Cave canem!

di Lely1441
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo capitolo ~ L’apparenza inganna ***
Capitolo 2: *** Secondo capitolo ~ Chi di spada ferisce… ***
Capitolo 3: *** Terzo capitolo ~ … di spada perisce! ***
Capitolo 4: *** Quarto capitolo ~ Chi fa falla, e chi non fa sfarfalla ***
Capitolo 5: *** Quinto capitolo ~ L’erba cattiva non muore mai ***



Capitolo 1
*** Primo capitolo ~ L’apparenza inganna ***


Cave canem!
 
 
Dedicata a lady hawke
Un ringraziamento speciale a Rowena, ovviamente, che ho costret-coff, che mi ha fatto da beta! ^^
 
 
Primo capitolo ~ L’apparenza inganna
 
Remus Lupin si arrampicò a fatica per lo stretto passaggio che portava alla sala comune. Era talmente stanco che si era dovuto imporre di rispondere con un sorriso di cortesia alla battuta piuttosto lasciva della Signora Grassa, e lui non si doveva mai costringere ad essere gentile: lo era di natura. Purtroppo anche il fattore luna piena contava: mancava solo un paio di giorni alla sua trasformazione, e questo contribuiva ad accrescere il suo senso di malessere generale.
Si accorse di una figura seduta su una delle poltrone davanti al camino, e un sospiro gli sfuggì suo malgrado dalle labbra: quella era l’inconfondibile nuca di un Black di sua conoscenza.
Era chiaro che lo stava aspettando: l’intenzione di andarsene a dormire ad un orario decente scomparve come neve al sole.
«Lily è già tornata?», gli chiese, sedendosi per terra, sul tappeto. La luce della fiamma viva quasi gli feriva lo sguardo, ma ebbe il modo di accorgersi comunque dello scatto irrequieto delle gambe dell’amico, che le aveva incrociate di scatto.
«Già. Pensavo saresti venuto insieme a lei».
Remus sporse un po’ indietro la testa, incuriosito.
«Infatti di solito è così. Però si è sentita poco bene durante la ronda, quindi ho insistito perché andasse a riposarsi».
Sirius era l’emblema dello spirito tormentato annoiato. Aveva abbandonato totalmente la testa sul bordo morbido dello schienale, fissava il soffitto con aria pensierosa ed a braccia incrociate, ma il suo piede continuava a disegnare piccoli cerchi nell’aria. Era chiaro che non riuscisse a prendere sonno.
Non era raro che soffrisse di quei momenti di puro tedio, ma solitamente cominciava a dar fastidio ai primini oppure a corteggiare più o meno sfacciatamente le ragazze; forse il non avere vittime da torturare era il motivo per cui avesse deciso di attendere lui.
«Felpato, qualcosa non va?», gli domandò, rompendo il silenzio. Sirius sciolse le braccia per poi incrociarle di nuovo.
«No. C’è qualcosa che non dovrebbe andare?»
Remus alzò un sopracciglio. Sirius era sempre stato una primadonna. Era talmente cocciuto ed orgoglioso e vanaglorioso e vanitoso… E tutta un’altra infinita lista di difetti. Ogni volta che era indispettito da qualcosa, metteva il muso e spargeva tutt’intorno la sua aura nefasta, rifiutandosi di parlare perché voleva essere pregato. In ginocchio. Con le ceneri cosparse sul capo.
Be’, Lunastorta non era decisamente in vena.
«Ti darò un’unica possibilità. O parli e ti togli questo peso dallo stomaco - perché sai che c’è e sai che io so che c’è -, oppure puoi restare con il muso a passare una notte insonne, senza che questo mi provochi il minimo senso di colpa. Non sarò io ad implorarti di rivelarmi i tuoi pensieri».
Sirius sollevò appena il capo; stette a guardarlo per qualche istante, assorto, prima di lasciarsi sfuggire un sorrisetto ironico: «Non avresti il minimo senso di colpa, eh? Ti ricordo chi è il più maturo tra noi due. Non resisteresti due giorni prima di cercare di riaggiustare le cose».
L’altro sospirò e si passò una mano sul viso. Si dette silenziosamente dell’imbecille, perché ovviamente Felpato aveva ragione e questo lo faceva sentire ancora più irritato. Di solito era lui quello che non aveva mai torto.
«Avanti, dimmi».
Sirius si mosse di nuovo, posando un piede sul ginocchio dell’altra gamba e iniziando a giocherellare con i lacci della scarpa. Sapeva che a Lunastorta la faccenda non sarebbe piaciuta, ma aveva una voglia terribile di sfogarsi un po’. Anche a costo di prendersi una ramanzina.
«Ho litigato con James».
«Uh. E come mai?»
«Era iperattivo ed io in un momento no. Mi ha dato un calcio sugli stinchi perché gli ho risposto male e io ho reagito con un pugno sul naso. Non l’ha presa bene, temeva gliel’avessi rovinato per sempre. Secondo lui ora è storto... e figurati se può andare dalla Evans con il naso storto».
Remus sorrise. La famigerata fissa per Lily aveva qualcosa di parossistico.
«Su, una bella dormita e domani sarà tutto come prima».
Era già capitato che James e Sirius litigassero. Avevano due personalità forti e dominanti, ed entrambi erano cresciuti viziati fino all’inverosimile, l’uno per l’affetto dei suoi genitori, l’altro per il buon nome della famiglia. Ad entrambi non era mai mancato nulla. Erano anche due immaturi - due eterni bambinoni, considerò con un altro sorrisino -, quindi i piccoli scontri non erano mai mancati; finivano con l’avere dei terribili rimorsi che i poveri Remus e Peter dovevano ogni volta sorbirsi, per poi alzarsi una mattina e comportarsi entrambi come se nulla fosse accaduto.
Non gli era mai capitato di sentirli chiedersi scusa a vicenda, a ben pensarci.
Il capo di Sirius crollò nuovamente sulla spalliera, e dopo un attimo di esitazione aggiunse:
«Sì, ma se io non avessi voglia di fare pace? Non stavolta. Voglio che mi chieda scusa».
Remus cominciò a subodorare qualcosa di strano nell’aria, e la cosa più che interessarlo lo fece preoccupare. Non veniva fuori troppo spesso il lato di Felpato più serio - anzi, era in grado di contare quei momenti sulle dita di una mano monca -, e poteva essere solo sintomo di guai.
«Felpato, cosa c’è sotto?»
L’altro sbuffò sonoramente. Poteva fidarsi di Remus, e lo sapeva benissimo, però non poteva neanche dimenticare il fatto che fosse amico sia suo che di James. Lo avrebbe considerato malissimo, lo sapeva.
Eppure, era rimasto in piedi ad attenderlo, perché il suo dannato subconscio gli imponeva di affliggere qualcun altro con i suoi patetici patemi d’animo.
Anche il suo subconscio era un fottuto bastardo, bene. Sono queste le scoperte che ti cambiano la vita.
«È per la Evans… Mi ha veramente infastidito che invece di pensare al fatto che stesse litigando con me, continuasse a blaterare sul suo conto».
«Cielo, Sirius!», esclamò Remus, tanto allarmato che gli uscì fuori il nome di battesimo. «Non sarai mica geloso?»
I Black non arrossiscono, non se riescono ad evitarlo. I Black si fanno mortalmente pallidi.
«Non sono geloso. Semplicemente non riesco a capire perché si sia dovuto fissare tanto con una ragazza quando ne può avere mille altre! Perché proprio lei? Conosci Ramoso, è incapace di restare focalizzato su un obiettivo per più di due settimane… Lunastorta, sono due anni. Sono due dannatissimi anni. Comincio a non sopportarlo più».
Remus continuò a sogghignare, e Sirius sentì di odiare anche lui. «Ok, sai cosa ti dico? Pensala come ti pare», sibilò, alzandosi in piedi e sovrastandolo in altezza. Sembrava davvero arrabbiato.
«Certo che la penserò come mi pare, Felpato. Se mi fossi fatto condizionare da voi, ora sarei a correre nudo sul prato in direzione della Foresta Proibita, proclamando il mio eterno amore alla vita da selvaggio».
Sirius lo fissò con odio.
«Non mi è mai parsa un’idea migliore».
Remus fece un gesto con la mano a mezz’aria, come per volerlo blandamente trattenere.
«Guarda che può capitare di essere gelosi del proprio migliore amico. In effetti, ultimamente ogni volta che Ramoso nomina Lily sembra che ti parta un embolo…»
«Indovina il perché!», rispose l’altro, avvelenato, mentre saliva le scale a chiocciola che portavano al loro dormitorio.
Si sentiva orribilmente frustrato. Ciò che non riusciva a capire di quella assurda non-coppia era quale dei due fosse l’elemento sbagliato. Era James ad essere un coglione, oppure la Evans  un’asessuata?
Andiamo, dopo quasi due anni di corte spietata qualunque donna avrebbe ceduto alle avances di Ramoso. Se non altro per esasperazione. Non riusciva proprio a mettersi nei loro panni, anche perché a lui la maggior parte delle volte servivano pochi giorni per ottenere quello che voleva.
A volte persino ore.
Si bloccò con il piede che quasi toccava l’ultimo gradino. Ecco una cosa che avrebbe risolto i suoi dubbi e avrebbe fatto decisamente infuriare Ramoso. Le avrebbe chiesto di uscire, e sicuramente avrebbe ricevuto un sì come risposta, dimostrando al suo migliore amico che poteva definitivamente togliersi dalla testa la Evans.
E, nel remotissimo caso si fosse beccato un due di picche, avrebbe dimostrato quanto fosse frigida.
Sbuffò ancora, ripensando alle parole di Lunastorta. Lui non era in alcun modo geloso di James. Né della sua amichetta.
 
