When you wish upon a star

di amethyst
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** One ***
Capitolo 2: *** Two ***
Capitolo 3: *** Three ***
Capitolo 4: *** Four ***
Capitolo 5: *** Five ***
Capitolo 6: *** Six ***
Capitolo 7: *** Seven ***
Capitolo 8: *** Eight - last ***



Capitolo 1
*** One ***


Si dice che a San Lorenzo le stelle esaudiscano ogni tuo desiderio. Palle. Questo pensava Lissa, mentre scrutava il limpido cielo d'agosto. Nel riflesso della finestra l'armadio aperto rivelava la solita confusione, come se niente fosse diverso dal solito. In fondo, tra un jeans e un vestitino di paillettes, uno scampolo di seta color avorio sfuggiva dal sacco nero. Lungo, pesante. Relegato nel buio, quasi nascosto, mimetizzato. Lissa gli volgeva le spalle, lo sguardo fisso nel nero della notte. Le stelle, beffarde, restavano ancorate al loro posto, di cadere non se ne parlava. Eppure i desideri da esprimere erano così tanti....uno più grande degli altri. Voleva conoscere il suo futuro, Lissa. Voleva indovinare le conseguenze di quella scelta e forse nemmeno se fosse caduta una costellazione intera si sarebbe arrivati ad una risposta. Queste non sono cose che le stelle ti possono dire, si rimproverò.

Però, caldo. Era proprio agosto, il mese in cui normalmente si parte per le vacanze, mete lontani, follìe. Quel patetico "tutto è concesso" da inseguire spasmodicamente, per spingere il limite sempre un po' più in là, per scrollarsi di dosso il grigiore dell'inverno trascorso e prepararsi a farsi carico di quello imminente. Circles of life, avrebbe detto il più vintage degli Elton John. Le valigie di Lissa erano aperte sul letto, semivuote, come fauci spalancate in attesa di nutrirsi delle sue più vivaci aspettative. Mancavano poche ore all'inizio di tutto e lei, invece di prepararsi, fissava la finestra in attesa di risposte "astrali". Patetica, decisamente. Come se si potesse tornare indietro, come se ci fosse ormai tempo per disfare una tela quasi finita e perfetta, almeno vista dall'esterno. Il telefonino prese a squillare, insistente. Paul. Beh certo, e chi altri. Prevedibile quant'altri mai, Paul chiamava ogni sera alla stessa ora. Diceva anche pressappoco le stesse cose, prima di riagganciare con le stesse raccomandazioni ansiose. Bravo ragazzo, Paul, abitudinario, troppo, forse. La pizza il sabato sera, sempre la stessa, lo stadio la domenica, il bar con gli amici, il lavoro, le gite in moto di tanto in tanto. Un ragazzo semplice, dallo sguardo pulito. Erano cresciuti insieme, lui e Lissa. E anche quella sera, come sempre, poche parole che volavano nell'etere a coprire la loro distanza. Non si vedevano da qualche giorno, ma non importava poi tanto. Le cose da fare erano tante ed era anche giusto così. Lissa si lasciò scappare una risatina al pensiero che aveva frequentato più la madre di Paul che lui stesso, nell'ultimo periodo. Era legata a quella donna quasi come ad una seconda madre, soprattutto se pensava che lei, una madre, non l'aveva più da tanto tempo. E cristo, quanto le mancava. La famiglia di Paul l'aveva quasi adottata, ma non era la stessa cosa. Si guardò intorno. Si preparava a dire addio a tante cose, Lissa, allo stesso modo in cui credeva di essere pronta ad iniziare una nuova vita. Alzò gli occhi dal display in tempo per vedere una scia lontana, una stella che stava spegnendosi oltre i palazzi all'orizzonte, troppo tardi ormai per affidarle anche solo una speranza. Lissa si riscosse, sollevò i lunghi capelli dorati in una coda di cavallo e iniziò a buttare qualcosa nelle valigie. Non si ricordava più dove aveva letto che il bello dei traslochi è che non devi passare il tempo a pensare a cosa portare o non portare, devi impacchettare tutto. Impossibile dimenticare qualcosa.

Ancora un trillo, stavolta era Linda. Poche parole anche lei, ma non certo rassicuranti come quelle di Paul. Cazzo, se n'era completamente dimenticata. La discoteca, la festa, il privè prenotato e costato un patrimonio, Linda che era pronta a passarla a prendere. Fanculo alle stelle, era ora di muoversi o veramente, rischiava la vita. Linda non ci andava tanto per il sottile, quando s'incazzava. Nel caos di scatole e borsoni pescò una minigonna nera e un top dorato, senza maniche. I sandali alti li aveva lasciati vicino alla porta. La pochette era la stessa della sera prima, quindi fondamentalmente pronta anche quella. Lissa si sistemò meglio i capelli in uno chignon morbido, l'ultima cosa che voleva era passare la serata nel più esclusivo club della città a sudare come un cammello nell'afa estiva. Caricò il trucco, in fondo, per una serata senza Paul andava anche bene così. Si fiondò in macchina di Linda quasi col fiatone, con un sandalo slacciato e la borsetta aperta. Ma andava bene così. Linda era una di quelle attrezzate, confusionarie solo all'apparenza. Sotto il sedile del passeggero aveva piazzato una bella bottiglia di rum, ancora col sigillo, da inaugurare come aperitivo della serata. Bene, vogliamo aprire le danze già così? E apriamole. E per una sera fanculo a tutto. Il rum liscio bruciava come il fuoco, appesantiva lo stomaco e svuotava la mente. Sapeva che Linda non avrebbe toccato un goccio, per via dell'auto. Quindi toccava a lei andare fuori di testa. Fuori dal mondo, fuori dalle regole, fuori da tutto. Ancora rum, ad incendiarle l'anima. Il mondo iniziava già a sfumare in una nuvola di nebbia, mentre i buttafuori si scostavano per farla passare. Uno di questi gli applicò un braccialetto bianco, segno che quella sera la più importante di tutte era lei. Suo il posto più costoso ed esclusivo, la regina della scena, il top del top. E tutto era solo appena cominciato.

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Capitolo 2
*** Two ***


Un sobbalzo di troppo e i costosi occhialoni scuri che ancora portava sul naso nonostante fosse già buio caddero con un tonfo. L'autista bofonchiò qualche parola di scuse a proposito di buche e strade non proprio perfette, ma lui non sembrò prestare attenzione. Si era miseramente appisolato. Certo, l'età, il jet lag, il rimbalzare da una sponda all'altra dell'oceano con una disinvoltura forse eccessiva, la stanchezza accumulata, le serate...aveva quasi perso la cognizione del tempo. Solo il datario dell'iphone che aveva in tasca lo riportava alla realtà, almeno nei momenti in cui lo sbirciava. Raccolse gli occhiali dal sedile su cui erano caduti, proprio sopra un colorato flyer spiegazzato. Sopra, il suo nome bello grande e quello del suo amico un po' più in piccolo, accanto. Che ingiustizia, pensò sorridendo. Chissà quanta gente lo andava a vedere solo perchè era Shannon Leto, il batterista dei 30 Seconds to Mars. Ma poi, chi ascolta i 30 Seconds to Mars, va veramente anche in certi posti?

