Il lato più segreto.

di soul_in the night
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** La scelta. ***
Capitolo 3: *** E dopo la decisione... ***
Capitolo 4: *** Compagni d'armi. ***
Capitolo 5: *** Dunchester. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Che cosa doveva fare adesso? Continuava a chiederselo eppure non trovava risposta. Non aveva più niente: nè casa nè famiglia, nè obiettivi nè vendetta. Non aveva più nemmeno un nome, perchè quello con cui tutti lo conoscevano non gli apparteneva veramente

Ovunque si voltasse a considerare la sua vita passata si sentiva schiacciato solo dal peso delle sue menzogne e della sua colpa e se rivolgeva lo sguardo al futuro gli appariva una distesa di nebbia vuota, senza prospettive nè vie d'uscita.

Forse erano la stanchezza e la disperazione a rendere i suoi pensieri così confusi e difficili. Forse aveva solo bisogno di tregua per recuperare le forze. Ian però continuava a chiedersi se non sarebbe stato mille volte meglio morire insieme al Falco d'argento.

-Ascolta- lo distrasse Martewall, riprendendo la parola per primo. -Per quello che può valere, a Dunchester ci sarà sempre bisogno di cavalieri validi e fidati -

-Non lo so Geoffrey. Davvero non lo so. In questo momento non so cosa pensare, ho solo voglia di farla finita una volta per tutte, di smettere di soffrire. A volte credo che sarebbe stato meglio se io non fossi mai arrivato in Francia. Di sicuro sarebbe stato più facile per tutti.- -Allora vieni in Inghilterra, lì potrai ricominciare daccapo e non dovrai rinunciare agli speroni.- Martewall voleva davvero che l'amico smettesse di torturarsi l'animo da solo, ma non l'avrebbe mai dato a vedere. La sua maschera di gesso non si sarebbe incrinata nemmeno quella volta. -Ci penserò. Lasciami questa notte per rifletterci su, domani mattina avrai la mia risposta.- Detto questo si alzò e se ne andò, lasciando il barone solo con i suoi pensieri. Ho fatto la cosa giusta, l'unica che avrei potuto fare. L'ora di ripagare il mio debito è giunta.

 

L'angolo dell'autrice.

Beh, spero di avervi incuriosito almeno un po'. Non pretendo che vi piaccia, perchè so di non essere poi così brava a scrivere, ma quest'idea mi ronzava in testa da tempo e volevo provare a realizzarla. Ho già iniziato una raccolta e prometto che terminerò anche quella, ma non si può negare alla fantasia di fare il suo corso. Se vi piacerà continuerò a scrivere, altrimenti continuerò lo stesso, perchè io amo scrivere e amo questa saga e credo profondamente che una passione vada coltivata nonostante il giudizio degli altri. In ogni caso spero che vogliate esprimermi la vostra opinione e aggiungo che le critiche costruttive sono sempre ben accette. Naturalmente il pezzo scritto in corsivo è tratto da Hyperversum, il Cavaliere del tempo, di Cecilia Randall.

 

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Capitolo 2
*** La scelta. ***


Ian pensava.

Solo.

Sfinito.