*
 
«Vuoi uscire con me, Evans?»
Lily lo fissò storto, prima di sillabargli un secco:
«No».
“Be’, un passo in avanti rispetto a James. Almeno non mi ha augurato di finire preda del furore sessuale di Mirtilla Malcontenta”.
«Oh, e potrei sapere il perché?»
Lily, che era in ritardo per la sua lezione di Rune Antiche, accelerò il passo.
«Perché mi stai antipatico quanto il tuo amichetto. Cioè, prima di oggi non tanto quanto lui, dato che almeno tu non mi chiedevi di uscire nei momenti meno opportuni. Però ti sei appena giocato l’ultima chance, mi spiace». Lei lo guardò di sottecchi e Sirius fece spallucce. «Non sembri granché disperato, Black».
Lui si riscosse dai propri pensieri e le sorrise, sornione.
«Avresti preferito che ti supplicassi in ginocchio nel bel mezzo del corridoio?»
Lily quasi rabbrividì. Ci bastava Potter ad esporla quotidianamente al pubblico ludibrio.
«No, Black, ma mi domando perché tu sia venuto proprio da me, visto la tua amicizia con quello scemo».
«Abbiamo litigato».
«Di nuovo?», chiese, per nulla stupita. Dopo averli visti tirarsi addosso a vicenda il cibo della cena, aveva intuito che l’amicizia maschile segue parametri un tantino diversi da quella femminile. Figuriamoci per quei quattro.
«Sì. E sai, mi domandavo se fosse lui lo stupido o tu la frigida».
Lily arrossì per la rabbia. Certo non era il modo migliore per corteggiare una ragazza.
«Black, se sei qui per insultarmi puoi anche andartene».
Sirius sorrise automaticamente. Iniziava a prenderci gusto.
«Evans, te lo richiedo. Sicura che tu non voglia uscire con me? Ti libereresti di James in men che non si dica, e io sarei l’unico oggetto della sua ira funesta. Sarebbe divertente e non avresti nessun tipo di controindicazione».
«Mi spiace, non gioco con i sentimenti degli altri. Per quanto sia insopportabile, trovo meschino il fatto che sia proprio il suo migliore amico a cercare di fargli una cosa del genere».
Erano ormai davanti alla porta dell’aula, e Sirius si fermò.
«Credimi, sono più scocciato di te da questa situazione. Perlomeno, riusciremmo a togliergli dalla testa l’immagine di te che, come ogni cara mogliettina che si rispetti, lo attende a casa dopo una giornata di duro lavoro. Pensaci. Anche io ti sopporto poco, Evans: almeno in questo modo riuscirei a riportare le cose com’erano prima».
«Arrangiati», fu l’unica risposta.
Il ragazzo rimase a guardarla mentre prendeva posto accanto ad una compagna di dormitorio, prima che un’alterata professoressa Wilson gli chiudesse la porta in faccia. Sempre agitata quella donna.
Si girò e percorse con calma il corridoio nel verso contrario. Ora che ci pensava, anche lui era in ritardo per le lezioni.
 
*
 
Quando Lily era entrata in classe, Remus aveva involontariamente alzato lo sguardo e gli era parso decisamente strano intravvedere Sirius sulla porta. Aveva cercato di capire cosa fosse accaduto dall’espressione di Lily, ma lei non sembrava turbata e Remus non era ancora un Legilimens. Per il momento.
Aveva atteso pazientemente la fine dell’ora ed aveva fermato Lily prima che uscisse, affiancandosi a lei, che fu ben lieta di vederlo.
«Remus! Ancora grazie mille per ieri sera, mi hai salvato! Non fosse stato per te, stamattina avrei ancora avuto il mal di testa…»
«Sono contento tu ora stia meglio», le disse sorridendo, prima di cambiare faccia e chiederle: «Lily, come mai Sirius era con te?»
La vide corrucciare la fronte, prima di dare un’occhiata nervosa alla professoressa che stava sistemando degli appunti sparpagliati sulla cattedra.
«Vieni, andiamo in qualche posto più tranquillo».
Remus annuì e si fece guidare lungo i corridoi, fino ad arrivare al portone d’ingresso della scuola e superarlo. Continuarono per un po’, arrivando quasi in prossimità delle serre di Erbologia. Era novembre ed erano usciti senza coprirsi ulteriormente, quindi lui sperò si trattasse di una cosa di breve durata.
«Scusa se siamo usciti, ma onestamente avevo paura che qualcuno ci sentisse», disse lei, cominciando a sfregarsi le mani sulle maniche della divisa. «Vedi, volevo chiederti… Ma Potter e Black hanno litigato davvero? E così gravemente?»
Remus la guardò, perplesso.
«Be’, sì, ma penso che non duri più di tanto… Come al solito, no?»
Lily fece una smorfia poco rassicurante.
«Vedi, Black mi ha chiesto di uscire».
«Felpato ti ha chiesto di- Oh. Quel grandissimo idiota».
Si passò una mano sul viso, chiudendo gli occhi e rimanendo a pensare per parecchio tempo in silenzio. Cielo, le cellule celebrali di Sirius si erano decisamente volute buttare insieme nell’acido.
All’improvviso, si ricordò che c’era altro di cui invece preoccuparsi.
«Ehm, scusa se te lo domando, ma tu… Tu cosa gli hai risposto?»
La ragazza scosse la testa.
«Di no, ovviamente. Sai che uno dei miei più grandi desideri di sempre è quello di vederli sparire dalla faccia della Terra, possibilmente insieme».
Remus abbozzò un sorrisino e si sentì sollevato: lei sembrava sinceramente sincera e vagamente disgustata. Il fascino Black pareva non averla nemmeno sfiorata. E pensare che la maggior parte delle ragazze ne veniva investita come da un treno in corsa.
La sua stima per la sua compagna di Casa crebbe molto, in quei pochi secondi.
«Bene. Anche perché temo sia uno dei suoi capricci… Sirius non è un cattivo ragazzo, solo che durante questi mesi è stato messo davvero a dura prova», si precipitò ad aggiungere, vedendo l’espressione di Lily rabbuiarsi pericolosamente. Paragonarla ad un giocattolino per ricchi ragazzi annoiati era stata una mossa degna di James, accidenti a lui.
«Tranquillo, Remus, non avevo intenzione di dargli corda. Poi se è davvero una sua voglia passeggera, dubito che la cosa ricapiterà».
Lui annuì e ricominciò a camminare in direzione del castello.
«Vedrò di parlare con Felpato, tranquilla. Intanto incamminiamoci».
Lily annuì e lo seguì, in silenzio, finché il ragazzo non inciampò su una radice che sporgeva dal terreno. Di riflesso si aggrappò a lei, e fu solo per questo che non cadde.
«Oh, scusa Lily!»
Lei scoppiò in un’allegra risata e lo prese a braccetto, come un buon amico.
 
*
 
James Potter aveva bisogno di riflettere. Era ovviamente ancora arrabbiato con Sirius - oh, andiamo, aveva rischiato di menomarlo seriamente e non se ne era neppure pentito! -, e visto che all’ora di pranzo mancava ancora un po’, non era riuscito a resistere alla tentazione di farsi un giro sulla sua scopa, una delle poche attività in grado di dargli l’ebbrezza necessaria per avere poi la concentrazione adatta per meditare. Stava fischiettando tra sé e sé quando intravide due figure che risalivano verso di lui; curioso com’era, li fissò senza curarsi affatto di quello che potevano pensare quando se ne fossero accorti.
Non si era mai preoccupato di creare meno fastidio agli altri, anzi.
Il volo di uno stormo di uccelli spaventati lo distrasse; quando tornò ai due, sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene. La chioma di Lily non era confondibile con quella di nessun’altra, non dopo gli anni passati ad osservarla, e l’altro era…
Per le mutande sporche di Merlino! Era Lunastorta! E si stavano fissando teneramente negli occhi come due disgustosi piccioncini il giorno di San Valentino! Dettagli che anche lui mostrasse la sua aria da trota se la trovava in giro, anche quando non era la festa degli innamorati.
Ridevano spensierati, e lei l’aveva appena preso a braccetto. James era troppo sconvolto per muoversi, quindi rimase fermo, impotente, finché non gli furono davanti. Remus aveva cominciato a salutarlo dieci metri prima.
Brutto infame.
«Ramoso, vai a farti un giro? Temo che fra poco inizi a piovere, non farti prendere la mano come al solito», gli disse Giuda una volta che fu a portata di voce. «Noi adesso andiamo a pranzo, a dopo!»
Se ne andarono così, sempre vicini, sempre sorridenti. Lily gli aveva rivolto il suo classico sguardo vagamente disgustato, ma non aveva commentato.
Quel traditore figlio di buona strega. Non poteva andare da Felpato perché il suo orgoglio glielo impediva, e il ragazzo per cui aveva sudato sette vesti da mago pur di accompagnarlo come Animagus nelle notti di luna piena… lo aveva raggirato crudelmente. Da quanto andava avanti quella storia?
Erano entrambi Prefetti, chissà cosa avevano combinato insieme nelle lunghe notti d’ispezione… La sua mente si popolò di immagini raccapriccianti, e si sforzò con tutto sé stesso di cancellarle.
Gli rimaneva un solo amico, l’unico che sicuramente si era salvato da tale congiura. Il povero, piccolo e così spesso sottovalutato Codaliscia. Improvvisamente, sentì un moto d’affetto nei suoi confronti.
Fece rapidamente dietrofront e tornò a castello, meditando su come poter utilizzare la scopa che aveva in mano per fare del male - molto male - ai suoi due ex-migliori amici fedifraghi.
 
 
 
 
Note dell’autrice: questa storia è stata scritta su richiesta di lady hawke, durante una delle solite conversazioni sceme su Skype. Onestamente non ricordo più come sia venuta fuori la SiriusLily, ma non fa niente, suvvia.
La storia verrà aggiornata ogni dieci giorni (a meno di non avere impegni improrogabili).
Se vorrete farmi sapere cosa ne pensate, la sottoscritta ne sarà ben più che lieta, ovviamente!
See ya, guys!

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Capitolo 2
*** Secondo capitolo ~ Chi di spada ferisce… ***


Cave canem!
 

Secondo capitolo ~ Chi di spada ferisce…

 
Era stato un lunedì orribile. Lily aveva affrontato con coraggio le sei ore di lezione della mattinata, ma si era accorta di avere quel lieve malessere che, se non curato immediatamente, sarebbe diventato presto una febbriciattola fastidiosa ed inutile. Dopo le due ore di Pozioni si era fiondata nella sala comune così da poter subito mettersi a studiare; voleva andare a letto presto, quella sera, e svegliarsi come nuova la mattina dopo. Per fortuna aveva già iniziato il tema di Trasfigurazione che la McGranitt aveva assegnato come compito, e doveva giusto sistemare il disegno delle varie fasi lunari. Poi rimaneva da esercitarsi in Incantesimi, ma quello non le avrebbe portato via molto tempo.
C’era un tempo da cani, fuori; il cielo grigio pieno di nubi plumbee non aveva smesso per un momento di far sentire il boato del temporale che di lì a poco si sarebbe scatenato, contribuendo a creare quell’atmosfera apatica che le avrebbe fatto volentieri infilare la porta del suo dormitorio e buttarsi sul letto, dimentica, una volta tanto, dei suoi doveri come studentessa e come Prefetto.
Già l’aria che tirava nella stanza non era delle migliori, si accorse subito: un gruppetto di studenti del primo anno stava facendo chiasso in un angolo, altri giocavano a Scacchi Magici, ben pochi sembravano studiare. Il rumore in genere non era un problema, ma quel giorno le avrebbe dato fastidio anche il volo di una mosca. Si impossessò di una poltroncina e gettò sul tavolo la borsa stracolma di libri, che atterrò con un tonfo sopra delle riviste lasciate lì da qualche ragazza. Quando si mise seduta, si accorse che dall’altra parte della sala qualcuno aveva girato una poltrona verso l’angolo ed evidentemente se n’era rimasto lì, perché sbucava una gamba dal bracciolo, una gamba che aveva qualcosa di familiare… Si riscosse dopo qualche attimo di vagheggiamento e si diede della stupida: con tutto quello che aveva da fare, di sicuro non poteva star lì a fissare una gamba qualunque! Sfogliò il libro di Trasfigurazione fino ad arrivare al quarto capitolo ed iniziò a leggere a bassa voce, tra sé e sé.
 