Il minivan scuro stava attraversando la città verso la periferia dei locali e delle discoteche, verso un altro impegno, uno di quelli che chi è nel giro chiama "situazioni". Quella era una sera da "situazione". Mentre cercava di raccapezzarsi su dove fosse, l'iphone squillò. Rispose buttando un occhio all'orario, rendendosi incidentalmente conto che era forse leggermente tardi: avrebbe detto all'autista, un uomo tarchiato dalla faccia larga, ma simpatica, di schiacciare un po' quel piede. Non gli piaceva far aspettare il pubblico. Era Antoine, come prevedeva, che gli faceva il punto della situazione e gli diceva fondamentalmente di sbrigarsi. Le valigie dei dischi le aveva lui, ma dentro c'era un solo paio di cuffie. Si arrangiava per l'altro o doveva dire ad Emma di pensarci? No, rispose Shannon, le sue cuffie se l'era portate dietro. Difficile dire dove fossero, nel caos di bagagli in quel minivan, ma era sicuro di averle. Le bacchette per le percussioni, piuttosto, dov'erano? Anche quelle le aveva Antoine. Perfetto, la serata poteva cominciare. Riagganciò e disse all'omino al volante di andare un po' più veloce, riappoggiando la schiena al sedile, stando attento però a non addormentarsi di nuovo. Guardò fuori, il cielo era terso e le stelle già alte. Pensò a quella strana tradizione molto europea secondo la quale quella era la notte delle stelle cadenti. Aveva sentito dire che se si fosse vista una stella cadere, quella notte, e si fosse espresso un desiderio, questo si sarebbe poi avverato a patto di non rivelarlo a nessuno. Sorrise. Era veramente il caso di credere alle favolette, a 40 anni suonati? Però l'idea affascinava...le stelle che vengono giù come coriandoli di fuoco...che si fa, lo si esprime un desiderio? Ma si, una cosa piccola, semplice, tanto per fare. Mentre una scia luminosa si spegneva all'orizzonte chiuse gli occhi, pensando a una cosa in particolare. Si sorprese a d osservarsi nel riflesso del vetro con una strana espressione malandrina. Quella per cui le ragazze di mezzo mondo impazzivano, quella che sfoderava ai photoshoot per far venire bene i poster per il merchandising della band. Ma ora non era uno sguardo messo lì apposta, scaturiva spontaneo al pensiero del desiderio appena espresso e dalla possibilità concreta che questo si potesse avverare. Oh si, e poi diremo che è stato tutto merito della notte delle stelle.

Altro trillo, stavolta era Jared che avvertiva, come se ce ne fosse stato bisogno, che non ci sarebbe stato. Ovvio, il suo fratellino non apprezzava proprio quella musica martellante, ossessiva, ipnotica...si faceva vedere alle "situazioni" solo quando era strettamente necessario. In compenso, aggiunse rapido, sarebbero venuti Braxton e Tim. Tomo nemmeno a nominarlo, chissà dov'era insieme a Vicki. E non aveva proprio tutti i torti. E forse non era nemmeno tanto un peccato che Jared avesse deciso di dare forfait quella sera. Si sentiva sempre un po' inibito con lui a fare la primadonna in giro, quella sera ci avrebbe dato dentro alla grande. In tutti i sensi. D'altronde, a parte il senso di stordimento dato dalla stanchezza ormai cronica, si sentiva bello carico. Si strinse le braccia apprezzando la consistenza dei suoi muscoli, veri e propri strumenti di lavoro per lui. Sentiva nell'aria che la serata sarebbe stata decisamente speciale. L'autista annunciò che erano arrivati, ma che aveva istruzioni di usare l'entrata sul retro, per cui avrebbero girato intorno all'edificio. Se il signore aveva qualcuno da avvertire del suo arrivo, poteva farlo tranquillamente. Shannon sorrise, ma non ritenne di dover chiamare Antoine che forse era l'unico che lo stava aspettando. Lo conosceva bene, o si stava facendo la mappa mentale delle belle tipe che aveva intorno o stava preparando i dischi per la serata. Un peccato disturbarlo, in ogni caso. Scese dal van agguantando uno zainetto con lo stretto necessario e si infilò nel locale tra due ali di bodyguards tutti alti il doppio di lui. Una morettina scosciata gli indicò una saletta dove potersi organizzare e aspettare il momento dell'uscita. Entrò senza bussare e sorprese Antoine a versarsi del mojito. Agguantò un bicchiere e gli diede un sonoro cinque, mentre le valigie dei dischi, spalancate, rivelavano il loro contenuto già meticolosamente sistemato. Sarebbe stata una serata fottutamente fantastica, tutta quella gente avrebbe ballato fino allo sfinimento al ritmo della sua musica. Avrebbe guidato le loro emozioni, dettato il ritmo ai loro cuori, sincronizzato i loro respiri. Contando le gocce del loro sudore, avrebbe goduto delle loro mani alzate al cielo, ondeggianti all'unisono, rapide a tenere il tempo. Si sentiva, come sempre, il gran sacerdote di una cerimonia di iniziazione, l'intoccabile direttore di un'orchestra fatta di uomini e donne intenti a muoversi in sincrono come se fossero un solo essere. Tutto questo gli provocava una sottile eccitazione, una sensazione di potere che non provava nemmeno durante i concerti, quando la barriera della sua batteria gli faceva arrivare le emozioni del pubblico come attutite, smorzate. L'onda di piena che lo investiva in consolle, invece, era forte ed era tutta solo per lui. Pronti e via, Shannon. Non sarebbe stato il solito Leto a prendersi tutta la scena, quella sera. Il maestro era pronto per una cerimonia incredibile.

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Capitolo 3
*** Three ***


Il caldo, in quel posto, era oltremodo eccessivo. Questo fu il primo pensiero di Lissa appena varcata la soglia, sentendosi travolgere da una folata d'aria bollente. Si chiese come potesse tutta quella gente respirare e non morire, ma la risposta venne da sè quando, sollevando gli occhi, vide che la discoteca era al chiuso solo per metà. La versione "estiva" del club che aveva tanto frequentato durante l'inverno vedeva metà pista privata della sua abituale copertura per fare posto a divani chiari, bassi, dalla foggia orientale e morbidi tendaggi mossi dalla brezza. Linda la sospinse proprio verso uno di quelli, un privè elegante e riservato, non lontano dalla consolle. I sensi di Lissa erano già notevolmente allentati dal rum bevuto in macchina, ma ugualmente non potè fare a meno di accorgersi di una nota stonata, qualcosa che non sarebbe dovuto esserci. Che diamine ci faceva una batteria accanto ai Cdj*? Ma che razza di serata era mai quella? si guardò intorno. Gente, tanta, vestita al solito modo, quindi non era una serata a tema. Qualche ragazzetta in più del solito forse, ma niente di allarmante. Eppure, c'era qualcosa che la portava a credere che quella sera non sarebbe stata la solita situazione. A partire dal motivo per cui Linda l'aveva portata lì, si doveva festeggiare e lo si doveva fare alla grande.

La musica era già altissima, una graziosa cameriera si fece largo tra la folla diretta verso il palchetto di Lissa e Linda, portando frutta e drink assortiti. Lissa prese un bicchiere e bevve. Non sapeva cosa, ma l'importante era che fosse fresco, forte, e la mandasse su di giri. Se serata speciale doveva essere, che serata speciale sarebbe stata. Si scambiò un'occhiata d'intesa con Linda: solo loro due sapevano il reale motivo della loro presenza lì, agli occhi di chiunque altro erano solo due ragazze che per una volta avevano deciso di concedersi la costosa follia del privè. Ma ovviamente, non era solo questo. Lissa succhiò un altro sorso di drink dalla cannuccia nera, era caipiroska alla fragola, il suo preferito. Lo sciroppo rosa si fondeva alla perfezione con la vodka secca, mentre lo zucchero addolciva la botta alcolica che lentamente stava annullando anche i suoi ultimi freni. Deglutendo, gettò la testa all'indietro e aprì gli occhi, guardando le stelle. Certo, le luci della discoteca le offuscavano, non si vedevano di certo come da casa sua, ma c'erano. Lissa sorrise, sentendosi in un certo qual modo protetta. Le stelle sarebbero state per sempre testimoni silenziose di quella sera. Ancheggiò dondolando sui tacchi, scuotendo le spalle, dimenando i fianchi, in quel suo speciale modo di ballare che piaceva tanto a Paul. Paul, inutile chiedersi dove fosse e cosa stesse facendo....Lissa lo sapeva già. Come avrebbe sempre saputo, in ogni momento, tutto quello che lo avrebbe riguardato. Sospirò cercando Linda con lo sguardo e sorrise nel trovarla esattamente dove se l'aspettava. Piegata in avanti dalla balaustra del privè a bere dallo stesso bicchiere con un tipo niente affatto male. I loro nasi si sfioravano, le cannucce si incrociavano come i loro occhi. Il loro bere era allusivo, una scusa per sfiorarsi, per essere vicini nella totale baraonda. Chi avesse rimorchiato chi era decisamente un dettaglio, Linda ci stava dando dentro e lo stava facendo decisamente alla grande. Il tizio infilò una mano nel bicchiere, prese un cubetto di ghiaccio e iniziò a passarlo sulla scollatura di Linda. La reazione della sua pelle fu immediata, i suoi capezzoli tesero il tessuto leggero del suo top blu paillettato. Lui, evidentemente deliziato, si alzò leggermente sulle punte dei piedi per ripercorrere con la lingua il percorso del cubetto. Però, beata lei. La musica cambiò in quell'istante, il vocalist del locale, un suo amico, urlò nel microfono che la festa poteva cominciare. Oh bella, pensò Lissa, sarebbe a dire che fino ad allora c'erano state le educande? A vedere Linda e il tizio intenti a scambiarsi poderose slinguate, si sarebbe detto che almeno per l'amica la festa era già iniziata. Lei, invece, faceva la diva, come al solito. Godeva nel farsi guardare, ma non si faceva toccare. Distaccata quel tanto che basta a dare l'impressione di lava rovente dal cuore freddo.

