Due anime simili

di Daisy Potter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Last chapter ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Due anime simili

Due anime simili

 

Capitolo 1.

 

DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIINNNN!!!!!!!!!!!

Il suono squillante della campanella annunciò l’inizio di un nuovo anno scolastico. Una miriade di bambini e ragazzi si precipitò nella grande scuola elementare, media e superiore Jimbo. Solo un ragazzo sembrava non avere alcuna fretta di entrare: molto alto, biondo, un fisico niente male, le mani nelle tasche dei pantaloni, la camicia azzurra della divisa un posbottonata e in disordine e l’età di 16 anni. Un altro ragazzo, più basso e mingherlino, con un paio di occhiali piuttosto grandi e una vocina esile e concitata gli saltellava intorno con agitazione:
Muoviti, Akito, per favore! La campanella è già suonata! Non possiamo arrivare tardi il primo giorno, forza!” continuava a dirgli, ma in tutta risposta ricevette uno sguardo intenso e agghiacciante da parte del biondino, che fissò le sue iridi ambrate in quelle castano scuro dell’amico, senza dire una parola. Quel solo gesto, paralizzante, convinse l’altro ragazzo a non dire più nulla e a rassegnarsi all’andatura tranquilla di Akito, sentendo già incombere su di lui la prima sgridata dell’anno dell’insegnante.

Dalla parte opposta del cortile della scuola, un’altra coppia sembrava vivere la stessa situazione, ma questa volta si trattava di due ragazze.

Insomma, Sana, ogni anno la stessa storia …!” stava esclamando la più bassa, con i capelli castano chiaro per metà sciolti, per metà raccolti in un codino, guardando l’amica con un paio di occhi piccoli ed espressivi. “Perchè devi sempre entrare in ritardo?!”

Senti, Aya, non ho voglia di andare a scuola, lo sai! Quindi ringrazia già che ci venga!” le rispose bruscamente l’altra, facendo scuotere una lunga chioma rossa mentre si girava a guardarla. Aya scosse la testa, rinunciando a tentare di farle aumentare il passo. La conosceva abbastanza bene da sapere che era meglio non discutere con lei, o avrebbero finito col litigare … e preferiva evitare di litigare con Sana!

Quando giunsero finalmente nel corridoio che portava alla classe nella quale erano state smistate quell’anno, scorsero altri due ragazzi che le stavano raggiungendo.

Scusate …!” esclamò uno di loro.Sapete dov’è la terza sezione del secondo anno?”

Aya guardò attraverso gli occhiali del ragazzo i suoi occhi, e inspiegabilmente sentì le guance arrossarsi leggermente.

Ehm, certo, è la nostra classegli rispose. Ci stiamo andando!”

Bene!” disse lui, e insieme al suo amico si aggregò alle due ragazze.

“È meglio se ci sbrighiamo, la campanella è già suonata!” suggerì Aya, e trovò subito l’approvazione dell’altro ragazzo, che un istante prima di raggiungere la porta le disse:
“Ah, dimenticavoio sono Tsuyoshi Sasaki!”

Aya Sugita!” si presentò lei stringendo la mano che il ragazzo gli tendeva, poi, traendo un sospiro e preparandosi ad affrontare l’insegnante, aprirono la porta della loro classe. Intanto, alle loro, spalle, i loro due amici li seguivano in silenzio, affiancati.

Però, carina! È ben messastava pensando il ragazzo guardando di sottecchi il corpo abbastanza formoso di Sana.

Mmmh, carino! Bei muscoli pensava invece lei, scrutandolo di nascosto il suo corpo perfetto. Poi entrambi spostarono lo sguardo su quello dell’altro, e insieme esclamarono: “Che diavolo hai da guardare?!”

Sentendosi scoperti, si voltarono di scatto tutti e due, fissando davanti a loro e assumendo un’espressione del tipo non-sono-affari-tuoi, mentre nella loro testa si dicevano: “Sarà anche carina/o, ma guarda che caratteraccio!”

Non appena Aya e Tsuyoshi ebbero aperto la porta, comunque, i loro pensieri si rivolsero immediatamente all’insegnante che li fissava con aria di disappunto dall’interno della classe.

“La campanella è già suonata da un po’” fece osservare loro. Aya e Tsuyoshi assunsero un’aria mortificata, mentre gli altri due rimanevano sulla porta impassibili, anzi, quasi annoiati.

Forza, entrate!” disse l’insegnante, poi fece cenno ad Aya e Tsuyoshi: “Voi due sedetevi ” e indicò una coppia di banchi vuoti in terza fila. “E voi laggiùaggiunse rivolto agli altri due e fece cenno verso l’ultima fila, dove rimanevano liberi altri due banchi. Sana scoccò un’occhiata disgustata al biondino a cui le era toccato stare vicino, mentre lui rispondeva allo stesso modo, e di malavoglia andarono a sedersi.

Bene, ora possiamo fare l’appellodisse l’insegnante, e andò a prendere il registro. L’aprì, e iniziò a chiamare gli alunni.

“ … Hayama Akito …” disse dopo alcuni nomi, e Sana vide il biondino accanto a alzare pigramente la mano.

“ … Kurata Sana  proseguì, e questa volta fu la ragazza a rispondere all’appello. Dopo “Sasaki Tsuyoshi” e “Sugita Aya”, l’appello terminò, e le lezioni invece iniziarono.

La materia delle prime due ore era matematica. Sana guardò il problema scritto alla lavagna: per lei erano solo un mucchio di numeri messi a caso insieme a segni indecifrabili. Lasciò cadere la penna sul banco e si appoggiò allo schienale della sedia con stizza, esclamando:

Basta, ci rinuncio! Non ci capisco niente!”

Umph …”

La ragazza si voltò di scatto e vide con disappunto un ghigno beffardo disegnarsi sul volto del suo vicino di banco.

“Be’, che hai da ridere?!” gli chiese, irritata.

Niente, è solo che sei proprio un’ignorante …” rispose lui con calma.

“Ah ?!” Sana alzò un po’ la voce, scaldandosi: il tono di Akito la innervosiva ancora più dell’esercizio impossibile. “E tu chi ti credi di essere, Einstein?!”

“Be’, di certo sono più intelligente di te …”

“Ah, ma davvero? Scommetto che nemmeno tu sai come svolgere questa roba!” e strappò dalle mani del ragazzo il foglio con il problema di matematica. Lo lesse, e si accorse con dispiacere che era pieno di calcoli perfetti ed ordinati, e che il risultato coincideva con quello del libro di testo.

Tskfortuna!” gli disse, un poimbarazzata.

Certo, come no … sei tu che non capisci niente!” le disse Akito.

“Come ti permetti?! Sei solo un ragazzino!” ribatté Sana.

“E tu …” ma il ragazzo fu interrotto da una bacchettata dell’insegnante, che senza che se ne accorgessero si era avvicinato ai loro banchi.

Smettetela!!” ordinò loro, e i ragazzi tacquero all’istante. L’insegnante prese i loro fogli e controllò il compito. Dopo aver visto quello bianco di Sana disse:
Kurata, in punizione! Esca subito dalla classe e ci rimanga fino alla fine dell’ora, mentre scrivo una bella comunicazione per i suoi genitori!”

Sana fece per ribattere, ma un’occhiata supplicante della sua amica Aya dal banco di fronte la fece tacere, e con i pugni serrati si alzò e aprì la porta scorrevole dell’aula. Akito si lasciò sfuggire un sorrisetto di soddisfazione, ma svanì un secondo dopo:
Anche lei, Hayama!” tuonò infatti il professore. Il ragazzo lo guardò strabuzzando gli occhi.

Che cosa?! Ma io ho svolto correttamente tutto l’esercizio!” protestò.

Stava comunque disturbando la lezione insieme alla signorina Kurata, quindi esca con lei e mi dia il diario: anche i suoi genitori saranno avvisati!”

Anche Akito era sul punto di rispondere all’insegnante, ma questa volta fu uno sguardo di Tsuyoshi a zittirlo e raggiunse Sana alla porta, mentre la ragazza gli rivolgeva a sua volta un sorrisetto di scherno. Uscirono e si sbatterono la porta alle spalle.

 

Ma ciaaaaaaaaaoooooooo! Nuova ff a più capitoli x voi! Cm avrete capito Sana e Akito non si sono mai incontrati prima, e se avete notato il carattere di Sana è molto diverso da quello ke conosciamoinfatti qui la storia di Sana è molto simile a quella di Akito, ma capirete tutto meglio nei prossimi capitoli, se avete voglia di seguirmi! J

E ora, spazio a voi: recensite! Spero di riuscire ad aggiornare presto, ma non vi prometto niente (sempre ke vogliate un seguitoJ). Vvtttb

DaisyJJJ

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Raga, nn posso crederci: nn c’è + Rossana in tv, ,lo sapete

Raga, nn posso crederci: nn c’è + Rossana in tv, ,lo sapete??? Sui programmi dei giornali nn è + segnato! Qnd riprenderà?! Sn in crisi …

Cmq, prima di lasciarvi proseguire la storia, vorrei solo ringraziarvi per i meravigliosi commenti! Un grazie anche a Marochan, mi ha fatto molto piacere sapere ke secondo te scrivo bene e che mi hai seguita con le altre ff! Un bacione a tutti quanti, cmq, nessuno escluso!!!! Vvukdb sempre!!!! JJDaisyJJ

 

Capitolo 2.

 

I due ragazzi si trovarono insieme nel corridoio. Senza trattenersi, si accusarono allo stesso momento:

“È tutta colpa tua!”

Entrambi fecero per ribattere all’altro, ma poi si fermarono, riflettendo che non avevano voglia di litigare. Sana si voltò e senza una parola si avviò lungo il corridoio, lasciando Akito stranito:
“Ehi, dove stai andando?” le chiese, ma non ottenne risposta. Così decise di seguirla. Dopo qualche metro la ragazza si voltò con aria seccata e gli disse:
“Allora, la smetti di seguirmi?!”

“E tu mi dici dove stai andando?” ribatté lui, ma Sana era un osso duro:

“Non sono affari tuoi!” gli disse, e ritenne chiusa la questione, anche se Akito non era dello stesso parere. Continuò a seguirla, mentre usciva nel cortile della scuola e puntava verso un albero le cui fronde riparavano dal sole ancora caldo di fine estate.

“Bell’amica …” disse a mezza voce. A quelle parole, Sana si fermò di colpo, e quando si voltò il suo sguardo paralizzò il ragazzo: era duro, carico di un inspiegabile odio. Conosceva quello sguardo, troppo spesso l’aveva visto fissando lo specchio in camera sua … Anche lui si fermò, e ascoltò le parole che la ragazza gli urlò contro in tono duro:

“Io non sono tua amica! Non voglio amici, non ne ho bisogno! Lasciami in pace, CHIARO?!” e si allontanò a passo rapido verso l’albero, sedendosi poi alle sue radici. Akito rimase a fissarla, senza riuscire a capire da dove fosse scaturita tutta quella rabbia improvvisa. Una voce gli diceva di girare i tacchi e tornare davanti alla classe ad aspettare che finisse l’ora, così da non doversi sorbire un’altra scenata dell’insegnante se non l’avesse trovato lì, ma un’altra voce più insistente gli disse di raggiungere Sana e parlare con lei, e l’ascoltò. Così si avvicinò lentamente alla ragazza. Senza dire nulla, si sedette nell’erba accanto a lei e la guardò. La sua espressione era ancora dura, e si accorse che cercava di non incrociare il suo sguardo. La fissò ancora per qualche istante, poi chiese, usando per la prima volta un tono dolce che stupì perfino se stesso:
“C’è qualcosa che non va? Vuoi parlarne?”

Rimase in attesa di una risposta, che arrivò solo alcuni secondi dopo:
“Perché dovrei parlarne con te? Chi sei tu perché ti racconti della mia vita?” questa volta non gli aveva urlato contro, ma il tono era stato basso e, il ragazzo lo percepì, carico di un profondo dolore, del quale voleva conoscere la ragione. Ma sentì che non era ancora il momento.

“Forse hai ragione” le disse soltanto, e si rialzò. “Io torno in classe” le comunicò, e dopo essersi voltato si incamminò verso l’ingresso della scuola.

“Aspetta!”

La voce di Sana lo raggiunse. Si fermò senza voltarsi.

“Vengo con te” aggiunse la ragazza a voce più bassa. Akito fece un impercettibile sorriso, e aspettò che lo raggiungesse prima di entrare con lei nella scuola.

 

Ore dopo, al termine delle lezioni, i ragazzi si riversavano nel cortile in un confuso vociare, tra maledizioni lanciate ai prof più fastidiosi ed esclamazioni di sorpresa per un bel voto inaspettato. Solo due persone camminavano lentamente e senza parlare, immersi nelle loro riflessioni: Sana e Akito ripensavano all’episodio di quella mattina.

Chissà perché è così fredda e chiusa in se stessa? si chiedeva il biondino, ma un istante dopo scosse la testa come per voler allontanare quel pensiero. Ma che mi prende?! Da quando penso ai fatti degli altri? Se ha un problema, se lo risolva!

“Ehi, Akito, qualcosa non va?” la voce del suo amico Tsuyoshi lo raggiunse all’improvviso, riportandolo alla realtà. Si limitò a fare cenno di no col capo e riprese a camminare con calma e in silenzio verso l’uscita.

Chissà perché si è preoccupato di ciò che pensavo? si chiedeva invece Sana. Sembrava davvero interessato … ma non mi fido di lui. I miei problemi non sono certo affar suo!

“Ehi, Sana, ma mi stai ascoltando o no?!” le chiese per l’ennesima volta Aya parandosi di fronte a lei, che quasi le andò a sbattere contro, immersa nei propri pensieri.

“Eh?! Ah, sì … certo … dimmi” le rispose, un po’ spaesata. Aya assunse un’aria un po’ imbronciata, poi riprendendo a camminare verso l’uscita ripeté per la centesima volta:
“Ho detto che oggi ho chiesto a Tsu l’indirizzo di Hayama e …”
“Tsu?! E chi è?” la interruppe bruscamente Sana. L’amica alzò gli occhi al cielo.

“Tsuyoshi, ovviamente!” le rispose.

“Intendi Sasaki?”

“E chi se no?”

“Ah, e già lo chiami con un diminutivo?! La cosa mi sembra sospetta …”

A quel commento, Aya arrossì visibilmente, ma cercò in tutti i modi di apparire disinvolta … anche se con scarso successo …

“Non so cosa intendi! … E comunque non cambiamo discorso! Ti dicevo che mi ha dato l’indirizzo di Hayama, così puoi andare da lui oggi pomeriggio e farti spiegare l’esercizio di matematica.”

Sana si pietrificò.

“Cosa?!”

“Hai capito”

“No, spero di no … io a casa di Akito non ci vado!!!” le esclamò Sana, e questa volta fu Aya a metterla leggermente in imbarazzo.

“Come mai lo chiami per nome?”

Sana iniziò a balbettare:
“I-i … io? N-n-n-no, n-niente … ma che … boh? … cioè, cosa …? Oh, insomma, smettila! Mi è sfuggito!!”

Aya soffocò a stento le risate.

“A-ah … be’, in ogni caso sono gli ordini del professore, e non si discute! Tieni, questo è l’indirizzo! Ti conviene andarci, se non vuoi un’altra nota”

“No, grazie, mi è bastata quella di stamattina! Be’, vedrò …” concluse Sana, e insieme alla sua amica si avviò verso casa.

