,
fine
dello spot pubblicitario, ecco il link: Jerry93's
Stories
Sperando
che
i link funzionino (ne dubito fortemente, visto il sussidio di cui ho
avuto
bisogno durante la realizzazione della pagina Facebook), vi lascio ai
vostri
impicci!
Grazie
di
cuore a tutti: a chi legge, ricorda, segue, preferisce e soprattutto
recensisce!
E
non
dimenticatevi di commentare XD!
A
presto,
Jerry
P.S.:
la
scuola è finita, quindi mi impegno pubblicamente ad
aggiornare con una
frequenza maggiore!!! Ah si, svolte in arrivo ad Hogwarts …
|
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Capitolo 19 *** The shutting of the wings ***
Chapter
eighteen, The shutting of the wings
Alla
fine,
Horace Lumacorno, dopo aver chiesto il permesso ad Albus Silente, era
riuscito
a scalfire l’imperturbabile Minerva McGranitt, concedendo
solo agli studenti
maggiorenni mezzo calice di idromele abbondantemente diluito con Acqua
Sorgiva.
Una brodaglia leggermente ambrata senza la minima traccia di una
qualsiasi
gradazione alcolica e tendenzialmente innocua. Hermione, comunque,
decise di
non berla, almeno per il momento. Perché quel bicchiere le
era stato dato da
niente meno che Marcus Belby e ciò, con una discreta
probabilità, significava
che era stato almeno avvelenato. La Gryffindor, dunque, continuava a
camminare
fiancheggiando il Ravenclaw, facendo attenzione a tenere il
più lontano
possibile quella sostanza di dubbia bevibilità e stringendo
la pochette blu
contenente la sua bacchetta. Il ragazzo, intanto, sembrava deciso a non
lasciarla libera di muoversi a più di un paio di centimetri
da sè e, per questo
motivo, se la teneva vicino avvinghiandole i fianchi con il braccio
sinistro.
“Non siamo stati quasi mai assieme, durante
quest’ultime due settimane”, era la
scusa ufficiale.
Dopo
una
lunga attesa, il Ravenclaw si distrasse, perdendosi a parlare con
Lumacorno, il
quale ne aveva combinata una giusta, finalmente, braccandoli senza
pietà.
Rapida, aveva odorato il suo intruglio e, con suo estremo piacere,
aveva
constatato che Belby era un pessimo Pozionista.
Era
cosa
risaputa che ogni veleno ben riuscito deve essere completamente
inodore, così
da poter essere somministrato all’obbiettivo predestinato,
cosa che quello
ideato dal Mangiamorte palesemente non era. Un leggero retrogusto di
sangue di
salamandra, ingrediente necessario per molte pozioni e alla base di
alcuni dei
veleni mortali più comuni, era appena mascherato
dall’odore dolce dell’idromele
diluito.
Il
vero
problema rimaneva come evitare di finire all’altro mondo a
causa di quella
brodaglia da fattucchiere, che, nonostante l’imperfezione,
sicuramente era
ancora velenosa. Presto, infatti, Lumacorno avrebbe dato sfoggio della
sua
superbia, attirando l’attenzione di tutti i presenti per
proporre un brindisi,
il quale avrebbe sancito la sua fine.
Fortunatamente,
Drew, invitato speciale della serata, sembrava aver intercettato la sua
espressione schifata dopo che aveva annusato il proprio bicchiere e
stava
intrattenendo, con le sue grandi abilità oratorie,
l’anziano uomo troppo
sciocco per resistere ad un paio di adulazioni ben servite.
Il
tempo che
le rimaneva per sbarazzarsi di quella sciacquatura di pentolone senza
farsi
vedere dal suo accompagnatore era comunque molto breve. Avrebbe potuto
dirigersi verso Harry e Ginny per salutarli, ma con buona
probabilità lui
l’avrebbe seguita o, comunque, non l’avrebbe persa
di vista. Avrebbe potuto
fingere d’inciampare e rovesciare a terra il liquido, ma,
visto il modo in cui
Belby la teneva stretta a sé, ciò le era
praticamente impossibile. Avrebbe
potuto fingersi astemia, ma, in questo caso, avrebbe dovuto rifiutare
la
bevanda fin da subito, in quanto farlo ora non avrebbe fatto altro che
aumentare i numerosi sospetti del ragazzo nei suoi confronti.
L’aiuto
le
giunse inaspettato da chi pensava non si sarebbe mai esposto per
aiutarla.
Daphne
le
stava correndo incontro, mantenendo, nonostante la rapidità
dei passi e l’abito
bianco ingombrante, il solito incedere regale, seguita a pochi passi da
un
Blaise sorridente e affabile.
-
Hermione!-
urlò la ragazza abbracciandola, mentre Zabini porgeva la
mano a Belby cominciando
una spigliata conversazione. La Granger stava constatando di non aver
mai visto
lo Slytherin così loquace, quando, approfittando della loro
vicinanza, la
Greengrass scambiò rapidamente i loro calici, contenenti
entrambi idromele.
La
Gryffindor guardò estasiata la sua bellissima salvatrice, la
quale, pur
beandosi dell’ammirazione della ragazza più
intelligente dell’intera scuola di
Hogwarts, non smise di recitare la propria parte.
-
Marcus,
vero?-
Il
Ravenclaw, in risposta, annuì.
-Credo
di
averti già visto da qualche parte, ma, al momento attuale,
non riesco a
ricordarmi dove di preciso … - disse Daphne, portandosi la
mano destra al viso
e battendo lentamente l’indice sulla guancia.
Il
ragazzo
fu subito pronto a risponderle, ma venne bruscamente interrotto da
Blaise.
-Amore,
veramente non ricordi?- le chiese lo Slytherin, dando fondo alle sue
doti di
attore con una realistica espressione basita – Lo abbiamo
incontrato quando è
stato così gentile da accompagnare Hermione in infermeria
mentre Malfoy vi era
ricoverato-
Sul
viso di
Daphne si dipinse immediatamente un espressione più grave.
-Ti
avevo
detto, amore, di non nominare più quel verme in mia
presenza!- esclamò quella,
prendendo ad agitare le braccia per poi appoggiare i pungi chiusi sui
fianchi.
-Lo
so,
scusa- si affrettò Blaise – Puoi perdonarmi?-
Dinnanzi
a
tale serietà, Hermione fu sul punto di urlare a Daphne di
rispondere
affermativamente.
-Si,
ma solo
perché sei il mio Paperotto!- rispose la ragazza, stringendo
tra le dita le
gote del ragazzo.
I
due
testimoni, spettatori sconvolti di tale spettacolo, riuscirono a stento
a non
scoppiare in fragorose risate, nonostante la particolare situazione in
cui si
trovavano.
-Grazie-
le
sussurrò quello sulle labbra carnose, laccate di rossetto.
Reggendo
ancora il calice contenente l’idromele avvelenato, Daphne
intrecciò le mani
dietro la nuca di Blaise.
-Ti
amo-
mormorò lei, prima di alzarsi sulle punte dei piedi per
baciarlo dolcemente.
-Anche
io-
gli rispose l’altro, prima che entrambi scoppiassero in
risate imbarazzate e
celate a stento.
Hermione
tossì piano, cercando di schiarirsi la voce e di riprendere
il controllo della
situazione, così realistica da apparire veritiera anche ai
suoi occhi.
-Scusateci!-
esclamò la Greengrass con un’odiosa vocina
stridula, che stonava decisamente se
fatta combaciare con quel lato di sé che la ragazza aveva
mostrato alla
Gryffindor fino a quel giorno.
-Dunque,
Hermione, a quando l’annuncio pubblico?- chiese ancora Daphne.
Per
la
seconda volta, la riccia non poté che ringraziare
l’altra per l’aiuto che le
stava dando.
-Spero
molto
presto- disse infatti, stringendo contemporaneamente la mano di Marcus.
Ciò
generò, nella testa di Belby, una serie di fraintendimenti
che lo convinsero di
avere la vittoria in mano.
Di
nuovo,
qualcuno tossicchiò.
Era
Blaise.
-Amore-
disse piano, cercando di attirare l’attenzione della
fidanzata.
Questa
finse
di non accorgersene, obbligando il ragazzo a piantarle una gomitata nel
fianco.
-Si,
Blaise?- disse, finalmente, furiosa.
Il
ragazzo
cercò di farle capire qualche cosa con alcuni gesti stentati.
-Parla
chiaro, per favore!- esclamò esausta Daphne.
-Il
tuo
rossetto è sbavato!- urlò esasperato Zabini,
liberando una grande quantità di
ossigeno che gli svuotò il petto.
La
sbavatura
in questione era inesistente, visti anche i galeoni spesi dalla
Greengrass per
comprare il più costoso Rossetto Risoluto francese, che
neanche un “Ardemonio”
realizzato alla perfezione avrebbe potuto scalfire.
-Furbetto!-
disse questa, mentre toccava con il dito indice la punta del naso di
lui,
causando un altro sconquasso ad Hermione – Va bene, se
proprio insisti,
possiamo andare in bagno a “risistemare il trucco”-
concluse quella facendo
l’occhiolino al fidanzato.
Afferrò
la
mano di Blaise e, tenendo in alto in calice incriminato, si fece largo
tra la
folla urlando insulti a destra e a manca, concentrandosi principalmente
su
tutti i Gryffindor che avevano la sfortuna di incontrarla. Casualmente,
poi, i
due passarono a meno di un metro da Draco che, ancora appoggiato al
muro, si
era goduto la divertente scenetta.
-Comincia
ad
aprire il portafoglio, brutto idiota, mi devi più di quello
che credi!- ringhiò
al biondo, per poi sparire dietro la porta del bagno, trascinandosi
dietro
Zabini.
-Ma
è sempre
così, quella?- domandò Belby ad Hermione.
-Solitamente
si- mentì quella spudoratamente, mentre con molta
nonchalance si portava
finalmente il bicchiere alla bocca.
Il
suo
accompagnatore, vedendo finalmente raggiunto il risultato tanto
agognato,
trattenne il respiro. Hermione bevve con studiata lentezza, inclinando
leggermente il calice. Dopo aver constatato il modo in cui Marcus la
stava
osservando, oramai con la bocca spalancata in modo poco fine, gli
avvicinò il cristallo
e cominciò a divertirsi alle sue spalle.
-Ne
vuoi un
po’?- gli chiese.
Quello
prese
a scuotere la testa e arrossì.
-Sicuro?-
insistette la Granger – Ha uno strano retrogusto, ma non
è male-
Poco
lontano, Draco Malfoy si godeva la scena.
***
-Fuori
da
qui, sgualdrinelle da quattro soldi!- urlò Daphne, entrando
nel bagno delle
ragazze e trascinandosi un impassibile Zabini.
Una
ragazza
Hufflepuff dell’ultimo anno, lasciando a metà la
complessa impresa con cui
stava cercando di sistemare il trucco che qualche muratore aveva
spalmato sul
suo viso suino, tentò di aprir bocca per controbattere.
La
Greengrass alzò il dito indice della mano destra, zittendola
con quel gesto
imperioso.
-Tesoro,
non
ti conviene sfidare il mio sangue freddo- l’ammonì
la Slytherin – Tendo a
diventare piuttosto violenta con chi mi contraddice, sai? Quindi,
affatturati
da sola quella squallida bocca con cui, vendendola al miglior
offerente, hai
potuto comprare quello straccetto da quattro soldi-
Quella,
sbigottita, fu sul punto di mettersi a piangere, ma provò
comunque a replicare,
dando prova di grande coraggio e ottenendo un appena sussurrato
supporto dalle
altre ragazza.
-Io
… -
cominciò.
–
Tu faresti
bene ad andare dalla tua mammina a farti consolare, così
magari, lavorando
tutte e due, il prossimo anno potrai presentarti con qualcosa di
decente
addosso- la zittì Daphne, provocando uno scrosciare di
lacrime da parte della Hufflepuff,
la quale, dopo quella pubblica umiliazione, scappò
trascinandosi dietro una
lunga fila di studentesse sconvolte.
La
Slytherin, dopo aver atteso che la folla gremita uscisse dai servizi,
prese ad
aprire tutte le porte presenti nella stanza, assicurandosi che nessuno
facesse
da spettatore indesiderato.
-Non
credi
d’essere stata un po’ eccessiva?- disse Blaise,
estraendo la propria bacchetta
dalla tasca interna della giacca e lanciando rapidamente un incantesimo
non
verbale per sigillare l’ingresso che conduceva
all’ampio stanzone in cui si
teneva la festa.
-La
prossima
volta aggiungerò un “per piacere” alla
fine, contento?- gli rispose lei,
avvicinandosi ad uno dei tanti lavandini.
L’altro,
in
risposta, le concesse uno sbadiglio coperto dal pugno chiuso della mano
sinistra.
-Chiaramente,
quel Belby non è uno Slytherin –
constatò Daphne dopo aver odorato il liquido
ambrato contenuto nel calice – Piton lo avrebbe Cruciato per
un veleno così mal
riuscito-
Dopo
questa
rapida constatazione, svuotò negli scarichi, con un gesto
deciso, l’idromele
annacquato.
Improvvisamente,
le mani di Blaise presero a muoversi gentili sul corpo di lei. Le cinse
i
fianchi con le mani e le sue labbra gentili presero a baciarle la
schiena,
sensualmente lasciata scoperta dal vestito bianco. Accompagnata da quei
marchi
invisibili, la bocca di lui raggiunse l’incavo tra la spalla
e il collo
sottile.
-Sei
bellissima- le disse, guardando il riflesso di lei nello specchio che
sovrastava
il lavandino.
-Ma
non sono
libera- rispose lei, amaramente conscia del proprio destino.
Blaise
poggiò il volto sulla spalla di lei e incrociò le
braccia sul ventre di lei.
Nascosti dai capelli eternamente spettinati, i suoi occhi erano chiusi.
-È
passata
una settimana dall’ultima visita a casa di tua padre, Daphne
– cominciò a
parlare lo Slytherin tranquillo – Sette giorni e ancora
zoppichi-
-Sei
l’unico
ad essertene accorto- replicò rapida lei, voltando il viso
verso quello di lui.
-Sono
l’unico che ti guarda per quello che sei e che ha il coraggio
di dirti la
verità- insistette l’altro, non perdendo la sua
rinomata calma.
Daphne
scosse piano la testa e avvicinò un polso al viso di lui.
Nonostante
non la sfiorasse neppure, il dolce profumo di lei, che il ragazzo
avrebbe
riconosciuto tra mille, raggiunse il suo olfatto e, poi, il suo
cervello.
-Le
vedi,
Blaise? Da catene strette come queste non ci può liberare
facilmente-
Lo
Slytherin
aprì gli occhi. No, non vedeva nulla. Avrebbe dovuto
impugnare la bacchetta e
sciogliere l’incantesimo Dissimulante, in cui oramai Daphne
eccelleva, per
poter scorgere i segni rossi che il padre di lei le aveva procurato
strattonandola, prima di cominciare ad infierire sul suo corpo.
-Io
potrei
spezzarle- disse solamente.
La
mano
della Greengrass, fino a quel momento sospesa, si mosse fino alla testa
di lui
e, con fare giocoso, si intrufolò tra i capelli,
spettinandoli ancora.
-Lo
so, ma
devo essere io a farlo-
Zabini
rimase in silenzio. La osservava ammaliato mentre cercava inutilmente
di porre
un certo ordine sulla sua testa, con quell’espressione serena
che poche volte
aveva visto sul suo viso.
La
indusse a
voltarsi. Le prese una mano e, delicatamente, gliela
accompagnò fino alla
propria spalla. Voleva che lo toccasse, che percepisse il suo corpo
sotto i
polpastrelli, che provasse ciò di cui si beava ogniqualvolta
la toccava.
Spingendola piano, la costrinse contro il lavandino, così
che fosse obbligata a
sentirlo.
Con
le dita
ripercorse il tragitto di alcune ciocche bionde di lei, ordinatamente
pettinate
e sistemate dietro l’orecchio. I loro visi, per
volontà di Blaise, si avvicinarono
tanto che entrambi poterono avvertire sulla pelle il respiro
dell’altro.
La
tentazione della bocca dischiusa della ragazza trovò subito
un fedele peccatore
in Zabini, che subito prese possesso del suo labbro inferiore. La
tormentava
con morsi gentili, mentre, con la mano non occupata ad alzarle il viso,
le
lasciava carezzevoli tocchi sul collo.
Quel
bacio
si fece più passionale. La voleva.
Perché
lui
ogni giorno sperava di svegliarsi con le sue carezze, inebriato dal suo
dolce
profumo. Perché lui aveva bisogno di toccarla, sentirla,
viverla.
Perché
lui
l’amava follemente.
-Ti
amo-
disse piano non appena dovette interrompere quel bacio troppo
prolungato.
-Anche
io-
rispose Daphne, assalendo la bocca del fidanzato e mandandolo, con quel
gesto,
in estasi.
***
-Pronta?-
chiese Ron rivolto a Denise.
Lei
annuì
convinta.
-Indossa
il
Mantello- gli ordinò.
Ron,
il
quale aveva ottenuto in prestito da Harry il Mantello
dell’Invisibilità, un
tempo appartenuto a James Potter, celò il proprio corpo con
quella tela
sottile, sparendo non appena vi si avvolse.
Gli
abiti di
entrambi erano comodi, permettendo loro una grande libertà
di movimento. Il rosso,
poi, portava uno zaino contenente tutto ciò di cui avrebbero
potuto avere
bisogno, celato anch’esso dal potente artefatto magico.
La
Millay,
per sicurezza, si accertò che nessuno stesse facendo una
passeggiata nel
corridoio del settimo piano, deciso, magari, a fare un salutino alla
statua di
Barnaba il Babbeo, che, come al solito, si stava facendo bastonare da
un paio
di troll.
Decisamente utile questa cartina,
pensò
la ragazza mentre, dopo aver colpito con la punta della bacchetta la
carta
ingiallita e dopo aver pronunciato la formula magica, riponeva la
celebre Mappa
nel Malandrino in una
delle tante tasche
dei suoi pantaloni troppo grandi.
-Via
libera-
sussurrò, mentre teneva aperta la porta a Ron
affinché anche questo potesse
uscire dalla Stanza delle Necessità.
Da
quel
momento in poi, fino a quando non fossero riusciti ad entrare nella
camera di
Belby, non avrebbe più rivolto la parola al ragazzo,
così, con un rapido cenno
della mano, lo invitò a seguirla.
Attraversarono
rapidamente quasi tutta Hogwarts, fino a raggiungere l’ala
ovest della scuola.
Qui, cominciarono a salire un’alta scalinata a chiocciola,
dopo un paio di
tortuosi corridoi e di alcune scale, le quali non si smentirono neppure
in
questo caso e cambiarono spesso posizione. Superato anche
l’ultimo scalino, Ron
si ritrovò dinnanzi ad una situazione famigliare. La torre,
infatti, era molto
simile a quella dei Gryffindor, sebbene non fosse presente alcun quadro
parlante, sostituito da un’ampia porta nera e senza maniglia,
sulla cui sommità
svettava un batacchio di piombo a forma di corvo.
Un
paio di
Ravenclaw, probabilmente del primo o del secondo anno, stavano
animatamente
disquisendo su un argomento che, inizialmente, Ron non comprese.
Più che una
vera e propria discussione, in effetti, si trattava di una serie di
proposte,
seguite, il più di una volta, da espressioni tristi e
rassegnate.
-Problemi
con la parola d’ordine, ragazzi?- chiese Denise, spingendo
verso l’alto gli
occhiali, scesi lungo il naso.
I
due
annuirono e abbassarono lo sguardo.
-Capita
a
tutti, non preoccupatevi- cercò di consolarli la ragazza,
mentre si avvicinava
al pennuto e bussava.
Il
corvo,
con sommo stupore solo del Gryffindor, si animò.
-Se
per il
tuo passo chiedi l’accesso, rispondi a me che di Rowena sono
il messo- cominciò
quello - Dalla tua mente dissipa il vago e dimmi ciò che
può aprire ogni mago.
Bada bene, però, a quel nome, perché di
richiuderlo non è in grado nessun
stregone!-
L’espressione
basita di Ron fu memorabile. Purtroppo, però, nessuno
poté goderne, visto che
il suo viso era celato dal Mantello
dell’Invisibilità.
-Con
cosa
avete provato?- domandò Denise ai due, i quali,
però, scossero la testa
all’unisono.
-Abbiamo
cominciato a proporre tutto ciò che ci passava per la testa
… - iniziò il più
piccolo dei due.
-
… Ma erano
tutti oggetti riparabili con la magia!- esclamò
l’altro, che, dopo essersi
infilato molte volte le mani nei capelli, aveva spettinato i ricci
castani.
La
Ravenclaw
si lasciò scivolare lungo un muro e divenne incredibilmente
silenziosa. Tutti i
presenti, visibili e non, ammutolirono con lei. Stava pensando, questo
era
ovvio, quindi era meglio non disturbarla, se volevano entrare in quella
Sala
Comune al momento inaccessibile.
Dopo
alcuni
minuti di silenzio, che trascorsero lenti e durante i quali Ron si
chiese
quando a lungo Hermione avrebbe trattenuto Belby prima di dargli il ben
servito, la ragazza balzò in piedi e si diresse verso il
batacchio.
Lo
fronteggiò per alcuni secondi.
-È
l’uovo di
drago?- chiese, rivolgendosi al corvo.
-La
risposta, ragazza, è corretta: quest’uovo si
schiude in un fuoco che
scoppietta! Il suo guscio, poi, riflette ogni magia, complimenti,
dunque, per
la grande fantasia!-
A
queste
parole, la porta si aprì e i quattro ragazzi si sbrigarono
ad entrare prima che
questa si richiudesse.
Lo
spettacolo che gli si parò contro, lasciò il
Weasley sbigottito. La Sala Comune
era un’ampia stanza il cui soffitto era una gigantesca
cupola, affrescata con
un profondo blu notte puntellato di stelle luminose. Questo motivo,
inoltre, si
ripeteva sulla moquette, sapientemente trapunta di astri bronzei. Le
pareti
erano costituite da ampie vetrate a forma di archi, dalle quali era
possibile
osservare il riflesso della luna nella superficie increspata del Lago
Nero, le
cui acque, come al solito, erano agitate dai lenti movimenti della
Piovra
Gigante. Esattamente dall’altra parte di Hogwarts, come Ron
constatò con un
certo dispiacere, si trovava la torre Gryffindor, luogo in cui da tempo
non si
trovava più fuori posto, sensazione che provava in
quell’istante. La Sala era traboccante
di comodi divani, su cui erano appollaiati molti Ravenclaw. Molti,
quasi la
totalità, reggevano tra le mani un tomo, probabilmente preso
dalle ampie
librerie colme di volumi e disposte in modo ordinato per tutto il
raffinato
salotto. Numerosi, poi, erano anche i tavoli di legno scuro, su cui
alcuni
studenti diligenti stavano cercando di fare i compiti mentre altri,
invece,
dotati di grande inventiva, sperimentavano i più disperati
incantesimi.
Denise,
dopo
aver salutato alcune compagne, si diresse verso il centro della stanza,
dove si
trovava un’altra scala a chiocciola che scendeva verso il
basso. Lui,
silenzioso, la seguì. Ad ogni scalino la luce dei grandi
lampadari che
illuminavano la Sala Comune si faceva meno intensa, arrecando a Ron
molteplici
difficoltà. Facendo attenzione a non pestare i lembi del
Mantello, comunque,
riuscì a tenere il passo della ragazza, la quale
fermò la propria discesa
dinnanzi ad un arco che dava l’ingresso su un ampio
corridoio. Questa, cercando
di passare inosservata, svoltò verso destra.
Si
stavano
dirigendo verso il dormitorio maschile.
Visto
che
nessun incantesimo impediva l’accesso alle donzelle, tutti i
Ravenclaw
avrebbero pensato che stesse andato a far visita al proprio fidanzato.
Il
Gryffindor la vide contare le porte dietro le quali si trovavano le
stanze dei
ragazzi.
-Questa-
bisbigliò, quando il suo conteggio arrivò al
numero sette.
Si
guardarono in giro. Erano soli, fortunatamente.
Estratta
la
bacchetta, Denise constatò che Belby aveva lanciato alcune
magie sull’ingresso,
per impedire ai ficcanaso di introdursi nella sua stanza. Con buona,
probabilità, comunque, gli incantesimi non dovevano essere
nulla di
particolarmente complicato, per non destare i sospetti dei compagni e,
soprattutto, del vecchio Vitious, i cui occhi, nonostante la piccola
statura,
aveva imparato, con gli anni, a guardare ben più lontano del
semplice apparire.
Tentò con una semplice combinazione di incantesimi, la
quale, fortunatamente,
si rivelò vincente.
La
porta si
aprì e lei la lasciò dischiusa il tempo
necessario affinché Ron potesse entrare.