La consolle si riempì di un nuovo ritmo, qualcosa di decisamente diverso da quello che aveva sentito, o creduto di sentire, fino ad allora. Lissa si girò lentamente, fino ad inquadrare un biondino che mulinava le dita sui Cdj elargendo sorrisi alle ragazzine che non si perdevano un suo movimento da immortalare nei cellulari. Si avvicinò quel tanto che poteva, da lì la musica le arrivava con tutta la sua forza, sentiva i bassi sparati a farle vibrare lo stomaco. Pieno d'alcol com'era, sembrava che anch'esso volesse ballare. Senza lasciare il bicchiere, Lissa continuò ad ondeggiare. Le braccia in alto, l'espressione beata, completamente abbandonata al ritmo, si muoveva in sincrono con quei beats spintissimi. Una mano le sfiorò una caviglia quel tanto che bastava a riscuoterla. Un tipo bruttino, piuttosto sul tamarro andante, stava ballando sotto di lei, fissandola allusivo. Lissa spinse via la sua mano con un piccolo calcio e quasi ridendo, uno così non l'avrebbe vista nemmeno col binocolo. Il dj invece....buttò uno sguardo alla consolle. Non era nemmeno uno dei suoi migliori sguardi, ma i suoi occhi incontrarono quelli dell'uomo che in quel momento stava facendo ballare tutto il locale. Si scambiarono un sorriso e un cenno di saluto. Evidentemente, lui non si era perso tutto il ballettino sensuale con annesso sbolognamento del marpione. E sicuramente stava pensando al suo bel caratterino. Bene, pensò Lissa, mentre dava dei piccoli morsi alla cannuccia senza smettere di fissare il dj. Il vocalist lo chiamava Becks, forse era un nome d'arte, comunque gli stava bene. Becks, sei proprio carino. E Becks, di rimando, sembrava apprezzare le attenzioni di Lissa. Che le bionde gli piacessero non era un mistero per nessuno. La mano di lei, con le unghie dipinte di viola scuro, accarezzava il bicchiere bagnato, per poi inumidirsi il lato del collo, una, due, tre volte. La musica di Becks faceva decisamente venire caldo, ancora di più. Lissa non sapeva se era l'alcool, l'aver visto Linda già all'opera o se erano gli occhi belli di Becks. Ma si sentiva decisamente calda, anche troppo. E, decise, Mr Becks, adesso le conseguenze le paghi tu.


*Nome "tecnico" dei due lettori cd che affiancati e con in mezzo il mixer compongono la consolle del dj ;)

Vi ringrazio dei commenti. Inutile dirvi che mi fanno sempre immensamente piacere. La narrazione della storia va un po' a rilento perchè non posso dedicarle il tempo che vorrei e non mi piace annoiare con capitoli chilometrici. Il fatto è che era nata come oneshot e poi mi son fatta prendere la mano. E visto che siamo in tema, siamo in ballo e balliamo, no?

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Capitolo 4
*** Four ***


Antoine ci stava dando dentro alla stragrande, la gente era a mille, poteva sentire le loro vibrazioni fin da dove si era appostato, sulla porta dello stanzino. Vedeva in lontananza il suo amico agitare le mani al cielo e di rimando, sentiva chiaramente l'ululato della folla. La brunetta che l'aveva accompagnato gli portò l'ennesimo drink. Prese il bicchiere squadrandola sornione, come quando voleva piacere a tutti i costi, e le chiese del fuoco anche se aveva l'accendino in tasca, solo per il gusto di farla avvicinare un po' a sè per aspirarne il profumo. Lei non si fece pregare e prendendo un vecchio e malandato bic dal taschino dei microshorts si portò pericolosamente vicina alla sigaretta che pendeva dalle sue belle labbra carnose. Le lunghe ciglia ombreggiavano uno sguardo molto allusivo, il sorriso diceva da solo già molto più delle parole. Il seno generoso, che la scollatura tratteneva a stento, si alzava e abbassava ad un ritmo sostenuto, come se avesse il respiro appena accelerato. Shannon esagerò con gli ammiccamenti come solo lui sapeva fare. Non potendo sfruttare il suo corpo, sul palco, era diventato una specie di maestro di sguardi. Accese la sigaretta aspirando, poi si leccò appena le labbra. Sentì chiaramente la ragazza gemere sottovoce e avrebbe scommesso qualunque cifra che se avesse deciso di osare andando oltre quell'infima barriera costituita dalla poca stoffa dei pantaloncini che indossava, avrebbe trovato un lago, lì, pronto solo per lui. La tipa era partita, in tiro, eccitata al punto giusto. Sarebbe bastato spingerla di mezzo passo oltre la porta dello stanzino, chiudere la porta e.....se lei stava mandando simili segnali senza che lui l'avesse nemmeno sfiorata, cos'avrebbe fatto quando quelle grandi mani callose avrebbero percorso il suo corpo con veemenza? Fu pericolosamente vicino a cedere alla voglia, quando con la coda dell'occhio rivide la silhouette indemoniata di Antoine. No, forse non era il caso di impiegare in una veloce sveltina con una sconosciuta le energie che aveva faticosamente accumulato per tutto il pomeriggio. Si sentiva carico come un leone e voleva regalare quella carica al pubblico che aveva pagato per assistere al suo show, non ad una inserviente della discoteca che dopo sarebbe corsa a ridarsi il rossetto e a sculettare davanti al prossimo ospite del privè. Magari più tardi, tanto lei lavorava lì e sicuramente sarebbe andata via ben dopo di lui. Sfiorò col pollice il labbro inferiore della ragazza mormorandole un "grazie" a mezza voce, oltrepassandola con un passo lungo.

Voleva respirare la folla che attorniava Antoine in consolle, voleva inziare a picchiare la batteria che avevano allestito per lui, voleva inziare il suo set. Non importava che forse non fosse ancora il suo momento, sentiva l'energia e doveva prenderla al volo. Si portò alle spalle di Mr Becks, osservando senza ancora essere pienamente visto da tutti. Com'era diverso quel pubblico, da quello che ogni sera affollava all'inverosimile i concerti della band. I ragazzi e le ragazze si muovevano sincopati a tempo della musica, senza badare, almeno apparentemente, a chi la stesse suonando in quel momento, presi com'erano da quella specie di frenesia atavica, che li catturava dentro. Certo, molto facevano gli aiutini che vedeva circolare, in forma di pillole colorate che sparivano giù in gola, annaffiate da abbondanti intrugli colorati che erano tutto tranne che analcolici. Shannon annusò discretamente il suo mojito, come preso da un leggero sospetto. Vuoi vedere che il sottile stordimento che sentiva era colpa di qualcosa che la tipa con gli shorts gli aveva messo nel bicchiere? Tutto quello che arrivò alle sue narici fu il solito odore di menta, ma non gli piacque lo stesso. Gettò il bicchiere svuotato a metà e intercettò un ragazzetto carico di bottiglie vuote chiedendo un rum e coca. Meno coca e molto rum, ovviamente. La testa gli ronzava, no, ronzare non era il termine giusto. Forse era più esatto dire che ondeggiava. Ondeggiava anche quella, al ritmo dei beats di Antoine. E tutto il suo corpo ondeggiava, in una strana danza un po' ubriaca che non mancò di catturare l'attenzione delle gallinelle che stavano riprendendo con i cellulari. In un attimo, la pista fu percorsa come da un fremito, si levarono altissime le urla che Shannon ben conosceva, i cellulari e le macchine fotografiche si spostarono all'unisono istantaneamente su di lui che continuava, imperterrito, a ballare sghembo. Arrivò il rum e coca molto rum e poca coca, mezzo bicchiere sparì in un sorso. Trasse le bacchette dal tascone dei pantaloni da pescatore che portava e iniziò a scaldarsi con piccoli colpi sui tom. Come con una bella donna, anche quando si dedicava alla batteria a Shan piaceva indulgere un po' in qualche preliminare. E quella sera, non c'era nemmeno l'adorata Christine.

