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In tempi antichi sulla Terra camminavano il Caos, la Morte ed il Male
In tempi antichi
sulla Terra camminavano il Caos, la Morte ed il Male. Essi si muovevano tra gli
uomini seminando il seme della distruzione nel cuore dell’uomo. Erano incarnati
dal Signore dei Lupi, dei Non morti e dell’Oscura Arte. Un trio le cui gesta si
narrano tuttora con nomi diversi.
Quella che vi sto per narrare è la loro Storia…
Parigi, 1485
In una notte di
quiete assoluta nulla faceva presagire disgrazie. Il cielo era limpido e le
stelle erano dardi incantati nella volta celeste. Il neonato poteva dormire il
sonno dell’innocente e l’anziano fabbro quello del giusto. Ma la pace che
regnava sovrana venne squarciata…
Un grido da una
casa lontana era diventato l’elogio funebre di un morto.
Un’ombra furtiva
saltava di tetto in tetto, senza indugi. Al chiaro della luna piena saltò per
correre sulla strada, sfruttando ogni sporgenza delle case.
Era un uomo alto,
incappucciato dalla testa ai piedi di un nero mantello svolazzante nella brezza
della notte.
Riprese la corsa
da dove era atterrato, seguito a breve distanza da un gruppo di
armigeri iracondi. La vittima di quella notte era il loro comandante. Lo
inseguirono con le picche in pugno, con un ardore che faceva battere forte il
cuore e metteva forza nelle loro gambe.
Destra, sinistra,
destra, di nuovo a sinistra. Un vicolo cieco.
“Finalmente ti
abbiamo catturato schifoso assassino!” Le sentinelle entrarono nel vicolo come un fiume in piena, furibondi ed addolorati.
L’incappucciato
parve poco preoccupato, se non addirittura divertito dalla rabbia delle guardie.
Un leggero sorriso si poteva intravedere da sotto il cappuccio. Un sorriso
privo di gioia e ricco di malvagità.
“Tut-tut. Mi pare
che sia presto per dire chi ha catturato chi.” Rispose
una voce bassa e roca, proveniente da chi sa quale
girone infernale. I soldati si voltarono. Altre due nere figure erano apparse
alle spalle dei soldati. Uno era appoggiato all’angolo della costruzione con
non curanza, l’altro era in piedi con un enorme falce
sulla schiena. Entrambi mostravano un sorriso identico
a quello dell’inseguito.
“Tu cosa dici
Thibaulth?” chiese l’uomo appoggiato al muro. Un basso ringhio di risposta
giunse alle sempre più terrorizzate sentinelle cittadine. Al posto
dell’assassino vi era un enorme lupo mostruoso.
Era in piedi su
due zampe robuste e muscolose, grosse come il petto di un uomo. Una pelliccia
nera come la notte più buia ricopriva il suo corpo e le zanne colanti bava
erano fredde stelle d’acciaio. Gli occhi parevano infuocati, come se il diavolo
vi avesse incastonato le fiamme più rosse dell’Inferno.
Iniziando una
sinfonia infernale fatta di grida i tre mostri assaltarono le guardie. Una di
loro non riuscì neanche a vedere le zanne del lupo che si chiudevano sulla sua
gola, separando la sua testa dal busto, inondando i compagni con il proprio
sangue.
La falce si mostrò
nella sua sinistra bellezza, danzando un valzer che troncava i busti dei suoi
partner, lasciando al suolo uomini con il ventre aperto e le viscere esposte e
sanguinanti.
Quando i sopravvissuti tentarono una fuga disperata,
l’ultimo demonio gli si parò davanti.
Non pareva armato,
ma ad un cenno delle sue mani apparvero lame incandescenti che trafissero gli
occhidei soldati, distruggendo il loro
cervello ormai colmo di orrori indicibili.
Un attimo dopo che
le guardie erano entrate nel vicolo il silenzio era
finalmente tornato.
“Credi ci abbiano
sentito Albert?” chiese la nera figura appoggiata al
muro.
“Certo, Julius. Altrimenti che divertimento ci sarebbe?" gli
rispose l’altro con la sua voce bassa, pulendo la falce ed assaporando il
sangue fresco che ne scendeva- E tu,Thibaulth, che ne dici?”
Il lupo mostruoso
era tornato uomo, ma non rispose alla domanda. Era
intento ad annusare il profumo della linfa vitale che era stato appena versato.
Ma un altro odore gli assalì le narici.
“Io dico che
dobbiamo andarcene - fu la risposta - c’è un pessimo odore qui vicino.”
Gli altri lo
guardarono delusi per la risposta, speranzosi di divertirsi nuovamente versando
altro sangue lungo le strade.
Scivolarono via
come le ombre all’alba, in una nebbia innaturale e fosca.
Tom odiava quell’uomo.
Non sapeva perché. Forse la sua aria divertita o forse i suoi
neri abiti gabbani. L’unica cosa di cui era certo era che non voleva
stare un altro secondo nella stessa stanza con quella persona.
Si rialzò
lentamente, raccogliendo piume e pergamene, dopo essersi scontrato con quell’individuo.
“Stai bene?” gli
chiese lo sconosciuto, con un marcato accento francese.
“Sì – rispose Tom, mentre intorno si formava una calca di curiosi - e
lei?”
Egli sorrise,
rivelando canini particolarmente sviluppati, e invece di rispondere chiese:
“Dove posso trovare il Professor Silente?”
<<Bingo>> pensò Ridde prima di rispondere.
“Ci sto andando
proprio adesso. Se vuole seguirmi.”
Un altro sorriso
enigmatico. Era snervante.
<cazzo è? Si presenta in Sala Grande come un babbano qualsiasi e mi butta per terra perché non guarda
dove cammina.>> pensò torvo lo studente <..>>
e già c’era un ma, uno di quelli inquietanti.
Non era solito
farsi intimorire, anzi era il contrario. Ma quel tizio
ispirava pericolo da ogni poro. E camminare da soli
con lui, lungo i corridoi deserti, non aiutava.
Tom
rabbrividì, e non certo per il freddo. <babbano.>>
Già
un abito da babbano, di quelli indossati per le
grandi occasioni. Un
abito nero, degli occhiali da sole (<> si
domandò) e guanti di pelle, neri pure quelli.
Anche i capelli erano neri, ma sembravano…
sporchi, come se non fossero di quelcolore.
E sempre quell’irritante
ed enigmatico sorriso.
“Eccoci - disse d’un tratto,
uscendo dai propri pensieri - questa è la Sala Professori.
Bussò. Una voce forte rispose “Entrate”
Tom entrò
“Ah, eccoti Tom” disse un mago dalla folta barba castana e dagli
altrettanto folti capelli.
“Professor Silente
– disse lo studente mentre il mago si alzava – c’è una persona che la cerca.”
L’insegnante
inarcò un sopracciglio. Poi la testa dell’ospite fece capolino dalla porta. Un
silenzio teso ed improvviso invase la stanza.
“Credo – disse il
mago, irrigidendosi lievemente – che dovremmo
parlaredomani, Tom…”
TomRiddle era stupefatto. Mai nessuno aveva fatto innervosire Albus Silente a quel modo. Non poteva crederci, ma non fece
nessun commento ed uscì.
“Non sei cambiato Albus, a parte qualche capello bianco.”
Disse sogghignando l’oscuro individuo.
“Neanche tu, Thibaulth. – mentre tornava a sedersi –
Cosa ci fai qui?”
“Un saluto ad un
vecchio amico”
“Non siamo amici”
gli rispose irato Silente
“Ohoh il piccolo Albus si è
innervosito. Ma contro Grindelwald il mio brutto muso
non ti dispiaceva.”
Di nuovo silenzio.
“Perché sei qui?” ripetè Silente
“Lo sai, Albus. – rispose Thibaulth,
mentre il suo sorriso si spegneva- Tu sai perché e per
chi…”
“Quel ragazzo che
chiami Tom – aggiunse – è un Prescelto. Stanotte verrà compiuto il rito e riceverà la benedizione oscura.”
“Dove?”
“Lo sai che non
posso dirtelo. E’ già tanto che ti abbia detto quando.”
Silente ebbe un
lieve tremito. Aveva sperato, per una volta, di essersi sbagliato.
“Tu non puoi fare
niente, vero?” chiese rassegnato.
“No. Io non posso
far niente. Fa parte del mio <>”
rispose l’ospite con voce sepolcrale.
Thibaulth si
tolse gli occhiali, rivelando dei straordinari occhi
rossi.
Si guardarono.
Entrambi videro il carico di disperazione dell’altro, in quel freddo
pomeriggio autunnale.
Poche ore dopo, al
centro della Foresta Proibita
“Dove sei stato?”
chiese Julius
“In giro.”
Julius lo
guardò sospettoso, scrollò le spalle e si voltò.
“Dove Albert?”
“Tinus? Sta finendo di preparare il sito per il rito.”
Si avviarono tra i
bassi arbusti del fitto sottobosco, circondati da alberi secolari, per giungere
in un piccolo spiazzo coperto dai rami delle piante circostanti.
Una nuvola di fumo
stava pigramente salendo da un calderone, e , affianco
ad esso, c’era seduto un uomo dai capelli bianchi, pallido ed emaciato, con il
volto scheletrico.
Stava passando una
pietra sulla lama di una falce purpurea per affilarla ulteriormente,
accarezzando il luno manico d’ebano finemente
intarsiato e ricoperto di oscuri simboli argentati.
“Finalmente -
esclamò Albert – pensavo fossi fuggito.”
Un sorriso
diabolico dischiuse il suo volto.
“Lo sai che non
potrei mai, Tinus. – rispose Thibaulth
sorridendogli a sua volta – Altrimenti sarei decisamente
bruciacchiato adesso.”
Scoppiarono in una
risata lugubre, risuonando in tutta la foresta.
La luna piena
appariva e spariva fra i rami e l’oscurità continuava ad infittirsi, lasciando
come unica illuminazione il basso fuoco del calderone.
“Iniziamo” disse
infine Julius.
Si misero intorno
al calderone, formando un triangolo. Ognuno estrasse un pugnale d’argento
inciso con delle rune.
Julius si
tagliò il polso, intonando una breve litania:
“Io, che dell’Oscura Arte sono maestro,
verso il mio sangue
per benedire colui
che il Fato ha scelto.”
Thiabulth
continuò, tagliandosi asua volta il
polso sinistro:
“Dei
Lupi sono Signore assoluto
e il mio sangue dono
al figlio dell’oscurità”
Infine toccò ad Albert:
“Io Re Non-Morto,
ultimo dannato,
alla morte negato,
regalo il sangue di cui mi nutro
a chi deve essere condannato.”
Il liquido nel
calderone passò dal rosso al nero pece, per poi
svanire.
AdHogwarts un alto
grido di dolore infranse la quiete.
Silenzio e poi…
più nulla.
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Vorrei Ringraziare le prime
persone che mi hanno lasciato le loro recensioni.
@ Ginny86: Volutamente non
l’ho resa chiara subito. Nei prossimi capitoli incomincerete a
intravvedere qualcosa, anche se lo stile che ho utilizzato lo renderà ancora più
incasinato.
@ Lu:
Grazie per i complimenti. Se ho un difetto è quello di
non essere scorrevole quando scrivo, ma stavolta pare che ne sia
stato capace (spero di aver fatto altrettanto negli altri capitoli).Per la poca chiarezza ti rimando alla
risposta a Ginny86.
Sapeva che sarebbe
stata una lunga notte. Era bastata la visita di Thibaulth
per confermarglielo. Verso l’ una di notte un grido aveva svegliato molti
studenti di Serpeverde. TomRiddle era stato trovato in stato comatoso nel suo
letto, completamente ricoperto da piaghe nere. Era stato portato in infermeria.
Lui l’aveva raggiunto.
Madama Chips non sapeva cosa dire, non aveva mai visto una
malattia del genere. In meno di un’ora la situazione si stabilizzò, le piaghe
iniziarono a rimarginarsi da sé, il respiro del giovane si era fatto più
regolare.
Come era potuto
accadere? Perché Tom?
>>Forse –
gli suggerì una vocina sibilante – perché lui era destinato ad essere
marchiato. Ti ricordi quando l’ hai preso all’orfanotrofio? Cosa aveva fatto
agli altri bambini?<<
Certo che se lo
ricordava, ma non credeva che fosse così vicino alla dannazione.
Già, una
dannazione. Provocata da tre persone ( ma poteva definirle tali?) che
conosceva.
Non poteva dimenticarselo.
Né chi erano né come le aveva conosciute.
Era il 1941, e lui
ed Aberforth erano in ricognizione a bordo delle loro
scope quando vennerò abbattuti sopra la Foresta Nera
in Germania.
Si risvegliarono
cinque giorni dopo, salvi per miracolo ma privi delle loro bacchette, curati da
un ragazza, Selenia, che aveva appena diciassette
anni.
Erano finito in un
campo di concentramento per maghi.
Circondati da Dissenatori, Giganti malvagi e Demoni assassini, venivano
obbligati a scavare in una miniera. Per ore, al buio, nel silenzio tombale.
Dovevano estrarre Omihalcon, una pietra magica utile per Grindelwald
per i suoi studi.
Furono settimane
estenuanti, che si protraevano all’infinito a causa dei loro aguzzini.
Chi non era in
grado di lavorare veniva baciato e abbandono lì, sul posto, a morire
abbandonato. Chi osava fare qualcosa veniva baciato a sua volta. Lentamente si
moriva anche senza essere toccati, perché malnutriti o malati. Alcuni, presi
dalla disperazione, si lanciavano verso i loro carnefici per farsi uccidere,
per evitare la pazzia. Li trovavano per terra, stesi, con occhi vacui e privi di
espressione. Vivi, ma ridotti ad un destino peggiore della morte.