***
Ginny
aveva
lasciato solo Harry al tavolino dove erano seduti e si era diretta
verso il
tavolo delle bevande per prendere qualcosa da bere ad entrambi. Potter,
ovviamente, si era offerto di andare al suo posto, seguendo quelle che
per lui
erano le fondamentali regole della galanteria, ma la ragazza lo aveva
rimesso a
sedere con un “Tu tieni d’occhio Hermione,
perché io, con questo vestito
addosso, sono agile e scattante come un tonno in scatola”.
Harry, divertito
nonostante non fosse molto felice di farsi servire pubblicamente dalla
propria
fidanzata, accettò.
Con
passo
felpato, o almeno così Ginny sperava che fosse il suo
incidere tanto simile ad
una macabra danza sui trampoli, riuscì a raggiungere la meta
e ad afferrare due
bicchieri puliti. Fatto ciò, alzò il dito indice
e cominciò a fare una conta
che sua mamma Molly le aveva insegnato molti anni prima, sperando che
il fato
dirigesse la sua mano verso una brocca di succo di zucca in cui, per
uno strano
caso fortuito, qualcuno aveva rovesciato una bottiglia di Whisky
Incendiario.
Come prevedibile, l’allegra filastrocca la condusse ad una
caraffa colma d’Acquaviola.
Forse, si disse la rossa, avrebbe dovuto provare con quella sconcia di
Fred.
Ad
un palmo
dall’afferrare il contenitore per riempire i bicchieri,
qualcuno la fermò.
-Ho
visto un
ragazzo Hufflepuff del quarto anno sputare l’idromele proprio
lì dentro- le
disse.
Ginny
allontanò immediatamente la mano, schifata.
-Grazie-
disse, voltandosi verso il suo salvatore.
-Oddio,
Malfoy!- urlò, sussultando non appena capì a chi
doveva la vita.
L’altro,
palesemente seccato, la guardò dall’alto in basso.
-
Weasley –
disse, mentre le riempiva le tazze con del Succo di Zucca –
Qui dentro non ci
ha ancora vomitato nessuno-
Rassicurante pensò lei.
Per
la
seconda volta nel giro di pochi minuti, lo ringraziò,
stupendosi di sé stessa.
Qualcosa, palesemente, non stava andando nel verso giusto. Riflette,
poi, sul
fatto che Hermione stava dando prova di grandi abilità
recitative,
intrattenendo niente meno che un Mangiamorte.
-Secondo
te,
la tua amica quanto attenderà prima di scaricare quel
pezzente?- le chiese
all’improvviso Malfoy, senza guardarla, ma continuando a
fissare imperterrito
la coppia.
-Sta
cercando di dare più tempo possibile a Ron e Denise, Malfoy
– gli ricordò la
Weasley – Con buona probabilità lo
terrà occupato per molto-
Lui,
in
risposta, sbuffò.
-Possibile
che quei due ci impieghino così tanto tempo?- insistette lo
Slytherin.
Ginny,
stufa, decise di rimetterlo al suo posto.
-Capisco
che
il Principino è abituato ad essere sempre accontentato alla
prima lamentela, ma
Denise è stata chiara: non è possibile fare
prognostici su quanto durerà l’incursione
nella camera di Belby – cominciò agguerrita
– I fattori da mettere in conto
sono tanti e molti imprevedibili: potrebbero non superare le difese
messe dal
Mangiamorte sulla camera, potrebbero essere scoperti, potrebbero avere
qualche
contrattempo, potrebbero persino non trovare nessuna informazione e
continuare
a cercare per ore intere. Sta ad Hermione dar loro la
possibilità di farlo-
Senza
scomporsi, Draco gli restituì il favore.
-Il
problema, Weasley, è un altro. Tutta la questione gira
attorno al fatto che,
fatte alcune rare esclusioni, e la mia fidanzata è una di
queste, non c’è un
Gryffindor in tutta Hogwarts che possa ritenersi un Pozionista
mediocre. Non
avete notato, tu e quel fesso di Potter, che il colore
dell’idromele di
Hermione era leggermente più chiaro di quello che
c’era nei vostri bicchieri,
ovviamente prima che ve lo tracannaste come dei luridi zoticoni?-
Ginny
rimase
in silenzio. Forse per la lontananza, forse perché non aveva
prestato
sufficiente attenzione a ciò che Hermione beveva
perché troppo impegnata a
controllare le mosse di Belby, ma lei, come con buona
probabilità neppure
Harry, non aveva notato niente di tutto ciò.
Scosse
piano
la testa.
-Bene,
allora ti informo con piacere, Weasley, che il nostro Mangiamorte
questa sera
ha cercato di avvelenare Hermione – continuò con
un ghigno soddisfatto lo
Slytherin -Ma non dolertene, sappiamo benissimo che la
“mediocrità” è il vostro
cavallo di battaglia-
La
rossa fu
ben più rapida di quanto Malfoy potesse anche lontanamente
aspettarsi.
La
malagrazia del ragazzo fu immediatamente ingoiata dallo stesso quando,
dopo
aver perso improvvisamente la propria instabilità sui
tacchi, Ginny aveva preso
a conficcargli la propria bacchetta nel petto.
-Forse
si,
siamo mediocri, Malfoy, ma non sfidare mai così apertamente
un Gryffindor già
reso suscettibile da una situazione spiacevole, se non vuoi ritrovarti
senza
testa prima ancora di poter cominciare a lanciare maledizioni contro la
tua
stupidità- detto ciò, la ragazza
rinfilò con sicurezza la bacchetta nella tasca
quasi invisibile del suo vestito. Evidentemente, comunque, la Weasley,
preda
del gene Prewett ereditato direttamente da Molly, non aveva ancora
concluso la
propria ramanzina.
-Cosa
aspettavate per dircelo, che le lanciasse addosso un Avada Kedavra?-
gli
domandò furiosa.
-Non
gliel’avremmo permesso- rispose Draco gelido.
-E
con quali
riflessi scattanti? Con i tuoi da pollo? O magari con quelli di Zabini,
che è
perennemente più morto che vivo? Forse l’unica
speranza di Hermione era
Daphne!-
Offeso,
il
Malfoy cominciò a pensare di non rivolgerle più
la parola fino a quando questa
non si fosse scusata per averlo ingiuriato dinnanzi ad una
così ampia platea,
tra cui, inoltre, si trovava anche quella che sarebbe stata la sua
futura
moglie. La ragazza sembrò capirlo e, riflettendo su
ciò che aveva detto, capì
d’essere stata un po’ eccessiva.
Ma
del
resto, come da tradizione Weasley, nessuno poteva sfiorare i pulcini a
mamma
chioccia.
-Scusa,
Malfoy, tutta questa situazione mi sta facendo diventare come quella
pazza di tua
zia- disse, abbozzando un sorriso e pentendosi immediatamente per
ciò che aveva
detto.
Con
sua
somma sorpresa, Draco non se la prese, anzi.
-In
effetti,
ci sei andata vicina. Dovresti lavorare un po’ di
più sul sorriso sadico e
l’espressione assatanata, comunque-
Dopo
quel
breve scambio di battute, lei si scusò, dicendo di avere un
impegno, il quale,
come constatò subito lo Slytherin, coincideva con Hermione.
-Cosa
vuoi
fare?- le chiese, urlando per cercare di superare con il proprio tono
il
vociare diffuso.
-Ovviamente,
faccio una cosa che voi Slytherin non sapete fare- ridacchiò
Ginny – Prendo la
situazione di petto-
In
pochi
passi, raggiunse l’amica e sfoderò le sue celebri
doti da attrice da
soap-opera.
-
Hermione
devo parlare con te!- esclamò non appena si trovò
ad un passo da lei,
incrociando teatralmente le braccia sul petto.
-
Ginny, non
mi pare il momento, sono impegnata- rispose l’altra,
indicando con un cenno
della testa il Mangiamorte.
La
Weasley,
la quale non era disposta a darsi sconfitta così facilmente,
cambiò strategia.
-Scusa,
posso rubarti per un paio di minuti questa stronza della tua
fidanzata?- chiese
rivolgendosi a Belby.
Questo,
troppo basito a causa della situazione, aprì solamente la
bocca senza emettere
alcun suono.
-Molto
gentile- lo ringraziò immediatamente la rossa, afferrando la
mano della
compagna ed invitandola a seguirla – Seguimi, se non vuoi che
ti rifaccia i
connotati a suon di sberle!-
Detto
ciò,
la trascinò fino al bagno delle ragazze e, poi, si chiuse la
porta alle spalle.
-E
questa
imitazione di Daphne Greengrass, Ginny, da quando sei in grado di
farla?-
domandò Hermione sconvolta.
L’altra
le
rispose con un sorriso, seguito immediatamente da un’alzata
di spalle.
-Non
c’è
tempo per queste cose. Hai mezzora per liberartene, non un minuto di
più- le
ordinò dispotica e senza permetterle di rispondere
– Ora io esco, tu aspetta un
po’. Sono furiosa con te perché mi hai rubato il
vestito dall’armadio senza
chiedermelo, ok?-
Non
ebbe la
possibilità di risponderle, visto che si era già
volatilizzata.
Come
pattuito attese alcuni minuti, approfittandone per rinfrescarsi.
Aveva
solo
mezzora a disposizione.
Uscì
dal
bagno. Belby, sperduto, la attendeva dove l’aveva lasciato.
Lo
raggiunse.
-Ma
sono
tutti così i tuoi amici?- le domandò.
-Ti
prego,
non ricordarmelo-
***
La
camera
era estremamente pulita ed ordinata. Ciò, agli occhi di
Denise, parve come un
chiaro monito che, per trovare qualche prova schiacciante su Belby,
avrebbero
dovuto faticare non poco.
Ron,
intanto, si era tolto il mantello e aveva posato tutti i suoi oggetti
sul
pavimento. La stanza, come quella di ogni Ravenclaw, era singola e, per
questo
motivo, decisamente più piccola se paragonata a quelle
cameratesche a cui il
Gryffindor era abituato. L’onnipresenza dei colori della
Casa, poi, era una
costante anche nell’arredamento. Una pesante tenda blu, per
esempio, copriva
parzialmente l’ampia finestra da cui si poteva distinguere,
sforzando non poco
gli occhi, il profilo scosso dal vento della foresta Proibita.
-Tieni.
Controlla, per favore, se il nostro obbiettivo è ancora alla
festa- disse
Denise porgendo la Mappa del Malandrino a Ron, il quale, estratta la
bacchetta,
obbedì. Il suo sguardo si diresse rapidamente verso lo
studio di Lumacorno. I
cartellini recanti i nome erano molti e tendevano a sovrapporsi
l’uno con
l’altro, ma, dopo una breve ricerca, trovò quello
di Marcus Belby, nei pressi
dei quali si trovava anche quello di Hermione.
Con
buona
probabilità la ragazza stava prendendo tempo,
affinché loro potessero agire con
una relativa calma. Ron la ringraziò mentalmente.
-Per
ora è
ancora alla festa- disse.
-Perfetto-
rispose subito la Millay, la quale, intanto, aveva cominciato a
trafficare con
alcuni degli oggetti che avevano riposto nello zaino e che erano
necessari per
la realizzazione di un particolare incantesimo di Individualizzazione.
Come
avevano
stabilito, il ragazzo, mentre lei preparava l’occorrente per
l’incanto, avrebbe
cominciato a lanciare magie casualmente, sperando di trovare il luogo,
se
questo esisteva, in cui il Mangiamorte aveva celato i propri segreti.
Cominciò
con
la scrivania, che toccò con la punta della bacchetta,
accompagnando quel gesto
con la formula.
-
Specialis
Revelio –
Denise,
contemporaneamente, aveva preso una bacinella di cristallo e, dopo aver
stappato
la boccetta che le conteneva, rovesciò le poche lacrime di
Vampiro che era
riuscita a comprare con i risparmi che aveva messo da parte dando
ripetizioni.
Con
un
Incantesimo di Rabbocco, poi, fece si che il costoso liquido riempisse
fino
all’orlo il bacile.
-Sei
sicura
che funzionerà lo stesso?- le domandò Ron.
-Sarà
sicuramente meno potente, ma dubito che un ragazzo di diciotto anni sia
così
esperto di Magia Oscura da riuscire a mascherare completamente le
tracce delle
proprie magie permanenti-
Dopo
aver
risposto al ragazzo, prese la spilla della propria casa che portava
sulla
divisa e si bucò il dito indice. Una goccia cremisi
uscì dalla piccola ferita
e, dopo aver percorso il breve percorso sul dito di Denise, cadde nel
liquido
cristallino. La reazione che seguì ciò fu
alquanto particolare.
Il
sangue,
non appena entro in contatto con le lacrime, si solidificò,
diventando
un’altrettanto grande pietra azzurra dalla forma sferica. Il
liquido, per
contrasto, smise d’essere incolore e si tinse di un acceso
colore scarlatto.
-In
fondo,
Piton aveva ragione- constatò suo malgrado Ron – I
vampiri non smettono mai
d’essere assetati-
La
Millay
annuì appena, troppo concentrata sul potente incantesimo che
stava per
lanciare.
-
Obscurum
Reperi!- disse, puntando la bacchetta contro la bacinella di cristallo.
La
piccola
pietra azzurra prese a correre lungo le pareti di quel contenitore per
alcuni
minuti, durante i quali Ron, troppo affascinato, si
dimenticò di continuare a
lanciare i suoi incantesimi.
Improvvisamente,
l’oggetto si fermò.
-Ci
siamo-
mormorò Denise.
L’oggetto,
contro ogni aspettativa, prese a galleggiare, ritornando in superficie
perfettamente al centro del bacile.
-No-
sussurrò appena la ragazza.
-Cosa
c’è?-
la interrogò Ron.
-In
questa
stanza non è stata lanciata alcuna magia Oscura-
Erano
giunti
ad un punto fermo.
Il
piano B
era entrato in atto senza alcun inutile spreco di parole. Entrambi
avevano
imparato a memoria il modus operandi che si erano prefissati e, ora, lo
stavano
eseguendo alla lettera.
Parlavano
poco tra di loro, limitandosi a brevi suggerimenti o ad esclamazioni di
sconforto. Perché nessun oggetto, in quella stanza, sembrava
essere stato
utilizzato per nascondere qualcosa.
Denise,
proseguendo con ordine, era arrivata al comodino che fiancheggiava il
letto.
Indossò i Guanti Annullatracce della Tiri Vispi, gentilmente
concessi dai
fratelli di Ron, e aprì il cassetto.
Quell’accortezza sarebbe stata sufficiente
per cancellare tutte le prove della loro visita in quella camera,
sempre che,
dopo la fine della sua relazione con Hermione, Belby non avesse la
voglia di
scagliare magie apposite per individuare il passaggio di estranei o
intrusi.
Quando
lo
vide, i suoi occhi si illuminarono. Forse, si disse la Millay, avevano
finalmente trovato qualcosa. Era un piccolo quaderno dalla copertina
nera,
celato sotto un paio di libri di Incantesimi ed alcune scartoffie di
nessun
interesse.
Non
avendo
il tempo per mettersi a sfogliarlo, lo duplicò, si mise la
copia in tasca e
cercò di ridisporre gli oggetti che aveva trovato nello
stesso ordine.
Improvvisamente,
Ron la chiamò. Reggeva tra le mani il galeone fallace.
Belby
aveva
abbandonato la festa.
-Dobbiamo
trovare un nascondiglio adatto!- esclamò lei, che ancora non
aveva trovato
nulla che la compiacesse pienamente.
Il
rosso si
guardò attorno. L’idea giunse inaspettata.
-
Wingardium
Leviosa! – disse, puntando la bacchetta verso il pesante
armadio addossato alla
parete. Il piccolo spazio tra il muro e il guardaroba, si era detto,
sarebbe
stato sufficiente.
Denise
afferrò immediatamente lo zaino. Avevano programmato tutto
questo nei minimi
dettagli e lei era convinta che il loro piano fosse inaffondabile.
Afferrò
la
penna stilografica Babbana che Hermione le aveva procurato e sul cui
serbatoio,
precedentemente, aveva lanciato un incantesimo di Rabbocco ad Azione
Intermittente.
-
Autoscribo
- disse, lanciando
l’incantesimo
sull’oggetto, il quale, immediatamente, si animò.
L’avvicinò
ad un foglio Autocancellante, comperabile in ogni Cartoleria Magica,
che
mediante l’incanto Proteus aveva legato magicamente con un
quaderno, il quale
era stato lasciato nella Stanza delle Necessità, e
rimpicciolì entrambi con un
semplicissimo Reducio.
Fatto
ciò,
Ron ripose al suo posto l’armadio e fece Evanescere tutto
l’occorrente per la
magia di Individualizzazione.
In
grande
rapidità controllarono di aver riposto tutto al proprio
posto e, dopo che il
ragazzo si era gettato il Mantello
dell’Invisibilità addosso, avevano esaminato
la Mappa per controllare se qualcuno stava sostando nel corridoio e
dove si
trovasse Belby. I Malandrini, quella volta, non furono portavoce di
buone
nuove. Davanti alla porta vi erano quattro ragazzi e, presto, il
proprietario
di quella camera avrebbe finito di salire la scala che conduce alla
porta
d’ingresso della Sala Comune Ravenclaw.
-Usiamola,
non c’è altra soluzione!- propose Ron.
-Non
vedremo
nulla neanche noi, così!- ribatté
l’altra.
-Meglio
provare a salvarci, che non aspettare che quello ci lanci contro
qualche
Cruciatus, no?-
Il
Weasley,
in un impeto di coraggio, dischiuse la porta e lanciò un
po’ di Polvere
Peruviana Buio Pesto, la quale non permise a nessuno dei presenti, loro
due
compresi, di vedere ad un palmo dal naso.
Chiusasi
la
porta alle spalle, Denise ripristinò gli incantesimi
protettivi lanciati da
Belby sulla stessa, procedendo egregiamente pur lavorando alla cieca.
Fatto
ciò,
il ragazzo l’afferrò e, stringendola a
sé, la nascose sotto il Mantello
Invisibile.
L’effetto
della Polvere tardò a scemare ma, non appena cominciarono a
distinguere il
profilo delle cose che li circondavano, si avviarono verso
l’uscita del
dormitorio.
Rischiando
di cadere un paio di volte, salirono le scale e percorsero
longitudinalmente la
Sala Comune. Qui, attesero vicino alla grande statua di Rowena
Ravenclaw che
Ron, quando era entrato per la prima volta, nonostante
l’imponenza della
stessa, non aveva neppure notato. Avrebbero approfittato del loro
avversario,
di cui conoscevano precisamente la posizione grazie alla Mappa del
Malandrino,
per infilarsi attraverso la porta nell’esatto istante in cui
le ante di questa
si sarebbero aperte per farlo passare.
I
minuti, ad
un passo dalla fine, sembravano non voler passare mai. In seguito,
Denise aveva
avuto solo il tempo per infilarsi la cartina magica in tasca ed
afferrare
stretto il Mantello, così che questo non sfuggisse alla loro
presa durante la
corsa.
La
mano di
Ron, afferrata al fianco di lei, le impose passi rapidi ed ampi,
così che
riuscì a vedere solo l’espressione furente di
Belby.
Poi,
non si
fermò fino a quando la porta della Stanza delle
Necessità non si chiuse alle
loro spalle. Avevano percorso intere rampe di scale a due scalini alla
volta e
lunghi corridoi evitando a stento molti studenti nottambuli.
Muovendo
le
braccia all’unisono, fecero cadere l’indumento che
li rendeva invisibili e lì,
nel silenzio di quel luogo, non poterono far altro che guardare le gote
arrossate dell’altro.
-È
stato …
fantastico!- esclamò Denise entusiasta.
-Fantastico?
È stato molto di più! Tu sei stata veramente
incredibile!- rispose Ron,
altrettanto elettrizzato.
-E
la faccia
di Belby? Hermione non deve essere stata molto gentile!-
continuò lei,
scoppiando a ridere.
Poi,
la
ragazza, non smettendo di gioire, si diresse versò
l’ampio tavolo quadrato,
dove aveva lasciato il quaderno incantato.
Lo
aprì e,
nel leggere gli insulti che Belby stava lanciando verso tutta la
famiglia di
Hermione, giustamente perita per mano dei servi del Signore Oscuro,
constatò
che la spia nascosta nella stanza del Mangiamorte era perfettamente
efficiente.
Chiamò
il
suo compagno di avventure, il quale le si avvicinò
immediatamente.
Ciò
che
accadde dopo, nessuno dei due seppe spiegarlo.
Ron
le prese
il viso tra le mani e, chinandosi su di lei, la baciò
dolcemente.
***
Il
segnale,
alla fine, era arrivato.
Lo
avevano
stabilito di comune accordo qualche ora prima. Harry, al momento
opportuno, si
sarebbe avvicinato a Drew e questo, approfittando
dell’occasione servitagli su
un piatto d’argento, avrebbe brindato in onore del professor
Lumacorno. Scemata
la confusione data dal brindisi, che avrebbe obbligato tutti i presenti
ad
alzare in alto il proprio bicchiere, Hermione avrebbe agito.
Molti,
svuotato il calice, stavano battendo le mani, probabilmente desiderosi
di
rimanere nelle grazie del grassoccio professore di Pozioni; altri,
invece,
venendo subito bollati per la loro irruente eccessività, si
erano cimentati in
spregevoli urla e fischi maleducati.
Guardandola
negli occhi, Drew le rivolse un sorriso gentile e calmo. Aveva fiducia
in lei,
questo era chiaro.
Il
sipario
calò. Le pesanti tende damascate rovinarono al suolo con un
tonfo sordo,
incipriando di uno stinto rosso aranciato i nodi e le striature di quel
parquet
rovinato dai tacchi di qualche attrice maldestra. Fiori recisi dai
molteplici
colori avevano invaso il palco, ridando lustro a quel teatro in cui,
solitamente, venivano messi in scena solo spettacoli rozzi e dalle
trame
prevedibili.
Non
il suo,
non quella sera. Perché lei aveva fatto dell’arte
dello stupire il proprio mestiere
e perché il pubblico, entusiasta, si era alzato in piedi per
acclamarla.
E
dopo un
profondo inchino, era corsa dallo specchio del suo camerino e
lì, tolta la
maschera, aveva messo fine a quella farsa.
-
Marcus, mi
dispiace molto, ma tra noi è finita- aveva detto, sfruttando
la distrazione
generale.
Il
volto di
lui si era subito fatto serio.
-Perché
mai?- le domandò. Se non avesse saputo chi aveva davanti,
forse Hermione
avrebbe potuto credere nella sua sincerità.
-Per
alcuni
semplici motivi- rispose lei fredda – Primo, mi hai regalato
una collana
maledetta. Secondo hai cercato di avvelenarmi. Terzo, sei un
Mangiamorte e il
tuo Padrone ha versato il sangue dei miei genitori. Credi sia
sufficiente?-
Sul
volto di
lui si dipinse un ghigno.
-Brava,
Sanguesporco, mi sono divertito molto stasera a vedere come i tuoi
stupidi
amichetti si affaccendavano per evitarti un rapido viaggio verso la tua
mammina-
Le
aveva
afferrato il viso con una mano, stringendo forte per farle del male.
Lei, però,
non si scompose.
-Non
tiri
fuori la bacchetta, principessa?- chiese Belby ad Hermione.
Lei
si
concesse un’allegra risatina argentea.
-E
perché
dovrei? Se tu tentassi d’uccidermi in questo momento, ti
ritroveresti morto
prima di avere la possibilità di impugnare la tua bacchetta-
Lui
le
lasciò il viso con un gesto violento.
-Vero,
lurida Sanguesporco, ma non riusciranno ad essere sempre tutti
presenti.
Allora, io ti verrò a cercare, quando le difese di questa
stupida scuola
saranno più basse e tu più esposta-
l’ammonì Belby – No, non ti preoccupare,
la
tua sarà una lunga agonia e mi pregherai in ginocchio di
lasciarti morire-
Così
dicendo, se ne andò, urtandola rabbiosamente con la spalla.
La
ragazza
estrasse rapidamente la propria arma dalla pochette e lo
Impastoiò.
Porse
il
proprio scialle blu a Draco, il quale, durante quella breve
conversazione si
era avvicinato senza che il Ravenclaw se ne accorgesse, con la
bacchetta
stretta nel pugno.
Lui
le
sorrise.
-Sei
stata
bravissima- le disse.
-Lo
so-
Raggiunse
Belby, che, costretto a restare immobile a causa della magia, stava
digrignando
i denti.
Sfruttando
lo slancio verso l’alto che le davano i tacchi,
cominciò a sussurrargli
all’orecchio.
