Lontano dal paradiso

di CowgirlSara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - I consigli della mamma ***
Capitolo 2: *** 2 - La salubre vita di campagna ***
Capitolo 3: *** 3 - Una telefonata allunga la vita ***
Capitolo 4: *** 4 - I tre moschettieri ***
Capitolo 5: *** 5 - Un trenino di c... propri ***
Capitolo 6: *** 6 - L'ultima botta ***
Capitolo 7: *** 7 - Nuovi ponti ***



Capitolo 1
*** 1 - I consigli della mamma ***


Naturalmente, tutto quello che leggerete è scritto con il massimo rispetto per Orlando Bloom, il suo lavoro e la sua vita priv

Naturalmente, tutto quello che leggerete è scritto con il massimo rispetto per Orlando Bloom, il suo lavoro e la sua vita privata. Questa è un opera di pura fantasia, che serve solo per avvicinare ognuna di noi all'oggetto dei nostri sogni. Chiedo scusa a tutti coloro che non la pensassero così.

 

NOTA: Non ho la minima idea se Orlando abbia una sorella, nel caso ne avesse una non ho idea di come si chiami, perciò il nome me lo sono inventato di sana pianta unendo i nomi di due famose scrittrici. Nel caso voi foste a conoscenza dei fatti che io ignoro, fatemelo presente che sono pure disposta a correggere il testo.

 

Divertitevi

Sara

 

1. I consigli della mamma

 

Spiluccava i rimasugli dei biscotti che avevano accompagnato il the, con lo sguardo perso nei disegni della tovaglia, mentre sentiva la sua voce alle spalle e la musica uscire bassa dalla radio messa sul banco della cucina; non sapeva se era arrabbiato, o contento di essere di nuovo lì, in quella stanza.

"Insomma, poi non è mica la prima ragazza che ti molla..." Disse; era chiaro il rumore delle tazze che venivano messe nel lavandino. "O forse, stavolta, eri innamorato davvero?" Domandò poi; il ragazzo alzò gli occhi al soffitto, roteandoli, poi fece una smorfia e girandosi si trovò la sua faccia davanti. "Eri innamorato." Sentenziò, poi prese il piatto dove stavano i biscotti e tornò in cucina. "Non devi mica pensare che, perché ora sei famoso, una ragazza non si debba sentire autorizzata a piantarti." Continuò; lui stava entrando in uno stato d’agitazione, sapeva essere così definitiva. Sbuffò.

"Non lo penso." Dichiarò scocciato; era vero, però questo non toglieva che si sentisse tanto di merda da essere scappato da Los Angeles con la coda tra le gambe.

"Non devi montarti troppo la testa..." Dopo questa frase il ragazzo si appoggiò sospirando contro la dura spalliera della sedia, rilasciando le braccia.

"Sei stata tu a spingermi verso il mondo dello spettacolo, mamma!" Sbottò infine; lei spuntò dalla cucina, pulendosi le mani con uno straccio.

"Orlando, tesoro, io non dico che tu non debba diventare ancora più famoso, solo che non ti devi montare la testa." Spiegò con la solita calma; il figlio sbuffò ancora, socchiudendo gli occhi, li riaprì solo quando sentì la sua mano sul proprio viso. "Non prendi droghe, vero?" Chiese la madre guardandolo fisso negl'occhi.

"Cazzo, certo che no!" Esclamò lui offeso. "Ammetto che ogni tanto fumo una sigaretta e alzò un po' il gomito, ma la droga no!" Aggiunse rimettendosi dritto; la mamma annuì e tornò in cucina. Orlando poté tornare a crogiolarsi nella sua sconfitta.

"Sono a casa!" Annunciò una voce familiare; poco dopo Giny entrò in soggiorno, aveva ancora la divisa della scuola. "Ahhhh!" Gridò spalancando gli occhi e indicando il ragazzo. "Che diavolo ci fa lui qui?!" Urlò poi.

"E' casa mia." Rispose lui, tranquillamente, incrociando le braccia.

"No davvero!" Sbottò la sorella.

"Virginia Emily Bloom." Intervenne la madre, spuntata da chissà dove. "Saluta tuo fratello in maniera più educata." Le disse.

"Non ci penso nemmeno!" Esclamò la ragazza dai grandi occhi scuri che stava di fronte ad Orlando. "Avere un fratello famoso è deleterio per la mia vita sociale." Dichiarò poi, appollaiandosi sulla sedia davanti alla sua.

"Sappi, mia cara Giny, che a causa di queste parole potresti essere esclusa dal mio testamento." Annunciò l'attore con un'occhiata sarcastica.

"E chi se ne frega!" Rispose lei, con sguardo di sfida; ricominciava la loro lotta mai conclusa.

"Peccato..." Fece Orlando, girando il capo di lato. "...avevo intenzione di lasciarti un sacco di soldi..." Si guardò le unghie, in attesa della sua reazione, che non tardò.

"Allora potrei ucciderti ora, e prendermi l'eredità..." Replicò Giny, con tono furbo; si scambiarono un'occhiata di divertito antagonismo.

"Giny, tesoro." Era di nuovo la mamma, si voltarono entrambi verso di lei. "Ricorda, il fatto che sia un congiunto consanguineo è un'aggravante, in un'accusa di omicidio..." Questa sua battuta mise fine alla discussione, per il momento.

 

Orlando non credeva, dopo tanto tempo che mancava, di riconoscere il padre da come apriva la porta di casa; si affacciò appena dalla porta del salotto, guardandolo appendere l'impermeabile nell'ingresso e filare dritto in sala da pranzo. Lo seguì e lo vide osservare incuriosito il tavolo apparecchiato per quattro.

"Abbiamo ospiti?" Chiese, rivolto alla cucina; nessuna risposta, forse la moglie era fuori.

"Ciao papà." Fece il ragazzo, allora; lui si voltò verso di lui, un po' sorpreso.

"Orlando?" Il figlio sorrise, allargando le braccia. "Scusa sai, ma tendo a dimenticarmi che c'è una parte del mio DNA sparata per il mondo come una pallina da flipper." Aggiunse ironico, abbracciandolo.

"Fa nulla, vecchio." Disse l'altro, rispondendo all'abbraccio. "Mi faccio vivo troppo di rado."

Si sedettero a tavola, nel frattempo li aveva raggiunti anche Giny che, dopo aver baciato il padre, si sedette al suo posto di fronte a Orlando; il ragazzo era contento, erano anni, da quando era partito per la Nuova Zelanda, che non mangiava così con calma con la sua famiglia.

"E allora..." Esordì ad un certo punto il padre, guardandolo, "Cosa ti ha riportato all'ovile?" Gli domandò.

"La sua ragazza l'ha scaricato, ah ah ah!!" Giny non perse l'occasione per sfotterlo, ridendo e ballando sulla sedia.

"Stronza." Sibilò il fratello, lanciandole un pezzo di pane; lei fece la linguaccia e rispose lanciando una pallina di molliche.

"Ragazzi." La madre li rimise a posto, cominciando a servire il pranzo.

"Ma ti ha lasciato davvero?" Domandò sorpreso il padre; Kate gli era sempre piaciuta, anche se l'aveva incontrata una volta e mezzo, per caso. Orlando sospirò, cercando le parole giuste.

"La storia è finita." Dichiarò tranquillo. "E io mi sono preso un periodo sabbatico." Aggiunse, con aria filosofica; serviva anche a questo essere un buon attore.

"Periodo sabbatico?" L'espressione dell'uomo, mentre pronunciava quelle parole, era scettica.

"Potresti andare in qualche santuario buddista tibetano..." Suggerì Giny, disinteressata; per lei l'importante era che non rimanesse troppo lì.

"Viggo dice..." Tentò d'intervenire Orlando, ma lo interruppe la mamma.

"Quello mette troppi incensi nel suo studio, dammi retta." Soggiunse in tono saggio, annuendo.

"Io non vedo perché dovresti andare in uno di questi posti strani..." Proclamò il padre, senza guardarlo, ma impegnato con la minestra.

"...oppure in uno di quei bei resort alle Isole Vergini..." Giny continuava il suo personale discorso, senza far caso a quello che dicevano gli altri. "...dove ti danno un'isoletta privata e vengono a portarti le provviste ogni tre giorni..."

"Cosa?!" Esclamò il fratello, guardandola con gli occhi di fuori. "E se mi succede qualcosa? Vuoi che trovino il mio corpo mangiucchiato dai cormorani?!"

"Esagerato." Commentò distrattamente la sorella.

"Perché non vai da zia Clara?" Intervenne la mamma, guardandolo. "Ti ricordi di lei? Quella mia zia che vive in Scozia..."

"Sì, mi ricordo di lei..." Annuì il figlio, ma era un po' frastornato. "Mamma, ha un allevamento di maiali..." Aggiunse preoccupato.

"Non ti ho mica detto di andare a lavorare nel suo allevamento." Disse lei, con solito tono pratico e scontato, allargando le mani.

"Anche se non gli farebbe mica male, al cocchino di mamma..." Intervenne Giny, acida; il fratello le fece un sorrisino poco divertito.

"Giny." La rimproverò la madre, poi continuò a parlare. "E' un posto carino, dove ti puoi rilassare e staccare un po' dalla vita sparata che fai ultimamente, leggere qualche copione..." Figurati se la mamma si lasciava scappare l'occasione per metterci di mezzo il lavoro comunque, peggio del suo manager. "Te la ricordi la fattoria, vero?"

In effetti se la ricordava, e con piacere, ci aveva passato qualche estate, da ragazzino; si ricordava tutti i giochi che inventavano, con Giny ed alcuni ragazzi del posto, ogni giorno era una nuova avventura, una nuova scoperta. Accettò che la madre chiamasse zia Clara, l'allevatrice di maiali; in fondo, doveva trovare il modo per togliersi Kate e tutto quello che la riguardava dalla testa. Perché cercare la pace e la solitudine in qualche posto strano ed esotico, quando sarebbe bastato un viaggio di alcune ore? Ma, se sospettava che la fattoria scozzese non fosse cambiata poi così tanto, aveva sottovalutato il fatto che lui, invece, era cambiato, e molto.

 

Scese dal treno in una giornata di sole primaverile; la banchina della stazione non era molto affollata. Si guardò intorno, non sapeva cosa si aspettasse da quella sperduta cittadina nelle Highlands occidentali, gli bastava essere lontano da tutto, per ora.

Vide un tizio che, con aria smarrita, osservava i pochi passeggeri scesi dal treno proveniente da Glasgow. Vuoi vedere che questa specie di picchio con la camicia a quadri cerca me? Si disse. Si avvicinò all'uomo, che aveva una foto in mano; l'assurdo personaggio lo guardò, poi guardò la foto, e gli sorrise.

"Sei l'attore che deve andare alla fattoria di Clara?" Gli chiese, Orlando annuì. "Bene." Disse ridendo. "Questa foto non ti somiglia per niente, ma era l'unica che aveva Clara!" Aggiunse, mostrandogli una sua foto col trucco da Legolas.

"E' molto lontana la fattoria?" Gli domandò il ragazzo, glissando sulla fotografia, mentre lo seguiva fuori dalla stazioncina.

"No, un'oretta..." Cavolo, non ricordava distasse tanto dalla città... "Ti porto le valige?" Fece poi, allungando le mani sulle borse di Orlando.

"Oh, no! Sono di Louis Vuitton!" Esclamò il giovane attore.

"Ma come, non sono tue?" Ad Orlando non schizzarono gli occhi fuori dalla testa solo perché portava gli occhiali da sole. "Non credevo voi gente famosa vi doveste far prestare le valige..." Commentò poi, salendo sul suo scassato furgoncino rosso.

Orlando rimase per un attimo immobile, indeciso se salire su quel trabiccolo o voltarsi e prendere il primo treno, ovunque andasse. Ma che diavolo gli era saltato in mente? Oddiodiodiodio...

Alla fine l'orgoglio fu più forte del terrore, Orlando non poteva tornare zitto zitto a Londra e fuggire a Ibiza, lo avrebbe saputo sua madre, e soprattutto i due campioni di sfottò: Virginia Bloom e Dominic Monaghan, il quale, tra parentesi, aveva perfino scommesso sulla durata della sua storia con Kate, vincendo, brutto stronzo... E lui che l'aveva pure baciato in bocca.

"Abbiamo anche il cinema qui." Affermò Tom, il suo accompagnatore, dopo qualche minuto di viaggio sullo scomodo furgoncino.

"Ah, sì?" Ribatté il ragazzo, sarcastico, ma dubitò che capisse la sua acida ironia.

"Non ho mai visto un tuo film, però." Si rammaricò poi. "Non li danno in tv?"

"Beh, è tutta roba recente..." Rispose Orlando, passandosi una mano tra i capelli; lui sorrise annuendo. Il ragazzo alzò una gamba, posando il piede contro il cruscotto e guardando fuori. "Tu lavori all'allevamento, Tom?" Il guidatore lo guardò, sempre sorridendo col suo viso lentigginoso.

"No, io lavoro al salumificio." Replicò con entusiasmo. "I nostri salumi sono conosciuti, tutta roba tipica, dai nostri maiali." Aggiunse orgoglioso.

"Mi fa piacere..." 

Arrivarono alla fattoria dopo più di un'ora di paesaggio sempre uguale: colline, dossi, cunette, erba e pecore, un sacco di pecore. Avevano attraversato anche il paese, era quello che si ricordava, non la città; il pensiero non lo rassicurò, c'era un solo pub e non sembrava per niente invitante.

Tom lo fece scendere davanti alla porta della casa padronale; la fattoria ed i suoi dintorni non erano cambiati per niente, come se il tempo si fosse fermato. La sua memoria, però, aveva cancellato un particolare: l'odore di quel posto. Lo si sarebbe potuto definire profumo di campagna, Orlando decise che preferiva chiamarlo tanfo; l'odore di sterco di mucca, fieno, cavalli e... maiali, riempiva l'aria, togliendogli il fiato.

"Beh, allora benvenuto!" Gli fece Tom, riportandolo alla realtà, il ragazzo si voltò verso di lui. "Magari ci rivediamo nei prossimi giorni." Aggiunse.

"Eh, magari..." Biascicò Orlando, ancora alla ricerca di un filo d'aria priva di odori.

"Se mi ricordo ti porto un bel culatello!" Era incapace di reagire, preoccupato solo del fatto che i suoi jeans invecchiati ad arte, e proprio per quello costosissimi, stessero strusciando sulla melma indefinita ai suoi piedi. "Salutami Clara!" Lo pregò infine l'uomo, prima di salire di nuovo sul furgone e andare via.

Orlando si portò le mani sul viso, cercando di non mettersi ad urlare come una donnicciola solo per il fatto che le sue scarpe erano immerse nel fango; respirò, cercando di non far caso agli odori che arrivavano, poi riaprì gli occhi, allarmato e confuso. "Culatello..." Riuscì solo a mormorare, trattenendo le lacrime.

 

Il ragazzo entrò un po' titubante, l'atrio era silenzioso e buio; posò le valige e si diresse verso una stanza sulla destra, da dove venivano dei rumori, era la cucina. Si sarebbe aspettato di trovare l'energica zietta, invece c'era una ragazza che tagliava verdure.

"Buongiorno." Le disse; lei si voltò.

Era carina, non proprio magra, ma alta e con un bel viso cordiale; aveva un aspetto molto scozzese, pelle bianca e capelli biondo rossicci. Gli sorrise. Bel sorriso.

"Ciao." Rispose. "Tu sei il nipote di Clara?" Gli chiese poi.

"Sì." Confermò lui. "Orlando." Si presentò, porgendole la mano; lei la strinse.

"Non ti ricordi di me, vero?" Affermò poi, fissandolo.

"No, mi spiace..." Ribatté Orlando, un po' imbarazzato.

"Sono Amy McDonald, giocavamo insieme da bambini." Spiegò lei, continuando a sorridere.

"Amy... Amy, quella con l'apparecchio?" Lei annuì, sempre col sorriso; decisamente l'apparecchio le era servito, aveva un sorriso da pubblicità. Finalmente qualcosa per cui era valso il viaggio.

"Hai fame, vuoi mangiare qualcosa?" Gli domandò poi la ragazza.

"No, grazie." Rispose lui, negando col capo. "Clara dov'è?"

"Abbiamo una scrofa che sta per partorire, così è dovuta andare giù all'allevamento." Gli spiegò Amy, che era tornata ad occuparsi della verdura.

"Capisco..." Mormorò il ragazzo un po' deluso, sperava di vederla subito, erano anni che non la incontrava, ma aveva un buon ricordo di lei.

"Ti mostro la tua camera?" Gli chiese Amy, dopo aver buttato le verdure tagliate in pentola.

"Sì, grazie." Rispose lui.

"Seguimi." Gli fece la ragazza dal sorriso perenne; e lui le andò dietro, su per le ripide scale, dopo aver recuperato le sue borse.

In cima alla rampa c'era un corridoio, finestre da un lato, porte dall'altro, tutto aveva un'aria vecchia e umida, anche il pavimento con le piastrelle verdi e bianche; Amy lo precedeva.

"Questo è il bagno..." Gl'indicò la prima porta sulla destra. "...ce n'è uno anche di sotto." Continuò a camminare. "Questa è la camera di Clara..." La terza porta. "E questa è la tua." Aprì la porta in fondo al corridoio.

Orlando la seguì dentro, e rimase interdetto. La stanza era stretta e lunga, sulla parete di fondo c'era una finestra, sulla sinistra un letto singolo, mentre sulla destra c'era la porta di un armadio a muro ed un vecchio cassettone con specchio; una sedia era appoggiata al muro, ai piedi del letto. Le pareti erano tappezzate di una carta di color marroncino, con un disegno tipo vecchio divano tarlato, che dava alla stanza un'aria malinconica. Sembrava la stanza di ex carcerato o di un serial killer. Il ragazzo si domandò come uno potesse dimenticare le pene d'amore in un posto simile...

"Che c'è?" Gli chiese Amy, forse accorgendosi della sua espressione. "Non ti piace la carta da parati?" Aggiunse poi, con un filo di sarcasmo; lui non sapeva che risponderle, e finì per dire la cosa più stupida.

"E' piccola..." Mormorò.

"Ma calda." Replicò lei; Orlando sperò non si riferisse all'atmosfera.

"E... la tv?" Chiese allora lui, cercando un appiglio.

"Oh, ne abbiamo una giù, in salotto." Rispose Amy tranquilla. "Ora disfai le valigie, ti chiamo quando arriva Clara." Continuò, uscendo dalla stanza.

"Hey, Amy!" La richiamò il ragazzo, raggiungendola, per poco non si scontrarono. "Avete l'antenna satellitare?" Gli sembrava il minimo, in un posto isolato come quello.

"No." Rispose sorpresa la ragazza, poi si allontanò, lasciandolo solo.

Orlando si voltò di nuovo verso l'interno della camera; la luce che veniva dall'esterno la rendeva leggermente meno triste, ma non riusciva a farlo sentire meglio. Si gettò sul letto, che scricchiolò sofferente sotto il suo peso. Eccolo qua, ragazzo stupido e viziato, ficcato in un buco di culo del mondo, disperso nella brughiera, solo ed esclusivamente per non voler ammettere che essere mollato gli aveva fatto male, davvero troppo male. Le pecore belavano, da qualche parte, fuori dalla finestra; si mise il cuscino sulla testa.

 

CONTINUA...

 

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Capitolo 2
*** 2 - La salubre vita di campagna ***


2

2. La salubre vita di campagna

 

Il secondo verso, più forte e acuto dell'altro, lo fece sussultare; dalla persiana chiusa veniva appena un grigio bagliore che non poteva essere definito giorno. Allungò la mano prendendo l'orologio sul davanzale, l'unico comodino che aveva; con gli occhi più chiusi che aperti gli diede un'occhiata: le cinque e diciotto... Non poteva aver letto bene... Le cinque e diciannove, aveva letto benissimo! Emise un lamento soffocato e si rannicchiò sotto le coperte con il cuscino sulla testa.

Era qualche minuto, ormai, che rigirava nel letto, non riusciva più a dormire; sentiva rumori provenire dal piano di sotto, c'era luce nella stanza, e dunque, qualunque ora del mattino fosse, lui si doveva alzare. Certo, un po' di tempo era passato dal verso allucinante... Guardò l'orologio: le sette e venti.

Uscì dalle coperte con un brivido, posando i piedi nudi sul pavimento gelido e umidiccio, li risollevò subito; dopo un primo attimo di scoraggiamento, afferrò un paio di calzini.

Si diresse vero il bagno e, quando aprì la porta, una folata di frizzante brezza della brughiera lo investì: c'era la finestra aperta. Orlando rabbrividì, stringendosi nelle braccia, poi corse a chiuderla.

Davanti alla tazza si fermò a riflettere: abbassarsi i pantaloni, e rischiare un assideramento del suo pisello, o trattenerla? D'altra parte, quel freddo, gli aveva ricordato che doveva assolutamente farla. La fece.

Prima di lasciare il bagno si diede un'occhiata allo specchio; i suoi capelli erano gonfi e aggrovigliati, maledetta umidità. Tentò di aggiustarli con le dita, facendosi solo del male; con sguardo arreso uscì dalla stanza.

"'Giorno..." Fece, entrando in cucina; zia Clara e Amy erano già lì, sveglie e sorridenti.

Le due donne lo osservarono, trovandolo abbastanza strano; Orlando gli stava davanti con un'assurda testa di capelli gonfissimi, una maglietta nera aderente, i pantaloni del pigiama, bianchi con righe azzurre, leggermente calati sui fianchi, che gli arrivavano sotto i piedi ed un paio di calzini di uno sgargiante verde mela. Il ragazzo si grattò la testa.

Orlando era stato cordialmente salutato dalla zia la sera prima; lei lo aveva abbracciato, strizzato e coccolato con una cenetta leggera ma saporita; e lui era stato felice di vedere che la vecchia Clara non era assolutamente cambiata dai tempi andati, sempre allegra ed energica.

"Buongiorno!" Lo salutò allegramente la zia.

"Non ti credevo così mattiniero." Commentò invece Amy, col suo solito tono ironico, mentre era occupata ai fornelli.

"Mi ha svegliato un verso, una specie di rantolo acuto..."

"Il gallo!" Esclamò Clara, spadellando.

