I WILL ALWAYS CHOOSE YOU (/viewuser.php?uid=34693) Lista capitoli: Capitolo 1: *** Prologo: nuova vita, vecchia casa. *** Capitolo 2: *** 1- Bad day *** Capitolo 3: *** 2- Cena con il testimone. *** Capitolo 4: *** 3- La caccia ha inizio *** Capitolo 5: *** 4-Deja-vù *** Capitolo 6: *** 5- Doubts *** Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
|
Capitolo 5
*** 4-Deja-vù ***
I
WILL ALWAYS CHOOSE YOU
5 DEJA-VU’. - Cosa ci fai tu
qui? - Fu questa
l’automatica domanda
che le sfuggì dalle labbra e le fece corrugare le
sopracciglia non appena una
figura slanciata aprì la porta di casa Salvatore,
palesandosi in tutta la sua
tonica fisicità. Due altezzose iridi chiare
la scrutarono
subito con quel modo altisonante e fremente che le caratterizzavano,
dissimulando con maestria e sarcasmo l’iniziale sorpresa nel
trovarsela
davanti. Un brillio di compiaciuto
divertimento le attraversò un secondo dopo averla
riconosciuta, animandole
vivacemente e preannunciandole la solita sequela di battutine maliziose
che
ormai distinguevano i loro incontri. Le sorrise, o meglio
ghignò, e
appoggiò un braccio alla porta, sistemandosi meglio come a
pregustare già il
sapore di quell’incontro. Un sapore che era sempre pungente,
dolce-amaro con un
retrogusto di frizzante malizia. Elena richiuse invece le
labbra,
che aveva involontariamente dischiuso, piegandole in una smorfia
corrucciata. Vedere alle otto di mattina
Damon Salvatore non era assolutamente una cosa salutare per i suoi
nervi. Per niente,
incrociò sulla
difensiva le braccia al petto. Restarono a fronteggiarsi in
silenzio per alcuni brevi secondi, che però a lei sembrarono
lunghissimi, senza
dire nulla e lanciandosi occhiate opposte. Lui, infatti, si
limitò
semplicemente ad osservarla con i suoi soliti sguardi misteriosamente
ambigui e
maliziosi, squadrandola in quel modo che la irritava da morire.
Sembrava dover
sempre esaminare superbo dall’alto in basso chi aveva
davanti, constatò mentre
percepiva già distintamente l'irritazione iniziare a
diffondersi in lei . Gli restituì
un'occhiata
irritata, facendo aumentare smisuratamente il suo sorriso. Damon inclinò poi
impercettibilmente il volto distogliendo gli occhi dai suoi e
lambendole il corpo
in una lunga occhiata carezzevole, soffermandosi, per alcuni languidi
secondi,
sulle sue gambe lasciate generosamente scoperte dai pantaloncini corti
che
indossava. L’indignazione per
quella
sfacciataggine le si riversò a fiotti nelle vene, facendole
arrossare
prepotentemente le guance di un rosso così intenso da
rasentare il porpora. Si morse innervosita le
labbra,
assottigliando gli occhi e trattenendosi dal picchiarlo. Era quanto mai ambiguo e
strano
di come quel maledetto Salvatore riuscisse a suscitare in lei emozioni
così
forti, irruenti. Non era da lei innervosirsi
per
nulla – anzi era sempre stata così paziente e
calma! -, eppure bastava un suo
sguardo maliziosamente oltraggioso o una battutina a farle scattare
qualcosa
dentro. Era più forte di
lei: in lui
c’era qualcosa che le scatenava sempre reazioni tumultuose,
quasi
violente, che l'avvolgevano così velocemente da toglierle il
respiro. Lui ghignò invece
apertamente
compiaciuto, scambiando probabilmente quel rossore per un lusingato
imbarazzo e
facendola irritare inconcepibilmente ancora di più. Era proprio vero che i
maschi
pensavano ogni sei secondi al sesso. -Non so, ci vivo?-
ipotizzò
sarcastico Damon, aggrottando ironicamente le sopracciglia e
rispondendo alla
sua iniziale affermazione. Elena lo fulminò
con gli occhi
scuri, per nulla divertita da quella battuta, rifilandogli poi una
lunga
occhiata torva. La stessa che ormai era
diventata un’abitudine lanciargli e che sembrava divertirlo
enormemente, visto
il solito mezzo sorriso smaliziato in cui si aprì. Un po' stizzita da quella
reazione, serrò ancora di più le braccia sotto il
seno non rendendosi
minimamente conto che, così facendo, aveva messo in evidenza
la sua scollatura
che fu fulmineamente lambita da due vispi occhi chiari. Rialzò lo sguardo
su di lei un
attimo dopo, trovandola estremamente corrucciata e con un sopracciglio
seccamente inarcato al suo indirizzo che lo fece ridacchiare appena,
lieve e
divertito. - Simpatico -
l’apostrofò senza
un minimo di ilarità nella voce, un finto sorriso ad
inclinarle le labbra. Lui continuò a
sostenere il suo
sguardo, un brillio di sfuggente divertimento a colorargli gli occhi e
il
ghigno sempre più ampio sulle labbra. -Tu invece sei molto
perspicace
– la rimbeccò beffardo, portandola a roteare gli
occhi al cielo. Perché doveva
sempre ribattere?
Si chiese annoiata e infastidita. Non lo sopportava, non
c’era
nulla da fare. Non sopportava quel suo essere altero e superbo,
malizioso e
perennemente sarcastico. Per fortuna non lo avrebbe
rivisto
per tutto il fine settimana, sospirò più leggera
e soddisfatta. L'aspettava un rilassante
week
-and nella tenuta in montagna dei Salvatore e Jeremy sarebbe tornato il
martedì
successivo. Inoltre, se fosse stata
particolarmente abile ad evitare casa Salvatore, si sarebbe prolungato
quel
delizioso tempo senza la sua presenza. Si, si disse più
rincuorata e spensierata,
doveva pensare a quello. Fece poi per rispondergli
acidamente ma, solo in quel momento, i suoi occhi captarono un
particolare
quanto mai importante che le era evidentemente sfuggito. Arrossì
violentemente, questa
volta di puro imbarazzo mentre le parole le si strozzarono in gola in
un soffio
inudibile accavallandosi in pensieri sconnessi. Soltanto allora, infatti,
notò
che la camicia scura e fatta sicuramente su misura che indossava era
mezza
aperta lasciando intravedere una buona porzione della parte superiore
del
petto. Trattenne il respiro e si
sentì
avvampare. I suoi occhi seguirono, di loro spontanea
volontà, la linea sicura
dei pettorali delineandone i contorni. Accadde poi tutto in
così pochi
secondi che neanche si accorse di cosa stava pensando. Si morse istintivamente un
labbro, torturandolo impietosamente con i denti senza riuscire a
distoglierne
lo sguardo. Era come se non ci riuscisse. Si dava l'ordine di farlo ma
i
suoi occhi non rispondevano. Non volevano
rispondere, notò sconcertata e
shoccata. Esterrefatta dal suo stesso
comportamento ci riprovò, ma, un attimo dopo, fu qualcosa
d'altro a shoccarla
totalmente. Chissà se erano
tonici come
sembravano, fu il quesito spontaneo e la voglia di tastarne manualmente
la
veridicità la fulminò sul posto, annebbiandole la
mente di sconcerto. A giudicare da
com’erano
scolpiti dovevano essere anche sodi, fu il pensiero mal sano della
parte più
remota, ma decisamente sveglia, del suo cervello. Quella riflessione le
rimbombò
nella mente senza che lei ne capisse realmente il significato per
alcuni
secondi e, quando lo comprese, boccheggiò scioccata,
sentendo le guance andare
sempre più in fiamme per quel pensiero decisamente non da
lei. Cosa diavolo aveva appena
pensato? Si chiese orripilata. Tuttavia, nonostante si
ordinasse tenacemente di farlo, non riuscì a distogliere lo
sguardo per alcuni
interminabili attimi dalla sua figura. Il calore bruciante
dell’imbarazzo la pervase spietatamente, scaldandola
più del sole già alto in
cielo. Cosa diavolo le era preso?
Si
chiese riuscendo, finalmente, a distogliere lo sguardo che
puntò ostinata sul
muro dietro di lui. Cioè,
deglutì spaesata, non
era da lei fare quei pensieri! O meglio,
li faceva anche, ma era inconcepibile che avesse quel tipo
di pensieri
verso Damon. Il suo orgoglio
protestò
vivacemente, indignato da quel pensiero. - Potresti anche curarti di
essere presentabile prima di aprire la porta, comunque -
bofonchiò arrossata e
accaldata, più inasprita con se stessa per aver concepito
quel pensiero che con
lui. Prese poi un profondo
respiro,
cercando di scacciare i postumi di quella riflessione e di calmarsi. In qualche modo il fatto di
aver
pensato a lui in quel modo la indispettiva,
innervosendola più di quanto
fosse normale. Perché diavolo
era accaduto? Si
domandò ancora in cerca di una risposta, socchiudendo
lievemente gli occhi. Prese un'altra lenta boccata
di
ossigeno, continuando a ripetersi come un mantra che era colpa del
caldo che
opprimeva l’aria, nonostante l’ora mattutina. Si, doveva essere
sicuramente
così, si convinse. Lievemente più
tranquilla rialzò
lo sguardo, facendo il colossale errore di incontrare quello di Damon,
così
colmo di malizia da renderlo liquido e plumbeo. Sorrideva, come al solito,
con
quel mezzo sorriso che, però, in quel momento
le infuse una strana sensazione di insicurezza. Il timore che lui avesse
colto
in qualche modo il pensiero che aveva avuto e il rossore anomalo delle
sue
guance, la gelò sul posto portandola a guardarlo di
sottecchi e circospetta. Studiò la sua
espressione,
trattenendo il respiro in attesa della battutina sfacciata e maliziosa. Battutina che tuttavia non
arrivò. Lui non disse
inaspettatamente
nulla, limitandosi solo a continuare a guardarla. Cosa che la sorprese
non
poco.
Era già pronta a
difendersi
dalle sue frecciatine e invece lui sembrava non essersi accorto di
nulla.