Non era rimasto sorpreso dalla proposta fattagli dall'inglese poco prima, poichè ne aveva già sentite tante simili in quei giorni. Semplicemente era stupito dal fatto che fosse l'unica su cui stava realmente riflettendo. Prima di quel momento, mai aveva pensato di andare in Inghilterra, preso com'era dall'amore per la Francia, ma ora che quella che lui considerava sua patria l'aveva rifiutato e abbandonato in balia degli eventi, poteva prendere seriamente in considerazione l'ipotesi. Si sarebbe lasciato tutto alle spalle: suo fratello, la sua casa, i suoi amici. La mia famiglia, aggiunse poi, profondamente addolorato. L'idea di perdere Isabeau e Marc, oltre a Michel non ancora nato, lo feriva nel profondo, gli faceva sentire un vuoto incolmabile al posto del cuore, straziato e masticato dagli artigli di un mostro come il destino. Se fosse rimasto in Francia, il dolore sarebbe certamente penetrato sempre di più dentro di lui, fino a ridurlo all'ombra di se stesso, portandolo a perdersi nel mare di sofferenza che lo assaliva. Tutto ciò sarebbe successo comunque in Inghilterra, ma forse la vicinanza di un amico così simile a lui o la certezza che la Manica lo divideva dall'origine del suo dolore avrebbero contribuito a tenerlo vivo. In cuor suo sapeva che l'inglese, pur rispettando la sua tristezza infinita, non gli avrebbe mai permesso di arrendersi al fato. -Cosa farai adesso?- chiese la voce di Daniel, non potendo più sopportare il silenzio dell'amico. Ian interruppe i suoi pensieri per rispondere all'altro americano - Credo sia più facile dire cosa non farò- sospirò. Subito dopo riprese a parlare - Non posso rimanere in Francia: la sofferenza sarebbe troppa e così il desiderio di tornare da Isabeau. Ma non tornerò nemmeno in un mondo che non mi appartiene più. Non potrò mai tornare a condurre un'esistenza normale, non dopo tutto ciò che è successo. Quindi non mi rimane che un'opzione.- Tacque e si fermò a osservare la faccia di Daniel, che comprese quasi subito cosa voleva far intendere l'amico. -Non vorrai dire...? In Inghilterra? Davvero?- Non riuscì a non risultare sorpreso. Inoltre faticava ancora a fidarsi di Martewall, nonostante l'inglese avesse dimostrato più volte di tenere veramente a Ian. -Sì. Geoffrey me l'ha proposto poco fa e io credo che accetterò. Lì non ho un passato che possa farmi soffrire e forse potrei costruirmi un futuro. Almeno come cavaliere. - Daniel non fu contento della risposta, ma era la scelta dell'amico e lui l'avrebbe accettata. Non era quello il momento di intromettersi nella vita di Ian. Accennò un sorriso triste. -Mi mancherai. -Anche tu. Ma possiamo sempre vederci. Dobbiamo solo decidere dove incontrarci. Facciamo tra sei mesi. Potresti apparire nel bosco tra il porto e il castello, io farò finta di passare da lì e incontrarti per caso. Non deve per forza cambiare anche questo.- Guardò l'amico, che annuì poco convinto. I due americani si strinsero in un abbraccio fraterno, promettendo che niente avrebbe potuto separarli. Prima di cadere in un sonno tormentato Ian pensò: ti prego, fa che abbia fatto la scelta giusta.

Ecco il primo vero capitolo di questa fan fiction sulla mia saga preferita. Cose c'è da dire? Niente separerà mai Ian e Daniel, i due amici storici. Spero davvero che possa piacervi, ma sappiate che accetto sempre i consigli, purchè non siano maleducati. A presto, Soul.

 

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Capitolo 3
*** E dopo la decisione... ***


Premetto che questo capitolo sarà piuttosto breve, poichè sono talmente carica di impegni da non avere quasi tempo per accendere il computer, figuriamoci poi scrivere un capitolo denso. Spero che vi piaccia. Intanto ringrazio Fata Blu per la recensione.

Aveva passato la notte insonne, scosso da incubi che non volevano lasciargli tregua. Continuava a rivedere nella sua testa la spada di Guillaume puntata alla gola, l'espressione terrorizzata sul volto angelico di Isabeau. Il dolore gli lacerava l'anima, la straziava. L'unico raggio di luce in quella gabbia d'oscurità era la decisione che era maturata nella notte. Non aveva più bisogno di pensarci, ormai era fatta. Non doveva fare altro che alzarsi e cercare di dimenticare, per quanto possibile, tutto ciò che l'aveva fatto soffrire. Non pensate male, non era pazzo, sapeva perfettamente che il ricordo della donna amata, della famiglia che aveva abbandonato l'avrebbe tormentato per l'eternità, ma doveva provare. Ne aveva bisogno.