"Gallo?!" Replicò Orlando, sgranando gli occhi. "Allora era un gallo con la laringite..." Aggiunse, passandosi una mano sul viso; Amy rise.

"Cosa ti va di mangiare, tesoro?" Gli chiese poi la zia. "Ho preparato uova con bacon, fritte nel nostro lardo, oppure pudding all'avena, con la nostra panna..." Il colore del viso del ragazzo virava pericolosamente sul verdognolo.

"Zia Clara..." Amy attirò l'attenzione della donna; anche lui la guardò. "...credo che Orlando non sia abituato a mangiare cose così nutrienti, di prima mattina."

"Ma come?" Protestò la donna. "Tutti i ragazzi dell'allevamento mangiano le mie uova, e sono degli omoni così sani." Aggiunse sorpresa.

"Ma lui è un attore, deve stare attento al fisico." Ribatté con sicurezza la ragazza, girandosi verso il fornello. "Ti preparo un toast?" Gli domandò, tornando per un attimo a guardarlo negl'occhi.

"Sì, grazie." Rispose Orlando, annuendo con gratitudine.

"Il caffè lo vuoi?" Gli chiese Clara, facendolo voltare verso di lei; gli stava davanti con una caffettiera fumante in mano.

"Certo!" Esclamò il ragazzo; la zia glielo versò con un sorriso, poi uscì dalla cucina.

"Ecco qua." La voce di Amy lo distrasse; si girò e trovò il suo viso, le sorrise. "Il pane tostato, il burro, e la marmellata che ho fatto io." Gli posò il piatto davanti, stando piegata a pochi centimetri da lui.

"Grazie..." Mormorò Orlando, guardando il piatto, poi risalendo con gli occhi sul suo braccio, la scollatura del suo maglioncino leggero, fino ai suoi occhi color genziana.

"Poi me lo dirai, il motivo che ti ha portato qui." Gli disse, fissandolo negl'occhi, con un sorriso a fior di labbra.

"Chissà, se la tua marmellata mi piace..." Replicò Orlando, accennando il suo classico sorriso dolce-malizioso.

"Considera già sciolta la lingua." Ribatté Amy; gli occhi del ragazzo erano puntati sulla sua bocca. Lei si raddrizzò, passandosi la lingua sulle labbra, poi si allontanò; Orlando spostò lo sguardo sul piatto, certo che quella ragazza sapeva come mettere appetito...

 

Entrando nella doccia, Orlando ripensava al fatto che quella marmellata era veramente deliziosa, doveva essere di frutti di bosco, o roba simile; chissà se le labbra di Amy avevano quel sapore... Cazzo, no! Era lì per dimenticare una donna, e non era il caso che, per farlo, si mettesse a pensare ad un'altra! Si diede del senza palle, aprendo il rubinetto.

Mise la testa sotto il getto, l'acqua era un po' troppo calda... ma, mentre faceva questa considerazione, cominciò a sentire degli strani ed inquietanti rumori...

Tonfi sordi percorsero i tubi dell'acqua, la doccia vibrò; Orlando si scostò allarmato, alzando le mani. I colpi continuavano, l'acqua cominciò ad uscire sputacchiando, finche non si trasformò in un unico rivolo rossastro e bollente. Il ragazzo si appoggiò sconsolato contro la parete della doccia, passandosi una mano tra i capelli, ora ancora più appiccicaticci; un moto di rabbia lo prese: chiuse il rubinetto, aprì con violenza la porta scorrevole, prese l'asciugamano e se lo mise sui fianchi, uscendo dal bagno intenzionato a farsi sentire.

Nel corridoio si trovò davanti Amy, che lo guardò con gli occhi di fuori; lui cambiò espressione repentinamente, ritrovandosi in preda all'imbarazzo. Soprattutto perché la ragazza lo guardava con espressione alquanto soddisfatta.

"Qualche problema?" Gli domandò Amy, dopo aver attentamente osservato tutto quel che c'era da vedere.

"Dal... dal tub... dalla doccia..." Balbettò Orlando, accorgendosi che lo sguardo della ragazza stentava a muoversi da un certo punto sul suo asciugamano. "Ecco... esce una melma rossastra e incandescente..." Aggiunse, spostando una mano per reggere meglio la spugna, e coprire qualcosa che, quello sguardo ed il fresco avevano reso particolarmente sensibile.

"Oh, scusa!" Esclamò la ragazza, alzando gli occhi in quelli di lui. "Mi spiace, ma mi sono dimenticata di dirtelo..." Sembrava davvero rammaricata. "...ci sono dei piccoli problemi di pressione dell'acqua, sarà meglio che la doccia la fai di sotto..."

"E che cazzo! Me lo potevi dire prima!" Protestò Orlando, nascondendo l'imbarazzo dietro ad una reazione esagerata; Amy si portò le mani alla bocca, nascondendo una risatina divertita. "Mi stavo per ustionare l'ucc..." Si accorse appena in tempo di quello che stava per dire, e rimase con la bocca semiaperta; lei lo guardò interrogativa. "...il culo!" Sbottò infine il ragazzo, dandole le spalle.

"Orlando..." Lui si girò, quando si sentì chiamare. "Se ti può consolare..." Lui si mise le mani sui fianchi, ascoltandola. "Era un bel pezzo che non vedevo roba di questa qualità..." Continuò Amy, con un'ulteriore occhiata al corpo del ragazzo.

Accorgendosi che stava per arrossire come un ragazzino alla sua prima cotta, Orlando si girò di corsa, con l'idea di rientrare in bagno a prendere la sua roba.

"Non sono un quarto di manzo!" Commentò infine, entrando nella stanza.

"No." Rispose la ragazza a bassa voce. "Sei solo un gran pezzo di figo..."

"Come?" Orlando si riaffacciò dalla porta del bagno, cogliendola un attimo di sorpresa.

"Niente." Fece lei, scuotendo il capo. "Ci vediamo dopo, vado al lavoro!" Lo salutò poi, scendendo le scale di corsa; lui fece un'espressione poco convinta e rientrò in bagno.

 

Dopo essersi lavato, ed essere riuscito finalmente a pettinarsi i capelli, Orlando si sentiva un vero gentiluomo di campagna, a parte per l'abbigliamento; uscì sulla porta, stiracchiandosi le braccia, poi ficcò le mani in tasca, deciso a farsi due passi nei dintorni.

Si specchiò un attimo in una finestra, trovandosi veramente figo; si aggiustò la coppola. Aveva indossato dei pantaloni tipo metalmeccanico, con tanto di tasca per la chiave inglese, di un colore indefinito tra il blu ed il marrone, poi un maglioncino aderente, rosso con una striscia beige, da cui spuntava una camicia a rigoni rossi; a completare il tutto, una coppola a quadri scozzesi sui toni del verde. Chissà dove aveva preso il suo originale e splendido gusto nel vestire! (Orlando, tesoro, è meglio non saperlo, credimi... ;__; n.d.Sara)

Il ragazzo s'incamminò lungo il vialetto di terra battuta che aggirava la casa; aveva solo un vago ricordo di dove conducesse. Girò l'angolo della costruzione, trovandosi davanti ad un grande prato, in fondo al quale c'era la stalla e, ora ricordava, procedendo da quella parte si arrivava alle baracche dell'allevamento di maiali, che si trovavano subito oltre un dosso, sulla sinistra. In mezzo al prato era ferma una grossa macchina agricola, forse una mietitrebbia, anche se Orlando non aveva idea di che cazzo fosse una mietitrebbia. Continuò a camminare, finché non si trovò la strada impedita.

Proprio in mezzo al vialetto era apparso un tacchino, un tacchino molto grande, probabilmente era arrivato mentre lui era voltato a guardare la macchina, perché non lo aveva proprio visto. Il tacchino lo fissò, lui fissò il tacchino; Orlando si sentì che quell'animale lo aveva odiato a prima vista. Il tacchino si fece minaccioso, compiendo un passo avanti, il ragazzo ne fece uno all'indietro; l'animale raspò la terra, fissandolo con i suoi occhietti folli ed il becco aguzzo, poi cominciò ad emettere un verso, cupo e minaccioso. Orlando deglutì.

"Buono..." Gli disse, alzando una mano, mentre arretrava lentamente, ma l'animale non dovette gradire quel gesto, poiché, con un verso belluino, si gettò contro il ragazzo.

Orlando si girò e, senza ragionare, cominciò a correre lungo la lieve pendenza del prato, inseguito dal tacchino inferocito; mentre correva gli venne da pensare che il verso del tacchino doveva avere un nome specifico, ma non lo ricordava. Con un balzo, che nemmeno Tarzan con una banana nel culo avrebbe fatto, saltò sulla ruota della mietitrebbia, appena prima che il tacchino da guerra lo beccasse al fondo dei pantaloni. Il volatile, però, non rinunciava, saltellando e stridendo con cattiveria ai piedi della macchina.

"Maledetta bestiaccia!" Gli gridò Orlando, appollaiato sulla grossa ruota. "Ho un sacco di amici americani, vedrai, ti tireremo il collo e ti mangeremo arrosto dopo averti ficcato una mela nel culo!" Continuò, sempre più incazzato, ma il tacchino non si arrendeva. "Aiuto." Cominciò a piagnucolare il ragazzo, il suo orgoglio gl'impediva di gridare. "A I U T O..." Fece, un po' più forte.

"Hey, Bill." Una cavernosa voce maschile attirò l'attenzione del tacchino, e anche quella di Orlando, che alzò gli occhi sul nuovo arrivato. "Va' dentro, vecchio Bill." Ordinò con tono calmo; il volatile ubbidì, avviandosi con calma verso la stalla.

Il ragazzo guardò meglio l'uomo che era sopraggiunto; era il perfetto rappresentante della razza degli highlanders: un armadio di due metri per due, con braccia come tronchi e mani come pagaie, rossiccio, lentigginoso, occhi piccoli e scuri, faccia di pietra, sguardo diffidente. C'era da augurarsi di averlo dalla propria parte in una qualsiasi discussione.

"Chi sei?" Domandò al ragazzo, che ora era in piedi sulla pedana della macchina, intento a scendere.

"Sono il nipote di Clara, Orlando." Si presentò, appena rimessi i piedi in terra.

"Orlando? Ma ti chiami davvero così?" Chiese l'uomo, con espressione stupita.

"Certo." Rispose lui, aggrottando le sopracciglia.

"Io sono Seamus McCormick, uno degli operai dell'allevamento." Gli disse l'altro; Orlando lo aveva immaginato, Clara aveva parlato di omoni.

"Piacere..." Fece per porgerli la mano, ma quello si era già avviato.

"Lavori nel circo?" Domandò Seamus, dopo pochi passi, tornando a guardare il ragazzo e osservano i suoi vestiti; Orlando abbassò gli occhi, dandosi un'occhiata.

"No." Rispose poi, leggermente offeso. "Io sono un attore!"

"Ahhh." Affermò l'uomo. "Comico." Aggiunse annuendo.

Il ragazzo si riguardò le scarpe, un paio di anfibi, dentro cui aveva ficcato l'orlo dei pantaloni; sembravano appena usciti da una fabbrica di vernici, ma l'effetto era voluto, e per questo erano carissimi.

"Ma no!" Sbottò poi, piccato, piantandosi le mani sui fianchi.

"Non si direbbe, da come ti vesti." Commentò Seamus, riprendendo a camminare. "Ci darai una mano coi maiali?" Gli chiese poi; Orlando aggrottò le sopracciglia.

"Io... veramente, sarei in vacanza..." Mormorò in risposta; l'uomo gli lanciò un'occhiataccia.

"Quelli come te sono in vacanza da una vita." Sentenziò, poi prese un sacco appoggiato al muro della casa e si diresse verso l'allevamento.

Orlando rimase in mezzo al prato, contrariato, con le braccia incrociate, e con una voglia mostruosa di tornarsene a casa, dai suoi amici, libero di cazzeggiare a suo piacimento, in mezzo a compiacenti ragazze in bikini, sulla spiaggia di Malibù...

 

Era stata una delle giornate più merdose della sua vita e ora, sprofondato in una poltrona, a braccia conserte, guardava il sole tramontare sulla brughiera, mentre in tv andava, inascoltato, il notiziario della BBC. Si era cambiato, offeso dal giudizio di Seamus sui suoi abiti. Fu così che lo trovò Amy, rientrando: imbronciato, con i pantaloni di una tuta blu con strisce bianche ai lati, una felpa su cui faceva bella mostra di se l'eroina di qualche scollacciato manga giapponese, ed un cappellino di lana dai colori della bandiera giamaicana calcato in testa.

La ragazza si avvicinò, e lui si voltò quando la sentì, sorridendole stentatamente; lei, con un sorriso comprensivo, si fermò davanti alla poltrona e posò le mani sui braccioli, piegandosi verso di lui.

"Che c'è? Non ti senti bene?" Gli domandò con dolcezza.

Orlando commise l'enorme errore di abbassare gli occhi dai suoi, trovandosi faccia a faccia con il suo seno. Porca miseria, aveva due tette da collasso, di consistenza e dimensioni perfette, di quelle che è un piacere metterci le mani sopra...

"Mh... è stata una giornataccia..." Rispose Orlando, senza riuscire a togliere gli occhi dallo scollo del maglioncino di Amy, e dalle curve del suo seno.

"Andiamo, il the è pronto, e c'è una bella torta di ricotta da mangiare con una crema al cioccolato..." Lo so io cosa mangerei con la crema al cioccolato... "Ti tirerà su."

"Sono sicuro che è ottima..." E occhi ancora lì. Amy si rimise dritta.

"Ti avverto che se non smetti di guardarmi le tette, mi arrabbio." Lo ammonì, sorridendo ironica; lui rise piano.

"E tu potevi fare a meno di sbattermele in faccia." Ribatté poi, raddrizzandosi. "Sarò pure un bravo ragazzo, ma sempre maschio resto." Aggiunse con un sorrisetto malizioso.

"Forza, è tutto pronto." Lo incitò Amy, porgendogli la mano; Orlando la prese e si alzò dalla poltrona. "Non è che potresti toglierti il cappello?" Gli chiese lei poi.

"Sei sicura di volerlo?" Replicò lui, con espressione interrogativa, aggrottando le sopracciglia; la ragazza lo guardò sospettosa.

"Certo..." Rispose un po' confusa. "Mi da fastidio la gente in casa col cappello." Gli disse poi, ferma nelle sue convinzioni.

Orlando, con una smorfia poco convinta, si sfilò il cappello giamaicano; quando i capelli furono scoperti, prese a guardare ovunque, a parte che sulla faccia di Amy.

"Oddio!" Esclamò la ragazza, mettendosi poi a ridere; Orlando sospirò scocciato. "Sembri un barboncino!" Aggiunse lei, ancora ridendo.

"Adesso lo sai perché volevo tenermi il cappello!" Sbottò il ragazzo. "Non riesco a pettinarli, l'umidità li fa diventare gonfi e appiccicosi!" Si lamentò poi.

"Senti, ma perché non provi a lasciarli naturali, domani li lavi e non ci metti niente, gel o altro." Gli consigliò Amy. "Almeno non appiccicheranno."

"Sì, forse hai ragione." Ammise lui, raggiungendola vicino alla porta; la ragazza lo prese a braccetto, mentre uscivano dal salotto. "Posso dirti una cosa, Amy?"

"Come no." Rispose lei, voltando il capo verso di lui, ma lo vide con gli occhi abbassati sulla sua scollatura.

"Hai delle tette favolose." Affermò Orlando, poi tornò a guardarla negl'occhi con un sorriso divertito e soddisfatto.

"E non hai visto nulla..." Ribatté Amy, maliziosa; scoppiarono a ridere, e così raggiunsero la sala da pranzo.

 

CONTINUA...

 

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Capitolo 3
*** 3 - Una telefonata allunga la vita ***


3

3. Una telefonata allunga la vita

 

Era passata quasi una settimana dal suo arrivo alla fattoria; Orlando si era messo a fare una vita abbastanza ritirata: la mattina la passava quasi tutta a letto, leggendo copioni e il libro che si era portato. Si trattava dei racconti di Isaac Asimov, erano molto interessanti, anzi a volte quasi premonitori e un po' inquietanti.

Dopo le letture, spaparanzato sul letto sfatto, andava al piano di sotto, faceva la doccia e andava a farsi una passeggiata nella direzione opposta rispetto al dominio del vecchio Bill; il pomeriggio lo passava annoiandosi davanti alla tv, oppure chiacchierando con Amy che cucinava. Una volta riuscì a seguire, con assurdo interesse, il dibattito sull'ultimo derby della contea, Athletic Skyr contro Bosforough United, che era finita a testate.

In poche parole, Orlando era sull'orlo di una crisi di nervi. Non aveva pace, si trascinava per la casa dalla mattina alla sera, gli mancava il sole della California, gli mancavano i suoi amici, aveva nostalgia perfino del pessimo umorismo di Dom, ma, soprattutto, gli mancava da morire Kate, e per questo si rimproverava costantemente.

Una mattina, più sbattuto del solito, entrò in cucina per la colazione prima di quanto non facesse abitualmente; ci trovò solo Amy, che lo accolse con un sorriso.

"Che fine hanno fatto i pantaloni del pigiama?" Gli chiese poi, indicandolo; Orlando guardò le sue gambe nude, indossava solo i boxer aderenti e la maglietta.

"Hm, mi davano fastidio." Rispose noncurante; lei gli diede ancora un'occhiata, poi si girò verso il fornello.

"Hai delle bellissime gambe, se fossi una donna sarebbero la tua arma migliore." Gli disse scherzando.

"Ah, sì?" Fece lui, alzando un sopracciglio, poi si guardò di nuovo.

"Carine anche le ciabattine." Commentò la ragazza, indicando le originali ciabatte a dito che lui indossava.

"Vero, eh?" Ribatté Orlando, alzando un piede per far vedere meglio la calzatura. "Le ho comprate nei Caraibi, vero artigianato locale, le fanno con le foglie di cocco, sì, insomma, di palma." Raccontò con un sorriso.

Si misero a tavola; con pochi gesti essenziali, Amy preparò tutto, caffè e latte a portata di mano, torta, pane tostato. Olando seguì i suoi movimenti ammirato.

"Stamattina siamo io e te soli." Disse infine la ragazza.

"Clara?" Domandò lui.

"E' già uscita, perciò niente uova oggi." Rispose Amy, con un'occhiata complice.

"Grazie a Dio!" Esclamò Orlando. "L'odore delle uova col bacon mi fa venire la nausea..." Aggiunse posando la testa sulla mano sollevata.

"L'avevo capito." Commentò comprensiva lei, mentre gli serviva il caffè.

"Ma come siamo perspicaci..." Mormorò il ragazzo, guardandola negl'occhi.

"Niente di che, solo mi piace osservare le persone..." Rispose allo sguardo. "...e, onestamente, tu sei molto interessante." Si scambiarono un'alzata di sopracciglia.

Squillò il telefono; con un altro sorriso Amy si alzò da tavola per andare a rispondere. Orlando, rimasto solo, addentò una fetta di torta. La sentì rispondere; pochi istanti dopo, la ragazza si affacciò in cucina.

"Orlando ti vogliono al telefono." Gli disse; lui la guardò stupito, da quando era lì aveva sempre chiamato lui.

"Mia madre?" Chiese allora.

"No..." Ecco, il primo sospetto che gli venne fu che Kate fosse riuscita a rintracciarlo, e questo gli fece anche un po' piacere, ma non poteva essere. "...è un certo Dominic..." Pronunciò la voce di Amy.

Il ragazzo spalancò gli occhi, alzandosi di scatto, poi corse verso il telefono, che stava nell'ingresso; afferrò la cornetta quasi con violenza.

"IO TI AMO!" Proclamò gridando; silenzio dall'altra parte.

"E da quand'è che ti sei convertito al culo? No, perché in tal caso vorrei essere il primo..." Replicò serio l'amico.

"Ma vaffanculo!" Sbottò Orlando.

"E per l'appunto!" Ribatté Dominic, scoppiando a ridere.

"Falla finita stronzo! Questa è una cosa seria!" Supplicò con rabbia lui.

"Ma si può sapere dove sei finito?" Domandò allora Dom. "Tua madre, che mi ha dato il numero, ha detto che sei da una zia in Scozia..."

"E' così." Confermò Orlando annuendo.

"Senti, a me puoi anche fare a meno di raccontare stronzate, ho visto come eri messo prima di partire..." Pausa teatrale. "Non stai mica in qualche clinica per esauriti?"

"No!" Esclamò il ragazzo. "Sto in un allevamento di maiali in Scozia!"

"E che cazzo ci fai in un allevamento di maiali in Scozia?!" Replicò Dominic, sinceramente sorpreso.

"Mangio pane e salame, che cazzo ci devo fare?!" Sbottò Orlando scoraggiato.

"Porca, sarà un dramma, per te che sei quasi vegetariano..." Commentò  l'amico.

"Dom, tu devi venire a salvarmi..." Mormorò l'altro. "Altri tre giorni in questo posto e io do di matto, poi mi dovranno ricoverare davvero."

"Veramente, io volevo chiederti di tornare a Londra." Intervenne Dom.

"Perché?" Chiese stupito Orlando, raddrizzandosi.

"Beh, sta arrivando Lij, domani c'è la premiere del suo ultimo film, così, visto che io sono qui a casa e anche Billy è in città, pensavo che potevamo trovarci e cazzeggiare un po' insieme..."

"Io non posso muovermi da qui." Lo interruppe Orlando, serio.

"Per quale motivo? Visto che, a quanto pare, non sei segregato?" Ribatté ironico l'altro.

"E' una questione di principio!" Affermò lui, sbattendo una mano sul mobile del telefono.

"Ah, ho capito..." Commentò Dom, con tono saccente. "Ti sei incaponito..."

"Non mi sono incaponito!"

"Come no, lo fai sempre..."

"Questo non è affatto vero!" Replicò adirato Orlando.

"Hai la testa dura come un capitello di marmo..."

"E tu sei una grandissima testa di cazzo!" Sbottò infine, senza più armi.

"Sai che facciamo?!" Il tono, improvvisamente entusiasta, di Dom lo fece allarmare. "Veniamo noi lì, che ne dici?!"

"Dom, non mi pare il caso..."