Tra un colpo e l'altro, non potè fare a meno di guardare Antoine e di accorgersi, da vicino, di quanto fosse stremato ma felice. Il sudore la faceva da padrone sul suo viso, d'altronde si ostinava a suonare con addosso la giacca a maniche lunghe, ma a parte quello i suoi occhi brillavano di una luce che non sempre gli vedeva quando apriva i suoi concerti. Era veramente Mr Becks Dj, nel suo elemento. Ma qualcosa non quadrava del tutto. Antoine sembrava guardare sempre nello stesso punto del locale e i suoi sorrisi sembravano mirati, come diretti specificamente ad una persona. Le sue mosse, poi, erano come esagerate, amplificate, come a volersi far notare a tutti i costi. Shannon lo conosceva troppo bene per non accorgersi di questi cambiamenti, anche se a quel punto si poteva definire ubriaco. Aggrottò lo sguardo, quel che vedeva non gli stava facendo piacere. Quando Antoine si ringalluzziva troppo sbagliava, e Shannon non amava che si sbagliasse. Per quanto non fosse maniaco e dittatoriale come suo fratello, era pur sempre un Leto, e forse la precisione e la professionalità l'avevano tutti e due nel DNA. Per quello, e solo per quello, puntò gli occhi nella stessa direzione di quelli dell'amico, giusto per controllare che valesse effettivamente la pena di fare tutto quel teatrino. Sulle prime non vide nulla, tra il fumo e le luci che non andavano nella parte giusta. Ma poi, quasi obbedendo ad una specie di suo comando mentale, un faretto illuminò una figura alta, slanciata e flessuosa, fasciata un un top dorato che immediatamente reagì alla luce mandando bagliori infuocati nella sua direzione. Le gambe lunghe e snelle si muovevano perfettamente a tempo, sinuose, appena coperte da una minigonna nera che le stava effettivamente alla perfezione. I capelli erano raccolti, ma si vedeva benissimo che era bionda. Ah, Jared avrebbe decisamente approvato. Bella era bella, sembrava persino ai suoi occhi che normalmente non s'incapricciavano di donne dall'aspetto così sofisticato. Shannon badava più al sodo, ai seni prosperosi, ai fianchi pronunciati, magari anche non altissime, ma amava le forme. E la bella vestita d'oro non ne aveva tantissime, ma quelle che aveva erano esattamente al posto dove dovevano stare. Beveva, lei, a piccoli sorsi da un bicchiere pieno di un liquido rosa, e quando non beveva mordicchiava la cannuccia facendo sporgere la punta della lingua dalle labbra. E fissava Antoine sorridendo, dal suo posto di osservazione privilegiato che era il privè con i divanetti bianchi. Antoine e la bionda stavano flirtando in modo spudorato e a Shannon la cosa dette inspiegabilmente fastidio. Si, ok, era ubriaco e probabilmente questo aveva grande parte nella sensazione sgradevole che si era impadronita di lui. Ma non era solo quello. Appena il suo sguardo si era posato sui lustrini dorati addosso alla ragazza, aveva quasi desiderato essere Antoine, per diventare l'oggetto dei suoi sorrisi. La morettina con gli shorts era già dimenticata, se era riuscita a farglielo venir duro solo per un attimo evidentemente non era poi questo granchè. La bionda tuffò una mano nel bicchiere quasi vuoto e pescò un cubetto di ghiaccio superstite, tra quelli completamente sciolti. Iniziò a passarselo sul collo, sul lobo dell'orecchio, sulle labbra. Shannon fissava quel cubetto, e il suo percorso, e la scia bagnata che lasciava e che i fari colorati della discoteva amplificavano. Antoine faceva altrettanto, inconsapevole di essere stato scoperto e soprattutto mancando diverse volte il tempo per il giusto mix. Ecco, pensò Shannon, come volevasi dimostrare. È arrapato e sta iniziando a sbagliare. Lui, invece, perfetta macchina da guerra come era, stava iniziando ad eccitarsi a sua volta ma continuava a non mancare il colpo. Anzi, aumentava, come a voler sfogare sui tom la sensazione strana che si stava facendo strada nel suo basso ventre. Per cosa, poi? Non che la ragazza fosse questa bellezza sovrumana. Aveva visto tipe sedute sulle ginocchia di suo fratello decisamente perfette. Ma quella sensualità sottile, quegli sguardi morbidi e non volgari, quei mezzi sorrisi, quell'abbigliamento sensuale senza essere eccessivo, lo stavano prendendo. La bionda sapeva farsi notare con discrezione. E con altrettanta discrezione lui se la sarebbe volentieri scopata, se lei gli avesse permesso di metterle le dita sotto quel top d'oro.....proprio in quel momento, come se, di nuovo, le cose obbedissero ai pensieri di Shannon, il cubetto semisciolto sfuggì dalle dita di lei, finendo direttamente nella sua scollatura. Contemporaneamente, lei mancò un passo di danza, barcollando leggermente sui tacchi. A posto, disse una voce nella mente di Shan, è ubriaca anche lei. Immagini come sarebbe darle una bella ripassata da sbronzi? Quanto tempo che non lo faceva? Tanto. Le ragazzine che affollavano i suoi backstage erano troppo perfettine e astemie, prese com'erano a seguire alla lettera i dettami vegano-salutisti di Jared, il loro profeta. E in ogni caso, erano troppo ragazzine e lui nemmeno le vedeva, spesso. Questa qui, invece, era una donna, bella, sexy e imperfetta, perchè ubriaca e pure un po' maldestra. Si ricordò come in un lampo del desiderio che aveva espresso arrivando alla disco, dopo aver visto la stella cadente, e si fece scappare una risata. In quello stesso momento, la ragazza si stava passando la lingua sulle labbra senza smettere di guardare Antoine. Gli era sembrato che per un attimo avesse guardato anche lui, ma se era successo davvero e non si era sbagliato, forse era stato proprio solo un attimo. Il gioco di muta seduzione continuava e Antoine era quasi alla fine del set. La conclusione sembrava scontata.....ma se invece, da quel momento, fosse iniziata una sfida?



[UPD 27.09] Lettori e lettrici, scusate se per un po' di tempo non aggiornerò. Il lavoro mi rende impossibile ritagliarmi quell'oretta da dedicare alla scrittura! Ma non temete, la storia non è finita e l'ispirazione non manca, x cui prometto di tornare prestissimo con il seguito!