Nel pomeriggio, dopo pranzo, la ragazza era stesa sul letto con il biglietto di Aya tra le mani: si chiedeva se fosse davvero il caso di andare da Hayama. Guardò per un’ultima volta l’indirizzo che vi era scritto, poi l’appallottolò e con uno scatto si alzò dal letto, finalmente decisa. Prese il libro di matematica e uscì di casa.

Mentre camminava verso la casa del ragazzo, rimase assorta in mille pensieri. Perché ci stava andando? cosa gli avrebbe detto una volta sulla porta? E soprattutto, perché si poneva tutti questi stupidi interrogativi?! Doveva solo andare lì, dirgli che il professore voleva che svolgessero insieme l’esercizio, risolvere il problema di matematica e andarsene. Eppure l’idea di incontrare di nuovo quel ragazzo la innervosiva. C’era qualcosa in lui … l’aveva capito quella mattina, quando le aveva chiesto cosa c’era che non andava. Le era sembrato di scorgere una vera nota di interessamento e di comprensione nella sua voce, l’aveva sentito più vicino di quanto non avesse creduto, nonostante fosse un estraneo. Per un attimo, aveva voluto raccontargli tutto di lei, metterlo al corrente di tutto ciò che le passava per la testa, sicura che lui, più di chiunque altro, anche più della sua migliore amica, l’avrebbe capita. Ma perché aveva provato quella sensazione? Come se ci fosse stato qualcosa che li unisse? Era strano … e voleva venire a capo di quel mistero.

Assorta in queste riflessioni, non si accorse di aver ormai raggiunto la casa di Akito. Era a pochi metri dal cancello dell’abitazione. Si fermò, trasse un lungo respiro e fece per avvicinarsi all’ingresso, ma qualcosa la bloccò …

“SPARISCI!”

L’urlo, sicuramente una voce femminile, sembrava provenire dalla casa del ragazzo. Sana avanzò di qualche passo, in modo che l’ingresso le fosse visibile, ma tenendosi comunque in disparte. Vide che sulla porta di casa c’erano due figure, una molto alta, l’altra più minuta: sembravano due ragazzi. La stessa voce di prima risuonò di nuovo potente nell’aria: “È solo colpa tua! Sei un mostro! Vattene!”

La figura più alta si portò le mani alla testa, premendosele sulle orecchie con forza.

“Smettila!” gridò, e a Sana mancò il respiro: riconobbe quella voce, era la stessa che le aveva parlato quella mattina nel cortile della scuola. La voce femminile attaccò di nuovo:
“Ti ho detto di andartene! Non farti più vedere, demonio!” e sbatté la porta in faccia al ragazzo, che era appena uscito. Sana rimase a guardarlo con gli occhi sgranati, senza riuscire a credere alla scena a cui aveva appena assistito, e sussultò quando Akito sferrò un pugno al muretto che circondava la sua casa. La ragazza vide con stupore la sua espressione di rabbia e dolore, ma non dolore fisico, e un rivolo di sangue scendere tra le dita della mano che aveva appena colpito i duri mattoni … e le sembrò di scorgere un luccichio negli occhi del ragazzo: era sicura di aver visto una piccola goccia salata scendere sulla sua guancia …

Si riscosse solo quando si accorse che Akito stava venendo verso di lei. Sperando che non si fosse accorto della sua presenza, si nascose dietro il tronco di un albero, mentre il ragazzo usciva dal cancelletto tirandovi un calcio e si avviava sul marciapiede lasciando pendere inerte la mano ferita lungo il fianco. Si allontanò lentamente da casa, camminando tra la gente come un fantasma, urtando ogni tanto qualcuno, ma senza curarsene, sul volto una maschera impassibile.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Raga, nn ci credo, è tornado EFP

Raga, nn ci credo, è tornado EFP!!!!!!!!!!!!!!:)JJJJJJJJJJJ

Sn troppo felice, tanto che ho postato subito un altro capitolo! Spero vi piaccia!!! Ditemi ke ne pensate!! Mi siete mancati tt!!! VvttttbJ Daisy

 

Capitolo 3.

 

Le strade di Tokyo erano molto affollate. Sana fece fatica a stare dietro ad Akito, ma non lo perse di vista e continuò a seguirlo anche quando lo vide entrare nel parco. Il ragazzo vi si addentrò, fino a raggiungere un gazebo sotto il quale si sedette, affondando poi il viso tra le mani, senza preoccuparsi del sangue che continuava a scorrere dalle ferite alle nocche. Ripensava alla scena vissuta poco prima, ripensava alle urla della sorella, all’appellativo che gli gridava sempre, alla ragione di quell’esistenza così insopportabile. Ripensava ai suoi problemi, a quelli che creava alla sua famiglia … a quello che ne era rimasto

Desiderò morire

Un tocco sulla spalla lo fece trasalire. Si voltò con uno scatto e vide al suo fianco un paio di occhi castani fissarlo con intensità, mentre una voce gentile e dolce gli chiedeva: “Stai bene?”

Akito guardò Sana, seduta accanto a lui, senza capire perché si trovasse . Vide sincero interesse nei suoi occhi, e preoccupazione quando lo sguardo di lei si posò sulla sua mano ferita. La ritirò non appena gli chiese cosa si fosse fatto, rispondendo aspramente: “Non ti interessa!”

Sana rimase per un attimo immobile, soltanto guardandolo, senza arrabbiarsi. Poi estrasse dalla tasca un fazzoletto e prese la mano di Akito tra le sue prima che lui potesse allontanarla di nuovo.

, invecedisse solo, e iniziò a pulire il sangue dalle ferite, prima di avvolgere il fazzoletto attorno alla mano come una benda improvvisata. Akito si stupì di quel gesto, e la lasciò fare. Mentre lo medicava, Sana disse:
Ero venuta da te per matematica … Ho visto cosa è successo a casa tua …”

Alzò lo sguardo e vide che il ragazzo guardava da un’altra parte, restando in silenzio. Sana attese qualche altro secondo, poi chiese:
Hai problemi con la tua famiglia?”

Akito si girò a fissarla con occhi che sembravano ardere:
“Non sono affari che ti riguardano, Kurata! Lasciami in pace!”

Sana, inaspettatamente, sorrise, ricordandosi dell’episodio simile accaduto quella stessa mattina nel cortile della scuola. Anche lei aveva preferito tenere dentro di i suoi pensieri, ma proprio per questo sapeva cosa significava, sapeva che faceva male, che era meglio parlarne con qualcuno. Si ricordava di come si era sentita meglio parlando per la prima volta con la sua amica Aya della sua vita e dei suoi problemi, sapendo che c’era qualcuno pronto a starla a sentire completamente, veramente. Rimase per un attimo in silenzio, riflettendo, poi iniziò a raccontare:
Sai, quando avevo solo pochi giorni sono stata abbandonata da mia madre. Aveva soltanto quattordici anni, ma non l’ho mai perdonata per averlo fatto. Mi lasciò su una panchina, con soltanto una giacca addosso a ripararmi un poco dal freddo … mi lasciò senza un nome, senza una famiglia, senza l’amore di cui una bambina ha bisogno. Fui portata in un orfanotrofio, e solo tempo dopo venni adottata dalla scrittrice Misako. Lei mi vuole bene, ma io non riesco ad amarla come una vera mamma. L’odio che provo per la mia madre naturale copre ogni altro sentimento, e così il nostro rapporto non è dei migliori. Misako crede che la detesti, che non sappia essere una buona madre, e io non riesco a dirle che non è così. L’unica persona che conosce i miei veri sentimenti è la mia migliore e unica amica, Aya … e ora anche tu.”

Rivolse un debole, amaro, sorriso al ragazzo, che l’ascoltava senza dire nulla.

Dopotutto ora è lei la mia mamma, e io le voglio benesi merita che glielo dica, eppure non riesco a farlo …”

Una lacrima scese sulla guancia della ragazza, e un singhiozzo interruppe le sue parole. Akito la guardò intensamente, meravigliandosi di quella piccola goccia salata che era andata a bagnare le ferite della sua mano. Istintivamente, senza pensare, portò l’altra mano al viso di Sana, passando un dito sulla scia lasciata dalla lacrima, asciugando quel segno di sofferenza. La ragazza alzò lo sguardo, e un nuovo sorriso si disegnò sulle sue labbra, grato di quel piccolo gesto di conforto.

Perché me ne hai parlato?” le chiese lui. Sana rifletté per un istante:
Perché non riuscivo a tenere tutto dentro di me, e sentivo di potermi fidare di te. Sentivo come se … non so … c’era qualcosa che mi diceva che tu avresti potuto capirmi, ascoltarmi veramente. E poi avevo bisogno di sfogarmi: spesso fa bene parlare dei propri dubbi, delle proprie preoccupazioni, dei propri problemi con qualcuno, se è disposto ad ascoltarti

Lo guardò con espressione sincera, fiduciosa, invitandolo ad aprirsi con lo sguardo. Akito rimase in silenzio a fissarla, il suo sguardo freddo tramutato in un’espressione smarrita, sentendo mille pensieri affollarsi nella sua testa e altrettante parole premere nella sua gola, desiderose di uscire … le accontentò:

“Io … io ho ucciso mia madre …”

Sana trattenne il fiato, ma attese che il ragazzo proseguisse.

“Mia madre è morta partorendomi … è solo colpa mia se non c’è più, e per causa mia mio padre e mia sorella hanno sofferto fino ad oggi, senza una moglie e senza una madre. Sono io la ragione del loro dolore, e mi merito l’odio che provano nei miei confronti! Sarei dovuto morire io! Sono un mostro, un demonio! Vorrei sparire, per renderli più felici!”

Le ultime frasi le aveva pronunciate a voce sempre più alta, urlandole quasi alla luce del sole ormai morente. Sana gli strinse la mano che fino a poco prima era posata sulla sua guancia.

“Non dire così, Akito! Tu non sei un demonio!”

, invece! Chi ha ucciso mia madre? Eh?! IO! Se non fossi nato ora lei sarebbe ancora viva!”

Sana percepì il dolore che suscitavano quelle parole nel ragazzo.

Tu non hai colpe! Come puoi credere che sarebbe stato meglio non nascere? Non è colpa di nessuno se tua madre non c’è più. E sono sicura che lei avrebbe voluto farti vivere a qualsiasi costo, perché ti voleva bene!” cercò di consolarlo. Akito distolse lo sguardo da quello della ragazza, e questa volta fu lei a posargli una mano sulla guancia per voltarlo di nuovo verso di :
“Se tu non fossi nato, non avrei incontrato questo angelo …” gli sorrise. Akito si stupì di quelle parole: un angelo … non un demonio, ma un angelo, così lo aveva chiamato. Ebbe difficoltà a controllare il tremito della sua voce:
Perché la pensi così?” le chiese soltanto, e Sana rispose immediatamente, come se non aspettasse altro che quella domanda:
Perché questa mattina ti sei preoccupato per me, e poco fa hai saputo ascoltarmi e capirmi. Un demonio non sarebbe stato in grado di consolarmi, come hai invece fatto tu.”

Guardò i suoi occhi luccicare, nonostante il suo orgoglio gli impedisse di versare lacrime, e si intenerì, tanto che lo attirò a e lo abbracciò. Il primo vero abbraccio che il ragazzo riceveva, un abbraccio che avrebbe cambiato per sempre le cose tra loro … in quel momento le loro due anime, così simili da intendersi al primo sguardo, erano entrate in contatto per la prima volta. Durante quella conversazione avevano iniziato a conoscersi, a dialogare, fino a stringere un legame in quell’abbraccio. Ora erano diventati amici, complici un passato difficile per entrambi, un presente in comune ad unirli e un futuro ancora davanti a loro, da scoprireinsieme

 

Com’era? Spero di riuscire ad aggiornare presto! J Kisses!!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Capitolo 4.

 

Quel giorno fu l’inizio di una profonda amicizia tra Sana e Akito. Il loro legame non sempre era visibile all’esterno, chi non li avesse conosciuti non avrebbe mai detto che fossero amici: entrambi erano spesso freddi e chiusi in se stessi, non si parlavano quasi mai, non scherzavano insieme. Ma il legame che li univa era qualcosa di profondo, che solo loro conoscevano; a loro bastava un solo sguardo per esprimere ogni loro pensiero, conoscevano ognuno il dolore dell’altro, sapevano consolarsi a vicenda solo con i loro silenzi, più rassicuranti di mille parole inutili. E il loro legame era aiutato anche … dalla matematica!

“Allora vieni da me oggi pomeriggio per quell’esercizio, Kurata?” chiese una mattina il biondino all’amica, prima di uscire da scuola.

“Ok, alle tre?” Sana gli rispose con un raro sorriso, che sapeva dedicare solo a lui. Un impercettibile segno del ragazzo le fece capire che andava bene, e lo salutò con un cenno della mano prima di avviarsi con Aya sulla strada di casa. Percorsero alcuni isolati insieme, e per tutto il tragitto l’amica continuò a scoccare occhiate a Sana con uno strano sorriso stampato sul volto. Dopo un po’ la ragazza non resistette più e sbottò:
“Allora, che hai da guardare?!”

Aya manifestò di nuovo un sorriso, questa volta ancora più smagliante:
“Niente!” rispose, ma dopo qualche passo ricominciò a lanciarle qualche occhiata, al che Sana si spazientì e si arrestò di colpo:
“Insomma, mi spieghi che diavolo hai oggi?!” le chiese freddamente. Aya quasi si mise a ridere, prima di rispondere:

“Be’, è che … ti vedo diversa. Sei strana! Sai, è da quando hai fatto amicizia con Hayama che sei più … solare! Ma tra te e lui … non è che …”

Sana scoppiò in una risata.

“Che cosa?Io e Akito …?! Sì, certo, come tu stai con Sasaki!” e continuò a ridere, ma un improvviso rossore sul volto dell’amica la fece smettere all’istante. La scrutò con occhio indagatore, che mise Aya ancora più a disagio, dopodichè fece la domanda:
“Stavo scherzando … cioè, tu e Sasaki non …?!” ma una sola occhiata piuttosto eloquente la bloccò. Sana sgranò gli occhi, incredula, mentre Aya pronunciava confusamente qualche spiegazione:

“Ecco, vedi … ieri pomeriggio Tsuyoshi mi ha invitata a fare un giro e … ed è stato tanto dolce e carino … mi ha offerto una cioccolata in un bar, e poi … be’, a me piaceva, e lui … insomma, si è dichiarato quando mi ha riportata a casa, così …”

Sana ascoltava a bocca aperta. Non seppe perché, ma d’improvviso si immaginò Akito che la invitava fuori e faceva il ragazzo dolce, offrendole una cioccolata calda in un bar …

Sì, come no! Ce lo vedo proprio … esclamò tra sé e sé sorridendo e scuotendo la testa.

“Cos’hai da ridere?!” le chiese l’amica indispettita.

“Eh? No, niente, una stupidaggine … comunque, be’, sono felice per te.”

Nel frattempo avevano raggiunto la casa di Sana. Le due amiche si salutarono, e la ragazza entrò nella grande villa di sua “madre”. Essendo una scrittrice affermata, i soldi non mancavano di certo a Misako, e la loro casa ne era un esempio. Molte volte Aya aveva invidiato l’amica, ma alla ragazza non interessavano il lusso e la fama: tutto ciò che avrebbe voluto era vivere con una vera madre che non l’avesse mai abbandonata e un padre, che invece mancavano nella sua vita, e che sarebbero mancati sempre.

“Ciao, Sana!” disse Misako non appena sentì entrare sua “figlia”.