Così si alzò, sgranchendosi le membra irrigidite dal sonno e dal freddo della notte. Indossò il mantello e si diresse verso il campo dove avrebbe trovato l'inglese.

Martewall era già sveglio e stava dando l'ordine di preparare gli uomini per il ritorno in patria. Sempre mattiniero. Mi chiedo se riuscirò mai a sorprenderlo addormentato. Pensò tra sè e sè l'americano con un sorriso. Promise a se stesso che avrebbe tentato.

-Geoffrey- Il barone si voltò verso di lui per nulla sorpreso: doveva averlo sentito arrivare.

-Hai preso una decisione?- Chiese l'inglese a bruciapelo.

-Sì, l'ho presa. Non è stato facile, ci ho pensato tutta la notte. Per me non è facile lasciare così casa mia, ma so che Dunchester sarebbe il posto migliore per dimenticare. Quindi accetto, ma a una condizione...

-Ovvero?- Martewall tentava di fingersi disinteressato, ma in realtà desiderava sentire la risposta dell'amico.

-Mi devi promettere che mi darai la possibilità di ricambiare il favore.

L'inglese non rimase sorpreso dalla risposta. Immaginava che l'amico non avrebbe accettato quella proposta senza fare qualcosa in cambio. Oramai lo conosceva.

-Non è necessario.

-Sì, invece ed è inutile che insisti, perchè tanto sai che non mi puoi convincere.

Era vero, lo sapeva. Il barone smise di combattere quella battaglia persa in partenza con quel suo amico testardo. Dovette ammettere che, se lui era perfettamente in grado di sconfiggerlo in un confronto alla spada, non sarebbe mai stato capace di vincere una battaglia a parole con quell'uomo. Accennò un sorriso.

-Partiremo presto, va a prepararti.- Gli disse con la consueta asciuttezza e si diresse verso i cavalli legati a un albero.

L'americano andò nella direzione opposta, pensando a come raccontare ai francesi della decisione presa.

Beh, onestamente credevo mi sarebbe venuto più corto. Comunque volevo chiedere una cosa riguardo alla mia altra ff: in the mind of the lion. Vorrei continuarla, ma sono a secco di idee, quindi se avete qualche suggerimento o qualche richiesta vedrò quello che posso fare. Al prossimo capitolo, Soul. 

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Capitolo 4
*** Compagni d'armi. ***


-Cosaa?! Scusami Jean, credo di non aver capito bene. Hai forse detto che vuoi andare in Inghilterra?!

-No Etienne hai capito bene. Ascoltami, so che adesso non riesci a capire la mia scelta, ma io ci ho pensato a lungo e ho capito che è la cosa migliore da fare. Non c’è altro modo per… non pensare continuamente a quello che ho perso.

Chiaramente il cadetto Sancerre aveva intenzione di ribattere, ma colse il tono serio dell’amico e rimase in silenzio. La stessa cosa fecero gli altri conti e Daniel. A nessuno andava davvero a genio la scelta di Ian, ma gli erano affezionati e solo questo impediva loro di tentare di fargli cambiare idea. Se è la cosa migliore per lui allora… questo pensiero passava per la testa di tutti, ma solo Henry de Bar lo espresse a voce.

-Jean, sai benissimo che ci mancherai e che vorremmo tutti che tu rimanessi in Francia, ma se tu credi che sia la scelta migliore allora… per noi va bene e ti appoggiamo completamente.- Ian rimase stupito dalla sincerità e soprattutto dall’emozione con la quale l’impassibile De Bar aveva pronunciato quella frase. Nei suoi occhi si dipinse uno sguardo denso di gratitudine per i compagni d’armi che lo avevano sempre aiutato.

-Allora… quando partirai?- chiese Daniel esitante –E quando ti rivedremo?- Aggiunse Sancerre impaziente.

-Beh, non so esattamente quando potremmo vederci, ma di sicuro succederà. Ho conosciuto in tutti voi dei cavalieri coraggiosi e leali e degli amici straordinari. Vi devo ringraziare per tutto quello che avete fatto per me, davvero.

-Davvero commovente, ma non hai risposto alla domanda di sir Daniel.

