Una giornata di sole di Dragana (/viewuser.php?uid=11964)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - In cui si riassumono le sfighe della sottoscritta, che fa sempre bene. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Di quando accadde l'irreparabile e delle seghe mentali che ne conseguirono ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - L'attacco del Tenente Colonnello Custer ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Il viso pallido, l’indiano bello col chiodo nel cervello e l’ex fidanzato. Tutti in una volta. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Un capitolo davvero bellissimo ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - In cui si parla di Madre, di scarpe e di vestiti ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Ovvero come addomesticare una lupa: prima dalle da mangiare, poi forniscile una tana. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Degli amici e delle scarpe non se ne può fare a meno. E le scarpe già le abbiamo, mi risulta. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - In cui si scoprono gli altarini e rimangono tutti davvero stupefatti ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - In cui si parla di papere e di donne bionde in garage, ma giuro che non si tratta di un film porno ***
Capitolo 11: *** Epilogo - In cui si riassumono le fortune della sottoscritta, che fa sempre bene. ***
Capitolo 1 *** Prologo - In cui si riassumono le sfighe della sottoscritta, che fa sempre bene. ***
UNA GIORNATA DI SOLE
In cui, per una volta, se
qualcosa può andare bene, lo farà
PROLOGO
In cui si riassumono le
sfighe della sottoscritta, che fa sempre bene.
Da quando non ero più nel branco di Sam, la mia vita andava
decisamente meglio.
Cioè, specifichiamo: rimango comunque Leah Clearwater, la
Perseguitata dalla Sfiga, Quella Che Capitano Tutte A Lei, la
regina dell’Opposizione Di Saturno.
Cambiare branco non è stato un procedimento tranquillo, tipo
cambiare schieramento politico, metti una croce in un posto diverso da
quello in cui la mettevi di solito e dici “Ma come nooo
papà, cerrrto che ho votato per Quelli Che Dici
Tu!”. No. Ovviamente Maschio Alfa Bis è Jacob,
ossia il mio più fiero avversario nella gara di Chi Sta
Peggio, che ovviamente non ne voleva sapere mezza di prendermi in
branco con lui. E così ho dovuto implorarlo- implorarlo,
capito?- di prendermi con lui, per piacere, per aiutarlo a pattugliare casa Cullen!
Non sia mai che a Bella Swan capiti qualcosa, povera cara, in fondo si
era solo fatta mettere incinta da un morto, davvero inspiegabile il
fatto che quei cattivi lupacci fossero un pelino preoccupati
delle possibile conseguenze! Che poi ho scoperto che tutto
ciò preoccupava persino i succhiasangue, compresa la
metà dei fratelli di Edward Cullen, tanto per far capire la
portata della cosa.
Ovviamente, una volta ottenuto l’assenso di Jake di Cuori,
mica potevo tornarmene a casa per farmi ammazzare da mammà a
colpi di schiumarola, senza contare che dovevo pure controllare Palla
al Piede (il vecchio soprannome di Seth); così ho vissuto
nella foresta dormendo sui prati, vestendomi di felicità e
nutrendomi di mamme di Bambi crude e non frollate. Uno schifo. Se mi
avessero detto che potevo scegliere tra vincere la lotteria e fare una
doccia col sapone, non avrei avuto esitazione alcuna. Ah, in tutto
ciò, sempre perché il destino si diverte a
giocare a Picchia Leah Con la Mazza da Baseball™, mio
fratello e Jake arrivavano con i vestiti nuovi e piattoni di cose
buonissime da mangiare gentilmente offerti dal catering dei
succhiasangue, cercando di persuadermi a servirmi della loro
ospitalità perché pure generosi li dovevo
trovare, i vampiri, alla faccia di Lestat Uccisore Di Lupi
egoisticamente dignitoso. Mi faceva vomitare solo l’odore,
figuriamoci mangiare.
Poi mi sono beccata i portavoce di Sam, adeguatamente istruiti dal
suddetto per Colpire Leah Nei Suoi Punti Deboli Che Conosco Benissimo
Essendo Stato Il Suo Fidanzato Fino A Due Minuti Fa, con conseguente
crisi sbroccata con Jake, che di tutto il mio discorso sul fatto che mi
sento inutile, sono un mostro, nessuno mi ama, mi rendo conto di essere
antipaticissima ma non riesco a fare diversamente e non mi vengono
neanche più le mestruazioni riesce a dirmi solo che tutti
quelli del branco erano stati ben felici di vedermi nuda. Ma merda.
Poi Bella Swan (Che si fa dare due botte da un morto e rimane incinta.
Io che mi accoppierei con i vivi e vegeti non ho neanche più
le mestruazioni, ricordiamolo ancora che non è mai
abbastanza, mondo porco!) partorisce un mostriciattolo adorabile di
bimba, Jake la vede e Pam!
Parte l’imprinting. E Quil perde la gara del Più
Pedofilo, tra parentesi. Non vedo l’ora che qualcuno abbia
l’imprinting con una sessantenne divorziata dai capelli
azzurrini, sarebbe bellissimo.
Comunque io cerco di ricominciare da capo, ora che non sono costretta a
vedere e sentire Sam continuamente, mi sembra di rinascere, non mi par
vero, ho tutta la vita davanti per capire cosa voglio fare e come
voglio farlo, e… Dlin –dlon! Ciao Leah, sono il
Destino Porco Bastardo… lo sai chi sta arrivando qui a
Forks, pensa te, addirittura dall’ Italia? Un trenta vampiri
più i testimoni, facendo una stima approssimata per difetto,
che vogliono piallare i Cullen! Ma come “e ‘sti
cazzi”? E i patti? E il pericolo? E il tuo compito? E il tuo
branco? Dove li mettiamo, mia cara, i tuoi mille vincoli? Dovrai
combattere, e non puoi tirarti indietro. Alleandoti al branco di Sam,
alla famiglia Cullen e ai loro amici. Ovvio che sono vampiri anche i
loro amici. Ovvio che c’è un’altissima
probabilità che moriate tutti. Ah, l’hai vista la
mia nuova Mazza Chiodata™? Indovina cosa sto per fare?
E invece finisce tutto bene, se si esclude il fatto che più
o meno tutti hanno avuto il loro imprinting (tranne Embry che comunque
se ne frega e Seth che è piccolo e, parole sue,
“ha ancora tempo prima di mettersi le manette da
solo”) ed io sono costretta a sciropparmi coppie felici a
tutte le ore, dei compagni di branco che mi fanno cadere i denti per la
carie, e pensieri condivisi in cui mi ritrovo ad adorare disperatamente
bambine capricciosette, proprio io che figli non potrò mai
averne. Senza contare perle quali “Oh insomma, voi femmine,
quando avete le vostre cose vi lamentate e quando non le avete vi
lamentate lo stesso!”. Per non parlare di mammà
che fa la gatta morta con Charlie Swan, giuro, una roba da far
rivoltare lo stomaco.
NOTE PIU’
LUNGHE DEL PROLOGO CAUSA LOGORREA: Allora. Attenzione,
signore e signori: questa è una storia in cui non succede
niente. Avete capito bene: niente, un cavolo di niente. È
una storia in cui va tutto bene e basta.
Poi non dite che non vi avevo avvertito.
Questa storia nasce un paio di anni fa, mese più, mese meno.
È una delle prime che ho scritto, al tempo nemmeno scrivevo
dei Volturi, tanto per far capire la portata della cosa. Doveva essere
una one-shot in cui regalavo a Leah un lieto fine, poi invece Leah ha
cominciato a polemizzare su ogni cosa e per colpa sua l’ho
tirata in lungo.
Perché non l’ho mai pubblicata? Boh. Ogni tanto la
rileggevo, la risistemavo, ne parlavo a qualcuno, poi basta.
Sarà che non succede niente per davvero, e quindi me la
tenevo nel pc archiviandola come la pippa mentale che è. Mi
ci diverto io (ecco, a scriverla sì che mi sono divertita.
Ma tanto. Ma proprio tanto!) e va bene così, pensavo.
Poi, com’è come non è, la passo a
vannagio. Che ci si diverte anche lei. Che mi dice di pubblicarla.
E allora, ragazzi miei, è estate, ci vogliono letture da
ombrellone, e quindi perché no. Se passate e vi piace
leggetela e divertitevi. Se non vi piace (possibile, d’altra
parte non succede niente) saltate, vi assicuro che Leah non
verrà a bussarvi alla porta.
Nel primo caso, ringraziate vannagio. Nel secondo, date la colpa a lei.
Io le mando un bacione, perché sì.
E buona estate a tutti, gente!
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 - Di quando accadde l'irreparabile e delle seghe mentali che ne conseguirono ***
CAPITOLO 1
Di quando accadde l’irreparabile e delle seghe mentali che ne conseguirono
Comunque si ritorna al punto da cui ero partita, e cioè che
le cose nel complesso andavano decisamente meglio. Senza elementi di
distrazione (leggasi Sam&Emily, che cercavo ovviamente di
evitare il più possibile) mi stavo lentamente ricostruendo:
ero come un’automobile di Lego, talmente abituata ad essere
sempre e solo un’automobile da disperarmi quando mi avevano
smontata, senza rendermi conto che potevo essere anche un aeroplano o
un motoscafo. Ok, ok, questa mi era venuta in mente guardando Jake e
Nessie che ci giocavano, ma non è questo il punto. Il punto
è che mi sentivo più serena, quindi
più simpatica, quindi più bella. Evviva. Avevo
perfino ripreso a studiare, perché accarezzavo
l’idea di entrare al college e fare una vita normale, in cui
le parole “lupi mannari e vampiri” fossero sempre e
solo precedute dalla proposizione “andiamo a vedere un film
di”.
Poi, un giorno, accadde l’impossibile.
Mammà era stata tamponata in auto da un cretino che non
voleva riconoscerle la ragione; per fortuna lei non si era fatta male,
a parte un piccolo colpo di frusta (-Così adesso in famiglia
abbiamo tutti bisogno del collare-, aveva commentato… Quella
donna è preoccupante, più invecchia e
più peggiora). Io e Seth saremmo volentieri andati a
spaccare la faccia al tizio, o quantomeno la macchina, ma lo sceriffo
Swan ci fece presente che non era il caso e che in cambio ci avrebbe
pensato lui a procurare a mammà un buon avvocato.
Il Giorno Fatidico tornavo da una corsa nel bosco in forma di lupo
(ogni tanto tendo a rimarcare il fatto che sono la Più
Veloce, e zitti… l’orgoglio, gran brutta cosa!) e
perciò al mio rientro avevo le foglie nei capelli, la
maglietta vecchia che implorava disperata di essere rammendata o
uccisa, e i pantaloncini stracciati a giro chiappa che usavo portarmi
dietro quando intendevo trasformarmi. Madre mi urlò contro
di andarmi subito a cambiare, che Charlie era stato così
carino da pregare l’avvocato di passare lui a casa nostra, e
non potevo mica presentarmi in quello stato, che figura facevamo con
l’avvocato Custer. No, capito?
L’avvocato Custer.
In una riserva indiana.
Se Madre aveva una qualche autorevolezza, in quel momento
crollò come un castello di carte. Io ho cominciato a ridere
come una matta, per poi prendere una lattina di birra dal frigo
(mammà le comprava per Charlie Swan? E allora adesso che
imparasse!) e una bella coscia tutta unta del pollo che stava in forno,
perché i lupi sono affamati per antonomasia. Nonostante gli
strilli della mia augusta genitrice mi scaraventai sul divano,
continuando a ridere come una matta.
–Ma dai! L’avvocato Custer?- stavo
ancora latrando tra un morso di pollo e un sorso di birra, quando il
suddetto bussò alla porta e Madre andò ad aprire,
incenerendomi con lo sguardo denominato “Dopo Facciamo I
Conti”.
Ora.
Questo è ciò che chiunque avrebbe visto e,
attenzione, solo se Chiunque fosse stato un bravo osservatore: un
bianco sulla quarantina, vestito in maniera formale, piuttosto magro,
capelli biondicci, pacato ma dallo sguardo vivace.
Quello che invece vidi io furono le scintille d’intelligenza
dentro gli occhi chiari, la piega divertita ed ironica del sorriso, gli
atteggiamenti calmi di chi fa il primo della classe per poter combinare
danni senza che nessuno sospetti di lui… Vidi la fronte
distesa di chi non si fa problemi inutili, le mani lunghe e precise di
chi sa accarezzare con cura, la pelle leggermente colorita di chi sa
godersi una giornata di sole.
Mi guardò, e fu proprio come avevano detto gli altri: tutti
i poli magnetici si spostarono di colpo, riconfigurandosi in base a Lui.
Peccato che scelsero di farlo proprio mentre io stavo inghiottendo un
pezzo di pollo, che naturalmente mi andò di traverso
rischiando di uccidermi nel sacro momento della mia Epifania. Il
Generale Custer chiese se andava tutto bene, io mi ripresi in fretta e
Lui si presentò a mia madre e poi a me, tendendomi la mano.
Feci per tendergliela a mia volta ma, ricordando che ci avevo tenuto il
pollo bisunto fino a qualche istante prima, presa dalla confusione del
momento non trovai nulla di meglio da fare che ripulirmela con infinita
classe nei calzoni (che, ricordo, erano veramente cortissimi quindi di
fatto mi sfregai la mano sulla chiappa destra) per poi porgergliela,
sotto lo sguardo terrificante di Madre. In suo onore
c’è da dire che Lui non fece una piega e me la
strinse lo stesso con quella che io definivo La Stretta Perfetta, forte
e ferma.
Porca merda. Avevo avuto il mio fottuto imprinting ed ero sporca,
spettinata, sdrucita e mangiavo pollo con le mani e birra in lattina.
Viso Pallido Custer, noi prendere tuo scalpo. Augh.
La sfuriata di Madre scivolò su di me come brezza
primaverile. Mandai a fare in culo mio fratello quando mi prese in
giro, lui mi diede un pugno da lupo e io non mi sforzai neppure di
evitarlo, così venni scaraventata con forza sul tavolinetto
basso del salotto, che si ruppe. Seconda sfuriata di Madre comprendente
anche Seth, questa volta. Lui, preoccupato, mi chiese che diamine mi
era successo; dato che rispondevo a ringhi e non gli dicevo nulla, mi
propose “una corsetta nel bosco così, per
sfogarmi”. Gli feci presente che ancora non mi ero
completamente rincoglionita e avevo capito benissimo dove voleva andare
a parare. E no, non mi avrebbe fatto bene parlarne con i miei fratelli
lupi, grazie.
Il giorno seguente non uscii di casa. Per fortuna Seth era troppo
piccolo per sgamare la situazione e troppo abituato ai miei malumori
improvvisi per vedere in questo qualcosa di diverso dal solito; in
quanto agli altri, Essi erano talmente presi dai loro Eterni Amori da
non notare affatto la mia breve assenza.
Il fatto era che, certo a causa della mia non felice esperienza con
Sam, dopo una prima e disperata fase in cui speravo di innamorarmi di
qualunque cosa mi passasse davanti pur di non pensare a lui, avevo
cominciato a detestare il concetto stesso di imprinting. Ci avevo
pensato su, ed ero giunta alla conclusione che fosse una orrenda,
squallida, schifosa scorciatoia della natura per accoppiarci col
partner migliore, manco fossimo stalloni da monta. Insomma,
l’amore è sicuramente una questione di attrazione,
ma è anche e soprattutto conoscenza, stima, rispetto,
affinità. Ed io cosa sapevo di questo avvocato Custer? A
malapena il nome di battesimo (Abraham). Non sapevo neanche quanti anni
aveva (pareva essere sulla quarantina, probabilmente qualcosa in meno),
se era sposato (ma la fede non la portava), come fosse di carattere
(pacato, con uno strano fuoco all’interno). Mi avrebbe
attratta, se io non fossi mai stata un lupo? Magari era un noioso
avvocato sbruffone e pieno di sé, ed io non sarei mai
riuscita a capirlo, ottenebrata dall’imprinting. Inoltre,
diciamocelo, avevo paura che fosse già impegnato
sentimentalmente, e non avendo io un nome che inizia per
“Emily” e finisce per “Young”
non avrei mai voluto mettermi in mezzo. E se non fosse stato impegnato
peggio ancora: come dice il Saggio, se uno alla sua età
è single deve per forza avere qualcosa che non va.
Insomma…com’è possibile vedere uno
sconosciuto e innamorarsene? Scorciatoia, diceva Sam. Ma io ero infine
giunta alla decisione che volevo farmi la strada lunga, cazzo, ed
innamorarmi con calma, per conto mio, per poter prendere con gioia
questo mio imprinting. Volevo essere certa che il mio amore fosse reale
e non viziato da strane reazioni soprannaturali. Volevo… non
so cosa volessi. Non avere l’imprinting, ecco. Volevo il
vaccino.
E tuttavia non riuscivo a smettere di pensare a un modo per rivederlo
di nuovo. Una volta sola. Giusto per far contenta mammà, che
l’avvocato non pensasse che aveva tirato su una selvaggia
maleducata. Volevo vedere gli angoli della sua bocca alzarsi per
formare quel sorrisetto ironico. Volevo sentire il tono basso e
misurato della sua voce. Volevo le scintille dietro i suoi occhi.
Il giorno successivo, dopo aver cogitato tutta la notte ed essermi
addormentata tardissimo alzandomi di conseguenza, ero giunta alla
conclusione che non l’avrei cercato in nessun modo; se
davvero il Destino Porco Bastardo aveva in serbo qualcosa per noi due
che la smettesse una buona volta di accanirsi e provocasse quegli
incontri fortuiti e casuali che si vedono in ogni cazzo di commedia
romantica, e magari mi sarei rassegnata. Forse. Fino a quel momento non
avrei fatto assolutamente nulla per interagire con Lui. O mi cercava
(alquanto improbabile) o lo avrei incontrato per caso, e niente e
nessuno al mondo avrebbero potuto smuovere questa mia presa di
posizione. Sarei stata più forte dell’imprinting,
io. Mica come Sam.
Forte e fiera di questa mia decisione immobilista degna di
un’eroina di Jane Austin scesi baldanzosa per colazione, e fu
così che mammà mi disse che l’aveva
chiamata l’avvocato, aveva bisogno di altri documenti e
quindi nel pomeriggio sarebbe passata a portarglieli.
-Li porto io mamma, non preoccuparti!- mi udii dire. Non col cervello,
giuro. L’ordine partì direttamente dal midollo
spinale. Merda. Per fortuna lei mi guardò disgustata, un
po’come si guardano gli scarabei stercorari, per capirci, e
ribattè stizzosa: -Non ci pensare neppure, dopo la
figuraccia che mi hai fatto fare ieri, signorina!-
Olè, salvata in corner. Meno male. Fu lì, dunque,
che non capii proprio perché, perché,
perché maledizione, continuai ad insistere.
-Dai ma’, tu hai ancora il collare, stai tranquilla a casa!
Così almeno vede che non hai cresciuto una debosciata,
insomma, mi comporterò benissimo stavolta!-
Lei sbuffò, ma parve convinta che davvero mi dispiacesse per
ieri e volessi rimediare. Mi allungò uno schiaffetto sulla
testa.
-A te ti ci vorrebbe il collare, per quando decidi di andare a fare
quelle sciocchezze da lupo nei momenti inopportuni! Dai, non
preoccuparti per me, pensa a studiare, che dall’avvocato ci
mando tuo fratello.-
Ottimo. Altra possibilità di fuga. Annuisci Leah.
Dì che va bene. Diglielo adesso.
-Ma figurati se Seth ha voglia di fare le commissioni! Poi casomai
dovrà studiare lui, gli daranno pure dei compiti a casa, a
me non cambia nulla star via un paio d’ore, no?-
Con mio sommo orrore, stavolta Madre annuì.
–Sì, in effetti hai ragione. Grazie Leah.
Però, mi raccomando, comportati
bene!- mi disse, accigliandosi.
NOTE:Oggi, vagolando su facciabbuco, ho trovato la frase perfetta per
Leah: “le mie non sono seghe mentali. Sono scopate in grande
stile”.Vero che ci sta? Eh?
Sciocchezze a parte, bella gente, GRAZIE.
Grazie per i vostri commenti e per le vostre risate, grazie per aver
letto ed essere passati.
Grazie mille mila!
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 - L'attacco del Tenente Colonnello Custer ***
CAPITOLO 2
L’attacco del tenente colonnello Custer
Cretina voltafaccia meretrice. Non ce l’avevo fatta. Tutti i
miei buoni propositi sbriciolati in meno di un minuto. Fanculo. Ero
Nera Come La Muerte mentre mi dirigevo verso Port Angeles, alla volta
dello studio del generale, pardon, avvocato Custer. A farmi innervosire
non era solo questo; cioè, era questo sommato al fatto che
ero stata tutta la mattina a sistemarmi i capelli, decidere cosa
mettermi, farmi le unghie. Mi ero persino truccata; peraltro stavo bene
col mio jeans-camicia-blazer casual chic, la chanel blu e
l’occhio evidenziato da matita e mascara, ma mi sembrava di
essere diventata le Sorelle Di Cullen. Entrambe. E mi sentivo cretina a
mettermi tutta in tiro come una quindicenne per uno sconosciuto.
Almeno, mammà aveva caldamente approvato.
Trovai facilmente lo studio e parcheggiai di fronte ad esso, chiudendo
la portiera con un tale gesto di stizza che temetti seriamente di
averla rotta. Poi la riaprii per prendere la borsa che avevo
dimenticato dentro, e la richiusi con più grazia.
Stacchettai fino alla porta d’entrata del palazzo con le
gambe che tremavano, incespicando come neanche Bella Swan ai tempi
d’oro. La segretaria mi guardò incuriosita mentre
ringhiavo un’imprecazione, poi mi disse di bussare che
l’avvocato era libero. Davanti alla porta del suo studio
m’imposi di darmi una calmata, respirare e…
E la porta si aprì. Ed io me ne dimenticai completamente, di
darmi una calmata e respirare, intendo.
Cos’è che volevo? Il luccichio degli occhi e il
sorriso beffardo? Eccoti servita, Leah. Porca merda, li aveva tutti e
due, e li stava rivolgendo a me.
Non si fa così, dovrebbe essere vietato, cazzo.
-Chiude sempre la portiera dell’auto in quel modo, signorina
Clearwater?- Mi chiese, il tono (basso e misurato) lievemente
divertito. Ecco. Già una bella Figura Di Cacca,
così, per esordire in bellezza.
-Ah… no, io, di solito no, è che…-
Cretina. Regina delle idiote. Cosa cavolo balbetti?
“È che” cosa, di preciso?
“È che pare che tu sia L’Uomo Della Mia
Vita e quindi è normale che io sia un po’nervosa e
sai, noi lupi mannari spesso abusiamo della nostra forza”,
vuoi dire?
Grazie a Dio, si scostò dalla porta per farmi entrare,
togliendomi dall’impiccio.
-Mi scusi, ma stavo guardando fuori dalla finestra proprio in quel
momento… spero di non essere stato scortese!-
Scossi la testa in segno di diniego, poi tirai fuori dalla borsa i
documenti che dovevo portargli. Nel prenderli mi sfiorò la
mano. La prossima volta metto direttamente le dita nella presa di
corrente, pensai, che magari mi fa un effetto meno destabilizzante.