“Ciao, Misako” rispose la ragazza. Non l’aveva mai chiamata “mamma”, e col tempo la donna se n’era fatta una ragione. La ragazza fece per salire le scale, diretta alla sua camera, ma Misako la fermò con un piede ancora sul primo scalino:
“Aspetta, Sana. Devo parlarti.”

“Cosa c’è?” le chiese Sana, voltandosi e lanciandole uno sguardo interrogativo. La donna le disse di seguirla in soggiorno e di accomodarsi su un divano. Sana iniziò a chiedersi se fosse qualcosa di grave.

“È successo qualcosa?” chiese titubante.

“Niente di grave …” la rassicurò lei “… o almeno credo”

“Be’, dimmi tutto, non tenermi così sulle spine!” la incitò Sana. Finalmente Misako si decise a spiegarle:

“Vedi, oggi è stato pubblicato il mio ultimo libro, quello a cui lavoro da anni, ormai …”

Sana trasse un sospiro.

“Era solo questo? Pensavo fosse successo chissà cosa!” e fece un sorriso. “Be’, finalmente! Sono felice che tu l’abbia finito, scommetto che sarà bellissimo! Ma non mi hai ancora detto quel è la trama …”

“E proprio questo che voglio svelarti” disse la donna, e trasse un profondo respiro prima di continuare:
“Il titolo è Mia figlia ed io …” Sana si irrigidì, ma lei proseguì “Ho parlato della nostra vita, ho raccontato le tue origini, ho descritto il giorno in cui ti ho trovata su quella panchina nel parco, e la tua vita fino ad oggi in questa casa …”
“Perchè?!” la interruppe d’un tratto Sana. Aveva gridato. Avrebbe voluto trattenersi, ma non le era riuscito:

“È già abbastanza difficile per me sapere che sono stata abbandonata da una madre che non ha voluto rivestire quel ruolo, che mi ha considerata come un oggetto da gettare perché troppo ingombrante! Non voglio che tutti lo sappiano, e che magari mi compatiscano! La mia vita è affar mio! Non sei autorizzata a raccontare a tutto il mondo ciò che ho passato!”

Sana era furiosa, quanto incredula: non riusciva a credere che Misako volesse davvero pubblicare la sua vita. Non gliene aveva mai parlato. In anni di lavoro, le aveva sempre tenuto nascosto il contenuto di quelle pagine che scriveva quasi ogni sera, come se fossero un diario. E ora, a solo un giorno dalla data di pubblicazione, le rivelava che il suo segreto sarebbe stato svelato al mondo intero!

Misako cercò di recuperare la situazione:
“Sana, l’ho fatto per te. Questo libro ha uno scopo: io so come ti senti, vedo che l’affetto che mi dimostri è forzato, che in realtà tu non vorresti vivere con me.”

La ragazza fece per interromperla, ma la donna non glielo permise:
“No, Sana: lo so! So che in realtà tu vorresti vivere con la tua vera madre … be’, è per questo che ho scritto questa biografia: spero che la tua vera madre venga alla luce. Forse lei non si è mai perdonata per ciò che ha fatto sedici anni fa, quando ti ha lasciata nel parco. Forse anche lei vorrebbe poterti stringere tra le braccia come ho fatto io in questi anni. Io spero che questo libro serva a riportarti tua madre, Sana.”

Pronunciò le ultime frasi con le lacrime agli occhi. Sana la guardò ancora con freddezza; dentro di sé, però, sapeva che aveva agito per il suo interesse, e capì anche quanto quella scelta le fosse costata: Misako le voleva davvero bene, l’amava come una vera figlia, e se sua madre si fosse davvero presentata, per lei sarebbe stato un grande dolore. Eppure, per il bene di Sana, aveva deciso di fare questo sacrificio. L’espressione della ragazza si raddolcì, e si avvicinò a Misako.

“Scusami” le disse soltanto, e le diede un veloce abbraccio, prima di scomparire su per le scale. La donna sentì la porta della camera di Sana chiudersi, e rimase seduta sul divano, il volto rigato dalle ultime lacrime, chiedendosi se quella fosse stata davvero la scelta giusta.

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Capitolo 5.

 

Sana non pranzò. Rimase in camera sua, sdraiata sul letto, a fissare il soffitto ripensando alla discussione di poco prima. Misako voleva ritrovare sua madre. Per lei, avrebbe rinunciato ad avere una figlia, avrebbe rinunciato al suo desiderio più grande, pur di renderla felice, e questo la ragazza lo sapeva. Eppure c’era qualcosa che le impediva di gioire per quella scelta. Lei aveva sempre desiderato vivere con la sua vera madre e, magari, anche un padre, fin da quando era piccola e aveva scoperto che Misako non era la sua vera mamma lo aveva sognato. Ma nell’ultimo anno si era fatto strada dentro di lei l’odio per quella madre che l’aveva abbandonata. Sentiva che se anche si fosse presentata di fronte a lei, con l’offerta di una vita insieme, non avrebbe avuto la forza di perdonarla e di ricongiungersi a lei. Ma non l’aveva confessato a Misako. Non l’aveva mai detto a nessuno. Di quell’odio ne aveva parlato solamente con una persona: il suo migliore amico, quel ragazzo la cui anima era riuscita a toccare la sua … Akito Hayama. Neppure Aya conosceva a fondo i suoi sentimenti. Certo, era la persona con cui si era confidata maggiormente, che sapeva più cose di lei, ma mai quanto Akito.

Guardò la sveglia sul comodino alla sua sinistra: erano le due e pochi minuti. Mancava quasi un’ora all’appuntamento con il ragazzo … ma non resistette. Si alzò e senza dire niente a Misako uscì.

 

“Kurata?!” fu l’esclamazione stupita di Akito quando si trovò la ragazza sulla porta d’ingresso prima ancora delle due e mezza. “Che ci fai già qui? Mi stavo facendo una doccia!”

“Già, ho notato” commentò Sana osservando i capelli biondi bagnati e gocciolanti sul petto nudo del ragazzo e il solo asciugamano legato in vita.

“Va be’, dai, entra” la invitò lui, e la lasciò passare. Salirono nella camera di Akito, dove il ragazzo indossò un paio di jeans, poi prese un asciugamano e iniziò a frizionarsi i capelli.

“Dov’è il libro di matematica?” le chiese quando si accorse che la ragazza non l’aveva portato.

“Ehm … l’ho dimenticato. Usiamo il tuo, no?” rispose velocemente Sana, e andò alla scrivania di Akito. Si sedette dando le spalle al ragazzo e aprì il libro ad una pagina a caso, fingendo di interessarsi alle regole di geometria. Sentì i passi di Akito avvicinarsi dopo qualche secondo e la sua mano posarsi sulla sua spalla, mentre la sua voce, bassa e seria, chiedeva:
“Sana, cosa c’è?”

La ragazza rimase in silenzio. Allora Akito si inginocchiò per terra e fece girare la sedia di Sana sulle ruote finché gli occhi della ragazza non furono di fronte ai suoi. La fissò a lungo, cercando di trarne una risposta alla sua domanda.

“Lo so che qualcosa non va, Sana. Non puoi nascondermelo, lo vedo! Perché non ne parliamo, come abbiamo sempre fatto? Sei venuta qui per questo, no?” le disse dolcemente. Sana si perse nelle iridi ambrate che la scrutavano, cercando lì, dove l’aveva sempre trovata, la sicurezza di cui aveva bisogno.

“Sono ormai tre mesi che ci raccontiamo tutto, sei sempre stata aperta e sincera con me … Cosa c’è?” le ripeté. E Sana lo stupì. Lentamente, gli occhi che stava fissando si riempirono di lacrime. Per la prima volta, la ragazza pianse di fronte ad Akito, e lui non seppe cosa fare. Restò immobile, a guardarla incredulo versare lacrime silenziose, finché lei non si gettò tra le sue braccia, scossa dai singhiozzi, premendosi contro il suo petto ancora nudo, bagnandolo di gocce salate. Attonito, lui esitò un po’ prima di stringerla a sé e accarezzarle i capelli con una mano, mentre borbottava vaghe, inesperte, consolazioni. Dopo qualche secondo la ragazza si calmò, e staccandosi lentamente da lui si alzò e andò alla finestra, dandogli le spalle. Akito rimase in silenzio, aspettando che fosse lei a decidere quando parlargli. E poco dopo Sana iniziò, con lo sguardo assente che oltrepassava il vetro, guardando il paesaggio fuori dalla finestra senza in realtà vederlo:
“Oggi Misako ha pubblicato un libro”

Nella pausa che seguì, Akito non disse nulla, sempre lasciando alla ragazza lo spazio e il tempo di cui aveva bisogno, senza forzare il suo discorso. Sana proseguì:
“L’ha intitolato Mia figlia ed io, e ha descritto tutta la mia vita, compreso … compreso l’abbandono da parte di mia madre.”

La voce della ragazza, che sembrava aver ritrovato il suo solito tono fermo e sicuro, ora era di nuovo scossa da un lieve tremito.

“Lei … Misako vuole ritrovare mia madre” concluse. Akito attese qualche secondo prima di dare voce ai pensieri di Sana:

“Ma tu non vuoi … giusto?”

Finalmente lei si voltò e tornò a fronteggiarlo, gli occhi gonfi di pianto, anche se non più bagnati dalle lacrime. Scosse la testa, confermando ciò che il ragazzo aveva intuito.

“Io non voglio rivederla …” spiegò “Io … io la odio, non voglio più avere a che fare con lei! Mi ha abbandonata che non avevo nemmeno due giorni di vita! Non la perdonerò mai! MAI!!!”

Pronunciò quelle frasi sfogando tutta la sua rabbia, gridandole al silenzio della stanza.

“Non voglio tornare con mia madre … non ora che … che …”

Improvvisamente le mancarono le parole. Akito le si avvicinò.

“Dillo, Sana”

Lei lo guardò negli occhi … aveva capito. Lui sapeva cosa provava. Come sempre … un solo sguardo, una sola frase lasciata a metà gli aveva fatto capire i suoi sentimenti. D’altronde era lo stesso che succedeva a lei … anche Sana sapeva leggere il cuore del ragazzo in un istante. Era questo che rendeva unico e speciale il loro rapporto, che li legava in un’amicizia che andava al di là di sorrisi e parole, che arrivava nel profondo dell’anima, dove regnano silenziosi i veri sentimenti.

“Dillo” le ripeté, posandole le mani sulle spalle. “Ammettilo a te stessa, prima di tutto, e non vergognartene!”

Sana inspirò a fondo.

“Non ora che …” iniziò, e Akito la invitò proseguire con uno sguardo, nel quale lei vi trovò la forza.

“Non  ora che considero Misako … mia madre”

L’aveva detto. Finalmente l’aveva ammesso. Le sembrava quasi di aver pronunciato una formula proibita, ma era soltanto la verità: ormai stava considerando Misako una vera madre. L’affetto che nutriva verso di lei era sincero, ed era un affetto materno, lo sentiva, e lei l’amava come una figlia, perché era questo per la donna. Sebbene non lo fossero di sangue, Sana e Misako erano madre e figlia, e finalmente era riuscito a capirlo.

Improvvisamente sentì il corpo di Akito premersi contro il suo in un nuovo abbraccio, al quale si aggrappò felice e riconoscente.

“Grazie, Aky” mormorò.

“E di cosa?” fece lui, contento per la sua amica. Poi la scostò e la guardò con espressione seria:
“Ora però devi dirlo a tua … madre” le disse. Sana fece per ribattere, ma lui non glielo permise.

“So che per te è difficile, ma devi farlo! Misako deve sapere cosa provi, e poi, è l’unico modo che hai per risolvere la faccenda del libro e della tua vera madre”

Sana non poté che riconoscere che aveva ragione. In quel momento, però, squillò il telefono. Akito si avvicinò alla scrivania, prese il cordless e rispose. Rimase per un attimo in silenzio, poi si voltò verso Sana e allungò verso di lei la mano che teneva il telefono.

“È Misako.” disse semplicemente. Sana prese il cordless con mani tremanti, e con voce altrettanto insicura pronunciò un flebile “Pronto?”

La voce che rispose dall’altra parte della cornetta rivelava una forte emozione:
“Sana, sapevo che eri lì … torna a casa … c’è tua … madre … vuole vederti …”

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

Capitolo 6.

 

L’espressione di Sana fece capire all’istante cosa stava accadendo. Akito lesse nei suoi occhi le parole che aveva pronunciato Misako. Anche se non ce n’era bisogno, Sana gli sussurrò, senza fiato, forse ripetendolo più a se stessa che all’amico:
“Mia madre … è a casa mia …”

Akito continuò a guardarla negli occhi, cercando di capire cosa provasse, cosa volesse fare.

“Sana …?” Misako chiamò la ragazza, ma lei non rispondeva più al telefono. Akito prese il cordess dalle mani dell’amica:
“Sana non è pronta per incontrare sua madre.” disse. Sana non credette alle sue orecchie, ma fu molto grata al ragazzo per aver dato voce ai suoi pensieri. Era vero: non si sentiva pronta per incontrare la sua vera madre … lei non voleva incontrarla!

“Come?!” fu la risposta dall’altra parte della cornetta.

“Ho detto che Sana non vuole vedere sua madre.” ripeté con la solita voce calma e fredda Akito.

Sana si avvicinò al ragazzo e tese di nuovo una mano verso il telefono.

“Passamela.” disse. La sua voce era ferma, e il ragazzo ubbidì.

“Mamma …” disse Sana, e sentì Misako trasalire, sorpresa. “Non voglio incontrare quella persona, dille di andarsene.”

Ci fu un istante di silenzio, poi la donna le chiese.

“Sei sicura?” dalla sua voce si capiva che era sull’orlo delle lacrime, lacrime di una piccola gioia.

“Sì” fu la semplice risposta di Sana. Poi, prima che la donna riattaccasse, sena quasi pensarci, aggiunse: “Forse stasera non torno a casa …” e mise giù. Alzò lo sguardo su Akito, che continuava a scrutarla cercando di capire i suoi sentimenti. Ciò che vedeva in quel momento era una leggera titubanza.

“Aky … posso … posso stare da te, questa notte?” chiese debolmente. Attese con lo sguardo basso la risposta, che arrivò in pochi istanti:
“Certo”

Quell’unica parola sollevò del tutto il morale di Sana, che gli rivolse un raro, ma stupendo sorriso e si gettò tra le sue braccia, facendolo cadere sul divano alle loro spalle.

“Ehi! Piano!” protestò lui, ma un piccolo sorriso era affiorato anche sulle sue labbra. Vedere Sana di nuovo felice lo rasserenava. Lei continuò a stringerlo, finché la voce di lui non la raggiunse, un po’ soffocata.

“Ehm … non vorrei offenderti, ma … non sei proprio un peso piuma! Mi stai schiacciando!” la prese in giro.

Sana sciolse l’abbraccio, rimanendo però sempre su di lui: “Cosa vorresti dire?! Stai insinuando che sono grassa?!”

“Chi? Io?! Noooo ….”
“Allora vuoi la guerra?” Sana prese un cuscino dal divano e iniziò a colpire il ragazzo. Lui si fece scudo con le braccia, poi, quando la ragazza iniziava a stancarsi, la prese per la vita e la fece sdraiare sul divano sotto di lui, immobilizzandola. Si guardarono negli occhi.

“Eccoti la guerra …” le disse lui con un ghigno.

“Oh no …” fece lei preoccupata, sapendo cosa voleva fare.