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Capitolo 5
*** Five ***


Il tetto fatto di stelle, improvvisamente, si era avvicinato tanto che a Lissa sembrava possibile stendere il braccio per poterne cogliere una, quasi fosse un fiore. Altrettanto improvvisamente, poi, si era allontanato, tornato al suo posto, irraggiungibile. E come il cielo, tutto il resto delle cose ondeggiava, si allargava e restringeva. Astemia da sempre, Lissa si rese appena conto di aver esagerato un po'. Tre cocktail e il rum bevuto in macchina erano ormai in circolo e, si disse, anche visto il luogo in cui si trovava, ormai era in ballo e tanto valeva ballare. Si guardò attorno alla ricerca di Linda, scrutando attentamente ogni angolo del privè, con gli occhi resi insicuri dal bere e dalle luci colorate che di certo non aiutavano chi era in cerca di una persona, anzi. Si rassicurò appena quando la vide sul divanetto più in ombra, buttata lì scompostamente, nè in piedi, nè seduta, nè in ginocchio. Impossibile dire in che posizione fosse, possibilissimo invece vederla con le mani nei jeans del ragazzo che era con lei, mentre quest'ultimo le stava leccando il collo e contemporaneamente le buttava letteralmente le mani sotto la gonna. Mancava veramente pochissimo e avrebbero scopato lì, sotto gli occhi di centinaia di persone. Non che fossero gli unici, dopotutto. A guardar bene, c'erano almeno un altra decina di coppie a bordo pista, ben impegnate. Lissa alzò le spalle, evidentemente in quel posto funzionava così e chi era lei per fare dei moralismi? Con tutto quello che aveva bevuto, non ne sarebbe comunque mai stata in grado. Girò le spalle a Linda e al suo amico. Con la sua compagna d'avventure fuori gioco, doveva focalizzare l'attenzione altrove per divertirsi. Cercare uno scopo, un complice o una vittima. Pescò nel bicchiere un cubetto di ghiaccio e iniziò a succhiarlo, voluttuosamente, incurante dell'acqua gelida che colava a rivoletti dagli angoli della sua bocca, guardando la consolle. Complice o vittima, Lissa aveva scelto Mr Becks perchè come al solito, quando doveva puntare a qualcosa, lei iniziava sempre dall'alto. E cosa c'era più in alto, in un posto come quello, del dj? Seppe di aver azzeccato la mossa quando gli occhi di Becks si puntarono nei suoi. Un brivido di soddisfazione le percorse la schiena, come sempre quando iniziava a pregustare il sapore di una vittoria. Non era una mantide o una gatta morta, Lissa, ma le piaceva piacere, come a tutte, e non lo nascondeva. I tacchi la tradirono in più di un'occasione, ma Becks sembrava non notare quelle imperfezioni, anzi, ne sembrava ancora più deliziato. Le sembrò naturale, ad un certo punto, vederlo gettare via le cuffie e saltare giù dalla consolle come se la causa fosse lei e non, come era più logico, che il suo set fosse finito e fosse ora di cedere la scena al batterista che per tutto il tempo se n'era stato accanto al mixer a suonare e a sbirciare l'amico che guardava lei. Un triangolo decisamente non dei più normali.

Lissa vide Becks scendere e prendere al volo una birra da un vassoio che passava di lì per caso, poi lo perse. La folla, al comparire del batterista, era triplicata e impazzita, i flash scattavano tutti all'unisono, le ragazze spingevano per avvicinarsi alla consolle e in tutto questo, il batterista picchiava a tempo e sorrideva, come un divo. Lissa lo conosceva, era Shannon Leto dei 30 Seconds to Mars, un gruppo che piaceva molto a Linda ed era per questo che l'amica l'aveva portata lì. Solo che in quel momento, molto probabilmente, Shannon era l'ultimo dei pensieri di Linda. Anche Lissa li aveva ascoltati qualche volta, ma non li aveva mai trovati particolarmente eccezionali. Ed era abbastanza sicura che Becks comunque non facesse parte del gruppo. Guardò il batterista contenta di poterlo osservare dal disopra di quella folla di mani alzate: era un ometto piccolo ma ben piazzato, i muscoli definitissimi lasciati liberi a guizzare di sudore dalla maglia smanicata. Portava grandi occhiali da sole ma si intuiva al di sotto di essi che aveva un'espressione del viso divertita, contento di trovarsi così al centro dell'attenzione. Shannon sorrise e Lissa ebbe una specie di tuffo al cuore nel focalizzare quelle labbra carnose distendersi arricciandosi appena, rivelando dei denti bianchissimi e perfetti. Il genere di sorrisi che uccidono, pensò. Proprio in quel momento, una bottiglia di birra entrò nel suo campo visivo ad oscurare consolle, batterista, ragazzine urlanti e tutto quanto. Lissa si girò di scatto quasi cadendo dalle scarpe e finendo dritta dritta in braccio a chi le stava tentando di offrire da bere. Becks, ovviamente, che la prese al volo e le sorrise. Yay, ho vinto, pensò lei, assaporando la sensazione di quelle mani che la stringevano ai fianchi anche se ormai si era rimessa in piedi stabilmente, o quasi. Accettò la birra riprendendo a ballare, abbracciando il ragazzo perchè facesse lo stesso seguendo il suo ritmo, pericolosamente vicino. Si, si stava decisamente divertendo un mondo e Becks da vicino era anche più carino. Si abbracciarono continuando a ballare, l'intesa stabilita da lontano, ora che potevano toccarsi era decisamente migliore. Lissa beveva e ballava, godendosi la sensazione di calore che il corpo di Becks così vicino al suo le provocava. Non le importò di fermarlo quando lui scese a baciarle i lobi delle orecchie, nè fece niente per impedire che le sue mani sui fianchi risalissero a toccarle il seno. Le piaceva. Non intendeva baciarlo o fare quello a cui si stava dedicando Linda, certo, voleva solo giocare un po' e Becks era perfetto. Non si erano nemmeno ufficialmente presentati, ma non era necessario.

Becks prese la ragazza in braccio, una bella scusa per toccarle il sedere, e le fece fare una mezza piroetta. La ragazza lanciò un urletto e atterrò sempre più malferma, di smetterle di tenerle le mani addosso lui non ne voleva sapere. Lissa mise le mani sulle spalle del suo improvvisato cavaliere, per tenere l'equilibrio, e lo sguardo le cadde alle sue spalle. Shannon non smetteva di guardarli, era un'attenzione costante, continua. Lei e Becks si stavano ostentatamente strusciando una all'altro sotto lo sguardo del batterista. Lissa non poteva vedere i suoi occhi, ma immaginò dalla sua espressione che forse anche lui aveva voglia di unirsi, ma il suo ruolo, in quel momento, non lo permetteva. La mano di Becks stava salendo a percorrerle la coscia destra, sempre più su fino ad sfiorare il perizoma, le labbra incollate alla sua clavicola sinistra. Era eccitato, si sentiva dalle piccole spinte che le dava col bacino per fare in modo che lei si appoggiasse alla ringhiera del privè. E una volta che lei l'avesse fatto, lui le avrebbe piazzato un ginocchio in mezzo alle gambe per tenergliele aperte. Già lo sapeva. Tutte riflessioni che Lissa fece nello spazio di un secondo, guardando Shannon che guardava lei e si mordeva le labbra. E poi se le leccava, passandosi la lingua da destra a sinistra lentamente, sensualmente, quasi esasperante. Lissa lo vide accendersi una sigaretta e poi bere, suonare la batteria e mixare i dischi, con calma e professionalità, ma sempre senza perdersi un singolo movimento delle mani dell'amico sul suo corpo. Che diamine, pensò, se adesso me lo portassi su qualche divanetto e me lo scopassi, che farebbe lui? Ci seguirebbe e si metterebbe a guardare? Ma che razza di pervertiti ci sono nel mondo dello spettacolo? Il pensiero la fece rabbrividire, ma non solo di disagio. Improvvisamente si rese conto di sentirsi languida, con le ginocchia molli e una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Sentiva il perizoma inumidirsi sempre più e non era di certo sudore. Forse erano le dita di Becks che erano arrivate proprio lì a stuzzicarla, o forse erano gli occhi di Shannon che la stavano indagando senza che lei potesse nemmeno vederli. La serata stava prendendo una piega troppo strana, pensò Lissa staccandosi da Becks. In ogni caso, era ancora presto per concluderla in qualsiasi modo, per cui tanto valeva giocare ancora un po'. Meglio lasciare aperte tutte le porte, prima di decidere quale imboccare e chiudersela dietro le spalle.