Nonostante la spavalderia ostentata, Etienne de Sancerre era davvero commosso dalla frase pronunciata dall’amico e non riuscì a trattenersi dallo stringerlo per un attimo in un cameratesco abbraccio.

-Subito. Non appena sarà tutto pronto. C’è una cosa che vorrei chiedervi: io non posso più tornare nei feudi di mio fratello, vi sarei grato se informaste mia moglie sulla mia destinazione.

-E se… Se volesse in qualche modo raggiungerti?- chiese il giovane Henry. In realtà era ciò che Ian sperava e allo stesso tempo temeva: desiderava con tutto il cuore che la sua amata la raggiungesse eppure sapeva che il posto di Isabeau e dei suoi figli era la Francia, Chatel-Argent.

-Non… non lo so. Non riesco a pensarci, non adesso.

Un ombra silenziosa si stagliò sulla porta. Ian si voltò e vide Martewall che gli fece un cenno con la testa.

-Se vuoi siamo pronti a partire. Ci vorrà qualche ora per arrivare al porto.

-Arrivo subito.

-Non abbiamo fretta.- E se ne andò, lasciando Ian col duro compito di dire addio ai suoi amici.

Ian lo ringraziò mentalmente e si preparò ad un saluto per niente facile.

-Mi mancherete, mi mancherete tanto, ma so che ci rivedremo…- Fece per continuare, ma fu interrotto dall’esuberante Sancerre:- Ovvio che ci rivedremo, figurati se proprio questo è il nostro addio! E sai che altro ti dico?! Ci rivedremo tra pochissimo tempo.

Tutti risero per quella frase detta di getto, ma nessuna risata veniva dal cuore. Erano lì, cinque cavalieri intenti a dirsi addio, senza che nessuno di loro riuscisse a trovare una frase adeguata al momento. Quattro conti che non conoscevano il modo per uscire da quella situazione scomoda a tutti. Neanche il giorno della battaglia di Bouvines era stata tanto forte la paura di non ritrovarsi.

-Messieurs, Etienne ha ragione. Tra pochissimo tempo saremo di nuovo assieme, in Inghilterra o in Francia.

-Certo, pur di rivederti saremmo pure disposti a imparare l'inglese.

Ian rise e sorrise al pensiero di tanto affetto da parte dei suoi amici. Iniziò a dirigersi verso la porta ma si voltò e rispose.

-A presto. E ricordatevi che noi siamo sempre compagni d'armi.

Poi uscì dalla torre diroccata, seguito da Daniel che lo fermò per poterlo salutare in privato. -Mi mancherai tanto Ian. Spero che per noi due valga la stessa cosa che hai detto ai tuoi amici.

-Certo. Pensa, sarà anche più facile vederci, basta che ci organizziamo bene. Sei mesi però sono troppi. Potremmo fare tre. In fondo, il viaggio dalla tua isola all'Inghilterra potrebbe anche essere più breve. E comunque ricorda che noi non siamo amici... noi siamo fratelli!

-A presto allora fratellone.

-A prestissimo.

Ian si voltò e montò sul cavallo che Martewall gli aveva fatto preparare. L'inglese lo affiancò in un secondo. -Sei pronto?- gli chiese. -Per niente. Andiamo?- L'ombra di un sorriso si affacciò sul viso del barone, ma venne subito offuscato dalla preoccupazione per l'amico, il cui volto era pallido e smagrito, attraversato da un denso velo di paura, solitudine e dolore.

-Non sei solo, ricordatelo. Guardali-disse l'inglese accennando agli altri cavalieri- Sono qui, ti stanno salutando con dei sorrisi forse non del tutto tirati nonostante per loro la tua scelta sia più che incomprensibile. Sono pronti a sostenerti sempre e comunque- e lo sono anch'io- non dimenticarlo.

Ian intuì la frase non detta dall'amico e sarebbe stato pronto a rispondergli se Martewall non si fosse allontanato per mettersi alla guida del drappello che cominciava a muoversi. L'americano si voltò un'ultima volta a salutare i suoi amici e lo raggiunse, almeno un po' rinucorato dal pensiero di non aver perso proprio tutto.

