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Lista capitoli: Capitolo 1: *** 1 - I consigli della mamma *** Capitolo 2: *** 2 - La salubre vita di campagna *** Capitolo 3: *** 3 - Una telefonata allunga la vita *** Capitolo 4: *** 4 - I tre moschettieri *** Capitolo 5: *** 5 - Un trenino di c... propri *** Capitolo 6: *** 6 - L'ultima botta *** Capitolo 7: *** 7 - Nuovi ponti ***
Naturalmente, tutto quello che leggerete è scritto con il massimo
rispetto per Orlando Bloom, il suo lavoro e la sua vita priv
Naturalmente, tutto quello che leggerete è scritto con il
massimo rispetto per Orlando Bloom, il suo lavoro e la sua vita privata. Questa
è un opera di pura fantasia, che serve solo per avvicinare ognuna di noi
all'oggetto dei nostri sogni. Chiedo scusa a tutti coloro che non la pensassero
così.
NOTA:
Non ho la
minima idea se Orlando abbia una sorella, nel caso ne avesse una non ho idea di
come si chiami, perciò il nome me lo sono inventato di sana pianta unendo i
nomi di due famose scrittrici. Nel caso voi foste a conoscenza dei fatti che io
ignoro, fatemelo presente che sono pure disposta a correggere il testo.
Divertitevi
Sara
1.
I consigli della mamma
Spiluccava
i rimasugli dei biscotti che avevano accompagnato il the, con lo sguardo perso
nei disegni della tovaglia, mentre sentiva la sua voce alle spalle e la musica
uscire bassa dalla radio messa sul banco della cucina; non sapeva se era
arrabbiato, o contento di essere di nuovo lì, in quella stanza.
"Insomma,
poi non è mica la prima ragazza che ti molla..." Disse; era chiaro il
rumore delle tazze che venivano messe nel lavandino. "O forse, stavolta,
eri innamorato davvero?" Domandò poi; il ragazzo alzò gli occhi al
soffitto, roteandoli, poi fece una smorfia e girandosi si trovò la sua faccia
davanti. "Eri innamorato." Sentenziò, poi prese il piatto dove
stavano i biscotti e tornò in cucina. "Non devi mica pensare che, perché
ora sei famoso, una ragazza non si debba sentire autorizzata a piantarti."
Continuò; lui stava entrando in uno stato d’agitazione, sapeva essere così
definitiva. Sbuffò.
"Non
lo penso." Dichiarò scocciato; era vero, però questo non toglieva che si
sentisse tanto di merda da essere scappato da Los Angeles con la coda tra le
gambe.
"Non
devi montarti troppo la testa..." Dopo questa frase il ragazzo si appoggiò
sospirando contro la dura spalliera della sedia, rilasciando le braccia.
"Sei
stata tu a spingermi verso il mondo dello spettacolo, mamma!" Sbottò
infine; lei spuntò dalla cucina, pulendosi le mani con uno straccio.
"Orlando,
tesoro, io non dico che tu non debba diventare ancora più famoso, solo che non
ti devi montare la testa." Spiegò con la solita calma; il figlio sbuffò
ancora, socchiudendo gli occhi, li riaprì solo quando sentì la sua mano sul
proprio viso. "Non prendi droghe, vero?" Chiese la madre guardandolo
fisso negl'occhi.
"Cazzo,
certo che no!" Esclamò lui offeso. "Ammetto che ogni tanto fumo una
sigaretta e alzò un po' il gomito, ma la droga no!" Aggiunse rimettendosi
dritto; la mamma annuì e tornò in cucina. Orlando poté tornare a crogiolarsi
nella sua sconfitta.
"Sono
a casa!" Annunciò una voce familiare; poco dopo Giny entrò in soggiorno,
aveva ancora la divisa della scuola. "Ahhhh!" Gridò spalancando gli
occhi e indicando il ragazzo. "Che diavolo ci fa lui qui?!" Urlò poi.
"E'
casa mia." Rispose lui, tranquillamente, incrociando le braccia.
"No
davvero!" Sbottò la sorella.
"Virginia Emily Bloom." Intervenne la madre, spuntata da
chissà dove. "Saluta tuo fratello in maniera più educata." Le disse.
"Non
ci penso nemmeno!" Esclamò la ragazza dai grandi occhi scuri che stava di
fronte ad Orlando. "Avere un fratello famoso è deleterio per la mia vita
sociale." Dichiarò poi, appollaiandosi sulla sedia davanti alla sua.
"Sappi,
mia cara Giny, che a causa di queste parole potresti essere esclusa dal mio
testamento." Annunciò l'attore con un'occhiata sarcastica.
"E
chi se ne frega!" Rispose lei, con sguardo di sfida; ricominciava la loro
lotta mai conclusa.
"Peccato..."
Fece Orlando, girando il capo di lato. "...avevo intenzione di lasciarti
un sacco di soldi..." Si guardò le unghie, in attesa della sua reazione,
che non tardò.
"Allora
potrei ucciderti ora, e prendermi l'eredità..." Replicò Giny, con tono
furbo; si scambiarono un'occhiata di divertito antagonismo.
"Giny,
tesoro." Era di nuovo la mamma, si voltarono entrambi verso di lei.
"Ricorda, il fatto che sia un congiunto consanguineo è un'aggravante, in
un'accusa di omicidio..." Questa sua battuta mise fine alla discussione,
per il momento.
Orlando
non credeva, dopo tanto tempo che mancava, di riconoscere il padre da come
apriva la porta di casa; si affacciò appena dalla porta del salotto,
guardandolo appendere l'impermeabile nell'ingresso e filare dritto in sala da
pranzo. Lo seguì e lo vide osservare incuriosito il tavolo apparecchiato per
quattro.
"Abbiamo
ospiti?" Chiese, rivolto alla cucina; nessuna risposta, forse la moglie
era fuori.
"Ciao
papà." Fece il ragazzo, allora; lui si voltò verso di lui, un po'
sorpreso.
"Orlando?"
Il figlio sorrise, allargando le braccia. "Scusa sai, ma tendo a
dimenticarmi che c'è una parte del mio DNA sparata per il mondo come una
pallina da flipper." Aggiunse ironico, abbracciandolo.
"Fa
nulla, vecchio." Disse l'altro, rispondendo all'abbraccio. "Mi faccio
vivo troppo di rado."
Si
sedettero a tavola, nel frattempo li aveva raggiunti anche Giny che, dopo aver
baciato il padre, si sedette al suo posto di fronte a Orlando; il ragazzo era
contento, erano anni, da quando era partito per la Nuova Zelanda, che non
mangiava così con calma con la sua famiglia.
"E
allora..." Esordì ad un certo punto il padre, guardandolo, "Cosa ti
ha riportato all'ovile?" Gli domandò.
"La
sua ragazza l'ha scaricato, ah ah ah!!" Giny non perse l'occasione per
sfotterlo, ridendo e ballando sulla sedia.
"Stronza."
Sibilò il fratello, lanciandole un pezzo di pane; lei fece la linguaccia e
rispose lanciando una pallina di molliche.
"Ragazzi."
La madre li rimise a posto, cominciando a servire il pranzo.
"Ma
ti ha lasciato davvero?" Domandò sorpreso il padre; Kate gli era sempre
piaciuta, anche se l'aveva incontrata una volta e mezzo, per caso. Orlando
sospirò, cercando le parole giuste.
"La
storia è finita." Dichiarò tranquillo. "E io mi sono preso un periodo
sabbatico." Aggiunse, con aria filosofica; serviva anche a questo essere
un buon attore.
"Periodo
sabbatico?" L'espressione dell'uomo, mentre pronunciava quelle parole, era
scettica.
"Potresti
andare in qualche santuario buddista tibetano..." Suggerì Giny,
disinteressata; per lei l'importante era che non rimanesse troppo lì.
"Viggo
dice..." Tentò d'intervenire Orlando, ma lo interruppe la mamma.
"Quello
mette troppi incensi nel suo studio, dammi retta." Soggiunse in tono
saggio, annuendo.
"Io
non vedo perché dovresti andare in uno di questi posti strani..." Proclamò
il padre, senza guardarlo, ma impegnato con la minestra.
"...oppure
in uno di quei bei resort alle Isole Vergini..." Giny continuava il suo
personale discorso, senza far caso a quello che dicevano gli altri.
"...dove ti danno un'isoletta privata e vengono a portarti le provviste
ogni tre giorni..."
"Cosa?!"
Esclamò il fratello, guardandola con gli occhi di fuori. "E se mi succede
qualcosa? Vuoi che trovino il mio corpo mangiucchiato dai cormorani?!"
"Esagerato."
Commentò distrattamente la sorella.
"Perché
non vai da zia Clara?" Intervenne la mamma, guardandolo. "Ti ricordi
di lei? Quella mia zia che vive in Scozia..."
"Sì,
mi ricordo di lei..." Annuì il figlio, ma era un po' frastornato.
"Mamma, ha un allevamento di maiali..." Aggiunse preoccupato.
"Non
ti ho mica detto di andare a lavorare nel suo allevamento." Disse lei, con
solito tono pratico e scontato, allargando le mani.
"Anche
se non gli farebbe mica male, al cocchino di mamma..." Intervenne Giny,
acida; il fratello le fece un sorrisino poco divertito.
"Giny."
La rimproverò la madre, poi continuò a parlare. "E' un posto carino, dove
ti puoi rilassare e staccare un po' dalla vita sparata che fai ultimamente,
leggere qualche copione..." Figurati se la mamma si lasciava scappare
l'occasione per metterci di mezzo il lavoro comunque, peggio del suo manager.
"Te la ricordi la fattoria, vero?"
In
effetti se la ricordava, e con piacere, ci aveva passato qualche estate, da
ragazzino; si ricordava tutti i giochi che inventavano, con Giny ed alcuni
ragazzi del posto, ogni giorno era una nuova avventura, una nuova scoperta.
Accettò che la madre chiamasse zia Clara, l'allevatrice di maiali; in fondo,
doveva trovare il modo per togliersi Kate e tutto quello che la riguardava
dalla testa. Perché cercare la pace e la solitudine in qualche posto strano ed
esotico, quando sarebbe bastato un viaggio di alcune ore? Ma, se sospettava che
la fattoria scozzese non fosse cambiata poi così tanto, aveva sottovalutato il
fatto che lui, invece, era cambiato, e molto.
Scese
dal treno in una giornata di sole primaverile; la banchina della stazione non
era molto affollata. Si guardò intorno, non sapeva cosa si aspettasse da quella
sperduta cittadina nelle Highlands occidentali, gli bastava essere lontano da
tutto, per ora.
Vide
un tizio che, con aria smarrita, osservava i pochi passeggeri scesi dal treno
proveniente da Glasgow. Vuoi vedere che questa specie di picchio con la
camicia a quadri cerca me? Si disse. Si avvicinò all'uomo, che aveva una
foto in mano; l'assurdo personaggio lo guardò, poi guardò la foto, e gli
sorrise.
"Sei
l'attore che deve andare alla fattoria di Clara?" Gli chiese, Orlando annuì.
"Bene." Disse ridendo. "Questa foto non ti somiglia per niente,
ma era l'unica che aveva Clara!" Aggiunse, mostrandogli una sua foto col
trucco da Legolas.
"E'
molto lontana la fattoria?" Gli domandò il ragazzo, glissando sulla
fotografia, mentre lo seguiva fuori dalla stazioncina.
"No,
un'oretta..." Cavolo, non ricordava distasse tanto dalla città... "Ti
porto le valige?" Fece poi, allungando le mani sulle borse di Orlando.
"Oh,
no! Sono di Louis Vuitton!" Esclamò il giovane attore.
"Ma
come, non sono tue?" Ad Orlando non schizzarono gli occhi fuori dalla
testa solo perché portava gli occhiali da sole. "Non credevo voi gente
famosa vi doveste far prestare le valige..." Commentò poi, salendo sul suo
scassato furgoncino rosso.
Orlando
rimase per un attimo immobile, indeciso se salire su quel trabiccolo o voltarsi
e prendere il primo treno, ovunque andasse. Ma che diavolo gli era saltato in
mente? Oddiodiodiodio...
Alla
fine l'orgoglio fu più forte del terrore, Orlando non poteva tornare zitto
zitto a Londra e fuggire a Ibiza, lo avrebbe saputo sua madre, e soprattutto i
due campioni di sfottò: Virginia Bloom e Dominic Monaghan, il quale, tra
parentesi, aveva perfino scommesso sulla durata della sua storia con Kate,
vincendo, brutto stronzo... E lui che l'aveva pure baciato in bocca.
"Abbiamo
anche il cinema qui." Affermò Tom, il suo accompagnatore, dopo qualche
minuto di viaggio sullo scomodo furgoncino.
"Ah,
sì?" Ribatté il ragazzo, sarcastico, ma dubitò che capisse la sua acida
ironia.
"Non
ho mai visto un tuo film, però." Si rammaricò poi. "Non li danno in
tv?"
"Beh,
è tutta roba recente..." Rispose Orlando, passandosi una mano tra i
capelli; lui sorrise annuendo. Il ragazzo alzò una gamba, posando il piede
contro il cruscotto e guardando fuori. "Tu lavori all'allevamento,
Tom?" Il guidatore lo guardò, sempre sorridendo col suo viso lentigginoso.
"No,
io lavoro al salumificio." Replicò con entusiasmo. "I nostri salumi
sono conosciuti, tutta roba tipica, dai nostri maiali." Aggiunse orgoglioso.
"Mi
fa piacere..."
Arrivarono
alla fattoria dopo più di un'ora di paesaggio sempre uguale: colline, dossi,
cunette, erba e pecore, un sacco di pecore. Avevano attraversato anche il
paese, era quello che si ricordava, non la città; il pensiero non lo rassicurò,
c'era un solo pub e non sembrava per niente invitante.
Tom
lo fece scendere davanti alla porta della casa padronale; la fattoria ed i suoi
dintorni non erano cambiati per niente, come se il tempo si fosse fermato. La
sua memoria, però, aveva cancellato un particolare: l'odore di quel posto. Lo
si sarebbe potuto definire profumo di campagna, Orlando decise che preferiva
chiamarlo tanfo; l'odore di sterco di mucca, fieno, cavalli e... maiali,
riempiva l'aria, togliendogli il fiato.
"Beh,
allora benvenuto!" Gli fece Tom, riportandolo alla realtà, il ragazzo si
voltò verso di lui. "Magari ci rivediamo nei prossimi giorni."
Aggiunse.
"Eh,
magari..." Biascicò Orlando, ancora alla ricerca di un filo d'aria priva
di odori.
"Se
mi ricordo ti porto un bel culatello!" Era incapace di reagire,
preoccupato solo del fatto che i suoi jeans invecchiati ad arte, e proprio per
quello costosissimi, stessero strusciando sulla melma indefinita ai suoi piedi.
"Salutami Clara!" Lo pregò infine l'uomo, prima di salire di nuovo
sul furgone e andare via.
Orlando
si portò le mani sul viso, cercando di non mettersi ad urlare come una
donnicciola solo per il fatto che le sue scarpe erano immerse nel fango;
respirò, cercando di non far caso agli odori che arrivavano, poi riaprì gli
occhi, allarmato e confuso. "Culatello..." Riuscì solo a mormorare,
trattenendo le lacrime.
Il
ragazzo entrò un po' titubante, l'atrio era silenzioso e buio; posò le valige e
si diresse verso una stanza sulla destra, da dove venivano dei rumori, era la
cucina. Si sarebbe aspettato di trovare l'energica zietta, invece c'era una
ragazza che tagliava verdure.
"Buongiorno."
Le disse; lei si voltò.
Era
carina, non proprio magra, ma alta e con un bel viso cordiale; aveva un aspetto
molto scozzese, pelle bianca e capelli biondo rossicci. Gli sorrise. Bel
sorriso.
"Ciao."
Rispose. "Tu sei il nipote di Clara?" Gli chiese poi.
"Sì."
Confermò lui. "Orlando." Si presentò, porgendole la mano; lei la
strinse.
"Non
ti ricordi di me, vero?" Affermò poi, fissandolo.
"No,
mi spiace..." Ribatté Orlando, un po' imbarazzato.
"Sono
Amy McDonald, giocavamo insieme da bambini." Spiegò lei, continuando a
sorridere.
"Amy...
Amy, quella con l'apparecchio?" Lei annuì, sempre col sorriso; decisamente
l'apparecchio le era servito, aveva un sorriso da pubblicità. Finalmente
qualcosa per cui era valso il viaggio.
"Hai
fame, vuoi mangiare qualcosa?" Gli domandò poi la ragazza.
"No,
grazie." Rispose lui, negando col capo. "Clara dov'è?"
"Abbiamo
una scrofa che sta per partorire, così è dovuta andare giù
all'allevamento." Gli spiegò Amy, che era tornata ad occuparsi della
verdura.
"Capisco..."
Mormorò il ragazzo un po' deluso, sperava di vederla subito, erano anni che non
la incontrava, ma aveva un buon ricordo di lei.
"Ti
mostro la tua camera?" Gli chiese Amy, dopo aver buttato le verdure
tagliate in pentola.
"Sì,
grazie." Rispose lui.
"Seguimi."
Gli fece la ragazza dal sorriso perenne; e lui le andò dietro, su per le ripide
scale, dopo aver recuperato le sue borse.
In
cima alla rampa c'era un corridoio, finestre da un lato, porte dall'altro,
tutto aveva un'aria vecchia e umida, anche il pavimento con le piastrelle verdi
e bianche; Amy lo precedeva.
"Questo
è il bagno..." Gl'indicò la prima porta sulla destra. "...ce n'è uno
anche di sotto." Continuò a camminare. "Questa è la camera di
Clara..." La terza porta. "E questa è la tua." Aprì la porta in
fondo al corridoio.
Orlando
la seguì dentro, e rimase interdetto. La stanza era stretta e lunga, sulla
parete di fondo c'era una finestra, sulla sinistra un letto singolo, mentre
sulla destra c'era la porta di un armadio a muro ed un vecchio cassettone con
specchio; una sedia era appoggiata al muro, ai piedi del letto. Le pareti erano
tappezzate di una carta di color marroncino, con un disegno tipo vecchio divano
tarlato, che dava alla stanza un'aria malinconica. Sembrava la stanza di ex
carcerato o di un serial killer. Il ragazzo si domandò come uno potesse
dimenticare le pene d'amore in un posto simile...
"Che
c'è?" Gli chiese Amy, forse accorgendosi della sua espressione. "Non
ti piace la carta da parati?" Aggiunse poi, con un filo di sarcasmo; lui
non sapeva che risponderle, e finì per dire la cosa più stupida.
"E'
piccola..." Mormorò.
"Ma
calda." Replicò lei; Orlando sperò non si riferisse all'atmosfera.
"E...
la tv?" Chiese allora lui, cercando un appiglio.
"Oh,
ne abbiamo una giù, in salotto." Rispose Amy tranquilla. "Ora disfai
le valigie, ti chiamo quando arriva Clara." Continuò, uscendo dalla
stanza.
"Hey,
Amy!" La richiamò il ragazzo, raggiungendola, per poco non si scontrarono.
"Avete l'antenna satellitare?" Gli sembrava il minimo, in un posto
isolato come quello.
"No."
Rispose sorpresa la ragazza, poi si allontanò, lasciandolo solo.
Orlando
si voltò di nuovo verso l'interno della camera; la luce che veniva dall'esterno
la rendeva leggermente meno triste, ma non riusciva a farlo sentire meglio. Si
gettò sul letto, che scricchiolò sofferente sotto il suo peso. Eccolo qua,
ragazzo stupido e viziato, ficcato in un buco di culo del mondo, disperso nella
brughiera, solo ed esclusivamente per non voler ammettere che essere mollato
gli aveva fatto male, davvero troppo male. Le pecore belavano, da qualche
parte, fuori dalla finestra; si mise il cuscino sulla testa.
Capitolo 2 *** 2 - La salubre vita di campagna ***
2
2.
La salubre vita di campagna
Il
secondo verso, più forte e acuto dell'altro, lo fece sussultare; dalla persiana
chiusa veniva appena un grigio bagliore che non poteva essere definito giorno.
Allungò la mano prendendo l'orologio sul davanzale, l'unico comodino che aveva;
con gli occhi più chiusi che aperti gli diede un'occhiata: le cinque e
diciotto... Non poteva aver letto bene... Le cinque e diciannove, aveva letto
benissimo! Emise un lamento soffocato e si rannicchiò sotto le coperte con il
cuscino sulla testa.
Era
qualche minuto, ormai, che rigirava nel letto, non riusciva più a dormire;
sentiva rumori provenire dal piano di sotto, c'era luce nella stanza, e dunque,
qualunque ora del mattino fosse, lui si doveva alzare. Certo, un po' di tempo
era passato dal verso allucinante... Guardò l'orologio: le sette e venti.
Uscì
dalle coperte con un brivido, posando i piedi nudi sul pavimento gelido e
umidiccio, li risollevò subito; dopo un primo attimo di scoraggiamento, afferrò
un paio di calzini.
Si
diresse vero il bagno e, quando aprì la porta, una folata di frizzante brezza
della brughiera lo investì: c'era la finestra aperta. Orlando rabbrividì,
stringendosi nelle braccia, poi corse a chiuderla.
Davanti
alla tazza si fermò a riflettere: abbassarsi i pantaloni, e rischiare un
assideramento del suo pisello, o trattenerla? D'altra parte, quel freddo, gli
aveva ricordato che doveva assolutamente farla. La fece.
Prima
di lasciare il bagno si diede un'occhiata allo specchio; i suoi capelli erano
gonfi e aggrovigliati, maledetta umidità. Tentò di aggiustarli con le dita,
facendosi solo del male; con sguardo arreso uscì dalla stanza.
"'Giorno..."
Fece, entrando in cucina; zia Clara e Amy erano già lì, sveglie e sorridenti.
Le
due donne lo osservarono, trovandolo abbastanza strano; Orlando gli stava
davanti con un'assurda testa di capelli gonfissimi, una maglietta nera
aderente, i pantaloni del pigiama, bianchi con righe azzurre, leggermente
calati sui fianchi, che gli arrivavano sotto i piedi ed un paio di calzini di
uno sgargiante verde mela. Il ragazzo si grattò la testa.
Orlando
era stato cordialmente salutato dalla zia la sera prima; lei lo aveva
abbracciato, strizzato e coccolato con una cenetta leggera ma saporita; e lui
era stato felice di vedere che la vecchia Clara non era assolutamente cambiata
dai tempi andati, sempre allegra ed energica.
"Buongiorno!"
Lo salutò allegramente la zia.
"Non
ti credevo così mattiniero." Commentò invece Amy, col suo solito tono
ironico, mentre era occupata ai fornelli.
"Mi
ha svegliato un verso, una specie di rantolo acuto..."
"Il
gallo!" Esclamò Clara, spadellando.