"Organizzo tutto io!" Continuò imperterrito l'amico, ormai infervorato. "Prendo quei due bietoloni e te li porto, ci divertiamo..." Non lo ascoltava più, era partito per la tangente.

"Dom..." Tentò Orlando.

"Tranquillo ragazzo!" Il classico tono da Dom-pacca sulla spalla-Monaghan. "Arrivano i tre moschettieri a trarti in salvo!" Aggiunse allegramente, poi riagganciò, senza dare il tempo a Orlando nemmeno di salutare; il ragazzo rimase lì, immobile, con la cornetta in mano, ma dentro di se imprecava come un camionista imbottigliato.

 

Le sue condizioni rasentavano sempre più il pietoso. Stava sbarracato su una poltrona, circondato da bicchieri vuoti, sacchetti di patatine a metà, libri, giornali e copioni sparsi per tutto il salotto, briciole sui pantaloni, capelli lasciati come vanno, mentre si grattava la pancia con i piedi appoggiati su una sedia. Aveva continuato a lavarsi solo perché odiava essere sporco, ma la felpa era la stessa da tre giorni.

"Mi sbaglio, o ci siamo lasciati un pochino andare?" Gli domandò ironicamente Amy, entrando nella stanza; lui la guardò, con l'espressione di chi è stato beccato. "Meno male che non ti stai grattando il culo, sennò ti prendevo per Homer Simpson..." Aggiunse serafica; lui tolse la mano dalla pancia.

"Amy..."

"Non rompermi i coglioni, immagino fosse questa la fine della frase." Affermò la ragazza, posandosi le mani sui fianchi.

Orlando le lanciò un'altra occhiata; lei indossava un maglione verde muschio col collo alto ed un paio di pantaloni da cavallerizza, completi di stivali.

"Cosa vuoi?" Le chiese infine, distrattamente, lanciando il copione che aveva in mano sul tavolino.

"Ho sentito la tua telefonata, ieri mattina." Gli disse lei.

"Urlavo, eh?" Fece lui, con un mezzo sorrisino.

"Un po'..." Rispose Amy, alzando le sopracciglia. "Ad ogni modo mi ha fatto riflettere." Aggiunse poi.

"In che senso?" Intervenne Orlando, aggrottando la fronte.

"Nel senso che ora la noia finisce, mio caro." Ribatté la ragazza; lui fece un'espressione interrogativa. "Adesso ti vesti come una persona decente, e vieni con me." Gli ordinò perentoria.

"Dove mi porti?" Domandò allora Orlando, incuriosito.

"Ci sai andare a cavallo?" Replicò Amy.

"Beh, sì... ho fatto anche un corso intensivo in Nuova Zelanda..."

"Bene." Lo interruppe lei annuendo, con le braccia conserte. "Mettiti un paio di jeans, una camicia pulita, quello che vuoi..." Continuò imperiosa. "Nessun cappello." Specificò. "E vieni, io ti aspetto fuori." Concluse, poi uscì dal salotto; Orlando non poté fare altro che ubbidire, ma in realtà moriva dalla voglia di muoversi.

Uscì dalla casa meno di dieci minuti dopo, cambiato, e anche un po' rincuorato; girò l'angolo e trovò Amy pronta sul prato, con due cavalli. Lei lo sentì e si voltò.

"Oh, che splendore!" Esclamò soddisfatta andandogli incontro.

Si era messo un paio di normali jeans, anfibi neri, una camicia a righe con sopra un giubbino grigio; l'unica nota caratterizzante era la sciarpa rossa con i topolini stilizzati che portava al collo. Sorrise al complimento della ragazza e gli brillarono gli occhi, mentre si scostava un ricciolo ribelle dalla fronte.

"Così sei proprio bello." Gli disse poi la ragazza, fermandosi davanti a lui. "Andiamo dolcezza..." Aggiunse facendogli un piccolo pizzicotto sulla guancia. "...ti ho sellato Catherine..." Tornò verso i cavalli.

"Catherine?" Fece stupito Orlando, seguendola.

"Sì, la monterai tu..." Gli porse le briglie. "Io prendo Heathcliff, lui è un po' impetuoso, ci vuole la mano ferma..."

"Non si chiamano davvero così..." Commentò il ragazzo, osservando l'animale dal mantello nocciola che teneva lui e quello col pelo più scuro di Amy.

"Come no!" Rispose allegramente lei. "Cime tempestose è il romanzo preferito di zia Clara!" Spiegò ridendo, poi salì in sella; lui fece altrettanto.

 

Parlarono e scherzarono durante la lunga cavalcata; Orlando si sentiva decisamente meglio. Il cielo era azzurro, la brughiera verde e profumata, Amy divertente e allegra, e quello si prospettava sempre più come uno splendido pomeriggio.

"Mi dici una cosa?" Fece ad un certo punto la ragazza, mentre procedevano al piccolo trotto; lui la guardò. "Perché ti metti sempre quegli orrendi cappelli?" Gli chiese.

"Mi danno fastidio i capelli sulla faccia." Rispose Orlando con noncuranza.

"Tagliali." Gli consigliò Amy, con tono ovvio.

"Mi si vedono le orecchie..." Mormorò lui, senza guardarla e spingendo un po' più avanti il cavallo.

"Come?" La ragazza fece finta di non aver sentito, riaffiancandolo.

"Mi si vedono le orecchie." Ripeté scocciato l'attore, sempre senza girarsi verso di lei.

"Per forza, ce le hai!" Affermò Amy ridendo. Orlando rallentò.

"Veramente..." Si voltò nella sua direzione, serio. "...tu non trovi che le mie orecchie siano un po' grandi?" Le chiese corrucciando le sopracciglia.

"Santo cielo, Orlando, no!" Rispose divertita Amy. "Tu non hai mai visto delle orecchie veramente grandi, Tim il postino ha dei padiglioni auricolari che sembrano le parabole del progetto Seti, sai quello per trovare la vita nello spazio."

"Caspita, un fenomeno..." Commentò il ragazzo; lei rise.

"Siamo arrivati." Annunciò poi, fermando il cavallo.

"Perché, andavamo in un posto specifico?" Domandò ironico Orlando, piagando la testa di lato; Amy si girò verso di lui con espressione retorica.

"Spiritoso." Disse; lui sorrise divertito.

"Che posto è?" Domandò allora Orlando, osservando il panorama.

"Vedi laggiù?" La ragazza gl'indicò un avvallamento, dove, tra una macchia di alberi, si levava una piccola nube di vapore. "E' una sorgente termale."

"Non credevo ce ne fossero, in questa zona." Affermò Orlando.

"Ti sbagliavi." Replicò Amy. "Comunque la conoscono in pochi." Aggiunse.

Spronarono i cavalli, per scendere dal declivio che conduceva alla sorgente, avvicinandosi alla macchia di alberi. Si fermarono al bordo del laghetto.

"Wow, è fantastico!" Esclamò Orlando, accorgendosi che da quel punto c'era una vista splendida: la brughiera degradava dolcemente in miriadi di sfumature di verde, macchie rosa e gialle e, sullo sfondo, colline brune che confinavano col cielo azzurro.

"Lo so, qualche tempo fa ci venivo spesso." Confermò Amy annuendo.

"Che ci venivi a fare in un posto simile, a parte per la bellezza del panorama?" Chiese il ragazzo; lei lo guardò con un sorriso leggermente imbarazzato.

"A leggere... Il signore degli anelli..." Rispose infine.

"Ah..." Fece lui. "Effettivamente il luogo è molto evocativo... Lo hai letto molte volte?" Aggiunse poi; la ragazza annuì.

"Sette, otto volte..."

"Otto volte?! Ne sai più di me..." Commentò stupito.

"Questo è probabile." Dichiarò lei, avvicinandosi all'acqua. "Facciamo un bagno?" Gli domandò all'improvviso.

"Se me lo dicevi mi potevo mettere il cost..."

"Ne hai bisogno?" Lo interruppe; lui si voltò verso di lei e la vide sfilarsi il maglione, rimanendo solo con il reggiseno. Mentre Orlando non rispondeva, momentaneamente paralizzato, Amy si tolse anche i pantaloni.

"Se non ne hai bisogno tu..." Mormorò infine, titubante, togliendosi il giubbino.

Pochi minuti dopo erano entrambi immersi nell'acqua verde e dolcemente calda. Amy si era tirata su i capelli, per non bagnarli, e nuotava a qualche metro da Orlando, che stava appoggiato ad un masso liscio godendosi l'acqua.

"Molto rilassante, vero?" Domandò la ragazza, avvicinandosi.

"Oh, sì..." Rispose lui, che socchiudeva gli occhi; li riaprì quando si accorse che lei si era fermata al suo fianco.

L'acqua, per via del fondo formato da sassi neri, era scura, ma limpida e, anche se Amy era immersa fino quasi alle spalle, Orlando intravedeva la curva del suo seno e le sue gambe bianche muoversi sott'acqua.

"T'imbarazza questa situazione?" Gli chiese la ragazza, dopo essersi seduta accanto a lui; Orlando le lanciò un'occhiata disincantata.

"Beh, sono in un luogo isolato, immerso in un laghetto termale, con una bella ragazza, nudo..." Replicò poi. "Non è che vuoi approfittarti di me?" Le domandò, alzando un sopracciglio.

"Ti piacerebbe..." Ribatté Amy, maliziosa; dopo un lungo sguardo, scoppiarono a ridere.

"Mi piace stare con te, Amy." Fece lui dopo un po', quando avevano ormai smesso di ridere. "Non mi metti ansia da prestazione." Aggiunse, con uno sguardo; lei rise di nuovo.

"Perché sei venuto qui, Orlando?" Gli domandò poi, con dolcezza; lui la guardò, facendo una smorfia amara, pur continuando a sorridere.

"Vuoi la verità, o la risposta diplomatica?" Ribatté.

"Niente giri con me, noi scozzesi siamo gente diretta." Affermò lei.

"Se è così allora..." Esordì il ragazzo, spostando gli occhi sull'orizzonte. "La mia ragazza mi ha mollato, ed ho sentito la necessità di cambiare aria." Confessò tutto d'un fiato.

"Hm, bocconcino amaro..." Commentò Amy.

"Humpf..." Orlando sbuffò, passandosi una mano tra i capelli. "Guarda, se avessi visto che non avevamo più nulla da dirci, che l'attrazione era finita, sarei stato ben disposto a chiudere..." Confessò poi. "...ma proprio non mi ero accorto di nulla." Continuò rammaricato. "Il giorno prima abbiamo fatto l'amore, e la sera dopo mi scarica..."

"Nessuna avvisaglia?" Intervenne la ragazza.

"Macché!" Sbottò lui. "O forse... ero io a non volermene accorgere, troppo preso dalla mia favola romantica..." Ammise tristemente il ragazzo, chinando il capo; era chiaro che soffriva ancora. "E poi, cacchio, se non avesse usato quella frase orrenda..."

"Rimaniamo..." Iniziò Amy.

"...amici..." Finì Orlando; si scambiarono un'occhiata. "Successo anche a te?" Chiese, lei annuì. "E che hai fatto?"

"Gli ho rotto il naso." Rispose la ragazza; lui spalancò gli occhi.

"Non ci credo!" Disse ridendo.

"Beh, io l'ho colpito, e lui è caduto sbattendo il naso sullo spigolo di un tavolo della birreria..." Ricominciarono a ridere.

"Caspita, un diretto degno di un peso medio, spero di non aver mai a che ridire con te!" Commentò Orlando, con le lacrime agl'occhi.

"Effettivamente, credo di aver esagerato..." Affermò lei. "Però ti dico una cosa, io ti capisco, se ne avessi avuto la possibilità avrei cambiato aria anch'io."

"La cosa peggiore è stata che non me ne sono potuto andare subito, sono rimasto ancora una settimana a Los Angeles, ho dovuto fare un comunicato stampa, rispondere ai giornalisti, fare un'intervista programmata da mesi... un'angoscia..." Raccontò lui con tono schifato, scuotendo il capo.

"Immagino che per le persone famose sia tutto più difficile." Dichiarò Amy comprensiva.

"Non hai idea." Disse il ragazzo, risollevando il capo. "Non basta lasciarsi, che già di per se non è una passeggiata dopo una storia di due anni, è il farlo davanti a tutti." La guardò. "E per tutti non intendo amici e parenti, ma proprio tutti, il villaggio globale..."

"Su, su, mi sembra che tu stia reagendo piuttosto bene." Cercò di rassicurarlo lei.

"Il fatto è che, io credo di... beh, insomma... forse... sono ancora innamorato di Kate..." Confessò infine, piegandosi in avanti.

"Ti passerà, tranquillo, te lo dico per esperienza personale." Gli disse Amy, con tono amaro. "Magari ci vorrà un po', ma ti passerà."

"Grazie, Amy." Mormorò Orlando, sorridendole con riconoscenza. "Penso che mi abbia fatto bene, parlarne con qualcuno." Gli rispose solo un dolce sorriso della ragazza.

 

Quella sera Amy e Orlando cenarono da soli; Clara era andata alla cena con riunione dell'associazione allevatori della contea.

La ragazza stava andando in camera sua, quando si trovò davanti Orlando che usciva dal bagno del piano terra asciugandosi la faccia; Amy boccheggiò, lui la guardò con espressione interrogativa.

"Mi sono dato troppo profumo?" Le chiese, insospettito.

"Dalla doccia usciva Calvin Klein?" Ribatté sarcastica lei; il ragazzo fece un sorrisetto ironico.

"E dagli il tempo di smorzarsi, me lo sono appena dato." Protestò poi.

"Io, onestamente, penso che te ne dai sempre un po' troppo." Affermò la ragazza.

"E' per non sentire il tanfo dei maiali!" Sbottò lui.

"Ahh, allora..." Fece Amy.

"Non prendermi per il culo..." Replicò Orlando, mettendo un broncettino infantile.

Fu allora che la ragazza lo guardò meglio; a parte il profumo eccessivo, pur buono che fosse, era decisamente un attentato alla buona volontà, in quel momento. Portava una maglietta di cotone a maniche lunghe color aviazione, aderente e i pantaloni larghissimi di un pigiama nero; i capelli erano pettinati, ma non ingelatinati o altro, perciò erano morbidi, di quelli che ti vien voglia di passarci le dita. Ora la guardava piegando leggermente la testa di lato, con gli occhi luminosi e le labbra appena socchiuse. Ma quanto cazzo poteva essere bello?

"Ti sei rasato..." Mormorò Amy, quando si accorse che non portava più i baffetti ed il pizzo; lui si passò una mano sul mento.

"Sì..." Rispose.

"Mi piaci, davvero, mi piaci di più così." Affermò allegra la ragazza. "I baffetti ti fanno troppo malandrino."

"E così sembro un ragazzino delle medie." Commentò invece lui.

"Ma no." Replicò lei, abbassando gli occhi. "Che sono quelli?!" Domandò ridendo stupita e indicando i piedi di Orlando.

"Calzini." Rispose tranquillo lui.

"Con le dita?!"

Il ragazzo chinò lo sguardo, osservando i suoi pedalini rossi, che in cima si dividevano in cinque dita colorate tipo arcobaleno; guanti da piede. Rialzò gli occhi su Amy.

"Carini, vero?" Sorrise. "Me li ha regalati Dom."

"Ma non è una roba un po' da bambini?" Chiese la ragazza corrucciando le sopracciglia.

"Non credo..." Fece lui, guardandoli di nuovo e muovendo un po' le dita. "Se li fanno della mia misura..."

"In effetti, hai delle belle fette..." Si guardarono negl'occhi, e scoppiarono a ridere.

"Senti, ma..." Fece Amy, quando riuscirono a smettere. "...che ci fai qui di sotto?"

"Ecco, camera mia è una ghiacciaia, e pensavo di sistemarmi in salotto per stanotte." Rispose lui, stringendosi nelle spalle.

"No dai! Vieni in camera mia, ho il letto ad una piazza e mezza..." Replicò subito la ragazza; Orlando aggrottò le sopracciglia.

"Aspetta un momento..." Disse, alzando una mano. "Tu mi stai invitando a dormire in camera tua, nel tuo letto?"

"Sì..." Ammise timidamente la ragazza. "Ci guardiamo un film..."

"Tu hai la tv?" La interruppe lui, corrucciato.

"Hm..." Imbarazzata, Amy voltò la testa dall'altra parte. "Ma non è attaccata all'antenna, la uso solo per vedere i... dvd..." L'ultima parola la pronunciò a voce bassissima.

"Ah!" Esclamò Orlando. "Tu hai un lettore dvd! Ma io ti stacco la testa!" Urlò, ma sempre col sorriso.

"Scusa!" Disse lei. "Davvero, non ci ho pensato a dirtelo..." Orlando la fissava con espressione comico-folle. "Dai, puoi perdonarmi? Ho la copia restaurata di Viale del tramonto..."

"Viale del tramonto?" Amy si affrettò ad annuire. "Se mi fai anche una cioccolata calda, ti perdono." Aggiunse sornione.

"Corro!" Rispose la ragazza. "Aspettami di là!" E detto questo corse in cucina; Orlando s'incamminò verso la camera di Amy, che era in fondo al corridoio.

 

Quando entrò in camera, con le tazze della cioccolata, lo trovò che si guardava attentamente allo specchio; gli si avvicinò.

"Che fai?" Gli chiese, mentre lui osservava con sguardo critico il proprio mento.

"Quando torno a Londra devo andare dall'estetista." Affermò sicuro, passando ad esaminarsi la fronte.

"Perché?" Domandò incuriosita Amy.

"Per sistemare le sopracciglia e fare la pulizia del viso." Rispose serio, lasciando lo specchio e prendendo la tazza dalle mani di lei.

"Ah, immagino che per voi dello spettacolo sia normale." Dichiarò la ragazza.

"Sì." Annuì tranquillamente lui, sedendosi sul letto.

"Manicure, pedicure..."

"Sì."

"Non ti farai anche la ceretta?" Chiese ironica Amy, mettendosi accanto a lui.

"No." Rispose serafico Orlando. "Di natura non sono molto peloso, anzi, decisamente sono piuttosto glabro."

"Scherzavo." Ammise divertita lei.

"Lo so." Ribatté il ragazzo, sorseggiando la cioccolata. "Senti Amy, non mi hai ancora spiegato com'è che abiti qui, non sei parente di Clara, vero?" Lei lo guardò, sorridendo.

"Beh, no, non sono sua parente, ma i miei genitori sono morti, mio fratello vive a Glasgow, io avevo una casa troppo grande, Clara aveva una casa troppo grande, ed eccomi qui." Rispose poi, indicando la stanza.

"Capito." Orlando accettò la spiegazione, leccandosi poi il labbro superiore.

"Mettiamo il film?" Domandò Amy.

"Vai." La incitò lui, stendendosi sul letto; la ragazza sorrise e si avvicinò al televisore.

Resisteva. Ormai erano minuti che faceva una pressione dolorosa sulla sua volontà, ma quei capelli erano una provocazione troppo esplicita.

Si erano sistemati così: Amy adagiata sui cuscini buttati contro la spalliera del letto, e Orlando appoggiato con la testa sull'addome della ragazza. E avevano cominciato a guardare il film; all'inizio era sembrata una posizione ideale, almeno finché Amy non aveva spostato lo sguardo dallo schermo alla testa di Orlando.

I capelli corposi del ragazzo formavano onde lucide sulla sua camicia da notte, mentre la luce azzurrina proveniente dal televisore gli dava delle sfumature particolari; ogni tanto lui si muoveva appena, sorridendo o indignandosi per le immagini del film, e così si muovevano anche i suoi capelli, ed Amy sospirava, alzando gli occhi al soffitto.

La ragazza alla fine si arrese; cominciò a passare delicatamente le dita sui ciuffi più lunghi, poi azzardò sempre più, fino a carezzargli la testa, piano piano. Si rimise a guardare il film, continuando con quel piacevole diversivo.

"Hmm..." Fece dopo un po' Orlando, socchiudendo compiaciuto gli occhi; Amy sollevò subito la mano dai suoi capelli, allarmata. "No, perché hai smesso? E' così piacevole..." Affermò lui, reclinando la testa per vederla.

"Scusa..." Mormorò imbarazzata la ragazza. "...non ho fatto apposta..."

"Non importa." Glissò Orlando, girandosi di nuovo verso la tv. "Forse ho voglia, di un po' di coccole." Aggiunse con un sorrisino divertito.

"Sappi che inviti la lepre a correre, così." Dichiarò sorridente Amy, a cui il ragazzo faceva una gran tenerezza.

"Beh, corri pure, poi si vedrà." La incitò noncurante lui, stringendosi nelle spalle.

"Prima ti devo confessare una cosa." Disse Amy; Orlando riprese la scomoda posizione di poco prima, con la testa reclinata all'indietro, e un'espressione interrogativa.

"Parla."

"A dodici anni avevo una cotta paurosa per te..." Ammise con tono finto serio; lui sorrise dolcemente. "...ma tu non mi guardavi, perché avevo l'apparecchio..." Aggiunse, con un broncetto offeso; Orlando fece una risata bassa.

"Che ragazzino cattivo ero... Potrei rimediare adesso." Disse poi, guardandola negl'occhi.

"Come?" Lo interrogò lei.

"Potrei darti un bacio di rimborso..." Rispose lui, con un'alzata di sopracciglia.

"Data la posizione... sarebbe più facile se ti baciassi io..." Replicò la ragazza, abbassandosi verso Orlando, che fece un sorrisino compiaciuto.

Il bacio fu abbastanza breve e delicato, e lasciò entrambi piuttosto soddisfatti; si lasciarono le labbra sorridendo. Orlando si girò, con tutto il corpo stavolta, reggendosi su un gomito, mentre l'altro braccio lo passava oltre le gambe di Amy; le lanciò uno sguardo di quelli classici suoi, che lei gli conosceva in molte foto.

"Tu lo sai di essere sexy, vero?" Gli domandò la ragazza; lui alzò un sopracciglio.

"Ne sono abbastanza consapevole, diciamo." Rispose gongolante; lei sorrise, con espressione di lieve rimprovero. "Dunque?" Fece il ragazzo.

"Dunque, togli la tua mano dalla mia coscia." Gli disse, guardandolo negl'occhi; in effetti, la mano di Orlando, distrattamente, era partita dal ginocchio di Amy ed era salita, sotto la camicia da notte, fino alla cima della coscia. "Perché non sono sicura di riuscire a resistere." Aggiunse la ragazza.