“Oh sì, invece!” e iniziò a farle il solletico. Sana si piegò in due, ridendo e tirando pugni al ragazzo nel tentativo di scostarlo, ma lui non si smuoveva.

“Allora, vuoi ancora combattere?” le chiese lui, continuando a solleticarle la pancia.

“No … basta, ti prego! … non ce la faccio più … Aky, smettila!” diceva lei tra le risate. Ma ciò che li interruppe fu un grido, che proveniva dal corridoio.

“Vuoi smetterla di fare tutto questo baccano!! Dannazione, ti ho detto mille volte che non voglio sentirti!”

Improvvisamente la porta della camera si aprì ed entrò una ragazza: sembrava avere qualche anno più di loro. Vedendo Sana, rimase sorpresa.

“Chi è lei?” chiese rivolta ad Akito.

“Non sono affari tuoi, Natsumi! Esci dalla mia camera!” rispose bruscamente lui.

“Sono affari miei eccome, piccolo demonio! Questa è casa mia, e ringrazia di esserci anche tu! Non dovresti nemmeno esistere! Non voglio sentire un altro rumore, chiaro?!” la voce infuriata di quella ragazza infastidì Sana, che capì di trovarsi di fronte alla sorella di Akito.

“Non prendertela così con lui, è colpa mia!” disse, cercando di trattenere la rabbia che le stava montando dentro assumendo il tono più gentile che le riuscisse e prendendo le difese del ragazzo. L’altra, seppur abbassando il tono della voce, rispose sempre con durezza:
“No, la colpa è sua … è tutto colpa sua! È colpa tua, Akito, se non c’è più nostra madre! TUA! Quanto vorrei che non fossi mai nato!”

Sana vide l’espressione di Akito velarsi di tristezza e dolore, sentimenti che solo lei riusciva a notare, ma che esistevano nel profondo del cuore del ragazzo, e questa volta non riuscì più a trattenersi:
“Come puoi dire una cosa simile?!” scattò. Natsumi la guardò con stupore, ma Sana non si fermò:
“Come puoi dare la colpa di un incidente a tuo fratello?! Non è colpa di nessuno se vostra madre non c’è più! Non pensi che forse anche lui soffre per questo?!”
“Lui?!?” esclamò la ragazza come se non riuscisse a credere a quelle parole, come se avesse detto una grande, divertente, stupidaggine.

“Sì, lui!!! Soffre molto più di te! Per sedici anni non ha fatto altro che pensare che sua madre fosse morta per causa sua! Sedici anni, desiderando di non essere mai nato per rendere felici te e tuo padre! Una felicità che a quanto vedo non vi meritate nemmeno! Sai cosa abbia significato per Akito? Ne hai una minima idea?!” Sana ormai era un fiume in piena, non riusciva più a fermarsi: “Ha sofferto più di tutti voi! Ha vissuto la sua intera vita senza una madre e senza nemmeno l’affetto di chi gli era rimasto! Come avete potuto trattarlo in questo modo?!”

Non sapeva dire perché, ma sentiva alcune stupide, calde lacrime premerle agli angoli degli occhi, ma continuò: “Non avete fatto altro che ripetergli che era un demonio, finché non se n’è convinto pure lui! Non ti rendi conto in quale inferno hai trasformato la sua vita, quando in realtà non se lo meritava?! Lui non si merita questo odio! La morte di sua madre NON è COLPA SUA!”

Una lacrima di rabbia scese sulla sua guancia. Tacque, continuando a fissare con occhi di ghiaccio Natsumi, che stava ferma di fronte a lei senza reagire, senza dire una parola. Un silenzio carico di tensione si levò nella stanza. Nessuno disse più nulla, lo sfogo di Sana aveva pietrificato gli animi. Sentendo quella situazione insostenibile, improvvisamente Akito prese Sana per un polso e la tirò via. Passò accanto alla sorella senza guardarla negli occhi, senza dire nulla, e uscì dalla casa.

Si incamminò senza dire una parola, tenendo lo sguardo basso, perso dietro l’immagine della sorella fronteggiata da Sana, mentre le loro parole rimbombavano nella sua testa senza fine, sovrapposte.

Sana lo aveva difeso … era stata la prima a farlo, e gliene era grato.

Sana lo seguiva qualche passo più indietro, rispettando il suo silenzio, dopotutto anche lei immersa in riflessioni su quanto era accaduto. Non sapeva perché, ma le parole di Natsumi l’avevano colpita, quasi come se fossero state dirette a lei, ed era esplosa; non si era quasi resa conto di urlare, le frasi erano uscite dalla sua bocca senza che potesse controllarle. E ora si sentiva stranamente sollevata. Alzò lo sguardo su Akito: il ragazzo continuava a camminare con passo lento, ma deciso: sembrava sicuro della strada che stava percorrendo, e anche Sana sapeva dove era diretto. E infatti, come aveva pensato, poco dopo raggiunsero il parco … sembrava stesse diventando il loro posto … il posto dove si ritrovavano per darsi conforto, il posto in cui si trovavano più in sintonia …

Si avvicinarono al gazebo. Akito si fermò di fronte ad esso, lo sguardo di ghiaccio fisso a terra. Improvvisamente alzò un pugno e lo fece scattare con rabbia verso una delle colonne. Con sorpresa, però, sentì qualcosa bloccare la sua corsa, avvolgendosi morbidamente intorno alla sua mano. Alzò stupito lo sguardo e vide Sana di fronte a sé, una mano intorno al suo pugno chiuso e un tenero sorriso sulle labbra.

“Tu non hai colpe” scandì con voce dolce, continuando a sorridergli teneramente. Akito rimase incantato da quelle labbra, dalle parole che avevano pronunciato, da quel sorriso che esprimevano … le guardò, e sentì l’irrefrenabile desiderio di sfiorarle, era come attratto da esse. Lentamente si avvicinò al viso di Sana, mentre il suo pugno si apriva, intrecciando le dita con quelle della ragazza. Lei non si mosse: accolse timidamente le labbra di Akito sulle proprie. Non rispose, né si sottrasse al bacio, era come pietrificata da quel gesto. Akito si scostò poco dopo, lentamente come si era avvicinato.

“Grazie … di tutto” disse sottovoce. Sana rimase immobile, in silenzio, gli occhi fissi nei suoi, rapita dal suo sguardo intenso, arrossì leggermente.

Improvvisamente, un rumore sommesso ruppe quell’istante di imbarazzo: lo stomaco di Sana richiedeva cibo. La ragazza arrossì ancora di più:
“Ehm … sai, oggi non ho pranzato, visto quello che è successo … Che … c-che ne dici se andiamo a prenderci qualcosa in un bar?” balbettò. Akito sorrise, e quel sorriso rassicurò Sana.

“Certo” acconsentì, e andarono a comprare qualche panino. Tornarono a mangiare nel parco, sedendosi sotto il gazebo. Il sole stava ormai tramontando. Mangiarono in silenzio, ancora un po’ scossi dagli avvenimenti della giornata. Anche quando ebbero finito di mangiare continuarono a stare seduti uno affianco all’altra senza dire una parola. Per entrambi, il silenzio era il modo migliore di esprimersi, riuscivano a cogliere ogni muta parola dell’altro, era la loro forza nei momenti difficili. Loro non erano come gli altri, non usavano parole inutili, prive di significato, non si sfogavano urlando. Quelli erano i loro urli, quella calma esterna che celava la tempesta dentro di loro. E sapevano ascoltare i propri silenzi, sapevano interpretarli e rispondervi, e questo li rendeva indispensabili l’uno all’altra.

Passarono alcuni minuti, finché il buio non calò del tutto attorno a loro.

“Forse è ora di tornare a casa” propose Akito. Sana annuì, e si incamminarono verso casa Hayama. Quando arrivarono, si scambiarono un’occhiata: entrambi temevano di trovare Natsumi oltre la porta, e non avrebbero saputo come comportarsi. Trassero un profondo respiro, poi il ragazzo aprì la porta. Per fortuna la casa era deserta; sua sorella doveva essere andata in camera sua. Con un sospiro di sollievo appena percettibile, Akito richiuse lentamente la porta alle spalle di Sana e la precedette al piano di sopra. Raggiunse una porta accanto a quella della sua camera, quella della stanza degli ospiti, e si fermò. Si voltò a guardare Sana … e di nuovo fu il silenzio a parlare per lei. Guardò il ragazzo, con una tacita domanda negli occhi … che Akito colse al volo, e alla quale rispose con un gesto: la prese per mano e superò quella stanza per entrare nella propria. Si sedette sul piccolo divano accanto al letto, mentre Sana prendeva posto al suo fianco. Entrambi erano stanchi per quella giornata intensa. Akito passò un braccio intorno alla vita di Sana, attirandola a sé. Lei lo guardò negli occhi, con il suo sguardo intenso tanto simile a quello del ragazzo … e si avvicinò di più al suo viso, posando un breve, timido, lieve bacio sulle sue labbra.

“Grazie, Aky … di tutto!” gli sorrise, poi appoggiò la testa sul suo petto e, cullata dal potente e forse un po’ accelerato battito del cuore del ragazzo, si addormentò.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

Capitolo 7.

 

Il sole era già sorto da alcune ore e si insinuava con i suoi raggi tiepidi nella camera di Akito. Era una domenica mattina, quindi lui e Sana non sarebbero dovuti andare a scuola, e il ragazzo lasciò che Sana dormisse nonostante lui fosse già completamente sveglio. Sentiva il leggero peso della ragazza sul suo petto, dove si era addormentata la sera prima, sfinita dall’intensità della giornata. Le accarezzò i capelli, giocando con una delle ciocche rossicce che le scivolavano sul viso disteso e rilassato, e intanto posò lo sguardo fuori dalla finestra, ad osservare il lento rianimarsi di Tokyo. Ad un tratto sentì provenire dal corridoio il rumore di una porta che veniva aperta e chiusa qualche metro più in là della sua camera: Natsumi doveva essersi alzata. Stette in ascolto, e sentì dei passi leggermente strascicati avvicinarsi lentamente. Si voltò verso la porta, e vide la maniglia girare adagio, cercando di fare il meno rumore possibile. Poco dopo, sulla soglia comparve la sorella del ragazzo: aveva un’aria assonnata,  gli occhi gonfi che indicavano che quella notte non aveva dormito … e forse non solo quello … sembravano gonfi di pianto … Stava per parlare al fratello, ma quando si accorse che nella stanza c’era anche Sana si zittì. Akito la guardò intensamente, chiedendole con lo sguardo di non svegliare la ragazza e di andarsene … e per la prima volta in sedici anni sembrò che Natsumi fosse riuscita a interpretare lo sguardo di Akito, perchè in silenzio fece un debole sorriso, che sembrava volesse dire “parleremo dopo” e andò via, chiudendosi delicatamente la porta alle spalle.

Akito trasse un sospiro: era sicuro che la sorella volesse parlargli di ciò che era successo la sera prima, e non aveva voglia di farlo. Per dirla tutta, era un po’ spaventato da ciò che avrebbe potuto dire Natsumi, perché non aveva idea di cosa avrebbe potuto essere. Mentre rifletteva, sentì Sana muoversi leggermente sul suo petto e mugugnare. Smise di accarezzarle i capelli e le diede il buongiorno con un piccolo sorriso. Sana lo fissò per qualche secondo con sguardo ancora trasognante, e quando realizzò dove si trovava scattò in piedi esclamando:
“Scusami! Mi sono addormentata così! … Sei rimasto a dormire sul divano?! Mi dispiace!”

Akito continuò a guardarla sorridendo, si alzò anche lui e si stiracchiò, poi le mise dolcemente una mano sulla guancia:

“Non preoccuparti …” le sussurrò allargando il sorriso. Sana vi rispose, sfiorò con una mano quella del ragazzo, poi si avviò verso la porta.

“Grazie di tutto, Akito, davvero. Sei stato … be’, insomma … grazie” disse arrossendo leggermente, ma si riprese subito. “Ora è meglio che torni a casa …”

“Non vuoi che ti accompagni?” propose lui.

“No. Preferisco andare da sola … ciao”

“A presto”

Sana uscì dalla camera di Akito e scese le scale. Arrivata nell’ingresso, intravide la figura di Natsumi nella cucina lì accanto, che si voltò verso di lei. Si guardarono per un attimo, poi, inaspettatamente, Sana vide con sorpresa le labbra della ragazza tendersi in un debole sorriso:
“Ciao” la salutò Natsumi. Ancora attonita, Sana le rispose con un veloce gesto della mano e uscì dalla casa.

Si avviò verso la propria villa con passo lento, riflettendo su ciò che sarebbe successo di lì a poco: avrebbe affrontato Misako … e avrebbe dovuto chiarire le cose tra loro. Non si sentiva ancora pronta …

Ma, in fondo, mi sentirò mai veramente pronta? si chiese. Raggiunse casa sua dopo parecchi minuti, durante i quali non aveva fatto che pensare a cosa dire a Misako … ma senza arrivare ad una decisione! Giunta di fronte alla porta, chiuse gli occhi, piegò leggermente la testa all’indietro e trasse un lungo, profondo respiro prima di aprirla ed entrare furtivamente in casa. Chiuse la porta senza preoccuparsi di accostarla lentamente, sperando che fosse il rumore della serratura che scattava ad annunciare il suo arrivo per non dover chiamare a voce Misako. E infatti, poco dopo, ecco la donna affacciarsi dal salotto per vedere chi fosse entrato.

“Sana …” fu il suo solo saluto. Sana rimase in silenzio un istante, prima di replicare:
“Mamma …”

Era stato facile. Per la prima volta, le era venuto spontaneo, come se non avesse potuto chiamarla in altro modo. Dopotutto, Misako era sua madre!

Nessuna delle due si mosse, o disse altro. Semplicemente continuarono a guardarsi. La donna sembrava trattenere il respiro per la sorpresa e la gioia: per la seconda volta Sana l’aveva chiamata mamma, le sembrava un sogno che si avverava, e temeva che un solo suo respiro potesse distruggere quel momento e riportarla alla realtà. Sana, da parte sua, tratteneva il respiro temendo di aver sbagliato, non vedendo alcuna reazione nella madre. Ma alla fine entrambe cedettero, e corsero l’una tra le braccia dell’altra, stringendosi forte, trasmettendosi tutto l’affetto che avevano avuto paura ad esternare in quegli anni. Si diedero il primo, vero, abbraccio come madre e figlia, mentre i loro occhi diventavano lucidi, pericolosamente sull’orlo delle lacrime: solo il loro carattere di donne forti impedì loro di piangere.

“Scusami, mamma, non ho saputo dirti che ti volevo bene, e ti ho fatto soffrire ingiustamente!”

“Scusami tu, piccola, non avevo il diritto di pubblicare quello stupido libro senza parlartene prima! E in questi anni avrei dovuto imparare a capire i tuoi sentimenti, ad ascoltarti davvero.”

Parlarono quasi allo stesso momento, sovrapponendo le scuse. Si guardarono negli occhi ancora un po’ umidi e scoppiarono a ridere, abbracciandosi di nuovo.

Intanto, a casa Hayama, Natsumi saliva le scale, diretta alla camera di suo fratello. Bussò alla porta, e quando sentì la voce fredda di Akito permetterle di entrare, l’aprì lentamente. Quasi timidamente si affacciò cercando suo fratello con lo sguardo: lo trovò sdraiato sul letto, il viso rivolto alla parete affianco ad esso. Rimase in quella posizione anche quando sentì la porta richiudersi, senza voltarsi verso la sorella. Natsumi inspirò, esitò un attimo, poi parlò:
“Era una tua amica?” chiese riferendosi a Sana. Le rispose un mugugno quasi impercettibile.