*
 
Sirius Black aprì gli occhi di malavoglia. Si era addormentato su una poltrona della Sala Comune, dato che Ramoso si era portato dietro Codaliscia agli allenamenti di Quidditch e Remus era corso in biblioteca per finire il suo tema di Trasfigurazione; gli aveva domandato se volesse accompagnarlo, ma Sirius aveva preferito impigrirsi un po’ prima di doversi mettere sopra i suoi rotoli di pergamena. Era passata una settimana dal suo bisticcio con James, ma era la prima volta che si verificava quella sorta di spaccatura, dato che il Cacciatore aveva iniziato inspiegabilmente ad evitare persino Lunastorta. C’erano tutti alla trasformazione, cinque giorni prima, ma l’aria che si era respirata era tesa e affatto gradevole; aveva il fondato sospetto che Ramoso avesse cercato di dargli una cornata, ma quest’ultimo aveva negato categoricamente, insultando la sua scarsa capacità di giudizio… Lunastorta l’aveva più volte pregato di far pace con James, ma Sirius era stato irremovibile: stavolta, senza le sue scuse, non avrebbe accettato di metterci una pietra sopra.
Si alzò in piedi, stiracchiandosi pigramente, e nel girarsi vide la Evans china su una pergamena talmente lunga che toccava terra. Decise di infastidirla, dato che non aveva niente di meglio da fare.
«Come mai non sei in biblioteca? È raro vederti qui a studiare, dato che Ramoso ti tende i suoi soliti agguati…»
Lei alzò lo sguardo e Sirius notò che aveva gli occhi umidi e un’espressione spaesata; sembrò impiegare diversi secondi prima di focalizzarlo e riconoscerlo.
«Oh, Black», disse solamente, chinando nuovamente il capo e appoggiandolo su un pugno chiuso. Fu proprio l’assenza di una reazione degna di tale nome che lo incuriosì, così che si portò alle sue spalle e lesse le ultime righe, con l’inchiostro che ancora brillava, lucido e non asciutto.
«Guarda che qui hai ripetuto il concetto almeno tre volte di fila… E spero che questo sia un errore di distrazione perché, se applicassi su un umano un incantesimo con questa formulazione, probabilmente gli spunterebbero delle ali e volerebbe via».
Lily fissò i punti che lui gli indicava, e dovette riconoscere con una certa fatica che aveva ragione. Sospirò, cancellando un paio di righe e provando a riscriverle.
Sirius, nel frattempo, aveva fatto nuovamente il giro del tavolino, e si era lasciato cadere senza molta grazia sulla poltrona davanti alla sua. Era rimasto a fissarla per un po’, notando che la Evans avesse le guance stranamente rosse e gli occhi stranamente lucidi, come se…
«Ehi, Evans, non avrai mica la febbre?»
Lei sobbalzò e divenne ancora più rossa.
«No, assolutamente! Sono solo un po’ accaldata, tutto qui…»
Ecco una cosa in comune con Remus: facevano entrambi schifo a mentire. Chissà se era un problema legato alla loro funzione di Prefetti… Lui e James non avevano di queste preoccupazioni, infatti.
Inarcò un sopracciglio, profondamente scettico, e si sporse per posare la mano sulla sua fronte; prima che lei si ritraesse, offesa ed infastidita, riuscì chiaramente a percepire il calore sospetto della sua pelle.
«Non ho niente!», strillò lei, in risposta alla sua muta accusa e al vago cipiglio di commiserazione. «Andiamo, non sono James. Anche se confesserai di avere la febbre, non insisterò per portarti in braccio fino in infermeria… Sei troppo pesante, mi stancherei a metà strada».
Lily strinse appena gli occhi: la scena a cui Black faceva riferimento faceva parte del suo “muro della vergogna”, insieme alla volta in cui per la rabbia aveva fatto prendere fuoco al cassetto delle mutande di Petunia. Da quella volta, a “strana” si era aggiunto l’epiteto “pazza criminale” ai tanti che la sua deliziosa sorellina le indirizzava contro.
«Va bene, forse ho un po’ di febbre… Forse», sottolineò, con un’occhiataccia. «Basterà una buona dormita per riprendermi, però devo prima finire di studiare», disse con stanchezza. Forse fu quel suo tono stranamente rassegnato che diede da pensare a Felpato. La scrutò con occhio critico, prima di domandarle, con un sospiro:
«Cosa ti rimane da fare?»
«Finire qui, aggiustare il compito di Astronomia… Oh, ed esercitarmi in Incantesimi».
Sirius le prese la borsa e ne rovesciò il contenuto sul tavolino, senza badare alla sua espressione esterrefatta.
«Astronomia è questa?», chiese, rivolto più a sé stesso, prendendo in mano una pergamena in fondo al mucchio di libri. «Sì, è questa», ebbe anche la gentilezza di rispondersi, una volta aperta.
«Cosa staresti cercando di fare?!», strepitò Lily, con un pericoloso calo di voce che rese la sua indignazione piuttosto comica.
«Non lo vedi, Evans?», le rispose Sirius, con una calma invidiabile. «Ti aiuto a finire i compiti, così puoi andare a riposarti e James non mi rinfaccerà di averti lasciata in difficoltà», ridacchiò, prima di ricordarsi che il suo migliore amico ancora non gli parlava ed incupirsi di conseguenza. «Per Vitious non c’è molto da fare, temo, ma è lo stesso incantesimo che dovevamo preparare per la volta scorsa, e mi sembra tu te la fossi cavata abbastanza bene, no?»
Lily lo fissava attonita. Il suo cervello faticava a registrare le parole di Sirius, e per qualche istante temette di avere una qualche sorta di allucinazione.
«Stai scherzando, vero?»
Sirius alzò lo sguardo, sorpreso, prima di rivolgerle un ghigno:
«Cos’è, hai paura che ti si rovini la media? Al massimo te la alzo…»
Lei scosse la testa, con forza, tentando di fargli capire quanto fosse sbagliato quello che voleva fare:
«Black, ti spiego io come dovrebbe andare. Tu dovresti svegliarti, alzarti da quella poltrona, notare il mio essere in difficoltà e valutare se ignorarmi o cercare di darmi fastidio finché non ti minaccio di affatturarti, e continuare comunque a farlo. Come vedi, aiutarmi non rientra in queste due scelte».
Il ragazzo si limitò a scrollare le spalle, recuperando una vecchia piuma che era nella borsa ed era rotolata fuori insieme ai libri di testo.
«Oppure potrebbe essere un sordido piano per divertirmi alle tue spalle, facendoti prendere un Troll in un paio di materie…»
Lei sobbalzò e gli strappò di mano la pergamena, controllando con gli occhi ridotti ad una fessura che fosse tutto a posto; le uniche due parole inserite andavano bene, per il momento. Sirius era rimasto a guardarla per un attimo, prima di scoppiare a ridere e riprendersi il foglio.
«Per le mutande di Merlino, Evans, se non riesci nemmeno a cogliere il sarcasmo devi stare veramente male…»
«Perché lo stai facendo? Per James?», lo interruppe. L’altro registrò il mancato uso del cognome o degli altri simpatici appellativi che solitamente lei usava per riferirsi al suo decerebrato migliore amico, prima di risponderle, meccanicamente:
«Certo che lo faccio per lui, per chi altri dovrei farlo?»
Lily rimase a studiarlo per un po’, ma lui non alzò più il capo dalla sua mappa. Cominciarono a lavorare, tra il cicaleccio degli studenti più piccoli e il grattare delle piume sulla pergamena, mentre Sirius rifletteva sulla domanda della ragazza. Si era reso conto che non lo stava facendo per James, ma per sé stesso, e la cosa lo infastidiva terribilmente.
 
*
 
«Credi che io stia sbagliando qualcosa?», domandò James a Peter quella sera a cena, notando che la sua adorata Lily si era seduta tra Remus e Sirius; nulla di strano, ma quegli ultimi giorni ogni piccola cosa bastava per farlo andare in paranoia. L’amico alzò gli occhi ed incrociò quelli grigi dell’erede della casata Black, che stava ridendo insieme a Remus.
«Con Lily?», domandò Codaliscia, sulle spine. Non era preparato ad affrontare una sua crisi di gelosia, non senza l’aiuto di Lunastorta, che l’aveva abbandonato per stare accanto a Felpato. Un bel problema.
James sbuffò e si agitò sulla panca, continuando a spiare il trio di sottecchi, sperando di non essere scorto da loro.
«Di Lily e di quell’altro traditore laggiù», sibilò, infilzando con ferocia una patata arrosto e ingurgitandola senza neanche capire di che cosa si trattasse. Peter sobbalzò e osservò attentamente Sirius: sapeva che i due erano ancora arrabbiati l’uno con l’altro, ma non pensava potesse addirittura arrivare a definirlo “traditore”.
«Quest-»
«Ma io dico!», lo interruppe Ramoso, quasi strozzandosi con il succo di zucca. «Quanto sono… sfacciati. Ci sta provando davanti ai miei occhi!»
Peter corrugò le sopracciglia; Sirius stava tranquillamente scambiando due parole con un ragazzo del settimo anno, ma forse James si riferiva ad una nuova tattica di approccio. Non era Felpato quello che sosteneva che il miglior modo per attirare l’attenzione delle ragazze fosse ignorarle completamente? Sospirò, rendendosi perfettamente che lui non avrebbe mai saputo farci con le esponenti del gentil sesso come i suoi migliori amici.
Ritené saggio non fare commenti, tanto più che Lily ora si stava alzando e avviando probabilmente verso i dormitori. James immediatamente abbandonò la sua forchetta nel piatto e la seguì, lasciando solo Peter, che scambiò con gli altri due amici uno sguardo del tutto sconfortato. Del mezzo sorrisetto di Sirius si accorse unicamente Remus, che scosse la testa ma non disse nulla.
James, nel frattempo, aveva individuato Lily lungo le scale e si era affrettato a portarsi accanto a lei, che lo ignorò a bella posta. Sembrava arrabbiata ancor prima che aprisse bocca.
«Ehi, Evans», ridacchiò lui, stupidamente, passandosi una mano tra i capelli, a disagio. L’aveva seguita per dirle cosa, esattamente?
«Potter, ti assicuro che non è giornata. Ho un’emicrania terribile e l’unica cosa che voglio vedere ora è il mio letto, non la tua faccia», rispose, quasi aggressiva. In effetti, ora che James ci pensava, non l’aveva vista toccare molto il cibo, a cena. «Quindi, se hai qualcosa di veramente importante da dire, dilla, altrimenti fammi il favore di sparire».
Si aspettava il solito attacco diretto, ma lui si fermò improvvisamente, esitando. Lily impiegò pochi secondi prima di non avvertire più la sua irritante presenza al suo fianco, quindi si bloccò anche lei, girandosi perplessa. «Tutto bene?»
«Perché vuoi uscire con uno dei miei migliori amici?», le chiese semplicemente, un po’ impacciato. Lei arrossì fino alla radice dei capelli, un po’ per la febbre, un po’ per l’indignazione, un po’ per il senso di vergogna che provava. Era anche arrabbiata con Black, ovviamente, perché pensava non l’avrebbe usata come arma in quella loro lite sottobanco, non dopo che l’aveva aiutata quel pomeriggio.
«Te l’ha detto lui?»
James scosse il capo, con un sorriso mesto. «Sono giorni che non ci parliamo, l’ho semplicemente intuito».
L’ira nei confronti di Sirius svanì immediatamente, ma questo acuì solo il suo disagio.
«Non sono affari che ti riguardano, Potter», si limitò a commentare, con una fitta alla testa che le provocò una buffa smorfia. Fece per andarsene, ma James alzò la voce:
«Certo che sono affari miei! Io sono innamorato di te!»
Questo fece andare letteralmente in bestia la piccola, dolce e tenera Lily, che si voltò con uno sguardo che avrebbe congelato chiunque, ma James continuò imperterrito:
«Non so che intenzioni abbia, perché davvero non me l’aspettavo da parte sua, ma ti assicuro che nessuno potrà mai volerti più bene di me».
Lei sperò solamente che il pavimento si aprisse sotto i suoi piedi e lo inghiottisse, facendolo sparire dalla sua vista.
«Sai cos’è che non tollero di te, Potter? Tra le tante, innumerevoli cose», ribatté, abbassando il tono tanto quanto l’altro l’aveva alzato. «Tu sei convinto di poter avere tutto ciò che vuoi. Be’, non è così che funziona. Non sono una tua proprietà, e mi arrogo il sacrosanto diritto di uscire con chi più desideri… E guarda caso, quella persona non sei tu».
Detto questo, si girò e iniziò a salire di corsa le scale, tanto che della replica di James non le pervenne che qualche parola confusa, tra cui un “Lunastorta”, cosa che la fece adirare ancora di più: come si permetteva di metterci in mezzo il povero Remus, ora?
«Aconitum Napellus», borbottò alla Signora Grassa, che la fece passare immediatamente. La discussione con Potter l’aveva scossa e le aveva sicuramente alzato la febbre, ma le aveva anche fatto saltare la mosca al naso.
Lily Evans non era una ragazzina stupida come molte sue coetanee. Era perfettamente consapevole che si stava mettendo nei guai. Però, rifletté mentre si infilava il pigiama, forse era meglio un problema targato Black che uno targato Potter.
Almeno Sirius non era innamorato di lei.
 