"E perché dovresti?" Ribatté lui, con aria furbetta.

"Ci sono diversi motivi." Esordì Amy, assumendo un'espressione più seria. "Prima di tutto siamo amici..."

"Mai creduto alla regola dell'amico." Dichiarò Orlando, posando il mento sull'addome della ragazza; lei fece un sorrisetto sarcastico.

"Fammi continuare." Lui fece un gesto con la mano per incitarla. "Seconda cosa, tu lo fai per bisogno e non per vero desiderio." A quelle parole, il ragazzo non seppe cosa rispondere. "E poi, credimi, io sarei felice di lasciarmi andare, tu mi piaci molto, ma preferirei che le circostanze fossero diverse..."

"Se avessi immaginato che andava a finire così, non ti avrei parlato di Kate oggi." Affermò sconsolato Orlando.

"Ormai è fatta." Commentò Amy, stringendo le spalle.

"Un ultimo bacio?" Chiese supplicante lui; la ragazza sorrise, poi lo afferrò per il collo della maglietta, tirandolo su. Lo guardò negl'occhi.

"Stavolta conduci tu." Gli mormorò sulle labbra; lui sorrise malizioso, poi catturò le sue labbra. Stavolta il bacio fu molto più lungo, e molto molto più intenso...

 

CONTINUA...

 

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Capitolo 4
*** 4 - I tre moschettieri ***


AVVERTENZA: in questo e nei prossimi capitoli ci sarà uso di vocaboli volgari e/o scurrili, ma non credo di essere uscita dal

AVVERTENZA: in questo e nei prossimi capitoli ci sarà uso di vocaboli volgari e/o scurrili, ma non credo di essere uscita dal seminato, cmq, se vi dovesse dare fastidio… leggete un’altra ff! ^__-

 

4. I tre moschettieri (e che Dio ci aiuti...)

 

"Ahh, sentite! L'aria della vera Scozia!" Proclamò entusiasta Billy, quando furono scesi dal treno; Dom si grattò un orecchio col mignolo, sbadigliando.

"A me..." Disse poi. "...sembra cacca di mucca."

"Io..." Intervenne Lji, aggiustandosi il giubbino. "...sono cresciuto in città, e non sono molto esperto, ma... secondo me c'è pure un po' di cacca di cavallo."

Billy si girò verso i due amici con espressione molto poco divertita, posando le mani sui fianchi; sembrava notevolmente contrariato.

"Siete due rotti in culo." Dichiarò, poi gli diede le spalle, afferrando il proprio zaino.

"Dai Bill!" Esclamò Dominic, seguendolo mentre s'incamminava verso l'uscita. "Stavamo scherzando!"

"Non te la prendere!" Rincarò Eljiah accodandosi.

"Andiamo all'ufficio informazioni." Affermò Billy, senza dare troppo peso agli amici e continuando nella parte dell'indigeno offeso.

Si fermarono davanti al vetro della biglietteria, che era anche l'ufficio informazioni della piccola stazione; dietro c'era un ometto dalla faccia astiosa, con occhialetti tondi.

"Buongiorno." Gli fece Billy, che guidava il gruppetto.

"'giorno." Rispose quello, osservando i ragazzi con sguardo critico.

"Noi dovremmo andare nel villaggio di Fenboro..." L'uomo alzò un sopracciglio.

"Lei è scozzese?" Gli domandò interrompendolo.

"Sì!" Rispose entusiasta Billy.

"Ah." Fece solo l'altro, oltre il vetro; il ragazzo rimase interdetto.

"Mi scusi." Intervenne Lji, scansando Billy dal vetro. "Qui c'è un posto dove si può prendere una macchina a nolo?" Gli chiese.

"Una macchina a nolo?" Replicò l'uomo, quasi allibito.

"Un autobus?" Domandò allora Dom.

"Sì, quello sì." Annuì il bigliettaio.

"E dove si comprano i biglietti?" Billy si era riscosso, riprendendo parte al discorso.

"All'ufficio postale." Silenzio, i tre ragazzi lo guardavano in attesa.

"Che si trova?" Lo incitò Dom, con un gesto delle mani.

"In fondo alla strada." Rispose allora quello; Dominic girò i tacchi e se ne andò.

"Grazie per la collaborazione." Gli disse ironico Billy prima di andare.

"Lei è stato..." Aggiunse Lji. "...illuminante."

I tre ragazzi uscirono dalla stazione, incamminandosi lungo la strada principale della sonnolenta cittadina; poco dopo si accorsero di attirare gli sguardi delle persone che incrociavano.

"La gente ci guarda strano." Mormorò Lji dopo un po' che camminavano.

"Sarà colpa del tuo taglio di capelli." Ribatté Dom; Eljiah si fermò e, con espressione scocciata, guardò l'amico, poi si aggiustò la cresta di capelli dritti che aveva al centro della testa.

"Sappi, mio caro, che questo è un taglio all'ultima moda." Replicò infine. "Piuttosto, parliamo di quella ciabattina ossigenata che hai tu sulla fronte." Aggiunse indicando il liscio ciuffo di Dominic.

"Beh, che vuoi?" Fece provocatorio l'amico.

"Ragazzi, credo che la spiegazione sia più semplice." Intervenne Billy. "Penso che non siano molto abituati a vedere in giro persone di fuori." Spiegò poi.

"Siamo così strani?!" Domandarono in coro gli altri due.

"No, ma..." Rispose Billy. "E' solo che si vede lontano un miglio che non siamo di qui..."

"A proposito." Disse Dom. "Dove cazzo è questo ufficio postale?"

"Proprio dietro di te." Gl'indicò Lji; lui si girò, trovandosi davanti alla porta di vetro con l'insegna inconfondibile delle poste scozzesi.

"Beh, allora entriamo!"

Al banco c'era solo una ragazza con le trecce e le lentiggini, che gli sorrise cordialmente quando entrarono.

"Buongiorno, posso esservi utile?" Disse, appena la raggiunsero.

"Sì, grazie, molto gentile." Rispose Dom, posando le mani sul banco. "Noi vorremmo acquistare tre biglietti dell'autobus per... Com'è che si chiama, Bill?"

"Fenboro." Rispose l'amico.

"Per la corsa di stasera o di domattina?" Fece la ragazza, sempre sorridendo; almeno questa era gentile.

"A che ora è quella di stasera?" Chiese Billy.

"Alle sette." Rispose l'impiegata.

"Cavolo!" Sbottò Dominic. "Ma non ce n'è uno prima?"

"No." Negò lei. "Sono quelli dei pendolari, uno al mattino e uno la sera." Spiegò poi.

"Ma mi scusi." Intervenne Lji. "Non c'è un altro modo per andare a Fenboro, prima di quell'ora?" S’accorse che la ragazza non lo ascoltava e si era messa a scrutarli.

"Dove vi ho già visti?" Domandò infine; Lji levò gli occhi al soffitto.

"Probabilmente in qualche film." Rispose Dom, gongolando. "Siamo attori."

"Ma... ma, avete girato anche un film tutti insieme?" Continuò l'impiegata; i ragazzi si scambiarono un'occhiata, anche se ormai erano abituati ad essere riconosciuti perfino ai confini del mondo.

"Sì." Ammise arreso Billy. "Eravamo nel Signore degli Anelli..."

"Il Signore degli A..." La ragazza si girò all'improvviso verso Lji, spalancando la bocca e gli occhi. "Oh... oh..."

"Sì!" Si affrettò ad annuire lui. "Sì, sì sono io!" La bloccò alzando una mano.

"Beh, allora, in questo caso..." Disse la ragazza, facendosi tutta carina.

"Sì?" La incitò Dom, con il migliore dei suoi sorrisi.

"Il nostro furgone parte tra poco, magari il nostro autista vi può dare un passaggio..."

"Glielo chieda, per favore..." Intervenne Lji, sbatacchiando i suoi occhioni azzurri.

Pochi minuti dopo erano nel piazzale dell'ufficio postale; l'autista era un tipo taciturno e mingherlino, che li guardava come fossero alieni, coi loro vestiti firmati ed i capelli alla moda.

"Davanti non c'è posto per tutti, vi dovete mettere dietro." Gli disse, mentre caricava il furgoncino. "Insieme alla posta."

"Ok..." Rispose poco convinto Billy.

"Ragazzi..." Si voltarono, era l'impiegata. "Sarebbe un problema se, prima di andare, vi scattaste una foto con me?" Chiese timidamente.

"Eccome no!" Rispose subito Dom, trascinando gli altri due, un po' riluttanti. "E' un piacere!"

 

Una mezz'ora dopo, erano in viaggio verso Fenboro; naturalmente la ragazza aveva voluto anche gli autografi con dedica, ma in fondo erano abituati a certe cose.

"Porca puttana, ma che puzza è?!" Sbottò improvvisamente Dom. "Dico, ma la gente qui spedisce le forme di formaggio?"

"Di formaggio andato a male, direi..." Commentò sconsolato Billy; purtroppo nel retro del furgone non c'era alcun finestrino.

"Non è che qualcuno ha scoreggiato?" Domandò insospettito Dom.

"Forse tu..." Ipotizzò cautamente Billy; l'amico gli lanciò un pacco di lettere.

"Non ci credo..." Lji aprì per la prima volta la bocca, lo guardarono. "Sono su un furgone in mezzo alla brughiera, abbracciato ad un sacco delle poste Scozzesi..." Mormorò, guardando nel vuoto. "E' la cosa extra lavorativa più assurda che abbia fatto." Proclamò infine.

"No, non mi pare." Disse Billy. "Ti ricordi quella volta che siamo andati a rubare le mele, in Nuova Zelanda?" Domandò poi; Dom spalancò gli occhi.

"Quel tizio ci ha sparato addosso!" Esclamò.

"Mi correggo, non è la cosa più assurda che abbia mai fatto..." Rettificò Lji, atono; in quel momento il furgone sobbalzò in maniera violenta. "Cazzo!" Imprecò il ragazzo.

"Che c'è?" Gli fece Billy, preoccupato dal suo tono, mentre Dom si massaggiava il sedere.

"Il mio povero culo..." Si lamentò, facendo per spostarsi.

"NO, FERMO!!!" Gli gridò Lji, fermandolo a metà del gesto, in una posizione impossibile oltre che scomoda. "Ho perso una lente!"

Con delle manovre degne dello sbarco in Normandia, la lente a contatto di Lji fu ritrovata integra, e Dom si poté risedere. La seconda metà del viaggio passò abbastanza tranquilla, ed i ragazzi ringraziarono Dio, Buddha, o chi per loro, quando riuscirono a scendere dal furgone prima che l'ossigeno finisse.

Ad aspettare c'era il postino locale, un tizio basso, magro e con due orecchie da paura.

"Cacchio." Commentò Lji a bassa voce. "Questo ha le orecchie più grandi di te, Dom..."

"Oh, ma che cazzo vuoi!" Esclamò offeso l'amico.

"Beh, dai, ammettilo..." Rincarò Billy. "...non è che le tue orecchie siano proprio piccole..." Dom gli lanciò uno sguardo inceneritore.

"Anche Orlando ha le orecchie grandi, ma nessuno glielo fa mai presente." Replicò poi. "Si può sapere perché!?"

"Le porta con più discrezione..." Ipotizzò Lji

"E poi non sono così, passami il termine, evidenti, come le tue." Aggiunse Billy.

"Ma guarda che cazzo di amici mi dovevo trovare!" E con questo giudizio rassegnato si allontanò di qualche passo; Lji e Billy scoppiarono a ridere.

Pur con le lacrime agl'occhi, i due ragazzi riuscirono a chiedere al postino la strada per la fattoria della zia di Orlando; usciti dal paese, c'era un bivio che, tramite una strada sterrata in aperta campagna, li avrebbe portati, dopo un'oretta di cammino a piedi, all'allevamento. Lasciarono i bagagli all'ufficio postale e, nonostante i lamenti di Dom, s'incamminarono in un bel pomeriggio primaverile.

Arrivati al bivio, Eljiah spalancò gli occhi, bloccandosi dove l'asfalto lasciava spazio alla terra battuta; evidentemente il giorno prima doveva essere piovuto, poiché c'era una discreta fanghiglia.

"Io non ci passo di lì." Dichiarò risoluto il ragazzo.

"E perché?" Ribatté Billy alzando le sopracciglia.

"Ma scherzi!?" Sbottò l'altro. "Questi jeans sono di Ralph Laurent!" Indicò i suoi pantaloni che, come moda dettava, arrivavano precisamente alla suola delle scarpe.

"Hu, che palle!" Esclamò Dominic. "Sei un fighetto!"

"Ma scusa..." Disse Billy. "...perché non arrotoli l'orlo?" Gli altri due lo guardarono.

"Un genio!" Fece entusiasta Dom, indicandolo. "Abbiamo qui un genio, e tu me lo vuoi sminuire!"

"Vabbene, ho capito..." Affermò rassegnato Lji, poi si chinò e arrotolò il bordo dei suoi preziosi jeans.

Dopo un'oretta di cammino, a passo sostenuto, e uno sconveniente incontro del cavallo dei pantaloni di Dom con le fauci di una pecora invadente, mentre erano rimasti incastrati in un gregge che attraversava la strada, i tre attori raggiunsero la fattoria. Era tutto deserto, in apparenza; si guardarono un po' intorno.

"Beh, che si fa?" Domandò Lji, mentre Billy girava l'angolo in cerca di qualcuno.

"Che ne so io, bussiamo." Rispose Dom.

"Ahhh!" L'urlo di Billy li fece girare; l'amico gli correva incontro inseguito da un tacchino gigante.

Tutti e tre, con una coordinazione da far invidia alla nazionale di nuoto sincronizzato, saltarono su una panca di legno che era a lato della porta.

"Ma che cos'è!?" Gridò Dominic, schiacciandosi contro la parete.

"Un tacchino, non lo vedi!" Rispose Billy.

"Ah! Molla! Molla!" La bestia aveva agganciato l'orlo dei pantaloni di Lji, e lui scalciava per farlo staccare.

"Hey Bill." Chiamò una voce di donna; i tre si voltarono in quella direzione, accorgendosi di una donna di mezz'età che gli veniva incontro.

"Ci conosciamo?" Chiese Billy.

"No, il tacchino." Indicò la donna.

"Ah, si chiama Bill, il bastardo!" Esclamò Eljiah, quando l'animale finalmente mollò la presa e si diresse soddisfatto verso la padrona.

"Vattene Bill." Gli disse la donna; quando il tacchino se ne andò, lei si avvicinò ai ragazzi. "Ora potete scendere, non tornerà."

"Sicura?" Fece Dom, aggrottando le sopracciglia; lei annuì.

"Immagino che voi siate gli amici di Orlando." Loro annuirono, mentre scendevano dalla panca. "Io sono Clara Burton, piacere." A turno le strinsero la mano.

"Orlando?" Le domandò poi Dominic.

"Dovrebbe tornare a momenti, è fuori con Amy..." A quel nome femminile, ai ragazzi si alzarono le antenne. "...vado a preparare per il the." Gli disse poi, dirigendosi verso la porta. "Voi lo aspettate qui?" Annuirono.

"Amy..." Commentò Billy, scambiando con gli altri un'eloquente occhiata.

"E così, c'è una misteriosa presenza femminile..." Aggiunse Lji, con un sorrisino retorico.

"Vi giuro che se è poco meglio di una scorfana, io non lo perdono." Dichiarò Dom; a quel punto sentirono risate e rumore di zoccoli.

Due cavalli arrivarono per la stessa strada che avevano fatto loro per giungere alla fattoria; su uno più scuro c'era una bionda fragola dal sorriso smagliante, mentre sull'altro c'era Orlando che rideva allegramente. Dominic sentì che cominciava a ballargli un occhio.

"Hey, ragazzi!" Esclamò contento l'amico quando li vide. "Siete arrivati finalmente!" Aggiunse fermandosi e scendendo di sella. "Che bello rivedervi!" Continuò abbracciandoli; anche loro salutarono, tranne Dom. "Vi presento Amy..." Gl'indicò la ragazza. "Amy, loro sono Billy, Eljiah e Dominic."

"Salve." Fece lei, continuando a mantenere il suo sorriso abbagliante. "E' un piacere conoscervi di persona."

"Piacere nostro." Rispose educatamente Billy.

"Adesso sarà meglio che vada a mettere su il the." Affermò la ragazza.

"Ci sta pensando la signora..." Le disse Lji.

"Le do una mano, allora." Annuì Amy, entrando; Orlando tornò a guardare gli amici.

"Allora? Come state?" Gli domandò allegro. "Io ho una fame pazzesca, vi va un panino col culatello?" Silenzio; le facce perplesse di Lji e Billy su quella rilassata di Orlando. All'improvviso scattò Dominic.

"Ma io te lo rompo il culatello!" Prese Orlando per un braccio e gli mollò un calcio nel sedere.

"Oh, ma che fai!" Protestò l'amico; un'altra pedata. "Sei stronzo!"

"Stronzo? Qui di stronzi ci sei solo te!" Scapaccione tra capo e collo. "Mi fai credere di essere sull'orlo di un esaurimento nervoso, faccio un viaggio di merda, e ti trovo bello bello, vestito come il piccolo lord..." Orlando osservò il suo maglione nero a collo alto, i pantaloni da cavaliere color sabbia, gli stivali lucidi. "...che te ne vai in giro ridendo insieme ad una ragazza mooolto carina, con sorriso a 158 denti che sembra un elefante!"

"Dom, gli elefanti hanno solo quattro denti..." Precisò Eljiah, interrompendo, con quel poco congruo commento, la violenza dell'amico; lui si girò.

"Ah, complimenti..." Fece sarcastico. "Devi girare un documentario per In the wild?" Gli chiese; Lji sorrise acidamente.

"Sì, faccio un reportage su uno degli ultimi esemplari di Sborone Inglese dalla Testa di Cazzo..." Ribatté infine.

"Bellissima!" Esclamò Orlando. "Sembra una battuta mia!" Aggiunse ridendo.

"Tu stai zitto!" Gli gridò Dominic.

"Eddai, non rompere le palle..." Ma l'amico reagì; Orlando si dette alla fuga, ma Dom gli saltò sulla schiena, cercando di aprirgli la testa.

"E' pronto." Annunciò Amy, spuntando sulla porta, ma quando vide i due ragazzi menarsi nel cortile spalancò gli occhi. "Che stanno facendo!?" Chiese allibita.

"Niente." Rispose Billy, scuotendo il capo. "Si salutano."

"Era tanto che non si vedevano." Spiegò tranquillamente Lji.

"Ehh, si vogliono bene..." Aggiunse Billy; Amy osservò i due accanto a lei e poi Dom e Orlando, poi strinse le labbra, preoccupata.

 

Dopo cena, i quattro amici erano riuniti in salotto; Amy e Clara erano impegnate a rassettare la cucina. Orlando e Dominic sembravano aver recuperato un certo accordo.

"Allora ragazzi..." Esordì Orlando. "...che notizie dal mondo civilizzato?"

Dominic era seduto al tavolo, mentre Billy era sul divano e Lji su una poltrona; Orlando era in piedi, tentando di trovare qualcosa di decente in tv.

"Sai l'ultima di Londra?" Gli chiese Billy; lui negò. "Dicono che Kate ti ha mollato perché hai avuto una storia con quella cantante bionda che si trucca pesante, sai quella col cognome italiano..."

"Ah, ho capito." Fece Orlando. "Non la conosco..."

"Bella forza, comunque, quella si è fatta un'autostrada di cazzi." Commentò Dom alzandosi e raggiungendo Orlando al centro della stanza.

"Come sarebbe un'autostrada di cazzi?" Domandò incuriosito Lji, sporgendosi dalla spalliera della poltrona.

"Sai, dieci centimetri oggi, dieci domani, fai i chilometri..." Spiegò Dominic serio, professionale.

"Dieci centimetri!?" Esclamò divertito Billy, alzandosi a sua volta; Orlando lo guardò.

"Evidentemente fa riferimento al suo." Affermò poi, con un mezzo sorrisetto.

"Sì, scherza pure, mister meraviglia." Disse Dom, piazzandosi davanti ad Orlando. "Io l'ho visto il tuo, non è questo granché." Dichiarò fissandolo negl'occhi, con espressione acida; poi raggiunse Billy vicino al pianoforte.

"E quand'è che te lo avrebbe visto?" Gli domandò Lji, passandogli accanto.

"Non indagare, per l'amor di Dio!" Lo pregò Orlando, alzando le mani; l'amico rise.

"Hu, guarda queste foto!" L'esclamazione di Billy li attirò tutti al pianoforte.

"Questo è Orlando!" Indicò Dom, riconoscendo l'amico in un bambino grassottello coi capelli corti, poi scoppiò a ridere.

"Che faccia a kiuulo!" Commentò Billy, anche lui ridendo.

"Che stronzi..." Mormorò l'amico. "Non ho la faccia a culo." Disse poi, corrucciando la fronte.

"Questa, invece, è Amy." Lji indicò la ragazza in una spilungona con la bocca luccicante.

"Ma cos'ha in bocca?" Chiese Dom.

"L'apparecchio, idiota."

"Anche questo sei tu." Billy aveva preso un'altra foto; Orlando gli diede un'occhiata.

"Quella foto l'ho fatta ai tempi di Wilde..." Disse poi. "Non credevo zia Clara ne avesse una copia." Anche Dom si era spostato per vederla, mentre Lji guardava quelle vecchie.

"Ammazza, carina questa ragazza che è con te!" Esclamò Dominic. "Me la presenti?"

"Col cazzo!" Rispose Orlando, accompagnando le parole con un eloquente gesto. "Quella è mia sorella, e tu non le metti le tue manacce su mia sorella..."

"Sì, però tu su quella di Lji ce le hai messe eccome!" Protestò Dom.

"No, aspetta un attimo..." Orlando alzò le mani.

"Cosa hai fatto tu, con mia sorella?" Chiese minaccioso Lji.

"Ma niente!" Si difese lui.

"Come! Me lo ricordo anch'io!" Intervenne Billy. "Quando e venuta in Nuova Zelanda, e la sera abbiamo bevuto come... irlandesi ad un funerale!"

"Voi mi state mettendo in mezzo!" Si difese il ragazzo.