Erano cinque
settimane che lui e suo fratello si trovavano nel campo. L’unica che avesse
voglia, ancora, di parlare era Selenia. Raccontò loro
di come, fino a due mesi prima, si trovasse a Dacau,
un campo di concentramento gestito da nazisti, gli alleati non magici di Grindelwald. La separarono dai suoi genitori babbani, quando, una notte, scoprirono che forniva alimenti
agli altri internati grazie alle sue arti magiche. Di come, davanti ai suoi
occhi, uccisero i suoi genitori ed altri otto prigionieri con un colpo alla
nuca. Di come ridevano e sbeffeggiassero i morti, di come maltrattavano i vivi.
Il giorno
successivo era stata trasferito nel campo per detenuti magici, Werbunk.
La notte la
sentivano piangere e parlare, e non era la sola.
Accadde verso
l’alba. La luce pallida e spettrale del sole stava illuminando lentamente il
campo. I giganti si davano il cambio all’ingresso della miniera. Un esplosione,
un’altra, un’altra ancora. Fu il caos.
Nessuno era in
grado di capire cosa stava accadendo, i primi a cadere furono i giganti poi
seguirono i demoni. Incredibilmente parve che anche i Dissennatori
fossero agitati. Gli assalitori sembravano immuni alle loro capacità di
risucchiare la felicità.
Un esplosione
colpì il Quartier Generale, fuoco e fiamme. Poi comparverò.
Erano in tre, a
cavallo di neri destrieri. Si stagliavano tra il fuoco e le fiamme. Caricarono
le guardie rimaste, distruggendole. I pochi superstiti parvero entrare in una
frenesia sconosciuta, ed iniziarono ad assalire chiunque gli capitasse a tiro. Albus, Aberforth e Selenia stavano cercando di fuggire. Uno di quei mostri
impazziti catturò Selenia. La baciò prima che
potessero reagire.
Un artiglio
saettò, tagliando in due l’assalitore, ancora unito nell’orrido bacio. Il corpo
del Dissennatore si dissolse come una statua di sale,
lasciando la ragazza. Ma lei era già morta prima che la lama l’avesse colpita.
Con le lacrime negli occhi guardarono chi, intempestivamente, li aveva salvati.
“Credi che
dovremmo dirglielo?” domandò sussurrando Julius
“Non mi pare il
caso.” rispose Albert, sussurrando anche lui
“E’ suo diritto
saperlo.” disse Thibaulth
“Sono secoli che
lo facciamo senza dirlo.” rimbeccò Albert stizzito
Avevano
incominciato a discutere appena pensarono che i due fratelli si fossero addormentati.
Di certo Aberforth dormiva.
Albus
continuò a fingere di dormire, ma la cosa parve non funzionare.
“Sappiamo che sei
sveglio. – gli disse Thibaulth – Noi dobbiamo
parlare.”
Si alzò dal suo
giaciglio e si avvicino al fuoco da campo che i suoi “salvatori” avevano
acceso. La fiamma dava un’immagine grottesca dei suoi compagni.
Erano mostruosi
mentre erano lì, seduti ed incappucciati in lunghi mantelli.
“Cosa dovete
dirmi?” domandò titubante il mago
“Perché ti abbiamo
salvato.” Disse Julius
Albus notò
che Albert era decisamente arrabbiato dalla decisione
dei suoi compagni.
“Non è stato
casuale – aggiunse – che fossimo lì. Ti stavamo cercando.”
“Me? Perché?” era
decisamente stupito
“Perché non sei
una persona qualsiasi. Nel corso dei secoli io ed i miei compagni siamo andati
alla ricerca di persone che avessero un ruolo decisivo nella lotta tra Bene e
Male, dei Prescelti, in entrambe le fazioni.”
Julius
scoccò uno sguardo a Thibaulth, poi si volse verso
Silente. Quando parlò dava l’impressione che stesse soppesando le parole.
“Perché secondo
noi sei un caso eccezionale. Può darsi che il tuo destino sia legato a quelli
di altri possibili Prescelti.”
“O così almeno
crede il nostro amico lupino – intervenne Albert,
decisamente furioso – dopo aver sognato quella sgualdrina.”
Aveva appena
finito di dire quella frase che Thibaulth gli era già
addosso, colpendolo ferocemente in volto.
Si azzuffarono
dandosi colpi potenti oltre ogni possibilità umana. Thibaulth
schivò un pugno di Albert, che colpì un albero e lo
fece crollare.
I loro mantelli si
scostarono e Albus vide.
Thibaulth
era un enorme uomo col muso di lupo, Albert era una
viso con una chiostra di denti enormi.
“Sono i soliti.”
Fu il laconico commento di Julius, che a sua volta si
era tolto il cappuccio, mostrando un viso di un colore rosso acceso, senza
capelli, che terminava con due piccole corna.
Silente cadde a
terra per lo stupore ed il terrore.
“C-chi siete?” gridò a Julius con
labbra tremanti.
Julius si
volto per guardarlo in faccia con i suoi neri occhi.
“Noi siamo
Dannati. Siamo uomini che hanno tentato di raggiungere la forza di Dio usando
qualsiasi mezzo. Ora, per sua volontà, dobbiamo fare in modo che nessuno ci
imiti e mantenere l’equilibrio tra bene e male.”
I due mostri,
intanto, avevano raso al suoli altri tre alberi.
“Ma-ma cosa c’entro i-io?” domandò sempre più terorizzato.
“Pensavo fossi più
sveglio. – commento sarcastico Julius – Comunque tu
dovresti ribilanciare l’equilibrio combattendo per il
bene. Ma, come ho detto prima, potresti avere anche un ruolo rilevante nei
futuri Prescelti.”
E mentre le ultime
fiamme si spegnevano, Albus Silente si rese conto di
ciò che comportava quella responsabilità.
Passò il resto della
guerra combattendo con quel trio, legandosi soprattutto col uomo-lupo,
rendendosi conto,
però, di quanto potevano essere distruttivi e malvagi. Non risparmiavano niente
a chiunque avesse la sfortuna di combattere con loro, quelle poche volte che si
scontrarono direttamente con l’armata di Grindelwald.
Un sommesso
bussare alla porta dell’ufficio lo riportò alla realtà.
“Entrate.”
Era Madama Chips.
“Professor
Silente, TomRiddle si è
ripreso e le sue condizioni sono normali. Non posso nasconderle che sono
parecchio sorpresa dal decorso di questa malattia. Ha colpito il fisico di
Ridde portandolo vicino alla morte ed è poi sparita in meno di ventiquattro
ore. Mai vista una cosa del genere. Vorrei tenerlo in osservazione.”
“Non si preoccupi,
Poppy. Non credo che sia in pericolo di vita adesso.”
le rispose Silente in tono deciso, guardando la faccia sbalordita della
Guaritrice.
Lei chinò appena
il capo, pensierosa, mentre continuava a guardare il mago nei suoi profondi
occhi azzurri.
“D’accordo – disse
infine – ma se succede qualcosa la responsabilità è sua.”
Uscì dalla stanza,
lasciando di nuovo solo Silente.
>>Perché?<<
pensò per l’ennesima volta, disperato.
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Eccomi qua per rispondere
alle recensioni.
@ ciack: grazie per
l’apprezzamento. Perché l’inizio ti ha ricordato il Signore degli Anelli?
Comunque non miro a spaventare il lettore. Voglio che senta il malessere che
circondi il personaggi, rendendo l’atmosfera cupa e pesante.
Per quanto riguarda Thibaulth, è un personaggio del romanzo di Alexander Dumas, “Il Signore dei Lupi”. Io l’ho voluto
inserire come citazione al romanzo perché mi è molto piaciuto, ma alla fine è
divenuto una rivisitazione ex-novo dello stesso personaggio (il che non vuol
dire che copio Dumas).
@ Bookie:
Grazie per i complimenti. Riguardo alla storia non so dirti se posso
considerarla originale, perché mi rifaccio a ciò che leggo in generale,
inserendoci anche del mio, ma senza qualcosa di preciso. Comunque le varie
scene che ho messo su carta sono saltate fuori ascoltando la musica.
@ Ginny86: Mi fa molto
piacere che ti piaccia e ti ispiri. Spero che avrai apprezzato anche questo
capitolo (è stato, finora, uno dei più difficili da scrivere).
Un tempo era stato
un edificio grandioso, possente, enorme. Adesso era poco più di un cumulo di macerie,
come l'avevano sempre visto i Babbani.
Passeggiando tra i
ruderi Thibaulth guardò intorno a sè,
annusando l'aria. Dall'ultima volta che era stato a Hogwarts
erano passati quasi 50 anni. Il sentore della magia era ancora potente, anche
dopo la grande battaglia tra i Prescelti, gli ultimi.
S'incamminò verso
una scala nascosta dietro enormi blocchi di pietra. Era poco illuminata da alcune
torce ormai vicine allo spegnersi. L'oscurità soffocante che lo avvolgeva ben
descriveva ciò che rimaneva della sua anima.
Aveva perso tutto.
Prima era morto
Silente, uno dei pochi mortali che l'aveva conosciuto
a fondo.
Poi erano morti i
suoi compagni, che erano stati La sua famiglia da un millenio a questa parte.
Albert. Julius. Uccisi. Polvere che torna a
essere polvere. Morti a causa di un Prescelto che voleva sconvolgere
l'equilibrio.
Ma a mali estremi, estremi rimedi.
Continuò a
scendere per la lunga scalinata marmorea. Stava raggiungendo i sotteranei, uno dei pochi spazi risparmiati dal conflitto.
Era stata una fortuna. In quel luogo il suo servo aveva trovato tutto il
necessario per la sua missione.
Infine giunse
davanti ad un portone borchiato di legno massiccio. Entrò.
Un alto uomo dai lunghi capelli platinati e sporchi gli dava le spalle, mentre
osservava i corpi che galleggiavano nei due cilindri di cristallo.
Sulla sinistra
c'era un cadavere bluastro, putrescente, glabro. Non aveva un volto, ma solo un enorme bocca priva di denti, ma egualmente pericolosa.
Sulla destra,
invece, sospeso in una sostanza simile al liquido amniotico, c'era un ragazzo.
Alto, magro, con
lunghi capelli neri. Il volto giovanile segnato dalla lunga assenza
della sua anima e dalla cicatrice a forma di saetta sulla fronte.
HarryPotter.
Gli era servita
una notte sola per recuperarlo da una casa zeppa di tizi con i capelli rossi.
Non volevano consegnarlo. Peggio per loro. Metà di loro non aveva visto l'alba
del giorno dopo.
Intanto l'ultimo
Prescelto continuava a dormire nel suo sonno senza sogni. Come poteva sognare, d'altronde?
Stanco, ferito e debilitato dopo lo scontro con VOldemort, Harry aveva
tentato di raggiungere i suoi compagni. Un Dissennatore,
lo stesso del cilindro a sinistra, l'aveva assalito, favorito dalla debolezza
della sua vittima. L'aveva baciato.
"Padrone!"
Finalmente il suo
servo si era voltato. Ormai era l'ombra del Malfoy di
cinque anni prima, con una mente che vacillava continuamente tra lucidità e
follia da quando l'Oscuro Signore era stato sconfitto. La sua pelle era
grigiastra, il suo volto magro e teso, gli occhi grigi spenti.
"Lucius, l'hai trovato finalmente. Ti faccio i miei
complimenti."
Prese
un pacchetto di
sigarette, ne scelse una e l'accese con un lavorato ed usurato accendino.
Poi aggiunse:
"Dov'era?"
Il volto del folle
si accese sinistramente.
"Era diretto
verso la Foresta Nera."
"Che coincidenza..."
Ma aveva scoperto da tempo che le coincidenze non esistevano.
"Sei sicuro
che sia il Dissennatore giusto?"
"Certo, mio
Signore. L'ho controllato con tutti i mezzi magici in mio possesso."
"Bene bene. - rispose Thibaulth
sorridendo soddisfatto mentre gettava la sigaretta - Allora
prepara tutto il necessario per il rito."
Lucius
tracciò con un gesso un cerchio fatto di parole arcane, circondando i due
cilindri.
Thibaulth
iniziò a cantilenare in maniera ininteleggibile,
mentre estraeva un coltello d'argento.
Poi, con un
fendente, si aprì un profondo squarcio nel polso sinistro. Il suo sangue sgorgò.
Infine esclamo:
"L'ultimo
sovrano dona il suo sangue
perchè ti sia reso ciò che ti spetta."
L'aria si fece calda, il liquido nelle due vasche incominciò a
ribollire e la pelle del ragazzo
venne chiazzato da macchie blu. Il suo corpo si
agitava, man mano che diventava bluastro. Aprì gli
occhi. La bocca si spalanco in un muto grido di
dolore. Le pareti del cilindro s'incrinarono.
Esploserò.
L'aria si riempì
del grido di dolore lacerante.
Il rito era
concluso.
Malfoy era
sbalordito e terrorizzato. Davanti a lui si ergeva un essere che non era più
umano. Due occhi rosso sangue lo stavano osservando. Estrasse la bacchetta,
forse memore del fatto che "quello" era colui che
aveva ucciso il suo precedente padrone.
"AVADA..."
Non riuscì a
terminare la formula. Una mano, coperta da un guanto nero, lo stava
strangolando.
Lentamente tentò
di girarsi. I suoi occhi incrociarono le lenti del suo nuovo padrone.
"Padrone..."
biasciccò.
"Lucius, vecchio mio, se stato utile fin adesso. Non
obbligarmi a fare a meno di te ora che non sei più necessario."disse con un sorriso Thibaulth.
Il servo cercò di
fare un cenno di assenso, ma i suoi occhi grigi si
offuscarono e un lento
rivolo di sangue scese dall'angolo della bocca.Il suo cuore aveva smesso di battere in modo innatura, strappato dalla cassa toracica da una mano
bluastra.