“Già, che domanda sciocca …” disse lei, imbarazzata. “Senti … le cose che quella ragazza ha detto ieri sera …”

Ecco … pensò Akito.

“Vedi … solo ora mi rendo conto che … ha ragione …”

Akito trattenne il respiro, mentre il cuore mancava un battito. Davvero erano le parole che aveva sentito ad essere uscite dalla bocca di Natsumi?! No, era impossibile … tuttavia continuò a fronteggiare il muro, senza lasciar trasparire alcuna reazione. Lei fissò la sua schiena, avvicinandosi lentamente al letto. Il ragazzo sentì il materasso piegarsi sotto il peso della sorella che si sedeva su di esso.

“Ha ragione …” ripeté “Non è colpa tua se nostra madre è morta. Non è colpa tua se è successo. Non è colpa tua se ti ha amato così tanto da volerti dare la vita.”

Akito sentì la voce di Natsumi rompersi per il pianto, e si voltò finalmente verso di lei, vedendo con sorpresa le lacrime bagnarle gli occhi.

“Perdonami, Akito … ho reso la tua vita un inferno, e non ne avevo il diritto! Ti ho fatto soffrire così tanto in questi sedici anni, senza preoccuparmene … ti prego, perdonami!”

Si gettò tra le braccia del fratello, che senza che se lo aspettasse si ritrovò il viso di Natsumi premuto contro il suo petto, mentre il suo corpo era scosso dai singhiozzi.

“Scusami, Akito … perdonami …” continuava a ripetere la ragazza, stringendosi a lui piangendo. Akito guardò la figura di sua sorella, per la prima volta debole di fronte ai suoi occhi, le mise le mani sulle spalle e la scostò leggermente da sé, fissando lo guardo in quello umido di lei:
“Smettila di piangere” disse solo. Tre parole. Tre sole parole, ma che insieme al suo sguardo fecero capire a Natsumi di essere perdonata. Un perdono che non pensava di meritarsi, ma che accoglieva con gioia, e con incredulità. Finalmente gli sorrise, asciugandosi gli occhi con una manica e facendo di tutto per frenare il pianto, anche se i risultati erano scarsi. E anche Akito, se non con le labbra, sorrideva con il cuore a quella riappacificazione, e il battito veloce del suo cuore rivelava la felicità che invece la sua espressione, di solita, falsa, indifferenza, non voleva mostrare. Finalmente i due ragazzi si sentivano davvero fratello e sorella.

 

Fine cappy. È da un po’ ke nn aggiorno, lo so, ma tra scuola e altri impegni, nonché mille pensieri x la testa, nn ne ho avuto il tempo. Sorry! ^_^’

È vero, qst cappy nn parla molto di Akito e Sana “insieme”, ma volevo prima sistemare la faccenda di loro con le loro famiglie x potermi poi occupare dei due ragazzi da soli (come nn lo so nemmeno io, a dire la verità …!). Be’, spero vi sia piaciuto cmq! Attendo un vostro parere, vvtrb! Daisy J

Ps. x tt le autrici: anke se nn ho aggiornato la mia storia, ho seguito tt i vostri aggiornamenti, e sn fantastici! Siete davvero bravissime! Continuate così!!!

Pps. X i lettori: be’, un GRAZIE cm sempre xkè mi seguite!

Kisses

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

Capitolo 8.

 

Tsuyoshi era all’ingresso della scuola che aspettava l’arrivo del suo migliore amico e della sua nuova ragazza. Fu lei la prima ad arrivare, accompagnata come sempre da Sana. Le vide in lontananza, che camminavano verso di lui, e si staccò immediatamente dal muro per andare loro incontro.

“Tsu!” fu l’esclamazione gioiosa di Aya, che si precipitò tra le braccia del ragazzo. Sana li osservò scambiarsi smancerie amorose sul marciapiede:
“Non ci andate tanto leggeri, eh?” commentò, ma i due nemmeno sembrarono più accorgersi che ci fosse anche lei. Ciò che li distrasse fu invece l’arrivo di un motorino che si fermò proprio di fronte a loro. Un ragazzo biondo scese dal veicolo, lasciando il manubrio ad una ragazza che dimostrava qualche anno di più.

“Ciao, fratellino!” lo salutò la ragazza prima di ripartire, mentre Akito alzò semplicemente una mano in risposta. Poi, come se tutto ciò fosse normale, si voltò con noncuranza ad osservare le facce attonite dei suoi amici: tutte avevano un’espressione fortemente stupita … tutte tranne quella di Sana. Come era suo solito, il ragazzo non salutò nessuno, ma si mise alla testa del gruppo e insieme a Sana entrò nel cortile della scuola, mentre Aya e Tsuyoshi rimanevano immobili a bocca aperta. Si voltarono l’uno verso l’altra, incrociarono gli sguardi interrogativi, poi tornarono a guardare le schiene dei loro due amici che si allontanavano e insieme scattarono verso di loro. Quando li raggiunsero, parlarono, o meglio, balbettarono, quasi nello stesso momento:

“Akito … era … era Natsumi?!”

“Tua sorella?? Ma … insomma … da quando …?”

“Cosa diavolo succede?!” dissero infine all’unisono. Akito, seccato, decise di fermarsi e spiegare finalmente loro qualcosa, così che la smettessero di tormentarlo:
“Io e Natsumi abbiamo fatto pace e mi ha accompagnato a scuola. Tutto chiaro, ora?” e fece per voltarsi di nuovo.

“Ma … come è successo? Cioè, siamo felicissimi, è una magnifica notizia, Hayama!! Cosa le ha fatto cambiare idea?” chiesero ancora gli altri due.

“Niente. È successo.” rispose lui vago, lanciando però un’occhiata a Sana. La ragazza guardò quegli occhi, e si stupì nel vedere un sorriso brillare in essi, nonostante le labbra del ragazzo non si fossero mosse. Erano i suoi occhi a sorriderle, guardandola con una luce tenera e riconoscente. E in quell’istante, Sana rivide nel suo sguardo il bacio che si erano scambiati, quel leggero e veloce bacio che le aveva dato al parco, ricordandosi poi anche di quello casto e timido che gli aveva dato lei prima di addormentarsi sul suo petto … Arrossì, e distolse subito lo sguardo da lui, come attratta magicamente da un punto indistinto del terreno. Akito, accorgendosi di averla messa in imbarazzo, si voltò anch’egli e invitò i ragazzi a muoversi, dopodichè riprese la via verso l’entrata della scuola. Un piccolo sorriso di Sana lo ringraziò silenziosamente, prima che la ragazza lo seguisse. Aya e Tusyoshi rimasero di nuovo fermi per qualche istante a scambiarsi occhiate: non gli erano sfuggiti gli sguardi dei due amici …

 

Le lezioni trascorsero come al solito. In due banchi della terza fila Aya e Tsuyoshi si bisbigliavano chissà quali parole sdolcinate, dimenticandosi dell’insegnante e di tutti gli altri alunni che li circondavano, mentre nell’ultima fila Sana e Akito sedevano assorti nel loro usuale silenzio. Fu Sana, come accadeva di solito, a romperlo con uno sbuffo:

“Aky, non c’ho capito niente!” si lamentò lasciando cadere la matita sul banco e appoggiandosi allo schienale della sedia. In quei tre mesi erano cambiate molte cose: Aya e Tsuyoshi stavano insieme, Akito e Sana erano amici, i problemi con le loro famiglie si erano risolti … ma una cosa non era affatto cambiata: Sana odiava ancora la matematica!

“Come al solito …” commentò lui, ma all’occhiata fulminante della ragazza si zittì e si sporse sul suo banco prendendo il suo foglio. Diede un rapido sguardo ai calcoli svolti dall’amica, e subito disse:
“Ecco l’errore: quanto fa 1856 meno 256?” le chiese.

“1700, no?!” rispose lei seccata.

“No, baka! Fa 1600! Altrimenti come fai a calcolare il delta? Non usiamo ancora i numeri irrazionali!”

Lo sguardo stranito di Sana gli fece scuotere la testa scoraggiato:
“Sei un caso irrecuperabile …” disse.

“Sei tu che parli arabo!” fece lei, irritata.

“Kurata! Hayama! Sempre voi due, eh?” li riprese il professore. “Possibile che durante le mie lezioni non sappiate fare altro che parlare?! Kurata, scommetto che, come al solito, non è in grado di svolgere il problema. Mi dia il diario …”

Prima che l’insegnante potesse avvicinarsi, o che Sana potesse protestare, però, Akito disse:

“Scusi, è colpa mia. Volevo spiegarle cosa aveva sbagliato nell’esercizio.”

Tutta la classe si voltò a guardarlo, compresi Sana, Tsuyoshi e Aya, con tanto d’occhi: non era mai successo che Akito si scusasse con un professore. Anche quest’ultimo rimase sorpreso, tanto che disse solo un flebile “Bene” e riprese la lezione, dimenticandosi di controllare il compito di Sana. Con una delle sue occhiate gelide Akito fece voltare tutti i compagni che ancora lo stavano guardando, poi tornò al suo compito.

“Grazie” fu il sussurro che gli arrivò da Sana, al quale rispose con uno sguardo rassicurante e uno dei suoi rari sorrisi.

 

Quando suonò la campanella che segnava la fine delle lezioni, tutti gli studenti si riversarono fuori dalla classe, tranne Aya e Tsuyoshi che aspettavano Sana e Akito. Gli ultimi due erano impegnati in una discussione matematica mentre ritiravano le loro cose:

“Quindi per calcolare l’apotema della piramide devi …” stava chiedendo Akito.

“Usare il teorema di Pitagora con il raggio della base e l’altezza del solido, giusto?” rispose lei dopo averci pensato un po’ su.

“Esatto. Bene, geometria l’hai capita. Devi solo allenarti con i calcoli.”

“Sì, capo!” lo prese in giro Sana. Lui le scoccò un’occhiata:
“Mi stai prendendo in giro, per caso?” le chiese.

“Nooo … ma ti pare?!”

Allora Akito le si avvicinò minacciosamente.

“Se non sbaglio, eri tu a soffrire il solletico …” disse. Sana sbarrò gli occhi:
“No, ti sbagli eccome, invece!” disse, ma già aveva alzato le mani, pronta a difendersi da un attacco.

“Io non sbaglio mai” fu l’unico commento del ragazzo prima di lanciarsi su di lei e iniziare a solleticarle la pancia e il collo. Dopo si sentirono solo più le risate di Sana, che invano cercava di ritirarsi dalla salda presa di Akito. Aya e Tsuyoshi stavano in un angolo dell’aula a guardare i due a bocca aperta.

“Ma che cosa gli è successo?” si chiesero.

“Non ho mai visto Sana ridere in quel modo …” commentò Aya osservando la sua amica.

“E io non ho mai visto Akito divertirsi così …” disse invece il ragazzo. Rimasero stupiti a guardarli per un po’, dopodichè furono costretti ad interrompere la loro piccola lotta.

“Ehm …” iniziò Tsuyoshi. Sentendolo, e ricordandosi solo in quel momento della presenza dei loro amici, Sana e Akito si fermarono e si guardarono. I loro visi erano a un soffio l’uno dall’altro, mentre Akito aveva un braccio attorno alla vita della ragazza. Imbarazzati, si scostarono immediatamente entrambi, cercando di riprendersi e di assumere un’espressione il più normale possibile.

“Non volevamo interrompere questa magnifica scenetta …” si divertì a prenderli un po’ in giro Aya “Ma la campanella è suonata già da venti minuti e sarebbe ora di andare a casa!”

“Certo, arriviamo” fu la risposta di entrambi. Sana arrossì leggermente, mentre Akito cercava di non incrociare il suo sguardo, poi uscirono tutti dalla scuola e si incamminarono verso casa..

Percorsero un tratto di strada assieme, fino ad un incrocio dove ragazzi e ragazze avrebbero preso due strade differenti. Stavano per salutarsi, quando a Tsuyoshi venne in mente una cosa:
“Ehi, ragazze!” le fermò prima che si allontanassero. “Ormai siamo a metà dicembre, e tra poco sarà Natale. Mi sono ricordato adesso di aver visto appeso nella bacheca della scuola l’avviso di una festa …”
“Ah, sì. L’ho visto anch’io.” replicò Aya. “È quella che ci sarà al Diamond Blu Night la sera del 23, giusto?”

Tsuyoshi annuì.

“Sì, quella. Perché non ci andiamo?” propose.

“Una festa in discoteca?” rifletté Sana ad alta voce. “Uhm … ma sì, per me va bene!” acconsentì. Aya era dello steso parere.

“Tu che ne pensi? Verrai?” chiese Sana ad Akito. Il ragazzo la guardò. Non gli erano mai piaciute le feste, né aveva mai partecipato ad una festa della scuola in discoteca, ma non seppe perché, quella volta sentiva la voglia di andarci … Fece un solo cenno del capo, e acconsentì così anche lui.

“Uao! Quasi non ci speravo!” fu il commento del suo amico. “Bene, ci vediamo, ragazze!” salutò, e insieme al biondino si allontanò in direzione di casa.

Per buona parte del tragitto, Akito sentì lo sguardo indagatore del suo amico scrutarlo, e dopo un po’ si fermò scocciato:
“Beh?!” sbottò, incrociando le braccia ad aspettare una risposta.

“Niente, è che … mi chiedevo: come mai quest’improvvisa voglia di andare in discoteca? Tu odi queste feste!” disse Tsuyoshi con un sorrisetto che non piacque affatto al ragazzo.

“Così” disse semplicemente. Tsuyoshi fece un balzo indietro per la sorpresa quando vide una coda e un paio di orecchie da leopardo agitarsi sul suo amico.

“A-Akito …??”

Lui fece finta di nulla, e si allontanò verso casa propria lasciando il suo amico attonito dietro di sé. Solo la sua domanda successiva riuscì a bloccarlo:

“Ti piace, vero?”

Non chiese nemmeno a chi si riferiva, non ne aveva bisogno. Stette immobile e in silenzio, gli occhi di Tsuyoshi puntati sulla sua schiena in attesa della risposta.

Gli piaceva? Sembrava strano per lui, ma egli stesso se l’era già chiesto. Era stata la domanda che l’aveva tormentato dopo il bacio che aveva dato a Sana vicino al gazebo. Sana gli piaceva? E la risposta che si era dato era la stessa che ora non voleva dare al suo amico. Perciò riprese a camminare senza rispondergli. Ma Tsuyoshi lo conosceva abbastanza da sapere che quello era un sì …

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

Capitolo 9.

 

I giorni trascorsero rapidamente, tra scambi di effusioni in pubblico sempre più audaci (si parla ovviamente dei due piccioncini Aya&Tsuyoshi!), e detestabili, nonché decisamente impossibili, problemi di matematica, almeno dal punto di vista di Sana, perché sembrava che invece per Akito fossero un passatempo divertente … Insomma, era finalmente giunto l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale: il 23 dicembre. Per quel giorno tutti gli studenti si rifiutarono di studiare, e praticamente nessun insegnante riuscì ad impedire agli alunni di “anticipare leggermente” le vacanze … be’, in poche parole, fu una mattinata di pura festa! In tutte le classi qualcuno aveva “casualmente” portato qualcosa da mangiare, e da qualche parte c’era perfino uno stereo che suonava gli ultimi successi pop e dance. Anche nella classe di Sana e Akito vigeva l’anarchia, tanto che l’insegnante, non sopportando il baccano dello stereo, aveva preferito andarsene (non dopo, però, aver assaggiato un po’ della pizza che aveva preparato Aya la sera prima)! Solo due persone, in un angolo, non festeggiavano: Sana e Akito, visto il loro solito atteggiamento freddo e distaccato, erano rimasti seduti sui loro banchi, ad osservare in silenzio il divertimento dei compagni.