-Il
tuo
bon-ton dov’è finito, Marcus? Nessuno ti ha
insegnato che le donne non andrebbero
toccate neppure con un dito? Comunque non ti preoccupare, non ti ho
fermato per
restituirti il favore: io, a differenza tua, non me la prendo con i
più deboli-
lo prese in giro Hermione, facendolo arrabbiare ancora di
più – Volevo solo che
tu riferissi a Voldemort un messaggio da parte mia. Digli, per favore,
che la
prossima volta mandi un Mangiamorte come si deve, se vuole sperare di
uccidermi-
Detto
ciò,
sciolse l’incantesimo.
Belby
aveva
già estratto la bacchetta, ma quando si voltò
verso la Gryffindor, la trovò
circondata da uno gruppo di maghi e streghe pronti a combattere.
Vista
la
netta inferiorità numerica, furente, si diresse verso il
proprio dormitorio.
***
Come
stabilito,
dopo essersi liberati di Belby, i tre Gryffindor e i tre Slytherin
abbandonarono
la festa, dirigendosi verso la Stanza delle Necessità, dove
Ron e Denise li
attendevano. Drew, invece, che dall’alto aveva controllato
tutta la situazione
al party di Lumacorno, era stato costretto da questo a rimanere per
fargli
compagnia. Il brindisi in suo onore, aveva gonfiato
d’orgoglio l’anziano
professore e tutti sapevano quanto gravi fossero le conseguenze che
ciò avrebbe
comportato per il povero Drew.
Un
invito ad
ogni riunione del Lumaclub, oramai, era assicurato.
-
Daphne,
non so come ringraziarti, ma sei stava veramente fantastica!-
esclamò Hermione,
la quale, a causa della troppa adrenalina, stentava a comportarsi
secondo
l’usuale rigore.
La
Slytherin
alzò le spalle fredda, salvo poi scoppiare in una risata
fragorosa.
-
Granger, devo
ammetterlo,- disse quella – Non mi sono mai divertita tanto!
La tua faccia da
troll è stata fantastica!-
Questo
difficilmente poteva essere catalogato come un complimento, ma in
fondo, si
disse Hermione, rispetto alla solita superiorità che la
ragazza le riservava,
poteva essere ritenuto un passo in avanti.
Dopo
alcuni
passi, Draco le prese una mano, facendoli separare dal gruppo.
Non
appena
la Greengrass e Zabini entrarono nell’ampia sala quadrata
adibita a ritrovo,
uno stendardo Slytherin, comparso nelle parete opposta a quella dove si
trovava
quello rosso e oro dei Gryffindor, si srotolò, riempiendo la
stanza di nuovi
colori.
Ginny
guardò
con attenzione in fratello, che rispondeva alle domande che gli
venivano fatte
sulla missione nel dormitorio Ravenclaw con un certo impaccio. Poi, si
concentrò su Denise, la quale nonostante avesse
già fatto conoscenza di tutti i
presenti durante le ultime due settimane, non smetteva di guardarsi le
scarpe
con le gote arrossate.
Tra
i due,
si disse, doveva essere successo qualcosa.
Ma
questa
volta, se suo fratello avesse anche solo provato a far soffrire una sua
amica,
lo avrebbe ridotto in polvere di Weasley.
Si
erano
infilati in uno dei tanti sgabuzzini di Gazza, sperando che questo non
facesse
alcuna incursione notturna.
Hermione
era
stretta contro il muro gelido a causa del corpo caldo di Draco che,
mentre la
baciava, non riusciva a non spingerla.
Il
contrasto
di temperatura le piaceva.
Il
profumo
del biondo le piaceva.
Il
solamente suo Draco le piaceva.
-Soli,
finalmente-
le sussurrò il ragazzo all’orecchio.
-Finalmente-
rispose lei, fremendo sotto le mani gentili di lui.
Note dell’Autore
Si
sembrerà
strano, ma è così. Chi scrive è Jerry
e il capitolo che avete appena finito di
leggere è il diciottesimo di You and Me.
Ve
l’avevo
detto, no, che con la fine della scuola avrei pubblicato con maggiore
frequenza? Beh, quando non ci sono cause di forze maggiore ad
impedirmelo,
cerco di mantenere le mie promesse!
Cosa
ne
pensate di questo nuovo amore tra Ron e Denise? E di questa
straordinaria
cooperazione tra Case? E del travagliato amore di Daphne e Blaise?
Riuscirà la
prima a spezzare le proprie “catene”? Ma
soprattutto, Hermione e Draco potranno
finalmente fare i piccioncini o il Mangiamorte si metterà in
mezzo?
A
quest’ultima domanda, se almeno un po’ mi
conoscete, saprete già dare la
risposta XD
Se
non si
fosse capito, mi farebbe molto piacere leggere il vostro parere!
Vorrei
riuscire ad aggiornare prima dell’uscita
dell’ultimo film di Harry Potter (che
se non sbaglio è il 13), impresa difficile ma non
impossibile.
Se
riuscirò
in quest’impresa voglio almeno 15 recensioni! Ovviamente
scherzo, più o meno.
Vi
rilascio
il link per la pagina Facebook (chi ha “mi
piaciuto”, oltre a prendersi un
sentito ringraziamento, sapeva già da questo pomeriggio che
il capitolo era
finito): Jerry93's
Stories
A
presto,
Jerry
|
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Capitolo 20 *** The brass gate of the Library ***
Chapter
nineteen, The brass gate of the Library
Negarlo,
sarebbe stato come macchiarsi di un’infamante bugia.
Perché, si, negli ultimi
mesi aveva potuto conoscere da vicino l’ossessiva
possessività di Draco. Mai,
però, avrebbe immaginato quali fossero i limiti del buon
senso che quel ragazzo
era pronto ad infrangere, pur di far sapere a tutti che lei gli
apparteneva.
Tutto
era
cominciato il giorno seguente alla festa di Lumacorno. Quella domenica
mattina,
come spesso capitava, la Sala Grande era abitata solamente da alcuni
mattinieri, tra cui, ovviamente, Hermione Granger, la quale, seduta al
proprio
tavolo, sorseggiava una tazza di tè caldo mentre sfogliava
la Gazzetta del
Profeta. A farle compagnia c’erano Neville e Ginny. Il primo
aveva promesso
nuovamente alla professoressa Sprite di aiutarla con le sue piante, la
seconda,
invece, aveva voluto accertarsi che Belby non le se avvicinasse.
Come
era
prevedibile, nel caso di una attacco da parte del Mangiamorte, vista
l’espressione assonnata e i continui sbadigli, la ragazza le
sarebbe stata
praticamente inutile. Del resto, il buon sangue Weasley non mente.
L’ampio
salone, dunque, era animato solamente da alcune rispettose discussioni
tra
alcuni dei professori presenti, tra cui spiccava Drew, il quale, per
nulla
provato dalla serata precedente, parlottava amabilmente con Minerva
McGranitt.
Sul volto dell’anziana donna, vi era sorriso amorevole che,
increspandole le
rughe che i molti inverni le aveva regalato, raggiungeva gli occhi,
illuminandoglieli. Alla sinistra del giovane ragazzo, invece, Lumacorno
sembrava
essere sul punto di spintonare il povero Vitious per ottenere
l’attenzione di
colui che tanto lo aveva adulato la serata precedente. Il piccolo
professore di
Incantesimi, comunque, forse per affetto nei confronti di quello che
era stato
uno dei suoi alunni più brillanti, resisteva ai violenti
attacchi, mascherati
da elogi della propria persona, che l’uomo tarchiato,
immancabilmente di
velluto verde vestito, gli lanciava.
Ginny,
intanto, le si era appoggiata sulla spalla e sembrava essere sul punto
di assopirsi.
Hermione, premurosamente, le versò una bella tazza di
caffè bollente e gliela
spinse sotto il naso.
-Veramente,
Ginny, potevi restartene a letto, non ho bisogno ancora della vostra
protezione- le aveva detto, accarezzandole piano i lunghi capelli
rossi, come
una mamma particolarmente affettuosa.
A
quelle
parole, però, il turbinio cremisi si era agitato,
ridestandosi completamente.
-Stai
scherzando? Quel pazzo ha detto che alla prima occasione di
farà la pelle!-
esclamò esterrefatta Ginny.
-Deve
riuscirci,
prima- rispose tranquilla Hermione.
Per
tutta
risposta, Ginny addentò un biscotto e bevve un sorso di quel
liquido scuro che
l’amica le aveva versato. Ciò, sfortunatamente per
l’altra, sembrò essere in
grado di darle una scarica di energia.
-
Dove
Merlino è finita la tua rinomata intelligenza, Hermione? Te
l’ha risucchiata
Malfoy l’ultima volta che ti ha assaltato la bocca?- le
domandò.
La
Gryffindor era sul punto di rispondere, ma venne interrotta dallo
spalancarsi
della porta.
Per
una
terrificante coincidenza del destino, fu proprio il ragazzo appena
citato ad
entrare, fiancheggiato da Daphne, bellissima e perfetta nonostante
l’ora.
Entrambe
le
ragazze li salutarono, aspettandosi che i due, ricambiato il saluto, si
dirigessero verso il proprio tavolo. Così, per la gioia di
Hermione, non fu. Draco,
camminando con voluta lentezza, la raggiunse e, piegatosi su di lei, le
afferrò
il viso tra le mani. Si assicurò che lei avvertisse il suo
respiro sulle
labbra, prima di coinvolgerla in un bacio appassionato.
-Buongiorno-
le sussurrò, non appena sciolse quel legame.
Immediatamente,
Severus Piton, rimasto fino a quel momento a fissare la scena
impassibile,
senza rivolgere la parola a nessuno dei suoi colleghi durante tutta la
colazione, scattò in piedi e puntò il dito indice
verso lo studente della
propria Casa.
-
Malfoy,
venti punti in meno a Slytherin – decretò senza la
minima intonazione vocale e
nella più totale impassibilità.
La
McGranitt
guardò il collega per un istante con una strana espressione
dispiaciuta sul
viso.
Poi,
facendo
forza su entrambe le mani appoggiati al tavolo massiccio, si erse in
tutta la
sua altezza.
Forse,
avrebbe riparato al danno di Piton, sperò Hermione, poco
prima di venir
contraddetta dalla professoressa più severa di Hogwarts.
-Sinceramente,
signorina Granger, tutto mi aspettavo da lei tranne un comportamento
così
volgare e inadatto al luogo in cui si trova. Venti punti in meno anche
a
Griffyndor – decretò austera, rivolgendosi subito
dopo all’insegnate di Difesa
contro le Arti Oscure – Accetto la sconfitta, questa volta,
Severus. Ma la
prossima volta sarò più rapida di te –
mormorò all’uomo dal naso adunco,
motivando così il dispiacere che le aveva increspato il
volto e causando un
sorrisino compiaciuto nell’avversario.
-Brutta
megera- sentenziò Daphne.
-Finocchio
zoticone- pontificò Ginny.
Entrambe
le
ragazze, che si erano rivolte al direttore della Casa avversaria, si
voltarono
verso l’altra e scoppiarono a ridere.
Intanto,
Draco, non contento di aver rovinato l’umore della fidanzata
con quella
ramanzina pubblica, le rubò il biscotto che stava per
addentare.
Cercando
di
non maledire Malfoy, questa si voltò fino ad incontrare lo
sguardo plumbeo di
lui.
-Stai
cercando di andare in contro ad una morta prematura?- gli chiese
furiosa.
-Ti
agiti
così poco solo per un biscotto, amore?- la prese in giro
lui, facendo crescere
in lei la rabbia.
-Non
è solo per un biscotto,
amore. Se la
McGranitt mi odierà per questo, bocciandomi in
Trasfigurazioni, ti consiglio di
correre a chiedere pietà a Voldemort!- esclamò
lei, rossa in viso – E comunque,
quello che ti sei appena divorato era il pasticcino con più
gocce di cioccolato
di tutto il vassoio!-
-In
effetti,
ora che ci penso, era proprio buono, grazie!-
Così
dicendo, le diede un altro bacio, più lungo e minuzioso
dell’altro.
Lei,
troppo
presa dalla bocca di Draco, si dimenticò
dell’ingiuria che voleva dirgli.
-Trenta
punti
in meno a Gryffindor! – urlò gioiosa la McGranitt,
per poi rivolgersi a Piton,
decisamente imbronciato – Mangia la polvere della mia scopa,
Severus! –
-Chi
era
quello?- le chiese Draco, raggiungendola mentre si affrettava ad uscire
dalla
Sala Grande dopo aver finito il proprio caffè. Il suo
incedere rabbioso, unito
al modo in continuava a spettinarsi i lunghi capelli ricci, avrebbe
potuto
essere per tutte le persone normali un chiaro monito di quanto fosse
furiosa,
ma, in fondo, Draco Malfoy non era mai stato un ragazzo ordinario.
-Cinquanta
punti! Capisci, stupido Malfoy? Ci impiegherò
un’eternità a recuperarli tutti!-
gli rispose lei, squadrandolo furibonda.
-Da
quando
un’ora di Pozioni è diventata
un’eternità?- scherzò
l’altro, non facendo che
peggiorare la situazione – Certo, Lumacorno è
piuttosto noioso, ma ti adora,
quindi sono certo che durante la prossima lezione te ne darà
almeno il doppio –
Hermione,
che aveva continuato a camminare imperterrita, si fermò di
botto.
-Forse
non
lo sai, ma il tuo adorato Piton mi odia e mi toglie punti anche solo se
respiro
o se non ho i capelli più unti dei suoi, impresa a dir poco
titanica-
-E
con
questo?- insistette curioso Draco.
-Con
questo,
intendo che tutti i punti che prendo con Lumacorno a malapena
compensano quello
che Piton mi toglie!-
L’altro
sembrò molto colpito da quell’esclamazione e
sembrò cominciare una lunga riflessione.
La quale, con molto dispiacere della Gryffindor, durò
decisamente poco.
-Capito,
mi
dispiace- disse, in una perfetta imitazione di una persona realmente
dispiaciuta – Chi era quello?-
La
ragazza
sbuffò sonoramente e ricominciò a muoversi verso
la biblioteca.
-Se
non hai
intenzione di dirmelo, sono costretto a ritenerlo un tuo amante,
quindi, per
difendere l’onore della mia famiglia e della mia futura
moglie, dovrò ritornare
in Sala Grande e sfidarlo a duello. Daphne, ci faresti da Giudice?-
concluse,
rivolgendosi alla compagna di Casa, che li stava seguendo intrattenendo
una
fitta conversazione con Ginny, la quale, a sua volta, aveva deciso di
accompagnare Hermione in biblioteca.
-Quante
volte devo dirtelo, Draco, io faccio da Giudice solo ai duelli
all’ultimo
sangue- rispose l’altra, spazientita dall’essere
stata distratta dal discorso
che stava tenendo con la rossa.
-Appunto-
rispose l’altro, con un ghigno sulle labbra.
Hermione,
che in quel momento sembrava essere stata costretta a recitare la parte
della
donna adultera, cominciò a preoccuparsi realmente per la
salute di Daniel, il
quale, senza alcun losco proposito, le si era avvicinato solamente per
chiederle di spostare la successiva lezione di Storia della Magia, in
quanto
costretto a studiare per una verifica di Vitious.
-Si
chiama
Daniel!- esclamò subito.
-Cognome?-
domandò con altrettanta rapidità Malfoy.
-
Alleyn – rispose con
un sussurrò,
già esausta di quell’interrogatorio che prevedeva
non sarebbe stato molto
rapido.
-Come
mai ti
conosce?- chiese ancora Draco.
-Siamo
compagni di Casa e lo aiuto a studiare-
Stranamente,
sembrò accontentarsi di quelle informazioni.
Si
impossessò delle labbra di lei possessivo.
-Comportati
bene-
Così
dicendo, si diresse verso la direzione opposta a quella che avrebbe
condotto
Hermione in biblioteca e Daphne lo seguì silenziosamente,
dopo averle salutato
con un sorriso gentile sulle labbra.
***
Quello
che
stava vivendo era uno dei pochi momenti di tranquillità che
il destino sembrava
aver deciso di concederle. Le poltrone della sua Sala Comune non erano
mai
state comode come in quel momento, quando, assorta nel libro di
letteratura
Babbana che stava leggendo per solo diletto personale, nessuno sembrava
desideroso di infrangere l’idillio di quella strana e tanta
agognata serenità.
Seduto di fronte a lei, chino su un compito di Difesa contro le Arti
Oscure che
Piton aveva assegnato loro, Ron stava cercando di ottenere un discreto
risultato senza portare alla temperatura di fusione il proprio
cervello. Alla
fine, come al solito, la ragazza si sarebbe fatta impietosire dal suo
volto
lentigginoso e stravolto, accettando di correggere il suo scritto.
Ciò,
fondamentalmente, significava tradurre le frasi sgrammaticate del
Weasley in
qualcosa di umanamente concepibile e comprensibile. Una vera impresa
che, se
fosse stata resa pubblica, l’avrebbe condotta almeno
all’inserimento della sua
persona nelle Figurine delle Streghe e dei Maghi Famosi presenti in
ogni Cioccorana.
Mentre
attendeva quel momento, comunque, si godeva il meritato riposo,
finalmente
ottenuto dopo che era riuscita a restituire tutti i soldi a Malfoy fino
all’ultimo zellino.
A
meno di
dieci pagine dalla fine del romanzo avvincente che stava leggendo,
Harry entrò
correndo nella Sala Comune, sbriciolando i suoi sogni di un pomeriggio
passata
a leggere.
Il
ragazzo,
che poco tempo prima aveva ricevuto un messaggio di Silente da Jimmy
Peakes,
era di ritorno dall’urgente incontro che l’anziano
preside aveva voluto avere
con lui e, dall’aspetto trafelato, sembrava portare con
sé importanti novità.
-Che
cosa
vuole Silente?- gli chiese Hermione prontamente. L’altro
ansimava pesantemente.
-
Harry,
tutto a posto?- insistette subito, preoccupata per l’ansia
che sembrava aver
preso possesso di Potter.
Questo,
dopo
averla liquidata brevemente, salì le scale del dormitorio
maschile fino alla
propria camera, dove afferrò dal proprio baule la Mappa del
Malandrino, che
molto tempo prima era stata utilizzata per l’ultima volta da
Ron e Denise, e un
paio di calzini rossi e oro appallottolati. Infine, boccheggiante,
ritornò
dagli amici, che ancora fissavano esterrefatti l’angolo
dietro cui Harry era
sparito.
-Non
ho
molto tempo, quindi ascoltatemi bene- cominciò, ottenendo la
completa
attenzione degli altri due.
Il
raccontò
con cui gli intrattenne era coinciso, ma estremamente chiaro. Silente
aveva
trovato uno degli Horcrux e, quella sera stessa, lui
l’avrebbe accompagnato
durante la missione di recupero. Questa, con l’anziano
preside lontano dal
proprio studio, avrebbe potuto essere l’occasione di Belby
per colpire Hermione
e loro dovevano riuscire a sventare il suo piano anche questa volta.
-Rimettete
in uso i Galeoni dell’Esercito, magari qualcuno
risponderà al vostro appello, e
avvisate gli Slytherin, Denise e Drew. Controllate le sue mosse con
questa-
disse, porgendo loro la Mappa – E, in caso di
necessità, spartitevela con Ginny
– concluse, mettendo i calzini tra le mani di Ron.
-Un
paio in
tre, Harry? Non ne hai altri due?- chiese basito il Weasley.
Potter
alzò
gli occhi al cielo.
-
È la Felix
Felicis –
Subito,
Hermione espresse il suo disappunto.
-Tu
ne hai
più bisogno, Harry, tu non sai cosa dovrai affrontare!
Belby, invece, è solo un
idiota e noi siamo in netta superiorità numerica!- concluse
razionale la
ragazza.
-Io
sarò con
Silente, Hermione – e così dicendo, si diresse
verso la Sala d’Ingresso, dove
l’anziano uomo lo aspettava.
Il
loro
Ritrovo, all’interno della Stanza della Necessità,
era particolarmente
affollato, nonostante molte delle
persone attese non fossero presenti.
Il
primo
grande assente era Drew, il quale aveva accettato di collaborare con
gli Auror
dell’Ordine della Fenice che, per volere di Silente,
avrebbero sorvegliato i
corridoi della scuola in sua assenza. Tra i ragazzi
dell’Esercito, poi, solo
Neville e Luna si erano presentati. Entrambi furono sinteticamente
aggiornati
sugli ultimi avvenimenti: il primo da Ginny, che con estremo piacere
aveva
abbandonato lo studio per i GUFO, e la seconda da Denise, sua amica fin
dal
primo anno.
In
un
angolo, appartati rispetto al restante gruppo prevalentemente
Gryffindor, i tre
della Casa di Salazar se ne stavano in silenzio, in attesa che qualcuno
prendesse la situazione di petto. A farlo, come era prevedibile, furono
Hermione e Ron, unici testimoni delle volontà di Harry.
Spiegarono
in breve quello che sarebbe stato il loro compito, rispondendo nel modo
più
approfondito alle domande che venivano loro poste.
-Credete
davvero che ci sia bisogno di tutti noi per quell’idiota di
Belby?- domandò
sconvolta Daphne, attirandosi, in questo modo, l’attenzione
di tutti i presenti
– Vi ricordo che è passato più di un
mese da quando Ron e Denise si sono
intrufolati nella sua camera e, al momento attuale, abbiamo scoperto di
lui
solamente che si porta in camera tutte le sue coetanee e che il suo ego
è tale
da spingerlo a continue adulazioni verso sé stesso davanti
allo specchio!-
Ron
sembrò
sul punto di controbattere, ma Hermione lo trattenne posandogli una
mano
sull’avambraccio destro.
-Quello
che
noi faremo stasera è controllare che Marcus Belby non si
muova dal dormitorio
Ravenclaw, agendo immediatamente nel caso in cui questo non dovesse
accadere.
Se la ritenete una cosa inutile, quella è la porta. Nessuno
vi fermerà, nessuno
vi porterà rancore. – scandì bene la
ragazza, inchiodando il suo sguardo sicuro
negli occhi di tutti i presenti – Ma se deciderete di
rimanere, dovrete fare il
possibile per essere utili e non d’impiccio –
Ginny,
che
ovviamente non li avrebbe mai abbandonati, fiancheggiò
l’amica e il fratello,
subito seguita da Neville, Luna e Denise.
-Dai,
andiamo ad aiutarli, così posso tornare dalla mia maschera
di bellezza- esordì
Daphne sbuffando, mentre obbligava Blaise ad alzarsi dal divano che,
per
volontà della ragazza, era comparso contro una delle quattro
pareti.
Così,
l’unico
che ancora non aveva dato il proprio appoggio era Draco, il quale,
però, non
sembrava intenzionato ad alzare il proprio sedere dai morbidi cuscini
del sofà.
Hermione, allora, lo raggiunse, sedendosi a sua volta. Ma non appena i
suoi vestiti
furono sul punto di sfiorare la superficie nera dell’oggetto,
l’altro la
strinse in una presa serrata che, vista con una certa fantasia, poteva
sembrare
un abbraccio.
-Stai
bene?-
chiese Hermione, la quale faceva non poco fatica a spiegarsi per quale
motivo
si trovasse sulle gambe dello Slytherin.
Lui
mosse il
capo in un cenno affermativo. L’improvvisa
taciturnità del ragazzo le
preannunciò l’arrivo di una delle solite
discussioni che animavano la loro
relazione.
-Allora
…
resti?- gli domandò la Gryffindor, facendo scattare
chissà quale processo
mentale in Draco.
-E
tu te ne
esci con una domanda come questa dopo che non mi hai neanche salutato
quando
sono arrivato?-
La
risposta,
che ovviamente era un’altra domanda, la lasciò
basita. Ripercorse mentalmente
le azioni che aveva compiuto quella sera, fino a raggiungere
quell’azione che
il ragazzo le aveva recriminato di non aver compiuto.
-Io
ti ho
salutato!- esclamò sicura.
-Con
un
cenno della testa!- rispose a tono Draco.
-Ti
ho anche
sorriso!- insistette lei, mentre, dalla platea, Ginny si lasciava
scappare un
paio di insulti verso il Malfoy, tra cui il più gentile era
“bambinone”.
-Si,
come
hai fatto con tutti i presenti in questa stanza!- si impuntò
lo Slytherin –
Dovrei dedurne che mi tradisci con mezza Hogwarts?-
Hermione
si
guardò attorno, costatando gli sguardi sconvolti dei suoi
compagni di Casa e di
Denise.
L’unica
ad
osservare la scena interessata era Luna, che, ovviamente, sembrava aver
trovato
la soluzione a tutto ciò.
-Sono
sicura
che alcuni Gorgosprizzi hanno colonizzato i loro cervelli entrando
dalle loro
orecchie- affermazione, questa, che aveva portato Daphne ad
allontanarsi di
alcuni passi dalla Ravenclaw.