                                                                                                                 **********

Il rumore delle onde che si schiantavano contro li scogli risvegliò Ian dai pensieri che si erano fatti strada nella sua testa durante il viaggio. Come predetto dall'inglese, non ci volle molto per arrivare in vista del porto. Due grandi navi aspettavano i cavalieri, facendo mostra sui rispettivi pennoni di due bandiere: una con il leone inglese e l'altra con i gigli francesi.

Ian e Martewall furono gli ultimi a salire. Aspettarono che armi e soldati della principessa Bianca fossero a bordo e infine li raggiunsero. Martewall aveva dato ordine in anticipo di far preparare una cabina per il viaggio in più per Ian, ma l'americano non aveva voglia di riposarsi. Quando l'imbarcazione salpò, lui era lì, sul ponte a salutare la sua terra, la sua patria, la sua casa. Sentì il vento fresco del nord soffiare fra i capelli, come per un saluto. Non un addio. Solo un arrivederci.

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Inutile dire che avevo in cantiere questo capitolo da almeno tre mesi. Mi sarebbe davvero piaciuto postarlo prima, ma era incompleto e non avevo mai il tempo di terminarlo. Così, oggi, presa da un raptus di follia pre-esami orali, ho deciso di terminarlo e pubblicarlo insieme ad una nuova One-Shot su Isabeau.Ammetto che scrivere questo capitolo è stato bellissimo e prometto che non tarderò a postare nuovi capitoli.

Se recensiste mi fareste un favore.

A presto, Soul.

P.s. Vorrei cambiare il titolo della ff ma non ne sono ancora sicura, ci devo pensare. Se avete qualche suggerimento lo accetto volentieri. Purtroppo non sono mai stata brava con i titoli.

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Capitolo 5
*** Dunchester. ***


 -Anche tu ti sei sentito così quando hai dovuto lasciare l'Inghilterra?- chiese Ian a Martewall.

 Il viaggio era iniziato ormai da alcune ore; la costa francese a sud era stata inghiottita dalla nebbia e sostituita a nord da quella inglese. L'americano riuscì ad avvertire distintamente il cambio di clima che avvenne una volta passata la manica. Guardando verso terra si vedevano chiaramente i grossi nuvoloni neri che portavano pioggia e solo sporadici raggi di sole raggiungevano il mare per riflettersi nell'acqua. Ci credo che poi è sempre così verde qua: non smette un attimo di piovere, pensò tra sé e sé il giovane, ma il sorriso che spontaneo gli salì alle labbra fu subito offuscato da un velo di tristezza. Da quando era salito su quella nave, si era fatto strada dentro di lui un profondo senso di solitudine al pensiero di avere abbandonato la sua famiglia. Sentiva che la voragine dentro di lui si apriva sempre di più e temeva che presto avrebbe preso il sopravvento su di lui. Martewall doveva avere intuito almeno parte dei pensieri dell'amico, perché gli rimase accanto per tutta la durata del viaggio, in silenzio. Uno spettatore muto e immobile, ma pronto a sostenere Ian con la sua sola presenza, a ricordargli che qualcuno che si preoccupava per lui ancora c'era.

-Mi sento come se una parte di me fosse stata strappata via e buttata tra le fiamme, che non aspettano altro che inghiottire anche il resto. Mi sembra di avere un gigantesco vuoto al posto del cuore, un nulla in continua espansione. Come se la terra bruciata che mi sta attorno volesse inglobarmi completamente- continuò l'americano, senza aspettare una risposta. Aveva smesso di cercare risposte da tanto tempo. Tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento era sfogarsi con qualcuno che, ne era certo, fosse perfettamente in grado di ascoltarlo. Ci fu un lungo silenzio e solo allora l'inglese aprì bocca.

