Your reflection I've erased

di Hurricane_lexis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1: Run! ***
Capitolo 2: *** Chapter 2: Lost! ***
Capitolo 3: *** Chapter 3: Revelations. ***
Capitolo 4: *** Chapter 4: Friendship or Love? ***
Capitolo 5: *** Chapter 5: Decisions. ***
Capitolo 6: *** Chapter 6: For truth, for love, for my desire... ***
Capitolo 7: *** Chapter 7: Flames ***
Capitolo 8: *** Chapter 8: No, this is not a game. ***
Capitolo 9: *** Chapter 9: Between Heaven and Hell. ***
Capitolo 10: *** Chapter 10: I'm not running from you. ***
Capitolo 11: *** Chapter 11: A heart beat... a heart beat... I need a heart beat. ***
Capitolo 12: *** Chapter 12: Gocce di memoria. ***
Capitolo 13: *** Chapter 13: Back to December. ***
Capitolo 14: *** Chapter 14: As long as you're there. ***
Capitolo 15: *** Chapter 15: Breathe and lie. ***
Capitolo 16: *** Chapter 16: Don't you remember? ***
Capitolo 17: *** Chapter 17: From this moment on. ***



Capitolo 1
*** Chapter 1: Run! ***


Iniziai a correre sotto l’inaspettata pioggia estiva di Los Angeles. Correvo talmente veloce che riuscivo ad udire solo il rumore del mio fiatone. Mi facevo largo tra la gente e non mi fermavo nemmeno per prendere aria. Non potevo perdere tempo. Dovevo raggiungerlo prima che partisse. Dovevo chiedergli scusa per il modo in cui mi ero rivolta a lui. Dovevo esternargli i miei sentimenti, anche se ciò significava perderlo per sempre come amico. Non sapevo a che ora avesse il volo. Aveva provato a dirmelo, ma non lo avevo affatto ascoltato, dopo che mi aveva detto che provava qualcosa per me e che però doveva partire per un altro tour, che sarebbe durato circa un anno. Aveva detto che era necessaria un po’ di distanza, perché non si era mai legato davvero ad una ragazza seriamente e perciò doveva riflettere sul da farsi. Come se potessi aspettarlo in eterno. Come se quella distanza di cui mi parlava non potesse ferirmi. Oh sì che era un egoista bastardo! Io ero diventata furiosa perché trovavo assurdo che mi dicesse che credeva di provare qualcosa per me e che per esserne certo doveva stare via per più di un anno.
« Charlie, devo parlarti di una cosa importante che non credo di riuscire a tenermi ancora dentro.» Così Jared cominciò il suo discorso quando qualche giorno prima piombò improvvisamente a casa mia. «Jared, ma non dovevi prepararti per partire? È successo qualcosa di grave?» Lo accolsi, spiazzata dalla sua improvvisa visita. « No, non è successo nulla. Ma prima di partire devo dirti questa cosa altrimenti impazzisco.» Era inquieto. È vero che non lo vedevo da anni e che ci eravamo ritrovati dopo anni di lontananza, ma non lo avevo mai visto in quello stato. Eppure lo conoscevo bene.
« Jay, cosa c’è? Mi stai spaventando.» Dissi, avvicinandomi a lui e accarezzandogli il braccio. Lui continuava a fissare per terra, come se cercasse di prendere coraggio. D’ un tratto, però, si decise ed alzò lo sguardo, fissandomi dritto negli occhi. Il blu del suo iride mi catturò completamente, come mi accadeva ogni volta che i nostri sguardi si incontravano. «Charlie, io sento di provare per te qualcosa di più che una semplice amicizia.» Quelle parole mi piombarono addosso come se fosse una doccia di acqua fredda. D’istinto, mi allontanai. 
«Come?», dissi, senza fiato.
«Sì, hai capito bene. Per me non è facile confessarti questo, ma non ce la facevo a tenermi tutto dentro e, siccome tra qualche giorno parto …»
«E, siccome tra qualche giorno parti, volevi liberarti la coscienza.», lo interruppi bruscamente. «Cosa stai dicendo, Jared?», non capivo dove volesse andare a parare.«Ti sto semplicemente esternando ciò che sento. Per me non è facile e, dato che forse tu non provi le stesse cose, volevo starmene un po’ per conto mio e, quindi, spiegarti il perché di questo viaggio.» Era confuso ed io con lui.
«Aspetta un attimo. Mi stai dicendo che il motivo del tuo viaggio non è il lavoro, ma sono io? O meglio ciò che provi per me?» Chiesi conferma, stranita e un tantino alterata.
«Charlie, cerca di comprendermi. Non si tratta solo di lavoro, ma ho bisogno di capire se ciò che provo per te è così forte e intenso da mettere a repentaglio la nostra amicizia. In fondo tu sei sempre la mia piccola Charlie. La ragazza con cui ho trascorso tutta la mia infanzia. Ci tengo alla nostra amicizia.» Mi diceva, cercando di spiegarmi come stava la situazione. «Jared, come puoi dirmi che provi qualcosa per me e poi dirmi che, contemporaneamente, senti l’esigenza di allontanarti da me?! E poi perché non me ne hai parlato prima?» Continuavo a ripetergli sempre confusa.
«Sono stato uno stupido, lo so. Ma … ma non puoi capire …» Jared vaneggiava.«Come sarebbe che non posso capire? Jared, smettila di trattarmi come una stupida!»
La conversazione poi degenerò. Gli urlai di sparire perché con le sue parole mi stava solo ferendo e lui andò via.
A quest’ora poteva essere già su quel dannato aereo ed io l’avrei perso per sempre, ma dovevo rischiare. Non potevo permettermi di sostenere altri rimorsi.
Superai il parco e scansai qualche auto che, accidentalmente, stava per farmi secca. Ed eccolo lì. Vidi da lontano il palazzo nel quale si trovava il suo appartamento. Sul mio viso spuntarono in contemporanea un sorriso e delle lacrime, le quali andarono a fondersi con le gocce di pioggia che solcavano il mio volto.
Su, Charlie. Ci sei quasi. Puoi farcela. Continuavo a ripetermi, pregando che lui non se ne fosse già a andato. Trovai il portone aperto e salii in fretta le scale. Non avevo più fiato avevo il cuore a mille e non era solo per la corsa. Ero fradicia e potevo beccarmi un raffreddore, ma non m’importava. Giunsi d’innanzi alla porta del suo appartamento. Non esitai nemmeno per un secondo e bussai, urtando forte il pugno sulla porta. Colpii circa 5 o sei volte la porta. «Jared, ti prego … dimmi che sei qui.» Continuavo a mormorare tra le lacrime. Sentii dei rumori dall’altra parte della porta e sperai con tutta me stessa che fosse lui. Mi allontanai dalla porta e attesi. Vidi la porta aprirsi, ma chi mi ritrovai davanti non era la persona che mi aspettavo aprisse la porta. Era una ragazza bionda mezza nuda e con indosso solo una camicia.

«Salve.», disse la ragazza. «Cerchi qualcuno?»

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Chapter 2: Lost! ***


Secondo capitolo. Altre emozioni. Non voglio suggerirvi nulla, ma vi consiglierei di ascoltare due canzoni che mi hanno molto ispirato per questo secondo capitolo. Si tratta di "In his touch" di Celine Dion e "Nothing lasts forever" dei Maroon 5. Chi già le conosce sa di cosa parlo. Sono molto curiosa di ascoltare i vostri commenti e critiche. Sono bene accetti entrambi. è importante per me il vostro parere. Beh, cos'altro dire. Buona lettura e stay tuned!


La guardai per un attimo. Aveva un non so cosa di familiare.
« Oh, mi scusi. Credo di aver sbagliato appartamento.» Risposi stranita. Così feci per andarmene.
« Emma, chi è alla porta?» Quella voce. Quella voce così familiare mi piombò addosso con violenza, come se fossi stata travolta da un grosso macigno . Non poteva essere lui. Mi voltai nuovamente verso la porta sulla quale era rimasta la ragazza bionda. Alle sue spalle comparve Jared, a torso nudo e con indosso solo un paio di pantaloni.
Ecco chi era quella ragazza. Era Emma, la manager del gruppo. Fu come una doccia fredda per me e, quando i nostri sguardi s’incrociarono, sentii crollare la terra sotto i miei piedi e in quell’istante volevo solo sprofondarci dentro. Mi passarono per la testa milioni d’immagini e pensieri, ma nessuno che servisse a spiegare quella situazione, né tanto meno ciò che stavo provando.
« Charlie» Sussurrò Jared, anche lui senza parole. Mi si era mozzato il fiato. Volevo solo sparire. Indietreggiai.
« Charlie, aspetta! Ti prego, lasciami spiegare. Non é come credi …» Jared superò Emma e tentò di avvicinarsi tendendomi la mano che, per qualche secondo, sfiorò la mia spalla. Mi scansai e tornai a respirare in modo irregolare.
« I … io devo andare.> Mi voltai, dandogli le spalle. « Che stupida che sono stata.»
« Charlotte, per favore …» Insisteva lui, fermandomi per il braccio. Mi scrollai nuovamente la sua mano di dosso, mentre nuove lacrime, questa volta di delusione e dolore, si affacciavano ai miei occhi. Cercai con tutta me stessa di trattenerle, ma fu molto difficile.
« No, Jay. Lasciami. Ho sbagliato tutto. Peccato che solo ora me ne sia resa conta.»
« Che cosa vuoi dire con questo?» Chiese Jared, confuso.
« Nulla.» Quella fu la mia ultima parola. Scesi le scale e andai via. Lui provo anche a inseguirmi, ma purtroppo mi conosceva più di chiunque altro, come io conoscevo lui. Sapeva che sarebbe stato inutile.
Tornai a casa e trovai Sarah, la mia coinquilina.
« Hey, Charlie! Già sei qui? Com’è andata?» Chiese appena mi vide sulla soglia.
La guardai con gli occhi lucidi, ma non avevo ancora versato una lacrima. Feci spallucce. « Non è andata.» Le risposi e mi diressi nella mia stanza.
 



« Ma dico io, sei proprio un idiota!» Shannon cominciò a urlare come un matto, facendo su e giù per tutto il mio appartamento. « Come hai fatto a cascare in un fraintendimento del genere?»
« Shan, per favore non urlare. Ho un forte mal di testa.» Dissi disteso sul divano, portandomi la mano alla tempia.
« Beh, forse è quello che ti meriti, mio caro fratello.» Mi disse sedendosi accanto a Tomo sull’altro divano.
« Shannon, basta. Lascialo in pace. Non vedi come sta? Non credo abbia bisogno anche della tua predica.» Disse Tomo, appoggiandomi.
« Chissà cosa avrà pensato Charlie quando avrà visto me ed Emma in quella situazione.»
« Beh, avrà pensato ciò che avrebbe pensato chiunque si sia trovato di fronte ad una scena del genere. Probabilmente avrà creduto che tu ed Emma abbiate fatto sesso.» Commentò nuovamente mio fratello.
« Oh, merda. Sono proprio un coglione!» Esclamai, disperato.
« Hai provato a parlarci almeno dopo l’altro giorno?» Mi chiese Tomo.
Mi alzai dal divano e tornai a sedermi. « Provato? Sono giorni che la tempesto di chiamate, messaggi, e-mail nelle quali le spiego come sta la situazione. Ma niente. Conoscendola, non credo nemmeno che le abbia lette.» Ero davvero sconsolato. Avevo rovinato tutto per uno stupido malinteso.
« Sei andato da lei?»
« Certo. Ma l’amica con cui vive non mi permette nemmeno di entrare. L’ho attesa anche all’uscita dall’ufficio, però …» Mi fermai con il racconto. Ebbi un attimo di esitazione.
« ”Però”?» Incalzò subito Shannon.
« Non ce l’ho fatta. Appena ho provato ad avvicinarmi, si è riaffacciato alla mia mente il ricordo della sua espressione ferita di quell’istante. Perciò sono tornato indietro. Sono un codardo, lo so. Eppure ragazzi, ve lo giuro, non so cosa mi succede. So solo che non voglio perdere Charlie. È troppo importante per me.» Mi presi la testa tra le mani e cercai di non disperare.
« Jared, qualsiasi cosa possiamo fare per te, basta chiedere.» Mi sorrise Tomo, molto comprensivo.
Poi guardammo entrambi Shannon, il quale non si era ancora espresso.
« Sì, fratello. Sai che saremo sempre qui per te. Però prima che tu possa dire o fare qualsiasi cosa, è necessario che ti schiarisca un po’ le idee. In fondo immagina come ora si possa sentire Charlie. Sarà confusa dal tuo comportamento, giustamente. È amore quello che provi con lei? E poi sei davvero sicuro che allontanandoti da lei riuscirai a capire cosa provi?» Shannon era sempre disponibile ad aiutarmi, ma le sue domande mi opprimevano il cervello.
« Non lo so. Però c’è qualcosa che potreste fare per me.» Dissi, riflettendo su ogni mia parola.
« Spara!» Esclamò Tomo.
In quell’esatto istante arrivò anche Emma.
« Salve, ragazzi!» Ci salutò tutti con entusiasmo. Poi si sedette accanto a me e mi abbracciò. « Ciao Jay!» Un abbraccio piuttosto caloroso, direi. Intanto osservavo che Tomo e Shan si lanciavano sguardi strani.
« Ciao, Em!» ricambiai il suo abbraccio.
« Allora, perché mi hai chiamata?» Mi chiese appena ci dividemmo.
« Dimmi.» Disse lei con espressione rilassata.
« Volevo chiedere a te e anche a voi ragazzi,» Mi rivolsi anche agli altri due ragazzi. « se esiste una remota possibilità di spostare il tour di qualche giorno, almeno finché non riesco a risolvere questa situazione.»
Emma aggrottò le sopracciglia. Non era un buon segno.
« Cosa? Ma dì un po’, sei impazzito?!» Il tono di Emma era notevolmente alterato.
« Lo so, è una pazzia. Ma non posso partire proprio ora.> Spiegai.
« No, secondo me la vacanza ti ha dato alla testa. Sai quante persone hanno già acquistato il biglietto? Milioni! Per non parlare del fatto che abbiamo già rimandato il viaggio e rischiamo che si accavallino le date.»
« Lo so, Em. Ma, per favore, ho bisogno di questi giorni.»
« Non puoi rimandare?»
« No. Non posso. È urgente!» Esclamai, nuovamente in preda alla disperazione.
« Jay, mi spieghi cosa devi fare di così importante da rimandare le date del tour.»
Non risposi, la guardai solo negli occhi. Lei capì al volo.
« È per quella ragazza?»
Annuii.
« Ma lasciala perdere! Vai avanti. È giusto che tu ti guardi intorno e cerchi qualche altra ragazza. Se non ti ha lasciato spiegare, si vede che non tiene realmente a te.»
Non capivo perché le parole di Emma erano così aggressive. Non l’aveva mai sentita parlare così.
« Emma, ma cosa cavolo dici? Dovresti incoraggiarmi.» La rimproverai.
La ragazza sospirò e cercò di calmarsi. « Scusa. Non so cosa mi sia preso.» Accennò un sorriso. « Voi ragazzi, che ne pensate?» Si rivolse poi a Shannon e Tomo.
Si guardarono per un secondo, poi espressero la loro opinione. « Per noi non c’è alcun problema. Magari qualche altro giorno in più di riposo può aumentare le nostre prestazioni sul palco e giovare al tour.» Analizzò in modo perfetto Tomo.
Emma pensò per qualche minuto. Poi si voltò nuovamente verso di me e si alzò dal divano.
« Jared, non so. Ti faccio sapere entro la serata. Devo fare un paio di telefonate. Ora vado. Ciao ragazzi!» Salutò Emma e, con fare molto misterioso, uscì di casa.
Io e gli altri ragazzi ci guardammo perplessi.
« E ora cosa avrà in mente?» Domandò Tomo.

 


« Charlie, io vado. Torno tardi stasera, okay?» Urlava Sarah dal piano di sotto. Così scesi giù a salutare la mia amica.
« Okay, ricevuto. Non ti aspetto per cena.»
« Sei davvero sicura di non voler venire come me? Una serata in discoteca ti farebbe bene. Ormai sono giorni che fai casa- ufficio. Oltretutto il dj sarà Antoine Becks. Dai, ci sarà da divertirsi!» Esclamò entusiasta.
« No, Sarah. Davvero, non mi va. Non sono in vena di discoteche oggi. Finirò il bozzetto che ho cominciato per il lavoro, poi ordinerò una pizza e mi fiondo sul divano a vedere un film.» Le dissi, serena.
« Okay, amica. Allora buona serata!» Mi augurò Sarah. Ci salutammo e lei uscì.
Tornai di sopra per terminare il mio lavoro. Dovevo finirlo in tempo. Ormai mi ero gettata a capofitto nel lavoro per non pensare. Paradossalmente il lavoro era la mia distrazione e, per fortuna, fare la fashion designer era stato sempre un mio sogno.
Verso le 19:00 chiamai la pizzeria per farmi portare una pizza. Mentre sceglievo il film da vedere, sempre eternamente indecisa tra commedie strappalacrime oppure horror, bussarono alla porta.
« Non è possibile. Cinque minuti fa ho chiamato per la pizza, non può essere già qui.» Dissi tra me e me, mentre mi dirigevo alla porta.
Bussarono nuovamente. « Un attimo!» Urlai spazientita.
Aprii la porta.
« Ciao. Disturbo? Posso rubarti qualche minuto? Dovrei parlarti.»
Emma era l’ultima persona che mi aspettavo venisse a bussare alla mia porta. 