"Gallo?!"
Replicò Orlando, sgranando gli occhi. "Allora era un gallo con la
laringite..." Aggiunse, passandosi una mano sul viso; Amy rise.
"Cosa
ti va di mangiare, tesoro?" Gli chiese poi la zia. "Ho preparato uova
con bacon, fritte nel nostro lardo, oppure pudding all'avena, con la nostra
panna..." Il colore del viso del ragazzo virava pericolosamente sul
verdognolo.
"Zia
Clara..." Amy attirò l'attenzione della donna; anche lui la guardò.
"...credo che Orlando non sia abituato a mangiare cose così nutrienti, di
prima mattina."
"Ma
come?" Protestò la donna. "Tutti i ragazzi dell'allevamento mangiano
le mie uova, e sono degli omoni così sani." Aggiunse sorpresa.
"Ma
lui è un attore, deve stare attento al fisico." Ribatté con sicurezza la
ragazza, girandosi verso il fornello. "Ti preparo un toast?" Gli
domandò, tornando per un attimo a guardarlo negl'occhi.
"Sì,
grazie." Rispose Orlando, annuendo con gratitudine.
"Il
caffè lo vuoi?" Gli chiese Clara, facendolo voltare verso di lei; gli
stava davanti con una caffettiera fumante in mano.
"Certo!"
Esclamò il ragazzo; la zia glielo versò con un sorriso, poi uscì dalla cucina.
"Ecco
qua." La voce di Amy lo distrasse; si girò e trovò il suo viso, le
sorrise. "Il pane tostato, il burro, e la marmellata che ho fatto
io." Gli posò il piatto davanti, stando piegata a pochi centimetri da lui.
"Grazie..."
Mormorò Orlando, guardando il piatto, poi risalendo con gli occhi sul suo
braccio, la scollatura del suo maglioncino leggero, fino ai suoi occhi color
genziana.
"Poi
me lo dirai, il motivo che ti ha portato qui." Gli disse, fissandolo
negl'occhi, con un sorriso a fior di labbra.
"Chissà,
se la tua marmellata mi piace..." Replicò Orlando, accennando il suo
classico sorriso dolce-malizioso.
"Considera
già sciolta la lingua." Ribatté Amy; gli occhi del ragazzo erano puntati
sulla sua bocca. Lei si raddrizzò, passandosi la lingua sulle labbra, poi si
allontanò; Orlando spostò lo sguardo sul piatto, certo che quella ragazza
sapeva come mettere appetito...
Entrando
nella doccia, Orlando ripensava al fatto che quella marmellata era veramente
deliziosa, doveva essere di frutti di bosco, o roba simile; chissà se le labbra
di Amy avevano quel sapore... Cazzo, no! Era lì per dimenticare una donna, e
non era il caso che, per farlo, si mettesse a pensare ad un'altra! Si diede del
senza palle, aprendo il rubinetto.
Mise
la testa sotto il getto, l'acqua era un po' troppo calda... ma, mentre faceva
questa considerazione, cominciò a sentire degli strani ed inquietanti rumori...
Tonfi
sordi percorsero i tubi dell'acqua, la doccia vibrò; Orlando si scostò
allarmato, alzando le mani. I colpi continuavano, l'acqua cominciò ad uscire
sputacchiando, finche non si trasformò in un unico rivolo rossastro e bollente.
Il ragazzo si appoggiò sconsolato contro la parete della doccia, passandosi una
mano tra i capelli, ora ancora più appiccicaticci; un moto di rabbia lo prese:
chiuse il rubinetto, aprì con violenza la porta scorrevole, prese l'asciugamano
e se lo mise sui fianchi, uscendo dal bagno intenzionato a farsi sentire.
Nel
corridoio si trovò davanti Amy, che lo guardò con gli occhi di fuori; lui
cambiò espressione repentinamente, ritrovandosi in preda all'imbarazzo.
Soprattutto perché la ragazza lo guardava con espressione alquanto soddisfatta.
"Qualche
problema?" Gli domandò Amy, dopo aver attentamente osservato tutto quel
che c'era da vedere.
"Dal...
dal tub... dalla doccia..." Balbettò Orlando, accorgendosi che lo sguardo
della ragazza stentava a muoversi da un certo punto sul suo asciugamano.
"Ecco... esce una melma rossastra e incandescente..." Aggiunse,
spostando una mano per reggere meglio la spugna, e coprire qualcosa che, quello
sguardo ed il fresco avevano reso particolarmente sensibile.
"Oh,
scusa!" Esclamò la ragazza, alzando gli occhi in quelli di lui. "Mi
spiace, ma mi sono dimenticata di dirtelo..." Sembrava davvero
rammaricata. "...ci sono dei piccoli problemi di pressione dell'acqua,
sarà meglio che la doccia la fai di sotto..."
"E
che cazzo! Me lo potevi dire prima!" Protestò Orlando, nascondendo
l'imbarazzo dietro ad una reazione esagerata; Amy si portò le mani alla bocca,
nascondendo una risatina divertita. "Mi stavo per ustionare l'ucc..."
Si accorse appena in tempo di quello che stava per dire, e rimase con la bocca
semiaperta; lei lo guardò interrogativa. "...il culo!" Sbottò infine
il ragazzo, dandole le spalle.
"Orlando..."
Lui si girò, quando si sentì chiamare. "Se ti può consolare..." Lui
si mise le mani sui fianchi, ascoltandola. "Era un bel pezzo che non vedevo
roba di questa qualità..." Continuò Amy, con un'ulteriore occhiata al
corpo del ragazzo.
Accorgendosi
che stava per arrossire come un ragazzino alla sua prima cotta, Orlando si girò
di corsa, con l'idea di rientrare in bagno a prendere la sua roba.
"Non
sono un quarto di manzo!" Commentò infine, entrando nella stanza.
"No."
Rispose la ragazza a bassa voce. "Sei solo un gran pezzo di figo..."
"Come?"
Orlando si riaffacciò dalla porta del bagno, cogliendola un attimo di sorpresa.
"Niente."
Fece lei, scuotendo il capo. "Ci vediamo dopo, vado al lavoro!" Lo
salutò poi, scendendo le scale di corsa; lui fece un'espressione poco convinta
e rientrò in bagno.
Dopo
essersi lavato, ed essere riuscito finalmente a pettinarsi i capelli, Orlando
si sentiva un vero gentiluomo di campagna, a parte per l'abbigliamento; uscì
sulla porta, stiracchiandosi le braccia, poi ficcò le mani in tasca, deciso a
farsi due passi nei dintorni.
Si
specchiò un attimo in una finestra, trovandosi veramente figo; si aggiustò la
coppola. Aveva indossato dei pantaloni tipo metalmeccanico, con tanto di tasca
per la chiave inglese, di un colore indefinito tra il blu ed il marrone, poi un
maglioncino aderente, rosso con una striscia beige, da cui spuntava una camicia
a rigoni rossi; a completare il tutto, una coppola a quadri scozzesi sui toni
del verde. Chissà dove aveva preso il suo originale e splendido gusto nel
vestire! (Orlando, tesoro, è meglio non saperlo, credimi... ;__; n.d.Sara)
Il
ragazzo s'incamminò lungo il vialetto di terra battuta che aggirava la casa;
aveva solo un vago ricordo di dove conducesse. Girò l'angolo della costruzione,
trovandosi davanti ad un grande prato, in fondo al quale c'era la stalla e, ora
ricordava, procedendo da quella parte si arrivava alle baracche dell'allevamento
di maiali, che si trovavano subito oltre un dosso, sulla sinistra. In mezzo al
prato era ferma una grossa macchina agricola, forse una mietitrebbia, anche se
Orlando non aveva idea di che cazzo fosse una mietitrebbia. Continuò a
camminare, finché non si trovò la strada impedita.
Proprio
in mezzo al vialetto era apparso un tacchino, un tacchino molto grande,
probabilmente era arrivato mentre lui era voltato a guardare la macchina, perché
non lo aveva proprio visto. Il tacchino lo fissò, lui fissò il tacchino;
Orlando si sentì che quell'animale lo aveva odiato a prima vista. Il tacchino
si fece minaccioso, compiendo un passo avanti, il ragazzo ne fece uno
all'indietro; l'animale raspò la terra, fissandolo con i suoi occhietti folli
ed il becco aguzzo, poi cominciò ad emettere un verso, cupo e minaccioso.
Orlando deglutì.
"Buono..."
Gli disse, alzando una mano, mentre arretrava lentamente, ma l'animale non
dovette gradire quel gesto, poiché, con un verso belluino, si gettò contro il
ragazzo.
Orlando
si girò e, senza ragionare, cominciò a correre lungo la lieve pendenza del
prato, inseguito dal tacchino inferocito; mentre correva gli venne da pensare
che il verso del tacchino doveva avere un nome specifico, ma non lo ricordava.
Con un balzo, che nemmeno Tarzan con una banana nel culo avrebbe fatto, saltò
sulla ruota della mietitrebbia, appena prima che il tacchino da guerra lo
beccasse al fondo dei pantaloni. Il volatile, però, non rinunciava, saltellando
e stridendo con cattiveria ai piedi della macchina.
"Maledetta
bestiaccia!" Gli gridò Orlando, appollaiato sulla grossa ruota. "Ho
un sacco di amici americani, vedrai, ti tireremo il collo e ti mangeremo
arrosto dopo averti ficcato una mela nel culo!" Continuò, sempre più
incazzato, ma il tacchino non si arrendeva. "Aiuto." Cominciò a
piagnucolare il ragazzo, il suo orgoglio gl'impediva di gridare. "A I U T
O..." Fece, un po' più forte.
"Hey,
Bill." Una cavernosa voce maschile attirò l'attenzione del tacchino, e
anche quella di Orlando, che alzò gli occhi sul nuovo arrivato. "Va'
dentro, vecchio Bill." Ordinò con tono calmo; il volatile ubbidì,
avviandosi con calma verso la stalla.
Il
ragazzo guardò meglio l'uomo che era sopraggiunto; era il perfetto
rappresentante della razza degli highlanders: un armadio di due metri per due,
con braccia come tronchi e mani come pagaie, rossiccio, lentigginoso, occhi
piccoli e scuri, faccia di pietra, sguardo diffidente. C'era da augurarsi di
averlo dalla propria parte in una qualsiasi discussione.
"Chi
sei?" Domandò al ragazzo, che ora era in piedi sulla pedana della
macchina, intento a scendere.
"Sono
il nipote di Clara, Orlando." Si presentò, appena rimessi i piedi in
terra.
"Orlando?
Ma ti chiami davvero così?" Chiese l'uomo, con espressione stupita.
"Certo."
Rispose lui, aggrottando le sopracciglia.
"Io
sono Seamus McCormick, uno degli operai dell'allevamento." Gli disse
l'altro; Orlando lo aveva immaginato, Clara aveva parlato di omoni.
"Piacere..."
Fece per porgerli la mano, ma quello si era già avviato.
"Lavori
nel circo?" Domandò Seamus, dopo pochi passi, tornando a guardare il
ragazzo e osservano i suoi vestiti; Orlando abbassò gli occhi, dandosi
un'occhiata.
"No."
Rispose poi, leggermente offeso. "Io sono un attore!"
Il
ragazzo si riguardò le scarpe, un paio di anfibi, dentro cui aveva ficcato
l'orlo dei pantaloni; sembravano appena usciti da una fabbrica di vernici, ma
l'effetto era voluto, e per questo erano carissimi.
"Ma
no!" Sbottò poi, piccato, piantandosi le mani sui fianchi.
"Non
si direbbe, da come ti vesti." Commentò Seamus, riprendendo a camminare.
"Ci darai una mano coi maiali?" Gli chiese poi; Orlando aggrottò le
sopracciglia.
"Io...
veramente, sarei in vacanza..." Mormorò in risposta; l'uomo gli lanciò
un'occhiataccia.
"Quelli
come te sono in vacanza da una vita." Sentenziò, poi prese un sacco
appoggiato al muro della casa e si diresse verso l'allevamento.
Orlando
rimase in mezzo al prato, contrariato, con le braccia incrociate, e con una
voglia mostruosa di tornarsene a casa, dai suoi amici, libero di cazzeggiare a
suo piacimento, in mezzo a compiacenti ragazze in bikini, sulla spiaggia di
Malibù...
Era
stata una delle giornate più merdose della sua vita e ora, sprofondato in una
poltrona, a braccia conserte, guardava il sole tramontare sulla brughiera,
mentre in tv andava, inascoltato, il notiziario della BBC. Si era cambiato,
offeso dal giudizio di Seamus sui suoi abiti. Fu così che lo trovò Amy,
rientrando: imbronciato, con i pantaloni di una tuta blu con strisce bianche ai
lati, una felpa su cui faceva bella mostra di se l'eroina di qualche
scollacciato manga giapponese, ed un cappellino di lana dai colori della
bandiera giamaicana calcato in testa.
La
ragazza si avvicinò, e lui si voltò quando la sentì, sorridendole
stentatamente; lei, con un sorriso comprensivo, si fermò davanti alla poltrona
e posò le mani sui braccioli, piegandosi verso di lui.
"Che
c'è? Non ti senti bene?" Gli domandò con dolcezza.
Orlando
commise l'enorme errore di abbassare gli occhi dai suoi, trovandosi faccia a
faccia con il suo seno. Porca miseria, aveva due tette da collasso, di
consistenza e dimensioni perfette, di quelle che è un piacere metterci le mani
sopra...
"Mh...
è stata una giornataccia..." Rispose Orlando, senza riuscire a togliere
gli occhi dallo scollo del maglioncino di Amy, e dalle curve del suo seno.
"Andiamo,
il the è pronto, e c'è una bella torta di ricotta da mangiare con una crema al
cioccolato..." Lo so io cosa mangerei con la crema al cioccolato... "Ti
tirerà su."
"Sono
sicuro che è ottima..." E occhi ancora lì. Amy si rimise dritta.
"Ti
avverto che se non smetti di guardarmi le tette, mi arrabbio." Lo ammonì,
sorridendo ironica; lui rise piano.
"E
tu potevi fare a meno di sbattermele in faccia." Ribatté poi, raddrizzandosi.
"Sarò pure un bravo ragazzo, ma sempre maschio resto." Aggiunse con
un sorrisetto malizioso.
"Forza,
è tutto pronto." Lo incitò Amy, porgendogli la mano; Orlando la prese e si
alzò dalla poltrona. "Non è che potresti toglierti il cappello?" Gli
chiese lei poi.
"Sei
sicura di volerlo?" Replicò lui, con espressione interrogativa,
aggrottando le sopracciglia; la ragazza lo guardò sospettosa.
"Certo..."
Rispose un po' confusa. "Mi da fastidio la gente in casa col
cappello." Gli disse poi, ferma nelle sue convinzioni.
Orlando,
con una smorfia poco convinta, si sfilò il cappello giamaicano; quando i
capelli furono scoperti, prese a guardare ovunque, a parte che sulla faccia di
Amy.
"Oddio!"
Esclamò la ragazza, mettendosi poi a ridere; Orlando sospirò scocciato.
"Sembri un barboncino!" Aggiunse lei, ancora ridendo.
"Adesso
lo sai perché volevo tenermi il cappello!" Sbottò il ragazzo. "Non
riesco a pettinarli, l'umidità li fa diventare gonfi e appiccicosi!" Si
lamentò poi.
"Senti,
ma perché non provi a lasciarli naturali, domani li lavi e non ci metti niente,
gel o altro." Gli consigliò Amy. "Almeno non appiccicheranno."
"Sì,
forse hai ragione." Ammise lui, raggiungendola vicino alla porta; la
ragazza lo prese a braccetto, mentre uscivano dal salotto. "Posso dirti
una cosa, Amy?"
"Come
no." Rispose lei, voltando il capo verso di lui, ma lo vide con gli occhi
abbassati sulla sua scollatura.
"Hai
delle tette favolose." Affermò Orlando, poi tornò a guardarla negl'occhi
con un sorriso divertito e soddisfatto.
"E
non hai visto nulla..." Ribatté Amy, maliziosa; scoppiarono a ridere, e
così raggiunsero la sala da pranzo.
Capitolo 3 *** 3 - Una telefonata allunga la vita ***
3
3.
Una telefonata allunga la vita
Era
passata quasi una settimana dal suo arrivo alla fattoria; Orlando si era messo
a fare una vita abbastanza ritirata: la mattina la passava quasi tutta a letto,
leggendo copioni e il libro che si era portato. Si trattava dei racconti di
Isaac Asimov, erano molto interessanti, anzi a volte quasi premonitori e un po'
inquietanti.
Dopo
le letture, spaparanzato sul letto sfatto, andava al piano di sotto, faceva la
doccia e andava a farsi una passeggiata nella direzione opposta rispetto al
dominio del vecchio Bill; il pomeriggio lo passava annoiandosi davanti alla tv,
oppure chiacchierando con Amy che cucinava. Una volta riuscì a seguire, con
assurdo interesse, il dibattito sull'ultimo derby della contea, Athletic Skyr
contro Bosforough United, che era finita a testate.
In
poche parole, Orlando era sull'orlo di una crisi di nervi. Non aveva pace, si
trascinava per la casa dalla mattina alla sera, gli mancava il sole della
California, gli mancavano i suoi amici, aveva nostalgia perfino del pessimo
umorismo di Dom, ma, soprattutto, gli mancava da morire Kate, e per questo si
rimproverava costantemente.
Una
mattina, più sbattuto del solito, entrò in cucina per la colazione prima di
quanto non facesse abitualmente; ci trovò solo Amy, che lo accolse con un
sorriso.
"Che
fine hanno fatto i pantaloni del pigiama?" Gli chiese poi, indicandolo;
Orlando guardò le sue gambe nude, indossava solo i boxer aderenti e la
maglietta.
"Hm,
mi davano fastidio." Rispose noncurante; lei gli diede ancora un'occhiata,
poi si girò verso il fornello.
"Hai
delle bellissime gambe, se fossi una donna sarebbero la tua arma
migliore." Gli disse scherzando.
"Ah,
sì?" Fece lui, alzando un sopracciglio, poi si guardò di nuovo.
"Carine
anche le ciabattine." Commentò la ragazza, indicando le originali ciabatte
a dito che lui indossava.
"Vero,
eh?" Ribatté Orlando, alzando un piede per far vedere meglio la calzatura.
"Le ho comprate nei Caraibi, vero artigianato locale, le fanno con le
foglie di cocco, sì, insomma, di palma." Raccontò con un sorriso.
Si
misero a tavola; con pochi gesti essenziali, Amy preparò tutto, caffè e latte a
portata di mano, torta, pane tostato. Olando seguì i suoi movimenti ammirato.
"Stamattina
siamo io e te soli." Disse infine la ragazza.
"Clara?"
Domandò lui.
"E'
già uscita, perciò niente uova oggi." Rispose Amy, con un'occhiata
complice.
"Grazie
a Dio!" Esclamò Orlando. "L'odore delle uova col bacon mi fa venire
la nausea..." Aggiunse posando la testa sulla mano sollevata.
"L'avevo
capito." Commentò comprensiva lei, mentre gli serviva il caffè.
"Ma
come siamo perspicaci..." Mormorò il ragazzo, guardandola negl'occhi.
"Niente
di che, solo mi piace osservare le persone..." Rispose allo sguardo.
"...e, onestamente, tu sei molto interessante." Si scambiarono
un'alzata di sopracciglia.
Squillò
il telefono; con un altro sorriso Amy si alzò da tavola per andare a
rispondere. Orlando, rimasto solo, addentò una fetta di torta. La sentì
rispondere; pochi istanti dopo, la ragazza si affacciò in cucina.
"Orlando
ti vogliono al telefono." Gli disse; lui la guardò stupito, da quando era
lì aveva sempre chiamato lui.
"Mia
madre?" Chiese allora.
"No..."
Ecco, il primo sospetto che gli venne fu che Kate fosse riuscita a
rintracciarlo, e questo gli fece anche un po' piacere, ma non poteva essere.
"...è un certo Dominic..." Pronunciò la voce di Amy.
Il
ragazzo spalancò gli occhi, alzandosi di scatto, poi corse verso il telefono,
che stava nell'ingresso; afferrò la cornetta quasi con violenza.
"IO
TI AMO!" Proclamò gridando; silenzio dall'altra parte.
"E
da quand'è che ti sei convertito al culo? No, perché in tal caso vorrei essere
il primo..." Replicò serio l'amico.
"Ma
vaffanculo!" Sbottò Orlando.
"E
per l'appunto!" Ribatté Dominic, scoppiando a ridere.
"Falla
finita stronzo! Questa è una cosa seria!" Supplicò con rabbia lui.
"Ma
si può sapere dove sei finito?" Domandò allora Dom. "Tua madre, che
mi ha dato il numero, ha detto che sei da una zia in Scozia..."
"E'
così." Confermò Orlando annuendo.
"Senti,
a me puoi anche fare a meno di raccontare stronzate, ho visto come eri messo
prima di partire..." Pausa teatrale. "Non stai mica in qualche
clinica per esauriti?"
"No!"
Esclamò il ragazzo. "Sto in un allevamento di maiali in Scozia!"
"E
che cazzo ci fai in un allevamento di maiali in Scozia?!" Replicò Dominic,
sinceramente sorpreso.
"Mangio
pane e salame, che cazzo ci devo fare?!" Sbottò Orlando scoraggiato.
"Porca,
sarà un dramma, per te che sei quasi vegetariano..." Commentòl'amico.
"Dom,
tu devi venire a salvarmi..." Mormorò l'altro. "Altri tre giorni in
questo posto e io do di matto, poi mi dovranno ricoverare davvero."
"Veramente,
io volevo chiederti di tornare a Londra." Intervenne Dom.
"Perché?"
Chiese stupito Orlando, raddrizzandosi.
"Beh,
sta arrivando Lij, domani c'è la premiere del suo ultimo film, così, visto che
io sono qui a casa e anche Billy è in città, pensavo che potevamo trovarci e
cazzeggiare un po' insieme..."
"Io
non posso muovermi da qui." Lo interruppe Orlando, serio.
"Per
quale motivo? Visto che, a quanto pare, non sei segregato?" Ribatté
ironico l'altro.
"E'
una questione di principio!" Affermò lui, sbattendo una mano sul mobile
del telefono.
"Ah,
ho capito..." Commentò Dom, con tono saccente. "Ti sei
incaponito..."
"Non
mi sono incaponito!"
"Come
no, lo fai sempre..."
"Questo
non è affatto vero!" Replicò adirato Orlando.
"Hai
la testa dura come un capitello di marmo..."
"E
tu sei una grandissima testa di cazzo!" Sbottò infine, senza più armi.
"Sai
che facciamo?!" Il tono, improvvisamente entusiasta, di Dom lo fece
allarmare. "Veniamo noi lì, che ne dici?!"
"Dom,
non mi pare il caso..."