Mi fece segno di accomodarmi mentre li esaminava velocemente, annuendo
tra sé.
-Direi che c’è tutto, così siamo a
posto. Ma non doveva scomodarsi a venire fin qui; l’ho detto
a sua madre che sarei passato io, abito a Forks, allungarmi a La Push
non sarebbe stato un problema!-
Risi. Madre era un terreno molto più sicuro, sapevo
esattamente cosa dire.
-Ma si figuri, mia mamma non è il tipo da abusare due volte
della sua gentilezza; inoltre, credo non volesse metterla di nuovo di
fronte all’orribile visione di una figlia reduce da un
pomeriggio nei boschi!-
E questa, poi, da dove cavolo mi era uscita? Ci tenevo così
tanto a demolire l’immagine che stavo cercando di
ricostruire, riportando a galla momenti che sarebbe stato
più saggio seppellire in una tomba senza nome? Sta di fatto
che Lui ridacchiò, in maniera molto poco professionale,
aggiungerei.
-Non mi sconvolgo per così poco, signorina Clearwater, lo
dica pure a sua madre! Comunque-, aggiunse gettando
un’occhiata all’orologio a muro,
–Solitamente a quest’ora scendo qua sotto per
prendere un caffè espresso. Se non ha fretta potrebbe
accompagnarmi, così mi faccio perdonare per averle fatto
fare tutta questa strada. Ah, e per essere piombato in casa sua proprio
mentre era reduce da un pomeriggio nei boschi, ovviamente!-
Il suo atteggiamento era calmo, ma le scintille nei suoi occhi parevano
impazzite. Si stava divertendo, mi era chiaro. Rideva con me? O di me? Maledetta
fottuta licantropia con tutti gli annessi e connessi…
l’idea di stare ancora un po’con Lui mi attraeva da
morire. Non solo per un patetico desiderio di vicinanza, capii,
benchè quello ci fosse in quanto compreso nel pacchetto
imprinting: quell’uomo mi stuzzicava, mi attirava. Mi
divertiva.
E questo andava bene. Questo mi piaceva, mi era sempre piaciuto, anche prima. Bene, misi a
tacere la coscienza. E risposi di conseguenza.
-Ah, già, questo se lo deve proprio far perdonare! Ma mi dia
del tu e mi chiami Leah, tutti questi formalismi hanno il potere di
farmi sentire decrepita!-
Rise. - D’accordo, Leah… e per quanto io sia
effettivamente più vecchio e decrepito di te, darmi del tu e
chiamarmi Abraham è un ottimo modo per farmi sentire
più giovane!-
Suggellammo il patto e ci recammo a prendere il caffè al
caffè, sotto lo sguardo vagamente perplesso della segretaria.
-Scusa se mi permetto, Leah, ma il caffè espresso
è forte… se lo bevi a quest’ora rischi
di fare fatica a dormire, stanotte.-
Ecco. Il Figlio della Stella del Mattino che dice alla Lupa di non bere
caffè espresso perché
è troppo forte… sorrisi, mescolando
lo zucchero. Nota: tuttora mi è oscuro il motivo per cui
presi un caffè espresso e non qualsiasi altra cosa, una di
quelle che prendo di solito. Comunque, era buono. Forse era Destino che
bevessi caffè espresso in compagnia di un uomo biondo,
almeno una volta nella mia vita.
-Abraham, sono grande, vaccinata e correrò questo immane
rischio. Che poi, scusa se mi permetto, ma non vedo per quale strana
ragione tu dovresti riuscire a dormire ed io no!-
Brillio nello sguardo e conseguente sorrisetto.
–Perché io lo bevo tutti i giorni, come si fa con
i veleni, ed ho imparato a berlo in Italia quando ancora facevo
l’università…-alzò un dito -
ed eventuali domande su quanto tempo è passato da allora
sono quanto mai inopportune.-
-Sei stato in Italia? E dove, a Roma? Firenze? Venezia?-
-Le ho visitate, certo, ed anche Napoli. Ma ho vissuto un anno a
Bologna. -
Ok, l’ignoranza abissale da Indiano Al Centro Della Terra mi
travolse. Avrei potuto, anzi, avrei dovuto annuire e
dire qualcosa tipo “Davvero? Oh, che luogo
affascinante!”, e invece me ne uscii con: -Ma scusa, Bologna
non è in Francia?-
Per lo meno non mi rise in faccia. Né mi propose un
vantaggioso commercio incentrato su braccialettini di vetro colorato e
alcolici. Si limitò a scuotere la testa e precisare
–No, quella in Francia è Boulogne, Bologna
è in Italia. C’è la facoltà
di giurisprudenza più antica del mondo occidentale,
però a parte questo è un posto splendido. Ma
piuttosto… ti piace camminare nei boschi, mi sembra di
capire, è così?-
Ecco. Se voleva togliermi dall’imbarazzo della mia pessima
conoscenza delle città europee, fallì.
“Non troppo…non precisamente camminarci. Ci vado
per diventare un essere a quattro zampe e fare le gare di
velocità con gli altri del branco”. Che fatica.
Cominciavo a provare simpatia per il clan Cullen, il che è
tutto dire. Comunque, annuii.
-Sì, mi piacciono i boschi. Ci vado molto spesso, infatti.
Non che ci sia molto altro da fare, da noi, ma è un buon
passatempo.-
-Già, anche a me piace, magari nei fine settimana. Quando
poi si apre la stagione, ogni tanto vado a caccia. Di uccelli
però, affrontare gli orsi mi è sempre parso
davvero eccessivo! Tu invece fai trekking, giusto?-
E ridagli. “No, combatto con quelli del branco
perché affrontare gli orsi mi è sempre parso
davvero noioso”.
-Trekking, sì, ma vado anche solo a passarci qualche ora con
gli amici, come l’altro giorno. Abiti a Forks, hai detto? Non
mi sembrava di conoscerti e sai, mi è sembrato strano
perché non è che sia esattamente gigantesca,
Forks…-
Complimenti. Bel modo di sviare il discorso. “Ah, ed hai
notato? Sta per piovere” era un’altra
ovvietà non da poco, dovevo proprio sforzarmi di inserirla
da qualche parte e completare finalmente la missione di risultare
cerebrolesa in modo definitivo ed insindacabile.
-Sono di Forks, ma ho lo studio qui a Port Angeles e quindi per molto
tempo ho abitato in città. Poi i miei genitori se ne sono
andati, e la mia compagna ed io ci siamo lasciati, per cui ho deciso
che era molto meglio per me tornarmene a Forks… e
così sono tre anni che abito lì, ma
passo molto tempo qui dove ho il lavoro e gli amici.-
Aveva parlato in tono calmo, ma c’è sempre una
nota discordante nella voce di qualcuno che parla di perdita e
distacco, ci sono ombre che restano lì, annidate in fondo
agli occhi. Magari era il caso di passare oltre, in fondo neppure ci
conoscevamo, ma a quanto pare La Cosa Giusta Da Fare era proprio un
concetto che mi sfuggiva, oggi.
-Anch’io ho perso il mio papà. E poco tempo prima
il mio ragazzo mi ha lasciato per mia cugina. Le due cose non sono
paragonabili, ma il brutto è che sembra proprio che le
disgrazie e le sfighe si diano appuntamento.-
Lui fece un sorriso triste.
-Mia mamma aveva una brutta malattia, e papà…
ecco, lui non ha retto alla perdita. Le era davvero troppo legato. In
quanto alla convivente, diciamo che è stato giusto
così. Tre anni dopo posso affermare con assoluta certezza
che davvero non eravamo fatti l’uno per l’altra.-
Tacque per un attimo, lo sguardo vacuo. Poi sorrise. -Ma il tuo ex
è stato davvero così folle da preferirti
un’altra? Questi giovani d’oggi sono incredibili!-
La sua uscita allegra sembrò spazzare via tutta la
malinconia del discorso, come uno squarcio di sole tra le nuvole. I
suoi occhi scintillarono. Io mi ingoiai il ringhio che mi saliva alla
bocca se pensavo alla Coppia D’Oro, ed agitai una mano.
-Diciamo che… ecco… non ha potuto fare diversamente.
Si sono innamorati, e basta. Ma adesso finiamola con questa storia di
giovani e vecchi, te lo chiederò a bruciapelo: quanti anni
hai?-
Lui non ribattè con puttanate tipo “tu quanti me
ne dai?” et similia.
-Trentasette-, rispose tranquillo.
-Però, hai fatto carriera in fretta-, commentai. Lui scosse
la testa.
-Ho finito gli studi molto velocemente, contando anche il periodo in
Italia. In quanto alla carriera… mi occupo di piccole cause
qui a Port Angeles, non sono esattamente un affamato piraña
della City! Tu cosa studi?-
-Provo a entrare al college, mi piacerebbe frequentare la
facoltà di antropologia-, risposi. –Ma ho perso un
po’ di tempo ultimamente, per vari motivi…-
-Capisco- annuì lui. Mi venne da sorridere. Capiva una parte
della questione, certo; il pezzo relativo a strane febbri che si
concludono con me che ululo alla luna, invasioni di vampiri neonati,
gravidanze degne di uno splatter di serie zeta e convegni di mostri
venuti da un posto in Italia ancora più sconosciuto di
Bologna decisi di ometterlo. Tecnicamente lui era il soggetto
dell’imprinting e quindi potevo pure raccontargli tutto, ma
diamine! pensai, anche no!
Il caffè era finito, lo zucchero si cristallizzava sul fondo
della tazzina e Lui sicuramente sarebbe dovuto tornare in studio entro
poco tempo. Ed io chissà quando l’avrei rivisto,
pensai con una stupida e fetente punta d’ansia. Decisi che di
dignità ne avevo persa già fin troppa,
nell’ultimo periodo. Mi avrebbe cercata Lui, mi sarei fatta
desiderare, sapeva dove abitavo ed aveva quasi quarant’anni,
porca merda, doveva pur avere esperienza in questo genere di cose: Dura
E Inflessibile, così sarei stata, una capricciosa e
seducente Donna Sfuggente.
Quindi lo guardai, gli occhi che mi stregavano, gli angoli della bocca
arricciati che mi seducevano, le mani lunghe che mi tentavano, la
postura elegantemente calma che mi conquistava e dissi
(perché Lui era una fottuta mazza chiodata che mi sgretolava
le decisioni sensate):
-Dato che abiti a Forks, che ne dici di un bel giro giù a
First Beach, il primo giorno di sole?-
Lui non mi guardò stupito, non fu reticente, non
accampò buoni motivi per rifiutare. Gli si illuminarono gli
occhi, o forse era solo una mia impressione. Fatto sta che
annuì.
-Mi sembra un’ottima idea! Se è un festivo posso
esserci verso le due, se è un feriale purtroppo non posso
uscire troppo presto, e dovrò comunque inventare una scusa:
va bene alle cinque?-
-E sia!-
Mi tese la mano per suggellare il patto. Si preoccupò che
stessi male. Lo tranquillizzai dicendo che è la mia
temperatura normale, io ho sempre caldo, non c’è
nulla di strano, sono sempre stata così. Certo.
Me ne tornai a casa euforica cantando a squarciagola “Under
the boardwalk” fino a che non mi venne un pensiero terribile:
e adesso cosa raccontavo ai Fratelli Del Branco?
Non mi andava per niente di parlare del mio imprinting a gente che
sapeva dettagliatamente
cosa ne pensavo di tutta la stramaledetta questione. E poi volevo un
po’ di tranquillità, e volevo anche metterli
davanti a qualcosa di più concreto rispetto a “due
parole e una specie di appuntamento in spiaggia”. Il giorno
seguente non mi feci vedere e quello dopo neanche. Ah, naturalmente
pioveva. Ah, naturalmente fino al pomeriggio prima sembrava che il sole
fosse quasi sul punto di spuntare. E ti pareva.
Ovviamente arrivò ben presto il momento in cui gli altarini
della sottoscritta vennero smascherati.
Non che m’illudessi di poter tenere segreto per sempre il mio
imprinting, solo che, non so, speravo che gli eventi si evolvessero
più velocemente… no, neanche. Più
velocemente di così c’era solo l’opzione
Sposarsi A Las Vegas Da Ubriachi. Diciamo che speravo che i fratelli yo
del branco fossero talmente rincoglioniti d’amore da non far
caso al fatto che il Secondo In Comando avesse saltato le ultime
corsette organizzate per fare quella cosa che piace tanto ai maschi
licantropi, ovvero Aggiornarci Sui Cazzi Di Tutti Senza Perder Tempo A
Parlare E Poi Combattere.
Vana speranza.
Fu Jake Maschio Alfa a trascinarmi fuori un giorno che era passato a
prendere Seth, e a nulla valsero le mie patetiche scuse (devo studiare,
ho mal di testa, devo guardare la vernice che si asciuga, levati dalle
palle Jake non è il momento): non volle sentir ragioni. Io
ce la misi tutta per risultare più insopportabilmente acida
di quanto fossi mai stata nella mia sfolgorante carriera di Arpia, ma
dai tempi del pattugliamento a casa Cullen ci eravamo ormai immunizzati
vicendevolmente l’un con l’altro e così
dovetti seguirli, ben decisa a non pensare ad Abraham.
Peccato solo aver sottovalutato un minuscolo dettaglio: che
l’imprinting, nella mente, non è che passi proprio
inosservato. Sam cercava sempre di non pensarci quando c’ero
io, ma era inutile: l’effetto che sortiva era più
o meno quello di uno che a mezzogiorno frappone la sua mano tra me e il
sole e cerca di farmi credere che è notte.
Come conseguenza mi trovai Jake ringhiante a fissarmi, con il pelo
dritto.
“Tu…
tu che mi hai frantumato le palle per mesi, prima con Sam e poi col
fatto che eri la Più Sfigata dell’Universo e avevi
il diritto di piangere miseria senza che noi ti dicessimo
nulla… tu che mi hai preso per il culo perché ho
avuto l’imprinting con una neonata…”
“Ecco! Anche a
me!” (Questo era Quil versione Butta Su Che
Tutto Fa Brodo)
“Tu adesso
osi avere
l’imprinting con uno che fa l’avvocato, ha quasi
vent’anni più di te, non solo non è un
Quileute ma si chiama pure Custer… e non ci dici
niente?”
“Ecco
perché ti facevi sgridare dalla mamma senza fare una
piega!” (Seth e le Epifanie)
“E non sei
venuta a fare la gara di corsa l’altro ieri!”
(Embry e le Cose Importanti Della Vita)
Jacob si acquattò.
“E adesso io
t’ammazzo!”
Cercai di saltare via, ma mi avevano circondata. Finì con
una stupida lotta tra amici, un bel gruppo di cretini che giocavano
come un branco di cuccioli. Non mi sentivo così sollevata,
senza pensieri e senza fiato, da un sacco di tempo; era come quando, da
bambina, facevo la lotta con i maschi.
Madre scosse la testa vedendo tornare Seth e me più o meno
nelle stesse condizioni in cui ci presentavamo a casa dieci anni prima,
e quando si accorse che vagolavamo tra forno e frigo facendo man bassa
di roba da mangiare ci urlò di andare subito a lavarci e
cambiarci, che tra un po’ arrivava Charlie Swan, e che figura
ci facevamo a farci vedere così.
Stavolta obbedii subito, dato che non volevo portare la pazienza di
mammà oltre i limiti consentiti dall’umana
sopportazione, vista la sua recente suscettibilità in
materia di figuracce. Con mio sommo stupore, Seth mi
trotterellò dietro senza fare una piega.
-Non sia mai che mi venga l’imprinting con
l’ispettore Swan-, fu il suo commento.
NOTE:Avviso a chi ancora (se c'è) crede che in questa
storia accada qualcosa: non accadrà.
Non è che Leah e Figlio della Stella del Mattino se ne
andranno in Italia da Aro, per esempio. Anche se un po' mi dispiace,
perchè col senno di poi (col senno di adesso,
cioè) un viaggettino culturale glielo fare quasi fare!
Urca... ho appena realizzato quanto è vecchia questa storia:
ancora non scrivevo sui Volturi. Quelle tre-quattro sante donne che mi
seguono di là, capiranno sicuramente la portata della cosa!
E ora, due cosette:
"Prendere il caffè al caffè" è
un'espressione che ho trovato nei libri di Fred Vargas.
A Bologna gli studenti americani (e anche di altre
nazionalità, ovvio) ci sono davvero, quindi ci ho ficcato
Custer. Sta a vedere che ha incontrato Aro senza sapere che era lui.
Anzi, secondo me era il periodo in cui Caius insegnava all'Alma Mater.
Ma certo che Caius ha una cattedra all'Alma Mater, anzi, chi volete che
abbia fondato la prima università del mondo se non i tre
fratelli?
La facoltà che vorrei far fare a Leah deriva dal fatto che
mi ero confusa, mi sembrava che fosse lei quella che prendeva appunti
attorno al fuoco quando raccontavano le leggende dei Qileute, invece
era Emily. Però ormai le lascio quella, sono abituata
così!
Leah canta "Under the boardwalk", dei Drifters, perchè
"nella sua canzone raccontava che cosa aveva programmato esattamente di
fare sotto il lungomare. Si trattava soprattutto di fare l'amore", per
spiegarla con le parole di Neil Gaiman.
Infine: GRAZIE. Grazie a chi legge, commenta, chiacchiera, apprezza
Leah, Giò, mi dice tutte quelle cose bellissime, ride.
Grazie, perchè non sapete quanto mi fate contenta.
Grazie di cuore, davvero.
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 - Il viso pallido, l’indiano bello col chiodo nel cervello e l’ex fidanzato. Tutti in una volta. ***
CAPITOLO 3
Il viso pallido, l’indiano bello col chiodo nel cervello e l’ex fidanzato. Tutti in una volta.
Il primo giorno di sole arrivò dopo quelli che mi sembrarono
secoli ed in realtà non erano che cinque stupidi giorni,
passati mio malgrado a pensare, immaginare, sognare Lui; una roba da
romanzo Harmony, davvero, e anche di quelli scritti male. Almeno avevo
scoperto che era single, e che non aveva qualche strano difetto o
compulsione: usciva da una storia seria, che però era
già finita da un periodo di tempo ragionevole a farmi
supporre che non aveva mentito, facendomi intendere che non ne soffriva
più. Magari ho delle possibilità, pensai
guardando il sole; il sole rende vagamente ottimiste perfino le persone
come me. Vagamente, ho detto.
Essendo ovviamente un lavorativo attesi l’ora convenuta come
un’anima in pena per poi recami mollemente alla spiaggia,
arrivando con un lieve e studiato ritardo. O almeno queste erano le mie
intenzioni, poi non so se in verità “trenta
secondi circa” rientri nella definizione di “lieve
ritardo”. Non farti illusioni, mi dicevo, tanto non viene.
Figurati se si ricorda di questa cazzata. Magari a Port Angeles
è nuvoloso. Magari non è riuscito a venir via
prima dal lavoro. Magari pensa a tutta questa situazione come ad una
sciocchezza.
E invece era già lì, col viso rivolto verso il
sole e le maniche della camicia tirate su. Quando mi fece un cenno con
la mano il mio cuore perse un battito, quando la brezza mi
portò il suo odore mi stordì come se fossi
ubriaca, e quando mi fissò con gli occhi che al sole erano
davvero troppo azzurri pensai che la vita è una cosa
meravigliosa.
Ebbene sì, dicesi imprinting una strategia della natura atta
ad arricchire i dentisti ed eliminare i diabetici dalla faccia della
Terra.
-Ma dai, sei venuto davvero?- fu il mio splendido incipit.
Lui, miracolosamente, non si scoraggiò. Mi sorrise.
-Una bella ragazza mi propone la sua compagnia in una giornata di sole.
Non basta?-
Incrociai le braccia, per nascondere l’evidente compiacimento
che mi avevano provocato quelle parole.
-E chi sarebbe la bella ragazza? Dici che si arrabbia se ti trova in
compagnia della Pocahontas Dei Poveri?-
Mi fissò, apparentemente pensieroso. –Potrebbe. La
conosco poco, ma direi che è un tipo piuttosto forte. Anche
fisicamente. Potrebbe incastrarmi tra la sua auto e la portiera e
sbattermela addosso più e più volte,
frantumandomi due o tre costole.-
Un deficiente. Altro che due o tre costole, tra l’altro.
Dovetti fare un’espressione buffa, perché
scoppiò a ridere, ed io non potei fare a meno di unirmi alla
sua risata.
-Allora, eccoti la nostra First Beach, Viso Pallido! Non
sarà la California, ma quando c’è il
sole non è poi malissimo!-
Abbracciai con un gesto la battigia, la scogliera battuta dal vento, le
figurine lontane che sembravano completare un dipinto: una coppia che
si teneva per mano, un uomo che giocava con un bimbo, gruppi di ragazzi
che approfittavano della bella giornata.
-Quando c’è il sole è particolarmente
bella, Pocahontas. Allora, che mi dici?-
Cominciammo a passeggiare, chiacchierando. La cosa che mi
colpì fu la facilità con cui scoppiavamo a
ridere, entrambi, alle battute reciproche. Aveva un senso
dell’umorismo molto simile al mio; faceva battute ironiche
con tono calmo, e ogni volta che qualcosa lo divertiva i suoi occhi
chiari scintillavano come se qualcuno vi accendesse un fuoco dietro. Mi resi
conto per la prima volta, stupita&inorridita, che questa
caratteristica a Sam mancava completamente (l’ironia, non gli
occhi azzurri): ricordai tutte quelle volte in cui facevo una battuta,
lui rimaneva perplesso e a me toccava spiegargliela, e di
quanto m’innervosivo a frasi tipo “non capisco cosa
c’è che ti fa tanto ridere in Frankenstein
Junior”. Per mera curiosità testai perfino il
soggetto e sì, ad Abraham Frankenstein Junior era piaciuto,
e ci lanciammo in un proficuo scambio di battute. Ritenni opportuno
informarlo che “Potrebbe
andare peggio. Potrebbe piovere” era la mia
preferita, tanto da averla adottata come motto, anche perché
la vita non aveva fatto che confermarmi la veridicità di
tale asserzione. Dimostrando una certa lungimiranza, la sua era “Werewolf?”“There
wolf. There castle”, e qui rischiai per ovvie
ragioni di morire dalle risate.
-Bologna-, stavo dicendo, forte delle informazioni acquisite su Google,
-è piena di portici, tra cui il più lungo
d’Europa, ed ha un sacco di torri, tra le quali una che
pende…-, quando una specie di treno merci mi si
scaricò sulla spalla sotto forma di pacca amichevole.
-Leah, ma ciao,
anche tu qui? Che bello! Allora, non ci presenti il tuo amico?-
Bene, pensai. Io qui, ora, ammazzerò in modo ignorante e
cruento Jacob Black.
Il mio sguardo di fuoco si schiantò contro il sorriso a
quarantadue denti del maledetto Jacob, che se ne stava gonfio e tronfio
a fissarmi circondato dal suo, anzi, dal nostro branco di merda.
Più, proprio per la serie “non facciamoci mancare
niente”, i vecchi compagni che erano rimasti con Sam,
perché poverini, volevamo davvero escluderli dal giochino?