*
 
 «Black!», lo chiamò Lily, mentre si stavano dirigendo tutti verso le serre di Erbologia. Sirius si fermò, così come Remus, al suo fianco. James e Peter li avevano preceduti, quindi erano fuori dalla portata di orecchie indiscrete.
«Evans», la salutò lui, mentre una schiera di ragazze Tassorosso passava accanto a loro, sospirando languidamente. «Qual buon vento?»
Lei fece un cenno di saluto, ricambiato, verso l’altro prefetto di Grifondoro, prima di affrontare il discorso.
«Volevo chiederti se sei ancora intenzionato ad uscire con me», disse, sicura di sé, arrossendo appena. Remus si irrigidì immediatamente e lanciò un’occhiata di fuoco all’amico, che non diede segno di essersene accorto, ma anzi sorrise.
«La prossima settimana c’è l’uscita ad Hogsmeade, se ti va».
Lily annuì, seria, e prima di andarsene disse un’ultima cosa:
«Sia chiaro che lo faccio solo per togliermi dai piedi quella piattola asfissiante di Potter, ieri ha proprio superato ogni limite».
Felpato rimase per qualche istante a guardarla, sempre sorridendo, pensando che Ramoso era riuscito a fare il suo gioco. Lunastorta gli diede una gomitata, irritato.
«Si può sapere cos’hai nel cervello? Cacca di Doxy?»
L’amico allargò il suo sorriso, mentre riprendevano a camminare.
«Se sei geloso, Lunastorta, potresti sempre uscire con noi», ribatté serafico, beccandosi un calcio su uno stinco, che però ebbe l’unico effetto di farlo scoppiare a ridere. «Dai, l’hai sentita anche tu: niente di serio».
«Ti giuro che se farai qualcosa di sbagliato con lei o nei confronti di Ramoso te la farò pagare», borbottò, di pessimo umore. Sirius gli passò un braccio dietro le spalle e lo rassicurò:
«D’accordo, mammina».
E stavolta il pugno che gli venne rifilato lo lasciò per qualche istante senza fiato.
 
 
 
 
Note dell’autrice: Spiegazione per quanto riguarda la strampalata dichiarazione di James… Può sembrare strano che capiti solo al secondo capitolo di una storia, ma ricordo che è il sesto anno e che Ramoso muore dietro a Lily da un sacco di tempo. Vista in questa prospettiva, mi sento legittimata :)
Ovviamente un ringraziamento a chi segue e ha messo nei preferiti la storia, e uno più grande a chi l’ha recensita XD
Al 5 settembre!

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Capitolo 3
*** Terzo capitolo ~ … di spada perisce! ***


Cave canem!
 
 
Terzo capitolo ~ … di spada perisce!
 
Lily iniziava a pentirsi amaramente di aver accettato di uscire con Black. Si era confidata unicamente con la sua amica Mary, ma la sua reazione l’aveva lasciata totalmente sconcertata e già le aveva fatto presagire il peggio. Si era messa a saltellare per tutta la camera in estasi, gracchiando ad intermittenza il suo nome, quello di Sirius Black e l’intervento delle sacre copri-pudenda dell’eminentissima Morgana.
«Ti rendi conto? Sirius Black, il più bel ragazzo di tutta la scuola! E questo dopo che James Potter - ehi, dico, quel James Potter, il più figo Cacciatore della scuola! - ti ha fatto una corte spietata per mesi - che dico! -, anni!» Si era fermata all’improvviso, scrutandola con sospetto. «Di’ un po’, tu: non è che ti sei messa a fare strani filtri d’amore e glieli rifili di nascosto nei succhi di zucca?»
Lily era arrossita come un peperone e le aveva lanciato addosso il suo cuscino per farla smettere, ma aveva ottenuto solo una grassa risata in risposta.
Il ricordo ancora la faceva sentire profondamente in imbarazzo e cercò di non pensarci mentre salutava Black e Remus, che l’attendevano fuori da Mielandia. Fare il tragitto insieme fin dalla scuola sarebbe stato troppo per lei.
«Evans», la accolse il primo, mentre l’altro le sorrideva con cortesia. «Da dove preferisci cominciare?»
«Davvero, non importa», rispose, mentre dava una nervosa occhiata intorno a sé. «Basta che ci spostiamo da qui».
Un gruppetto di Serpeverde cominciava a guardarli con un po’ troppa insistenza per i suoi gusti.
«Evans, mi faresti capire come dovremmo fingere di uscire insieme se intendi passare la tua uscita in qualche angolo nascosto?», sembrò ragionarci un po’ su Black. «Non che a me dispiaccia, ma Lunastorta qui penso sarebbe un po’ a disagio», aggiunse seriamente, mentre Remus roteava gli occhi al cielo e la ragazza lo fissava disgustata. «Oh, avanti, scherzavo», si affrettò ad aggiungere, ma Lily non ne era poi così sicura.
«Scusa se ho insistito a venire», intervenne Remus. «Ma immaginavo il tuo imbarazzo, e Felpato non è facilmente gestibile se si è da soli, senza esperienza e contrari ai più barbari metodi di tortura».
Lei gli rivolse un sorriso radioso, cosa che fece sbuffare Sirius.
«Non puoi neanche immaginare quanto io ti sia grata!», esclamò, risultando così probabilmente l’unica donna della scuola a non apprezzare particolarmente la compagnia del più affascinante tra i due fratelli Black. Decisero poi di andarsene a prendere una Burrobirra dai Tre Manici di Scopa, battibeccando perché Sirius si ostinava a tenere per mano la ragazza, lei si opponeva e Remus cercava di aiutarla.
«Mi sapete spiegare come farebbe la gente a supporre che noi due stiamo insieme, se a tutti sembra che camminare accanto a me sia come affiancare un grosso troll puzzolente?», sbottò Black, lasciandola finalmente andare davanti all’entrata del locale.
«Preferisco il troll», borbottò Lily funerea. Si era già collezionata minimo una ventina di occhiate assassine da parte di tutte le studentesse che avevano avuto la sfortuna di incontrare, ed ormai era matematicamente certo: per quella sera, a cena, tutti avrebbero parlato della strabiliante pomiciata della Evans con Black, nel bel mezzo della strada. Rimaneva ogni volta sempre più agghiacciata dai voli pindarici di certe persone; ancora una settimana, e le voci avrebbero confermato ben altri incresciosi fatti accaduti là fuori… Meglio non pensarci.
«Vado ad ordinare», disse Sirius, felice come una Pasqua. Si fece largo tranquillamente tra la folla che assediava il bancone, mentre Lily domanda all’altro prefetto, con un sussurro:
«Ho fatto davvero una sciocchezza, vero?»
Remus sorrise, con una vena di malizia che le diede da pensare. Ogni tanto si dimenticava del fatto che se lui faceva parte di quel gruppo, esisteva un motivo più che valido.
«Tutto ciò che implica un Black o un Potter solitamente è una pessima idea, ok, ma Felpato sembra divertirsi, quindi per ora non c’è di che preoccuparsi. Se poi Ramoso la prenderà male… Al massimo si sfideranno a duello tra di loro».
Lily contemplò per qualche istante la magnifica immagine di quei due che si eliminavano a vicenda. Dopotutto, forse non stava compiendo una totale idiozia come aveva pensato all’inizio.
«Ecco qua», disse allegro Sirius, tornando con le loro ordinazioni e con un sorriso che andava da un angolo all’altro del volto.
«Madama Rosmerta?», chiese pratico Remus, spiando dietro le spalle del compagno, che assentì con il capo. Lily scosse il capo, sorridendo: il fascino di quella donna era quasi magnetico, riusciva ad attirare studenti ed insegnanti come mosche al miele. I Tre Manici di Scopa, pur essendo sin dalla sua fondazione il miglior pub del paesino, non aveva mai fatto tanti affari fino al suo arrivo, un paio di anni prima.
«Ho incontrato Adam Webb, mi ha chiesto se fossi con Ramoso perché dovevano spostare l’allenamento di Quidditch», ridacchiò divertito, e la ragazza sentì il gelo afferrarle le viscere. «Gli ho detto che ero in galante compagnia della Evans… Dovevate vedere la sua faccia, pensavo che quella mascella potesse pulire il bancone, tanto gli è caduta!»
Lily arrischiò un’occhiata in giro, ed effettivamente vide tre membri della squadra di Grifondoro guardarli strabiliati ed increduli. Chiunque avrebbe creduto che si era bevuta il cervello ad uscire con Black, ma conoscendo la grande ammirazione in cui era tenuto quel perfido ragazzo… molto più probabilmente si stavano semplicemente domandando dove fosse Potter, se volesse tentare un omicidio od un suicidio, e soprattutto questo che effetti avrebbe avuto sulle sue prestazioni in volo. Era già accaduto che fossero venuti a pregarla, l’anno prima, di andarsene dagli spalti durante un allenamento; lei era andata solo per fare un favore alla sua amica Mary, cotta perdutamente del già citato Webb, ma era stato Potter quello che si era girato talmente tante volte a guardarle che si era preso un Bolide in testa.
Il ricordo ancora la faceva sprofondare nella vergogna.
«Non preoccuparti, Lily», intervenne Remus, come se fosse riuscito a leggere i suoi pensieri. «La partita contro Corvonero è ancora lontana».
La ragazza amava il Quidditch, e per un solo istante si domandò se non fosse meglio sopportare Piattola Potter per amore dei compagni; poi però le si affacciò alla mente l’immagine di lui che si dichiarava sulle scalinate e rabbrividì. Dopotutto, una sola partita era una sola partita, avrebbero sempre fatto in tempo a rimontare. E i Corvonero le erano pure simpatici, suvvia.
Remus e Sirius iniziarono a chiacchierare del più e del meno, e lei cominciò a rilassarsi; ogni tanto la coinvolgevano in uno dei loro strambi discorsi, e lei, stranamente, si era dimostrava via via sempre più alla loro altezza.
«E quindi volevamo rinchiudere la McGranitt in uno sgabuzzino con Vitious, ma dobbiamo trovare il modo di farceli entrare…»
«Perché non con Rüf? Dieci minuti con lui sono dieci ore di lunga agonia», mormorò Lily, finendo il boccale. Gli altri due la guardarono per un attimo, ammirati.
«Com’è, Evans, che finora ho sottovalutato le tue potenzialità?»
Lei diventò scarlatta, mentre cercava di aggiustare il tiro.
«Mi è venuta fuori così! Non volevo!»
Ma ormai era troppo tardi, aveva visto il sorrisino di Remus e lo scintillio d’eccitazione negli occhi di Sirius.
Quando uscirono dal locale erano tutti più a loro agio, e Lily acconsentì a girare per mano con il presunto fidanzato nuovo di zecca senza lamentarsi più di tanto.
«Aspettatemi un attimo qui», disse Sirius, correndo dentro a Scrivenshaft per comprare un paio di nuove boccette d’inchiostro: aveva rotto la riserva di Remus facendola levitare e poi cadere sopra la testa di Mocciosus - almeno così sarà costretto a lavarsi!, aveva spiegato lui con un sogghigno -, cosa che Lunastorta non aveva preso granché bene, così come l’accusa di star iniziando a diventare noioso. La diretta conseguenza era che ora si trovavano sprovvisti anche delle scorte di Sirius.
Mentre attendevano pazientemente il suo ritorno, iniziarono a discutere sulle possibilità che avevano di riuscire ad attirare e rinchiudere due professori senza venire espulsi; e fu così che li trovò James Potter.
 