"Organizzo
tutto io!" Continuò imperterrito l'amico, ormai infervorato. "Prendo
quei due bietoloni e te li porto, ci divertiamo..." Non lo ascoltava più,
era partito per la tangente.
"Dom..."
Tentò Orlando.
"Tranquillo
ragazzo!" Il classico tono da Dom-pacca sulla spalla-Monaghan.
"Arrivano i tre moschettieri a trarti in salvo!" Aggiunse
allegramente, poi riagganciò, senza dare il tempo a Orlando nemmeno di
salutare; il ragazzo rimase lì, immobile, con la cornetta in mano, ma dentro di
se imprecava come un camionista imbottigliato.
Le
sue condizioni rasentavano sempre più il pietoso. Stava sbarracato su una
poltrona, circondato da bicchieri vuoti, sacchetti di patatine a metà, libri,
giornali e copioni sparsi per tutto il salotto, briciole sui pantaloni, capelli
lasciati come vanno, mentre si grattava la pancia con i piedi appoggiati su una
sedia. Aveva continuato a lavarsi solo perché odiava essere sporco, ma la felpa
era la stessa da tre giorni.
"Mi
sbaglio, o ci siamo lasciati un pochino andare?" Gli domandò ironicamente
Amy, entrando nella stanza; lui la guardò, con l'espressione di chi è stato
beccato. "Meno male che non ti stai grattando il culo, sennò ti prendevo
per Homer Simpson..." Aggiunse serafica; lui tolse la mano dalla pancia.
"Amy..."
"Non
rompermi i coglioni, immagino fosse questa la fine della frase." Affermò
la ragazza, posandosi le mani sui fianchi.
Orlando
le lanciò un'altra occhiata; lei indossava un maglione verde muschio col collo
alto ed un paio di pantaloni da cavallerizza, completi di stivali.
"Cosa
vuoi?" Le chiese infine, distrattamente, lanciando il copione che aveva in
mano sul tavolino.
"Ho
sentito la tua telefonata, ieri mattina." Gli disse lei.
"Urlavo,
eh?" Fece lui, con un mezzo sorrisino.
"Un
po'..." Rispose Amy, alzando le sopracciglia. "Ad ogni modo mi ha
fatto riflettere." Aggiunse poi.
"In
che senso?" Intervenne Orlando, aggrottando la fronte.
"Nel
senso che ora la noia finisce, mio caro." Ribatté la ragazza; lui fece
un'espressione interrogativa. "Adesso ti vesti come una persona decente, e
vieni con me." Gli ordinò perentoria.
"Dove
mi porti?" Domandò allora Orlando, incuriosito.
"Ci
sai andare a cavallo?" Replicò Amy.
"Beh,
sì... ho fatto anche un corso intensivo in Nuova Zelanda..."
"Bene."
Lo interruppe lei annuendo, con le braccia conserte. "Mettiti un paio di
jeans, una camicia pulita, quello che vuoi..." Continuò imperiosa.
"Nessun cappello." Specificò. "E vieni, io ti aspetto
fuori." Concluse, poi uscì dal salotto; Orlando non poté fare altro che
ubbidire, ma in realtà moriva dalla voglia di muoversi.
Uscì
dalla casa meno di dieci minuti dopo, cambiato, e anche un po' rincuorato; girò
l'angolo e trovò Amy pronta sul prato, con due cavalli. Lei lo sentì e si
voltò.
"Oh,
che splendore!" Esclamò soddisfatta andandogli incontro.
Si
era messo un paio di normali jeans, anfibi neri, una camicia a righe con sopra
un giubbino grigio; l'unica nota caratterizzante era la sciarpa rossa con i
topolini stilizzati che portava al collo. Sorrise al complimento della ragazza
e gli brillarono gli occhi, mentre si scostava un ricciolo ribelle dalla
fronte.
"Così
sei proprio bello." Gli disse poi la ragazza, fermandosi davanti a lui.
"Andiamo dolcezza..." Aggiunse facendogli un piccolo pizzicotto sulla
guancia. "...ti ho sellato Catherine..." Tornò verso i cavalli.
"Catherine?"
Fece stupito Orlando, seguendola.
"Sì,
la monterai tu..." Gli porse le briglie. "Io prendo Heathcliff, lui è
un po' impetuoso, ci vuole la mano ferma..."
"Non
si chiamano davvero così..." Commentò il ragazzo, osservando l'animale dal
mantello nocciola che teneva lui e quello col pelo più scuro di Amy.
"Come
no!" Rispose allegramente lei. "Cime tempestose è il romanzo
preferito di zia Clara!" Spiegò ridendo, poi salì in sella; lui fece
altrettanto.
Parlarono
e scherzarono durante la lunga cavalcata; Orlando si sentiva decisamente
meglio. Il cielo era azzurro, la brughiera verde e profumata, Amy divertente e
allegra, e quello si prospettava sempre più come uno splendido pomeriggio.
"Mi
dici una cosa?" Fece ad un certo punto la ragazza, mentre procedevano al
piccolo trotto; lui la guardò. "Perché ti metti sempre quegli orrendi
cappelli?" Gli chiese.
"Mi
danno fastidio i capelli sulla faccia." Rispose Orlando con noncuranza.
"Tagliali."
Gli consigliò Amy, con tono ovvio.
"Mi
si vedono le orecchie..." Mormorò lui, senza guardarla e spingendo un po'
più avanti il cavallo.
"Come?"
La ragazza fece finta di non aver sentito, riaffiancandolo.
"Mi
si vedono le orecchie." Ripeté scocciato l'attore, sempre senza girarsi
verso di lei.
"Per
forza, ce le hai!" Affermò Amy ridendo. Orlando rallentò.
"Veramente..."
Si voltò nella sua direzione, serio. "...tu non trovi che le mie orecchie
siano un po' grandi?" Le chiese corrucciando le sopracciglia.
"Santo
cielo, Orlando, no!" Rispose divertita Amy. "Tu non hai mai visto
delle orecchie veramente grandi, Tim il postino ha dei padiglioni auricolari
che sembrano le parabole del progetto Seti, sai quello per trovare la vita
nello spazio."
"Caspita,
un fenomeno..." Commentò il ragazzo; lei rise.
"Siamo
arrivati." Annunciò poi, fermando il cavallo.
"Perché,
andavamo in un posto specifico?" Domandò ironico Orlando, piagando la
testa di lato; Amy si girò verso di lui con espressione retorica.
"Spiritoso."
Disse; lui sorrise divertito.
"Che
posto è?" Domandò allora Orlando, osservando il panorama.
"Vedi
laggiù?" La ragazza gl'indicò un avvallamento, dove, tra una macchia di
alberi, si levava una piccola nube di vapore. "E' una sorgente
termale."
"Non
credevo ce ne fossero, in questa zona." Affermò Orlando.
"Ti
sbagliavi." Replicò Amy. "Comunque la conoscono in pochi."
Aggiunse.
Spronarono
i cavalli, per scendere dal declivio che conduceva alla sorgente, avvicinandosi
alla macchia di alberi. Si fermarono al bordo del laghetto.
"Wow,
è fantastico!" Esclamò Orlando, accorgendosi che da quel punto c'era una
vista splendida: la brughiera degradava dolcemente in miriadi di sfumature di
verde, macchie rosa e gialle e, sullo sfondo, colline brune che confinavano col
cielo azzurro.
"Lo
so, qualche tempo fa ci venivo spesso." Confermò Amy annuendo.
"Che
ci venivi a fare in un posto simile, a parte per la bellezza del
panorama?" Chiese il ragazzo; lei lo guardò con un sorriso leggermente
imbarazzato.
"A
leggere... Il signore degli anelli..." Rispose infine.
"Ah..."
Fece lui. "Effettivamente il luogo è molto evocativo... Lo hai letto molte
volte?" Aggiunse poi; la ragazza annuì.
"Sette,
otto volte..."
"Otto
volte?! Ne sai più di me..." Commentò stupito.
"Questo
è probabile." Dichiarò lei, avvicinandosi all'acqua. "Facciamo un
bagno?" Gli domandò all'improvviso.
"Se
me lo dicevi mi potevo mettere il cost..."
"Ne
hai bisogno?" Lo interruppe; lui si voltò verso di lei e la vide sfilarsi
il maglione, rimanendo solo con il reggiseno. Mentre Orlando non rispondeva,
momentaneamente paralizzato, Amy si tolse anche i pantaloni.
"Se
non ne hai bisogno tu..." Mormorò infine, titubante, togliendosi il
giubbino.
Pochi
minuti dopo erano entrambi immersi nell'acqua verde e dolcemente calda. Amy si
era tirata su i capelli, per non bagnarli, e nuotava a qualche metro da
Orlando, che stava appoggiato ad un masso liscio godendosi l'acqua.
"Molto
rilassante, vero?" Domandò la ragazza, avvicinandosi.
"Oh,
sì..." Rispose lui, che socchiudeva gli occhi; li riaprì quando si accorse
che lei si era fermata al suo fianco.
L'acqua,
per via del fondo formato da sassi neri, era scura, ma limpida e, anche se Amy
era immersa fino quasi alle spalle, Orlando intravedeva la curva del suo seno e
le sue gambe bianche muoversi sott'acqua.
"T'imbarazza
questa situazione?" Gli chiese la ragazza, dopo essersi seduta accanto a
lui; Orlando le lanciò un'occhiata disincantata.
"Beh,
sono in un luogo isolato, immerso in un laghetto termale, con una bella
ragazza, nudo..." Replicò poi. "Non è che vuoi approfittarti di
me?" Le domandò, alzando un sopracciglio.
"Ti
piacerebbe..." Ribatté Amy, maliziosa; dopo un lungo sguardo, scoppiarono
a ridere.
"Mi
piace stare con te, Amy." Fece lui dopo un po', quando avevano ormai
smesso di ridere. "Non mi metti ansia da prestazione." Aggiunse, con
uno sguardo; lei rise di nuovo.
"Perché
sei venuto qui, Orlando?" Gli domandò poi, con dolcezza; lui la guardò,
facendo una smorfia amara, pur continuando a sorridere.
"Vuoi
la verità, o la risposta diplomatica?" Ribatté.
"Niente
giri con me, noi scozzesi siamo gente diretta." Affermò lei.
"Se
è così allora..." Esordì il ragazzo, spostando gli occhi sull'orizzonte.
"La mia ragazza mi ha mollato, ed ho sentito la necessità di cambiare
aria." Confessò tutto d'un fiato.
"Hm,
bocconcino amaro..." Commentò Amy.
"Humpf..."
Orlando sbuffò, passandosi una mano tra i capelli. "Guarda, se avessi
visto che non avevamo più nulla da dirci, che l'attrazione era finita, sarei
stato ben disposto a chiudere..." Confessò poi. "...ma proprio non mi
ero accorto di nulla." Continuò rammaricato. "Il giorno prima abbiamo
fatto l'amore, e la sera dopo mi scarica..."
"Nessuna
avvisaglia?" Intervenne la ragazza.
"Macché!"
Sbottò lui. "O forse... ero io a non volermene accorgere, troppo preso
dalla mia favola romantica..." Ammise tristemente il ragazzo, chinando il
capo; era chiaro che soffriva ancora. "E poi, cacchio, se non avesse usato
quella frase orrenda..."
"Rimaniamo..."
Iniziò Amy.
"...amici..."
Finì Orlando; si scambiarono un'occhiata. "Successo anche a te?"
Chiese, lei annuì. "E che hai fatto?"
"Gli
ho rotto il naso." Rispose la ragazza; lui spalancò gli occhi.
"Non
ci credo!" Disse ridendo.
"Beh,
io l'ho colpito, e lui è caduto sbattendo il naso sullo spigolo di un tavolo
della birreria..." Ricominciarono a ridere.
"Caspita,
un diretto degno di un peso medio, spero di non aver mai a che ridire con
te!" Commentò Orlando, con le lacrime agl'occhi.
"Effettivamente,
credo di aver esagerato..." Affermò lei. "Però ti dico una cosa, io
ti capisco, se ne avessi avuto la possibilità avrei cambiato aria
anch'io."
"La
cosa peggiore è stata che non me ne sono potuto andare subito, sono rimasto
ancora una settimana a Los Angeles, ho dovuto fare un comunicato stampa,
rispondere ai giornalisti, fare un'intervista programmata da mesi...
un'angoscia..." Raccontò lui con tono schifato, scuotendo il capo.
"Immagino
che per le persone famose sia tutto più difficile." Dichiarò Amy
comprensiva.
"Non
hai idea." Disse il ragazzo, risollevando il capo. "Non basta lasciarsi,
che già di per se non è una passeggiata dopo una storia di due anni, è il farlo
davanti a tutti." La guardò. "E per tutti non intendo amici e
parenti, ma proprio tutti, il villaggio globale..."
"Su,
su, mi sembra che tu stia reagendo piuttosto bene." Cercò di rassicurarlo
lei.
"Il
fatto è che, io credo di... beh, insomma... forse... sono ancora innamorato di
Kate..." Confessò infine, piegandosi in avanti.
"Ti
passerà, tranquillo, te lo dico per esperienza personale." Gli disse Amy,
con tono amaro. "Magari ci vorrà un po', ma ti passerà."
"Grazie,
Amy." Mormorò Orlando, sorridendole con riconoscenza. "Penso che mi
abbia fatto bene, parlarne con qualcuno." Gli rispose solo un dolce
sorriso della ragazza.
Quella
sera Amy e Orlando cenarono da soli; Clara era andata alla cena con riunione
dell'associazione allevatori della contea.
La
ragazza stava andando in camera sua, quando si trovò davanti Orlando che usciva
dal bagno del piano terra asciugandosi la faccia; Amy boccheggiò, lui la guardò
con espressione interrogativa.
"Mi
sono dato troppo profumo?" Le chiese, insospettito.
"Dalla
doccia usciva Calvin Klein?" Ribatté sarcastica lei; il ragazzo fece un
sorrisetto ironico.
"E
dagli il tempo di smorzarsi, me lo sono appena dato." Protestò poi.
"Io,
onestamente, penso che te ne dai sempre un po' troppo." Affermò la
ragazza.
"E'
per non sentire il tanfo dei maiali!" Sbottò lui.
"Ahh,
allora..." Fece Amy.
"Non
prendermi per il culo..." Replicò Orlando, mettendo un broncettino
infantile.
Fu
allora che la ragazza lo guardò meglio; a parte il profumo eccessivo, pur buono
che fosse, era decisamente un attentato alla buona volontà, in quel momento.
Portava una maglietta di cotone a maniche lunghe color aviazione, aderente e i
pantaloni larghissimi di un pigiama nero; i capelli erano pettinati, ma non
ingelatinati o altro, perciò erano morbidi, di quelli che ti vien voglia di
passarci le dita. Ora la guardava piegando leggermente la testa di lato, con
gli occhi luminosi e le labbra appena socchiuse. Ma quanto cazzo poteva essere
bello?
"Ti
sei rasato..." Mormorò Amy, quando si accorse che non portava più i
baffetti ed il pizzo; lui si passò una mano sul mento.
"Sì..."
Rispose.
"Mi
piaci, davvero, mi piaci di più così." Affermò allegra la ragazza. "I
baffetti ti fanno troppo malandrino."
"E
così sembro un ragazzino delle medie." Commentò invece lui.
"Ma
no." Replicò lei, abbassando gli occhi. "Che sono quelli?!"
Domandò ridendo stupita e indicando i piedi di Orlando.
"Calzini."
Rispose tranquillo lui.
"Con
le dita?!"
Il
ragazzo chinò lo sguardo, osservando i suoi pedalini rossi, che in cima si
dividevano in cinque dita colorate tipo arcobaleno; guanti da piede. Rialzò gli
occhi su Amy.
"Carini,
vero?" Sorrise. "Me li ha regalati Dom."
"Ma
non è una roba un po' da bambini?" Chiese la ragazza corrucciando le
sopracciglia.
"Non
credo..." Fece lui, guardandoli di nuovo e muovendo un po' le dita.
"Se li fanno della mia misura..."
"In
effetti, hai delle belle fette..." Si guardarono negl'occhi, e scoppiarono
a ridere.
"Senti,
ma..." Fece Amy, quando riuscirono a smettere. "...che ci fai qui di
sotto?"
"Ecco,
camera mia è una ghiacciaia, e pensavo di sistemarmi in salotto per
stanotte." Rispose lui, stringendosi nelle spalle.
"No
dai! Vieni in camera mia, ho il letto ad una piazza e mezza..." Replicò
subito la ragazza; Orlando aggrottò le sopracciglia.
"Aspetta
un momento..." Disse, alzando una mano. "Tu mi stai invitando a
dormire in camera tua, nel tuo letto?"
"Sì..."
Ammise timidamente la ragazza. "Ci guardiamo un film..."
"Tu
hai la tv?" La interruppe lui, corrucciato.
"Hm..."
Imbarazzata, Amy voltò la testa dall'altra parte. "Ma non è attaccata
all'antenna, la uso solo per vedere i... dvd..." L'ultima parola la
pronunciò a voce bassissima.
"Ah!"
Esclamò Orlando. "Tu hai un lettore dvd! Ma io ti stacco la testa!"
Urlò, ma sempre col sorriso.
"Scusa!"
Disse lei. "Davvero, non ci ho pensato a dirtelo..." Orlando la
fissava con espressione comico-folle. "Dai, puoi perdonarmi? Ho la copia
restaurata di Viale del tramonto..."
"Viale
del tramonto?" Amy si affrettò ad annuire. "Se mi fai anche una
cioccolata calda, ti perdono." Aggiunse sornione.
"Corro!"
Rispose la ragazza. "Aspettami di là!" E detto questo corse in
cucina; Orlando s'incamminò verso la camera di Amy, che era in fondo al
corridoio.
Quando
entrò in camera, con le tazze della cioccolata, lo trovò che si guardava
attentamente allo specchio; gli si avvicinò.
"Che
fai?" Gli chiese, mentre lui osservava con sguardo critico il proprio
mento.
"Quando
torno a Londra devo andare dall'estetista." Affermò sicuro, passando ad
esaminarsi la fronte.
"Perché?"
Domandò incuriosita Amy.
"Per
sistemare le sopracciglia e fare la pulizia del viso." Rispose serio,
lasciando lo specchio e prendendo la tazza dalle mani di lei.
"Ah,
immagino che per voi dello spettacolo sia normale." Dichiarò la ragazza.
"Sì."
Annuì tranquillamente lui, sedendosi sul letto.
"Manicure,
pedicure..."
"Sì."
"Non
ti farai anche la ceretta?" Chiese ironica Amy, mettendosi accanto a lui.
"No."
Rispose serafico Orlando. "Di natura non sono molto peloso, anzi,
decisamente sono piuttosto glabro."
"Scherzavo."
Ammise divertita lei.
"Lo
so." Ribatté il ragazzo, sorseggiando la cioccolata. "Senti Amy, non
mi hai ancora spiegato com'è che abiti qui, non sei parente di Clara,
vero?" Lei lo guardò, sorridendo.
"Beh,
no, non sono sua parente, ma i miei genitori sono morti, mio fratello vive a
Glasgow, io avevo una casa troppo grande, Clara aveva una casa troppo grande,
ed eccomi qui." Rispose poi, indicando la stanza.
"Capito."
Orlando accettò la spiegazione, leccandosi poi il labbro superiore.
"Mettiamo
il film?" Domandò Amy.
"Vai."
La incitò lui, stendendosi sul letto; la ragazza sorrise e si avvicinò al
televisore.
Resisteva.
Ormai erano minuti che faceva una pressione dolorosa sulla sua volontà, ma quei
capelli erano una provocazione troppo esplicita.
Si
erano sistemati così: Amy adagiata sui cuscini buttati contro la spalliera del
letto, e Orlando appoggiato con la testa sull'addome della ragazza. E avevano
cominciato a guardare il film; all'inizio era sembrata una posizione ideale,
almeno finché Amy non aveva spostato lo sguardo dallo schermo alla testa di
Orlando.
I
capelli corposi del ragazzo formavano onde lucide sulla sua camicia da notte,
mentre la luce azzurrina proveniente dal televisore gli dava delle sfumature
particolari; ogni tanto lui si muoveva appena, sorridendo o indignandosi per le
immagini del film, e così si muovevano anche i suoi capelli, ed Amy sospirava,
alzando gli occhi al soffitto.
La
ragazza alla fine si arrese; cominciò a passare delicatamente le dita sui
ciuffi più lunghi, poi azzardò sempre più, fino a carezzargli la testa, piano
piano. Si rimise a guardare il film, continuando con quel piacevole diversivo.
"Hmm..."
Fece dopo un po' Orlando, socchiudendo compiaciuto gli occhi; Amy sollevò
subito la mano dai suoi capelli, allarmata. "No, perché hai smesso? E'
così piacevole..." Affermò lui, reclinando la testa per vederla.
"Scusa..."
Mormorò imbarazzata la ragazza. "...non ho fatto apposta..."
"Non
importa." Glissò Orlando, girandosi di nuovo verso la tv. "Forse ho
voglia, di un po' di coccole." Aggiunse con un sorrisino divertito.
"Sappi
che inviti la lepre a correre, così." Dichiarò sorridente Amy, a cui il
ragazzo faceva una gran tenerezza.
"Beh,
corri pure, poi si vedrà." La incitò noncurante lui, stringendosi nelle
spalle.
"Prima
ti devo confessare una cosa." Disse Amy; Orlando riprese la scomoda
posizione di poco prima, con la testa reclinata all'indietro, e un'espressione
interrogativa.
"Parla."
"A
dodici anni avevo una cotta paurosa per te..." Ammise con tono finto
serio; lui sorrise dolcemente. "...ma tu non mi guardavi, perché avevo
l'apparecchio..." Aggiunse, con un broncetto offeso; Orlando fece una
risata bassa.
"Potrei
darti un bacio di rimborso..." Rispose lui, con un'alzata di sopracciglia.
"Data
la posizione... sarebbe più facile se ti baciassi io..." Replicò la
ragazza, abbassandosi verso Orlando, che fece un sorrisino compiaciuto.
Il
bacio fu abbastanza breve e delicato, e lasciò entrambi piuttosto soddisfatti;
si lasciarono le labbra sorridendo. Orlando si girò, con tutto il corpo
stavolta, reggendosi su un gomito, mentre l'altro braccio lo passava oltre le
gambe di Amy; le lanciò uno sguardo di quelli classici suoi, che lei gli
conosceva in molte foto.
"Tu
lo sai di essere sexy, vero?" Gli domandò la ragazza; lui alzò un
sopracciglio.
"Ne
sono abbastanza consapevole, diciamo." Rispose gongolante; lei sorrise,
con espressione di lieve rimprovero. "Dunque?" Fece il ragazzo.
"Dunque,
togli la tua mano dalla mia coscia." Gli disse, guardandolo negl'occhi; in
effetti, la mano di Orlando, distrattamente, era partita dal ginocchio di Amy
ed era salita, sotto la camicia da notte, fino alla cima della coscia.