Non ne mancava uno: Paul, come al solito curioso come una scimmia,
Embry con l’aria d’aspettativa di uno che va al
cinema a vedere il film dell’anno, Quil che con la scusa di
portare Claire a giocare al mare mi guardava con la faccia innocente,
Jared con la faccia di bronzo dell’ambasciator che non porta
pena e Seth con l’espressione Io Non Volevo Mi Hanno
Costretto che non ingannava più neanche Madre, figuriamoci
me.
-Che combinazione,
ragazzi, tutti in spiaggia oggi?-
Alzai gli angoli della bocca. Tanto. In quello che, da un punto di
vista canino e ancestrale, doveva essere un ghigno minaccioso.
-Eh, sai, con una giornata così… Quil portava
Claire a giocare in spiaggia, e abbiamo pensato di accompagnarlo!
Quil prese in braccio una ridente Claire, come a volerla mettere tra me
e lui, e mi guardò con l’espressione Non
È Stata Un’Idea Mia.
Maschio Alfa non cedette di un millimetro. Rivolse il suo sorriso di
plastica ad Abraham e continuò imperterrito.
-Leah, sei proprio maleducata però! Vorrà dire
che mi presenterò da solo. Noi siamo gli amici di Leah:
lui è suo fratello Seth, quello con Claire è Quil
Aetara, loro sono Embry Call, Jared Cameron e Paul Lahote ed io sono
Jacob Black, molto piacere!-
Abraham aveva guardato questo teatrino tra il perplesso e il divertito;
strinse la mano al Grandissimo Figlio Di Puttana senza scomporsi,
presentandosi. Figuriamoci se Jacob Black si lasciò sfuggire
l’occasione.
-Custer? Ma
proprio come il generale?-
Con l’aplomb di un santo e l’espressione di uno che
si è sentito fare la stessa battuta fin dai tempi delle
elementari, Lui sorrise.
-Esattamente. Ma dato che nessuno di voi amici di Leah si chiama
Cavallo Pazzo o Toro Seduto non dovrebbero esserci grossi problemi, no?-
-No no, figuriamoci! Gli amici di Leah sono nostri amici!
Abraham… posso darti del tu, vero? Sai, noi siamo davvero
amicissimi, con Leah. Lei sa tutto di noi e noi sappiamo tutto di lei!
Ogni volta che ha un problema ce ne mette a parte, e noi la stiamo ad
ascoltare lamentarsi anche per mesi,
se necessario! Ci racconta ogni cosa, ed anche quando non lo fa, ecco,
siamo talmente amici che è proprio come se le leggessimo nella
mente!-
Cristo, quanto si stavano divertendo. Seth fingeva di essere serio ma
aveva i goccioloni. Jared faceva da contraltare a Jake, annuendo con
espressione compìta. Quil era terrorizzato da una mia
possibile reazione. Embry pareva aver scoperto che nel film
dell’anno c’erano ancora più esplosioni
di quante se ne aspettasse. Paul ogni tanto scoppiava a ridere fingendo
accessi di tosse.
In compenso io stavo seriamente per assassinare il mio capobranco e
trascinarmi all’inferno mio fratello con tutti quei fottuti,
stupidi, idioti ragazzetti di cui si circondava. Sarebbe anche stata
una situazione comica, se non mi stessero rovinando un Momento Mio
Privato E Felice Come Non Ne Avevo Da Secoli. Maledetti pulciosi
bastardi. Mi stavo per far chiudere la vena per davvero, trasformarmi e
farla finita Qui Ed Ora, quando qualcuno parlò dietro di me.
-Cosa state facendo?-
Quella.
Voce.
L’avrei riconosciuta tra mille, anche in mezzo ad una folla
urlante. Mi aveva fatto battere il cuore, me lo aveva frantumato in
pezzi piccolissimi, mi aveva fatta dannare.
Seguii inorridita lo sguardo educatamente incuriosito di Abraham: Sam
era alle mie spalle con la faccia severa ed Emily tre passi dietro di
lui. In un angolino della mia mente mi resi conto che erano loro la
coppia felice che passeggiava sulla spiaggia, e che io non avevo avuto
nemmeno il tempo di accorgermene: Abraham era venuto davvero, mica
potevo badare a tutte le stupide ed inutili quisquiglie che fino a
pochi giorni prima mi avrebbero distrutto il fegato, eccheccazzo!
-Niente Sam, non facciamo
niente, perché, cosa ti fa pensare che stessimo
facendo qualcosa?-
Ahi, gara di testosterone in atto. Territorio Mio, mi sembrava di
vedere scritto negli occhi di Jake, condito da un qualcosa che potevo
leggere come un “Leah adesso è molto
più mia
che tua, le voglio molto più bene io di te, quindi se
ci voglio giocare al gatto col topo sono affari miei e tu non
intrometterti”. Mi sarebbe risultato quasi commovente, se non
ci fosse stato quell’istinto omicida così
preponderante sul resto.
Sam s’ingrugnì, guardò me come per
esortarmi a dire la mia e sbugiardare Alfa Bis, poi il suo sguardo
rimbalzò su Abraham che sembrava sempre più
divertito, infine si riposò su di me e mi guardò
bene in faccia.
Poi realizzò.
Spalancò gli occhi nella sua tipica espressione di Sorpresa
Maxima e indicò col dito Abraham continuando a fissarmi.
Ottimo. Mancava giusto questo per completare definitivamente
l’impressione di trovarsi in mezzo ad un gruppo di evasi dal
più vicino manicomio.
-Leah, ma tu…-
-Sam.-
Grande Emily. Grande sorella. Anni e anni a confidarci i nostri segreti
segretissimi allora non ti sono serviti solo a fregarmi il moroso, alla
fin fine!
Lei sorrise a tutti col suo volto che riesce a rimanere bello qualunque
cosa accada, prese Claire dalle braccia di Quil e menò il
Colpo Basso:
-Allora, cuccioletta, ti va di venire a casa della zia? Ho fatto una
torta proprio come piace a te, sai?-
Lei si mise un ditino in bocca valutando attentamente
l’offerta, perché era evidente che anche la
situazione in corso in qualche strana maniera la divertiva.
–Con la cioccolata?- chiese, per essere ben certa di fare la
scelta più saggia.
-Ah, come hai fatto a indovinare? Proprio con la cioccolata! Che ne
dici, ci portiamo dietro Quil e tutti gli altri dadi?-
-Sì!- decretò insindacabilmente la piccola.
A quel punto fu come aver fatto cadere la prima tessera del domino.
Quil non si sarebbe staccato da Claire, Jake non poteva mettersi a fare
a chi ce l’ha più lungo con Emily, Embry e Seth di
conseguenza e nel caso in cui a Jared e Paul balenassero nella mente
strane idee ci pensò il ringhioso –Andiamo- di Sam
a fargliele scomparire del tutto.
Emily, sei un angelo. Sei una Santa. Sei una benedizione del cielo. Sei
Madre Teresa. Sei Elvis. Sei Dio (sì, Sin City mi
è piaciuto moltissimo, grazie), pensavo guardandola come non
la guardavo da un sacco di tempo. Lei mi sorrise come non mi sorrideva
da un sacco di tempo.
-Ci vediamo presto, Leah!- disse, guidando tutti i suoi cagnolini in
direzione di casa.
-Simpatici, i tuoi amici!- mi disse Abraham appena gli Stronzi
Patentati si allontanarono abbastanza, con gli angoli della bocca
pericolosamente increspati. Siccome gli unici commenti che mi sentivo
di fare avrebbero fatto vergognare uno scaricatore di porto, decisi di
soprassedere e di passare oltre dicendo la prima cosa che mi veniva in
mente, perché sicuramente non poteva essere nulla di peggio.
Sbagliai.
La prima cosa che mi venne in mente fu: -Quello era il mio ex.-
“Mai parlare di un ex quando stai uscendo con un
altro” è una regola importante, basilare, primaria
e fondamentale nella costruzione di un sereno e duraturo rapporto
d’amore, lo sanno anche i sassi, e lo so pure io. Allora,
Grande Spirito E Tutti I miei Antenati, perché?
Abraham come al solito rimase calmo, ma si rabbuiò. Forse un
osservatore meno attento, meno ossessionato da ogni suo minimo
cambiamento nel volto non se ne sarebbe accorto, ma io sì.
Fu come se una nuvola avesse coperto il sole. Andai in panico.
-Si vede che ti è ancora molto affezionato-,
commentò semplicemente.
A me si bloccò il respiro. Stai a vedere che quel dannato
Sam non ha ancora finito di farmi soffrire. Stai a vedere che riesce a
mettermi i bastoni tra le ruote proprio adesso. Maledizione, ma proprio
oggi doveva venire in spiaggia? Proprio con me doveva fare il fenomeno?
Non gli era chiaro che stavo cercando di evitarlo da mesi, quale parte
di “viviti la tua vita perfetta e non cercarmi, non
guardarmi, non pensarmi neppure” gli era sfuggita?
-Beh, mi sarà affezionato senz’altro. Non che
questo conti molto, però-, balbettai. Sentivo il viso
caldissimo, dovevo essere arrossita di rabbia. Pure.
-Non avevo capito che foste rimasti amici-.
Merda. L’aveva detto col tono più neutro che
avesse, ma la nota discordante che le mie orecchie innamorate colsero
stridette come il gesso sulla lavagna. Rimasti amici. Io e Sam. Feci
una breve risata, che in verità uscì molto
più simile ad un ringhio.
-Non siamo rimasti amici. Non ci tiriamo i coltelli, ma non ci
frequentiamo più-.
Dal suo sguardo colsi un orrido messaggio: non ci aveva creduto manco
per un istante. Pensai di andare a prendere Sam, legarlo, ucciderlo e
mandarlo in busta chiusa a quel vampiro italiano, quello che odiava i
lupi mannari, allegato ad un mazzo di fiori.
-Ah, capisco. Ma non ti aveva lasciata per un'altra? O la loro
relazione è già finita?-
-Beh, no… l’altra è la ragazza che era
con lui, Emily…- ribattei perplessa. C’era
qualcosa che non andava: in genere tutti si accorgevano del fatto che
Sam ed Emily fossero una coppia. Persino i muri. Lui mi
lanciò uno sguardo strano, perplesso a sua volta.
-Ma… il tuo ex non è quel Jacob Black?-
Oh. Mio. Dio. Certo non fui molto carina, ma gli scoppiai a ridere in
faccia, biascicando –Jacob Black!- tra un respiro e
l’altro.
-No, eh?- mi disse sorridendo quando ebbi finito di ridere, una mano
dietro la nuca in quel gesto universale maschile d’imbarazzo.
-Ma no! Jake è esattamente quello che ha detto di essere:
uno dei miei più cari amici che voleva vedere cosa facevo
oggi perché si sente molto Maschio Alfa e deve avere tutto
sotto controllo… il mio ex è Sam, e tra me e lui
non c’è più assolutamente niente!-
Era vero: cioè, era vero da circa una settimana a questa
parte. Ma perché perdersi in inutili e puntigliosi dettagli?
Mi stavo appena rendendo conto che mi ero giustificata con Abraham di
qualcosa che non aveva ragione di essere giustificato con uno che
conoscevo da una settimana, e che comunque era sembrato infastidirlo.
Stavo per chiedergliene la ragione, quando lui mi precedette. Bastardo
lui e i suoi quasi vent’anni di esperienza in più.
-Scusa, cos’è esattamente che il tuo amico Maschio
Alfa doveva avere sotto controllo, oggi?-
Lì mi sentii come i tizi dei cartoni animati giapponesi,
quando venivano colpiti da un gigantesco masso caduto dal cielo che gli
si frantumava in testa. I neuroni gripparono e le corde vocali mi si
annodarono tra loro.
-Ma no… niente di particolare… così,
è un modo di dire…- balbettai pietosamente.
-Senti, ho una proposta-, proruppe Abraham. Lieta del cambio di
argomento, mi apprestai fiduciosa al vaglio di essa. Lui
fissò il sole che stava rosseggiando sull’acqua e
guardò l’orologio.
-Si sta facendo tardi, e certamente tra poco dovrai andare a cena. Io
ho guardato le previsioni del tempo su tre siti diversi e
incredibilmente sono tutti concordi sul fatto che sabato ci
sarà il sole. Posso proporti una giornata di trekking con
pranzo al sacco, o devo prima passare da Jacob Black e tutti gli altri
tuoi amici?-
M’illuminai d’immenso. Non era scappato a gambe
levate dopo tutto ciò, incredibile. Cosa significava? Potevo
illudermi che almeno questa volta andasse a finire bene?
Accettai con entusiasmo, assicurandogli che a Jake ci avrei pensato io.
Cosa che peraltro feci il giorno dopo, radunando tutti quelli del
branco e trasmettendogli in diretta una sfuriata di quelle che non
avrebbero dimenticato mai più, comprensiva di promessa di
fargliela pagare settanta volte sette. Per farsi perdonare mi offrirono
da bere per una settimana intera.
NOTE:Note: gentaglia, ma a voi piace "Frankestein Junior"? Perchè
ho notato che, a differenza di "Robin Hood un uomo in calzamaglia" o
"Balle spaziali", che a chi più e a chi meno piacciono a
tutti, quello c'è chi lo adora e chi non ride per niente. Io
sono una di quelli che ridono (tranne nella scena del vecchio cieco,
lì riesco a commuovermi XDD)! Non so perchè
immagino Sam totalmente privo di senso dell'umorismo. L'ho sempre
immaginato così, però. Ho lasciato in originale
la battuta sui lupi mannari perchè nella traduzione italiana
("Lupi ululì, castello ululà") il dettaglio del
mannaro si perde, ed era quello che invece volevo conservare.
E sempre parlando di film, anche la frase che pensa Leah rivolgendosi
ad Emily è presa da un film, che è anche un
fumetto, ossia "Sin City": la dice Dwight a Miho nell'episodio
"Un'abbuffata di morte".
Infine, la stupidaggine: ma voi da piccoli la cantavate la filastrocca
in cui ad un certo punto compariva "l'indiano bello col chiodo nel
cervello"? A me faceva morire dal ridere, assieme a quella del
"fantasma della zia Gioconda che ripuliva la sua tomba nera e fonda"!
Ero una bambina adorabile!
Bene, che dirvi se non GRAZIE?
A tutti, dal primo all'ultimo. Per ogni vostra risata, per ogni vostra
lettura, per ogni vostra parola, GRAZIE.
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 - Un capitolo davvero bellissimo ***
CAPITOLO 4
Un capitolo davvero bellissimo
Avendo trascorso tutta la giornata di venerdì a cazziare i
miei compagni di branco il sabato arrivò velocemente e senza
troppe ansie da parte mia (sfogarsi sugli amici aiuta parecchio in casi
di questo genere). Come avevano promesso i tre diversi siti il tempo
era splendido, e come avevano solennemente promesso i quattro Lupi In
Fabula non ci sarebbe stata ombra di creature sovrannaturali intorno a
noi, quel giorno.
La mattina trascorse meravigliosa senza niente da segnalare, se si
eccettua l’euforia che provavo di fianco ad Abraham; la cosa
strana dell’amore è che l’hanno provato
praticamente tutti, ma ognuno crede di essere L’Unico E Solo
A Vivere Sentimenti Così Forti. E ricordiamo inoltre che in
realtà Pedro non è tuo padre, è tuo
figlio, e Brooke ancora una volta si è scoperta innamorata
di Ridge. Incredibile quanto facciano ridere i sentimenti, se li si
osserva da vicino.
Chiacchierammo e ridemmo tanto e chiacchierammo ancora, poi quando il
sole fu a picco ci trovammo una radura comoda e ci sedemmo sul grande
telo che avevo portato a mangiare i nostri panini. Era una cosa
così normale stare serenamente al sole con una persona
accanto, scalza a mangiare un hamburger gigante, senza lupi, vampiri o
Sam in mezzo ai miei pensieri, che mi veniva quasi da piangere. Decisi
di vivere questa situazione con calma, senza essere sopraffatta
dall’imprinting, di godermi i singoli istanti e frenare gli
istinti animali.
Come ogni volta, se prendo una decisione del genere è
matematico che capita qualcosa che poi me la fa crollare miseramente, e
di solito questo qualcosa accade per colpa mia.
Chiedere a bruciapelo –Ma l’altro giorno
l’atteggiamento di Jake ti ha dato fastidio?-, per esempio.
Perché Lui ci pensò su un momento,
corrugò le sopracciglia e intrecciò le mani,
tutti segnali che avrebbero dovuto suggerirmi che mi stava per dire
Qualcosa Di Serio. Ma allora non lo conoscevo abbastanza per saperlo.
-No, all’inizio no. Anzi, mi divertiva.-
-E quand’è che ti ha dato fastidio, che gliela
faccio passare io la voglia di fare lo scemo?-
Lui ridacchiò. –No, no, lascialo stare, non ha
fatto niente di male! Ero io che…- s’interruppe.
Poi fece un’espressione risoluta, quella del giocatore che
decide di giocarsi tutto in una sola mano, vada come vada.
–Quando ho frainteso, pensando che fosse il tuo ex. E che voi
aveste un legame affettivo così evidente. È stato
lì. Ma come vedi non è colpa sua.-
-Ah-, boccheggiai, cercando di calmarmi onde impedire al cuore di
sfondarmi la cassa toracica e fare un giro nel bosco per i fatti suoi,
-ti ha davvero dato fastidio questo?-
-Sì-. Rispose. E basta. Secco e risolutivo, guardandomi
negli occhi, fulminandomi d’azzurro.
Fulminandomi troppo. Bruciandomi i neuroni. Sopprimendomi i buoni
propositi. Facendomi il funerale alla razionalità.
Taglio corto.
L’ho baciato.
È stato un bacio lento e lungo, e all’inizio un
po’impacciato. Non ero più abituata. Quando sei
talmente assuefatta al fiele che ormai neanche ti accorgi
più che è amaro, riempirti la bocca di miele
può essere parecchio destabilizzante, all’inizio.
Mi staccai senza fiato, mi sentivo le labbra bollenti, il viso rosso,
le mani sudate.
Lui sembrava pensieroso, ma gli occhi scintillavano. Mantenne un tono
di voce calmissimo, quando dopo qualche interminabile secondo mi
rivolse la parola.
-Mi hai appena fatto infrangere la mia ultima regola, Leah. Ti sembra
una cosa carina?-
-Quali regole, scusa?-
Lui le elencò con innaturale lentezza, alzando le dita una
dopo l’altra.
-Uno: la pausa caffè è sacra e intoccabile e non
si condivide con nessuno, foss’anche il Presidente in
persona. Due: i clienti sono solo clienti, anche se te li raccomanda
Charlie. Tre: non ci si fa invitare da una donna, non è
galante. Quattro: non si esce con una ragazza giovane e bella, neanche
nel bosco, anzi, soprattutto nel bosco. Cinque: non ci si fa sedurre
dalla suddetta.-
-Finite?- chiesi, alzando le sopracciglia.
-Finite. Almeno, però, non ho infranto la regola numero
zero!-
Il luccichio di divertimento nei suoi occhi fu immediatamente seguito
dall’onnipresente ghigno beffardo. Io ovviamente feci la
domanda che si aspettava.
-E qual è la regola numero zero? Una cosa tipo
“non ci sono regole”?-
-Ma no! Sarebbe: mai evitare di godersi le giornate di sole!-
Adesso il ghigno era diventato un sorriso trionfante, e i suoi occhi
erano troppo azzurri. Ed io non sono mica di pietra. Lo baciai di
nuovo, con impeto.
Ero rapidamente giunta alla conclusione che non si può
fermare il fiume con le mani, quindi tanto valeva farsi trascinare
dalla corrente. Tale conclusione veniva sottolineata dal fatto che
Abraham con le mani non stava cercando di fermare proprio nessun fiume;
diciamo che ci avevo visto giusto, la prima volta che me
l’ero trovato di fronte: mani lunghe, abili ad accarezzare.
Impiegai davvero poco a stare al passo: l’avevo studiato
talmente tanto che ero letteralmente bramosa di sapere se tutto quello
che mi ero figurata, sognata e immaginata corrispondesse al vero.
E naturalmente non gli corrispondeva.
Perché Lui era mille volte meglio.
Perché Lui, signori, sembrava avere la mappa del mio corpo
stampata nei geni, e pareva non avere intenzione di lasciare nulla di
intentato; non avevo mai provato qualcosa di così completo,
di altrettanto travolgente. No, neppure con Sam. A proposito: ma chi
cazzo è ‘sto Sam?
-Leah, a costo di sembrare scemo, vorrei dirti che questa è
la prima volta che mi succede.-
-Ah sì? Strano, sembravi parecchio scafato!-
Era steso sulla tovaglia da pic-nic, un braccio attorno a me e
l’altro alzato a schermarsi gli occhi dalla luce del sole. Si
era rimesso quegli inutili pantaloni, purtroppo, ma almeno era rimasto
a torso nudo. No, il suo torace non era marmoreo e scolpito, dai
tartarugati addominali guizzanti ed i pettorali prorompenti; direi che
era un torace piuttosto normale, fatto per la funzione che dovrebbero
assolvere i toraci, in questo preciso caso farmici appoggiare sopra la
testa nel punto in cui si sente il cuore.
Mi guardò perplesso, poi si mise a ridere.
-Ma dai, cretina! Intendevo: non credere che sia uno abituato ad avere
intrallazzi di vario tipo con le figlie dei miei clienti o con le
ragazze più giovani di me. Di solito sono una brava persona.
Una gran brava persona.-
Meno male, pensai, che con me sei stato cattivo. Ci mancava il puritano
del Solo Con L’Anello Al Dito, mi sarei direttamente sparata
con una pallottola d’argento. Ovviamente non glielo dissi.
-E che cos’è che ti ha fatto cambiare idea?- gli
chiesi invece. Ero curiosa. E sulle spine. Lui attese un momento,
corrugò le sopracciglia e poi rispose, calmo.
-È stata colpa tua, naturalmente. La prima volta che ti ho
vista eri la ragazza più buffa del mondo, ma allo stesso
tempo eri così sensuale, praticamente nuda con quegli
stracci addosso, che mi sei rimasta in testa per delle ore.-
-Buffa…- ringhiai.
-E sensuale. Che fai, Giglio Tigrato, perdi i pezzi?-
Giglio Tigrato. No, rendetevi conto. L’avevo rimossa, questa
tizia. Lui aspettò che finissi di ridere, poi
proseguì. Evidentemente mi doveva dire qualcosa di
Fondamentale, pensai.
-Poi, il giorno dopo, io sono lì che butto
l’occhio fuori dalla finestra dello studio e tu arrivi
precisa. Buffa, di nuovo. Aspetto che tu salga, ti sento che arrivi,
apro la porta, e sei di nuovo sensuale. Mi hai incuriosito talmente
tanto che mi sono azzardato ad offrirti il caffè, e guarda
che prima non scherzavo: ho sconvolto la mia segretaria, e da quel
giorno mi chiede sempre “novità,
avvocato?” con in faccia quell’odiosa espressione
saputa di chi ha già capito tutto, e neanche ho la
soddisfazione di poterle dare torto!-
Risi, affondando la faccia nella sua clavicola. Alzai lo sguardo e i
suoi occhi azzurrissimi di sole brillavano.