Davvero strano. Almeno per una volta
fortunatamente il karma sembrava sorriderle e lei lo colse come un
buono
auspicio per il week- and, tornando a respirare normalmente. Era sicura che se avesse
captato
disgraziatamente quel suo sguardo diverso non
avrebbe più smesso di
tormentarla e, visto che purtroppo aveva già fin troppi
elementi per farlo, era
decisamente meglio così. - Stefan è in
casa?- gli chiese
velocemente, ansiosa di spostare l’attenzione su qualcosa
d’altro che non fosse
il suo insolito comportamento. Sbirciò alle sue
spalle in cerca
del minore dei fratelli Salvatore, ma tutto ciò che vide fu
l’ingresso . Lui corrugò la
fronte, aprendosi
in una smorfia sarcastica. - Non lo so. Non sono mica
la
sua babysitter. – affermò ironico e tagliente con
un’alzata di spalle, lo
sguardo di nuovo imperturbabile e freddo. - Ci vivi insieme, come fai
a
non saperlo ?- ribatté pungente, inarcando scettica un
sopracciglio. Va beh che praticamente non
si
sopportavano e che avevano una casa grossa quanto un castello, ma
avrebbe
dovuto almeno sapere se era in casa o no. - Ringrazia che ti abbia
aperto
e non ti abbia lasciato ad aspettare fuori.- ribatté con
un'occhiata ovvia,
come se le avesse fatto chissà che favore. - Oh, grazie di avermi fatto
questo regale onore! – allargò gli occhi
fingendosi lusingata per poi fulminarlo,
per l’ennesima volta. Quella era
un’altra cosa che non
sopportava in lui, il fatto che facesse passare ogni suo gesto come un
dono
divino. - Prego –
affermò, lasciandola
basita. Era snervante. - Stefan mi aveva detto che
eri
uno scansafatiche – lo punzecchiò tagliente,
volendo far scomparire quel
sorrisino irritante dal suo volto. Sorrise internamente, in
attesa
di vedere passare una scintilla di orgoglio ferito nei suoi occhi. Cosa
che
però non accadde. Anzi, il suo sguardo
cambiò
ancora una volta sfumatura, velandosi di languido divertimento per
chissà cosa. Ridacchiò,
socchiudendo gli
occhi quasi in un modo felino. Era possibile che quel
ragazzo
fosse lunatico anche nello sguardo? Si chiese, aggrottando sconcertata
le
sopracciglia. Lei lo insultava e lui rideva divertito? Doveva avere
davvero
qualche rotella fuori posto. - Interessante.-
soffiò
con ancora l'alone della risata sulle labbra e lei pensò che
avesse davvero un
modo tenebroso di calcare sulle parole. Scacciò quel
strano pensiero
inopportuno, concentrandosi su di lui e sulla sua uscita fuori luogo. Quel giorno il caldo le
stava
davvero dando alla testa. - Parlate di me, dunque,
durante
le vostre conversazioni.- ghignò compiaciutamente divertito,
curandosi solo
della parte che gli interessava della frase che lei aveva appena
pronunciato. Elena roteò gli
occhi al cielo
con un sonoro sbuffo. Quel ragazzo aveva un egocentrismo grosso come
tutto il
Tennessee. - Non parliamo di te
– ci tenne
subito a puntualizzare con una mossa del capo che fece ondeggiare i
suoi
capelli, per nulla intenzionata a gonfiare maggiormente il suo
già smisurato
ego. Ci mancava solo che pensasse chissà cosa. - E sentiamo cosa ti ha
detto? –
ignorò totalmente il suo ultimo commento, affondando le mani
nelle tasche dei
pantaloni scuri e guardandola maliziosamente in attesa. Si morse l’interno
della guancia
per non mandarlo direttamente al diavolo, anche se avrebbe voluto
davvero
farlo. Non lo sopportava e il fatto
che
prima avesse avuto quel pensiero le faceva dolere
l’orgoglio
insopportabilmente, innervosendola particolarmente oltre che
sconcertandola. Il fatto che poi ci fosse
andata
a letto non aiutava molto a farselo andare a genio. Damon sogghignò
più apertamente,
quasi in modo felino, facendole provare una strana sensazione di
deja-vù. - Che sono tremendamente
intelligente, carismatico e sexy?- inclinò il volto, i
sbarazzini capelli
corvini a solleticargli la fronte . Inarcò un
sopracciglio, notando
come quel ragazzo avesse una visione distorta e ingigantita di se
stesso. Dischiuse le labbra per
rispondergli, ma fu un’altra voce ad anticiparla sul tempo. Era una cosa che le capitava
spesso in questo periodo, notò accigliata. - No, che sei un
rompiscatole,
vendicativo e senza scrupoli fratello - affermò la voce
pacata ma lievemente
divertita di Stefan, comparendo improvvisamente dietro il fratello
maggiore. Una sensazione di
deja-vù
l'avvolse ancora, ricordandole terribilmente la sera del quattro luglio
a casa
Lockwood. Infondo, erano nella stessa identica situazione. Si palesò a loro
con un piccolo
sorriso, ricevendo un’occhiataccia risentita dal fratello e
facendo trattenere
violentemente il respiro ad Elena. Come era infatti accaduto
quella
sera lei si irrigidì, avendo la terribile sensazione che
Damon potesse spiattellare
da un momento all’altro cosa – purtroppo - era
accaduto fra loro due. Stefan alternò lo
sguardo tra
loro due, posandolo poi definitivamente sul fratello. - Semplicemente la
verità,
quindi- gli diede una pacca sulla spalla, sorridendo divertito per la
sua
espressione tra l’offeso e l’irritato. - Qui l’unico
rompiscatole e
guastafeste sei tu, fratellino- affermò con un sorriso
tagliente, calcando
sull’ultima parole e conferendole una sfumatura pungente, per
nulla affettuosa. Gli lanciò poi
uno sguardo
glaciale, imperturbabile. Stefan lo ignorò
deliberatamente, sorpassandolo e raggiungendola in due ampie falcate. - Buongiorno – le
lasciò un
bacio sulla guancia e lei sentì due occhi perforanti
studiarla. Quando però
rialzò lo sguardo su
Damon, lo trovò intento ad abbottonarsi tranquillamente la
camicia. Aggrottò le
sopracciglia. Doveva
essere stata solo una sua impressione, si disse. Lei lo aveva detto che non
era
salutare vederlo già alle otto di mattina! - Giorno, Stefan –
lo salutò,
sorridendogli lieve. – Dormito bene?- gli chiese addolcendo
il tono della voce
e rilassando in minima parte i nervi, più tranquilla. Damon non sembrava
intenzionato
a rivelare il loro piccolo segreto, per fortuna. - Vi prego, mi sta venendo
il
diabete - sbuffò sonoramente Damon, beccandosi subito la sua
occhiataccia. Li sorpassò con
una smorfia
disgustata sul volto, incedendo con passo spedito oltre di loro fino a
scomparire nel vialetto. - Lascialo perdere -
mormorò
Stefan con un cenno non curante del capo, facendole distogliere lo
sguardo dal
punto esatto in cui era scomparso. - Dov’è la tua
valigia? -le chiese un
secondo dopo, distraendola dalle sue riflessioni. - Nella mia macchina- la
indicò
con la mano, parcheggiata proprio lì davanti. - Ok, vado a prenderla e la
carico
in auto - le sorrise. Elena annuì,
lasciandogli le
chiavi e neanche un paio di minuti dopo era di nuovo da lei,
trascinandosi
dietro il suo trolley e un sorriso sulle labbra. Il telefono le
vibrò nella
tasca, segnalandole l'arrivo di un nuovo messaggio. - Caroline ha detto che
parte
ora da casa e sarà qua in due minuti - lesse il messaggio ad
alta voce,
informandolo e incamminandosi con lui verso la macchina. - Non doveva venire con
Tyler?-
le chiese aggrottando le sopracciglia chiare, confuso quanto lei. Lei alzò le
spalle in risposta. - Cosa ci hai messo qui
dentro?-
le chiese poi con una risata, indicando con il capo la valigia che si
stava a
fatica trascinando dietro sulla ghiaia del vialetto. - Sicuro di farcela?- rise
allegra, ma fu una voce infastidita e un po' strascicata a distrarla,
richiamando la sua attenzione. - Quando avete finito di
giocare
al principe e alla principessa, vorrei partire- affermò
Damon, appoggiato con i
fianchi alla macchina nera di Stefan e l'espressione scocciata stampata
in
volto. Furono però le
sue ultime parole
a sconcertarla. - Partire?-
inarcò un
sopracciglio Elena fermando la sua camminata, credendo di aver capito
male. Anzi, doveva essere
sicuramente
così. Un piccolo ma pressante
dubbio,
che le provocò un irritante morsa allo stomaco, si
insinuò repentinamente in
lei, confermato anche dal sorriso divertito in cui si aprì
il moro. Ancora una volta una
scintilla
di divertimento animò i suoi occhi, rendendoli meno
imperturbabili,
allarmandola e facendole sperare che non fosse come pensava. - A quanto pare il mio caro
fratellino non ti ha dato la bella notizia - ghignò
sfacciato, lanciando un
luccicante sguardo di sfida a Stefan. - Che notizia? - chiese
confusa,
voltandosi verso di lui e fissandolo in attesa di una risposta mentre
quella
brutta sensazione si intensificava. Lo sguardo di scuse di
Stefan fu
la conferma più lampante delle sue paure, prima ancora che
le parole uscissero
dalla sua bocca. - Viene con noi sul lago-
pose
fine ai suoi progetti con tono tetro e abbacchiato, guardandola di
sottecchi
come temendo la sua reazione. Infatti sapeva che non lo
sopportava, gliel'aveva confessato lei stessa una qualche sera prima al
telefono cercando di evitare altre scomode domande. Totalmente pietrificata lo
fissò
quasi con gli occhi sbarrati. - E' uno scherzo, vero?- fu
l'unica, spontanea, affermazione che solcò le sue labbra,
dischiuse dallo shock
di quella rivelazione. No, non era possibile.
Doveva
essere una sorta di incubo ad occhi aperti, probabilmente. Come se si stessero
realmente
sgretolando davanti a lei, vide i suoi sogni di relax e
tranquillità andare in
fumo sostituiti da continui battibecchi e frecciatine maliziose. E lei che sperava di
riposarsi! - Scusa, mi sono dimenticato
di
dirtelo - si scusò lui incassando il capo fra le spalle,
riservandole uno
sguardo realmente dispiaciuto. Totalmente senza parole non
riuscì a far altro che lanciare uno sguardo al vetriolo a
Damon, cercando di
sfogare in minima parte il nervoso e l'irritazione che la pervadevano. Infondo, era colpa sua visto
che
le aveva rovinato il week-end. Era un odioso, pomposo,
arrogante e vanesio rovina vacanze, si sfogò lanciandogli
mentalmente contro
ogni insulto possibile. Imbufalita, seguì
con passo di
marcia Stefan nella parte posteriore dell'auto lasciando solo un
ghignante e
soddisfatto Damon. Lo odiava. Era riuscito
anche a
mandarle in fumo un favoloso fine settimana in montagna con i suoi
amici, perché,
ne era sicura, glielo avrebbe rovinato. - Per quale ragione non mi
hai
detto che veniva anche lui?- sussurrò concitata, cercando
però di non farsi
sentire da Damon. Non voleva dargli nessuna ulteriore soddisfazione. - Scusa, mi sono
dimenticato. -
ripeté ancora, scusandosi e passandosi una mano fra i
capelli -Il tirocinio è
massacrante e assorbe ogni mia energia in questo periodo. Mi
è passato di mente
- Come diavolo aveva fatto a dimenticarsi
di dover passare il fine settimana con il diavolo in persona?
Non era
umanamente possibile. Ok, era impegnato con il lavoro, ma se lo avesse
saputo
prima sarebbe decisamente rimasta a casa. - Non potevi impedirglielo?-
mugolò imbronciata. - La casa è anche
sua. - le
ricordò, caricando la sua valigia rossa - Se vuole andarci
ci va e se anche
glielo impedissi lui ci andrebbe lo stesso - Elena sbuffò,
incrociando le
braccia al petto e alzando gli occhi al cielo. - E' un comportamento in
perfetto stile Damon - - Probabilmente lo fa solo
per
infastidirmi. Si diverte a farlo. La migliora arma è
ignorarlo – le spiegò
Stefan in un sussurro sicuro che sapeva di abitudine, ormai.
– Non lo sopporta.
– Magari fosse stato
così facile
anche per lei! Nuovamente, però,
la sensazione
che ci fosse della tensione fra loro le balzò agli occhi con
evidenza lampante,
distogliendola dal lanciare qualsiasi epiteto poco fine contro di lui. Avevano un comportamento
strano. Elena assottigliò
sospettosa gli
occhi, appoggiandosi con i fianchi all’auto. Continuò a tenere
lo sguardo
puntato su di lui, nella speranza di incontrare il suo e avere una
risposta più
chiara, ma ciò non accadde visto che Stefan persistette a
tenerli ostinatamente
puntati altrove. Allora c’era
davvero qualcosa
dietro, fu il suo istantaneo pensiero che gratificò il suo
sesto senso
femminile. Stefan era limpido in tutto
e
per tutto e il fatto che persistesse a non guardarla negli occhi
dimostrava che
le celava qualche cosa. Ed era sicura c'entrasse con Damon - Io comunque non ho ancora
capito la causa di tutto questo astio fra fratelli –
buttò lì lei, fissandolo
attentamente in cerca di una qualsivoglia reazione che non venne ,
però. Il suo volto rimase
impassibile,
quasi indurito in un'espressione neutrale. Li aveva osservati
attentamente
quelle poche volte che li aveva visti insieme e, ogni volta, aveva
avuto la
stessa sensazione della sera del barbecue del 4 luglio: c’era
un attrito fra i
due. E anche bello grosso. Era un qualcosa di mal
celato e
sempre presente, bastava poco a farlo saltar fuori. Doveva essere antico,
risalente forse addirittura a prima che lei incontrasse Stefan. Vi era
una
rivalità strana fra i due, che non ci sarebbe dovuta essere
fra due fratelli. Stefan non disse null'altro,
limitandosi a rimanere in silenzio e sistemare i borsoni. - C’è
qualche problema fra te e
Damon?- gli chiese allora lei, decidendo di abbandonare i mezzi termini
ed essere
diretta visto la sua totale assenza di risposta. Lui sospirò
pesantemente,
alzando finalmente lo sguardo su di lei. - No - affermò
secco e lei era
già pronta ad insistere ma, a salvarlo da ulteriori domande,
fu la voce acuta
di Caroline, che corse trafelata verso di loro. - Scusate il ritardo. Non
avevo
messo la sveglia- sorrise tremolante, rifilandogli quella banale scusa,
e lei
capì subito che c'era qualcosa che non andava. Aveva i capelli scarmigliati
e
non si era neanche truccata, cosa che succedeva solo quando... -Tutto bene, Care?- le
domandò
infatti sospettosa. -Certo. Cosa dovrebbe non
andare?-rise nervosamente, confermando sempre più le sue
ipotesi. Annuì, non troppo
convinta e
decisa a parlarle in privato. - Tyler?- le chiese invece
Stefan, caricando anche la sua valigia, color rosa intenso, in auto. La bionda fece una smorfia
significativa
che preannunciava guai in vista, schiudendo poi le labbra per parlare. - Non verr...- Ma non ebbe neanche il tempo
di
finire la frase che il diretto interessato si palesò davanti
a loro. - Eccomi –
affermò, il borsone
su una spalla e l'espressione calma. Fece per salutarlo ma,
ancora
una volta, Caroline la interruppe. Quel giorno evidentemente
tutti
si divertivano a interromperla. - Che ci fai tu qui?-
gli
chiese diretta e alterata, voltandosi verso di lui con gli occhi
fiammeggianti
di ira e lei pensò che erano le esatte parole che aveva
rivolto poco prima a
Damon, anche se in tono diverso. -Mi hai invitato tu- le
rispose
lui confuso, alzando però le mani in segno di resa. - Ti avevo invitato prima
che tu
flirtassi con Amy-sono-una-bambola-gonfiabile-Parker-
sibilò tagliente
assottigliando gli occhi azzurri, riducendoli a due lame sottili. Elena li fissò
con gli occhi
sbarrati, incredula da quella sfuriata. Dovevamo aver litigato e
ciò non era
per niente una buona cosa. - Pensavo avessimo
già chiarito
quel punto – sbuffò Tyler, allargando le braccia.
- E poi non stavo flirtando
con lei – sillabò, innervosendosi anche lui. Si scambiò un
dubbioso sguardo
con Stefan, rendendosi conto che le cose non si stavano mettendo bene.