"Perché non sono sicura di riuscire a resistere." Aggiunse la
ragazza.
"E
perché dovresti?" Ribatté lui, con aria furbetta.
"Ci
sono diversi motivi." Esordì Amy, assumendo un'espressione più seria.
"Prima di tutto siamo amici..."
"Mai
creduto alla regola dell'amico." Dichiarò Orlando, posando il mento
sull'addome della ragazza; lei fece un sorrisetto sarcastico.
"Fammi
continuare." Lui fece un gesto con la mano per incitarla. "Seconda
cosa, tu lo fai per bisogno e non per vero desiderio." A quelle parole, il
ragazzo non seppe cosa rispondere. "E poi, credimi, io sarei felice di
lasciarmi andare, tu mi piaci molto, ma preferirei che le circostanze fossero
diverse..."
"Se
avessi immaginato che andava a finire così, non ti avrei parlato di Kate
oggi." Affermò sconsolato Orlando.
"Ormai
è fatta." Commentò Amy, stringendo le spalle.
"Un
ultimo bacio?" Chiese supplicante lui; la ragazza sorrise, poi lo afferrò
per il collo della maglietta, tirandolo su. Lo guardò negl'occhi.
"Stavolta
conduci tu." Gli mormorò sulle labbra; lui sorrise malizioso, poi catturò
le sue labbra. Stavolta il bacio fu molto più lungo, e molto molto più intenso...
AVVERTENZA: in questo e nei prossimi capitoli ci sarà uso di vocaboli
volgari e/o scurrili, ma non credo di essere uscita dal
AVVERTENZA:
in questo e nei
prossimi capitoli ci sarà uso di vocaboli volgari e/o scurrili, ma non credo di
essere uscita dal seminato, cmq, se vi dovesse dare fastidio… leggete un’altra
ff! ^__-
4.
I tre moschettieri (e che Dio ci aiuti...)
"Ahh,
sentite! L'aria della vera Scozia!" Proclamò entusiasta Billy, quando
furono scesi dal treno; Dom si grattò un orecchio col mignolo, sbadigliando.
"A
me..." Disse poi. "...sembra cacca di mucca."
"Io..."
Intervenne Lji, aggiustandosi il giubbino. "...sono cresciuto in città, e
non sono molto esperto, ma... secondo me c'è pure un po' di cacca di
cavallo."
Billy
si girò verso i due amici con espressione molto poco divertita, posando le mani
sui fianchi; sembrava notevolmente contrariato.
"Siete
due rotti in culo." Dichiarò, poi gli diede le spalle, afferrando il
proprio zaino.
"Dai
Bill!" Esclamò Dominic, seguendolo mentre s'incamminava verso l'uscita.
"Stavamo scherzando!"
"Non
te la prendere!" Rincarò Eljiah accodandosi.
"Andiamo
all'ufficio informazioni." Affermò Billy, senza dare troppo peso agli
amici e continuando nella parte dell'indigeno offeso.
Si
fermarono davanti al vetro della biglietteria, che era anche l'ufficio
informazioni della piccola stazione; dietro c'era un ometto dalla faccia
astiosa, con occhialetti tondi.
"Buongiorno."
Gli fece Billy, che guidava il gruppetto.
"'giorno."
Rispose quello, osservando i ragazzi con sguardo critico.
"Noi
dovremmo andare nel villaggio di Fenboro..." L'uomo alzò un sopracciglio.
"Lei
è scozzese?" Gli domandò interrompendolo.
"Sì!"
Rispose entusiasta Billy.
"Ah."
Fece solo l'altro, oltre il vetro; il ragazzo rimase interdetto.
"Mi
scusi." Intervenne Lji, scansando Billy dal vetro. "Qui c'è un posto
dove si può prendere una macchina a nolo?" Gli chiese.
"Una
macchina a nolo?" Replicò l'uomo, quasi allibito.
"Un
autobus?" Domandò allora Dom.
"Sì,
quello sì." Annuì il bigliettaio.
"E
dove si comprano i biglietti?" Billy si era riscosso, riprendendo parte al
discorso.
"All'ufficio
postale." Silenzio, i tre ragazzi lo guardavano in attesa.
"Che
si trova?" Lo incitò Dom, con un gesto delle mani.
"In
fondo alla strada." Rispose allora quello; Dominic girò i tacchi e se ne
andò.
"Grazie
per la collaborazione." Gli disse ironico Billy prima di andare.
"Lei
è stato..." Aggiunse Lji. "...illuminante."
I
tre ragazzi uscirono dalla stazione, incamminandosi lungo la strada principale
della sonnolenta cittadina; poco dopo si accorsero di attirare gli sguardi
delle persone che incrociavano.
"La
gente ci guarda strano." Mormorò Lji dopo un po' che camminavano.
"Sarà
colpa del tuo taglio di capelli." Ribatté Dom; Eljiah si fermò e, con
espressione scocciata, guardò l'amico, poi si aggiustò la cresta di capelli
dritti che aveva al centro della testa.
"Sappi,
mio caro, che questo è un taglio all'ultima moda." Replicò infine.
"Piuttosto, parliamo di quella ciabattina ossigenata che hai tu sulla
fronte." Aggiunse indicando il liscio ciuffo di Dominic.
"Beh,
che vuoi?" Fece provocatorio l'amico.
"Ragazzi,
credo che la spiegazione sia più semplice." Intervenne Billy. "Penso
che non siano molto abituati a vedere in giro persone di fuori." Spiegò
poi.
"Siamo
così strani?!" Domandarono in coro gli altri due.
"No,
ma..." Rispose Billy. "E' solo che si vede lontano un miglio che non
siamo di qui..."
"A
proposito." Disse Dom. "Dove cazzo è questo ufficio postale?"
"Proprio
dietro di te." Gl'indicò Lji; lui si girò, trovandosi davanti alla porta
di vetro con l'insegna inconfondibile delle poste scozzesi.
"Beh,
allora entriamo!"
Al
banco c'era solo una ragazza con le trecce e le lentiggini, che gli sorrise
cordialmente quando entrarono.
"Buongiorno,
posso esservi utile?" Disse, appena la raggiunsero.
"Sì,
grazie, molto gentile." Rispose Dom, posando le mani sul banco. "Noi
vorremmo acquistare tre biglietti dell'autobus per... Com'è che si chiama,
Bill?"
"Fenboro."
Rispose l'amico.
"Per
la corsa di stasera o di domattina?" Fece la ragazza, sempre sorridendo;
almeno questa era gentile.
"A
che ora è quella di stasera?" Chiese Billy.
"Alle
sette." Rispose l'impiegata.
"Cavolo!"
Sbottò Dominic. "Ma non ce n'è uno prima?"
"No."
Negò lei. "Sono quelli dei pendolari, uno al mattino e uno la sera."
Spiegò poi.
"Ma
mi scusi." Intervenne Lji. "Non c'è un altro modo per andare a
Fenboro, prima di quell'ora?" S’accorse che la ragazza non lo ascoltava e
si era messa a scrutarli.
"Dove
vi ho già visti?" Domandò infine; Lji levò gli occhi al soffitto.
"Probabilmente
in qualche film." Rispose Dom, gongolando. "Siamo attori."
"Ma...
ma, avete girato anche un film tutti insieme?" Continuò l'impiegata; i
ragazzi si scambiarono un'occhiata, anche se ormai erano abituati ad essere
riconosciuti perfino ai confini del mondo.
"Sì."
Ammise arreso Billy. "Eravamo nel Signore degli Anelli..."
"Il
Signore degli A..." La ragazza si girò all'improvviso verso Lji,
spalancando la bocca e gli occhi. "Oh... oh..."
"Sì!"
Si affrettò ad annuire lui. "Sì, sì sono io!" La bloccò alzando una
mano.
"Beh,
allora, in questo caso..." Disse la ragazza, facendosi tutta carina.
"Sì?"
La incitò Dom, con il migliore dei suoi sorrisi.
"Il
nostro furgone parte tra poco, magari il nostro autista vi può dare un
passaggio..."
"Glielo
chieda, per favore..." Intervenne Lji, sbatacchiando i suoi occhioni
azzurri.
Pochi
minuti dopo erano nel piazzale dell'ufficio postale; l'autista era un tipo
taciturno e mingherlino, che li guardava come fossero alieni, coi loro vestiti
firmati ed i capelli alla moda.
"Davanti
non c'è posto per tutti, vi dovete mettere dietro." Gli disse, mentre
caricava il furgoncino. "Insieme alla posta."
"Ok..."
Rispose poco convinto Billy.
"Ragazzi..."
Si voltarono, era l'impiegata. "Sarebbe un problema se, prima di andare,
vi scattaste una foto con me?" Chiese timidamente.
"Eccome
no!" Rispose subito Dom, trascinando gli altri due, un po' riluttanti.
"E' un piacere!"
Una
mezz'ora dopo, erano in viaggio verso Fenboro; naturalmente la ragazza aveva
voluto anche gli autografi con dedica, ma in fondo erano abituati a certe cose.
"Porca
puttana, ma che puzza è?!" Sbottò improvvisamente Dom. "Dico, ma la
gente qui spedisce le forme di formaggio?"
"Di
formaggio andato a male, direi..." Commentò sconsolato Billy; purtroppo
nel retro del furgone non c'era alcun finestrino.
"Non
è che qualcuno ha scoreggiato?" Domandò insospettito Dom.
"Forse
tu..." Ipotizzò cautamente Billy; l'amico gli lanciò un pacco di lettere.
"Non
ci credo..." Lji aprì per la prima volta la bocca, lo guardarono.
"Sono su un furgone in mezzo alla brughiera, abbracciato ad un sacco delle
poste Scozzesi..." Mormorò, guardando nel vuoto. "E' la cosa extra
lavorativa più assurda che abbia fatto." Proclamò infine.
"No,
non mi pare." Disse Billy. "Ti ricordi quella volta che siamo andati
a rubare le mele, in Nuova Zelanda?" Domandò poi; Dom spalancò gli occhi.
"Quel
tizio ci ha sparato addosso!" Esclamò.
"Mi
correggo, non è la cosa più assurda che abbia mai fatto..." Rettificò Lji,
atono; in quel momento il furgone sobbalzò in maniera violenta.
"Cazzo!" Imprecò il ragazzo.
"Che
c'è?" Gli fece Billy, preoccupato dal suo tono, mentre Dom si massaggiava
il sedere.
"Il
mio povero culo..." Si lamentò, facendo per spostarsi.
"NO,
FERMO!!!" Gli gridò Lji, fermandolo a metà del gesto, in una posizione
impossibile oltre che scomoda. "Ho perso una lente!"
Con
delle manovre degne dello sbarco in Normandia, la lente a contatto di Lji fu
ritrovata integra, e Dom si poté risedere. La seconda metà del viaggio passò
abbastanza tranquilla, ed i ragazzi ringraziarono Dio, Buddha, o chi per loro,
quando riuscirono a scendere dal furgone prima che l'ossigeno finisse.
Ad
aspettare c'era il postino locale, un tizio basso, magro e con due orecchie da
paura.
"Cacchio."
Commentò Lji a bassa voce. "Questo ha le orecchie più grandi di te,
Dom..."
"Oh,
ma che cazzo vuoi!" Esclamò offeso l'amico.
"Beh,
dai, ammettilo..." Rincarò Billy. "...non è che le tue orecchie siano
proprio piccole..." Dom gli lanciò uno sguardo inceneritore.
"Anche
Orlando ha le orecchie grandi, ma nessuno glielo fa mai presente." Replicò
poi. "Si può sapere perché!?"
"Le
porta con più discrezione..." Ipotizzò Lji
"E
poi non sono così, passami il termine, evidenti, come le tue." Aggiunse
Billy.
"Ma
guarda che cazzo di amici mi dovevo trovare!" E con questo giudizio
rassegnato si allontanò di qualche passo; Lji e Billy scoppiarono a ridere.
Pur
con le lacrime agl'occhi, i due ragazzi riuscirono a chiedere al postino la
strada per la fattoria della zia di Orlando; usciti dal paese, c'era un bivio
che, tramite una strada sterrata in aperta campagna, li avrebbe portati, dopo
un'oretta di cammino a piedi, all'allevamento. Lasciarono i bagagli all'ufficio
postale e, nonostante i lamenti di Dom, s'incamminarono in un bel pomeriggio
primaverile.
Arrivati
al bivio, Eljiah spalancò gli occhi, bloccandosi dove l'asfalto lasciava spazio
alla terra battuta; evidentemente il giorno prima doveva essere piovuto, poiché
c'era una discreta fanghiglia.
"Io
non ci passo di lì." Dichiarò risoluto il ragazzo.
"E
perché?" Ribatté Billy alzando le sopracciglia.
"Ma
scherzi!?" Sbottò l'altro. "Questi jeans sono di Ralph Laurent!"
Indicò i suoi pantaloni che, come moda dettava, arrivavano precisamente alla
suola delle scarpe.
"Hu,
che palle!" Esclamò Dominic. "Sei un fighetto!"
"Ma
scusa..." Disse Billy. "...perché non arrotoli l'orlo?" Gli
altri due lo guardarono.
"Un
genio!" Fece entusiasta Dom, indicandolo. "Abbiamo qui un genio, e tu
me lo vuoi sminuire!"
"Vabbene,
ho capito..." Affermò rassegnato Lji, poi si chinò e arrotolò il bordo dei
suoi preziosi jeans.
Dopo
un'oretta di cammino, a passo sostenuto, e uno sconveniente incontro del cavallo
dei pantaloni di Dom con le fauci di una pecora invadente, mentre erano rimasti
incastrati in un gregge che attraversava la strada, i tre attori raggiunsero la
fattoria. Era tutto deserto, in apparenza; si guardarono un po' intorno.
"Beh,
che si fa?" Domandò Lji, mentre Billy girava l'angolo in cerca di
qualcuno.
"Che
ne so io, bussiamo." Rispose Dom.
"Ahhh!"
L'urlo di Billy li fece girare; l'amico gli correva incontro inseguito da un
tacchino gigante.
Tutti
e tre, con una coordinazione da far invidia alla nazionale di nuoto
sincronizzato, saltarono su una panca di legno che era a lato della porta.
"Ma
che cos'è!?" Gridò Dominic, schiacciandosi contro la parete.
"Un
tacchino, non lo vedi!" Rispose Billy.
"Ah! Molla! Molla!" La bestia aveva agganciato l'orlo dei
pantaloni di Lji, e lui scalciava per farlo staccare.
"Hey
Bill." Chiamò una voce di donna; i tre si voltarono in quella direzione,
accorgendosi di una donna di mezz'età che gli veniva incontro.
"Ci
conosciamo?" Chiese Billy.
"No,
il tacchino." Indicò la donna.
"Ah,
si chiama Bill, il bastardo!" Esclamò Eljiah, quando l'animale finalmente
mollò la presa e si diresse soddisfatto verso la padrona.
"Vattene
Bill." Gli disse la donna; quando il tacchino se ne andò, lei si avvicinò
ai ragazzi. "Ora potete scendere, non tornerà."
"Sicura?"
Fece Dom, aggrottando le sopracciglia; lei annuì.
"Immagino
che voi siate gli amici di Orlando." Loro annuirono, mentre scendevano
dalla panca. "Io sono Clara Burton, piacere." A turno le strinsero la
mano.
"Orlando?"
Le domandò poi Dominic.
"Dovrebbe
tornare a momenti, è fuori con Amy..." A quel nome femminile, ai ragazzi
si alzarono le antenne. "...vado a preparare per il the." Gli disse
poi, dirigendosi verso la porta. "Voi lo aspettate qui?" Annuirono.
"Amy..."
Commentò Billy, scambiando con gli altri un'eloquente occhiata.
"E
così, c'è una misteriosa presenza femminile..." Aggiunse Lji, con un
sorrisino retorico.
"Vi
giuro che se è poco meglio di una scorfana, io non lo perdono." Dichiarò
Dom; a quel punto sentirono risate e rumore di zoccoli.
Due
cavalli arrivarono per la stessa strada che avevano fatto loro per giungere
alla fattoria; su uno più scuro c'era una bionda fragola dal sorriso
smagliante, mentre sull'altro c'era Orlando che rideva allegramente. Dominic
sentì che cominciava a ballargli un occhio.
"Hey,
ragazzi!" Esclamò contento l'amico quando li vide. "Siete arrivati
finalmente!" Aggiunse fermandosi e scendendo di sella. "Che bello
rivedervi!" Continuò abbracciandoli; anche loro salutarono, tranne Dom.
"Vi presento Amy..." Gl'indicò la ragazza. "Amy, loro sono
Billy, Eljiah e Dominic."
"Salve."
Fece lei, continuando a mantenere il suo sorriso abbagliante. "E' un
piacere conoscervi di persona."
"Piacere
nostro." Rispose educatamente Billy.
"Adesso
sarà meglio che vada a mettere su il the." Affermò la ragazza.
"Ci
sta pensando la signora..." Le disse Lji.
"Le
do una mano, allora." Annuì Amy, entrando; Orlando tornò a guardare gli
amici.
"Allora?
Come state?" Gli domandò allegro. "Io ho una fame pazzesca, vi va un
panino col culatello?" Silenzio; le facce perplesse di Lji e Billy su
quella rilassata di Orlando. All'improvviso scattò Dominic.
"Ma
io te lo rompo il culatello!" Prese Orlando per un braccio e gli mollò un
calcio nel sedere.
"Oh,
ma che fai!" Protestò l'amico; un'altra pedata. "Sei stronzo!"
"Stronzo?
Qui di stronzi ci sei solo te!" Scapaccione tra capo e collo. "Mi fai
credere di essere sull'orlo di un esaurimento nervoso, faccio un viaggio di
merda, e ti trovo bello bello, vestito come il piccolo lord..." Orlando
osservò il suo maglione nero a collo alto, i pantaloni da cavaliere color
sabbia, gli stivali lucidi. "...che te ne vai in giro ridendo insieme ad
una ragazza mooolto carina, con sorriso a 158 denti che sembra un
elefante!"
"Dom,
gli elefanti hanno solo quattro denti..." Precisò Eljiah, interrompendo,
con quel poco congruo commento, la violenza dell'amico; lui si girò.
"Ah,
complimenti..." Fece sarcastico. "Devi girare un documentario per In
the wild?" Gli chiese; Lji sorrise acidamente.
"Sì,
faccio un reportage su uno degli ultimi esemplari di Sborone Inglese dalla
Testa di Cazzo..." Ribatté infine.
"Bellissima!"
Esclamò Orlando. "Sembra una battuta mia!" Aggiunse ridendo.
"Tu
stai zitto!" Gli gridò Dominic.
"Eddai,
non rompere le palle..." Ma l'amico reagì; Orlando si dette alla fuga, ma
Dom gli saltò sulla schiena, cercando di aprirgli la testa.
"E'
pronto." Annunciò Amy, spuntando sulla porta, ma quando vide i due ragazzi
menarsi nel cortile spalancò gli occhi. "Che stanno facendo!?" Chiese
allibita.
"Niente."
Rispose Billy, scuotendo il capo. "Si salutano."
"Era
tanto che non si vedevano." Spiegò tranquillamente Lji.
"Ehh,
si vogliono bene..." Aggiunse Billy; Amy osservò i due accanto a lei e poi
Dom e Orlando, poi strinse le labbra, preoccupata.
Dopo
cena, i quattro amici erano riuniti in salotto; Amy e Clara erano impegnate a
rassettare la cucina. Orlando e Dominic sembravano aver recuperato un certo
accordo.
"Allora
ragazzi..." Esordì Orlando. "...che notizie dal mondo
civilizzato?"
Dominic
era seduto al tavolo, mentre Billy era sul divano e Lji su una poltrona;
Orlando era in piedi, tentando di trovare qualcosa di decente in tv.
"Sai
l'ultima di Londra?" Gli chiese Billy; lui negò. "Dicono che Kate ti
ha mollato perché hai avuto una storia con quella cantante bionda che si trucca
pesante, sai quella col cognome italiano..."
"Ah,
ho capito." Fece Orlando. "Non la conosco..."
"Bella
forza, comunque, quella si è fatta un'autostrada di cazzi." Commentò Dom
alzandosi e raggiungendo Orlando al centro della stanza.
"Come
sarebbe un'autostrada di cazzi?" Domandò incuriosito Lji, sporgendosi
dalla spalliera della poltrona.
"Sai,
dieci centimetri oggi, dieci domani, fai i chilometri..." Spiegò Dominic
serio, professionale.
"Dieci
centimetri!?" Esclamò divertito Billy, alzandosi a sua volta; Orlando lo
guardò.
"Evidentemente
fa riferimento al suo." Affermò poi, con un mezzo sorrisetto.
"Sì,
scherza pure, mister meraviglia." Disse Dom, piazzandosi davanti ad
Orlando. "Io l'ho visto il tuo, non è questo granché." Dichiarò
fissandolo negl'occhi, con espressione acida; poi raggiunse Billy vicino al
pianoforte.
"E
quand'è che te lo avrebbe visto?" Gli domandò Lji, passandogli accanto.
"Non
indagare, per l'amor di Dio!" Lo pregò Orlando, alzando le mani; l'amico
rise.
"Hu,
guarda queste foto!" L'esclamazione di Billy li attirò tutti al
pianoforte.
"Questo
è Orlando!" Indicò Dom, riconoscendo l'amico in un bambino grassottello
coi capelli corti, poi scoppiò a ridere.
"Che
faccia a kiuulo!" Commentò Billy, anche lui ridendo.
"Che
stronzi..." Mormorò l'amico. "Non ho la faccia a culo." Disse
poi, corrucciando la fronte.
"Questa,
invece, è Amy." Lji indicò la ragazza in una spilungona con la bocca
luccicante.
"Ma
cos'ha in bocca?" Chiese Dom.
"L'apparecchio,
idiota."
"Anche
questo sei tu." Billy aveva preso un'altra foto; Orlando gli diede
un'occhiata.
"Quella
foto l'ho fatta ai tempi di Wilde..." Disse poi. "Non credevo zia
Clara ne avesse una copia." Anche Dom si era spostato per vederla, mentre
Lji guardava quelle vecchie.
"Ammazza,
carina questa ragazza che è con te!" Esclamò Dominic. "Me la presenti?"
"Col
cazzo!" Rispose Orlando, accompagnando le parole con un eloquente gesto.
"Quella è mia sorella, e tu non le metti le tue manacce su mia
sorella..."
"Sì,
però tu su quella di Lji ce le hai messe eccome!" Protestò Dom.
"No,
aspetta un attimo..." Orlando alzò le mani.
"Cosa
hai fatto tu, con mia sorella?" Chiese minaccioso Lji.
"Ma
niente!" Si difese lui.
"Come!
