I WILL ALWAYS CHOOSE YOU

di live in love
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: nuova vita, vecchia casa. ***
Capitolo 2: *** 1- Bad day ***
Capitolo 3: *** 2- Cena con il testimone. ***
Capitolo 4: *** 3- La caccia ha inizio ***
Capitolo 5: *** 4-Deja-vù ***
Capitolo 6: *** 5- Doubts ***



Capitolo 1
*** Prologo: nuova vita, vecchia casa. ***


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I WILL ALWAYS CHOOSE YOU


I WILL ALWAYS CHOOSE YOU


1: Prologo.

Nuova vita, vecchia casa.







Punto uno: dimenticare immediatamente il sole di New York.

Se lo era annotato mentalmente non appena aveva visto le nere e cupe nubi addensate in cielo e lo aveva capito ancor più chiaramente quando era atterrata all’aeroporto ed era stata investita da un violento acquazzone estivo, che, oltretutto, l’aveva bagnata da capo a piedi nel giro di cinque secondi.

Non che poi le dispiacesse più di tanto dimenticare la Grande Mela. Nonostante infatti avesse sognato fin da piccola di vederla, e magari viverci, si era accorta vivendola ogni giorno che non era propriamente nel suo stile tutta quella freneticità e sole perenne ad illuminare i grattaceli, a cui lei preferiva nettamente le case abituali.

Le piaceva il bel tempo ma amava anche la pioggia e la tranquillità. Era stato uno dei tanti motivi che l’avevano spinta ad alzare il telefono e prenotare un volo di sola andata per Mystic Falls.

Beh, ovviamente era un motivo molto più importante che l’aveva portata a quella drastica decisione.

E dopo tutto era felice così.

Scrollò le spalle, cercando di togliersi tutta l’acqua possibile di dosso assomigliando fin troppo ad un cane. Si premurò di rimanere sotto il portico in modo da non bagnare il pavimento di casa, sapendo per

fettamente che se no poi sarebbe toccato a lei pulire visto l’allergia acuta di Jenna ai lavori domestici.
Sorrise a Rick che le teneva aperta la porta ed entrò finalmente in casa, lasciando il trolley nell’entrata.

La prima cosa che percepì distintamente mettendo piede in salotto fu l'odore familiare di biancheria appena lavata e biscotti alle spezie che la fece sorridere con un velo di malinconia che, però, scacciò subito.

La porta si chiuse alle sue spalle con un tonfo sordo mentre la luce appena accesa ora le permetteva di guardarsi intorno con più chiarezza.

Era tutto come lo aveva lasciato, più o meno. Le tende color panna, il divano avorio con i cuscini colorati e la libreria stracolma di cd e libri. No, non era cambiato poi molto. Forse solo qualche foto e stampa di quadri famosi in più.

Sorrise, notando che erano decisamente più del gusto di Jenna che di quello di Alaric.

- Mi ha obbligato a metterli- intercettò l’oggetto dei suoi pensieri l’uomo con un’evidente smorfia di disappunto in volto. – Se no mi avrebbe mandato in bianco per…-

- Non penso che ad Elena interessi, tesoro- lo interruppe subito con le guance rosse Jenna, calcando sull’ultima parola .

Si rivolse poi a lei con un sorriso – Com’è stato il volo?-

- Passabile, anche se con un po’ di turbolenze-

Si lasciò cadere sul divano

respirando nuovamente l’aria di casa, mentre Alaric scompariva in cucina.

Il divano si abbassò al suo fianco, sotto il peso di un altro corpo pochi secondi dopo. Si voltò, trovandosi davanti il volto di sua zia che le sorrise.

Sapeva che se anche non lo diceva apertamente le era mancata. Era nel carattere orgoglioso dei Sommers cercare di dimostrarsi sempre forti, e lei aveva decisamente ereditato quel tratto.

Calò un momentaneo silenzio nella stanza e il dubbio che l’aveva tormentata per tutto il volo e le settimane precedenti tornò a farle visita con una certa insistenza.

- Sicura che posso restare?- domandò nuovamente, risultando ripetitiva e noiosa alle sue stesse orecchie . Ok, doveva essere circa la duecentesima volta che glielo chiedeva da quando era venuta a prenderla all'aeroporto circa un'ora prima, ma non ci poteva fare niente: era nel suo dna pensare anche al bene degli altri, oltre che al suo. Anzi, il più delle volte metteva quello altrui davanti al proprio e non sempre era stato un vantaggio, come dimostravano molti eventi non proprio piacevoli della sua adolescenza. Come quando aveva accettato di aiutare a mettere a posto lo spogliatoio femminile al posto di una sua compagna ma, a causa di un black out, vi era rimasta chiusa per due ore. Oppure come quando aveva cercato di recuperare una palla finita su un albero a dei bambina ed era caduta rompendosi il braccio, rovinandosi le vacanze estive. Una sana dose di egoismo non fa mai male, era solita ripeterle con tono canzonatorio Caroline in quei momenti e forse non aveva tutti i torti.

Era un altro punto che avrebbe dovuto mettere nella lista delle cose da cambiare.

Punto due: pensare un po’ più a se stessi che agli altri; aggiunse.

- Che razza di domanda è? – la interruppe inchiodandola con il suo sguardo chiaro, appoggiandosi con un braccio alla testiera del divano.

- Perché se no, guarda che posso and..- continuò titubante stringendosi nelle spalle, andando contro l’obbiettivo che si era appena prefissata. D’altronde non si poteva cambiare mica da un momento all’altro. Jenna però la interrupe dopo poche parole.


- Certo che sono sicura!- sospirò esasperata alzando gli occhi al cielo.

Si morse colpevolmente il labbro inferiore, proprio come faceva da bambina quando combinava qualcosa. Doveva essere almeno la centesima volta che glielo chiedeva. Si rendeva conto di essere snervante e ripetitiva ma l’ultima cosa che voleva era dare fastidio.

- Davvero? Si, insomma- la guardò ancora indecisa, umettandosi le labbra - Vista la situazione non vorrei essere di impiccio- proseguì con una semplice alzata di spalle al suo indirizzo.

Ancora faticava a credere che alla fine quella eterna ragazzina di sua zia e quel testone del suo ex professore di storia avessero deciso di mettere la testa a posto: si sarebbero sposati la seconda domenica di agosto.

E , nonostante tutte le rassicurazioni che entrambi le avevano fatto, aveva paura di intromettersi nell’intimità della loro nuova alcova o, peggio, fare da terza incomoda durante i loro momenti sdolcinati.

Non ci teneva proprio a beccarli in atteggiamenti intimi ogni volta che svoltava un angolo.

Ricordava ancora alla perfezione la telefonata che avevano avuto neanche due settimane prima. Era stata proprio durante quella chiamata che l'aveva avvisata del suo ritorno ma quando sua zia, con entusiasmo palpabile e voce squillante, le aveva dato la lieta notizia si era sentita un po' in colpa.

Le era sembrato quasi di violare la loro intimità, ma Jenna l'aveva tranquillizzata dicendole che le faceva piacere riaverla a casa e che tanto, con l'arrivo di Jeremy, sarebbero stati comunque in più di due in casa.

Già, Jeremy. Il suore le si strinse in una morsa dolce a quel pensiero. Sarebbe tornato per le vacanze dal campus fra una settimana e non vedeva l'ora di riabbracciarlo, visto che era da Natale che non lo vedeva.

- Sicurissima, sei la mia nipotina un posto per te lo trovo sempre- le sorrise maternamente, circondandole le spalle con un braccio.- E poi ricordati che questa è casa tua, qualunque cosa succeda- sussurrò, ricordandole che prima o poi avrebbe dovuto dirle il vero motivo per cui era tornata. Non sarebbe bastato in eternità la mezza verità della sua inadeguatezza a New York.

Ricambiò l'abbraccio, riassaporando quel calore familiare che le era mancato soprattutto negli ultimi mesi.

- Avanti Rick, esci da lì dietro - affermò poi Jenna lanciando un cuscino contro la porta scorrevole, semichiusa, della cucina da cui spuntò l’uomo che lo afferrò prontamente.

- Il momento sdolcinato è finito?- chiese con un sorriso divertito sulle labbra tenendo fra le mani il cuscino rosa antico.

- Si - ridacchiò lei.

- E poi sono felice di preparare di nuovo la colazione per più di due persone, mi ero stufato di preparare sempre e solo frittelle per Jenna. - scherzò lui.

- Ehi- mormorò offesa la diretta interessata.

- Mangi ancora i cereali con il latte tiepido , vero? -

- Certo -

- E' meglio che vada a farmi una doccia prima che mi prenda un malanno- affermò sorridente come da tanto non era, alzandosi e afferrando il bagaglio a mano.

Al resto delle valigie ci avrebbe pensato dopo o magari anche il giorno successivo.

- Ok, io penso alla cena!- saltellò su allegra invece Jenna, dirigendosi decisa verso la cucina.
Elena si scambiò un’occhiata preoccupata con Alaric, sbarrando gli occhi.

Le sue doti culinarie non erano mai state un granché, motivo per cui era sempre stato Rick a cucinare, e dubitava fortemente che fossero migliorate con gli anni. Anche perché nel caso di Jenna era necessario un miracolo o roba simile.

- Ehi, non guardatemi così! Guarda che Rick mi ha dato qualche lezioni- ribatté piccata e imbronciata, incrociando le braccia sotto il seno.

Ricordava ancora perfettamente i suoi toast con la crosta abbrustolita o l'odore di frittelle al miele bruciate.
No, decisamente non era una buona cuoca.


- L'ultima volta Jeremy ha rischiato l'intossicazione - le ricordò inarcando un sopracciglio scuro .

- E’ stato un fortuito incidente- si difese la donna stringendosi risentita nelle spalle.

- Sei riuscita perfino a provocare un blocco intestinale al cane – le venne in soccorso Rick, non riuscendo però a trattenere una mezza risata.
- Ok, va bene. Ho capito, andiamo a mangiare una pizza fuori - rise anche lei alzando le mani in segno di resa.

- Datemi il tempo di una doccia veloce –

- Io intanto chiamo il ristorante per prenotare un tavolo – affermò lui, andando a prendere il telefono portatile.
Continuando a sorridere iniziò a salire le scale diretta verso il bagno. Le ci voleva proprio una doccia.

-Ah Jenna?- la chiamò poi giunta ormai al secondo piano, sporgendosi dalla balaustra delle scale.

-Si?- alzò il capo nella sua direzione.

- Anche tu mi sei mancata- mormorò vedendo aprirsi sul volto a cuore della donna un sorriso dolce.
Era bello essere tornata a casa.

****************

Appoggiò i gomiti sul bancone, percependo il freddo del legno sulle braccia lasciate nude dalla sola canottiera rossa che indossava.

L'acquazzone aveva lasciato il posto a un caldo piacevole e una brezza leggera appena percepibile che l’aveva indotta a vestirsi leggersi.

Seduta su uno degli alti sgabelli lasciò vagare lo sguardo per il locale, la guancia appoggiata sul palmo della mano. Era annoiata, ecco, ma di andare a casa a dormire non ne aveva molta voglia.

Aveva aggiunto un terzo punto alla lista: divertirsi.

Non che prima non lo facesse, ma da quando i suoi erano morti aveva perso quel velo di follia nel buttarsi nelle cose che l’aveva sempre caratterizzata e aveva preferito badare a suo fratello. Ora era tempo di tirarlo fuori nuovamente.

Il Grill non era molto affollato quella sera, forse complice anche l'ora tarda.

Tamburellò le dita sul legno lucido seguendo il ritmo della canzone in sottofondo.

La piccola orchestra , composta da si e no mezza dozzina di musicisti, ora stava suonando una melodia jazz lenta in attesa che il cantante tornasse dalla sua momentanea pausa.

Continuò a guardarsi intorno, trovando il locale molto cambiato per quello che riuscì a vedere nella penombra delle luci soffuse.
Le pareti erano state ridipinte di un azzurro intenso in netto contrasto con i tavolini neri.

Il barista le si avvicinò con calma distogliendola dai suoi pensieri, chiedendole cosa volesse ordinare.

Ordinò una semplice coca-cola beccandosi un'occhiataccia indignata dall'uomo, decisamente abituato a servire super alcolici a quell'ora della notte.

Si sarebbe dovuta vedere con Caroline dopo cena, ma all’ultimo minuto la bionda aveva disdetto per un improvviso servizio da montare. Ormai davanti al locale, che sarebbe dovuto essere il luogo di ritrovo, si era decisa ad entrare per bere lo stesso qualcosa e passare un po’ di tempo.

Il barista, che non aveva mai visto prima di allora, le servì con sguardo scettico la bevanda facendola scivolare sul legno tirato a lucido del bancone fino a lei che lo ringraziò con un timido sorriso.

Giocò con la cannuccia colorata smuovendo il ghiaccio per poi berne un pò, continuando ad osservare le persone nel locale.

La metà di esse le erano totalmente sconosciute, mentre aveva riconosciuto solo alcune sue ex compagne di liceo con cui non era andata mai particolarmente d'accordo che l'avevano salutata quando era entrata.
Prese lentamente un altro sorso della sua bibita.

- E' libero?- domandò all'improvviso una voce maschile, bassa e suadente, lievemente strascicata.

Annuì, senza neanche curarsi di alzare lo sguardo per vedere chi era, restando voltata di tre quarti verso il palco, troppo presa dal maledire Caroline per averle dato buca.

- Il solito, Jim - lo sentì affermare poi con voce insufficiente, quasi cantilenata.
Fu l'occhiata incuriosita e indagatrice che percepì sulla sua pelle che le fece avvertire una presenza al suo fianco.

Si voltò verso lo sconosciuto ma invece lo trovò intento a fissare da tutt’altra parte. Se lo doveva essere immaginato, le ore di viaggio iniziavano a farsi sentire probabilmente.

Perse comunque qualche attimo a fissarlo. Era un ragazzo più o meno della sua età, ma tutto ciò che riuscì a vedere, a causa della sua posizione e delle luci soffuse, furono una camicia scura leggera e un sorrisetto fastidioso, oltre a dei capelli corvini. Aveva lo sguardo fisso sul suo bicchiere pieno di liquore, cosa che non le permise di vederlo bene in volto.

Tuttavia, lui dovette percepire il suo sguardo perché sorrise sbiecamente, quasi compiaciuto.

- Portane uno anche a lei, va - la indicò con un gesto del capo ridacchiando, indignandola lievemente per quel suo modo sbruffone.
Il barista le posò davanti in meno di un secondo un bicchiere dello stesso liquore, felice che avesse ordinato qualcosa di più forte della sua coca-cola.

- No, grazie – rifiutò cercando di essere il più gentile possibile, respingendo il bicchiere di liquore ambrato verso il ragazzo al sua fianco.

Il ragazzo, che solo in quel momento notò di sfuggita avere gli occhi chiari, si voltò quasi totalmente nella sua direzione.

- Eppure sembri averne decisamente bisogno- affermò con una sfumatura saccente nella voce.

- E sentiamo, Mr- sono-bravo-a-leggere-le-persone, cosa te lo fa capire?- chiese pungente e sarcastica, guardandolo con un sopracciglio inarcato. Di solito non rispondeva così, se non quando una persona la provocava particolarmente.

Lui, tuttavia, sembrò divertito dalla sua risposta.

- Sei seduta da sola al bancone del bar e non ad un tavolino quindi: O sei una solitaria o qualcuno ti ha dato buca. E visto la tua espressione seccata direi più la seconda- le spiegò con espressione ovvia.

- Salute!- affermò un secondo dopo sorridendo accattivante prima di finire il liquore restante in un sorso e risospingere con la mano libera il bicchiere verso di lei, ignorando bellamente ciò che gli aveva appena detto.

Come diavolo l’aveva capito?

- In verità, dovevo vedermi con una vecchia amica ma all’ultimo momento ha dovuto disdire per motivi di lavoro- ci tenne a precisare. Non ci teneva proprio a sembrare una ragazza a cui gli uomini davano buca, anche se non ne sapeva bene il motivo. In fondo quello era solo uno sconosciuto.

Giocò con il bicchiere che le aveva offerto , indecisa se berlo o no.

- Sei appena arrivata in città?- cambiò repentinamente discorso, tornando a guardarla.- Non ti ho mai vista e io conosco praticamente tutti qui- le lanciò un mezzo sorriso sicuro di se.

- In un certo senso - ridacchiò enigmatica e divertita da quella mezza verità ,spostandosi una ciocca di capelli da volto e guadagnandosi un’altra sua occhiata intrigata.

In un certo senso era vero, dopotutto.

Alzò lo sguardo .

Il barista si era allontanato e ora stava asciugando alcuni bicchieri mentre il resto del Grill era occupato da persone in solitudine e da qualche rara coppietta liceale imboscata negli angoli più bui e riservati. Praticamente erano rimasti solo loro al bancone.

- Benvenuta, allora - affermò lo sconosciuto con un ghigno, inclinando il suo secondo bicchiere verso di lei.

Ma si, per una volta poteva fare uno strappo alla regola. Alzò anche lei il bicchiere e lo scontrò contro il suo, in un muto brindisi. Se lo portò poi alle labbra, bevendolo tutto in un sorso. Percepì il bruciore dell’alcool giù per la gola che le diede, stranamente, una strana euforia.

Il ragazzo al uso fianco cambiò postura, girandosi di tre quarti verso di lei, permettendole ora di vederlo un po’ meglio in volto.

Aveva dei lineamenti decisi ma anche dolci, labbra carnose e dei sorprendenti occhi azzurri, tendenti al grigio.

- Un altro giro?- le chiese inclinando il volto verso destra, in un sussurro che sapeva di malizia e caccia.

Annuì decisa senza neanche un attimo di riflessione, sentendosi già la testa un po’ più leggera.

C’era un altro punto da aggiungere alla sua lista: carpe diem.















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Capitolo 2
*** 1- Bad day ***


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I WILL ALWAYS CHOOSE YOU

I WILL ALWAYS CHOOSE YOU


2

Bad Day

Si chiuse la porta alle spalle, lasciandovisi andare poi contro per un breve istante. Cercando di essere il più silenziosa possibile ma anche veloce, salì le scale di corsa trattenendo il respiro e tenendo le scarpe in mano per paura di svegliare Jenna e Alaric. Allora si che sarebbero stati guai, visto che non avrebbe saputo proprio cosa dirgli per giustificare il fatto che stesse rientrando a casa alle quattro di notte.

Si sentiva come un’adolescente che rientrava di nascosto dalla discoteca all’insaputa dei genitori

Non che la realtà fosse molto diversa. Si doveva unicamente sostituire “notte di sesso con sconosciuto” a “discoteca” e “zii” a “genitori”.

Solo quando la porta di camera sua fu ben chiusa alle sue spalle e lei si fu gettata a pancia in giù sul letto, si concesse di respirare finalmente a pieni polmoni.

Lanciò malamente via quelle odiose scarpe col tacco e affondò ancor di più il viso nel cuscino, sprofondandovi dentro.

Si voltò poi a pancia in su, passandosi stancamente una mano sul viso a scostarsi i capelli scuri dal volto. Ma cosa diavolo le era saltato in mente? Andare a letto con uno sconosciuto… doveva essere proprio ubriaca.

Si morse un labbro chiudendo gli occhi, mentre gli unici ricordi - si perché non ricordava quasi nulla di cosa era accaduto - inerenti al suo risveglio le invadevano insistenti la mente.

Quella mattina, o meglio notte, quando si era svegliata per la sensazione di caldo soffocante, aveva percepito subito qualcosa di strano, diverso.

Non era riuscita a spiegarsi cosa fosse e non ci aveva neanche fatto molto caso, infondo era un bel po’ che non dormiva nel suo letto. Inoltre, il pulsare insistente del mal di testa l’aveva distratta adeguatamente. Aveva emesso un gemito basso, scoprendo di avere la gola arsa e la bocca impastata, passandosi una mano sulla fronte nel tentativo di alleviare quel fastidio, che però non aveva accennato a scemare.

Poi aveva cercato di aprire gli occhi ma le palpebre erano ricadute pesanti a preluderle la vista in pochi secondi.

Aveva, allora, provato a muoversi nel tentativo di attenuare quel soffocante caldo che continuava ad opprimerla, con scarsi risultati visto che era riuscita a mala pena a muovere un braccio.

Non ricordava che camera sua fosse così calda e buia.

Mugolando qualcosa di indefinito, aveva quindi cercato di muoversi nuovamente, questa volta con più successo, scalciando via le coperte con una gamba, godendo di quel poco refrigerio della sua gamba nuda a contatto con l’aria fresca.

Si sentiva intorpidita, soprattutto nelle gambe, come se avesse fatto troppa ginnastica o fosse andata a correre.

Gli occhi le si erano sbarrati quasi in automatico un secondo dopo aver formulato quel pensiero. Lei non era andata a correre però, era stata l’obiezione allarmata e spontanea del suo cervello.

Spinta come da una forza sconosciuta, o più probabilmente dal sesto senso femminile, si era voltata alla sua destra con un movimento brusco e aveva dovuto reprimere malamente un urlo alla vista di una presenza maschile profondamente addormentata al suo fianco.

Aveva boccheggiato con le guance rosse quasi in preda al panico, non riuscendo a collegare in modo congruo e con logica i suoi ultimi ricordi al bar e la realtà di quella situazione.

L’ultima cosa che ricordava nitidamente era di essere andata al Grill per bere qualcosa con Caroline, ma che poi lei le aveva dato buca e uno sconosciuto le aveva offerto da bere.

Ed evidentemente ci era andata a letto. Si era tirata a sedere di scatto, accorgendosi troppo tardi che un braccio di quel ragazzo a lei sconosciuto era appoggiato mollemente sul suo ventre.

Aveva trattenuto il respiro, temendo che si svegliasse ma lui si era limitato solo a borbottare infastidito qualcosa e a voltarsi poi dall’altro lato, rivolgendole la schiena muscolosa.

Si era morsa quasi a sangue le labbra e si era maledetta per essersi ficcata in quella situazione. Per una volta che si lasciava un po’ andare, guarda come andava a finire!

Aveva cercato di guardarsi intorno alla disperata ricerca di qualcosa di noto che le indicasse dove si trovasse, ma la penombra della camera le aveva concesso di vedere ben poco e decisamente non familiare.

Aveva tentato di vedere anche in volto quel ragazzo, ma il buio e la sua posizione non le avevano permesso di vedere nulla.

Non ci si era soffermata più di tanto, volendo andarsene il prima possibile di lì e possibilmente senza che lui si svegliasse, e così dopo un’altra breve occhiata di sfuggita, era scappata da quel letto cercando a tentoni i suoi abiti che , per fortuna, non erano tanto lontani.

Si era vestita velocemente, tanto che a stento ricordava di essersi messa l’intimo nel verso giusto e non al contrario, e poi era uscita dalla porta ritrovandosi, con sua grandissima sorpresa, in un corridoio illuminato dove si affacciavano numerose camere dalla porta laccata di bianco e una targhetta in oro affissa sopra. Doveva essere un hotel o qualcosa di simile.

Con gli occhi socchiusi per la troppa luce, aveva percorso in fretta tutto il corridoio, rischiando di inciampare più di una volta nella moquette, e poi le poche scale, mentre la paura di essere finita chissà in quale posto dimenticato da Dio iniziava a farsi strada in lei con troppa insistenza.

Si era ritrovata in una sorta di hall con pareti color crema e divani intonati dopo un secondo, un uomo di mezza età a sonnecchiare dietro il bancone in legno scuro con un giornale.

Gli si era avvicinata quasi correndo, chiedendogli febbrilmente dove si trovasse.

Probabilmente doveva averlo anche spaventato visto che aveva sobbalzato prima di rivolgerle un’occhiataccia scocciata, come di uno che è abituato a quelle domande e non ne ha più voglia di rispondere.

Quando le aveva detto annoiato che era poco fuori Mystic Falls aveva sospirato con sollievo, guadagnandosi uno sguardo allucinato da parte di quell’uomo. Si sarebbe anche messa a saltare dalla gioia se non fosse stato per il mal di testa post sbornia che l’affliggeva e che, oltre tutto, si era anche acutizzato per la corsa.

Ritornò improvvisamente al presente proprio a causa del mal di testa, che, nonostante l’aspirina che aveva ingurgitato in macchina, non le era passato.

Con uno sbuffo cambiò nuovamente posizione, mettendosi questa volta su un fianco.

Odiava la post sbornia, non che ne avesse avute poi molte nella sua vita ma decisamente odiava quelle poche che aveva avuto.

Sbadigliò, mentre la sonnolenza, causata dal farmaco e dall’adrenalina della fuga ormai passata, iniziava a farsi sentire. Il pensiero di chi fosse quel ragazzo le impedì, però, di prender sonno.

Era da quando era uscita da quell’hotel - che aveva letto essere a tre stelle sull’insegna- che continuava a cercare di ricordarselo senza successo. Ne aveva un immagine sfocata nella mente, annebbiata probabilmente dalla sbronza.

Nei suoi sprazzi di ricordi, davvero vaghi e pochi, vi erano solo dei capelli scuri, battute pungenti e occhi sorprendentemente azzurri, quelli si che li ricordava bene.

Non ricordava null’altro.

Poco male, si disse con gli occhi già chiusi dal sonno e la mente annebbiata dall’analgesico, probabilmente doveva essere solo di passaggio dal momento che alloggiava in un albergo, quindi non lo avrebbe incontrato mai più.

Sprofondò in un sonno cupo e senza sogni e quando si svegliò, nonostante le sembrasse di aver dormito solo pochi minuti, era già tarda mattina e il sole era alto in cielo.

Si stiracchiò, notando che il mal di testa era per fortuna del tutto scomparso mentre sentiva il resto del corpo ancora un po’ indolenzito. Arrossì improvvisamente, ricordandosi il perché di quei dolori e cosa era accaduto quella notte.

Insieme al lenzuolo leggero scacciò via anche quel pensiero. Non lo avrebbe incontrato mai più probabilmente, si disse mentre si toglieva gli abiti della sera precedente e indossava una tuta, quindi non c’era alcun problema.

Legandosi i capelli in una coda alta scese in cucina, dove Jenna stava trafficando ai fornelli.

- Buongiorno – salutò sedendosi su uno degli alti sgabelli al bancone della cucina ed emettendo un o sbadiglio.

- Buon giorno? Io direi più buon pomeriggio visto che sono le undici e mezza- ridacchiò la donna voltandosi verso di lei con un vistoso grembiule a quadri verde.

Incredula, Elena, alzò gli occhi sull’orologio con un buffo gallo disegnato al centro appeso sopra la porta.

- Non pensavo di aver dormito così tanto – bofonchiò accettando però la tazza di caffè che Jenna le porgeva con un sorriso divertito.

- Hai fatto tardi ieri sera?- le chiese poi rivoltandosi verso i fornelli, anche se più che una domanda suonava come un’affermazione – Io e Rick ti abbiamo aspettata alzati fino a mezza notte.-

- Ehm, si - affermò vaga, affondano il volto nella tazza per nascondere l’imbarazzo. Era meglio non dirle cosa era accaduto realmente.

- Cosa stai facendo?- tentò di sviare il discorso e spostare l’attenzione su qualcosa d’altro, fortunatamente riuscendoci.

- Sto facendo la mousse al cioccolato con fragole per stasera- le spiegò – Ma non capisco se va aggiunto prima o dopo il latte- bofonchiò poi fra se se chinandosi su un ricettario, praticamente nuovo di pacco, appoggiato vicino ai fornelli.

- E ci stai riuscendo?- le chiese stranita, corrugando le sopracciglia alla vista di quella poltiglia che stava girando nel pentolino. – Perché, senza offesa, ma non assomiglia molto a una mousse-

Jenna non era in grado neanche di cuocere la pasta, figurasi fare un dolce!