-Possiamo
rimandare questa discussione a più tardi?-
domandò gentilmente Hermione a
quello che, per il momento, era il proprio fidanzato.
-E
perché
mai? Ti urta che tutti sappiano che sei frigida?-
Fu
la goccia
che fece traboccare il vaso, il quale, vista la portata della lacrima,
straripò
con un piccolo Tsunami.
-Non
posso
farci niente, Draco, visto che, oramai, dovresti aver capito che questa
è la
mia reazione ogni volta che apri la bocca-
Sul
volto
del Malfoy si dipinse il solito ghigno. Era caduta nella sua trappola.
-Baciami,
allora-
Quella
richiesta, atta a metterla in difficoltà, spinse la ragazza
ad alzarsi per
porre la maggiore distanza tra i loro corpi.
-Ho
vinto-
disse soddisfatto il biondo, mentre, dopo essersi diretto a sua volta
verso il
tavolo, aveva preso a stiracchiarsi per risvegliare i muscoli
intorpiditi.
L’aveva
sfidata
a manifestare il proprio affetto davanti ai suoi amici e lei si era
tirata
indietro. Le aveva chiesto di riconoscerlo come il proprio fidanzato
anche in
pubblico e lei non l’aveva fatto.
Il
celebre
coraggio Gryffindor, questa volta, non era stato sufficiente.
Improvvisamente,
se la ritrovò davanti e la sberla che gli
infiammò una guancia arrivò inattesa.
Premendogli
la mano sul petto, lo spinse a sedersi sul tavolo. Rapida, si
insinuò tra le
gambe di lui e lo baciò.
Qualcuno,
tra il pubblico, sospirò rincuorato. Altri, invece, dal tono
decisamente
Gryffindor, ridacchiarono.
-Sei
un
idiota- sentenziò Hermione.
-E
sono il
tuo fidanzato- rispose ridacchiando soddisfatto l’altro,
mentre, casualmente,
le sue mani scendevano lungo la schiena di lei fino ad accarezzarle il
sedere.
Un
secondo
schiaffo volò quella sera, venendo intercettato
dall’ex-Cercatore degli
Slytherin.
Denise,
seduta su una sedia, stava leggendo il quaderno da lei stessa incantato
e che
in quel momento si stava riempiendo delle parole di un discorso ben
organizzato
che Belby stava recitando quasi a memoria in preparazione alla verifica
di
Storia della Magia che Ruf avrebbe presentato alla sua classe. Intanto,
Draco,
Luna e Ginny tenevano d’occhio il cartellino recante la
scritta “Marcus Belby”
sulla Mappa del Malandrino, sebbene, sembrando il ragazzo deciso a non
schiodarsi dalla propria camera, ben presto tutti e tre si persero ad
osservare
gli altri abitanti di Hogwarts. Come Drew aveva preannunciato loro,
quella sera
i corridoi della scuola sarebbe stati pattugliati non solo dagli
insegnanti, ma
anche da alcuni membri dell’Ordine della Fenice. Ninfadora e
Remus, infatti, si
trovavano nei pressi della Sala Comune Hufflepuff, mentre Bill Weasley
stava
passeggiando, accompagnato da Vitious, sul limitare della Foresta
Proibita, a
pochi metri dalla casa di Hagrid. La professoressa Sprite, invece,
stava
facendo un giro di controllo di tutte le serre, sebbene, viste le
innumerevoli
soste che questa fece, Neville ipotizzò che,
contemporaneamente, si stesse
occupando anche delle sue amate piante carnivore. Infine, dopo che
Piton aveva
finito la propria ronda, la McGranitt e Kennan gli avevano dato il
cambio, concentrandosi
principalmente sulla Sala Grande, sul corridoio dove si trovavano la
maggior
parte delle classi e sull’ampia zona circostante. Per il
diletto di chi stava
spiando la vita privata altrui, poi, Mastro Gazza e Madame Pince si
trovavano
nello studio del primo, molto simile ad uno sgabuzzino e, come Ginny
non mancò
di notare, si stavano lasciando andare ai piaceri della carne.
Insomma,
quella sera non sembrava proprio essere quella in cui Belby voleva
prendersi la
propria vendetta su Hermione. La ragazza in questione, mentre attendeva
che
qualcuno venisse a reclamare una improbabile rivalsa, si stava
rilassando
leggendo un libro, mentre attendeva come Daphne, di dare il cambio a
Denise.
Ron e Blaise, invece, sembravano essere entrati in uno strano silenzio,
cosa
non nuova per Zabini, ma decisamente impensata per il rosso. Ben
presto, comunque,
il Weasley raggiunse la sorella e sembrò rientrare nei suoi
panni usuali.
Il
sonno,
quando pochi minuti mancavano a mezzanotte, aveva intorpidito le membra
di
tutti i presenti e i più assonnati, oramai, sembravano sul
punto di cadere
addormentati.
Fu
in
quell’istante che iniziò quella lunga nottata che
avrebbero ricordato per molto
tempo a venire. Fu in quell’istante che molte scelte prese in
modo affrettato
influirono su un futuro troppo vicino.
***
-
Hermione!-
La
voce di
Daphne, preoccupata, l’aveva risvegliata completamente da
quel sonno leggero in
cui era caduta. Aprì gli occhi e cercò il suo
sguardo.
Ma
Draco non
la guardava e fissava impassibile la ragazza bionda.
Non
appena
alzò la testa dal suo petto, su cui si era addormentata a
causa del vile calore
del corpo di lui che l’aveva cullata dolcemente, lui le diede
un casto bacio e
l’aiutò ad alzarsi.
La
Granger
si avvicinò alla Slytherin, la quale le porse semplicemente
il quaderno. Lesse
le ultime righe e capì che avrebbero dovuto cominciare a
prepararsi.
“Questa
notte, il Marchio del Signore Oscuro verrà impresso su
queste mura”.
Rapidamente
voltò il capo verso il gruppo che stava controllando la
Mappa del Malandrino.
-Si
sta
muovendo- disse Blaise.
Subito,
risvegliati dall’agitazione che brulicava per la stanza,
tutti si riunirono
attorno alla cartina, come un drappello di generali pronti a decidere
quella
che sarebbe stata la strategia in base alla quale muovere il proprio
esercito.
Videro
quel
puntino che rappresentava il loro avversario muoversi e, in un tempo
troppo
breve per permettere loro di ragionare, raggiungere un luogo di
Hogwarts che
alcuni dei presenti conoscevano fin troppo bene.
-Sta
andando
verso la statua della Vecchia Orba- disse Ron, troppo intimorito da
quell’idea
per riuscire a rimanere calmo.
-Cosa
significa?- chiese subito Draco.
Hermione
si
voltò per guardarlo. Nello sguardo di lei, ora,
c’era quella logica
preoccupazione che la ragazza utilizzava solo nei momenti di vero
pericolo.
-Sta
uscendo
da Hogwarts –
La
notizia
aveva disseminato il caos generale. Belby aveva promesso che qualcuno,
quella
notte, sarebbe morto e ora si stava dirigendo verso Hogsmeade.
Ciò, non poteva
che significare un’unica cosa: era andato a procurarsi
qualche alleato.
-Cosa
facciamo?- chiese Ginny, ponendo a tutti la domanda, ma voltandosi
verso
Hermione.
Lei
stette
un attimo in silenzio, concedendosi di riflettere per trovare la
soluzione più
razionale.
-Dobbiamo
seguirlo- disse la Granger – E fermarlo prima che arrivi a
destinazione. Poi,
daremo l’allarme e i professori e l’Ordine si
occuperanno dei Mangiamorte a
Hogsmeade, nel caso in cui questi si trovino lì-
-Quel
passaggio è molto stretto, se andiamo tutti ci
scoprirà prima ancora di
riuscire ad avvicinarci a lui- osservò Ron.
Si
guardarono
per alcuni brevi istanti. In quel silenzio che era crollato loro
addosso, tutti
si guardavano in cerca di qualche volontario.
-Chi
viene
con me?- domandò Hermione, che aveva già
impugnato la bacchetta.
-Tu
sei il
suo obbiettivo, devi restare qui!- esclamò furente Draco per
l’improvvisa
stupidità che sembrava averla infettata.
-Qualcuno
deve andarci, Draco!- rispose lei, alzando il tono della propria voce.
-Vado
io-
A
parlare
era stato qualcuno che, durante tutto quel trambusto si era appartato,
aspettando
che il terrore dei suoi compagni venisse sostituito dalla ragione.
-Io
conosco
già il passaggio, vado con Blaise - si aggregò
immediatamente Ron.
-E
io vengo
con voi-
L’ultima
a
candidarsi, con estremo stupore di tutti i presenti tranne Ginny, era
stata
Denise. Fu proprio la rossa, che aveva riacquisito un minimo di
autocontrollo,
a porgere ai tre la boccetta di Felix Felicis.
-Bevetene
un
sorso a testa, vi sarà utile-
Il
trio,
prima che chiunque potesse ribattere, era uscito dalla Stanza delle
Necessità,
dopo che la più giovane, più giudiziosa degli
altri due, si era ricordata di
prendere la pozione.
Avevano
osservato i tre puntini dei loro compagni fino a quando questi non
erano usciti
dai confini della scuola per entrare in quelli di Hogsmeade, poi
nessuno aveva
osato più fiatare. Tutti erano in apprensione per chi aveva
avuto il coraggio
di rischiare la propria vita per il bene comune, tutti temevano che
qualcuno
ritornasse ferito o peggio. Daphne aveva chiuso il quaderno incantato,
oramai
inutile, e si era seduta affianco a Draco, che continuava stringere tra
le
braccia Hermione, la quale non riusciva a perdonarsi di aver lasciato
andare
qualcun altro in una missione che la riguardava così da
vicino. Ginny, invece,
camminava avanti e indietro, in pieno stato apprensivo in stile Molly
Weasley,
continuando a maledirsi per non averli accompagnati. Infine, Luna e
Neville,
stanchi e provati da quella nottata che non prometteva nulla di buono,
continuavano ad osservare la cartina, sperando di rivedere presto i
nomi di chi
attendevano.
Ma
così, non
fu.
***
Glielo
aveva
detto Harry molto tempo prima, quando erano ancora studenti del terzo
anno e
quando mai avrebbe pensato che tale informazione potesse esserle utile:
sette erano
i passaggi segreti che conducevano fuori da Hogwarts, ma solo tre non
erano
controllati da Gazza. Eppure, non vi era alcun dubbio: uno degli
scaffali della
Sezione Proibita della Biblioteca era in grado di ruotare su un perno
centrale
se veniva pronunciata la parola d’ordine corretta.
Proprio
da
lì, da quello stretto corridoio celato da un pannello di
legno e da alcuni
ripiani stracolmi di libri, Marcus Belby era rientrato a scuola e di
Blaise,
Ginny e Ron non vi era traccia.
Subito,
coloro che ancora attendevano il ritorno vittorioso dei propri
compagni,
cominciarono a dubitare della riuscita della loro missione e a temere
quella
che, a loro volta, stavano per affrontare.
-Dobbiamo
andare- disse prontamente Daphne, desiderosa di concludere al
più presto quella
faccenda ma, soprattutto, di accertarsi che Blaise fosse ancora vivo.
Gli
altri
non poterono che annuire, impugnando la loro bacchetta.
Erano
in
netta superiorità numerica, la sconfitta non era
contemplata.
Ginny
e
Daphne, seguite a ruota da Neville e Luna, erano già uscite
dalla Stanza delle
Necessità. Lui, poco prima che Hermione raggiungesse i
compagni, l’aveva
afferrata per un braccio.
-
Draco
dobbiamo andare – aveva detto lei, con un filo di voce. Nella
sua testa, il
nome di chi aveva lasciato andare a compiere quello che era il suo
dovere. Lei
che da un paio di lezioni con Drew aveva cominciato a disfare
incantesimi
Oscuri di livello avanzato, lei che con il suo orgoglio aveva causato
tutto
ciò, lei che, se qualcuno fosse morto quella sera, non se lo
sarebbe mai perdonato.
-Lo
so-
rispose Draco. Come lei, anche Malfoy sembrava essere vittima di uno
strano
rimorso, che gli impediva di comportarsi con la solita spavalderia e
facendo
bella mostra della sua lingua biforcuta.
Lo
vide
infilarsi una mano in tasca e cercare qualcosa.
-Avevo
pensato di dartelo alla fine di questa serata, quando pensavo ancora
che Potter
fosse un povero megalomane, ma evidentemente mi sbagliavo, quindi te lo
do
adesso-
Dicendo
ciò,
estrasse finalmente un oggetto lucente che mise tra le mani della
ragazza. Si
trattava di un braccialetto composto da una catenina sottile a cui era
stato
appeso un piccolo ciondolo a forma di “D”.
Sull’angolo in basso della lettera,
inoltre, era stato incastonato un piccolo smeraldo luminoso.
-
È
bellissimo, grazie – disse la ragazza, guardando incantata
l’oggetto e la
persona che glielo aveva regalato.
-Vorrei
che
tu lo indossassi- rispose Draco.
Gli
porse il
polso, affinché l’aiutasse ad agganciarlo. Lui,
con quel suo strano sorriso che
Hermione aveva potuto vedere troppe poche volte, obbedì
immediatamente.
-Appena
avrò
un po’ di tempo te ne comprerò uno simile- disse
convinta la Gryffindor, dopo
avergli dato un lungo bacio come ringraziamento.
-Non
è
necessario-
La
Granger,
con un’espressione stupita in faccia, lo guardò
dall’alto in basso.
-Stai
cercando di dirmi che io devo portarmi il tuo marchio addosso e che tu,
invece,
puoi fare il latin lover con la prima che ti capita?-
domandò, mortalmente
offesa.
-No,
saputella, stavo solo cercando di dirti che ce l’ho
già!-
La
baciò con
una passione tale da lasciare entrambi senza fiato, mentre intanto, con
la mano
che non aveva immerso nei capelli ricci di lei, afferrava il pendente
di una
piccola collana.
Lei
lo
guardò un attimo, solo per sentirsi ancora più
amata e innamorata, poi ritornò
ad occuparsi delle labbra sottili di Draco.
In
quell’istante, non le importò che
l’oggetto avesse la forma della sua iniziale,
abbellita da un rubino rosso come il sangue di un vero Gryffindor, che
quella
sera, presto, sarebbe stato versato.
***
Separarsi
da
lui era stato molto più difficile che sbrogliare un
qualsiasi altro contatto.
In quell’istante, però, qualsiasi altra azione,
anche quella più saggia,
sarebbe stata sbagliata.
Dovevano
dimostrare quel che valevano, dovevano difendere ciò in cui
credevamo e
proteggere quel che in futuro avrebbero voluto essere e, per fare tutto
ciò,
l’unica soluzione era estrarre la bacchetta e assicurarsi di
mettere
definitivamente fuori gioco Belby. Per lui, un ragazzo come tanti, il
Bacio dei
Dissennatori di Azkaban forse sarebbe potuto essere eccessivo, ma, di
nuovo,
questa era l’unica via percorribile ed Hermione, traendo
forza dalla mano di
Draco che stringeva la sua, l’avrebbe percorsa fino al
superamento dell’ultimo
ostacolo. I due, correndo a perdifiato, raggiunsero gli altri, quando
questi
erano sul punto di varcare la soglia che li avrebbe condotti alla
Biblioteca.
Serrarono
le
file, trovando l’uno nella presenza dell’altro il
coraggio di cui avevano
bisogno, e si preparano allo scontro. Ginny, con una rapida mossa della
bacchetta, spalancò una delle ante della ampia porta e,
subito, tutti poterono
distinguere il profilo del Mangiamorte grazie alle candele incantate
appese
alla parete. Perfidia, questo trasmettevano i suoi lineamenti
trasfigurati da
una feroce crudeltà.
-Buonasera
ragazzi- disse loro quello, piegando le labbra in un ghigno spietato.
Fu
la
sicurezza di lui, nonostante fosse in netta inferiorità
numerica, che fece
presupporre ad Hermione quella che, di lì a poco, sarebbe
divenuta un
immutabile verità. Era caduti nella sua
trappola.
La
fretta,
l’ansia, la paura e l’angoscia li avevano spinti a
comportarsi in modo
incosciente. Si erano subito messi in azione, senza riuscire ad avere
prima un
quadro generale della situazione.
Era
certa
che se avessero aspettato ancora un paio di minuti, avrebbero potuto
assistere
alla comparsa dei nomi di alcuni servi del Signore Oscuro nella Mappa
del
Malandrino. Era certa che proprio in quella stanza loro erano attesi.
Quella
macabra coincidenza le parve uno strano scherzo del destino.
Perché un Jack
Russel Terrier luminescente, che Hermione riconobbe subito come il
Patronus di
Ron, attraversò il Reparto Proibito abbaiando a
squarciagola, fino a
raggiungerli poco dopo.
La
voce del
Weasley, resa più potente dall’incantesimo,
risuonò in tutta la stanza,
riempiendola di tetri echi che ribalzavano sulle pareti.
“È
una
trappola, non avvicinatevi alla biblioteca!”
Un
gruppo di
sei persone incappucciate fece capolino, ribaltando la situazione.
Ora,
si trovavano
a dover affrontare nemici nettamente più potenti e persino
più numerosi.
-Che
bel
banchetto!- esordì uno, con la voce roca e graffiante.
-Sono
stato
bravo, vero?- domandò Marcus, rivolgendosi ai suoi rinforzi
in cerca di
complimenti e adulazioni.
-Molto-
rispose una donna, dopo alcuni lunghissimi attimi di silenzio
– Così è questa
la fine che hai fatto, Draco? Tua zia ti voleva così bene,
ma tu e quella
puttana di tua madre l’avete tradita senza il minimo rispetto
del suo animo
nobile … Vuole uccidervi ora, sai? Spera di poter essere lei
a cancellare
l’infamia dal cognome della sua famiglia-
Draco,
rigido, non rispose alla provocazione.
Un
altro
uomo dal volto coperto prese la parola.
-Sorella,
sbaglio o quella – cominciò, rivolgendosi alla
donna che aveva parlato prima di
lui mentre indicava Daphne – è la primogenita di
Greengrass? Femmina e pure
traditrice, che uomo sfortunato … -
Lei,
ben più
sanguigna del suo compagno di Casa, aveva già impugnato
più saldamente la
propria arma, desiderosa di mettere a tacere quel Mangiamorte.
La
mano di
Ginny, che le sfiorò il braccio, la spinse a desistere.
La
Granger
guardò i suoi compagni e decise di fare un passo avanti.
Dovevano trovare un
modo per avvisare qualcuno che potesse aiutarli, ma in quella
situazione lei
non poteva far altro che limitarsi a prendere tempo.
-Dimmi,
Marcus, come hai fatto ad eludere la sorveglianza sul passaggio
segreto?-
L’altro
emise una risata fragorosa, con cui evidentemente voleva sminuirla.
-Semplice,
Sanguesporco, mi sono trovato una
buona
alleata. Una persona che potesse spiarti passando inosservata, che
potesse
permettermi di ottenere informazioni su tutta la planimetria della
scuola, così
da poter trovare un punto debole nelle difese di Silente ma senza
balzare
neppure all’occhio dell’osservatore più
attento, e, infine, che fosse in grado
di distrarre per me colui che è incaricato di pattugliare
alcuni dei passaggi
segreti. Qualcuno che hai sempre avuto sotto gli occhi, ma che, a causa
della
tua superba cecità, non hai mai calcolato-
Alcune
scene
passarono rapidamente nell’anticamera del suo cervello.
Madame
Pince
assente per una colazione galante ad Hogsmeade lo stesso giorno in cui
lei e il
Ravenclaw si trovavano soli nella biblioteca, Madame Pince che non le
sequestrava il Kamasutra che aveva preso per errore dalle mani di Draco
e
Madame Pince che non distoglieva mai lo sguardo da un foglio su cui
stava
scrivendo quella che, inizialmente, aveva pensato fosse una lettera
d’amore per
Gazza, ma che ora sapeva essere un resoconto di ciò che
faceva in Biblioteca.
Quella donna, senza che lei ne avesse il minimo sentore, era diventata
una
secondaria costanza nella sua esistenza a cui lei, scioccamente, non
aveva mai
prestato attenzione.
-Madame
Pince – sussurrò appena.
Belby,
che,
nonostante il flebile rumore di quelle due parole, l’aveva
sentita, non tardò a
pavoneggiarsi per le sue gesta.
-Una
fattucchiera a cui quel vecchio balordo di Silente è
arrivato ad affidare
niente meno che il luogo dove ogni studente dovrebbe poter accrescere
la
propria cultura … Lanciarle una Maledizione Imperius
è stato un gioco da
ragazzi-
Una
domanda,
a quel punto, sorse spontanea.
-E
hai fatto
tutto questo per uccidere me?-
Di
nuovo,
Belby si cimentò in una risata terribile.
-Tu?
Tu non
sei mai stata il fine della missione che il Signore Oscuro mi ha dato,
tu sei
solo stata un buon mezzo. Ti ho fatto credere di volere la tua testa,
ma l’ho
fatto solo per distrarre te, i tuoi amici e Drew da quello che era il
mio vero
scopo! Credi che fossi così stupido da affidare la tua
uccisione ad un pacco
trasportato da un gufo? O magari pensavi che avessi tentato di
ucciderti con
quella brodaglia da quattro soldi che ti ho rifilato alla festa di
Lumacorno?
Sei stata abile, non lo nego, ma io sapevo già come ti
saresti comportata!- le
spiegò, felice d’essere riuscito ad imbrogliarla
– La signora Pince mi aveva
detto della tua amicizia con quella piccola Ravenclaw ed io, da quella
volta,
ho cominciato a tenerla d’occhio. Una ragazza sicuramente
intelligente, non lo
nego, ma che purtroppo si è intrufolata nella mia stanza e
si è dimenticata di
cancellare il più possibile le tracce delle magie da lei
eseguite. Quel
quaderno era sicuramente un mirabile stratagemma, ma non appena
l’ho trovato ne
ho subito approfittato per usarlo contro di voi. E, infatti, alla prima
frase
sospetta voi vi siete precipitati qui!-
L’insano
piacere con cui parlava delle proprie gesta era decisamente inquietante.
-E
se fossi
morta?- insistette Hermione, sperando che qualcuno dei professori o
dell’Ordine
della Fenice decidesse improvvisamente di controllare la Biblioteca.
-Allora,
il
Signore Oscuro avrebbe constatato con me che non meritavi
d’essere risparmiata
e di avere la possibilità di diventare una sua umile serva-
La
Granger
non capì quell’affermazione, ma presto la donna
incappucciata si decise a
spiegarle ciò che Belby intendeva dire.
-Il
nostro
Padrone ci ha dato l’ordine di risparmiarti, così
che tu possa riflettere su
quale sia la fazione vincitrice di questa battaglia e scegliere con chi
allearti di conseguenza-
Lei
ammutolì.
-Io
vado a
portare a termine ciò che il Signore Oscuro mi ha ordinato.
Voi occupatevi di
loro, uccideteli tutti tranne la Granger – disse Belby, prima
di superarli
tranquillamente ed uscire da quella stanza.
Non
appena
la porta si chiuse, la battaglia cominciò.
Tutti
i
ragazzi lanciarono un incantesimo, che, però, si infranse
sempre sulle difese
degli avversari.
-Avvisate
Drew!- urlò Draco, mentre si buttava a terra per schivare
una Maledizione Senza
Perdono. Mentre Daphne, concentrata e furiosa, si portava dinnanzi a
Ginny per
difenderla dagli attacchi di Alecto Carrow, la donna incappucciata,
mentre la rossa
sciolse le briglie del proprio Patronus che, dopo essersi alzato sulle
zampe
posteriori, aveva nitrito fiero ed era corso al galoppo.
Neville,
intanto, stava cercando di Disarmare l’uomo più
alto, mentre Luna, dopo aver
fatto ribalzare uno Schiantesimo sul suo Incanto di Protezione, stava
ricambiando l’avversario con la stessa magia.
Hermione
assisteva inerte alla scena: nessuno cercava di colpirla e, come era
stata ben
presto costretta a constatare, spesso un Mangiamorte riusciva a tenere
testa a
due o tre di loro contemporaneamente. No, se fossero rimasti soli, non
avrebbero mai potuto avere la meglio. Agì
d’impulso e, all’improvviso, si
ritrovò nel bel mezzo dell’azione.
Spalleggiava
Draco nel suo assalto al fratello di Alecto, Amycus, facendo attenzione
a
difendere entrambi dai Cruciatus che quello lanciava senza il minimo
controllo.
Poi, dopo essersi dovuta slanciare di lato per evitare un Avada
Kedavra, operò
in modo da essere perfettamente coordinata con l’azione del
suo fidanzato.