Me lo ricordo anch'io!" Intervenne Billy. "Quando e venuta in Nuova
Zelanda, e la sera abbiamo bevuto come... irlandesi ad un funerale!"
"Voi
mi state mettendo in mezzo!" Si difese il ragazzo.
"Confessa,
cosa hai fatto a mia sorella!?" Continuò Eljiah, sempre più incazzato.
"Ma
come te lo devo dire: NIENTE!" Gridò Orlando. "O, perlomeno..."
Fece poi, più titubante. "...nulla che mi ricordi, ma ero fuori come un
culo..."
"Io
ricordo che l'hai baciata..." Disse Dom, che si stava gustando una specie
di vendetta molto strategica.
"Ahhh!"
Gridò Lji spalancando gli occhi.
"Lji,
mi fai paura..." Affermò titubante Orlando, alzando le mani.
"Confessa!"
Gli ordinò l'amico, facendo un passo di avvicinamento; lui indietreggiò.
"Vabbene!"
Sbottò infine. "Vabbene, forse l'ho baciata e... magari... le ho
palpeggiato un po' il seno..."
"Hai
toccato le tette di mia sorella!" Orlando sussultò. "Ti avverto, che
se ti sei fatto mia sorella, io mi farò la tua, e siamo pari." Dichiarò
Lji.
"Hai
capito, che furbino..." Commentò Billy, scambiando un'occhiata con Dom.
"Allora,
sei stato a letto con Anna?" Domandò Eljiah, nello stesso momento; Orlando
aggrottò la fronte, preoccupato.
"No!"
Rispose poi, negando col capo.
"Non
ci credo." Proclamò l'altro, dandogli le spalle. "Ora la
chiamo." Lo guardarono uscire nell'ingresso; dopo uno scambio di sguardi
lo seguirono.
"Cos'è
che fai?" Gli chiese Orlando, quando lo raggiunsero vicino al telefono.
"Tranquillo,
la telefonata la pago." Disse Lji, mentre componeva il numero di New York.
"Non
era per quello..." Mormorò rassegnato l'amico.
"Anna?
Sì, sono io... no, ti volevo chiedere una cosa..." Esordì il ragazzo,
sotto lo sguardo degli altri tre. "Senti, per caso, sei stata a letto con
Orlando? ...come: Orlando chi? Ma quanti ne conosci? ...hai presente quel mio
amico alto, capelli scuri, gran faccia da impunito..." Terminò la frase
guardando Orlando con aria acida; lui alzò gli occhi al cielo. "Quando?
Sai quella volta che sei venuta in Nuova Zelanda, e abbiamo bevuto come... come
irlandesi a un funerale..." Citò Billy. "Ah, ti ricordi... Meno
male... Ah... Ahah..." Annuiva, poi si girò, nascondendosi agli amici.
"Hm... ho capito, grazie..." Si voltò di nuovo, con un sorriso.
"Ciao, bacino bacino." E riagganciò.
"Allora?"
Chiese Billy, divorato dalla curiosità.
"Beh,
dice che avete pomiciato per un po', niente di che..." Orlando fece un
sorrisino retorico. "...e poi ti sei addormentato e non è più riuscita a
svegliarti, forse eri in coma..."
"Che
volevi che facessi!?" Sbottò l'amico, allargando le braccia. "Avevo
bevuto da fare schifo, e il giorno dopo ho pure vomitato sul set!"
"Sì!
Mi ricordo anche quello!" Intervenne Billy allegramente. "Hai rimesso
sugli stivali di Viggo!"
"No."
Lo corresse Orlando. "Erano gli stivali di Karl, e ho dovuto
lavarli."
"Fossero
stati quelli di Viggo, se li sarebbe messi col vomito, faceva più realistico..."
Commentò Lji; tutti annuirono.
"Dai,
andiamo a prendere i nostri zaini, altrimenti stanotte non si dorme."
Affermò Dom, che cominciava ad avvertire il peso del viaggio.
Presero
il furgoncino di Clara e andarono a riprendere le cose dei ragazzi all'ufficio
postale; gli aprì Tim, il postino, che viveva proprio sopra al suo posto di
lavoro. Orlando dovette ammettere che la descrizione delle sue orecchie, fatta
da Amy, rispecchiava la realtà; forse quel tizio poteva davvero contattare gli
alieni...
Per
fortuna Billy, Dom e Lji avevano portato i sacchi a pelo, perché non c'erano
altri letti alla fattoria; Amy gli disse che due potevano dormire in salotto e
uno sopra con Orlando. Cominciò la discussione su come si sarebbero divisi.
"Io
con Dom non ci dormo." Dichiarò Eljiah, mani sui fianchi.
"E
perché?" Replicò l'interessato.
"Scoreggi."
"Non
è vero!" Protestò l'amico indignato.
"E
non dormo nemmeno con Orlando." Continuò, ignorando Dom; il ragazzo più
alto spalancò gli occhi. "L'ultima volta mi ha buttato dalla finestra un
portachiavi da 80 dollari!" Spiegò allora, mentre tutti lo guardavano.
"Lji,
quel coso s'illuminava e suonava come una centrale nucleare con una
perdita!" Gli ricordò Orlando allargando le mani.
"Lo
potevi mettere in un cassetto..." Suggerì l'amico con indifferenza.
"Giusto!"
Intervenne Dom. "Così non avrei dovuto seguirti a cercarlo nella giungla
neozelandese!"
"Dom..."
Lo chiamò Billy. "Forse, se non fossi stato tu a dirgli di buttarlo dalla
finestra..."
"Non
era un giungla, comunque." Fece distrattamente Orlando. "Era un
bosco."
"Ma
è stata quella volta che Sean Bean ti ha minacciato con una torcia lunga 50
centimetri?" Domandò Billy a Dom; l'altro annuì.
"Veramente
non mi ha solo minacciato..." Ricordò Dominic. "...ha cercato proprio
di aprirmi la testa..."
"Forse
se tu avessi fatto un po' meno casino, invece di blaterare e smadonnare alle
tre di notte, quando il giorno dopo ci dovevamo alzare all'alba..."
Commentò Lji.
"Ho
capito, ma cazzo! prova tu ad avere alle calcagna Sean, hai presente
quell'armadio, in mutande e canottiera, incazzato come una biscia, che
brandisce una torcia enorme... Eccheccazzo, faceva veramente paura!"
Replicò Dom.
"E
che poi, quando io e Sean (Astin - n.d.Sara) siamo usciti per sistemare la
faccenda, ci è venuto quasi un colpo!" Esclamò Eljiah; ad Orlando tornò in
mente la scena e venne da ridere. "Quel pazzo di Viggo uscì dal fitto del
bosco, tutto vestito da ramingo, con le foglie tra i capelli, lo spadone al
fianco..."
"Avete
urlato come vite tagliate!" Affermò Orlando ridendo.
"Avrei
voluto vedere te, sembrava un fantasma!"
"Però,
non so se mi ricordo bene..." Intervenne Billy. "...lo ritrovò lui,
il portachiavi."
"E
ci credo!" Ribatté Lji. "Lo aveva preso in fronte!" Orlando
ormai era piegato in due dalle risate.
"Nemmeno
se avesse preso la mira, lo avrebbe centrato così bene!" Disse Dom, anche
lui ridendo.
"E
questo rincoglionito..." Lji indicò Orlando, che si appoggiava al muro.
"...si contorceva dal ridere!"
"Madonna,
la faccia di Viggo non me la dimenticherò mai!" Esclamò Dominic.
"Dai,
ad ogni modo, poi Vig mi ha perdonato." Fece infine Orlando, cercando di
riprendere un contegno.
"E
ci credo, gli hai fatto un paio delle tue moine, e lui, che è buono di cuore,
s'è subito ammorbidito!" Sbottò Lji. "Lasciatelo dire, OB, tu ti
approfitti dell'ascendente che hai sulle persone." Aggiunse serio, con
tono di rimprovero.
"Non
sempre gli riesce, però, specie con le donne." Commentò allusivo Dom.
"Chiudi
quella fogna piena di merda." Lo minacciò l'amico.
"Dai,
adesso basta, andiamo a letto." Intervenne saggiamente Billy.
"Lji-palla al piede-Wood me lo prendo io." Aggiunse, passando un
braccio sulle spalle dell'amico, che fece una smorfia acida.
"E
così noi siamo insieme." Fece Orlando a Dom, fissandolo negl'occhi con
espressione tipo cowboy nella sfida mortale.
"Sì..."
Rispose lui, con la stessa espressione. "...ma per stasera non facciamo le
cosacce!" Concluse la frase assumendo una posa da sciantosa e facendo la
boccuccia a cuore; Orlando scosse la testa ridendo.
"No,
cara..." Ribatté poi, atteggiandosi anche lui. "Non credo che dopo
questo viaggio reggeresti una delle mie prestazioni..." Ridendo si presero
per le spalle e si avviarono per le scale; Billy e Dom si scambiarono
un'occhiata allarmata.
Eccoci
qua! Un nuovo capitoletto della nostra ff! Mi spiace di avervi fatto aspettare
tanto, ma ho avuto qualche problema. Volevo solo dirvi che i vostri commenti mi
hanno fatto tanto piacere e che è bello sentire tanto affetto intorno a se,
specie nei momenti difficili.
Un
grazie particolare a Moon (che mi ha fatto la dedica e io ricambio ^__-), alla
grande Ruby (un bacione tesssssssssssora ^x^), a Itzuki, Spike, Fant e Ka del
Bluecrow (e anche agli altri della crew) perché mi sono stati vicini, e a
Claudia, che ama tanto i miei racconti su Orlando (e non solo).
Divertitevi
e commentate!
Sara
5.
Un trenino di c... propri
La
cucina di Clara, quella mattina, si presentava un po' diversa dal solito. La
padrona di casa, come sua abitudine, si era alzata all'alba, uscendo ben prima
che i suoi ospiti dessero segno di vita; ora erano loro ad occupare la stanza, siccome
Amy si stava preparando ad uscire.
Orlando,
boxer e maglietta neri, era davanti al fornello, cercando di coordinare i
movimenti così da versare il caffè nella tazza e non sulla sua mano. Billy,
pigiama con gli orsetti, fissava il vuoto con una fetta di pane in mano.
Entrarono
Lji e Dom; non avevano un'apparenza più sveglia degli altri due. Il primo
indossava pigiama e vestaglia, in perfetto coordinato, ed un paio di occhiali
dalla montatura spessa, mentre l'altro, con canottiera blu e pantaloni tipo
basket, si grattava la testa.
"Lji,
ma non porti le lenti?" Gli domandò la voce stentata di Orlando; l'amico
si girò, ancora rintronato dal sonno.
"Sì,
ma appena sveglio non mi trovo l'occhio..." Rispose poi, sedendosi
pesantemente.
"Ah..."
"Mamma
mia, cerchiamo di svegliarci!" Sbottò Dom, voltandosi verso il mobile dove
c'era la radio. Fu così che i suoi amici videro il retro dei suoi pantaloni, e
la scritta LAY YOUR HANDS HERE che stava proprio sulle sue chiappe. "Metto
un po' di musica, va." Fece, mentre gli altri gli guardavano il culo con
gli occhi di fuori.
Il
ragazzo, ad ogni modo, non ci fece caso, accendendo la radio, poi cercò una
stazione ascoltabile e, soddisfatto, si sedette accanto a Billy.
"No!"
Esclamò Orlando, appena partì la nuova canzone; entrava Amy in quel momento. "No,
Always no!" Continuò
il ragazzo, posando la tazza.
"Hai
qualcosa contro i Bon Jovi?" Gli domandò lei.
"Per
carità, è solo... cazzo, questa canzone potrebbero ribattezzarla 'L'inno degli
scaricati', dico ma le hai sentite le parole?!" Tutti lo guardavano.
"Questo Romeo sta sanguinando, ma tu non vedi il suo sangue... Per
piacere!"
"Mi
sembri un po' troppo suscettibile, su questo punto, mio caro..." Commentò
Dom.
"Suvvia,
Dom, cerca di essere un po' più sensibile." Gli disse Lji. "In fondo
è successo a tutti."
"Sarà
successo a te!" Replicò offeso l'altro, sistemandosi la passata sui
capelli.
"Eddai,
non dirci che non sei mai stato mollato da una ragazza." Intervenne Billy;
l'amico diede l'impressione di rifletterci un momento.
"Beh...
Però molto tempo fa!" Rispose infine. "E non ci sono rimasto
così." Col pollice indicò Orlando.
Lui,
nel frattempo, si era girato verso la parete, non voleva far vedere ai suoi
amici quanto stava male davvero; quella cazzo di canzone gli aveva riportato
alla mente un sacco d'immagini di Kate e ora si stava insultando in maniera
violenta.
"Però
è bello, alzarsi la mattina e trovare la propria cucina piena di bei
ragazzi." Affermò Amy, osservando gli ospiti.
"E
certo, abituata ormai a lui..." Fece Dom, con un cenno verso Orlando.
"...ti trovi disarmata, davanti ad un uomo dal fascino irresistibile come
me!"
"Ma,
mio caro Dominic, ognuno di voi è irresistibile." Dichiarò la ragazza.
"Come può fare una come me a trattenersi davanti..." Si avvicinò al
tavolo. "...al sorriso di Billy..." Gli prese il mento tra le dita e
lui sorrise. "...o agli occhioni azzurri di Lji..." Si voltò verso
l'altro ragazzo seduto e fece la stessa cosa. "...anche dietro a questi
occhiali." Eljiah rise piano; lei si scostò, raggiungendo Dom. "O
resistere al magnetismo animale di uno come te." Dicendo questo gli posò
le mani sul petto; si scambiarono un'occhiata divertita.
"E
lui?" Fece Dom a bassa voce, indicando Orlando; entrambi si voltarono
verso di lui, che stava ancora di spalle.
Gli
occhi di Amy ne percorsero il corpo dal basso in alto, e ritorno, fermandosi
poi ad un certa altezza; Orlando aveva un ginocchio un po' piegato, cosa che
rendeva la sua posa piuttosto provocante, dati anche i suoi boxer aderenti.
"Ehh..."
Sospirò lei.
"Gran
bel culo, eh?" Chiese Dominic.
"In
effetti..." Commentò la ragazza, senza spostare gli occhi. "Somiglia
un po' a quello del David di Michelangelo."
"Mi
sa di sì, non che io lo abbia visto dal vero, però..." Confermò il
ragazzo.
Orlando
a quel punto, sentendosi osservato, girò la testa, e vide i due alle sue
spalle, appoggiati al mobile dirimpetto.
"Voi
non state facendo commenti sul mio culo, vero?" Chiese insospettito.
"Eh,
ma tu ci provochi!" Rispose subito Dominic. "Fatti palpeggiare un
po'!" Esclamò poi, saltando verso l'amico e afferrandogli le natiche.
"Fermo,
pervertito!" Gridò Orlando.
"Ma
sì! Fammici dare una morsicatina!" Continuò imperterrito Dom, tentando
davvero di mordere il culo dell'amico.
"Ahh,
brutto finocchio! Lasciami!" Protestò l'altro, prendendolo per i capelli.
"Sono
pazzi..." Commentò Lji, versandosi del caffè, mentre scuoteva la testa.
"Dovremmo
denunciare PJ per quel casting, a messo insieme certa gente..." Rincarò
Billy, ridacchiando.
"Vabbene,
ragazzi, vi lascio alle vostre... attività, io vado al lavoro, ci vediamo nel
pomeriggio!" Affermò Amy, mentre raggiungeva la porta; poi si voltò verso
Orlando, che combatteva ancora con Dom. "Ciao biscottino." Gli disse.
"Ciao
Amy... Ah, e lasciami!" La ragazza era uscita, e Dom alzò subito la testa,
senza lasciare la presa alla vita di Orlando; lo guardò con espressione
interrogativa.
"Biscottino?"
Gli domandò; l'amico abbassò gli occhi su di lui.
"Beh,
che c'è? Lo sai che sono un ragazzo molto dolce..." Rispose poi.
"E
allora fatti mangiare!" Replicò l'altro, tentando stavolta di mordergli il
collo; Orlando reagì prendendolo per le orecchie. "Noooooo!!!!"
"Poi
non vi disturbo più..." Rientrò Amy, che smise un attimo di parlare,
osservando Orlando e Dom che ormai si rotolavano per terra. "...è arrivato
il giornale..." Annunciò, posando il quotidiano sul tavolo.
"Ciao!" Risalutò e uscì.
"Oh,
così posso leggere l'oroscopo." Affermò Billy, aprendo il giornale.
"Sto
molto meglio, da quando sono uscito dal tunnel." Dichiarò Lji, con
apparente poco riferimento alle parole dell'amico.
"Hai
smesso di fumare Lji?" Gli domandò Orlando dal pavimento, mentre tentava
di scostare Dominic spingendogli la faccia.
"Noo!"
Negò fermamente il ragazzo. "Ho smesso di leggere l'oroscopo."
"Orlando,
oggi ti dice che avrai grossi problemi nei contatti con il Sagittario..."
Disse Billy, fingendo di leggere, con espressione seria.
"Ah
ah ah." Ironizzò l'interessato. "Tanto non ci ho mai creduto, in
queste cose." Liberandosi dall'aggressore con una ginocchiata; Dom si
piegò in due, lamentandosi.
"Scettico,
come tutti i Capricorni." Commentò Lji, accendendosi una sigaretta.
"Vado
a vestirmi." Annunciò Orlando. "Quando si rialza, dategli due patelle
da parte mia." Aggiunse uscendo.
"Presenteremo."
Annuì Billy, sfogliando il quotidiano.
"Bastardo
rotto in culo!" Sbraitava nel frattempo Dominic, contorcendosi sul
pavimento.
Era
una di quelle strane giornate scozzesi, con le nuvole bianche e grigie che si
muovevano all'orizzonte di un cielo azzurro pallido, sopra la brughiera verde
che profumava di primavera; un brezza umida spazzava piano l'erba alta,
nell'aria solo pochi rumori di campagna.
I
ragazzi erano usciti per una passeggiata prima di pranzo, e quell'atmosfera gli
ricordava molto i tempi della Nuova Zelanda. Ora erano seduti sulla costa di
una bassa collina, da cui si godeva un bellissimo panorama, fino alla riva di
un laghetto.
"Bene,
bene, Orlando..." Esordì Dom, dopo alcuni minuti di rilassante silenzio;
gli amici si girarono tutti verso di lui. "...adesso che siamo soli, e
sufficientemente lontani dagli indigeni..." Aggiunse, lanciando uno
sguardo alla fattoria in lontananza. "...dicci di Amy." Orlando lo
guardò, tenendo in bocca un filo d'erba.
"Che
ti devo dire di Amy? L'hai conosciuta, no? E' un ragazza stupenda..."
Rispose stringendosi nelle spalle.
"Appunto."
Annuì Dominic, sollevandosi seduto, seguito dagli altri tre. "Quando te la
sei trombata?" L'amico spalancò gli occhi.
"Non
ho mai fatto niente del genere!" Sbottò poi, quasi offeso.
"Eddai,
tesoro, non prendiamoci tanto per il culo!" Replicò Dom. "Quando una
donna ti chiama biscottino, vuol dire che il biscottino lo ha provato..."
Alluse.
"Beh,
non è che sia andato poi di fuori..." Commentò Lji.
"Almeno,
di solito..." Rincarò Billy, annuendo.
"No,
no." Negò fermamente Orlando, con un gesto delle mani. "Io non ho
mai, ripeto mai, fatto l'amore con Amy." Insisté.
"Dai,
perché vuoi tenerti per te questa cosa!" Protestò Dominic, mentre tutti si
alzavano in piedi. "Sono uno dei tuoi migliori amici, abbiamo condiviso di
tutto!"
"Fammi
un esempio." Affermò Orlando, guardandolo negl'occhi; l'altro ragazzo ci
pensò per un attimo.
"Ti
ricordi di quella rossina che ti facevi in Nuova Zelanda?" Gli chiese;
Orlando aggrottò la fronte, insospettito.
"E
queste sono scoperte che fanno bene alla vita." Affermò Lji, fermo al suo
fianco; lui gli lanciò un'occhiata confusa, ma comica.
"Cazzo..."
Commentò infine l'interessato. "...la dava proprio a tutti..."
"Cavolo,
andare con la stessa ragazza, nello stesso periodo, è come usare lo stesso
spazzolino da denti..." Dichiarò invece Billy.
"Che
schifo!!" Proclamarono in coro Orlando e Dominic.
"Vabbé,
ormai è andata!" Disse quest'ultimo, allegramente rassegnato.
"Ad
ogni modo..." Intervenne Orlando. "...io ed Amy non abbiamo fatto
sesso, solo un sera, che ero un po' giù, mi sono fatto fare un po' di
coccole..." Ammise infine, chinando gli occhi.
"Ah..."
Dominic prese la palla al balzo. "E, esattamente, quanto ti sei fatto
coccolare?"
"In
che senso?" Ribatté l'amico.
"Ti
è venuto duro?" Tagliò corto l'altro, fissandolo; Orlando fece
l'indifferente, guardando altrove, ma questo non fece che confermare i sospetti
di Dom. "Lo sapevo!" Esclamò infatti. "Lo sapevo!" Continuò
saltellando.
"Ma
non c'entra niente!" Protestò Orlando. "E'... è un questione
meccanica... quando ci sono un certo tipo di stimolazioni..."
"Sì,
sì, raccontamene un'altra! Vieni!" Ironizzò Dom, tutto soddisfatto;
l'altro ragazzo, nel frattempo, sbuffava con un sorrisetto, alzando gli occhi
al cielo.
"Ma
senti una cosa, Orlando..." Fece Lji, attirando l'attenzione dell'amico,
che lo guardò. "Se poi non avete fatto sesso, come hai risolto?" Gli
domandò.
"E
come ho risolto, Lji..." Sbottò lui, sotto lo sguardo divertito degli
altri due. "...ho messo la testa sotto il rubinetto dell'acqua fredda,
metodo classico." Raccontò; Dom scoppiò a ridere senza ritegno.
"Sennò
c'era sempre il metodo champenoise..." Commentò Billy serio,
completando il tutto con l'eloquente gesto della mano stretta a pugno; stavolta
risero tutti quanti.
Ricominciarono
a camminare, il sole era piacevole, le chiacchiere allegre, non si accorgevano
nemmeno di quanto stavano camminando; l'unica presenza umana, a parte loro,
erano alcuni punti bianchi che si muovevano in lontananza: pecore al pascolo.
"Insomma,
Orlando." Intervenne ad un certo punto Billy. "Ma come sei finito
qui? Cioè, io sono sempre contento quando qualcuno decide di venire in Scozia,
ma te..." L'amico lo osservava incuriosito. "...ti vedevo meglio su
qualche spiaggia polinesiana, a farti fare massaggi..." Spiegò allargando
le braccia; Orlando sorrise, tornando a guardare avanti.
"Bah..."