-Sono lì che mi chiedo come fare a rivederti, pensavo
già di dover inventare cose inutili da portare a tua madre,
e invece tu mi batti ancora. Da lì, mia cara, è
stata una specie di slavina. Sei un capolavoro, Leah. E oggi... non
c’è mai il sole, a Forks. Quando
c’è, tutte le altre cose si mettono da parte.
L’unica cosa giusta da fare è godersi la giornata.-
-Te l’ho detto che adoro questa tua filosofia?- chiesi io,
che vedo la pioggia anche quando non c’è, e la
Natura lo sa che l’uomo perfetto per me è quello
che invece disperde le nuvole.
-Me l’hai detto adesso!- Rise Lui. Poi si girò su
un fianco, allungandomi la maglietta.
-Rivestiti, dai, che prendi freddo e poi voglio vedere cosa racconti a
tua madre!-
Prendo freddo. Io. Gli presi la mano e la portai sul mio viso, sul
collo, sul seno. Sperando ardentemente che non ci fossero foglie secche
in prossimità di me, anche se a Forks lo vedo improbabile.
-Ti sembro una che sta prendendo freddo?- La mia voce si era arrochita.
Tanto. Controllati, accidenti, dissi al mio corpo che andava per conto
suo, devi proprio fare la figura della cagna in calore?
Ad Abraham quella figura lì parve comunque non dispiacere
particolarmente.
-No, in effetti no-, rispose, incurvando le labbra in quel suo
sorrisetto ironico e beffardo e proseguendo la mia carezza sul corpo,
scendendo lungo il ventre.
Ci mise poco a togliersi di nuovo i pantaloni. L’avevo detto,
io, che erano inutili.
Non vi dico i compagni di branco. No, perché non ci si crede.
Appena tornata a casa Seth mi requisì per portarmi
giù a First Beach, dove avevano passato il pomeriggio ad
allestire un falò, riempirsi di schifezze e procurarsi birra
con la scusa che tanto per riuscire ad ubriacare uno di noi
bisognerebbe prosciugare la Germania. A quel punto hanno voluto sapere
com’era andata; io, che ancora mi aggrappo tenacemente alla
convinzione di far parte della razza umana, avrei voluto raccontare a
voce la mia giornata, ma loro? Figuriamoci: avrei potuto mentire od
omettere pezzi importanti (che in verità era proprio quello
che avevo intenzione di fare, mica per cattiveria, ma insomma, trovo
che un brandello di pudore ogni tanto sarebbe carino conservarlo), ed
avrebbero dovuto stare
in silenzio ad ascoltarmi, e perché farlo
quando, parole testuali di Jacob, “basta che ci trasformiamo
giusto quei cinque minuti e poi mettiamo su le salsicce”?
E io contro gli ordini di Maschio Alfa perdo. Ed anche contro le
salsicce.
Dopo quei famigerati cinque minuti partirono gli incitamenti, le urla e
i cori da stadio, corredati da biechi commenti sulla
sessualità di Abraham degni dei Peggiori Bar Di Caracas che
misi a tacere aiutata da Seth. Per nessuna ragione apparente infatti
quest’ultimo aveva deciso di mettersi a fare la parte del
fratello oltraggiato, e beveva cupo del rhum spuntato fuori da
chissà dove minacciando di tanto in tanto di prendere il
fucile ed andare ad aspettare sotto casa quel bastardo bianco che aveva
sedotto sua sorella. Embry obiettò che lui il fucile non lo
sapeva usare e comunque avrebbe provocato molto più danno
con un semplice rullo di botte, Seth sputò per terra e
ribattè che le tradizioni vanno rispettate. Quando Quil gli
fece presente che non c’è nessuna tradizione dei
Quileute che preveda di sparare col fucile agli amanti delle proprie
sorelle, Seth rispose che adesso c’era. Jacob ci
pensò su e disse che in effetti vista così la
cosa non gli dispiaceva per niente, e che siccome lui era capobranco
dichiarava millenaria questa nuova usanza e annunciava la prossima
morte di Paul. Io mi chiedevo a chi era venuta in mente la teoria per
cui i licantropi non si ubriacano, perché questi mi
sembravano tutti un pezzo in là; ma dal momento che
anch’io ci stavo andando giù pesante e non sentivo
che un lievissimo giramento di testa conclusi che erano semplicemente
un gruppo di scemi.
Attualmente lo spettacolo migliore lo stava dando Jacob, che in piedi
su un ceppo di legno come su un pulpito stava per motivi ignoti anche a
lui battagliando al telefono con tutta la famiglia Cullen.
-No, Bella, non sono ubriaco, passami Carlisle, te lo dice lui che i
licantropi non possono ubriacarsi! Nessie è lì?
Ma come sarebbe è con Rosalie? Perché sta con
Barbie Girl in a Barbie World? Cosa ride Alice? Diglielo, che la sento!
Lo so che mi senti anche tu, ciao nana, cosa ridi? No, no, Bella, non
ti stiamo facendo reggere il telefono mentre facciamo conversazione tra
noi, dai, strappa tua figlia dalle grinfie di Narcissa Malfoy e
passamela! Ecco, mentre l’andate a chiamare passami mio
suocero, che Seth gli deve parlare! Ma Edward, no? E chi, scusa? Deve
chiedergli di prestargli la Ferrari, perché da ormai
diecimila anni i Quileute ammazzano i propri nemici andando a casa loro
in Ferrari per poi fucilarli! Ma non siamo ubriachi, ti dico! No,
dì a Emmett che la sua Hammer non la vogliamo,
perché non è rossa come il sangue! Sì,
poi se Psycho ci monta il NOS Dominick Toretto ci fa una sega! Oh,
sento Nessie! Passamela! Ciao mostro, ti volevo dare la
buonanotte… Ragazzi, dite tutti
“buonanotte” a Nessie! Sì che vengo
domani mattina, tu quando ti alzi mi telefoni ed io vengo.
Dì a tuo papà che lo sento! Sì, anche
se ti alzi alle cinque, ma perché poi ti dovresti alzare
alle cinque? Ma scusa, mostro, allora guarda le corse col
papà e le zie, e poi io vengo e mi dici chi ha
vinto…ok, no. Agli ordini. Ci vediamo domani, allora. Fai
dei bei sogni. Per esempio potresti sognare me! Edward, ti sento! Va
bene, Nessie, buonanotte! Certo che ti voglio bene, te ne voglio
più di tutti! Ciao, mostro! Ragazzi, Nessie vi saluta. Cazzo
avete da guardare?-
Ridemmo fino alle lacrime. Io ero stesa nella sabbia con i crampi alla
mascella ed i lacrimoni, rendendomi conto che stavo passando La
Più Perfetta Giornata Della Mia Vita.
All’improvviso Seth si riebbe e mi si avvicinò con
un ghigno sinistro, le fiamme verdastre che gli creavano strane ombre
sul viso, la bottiglia del rhum semivuota.
-E così ti ha invitata fuori a cena, eh? “Cena
italiana a Port Angeles”, eh?-
Abraham mi aveva invitata fuori mentre tornavamo a casa, dicendo che un
conto è invertire l’ordine di due o tre tappe
dell’inizio di una relazione, un conto è saltarne
qualcuna di fondamentale tipo uscire a cena (pregasi notare la parte
importante: aveva proprio detto “relazione”).
-Sì Seth. Sì. Che diamine
c’è, adesso?-
Lui rise, una risata isterica, da pazzo. Noi lo guardavamo perplessi ed
anche un po’ preoccupati.
-E adesso voglio vedere come lo racconti alla mamma!-
Jacob, Quil ed Embry ricominciarono a ridere come scemi, mentre io
cercavo di farmi passare il brivido freddo che mi era corso lungo la
schiena. Per fortuna a quel punto mio fratello lanciò a Quil
la bottiglia e mi stritolò in un abbraccio spaccaossa come
non me ne dava più da quando alle elementari gli avevano
detto che le femmine fanno schifo e non si toccano, dicendo che mi
voleva bene ed era felice per me e aveva dovuto farsi fuori una
bottiglia quasi intera per riuscire a dirmelo. È ufficiale:
sono imparentata con un cretino.
Molte ore, salsicce, birre e cazzate dopo mi trovai seduta a fianco di
Jake, osservando mio fratello dormire ed Embry e Quil tirare sassi
nell’acqua.
-Siete stati davvero carini, Jake. Grazie. Che poi se la giornata fosse
andata male avreste dovuto saltare la festa, e considerando la mia
Sfiga Brevettata avete corso un bel rischio!-
Lui mi passò la birra che aveva in mano, sorridendo.
-Ma figurati Leah, era ovvio che sarebbe andata bene: gli imprinting
vanno bene per forza, almeno mi auguro…-
Nella bottiglia c’erano non più di due sorsi
contati di birra, quindi appena lo vidi incupirsi la finii per poi
picchiarlo sulla testa con la suddetta.
-Se ti pesco ancora a pensare che quella sottospecie di aborto
amazzonico travestito da Quetzalcóatl possa portarti via il
mostro di Loch Ness ti eviro con un cavatappi, Jacob Black, sono stata
chiara?-
-Ahia, idiota, mi hai fatto male! E comunque, figurati: già
mi sono fatto scappare Bella, ci manca solo questo qui. Se si avvicina
a Nessie gli do fuoco con l’accendigas. Un ultimo appunto,
Leah. La festa si faceva comunque.-
-In che senso, scusa?-
Lui assunse un’espressione trionfante.
-Se ti fosse andata bene, avremmo fatto la festa per festeggiare. In
caso contrario, sarebbe stata una festa di consolazione!-
Ci provò a fuggire di scatto. Ma sono la Più
Veloce, e lo picchiai comunque.
NOTE:Che dire? Si tromba. Non succede niente, a parte una trombata.
Almeno quella.
Custer ci tiene a far sapere che ha anche un'altra regola, che
è "Non parlare mai del Fight Club", ma non era il caso di
inserirla nel contesto...
Ogni riferimento a toraci marmorei e puritani del Solo Con L'Anello Al
Dito è puramente voluto.
Gente, non so come ringraziarvi. Siete... siete... non so, mi dite cose
che... aiuto. Mi lasciate senza parole.
Grazie mille, davvero. Grazie.
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 - In cui si parla di Madre, di scarpe e di vestiti ***
CAPITOLO
In cui si parla di Madre, di scarpe e di vestiti Non è facile essere figli di Sue Clearwater.
Non è tanto il fatto che è una donna con le
palle; è che non le ha quadre, le ha cubiche.
Se mai uno dei succhiasangue decidesse di prendersi Madre, lei col solo
suono della voce comanderebbe le folle. Ovviamente poi quel
succhiasangue morirebbe male, ma non è questo il punto. Se
Madre dice no, è No. Se lo dice a Satana, Satana china la
testa e chiede scusa.
Quando è morto papà si è concessa tre
giorni di lutto, poi si è guardata attorno, ha preso atto
del fatto che doveva occuparsi dei suoi due figli che oltre ad avere
perso il padre non capivano ancora come si collocasse nel mondo il
fatto che esistessero dei lupi mannari e loro erano tra questi, ci ha
guardato in faccia ed ha detto: -Va bene, adesso andiamo avanti.-
È andata avanti e ci ha trascinati avanti con lei.
Sue Clearwater è una locomotiva. Davanti agli imprevisti
papà è sempre stato spiazzato e con
l’avanzare dell’età questo gli
è stato fatale, io faccio finta che vada tutto bene per poi
perdere la testa appena la patina di autocontrollo crolla, Seth abbassa
filosoficamente il capo e aspetta che il momento brutto passi. Madre
no. Madre tira la carretta, e se non ce la fa da sola mette tutti gli
altri dietro a spingere.
È abbastanza ovvio che in queste condizioni fare qualcosa
che lei potrebbe disapprovare è pressochè
impossibile. Sam il Super Maschione Alfa le volte che la vede, pur non
avendo nessuna colpa per il suo imprinting con Emily e sapendo che
Madre lo sa, manca poco che si stenda ai suoi piedi mostrandole la
gola. Billy Black dice che sarebbe stata un gran bel lupo, e sbaglia:
lei non sarebbe stata un lupo, sarebbe stata Il lupo.
Questo excursus Tutto Su Mia Madre è solo per far capire in
che stato ero sapendo che non potevo scampare, dovevo dirle che uscivo
con l’avvocato che le aveva procurato Charlie e che ci uscivo
perché ero innamorata di lui nonostante avesse quasi il
doppio della mia età e non fosse non solo uno della riserva,
ma nemmeno un nativo. Augh, tu essere puttana dei visi pallidi.
Tentai subdolamente di prenderla larga.
Un paio di sere prima della Giornata Fatidica la beccai sul divano del
salotto intenta ad indovinare la parole di un quiz. Mi presi dunque una
lattina di birra dal frigo e ne portai una anche a lei, assicurandole
che non l’avrebbe mai saputo nessuno. Mammà
sorrise e aprì la sua birra, il profilo illuminato appena
dalla luce del sole lucido che tramontava dietro la pioggia sottile. Le
somiglia più Seth di me, pensai.
-Allora ma’, non viene Charlie Swan, oggi?- Chiesi.
-Oggi? No, Leah, perché? Hai bisogno di qualcosa da Charlie?-
-No, era solo perché, beh, mi sembra che andiate molto
d’accordo voi due ultimamente…-
Lei mi guardò assorta. Una musichetta da film western ci
sarebbe stata benissimo.
-Sì, Leah, andiamo d’accordo. Lo conoscevo in
maniera superficiale, invece ho scoperto una persona molto piacevole.
Ma entrambi, come ben sai, abbiamo dei figli che vengono prima di ogni
altra cosa. Senza contare che siamo tutti e due vecchi e stanchi-,
aggiunse con un sorriso che diceva tutt’altro.
-Ma dai, mamma, che c’entriamo noi? Siamo tutti abbastanza
grandi, figurati! Forse all’inizio mi dava un po’
fastidio avere un dannato poliziotto in giro per casa, ma adesso
è tutto a posto, sai?-
-Farà il paio con l’avvocato!- piazzò
lei, ridendo sotto i baffi. Colpita e affondata.
Sputai per tutto il salotto il sorso di birra che avevo in bocca, per
poi abbaiare –Cosa ti ha raccontato Seth?- appena mi ripresi.
Decisi in cuor mio che in fondo un fratricidio non era poi un delitto
così mostruoso, visto che perfino Dio non aveva permesso a
nessuno di far del male a Caino.
-Seth non mi ha raccontato un bel niente, signorina. Ma sei mia figlia,
ti ho portato in grembo e ti ho cresciuta, e sarei proprio una madre da
poco se non riuscissi a capire neppure queste cose. Senza contare che
viviamo a La Push, e il pettegolezzo è uno sport parecchio
diffuso qui; chiaro che se te ne vai in giro in spiaggia con un uomo lo
vengo a sapere ancora prima che rientri a casa!-
Ma porca merda. Tutti questi dannati indiani fancazzisti ed impiccioni.
Dove sono i cow-boy quando servono? Lei ovviamente continuò.
-Oltretutto sono molto più vecchia di te, e il tuo tentativo
di cercare di fregarmi barattando il tuo favore a Charlie in cambio del
mio non avrebbe mai funzionato. È puerile e malfatto, ma
spero che almeno su questo l’avvocato possa migliorarti.-
Risi, ma mi bloccai quando mi accorsi che lei mi stava invece guardando
accigliata.
-E allora, Leah, cosa volevi dire con tutto questo bel teatrino?-
Strinsi le spalle sotto i suoi sguardi che pungevano come strali e
guardando ovunque tranne che verso di lei biascicai che Abraham mi
aveva invitata a cena per dopodomani e che io avevo accettato.
-Ah, siamo già a questo punto?- commentò secca.
Porca puttana. Meno male che non sapeva proprio tutto, altrimenti
temo che avrebbe dissotterrato l’ascia di guerra da sotto
l’ortensia e sarebbe andata a prendersi lo scalpo di Abraham
indossando un copricapo piumato.
-Mamma… è una cena. Cosa vuoi che succeda? Mi
vesto bene, mangiamo roba italiana, parliamo, poi magari beviamo
qualcosa e mi faccio riaccompagnare a casa!-
Lei mi guardò con l’espressione Non Raccontiamoci
Favole.
-Ma tu, Leah, credi veramente che non li abbia avuti anch’io
vent’anni? E a voler essere pignoli ne ho avuti anche
quaranta, quindi né tu né quell’altro
potete stupirmi in alcun modo. Non provarci neppure.-
Sospirai. –Insomma, mamma… ti va bene o no?-
Mi trapassò con lo sguardo. –Perché, se
dicessi di no cambierebbe qualcosa?_
Cazzo. Cazzo, cazzo, cazzo. Non credevo che potesse essere
così difficile; Sam le era andato bene subito…
certo che poi, visto come era finita, magari aveva fatto tesoro
dell’esperienza e come risultato adesso faceva la severa con
L’Uomo Della Mia Vita. Che razza di sfiga.
Ma per quanto amassi follemente mammà, la risposta era a
senso unico. Mi ersi come un’aquila e affrontai fiera Madre.
-No mamma, non cambierebbe niente. Non da parte mia, almeno, e mi
auguro che tu non ti comporterai come le suocere terribili da
soap-opera di serie zeta. Però ecco, se tu fossi contenta, o
se almeno aspettassi di vedere se questa volta mi va bene prima di
arrabbiarti, io sarei molto più tranquilla.-
Lei mi guardava in silenzio, accigliata, severa come un idolo.
-Dai mamma, fai la brava, per piacere!- implorai.
Lei scoppiò a ridere. Ma tanto, e di gusto, ’sta
stronza.
-Ti sto prendendo in giro, sciocca! Fai quello che vuoi, sei grande,
vaccinata e ti trasformi in lupo mannaro. Se dovesse andare male, Leah,
io ho le spalle grandi, lo sai. Ma a occhio e croce stavolta direi che
potrebbe anche andare bene!-
-Mamma! Ma ti sembra il caso? Sei impazzita?- poi mi interruppi,
valutando il senso del suo discorso. –Davvero pensi che
andrà bene?- chiesi ansiosa. Sono donna, il parere di
mammà conta eccome.
-Hai cambiato faccia da quando quell’avvocato ha messo piede
qui. È tornata la mia Leah, e solo per questo già
sta andando bene, perché mi mancava tanto. E Abraham Custer…
è stato irreprensibile, ma non ti ha perso di vista nemmeno
un secondo. Certo, a voler essere pignoli è un po’
troppo grande e non è nemmeno un nativo, ma credo che tu
abbia bisogno che ti stia accanto un uomo più
grande… l’ho sempre pensato, sai, anche se non
credevo così tanto. Vacci pure a cena Leah, ma mi raccomando, fai la brava!-
E certo. La brava, come no.
Il meglio però fu Seth. Quella sera venne nella mia camera,
mi chiese di non parlare e mi snocciolò il suo discorso
tutto d’un fiato:
-Leah, io sono felice per te, davvero. Ma ricordati bene di una cosa:
se questo Custer ti fa soffrire, se io ti vedo solo una volta piangere
per colpa sua, appena lo saprò, perché io lo
saprò, sai bene come, questa volta non va a
finire come con Sam. Questa volta io l’ammazzo. Ci siamo
capiti?-
-Devo attaccare la musica del Padrino?- fu la mia risposta.
Lui s’incupì, ma non aggiunse altro.
Tornò in camera sua e quando fu sulla soglia mi
gridò –Io ti ho avvertito!- per poi chiudere la
porta sbattendosela alle spalle.
-Leah, vieni con me e Seth? Andiamo dai… cacchio!-
La privacy, a casa mia, era come il lupo marsupiale della Tasmania:
estinta.
Con la scusa che tanto ormai non c’era nulla che non si
sapesse degli altri membri del branco, tutti tendevano a fare quel
diavolo che gli pareva come ad esempio, nel caso contingente,
spalancare la porta della mia camera mentre mi provavo il vestito per
la cena italiana. Fortuna che almeno l’avevo già
addosso.
-Toc toc. Chi è? Sono Jake, posso entrare? Un
momento… sì, avanti. Dai, ripeti. Vedrai che ce
la fai, se t’impegni.
Lui sbuffò e agitò la mano, come se le mie parole
fossero inutili mosche che gli ronzavano intorno.
-Certo, certo… Però, Leah, che gran fica che sei!
Guarda che così lo ammazzi quel povero vecchio!-
-Uno che potrebbe andare in galera con solo una mezza parola sbagliata
dovrebbe stare attento a come definisce le Anime Gemelle degli altri,
sai Jake? Specialmente poi considerato che parli tu, che chiami la tua
col nome del mostro di Loch Ness!-
Ridacchiò. –Ma, infatti, io sono conscio delle
caratteristiche intrinseche di Nessie. Quindi tu Abraham lo potresti
soprannominare Nonno, per esempio. Comunque stavamo proprio andando dai
Cullen, io e Seth; vieni anche tu per una volta! Magari finisce che ti
piacciono!-
Lo fulminai. Non ne volevo neanche sentirne parlare. Già mi
faceva schifo che mio fratello tornasse a casa con addosso
quell’odore cimiteriale di fiori in decomposizione,
figuriamoci se mi ci andavo ad infilare in mezzo quando non ne ero
obbligata.
-Farò finta di non aver sentito. Già che ci sei,
guarda bene: così o così?-
Avevo optato per un abitino nero, molto femminile, dalla linea
semplice; non che avessi una gran scelta in fatto di abiti eleganti, ma
quello mi era sempre piaciuto un sacco: faceva talmente tanto Audrey
Hepburn che in quanto ad eleganza era praticamente una certezza. Ora
ero dilaniata da un dubbio: ci mettevo la spilla di tessuto bianco e
nero con le piumette, o la cintura alta in vita? Jake mi
guardò, perplesso.
-Mah. Boh. Sono belle tutte e due. Dai, che ti frega, metti la prima
che capita, gli uomini non le guardano mica queste cose!-
Ecco cosa vuol dire avere solo amici maschi. Pensare che non li chiedo
mai i consigli sull’abbigliamento. Mai. M’importa
anche poco, in genere, del modo in cui sono vestita. No ragazzi,
davvero, l’Amore è uno stronzo. Se lo conosci lo
eviti.
-Comunque Jake, anche volendo, e non vorrei, non potrei venire con voi:
oggi pomeriggio vado con Emily a Port Angeles.-
-Con Emily?-
-A Port Angeles. Devo trovare un paio di scarpe decenti. Sai,
stamattina è passata da casa con la scusa di lasciare delle
cose a mammà, e così… Una volta,
neanche troppo tempo fa, era praticamente mia sorella, Madre dice che
Tutte Le Donne Sono Sorelle e poi l’amore rende tolleranti.