Quando
quei due litigavano non finiva mai bene, in effetti. E volano piatti. - Si hai ragione, abbiamo
già
chiarito. Io andrò in montagna con loro e tu non verrai.-
affermò sicura la
bionda. Sapeva, però, che se anche si atteggiava da dura in
realtà dentro ci
stava malissimo. - Sono anche miei amici ,
Caroline.- si impuntò lui, indicandosi il petto. Ok, le cose stavano
decisamente
prendendo una brutta piega. - Ehm, noi vi aspettiamo in
macchina- mormorò, decidendo che era meglio lasciarli
discutere da soli per la
sicurezza e l'incolumità di tutti. Loro non la degnarono
neanche di
uno sguardo, continuando a guardarsi in cagnesco, e lei
trascinò Stefan in
auto. Neanche cinque minuti dopo
Caroline e Tyler li raggiunsero in auto, muti e nervosi, dove
calò un gelido e
scomodo silenzio. Sospirò,
allacciandosi già la
cintura mentre Stefan metteva in moto e partiva. Sarebbe stato un lungo
viaggio
quello. *********************** “Si trovarono a una ventina
di iarde uno dall'altra, e il
suo apparire era così improvviso, ch'era ormai impossibile
evitare il suo
sguardo. Subito i loro occhi s'incontrarono e a ciascuno il viso
avvampò del
più intenso rossore. Egli ebbe un vero e proprio soprassalto
e per un attimo
sembrò immobilizzato dalla sorpresa.”*
Le figure ottocentesche di
Mr
Darcy ed Elizabeth si sfocarono gradualmente nella sua mente fino a
scomparire
del tutto, offuscate dal caldo e dall’umidità che
la opprimeva senza pietà. Sbatté un paio di
volte le
palpebre, ben decisa a continuare la sua lettura e ignorare il sudore
che le
imperlava il corpo in un abbraccio bagnato. Riprovò a
focalizzare
l’attenzione sulle pagine un po’ ingiallite, ma il
cicalio acuto delle cicale
le ronzò prepotentemente nelle orecchie impedendole, di
fatto, di concentrarsi. Sbuffò allora,
alzando gli occhi
scuri e allungando mollemente le gambe davanti a se. Faceva un caldo
insopportabile
quel giorno. Il meteorologo alla TV aveva detto che si erano sfiorati i
trenta
gradi, ma lei sospettava ce ne fossero molti di più. Si raccolse i capelli in una
coda bassa, nel vano e inutile tentativo di trovare refrigerio. Sembrava quasi di essere
all’inferno e non in un piccolo e fresco - si intenda, solo
in teoria - paesino
di montagna. Socchiuse gli occhi, sempre
più
oppressa dalla calura di metà pomeriggio. Beh, forse
all’inferno c’era
veramente visto che condivideva una casa con Damon e le sue continue
frecciatine maliziose, cercava di evitare le scomode domande di Stefan
su come
si fossero conosciuti lei e suo fratello, il tutto coadiuvato
ovviamente dalle
continue liti fra Caroline e Tyler. Era come vivere sotto il
fuoco
incrociato, rise leggera del suo stesso pensiero. Un impertinente raggio di
sole
vibrò nell’aria, illuminando di un acceso verde le
foglie che incontrava sul
suo cammino fino a posarsi delicatamente sulla sua gamba nuda,
all’altezza
della coscia. Sospirò annoiata
un secondo
dopo. Si rigirò il
libro fra le mani
per poi chiuderlo definitivamente, abbandonando il suo progetto
iniziale. Tanto
era inutile, con quel caldo era impossibile leggere. Reclinò il capo
indietro fino ad
appoggiarlo sul ruvido tronco dell’albero alle sue spalle,
lasciandosi avvolgere
dal silenzio confortante, interrotto solo dal cinguettio degli uccelli
e dal
cicalare. Le piaceva quel posto, che
assomigliava tremendamente ad un piccolo scorcio di paradiso. O almeno
lei lo
immaginava così. Inclinò il volto,
perdendosi ad
ammirare quell’adorabile creazione della natura. Era una piccola radura
composta
da un verde manto erboso che guardava su un piccolo laghetto,
circondato da una
fitta serie di alberi disposti a semicerchio e su cui spiccava la
parete dura e
nuda della montagna. Era delizioso e molto
…poetico,
convenne con un ampio sorriso ad inclinarle le labbra. Vi era una calma e una pace
quasi surreale, decisamente impossibile da trovare in città. Lo aveva scoperto qualche
anno
prima, quando, durante una passeggiata con Caroline e Bonnie avevano
accidentalmente sbagliato sentiero ed erano finite lì. Ridacchiò
divertita, ricordando
gli isterismi della bionda, che credeva di dover passare la notte con i
lupi, e
i vani tentativi di Bonnie di calmarla. Quel pomeriggio, invece,
aveva
deciso di andare a fare un giro poco dopo pranzo, stufa delle continue
discussioni tra Caroline e Tyler. Già, alla fine
entrambi erano
partiti con loro. Inutile dire che non avevano fatto altro che litigare
per
tutto il viaggio, rischiando di farla diventare pazza. Ormai discutevano per tutto
e
lei si sentiva di troppo ogni volta che la bionda la tirava in mezzo
per avere
la conferma delle sue ragioni. Era un po' infantile come comportamento,
ma
decisamente tipico di Caroline. Non vedeva l'ora che Bonnie
li
raggiungesse, cosa che purtroppo sarebbe accaduta solo quella sera. Stefan era poco d'aiuto al
riguardo, visto che sembrava più interessato alla partita di
football in TV e
al ventilatore che ad uscire. Damon, invece, era
fortunatamente scomparso poco prima di pranzo – per la sua
grande gioia, visto
che non ne poteva già più delle battutine spinose
che le rifilava ogni tre per
due - e non si era fatto più vedere, ma tanto non avrebbe
voluto comunque la
sua compagnia. Anzi, più lontani erano e meglio era per la
sua sanità mentale. Probabilmente, era da
qualche
parte a circuire e sedurre una povera fanciulla di montagna,
alzò gli occhi al
cielo con una smorfia. Un po’ annoiata e
ben decisa a
non stare in casa, si era diretta quindi verso la piccola libreria e
aveva
scrutato con attenzione le copertine colorate. I suoi occhi avevano
brillato di
pura gioia quando aveva scorto un titolo più familiare degli
altri. Orgoglio
e pregiudizio. Accarezzò con le
dita la
copertina del libro che aveva appoggiato in grembo, tracciando il
contorno
delle figure raffigurate su quell'edizione un po' datata, probabilmente
da
collezione. Era uno dei suoi libri
preferiti
fin da bambina. Adorava quei modi così lontani e al tempo
stesso attuali, il
pathos velato dal linguaggio impostato dell’epoca e gli
sguardi fugaci. Per lei era quello
l’essenza del
romanticismo, non cioccolatini a San. Valentino e dei smielati e quanto
mai
svuotati di significato “ti amo”.
Il verso acuto ed improvviso
di
un uccello la riscosse dai suoi pensieri, facendola sobbalzare
lievemente per
lo spavento. Si sventolò poi
una mano davanti
al volto, sempre più accaldata. Come silenziosamente
richiamata,
voltò il volto verso destra fissando lo specchio
d’acqua davanti a se quasi
ipnotizzata. Un’idea insolita e
birichina le
balenò nella mente, dettata probabilmente dalla
volontà di trovare un po’ di
refrigerio. Magari avrebbe potuto farsi una nuotata... La voglia di tuffarsi in
quell’acqua fresca si fece sempre più pressante,
fino quasi a persuaderla del
tutto. E se però
qualcuno l’avesse
vista? Le ricordò la parte più riflessiva e
giudiziosa di se, frenandola. E poi non aveva neanche il
costume. Considerò quella
eventualità,
lanciando al col tempo un occhiata sempre più affascinata
allo specchio d’acqua
poco distante da lei. Beh a quello c’era
facilmente
rimedio visto che avrebbe potuto farlo in intimo, si disse con una
alzata di
spalle. Sbuffò
nuovamente, allontanando
le remore e lasciando cadere il libro al suo fianco. Jane Austen avrebbe
aspettato,
pensò, abbandonando il testo sull’erba e alzandosi
in piedi. Portò le mani al
bordo della
canottiera, facendo per togliersela, ma poi si bloccò . Ancora un po' indecisa si
guardò
in giro circospetta, cercando qualche presenza umana, ma incontrando
solo
alberi e foglie. Si morse interdetta un
labbro,
indecisa se lasciarsi sopraffare dalla parte più libera e
selvaggia o da quella
riflessiva e bacchettona. Continuò a far
vagare lo
sguardo. Non sembrava esserci nessun altro a parte lei in quel posto. Oh, al diavolo! In quella
landa
sperduta non c’era nessuno e dubitava fortemente, col caldo
che c’era, che
qualcuno si addentrasse nel bosco. Inoltre, probabilmente,
erano
ben pochi a conoscere quel posto nascosto dalla vegetazione, quindi non
correva
nessun pericolo di essere vista. Si tolse velocemente la
canottiera rossa che indossava, lasciandola cadere poi a terra e
rimanendo
avvolta solo dal reggiseno in pizzo nero che indossava. Un secondo dopo anche i
pantaloncini corti fecero la stessa fine. Con pochi passi decisi e
veloci
raggiunse la riva del lago , facendosi solleticare la pianta del piede
dalla
sabbia fine e umida per alcuni secondi. Si immerse
nell’acqua chiara e
cristallina, lasciandosi inghiottire fino alla vita Sorrise divertita, muovendo
le
mani e creando dei giochi di piccole onde concentriche intorno a se. Un brivido dovuto al
repentino
cambio di temperatura le percorse la schiena, tremendamente delizioso
visto il
senso di freschezza che le stava infondendo. Socchiuse gli occhi
deliziata,
godendosela appieno. Si rese conto della
sciocchezza
appena fatta solo un attimo dopo, quando una voce roca e canzonatoria
si vibrò
nell’aria. - Guarda, guarda chi gioca
alla
piccola sirenetta – Si voltò
così velocemente da
produrre degli schizzi d’acqua intorno a se, il battito del
cuore
tumultuosamente accelerato e gli occhi dilatati. La coda precaria che reggeva
i
suoi capelli si sciolse impietosa, facendoli ricadere disordinatamente
sulle
sue spalle. Fece saettare lo sguardo fra
il
verde della vegetazione, in cerca del proprietario di quella
voce. Si irrigidì e il
respiro le si
mozzò in gola incontrando due perforanti occhi azzurri, che
la scrutarono
imperscrutabili e attenti. Damon era poco lontano da
lei,
all'ombra di un albero a cui era appoggiato con una spalla e le braccia
mollemente incrociate al petto. - Damon –
sussurrò con un filo
di voce, le labbra dischiuse tra il sorpreso e l'infastidito. Inspiegabilmente le guance
le si
velarono di rosso e il battito accelerò ancora. - In persona -
ghignò lui,
canzonatorio e vanesio. La squadrò poi
con una occhiata
lenta, languida e vibrante, che la fece rabbrividire, accapponandole
dolcemente
la pelle. Solo allora, sotto lo
sguardo di
quegli occhi adamantini, si ricordò infatti di essere quasi
totalmente nuda
davanti a lui. Si immerse velocemente
nell’acqua, fermandosi nella discesa solo quando
l’acqua le arrivò a lambire il
mento. Con il respiro ansimante e
le
guance sempre più arrossate si maledisse per quella
leggerezza. Lo fulminò con
gli occhi mentre
l'irritazione si propagava in lei, stizzendola. In verità lo era,
ancora una
volta, più con se stessa che con la sua reale presenza. Se
lo sarebbe dovuto
aspettare in qualche modo, imprecò silenziosamente. Aveva pensato a tutte le
possibilità, ma non a lui. Rialzò poi lo
sguardo su Damon,
trovandolo intento a fissarla divertito da quella specie di scenetta. - Stai per caso cercando di
affogarti ?- le chiese acutamente svagato, inarcando un sopracciglio
scuro e
ridacchiando ironicamente. Strinse le labbra senza dire
nulla, limitandosi solo a pensarli gli improperi. I suoi occhi plumbei
saettarono
ancora su di lei, percorrendo quel poco di pelle che non era immersa
nell'acqua
e lei arrossì nuovamente. Un pò per il suo
sguardo
accattivante, un po' per essersi ritrovata mezza nuda davanti a lui. Nonostante l'acqua non fosse
così limpida da permettere la visione di ciò che
vi era sotto strinse le
braccia al seno, sentendosi più protetta. Continuando a fissarla,
Damon si
staccò dall'albero e si incamminò verso la riva
del lago. Si fermò a pochi
passi
dall'acqua, lanciandole uno sguardo così malizioso da farle
trattenere il
respiro. Sorrise poi, passandosi una
mano
fra i capelli corvini e lanciandole l'ennesimo sguardo intrigato da
sotto le
ciglia scure. Qualcosa si mosse
inaspettatamente nel suo basso ventre, solleticandola con un malizioso
formicolio che le fece di riflesso stringere le gambe. Per un attimo se ne
sentì
terribilmente attratta. Fu solo un millesimo di secondo, visto che
quello dopo
si ritrovò già a maledirlo in tutte le lingue che
conosceva, purtroppo troppo
poche per riuscirvi a pieno. Lo fulminò con
gli occhi mentre
il sole continuava a picchiare infuocato su di lei. - Non trovi anche tu che
faccia
un caldo insopportabile?- le chiese improvvisamente con un sorriso e
subito lei
non capì dove volesse andare a parare. Solo un attimo dopo, quando
si
tolse con un gesto fluido la maglietta nera a mezze maniche, comprese
le sue
reali intenzioni. Si voltò
immediatamente, le
guance sempre più rosse e quel formicolio che si stava
intensificando
maggiormente con quel senso di languidezza. Deglutì
sconcertata e
imbarazzata per la sensazione di deja-vù, che era tornata a
tormentarla
prepotente. Era come se avesse
già vissuto
quel momento e l’immagine sfocata, un po’ oscura,
di una stanza in cui lui
compiva esattamente lo stesso gesto la stordì per
la sua intensità. Ansimò,
inspiegabilmente senza
fiato, mentre l’immagine fugace del suo petto nudo era
stampata indelebilmente
nella sua mente, provocandole ancora quella strana sensazione di
intorpidimento. La sua risata divertita si
sovrappose all’eco delle sue reazioni e dei suoi pensieri
sconnessi e senza
senso. Era uno strano contrasto. Proprio come quello che
percepiva fisicamente, fra il freddo dell’acqua in cui era
immersa e il calore
bruciante del sole che era alto in cielo. Era stato così
quel pensiero,
una contraddizione vivente fra l’opinione che aveva di lui e
quello che aveva
pensato in quel fugace attimo. Cosa diavolo le stava
succedendo? - Che stai facendo?- gli
ringhiò
contro continuando a dargli le spalle, il cuore che aveva preso
incomprensibilmente
a martellarle nel petto. - Mi pare abbastanza ovvio:
mi
sto spogliando - le disse con il suo solito tono di voce, strascicato e
sarcastico. Percepì il sole
scaldarla ma ,
se solo si fosse voltata, avrebbe trovato due perforanti occhi chiari
puntati
su di se. Si, si disse, doveva aver
preso
troppo sole e le sue strane reazioni ne erano il risultato evidente. Cercando di scacciare quel
senso
di intorpidimento e formicolio al basso ventre, iniziò a
nuotare. - E comunque, guarda che non
c’è
nulla che tu non abbia già visto- rise divertito e, se anche
non lo poteva
vedere in volto, era certa che avesse quell’odioso sorrisino
stampato sulle
labbra. – E toccato
– aggiunse con
malizia, calcando languido e allusivo sull’ultima parola fino
a farla arrossire. Boccheggiò
indignata,
ricordandosi però delle parole di Stefan.