Thibaulth
lasciò l’uomo ormai cadavere, che si afflosciò come un sacco vuoto, e fissò da
dietro i suoi occhiali da sole il suo ex-protetto. La
luce che molto tempo prima illuminava i suoi occhi verde smeraldo
si era ormai ridotta ad un lumicino.
Il giovane, nudo
distolse se lo sguardo.
“Raccogli gli
abiti e la bacchetta, poi seguimi.”
Disse in tono calmo il licantropo, continuando a fissarlo.
L’altro obbedì,
con il volto contorto in un ghigno malvagio.
Draco stava
correndo tra le rovine, seguito a breve distanza da Piton.
I suoi informatori avevano visto suo padre nei pressi della scuola. Raggiunse
il pianale col fiatone. Piton lo raggiunse.
“Mi domando – iniziòDraco – cosa diavolo ci
faccia mio padre da queste parti.”
“Forse è quaperchè è qui che è morto
l’Oscuro Signore.”
“Ma perché? Sono già passati cinque anni!”
“Non lo so…” Piton s’interrupe.
Udirono dei
rumori. Passi.
Si guardarono intorno, poi, da dietro un enorme masso, apparve
uno strano individuo. Era vestito di un nero abito babbano
e con uno strano involto dietro la schiena.
“Ehi tu!” gridò Draco
L’altro si voltò a
guardarlo. Aveva delle lenti scure sugli occhi, ma essi lo penetravano con
intensità.
“Cosa ci fai qua?” chiese il giovane, vagamente intimorito.
Lo straniero non
gli rispose subito. Prese, invece, un pacchetto di cartoncino da cui estrasse un
cilindro di carta. Lo accese con uno strano aggeggio, babbno
di certo, che produceva fuoco. Ciononostante Draco
si senti osservato per tutto il tempo.Infine l’uomo rispose.
“Sono venuto a
trovare un vecchio amico. T’assomiglia molto. Chi sei?”
Il mago scambiò
un’occhiata con Piton, che aveva messo una mano nella
tasca interna dove teneva la bacchetta.
“Mi chiamo DracoMalfoy. Sto cercando mio
padre.”
“Ah – rispose l’altro senza dare segni di stupore -sei il figlio di Lucius.
Mi spiace ragazzo. E’ morto poco fa nei sotterranei.”
“NOOO!!! – esclamò il giovane mentre tentava di slanciarsi contro
Thibaulth, trattenuto a fatica dal suo ex-insegnante
– Sei un assassino!”
“Non darmi colpe
che non ho, ragazzo. Le mie mani sono lorde di sangue, ma non di quello di tuo
padre.”
“Ti presenterò –
aggiunse – chi dovresti colpire.”
Intanto che diceva
questo un’alta figura incappucciata si levò accanto a
lui. Indossava una tunica nera, lacerata all’altezza del pettorale sinistro.
Attraverso il foro si poteva vedere il colore blu della pelle di chi la
indossava.
Piton non
riuscì più a trattenere Draco, che si slanciò contro
il nuovo venuto. Voleva ucciderlo a suon di pugni, ma a metà del suo salto
rimase bloccato a mezz’aria.
“Che dia…” esclamò
prima di essere sbalzato via da un’ energia misteriosa
ed invisibile.
Un vento feroce
iniziò a soffiare intorno al quartetto. Un colpo d’aria particolarmente forte
alzò il cappuccio dello sconosciuto. I due maghi rimasero impietriti. Davanti a
loro un morto stava loro ghignando malevolo.
“Potter, ma come…” iniziò Piton
“Professore -lo interrupe Harry, con una voce aspra – vedo con piacere che è ancora
vivo. E anche tu, Draco.”
I due uomini si
guardarono di nuovo. Infine Piton parlò.
“Non puoi essere Potter. Lui è un vegetale ormai.” Sibilò.
Una risata lugubre
accompagnò le sue ultime parole.
“Certo certo. Ha ragione. Non dovrei più essere in grado di fare
niente dopo il bacio di un Dissennatore, ma lei può
controllare con la Legilimanzia.”
Piton lo
guardò negli occhi, fissandolo intensamente. D’un
tratto gli occhi gli si sbarrarono. Si accasciò a terra gridando con un
demente. Draco gli fu subito accanto.
“Cosa gli hai
fatto maledetto?” gridò furioso
“Io? – fece
l’altro in tono vagamente interrogativo – Niente. Gli ho lasciato libero
accesso alla mia mente. E lui ha visto l’Inferno.”
Una risata ancora
più forte, venata di follia, proruppe da quella bocca tanto familiare e, allo
stesso tempo, sconosciuta.
“Maledetto!” urlò Draco estraendo la bacchetta. MaHarry l’aveva già estratta e puntata contro di lui.
“PietrificusTotalus”
pronunciò pigramente
Il giovane Malfoy rimase subito bloccato. Harry
gli si avvicinò, mettendo il proprio viso accanto all’orecchio del ragazzo. Un
odore di carne putrefatta gli assalì le narici.
“Sei debole, – glisibillòPotter
con un ghigno – ma non ti voglio uccidere. Sei sempre stato un bulletto da quattro soldi, niente di più.”
Si alzò e si voltò
per guardare l’ex-insegnante di Pozioni, ancora sconvolto e tremante.
“Ma Piton – continuò Harry – ha
ancora un conto aperto con me.”
Si avvicinò al
corpo ansante. E gli sferrò un calcio nello stomaco.
“Ha ucciso i miei
genitori.”
Un calcio ancora
più forte sul petto.
“Ha ucciso Sirius.”
Saltò a piè pari
sul petto. Un rumore di ossa che si spaccavano.
“E infine ha ucciso Silente.”
Con tutta l’ira
che aveva in corpo gli sferro un ennesimo calcio sul
volto, spaccandogli il naso.
Lentamente si
sfilò la bacchetta. La puntò sul corpo contorto e, assaporando ogni singola
lettera, pronunciò: “AvadaKedavra”.
Il corpo di Piton era irriconoscibile e devastato. La faccia girata in
modo innaturale fissava Draco con occhi vuoti. Lente
lacrime scesero sul volto del giovane immobilizzato.
“Bene Harry – disse lo sconosciuto – Ora che gli hai salutati dobbiamo
andare.”
Detto questo s’incamminò
verso la cancellata.
“;Sì, Thibaulth – poi si chinò sull’ex-Serpeverde
– Se riesci a liberarti prima di morire, saluta gli altri da parte mia.”
E ridendo HarryPotter si allontanò insieme al suo padrone.
“Noooo!!!”
Hermione si svegliò di soprassalto, ricoperta di un sottile velo di sudore, nella sua camera buia. Ancora quell’incubo. Si voltò verso la sveglia. Erano le 3.
Non si sentiva capace di rimettersi a dormire e decise di farsi un thè. Indossò una vestaglia di lana rossa con una “H” cucita in oro.Uscì dalla stanza e si diresse verso le scale, mentre le sue grida rimbombavano ancora nella mente.
Badando a non far rumore, Hermione scese le scale e accese la luce della cucina. Con un colpo di bacchetta accese il fornello e con un altro fece apparire un bollitore colmo d’acqua con una bustina.
Il ricordo del suo sorriso.
Si accasciò sulla sedia attendendo che l’acqua bollisse. Le lacrime incominciarono a scendere, solcandole il viso. Chiuse gli occhi, ripensando a quello che ormai da cinque anni era il suo incubo ricorrente.
Lei, Ron e Harry che lottavano contro i Mangiamorte. Harry che andava ad affrontare Voldemort mentre i suoi amici gli coprivano le spalle. E poi…
“Sectusempra!”
Peter Minus, il traditore.
Li aveva attaccati alle spalle ed aveva colpito Ron. Si mise a ridere, una risata maligna e trionfale, mentre le puntava la bacchetta. Si passò la lingua sulle labbra prima di esclamare l’Anatema che Uccide.
“Avada Kedavra…”
Il raggio mortale che la stava per colpire. Un’ombra nera le si parò davanti, coprendola. Un istante interminabile. Ed il suo sorriso. L’ultimo.
Fu un attimo infinito in cui rivide tutto. Quando si erano conosciuti sul treno. Quando avevano litigato. Quando erano gelosi, rendendosi conto di quanto erano innamorati.
Il loro primo bacio. Quell’istante di felicità le era parso eterno.
Tutto si perse in quell’abbagliante luce verde.
Per sempre.
Una mano le si poggiò sulla spalla. Davanti a lei un’altra donna dal viso pallido ed i lunghi capelli rossi la stava fissando intensamente. Le stava porgendo una tazza fumante.
“Grazie Ginny.” Hermione si asciugò le lacrime.
“Di niente. Cosa ci fai sveglia?” le chiese dolcemente, mentre lentamente distoglieva lo sguardo. Poi aggiunse “Ancora quell’incubo?”
Hermione fece un cenno con la testa.
Rimasero in silenzio, raccolte nel loro dolore. L’unico rumore era il vento che soffiava. Un gufo planò sul balconcino della finestra, iniziando a beccare sommessamente il vetro. Ginny andò ad aprire e quello gli tese una zampa con un piccolo rotolo di pergamena. Lo prese. Lo aprì. E lesse.
“Di chi è?” chiese Hermione allarmata dall’espressione dell’amica.
“E’ di Remus. Dice di andare subito alla Tana. E’ urgente.” gli rispose Ginny con una voce che nascondeva a malapena il suo panico.
Si cambiarono velocemente e si smaterializzarono alla Tana, mentre un terrore strisciante le attanagliava sempre più forte.
Erano davanti alla Tana. Le luci erano accese e la porta d’ingresso era socchiusa. Davanti ad essa c’era Remus. La luce lunare lo rendeva ancora più pallido, simile ad un teschio, nella sua espressione afflitta. Gli andarono incontro. La tensione crebbe ulteriormente e la paura era palpabile. Da vicino il dolore sul volto del mago era evidente.
Entrarono.
La scena che si parò davanti confermò i loro timori. Il corpo di Arthur Weasley giaceva scomposto, con un lungo squarcio che attraversava tutto il petto e parte dell’addome. Una pozza di sangue lo circondava come un sudario.
Nella cucina si era combattuta una feroce battaglia. I mobili erano distrutti e le pareti chiazzate di macchie purpuree. Al centro della stanza il corpo di Molly Prewett in Weasley giaceva accanto a quello del figlio George. Dietro un tavolo, nascosto alla vista, c’era Charlie, quello che ne restava. Privo del volto e parzialmente divorato.
Poco lontano un braccio privo del suo padrone stringeva ancora la bacchetta.
“Ginny…” iniziò Remus.
La giovane non rispose. Pareva in trance. Gli occhi erano sbarrati, spenti, vuoti. Il volto era, se possibile, ancor più pallido di quello dell’uomo.
“Gli altri dove sono?” chiese Hermione con voce tremante.
Remus non rispose subito. Guardava con apprensione la sua giovane amica. Infine distolse lo sguardo.
“Fred è al San Mungo. Percy lo ha subito accompagnato. Spera che possano salvarlo. Ho già mandato un gufo a Bill e Fleur per avvisarli di venire qui.”
Il silenzio di Remus su Harry inquietò Hermione.
“Ed Harry?” chiese in preda ad un panico crescente.
Lui scosse il capo.
“Non è qui. Qualcuno l’ha portato via.” Rispose con voce sepolcrale.
Un tonfo.
Ginny era svenuta, cadendo pesantemente sul pavimento. I suoi compagni le furono subito accanto mentre il buio le ottenebrava i sensi.
Fuori, nel cielo sovrastante, una musica arcana accompagnava un uccello dal cupo piumaggio nel suo volo verso una destinazione nota a lui soltanto.
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Ecco l'ennessimo capitolo della mia fanfiction. Ringrazio tutti coloro che hanno atteso pazientemente per leggerla e, soprattutto, ringrazio Erika che a tempo di record è riuscita a riparare il sito.
Grazie a tutti
TUMTUM TUMTUM TUMTUM
Il rumore delle motrici del treno aveva un effetto calmante. Thibaulth si accomodò meglio sul sedile, tenendo lo sguardo fuori dal finestrino. Era buio là, nel vuoto.
“Sarà l’ultimo a far tornare l’equilibrio.”
Quella frase lo continuava a tormentare nei suoi sogni, spesso ambientati nella radura dove l’aveva incontrata la prima volta in Francia, cinquecento anni fa.
Quanto avrebbe voluto dimenticarla. Dimenticare di averla amata. Ma non si poteva aver tutto dalla vita, soprattutto quando era una vita dannata.
Da diversi anni quella maledetta frase veniva proferita da labbra morte.
Come un compito da svolgere o una profezia che si deve compiere.
Pascaline…
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Dintorni di Parigi, 1485
Un’imboscata. Una dannata imboscata.
Lui, Julius ed Albert si erano divisi per sterminare i loro assalitori.
Ma loro erano stati più furbi.
Li avevano anticipati.
Non sapeva cos’era successo ai suoi compagni, ma lui non era messo bene. Era ferito al fianco destro e la mano era paralizzata.
Lame e proiettili d’argento. Erano organizzati, ma non abbastanza.
Latrò una risata, ma una fitta acuta di dolore lo fece smettere subito. Doveva riposarsi, ma lo stavano ancora inseguendo.
Era l’alba. Il sole stava lentamente salendo nella volta celeste, facendo luce tra i rami degli alberi. Sarebbe stata una giornata calda. Qualche uccellino iniziò a cantare flebilmente. Thibaulth ne era infastidito, non amava le quattro note di quei stupidi pennuti. Continuò ad arrancare per qualche minuto nel sottobosco della foresta, quando il suo fine uditò sentì.
Qualcosa nel canto era cambiato. Sotto lo starnazzare continuo c’era una musica di fondo dolcissima e quasi impercettibile, che mai aveva udito prima.