-
Reducto!-
aveva urlato il biondo, mentre compiva un gesto rapido con la mano che
impugnava la bacchetta. L’incantesimo fu facilmente deviato
dal Mangiamorte, il
quale, però, si dimenticò della Granger per pochi
istanti che questa seppe
utilizzare nel migliore dei modi.
-
Expelliarmus!-
La
bacchetta, dopo l’incantesimo della riccia, era volata in
aria, lasciando
l’uomo finalmente scoperto.
-
Petrificus
Totalus!- concluse Malfoy, immobilizzando Carrow e rendendolo
inoffensivo.
Il
ragazzo
raggiunse subito la fidanzata, la quale, però, era sempre
più certa che le loro
difese non avrebbero potuto reggere ancora a lungo.
Stretti
contro un angolo, Neville e Luna, che stavano collaborando
perfettamente,
cercavano di tenere a bada l’uomo dalla voce roca, in cui
Draco aveva
riconosciuto il lupo mannaro Fenrir Greyback, e quello che tra tutti i
Mangiamorte lì presenti era il più alto.
-
Thorfinn,
diamine, fai qualcosa! Sono stanco di questi due!- esclamò
furioso il lupo
mannaro, mentre la combinazione di attacchi a lunga distanza della
Lovegood e
degli incantesimi di Erbologia di Paciock sembrava aver fermato la loro
avanzata.
Draco
intervenne
subito, riportando i due studenti per pochi istanti in vantaggio.
Simultaneamente,
Daphne e Ginny continuavano a tenere in scacco Alecto e Gibbon,
l’unico servo
del Signore Oscuro che, fino a quel momento, sembrava volersene stare
in
disparte. I movimenti delle due ragazze erano una danza ritmata,
alternata da
incantesimi potenti e precisi che le due scagliavano senza mai fermarsi.
L’ennesimo
Schiantesimo della Carrow, però, fu a stento assorbito
dall’Sortilegio Scudo di
Ginny, la quale perse la concentrazione e fu costretta ad allontanarsi
di
alcuni metri dalla Greengrass per evitare una Cruciatus.
Quest’improvvisa
lontananza le indebolì e quando entrambi i Mangiamorte si
concentrarono sulla
Slytherin per punirla del suo tradimento, questa si ritrovò
in una schiacciante
difficoltà.
La
Granger
vide solamente il bagliore verde uscire dalla punta della bacchetta di
Gibbon.
Il suo corpo si mosse spontaneamente, senza che lei potesse averne il
minimo
controllo. Quello che stava facendo era solamente ciò che
andava fatto.
Spinse
Daphne, facendola cadere a terra e salvandola dall’Avada
Kedavra.
Quell’azione,
però, non le diede il tempo di formulare alcun incantesimo
di Difesa.
La
Maledizione si infranse sul suo petto, facendo sbalzare il corpo di
Hermione
all’indietro di alcuni metri. Tutti avevano smesso di
duellare.
Tutti
percepirono il tonfo sordo con cui la Gryffindor urtò il
suolo.
Neville
venne colpito da uno Schiantesimo.
Luna
perse
la presa sulla propria bacchetta.
Daphne,
ancora distesa al suolo, fissava la ragazza che l’aveva
salvata senza emettere
alcun suono.
Ginny,
con
le lacrime agli occhi, aveva raggiunto già
l’amica, ma non osava toccarla.
Blaise,
Denise e Ron, appena usciti dal Reparto Proibito, osservavano attoniti.
L’urlo
disumano di Draco, molto più simile a quello di un animale
che non a quello di
un uomo, riempì la stanza. Quel dolore così
atroce gli stava squarciando il
petto, privandolo del senno e colmando la sua testa di rabbia e
risentimento.
Gridò
ancora, con più sofferenza ed ira.
Hermione …
E,
in
quell’istante, le spesse ante del portone di piombo, unico
accesso al mondo dei
morti, s’aprirono per accogliere quella nuova anima giusta.
Note dell’Autore
Questa
volta, contro ogni possibile previsione, sarò breve. Lo
faccio per due buoni
motivi: il primo è che immagino ci sia almeno qualcuno che
ha già cominciato a
fare colletta per commissionare la mia morte ad un qualche serial
killer (potreste
essere così gentile da dire a costui di non ammazzarmi in
modo troppo
truculento?), il secondo,invece, viene dal fatto che ho deciso di
risparmiare
spazio e parole per la prossima volta, visto che l’elenco
delle persone che
devo ringraziare è spropositato.
Ebbene,
chiudo così queste ultime “Note
dell’Autore”, esprimendo ancora una volta la
mia gratitudine verso tutte le persone che hanno recensito
l’ultimo capitolo e
hanno inserito questa storia, oramai agli sgoccioli, tra le
preferite/seguite/ricordate.
A
presto,
Jerry
|
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Capitolo 21 *** The Last Matriarch ***
Chapter
twenty, The Last Matriarch
Il
suo
corpo, morto a causa di quell’Avada Kedavra, giaceva a terra
in posizione
scomposta dopo il forte urto con il suolo. A nulla erano valsi il suo
vispo
intelletto e le sue grandi capacità, perché da
quell’attacco non avrebbe mai
potuto difendersi. Così, con quella Maledizione, il
Mangiamorte aveva spento la
sua vita, soffiando sull’ardore di un’oramai
consolidata speranza.
Solo
carne e
sangue, impossibilitati nel movimento dal gelo del trapasso, che erano
stati
privati della loro luminescente guida, della valorosa anima di ogni
erede di
Godric Gryffindor.
Chi
aveva
amato il suo spirito, presto avrebbe cominciato a soffrire per la sua
mancanza
e per l’ampio spazio vuoto di cui il suo decesso sarebbe
stato la cagione.
In
molti
avrebbero versato lacrime di dolore, in molti lo avrebbero compianto.
Perché,
tradito dall’uomo in cui riponeva maggiore fiducia, Albus
Silente era caduto,
piegato dagli anni e dalla sua bontà.
Per
lui si
erano dischiusi gli aurei cancelli dell’Eterno Riposo.
Per
lui,
presto, nell’aria avrebbe risuonato il malinconico canto
della Fenice Fanny.
***
La
sua voce fu la prima cosa che
avvertì
non appena si riprese. Sentiva i suoi urli, i pesanti insulti che
rivolgeva ai
Mangiamorte con cui stava combattendo e persino i respiri poderosi di
un
guerriero sfiancato e di un uomo improvvisamente troppo solo. Avrebbe
voluto
alzarsi, avrebbe voluto rassicurarlo, avrebbe voluto combattere al suo
fianco.
Ma non poté farlo.
I
suoi
sensi, dopo quell’attacco da cui non era riuscita a
difendersi e in seguito
alla possente collisione che aveva avuto con il pavimento, sembravano
far
fatica a riprendere la loro usuale funzione. A causa di una forte
emicrania,
che le riempiva la mente di dolorose stilettate, era costretta a tenere
gli
occhi chiusi, schermandola da ciò che la circondava. Il suo
olfatto, poi,
sembrava concentrarsi solamente sull’insopportabile odore
ferroso del sangue
che riempiva l’aria attorno al suo corpo. Percepiva, infine,
i singhiozzi
disperati di Ginny, i quali, spesso, coprivano con le loro lacrime
anche le
urla di Draco.
Il
resto era
solo un continuo contrasto tra caldo e freddo. Il gelido pavimento,
sferzandole
la pelle, la manteneva sveglia e donava sollievo ai numerosi lividi
che, di lì
a poche ore, avrebbero maculato la sua pelle ambrata. Un avvolgente
rivolo di
puro calore le scendeva lungo la nuca, diramandosi in minuscoli
ruscelli fino a
divenire piccole gocce cremisi sui suoi capelli ricci. Poco oltre
l’elegante
confine segnato dal suo collo sottile, sovrastando il suo petto che
quasi non
si muoveva per accompagnare il continuo movimento dei suoi polmoni che
le
permetteva di respirare ancora, Vulcano, il fabbro degli dei, sembrava
torturarla con un puntello arroventato.
Cercò
di
rimettersi in piedi, ma non appena l’intenzione di quel
movimento raggiunse la
parte inferiore del suo corpo, una fitta, simile ad una lama conficcata
nella
carne e trascinata fino a recidere ogni muscolo,
l’attraversò togliendole il
respiro.
Fu
proprio
in quell’istante, quando già stava per darsi
sconfitta, che quel ringhiò,
simile a quello di una bestia ferita, raggiunse il suo cervello. Draco.
Dischiuse
appena gli occhi.
-
Ginny –
Sussurrò
Hermione, cercando di attirare l’attenzione della ragazza che
la fiancheggiava,
facendo attenzione affinché i loro corpi non si sfiorassero
neppure, e che
tentava inutilmente di fermare con le mani le lacrime che le rigavano
il viso.
-
Hermione!-
urlò l’altra in risposta, fiondandosi addosso al
suo corpo dolorante.
-Sei
viva?-
le domandò la rossa, intontita dalla situazione, mentre
l’aiutava ad alzarsi.
Quel supporto fu subito ben accetto e, gettando un braccio attorno alle
spalle
dell’altra e zoppicando con il piede sinistro, Hermione si
rialzò.
Si
guardò
attorno cercando la propria bacchetta, ma il suo sguardo si
fermò subito sul
centro del campo di battaglia.
Vide
solo la
profonda ferita sulla gamba di Draco e Daphne, che, inginocchiata al
suo
fianco, continuava a lanciare incantesimi Scudo per proteggere
entrambi.
Evidentemente, si disse la Granger, non voleva essere ricordata come
quella che
non aveva avuto il coraggio di combattere. Perché questo era
accaduto: quando
lei era stata colpita dall’Avada Kedavra solo i due Slytherin
aveva continuato
a dar battaglia, mentre gli altri erano rimasti immobili ed ammutoliti.
Presto
Ron,
che continuava a ripetere a Denise di stare dietro di lui, le raggiunse
porgendo all’amica la bacchetta che le era scivolata di mano
durante la caduta.
-Come
hai …
- cominciò il ragazzo, venendo bruscamente interrotto da
Hermione.
-
Stupeficium!-
esclamò non appena si fu rimpossessata della sua arma.
L’attacco
fu
blando, ma, avendo colpito Fenrir in pieno petto, fu sufficiente ad
impedirgli
di colpire i due Slytherin.
Non
appena
la sua voce era risuonata nella stanza, tutti i combattimenti erano
cessati e
l’attenzione era stata rivolta solo a lei.
-
Hermione?-
le domandò la Greengrass incredula.
Lei,
affaticata e indolenzita, annuì piano in risposta, prestando
pochissima
attenzione alla ragazza. Lui era lì, ferito e sbalordito,
incredulo dinnanzi a
quello che non poteva essere chiamato in nessun altro modo se non
miracolo.
Draco muoveva adagio le labbra, cercando inutilmente di formulare
almeno una
parola. La paura, però, che lei sparisse di nuovo alla prima
emissione di un
suo suono, inghiottita dal profondo baratro dell’Ade, lo fece
desistere. Decise
d’attendere che le braccia di lei lo stringessero, che le sue
mani gentili lo
accarezzassero e che le sue labbra morbide lo baciassero, cancellando
definitivamente quell’incubo che era stato costretto a
vivere.
Hermione
provò a muovere un passo, ma sarebbe irrimediabilmente
crollata al suolo se non
fosse stato per la rapida presa di Ginny, più forte e
scattante di lei, la
quale la sorresse premurosa e preoccupata.
In
quell’istante, un oggetto luminoso scivolò lontano
dalla pelle del seno della
Granger, adagiandosi, con un piccolo balzò, sulla camicetta
sporca di sangue.
Lo riconobbe subito, nonostante da mesi non vi facesse più
caso. Quello,
immutato nell’aspetto esteriore, era l’anello che
Drew le aveva detto di
indossare sempre in cambio delle loro lezioni private. Ricordava ancora
quelle
parole, che il tempo aveva sommerso tra altre migliaia, spegnendo
l’interesse
da lei nutrito a riguardo.
E, infine, la settima condizione: da oggi in
poi, non dovrai mai più separati da quest’anello.
Aveva
ubbidito. Aveva allacciato quella catenina d’oro, in cui
l’anello era infilato,
attorno al proprio collo, trasformando quell’azione insolita
in una usuale
abitudine. Si era dimenticata di chiedersi il perché,
accontentandosi di
mantenere ad ogni condizione la propria promessa, che, prima o poi, le
avrebbe
permesso di difendersi dagli attacchi Oscuri di Voldemort e dei suoi
Mangiamorte. Osservò l’oggetto con maggior cura,
venendo subita attratta dalla
gemma incastonata nel metallo.
Lo
zaffiro,
infatti, solitamente dello stesso blu profondo degli occhi di Drew,
sembrava
essere illuminato da un’accesa luce cremisi, che tingeva le
numerose facce del corindone
di volubili sfumature violacee. All’interno, poi, il nome
della proprietaria di
quell’oggetto prezioso era cambiato.
Ora,
al
posto di quello della signora Bright, vi era il suo.
Si
guardò
intorno, incontrando molti sguardi basiti.
Ginny
e Ron
continuarono a guardare la catenina per alcuni istanti, per poi
inchiodare
vicendevolmente i loro occhi azzurri, come se così facendo
potessero riempire
il silenzio di infinite parole elegantemente vergate e miniate da un
abile
amanuense. Neville, intanto, parlottava con Luna, la quale sembrava
raggiungere
una sconvolgente consapevolezza ad ogni parola del ragazzo. Daphne
aveva
spalancato la bocca, in un’espressione decisamente poco
elegante e fine, quindi
particolarmente insolita sul suo viso, e Draco, unico tra tutti, dopo
un
iniziale stupore, aveva preso a scuotere la testa con un sorriso sulle
labbra.
L’agghiacciante
risata di Alecto Carrow saturò l’aria stantia
della biblioteca.
-E
così tu
sei un’Impura?- gracchiò, affogando
nell’ennesimo sghignazzo – Quando il
Signore Oscuro lo saprà vorrà averti nelle sue
file ad ogni costo!-
Nessuno
ebbe
il tempo di comprendere il peso di quelle parole, perché le
ante della porta
della stanza si spalancarono con un tonfo.
Lupin,
con
la bacchetta puntata dove fino a pochi istanti prima il legno, ora
frantumato
al suolo, stava celando il duello impari tra i ragazzi e i Mangiamorte,
era
pronto a dare battaglia, fiancheggiato da Bill Weasley e Drew Kennan.
La
scena
mutò rapidamente.
Due
gatti,
spuntati da dietro le spalle dei tre uomini, si era lanciati in corsa
all’interno della biblioteca e, dopo aver scavalcato i servi
di Voldemort
saltando sulle loro teste, si erano subito messi a difesa di Draco e
Daphne. In
un battere di ciglia, l’aspetto di quei felini era cambiato,
lasciando due
donne al posto di quegli animali. La rapida metamorfosi aveva riportato
Minerva
McGranitt al suo usuale aspetto, abbandonando le vesta del soriano con
un
particolarissimo segno squadrato attorno agli occhi. Mentre
l’anziana
professoressa si sistemava gli occhiali dalla forma tanto similare sul
naso, al
suo fianco l’arruffato randagio dallo sbiadito pelo color
grigio topo, che
ricopriva tutto il suo corpo sinuoso tranne le zampe, tinteggiate di
un’improponibile fucsia brillante, ritornò ad
essere la solita Ninfadora Tonks,
la quale era decisamente elettrizzata dalla situazione.
Il
primo a
muovere la bacchetta, troppo veloce per ognuno dei Mangiamorte
lì presenti, fu
Drew, che, dopo essersi rimboccato le maniche dell’ampia
felpa blu, aveva fatto
fuoriuscire dalla punta della propria arma un fascio luminoso
rossastro, che,
come animato di vita propria, si strinse al collo di Amycus Carrow,
togliendogli il respiro. Non appena il ragazzo tirò la
frusta magica, l’uomo,
pur essendo tarchiato e molto saldo nella propria posizione, fu
sollevato da
terra e sbattuto al suolo oltre i confini della biblioteca. Bill e
Lupin,
intanto, non erano rimasti fermi a guardare. Il primo aveva ingaggiato
un
duello molto ravvicinato con Thorfinn e, dopo essergli girato attorno,
era
riuscito, con un paio di affondi, a spingerlo verso il corridoio da cui
si
aveva accesso a quella stanza. Per Remus, invece, le cose furono molto
più
semplici: non appena lo vide, Fenrir, il licantropo che molti anni
prima
l’aveva maledetto conficcando le proprie zanne nella sua
carne, gli si buttò
addosso, mirando al collo dell’ex professore di Difesa contro
le Arti Oscure.
Poi,
fu il
turno della Metamorfomagus che in pochi istanti ebbe la meglio su
Gibbon,
ancora intontito dal rapido cambiamento degli eventi.
Infine,
quando nella stanza erano rimaste solamente la McGranitt e Alecto
Carrow, la
prima si curò di rassicurare l’altra.
-Avete
poche
possibilità di scappare da Hogwarts, stasera- disse con un
sorriso appena
accennato sulle labbra – Drew è a dir poco
furioso, sa? Questi che avete
cercato di assassinare, senza riuscirci, sono i suoi studenti
… -
E
così
dicendo, senza dare all’altra neppure il tempo di mettersi in
posizione
difensiva, la bacchetta della Vicepreside si trovava appoggiata al
petto
dell’altra.
-
Depulso –
disse tranquillamente Minerva McGranitt, scagliando ad almeno tre metri
di
distanza la sua avversaria.
Con
un cenno
della bacchetta, le ante della porta, distrutte da Remus, ritornarono
al loro
posto, perfettamente sigillate dall’ennesimo incantesimo
della Direttrice
Gryffindor, la quale, svolti i suoi compiti più imminenti si
voltò verso i
ragazzi.
-So
che non
è il momento ideale, ma comunque credo sia il caso di
rendervi merito per ciò
che avete fatto- dichiarò severa, osservando prima Draco e
poi Daphne –
Signorina Greengrass, Signor Malfoy, venti punti a testa per Slytherin,
visto
che avete continuato a combattere nonostante i vostri compagni non
fossero in
grado di farlo- concluse, sorridendo ad entrambi.
Minerva
McGranitt si era solo rapidamente accertata delle condizioni di Draco
ed Hermione,
gli unici feriti, se esclusi i lividi di Daphne, Neville, Luna e Ginny.
La
ferita sulla gamba del ragazzo era abbastanza profonda, ma era stata
già
bendata dalla Greengrass non appena questa ne aveva avuto la
possibilità
durante la scontro con i Mangiamorte. La Granger, invece, con buona
probabilità
aveva preso una brutta storta alla caviglia sinistra e, a causa del
pesante
urto con il suolo, si ritrovava un taglio poco sopra la nuca.
Fortunatamente,
sembrava essere superficiale.
Dopo
aver
fatto comparire dal nulla un panno che la Weasley avrebbe dovuto
premere sulla
lesione, l’anziana donna diede solo una rapida occhiata
all’anello un tempo
appartenuto alla madre di Drew, ma sul suo viso imperscrutabile non vi
fu
alcuna inflessione.
-Ora,
ragazzi, dovrete seguirmi- annunciò finito il veloce
controllo – Signor Zabini,
credo che ora possa tranquillamente uscire dal suo nascondiglio e
aiutare la
signorina Greengrass a reggere il suo compagno-
A
quelle
parole, Blaise, rimasto fino a quell’istante nascosto dietro
ad alcuni scaffali,
uscì allo scoperto.
Il
suo passo
era tranquillo, il suo sguardo fisso sul pavimento.
-Non
potevo
… - provò a scusarsi, venendo subito interrotto
dalla McGranitt, che gli posò
gentilmente una mano sul braccio.
-Conosco
perfettamente la sua situazione, non si preoccupi-
Puntò
la
bacchetta contro il ragazzo e lanciò un incantesimo non
verbale.
Il
suo
aspetto esteriore mutò. Il suo fisico si
irrobustì, i capelli si accorciarono e
si tinsero di nero, gli occhi, non più celati, divennero
d’un verde sbiadito e
lo stemma degli Slytherin sui suoi abiti divenne quello rosso ed oro
dei
Gryffindor.
-Così,
nessuno dovrebbe riconoscerla- concluse soddisfatta la donna dopo
un’ultima
occhiata.
Zabini,
con
una voce più allegra della sua, la ringraziò.
-Sono
una
Gryffindor, ma resto comunque in grado di riconoscere
un’azione giudiziosa ed
una scelta intelligente-.
Non
diede il
tempo a nessuno di controbattere e, invitandoli a tenere il passo, si
mosse
lungo il corridoio dedicato ai libri di Trasfigurazione. Nonostante la
situazione, la Vicepreside sembrava essere pienamente in grado di
controllare la
situazione. Forse, come molti di loro, dubitava che, prima
d’andare a dormire,
avrebbe dovuto sguainare la bacchetta e intraprendere un duello,
tant’è che
aveva già indossato la sua vestaglia in stile scozzese. Per
riparare il suo
corpo dal freddo, poi, si era gettata sulle spalle un pesante mantello
verde,
il quale rendeva la sua figura fluttuante e leggera. A completare il
ritratto
di quella grande strega, poi, la lunga treccia, con cui aveva ordinato
i suoi
capelli un tempo corvini, che le ricadeva dolcemente sulla spalla.
Percorse
l’androne nella sua interezza e, giunta al termine di questo,
si fermò davanti
ad un grande quadro addossato alla parete. Ambientato in una piccola
radura,
nei cui pressi scorreva un fiumiciattolo dall’acqua
cristallina, l’effige
raffigurava un piccolo cerbiatto che si abbeverava.
-Buonasera,
signora Fickle – disse la McGranitt.
Immediatamente,
l’animale ritratto voltò il muso gentile e,
allontanandosi dalla fonte, si
avvicinò ad un ciliegio in fiore dipinto in primo piano. Nel
correre la sua
posizione si era fatta eretta, il viso era divenuto umano e il pelo
morbido era
stato sostituito da un semplice abito bianco.
-Minerva!-
esclamò la fanciulla dai fluenti capelli castani che le
incorniciavano il volto
– Hai deciso di rimettere in uso il tuo passaggio segreto?-
A
quella
domanda, gli studenti della donna sbiancarono e spalancarono la bocca.
-
Hogwarts è
sotto attacco, signora Fickle, devo mettere al sicuro questi ragazzi il
prima
possibile-
La
ragazza
annuì in risposta e, ruotando su dei cardini presenti
solamente su un lato del
quadro, si discostò dalla parete.
Ciò
che gli
studenti videro gli stupì. Di fronte a loro, c’era
solamente una cosa: il muro.
-Professoressa,
credo che il suo passaggio segreto sia stato chiuso- si
arrischiò Ron.
-Oh
no,
signor Weasley, in realtà è solo ben nascosto-
gli rispose quella,
picchiettando su una delle mattonelle che componevano il muro.
In
pochi
istanti, si aprì una porta che dava sul corridoio opposto a
quello in cui Drew
e gli altri stavano combattendo.
-Non
sapevo
dell’esistenza di quest’entrata secondaria!-
esclamò Hermione, infervorata dalla
notizia.
-In
realtà,
solo il professor Silente, quando all’epoca occupava la
cattedra di
Trasfigurazione, si accorse di questo piccolo buchetto che avevo aperto
nella
parete per poter venire a studiare in biblioteca anche di notte-
rispose la
McGranitt ridacchiando entusiasta.
-Chi
le dice
che il suo “buchetto” sarebbe sufficiente per far
passare una mandria di
centauri?- chiese Daphne a Draco, il quale alzò le spalle,
troppo sconvolto
dall’aver scoperto che quella donna, la Severità
personificata, gli aveva fatto
fare un tour della Foresta Proibita, con Voldemort a piede libero e con
quel
troglodita di Hagrid come unico difensore, solo perché era
uscito dalla scuola
fuori dall’orario concesso, quando lei, ai suoi tempi, lo
faceva molto più
spesso di lui.
Fu
lei, la
Direttrice della Casa Gryffindor, ad uscire per prima da quella porta
celata
dalla magia. Poi, non appena si fu assicurata che il corridoio fosse
scombro,
spronò i ragazzi a velocizzare i loro movimenti.
-Andate
in
infermeria da Madama Chips, è già stata avvisata
del vostro arrivo- spiegò
rapidamente loro, troppo presa dai rumori della battaglia che, a pochi
metri da
loro, si stava svolgendo – Signor Zabini, visto il momentaneo
infortunio della
signorina Granger, lascio a lei il comando. Nel caso sia necessario, la
prego
di arrivare ad usare la forza, pur di non permettere ai suoi compagni
di
compiere qualche sciocchezza. Quando vi sarete messi al sicuro, poi, le
sarei
grata se sciogliesse il mio incantesimo di Trasfigurazione, in quanto
questi
incantesimi, a lunga distanza, diventano veramente difficili da
controllare
senza disperdere eccessivamente l’energia di colui che li
lancia-
Il
ragazzo
aveva mosso impercettibilmente la testa, la bacchetta stretta nel
pugno.