Ignoralo…non lo sopporta… E lo fece, seppur a fatica,
non
dandogli risposta e continuando a nuotare fin poco oltre
metà lago,dove si
fermò. Un frusciare
d’acqua, come se
qualcuno si fosse tuffato, la portò tuttavia a rivoltarsi
nuovamente verso la
riva. Lo cercò subito
con gli occhi,
che però furono catturati dagli abiti scuri ammassati, tra
cui anche i boxer. Arrossì
violentemente mentre un
pensiero consapevole le attraversava la mente a quella vista. Si era tuffato
completamente…nudo. Imbarazzata e a disagio si
guardò intorno, aspettandosi di vederlo riemergere da un
momento all’altro. E
così fu. Riemerse infatti un secondo
dopo
poco lontano da lei, boccheggiante per la mancanza di ossigeno. Si passò una mano
fra i capelli
zuppi e gocciolanti, portandoli indietro. Puntò poi gli
occhi su di lei,
così chiari da sembrare dello stesso azzurro intenso e
limpido dell’acqua del
lago. La inchiodò con
uno sguardo
intrigato, affascinante, che la fece sentire stranamente a disagio,
imbarazzata. Il formicolio
tornò a
tormentarla nello stesso momento in cui lui si mosse con la prima
bracciata,
avanzando lentamente verso di lei. Di riflesso Elena indietreggiò,
compiendo il movimento opposto
al suo. Nessuno dei sue disse nulla,
limitandosi ad osservare l’altro. Diede l’ennesima
bracciata e con
le spalle si scontrò contro la roccia fredda e bagnata alle
sue spalle,
rendendosi conto solo allora di aver indietreggiato così
tanto da percorrere
tutto il lago. Lui la raggiunse in poco
meno di
due bracciate, lanciandole un’occhiata quasi da predatore e portandola ad aderire quanto più
possibile alla roccia. Prese un tremolante respiro,
un
po’ ansimante per lo sforzo della nuotata e il battito
anomalo. Ancora una volta il suo
sguardo
la fece avvampare e lei continuò a non capirne la ragione. Nonostante Damon Salvatore
fosse
costantemente impassibile e freddamente sarcastico il suo sguardo aveva
un non
so che di caldo, notò scontrando gli occhi scuri con quelli
chiari di lui. Era una sorta di paradosso
visto
che erano color del ghiaccio e, alcune volte , ne avevano anche la
freddezza. C’erano
però alcune rare volte
in cui il suoi occhi avevano un
non so
che di bruciante. Era uno sguardo che le
provocava
sempre un senso di deja-vù alla bocca dello stomaco,
ricordandole tremendamente
lo sguardo di quella sera. Con un ultima poderosa
bracciata
Damon la raggiunse, appoggiando un braccio sulla nuda roccia e
intrappolandola,
di fatto, tra la parete rocciosa e il suo corpo. Abbassò lo
sguardo su di lei, facendola
sentire quasi denudata. Deglutì a vuoto,
improvvisamente
senza salivazione e la mente leggera, priva di pensieri. Si sentì andare a
fuoco,
improvvisamente accaldata nonostante fosse immersa nell’acqua
fredda. E il fatto che lui la stesse
sovrastando con il suo corpo totalmente nudo non aiutava per niente. Spostò
nervosamente gli occhi
oltre di lui, cercando di non incontrare il suoi, sentendosi tesa e
terribilmente
in imbarazzo. Cosa diavolo le stava
prendendo?
Fu il suo unico pensiero. -Smettila – gli
intimò decisa,
le guance in fiamme per i suoi occhi bramosi e quel dannato formicolio
che
aveva ripreso a infastidirla. - Di fare cosa? –
chiese
innocente, ma qualcosa nella sua voce le fece chiaramente capire che,
invece,
sapeva benissimo a cosa si riferisse. - Smettila di guardarmi come
se
avessimo fatto sesso- puntualizzò con voce acuta, un ottava
più alta del
normale. - Tecnicamente
è successo – le fece notare con un sorriso
malandrino,
avvicinandosi ancora. Ora i loro toraci quasi si sfioravano. - E smettila di guardarmi
come
se fossi nuda- mormorò con un filo di voce appena udibile,
sempre più accaldata
dal suo sguardo
rovente. Non era
possibile…Cosa diavolo
aveva in quel giorno il suo corpo? Sembrava essere in netto contrasto
con ciò
che pensava e non rispondere ai suoi ordini. - Beh, tecnicamente
non sei molto vestita – le fece notare inclinando il
volto verso destra, verso di lei, e
sorridendo sbiecamente malizioso. - E smettila di dire tecnicamente- si
infervorò, innervosita dal
comportamento del suo stesso fisico e da quello di lui che continuava a
pressarla. Lui ghignò
più apertamente, il
volto poco lontano dal suo e le loro labbra distanti meno di una
spanna. La sensazione di
deja-vù la
colpì ancora alla bocca dello stomaco, notando davvero
l’esigua distanza che li
divideva. C’erano pochi, miseri centimetri fra i loro corpi
bagnati. Sentendosi improvvisamente
nuda
sotto il suo sguardo, strinse le braccia al petto, dimenticandosi
però di non
toccare. Rischiò quasi di
annegare, ma,
per fortuna, un braccio muscoloso l’afferrò in
tempo, sorreggendola. Ansimante per il movimento
brusco appena fatto e per lo spavento, alzò lo sguardo su di
lui incontrando il
suo, tenebrosamente cupo. Esattamente come le era
accaduto
al barbecue dei Lockwood una piccola elettricità la pervase
nel punto esatto in
cui le sue dita la sfioravano, facendola rabbrividire. Era un strano senso di
irrequietezza
e tensione palpabile, incentivata dall’illanguidimento al suo
basso ventre. Non era normale che provasse
quelle sensazioni nei confronti di Damon, fu il pensiero istantaneo e
lucido che
la riscosse bruscamente. Scottata ruppe il contatto
visivo fra i loro occhi, distogliendo lo sguardo. Lui sciolse la presa sul suo
braccio, ma non ebbe neanche il tempo di fare una bracciata che - Perché non
rimani invece? Conosco
molti modi per scaldarsi - ammiccò sfacciatamente al suo
indirizzo,
socchiudendo gli occhi in quel suo tipico modo
felino è un po’ sbruffone.- E alcuni sono
davvero piacevoli- - Nei tuoi sogni- lo
liquidò
fulminandolo con gli occhi e sorpassandolo. Con un paio di ampie
bracciate
si allontanò e raggiunse la riva, sentendo però,
per tutto il tempo, sulla nuca
lo sguardo perforante di Damon. Un po’ ansimante
si fermò a
pochi metri dalla riva, ricordandosi della sua presenza e della sua
quasi
totale nudità - Voltati - gli
intimò - Stai scherzando spero - fu
la
sua risposta seccata e arrogante- Tanto non c’è
nulla di interessante da
vedere.- - Voltati!- gli
urlò nuovamente
perentoria, percependo l’irritazione prendere il posto di
quella sensazione
strana che l’aveva pervasa fino a quel momento. - Ok, ok.- alzò
le mani in segno
di resa, voltandosi dalla parte opposta a quella in cui era lei. Solo dopo avergli lanciato
un’occhiata verificatrice uscì
dall’acqua. Con una piccola corsa
raggiunse
il posto dove aveva lasciato i vestiti, infilandosi velocemente i
pantaloncini e
la canottiera. I cappelli gocciolanti la
inzupparono subito, rendendola quasi trasparente ma la sua mente era
già impegnata in ben altri
pensieri. Prese un profondo respiro,
cercando di calmare il battito anomalo dovuto alla corsa e ai gesti
affrettati. Si scostò una
ciocca di capelli
dagli occhi, pensierosa. Per un attimo si era sentita
strana, come…attratta da
lui pensò
disgusta e sconvolta dal suo stesso pensiero. Era stato solo una micro
frazione di secondo, fugace ma molto sconvolgente. Non se ne spiegava
il
perché, la ragione. Una riflessione quanto mai
improbabile
e allucinante. Era impossibile che una cosa del genere accadesse. - Ah, Elena?- la
richiamò e lei,
ingenuamente, si voltò in attesa. Lo trovò a
metà del lago i
capelli corvini sbarazzinamente scompigliati e bagnati e gli occhi
spumeggianti
di malizia. - Carino quel reggiseno in
pizzo
nero – ghignò, non distogliendo neanche per un
attimo gli occhi chiari dei
suoi. L’indignazione si
riversò così velocemente
in lei che agì di istinto, facendo l’unica cosa
che voleva fare da quando lo
aveva incontrato. Damon riuscì ad
evitare la
pietra che gli tirò solo per un pelo. * orgoglio e pregiudizio 42esimo
capitolo Salve
Gente!!! Come state? Spero
bene. Ora passo alla solita spiegazione per punti 1-
Innanzitutto vorrei scusarmi
per l’immenso ritardo che ho avuto nel postare. Sono
imperdonabile, lo so, ma
spero che il capitolo vi abbia ripagato dell’attesa. Ci sono
vari motivi che
spiegano questo ritardo: l’università, febbre, ho
scritto una nuova storia
delena, ho avuto l’ispirazione per il capitolo successivo a
questo e ne ho
scritto un pezzo, impegni vari e molte altre cose. Questa non vuole
essere una
scusa però. 2-
Passando al capitolo…è
incentrato quasi tutto su Damon ed Elena, tranne qualche piccola scena
con
Tyler, Caroline e Stefan. Il titolo “Deja-vù” fa chiaramente riferimento
al fatto che nel corso del
capitolo Elena ha numerosi deja-vù. Elena in alcuni punti
potrà sembrare
incoerente forse visto la discrepanza fra i suoi pensieri in un momento
e le
sue sensazioni corporee in un altro. È un fatto voluto. Mi
serve a sottolineare
che qualcosa sta cambiando in lei e lo capirete meglio nel prossimo
capitolo. Spero,
tuttavia che non risulti troppo confusionario e incoerente. 3-
Elena dice una cosa
importante ad un certo
punto, che le si ritorcerà contro in qualche modo. E non mi
riferisco al fatto
puramente fisico che sia sconcertata dal fatto di aver avuto strani
pensieri su
di lui. No,è un qualcosa che va oltre, in qualche modo,a
quei fatti comunque
importantissimi perché iniziano a smuovere la situazione. Mi
riferisco a una
frase, o meglio un pensiero, non molto amorevole che ha Elena ad inizio
capitolo. Non vi dico però qual è
perché voglio che lo capiate da soli e se non
lo avete notato non preoccupatevi, è una cosa che
tornerà molte volte in
futuro…cambiando piano piano però. 4-
Nella seconda parte del
capitolo, all’inizio, ho inserito una citazione dal libro
orgoglio e
pregiudizio di Jane Austen. Come avrete notato la situazione descritta
dalla
citazione che vi ho proposto richiama quella di Damon ed Elena che si
fronteggiano poco dopo. Forse non c’entra nulla
però mi andava di metterla.
Spero vi sia piaciuto. 5-
Ho scritto una nuova storia
delena intitolata DESTINED
FOR ETERNITY , se
vi va leggetela e lasciatemi un commentoJ 6- Il
prossimo aggiornamento dovrebbe arrivare
abbastanza presto perché ho già buttato
giù la bozza del capitolo nuovo. 7- I
personaggi di questa storia sono tutti UMANI, quindi non terrò conto
di certi eventi accaduti nel telefilm, e purtroppo non mi appartengono
né li
uso per scopi di lucro. 8- Ah, mi
sono accorta di non aver mai
specificato di come sia nata questa storia. L’idea mi
è venuta vedendo la
famosa scena del bacio della 2x22, quando Damon dice ad Elena che
avrebbe
dovuto conoscerlo da umano. Li mi sono detta : come sarebbe stato se si
fossero
conosciuti da umani? Spero che io fin qua stia riuscendo a mantenere la
caratterizzazione dei personaggi e che la storia si avvincente e che vi
piaccia. 9- Ho
aperto un account Twitter dove lascio
piccoli spoiler, notizie e curiosità sulle mie ff e
semplicemente commenti..se
vi va seguitemiXD QUI Ok, direi
che non ho altro da dire se non che
spero vi sia piaciuto il capitolo, e
che
recensirete. Io ormai
l’ho letto così tante volte che non
ci capisco più nulla XD abbiate pietà se trovate
qualche errore di battitura o
ripetizione ma l’ho scritto con la febbre. Baci. PS: la
prossima storia che aggiornerò
sarà…rullo di tamburi… True Love- Vero Amore. |
Capitolo 6
*** 5- Doubts ***
ATTENZIONE: qui trovate i link dei video trailer TRAILER 1 TRAILER 2 I WILL ALWAYS CHOOSE YOU
6
DOUBTS.