Si fermò un attimo cercando di capire da dove venisse quel suono celestiale.
A Nord!
Si lanciò in una corsa sfrenata, ignorando il dolore delle ferite, gli arbusti del sottobosco, i rami degli alberi. VOLEVA sapere da dove veniva quel canto. chi era colei che cantava con voce melodiosa?
Raggiunse, infine, una piccola radura. Era di forma circolare, con numerosi alberi di betulla. Al centro spuntava una roccia concava, coperta dall’edera e da tantissimi fiori bianchi che ne incorniciavano l’”ingresso”.
Lentamente si avvicinò all’entrata. Nella semioscurità era seduta una giovane ragazza pallida, intenta ad accarezzare un lupo. La sua bellezza angelica tolse il poco fiato rimasto a Thibaulth. Aveva capelli biondi, lisci, lunghi fino alla vita che le incorniciavano il volto radioso. Era alta, dotata di un fisico snello e ben definito, con seni floridi e retti. Ma ciò che colpiva maggiormente il licantropo era la luce tenue che sembrava irradiare, esplodendo in quegli stupendi occhi dorati. Occhi profondi. Occhi capaci di leggere l’anima di un uomo.
Il lupo parve accorgersi del nuovo venuto, emettendo un basso ringhio d’avvertimento. La ragazza lo placò con una carezza delle sue candide ed affusolate mani, mentre puntava il suo sguardo negli occhi di Thibaulth.
Una calda brezza parve avvolgere il dannato.
Il suo cuore parve raddoppiare i battiti.
Il tempo si dilatò quasi all’infinito.
“Benvenuto. Adesso sei al sicuro.” mormorarono le labbra carnose.
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“Thibaulth!”
Qualcuno lo stava chiamando. Aprì lentamente gli occhi. Harry lo stava guardando da sotto il cappuccio.
“Ti sei addormentato.” sibilò
“Dove siamo?” chiese con calma, ignorando il rimprovero, mentre si stiracchiava.
“Siamo quasi arrivati a Berlino.” Sibilò nuovamente l’incappucciato.
Thibaulth guardò oltre la finestra del vagone. Si potevano già intravedere le prime luci della città.
La caccia stava per iniziare.
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“Per fortuna che passavi da queste parti.”
Percy era teso mentre ringraziava Remus. Non sapeva se era stata fortuna, ma non poteva fare a meno di ringraziare il cielo di averlo incontrato.
“E’ un caso che fossi qui. Ero passato a prendere la mia scorta di pozione Anti-Lupo. La settimana prossima c’è la luna piena.”
Anche Lupin era teso. Era uno stato durissimo attendere alla Tana per informare gli altri dell’accaduto.
La tensione era palpabile nella sala d’attesa. Stavano aspettando il risultato dell’operzione di Fred. I Medimaghi non erano certi di salvarlo. L’amputazione del braccio era grave. Bill aveva un espressione indecifrabile sul volto sfregiato mentre sua moglie Fleur piangeva sommessamente sulla sua spalla. Hermione camminava nervosamente lungo il corridoio tormentandosi il labbro inferiore con i denti candidi. Ginny, da poco ripresasi dallo shock, aveva la testa china e fissava con intensità il pavimento.
Finalmente la luce rossa della sala operatoria si spense. Un Medimago chirurgo uscì togliendosi i guanti sterili. I Weasley gli furono subito addosso.
“Come sta dottore?” chiese Bill con la sua voce profonda e tesa allo spasimo.
Il curatore li guardò in viso, studiando le loro espressioni, mentre si stirava distrattamente la barba bianca.
“Vostro fratello si riprenderà.” disse, infine, con un sorriso storto e poco incoraggiante.
La cosa non passò inosservata.
“Ci dica tutto.” Ingiunse Percy con una voce alta e quasi isterica.
L’anziano mago sospirò prima di parlare nuovamente.
“Non siamo in grado di rigenerare il suo braccio. L’arma che lo ha colpito era certamente maledetta e potrebbero esserci altri effetti collaterali.”
Un silenzio peggiore di quello precedente calò nella stanza. Gli ascoltatori erano impietriti. Fu Hermione a rompere quella cappa invisibile.
“Possiamo vederlo?” chiese sommessamente.
Stavolta il sorriso dell’uomo fu più genuino.
“Adesso sta riposando. – rispose con voce più calma – L’abbiamo portato nella stanza 213.”
Si voltò per andarsene, compiendo qualche passo, ma subito si girò.
“E – aggiunse – non affaticatelo con troppe domande quando si sveglia.” Era insieme una battuta ed un avvertimento.
Detto questo li salutò e se ne andò.
Tutti gli astanti lo presero in parola e si diressero nella stanza del paziente per vegliarlo.
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Ecco il nuovo capitolo della mia fanfiction. E' parecchio che non uso più il linguaggio html per cui mi sono limitato ad andare a capo.
Ringrazio coloro che, a discapito della loro salute mentale, hanno letto ed hanno atteso pazientemente il ritorno online di EFP.
Grazie
Albert Thibaulth Wesker
P.S.: questo capitolo l'avevo pubblicato precedentemente per errore. Quando me ne sono accorto l'ho cancellato. Spero che non vi siate rovinati la sorpresa.
Capitolo 7 *** Strane Domande e Curiose Risposte ***
Berlino
Una nebbia avvolgente circondava la città, era difficile persino vedere le vetrine dei negozi dall’altra parte della strada. Thibaulth stava fumando l’ennesima sigaretta mentre Harry tentava invano di guardarsi attorno. Alcuni passanti li osservavano incuriositi dai loro abiti, rendendo nervoso il mago che si mise, a sua volta, a guardare il suo compagno.
“Cosa c’è?” chiese l’altro senza voltarsi
“Mi domandavo come mai non mi hai chiesto di smaterializzarci qui. Avremmo evitato di attirare l’attenzione dei babbani mentre usavamo i loro mezzi pubblici.”
Stavolta Thibaulth si girò, squadrando da capo a piede il suo sibilante compagno.
“Pensavo fossi più sveglio.” Disse infine
Ricominciò a camminare sul marciapiede ignorando lo sguardo di Harry, che, nel frattempo, era divenuto gelido come il ghiaccio.
“Perché?” chiese di nuovo con la voce sibilante
Il licantropo si voltò nuovamente e, senza preavviso, gli battè ripetutamente le nocche sulla testa.
“Ahia!”
“TOCTOC. C’è qualcuno in casa? Veramente, non credevo che fossi così stupido. Forse cinque anni senza l’anima ti hanno rimbambito.”
Gli occhi di Harry divennero due spilli iniettati di sangue, con una chiara brama omicida.
“Comunque – continuò il licantropo – te lo spiegherò velocemente mentre andiamo al nostro rendez-vous.”
“Dunque, da dove posso iniziare… ah sì… Cinque anni fa hai sconfitto Voldemort in una grande battaglia, uccidendolo e ponendo fine alla sua “minaccia”, ma tornando dai tuoi compagni sei stato attaccato da un Dissenatore e privato dell’anima. Questo ha evitato eventuali rappresaglie da parte dei Mangiamorte superstiti. Hai vissuto presso i Weasley, che ti hanno mantenuto in vita anche quando sarebbe stato preferibile ucciderti (tra i babbani lo chiamano “accanimento terapeutico”), fin quando non sono venuto a prenderti due giorni fa.”
Thibaulth si fermo un attimo per controllare le sue reazioni.
Niente.
Riprese a camminare e a raccontare.
“Adesso, cosa sarebbe successo secondo te se per caso il Ministero della Magia controllasse tutte le materializzazioni in entrata ed uscita? Avrebbe notato che un certo Harry Potter, ritenuto ormai un vegetale, si era spostato in Germania. Questo avrebbe provocato troppe domande e attenzioni indesiderate. Anche da parte dei Mangiamorte…”
“Ma ci noteranno lo stesso. In mezzo ai babbani non passiamo di certo inosservati.”
“Già, ma abbiamo guadagnato del tempo tra noi e i tuoi vecchi nemici.”
“E poi – aggiunse con un sorriso – non mi piace per niente la sensazione che da una materializzazione congiunta.”
Sempre col suo sorriso ambiguo si voltò a guardare il suo ex-protetto davanti al cancello spalancato di un parco. Harry, ascoltando il licantropo, non si era accorto della strada percorsa lungo le vie berlinesi.
“Dove siamo?” chiese
“In un posticino appartato. Uno spazio verde non visibile ai babbani.”
“Come il Paiolo Magico?”
Thibaulth annui soddisfatto.
Attraversarono l’ingresso con naturalezza, senza che nessuno si accorgesse della loro scomparsa. Dall’altra parte un grande spazio verde si estendeva a perdita d’occhio davanti a loro. Un enorme lago, abitato da creature magiche, faceva bella mostra di sé.
Thibaulth e Harry passeggiarono sui camminamenti di ghiaia cercando una panchina libera.
Harry non potè fare a meno di notare, ironicamente, che anche i maghi erano incuriositi da quel duo.
Trovarono una panchina libera lungo la sponda del lago,. Lì, abbandonata, giaceva una copia tedesca della “Gazzetta del Profeta”. Il mago la raccolse, incuriosito da una foto. Un giovane dall’aria familiare stava cercando di dire qualcosa ai cronisti. Tentò di leggere la didascalia, ma riuscì a decifrare soltanto una parola: Weasley.
“Parla del tuo “rapimento” e della strage dei Weasley. – gli disse Thibaulth alle sue spalle mentre si sedeva – Dice che non è mai stata vista tanta ferocia in un omicidio di massa. Eppure non mi sono impegnato.”
Il giovane gettò il giornale e si sedette vicino al licantropo. Non si sentiva turbato dalla vicinanza con l’assassino delle persone a cui era stato maggiormente legato. Affatto. Sentiva invece uno strano vuoto interiore. Forse riavere l’anima non implicava necessariamente riavere tutti i sentimenti.
Si mise ad osservare la calma superficie del lago. La nebbia si stava diradando.
“Chi stiamo aspettando?” chiese senza spostare lo sguardo
“Un mio informatore.”
“Pensavo sapessi dove andare.”
“Ho un sospetto. Questo è l’ultimo paese dove ho incontrato chi cerchiamo.”
Tacquero di nuovo mentre osservavano un Avvincino uscito dal lago in cerca di cibo. Il parco era immerso in una quieta tranquillità.
“Credo – riprese Thibaulth – che ci stessero aspettando.”
Harry non capì subito e sbirciò dietro di sé. Dietro di loro Venti maghi nero vestiti li avevano circondati. Tutti avevano puntato le loro bacchette contro di loro. Fingendo di non averli notati, Harry sibilò con calma a Thibaulth
“Li faccio fuori io o te ne occupi tu?”
“Faccio io, mi voglio sgranchire un po’.” Rispose il lupo mannaro mentre sul volto si allargava un ghigno diabolico.
L’Avvincino si tuffò in acqua. In quel momento gli stregoni iniziarono a lanciare i loro anatemi. Harry si buttò nel lago mentre Thibaulth balzava in aria. Con una mezza capriola all’indietro giunse alle spalle dei suoi aggressori. Essi si voltarono. Lui aveva già puntato l’indice contro di loro.
“Resecto!”
Una luce bianca avvolse gli aggressori.
Iniziarono ad agitarsi, a mettere le mani intorno alla propria gola. La loro pelle si raggrinziva a vista d’occhio. Si accasciarono a terra, ormai morenti, intanto che le loro ossa si sbriciolavano.
La luce, lentamente, svanì. Sull’erba rimanevano soltanto le tuniche e un po’ di polvere.
Thiabulth si avvicinò a perquisire le vesti mentre Harry usciva dal lago. Un oggetto attirò la sua attenzione. Una piastrina metallica.
“Cos’è?” chiese il ragazzo mentre strizzava la tunica.
“La conferma al mio sospetto.”
Gli allungò la piastrina. Sopra era inciso il nome ed il grado dello sventurato. E la sua appartenenza all’esercito degli Stati Uniti.
“Bene. Partiamo subito per gli Stati Uniti.” concluse il lupino rialzandosi.
Una luce micidiale pareva brillare dietro le lenti scure.
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San Mungo
Hermione e gli altri erano davanti alla porta della camera 231. Entrarono lentamente ed in silenzio. Vicino all’ingresso, dietro un telo candido, giaceva Fred.
Il giovane, addormentato dai farmaci, aveva una vistosa fasciatura dove avrebbe dovuto esserci il suo braccio destro. Nonostante fosse un sonno artificiale e privo di sogni, il viso era contratto in un espressione tesa e dolorante.
I Weasley si radunarono intorno al loro famigliare, dopo aver evocato alcune sedie, per vegliarlo in attesa del suo risveglio.
Hermione guardò il letto accanto. E rimase di stucco.
Nel letto affianco c’era una persona che MAI si sarebbe aspettata di rivedere. Draco Malfoy.
Anche lui era addormentato e, apparentemente, privo di ferite.
La strega si avvicinò incuriosita. Voleva esaminare la cartella clinica di quello strano paziente. Si chinò per prenderla quando lui aprì gli occhi.
Per un attimo interminabile si fissarono intensamente.
A fatica aprì la bocca per parlare, ma l’unica parola che riuscì a dire fu “Potter”.
Poi altrettanto improvvisamente svenne, cadendo nuovamente nel suo sonno senza sogni, e lasciando Hermione Granger con un espressione sconvolta.
Nella sua mente nuove domande apparvero, mentre, intorno a lei, nessuno pareva essersi accorto di nulla.
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Anche il settimo capitolo è andato :-D . L'ho voluto scrivere con un tono comico e con un Thibaulth sborone (spero di esserci riuscito almeno). E' una piccola pausa prima dei prossimi capitoli, ma temo che per quelli dovrete attendere, sono abbastanza indaffarato.
Thank you.