Esordì, calciando una zolla di terra. "...le coincidenze della
vita..." Aggiunse distrattamente. "Viggo mi aveva proposto un ritiro
spirituale in una comunità new age, per ritrovare il mio io." Disse poi.
"No,
dai!" Esclamò Dominic. "In quei posti ti fanno mangiare stufato di
tofu con alghe marine!" La sua espressione era schifata.
"Ma
stiamo parlando di Viggo!" Intervenne Lji. "Un uomo che è stato
capace di fare un corso di campana tibetana!" Orlando lo guardò, e rise.
"Te la ricordi la campana, eh?"
"Eccome
no!" Rispose lui. "Non dimenticarti che con quell'uomo ci ho passato
tutti i giorni, e spesso le notti, per quindici mesi. Gli avrei aperto la
testa, con quell'affare, giuro!" Spiegò ridendo.
"Lo
strumento di rilassamento..." Ricordò Billy.
"Più
che altro, lo strumento d'incazzatura per chi gli stava accanto." Precisò
Lji.
"Billy,
ad ogni modo, volevi sapere perché sono venuto qui." L'amico annuì.
"Beh, è stata un'idea di mia madre, io avevo dei bei ricordi del posto,
così ho accettato."
Avevano
ormai raggiunto il laghetto; si sedettero sulla sponda, osservando alcune oche
selvatiche che vi nuotavano tranquillamente.
"E
dopo che farai?" Chiese Lji ad Orlando, che era seduto accanto a lui.
"Voglio dire, ti rilassi qui, ritrovi te stesso, e poi? Dovrai andartene
prima o poi."
"Fra
tre settimane inizio un nuovo film..." Rispose l'amico. "E poi...
penso di tornare a vivere definitivamente a Londra." A quelle parole Dom
scattò in piedi.
"Non
ci credo che mi molli così!" Esclamò allargando le braccia.
"No,
aspetta un momento." Fece Orlando, alzando una mano. "Fino a prova
contraria sono io quello che è stato scaricato."
"Andiamo,
Lji è andato a New York a fare l'intellettuale, tu torni a Londra, Billy non si
muove da casa sua! Io che cazzo ci sono venuto a fare in California!"
Protestò l'amico.
"Non
lo so cosa ci sei andato a fare tu, io mi ci ero trasferito per Kate, ma adesso
non ho più nessun motivo per starci, e me ne posso tornare a Londra."
Replicò Orlando. "Se ho capito una cosa, in questo posto, è che mi manca
casa mia."
"Oh,
andiamo!" Ribatté Dom. "Ne trovi un altro milione, di stronzettine
come lei, che tra l'altro mi è sempre stata beatamente sul cazzo. C'è tanta di
quella fica in California che te lo puoi fare a punta!"
"Ma
allora non hai capito un cazzo!" Protestò Orlando, alzandosi; gli altri
due cominciavano a preoccuparsi, Dom aveva toccato un tasto dolente.
"Spiegamelo
un po'..." Lo incitò l'amico, con le mani sui fianchi.
"Io
non posso, come se nulla fosse, tornare in quella casa, vedere le cose che
abbiamo comprato insieme, le fotografie, gli odori..." Spiegò rabbioso
Orlando.
"Perché?!"
Chiese Dominic, allargando le braccia.
"Perché?!
Perché mi manca tutto di lei!" Rispose l'altro gridando. "Mi manca il
suo sorriso, la sua voce, il suo modo di mandarmi a fanculo, mi manca la sua
schiena..." Lo ascoltavano elencare quelle cose, scambiandosi sguardi increduli.
"Perché... cazzo, io... io sono ancora innamorato di lei, perdio!"
Esclamò infine, con gli occhi lucidi; seguì un lungo momento di silenzio, in
cui Billy e Lji si lanciarono occhiate di preoccupazione per l'amico sconvolto.
"Grazie Dom." Disse infine Orlando con calma, alzando gli occhi sul
ragazzo che gli stava davanti ammutolito.
"Per
che cosa?" Domandò titubante lui.
"Per
aver infilato il coltello nella piaga ancora sanguinante, ed averlo rigirato di
360 gradi." Rispose Orlando, poi gli diede le spalle e si allontanò.
"Oh,
dove vai ora?!" Chiese allarmato Billy, quando vide Dom alzarsi e
incamminarsi verso Orlando, che se ne stava in disparte da diversi minuti.
"Dai,
io ci devo parlare!" Rispose lui. "Mi sento in colpa da morire, e poi
non mi va che mi porti rancore, cazzo, è uno dei miei migliori amici."
Aggiunse rammaricato; Billy e Lji si scambiarono uno sguardo.
"Vabbene."
Fece infine Elijah. "Però niente battute stronze." Dom allargò le
braccia con espressione retorica. "Io lo dicevo solo per prevenire un
peggioramento della situazione..."
Dominic
risalì il pendio erboso e, in cima, trovò Orlando seduto su un sasso; il
ragazzo teneva i gomiti appoggiati sulle ginocchia e la testa china. Dom si
sedette accanto a lui, sull'erba, cercando di vedergli il viso.
"Oh,
non starai mica piangendo?" Gli chiese dolcemente; l'amico sollevò subito
la testa, con espressione orgogliosa, si stropicciò il naso, poi incrociò le
braccia. Dopo trenta secondi aveva di nuovo gli occhi lucidi.
"Cazzo..."
Imprecò.
"Mi
volevo scusare." Affermò Dom. "Mi dispiace, davvero." Continuò,
posandogli una mano sulla schiena. "Non immaginavo che stessi così male,
altrimenti non avrei insistito..."
"Lo
so." Intervenne Orlando, interrompendolo. "E' colpa mia, che come al
solito, invece di sfogarmi, somatizzo, e va a finire che esplodo nel momento
più sbagliato..."
"Somatizzi?"
Chiese confuso l'amico; lui annuì.
"E'
che sono incazzato a morte con me stesso." Spiegò Orlando.
"Per
quale motivo?"
Billy
e Lij, nel frattempo, erano risaliti anche loro, e stavano distesi sull'erba, osservandoli
di soppiatto.
"Perché
quando lei mi ha lasciato avrei potuto fare qualcosa, urlare, protestare,
prenderla a sberle..." Si fermò un attimo. "No, io non sono il tipo
che picchia le donne... però, potevo fare qualcosa, e invece..."
"Eh?"
Anche Lij e Billy si fecero più vicini, per sentire.
"E
invece sono rimasto lì, come un ebete, mentre lei mi scaricava... e sai cosa
sono stato solamente capace di dirle?" Dom scosse la testa. "Kate, se
non sei felice..."
"Davvero?"
Fece l'amico, che si stava trattenendo, perché, a vedere l'espressione
rassegnata di Orlando, gli scappava da ridere.
"Sono
un idiota!" Proclamò il ragazzo. "Un totale, completo, profondo,
mitico, idiota!"
"Ma,
cazzo, dov'è il problema?" Intervenne Dom, alzandosi. "Urla adesso,
sfogati." Gli consigliò. "Meglio che qui, siamo in aperta campagna,
non c'è un cane nel raggio di dieci chilometri! Andiamo, urla un po'!"
Aggiunse, incitandolo con un gesto.
Orlando
diede l'impressione di pensarci un momento, poi si mise in piedi, guardandosi
intorno. "Ma sì, perché non farlo davvero." Affermò infine.
"Vai
ragazzo!" Lo incitò Dominic. "Di' tutto quel che hai da dire!"
Orlando si mise qualche passo più in là, schiarendosi la voce e gonfiando le
guance, come quando si preparava per una battuta importante.
"Kate sei una
stronzaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhh!!!!" Gridò, con quanto fiato aveva in gola; i due amici
nascosti balzarono in piedi.
"Sì!
Vai così!" Esclamò entusiasta Dom.
"Ma
siete impazziti?" Gli domandò Lij, avvicinandosi.
"Macché!"
Replicò Dominic. "Lo fanno anche all'Actor's Studio."
"Che
lo vuoi far diventare il nuovo Lawrence Olivier?" Domandò ironico Billy.
"Ha
le potenzialità..." Sentenziò Dom.
"Perché
mi hai lasciato, brutta stronzaaaaaaaaaa!!!" Urlava nel frattempo Orlando.
"Sì, gridate anche voi insieme a me, è bellissimo!!!"
"Sì,
voglio gridare anch'io!" Proclamò Dominic, raggiungendolo. "Il Feng
Shui mi fa cagareeeeeeeeeehhhhhhhhh!!!!"
"Così,
così!" Lo incitò Orlando, ormai infervorato. "Ci siamo rotti il cazzo
dei letti per terra!!!"
"E
che siamo noi? Fottuti giapponesi?!" Gli chiese Dom, sempre urlando.
"NO!"
Rispose lui.
"E
allora!" E giù a urlare di tutto.
"Forza,
forza!" Orlando prese anche Lji e Billy per un braccio e li portò in
postazione di urlo. "Gridate anche voi, vi farà bene!" Lij ci pensò
un momento, poi tossicchiò.
"Mamma,
mi ha rotto il cazzooooooooooohhhhhhhh!!!!" Gridò infine, poi sorrise
soddisfatto. "Mi sento meglio." Dom e Orlando annuivano. "Vai,
Bill!" Incitò l'amico.
"Ok..."
Annuì l'ultimo. "Gli scozzesi non sono spilorciiiiiiiiiiiiii!!!!"
"Evvai!"
Esclamò entusiasta Dom.
"Orlando
è molto più taccagno di me!" Continuò Billy; l'interpellato lo guardò
male.
"E
questo che cazzo c'entra?" Gli domandò.
"Nulla,
era per dire." Sorrise l'amico allargando le braccia.
"Io
non sono affatto taccagno!" Affermò risentito il ragazzo più alto.
"Le ho anche regalato un pendente di diamanti... A proposito..." E
tornò a girarsi verso l'orizzonte. "Restituiscimi il
diamanteeeeeeeeeee!!!!"
"Questo,
per lo meno glielo dovresti chiedere di persona, Orlando..." Si permise di
far timidamente notare Lij, ma lui continuò imperterrito a gridare; gli altri
tre si scambiarono un'occhiata, poi lo assecondarono, urlando anche loro.
"Ahh..."
Sospirò Orlando, steso sull'erba insieme agli amici. "La Urlo-terapia mi
ha fatto proprio bene, sento come se mi fossi tolto un peso dalla
coscienza." Affermò poi; Dominic si sollevò su un gomito.
"Allora
torni a Los Angeles?" Gli chiese, con espressione speranzosa.
"Ma
manco per sogno!" Rispose sgarbatamente l'altro.
"Guarda
che non ti fa mica tanto bene tutto questo livore." Gli fece presente
l'amico, brandendo l'indice.
"Dove
lo hai imparato il termine livore?" Gli domandò Lij, mentre si grattava
pigramente la fronte; Dom si girò verso di lui.
"Cosa
credi, io sono un ragazzino di una certa cultura, anche se non sembra."
Precisò con orgoglio.
"Ehehehe!"
Rise divertito Billy. "Ha parlato l'esimio docente oxfordiano."
Proclamò poi, con voce impostata; l'amico lo guardò male.
"Ma
vai a prendertelo nel culo." Replicò infine Dom, allo stesso modo.
"Ragazzi,
comunque, io ho deciso e non mi farete tornare indietro." Dichiarò deciso
Orlando.
"Beh,
ma noi lo sappiamo che quando t'impunti le cose le fai, anche a costo di
spaccartici le corna." Ribatté Lij sorridendo.
"Non
sei il tipo che s'arrende." Rincarò fiducioso Billy.
"E'
per questo che sono convinto che supererà questa cosa." Affermò sicuro
Dom, rivolto agli amici, poi si girò verso Orlando. "Ce la farai perché
sei caparbio, e rigoroso, e questa è una cosa che a volte t'invidio."
Continuò.
"Ma
và?" Fece l'altro, sorpreso.
"No,
davvero!" Riprese Dom. "A volte sei fuori come un terrazzo, ma di
quelli parecchio sporgenti, però sei rigoroso, e questo mi piace."
Concluse annuendo.
"Ragazzi,
il pranzo è pronto!" Li chiamò Clara da lontano; loro si voltarono in
quella direzione, Orlando si alzò.
"Sì,
grazie zia, arriviamo!" Le rispose sventolando la mano con un sorriso;
dopo aver fatto questo, tornò a girarsi verso gli amici. "Veramente, sono
commosso dalle tue parole, Dom." L'altro lo guardò scettico.
"Mi
stai prendendo per il culo?" Gli domandò poi, aggrottando la fronte.
"E
tu?" Replicò Orlando, facendo altrettanto; dopo un lungo sguardo
indagatore, scoppiarono a ridere, seguiti dagli altri due, poi s'incamminarono
verso la casa.
Dom
scese scale, poi girò l'angolo, affacciandosi nel bagno, la porta era aperta;
seduto sul bordo della vasca c'era Orlando che, con aria pensierosa, scrutava
le mattonelle del muro di fronte.
"Oh,
scusa, torno dopo..." Fece il ragazzo, tornando sui suoi passi.
"No,
no!" Lo fermò l'altro, allungando una mano. "Ho finito, stavo andando
via."
Dom,
allora, entrò nella stanza e raggiunse l'amico, sedendosi a sua volta sul
bordo, si scambiarono uno sguardo perplesso; indossavano entrambi solo le
mutande, a righe gialle e verdi per Dom, grigie per Orlando.
"Beh?"
Esordì Dominic, con un cenno del capo.
"Ma
sai che in fondo hai ragione tu?" Disse Orlando, annuendo.
"Ah,
sì?" Domandò l'amico.
"Certo."
Confermò Orlando, continuando ad annuire. "In fondo chi se ne frega, se
non mi vuole vuol dire che non mi merita."
"Giusto!"
Commentò allegramente Dom.
"Che
se ne vada pure sbattendo la porta." Riprese Orlando. "Io posso
vivere benissimo anche senza di lei!" Dichiarò infine, con aria decisa;
l'amico alzò l'indice, con espressione seria.
"Lo
diceva anche Gloria Gaynor." Affermò ondeggiando.
"Già..."
Confermò Orlando, assecondandolo.
Amy,
dirigendosi verso la cucina, passò davanti alla porta aperta del bagno; sentì
delle voci molto stonate e guardò dentro. Orlando e Dom stavano cantando,
dimenando goffamente i loro sederi e agitando le braccine.
"...ho
il mio amore da dare, ho la mia vita da vivere, io sopravviverò, io
sopravviveròòòòòòò!!!" Gorgheggiavano soddisfatti.
La
ragazza si trattenne dallo scoppiare a ridere in maniera sconveniente, così,
passandosi una mano sulla fronte, si allontanò.
Elijah
e Billy erano in cucina, seduti a chiaccherare davanti agli avanzi del the; Lij
si era appena acceso una sigaretta. Videro entrare Amy con espressione molto
perplessa.
"Che
faccia hai?" Le domandò Billy; la ragazza ci pensò per un secondo, poi
sorrise.
"Credo
di aver appena visto, in bagno, Orlando e Dom, in mutande, che cantano I
will survive, sbattendo culo contro culo..." Spiegò poi, ridacchiando.
"No!"
Saltò su Billy. "Devo vederli." Proclamò allontanandosi, mentre Lij
rideva fumando; e continuò a farlo, finché non sentì su di se lo sguardo gelido
di Amy.
"Cosa
c'è?" Le domandò.
"Potresti
spengerla, oppure fumare fuori?" Gli chiese lei, incrociando le braccia.
"Oh,
per favore!" Implorò lui, tenendo la cicca tra le dita. "A New York
poco ci manca che non ci fanno fumare nemmeno sui marciapiedi!" Protestò.
"E
fanno bene!" Replicò lei.
"Abbiamo
dei diritti anche noi fumatori." Tentò lui.
"Sì,
per la vostra salute, avete il diritto di smettere." Ribatté immediata la
ragazza. "Oppure ti vuoi ritrovare a quarant'anni con un infarto o un paio
di by-pass, oppure potresti anche superare la fase critica, tra i quaranta e i
sessant'anni..." Lij l'ascoltava sempre più umiliato, mentre la sigaretta
si consumava tra le sue dita. "...arriverai alla vecchiaia con le dita
gialle fosforescenti, i denti che ti cadono e l'uccello che non ti funziona da
almeno trent'anni!" Concluse decisa; il ragazzo spense il mozzicone nel
posacenere.
"Grazie
Amy, mi è passata la voglia..."
"Prego."
Rispose la ragazza, voltandosi verso il mobile della cucina; lui si grattò la
testa.
"Perché
ce l'hai tanto coi fumatori, Amy?" Le domandò Lij, dopo un po', mentre lei
cominciava a lavare i piatti.
"Mio
padre lo ha ucciso il fumo." Rispose seria lei, senza voltarsi. "E tu
sei troppo giovane, ed hai troppo talento, per buttarti via così."
Aggiunse girandosi e guardandolo negl'occhi. "Smetti, finché sei in
tempo." Lui le fece un breve sorriso sincero, e si rimise in tasca
l'accendino.
La luce
della luna attraversava le listarelle delle persiane, era una notte stranamente
limpida, per essere in Scozia, non c'era neanche vento.
Orlando
si era svegliato da qualche minuto e non riusciva a riprendere sonno; Dominic
russava nel suo sacco a pelo, voltato verso il muro. Il ragazzo si mise seduto,
ravviandosi i capelli, poi gattonò fino al bordo inferiore del letto e scese,
stando bene attento a non fare rumore; infine, dopo un ultimo sguardo
all'amico, uscì dalla stanza.
Scese
al piano di sotto e si accorse subito che c'era della luce in camera di Amy; si
avvicinò e vide la porta leggermente socchiusa. La scostò.
La
ragazza sollevò gli occhi da delle carte che teneva posate sulle ginocchia e lo
vide; gli sorrise e lui entrò, richiudendosi la porta alle spalle.
"Sei
ancora sveglia." Disse il ragazzo.
"Dovevo
dare uno sguardo a questa roba..." Indicò i fogli. "...per domani. E
tu?"
"Mi
ha svegliato quel trombone di Dom." Risero entrambi.
"Vieni."
Lo invitò lei, porgendogli la mano, con sguardo dolce; Orlando non se lo fece
ripetere, si avvicinò, le prese la mano e si sdraiò accanto a lei.
Si
guardarono negl'occhi per un po', poi Orlando chinò lo sguardo, ed Amy gli
abbracciò la testa, facendogliela posare sul suo seno; lui la strinse alla
vita.
"Devi
dirmi qualcosa?" Gli domandò la ragazza, carezzandogli i capelli.
"Io
parto con i ragazzi." Rispose lui.
"Me
lo immaginavo." Annuì Amy.
"Profumi
di borotalco..." Mormorò Orlando, ancora col viso immerso nella sua pelle.
"Smettila
di annusarmi le tette!" Sbottò divertita la ragazza; lui scoppiò a ridere,
senza muovere il viso.
"No,
perché?! Hanno un così buon odore..." Protestò poi; dopo di che la strinse
a se, passando la mano sulle sue natiche.
"Fossi
in te la smetterei." Gli consigliò saggiamente Amy, con un sorrisino
furbo; lui alzò gli occhi, con espressione maliziosa e divertita. "O
potresti fare la fine dell'altra volta..."
"Ahh!"
Sospirò Orlando, scostandosi e mettendosi supino accanto alla ragazza.
"Colpo bassissimo!" Aggiunse, portandosi una mano sul viso.
"Dai,
non fare il teatrante!" Esclamò lei ridendo, ma sentiva benissimo che,
sotto la mano, anche Orlando faceva altrettanto; di colpo lui tolse la mano e
si girò su un fianco, guardandola negl'occhi.
"Ma
è stata tutta colpa tua." Dichiarò puntandole l'indice sul naso.
"Ammetto
che possa anche essere stata colpa mia." Replicò la ragazza. "Ma ti
avevo detto di fermarti." Aggiunse con calma.
"Oh,
Amy, Amy, che cosa mi hai fatto!" Lei rideva, mentre Orlando tornava a
mettersi a pancia in su, levando gli occhi al soffitto. "Ero un comune
ragazzo vip, attratto da ragazze magre e piene di spigoli, e ora mi ritrovo ad
affondare nel mare delle rotondità femminili!" Proclamò con tono arreso,
ma col sorriso sulle labbra.
"Poverino!"
Lo compianse Amy. "Vieni qui..." Gli disse, prendendolo dolcemente
per un braccio. "Avrai tempo per gli spigoli, adesso affonda un altro
po'..." Aggiunse con un sorriso comprensivo; lui, con occhio languido e
dolce, la abbracciò di nuovo.
"Mi
provochi, così..." Mormorò il ragazzo, baciandole il collo.
"Mhh,
mi piace..." Rispose Amy, passandogli una mano sotto la maglietta.
"Ti adoro quando fai il micione coccoloso..." Lo sentì ridere contro
la sua pelle, e lei fece altrettanto, mentre si allungava per spegnere la luce.
Orlando
entrò in cucina passandosi una mano tra i capelli; Dom era seduto a tavola, in
linea d'aria proprio di fronte al nuovo arrivato, Lij era in piedi vicino al
fornello. Bill, seduto accanto a Dom, lo salutò solo con la mano, perché aveva
la bocca piena. Era una bella mattina di sole.
"Ahh,
buongiorno." Salutò allusivo Dominic, quando vide entrare l'amico.
"Giorno
a tutti." Rispose Orlando.
"E
sentiamo un po'..." Continuò Dom, con aria furbetta. "...dov'è che
sei stato stanotte?" Orlando gli lanciò un'occhiata sarcastica.
"Per
quanto ti riguarda, la notte potrei anche averla passata sul gabinetto."
Gli rispose poi, acido.
"Dai!"
Sbottò l'altro, sotto gli sguardi perplessi degli altri due. "Non
prendermi in giro, lo sanno tutti che tu non caghi mai!" Orlando levò gli
occhi al soffitto, poi sbuffò.
"Ma
si può sapere come cazzo è nata, questa leggenda metropolitana sulla mia
presunta stitichezza?!" Domandò poi, posando le mani sui fianchi.
"Non
è una leggenda, ma l'unica spiegazione al fatto che nella tua roulotte in Nuova
Zelanda c'era sempre la carta igienica e nella mia no." Decretò Dominic.
"Ma
che cazzo ne so io di cosa ci fai tu con la carta igienica!" Sbottò
Orlando.
"Naaa,
la verità è che tu e Viggo non cagate mai." Insisté l'amico scuotendo il
capo; l'altro sospirò portandosi una mano alla fronte.
"Guarda..."
Intervenne Lij, attirando l'attenzione di Orlando. "...è inutile che
continui, tanto quando si mette in testa qualcosa..."
"Allora,
dove hai passato la notte?" Riprese Dom.
"Madonna,
che palle!" Sbottò Orlando.
"Che
cos'è quello?" Domandò all'improvviso Dom; Billy ridacchiava versandosi il
caffè.