L’anziana donna voltò loro le spalle, pronta a
dare man forte ai suoi compagni.
Pronta a combattere.
Tra
i
Gryffindor lì presenti, molti si chiedevano per quale motivo
la loro Direttrice
avesse lasciato il comando ad uno Slytherin, ma i loro dubbi si
acquietarono
quando capirono che Hermione, nonostante le ferite, era ancora
pienamente in
grado di controllare la situazione con la sua innata
razionalità.
-Avanti,
Blaise, il comando è nelle tue mani, decidi cosa fare-
disse, infatti, quella.
Il
ragazzo,
nonostante il suo inusuale aspetto, sembrava essere scivolato in uno
dei suoi
soliti silenzi. Stava pensando, scartando i percorsi meno rapidi per
raggiungere l’infermeria e badando a non attraversare strade
solitamente molto
trafficate, per evitare in ogni modo Marcus Belby. Perché
non era un’ipotesi da
scartare che il ragazzo convocasse niente meno che il Signore Oscuro,
ora che
era riuscito a far introdurre tanti Mangiamorte ad Hogwarts. Se solo
avesse
saputo qual’era la missione che era stata affidata al
Ravenclaw da Voldemort,
avrebbe potuto supporre dove fosse diretto e, di conseguenza,
allontanarsi il
più possibile.
-
Weasley,
Paciock, reggete Draco –
Con
quella
frase si era attirato un’occhiata incredula da Daphne, che lo
stava aiutando a
reggere il biondo, il quale, a causa della ferita alla gamba, faticava
a
camminare. L’espressione schifata dello Slytherin, quando si
ritrovò stretto da
quei due Gryffindor, fu memorabile.
-
Denise,
lascia che siano Luna e Ginny a portare la Granger –
Stupita,
la
Millay, dopo aver aiutato la compagna di Casa a caricarsi in spalla il
minuto peso
di Hermione, raggiunse Zabini.
-Perché
… -
provò a dire la Greengrass, venendo interrotta dal
capogruppo che, dopo quest’ultima
frase rimase silenzioso fino al raggiungimento della meta.
-Preferisco
essere fiancheggiato dalla persona più preparata- disse
indicando Denise – e da
quella di cui mi fido di più- concluse, inchiodando il suo
sguardo a quello di
lei.
Reggeva
la
vestaglia tra le mani, mai state salde e sicure nella presa della
propria
bacchetta come in quel momento. Spettava a lei, Vicepreside di
Hogwarts,
difendere la scuola in assenza di Silente.
I
suoi passi
rapidi, ben presto divennero una corsa leggera e, poi, la
rappresentazione di
un ardente desiderio di agire. Perché lì, in quel
corpo che si era ingracilito
irrimediabilmente dopo gli eventi sventurati a cui la donna aveva
dovuto
assistere, un animo Gryffindor, pulsante di coraggio, combatteva senza
sosta
contro una vecchiaia percepita solo negli acciacchi del fisico, ma non
nello
spirito.
Questo
era
Minerva McGranitt: una delle streghe più potenti in
circolazione che aveva
avuto la sfortuna d’assistere alla formazione del Signore
Oscuro, di soli due
anni più giovane di lei, e che, grazie alle proprie
capacità, era sopravissuta
alla prima guerra contro colui che era stato Tom Riddle. Tanto sangue
era stato
versato e molti dei suoi studenti erano caduti, ma lei non si era mai
fermata,
perché anche una brevissima sosta avrebbe causato
l’allontanamento di quel
futuro migliore da lei tanto bramato.
Quando
svoltò l’angolo, la scena che vide fu
raccapricciante. Bill Weasley,
sopraffatto dal proprio avversario, giaceva al suolo in una pozza di
sangue.
Sul suo corpo, ghignante per la piacevole consumazione, il Mangiamorte
Fenrir
si preparava ad un ennesimo affondo, nonostante la sua forma fosse
ancora umana
e, quindi, avesse il pieno controllo sulle proprie azioni. Una goccia
scarlatta
scivolò lungo il mento barbuto dell’uomo, dando un
inequivocabile significato
alle profonde ferite sul viso di Bill.
La
voce
della donna, trasfigurata dall’ira, risuonò
chiara, facendo gioire i Membri
dell’Ordine della Fenice.
-Non
osare
toccarlo, bestia!-
Il
lupo mannaro
le rivolse un ghignò tremendo. Tra i denti, scarlatti per i
morsi inferti al
ragazzo, vi erano brani di pelle e di carne.
Il
primo
attacco fu della donna.
Una
possente
onda d’urto sbalzò Fenrir di qualche metro. Subito
la McGranitt infierì con un
altro incantesimo, il quale, però, venne intercettato e
bloccato dall’altro. Presto,
i due furono di nuovo pronti a fronteggiarsi. Mentre i colpi del
Mangiamorte,
però, erano principalmente Maledizioni Senza Perdono, la
Vicepreside rispondeva
con il solo scopo di mettere temporaneamente fuori gioco
l’avversario, cosicché
successivamente potesse essere interrogato, processato e rinchiuso ad
Azkaban.
Fu
quando lei
fu costretta a piegarsi di lato per schivare un Avada Kedavra che la
situazione
volse in suo vantaggio. Da quella posizione, infatti,
approfittò del fianco
scoperto dell’avversario e lo colpì. Pesanti
catene di metallo gli bloccarono i
movimenti, impedendogli di difendersi a causa del grosso collare e
delle
cinghie attorno agli arti. Con un urlò di liberazione, lo
lanciò contro il
muro, dove le marmoree braccia di una statua lo chiusero in un
abbraccio
stritolante. Dopo averlo facilmente disarmato, lo Schiantò,
eliminandolo dalla
battaglia.
Affaticata,
la donna si guardò intorno. Remus e Ninfadora stavano
fronteggiando i fratelli
Carrow senza incontrare in questo grosse difficoltà.
Drew,
invece, era stretto nel gioco di due Mangiamorte dal capo velato.
No,
non
avrebbe permesso che anche il sangue del figlio che non aveva mai
potuto avere
venisse versato per tracciare il percorso di un folle.
Non
appena
Minerva si introdusse in quel rapido ballo in cui tutti mettevano in
gioco la
propria vita, Drew non poté non trarre un sospiro di
sollievo. Avrebbe potuto
sovrastarli e sconfiggerli entrambi in poco tempo se non fosse stato
per il
fatto che uno dei suoi avversari continuava a lanciare Maledizioni in
modo
quasi casuale ed estremamente disordinato. Non c’era tattica
nei suoi
movimenti, non c’era alcun progetto dietro alle sue
decisioni. Si limitava, con
dispiacere anche del suo collega, a sparare al buio, augurandosi di
mandare
qualcuno dei nemici all’altro mondo. Così, ogni
volta che Drew aveva usato la
Legilimanzia su di lui, si era solo affaticato inutilmente senza aver
ricavato
alcun guadagno degno di nota. Conseguenza di questa tattica tanto
banale era
che il ragazzo, dovendo far attenzione a schivare tutti quegli Avada
Kedavra,
non riusciva a concentrarsi neppure sull’altro Mangiamorte,
il quale,
ovviamente, stava approfittando della situazione per sfoderare tutti
gli
incantesimi Oscuri di cui era a conoscenza.
Percepire
il
corpo di quella donna poggiato sulla sua schiena gli aveva dato una
sicurezza
che poche volte nella sua vita aveva provato. Perché Minerva
McGranitt era
stata l’unico punto di luce della sua infanzia, dopo la morte
di sua madre
Sheila, e perché lei, nonostante non fosse stato un alunno
della propria Casa,
aveva avuto per lui sempre un particolare occhio di riguardo, anche
quando
oramai lui era già divenuto un giovane uomo. Per lui aveva
riservato la
dolcezza di una madre premurosa e la severità di un genitore
coscienzioso.
Le
loro
bacchette si muovevano all’unisono, allontanando gli
avversari e difendendo
entrambi dai loro attacchi. La loro vittoria, però, fu
sancita da una buona
dose di fortuna e dall’ingenuità di coloro che
stavano combattendo. Minerva era
appena riuscita ad Impastoiare il Mangiamorte con cui si stava
divertendo,
quando Drew, per evitare una delle tante Maledizione lanciate
casualmente
dall’altro, si gettò a terra. Il raggio verde
percorse la breve distanza che lo
separava dalla professoressa di Trasfigurazione, la quale
sfruttò la propria
abilità di Animagus e divenne un gatto, evitandolo in
completa tranquillità.
Così non fu per Gibbon, che, essendo pietrificato, fu
colpito in pieno petto.
Dopo
una
bestemmia colorita, Thorfinn Rowle, l’omicida,
ricominciò a battersi. Gli
attacchi incrociati dei due, però, ben presto lo misero con
le spalle al muro e
con due bacchette a premere sulla carne del suo collo.
***
Aveva
assistito immobile a tutta la scena: Silente aveva lanciato la propria
ultima
magia per proteggerlo. Si era ritrovato obbligato ad essere spettatore
della caduta
del più grande mago che aveva avuto l’onore di
conoscere, Impastoiato contro il
muro e celato dal proprio Mantello
dell’Invisibilità.
E
in
quell’istante, quando l’incantesimo che lo
costringeva all'immobilità si
sciolse, confermandogli la morte del Preside, la sua mente stava
ripercorrendo
gli atroci momenti di quell’uccisione ingiusta.
Belby
era
entrato proprio dalla porta che lui stava per aprire per andare a
cercare
aiuto. Silente era debole, avvelenato da una pozione messa da Voldemort
a
protezione dell’Horcrux, lurido frammento della sua anima
immonda. Nonostante
ciò, quando aveva visto risplendere nel cielo di Hogwarts il
Marchio Nero,
firma del Signore Oscuro, una forza assente fino a
quell’istante gli aveva
ridato vigore. Lo aveva mandato a chiedere a chiunque un qualsiasi
mezzo di
trasporto per raggiungere la scuola e lui aveva obbedito. Lui, Harry
Potter,
aveva bussato alla porta di Madama Rosmerta fino a quando questa,
svegliata nel
pieno della notte, gli aveva aperto, indossando una vestaglia di seta
ricamata
con draghi orientali e con ai piedi un paio di ciabattine soffici e dai
tacchi
vertiginosi. L’aveva implorata di seguirlo, portando delle
scope. Lei aveva
acconsentito dopo che era stato costretto ad indicarle il Marchio.
Alla
vista
dello stato pietoso di Silente aveva squittito spaventata e, dopo aver
aiutato
il ragazzo ad alzare il vecchio sulla scopa, aveva augurato loro buona
fortuna,
affrettandosi in casa per comunicare l’accaduto al Ministero.
Il viaggio in
scopa era stato breve e, contemporaneamente, troppo lungo. Aveva
seguito
perennemente con lo sguardo il suo mentore, il quale si stringeva con
forza al
manico del proprio mezzo su cui era completamente chino. La lunga e
fluente
barba bianca svolazzava dietro la sua imponente figura, tanto fragile
in
quell’istante da sembrare sul punto di spezzarsi a
metà. Aveva percepito la sua
voce, ridotta ad un sussurro rauco, sciogliere le barriere che
proteggevano
Hogwarts per permettere loro di passare, mentre i suoi occhi venivano
catturati
dai bagliori verdastri di quel teschio maledetto che sembrava sminuire
la luna
con la propria luminosità. Erano atterrati oltre i bastioni
merlati e, poco
dopo, la fine aveva trovato il suo inizio.
Belby,
ignorando
la presenza di Harry, aveva disarmato Silente. La bacchetta
dell’uomo volò
verso il vuoto e cadde, come poco dopo sarebbe toccato anche al suo
legittimo
proprietario. Il Mangiamorte gli aveva svelato che aveva lasciato tutti
i suoi
inseguitori, che Potter conosceva bene, in compagnia di sei servi del
Signore
Oscuro. Aveva assicurato all’uomo, dandogli un ultimo grande
dispiacere, che
Voldemort aveva dato loro il compito di uccidere tutti coloro che
avrebbero
incontrato e che, quindi, molti dei suoi amati studenti, a quel punto
della
nottata, lo aveva già preceduto nel regno dei Morti. Il
Preside non si era
scomposto ma, anzi, sembrò interessato a come Belby era
riuscito ad eludere la
sorveglianza di Hogwarts. Sembrò essere la domanda giusta,
perché il ragazzo,
affogato nel proprio ego, descrisse tutto ciò che aveva
fatto senza tralasciare
alcuna minuzia.
Quella
maledetta porta, però, sbatté ancora quella
notte. Harry vide Piton entrare,
trafelato ed affannato. Nessun sentimento attraversò il suo
volto quando alzò
la sua bacchetta contro l’anziano uomo che lo aveva sempre
difeso. I suoi
occhi, però, sembravano vomitare disprezzo. Lui, che tra
tutti gli esseri
impuri era il più squallido, stava denigrando un uomo debole
e disarmato prima
di ucciderlo.
Un
raggio
verde colpì Silente in pieno petto, alzando dal suolo le sue
membra esili. Per
un istante solo, Harry sperò che quell’uomo avesse
un ultimo asso nella manica.
Poi, vi fu solo la caduta.
Sentì
Belby
insultare Piton per aver ucciso quell’uomo al suo posto, ma
non lo ascoltò
veramente: nella sua testa vi era un’improvvisa e dolorosa
solitudine. I suoi
pensieri, ora, erano di nuovo solamente suoi.
***
Procedettero
rapidamente, senza incontrare alcuna difficoltà. Ad ogni
angolo, Blaise si
assicurava personalmente che nessuno li stesse seguendo o fosse pronto
a far
loro un’imboscata. Presto, quando i metri aumentarono tra
loro e il campo di
battaglia, i rumori si acquietarono. Il silenzio, mai come in quel
momento, lo
spaventava.
Perché
Marcus Belby era ancora libero d’agire indisturbato nella
scuola, con la
possibilità, quindi, di adempiere in totale
tranquillità ai compiti che
Voldemort gli aveva dato. Zabini, mentre procedeva con il gruppo che
gli era
stato affidato, non riusciva a non pensare a quale missione fosse stata
data
dal Signore Oscuro al proprio tirapiedi e questa mancanza di controllo
lo
agitava. Scegliere la strada sbagliata in quell’istante,
avrebbe potuto causare
la morte di tutti loro. E lui, non poteva permetterlo,
perché tra la
moltitudine di quei visi c’era anche quello grazioso di
Daphne. Commettere una
sola disattenzione, ora che lei aveva sfidato così
apertamente il proprio
padre, opponendosi a lui e al suo Padrone, l’avrebbe condotta
ad un ingiusta
dipartita. Mai avrebbe potuto accettare che la sua splendida farfalla
cadesse
quando così poco la divideva dallo spalancare per la prima
volta le sue ali
colorate. I suoi sensi erano in allerta, i suoi muscoli tesi e pronti a
scattare, la sua mente concentrata sul più piccolo
spostamento d’aria.
Quando
arrivarono davanti alla porta dell’infermeria, la
professoressa Sprite e
Lumacorno stavano facendo la guardia a quell’ingresso.
Entrambi lo fissarono
come avrebbero guardato un redivivo. Daphne posò la propria
bacchetta sul
braccio di lui.
-Finite
Incantatem – sussurrò.
Immediatamente,
il suo aspetto tornò ad essere quello usuale e non appena i
due insegnanti
compresero la situazione, sembrarono trarre un sospiro di sollievo.
-Signor
Zabini, è lei!- esclamò subito il professore di
Pozioni, sorridendo sornione e
avvicinandosi al ragazzo.
La
mano
della donna si parò immediatamente davanti al viso del
signore grassoccio,
fermandolo. Hufflepuff, certo, ma non per questo una sprovveduta.
-
Neville,
dove siamo stati domenica mattina?- domandò, rivolgendosi al
Gryffindor che
stava sorreggendo Malfoy assieme a Ron.
L’interrogato
la guardò stupito. Inizialmente pensò che la
donna avesse battuto la testa, ma
quando vide la severità del suo sguardo, celato appena
dall’ampio cappello
giallo canarino pieno di rattoppi, si convinse di dover rispondere
senza
provare a protestare.
-Durante
la
notte tra sabato e domenica c’è stato il
plenilunio, quindi abbiamo sfruttato
l’occasione per andare a raccogliere Funghi Saltellanti nella
Foresta Proibita,
perché, come lei sa, questi prolificano durante le nottate
di luna piena-
rispose sicuro, ottenendo da Pomona Sprite un sorriso rassicurante.
-Ok,
entrate- disse loro, dopo aver scambiato un paio di parole con il
collega.
Non
appena
Madama Chips li vide, disordinati, arruffati e, nel migliore dei casi,
coperti
di lividi, si lasciò scappare una risatina isterica. Fece
sedere Draco ed
Hermione sullo stesso lettino, uno di fianco all’altra,
mentre con un gesto
invitava gli altri, feriti in modo più lieve, ad accomodarsi
dove volevano,
promettendo loro che li avrebbe visitati il prima possibile.
Valutò con
espressione esperta i due, soffermandosi principalmente sul taglio alla
testa
della Gryffindor e sullo squarcio dello Slytherin.
-
Malfoy,
per favore, tenga tamponata la lacerazione della signorina Granger,
mentre io
mi occupo di lei- disse, dopo aver preso deciso chi dei due avesse la
precedenza.
Inutili
furono i cavallereschi tentativi del biondo di cedere il posto alla
fidanzata,
affermando di sentirsi nel pieno delle proprie energie.
-Chi
è qui
quella con la laurea in Medimagia, signor Malfoy?- domandò
Poppy tingendosi di
una preoccupante tinta paonazza.
-Lei,
signora Chips - rispose con un filo di voce Draco, realmente spaventato
per la
salute fisica e mentale della donna.
-Corretto!
Quindi mi faccia il piacere di non contestare più le mie
decisioni, ha capito?-
Ammutolito,
si voltò verso Hermione. Gli stava sorridendo, mentre con
una mano gli porgeva
un panno sporco di sangue e con l’altra si reggeva i capelli
ricci e spettinati
sopra la nuca. Sul polso sottile, il braccialetto brillava alla luce
delle
candele che illuminavano a giorno quella stanza. Su di lei,
c’era l’iniziale
del suo nome, che lei aveva deciso di indossare. Su di lei, come sul
suo petto,
c’era il simbolo del loro amore.
Prese
l’oggetto che le stava offrendo, invitandola a girarsi un
po’ per facilitarlo.
Lei lo fece, presentando alla vista di lui le linee armoniose del suo
collo
perlaceo, che tante volte aveva baciato. Se chiudeva appena gli occhi,
poteva
ancora percepire la consistenza della sua pelle sotto le labbra e il
profumo
alla vaniglia di lei che tanto lo inebriava.
-Non
ti fa
schifo il mio sangue?- domandò all’improvviso
Hermione.
La
domanda
lo stupì, nonostante da tempo sapesse che, prima o poi,
gliel’avrebbe posta. La
eluse, come sapeva fare benissimo.
-Perché
dovrebbe?-
-I
miei
genitori erano Babbani – rispose sicura lei.
-Mio
padre è
un assassino rinchiuso ad Azkaban, mi lascerai per questo?- le chiese
ancora
lui.
-No-
Lui
sorrise.
Quella negazione, per lui, valeva più di mille altre
conferme.
-Stanne
certa, Granger: non ti libererai mai di me!-
***
Era
stata
l’assenza di quella presenza, tanto delicata e continua da
divenire
un’abitudine, a smuoverlo. Era stata la rabbia per
quell’uccisione ingiusta a
motivarlo.
Si
alzò,
gettando a terra il Mantello dell’Invisibilità. Da
quanto tempo quei due aveva
lasciato il luogo in cui Silente era stato ucciso? Per quanto tempo era
rimasto
immobile, sperando di svegliarsi da quell’incubo tanto
doloroso? Troppo, si
disse, prima di lanciarsi all’inseguimento. Potevano essere
lontani, potevano
aver già raggiunto i confini di Hogwarts, dove avrebbero
potuto attuare una
Smaterializzazione.
Doveva
impedirlo, in memoria del grande mago che, quella notte, era caduto.
Percorse
rapidamente gli scalini della scala a chiocciola, celata dietro la
porta da cui
quei due Mangiamorte erano fuggiti. Saltò, evitando un paio
di gradini, e
atterrando con un piccolo tonfo. Poi, corse.
Senza
fermarsi per prendere fiato, senza concedersi una pausa.
Nell’aria percepiva
l’odore del sangue e i rumori della battaglia.
Si,
qualcuno
stava combattendo quella notte, qualcuno era morto.
Nick-Quasi-Senza-Testa
tentò di fermare la sua corsa, ma senza alcun riguardo
Potter lo attraversò,
rabbrividendo a causa della terribile freddezza del trapasso.
Alla
fine,
raggiunse la battaglia. Nessuno osava avvicinarsi, anche a causa della
muraglia
di professori che impediva il passaggio. Non appena lo vide,
però, il centauro Fiorenzo
gli cedette il passo. Un piccolo spiraglio tra il muro e il suo corpo
equino
che il ragazzo non tardò ad utilizzare.
Vide
Piton,
lontano dagli scontri, e Belby, di pochi passi più avanti a
lui.
Il
terreno
di battaglia era stato pesantemente danneggiato: tutte le finestre
giacevano in
frammenti colorati sui fili d’erba del cortile interno, i
muri erano ricoperti
di bruciature e distrutti in più punti e le rovine di una
grande statua avevano
trovato riposo sul gelido pavimento.
Drew
stava
cercando di impedire a Fenrir di fuggire, ma il licantropo
trovò il supporto
dei Mangiamorte superstiti, i quali, fino a quell’istante
prima, si stavano
battendo con Lupin, Tonks e la McGranitt. Fu proprio
quest’ultima a notare il
suo arrivo, ma, a differenza delle sue aspettative, non gli
ordinò di
andarsene.
-Prendilo!-
urlò la professoressa, indicandogli l’angolo
dietro cui Piton era sparito.
Mai,
come in
quel momento, fu felice di obbedire alla sua Direttrice. Corse, mentre
dietro
di lui la situazione stava precipitando.
Due
dei
Mangiamorte con cui i professori e i membri dell’Ordine
stavano combattendo,
decisero di rimanere indietro per dare agli altri tre, il Licantropo e
i due
Carrow, la possibilità di fuggire. Ninfadora, caduta in
errore, venne
Schiantata e perse i sensi.
Quando
Harry
attraversò la porta d’ingresso di Hogwarts, si
rese conto di essere circondato
dai nemici. Una fattura lo colpì alla schiena, facendolo
gridare per il dolore:
i suoi inseguitori lo aveva già raggiunto. Si
voltò. Doveva fermarli, così da
potersi concentrare solo sul raggiungimento dei suoi avversari.
Tre
contro
uno.
-
Impedimenta!-
Quella
voce
ebbe il potere di riempirlo di speranze: Drew era venuto in suo aiuto.
-Corri,
Harry!- gli disse l’uomo prima d’ingaggiare una
lotta cruenta e rapida con i
tre Mangiamorte.
Harry
ripartì all’inseguimento.
Drew,
preso
dal combattimento, notò appena Harry che lanciava
incantesimi contro Piton, il
quale, dopo averli vanificati senza la minima difficoltà,
rispondeva al fuoco
del ragazzo. Capì immediatamente la situazione, per quanto
molteplici carenze
gli impedissero d’avere una visione completa, ma non potendo
raggiungere Potter
prima di aver sconfitto i tre Mangiamorte con cui stava combattendo, fu
costretto a desistere. Il trio avversario, fortunatamente, sembrava non
essere
molto in sincronia e fu proprio sfruttando ciò che
riuscì a sopraffarli.
Concentrò
i
suoi affondi mentali su Fenrir, che aveva perso gran parte delle
proprie
capacità in Occlumanzia a causa della lenta fusione della
sua natura umana con
quella da Licantropo. Al terzo assalto, l’uomo cadde al
suolo, prendendo a
rotolare mentre con le mani si teneva la testa. I Carrow, intimoriti
dalle urla
di dolore del compagno, alzarono subito le proprie barriere, sperando
che
fossero sufficienti per inibire le abilità di Legilimente di
Drew. La donna,
però, la quale non era molto preparata in questo ambito,
smise di prestare
attenzione agli attacchi fisici del professor Kennan. Costui, infatti,
dopo
aver puntato la bacchetta su Amycus, ruotò rapidamente il
polso, colpendo
Alecto con la propria fattura.
-Ottenebro!-
L’incanto
la
colpì in pieno volto, sbalzandola indietro. Quando si
rialzò, tastando il suolo
attorno al proprio corpo, le iridi dei suoi occhi erano divenute nere,
lasciandola completamente cieca.
-Ma
questa è
Magia Oscura di alto livello!- esclamò sconvolta non appena
comprese la gravità
della situazione.