"Confessa, cosa hai fatto a mia sorella!?" Continuò Eljiah, sempre più incazzato.

"Ma come te lo devo dire: NIENTE!" Gridò Orlando. "O, perlomeno..." Fece poi, più titubante. "...nulla che mi ricordi, ma ero fuori come un culo..."

"Io ricordo che l'hai baciata..." Disse Dom, che si stava gustando una specie di vendetta molto strategica.

"Ahhh!" Gridò Lji spalancando gli occhi.

"Lji, mi fai paura..." Affermò titubante Orlando, alzando le mani.

"Confessa!" Gli ordinò l'amico, facendo un passo di avvicinamento; lui indietreggiò.

"Vabbene!" Sbottò infine. "Vabbene, forse l'ho baciata e... magari... le ho palpeggiato un po' il seno..."

"Hai toccato le tette di mia sorella!" Orlando sussultò. "Ti avverto, che se ti sei fatto mia sorella, io mi farò la tua, e siamo pari." Dichiarò Lji.

"Hai capito, che furbino..." Commentò Billy, scambiando un'occhiata con Dom.

"Allora, sei stato a letto con Anna?" Domandò Eljiah, nello stesso momento; Orlando aggrottò la fronte, preoccupato.

"No!" Rispose poi, negando col capo.

"Non ci credo." Proclamò l'altro, dandogli le spalle. "Ora la chiamo." Lo guardarono uscire nell'ingresso; dopo uno scambio di sguardi lo seguirono.

"Cos'è che fai?" Gli chiese Orlando, quando lo raggiunsero vicino al telefono.

"Tranquillo, la telefonata la pago." Disse Lji, mentre componeva il numero di New York.

"Non era per quello..." Mormorò rassegnato l'amico.

"Anna? Sì, sono io... no, ti volevo chiedere una cosa..." Esordì il ragazzo, sotto lo sguardo degli altri tre. "Senti, per caso, sei stata a letto con Orlando? ...come: Orlando chi? Ma quanti ne conosci? ...hai presente quel mio amico alto, capelli scuri, gran faccia da impunito..." Terminò la frase guardando Orlando con aria acida; lui alzò gli occhi al cielo. "Quando? Sai quella volta che sei venuta in Nuova Zelanda, e abbiamo bevuto come... come irlandesi a un funerale..." Citò Billy. "Ah, ti ricordi... Meno male... Ah... Ahah..." Annuiva, poi si girò, nascondendosi agli amici. "Hm... ho capito, grazie..." Si voltò di nuovo, con un sorriso. "Ciao, bacino bacino." E riagganciò.

"Allora?" Chiese Billy, divorato dalla curiosità.

"Beh, dice che avete pomiciato per un po', niente di che..." Orlando fece un sorrisino retorico. "...e poi ti sei addormentato e non è più riuscita a svegliarti, forse eri in coma..."

"Che volevi che facessi!?" Sbottò l'amico, allargando le braccia. "Avevo bevuto da fare schifo, e il giorno dopo ho pure vomitato sul set!"

"Sì! Mi ricordo anche quello!" Intervenne Billy allegramente. "Hai rimesso sugli stivali di Viggo!"

"No." Lo corresse Orlando. "Erano gli stivali di Karl, e ho dovuto lavarli."

"Fossero stati quelli di Viggo, se li sarebbe messi col vomito, faceva più realistico..." Commentò Lji; tutti annuirono.

"Dai, andiamo a prendere i nostri zaini, altrimenti stanotte non si dorme." Affermò Dom, che cominciava ad avvertire il peso del viaggio.

 

Presero il furgoncino di Clara e andarono a riprendere le cose dei ragazzi all'ufficio postale; gli aprì Tim, il postino, che viveva proprio sopra al suo posto di lavoro. Orlando dovette ammettere che la descrizione delle sue orecchie, fatta da Amy, rispecchiava la realtà; forse quel tizio poteva davvero contattare gli alieni...

Per fortuna Billy, Dom e Lji avevano portato i sacchi a pelo, perché non c'erano altri letti alla fattoria; Amy gli disse che due potevano dormire in salotto e uno sopra con Orlando. Cominciò la discussione su come si sarebbero divisi.

"Io con Dom non ci dormo." Dichiarò Eljiah, mani sui fianchi.

"E perché?" Replicò l'interessato.

"Scoreggi."

"Non è vero!" Protestò l'amico indignato.

"E non dormo nemmeno con Orlando." Continuò, ignorando Dom; il ragazzo più alto spalancò gli occhi. "L'ultima volta mi ha buttato dalla finestra un portachiavi da 80 dollari!" Spiegò allora, mentre tutti lo guardavano.

"Lji, quel coso s'illuminava e suonava come una centrale nucleare con una perdita!" Gli ricordò Orlando allargando le mani.

"Lo potevi mettere in un cassetto..." Suggerì l'amico con indifferenza.

"Giusto!" Intervenne Dom. "Così non avrei dovuto seguirti a cercarlo nella giungla neozelandese!"

"Dom..." Lo chiamò Billy. "Forse, se non fossi stato tu a dirgli di buttarlo dalla finestra..."

"Non era un giungla, comunque." Fece distrattamente Orlando. "Era un bosco."

"Ma è stata quella volta che Sean Bean ti ha minacciato con una torcia lunga 50 centimetri?" Domandò Billy a Dom; l'altro annuì.

"Veramente non mi ha solo minacciato..." Ricordò Dominic. "...ha cercato proprio di aprirmi la testa..."

"Forse se tu avessi fatto un po' meno casino, invece di blaterare e smadonnare alle tre di notte, quando il giorno dopo ci dovevamo alzare all'alba..." Commentò Lji.

"Ho capito, ma cazzo! prova tu ad avere alle calcagna Sean, hai presente quell'armadio, in mutande e canottiera, incazzato come una biscia, che brandisce una torcia enorme... Eccheccazzo, faceva veramente paura!" Replicò Dom.

"E che poi, quando io e Sean (Astin - n.d.Sara) siamo usciti per sistemare la faccenda, ci è venuto quasi un colpo!" Esclamò Eljiah; ad Orlando tornò in mente la scena e venne da ridere. "Quel pazzo di Viggo uscì dal fitto del bosco, tutto vestito da ramingo, con le foglie tra i capelli, lo spadone al fianco..."

"Avete urlato come vite tagliate!" Affermò Orlando ridendo.

"Avrei voluto vedere te, sembrava un fantasma!"

"Però, non so se mi ricordo bene..." Intervenne Billy. "...lo ritrovò lui, il portachiavi."

"E ci credo!" Ribatté Lji. "Lo aveva preso in fronte!" Orlando ormai era piegato in due dalle risate.

"Nemmeno se avesse preso la mira, lo avrebbe centrato così bene!" Disse Dom, anche lui ridendo.

"E questo rincoglionito..." Lji indicò Orlando, che si appoggiava al muro. "...si contorceva dal ridere!"

"Madonna, la faccia di Viggo non me la dimenticherò mai!" Esclamò Dominic.

"Dai, ad ogni modo, poi Vig mi ha perdonato." Fece infine Orlando, cercando di riprendere un contegno.

"E ci credo, gli hai fatto un paio delle tue moine, e lui, che è buono di cuore, s'è subito ammorbidito!" Sbottò Lji. "Lasciatelo dire, OB, tu ti approfitti dell'ascendente che hai sulle persone." Aggiunse serio, con tono di rimprovero.

"Non sempre gli riesce, però, specie con le donne." Commentò allusivo Dom.

"Chiudi quella fogna piena di merda." Lo minacciò l'amico.

"Dai, adesso basta, andiamo a letto." Intervenne saggiamente Billy. "Lji-palla al piede-Wood me lo prendo io." Aggiunse, passando un braccio sulle spalle dell'amico, che fece una smorfia acida.

"E così noi siamo insieme." Fece Orlando a Dom, fissandolo negl'occhi con espressione tipo cowboy nella sfida mortale.

"Sì..." Rispose lui, con la stessa espressione. "...ma per stasera non facciamo le cosacce!" Concluse la frase assumendo una posa da sciantosa e facendo la boccuccia a cuore; Orlando scosse la testa ridendo.

"No, cara..." Ribatté poi, atteggiandosi anche lui. "Non credo che dopo questo viaggio reggeresti una delle mie prestazioni..." Ridendo si presero per le spalle e si avviarono per le scale; Billy e Dom si scambiarono un'occhiata allarmata.

"A volte mi fanno paura." Commentò Boyd.

"Pure a me." Confermò Lji annuendo.

 

CONTINUA...

 

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Capitolo 5
*** 5 - Un trenino di c... propri ***


Eccoci qua

Eccoci qua! Un nuovo capitoletto della nostra ff! Mi spiace di avervi fatto aspettare tanto, ma ho avuto qualche problema. Volevo solo dirvi che i vostri commenti mi hanno fatto tanto piacere e che è bello sentire tanto affetto intorno a se, specie nei momenti difficili.

Un grazie particolare a Moon (che mi ha fatto la dedica e io ricambio ^__-), alla grande Ruby (un bacione tesssssssssssora ^x^), a Itzuki, Spike, Fant e Ka del Bluecrow (e anche agli altri della crew) perché mi sono stati vicini, e a Claudia, che ama tanto i miei racconti su Orlando (e non solo).

Divertitevi e commentate!

Sara

 

5. Un trenino di c... propri

 

La cucina di Clara, quella mattina, si presentava un po' diversa dal solito. La padrona di casa, come sua abitudine, si era alzata all'alba, uscendo ben prima che i suoi ospiti dessero segno di vita; ora erano loro ad occupare la stanza, siccome Amy si stava preparando ad uscire.

Orlando, boxer e maglietta neri, era davanti al fornello, cercando di coordinare i movimenti così da versare il caffè nella tazza e non sulla sua mano. Billy, pigiama con gli orsetti, fissava il vuoto con una fetta di pane in mano.

Entrarono Lji e Dom; non avevano un'apparenza più sveglia degli altri due. Il primo indossava pigiama e vestaglia, in perfetto coordinato, ed un paio di occhiali dalla montatura spessa, mentre l'altro, con canottiera blu e pantaloni tipo basket, si grattava la testa.

"Lji, ma non porti le lenti?" Gli domandò la voce stentata di Orlando; l'amico si girò, ancora rintronato dal sonno.

"Sì, ma appena sveglio non mi trovo l'occhio..." Rispose poi, sedendosi pesantemente.

"Ah..."

"Mamma mia, cerchiamo di svegliarci!" Sbottò Dom, voltandosi verso il mobile dove c'era la radio. Fu così che i suoi amici videro il retro dei suoi pantaloni, e la scritta LAY YOUR HANDS HERE che stava proprio sulle sue chiappe. "Metto un po' di musica, va." Fece, mentre gli altri gli guardavano il culo con gli occhi di fuori.

Il ragazzo, ad ogni modo, non ci fece caso, accendendo la radio, poi cercò una stazione ascoltabile e, soddisfatto, si sedette accanto a Billy.

"No!" Esclamò Orlando, appena partì la nuova canzone; entrava Amy in quel momento. "No, Always no!" Continuò il ragazzo, posando la tazza.

"Hai qualcosa contro i Bon Jovi?" Gli domandò lei.

"Per carità, è solo... cazzo, questa canzone potrebbero ribattezzarla 'L'inno degli scaricati', dico ma le hai sentite le parole?!" Tutti lo guardavano. "Questo Romeo sta sanguinando, ma tu non vedi il suo sangue... Per piacere!"

"Mi sembri un po' troppo suscettibile, su questo punto, mio caro..." Commentò Dom.

"Suvvia, Dom, cerca di essere un po' più sensibile." Gli disse Lji. "In fondo è successo a tutti."

"Sarà successo a te!" Replicò offeso l'altro, sistemandosi la passata sui capelli.

"Eddai, non dirci che non sei mai stato mollato da una ragazza." Intervenne Billy; l'amico diede l'impressione di rifletterci un momento.

"Beh... Però molto tempo fa!" Rispose infine. "E non ci sono rimasto così." Col pollice indicò Orlando.

Lui, nel frattempo, si era girato verso la parete, non voleva far vedere ai suoi amici quanto stava male davvero; quella cazzo di canzone gli aveva riportato alla mente un sacco d'immagini di Kate e ora si stava insultando in maniera violenta.

"Però è bello, alzarsi la mattina e trovare la propria cucina piena di bei ragazzi." Affermò Amy, osservando gli ospiti.

"E certo, abituata ormai a lui..." Fece Dom, con un cenno verso Orlando. "...ti trovi disarmata, davanti ad un uomo dal fascino irresistibile come me!"

"Ma, mio caro Dominic, ognuno di voi è irresistibile." Dichiarò la ragazza. "Come può fare una come me a trattenersi davanti..." Si avvicinò al tavolo. "...al sorriso di Billy..." Gli prese il mento tra le dita e lui sorrise. "...o agli occhioni azzurri di Lji..." Si voltò verso l'altro ragazzo seduto e fece la stessa cosa. "...anche dietro a questi occhiali." Eljiah rise piano; lei si scostò, raggiungendo Dom. "O resistere al magnetismo animale di uno come te." Dicendo questo gli posò le mani sul petto; si scambiarono un'occhiata divertita.

"E lui?" Fece Dom a bassa voce, indicando Orlando; entrambi si voltarono verso di lui, che stava ancora di spalle.

Gli occhi di Amy ne percorsero il corpo dal basso in alto, e ritorno, fermandosi poi ad un certa altezza; Orlando aveva un ginocchio un po' piegato, cosa che rendeva la sua posa piuttosto provocante, dati anche i suoi boxer aderenti.

"Ehh..." Sospirò lei.

"Gran bel culo, eh?" Chiese Dominic.

"In effetti..." Commentò la ragazza, senza spostare gli occhi. "Somiglia un po' a quello del David di Michelangelo."

"Mi sa di sì, non che io lo abbia visto dal vero, però..." Confermò il ragazzo.

Orlando a quel punto, sentendosi osservato, girò la testa, e vide i due alle sue spalle, appoggiati al mobile dirimpetto.

"Voi non state facendo commenti sul mio culo, vero?" Chiese insospettito.

"Eh, ma tu ci provochi!" Rispose subito Dominic. "Fatti palpeggiare un po'!" Esclamò poi, saltando verso l'amico e afferrandogli le natiche.

"Fermo, pervertito!" Gridò Orlando.

"Ma sì! Fammici dare una morsicatina!" Continuò imperterrito Dom, tentando davvero di mordere il culo dell'amico.

"Ahh, brutto finocchio! Lasciami!" Protestò l'altro, prendendolo per i capelli.

"Sono pazzi..." Commentò Lji, versandosi del caffè, mentre scuoteva la testa.

"Dovremmo denunciare PJ per quel casting, a messo insieme certa gente..." Rincarò Billy, ridacchiando.

"Vabbene, ragazzi, vi lascio alle vostre... attività, io vado al lavoro, ci vediamo nel pomeriggio!" Affermò Amy, mentre raggiungeva la porta; poi si voltò verso Orlando, che combatteva ancora con Dom. "Ciao biscottino." Gli disse.

"Ciao Amy... Ah, e lasciami!" La ragazza era uscita, e Dom alzò subito la testa, senza lasciare la presa alla vita di Orlando; lo guardò con espressione interrogativa.

"Biscottino?" Gli domandò; l'amico abbassò gli occhi su di lui.

"Beh, che c'è? Lo sai che sono un ragazzo molto dolce..." Rispose poi.

"E allora fatti mangiare!" Replicò l'altro, tentando stavolta di mordergli il collo; Orlando reagì prendendolo per le orecchie. "Noooooo!!!!"

"Poi non vi disturbo più..." Rientrò Amy, che smise un attimo di parlare, osservando Orlando e Dom che ormai si rotolavano per terra. "...è arrivato il giornale..." Annunciò, posando il quotidiano sul tavolo. "Ciao!" Risalutò e uscì.

"Oh, così posso leggere l'oroscopo." Affermò Billy, aprendo il giornale.

"Sto molto meglio, da quando sono uscito dal tunnel." Dichiarò Lji, con apparente poco riferimento alle parole dell'amico.

"Hai smesso di fumare Lji?" Gli domandò Orlando dal pavimento, mentre tentava di scostare Dominic spingendogli la faccia.

"Noo!" Negò fermamente il ragazzo. "Ho smesso di leggere l'oroscopo."

"Orlando, oggi ti dice che avrai grossi problemi nei contatti con il Sagittario..." Disse Billy, fingendo di leggere, con espressione seria.

"Ah ah ah." Ironizzò l'interessato. "Tanto non ci ho mai creduto, in queste cose." Liberandosi dall'aggressore con una ginocchiata; Dom si piegò in due, lamentandosi.

"Scettico, come tutti i Capricorni." Commentò Lji, accendendosi una sigaretta.

"Vado a vestirmi." Annunciò Orlando. "Quando si rialza, dategli due patelle da parte mia." Aggiunse uscendo.

"Presenteremo." Annuì Billy, sfogliando il quotidiano.

"Bastardo rotto in culo!" Sbraitava nel frattempo Dominic, contorcendosi sul pavimento.

 

Era una di quelle strane giornate scozzesi, con le nuvole bianche e grigie che si muovevano all'orizzonte di un cielo azzurro pallido, sopra la brughiera verde che profumava di primavera; un brezza umida spazzava piano l'erba alta, nell'aria solo pochi rumori di campagna.

I ragazzi erano usciti per una passeggiata prima di pranzo, e quell'atmosfera gli ricordava molto i tempi della Nuova Zelanda. Ora erano seduti sulla costa di una bassa collina, da cui si godeva un bellissimo panorama, fino alla riva di un laghetto.

"Bene, bene, Orlando..." Esordì Dom, dopo alcuni minuti di rilassante silenzio; gli amici si girarono tutti verso di lui. "...adesso che siamo soli, e sufficientemente lontani dagli indigeni..." Aggiunse, lanciando uno sguardo alla fattoria in lontananza. "...dicci di Amy." Orlando lo guardò, tenendo in bocca un filo d'erba.

"Che ti devo dire di Amy? L'hai conosciuta, no? E' un ragazza stupenda..." Rispose stringendosi nelle spalle.

"Appunto." Annuì Dominic, sollevandosi seduto, seguito dagli altri tre. "Quando te la sei trombata?" L'amico spalancò gli occhi.

"Non ho mai fatto niente del genere!" Sbottò poi, quasi offeso.

"Eddai, tesoro, non prendiamoci tanto per il culo!" Replicò Dom. "Quando una donna ti chiama biscottino, vuol dire che il biscottino lo ha provato..." Alluse.

"Beh, non è che sia andato poi di fuori..." Commentò Lji.

"Almeno, di solito..." Rincarò Billy, annuendo.

"No, no." Negò fermamente Orlando, con un gesto delle mani. "Io non ho mai, ripeto mai, fatto l'amore con Amy." Insisté.

"Dai, perché vuoi tenerti per te questa cosa!" Protestò Dominic, mentre tutti si alzavano in piedi. "Sono uno dei tuoi migliori amici, abbiamo condiviso di tutto!"

"Fammi un esempio." Affermò Orlando, guardandolo negl'occhi; l'altro ragazzo ci pensò per un attimo.

"Ti ricordi di quella rossina che ti facevi in Nuova Zelanda?" Gli chiese; Orlando aggrottò la fronte, insospettito.

"La cameriera dell'albergo?" Ribatté preoccupato.

"Sì." Annuì Dom.

"Beh?"

"L'ho trombata anch'io!" Orlando rimase leggermente basito.

"E queste sono scoperte che fanno bene alla vita." Affermò Lji, fermo al suo fianco; lui gli lanciò un'occhiata confusa, ma comica.

"Cazzo..." Commentò infine l'interessato. "...la dava proprio a tutti..."

"Cavolo, andare con la stessa ragazza, nello stesso periodo, è come usare lo stesso spazzolino da denti..." Dichiarò invece Billy.

"Che schifo!!" Proclamarono in coro Orlando e Dominic.

"Vabbé, ormai è andata!" Disse quest'ultimo, allegramente rassegnato.

"Ad ogni modo..." Intervenne Orlando. "...io ed Amy non abbiamo fatto sesso, solo un sera, che ero un po' giù, mi sono fatto fare un po' di coccole..." Ammise infine, chinando gli occhi.

"Ah..." Dominic prese la palla al balzo. "E, esattamente, quanto ti sei fatto coccolare?"

"In che senso?" Ribatté l'amico.

"Ti è venuto duro?" Tagliò corto l'altro, fissandolo; Orlando fece l'indifferente, guardando altrove, ma questo non fece che confermare i sospetti di Dom. "Lo sapevo!" Esclamò infatti. "Lo sapevo!" Continuò saltellando.

"Ma non c'entra niente!" Protestò Orlando. "E'... è un questione meccanica... quando ci sono un certo tipo di stimolazioni..."

"Sì, sì, raccontamene un'altra! Vieni!" Ironizzò Dom, tutto soddisfatto; l'altro ragazzo, nel frattempo, sbuffava con un sorrisetto, alzando gli occhi al cielo.

"Ma senti una cosa, Orlando..." Fece Lji, attirando l'attenzione dell'amico, che lo guardò. "Se poi non avete fatto sesso, come hai risolto?" Gli domandò.

"E come ho risolto, Lji..." Sbottò lui, sotto lo sguardo divertito degli altri due. "...ho messo la testa sotto il rubinetto dell'acqua fredda, metodo classico." Raccontò; Dom scoppiò a ridere senza ritegno.

"Sennò c'era sempre il metodo champenoise..." Commentò Billy serio, completando il tutto con l'eloquente gesto della mano stretta a pugno; stavolta risero tutti quanti.

 

Ricominciarono a camminare, il sole era piacevole, le chiacchiere allegre, non si accorgevano nemmeno di quanto stavano camminando; l'unica presenza umana, a parte loro, erano alcuni punti bianchi che si muovevano in lontananza: pecore al pascolo.

"Insomma, Orlando." Intervenne ad un certo punto Billy. "Ma come sei finito qui? Cioè, io sono sempre contento quando qualcuno decide di venire in Scozia, ma te..." L'amico lo osservava incuriosito. "...ti vedevo meglio su qualche spiaggia polinesiana, a farti fare massaggi..." Spiegò allargando le braccia; Orlando sorrise, tornando a guardare avanti.