“Che noia! Non ce la faccio più!” si lamentò Sana. “Senti, hai voglia di andare a fare due passi in cortile? Tanto i prof se ne sono andati.” aggiunse poi rivolta ad Akito.

Il ragazzo rispose con un semplice “Umph” e si alzò seguendo l’amica fuori dalla classe. Una volta usciti dall’edificio si diressero entrambi, come se si fossero messi d’accordo, verso l’albero al centro del cortile. Sana si sedette su una delle sue radici, mentre Akito si appoggiò al tronco, con una gamba piegata a poggiare il piede sulla corteccia. Estrasse il cellulare dai jeans e vi dedicò la sua attenzione.

“Stasera come vai al Diamond?” chiese d’un tratto Sana.

“Natsumi mi presta il motorino” fu la breve risposta di lui. Una folata di vento gli scompigliò il ciuffo biondo, filtrando tra le foglie dell’albero. Sana rimase per un attimo a guardare il viso del ragazzo contornato da quei capelli ribelli …

“Ti serve un passaggio?”

Si riscosse immediatamente, prestando attenzione alle parole di Akito.

“Eh? Ah, non lo so.” rispose confusamente, e arrossendo un po’. Il ragazzo se ne accorse, ma decise di far finta di nulla. Rimise in tasca il telefonino, poi disse:
“Credo che Tsuyoshi accompagnerà Sugita con il suo motorino, quindi se vuoi puoi venire con me.” Si stupì egli stesso delle proprie parole. Sana, dopo averci pensato un po’, acconsentì.

“Passo alle otto e mezza, allora.” disse Akito.

“Ok”

Il silenzio calò poi tra i due, quel silenzio che era un po’ come il loro elemento, il silenzio nel quale si trovavano a proprio agio. Fu rotto solo dopo qualche minuto da una sola parola di Akito:
“Vuoi?”

Stava porgendo a Sana una delle cuffie del suo lettore mp3. Lei annuì e il ragazzo le si sedette accanto. Le note di una canzone dei Green Day iniziarono a suonare, e dopo qualche istante Sana appoggiò la testa sulla spalla di Akito. I due rimasero così per il resto della mattinata, finché la campanella di fine lezione non li avvertì che di lì a poco sarebbero stati raggiunti dai loro due amici. Si alzarono, separandosi, e attesero che Aya e Tsuyoshi li notassero e si avvicinassero a loro.

“Eccovi!” esclamò Tsuyoshi. “Akito, perché mi hai chie …?” uno sguardo gelido del ragazzo lo zittì immediatamente. Le ragazze li scrutarono con sguardo interrogativo, finché Tsuyoshi non disse frettolosamente:
“Allora stasera ci vediamo alla discoteca alle nove, va bene?” al consenso di Sana e Akito salutò le ragazze e si dileguò con l’amico. Quando furono abbastanza lontani dalla scuola, Tsuyoshi chiese di nuovo ad Akito:
“Perché mi hai chiesto di accompagnare Aya, questa sera? E poi si può sapere perché diavolo mi hai zittito in quel modo, prima?!??”

Il biondino fece un vago gesto della mano che significava di lasciar perdere, ma questa volta il suo amico era un osso duro.

“È per Sana, vero?”

Colpito e affondato.

“Allora, glielo hai chiesto se voleva venire con te? Da quel che ho capito dall’sms che mi hai mandato prima mi sembrava che questo fosse il tuo piano … ”

Da parte di Akito ci fu di nuovo solo il silenzio, che Tsuyoshi interpretò a ragione come un sì.

“Grande! E lei cos’ha risposto?”

“Umph”

“Uao! Sono felicissimo per te!” Era incredibile come riuscisse sempre ad interpretare i semplici mugugni di Akito. “Finalmente, era ora che ci provassi con una ragazza! Dico, hai sedici anni, piaci praticamente a tutte le ragazze della scuola, e ancora non ti eri deciso! E poi, vi vedo davvero benissimo insieme, siete fatti l’uno per l’altra!”

“HAI FINITO???!” gli intimò duramente l’amico, piazzandosi davanti a lui con uno sguardo che non prometteva nulla di buono.

“Ok, ok!” si affrettò a dire Tsuyoshi agitando le braccia davanti al viso cercando di calmare Akito, che intanto si era voltato e aveva ripreso da solo la strada di casa, la mente che non poteva fare a meno di ripetersi e riflettere su quelle ultime parole … siete fatti l’uno per l’altra …

Nello stesso momento, dall’altra parte di Tokyo, Aya saltellava felice al fianco di Sana.

“Che bello, stasera vado in discoteca con il mio pasticcino!” continuava a ripetere. “Ha detto che mi porterà con il suo nuovo motorino … ehi, aspetta un attimo: e TU come ci vieni?!” chiese poi. Sana, senza volerlo, arrossì un po’ mentre bofonchiava la risposta:
“Mi dà un passaggio Aky”

Aya strabuzzò gli occhi.

“Vai con Hayama?! E com’è che lo chiami Aky??? Da quando si usano questi diminutivi così intimi?! E sbaglio o sei arrossita …?” sul suo viso si andava allargando il sorriso, mentre le guance dell’amica si infuocavano ancora di più.

“PIANTALA!” disse solo, e affrettò il passo, con l’intenzione di lasciare indietro Aya. Lei sospirò, poi la raggiunse.

“Va bene, scherzavo! Comunque secondo me stareste bene insieme, sembrate fatti l’uno per l’altra …” aggiunse con un sorrisetto, e Sana non poté fare a meno di rimuginare su quelle parole …

 

Alle otto e qualche minuto, Sana era in camera sua che fissava gli abiti sparsi sul suo letto: c’erano una minigonna di jeans che le aveva regalato Aya mesi prima, ma che non aveva mai indossato, un paio di jeans stretti, una camicetta bianca, una maglietta a maniche corte nera attillata e con una scollatura a v e un top decisamente provocante. Stette in contemplazione degli indumenti per qualche minuto, poi finalmente si decise e iniziò ad indossare ciò che aveva scelto.

“Mamma!!” chiamò a voce alta.

“Cosa c’è, Sana?” fu la risposta che arrivò attraverso le pareti.

“Posso … posso prendere un paio di scarpe dal tuo guardaroba?” chiese leggermente imbarazzata. Misako rimase un attimo interdetta, ma acconsentì. Curiosa, salì le scale e rimase a bocca aperta quando si trovò la figlia davanti: indossava una stretta maglietta nera con le ali di un angelo disegnate sulla schiena, una minigonna piuttosto corta di jeans con una cintura di strass e ai piedi si stava provando un paio delle sue scarpe con i tacchi a spillo!

“Ehm, richiudi pure la bocca, mamma” le disse Sana un po’ imbarazzata.

“Ma … ma stai benissimo! E ti sei anche truccata!” osservò la donna con stupore. “Finalmente ti sei decisa a fare la ragazza …” commentò, meritandosi un’occhiataccia della figlia, ma noncurante incalzò: “E come mai questo cambiamento? C’è di mezzo un ragazzo …? Magari … Akito Hayama?” chiese alzando e abbassando il sopracciglio più volte con aria ammiccante. Suo malgrado, Sana arrossì sotto il fard, dando così ragione a sua madre, che sfoggiò un sorriso entusiasta. Per fortuna, il suono del campanello, seguito dal clacson di un motorino, salvò Sana da ulteriori spiegazioni.

“Be’, ciao, ma’! Io vado. Non aspettarmi alzata!” disse, e sfrecciò giù per le scale dopo aver agguantato in fretta un giubbottino di jeans.

“Sicuro, e divertiti!” La raccomandazione la raggiunse quando ormai aveva già infilato la porta di casa.

Akito, che si stava sistemando i ciuffi biondi guardandosi in uno degli specchietti del suo motorino, si immobilizzò con una mano ancora in aria quando vide il riflesso della ragazza che gli stava venendo incontro. Si voltò, ma non abbandonò la sua espressione stupita: rimase a fissare le lunghe e perfette gambe di Sana spuntare dalla minigonna, mentre la ragazza avanzava ancheggiando elegantemente sui tacchi. Quando raggiunse il ragazzo, alzò gli occhi al cielo:
“Possibile che dobbiate fare tutti la stessa faccia?!” disse, mentre Akito si sforzava di rihiudere la bocca. “Sto così male?” aggiunse.

“No! Anzi …” sfuggì a lui. Sana non poté fare a meno di sorridere al complimento prima di salire in sella dietro al ragazzo. Quando sentì le sue braccia attorno alla vita, Akito mise la prima e partì, diretto al Diamond Blue Night.

Arrivarono alle nove in punto, e videro Aya e Tsuyoshi scambiarsi baci sul motorino di lui. Sospirando, con un’aria del tipo “dovevamo immaginarcelo”, Akito e Sana parcheggiarono affianco a loro. Si salutarono, e insieme andarono all’ingresso.

“Uao! La mia gonna!” esclamò Aya dando una lunga e intensa occhiata all’amica. “Era ora che te la mettessi, sapevo che ti sarebbe stata d’incanto! E il trucco è leggero, ma perfetto! Cosa non si farebbe per un ragazzo, eh?”

Sana le indirizzò una potente gomitata nel fianco che le suggerì di non aggiungere altro, mentre Tsuyoshi aveva uno strano sorrisetto. Akito, invece, cercava di far finta di nulla, e soprattutto di non incantarsi come la prima volta che aveva visto la sua amica. Entrarono nel locale, e dopo aver lasciato le giacche al guardaroba e aver pagato per la consumazione e il tesserino di uscita, andarono a cercarsi un divanetto nell’attesa che mettessero la musica. Fortunatamente, ne trovarono uno vuoto e vi presero subito posto, mentre Tsuyoshi proponeva:
“Io vado a prendere qualcosa da bere. Volete qualcosa?”

“Un invisibile” rispose Akito.

“Per me una caypirinha” fece Sana, mentre Aya non prendeva nulla. Il ragazzo si allontanò in direzione del bar, tornando alcuni minuti dopo con le bevande. Passò l’invisibile e la caypirinha ad Akito e Sana, mentre si sedeva accanto ad Aya con un ‘Sex on the beach’ da dividere con lei.

Akito prese il suo bicchiere e lo svuotò tutto d’un fiato.

“Ehi, vacci piano! Ti ricordo che devi riportarmi a casa!” lo ammonì Sana, scoccandogli un’occhiata preoccupata.

“Non preoccuparti, lo reggo benissimo. Pensa per te, piuttosto.” fu la risposta di lui.

“So quel che faccio!” replicò lei, e chiudendo la questione trasse un lungo sorso dalla sua bevanda. Venti minuti dopo, iniziò la musica, ma la pista da ballo era ancora vuota. Sana finì la sua caypirinha, e osservò lo spazio al centro del locale.

“Che noia! Ancora non balla nessuno. Be’, io vado a prendermi qualcos‘altro da bere, aspettatemi qui.”

In realtà, parlò solo ad Akito, perché gli latri due ragazzi, finita la bevanda, avevano deciso di incollare le proprie labbra con l’intenzione di non staccarsi molto facilmente. Il ragazzo li guardò disgustato, poi decise di seguire Sana al bancone del bar. La ragazza prese la sua bevanda e fece per tornare al divanetto, quando si trovò Akito di fronte.

“Ehi, che ci fai qui?” chiese. Lui fece semplicemente un cenno che indicava i loro amici e Sana scosse la testa con un sorriso. Bevve qualche sorso della caypiroska che aveva preso, mentre Akito si appoggiava al bancone con la schiena e i gomiti, rivolgendo lo sguardo al resto del locale che si stava riempiendo sempre di più. Qualche piccolo gruppetto aveva iniziato a scendere in pista, ballando con non molta convinzione. Pochi minuti dopo, la musica finì e attaccò un brano di Rihanna. Sana, che aveva appena finito di bere, lasciò il bicchiere vuoto sul bancone e con un sorriso forse un po’ troppo grande esclamò con un piccolo salto:
“Ehi, adoro questa canzone! Forza, Aky, andiamo a ballare!!”

“Non mi va” fu la secca risposta di lui.

“Dai, divertiamoci!! Be’, io vado, ciao!” e sempre sorridendo si allontanò verso la pista da ballo. Il ragazzo rimase al bancone a guardarla ballare, ad osservare il suo corpo muoversi al ritmo della musica, ondeggiando provocante. Aya e Tsuyoshi, che si erano accorti che non c’erano più, lo raggiunsero.

“Ehi, dov’è Sana?” chiesero, certi di trovarla con lui. Akito accennò in silenzio alla ragazza.

“Che dici, seguiamo il suo esempio?” disse Aya, e Tsuyoshi assentì immediatamente, facendo strada alla sua ragazza tra la massa di gente che era già scesa in pista e che andava aumentando, mentre il biondino rimaneva al bancone.

Sana continuò a ballare per molto tempo, spinta anche dall’effetto dell’alcol che iniziava a farsi sentire. Si mosse sicura e divertita sulla pista, seguendo il ritmo delle canzoni che passava il dj. Ad un certo punto un ragazzo che già da un po’ l’aveva adocchiata le si avvicinò e le cinse la vita da dietro. Sana, infastidita, lo spinse via e si spostò di qualche metro sulla pista. Il ragazzo accettò la sconfitta con un po’ di delusione, ma qualche minuto dopo un altro ragazzo provò a catturarla. Anche questa volta, Sana lo mandò via, poi, stanca, sgusciò fuori dalla pista in direzione del bar.

“Un’altra caypirinha!” chiese frizzante al barista, poi si voltò verso Akito che era fermo al suo fianco. “Che sballo!” esclamò alla sua faccia poco convinta. “Dai, perché non vieni a ballare anche tu?” gli propose di nuovo mentre iniziava a bere a lunghi sorsi la bevanda. Lui, che sorseggiava lentamente un bicchiere di bacardi, non rispose.

“Fa’ come vuoi!” gli disse lei, e si allontanò di nuovo verso la pista da ballo. Akito rimase ad osservarla danzare, finché non vide un gruppo di ragazzi avvicinarsi a lei. Sana sembrava non essersi accorta di nulla, complice, forse, anche l’alcol che non le faceva pensare ad altro che al suo ballo scatenato. I ragazzi la accerchiarono, scambiandosi occhiate e accennando a lei, mentre le si stringevano sempre di più attorno. Akito si scostò dal bancone e si infilò tra la folla danzante.