Albert T. Wesker
“Mi vuoi dire che lui ha incontrato l’assasino dei miei genitori?”
Ginny non badò al volume della sua voce mentre gridava queste parole ad Hermione. Stava guardando con occhi furiosi e rossi dal pianto il pallido giovane oltre la porta a vetro, senza badare alle occhiatacce delle persone che attendevano nel corridoio.
“ Non lo so. L’unica cosa che ha detto prima di svenire era il cognome di Harry.” Rispose piano la strega.
“E perché è vivo?” la voce era più bassa, ma la rabbia era, se possibile, aumentata. Aveva perso quasi tutti i suoi fratelli ed i suoi genitori quella notte e si sentiva presa in giro dal destino quando aveva scoperto che una persona odiosa come Draco Malfoy era stato risparmiato. La classica goccia che aveva fatto traboccare il vaso, facendo esplodere la rabbia, il dolore e la tensione accumulati in un colpo solo.
“Credo – iniziò Hermione – che non dovesse sopravvivere.”
Ginny la fissò con i suoi occhi infuocati.
“Se quel babbano non lo avesse trovato probabilmente sarebbe ancora lì, a morir di fame e di sete.”
“Potrebbe anche non trattarsi della stessa persona. - bisbigliando Lupin - E’ sicuro, invece, che conosceva sia Draco sia Severus. E li odiava.”
Finalmente la medimaga uscì dalla camera, dopo aver controllato i due pazienti. Il trio entrò.
Ad attenderli, appoggiato alla testiera del letto, c’era un Draco Malfoy sveglio e all’erta. I suoi occhi grigi passarono in rassegna i tre visitatori con un malcelato sospetto. La mano era pronta a scattare sulla bacchetta. Ma non abbastanza…
“Malfoy!” Ginny si lanciò sul biondo, senza dargli il tempo di fare qualcosa per difendersi, prendendolo per la collottola con entrambe le mani.
“Mollami!” sibillò il giovane, cercando vanamente di liberarsi.
“Adesso voglio sapere chi ti ha ridotto così?” gli rispose la rossa, ignorando il tono di comando del biondino.
“Cos’è? Vuoi fargli i complimenti?" chiese ironicamente Draco con la sua voce strascicata. Non potè fare a meno di notare, però, il rossore degli occhi della ragzza. Erano poco dissimili dai suoi capelli.
"Lascialo Ginny" intervenne Hermione separando i due.
"Non toccarmi con le tue luride mani, mezzo sangue."
Una dardo scarlatto mancò di poco il giovane, schiantandosi contro il muro. Remus Lupin lo stava fissando in volto con un espressione furente e molto lupesca.
"Non osare mai più a dire quella parole ad Hermione." disse con un tono minaccioso.
Draco si ammutolì all'istante, abbassando lo sguardo.
"siamo venuti ad interrogarti." gli spiegò Hermione.
"Perchè?" domandò insospettito Draco.
"Perchè sei stato trovato vicino al cadavere di Piton e vogliamo sapere cos'è successo. Pensiamo che sia stato lo stesso che..."
Hermione non terminò la frase. Cercò lo sguardo di Ginny, che le fece cenno di continuare.
"...che ha sterminato i Weasley." concluse
Draco si fermò a guardare Ginny, cercando qualche segno di menzogna sul viso, ricordandosi dei suoi occhi rossi e furenti. In qualche modo si sentiva legato a lei per quello stesso sentimento di perdita.
"D'accordo, vi dirò cos'è successo, ma non sono sicuro che vi piacerà.
E' stato Potter ad uccidere Piton."
I tre si guardarono stupiti ed allarmati dalla sua affermazione.
"Ne sei certo?" chiese Lupin
"Sì, era identico a come lo ricordavo ma era completamente blu."
Ginny gli fu nuovamente addosso. Lo prese per il colletto e gli puntò minacciosamente l'indice destro. Il suo volto era nuovamente attraversato dalle lacrime.
"Piantala di prenderci per il culo Malfoy. Lo sai che Harry non può più fare niente."
Stavolta fu Lupin a separarli. Ginny gli si strinse addosso tremante di rabbia e dolore. Hermione, invece rimase in disparte ad osservare in silenzio gli occhi grigi di Draco, ricambiata da uno sguardo di sospetto, ostilità e (possibile?) pietà.
"C'era qualcuno insieme a lui?" chiese infine, dandogli un ultimo sguardo.
Draco parve uscire da una trance qundo distolse lo sguardo da Ginny e Remus. Volse il suo sguardo triste su Hermione, rimettendosi la sua maschera di arroganza.
"Sì, un bellimbusto alto, con i capelli neri ed un abito scuro da babbano..."
"E' LUI!" gridò una voce dietro di loro. Si voltarono allarmanti.
Fred Weasley si era svegliato.
Il volto era pallido e sudato, tutto il suo corpo stava tremando in maniera convulsa. Gli occhi erano grandi come palline da ping pong ed esprimevano un terrore mai conosciuto prima. Ginny li fu subito accanto.
"Come ti senti?" gli chiese subito la sorella.
Il giovane si voltò appena, con gli occhi offuscati.
"Vai subito a chiamare un medico!" abbaiò Lupin a Hermione.
"Ginny...ti prego...non cercare quell'uomo...è un demonio..." disse flebilmente Fred, sempre più debole.
Hermione tornò col medimago ed un'infermiera. Bastò uno sguardo per capire cosa stava accadendo.
"Presto, portatelo in Sala Operatoria!"
In un attimo la sua barella venne fatta fluttuare e portata di corsa nella Sala Operatoria. Ginny, Hermione, Remus e Draco rimasero bloccati fin quando il lettino non uscì dalla stanza. Per l'ennesima volta in due giorni, il silenzio tornò sovrano intorno a loro. E per l'ennesima volta un gufo arrivò portando nuove sciagure.
Fu Remus ad andare ad aprire la finestra che il gufo becchettava insistentemente. Aveva portato un edizione speciale del "La Gazzetta del Profeta".
"Strage in Germania. 20 Morti a Berlino" titolava a lettere cubitali il giornale.
Lo passò ad Hermione e Ginny. La rossa fu la prima a reagire.
"Vado."
"Dove?" le chiese Lupin.
"A trovare Harry. Ti prego controlla che mio fratello stia bene."
"Vengo con te." disse subito Hermione.
"Anch'io." aggiunse , a sorpresa Malfoy.
"Tu?" gli chiese Ginny, guardandolo con odio.
"Sì, anch'io ho in conto in sospeso con loro." replicò il giovane, mentre si alzava dal letto.
In pochi minuti raggiunserò la hall dell'ospedale e si smaterializzarono.
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Berlino
Harry e Thibaulth stavano correndo a perdifiato lungo le stradine berlinesi, inseguiti da un numeroso manipolo di uomini. Il gruppo che avevano incontrato nel parco era solo l'avanguardia. Svoltarono a destra, in uno sporco vicolo che puzzava d'urina.
Thibaulth notò una porta in acciaio, appena socchiusa. Si fiondò dentro seguito a ruota da Harry, che chiuse la porta dietro di sè prima che fossero visti.
Aspettarono cautamente dietro la porta ascoltando attentamente i rumori di passi che si allontanavano, trattenendo il fiato. Un rumore di piedi in movimento passò senza fermarsi, continuando la caccia ai due fuggitivi. Finalmente potevano prendere un attimo di riposo per respirare.
Harry si mise la mano al petto per regolarizzare il battito cardiaco, sentendo il cuore vicino ad esplodere per l'adrenalina e la mancanza d'aria. Notò che Thibaulth, nonostante avesse corso alla sua velocità, non si era minimamente scomposto e non aveva bisogno di tirare il fiato come lui. Anzi, si era appoggiato al muro e aveva tirato fuori l'ennesima sigaretta.
"Perchè non li abbiamo uccisi come gli altri?" chiese infine
"Vorrei evitarlo se possibile. Prima non avevamo scelta." gli rispose il licantropo mentre accendeva la sigaretta.
"Ma sarebbe stato facile. Avremmo potuto separarci e distruggerli."
Thibaulth si fermò un attimo come congelato, mentre la sua mente tornava alle sue parole di cinquecento anni fa. Scosse un attimo la testa e fissò lo sguardo su Harry.
"Credo che sia una trappola, ho già vissuto una cosa del genere."
"E perchè non usiamo la smaterializzazione allora?" Harry era frustrato e non si impegnava a nasconderlo.
"No. Fine della discussione." fu la secca risposta.
Il lupino aprì lentamente la porta, cercando di non far rumore, per controllare la situazione. Nessuno li attendeva fuori dal magazzino. Ripresero la corsa lungo le piccole strade, scavalcando con agili balzi i bidoni di immondizia.
Uscirono lungo una grande strada di periferia, priva di traffico. Le uniche macchine presenti erano parcheggiati ai lati delle strade.
"Strano." bisbiglio Thibaulth, fermandosi un attimo.
"Cosa?"
"Nessuna macchina nei dintorni ed è quasi mezzogiorno." sibillò sospettoso il licantropo, mentre riprendeva ad avanzare cautamente.
"Credi che ci siano di mezzo gli Au..." stava per chiedere il moro quando un forte CRAC lo interruppe. Per un grottesco gioco del destino, intorno a loro erano apparsi degli Auror che subito gridarono in coro:
"Stupeficium"
Si buttarono a terra mentre decine di proiettili scarlatti passavano sopra le loro teste, distruggendo tutto quello che incontravano. Tra le file degli Auror alcuni vennerò colpiti dal fuoco amico, vetrine e muri andarono in pezzi. In certi punti si sviluppò un principio di incendio.
Harry si rialzò, pronto a combattere. Ma Thibaulth lo sollevo di peso da terra, tirandoselo dietro. Cogliendo di sopresa la squadra magica, i due uomini li caricarono, buttandone giù un paio, e proseguirono la loro fuga.
Corserò a più non posso lungo le strade. Gli edifici antichi. le porte sconnesse. Attraversarono, senza badare agli sguardi incuriositi, un passaggio a livello che divideva la città. Davanti a loro apparve la Porta di Brandeburgo.
Harry e Thibaulth non si accorsero di essere attesi.
All'ombra del monumento c'erano Draco, Ginny ed Hermione. E stavano cercando loro due. E si viderò a vicenda.
Potter incrociò lo sguardo con ognuno di loro, incapace di registrare quello che stava accadendo. In un'altra vita avrebbe considerato impossibile quel trio. Fissò per ultima Ginny, in una reminiscenza del passato. E' un dolore lancinante lo assalì.
Lo sentiva partire dal cuore ed estendersi lungo gli arti fino a raggiungere il cervello in vampate dolorose come mille pungiglioni di ghiaccio. Si buttò in terra, incapace di reggere ulteriormente il dolore che provava, non sissimilmente da come era accaduto a Piton. Il biondo aveva puntanto la bacchetta su di lui, pronto a lanciare l'Avada Kedavra. Thibaulth non riuscì a bloccarlo.
Il raggio verde puntava rapido sul corpo indifeso del ragazzo.
Un'ombra nera giunse a volo, interponendosi tra Harry e la morte. Fumo e fiamme scaturirono dall'esplosione.
Thibaulth approfittò della confusione. Prese in spalla Harry mentre si trasformava in lupo nero e fuggì lontanto, con la sua velocità sovrannaturale. Tacitamente malediceva il sangue del dissennatore, che si era reso più debole nel momento meno opportuno.
Sul selciato una nera creatura raggrinzita piggolava disperatamente davanti al trio.
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Un altro capitolo difficile per il sottoscritto. Tanti eventi tutti insieme. Che faticata. Spero che vi piaccia.
@ Samvise: spero di non averti deluso. Buona lettura.
Harry si svegliò all'improvviso. Si sentiva affaticato e stanco come non mai, pareva avesse corso per miglia. Si guardò attorno cercando di capire dove si trovava. Intorno a lui centinaia di valigie e scaffali lo circondavano, le pareti erano lastre d'acciaio curve e fredde. Un rombo continuo rodeva le orecchie.
Non sapeva come fosse possibile, ma era nella zona di carico-bagagli di un aereo. Volle chiedere a Thibaulth come fosse possibile, ma non era a fianco a lui. Cercò più a fondo, guardando nelle zone d'ombra. Pareva che non ci fosse nessuno. Strinse gli occhi, cercando di superare quel velo scuro, ed infine notò due punti rossi luminosi ed immobili. Si avvicinò, incerto, cercando di capire cosa fossero. Soltanto quando si trovò davanti ad essi capì che erano occhi. Gli occhi di Thibaulth.
Man mano che si avvicinava, senti dentro di sè un torrente di lava che gli invadeva lo stomaco, giungengo al cervello correndo veloce nelle vene. Un'ira inesorabile accese i suoi occhi smeraldi mentre le immagini di una falce purpurea attraversarono la sua mente. Grida laceranti, acute per il dolore e la disperazione, lo fecero vacillare. Ma non crollò.
Prontamente scatto versò il lupino, deciso a farlo a pezzi. Lo sollevò per aria prendendolo per il colletto, guardandolo nei suoi occhi sanguigni e digrignando i denti candidi.
"Perchè lo hai fatto? - gridò furibondo - Perchè hai ucciso i Weasley?"
"Non avevo scelta - rispose Thibaulth, piatto - Dovevo prenderti ad ogni costo."
Non si era minimamente preoccupato di difendersi. Il suo sguardo era impassibile e freddo, distaccato. La rabbia di Harry si acutizzò all'istante.
"Dammi una sola ragione per cui non ti debba ammazzare subito!"
"Perchè conosco la verità."
"E quale sarebbe questa verità, eh? Che dobbiamo uccidere un folle più pazzo di noi due?"
"Tu devi riportare l'equilibrio."
"Che "equilibrio"? CHi cazzo credi di essere? Sei solo un assasino!"