-Certe volte pensare a ciò che ci si lascia alle spalle è l'unico modo per rimanere attaccati alla realtà. In altri momenti invece pensando al passato si rischia di rimanerne prigionieri. Capisco quello che stai provando e non posso e non voglio chiederti di dimenticare, ma posso almeno provare a convincerti che il futuro non può riservare solo brutte sorprese. Anche nell'oscurità più profonda si trova sempre una luce che ti spinge ad andare avanti. L'importante è non arrendersi e confidare che qualcosa di buono arriverà.-

Ian non faticò a capire che le parole dell'amico non erano dettate solo dalla necessità di dire qualcosa di confortante, ma erano state testate sulla pelle di chi le pronunciava. L'americano sapeva che nel passato del giovane barone c'erano state ben poche cose facili e si girò a guardarlo con profonda gratitudine nello sguardo. Dopo di che, si abbandonò al viaggio, lasciando scorrere i pensieri come l'acqua sotto la nave.
        
                                                                                    *****
 
Il porto di Dunchester era affollato e animato dal chiacchiericcio della gente che svolgeva i propri compiti quotidiani. Ian non tornava in quel feudo da tanto tempo e rimase sorpreso di vederlo così cambiato. Nonostante la guerra ancora in corso, vide che le mura del borgo erano state rinforzate e allargate per lasciar spazio a nuove abitazioni. Il numero delle botteghe era decisamente aumentato e la popolazione sembrava non soffrire delle privazioni che solitamente accompagnavano la guerra. Geoffrey ha fatto decisamente un buon lavoro. Incredibile considerando il fatto che non sarebbe mai dovuto diventare signore del feudo. Poi aggiunse: effettivamente neanche io sarei mai dovuto diventarlo. Si sforzò di rimuovere quel pensiero dalla testa e di mostrare invece un sorriso di convenienza, per non far venire strane idee alla popolazione. Vide Martewall accanto a lui tentare di mascherare la gioia di essere di nuovo a casa, ma non gliene fece una colpa. Non aveva motivo per fargliela dopo quello che stava facendo per lui.
L'inglese si avviò per scendere dalla nave, ma Ian lo trattenne. -Grazie- gli disse prima di lasciarlo andare. Il barone annuì e gli fece cenno di seguirlo. 

Scesi dalla passerella trovarono due cavalli ad attenderli, insieme alla moltitudine di soldati arrivati per scortare il loro signore di ritorno dalla Francia. L'americano non si stupì dell'affetto sincero che la gente di Dunchester dimostrava al giovane barone, poiché sapeva che era stato proprio lui a portare il feudo fuori dai momenti più bui. Sì, davvero un ottimo lavoro. Una volta montato a cavallo notò anche gli sguardi che erano rivolti a lui. Chi si ricordava dell'assedio non poteva certo dimenticare il conte francese che aveva sconvolto le carte in tavola e lo osservava con un misto di timore e rispetto. I bambini e chi si era trasferito a Dunchester da poco ascoltavano le voci e guardavano Ian stupiti dalla sua altezza, oltre che dalle storie che venivano raccontate su di lui.
La maggior parte degli sguardi però erano rivolti a Martewall. L'americano lo sentì tranquillizzare la sua gente sulle sorti della guerra, salutare i bambini, rassicurare chi temeva una nuova epoca buia per il feudo. Rispose alle domande di chiunque e solo dopo aver finito si rimise in viaggio.

La strada che portava al castello era continua e Ian poté permettersi di tornare a concentrarsi sui suoi pensieri. Un tempo aveva odiato quelle torri che iniziavano a scorgersi in lontananza; quelle mura racchiudevano la casa del suo nemico che gli aveva impedito di tornare dalla sua amata; quel mastio nascondeva, da qualche parte nelle segrete, il suo migliore amico e fratello. Ora tutto era cambiato. Di sua volontà aveva accettato di abitarci, ospitato da un uomo nella cui amicizia un tempo non avrebbe mai creduto. A separarlo da Daniel erano ottocento anni di storia e non più le mura di pietra di un castello medievale. Solo una cosa era rimasta uguale: era ancora una volta tenuto lontano dalla sua famiglia da qualcosa che andava ben oltre la sua volontà e il suo potere.