"Bah..." Esordì, calciando una zolla di terra. "...le coincidenze della vita..." Aggiunse distrattamente. "Viggo mi aveva proposto un ritiro spirituale in una comunità new age, per ritrovare il mio io." Disse poi.

"No, dai!" Esclamò Dominic. "In quei posti ti fanno mangiare stufato di tofu con alghe marine!" La sua espressione era schifata.

"Ma stiamo parlando di Viggo!" Intervenne Lji. "Un uomo che è stato capace di fare un corso di campana tibetana!" Orlando lo guardò, e rise. "Te la ricordi la campana, eh?"

"Eccome no!" Rispose lui. "Non dimenticarti che con quell'uomo ci ho passato tutti i giorni, e spesso le notti, per quindici mesi. Gli avrei aperto la testa, con quell'affare, giuro!" Spiegò ridendo.

"Lo strumento di rilassamento..." Ricordò Billy.

"Più che altro, lo strumento d'incazzatura per chi gli stava accanto." Precisò Lji.

"Billy, ad ogni modo, volevi sapere perché sono venuto qui." L'amico annuì. "Beh, è stata un'idea di mia madre, io avevo dei bei ricordi del posto, così ho accettato."

Avevano ormai raggiunto il laghetto; si sedettero sulla sponda, osservando alcune oche selvatiche che vi nuotavano tranquillamente.

"E dopo che farai?" Chiese Lji ad Orlando, che era seduto accanto a lui. "Voglio dire, ti rilassi qui, ritrovi te stesso, e poi? Dovrai andartene prima o poi."

"Fra tre settimane inizio un nuovo film..." Rispose l'amico. "E poi... penso di tornare a vivere definitivamente a Londra." A quelle parole Dom scattò in piedi.

"Non ci credo che mi molli così!" Esclamò allargando le braccia.

"No, aspetta un momento." Fece Orlando, alzando una mano. "Fino a prova contraria sono io quello che è stato scaricato."

"Andiamo, Lji è andato a New York a fare l'intellettuale, tu torni a Londra, Billy non si muove da casa sua! Io che cazzo ci sono venuto a fare in California!" Protestò l'amico.

"Non lo so cosa ci sei andato a fare tu, io mi ci ero trasferito per Kate, ma adesso non ho più nessun motivo per starci, e me ne posso tornare a Londra." Replicò Orlando. "Se ho capito una cosa, in questo posto, è che mi manca casa mia."

"Oh, andiamo!" Ribatté Dom. "Ne trovi un altro milione, di stronzettine come lei, che tra l'altro mi è sempre stata beatamente sul cazzo. C'è tanta di quella fica in California che te lo puoi fare a punta!"

"Ma allora non hai capito un cazzo!" Protestò Orlando, alzandosi; gli altri due cominciavano a preoccuparsi, Dom aveva toccato un tasto dolente.

"Spiegamelo un po'..." Lo incitò l'amico, con le mani sui fianchi.

"Io non posso, come se nulla fosse, tornare in quella casa, vedere le cose che abbiamo comprato insieme, le fotografie, gli odori..." Spiegò rabbioso Orlando.

"Perché?!" Chiese Dominic, allargando le braccia.

"Perché?! Perché mi manca tutto di lei!" Rispose l'altro gridando. "Mi manca il suo sorriso, la sua voce, il suo modo di mandarmi a fanculo, mi manca la sua schiena..." Lo ascoltavano elencare quelle cose, scambiandosi sguardi increduli. "Perché... cazzo, io... io sono ancora innamorato di lei, perdio!" Esclamò infine, con gli occhi lucidi; seguì un lungo momento di silenzio, in cui Billy e Lji si lanciarono occhiate di preoccupazione per l'amico sconvolto. "Grazie Dom." Disse infine Orlando con calma, alzando gli occhi sul ragazzo che gli stava davanti ammutolito.

"Per che cosa?" Domandò titubante lui.

"Per aver infilato il coltello nella piaga ancora sanguinante, ed averlo rigirato di 360 gradi." Rispose Orlando, poi gli diede le spalle e si allontanò.

 

"Oh, dove vai ora?!" Chiese allarmato Billy, quando vide Dom alzarsi e incamminarsi verso Orlando, che se ne stava in disparte da diversi minuti.

"Dai, io ci devo parlare!" Rispose lui. "Mi sento in colpa da morire, e poi non mi va che mi porti rancore, cazzo, è uno dei miei migliori amici." Aggiunse rammaricato; Billy e Lji si scambiarono uno sguardo.

"Vabbene." Fece infine Elijah. "Però niente battute stronze." Dom allargò le braccia con espressione retorica. "Io lo dicevo solo per prevenire un peggioramento della situazione..."

Dominic risalì il pendio erboso e, in cima, trovò Orlando seduto su un sasso; il ragazzo teneva i gomiti appoggiati sulle ginocchia e la testa china. Dom si sedette accanto a lui, sull'erba, cercando di vedergli il viso.

"Oh, non starai mica piangendo?" Gli chiese dolcemente; l'amico sollevò subito la testa, con espressione orgogliosa, si stropicciò il naso, poi incrociò le braccia. Dopo trenta secondi aveva di nuovo gli occhi lucidi.

"Cazzo..." Imprecò.

"Mi volevo scusare." Affermò Dom. "Mi dispiace, davvero." Continuò, posandogli una mano sulla schiena. "Non immaginavo che stessi così male, altrimenti non avrei insistito..."

"Lo so." Intervenne Orlando, interrompendolo. "E' colpa mia, che come al solito, invece di sfogarmi, somatizzo, e va a finire che esplodo nel momento più sbagliato..."

"Somatizzi?" Chiese confuso l'amico; lui annuì.

"E' che sono incazzato a morte con me stesso." Spiegò Orlando.

"Per quale motivo?"

Billy e Lij, nel frattempo, erano risaliti anche loro, e stavano distesi sull'erba, osservandoli di soppiatto.

"Perché quando lei mi ha lasciato avrei potuto fare qualcosa, urlare, protestare, prenderla a sberle..." Si fermò un attimo. "No, io non sono il tipo che picchia le donne... però, potevo fare qualcosa, e invece..."

"Eh?" Anche Lij e Billy si fecero più vicini, per sentire.

"E invece sono rimasto lì, come un ebete, mentre lei mi scaricava... e sai cosa sono stato solamente capace di dirle?" Dom scosse la testa. "Kate, se non sei felice..."

"Davvero?" Fece l'amico, che si stava trattenendo, perché, a vedere l'espressione rassegnata di Orlando, gli scappava da ridere.

"Sono un idiota!" Proclamò il ragazzo. "Un totale, completo, profondo, mitico, idiota!"

"Ma, cazzo, dov'è il problema?" Intervenne Dom, alzandosi. "Urla adesso, sfogati." Gli consigliò. "Meglio che qui, siamo in aperta campagna, non c'è un cane nel raggio di dieci chilometri! Andiamo, urla un po'!" Aggiunse, incitandolo con un gesto.

Orlando diede l'impressione di pensarci un momento, poi si mise in piedi, guardandosi intorno. "Ma sì, perché non farlo davvero." Affermò infine.

"Vai ragazzo!" Lo incitò Dominic. "Di' tutto quel che hai da dire!" Orlando si mise qualche passo più in là, schiarendosi la voce e gonfiando le guance, come quando si preparava per una battuta importante.

"Kate sei una stronzaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhh!!!!" Gridò, con quanto fiato aveva in gola; i due amici nascosti balzarono in piedi.

"Sì! Vai così!" Esclamò entusiasta Dom.

"Ma siete impazziti?" Gli domandò Lij, avvicinandosi.

"Macché!" Replicò Dominic. "Lo fanno anche all'Actor's Studio."

"Che lo vuoi far diventare il nuovo Lawrence Olivier?" Domandò ironico Billy.

"Ha le potenzialità..." Sentenziò Dom.

"Perché mi hai lasciato, brutta stronzaaaaaaaaaa!!!" Urlava nel frattempo Orlando. "Sì, gridate anche voi insieme a me, è bellissimo!!!"

"Sì, voglio gridare anch'io!" Proclamò Dominic, raggiungendolo. "Il Feng Shui mi fa cagareeeeeeeeeehhhhhhhhh!!!!"

"Così, così!" Lo incitò Orlando, ormai infervorato. "Ci siamo rotti il cazzo dei letti per terra!!!"

"E che siamo noi? Fottuti giapponesi?!" Gli chiese Dom, sempre urlando.

"NO!" Rispose lui.

"E allora!" E giù a urlare di tutto.

"Forza, forza!" Orlando prese anche Lji e Billy per un braccio e li portò in postazione di urlo. "Gridate anche voi, vi farà bene!" Lij ci pensò un momento, poi tossicchiò.

"Mamma, mi ha rotto il cazzooooooooooohhhhhhhh!!!!" Gridò infine, poi sorrise soddisfatto. "Mi sento meglio." Dom e Orlando annuivano. "Vai, Bill!" Incitò l'amico.

"Ok..." Annuì l'ultimo. "Gli scozzesi non sono spilorciiiiiiiiiiiiii!!!!"

"Evvai!" Esclamò entusiasta Dom.

"Orlando è molto più taccagno di me!" Continuò Billy; l'interpellato lo guardò male.

"E questo che cazzo c'entra?" Gli domandò.

"Nulla, era per dire." Sorrise l'amico allargando le braccia.

"Io non sono affatto taccagno!" Affermò risentito il ragazzo più alto. "Le ho anche regalato un pendente di diamanti... A proposito..." E tornò a girarsi verso l'orizzonte. "Restituiscimi il diamanteeeeeeeeeee!!!!"

"Questo, per lo meno glielo dovresti chiedere di persona, Orlando..." Si permise di far timidamente notare Lij, ma lui continuò imperterrito a gridare; gli altri tre si scambiarono un'occhiata, poi lo assecondarono, urlando anche loro.

"Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!!!"

 

"Ahh..." Sospirò Orlando, steso sull'erba insieme agli amici. "La Urlo-terapia mi ha fatto proprio bene, sento come se mi fossi tolto un peso dalla coscienza." Affermò poi; Dominic si sollevò su un gomito.

"Allora torni a Los Angeles?" Gli chiese, con espressione speranzosa.

"Ma manco per sogno!" Rispose sgarbatamente l'altro.

"Guarda che non ti fa mica tanto bene tutto questo livore." Gli fece presente l'amico, brandendo l'indice.

"Dove lo hai imparato il termine livore?" Gli domandò Lij, mentre si grattava pigramente la fronte; Dom si girò verso di lui.

"Cosa credi, io sono un ragazzino di una certa cultura, anche se non sembra." Precisò con orgoglio.

"Ehehehe!" Rise divertito Billy. "Ha parlato l'esimio docente oxfordiano." Proclamò poi, con voce impostata; l'amico lo guardò male.

"Ma vai a prendertelo nel culo." Replicò infine Dom, allo stesso modo.

"Ragazzi, comunque, io ho deciso e non mi farete tornare indietro." Dichiarò deciso Orlando.

"Beh, ma noi lo sappiamo che quando t'impunti le cose le fai, anche a costo di spaccartici le corna." Ribatté Lij sorridendo.

"Non sei il tipo che s'arrende." Rincarò fiducioso Billy.

"E' per questo che sono convinto che supererà questa cosa." Affermò sicuro Dom, rivolto agli amici, poi si girò verso Orlando. "Ce la farai perché sei caparbio, e rigoroso, e questa è una cosa che a volte t'invidio." Continuò.

"Ma và?" Fece l'altro, sorpreso.

"No, davvero!" Riprese Dom. "A volte sei fuori come un terrazzo, ma di quelli parecchio sporgenti, però sei rigoroso, e questo mi piace." Concluse annuendo.

"Ragazzi, il pranzo è pronto!" Li chiamò Clara da lontano; loro si voltarono in quella direzione, Orlando si alzò.

"Sì, grazie zia, arriviamo!" Le rispose sventolando la mano con un sorriso; dopo aver fatto questo, tornò a girarsi verso gli amici. "Veramente, sono commosso dalle tue parole, Dom." L'altro lo guardò scettico.

"Mi stai prendendo per il culo?" Gli domandò poi, aggrottando la fronte.

"E tu?" Replicò Orlando, facendo altrettanto; dopo un lungo sguardo indagatore, scoppiarono a ridere, seguiti dagli altri due, poi s'incamminarono verso la casa.

 

CONTINUA...

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Capitolo 6
*** 6 - L'ultima botta ***


6

6. L'ultima botta

 

Dom scese scale, poi girò l'angolo, affacciandosi nel bagno, la porta era aperta; seduto sul bordo della vasca c'era Orlando che, con aria pensierosa, scrutava le mattonelle del muro di fronte.

"Oh, scusa, torno dopo..." Fece il ragazzo, tornando sui suoi passi.

"No, no!" Lo fermò l'altro, allungando una mano. "Ho finito, stavo andando via."

Dom, allora, entrò nella stanza e raggiunse l'amico, sedendosi a sua volta sul bordo, si scambiarono uno sguardo perplesso; indossavano entrambi solo le mutande, a righe gialle e verdi per Dom, grigie per Orlando.

"Beh?" Esordì Dominic, con un cenno del capo.

"Ma sai che in fondo hai ragione tu?" Disse Orlando, annuendo.

"Ah, sì?" Domandò l'amico.

"Certo." Confermò Orlando, continuando ad annuire. "In fondo chi se ne frega, se non mi vuole vuol dire che non mi merita."

"Giusto!" Commentò allegramente Dom.

"Che se ne vada pure sbattendo la porta." Riprese Orlando. "Io posso vivere benissimo anche senza di lei!" Dichiarò infine, con aria decisa; l'amico alzò l'indice, con espressione seria.

"Lo diceva anche Gloria Gaynor." Affermò ondeggiando.

"Già..." Confermò Orlando, assecondandolo.

Amy, dirigendosi verso la cucina, passò davanti alla porta aperta del bagno; sentì delle voci molto stonate e guardò dentro. Orlando e Dom stavano cantando, dimenando goffamente i loro sederi e agitando le braccine.

"...ho il mio amore da dare, ho la mia vita da vivere, io sopravviverò, io sopravviveròòòòòòò!!!" Gorgheggiavano soddisfatti.

La ragazza si trattenne dallo scoppiare a ridere in maniera sconveniente, così, passandosi una mano sulla fronte, si allontanò.

 

Elijah e Billy erano in cucina, seduti a chiaccherare davanti agli avanzi del the; Lij si era appena acceso una sigaretta. Videro entrare Amy con espressione molto perplessa.

"Che faccia hai?" Le domandò Billy; la ragazza ci pensò per un secondo, poi sorrise.

"Credo di aver appena visto, in bagno, Orlando e Dom, in mutande, che cantano I will survive, sbattendo culo contro culo..." Spiegò poi, ridacchiando.

"No!" Saltò su Billy. "Devo vederli." Proclamò allontanandosi, mentre Lij rideva fumando; e continuò a farlo, finché non sentì su di se lo sguardo gelido di Amy.

"Cosa c'è?" Le domandò.

"Potresti spengerla, oppure fumare fuori?" Gli chiese lei, incrociando le braccia.

"Oh, per favore!" Implorò lui, tenendo la cicca tra le dita. "A New York poco ci manca che non ci fanno fumare nemmeno sui marciapiedi!" Protestò.

"E fanno bene!" Replicò lei.

"Abbiamo dei diritti anche noi fumatori." Tentò lui.

"Sì, per la vostra salute, avete il diritto di smettere." Ribatté immediata la ragazza. "Oppure ti vuoi ritrovare a quarant'anni con un infarto o un paio di by-pass, oppure potresti anche superare la fase critica, tra i quaranta e i sessant'anni..." Lij l'ascoltava sempre più umiliato, mentre la sigaretta si consumava tra le sue dita. "...arriverai alla vecchiaia con le dita gialle fosforescenti, i denti che ti cadono e l'uccello che non ti funziona da almeno trent'anni!" Concluse decisa; il ragazzo spense il mozzicone nel posacenere.

"Grazie Amy, mi è passata la voglia..."

"Prego." Rispose la ragazza, voltandosi verso il mobile della cucina; lui si grattò la testa.

"Perché ce l'hai tanto coi fumatori, Amy?" Le domandò Lij, dopo un po', mentre lei cominciava a lavare i piatti.

"Mio padre lo ha ucciso il fumo." Rispose seria lei, senza voltarsi. "E tu sei troppo giovane, ed hai troppo talento, per buttarti via così." Aggiunse girandosi e guardandolo negl'occhi. "Smetti, finché sei in tempo." Lui le fece un breve sorriso sincero, e si rimise in tasca l'accendino.

 

La luce della luna attraversava le listarelle delle persiane, era una notte stranamente limpida, per essere in Scozia, non c'era neanche vento.

Orlando si era svegliato da qualche minuto e non riusciva a riprendere sonno; Dominic russava nel suo sacco a pelo, voltato verso il muro. Il ragazzo si mise seduto, ravviandosi i capelli, poi gattonò fino al bordo inferiore del letto e scese, stando bene attento a non fare rumore; infine, dopo un ultimo sguardo all'amico, uscì dalla stanza.

Scese al piano di sotto e si accorse subito che c'era della luce in camera di Amy; si avvicinò e vide la porta leggermente socchiusa. La scostò.

La ragazza sollevò gli occhi da delle carte che teneva posate sulle ginocchia e lo vide; gli sorrise e lui entrò, richiudendosi la porta alle spalle.

"Sei ancora sveglia." Disse il ragazzo.

"Dovevo dare uno sguardo a questa roba..." Indicò i fogli. "...per domani. E tu?"

"Mi ha svegliato quel trombone di Dom." Risero entrambi.

"Vieni." Lo invitò lei, porgendogli la mano, con sguardo dolce; Orlando non se lo fece ripetere, si avvicinò, le prese la mano e si sdraiò accanto a lei.

Si guardarono negl'occhi per un po', poi Orlando chinò lo sguardo, ed Amy gli abbracciò la testa, facendogliela posare sul suo seno; lui la strinse alla vita.

"Devi dirmi qualcosa?" Gli domandò la ragazza, carezzandogli i capelli.

"Io parto con i ragazzi." Rispose lui.

"Me lo immaginavo." Annuì Amy.

"Profumi di borotalco..." Mormorò Orlando, ancora col viso immerso nella sua pelle.

"Smettila di annusarmi le tette!" Sbottò divertita la ragazza; lui scoppiò a ridere, senza muovere il viso.

"No, perché?! Hanno un così buon odore..." Protestò poi; dopo di che la strinse a se, passando la mano sulle sue natiche.

"Fossi in te la smetterei." Gli consigliò saggiamente Amy, con un sorrisino furbo; lui alzò gli occhi, con espressione maliziosa e divertita. "O potresti fare la fine dell'altra volta..."

"Ahh!" Sospirò Orlando, scostandosi e mettendosi supino accanto alla ragazza. "Colpo bassissimo!" Aggiunse, portandosi una mano sul viso.

"Dai, non fare il teatrante!" Esclamò lei ridendo, ma sentiva benissimo che, sotto la mano, anche Orlando faceva altrettanto; di colpo lui tolse la mano e si girò su un fianco, guardandola negl'occhi.

"Ma è stata tutta colpa tua." Dichiarò puntandole l'indice sul naso.

"Ammetto che possa anche essere stata colpa mia." Replicò la ragazza. "Ma ti avevo detto di fermarti." Aggiunse con calma.

"Oh, Amy, Amy, che cosa mi hai fatto!" Lei rideva, mentre Orlando tornava a mettersi a pancia in su, levando gli occhi al soffitto. "Ero un comune ragazzo vip, attratto da ragazze magre e piene di spigoli, e ora mi ritrovo ad affondare nel mare delle rotondità femminili!" Proclamò con tono arreso, ma col sorriso sulle labbra.

"Poverino!" Lo compianse Amy. "Vieni qui..." Gli disse, prendendolo dolcemente per un braccio. "Avrai tempo per gli spigoli, adesso affonda un altro po'..." Aggiunse con un sorriso comprensivo; lui, con occhio languido e dolce, la abbracciò di nuovo.

"Mi provochi, così..." Mormorò il ragazzo, baciandole il collo.

"Mhh, mi piace..." Rispose Amy, passandogli una mano sotto la maglietta. "Ti adoro quando fai il micione coccoloso..." Lo sentì ridere contro la sua pelle, e lei fece altrettanto, mentre si allungava per spegnere la luce.

 

Orlando entrò in cucina passandosi una mano tra i capelli; Dom era seduto a tavola, in linea d'aria proprio di fronte al nuovo arrivato, Lij era in piedi vicino al fornello. Bill, seduto accanto a Dom, lo salutò solo con la mano, perché aveva la bocca piena. Era una bella mattina di sole.

"Ahh, buongiorno." Salutò allusivo Dominic, quando vide entrare l'amico.

"Giorno a tutti." Rispose Orlando.

"E sentiamo un po'..." Continuò Dom, con aria furbetta. "...dov'è che sei stato stanotte?" Orlando gli lanciò un'occhiata sarcastica.

"Per quanto ti riguarda, la notte potrei anche averla passata sul gabinetto." Gli rispose poi, acido.

"Dai!" Sbottò l'altro, sotto gli sguardi perplessi degli altri due. "Non prendermi in giro, lo sanno tutti che tu non caghi mai!" Orlando levò gli occhi al soffitto, poi sbuffò.

"Ma si può sapere come cazzo è nata, questa leggenda metropolitana sulla mia presunta stitichezza?!" Domandò poi, posando le mani sui fianchi.

"Non è una leggenda, ma l'unica spiegazione al fatto che nella tua roulotte in Nuova Zelanda c'era sempre la carta igienica e nella mia no." Decretò Dominic.

"Ma che cazzo ne so io di cosa ci fai tu con la carta igienica!" Sbottò Orlando.

"Naaa, la verità è che tu e Viggo non cagate mai." Insisté l'amico scuotendo il capo; l'altro sospirò portandosi una mano alla fronte.

"Guarda..." Intervenne Lij, attirando l'attenzione di Orlando. "...è inutile che continui, tanto quando si mette in testa qualcosa..."

"Allora, dove hai passato la notte?" Riprese Dom.

"Madonna, che palle!" Sbottò Orlando.