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Capitolo 3
*** Chapter 3: Revelations. ***


Fu come un deja-vu. Per un secondo ritornai a quella mattina a casa di Jared.
Feci cenno di entrare. Alla fine non ero maleducata, perciò le permisi di entrare. <>
« Grazie.» Entrò.
Io chiusi la porta e poi la seguii. «  Ti ha mandato lui?» Le chiesi con tono freddo, sorpresa della sua visita.
Si accomodò sul divano ed io accanto a lei.
« No. Sono venuta di mia spontanea volontà.»
« Beh, allora spara!>> Le dissi, incrociando le gambe.
« Immagino che tu sappia perché sono qui.»
« Ho una vaga idea, sì.»
Prese un grande respiro e poi cominciò con il suo discorso.
« Sono venuta per spiegarti che ciò che hai visto quella mattina, non è ciò che immagini.»
Ecco che ricominciava. Non mi andava di parlarne ancora, né tanto meno con lei.
« Senti, non ho intenzione di parlare di questa storia, figuriamoci con te.» Le dissi, fermandola al principio.
« Lo so. E scommetto che non hai nemmeno letto tutte le e-mail che Jared ti ha inviato, nelle quali ti spiegava tutto.»
« E allora? Non credo che t’interessi. Non è il caso che tu t’intrometta.» Dissi, con tono gelido.
« Charlotte, ascoltami per favore.»
Annuii e la lasciai continuare.
« Lui è stato sincero. Tra di noi non è successo nulla. Ero andata a prenderlo per portarlo in aeroporto e l’ho aspettato per non so quanto tempo sotto la pioggia. Ma lui non si degnava di scendere. Così sono salita io. Lui mi ha fatto entrare. Era appena uscito dalla doccia e indossava solo un pantalone di una tuta. Mi ha spiegato che non se la sentiva di partire, a causa di una discussione avvenuta con te.» In un attimo tornai a qualche giorno prima e, soprattutto, alla sua confessione sui sentimenti che provava nei miei confronti. « Poi, notando che ero zuppa, a causa della pioggia, mi ha offerto una sua camicia da farmi indossare mentre si asciugavano i miei vestiti. Alla fine mi ha offerto un caffè e, in quell’istante hai bussato tu. Jared era impegnato in cucina, perciò mi chiese di aprire. Questo è tutto.» Emma terminò il suo racconto. Eppure lessi nella sua espressione e nel suo tono di voce una traccia di tristezza.
Ora che conoscevo la verità, mi sentivo una perfetta idiota. Non avevo lasciato a Jared nemmeno la possibilità di replicare.
« Perché mi racconti questo?» Chiesi a Emma, non comprendendo fino in fondo quale fosse il suo intento.
« Perché, sebbene tu non mi sia molto simpatica, tengo molto a Jared. Non immagini quanto. E so che per lui tu sei importante. Non voglio che lui soffra. Non se lo merita. Mi dispiace dirti questo, ma l’ho esortato anche a trovarsi un’altra ragazza. Però, secondo lui, nessun’altra potrebbe sostituirti.»
Le parole di Emma mi riempivano il cuore di felicità, però sapevo che non mi aveva detto ancora tutto.
« Non ho finito.» Continuò lei. “Immaginavo”, pensai. « A causa di questo fraintendimento, se così può definirsi, Jared vuole rimandare la partenza, rischiando di mettere a repentaglio le prime date del tour. Cosa che non può accadere.»
« Che cosa vuoi che faccia, allora?>> Le domandai, sperando di rendermi utile. "Per il bene della band. Per il bene di Jared".
« Parla al più presto con Jared. Risolvete le vostre divergenze e, poi, convincilo a partire. La band è una delle cose più importanti della sua vita. E se tieni anche solo un po’ lui, così come ci tengo io, allora esortalo a partire. A tutti i costi.» Dagli occhi di Emma, emergeva preoccupazione. Ma c’era qualche altro aspetto che non riuscivo a carpire.
« Farò il possibile. E forse anche di più. Non potrei mai permettere che Jared perda quello che ama di più al mondo. Mai!>> Confessai, sincera.
« Bene, lo spero. Perché sarebbe un grosso errore.» Emma si alzò dal divano, pronta a congedarsi. Prese la sua borsa e fece per allontanarsi. E proprio in quel momento mi si accese una lampadina.
« Emma?» Mi rivolsi a lei, improvvisamente.
« Dimmi.»
« Dimmi la verità. Provi qualcosa per Jared, vero?» Fui più schietta possibile, senza inutili giri di parole.
Lei sfoderò un sorriso, direi alquanto amaro. Poi mi guardò dritto negli occhi. « Sì, purtroppo. Lo amo. Ma lui non ama me, perché io non sono te.» 
Furono le sue ultime parole prima che uscisse di casa.
Quella visita di Emma fu così strana. Dovevo riconoscere che Emma era una persona davvero molto forte. Amava Jared e sapeva che questo sentimento non era ricambiato, ma nonostante ciò continuava a lavorare a stretto contatto con lui, anche se dentro di lei soffriva. La ammiravo molto per questo.
In quel momento, però, c’era un’unica cosa da fare: andare da Jay e parlare con lui. Mettere le carte in tavola, insomma.
Mandai un veloce messaggio sul BB a Jared. “Ci vediamo sulla spiaggia di Santa Monica tra mezz’ora. Devo parlarti. Charlie.”
Poi presi la borsa e feci per uscire di casa, lasciando sul tavolo la pizza ormai fredda che mi era stata consegnata. Osservandola mentre chiudevo la porta, mi resi conto che quella serata, cominciata in modo tranquillo, non poteva più definirsi come tale.

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Capitolo 4
*** Chapter 4: Friendship or Love? ***


« Jared, dove stai andando? » Mi chiese Shannon, appena notò che stavo uscendo di fretta di casa.
« Charlie, mi ha mandato un messaggio. Vuole vedermi.» Dissi con un sorriso stampato sulle labbra.
Anche Shan sorrise. Sapevo che era felice per me.
« Ti raccomando, Jay. Non essere affrettato. Non partire subito con l’acceleratore con lei. Non voglio che tu soffra.» Mi consigliò mio fratello, dandomi una pacca sulla spalla.
Sorrisi nuovamente e lo abbracciai forte. «Speriamo bene, fratello.»
« In bocca al lupo!» Mi augurò e scesi giù in garage per prendere la moto.
Infilai il casco e partii a tutto gas. Non potevo perdere altro tempo. Dovevo andare da lei.
 
 
Mi recai a piedi alla spiaggia, perché era abbastanza vicina al mio appartamento. Ero agitata, come forse non lo ero mai stata in vita mia. Dovevo prepararmi un discorso. Eppure, alla fine, sapevo che non sarebbe servito a nulla, perché appena avessi incontrato il suo sguardo e quei suoi occhi, che avevano la capacità di mandarmi in confusione, avrei dimenticato tutto. Persino come mi chiamavo. Arrivai alla spiaggia. La sua moto era già lì. Il mio cuore cominciò irrimediabilmente a galoppare e le mie guance iniziarono a colorirsi di rosa.
“Charlie, calmati! Non perdere il controllo.”
Mi tolsi i sandali e affondai i miei piedi nella sabbia soffice e fredda. Nemmeno il rumore delle onde del mare, agitato a causa del forte vento, riusciva a coprire il rumore che produceva il mio cuore, che sentivo pulsare nelle mie orecchie. Lo vidi lì, seduto sulla sabbia in riva al mare. La sua ombra sembrava giocasse con la luce della luna, che quella sera era piena e di un bianco molto candido. Lo vidi che giocherellava con la sabbia, come facevamo quando eravamo piccoli.
Giunsi accanto a lui e la mia ombra si unì a quella sua per giocare insieme con la luna. Jared alzò il volto e mi guardò dritto negli occhi.
« Ciao. Sei qui, finalmente.» Quasi sussurrò. La sua voce arrivò con dolcezza al mio orecchio. Sul suo viso, illuminato dalla luna e sul quale spiccavano quegli occhi così intensi e profondi, si disegnò un piccolo sorriso.
Gli sorrisi anch’io. « Ciao, Jay.» Risposi al saluto e mi sedetti accanto a lui.
« Come va?» Chiese lui.
« Ho passato giornate migliori.» Risposi, sincera. « E tu? Come stai?»
«La stessa cosa vale per me.»
Un attimo di silenzio calò tra noi due. Mi misi a osservare le onde che s’infrangevano sulla riva, mentre cercavo di trovare le parole giuste per cominciare il discorso. Volevo sceglierle in modo accurato e non lasciare nulla al caso.
« Jay, cos’è questa storia che non vuoi partire? Hai un tour molto importante da iniziare.» Gli chiesi, abbastanza decisa.
Lui si voltò verso di me, con aria stupita. « Come lo sai?» Poi si fermò un attimo a riflettere. « Te l’ho ha detto Shan, per caso? Giuro che, appena torno a casa, lo uccido!» Non era la risposta esatta. Jared non era mai stato bravo a indovinare.
« Non importa chi me l’abbia detto. E comunque non è stato Shannon. Allora vuoi rispondere alla mia domanda?» Ribadii, tornando a guardarlo.
Jared tirò un grosso sospiro. « Perché non me la sentivo di partire, sapendo che tra me e te c’era qualcosa in sospeso. Sentivo di doverti spiegarti ciò che hai frainteso quella mattina, quando hai visto Emma.»
« Lascia stare quella mattina. Mi hanno già spiegato cosa è successo. E per questo motivo ti ho chiesto di vederci. Perché volevo porti le mie scuse. Ho tirato conclusioni affrettate, senza nemmeno concederti di spiegare come stavano le cose. Sono imperdonabile. Perciò scusami.» Ero davvero mortificata.
Lui mi sorrise. « Sono contento che tu abbia capito quale fosse la verità.»
« Ma, ascoltami, davvero avresti mandato all’aria l’organizzazione di un anno intero?» Gli chiesi, ancora incredula.
«Sinceramente? Sì. Se questa sera non ti avessi vista e non avremmo parlato, avrei mandato tutto all’aria. Anche a costo di subirne le conseguenze.» La sua sincerità era incredibile. Mi traeva in inganno, perché mi faceva abbassare qualsiasi tipo di difesa che avevo costruito attorno a me.
Jared allungò la sua mano destra e sfiorò la mia, appoggiata sul mio ginocchio. Il contatto mi fece sussultare. Allontanai bruscamente la mano. Dovevo rimanere concentrata.
«Beh, allora sbagli. La band è la tua vita. Hai fatto dei sacrifici per metterla su, e ora? Manderesti tutto a rotoli? Non te lo lascerei fare, lo sai?»
« Lo so, ma anche tu fai parte della mia vita e, se dovessi scegliere …»
« Ma io non voglio che tu scelga, capisci?» Lo interruppi bruscamente. Stavo andando su tutte le furie, decisi perciò di mantenere la calma. Jared era stato sempre così. Per lui, o era tutto bianco oppure tutto nero. Non c’era una via di mezzo.
« Ma io voglio entrambi nella mia vita, sia la carriera che te. Sapevo che scegliendo questo tipo di vita, avrei dovuto rinunciare a delle cose importanti della mia vita. Ne ero perciò consapevole. Ora, però, non sono più sicuro della mia scelta.»
« Jay, forse non te l’ho mai detto, ma tu sei una persona fondamentale nella mia vita. E per questo motivo che non ti lascerei scegliere. Credo che tu abbia fatto questa scelta di vita perché era ciò che desideravi, che hai sempre sognato da quando eri piccolo. Questa è la tua vita e la scelta che hai fatto, prova che non bisogna mai abbandonare i propri sogni.  Poi so cosa significano per te i 30 Seconds to Mars. E poi sono sempre qui. Sarò la tua amica per sempre, non cambierà questo tra noi. Non vado da nessuna parte. Perciò, per favore, abbandona quest’assurda idea di non partire e onora tutti gli Echelon che credono tanto in voi.» Questa volta fui io ad avvicinarmi e ad accarezzargli il braccio, per fargli capire che ciò che stavo dicendo non erano solo parole al vento.
Lui mi sorrise e aprì le braccia. Voleva che lo abbracciassi. E lo volevo anch’io in quel momento. Mi avvicinai, strisciando sulla sabbia, e le sue braccia mi raggiunsero, chiudendosi attorno a me. Anch’io lo strinsi forte a me.
« Ti voglio bene, Jared Leto. Anche se a volte vorrei ammazzarti!» Gli sussurrai, ridendo.
Anche lui scoppiò in una risata, non molto fragorosa.
« Anche io ti voglio bene, Charlie. E vorrei che questo mi bastasse. Ma ho paura che non sia così.» Tornò serio d’un tratto.
Il mio cuore sembrò fermarsi per qualche secondo. “E ora? Che cosa faccio? Cosa dico?”, continuavo a ripetermi in testa.
« Che intendi dire?» Chiesi confusa, anche se dentro di me conoscevo già la risposta.
Jared sciolse le sue braccia attorno a me e tornammo a guardarci.
« No, lascia stare. Non è niente.» Disse poi, sfuggente. Si alzò in piedi. Lo afferrai per la mano e gliela strinsi.
« No. Parla.» Mi alzai anch’io. Eravamo l’uno di fronte all’altra.
« Già sai a cosa mi riferisco. Desidererei solo volerti bene, ma non posso. Charlie, non voglio rovinare la nostra amicizia. Eppure non dirti che ti amo più di qualsiasi persona ed essere al mondo, sarebbe un crimine.» Poggiò le sue mani calde sul mio viso e mi scostò i capelli, scompigliati dal vento. « Ebbene sì, ti amo. Però tengo molto alla nostra amicizia e non voglio che quello che provo possa lederla, allontanandomi da te.»
« Jay, io …» Iniziai a tremare. Cosa dovevo fare? Dirgli che forse anch’io provavo qualcosa, ma che non sapevo esattamente se fosse amore? Così mi avrebbe riso in faccia. Non avevo il coraggio.
« Dimmi.»
« Io … io …» Oddio, stavo balbettando.
“Che qualcuno mi fermi!”, gridavo dentro di me.
Le sue mani scivolavano delicate sul mio viso e i suoi occhi erano così profondi che sentivo di poterci cadere in quel blu e non riemergere più. Poi c’era il suo profumo, così dolce ma così maschio. Doveva essere lo stesso profumo che aveva sponsorizzato qualche mese prima.
Mi faceva perdere il fiato. Di certo non mi aiutava.
« Ehi, che ti prende? Il tuo cuore sta andando a tremila battiti al secondo.» Notò, ridacchiando.
« N … no … Tutto bene …» Biascicai, aggrottando le sopracciglia. Ero confusa. Sicuramente non lo avevo convinto che andava tutto bene.
Anche lui non capiva cosa mi stesse accadendo. Mi appoggiò la mano sulla fronte. « Non mi sembra che tu abbia la febbre.» Disse scherzando.
Mi scostai, brusca. « Senti Jay, anch’io tengo molto alla nostra amicizia, ma …»
La sua faccia divenne cupa d’un tratto. Non capiva dove volessi arrivare.
« “Ma”?» Ripeté impaziente.
Non resistetti più. Feci un passo verso di lui e premetti le mie labbra sulle sue. All’inizio fui timorosa. Forse perché temevo che lui non ricambiasse quel gesto. Ma mi sbagliavo. Sentii le sue labbra allargarsi in un piccolo sorriso sotto le mie. Mi prese il viso tra le mani e cominciò anche lui a baciarmi. Il movimento delle nostre labbra e il battito dei nostri cuori erano entrambi in perfetta sintonia. Sembrava un sogno. Eppure, per fortuna, era la realtà.
Ci staccammo per un secondo. « … ma anch’io sento questo. Non ho trovato parole migliori per fartelo capire.» Terminai la mia frase a pochi centimetri dalla sua bocca. Mi morsi le labbra, intimidita.
Lui sorrise, malizioso questa volta. Si riavvicinò nuovamente. Le nostre labbra erano separate da pochi centimetri. Riuscivo a sentire in prumo del suo respiro fresco sulla mia pelle. « Forse perché nessuna parola può essere paragonata a questo.» Questa volta fu lui a poggiare le sue labbra sulle mie e a baciarmi. Fu così intenso e passionale, che avevo smesso persino di udire il rumore delle onde che s’infrangevano sulla riva. Era tutto perfetto. Almeno finché sarebbe durato …

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Capitolo 5
*** Chapter 5: Decisions. ***


«E ora? Che cosa succederà, Jay?» Gli domandai, timorosa. Lui continuava a tenermi stretta tra le sue braccia. « Che cosa ne sarà della nostra amicizia? Ora tutto si complicherà, vero?» Tante erano le domande e sempre meno le risposte.
«Può darsi. Ma qualsiasi cosa accada e qualunque sia il nostro sentimento, tutto questo ci renderà più forte. Non distruggerà la nostra amicizia.» Mi sussurrò, cullandomi dolcemente. « Non lo permetterò.»
 
Lasciai Jared e mi feci ripromettere di ripartire al più presto, per evitare di compromettere il tour. Ma questa non fu l’unica promessa che ci facemmo. Quello che era successo quella notte doveva rimanere tra noi e, solo al momento opportuno, avremmo informato i nostri amici.
Tornai, perciò, a casa e trovai Sarah seduta sul divano.
« Ciao Sarah! Sei ancora sveglia?» Le domandai, stupita.
Appena mi vide varcare la soglia, Sarah si alzò di colpo e corse ad abbracciarmi.
« Oddio Charlie! Sei qui. Mi hai fatta spaventare. Quando sono entrata e non c’eri, mi sono preoccupata.» Aveva ragione. Non le avevo lasciato nemmeno uno straccio di bigliettino.
« Sì, Sarah. Hai ragione, ma sono uscita di fretta e furia e mi è passato di mente.» Mi giustificai, mantenendo quell’alone di mistero.
« E dove sei andata?»
Sul mio volto si disegnò un grande sorriso, ripensando a cosa era successo quella sera.
« A fare un giro.» Rimasi sul vago.
Lei mi guardò un po’ confusa, ma non fece altre domande.
Salii in camera mia e mentre mi spogliavo, mi arrivò un messaggio.
 
“Sono appena tornato. È stato difficile evitare le domande di mio fratello e di Tomo, ma ci sono riuscito. Mi manchi e domani vorrei rivederti. Buona notte, piccola. J.”
Iniziò a battermi forte il cuore. Mi sentivo di nuovo un’adolescente.
 
“Già, anche per me è stata dura nascondere tutto a Sarah. Anch’io voglio rivederti domani. Buona notte! C.” Questa fu la mia risposta.
 