Guardò Martewall che gli cavalcava accanto e vide nei suoi occhi un sentimento che il barone non sarebbe mai riuscito a mascherare. Una gioia talmente profonda da far chiedere all'americano quando lui avrebbe potuto provarla di nuovo. Intanto il profilo del castello di Dunchester si faceva sempre più chiaro davanti a loro. Ian non poté fare a meno di notare che era molto cambiato. La cinta di mura più esterna, una volta incompleta, circondava ora per intero il borgo del castello, interrompendosi solo nel punto in cui il promontorio roccioso formava una difesa naturale. All'interno del borgo, gli spazi che un tempo erano liberi e incolti erano ora occupati da abitazioni e botteghe. Le case distrutte dall'assedio erano state interamente ricostruite e la vita era ripresa alla normalità. Anche lì, come al porto, l'accoglienza fu festosa per il signore del feudo. Una volta attraversata la cinta intermedia, il saluto si fece militaresco, con i soldati che ancora, nonostante la scomunica, ponevano tutta la fiducia nel giovane barone. Martewall rispose al saluto a testa alta, negli occhi l'orgoglio di rendersi conto di ciò che era riuscito a fare.
Arrivati all'entrata vera e propria del castello, trovarono ad attenderli la sorella dell'inglese, Leowynn Martewall. Non si accorse subito della presenza dell'americano, poiché tutta la sua attenzione fu riservata al fratello di ritorno dalla Francia. Solo in seguito si rese conto che Ian attendeva sulle scale, indeciso se farsi avanti oppure no.
-Monsieur, che piacere rivedervi. Mio fratello non mi aveva avvisata che sareste venuto.

-Anche per me è un vero piacere rivedervi, signora. In effetti Geoffrey non vi ha avvisata perché neanche lui sapeva che sarei venuto fino a poco tempo fa. E nemmeno io.

La ragazza si girò per guardare Martewall con un'espressione interrogativa negli occhi chiari. -Il falco starà da noi per un po', Leowynn-. Le rispose il barone, spiegando con lo sguardo che ogni cosa le sarebbe stata chiarita in seguito e in privato. Ian gli fu grato per non averlo costretto ad affrontare ancora una volta ciò che era successo, rendendolo sempre più reale. Nel frattempo si rivolse ad alcuni servitori che aspettavano a rispettosa distanza. -Preparate una stanza adeguata per il nostro ospite.
Poi disse a Ian: -Vai a riposare, è stato un viaggio lungo, ci rivedremo dopo.
Breve e chiaro come al solito, ma Ian sapeva che dietro c'era la comprensione totale dei suoi pensieri: aveva bisogno di stare un po' da solo, riorganizzare le idee. Qualunque altra parola poteva aspettare, in quel momento non ne aveva bisogno.
-Grazie Geoffrey.
Dopo aver rivolto un saluto rispettoso a Dama Leowynn, si avviò per i corridoi del maniero, preceduto da un servo che gli mostrava la strada.

 
 
 
Ok, va detto: ci ho messo un secolo a terminare questo capitolo. L'avevo cominciato in una notte di luglio, talmente fredda che il termosifone della mia stanza era acceso e io stavo sdraiata sotto le coperte, cercando di scaldarmi. Non sto scherzando, non prendetemi per pazza: ero in Scozia e vi assicuro che lì faceva freddo davvero. I riferimenti al clima della Gran Bretagna sono una conseguenza della mia vacanza e ringraziatemi se non vi ho messo le previsioni metereologiche complete. Tornando alla storia, mi sto rendendo conto che non è affatto facile scrivere su un personaggio come Ian e perciò spero di non essere stata troppo OOC . Nel caso fatemelo notare e provvederò ad aggiungerlo agli avvertimenti. Nonostante tutto adoro questo capitolo, anche se è solo, per così dire, di passaggio. Spero di poterne pubblicare presto un altro. In ogni caso, recensite, recensite, recensite.
Alla prossima,
Soul. 

 
 
 

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