Gli occhi di Thibaulth si acceserò subito a quella parola. Sferrò un pugno allo stomaco di Harry, scaraventandolo contro le paratie del'aereo. Il metallo si piegò all'impatto, tanto era violento. Harry si rialzò a fatica, fissandolo con occhi colmi di odio.
"Adesso ascoltami stupido ragazzino presuntuoso. Non ho deciso di ridarti l'anima per farmi aggredire ed insultare. La prossima volta ti ammazzo seduta stante, equilibrio o no."
"Allora cosa vuoi che faccia? Il cagnolino fedele?"
"Voglio che mi ascolti senza fiatare."
Gli ochi del licantropo erano due sfere infuocate che non tolleravano alcun rifiuto. L'ira che fin adesso aveva dominato Harry si estinse improvvisamente. Lentamente chinò il capo.
"D'accordo, ti ascolto."
"Quando sono arrivato dai Weasley ho tentato di non fargli del male. Ho provato ad ingannarli, ma hanno mangiato la foglia e mi hanno aggredito. Devono avermi scambiato per un Mangiamorte. Io mi sono difeso, ma la mia natura è distruttrice ed incontrollabile. Non posso trattenerla."
"Perchè mi volevi portar via? Cosa c'entro io?"
"Tu sei l'ultimo Prescelto, non ce ne saranno altri dopo di te. Il trio è distrutto ed io sono l'ultimo rimasto, per mia sfortuna. Una volta che avremmo terminato il nostro compito me ne andrò per la mia strada e ti lascerò libero."
"Libero da cosa?"
"Dal sangue di Dissennatore. Mi ha permesso di tenerti sotto controllo fino a qualche ora fa. Peccato che si sia sciolto mentre fuggivamo."
"Allora sono già libero!" ringhiò Harry, pronto a scattare di nuovo.
"Non del tutto. Hai "ricordato" il vero amore per un istante, ma per eliminare completamente il sangue di Dissennatore bisogna provarlo a pieno. Non credevo possibile che tu potessi provare un sentimento tanto forte per qualcuno."
Thibaulth lo osservò, ma ad Harry non importava. Si perse rapidamente in ricordi di un'epoca ormai lontana. Un'epoca dove era sereno e felice, nonostante il pericolo incombente, insieme alla persona che amava. Si ridestò da questi pensieri, mentre una lagrima attraversava il suo volto bluastro.
"Adesso cosa pensi di fare?" chiese infine.
"Te l'ho già detto porterò a termine la missione. Il fatto che tu ti sia liberato parzialmente facilità e complica le cose."
"In che senso?"
"Nel senso che non dovrò più spendere energie per tenere a freno i tuoi istinti. Fin ora non hai agito coscientemente, ma soltanto schiavo dei tuoi impulsi e dei miei ordini. Il problema è che non posso più obbligarti a seguirmi, ma devo convincerti."
"Convincermi a fare cosa?"
"Uccidere un altro Prescelto, Grindelwald."
A sentire quel nome Harry impietrì, ricordandosi cosa aveva potuto fare quel mago oscuro alleandosi con i Babbani. Guardò Thibaulth negli occhi rubizzi cercando di carpire qualche menzogna, un qualche inganno. Erano due sfere lucenti prive di dubbi.
"M-ma non è possibile! Grindelwald è stato ucciso nel 1945 da Silente."
"Ne eravamo convinti anche noi, ma Albus ha dimostrato ancora di essere troppo buono. Sessant'anni fa ha sconfitto Grindelwald ma non l'ha ucciso. Forse non se n'era reso conto o, molto probabilmente, lo sapeva e sperava di dargli un'altra opportunità per cambiare in meglio. E' sempre stato un grande stupido dal cuore tenero."
Allibito, Harry vide Thibaulth piegarsi e sedersi sopra una valigia, chinando lentamente il capo mentre lacrime perlacee scendevano lentamente dalle gote pallide. Si chinò, incerto se dare conforto a quella triste creatura. Un' improvvisa vibrazione del pavimento lo allarmò.
"Cos'è?" chiese preoccupato al lupino.
"Sarà una turbolenza." rispose Thibaulth asciugandosi le lacrime. Non potè dire altro. Un gridò lacerante squarciò l'aria, sovrastando persino il rumore dei motori all'esterno. Era qualcosa che metteva insieme terrore, orrore e disperazione.
"Viene dalla sala passegeri." esclamò il licantropo prendendo la falce.
Corserò tra i bagagli, cercando di non pensare a cosa potesse far gridare una persona a quel modo. Di sicuro era qualcosa di origine magica. Spalancarono la borta che collegava le due stanze. Una scena di puro orrore si parò innanzi ai due.
Oltre la soglia giacevano parti di membra umane e le pareti erano tinte di sangue. Braccia e gambe, torsi e teste tappezzavano il pavimento. I visi di alcunei sventurati erano fermi in una muta espressione di terrore.zbr>
Thibaulth e Harry serrarono le mani intorno alle loro armi, avanzando lentamente verso la prima classe. Si mosserò senza far rumore e raggiunsero la stanza successiva rapidamente. Scostarono il telo che divideva le due zone, entrando in un ambiente poco illuminato. Al centro, in contrasto con l'oscurità presente, due figure bianco vestite si ergevano ritte in una posa altera.
"E' un pò che non ci si vede Thibaulth." gracchiò il più piccolo dei due.
"Già. Sono circa quindici anni, vero?" aggiunse l'altro con voce profonda.
"Non è possibile! - esclamò Thibaulth, sconvolto - voi due siete morti."
"Non sarebbe una novità, ma capita a tutti di sbagliare." gli rispose ghignando il secondo.
Di fronte ad Harry c'erano i componenti del trio: Thibaulth, Albert e Julius...
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Rieccomi, finalmente. Scusate il ritardo ma ho avuto un pò di impegni per cui ho lasciato in secondo piano la storia (anche se, ogni tanto ho pubblicato qualche storia breve =D ).
@ Desdeus: la tua critica è stat costruttiva. Mi è dispiaciuto non poter scrivere il nuovo capitolo in un tempo più breve per potertelo far leggere. Grazie.
@ Samvise: temo che anche stavolta ti dovrò deludere. Il capitolo è breve. In più sono un pò a corto di idee, ma spero di riuscire a rimediare in tempi brevi.
"Come va Thib? Ho sentito che continui con quella faccenduola dell'equilibrio senza di noi." gracchiò Julius.
Dopo un primo momento di sconcerto, Thibaulth era tornato freddo e distaccato. Estrasse gli occhiali da sole e li inforcò sul naso pallido, poi, con calma fuori luogo, prese il pacchetto di sigarette, ne scelse una e l'accese con lo Zippo usurato.
"Tutto bene. Stavo portando Harry da Grindewald, ma immagino che vogliate prenderlo in consegna voi..."
La voce era un blocco di ghiaccio, freddo ed impenetrabile.
"Che voce gelida! Ti pare il caso di usarla con i tuoi vecchi amici?" chiese ironico Albert.
"Voi non siete i miei amici! - ringhiò il lupino - Albert e Julius sono morti cinque anni fa."
"Oh già, lo scontro con la Confraternità del Sangue e l'esplosione del loro Quartier Generale. Me n'ero dimenticato. Sono cose che succedono."
"A dir la verità - aggiunse Julius - io e Albert siamo morti . Ma invece di finire all'Inferno, siamo stati richiamati dal nostro Signore Oscuro. Ci promise potere e vita eterna in cambio di obbedienza. E, come vedi, noi siamo qua."
"Così avete venduto nuovamente l'anima al diavolo."
"Perchè? Tu non l'hai mai fatto?" gli domandò ironico Julius.
Lentamente la stanza venne invasa da una sottile nebbia che avvinghiò le gambe dei quattro individui. Harry era rimasto immobile e muto ad ascoltare. Non poteva muoversi, chiudere gli occhi nè parlare. Era rigido come una fredda lastra di ghiaccio. La mente confusa dai discorsi farneticanti di quei pazzi e allo stesso tempo terrorizzata dalla loro presenza, compresa quella di Thibaulth. In qualche modo capì che quel trio era alieno a tutto ciò che conosceva.
"Allora non abbiamo nient'altro da dirci." concluse Thibaulth sputando la sigaretta.
La nebbia si alzò ed iniziò a evaporare, sostituita da un calore crescente ed improvviso proveniente dal pavimento.
Un passo.
Due.
Tre.
Scattarono insieme i tre mostri, riprendendo la loro vera forma: Licantropo, Vampiro e Diavolo.
Thibaulth mulinò la sua falce, che emanava un'intensa luce rossa dal suo interno, parando i colpi di Albert, armato con due lame di luce che parevano scaturire dalle sue stesse mani. Anche Julius si gettò in mischia con i suoi guanti dotati di artigli d'argento.
Scintille cominciarono a volare quando le armi si scontravano. Il lupino si difendeva con la falce dai colpi saettanti dei suoi avversari, sfruttando ogni parte scoperta della loro difesa per colpirli con tutta la sua potenza. Si muovevano con fluidità inumana, lasciando stordito Harry. Tanto era evidente questa loro abilità quanto questa gli risultava incomprensibile.
"Te la cavi con la mia falce, Thib." schernì Albert.
Non ottenne alcuna risposta, ma tanto bastò a permettere a Julius di coglierlo alle spalle e di affondargli le sue armi nella schiena, lacerandogli le carni ed esponendo il costato. Il dolore improvviso fece irrigidire il lupino, dando la possibilità anche ad Albert di perforare il suo ventre con le proprie spade. Lì dove era stato colpito iniziarono ad apparire segni evidenti di ustione e bruciature, con bolle e vesciche.
I due ex-compagni fecerò un passo indietro, estraendo con estrema calma le loro armi dalle sue carni. Un sorriso sadico illuminava i loro volti, rendendoli ancora più grotteschi. Guardarono il licantropo appoggiarsi alla falce purpurea e cadere in ginocchio con il capo chino. Si teneva con una mano dove era stato colpito sull'addome, respirando affannosamente.
Albert si avvicino nuovamente, ponendo la pallida lama d'energia nella mano destra sul capo del licantropo, pronto asferrare il colpo di grazia. Julius allargò ancor di più il suo sorriso quando il vampiro alzò la lama.
La lama scese, rapida come una saetta, ma prima che potesse colpire il capo del licantropo si udì un forte CRAC. Dove un momento prima c'era il collo di Thibaulth, vi era solo aria.
"Dov'è?" ruggì il vampiro guardando Julius. Questi non gli rispose, ma si concentrò per ritrovare la presenza del loro ex-amico. Infine indico il soffito.
"E' sopra di noi" sibilò prima di lanciarsi contro le paratie d'acciaio, sfondandole. Subitò Albert lo segui a ruota, ignorando completamente Harry.
Il ragazzo si lasciò cadere seduto, fremente e finalmente capace di muoversi. Respirava ampie boccate d'aria, come se fosse stato in apnea per un tempo indefinito, mentre il cuore batteva furiosamente e dolorasemente nel petto, in un tentativo disperato di pompare sempre più velocemente il sangue nel resto del corpo. Sapeva di essere andato vicino ad un destino di gran lunga peggiore di un qualsiasi Incantesimo Senza Perdono.
Nella sua mente confusa stava ancora tentando di comprendere con chiarezza cos'era accaduto di fronte a lui e dentro di lui. Nel guazzabuglio d'idee che si riflettevano nel suo cervello, baluginò il pensiero di aiutare Thibaulth in qualche modo. Lentamente si alzò dal pavimento, mosso da una preoccupazione crescente e circondato dal rumore di pioggia e di rombi di tuono. Svolgendo quest'azione, la scheggia di un dettaglio latente s'impianto nel suo animo:
Chi stava guidando l'aereo?
Il senso d'angoscia crebbe a dismisura, facendolo muovere molto più velocemente. Si mise a correre per i corridoi, sperando disperatamente di sbagliarsi. Giunto di fronte alla porta, che conduceva alla cabina dei piloti, la sfondò con un calcio. Oltre vi erano solo i resti smembrati di altre due vittime innocenti. Il sangue chiazzava la strumentazione che, a sua volta, era a pezzi ed emmetteva delle deboli scariche di energia elettrostatica. Un principio d'incendio si stava formando nell'angolo più lontano a destra.
Come se fosse in trance, Harry si avvicinò al fuoco e puntò la bacchetta.
"Acquamenti" sussurrò il giovane, spegnendo il fuocherello.
Si avviò nuovamente verso la prima classe, certo ormai che erano i due avversari del licantropo a permettere ancora che il velivolo rimanesse in aria. Questa consapevolezza riacutizzò la sua preoccupazione. Se i due fossero morti (ma questo era improbabile visto l'andamento dello scontro precedente), Thibaulth e lui sarebbero morti subito dopo precipitando.
Velocemente si pose sotto il foro aperto dai due mostri, puntò contro di sè la bacchetta ed esclamò:
"Wingardium Leviosa!"
Iniziò a sollevarsi da terra ed in pochi secondi era oltre il bordo del foro.
Harry non comprese come mai non era stato assalito dal vento e dalla pioggia, concentrato e pronto a difendersi o ad aiutare il lupino, ma intorno all'aereo una grande cupola azzura traslucida lo proteggeva, mitigando gli effetti della tempesta circostante e riducendola ad una lieve pioggia accompagnata dalla brezza. La barriera serviva anche per mantenere stabile l'aereo fino all'ignoto punto d'arrivo.
"Fine dei giochi!"
La voce profonda di Albert risuonò potente all'orecchio di Harry, indicandogli che il servitore di Grindelwald erano dietro di lui, ad una decina di metri. Si voltò, bacchetta alla mano. Albert e Julius si erano avvicinati a Thibaulth come i lupi si avvicinavo alla preda ferita, pronti ad assaporare la vittoria sul loro ex-amico e compagno.