 
Mi svegliai tardi quel mattino. O meglio mi svegliò Shannon.
«Fratello, sveglia!» Urlò come uno scalmanato, appena entrò nella mia stanza.
« Mm … sta' zitto Shan. La stavo sognando.» Mi scappò, mentre mettevo la mia testa sotto il cuscino.
Shannon mi raggiunse e si sedette accanto a me.
« E sentiamo chi sarebbe questa lei che stai sognando?» Domando subito curioso. « Mi devi dire qualcosa?»
“Oh cazzo!”, pensai nella mia testa.
« Ma che dici?! No, nessuna.» Ero bravo a mentire, ma non con mio fratello.
«Senti fratello, ti conosco da tutta la mia vita (o fatta eccezione per quell’anno che ci divide, che però non credo valga!). Perciò non raccontarmi balle! Riguarda ciò che è successo ieri sera con Charlie, vero?»
Cacciai la faccia da sotto il cuscino e annuii. Mi aveva sgamato.
«Lo sapevo! Sono un grande!» Esclamò lui, trionfante. «Su, racconta! Cosa è successo ieri?»
«No! Lasciami dormire!» Urlai, cercando di scrollarmi di dosso Shannon.
« Jay, dai! Non farti pregare. Giuro, che tengo la bocca chiusa.» Mi pregò quasi in ginocchio.
Mi sedetti sul letto e lui si mise accanto a me. « Le ho promesso che non avrei raccontato nulla. Però, diciamo che mi hai sgamato. Perciò non credo che valga più la promessa …»
Sorrise, entusiasta. «Su, spara!» Mi esortò a sputare il rospo.
«Ieri avevamo appuntamento in spiaggia, a St. Monica. Lei era bellissima, Shan. Meravigliosa! Abbiamo parlato e ci siamo chiariti. Io le ho riconfermato i miei sentimenti e lei …» Mi sfuggì una piccola risatina.
«Cosa?» Incalzò subito mio fratello.
« … ha cominciato a balbettare, come quando era bambina, ricordi? Quando non trovava le parole giuste per dirti una cosa importante.»
Sorrise anche Shannon appena quel ricordo gli si affacciò alla sua memoria. «Certo che ricordo. La prendevamo sempre in giro.»
«Beh, fratello. Devi credermi. Nei suoi occhi in quel momento ho rivisto quella stessa bambina che giocava con noi a “guardie e ladri”, che si rotolava nel fango, che scagliava i palloncini pieni d’acqua in faccia alle ragazzine che ci facevano soffrire …» Scoppiammo nuovamente in una risata, però questa volta fu più fragorosa.
« Oddio, ti ricordi? Era la nostra eroina. E come colpiva forte, cazzo!» Esclamò Shan.
« Sì, credo che fosse addirittura più forte di me!» Commentai.
«Direi!»
« Ho rivisto la mia Charlie nei suoi occhi da persona adulta. E proprio nel momento più inaspettato, si avvicina e mi bacia.»
Shannon sbarrò gli occhi, stupito. « Lei, cosa?»
«Sì, hai capito bene. E beh, puoi immaginare la mia reazione a quel suo gesto. Ero al settimo cielo.»
«Ma stiamo parlando sempre della stessa persona? La ragazza timida e orgogliosa?» Shannon continuava a non credere alle proprie orecchie.
« Esattamente!» Confermai.
«Però … ha temperamento la ragazza!» Commentò lui.
« Già. Mi ha spiazzato proprio, ma non aspettavo altro.»
« E poi avete …?» Alluse mio fratello.
« No, no.» Smentii, mostrando una vena di rimorso nel mio tono di voce.
« Ma vorresti, vero?»
«Shan, io la desidero da quando ci siamo rincontrati. La desidero in tutti i modi possibili, non posso nasconderlo. Eppure so che il gesto da parte sua di baciarmi l’è costato molto. Per farlo, so che ha combattuto con i suoi sentimenti così contrastanti. Sento che lei è confusa su ciò che prova nei miei confronti, su ciò che siamo ora. Perciò aspetterò e solo quando lei mi desidererà, almeno la metà di quanto la desidero io, allora passeremo allo step dell’intimità.» La mia razionalità mi spaventava. Non era da me parlare in questo modo, e di questo se ne accorse anche Shannon.
Mi guardò, torvo. « Oddio, fratello. Charlie ti ha proprio fregato! La ami davvero, allora. Non ti ho mai sentito parlare così. Ma mi domando: siccome conosciamo Charlotte da quando siamo piccoli e con lei abbiamo condiviso tutta la nostra infanzia e parte dell’adolescenza e, perciò, ci conosce bene … in tutti i sensi …»
«Shan, arriva al punto!» Dissi sbrigativo.
« Nel senso che per noi è quasi come una sorella.» Continuava, senza farmi capire dove volesse andare a parare.
« Infatti, hai detto bene “quasi”.» Incalzai subito.
«Sì, okay. Ma questa sorta di nuova situazione con lei, non ti sembra un … come dire … “incesto”?»
Non potevo credere alle mie orecchie. Improvvisamente scoppiammo entrambi a ridere.
« Shan, ma che diamine dici?! Quale “incesto”?»
Continuammo a ridere come degli emeriti idioti ancora per qualche minuto, finché non fummo interrotti dalla voce di Tomo che era appena arrivato a casa. «Ragazzi! Dove siete?»
«Tomo è già arrivato e, con lui, deve esserci anche Emma. Vatti a fare una doccia e raggiungici giù. Dobbiamo mettere a punto gli ultimi preparativi per il tour e per il nuovo video.» Annunciò Shannon.
“Cazzo, Hurricane!”, pensai. Con tutto quello che successo in quegli ultimi giorni, avevo quasi dimenticato che dovevamo iniziare le riprese del video per la nuova canzone.
« Okay, vi raggiungo subito. Prima vado a farmi una doccia.» Così liquidai mio fratello.
Poi mi gettai sotto la doccia e mi sentii rigenerato. Era proprio necessaria. Mentre presi un po' di doccia schiuma e iniziai a cospargerlo su tutto il corpo, fui come rapito dai miei pensieri. Tutti popolati da lei. Chissà cosa stava facendo in quel momento Charlie. Probabilmente era a lavoro, assorta in tutti i suoi impegni. Quanto mi mancava. Dovevo chiamarla. Così decisi di muovermi. Uscii, perciò, dalla doccia, indossai qualcosa di decente e afferrai il Blackberry che avevo sul mobile accanto al letto. La chiamai, ma aveva il telefono staccato. Probabilmente era in riunione. Decisi, perciò, di mandarle un piccolo messaggio.
“Buongiorno, piccola!”. Le scrissi solo questo. In realtà erano molte le cose che avrei voluto scriverle, ma preferii andarci con i piedi di piombo. Ancora non sapevo se si fosse pentita o no del gesto di ieri sera.
«Jared, sbrigati!» Urlò Shannon, dal piano di sotto.
Scesi, così, al piano di sotto e in salotto trovai Emma e Tomo. Accanto al mio amico c’era anche la sua ragazza-quasi moglie Vicki. Era una ragazza molto simpatica e gentile. E poi amava Tomo e lui era felice con lei, questa era la cosa più importante.
«Buongiorno a tutti!» Salutai con un cenno tutti e mi gettai sul divano accanto a Shannon ed Emma.
«Ciao, Jay!» Mi salutò Emma, sorridendo. Contraccambiai il sorriso. «Come va?»
«Bene.» Risposi.
« Allora. Bando alle chiacchiere. Dopodomani finalmente partiamo. Anche se un po’ in ritardo. Dovremo fare tutto di fretta.» Cominciò Emma, lanciandomi un’occhiataccia, che forse meritavo proprio. «Però, per fortuna, siamo ancora in tempo. Faremo una decina di date per l’Europa, poi torneremo in America e faremo un paio di date a New York, dove rimarremo per iniziare finalmente le riprese di Hurricane. Per ora è tutto chiaro?» In quanto a organizzazione, Emma era insuperabile e impeccabile.
« Perfetto! Perciò sei la nostra manager.» Commentai.
«Sono un genio, lo so. Ma a dopo le lusinghe. Piuttosto, caro Bart, hai pensato a come sarà il video? Perché, per ora, ci hai detto solo che vuoi girarlo a New York e di sera.» Mi chiese lei, chiamandomi con il mio “nome d’arte”.
« Beh, mi sono venute molte idee in mente, ma basandomi su un’idea molto precisa, e cioè l’importanza dei sogni, il sesso e la violenza. Questi saranno i temi principali del video. Per quanto riguarda i dettagli, stilerò una lista per il casting degli attori e quant’altro. Non serviranno molti fronzoli. Voglio che questo video parli da se.» Dissi, terminando di esprimere la mia idea.
« E per quanto riguardo la troupe e i costumi?» Chiese Emma, un po’ preoccupata. Si comportava sempre così quando era in vista un nuovo progetto, perciò era la migliore.
« Beh, per la troupe non ci sono problemi. Utilizzeremo la solita troupe. Amo il loro modo di lavorare. Per quanto riguarda i costumi, non so. Dobbiamo trovare uno stilista abbastanza disponibile, che riproponga su stoffa le mie idee di abiti. Deve essere una persona fidata. Tu conosci qualcuno?» Le domandai, mentre riflettevo.
«Ah no, io mi occupo della parte finanziaria. Non ne ho la più pallida idea. Sarà tua premura occupartene, anche perché non so cosa hai in mente di preciso.»
« Sì, hai ragione. Me ne devo occupare personalmente. Ma davvero non so a chi pensare.»
Effettivamente non era facile la scelta. Doveva essere una persona fidata e poi mi doveva conoscere bene, per raggiungere una maggiore complicità sul lavoro. E poi avremmo lavorato in modo semplice e, cosa più importante, velocemente.
«Scusate se v’interrompo.» Intervenne improvvisamente Tomo. «Ma non avete pensato a Charlotte? Se non sbaglio lei è un’aspirante fashion designer. Conosci come lavora e il suo stile e poi non esiste persona, oltre a tua madre e tuo fratello, che ti conosca meglio.»
« Beh, Tomo non ha tutti i torti e poi così starebbe più tempo con noi.» Optò Shannon.
Sul mio viso s’illuminò un sorriso. Non era una bella idea, era meravigliosa!
Mi alzai di scatto dal divano e mi gettai su Tomo, abbracciandolo. «Ma tu sei un genio, amico mio! Amo la tua idea!» Gridai entusiasta.
Tutti scoppiarono in una fragorosa risata. «Okay, però non fargli del male. Ricorda che tra qualche mese dovremmo sposarci!» Esclamò sorridente Vicki.
Alzai le mani in segno di resa e sorrisi. «Non mi permetterei mai.»
« Beh, potresti proporlo stasera a cena. Avevo pensato di organizzare una cena qui. Che ne pensi? Possiamo ordinare qualcosa.» Azzardò Shannon.
«Penso che sia un’ottima idea.» Asserii, felice.
Mi voltai poi verso gli altri e notai che erano tutti allegri tranne Emma. Era pensierosa e teneva lo sguardo basso. Era strana. Così lasciai gli altri parlare e mi avvicinai a lei, portandola in disparte.
«Ehi, Em. Tutto bene? C’è qualcosa che non va?» Le domandai, apprensivo.
«Beh, ora che me lo chiedi … Non credo che Charlotte sia adatta per un incarico del genere. È ancora inesperta e poi credo che possa distrarvi, che possa distrarre soprattutto te, ecco.» La sua voce si affievolì a ogni parola. Non l’avevo mai vista così.
Mi avvicinai e le poggiai la mia mano sulla spalla. «Em, non devi preoccuparti. Quando si tratta di lavoro, Charlie è impeccabile. È seria e responsabile. E ho visto molti dei suoi lavori sfilare sulla passerella e ti dirò che erano magnifici!» Cercai di rassicurarla. «E poi come potrebbe distrarmi?» Le domandai, stupido.
In realtà, Esistevano tremila modi per farmi distrarre da lei, dalla sua dolce presenza, ma ero consapevole che la mia distrazione sarebbe stata dipesa solo da me. Sapevo che lei non conosce cosa significa “amicizia” quando in ballo c’è il business e la professionalità. Sotto quest’aspetto era più che affidabile. Poi tenevo a questa canzone e al suo video, quindi sarei stato molto attento e concentrato solo su quello.
Le sfuggì un sorriso sarcastico. «Andiamo, Jay. Cosa credi che non me ne sia accorta? In fondo anch’io sono una donna, se te ne fossi per caso dimenticato. Non mi preoccupa lei, ma ciò che tu provi per lei. Potrebbe compromettere tutto il nostro lavoro.» Disse con tono acido. “Ma cosa diavolo sta dicendo?”, pensai tra me.
«Emma, non sono più un ragazzino che non sa tenere a freno l’ormone. So controllarmi e poi da quando i miei sentimenti sono diventati d’intralcio alla nostra band?» Le domandai, deciso.
« Da quando volevi mandare all’aria il tour!» Disse con voce ferma.
Ci guardammo per qualche minuto negli occhi. Non sembrava più Emma, la persona di sempre. C’era qualcosa di diverso nei suoi occhi, qualcosa che non avevo mai visto in lei.
«Stasera chiederò a Charlotte di occuparsi dei costumi per il video di Hurricane. Tutto sarà svolto nel modo più professionale possibile e rispetteremo tutte le scadenze. La scelta è presa, che ti piaccia o no.» Risposi con voce ferma e severa, come non lo ero stato mai con Emma. Gli lanciai un ultimo sguardo duro e feci per allontanarmi.
«Ovviamente saremmo molto felici se accettassi di restare a cena con noi questa sera.» Queste furono le ultime parole che le rivolsi prima di tornare dagli altri.
Lei non mi rispose.

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Capitolo 6
*** Chapter 6: For truth, for love, for my desire... ***