-Oscuri
mezzi per un candido obbiettivo- rispose il ragazzo, pronta a colpirla
nuovamente.
Non
sapendo
da quale direzione provenissero gli attacchi nemici, Alecto fu presto
Disarmata
e Impastoiata.
-Sorella!-
urlò Amycus, prima di rimettersi immediatamente sulla
difensiva, pronto a
proteggersi da Drew.
Dopo
i primi
incantesimi, che a stento il Mangiamorte riuscì ad evitare,
questo cominciò ad
implorare pietà.
-Sei
così
vile da non riuscire neppure ad essere sconfitto in silenzio, Carrow?-
gli
domandò il ragazzo. Nei suoi occhi blu, gelidi e luminosi in
quella nottata
buia, vi era un disgusto che solo poco volte Drew aveva provato.
-
Umbras
Oppugno- concluse gelido, cominciando subito a correre verso Harry, il
quale, a
sua volta, rincorreva Piton e Belby. Spettrali figure senza volume
circondarono
il Mangiamorte e si avvolsero attorno al suo corpo, come una tela
preziosa
avrebbe fatto con le membra di una dolce fanciulla. Le sue urla,
presto, furono
soffocate da quelle ombre nere come il buio dell’Ade.
A
pochi
metri da Potter, Drew interruppe la sua corsa. Il ragazzo,
probabilmente, non
se ne era neppure accorto, ma, sul limitare della Foresta, la casa di
Hagrid
stava andando a fuoco. Ad appiccare l’incendio era stato
Belby, il quale precedeva
il professore di Difesa contro le Arti Oscure di una decina di metri.
Quest’ultimo,
infatti, sembrava voler duellare con colui che lo stava pedinando.
Kennan
osservò la scena in silenzio, deciso a prendere la decisione
che gli sembrava
più giusta.
Lo
avrebbe
lasciato solo, così che potesse combattere la propria
battaglia. Velocemente,
raggiunse la rustica capanna del guardiacaccia. Poco dopo, il mezzo
gigante
uscì dalla porta di legno bruciacchiata, reggendo sulla
schiena il suo cane
Thor. Entrambi sembravano stare bene.
-
Drew! Per
Merlino, questa si che è fortuna!- esclamò Hagrid
non appena lo vide.
Con
un paio
di “Aguamenti” ben lanciati, ovviamente solo da
parte del più giovane, l’acqua
che comparì fu sufficiente a spegnere il rogo.
Quando
si
decise ad osservare il duello in corso tra Severus e Harry, il secondo
era
steso a terra, in balia dell’altro che, con il viso
trasfigurato dalla rabbia,
lo sovrastava. Distinse chiaramente la mano di Piton alzarsi, pronta a
lanciare
una maledizione.
Agì,
irrompendo nella mente di quell’uomo. Tentare di oltrepassare
le sue difese
avrebbe richiesto troppo tempo e fatica, se mai queste fossero potute
cadere.
Si limitò, dunque, ad alcune immagini.
Gli
occhi
neri del Principe Mezzosangue perlustrarono l’ampio giardino
fino a quando non
incontrarono i suoi. Il suo viso era impassibile, ma le magie che
lanciò non
furono atte a ferire Harry. Si concentrò, infatti, sullo
scioglimento di quelle
che Drew aveva lanciato contro i Mangiamorte.
Presto
i
loro tetri mantelli neri, superati i confini di Hogwarts, svanirono nel
turbinio di affrettate Smaterializzazioni.
***
Madama
Chips, in quel momento, si stava prendendo cura di Daphne, la quale
aveva
cercato in ogni modo di evitare quel controllo. Come era prevedibile,
infatti,
la grande quantità di incantesimi Dissimulanti non
passò inosservata e
l’infermiera le chiese di scioglierli, così che
potesse controllare la sua vera
pelle e non quella creata mediante una magia. La ragazza, ovviamente,
si
oppose, ma nulla poté quando alla donna si aggiunsero anche
il professor
Lumacorno e la Sprite. I numerosi lividi ebbero il potere di spaventare
la
povera Poppy che prese ad armeggiare con tutti i suoi medicamenti per
alleviare
quella sofferenza alla ragazza. Tutte le domande che la professoressa
di
Erbologia le fece vennero abilmente schivate o evitate con scuse
fantasiose ma
credibili.
-E
questa
bruciatura vicino alla caviglia, te la sei fatta sempre cadendo?-
insistette la
signora Chips.
-A
dire il
vero, quell’abrasione pesa sulla mia coscienza. Non dovevo
proprio obbligarti a
salire su quella moto … stupidi trabiccoli Babbani!- si
intromise Blaise,
salvando la situazione e ottenendo un’occhiata riconoscente
dalla fidanzata.
Per
Draco ed
Hermione, tutto sommato, il controllo e la medicazione erano state
più rapide.
Il primo, dopo aver dovuto stringere i denti a causa delle gocce
d’essenza di
Dittamo che la donna aveva versato sul suo taglio profondo, era stato
fasciato
minuziosamente, con l’incontrovertibile prescrizione
d’evitare ogni sforzo
eccessivo. La Granger, invece, non aveva avuto alcun problema con la
sua ferita
alla testa, ma, in compenso, aveva urlato di dolore quando
l’infermiera le
aveva riassestato la caviglia malandata con una spinta leggermente
ruotata di
lato. Il povero Draco, che si era offerto di darle la mano durante
quell’operazione, se ne era immediatamente pentito,
rendendosi conto che, in
quel modo, si era quasi guadagnato anche la frattura di un paio di
dita. Quando
anche il piede della Gryffindor fu spalmato abbondantemente di unguento
e, poi,
bendato, i due furono liberi di rilassarsi su quel letto di infermeria,
luogo
da cui nessuno aveva la concessione di uscire fino a quando qualcuno
non
sarebbe venuto a dire loro che la battaglia era finita.
Per
precauzione, gli ingressi di tutte le Sale Comuni erano stati sigillati
con la
magia e ogni fantasma era stato messo a guardia della soglia della
propria
Casa. Un’intricata rete di comunicazione basata sul passaggio
di notizie da
quadro a quadro, poi, portava le informazioni fino
all’interno dell’Infermeria,
dove un dipinto di Dylis Derwent, gemello a quello presente al San
Mungo e
nell’ufficio del Preside, teneva ogni ora un dettagliato
rapporto su ciò che
stava accadendo. Purtroppo, spesso gli eventi venivano ingigantiti.
Petardi
Cinesi
liberi di scorazzare per i corridoi esclusi, comunque, l’ex
Preside di Hogwarts
sembrava essere certa che qualcuno dei “buoni” era
disteso a terra. Lo scorrere
del tempo, dunque, era divenuto una insopportabile attesa
dell’arrivo di
qualcuno ferito o, nel peggiore delle ipotesi, morto.
-Dovresti
cercare di dormire- disse Draco ad Hermione.
Sapeva
benissimo che la ragazza non gli avrebbe mai dato ascolto, ma non
preoccuparsi
per lei, lo avrebbe fatto soffrire più dei suoi rifiuti.
-Anche
se lo
volessi, non riuscirei a farlo. Stiamo tutti aspettando la stessa cosa,
qui-
Malfoy
si
guardò attorno.
Ron
e Ginny,
stretti in un angolo, sembravano non voler rivolgere la parola a
nessuno,
tant’è che il ragazzo rifiutò persino
il tè caldo preparato con le foglie
secche di una delle piante della Sprite che Denise gli porse. Entrambi,
evidentemente, sembravano essere in ansia per Harry, amico e fidanzato,
e per
un certo Bill, che Draco comprese essere loro fratello maggiore.
Neville e
Luna, intanto, si limitavano a guardare fuori dalla finestra, nella
speranza di
vedere chissà quale animale immaginario. Daphne, obbligata a
letto, si limava
nervosamente le unghie e Blaise, invece, seduto sulla sponda del letto
della fidanzata,
teneva gli occhi chiusi, spalancandoli ad ogni minimo rumore. I
professori,
infine, parlottavano piano tra loro: i loro volti erano mesti, le loro
espressione tetre e le loro conversazioni appena bisbigliate.
No,
non
c’erano buone nuove in arrivo.
Hermione
posò la testa sulla spalla di lui.
-Sei
preoccupata per Potter?- le domandò il biondo.
-È
con
Silente, perché dovrei esserlo?- gli rispose lei, con
un’altra domanda.
-Non
lo so,
dimmelo tu. Non sono io quello che guarda ogni dieci secondi la porta,
sperando
che qualcuno entri-
La
ragazza
rimase in silenzio.
-E
se ci
fossi io oltre quella porta?- insistette Draco.
Lei,
questa
volta, non ebbe dubbi sulla propria risposta.
-Io
sarei al
tuo fianco-
La
porta si
spalancò.
La
prima ad
entrare fu Minerva McGranitt. Scompigliata e con qualche strappo sulla
vestaglia,
ma salda nella sua autorità e nel suo portamento elegante.
Solo il viso, affaticato
e stanco, era segnato da un velo di preoccupazione. Si era fatta strada
in
quella stanza, senza badare a mezzi termini per entrare.
Subito
i
suoi colleghi accorsero, ma li fermò, scostandosi di lato e
indicando chi la
seguiva con un cenno. Remus Lupin, infatti, reggeva Bill Weasley, il
quale era
privo di sensi. Lungo la strada che avevano percorso, una scia di gocce
di
sangue, scivolate dal suo viso sfregiato, segnava la via verso quel
luogo.
-Madama
Chips, la prego, si occupi del ragazzo- disse sicura la donna, con
quella che
nella forma era una richiesta, ma che nei toni non poteva che essere
ritenuto
un ordine. L’infermiera annuì e, dopo aver
indicato un letto a Lupin su cui
l’uomo potesse posare il ferito, si mise all’opera.
Non ebbe bisogno di più
d’un rapido sguardo per riconoscere le tracce di un
Licantropo.
-Un
Mangiamorte è stato ucciso da una Maledizione Senza Perdono
lanciata da un suo
compagno, che abbiamo catturato assieme ad un altro. Tre,
però, ci sono
sfuggiti. Severus, Harry e Drew li hanno inseguiti-
sintetizzò la donna,
massaggiandosi le braccia doloranti – Pomona, Horace, avete
visto Filius? Era
andato a svegliare Severus, ma solo quest’ultimo ci ha
raggiunti in battaglia-
I
due
interpellati negarono con la testa. Minerva fu felice di aver mandato
Ninfadora
a cercare l’uomo.
Alle
fine,
però, giunse loro quella notizia che mai nessuno avrebbe
preveduto.
-
Albus
Silente è morto- disse Dylis dal suo quadro.
***
Tutti
in
silenzio, stretti attorno al capezzale di Bill Weasley, sperando che le
sue
ferite non gli fossero mortali e che, nello sventurato caso in cui lo
fossero,
Molly riuscisse a dire addio al proprio figlio, prima che questo si
lasciasse
scivolare nel Limbo. Ginny, nel frattempo, piangeva sulla spalla del
fratello.
Mai, prima, Hermione l’aveva vista così fragile.
Vederla così la impietosi a
tal punto da toglierle la forza di consolarla.
Si
ritirò
lontana da quel letto, trascinandosi dietro Draco, che la seguiva senza
fiatare. Si tenevano la mano, forse troppo rispettosi per la situazione
in cui
si trovavano per cercare un contatto più ravvicinato. Il
ragazzo non dovette
impegnarsi troppo per rivedere nei comportamenti di lei quelli che
avevano
riempito le ore successive alla morte dei coniugi Granger.
-Usciamo
un
attimo- le sussurrò, pronto a prenderla in braccio pur di
trascinarla fuori da
quel posto.
Stranamente,
lei obbedì senza fiatare.
Ebbero
solo
il tempo di percorre un corridoio, zoppicando entrambi, prima che la
ragazza si
fermasse, gettandosi tra le braccia dell’altro e afferrandosi
alla sua schiena.
Nascose il viso sul petto di lui, trattenendo a stento i singhiozzi.
-Se
solo non
fossi stata così cocciuta, se solo avessimo fatto
rinchiudere Belby ad Azkaban
prima che accadesse tutto questo- ripeteva, con le gote rigate dalle
lacrime.
Draco
si
limitava ad ascoltarla, a farla sfogare, facendole sentire che lui era lì con lei.
Alla
fine,
dopo averle dato il tempo di argomentare quelle che erano le sue tesi,
la
costrinse ad ascoltare.
-Silente
era
vecchio, sarebbe morto comunque. Certamente, non sei stata tu la causa
del suo
decesso- controbatté Malfoy, accarezzandole i capelli
– Per quanto riguarda
Bill, è cosa risaputa che i Weasley sono difficili da
estirpare, figurati se un
paio di graffi lo uccideranno. E Lupin è stato chiaro: non
sappiamo quanti
aspetti dell’essere Licantropo erediterà, visto
che Fenrir era in forma umana-
La
lasciò
riflettere per pochi istanti su ciò che aveva detto, in modo
che fosse in grado
solo di riconoscere la veridicità delle sue affermazioni,
senza, però, che
avesse la possibilità di trovare una argomentazione
contraria.
-Ok?-
le
chiese.
Lei
annuì
piano, prima di mormorare un ringraziamento. Lui, in compenso, esigette
un
bacio.
Quando
le
loro labbra si separarono, Draco sorrise.
-Ora
che ne
ho la possibilità, posso farti una domanda?-
Hermione
annuì.
-Perché
diavolo non hai dato un segno di vita mentre eri distesa in biblioteca?
Ho
creduto che fossi morta! E mi sono pure lanciato contro sei
Mangiamorte,
rischiando la pelle per nulla!-
Lei
rimase
basita.
-Ero
svenuta, come facevo a dirti che ero viva?- domandò,
sconvolta per il genere di
discussione che stavano intrattenendo, ma fondamentalmente divertita
– E,
comunque, dove era finita la tua nobile cavalleria? Quando sono
rinvenuta tu
avresti dovuto già aver vendicato la mia morte o essere
caduto durante
l’impresa!-
Interdetto,
l’altro non si fece pregare per darle una risposta.
-Ma
hai
visto lo squarcio sulla mia gamba?-
-Lo
“squarcio” sarebbe forse quel graffietto per cui
hai urlato come un bambino
quando Madama Chips ci ha messo due gocce d’essenza di
Dittamo?- gli rispose,
con l’ennesima domanda.
-Si,
esattamente
quello. E, sentiamo, se io fossi morto per vendicarti, poi tu mi
avresti
seguito con un romantico suicido d’amore?- la
interrogò Draco, ritornando
all’attacco.
-Assolutamente
no!- esclamò sicura Hermione – Io sono la
damigella indifesa, mi sarei limitata
a compiangerti per il resto della mia vita e a ricordarti in qualche
preghiera-
Lo
Slytherin
scoppiò a ridere.
-Tu
una
damigella indifesa? Tu sei più pericolosa di
un’Orca armata di clava!-
Nel
silenzio
innaturale che opprimeva Hogwarts, l’insulto della Granger
sembrò ancora più sprezzante.
-Stronzo!-
Lui
la
obbligò a baciarlo.
-È
per
questo che mi ami, no?-
***
Quando
avevano fatto ritorno all’infermeria, Harry e Drew li avevano
preceduti. Oltre
a loro, anche i coniugi Weasley, accompagnati da Fleur, si erano
riuniti a loro
figlio. Bill, fortunatamente, sembrava stare meglio, anche
perché, su richiesta
della McGranitt, Drew aveva arginato il più possibile la
diffusione della
maledizione del Licantropo. La cosa si era dimostrata piuttosto
semplice, in
quanto Fenrir, quando aveva assalito il ragazzo, si trovava in forma
umana.
Unendo
i
diversi punti di vista di quella serata, i professori, Harry e i
ragazzi
presenti in quella stanza erano riusciti a ricucire le diverse trame
formando
un unico drappeggio. Si scoprì così, tra lo
stupore di tutti, che colui che
aveva assassinato Silente non era Belby ma Piton.
Piton,
per
cui l’ormai deceduto Preside sembrava nutrire una completa
fiducia e che
nessuno, compresa la professoressa di Trasfigurazione, aveva pensato di
fermare
quando lo videro correre dietro al Mangiamorte che aveva ordito tutto
ciò.
Quello che parve loro un inseguimento, purtroppo, si era rivelato come
una
fuga. Harry, troppo scosso per riuscire a non farsi prendere dalla
rabbia, non
ebbe che parole rancorose per Piton, ma tacque completamente sulla
missione
fallimentare che aveva intrapreso con il proprio mentore.
Perché a breve
distanza dal corpo dell’anziano, che giaceva scomposto
sull’erba, circondato da
curiosi sconvolti, vi era il medaglione protetto dalla pozione che
aveva tanto
indebolito l’uomo, ma sulla superficie aurea di questo non vi
era traccia
dell’elaborata S, simbolo della Casa Slytherin, e
all’interno Potter aveva
trovato solo un biglietto firmato con un acronimo di tre lettere.
“R.A.B.”
Tra
lo
scompiglio generale, accresciuto dal tradimento di Piton, Molly e
Fleur, unite
come mai prima a causa del dolore comune, continuavano a spalmare con
un
unguento acre le ferite sul viso di Bill. Ron e Ginny, la quale era
rimasta vicina
al fidanzato fino a quel momento, si avvicinarono al letto dove il
fratello
giaceva, accompagnati dal padre che cercava di tranquillizzarli. Quando
Harry
fu solo, Hermione lasciò la mano di Draco, che continuava a
stringere
nonostante il ragazzo la tenesse stretta al proprio corpo, e lo
raggiunse per
abbracciarlo. I due, vittime entrambi dei propri sensi di colpa,
cercarono di
confortarsi a vicenda.
Lontano
dalla Granger, Malfoy notò che l’infermeria si era
decisamente svuotata. Non vi
era più traccia, infatti, né di Neville, Luna e
Denise né di Blaise e Daphne.
Scusandosi,
chiese spiegazioni agli insegnanti.
-Prima
di
venire qui, dopo che siamo riusciti a sopraffare i due Mangiamorte che
non
erano scappati, siamo andati a riaprire i dormitori. Così,
vista l’ora tarda,
Minerva ha invitato tutti coloro che non erano legati al ferito
– si intromise
Lupin, così che la McGranitt e i suoi colleghi potessero
continuare a discutere
– ad andare a letto. Credo sia il caso, Malfoy, che lo faccia
anche tu-
Il
biondo annuì.
Si
diresse
verso l’ingresso dell’infermeria, quando la porta
si spalancò per l’ennesima
volta. Trafelata, Ninfadora entrò reggendo tra le braccia il
piccolo professor
Vitious svenuto, che, poco dopo, depose su uno dei letti liberi. I
presenti non
impiegarono molto tempo a capire che era stato messo fuori gioco da
Piton,
visto che l’uomo era stato rinvenuto nei pressi della camera
di quest’ultimo.
Prima
che il
trambusto dato dai nuovi arrivati scemasse, la mano di Draco spinse la
maniglia
e permise al ragazzo di uscire da quella stanza.
-Te
ne vai
senza salutare la tua fidanzata?- gli chiese Hermione, la quale,
ovviamente, lo
raggiunse subito.
Si
voltò con
un sorriso vittorioso sulle labbra.
-Buonanotte,
Hermione –
Lo
rincorse
e, evitando di cadere a causa della propria caviglia fasciata, lo
afferrò per
la manica della camicia, costringendolo a baciarla.
-Buonanotte,
Draco – lo punzecchiò, sciogliendo il bacio.
Immediatamente,
le labbra di lui furono di nuovo attaccate alle sue, passionali e calde.
-Perché
non
vieni nella mia camera? Con tutto questo trambusto, nessuno si
accorgerebbe di
una Gryffindor intrufolata sotto le coperte del mio letto …
- disse lui,
esplicitando con il suo respiro caldo molte cose non dette.
Hermione,
in
risposta, che non avrebbe mai accettato di scendere in quel sotterraneo
buio e
pieno di serpi e che aveva decisamente troppi nodi da sciogliere nella
propria
testa, declinò l’invito, anche se con un certo
dispiacere.
Lui
non
sembrò troppo colpito dalla risposta di lei.
-Vai
e colpisci,
allora- concluse, infatti – Domani voglio essere informato su
tutto ciò che
Drew ti dirà, ok?-
Avevano
parlato molto di quell’anello che, oramai era ovvio,
l’aveva salvata da una
morte certa. Chiacchierando, poi, avevano scoperto che Malfoy sembrava
sapere
di cosa si trattasse, sebbene rispondesse ad ogni domanda con un
“credo che
dovresti chiederlo a Drew”. Così, lei aveva deciso
di dargli ascolto.
-Domani
mattina, in Sala Grande, potrei essere disponibile a farti un resoconto
completo- rispose Hermione.
-Domattina?
Ma sai che ore sono?- domandò lui turbato.
-Prendere
o
lasciare, Malfoy – insistette lei.
Lui
borbottò
qualche insulto al buon vecchio Merlino, ma alla fine gliela diede
vinta anche
questa volta.
-Prendo-
concluse, avvicinando di nuovo i loro visi e baciandola ancora
– Buonanotte –
Lei
lo vide
infilarsi le mani nelle tasche dei pantaloni e sparire dietro
l’angolo alla
fine del corridoio.
Buonanotte.
***
Soli,
nell’ufficio di Drew. Lui aveva fatto comparire due tazzine e
una brocca piena
di tè fumante, sufficiente per scaldare entrambi. Fuori
dalla finestra, la
notte era padrona. Poche ore prima avevano cominciato il loro duello
con i
Mangiamorte e lei era quasi morta. Quel quasi
stonava, perché un Avada Kedavra andato a segno non da
speranze di un ritorno
dal mondo dei defunti.
-Non
ho
molto tempo, la professoressa McGranitt vuole parlare con noi
professori per
prendere una decisione sul destino di questa scuola-
cominciò il ragazzo,
mettendo subito in crisi Hermione.
Le
era
bastato quel pensiero per mandare in tilt il suo sistema nervoso e
questo non
le faceva sperare in una reazione controllata quando avrebbe finalmente
capito
cosa portava legato al collo.
-Chiuderete
Hogwarts?- domandò preoccupata.
-Può
essere-
rispose lui, scuotendo piano la testa preda dello sconforto –
Affinché una
scuola possa essere definita tale, ci devono essere un Preside, degli
insegnanti, ma, soprattutto, degli studenti. Posto che nel giro di una
sola
estate riusciremo a trovare tutti i sostituti necessari, se a settembre
il
numero di iscrizioni non sarà sufficiente, i portoni di
questo edificio
resteranno chiusi, il prossimo anno –
La
Gryffindor bevve un sorso del proprio liquido ambrato, che
scivolò piano nella
sua gola, donando un piacevole calore alle proprie membra. Il tono di
Drew
sembrava essere quasi rassicurante, quindi la ragazza decise di porre
questo
problema in secondo piano, almeno fino a quando non avrebbe risolto i
problemi
che lei riteneva più urgenti.
-
Cos’è
questo?- gli chiese, tirando la catenina e svelando l’anello
celato dai suoi
abiti.
-L’anello
che ti ho chiesto di indossare sempre alcuni mesi fa-
replicò lui tranquillo.
-Questo
lo
so. Cos’altro è?- perseverò Hermione.
Drew
cambiò
subito espressione, facendosi più serio.
-Si
è
illuminato?- le domandò, senza rispondere alla domanda che
lei le aveva posto.
La
sua
allieva mosse il capo in segno affermativo.
-Quello
che
indossi è un oggetto appartenente alla famiglia di mia
madre, i Bright.
Purtroppo, per uno strano scherzo del destino, questo casato
è stata
caratterizzato da una grande quantità di nascituri del
gentil sesso e, per
questo motivo, molte volte è caduto in rovina. Io, per
esempio, sono il primo
maschio a nascere dal grembo di una Bright da almeno tre generazioni,
ma,
ovviamente, ho ereditato il cognome da mio padre- le spiegò
Drew, prima di
focalizzarsi su quella che era l’effettiva risposta alla
domanda della ragazza
– Quell’anello è da sempre stato il
simbolo dell’appartenenza a questo
lignaggio e della sua sfortuna. Era tradizione, infatti, che ogni
madre, in
punto di morte, donasse questo gioiello alla propria primogenita, la
quale, da
quel momento in poi, sarebbe divenuta la Matriarca della famiglia
Bright –
-Ma
com’è
possibile? Sono certa di non aver mai letto in alcun libro di manufatti
tanto
potenti da riportare in vita i morti e, nel caso in cui questi
esistessero,
sono certa che esisterebbero interi tomi in cui vengono descritti fin
nei
minimi particolari-
Drew
le
rivolse uno dei suoi soliti sorrisi.