"Devo dirti che mi hai deluso, Thib. Pensavo che in tutto questo tempo fossi migliorato in qualche modo. Non vorrai farmi credere che i nostri nuovi poteri sono al di fuori delle tue capacità?"
"Effettivamente credevo di poter tener testa a voi due con minor fatica, ma pare che il vostro Signore Oscuro vi abbia concesso delle ottime armi. Dici che ci sarà posto anche per me?"
"Non credo. Di sicuro non ti faremo una buona pubblicità. Sei troppo debole anche nella tua vera forma."
"Ma come? Ve ne siete dimenticati?"
Thibaulth parlò con voce flebile, ma risuonava sicura ed imperiosa. Sollevò un poco il capo, mostrando un sorriso feroce nonostante le ferite subite ed il rivolo di sangue che colava da un angolo della bocca. Socchiuse gli occhi e in pochi istanti ritornò nella sua forma umana, divenendo più piccolo rispetto ai suoi aggressori e, apparentemente, più debole. La pioggia lo stava ripulendo dal sangue delle sue ferite sul suo corpo martoriato, ed anche i capelli neri parverò schiarirsi. Man mano che cò avveniva, un calore bruciante parve circondarlo, facendo evaporare l'acqua intorno a lui.
"Ora vi ricordate?" disse piano il lupino quando un fulmine lacerò il cielo, illuminandolò. I capelli non erano più neri come la pece, ma rossi come la fiamma. Soltanto un unico capello nero era presente, mimetizzato sotto gli altri. A quella visione il sangue si gelò nei suoi avversari.
"Non puoi farlo, perderai il controllo!" gridò Julius con voce arrochita, resa alta da un'isteria crescente.
"Non vedo il problema." sogghignò Thibaulth.
"Oltre a noi, ucciderai anche il Prescelto. Ecco qual è il problema." rispose Albert con voce ancora più alta.
"Correrò il rischiò." sibilò piano l'altro.
La pioggia smise improvvisamente di battere ed un forte vento iniziò a fustigare chiunque, nonostante la cupola protettiva. L'aria attorno a Thibaulth si arroventò fino a diventare un muro di fiamme, impendo la vista di ciò che avveniva oltre di esso.
I due sicari si allontanarono da quella sfera infocata, ma dopo mezzo passo un ululato squarciò l'aria. Una luna rosso sangue uscì dalla coltre di nuvole con in tutto il suo macabro splendore. Con un esplosione il muro di fuoco si frantumò. Oltre il velo di fumo, si poteva intravvedere la creatura chiamata Thibautlh.
@ Neko_tensai: Ho cercato di essere il più veloce che potevo. Mi fa piacere che ti piaccia la mia storia, am credo che non sia scritta così bene. Ciò non toglie che mi faccia piacere sapere che nonostante la mia incompetenza questa storia continui a piacere.
Un passo pesante si mosse oltre la coltre di fumo. Un essere alto tre metri uscì lentamente alla luce della luna sanguigna. Un basso ringhio animalesco proveniva ininterotto dalla gola. Nonostante la scarsa visibilità era possibile distinguere la massa muscolare possente e tesa allo spasimo. Un colpo di vento allontanò le spirali di fumo e finalmente fu chiaro cos'era. Un enorme lupo che si muoveva sulle due zampe posteriori, dal pelo rosso vivo, a cui pareva avessero dato fuoco, e con occhi dorati privi di iride. Ad ogni passo che muoveva il terreno si arrossava per il calore infernale emanato dalle sue zampe.
Il lupo mannaro ululò nuovamente, terrorizzando tutti i presenti. Albert, Julius ed Harry erano paralizzati. Il mostro si pose su quattro zampe e caricò i suoi avversari ad una velocità assurda, superiore all'agilità mostrata precedentemente. In un attimo era già su Julius e con una zampata ne trapassò il costato, incenerendo parte del suo abito. Poi, con movimento fluido,lo scaraventò a lato senza sforzo apparente. Albert cercò di intervenire in aiuto del suo compagno, sferrando feroci attacchi sulla schiena della belva con le sue lame di luce. Ogni colpo andava a segno, ma velocemente come erano stati inferti altrettanto velocemente si richiuserò. Tutto ciò che ottenne fu di attirare le ire del licantropo.
Il lupino si voltò con calma e lo guardò con attenzione. Pareva che volesse studiarlo. Poi, con una mossa repentina, attaccò selvaggiamente il vampiro con i suoi artigli infuocati. Albert si parava con mosse disperate, cercando di allontanarsi per trovare una strategia da utilizzare. Venne colpitò più e più volte, finchè non venne scaraventato a sua volta lontano, verso la coda dell'aereo.
"Cerberus!"
Julius era ad una decina di metri dal lupo mannaro, alle sue spalle. Con una mano si teneva la ferita, tentando di tamponare la perdita di sangue.
"Hai ragione, ci eravamo dimenticato chi sei, Loup de Sang. Ma possiamo ancora rimediare..."
Con la mano libera puntò il petto dell'ex-compagno e con un mormoriò sogghignante sibilò:
"Sagitta!"
Un fulmine scese dal cielo, diretto verso il licantropo. All'ultimo secondo si scansò, facendo schiantare la saetta sul posto dov'era un momento prima. Il diavolo continuò a lanciare il fulmine cercando di colpire, invano, il mostro. Questi in compenso non sembrava particolarmente turbato, tanto da pronunciare con voce animalesca l'Incantesimo d'Appello. La falce schizzò nella sua mano appena termino l'incanto, divenendo di fiamma. Fatto questo si lanciò nuovamente contro il mago, ma l'ennesimo fulmine glielo impedì. Si scansò indietro, facendo scattare la trappola dei suoi avversari.
Albert si lanciò in aria, permettendo ad un'altra scarica elettrica di colpire le sue lame, caricandole di energia elettrica e formando una sfera intorno al vampiro. Si tuffò dritto come una freccia verso il suo nemico mentre un rombo sordo lo accompagnava. Quando le armi dei due si scontrarono molte scintille si sparserò, prima che una colonna di luce impedisse di vedere cosa accadeva. Harry e Julius atteserò con ansia l'esito del confronto.
Un esplosione precedette la scomparsa della fascio luminoso.
Una scena inaspettata accolse i due spettatori: Albert con la gola squarciata tra le fauci di Thibaulth che affondava le lame nei pettorali del lupino. La falce era spezzata in due, per terra, priva del suo rossore. Lentamente le lame si spenserò e scomparverò, mentre il corpo di Albert iniziò a tremare in modo convulso. Ciò durò un minuto, poi con un morso solo la bestia chiamata Thibaulth staccò con un morso il collo dal resto del corpo, ponendo fine all'agonia del vampiro. I fori lasciati sul petto si richiuserò, lentamente, per permettergli di terminare l'opera.
Julius iniziò a tremare visibile quando la bestia si voltò per fissarlo. Cade a sedere ed iniziò ad arretrare verso un'impossibile salvezza. Con calme, lente falcate il licantropo si trovò di fronte a lui, sovrastandolo completamente e negandone la vista ad Harry. Lo prese per il collo, fiutandolo attentamente, poi lo allontanò per osservarlo. Quando non parve più interessato fece scattare un piccolo muscolo che non era in tensione.
"NOOOOOOOOO!!!!!"
Harry puntò la bacchetta a casaccio, incapace di prendere la mira. Mentre Thibaulth faceva schioccare le ossa del collo del diavolo, il mago aveva lanciato uno Stupeficium. Forse per volontà divina o per volontà diabolica, il dardo scarlatto andò a colpire l'unico pelo nero del mostro. Questi lasciò cadere il cadavere del suo ex-compagno ed amico, preso da convulsioni spasmodiche e dolorose. Velocemente la sua figura si rimpicciolì fino a tornare umana. Allo stesso tempo la cupola svanì.
Harry corse verso il lupino e lo portò al riparo dentro l'aereo, prima che questi acquistasse troppa velocità. Non senza fatica riuscì a trascinare il corpo improvvisamente rigido dentro il foro. Un lamento acuto come il grido di una Banshee proveniva dall'esterno. Era il vento che passva sulle ali e che trasportavano ad una velocità sempre più folle il velivolo.
"Thibaulth, l'aereo sta precipitando. Cosa posso fare?" chiese il giovane cercando di scuoterlo. Il lupo mannaro parve riprendersi per un istante.
"Protego Aethere" bisbigliò, prima di svenire di nuovo.
"Cosa?"
Non sapendo cos'altro fare, incerto di riuscire a sopravvivere, Harry alzò la bacchetta.
"O la va o la spacca! Protego Aethere!!"
Nuovamente la barriera apparve a proteggere l'aereo, senza però riuscire a fermarlo.
Lo sfregiato fece sedere il suo compagno, agganciandoli la cintura. Fece altrettanto per sè stesso e attese.
1000 metri
500 metri
100 metri
Lo schianto fu disastrosamente violento, tanto da distruggere la barriera, che aveva assorbito buona parte dell'urto. Per forza d'inerzia l'aereo continuò a muoversi, scivolando sulla carlinga e distruggendo tutto quello che incontrava, andandosi a schiantare contro la parete di un hangar abbandonato.
Harry aprì gli occhi lentamente. Non riusciva a crederci, ma era ancora vivo. Apparentemente l'aereo non aveva subito danni rilevanti, anche se al momento pendeva verso destra per il peso dell'ala. Si voltò per controllare le condizioni di Thibaulth e si allarmò. Era mortalmente pallido sul volto, tranne per le due chiazze che gli imporporavano le gote, ed il respiro era rapido ed affannato. Le ferite avevano smesso di sanguinare, ma, pensò Harry, questo poteva indicare che era quasi dissanguato.
Si caricò in spalla quello che ormai era divenuto il suo compagno e lo trascino fino al portellone d'ingresso, tra parti di cadaveri e respiratori d'emergenza. A fatica riuscì ad aprire il portellone, facendo scattare lo scivolo d'emergenza. Cercando di evitare ulteriore stress al ferito scivolò giù. Mentre scendeva si guardò in giro, cercando un'uscita verso l'esterno, e ad un primo colpo d'occhio non ne trovò. Vide, invece, che in diversi punti erano nati degli incendi di piccola portata, alimentati dal carburante perso dall'aereo e da alcuni bidoni che si erano rovesciati.
"Merda!"
Anche a terra non vide vie di fuga. Se non fossero usciti al più presot sarebbero morti per l'esplosione del velivolo o per il fumo incominciava ad invadere l'hangar.
Usando la tunica per filtrare l'aria cerco di ragigungere una delle pareti dell'edificio, nella sperzana di poter raggiungere la saracinesca e sollevarla. Una parte dei lui si disperava di raggiungere questo obiettivo. Un'altra, più cinica e realista, lo informava con voce fredda che da solo non sarebbe mai riuscito in quell'impresa. Ignorando con forza quest'ultima parte di sè, Harry proseguì determinato il suo cammino, finchè non senti un rumore oltre la parete di cemento che torreggiava su di lui. Parevano voci umane. Subito dopo seguì un altro rumore ed una forte vibrazione.
La parete, che finora aveva retto ad ogni colpo che aveva subito, si stava sgretolando in miriadi di spaccature. Vibrava sempre più intensamente, spingendo Harry a spostarsi il più velocemente possibile per evitare i calcinacci che iniziavano a cadere. Fece solo pochi passi prima che il muro crollasse con gran fragore, sollevando un immensa nuvola di polvere.
Harry chiuse gli occhi per evitare di rimanere accecato. In quel momento almeno tre paia di mani apparvero nel fitto pulviscolo, trascinando all'esterno i due sopravvissuti. Come era accaduto con Cedric, il giovanne mantenne salda la presa su Thibaulth, temendo di perdere anche lui.
Soltanto quando la dolce brezza notturna accarezzò il suo viso, si azzardò ad aprire gli occhi. Ma nonostante le lacrime che gli distorcevano la vista, fu in grado di vedere le tre bacchete puntate contro di lui ed un brivido gelido gli corse lungo la schiena. Draco Malfoy si chinò su di lui.
"Ciao Harry..." sibilo con un ghigno malevolo l'ex-Serpeverde.
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Ho finito lo scontro aereo e nuovamente i due gruppi di eroi si sono incontrati. Evviva! Probabilmente sarà il capitolo con il maggior numero di incantesimi che abbia scritto fin adesso.
@ Neko-tensai: ti ringrazio per i complimenti e mi auguro che anche questo capitolo ti sia piaciuto.
@ desdeus: ti ringrazio nuovamente per aver sccettato la mia richiesta e ti chiedo scusa per il disturbo. Spero che continuerai a leggere e commentare.
"Sei un'idiota Thibaulth!"
"Ma..."
"Tu vorresti andare in cerca di quei pazzi fanatici che ti hanno quasi ammazzato."
Ogni volta che toccavano l'argomento, Pascaline diventava una furia. Non era selvaggia soltanto a letto, ma era anche molto possesiva, quasi territoriale. Erano già passati due mesi da quando era arrivato nella radura, sfinito e dissanguato, e ancora non poteva parlare di cercare la Confraternità. Pascaline gli voltava le spalle, come era solita fare per chiiudere quel genere di discussioni. Da lì non si sarebbe mossa fintanto che non si fosse arreso. Si avvicinò cautamente.
"Non vorrei andarmene, ma..."
"Ma cosa?"
"Ma non posso rimanere. Sono rimasto troppo a lungo."
"Non puoi? A me sembra che puoi benissimo, ma hai voglia di cambiar puttana!"
Thibaulth la girò dolcemente e la fissò nei suoi occhi dorati. Congiunsero le labbra per un minuto interminabile nella penombra della grotta.
"Credi che potrei baciare una puttana in questo modo?" disse il lupino quando si staccò.
"Non andartene."