“Ehi, balli con me?” Sana sentì dire da qualcuno al suo orecchio. Si voltò, e vide un ragazzo più alto di lei che le sorrideva con un’aria strafottente. Scosse la testa e gli diede le spalle, ma si trovò di fronte un altro ragazzo, che le mise le mani in vita e cercò di attirarla a sé. Sana fece resistenza, riuscendo a sfuggire alla sua presa, ma un terzo era pronto a prenderla. Poi sentì una mano calda e forte stringersi intorno al suo polso e si sentì tirare da lato. Si voltò, e vide Akito prenderla per mano e attirarla verso di sé, mentre lanciava sguardi di ghiaccio agli altri ragazzi. Sana sorrise e gli si avvicinò, mettendogli le braccia al collo e iniziando a ballare con lui. Il ritmo la trascinava, le mani di Akito sulla sua vita le davano sicurezza, i suoi occhi la illuminavano. Chiuse i propri, continuando a muoversi seguendo la musica. Akito guardò il suo viso disteso, le sue palpebre truccate abbassate, le sue labbra brillanti che sorridevano, ancora un po’ umide di vodka. Fece scivolare le sue mani sulla schiena della ragazza, poi un po’ più giù, avvicinandola ancora a sé, e piegò la testa, baciandola. Sana rispose al bacio, trasportata dall’euforia del momento, ma anche da un piccolo sentimento che stava divampando dentro di lei. Si staccarono solo per riprendere fiato, senza nemmeno riaprire gli occhi, unendo di nuovo le labbra in un bacio ancora più profondo. Per tutta la notte ballarono insieme, mentre le note di una canzone si susseguivano a quelle di un’altra, pareva, all’infinito, fino a lasciare spazio solo alla musica e al ritmo. Intanto, poco più in là, una coppia li osservava felici: Aya e Tsuyoshi si scambiarono un’occhiata che sembrava dire “l’avevo detto, io!”, sorridendo, prima di tornare a ballare abbracciati.

All’una e mezza si ritrovarono tutti e quattro al guardaroba, presero le loro giacche e uscirono dalla discoteca. Salirono in sella ai motorini, misero in moto, si salutarono e partirono in direzione delle loro case. Sana, abbracciata ad Akito, si fece cullare dal vento che le sferzava il viso, facendola riprendere un po’ dall’ebbrezza. Giunti sotto casa sua, scese dal motorino e fece per andarsene quando fu bloccata dalla mano di Akito che si serrò dolcemente attorno al suo braccio e l’attirò a sé, facendo incontrare le loro labbra in un leggero bacio di saluto. Sana gli sorrise, e con un cenno della mano il ragazzo la salutò un’ultima volta prima di ripartire. Allora la ragazza si voltò ed entrò in casa. Sua madre e la signorina Shimura erano già a letto, così accostò lentamente la porta e togliendosi le scarpe per non fare rumore con i tacchi raggiunse silenziosamente la sua camera. Si spogliò dopo essersi struccata, si mise il pigiama e si infilò sotto le coperte. Il suo ultimo pensiero corse ai baci di Akito, che la fecero addormentare con un largo, sereno, sorriso, sulle labbra e nel cuore.

 

Com’era? Spero vi sia piaciuto. Finalmente è iniziato il “flirt”! Diventerà un cosa seria? … nn lo so nemmeno io, sn ancora indecisa! Voi cosa preferite? Vvtrb J Daisy

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

Capitolo 10.

 

DRIN DRIIIIIN

Lo squillo del telefonino risuonò nella grande villa di Sana.

DRIN DRIIIIIIIIIIIN!

La ragazza dai capelli rossicci si rigirò infastidita nel letto, tirandosi le coperte fin sulla testa e rannicchiandosi un po’ di più su se stessa.

DRIN DRIIIIIIIIIIIIIIIIIN!!

L’insistente suoneria la costrinse ad aprire gli occhi assonnati e a tendere una mano verso il comodino, cercando a tastoni il suo cellulare.

Dannazione, mi sono dimenticata di spegnerlo! si maledisse. Lo prese e con lo sguardo ancora un po’ appannato cercò di mettere a fuoco la scritta sul display.

DRIIIIN DRIIIIIIIIIIIIIIIIIN!!!

Con qualche difficoltà riconobbe il nome di Aya che lampeggiava durante l’ennesimo squillo. Premette il tasto di accettazione della chiamata e svogliatamente si portò il telefono all’orecchio.

“Si può sapere che diavolo ti salta in mente di chiamarmi a quest’ora?? Stavo dormendo!!!” si lamentò nella cornetta. Dall’altra parte la salutò una voce allegra, che non fece caso più di tanto al tono alterato dell’amica … ci era abituata.

“Buongiorno anche a te, Sana!” esclamò Aya. “E per tua informazione è già la mezza …”

“Umph” bofonchiò l’altra, alzandosi a sedere e stiracchiandosi. Sentì Aya sorridere, e sgarbatamente le chiese cosa ci fosse di divertente.

“Niente” sorrise lei “Solo che è incredibile quanto somigli ad Hayama …!”

A sentire quel nome, Sana arrossì, e Aya sembrò magicamente accorgersene …

“Scommetto che sei tutta rossa! Cosa darei per vederti ora!” le disse, ridendo. Ma come diavolo faceva?! Sana non rispose.

“Senti, l’hai più sentito Hayama dopo l’altra sera. Ho visto che eravate molto … ehm … affiatati …”

“Primo, non sono affari tuoi!” sbraitò Sana. “Secondo, ti ricordo che stavo dormendo fino a poco fa e mi piacerebbe tornare a farlo, quindi se non hai nient’altro di cui discutere ti saluto!” e fece per riattaccare, ma l’amica riuscì a fermarla in tempo.

“Va bene, tregua!” gridò nella cornetta. Un altro umph le fece capire che l’armistizio era stato concesso e, trattenendo a stento un risolino, disse:
“Il motivo per cui ti ho chiamata è che, essendo la Vigilia di Natale, potremmo fare un giro insieme questo pomeriggio …”
“Non ho intenzione di fare shopping natalizio, né di qualunque altro genere!” la interruppe Sana, ma Aya si affrettò a rassicurarla:
“Lo so che lo detesti, quindi ho pensato ad una normale uscita tra amici, tipo andare a prendere una cioccolata calda in un bar e passeggiare nel parco … allora?” chiese poi sentendo che l’amica non rispondeva. In realtà, stava rimuginando sulle parole di Aya.

“Hai detto ‘amicI’? …” le chiese infatti poco dopo. “Non ‘amichE’? Di chi parlavi?”

Bingo! Ora doveva dirglielo per forza …

“Intendevo io, te, Tsu e … Hayama!”

Se non fosse già stata seduta, Sana di sicuro sarebbe crollata a terra. Un pomeriggio fuori con Akito?? Aya e Sasaki sarebbero di sicuro rimasti appiccicati tutto il tempo e loro due … loro due cosa?! Perché pensava a cose simili? Era solo un’uscita tra amici, no?

Amici … ma dopo ieri sera …? si trovò a pensare. Già, ieri sera … com’erano rimasti? Era questo che continuava a chiedersi. Dopo quei baci, be’, insomma, qualcosa c’era stato, no? Però non ne avevano ancora parlato, e sinceramente lei non avrebbe saputo che cosa dire.

“Ehi, Sana, ci sei ancora?!”

Sana sobbalzò riemergendo dai suoi pensieri e ricordandosi di Aya.

“Eh? Ah, sì. Be’, o-ok …” farfugliò.

“Benissimo!” esultò l’amica dall’altra parte del telefono. “Allora facciamo alle tre davanti alla solita fermata dell’autobus?”

“Va bene” disse, poi attese il saluto dell’amica, ma Aya rimase in silenzio per un istante, prima di dire:

“Sana …”

“Mmh?”

“Ti piace, non è vero?”

Sana arrossì, sapendo benissimo a chi si riferiva senza bisogno di sentirne il nome, ma nonostante ciò finse di non capire di cosa stesse parlando:
“Chi, scusa??”

“Lo sai benissimo …”
“No, che non lo so!”

“Be’, allora te lo dico chiaramente: sto parlando di Akito!”

“Non vedo come tu possa pensare che …”

“Oh, Sana, piantala! Sai benissimo che non puoi ingannarmi!” disse Aya esasperata. “Ti conosco bene, e ultimamente ho visto che è cambiato qualcosa … tu sei cambiata! Da quando hai conosciuto Hayama sei più … non so come dire … insomma, è la prima volta che ti preoccupi per qualcuno, che sei così solare, che … che indossi la minigonna che ti ho regalato!”

“E questo cosa c’entra?!” sbraitò Sana.

“C’entra, c’entra! E comunque ti ho fatto una semplice domanda: ti piace o no? Basta una parola!”

Sana rimase in silenzio. Solo di una cosa era certa: quella parola non era un ‘no’ … Ma poteva rispondere ‘sì’? In fondo, si erano solo baciati … certo, per tutta la notte! Ma nessuno dei due aveva mai confessato all’altro che gli piacesse. Alla fine decise per l’unica risposta che le parve giusta:

“Forse … non lo so ancora.”

“Be’, cerca di scoprirlo, allora!” replicò Aya, felice della risposta ottenuta. “Allora ci vediamo alle tre, ok? Ciao!” e riattaccò prima che Sana potesse aggiungere altro. Si rituffò sotto le lenzuola, ma ormai non aveva più voglia di dormire: il pensare a cosa provasse per Akito aveva scombussolato la sua mente, che ora era più sveglia che mai, intenta a tenere a bada la confusione che regnava in essa. Si alzò, fece alla meno peggio il letto e andò in bagno. Si gettò sotto il getto di acqua calda della doccia, che riuscì a rilassarla, ma la pace non durò a lungo: non appena tornò in camera, avvolta solo in un lungo asciugamano di spugna, vide il display del cellulare che aveva lasciato sul letto illuminarsi mentre la suoneria che indicava un messaggio in arrivo squillava nell’aria. Aprì l’sms, e il suo cuore ebbe un sussulto quando la ragazza scorse il nome di Akito. Leggermente emozionata iniziò a leggere:
“Ciao, cm va? Ieri sera mi sono divertito alla festa … rix”

Con il cuore che le batteva, iniziò a digitare la risposta:

“Ciao! Tt bene, mi sn svegliata sl poco fa … ^_^’. cmq ank’io mi sn divertita moltissimo …”

Dovette attendere pochi minuti per ricevere il messaggio seguente.

“Sn contento … be’, allora c vediamo oggi pomeriggio. Bye!”

Sana scrisse il suo saluto, poi attese qualche istante prima di inviare il messaggio. Trasse un profondo respiro, poi digitò un‘altra breve parola e lo inviò in fretta:

“A dopo … tvb”

Subito dopo si gettò sul letto, affondando il viso nel cuscino.

Ma che mi è preso? Sono impazzita??! si urlò mentalmente. Ecco, ora chissà cosa starà pensando con quel tvb!

Ma i suoi pensieri furono interrotti da un altro squillo del cellulare: un nuovo messaggio. Con le mani che tremavano lo aprì …

“Ank’io … kiss” diceva semplicemente.

Sana si sentì come se quel piccolo ‘bacio’ fosse arrivato alle sue labbra. Con il cuore che inspiegabilmente sembrava volerle scoppiare, e un ampio sorriso stampato sul suo viso, si vestì e con l’umore migliore di sempre scese a pranzare con sua madre, chiedendosi cosa fosse quell’emozione che la riscaldava.

 

Intanto, a casa Hayama, Tsuyoshi stava parlando con il suo migliore amico.

“E se non le piacesse il regalo di Natale che ho preso per lei?” stava dicendo, mentre Akito, sdraiato sul suo letto con una mano dietro la nuca, armeggiava con l’altra con il cellulare.

“Voglio dire, Aya non si è mai lamentata dei regali che le ho fatto, ma se questa volta non le andasse bene? … Akito … AKITO, mi stai ascoltando????” gridò infine nell’orecchio dell’amico.

“Eh? Ah, sì …” rispose lui distogliendo lo sguardo dal display del telefonino. Tsuyoshi sospirò.

“Sana ti ha proprio cambiato” sentenziò.

“Chi? … Cos … Ma … Che …? Chi diavolo ti ha detto che sto messaggiando con lei?” esclamò il biondino.

“Nessuno, in effetti …” rispose lui. “Ma a quanto pare l’hai appena fatto tu stesso …” Akito arrossì leggermente, maledicendosi nella sua testa per aver parlato troppo.

“Allora, avevo ragione, eh? Ti piace!” incalzò Tsuyoshi.

“Cosa te lo fa pensare?” chiese lui brusco.

“Be’, prima di tutto non l’hai negato, né ieri pomeriggio, né oggi! E poi ieri notte eravate così … affiatati!”

“Non vuol dire proprio niente! Ci siamo solo baciati” si schermì lui.

“E dici poco!! Cos’altro vuoi fare se una ragazza ti piace? Portartela subito a letto??!!”

“Non dire cretinate!”

“Ecco, appunto! Allora vedi che ho ragione? Ammettilo!”

Ma Akito non aveva nessuna intenzione di parlare di questo con lui, né con nessun altro. In realtà, non ne aveva parlato ancora nemmeno con se stesso. Ma allora perché solo pochi minuti prima gli era venuta l’irrefrenabile voglia di sentire Sana? Perché le aveva scritto un sms, senza nessun pretesto? I suoi pensieri furono interrotti dall’arrivo di un altro messaggio della ragazza sul suo cellulare:
“A dopo … tvb”

Sorrise, dimenticandosi della presenza di Tsuyoshi, e dopo aver esitato un istante digitò la sua risposta, sempre senza abbandonare il sorriso dolce che era spuntato sulle sue labbra.

“Non posso crederci!” lo riportò alla realtà la voce del suo migliore amico, che lo osservava con aria stupita. “Akito innamorato! O la fine del mondo è vicina, o i miracoli accadono sul serio e io ne ho uno di fronte ai miei occhi!!”

“Se non la smetti ti sbatto fuori a calci!” intimò il biondino con occhi di fuoco.

“Non disturbarti, me ne vado io: devo andare a incartare il regalo per il mio confettino!” e prese la sua giacca, avviandosi verso la porta di casa.

“Allora ci troviamo alle tre alla fermata,eh?” gli ricordò, e lo lasciò da solo, con il cuore che, dopo quello scambio di sms, stranamente sembrava battere ad un ritmo più veloce del solito …

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Capitolo 11
*** Last chapter ***


Hello, everybody

 

Hello, everybody! (scusate, ma è + forte di me, ADORO l‘inglese!!!J). Ecco qui un altro capitolo … l’ultimo capitolo! Spero vi soddisfi come conclusione, fatemelo sapere!

Cmq prima di lasciarvi al capitolo volevo sl dire una cosa: so ke ad alcuni di voi nn piace vedere il carattere dei personaggi cambiato, ma io l’ho voluto fare x una ‘sfida personale’: volevo vedere se ero in grado di portare avanti una storia di qst tipo, dovendo gestire un personaggio diverso dal solito, facendolo evolvere anke dal punto di vista psicologico. Vi ringrazio cmq x i bellissimi commenti ke mi lasciate sempre, anke se preferireste vedere la Sana solare ed estroversa di sempre! (thanks, Miky90!!). E ora  ke vi ho rotto abbastanza con le mie riflessioni … buona lettura!

 

Capitolo 11.

 

Una ragazza dai capelli rossicci e il fisico snello era appoggiata ad un muretto vicino alla fermata di un autobus. L’orologio sul palo alla sua sinistra segnava le 14:53.

Uff, sono in anticipo … ora mi toccherà aspettare un‘eternità! pensò Sana dopo aver dato uno sguardo alle lancette. Ma si sbagliava, e se ne accorse pochi minuti dopo quando sentì qualcuno salutarla.

“Ciao”

Era una voce atona, maschile, che riconobbe immediatamente. Si voltò e vide al suo fianco Akito. Indossava un Frav bianco, le mani infilate nelle tasche dei jeans scuri, e un cappellino con la visiera in testa dal quale spuntavano alcuni dei suoi ciuffi biondi.