- Certo! - affermò con troppa enfasi. - Ok, per niente.- ammise alla sua occhiata decisamente scettica. - Ma è l’unica cosa che Rick mi ha lasciato fare per la cena di stasera e non voglio deluderlo -

- Cena?- chiese confusa, alzandosi e appoggiando la tazza ormai vuota nel lavello. Che lei ricordasse non ce ne era nessuna in programma.

- Si, quella con i testimoni e le damigelle - gesticolò con un cucchiaio in mano, finendo con lo schizzare un po’ ovunque gocce di cioccolato.

- Non te ne avevo parlato?- le chiese successivamente, notando la sua espressione totalmente smarrita.

- No, direi di no. - si appoggiò con i fianchi al bancone della cucina.

- Oh, mi devo essere dimenticata. Comunque, Rick ha avuto la brillante idea di organizzare questa fatidica cena prima del matrimonio per conoscerci meglio.-

- Ma non è Jeremy il suo testimone?- le chiese corrucciata, o almeno così le aveva detto suo fratello.

- In verità Jeremy è il secondo, il suo vero testimone di nozze è un suo amico, un tipo davvero altezzoso e insopportabile. Si crede chissà chi solo perché ha un bel faccino. – affermò con una smorfia stizzita.

- Bel tipo - ridacchiò rubandole una fragola e beccandosi uno schiaffo leggero sulla mano – Non andate molto d’accordo , eh?-

- No e non capisco come possa essere amico di uno come Rick. Sono agli antipodi! – bofonchiò.

Lanciò un’altra occhiata all’orologio, notando che era già mezzogiorno e che lei era in tremendo ritardo.

Rubò un’altra fragola con una risata divertita.

- Vado a farmi una doccia, devo vedermi con Caroline per pranzo -

- Ok, a dopo-

Era già fuori dalla cucina quando si sentì chiamare.

- Elena? -

- Si? - tornò indietro, sporgendosi oltre la porta scorrevole.

- Compra un dolce, va - le disse sconsolata, buttando via la poltiglia nella pentola.

- Meglio – annuì lei.

************************

- Ok, Care, non sto respirando. - sorrise nell’abbraccio stritolante della bionda, tuttavia felice di quella manifestazione di affetto.

- Oh, scusa scusa. Solo mi sei davvero mancata – le sorrise sedendosi dall’altro lato del tavolino.

Si erano viste in un locale carino all’aperto nel centro del piccolo parco di Mystic Falls, dove per fortuna c’era un po’ di refrigerio dal caldo soffocante di quel giorno.

- Anche tu - le sorrise di rimando.

Da bambine non erano mai andate molto d’accordo e la cosa si era un po’ complicata con l’adolescenza a causa dei ragazzi. Si erano ritrovate però poi un giorno, in seconda liceo, a parlare e le cose erano lentamente migliorate fino a stabilizzarsi in una sana e affiatata amicizia.

- Comunque che faccia che hai! Cos’è, te la sei spassata tutta la notte con uno sconosciuto?- scherzò un secondo dopo con una risata argentina, sistemandosi il tovagliolo bianco sulle gambe.

Elena arrossì violentemente a quelle parole, mordendosi colpevolmente il labbro e puntando lo sguardo da tutt’altra parte.

Dannazione, Caroline aveva il pessimo vizio di captare le cose proprio quando non doveva!

- O mio dio, è così !- trillò l’amica con gli occhi azzurri sbarrati, vedendo la sua reazione - Non ci posso credere!- continuò a ridere lasciandosi andare contro lo schienale della sedia in vimini.

- Non è divertente – bofonchiò invece lei.

- Ok, ok la smetto - alzò le mani in segno di resa, un sorriso di puro divertimento sulle labbra.

- Non ti facevo comunque una da una botta e via- affermò proprio mentre il cameriere portava le loro ordinazioni. Il ragazzo le lanciò un’occhiata improvvisamente interessata, doveva aver sentito le parole della bionda.

- Shh, Caroline parla piano- l’ammonì ancor più in imbarazzo, guardandosi intorno per vedere se qualcun altro aveva sentito, ma nessun altro sembrava aver fatto troppo caso a loro.

- Non ti facevo comunque una da una botta e via- ripetè ma questa volta in un sussurro, protendendosi in avanti sul tavolo.

- Neanche io- mormorò tetra Elena con uno sbuffo.

- Oh andiamo Elena, non è mai morto nessuno per una cosa del genere. anzi!- la riprese vedendo la sua espressione. – E un po’ di sano divertimento non ti fa certo male!-

- Ad ogni modo, chi è lui?- le chiese schietta e curiosa assaggiando la pasta al forno che aveva nel piatto.

- Non lo so. Non mi ricordo quasi nulla.- ammise con una alzata di spalle.

Il volto di quel ragazzo non era ancora riemerso dai suoi ricordi. – Mi sono svegliata questa mattina in un hotel fuori Mystic Falls -

- Sai, fa molto film da adolescenti – agitò la forchetta nella sua direzione, prima di assottigliare gli occhi pensosa. – Aspetta, non ricorda proprio quel film con Angelina Jolie… o no forse era con un’altra attrice. Va beh, quello in cui loro due vanno a letto insieme e poi si ritrovano sposati la mattina dopo?..si quello in cui… Aspetta non ti sei sposata, vero?- finì quello sproloquio, leggermente allarmata.

- No, direi di no - rise di quella possibile eventualità. Ci sarebbe mancata proprio solo quello alla sua vita incasinata.

- Meno male, anche perché vorrei essere la tua damigella in quel caso -

- A proposito…Jenna ti ha detto della cena di stasera con damigelle e testimoni?- le chiese, iniziando anche lei a magiare il suo pranzo.

- Si ma arriverò solo per il dolce, perché prima devo preparare un servizio per domani. L’hanno assegnato a me e non a quella arpia di Andie Star, non posso lasciarmi sfuggire quest’occasione.- le spiegò.

Caroline lavorava al TV News, il telegiornale della città, e sapeva perfettamente quanto odiasse la sua collega, a detta sua “ un’arpia avida con un ego grosso quanto il suo di dietro”.

- Tornando alla nostra conversazione, e non pensare di cambiare discorso, non ti ricordi proprio nulla? Neanche il nome?- le chiese curiosa.

- No - mormorò. – Solo che aveva i capelli scuri e gli occhi azzurri, molto azzurri.-

- Bhe, direi che non è molto di aiuto visto che praticamente metà della popolazione di questa città ha gli occhi chiari.-

- Comunque, non penso sia di qua perché io non l’ho mai visto e poi a quanto pare vive in un hotel, quindi non c’è problema ..– alzò le spalle in una tacita conclusione.

- Uh, straniero e sconosciuto… ancora più intrigante!- la fece ridere simulando un tono malizioso.

Continuarono a parlare del più e del meno, del suo lavoro e del matrimonio di Jenna di cui entrambe erano damigelle.

Jenna infatti aveva preferito Caroline come damigella che l’odiosa cugina Beth ed Elena non poteva essere più che d’accordo con lei.

- Se vuoi posso vedere se c’è un posto libero al giornale – propose la bionda dopo che avevano pagato il conto e si stavano dirigendo verso le rispettive macchine. - Certo non sarà il New York Times ma meglio di niente-

- Davvero? Grazie- le sorrise grata. Non aveva per nulla voglia di stare con le mani in mano e visto che era tornata per restare tanto valeva trovarsi un lavoro al più presto.

– Ah , Care?-

- Non ti preoccupare non dirò nulla a Bonnie – l’anticipò lei entrando in macchina – Ci vediamo stasera -

************************

Stefan aveva aperto la pesante porta con un enorme sorriso stampato in volto e gli occhi luminosi, per poi abbracciarla di slancio.

Le aveva sussurrato quanto gli fosse mancata e quanto fosse felice di vederla con parole dolci, in pieno stile Stefan, per poi lasciarla finalmente entrare in casa.

Casa Salvatore era sempre la stessa, si disse ammirando il soffitto lavorato finemente. Quadri famosi e costosi… mobilia raffinata e antica ….e beh decisamente molto disordine.

- Non mi ricordavo fossi così disordinato- gli fece notare lei una volta entrata in quell’enorme stanza che lui osava definire semplicemente “salotto”.

Lasciò cadere la borsa nera sul divano e continuò a guardarsi in giro, notando che era davvero in disordine, cosa decisamente non tipica di uno pignolo come Stefan.

C’erano libri e cd un po’ ovunque, una pila di dvd sul tavolino nell’angolo con delle riviste di auto e alcune giacche lanciate un po’ ovunque sulle poltrone.

- E’ colpa di mio fratello - mormorò con tono sconsolato, lasciandosi cadere sul divano con un piccolo rimbalzo.

- Non sapevo fosse tornato.- affermò sorpresa da quella rivelazione.

- E’ tornato a casa dopo Natale -

- Non me lo avevi detto - si sedette al suo fianco, accavallando le gambe e lisciando la stoffa leggera dell’abitino blu che indossava..

- Bhe decisamente, Damon non è uno dei miei argomenti preferiti- si difese lui con una semplice e infantile alzata di spalle.

- Come fanno le cose con lui?-

Sapeva che i due fratelli non avevano un ottimo rapporto, anche se non si era mai osata chiedere il perché. Da quando conosceva Stefan, quindi ormai quasi nove anni, non ne aveva mai sentito parlare. Era stata lei il più delle volte a chiedergli qualcosa della sua famiglia e di lui da tipica fidanzata curiosa, ma lui prontamente aveva sempre sviato il discorso dopo poche – e per nulla positive- parole al riguardo.

Elena non lo aveva mai incontrato e , adesso che ci pensava, non lo aveva neanche mai visto in foto. Sapeva solo che il padre, dopo la morte della moglie, lo aveva spedito in collegio e che aveva frequentato Yale. Non sapeva niente d’altro, neanche che faccia avesse.

- Mi sta rendendo la vita un vero inferno. Lascia perennemente la casa in disordine e io non ho tempo di metterla in ordine perché ho dei turni massacranti, tiene il volume alto di televisione e stereo fino a tarda notte impedendomi di dormire , svuota il frigo e non fa mai la spesa. Finisce sempre tutta l’acqua calda, e ora che è estate mi va anche bene ma come farò di inverno? Mi verrà la polmonite - snocciolò a raffica, come sull’orlo di una crisi di nervi.

- Sai ti manca solo il grembiule, perché per il resto parli già come una casalinga disperata - lo prese in giro lei, con un sorriso divertito da quello sproloquio, sistemandosi meglio nel divano. – E poi andiamo, non può essere così male - ridacchiò divertita dalla sua espressione sconvolta e allucinata a quelle parole – Non esiste nessuno così pieno di difetti al mondo -

- Non capisci , Elena, è demoniaco – sbuffò con gli occhi sbarrati, come se lei non volesse capire una verità evidente e universale – Mi fa anche i dispetti, sai? Sa che odio il cibo cinese e ordina sempre quello, pagando con i miei soldi per di più!- espirò frustrato, facendola ridere ancora più forte.

- I miei genitori hanno concepito Lucifero in persona – mormorò sovrappensiero, prima di scoppiare in una grossa risata anche lui.

- Allora ti conviene munirti di molta acqua Santa- scherzò.

Il trillo del suo cellulare l’avvisò che le era arrivato un messaggio.

- Devo andare- sbuffò leggendo il messaggio di Jenna, dove le intimava di tornare a casa immediatamente perché non sopportava più la compagnia. Non pensava fosse già così tardi.

Le scappò un sorriso immaginandosi le facce seccate di sua zia.

- Alaric ha organizzato una cena con testimoni e damigella. E io devo ancora andare a prendere il dolce - gli spiegò alzandosi in piedi. – Spero solo non sia il professor Brain – mormorò schifata al ricordo dell’amicizia che aveva con Alaric.

Quell’uomo era stato il loro professore di letteratura inglese e , oltre ad avere una passione per lo Scotch, amava particolarmente le sue studentesse. Ballare al matrimonio di sua zia con un vecchio marpione era decisamente l’ultima cosa che voleva.

- Non so chi sia il suo testimone , ma non penso sia lui comunque –

- Meno male - rise.

Gli diede un bacio sulla guancia come saluto e poi salì in macchina, diretta verso casa sua non sapendo cosa le sarebbe spettato.

*****************

- Scusa il ritardo ma c’era una coda infinita in pasticceria - esordì entrando in casa trafelata – Ho preso la torta ai lamponi – le diede il piccolo pacchetto colorato, facendo attenzione che non si rovinasse visto tutta la fatica che aveva fatto per aggiudicarsela.

Percepì un vociare nella stanza affianco, la cucina, e poi delle risate che fecero alzare infastidita gli occhi al cielo a Jenna.

- Si, si non ti preoccupare – le rispose sbrigativa togliendole il sacchetto e la borsa delle mani in meno di un secondo – Ora vieni di là, quello sbruffone è già arrivato e io non riuscirò a sopportare lui e le sue battute un minuto di più senza un bel bicchiere di vino e il tuo supporto morale– la prese sottobraccio.

- Aspetta, prima mi devo cambiare- affermò mentre lei la stava già spingendo verso la cucina.

Aveva lo stesso abito blu leggero di quando era uscita quella mattina e voleva mettersi qualcosa di più adatto all’occasione e darsi anche una pettinata ai capelli, che dovevano essere sicuramente spettinati.

- Va benissimo questo, non è una cena formale – tagliò corto sua zia.

- Ma…- tentò di protestare di nuovo ma lei la tirò dentro la cucina per un braccio.

- Guardate un po’ chi è arrivata!- affermò con voce fintamente allegra Jenna, tirandola letteralmente dentro la stanza.

Le riservò un’occhiataccia, rimanendo sulla porta, mentre lei si allontanava per mettere la torta in frigo.

- Oh , Elena !- l’accolse con un sorriso bonario Rick, alzando gli occhi dalle verdure che stava tagliando.

Davanti a lui c’era un ragazzo, fasciato da una camicia nera che sembrava fatta su misura, appoggiato con il busto al bancone centrale della cucina che continuò a darle le spalle muscolose nonostante avesse percepito la sua presenza. Cosa che la infastidì non poco.

Beh, almeno non è il professor Brain, si disse lievemente rincuorata, ma forse Jenna non aveva poi tutti i torti su di lui.

Si preparò un sorriso di circostanza sulle labbra pronta a presentarsi.

Il ragazzo si girò però improvvisamente, mostrandosi interamente e gelandole il sorriso sulle labbra.

Due occhi sorprendentemente azzurri, tendenti al grigio, la inchiodarono con uno sguardo prima beffardo e poi sorpreso.

Non era possibile… stessi capelli corvini e spettinati… stessi lineamenti dolci e decisi.. stessi occhi dalle sfumature argentee.

Non era possibile, doveva essere uno scherzo. Ma Alaric le tolse ogni dubbio con le sue parole.

- Elena, lui è Damon. Damon Salvatore, il mio testimone -

Forse sarebbe stato meglio il professor Brain.

Ed ecco qua il nuovo capitolo! Non vi ho fatto aspettare molto, daiJ. Spero che vi sia piaciuto anche se io lo giudico un po’ noioso ma non sono riuscita a renderlo più peperino di così. Il pepe dovrebbe però tornare già dalla prossima volta. Ora passiamo ai soliti punti chiarificatori:

1- Cosa più importante: i personaggi sono tutti UMANI e non esiste nulla di sovrannaturale, quindi terrò conto solo di alcune cose accadute nel telefilm.

2-Questa storia era già stata pubblicata da me un po’ di tempo fa con lo stesso titolo ma sia causa di scarso interesse sia perché non mi convinceva più di tanto ho deciso di riscriverla tutta dall’inizio . La vecchia versione quindi è stata cancellata.

3- I personaggi di questa storia (purtroppo) non mi appartengo e non li uso per nessun motivo di lucro.

4- Se avete dubbi fatemelo sapere sia privatamente che tramite le recensioni e io vi risponderò!

5- Ho aggiunto un’immagine fatta da me( lo so che fa pietà ma sono davvero negata nella grafica e spero di non esserlo così anche nella scrittura!) ma se qualcuno volesse fare una sorta di copertina della fan fiction mi farebbe davvero piacere! Contattatemi se siete interessati.

6- Un GRAZIE gigante alle quattro persone fantastiche che hanno recensito il prologo con parole dolci e incoraggianti, vi risponderò appena possibile singolarmente con l’apposito meccanismo.

Direi che non altro da dire se non che spero recensiate e che il primo capitolo vi sia piaciuto.

Kiss kiss Live in Love.

PS: non ne sono ancora sicura ma la prossima storia che dovrei aggiornare è quella Nian.. True Love- Vero amore… tenetela d’occhio quindi.


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Capitolo 3
*** 2- Cena con il testimone. ***


Image and video hosting by TinyPic AVVISO: Vi lascio i link dei trailer della fanfiction fatti dalla mia designer ( Missdelena97) TRAILER 1..TRAILER 2

I WILL ALWAYS CHOOSE YOU

I WILL ALWAYS CHOOSE YOU

3

Cena con il testimone..

- Elena, lui è Damon. Damon Salvatore, il mio testimone –

Rimase totalmente immobile, trattenendo il respiro alla vista di chi gli era davanti.

Non rispose neanche ad Alaric, la cui voce le giunse ovattata alle orecchie.

Capelli corvini, alto quanto basta, fisico slanciato e muscoloso.

Il sangue le si gelò, poi, letteralmente nelle vene incontrando quegli occhi di un azzurro così strano, simile al colore del ghiaccio e imperturbabili.

Non era possibile. Doveva aver visto male, doveva essere sicuramente così.

Era un’allucinazione della sua mente malata.

Si, doveva aver mangiato qualcosa di narcotico, si disse, o forse era ancora ubriaca. Anzi, lo era sicuramente.

Anche perché se no, non si sarebbe spiegato come mai vedesse il ragazzo sconosciuto della sera precedente proprio dinnanzi a lei.

Continuò a fissarlo con gli occhi lievemente sbarrati, ricevendo uno sguardo egualmente confuso e stordito.

Sbatté le palpebre per poi lanciargli un altro sguardo, preparata a vederlo scomparire da un momento all’altro ma lui rimase lì, proprio davanti a lei.

No, non era possibile.

Fu questo l’unico pensiero coerente ma fugace che le attraversò la mente in quel momento.

Sbatté ancora un paio di volte le palpebre, sicura di aver visto male. Non poteva essere, altrimenti.

- Elena?- la chiamò sconcertato Rick, non capendo quel suo improvviso mutismo.

- Uhm?- fu l’unica risposta sensata che riuscì a dare, seppur distrattamente.

Distolse gli occhi puntandoli su Alaric, poco distante da lei intento a cucinare.

- Lui è Damon Salvatore, il mio testimone.- le ripetè corrugando le sopracciglia, perplesso dal suo inusuale comportamento.

Damon Salvatore…..il mio testimone….Damon…ragazzo sconosciuto….. mio testimone… Damon Salvatore.

Quelle parole continuarono a vorticarle nella mente combinandosi in modi confusi e diversi, senza che lei riuscisse realmente a comprenderle a pieno.

Quindi il ragazzo che aveva rimorchiato – o che l'aveva rimorchiata, a seconda dei punti di vista- si chiamava Damon.

Annuì lentamente, ma solo un secondo dopo capì l’informazione davvero importante contenuta in quella frase.

Oh cazzo, era lui il testimone di Alaric!

Con il cuore che le martellava nel petto per la sorpresa e lo sconcerto di quella scoperta, si voltò nuovamente verso di lui.

Elena scontrò i suoi occhi con quelli chiari del ragazzo, che le restituì uno sguardo del tutto identico al suo.

Damon se ne stava immobile a pochi passi da lei, fissandola circospetto e confuso con le sopracciglia leggermente aggrottate.

Per un attimo vide un lampo di incredulità e sorpresa attraversare le sue iridi azzurre, che un secondo dopo tornarono però imperturbabili.

Con le labbra schiuse dalla sorpresa, continuò a fissarlo per quei pochi secondi che però le sembrarono un’eternità

Non era possibile. Quante diavolo di probabilità c’erano che fosse proprio lui il testimone di Rick? Forse anche meno dell’uno per cento. Doveva avere proprio il karma contro.

Per fortuna ci pensò lui a rompere quel silenzioso momento imbarazzante.

- Damon - allungò improvvisamente la mano in un gesto fluido, protendendosi verso di lei.

- Piacere, Elena – mormorò, ancora stordita allungando anche lei la mano.

Percepì distintamente lo sguardo sospettoso di Jenna, appoggiata alla cucina con un bicchiere di vino in mano, e quello più ingenuo ma allegro di Rick che continuava a cucinare.

Si sa,le donne hanno il sesto senso sempre attivato e quello di Jenna non andava assolutamente sottovalutato.

- Oh, il piacere è tutto mio- affermò lui aprendosi in un sorriso sfacciato, calcando maliziosamente sulla parola “piacere” conferendole una sfumatura languida.

Fece per ribattere, fulminandolo con gli occhi, ma l’improvviso leggero movimento dei suoi polpastrelli a contatto con la sua pelle accaldata la bloccò.

Una sensazione prepotente di déjà-vu la colpì alla bocca dello stomaco, mentre il ricordo sbiadito di quelle stesse mani in altri punti del suo corpo si proiettavano nella sua mente arrossandole le guance.

Rabbrividì involontariamente e, come scottata, mollò immediatamente la presa, incrociando poi le braccia al petto.

Distolse lo sguardo non riuscendo più a reggere quello ceruleo e consapevole di lui, puntandolo sulle ante lavorate della cucina che trovò improvvisamente interessantissime, mentre i ricordi sbiaditi iniziavano a riemergere nella sua mente.

Mani calde che la denudavano con gesti veloci. Labbra leggere posate alla base del suo collo in un morso leggero. Corpi sudati avvinghiati in movimenti ondeggianti e languidi.

Boccheggiò trattenendo il respiro come folgorata, mentre nella sua mente continuavano a proiettarsi quelle immagini sfocate ma allo stesso tempo nitide.

Il respiro le si spezzò in gola all’ennesimo flashback.

Sussurri spezzati da sospiri che si infrangevano contro la sua spalla nuda. Occhi imperturbabili scuriti dal desiderio e le sue mani aggrappate ad una schiena muscolosa.

In automatico, alzò gli occhi su di lui come per ritrovare quello stesso sguardo , o forse semplicemente per ottenere riscontro di quello che aveva appena ricordato.

Damon le restituì un’occhiata maliziosa e divertita, che fu però interrotta da Jenna che passò fra loro due con un piatto di contorno in una mano e la bottiglia del vino nell’altra.

- E’ pronto. Tutti in tavola- affermò poi Rick, sorpassandola e prendendo posto a capo tavola.

Ma proprio in quel momento dovevano riemergere quei dannati ricordi? Si chiese leggermente frustrata, prendendo anche lei posto a tavola con ancora le guance arrossate e il battito accelerato.

Si passò una mano fra i capelli, cercando di scacciarli dalla sua mente.

- Buon appetito!-

Sospirò, fissando il piatto di pasta al pesce davanti a lei.

L’appetito le era decisamente passato.

*******************************

Afferrò un altro piatto e , dopo averlo sciacquato brevemente con dell’acqua fredda, lo mise nella lavastoviglie, ormai carica.


Si era offerta di lavare lei i piatti e mettere in ordine la cucina non appena Rick aveva proposto di spostarsi in salotto a bere qualcosa e mangiare il dolce davanti alla partita di baseball.

Jenna, del tutto allergica alle faccende domestica, era stata più che felice di non doverci pensare lei mentre Alaric aveva, invece, insistito di più affinché ci pensasse dopo ma lei era stata irremovibile.

Alla fine l’uomo era riuscito a strapparle la promessa che facesse presto, ma lei sapeva benissimo che non l’avrebbe mantenuta.

In verità odiava con tutta se stessa lavare i piatti, ma avrebbe fatto di tutto per non stare ulteriormente in compagnia di quello sbruffone, probabilmente anche mettersi a spolverare i lampadari.

Temporeggiò lavando con calma un bicchiere, perdendo più tempo possibile nonostante non avesse alcun obbligo di farlo visto che tanto poi lo avrebbe messo in lavastoviglie.

Non sarebbe uscita dalla stanza finche tutta la cucina non avesse brillato e poi, beh poi, avrebbe trovato qualcosa d’altro da fare, intanto sarebbe già stata notte fonda e quindi lui se ne sarebbe andato.

Era un piano un po’ infantile, se ne rendeva benissimo conto ma non poteva farci nulla: Damon Salvatore la irritava e innervosiva.

Il fatto che poi ci avesse fatto sesso da ubriaca e che lui continuasse a rimarcarglielo con battutine maliziose e frecciate ambigue, non aiutava certo a farglielo andare a genio.


Jenna aveva ragione: era uno sbruffone pieno di sé, vanitoso e vanaglorioso come pochi ne aveva conosciuti in tutta la sua vita.


Damon aveva passato l’intera cena a lanciarle battutine spinose, ironiche e a doppio senso, con il puro intento di metterla in difficoltà per il solo gusto di vederla imbarazzata davanti a Jenna e Alaric, supponeva.


Lei gli aveva sempre risposto pungente per metterlo a tacere , cercando di dargli corda il meno possibile ma in alcuni era stato davvero difficile non assecondare il pizzicore sulla lingua e rispondergli adeguatamente.

Mantenere il controllo e non tirargli qualcosa contro, magari un piatto, era stata un’impresa non da poco ma alla fine ci era riuscita.

Era sicura, però, che sarebbe stato tremendamente catartico farlo.

Cosa diavolo ci aveva trovato in lui la sera prima? Era stata la domanda che aveva continuato a vorticarle in testa fra una risposta al vetriolo e un piatto di pasta al pesce.

Doveva proprio essere ubriaca, era stata ogni volta la sua unica risposta sensata.

Ma non riusciva neanche dall’esimersi di darsi della stupida, a se stessa e alla sua geniale idea di divertirsi.

Probabilmente doveva avere davvero il karma contro o qualcosa del genere, visto che l’unica volta che si lasciava andare succedeva il putiferio.

Sbuffò .

Ok, era un bel ragazzo fisicamente ma era davvero intollerabile caratterialmente.

Era un mix letale tra un Don Giovanni e un Mr Darcy senza qualità, il tutto coadiuvato da una buona dose di sfacciataggine e malizia che scorgeva in ogni cosa.

E poi aveva quel dannato sorriso da “ cadi ai miei piedi al primo sguardo” incredibilmente irritante.

Damon Salvatore la indisponeva inverosimilmente, arrivò alla conclusione.

E poi quelle sue dannate risposte volutamente a doppio senso e astute le facevano saltare i nervi.

Stentava ancora a credere al fatto che fosse il fratello maggiore di Stefan. Erano totalmente diversi, sia fisicamente che caratterialmente. Non avevano neanche un tratto in comune che indicasse la loro stretta parentela.

Uno aveva gli occhi verdi e i capelli color miele, sempre dolce e disponibile oltre che tremendamente altruista. Era pacato e sereno, disposto ad ascoltare ma non invadente.

Damon era invece tutto l’opposto.

Capelli corvini, occhi cerulei sempre imperturbabili e sorrisino sfacciato sulle labbra. Era indisponente, sfacciato e tenebroso oltre che una miriade di altre cose irritanti. Fin troppo consapevole del suo aspetto fisico credeva che bastasse una sua occhiata per avere ciò che voleva.

Le era bastato davvero poco per inquadrarlo alla perfezione.

Davvero non capiva il perché ci fosse finita a letto.

- Ne manca ancora uno. - esordì una voce bassa e roca che la fece sobbalzare bruscamente, rischiando di farle cadere il piatto dalle mani bagnate.