"Che cos'è quello?" Domandò all'improvviso Dom; Billy ridacchiava versandosi il caffè.

"Cosa?!" Chiese Orlando spalancando gli occhi.

"Sul collo..." Indicò l'amico; lui si portò istintivamente la mano al punto incriminato. "...un succhiotto..." Orlando fece pressione con le dita, per vedere se sentiva qualcosa.

"Ti sta prendendo per il culo." Gli disse Lij divertito. "Non hai nulla." Orlando tolse la mano dal collo e si girò verso Dominic con sguardo offeso.

"Che testa di cazzo." Sibilò; l'amico scoppiò a ridere. "Ma proprio pluripremiata..."

"Abbiamo la coduzza di paglia, eh?" Lo provocò Dom; Orlando gli fece una smorfia acida.

"Rassegnati, Ob, ormai è partito." Gli consigliò Billy.

"Uhhh, come mi diverto!" Esclamò Dominic, spenzolandosi dallo schienale della sedia. "Quanto mi piace provocare, è il mio pane!" Continuò allegramente.

"Falla finita, rotto in culo." Borbottò Orlando, voltandosi verso il frigo per prendere del succo di frutta; Dom continuava a ridere.

"Buongiorno a tutti." Salutò Amy entrando; era già vestita e pettinata. I ragazzi risposero al saluto; Dom fece un sorrisino malizioso.

La ragazza si avvicinò al mobile, dove Orlando si stava versando il succo, e gli toccò un braccio per farsi vedere, lui si girò e sorrise.

"Buongiorno." Disse la ragazza.

"Buongiorno a te." Rispose lui, poi si scambiarono un lievissimo bacio sulle labbra... e rimasero bloccati, quando si accorsero di averlo fatto davanti a tutti.

"E allora! Ma vieniiii!!" Esclamò soddisfatto Dom, alzandosi in piedi e mimando gesti di giubilo; Orlando, imprecando, si girò verso il mobile e cominciò a sbattere la fronte contro lo sportello del pensile.

"Ma che succede?" Domandò ingenuamente Amy; Lij e Billy si scambiavano sguardi di trattenuta ilarità, appoggiando il mento sulle mani.

"Ma che ci posso fare se sono avanti?!" Proclamava Dom, nel frattempo, posando un piede sulla sedia.

"Odio dargli ragione..." Ringhiava Orlando nello stesso momento, sempre sbattendo la testa contro il mobile; adesso Dominic ballava e cantava il suo trionfo. "Smettila, cazzo!" Sbottò alla fine, lanciando qualcosa che prese in pieno l'amico sulla testa.

"Ahia!" Esclamò Dom, seguendo con gli occhi l'oggetto non identificato che cadeva a terra dopo averlo colpito. "Ma che cazzo mi hai tirato?!" Domandò chinandosi. "Una mela?!?!" Affermò costernato, tornando in superficie con il frutto ammaccato.

"Beh, e allora?!" Chiese Orlando, con tono di sfida.

"E' dura, cazzo!" Billy e Lij, ormai, erano stesi sul tavolo con le lacrime agl'occhi.

"Non lo sai che una mela al giorno toglie il medico di torno?" Replicò sarcastico Orlando.

"Ma vaffanculo te e il medico!" Ribatté l'altro.

"E allora..." Intervenne Amy, nel disperato tentativo di arginare un nuovo scontro tra i due ragazzi. "...quando partite?" Domandò.

"Stasera." Le rispose Billy.

"Ho un aereo per New York nel pomeriggio di domani." Spiegò Lij.

"Oh, mi dispiace che ve ne andate così presto." Si rammaricò al ragazza; ma proprio mentre pronunciava quelle parole, grazie ad una leggera spinta, si accorse che Orlando e Dominic avevano ricominciato a darsele. Amy lanciò un'occhiata rassegnata agli altri due.

"Sei proprio sicura che ti dispiaccia?" Le domandò ironico Billy; esasperata, la ragazza si girò verso i due contendenti.

"E fatela finita!" Sbottò sorridendo.

"Io? Ma dillo a lui!" Esclamò Orlando, impegnato a tenere lontano Dom spingendogli il mento. "Questo finocchio non può fare a meno di saltarmi addosso!" Aggiunse, e l'amico si fermò all'improvviso, alzando l'indice.

"Ah no, questo non lo accetto." Protestò con espressione seria. "Fino a prova contraria, sei tu quello con la reputazione di culo rotto." Orlando fece una faccia poco raccomandabile e alquanto irritata.

"Ora te lo faccio vedere io, come si rompe un culo." Minacciò poi; Amy sospirò arresa, appoggiandosi contro il mobile.

 

Un paio d'ore più tardi, i ragazzi si erano spostati al piano di sopra, a fare le valigie; tra battute, frizzi e lazzi, il lavoro procedeva in modo abbastanza tranquillo. Almeno finché Amy non si affacciò in fondo alla rampa delle scale chiamando Orlando.

"Dimmi biscottino!" Rispose allegramente il ragazzo, sporgendosi dalla ringhiera; la vide in fondo alle scale, con un'espressione enigmatica.

"Al telefono." Gli disse lei.

"Vengo subito." Ribatté Orlando, preparandosi a scendere; Amy annuì e poi si spostò, sparendo oltre il muro.

Il ragazzo rimase piuttosto perplesso, quando arrivato in fondo non la trovò da nessuna parte; forse era tornata in cucina. Fece una smorfia interrogativa poi, senza perdere il buonumore, si avvicinò al telefono ed afferrò al cornetta.

"Heylà, pronto!" Rispose sorridendo.

"Ciao Orlando..." Quella voce. "Sono Kate." Proprio lei; il viso di Orlando si tramutò all'istante in una maschera gelida.

"Ciao." Rispose freddamente.

"Come stai?" Gli chiese titubante la ragazza.

"Benissimo." Telegrafò serafico lui.

"Anch'io sto bene, e..."

"Come mi hai rintracciato?" Domandò Orlando all'improvviso, interrompendola; ci fu qualche secondo di silenzio.

"Non sapevo dove trovarti, così... ho chiamato a casa tua..." Mormorò Kate, con leggero imbarazzo.

"Mia madre ti ha dato questo numero?" Sbottò il ragazzo, alzando leggermente la voce.

"No." Si affrettò a rispondere lei. "Non era in casa, me lo ha dato tua sorella..." Appunto mentale per il ritorno a Londra: torturare ed uccidere Virginia Bloom con le mie mani.

"Perché mi stai cercando, Kate?" Si decise a chiedere Orlando.

"Ecco..." Sembrava piuttosto indecisa; lui stava perdendo la pazienza e si muoveva da un piede all'altro. "...non credo che noi due ci siamo chiariti nel modo giusto..." Orlando aggrottò le sopracciglia, fermando il movimento. "...il periodo che ho passato con te è stato forse il più bello della mia vita..." Attenzione improvvisamente risvegliata. "...tu sei un ragazzo così dolce, gentile, e sei un amante favoloso..." Piccolo gongolamento di soddisfazione, scintillina di speranza.

"Ma Kate, tutte queste cose valgono anche per me, lo sai..." Intevenne lui, dolcemente.

"Certo che lo so, Orlando, e io ti voglio bene." Replicò immediata la ragazza.

"Anch'io ti voglio bene, dolcezza." La fiammella di speranza stava prendendo vigore.

"Per questo... per questo mi dispiace per il modo in cui sono andata via l'ultima volta..." Sentiva ancora quella porta che si chiudeva alle sue spalle, ed il suo cuore che andava in frantumi, ma piccoli piccoli. "A causa di questo, devo chiederti una cosa."

"Tutto quello che vuoi." Proclamò lui, sporgendosi sul mobiletto del telefono, come se questo lo avvicinasse alla ragazza.

"Ho lasciato molte cose lì, tra cui le chiavi, ed ora non so come fare ad entrare nel tuo appartamento..." Orlando si raddrizzò lentamente, poi socchiuse gli occhi e strinse la cornetta come se volesse disintegrarla.

Ma brutta cretina, cerebrolesa, rincoglionita e deficente! Ma chiedile al portiere, esserino amebico dal cervellino liofilizzato! Ma cosa cazzo me ne frega se sei così suonata da esserti dimenticata le chiavi, forse eri troppo impegnata ad umiliarmi!? Forse ti sei giocata l'ultimo centimetro quadrato di materia grigia nello schiarimento dei capelli?! Non ci posso fare nulla, se sei STUPIDA come la tazza del gabinetto e delicata come una badilata nei reni, se nella tua preoccupazione di eclissarti prima che trovassi la forza di reagire, ti sei dimenticata perfino quel poco cervello di cui madre natura ti aveva dotata, perciò sai che devi fare? Andartene a cagare una volta per tutte, brutta stronza!!!!

Questo fu quello che il cervello di Orlando elaborò nei trenta secondi di silenzio successivi, e che lui avrebbe voluto, ma davvero voluto, dirle; invece la risposta fu un'altra.

"Puoi chiederle al signor Johnson, è lui che mi annaffia le piante..." Scandì il ragazzo con voce meccanica e con il calore di una banchisa artica.

"Grazie, sei sempre un tesoro." Rispose soddisfatta Kate. "Torni a Los Angeles?" Gli domandò poi.

"No." Affermò secco; si sentiva così gelido che il suo cervello aveva probabilmente fatto la brina, come un freezer. "Almeno, non per ora." Aggiunse poi, accorgendosi di essere stato brusco.

"Ah... bene, capisco." Ammise lei. "Allora, ci vediamo in giro." L'unico desiderio di Orlando, in quel momento, era quello che almeno uno di loro due scomparisse dalla faccia della Terra, e gli fosse fatta la grazia di non rivederla più.

"Sì, ci vediamo." Salutò glaciale.

"Un bacione, ciao." Ribatté dolcemente Kate.

Sì, baciami l'uc... non lo fa neanche tanto bene, detto tra noi... Solo in quel momento Orlando si accorse che la ragazza aveva riattaccato; posò la cornetta e tornò di sopra.

 

In camera Dom era intendo nell'ardua piegatura del suo sacco a pelo, mentre Lij era sbracato sul letto, con solo la testa e la parte alta delle spalle appoggiata al muro; Billy era di fronte a quest'ultimo, in piedi, appoggiato al cassettone. Ridevano dell'ultima battuta, ma smisero, quando entrò Orlando con una faccia indecifrabile.

"Chi era al telefono?" Gli chiese Lij, come si fa normalmente; Orlando, con l'espressività di un nano di gesso, si girò verso di lui e rispose.

"Kate." Disse, con voce incolore; Dom alzò subito la testa dal suo lavoro, sguardi allarmati volarono tra i tre amici.

"E... cosa voleva?" Si azzardò a domandare Billy, dopo qualche istante, scostandosi leggermente dal mobile; Orlando assunse un'espressione noncurante.

"Beh, quando mi ha lasciato aveva un po' fretta, e... ha dimenticato le chiavi, ora non sa come fare ad entrare in casa mia per prendere la sua roba." Spiegò, apparentemente tranquillo; la sua calma gelò gli amici, Lij e Billy si scambiarono uno sguardo perplesso.

"Ma cos'è, cretina?" Intervenne Dom, senza alzare la testa dal sacco a pelo, ed interrompendo l'imbarazzante quanto inutile silenzio che era calato; tutti lo guardarono. "Non le poteva chiedere al portiere?" Continuò, come se nulla fosse; lentamente Billy e Lij si girarono verso Orlando, che però rimase impassibile.

"Ho lasciato alcune cose di sotto, vado a prenderle." Affermò infine il ragazzo, poi si girò ed uscì dalla stanza; i tre rimasti si guardarono preoccupati.

"Uhuu..." Commentò Lij, roteando gli occhi e appoggiandosi al muro.

"Ragazzi allarme." Annunciò Billy. "Mi è entrato nella Modalità Iceberg, e lo sapete cosa succede quando fa così." Aggiunse.

"Lo so sì." Annuì Dom. "Rischiamo di fare tutti la fine del Titanic!"

"Però, io veramente non capisco." Fece Elijah, guardando nel vuoto. "Cosa le sarà preso, di chiamarlo così, per una cazzata del genere, non lo sa che sta ancora male?"

"Andiamo Lij!" Sbottò Dominic. "Lo sai che quella è una gatta morta!"

"Tu non hai mai potuto soffrire Kate, ma io non voglio dire come te." Replicò Lij. "Ho avuto modo di frequentarla, e non mi è sembrata una stupida."

"Mah, devo dare ragione a Lij." Intervenne Billy. "E' sempre stata così carina e dolce."

"Stucchevole e oca, vorrai dire!" Esclamò Dom.

"Non esagerare." Lo blandì l'amico.

"Io lo sapevo che gli spezzava il cuore." Dichiarò annuendo, poi si rivolse a Lji. "Sai che ti dico, l'inizio della fine è stato il servizio fotografico di Viggo."

"Eh, sì." Si trovò a confermare l'altro ragazzo. "Tu hai visto il libro di Viggo, Bill?"

"Me lo ha mandato e gli ho dato un'occhiata, le foto mi sono sembrate molto belle..." All'improvviso il suo viso si fece sospettoso. "Non penserete che lo abbia lasciato perché tutto il mondo può vedere il suo culo su un libro fotografico?!" Chiese allibito.

"Ma no, non hai capito un cazzo." Fece Dom scuotendo il capo. "Il fatto è che lei era gelosa." Spiegò, come se fosse ovvio.

"Gelosa? E di chi, delle fan di Orlando, forse?" Domandò stupito l'amico.

"Nah." Negò Lij, scuotendo il capo.

"E allora?" Continuò il sempre più confuso Billy. "Mica di Viggo?!" Aggiunse allarmato.

"Essu! Lo sai meglio di me, che quella storia di loro due è una minchiata!" Esclamò Dom allargando le braccia.

"Certo!" Rispose prontamente il ragazzo. "Ma per un attimo mi avete spaventato..."

"E' lui, che non s'è spiegato bene." Intervenne Elijah, indicando Dom; Billy si mise ad ascoltarlo. "Kate non era gelosa, ma invidiosa, perché Viggo ha scelto Orlando e non lei per fare quel servizio." Spiegò il ragazzo con calma.

"Ahh, ora è chiaro!" Esclamò infine Billy, incrociando le braccia e poggiandosi di nuovo contro il mobile. "Se tu, Dom, ti decidessi a parlare inglese, invece che Monaghanese..."

"Eh eh eh..." Rise acidamente l'amico. "...spiritoso..."

"Comunque..." Riprese Bill, ignorandolo e girandosi verso l'altro ragazzo. "...se è vero quello che dite, è veramente brutto, una cosa proprio da persone brutte." Concluse tristemente.

"E Orlando non se lo merita." Aggiunse Dom, mentre riusciva finalmente a chiudere la lampo della sua borsa; gli altri due non poterono fare altro che annuire.

 

Orlando era seduto sulla panca fuori della porta, con i gomiti sulle ginocchia e il mento sulle mani; guardava l'orizzonte, perso nei propri pensieri. Amy lo raggiunse, dopo averlo osservato per qualche secondo restando sulla soglia; si sedette al suo fianco, guardando anche lei verso il lago. Lui fece un sorriso appena accennato, senza guardarla, ma per farle capire che gli faceva piacere fosse lì.

"Era lei..." Mormorò la ragazza, dopo un po', timidamente. "...al telefono, prima, vero?"

"Sì." Rispose soltanto Orlando, continuando a guardare avanti.

"E com'è andata?" Osò Amy, posando la mani sul bordo della panca e sporgendosi col busto; il ragazzo sospirò.

"Non nego di aver nutrito qualche speranza." Ammise infine. "Ma ora è finita davvero."

"Era finita anche prima." Intervenne lei; la guardò. "Solo che non volevi rassegnarti." Aggiunse fissandolo negl'occhi con un sorriso dolce; lui fece una smorfia amara.

"Avrei voluto sputarle addosso il veleno di cento cobra..." Affermò Orlando, scuotendo la testa. "...invece, come al solito, mi sono trasformato in una specie di... di monolito di ghiaccio..."

"Tranquillo, è una reazione come un'altra, la rabbia si manifesta in tanti modi." Lo rassicurò Amy. "Pensa che ti è servito a capire di non essere più innamorato di lei." Fu come se quelle parole gli avessero aperto una finestra nel cervello e dato aria; sollevò il capo e la guardò, con espressione sorpresa.

"Oddio, hai ragione..." Mormorò, mentre il sorriso si allargava sulle sue labbra. "...non sono più innamorato di lei..." Aggiunse ancora incredulo.

"Lo si scopre sempre all'improvviso." Commentò tranquilla la ragazza.

"Beh, allora..." Fece Orlando, premendo le mani sulle ginocchia e tornando a guardare avanti. "...a quanto pare questo capitolo della mia vita è chiuso, non mi resta che guardare al futuro." Aggiunse ottimista.

"Direi di sì." Confermò Amy. "Del resto, solo alla morte non c'è rimedio." Affermò poi, stringendosi nelle spalle.

"Ora sarà meglio che torni di sopra." Disse il ragazzo, alzandosi; poi si girò verso di lei con un sorriso birichino. "O penseranno che mi sono buttato nel lago." Amy rise.

Orlando sbadigliò, stiracchiandosi al sole; questo fece sollevare un po' la sua camicia, e siccome aveva solo due bottoni allacciati, gli si scoprì un po' la pancia. Amy non poté fare a meno di osservare ammirata: quel triangolo di pelle esercitava un'attrazione non indifferente. Decise di esorcizzare.

"Orlando..." Chiamò la ragazza; lui si girò.

"Eh?"

"Non poteresti comprarti dei pantaloni più giusti?" Gli domandò, commentando distrattamente il suo abbigliamento.

"Perché? Questi cosa hanno che non va?" Replicò lui, osservando i calzoni tipo mimetico che indossava.

"Ti cadono?" Osservò lei, sollevando le sopracciglia ironica; Orlando sollevò la camicia, scoprendo del tutto il suo addome tatuato, e verificando la chiusura dei pantaloni. Erano grandi, in effetti, ma non credeva che gli sarebbero scesi.

"A me sembra che siano perfetti." Affermò infine, tornando a guardare lei, che si era messa in piedi; continuava a tenere su la camicia.

"Sì..." Fece Amy, avvicinandosi. "...ma solo perché ti piace mettere in mostra il tuo bel pancino!" Aggiunse divertita, toccandogli l'ombelico con l'indice; Orlando sorrise.

"C'è chi se lo può permettere..." Dichiarò infine; entrambi scoppiarono a ridere.

 

CONTINUA...

 

 

 

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Capitolo 7
*** 7 - Nuovi ponti ***


Ciao a tutti

Ciao a tutti! Prima di tutto mi voglio scusare per avervi fatto aspettare tanto per questo ultimo capitolo, il fatto è che mi era venuto una specie di blocco su questa ff, non avevo proprio idea di come concluderla; infatti, non aspettatevi un finale molto originale, questo è quello che sono riuscita a mettere insieme, dopo essermi lamentata della mia scarsità d'idee con chiunque, ma del resto questa era una storia senza molto senso fin dall'inizio, nonostante riconosca che non è venuta male.

Voglio ringraziare per i suggerimenti, diretti e indiretti, Ruby e Moon (un bacione a tutt'e due), dopo aver parlato con loro mi son cominciate a frullare alcune ideuzze ed ecco la fine. Spero di non deludere nessuno, a parte me stessa, che come sempre voglio di più. Godetevi questa bischerata, e commentate.

Saluti, e a presto con le novità ^__-

Sara

 

7. Nuovi ponti

 

"Allora, è veramente tutto a posto?" Domandò Billy, ancora leggermente preoccupato; Orlando si sistemò, appoggiandosi alla finestra.

"Ti ho detto di sì." Affermò, per l'ennesima volta; tutti e tre gli amici lo guardarono aggrottando la fronte. "Oh, ragazzi, cazzo! Smettetela di preoccuparvi!" Sbottò, sorridendo, accorgendosi delle loro facce.

"Ma tu cerca di capire anche noi." Intervenne Lij. "Cazzo, sei andato via con l'espressione vivace di un pilone di cemento!"

"Insomma, pensavamo che potevi tentare un gesto estremo." Rincarò Dominic, con espressione seria, ma sapere se era finta o vera era tutto un altro discorso.

"Cazzo, Dom..." Commentò Orlando, slacciando le braccia.

"Beh, sai, le delusioni d'amore..." Fece l'amico, sventolando una mano; l'interessato arricciò il naso.

"Hm, direi che la delusione l'ho abbastanza superata." Si sentì di precisare in seguito. "Questa la chiamerei più... una presa di coscienza."

"Ahh..." Billy annuì. "E, esattamente, di cosa ti saresti reso conto?" Gli chiese poi.

"Ecco, sì, piacerebbe saperlo anche a me." S'intromise un interessato Lij, incrociando le braccia; Orlando prese un lungo respiro, socchiudendo gli occhi.

"Ho compreso che, in realtà, io non sono più innamorato di Kate." Affermò. "Credo." Aggiunse. "Posso vivere anche senza di lei, questo sì."

"Eccolo là!" Esclamò Dom, battendo le mani. "Questo volevo sentirti dire!" Continuò entusiasta, indicando l'amico. "Il mondo è pieno di fica, e noi siamo qui per lei!" Gli altri tre lo osservarono per un momento, mentre ancheggiava in un ballo caraibico non meglio identificato.

"E' il suo imperativo morale." Dichiarò Lij.

"Sì, peccato che non gli riesca di metterlo in pratica." A questa battuta di Billy, scoppiarono tutti e tre a ridere, ma Dom li ignorò, imperterrito, intonando un motivetto che sembrava una stonata via di mezzo tra "La ragazza d’Ipanema" e "Obsession".

"Andaaaaate tutti a fareeee iiiiinnnn cuuuloooo!" Cantò il ragazzo, muovendo il bacino.

"Scusate, ragazzi." Si affacciò Amy, proprio mentre Dom si esibiva in una botta d'anca degna del miglior James Brown, corredata anche dello "Yeah!" d'ordinanza; quando la vide, perse l'equilibro e crollò sul letto, ma siccome lo spazio era corto, sbatté anche la testa contro il muro.

"Ma sei proprio un idiota..." Commentò Orlando, con le lacrime agl'occhi dal gran ridere; Amy faceva di tutto per trattenersi, ma era chiaro che faceva fatica.