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Capitolo 6
*** Six ***


Come ad Ibiza, come in Germania, come a Parigi, come a Los Angeles, ovunque lui andasse, la festa prendeva sempre "quella" piega. La gente ballava, sudava, si divertiva e lui adorava vederli sorridenti, persi nel ritmo, anche un po' fatti, ma pieni di voglia di vivere e di godersi ogni momento. Un po' come faceva lui, che non pensava mai due volte alla stessa cosa senza finire per farla. Ed un pensiero più o meno simile lo attraversò quando intercettò la mano di Antoine sul culo sodo di quella fatina bionda. Sapeva che aveva tanta voglia di fare lo stesso, quasi di essere il suo amico. Il che era comico, visto che solitamente non faceva altro che ripetersi quanto fosse fortunato ad essere sè stesso. Shannon faceva scorrere le dita sul vinile dei dischi e sulla plastica dei cd, desiderando invece di sentire sotto i polpastrelli la pelle setosa e umida di lei. Vide, o credette di vedere, Antoine che la prendeva per mano e la portava via. Eh, bravo, pensò, ovviamente adesso andrà da qualche parte a concludere. Ovvio, mentre io son qua a far ballare la gente, lui si concede gli spettacoli privati. Non c'era astio in quei pensieri, solo una punta di amarezza. Se solo l'avesse vista prima lui, se solo non avesse perso tempo con la tipa della sigaretta....Passò un tempo indefinibile. Shannon lo avrebbe misurato contando i dischi che mixava, ma in quel momento si sentiva staccato dal mondo e dalla situazione che stava vivendo, era una specie di robot, lavorava e basta, tutto gli scivolava addosso come le gocce di sudore gli lucidavano gli avambracci. Tutto quello che voleva era strappare dalle braccia di Becks quella stella per poterla avere tutta per sè. Stella....gli tornò in mente il desiderio espresso dopo aver visto la scia di fuoco nel cielo. E la consapevolezza che, a volte, il destino va aiutato. Fece un cenno a Braxton indicando la consolle, ben sapendo che l'hawaiano stava aspettando solo quello, e infatti saltò su mettendosi le cuffie con una foga che gli ricordava sè stesso tanti anni prima. Braxton viveva della loro luce riflessa, e come sempre aspettava che loro uscissero di scena anche solo per un momento per prendersi il suo quarto d'ora di celebrità. Shannon sapeva che avrebbe cambiato la musica, virando più sul reggae che era il suo genere, ma non gli importava minimamente, che mettesse anche la musica classica. Voleva trovarla.

Si girò sui tacchi, accendendosi un'altra sigaretta, senza guardare. Colpa degli occhiali da sole nel buio pesto, colpa della distrazione, ma i fluire dei suoi pensieri fu interrotto bruscamente da un urletto di dolore che lo riscosse. Nel giro di un minuto aveva combinato ben tre guai. Era andato addosso ad una malcapitata che gli stava dietro, dandole un pestone su un piede e una spallata che l'aveva fatta finire a terra. Come se non bastasse, il quadretto era completato con una bruciatura di sigaretta sul dorso della mano. Guardò in basso e stentò a crederci. Lì ai suoi piedi c'era una gonna nera, un top dorato e una coda di capelli biondi che non sapeva se tenersi la caviglia o soffiarsi sulla mano che iniziava ad arrossarsi. La ragazza alzò lo sguardo con un'espressione a metà sorpresa e arrabbiata, pronta a inveire contro la montagna umana che l'aveva travolta, quando vide che non era affatto un gigante e allora sorrise, illuminandosi. Shannon sentì il cuore accelerare i battiti. Era lei. In quella sera magica, i desideri facevano a gara per avverarsi, l'aveva pensata e voluta e ora il caso gliel'aveva portata lì. Antoine stava urlando al telefono poco più in là e Shannon comprese tutto in pochi secondi: sicuramente Becks l'aveva portata nel privè per farla stare nel posto più esclusivo e vip di tutta la discoteca, per impressionarla e farla cedere più facilmente, per giocarsi meglio le carte della seduzione, fino a che non gli era squillato il cellulare e aveva dovuto allontanarsi per poter sentire qualcosa. Poi la discussione si era accesa e prolungata e lei, invece di andarsene, era andata dritta dritta a piazzarsi dietro di lui. Tutto questo era così perfetto da sembrare comico. Sorrise di rimando alla biondina che era ancora a terra e le tese la mano. Una scossa particolare e piacevole lo percorse appena lei l'afferrò, puntando i piedi per rialzarsi, e senza lasciarle la mano, l'attirò a sè per parlarle nell'orecchio, per essere sicuro che lei sentisse, Un profumo di vaniglia lo colpì direttamente al cervello, quella ragazza lo stava mandando al manicomio. Alzò la voce per quel che poteva, le disse di seguirlo che l'avrebbe portata nello stanzino almeno per poter mettere un po' d'acqua fresca sulla mano e lei annuì, senza smettere di sorridere. Non era sicuro che lei avesse capito, se per la musica altissima o se per la lingua che di certo non era anche la sua, ma ad ogni modo lei si fece docilmente portare da lui attraverso la folla di persone e poi il corridoio, fin oltre la porta. La stessa porta che una volta chiusa attutiva i rumori dell'esterno, e lei non smetteva di guardarlo e di sorridere. Shannon non potè non pensare a quanto fosse bella. Le guance le si erano colorate naturalmente di una sfumatura di rosa che nessun makeup avrebbe mai potuto riprodurre. Gli occhi le brillavano. E Shannon pensò di poter osare, leggendo in quello sguardo il 'via libera' che stava cercando. Prese una bottiglietta d'acqua dal tavolino, l'aprì e le prese la mano dove la bruciatura si stava infuocando sempre di più. Versò l'acqua a poco a poco, delicatamente, per non farle ancora più male. Godeva di quel piccolo contatto con quella manina perfetta, caldissima.

Come in una specie di trance, si tolse gli occhiali e si avvicinò quella mano al viso, sfiorando delicatamente la bruciatura con le labbra. Come con i bambini, voleva forse fare in modo che un po' del fastidio andasse via...ma non fu un effetto calmante, quello che ottenne. Alzò appena gli occhi cercando ancora in lei l'approvazione, e la vide smettere di sorridere, vide i suoi occhi farsi più grandi, sentì il suo braccio prima irrigidirsi per poi rilassarsi e capì che poteva anche andare avanti. Le girò il palmo verso l'alto e lo baciò delicatamente, per poi passare la punta della lingua tra le dita. Chiudendo gli occhi, diede un piccolo morso alla punta del suo dito indice. Con l'altra mano, quasi bruscamente, la prese per la vita e l'attirò a sè, non incontrando la minima resistenza. Le baciò il polso, morbidamente, poi l'incavo del gomito, allo stesso modo, le sfiorò il collo e s'impossessò delle sue labbra. Aveva visto che Antoine non era riuscito a baciarla, mentre lui aveva avuto bisogno di qualche minuto appena. Non lo pensò per congratularsi con sè stesso, quanto per notare che tutta la ritrosia che lei aveva mostrato col suo amico era improvvisamente scomparsa. Shannon la strinse, percorrendo il suo corpo minuto con le sue grandi mani e contemporaneamente sentendo le unghie di lei sfiorarle la nuca mentre lo attirava a sè, approfondendo il bacio. Nella danza delle lingue che si cercavano, trovandosi e poi sfuggendo, il desiderio cresceva inesorabile, verso il punto di non ritorno. Lei si sedette sul tavolino, aprendo le gambe. Shannon intravide il pizzo nero del suo perizoma e credette di stare sognando, mentre lei gli stringeva i glutei per indurlo ad avvicinarsi. Non si vergognò minimamente di essere eccitato e vide lo sguardo della bionda accendersi di desiderio quando la sua erezione raggiunse il centro delle sue gambe. Tra un bacio e l'altro, lei si mordeva le labbra, il respiro accelerato, sollevando i fianchi. Sembrava impossibile che solo mezz'ora prima lei fosse irraggiungibile, lontana, dall'altra parte di quel piccolo mondo, al centro delle attenzioni insistenti di uno dei suoi migliori amici. E in quel momento, invece, era pronta a sciogliersi come burro caldo sotto le sue mani, i suoi baci, le sue carezze. Era come se Shannon conoscesse quel corpo da sempre, ogni gesto strappava alla bionda un sospiro che lo eccitava ancora di più. Le prese le gambe avvolgendosele intorno alla vita, per sentirsi quasi intrappolato, perso in quella morsa di passione pura. Scorrendo i palmi su e giù sulle sue cosce sorrise, vedendo che ogni gesto lasciava dietro di sè una scia di pelle d'oca, mentre i capezzoli facevano capolino tra i lustrini dorati. Lui pensò a come sarebbe stato poterglieli accarezzare con la lingua, mentre le dita correvano lì nel posto più caldo, oltre il bordo del pizzo nero. Sospirarono all'unisono. Per essere due che fino a due ore prima non si erano mai visti nè conosciuti, stavano andando veramente alla grande.