Si voltò, trovando sulla soglia della porta della cucina la figura slanciata di Damon che la fissava con il solito sorrisino, mostrandole il bicchiere.

Per tutta la sera non era riuscita a capire se fosse irrisorio o presuntuoso.

Con pochi passi felpati e silenziosi la raggiunse, porgendoglielo. Lei lo afferrò senza dire nulla.

Il silenzio calò nella stanza, tanto che poté percepire distintamente Jenna nell’altra stanza parlare al telefono con la vecchia e sorda prozia Cecil e il ciarlare della tv accesa. C’era il baseball quella sera.

Immerse il bicchiere nell’acqua, passandoci sopra la spugna per insaponarlo. Ormai la lavastoviglie era già carica e non ci sarebbe stato niente d’altro.

- E così ti chiami Elena – ammiccò verso di lei con sguardo vispo, calcando sul suo nome.

Si appoggiò poi con i fianchi al bancone della cucina, le mani a lambire il marmo freddo e il viso voltato verso di lei.

A dividerli ora c’era solo la lavastoviglie aperta e lei poté nettamente riconoscere il suo profumo mentato stuzzicarle le narici, dannatamente familiare.

Non si prese la briga di rispondergli o di imbastire un discorso.

Damon le scoccò, allora, un’occhiata bruciante, squadrandola da capo a piedi, mentre le labbra si tendevano in un mezzo sorriso malizioso.

Fu proprio quel sorriso, lo stesso che un minuto prima le aveva fatto stringere a forza il piatto per l’irritazione, che gliene ricordò improvvisamente un altro più languido ma della stessa matrice.

Si irrigidì, mentre immagini sfocate, però sempre più nitide, piroettavano di nuovo nella sua mente in una girandola di colori.

-Come ti chiami? - le chiese ansimante il ragazzo sconosciuto, sovrastandola con il proprio corpo semi nudo ed eccitato.

Lei scosse la testa in un fluire di capelli castani e profumo di lavanda, ribaltando nuovamente le posizioni e mettendosi a cavalcioni su di lui. Cosa che lo fece ghignare apertamente nella penombra della stanza, prima di reclinare leggermente il capo all’indietro contro il cuscino.

- Niente nomi – fu il suo sussurro concitato, spezzato da un sospiro di piacere provocato dalla piacevole frizione dei loro bacini a stretto contatto.

Con la testa leggera, calò poi sulle sue labbra per un bacio rovente che li avrebbe fatti tacere per un bel po’.

Tornò al presente con gli occhi scuri sbarrati e le guance rosse di cupidigia, stordita da quel frammento di ricordo della notte precedente.

Ne aveva avuti altri quella sera, scatenati da un gesto o da una parola qualsiasi, ma mai così chiari e reali.

Deglutì a vuoto, frastornata da cosa aveva appena rivissuto.

- Alla fine ho scoperto comunque il tuo nome – le disse con un ghigno disegnato sulle labbra come se sapesse cosa aveva ricordato in quel momento, una punta di compiaciuta e pungente vittoria nella voce che la infastidì.

Odiava, letteralmente, quel suo modo da padrone del mondo. Era irritante.

- Sei un vero investigatore - lo rimbeccò sarcastica lei fingendo un’espressione meravigliata, lanciandogli poi uno sguardo fulminante da sotto le lunghe ciglia scure prima di ripuntarlo sulla acqua nel lavello.

Lui fece una smorfia alle sue parole, prima di aprirsi nuovamente in un sorrisino sfacciato.

- Si,in effetti è una delle mie innumerevoli doti - si pavoneggiò Damon con un gesto della mano.

- Anche se la migliore l’hai già scoperta ieri notte – soffiò malizioso e sfacciato, protendendosi lievemente verso di lei e scoccandole un’occhiata lussuriosa con gli occhi adamantini.

Elena roteò gli occhi al soffitto, non potendo però impedirsi di arrossire.

Infatti, quei pochi ricordi che aveva tornarono a manifestarsi prepotenti davanti ai suoi occhi.

In risposta insaponò con più forza il bicchiere, percependo il suo sguardo intrigato su di se.

Ero lo stesso che aveva percepito al bar la sera prima, quello le era rimasto impresso nella mente.

Tuttavia, cosa diavolo avesse trovato in lui di così interessante continuava a non capirlo.

Si ricordava perfettamente – una delle poche cose che rammentava distintamente – che quel suo stesso comportamento saccente da “io so tutto di tutti” e la battutina maliziosa e ambigua sempre pronta, l’avevano indisposta ma poi c’era stato qualcosa che le aveva fatto cambiare idea.

C’era stato qualcosa che l’aveva attratta, rabbrividì incredula alle sue stesse parole.

Aveva accettato da bere e poi, beh, poi i suoi ricordi sfociavano nella confusione causata dall’ubriachezza, tranne quei pochi frammenti che stavano riemergendo lentamente.

- Non ricordo quasi niente di ieri sera – gli disse volontariamente tagliente, voltandosi poi verso di lui con un sorriso felino – Evidentemente non c’è molto da ricordare – alluse chiaramente alle sue scarse prestazioni sessuali, anche se davvero non ricordava nulla e quindi non avrebbe potuto comunque giudicare.

Ma questo lui non poteva saperlo, quindi andava bene così.

Roteò leggermente il busto per mettere il bicchiere in lavastoviglie ma, forse a causa del sapone, le scivolò dalle mani.

Di riflesso tentò di afferrarlo, protendendosi con il corpo in avanti, ma si scontrò solo con la mano di lui che lo aveva già preso al volo.

Percepì le sue mani calde sotto i polpastrelli ed ebbe, come le era capitato quella sera ogni santa volta che aveva incontrato il suo sguardo, la sensazione pressante di déjà-vu.

Erano vicini ora, quasi a contatto, tanto che percepiva il suo respiro caldo contro la pelle.

Tentò di prendere il bicchiere ma lui non mollò la presa, impedendoglielo e chiudendo anche la sua mano nella presa.

- Potremmo ripetere l’esperienza allora, per rinfrescarti la memoria.- le disse malizioso, in un sussurro che sapeva di promessa di lussuria.

Elena, stizzita per quella sorta di avance, alzò lo sguardo su di lui scoprendolo più vicino di quanto credesse e intento a fissarla con un mezzo sorriso.

Strinse le labbra, cercando di placare il sempre più insistente bisogno di tirargli contro qualcosa, magari quello stesso bicchiere.

Non c’era nulla da fare: la indisponeva inverosimilmente, soprattutto quel suo modo da seduttore.

- Io avrei un’idea migliore – soffiò Elena, improvvisamente accondiscendente , avvicinandosi con fare provocatorio a lui.

Lo vide sorridere compiaciuto e vittorioso mentre lei avvicinava le sue labbra a quelle di Damon, già schiuse per l’aspettativa.

- Perché….perché non te ne vai al diavolo?! – si allontanò bruscamente proprio quando ormai erano a pochissimi centimetri da un bacio, prendendogli il bicchiere dalle mani e mettendolo nella lavastoviglie con un gesto secco.

Si concesse un piccolo sorriso di vittoria, godendosi appieno la bruciante ferita del rifiuto inferta al suo – smisurato- ego attraversargli gli occhi in un lampo, prima che essi tornassero imperturbabili come sempre.

Damon strinse le labbra in una linea serrata e stizzita, che lasciava trapelare tutta la sua irritazione.

Lei non poté fare a meno di congratularsi ancora una volta con se stessa per averlo messo a tacere. Era una sensazione dannatamente piacevole che la ripagava di tutto il nervoso che si era fatta quella sera.

- Sai ti ricordavo più simpatica –

- E io più bello- ribatté tagliente, riservandogli un sorriso fintamente sdolcinato seguito da un’occhiataccia, l’ennesima.

Non ci poteva fare nulla. Le veniva spontaneo rispondere per le rime ad ogni sua frecciatina o battuta. Era un desiderio troppo pressante per essere soppresso.

- Ouch, hai ferito il mio povero animo- si portò teatralmente una mano all’altezza del cuore, fingendosi ferito.

In verità non era sembrato per nulla toccato da quello che aveva detto, anzi sembrava quasi divertito.

Aveva già detto che non lo sopportava?

Si asciugò le mani e dopo chiuse la lavastoviglie facendola partire.

Con il vestito azzurro leggero a sfiorarle le gambe nude si avvicinò al frigo e prese il dolce, appoggiandolo poi sul tavolo in legno scuro.

Si sentì per tutto il tempo i suoi occhi addosso,ma quando si voltò lo trovò intento a guardare alcuni post-it di Jenna appesi nella piccola lavagnetta sopra i fornelli.

Doveva essere stata solo una sua suggestione, scosse la testa.

Aprì la scatola azzurra tirando fuori la torta ai lamponi, accorgendosi solo dopo che le serviva un coltello per tagliarla e che lo stesso era nel cassetto proprio contro cui era appoggiato Damon.

Si voltò, avvicinadosi per prenderlo ma lui non si spostò.

- Devo prendere il coltello- sbuffò.

- E quindi?- le domandò lui innocentemente, fingendo chiaramente di non capire.

- Spostati – affermò.

- Perché?- continuò col puro intento di innervosirla.

- La mia pazienza non è infinita, Damon- gli disse, scoccandogli un’occhiata schietta.

- Ok, ok –ridacchiò alzando le mani in segno di resa.

Sospirò, sorridendo internamente per quella vittoria, ma aveva cantato vittoria troppo presto.

Mosse infatti un passò sicura che lui si sarebbe spostato,ma ciò non accadde e così finì per andargli addosso.

- Ho già detto che ti ricordavo più simpatica?- la canzonò guardandola dall’alto del suo metro e ottanta – E anche più rumorosa, a essere sinceri – continuò calcando con malizia sulle parole.

Con le guance rosse e stizzita, lo allontanò con una spinta provocando nuovamente la sua risata.

Aprì il cassetto, prendendo il coltello.

- Comunque è un peccato che tu te ne sia andata questa mattina, avremmo potuto fare un secondo round- le sussurrò all’orecchio malizioso, tornando a pressarla con la sua vicinanza.


Lei si voltò, seppur a fatica visto la vicinanza del suo corpo, schiacciandosi contro il mobile della cucina per non toccarlo.


- Ho un coltello in mano, non vorrei doverlo usare- lo minacciò, fissandolo torva da sotto le ciglia scure.


- Uh che acida.. dovresti assumere più zuccheri per addolcirti un po’ – si allontanò di qualche passò.


- Elena, è arrivata Caroline!- fu l’urlo di sua zia dall’altra stanza.


Per fortuna, pensò.

Lui,così come era arrivato,se ne andò, senza dire nulla.

Sospirò, ora decisamente più tranquilla.

Dannazione, come avrebbe fatto ad arrivare viva e intera al matrimonio di Jenna?

Ed ecco qua il nuovo capitolo! Vi ho fatto aspettare un po’ di più dell’ultima volta, ma il capitolo sembrava proprio non voler uscire.

Spero che vi sia piaciuto anche se continua a non convincermi molto.

Ora passiamo ai soliti punti chiarificatori:

1- Cosa più importante: i personaggi sono tutti UMANI e non esiste nulla di sovrannaturale, quindi terrò conto solo di alcune cose accadute nel telefilm.

2- Questo capitolo è interamente dedicato all’incontro Damon\Elena.

Spero che la prima parte non risulti sconnessa con la seconda, dal momento che ho scritto prima l’ultima parte e poi la primaJ

Si vede chiaramente qui ciò che pensa Elena, ho cercato di renderlo il più chiaro possibile e spero di esserci riuscita. Direi che non c’è molto da dire perché si commenta da solo questo chappyJ

3- Questa storia era già stata pubblicata da me un po’ di tempo fa con lo stesso titolo ma sia causa di scarso interesse sia perché non mi convinceva più di tanto ho deciso di riscriverla tutta dall’inizio . La vecchia versione quindi è stata cancellata.

4- I personaggi di questa storia (purtroppo) non mi appartengo e non li uso per nessun motivo di lucro.

5- Se avete dubbi fatemelo sapere sia privatamente che tramite le recensioni e io vi risponderò!

5- Ho aggiunto un’immagine fatta da me( lo so che fa pietà ma sono davvero negata nella grafica e spero di non esserlo così anche nella scrittura!) ma se qualcuno volesse fare una sorta di copertina della fan fiction mi farebbe davvero piacere! Contattatemi se siete interessati.

6- Come avrete potuto notare all’inizio, oltre alla mia immagine ho messo anche un video fatto da una mia amica: Missdelena97.. Grazie tesoro! Spero vi piaccia, io lo trovo molto bello.. dateci un’occhiata…

7- Un GRAZIE gigante a tutte le persone che hanno recensito ( la storia ha già 10 recensioni, e io che pensavo non fosse un granché!), ma soprattutto a tutte le persone che mi hanno sostenuto mentre io ero in crisi perché non riuscivo a scrivere il capitolo. GRAZIE davvero!

Direi che non altro da dire se non che spero recensiate e che il capitolo vi sia piaciuto.

Fatemi sapere che ne pensateJ

Kiss kiss Live in Love.

PS: non ne sono ancora sicura ma la prossima storia che dovrei aggiornare è quella Nian.. True Love- Vero amore… tenetela d’occhio quindi perché sono molto ispirata per il prossimo capitolo!:)

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Capitolo 4
*** 3- La caccia ha inizio ***


Image and video hosting by TinyPic style="text-align: center; line-height: normal;" align="center">I WILL ALWAYS CHOOSE YOU

AVVISO: Vi lascio il link dei due video trailer della storia..TRAILER 1. TRAILER 2 .

3


La caccia ha inizio.

 

 

Fu un imponente brusio di voci esagitate e concitate ad accoglierle non appena misero piede nell’imponente tenuta dei Lockwood.


Lanciò un breve sguardo intorno a se, rifiutando un flûte di champagne offertole gentilmente da un cameriere di passaggio.

C’era chi già ballava sotto il gazebo bianco, allestito a pista da ballo, accompagnato dalla musica leggera dell’orchestra e chi, semplicemente, parlava o mangiava. Una tipica festa, insomma.

Salutando qua e là qualche persona conosciuta e destreggiandosi fra la folla, si fermarono all’angolo bar ordinando un aperitivo, rigorosamente analcolico.

Era meglio tenersi lontane da qualsiasi tipo di alcolico per un bel pò.

Anche perché l’ultima volta che aveva toccato dell’alcol si era ubriacata ed era finita col rotolarsi fra le lenzuola di un motel con quello che, qualche ora dopo, aveva scoperto essere disgraziatamente l’odioso testimone di nozze di Alaric.

Già, per sicurezza era meglio non mangiare neanche la torta al liquore e cioccolato tipica del posto.

Elena sospirò, giocando con la cannuccia rossa prima di afferrare il bicchiere e berne un lungo sorso.

Odiava quegli eventi con tutta se stessa e il fatto che la sua unica consolazione fosse un succo di frutta, non l’aiutava molto.

Tuttavia, dal momento che apparteneva sfortunatamente ad una delle famiglie dei fondatori della città, prendervi parte era quasi d’obbligo più o meno da quando aveva dieci anni.

Per un attimo, invidiò suo fratello che era al college e poteva evitarsi quell’inutile supplizio.

E poi quella sera Caroline ce l’aveva praticamente trascinata a forza, con la banale scusa che non poteva assolutamente perdersela e che si diceva in giro che i fuochi d’artificio sarebbero stati i migliori degli ultimi dieci anni. Mph, a chi voleva darla a bere!

Era ovvio che ci fosse dell’altro dietro e che la volesse da spalla per osservare un certo figlio del sindaco.

Il fatto che poi quella sera non avesse nominato neppure una volta il nome di Tyler, aveva confermato le sue ipotesi.

Caroline era logorroica fino quasi allo sfinimento quando qualcosa la interessava – e Tyler rientrava decisamente fra queste -, ma diventava anche sospettosamente silenziosa quando, invece, non voleva toccare un argomento. E quella sera lo era stata senza dubbio.

Che fra loro ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia era chiaro a tutti più o meno da sei mesi, cioè da quando il padre di Tyler era morto in un tragico incendio .

Caroline gli era stata molto vicina ed inevitabilmente era successo qualcosa di più fra loro, come le aveva confessato la bionda stessa in una rivelazione concitata al telefono qualche mese prima.

Avevano provato a frequentarsi seriamente per qualche tempo, ma poi tutto era degenerato ponendovi drasticamente fine, ufficialmente per la gelosia di lei e la poca propensione di lui a legarsi stabilmente con una donna.

Era stato il gelo a dominare all’inizio, portandoli a non rivolgersi neppure la parola se non per litigare. Si allontanati , troppo orgogliosi per chiarire e riprovarci.

Avevano fatto finta di nulla fino al momento in cui però i sentimenti li avevano di nuovo inesorabilmente avvicinati. L’attrazione fisica aveva fatto il resto.

Da allora andavano avanti in un eterno tira e molla fatto di momenti di odio e amore, gelosia e indolenza.

A lei piacevano come coppia, nonostante fossero totalmente l’uno l’opposto dell’altra e insieme sembrassero quasi uno scherzo della natura. Per certe persone era vero il detto “gli opposti si attraggono” e loro rientravano decisamente in queste, al contrario suo.

Certo, avevano davvero molti punti su cui lavorare, ma in fondo chi non ne aveva?

Era una storia alla Romeo e Giulietta, come l'aveva definita tristemente Caroline in uno dei vari momenti difficili, ma lei sperava vivamente, per ovvie ragioni, che non finesse nello stesso modo.

Sospirò, prendendo un altro sorso dal bicchiere di vetro azzurro.

Le storie di quel tipo non facevano, invece, per lei. Troppo tormentate, tumultuose e sconvolgenti per una come lei che voleva una vita tranquilla e un amore sereno, senza troppe incomprensioni e turbolenze.

Come avrebbe potuto amare e stare con una persona che era il suo esatto opposto, cioè tutte le cose che odiava, che non sarebbe stato in grado capirla totalmente? Lei voleva qualcuno di complementare, non di opposto.

Ecco perché sarebbe rimasta single a vita probabilmente, sorrise divertita dal suo stesso pensiero.

L’amore con la “a” maiuscola e totalizzante, che cercava lei, era impossibile da trovare nel mondo reale, motivo per cui si era messa in testa di non cercarlo e vivere semplicemente alla giornata.

L’ultima sua esperienza amorosa era andata orrendamente male e anche con Stefan, che aveva pensato per un certo momento essere l’uomo della sua vita, le cose erano inevitabilmente finite.

Finivano sempre, era questo il problema.

Sembrava arrivare sempre sul punto di aver trovato quello adatto, ma poi si rivelava, senza eccezione, inadeguato. E questo era accaduto ogni volta, dal primo all’ultimo. Da Matt al suo ultimo fidanzato, se così si poteva chiamare.

Ora, non aveva decisamente voglia di cercare l’amore e impelagarsi in un rapporto.

Forse per la prima volta nella sua vita non sentiva la necessità di innamorarsi, stava semplicemente bene com’era. Da sola.

Tornò con la mente alla festa, continuando a guardarsi distrattamente intorno e scacciando quei pensieri davvero inopportuni per il luogo in cui si trovava.

Nonostante detestasse parteciparvi, il barbecue del quattro luglio a casa Lockwood era però l’evento più importante di tutta l’estate. E anche il più atteso dalla comunità.

Lo era non tanto per ciò che la festa nazionale rappresentava in se, ma bensì per il gusto con cui ogni volta Carol Lockwood la organizzava.

Come al solito aveva, infatti, dato prova del suo gusto impeccabile, decorando l’immenso giardino con i colori del bianco e del blu, spargendo qua e là qualche bandiera americana.

Vicino al piccolo laghetto erano stati disposti tutti i tavoli in legno chiaro, adornati da centrotavola con fiori e tovaglie bianche, e poco lontano c’era un piccolo palchetto dove una band stava suonando una melodia dolce.

Il tutto era illuminato dalla luce rosata del tardo pomeriggio estivo e dalle luci artificiali che decoravano l’ambiente, conferendogli un’aria quasi romantica.

La serata si sarebbe svolta come ogni volta in tre parti: l’aperitivo, la cena all’aperto e infine i tradizionali fuochi di artificio. Una routine annuale di cui, tuttavia, la gente di Mystic Falls non sembrava essersi stufata.

Il giardino era già gremito di gente in abiti sgargianti sebbene la festa fosse appena iniziata, ma , come aveva detto, era davvero l’evento più atteso.

La voce di Caroline la distolse, però, dai suoi pensieri riportandola alla realtà. Si era quasi dimenticata della sua presenza, persa com’era nelle sue elucubrazioni.

- Se ti dico che ancora non ci credo, mi prendi per pazza ? – sorseggiò anche lei il suo aperitivo, guardandola da sotto le ciglia chiare scurite dal mascara.

Si voltò verso la bionda, aggrottando leggermente le sopracciglia non capendo a cosa si riferisse.

- A che cosa? – le chiese infatti confusa, sbattendo un paio di volte le palpebre.

Si portò una mano al viso, scostandosi una ciocca di capelli scuri che, a causa del lieve vento che si era alzato, le aveva oscurato momentaneamente la vista.

Si volse poi totalmente verso di lei, appoggiando il gomito sul bancone e guardandola in attesa di una risposta.

- Al fatto che tu sia andata a letto con Damon Salvatore !- trillò lei come se la cosa fosse più che palese, allargando lievemente gli occhi azzurri e facendo un gesto ovvio con la mano.

Arrossì all'istante, mentre quelle parole si appaiavano nella sua mente con immagini del tutto inequivocabili e inconfondibili. Le stesse che, seppur molto sfocate e indecise, continuavano a tormentarla da quella sera.

Dannazione , perché glielo aveva ricordato!

- Shh - le intimò perentoria, percependo le guance scaldarsi sempre più di imbarazzo al pensiero che qualcuno le avesse sentite. Ci sarebbe mancato solo quello a coronare l’elenco di cose sfortunate che il karma le stava opponendo ininterrottamente .

Si guardò intorno in modo circospetto, ma nessuno sembrava aver fatto molto caso a loro, complice anche la musica e il chiacchiericcio di sottofondo.

Meno male, sospirò rincuorata tornando a respirare normalmente.

Da quello che le aveva detto Caroline e dalla bassa opinione che ne aveva Jenna , aveva capito che era un seduttore incallito e lei non ci teneva decisamente a far sapere a quella comunità di impiccioni e pettegoli, che era Mystic Falls, di quella piccola leggerezza. Per nulla.

Basta che respirino e abbiano due gambe, erano state le esatte parole di Caroline nel descrivere le sue tipologie di ragazze e lei non aveva faticato a crederle.

Non si era sbagliata poi molto, dunque, ad inquadrarlo.

Era un vanesio e pieno di sé don Giovanni, troppo consapevole del proprio bel faccino che credeva aprire ogni porta. Cambiava le donne come i calzini, in un perfetto atteggiamento maschilista e menefreghista.

Oh no, lo aveva inquadrato perfettamente.

Tutto ciò, ovviamente, non aveva fatto altro che far bruciare di più il suo dolente orgoglio per esserci finita a letto. Tremendamente bruciare, assottigliò gli occhi.

- Comunque, grazie tante per avermelo ricordato – bofonchiò sconsolata, lanciandole un’occhiata torva.

In quella settimana aveva, infatti, fatto di tutto per dimenticare quello spiacevole sconveniente, cosa che non era riuscita a fare, purtroppo, a pieno.

E di certo Caroline non l’aveva aiutata per niente continuando a parlarne e divagarci sopra.

Se non fosse stata sua amica, avrebbe pensato che amasse girare il coltello nella piaga.

Nonostante non lo avesse più visto, il pensiero di cosa era accaduto fra loro aveva continuato a ronzarle fastidiosamente in testa, innervosendola e facendole venire degli stressanti mal di testa.

Non tanto per la cosa in se di averci fatto sesso - beh, no , anche per quello, forse – quanto piuttosto con chi fosse successo.

- Cioè, è Damon Salvatore! – affermò ancora incredula, calcando sul quel nome come se volesse dire qualcosa di per sé.

Ignorando del tutto il suo commento continuò a parlare.

- Lo stronzo, egoista, vanesio, vendicativo, seduttore fratello di Stefan – snocciolò con una smorfia e un ampio gesto della mano.

- Care, davvero, così non mi aiuti – soffiò ancora, passandosi una mano fra i capelli con un evidente sbuffo.

La conversazione che avevano avuto dopo la cena organizzata da Rick, non troppo differente da quella, le tornò improvvisamente in mente.

- E’ lui – aveva mormorato sconfortata, sedendosi con un piccolo rimbalzo sul letto e abbracciando un cuscino .

Damon se ne era andato da poco e lei aveva trascinato letteralmente Caroline in camera sua, dove si erano poi chiuse, con una scusa banale a cui solo Alaric era riuscito ad abboccare.

- Chi? - le aveva chiesto disorientata Caroline, prendendo posto al suo fianco e guardandola attenta, la fronte aggrottata nel tentativo di capire.

Evidentemente i continui sguardi che le aveva lanciato e il suo mutismo, quando erano tutti in soggiorno, non avevano sortito l’effetto desiderato visto che non aveva capito.

- Il ragazzo sconosciuto di ieri notte è lui. E’… – aveva dovuto chiudere gli occhi e deglutire a fatica, prima di riuscire a terminare la frase, sputando quel nome in un sussurro frustrato - … è Damon Salvatore – si era lasciata cadere all’indietro sul materasso.

Non ottenendo risposta aveva riaperto gli occhi, trovandosi davanti un’ammutolita Caroline a fissarla con gli occhi lievemente sbarrati, totalmente senza parole.

Beh, tutto sommato aveva reagito meglio di lei.

Dopo qualche attimo era poi scoppiata a ridere di gusto.

- Ok, carino come scherzo, anche se un po’ inquietante – aveva ridacchiato.

Doveva essere stata la sua espressione per nulla divertita, colpevole, e il suo sguardo abbassato a convincerla, però, della verità di quell’assurda rivelazione.

- Oh cazzo! - era stata la sua poco emblematica risposta, che riassumeva indiscutibilmente la situazione in cui, senza volerlo, si era andata a ficcare.

Doveva avere davvero il karma contro in quel periodo o una propensione alquanto spiccata per ficcarsi nei casini.

La bionda aveva schiuso le labbra per parlare, riuscendo solo a balbettare spezzoni di frasi disconnesse dallo shock.

- Cioè…..lui….si…lui…Oh cazzo! -

Era riuscita comunque a strapparle un sorriso con quell’affermazione, allentandole leggermente la tensione accumulata quella sera.

- Già – aveva sospirato un secondo dopo, non credendo neanche lei a tutto quello che era accaduto.

Caroline aveva tentato maldestramente e inutilmente di tirarla su di morale per il resto della sera fino a quando non se ne era andata, senza riuscirci.

- Lo so, scusa. Solo… davvero, non riesco ancora a crederci - ripeté, richiamandola al presente. - Cosa diavolo ti ha attratta di lui?- le chiese sconvolta, inclinando il volto e assottigliando gli occhi.

Oh, anche lei si era fatta un’infinità di volte quella domanda, non trovandovi mai risposta

- Ero ubriaca - si giustificò quasi infantilmente in un mormorio sommesso, stringendosi nelle spalle.

Era l’unica risposta sensata, in fondo.

- Si, ma prima di esserlo avete parlato.- le fece notare attenta.

Ma da che parte stava? Perché così non l’aiutava decisamente a non pensarci.

- Mi ha solo offerto da bere – puntualizzò con una smorfia, lievemente innervosita da quel discorso.

- Ok, è un bel ragazzo, ma ha un carattere insopportabile. Molto insopportabile – continuò - Davvero non capisco cosa ci hai trovato – scosse la testa.