Damon, lambito a metà torace dall'acqua placida del lago, le lanciò uno sguardo malizioso, che vibrò sulla sua pelle in un brivido insopibile. Che non voleva essere sopito, forse. Il suo sguardo cadde involontariamente - o volontariamente ? - sul suo petto, percorrendo i pettorali e le linee definite e seguendone il percorso. Un imponente ondata di caldo la pervase da capo a piedi, facendole quasi credere di essere immersa in acqua bollente e non in un fresco lago di montagna. Solo dopo un attimo realizzò, però, che quel calore proveniva da dentro di lei, focalizzato soprattutto languidamente nel basso ventre in una morsa desiderosa e sciolta. Erano stati i suoi occhi a scaldarla, arrossì. Elena si ritrovò ad annaspare in cerca di ossigeno l'attimo dopo, il respiro bloccato violentemente in gola da quello sguardo bruciante che la stava facendo fremere e da quella constatazione. Lo vide, poi, avvicinarsi inesorabilmente sempre di più a lei, bracciata dopo bracciata con un sorriso quasi predatorio sulle labbra che la fece sentire in trappola. Anzi, praticamente lo era visto le rocce nude e scoscese che le premevano contro le spalle. Voleva andarsene, ma non ci riusciva. Una forza nuova, sconosciuta, la teneva ancorata nel punto in cui era. Perché il suo corpo non rispondeva a quello che gli stava ordinando? Si chiese allarmata e confusa, non capendone affatto il motivo. Sembrava divisa a metà: corpo e mente agivano diversamente. Una diceva una cosa e l'altra faceva l'opposto. Volevano soddisfare bisogni diversi che non potevano essere conciliati, però. E quella strana, fremente sensazione non ne voleva sapere di smettere di pulsare in lei. Ansimò sempre più agitata e incerta, mentre quel caldo continuava ad aumentare man in mano che la distanza fra di loro diminuiva. Doveva andare via di lì subito, si impose. Ma, ancora una volta, il suo corpo non rispose, facendo di testa sua. Lui diede un'altra poderosa bracciata, mettendo in mostra i muscoli tonici delle spalle e il suo basso ventre si contrasse di nuovo, facendole desiderare di poterli toccare. Quel desiderio si fece sempre più pressante, vorticoso, offuscandole quasi la vista, ma al col tempo la sua mente le diceva che non era giusto. Le forme intorno a lei si fecero all'improvviso sfocate, sciogliendosi in disegni astratti e colori informi fino a scomparire del tutto. Il suo sguardo si sciolse nell'azzurro dell'acqua, confondendosi con esso fino a diventare una fitta nebbia. Come risucchiata da un vortice abbandonò quel luogo, assorbita dal buio e da null'altro. Aprì di scatto gli occhi, ritrovandosi spaesata a fissare con il respiro un po' irregolare e ansante il soffitto in travi di legno e non il lago in cui era fino a un secondo prima. Le emozioni provate fino ad allora scemarono lentamente, scivolando via nella confusione del dormiveglia. Li richiuse un attimo dopo con un sospiro fra il sollevato e frustrato, realizzando finalmente che era stato un sogno. Un semplice sogno. O meglio un incubo visto il soggetto . Ancora frastornata dal brusco risveglio affondò il volto nel cuscino emettendo un respiro profondo nel tentativo di regolarizzare il battito disorientato del suo cuore. L'attimo dopo soffocò uno sbadiglio ma, purtroppo, non i pensieri, che le affollavano la mente. Come se già non bastasse il fatto che le riflessioni - i dubbi - la tormentavano quando era cosciente ora lo facevano anche nell'incoscienza del sonno, riproponendole a ripetizione ciò che era accaduto il giorno prima in quel maledetto lago. Erano una persecuzione, sbuffò. Se fino al giorno precedente era stato uno dei suoi posti preferiti , decisamente ora non lo era più. Non dopo quello che era successo, che le era sembrato di percepire. Sospirò pesantemente, percependo quelle riflessioni, instabili e fuori luogo, tornare ad affliggerla con la loro fastidiosamente irritante presenza. Proprio come lui, ringhiò un epiteto poco fine e gentile contro il cuscino. Strinse poi le labbra in una smorfia infastidita al ricordo dell’espressione soddisfatta e il ghigno compiaciuto che si era stampato in faccia quando l'aveva vista uscire dall'acqua, le guance rosse e l'imbarazzo chiaramente leggibile nello sguardo. Si rigirò irrequieta nel letto, sbuffando nuovamente e cercando una posizione più comoda che non trovò. Si sentiva irrequieta. Perennemente irrigidita da un pensiero che non ci sarebbe dovuto essere e che la portava sempre a essere in allerta in sua presenza. Quel groviglio di sensazioni al basso ventre, languide e indecifrabili, non si erano fortunatamente più presentate, ma lei aveva sempre i nervi tesi per paura che riaccadesse. E la riempiva anche di domande, che avrebbe voluto non avere ma che non poteva fare a meno di porsi e che, come se non bastasse, non potevano neanche essere esternate. Il fatto che poi avesse dormito poco e male quella notte non l’aiutava a essere molto lucida, a darsi una spiegazione logica, e la sua mente continuava a riportarla al giorno precedente, come a sottolineare infelicemente quella situazione. Cosa alquanto irritante e che andava a sommarsi al comportamento contraddittorio che il suo corpo sembrava non smettere di avere. Era una cosa strana. Si sentiva strana. Fattore che peggiorava drasticamente in quelle poche occasioni in cui si era ritrovata nella stessa stanza con Damon. La sera precedente, a cena, aveva mangiato poco e niente ed era stata così in tensione da sobbalzare quasi ogni volta che per sbaglio i loro occhi si incontrava. Si sentiva bloccata dalla sua presenza, imbarazzata. Al col tempo, però, bastava un no nulla a farla scattare, facendole dimenticare l'imbarazzo e scatenando in lei reazioni ed emozioni tumultuose, implacabili. Era come una molla che scattava. Si spostò con un sonoro sbuffo un'arruffata ciocca di capelli, che non ne voleva sapere di restare dietro l'orecchio continuando a solleticarle la guancia. Ma non era quello il reale problema. Oh si, perchè si trattava di problemi e il più grande di tutti era una parola che iniziava con la “a”. Era quella parola sinuosa, un po' voluttuosa, che continuava a sconvolgerla e a renderla irrequieta dal momento esatto in cui era uscita dall'acqua di quel maledetto lago : attratta. Era stata questa la spiegazione naturale, che irrazionalmente si era data fin da subito. Solo dopo, riflettendoci razionalmente a mente più o meno fredda, aveva compreso davvero la portata di quello che aveva pensato. In quella frazione millesimale di secondo le era sembrato di sentirsene attratta ma era una cosa decisamente irreale e improbabile. Era sicura di non esserlo. Ne era certa. Era come un dato evidente, innegabile: lei non era attratta da Damon Salvatore. E poi come si poteva esserlo di una persona infantile, arrogante e una sequela lunghissima di altre cose, ma che, soprattutto, non sopportava? Era una cosa impossibile ed era sicura che se avesse smesso di pensarci avrebbe perso di importanza ciò che era accaduto. Ecco, un altro problema, forse il più grosso, era proprio questo: non riusciva a smettere di pensare a quel momento. Era più forte di lei, la sua mente la riportava sempre lì. A quel lago...a quello sguardo...quelle parole...quelle sensazioni... Sbuffò, iniziando a ripetersi mentalmente e con sicurezza che non era nulla di importante, in una cantilena consumata ormai. Nulla a cui dare importanza, chiuse gli occhi lasciandosi andare ad un sospiro profondo che sperava scacciasse quelle riflessioni. Per qualche secondo funzionò e le sue meningi, spremute dal troppo pensare, si quietarono per un breve attimo. Quello dopo, però, i pensieri ripresero a perseguitarla quasi ossessivamente. - Dannazione- soffiò l'aria dalle labbra in un sibilo stizzito, scalciando via innervosita le lenzuola leggere e inveendo contro i suoi stessi pensieri, contro di lui e contro quel lago maledetto. Si portò le mani alle tempie, massaggiandole circolarmente con le dita e concentrandosi. Non era nulla di importante, si ripeté per la milionesima volta. Probabilmente allo sguardo di un estraneo doveva sembrare pazza. O forse lo era già. Eppure quel microscopico, impalpabile dubbio continuava a perforarla, lavorando subdolamente come un tarlo nella sua mente e sibilando quella parola, soluzione di tutto. Non era nulla, continuava a ripetersi in una cantilena di auto-convincimento ma... Deglutì, riaprendo di scatto gli occhi e rendendosi conto di non sapere assolutamente come continuare la frase. Ma… cosa? Si chiese e aveva quasi paura di quale poteva essere una risposta plausibile. Aveva il terribile sentore che sarebbe stata quella dannata parolina che iniziava con la “a” e che continuava a vorticarle in testa. Solo... avrebbe voluto qualcuno con cui parlare - sfogarsi -, ecco. Annuì sicura di quella riflessione, sentendosi impercettibilmente alleggerita da quella convinzione che si era imposta. Si, era così. Era semplicemente quella la causa di tutti i suoi pensieri: il fatto di non poterne parlare. Si sa, quando i dubbi vengono esternati ad alta voce perdono di significato rivelandosi banali suggestioni. Solo che non le andava di affliggere Caroline con i suoi non-problemi da “il mio corpo non risponde a quello che gli dico e sembro impazzita” proprio ora. Le sue considerazioni senza senso sarebbero state ancora lì, purtroppo, al loro ritorno a Mystic Falls, anche se lei sperava vivamente che scomparissero magicamente da un momento all'altro. Era dannatamente vero però, aveva un bisogno assoluto di parlare. Nonostante si fosse data una spiegazione, infatti, necessitava di rassicurazioni sul fatto che fosse proprio così. Doveva esserlo e doveva sentirselo dire. L'unica persona disponibile in casa era Stefan, ma decisamente non era quella adatta con cui parlarne. Non osava neanche immaginare come avrebbe reagito se fosse venuto a conoscenza di cosa era accaduto fra lei e suo fratello e decisamente non era intenzionata a scoprirlo. E poi le mancava terribilmente anche Bonnie, i suoi consigli sempre azzeccati e aveva davvero una marea di cose da raccontarle, sospirò. Per fortuna sarebbe arrivata quello stesso pomeriggio. Fin ad allora non ci avrebbe più pensato, si impose perentoriamente fissando il soffitto della piccola camera. Basta pensieri su cose inesistenti. Si tirò a sedere di scatto, scendendo poi con un balzo dal letto decisa a fare colazione e sopire così il brontolio del suo stomaco e i pensieri. Si diresse fuori dalla sua camera, percorrendo silenziosamente il corridoio e dirigendosi poi giù per le scale a chiocciola diretta verso la cucina. Un vociare ilare misto a risate complici le giunse alle orecchie, facendosi più nitido non appena scese l'ultimo scalino. Tyler e Caroline, sorrise roteando gli occhi al cielo e riconoscendo le loro voci. Se quei due erano insopportabili quando litigavano, lo erano ancora di più dopo che avevano fatto pace. Decisamente. Erano sempre appiccicati, come se vi fosse una sorta di colla invisibile ad unirli, a baciarsi, ridacchiare in simbiosi e scambiarsi sguardi melensi ogni tre per due. Sono semplicemente innamorati, le ricordò la sua mente con una punta di fastidiosa invidia, dando una spiegazione più che logica ai loro comportamenti. Non sapeva se fosse realmente così o no, ma di certo non conoscevano mezze misure: o si amavano alla follia o litigavano furiosamente. Beh, senza dubbio non avevano un rapporto noioso. Tuttavia, nonostante fossero insopportabilmente sdolcinati e lei si sentisse sempre più il terzo incomodo, era felice per loro. Si meritavano un po' di sana serenità visto la storia tumultuosa che stavano cercando di portare avanti. La stessa identica tranquillità che, invece, sembrava mancare a lei in quei giorni. Una smorfia infastidita le inclinò le labbra a quel pensiero fastidioso e quantomai veritiero. Per un breve attimo fu sul punto di entrare in salotto e sfogarsi con Caroline ma, dopo alcuni tentennamenti, poi desistette, tornando sui suoi passi. Chissà che faccia avrebbe fatto a sapere tutto ciò che era accaduto in quei pochi giorni, sorrise un po' più svagata immaginandosi le sue buffe smorfie sorprese e i suoi commenti senza peli sulla lingua. Con passo deciso proseguì oltre, entrando finalmente in cucina. Si diresse verso la macchinetta del caffè, accendendola e prendendo poi un pacco di biscotti dal ripiano. Se ne mise uno in bocca, iniziando a mangiarlo e versandosi, poi, il caffè fumante in una tazza. Il suo sguardo cadde casualmente sul tavolo in legno chiaro, dove le ciotole con i popcorn rimanenti e la custodia del dvd dell'ultimo The Saw erano abbandonati. La sera prima, infatti, avevano deciso di vedere un film horror, proprio come facevano ai tempi del liceo. Fortunatamente Damon aveva surclassato il loro invito e lei non avrebbe potuto esserne più contenta visto l'imbarazzo acuto che le contraeva i nervi in quei pochi momenti in cui erano stati nella stessa stanza. Lei aveva cercato e fatto in modo che accadesse il meno possibile, ma, purtroppo, non aveva potuto cenare in camera ed evitarlo così del tutto. Elena aveva poi sospirato sollevata quando lo aveva visto uscire dalla porta di ingresso, ma, ancora, non sapeva che l'avrebbe comunque tormentata, seppur indirettamente. Si erano sistemati sul divano e il film era iniziato tranquillamente, ma era riuscita a seguire seriamente solo i primi minuti e le prime battute. Infatti, già dopo pochi secondi, solo i suoi occhi avevano seguito davvero la trama dell'ultimo