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Capitolo 7
*** Seven ***


Uno stupido cellulare che improvvisamente aveva iniziato a suonare insistente, nel bel mezzo della serata. Ecco cosa, in fondo, l'aveva portata a Shannon. Se Becks non avesse ricevuto quella chiamata, se non fosse stata importante, forse lei non avrebbe mai avuto il coraggio di avvicinarsi così tanto alla consolle. Avrebbe pomiciato ancora un po' con il suo nuovo "amico" e poi si sarebbe stufata e se ne sarebbe andata in cerca di Linda e dell'uscita da quella bolgia infernale di ormoni e sudore. E invece no. La telefonata, lei che rimaneva sola, tutto si era trovato a combaciare. E ora Lissa, che cercava una vittima per i suoi giochetti, era caduta preda della caccia di quel piccoletto così sensuale. Non c'era rimorso alcuno, nel suo sguardo, nè altro che non fosse puro languore: tutto quello che voleva era lasciarsi andare a quelle mani esperte che la toccavano lì dove lei desiderava, pur non conoscendola affatto. E lei, quasi si sentiva in dovere di ricambiare quelle sensazioni, motivo per cui inziò ad infilare la punta delle dita nei jeans assurdi dell'uomo che le era di fronte. Trovare il bottone fu un attimo e ancora più semplice far scendere la lampo. Non voleva spogliarlo, solo....approfondire il contatto, forse. Mentre lo baciava appassionatamente, tra un sospiro rotto dal desiderio e uno sguardo carico di lascivia, si rese conto di non essere veramente sicura di voler arrivare alla fine, con Shannon. Era in fondo una ragazza dai sani principi, mai nella vita si sarebbe fatta scopare da uno sconosciuto in discoteca, così, senza dire nemmeno "ciao come stai". Mai nella sua vita si sarebbe ubriacata fino a perdere il lume della ragione. Mai nella sua vita avrebbe detto di riuscire a perdersi così in un paio di occhi verde-nocciola, tagliati quasi all'orientale, in delle labbra piene, morbide, sensuali ed esperte. Tutto era così lontano da quello che aveva vissuto finora....il cervello di Lissa non rispondeva quasi più. L'alcool, le sensazioni esplosive, il caldo, l'aria che odorava di sudore e sesso avevano innescato una specie di autopilot. Fin dove Lissa riusciva a sentire la pelle di Shannon, lì si spingeva con le mani, con le labbra, con tutto il corpo, in ogni modo possibile. Si vide dal di fuori accarezzargli il membro eretto e pulsante come mai aveva fatto con Paul nè con nessun altro prima, si vide gettare la testa all'indietro sospirando e gemendo, si vide aprire le gambe ancora di più per accoglierlo lì dove ben pochi erano riusciti ad arrivare, e comunque tutti non senza grande fatica.

Seppe che Shannon aspettava solo quello quando sentì un gemito uscire dalle sue labbra saldamente premute sul suo lobo, quando la sua lingua le accarezzò la nuca quella volta in più lentissimamente. Lei volle ricambiarlo tracciando i contorni di quella triad che lui portava incisa sul collo con un percorso di baci leggeri, quasi soffiati, mentre, sempre come vedendosi dal di fuori, percepì appena che le dita di Shannon le stavano scostando il perizoma e l'inevitabile era ormai a un passo. Passo che Lissa vide appena, prima di percorrerlo con l'iniziativa che lei stessa prese, stringendo i glutei del batterista con veemenza improvvisa. Fu un attimo, ma un attimo meraviglioso. Si sentì subito proiettata verso l'apice del piacere con una violenza disarmante, sentì l'ultimo bagliore di razionalità abbandonarla d'un tratto, sentì che l'unica cosa che in quel momento desiderava era poter urlare il nome di Shannon mentre lui la penetrava, la scopava, la faceva godere e godeva insieme a lei. L'orgasmo esplose nel suo cervello con la potenza di mille nebulose, le stelle che Lissa vide cadere le ricordarono quella che aveva scorto prima di uscire, mentre si preparava a quella che era iniziata come la solita serata e si era trasformata nella più assurda follia della sua breve vita. Durò un attimo o forse secoli, minuti che ormai avevano perso qualsiasi connotazione temporale, scanditi solo dai loro respiri ora lenti, ora affannosi, ma sempre in sincrono, guidati solo dalla voglia e dalla passione.

Shannon si staccò da lei con un sorriso e un'ultima carezza. Era stravolto. L'adrenalina accumulata durante la performance l'aveva portato a sfogarsi su di lei in una maniera quasi brutale. Non che Lissa avesse disdegnato, anzi, anche se i segni rossi sulle sue cosce e sul collo potevano far pensare il contrario. Ma in quel momento, niente sembrava importare. Si scambiarono un sorriso complice mentre si risistemavano e Lissa, bevendo un po' d'acqua dalla stessa bottiglietta di prima, iniziò a recuperare un po' di sè. Guardò Shannon gettare occhiate nervose alla porta e immaginò che lui dovesse, in qualche modo, ritornare al suo posto. Perchè in fondo era stato pagato per suonare e non per sollazzarsi con chicchessia, riflettè. Sorrise ancora e con un cenno del capo indicò la porta: non voleva che lui si sentisse in obbligo di restare con lei, se doveva andare, se il suo posto era altrove. Rimase però sorpresa di vedere che Shannon le tese di nuovo la mano, aspettando che lei la prendesse, per rituffarsi nella folla insieme. Accettò con slancio, lanciandosi giù dal tavolo dove ancora era seduta e sistemandosi al volo gonna e capelli: per fortuna aveva deciso di legarli così strettamente che non si erano sconvolti più di tanto. Se nessuno avesse fatto caso ai suoi occhi scintillanti e alle sue guance arrossate difficilmente avrebbe potuto indovinare quello che era appena successo. Lui aprì la porta lasciando che il boato della discoteca li avvolgesse, li stordisse, li sorprendesse insieme ancora mano nella mano. La lasciò solo al termine del corridoio, già entrambi in consolle. Lissa vide il suo profilo perfetto incorniciato dall'ennesimo sorriso disteso e soddisfatto, mentre toccava Becks su una spalla e scambiava con lui un cenno d'intesa. Pochi secondi dopo, le bacchette erano tornate a mulinare sulle pelli tese dei tamburi perfette e a tempo come sempre, più di sempre. Lissa sentì una piccola lacrima affiorare agli occhi, appena pungente, e subito la scacciò. Perchè piangere? Perchè lui ti ha scopata e poi è ritornato alla sua vita come niente? Lo avresti fatto anche tu. Perchè è durato lo spazio di un respiro? Non avresti permesso che durasse di più. Perchè non ti ha chiesto il tuo nome, nè il numero di telefono? Non glieli avresti comunque dati. E allora perchè piangere, e perchè proprio lì, si chiese ancora mentre deglutiva scacciando lacrime e magone? Forse perchè quando ti affacci al limite della perfezione, resti così abbagliata da quello che vedi che hai paura che ritornando in te tu possa in qualche modo dimenticarla, o considerarla un sogno, qualcosa di non vissuto. Ma Lissa sapeva che non poteva essere così. Un graffio sulla pelle tenera del suo braccio le ricordò che era successo tutto sul serio. Quel graffio l'indomani sarebbe guarito, senza lasciare nessuna cicatrice...tranne che dentro di lei. Shannon le era entrato dentro, e non solo nel senso letterale del termine. Lì dove nessuno l'avrebbe mai scalzato, nemmeno in un milione di anni.

Lissa inziò a scendere i gradini del privè dove era la consolle lentamente, facendosi largo a piccole spinte nella folla di ragazzine che ancora premevano per fotografare, filmare, guardare. Sembrava veramente che nessuna di loro si fosse accorto dell'assenza di Shannon e più ancora che quell'assenza era stata dovuta al trascinarsi nel retro una coda di capelli biondi. La stessa coda che adesso spintonava per allontanarsi come niente fosse. Beh meglio così. In fondo alle scale, Lissa si girò indietro a guardarlo una volta ancora e così lo vide, incorniciato da una luce verde-azzurra, bello e quasi imponente, passare con grazia dal mixer alla batteria, elargendo cenni, ammiccamenti e sorrisi alla folla adorante. Le piacque. Quello era lo Shannon che lei voleva ricordare. Gli soffiò un bacio dalla punta delle dita e gli voltò le spalle. Non sapeva realmente che ora fosse, ma era in ogni caso l'ora di trovare Linda e andare via.