- Anche io me lo chiedo – mise su un broncio così evidente da far scoppiare a ridere l’amica.

- Non c’è niente da ridere, Care – la riprese, imbronciandosi ancora di più.

Le lanciò un’occhiataccia incrociando le braccia al petto, per nulla divertita.

- Scusa, solo che è davvero incasinata come situazione – cercò di trattenere una corposa risata mordendosi le labbra.

- Possiamo cambiare discorso?- le chiese supplichevole, appoggiando il volto sulla mano e guardandola immusonita.

- Ok, accantoniamo l’argomento “ sesso con Damon Salvatore testimone di Alaric”- annuì, alzando le mani in segno di resa ma continuando, di fatto, a rigirare il coltello nella piaga.

Prese un altro sorso del suo aperitivo e tornò a guardare Elena con un sorriso.

- Di cosa vuoi parlare, allora?-

Sorrise maliziosa lanciandole uno sguardo divertito. Ora era arrivato il suo momento di fare domande scomode.

- Magari del perché Tyler ha appena evitato il nostro tavolo?- cambiò repentinamente discorso, notando proprio in quel momento il piccolo Lockwood schivare palesemente il punto del giardino in cui erano loro.

Con la coda dell’occhio vide chiaramente Caroline irrigidirsi e trattenere il respiro, segno che doveva aver centrato sicuramente il nocciolo del problema.

- Bella festa, vero? – le chiese in risposta, evitando il suo sguardo.

E quando faceva così c’era solo un motivo: nascondeva qualcosa.

- Caroline - inarcò un sopracciglio, appoggiando il fianco al bancone del bar. – E’ successo qualcosa? – le chiese, dando ascolto al suo sesto senso femminile.

- Ti ricordi che ieri sono arrivata in ritardo al nostro appuntamento? – affermò titubante, prendendo il discorso alla larga – Ecco, diciamo che ci siamo…baciati…- masticò a fatica sotto il suo sguardo indagatore, guardandola quasi colpevole.

Beh , almeno non era la sola ad avere una vita incasinata.

- E… ci ho…fatto sesso – ammise in un sussurro appena udibile, stringendosi sempre più nelle spalle.

- Che cosa? - le chiese sorpresa, sbarrando gli occhi. Sospettava che fosse accaduto qualcosa, ma di certo non si aspettava questo.

- Due volte – chiuse momentaneamente gli occhi e deglutì a fatica, in difficoltà.

Elena aprì un paio di volte le labbra non sapendo cosa dirle, ma alla fine sorrise. Seppur sorpresa da quella notizia, in qualche modo se lo aspettava.


- Lo so che avevo detto che era finita, e lo è, solo che… - gesticolò convulsamente, mentre le sue guance si arrossavano. – Ho…abbiamo ceduto – sospirò, come se si fosse liberata di un peso.

Forse era una delle rare volte in cui l’aveva vista arrossire.

- Perché non me lo hai detto ieri ?-

- Dovevo metabolizzare … e poi avevo paura che mi avresti giudicata- affermò sincera, mostrando la sua fragilità.

Elena le sorrise dolcemente, comprensiva.

- Non lo farei mai, sei la mia migliore amica - le disse. – Se vuoi parlare io ci sono, comunque –

Poteva suonare smielato e da adolescenti , ma era vero.

- E poi ti sembro la persona giusta per giudicare? Sono andata a letto con il fratello diabolico del mio ex, che è anche il mio miglior amico, nonché testimone del mio futuro zio. Non sono messa per nulla meglio. – tentò di alleggerire l’atmosfera con l’autoironia.

Entrambe scoppiarono a ridere un attimo dopo.

********************************

Elena lanciò un ultimo sguardo distratto allo specchio davanti a se, finendo di lavarsi le mani e poi asciugandosele.

- Non vedo l’ora che incominci a lavorare al giornale – affermò allegra Caroline, aggiustandosi il trucco.

- Anche io - le sorrise realmente felice - Non ne posso più di stare a casa a non far niente -

Il martedì dopo avrebbe, infatti, incominciato a lavorare al giornale di Mystic Falls, che era anche affiliato alla rete televisiva dove lavorava Caroline.

Si sarebbero quindi viste ogni giorno e, in un certo senso, era come tornare al liceo.

Era stata proprio lei a procurarglielo, qualche giorno prima, parlando direttamente con il responsabile.

Nonostante non fosse il miglior giornale al mondo e che sarebbe stata in prova per le prima due settimane, si sentiva elettrizzata ed entusiasta come non le capitava da tempo. Aveva voglia di mettersi in gioco e farcela da sola con le proprie forze.

- Conosco un posto vicino agli uffici davvero fantastico per pranzare – affermò - Il cibo è buono, non è caro e , soprattutto, è lontano dalle snervanti lamentele di Andie – bambola-gonfiabile- Star. – continuò, facendola ridacchiare.

Da quello che aveva capito Andie Star e Caroline non andavano molto d’accordo e si contendevano il posto di presentatrice del Tg delle 19, cioè il più importante della giornata.

La bionda, quando ci si metteva, sapeva essere davvero competitiva e non stentava a credere che fra le due fosse nata subito rivalità.

- Sei tremenda – l’apostrofò, comunque divertita. – Magari non è così male – alzò le spalle.

- Aspetta di conoscerla e non la penserai più così – la mise in guardia con una risata, chiudendo il cofanetto del fard.

Rise anche lei, sistemandosi i capelli e, passandovi le dita dentro, tentò di sciogliere i nodi che il vento aveva creato.

Finirono di sistemarsi e poi uscirono dal bagno.

Evitarono accuratamente di passare dal salone principale, dove Carol Lockwood e le sue amiche stavano spettegolando, e raggiunsero l’entrata.

Se si fosse, però, accorta un secondo prima di chi c’era lì, sarebbe passata sicuramente da tutt’altra parte per evitarlo, anche dalle finestre. Preferiva di gran lunga le svenevolezze e le chiacchere futili della padrona di casa a lui.

Strinse le labbra, fermandosi di colpo ed incontrando di sfuggita uno sguardo maliziosamente azzurro.

Damon Salvatore si stagliava con tutto il suo metro e ottanta a pochi passi dalla porta principale, avvolto nella solita camicia nera, fatta perfettamente su misura, e un bicchiere in mano che stava lentamente sorseggiando.

- Barbie – salutò Caroline ignorando bellamente Elena, facendole ribollire il sangue per l’indignazione.

Assottigliò gli occhi sdegnata, incrociando le braccia sotto il seno.

Chi diavolo credeva di essere per non degnarsi neanche di salutarla?

Non c’era nulla da fare, ogni cosa di quel ragazzo la indisponeva. Doveva essere un fattore di chimica o qualcosa del genere, probabilmente.

- Satana – contraccambiò il saluto la bionda con un’evidente smorfia, facendola sorridere internamente compiaciuta per quella risposta.

Caroline sembrò però notare improvvisamente qualcosa di interessante fra la folla alle spalle del ragazzo, perché allungò il collo e un secondo dopo si voltò verso di lei con uno sguardo di scuse che non prometteva nulla di buono.

- Scusa se me ne vado, Elena, ma come puoi notare la compagnia non è delle migliori – affermò cogliendo l’occasione al volo, lanciando un evidente occhiata truce a Damon e gelandole il sorriso di poco prima sulle labbra.

Non ebbe neanche il tempo di fermarla che lei era già scomparsa oltre la porta, lasciandola basita.

Ecco, quella sarebbe stata una cosa che non le avrebbe perdonato mai presumibilmente.

Il silenzio calò subito fra loro due, proprio come era accaduto la sera della cena e lei, come allora, non aveva alcuna intenzione di interromperlo.

Damon continuò a non degnarla di uno sguardo, trangugiando l’ultimo sorso di liquore nel bicchiere.

Decisa ad andarsene e a non rimanere un minuto di più in sua compagnia, tanto più che sembrava ignorarla, mosse un passo in avanti venendo, però, subito bloccata dal corpo di lui.

Damon aveva infatti mosso di riflesso un passo indietro, sbarrandole di fatto la strada e lanciandole uno sguardo sghembo.

- Spostati - gli intimò senza tanti giri di parole, fulminandolo con gli occhi scuri.

Lu non si spostò di un millimetro, limitandosi a sfoderare il suo solito sorrisetto strafottente e a guardarla divertito.

Ora erano più vicini, i loro petti quasi a sfiorarsi talmente esiguo era il divario.

- Ciao anche a te, Miss simpatia. No, io sto bene, grazie. Mi sto divertendo un mondo a questa patetica e noiosa festa – affermò ironico, inclinando lievemente il volto verso destra, nella sua direzione.

Le labbra le si schiusero automaticamente per l’indignazione. Cioè, lui non la degnava di un saluto e poi osava ancora fare l’offeso?

Elena fece ricorso a tutta la sua pazienza per non tirargli contro la borsetta o magari qualcosa d'altro di più pesante.

Come diavolo faceva ad essere così irritante?

Inspirò profondamente, cercando di non innervosirsi, ma lui era così vicino che, all’ossigeno, si mischiò il suo profumo mentato che le mozzò il respiro in gola.

Ancora una volta lo trovò stranamente familiare, quasi conosciuto.

Ignorò quello stupido pensiero, relegandolo nell’angolo più lontano della sua mente, tornando a rivolgersi a lui.

- Spostati – ripeté col solo risultato di farlo ghignare ancor più apertamente.

Probabilmente lui si doveva divertire infinitamente ad irritarla, constatò, visto il brillio di divertimento che gli attraversò gli occhi imperscrutabili.


- Non si usa più la parolina magica “per favore”?- la canzonò.

- Damon, lasciami passare – fu il massimo della gentilezza che riuscì a proporre, non esimendosi comunque dal lanciargli un’occhiataccia.

Continuò a sorriderle maliziosamente sfacciato, indignandola immensamente.

- Perché non mi sposti tu, allora ?- la provocò palesemente in un sussurro saturo di malizia e sensualità, arrossandole inspiegabilmente le guance.

La inchiodò con uno sguardo di sfida, provocatorio, a cui lei non seppe non rispondere.

Non poteva farci nulla, nonostante si imponesse di ignorarlo e non ribattere alle sue provocazioni , alla fine cedeva sempre. Era più forte di lei.

Contraccambiando quello sguardo e per nulla intimidita, gli appoggiò una mano sul petto, facendo pressione e costringendolo a spostarsi.

Sotto i polpastrelli percepì distintamente il calore del corpo e la consistenza tonica dei pettorali, che le provocò la pelle d’oca lungo la schiena, dalla base fino alla nuca.

Come scottata allontanò subito la mano, mordendosi sconcertata il labbro inferiore.

Deglutì a vuoto muovendo un passo oltre di lui, cercando di lasciarsi alle spalle quella strana sensazione.

Le era sembrato come una piccola scossa elettrica, piacevole e fastidiosa al col tempo. Era stato un… brivido, notò stupita e sorpresa.

No, si doveva essere sicuramente sbagliata. Per quale ragione avrebbe dovuto provare un qualcosa del genere con lui? Non c’era nulla che li legasse e lei non ne era attratta né mentalmente né fisicamente.

Si, doveva aver frainteso quello che, magari, era semplicemente un tremito di freddo.

Con la coda dell’occhio lo fissò per vedere se avesse notato la sua reazione, ma fortunatamente stava guardando da tutt’altra parte e non sembrava essersi accorto di nulla.

Sospirò rincuorata. Damon aveva già fin troppi elementi da usare contro di lei, ci sarebbe mancato solo quel fraintendimento. Vanesio com’era avrebbe pensato che lei ne era attratta, cosa probabile come che il cielo diventasse rosa da un momento all’altro!

Non ebbe però neanche il tempo di uscire sul portico perché un’altra persona le si parò davanti, sbarrandole nuovamente la strada.

- Stefan !- lo riconobbe subito, mentre le sue labbra si tendevano in un sorriso spontaneo.

- Ehi - le sorrise lui - Sono arrivato ora e ti stavo cercando…- si bloccò improvvisamente, spostando gli occhi oltre le sue spalle e notando un’altra presenza.

La stessa di cui Elena si era momentaneamente dimenticata.

- Damon? – domandò infatti sorpreso, aggrottando le sopracciglia in una buffa espressione confusa.

Stefan fece vagare lo sguardo alternativamente da uno all’altro e viceversa, cercando di capire cosa fosse accaduto ed Elena sperò vivamente di non aver dipinta in volto l’espressione colpevole che si sentiva.


- Davvero perspicace fratellino - fu la risposta sarcastica e pungente di Damon, che l’affiancò.

- Vi conoscete? - chiese esitante, continuando a guardarli sospettoso.

Elena sentì il respiro bloccarsi in gola e le guance andare immediatamente in fiamme.

Ecco, lo sapeva che prima o poi quel discorso sarebbe saltato fuori, motivo per cui aveva fatto di tutto per evitarlo.

Si era tenuta volutamente lontana da casa Salvatore e non le era dispiaciuto poi troppo che Stefan avesse dovuto lavorare tutta la settimana, almeno aveva evitato di incorrere nello spiacevole argomento “ho fatto sesso con tuo fratello”.

Argomento che era fermamente decisa a non discutere con lui.

- Oh, si. – annuì compiaciuto il più grande dei fratelli Salvatore e lo sguardo che le lanciò di sfuggita sapeva decisamente di sfida, provocazione e malizia. Molta malizia.

Tornò poi a rivolgersi al fratello, ghignando e affondando una mano nella tasca dei pantaloni, anch’essi rigorosamente neri.

- Ci siamo conosciuti molto intimamente – soffiò un secondo dopo allusivo, ghignando spudoratamente al suo indirizzo.

Percepì le guance scaldarsi di imbarazzo al ricordo di quanto intimo fosse stato il loro incontro e il suo sguardo bruciante sulla propria pelle non l’aiutò molto.

Deglutì, cercando di elaborare il più velocemente possibile una risposta sensata da opporre a quella frecciatina maliziosa.

- E’ il testimone di Alaric, ci siamo conosciuti alla cena organizzata da lui – affermò illuminandosi improvvisamente, tentando di essere il più sicura possibile.

Infondo, si disse, era una mezza verità visto che fino ad allora lei non aveva saputo chi fosse.

Stefan si rivoltò verso Damon, permettendole di tornare momentaneamente a respirare senza il suo sguardo indagatore.

- Non mi avevi detto che eri il suo testimone!- affermò piccato e vagamente offeso all’indirizzo del fratello maggiore.

- Non sapevo avessimo iniziato a confidarci i segreti – roteò gli occhi chiari al cielo con evidente ironia – Ma non ti preoccupare, d’ora in avanti scriverò anche io alla posta del cuore di Santo Stefan.- lo canzonò con un ghigno sulle labbra.

- Piantala Damon – lo riprese per nulla divertito, seccato, incrociando le braccia al petto.

- Piantala tu Stefan, il fatto che abitiamo insieme non ti autorizza a ficcare il naso nei fatti miei – assottigliò gli occhi in due lame di gelido ghiaccio, nessuna traccia dell’ironia di poco prima nella voce.

Elena rimase sconcertata da quel repentino cambio di umore. Sembrava quasi che quella frase fosse riferita ad altro, ad un qualcosa di passato e non al presente.

Senza dire null’altro Damon marciò fuori, scomparendo fra la folla di gente urlante.

- Non lo sopporto – sbuffò Stefan, passandosi una mano sul volto e tornando a guardarla. Di certo non faticava a credergli visto che era lo stesso per lei.

Stefan sospirò, per poi sorriderle e passarle fraternamente un braccio intorno alle spalle.

- Che mi racconti di bello? Questa settimana non ci siamo visti molto –

Si morse un labbro, soppesando la risposta.

Allora, ho fatto sesso con tuo fratello da ubriaca, scoperto poi che era il testimone di Alaric, cercato di evitarti per non dirtelo e sono venuta a sapere che Caroline ha di nuovo una tresca con Tyler.

Nah, era decisamente meglio sorvolare su quei particolari.

- Niente di che – gli sorrise innocentemente scuotendo il capo. – Tu?-

Si, era meglio non fargli sapere di quel piccolo sconveniente.

****************************

Prese un altro sorso di liquore dal bicchiere finemente lavorato, percependo subito il familiare bruciore dell’alcool giù per la gola che lo svegliò parzialmente.

Non aveva mai visto una festa così noiosa in tutta la sua vita. E lui di feste ne aveva girate davvero molte.

Sospirò sempre più annoiato, facendo vagare lo sguardo disattento per il giardino affollato di persone.

I barbecue di Carol Lockwood, per quanto accuratamente preparati, erano tremendamente tediosi, si disse. E ipocriti.

Il giardino era popolato di gente agghindata come se avesse dovuto partecipare al più grande evento mondano dell’anno e non ad una stupida festa .

Roteò gli occhi al cielo per quella banalità. Beh, probabilmente era davvero l’evento più atteso dell’anno da quelle parti.

Continuò a far vagare lo sguardo intorno a se, prendendo un altro sorso dal bicchiere sempre più vuoto.

Almeno i liquori erano di buona qualità.

Carol Lockwood gli passò improvvisamente accanto avvolta nel suo svolazzante abito pervinca senza neanche notarlo, troppo presa dal dispensare sorrisi di finta cordialità a tutti.

Scommetteva, infatti, che non sopportasse la stragrande maggioranza degli invitati e che giudicasse l’altra metà troppo insulsa per ricevere le sue attenzioni.

Nonostante tutto, però le piaceva come persona. O meglio, tra tutte le persone fintamente perbeniste di quella dannata cittadina festaiola, era la più sopportabile.

Alzò mollemente il braccio, richiamando l’attenzione del barista ed ordinando con voce strascicata un altro bicchiere di liquore.

Si rivoltò poi verso il giardino, debolmente illuminato dalle fiaccole e addobbato di bianco e blu.

Con lo sguardo si districò fra le persone, questa volta alla ricerca di una persona ben precisa.

La stessa che continuava a stuzzicargli la mente da un po’ di giorni a quella parte.

La trovò subito e facilmente, intenta a chiacchierare sotto il portico della casa nello stesso esatto punto in cui l’aveva lasciata lui poco prima.

Ghignò. Era impossibile non notare quell’abito fiorato che le accarezzava le gambe in un movimento lento ed ipnotizzante.

Ne lambì con gli occhi la figura snella, beandosi della vista di quel poco che la scollatura a cuore e la posizione lasciavano intravedere da quella distanza. Davvero troppo poco, purtroppo.

Si appoggiò con la schiena al bancone rialzato del bar, godendosi meglio quella vista tanto deliziosa all’esterno quanto fastidiosa all’interno.

Era una bella ragazza, certo, ma non era quello a intrigarlo.

Aveva un caratterino tutto pepe e un’ironia tagliente come una lama che non gli andavano per nulla a genio, soprattutto per quel suo voler essere sempre perfettina e contenuta, quasi trattenuta. E per uno come lui, trasgressivo e senza limiti, il trattenersi non era certo un pregio.

Il fatto che poi lei continuasse costantemente a respingerlo e ribattesse ogni santa volta alle sue battutine con quel fare da maestrina, non aiutava molto.

Strinse le labbra stizzito dai suoi stessi pensieri.

C’era però un qualcosa in lei, che non era ancora riuscita a identificare, che lo intrigava e infastidiva tremendamente al col tempo

Certo si divertiva un mondo a farla innervosire e a metterla in imbarazzo davanti ai suoi amici.

Era un piacere unico vederla arrossire, sapendo di averla infastidita, cosa che lo ripagava di tutto il nervoso che gli provocavano i suoi fastidiosi pensieri.

Elena Gilbert per lui era un mistero fatto di luci e ombre strettamente ingarbugliate in una trama incomprensibile .

Non la conosceva da molto, era vero.

Tuttavia non ci aveva mai messo molto ad inquadrare una donna : o erano avide arriviste che tentavano di sedurlo per i suoi soldi oppure quelle ingenue con vane speranze di trovare il vero amore, il suo genere preferito.

Ne aveva incontrati di entrambe le categorie ma lei non apparteneva a nessuna di quelle.

In verità poi c’era anche un terzo gruppo che comprendevano quelle frigide e rigide che arrivavano vergini al matrimonio, ma non era certo la tipologia che frequentava lui.

Ma decisamente non apparteneva neanche a quest’ultima, visto come i suoi ricordi di quella notte gliela continuavano a mostrare. Accaldatasuadentesospiratrice.

Indurì la mascella a quel miraggio sfocato della sua mente.

Roteò il liquore nel bicchiere, portandoselo poi distrattamente alle labbra per un altro lungo sorso.

Elena Gilbert era contorta e contraddittoria, scontrosa e un po’ ritrosa .

Comportamento che sembrava avere solo con lui, per di più. Cosa alquanto strana visto che di solito era tutte molto disponibili nei suoi confronti.

E poi odiava quel suo essere sempre così perfettina. Era irritante, convenne socchiudendo gli occhi e bevendo ancora un sorso di whisky.

La guardò ridere genuinamente a una battuta del piccolo Lockwood e rivolgersi poi a quel ragazzo barista. Com’è che si chiamava, più? Mutt? Matt ?

Una bionda in uno striminzito vestito si avvicinò ancheggiante al bancone, ordinando da bere e ammiccando poi al suo indirizzo con un’occhiata languida che lui ricambiò con un sorriso malizioso.

Magari avrebbe potuto scaldargli il letto quella notte, in mancanza di migliori soluzioni.

Ritornò poi con lo sguardo adamantino sull’oggetto dei suoi stressanti pensieri, aprendosi in una smorfia corrucciata.

C’era però qualcosa che lo attraeva, anche se non riusciva proprio a capire cosa fosse.

Era la stessa cosa che lo aveva intrigato la prima volta e che continuava ad attrarlo. Eppure lei non aveva mai più avuto il comportamento di quella sera con lui, si era sempre mostrata nervosa e infastidita nelle due occasioni in cui si erano incontrati.

Forse era semplicemente il fatto che quando se l’era portata a letto fosse mezzo ubriaco e che quindi, di conseguenza, ricordasse poco e niente .

Quella mattina si era svegliato, infatti, intontito da tutto l’alcool che aveva ingerito la sera prima e aveva impiegato qualche attimo a ricordare cosa era accaduto la sera precedente.

Si, doveva essere solo quello, si dissuase.

Ghignò, convincendosi maggiormente di quel pensiero.

Prima se la fosse portata a letto prima tutto sarebbe passato e avrebbe potuto puntare un’altra preda, tornando alla sua vita.

Doveva essere il fatto che fosse così ritrosa ad attrarlo, ma non appena l’avesse avuta e si fosse tolto lo sfizio sarebbe tornato il solito Damon spensierato e senza ossessioni.

Si, doveva solo attirarla nel proprio letto e tutto si sarebbe risolto in una bolla di sapone.

Non ci sarebbe voluto neanche molto tempo, ne era sicuro.

Infondo nessuna persona di sesso femminile e sana mentalmente sapeva resistergli ed Elena Gilbert non avrebbe fatto la differenza.

- Si può sapere cosa stai facendo?- esordì Stefan comparendo all’improvviso al suo fianco.

Finse subito di non vederlo e avrebbe voluto continuare a farlo, dal momento che non voleva parlare con quel noioso di suo fratello, ma poi si disse che prima capiva cosa voleva prima se ne sarebbe andato.

Osservò quel poco di liquido ambrato ancora presente nel bicchiere, prima di alzare lo sguardo su di lui.

- Bevo, no? - aggrottò le sopracciglia in una smorfia sarcastica e confusa, alzando con la mano il bicchiere e sventolandoglielo davanti.

- Hai capito cosa intendo - borbottò lui, continuando a fissarlo torvo nella sua tipica espressione tormentata. Aveva già detto che non sopportava suo fratello?

- No, in verità no. -

- Perché stai ronzando intorno ad Elena? - tagliò corto lui, inchiodandolo in uno sguardo severo.

Non lo tollerava quando parlava così, sembrava la perfetta copia di loro padre.

- Io non ronzo proprio intorno a nessuno - affermò innocente, non riuscendo tuttavia a farsi scappare un sorriso divertito.

Adorava, letteralmente, innervosire Stefan e fargli saltare i nervi. Forse veniva dopo solo al sesso nella lista delle sue cose preferite da fare.

- Qualunque cosa tu stia facendo allora smettila - gli intimò con un gesto secco della mano.

Dio, Stefan era così patetico con quei suoi comportamenti da principe azzurro.

- Se no cosa succede?- lo provocò – Mi metti in punizione, papà Stefan?- lo canzonò divertito.

Prese un altro sorso di liquore, nascondendo il suo sorriso divertito nel bicchiere.

- Damon, parlo sul serio. Tieni lontano da Elena tutte le tue mire seduttive e lasciala in pace. – affermò risoluto.

- Magari lei non la pensa così - inclinò lievemente il volto sorridendo maggiormente, volutamente malizioso.

Chissà cosa avrebbe pensato il suo fratellino se avesse saputo che l’aveva già avuta.

- Non sto scherzando – gli intimò.

- Neanche io-

- Ok, ok - alzò poi le mani in segno di resa al suo sguardo torvo, roteando gli occhi al cielo per quel suo comportamento. Era così da Stefan.

- Non c’è nulla di cui ti debba preoccupare. Non è neanche un gran che - affermò con aria sufficiente, dissimulando i suoi reali interessi.

Era meglio non fargli capire quali erano le sue intenzioni perché se no gli avrebbe messo sicuramente i bastoni fra le ruote.

- Puoi anche toglierti l’armatura da principe azzurro della Disney, non ho nessuna mira su di lei.-

Stefan non disse altro, limitandosi a lanciargli un’altra occhiata torva prima di allontanarsi da lui ad ampi passi.

E così Stefan non voleva che girasse intorno ad Elena, eh? Un sorriso malizioso si delineò malignamente sulle sue labbra guardandolo allontanarsi nella direzione opposta alla sua.

Sarebbe stato ancora più divertente fare cadere la piccola Elena nella sua tela.

Finì tutto di un sorso il liquore nel bicchiere, posandolo poi sul bancone del bar.

Ghignò, fissando suo fratello poco lontano a chiacchierare con Elena, la sua piccola e ingenua preda.

I fuochi d’artificio scoppiarono improvvisamente in cielo con un roboante suono, illuminando i volti degli estasiati invitati di luci colorate.

La caccia aveva inizio.

 

 

 

Salve gente! Come state? Io bene, sono stata ammessa a giornalismo ! Come al solito passo a spiegare per vari punti:

1-Innanzitutto, mi scuso per averci messo così tanto a postare questo capitolo, ma ho dovuto scrivere quello Nian prima e non è stato facile uscire da quei personaggi ed entrare in questi. Ci è voluto un po’ ma alla fine ce l’ho fatta! Per farmi perdonare però ho scritto un capitolo bello lungo, spero però che non risulti prolisso.

Allora ci sono due punti di vista differenti nel corso del chappy: nella prima parte e nella seconda ci sono i pensieri di Elena, mentre nell’ultima parte sono quelli di Damon. È stato strano e un po’ difficile calarsi nei suoi pensieri e nel suo modo di essere, ma spero di esserci riuscita e che le sue battute risultino coerenti con il personaggio.

Inoltre, ho voluto creare una sorta di parallelismo fra la parte dal punto di vista di Damon ed quella di Elena. Infatti, se notate attentamente alcuni temi vengono trattati in entrambe le parti. L’ho fatto per mettere in risalto le loro differenze caratteriali, oltre che il loro modo di pensare. Risulterà fondamentale più avanti nei capitoli.

Lentamente le cose iniziano a muoversi, molto piano ma meglio di niente. Come dico sempre nella mia ff Nian, non aspettatevi subito baci o cose varie, non sarebbe coerente con il progetto della storia che ho in mente e con quello che è la mia concezione di scrivere.