Rimasi in riunione con il mio capo tutto il giorno. Ero esausta. Tra bozzetti, stoffe, colori, maniche e cappelli, credevo davvero d’impazzire. Avevo avuto solo cinque minuti per la pausa pranzo, quando lessi il messaggio che mi aveva inviato Jared. Appena lo lessi, mi sentii stranamente felice. Come forse non lo ero da tanto. Purtroppo dovevo tornare subito a lavoro e, perciò, gli scrissi un fugace “Anche te!”, accompagnato da uno smile. Certo, era squallido come messaggio. Ma fu la prima cosa veloce che scrissi, prima di tornare in quell’inferno che molti chiamavano lavoro.
Si fecero circa le sette e mezzo di sera e quando il capo ci disse che potevamo andare, avrei voluto urlare di felicità. Sembrava infinita quella giornata.
«Allora, Charlotte. Che piani hai per stasera?» Mi domandò Adam, il fotografo della casa di moda presso la quale lavoravo, mentre uscivamo dall’ufficio.
« Beh, non so ancora. Per ora voglio solo tornare a casa e rilassarmi.» Dissi, con tono stanco.
« Già, oggi vi ha proprio massacrato. Comunque se ti va di fare qualcosa stasera, chiamami. Dei miei amici suonano in un locale qui vicino, quindi magari potresti venire. Che dici?» Mi propose lui.
Adam era davvero un ragazzo carino, sia nei modi che per il suo aspetto. A giudicare dalle voci di corridoio in ufficio, lui era in cima alla lista di coloro con i quali le ragazze sarebbero disposte a tutto pur di passarci una notte di sesso. Certo, era innegabile la sua bellezza e la sua eleganza. Ma, insomma. Non era così bello e dannato, come invece piacevano a me.
Gli sorrisi, gentile. «Ti ringrazio, Adam. Ma …»
« Ma Charlie ha una cena con il sottoscritto, che non può essere rimandata.» Un’altra voce, fin troppo familiare per me, si aggiunse alla nostra conversazione. Mi voltai e vidi Jared all’entrata del palazzo, appoggiato alla porta. Aveva indosso un giubbino di pelle e dei pantaloni neri super attillati, come quelli che indossava durante i loro concerti per fare impazzire le ragazzine. Ai piedi portava un paio di anfibi. Aveva tutti i capelli scompigliati da vento e sul suo viso brillavano i suoi bellissimi occhi di ghiaccio, che sembravano due zaffiri. Appena i nostri sguardi si incontrarono sul suo volto si disegnò uno di quei sorrisi che amavo tanto. Sorrisi anch’io e corsi ad abbracciarlo. Lui era lì. Mi aspettava a braccia aperte.
«Ciao Jay!» Gli sussurrai all’orecchio, contenta di rivederlo.
«Ciao, piccola.» Quella voce. Sembrò accarezzarmi l’anima. Chiusi per un attimo gli occhi. Non volevo che quell’istante terminasse. Poi mi allontanai e lo guardai, sorpresa.
«Ehi, ma che ci fai qui?»  Gli chiesi, stupita.
«Sono venuto a prenderti. Non sei contenta?» Disse mettendo il broncio, scherzoso.
«Certo che sono contenta, anzi di più. È solo che non me lo aspettavo, ecco.» Dissi, sincera.
Il suo braccio mi raggiunse volentieri e mi cinse la vita. « Perciò si chiamano sorprese, no?» Tornò il suo tono sensuale che mandava in visibilio qualsiasi donna e che metteva a dura prova la mia razionalità. I nostri volti erano a pochi centimetri di distanza e percepivo il suo fresco respiro sul mio viso. Era inspiegabile ciò che provavo quando ero tra le sue braccia. Credo di non averlo mai provato con nessun altro. C’era un’unica cosa che mi poteva distogliere dal suo sguardo magnetico, ovvero le sue labbra sottili, ma allo stesso tempo seducenti, che mi accorsi di bramare tanto.
Un improvviso colpo di tosse, partito da qualcuno alle mie spalle, spezzò quella magia di un attimo. Mi voltai di scatto e per un secondo mi accorsi di essermi completamente dimenticata della presenza del povero Adam.
«Oh, scusatemi.» Dissi, allontanandomi dalla presa di Jared. «Jared, lui è Adam. È un mio collega di lavoro.» Poi mi voltai verso Adam e ripetei la presentazione. «Adam, lui è Jared. È un mio carissimo … amico.» Esitai nel pronunciare quella parola. Dopo gli ultimi giorni, il nostro risultava essere un rapporto tutt’altro che di amicizia.
Adam si avvicinò a noi e si strinsero la mano.
«Piacere di conoscerti, Adam.» Pronunciò Jared, con il suo di voce profondo.
«Il piacere è mio, Jared. Comunque ti conosco. Sei il frontman di quella band rock, i 30 Seconds to Mars, vero?»
«Esatto.» Rispose Jared, sfoggiando un sorriso che a me parse di sfida.
«Ah, e quale sarebbe la cena di cui parlavi poco fa?» Chiesi a Jared, non sapendo a cosa si riferisse.
«Beh, in realtà è stata un’idea di Shannon. Vuole festeggiare prima della nostra partenza di dopodomani.» Quelle ultime parole mi colpirono come se avessi ricevuto una porta in faccia. Eppure, in fondo, sapevo che era la cosa giusta per loro e per la band. Perciò cercai di mascherare in tutti i modi la mia tristezza e abbozzai un sorriso.
«Bene, sarà divertente!» Esclamai. Poi mi voltai verso Ian che guardava ancora in modo strano Jared. «Ah, Adam. Ti volevo ringraziare per il tuo invito. Potremmo organizzare un’uscita per un’altra volta.»
«Sì, non preoccuparti. Quando vuoi.» Mi sorrise.
«Okay, allora a domani.» Mi avvicinai a Adam e lo abbracciai. Lui accolse il mio abbraccio. In fondo, non ci trovavo nulla di male ad abbracciare un amico che conoscevo dal primo giorno che lavoravo per quella casa di moda. Eppure Jared non mi sembrava molto d’accordo con il mio pensiero e, soprattutto, con il mio gesto. Infatti mi lanciò uno sguardo di ammonizione.
Quando Adam si allontanò, lanciò un ultima occhiata a Jared, anch’essa di sfida.
«È stato un piacere, Jared. Appena verrete a suonare in città, verrò sicuramente ad ascoltarvi.» Salutò il ragazzo con un cenno della mano. Jared ricambiò e andò via.
Jared mi prese la mano. «Non posso lasciarti sola due secondi che subito qualcuno vuole saltarti addosso.» Commentò scherzoso lui. Mi voltai per guardarlo.
«Ti riferisci a Adam? Ma quando mai. Siamo ottimi amici, tutto qua.» Spiegai, credendo che quello che insinuava Jared fosse un’assurdità.
«Credo che tu non abbia notato come ti guardava. Ti spogliava con gli occhi.» Mi spiegava, mentre mi conduceva alla sua moto parcheggiata di fronte al mio ufficio. «Aveva ben altre intenzioni, quando ti ha proposto di andare in quel locale.»
Mi voltai verso di lui e lo guardai con uno sguardo stupito, ma anche divertito. Lui si accorse della mia strana espressione. «Che c’è? Perché mi guardi così?»
«Non ci credo. Sei geloso?» Domandai, appoggiandomi alla moto.
«Chi? Io? No, cara. Sicuramente ti stai sbagliando.» Affermò, scuotendo la testa e sorridendo.
«Jared Leto è geloso! Questo sì che è uno scoop!» Esclamai, divertita. Lui si avvicinò a me e mi bloccò vicino alla moto, impedendomi di muovermi. Sentii aderire il suo corpo al mio e i nostri volti avvicinarsi sempre più. A quel contatto, il mio cuore impazzì. Batteva così forte che credevo volesse uscire dal mio petto.
«Vuoi sapere la verità? Sì, sono geloso. Avrei voluto tanto togliergli io quel ghigno dalla faccia che aveva, quando lo hai abbracciato.» Il suo sussurro seducente mi accarezzò, appena pronunciò quella frase. Era pericolosa la nostra vicinanza. Ecco che il mio autocontrollo veniva nuovamente messo alla prova.
«Ah, davvero? Bene, bene. Allora anche tu non sei perfetto come ci vuoi far credere.» Gli risposi, tentando anch’io di dare un tono seducente alla mia voce. «No, no, Signor Leto. Questo è un punto in meno.» Cinguettai, sfoggiando il mio dito indice e agitandolo a destra e a sinistra dinnanzi al suo muso.
Lui si avvicinò ancora di più, eliminando in un gesto anche quei pochi centimetri che ci dividevano. Poggiò la sua mano sulla mia schiena per spingermi verso di lui.
«Beh, forse ho un modo per recuperare un po’ di punti.» Mormorò, sfoderando uno dei suoi sorrisetti maliziosi e avvicinando le sue labbra alle mie. Si stavano quasi per sfiorare, quando decisi di rovinare tutto. Girai il voltò dall’altro lato.
«Forse è il caso di andare, o faremmo tardi.» Dissi fredda tutto d’un tratto. Che stupida!
Lui rimase spiazzato dalla mia reazione e si allontanò velocemente, alzando le mani in segno di resa.
«Certo, come vuoi tu.» Si infilò il casco e, appena salì sulla moto, lo seguii e strinsi le mie braccia intorno ai suoi fianchi mentre schizzavamo per le strade di LA.
Per tutto quel breve viaggio, rimanemmo in un silenzio imbarazzante. Per come mi ero comportata poco prima, mi sentivo a disagio addirittura nello stringermi a lui. Infatti un paio di volte cercai di staccarmi, ma lui mi afferrava il braccio e me lo riconduceva attorno ai suoi fianchi. «Charlie, tieniti forte. Non voglio che cadiamo.» Mi ripeteva, freddo anche lui. Beh, come biasimarlo. L’avevo trattato come un estraneo, dopo ciò che era accaduto ieri. Finalmente arrivammo sotto casa sua, io scesi e attesi che Jared parcheggiasse la moto in garage. Mi sedetti sugli scalini all’entrata del palazzo e lo attesi. Dovevo scusarmi assolutamente. Lo vidi arrivare e mi alzai in piedi.
«Allora, andiamo?» Confermò Jared e si avviò per bussare.
«Aspetta, Jay!» Lo afferrai per il giubbotto e lui si riavvicinò. Presi fiato e cominciai. «Senti Jay, scusami per prima. Io non volevo, ma …» M’interruppe, scuotendo la testa.
«Charlie, non ti devi scusare. Sono stato io ad essere troppo avventato. Se ti sei pentita dell’altra sera …»
«Questo è il punto.» Questa volta fui io ad interromperlo. «Io non mi sono affatto pentita di nulla.» Mi avvicinai a lui e gli sfiorai il volto. Ci guardammo negli occhi. «Credo che quello di ieri sera sia stato la cosa migliore che avessi potuto fare. Jared, io volevo baciarti e voglio baciarti tutt’ora. Ma devo ancora farci l’abitudine, ecco.» Confessai, sentendomi per fortuna più leggera.
Lui mi sorrise e mi prese il viso tra le sue mani, non staccando mai il suo sguardo dal mio. «Oh, Charlie. Non sai come mi fai felice per quello che mi hai detto. Davvero temevo che avessi cambiato idea e …» Le sue parole rimasero sospese per aria, perché mi avvicinai e lo baciai. Fu tutto così intenso e profondo che non c’era nient’altro da aggiungere.
«Ti ho convinto, ora?» Gli sussurrai ad un centimetro dalle sue labbra.
Si morse il labbro inferiore. «Mmm … forse l’ultimo concetto non mi è stato molto chiaro.» Mormorò, furbo.
Sorrisi. «Vediamo se posso ripetertelo …» Azzardai.
Ci baciammo nuovamente e, con mia grande sorpresa, fu ancora più bello.
Poi decidemmo che avevamo già fatto abbastanza tardi, così salimmo e bussammo alla porta.
«Ah, Charlie. Dimenticavo di dirti che Shannon sa tutto di ieri sera. Sì, lo so. Avevamo promesso di non parlarne con nessuno, ma lui mi ha completamente sgamato.» Spiegò Jared, imbronciato.
Sorrisi per la sua dolce espressione e gli accarezzai il viso. «Non preoccuparti. Shannon è tuo fratello, capisco.»
Aprirono la porta. Era Emma, rimasta impassibile notando l’atmosfera intima creatasi tra me e Jared. Mi allontanai di scatto. Ora che sapevo ciò che Emma provava per Jared, mi metteva a disagio stare con lui dinnanzi agli occhi di lei. Perché sapevo che soffriva.
«Buona sera, Emma.» La salutai, abbozzando un sorriso.
«Era ora che arrivavate.» Disse fredda, tornando di là. Guardai Jared, stranita.
«Lasciala stare. In questo ultimo periodo è intrattabile. Sarà stressata per il lavoro.» Azzardò lui, mentre entrammo in casa.
Nella sala da pranzo c’erano tutti. Shannon, Tomo, Vicki, Emma e anche Braxton, erano tutti lì per trascorrere una serata insieme. Salutammo tutti. La cena cominciò e tutto fu molto divertente. Poi passammo nel salone e ci accomodammo sui divani per terminare la nostra chiacchierata.
«E quindi, cara Vicki, a quando le nozze?« Domandai, felice della notizia appena ricevuta. Lei era seduta accanto al suo Tomo e si stringevano la mano. Erano tenerissimi insieme e poi erano felici. Cosa chiedere di più?!
«Beh, penso che tutto verrà rimandato a dopo il video di Hurricane. Credo nella pausa estiva della band. Comunque sarai la prima ad essere invitata!» Mi spiegò la ragazza.
«Grazie! Sono proprio molto contenta per voi, davvero!» Dissi, sorridente.
«A proposito del video di Hurricane …» Incalzò subito Shannon, facendo l’occhiolino al fratello.
«Ah, giusto!» Colse al volo Jared. Poi si voltò verso di me e mi prese la mano. «Charlie, sai che dobbiamo lavorare per questo video importante. Così a nome di tutta la band, vorrei chiederti di disegnare tu i costumi per Hurricane.» Mi sorrise, speranzoso.
Sbarrai gli occhi, un po’ stupita dalla sua richiesta. «Chi, io? Ma sei sicuro? Io non so se sono all’altezza …» Vaneggiai, confusa. Ero lusingata dalla proposta, ma davvero non sapevo se fossi stata in grado di eseguire il compito.
«Vedete? È stato inutile chiederlo a lei. Chiameremo qualcun altro!» S’intromise, sgarbata, Emma.
Shannon e Tomo la fulminarono con uno sguardo.
«Sta’ zitta, Emma!» Esclamò Jared, irritato dall’intervento della loro manager. Poi tornò a guardarmi e appena incontrò i miei occhi, pieni di confusione, la sua espressione si distese. «Certo, che sei all’altezza! Non ho mai incontrato una persona più talentuosa di te. Farai un lavoro stupendo!»
Scossi la testa. «Come fai ad esserne così sicuro?»
«Perché mi fido di te e del tuo talento. Tutti noi ci fidiamo.» Affermò dolce Jay.
Mi voltai verso Shannon e Tomo e sul loro viso vidi lo stesso sorriso, carico di fiducia. Mi appoggiavano e questo mi riempiva di gioia.
«E con il mio lavoro? Come farò?» Domandai, preoccupata.
«Di questo non devi preoccuparti. Ho già parlato con il tuo capo. Attende solo una risposta definitiva. Se decidi di lavorare con noi, allora Emma si occuperà personalmente di avvertire il capo, che ti concederà un mese di permesso per lavorare con noi. Appena terminato il progetto, poi potrai tornare al tuo lavoro.» Jared aveva già pianificato tutto.
Stando a come si erano messe le cose tra noi, non doveva essere difficile la mia scelta. Sarei stata un intero mese accanto a lui. Cosa chiedere di più?
Eppure l’idea di sospendere tutto il mio lavoro e partire, mi spaventava un po’.
«Comunque non è necessario che ci dai una risposta proprio ora. Se vuoi pensarci, fai pure. Noi domani pomeriggio abbiamo l’aereo e per tutta la settimana prossima saremo in tour. Quindi appena deciderai cosa fare, mi farai sapere.» Chiarì Jared.
Gli sorrisi. «Ma io non ho bisogno di pensarci. Accetto!» Dissi, entusiasta.
Jared non conteneva più la gioia. Si avvicinò e mi abbracciò forte al suo petto. Partì un applauso e un’ovazione. «Non potevi farmi regalo migliore!» Mi sussurrò Jared in tutto quel baccano, prendendomi il viso tra le mani e baciandomi improvvisamente.
Rimasi disorientata dal suo gesto dinnanzi a tutti. Ma appena schiuse le sue labbra sulle mie, tutto attorno a me sembrò dissolversi come una bolla di sapone. Accolsi il suo bacio con molto trasporto.
Però fummo interrotti, giustamente, da una sorta di “ola”, che partì da Shannon, Tomo e Braxton.
Ci separammo e ci voltammo verso i nostri “sostenitori”, ridendo.
«Ma qui qualcuno ci deve spiegare qualcosa.» Commentò Tomo. «State insieme?»
Che grossa domanda. Mi voltai verso Jared.
«Ci stiamo provando.» Rispose lui, stringendomi nuovamente la mano.
«Ma bene. Vedo che allora avete chiarito tutto!» Esordì improvvisamente Emma. Era arrabbiata, era evidente. Riuscivo a leggerglielo sul suo volto. Chissà per quale motivo. Forse non condivideva che partecipassi al progetto di Hurricane e, ora che sapeva cosa stava accadendo tra me e Jared, era ancora più furiosa.
«Già» Risposi, abbozzando un sorriso, sebbene Emma mi mettesse un po’ a disagio. Mi faceva sentire fuori posto.
Poi guardai l’orologio. Si era fatto tardi. «Jay, io devo andare. Domani ho la sveglia prestissimo e poi anche voi dovete riposare per affrontare il viaggio.» Gli spiegai.
«D’accordo. Allora ti accompagno.» Disse, alzandosi dal divano.
Mi alzai anch’io. «No, Jay. Lascia stare. Non disturbarti. Chiamo un taxi.»
«Scherzi?! Non esiste. Ti riaccompagno io. Vado a prendere le chiavi della moto.» Disse, avviandosi spedito in garage.
Io, invece, iniziai a salutare tutti. Poi scesi in garage e lo vidi in sella alla sua Ducati. «Prego, madame. La sua carrozza l’attende.» I suoi occhi sembrarono sorridermi e anch’io risi, felice.
Mi avvicinai e mi porse il casco. Montai sulla moto. «Charlie, tieniti forte. Voglio che ti stringa a me così, in ogni attimo in cui saremo divisi, ricorderò questo istante.» Mormorò dolce.
Allacciai le mie braccia attorno ai suoi fianchi e appoggiai il mio viso sulla sua schiena.
Sfrecciammo nella notte. Durante la corsa, riuscivo ad udire il battere del suo cuore che andava all’unisono con il mio.
Mi sentivo improvvisamente vuota. L’idea di lasciarlo andare, dopo anni che eravamo divisi e proprio ora che ci eravamo ritrovati, mi faceva star male. Non desideravo che lui partisse, ma desideravo la sua felicità e ciò che lo rendeva felice era il proprio lavoro. Perciò rispettavo la sua decisione. Era giusto così.
Arrivammo sotto casa e scesi dalla moto. Il mio cellulare ricevette un messaggio. Era Sarah che m’informava che non sarebbe tornata a dormire e che, quindi, non dovevo preoccuparmi.
«Problemi?» Domandò Jared, scendendo anche lui dalla moto.
«No, era Sarah. Mi avvertiva che non sarebbe tornata a dormire.» Risposi, posando il telefono e tornando a guardarlo.
Attimi di silenzio. Nessuno di noi due parlava. Cosa c’era da dire in fondo? “Non posso stare lontano da te”, oppure “Ci vedremo presto.”: tutto troppo scontato.
«Okay. È imbarazzante questo silenzio.» Dissi, sdrammatizzando.
«Non sai quanto mi costa partire.»
«Jared, ne abbiamo già parlato. È giusto che sia così. Non voglio che questa situazione tra noi diventi un peso. Mi mancherai e questo lo sai.»
Si avvicinò a me e mi abbracciò forte. «Charlie …»
Anch’io lo strinsi a me, baciandolo dolcemente sulle labbra. «A che ora hai il volo domani?»
«Alle due di pomeriggio.»
«Hai già preparato le valigie?»
«Sì, è tutto pronto già da una settimana.» Un sorriso amaro comparve sul suo viso, quando tornammo a guardarci.
«Allora non lasciarmi sola stanotte. Resta con me.» Sussurrai.
Lui mi sorrise e capii che acconsentiva. «Credevo non me lo avessi chiesto.»
Lo afferrai per mano e Jared si lasciò condurre dentro casa, come me che mi feci condurre nel suo cuore.

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Capitolo 7
*** Chapter 7: Flames ***


Era così bello vederla dormire. Era così dolce e delicata che avevo addirittura paura di sfiorarla, perché avrei rischiato che si svegliasse. Non voleva vedermi andar via, così mi disse la scorsa notte. Non lo avrebbe sopportato.
Guardai l’ora sul mio BB. Era arrivato il momento di andare. Le lasciai un piccolo bacio sulla fronte e presi le mie cose.
«Ti amo, Charlie.» Le sussurrai da lontano, mentre richiudevo la porta alle mie spalle.
 
« Jared, dove sei stato stanotte? Siamo in ritardo!» Mi urlò contro mio fratello, nel totale panico, mentre metteva a casaccio le ultime cose nella sua valigia.
«Shan, che ti prende? Sta’ calmo!» Dissi, esasperato dalla sua pazzia improvvisa. «Sono stato con Charlie questa notte.»
Shannon si fermò di colpo e in un attimo mi fu accanto. «Sei stato tutta la notte con lei?» Mi domandò incredulo.
«Sì, Shan. Ma non farti i film. Non abbiamo fatto sesso.» Risposi secco.
«Ah.» Emise lui, alquanto deluso dalla mia risposta. «E com’è stato il saluto, quando sei andato via?»
«Non c’è stato alcun saluto, Shan. Charlotte mi aveva chiesto di andare via quando si sarebbe addormentata e, sinceramente, nemmeno sarei riuscito ad andar via sapendo che lei era lì.» Gli spiegai, brevemente.
«Capisco. Anch’io non ce l’avrei mai fatta.» Affermò comprensivo Shannon, dandomi una pacca sulla spalla per consolarmi.» Ora però dobbiamo davvero andare e faremo tardi. Tra due minuti, Emma e Tomo saranno qui.»
«D’accordo.» Risposi, con il cuore in gola.
 
 
1 mese dopo
«Jared, finalmente!» Esclamai, sollevata.«Cavolo, sono giorni che ti lascio messaggi in segreteria. Ma che fine hai fatto?» Domandai in preda all’ansia. Saranno stati circa cento i messaggi che gli avevo lasciato. Tutti senza risposta. Se fosse esistito un record per i messaggi lasciati in segreteria, io l’avrei sicuramente battuto!
«Sì, piccola. Hai ragione. Ma tra prove ed esibizioni non abbiamo avuto un po' di tempo libero. Oltretutto ho avuto problemi anche con il BB. Era sparito misteriosamente. Credevo di averlo perso, quando esattamente cinque minuti fa l’ho trovato in fondo alla mia valigia, mentre cercavo i miei guanti rossi che devo indossare sul palco. E appena ho visto tutti i tuoi messaggi, ti ho chiamato. Perdonami tesoro.» La sua voce era così rassicurante. Per un attimo mi sentii una stupida per essermi preoccupata tanto. La dolcezza del suo tono di voce mi ricordava il motivo per cui ero pazza di lui.
«No, scusami tu. Ho esagerato come al solito. Ma non sapevo come altro rintracciarti. Sicuramente ti sarà caduto in valigia, oppure lo avrai dimenticato lì.» Ipotizzai.
«Sì, forse sarà così. Comunque mi sembra strano. Ma ora non voglio parlare del BB. Tu come stai?»
«Sfinita! Il mio capo ha deciso di volermi distruggere. Tra qualche giorno comincia la settimana della moda e sto controllando e ricontrollando bozzetti e capi realizzati. Poi appena torno a casa, lavoro sui costumi di Hurricane.» Ero davvero un fascio di nervi. Saranno stati giorni che non dormivo.
«Mi dispiace tanto, Charlie. Se avessi saputo che eri nel pieno dei preparativi per la settimana della moda, non te l’avrei mai chiesto. Non voglio caricarti di altri impegni.» Confessò sincero e dolce lui.
Mi sfuggì un sorriso. Cazzo, quanto mi mancava.
«No, invece. Lo faccio volentieri, anche se sono stanca morta. Lo faccio per il video, per la band e per noi. Se questo è l’unico modo per vederci, allora lo faccio. Domani sarò prontissima per attraversare gli Stati Uniti e raggiungerti a New York.» Beh, era un buon compromesso in fondo. «Comunque ho ricevuto la tua e-mail con i dettagli dei costumi e ho apportato le giuste modifiche. Sono quasi completi. Aspetto solo il tuo giudizio di domani.»
«Mi manchi.» Disse d’un tratto Jared.
«Anche tu.» Risposi, felice.
«Non vedo l’ora di guardarti scendere da quel dannato aereo e stringerti tra le mie braccia.» Percepivo amore e desiderio nelle sue parole. Lo stesso desiderio che provavo io quando lo stringevo a me.
«Sto contando le ore.»
«Jared, dobbiamo andare. Sta cominciando lo show.» Sentii la voce di Shannon che lo chiamava.
«Sì, arrivo.» Rispose lui, poi tornò a me. «Piccola, devo andare. Ci vediamo tra poche ore.» Sussurrò, salutandomi. Poi mi schioccò un bacio.
Sorrisi. «In bocca al lupo per lo show, Jay. Ti …» Stavo per dire la parola “amo”? « … adoro!»
Gli sfuggì un sorriso, ma non capii se fosse sarcastico o meno. «Okay, per ora mi accontento. Ma sul “ti adoro” ci dobbiamo lavorare.» Commentò ridendo più forte.
Risi anch’io. «Ciao, Jay.»
«Ciao, piccola»
Terminò la telefonata.
 
«Charlie, il taxi è arrivato.» Urlò Sarah dal piano di sotto. Presi il giubbotto e la borsa e corsi giù. Sarah mi attendeva alla porta con la mia valigia.
Mi avvicinai e la abbracciai. «Oh, amica. Mi mancherai tanto.» Disse lei, dolce.
«Anche tu, Sarah. Ma non preoccuparti, ci sentiremo spesso.»
«Ah, ho un regalo per te!» Esclamò a un tratto, appena ci dividemmo. Corse in salotto e tornò con una busta di carta rosa, dalla quale fuoriusciva della carta crespa anch’essa rosa. Me la porse ed io l’afferrai. «E poi non dire che la tua amica non pensa alle tue esigenze.» Sghignazzò.
Avevo un brutto presentimento. Sulla busta c’era scritto Victoria’s secret. «Non ci posso credere.» Commentai, incredula. Aprii la busta e tirai fuori la gruccia sulla quale c’era un completo intimo. Erano un reggiseno nero con nastri color corallo e una culottes nera merlettata (quasi completamente trasparente!) e nastri sempre color corallo ai lati.
La guardai incredula. «Mi hai acquistato della biancheria intima?» Domandai, incredula.
«No, cara. Ti sbagli. Non è solo biancheria intima, è lingerie sexy!» Esclamò, entusiasta del suo acquisto.
Aggrottai le sopracciglia. «E perché?» Chiesi, sempre più stranita.
«Come “perché”?! Non puoi farti trovare impreparata nell’evenienza che tu e Jared …» Non continuò, ma fece intendere quello che gli passava per la mente.
«Sarah, non credo che un completino intimo …»
M’interruppe. «Charlie, lo lascerai senza fiato. Credimi! Ora, però, vai, altrimenti farai tardi.» Mi consigliò.
Ci abbracciamo un’ultima volta, poi presi la valigia e mi recai nel taxi.
 