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Capitolo 8
*** Eight - last ***


La serata era ormai al suo culmine, niente avrebbe potuto spezzare quell'incanto perfetto. Tutto era come programmato per andare bene, la gente che rispondeva alla grande, la musica che prendeva bene, Antoine ispirato più che mai. Il cielo che era un dolce tappeto di stelle ad incorniciare un quadro di quelli che vengono fuori veramente solo una volta ogni tanto. Shannon si lasciava lusingare da questi pensieri mentre riprendeva le ragazze che sembravano impazzire ad ogni suo minimo movimento. Avrebbe postato i filmati su Twitter, più tardi. E forse li avrebbe guardati anche lui con attenzione, una volta di più, magari sperando di intravedere un luccichio di lustrini dorati in mezzo alle braccia abbronzate protese verso di lui. L'aveva vista, eccome. Incedere fiera e decisa, senza voltarsi indietro, allontanarsi in fretta dalla consolle e da lui. E, ammise a sè stesso mentre passava un cd ad Antoine, aveva provato una stretta al cuore. Non sapeva dire realmente perchè; era diverso tempo che non gli capitava di essere il sex toy di qualcuno. Come se lei lo avesse realmente trattato da sex toy. Ma no, aveva condotto le danze dando l'impressione che fosse lui a farlo, con discrezione, dolcezza, classe. Ebbe voglia di ripetere l'esperienza. Ebbe voglia di correrle dietro, afferrarla per un braccio, metterle in mano un bigliettino col suo numero e invitarla per un caffè, il giorno dopo. Ebbe voglia di sapere il suo nome, di respirare solo un'altra volta il suo profumo per imprimerlo nella memoria. Ma quando alzò gli occhi, tutto quello che vide furono mani, centinaia di mani alzate al cielo a sottolineare la sua musica, ad applaudirlo, a ringraziarlo. Pazienza, si disse, il destino dà e il destino toglie. E anzi, forse era stato fin troppo fortunato nel vedere il suo desiderio delle stelle espresso la prima volta in cui era venuto a conoscenza della tradizione. Si sarebbe detta la fortuna del principiante. Aveva chiesto alla meteora una serata perfetta, una donna da fargli girare la testa, un'emozione forte. Aveva avuto tutto. E adesso, era già cominciato quel "dopo" che conosceva fin troppo bene, quelle regole non scritte che scandivano i ritmi umani da tempi ancestrali. Seppe nell'istante in cui credette di vederla varcare la porta dell'uscita che non l'avrebbe rivista mai più. Forse non era lei, forse era solo qualcuna che le somigliava e chi avrebbe potuto dirlo con certezza, vista la mole di gente che quella sera affollava il locale, ma ad ogni modo Shannon lo sentì chiaramente. Avrebbe ricordato la biondina e quel loro amplesso da manuale nei suoi sogni ancora per molto tempo. Ma i sogni sarebbero stati tutto ciò di cui avrebbe dovuto accontentarsi. Sorrise, ma di un sorriso amaro. I flash si centuplicarono per immortalare la chiosa di denti bianchi e perfetti che facevano capolino dalle labbra carnose. Domani è un altro giorno, pensò. Il primo della mia vita senza te.

***

Lissa si svegliò con un cerchio alla testa di quelli epocali. Non ricordava l'ultima volta che si era sentita così rintronata. Anche i ricordi della sera prima si affastellavano nella sua mente come ovattati di nebbia. Linda che l'accompagnava e poi spariva col tizio, il dj biondino, lui che la portava nel privè e Shannon che....Shannon che con un tocco delle sue dita la portava dritta al paradiso e ritorno. Shannon che le sorrideva, Shannon che la baciava, Shannon che....l'aveva fatta godere. Questo si, lo ricordava benissimo. Come ricordava abbastanza bene l'aver trovato Linda in apprensione che la cercava per tutta la discoteca, una scusa inventata per giusitificare la sparizione, lo sbattersi finalmente in macchina togliendosi le scarpe, il tragitto silenzioso del ritorno. Linda l'aveva aiutata a rimettersi a letto salutandola con un "ci vediamo domani". E domani era arrivato. Il domani più importante della sua vita, si sarebbe detto, il più felice, le avevano augurato, se non fosse che in termini di importanza e di felicità era il suo ieri ad essere diventato il termine di paragone. Questo pensiero non le piacque e una fitta appuntita sembrò pungerle le tempie quando aprì gli occhi. La stanza era già piena di sole. Il sacco nero era appeso all'anta dell'armadio. Non ricordava assolutamente di averlo tirato fuori, ma immaginò immediatamente che la madre di Paul aveva fatto un rapido raid nella stanza mentre lei non c'era. E infatti, anche le scarpe erano allineate precisamente poco lontano. L'occorrente per il trucco sul tavolinetto. Poco lontano, in una scatola, qualcosa di prestato, qualcosa di nuovo e qualcosa di blu: un paio di orecchini di perle che erano stati di sua madre, una cavigliera di argento da parte di Linda e un fiore di seta color cobalto da appuntare nell'acconciatura. Le danze stavano per iniziare quasi senza la prima ballerina. Si alzò ancora un po' malferma, aprendo la cerniera del sacco: aveva indossato e provato quell'abito decine di volte negli scorsi mesi, ma fu come vederlo per la prima volta. Riflettè sul suo significato, sul fatto che di lì a poche ore avrebbe sposato Paul davanti a tutti i loro amici e parenti, quando solo la sera prima era stata tra le braccia di Shannon, scossa dai gemiti, pervasa dal piacere puro, ad un passo dalla più totale follia dei sensi che avesse mai potuto immaginare. Le venne in mente quella scena di "Runaway bride", quando Julia Roberts gira il cavallo e scappa via dal quasi marito che l'aspetta davanti al prete. Ebbe quasi voglia di fare lo stesso. Accarezzò la seta impalpabile, leggera, leggera come era stata lei stessa quella notte, piccola farfalla delicata tra le braccia possenti del batterista. Sfiorò con le dita le perline che intarsiavano la scollatura, e le sembrò di vedere gli occhi buoni di Paul. Per quanto tempo non aveva pensato a lui, illudendosi quasi che non esistesse? Paul meritava davvero tutto questo? Meritava di sapere che la sua quasi moglie aveva trascorso il più eccitante degli addii al nubilato facendosi scopare da una rockstar? No, probabilmente no. Lo stomaco le fece una capriola, ma forse non era ancora la fame, anche se non sapeva più quante ore erano passate dall'ultima volta che aveva mangiato. Si girò verso la finestra a guardare i profili dei tetti già arsi dal sole di agosto. Altri vetri, altre finestre scintillavano baciate dai raggi, come rare gemme metropolitane. Chissà dove erano cadute tutte le stelle della sera prima. Chissà la sua, quella a cui aveva affidato quel desiderio, a cui aveva chiesto un aiuto, un consiglio su cosa fare. La stella l'aveva portata dritta tra le braccia di Shannon, ne era certa. Era stata la sua risposta. Ma Lissa, sempre caparbia, aveva fatto di nuovo di testa sua. Depose delicatamente l'abito da sposa sul letto e chiuse gli occhi. Immediatamente vide gli occhi di Shannon, risentì nelle sue narici il suo profumo, immaginò di provare il calore del suo respiro sulla sua pelle. Ma fu un attimo. Deglutì e sentì in gola un sapore amaro, come la prima bruciante sorsata di quel rum che aveva dato inizio a tutto. Sembrava quasi l'umiliante sapore della resa, della rinuncia. Il domani era arrivato, il primo della sua nuova vita. Il primo...senza lui.

T*H*E*E*N*D

E siamo alla fine. Volevo ringraziare TUTTI quelli che sono inciampati nella mia storia anche per sbaglio, l'hanno letta e l'hanno apprezzata, anche se non l'hanno commentata. Non mi importa, mi basta sapere che vi ho regalato anche solo una piccola emozione. Grazie per la pazienza, perchè star dietro a una FF iniziata ad agosto (e doveva essere la one shot per il concorso dell'estate, si, come no) e finita a gennaio penso sia stato veramente snervante. Grazie a chi ha avuto la costanza di aspettare i miei aggiornamenti. Grazie a Shannon, per essere sempre così Shanimal, fonte costante di ispirazione in ogni senso. E last but not least, grazie a Lissa. Lei sa.

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