Ogni cosa, bella o brutta, ha bisogno di tempo per crescere e i rapporti non fanno differenza.

Dovete solo aver pazienza, perché ogni cosa ha i suoi tempi, ma verrete ripagati non temete.

Ho voluto inserire anche Caroline in questo capitolo perché è un personaggio che io amo e sarà fondamentale per la storia. Inoltre penso che in seconda fila e molto vagamente tratterò della sua storia con Tyler, come accade un po’ per la coppia Alaric\Jenna.

Direi che sul capitolo non ho altro da dire.

Comunque se avete dubbi o domande da farmi, contattatemi pure sia privatamente che tramite le recensioni, mi farà piacere chiarirli e parlare con voi!

3- 2 - Allora visto il tremendo ritardo che ho avuto nel postare questo capitolo, ho pensato di ricompensarvi: tutte le persone che recensiranno avranno uno piccolo spoiler sul prossimo capitolo, che sarà abbastanza importante per lo svolgimento della storia.

3 - Un GRAZIE gigante a tutte le fantastiche persone che hanno recensito lo scorso capitolo, le vostre parole mi hanno fatto davvero piacere! Come al solito mi motivate e invogliate a scrivere….vi adoro.

4- Il prossimo aggiornamento non so quando arriverà. Ormai avrete capito che aggiorno una volta questa fanfiction e una quella Nian. Spero di non metterci molto comunque.

5- Cosa più importante: i personaggi sono tutti UMANI e non esiste nulla di sovrannaturale, quindi terrò conto solo di alcune cose accadute nel telefilm.

6- La mia designer ufficiale (missdelena97) ha fatto un altro video trailer della fan fiction. Il link lo trovate all’inizio insieme all’altro ma ve lo lascio anche QUI .

Ha come oggetto principale i loro sguardi e la loro chimica, fate ben attenzione alle immagini perché alcune torneranno! C’è anche un video sul capitolo che tratta la parte finale del capitolo, quella dal punto di vista di Damon. Vi lascio anche quel link ->QUI

Guardateli perché sono davvero ben fatti e belli.

Ah, tenete d’occhio il suo canale perché spesso pubblica video sulle mie fanfiction prima che io pubblichi i capitoli.

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e che vogliate farmi sapere cosa ne pensate. A me sinceramente non convince molto ma , come dice Ali, a me non piacciono mai.

Lascio a voi l’arduo giudizio:)


PS: la prossima storia che aggiornerò è quella nian True Love- Vero amore, quindi tenetela d’occhio…vi avviso ci sarà una sorpresa …

Kiss kiss Live in love

 

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Capitolo 5
*** 4-Deja-vù ***


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ATTENZIONE: Qui trovate i link dei video trailer della fanfiction. TRAILER 1 TRAILER 2

I WILL ALWAYS CHOOSE YOU

5

DEJA-VU’.

- Cosa ci fai tu qui? -

Fu questa l’automatica domanda che le sfuggì dalle labbra e le fece corrugare le sopracciglia non appena una figura slanciata aprì la porta di casa Salvatore, palesandosi in tutta la sua tonica fisicità.

Due altezzose iridi chiare la scrutarono subito con quel modo altisonante e fremente che le caratterizzavano, dissimulando con maestria e sarcasmo l’iniziale sorpresa nel trovarsela davanti.

Un brillio di compiaciuto divertimento le attraversò un secondo dopo averla riconosciuta, animandole vivacemente e preannunciandole la solita sequela di battutine maliziose che ormai distinguevano i loro incontri.

Le sorrise, o meglio ghignò, e appoggiò un braccio alla porta, sistemandosi meglio come a pregustare già il sapore di quell’incontro. Un sapore che era sempre pungente, dolce-amaro con un retrogusto di frizzante malizia.

Elena richiuse invece le labbra, che aveva involontariamente dischiuso, piegandole in una smorfia corrucciata.

Vedere alle otto di mattina Damon Salvatore non era assolutamente una cosa salutare per i suoi nervi.

Per niente, incrociò sulla difensiva le braccia al petto.

Restarono a fronteggiarsi in silenzio per alcuni brevi secondi, che però a lei sembrarono lunghissimi, senza dire nulla e lanciandosi occhiate opposte.

Lui, infatti, si limitò semplicemente ad osservarla con i suoi soliti sguardi misteriosamente ambigui e maliziosi, squadrandola in quel modo che la irritava da morire. Sembrava dover sempre esaminare superbo dall’alto in basso chi aveva davanti, constatò mentre percepiva già distintamente l'irritazione iniziare a diffondersi in lei .

Gli restituì un'occhiata irritata, facendo aumentare smisuratamente il suo sorriso.

Damon inclinò poi impercettibilmente il volto distogliendo gli occhi dai suoi e lambendole il corpo in una lunga occhiata carezzevole, soffermandosi, per alcuni languidi secondi, sulle sue gambe lasciate generosamente scoperte dai pantaloncini corti che indossava.

L’indignazione per quella sfacciataggine le si riversò a fiotti nelle vene, facendole arrossare prepotentemente le guance di un rosso così intenso da rasentare il porpora.

Si morse innervosita le labbra, assottigliando gli occhi e trattenendosi dal picchiarlo.

Era quanto mai ambiguo e strano di come quel maledetto Salvatore riuscisse a suscitare in lei emozioni così forti, irruenti.

Non era da lei innervosirsi per nulla – anzi era sempre stata così paziente e calma! -, eppure bastava un suo sguardo maliziosamente oltraggioso o una battutina a farle scattare qualcosa dentro.

Era più forte di lei: in lui c’era qualcosa che le scatenava sempre reazioni tumultuose, quasi violente, che l'avvolgevano così velocemente da toglierle il respiro.

Lui ghignò invece apertamente compiaciuto, scambiando probabilmente quel rossore per un lusingato imbarazzo e facendola irritare inconcepibilmente ancora di più.

Era proprio vero che i maschi pensavano ogni sei secondi al sesso.

-Non so, ci vivo?- ipotizzò sarcastico Damon, aggrottando ironicamente le sopracciglia e rispondendo alla sua iniziale affermazione.

Elena lo fulminò con gli occhi scuri, per nulla divertita da quella battuta, rifilandogli poi una lunga occhiata torva.

La stessa che ormai era diventata un’abitudine lanciargli e che sembrava divertirlo enormemente, visto il solito mezzo sorriso smaliziato in cui si aprì.

Un po' stizzita da quella reazione, serrò ancora di più le braccia sotto il seno non rendendosi minimamente conto che, così facendo, aveva messo in evidenza la sua scollatura che fu fulmineamente lambita da due vispi occhi chiari.

Rialzò lo sguardo su di lei un attimo dopo, trovandola estremamente corrucciata e con un sopracciglio seccamente inarcato al suo indirizzo che lo fece ridacchiare appena, lieve e divertito.

- Simpatico - l’apostrofò senza un minimo di ilarità nella voce, un finto sorriso ad inclinarle le labbra.

Lui continuò a sostenere il suo sguardo, un brillio di sfuggente divertimento a colorargli gli occhi e il ghigno sempre più ampio sulle labbra.

-Tu invece sei molto perspicace – la rimbeccò beffardo, portandola a roteare gli occhi al cielo.

Perché doveva sempre ribattere? Si chiese annoiata e infastidita.

Non lo sopportava, non c’era nulla da fare. Non sopportava quel suo essere altero e superbo, malizioso e perennemente sarcastico.

Per fortuna non lo avrebbe rivisto per tutto il fine settimana, sospirò più leggera e soddisfatta.

L'aspettava un rilassante week -and nella tenuta in montagna dei Salvatore e Jeremy sarebbe tornato il martedì successivo.

Inoltre, se fosse stata particolarmente abile ad evitare casa Salvatore, si sarebbe prolungato quel delizioso tempo senza la sua presenza.

Si, si disse più rincuorata e spensierata, doveva pensare a quello.

Fece poi per rispondergli acidamente ma, solo in quel momento, i suoi occhi captarono un particolare quanto mai importante che le era evidentemente sfuggito.

Arrossì violentemente, questa volta di puro imbarazzo mentre le parole le si strozzarono in gola in un soffio inudibile accavallandosi in pensieri sconnessi.

Soltanto allora, infatti, notò che la camicia scura e fatta sicuramente su misura che indossava era mezza aperta lasciando intravedere una buona porzione della parte superiore del petto.

Trattenne il respiro e si sentì avvampare. I suoi occhi seguirono, di loro spontanea volontà, la linea sicura dei pettorali delineandone i contorni.

Accadde poi tutto in così pochi secondi che neanche si accorse di cosa stava pensando.

Si morse istintivamente un labbro, torturandolo impietosamente con i denti senza riuscire a distoglierne lo sguardo. Era come se non ci riuscisse.

Si dava l'ordine di farlo ma i suoi occhi non rispondevano. Non volevano rispondere, notò sconcertata e shoccata.

Esterrefatta dal suo stesso comportamento ci riprovò, ma, un attimo dopo, fu qualcosa d'altro a shoccarla totalmente.

Chissà se erano tonici come sembravano, fu il quesito spontaneo e la voglia di tastarne manualmente la veridicità la fulminò sul posto, annebbiandole la mente di sconcerto.

A giudicare da com’erano scolpiti dovevano essere anche sodi, fu il pensiero mal sano della parte più remota, ma decisamente sveglia, del suo cervello.

Quella riflessione le rimbombò nella mente senza che lei ne capisse realmente il significato per alcuni secondi e, quando lo comprese, boccheggiò scioccata, sentendo le guance andare sempre più in fiamme per quel pensiero decisamente non da lei.

Cosa diavolo aveva appena pensato? Si chiese orripilata.

Tuttavia, nonostante si ordinasse tenacemente di farlo, non riuscì a distogliere lo sguardo per alcuni interminabili attimi dalla sua figura.

Il calore bruciante dell’imbarazzo la pervase spietatamente, scaldandola più del sole già alto in cielo.

Cosa diavolo le era preso? Si chiese riuscendo, finalmente, a distogliere lo sguardo che puntò ostinata sul muro dietro di lui.

Cioè, deglutì spaesata,  non era da lei fare quei pensieri! O meglio, li faceva anche, ma era inconcepibile che avesse quel tipo di pensieri verso Damon.

Il suo orgoglio protestò vivacemente, indignato da quel pensiero.

- Potresti anche curarti di essere presentabile prima di aprire la porta, comunque - bofonchiò arrossata e accaldata, più inasprita con se stessa per aver concepito quel pensiero che con lui.

Prese poi un profondo respiro, cercando di scacciare i postumi di quella riflessione e di calmarsi.

In qualche modo il fatto di aver pensato a lui in quel modo la indispettiva, innervosendola più di quanto fosse normale.

Perché diavolo era accaduto? Si domandò ancora in cerca di una risposta, socchiudendo lievemente gli occhi.

Prese un'altra lenta boccata di ossigeno, continuando a ripetersi come un mantra che era colpa del caldo che opprimeva l’aria, nonostante l’ora mattutina.

Si, doveva essere sicuramente così, si convinse.

Lievemente più tranquilla rialzò lo sguardo, facendo il colossale errore di incontrare quello di Damon, così colmo di malizia da renderlo liquido e plumbeo.

Sorrideva, come al solito, con quel mezzo sorriso che, però, in quel momento  le infuse una strana sensazione di insicurezza.

Il timore che lui avesse colto in qualche modo il pensiero che aveva avuto e il rossore anomalo delle sue guance, la gelò sul posto portandola a guardarlo di sottecchi e circospetta.

Studiò la sua espressione, trattenendo il respiro in attesa della battutina sfacciata e maliziosa.

Battutina che tuttavia non arrivò.

Lui non disse inaspettatamente nulla, limitandosi solo a continuare a guardarla. Cosa che la sorprese non poco.

Era già pronta a difendersi dalle sue frecciatine e invece lui sembrava non essersi accorto di nulla. Davvero strano.

Almeno per una volta fortunatamente il karma sembrava sorriderle e lei lo colse come un buono auspicio per il week- and, tornando a respirare normalmente.

Era sicura che se avesse captato disgraziatamente quel suo sguardo diverso non avrebbe più smesso di tormentarla e, visto che purtroppo aveva già fin troppi elementi per farlo, era decisamente meglio così.

- Stefan è in casa?- gli chiese velocemente, ansiosa di spostare l’attenzione su qualcosa d’altro che non fosse il suo insolito comportamento.

Sbirciò alle sue spalle in cerca del minore dei fratelli Salvatore, ma tutto ciò che vide fu l’ingresso .

Lui corrugò la fronte, aprendosi in una smorfia sarcastica.

- Non lo so. Non sono mica la sua babysitter. – affermò ironico e tagliente con un’alzata di spalle, lo sguardo di nuovo imperturbabile e freddo.

- Ci vivi insieme, come fai a non saperlo ?- ribatté pungente, inarcando scettica un sopracciglio.

Va beh che praticamente non si sopportavano e che avevano una casa grossa quanto un castello, ma avrebbe dovuto almeno sapere se era in casa o no.

- Ringrazia che ti abbia aperto e non ti abbia lasciato ad aspettare fuori.- ribatté con un'occhiata ovvia, come se le avesse fatto chissà che favore.

- Oh, grazie di avermi fatto questo regale onore! – allargò gli occhi fingendosi lusingata per poi fulminarlo, per l’ennesima volta.

Quella era un’altra cosa che non sopportava in lui, il fatto che facesse passare ogni suo gesto come un dono divino.

- Prego – affermò, lasciandola basita.

Era snervante.

- Stefan mi aveva detto che eri uno scansafatiche – lo punzecchiò tagliente, volendo far scomparire quel sorrisino irritante dal suo volto.

Sorrise internamente, in attesa di vedere passare una scintilla di orgoglio ferito nei suoi occhi. Cosa che però non accadde.

Anzi, il suo sguardo cambiò ancora una volta sfumatura, velandosi di languido divertimento per chissà cosa.

Ridacchiò, socchiudendo gli occhi quasi in un modo felino.

Era possibile che quel ragazzo fosse lunatico anche nello sguardo? Si chiese, aggrottando sconcertata le sopracciglia. Lei lo insultava e lui rideva divertito? Doveva avere davvero qualche rotella fuori posto.

- Interessante.- soffiò con ancora l'alone della risata sulle labbra e lei pensò che avesse davvero un modo tenebroso di calcare sulle parole.

Scacciò quel strano pensiero inopportuno, concentrandosi su di lui e sulla sua uscita fuori luogo.

Quel giorno il caldo le stava davvero dando alla testa.

- Parlate di me, dunque, durante le vostre conversazioni.- ghignò compiaciutamente divertito, curandosi solo della parte che gli interessava della frase che lei aveva appena pronunciato.

Elena roteò gli occhi al cielo con un sonoro sbuffo. Quel ragazzo aveva un egocentrismo grosso come tutto il Tennessee.

- Non parliamo di te – ci tenne subito a puntualizzare con una mossa del capo che fece ondeggiare i suoi capelli, per nulla intenzionata a gonfiare maggiormente il suo già smisurato ego. Ci mancava solo che pensasse chissà cosa.

- E sentiamo cosa ti ha detto? – ignorò totalmente il suo ultimo commento, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni scuri e guardandola maliziosamente in attesa.

Si morse l’interno della guancia per non mandarlo direttamente al diavolo, anche se avrebbe voluto davvero farlo.

Non lo sopportava e il fatto che prima avesse avuto quel pensiero le faceva dolere l’orgoglio insopportabilmente, innervosendola particolarmente oltre che sconcertandola.

Il fatto che poi ci fosse andata a letto non aiutava molto a farselo andare a genio.

Damon sogghignò più apertamente, quasi in modo felino, facendole provare una strana sensazione di deja-vù.

- Che sono tremendamente intelligente, carismatico e sexy?- inclinò il volto, i sbarazzini capelli corvini a solleticargli la fronte .

Inarcò un sopracciglio, notando come quel ragazzo avesse una visione distorta e ingigantita di se stesso.

Dischiuse le labbra per rispondergli, ma fu un’altra voce ad anticiparla sul tempo.

Era una cosa che le capitava spesso in questo periodo, notò accigliata.

- No, che sei un rompiscatole, vendicativo e senza scrupoli fratello - affermò la voce pacata ma lievemente divertita di Stefan, comparendo improvvisamente dietro il fratello maggiore.

Una sensazione di deja-vù l'avvolse ancora, ricordandole terribilmente la sera del quattro luglio a casa Lockwood. Infondo, erano nella stessa identica situazione.

Si palesò a loro con un piccolo sorriso, ricevendo un’occhiataccia risentita dal fratello e facendo trattenere violentemente il respiro ad Elena.

Come era infatti accaduto quella sera lei si irrigidì, avendo la terribile sensazione che Damon potesse spiattellare da un momento all’altro cosa – purtroppo - era accaduto fra loro due.

Stefan alternò lo sguardo tra loro due, posandolo poi definitivamente sul fratello.

- Semplicemente la verità, quindi- gli diede una pacca sulla spalla, sorridendo divertito per la sua espressione tra l’offeso e l’irritato.

- Qui l’unico rompiscatole e guastafeste sei tu, fratellino- affermò con un sorriso tagliente, calcando sull’ultima parole e conferendole una sfumatura pungente, per nulla affettuosa.

Gli lanciò poi uno sguardo glaciale, imperturbabile.

Stefan lo ignorò deliberatamente, sorpassandolo e raggiungendola in due ampie falcate.

- Buongiorno – le lasciò un bacio sulla guancia e lei sentì due occhi perforanti studiarla.

Quando però rialzò lo sguardo su Damon, lo trovò intento ad abbottonarsi tranquillamente la camicia.

Aggrottò le sopracciglia. Doveva essere stata solo una sua impressione, si disse.

Lei lo aveva detto che non era salutare vederlo già alle otto di mattina!

- Giorno, Stefan – lo salutò, sorridendogli lieve. – Dormito bene?- gli chiese addolcendo il tono della voce e rilassando in minima parte i nervi, più tranquilla.

Damon non sembrava intenzionato a rivelare il loro piccolo segreto, per fortuna.

- Vi prego, mi sta venendo il diabete - sbuffò sonoramente Damon, beccandosi subito la sua occhiataccia.

Li sorpassò con una smorfia disgustata sul volto, incedendo con passo spedito oltre di loro fino a scomparire nel vialetto.

- Lascialo perdere - mormorò Stefan con un cenno non curante del capo, facendole distogliere lo sguardo dal punto esatto in cui era scomparso. - Dov’è la tua valigia? -le chiese un secondo dopo, distraendola dalle sue riflessioni.

- Nella mia macchina- la indicò con la mano, parcheggiata proprio lì davanti.

- Ok, vado a prenderla e la carico in auto - le sorrise.

Elena annuì, lasciandogli le chiavi e neanche un paio di minuti dopo era di nuovo da lei, trascinandosi dietro il suo trolley e un sorriso sulle labbra.

Il telefono le vibrò nella tasca, segnalandole l'arrivo di un nuovo messaggio.

- Caroline ha detto che parte ora da casa e sarà qua in due minuti - lesse il messaggio ad alta voce, informandolo e incamminandosi con lui verso la macchina.

- Non doveva venire con Tyler?- le chiese aggrottando le sopracciglia chiare, confuso quanto lei.

Lei alzò le spalle in risposta.

- Cosa ci hai messo qui dentro?- le chiese poi con una risata, indicando con il capo la valigia che si stava a fatica trascinando dietro sulla ghiaia del vialetto.

- Sicuro di farcela?- rise allegra, ma fu una voce infastidita e un po' strascicata a distrarla, richiamando la sua attenzione.

- Quando avete finito di giocare al principe e alla principessa, vorrei partire- affermò Damon, appoggiato con i fianchi alla macchina nera di Stefan e l'espressione scocciata stampata in volto.

Furono però le sue ultime parole a sconcertarla.

- Partire?- inarcò un sopracciglio Elena fermando la sua camminata, credendo di aver capito male.

Anzi, doveva essere sicuramente così.

Un piccolo ma pressante dubbio, che le provocò un irritante morsa allo stomaco, si insinuò repentinamente in lei, confermato anche dal sorriso divertito in cui si aprì il moro.

Ancora una volta una scintilla di divertimento animò i suoi occhi, rendendoli meno imperturbabili, allarmandola e facendole sperare che non fosse come pensava.

- A quanto pare il mio caro fratellino non ti ha dato la bella notizia - ghignò sfacciato, lanciando un luccicante sguardo di sfida a Stefan.

- Che notizia? - chiese confusa, voltandosi verso di lui e fissandolo in attesa di una risposta mentre quella brutta sensazione si intensificava.

Lo sguardo di scuse di Stefan fu la conferma più lampante delle sue paure, prima ancora che le parole uscissero dalla sua bocca.

- Viene con noi sul lago- pose fine ai suoi progetti con tono tetro e abbacchiato, guardandola di sottecchi come temendo la sua reazione.

Infatti sapeva che non lo sopportava, gliel'aveva confessato lei stessa una qualche sera prima al telefono cercando di evitare altre scomode domande.

Totalmente pietrificata lo fissò quasi con gli occhi sbarrati.

- E' uno scherzo, vero?- fu l'unica, spontanea, affermazione che solcò le sue labbra, dischiuse dallo shock di quella rivelazione.

No, non era possibile. Doveva essere una sorta di incubo ad occhi aperti, probabilmente.

Come se si stessero realmente sgretolando davanti a lei, vide i suoi sogni di relax e tranquillità andare in fumo sostituiti da continui battibecchi e frecciatine maliziose.

E lei che sperava di riposarsi!

- Scusa, mi sono dimenticato di dirtelo - si scusò lui incassando il capo fra le spalle, riservandole uno sguardo realmente dispiaciuto.

Totalmente senza parole non riuscì a far altro che lanciare uno sguardo al vetriolo a Damon, cercando di sfogare in minima parte il nervoso e l'irritazione che la pervadevano.

Infondo, era colpa sua visto che le aveva rovinato il week-end.

Era un odioso, pomposo, arrogante e vanesio rovina vacanze, si sfogò lanciandogli mentalmente contro ogni insulto possibile.

Imbufalita, seguì con passo di marcia Stefan nella parte posteriore dell'auto lasciando solo un ghignante e soddisfatto Damon.

Lo odiava. Era riuscito anche a mandarle in fumo un favoloso fine settimana in montagna con i suoi amici, perché, ne era sicura, glielo avrebbe rovinato.

- Per quale ragione non mi hai detto che veniva anche lui?- sussurrò concitata, cercando però di non farsi sentire da Damon. Non voleva dargli nessuna ulteriore soddisfazione.

- Scusa, mi sono dimenticato. - ripeté ancora, scusandosi e passandosi una mano fra i capelli -Il tirocinio è massacrante e assorbe ogni mia energia in questo periodo. Mi è passato di mente -

Come diavolo aveva fatto a dimenticarsi di dover passare il fine settimana con il diavolo in persona? Non era umanamente possibile. Ok, era impegnato con il lavoro, ma se lo avesse saputo prima sarebbe decisamente rimasta a casa.

- Non potevi impedirglielo?- mugolò imbronciata.

- La casa è anche sua. - le ricordò, caricando la sua valigia rossa - Se vuole andarci ci va e se anche glielo impedissi lui ci andrebbe lo stesso -

Elena sbuffò, incrociando le braccia al petto e alzando gli occhi al cielo.

- E' un comportamento in perfetto stile Damon -

- Probabilmente lo fa solo per infastidirmi. Si diverte a farlo. La migliora arma è ignorarlo – le spiegò Stefan in un sussurro sicuro che sapeva di abitudine, ormai. – Non lo sopporta. –

Magari fosse stato così facile anche per lei!

Nuovamente, però, la sensazione che ci fosse della tensione fra loro le balzò agli occhi con evidenza lampante, distogliendola dal lanciare qualsiasi epiteto poco fine contro di lui.

Avevano un comportamento strano.

Elena assottigliò sospettosa gli occhi, appoggiandosi con i fianchi all’auto.

Continuò a tenere lo sguardo puntato su di lui, nella speranza di incontrare il suo e avere una risposta più chiara, ma ciò non accadde visto che Stefan persistette a tenerli ostinatamente puntati altrove.

Allora c’era davvero qualcosa dietro, fu il suo istantaneo pensiero che gratificò il suo sesto senso femminile.

Stefan era limpido in tutto e per tutto e il fatto che persistesse a non guardarla negli occhi dimostrava che le celava qualche cosa. Ed era sicura c'entrasse con Damon

- Io comunque non ho ancora capito la causa di tutto questo astio fra fratelli – buttò lì lei, fissandolo attentamente in cerca di una qualsivoglia reazione che non venne , però.

Il suo volto rimase impassibile, quasi indurito in un'espressione neutrale.

Li aveva osservati attentamente quelle poche volte che li aveva visti insieme e, ogni volta, aveva avuto la stessa sensazione della sera del barbecue del 4 luglio: c’era un attrito fra i due. E anche bello grosso.

Era un qualcosa di mal celato e sempre presente, bastava poco a farlo saltar fuori.

Doveva essere antico, risalente forse addirittura a prima che lei incontrasse Stefan. Vi era una rivalità strana fra i due, che non ci sarebbe dovuta essere fra due fratelli.

Stefan non disse null'altro, limitandosi a rimanere in silenzio e sistemare i borsoni.

- C’è qualche problema fra te e Damon?- gli chiese allora lei, decidendo di abbandonare i mezzi termini ed essere diretta visto la sua totale assenza di risposta.

Lui sospirò pesantemente, alzando finalmente lo sguardo su di lei.

- No - affermò secco e lei era già pronta ad insistere ma, a salvarlo da ulteriori domande, fu la voce acuta di Caroline, che corse trafelata verso di loro.

- Scusate il ritardo. Non avevo messo la sveglia- sorrise tremolante, rifilandogli quella banale scusa, e lei capì subito che c'era qualcosa che non andava.

Aveva i capelli scarmigliati e non si era neanche truccata, cosa che succedeva solo quando...

-Tutto bene, Care?- le domandò infatti sospettosa.

-Certo. Cosa dovrebbe non andare?-rise nervosamente, confermando sempre più le sue ipotesi.

Annuì, non troppo convinta e decisa a parlarle in privato.

- Tyler?- le chiese invece Stefan, caricando anche la sua valigia, color rosa intenso, in auto.

La bionda fece una smorfia significativa che preannunciava guai in vista, schiudendo poi le labbra per parlare.

- Non verr...-

Ma non ebbe neanche il tempo di finire la frase che il diretto interessato si palesò davanti a loro.

- Eccomi – affermò, il borsone su una spalla e l'espressione calma.

Fece per salutarlo ma, ancora una volta, Caroline la interruppe.

Quel giorno evidentemente tutti si divertivano a interromperla.

- Che ci fai tu qui?- gli chiese diretta e alterata, voltandosi verso di lui con gli occhi fiammeggianti di ira e lei pensò che erano le esatte parole che aveva rivolto poco prima a Damon, anche se in tono diverso.

-Mi hai invitato tu- le rispose lui confuso, alzando però le mani in segno di resa.

- Ti avevo invitato prima che tu flirtassi con Amy-sono-una-bambola-gonfiabile-Parker- sibilò tagliente assottigliando gli occhi azzurri, riducendoli a due lame sottili.

Elena li fissò con gli occhi sbarrati, incredula da quella sfuriata. Dovevamo aver litigato e ciò non era per niente una buona cosa.

- Pensavo avessimo già chiarito quel punto – sbuffò Tyler, allargando le braccia. - E poi non stavo flirtando con lei – sillabò, innervosendosi anche lui.

Si scambiò un dubbioso sguardo con Stefan, rendendosi conto che le cose non si stavano mettendo bene. Quando quei due litigavano non finiva mai bene, in effetti. E volano piatti.