"Cosa?!"
Chiese Orlando spalancando gli occhi.
"Sul
collo..." Indicò l'amico; lui si portò istintivamente la mano al punto
incriminato. "...un succhiotto..." Orlando fece pressione con le
dita, per vedere se sentiva qualcosa.
"Ti
sta prendendo per il culo." Gli disse Lij divertito. "Non hai
nulla." Orlando tolse la mano dal collo e si girò verso Dominic con
sguardo offeso.
"Che
testa di cazzo." Sibilò; l'amico scoppiò a ridere. "Ma proprio
pluripremiata..."
"Abbiamo
la coduzza di paglia, eh?" Lo provocò Dom; Orlando gli fece una smorfia
acida.
"Rassegnati,
Ob, ormai è partito." Gli consigliò Billy.
"Uhhh,
come mi diverto!" Esclamò Dominic, spenzolandosi dallo schienale della
sedia. "Quanto mi piace provocare, è il mio pane!" Continuò
allegramente.
"Falla
finita, rotto in culo." Borbottò Orlando, voltandosi verso il frigo per
prendere del succo di frutta; Dom continuava a ridere.
"Buongiorno
a tutti." Salutò Amy entrando; era già vestita e pettinata. I ragazzi
risposero al saluto; Dom fece un sorrisino malizioso.
La
ragazza si avvicinò al mobile, dove Orlando si stava versando il succo, e gli
toccò un braccio per farsi vedere, lui si girò e sorrise.
"Buongiorno."
Disse la ragazza.
"Buongiorno
a te." Rispose lui, poi si scambiarono un lievissimo bacio sulle labbra...
e rimasero bloccati, quando si accorsero di averlo fatto davanti a tutti.
"E
allora! Ma vieniiii!!" Esclamò soddisfatto Dom, alzandosi in piedi e
mimando gesti di giubilo; Orlando, imprecando, si girò verso il mobile e cominciò
a sbattere la fronte contro lo sportello del pensile.
"Ma
che succede?" Domandò ingenuamente Amy; Lij e Billy si scambiavano sguardi
di trattenuta ilarità, appoggiando il mento sulle mani.
"Ma
che ci posso fare se sono avanti?!" Proclamava Dom, nel frattempo, posando
un piede sulla sedia.
"Odio
dargli ragione..." Ringhiava Orlando nello stesso momento, sempre
sbattendo la testa contro il mobile; adesso Dominic ballava e cantava il suo
trionfo. "Smettila, cazzo!" Sbottò alla fine, lanciando qualcosa che
prese in pieno l'amico sulla testa.
"Ahia!"
Esclamò Dom, seguendo con gli occhi l'oggetto non identificato che cadeva a
terra dopo averlo colpito. "Ma che cazzo mi hai tirato?!" Domandò
chinandosi. "Una mela?!?!" Affermò costernato, tornando in superficie
con il frutto ammaccato.
"Beh,
e allora?!" Chiese Orlando, con tono di sfida.
"E'
dura, cazzo!" Billy e Lij, ormai, erano stesi sul tavolo con le lacrime
agl'occhi.
"Non
lo sai che una mela al giorno toglie il medico di torno?" Replicò
sarcastico Orlando.
"Ma
vaffanculo te e il medico!" Ribatté l'altro.
"E
allora..." Intervenne Amy, nel disperato tentativo di arginare un nuovo
scontro tra i due ragazzi. "...quando partite?" Domandò.
"Stasera."
Le rispose Billy.
"Ho
un aereo per New York nel pomeriggio di domani." Spiegò Lij.
"Oh,
mi dispiace che ve ne andate così presto." Si rammaricò al ragazza; ma
proprio mentre pronunciava quelle parole, grazie ad una leggera spinta, si
accorse che Orlando e Dominic avevano ricominciato a darsele. Amy lanciò
un'occhiata rassegnata agli altri due.
"Sei
proprio sicura che ti dispiaccia?" Le domandò ironico Billy; esasperata,
la ragazza si girò verso i due contendenti.
"E
fatela finita!" Sbottò sorridendo.
"Io?
Ma dillo a lui!" Esclamò Orlando, impegnato a tenere lontano Dom
spingendogli il mento. "Questo finocchio non può fare a meno di saltarmi
addosso!" Aggiunse, e l'amico si fermò all'improvviso, alzando l'indice.
"Ah
no, questo non lo accetto." Protestò con espressione seria. "Fino a
prova contraria, sei tu quello con la reputazione di culo rotto." Orlando
fece una faccia poco raccomandabile e alquanto irritata.
"Ora
te lo faccio vedere io, come si rompe un culo." Minacciò poi; Amy sospirò
arresa, appoggiandosi contro il mobile.
Un paio
d'ore più tardi, i ragazzi si erano spostati al piano di sopra, a fare le
valigie; tra battute, frizzi e lazzi, il lavoro procedeva in modo abbastanza
tranquillo. Almeno finché Amy non si affacciò in fondo alla rampa delle scale
chiamando Orlando.
"Dimmi
biscottino!" Rispose allegramente il ragazzo, sporgendosi dalla ringhiera;
la vide in fondo alle scale, con un'espressione enigmatica.
"Al
telefono." Gli disse lei.
"Vengo
subito." Ribatté Orlando, preparandosi a scendere; Amy annuì e poi si
spostò, sparendo oltre il muro.
Il
ragazzo rimase piuttosto perplesso, quando arrivato in fondo non la trovò da
nessuna parte; forse era tornata in cucina. Fece una smorfia interrogativa poi,
senza perdere il buonumore, si avvicinò al telefono ed afferrò al cornetta.
"Heylà,
pronto!" Rispose sorridendo.
"Ciao
Orlando..." Quella voce. "Sono Kate." Proprio lei; il viso di
Orlando si tramutò all'istante in una maschera gelida.
"Ciao."
Rispose freddamente.
"Come
stai?" Gli chiese titubante la ragazza.
"Benissimo."
Telegrafò serafico lui.
"Anch'io
sto bene, e..."
"Come
mi hai rintracciato?" Domandò Orlando all'improvviso, interrompendola; ci
fu qualche secondo di silenzio.
"Non
sapevo dove trovarti, così... ho chiamato a casa tua..." Mormorò Kate, con
leggero imbarazzo.
"Mia
madre ti ha dato questo numero?" Sbottò il ragazzo, alzando leggermente la
voce.
"No."
Si affrettò a rispondere lei. "Non era in casa, me lo ha dato tua
sorella..." Appunto mentale per il ritorno a Londra: torturare ed
uccidere Virginia Bloom con le mie mani.
"Perché
mi stai cercando, Kate?" Si decise a chiedere Orlando.
"Ecco..."
Sembrava piuttosto indecisa; lui stava perdendo la pazienza e si muoveva da un
piede all'altro. "...non credo che noi due ci siamo chiariti nel modo
giusto..." Orlando aggrottò le sopracciglia, fermando il movimento.
"...il periodo che ho passato con te è stato forse il più bello della mia
vita..." Attenzione improvvisamente risvegliata. "...tu sei un
ragazzo così dolce, gentile, e sei un amante favoloso..." Piccolo
gongolamento di soddisfazione, scintillina di speranza.
"Ma
Kate, tutte queste cose valgono anche per me, lo sai..." Intevenne lui,
dolcemente.
"Certo
che lo so, Orlando, e io ti voglio bene." Replicò immediata la ragazza.
"Anch'io
ti voglio bene, dolcezza." La fiammella di speranza stava prendendo
vigore.
"Per
questo... per questo mi dispiace per il modo in cui sono andata via l'ultima
volta..." Sentiva ancora quella porta che si chiudeva alle sue spalle, ed
il suo cuore che andava in frantumi, ma piccoli piccoli. "A causa di
questo, devo chiederti una cosa."
"Tutto
quello che vuoi." Proclamò lui, sporgendosi sul mobiletto del telefono,
come se questo lo avvicinasse alla ragazza.
"Ho
lasciato molte cose lì, tra cui le chiavi, ed ora non so come fare ad entrare
nel tuo appartamento..." Orlando si raddrizzò lentamente, poi socchiuse
gli occhi e strinse la cornetta come se volesse disintegrarla.
Ma
brutta cretina, cerebrolesa, rincoglionita e deficente! Ma chiedile al
portiere, esserino amebico dal cervellino liofilizzato! Ma cosa cazzo me ne
frega se sei così suonata da esserti dimenticata le chiavi, forse eri troppo
impegnata ad umiliarmi!? Forse ti sei giocata l'ultimo centimetro quadrato di
materia grigia nello schiarimento dei capelli?! Non ci posso fare nulla, se sei
STUPIDA come la tazza del gabinetto e delicata come una badilata nei reni, se
nella tua preoccupazione di eclissarti prima che trovassi la forza di reagire,
ti sei dimenticata perfino quel poco cervello di cui madre natura ti aveva
dotata, perciò sai che devi fare? Andartene a cagare una volta per tutte,
brutta stronza!!!!
Questo
fu quello che il cervello di Orlando elaborò nei trenta secondi di silenzio
successivi, e che lui avrebbe voluto, ma davvero voluto, dirle; invece la
risposta fu un'altra.
"Puoi
chiederle al signor Johnson, è lui che mi annaffia le piante..." Scandì il
ragazzo con voce meccanica e con il calore di una banchisa artica.
"Grazie,
sei sempre un tesoro." Rispose soddisfatta Kate. "Torni a Los
Angeles?" Gli domandò poi.
"No."
Affermò secco; si sentiva così gelido che il suo cervello aveva probabilmente
fatto la brina, come un freezer. "Almeno, non per ora." Aggiunse poi,
accorgendosi di essere stato brusco.
"Ah...
bene, capisco." Ammise lei. "Allora, ci vediamo in giro."
L'unico desiderio di Orlando, in quel momento, era quello che almeno uno di
loro due scomparisse dalla faccia della Terra, e gli fosse fatta la grazia di
non rivederla più.
"Sì,
ci vediamo." Salutò glaciale.
"Un
bacione, ciao." Ribatté dolcemente Kate.
Sì,
baciami l'uc... non lo fa neanche tanto bene, detto tra noi... Solo in quel momento Orlando si
accorse che la ragazza aveva riattaccato; posò la cornetta e tornò di sopra.
In
camera Dom era intendo nell'ardua piegatura del suo sacco a pelo, mentre Lij
era sbracato sul letto, con solo la testa e la parte alta delle spalle
appoggiata al muro; Billy era di fronte a quest'ultimo, in piedi, appoggiato al
cassettone. Ridevano dell'ultima battuta, ma smisero, quando entrò Orlando con
una faccia indecifrabile.
"Chi
era al telefono?" Gli chiese Lij, come si fa normalmente; Orlando, con
l'espressività di un nano di gesso, si girò verso di lui e rispose.
"Kate."
Disse, con voce incolore; Dom alzò subito la testa dal suo lavoro, sguardi
allarmati volarono tra i tre amici.
"E...
cosa voleva?" Si azzardò a domandare Billy, dopo qualche istante,
scostandosi leggermente dal mobile; Orlando assunse un'espressione noncurante.
"Beh,
quando mi ha lasciato aveva un po' fretta, e... ha dimenticato le chiavi, ora
non sa come fare ad entrare in casa mia per prendere la sua roba." Spiegò,
apparentemente tranquillo; la sua calma gelò gli amici, Lij e Billy si
scambiarono uno sguardo perplesso.
"Ma
cos'è, cretina?" Intervenne Dom, senza alzare la testa dal sacco a pelo,
ed interrompendo l'imbarazzante quanto inutile silenzio che era calato; tutti
lo guardarono. "Non le poteva chiedere al portiere?" Continuò, come
se nulla fosse; lentamente Billy e Lij si girarono verso Orlando, che però
rimase impassibile.
"Ho
lasciato alcune cose di sotto, vado a prenderle." Affermò infine il
ragazzo, poi si girò ed uscì dalla stanza; i tre rimasti si guardarono
preoccupati.
"Uhuu..."
Commentò Lij, roteando gli occhi e appoggiandosi al muro.
"Ragazzi
allarme." Annunciò Billy. "Mi è entrato nella Modalità Iceberg, e lo
sapete cosa succede quando fa così." Aggiunse.
"Lo
so sì." Annuì Dom. "Rischiamo di fare tutti la fine del
Titanic!"
"Però,
io veramente non capisco." Fece Elijah, guardando nel vuoto. "Cosa le
sarà preso, di chiamarlo così, per una cazzata del genere, non lo sa che sta
ancora male?"
"Andiamo
Lij!" Sbottò Dominic. "Lo sai che quella è una gatta morta!"
"Tu
non hai mai potuto soffrire Kate, ma io non voglio dire come te." Replicò
Lij. "Ho avuto modo di frequentarla, e non mi è sembrata una
stupida."
"Mah,
devo dare ragione a Lij." Intervenne Billy. "E' sempre stata così
carina e dolce."
"Stucchevole
e oca, vorrai dire!" Esclamò Dom.
"Non
esagerare." Lo blandì l'amico.
"Io
lo sapevo che gli spezzava il cuore." Dichiarò annuendo, poi si rivolse a
Lji. "Sai che ti dico, l'inizio della fine è stato il servizio fotografico
di Viggo."
"Eh,
sì." Si trovò a confermare l'altro ragazzo. "Tu hai visto il libro di
Viggo, Bill?"
"Me
lo ha mandato e gli ho dato un'occhiata, le foto mi sono sembrate molto
belle..." All'improvviso il suo viso si fece sospettoso. "Non
penserete che lo abbia lasciato perché tutto il mondo può vedere il suo culo su
un libro fotografico?!" Chiese allibito.
"Ma
no, non hai capito un cazzo." Fece Dom scuotendo il capo. "Il fatto è
che lei era gelosa." Spiegò, come se fosse ovvio.
"Gelosa?
E di chi, delle fan di Orlando, forse?" Domandò stupito l'amico.
"Nah."
Negò Lij, scuotendo il capo.
"E
allora?" Continuò il sempre più confuso Billy. "Mica di Viggo?!"
Aggiunse allarmato.
"Essu!
Lo sai meglio di me, che quella storia di loro due è una minchiata!"
Esclamò Dom allargando le braccia.
"Certo!"
Rispose prontamente il ragazzo. "Ma per un attimo mi avete spaventato..."
"E'
lui, che non s'è spiegato bene." Intervenne Elijah, indicando Dom; Billy
si mise ad ascoltarlo. "Kate non era gelosa, ma invidiosa, perché Viggo ha
scelto Orlando e non lei per fare quel servizio." Spiegò il ragazzo con
calma.
"Ahh,
ora è chiaro!" Esclamò infine Billy, incrociando le braccia e poggiandosi
di nuovo contro il mobile. "Se tu, Dom, ti decidessi a parlare inglese,
invece che Monaghanese..."
"Comunque..."
Riprese Bill, ignorandolo e girandosi verso l'altro ragazzo. "...se è vero
quello che dite, è veramente brutto, una cosa proprio da persone brutte."
Concluse tristemente.
"E
Orlando non se lo merita." Aggiunse Dom, mentre riusciva finalmente a
chiudere la lampo della sua borsa; gli altri due non poterono fare altro che
annuire.
Orlando
era seduto sulla panca fuori della porta, con i gomiti sulle ginocchia e il
mento sulle mani; guardava l'orizzonte, perso nei propri pensieri. Amy lo
raggiunse, dopo averlo osservato per qualche secondo restando sulla soglia; si
sedette al suo fianco, guardando anche lei verso il lago. Lui fece un sorriso
appena accennato, senza guardarla, ma per farle capire che gli faceva piacere
fosse lì.
"Era
lei..." Mormorò la ragazza, dopo un po', timidamente. "...al
telefono, prima, vero?"
"Sì."
Rispose soltanto Orlando, continuando a guardare avanti.
"E
com'è andata?" Osò Amy, posando la mani sul bordo della panca e
sporgendosi col busto; il ragazzo sospirò.
"Non
nego di aver nutrito qualche speranza." Ammise infine. "Ma ora è
finita davvero."
"Era
finita anche prima." Intervenne lei; la guardò. "Solo che non volevi
rassegnarti." Aggiunse fissandolo negl'occhi con un sorriso dolce; lui
fece una smorfia amara.
"Avrei
voluto sputarle addosso il veleno di cento cobra..." Affermò Orlando,
scuotendo la testa. "...invece, come al solito, mi sono trasformato in una
specie di... di monolito di ghiaccio..."
"Tranquillo,
è una reazione come un'altra, la rabbia si manifesta in tanti modi." Lo
rassicurò Amy. "Pensa che ti è servito a capire di non essere più
innamorato di lei." Fu come se quelle parole gli avessero aperto una
finestra nel cervello e dato aria; sollevò il capo e la guardò, con espressione
sorpresa.
"Oddio,
hai ragione..." Mormorò, mentre il sorriso si allargava sulle sue labbra.
"...non sono più innamorato di lei..." Aggiunse ancora incredulo.
"Lo
si scopre sempre all'improvviso." Commentò tranquilla la ragazza.
"Beh,
allora..." Fece Orlando, premendo le mani sulle ginocchia e tornando a
guardare avanti. "...a quanto pare questo capitolo della mia vita è
chiuso, non mi resta che guardare al futuro." Aggiunse ottimista.
"Direi
di sì." Confermò Amy. "Del resto, solo alla morte non c'è
rimedio." Affermò poi, stringendosi nelle spalle.
"Ora
sarà meglio che torni di sopra." Disse il ragazzo, alzandosi; poi si girò
verso di lei con un sorriso birichino. "O penseranno che mi sono buttato
nel lago." Amy rise.
Orlando
sbadigliò, stiracchiandosi al sole; questo fece sollevare un po' la sua
camicia, e siccome aveva solo due bottoni allacciati, gli si scoprì un po' la
pancia. Amy non poté fare a meno di osservare ammirata: quel triangolo di pelle
esercitava un'attrazione non indifferente. Decise di esorcizzare.
"Orlando..."
Chiamò la ragazza; lui si girò.
"Eh?"
"Non
poteresti comprarti dei pantaloni più giusti?" Gli domandò, commentando
distrattamente il suo abbigliamento.
"Perché?
Questi cosa hanno che non va?" Replicò lui, osservando i calzoni tipo
mimetico che indossava.
"Ti
cadono?" Osservò lei, sollevando le sopracciglia ironica; Orlando sollevò
la camicia, scoprendo del tutto il suo addome tatuato, e verificando la
chiusura dei pantaloni. Erano grandi, in effetti, ma non credeva che gli
sarebbero scesi.
"A
me sembra che siano perfetti." Affermò infine, tornando a guardare lei,
che si era messa in piedi; continuava a tenere su la camicia.
"Sì..."
Fece Amy, avvicinandosi. "...ma solo perché ti piace mettere in mostra il
tuo bel pancino!" Aggiunse divertita, toccandogli l'ombelico con l'indice;
Orlando sorrise.
"C'è
chi se lo può permettere..." Dichiarò infine; entrambi scoppiarono a
ridere.
Ciao
a tutti! Prima di tutto mi voglio scusare per avervi fatto aspettare tanto per
questo ultimo capitolo, il fatto è che mi era venuto una specie di blocco su
questa ff, non avevo proprio idea di come concluderla; infatti, non aspettatevi
un finale molto originale, questo è quello che sono riuscita a mettere insieme,
dopo essermi lamentata della mia scarsità d'idee con chiunque, ma del resto
questa era una storia senza molto senso fin dall'inizio, nonostante riconosca
che non è venuta male.
Voglio
ringraziare per i suggerimenti, diretti e indiretti, Ruby e Moon (un bacione a
tutt'e due), dopo aver parlato con loro mi son cominciate a frullare alcune
ideuzze ed ecco la fine. Spero di non deludere nessuno, a parte me stessa, che
come sempre voglio di più. Godetevi questa bischerata, e commentate.
Saluti,
e a presto con le novità ^__-
Sara
7.
Nuovi ponti
"Allora,
è veramente tutto a posto?" Domandò Billy, ancora leggermente preoccupato;
Orlando si sistemò, appoggiandosi alla finestra.
"Ti
ho detto di sì." Affermò, per l'ennesima volta; tutti e tre gli amici lo
guardarono aggrottando la fronte. "Oh, ragazzi, cazzo! Smettetela di
preoccuparvi!" Sbottò, sorridendo, accorgendosi delle loro facce.
"Ma
tu cerca di capire anche noi." Intervenne Lij. "Cazzo, sei andato via
con l'espressione vivace di un pilone di cemento!"
"Insomma,
pensavamo che potevi tentare un gesto estremo." Rincarò Dominic, con
espressione seria, ma sapere se era finta o vera era tutto un altro discorso.
"Cazzo,
Dom..." Commentò Orlando, slacciando le braccia.
"Beh,
sai, le delusioni d'amore..." Fece l'amico, sventolando una mano;
l'interessato arricciò il naso.
"Hm,
direi che la delusione l'ho abbastanza superata." Si sentì di precisare in
seguito. "Questa la chiamerei più... una presa di coscienza."
"Ahh..." Billy annuì. "E, esattamente, di cosa ti
saresti reso conto?" Gli chiese poi.
"Ecco,
sì, piacerebbe saperlo anche a me." S'intromise un interessato Lij,
incrociando le braccia; Orlando prese un lungo respiro, socchiudendo gli occhi.
"Ho
compreso che, in realtà, io non sono più innamorato di Kate." Affermò.
"Credo." Aggiunse. "Posso vivere anche senza di lei, questo
sì."
"Eccolo
là!" Esclamò Dom, battendo le mani. "Questo volevo sentirti
dire!" Continuò entusiasta, indicando l'amico. "Il mondo è pieno di
fica, e noi siamo qui per lei!" Gli altri tre lo osservarono per un
momento, mentre ancheggiava in un ballo caraibico non meglio identificato.
"E'
il suo imperativo morale." Dichiarò Lij.
"Sì,
peccato che non gli riesca di metterlo in pratica." A questa battuta di
Billy, scoppiarono tutti e tre a ridere, ma Dom li ignorò, imperterrito,
intonando un motivetto che sembrava una stonata via di mezzo tra "La
ragazza d’Ipanema" e "Obsession".
"Andaaaaate
tutti a fareeee iiiiinnnn cuuuloooo!" Cantò il ragazzo, muovendo il
bacino.
"Scusate,
ragazzi." Si affacciò Amy, proprio mentre Dom si esibiva in una botta
d'anca degna del miglior James Brown, corredata anche dello "Yeah!"
d'ordinanza; quando la vide, perse l'equilibro e crollò sul letto, ma siccome
lo spazio era corto, sbatté anche la testa contro il muro.
"Ma
sei proprio un idiota..." Commentò Orlando, con le lacrime agl'occhi dal
gran ridere; Amy faceva di tutto per trattenersi, ma era chiaro che faceva
fatica.