*
 
Quando quella mattina James si era svegliato, aveva pensato per la prima volta in tutta la sua carriera scolastica che non aveva poi tanta voglia di andare in giro a far malanni. Non ci sarebbero stati né Felpato ad istigarlo, né Lunastorta ad assistere… solo Codaliscia ad adularlo. Peter gli era molto simpatico, davvero, e a modo suo gli si era affezionato, ed era assolutamente perfetto quando aveva bisogno di un appoggio morale per un qualche suo piano, ma… non era il suo migliore amico, molto semplicemente.
Poteva sempre seguire la Evans, certo, ma il ricordo della scenata sulle scale ancora pesava sul suo stomaco come un macigno… Si premette un cuscino sul viso, sbuffando: odiava sentirsi un idiota. Aveva immaginato quella scena per mesi e mesi, riuscendo a toccare punte di drammaticità toccanti (lui che la salvava da un Ippogrifo imbizzarrito e si feriva gravemente durante l’atto era la sua versione preferita, al momento, ripresa da uno dei romanzetti rosa scovato nel cesto del cucito di sua madre, un uggioso pomeriggio di qualche anno prima), ed era riuscito a rovinare tutto. Davvero, ci sarebbe mancato giusto Pix per farlo finire nella lista dei peggiori imbecilli di Hogwarts, e ce ne voleva per farne parte. L’ultimo era stato Scott Cavendish, uno dei Serpeverde con due anni in più, trovato in mutande a camminare sulle mani in un corridoio del terzo piano, canticchiando stupide canzoncine su alcune delle grazie femminili… Leggenda voleva che la faccia della McGranitt, la prima ad imbattersi in lui, fosse stata impagabile.
Un po’ di meno lo era stata l’occhiata glaciale che aveva riservato loro, quando li aveva convocati nel suo ufficio per sottoporli ad un lungo ed estenuante interrogatorio, degno della peggiore Santa Inquisizione.
Insomma, era stato a lungo a domandarsi se fosse il caso di mettersi ancora più in ridicolo… Era una settimana che evitava quei tre, per la prima volta in vita sua.
Ecco, poteva aggiungere, per la prima volta in vita sua pensava prima di agire. Cielo, era così faticoso! Come accidenti riusciva Remus a farlo tutto il santo giorno? E lo faceva persino apparire una cosa naturale!
Non aveva mai sofferto tanto di mal di testa.
Alla fine però era stato vinto dalle occhiate sconsolate di Peter - sapeva che, se fosse andato insieme agli altri due, James l’avrebbe presa malissimo e quindi non sarebbe azzardato a muoversi senza di lui -, che desiderava ardentemente quell’uscita, e aveva ceduto tra gli squittii eccitati dell’amico.
Si era comunque voluto tenere a debita distanza dai suoi amici, scendendo tardi e saltando la colazione per arrivare insieme agli altri ritardatari, indifferenti alle minacce di Gazza.
Lui e Peter avevano girovagato per le vie brulicanti di studenti quasi tutta la mattina, entrando di tanto in tanto in qualche negozio e rimanendoci il giusto che serviva loro per far recuperare la sensibilità alle dita e alla faccia, sconvolte dal terribile attacco del gelo di fine novembre. Era quasi mezzogiorno quando imboccarono la via dove trovarono Remus e Lily, vicini e ridacchianti, in piedi davanti a Scrivenshaft… Si bloccò e fermò anche Peter, facendogli segno di tacere, nascondendosi dietro un cartellone pubblicitario posto di sbieco in mezzo al marciapiede. Erano quindi usciti insieme? Lo stavano davvero tradendo così? Avrebbe voluto andarsene subito, ma il suo infallibile fiuto da Malandrino gli imponeva di restare. Infatti, dopo poco uscì, da quello stesso negozio, Sirius, che prese per mano Lily e si avviò con lei e l’amico verso la fine della strada, dando agli altri due le spalle. Codaliscia guardava la scena a bocca aperta, e il cervello di James andò in black-out.
Con il sangue che pulsava nelle orecchie, afferrò la bacchetta che aveva nelle vesti e lanciò un Inflatus all’indirizzo di Sirius, che iniziò a gonfiarsi orribilmente…
Quando Lily e Remus si voltarono, allarmati, videro solo James che li fissava con espressione dura e affatto pentita. Girò i tacchi e se ne andò, mentre Peter correva da Sirius.
 
*
 
In tanti anni di onorato servizio, Minerva McGranitt si era sempre fatta delle idee precise su ogni studente; non dei pregiudizi, semplicemente quel giusto fiuto che la portava a scoprire gli autori di determinate bravate o addirittura a scoprirle anzitempo. Una delle cose che quindi la lasciarono più esterrefatta fu il dover accorrere in infermeria e trovare Sirius Black seduto su di un lettino, immusonito e scostante, sgonfiato da poco dal provvidenziale intervento di Lumacorno che era stato chiamato da una Lily Evans spaventatissima, mentre lui flirtava allegramente con Madama Rosmerta.
Black si era rifiutato di parlare, ma era bastata un’occhiata indagatrice agli amici che erano con lui per sapere la verità. Peter Minus e Lily Evans si erano guardati in imbarazzo, mentre Remus Lupin si era stranamente concentrato sulle stringhe delle proprie scarpe.
«Lupin», aveva semplicemente detto, prima di uscire dall’infermeria, aspettandolo fuori dalla porta.
Il ragazzo aveva riassunto in poche e concise frasi l’accaduto, e la professoressa aveva dovuto sbattere più volte le palpebre prima di riprendersi dalla sorpresa. James Potter aveva scagliato un incantesimo - non di quelli per ridere, come quando aveva fatto crescere due baffoni enormi ad una ragazzina Serpeverde - contro Sirius Black, il suo migliore amico.
Per Merlino, era come vedere Silente in veste rosa ballare un liscio nel suo studio, abbracciato ad un manichino parlante.
«C’è un motivo per questa sua azione o ha… improvvisamente perso il lume della ragione?»
«Be’, ecco…»
Il ragazzo aveva preso un lieve cenno di colore sulle guance, e la McGranitt aveva insistito, facendo leva sul suo senso del dovere:
«Lupin, sei un Prefetto. Sai meglio di me che è tuo preciso compito riferire agli insegnanti ciò che non va, passando sopra determinati sentimenti di affetto o di protezione verso gli amici…»
Lui aveva chinato ancora di più il capo. Avrebbe preferito calpestarsi da solo le mani e rompersi le dita pur di non parlare, ma la professoressa aveva ragione, come sempre.
«Sirius e Lily escono insieme, James l’ha scoperto oggi e, ehm, non l’ha presa granché bene».
Le sopracciglia della donna erano saettate verso l’alto, ma aveva fatto un unico, asciutto commento.
«Facevo la Evans più intelligente».
Se ne era andata senza aggiungere altro, mandando un ragazzino Grifondoro del primo anno a recuperare Potter nel suo dormitorio, dove era sicura di trovarlo. Ed era nel suo ufficio, infatti, che ora si stava presentando, funereo.
«Potter. Siediti, prego».
Il ragazzo eseguì l’ordine, ma ancora non l’aveva guardata negli occhi. La donna sospirò, togliendosi i piccoli occhiali e passandosi una mano sul viso. Che grandissima gatta da pelare.
«Ho saputo dei motivi che ti hanno spinto a… gonfiare il signor Black», iniziò, desiderando di camminare scalza sui carboni ardenti piuttosto di affrontare discorsi sentimentali con uno dei suoi studenti… Ma doveva pur farlo. «Ovviamente ti spetta una punizione, ma sono sicura tu l’avessi già messo in conto».
Il ragazzo non rispose, non diede cenno di aver capito; la professoressa scosse il capo e continuò: «Il signor Gazza sarà molto contento di avere nuovamente il tuo prezioso aiuto, allora. Ti farò sapere a che ora presentarti da lui. Puoi andare».
Lo osservò alzarsi e andarsene verso la porta, ma non dovette che aspettare qualche ora prima che Gazza si ripresentasse da lei, con espressione trionfante, trascinando per le orecchie sia James Potter - che presentava un naso in condizioni pietose e un volto ricoperto di sangue, che continuava a zampillare macchiando il colletto della sua tunica - e Sirius Black, a braccia incrociate e scurissimo in volto. Inarcò un sopracciglio, ma si limitò a dire: «Bene, immagino che anche il signor Black sentisse la mancanza di un bel periodo passato insieme a Mastro Gazza… Penso che le siano più affezionati di quel che crede, Argus».
L’uomo ovviamente non afferrò l’intento ironico e fece una faccia quasi terrorizzata. La McGranitt congedò tutti con un secco gesto della mano, e si appoggiò sulla spalliera della sua sedia, esausta. Cominciava a pensare di non avere più l’età di gestire certi studenti.
 