The Saw, noleggiato al piccolo negozio del paese. La sua mente aveva vagato lontano dalle prove svolte per la sopravvivenza di una delle varie vittime torturate, viaggiando verso altre torture seppur mentali. Inizialmente, aveva tentato di riconcentrarsi sul film e scacciare quelle leziose riflessioni, moleste proprio come colui che gliele aveva provocate. Tuttavia erano stati tentativi a vuoto, vani, e dopo poco aveva lasciato che i suoi pensieri vagassero senza freni. Tanto lo avrebbero fatto comunque e impedirlo era un inutile sforzo . Era paradossale, poi, di come le sue riflessioni, non propriamente gradevoli e gentili, avessero fluttuato placidi verso una persona a cui della famiglia importava ben poco, proprio come uno dei protagonisti del film. Cosa che, per di più, l'aveva portata a chiedersi cosa fosse venuto a fare in montagna con loro. Ok, voleva rendere la vita di Stefan un inferno, per un qualcosa che lei non aveva assolutamente capito ma che era intenzionata a scoprire. Infondo, la curiosità è donna. Però addirittura prendersi la briga di fare una marea di chilometri e passare il week-end in un paesino di montagna sperduto nella natura, le sembrava troppo perfino per lui. Non aveva molto senso come comportamento ma forse proprio per questo era tipico suo, aveva notato rendendosi conto di analizzare i suoi atteggiamenti più accuratamente di quanto pensasse. Non che le dispiacesse, sia chiaro, il fatto che si vedesse poco o niente in giro, ma di certo la portava a porsi delle domande. Anche queste senza risposta. Era così la sua mente, un insieme ingarbugliato di riflessioni e domande le une accavallate sulle altre. I suoi pensieri erano poi confluiti, con un'inversione secca di marcia, nel ricordo bruciante di cosa era accaduto quello stesso pomeriggio, a quella strana e inspiegabile frazione di secondo in cui era come se non fosse stata lei. Ancora. Aveva provato a cercare una spiegazione, il primo tentativo di una lunga serie, ma quel formicolio al basso ventre e il rossore anomalo sulle sue guance non erano spiegabili coerentemente e andavano contro tutto quello che pensava di lui. Contro quello che era. Più ci rifletteva e più non comprendeva cosa le fosse accaduto. E quella parolina era tornata a vorticarle in testa insensatamente. Una parte remota della sua mente aveva dato infatti un nome, una classificazione, a tutto ciò: attrazione. Quasi si era messa a ridere a quella riflessione ridicola, provocandosi uno sguardo confuso da parte di Caroline nella penombra azzurrina della televisione. Era un qualcosa privo di ogni qualsivoglia logica, razionalità, e, ancora una volta, aveva rimpianto di non potersi sfogare con nessuno. Doveva buttare fuori quella marea di pensieri il prima possibile e probabilmente solo così avrebbero smesso di tormentarla. Anche se forse, ripensandoci bene, non ne avrebbe parlato comunque né a Bonnie né a Caroline. Perché parlare di un qualcosa che non sarebbe di certo ricapitato e che era sicura fosse dettato da un momento di pura pazzia? Perché lei era certa che era così. Doveva esserlo, dannazione. Il suo flusso di pensieri, imprecazioni, fu interrotto però un attimo dopo proprio da colui che glieli aveva causati, portandola irrazionalmente ad irrigidirsi in modo impercettibile. Una figura slanciata e tonica, rigorosamente fasciata da abiti scuri costosamente fatti su misura e rispondente al nome diabolico di Damon Salvatore, entrò all'improvviso in cucina. Istintivamente irrigidì la postura e le sue labbra si tesero inesorabilmente, trasformandosi in una smorfia tra l'infastidito e il corrucciato. Quel senso di imbarazzo tornò a pervaderla, proprio come il giorno precedente. Non sapeva neanche lei come spiegarlo. Si sentiva … imbarazzata, ecco. E non era solo perché si era ritrovata davanti a lui – totalmente nudo, per di più!- con la sola biancheria intima addosso, ma per quella frazione millesimale in cui se ne era sentita... attratta. Ed eccola lì ancora quella parolina. Tutto tornava sempre a quel dannato fatto durato neanche un secondo, ma che stava diventando sempre più importante. Si stava contraddicendo da sola, se ne rendeva benissimo conto, ma in quel momento di pura pazzia era stato così. Lui le lanciò semplicemente un'occhiata indifferente, quasi altezzosa, fermandosi per una frazione di secondo sulla porta per poi dirigersi verso la cucina. Il tutto senza dire neanche una sillaba come saluto. Buongiorno anche a te mister arroganza, disse mentalmente al suo indirizzo con tono acido e indisponente. Non si prendeva neanche la briga di salutarla, ma chi si credeva di essere quel pallone gonfiato? Inveì silenziosamente contro il moro, scoprendosi più infastidita di quanto sarebbe dovuta essere da quel comportamento presuntuoso. Con un po' di inspiegabile stizza, affondò il volto nella tazza decidendo di ignorarlo. Come al solito le provocava emozioni irruenti ed era un'altra cosa inspiegabile e senza senso a cui non riusciva a dare una logica. Per quale diavolo di ragione accadeva tutto ciò? Se lo domandava anche lei. Meglio però che non le avesse rivolto la parola, si disse con una scrollata di capo, almeno si era evitata battutine allusive contornate da quel suo seccante sorriso malizioso da “cadi ai miei piedi”. Damon prese una tazza dal mobile alla sua destra, il tutto nel più denso silenzio come se lei neanche fosse in quella stanza. Cosa che fece crescere ancora di più il suo nervosismo, nonostante si ripetesse che non le importava nulla. Continuava a ripeterselo ma non sembrava funzionare poi molto. Lo fulminò con gli occhi, lanciandogli un’occhiataccia folgorante che smorzò parte del suo nervosismo. Il perché poi la infastidisse così tanto quel mancato saluto era un altro dei misteri irrisolti che abitavano la sua mente. Damon si diresse poi verso di lei, avvicinandosi e facendole istintivamente contrarre i muscoli. Allarmata da quella vicinanza si irrigidì, sentendo il cuore iniziare a battere in modo anomalo. I loro corpi quasi si sfiorarono a causa del poco spazio che intercorreva fra il tavolo e il bancone della cucina e lei trattenne istintivamente il fiato. Lui allungò un braccio alla sua sinistra, prendendo la caraffa del caffè e versandosene un po' nella tazza, il tutto senza allontanarsi da lei. Trattenne il respiro, schiacciandosi istintivamente contro la cucina affinché i loro petti non si sfiorassero. La tensione elettrica si propagò nell'aria, vibrando e facendola fremere. Quel calore incomprensibile si focalizzò nuovamente al suo basso ventre, ricordandole pericolosamente il sogno. Il giorno prima al lago. Lui si allontanò un attimo dopo, un impercettibile sorriso di sfida e divertimento ad aleggiargli maliziosamente sulle labbra. Sbarrò gli occhi, sentendo l’irritazione intensificarsi alla bocca dello stomaco e tenderle ulteriormente i nervi, quasi dolorosamente. Lo faceva apposta lo stronzo ad irritarla e provocarla con quel comportamento, allora! Assottigliò lo sguardo poi, duplicemente esasperata dal suo atteggiamento indirettamente istigatore e dai pensieri che la portavano a chiedersi come diavolo avesse fatto a provare quel che aveva provato, che stridevano decisamente con le emozioni che la pervadevano invece in quel momento. Si voltò dall'altro lato ignorandolo bellamente, imponendosi di non dare corda né a lui né ai suoi pensieri. Cosa che le infuse un piccolo senso di sadica soddisfazione. Percepì i suoi occhi posarsi su di lei un attimo dopo, studiando i suoi movimenti, apparentemente pensieroso e disattento. Nonostante questo, lei si sentì comunque pervasa da un fremente disagio, come se fosse uno sguardo lussurioso. I suoi muscoli si irrigidirono istintivamente mentre il ricordo di quegli stessi occhi roventi, che la percorrevano in occhiate non propriamente caste, si proiettava nella sua mente in modo fin troppo realistico. Di nuovo. Un piccolo brivido la pervase, percorrendo la sua schiena e provocandole nuovamente quel senso di vuoto al basso ventre, come di risucchio. Sempre più innervosita dal suo corpo, si mordicchiò le labbra cercando di sopire quel formicolio di cui non comprendeva l’origine. Non doveva pensarci, si disse. Si stava fissando su un fatto inesistente, frutto solo di suggestioni e nervosismo. Continuò a sorseggiare la sua colazione, ignorandolo e lui per fortuna si allontanò andandosi a sedere al tavolo. Era lo stesso atteggiamento che aveva mantenuto per tutto il giorno precedente, evitandolo e rifuggendo ogni possibile cosa che l'avrebbe portata a imbattersi in lui. Se ne era infatti tenuta il più lontano possibile dal momento in cui era rincasata, bagnata e un po' sconvolta suscitando le occhiate stranite di Stefan. Lei non ci aveva badato più di tanto, troppo presa a pensare ad altro, anche se in realtà i pensieri si erano fatti più stressanti solo in seguito. Era stato un momento, semplicemente quello, in cui il suo corpo era impazzito. Tutto qui. Non poteva trattarsi che di quello. Lanciò un’occhiata fugace e sospettosa a Damon, come se il suo corpo potesse avere di nuovo una reazione come quella, tornando al presente e convincendosi ancora di più delle spiegazioni che si era data. Era altamente impossibile al novantanove virgola nove per cento che lei ne fosse attratta. Cioè, era come dire che il cielo era verde! Era come se in quel momento non fosse stata lei. Proprio come la sera in cui si erano conosciuti al Grill, anche se forse in quella occasione era stato in qualche modo differente. Ok, ci era finita a letto prima ancora di sapere chi fosse ma quello era facilmente spiegabile. Era mezza ubriaca, decisa a non pensare al passato e a divertirsi, e aveva subito un po' il fascino di quello sconosciuto, che sembrava averla inquadrata alla prima occhiata. Interesse che era stato amplificato dall'alcool sicuramente. Certo, avesse saputo cosa avrebbe comportato quel divertirsi se ne sarebbe decisamente rimasta a casa, pensò con una smorfia ad inclinarle le labbra. Ma su quello c'era in qualche modo passata sopra, liquidando il fatto con questa semplice spiegazione, nonostante continuasse a dolerle un po' l'orgoglio. Il fatto che però avesse provato quella stessa sensazione in un momento in cui era fin troppo sobria e lucida non aveva alcuna coerenza con la spiegazione che si era data. Per niente. E la irritava terribilmente. Era totalmente irrealizzabile che quello zero virgola uno per cento si stesse avverando. Era pura utopia, totalmente impossibile che provasse dell'attrazione nei suoi confronti. Non sarebbe accaduto mai, si era detta sicura prima di cadere in un sonno profondo rincuorata da quella convinzione. Un acuto di risate, seguito dallo schioccare di un bacio si propagò nell'aria, raggiungendoli e richiamandola alla realtà. Damon assottigliò gli occhi infastidito, come se fosse afflitto dal mal di testa o da qualcosa di molto fastidioso, riducendoli quasi a due fessure azzurre. Sbuffò poi un commento innervosito fra le labbra. - Barbie e Ken si stanno praticamente accoppiando sul divano- ruppe il silenzio con voce piatta e un'evidente smorfia disgustata sul volto, portandola a voltarsi nella sua direzione. Aggrottò le sopracciglia confusa e solo dopo un attimo capì a cosa, o meglio a chi, si stava riferendo. - So che per te è difficile da capire, ma sono innamorati- gli rispose con un tono comprensivo un po' pungente, come se stesse parlando di una cosa a lui incomprensibile e sconosciuta. - Così offendi il mio povero cuore- si portò teatralmente una mano al petto, fingendosi offeso e ferito. Elena roteò gli occhi al cielo, trattenendo a stento uno sbuffo e una risposta acida. - Comunque, se continuano a tubare così, tra poco sforneranno una piccola Shelley - continuò pungente e un po' irritato con un cenno del capo a indicare l'altra stanza, tornando poi a sorseggiare il suo caffè. Come era consuetudine ormai quando si trattava di lui, qualcosa scattò dentro di lei ed Elena si ritrovò a rispondergli prima ancora di rendersene conto. - Shelley non è la figlia di Ken e Barbie. È la sorellina – puntualizzò, non riuscendo a trattenersi abbastanza dal non replicare. Però doveva ammettere, seppur con molta fatica che, per una volta, aveva ragione: quei due erano sempre appiccicati. Lui aggrottò le sopracciglia scure, non aspettandosi forse quella risposta. - Touche – inclinò il volto, dandogliene atto. E questa volta fu lei a essere sorpresa. Si aspettava la solita, interminabile sfilza di repliche e battutine e non di certo un'ammissione di colpa. Strano che non avesse fatto nessun riferimento malizioso, si rammentò pensierosa. - Giocavi con le bambole da piccola, quindi?- riprese a parlare lui, improvvisamente interessato rompendo il velato silenzio appena creatosi. Anche se ad essere sinceri sembrava più una constatazione che una domanda. Alzò gli occhi su di lui, fissandolo da sopra la tazza. - Si - mormorò in risposta, in un sussurro vago e scocciato che voleva chiaramente far cadere il discorso nel vuoto. Decisamente parlare della sua infanzia con lui era l'ultima cosa che voleva fare in quel momento. Non che volesse fare qualcosa, si ritrovò ad arrossire per quel doppio senso involontario che la sua mente le aveva presentato. Fece scontrare involontariamente i loro occhi solo per una breve frazione di secondo spostandoli un attimo dopo, provando ancora quel tipo di imbarazzo che non sembrava volerla abbandonare. - Interessante...