- Si hai ragione, abbiamo già chiarito. Io andrò in montagna con loro e tu non verrai.- affermò sicura la bionda. Sapeva, però, che se anche si atteggiava da dura in realtà dentro ci stava malissimo.

- Sono anche miei amici , Caroline.- si impuntò lui, indicandosi il petto.

Ok, le cose stavano decisamente prendendo una brutta piega.

- Ehm, noi vi aspettiamo in macchina- mormorò, decidendo che era meglio lasciarli discutere da soli per la sicurezza e l'incolumità di tutti.

Loro non la degnarono neanche di uno sguardo, continuando a guardarsi in cagnesco, e lei trascinò Stefan in auto.

Neanche cinque minuti dopo Caroline e Tyler li raggiunsero in auto, muti e nervosi, dove calò un gelido e scomodo silenzio.

Sospirò, allacciandosi già la cintura mentre Stefan metteva in moto e partiva.

Sarebbe stato un lungo viaggio quello.

 

 

 

***********************

 

 

Si trovarono a una ventina di iarde uno dall'altra, e il suo apparire era così improvviso, ch'era ormai impossibile evitare il suo sguardo. Subito i loro occhi s'incontrarono e a ciascuno il viso avvampò del più intenso rossore. Egli ebbe un vero e proprio soprassalto e per un attimo sembrò immobilizzato dalla sorpresa.”*

 

Le figure ottocentesche di Mr Darcy ed Elizabeth si sfocarono gradualmente nella sua mente fino a scomparire del tutto, offuscate dal caldo e dall’umidità che la opprimeva senza pietà.

Sbatté un paio di volte le palpebre, ben decisa a continuare la sua lettura e ignorare il sudore che le imperlava il corpo in un abbraccio bagnato.

Riprovò a focalizzare l’attenzione sulle pagine un po’ ingiallite, ma il cicalio acuto delle cicale le ronzò prepotentemente nelle orecchie impedendole, di fatto, di concentrarsi.

Sbuffò allora, alzando gli occhi scuri e allungando mollemente le gambe davanti a se.

Faceva un caldo insopportabile quel giorno. Il meteorologo alla TV aveva detto che si erano sfiorati i trenta gradi, ma lei sospettava ce ne fossero molti di più.

Si raccolse i capelli in una coda bassa, nel vano e inutile tentativo di trovare refrigerio.

Sembrava quasi di essere all’inferno e non in un piccolo e fresco - si intenda, solo in teoria - paesino di montagna.

Socchiuse gli occhi, sempre più oppressa dalla calura di metà pomeriggio.

Beh, forse all’inferno c’era veramente visto che condivideva una casa con Damon e le sue continue frecciatine maliziose, cercava di evitare le scomode domande di Stefan su come si fossero conosciuti lei e suo fratello, il tutto coadiuvato ovviamente dalle continue liti fra Caroline e Tyler.

Era come vivere sotto il fuoco incrociato, rise leggera del suo stesso pensiero.

Un impertinente raggio di sole vibrò nell’aria, illuminando di un acceso verde le foglie che incontrava sul suo cammino fino a posarsi delicatamente sulla sua gamba nuda, all’altezza della coscia.

Sospirò annoiata un secondo dopo.

Si rigirò il libro fra le mani per poi chiuderlo definitivamente, abbandonando il suo progetto iniziale. Tanto era inutile, con quel caldo era impossibile leggere.

Reclinò il capo indietro fino ad appoggiarlo sul ruvido tronco dell’albero alle sue spalle, lasciandosi avvolgere dal silenzio confortante, interrotto solo dal cinguettio degli uccelli e dal cicalare.

Le piaceva quel posto, che assomigliava tremendamente ad un piccolo scorcio di paradiso. O almeno lei lo immaginava così.

Inclinò il volto, perdendosi ad ammirare quell’adorabile creazione della natura.

Era una piccola radura composta da un verde manto erboso che guardava su un piccolo laghetto, circondato da una fitta serie di alberi disposti a semicerchio e su cui spiccava la parete dura e nuda della montagna.

Era delizioso e molto …poetico, convenne con un ampio sorriso ad inclinarle le labbra.

Vi era una calma e una pace quasi surreale, decisamente impossibile da trovare in città.

Lo aveva scoperto qualche anno prima, quando, durante una passeggiata con Caroline e Bonnie avevano accidentalmente sbagliato sentiero ed erano finite lì.

Ridacchiò divertita, ricordando gli isterismi della bionda, che credeva di dover passare la notte con i lupi, e i vani tentativi di Bonnie di calmarla.

Quel pomeriggio, invece, aveva deciso di andare a fare un giro poco dopo pranzo, stufa delle continue discussioni tra Caroline e Tyler.

Già, alla fine entrambi erano partiti con loro. Inutile dire che non avevano fatto altro che litigare per tutto il viaggio, rischiando di farla diventare pazza.

Ormai discutevano per tutto e lei si sentiva di troppo ogni volta che la bionda la tirava in mezzo per avere la conferma delle sue ragioni. Era un po' infantile come comportamento, ma decisamente tipico di Caroline.

Non vedeva l'ora che Bonnie li raggiungesse, cosa che purtroppo sarebbe accaduta solo quella sera.

Stefan era poco d'aiuto al riguardo, visto che sembrava più interessato alla partita di football in TV e al ventilatore che ad uscire.

Damon, invece, era fortunatamente scomparso poco prima di pranzo – per la sua grande gioia, visto che non ne poteva già più delle battutine spinose che le rifilava ogni tre per due - e non si era fatto più vedere, ma tanto non avrebbe voluto comunque la sua compagnia. Anzi, più lontani erano e meglio era per la sua sanità mentale.

Probabilmente, era da qualche parte a circuire e sedurre una povera fanciulla di montagna, alzò gli occhi al cielo con una smorfia.

Un po’ annoiata e ben decisa a non stare in casa, si era diretta quindi verso la piccola libreria e aveva scrutato con attenzione le copertine colorate.

I suoi occhi avevano brillato di pura gioia quando aveva scorto un titolo più familiare degli altri. Orgoglio e pregiudizio.

Accarezzò con le dita la copertina del libro che aveva appoggiato in grembo, tracciando il contorno delle figure raffigurate su quell'edizione un po' datata, probabilmente da collezione.

Era uno dei suoi libri preferiti fin da bambina. Adorava quei modi così lontani e al tempo stesso attuali, il pathos velato dal linguaggio impostato dell’epoca e gli sguardi fugaci.

Per lei era quello l’essenza del romanticismo, non cioccolatini a San. Valentino e dei smielati e quanto mai svuotati di significato “ti amo”.

Il verso acuto ed improvviso di un uccello la riscosse dai suoi pensieri, facendola sobbalzare lievemente per lo spavento.

Si sventolò poi una mano davanti al volto, sempre più accaldata.

Come silenziosamente richiamata, voltò il volto verso destra fissando lo specchio d’acqua davanti a se quasi ipnotizzata.

Un’idea insolita e birichina le balenò nella mente, dettata probabilmente dalla volontà di trovare un po’ di refrigerio. Magari avrebbe potuto farsi una nuotata...

La voglia di tuffarsi in quell’acqua fresca si fece sempre più pressante, fino quasi a persuaderla del tutto.

E se però qualcuno l’avesse vista? Le ricordò la parte più riflessiva e giudiziosa di se, frenandola.

E poi non aveva neanche il costume.

Considerò quella eventualità, lanciando al col tempo un occhiata sempre più affascinata allo specchio d’acqua poco distante da lei.

Beh a quello c’era facilmente rimedio visto che avrebbe potuto farlo in intimo, si disse con una alzata di spalle.

Sbuffò nuovamente, allontanando le remore e lasciando cadere il libro al suo fianco.

Jane Austen avrebbe aspettato, pensò, abbandonando il testo sull’erba e alzandosi in piedi.

Portò le mani al bordo della canottiera, facendo per togliersela, ma poi si bloccò .

Ancora un po' indecisa si guardò in giro circospetta, cercando qualche presenza umana, ma incontrando solo alberi e foglie.

Si morse interdetta un labbro, indecisa se lasciarsi sopraffare dalla parte più libera e selvaggia o da quella riflessiva e bacchettona.

Continuò a far vagare lo sguardo. Non sembrava esserci nessun altro a parte lei in quel posto.

Oh, al diavolo! In quella landa sperduta non c’era nessuno e dubitava fortemente, col caldo che c’era, che qualcuno si addentrasse nel bosco.

Inoltre, probabilmente, erano ben pochi a conoscere quel posto nascosto dalla vegetazione, quindi non correva nessun pericolo di essere vista.

Si tolse velocemente la canottiera rossa che indossava, lasciandola cadere poi a terra e rimanendo avvolta solo dal reggiseno in pizzo nero che indossava.

Un secondo dopo anche i pantaloncini corti fecero la stessa fine.

Con pochi passi decisi e veloci raggiunse la riva del lago , facendosi solleticare la pianta del piede dalla sabbia fine e umida per alcuni secondi.

Si immerse nell’acqua chiara e cristallina, lasciandosi inghiottire fino alla vita

Sorrise divertita, muovendo le mani e creando dei giochi di piccole onde concentriche intorno a se.

Un brivido dovuto al repentino cambio di temperatura le percorse la schiena, tremendamente delizioso visto il senso di freschezza che le stava infondendo.

Socchiuse gli occhi deliziata, godendosela appieno.

Si rese conto della sciocchezza appena fatta solo un attimo dopo, quando una voce roca e canzonatoria si vibrò nell’aria.

- Guarda, guarda chi gioca alla piccola sirenetta –

Si voltò così velocemente da produrre degli schizzi d’acqua intorno a se, il battito del cuore tumultuosamente accelerato e gli occhi dilatati.

La coda precaria che reggeva i suoi capelli si sciolse impietosa, facendoli ricadere disordinatamente sulle sue spalle.

Fece saettare lo sguardo fra il verde della vegetazione, in cerca del proprietario di quella voce.

Si irrigidì e il respiro le si mozzò in gola incontrando due perforanti occhi azzurri, che la scrutarono imperscrutabili e attenti.

Damon era poco lontano da lei, all'ombra di un albero a cui era appoggiato con una spalla e le braccia mollemente incrociate al petto.

- Damon – sussurrò con un filo di voce, le labbra dischiuse tra il sorpreso e l'infastidito.

Inspiegabilmente le guance le si velarono di rosso e il battito accelerò ancora.

- In persona - ghignò lui, canzonatorio e vanesio.

La squadrò poi con una occhiata lenta, languida e vibrante, che la fece rabbrividire, accapponandole dolcemente la pelle.

Solo allora, sotto lo sguardo di quegli occhi adamantini, si ricordò infatti di essere quasi totalmente nuda davanti a lui.

Si immerse velocemente nell’acqua, fermandosi nella discesa solo quando l’acqua le arrivò a lambire il mento.

Con il respiro ansimante e le guance sempre più arrossate si maledisse per quella leggerezza.

Lo fulminò con gli occhi mentre l'irritazione si propagava in lei, stizzendola.

In verità lo era, ancora una volta, più con se stessa che con la sua reale presenza. Se lo sarebbe dovuto aspettare in qualche modo, imprecò silenziosamente.

Aveva pensato a tutte le possibilità, ma non a lui.

Rialzò poi lo sguardo su Damon, trovandolo intento a fissarla divertito da quella specie di scenetta.

- Stai per caso cercando di affogarti ?- le chiese acutamente svagato, inarcando un sopracciglio scuro e ridacchiando ironicamente.

Strinse le labbra senza dire nulla, limitandosi solo a pensarli gli improperi.

I suoi occhi plumbei saettarono ancora su di lei, percorrendo quel poco di pelle che non era immersa nell'acqua e lei arrossì nuovamente.

Un pò per il suo sguardo accattivante, un po' per essersi ritrovata mezza nuda davanti a lui.

Nonostante l'acqua non fosse così limpida da permettere la visione di ciò che vi era sotto strinse le braccia al seno, sentendosi più protetta.

Continuando a fissarla, Damon si staccò dall'albero e si incamminò verso la riva del lago.

Si fermò a pochi passi dall'acqua, lanciandole uno sguardo così malizioso da farle trattenere il respiro.

Sorrise poi, passandosi una mano fra i capelli corvini e lanciandole l'ennesimo sguardo intrigato da sotto le ciglia scure.

Qualcosa si mosse inaspettatamente nel suo basso ventre, solleticandola con un malizioso formicolio che le fece di riflesso stringere le gambe.

Per un attimo se ne sentì terribilmente attratta. Fu solo un millesimo di secondo, visto che quello dopo si ritrovò già a maledirlo in tutte le lingue che conosceva, purtroppo troppo poche per riuscirvi a pieno.

Lo fulminò con gli occhi mentre il sole continuava a picchiare infuocato su di lei.

- Non trovi anche tu che faccia un caldo insopportabile?- le chiese improvvisamente con un sorriso e subito lei non capì dove volesse andare a parare.

Solo un attimo dopo, quando si tolse con un gesto fluido la maglietta nera a mezze maniche, comprese le sue reali intenzioni.

Si voltò immediatamente, le guance sempre più rosse e quel formicolio che si stava intensificando maggiormente con quel senso di languidezza.

Deglutì sconcertata e imbarazzata per la sensazione di deja-vù, che era tornata a tormentarla prepotente.

Era come se avesse già vissuto quel momento e l’immagine sfocata, un po’ oscura, di una stanza in cui lui compiva esattamente lo stesso gesto la stordì per la sua intensità.

Ansimò, inspiegabilmente senza fiato, mentre l’immagine fugace del suo petto nudo era stampata indelebilmente nella sua mente, provocandole ancora quella strana sensazione di intorpidimento.

La sua risata divertita si sovrappose all’eco delle sue reazioni e dei suoi pensieri sconnessi e senza senso.

Era uno strano contrasto.

Proprio come quello che percepiva fisicamente, fra il freddo dell’acqua in cui era immersa e il calore bruciante del sole che era alto in cielo.

Era stato così quel pensiero, una contraddizione vivente fra l’opinione che aveva di lui e quello che aveva pensato in quel fugace attimo.

Cosa diavolo le stava succedendo?

- Che stai facendo?- gli ringhiò contro continuando a dargli le spalle, il cuore che aveva preso incomprensibilmente a martellarle nel petto.

- Mi pare abbastanza ovvio: mi sto spogliando - le disse con il suo solito tono di voce, strascicato e sarcastico.

Percepì il sole scaldarla ma , se solo si fosse voltata, avrebbe trovato due perforanti occhi chiari puntati su di se.

Si, si disse, doveva aver preso troppo sole e le sue strane reazioni ne erano il risultato evidente.

Cercando di scacciare quel senso di intorpidimento e formicolio al basso ventre, iniziò a nuotare.

- E comunque, guarda che non c’è nulla che tu non abbia già visto- rise divertito e, se anche non lo poteva vedere in volto, era certa che avesse quell’odioso sorrisino stampato sulle labbra. – E toccato – aggiunse con malizia, calcando languido e allusivo sull’ultima parola fino a farla arrossire.

Boccheggiò indignata, ricordandosi però delle parole di Stefan. Ignoralo…non lo sopporta…

E lo fece, seppur a fatica, non dandogli risposta e continuando a nuotare fin poco oltre metà lago,dove si fermò.

Un frusciare d’acqua, come se qualcuno si fosse tuffato, la portò tuttavia a rivoltarsi nuovamente verso la riva.

Lo cercò subito con gli occhi, che però furono catturati dagli abiti scuri ammassati, tra cui anche i boxer.

Arrossì violentemente mentre un pensiero consapevole le attraversava la mente a quella vista.

Si era tuffato completamente…nudo.

Imbarazzata e a disagio si guardò intorno, aspettandosi di vederlo riemergere da un momento all’altro. E così fu.

Riemerse infatti un secondo dopo poco lontano da lei, boccheggiante per la mancanza di ossigeno.

Si passò una mano fra i capelli zuppi e gocciolanti, portandoli indietro.

Puntò poi gli occhi su di lei, così chiari da sembrare dello stesso azzurro intenso e limpido dell’acqua del lago.

La inchiodò con uno sguardo intrigato, affascinante, che la fece sentire stranamente a disagio, imbarazzata.

Il formicolio tornò a tormentarla nello stesso momento in cui lui si mosse con la prima bracciata, avanzando lentamente verso di lei.

Di riflesso Elena  indietreggiò, compiendo il movimento opposto al suo.

Nessuno dei sue disse nulla, limitandosi ad osservare l’altro.

Diede l’ennesima bracciata e con le spalle si scontrò contro la roccia fredda e bagnata alle sue spalle, rendendosi conto solo allora di aver indietreggiato così tanto da percorrere tutto il lago.

Lui la raggiunse in poco meno di due bracciate, lanciandole un’occhiata quasi da predatore e  portandola ad aderire  quanto più possibile alla roccia.

Prese un tremolante respiro, un po’ ansimante per lo sforzo della nuotata e il battito anomalo.

Ancora una volta il suo sguardo la fece avvampare e lei continuò a non capirne la ragione.

Nonostante Damon Salvatore fosse costantemente impassibile e freddamente sarcastico il suo sguardo aveva un non so che di caldo, notò scontrando gli occhi scuri con quelli chiari di lui.

Era una sorta di paradosso visto che erano color del ghiaccio e, alcune volte , ne avevano anche la freddezza.

C’erano però alcune rare volte in cui il suoi occhi avevano  un non so che di bruciante.

Era uno sguardo che le provocava sempre un senso di deja-vù alla bocca dello stomaco, ricordandole tremendamente lo sguardo di quella sera.

Con un ultima poderosa bracciata Damon la raggiunse, appoggiando un braccio sulla nuda roccia e intrappolandola, di fatto, tra la parete rocciosa e il suo corpo.

Abbassò lo sguardo su di lei, facendola sentire quasi denudata.

Deglutì a vuoto, improvvisamente senza salivazione e la mente leggera, priva di pensieri.

Si sentì andare a fuoco, improvvisamente accaldata nonostante fosse immersa nell’acqua fredda.

E il fatto che lui la stesse sovrastando con il suo corpo totalmente nudo non aiutava per niente.

Spostò nervosamente gli occhi oltre di lui, cercando di non incontrare il suoi, sentendosi tesa e terribilmente in imbarazzo.

Cosa diavolo le stava prendendo? Fu il suo unico pensiero.

-Smettila – gli intimò decisa, le guance in fiamme per i suoi occhi bramosi e quel dannato formicolio che aveva ripreso a infastidirla.

- Di fare cosa? – chiese innocente, ma qualcosa nella sua voce le fece chiaramente capire che, invece, sapeva benissimo a cosa si riferisse.

- Smettila di guardarmi come se avessimo fatto sesso- puntualizzò con voce acuta, un ottava più alta del normale.

- Tecnicamente è successo – le fece notare con un sorriso malandrino, avvicinandosi ancora. Ora i loro toraci quasi si sfioravano.

- E smettila di guardarmi come se fossi nuda- mormorò con un filo di voce appena udibile, sempre più accaldata dal suo  sguardo rovente.

Non era possibile…Cosa diavolo aveva in quel giorno il suo corpo? Sembrava essere in netto contrasto con ciò che pensava e non rispondere ai suoi ordini.

- Beh, tecnicamente non sei molto vestita – le fece notare inclinando il volto verso destra, verso di lei,  e sorridendo sbiecamente malizioso.

- E smettila di dire  tecnicamente- si infervorò, innervosita dal comportamento del suo stesso fisico e da quello di lui che continuava a pressarla.

Lui ghignò più apertamente, il volto poco lontano dal suo e le loro labbra distanti meno di una spanna.

La sensazione di deja-vù la colpì ancora alla bocca dello stomaco, notando davvero l’esigua distanza che li divideva. C’erano pochi, miseri centimetri fra i loro corpi bagnati.

Sentendosi improvvisamente nuda sotto il suo sguardo, strinse le braccia al petto, dimenticandosi però di non toccare.

Rischiò quasi di annegare, ma, per fortuna, un braccio muscoloso l’afferrò in tempo, sorreggendola.

Ansimante per il movimento brusco appena fatto e per lo spavento, alzò lo sguardo su di lui incontrando il suo, tenebrosamente cupo.

Esattamente come le era accaduto al barbecue dei Lockwood una piccola elettricità la pervase nel punto esatto in cui le sue dita la sfioravano, facendola rabbrividire.

Era un strano senso di irrequietezza e tensione palpabile, incentivata dall’illanguidimento al suo basso ventre.

Non era normale che provasse quelle sensazioni nei confronti di Damon, fu il pensiero istantaneo e lucido che la riscosse bruscamente.

Scottata ruppe il contatto visivo fra i loro occhi, distogliendo lo sguardo.

 -Ho freddo, sarà meglio che esca- si raschiò la gola, scuotendosi.

Lui sciolse la presa sul suo braccio, ma non ebbe neanche il tempo di fare una bracciata che
Damon parlò ancora.

- Perché non rimani invece? Conosco molti modi per scaldarsi - ammiccò sfacciatamente al suo indirizzo, socchiudendo gli occhi in quel suo tipico  modo felino è un po’ sbruffone.- E alcuni sono davvero piacevoli-

- Nei tuoi sogni- lo liquidò fulminandolo con gli occhi e sorpassandolo.

Con un paio di ampie bracciate si allontanò e raggiunse la riva, sentendo però, per tutto il tempo, sulla nuca lo sguardo perforante di Damon.

Un po’ ansimante si fermò a pochi metri dalla riva, ricordandosi della sua presenza e della sua quasi totale nudità

- Voltati - gli intimò

- Stai scherzando spero - fu la sua risposta seccata e arrogante- Tanto non c’è nulla di interessante da vedere.-

- Voltati!- gli urlò nuovamente perentoria, percependo l’irritazione prendere il posto di quella sensazione strana che l’aveva pervasa fino a quel momento.

- Ok, ok.- alzò le mani in segno di resa, voltandosi dalla parte opposta a quella in cui era lei.

Solo dopo avergli lanciato un’occhiata verificatrice uscì dall’acqua.

Con una piccola corsa raggiunse il posto dove aveva lasciato i vestiti, infilandosi velocemente i pantaloncini e la canottiera.

I cappelli gocciolanti la inzupparono subito, rendendola quasi trasparente ma la sua mente era già

impegnata in ben altri pensieri.

Prese un profondo respiro, cercando di calmare il battito anomalo dovuto alla corsa e ai gesti affrettati.

Si scostò una ciocca di capelli dagli occhi, pensierosa.

Per un attimo si era sentita strana, come…attratta da lui pensò disgusta e sconvolta dal suo stesso pensiero.

Era stato solo una micro frazione di secondo, fugace ma molto sconvolgente. Non se ne spiegava il perché, la ragione.

Una riflessione quanto mai improbabile e allucinante. Era impossibile che una cosa del genere accadesse.

- Ah, Elena?- la richiamò e lei, ingenuamente, si voltò in attesa.

Lo trovò a metà del lago i capelli corvini sbarazzinamente scompigliati e bagnati e gli occhi spumeggianti di malizia.

- Carino quel reggiseno in pizzo nero – ghignò, non distogliendo neanche per un attimo gli occhi chiari dei suoi.

L’indignazione si riversò così velocemente in lei che agì di istinto, facendo l’unica cosa che voleva fare da quando lo aveva incontrato.

Damon riuscì ad evitare la pietra che gli tirò solo per un pelo.

 

 

 

 

* orgoglio e pregiudizio 42esimo capitolo

 

 

Salve Gente!!! Come state? Spero bene. Ora passo alla solita spiegazione per punti

1- Innanzitutto vorrei scusarmi per l’immenso ritardo che ho avuto nel postare. Sono imperdonabile, lo so, ma spero che il capitolo vi abbia ripagato dell’attesa. Ci sono vari motivi che spiegano questo ritardo: l’università, febbre, ho scritto una nuova storia delena, ho avuto l’ispirazione per il capitolo successivo a questo e ne ho scritto un pezzo, impegni vari e molte altre cose. Questa non vuole essere una scusa però.

2- Passando al capitolo…è incentrato quasi tutto su Damon ed Elena, tranne qualche piccola scena con Tyler, Caroline e Stefan. Il titolo “Deja-vù” fa chiaramente riferimento al fatto che nel corso del capitolo Elena ha numerosi deja-vù. Elena in alcuni punti potrà sembrare incoerente forse visto la discrepanza fra i suoi pensieri in un momento e le sue sensazioni corporee in un altro. È un fatto voluto. Mi serve a sottolineare che qualcosa sta cambiando in lei e lo capirete meglio nel prossimo capitolo. Spero, tuttavia che non risulti troppo confusionario e incoerente.

3-  Elena dice una cosa importante ad un certo punto, che le si ritorcerà contro in qualche modo. E non mi riferisco al fatto puramente fisico che sia sconcertata dal fatto di aver avuto strani pensieri su di lui. No,è un qualcosa che va oltre, in qualche modo,a quei fatti comunque importantissimi perché iniziano a smuovere la situazione. Mi riferisco a una frase, o meglio un pensiero, non molto amorevole che ha Elena ad inizio capitolo. Non vi dico però qual è perché voglio che lo capiate da soli e se non lo avete notato non preoccupatevi, è una cosa che tornerà molte volte in futuro…cambiando piano piano però.

4- Nella seconda parte del capitolo, all’inizio, ho inserito una citazione dal libro orgoglio e pregiudizio di Jane Austen. Come avrete notato la situazione descritta dalla citazione che vi ho proposto richiama quella di Damon ed Elena che si fronteggiano poco dopo. Forse non c’entra nulla però mi andava di metterla. Spero vi sia piaciuto.

5- Ho scritto una nuova storia delena intitolata DESTINED FOR ETERNITY , se vi va leggetela e lasciatemi un commentoJ

6- Il prossimo aggiornamento dovrebbe arrivare abbastanza presto perché ho già buttato giù la bozza del capitolo nuovo.

7- I personaggi di questa storia sono tutti UMANI, quindi non terrò conto di certi eventi accaduti nel telefilm, e purtroppo non mi appartengono né li uso per scopi di lucro.

8- Ah, mi sono accorta di non aver mai specificato di come sia nata questa storia. L’idea mi è venuta vedendo la famosa scena del bacio della 2x22, quando Damon dice ad Elena che avrebbe dovuto conoscerlo da umano. Li mi sono detta : come sarebbe stato se si fossero conosciuti da umani? Spero che io fin qua stia riuscendo a mantenere la caratterizzazione dei personaggi e che la storia si avvincente e che vi piaccia.

9- Ho aperto un account Twitter dove lascio piccoli spoiler, notizie e curiosità sulle mie ff e semplicemente commenti..se vi va seguitemiXD QUI

Ok, direi che non ho altro da dire se non che spero vi sia piaciuto il capitolo,  e che recensirete.

Io ormai l’ho letto così tante volte che non ci capisco più nulla XD abbiate pietà se trovate qualche errore di battitura o ripetizione ma l’ho scritto con la febbre.

Baci.

PS: la prossima storia che aggiornerò sarà…rullo di tamburi… True Love- Vero Amore.

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Capitolo 6
*** 5- Doubts ***


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ATTENZIONE: qui trovate i link dei video trailer TRAILER 1 TRAILER 2




I WILL ALWAYS CHOOSE YOU



6


DOUBTS.



Damon, lambito a metà torace dall'acqua placida del lago, le lanciò uno sguardo malizioso, che vibrò sulla sua pelle in un brivido insopibile.

Che non voleva essere sopito, forse.

Il suo sguardo cadde involontariamente - o volontariamente ? - sul suo petto, percorrendo i pettorali e le linee definite e seguendone il percorso.

Un imponente ondata di caldo la pervase da capo a piedi, facendole quasi credere di essere immersa in acqua bollente e non in un fresco lago di montagna.