 
L’Inflatus non è casuale… Harry usa lo stesso incantesimo per gonfiare zia Marge, mi piaceva l’idea che fosse un tratto in comune con il padre ;)

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Capitolo 4
*** Quarto capitolo ~ Chi fa falla, e chi non fa sfarfalla ***


Cave canem!
 
 
Quarto capitolo ~ Chi fa falla, e chi non fa sfarfalla
 
«Quindi sei stato punito insieme a James?», sussurrò il pomeriggio seguente Lily, evitando di guardare il ragazzo stravaccato sulla sedia davanti a lei. «Però, anche tu… che bisogno avevi di creare tanto trambusto?»
«Non fare domande a cui non puoi avere risposta, Evans», mormorò l’altro, cercando di non far cadere la piuma che teneva sospesa sopra il labbro superiore a guisa di baffo.
La ragazza scosse la testa, ma continuò a scrivere il suo compito di Difesa contro le Arti Oscure in silenzio. Avevano preso l’abitudine di studiare insieme - o meglio, lei studiava, lui si distraeva tutto il pomeriggio, salvo fare in un’ora quello per cui lei ne aveva impiegate quattro - prediligendo la biblioteca come luogo dei loro ritrovi, a volte allietati dalla presenza di Remus. Il povero ragazzo aveva una gran pena di Peter, lasciato completamente solo in balia di James che gli impediva di studiare in santa pace a causa delle sue continue occhiate assassine - come poteva Codaliscia concentrarsi quando il suo più caro amico era in una situazione tanto infelice? -, e quindi il Prefetto approfittava degli allenamenti del più vanitoso Cacciatore della scuola per aiutare l’altro il più possibile in sala comune, proprio come in quel momento.
Intanto le ombre della sera si erano allungate sui tavoli e si avvicinava l’ora di chiusura; Lily posò la penna sul tavolo e allontanò la pergamena con aria vagamente disgustata.
«Pensavo che almeno durante il sesto anno fossimo risparmiati da un tale massacro, dato che non ci sono gli esami importanti come i G.U.F.O.  o i M.A.G.O… Eppure, non siamo ancora a dicembre che già siamo carichi come lo scorso aprile!»
«Ora non esagerare», la rabbonì Sirius, con aria serafica. «Nessuno del sesto ha ancora avuto un crollo nervoso come la piccola Webb».
Kelly Webb, infatti, Corvonero del quinto anno, durante l’ora di Trasfigurazione aveva accidentalmente distrutto il cappello preferito della McGranitt; attonita dalla sonora ramanzina che si era dovuta sorbire, era scappata dalla classe in lacrime e aveva incrociato Pix, che l’aveva rincorsa senza pietà. Vitious l’aveva recuperata sotto shock dietro un arazzo al secondo piano e le aveva imposto di rimanersene tre giorni in infermeria, per riaversi dal brutto colpo. La storia aveva fatto il giro di tutti i tavoli della Sala Grande quando un Serpeverde del suo anno le aveva sibilato all’orecchio qualcosa riguardante molto probabilmente un cappello da strega ed il suo improprio utilizzo: si era beccato una sonora sberla davanti a tutti gli studenti, tanto che Nevrotica Webb era diventata d’un tratto la mascotte dei Corvonero e quando i membri di Tassorosso e Grifondoro la incrociavano in giro non le risparmiavano affettuose pacche sulla schiena, complimenti o sorrisi di ringraziamento. La sua popolarità aveva subito una notevole impennata.
«Tu ovviamente hai già terminato tutto, dato che stasera sei in punizione…», mormorò Lily con tono rassegnato. Ormai non aveva neanche più la forza di sentirsi invidiosa di quella specie di Signore del Tempo (*) che non si vedeva mai studiare ma che era impossibile trovare impreparato. La ragazza aveva sentito parlare delle Giratempo, ma non era mai riuscita a intravvedergliene una addosso.
«Ho avuto un incontro decisamente coinvolgente con qualche rotolo di pergamena e dei libri, prima», ridacchiò lui. «Dopotutto, non voglio che tra me e la Foresta Proibita ci siano dei terzi incomodi».
La ragazza sussultò e lo fissò spaventata:
«Stai scherzando, vero? Non andrete davvero nella Foresta Proibita? Dovrebbe essere illegale, Silente dovrebbe fare qualcosa con quel mostro di Gazza, quel…»
«Lily, calma, tranquilla», la interruppe lui, sorpreso da quella sua reazione. «Non credo ci condurranno là dentro, non dopo l’ultima volta, perlomeno… Ma anche se fosse, ti assicuro che è decisamente sopravvalutata: non c’è niente di così terrificante. Peter affamato è più pericoloso di ogni creatura che potrebbe vivere in quella selva».
Lei annuì, ma non lo guardò negli occhi; Sirius aveva ormai capito che farla alterare era l’unico modo per alleggerire la tensione, anche se questo significava sempre qualche probabile fattura rivolta al suo indirizzo. «Oh, non mi dirai che sei preoccupata», cantilenò, prendendola in giro e rimanendo a studiare la sua replica.
«Per voi due? Penso che l’unico che dovrebbe sollevare il mio timore sia proprio Gazza», ribatté lei, fingendosi distaccata. Sirius sorrise e l’aiutò a mettere a posto la sua roba, prima di passarle un braccio attorno alle spalle e condurla verso il loro meritato pasto.
«Stai tranquilla per Ramoso… C’è pur sempre Pix a proteggerlo da quadri impertinenti e ragazzine elettrizzate».
«Idiota».
 
*
 
Gazza aveva portato i due Grifondoro nel corridoio principale del sesto piano, indicando loro le armature che li fissavano senza espressione.
«Dovete ripulirle. Tutte. Al mio ritorno voglio che risplendano come il sole».
Sirius roteò gli occhi al cielo e James sbuffò sonoramente, ma l’uomo sembrò non badarci. «Solo olio di gomito, niente incantesimi. E state attenti agli elmi… Non vorrei che perdeste una mano come un Tassorosso di mia conoscenza».
Appoggiò la lanterna che aveva portato con sé sul pavimento di pietra insieme al secchio con i detergenti, girò le spalle e se ne andò zoppicando verso le scale, con il solito orribile ghigno a deformargli il volto.
«Quella del Tassorosso se l’è sicuramente inventata…», borbottò Ramoso, afferrando di malavoglia uno straccio unto quasi quanto i capelli di Mocciosus e versandoci sopra una considerevole dose di “Ruggi-NO!”, guardando disgustato il liquido color diarrea di gufo venire immediatamente assorbito dal tessuto.
«Puoi sempre provare. Magari sono armature a prova di stupido, captano l’idiozia altrui e si mettono in moto per eliminarla», rispose seccamente il suo ex-migliore amico, che si era già portato avanti col lavoro.
James ebbe la fortissima tentazione di afferrare il secchio e tirarglielo in testa; quella fugace immagine riuscì a risollevargli appena lo spirito, quel tanto, perlomeno, che serviva a tentare di non commettere un omicidio dentro le mura di Hogwarts.
Lavorarono in silenzio, di buona lena, per i primi tre quarti d’ora, lasciando che l’energico strofinio fosse l’unico rumore di sottofondo. Mano a mano che il tempo passava, James approfondiva tra sé e sé il discorso che voleva condurre con l’altro, calibrando le domande da porgli. Sirius era permaloso quanto un centauro, quando ci si metteva, quindi pregò Merlino che un minimo di savoir faire di Remus fosse riuscito a contagiare anche il ramo Potter, dopo sei anni che si conoscevano.
«Senti, mi spiace».
«Per essere un emerito cretino? Sono d’accordo».
Sì, va bene, al diavolo il savoir faire e tutti i francesismi annessi e connessi!
«Mi spiace della situazione», ringhiò a labbra strette, rischiando di staccare una placca di ferro dal suo supporto con una passata troppo violenta. «Ma dato che sei tu quello che sta uscendo con la mia ragazza, non penso di dovermi scusare».
«Ah, era la tua ragazza? Perdonami, penso di essermi perso il momento in cui lei ti ha detto di sì», ribatté l’altro causticamente. Se Ramoso voleva battaglia, lui di certo non si sarebbe tirato indietro.
«Be’, quasi, prima che qualcuno non decidesse di uscirci insieme!», alzò il tono di voce l’altro, buttando stizzito lo straccio a terra.
«E a me non ha detto no!»
«L’avrai drogata!»
«Cosa?!»
«Ehi, voi due!», strillò una voce dalle tenebre. Sirius e James continuarono a guardarsi in cagnesco anche all’arrivo di Mastro Gazza, che passò ad analizzare il lavoro svolto con occhio critico. «Direi che ancora non ci siamo, prevedo molte altre serate di punizione… Parlerò con la professoressa McGranitt di questo», annunciò, gongolando come un bambino davanti ai regali di Natale.
«Sai che roba…», borbottò Sirius, avviandosi ai dormitori, con James che lo seguiva a debita distanza. Gli animi erano ancora incandescenti, ma il magico momento era stato spezzato e nessuno dei due aveva più voglia di parlare, preferendo rimanere ciascuno sulla propria livida posizione.
Quando entrarono nella sala comune, James lo superò di corsa e si diresse verso il suo letto, senza badare al fatto che dal bracciolo di un divanetto spuntava una ciocca di capelli rossi ben nota, cosa che invece l’altro non mancò di notare.
Lily si era addormentata sul divano, rannicchiandosi come il suo grasso gatto peloso contro lo schienale; sul tavolino era rimasto aperto un libro che Sirius prese in mano, prima di sedersi sulla poltroncina accanto e distendere le gambe in maniera poco consona al galateo a cui era stato abituato fin da piccolo. Chiuse di scatto le pagine e dovette soffocare una risata con una mano, vedendo che faceva parte della stessa serie che la signora Potter collezionava con cura e che il marito non mancava di etichettare spesso come “spazzatura”: uno di quei romanzetti rosa da cui solitamente i maschi si tengono alla larga come fossero infetti da qualche strana malattia incurabile.
«Non ti facevo tipo da leggere questa roba, Evans», esordì, rimanendo a godersi lo scatto repentino che fece la ragazza, destandosi di soprassalto.
«Chi… Cosa… Ah, sei tu», mormorò lei, passandosi una mano sulla faccia e scuotendo con forza la testa per svegliarsi definitivamente. «La punizione è già finita?»
«Sì… Ma ripeto la mia osservazione: pensavo che l’integerrimo Prefetto Lily Evans disdegnasse letture di questo tipo», proseguì lui, ben deciso a mettere un dito nella piaga - o magari una mano intera.
Difatti, lei arrossì paurosamente, non sapendo bene cosa rispondere.
«Non è mio, è di Mary… Non sapevo cosa fare mentre ti aspettavo e gliel’ho chiesto in prestito, tanto per fare qualcosa».
«Mi stavi aspettando?», le domandò Sirius con un guizzo d’interesse negli occhi grigi, solamente per ricevere come risposta un’occhiata di rimprovero.
«Sappi che mi sento direttamente responsabile di tutta la faccenda, e non intendo rimanere con le mani in mano».
«Quindi ti proporrai a Gazza come inserviente sostitutiva?»
«In realtà pensavo più a un supporto di tipo morale», ribatté lei con tono sostenuto, «dato che non sono stata io a rifilare un pugno a quell’altro stupido».
«Già te ne vai?», chiese Sirius con una punta di delusione, osservandola alzarsi in piedi e rassettarsi la gonna. Lei lo fissò e allargò le braccia, come a voler dire: “cos’altro potrei fare?”
«Dobbiamo alzarci presto domattina, se te ne sei dimenticato».
«Lo so, lo so», si arrese lui, seguendola fino alle scale che portavano ai dormitori; la ragazza aveva già un piede sul primo scalino, quando la richiamò. «Ehi, Evans. Dimentichi una cosa».
«Cosa?»
Aveva girato la testa, e Sirius ne aveva approfittato per posarle una mano sulla guancia e baciarla.
«Il bacio della buonanotte. Sogni d’oro, Lily».
 