“Ciao” fu la risposta di lei, pronunciata in un soffio. Il ragazzo si appoggiò al muro accanto a lei, e tra i due calò il silenzio. Ma questa volta non era il solito silenzio confortante, quella calma che li accomunava … questa volta c’era tensione nell’aria, imbarazzo, e Sana avrebbe dato qualsiasi cosa per trovare un argomento di conversazione che lo facesse cessare. Per fortuna fu lui a parlare, spezzando il ghiaccio … be’, forse non fu proprio una fortuna …

“Allora, ci siamo divertiti insieme ieri sera, eh?”

Ecco, proprio quell’argomento …

“Già” rispose lei. Ma proprio ora doveva arrossire??

“Però … senti … tu …?” Akito non riuscì a proseguire. Maledizione, non riusciva nemmeno a pronunciare una frase sensata! Ma perché doveva essere così difficile?! Non sapeva più cosa dire, e lo stesso valeva per Sana. L’imbarazzo cresceva sempre di più, stava diventando una situazione insopportabile …

“Ehi, ragazzi!!”

Dovettero trattenersi dal non esultare per quella provvidenziale interruzione. Si voltarono contemporaneamente e videro la coppia dei loro amici avvicinarsi, abbracciata. Aya e Tsuyoshi li raggiunsero e loro due, senza guardarsi negli occhi, dedicarono loro tutta la loro attenzione, salutandoli forse con più entusiasmo di quanto i due si sarebbero aspettati. Ma Aya e il suo ragazzo sembrarono non notarlo, e tutti e quattro si avviarono verso il bar che la ragazza aveva scelto come prima meta della loro uscita. Quando lo raggiunsero, Aya e Tsuyoshi si fermarono per un istante davanti all’ingresso.

“Te lo ricordi, questo posto, amore?” chiese la ragazza con voce tenera al suo fidanzato. Lui la guardò negli occhi, sorridendole e mettendole un braccio attorno alla vita.

“Certo, come posso dimenticarlo? È qui che ci siamo messi insieme!” rispose, poi si diedero un dolce bacio. La mente di Sana, intanto, correva ad un ricordo di qualche tempo prima …

“Io e Akito …?! Sì, certo, come tu stai con Sasaki!” aveva detto Sana ridendo, ma un improvviso rossore sul volto dell’amica la fece smettere all’istante. La scrutò con occhio indagatore, che mise Aya ancora più a disagio, dopodichè fece la domanda:
“Stavo scherzando … cioè, tu e Sasaki non …?!” ma una sola occhiata piuttosto eloquente la bloccò. Sana sgranò gli occhi, incredula, mentre Aya pronunciava confusamente qualche spiegazione:

“Ecco, vedi … ieri pomeriggio Tsuyoshi mi ha invitata a fare un giro e … ed è stato tanto dolce e carino … mi ha offerto una cioccolata in un bar, e poi … be’, a me piaceva, e lui … insomma, si è dichiarato quando mi ha riportata a casa, così …”

Sana ascoltava a bocca aperta. Non seppe perché, ma d’improvviso si immaginò Akito che la invitava fuori e faceva il ragazzo dolce, offrendole una cioccolata calda in un bar …

Si riscosse quando i suoi amici iniziarono a entrare nel bar. Li seguì, e si sedette insieme a loro ad uno dei tavolini. Presero un fascicolo che elencava i vari tipi di cioccolata che servivano, e iniziarono a dargli un’occhiata.

“Mmh … io prendo una cioccolata al latte con stelline di zucchero!” decise Aya.

“Io una fondente” disse Tsuyoshi. “E voi?” aggiunse.

“Mmmh … una classica” scelse Sana.

“Anch’io” e con Akito si conclusero le ordinazioni. Nel frattempo, Sana si tolse la giacca e iniziò a rovistare nelle tasche. Guardò in tutte, comprese quelle dei jeans, ma da suo viso si capì che non aveva trovato ciò che cercava.

“Ragazzi, non posso crederci …” iniziò, la voce bassa. Tutti si voltarono verso di lei per vedere cosa fosse accaduto.

“Ecco, io … ho dimenticato a casa i soldi!” disse con un filo di voce.

“Non preoccuparti, te la offro io”

Tutti si voltarono verso Akito. Tsuyoshi aveva una faccia incredula, mentre quella di Sana era leggermente imbarazzata mentre pronunciava un flebile “Grazie”. Poi di nuovo la sua mente corse al ricordo di quella conversazione con Aya … quel giorno si era immaginata Akito che le offriva una cioccolata calda … e ora era successo! Ma aveva anche detto: “Io e Akito?! Sì, certo, come tu stai con Sasaki!”. Be’, Aya stava con Tsuyoshi, e lei e Akito si erano già baciati, e più volte!

Ma che diavolo sto pensando???? si gridò nella testa. cavolo, che discorsi faccio?! Devo essere impazzita, non è da me pensare a queste cose! Calmati, Sana … tra te e Akito c’è stato solo qualche bacio, e a te non piace, non è possibile! continuò a ripetersi mentalmente. Ma chissà, a volte ci si sbaglia anche sui propri sentimenti …

Mezz’oretta più tardi tutti avevano consumato la loro cioccolata, che era riuscita a riscaldarli, e parlando del più e del meno, di professori o di amici, giunsero al parco. Si incamminarono per una delle stradine, il tappeto di foglie ricoperte di brina che scricchiolava sotto i loro piedi . Dopo qualche minuto che camminavano si sedettero su una panchina, e a quel punto Tsuyoshi tirò fuori un pacchetto dalla tasca della giacca e lo porse ad Aya.

“Cos’è?” chiese lei fissando con un sorriso il regalo.

“È il tuo regalo di Natale, no? È ancora la vigilia, ma aprilo lo stesso!” le disse lui. Aya allargò il sorriso, poi si dedicò all’apertura del pacchetto. Ci impiegò qualche istante, stando attenta a non rovinare la carta, poi estrasse finalmente il regalo.

“Grazie, Tsu, è bellissimo!” disse saltando al collo del suo ragazzo: le aveva regalato un piccolo peluche a forma di cuore, con la scritta ‘I love you’ stampata al centro. I due si scambiarono un bacio, poi un altro, fino ad abbandonarsi contro lo schienale della panchina, persi in un gioco di labbra, dimentichi di tutto ciò che era loro intorno. Sana e Akito rimasero così da soli, ad assistere controvoglia a quello spettacolo.

“Scusa …” disse Sana ad un tratto, rivolta al ragazzo. Lui la guardò interrogativo.

“Non ho un regalo per te” mormorò dispiaciuta.

“Neanch’io” ammise lui. Rimasero in silenzio un altro po’, poi Akito propose:
“Senti, questi non si staccano più nemmeno se glielo diciamo … ne approfittiamo per fare una passeggiata?”

“Ok” assentì lei dopo un attimo di esitazione, e fianco a fianco si avviarono per un vialetto. Passeggiarono in silenzio, mentre il gelido vento invernale sferzava i loro visi.

“Vieni” disse ad un tratto Akito, e prese per mano Sana e la condusse lungo una stradina alla loro destra. La guidò per diversi metri, finché non raggiunsero il gazebo.

“Perché siamo qui?” chiese Sana curiosa. Lui la guardò negli occhi, senza lasciare la sua mano.

“Devo darti il mio regalo di Natale, e ho pensato a questo posto per farlo.” rispose. Sana lo guardò confusa:
“Ma … non avevi detto di non avere un regalo per me?”

“Sì, ma poi mi sono accorto che in realtà qualcosa da regalarti lo avevo …” sussurrò.

Coraggio, è il momento buono … si diceva intanto, mentre uno stupido batticuore non accennava a dargli tregua. Alla fine si convinse ad ignorarlo e strinse di più la presa sulla mano di Sana, poi avvicinò la ragazza a sé e la baciò. Dapprima lei, presa alla sprovvista, non rispose al bacio, ma poi, lentamente, chiuse gli occhi e si lasciò andare. Le labbra di Akito la trasportavano in un turbine di emozioni incontrollato. La lingua di lui sembrava giocare con quella di lei. Quel vortice di sentimenti che si erano scatenati in lei la avvolse, anzi, la travolse … finché non ne ebbe paura, e interruppe il bacio, allontanandosi dal ragazzo.

Lui riaprì gli occhi e la guardò, chiedendole con lo sguardo cosa stesse accadendo. L’unica parola che pronunciarono le labbra della ragazza fu un debole “Scusa”, poi Sana si voltò e corse via, lasciando Akito da solo accanto al gazebo.

*

Ma che mi è preso??!!! si chiese Sana lanciandosi sul letto dopo aver sbattuto la porta della sua camera alle sue spalle. Per fortuna Misako non era in casa, così aveva evitato difficili spiegazioni per le sue lacrime. Già, lacrime: stava piangendo. E non sapeva nemmeno lei quale fosse il motivo! Semplicemente, correndo verso casa, qualche goccia aveva iniziato a scenderle lentamente dagli occhi. Si girò a pancia in su e abbracciando un cuscino si asciugò gli occhi, poi iniziò a fissare il soffitto cercando di mettere ordine nella sua testa. Cosa era successo? Cosa diavolo era successo per farla reagire in quel modo stupido?? Si sarebbe volentieri tirata un pugno … Akito l’aveva baciata, e lei era scappata via?! Perché?? Non era il primo bacio che si scambiavano! Non era successo niente di male! Eppure qualcosa dentro di lei era scattato e le aveva fatto interrompere quel contatto magico … perché magico era stato, indubbiamente! … e l’aveva fatta correre lontano da lui. Ma cosa? Che cos’era quella sensazione di paura che l’aveva assalita ad un certo punto? Sì, qualcosa l’aveva spaventata, e decise che non si sarebbe mossa da quella camera finché non avesse capito di cosa si trattava. Era decisa a mettere ordine nella sua mente e nel suo cuore, e così fece. Si interrogò a lungo sui suoi sentimenti, ricordando i momenti che aveva vissuto con Akito: il giorno in cui si era sfogata con Natsumi si erano scambiati il loro primo bacio … era stato un bacio timido, innocente … un ringraziamento, come quello che gli aveva dato lei a fior di labbra prima di addormentarsi con lui. Poi, ieri sera, i baci in discoteca … quelli erano più che un timido bacio a fior di labbra! Però non aveva avuto quella reazione … be’, dopotutto non era neanche al cento per cento se stessa, l’alcol aveva fatto la sua parte quella sera! Oggi, invece … era da quella mattina che si sentiva strana … appena si era svegliata, e Aya le aveva nominato Akito, le sue guance si erano accese. Non le era mai capitato di arrossire al solo pensiero di un ragazzo! E quel batticuore che l’aveva colta dopo lo scambio di sms? Quel ‘tvb’ che si era lasciata sfuggire? Lei?! Un ‘ti voglio bene’ a qualcuno??? Decisamente le stava succedendo qualcosa! E poi, quel turbine di emozioni che l’aveva assalita quando Akito aveva catturato le sue labbra meno di un’ora prima … ci ripensò, e finalmente capì qual era l’emozione che aveva comandato tutte le altre, quella che aveva agito dentro di lei al momento di scrivere un piccolo, ma significativo ‘tvb’, quella che faceva battere il suo cuore più veloce al solo pensiero di lui … la risposta era una sola, e non doveva fare altro che accettarla … l’ultimo bacio l’aveva spaventata perché di era accorta che Akito le piaceva …

Guardò l’ora: erano le sette e mezza. Akito doveva essere tornato a casa. Senza riuscire ad aspettare oltre, desiderosa di affrontare ancora una volta quelle emozioni che aveva provato quel pomeriggio e riuscire a vincerle, aprì la porta della sua camera, scese velocemente le scale, uscì di casa e si mise a correre …

*

Akito era seduto sul divano della sua camera, lo sguardo fisso al soffitto. Continuava a rivedere la scena di Sana che fuggiva al suo bacio, e si chiedeva il perché, si chiedeva dove avesse sbagliato, se avesse fatto qualcosa di male. Perché se n’era andata? Perché, dopo tutti i baci che si erano già scambiati?

Diede un pugno al cuscino che aveva accanto, scaricandosi. Si sentiva un’idiota.

Perché non le ho detto ciò che provavo, invece che baciarla così? Perché non l’ho fermata, quando l’ho vista allontanarsi?

Ma la domanda che più gli bruciava era: perché non le ho detto prima che mi piacesse?

Perché questa era la verità, questo era ciò che sentiva veramente: Sana gli piaceva. Quel bacio avrebbe dovuto farglielo capire, ma a quanto pare o non c’era riuscito, o non era ciò che Sana voleva.

Improvvisamente sentì il campanello suonare. Svogliatamente si alzò e iniziò a scendere le scale, mentre dei colpi concitati alla porta gli intimavano di muoversi più in fretta.

“Arrivo! Cosa …?” disse, aprendo la porta, e si bloccò quando si trovò di fronte Sana, ansimante per quella che sembrava una lunga corsa.

“Sana??” chiese. “Cosa ci fai qui? Entra …” le disse facendola passare.

“Dovevo restituirti i soldi della cioccolata.” mentì lei riprendendo fiato, mentre Akito la guidava nella sua camera. “Non … non c’è nessuno?” chiese poi.

“No: mio padre è fuori città e mia sorella è a festeggiare con le sue amiche”

“Akito …” iniziò Sana dopo qualche istante di silenzio. “Io … prima sono fuggita perché ero spaventata … spaventata da un sentimento talmente grande che non riuscivo a controllare, che non avevo mai provato e che avevo paura di ammettere a me stessa …”

Akito fece per interromperla, ma lei non glielo permise.

“No, ascoltami, perché non so se riuscirò a dirlo un’altra volta … quel sentimento, quello che mi ha fatto battere il cuore quando mi hai baciata la prima volta , quello che mi ha fatto cercare le tue labbra ieri sera, quello che mi ha spaventata oggi … quel sentimento era … era amore … tu mi piaci, Aky … scusami se l’ho capito solo adesso! Sono …”

Un dito posatosi dolcemente sulla sua bocca la zittì. Akito la guardava dolcemente.

“Anche tu mi piaci, e non ci serve sapere altro …”

Sana gli sorrise.

“Lo vuoi ancora, il mio regalo di Natale?” le chiese poi in un sussurro avvicinandosi di più a lei.

“No …” disse lei. “Ne ho uno io per te, questa sera …” e lo baciò. Fu un bacio lungo, passionale, che li spinse verso il letto del ragazzo. Lui la fece sdraiare, poi si sistemò sopra di lei, portando le mani calde sotto la sua maglietta, alzandola, prima di impadronirsi dei suoi jeans …

Quella notte, due anime simili, legate indissolubilmente, vennero di nuovo in contatto, questa volta per fondersi l’una nell’altra, unite dal sentimento più forte che avessero mai creduto di poter provare.

 

THE END - Daisy

 

Grazie a tt coloro ke hanno seguito qst ff, recensendola o meno.  Dal momento che nn ho mai ringraziato uno per uno tt quelli ke mi hanno supportato con le loro recensioni, ho deciso di farlo ora, dicendo un grazie particolare a:

Lallychan, miki18, miki90, sana97, salvia, Geo88, marochan, LizDreamer, luchia nanami, lucychan93, Lilly90, ****, Ichigo_chan25, sailor moon, antoeandry16903, reppy e excel sana! Grazie davvero, è anke merito vostro se ogni giorno ho voglia di scrivere! E ora, nn vi resta ke mandarmi l’ultima recensione x qst capitolo e … aspettare un po’ di tempo, xkè potrei tornare presto con un’altra storia! J vvtttb Daisy

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