L’aereo atterrò e non vedevo l’ora di scendere. Presi i bagagli e all’uscita dell’aeroporto, trovai solo Shannon. Mi avvicinai, con espressione confusa. Aveva detto che sarebbe venuto a prendermi.
Appena vidi il volto di Shannon sorridente, abbandonai i cattivi pensieri e lo abbracciai.
«Ciao, Shan.»
«Ciao, Charlie. È bello vederti.» Disse entusiasta. «Jared, non è potuto venire perché è impegnato sul set. Però mi ha chiesto di consegnarti questi …» Da dietro alla schiena, Shannon cacciò un mazzo di rose rosse e me le porse. Ero stupita e affascinata dal gesto di Jared. Non lo facevo tanto romantico. «C’è anche un bigliettino.» Aggiunse Shannon.
«Non ci posso credere. Da quando tuo fratello è diventato così romantico?» Chiesi, mentre prendevo il bigliettino.
«Non so risponderti, sinceramente. Erano anni che non lo vedevo così. L’ultima volta fu con Cameron.» Mi spiegò lui. Sapevo della relazione di Jared e Cameron Diaz e avevo sentito anche che era stata molto travolgente e significativa per entrambi, ma non pensavo fino a questo punto. In fondo con lui non avevamo mai affrontato quell’argomento in modo approfondito, perché sapevo quanto aveva sofferto.
«Già. Immagino.» Commentai.
Poi cominciai a leggere il biglietto azzurro.
Non ho trovato altro fiore che potesse descrivere meglio ciò che provo per te, e questo tu lo sai. Perdonami se non sono venuto all’aeroporto, ma mi hanno incastrato sul set. Non vedo l’ora di riabbracciarti. Mi sei mancata, tesoro mio. Ti aspetto. Jared.”
Un sorriso si disegnò sul mio viso e Shannon se ne accorse. «Che dolce.» Commentai alla fine.
«Charlie, forse è il caso di avviarci altrimenti faremo tardi.» Si apprestò ad affermare Shan.
«Giusto, andiamo!»
Caricammo tutte le valigie sul fuoristrada di Shannon e partimmo.
«Charlie, posso farti una domanda?» Cominciò a un tratto Shannon, durante il tragitto.
«Certo, dimmi.»
«Cosa provi esattamente per mio fratello?»
«Che intendi dire?» Chiesi confuso.
«Intendo dire … lo ami? O pensi che non vada oltre l’amicizia?»
«Shannon, se vuoi dirmi che non devo farlo soffrire già lo so. Tengo a lui e non voglio fargli del male.»
«Ma non mi hai risposto. Lo ami?»
«Sì, Shan. Lo amo. Credo di averlo sempre amato. Solo che ciò che provavo si nascondeva dietro a ciò che io definivo amicizia. Perché questa domanda così diretta?»
«Perché credo che lui abbia dei dubbi. Non che tu non gli dimostri quanto ci tieni a lui, ma credo che lui si aspetti qualcosa di più. Ma forse mi sbaglio.»
«Forse, hai ragione.»  Rimasi a osservare fuori al finestrino, ripensando alle parole di Shannon.
Finalmente arrivammo sul set. Shan mi fece scendere dall’auto e lo attesi mentre parcheggiava e prendeva i costumi. Era così immenso quel posto che rischiavo di perdermi. Ci facemmo strada tra strumenti, elementi scenografici e sfilza di ragazzi in fila in attesa del provino.
Poi in un’altra fila c’erano tutte ragazze in impermeabile e quasi completamente nude sotto. Erano tutte molto belle e formose.
«Shan, forse è il caso che io sappia cosa significa questo?» Gli domandai, indicandogli la fila delle ragazze mezze nude.
«Ehm … come dire …» Shannon cominciò a vaneggiare. Non era un buon segno. «Forse è il caso che te lo fai spiegare direttamente da Bart.» Sorrise, nervoso.
Lo vidi da lontano che dava direttive al cameraman sulle riprese. Mi avvicinai e, silenziosa, lo abbracciai da dietro.
«Ma ciao.» Gli sussurrai all’orecchio. Lui si voltò subito verso di me e i suoi occhi sorrisero.
«Oh, finalmente sei qui! Non ce la facevo più ad aspettare.» Esclamò Jared, felice. Si avvicinò e mi baciò con trasporto. Le sue labbra e il suo sapore mi suggerivano che quello era il mio posto, ovvero rimanere accanto a lui.
«Grazie per i fiori. Sono bellissimi.» Mormorai tra un bacio e l’altro.
«Mai quanto te, però.»
La sua bellezza mi lasciava senza fiato. Più lo guardavo più mi chiedevo come fosse possibile che un essere umano potesse apparire in modo così perfetto.
«Senti un po’, ma chi sono tutte quelle ragazze quasi nude in fila?» Gli chiesi portando le braccia ai fianchi.
Lui rise. «Ah, giusto. Beh, sono qui per il provino. Nulla d’importante.» Jared sviò subito il discorso. Non ero molto convinta della sua risposta, ma preferii passarci sopra. Per ora.
«Ah, ho portato i costumi. Ho cercato di riprodurli secondo le tue aspettative.» Avvicinai l’appendi- grucce, sul quale c’erano gli abiti. «Appena hai tempo, dacci un’occhiata, okay?»
Jared mi sorrise e mi baciò sulla guancia. «Certo.» Sorrisi.
«Ora però vado in hotel. Sono stanca morta e vorrei fare un riposino, altrimenti a lavoro non produrrò nulla di buono domattina.» Spiegai, stravolta. Mi avvicinai e lo baciai dolcemente sulla bocca.
«Okay, ma se vuoi, ti accompagno.» Si offrì volontario.
«No, lascia stare. Non voglio farti perdere tempo. Chiamerò un taxi. Ah, la stanza all’hotel è stata già prenotata, oppure devo prenderne una?» Domandai a titolo informativo.
«Già prenotata. Non preoccuparti.»
«Grazie. Allora io vado. Ci vediamo domani e fammi sapere per i costumi.»
«Okay, piccola. Buon riposo.» Questa volta fu lui a baciarmi, stringendomi a sé. «E sarai tutta mia!» Mi sussurrò all’orecchio.
Sorrisi e andai via.
Arrivai all’hotel, presi le chiavi e mi diressi nella mia camera.
Stanza 6277. “Guarda che coincidenza!”, commentai tra me e me.
Entrai e vidi che era una suite matrimoniale. Non ci prestai tanta attenzione, perché ero talmente stanca che avrei dormito anche in corridoio. Mi gettai subito in doccia e, appena mi rilassai, andai a letto. Dormii profondamente per non so quante ore. Fui destata dal mio sogno solo perché venne a svegliarmi Jared.
«Buon giorno, dormigliona.» La sua voce baritonale mi svegliò nel modo più dolce possibile.
«Mm … ciao.» Dissi strofinandomi le mani sugli occhi e stiracchiandomi. Lui mi raggiunse e si sedette accanto a me.
«Dormito bene?»
«Sì, come un sasso. Tu? Hai riposato?» Mi spostai e gli feci spazio per farlo stendere accanto a me. Avevo voglia di abbracciarlo. Lui accolse molto volentieri la mia offerta e, appena si stese accanto a me, appoggiai il mio capo sul suo petto.
«Insomma. Ho troppi pensieri per la testa a causa di questo video. Ci sono troppe cose da fare e c'è troppo poco tempo.» Era inquieto e stanco, era palese. «Deve essere tutto perfetto. Non voglio deludere gli Echelon.»
Lo fissavo mentre parlava, guardando nel vuoto e indossando quella sua maschera di ansia. Con il mio dito, cominciai a disegnare il suo profilo soffermandomi sulle profonde occhiaie che gli solcavano il volto. Poi cominciai a giocherellare con la piccola Triad che portava al collo.
«Non deluderai nessuno, Jay. Gli Echelon si fidano del tuo operato e di te, Shannon e Tomo si fidano di te e anch’io mi fido di te. Non ho mai incontrato nessuno che mette tanta dedizione e amore in ciò che fa come te.» Mormorai, cercando di fargli capire che aveva tutto il mio appoggio. «Dovresti riposare piuttosto.» Lo intimai.
Finalmente abbandonò il vuoto nel quale era concentrato e tornò a guardarmi con i suoi occhioni blu, sorridendomi dolce. «Charlie, ancora non posso credere che tu sia qui. Sei la mia forza in questo momento. Avevo bisogno di te qui al mio fianco.» Jared mi strinse la mano che avevo appoggiato sul suo petto. «Ah, i costumi sono favolosi. Sapevo che non mi avresti deluso.»
Mi alzai al centro del letto, entusiasta. Anche Jared mi seguì e tornò a sedersi di fronte a me questa volta. «Davvero? Hai visto le tute in pelle per le ragazze? Le ho rifinite di lato per permettere un più facile movimento e …» Iniziai a parlare a più non posso. E lui trovò un metodo molto efficace per farmi smettere. Con gesto preciso e veloce, allungò la sua mano dietro alla mia nuca, avvicinandomi al suo volto e baciandomi ardentemente. Il suo profumo, il suo sapore e la sua lingua, che s’insinuava esperta nella mia bocca, mi mandavano fuori di testa.
Poi si allontanò improvvisamente. «Ti amo, Charlotte.» Sussurrò a un palmo dalle mie labbra.
Sgranai gli occhi, incredula. Me lo sarei dovuta aspettare. Ecco perché quel discorso di Shannon. Eppure non mi credevo fosse giunto già il momento. Sapevo che in amore tutto è irrazionale e non calcolato, ma per me questa parentesi era un po’ delicata.
«Ah …» Fu l’unica cosa che uscì dalla mia bocca. Ero pietrificata.
Lui si allontanò per un attimo per guardarmi bene in viso. Aggrottò la fronte. «Okay, mi aspettavo qualcosa di più di un semplice “ah” …» Rise con tono sarcastico.
«Scusami Jay. È solo che non me lo aspettavo e poi ho un rapporto un po’ complicato con quella frase.» Cercai di spiegare.
 «Cioè? Non ci trovo nulla di male nel dire alla persona che ami ciò che provi. Cosa c’è di più naturale?» Controbatté lui.
«No, infatti. Non c’è nulla di male ed è naturale, ma non per me. Jay, io non ho mai detto “ti amo” a qualcuno. Sono stata con dei ragazzi in precedenza, ma a nessuno di loro l’ho mai detto.» Sputai fuori la verità, anche se provavo un forte imbarazzo. Abbassai lo sguardo.
Lui rise e si riavvicinò, poi prese ad accarezzarmi il volto con la sua grande e morbida mano virile. «Scusa, non potevo saperlo. Ma ciò non cambia quello che provo nei tuoi confronti. Io ti amo e questo non cambierà.» Che egoista che ero. Non ero in grado di dire all’uomo più importante della mia vita che lo amavo alla follia, però non riuscivo a stare lontano da lui. Lui mi dava tutto ed io non ero in grado di dimostrarglielo, se non a livello fisico.
«Mi sento una schifezza, ora.» Dissi, mettendo il broncio.
Sorrise dolcemente. «E, invece, non devi sentirti così. Perché preferisco che tu mi dica ciò che provi davvero, piuttosto che un “ti amo” privo di significato.» Eccolo che sfoggiava nuovamente la sua espressione dolce, comprensiva, ma anche sexy e profonda.
Avvicinai la mia fronte alla sua. «Perché sai sempre cosa dirmi?»
«Perché non c’è persona che ti conosce meglio di me. E mai esisterà altra persona.»
Le sue labbra sfiorarono delicate le mie.
Poi a un tratto tutto avvenne rapidamente.
La porta della mia stanza sbatté con violenza ed Emma, chiaramente agitata, entrò nella stanza, spezzando quella magia creatasi tra me e Jared. Io e lui ci dividemmo di colpo.
«Jared, grazie al cielo ti ho trovato!» Esclamò con il fiatone Emma.
Lui si voltò verso di lei. «Emma, cosa è successo?»
«Jay, non so come dirtelo …» Emma era scossa.
Jared capì subito in che stato si trovava la ragazza. Così si alzò di scatto e, in un attimo, le fu accanto. Appoggiò le sue mani sulle spalle di Emma e la scosse con violenza, senza però farle del male. «Emma, cosa è successo? Shannon e Tomo stanno bene?»
«È scoppiato un incendio sul set e … tutti i costumi …  sono andati distrutti.» Mormorò lei.
Il mio cuore per un attimo smise di battere.

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Capitolo 8
*** Chapter 8: No, this is not a game. ***


Salve a tutti, miei cari! Vi sono mancata? Spero un pochino. :) Allora chiamerei questo capitolo l'ottava fatica di Ercole, ma alla fine ce l'ho fatta. xD è stato il capitolo più difficile, direi. Volevo scrivere tutto, ma poi ciò che scrivevo non mi piaceva. Perciò ricancellavo. Finchè non mi sono detta di non pensarci troppo. Perciò questo capitolo è tutto dettato da ciò che in quel momento immaginava la mia fantasia. Spero vi piaccia! Ci tengo molto al vostro giudizio, lo sapete. Un forte abbraccio a tutti e, ovviamente alla mia famiglia di Echelon (soprattutto a quelli che fanno parte della mia divisione, quella della MARS ARMY- ECHELON CAMPANIA). I love you, guys! ♥♥
Beh, cos'altro dire... buona lettura! :) And stay tuned! ;)



Mi alzai di scatto, in pieno panico. «Oddio, ci sono feriti?» Domandai, apprensiva.
Emma mi lanciò un’occhiata, ma mi ignorò completamente. «Per fortuna non ci sono stati feriti, ma se non lo fermavano, il fuoco si sarebbe propagato per l’intero set.»
Jared lasciò la presa su Emma. «Beh, almeno non ci sono feriti. Ma come può essere accaduto? Oddio, tutto il lavoro andato a puttane!»
Emma mi guardò di sottecchi. «Non so di preciso. Comunque, per qualsiasi chiarimento, sul set c’è il capo dei pompieri. Forse lui ci dirà di chi è stata la colpa, anche se credo che non ci siano dubbi a questo punto.» Disse con tono severo. Abbassai lo sguardo mortificato.
«Emma, smettila. Non è di nessuno la colpa.» Jared cercò di difendermi, ma in fondo mi sentivo in colpa quasi come se l’avessi appiccato io il fuoco.
Dalla porta entrarono di soppiatto Shannon e Tomo, molto probabilmente anche loro avevano appena appreso la notizia.
«Oh, grazie al cielo siete qui!» Esclamò Shannon, con tono preoccupato abbracciando il fratello e, poi, me. «Credevo vi fosse successo qualcosa. Come state?»
Alzai gli occhi, già stracolmi di lacrime, su Jared. I nostri sguardi s’incrociarono.
Non riuscii più a trattenermi. L’idea di essere stata così inaffidabile e poco attenta su qualcosa di così importante, mi uccideva.
«Scusate.» Dissi, lasciando la stanza in preda alle lacrime.
«Aspetta, Charlie.» Tentò di fermarmi Jared, ma fu tutto inutile. Non mi andava che mi vedessero in quello stato e poi volevo recarmi sul set per costatare i danni.
Uscii dalla porta della mia stanza e il pianto fu inevitabile. Dovevo andare sul set, dovevo vedere con i miei occhi cosa la mia negligenza aveva causato.
 
«E ora che si fa?» Domandò Tomo, anch’egli molto preoccupato.
«Beh, per fortuna i danni hanno interessato solo la parte dei costumi. Quindi non ci saranno problemi particolari, basta chiamare un’altra costumista e in poco tempo il gioco è fatto!» Esclamò Emma, fin troppo ottimista.
«Che cosa? Vorresti estromettere Charlotte dal progetto?» Mi chiese Shannon, guardandomi stupito.
Feci per rispondere, ma s’intromise nuovamente Emma.
«Certo! È per la sua superficialità che è accaduto tutto questo. Non è pronta per un compito così impegnativo. Non lo è mai stato e forse mai lo sarà. Dobbiamo farcene una ragione.»
«Charlie è una persona in gamba. La colpa non è la sua e, soprattutto, lei tiene a tutto questo, perché sa quanta passione c’è dietro al nostro lavoro. E poi non puoi accusarla se non hai le prove.» Shannon si era completamente schierato dalla parte di Charlotte e, dalla sua espressione, anche Tomo la pensava come mio fratello. «Jared, tu non dici nulla?» Intervenne nuovamente lui.
«Ovvio che non è colpa di Charlie. E non andrà da nessuna parte. Resterà a lavorare con noi.» Pronunciai con voce atona e senza un briciolo di emozione. Non perché non m’importasse, ma perché non volevo che Charlotte stesse male per un qualcosa di cui lei non aveva nessuna colpa.
«Jared, come sarebbe? Ha rovinato tutto!» Cominciò a gridare Emma. Mi stava irritando e non poco.
«Emma, dacci un taglio! Non è possibile che sia stata lei. Ieri ha lasciato nello stanzino i suoi abiti per farli vedere a me e poi è venuta qui in hotel, perché era stanca a causa del viaggio. Perciò, casomai, la colpa sarebbe la mia, che posso essere stato imprudente a lasciare incustoditi i costumi o esposti a qualche fonte di calore.» Affermai deciso.
«Colpa tua? Mai, Jay. Non dire sciocchezze. Tu non sbagli mai.» Azzardò Emma e in quell’istante capii di quanto si sbagliava. Al contrario di come molti pensano, non sono perfetto. Anch’io commetto i miei errori e uno dei miei tanti errori era di rimanere ancora lì a parlare con Emma, che non faceva altro che accusare, e perdere ancora altro tempo. Dovevo raggiungere Charlie, in quel momento era l’unica cosa giusta da fare. Presi la giacca e feci per uscire.
«E ora dove vai?» Mi chiese Emma.
«Sul set. È inutile perdere altro tempo.»
 