Solo dopo un attimo realizzò, però, che quel calore proveniva da dentro di lei, focalizzato soprattutto languidamente nel basso ventre in una morsa desiderosa e sciolta.

Erano stati i suoi occhi a scaldarla, arrossì.

Elena si ritrovò ad annaspare in cerca di ossigeno l'attimo dopo, il respiro bloccato violentemente in gola da quello sguardo bruciante che la stava facendo fremere e da quella constatazione.

Lo vide, poi, avvicinarsi inesorabilmente sempre di più a lei, bracciata dopo bracciata con un sorriso quasi predatorio sulle labbra che la fece sentire in trappola.

Anzi, praticamente lo era visto le rocce nude e scoscese che le premevano contro le spalle.

Voleva andarsene, ma non ci riusciva.

Una forza nuova, sconosciuta, la teneva ancorata nel punto in cui era.

Perché il suo corpo non rispondeva a quello che gli stava ordinando? Si chiese allarmata e confusa, non capendone affatto il motivo.

Sembrava divisa a metà: corpo e mente agivano diversamente. Una diceva una cosa e l'altra faceva l'opposto.

Volevano soddisfare bisogni diversi che non potevano essere conciliati, però.

E quella strana, fremente sensazione non ne voleva sapere di smettere di pulsare in lei.

Ansimò sempre più agitata e incerta, mentre quel caldo continuava ad aumentare man in mano che la distanza fra di loro diminuiva.

Doveva andare via di lì subito, si impose. Ma, ancora una volta, il suo corpo non rispose, facendo di testa sua.

Lui diede un'altra poderosa bracciata, mettendo in mostra i muscoli tonici delle spalle e il suo basso ventre si contrasse di nuovo, facendole desiderare di poterli toccare.

Quel desiderio si fece sempre più pressante, vorticoso, offuscandole quasi la vista, ma al col tempo la sua mente le diceva che non era giusto.

Le forme intorno a lei si fecero all'improvviso sfocate, sciogliendosi in disegni astratti e colori informi fino a scomparire del tutto. Il suo sguardo si sciolse nell'azzurro dell'acqua, confondendosi con esso fino a diventare una fitta nebbia.

Come risucchiata da un vortice abbandonò quel luogo, assorbita dal buio e da null'altro.

Aprì di scatto gli occhi, ritrovandosi spaesata a fissare con il respiro un po' irregolare e ansante il soffitto in travi di legno e non il lago in cui era fino a un secondo prima.

Le emozioni provate fino ad allora scemarono lentamente, scivolando via nella confusione del dormiveglia.

Li richiuse un attimo dopo con un sospiro fra il sollevato e frustrato, realizzando finalmente che era stato un sogno. Un semplice sogno.

O meglio un incubo visto il soggetto .

Ancora frastornata dal brusco risveglio affondò il volto nel cuscino emettendo un respiro profondo nel tentativo di regolarizzare il battito disorientato del suo cuore.

L'attimo dopo soffocò uno sbadiglio ma, purtroppo, non i pensieri, che le affollavano la mente.

Come se già non bastasse il fatto che le riflessioni - i dubbi - la tormentavano quando era cosciente ora lo facevano anche nell'incoscienza del sonno, riproponendole a ripetizione ciò che era accaduto il giorno prima in quel maledetto lago.

Erano una persecuzione, sbuffò.

Se fino al giorno precedente era stato uno dei suoi posti preferiti , decisamente ora non lo era più.

Non dopo quello che era successo, che le era sembrato di percepire.

Sospirò pesantemente, percependo quelle riflessioni, instabili e fuori luogo, tornare ad affliggerla con la loro fastidiosamente irritante presenza.

Proprio come lui, ringhiò un epiteto poco fine e gentile contro il cuscino.

Strinse poi le labbra in una smorfia infastidita al ricordo dell’espressione soddisfatta e il ghigno compiaciuto che si era stampato in faccia quando l'aveva vista uscire dall'acqua, le guance rosse e l'imbarazzo chiaramente leggibile nello sguardo.

Si rigirò irrequieta nel letto, sbuffando nuovamente e cercando una posizione più comoda che non trovò.

Si sentiva irrequieta.

Perennemente irrigidita da un pensiero che non ci sarebbe dovuto essere e che la portava sempre a essere in allerta in sua presenza.

Quel groviglio di sensazioni al basso ventre, languide e indecifrabili, non si erano fortunatamente più presentate, ma lei aveva sempre i nervi tesi per paura che riaccadesse.

E la riempiva anche di domande, che avrebbe voluto non avere ma che non poteva fare a meno di porsi e che, come se non bastasse, non potevano neanche essere esternate.

Il fatto che poi avesse dormito poco e male quella notte non l’aiutava a essere molto lucida, a darsi una spiegazione logica, e la sua mente continuava a riportarla al giorno precedente, come a sottolineare infelicemente quella situazione.

Cosa alquanto irritante e che andava a sommarsi al comportamento contraddittorio che il suo corpo sembrava non smettere di avere.

Era una cosa strana. Si sentiva strana.

Fattore che peggiorava drasticamente in quelle poche occasioni in cui si era ritrovata nella stessa stanza con Damon.

La sera precedente, a cena, aveva mangiato poco e niente ed era stata così in tensione da sobbalzare quasi ogni volta che per sbaglio i loro occhi si incontrava.

Si sentiva bloccata dalla sua presenza, imbarazzata. Al col tempo, però, bastava un no nulla a farla scattare, facendole dimenticare l'imbarazzo e scatenando in lei reazioni ed emozioni tumultuose, implacabili.

Era come una molla che scattava.

Si spostò con un sonoro sbuffo un'arruffata ciocca di capelli, che non ne voleva sapere di restare dietro l'orecchio continuando a solleticarle la guancia.

Ma non era quello il reale problema. Oh si, perchè si trattava di problemi e il più grande di tutti era una parola che iniziava con la “a”.

Era quella parola sinuosa, un po' voluttuosa, che continuava a sconvolgerla e a renderla irrequieta dal momento esatto in cui era uscita dall'acqua di quel maledetto lago : attratta.

Era stata questa la spiegazione naturale, che irrazionalmente si era data fin da subito.

Solo dopo, riflettendoci razionalmente a mente più o meno fredda, aveva compreso davvero la portata di quello che aveva pensato.

In quella frazione millesimale di secondo le era sembrato di sentirsene attratta ma era una cosa decisamente irreale e improbabile.

Era sicura di non esserlo.

Ne era certa. Era come un dato evidente, innegabile: lei non era attratta da Damon Salvatore.

E poi come si poteva esserlo di una persona infantile, arrogante e una sequela lunghissima di altre cose, ma che, soprattutto, non sopportava? Era una cosa impossibile ed era sicura che se avesse smesso di pensarci avrebbe perso di importanza ciò che era accaduto.

Ecco, un altro problema, forse il più grosso, era proprio questo: non riusciva a smettere di pensare a quel momento.

Era più forte di lei, la sua mente la riportava sempre lì.

A quel lago...a quello sguardo...quelle parole...quelle sensazioni...

Sbuffò, iniziando a ripetersi mentalmente e con sicurezza che non era nulla di importante, in una cantilena consumata ormai.

Nulla a cui dare importanza, chiuse gli occhi lasciandosi andare ad un sospiro profondo che sperava scacciasse quelle riflessioni.

Per qualche secondo funzionò e le sue meningi, spremute dal troppo pensare, si quietarono per un breve attimo.

Quello dopo, però, i pensieri ripresero a perseguitarla quasi ossessivamente.

- Dannazione- soffiò l'aria dalle labbra in un sibilo stizzito, scalciando via innervosita le lenzuola leggere e inveendo contro i suoi stessi pensieri, contro di lui e contro quel lago maledetto.

Si portò le mani alle tempie, massaggiandole circolarmente con le dita e concentrandosi.

Non era nulla di importante, si ripeté per la milionesima volta. Probabilmente allo sguardo di un estraneo doveva sembrare pazza. O forse lo era già.

Eppure quel microscopico, impalpabile dubbio continuava a perforarla, lavorando subdolamente come un tarlo nella sua mente e sibilando quella parola, soluzione di tutto.

Non era nulla, continuava a ripetersi in una cantilena di auto-convincimento ma...

Deglutì, riaprendo di scatto gli occhi e rendendosi conto di non sapere assolutamente come continuare la frase.

Ma… cosa? Si chiese e aveva quasi paura di quale poteva essere una risposta plausibile.

Aveva il terribile sentore che sarebbe stata quella dannata parolina che iniziava con la “a” e che continuava a vorticarle in testa.

Solo... avrebbe voluto qualcuno con cui parlare - sfogarsi -, ecco.

Annuì sicura di quella riflessione, sentendosi impercettibilmente alleggerita da quella convinzione che si era imposta.

Si, era così.

Era semplicemente quella la causa di tutti i suoi pensieri: il fatto di non poterne parlare.

Si sa, quando i dubbi vengono esternati ad alta voce perdono di significato rivelandosi banali suggestioni.

Solo che non le andava di affliggere Caroline con i suoi non-problemi da “il mio corpo non risponde a quello che gli dico e sembro impazzita” proprio ora.

Le sue considerazioni senza senso sarebbero state ancora lì, purtroppo, al loro ritorno a Mystic Falls, anche se lei sperava vivamente che scomparissero magicamente da un momento all'altro.

Era dannatamente vero però, aveva un bisogno assoluto di parlare.

Nonostante si fosse data una spiegazione, infatti, necessitava di rassicurazioni sul fatto che fosse proprio così.

Doveva esserlo e doveva sentirselo dire.

L'unica persona disponibile in casa era Stefan, ma decisamente non era quella adatta con cui parlarne.

Non osava neanche immaginare come avrebbe reagito se fosse venuto a conoscenza di cosa era accaduto fra lei e suo fratello e decisamente non era intenzionata a scoprirlo.

E poi le mancava terribilmente anche Bonnie, i suoi consigli sempre azzeccati e aveva davvero una marea di cose da raccontarle, sospirò. Per fortuna sarebbe arrivata quello stesso pomeriggio.

Fin ad allora non ci avrebbe più pensato, si impose perentoriamente fissando il soffitto della piccola camera.

Basta pensieri su cose inesistenti.

Si tirò a sedere di scatto, scendendo poi con un balzo dal letto decisa a fare colazione e sopire così il brontolio del suo stomaco e i pensieri.

Si diresse fuori dalla sua camera, percorrendo silenziosamente il corridoio e dirigendosi poi giù per le scale a chiocciola diretta verso la cucina.

Un vociare ilare misto a risate complici le giunse alle orecchie, facendosi più nitido non appena scese l'ultimo scalino.

Tyler e Caroline, sorrise roteando gli occhi al cielo e riconoscendo le loro voci.

Se quei due erano insopportabili quando litigavano, lo erano ancora di più dopo che avevano fatto pace. Decisamente.

Erano sempre appiccicati, come se vi fosse una sorta di colla invisibile ad unirli, a baciarsi, ridacchiare in simbiosi e scambiarsi sguardi melensi ogni tre per due.

Sono semplicemente innamorati, le ricordò la sua mente con una punta di fastidiosa invidia, dando una spiegazione più che logica ai loro comportamenti.

Non sapeva se fosse realmente così o no, ma di certo non conoscevano mezze misure: o si amavano alla follia o litigavano furiosamente.

Beh, senza dubbio non avevano un rapporto noioso.

Tuttavia, nonostante fossero insopportabilmente sdolcinati e lei si sentisse sempre più il terzo incomodo, era felice per loro.

Si meritavano un po' di sana serenità visto la storia tumultuosa che stavano cercando di portare avanti.

La stessa identica tranquillità che, invece, sembrava mancare a lei in quei giorni.

Una smorfia infastidita le inclinò le labbra a quel pensiero fastidioso e quantomai veritiero.

Per un breve attimo fu sul punto di entrare in salotto e sfogarsi con Caroline ma, dopo alcuni tentennamenti, poi desistette, tornando sui suoi passi.

Chissà che faccia avrebbe fatto a sapere tutto ciò che era accaduto in quei pochi giorni, sorrise un po' più svagata immaginandosi le sue buffe smorfie sorprese e i suoi commenti senza peli sulla lingua.

Con passo deciso proseguì oltre, entrando finalmente in cucina.

Si diresse verso la macchinetta del caffè, accendendola e prendendo poi un pacco di biscotti dal ripiano.

Se ne mise uno in bocca, iniziando a mangiarlo e versandosi, poi, il caffè fumante in una tazza.

Il suo sguardo cadde casualmente sul tavolo in legno chiaro, dove le ciotole con i popcorn rimanenti e la custodia del dvd dell'ultimo The Saw erano abbandonati.

La sera prima, infatti, avevano deciso di vedere un film horror, proprio come facevano ai tempi del liceo.

Fortunatamente Damon aveva surclassato il loro invito e lei non avrebbe potuto esserne più contenta visto l'imbarazzo acuto che le contraeva i nervi in quei pochi momenti in cui erano stati nella stessa stanza.

Lei aveva cercato e fatto in modo che accadesse il meno possibile, ma, purtroppo, non aveva potuto cenare in camera ed evitarlo così del tutto.

Elena aveva poi sospirato sollevata quando lo aveva visto uscire dalla porta di ingresso, ma, ancora, non sapeva che l'avrebbe comunque tormentata, seppur indirettamente.

Si erano sistemati sul divano e il film era iniziato tranquillamente, ma era riuscita a seguire seriamente solo i primi minuti e le prime battute.

Infatti, già dopo pochi secondi, solo i suoi occhi avevano seguito davvero la trama dell'ultimo The Saw, noleggiato al piccolo negozio del paese.

La sua mente aveva vagato lontano dalle prove svolte per la sopravvivenza di una delle varie vittime torturate, viaggiando verso altre torture seppur mentali.

Inizialmente, aveva tentato di riconcentrarsi sul film e scacciare quelle leziose riflessioni, moleste proprio come colui che gliele aveva provocate.

Tuttavia erano stati tentativi a vuoto, vani, e dopo poco aveva lasciato che i suoi pensieri vagassero senza freni. Tanto lo avrebbero fatto comunque e impedirlo era un inutile sforzo .

Era paradossale, poi, di come le sue riflessioni, non propriamente gradevoli e gentili, avessero fluttuato placidi verso una persona a cui della famiglia importava ben poco, proprio come uno dei protagonisti del film.

Cosa che, per di più, l'aveva portata a chiedersi cosa fosse venuto a fare in montagna con loro.

Ok, voleva rendere la vita di Stefan un inferno, per un qualcosa che lei non aveva assolutamente capito ma che era intenzionata a scoprire. Infondo, la curiosità è donna.

Però addirittura prendersi la briga di fare una marea di chilometri e passare il week-end in un paesino di montagna sperduto nella natura, le sembrava troppo perfino per lui.

Non aveva molto senso come comportamento ma forse proprio per questo era tipico suo, aveva notato rendendosi conto di analizzare i suoi atteggiamenti più accuratamente di quanto pensasse.

Non che le dispiacesse, sia chiaro, il fatto che si vedesse poco o niente in giro, ma di certo la portava a porsi delle domande. Anche queste senza risposta.

Era così la sua mente, un insieme ingarbugliato di riflessioni e domande le une accavallate sulle altre.

I suoi pensieri erano poi confluiti, con un'inversione secca di marcia, nel ricordo bruciante di cosa era accaduto quello stesso pomeriggio, a quella strana e inspiegabile frazione di secondo in cui era come se non fosse stata lei. Ancora.

Aveva provato a cercare una spiegazione, il primo tentativo di una lunga serie, ma quel formicolio al basso ventre e il rossore anomalo sulle sue guance non erano spiegabili coerentemente e andavano contro tutto quello che pensava di lui. Contro quello che era. Più ci rifletteva e più non comprendeva cosa le fosse accaduto.

E quella parolina era tornata a vorticarle in testa insensatamente.

Una parte remota della sua mente aveva dato infatti un nome, una classificazione, a tutto ciò: attrazione.

Quasi si era messa a ridere a quella riflessione ridicola, provocandosi uno sguardo confuso da parte di Caroline nella penombra azzurrina della televisione.

Era un qualcosa privo di ogni qualsivoglia logica, razionalità, e, ancora una volta, aveva rimpianto di non potersi sfogare con nessuno.

Doveva buttare fuori quella marea di pensieri il prima possibile e probabilmente solo così avrebbero smesso di tormentarla.

Anche se forse, ripensandoci bene, non ne avrebbe parlato comunque né a Bonnie né a Caroline.

Perché parlare di un qualcosa che non sarebbe di certo ricapitato e che era sicura fosse dettato da un momento di pura pazzia? Perché lei era certa che era così.

Doveva esserlo, dannazione.

Il suo flusso di pensieri, imprecazioni, fu interrotto però un attimo dopo proprio da colui che glieli aveva causati, portandola irrazionalmente ad irrigidirsi in modo impercettibile.

Una figura slanciata e tonica, rigorosamente fasciata da abiti scuri costosamente fatti su misura e rispondente al nome diabolico di Damon Salvatore, entrò all'improvviso in cucina.

Istintivamente irrigidì la postura e le sue labbra si tesero inesorabilmente, trasformandosi in una smorfia tra l'infastidito e il corrucciato.

Quel senso di imbarazzo tornò a pervaderla, proprio come il giorno precedente.

Non sapeva neanche lei come spiegarlo. Si sentiva … imbarazzata, ecco.

E non era solo perché si era ritrovata davanti a lui – totalmente nudo, per di più!- con la sola biancheria intima addosso, ma per quella frazione millesimale in cui se ne era sentita... attratta.

Ed eccola lì ancora quella parolina.

Tutto tornava sempre a quel dannato fatto durato neanche un secondo, ma che stava diventando sempre più importante.

Si stava contraddicendo da sola, se ne rendeva benissimo conto, ma in quel momento di pura pazzia era stato così.

Lui le lanciò semplicemente un'occhiata indifferente, quasi altezzosa, fermandosi per una frazione di secondo sulla porta per poi dirigersi verso la cucina.

Il tutto senza dire neanche una sillaba come saluto.

Buongiorno anche a te mister arroganza, disse mentalmente al suo indirizzo con tono acido e indisponente.

Non si prendeva neanche la briga di salutarla, ma chi si credeva di essere quel pallone gonfiato? Inveì silenziosamente contro il moro, scoprendosi più infastidita di quanto sarebbe dovuta essere da quel comportamento presuntuoso.

Con un po' di inspiegabile stizza, affondò il volto nella tazza decidendo di ignorarlo.

Come al solito le provocava emozioni irruenti ed era un'altra cosa inspiegabile e senza senso a cui non riusciva a dare una logica.

Per quale diavolo di ragione accadeva tutto ciò? Se lo domandava anche lei.

Meglio però che non le avesse rivolto la parola, si disse con una scrollata di capo, almeno si era evitata battutine allusive contornate da quel suo seccante sorriso malizioso da “cadi ai miei piedi”.

Damon prese una tazza dal mobile alla sua destra, il tutto nel più denso silenzio come se lei neanche fosse in quella stanza.

Cosa che fece crescere ancora di più il suo nervosismo, nonostante si ripetesse che non le importava nulla.

Continuava a ripeterselo ma non sembrava funzionare poi molto.

Lo fulminò con gli occhi, lanciandogli un’occhiataccia folgorante che smorzò parte del suo nervosismo.

Il perché poi la infastidisse così tanto quel mancato saluto era un altro dei misteri irrisolti che abitavano la sua mente.

Damon si diresse poi verso di lei, avvicinandosi e facendole istintivamente contrarre i muscoli.

Allarmata da quella vicinanza si irrigidì, sentendo il cuore iniziare a battere in modo anomalo.

I loro corpi quasi si sfiorarono a causa del poco spazio che intercorreva fra il tavolo e il bancone della cucina e lei trattenne istintivamente il fiato.

Lui allungò un braccio alla sua sinistra, prendendo la caraffa del caffè e versandosene un po' nella tazza, il tutto senza allontanarsi da lei.

Trattenne il respiro, schiacciandosi istintivamente contro la cucina affinché i loro petti non si sfiorassero.

La tensione elettrica si propagò nell'aria, vibrando e facendola fremere.

Quel calore incomprensibile si focalizzò nuovamente al suo basso ventre, ricordandole pericolosamente il sogno. Il giorno prima al lago.

Lui si allontanò un attimo dopo, un impercettibile sorriso di sfida e divertimento ad aleggiargli maliziosamente sulle labbra.

Sbarrò gli occhi, sentendo l’irritazione intensificarsi alla bocca dello stomaco e tenderle ulteriormente i nervi, quasi dolorosamente.

Lo faceva apposta lo stronzo ad irritarla e provocarla con quel comportamento, allora!

Assottigliò lo sguardo poi, duplicemente esasperata dal suo atteggiamento indirettamente istigatore e dai pensieri che la portavano a chiedersi come diavolo avesse fatto a provare quel che aveva provato, che stridevano decisamente con le emozioni che la pervadevano invece in quel momento.

Si voltò dall'altro lato ignorandolo bellamente, imponendosi di non dare corda né a lui né ai suoi pensieri.

Cosa che le infuse un piccolo senso di sadica soddisfazione.

Percepì i suoi occhi posarsi su di lei un attimo dopo, studiando i suoi movimenti, apparentemente pensieroso e disattento.

Nonostante questo, lei si sentì comunque pervasa da un fremente disagio, come se fosse uno sguardo lussurioso.

I suoi muscoli si irrigidirono istintivamente mentre il ricordo di quegli stessi occhi roventi, che la percorrevano in occhiate non propriamente caste, si proiettava nella sua mente in modo fin troppo realistico. Di nuovo.

Un piccolo brivido la pervase, percorrendo la sua schiena e provocandole nuovamente quel senso di vuoto al basso ventre, come di risucchio.

Sempre più innervosita dal suo corpo, si mordicchiò le labbra cercando di sopire quel formicolio di cui non comprendeva l’origine.

Non doveva pensarci, si disse. Si stava fissando su un fatto inesistente, frutto solo di suggestioni e nervosismo.

Continuò a sorseggiare la sua colazione, ignorandolo e lui per fortuna si allontanò andandosi a sedere al tavolo.

Era lo stesso atteggiamento che aveva mantenuto per tutto il giorno precedente, evitandolo e rifuggendo ogni possibile cosa che l'avrebbe portata a imbattersi in lui.

Se ne era infatti tenuta il più lontano possibile dal momento in cui era rincasata, bagnata e un po' sconvolta suscitando le occhiate stranite di Stefan.

Lei non ci aveva badato più di tanto, troppo presa a pensare ad altro, anche se in realtà i pensieri si erano fatti più stressanti solo in seguito.

Era stato un momento, semplicemente quello, in cui il suo corpo era impazzito. Tutto qui.

Non poteva trattarsi che di quello.

Lanciò un’occhiata fugace e sospettosa a Damon, come se il suo corpo potesse avere di nuovo una reazione come quella, tornando al presente e convincendosi ancora di più delle spiegazioni che si era data.

Era altamente impossibile al novantanove virgola nove per cento che lei ne fosse attratta.

Cioè, era come dire che il cielo era verde!

Era come se in quel momento non fosse stata lei.

Proprio come la sera in cui si erano conosciuti al Grill, anche se forse in quella occasione era stato in qualche modo differente.

Ok, ci era finita a letto prima ancora di sapere chi fosse ma quello era facilmente spiegabile.

Era mezza ubriaca, decisa a non pensare al passato e a divertirsi, e aveva subito un po' il fascino di quello sconosciuto, che sembrava averla inquadrata alla prima occhiata.

Interesse che era stato amplificato dall'alcool sicuramente.

Certo, avesse saputo cosa avrebbe comportato quel divertirsi se ne sarebbe decisamente rimasta a casa, pensò con una smorfia ad inclinarle le labbra.

Ma su quello c'era in qualche modo passata sopra, liquidando il fatto con questa semplice spiegazione, nonostante continuasse a dolerle un po' l'orgoglio.

Il fatto che però avesse provato quella stessa sensazione in un momento in cui era fin troppo sobria e lucida non aveva alcuna coerenza con la spiegazione che si era data. Per niente. E la irritava terribilmente.

Era totalmente irrealizzabile che quello zero virgola uno per cento si stesse avverando.

Era pura utopia, totalmente impossibile che provasse dell'attrazione nei suoi confronti.

Non sarebbe accaduto mai, si era detta sicura prima di cadere in un sonno profondo rincuorata da quella convinzione.

Un acuto di risate, seguito dallo schioccare di un bacio si propagò nell'aria, raggiungendoli e richiamandola alla realtà.

Damon assottigliò gli occhi infastidito, come se fosse afflitto dal mal di testa o da qualcosa di molto fastidioso, riducendoli quasi a due fessure azzurre.

Sbuffò poi un commento innervosito fra le labbra.

- Barbie e Ken si stanno praticamente accoppiando sul divano- ruppe il silenzio con voce piatta e un'evidente smorfia disgustata sul volto, portandola a voltarsi nella sua direzione.

Aggrottò le sopracciglia confusa e solo dopo un attimo capì a cosa, o meglio a chi, si stava riferendo.

- So che per te è difficile da capire, ma sono innamorati- gli rispose con un tono comprensivo un po' pungente, come se stesse parlando di una cosa a lui incomprensibile e sconosciuta.

- Così offendi il mio povero cuore- si portò teatralmente una mano al petto, fingendosi offeso e ferito.

Elena roteò gli occhi al cielo, trattenendo a stento uno sbuffo e una risposta acida.

- Comunque, se continuano a tubare così, tra poco sforneranno una piccola Shelley - continuò pungente e un po' irritato con un cenno del capo a indicare l'altra stanza, tornando poi a sorseggiare il suo caffè.

Come era consuetudine ormai quando si trattava di lui, qualcosa scattò dentro di lei ed Elena si ritrovò a rispondergli prima ancora di rendersene conto.

- Shelley non è la figlia di Ken e Barbie. È la sorellina – puntualizzò, non riuscendo a trattenersi abbastanza dal non replicare.

Però doveva ammettere, seppur con molta fatica che, per una volta, aveva ragione: quei due erano sempre appiccicati.

Lui aggrottò le sopracciglia scure, non aspettandosi forse quella risposta.

- Touche – inclinò il volto, dandogliene atto.

E questa volta fu lei a essere sorpresa. Si aspettava la solita, interminabile sfilza di repliche e battutine e non di certo un'ammissione di colpa.

Strano che non avesse fatto nessun riferimento malizioso, si rammentò pensierosa.

- Giocavi con le bambole da piccola, quindi?- riprese a parlare lui, improvvisamente interessato rompendo il velato silenzio appena creatosi.

Anche se ad essere sinceri sembrava più una constatazione che una domanda.

Alzò gli occhi su di lui, fissandolo da sopra la tazza.

- Si - mormorò in risposta, in un sussurro vago e scocciato che voleva chiaramente far cadere il discorso nel vuoto.

Decisamente parlare della sua infanzia con lui era l'ultima cosa che voleva fare in quel momento.

Non che volesse fare qualcosa, si ritrovò ad arrossire per quel doppio senso involontario che la sua mente le aveva presentato.

Fece scontrare involontariamente i loro occhi solo per una breve frazione di secondo spostandoli un attimo dopo, provando ancora quel tipo di imbarazzo che non sembrava volerla abbandonare.

- Interessante...-

Il suo sguardo diventò meno freddo, scaldandosi e luccicando di una giocosa allusività che lo illuminò e la fece sentire ancora più a disagio.

Perché diavolo accadesse continuava a non comprenderlo, però.

Schiuse le labbra, tra lo sgomento e il sorpreso fissandolo senza parole.