Sono quasi sicura che non l’ammazzerò, oggi.-
La previsione rischiò di non avverarsi, perché
ovviamente ci si mise di mezzo il Destino Porco Bastardo che decise di
accanirsi nell’unico modo in cui gli fu possibile farlo: a
Port Angeles non vidi un paio di scarpe decenti nemmeno col binocolo,
le uniche che potevano quasi soddisfarmi erano di marca e non mi
sembrava il caso di accendere un mutuo per un paio di tacchi. In tutto
questo, poi, si aggiunga che il lungo distacco mi aveva fatto
dimenticare una caratteristica topica della mia
cugina-sorella-rubafidanzati: ossia che Emily è bellissima
(o almeno lo era prima che l’Idiota le scartavetrasse via
mezza faccia), dolcissima, generosissima e la Miglior Cuoca Dello Stato
Di Washington, ma è disperatamente malvestita.
Cioè, non è che parli la Carrie Bradshaw Delle
Minoranze Etniche, io sono la prima che esce di casa messa come il
porco, ma almeno due nozioni due mammà me le ha inculcate, a
forza di “non si abbinano le fantasie diverse” o
“blu e kaki non vanno insieme, e comunque lascia perdere il
color kaki, non sei mica nella savana”. Lei no. Lei non
capiva perché non andassero bene quelle scarpe
così antiche che forse avrebbe schifato anche la Terza
Moglie o quelle tremendamente rosa da Reginetta Del Ballo. Ed io non
potevo sbottarle contro, che senso ha passare sopra gli screzi in nome
dell’Amore e poi mandarla definitivamente a fare in culo per
un paio di scarpe?
Così tornai a casa senza aver comprato niente, Nera Come La
Muerte, ma con una Emily felicissima e la promessa di una torta grassa
e buonissima piena di cioccolato per il giorno dopo.
L’Epilogo Glorioso Di Questa Nobile Quest fu che dopo cena
Jake riaccompagnò Seth recando seco un grosso sacchetto e
sfoggiando l’espressione da bambino che ha fatto una
marachella e non sa bene cosa aspettarsi da sua madre.
-Leah, scusa, sai, non è che io volessi dirglielo, ma Edward
legge i pensieri e poi non siamo riusciti a fermare Alice…
dice che tanto a Port Angeles non avresti trovato niente, e non
perché può vederti,
non può, ma è che dice che lì i negozi
fanno proprio schifo, punto… Dice che puoi tenerle, tanto
l’unica col tuo numero è la psicopatica che
sicuramente non si metterà le stesse scarpe che ha indossato
una di noi. E dice anche che la spilla è più
bella della cintura, è più
particolare… scusa…-
Nel sacchetto c’era una scatola da scarpe bianca e rosa,
legata con un nastro. Dentro c’erano un paio di
decolleté nere a tacco alto, con davanti una fila di
brillantini ai quali erano agganciati dei piccoli Swarovski pendenti. E
un pendente era attaccato anche al tacco, come una goccia di cristallo.
Puzzavano di vampiro, ma erano il mio numero e, porca merda, erano
davvero bellissime.
L’amore rende tolleranti? E tolleriamo, cazzo.
-Va bene,- ringhiai, -ringrazia i Cullen. Ma le terrò solo
in prestito, poi gliele riporti, e che la psicopatica faccia di loro
quello che le pare.-
Jake sorrise, sollevato. –Vedi che in fondo, alla fine, non
sono poi così male?-
NOTE:La mamma di Leah e Seth si chiama davvero Sue. Quanto sia Mary
non lo so, ma suppongo parecchio, dato che tutti la adorano e appena
rimane vedova imbrocca immediatamente due omini (Billy e Charlie)!
Scherzi a parte mi è sempre sembrata una donna molto forte,
ed è così che ho cercato di rappresentarla.
Perché Emily è malvestita? Perché da
qualche parte, in non so quale dei libri, la Meyer le aveva messo una
mise allucinante. Ora, la Meyer manda Bella al suo primo appuntamento
con camicia blu e gonna lunga color kaki, e lascia che Edward vada a
fare trekking con pantalone kaki, camicia bianca e pulloverino
(praticamente vestito come i vecchietti del bar), quindi magari il
problema non è di Emily ma della Meyer, però
insomma… Emily è Santa et Perfetta,
potrà almeno vestirsi male, no? Carrie Bradshaw (che nomina
Leah) è la protagonista di “Sex and the
city”, e naturalmente anche i consigli di mammà
sugli abbinamenti NON sono puramente casuali! XDD
le scarpe di Leah esistono, sono di Les Tropeziennes e io LE HO.
Già, le ho. Trovate in supermegasaldo, una botta di culo
allucinante perché costavano uno sproposito ed era da un
anno che le puntavo, ma le ho.
Ok, capitemi, lo so che non ve ne fregava nulla, ma sono una maniaca
delle scarpe! E quelle sono bellissime, giuro!
Bene, detto ciò, vi ringrazio di nuovo. Grazie per ogni
vostra risata, per ogni vostra parola, e grazie ai vostri mariti per
non avermi ancora mandato i sicari sotto casa (ditegli almeno di
sceglierli fighi, se proprio devono)! Non riesco a ringraziarvi come
vorrei, non so farlo. Sappiate solo che vi adoro!
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 - Ovvero come addomesticare una lupa: prima dalle da mangiare, poi forniscile una tana. ***
CAPITOLO 6
Ovvero come addomesticare una lupa: prima dalle da mangiare, poi forniscile una tana.
-E così appena è uscito a fumare gli abbiamo
scambiato il vino che aveva nel bicchiere con il rosso della casa;
quando è tornato dentro l’ha fatto girare,
l’ha annusato e l’ha bevuto soddisfatto facendo
anche considerazioni argute su bouquet e tannino. Non riuscivamo a
guardarci per paura di scoppiare a ridergli in faccia, sta di fatto che
da quella volta lo chiamiamo Brunello.-
Risi di gusto bevendo il mio bicchiere di vino rosso; Abraham mi stava
raccontando dell’ultima volta che era stato in Italia a
trovare gli amici che aveva là, un anno prima. La
provvidenziale torta al cioccolato di Emily aveva il pregio di avermi
fatto il fondo, così evitai di buttarmi sui ravioli con la
voracità di uno sciacallo, e l’abitino alla Audrey
con annesse scarpe delle vampire avevano fatto la loro porca figura, a
giudicare da come mi stava guardando Lui. Che era bellissimo.
No, davvero. No, non è una questione di imprinting, era
bellissimo obbiettivamente, quella sera. Non che di solito non lo sia.
Ok, magari di solito è imprinting, ma quella sera no. Giuro.
-Prima o poi mi toccherà andare in Italia davvero!- gli
dissi ridendo. Lui mi versò un altro po’di vino.
-Ma certo. Ti ci porto io.- Poi alzò un
sopracciglio. –Da sola correresti il rischio di trovarti in
Francia per sbaglio, ed i francesi sono veramente insopportabili.-
-Ah. Ah. Ah. Guarda che adesso non puoi più tirarti
indietro. Dovrò salire sulla torre pendente di Bologna.-
Lui scosse la testa. –Mi spiace disilluderti, ma non ci si
può salire. E tu non puoi salire neppure
sull’altra: dicono che farlo prima della laurea porti
sfortuna. Ma se vuoi una torre pendente posso portarti su quella di
Pisa che è molto più bella e famosa, e poi in
Toscana ci sono un sacco di paesini splendidi: Lucca, Montepulciano,
Volterra…-
Volterra. Ecco qual era il nome del paese sconosciuto da cui venivano i
Supercattivi. Protestai con veemenza perché non volevo
vedere mai
più nella mia vita il Bello, Il Brutto E Il
Cattivo versione Dracula, né correre il rischio di
ritrovarmi nuda, incatenata ad un trono e con al collo un guinzaglio di
diamanti facenti parte del tesoro perduto di Giovanni Re Fasullo
D’ Inghilterra.
-Niente Toscana. È troppo inflazionata, la Toscana. Voglio
davvero vedere Bologna. E Venezia, ecco, vorrei andare su una gondola e
comprarmi una di quelle maschere bellissime.-
-Come vuoi-, asserì lui. Poi sorrise. –Stai
già progettando le nostre vacanze?-
Oh, cazzarola. Tira il freno a mano, cretina, pensai. È cosa
nota che gli esseri di sesso maschile si spaventino a parlare di
progetti e tu cosa fai? Ne parli durante la prima uscita (o seconda, o
terza, non capivo bene come dovevo considerarla)?
È che io sono proprio una da progetti, a dispetto del mio
aspetto da maschiaccio punkabbestia. Col mio ultimo ragazzo
progettavamo di sposarci non appena avessi terminato il college, per
dire. Poi ci sono stati dei lievissimi incidenti di percorso, ma non
è questo il punto.
Così biascicai qualcosa ridendo imbarazzata, bloccai il
cameriere per ordinare il secondo e mi tuffai con gioia dal trampolino
del cambio d’argomento. Lui mi seguì e la cena
proseguì senza intoppi, tra discorsi di libri, musica e vita
vissuta. Non dirò una banalità... non
è vero, ora la dico: mi sembrava di conoscerlo da sempre. E
mi viene da vomitare da sola, ho detto tutto.
La Seconda Parte Della Serata ebbe inizio sul pontile di fronte al
ristorante, su cui eravamo andati a fare due passi. Proprio quel
pontile dove tutte le coppie si intorcigliano a limonare nelle sere
come questa, guardati con un certo disprezzo da persone come me che non
sopportano le effusioni in pubblico, e su cui ora stavo pensando
“baciami stupido” con
un’intensità quasi dolorosa. Perché
Lui, dimostrando più decenza, si limitò a tenermi
a braccetto e sganciare La Proposta.
-Adesso potremmo andare a bere qualcosa in uno qualunque dei locali che
ci sono qui a Port Angeles,- mi disse stringendosi nelle spalle, -Oppure potremmo
andare a Forks a casa mia, ti faccio sentire il rhum con il cioccolato
fondente e ti presto “Il buio oltre la siepe”
così quando ti riaccompagno dovrai darmi immediatamente in
cambio un tuo libro. Scegli tu, come preferisci.-
Le parole “a casa mia” mi si erano stampigliate in
testa come un marchio a fuoco. Scelsi quella, ovviamente, motivandola
con uno stupido “non ho niente da leggere”.
Casa Sua non era né la classica casa da scapolo con calzini
sul ventilatore e acari della polvere grossi come levrieri,
né l’appartamento impeccabile e minimalista da
maniaco della precisione. Era ordinata ma vissuta, la classica casa di
uno a cui piace condividerla con gli amici. Pensai istintivamente a una
tana calda, ed i lupi nelle tane ci stanno benissimo.
Mi ero accomodata sul divano dai colori vivaci, del genere che io
definisco Divano Killer perché sono comodissimi e si finisce
per addormentarcisi sopra ogni volta che si guarda il televisore,
quando Lui si palesò dalla porta della cucina in cui era
entrato. Si era tolto la giacca ed arrotolato le maniche della camicia,
in una mano aveva la bottiglia del rhum con due bicchieri e
nell’altra un piatto pieno di scaglie di cioccolato fondente.
Se dalle altre due porte fossero entrati Johnny Depp vestito da Jack
Sparrow e Brad Pitt vestito da Mickey lo zingaro, giuro che non me ne
sarei nemmeno accorta. O meglio: me ne sarei accorta, li avrei guardati
un pochino e poi avrei maledetto la mia sfiga che me li faceva
comparire davanti proprio ora che non ci avrei combinato nulla,
perché era inutile: in quel momento Lui li sconfiggeva
entrambi.
Fu da quel preciso istante che nel mio mondo interiore
l’espressione “voglio il mio avvocato”
assunse un significato radicalmente diverso da quello per cui era stata
coniata.
Sperando che non mi fosse caduta la lingua di fuori e che la mia natura ferina stesse a
cuccia, sorrisi con grazia e con estrema classe attesi di essere
servita, poscia libammo ne’ lieti calici degustando alfine il
cioccolato. Lui mi guardava ridendo sotto i baffi, fece qualche
superficiale osservazione sul rhum, e mi riempì di nuovo il
bicchiere quando lo terminai.
-Stai cercando di ubriacarmi?- lo apostrofai.
-Sto cercando di ubriacarla, signorina, onde raggiungere
l’ottimale via di mezzo sita tra le fasi “statua di
ghiaccio” e “menade impazzita”. Quanto
crede che mi manchi?-
Presa alla sprovvista, vuotai il bicchiere in una sola sorsata. Lui
scoppiò a ridere, io appoggiai il bicchiere vuoto sul
tavolino, mi pulii la bocca col dorso della mano e ghignai.
-Direi che ci siamo appena arrivati-, lo provocai.
E allora, solo allora, mi baciò.
Ma piano, e così, quasi con nonchalance. Quasi come se si
fosse chinato e toh, guarda un po’, le mie labbra erano sulla
sua traiettoria. E come bacia bene, Abraham. Potrebbe scrivere libri,
sull’arte del baciare. Tomi. Enciclopedie. Ha quel modo di
accarezzare il collo, leggero, che manda brividi in tutto il corpo e
che quella volta contingente me l’ha fatto abbracciare di
slancio, affondandogli la mano nei capelli. E siccome io sono un lupo
mannaro e lui no, il mio abbraccio irruento l’ha sbilanciato
e siamo caduti stesi sul divano, in posizione perfetta e precisa
per… ci siamo capiti. Fare quelle cose lì.
E avrebbe potuto farle immediatamente, con foga, come quel pomeriggio
nel bosco quando c’era l’urgenza di stare vicini
perché quasi non ci credeva nessuno dei due e bisognava
concludere prima di scoprire che era solo un sogno o roba del genere;
ma questa volta non c’era urgenza, c’erano tempo e una tana
calda, e baci al sapore di rhum e cioccolato fondente. E ce li godemmo
a lungo, tutti.
Smettemmo di dedicarci alle meritate sconcezze solo quando Lui
incrociò casualmente lo sguardo con l’orologio a
muro e mi disse: -Scusa, Leah, temo di averti fatto fare parecchio
tardi-. Rovesciai controvoglia la testa verso l’orologio e
sibilai un’imprecazione, formulando ad alta voce il seguente
pensiero: -Mia mamma dovrà farsene una ragione.-
Lui si alzò dal divano, recuperando i vestiti. -Il che
significa che posso invitarti fuori altre volte.-
-Mi sembra chiaro.-
-Sempre che Sue Clearwater non ti chiuda a chiave in camera tua. Non
credo di essere in grado di declamare versi poetici sotto ai balconi.
Può andare bene lo stesso la Costituzione?-
-Non ho il balcone, e Romeo mi è sempre stato sulle palle.
Ti rendo noto, comunque, che non ho quindici anni e mia mamma non mi
chiuderebbe mai a chiave in camera mia.-
Più che altro perché sa bene che sarebbe
completamente inutile, aggiungerei.
-No, queste decisamente non sono scarpe da quindicenne. Sono troppo
sensuali.- Mi stava porgendo le scarpe delle vampire, foriere peraltro,
devo ammettere, di giochetti erotici niente male. “Capisci
che gira male quando ti senti in colpa per essere stato sgarbato coi
vampiri”; c’era un periodo che Jacob faceva sempre
pensieri di questo genere, ed ora c’ero cascata
anch’io. Maledetti Cullen.
Abraham recuperò giacca e chiavi della macchina e poi, dopo
averci pensato un attimo, un paio di lettere. Al mio sguardo
interrogativo spiegò che il tizio che aveva tamponato
mammà pagava danni, risarcimenti e quant’altro, e
se avessimo trovato la suddetta con in volto la pittura da guerra e il
tomahawk tra le mani avremmo potuto cercare di placarla con quella
notizia in anteprima.
-La supremazia delle leggi dell’uomo bianco!- esclamai
ridendo.
-Sai a cosa pensavo, Leah?- mi disse dopo un po’, mentre
metteva in moto l’auto e partiva. Non chiamandomi (grazie
agli dèi) Edward Cullen, feci cenno di no. Era buio e Lui
guardava la strada, ma io sono un lupo e vedevo i suoi occhi brillare
persino sbirciandoli dallo specchietto retrovisore.
-Che se fossimo non dico fidanzati, ma per lo meno una coppia, sarebbe
tutto molto più semplice: non dovresti calarti
giù da nessuna finestra appena mi senti declamare sentenze,
e potremmo persino progettare le vacanze.-
Grande Spirito, Ephraim Black, Levi Uley e Quil Aetara I, se sto
dormendo proteggete quel povero disgraziato che verrà a
svegliarmi, a meno che non vogliate ritrovarvelo al più
presto tra i verdi pascoli del cielo.
-Quindi… mi stai chiedendo di essere la tua ragazza?-
E con questo il premio della Domanda Più Cretina Del Secolo
ce lo siamo portato a casa. Congratulazioni.
-“La mia ragazza”. Sì, mi piace.
Sì, te lo sto chiedendo.-
Il cielo si aprì, comparve una grande luce e un coro di
cherubini dalle ali rosse si mise a cantare “I’m in
Heaven”.
-Accosti, avvocato Custer, che ratifichiamo l’accordo.-
Lo ratificammo alla prima piazzola di sosta, accrescendo ulteriormente
il mio ritardo. E chi se ne frega, però.
Davanti a casa Madre non c’era e le luci erano spente. Ma
mentre salivo a prendere il libro per Abraham (“American
Gods”, perché si abituasse a credere
all’impossibile) mi resi conto che il silenzio era irreale,
Seth non russava, mammà era immobile. Cretini.
Consegnai il libro, rientrai in casa, attesi che il rumore
dell’auto di Abraham si allontanasse.
Allora accesi tutte le luci e annunciai a voce alta:
-Lo so che non state dormendo, quindi ascoltatemi perché lo
dirò una volta sola e poi andrò a dormire: ho il
ragazzo!-
Secondo voi ci riuscii ad andarmene a letto?
Risposta ovvia: no.
NOTE:L’episodio che apre il capitolo è realmente
avvenuto. Sì, ho un amico che chiamiamo Brunello a sua
insaputa (il vino che gli è stato scambiato con il
Sangiovese della casa era appunto Brunello di Montalcino).
A Bologna si dice che non si possa salire sulla torre degli Asinelli
(ossia quella non pendente) prima della laurea perché porta
sfortuna.
“Il buio oltre la siepe” è un libro
bellissimo, se non l’avete letto fatevi un favore e leggetelo
(no, il film non vale). Invece avrei voluto che Leah prestasse ad
Abraham “Uomini d’arme” di Terry
Pratchett, perché vi compare il personaggio della lupa
mannara Angua, ma è il secondo di una serie e quindi non
avrebbe avuto molto senso. Ho ripiegato su “American
Gods” di Neil Gaiman in cui ci sono indiani
d’America e divinità assortite.
Suppongo che tutti voi sappiate chi è Jack Sparrow; per chi
invece non conoscesse Mickey lo zingaro, guadratevi “The
snatch” di Guy Ritchie, e amatelo. Tu fa scommessa?
Quando Abraham prende le lettere per mammà avrei voluto far
dire a Leah “E al dio degli inglesi non credere
mai”, ma dubito che a Forks ascoltino de Andrè.
Ho chiacchierato troppo, ci do un taglio: GRAZIE A TUTTI!
Ragazzi, l’estate è lunga, ci sono 48 gradi
percepiti (giuro), il lavoro è duro, ma voi siete il mio
cocktail e il mio cocomero:mi mettete di buonumore! GRAZIE, davvero!
!
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 - Degli amici e delle scarpe non se ne può fare a meno. E le scarpe già le abbiamo, mi risulta. ***
CAPITOLO 7
Degli amici e delle scarpe non se ne può fare a meno. E le scarpe già le abbiamo, mi risulta.
Gli uomini, dicono i Grandi Saggi Cinesi, possono essere capiti
attraverso l’analisi delle tre cose che rendono la loro vita
degna di essere vissuta: donne, lavoro e sport. Per gli Asceti Stiliti
la triade è potere, denaro, donne. Per gli Anziani
Pellerossa famiglia, donne e amici. Per gli Sciamani Africani vino,
donne e canzoni.
Come futura antropologa mi risultava evidente perciò che
indagare sull’argomento “donne”
è piuttosto fondamentale, essendo una costante archetipica
delle triadi sunnominate; peccato che su questo argomento Abraham non
si sbottonasse per nulla. Salvo qualche minimo accenno alla convivente
(che, scoprii, tecnicamente aveva lasciato lui, ma il fatto che le cose
andassero disastrosamente e che un mese dopo lei fosse già
felicemente fidanzata con un collega apre tutto un ventaglio di ipotesi
piuttosto ovvie) e la strepitosa ammissione che sì, certo,
prima di lei aveva avuto delle storie e nei periodi da single qualche
avventura, l’argomento era tabù. Lo annoiava,
diceva che non aveva importanza e una sera mi disse che era inutile
indagare tanto, le sue storie precedenti erano piuttosto banali in
confronto al fatto che ora stesse con una ragazza molto più
giovane di lui. Ah, tesoro, qui non posso darti torto, pensai: e
figuriamoci se sapessi la parte che comprende mutazioni animalesche e
combattimenti contro i vampiri!
Ribattei comunque che la banalità non c’entrava,
in fondo pare che anche il Joker di Batman fosse stato sposato e questo
certo non lo rendeva un uomo banale, al che lui mi sviò
prendendomi il mento e dicendomi con un gran sorriso –Ma
adesso ci sei tu, Zucchina!-. Io ovviamente scoppiai a ridere come una
cretina per poi esclamare –Ma da quando un serio avvocato
trentasettenne legge i fumetti dei supereroi?-.
Si degenerò in discussioni degne di due adolescenti
occhialuti con l’acne e l’argomento
“donne” venne accantonato se non per un dettaglio:
da ragazzino Abraham era follemente innamorato di Tempesta degli X-Men.
E qui mi sovvenne un fatto raccapricciante: ai tempi della calata dei
vampiri Mafia&Mandolino a casa Cullen c’era un
alleato della Famiglia Addams che era africano e controllava gli
elementi atmosferici. Io ci avevo riso su per tre giorni di fila,
ricordo che avevo cominciato a chiamare Jacob
“Wolverine”ed Edward “Jean
Gray”; ma bastò questo per farmi entrare in
panico. E se questo vampiro avesse avuto, poniamo, una parente con i
suoi stessi poteri, fighissima e magari mezza albina, cosa che pare
alquanto improbabile ma con il Destino Porco Bastardo non si scherza,
in fondo chi lo doveva dire che esistessero i vampiri e i lupi mannari
proprio in questo sputo di mondo che è Forks? Considerai
brevemente il travaso di bile che mi venne al solo pensiero e decisi
che Abraham si era dimostrato molto più saggio di me.
Sull’argomento “donne” decisi di
soprassedere.
Neanche di sport parlava molto, era evidente che se ne appassionava il
giusto. Preferiva il basket al baseball ed entrambi al rugby, e ogni
tanto con i suoi amici organizzava qualche partita di calcio, in cui
ricopriva il ruolo di mediano. Gli avevo chiesto cosa diavolo fa il
mediano, Abraham mi aveva risposto che Gioca Generoso e io non
insistei. La pesca lo faceva addormentare, mentre gli piaceva andare a
caccia, a patto di osservare due regole fondamentali: Regola Uno, mai
uccidere un merlo, Regola Due, cacciare soltanto ciò che si
riesce a mangiare.