- Il suo sguardo diventò meno freddo, scaldandosi e luccicando di una giocosa allusività che lo illuminò e la fece sentire ancora più a disagio. Perché diavolo accadesse continuava a non comprenderlo, però. Schiuse le labbra, tra lo sgomento e il sorpreso fissandolo senza parole. Era allucinante. Quell'essere proveniente direttamente dall'inferno, chiamato Damon Salvatore, riusciva a trovare malizia anche in un gioco per bambini! E poi era irritante di come avesse sempre da ridire su tutto, lo fulminò con gli occhi. - Ma a quanto vedo lo facevi anche tu - frecciò ironica, inarcando pericolosamente un sopracciglio e guardandolo in cagnesco per qualche breve secondo prima di allontanare nuovamente lo sguardo dal suo. Lui rimase in silenzio per qualche attimo, un breve lampo di un emozione sconosciuta e che lei non comprese a scurirgli l'iride prima che tornasse nuovamente imperscrutabile. Ingenuamente, credette di averlo finalmente messo a tacere, ma un secondo dopo si aprì in un ghigno ammaliante . L'ennesimo. - Non con le bambole che intendi tu però - soffiò sfacciatamente malizioso, protendendosi lievemente sul tavolo verso di lei e lanciandole un'occhiata di evidente significato ambiguo – E lo faccio ancora ora, se per questo – alluse placidamente, arrossandole le guance per il tono voluttuoso con cui parlò. Quasi languido. Ignorò il senso di imbarazzo che la colpì, ancora, alla bocca dello stomaco, aggrovigliandoglielo. Scrollò il capo, facendo ondeggiare i capelli sulle spalle. - Interessante...- lo citò intenzionalmente, volendo avere ostinatamente l'ultima parola e non riuscendo a fare a meno di ribattere. E poi il desiderio di togliergli quel mezzo sorriso altezzoso e irrisorio dalla faccia era una tentazione troppo forte per non cedervi. - Quindi...- mormorò sciogliendo il tono di voce in una apparente inclinazione suadente, che catturò subito la sua attenzione. Sorrise, mossa ancora da quell'impulso insopibile che la portava a reagire ogni volta. Gesto che non sfuggì ai suoi occhi, che la seguirono in ogni più piccolo suo movimento. Inclinò il volto poi, guardandolo in un modo più spigliato di quanto si sentisse in realtà sotto il suo sguardo ghiacciato. - … ammetti di giocare con le bambole gonfiabili?- terminò pungente lei, aggrottando le sopracciglia fintamente confusa e sorpresa, come ingenuamente shoccata da quella scoperta. Come era accaduto in tutti i loro precedenti incontri, le provocazioni uscivano automaticamente dalla sua bocca senza che lei riuscisse a frenarle. Lui strinse le labbra in una linea netta, indurendo la mandibola, probabilmente stizzito dalla sua frase che aveva messo in dubbio la sua virilità. Le lanciò uno sguardo stralunato, facendola quasi scoppiare a ridere soddisfatta e divertita dalla sua smorfia piccata. Decisamente la ripagava di tutto il nervosismo – e pensieri- che le provocava inesorabilmente. Lui si alzò, facendo stridere la sedia contro il pavimento, e avvicinandosi alla cucina e, quindi, anche a lei. - Non ho bisogno di queste cose - le disse piccato, piegando la testa verso destra e assottigliando gli occhi al suo indirizzo fino a ridurle a due fessure . - Ti assicuro che ho fin troppi svaghi e tutti sotto i trenta anni - continuò, abbandonando la tazza nel lavabo. Elena inarcò provocatoriamente un sopracciglio, incrociando le braccia al petto e guardandolo scetticamente. Damon si appoggiò poi con il fianco al mobile, quasi in una posizione speculare in quella in cui era lei. Quella vicinanza la portò a irrigidirsi nuovamente, i nervi quasi in allerta per la distanza di sicurezza superata fra di loro. - Sono molto attivo sotto quel punto di vista - si vantò con tono vanesio, un sorriso sicuro e vanitoso a incurvargli le labbra - Dovresti ricordartelo – soffiò allusivo, facendola arrossire violentemente. Un formicolio lieve la colpì al basso ventre a quel ricordo sfocato e vago, ma che le sembrò vivido come non mai in quel sussurro un po' roco. Deglutì, mentre quella risposta impossibile a tutto ciò le si riproponeva nella mente. - Cos'è, hai già una crisi di mezza età? - frecciò cambiando astutamente discorso, riferendosi malignamente alla sua propensione di uscire con donne più giovani di lui cercando di non far caso all'imbarazzo che le imporporava le guance. Riversò parte del nervosismo in quella frase, sperando che funzionasse un po' da valvola di sfogo. - Mi piace la carne fresca - ribatté lui, con una smorfia sorniona e alzando le spalle. Il fatto che poi trattasse le donne puramente come oggetti e le cambiasse come i calzini era un altro motivo che non glielo faceva andare a genio. Per nulla. Questa volta non gli rispose, limitandosi solo ad una smorfia dubbiosa ed a inarcare scetticamente un sopracciglio. Riprese a sorseggiare il suo caffè, ormai freddo. Percepì però il sguardo non abbandonarla, percorrendole ancora la curva del corpo e diventando bollente. Cosa che le provocò un insolito formicolio sulla pelle. Come brividi di caldo. Forse la calura la stava davvero facendo impazzire, considerò confusa dalle sensazioni che l'affliggevano. Passava dal sentirsi terribilmente in imbarazzo in sua presenza a essere seducentemente provocatoria, rispondendo spigliata alle sue battutine, e infine così innervosita dalle sue occhiate da volergli tirare un piatto dietro. Non aveva senso tutto questo ed era sempre colpa di quel qualcosa che scattava dentro di lei. Sembrava riuscire a tirare fuori le parti più differenti, opposte,del suo carattere notò confusa e sorpresa al col tempo. - Credo che uscirò ora. - affermò improvvisamente, avviandosi poi alla porta scorrevole semichiusa e lei si chiese per quale ragione glielo stesse dicendo. Non gliene fregava assolutamente nulla. A Elena bastava che stesse il più lontano possibile da lei e tutto era perfetto. - In paese si possono fare incontri piacevoli- le disse con un brillio malizioso e lei dovette mordersi la lingua per non ribattere. Damon si bloccò però a metà strada, volandosi verso di lei con lo sguardo improvvisamente illuminato da una luce divertita. Era come se gli fosse venuto in mente qualcosa di divertente, ilare. - Magari potrei andare a fare un bagno nel lago- soffiò sfacciatamente con malizia riferendosi schiettamente al giorno precedente e rievocando in lei il ricordo di quello che era accaduto. Ancora. Arrossì violentemente, allargando gli occhi scuri. Damon gongolò apertamente del suo imbarazzo, ghignando soddisfatto ed euforico quasi. - Vuoi venire con me?- le chiese suadente, intenzionalmente provocatorio, socchiudendo allusivamente gli occhi e facendo aumentare in modo direttamente proporzionale in lei indignazione e disagio. - Affogati- gli ringhiò contro facendolo ridacchiare divertito e provocandogli un acceso di risate . Era un suono allegro, seppur un po' roco e lei si ritrovò inaspettatamente a notare di come avesse un non so che di musicale. - Sarà per la prossima volta allora – le disse allargando gli occhi azzurri. Scomparì oltre la porta in un soffio, quasi il tempo di un respiro, proprio come quando era arrivato. Sospirò lievemente sollevata appoggiandosi con i fianchi alla cucina, il cuore che batteva però in modo anomalo nel petto e il nervosismo a scorrerle ancora nelle vene. Era irritante quell'essere diabolico rispondente al nome di Damon Salvatore. Tremendamente. La sua risata però continuò a ronzarle fastidiosamente nelle orecchie, in un eco che non sembrava voler scemare via. Scrollò il capo, abbandonando la tazza ormai vuota nel lavello e apprestandosi a salire in camera. Le ci voleva una doccia rinfrescante per scacciare i pensieri molesti e sciogliere i nervi tesi dal irritazione e dall'imbarazzo. Tuttavia, non sapeva ancora che quel suono frastagliato e un po' gutturale, un misto tra malizia e divertimento,avrebbe sovrastato anche il rumore della doccia continuando a risuonarle in testa
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- Un the freddo - ordinò con un sorriso leggero e svagato, le guance un po' arrossate dal caldo e gli occhi luminosi di allegria. Prese poi posto su uno degli sgabelli alti liberi vicino al bancone, in attesa della sua bevanda. Il barista annuì, posandole davanti il bicchiere pieno e ghiacciato in meno di un secondo. Lo ringraziò con un altro sorriso e poi lo afferrò, prendendone voracemente un sorso rinfrescante. Accavallò le gambe, canticchiando a mezza voce la canzone che passava il dj. Era contenta quella sera. Dannatamente. Cosa l'aveva resa così di buon umore dopo un avvio non proprio dei migliori? Beh, diciamo che Bonnie aveva portato con se un ospite quel pomeriggio: Jeremy. Sarebbe dovuto tornare a casa la settimana successiva ma le lezioni al college erano terminate prima e così le aveva fatto una piacevolissima sorpresa, presentandosi alla casa sul lago. Quando aveva aperto la porta, ritrovandoselo davanti, aveva esitato qualche attimo, sbarrandogli gli occhi, prima di buttargli le braccia al collo in una abbraccio soffocante che l’aveva convinta che non era un’allucinazione. Rivederlo dopo tutti quei mesi di lontananza, fatta solo di chiamate e messaggi, l'aveva messa tremendamente di buon umore, spostando in secondo piano persino i suoi pensieri e la stressante convivenza forzata con Damon. Le era mancato davvero tanto, più di quanto si fosse resa conto e solo ora lo capiva appieno. Ma non era esclusivamente questo ad aver alzato il suo umore di una ottava. Oh no, aveva infatti contribuito enormemente l'assenza di pensieri. Non sapeva come o perchè, ma quei piccoli, subdoli dubbi, che si insinuavano nelle sue riflessioni proponendole soluzioni senza senso e che non potevano decisamente essere reali, erano miracolosamente scomparsi. Puff, annullati. Come dissolti nel nulla, non si erano più presentanti a tormentarla lasciandola finalmente in pace. Neanche nelle sue più rosee speranze aveva sperato in una risoluzione così veloce e indolore. Erano semplicemente scomparsi, come una bolla di sapone scoppiata, e lei non poteva esserne più felice. Si sentiva enormemente sollevata, come se un grosso macigno non le pesasse più addosso. Motivo che l'aveva spinta a non dire nulla a Bonnie quando le aveva chiesto se andava tutto bene. Non aveva più senso parlare di un qualcosa che non c'era più e lei era sempre più convinta che quello che aveva pensato – provato- era stato dettato da un momento di pazzia dettato dal caldo. E il fatto che fossero scomparsi all'improvviso così come erano arrivati ne era la prova lampante. Si, era dannatamente felice. Si guardò allegramente poi intorno, continuando a sorseggiare la sua bevanda. Era un bel locale, con le caratteristiche tipiche del luogo e sviluppato su due piani differenti: la parte al chiuso e con il bar al piano terra e la terrazza, con vista sulla valle, al piano superiore. Loro avevano preso un tavolo nella parte più riservata e bella, ma Elena, stufa di ballare e di stare in mezzo alle coppiette, aveva deciso di andarsi a prendere qualcosa da bere di fresco al bar. Una figura maschile a lei nota, avvolta nella solita camicia nera, l'affiancò all'improvviso. Il suo profumo forte, mentato e pungente le solleticò le narici facendole riconoscere il proprietario prima ancora che parlasse, facendo la sua ordinazione. Stranamente la solita sensazione di fastidio non la pervase, chiudendole lo stomaco nella consueta morsa innervosita, seppur non l'avesse neppure salutata come suo solito. Forse qualsiasi nervosismo o irritazione era stata surclassata dal buon umore che sembrava non abbandonarla. Meglio così, si disse decidendo di non lasciarsi rovinare la serata dai pensieri o da lui. Lo fissò di sottecchi mentre ordinava con voce lenta e strascicata una bevanda decisamente più alcolica della sua, in una situazione esattamente speculare a quella che aveva vissuto quando si erano incontrati la prima volta. Si ritrovò a sorridere istintivamente, senza quasi rendersene conto, provando una sensazione di languido deja-vù alla bocca dello stomaco a quel pensiero che la disarmò. Era sconcertante di come il destino fosse beffardo, a volte. Sembrava la stessa identica situazione della sera in cui si erano incontrati, notò aggrottando leggermente le sopracciglia in un'espressione vagamente corrucciata mentre quella sensazione insolita e ambigua si intensificava. - E’ la seconda volta in due giorni che sorridi in mia presenza- affermò all'improvviso Damon con un tono tra il canzonatorio e quasi sovrappensiero, continuando però a non guardarla e a mantenere lo sguardo puntato davanti a se. Elena quasi sobbalzò, colta alla sprovvista da quell'interruzione inaspettata del flusso sconnesso dei suoi pensieri. Solo allora, Damon, si voltò verso di lei, senza però avvicinarsi, appoggiando il fianco contro il bancone e lanciandole uno sguardo frizzante e ilare che forse non gli aveva mai visto. Era uno sguardo limpido, non adombrato dalla solita imperscrutabilità o dalla malizia cosa che la sorprese non poco. Anche lui sembrava sereno e svagato quella sera, notò attenta. Inaspettatamente e senza un'apparente ragione le sue guance si velarono di un leggero rossore e il senso di imbarazzo tornò a pervaderla. Tuttavia lei lo ignorò, non dandogli peso. Era solo perchè l'aveva colta di sorpresa, si disse . - Dovrei ritenermi lusingato?