"Vai a prendertelo nel culo!" Esclamò invece Dom, massaggiandosi il capo con espressione scazzata. "Mi sta crescendo una scamorza sul lobo occipitale!"

"Chissà, magari ci sta bene con la testa di cazzo che sei!" Intervenne Billy, e giù tutti a ridere.

"Siete troppo buffi, mi fate morire!" Affermò divertita Amy, dopo essersi soffiata il naso, ma aveva ancora gli occhi lucidi. "Comunque, adesso devo andare." Aggiunse poi. "Vado al lavoro, ma vengo a salutarvi alla stazione."

"Ciao." La salutarono Lij e Billy; Dom alzò solo una mano.

"A dopo." Fece invece Orlando, prendendole la mano. "E grazie." Le sussurrò all'orecchio, avvicinandosi un poco.

"Di nulla." Rispose lei sorridendo, poi gli diede un piccolo bacio sulla guancia.

La ragazza, dopo aver fatto un ultimo saluto con la mano, uscì dalla stanza; solo allora Dom si decise a parlare di nuovo.

"Ma come?!" Le gridò dietro; Amy rimise la testa dentro la porta. "A me neanche un bacino?" Domandò, con voce lamentosa.

"Ho detto che vengo alla stazione, Dom." Rispose tranquillamente lei. "Ciao!" E andò via; poco dopo la sentirono scendere le scale.

Il ragazzo sbuffò, lasciandosi cadere seduto sul letto, poi incrociò braccia e gambe; Billy, Orlando e Lij lo guardarono incuriositi.

"Ti ha rimbalzato, Dom." Fece Elijah.

"Ecco, io vorrei sapere..." Esordì lui, con la faccia scura. "...perché io mi prendo questi rimbalzi alla Michael Jordan, e a lui..." Indicò Orlando. "...anche quelle che se la tirano, gliela sbattono in faccia!" Orlando alzò le sopracciglia, e sorrise, prima con gli occhi che con le labbra. "Ci dev'essere una spiegazione scientifica."

"Dom, onestamente." Intervenne Billy. "Siamo nati per soffrire, perché vuoi aggiungere un'altra fiammella al tuo già ardente inferno personale?(*)" Il cuscino che si prese in testa pose fine alla discussione.

 

Orlando salutò zia Clara dopo pranzo; la donna se lo sbaciucchiò per bene, e versò anche una lacrimuccia, raccomandandosi che il nipote tornasse presto a trovarla. Lo sguardo poco convinto del ragazzo, persuase i suoi amici che il ritorno in Scozia non sarebbe stato così ravvicinato.

Nonostante tutto, quando Orlando stava uscendo con i bagagli, non poté fare a meno di lanciare alla cameretta un'occhiata nostalgica; sorrise, comunque, chiudendosi la porta alle spalle.

Il furgoncino traballante di Clara, s'incamminò lungo il sentiero sterrato; alla guida c'era Billy, erano rimasti d'accordo con Amy che lo avrebbe recuperato lei dal parcheggio della stazione. Orlando guardava fuori dal finestrino aperto: le colline verdi, le macchie d'erica, il cielo grigio-azzurro con le nuvole grigie e lente, come le pigre pecore al pascolo. In lontananza abbaiava un cane.

Sorrise. Erano state due belle settimane, in fondo; non era andata poi così male, c'erano varie prospettive, da cui si poteva guardare quella storia. Vabbene, Kate lo aveva lasciato, ma era negativo questo? All'inizio sì, era stato veramente di merda, ma quando l'aveva sentita, così tranquilla, quasi soddisfatta, si era reso conto che forse non si meritava che lui soffrisse tanto. Non le avrebbe mai detto quelle cose che aveva pensato, perché in fondo le aveva voluto bene, davvero, non poteva compromettere i bei ricordi con uno sfogo dettato dalla rabbia del momento.

Il paesaggio della Scozia scorreva intorno a lui, con sprazzi di sole tra le nubi, che disegnavano pozze di luce chiara sulla costa di una collina, o sul tetto di una casa lontana; il motore del furgone copriva il rumore del mondo.

Orlando si voltò verso l'interno del veicolo e guardò i suoi amici: Billy era concentrato alla guida, effettuò un cambio un po' arduo, vista la rumorosa frizione del mezzo, Lij, seduto alla sinistra del guidatore, guardava fuori, mentre Dom, dietro accanto a lui, si grattava la testa. Sbadigliarono insieme, Orlando ridacchiò piano.

Era fortunato, ad avere amici così, che si erano fatti quel viaggio di merda solo per stargli vicino in un momento un po' difficile; non li aveva nemmeno ringraziati, doveva farlo. Abbassò gli occhi e guardò il tatuaggio sul suo polso, che non rappresentava soltanto l'aver fatto parte di un grande progetto, ma anche la nascita di legami forti, che lui sperava sarebbero durati a lungo, nonostante gli impegni, le distanze e le scelte diverse che ognuno di loro avrebbe fatto. Rialzò il capo.

"Ragazzi." Li chiamò.

"Eh?!" Fecero in coro; Dom e Lij lo guardarono, mentre Billy preferì continuare a stare attento alla strada.

"Grazie." Disse Orlando; ci fu un attimo di silenzio.

"Di nulla." Rispose infine Lij.

"Non c'è di che." Rincarò Dom un attimo dopo.

"Questa cazzo di frizione!" Imprecò invece Bill; lo guardarono. "Ah, prego, Ob." Aggiunse poi; tutti e quattro scoppiarono a ridere.

 

Sotto la pensilina della stazione, mentre i ragazzi stavo discutendo se a Glasgow convenisse prendere l'aereo o prenotare un vagon-lits fino a Londra, li raggiunse Amy; Orlando, il meno interessato alla discussione, fu il primo ad accorgersi di lei. Le andò incontro sorridendo.

"Oh, ma che onore!" Esclamò il ragazzo, fermandosi davanti a lei; in quel momento la videro anche gli altri. "Non ti avevo mai vista in divisa!" Amy sorrise, togliendosi il berretto.

"Beh, la metto al comando." Rispose poi, aggiustando la cravatta.

"Wow!" Fece Dom, arrivando accanto a loro. "Polizia veterinaria?" Aggiunse perplesso, osservando il suo distintivo. "E cosa fate?"

"Arrestano gli animali come te." Affermò Billy, fermo al suo fianco; Dom gli rivolse un sorrisino acido.

"Attento Dom, la nostra Amy è un pubblico ufficiale..." Dichiarò divertito Lij; lui lo guardò male, ma lei non se ne accorse, perché Orlando l'aveva presa per mano e portata dove l'ombra della pensilina lasciava posto al sole.

"Sta arrivando il treno." Disse il ragazzo; infatti, in lontananza, si stava avvicinando la motrice.

"E' ora di partire, sei pronto?" Gli domandò dolcemente lei.

"Sì." Annuì Orlando. "Prometto che verrò a trovarti." Amy fece un'espressione scettica. "Ti chiamerò." Garantì allora lui.

"Orlando, non promettere cose che poi non farai." Ribatté la ragazza, tranquilla; l'attore alzò gli occhi la cielo.

"Oh, vabbene..." Sbuffò rassegnato. "Comunque, ho lasciato il mio numero sulla rubrica di zia Clara, e poi... tornerò a vivere a Londra, così... se ti capita di scendere giù..." Si sorrisero. "...magari puoi venire a trovarmi tu."

"Potrei anche farlo." Affermò lei.

"E se le circostanze saranno diverse..." Si scambiarono un'occhiata maliziosa e divertita.

"Se saranno diverse..." Orlando era come in attesa. "...staremo a vedere." Il ragazzo sorrise con sincerità.

"Ancora grazie di tutto, Amy." Le disse poi, con dolcezza.

"E' stato un vero piacere, Orlando." Rispose lei abbracciandolo; si scambiarono un bacio abbastanza profondo, mentre arrivava il treno.

"Bacia anche me! Bacia anche me!" Supplicò melodrammatico Dominic, raggiungendoli, insieme agl'altri.

Amy sbuffò, allungando una mano; afferrò la maglietta di Dom e lo tirò verso di se, schioccandogli un bacio sulle labbra, sotto lo sguardo molto divertito degli altri tre.

I ragazzi salirono sul treno, dopo gli ultimi saluti ad Amy, e si sistemarono in uno scompartimento tranquillo; Orlando tirò giù il finestrino, e vide che la ragazza era già lì. Le sorrise, strizzandole l'occhio, lei ricambiò con uno dei suoi sfolgoranti sorrisi.

Pochi attimi dopo il convoglio si rimise in moto; la ragazza alzò un mano, muovendo le dita in segno di saluto, altrettanto fece Orlando, mentre il treno si staccava lentamente dalla banchina. Forse non l'avrebbe vista mai più, o chissà, magari sì, questo sarebbe stato bello, ma lui sentiva che l'importante era averla conosciuta. Il ragazzo chiuse il finestrino e si sedette, con un sorridente sospiro.

 

Erano in viaggio da circa un'ora, il treno non era molto affollato, in quello scompartimento c'erano solo loro; al momento solo Lij e Orlando erano seduti, perché Dom e Billy erano andati nella carrozza ristorante a prendere qualcosa da bere per tutti.

"Che cosa hai intenzione di fare con l'appartamento di Los Angeles?" Domandò Elwood, distraendo l'amico dall'osservare il paesaggio che correva fuori dal finestrino.

"Mah..." Fece Orlando, girandosi. "...credo che lo terrò, il mattone è sempre un investimento." Dichiarò, muovendo pigramente una mano.

"In fondo in California ci capiti, almeno un paio di volte l'anno." Gli ricordò l'altro.

"Eggià." Confermò annuendo. "Cambierò l'arredamento..." Aggiunse distrattamente. "...mi compro un bel baldacchino in stile napoleonico..." I due ragazzi si scambiarono uno sguardo sorpreso e divertito, poi scoppiarono a ridere. "Ho detto una cazzata!" Esclamò Orlando.

"Guarda, non ti ci vedo proprio!" Rincarò Lij, tra le risate. "Ma non ti preoccupare delle cazzate, di quelle ne dici tante!"

Dom e Billy rientravano in quel momento; portavano due bicchieri di carta per uno, e stavano discutendo.

"Cazzo, ma io non ci vengo più in giro con te!" Protestava Bill, mentre apriva la porta scorrevole dello scompartimento col piede.

"Oh, ma che accidente vuoi?!" Ribatté Dominic.

"Scusa, ma c'era bisogno di discuterci?" Domandò l'amico girandosi verso di lui; gli altri due li osservavano incuriositi. "Non avevi visto che ci voleva il numeretto?"

"Scusa, ma che cazzo ne so io? So una sega che non conta la fila, ma il numeretto!" Replicò Dom. "E poi, permetti, quella era proprio una stronza." Aggiunse, mentre andavano a sedersi accanto a gli amici e gli porgevano i loro caffè.

"Sarà stata anche la regina delle stronze, comunque io, di queste figure di melma, ne faccio volentieri a meno." Affermò Billy, togliendo il cappuccio al suo bicchiere.

"Se non insisteva, io facevo anche a meno d'incaponirmi." Sbottò Dominic, precipitando a fianco di Orlando, che si scostò per non prendere il caffè addosso.

"La verità è che ti piace fare la testolina di cazzo." Proclamò Bill, tutti annuirono, mentre l'interessato negava. "Questa, come figura di merda, è a livello di quella del brufolo in ascensore..."

"Il brufolo in ascensore?!" Intervenne Lij, alzando all'improvviso gli occhi dal bicchiere di carta e guardando Billy, che era seduto accanto a lui.

"Questa la voglio proprio sapere." Intervenne Orlando, accomodandosi sul sedile.

"Che c'è?" Chiese infastidito Dominic. "Non vi è mai capitato di schiacciarvi un brufolo in un ascensore?"

"Mai." Negò con forza Lij.

"Mi spiace." Disse Orlando. "Non ne ho mai avuto uno." Si vantò poi, carezzandosi una guancia. "Questo è il vantaggio di possedere una pelle liscia e morbida come il culo di un bambino..." Dom lo guardava con espressione acida.

"Ma nemmeno un pelo incarnito?" L'amico negò. "Ci sono dei momenti che, guarda... io ti schifo proprio!" Dichiarò poi, imbronciandosi.

"E poi ti domandi come mai a lui non lo rimbalzano..." Commentò Lij.

"Secondo me, ci prende per il culo tutti quanti." Ipotizzò Billy, sorseggiando il suo caffè; Dom guardò Orlando di sottecchi, insospettito.

"Ad ogni modo..." Svicolò l'interessato, facendo finta di non accorgersi dell'occhiata. "...questa storia dell'ascensore?"

"Il ragazzo glissa..." Fece Lij rivolto a Billy.

"Eccome no..." Rispose lui con un sorrisino furbo.

"Dai!" Sbottò Orlando.

"Poi ci torniamo su questo argomento, però." Volle precisare Dom, annuendo.

"Ok, vabbene." L'interruppe Billy, cominciando il racconto. "E' successo l'anno scorso, quando eravamo a Los Angeles per la presentazione de Il ritorno del re." Dominic confermò. "Stavamo in quell'albergo stupendo, noi avevamo le camere una roba tipo al ventesimo piano." Gli altri fecero cenno che ricordavano, così andò avanti. "Insomma, scopriamo che sull'ascensore c'è questo enorme specchio, su tutta la parete di fondo..."

"Ihihihihih!" Ridacchio Dom, al solo ricordo.

"Lui..." Indicò l'amico. "...comincia a rimirarsi, come sempre, e si trova questo brufolo sul mento."

"Decido di schiacciarlo, e Bill tenta di dissuadermi." Intervenne Dominic.

"Impresa inutile, immagino." Affermò Orlando, rivolto a Billy.

"Che ne dici?" Replicò l'interpellato. "Beh, a quel punto Dom lo schiaccia, solo che il genio qui presente non aveva considerato che, il visibile, era solo una minima parte di ciò che conteneva il suo poro..." Occhiata di rimprovero all'amico.

"E' stato così che ho schizzato lo specchio da parte a parte con la mia materia grassa!" Raccontò Dom con una certa soddisfazione.

"Cazzo, che schifo!" Commentò Lij.

"E non è finita Elwood." Si lamentò Billy.

"Oddio, che altro è successo..." Mormorò Orlando.

"Ehehehe, la parte migliore!" Esclamò Dom.

"Io ero parecchio a disagio, ma lui comincia a dire che tanto siamo già al quinto piano, chi vuoi che se ne accorga, e tutti i suoi vaneggiamenti." Riprese Bill. "Fatto sta che, al terzo piano, l'ascensore si ferma e entra una tipa."

"Non ci posso credere..." Fece Lij, trattenendo le risate; allo stesso modo stava Orlando.

"Vedessi, sembrava Julia Roberts dopo la cura di Pretty Woman, aveva pure il cappello!" Affermò contento Dom, ancora orgoglioso della sua figura di merda.

"Noi due cominciamo a fare gli gnorri, Dom si teneva una mano sul mento!" Continuò Billy, ridendo. "La donna guarda lo specchio, guarda noi, poi si gira schifatissima!" Adesso ridevano tutti quanti.

"In più eravamo vestiti come due perfetti imbecilli!" Rincarò Dominic. "Indossavamo le magliette della promozione del film, lui quella di Frodo e io quella di Arwen, avrà pensato che eravamo due di quei rincoglioniti che avevano piantato le tendine davanti al Teatro Cinese!"

"Sul rincoglionito non era andata poi tanto di fuori." Precisò Billy.

"Voi due, avete veramente la faccia come il culo!" Commentò Orlando.

Quando arrivò il controllore li trovò che ridevano come pazzi, i giovani d'oggi erano proprio strani.

 

Arrivarono a Glasgow nel tardo pomeriggio. Dominic dichiarò che la notte passata con lui in un vagone letto sarebbe stata memorabile; obiettando che era proprio questo a preoccuparli, gli altri tre si diressero all'aeroporto. Il ragazzo protestò vibratamente, ma non ci fu nulla da fare, era stato messo in schiacciante minoranza.

Mentre l'aereo si staccava da terra, Orlando diede un ultimo sguardo al panorama scozzese; aveva già un po' di nostalgia delle Highlands, ma gli mancava anche la sua vita e il suo lavoro. C'erano molte cose da fare ora; si chiese se non fosse il caso di mettersi a cercare casa prima di partire per il nuovo film, oppure se era meglio farlo dopo, con calma. Doveva comunque tornare a Los Angeles, la maggior parte della sua roba era lì, aveva con se solo pochi cambi. Il pensiero d'incontrare Kate gli dava ancora parecchio fastidio, ma ci avrebbe pensato solo nel caso fosse successo, ora voleva solo cacciarla nell'angolino più profondo del suo cervello.

Decise che la cosa migliore era pensare a tutto dopo il film, altrimenti non sarebbe riuscito a concentrarsi, e lui ci teneva a fare sempre un buon lavoro; per ora c'era casa di mamma, pronta ad accoglierlo, per qualche giorno almeno avrebbe fatto la vita del bambino coccolato, cosa che non gli dispiaceva per nulla.

Durante il viaggio, i ragazzi parlarono molto, anche di cose serie, ogni tanto gli riusciva; Orlando si scusò per i disagi, ma loro ribatterono che non erano stati poi così gravi. Lui li ringraziò ancora, e loro dissero che non era niente, che in fondo gli aveva fatto piacere quella vacanza diversa. E allora Orlando sorrise, perché si rese conto, ancora una volta, di avere davvero dei buoni amici.

Il cielo era coperto, non si vedevano le luci di Londra nella notte, ma sapevano che ormai erano quasi arrivati; decisero di farsi una bevuta d'addio, visto che il giorno dopo sia Lij che Billy sarebbero partiti.

 

Prese coscienza lentamente, sul ronzare loffio di una sveglia; la stanza era buia, e non era quella della fattoria, troppo larga. Appena gli occhi riuscirono a mettere qualcosa a fuoco, si rese conto che sulla parete di fondo era appesa la locandina de "La notte del cacciatore" (*). Questa è camera mia... Realizzò Orlando. Si guardò ancora un po' intorno, mentre la sveglia continuava a ronzare.

"Madonna, che palle..." Biascicò il ragazzo, cercando a tastoni l'infernale oggetto; la prese in mano e la guardò, non ricordava di avere una sveglia a forma di mucca...

Orlando si alzò dal letto con l'agilità di un bradipo, aveva un orrendo sapore in bocca, forse si era preso una sbronza? Non lo ricordava, e questo era segno che sì, se l'era presa. Inciampò nelle proprie scarpe, abbandonate per terra; infilò una mano sotto la maglietta, massaggiandosi l'addome.

Scese al piano di sotto, cercando di non cadere per le scale; non ricordava che quella casa fosse tanto luminosa, ma forse era lui eccessivamente fotosensibile quella mattina.

"Mamma..." Chiamò, appena entrato in cucina; la donna si girò sorridendo.

"Buongiorno gioia!" Lo salutò, dandogli un bacio sulla guancia. "Sei rientrato tardi, ieri sera." Aggiunse.

"Mi sa di sì." Rispose Orlando, massaggiandosi la nuca.

"Tranquillo, dovevi salutare i tuoi amici." Lo giustificò la madre. "Che cos'è quello?" Domandò poi, alzando gli occhi sulla fronte del figlio.

"Cosa?!" Chiese allarmato Orlando, spalancando gli occhi.

"Ma no..." Cercò di rimediare la donna. "...quasi non si vede..." Il ragazzo, però, con la paranoia dipinta in faccia, scappò correndo verso il bagno.

"Ma che sei uscita di testa?" Le fece Giny, che era seduta a fare colazione. "Gli fai notare un brufolo? Lo sai che va nei pazzi..." La madre la guardò con espressione innocente.

"Però è bello, tuo fratello, vero?" Le chiese.

"Ehh, bellissimo!" Commentò acida la ragazza, mordendo il suo pane tostato.

"Oddio..." Mormorava, nel frattempo, Orlando davanti allo specchio. "Omioddio, è grosso come la testa di un bonzo tibetano!" Imprecò a voce alta. "Dov'è la mia valigia?!" Chiese con urgenza, uscendo velocemente nel corridoio. "Lo stick astringente l'ho lasciato lì!"

"Orlando, ma non ti ricordi un cazzo." Affermò Giny, appoggiandosi allo stipite della porta del soggiorno. "Ieri sera ci hai telefonato, incazzato come una biscia, dicendo che avevano smarrito la tua valigia all'aeroporto." Continuò. "A quest'ora sarà a Vladivostok." Aggiunse con un sorrisino maligno.

"Ma puttanissima di quella troia!" Esclamò lui, voltandosi, cosa che non avrebbe mai dovuto fare, perché si trovò danti la faccia molto sorridente di Dominic.

"Ahahh..." Fece l'amico, con aria troppo soddisfatta. "...vedo che ti è spuntato un fiorellino sulla fronte..." Orlando roteò gli occhi, mentre Giny ridacchiava.

"Tu che cazzo ci fai qui?" Gli domandò poi.

"Oh, ma che minchia ti sei bevuto, ieri sera?" Ribatté Dom, incrociando le braccia. "Mi hai invitato tu."

"Oh, merda..." Mormorò Orlando chinando il capo; la sorella gli si avvicinò, posando un braccio sulla sua spalla, lui la guardò.

"Bentornato nel mondo civile, fratellino." Gli disse lei, poi gli diede un bacio sulla guancia, allontanandosi subito dopo.

"Se questa è la civiltà, siamo lontano dal paradiso, preferivo essere inseguito dai tacchini nelle Highlands!" Esclamò rientrando nel bagno e chiudendosi la porta alle spalle; Dom e Giny si diedero il cinque, ridendo soddisfatti.

 

 

E su quella porta del bagno apparve la scritta:

THE END

 

 

NOTE:

(*) questa battuta appartiene a Luciana Littizzetto, con cui mi scuso per l'indebita appropriazione, e che ringrazio, perché quel bel donnino è proprio un mito, ed il suo "Sola come un gambo di sedano" una vera bibbia.

(*) ho preferito tradurre letteralmente il titolo originale del film "The night of the hunter" (film di Charles Laughton del 1955) che usare lo storpiato titolo italiano "La morte corre sul fiume".

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