Degli amici invece parlava tantissimo, così quando venne il
momento in cui me li presentò mi sembrava di conoscerli
già da un pezzo. La serata adibita alle pubbliche relazioni
iniziò con una me stessa simile a una statua di sale,
terrorizzata dal timore di fare brutta figura e risultare ai loro occhi
poco più di una bambinetta idiota, e finì con il
personale del locale che continuava ad offrirci cose al tavolo e
sedersi con noi perché Eravamo Troppo Simpatici. Nel mezzo
si colloca anche un tour nel bagno delle donne con le Migliori Amiche
Di Abraham, durante il quale Esse mi resero noto tra un pettegolezzo e
l’altro che erano felici di avermi finalmente conosciuta,
erano così curiose che non vedevano l’ora, e per
una volta Abraham aveva avuto il buonsenso di trovarsi una ragazza
simpatica, restasse tra noi ma quella di prima era insopportabile. Il
mio solito ottimismo mi fece pensare che fosse solo pietà
nei confronti di una ragazzina fino a che Abraham, molto più
tardi, buttò lì: –A proposito, sei
rimasta davvero simpatica alle ragazze, non se la finivano
più di dirmelo; ti hanno persino chiesto di andare in bagno
con loro!- addirittura, pensai, che meravigliosa prova di integrazione,
ma Lui specificò.
-Non te l’avevo detto per non agitarti, ma nessuna gli
è mai piaciuta subito… noi capiamo che accettano
una donna quando nei locali la chiamano con loro in bagno a
spettegolare. Tu hai il non indifferente record di esserci riuscita la
prima sera.-
L’ho scampata bella, pensai. Chiesi ad Abraham cosa avessi
fatto di tanto strabiliante, e lui si limitò a scoccarmi un
sorrisetto. –Leah, a loro piacciono le donne che hanno
personalità. Tu potresti esportarla, la
personalità. I ragazzi invece mi hanno detto che sono un
vecchio porco fortunato, e naturalmente hanno ragione.-
In effetti mariti delle suddette, più l’Amico
Single Che È Nato Da Solo E Morirà Da Solo
(parole sue) e quello divorziato che Vorrebbe Una Compagna Ma Tutte Le
Stronze Le Incontra Lui (e che in effetti è talmente
sfortunato da farmi sorgere il dubbio che l’Imprinting abbia
sbagliato l’Anima Gemella) sono stati molto più
facili, prendendomi in simpatia al primo scambio di battute.
Fu al termine della serata che Abraham, riaccompagnandomi a casa, mi
disse: -Leah, io i miei amici te li ho presentati!-
-Certo, e quindi?- Lui soffocò una risata, e neppure gli
riuscì bene.
-Quindi è ora che mi presenti i tuoi!-
La cosa peggiore fu realizzare di non avere chissà quanti
amici da presentargli. Pensare che una volta ne avevo un sacco, di
amici. La Push è un posto talmente piccolo e triste che per
forza di cose conosci tutta la gente del luogo e si creano grandi
compagnie miste, si organizzano falò, feste in spiaggia, si
fanno collette e si compra da mangiare, mentre i maggiorenni portano da
bere. Di tutta questa gente, oltre ad Emily e Sam, avevo alcuni amici
stretti con i quali dicevo sempre che saremmo andati tutti al college e
a La Push ci saremmo tornati solo per Natale, addio e grazie per il
pesce. Per cui loro
erano andati al college, io
invece ero diventata una licantropa e non avevo neanche potuto
spiegargli perché, dato che la mia vita era evidentemente un
disastro, non fuggivo a gambe levate dal luogo da cui avevo sempre
sostenuto di voler fuggire a gambe levate. Son cose belle.
Di tutta questa riflessione mi uscì solo la frase: -Non
posso presentarteli, non ci sono, vanno al college.-
Lui inarcò un sopracciglio. –Non andranno tutti al
college, suppongo.-
Sbuffai. –Gli unici che non ci sono andati sono Sam Uley, mio
ex fidanzato, e la mia migliore amica che però è
l’attuale fidanzata di Sam Uley. Vuoi proporre
un’uscita a quattro?-
Lui non se ne uscì con cose come “Ah, è
vero, quel bastardo che ti ha lasciato per la tua migliore amica
puttana”, che è una frase che mi manda in bestia
perché nel caso specifico non è vera, e
perché se lo fosse stata e avessi potuto catalogare Sam come
“bastardo” ed Emily come
“puttana” avrei sofferto molto meno,
paradossalmente.
Disse solo: -Le uscite a quattro con gli ex sono una pessima idea
perfino nelle fiction di serie zeta-, cosa che peraltro ho sempre
pensato anch’io.
-E comunque, Leah, non mi risulta affatto che tu non abbia amici da
presentarmi-, aggiunse con uno strano luccichio divertito negli occhi.
–Cosa mi dici riguardo al gruppo di Jacob Black?-
Porca.
Merda.
La prima obiezione fu che li aveva già conosciuti quella
volta in spiaggia. Obiezione respinta, non eravamo ancora una coppia e
quindi non contava. La seconda fu che erano ragazzini, e insomma, cosa
ci doveva fare Lui con tutti quei ragazzini? Per esempio andare al
cinema a vedere il nuovo film di Tarantino, rispose senza colpo ferire.
Tarantino trascende le generazioni e rinforza i legami,
perché piace a tutti. Giusto?
Non trovai nulla da obiettare (a Sam Tarantino non esaltava
granché. Abraham lo adorava, io anche. Anime gemelle), e la
proposta sortì un effetto insperato. Perché
quando dissi ai ragazzi che pensavo di organizzare un’uscita
con Abraham, e Jake mi chiese se avevo intenzione di portarli alla
bocciofila, io potei rispondere: –No, caro il mio
frequentatore di asili nido, si pensava di andare a vedere Grindhause-,
e la proposta raccolse consensi all’unanimità.
Tarantino e Rodriguez ci fecero volare le tre ore abbondanti di film.
Il trailer di “Machete” cominciò da
quella sera a essere la colonna sonora della vita del branco e veniva
citato da chiunque, a proposito e a sproposito, ad ogni ora del giorno
e della notte. Peraltro Jake aveva preso l’abitudine di
appostarsi dietro ad Edward Cullen e immaginarselo dietro la scrivania
che urlava al telefono “dove sono mia moglie e mia
figlia?”, per poi passare alla scena successiva con lui al
posto di Machete nudo in piscina, Bella e Nessie Versione Adulta
Maggiorenne E Consenziente che lo accarezzavano voluttuose, mentre la
voce fuori campo recitava “ammalia le donne”.
Edward ci diventava pazzo, e valeva la pena di passare dai Cullen con
la scusa di fare i rapporti al capobranco solo per vederlo sbottare
isterico indirizzando insulti a Jake.
-Abraham-, disse Jacob, cominciando ad attaccare il suo panino nel
locale in cui ci eravamo spostati per il tradizionale hamburger del
dopo cinema. –In qualità di…- stava per
dire capobranco, ma riuscii a tirargli un calcio in tempo, -migliore amico di Leah,
è mio dovere avvisarti: Leah può raggiungere
livelli d’insopportabilità tendenti a
più infinito.-
Mi voltai a bocca aperta verso di lui, sconvolta da cotanta impudenza,
quando Embry colpì alle spalle: -Ed è pesante.
Non se la finisce mai, mai, mai. Una palla assoluta.-
Abraham sghignazzò, sorseggiando la sua birra.
-Suvvia, ragazzi, qualche lato positivo l’avrà
anche lei, no? Magari lo nasconde bene!-
Maledetto, ma perché doveva sempre stare al gioco? Se ci
fosse stato Cullen al suo posto si sarebbe risentito, ed avrebbe
affermato con Convinzione E Sacro Fuoco Negli Occhi che il suo cuore mi
apparteneva o cazzate analoghe… ripensandoci, meglio
così, grazie tante.
-Certamente sì, Abraham, certamente
sì… è solo che adesso come adesso non
ce ne viene in mente neanche uno!- rispose Quil, provocando le risate
ululanti degli altri tre. Cretino.
-È che non vogliamo che poi la riporti indietro dicendo che
era merce fallata. Noi ti avvisiamo, così poi è
tutto nero su bianco, chiaro come il sole. Capito?-
puntualizzò Seth con la sua tipica espressione da gangster,
quella che fa quando vuole mettere seriamente le cose in chiaro.
Le labbra di Abraham erano ancora incurvate in quel suo perenne sorriso
beffardo, ma il suo sguardo si fece serio. Fissò mio
fratello negli occhi, intensamente.
-Penso proprio che non la riporterò indietro, Seth. Poi sai,
le donne con troppi lati positivi non le voglio. Mi annoiano.-
Seth annuì, come dire Ci Siamo Capiti. Io ripensai alla
trasferta in bagno con Le Amiche di qualche giorno prima: -E poi lei
era perfeeetta:
precisa, dolce, accomodante, oddio, seeemplice…
Cristo, che palle di donna!- . –Non me la ricordare quella
persona insopportabile, che grazie a Dio non la rivedremo mai
più! Povero Abraham, se ripenso a che razza di croce si
trascinava dietro… per fortuna si è ripreso! Tu
sei troppo simpatica, Leah!-
Evvai. Sono casinara, acida, egoista, complicata, e non lo annoio!
Pagai da bere a tutti, per la gioia.
In tutto questo tripudio di Beltà, Amore e
Felicità ci fu un’altra cosa che accadde, tanto
perché i livelli di zucchero nel mio sangue non erano
già abbastanza oltre il livello di guardia.
Dovevo vedermi con Emily. Mi aveva promesso di insegnarmi a fare la
torta alla cioccolata, quella buonissima con la crosta fuori e tutta la
cioccolata liquida dentro, e così dovevamo andare insieme a
prendere gli ingredienti. Appuntamento alla panchina alle quattro, se
piove passo in macchina. Certo.
Pioveva, ovviamente. No, diluviava. E io che facevo, stavo alla
panchina a lottare contro gli elementi? Mi infilai nel gazebo di legno
che c’era nel parchetto dietro la panchina, uno di quelli che
tutte le coppiette di ragazzini di La Push usano per pomiciare. Me
compresa, a suo tempo. Stavo mandando un messaggio a Emily per dirle di
suonarmi il clacson una volta arrivata davanti alla panchina quando una
sagoma fin troppo nota si infilò con un movimento fluido
nella piccola costruzione, tirandosi giù il cappuccio del
giubbotto.
-Ciao, Lee-lee. Scusa il ritardo.-
Ok. La mascella mi cascò per terra con un sonoro tonk.
Sì, tutti venivano a pomiciare qui, me compresa: me e lui.
-“Scusa il
ritardo”? Sono per caso finita in una linea
parallela del continuum spazio temporale e non me n’ero resa
conto? Dì, Sam, tu ci credi ai lupi mannari?-
Lui mi guardò vagamente perplesso.
-I lupi mannari? Leah… tutto a posto? Che dovevi dirmi?-
Bene. Trattasi di candid camera, pensai. Tra un
po’salterà fuori Jake ridendo e io lo
ucciderò.
-Sam. Niente. Non devo dirti niente. Sto aspettando Emily… a
proposito… ti ricordi di mia cugina Emily? Esiste anche lei
in questa linea temporale, vero?-
Assunse un’espressione sbigottita, poi la consapevolezza si
fece strada nei suoi occhi neri.
-Ah, capisco. Emily. Sì. Lei mi ha detto che volevi parlare
con me, e che mi avresti aspettato alla panchina, io non ti ho vista ed
ho immaginato che saresti venuta qui, sai,
come…ehm…-
-Come quando venivamo qui ad imboscarci. Sì.-
-Già. Ecco… mi sa che ha fatto tutto lei. Emily.
Farci incontrare, intendo.-
-Sì. La volta scorsa ho fatto tutto io, farvi incontrare,
intendo, magari voleva vedere se gli imprinting rimbalzano.-
Sam mi guardò afflitto. Abraham avrebbe riso, pensai.
Abraham non riusciva a non ridacchiare almeno un po’a una
battuta, anche se era acida e sarcastica. Il pensiero di Lui fu come un
raggio di sole nella pioggia, tra il nero dei miei occhi e quelli di
Sam, una specie di piccolo arcobaleno. Non c’era ragione di
essere arrabbiati. Non ora, non più. Chi se ne frega? Io
sono felice, Sam è felice, sbronziamoci e cantiamo di gioia!
Sorrisi a Sam, il primo vero sorriso che gli rivolgevo dal giorno in
cui mi aveva lasciata per Emily. Gli sorrisi e agitai la mano, come per
scacciare degli insetti.
-Spero comunque che non rimbalzino, perché mi dispiace ma
non baratterei mai con te il mio attuale fidanzato, nonostante tu sia
stato un ottimo fidanzato, almeno fino a che non hai cominciato a
camminare a quattro zampe!-
L’effetto di questa frase sul viso di Sam fu commovente. Il
sollievo era visibile, come se gli avessero tolto di dosso cento chili
di peso.
-E quindi, Lee-lee, sei felice adesso? Devo fidarmi?-
-Devi fidarti. Oppure chiedi a Jake. Fai quel che vuoi. Comunque
è palese, direi.-
Lui mi si avvicinò, con cautela. Poi mi strinse a
sé come non faceva dai secoli dei secoli amen,
accarezzandomi i capelli e spingendosi perfino a baciarmi con veemenza
sulle guance.
-Era da un pezzo che volevo farlo. Riabbracciarti.-
In un altro momento gli avrei girato la faccia con uno schiaffone per
una frase del genere, invece lì per lì non mi
dette particolarmente fastidio. Dopo un po’mi sciolsi dal suo
abbraccio, ridendo.
-Finiscila, che se Abraham ci vede ti rovina!-, gli dissi.
-Cosa? Lui rovina me? E chi è questo Abraham, scusa, un
mutaforma orso?-
-Peggio: un avvocato. Hai presente? Come un vampiro non vegetariano, ma
molto più cattivo.-
Lui sorrise. Poi, credendosi autorizzato dal fatto che
l’avevo semi-perdonato, mise su l’espressione del
Saggio Che Ti Da I Consigli Giusti e cominciò la filippica.
-Senti Lee-lee… so che sono l’ultima persona ad
avere il diritto di parlare, ma sei certa che questo tipo vada bene per
te? Insomma, è molto più grande, conduce un tipo
di vita diversa, forse nel tuo caso l’imprinting…-
La sua voce scemò. Aveva notato il mio sguardo, credo. Che
doveva essere piuttosto simile a quello di Jack lo Squartatore (non il
mio capobranco, proprio l’assassino), perché lo
fece impallidire.
-Ok, come non detto. La vita è tua e ti meriti tutta la
felicità del mondo, con chi vuoi. Ho sbagliato a
intromettermi, non succederà più.-
-Hai sbagliato, Sam. Ma ti tranquillizzo: sono assolutamente certa che
Abraham vada bene per me.- Spero di andare bene io per Lui,
pensai, ma non lo dissi. Non davanti a Sam, mai.
-Sai, Lee-lee, pensavo… perché non ritorni nel
mio branco, ora? La tua situazione è cambiata, e
sai bene che non sono stato io a volere che tu ti separassi da
noi…-
-Ma scherzi? Non vorrai mica privarmi
dell’opportunità di avere un capobranco culo e
camicia con i Freddi!- gli risposi. Sam mi scrutò di
sottecchi, perplesso, cercando di capire con precisione quante cose
erano cambiate in me negli ultimi mesi, senza rendersi conto che la
situazione contingente era più o meno quella di quando
ancora eravamo fidanzati e lui non capiva mai un tubo. Scoppiai a
ridere.
-Dai, Sam, era una battuta! Da quanto tempo ci conosciamo? E ancora non
capisci quando scherzo e quando parlo seriamente? Altro che la mente
del branco, a te ti ci vuole la maestra di sostegno!-
Gli allungai un buffetto sulla guancia, perché si era messo
a ridere e quindi se lo meritava. Ma dovevo mettere i puntini sulle i.
-Comunque non tornerò nel tuo branco. Sto benissimo nel mio.
E non possiamo diventare super amiconi io e te, forse un giorno saremo
di nuovo amici, ma non subito… le ferite si chiudono, ma le
cicatrici restano. Facciamo che per ora sai che non ce l’ho
più con te e che mi considero pari, e se farai il bravo
quando mi sposerò ti permetterò di fare il
damigello d’onore di Abraham. Ok?-
Lui si accigliò lievemente.
-Questo è un colpo basso, Leah. Ma capisco che di
più non posso ottenere da te, ora. E lo sai quanto mi sono
sentito in colpa per tutto, adesso capisci perfettamente
perché non potevo fare altro che ciò che ho
fatto, e comunque sei stata tu ad accettare di fare la damigella
d’onore a Emily!-
Ah, il colpo basso era la battuta sul damigello d’onore? Ma
doveva far ridere, pensai. Beh, come sanno bene i Cullen, non si
può cavare sangue da una rapa. Decisi saggiamente di
soprassedere.
-Va bene, Sam, va bene, fine primo round! Non rimestiamo nel torbido,
non è il caso. Sai che ti dico? Che adesso tu mi accompagni
da quella impicciona della tua fidanzata, perché mi ha
attirato qui promettendomi una ricetta, e se Abraham non
avrà quella torta al cioccolato vincerà una
scommessa, cosa che io non posso permettere per nessun motivo. Ok?-
-Certo Lee-lee, come vuoi… ma… che scommessa,
scusa?-
Alzai le spalle.
-Cercavo di fargli credere che sono anche una splendida casalinga, tra
le altre cose. Come ben sai mentivo spudoratamente, peraltro sapendo
che lui lo sapeva. Mi ha sfidata a dimostrarlo, e gli ho promesso che
avrei preparato davanti ai suoi occhi la torta più buona del
mondo. Quindi devo padroneggiare la ricetta entro domani sera,
perché se vincerò io potrò vantarmi di
essere La Donna Perfetta e lui dovrà annuire con espressione
riconoscente per una settimana, ma se dovesse vincere lui
avrà il diritto di mettersi a sindacare su ogni cosa che
faccio ed io potrò rispondere solo “sì
caro” e “come dici tu, caro” per il
medesimo arco di tempo. E quindi devo
vincere. Non posso permettermi una sconfitta.-
Lui mi guardò vagamente allibito.
-Sei pazza, Lee-lee-, commentò prima di portarmi da Emily.
NOTE:in questo capitolo non succede niente più del solito,
lo so… però adesso è tutto sistemato,
nella vita di Leah. Tranne una cosa: James Potter la chiamerebbe
“il suo piccolo problema peloso”.
Vi lascio la frase da cui ho deciso quali sono le cose importanti per
gli Sciamani Africani: è di Neil Gaiman, ed è
questa “Ci sono tre cose, tre cose soltanto che possono
alleviare il dolore della condizione mortale e arrestare la
devastazione della vita. E queste tre cose sono: il vino, le donne, le
canzoni”. Naturalmente tutto il resto l’ha
inventato Leah lì per lì.
Che il Joker di Batman fosse stato sposato è una di quelle
cose che so, ma non so come faccio a saperle. Sta di fatto che
attualmente pare accompagnarsi con una tizia parecchio più
giovane di lui, che almeno nella traduzione italiana chiama
“zucchina”, da qui la battuta di Abraham. Che vi
prega di non prenderlo per il culo a causa dei risvolti nerd del suo
passato, grazie. E a proposito di risvolti nerd: ma solo a me la parte
finale di “Breaking Dawn” sembrava il raduno
nazionale dei mutanti d’America? Mi aspettavo che saltasse
fuori Xavier da un momento all’altro, giuro!
La Regola Uno sulla caccia viene diritta da “il buio oltre la
siepe”, libro che al signor Custer piace molto. In senso
reale e figurato, nel libro sta per “non nuocere a chi
è indifeso”.
Grindhouse in America era uscito all’incirca nel periodo in
cui avevo ambientato la storia. Giuro che all’epoca avevo
fatto tutti i conti, giuro. Fidatevi, che non ho la forza di rifarli. E
il trailer di Machete è una tamarrata meravigliosa.
Sam non fa che dare teorie sue circa l’imprinting, nei libri.
Stavolta Leah l’ha stoppato.
Ragazzi, GRAZIE di nuovo.
Grazie perché volete bene a Leah e perché ridete
delle sue disgrazie, che insomma, tanto disgrazie non sono, a questo
punto!
Alla prossima!
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 - In cui si scoprono gli altarini e rimangono tutti davvero stupefatti ***
CAPITOLO 8
In cui si scoprono gli altarini e rimangono tutti davvero stupefatti
Allora, mettiamo bene in chiaro una cosa.
Non è che non pensassi mai all’unico, piccolo,
insignificante dettaglio della mia vita che nascondevo ad Abraham. Ci
pensavo eccome, e se mai non l’avessi fatto ci avrebbero
pensato Amici E Parenti Tutti a mettermi di fronte al problema. Erano
un dannato muro compatto. Glielo dovevo dire. Era il come a costituire
il problema principale.
Certo a sentire Jake era semplicissimo: portavo Abraham nel bosco, gli
dicevo –Ah, ti piacciono i tizi con i superpoteri, eh, Nonno?
Allora guarda un po’ questo!-
e il problema era risolto. In fondo con Charlie aveva funzionato
benissimo, e se proprio volevo avrei avuto la facoltà di
cambiare le parole della frase. Meno male.
Risulta superfluo specificare che non avevo nessuna intenzione di
affrontare l’argomento in questo modo? A voler essere sinceri
non avevo intenzione di affrontare l’argomento, punto. Tra
l’altro ero stata accettata al college con sommo giubilo di
Mammà, Abraham e soprattutto mio, e questo significava
niente lupi per un po’. I lupi mi piacevano molto poco; da
quando il primo della nostra tornata era cambiato la mia vita si era
tramutata in una discarica e la Sfiga mi aveva scelta come Stendardo
Per Portare Il Suo Messaggio Nel Mondo. Peraltro Jake mi aveva chiesto
se avessi davvero intenzione
di andare al college; l’avevo guardato come se fosse
impazzito e lui aveva bofonchiato che non sapeva io, ma lui si sentiva
soffocare lontano da Nessie e insomma, il college non è
proprio dietro l’angolo, e quindi... Io invece mi ero sentita
soffocare al pensiero dello sguardo di Abraham nel caso in cui gli
avessi dovuto comunicare che avevo intenzione di abbandonare di nuovo
gli studi e darmi alla preparazione di marmellate pur di stargli
appiccicata, e avevo fatto presente a Jake che, non sapevo lui, ma io se mi fossi
sentita soffocare mi sarei comprata una bombola di ossigeno.
Insomma, il college voleva dire stare meno a La Push, i
succhiasangue erano sotto controllo e, se il destino non ci metteva la
sua sporca manaccia, questo significava niente più
trasformazioni per un bel po’ di tempo. Magari non avrei
avuto neanche bisogno di dirgliela mai questa faccenda dei lupi
mannari, e per i dettagli tipo la temperatura corporea ed il muscolo di
ferro le spiegazioni “ho sempre caldo” e
“faccio un sacco di sport” per ora funzionavano
piuttosto egregiamente. Ci pensavo proprio in quella bella mattina in
cui il sole faceva sforzi micidiali per mettere fuori la testa, quasi
sempre riacchiappato per le caviglie dalle nuvole ma senza mai smettere
di provarci.