-Ti
sbagli,
Hermione, quell’oggetto non ti ha riportato in vita- la
corresse, prima di
cominciare con un’altra spiegazione - Quell’anello
risale all’epoca in cui fu
forgiata la spada di Godric Gryffindor. Si, quello che tieni tra le
mani è
frutto della miglior manifattura folletta. Ma l’aspetto
più interessante di
quell’oggetto è che, in realtà, si
tratta di una specie di arcaica bacchetta,
di cui il metallo è l’involucro esterno e lo
zaffiro, invece, è l’anima.
Quell’anello, quindi, non ha fatto altro che azionarsi al
posto della tua
bacchetta quando non sei riuscita ad usarla. Se tu non avessi
conosciuto gli
incantesimi per difenderti dalle Maledizioni Senza Perdono e se tu non
avessi
voluto difenderti da quell’attacco, saresti morta. In
conclusione, non è stato
l’oggetto che porti al collo a salvarti, ma la tua
volontà-
La
ragazza
lo guardò poco convinta.
-È la bacchetta che sceglie il proprio
proprietario, lo dice il vecchio Olivander ad ogni giovane
mago che va a
fare acquisti nella sua bottega- disse improvvisamente Drew –
Scommetto che non
c’è più il nome di mia madre, inciso
all’interno-
Hermione
non
ebbe bisogno di controllare. Proprio quella sera, tra lo stupore
generale, lei
aveva letto il suo nome su quell’anello.
-Quindi,
se
un giorno un Mangiamorte dovesse attaccarmi alle spalle e io non me ne
accorgessi … - provò la ragazza, vedendo il
ragazzo che, con un certo
dispiacere, portava a termine la sua frase.
-Tu
moriresti. Il potere di quel manufatto sta solo
nell’abilità di chi lo usa-
Tutte
quelle
informazioni stavano per farle scoppiare la testa, ma, nonostante
ciò, voleva
sapere ancora.
-Perché
l’hai dato a me?- domandò, infatti.
Drew
rimase
in silenzio, portandosi le mani incrociate sotto al mento.
-Quando
non
riuscii a salvare i tuoi genitori, Hermione, mi sentii colpevole e
credevo che,
in futuro, avresti potuto aver bisogno di una certezza economica che
un’orfana
non può avere- le disse lui, guardandola negli occhi.
Altre
mille
domande si composero nella sua testa, tutte bramanti una risposta che
solo una
persona poteva dar loro.
-Cosa
sono
gli Impuri?-
Il
viso di
Drew, solo per un brevissimo istante, fu attraversato da
un’ira profonda e mai
dimenticata.
-È
l’aggettivo con cui vengono identificati i Mezzosangue e i
Nati Babbani che
entrano a far parte di una nobile famiglia Sanguepuro. In passato erano
figure
molto diffuse visto che spesso i matrimoni dell’aristocrazia
si tenevano tra
consanguinei. Questo, infatti, portava alla nascita di neonati deboli
e,
spesso, affetti da malattie genetiche, i quali se ne andavano prima
ancora di
poter donare un erede alla propria casata. Così, tutti
coloro nati da genitori
Non Maghi, dotati di particolari abilità magiche, venivano
addottati e
ricoperti con un cognome che, il più delle volte, non
avevano mai cercato. I
Bright, proprio per queste intere generazioni di figlie femmine, lo
facevano
spesso, ma con il passare degli anni questa pratica è
divenuta desueta, anche a
causa della nascita di famiglie come i Lestrange e i Malfoy, le quali
hanno
sempre fatto della “purezza” del proprio sangue un
motivo di vanto- le chiarì,
prima di concludere il proprio pensiero – Attualmente, credo
tu sia una delle
poche persone a rientrare in questa categoria-
La
notizia,
per lei che mai aveva fatto dei genitori da cui era nata un confine
limitante
od ostacolante, le scivolò addosso. In fondo, rimaneva pur
sempre Hermione
Granger, nonostante il mondo Magico la ritenesse una quasi Purosangue.
Un
piccolo
particolare, però, non le tornava. C’era qualcosa
di strano in quello che Drew
le aveva detto e lei, non se l’era fatto sfuggire.
-Mi
hai
detto che tu sei il primo maschio dopo tre generazioni di sole donne
–
cominciò, ponderando bene le proprie parole – ma,
allora, come è possibile che
tua madre avesse il cognome dei Bright?-
Il
ragazzo
sfoderò ancora una volta quel suo strano sorriso.
-Intelligente
come al solito, Hermione - si complimentò – Quello
che sto per dirti l’ho
protetto con un incanto Fidelius, quindi non potrai mai rivelarlo: in
realtà,
mia madre era una Mezzosangue e … -
***
La
Sala
Grande, quel giorno, era gremita di studenti e tutti, nessuno escluso,
indossavano abiti da cerimonia. Nonostante la grande
quantità di persone che
riempivano quella stanza, il silenzio era interrotto solo da alcuni
rari
sussurri al tavolo dei professori e dai rumori delle posate che
cozzavano
contro i piatti. Nell’ampio tavolo posto trasversalmente
rispetto ai quattro
occupati dagli studenti delle Case di Hogwarts, gli insegnanti avevano
lasciato
vuoto l’alto trono al centro, dove Silente soleva sedere. La
McGranitt e Drew
sedevano vicini, entrambi elegantissimi per la cerimonia, ma,
diversamente
dalle loro abitudini, i due non si scambiarono neppure una parola. Il
Preside,
però, non era l’unico assente: Hagrid, infatti,
sembrava non essere riuscito ad
affrontare la colazione, mentre la sedia Piton era stata occupata da
Rufus
Scrimgeour, il Primo Ministro. Tra i vari servi di costui, come ebbe il
dispiacere di notare Ron, vi era anche suo fratello Percy, il quale non
si era
minimamente preoccupato della salute di Bill.
Hermione,
come richiesto dal protocollo che Drew non aveva tardato a spiegarle,
aveva
indossato l’anello un tempo appartenuto a Sheila Bright e, ad
ogni boccone che
riusciva ad inghiottire, si guardava attorno triste e pensierosa.
Perché Silente
aveva una strana aurea benigna quasi avvolgente e la sua mancanza, era
impossibile negarlo, incupiva gli animi di tutti i presenti, Slytherin
compresi. Fu proprio su alcune delle persone su questa tavolata che il
suo
sguardo si soffermò: il primo fu Blaise, stranamente
ordinato, forse anche
grazie a Daphne, la quale, bellissima come sempre, continuava a curare
i minimi
dettagli dell’aspetto del ragazzo. Infine, osservò
Draco, a lungo.
Non
appena
lui capì d’essere osservato, alzò gli
occhi e, dopo averli incatenati a quelli
di lei, sorrise. Hermione gli aveva raccontato tutto ciò che
le era permesso
divulgare della sua conversazione con Drew e Malfoy aveva preso la
notizia
molto bene.
“Ora
che sei
una Purosangue” le aveva detto “devi capire che un
matrimonio con uno del tuo
rango, magari proveniente da due delle famiglie più
importanti di tutta
l’Inghilterra, quali casualmente sono i Black e i Malfoy,
è la cosa migliore
per una giovane donna come te. Quindi, eccomi pronto al
sacrificio”. Lei,
offesa, aveva precisato d’essere un Impura, non una
Purosangue, e gli aveva
detto anche che fino al giorno prima lei era ritenuta una Sanguesporco
e che
sposarla sarebbe stato un gesto sconveniente.
“Hermione,
io sono Draco Malfoy! Io posso tutto, soprattutto rendere mia moglie la
persona
che amo”. Visto che l’argomento si faceva troppo
serio per la Gryffindor,
concluse dicendo che lei non aveva intenzione di convogliare a nozze
fino a
quando non fosse diventata una trentenne in carriera, magari con un bel
ufficio
al Ministero.
Il
loro
scambio di sguardi fu interrotto dalla McGranitt, che si era alzata
mettendo
fine ad ogni funereo mormorio.
-
È quasi
ora- annunciò – Per favore, seguite i Direttori
delle vostre Case nel Parco.
Gryffindor, dietro di me-
A
capo della
colonna di Ravenclaw, il piccolo Vitious, ammaccato ma vivo, si
sistemava la
piccola giacca e Pomona Sprite, pulita ed ordinata come mai prima
Hermione
l’aveva vista, guidava gli Hufflepuff. Piton, invece, era
stato sostituito da
Lumacorno, il quale, pavoneggiandosi per la veste verde smeraldo
ricamata
d’argento che indossava, era divenuto il nuovo Direttore
degli Slytherin.
Infine, con incedere solenne, Minerva McGranitt si era messa a capo dei
Gryffindor.
Gli
altri
professori, tra cui vi era anche Drew, si accodarono a queste file
ordinate e,
quando raggiunsero la Sala d’Ingresso, vennero presto
raggiunti da Madama
Pince, finalmente libera dall’Imperius, e Gazza, prigioniero
di un antiquato
completo con la cravatta.
Raggiunsero
rapidamente il lago, dove centinaia di sedie erano state disposte in
modo che
fossero rivolte verso una grande tavola di marmo. Molte erano
già state
occupate, ma comunque, liberi dalla divisione tra Case, i ragazzi
riuscirono a
trovare posti per tutti loro. Draco ed Hermione sedevano vicini.
Tra
tutti i
presenti, solo alcuni vennero riconosciuti da quest’ultima:
principalmente si
trattava di componenti dell’Ordine della Fenice e abitanti di
Hogsmeade.
Qualcuno,
quando tutti gli invitati arrivarono, cominciò a parlare,
ma, nonostante i
tentativi della ragazza, questa non riuscì a sentirne che
piccoli brani. Da
quelle poche parole che le giunsero, comunque, non sembrava un discorso
di
particolare profondità, quando più un freddo
riconoscimento dei meriti di quel
grande uomo e una pomposa espressione del proprio cordoglio.
Trascinando
i piedi, Hagrid attraversò la navata centrale, portando tra
le braccia un
drappo di velluto viola, trapunto di piccole stelle dorate, dentro cui
era
stato avvolto il gracile corpo di Silente. Gli occhi del Guardiacaccia
era
gonfi di lacrime, come quelli di Hermione non appena lo vide arrivare.
Draco le
strinse la mano più forte. Anche Ginny, come lei, stava
singhiozzando, mentre
gli altri, più composti e forti, si limitavano a tendere i
muscoli del viso per
trattenere il pianto.
Nascosti
sotto un leggero velo di acqua verde, un coro di sirene e tritoni
cantavano in
una lingua incomprensibile. I loro visi increspati erano circondati da
corone
di capelli violetti. Con questo sottofondo, che parlava di perdita e
disperazione, il corpo di Silente fu poggiato dolcemente sulla tavola
di marmo.
Non
vi
furono altri stupidi discorsi quel giorno. Qualcuno urlò e
bianche fiamme
frementi e luminescenti crebbero attorno a quelle gelide spoglie,
divenendo
sempre più alte e maestose. Quel fuoco magico produsse un
fumo corposo e
candido come la neve, che salì in alte spirali, tracciando
strane forme. Ne era
certa, tra tutte quelle che vennero a crearsi, quella che raffigurava
una
fenice dalle ali spiegate era la più bella. Infine, quando
tutto ciò si
concluse, un sarcofago niveo aveva preso il posto del tessuto viola.
Una
pioggia
di frecce planò nell’aria, andando a conficcarsi
nel suolo ad alcuni metri di
distanza dalla folla, la quale, però, vide quel gesto dei
centauri, nascosti
tra gli alberi della foresta, non come un tributo ma come un tentativo
di
boicottaggio. Poche grida, comunque, che si spensero subito.
Quando
la
cerimonia finì, Harry radunò tutti i ragazzi in
un luogo silenzioso e descrisse
brevemente a tutti coloro che non ne erano informati, quale missione
gli aveva
lasciato Silente.
Lo
sguardo
di Potter si fermò su tutti coloro che lo stavano
ascoltando: Ginny, Ron,
Denise, Daphne, Blaise, Draco ed Hermione.
-Silente
mi
disse di parlarne con i miei amici e di accettare il loro aiuto, nel
caso in
cui questi si offrissero volontari. Io l’ho fatto.
Ritornerò qui a settembre,
se ci sarà un luogo in cui rincasare. Poi, però,
partirò per trovare gli
Horcrux. Non vi chiedo di partire con me, ma non nego d’aver
bisogno d’aiuto-
***
Tutti
gli
esami erano stati rimandati, tutte le lezioni sospese. Il treno per
Londra
stava per partire e loro stavano per separarsi. Ron e Ginny sarebbero
ritornati
alla Tana con la loro famiglia e Bill, finalmente in piedi. Daphne non
aveva avuto
il tempo di salutare nessuno, invece, perché suo padre,
afferrandola per un
polso, l’aveva trascinata via con la forza. Blaise, dopo la
scena a cui aveva
dovuto assistere, rimase in silenzio, forse troppo sconvolto
dall’aver visto la
propria fidanzata malmenata pubblicamente. Denise ed Harry, invece,
erano
saliti sul treno, dove presto Hermione li avrebbe raggiunti.
La
Granger,
infatti, aveva deciso che avrebbe passato l’estate nella casa
in cui un tempo
avevano abitato i suoi genitori. Viceversa, Draco, scortato da Drew e
da
Narcissa, che aveva voluto a tutti i costi assistere al funerale di
Silente,
sarebbe andato nell’attico dove, da alcuni mesi, viveva sua
madre.
Quel
luogo,
dunque, sarebbe stato dove le loro strade si sarebbero divise.
-Posso
salutare
un attimo Hermione, madre?- chiese Draco, rivolgendosi educatamente
alla donna
dai capelli biondi che, fino a quell’istante, aveva
amabilmente chiacchierato
con la fidanzata del figlio.
-Certamente,
Draco. Io e Drew ti aspettiamo nella Sala d’Ingresso- rispose
gentile la donna,
per poi rivolgersi alla Granger – Hermione è stato
un piacere parlare con te.
Potresti venirci a trovare quest’estate, no?-
La
Gryffindor aveva accettato l’invito e, in seguito, le due si
erano salutate
definitivamente.
-Scrivimi-
le disse Draco, mentre la stringeva al petto – Anche ogni
giorno, se vuoi-
-Farò
il
possibile- rispose lei, cercando le sue labbra per un ultimo bacio.
-Se
mi
tradisci lo verrò a sapere- la ammonì lui, prima
d’accontentarla.
-Se
lo fai
tu, pure. Ma soprattutto, lo saprai tu, perché i tuoi
amichetti la sotto-
rispose lei a tono, indicando la zona tra le gambe di Draco –
si ritroverebbero
in un vaso putrido di Magie Sinister prima che tu riesca a mormorare la
parola
“perdono”-. Detto ciò, i due si
scambiarono un lungo bacio.
Infine,
si
separarono, continuando a voltarsi per vedere l’altro e
scoppiando ogni volta
in risate sommesse.
Seduta
vicino a Denise, con Harry che, di fronte a lei, continuava a guardare
il
paesaggio fuori dal finestrino, Hermione ne sentiva già la
mancanza. Si, gli
avrebbe scritto non appena avrebbe potuto posare le proprie valige.
Sul
suo
petto l’anello della famiglia Bright.
Nella
sua
mente il riecheggio delle parole di Drew.
Nel
suo cuore,
solo il ghigno di Draco e quell’ultima frase che le aveva
detto.
“Solo tu ed io, un giorno”
The End
Note dell’Autore
Un
anno fa,
quando comincia You and Me, decisi che avrebbe narrato gli eventi fino
alla
fine de “Il Principe Mezzosangue” e, quindi, fino
alla morte di Silente. Oggi,
con un certo dispiacere, posso dire d’essere almeno riuscito
a mantenere questo
proposito. Lo avrete capito sicuramente, quel “The
End”, in realtà, altro non
dovrebbe essere che un “To be continued”. I misteri
lasciati tali sono molti e
gli eventi da narrare ancora molteplici. Al momento attuale, comunque,
dubito
che ci sarà un sequel. Non so se qualcuno ne
rimarrà dispiaciuto, ma, ahimè,
Jerry è volubile e si stanca facilmente.
Così,
prima
che tutto diventi troppo opprimente e che la scrittura diventi un
dovere, mi
fermo io, che ho già percorso questa strada e che ne sono
uscito sempre
sconfitto.
Un
finale
tronco e meglio di una storia interrotta e incompleta, no?
Con
questo,
non dico addio al mondo delle fanfiction, anzi. Resterò
nascosto nella mia
solita ombra, uscendo ogni tanto con qualche recensione troppo lunga e
ritornando immediatamente da dove sono venuto.
Ho
in testa
di scrivere la storia di Oscar, il padre di Blaise, ma credo che, pur
rimanendo
per ovvi motivi nel mondo della fantastica zia Row, di magico ci
sarà ben poco.
Quando lo farò? Non lo so, ma, se volete, vi
terrò informate.
È
questo
dunque il momento, di lasciare i miei recapiti.
Il
metodo
più semplice è quello di mettere un “mi
piace” sulla mia pagina Facebook, così,
con un semplice click, sarete certe di aver un metodo rapidissimo per
entrare
in contatto con la mia persona. Questo è il link: Jerry93's
Stories
La
seconda
modalità è quella di controllare assiduamente la
mia pagina autore qui su Efp.
Ovviamente,
sono sempre qui, quindi, se volete, contattami, vi
risponderò appena mi sarà
possibile.
Ringraziamenti
Ho
immaginato spesso questo momento, quando finalmente avrei concluso un
mio
racconto e avrei potuto scrivere alla fine i miei Ringraziamenti. Ci ho
pesato
così tanto che, con un po’ di forza di
volontà, potrei arrivare a scrivere un
libro solo per dire “grazie”. Perché per
quelli come me, per quelli che fino a
poco tempo fa potevano definirsi “novellini”, ogni
percorso è estremamente
impervio e ogni consiglio, ogni critica e ogni complimento un rifugio
più o meno
accogliente in cui rifocillarsi.
Lo
so per
certo, se fossi stato così metodico e paziente da tenere un
diario di bordo,
ora non avrei paura di dimenticare qualcuno e procederei a passo
spedito, senza
perdermi in riflessioni profonde come pozzanghere. Ovviamente, non lo
fatto,
quindi il timore di dimenticare qualcuno mi assilla.
Il
primo
“grazie” va a chi sopporta il me nascosto dietro
Jerry93, ovvero chi è prossimo
ad ottenere almeno la beatificazione. Quindi grazie alla mia
famiglia, che, pur andandoci molto vicino, non mi ha ancora
fatto rinchiudere in un manicomio, dove almeno potrebbe vedermi per
più di
quindici minuti al giorno, senza venirmi a cercare nel mio
“locus amenus” (noto
anche come antro, caverna, luogo di clausura, tana
dell’animale in letargo e,
per gli estranei, camera del sottoscritto). Poi, grazie a tutti i miei
amici,
quelli del cinema, quelli della colazione al Santo, quelli delle feste
e quelli
con cui ho maledetto e insultato ogni professore che mi ha pestato i
piedi. In
generale, i Soliti. Ma siccome sono logorroico, non intendo essere
così breve.
Grazie a Luca, per aver avuto la
pazienza di spiegarmi come diavolo creare una pagina Facebook e che
presto
renderò co-amministratore perché non ci capisco
niente, grazie a Laura, per aver
acceso in me il fuoco
della passione per Harry Potter (che ancora non si è spento
e che non si
spegnerà facilmente), e grazie a Caterina,
per le sue uscite imprevedibili, per le sue recensioni via sms da
svenimento e
per gli infiniti discorsi che teniamo via cellulare. Infine, grazie a Lady Annette, per
un’infinità di buoni motivi:
perché per prima ha creduto in me, perché ha
condiviso con me le gioie e i
dolori di una storia sofferta e bruscamente interrotta,
perché ha provato a
sopportarmi nell’ideazione di una storia mai andata in porto,
perché mi ha
sbattuto in faccia il mondo delle Fanfiction, perché per
prima ha letto tutto
ciò che ho scritto, trovando gli errori, analizzando le
frasi e annotando
particolari, perché ha fondato il Drew Kennan Fan Club,
pretendendo di ricevere
il professore in carne ed ossa (e in accappatoio), perché ha
combattuto,
astutamente e di nascosto, per la coppia Daphne e Blaise,
perché un po’ ha
cominciato a sopportare Draco, perché alla fine ha sempre
accettato ogni mia
scelta (qualche volta dandomi ragione, ma solo dopo molto tempo),
perché ha
accettato la mia follia, perché sta catalogando le mie
molteplici personalità,
perché sopporta la mia paranoia e, infine, perché
non ha mai capito come
comportarsi con me e di cosa ho veramente bisogno.
Ve
l’avevo
detto, no, che sarei stato prolisso?
Passiamo,
finalmente, a tutti i ringraziamenti di Jerry.
I
primi due
sono piuttosto controversi, ma ritengo sia il caso di metterli, visto
che sono
stati la causa della prima lettera della prima parola scritta in questo
universo alternativo.
Grazie
a Lady Thepesh, prima vera autrice
di cui
abbia mai letto una fanfiction. Non posso negarlo, sono stato
decisamente
fortunato. Riporto le parole (anche se le ho prese da due mail diverse
per
renderle più chiare) che mi scrisse, tempo fa, parlandomi di
questo sito “… Efp è un
po’ un campo da ginnastica per me …
Perché non
pubblichi qualcosa su Efp? Potrebbe essere un buon allenamento, credimi
…”. Devo
dirlo? Si, Lady, ti ho creduto e non posso che dirti grazie per questo
consiglio. Messaggio personale
politicamente scorretto: ogni buon servo continua a portare a
termine i
propri incarichi e doveri anche in assenza della propria Padrona, fino
a quando
questa non lo pregherà di congedarsi definitivamente. Non
voglio litigare con
nessuno, né richiedere aggiornamenti, ma spero che la Nostra
Signora si ricordi
ancora che qui, nella dimora che lei ha costruito per noi, molti la
aspettano
ancora. Intanto, chino il capo e torno a spolverare la porcellana per
il tè e a
lucidare l’argenteria.
Il secondo grazie, va ad un
vero e proprio mostro sacro, Savannah/Virginia
de Winter. Mai, prima
delle Sue storie, avevo osato immaginare Draco ed Hermione assieme e,
proprio
leggendo Lei, è spuntata nel mio cervellino bacato la voglia
di dire la mia, di
esprimermi. Quindi, Savannah, grazie perché tu, almeno
quanto la Rowling, hai
dato nuovo impulso al mondo dei libri, avvicinando giovani e adulti
alla
scrittura, e perché continui ad essere per me quel
obbiettivo prefissato che
mai raggiungerò. Il “tendere a”
sarà sempre per me una piacevole forma
d’apprendere. Messaggio promozionale:
sosteniamo i buoni libri e le grandi penne, andiamo tutti in libreria e
compriamo i libri della serie di Black
Friars (andiamo, quante copie ha venduto Moccia? La Domina
Virginia ne
merita almeno il quadruplo!!!).
Approfitto del momento per
ringraziare le altre grandi
fanwriter di Dramioni, a cui guardo con una certa invidia, ma,
soprattutto, con
grande stima: Mirya (grazie anche
per aver riacceso in me la speranza di trovare una prof di italiano che
scriva
fanfiction e per il grande coraggio, sinonimo di una grande donna, con
cui
affronti tutte le rogne che questo destino ingiusto ti appioppa), Lhoss e poison
spring.
Infine (per davvero
stavolta), grazie a tutte le persone
che hanno letto questa storia, che l’hanno messa tra le
ricordate, seguite e
preferite (e che mi hanno messo tra gli autori preferiti). Grazie a chi
ha
messo mi piace sui capitoli e sulla mia pagina Facebook. Grazie a chi
ha
recensito, di cuore.
Grazie a tutte le mie
coetanee con cui ho potuto avere
spesso un confronto (SweetTaiga,
detta “il Mignolo”, e libera_di_sognare,
in particolare) e a tutte le ragazze/signore leggermente più
“navigate” che
hanno saputo trovare per me le parole più dolci e gentili,
le quali non
smetterò mai di ringraziare per la loro bontà.
Perché non lo nego, sono un
bambinone e qui, su Efp, ho trovato l’affetto di molte
“mamme”.
Grazie a chi mi segue dal
primo capitolo, a chi ha
recensito ogni capitolo, a chi ha sopportato i miei aggiornamenti
sregolati, a
chi ha trovato da poco questa storia e l’ha letta tutta in
poco tempo e a chi
vorrà lasciare un commento a quest’ultimo
capitolo.
Ma soprattutto, grazie alla
mitica J.K. Rowling, senza la
quale tutto questo non sarebbe mai esistito e a cui appartengono tutti
questi
personaggi (ovviamente esclusi quelli inventati da me, che appartengono
... a
me). You and Me, infatti, è stata scritta senza alcuno scopo
di lucro.
Detto ciò, che mi
spettava di dovere, mi ritiro.
Come al solito, spero a presto,
Vostro, Jerry
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