Arrivai finalmente sul set e trovai il capo pompiere che, probabilmente, faceva l’inventario dei danni. Mi avvicinai. «Buongiorno, signore. Sono Charlotte, l’addetta ai costumi.» Mi presentai all’uomo con la divisa rossa.
«Buongiorno, signorina!»
«Senta mi potrebbe chiarire le dinamiche dell’incidente? Io ricordo benissimo di aver lasciato gli abiti nella stanza che mi è stata assegnata e di aver informato Mr. Jared Leto di dare lui un’occhiata a questi. Non capisco, come è potuto accadere? Solo io e lui siamo in possesso della chiave di quella stanza.» Ipotizzai, confusa. Dove avevo sbagliato?
«Signorina, non so davvero cosa dirle sinceramente. Le dinamiche sono ancora alquanto oscure. È strano che i costumi abbiano preso fuoco da soli, perché non erano situati vicino ad alcuna fonte di calore e nessun fuoco acceso accidentalmente. Purtroppo, però, c’è stato chiesto di dare questa spiegazione sul verbale, perché a quanto pare non vogliono che si venga ad alzare un polverone mediatico, prima dell’uscita del video. O almeno questa è stata la spiegazione che mi ha fornito la manager della band.»
Emma voleva mettere tutto a tacere. Probabilmente temeva che questo piccolo incidente potesse compromettere tutto il lavoro di Jared. Beh, lo avrei fatto anche io. «Però, in maniera confidenziale, le dico che sospetto di un incendio doloso.» Mi confessò l’uomo.
Non potevo credere alle mie orecchie. «Mi sta dicendo che qualcuno ha volutamente dato fuoco ai miei costumi?» Pronunciai incredula.
«Sì. Ovviamente è un’idea che mi sono fatto io. Ma sulla base di ciò che le ho spiegate e su ciò che stesso lei mi ha confermato, ho maturato questa personale ipotesi.» Spiegò lui.
Effettivamente era tutto molto strano. Molte cose non quadravano. Ma chi poteva aver fatto una cosa tanto grave?
«Va bene. La ringrazio per la sua disponibilità. Arrivederci.» Lo salutai, dandogli nuovamente la mano.
«Charlie.»  La voce di Jared, sorpresa e preoccupata allo stesso tempo, piombò da dietro le mie spalle. Mi voltai. C’erano gli stessi volti di poco prima, nella mia camera.
Il capo pompiere mi chiese di riassumere ai miei amici ciò che aveva spiegato a me, perché aveva degli impegni urgenti. Poi salutò gli altri e andò via.
Così feci. Spiegai che l’incendio fu causato da una fonte di calore vicina ai costumi. Ma non accennai nulla sui sospetti del capo pompiere, che presto divennero anche i miei. Non potevo scaricare su Jared un ulteriore preoccupazione, perciò preferii tacere.
«Beh, questo è tutto ciò che mi ha detto.» Terminai la mia spiegazione. Poi guardai Jared, il cui volto era tornato inquieto e il cui sguardo avevo evitato fino ad allora. «Jared, se vuoi che me ne vada e chiamare una costumista più competente, allora fallo. Non preoccuparti, capirò.» Cercai di abbozzare un sorriso, chiaramente finto e sopraffatto da milioni di lacrime che non riuscivo più a trattenere.
Lui incurvò le sopracciglia e mi guardò confuso. «Charlie, che stai dicendo. Non è stata colpa tua. Non voglio che tu te ne vada. Nessuno di noi vuole che tu vada via.» Rispose lui, avvicinandosi cauto e accarezzandomi le braccia. Il mio sguardo passo in poco tempo da quello suo a quello di Emma, la quale non la pensava come lui.
Abbassai lo sguardo. Ero mortificata.
Jared allungò la sua mano e la poggiò sotto al mio mento, costringendomi a guardarlo nuovamente in quell’azzurro dal quale ormai non riuscivo più a riemergere. «Ehi, va tutto bene. Tu non ti muovi di qua. Non te lo permetto.» Mi strinse forte e la sua dolcezza, il suo caldo abbraccio mi diedero la forza di andare avanti.
Jared avvicinò le sue labbra al mio collo baciando la zona sotto al mio orecchio. Questo suo gesto mi fece trasalire. Volevo lui in quel momento, lui e nessun’altro.
 
I lavori continuarono e io mi rimisi all’opera con i costumi. Per fortuna, avevo portato con me alcuni prototipi e le stoffe. Lavorai giorno e notte senza sosta. Le settimane trascorrevano veloci e impegnative. Le riprese ormai proseguivano in maniera frenetica e, da ciò che mi raccontava Jared, erano state girate già le sue scene e quelle di Tomo e Shannon. Solo che le ultime due settimana prima della fine delle riprese, il produttore e la casa discografica organizzarono una riunione con la band. Fu Jared stesso ad informarmi quella stessa mattina, mentre ero nella mia stanza a terminare un abito.
«E come mai? Credevo che doveste mettere solo a punto gli ultimi dettagli e gli effetti speciali, o come si chiamano. Ci sono stati problemi?» Gli chiesi, appena appurata la notizia.
«No. Nessun problema. Sta’ tranquilla. Solo che ci sono delle cose che devo chiarire in riunione e perciò ho chiesto loro di organizzarla. Sai che sono un perfezionista.» Mi sorrise, mentre mi stringeva a sé.
«Lo so, caro Bart. Lo so benissimo. Più di chiunque altro.» Contraccambiai il sorriso e lo baciai forte sulle labbra.
«Ti amo.» Disse d’un fiato lui.
Sorrisi. «Sì, so anche questo.»
Jared scoppiò a ridere e tornò a baciarmi. «So che ci vorrà del tempo prima che tu me lo dica, ma non per questo devo smettere di ripetertelo.» Mi sussurrò tra un bacio e l’altro.
«Credi davvero che vale la pena aspettare?» Mormorai, mentre i nostri respiri irregolari fungevano da sottofondo.
«Non sarei ancora qui, non credi.» Tornò a sorridermi. Amavo quelle fossettine che si venivano a creare intorno alle sue labbra. Jared poteva anche essere cresciuto, ma il suo sorriso inconfondibile era sempre lo stesso. Lo stesso sorriso che aveva quando era piccolo e giocavamo insieme. Lo stesso identico sorriso che era in grado di fare innamorare tutte. Quello stesso dannato sorriso che, sentivo, stava facendo innamorare anche me.
La riunione durò più del previsto. Infatti, dovevo pranzare con Jared, Shannon e Tomo. Solo che poi Jared mi inviò un messaggio in cui mi diceva che erano ancora occupati e che ci saremmo visti fino a sera. Ci rimasi un po’ male, ma preferii non farci caso. In fondo era per il loro progetto e rispettavo il loro lavoro, sebbene speravo che questo ci avrebbe unito un po’ di più. Jared tornava sempre tardi e usciva presto la mattina. Non sempre pranzava con me, o meglio non sempre pranzava in generale. Era dimagrito a vista d’occhio e questo mi preoccupava, e non poco. Non m’importava se eravamo spesso distanti, la cosa che più mi premeva è vederlo un po’ riposato.
Al suo ritorno mi spiegò che fu deciso di girare un’ultima scena, che sarebbe stata poi quella centrale della canzone, con lui.
«E in cosa consiste questa scena?» Chiesi, curiosa mentre ci recavamo tutti e quattro a cena.
«Mah, niente di particolare. Qualche scena qua e là, con qualche effetto speciale.» Rimase sul vago.
«E, scusa, come fai se hai dovuto cambiare colore di capelli? Non si noterà nel video?»
«Credimi, non faranno caso ai capelli di Jared. Saranno occupati ad osservare altro!» Esclamò Shannon, cominciando a sghignazzare come un pazzo. Non capii cosa volesse intendere.
Jared diede una gomitata violenta nello stomaco al fratello. «Ahia!» Esclamò, dolorante, il povero Shan.
«Che intendi dire?» Domandai, più confusa che mai.
«Niente! Non preoccuparti, Shannon è impazzito! » Rise in modo isterico Jared.
La cosa mi insospettì e non poco, però pensavo fosse una delle allusioni senza senso di Shannon Leto.
 
Venne il giorno delle ultime riprese. A dir la verità, sebbene New York fosse una città stupenda e incantevole, mi mancava un po’ Los Angeles. Preferii trascorrere il mio tempo nella mia famigerata stanza, adibita a studio. Siccome il mio compito di creare gli abiti per Hurricane si era splendidamente concluso, potevo concentrarmi su alcuni miei abiti che mi aveva commissionato il capo della casa di moda presso la quale lavoravo. Ero la sua migliore collaboratrice, o almeno questo era ciò che sosteneva lei, e non avermi a disposizione per circa un mese, e soprattutto proprio nel bel mezzo della settimana della moda, l’aveva irritata abbastanza. Ma, alla fine, si era rivelata più generosa del previsto a lasciarmi partecipare a questo progetto. Comunque avevo trovato il tempo di potermi portare avanti con il lavoro, perciò non poteva rimproverarmi di essermela presa con comodo in quel periodo quando sarei tornata.
Nel pieno del mio taglio e cucito, fui però interrotta dall’improvvisa entrata nella stanza di Emma.
«Ciao, cara! Disturbo?» Mi domandò lei, con voce squillante.
Avrei tanto voluto risponderle di sì, ma preferii evitare. Il nostro rapporto non era dei migliori e, sinceramente, non volevo peggiorare le cose.
«No, figurati. Dimmi.» Risposi, sorridendo in maniera finta. Così come faceva lei.
«Cosa ci fai ancora qui?» Mi chiese, notando che lavoravo su un abito.
«Sto terminando questo vestito per il mio lavoro.» “Secondo te, cosa posso fare? Ballare la mazurca, forse?!”, pensai alquanto irritata.
«Ma dai. Lascia per cinque minuti il tuo lavoretto e vieni sul set piuttosto!» Esclamò con entusiasmo, avvicinandosi e iniziando a tirarmi per un braccio.
«No, Emma. Ti ringrazio per il pensiero, ma preferisco terminare il mio compito. E poi non voglio distrarre Jared mentre sta girando.» Confessai, tornando al mio costume.
«No, non preoccuparti. È talmente concentrato in quello che fa, che non si accorgerà nemmeno della tua presenza. E, comunque, conosco una zona del set in cui potremmo osservare, senza che lui ci noti.» Continuò Emma, con molta insistenza. Alla fine mi lasciai convincere da lei, anche perché la sua vocina fastidiosa iniziava a darmi sui nervi. Così mi lasciai trascinare sul set. In fondo, da un lato ero anche curiosa di vedere Jared recitare dal vivo. Nelle settimane precedenti non ne avevo mai avuta l’occasione. Avevo solo visto di sfuggita Shannon e Tomo, ma mai lui.
Arrivammo finalmente sul set, adibito a stanza d’albergo. In lontananza udivo le voci di Jared e di un altro uomo, probabilmente era il direttore della fotografia che supervisionava il tutto. Emma mi scortò nella zona, di cui mi aveva parlato, perché secondo lei era quella che aveva una visuale migliore.
«Scivola lentamente … sfiorala con desiderio e passione …» Sentivo urlare da quell’uomo. E poco dopo udii il suono dolce della voce di Jared che cantava …
 
“As days go by, the night’s on fire. Tell me would you kill to save your life? Tell me would you kill to prove you're right? Crash, crash... burn, let it all burn. This hurricane's chasing us all underground. …”
 
Appena ebbi vivida la scena dinnanzi ai miei occhi, tutto attorno a me sembrò annullarsi. Il mio cuore sembrò fermarsi e infrangersi in milioni di pezzi. Spalancai gli occhi alla vista di Jared in una finta stanza di motel con oggetti sadomaso sparsi intorno. Di fronte a lui, una ragazza mora in completino intimo e con uno sguardo languido, prima seduta a carponi e poi stesa completamente sul pavimento.
Le mani di Jared la sfioravano. Esploravano curiose ogni minimo centimetro di quel corpo, quasi completamente nudo. Gambe, sedere, addome, seno, collo:  tutto era in suo potere. Il corpo di Jared, chiaramente a torso nudo, scivolò su quello della seducente ragazza, la quale sembrava stesse per avere un orgasmo improvviso. E poi la sua fottuta voce continuava ad accompagnare, melodiosa e angelica, quell’istante.
 
“Do you really want? Do you really want me?”
 
Già, ho detto angelica, ma a me sembrava che l’inferno si fosse materializzato in terra e che le fiamme mi stessero divorando.
Poi venne il turno delle sue labbra, che si poggiarono delicate, ma calde e desiderose, su quelle della ragazza.
Io avevo smesso di respirare. Avevo smesso di pensare, di ragionare.
Improvvisamente capii cosa intendesse dire Shannon quando affermò che i fan sarebbero stati distratti da altro piuttosto che fare caso ai capelli di Jared.
«Non è incredibile? Non so esattamente come faccia a rapirle tutte. Quell’uomo sfiora la perfezione. Milioni di ragazze vorrebbero stare al posto di quella mora.» Commentava Emma, sussurrandomi all’orecchio. «Non cambierà mai. Egoista è ed egoista rimarrà sempre. Non si accontenterà mai di una sola persona.»
Emma mi stava provocando, era evidente. Però non capivo perché non riuscivo a reagire. Non riuscivo a muovere nemmeno un muscolo. I miei occhi sembrarono l’unica parte di me a reagire. In un secondo si colmarono di lacrime e il groppo che si venne a creare nella mia gola, mi confermò il fatto che non stavo respirando. Era un attacco di panico? Probabilmente. Attorno a me, tutto divenne irrazionale, assurdo, deludente. Mi allontanai e uscii fuori per prendere aria. Feci un respiro profondo e fu come se mi fossi risvegliata da un tremendo incubo. Solo che ciò che avevo visto, purtroppo, era la dura realtà.
Asciugai le lacrime che scendevano copiose dal mio viso e presi il primo taxi che mi portasse all’hotel. Salii poi in camera e mi gettai sul letto in preda ad un pianto isterico.
“Charlie, ma cosa credevi? Questa è la sua vita. Tutto sarà sempre così. L’ha sfiorata come non ha mai fatto con te. Sei disposta a sopportare quella scena e tutte le migliaia di ragazze che impazziscono per lui? Non sei fatta per lui, Charlie. Hai visto anche tu che tipo di ragazza piace a lui. Tu cosa c’entri?”, diceva la mia coscienza al mio cuore ormai stanco di soffrire. “Prima Ben che ti ha tradita e ti ha trattato indecentemente. E ora lui, il tuo migliore amico, l’amore della tua vita … Jared Leto. Forse è destino che tu soffra e non apra mai il tuo cuore a nessuno.” Ero stanca di essere sempre io a soffrire. Di essere il pretesto. Così, cominciai nuovamente a non ragionare più. Non sarei scappata più.
Mi gettai in doccia e mi profumai ben bene. Mentre mi asciugavo i capelli, inviai un messaggio sul BB di Jared, nel quale gli chiedevo di raggiungermi nella mia stanza d’hotel, appena avesse finito. Poi aprii l’armadio, alla ricerca di qualcosa. Non sapevo nemmeno io, in quel momento, che intenzioni avessi. Finché in fondo all’armadio, intravidi una busta rosa. Quella che mi diede Sarah, prima di partire. Quella del completino intimo. L’aprii in maniera frenetica e cacciai il capo delicato. Lo indossai e mi chiusi in bagno, nell’attesa che arrivasse Jared. Rimasi ad aspettarlo, continuando a guardarmi allo specchio.
“Che sto facendo? Devo fermarmi. Non posso reagire in questo modo. Che mi prende?”
Attesi circa mezz’ora, finché Jared non arrivò.
«Charlie, tesoro. Posso entrare?» Annunciò, entrando nella stanza.
Appena udii la porta chiudersi, misi a tacere tutte le voci nella mia testa e infilai una vestaglia di seta nera, a effetto sorpresa.
«Charlie, dove sei?» Domandò Jared. Aprii la porta del bagno e uscii.
Lui si voltò verso di me e rimase a bocca aperta, spalancando le braccia per lo stupore. «Wow!» Esclamò, poco dopo.
«Ciao.» Finsi una voce seducente, mentre mi avvicinavo a lui a passi lenti.
«Ciao.» Rispose lui, sempre più stupito.
Arrivai a lui e lo presi per mano. «Ti sono mancata?» Chiesi.
«Beh, sì. Ma si festeggia qualcosa, oppure o scordato qualche ricorrenza?» Disse in tono scherzoso, non riuscendo a spiegarsi il mio atteggiamento.
«No. Volevo solo farti una sorpresa. Sai, a me sei mancato molto. Come sono andate le riprese?» Eliminai tutte le possibili distanze tra noi, e cominciai a baciarlo.
Lui accolse molto volentieri il mio caloroso saluto, ma era ancora titubante.
«Bene. Ma … Ehi, che ne hai fatto della mia Charlotte?» Domandò, sarcastico.
«Si è presa un giorno libero.» Risposi spiritosa, tra un bacio e l’altro. Allungai le mie braccia e lo spinsi contro il mio petto. Lui mi cinse con uno dei suoi abbracci mentre ci baciavamo intensamente. Man mano lo spinsi verso il letto e lo lasciai cadere su di esso, mentre io rimasi in piedi dinnanzi a lui. Mi lasciai cadere la vestaglia dalle spalle, scoprendo fino in fondo la mia “sorpresa”.
Spalancò nuovamente gli occhi. «Ti piace?» Mormorai.
«Molto, ma sinceramente non capisco …»
Mi avvicinai a lui e salii sul letto, intrappolando le sue gambe tra le mie. Lui restò steso e immobile, forse più spiazzato che altro. Cominciai a baciargli la bocca, la guancia, il collo. Ero irriconoscibile. Sembravo un avvoltoio assatanato.
«Charlie, dai smettila. Non cominciare …» Vaneggiava Jared, cercando di trattenersi.
«Ho già cominciato.» Gli sussurrai all’orecchio e iniziai a provocarlo. Gli morsi delicatamente il lobo dell’orecchio e lo sentii trasalire sotto di me, mentre le mie mani accarezzavano il suo petto sotto la maglietta.
«No, Charlie. Ti prego … Non così … Stai minando seriamente il mio autocontrollo …» Mormorava, cercando di divincolarsi. Lo inchiodai con uno sguardo, mentre le mie mani scivolarono giù fino all’attaccatura dei suoi pantaloni, che cominciai a sbottonare.
Le sue mani raggiunsero le mie e le fermarono. In un attimo, non so bene come, fui io a trovarmi sotto di lui. Venne, perciò, il suo turno e cominciò a baciarmi dolcemente la bocca, mentre le sue mani intrecciavano i miei capelli color ebano. Io intanto mi ero aggrappata alla sua schiena, mentre affondavo le mie dita nelle sue spalle Poi, improvvisamente, si allontanò. «Charlie, ma che ti prende? Basta. Non è così che avevo immaginato la nostra prima volta insieme.» Sussurrò ad un palmo dalle mie labbra.
«Cosa c’è? Non ti piaccio?» Domandai, con il tono da gatta morta.
«Ma che stai dicendo?! Certo che mi piaci. Non sai con quale forza di volontà mi sto trattenendo dal non approfittare di questa situazione. Non credevo di avere tanto autocontrollo.» Scherzò lui.
«Sì, ma non ti piaccio quanto quella ragazza del video, giusto?» Dissi, acida.
Lui sgranò gli occhi e si alzò dal letto. «Ah, ora capisco. L’avrei dovuto sospettare.»
«Perché non me lo hai detto?» Gli chiesi, alzandomi sui gomiti.
«Perché sapevo che avresti reagito in questo modo. E poi stavamo solo recitando.»
«E tu come avresti reagito, se mi avessi vista quasi scopare con un ragazzo dinnanzi a una telecamera?» Affermai, secca. «Comunque, complimenti. Entrambi vi meritate l’Oscar per la vostra interpretazione. Eravate molto convincenti.»
«Perciò hai messo su tutta questa pantomima?» Mi chiese, indicando il modo indecente in cui ero vestita, anzi svestita.
«Su, dai. Ci stavamo divertendo. Era solo un gioco.» Tornò il mio tono sarcastico. Probabilmente stavo rovinando tutto, ma i sentimenti che provavo per lui erano in grado di spingermi fino all’autodistruzione.
«No, magari tu ti stavi divertendo. Per me questo non è un gioco, tra noi non è mai stato un gioco per me. Fare l’amore con te non è un gioco. Perché non vuoi accettare il fatto che possa davvero provare qualcosa di serio nei tuoi confronti? Perché non vuoi fidarti di me?» I suoi occhi, colmi di tristezza, mi facevano sentire peggio di come non stessi già.
Mi alzai dal letto e ripresi la vestaglia, che avevo lasciato sul pavimento, per indossarla nuovamente.
«Vuoi davvero sapere perché ho fatto tutto questo? Bene. Volevo mostrarti ciò che non sarò mai, Jared. Non sono e non sarò mai una di quelle top model strafighe che ti piacciono tanto e con le quali sei solito andarci a letto. Hai la capacità di farle innamorare tutte, e questo mi pesa.» Avevo gli occhi gonfi di lacrime, ma mi rifiutavo di farmi vedere piangere in quel momento da lui.
«Beh, a quanto pare non proprio tutte. Con te non ci sono ancora riuscito.» Mormorò dolcemente lui, avvicinandosi a me e sfiorandomi la guancia.
Mi sfuggì una risatina, sarcastica. «Già. Certo. Sai, forse ho sbagliato a comportarmi in questo modo così infantile e a prendermela con te per ciò che ho visto sul set. In fondo, questo è il tuo lavoro, il tuo mondo. Questa è la tua vita, Jared …» Lo inchiodai con il mio sguardo, sebbene avessi la vista sempre annebbiata dal mio pianto silenzioso. «… ma non la mia.» Ecco ripresentarsi quel groppo in gola, dal quale non riuscivo a liberarmi. Lui rimase lì davanti a me, a fissarmi inerte mentre la sua mano era intrecciata nella mia. «Cosa intendi dire?» Pronunciò lui, d’un fiato.
«Jared, non sono la donna giusta per te. Forse non lo sono mai stato, perciò la nostra amicizia era così forte.» Non riuscii a trattenere più le mie lacrime e i miei singhiozzi. « E sento che se ora non vado via, non riuscirò a trattenermi dal dirti che ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo.» Esclamai, ormai in preda al mio pianto. Le sue braccia mi raggiunsero e mi strinsero a sé, finché altre lacrime non mi colpirono il volto. Solo che non erano le mie. Mi scostai per guardarlo in viso e rimasi senza parole.
Stava piangendo. I suoi occhi lucidi erano ancora più belli e la sua espressione mi riportò a tempi lontani, quando la nostra principale preoccupazione era quella di decidere con quale giocattolo giocare. Era la cosa più tenera che avessi mai visto.
«Oh, Charlotte. Mi dispiace tanto. So di essere un’egoista, ma non  lasciarmi solo per favore. Ti amo, ti amo.» Le sue braccia mi stringevano, quasi come se volessero proteggere qualcosa di prezioso. Affondai il mio volto nell’incavo del suo collo. 
D’un tratto mi tornarono in mente le parole di Emma. Non cambierà mai. Egoista è ed egoista rimarrà sempre … Queste furono le sue esatte parole.
Lo baciai sul collo e poi allontanai il viso. Lui piangeva ancora.
«Ti amo, Jared Leto. Ti amo tanto … ma dobbiamo chiuderla qui. Lo faccio per il mio cuore, ormai stanco di soffrire, e per te, che meriti un’altra persona al tuo fianco.» Mormorai, appoggiando la mia mano calda sulla sua guancia, asciugandogli le lacrime.
«Smettila di dire che lo fai per me!» Urlò lui, improvvisamente arrabbiato. «Io voglio te, solo te. Nessun’altra, né top model, attrice o cantante. Ci ho messo anni per capirlo e ora che ti ho qui, stretta a me, non voglio lasciarti andare. Ti amo, Charlotte. Capisci?! E non ti libererai facilmente di me.» Intrecciò le dita nei miei capelli e avvicinò la sua fronte alla mia. Era meraviglioso anche in quell’istante in cui soffriva.
«Lasciati amare da me, ti prego.» Sussurrò alla fine, fissandomi intensamente.