- ammiccò con solito sorriso sbieco ad incurvargli le labbra. Non sapeva bene il perché o come mai stesse accadendo, ma di nuovo, stranamente, nessuna reazione tumultuosa di violento nervosismo la colse alle sue parole sarcastiche. Forse era causa del suo tono non troppo serio, quasi divertito. O forse semplicemente per una volta non aveva voglia di ribattere seccata e pungente. Non se lo chiese più di tanto, decidendo di non darci assolutamente alcun peso. - Si, in effetti dovresti - ammise leggera con un'alzata di spalle, sorprendendolo per la mancanza della solita punta di acidità nella voce. Percepì distintamente il suo sguardo sulla sua pelle cambiare mentre la lambiva in una occhiata indagatrice, passando velocemente da confuso a sorpreso e infine intrigato. - Posso sapere il motivo di questa...- fece un gesto vago con la mano, non continuando la frase e aspettando che fosse lei a farlo. Insolitamente, non sembrava avere altri intenti o battutine ambigue da lanciarle. Sembrava solo...cordiale, se ne stupì. Già, per quanto fosse una cosa inconcepibile e che pensava non sarebbe mai accaduta, quella era una normale conversazione. - Non posso essere semplicemente contenta?- gli disse in risposta, ricevendo un'altra occhiata scettica e dubbiosa. Era così impossibile ai suoi occhi che lei fosse allegra? Si chiese sorpresa da quella constatazione. - Sono di buon umore stasera - puntualizzò con una scrollata di capo lanciandogli una occhiataccia per tutta quella dubbiosità, di quelle tipiche che caratterizzavano i loro incontri. Lui non disse nulla, prendendo un'altro sorso della sua bevanda e le similitudini con quella sera le si fecero ancora più palesi. Sembrava quasi la stessa situazione, a dire il vero. - Stavo … notando come questa situazione sia una sorta di deja-vù - gli disse senza un reale motivo dopo un attimo di esitazione. Non ci fu bisogno di specificare altro perché lui capì subito. Damon si aprì,infatti,in un mezzo sorriso malizioso, socchiudendo gli occhi in quel modo tipico che lo caratterizzava e che stranamente le provocò ancora quella insolita sensazione alla bocca dello stomaco. Non era una morsa dolorosa e neanche fastidiosa, piuttosto assomigliava ad un lieve groviglio. Cosa significava? Magari nel the avevano messo qualcosa che le stava provocando il mal di stomaco. - Mmh – mormorò in un soffio gutturale che la fece irrigidire istintivamente - E' un modo implicito per farmi capire che vorresti finisse nello stesso modo?- ammiccò al suo indirizzo, un scintillio malizioso negli occhi chiari. Mosse un passo in avanti avvicinandosi, sovrastandola con la sua altezza e facendo sfiorare i loro corpi in un tocco appena percepibile, annullando la distanza che vi era fra di loro fino ad un secondo prima. Quell’elettricità,che aveva provato già il giorno prima, torno a vibrare prepotente nell’aria, diradandosi a spirali dal punto esatto in cui si erano toccati fino al suo basso ventre. Trattenne di riflesso il respiro, non poco sconcertata. - Perché se così fosse, non dovresti neanche chiedere - le sussurrò suadente inclinando il volto verso destra, verso di lei, fino a sfiorare quasi col naso i suoi capelli. Allarmata da quella vicinanza e, soprattutto, da cosa le stava provocando internamente si tirò leggermente indietro con il busto, frapponendo centimetri, preziosi per la sua sanità mentale, fra di loro. - Neanche nei tuoi sogni migliori- gli disse sprezzante e decisa, facendolo ridacchiare in risposta. Una punta di acuta irritazione la pervase a quella reazione, andando ad accavallarsi al lieve formicolio al basso ventre in un miscuglio di sensazioni improbabile. E nuovamente ebbe la dimostrazione di come riuscisse a farla passare rapidamente da stati d'animo opposti. - O forse nei tuoi, Gilbert ?- sussurrò suadente e tentatore, lanciandole un'occhiata inequivocabile che la portò ad arrossire ancora. - Non sono sogni quelli in cui ci sei tu, ma incubi- frecciò tagliente, non potendo però al suo basso ventre di contrarsi piacevolmente per quel tono e per il ricordo di quello che aveva sognato quella mattina. Dannazione, imprecò mentalmente, il suo corpo stava ricominciando ad avere comportamenti strani. - Quindi ammetti di sognarmi- ghignò compiaciuto rigirandosi a suo piacimento ciò che aveva appena detto, un brillio di divertita vittoria negli occhi. Cosa che la innervosiva parecchio, per inciso. Sbuffò sentendo ora distintamente il nervoso montare dentro di lei, avvolgendola e portandola a domandarsi cosa diavolo le fosse passato prima per la testa da poter considerare il loro dialogo pacifico e cordiale. - Credo che tornerò dagli altri- affermò decisa, scendendo dallo sgabello,ma dal lato opposto di quello in cui si trovava lui per evitare qualsiasi contatto fortuito. Il suo corpo sembrava essere impazzito già così, non c'era bisogno di provocarsi reazioni ulteriori che non voleva. Lui annuì silenziosamente, dando quasi l'impressione di non averla neanche sentita e finendo tutto in un sorso il contenuto ambrato del suo bicchiere. Fece per pagare ma prima ancora che avesse tirato fuori il portafoglio dalla borsa Damon aveva già allungato una banconota da venti dollari sul bancone. - Cosa stai facendo?- gli chiese sconcertata dal suo gesto, un'espressione tra l'allarmato e il sorpreso stampata in faccia. Stava per caso facendo un gesto galante nei suoi confronti ? Si chiese alternando lo sguardo alternativamente dalla banconota a lui. No, doveva essere un'allucinazione sicuramente. - Sto pagando - le disse tranquillo, il tono di voce quasi indifferente e scocciato. Ecco, assottigliò lievemente gli occhi, se lei passava da un'emozione all'altra lui era davvero lunatico e scostante. - Non ce ne è bisogno - gli disse sicura e un po' irritata dal suo tono, cercando di allungare la mano per bloccarlo. - Non puoi semplicemente accettare e dire grazie?- sbuffò annoiato, quasi brusco, spostandole il braccio e beccandosi subito una sua occhiataccia. Lo fulminò con gli occhi, percependo il nervoso vibrare in lei. - Non ti ho chiesto io di offrimi da bere quin..- affermò brusca, riservando un po' di quel nervosismo che era tornata a pervaderla su di lui, ma non riuscì a terminare la frase che fu interrotta da una terza voce. - Se vuoi ti offro io da bere, bellezza – li interruppe una voce spavalda, un po' burbera. Si voltò di scatto per vedere chi fosse, ritrovandosi davanti un uomo dalla corporatura robusta e dai capelli biondi tagliati a spazzola qualche posto più in là del suo. - No, grazie - rispose decisa, cercando di essere comunque educata. - E non solo quello - rise gutturalmente, scaturendo le risate dei due amici che lo circondavano quasi a formare un capannello e che solo in quel momento notò. Non gli rispose, lasciando cadere nel vuoto la provocazione. L'ultima cosa che voleva era scatenare mettersi a litigare o peggio scatenare una rissa. Gli diede nuovamente le spalle, facendo per allontanarsi ma parlò di nuovo quell'uomo. - Oh andiamo non fare la restia e andiamo a fare un giro- affermò afferrandola per un braccio affinché si girasse verso di lui. - Lo sappiamo tutti che voi della città amate divertirvi- Le stava dando della poco di buono? Irritata e innervosita dalla piega che stava prendendo quella situazione cercò di andarsene. Con un gesto secco del polso tento di liberarsi ma non ci riuscì visto che la presa era più salda di quello che sembrava. - Lasciami andare – gli intimò cercando di essere il più sicura possibile ma la sua voce tremolò impercettibilmente. Era inutile negarlo, quella situazione stava prendendo un brutto risvolto. Percepì la presenza di Damon farsi più pressante alle sue spalle, rincuorandola minimamente. - Hai sentito cosa ha detto? Lasciala andare immediatamente – si intromise lui con tono duro e freddo, affiancandola e frapponendosi quasi fra lei e quell'energumeno di montagna. Gli lanciò un occhiata allarmata, più per la circostanza che si stava venendo a creare che per il fatto che la stesse ancora trattenendo per un braccio. - Fatti i fatti tuoi bamboccio – gli disse a muso duro, lasciandola però andare finalmente. Lasciò andare un respiro profondo, rendendosi conto solo allora di averlo trattenuto. Si massaggiò il polso un po' dolorante, non distogliendo però gli occhi da Damon che sembrava pericolosamente alterato. Sembrava trattenersi a stento, la linea della mandibola stretta in un'espressione dura. - Damon...- lo chiamò preoccupata, cercando di evitare a priori qualsiasi sua reazione avventata. Lui non la calcolò minimamente, come se non l'avesse neanche sentita. - Guarda te sto idiota- disse l'altro ragazzo ai suoi amici . Accadde tutto velocemente in seguito, un susseguirsi di azioni imprevedibili che non riuscì ad evitare. E poi fu la fine.
Salve! Come state? Spero bene e che il capitolo vi sia piaciuto! E ora passiamo alla solita spiegazione per punti: 1- Innanzitutto mi voglio scusare per l'enorme ritardo con cui ho aggiornato questa storia. Per vari motivi ho dato precedenza alle altre due storie e vari impegni ( studio ed esami dell'università) e problemi vari mi hanno impedito di aggiornare prima. Quindi scusatemi per avervi fatto aspettare così tanto e Grazie di cuore a chi mi ha aspettato! 2- Passiamo al capitolo ora, visto che c'è abbastanza da dire. È un capitolo importante, non ancora di svolta ma comunque rilevante per la storia anche se so che ad un primo sguardo potrebbe apparire abbastanza noioso e transitorio. Ma se leggete tra le righe e i loro comportamenti capirete che qualcosa inizia a cambiare. Le acque iniziano a muoversi in questo chappy e in parte è a causa di quello che è accaduto nello scorso capitolo. I dubbi iniziano a insinuarsi in Elena, è il suo stesso corpo in qualche modo a provocarglieli come si è visto anche se non è ancora cosciente. Altra cosa. A volte, nel corso del capitolo, può sembrare che abbia comportamenti contraddittori e opposti ma è una cosa voluta. Un momento è irritata dai comportamenti di Damon quello dopo se ne scopre interessata e anche il fatto che si faccia tutte quelle domande vuol dire qualcosa. Inizia a voler dire qualcosa. Quindi è una cosa voluta in un certo senso. Ovviamente spero però che il capitolo abbia un senso, così come i comportamenti di Elena, e il tutto sia risultato chiaro e coerente. Elena non è ancora consapevole di esserne attratta, si è solo insinuato il dubbio che l'accompagnerà anche nel prossimo capitolo. Non ne ha ancora preso coscienza. 3- Vorrei sottolineare una cosa: noi vediamo tutto dalla prospettiva di Elena, attraverso i suoi occhi. Quindi sappiamo cosa pensa lei e come agisce e tutte le azioni degli altri personaggi sono filtrate attraverso i suoi occhi. Questo discorso lo faccio perché è importante quando si tratta di Damon. Quindi quando Damon parla viene interpretato da Elena, ma non è detto che quello che Damon vuole dire\fare sia quello. È un fatto importante per la storia perché di fatto le vere intenzioni di Damon o cosa pensa non si sa, se non per quello scorcio del capitolo 4 che era dal suo punto di vista. Non so se mi sto spiegando bene, ma tenete presente questa cosa anche per i capitoli futuri. 4- Il titolo del capitolo è “Doubts” che tradotto vuol dire appunto Dubbi. Che lo voglia o meno ormai si sono insinuati in lei e nel prossimo capitolo dovrà farci decisamente i conti. 5- Personalmente non mi convince molto come capitolo, ma spero che vi sia piaciuto e sta a voi il giudizio finale. In realtà, inizialmente, prevedeva anche una terza parte ma ho deciso all'ultimo momento di toglierla per un motivo preciso. Il prossimo capitolo inizierà quindi dove è finito questo, facendoci cosa è accaduto. 6- Un GRAZIE è doveroso per tutti quelli che hanno aspettato questo capitolo, nonostante il mio imperdonabile ritardo. GRAZIE alle splendide 10 persone che hanno recensito lo scorso capitolo e a cui risponderò tra pochissimo. E, infine, GRAZIE a tutte le persone che mi hanno sostenuto durante la stesura del capitolo, non vi nomino una ad una perchè sono sicura che se no dimenticherei qualcuno. Vorrei anche ringraziare in particolar modo anche chi mi ha sostenuto e sopportato nel periodo pre-esame e Cla e Ali che hanno cercato di aiutarmi quando non trovavo una frase adatta ( visto che vi ho citato cmq anche se non avete trovato la frase?!). Grazie ad Ali ( Missdelena97) che ha cambiato la grafica alla fanfiction e ha fatto i video trailer che vi invito a vedere. La nuova immagine come potete vedere presenta delle frasi, alcune sono spoiler e le troverete nei capitoli a venire. 7- Uh ultima cosa: nell'ultima parte del capitolo, in particolar modo quando si presenta quel ragazzo di montagna, non so se la reazione di Damon sia coerente con il suo personaggio e con la sua caratterizzazione. Inoltre sono anche dubbiosa sulle frasi e “insulti” che gli dice ma non ho trovato nulla di meglio, quindi scusatemi se non è un gran che quella parte. Spero di rifarmi con i prossimi capitoli. Ah, altra cosa che
è uno spoiler, ma visto che avete aspettato ve lo meritate:
All'inizio del capitolo Elena fa un sogno. Bene vi annuncio che i sogni
torneranno presto a farle visita...ma non vi dico di che tipo saranno! Direi che non c'è altro da dire se non che spero vi sia piaciuto il capitolo. Non l'ho riletto perchè sono di fretta ma spero che vi sia piaciuto e che non ci siano errori. Se volete farmi contenta lasciatemi una recensione! PS: la prossima storia che aggiornerò non so ancora con precisione quale sarà, ma sicuramente sarà o... DESTINED FOR ETERNITY oppure I WILL ALWAYS CHOOSE YOU. Baci Live in Love.
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