"Non voglio andarmene, ma non voglio che ti trovino. Non avrebbero molti scrupoli ad uccidere una ragazza che vive nei boschi, anche senza che tu sia un licantropo. L'ho già visto succedere, tanto tempo fa."
Pascaline sorrise inquieta.
"Non ti senti mai vecchio con tutti quei ricordi?"
"Molto."
Si baciarono di nuovo. Il fuoco che ardeva si spense. Thibaulth si separò da Pascaline e la guardò un'ultima volta prima di uscire.
"Thibaulth..."
Lui si voltò di nuovo a guardarla. Vide soltanto gli occhi che brillavano.
"Dimmi."
"Non sei male per essere un vecchietto."
Stavolta fu Thibaulth a sorridere.
"Tornerò quando sarà tutto finito."
"Dunque..."
Erano passate due ore da quando aveva lasciato la radura, e si era perso in mezzo alla boscaglia. Non era in grado di dire dove si trovasse nè in che direzione andare. Non era certo di riuscire a ritornare da Pascaline per farsi dare una mano, quindi l'unica cosa che poteva fare era andare dritto fin quando non fosse giunta la notte, dopo avrebbe potuto orientarsi con le stelle.
Una volta che avesse raggiunto la città avrebbe cercato i suoi compagni per organizzarsi e pensare ad un piano per cancellare la Confraternità del Sangue.
Il problema era che non aveva la minima idea di dove fossero gli uni e gli altri. Si era preoccupato di portare l'attenzione dei suoi inseguitori lontano dalla foresta, ma non aveva pensato a come avrebbe potuto fare il resto. Era certo che i suoi compagni fossero ancora vivi, altrimenti ne avrebbe percepito la scomparsa, ma non sapeva se erano ancora in Francia. Gli sarebbe bastato un indizio o un'informazione, il resto sarebbe venuto da sè.
"Chiedi e ti sarà dato."
Thiabutlh si girò rapidamente, i muscoli tesi e pronti a scattare. Di fronte a lui un uomo nascosto dalla penombra di un pino lo stava osservando sorridendo. Era poco più alto di lui, con una carnagione nera come l'ebano su tutto il corpo, eccettuati i denti candidi. Il suo volto era fiero e bello, quasi rassicurante. Dalle palpebre socchiuse si poteva vedere che aveva degli occhi neri come la pece.
Lentamente, mentre il volto perdeva colore man mano che si piegava, il lupino si inginocchiò contro la propria volontà.
"Vedo che te la sei spassata di recente. Albert e Julius avevano già perso le speranze di ritrovarti." gli disse tranquillamente l'uomo. Con grande sforzo Thibaulth alzò la testa per guardare negli occhi il suo interlocutore.
"Dove sono, demonio?"
"Porta rispetto per il tuo Signore, piccolo mostricciatolo." sibilò l'essere mentre gli occhi divenivano azzurri, freddi e fatali come lame di ghiaccio.
"Lo sai che non sei il mio unico padrone."
L'essere sembrò ragionare un attimo sulle parole del licantropo, guardando distrattamente il cielo. Poi tornò a fissare Thibaulth.
"Già hai ragione. Comunque non sono venuto qui per disquisire su chi sia padrone. Sono qui per offrirti il mio aiuto."
"Non sei mai stato così spontaneo nell'offrire un aito se non eri certo di avere qualcosa in cambio, Ba'al Zeboub."
"Ah, uno dei miei vecchi nomi! Te li ricordi ancora? Comunque non capisco perchè siano tutti malfidenti nei miei confronti. Mi domando cosa posso aver fatto di così grave..." Sorrise socchiudendo gli occhi. Quando li riaprì erano rossi come le fiamme dell'Inferno.
"Devo ammeterò che non hai tutti i torti. Effettivamente voglio qualcosa in cambio."
"Vuoi la mia anima? Mi spiace, ma quella non è in vendita."
"Tut-tut. Sei scarso a fantasia ragazzo mio. La tua anima è poco appetibile per me, cosa credi? Essa non appartiene nè agli uni nè agli altri ed è destinata a scomparire nell'oblio quando morirai."
Con uno sforzo inumano Thibaulth cercò di alzarsi per assalire il Diavolo e toglierli quel sorriso di scherno. Non riuscì ad alzarsi neanche di un millimetro.
"Non ti sforzare, e solo uno spreco di energie." sogghignò il demonio.
Il lupino ringhiò piano, chinando il capo, non riuscendo più a resistere alla pressione che lo opprimeva.
"Ti ascoltò." sussurrò infine.
"Bravo ragazzo, vedo che stai mettendo giudizio. Allora, sono venuto qua per passarti delle informazioni su dove si trovano i tuoi amici e su dove è ubicata la Confraternità."
"Cosa vuoi che ci faccia con quelle informazioni? Sai già che sono in grado di eliminarci e che l'ultima volta mi hanno ferito gravemente."
"Certo certo. Ed è per questo che ho bisogno di essere pagato per poterti aiutare. Intendo darti uno nuovo potere, in grado di sconfiggere i nostri nemici."
"Nostri? Non mi dirai che il possente Satana è messo in ginocchio da un branco di fanatici religiosi." gli chiese sogghignando Thibaulth.
L'altro continuò a sorridere, mentre sferrava un calcio alla mascella del lupino.
"Ammetto che mi danno fastidio. Ho già perso una dozzina di agenti per causa loro e ora voglio chiudere la faccenda."
Con le labbra sanguinanti e la mascella indolenzita il licantropo cercò di rispondere, invano.
"Puoi anche non accettare la mia proposta e arrangiarti, ma sono convinto che in quel caso i tuoi compagni agirebbero senza di te e sai già cosa accadrebbe. Non mi duolerei troppo della vostra scomparsa, ma mi servite da vivi. E poi..."
"E p-poi?" chiese Thibaulth sputando sangue.
"E poi c'è la tua cagnetta, Pascaline. Di fatto non mi appartiene, ma aspetta che arrivino gli inquisitori e dovrò aspettare poco per darle il benvenuto."
"Lei non è dannata."
"Già, ma sarà morta comunque." sogghignò l'altro malevolo con occhi verde scuro.
Thibaulth abbassò di nuovo il capo, arrensivo.
"D'accordo, cosa ti serve?"
"Soltanto i tuoi capelli, o meglio, il colore dei tuoi capelli."
"Prendili."
"A-ah. La sai anche tu lo formula per questi patti. Devi dire -Accetto-."
"Accetto."
Sentì un'improvvisa vampata di calore giungere da sotto i suoi piedi. Abbassò lo sguardo, rabbrividendo alla vista di un enorme pozzo senza fondo, un abisso turbinante lambito da fiamme eterne. Il terreno sotto di lui sparì, ed egli cadde accompagnata da un'acuta risata malvagia.
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Thibaulth si svegliò diverse ore dopo, in piena notte. Si mise a sedere, intontito e confuso. Ricordava vagamente la sua caduta nel vortice e le fiamme che lo bruciavano, poi il nulla. Era qualcosa di così orribile che persino il Diavolo aveva pietosamente cancellato dalla sua memoria, o, forse, non voleva che lui ricordasse.
Si guardò intorno per capire dove si trovasse, grattandosi la testa, sentendo che i suoi capeeli erano divenuti ruvidi e duri come il fil di ferro. Si trovava in una piccola radura contornata da cespugli poco lontano da dove aveva incontrato il Demonio. Le ombre lo circondavano, spingendolo a guardare in alto, verso la volta celeste. Trovò subito la stella polare., ma venne distratto dalla sfera luminosa sospesa nel cielo.
Il lupino sorrise, ricordandosi che quella sera Pascaline avrebbe girovagata con i lupi della foresta, divertendosi a farsi passare per una di loro. Poi sneì che il sangue pulsava sempre più forte nelle vene mentre un desiderio di morte lo invadeva dolorosamente. Il pelo cresceva in modo incontrollato, i muscoli si gonfiavano lacerando le vesti e le ossa si piegarono in modo innaturale. Gridò con tutto il fiato che aveva in corpo, ma ne uscì solo un raggelante ululato.
Davanti ai suoi occhi luci rosse e nere lo accecavano violentemente. Si gettò a terra artigliando il terreno con ciò che era divenute le sue mani, enormi zampe artigliate. Intorno a lui gli alberi presero fuoco. Ululò di nuovo, lanciandosi nella foresta. Corse veloce nella selva, saltando i rigagnoli ed i piccoli fiumi, facendo bruciare tutto ciò che incontrava. Infine, gli si pararono davanti le pendici di un monte. Ma non era da solo.
Intorno a lui molte presenze si erano riunite, ed erano tutte ostili. In qualche modo Thibaulth (o ciò che ne rimaneva) le percepiva come sue, ma questo non gli impediva di desiderare la loro morte. Così, senza dar tempo ai suoi “nemici” di assalirlo per primi, si buttò tra di loro. Li squarciò e li smembrò, li dilaniò e li divorò, ed infine rimase soltanto lui tra cadaveri e creature agonizzanti. La luna, che aveva assistito a tutto lo spettacolo, venne coperta dalle nuvole, e la ragiono tornò. Soltanto allora Thibaulth ritorno sé stesso e soltanto allora la vide.
In mezzo a cadaveri di lupi e di uomini, c’era anche Pascaline. Rantolante, agonizzante, lo guardava con occhi sbarrati. Lui si avvicinò, incurante del sangue, e la strinse tra le sue braccia mentre piangeva calde lacrime di dolore.
“Thibaulth…” sussurrò flebilmente
“Non parlare.” le disse piano lui
“non farlo più… ti prego…”
“Non lo farò…”
“promettimelo…” disse ancora più piano lei
“Te lo prometto.”
Pascaline si spense appena pronunciate quelle parole, lasciando Thibaulth solo nella notte. Intorno a lui l’oscurità si fece opprimente, ed infine, assoluta.
Non c’era più niente intorno a lui, né gli alberi, né i morti, né Pascaline.
“Cosa…”
“Benvenuto Thibaulth.”
Dall’oscurità apparve un uomo, un uomo molto anziano. Aveva una lunga e fluente barba bianca, ma era privo di capelli. Il viso era magro e distinto, con un bel naso aquilino, mentre gli occhi erano completamente neri e privi di iride. Indossava una lunga tunica bianca e un mantello blu con ricami in argento, e si appoggiava ad un bastone d’oro alto quanto lui e culminante con una grande sfera di colore perlaceo.
“Grindelwald come hai osato?” ringhiò ferocemente il lupino
“A cosa ti riferisci?” chiese in tono divertito il mago
“A quel ricordo che mi hai fatto rivivere.”
“Mi spiace, ma non è merito mio. Quello che hai rivissuto è soltanto merito tuo.”
“Cosa vuoi dire?”
“Te lo spiego subito, per quanto possa servirti. Qui ci troviamo nella dimensione onirica, un luogo dove si sogna o si viene tormentati da incubi e ricordi. O, come nel mio caso, per comunicare con te.”
“E cosa dovresti dirmi, bastardo?”
“Che voglio sapere dove sono finiti i miei servitori.” La voce era seria ed imperiosa.
“Se ti riferisci ad Albert e Julius, al momento sono al calduccio, giù all’Inferno.” Ghignò soddisfatto il licantropo
“Dunque sono morti? E’ un esito inaspettato…”
“Preparati perché adesso li raggiungerai anche tu.”
Un risata glaciale giunse dall’anziano stregone, incurante della minaccia che il licantropo.
“Credi davvero che ti lascerò agire liberamente? No, tu morirai qui per mio volere.”
Batté il bastone sul “terreno” e neri tentacoli ne uscirono per avvolgere Thibaulth in una stretta micidiale. Lentamente lo trascinarono con loro nella coltre nera che faceva da pavimento, facendolo svanire nel buio eterno.
Il mago rise di nuovo, certo della propria vittoria. Non si accorse che la lastra nera si stava schiarendo, svanendo rapidamente. Una qualche forma di luce, infine, lacerò le tenebre, cogliendo di sorpresa Grindelwald e facendolo svanire dal piano d’esistenza.
Un angelo dagli occhi dorati teneva al petto Thibaulth mentre giaceva privo di coscienza. Lo osservò con attenzione con i suoi occhi dorati fin quando non rinvenne. Allora parlò.
“Sei venuto meno alla tua promessa.”
La voce era lontana ed arcana. Pareva giungere da ogni dove, ma la figura non aveva aperto bocca.
“Mi spiace…” bisbigliò piano il lupino.
“Dovrai fare ammenda per questo e per gli errori compiuti in passato.”
Un sorriso si schiuse sulle labbra dell’angelo.
“Sono certa che ce la farai, vecchietto.”
“Pascaline?”
Thibaulth non riuscì a vedere il volto dell’angelo perché la luce intorno a lui continuò ad aumentare, diventando accecante. Le ultime parole che udì lo accompagnarono nel suo “ritorno”:
“Ricordati, l’ultimo riporterà l’equilibrio.”
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Volevo chiedere scusa per la lunga attesa, ma sono stato molto impegnato tra lavoro ed università (che ho iniziato con un anno di ritardo). D'ora in poi, temo, le attese si faranno molto lunghe e distanziate, sigh.
@desdeus: ti ringrazio nuovamente per le tue opinioni sul testo. Per me sono molto importanti.
@Neko_Tensai: grazie per i complimenti, mi hai dato una grande carica di fiducia. Mi spiace, ma stavolta ti lascio la curiosità di sapere cosa succederà per il prossimo capitolo.
@Master Ellie: un grazie molto sentito per i complimenti dal profondo del mio cuore.
@Samvise: bentornato a leggere la mia FF. Ho letto "la chiave finale" e mi è piaciuta molto (come avrai già capito dai miei commenti fatti appositamente :D ).
Attendo ansiosamente i vostri commenti, sperando di continuare con questo trend positivo ( ma quanto mi sento manageriale oggi :D? lol )