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Capitolo 9
*** Chapter 9: Between Heaven and Hell. ***


«Pronto, mamma. Sì, sono io … Emma.»
«Ciao, tesoro. Come va? Come procede il lavoro?»
«Bene. Siamo agli sgoccioli con il video. Tra qualche giorno saremo di ritorno a Los Angeles e poi via per altre date del tour.»
«E per quanto riguarda il tuo piano? Come prosegue? Sei riuscita a dividere quei due e andare a letto con Jared Leto?»
«Mamma, ti prego. Non è affatto semplice. Il rapporto tra Charlotte e Jared sembra indistruttibile. È come se qualcosa di più profondo li legasse. Se fosse semplice amore tra due persone, sarebbe meno complicato. Il piano A, che consisteva nel nascondere il BB a Jared durante le prime tappe del tour, per evitare che si sentissero e che lei partecipasse al progetto, è andato completamente il fumo. Anche se ammetto che non era un piano molto geniale. Perciò sono passata al piano B, che mi hai suggerito stesso tu, e cioè dare fuoco ai suoi costumi per farla cacciare, nemmeno è servito ad allontanare quella troia dal mio Jared. Ma credo che, invece, il mio piano C stia funzionando alla perfezione.»
«E sarebbe a dire?»
«Ho prima suggerito in riunione di dare più risalto al tema del sesso, facendo riferimenti al sadomaso che sconfinavano anche nell’altro tema del video, ovvero la violenza. Come puoi immaginare questa non è farina del mio sacco. L’idea era stata di Jared, che qualche giorno ne parlava con il fratello. Solo che lui era alquanto titubante, perché temeva che ciò potesse infastidire Charlotte e quindi non l’avrebbe proposta. Perciò poi ho colto l’occasione e sono stata io a proporlo in riunione. Appena il produttore e gli altri collaboratori hanno dato il loro assenso, affermando che avrebbero volentieri rischiato, il gioco era fatto. Poi è stato decisamente semplice convincere Charlotte ad assistere alla scena hot in programma che vedeva come protagonista, guarda caso, proprio Jared. Anche se non ti nascondo che avrei voluto girarla io quella scena. Lui era così sexy.»
«Oh, figlia mia. Sei stata un genio.»
«Grazie. Comunque, a quest’ora, sicuramente staranno litigando e, entro domattina, Jared Leto tornerà single e soprattutto sarà ferito.»
«Perciò subentrerai tu e gli darai una mano a “leccarsi le ferite”, giusto tesoro?»
«Esatto!»
«Bene. Fatto sta che, a costo di infilarti di nascosto nel suo letto mentre dorme, devi andare a letto con lui e farti mettere incinta, Emma. Hai idea dei soldi che faremo? Tra i media e Jared stesso, scuciremo molto danaro.»
«Sì, mamma. Ma, sai, non sono così sicura di volere già un bambino. È troppo crudele anche per me fargli questo. Sai che lo amo da morire. Voglio solo che lui si innamori di me e, appena lo farà, non sarà necessario fare un figlio con lui, vedrai.»
«Oh, povero tesoro mio. Ti illudi ancora che possa esistere un lieto fine come nelle favole? Emma, si razionale. Lui non ti amerà mai. Lui già ama qualcun’altra, non potrà mai innamorarsi di te. Perciò farti mettere incinta da lui è l’unico modo per tenertelo stretto. Fattene una ragione!»
«Va bene, mamma. Farò come dici tu. Ora però vado a letto. Domani sarà una giornata impegnativa. Buona notte.»
«Buona notte, piccola. Conto su di te.»
 
Abbozzai un piccolo sorriso, udendo quelle parole. «Ti odio, Jared Leto. Perché riesci sempre ad ottenere ciò che vuoi. Basta fissarmi con questi tuoi bellissimi occhi e perdo ogni minima traccia di razionalità che mi è rimasta.» Non credevo di averlo detto ad alta voce. Ero sempre stata consapevole dell’effetto che Jared faceva sul genere femminile, e soprattutto su di me. Ma confessarglielo così, senza il minimo imbarazzo, non era da me. Allora davvero lui mi aveva rapita. Sì, mi aveva catturata con un solo sguardo … con una sola carezza … con un solo bacio. Forse, in realtà, ero sempre stata sua prigioniera. Fin dall’inizio. Ma solo in quell’istante ne ebbi l’assoluta certezza. Probabilmente anche io iniziavo a credere nell’esistenza dei marziani, perché non c’era altra spiegazione. Non poteva esistere sulla Terra un essere così apparentemente perfetto e magnetico.
Anche sul suo viso si disegnò un sorriso, che si fece strada tra le lacrime che prontamente asciugai con il palmo della mia mano.
«Torno subito. Vado a mettere qualcosa di più decente.» Dissi indicando nuovamente quel capo di finissima lingerie, nel quale però mi sentivo poco a mio agio.
«Okay, ma non buttarlo. Mi piace molto come ti sta.» Sorrise malizioso.
«Va bene. Ma non farti strane idee, okay?» Andai in bagno e tornai al mio caro e vecchio pigiama, pantaloncino e top azzurri. Poi tornai in camera e lui era già disteso sul letto,senza maglietta, che mi attendeva a braccia aperta. Salii anche io e mi lasciai avvolgere dal suo caldo abbraccio, accoccolandomi sul suo petto.
Chiusi per un attimo gli occhi e iniziai a contare quante volte il suo petto si gonfiava e sgonfiava ogni volta che lui respirava.
«Dormi?» Sussurrò Jared, mentre mi accarezzava i capelli.
«No. Ma tu dovresti. Sei uno straccio.» Dissi rivolgendo il mio sguardo al suo volto stanco.
Gli sfuggì una risatina. «Ti ringrazio per il dolce complimento. Ma sono sempre bellissimo.» Mormorò mettendo il broncio. Riecco la mia DivaH preferita. Allungai la mano e gli scompigliai i capelli.
«Okay, buona notte!» Esclamai, scherzosa. Mi alzai dal suo petto e mi girai dall’ altro lato, dandogli le spalle. Non feci in tempo ad appoggiare la faccia sul cuscino, che mi afferrò per un fianco e mi riportò a lui. Abbracciandomi da dietro. «Vieni qui. Dormirò ad una condizione.» Disse, ridendo come un matto ed io con lui.
«Mr. Leto, non credo che lei sia nella situazione di porre condizioni. Però sono una persona gentile, perciò le permetto di pormi la sua condizione.» Pronunciai con tono aristocratico, scherzando.
Una sua fragorosa risata riempì ben presto tutta la stanza. Poi il suo volto si fece strada tra i miei capelli, baciandomi sulla guancia, mentre le sue braccia continuavano a cingermi i fianchi. I nostri corpi erano vicinissimi e la mia resistenza non era abbastanza forte.
«Voglio addormentarmi così. In realtà vorrei stare così per sempre.» Mi sussurrò all’orecchio.
«Per ora, godiamoci questo istante. Poi lavoreremo al “per sempre”.» Risposi, citando una frase del film “Remember me”, e lo sentii nuovamente sorridere.
Chiusi gli occhi e attesi che il sonno venisse a prendermi.
 
“No warning sign. No Alibi. We faded faster than the speed of light. Took our chance. Crashed and burned. No we'll never ever learn. I fell apart. But got back up again and I fell apart. But got back up again, yeah..”
 
Jared cominciò a canticchiare al mio orecchio Alibi come ninna nanna. Sapeva che amavo infinitamente quella canzone e che la ascoltavo ogni sera prima di andare a letto. Ascoltarli tramite l’ I-pod è bellissimo. Ma avere Jared Leto ad un palmo da te che, con voce suadente, ti canta Alibi non ha davvero prezzo. Sapevo di poter anche morire felice in quel momento.
E con quelle note melodiose che pian piano salutai la notte e il mio amore.
 
Il mattino dopo fui destata dal mio sogno da colpi contro la porta della mia stanza. Ero ancora tra le sue braccia e lui dormiva ancora, come un bambino. I raggi del sole, che penetravano dalla finestra, sembravano giocare con il suo profilo perfetto da adone. Doveva essere davvero stanco, poverino. Ed era anche comprensibile. Aveva lavorato come un dannato per mesi.
Bussarono nuovamente alla porta e imprecai contro chi stava dall’altra parte della porta, che rischiava di svegliarlo. Alzai il suo braccio dai miei fianchi e scivolai giù dal letto per mandare a quel paese il disturbatore che bussava a quell’ora. Aprii la porta e mi ritrovai dinnanzi Emma, che stava per bussare per l’ennesima volta.
«Ah, sei tu …» Rispose lei, appena mi vidi. “Beh, è la mia camera. Chi ti aspettavi?”, pensai tra me.
«Ciao, Emma. Ti serve qualcosa?» Domandai, ancora assonnata.
«Sì, volevo sapere se hai visto Jared. Nella sua stanza non c’è. Dovrei parlargli urgentemente.»
Uscii dalla stanza e richiusi la porta dietro di me, per evitare che le nostre voci potessero svegliarlo.
«È qui. Sta ancora dormendo. È stanco morto, perciò l’ho lasciato dormire. Se vuoi puoi riferire a me, se non è una cosa personale.» Dissi, disponibile.
La sua espressione sembrava stupita. «Ah … è qui … no, vabbè lascia stare. Non è importante. Beh, ora vado.» Affermò strana.
«Aspetta, Emma. Devo dirti una cosa.» La fermai.
Lei si voltò nuovamente verso di me. «Sì, dimmi.»
«Senti, lo so che il nostro rapporto non è dei migliori. E lo capisco. Anche io, forse, sarei fredda con la persona che sta con l’uomo verso cui provo qualcosa. Ma proviamoci. Forse potremmo essere buone amiche. Non credi? Almeno facciamolo per Jared.» Tentai di costruire un ponte tra me ed Emma. Sapevo quanto potesse essere importante per Jared.
«Sì, d’accordo. Ora scusa ma devo andare.» Rispose scostante e andò via.
Rimasi alquanto interdetta dal suo atteggiamento, ma preferii non farci tanto caso. Perciò tornai dentro.
«Ti sembra giusto che mi sveglio e non ti trovo accanto a me?» La voce baritonale di primo mattino di Jared era la cosa più seducente che avessi mai udito.
Chiusi la porta dietro di me e mi appoggiai con le spalle ad essa. «Scusa, ma avevano bussato. Non volevo svegliarti.» Mormorai io, sorridente. Lui si alzò e si stese su un lato, tenendosi la testa con la mano.
«E chi era?» Domandò curioso.
Le lenzuola di lino lasciavano scoperto il suo petto esile, ma ben definito. Forse avevano ragione le Echelon, le quali affermavano che lui non era un umano. Era un vampiro. La sua bellezza era disarmante.
«Era Emma. Ti cercava. Doveva dirti una cosa. Solo che quando le ho detto che poteva dirlo a me così ti avrei riferito il messaggio, si è comportata in modo strano ed è andata via, dicendo che non era importante.» Riflettei io.
«E allora non sarà importante. Non preoccuparti, Emma è un tipo particolare ma alla fine è adorabile. È sempre disponibile e non dice mai di no. Mi fido di lei.» Considerò Jared.
“Certo, perché pende completamente dalle tue labbra, stupido!”, pensai tra me.
«Sì, forse hai ragione.» Gli sorrisi. Mi avvicinai poi al telefono per chiamare la colazione. «Ti va di fare colazione? Dovremmo partire tra poche ore e devi recuperare un po’ di forze.» Attesi la sua risposta, ma non arrivava. Così mi voltai verso di lui e notai che mi stava fissando. La sua espressione mi fece imbarazzare e sorridere allo stesso tempo.«Cosa c’è?» Chiesi.
«Sei splendida.» Mormorò, tornando alla sua voce sexy di prima.
«Ma dai, smettila! Piuttosto, rispondimi.»
«Okay, ma a patto che dopo posi quel telefono e torni qui da me.» Disse, battendo la mano sul materasso.
Risi. «Dammi un secondo.» Parlai con un tipo alla reception, che mi confermò la consegna della colazione in camera. Poi sgattaiolai nuovamente sul letto, sedendomi a gambe incrociate.
Mi misi anch’io a fissarlo, pensando se era il caso di porgli quella domanda fatidica. Lui notò il mio sguardo assorto e si sedette anche lui a gambe incrociate di fronte a me.
«A cosa pensi?» Sussurrò lui, spostandomi i capelli dal volto per guardarmi meglio.
Presi fiato. “Ora o mai più”, mi dissi.
«Com’era lei? Cameron, intendo.» Finalmente riuscii a chiederglielo.
Gli sfuggì una risatina amara, abbassando lo sguardo. «Perché me lo chiedi?»
«Beh, perché vorrei conoscere tutto ciò che c’è stato d’importante nella tua vita. E lei, a quanto so, è stata importante per te. Anche quando eravamo solo amici, non mi hai mai parlato di lei.» Appoggiai la mano sotto al suo mento, affinché i suoi occhi tornassero nei miei.
«Okay. Hai ragione. Cameron è stata una delle donne più importanti della mia vita. La nostra relazione era così intensa e incredibile che davvero avevo messo tutto me stesso. Le avevo dato tutto l’amore che provavo per lei. Anche lei mi amava. È stato tutto molto bello.» Nei suoi occhi leggevo tristezza. Aveva sofferto molto, era evidente. Aveva sofferto come me quando, nello stesso periodo, ero legata a Ben. Forse un’altra coincidenza che ci univa. «Finché non è finito tutto. Gli impegni lavorativi, la troppa distanza, forse anche lo stress e l’assurda gelosia reciproca l’avranno spinta a decidere di rompere e lasciarmi. Ho sofferto, Charlie. Non te lo nascondo e nel periodo in cui non eri al mio fianco, perché eri in un altro Stato, l’unica persona con la quale potevo sfogarmi e che mi è stata vicino è stato mio fratello Shannon. Le ragazze che poi ho frequentato dopo, hanno fatto parte della mia vita, ma non sono state importanti quanto Cameron.» Durante la sua storia, continuavo a non capire come fosse possibile che Cameron si fosse fatta sfuggire una persona così speciale come Jared. A prescindere che fosse Jared Leto, il più figo dell’universo. Era qualcosa di più profondo. Jared rappresentava qualcosa di più profondo. «Credevo che non avrei mai incontrato un’altra persona che mi facesse innamorare in quel modo. Finché non mi sono guardato bene attorno e non ho capito che ciò che stavo cercando era proprio accanto a me, nascondendosi dietro ad un’amica.» Che cosa dolce che aveva detto. «Charlotte, sento che con te posso tornare ad amare in modo vero e sincero. Sono stanco di accontentarmi di piccole e fugaci scappatelle. Credo che, come ogni altro essere umano su questa Terra, mi meriti la felicità e una persona che mi conosca e mi ami per come sono. E non perché mi chiamo Jared Leto e faccio parte di una band famosa. Perciò chi meglio di te può stare al mio fianco?! Tu, che sai tutto di me. Mi conosci come nessun’altro. Non abbiamo bisogno di parlare, perché ci comprendiamo al volo.» Mi prese improvvisamente il viso tra le mani, mentre ormai ero annegata nel blu dei suoi occhi. «Charlie, ti amo immensamente. E anche se la mia storia con Cameron è stata importante, io e te siamo un’altra cosa.»
Avvicinò le sue labbra alle mie, premendole con passione e desiderio. Mi lasciai avvolgere dalle emozioni che mi suscitava quel gesto sincero, mentre le mie dita scorrevano tra i suoi morbidi capelli.
«Ti amo anch’io, Jay. E sono contenta che tu mi abbia parlato di lei e mi abbia aperto il tuo cuore.» Sussurrai tra un respiro e l’altro. Poi ci separammo per tornare a guardarci.
«E invece, la tua storia con Ben? Da amici, mi confidasti che era stato anche lui importante per te. Ma non mi hai mai detto nulla di più.» Chiese Jared.
«Beh, effettivamente il periodo in cui sono stata con Ben è coincidente a quello tuo con Cameron. Forse noi ci siamo lasciati un po’ prima di voi ma, credimi, il dolore è stato forte. Ma solo dopo tempo ho realizzato che non ne valeva la pena. All’inizio era tutto romanticismo e coccole affettuose. Poi ha cominciato a pretendere troppo e subito. Dopo il primo anno insieme, non lo riconoscevo più. Era diventato troppo fisico. Pretendeva che facessimo sesso ogni qual volta lui ne aveva voglia. Praticamente, lui chiamava e io dovevo farmi trovare nuda. Ma era più forte di me. Non ce la facevo. Non ti nascondo che le prime volte poteva anche sembrare divertente, ma poi la cosa andava esasperando e io non ce la facevo più.» Quei ricordi facevano ancora male, non per ciò che avessi potuto provare per Ben, ma per quello che mi aveva fatto.
«E perché non lo hai lasciato subito, allora?» Mi domandò lui, confuso. Intrecciai le mie dita alle sue.
«Perché alla fine gli volevo bene e poi avevo paura di rimanere sola. Perciò ho sopportato, finché poi non sono scoppiata.» Presi fiato.
«E come è finita?»
«Niente. Una mattina mi decisi di andarlo a trovare a lavoro e chiuderla lì. Ma lui mi facilitò il compito. Lo trovai che scopava con la sua segretaria nella stanza delle fotocopiatrici.» Scoppiai a ridere dall’assurdo ricordo riemerso. «Fu sconvolgente, ma altrettanto divertente. Perché fu in quell’istante che mi resi conto che non lo avevo mai amato veramente. Gli volevo bene sì, ma mai più di questo.»
Anche a lui sfuggì un sorriso. «Sei incredibile! Ti invidio, sai. Non sarei mai riuscito a reagire in quel modo. Invece tu, l’hai presa a sorridere, sebbene tu stessi soffrendo. Come fai a capire quando una persona è importante e quando no?» Domandò lui. La sua mano mi raggiunse, accarezzandomi la guancia.
«Non so spiegarlo, ma è come una sensazione che ho. Certo, non sono infallibile però riesco a capire chi mente e chi no. Questo però non mi evita di soffrire.» Un sorriso, questa volta amaro, comparve sul mio volto.
«Vieni qui.» Mi esortò lui, abbracciandomi. «Giuro su ciò che ho di più importante nella mia vita, che ti proteggerò da chi ti farà soffrire. Fosse l’ultima cosa che faccio.» Mi sussurrava all’orecchio.
«Jared, ti ringrazio. Ma nel DNA dell’uomo è presente la sofferenza e il tradimento. Non incontrerai mai nessuno che prima o poi non ti faccia soffrire o ti tradisca. E intendo qualsiasi tipo di tradimento. Perciò l’unica promessa che tu puoi farmi e assicurarmi che il nostro amore sarà più forte di qualsiasi cosa, qualsiasi sofferenza e qualsiasi tradimento.» Ribattei.
«Te lo prometto, Charlie.»
Tornammo a stenderci sul letto, rimanendo abbracciati.
«Ma cambiando argomento …» Continuò lui. «davvero eri gelosa della ragazza del set?» Mi chiese, sghignazzando.
Mi voltai verso di lui, con sguardo sarcastico. «No, perché mai? Mi divertivo a vedervi fare sesso sadomaso, mentre la ragazza avrebbe voluto ripetere la scena mille e mille volte!» Risposi sarcastica e anche un po’ irritata.
Scoppiò in una fragorosa risata. «Effettivamente la ragazza si è divertita particolarmente.» Commentò, compiaciuto. Peccato che io non ci trovavo nulla di divertente. Misi il broncio e appena se ne accorse si avvicinò e mi baciò sulle labbra. «Dai, sto scherzando. Io comunque non sarei geloso.» Sostenne lui.
Lo guardai perplessa. «Ah, davvero? Beh, meno male che me lo hai detto. Perché davvero non avrei saputo come darti questa notizia.» Iniziai a provocarlo.
«Cioè?»
«Allora, prima di partire il mio capo mi ha commissionato di confezionare uno smoking classico per Justin Timberlake, da indossare alla prima del suo ultimo film. Mi hanno poi riferito che il mio abito è piaciuto talmente tanto a Justin, che ora vorrebbe conoscermi ed invitarmi a cena, solo io e lui. Perciò, siccome mi hai confermato che tu non sei geloso, accetterò l’invito.»
“Sono un genio.”, pensai tra me. In realtà, non era proprio una bugia però mi divertivo a vederlo reagire.
«Davvero?» Disse Jared, incredulo.
«Certo! Appena torniamo, mi hanno detto di chiamarlo e ci organizziamo.» Feci per alzarmi dal letto, ma lui mi spinse nuovamente giù, inchiodandomi con lo sguardo. Avevo il suo viso ad un palmo dal mio.
«Assolutamente NO! Okay, hai vinto. Sono geloso, geloso marcio. Ma poi tra tante persone proprio Justin Timberlake?»
«Perché? È un bel ragazzo.» Rincarai la dose.
«Ti stai divertendo, vero? Preferirei essere l’unica …» Gli mancava il termine.
«DivaH?» Aggiunsi io, mentre sghignazzavo.
«Esatto. Preferirei essere l’unica divaH nella tua vita. Perciò è meglio che declini l’invito, altrimenti sarò costretto a chiamarlo io e a intimargli di tenere giù le mani dalla mia donna.»
Scoppiai a ridere. «Calma i bollenti spiriti, cara divaH. Già ho declinato, prima che ti informassi. Sono la ragazza di Jared Leto e questo mi basta.»
Appoggiai la mia mano sulla sua nuca e lo avvicinai a me, baciandolo intensamente.
 