Avevo espresso il desiderio di andare a caccia con Abraham e Lui mi
aveva accontentata promettendomi una cena a base di volatili, se fosse
riuscito a prenderne. Era solo un cacciatore della domenica, aveva
detto, ma voleva vedere se gli riusciva una doppietta. Mi
spiegò che in gergo venatorio una doppietta significa
uccidere in rapida successione due uccelli o due qualsiasi altri
animali sparando prima con la canna sinistra e poi con la canna destra;
disse che era una cosa molto difficile e che in ogni caso non mi
aspettassi che uccidesse uccelli due a due come se piovesse,
d’altronde non voleva sterminare la fauna locale ma soltanto
procacciarci la cena (Regola Due). Lo baciai e gli dissi di non
preoccuparsi, che se fosse andata male la cena ce la saremmo
procacciati al take-away.
Ce ne vagolavamo così alla ricerca, diceva Abraham, di
“un buon posto”, quando in una piccola radura del
sentiero mi accorsi dell’individuo che ci scrutava ghignando,
seminascosto nella vegetazione.
Era pallido. Era scalzo. Aveva gli occhi completamente neri. Non
l’avevo mai visto prima. Era sottovento.
Va da sé che non sono stata lì a chiedermi la
risposta alla domanda sull’Universo, La Vita E Tutto Quanto.
Nel tempo in cui il mio cervello aveva formulato la frase “ma che cazzo di
sfiga!” erano già successi i seguenti
eventi: il succhiasangue si era scagliato contro di noi con
l’evidente intento di procacciarsi cibo anche lui, io mi ero
frapposta tra lui ed Abraham ovviamente assumendo la forma lupesca (e
fottendomi in un sol colpo la tuta nuova che mi ero comprata
perché le magliette vecchie e i calzoncini erano troppo
imbarazzanti) e avevo lanciato l’ululato di avvertimento,
quello che avrebbe fatto accorrere i miei compagni di branco ovunque si
trovassero.
Peccato che probabilmente sarebbero arrivati in un intervallo di tempo
compreso tra “appena troppo tardi” e
“decisamente troppo tardi”, mi resi conto mentre
lottavo col mostro.
Fu a quel punto lì che Quello Stronzo Del Destino ebbe la
sua nemesi, perché mi suonò forte e chiara nella
mente la voce di Jake che mi disse “Sono
dai Cullen, Leah, tieni duro, arriviamo subito!”.
Grazie. Nel frattempo quel succhiasangue bastardo mi stava facendo a
pezzi, perché non è che ne potevo beccare uno
normale, no, questo era abbastanza giovane per essere piuttosto forte
ma non completamente sprovveduto, ed io non potevo smettere di
ingaggiarlo in lotta perché temevo che si scagliasse su
Abraham. Notai con la coda dell’occhio, peraltro, che il
suddetto invece di rimanere lì a balbettare e non credere ai
suoi occhi o tentare la fuga aveva imbracciato il fucile e stava
cercando di tenere il mostro sotto tiro, ma non faceva fuoco
perché temeva di colpirmi.
Stupido, meraviglioso Amore Mio. Un fucile. Tanto valeva provare a
tirargli un gavettone, magari gli avrebbe bagnato i vestiti e la cosa
l’avrebbe disturbato molto di più.
Anche mettendoci la disperazione, era troppo forte per me. Avrei avuto
ragionevoli chance se fossi stata sola e avessi potuto impostare una
strategia di battaglia, ma non potevo permettermi di saltellare qua e
là col rischio che quello nel frattempo mi falciasse sotto
gli occhi L’Uomo Della Mia Vita. L’unica era
sganciarsi dalla lotta, prendere Abraham e correre il più
velocemente possibile in direzione di Jake e dei rinforzi.
Peccato che tra il dire e il fare ci fu di mezzo un colpo in testa che
mi lasciò a terra stordita, a quel punto il mostro decise
che era ora di merenda e si scagliò su Abraham.
Che gli sparò.
E lo colpì.
Con tutte e due le pallottole.
Mi diede solo un secondo, più per lo stupore del mostro che
per il danno, ovviamente nullo, che gli aveva inflitto. Non fu
abbastanza per permettermi di portare Abraham via da lì, ma
fu sufficiente a farmi balzare di nuovo sul vampiro che si stava
avventando contro l’insolente umano che l’aveva
colpito due volte, riprendendolo in lotta.
“Cazzo Leah!
Stiamo arrivando!”
Lo implorai di sbrigarsi, per favore, intanto che quello mi apriva come
una borsetta. Poi inaspettatamente il mostro parve decidere che ero
già abbastanza in punto di morte, si sganciò
dalla lotta e riprovò a scagliarsi su Abraham, che aveva
già ricaricato il fucile.
Ruggii disperata, balzando dietro di lui con le ultime forze.
Nell’istante in cui mi fu chiaro che non ce l’avrei
fatta, un lampo biondo fece sparire Abraham dalla mia visuale e Jake,
Edward Cullen e Suo Fratello Grosso si avventarono sul succhiasangue.
L’adrenalina defluì, e persi i sensi.
Mano a mano che emergevo dalla nebbia dell’incoscienza mi
rendevo sempre più chiaramente conto che ero sputtanata,
Abraham mi aveva visto diventare lupo e di certo ora non era
più né a Forks né a Port Angeles,
optando per un subitaneo trasferimento nella città
più tranquilla del multiverso. Qualcosa tipo Paperopoli,
probabilmente.
Voglio dormire per sempre, pensai, mentre mi tornavano i sensi.
-Meno male che ero vicino, che culo, questa ci rimaneva secca!- (Meno
male, Jake!)
-Cavolo però, ha tenuto botta, eh?- (Si Quil, come darti
torto.)
-Ne ha prese un treno…- (Grazie Embry, non me
n’ero accorta, sai?)
-Sì, ma ne ha anche date un treno!- (Ma che dici, Quil? Ah,
di questo non mi ero accorta per davvero!)
-Io, Edward ed Emmet ce lo siamo bevuti in un secondo, quello stronzo.
Era rovinato. Secondo Edward si stava buttando su Abraham per cercare
di rinforzarsi, nutrendosi.- (Wow, Jake. Sono fica.)
-Starà bene, vero? Starà bene?- (Che ansia, Seth!
Sono davvero messa così male?)
-Shh, Seth. Certo che starà bene. Vero dottore?- (Se Madre
parla con questo tono obbedisce anche Satana, figuriamoci il dottore.
Il dottore?)
-Starà benissimo, non preoccupatevi. Questo qui era messo
quasi peggio, e a giudicare da come corre e salta quando è a
casa mia direi che potete stare tranquilli!- Ah, pensai, mano a mano
che mi tornava l’odorato. Il dottore è Carlisle
Cullen, certo.
Il corpo mi formicolava leggermente, immaginai di essere imbottita di
anestetici e di trovarmi nel salotto di casa. E qualcuno mi stava
tenendo la mano: dita lunghe, presa delicata ma ferma.
-Allora non sei emigrato a Paperopoli!- biascicai, aprendo gli occhi.
Tutti mi guardarono preoccupati pensando che fossi confusa dalle botte
in testa, tranne Lui. Abraham mi guardò, fece scintillare
gli occhi e scoppiò in una specie di risata isterica,
evidentemente sollevato. Risi anch’io e provai ad
abbracciarlo, ma sia Lui che Madre mi urlarono: –stai
giù!- contemporaneamente e non mi parve il caso di
contrariarli.
Di colpo mi ricordai di un particolare, e mi premurai di farlo presente
a tutti gli astanti: -Abraham, ma… prima dici di essere un
cacciatore della domenica e poi colpisci due volte un vampiro in
movimento?-
Gli occhi di tutti si catalizzarono su di Lui. Era stata
un’impresa non da poco, quelli erano tutti maschi a parte
Madre e quindi, dottore compreso, non vedevano l’ora di
sentire il racconto della Mirabolante Impresa in prima persona. Ma
Abraham aggrottò le sopracciglia e, da bravo avvocato,
rivoltò la frittata in un secondo.
-Fatemi capire: io scopro che la mia fidanzata e tutti i suoi amici si
trasformano in lupi,
in questo momento è in cura da un vampiro, e state
cercando di farmi credere che sono io
a stupirvi? Leah Clearwater, sbrigati a guarire, perché
quando sei guarita a fucilate ti ci prendo a te!-
Il tono era leggero, ma lo sguardo no. Era al mio fianco, era
preoccupato per me e stava mantenendo una notevole calma, ma ora che il
dottore aveva decretato che ero fuori pericolo stava affiorando la
rabbia; la vedevo nel suo sguardo, la sentivo nelle crepe della voce. E
aveva ragione ad arrabbiarsi. Cazzo se aveva ragione.
Voltai la testa verso di lui per poterlo fissare negli occhi, e da
brava Cucciola Cattiva feci atto di sottomissione.
-Scusa-, uggiolai. –Non era previsto che lo sapessi in questo
modo.-
L’atmosfera cambiò repentinamente, tipo Gelida
Cortina Di Ghiaccio Scesa D’Un Tratto Su Di Noi. Tacevano
tutti, maledetti. Jake mi guardava persino con quello sguardo odioso,
quello che diceva a chiare lettere Te L’Avevo Detto.
-Ah, quindi era previsto che lo sapessi? Almeno è
già qualcosa-, commentò Lui in tono piuttosto
caustico, riuscendo a farmi sentire una merdaccia. Inutile illudersi,
si stava decisamente arrabbiando.
-Abraham, però… ecco, non dovresti raccontarlo a
nessuno. Qualunque cosa tu decida di fare questo deve rimanere un
segreto, perché…-
Lui alzò una mano per farmi tacere. Tacqui.
-Non dovresti parlare, ti sforzi troppo. Dovresti riposarti e guarire.
Non ne parlerò a nessuno, Leah, stai tranquilla; sai,
ciascuna delle persone presenti in questa stanza mi ha già
ribadito lo stesso avvertimento, alcuni più di una volta, e
nessuno ha pensato che probabilmente c’ero già
arrivato da solo essendo una cosa abbastanza ovvia. Anche
perché non andrei a raccontare in giro cose che mi farebbero
passare per pazzo senza passare dal via, non credi?-
Ahi. Si passa al sarcasmo. Era incazzato come un picchio.
-Abbiamo solo messo i puntini sulle i, Nonno. Non si sa mai.-
Grazie Jake. È bello avere un amico paziente che capisce al
volo le situazioni, placa gli animi ed è maestro di
diplomazia.
Abraham gli rivolse uno sguardo all’acido fosforico, ma prima
che la situazione degenerasse intervenne il dottor Cullen con la sua
pacatezza plurisecolare.
-È solo che ci sono delle leggi, signor Custer, che le
verranno spiegate; ma come lei sa perfettamente la legge non ammette
ignoranza. Così ognuno di noi si è sentito in
dovere di avvisarla per garantirle sicurezza: meglio ripetere una cosa
fino alla noia che darla per scontata rischiando l’errore.-
Abraham annuì; era evidente che il dottore gli piaceva. Pure
simpatizzante dei succhiasangue, adesso, e pensare che si chiama come
Van Hellsing. Così impari, mi dissi.
-Capisco benissimo, e mi scuso per la mia reazione. È che
sono un po’scosso in questo momento. Scusate.-
Per non scoppiare a piangere scoppiai a ridere, sapendo che
l’avrei pagata cara appena l’effetto degli
antidolorifici si fosse attenuato. Un
po’scosso. Aveva rischiato di morire, aveva
scoperto una realtà di cui ignorava l’esistenza,
aveva scoperto che la sua ragazza ne costituiva parte integrante. Non
aveva urlato, imprecato, mandato a cagare me e tutta la mia stirpe di
mostri. Aveva mantenuto un aplomb di ferro e fatto una battuta
pungente. E si scusava perché era un po’ scosso.
Ma perché proprio a me?
-Da dove usciva quel… quel…-
-Mostro?- completò per me il dottore, in tono piatto.
Annuii, senza sentirmi in colpa neanche per un secondo.
-Non saprei. Non ci è giunta alcuna notizia preoccupante,
quindi posso ipotizzare che si tratti di un neonato che si è
trovato a vagabondare da queste parti; a volte capita, solo che di
solito… ecco, di solito mia figlia riusciva a vederli,
così potevamo intercettarli ed assicurarci che non
nuocessero a nessuno, mentre ora se il loro futuro si intreccia col
vostro non riesce a vedere nulla… probabilmente si trattava
di qualcuno che veniva da molto più lontano ed ha
vagabondato fin qui. In effetti hai avuto parecchia sfortuna, Leah.- E
chi l’avrebbe mai detto. Sfortuna, io? Ma va’.
Il dottore si alzò in piedi.-Ad ogni modo i miei figli
stanno pattugliando la foresta, se ci sono altri pericoli lo sapremo in
breve tempo. Anzi, vado subito a controllare la situazione.-
Intercettò lo sguardo di Madre e fece un sorriso
tranquillizzante. -Tornerò a controllare sua figlia tra
qualche ora, signora Clearwater. Le lasco il mio numero di cellulare,
non esiti a chiamarmi per qualunque problema.- E fu così che
mi toccò anche vedere Madre scambiarsi il numero di telefono
con un vampiro. Ottimo.
Poi il dottore uscì, Jake e gli altri del mio branco lo
seguirono e Madre se ne andò a farmi il brodo. Pregando
Abraham di rimanere appena un po’, per piacere, in caso io
avessi bisogno. Magistrale mammà. Abraham sarà
anche stato arrabbiato, ma nonostante non volesse altro che starmi
vicino e controllare che non facessi cose tipo alzarmi e trascinarmi
sui gomiti verso il Glen Grant, non si sarebbe mai permesso di imporre
la propria presenza a Madre in casa sua.
-Scusa…-, non trovai di meglio che mormorargli di nuovo,
appena restammo soli. Cominciavo a sentirmi esausta. Mi andava davvero
il Glen Grant di cui sopra.
-Un lupo grigio. La mia ragazza diventa un lupo grigio.-
Intercettò il mio sguardo e mi appoggiò un dito
sulle labbra. –Non ti scusare. Ci sarà certamente
una spiegazione logica e razionale a tutto ciò, ma
l’ascolterò quando sarai guarita.-
Sgranai gli occhi. –Logica
e razionale? Al fatto che mi trasformo in lupo grigio?-
gli risposi interdetta. Lui sorrise.
-Ma no. Al fatto che non me l’hai mai detto. E finiscila di
scusarti, mi hai salvato la vita, direi che non solo sei perdonata, ma
sei quasi
in credito.-
Scossi appena la testa. Cristo, quanto girava. Mi veniva da piangere.
-Rosalie Hale ti ha salvato la vita. Io non ci sono riuscita.-
-Leah. Se non ci fossi stata tu con me né Rosalie Hale,
né Jacob Black né nessun altro avrebbe fatto in
tempo a salvarmi la vita. Sarei stato ucciso sul sentiero. Quindi
prenditi i tuoi meriti in santa pace e riposati, altrimenti ti faccio
dormire io con una botta in testa, e la prossima volta che guardi
l’armadietto dei liquori li butto via. Intesi?-
Non la vedevo affatto così, ma davvero non ce la facevo
più. Mi addormentai, stringendogli la mano.
NOTE:oh, non so da voi, ma qui ha fatto una settimana di brutto tempo
quasi ininterrotto. Ma siccome “non può piovere
per sempre”, sembra che il tempo si stia
rimettendo… vannagio, cara, il Destino Porco Bastardo ti
manda tanti baci.
No, Leah non abbandonerà gli studi per stare appiccicata
all’ammmore suo, eccheccavolo. Su questo sono categorica,
imprinting o meno.
La risposta alla domanda sull’Universo, La Vita E Tutto
Quanto è 42, come insegna Douglas Adams in “Guida
galattica per autostoppisti”.
Sul fatto che Paperopoli sia la città più
tranquilla del multiverso… ho tredici biscioni, nel loggione
(anzi, dodici biscioni e una biscionessa), che protestano vivamente.
Diciamo così: è una città
tranquillissima, sempre che tu non sia senza cuore.
“La legge non ammette ignoranza” è uno
dei capisaldi della giurisprudenza, come ho imparato dalla coinquilina
avvocato, e come dicono anche i Volturi, non proprio con le stesse
parole ma il concetto è quello.
Van Hellsing è il cacciatore di vampiri in
“Dracula” di Bram Stoker e in altre mille salse,
dal filmaccio di qualche anno fa a Sir Integra. Il nome proprio di Van
Hellsing? Abraham. Giuro che non è stato voluto. Giuro. Mi
fa troppo ridere, sta cosa.
Alice, povera cara, con tutto ‘sto intreccio di licantropi e
mezzosangue che le gira intorno, è cieca. Aoh, miss Brandon,
mica le ho fatte io le regole, se la prenda con il Demiurgo, anzi, la
Demiurga!
Nel mio mondo mentale il fatto che gli uomini di legge siano abili
cecchini è praticamente un clichè. Colpa di
Atticus Finch. Sennò perché avrei rotto le palle
con riferimenti a “il buio oltre la siepe” ogni due
per tre?
E con questo, gente, siamo quasi alla fine. C’è il
prossimo capitolo, poi l’epilogo, poi basta.
Nel frattempo io vi ringrazio per i commenti, per i momenti di
fanghèrlismo, per chi si è rovinato la
reputazione, per chi ha letto in silenzio e per chi ha commentato in
diretta.
A proposito, mi avevano suggerito questo titolo (senza sapere di cosa
parlasse il capitolo): "Capitolo 8. Che, per cambiare un po', non ha un
titolo. ma è figo lo stesso". Ringrazio Abraxas per la
fiducia!
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 - In cui si parla di papere e di donne bionde in garage, ma giuro che non si tratta di un film porno ***
CAPITOLO 9
In cui si parla di papere e di donne bionde in garage, ma giuro che non si tratta di un film porno
-Allora. Sono un cacciatore piuttosto in gamba, ho un’ottima
mira, sangue freddo, riflessi rapidi e un certo talento naturale, senza
contare che spesso ci si mette anche una buona dose di fortuna. Non te
l’ho detto perché mi sembrava stupido uscire con
te e passare il tempo a bullarmi della mia abilità con il
fucile da caccia e, mea culpa, speravo di farti vedere la mia
abilità all’opera. Al contrario, il mio contributo
è stato inutile, non l’ho nemmeno scalfito e ti
sono stato d’intralcio…-
C’era un pallido sole, e Abraham ne aveva approfittato per
convincere Madre a lasciare che mi portasse in spiaggia. Ero ancora un
po’dolorante e sembravo Il Ritorno Delle Mummie Viventi, ma
stavo guarendo alla grande e tutti mi coccolavano. Tranne, in questo
momento, Lui.
-Ed ora veniamo a lei, imputato Clearwater. Spero che la mia
deposizione sia sufficiente a convincere la giuria ad assolvermi,
inutile dire che il suo processo sarà molto più
lungo.-
-Ma… ma scusa, un vampiro ci attacca, io mi trasformo in
lupo davanti a te, iniziamo a combattere e tu che fai? Non fai una
piega e prendi la mira?-
Lui aggrottò le sopracciglia, ma non perse la pazienza.
-E che altro dovevo fare? Stare lì a farmi domande su
ciò che stava succedendo? Bussarvi sulla spalla e chiedere
“scusate, qui mi dovreste spiegare due o tre cosette, ne
andiamo a parlare al bar davanti ad una tazza di
tè”? Le emergenze si affrontano, ed io
l’ho affrontata. Ma ora veniamo a te, perché non
ho intenzione di sprecare una parola di più sul mio dannato
fucile, dato che non è questo il fulcro della questione!-
Aveva ragione. Stavo solo tergiversando, e lo facevo perché
avevo paura. Paura che se ne andasse, che decidesse che in fondo la
vita da single non gli dispiaceva poi così tanto, o che
preferiva una donna che magari non fosse Quella Della Sua Vita ma
camminava su due gambe il cento per cento del tempo.
Una raffica di vento freddo ci investì. Lui si
voltò verso di me e mi tirò sulla testa il
cappuccio della felpa, badando che le mie contusioni fossero coperte.
Ecco, sono sempre stata sensibile alle piccole gentilezze. Mi
sciolgono, proprio.
E così gli raccontai tutto. Partii dalle leggende dei
Quileute, di Taha Aki, della terza moglie. Parlai di Ephraim Black e
del patto che stinse con i Cullen. Gli raccontai della mia
trasformazione.
-E fin qui sembra una cosa fica, Abraham. Adesso arriva
L’Altro Lato Della Medaglia, sei pronto?-
Annuì. Non mi abbracciò, né fece
alcuna stupida smanceria. Si limitò a fissarmi attento con i
suoi chiari occhi indagatori.
Così gli parlai di Sam, dell’imprinting. Della
mente del branco, della divisione in due gruppi e, dulcis in fundo, del
mio essere unica, senza precedenti e sterile.
-Credevo che l’imprinting ce l’avessero le papere-,
fu il suo unico commento. Pensai bene di fulminarlo con
un’occhiata.
-Quale parte ti è sfuggita del “se perdiamo il
controllo rischiamo di fare seriamente del male a chi ci è
nelle immediate vicinanze”? Perché con questa
uscita sei a rischio, non so se te ne rendi conto!-
-Vediamo se ho capito: tu non mi hai mai detto nulla, pur potendo farlo
secondo le leggi della tua tribù, perché pensavi
che non volessi una donna più forte di me, che rimane a
lungo giovane e bella, e si è innamorata di me a prima
vista?-
-La fai quasi sembrare una cosa bella!-
-Non lo è?-
Lo guardai stupefatta.
-Leah, non ho bisogno di essere più forte della mia compagna
per sentirmi uomo e mi stimerò come un pavone ad avere al
mio fianco una ragazza come te. L’unica cosa che mi rende
perplesso è questa storia
dell’imprinting… è un riconoscersi al
volo di anime gemelle, dici?-
-Io ti riconosco al volo. Io lupo. Tu non so… secondo gli
altri, è come se tutto ciò che facessimo fosse la
cosa giusta da fare in quel momento, compresa una lite. Io sono
fottuta. Tu… tu dovresti avere delle scappatoie, suppongo.-
Mi faceva male al cuore dirgli così. Neanche sapevo se era
vero, peraltro. Avrei preferito convincerlo che sì, mi
avrebbe amato per sempre ed ero La Sua Donna Perfetta, ma non sarebbe
stato giusto: se doveva stare con me, che fosse senza catene. Cristo,
quanto odiavo l’imprinting.
Però mica si è Anime Gemelle per niente, come
dicono sempre i nostri saggi la natura difficilmente sbaglia ed i suoi
dubbi erano gli stessi che avevo avuto io.
-Imprinting a parte, Leah, cosa ci trovi in me?-
Ah, questa la sapevo. Quanto tempo, quante volte ci avevo pensato,
chiedendomi se il mio amore era vero o era una splendida assuefazione
soprannaturale. Ed ero sempre giunta alla risposta che mi ci sarei
innamorata lo stesso, con la stessa forza e gioia, anche se fossi stata
solo Leah e non la Lupa. Chissà come sarebbe andata: magari
in un mondo parallelo sarei stata io a lasciare Sam per lui, ed Emily
l’avrebbe consolato. Oppure i vampiri italiani mi avrebbero
rapita, avrebbero assunto Abraham come avvocato e per farmi liberare
avrei dovuto sedurlo, finendo incastrata… no, magari questo
no, ma avevo l’impressione che questo fosse un punto a cui la
nostra vita doveva arrivare, prima o poi.