*
 
«Sei un idiota», sbottò Remus, tagliando con troppa foga le lumache poste sul tagliere e rischiando di amputarsi un dito. «Avevi detto “relazione senza implicazioni”, e questa non è assolutamente una relazione senza implicazioni, razza d’imbecille!»
«Sai, comincio davvero a stancarmi di tutta la gente che si diverte ad insultarmi, questi giorni», rispose piccato Sirius. Era in torto, torto marcio, e questo lo rendeva nervoso ed irritabile.
«Be’, hanno tutti ragione, Felpato! Si può sapere cosa ti è saltato in mente? Sai meglio di me-»
«Che la Evans è off-limits. Senti, non lo so cosa mi è preso, va bene? Era lì, e io… Io…»
«L’hai baciata! Sapendo bene quanto Ramoso sia cotto di lei, hai baciato la quasi-ragazza del tuo migliore amico!», sibilò Lunastorta, controllando che nessuna orecchia indiscreta riuscisse a captare qualcosa nel rumore prodotto dal sobbollire dei calderoni.
«Oh, ma volete piantarla di considerarla tutti la sua ragazza? Non mi sembra che intorno al suo collo ci sia il cartello “Occupata”, “Fidanzata” o “Fregata per sempre da quell’idiota di Potter”».
Remus finì di leggere l’ultima parte delle istruzioni e cominciò a girare la pozione in senso anti-orario; il suo blu scuro era ben lontano dall’essere anche lontanamente paragonabile all’azzurro chiaro che era sicuro ci fosse nei calderoni di Lily o Severus, ma aveva smesso di fare delle lezioni di Lumacorno un eccessivo cruccio. Pozioni non sarebbe mai stato il suo mestiere, dopotutto.
«Sei perfettamente a conoscenza di come funzioni tra noi. La donna di un Malandrino non può essere toccata da nessuno, tantomeno da un altro Malandrino».
«Oh, ti prego», sbuffò Sirius, dedicandosi alle sue radici di valeriana come se volesse polverizzarle con la sola forza del pensiero. «È una stupida regola che si è inventato Ramoso, e l’ha fatto solo perché in quel periodo le ronzava attorno Harvey».
«Tu eri comunque d’accordo».
«Non è la sua donna!»
«Avanti, è come se lo fosse. Lei è innamorata di lui».
Sirius rischiò di compromettere la sua decente carriera da pozionista scambiando le parti scartate con quelle buone, ma riuscì a salvarsi in extremis.
«Questa è la più grossa… fandonia… che abbia mai sentito in quasi diciassette anni di vita».
«Avanti, apri gli occhi: l’unica cosa che ancora la frena è il suo orgoglio, dato che ha passato mesi e mesi a rifiutare di ammettere con sé stessa che quell’essere immaturo potesse davvero amarla».
Felpato riprese a macinare gli ingredienti pensierosamente: non esisteva che Lily fosse presa da Ramoso, no davvero. «Magari non a livello conscio, ma ti assicuro che è solo questione di tempo».
«Lunastorta, con tutto il bene che ti voglio… Sicuro che la luna piena non cominci ad avere anche altri generi di effetti, su di te? Non so, un qualche tipo di minorazione mentale. Magari ti sta lentamente risucchiando il cervello».
«Non essere maleducato, Sirius», lo rimproverò seccato Remus. Era lui il primo a scherzare sopra la sua condizione di lupo mannaro, ma non quando le frecciatine si facevano pesanti e sgarbate. L’altro se ne pentì subito, e decise di riparare come poteva:
«Scusami. Ammetto di aver esagerato. È che è tutta questa situazione… Non so più come comportarmi».
«Be’, sappiamo entrambi che Lily è un capriccio… Potresti finirla qui, così da non arrecare ulteriori danni».
Remus si aspettava una risposta, ma il silenzio andrò prolungandosi in maniera direttamente proporzionale alla sua preoccupazione. «Perché per te Lily è un capriccio, vero?»
Sirius non sapeva, in tutta onestà, cosa rispondere. La ragazza non gli era mai andata particolarmente a genio perché era schifosamente geloso del suo migliore amico - e gli costava molto ammetterlo, perché questo faceva di lui una femminuccia melensa - e non si era mai curato granché di conoscerla meglio. Però doveva riconoscere che era una brava ragazza, dolce, bella, intelligente e sarcastica, a volte disarmante… La sera prima l’aveva baciata per una rivincita personale contro James oppure perché davvero l’aveva voluto?
«Ci devo pensare».
«Felpato…»
«Ci devo pensare».
Lunastorta scosse il capo e si preparò a versare in una provetta il contenuto necessario per riempirla, meditando sul fatto che, se le conseguenze erano quelle, era meglio non innamorarsi mai di nessuno.
Tantomeno di una Evans.
 
 
 
 
(*) Riferimento al Doctor Who ♥

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Capitolo 5
*** Quinto capitolo ~ L’erba cattiva non muore mai ***


Cave canem!
 
 
Quinto capitolo ~ L’erba cattiva non muore mai
 
Lily aveva sempre pensato che avere un ragazzo fosse una cosa meravigliosa: abituata fin da piccola a vedere nei libri e negli sceneggiati in televisione l’affiatamento totale e completo tra due persone tanto decantato dal popolo femminile, aveva avuto il buon diritto di ritenere che quella fosse un’ottima prospettiva di vita. Non aveva messo in conto che la favola perfetta esiste solamente quando si è disposti, nelle difficoltà, ad aiutare l’altro, anche venendo a patti con il proprio orgoglio o facendo cose che si preferirebbe evitare, e che non sempre è tutto rose e fiori.
Non le piaceva la situazione attuale; non era certa di cosa provasse Sirius nei suoi confronti, e odiava non capire qualcosa. Senza contare che aveva sempre ammirato molto l’amicizia che regnava tra quei quattro debosciati e riteneva infantile e irragionevole gettare tutto alle ortiche per uno stupido litigio. Era assurdo, come se i tre moschettieri e D’Artagnan si fossero sciolti e non avessero intenzione di tornare insieme.
Una cosa che sua madre le aveva rimproverato spesso era la pessima abitudine di intromettersi negli affari altrui, perché poi era sempre lei quella che ne faceva le spese; ma stavolta non era come se fosse direttamente colpevole di tutto?
Sirius e James avevano litigato e, casualmente, il giorno dopo il primogenito dei Black aveva cominciato a ronzarle intorno; era semplice ripicca per portare via al suo migliore amico la ragazza che popolava i suoi sogni da anni, oppure un contorto modo per fargli capire quanto si potesse star male ad essere improvvisamente ritenuti i numeri due?
Erano giorni che si arrovellava su questa questione; aveva provato a parlarne con Sirius, girandoci attorno, ma dato che quest’ultimo era una volpe l’aveva scoperta subito e le aveva concesso unicamente dei sorrisi sibillini e irritanti, dicendole di piantarla di comportarsi come una gattina in calore e di smetterla di preoccuparsi di questioni di cui non sapeva nulla. La suddetta aveva soffiato un’irata imprecazione e aveva deciso che quel figlio di troll non aveva bisogno del suo aiuto.
Non erano passati due giorni che già non riusciva a concentrarsi sullo studio, rischiando la vita di Lumacorno facendo quasi esplodere il calderone al suo passaggio.
Il professore l’aveva ripresa bonariamente, adducendo la sua piccola disattenzione (piccola? Aveva sbagliato metà degli ingredienti!) ad un mero cambio del tempo. Lily, che era rimasta al fatto che fosse al massimo la primavera a rendere sbadati, e non certo l’inverno, aveva sorriso con vergogna e aveva annuito, ringraziando per la prima volta in vita sua la fortuna sfacciata di essere nelle grazie di Lumacorno.
Si era anche sentita osservata, ma non aveva faticato ad immaginarsi Remus che tentava di leggerle la mente; Sirius aveva ridacchiato piano, Peter si era a malapena accorto dell’incidente, preso com’era dalla sua pozione, e James aveva continuato a sostenere quell’indifferenza nei suoi confronti che tanto la feriva.
Scuotendo la testa, Lily si era detta che era ridicolo ed infantile sentire la mancanza di quelle attenzioni fin troppo asfissianti, ma era con una punta di disagio che era costretta ad ammetterlo, almeno a sé stessa. Provava l’istinto suicida di andare da lui e chiedergli scusa, anche se, a conti fatti, non avrebbe neanche saputo lei dire di cosa. Era simile ai primi litigi con sua sorella Petunia riguardo ad Hogwarts: non poteva farci niente se lei possedeva poteri magici e l’altra no, ma questo non le aveva impedito di chiederle scusa, almeno fino a quando Petunia non aveva cominciato ad offenderla pesantemente.
Quando si vuole bene ad una persona, aveva riflettuto, si è in grado di ingoiare l’orgoglio pur di superare una crisi. E lei era finita con il volere davvero bene a quello scriteriato di Potter.
La fine della lezione l’aveva sorpresa in questi pensieri; si era girata ed aveva visto la schiena di James allontanarsi in fretta.
Fu in quel momento che decise di fare qualcosa.
 