Era allucinante. Quell'essere proveniente direttamente dall'inferno, chiamato Damon Salvatore, riusciva a trovare malizia anche in un gioco per bambini!

E poi era irritante di come avesse sempre da ridire su tutto, lo fulminò con gli occhi.

- Ma a quanto vedo lo facevi anche tu - frecciò ironica, inarcando pericolosamente un sopracciglio e guardandolo in cagnesco per qualche breve secondo prima di allontanare nuovamente lo sguardo dal suo.

Lui rimase in silenzio per qualche attimo, un breve lampo di un emozione sconosciuta e che lei non comprese a scurirgli l'iride prima che tornasse nuovamente imperscrutabile.

Ingenuamente, credette di averlo finalmente messo a tacere, ma un secondo dopo si aprì in un ghigno ammaliante .

L'ennesimo.

- Non con le bambole che intendi tu però - soffiò sfacciatamente malizioso, protendendosi lievemente sul tavolo verso di lei e lanciandole un'occhiata di evidente significato ambiguo – E lo faccio ancora ora, se per questo – alluse placidamente, arrossandole le guance per il tono voluttuoso con cui parlò.

Quasi languido.

Ignorò il senso di imbarazzo che la colpì, ancora, alla bocca dello stomaco, aggrovigliandoglielo.

Scrollò il capo, facendo ondeggiare i capelli sulle spalle.

- Interessante...- lo citò intenzionalmente, volendo avere ostinatamente l'ultima parola e non riuscendo a fare a meno di ribattere.

E poi il desiderio di togliergli quel mezzo sorriso altezzoso e irrisorio dalla faccia era una tentazione troppo forte per non cedervi.

- Quindi...- mormorò sciogliendo il tono di voce in una apparente inclinazione suadente, che catturò subito la sua attenzione.

Sorrise, mossa ancora da quell'impulso insopibile che la portava a reagire ogni volta.

Gesto che non sfuggì ai suoi occhi, che la seguirono in ogni più piccolo suo movimento.

Inclinò il volto poi, guardandolo in un modo più spigliato di quanto si sentisse in realtà sotto il suo sguardo ghiacciato.

- … ammetti di giocare con le bambole gonfiabili?- terminò pungente lei, aggrottando le sopracciglia fintamente confusa e sorpresa, come ingenuamente shoccata da quella scoperta.

Come era accaduto in tutti i loro precedenti incontri, le provocazioni uscivano automaticamente dalla sua bocca senza che lei riuscisse a frenarle.

Lui strinse le labbra in una linea netta, indurendo la mandibola, probabilmente stizzito dalla sua frase che aveva messo in dubbio la sua virilità.

Le lanciò uno sguardo stralunato, facendola quasi scoppiare a ridere soddisfatta e divertita dalla sua smorfia piccata.

Decisamente la ripagava di tutto il nervosismo – e pensieri- che le provocava inesorabilmente.

Lui si alzò, facendo stridere la sedia contro il pavimento, e avvicinandosi alla cucina e, quindi, anche a lei.

- Non ho bisogno di queste cose - le disse piccato, piegando la testa verso destra e assottigliando gli occhi al suo indirizzo fino a ridurle a due fessure . - Ti assicuro che ho fin troppi svaghi e tutti sotto i trenta anni - continuò, abbandonando la tazza nel lavabo.

Elena inarcò provocatoriamente un sopracciglio, incrociando le braccia al petto e guardandolo scetticamente.

Damon si appoggiò poi con il fianco al mobile, quasi in una posizione speculare in quella in cui era lei.

Quella vicinanza la portò a irrigidirsi nuovamente, i nervi quasi in allerta per la distanza di sicurezza superata fra di loro.

- Sono molto attivo sotto quel punto di vista - si vantò con tono vanesio, un sorriso sicuro e vanitoso a incurvargli le labbra - Dovresti ricordartelo – soffiò allusivo, facendola arrossire violentemente.

Un formicolio lieve la colpì al basso ventre a quel ricordo sfocato e vago, ma che le sembrò vivido come non mai in quel sussurro un po' roco.

Deglutì, mentre quella risposta impossibile a tutto ciò le si riproponeva nella mente.

- Cos'è, hai già una crisi di mezza età? - frecciò cambiando astutamente discorso, riferendosi malignamente alla sua propensione di uscire con donne più giovani di lui cercando di non far caso all'imbarazzo che le imporporava le guance.

Riversò parte del nervosismo in quella frase, sperando che funzionasse un po' da valvola di sfogo.

- Mi piace la carne fresca - ribatté lui, con una smorfia sorniona e alzando le spalle.

Il fatto che poi trattasse le donne puramente come oggetti e le cambiasse come i calzini era un altro motivo che non glielo faceva andare a genio. Per nulla.

Questa volta non gli rispose, limitandosi solo ad una smorfia dubbiosa ed a inarcare scetticamente un sopracciglio.

Riprese a sorseggiare il suo caffè, ormai freddo.

Percepì però il sguardo non abbandonarla, percorrendole ancora la curva del corpo e diventando bollente. Cosa che le provocò un insolito formicolio sulla pelle.

Come brividi di caldo.

Forse la calura la stava davvero facendo impazzire, considerò confusa dalle sensazioni che l'affliggevano.

Passava dal sentirsi terribilmente in imbarazzo in sua presenza a essere seducentemente provocatoria, rispondendo spigliata alle sue battutine, e infine così innervosita dalle sue occhiate da volergli tirare un piatto dietro.

Non aveva senso tutto questo ed era sempre colpa di quel qualcosa che scattava dentro di lei.

Sembrava riuscire a tirare fuori le parti più differenti, opposte,del suo carattere notò confusa e sorpresa al col tempo.

- Credo che uscirò ora. - affermò improvvisamente, avviandosi poi alla porta scorrevole semichiusa e lei si chiese per quale ragione glielo stesse dicendo.

Non gliene fregava assolutamente nulla. A Elena bastava che stesse il più lontano possibile da lei e tutto era perfetto.

- In paese si possono fare incontri piacevoli- le disse con un brillio malizioso e lei dovette mordersi la lingua per non ribattere.

Damon si bloccò però a metà strada, volandosi verso di lei con lo sguardo improvvisamente illuminato da una luce divertita.

Era come se gli fosse venuto in mente qualcosa di divertente, ilare.

- Magari potrei andare a fare un bagno nel lago- soffiò sfacciatamente con malizia riferendosi schiettamente al giorno precedente e rievocando in lei il ricordo di quello che era accaduto. Ancora.

Arrossì violentemente, allargando gli occhi scuri.

Damon gongolò apertamente del suo imbarazzo, ghignando soddisfatto ed euforico quasi.

- Vuoi venire con me?- le chiese suadente, intenzionalmente provocatorio, socchiudendo allusivamente gli occhi e facendo aumentare in modo direttamente proporzionale in lei indignazione e disagio.

- Affogati- gli ringhiò contro facendolo ridacchiare divertito e provocandogli un acceso di risate .

Era un suono allegro, seppur un po' roco e lei si ritrovò inaspettatamente a notare di come avesse un non so che di musicale.

- Sarà per la prossima volta allora – le disse allargando gli occhi azzurri.

Scomparì oltre la porta in un soffio, quasi il tempo di un respiro, proprio come quando era arrivato.

Sospirò lievemente sollevata appoggiandosi con i fianchi alla cucina, il cuore che batteva però in modo anomalo nel petto e il nervosismo a scorrerle ancora nelle vene.

Era irritante quell'essere diabolico rispondente al nome di Damon Salvatore. Tremendamente.

La sua risata però continuò a ronzarle fastidiosamente nelle orecchie, in un eco che non sembrava voler scemare via.

Scrollò il capo, abbandonando la tazza ormai vuota nel lavello e apprestandosi a salire in camera.

Le ci voleva una doccia rinfrescante per scacciare i pensieri molesti e sciogliere i nervi tesi dal irritazione e dall'imbarazzo.

Tuttavia, non sapeva ancora che quel suono frastagliato e un po' gutturale, un misto tra malizia e divertimento,avrebbe sovrastato anche il rumore della doccia continuando a risuonarle in testa




************************



- Un the freddo - ordinò con un sorriso leggero e svagato, le guance un po' arrossate dal caldo e gli occhi luminosi di allegria.

Prese poi posto su uno degli sgabelli alti liberi vicino al bancone, in attesa della sua bevanda.

Il barista annuì, posandole davanti il bicchiere pieno e ghiacciato in meno di un secondo.

Lo ringraziò con un altro sorriso e poi lo afferrò, prendendone voracemente un sorso rinfrescante.

Accavallò le gambe, canticchiando a mezza voce la canzone che passava il dj.

Era contenta quella sera. Dannatamente.

Cosa l'aveva resa così di buon umore dopo un avvio non proprio dei migliori? Beh, diciamo che Bonnie aveva portato con se un ospite quel pomeriggio: Jeremy.

Sarebbe dovuto tornare a casa la settimana successiva ma le lezioni al college erano terminate prima e così le aveva fatto una piacevolissima sorpresa, presentandosi alla casa sul lago.

Quando aveva aperto la porta, ritrovandoselo davanti, aveva esitato qualche attimo, sbarrandogli gli occhi, prima di buttargli le braccia al collo in una abbraccio soffocante che l’aveva convinta che non era un’allucinazione.

Rivederlo dopo tutti quei mesi di lontananza, fatta solo di chiamate e messaggi, l'aveva messa tremendamente di buon umore, spostando in secondo piano persino i suoi pensieri e la stressante convivenza forzata con Damon.

Le era mancato davvero tanto, più di quanto si fosse resa conto e solo ora lo capiva appieno.

Ma non era esclusivamente questo ad aver alzato il suo umore di una ottava.

Oh no, aveva infatti contribuito enormemente l'assenza di pensieri.

Non sapeva come o perchè, ma quei piccoli, subdoli dubbi, che si insinuavano nelle sue riflessioni proponendole soluzioni senza senso e che non potevano decisamente essere reali, erano miracolosamente scomparsi. Puff, annullati.

Come dissolti nel nulla, non si erano più presentanti a tormentarla lasciandola finalmente in pace.

Neanche nelle sue più rosee speranze aveva sperato in una risoluzione così veloce e indolore.

Erano semplicemente scomparsi, come una bolla di sapone scoppiata, e lei non poteva esserne più felice.

Si sentiva enormemente sollevata, come se un grosso macigno non le pesasse più addosso.

Motivo che l'aveva spinta a non dire nulla a Bonnie quando le aveva chiesto se andava tutto bene.

Non aveva più senso parlare di un qualcosa che non c'era più e lei era sempre più convinta che quello che aveva pensato – provato- era stato dettato da un momento di pazzia dettato dal caldo.

E il fatto che fossero scomparsi all'improvviso così come erano arrivati ne era la prova lampante.

Si, era dannatamente felice.

Si guardò allegramente poi intorno, continuando a sorseggiare la sua bevanda.

Era un bel locale, con le caratteristiche tipiche del luogo e sviluppato su due piani differenti: la parte al chiuso e con il bar al piano terra e la terrazza, con vista sulla valle, al piano superiore.

Loro avevano preso un tavolo nella parte più riservata e bella, ma Elena, stufa di ballare e di stare in mezzo alle coppiette, aveva deciso di andarsi a prendere qualcosa da bere di fresco al bar.

Una figura maschile a lei nota, avvolta nella solita camicia nera, l'affiancò all'improvviso.

Il suo profumo forte, mentato e pungente le solleticò le narici facendole riconoscere il proprietario prima ancora che parlasse, facendo la sua ordinazione.

Stranamente la solita sensazione di fastidio non la pervase, chiudendole lo stomaco nella consueta morsa innervosita, seppur non l'avesse neppure salutata come suo solito.

Forse qualsiasi nervosismo o irritazione era stata surclassata dal buon umore che sembrava non abbandonarla.

Meglio così, si disse decidendo di non lasciarsi rovinare la serata dai pensieri o da lui.

Lo fissò di sottecchi mentre ordinava con voce lenta e strascicata una bevanda decisamente più alcolica della sua, in una situazione esattamente speculare a quella che aveva vissuto quando si erano incontrati la prima volta.

Si ritrovò a sorridere istintivamente, senza quasi rendersene conto, provando una sensazione di languido deja-vù alla bocca dello stomaco a quel pensiero che la disarmò.

Era sconcertante di come il destino fosse beffardo, a volte.

Sembrava la stessa identica situazione della sera in cui si erano incontrati, notò aggrottando leggermente le sopracciglia in un'espressione vagamente corrucciata mentre quella sensazione insolita e ambigua si intensificava.

- E’ la seconda volta in due giorni che sorridi in mia presenza- affermò all'improvviso Damon con un tono tra il canzonatorio e quasi sovrappensiero, continuando però a non guardarla e a mantenere lo sguardo puntato davanti a se.

Elena quasi sobbalzò, colta alla sprovvista da quell'interruzione inaspettata del flusso sconnesso dei suoi pensieri.

Solo allora, Damon, si voltò verso di lei, senza però avvicinarsi, appoggiando il fianco contro il bancone e lanciandole uno sguardo frizzante e ilare che forse non gli aveva mai visto.

Era uno sguardo limpido, non adombrato dalla solita imperscrutabilità o dalla malizia cosa che la sorprese non poco.

Anche lui sembrava sereno e svagato quella sera, notò attenta.

Inaspettatamente e senza un'apparente ragione le sue guance si velarono di un leggero rossore e il senso di imbarazzo tornò a pervaderla.

Tuttavia lei lo ignorò, non dandogli peso.

Era solo perchè l'aveva colta di sorpresa, si disse .

- Dovrei ritenermi lusingato?- ammiccò con solito sorriso sbieco ad incurvargli le labbra.

Non sapeva bene il perché o come mai stesse accadendo, ma di nuovo, stranamente, nessuna reazione tumultuosa di violento nervosismo la colse alle sue parole sarcastiche.

Forse era causa del suo tono non troppo serio, quasi divertito.

O forse semplicemente per una volta non aveva voglia di ribattere seccata e pungente.

Non se lo chiese più di tanto, decidendo di non darci assolutamente alcun peso.

- Si, in effetti dovresti - ammise leggera con un'alzata di spalle, sorprendendolo per la mancanza della solita punta di acidità nella voce.

Percepì distintamente il suo sguardo sulla sua pelle cambiare mentre la lambiva in una occhiata indagatrice, passando velocemente da confuso a sorpreso e infine intrigato.

- Posso sapere il motivo di questa...- fece un gesto vago con la mano, non continuando la frase e aspettando che fosse lei a farlo.

Insolitamente, non sembrava avere altri intenti o battutine ambigue da lanciarle.

Sembrava solo...cordiale, se ne stupì.

Già, per quanto fosse una cosa inconcepibile e che pensava non sarebbe mai accaduta, quella era una normale conversazione.

- Non posso essere semplicemente contenta?- gli disse in risposta, ricevendo un'altra occhiata scettica e dubbiosa.

Era così impossibile ai suoi occhi che lei fosse allegra? Si chiese sorpresa da quella constatazione.

- Sono di buon umore stasera - puntualizzò con una scrollata di capo lanciandogli una occhiataccia per tutta quella dubbiosità, di quelle tipiche che caratterizzavano i loro incontri.

Lui non disse nulla, prendendo un'altro sorso della sua bevanda e le similitudini con quella sera le si fecero ancora più palesi.

Sembrava quasi la stessa situazione, a dire il vero.

- Stavo … notando come questa situazione sia una sorta di deja-vù - gli disse senza un reale motivo dopo un attimo di esitazione.

Non ci fu bisogno di specificare altro perché lui capì subito.

Damon si aprì,infatti,in un mezzo sorriso malizioso, socchiudendo gli occhi in quel modo tipico che lo caratterizzava e che stranamente le provocò ancora quella insolita sensazione alla bocca dello stomaco.

Non era una morsa dolorosa e neanche fastidiosa, piuttosto assomigliava ad un lieve groviglio.

Cosa significava?

Magari nel the avevano messo qualcosa che le stava provocando il mal di stomaco.

- Mmh – mormorò in un soffio gutturale che la fece irrigidire istintivamente - E' un modo implicito per farmi capire che vorresti finisse nello stesso modo?- ammiccò al suo indirizzo, un scintillio malizioso negli occhi chiari.

Mosse un passo in avanti avvicinandosi, sovrastandola con la sua altezza e facendo sfiorare i loro corpi in un tocco appena percepibile, annullando la distanza che vi era fra di loro fino ad un secondo prima.

Quell’elettricità,che aveva provato già il giorno prima, torno a vibrare prepotente nell’aria, diradandosi a spirali dal punto esatto in cui si erano toccati fino al suo basso ventre.

Trattenne di riflesso il respiro, non poco sconcertata.

- Perché se così fosse, non dovresti neanche chiedere - le sussurrò suadente inclinando il volto verso destra, verso di lei, fino a sfiorare quasi col naso i suoi capelli.

Allarmata da quella vicinanza e, soprattutto, da cosa le stava provocando internamente si tirò leggermente indietro con il busto, frapponendo centimetri, preziosi per la sua sanità mentale, fra di loro.

- Neanche nei tuoi sogni migliori- gli disse sprezzante e decisa, facendolo ridacchiare in risposta.

Una punta di acuta irritazione la pervase a quella reazione, andando ad accavallarsi al lieve formicolio al basso ventre in un miscuglio di sensazioni improbabile.

E nuovamente ebbe la dimostrazione di come riuscisse a farla passare rapidamente da stati d'animo opposti.

- O forse nei tuoi, Gilbert ?- sussurrò suadente e tentatore, lanciandole un'occhiata inequivocabile che la portò ad arrossire ancora.

- Non sono sogni quelli in cui ci sei tu, ma incubi- frecciò tagliente, non potendo però al suo basso ventre di contrarsi piacevolmente per quel tono e per il ricordo di quello che aveva sognato quella mattina.

Dannazione, imprecò mentalmente, il suo corpo stava ricominciando ad avere comportamenti strani.

- Quindi ammetti di sognarmi- ghignò compiaciuto rigirandosi a suo piacimento ciò che aveva appena detto, un brillio di divertita vittoria negli occhi.

Cosa che la innervosiva parecchio, per inciso.

Sbuffò sentendo ora distintamente il nervoso montare dentro di lei, avvolgendola e portandola a domandarsi cosa diavolo le fosse passato prima per la testa da poter considerare il loro dialogo pacifico e cordiale.

- Credo che tornerò dagli altri- affermò decisa, scendendo dallo sgabello,ma dal lato opposto di quello in cui si trovava lui per evitare qualsiasi contatto fortuito.

Il suo corpo sembrava essere impazzito già così, non c'era bisogno di provocarsi reazioni ulteriori

che non voleva.

Lui annuì silenziosamente, dando quasi l'impressione di non averla neanche sentita e finendo tutto in un sorso il contenuto ambrato del suo bicchiere.

Fece per pagare ma prima ancora che avesse tirato fuori il portafoglio dalla borsa Damon aveva già allungato una banconota da venti dollari sul bancone.

- Cosa stai facendo?- gli chiese sconcertata dal suo gesto, un'espressione tra l'allarmato e il sorpreso stampata in faccia.

Stava per caso facendo un gesto galante nei suoi confronti ? Si chiese alternando lo sguardo alternativamente dalla banconota a lui.

No, doveva essere un'allucinazione sicuramente.

- Sto pagando - le disse tranquillo, il tono di voce quasi indifferente e scocciato.

Ecco, assottigliò lievemente gli occhi, se lei passava da un'emozione all'altra lui era davvero lunatico e scostante.

- Non ce ne è bisogno - gli disse sicura e un po' irritata dal suo tono, cercando di allungare la mano per bloccarlo.

- Non puoi semplicemente accettare e dire grazie?- sbuffò annoiato, quasi brusco, spostandole il braccio e beccandosi subito una sua occhiataccia.

Lo fulminò con gli occhi, percependo il nervoso vibrare in lei.

- Non ti ho chiesto io di offrimi da bere quin..- affermò brusca, riservando un po' di quel nervosismo che era tornata a pervaderla su di lui, ma non riuscì a terminare la frase che fu interrotta da una terza voce.

- Se vuoi ti offro io da bere, bellezza – li interruppe una voce spavalda, un po' burbera.

Si voltò di scatto per vedere chi fosse, ritrovandosi davanti un uomo dalla corporatura robusta e dai capelli biondi tagliati a spazzola qualche posto più in là del suo.

- No, grazie - rispose decisa, cercando di essere comunque educata.

- E non solo quello - rise gutturalmente, scaturendo le risate dei due amici che lo circondavano quasi a formare un capannello e che solo in quel momento notò.

Non gli rispose, lasciando cadere nel vuoto la provocazione.

L'ultima cosa che voleva era scatenare mettersi a litigare o peggio scatenare una rissa.

Gli diede nuovamente le spalle, facendo per allontanarsi ma parlò di nuovo quell'uomo.

- Oh andiamo non fare la restia e andiamo a fare un giro- affermò afferrandola per un braccio affinché si girasse verso di lui. - Lo sappiamo tutti che voi della città amate divertirvi-

Le stava dando della poco di buono?

Irritata e innervosita dalla piega che stava prendendo quella situazione cercò di andarsene.

Con un gesto secco del polso tento di liberarsi ma non ci riuscì visto che la presa era più salda di quello che sembrava.

- Lasciami andare – gli intimò cercando di essere il più sicura possibile ma la sua voce tremolò impercettibilmente.

Era inutile negarlo, quella situazione stava prendendo un brutto risvolto.

Percepì la presenza di Damon farsi più pressante alle sue spalle, rincuorandola minimamente.

- Hai sentito cosa ha detto? Lasciala andare immediatamente – si intromise lui con tono duro e freddo, affiancandola e frapponendosi quasi fra lei e quell'energumeno di montagna.

Gli lanciò un occhiata allarmata, più per la circostanza che si stava venendo a creare che per il fatto che la stesse ancora trattenendo per un braccio.

- Fatti i fatti tuoi bamboccio – gli disse a muso duro, lasciandola però andare finalmente.

Lasciò andare un respiro profondo, rendendosi conto solo allora di averlo trattenuto.

Si massaggiò il polso un po' dolorante, non distogliendo però gli occhi da Damon che sembrava pericolosamente alterato.

Sembrava trattenersi a stento, la linea della mandibola stretta in un'espressione dura.

- Damon...- lo chiamò preoccupata, cercando di evitare a priori qualsiasi sua reazione avventata.

Lui non la calcolò minimamente, come se non l'avesse neanche sentita.

- Guarda te sto idiota- disse l'altro ragazzo ai suoi amici .

Accadde tutto velocemente in seguito, un susseguirsi di azioni imprevedibili che non riuscì ad evitare.

E poi fu la fine.









Salve! Come state? Spero bene e che il capitolo vi sia piaciuto! E ora passiamo alla solita spiegazione per punti:

1- Innanzitutto mi voglio scusare per l'enorme ritardo con cui ho aggiornato questa storia. Per vari motivi ho dato precedenza alle altre due storie e vari impegni ( studio ed esami dell'università) e problemi vari mi hanno impedito di aggiornare prima. Quindi scusatemi per avervi fatto aspettare così tanto e Grazie di cuore a chi mi ha aspettato!

2- Passiamo al capitolo ora, visto che c'è abbastanza da dire. È un capitolo importante, non ancora di svolta ma comunque rilevante per la storia anche se so che ad un primo sguardo potrebbe apparire abbastanza noioso e transitorio. Ma se leggete tra le righe e i loro comportamenti capirete che qualcosa inizia a cambiare.

Le acque iniziano a muoversi in questo chappy e in parte è a causa di quello che è accaduto nello scorso capitolo. I dubbi iniziano a insinuarsi in Elena, è il suo stesso corpo in qualche modo a provocarglieli come si è visto anche se non è ancora cosciente.

Altra cosa. A volte, nel corso del capitolo, può sembrare che abbia comportamenti contraddittori e opposti ma è una cosa voluta. Un momento è irritata dai comportamenti di Damon quello dopo se ne scopre interessata e anche il fatto che si faccia tutte quelle domande vuol dire qualcosa. Inizia a voler dire qualcosa. Quindi è una cosa voluta in un certo senso. Ovviamente spero però che il capitolo abbia un senso, così come i comportamenti di Elena, e il tutto sia risultato chiaro e coerente.

Elena non è ancora consapevole di esserne attratta, si è solo insinuato il dubbio che l'accompagnerà anche nel prossimo capitolo. Non ne ha ancora preso coscienza.

3- Vorrei sottolineare una cosa: noi vediamo tutto dalla prospettiva di Elena, attraverso i suoi occhi. Quindi sappiamo cosa pensa lei e come agisce e tutte le azioni degli altri personaggi sono filtrate attraverso i suoi occhi. Questo discorso lo faccio perché è importante quando si tratta di Damon. Quindi quando Damon parla viene interpretato da Elena, ma non è detto che quello che Damon vuole dire\fare sia quello. È un fatto importante per la storia perché di fatto le vere intenzioni di Damon o cosa pensa non si sa, se non per quello scorcio del capitolo 4 che era dal suo punto di vista. Non so se mi sto spiegando bene, ma tenete presente questa cosa anche per i capitoli futuri.

4- Il titolo del capitolo è “Doubts” che tradotto vuol dire appunto Dubbi. Che lo voglia o meno ormai si sono insinuati in lei e nel prossimo capitolo dovrà farci decisamente i conti.

5- Personalmente non mi convince molto come capitolo, ma spero che vi sia piaciuto e sta a voi il giudizio finale. In realtà, inizialmente, prevedeva anche una terza parte ma ho deciso all'ultimo momento di toglierla per un motivo preciso. Il prossimo capitolo inizierà quindi dove è finito questo, facendoci cosa è accaduto.

6- Un GRAZIE è doveroso per tutti quelli che hanno aspettato questo capitolo, nonostante il mio imperdonabile ritardo. GRAZIE alle splendide 10 persone che hanno recensito lo scorso capitolo e a cui risponderò tra pochissimo. E, infine, GRAZIE a tutte le persone che mi hanno sostenuto durante la stesura del capitolo, non vi nomino una ad una perchè sono sicura che se no dimenticherei qualcuno.

Vorrei anche ringraziare in particolar modo anche chi mi ha sostenuto e sopportato nel periodo pre-esame e Cla e Ali che hanno cercato di aiutarmi quando non trovavo una frase adatta ( visto che vi ho citato cmq anche se non avete trovato la frase?!).

Grazie ad Ali ( Missdelena97) che ha cambiato la grafica alla fanfiction e ha fatto i video trailer che vi invito a vedere. La nuova immagine come potete vedere presenta delle frasi, alcune sono spoiler e le troverete nei capitoli a venire.

7- Uh ultima cosa: nell'ultima parte del capitolo, in particolar modo quando si presenta quel ragazzo di montagna, non so se la reazione di Damon sia coerente con il suo personaggio e con la sua caratterizzazione. Inoltre sono anche dubbiosa sulle frasi e “insulti” che gli dice ma non ho trovato nulla di meglio, quindi scusatemi se non è un gran che quella parte. Spero di rifarmi con i prossimi capitoli.

Ah, altra cosa che è uno spoiler, ma visto che avete aspettato ve lo meritate: All'inizio del capitolo Elena fa un sogno. Bene vi annuncio che i sogni torneranno presto a farle visita...ma non vi dico di che tipo saranno!

Direi che non c'è altro da dire se non che spero vi sia piaciuto il capitolo.

Non l'ho riletto perchè sono di fretta ma spero che vi sia piaciuto e che non ci siano errori.

Se volete farmi contenta lasciatemi una recensione!

PS: la prossima storia che aggiornerò non so ancora con precisione quale sarà, ma sicuramente sarà o... DESTINED FOR ETERNITY oppure I WILL ALWAYS CHOOSE YOU.

Baci Live in Love.


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