Gli spiegai tutto questo, gli dissi come l’avevo visto quella
volta che tornavo dai boschi, gli elencai tutto quello che amavo di Lui
e mi fermai solo al “mi fai ridere”,
perché Abraham mi interruppe dicendo che anche Roger Rabbit
aveva conquistato così Jessica, e perciò era
più che abbastanza.
Ma io non avevo ancora finito di tirarmi zappate sui piedi. Sono sempre
stata una Campionessa Di Negatività e avevo intenzione di
ribadirlo con tutte le mie forze. Eccoti tutta la merda, Amore. Se
l’accetti, io sono qui. Se scappi la chiudiamo con i
giochetti genetici venuti male. Niente mezze misure, oggi.
-Adesso rimane un problema, anzi, due. Non t’importa che io
rimanga giovane, dici. Lo dirai ancora tra vent’anni? E poi,
sono sterile. Non potremo avere figli. Mai. Nessun piccolo generale
Custer. Dovresti pensarci, sai.-
Lui sospirò.
-Se non ti conoscessi, direi che stai cercando di farti lasciare da me.
Hanno ragione i tuoi amici, sei capace di essere davvero
insopportabile, mia cara.-
-Ma questo non toglie che io abbia ragione.-
-Questo semplicemente non cambia i fatti, la ragione non
c’entra. Vedi, Leah…- Fece una breve pausa. Stava
raccogliendo i pensieri per Esprimere Qualcosa Di Fondamentale, entro
qualche attimo avrebbe corrugato le sopracciglia ed avrebbe intrecciato
le mani. Detto fatto.
-Quando sono nel bosco e penso che la cosa più pericolosa
che mi troverò davanti sarà un’ape
arrabbiata, un uomo pallido ci si scaglia addosso e tu diventi lupo e
lo fermi, in quel momento non ha senso arrabbiarmi perché
c’è qualcosa che ti eri
“dimenticata” di dirmi. Le spiegazioni te le
chiederò dopo. In quel momento la situazione è da
affrontare in un altro modo, ed io agisco così, affronto le
situazioni impreviste che mi si presentano davanti cercando di
sfruttare ogni occasione per risolverle al meglio; sono nato a Forks,
ed è da quando ero bambino che ho imparato a godere al
massimo dei giorni di sole. Ora, il fatto è che io ti amo.
Non guardarmi come se non ti fosse mai stato chiaro, non posso pensare
che tu sia una stupida; quello che posso fare è stare con
te. Invecchierò prima di te? Succederebbe in ogni caso, mi
risulta. Sei sterile? Intanto studia, vai al college e poi, quando ti
sarai creata un’autonomia e vorremo dei figli, ci penseremo:
le soluzioni esistono, c’è
l’affidamento, l’adozione, mia madre diceva che i
figli sono di chi gli paga le scarpe ed io sono perfettamente
d’accordo. Leah, davvero. Non c’è nulla
di cui preoccuparsi, adesso.-
-Mi prendi lo stesso? Davvero non t’importa che io sia
pericolosa, sia solo una mezza donna e mi trasformi in lupo grigio?-
implorai.
-Leah. Giusto cielo, che due palle. Mi spieghi come diamine ti
sopportano quei quattro disgraziati che ti leggono la mente?
Sì che ti prendo lo stesso. Ma per amor del cielo, smetti di
perderti nel labirinto delle tue paranoie!-
Sorrisi con poca convinzione. Poi ripensai a quella stupida frase che
non ci eravamo mai detti.
-Da quando in qua mi ami?-
-Da quando in qua tutto quello che dico può essere usato
contro di me in tribunale?-
-Non è mica un tribunale.-
Lui sospirò. –Senti, facciamo così,
mettilo agli atti e archivialo, va bene?-
Decisi che mi era andata grassa e mi andava benissimo, per cui annuii
e mi rialzai un po’ dolorante. Lui si affrettò a
sorreggermi per paura che cadessi.
-Comunque, Abraham, anch’io ti amo-, gli dissi.
–Molto più di quanto qualunque stupida papera
abbia mai amato la prima stupida cazzata che le si è mossa
davanti.-
Mi rivolse un ghigno beffardo. –Ti rendi conto, Leah, che
questa è la peggiore dichiarazione d’amore che
abbia mai ricevuto?-
Ridacchiai. –Tu neanche ti sei sforzato di farmela, ti sei
limitato ad inserirla en
passant in un discorso più ampio. Quindi ho
vinto.-
Per evitare di farmi scaraventare per terra in malo modo, finsi una
serie di dolori che in realtà non sentivo affatto;
funzionò, e ci avviammo verso casa abbracciati, come una
vecchia, vecchissima coppia.
Per la seconda volta in vita mia misi piede dentro casa Cullen.
C’era una cosa che dovevo fare, e decisi di levare il dente
il prima possibile. Mi ricevettero Fratello Jasper e Sorella Alice, lui
con un fiero cipiglio e le mani in tasca, lei con una specie di
piroetta e un sorriso.
-Cerco Rosalie-, fu la mia richiesta. Chiara, rapida e concisa.
-E a cosa deve questa visita inaspettata?- chiese Biondo Era
E Bello, nello stesso istante in cui la sua Sorella Sposa mi rispose
–È in garage-.
Lui le rivolse un’occhiataccia, ma lei si limitò a
sorridere ancora di più, cosa che non credevo fosse
possibile, e affermare tranquilla –Non succederà
niente di male.-
-Come fai a esserne sicura? Non puoi vederla!-
-Scommettiamo?- replicò lei.
Questa uscita, inspiegabilmente, chiuse la bocca al fidanzato, che si
limitò a scortarmi fino all’entrata del garage con
espressione preoccupata, sovraccaricandomi di Calma,
Serenità e Buona Disposizione D’Animo in
quantità tali da uccidere un diabetico.
Scesi rapida le scale con passo leggero; Miss American Pie era sotto ad
un’automobile sportiva rossa ed appena udì la
porta aprirsi disse: -Edward, sei tu? Ti dispiace passarmi la chiave
del sei? Ah, no, eccola!-
La sua mano si strinse attorno ad un attrezzo da meccanico. Poi si
irrigidì e lei scivolò via da sotto
l’auto, veloce.
-Mi sembrava, infatti, di aver sentito puzza di cane! Che ci fai qui?-
Ringraziai Il Torvo per le massicce dosi di calma. Non ero venuta a
litigare. Restai ai piedi delle scale, le mani nelle tasche.
-Vengo a ringraziarti, Rosalie.-
Lei alzò un sopracciglio perfetto. –Carlisle ci ha
già portato i tuoi ringraziamenti, ed anche Jacob.-
Sapevo che non me lo avrebbe reso facile. Nota mentale: spedire mazzo
di fiori a Jasper Cullen.
-Sì, ma io devo ringraziare te personalmente. Non per aver
aiutato me. Per Abraham. L’uomo che era con me, non so se ti
ricordi, il vampiro stava per ucciderlo e tu l’hai salvato.-
-E come non ricordarmi?- fece un sorriso sarcastico.
–“L’uomo che ha fatto una doppietta su un
vampiro in movimento”. Si chiama Abraham? Devo dirlo a
Emmett, è entrato nella sua lista di miti personali.-
Il sorriso d’orgoglio mi si aprì in faccia prima
che potessi fare qualunque cosa per impedirlo. Lei strinse gli occhi.
-E così abbiamo accoppiato un altro cagnolino, quindi. Non
posso fare a meno di pensare che se facciamo una media fra la sua
età e quella di mia nipote tu e Jacob ridiventate
perfettamente normali… Già, la natura non sbaglia
proprio mai. Adesso manca solo una bella cesta di cuccioli,
congratulazioni!-
Non so perché non ribadii i miei ringraziamenti e me ne
andai. Non so cosa mi spinse a dire quello che dissi in seguito. Forse
la strana empatia che avevo sentito con lei ai tempi della gravidanza
di Bella; o il tono acido che avevo già sentito un sacco di
altre volte e ricordavo bene dove, perché era nella mia
bocca; o magari la voce di Madre, che mi ha sempre insegnato che tutte
le donne sono sorelle. Chissà.
-Niente ceste di cuccioli per me, Rosalie. Non sei mica
l’unica, sai. Mi sa che in due non facciamo una donna
completa, io e te.-
Il suo volto si raggelò. L’avevo ferita.
-Sono sterile-, mi affrettai ad aggiungere. –Da quando mi
sono trasformata la prima volta non ho più avuto il ciclo.
Non avrò figli miei, mai.-
Lei aggrottò le sopracciglia, un’espressione
furiosa scombinò per un momento i lineamenti del suo viso.
Poi mi sorrise, con un sorriso talmente gelido da risolvere da solo il
problema del surriscaldamento globale.
-Sei sterile, eh?-, sussurrò. Io anuii.
A questo punto, di colpo e inaspettatamente, mi vomitò
addosso un fiume di parole sibilate.
-Stupida. Cretina. Regina degli idioti. Sei sterile perché non hai più le
mestruazioni, vero? Io lo sapevo che i cani hanno un
cervello più piccolo del nostro, ma non credevo
così tanto, giuro, ero convinta che fosse Jacob ad essere un
caso disperato!-
Io ero rimasta talmente sorpresa da questa sua reazione da non avere
neppure l’istinto di trasformarmi dalla rabbia. La guardavo a
bocca aperta, basita.
Lei continuò imperterrita la sua filippica, gesticolando
verso di me con in mano la chiave del sei.
-Stupida cagna… se tu non ti fossi bruciata i neuroni a
forza di “mente del branco”, forse avresti
riflettuto sul fatto che voi licantropi, o mutaforma, o quel diavolo
che siete, raggiungete la maturità fisica e poi invecchiate
in maniera estremamente più lenta del normale, anzi, leggimi
il labiale, finché
vi trasformate è come se il tempo per voi non trascorresse…
dai che lo sai. Me l’ha detto Edward che l’ha letto
nella mente di Jacob, e se l’ha capito perfino
l’indiano bello col chiodo nel cervello allora davvero
è un concetto a prova d’idiota, no? Il
passo successivo dovrebbe esserti abbastanza ovvio, suppongo, a meno
che io non sopravvaluti le tue capacità di ragionamento
logico, cosa piuttosto probabile.-
Avevo ancora la bocca aperta. Non poteva essere. Non così
facile. Mi avevano tolto ogni speranza, ed ora? Bastava questo, davvero?
-Ma Sam ha sempre detto…- balbettai.
-Sam! Certo, se l’ha
detto Sam allora vai tranquilla, dopotutto Sam parla per
scienza infusa! Cosa può saperne Sam? Mi risulta che tu sia
la prima e unica donna lupo a memoria di grande saggio della
tribù; su che basi parla? È dottore, Sam? Ha una
laurea in medicina? Beh, io sì, e inoltre sono una donna,
quindi magari ne capisco qualcosa in più di mestruazioni,
che ne dici? In quanto tempo per le tue cellule passa
l’equivalente di un mese, se è vero che
finchè continuate a trasformarvi non invecchiate? Quanto
spesso ti sei trasformata da quando sei diventata lupo la prima volta?
Te lo sei mai chiesto?-
In tutto ciò, io ero di sasso. La Bella Statuina. Uno Due
Tre Stella, quando arriva Stella. Penso che non stessi neanche
respirando, me ne stavo lì a sentirla che mi urlava in
faccia sventolandomi davanti quella maledetta chiave del sei come se
fosse stata una fata con la bacchetta magica, venuta a dirmi che era
pronta a riscattarmi da una vita che parevo destinata a trascorrere tra
la cenere del camino.
-A differenza mia,
non mi sembri affatto condannata senza appello. Vai da Carlisle,
cretina, ingoiati il tuo orgoglio del cazzo e fatti visitare; io ti
manderei a quel paese, dove ti meriti di stare per la tua lampante
stupidità, ma lui non lo farà perché
è buono e probabilmente un giorno lo faranno santo.-
Non mi accorsi più di nulla, finchè non sentii un
canovaccio ruvido sulla mia guancia. Solo a quel punto mi resi conto
che stavo piangendo a fiumi e che Rosalie, probabilmente contagiata da
Empatia&Sorellanza, si era avvicinata a me e mi asciugava le
lacrime sbuffando. Io non l’ho mai detto a nessuno, ma grazie
a Edward temo che lo sappiano tutti, che finii a singhiozzare come una
bambina tra le braccia di una succhiasangue bionda. L’effetto
era più o meno quello di essere consolata dalla statua della
Madonna.
Uscii da casa Cullen in una specie di limbo, con gli occhi rossi e
un’ansia quasi dolorosa, tanto che vidi il vampiro biondo
spalancare gli occhi e ritrarsi come stordito dalla forza delle mie
emozioni.
Destino Porco Bastardo, dovevo venire a conoscenza di questa semplice
verità biologica per bocca di Rosalie Cullen, e vedermela in
seguito confermare da suo padre.
Da quel giorno in poi, la parola “speranza” mi
forma l’immagine mentale delle pareti grigie di un garage,
con una donna bionda davanti ad un’auto rossa fiammante.
NOTE:"I figli sono di chi gli paga le scarpe" è un proverbio che
usa anche mia madre... mi sono accorta che tiro fuori le scarpe in
continuazione. Vi ho risparmiato quello tipico delle tre lune nei
mocassini di un altro, almeno.
Per la teoria scientifica Dragana/Hale circa il sistema di concepimento
delle licantrope donne, si ringraziano le serate passate a discutere di
stupidaggini con la mia coinquilina (quella che fa
l’avvocato). Dal momento in cui ha esordito con un
“Scusa, Veronica, ma perché Leah deve essere
sterile?” sono partite le congetture, e alla fine siamo
giunte a questa, che ci ha soddisfatto entrambe. E così
l’ho ficcata qui, dato che Tutto Deve Andare Bene.
Oh, ma solo io sono convinta che Leah e Rosalie siano molto simili
sotto parecchi aspetti, e potrebbero piacersi tantissimo se fossero
meno testarde? Per la cronaca: l’empatia di Leah nei
confronti di Rosalie non l’ho inventata io, è
canon: lo dice Leah stessa in “Breaking Dawn”,
parlando con Jacob. E sono canon anche gli insulti gratuiti di Rosie a
Jake… prima o poi li farò risolvere le loro
diatribe mediante una gara automobilistica alla Toretto, giuro!
Bene, la prossima settimana saremo a ridosso di ferragosto, e ci
sarà l’epilogo. Vi avviso: è una roba
diabetica a livelli estremi. Astenetevi se vi fanno paura i dentisti.
Tenete l’insulina a portata di mano. Io declino ogni
responsabilità, sappiatelo.
Poi non dite che non ve l’avevo detto.
E infine il solito, enorme, pantagruelico GRAZIE a tutti voi. Non
sapete che bello, quando passate di qui e leggete; tutti quanti,
nessuno escluso!
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Capitolo 11 *** Epilogo - In cui si riassumono le fortune della sottoscritta, che fa sempre bene. ***
AVVERTENZE:il qui presente epilogo è glucosio puro. Puro e
bollito, praticamente caramello. Astenersi diabetici, deboli di stomaco
e odontofobici.
Se decidete di proseguire, sappiate che l’autrice non si
assume responsabilità di sorta. Scollegate i neuroni e buona
lettura!
EPILOGO
In cui si riassumono le fortune della sottoscritta, che fa sempre bene
E allora, questa storia iniziata tanto tempo prima che io nascessi,
com’è finita?
È finita che allo stato attuale delle cose mi chiamo Leah
Custer, ma è una cosa talmente ridicola che uso sempre il
mio nome da ragazza.
È finita che dopo il college mi sono sposata, anche
perché altrimenti Madre me l’avrebbe tirata lunga
una vita; ma tutto sommato è stato un giorno magnifico, e
ovviamente era una giornata di sole. Il mio album di nozze è
qualcosa di apparentemente banale e in realtà
così epico: ci sono gli anziani della tribù
venuti a godersi il matrimonio della lupa e a commentare lo sposo Viso
Pallido; c’è il mio gruppo di amici vecchi e nuovi
che ho ritrovato al college, quelli che di lupi mannari non sanno nulla
ma a fare branco sono maestri indiscutibili; ci sono avvocati
americani, le Migliori Amiche Dello Sposo e perfino persone da Bologna,
Italia, che ridevano spesso e bene ed attaccavano bottone con chiunque,
arrotando tutte le r; ci sono Sam ed Emily e la loro sbrancata di
cuccioli che non stanno mai fermi; ci sono Quil e una Claire dallo
sguardo troppo furbo, Embry e Penny Il Femmino, Paul e Jared con le
rispettive fidanzate, e i piccoli del branco che adesso non sono
più tanto piccoli, tutti in giacca e cravatta tranne David,
che però ha costretto Nate ad indossarla al suo posto;
c’è perfino un cospicuo gruppo di gente troppo
pallida, troppo puzzolente e troppo bella, che lo sposo ha voluto a
tutti i costi perché “ammettilo Leah, sono persone
splendide”, e che è sotto i gazebo in ogni foto
tranne quelle fatte di sera; c’è un Jake elegante,
bello e commosso, e una ragazzina dai capelli rossi che pare farmi una
carezza in volto e invece mi sta mostrando il momento in cui il
suddetto ha finto che gli fosse caduto qualcosa per mascherare le
lacrime agli occhi; c’è Madre che invece piange
senza ritegno al fianco di un ormai onnipresente Charlie Swan;
c’è il mio bouquet illuminato dal sole, sulla
tomba di papà; c’è Seth con un sorriso
che gli taglia la faccia in due, e la sua nuova fidanzata, quella da
cui è stato ben lieto di farsi mettere le manette e che
chiama “Sergente Hartman”, perché era
ovvio che la Donna Ideale di un maschio assomigliasse a sua madre; e
naturalmente ci siamo io e Abraham, che facciamo sfoggio di una
felicità così sfacciata che ci viene da ridere
solo a guardare.
È finita con il college terminato brillantemente, e una
bella serie di articoli, pubblicazioni e perfino un libro sulla
tribù dei Quileute, leggende dei licantropi comprese; quando
Jake, Sam e gli anziani hanno provato ad opporsi ho fatto presente che
tanto ormai i vampiri di mezzo mondo, italiani compresi, sapevano
tutto, e se lo sapevano loro non vedevo che differenza avrebbe fatto il
mio libro, che oltretutto è un trattato che interessa solo
agli antropologi; la tribù ha ceduto e mammà ha
la soddisfazione di poterlo esibire sullo scaffale. Il mio lavoro a
volte mi porta lontano; quando può Abraham mi accompagna,
quando non può basta che chiuda gli occhi e chieda a me
stessa “cosa direbbe adesso?” per immaginare la sua
risposta, che quasi sempre mi fa ridere.
È finita nel mio salotto, con tra le braccia il peso
più leggero del mondo, che chiedo alla mia interlocutrice
come mai secondo lei la mia bambina ha la pelle chiara ed i capelli
biondi, dato che, se la genetica non è
un’opinione, i miei sarebbero i caratteri dominanti.
-Perché si chiama come me, quindi mi somiglia!- risponde lei
in visibilio. Eh, sì, perché
c’è anche questa: Abraham ha deciso che i Cullen
sono benvenuti nella nostra umile dimora, a patto che si annuncino
suonando il campanello ed entrino dalla porta, e dato che i debiti si
pagano, la mia preziosa primogenita si chiama Rose.
È finita con la preziosa e bellissima primogenita
all’asilo ed io ancora sbigottita con in mano
l’ecografia che ritrae due gemelli, mentre Abraham si premura
di mettermi al corrente che sì, in effetti ora che ci pensa
ci sono stati tantissimi parti gemellari nella sua famiglia, e tutti
danno la loro opinione sul nome da dargli: Seth mi impone solo un veto,
perché “Harry Clearwater” lo vuole per
sé ed è giusto così; Jacob mi dice che
gli devo almeno un figlio col suo nome, ma faccio presente che avere in
famiglia “Jack e Rose” mi scatenerebbe il terrore
di farli salire su qualsivoglia imbarcazione per sempre; la Preziosa
Primogenita pretende che almeno uno dei due si chiami Nobody detto Bod
come il protagonista del suo libro preferito (in cui peraltro tale Bod
ha come tutori un vampiro e una licantropa, perche mia figlia ha
già capito da che parte soffia il vento) ed ovviamente siamo
un po’restii ad accontentarla; paradossalmente finora quelli
che hanno avuto più successo sono stati quelli di Rosalie
Hale che, saputa la notizia, ha sibilato: -E per fortuna che era
sterile-, per poi lanciare Romolo e Remo. Abraham ha riso
così tanto che temo che questi soprannomi gli rimarranno
appiccicati per sempre, poveri figli miei.
È finita che ancora non mi fido dell’imprinting, o
forse il Destino ha fatto sì che il mio Uomo Perfetto fosse
quello che non riesco mai a dare per scontato, quindi alla fine di
tutto ciò non posso che ringraziarlo, il mio maledetto
Destino Porco Bastardo.
È finita che la pessimista cronica è rimasta
tale. Perché so benissimo che se si pensa che non possa
andare peggio di così si scopre solo di non aver avuto
abbastanza immaginazione, che quando si tocca il fondo si comincia a
scavare e che potrebbe piovere.
Intanto però mi sto godendo la mia lunga, lunghissima
giornata di sole.
NOTE: Penny
il Femmino, David
e Nate non appartengono a me, ma a Kukiness
e Abraxas. Dato che li ho adorati ed erano lì, a La Push, li
ho infiltrati al matrimonio. Il sergente Hartman sapete tutti chi
è, mi auguro (rispondete “signorsì
signore!”), Jack e Rose sono i protagonisti del film
“Titanic”, il libro preferito di Rose è
“il figlio del cimitero” di Neil Gaiman, il cui
protagonista, Nobody Owens, ha davvero come tutori un vampiro e una
licantropa, oltre a parecchi fantasmi. Non credo che Leah conoscesse la
leggenda di Romolo e Remo, ma suppongo che (dopo aver finito di ridere)
gliel’abbiano raccontata.
E così questa storia è finita, e non è
successo niente. Ah, però io ve l’avevo detto,
vero? E anche vannagio
me l’aveva detto; non che non succede niente, ma che dovevo
pubblicarla. E aveva ragione.
Perché se l’avessi tenuta per me non avrei avuto
le vostre parole, i commenti qui, a voce o in chat, che tante volte
sono stati raggi di sole in giornate stancanti o piene di sclerosi da
stagione estiva. Che vorrei incorniciare e rileggere nei momenti di
scarsa autostima, perché mi avete detto cose davvero
bellissime, ma davvero proprio.
Questa storia è per voi. E a voi che siete passati da qui e
avete letto, avete messo la storia nei preferiti, seguiti o ricordate,
avete lasciato commenti, non vi siete fatti sentire ma vi siete
divertiti, vi siete fatti sentire e anche vedere: per tutte le vostre
parole, per tutte le vostre risate, GRAZIE. Che i vostri giorni di sole
non finiscano mai.
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