"Vai
a prendertelo nel culo!" Esclamò invece Dom, massaggiandosi il capo con
espressione scazzata. "Mi sta crescendo una scamorza sul lobo
occipitale!"
"Chissà,
magari ci sta bene con la testa di cazzo che sei!" Intervenne Billy, e giù
tutti a ridere.
"Siete
troppo buffi, mi fate morire!" Affermò divertita Amy, dopo essersi
soffiata il naso, ma aveva ancora gli occhi lucidi. "Comunque, adesso devo
andare." Aggiunse poi. "Vado al lavoro, ma vengo a salutarvi alla
stazione."
"Ciao."
La salutarono Lij e Billy; Dom alzò solo una mano.
"A
dopo." Fece invece Orlando, prendendole la mano. "E grazie." Le
sussurrò all'orecchio, avvicinandosi un poco.
"Di
nulla." Rispose lei sorridendo, poi gli diede un piccolo bacio sulla
guancia.
La
ragazza, dopo aver fatto un ultimo saluto con la mano, uscì dalla stanza; solo
allora Dom si decise a parlare di nuovo.
"Ma
come?!" Le gridò dietro; Amy rimise la testa dentro la porta. "A me
neanche un bacino?" Domandò, con voce lamentosa.
"Ho
detto che vengo alla stazione, Dom." Rispose tranquillamente lei.
"Ciao!" E andò via; poco dopo la sentirono scendere le scale.
Il
ragazzo sbuffò, lasciandosi cadere seduto sul letto, poi incrociò braccia e
gambe; Billy, Orlando e Lij lo guardarono incuriositi.
"Ti
ha rimbalzato, Dom." Fece Elijah.
"Ecco,
io vorrei sapere..." Esordì lui, con la faccia scura. "...perché io
mi prendo questi rimbalzi alla Michael Jordan, e a lui..." Indicò Orlando.
"...anche quelle che se la tirano, gliela sbattono in faccia!"
Orlando alzò le sopracciglia, e sorrise, prima con gli occhi che con le labbra.
"Ci dev'essere una spiegazione scientifica."
"Dom,
onestamente." Intervenne Billy. "Siamo nati per soffrire, perché vuoi
aggiungere un'altra fiammella al tuo già ardente inferno personale?(*)" Il
cuscino che si prese in testa pose fine alla discussione.
Orlando
salutò zia Clara dopo pranzo; la donna se lo sbaciucchiò per bene, e versò
anche una lacrimuccia, raccomandandosi che il nipote tornasse presto a
trovarla. Lo sguardo poco convinto del ragazzo, persuase i suoi amici che il
ritorno in Scozia non sarebbe stato così ravvicinato.
Nonostante
tutto, quando Orlando stava uscendo con i bagagli, non poté fare a meno di
lanciare alla cameretta un'occhiata nostalgica; sorrise, comunque, chiudendosi
la porta alle spalle.
Il
furgoncino traballante di Clara, s'incamminò lungo il sentiero sterrato; alla
guida c'era Billy, erano rimasti d'accordo con Amy che lo avrebbe recuperato
lei dal parcheggio della stazione. Orlando guardava fuori dal finestrino
aperto: le colline verdi, le macchie d'erica, il cielo grigio-azzurro con le
nuvole grigie e lente, come le pigre pecore al pascolo. In lontananza abbaiava
un cane.
Sorrise.
Erano state due belle settimane, in fondo; non era andata poi così male, c'erano
varie prospettive, da cui si poteva guardare quella storia. Vabbene, Kate lo
aveva lasciato, ma era negativo questo? All'inizio sì, era stato veramente di
merda, ma quando l'aveva sentita, così tranquilla, quasi soddisfatta, si era
reso conto che forse non si meritava che lui soffrisse tanto. Non le avrebbe
mai detto quelle cose che aveva pensato, perché in fondo le aveva voluto bene,
davvero, non poteva compromettere i bei ricordi con uno sfogo dettato dalla
rabbia del momento.
Il
paesaggio della Scozia scorreva intorno a lui, con sprazzi di sole tra le nubi,
che disegnavano pozze di luce chiara sulla costa di una collina, o sul tetto di
una casa lontana; il motore del furgone copriva il rumore del mondo.
Orlando
si voltò verso l'interno del veicolo e guardò i suoi amici: Billy era
concentrato alla guida, effettuò un cambio un po' arduo, vista la rumorosa
frizione del mezzo, Lij, seduto alla sinistra del guidatore, guardava fuori,
mentre Dom, dietro accanto a lui, si grattava la testa. Sbadigliarono insieme,
Orlando ridacchiò piano.
Era
fortunato, ad avere amici così, che si erano fatti quel viaggio di merda solo
per stargli vicino in un momento un po' difficile; non li aveva nemmeno
ringraziati, doveva farlo. Abbassò gli occhi e guardò il tatuaggio sul suo
polso, che non rappresentava soltanto l'aver fatto parte di un grande progetto,
ma anche la nascita di legami forti, che lui sperava sarebbero durati a lungo,
nonostante gli impegni, le distanze e le scelte diverse che ognuno di loro
avrebbe fatto. Rialzò il capo.
"Ragazzi."
Li chiamò.
"Eh?!"
Fecero in coro; Dom e Lij lo guardarono, mentre Billy preferì continuare a
stare attento alla strada.
"Grazie."
Disse Orlando; ci fu un attimo di silenzio.
"Di
nulla." Rispose infine Lij.
"Non
c'è di che." Rincarò Dom un attimo dopo.
"Questa
cazzo di frizione!" Imprecò invece Bill; lo guardarono. "Ah, prego,
Ob." Aggiunse poi; tutti e quattro scoppiarono a ridere.
Sotto
la pensilina della stazione, mentre i ragazzi stavo discutendo se a Glasgow
convenisse prendere l'aereo o prenotare un vagon-lits fino a Londra, li
raggiunse Amy; Orlando, il meno interessato alla discussione, fu il primo ad
accorgersi di lei. Le andò incontro sorridendo.
"Oh,
ma che onore!" Esclamò il ragazzo, fermandosi davanti a lei; in quel momento
la videro anche gli altri. "Non ti avevo mai vista in divisa!" Amy
sorrise, togliendosi il berretto.
"Beh,
la metto al comando." Rispose poi, aggiustando la cravatta.
"Wow!"
Fece Dom, arrivando accanto a loro. "Polizia veterinaria?" Aggiunse
perplesso, osservando il suo distintivo. "E cosa fate?"
"Arrestano
gli animali come te." Affermò Billy, fermo al suo fianco; Dom gli rivolse
un sorrisino acido.
"Attento
Dom, la nostra Amy è un pubblico ufficiale..." Dichiarò divertito Lij; lui
lo guardò male, ma lei non se ne accorse, perché Orlando l'aveva presa per mano
e portata dove l'ombra della pensilina lasciava posto al sole.
"Sta
arrivando il treno." Disse il ragazzo; infatti, in lontananza, si stava
avvicinando la motrice.
"E'
ora di partire, sei pronto?" Gli domandò dolcemente lei.
"Sì."
Annuì Orlando. "Prometto che verrò a trovarti." Amy fece
un'espressione scettica. "Ti chiamerò." Garantì allora lui.
"Orlando,
non promettere cose che poi non farai." Ribatté la ragazza, tranquilla;
l'attore alzò gli occhi la cielo.
"Oh,
vabbene..." Sbuffò rassegnato. "Comunque, ho lasciato il mio numero
sulla rubrica di zia Clara, e poi... tornerò a vivere a Londra, così... se ti
capita di scendere giù..." Si sorrisero. "...magari puoi venire a
trovarmi tu."
"Potrei
anche farlo." Affermò lei.
"E
se le circostanze saranno diverse..." Si scambiarono un'occhiata maliziosa
e divertita.
"Se
saranno diverse..." Orlando era come in attesa. "...staremo a
vedere." Il ragazzo sorrise con sincerità.
"Ancora
grazie di tutto, Amy." Le disse poi, con dolcezza.
"E'
stato un vero piacere, Orlando." Rispose lei abbracciandolo; si
scambiarono un bacio abbastanza profondo, mentre arrivava il treno.
"Bacia
anche me! Bacia anche me!" Supplicò melodrammatico Dominic,
raggiungendoli, insieme agl'altri.
Amy
sbuffò, allungando una mano; afferrò la maglietta di Dom e lo tirò verso di se,
schioccandogli un bacio sulle labbra, sotto lo sguardo molto divertito degli
altri tre.
I
ragazzi salirono sul treno, dopo gli ultimi saluti ad Amy, e si sistemarono in
uno scompartimento tranquillo; Orlando tirò giù il finestrino, e vide che la
ragazza era già lì. Le sorrise, strizzandole l'occhio, lei ricambiò con uno dei
suoi sfolgoranti sorrisi.
Pochi
attimi dopo il convoglio si rimise in moto; la ragazza alzò un mano, muovendo
le dita in segno di saluto, altrettanto fece Orlando, mentre il treno si
staccava lentamente dalla banchina. Forse non l'avrebbe vista mai più, o
chissà, magari sì, questo sarebbe stato bello, ma lui sentiva che l'importante
era averla conosciuta. Il ragazzo chiuse il finestrino e si sedette, con un
sorridente sospiro.
Erano
in viaggio da circa un'ora, il treno non era molto affollato, in quello
scompartimento c'erano solo loro; al momento solo Lij e Orlando erano seduti,
perché Dom e Billy erano andati nella carrozza ristorante a prendere qualcosa
da bere per tutti.
"Che
cosa hai intenzione di fare con l'appartamento di Los Angeles?" Domandò
Elwood, distraendo l'amico dall'osservare il paesaggio che correva fuori dal
finestrino.
"Mah..."
Fece Orlando, girandosi. "...credo che lo terrò, il mattone è sempre un
investimento." Dichiarò, muovendo pigramente una mano.
"In
fondo in California ci capiti, almeno un paio di volte l'anno." Gli
ricordò l'altro.
"Eggià."
Confermò annuendo. "Cambierò l'arredamento..." Aggiunse
distrattamente. "...mi compro un bel baldacchino in stile
napoleonico..." I due ragazzi si scambiarono uno sguardo sorpreso e
divertito, poi scoppiarono a ridere. "Ho detto una cazzata!" Esclamò
Orlando.
"Guarda,
non ti ci vedo proprio!" Rincarò Lij, tra le risate. "Ma non ti
preoccupare delle cazzate, di quelle ne dici tante!"
Dom e
Billy rientravano in quel momento; portavano due bicchieri di carta per uno, e
stavano discutendo.
"Cazzo,
ma io non ci vengo più in giro con te!" Protestava Bill, mentre apriva la
porta scorrevole dello scompartimento col piede.
"Oh,
ma che accidente vuoi?!" Ribatté Dominic.
"Scusa,
ma c'era bisogno di discuterci?" Domandò l'amico girandosi verso di lui;
gli altri due li osservavano incuriositi. "Non avevi visto che ci voleva
il numeretto?"
"Scusa,
ma che cazzo ne so io? So una sega che non conta la fila, ma il
numeretto!" Replicò Dom. "E poi, permetti, quella era proprio una
stronza." Aggiunse, mentre andavano a sedersi accanto a gli amici e gli
porgevano i loro caffè.
"Sarà
stata anche la regina delle stronze, comunque io, di queste figure di melma, ne
faccio volentieri a meno." Affermò Billy, togliendo il cappuccio al suo
bicchiere.
"Se
non insisteva, io facevo anche a meno d'incaponirmi." Sbottò Dominic,
precipitando a fianco di Orlando, che si scostò per non prendere il caffè
addosso.
"La
verità è che ti piace fare la testolina di cazzo." Proclamò Bill, tutti
annuirono, mentre l'interessato negava. "Questa, come figura di merda, è a
livello di quella del brufolo in ascensore..."
"Il
brufolo in ascensore?!" Intervenne Lij, alzando all'improvviso gli occhi
dal bicchiere di carta e guardando Billy, che era seduto accanto a lui.
"Questa
la voglio proprio sapere." Intervenne Orlando, accomodandosi sul sedile.
"Che
c'è?" Chiese infastidito Dominic. "Non vi è mai capitato di
schiacciarvi un brufolo in un ascensore?"
"Mai."
Negò con forza Lij.
"Mi
spiace." Disse Orlando. "Non ne ho mai avuto uno." Si vantò poi,
carezzandosi una guancia. "Questo è il vantaggio di possedere una pelle
liscia e morbida come il culo di un bambino..." Dom lo guardava con
espressione acida.
"Ma
nemmeno un pelo incarnito?" L'amico negò. "Ci sono dei momenti che,
guarda... io ti schifo proprio!" Dichiarò poi, imbronciandosi.
"E
poi ti domandi come mai a lui non lo rimbalzano..." Commentò Lij.
"Secondo
me, ci prende per il culo tutti quanti." Ipotizzò Billy, sorseggiando il
suo caffè; Dom guardò Orlando di sottecchi, insospettito.
"Ad
ogni modo..." Svicolò l'interessato, facendo finta di non accorgersi
dell'occhiata. "...questa storia dell'ascensore?"
"Il
ragazzo glissa..." Fece Lij rivolto a Billy.
"Eccome
no..." Rispose lui con un sorrisino furbo.
"Dai!"
Sbottò Orlando.
"Poi
ci torniamo su questo argomento, però." Volle precisare Dom, annuendo.
"Ok,
vabbene." L'interruppe Billy, cominciando il racconto. "E' successo
l'anno scorso, quando eravamo a Los Angeles per la presentazione de Il ritorno
del re." Dominic confermò. "Stavamo in quell'albergo stupendo, noi
avevamo le camere una roba tipo al ventesimo piano." Gli altri fecero
cenno che ricordavano, così andò avanti. "Insomma, scopriamo che
sull'ascensore c'è questo enorme specchio, su tutta la parete di fondo..."
"Ihihihihih!"
Ridacchio Dom, al solo ricordo.
"Lui..."
Indicò l'amico. "...comincia a rimirarsi, come sempre, e si trova questo
brufolo sul mento."
"Decido
di schiacciarlo, e Bill tenta di dissuadermi." Intervenne Dominic.
"Impresa
inutile, immagino." Affermò Orlando, rivolto a Billy.
"Che
ne dici?" Replicò l'interpellato. "Beh, a quel punto Dom lo
schiaccia, solo che il genio qui presente non aveva considerato che, il
visibile, era solo una minima parte di ciò che conteneva il suo poro..."
Occhiata di rimprovero all'amico.
"E'
stato così che ho schizzato lo specchio da parte a parte con la mia materia
grassa!" Raccontò Dom con una certa soddisfazione.
"Cazzo,
che schifo!" Commentò Lij.
"E
non è finita Elwood." Si lamentò Billy.
"Oddio,
che altro è successo..." Mormorò Orlando.
"Ehehehe,
la parte migliore!" Esclamò Dom.
"Io
ero parecchio a disagio, ma lui comincia a dire che tanto siamo già al quinto
piano, chi vuoi che se ne accorga, e tutti i suoi vaneggiamenti." Riprese
Bill. "Fatto sta che, al terzo piano, l'ascensore si ferma e entra una
tipa."
"Non
ci posso credere..." Fece Lij, trattenendo le risate; allo stesso modo
stava Orlando.
"Vedessi,
sembrava Julia Roberts dopo la cura di Pretty Woman, aveva pure il
cappello!" Affermò contento Dom, ancora orgoglioso della sua figura di
merda.
"Noi
due cominciamo a fare gli gnorri, Dom si teneva una mano sul mento!"
Continuò Billy, ridendo. "La donna guarda lo specchio, guarda noi, poi si
gira schifatissima!" Adesso ridevano tutti quanti.
"In
più eravamo vestiti come due perfetti imbecilli!" Rincarò Dominic.
"Indossavamo le magliette della promozione del film, lui quella di Frodo e
io quella di Arwen, avrà pensato che eravamo due di quei rincoglioniti che
avevano piantato le tendine davanti al Teatro Cinese!"
"Sul
rincoglionito non era andata poi tanto di fuori." Precisò Billy.
"Voi
due, avete veramente la faccia come il culo!" Commentò Orlando.
Quando
arrivò il controllore li trovò che ridevano come pazzi, i giovani d'oggi erano
proprio strani.
Arrivarono
a Glasgow nel tardo pomeriggio. Dominic dichiarò che la notte passata con lui
in un vagone letto sarebbe stata memorabile; obiettando che era proprio questo
a preoccuparli, gli altri tre si diressero all'aeroporto. Il ragazzo protestò
vibratamente, ma non ci fu nulla da fare, era stato messo in schiacciante
minoranza.
Mentre
l'aereo si staccava da terra, Orlando diede un ultimo sguardo al panorama
scozzese; aveva già un po' di nostalgia delle Highlands, ma gli mancava anche
la sua vita e il suo lavoro. C'erano molte cose da fare ora; si chiese se non
fosse il caso di mettersi a cercare casa prima di partire per il nuovo film,
oppure se era meglio farlo dopo, con calma. Doveva comunque tornare a Los
Angeles, la maggior parte della sua roba era lì, aveva con se solo pochi cambi.
Il pensiero d'incontrare Kate gli dava ancora parecchio fastidio, ma ci avrebbe
pensato solo nel caso fosse successo, ora voleva solo cacciarla nell'angolino
più profondo del suo cervello.
Decise
che la cosa migliore era pensare a tutto dopo il film, altrimenti non sarebbe
riuscito a concentrarsi, e lui ci teneva a fare sempre un buon lavoro; per ora
c'era casa di mamma, pronta ad accoglierlo, per qualche giorno almeno avrebbe
fatto la vita del bambino coccolato, cosa che non gli dispiaceva per nulla.
Durante
il viaggio, i ragazzi parlarono molto, anche di cose serie, ogni tanto gli
riusciva; Orlando si scusò per i disagi, ma loro ribatterono che non erano
stati poi così gravi. Lui li ringraziò ancora, e loro dissero che non era
niente, che in fondo gli aveva fatto piacere quella vacanza diversa. E allora
Orlando sorrise, perché si rese conto, ancora una volta, di avere davvero dei
buoni amici.
Il
cielo era coperto, non si vedevano le luci di Londra nella notte, ma sapevano
che ormai erano quasi arrivati; decisero di farsi una bevuta d'addio, visto che
il giorno dopo sia Lij che Billy sarebbero partiti.
Prese
coscienza lentamente, sul ronzare loffio di una sveglia; la stanza era buia, e
non era quella della fattoria, troppo larga. Appena gli occhi riuscirono a
mettere qualcosa a fuoco, si rese conto che sulla parete di fondo era appesa la
locandina de "La notte del cacciatore" (*). Questa è camera mia...
Realizzò Orlando. Si guardò ancora un po' intorno, mentre la sveglia
continuava a ronzare.
"Madonna,
che palle..." Biascicò il ragazzo, cercando a tastoni l'infernale oggetto;
la prese in mano e la guardò, non ricordava di avere una sveglia a forma di
mucca...
Orlando
si alzò dal letto con l'agilità di un bradipo, aveva un orrendo sapore in
bocca, forse si era preso una sbronza? Non lo ricordava, e questo era segno che
sì, se l'era presa. Inciampò nelle proprie scarpe, abbandonate per terra;
infilò una mano sotto la maglietta, massaggiandosi l'addome.
Scese
al piano di sotto, cercando di non cadere per le scale; non ricordava che
quella casa fosse tanto luminosa, ma forse era lui eccessivamente fotosensibile
quella mattina.
"Mamma..."
Chiamò, appena entrato in cucina; la donna si girò sorridendo.
"Buongiorno
gioia!" Lo salutò, dandogli un bacio sulla guancia. "Sei rientrato
tardi, ieri sera." Aggiunse.
"Mi
sa di sì." Rispose Orlando, massaggiandosi la nuca.
"Tranquillo,
dovevi salutare i tuoi amici." Lo giustificò la madre. "Che cos'è
quello?" Domandò poi, alzando gli occhi sulla fronte del figlio.
"Cosa?!"
Chiese allarmato Orlando, spalancando gli occhi.
"Ma
no..." Cercò di rimediare la donna. "...quasi non si vede..." Il
ragazzo, però, con la paranoia dipinta in faccia, scappò correndo verso il
bagno.
"Ma
che sei uscita di testa?" Le fece Giny, che era seduta a fare colazione.
"Gli fai notare un brufolo? Lo sai che va nei pazzi..." La madre la
guardò con espressione innocente.
"Però
è bello, tuo fratello, vero?" Le chiese.
"Ehh,
bellissimo!" Commentò acida la ragazza, mordendo il suo pane tostato.
"Oddio..."
Mormorava, nel frattempo, Orlando davanti allo specchio. "Omioddio, è
grosso come la testa di un bonzo tibetano!" Imprecò a voce alta.
"Dov'è la mia valigia?!" Chiese con urgenza, uscendo velocemente nel
corridoio. "Lo stick astringente l'ho lasciato lì!"
"Orlando,
ma non ti ricordi un cazzo." Affermò Giny, appoggiandosi allo stipite
della porta del soggiorno. "Ieri sera ci hai telefonato, incazzato come
una biscia, dicendo che avevano smarrito la tua valigia all'aeroporto."
Continuò. "A quest'ora sarà a Vladivostok." Aggiunse con un sorrisino
maligno.
"Ma
puttanissima di quella troia!" Esclamò lui, voltandosi, cosa che non
avrebbe mai dovuto fare, perché si trovò danti la faccia molto sorridente di
Dominic.
"Ahahh..."
Fece l'amico, con aria troppo soddisfatta. "...vedo che ti è spuntato un
fiorellino sulla fronte..." Orlando roteò gli occhi, mentre Giny
ridacchiava.
"Tu
che cazzo ci fai qui?" Gli domandò poi.
"Oh,
ma che minchia ti sei bevuto, ieri sera?" Ribatté Dom, incrociando le
braccia. "Mi hai invitato tu."
"Oh,
merda..." Mormorò Orlando chinando il capo; la sorella gli si avvicinò,
posando un braccio sulla sua spalla, lui la guardò.
"Bentornato
nel mondo civile, fratellino." Gli disse lei, poi gli diede un bacio sulla
guancia, allontanandosi subito dopo.
"Se
questa è la civiltà, siamo lontano dal paradiso, preferivo essere inseguito dai
tacchini nelle Highlands!" Esclamò rientrando nel bagno e chiudendosi la
porta alle spalle; Dom e Giny si diedero il cinque, ridendo soddisfatti.
E su quella porta del bagno apparve la scritta:
THE END
NOTE:
(*)
questa battuta appartiene a Luciana Littizzetto, con cui mi scuso per
l'indebita appropriazione, e che ringrazio, perché quel bel donnino è proprio
un mito, ed il suo "Sola come un gambo di sedano" una vera bibbia.
(*) ho
preferito tradurre letteralmente il titolo originale del film "The night
of the hunter" (film di Charles Laughton del 1955) che usare lo storpiato
titolo italiano "La morte corre sul fiume".