*
 
«Potresti smetterla, cortesemente, di inseguirmi per tutto il corridoio?»
«Da quel che so io, è proprietà della scuola, quindi è legittimo per me attraversarlo».
Sirius roteò gli occhi al cielo, decidendosi finalmente ad interrompere la marcia con cui aveva - inutilmente - tentato di seminare la ragazza.
Per Merlino, ora ricordava perché non aveva mai voluto impelagarsi in una relazione seria. Le donne hanno la capacità di diventare terribilmente noiose e asfissianti.
«Cosa c’è, Evans?», le domandò, con irritazione. Lily sbuffò e gli lanciò un’occhiataccia.
«Cos’è, torniamo ai primordi della nostra conoscenza, Black?», ribatté causticamente lei, facendo attenzione a sottolineare il cognome dell’altro. Le dava il nervoso quando si atteggiava a superiore, una maschera che aveva portato fino a quando non avevano deciso di mettersi insieme.
In realtà, Sirius non era così male come si ostinava a voler far credere, non era nemmeno così indifferente come si sforzava di sembrare. Lily si era però anche resa conto di non essere lei quella in grado di far crollare il solido muro che si era costruito intorno; per ora ci erano riusciti solamente gli altri Malandrini, e questo sembrava bastargli. A ben pensarci, l’unica cosa di cui veramente Sirius si curava erano gli altri tre compagni.
«Al nostro primo viaggio sull’Espresso?», chiese lui, con un immediato sorriso a stirargli le labbra al ricordo dell’istintiva antipatia verso Mocciosus. «Vuoi davvero tornare all’undicenne saccente che eri?»
«E tu vuoi davvero tornare al nanetto impertinente che eri?», sibilò lei, facendogli il verso inviperita. Sirius fece per ribattere, un po’ offeso e un po’ divertito, ma lei stroncò sul nascere qualsiasi tentativo atto a farle perdere il filo. «Noi due dobbiamo parlare», scandì, con uno sguardo determinato che gli fece subito intuire qualcosa.
«Quando?», si limitò a chiedere, e Lily sospirò di sollievo per non essere stata costretta a Schiantarlo davanti a testimoni per portarlo al luogo dell’incontro.
«Direi fra una mezz’ora. Fatti trovare davanti al campo di Quidditch».
«Lily, è dicembre, fa un freddo cane, che bisogno c’è di-»
«Fai come ti ho detto. Ti prego», aggiunse lei, sperando che il suo piano andasse come doveva. Lui rimase a studiare diversi secondi la sua espressione supplice con aria indecifrabile, ma poi si arrese.
«D’accordo. Ma, se dovessi prendere un malanno, poi sarai tu quella costretta a farmi da infermiera», ridacchiò, di colpo gioviale. La ragazza scosse la testa, rinunciando a comprendere gli sbalzi d’umore di un Black, e si limitò a picchiettare il suo petto con l’indice:
«L’erba cattiva non muore mai».
Si era già voltata e se ne stava andando via, quando Sirius aggiunse, alzando la voce:
«Ma può prendersi comunque un raffreddore!»
Lily accelerò il passo e cominciò a correre non appena fuori dalla visuale del ragazzo, letteralmente volando giù per le scale e pregando di fare in tempo. Aveva appena varcato il portone che venne investita da un’aria gelida che la fece rabbrividire; maledì sé stessa per essersi scordata come una stupida il mantello, ma temeva di far danni Appellandolo (tipo investire Gazza e beccarsi una punizione), così si risolse ad aumentare l’andatura per tenersi al caldo.
Arrivò agli spogliatoi giusto in tempo per vedere la squadra Grifondoro entrare a cambiarsi, e scambiò un cenno d’intesa con Webb, nei cui confronti aveva un debito di riconoscenza, ora. Quella mattina l’aveva supplicato di trattenere James dentro con le buone o con le cattive dopo l’uscita della squadra, per “appianare una certa faccenda”. Il buon caro vecchio Adam non aveva mosso un ciglio, anzi, i suoi occhi si erano illuminati: “Non so cosa sia preso a James, ma sta giocando da schifo. Risolvi la situazione e ti dedicheremo la prossima vittoria”.
Passarono i primi dieci minuti, poi il primo quarto d’ora; Lily cominciava ad innervosirsi ed aveva appena preso la decisione di provare a spiare quando si sentì un grido ed un tonfo. Preoccupata, corse verso l’ingresso, e venne quasi travolta da tutti i giocatori che ridacchiavano e si scambiavano pacche comprensive sulla schiena.
«Ehm, cosa…», provò a domandare, ma venne subito bloccata proprio da Webb, uscito in quel momento.
«Petrificus Totalus. Vallo a recuperare quando vuoi», le spiegò, con una certa aria sadica nello sguardo. Lei annuì e rimase a guardarli andare via, senza avere il coraggio di entrare a verificare lo stato di James. Stava giusto meditando sul suo attuale atto di codardia indegno di Grifondoro, quando cominciò ad intravvedere una figura scendere il pendio erboso. Ringraziò Morgana e Merlino - stare fuori per tutto quel tempo sudata e accaldata non era stata certamente l’idea del secolo - e aspettò che si avvicinasse abbastanza per prenderlo per un braccio e trascinarlo dentro.
«Lily, co-»
Sirius si bloccò immediatamente, e con lui anche la ragazza, perché James era davanti a loro, con il didietro scoperto all’aria e gli occhi che sembravano poter sputare fuoco.
Ci fu un attimo di silenzio, prima che Sirius scoppiasse a ridere sguaiatamente e Lily corresse a sciogliere l’incantesimo, lasciando che James, paonazzo in faccia, si risistemasse come meglio poteva e cominciasse ad urlare contro l’altro:
«Non osare ridere di me! Erano tutti contro il sottoscritto, e mi hanno preso alla sprovvista, completamente alla sprovvista! Ah, quegli infami me la pagheranno, me la pagheranno cara!»
Ma Sirius non l’ascoltava, troppo preso a rotolare sul pavimento come… una specie di cane impazzito, pensò Lily, che nel frattempo non sapeva proprio come risolvere quell’ulteriore inghippo.
«Scusate, penso che-»
«Ahahah! Ma ti sei visto? Il grande Cacciatore James Potter ridotto al silenzio e all’immobilità con le viril terga al vento! Per Godric, dove sono Lunastorta e Codaliscia quando servono? Questa batte persino lo scherzo a Lumacorno…»
Inaspettatamente, soprattutto per Lily, che già era pronta a domare gli spiriti, James scoppiò a ridere insieme all’amico.
«No, il peggio è stato quando Silente si è visto volare fuori dalla finestra quello gnomo nudo…»
Lily era sicura di non voler sentire altro.
«Sirius Black e James Potter!», strillò, in una riproduzione abbastanza fedele della McGranitt. I due si fissarono negli occhi e cominciarono ad ululare insieme.
«Cielo, è uguale!», sfiatò Sirius, con le lacrime agli occhi, mentre l’altro gli faceva eco. La già citata piccola, dolce e tenera Lily sfoderò la bacchetta e la puntò contro i due, che tentarono inutilmente di darsi un contegno, sdraiati com’erano. Molto, molto inutilmente.
«Allora, non siamo qui per ridere e scherzare, ma per risolvere la questione una volta per tutte. Voi due vi volete bene, un bene dell’anima, quindi siete stati due idioti», e la bacchetta espulse delle involontarie scintille rosse e dorate che fecero morire il ghigno sulle loro labbra, «a litigare a causa mia. Potter, potresti amarmi anche più di tua madre, ma non è comunque un buon motivo per trascurare i tuoi migliori amici o per sfinirli con assurde lodi a mio nome… Black, come si suol dire: è stato breve ma intenso. Finisce qui».
La ragazza si voltò e uscì di gran carriera, ignorando i due, stesi per terra, che si guardavano con aria complice.
«Che dici, facciamo pace, vecchio mio?», chiese Ramoso, facendo sbuffare Sirius.
«Lo dici solo perché mi ha mollato davanti ai tuoi occhi», ribatté lui, fingendo di essere offeso a morte.
«Be’, ammetto che la cosa abbia aiutato parecchio, sì… Ma mi mancavi, Felpato, molto semplicemente».
Sirius rimase steso a fissare il soffitto della stanza per un po’, prima di rispondere:
«Anche tu mi sei mancato. Ma non costringermi a ripeterlo».
«Tranquillo, non intendo neppure litigare più con te. Non così, perlomeno, e non per lei».
«Non c’è problema, ora è tutta tua. Ammetto di essere stato un po’… geloso… di voi due, ma conoscendola meglio mi è passata: non posso provare invidia per il poveretto che se la sposerà, no davvero!»
«Ehi!», replicò James, mollandogli un pugno sul braccio. «Non mettere in discussione le mie decisioni!»
«Figurati, sapevo già com’eri quando siamo diventati fratelli», rispose l’altro, alzandosi in piedi e offrendo una mano per aiutare l’altro. Una volta faccia a faccia, tornarono seri entrambi.
«Felpato, mi spiace davvero tanto, sono stato un idiota», mormorò, incerto. Sirius aveva sempre pensato che avrebbe provato una profonda soddisfazione nel sentirgli pronunciare quelle paroline magiche, ma in realtà era troppo sollevato dal fatto che le cose si fossero sistemate - finalmente - per poterci badare davvero. Non si sa come, finirono abbracciati come i due fratelli mancati che erano, con Sirius che rispondeva:
«Lo siamo stati entrambi, ora mettiamoci una pietra sopra e non pensiamoci su».
Uscirono dagli spogliatoi insieme, uniti come lo erano sempre stati, ridendo e scherzando mentre il sole tramontava e regalava ad Hogwarts gli ultimi raggi di luce.
Ora era di nuovo tutto come doveva essere.
 
«Felpato, scusa, cosa significa: “è stato breve ma intenso”?!»
«Continua a mangiare, Ramoso…»
 
 
 
 
Mea culpa, è passato un po’ di tempo dall’ultimo aggiornamento ^^”
Direi che manca un capitolo e l’epilogo, e poi ci siamo.
Ovviamente i commenti sono graditi, dato che come al solito si riconferma la pigrizia intellettuale di chi mette nei preferiti e poi non commenta… =P Ovviamente scherzo, ma rimane comunque un invito a farmi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima!
 

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