Verso le 15:00 ci avvertirono che il taxi era pronto per portarci all’aeroporto. Così scendemmo con le valigie e attendemmo nella hall che arrivassero tutti. Mancava solo Emma.
«Cavolo, ma che fine ha fatto?! L’abbiamo avvertita venti volte!» Si lamentava Shannon, mentre era a dir poco stravaccato sul divanetto rosso della hall, che riprendeva i colori predominanti dell’intero arredamento dell’albergo.
«Non so. È strano, lei non è mai in ritardo.» Commentò Jared, anche lui stranito. «Forse è il caso che la vada a chiamare io.»
«No, Jay. Non preoccuparti. Ora vado io. » Mi offrii volontaria. «Magari se c’è qualcosa che non va, vorrà parlarne con una ragazza.»
«Buona idea, tesoro. Per fortuna che ci sei tu!» Disse, lasciandomi un fugace bacio sulle labbra prima che salissi.
 
«Cavolo, fratello! Allora fai sul serio con lei!» Esclamò Shannon, quasi sorpreso, mentre Charlotte si allontanava per raggiungere Emma.
Mi sedetti anch’io sul divanetto, accanto a Tomo. Anche lui attendeva una mia risposta.
Mi sfuggì un sorriso, un po’ imbarazzato. «Ebbene sì, ragazzi. Lei è quella giusta, lo sento.»
«Ma te l’ha già detto?» Chiese ancora più curioso mio fratello.
«Se mi ama, intendi? Sì, e sono state le parole più belle che abbia potuto udire nella mia vita. Lei è perfetta.» Avevo il cuore leggero come una nuvola.
«Beh, siamo felici per te. Anch’io credo che non esista persona più perfetta per te di Charlotte. In fondo io l’ho sempre detto che tra voi due c’è una chimica pazzesca!»
«Già.»
«Allora dopo me e Vicki, toccherà a voi? Il prossimo matrimonio che la band festeggerà sarà il vostro?» Azzardò Tomo, tra un risata e l’altra.
«Okay, ora non affrettiamo le cose. Non esagerate.» Ribattei io, sorridente. Effettivamente non avevo del tutto escluso quest’idea. Non avevo mai pensato seriamente al matrimonio. Però l’idea di trascorrere il resto della mia vita con lei e di mettere su famiglia, mi piaceva molto. Chissà, forse era questa l’unica cosa che mancava nella mia vita.
 
Ovviamente quando servono, gli ascensori sono sempre e perennemente occupati, soprattutto in un hotel. Perciò per raggiungere la stanza di Emma fui costretta a farmi ben quattro piani a piedi.
“Sai che divertente se, mentre io salgo a cercarla, lei scende con l’ascensore”, pensai tra me sconsolata al pensiero di tale sfiga.
Dopo una grossa fatica (chiamatemi anche pigrona!), finalmente arrivai al piano esatto e imboccai il corridoio nel quale era situata la sua stanza. La porta della sua stanza era aperta e dall’interno sentivo delle urla, o meglio sentivo Emma urlare come una matta. Diminuii il passo e sbirciai. Sicuramente non era pazza da parlare da sola. Infatti era al telefono con qualcuno. Pensai perciò di allontanarmi per non origliare, anche perché era da maleducati. L’avrei aspettata sulle scale una volta che avesse terminato. Così feci per tornare indietro.
«Mamma, ma non capisci?! Stanno ancora insieme! Jared stanotte ha dormito con lei, quella troia.» Urlava tra le lacrime Emma.
Mi arrestai di colpo. “No, Charlie. Sicuramente ti sarai sbagliata.”, mi ripetevo incredula.
«Sì, hai capito bene. Me lo ha stregato. È una strega! Ecco cos’è. Mamma, io non lo voglio perdere. Lo amo tanto.»
Tornai indietro e restai ad ascoltare. Non ero molto fiera di ciò che stavo facendo, ma la cosa mi puzzava.
«Come mamma, cosa voglio? Voglio Jared e voglio che quella stupida di Charlotte sparisca dalla sua e dalla mia vista.»
Era evidente. Ci avevo visto giusto, parlava di Jared e di me.
«Ho capito, mamma. Ora so cosa fare! Nel bene o nel male, avrò un figlio da Jared Leto. A costo di infilarmi nel suo letto di nascosto!» Affermò, duramente e con cattiveria, Emma.
Mi si raggelò il sangue nelle vene.
Non era possibile una cosa del genere.
Non poteva dire questo.
Emma non poteva fare una cosa simile.
Non glielo avrei permesso.
Sarebbe dovuta passare sul mio cadavere.
«Okay, ti terrò aggiornata. Ora vado, mi aspettano giù gli altri. Ti voglio bene. Ciao, mamma.» La conversazione terminò.
Rimasi impalata lì, senza parole e senza fiato.




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Space to me

Ecco, l'altro inaspettato capitolo! xD Perdonate qualche possibile errore! Spero vi sia piaciuto!
xoxo Alla prossima! ;)
                                                            A.

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Capitolo 10
*** Chapter 10: I'm not running from you. ***


Chapter 10

I'm not running from you
 

Sembrava che fossi protagonista di un intreccio alla Beautiful. Non poteva essere reale ciò che avevo sentito. Dei passi mi fecero tornare sulla Terra. Non dovevo farmi vedere da lei. Così cominciai a correre e scesi di fretta le scale, finché non mi fermai di colpo. Avevo il cuore che galoppava e non riuscivo a prendere fiato, e non era per la corsa. Le parole di Emma rimbombavano nella mia testa come un martello.
“… Nel bene o nel male, avrò un figlio da Jared Leto. A costo di infilarmi nel suo letto di nascosto!”
Queste erano le esatte parole che aveva espresso. Un senso di inquietudine mi attraversò e rabbrividii nuovamente, all’idea che lei potesse raggiungere davvero il suo scopo.
Poi una sensazione ancora più forte e intensa mi percorse. Sentivo l’esigenza di proteggerlo. Dovevo proteggere Jared. Dovevo informarlo. Non era il momento di gettare la spugna.
Respirai affondo e continuai a scendere le scale, finché non arrivai nella Hall. Lei non era ancora arrivata.
Corsi verso i divanetti sui quali era seduta la band.
«Jared … Jared …» Quasi urlai, con tono disperato. Lui si alzò di scatto e mi raggiunse.
«Charlie, cosa c’è? Cosa è successo?» Mi guardò stranito, appena incontrò il mio sguardo.
«Io … Io …» Cominciai a balbettare. Cosa gli avrei detto? Come glielo avrei detto?
“Guarda, Jared. Ho origliato la conversazione di Emma con sua madre e lei vuole farsi ingravidare per separarci?”, pensai nella mia testa. Dovevo ragionare e dosare bene le parole. «Jared, devo dirti una cosa importante. Sono salita per raggiungere Emma e …»
In quell’istante fui interrotta dall’arrivo di Emma, con le sue valigie. Era sorridente. Sembrava un’altra persona. Come poteva essere così falsa.
«Ehi, Emma!» Esclamò Jared, sorridente. Poi si voltò nuovamente verso di me. «Charlie, puoi dirmelo dopo? Abbiamo già fatto tardi. Dobbiamo andare.» Disse lui, lasciandomi lì, avvicinandosi a Emma e abbracciandola.
«Ma …» Rimasi spiazzata. Non sapevo cosa fare.
«Ciao, Jay!» Esclamò Emma, ricambiando l’abbraccio con molto … molto affetto! «Devo dirti una cosa. Appena siamo più tranquilli.» Insisteva lei, avvinghiandosi a lui. Jared non poteva non rendersene conto del suo atteggiamento troppo amichevole.
Cominciai a mordermi le labbra con estremo nervosismo. Non si trattava più solo di gelosia. Era qualcosa di più.
I ragazzi cominciarono ad avviarsi ai rispettivi taxi. Solo Shannon rimase accanto a me.
«Charlotte, tutto bene? Non hai una bella cera. Sembra che tu abbia incontrato un fantasma.» Osservò lui.
Magari, fosse solo un fantasma. Era una bionda perfida che stava per rovinare la vita a Jared, e anche a me.
«N-no, Shan. Va tutto bene. Almeno credo …» Commentai atona.
Per tutto il tragitto all’aeroporto e anche sull’aereo, non facevo altro che stare accanto a Jared, senza lasciarlo, per evitare che stessero un solo secondo soli. Mi vergognavo molto per ciò che facevo. Non era da me essere così invadente e, soprattutto, così assillante e appiccicosa. Però intanto era l’unico modo che conoscevo per non lasciarli soli, almeno finché non avessi parlato con Jared.
A lui diede molto fastidio il mio comportamento. Lo sentivo. Era scostante e mi lanciava delle occhiatacce. Forse stavo peggiorando le cose, ma avevo le mani legate. Avevo troppo paura della vicinanza di Emma.
Persino se dovevo andare in bagno, cercavo di trattenermela. Ma era una vera sfida tenersela per cinque ore di viaggio.
«Charlie, va tutto bene? Sembra che ti stia scappando.» Notò Jared, mentre mi contorcevo. Stavo esplodendo!
«Chi? Io? No, ma figurati …» Risposi, falsa.
«Sei sicura? Giuro che il tuo viso è diventato viola!» Commentò lui, sghignazzando.
«Okay, sì. Ma vado e torno.» Esclamai, alzandomi in preda a fitte alla vescica.
«Fai con calma. Non vado da nessuna parte.» Sussurrò Jared, stringendomi la mano e sorridendomi.
Cosa avrei dato per vederlo sorridere sempre.
Corsi perciò in bagno per fare i miei bisognini, mentre continuavo ad escogitare un modo per parlargli al più presto da soli. Quel bagno era angosciante. Doveva essere 4 metri quadrati per 4, massimo.
Così mentre rimuginavo, bussarono alla porta del bagno.
«Occupato!» Esclamai, spazientita.
«Charlie, sono Shan. Tutto bene? Dovrei parlarti!» Disse la voce dall’altra parte della porta.
Shannon. Era lui la risposta a tutte le mie domande. Lui mi avrebbe consigliato. Dovevo dirlo a qualcuno e chi meglio di Shannon. In fondo era suo fratello, mi avrebbe aiutata sicuramente.
Mi lavai velocemente le mani e aprii di scatto la porta. Me lo ritrovai davanti, pronto a bussare nuovamente alla porta.
«Ehi, Charlie …» Un sorriso si disegnò sulle sue labbra piene e carnose. Lo afferrai per la camicia e lo trascinai in bagno.
Non era un buon posto per condurre una conversazione, ma almeno Jared  non ci avrebbe notati.
Eravamo vicinissimi e l’ambiente non era molto gradevole.
«Oh, Charlie … non credevo avessi queste fantasie. Ma vedrò di accontentarti.» Rise malizioso Shannon.
«Shannon, sta’ zitto e ascoltami per favore. Devo parlarti di una cosa importante che solo a te posso dire.» Ero serissima e anche la sua espressione mutò, notando il mio stato d’animo alquanto inquieto.
«Scusa. Pessima battuta. Dimmi tutto.» Rispose lui.
«Shannon, non so da dove cominciare …»
«Calmati e raccontami tutto dal principio.» Disse lui, accarezzandomi il braccio. Sembrava il mio analista.
 
Gli raccontai tutto ciò che avevo sentito, comprese le mie paure. Lui sembrava incredulo.
«Ma sei veramente sicura? Conosciamo Emma da anni e non mi è mai apparsa così schizzata.» Valutò Shannon.
«Sì, lo so. Ma è così. Comunque credo che la schizzata sia la madre. A quanto ho capito è stata lei a mettere questa idea … assurda … in testa ad Emma. Oh Shannon, ti prego, dimmi cosa fare. Credo che con questo mio comportamento sto avendo l’effetto contrario.» Ero disperata.
«Charlie, non preoccuparti. Troveremo una soluzione. Non posso permettere che si prendano gioco di mio fratello.» Shannon mi abbracciò per consolarmi. «Comunque devi cercare di controllare la tua rabbia.»
«Lo so, ma non ce la faccio se ripenso che …»
«Non preoccuparti, ora ti aiuterò io. Ma devo valutare dei dettagli. Perciò usciamo, altrimenti si possono insospettire. Io noterò se davvero c’è una sorta di ossessione verso Jared da parte di Emma.»
«Grazie, Shan.» Gli sorrisi e finalmente uscimmo dal bagno.
Ci avvicinammo alla nostra fila di posti e notai che Emma era seduta al mio posto, accanto a Jared, che rideva e scherzava con lui. Teneva una mano appoggiata sulla gamba di lui.
Entrambi notarono che io e Shannon eravamo tornati.
«Ehi, tesoro. Tutto bene?» Esordì Jared con il suo solito sorriso smagliante, che era in grado di mandare in visibilio tutte le donne del Pianeta.
«Sì, tutto bene. Cosa c’è da ridere? Posso ridere anche io?» Domandai con un sorriso falso sulle labbra. Notai la vicinanza di Shannon a me, pronto ad intervenire se avessi perso le staffe. Aspetto molto probabile.
«No, nulla. Parlavamo di ricordi del passato e ci ridevamo su. Tu non li conosci, perché non eri con noi.» Rispose Emma, un po’ acida.
«Ah, capisco. Beh, almeno potrei riavere il mio posto?» Controbattei io.
«Ah, sì scusa. È solo che dovevo dire una cosa importante a Jared.» Si giustificò lei.
«Beh, anche io. Quindi magari ne potreste parlare dopo, no?»
Jared mi guardò in modo strano. Forse per la mia reazione.
«Dai, Charlie. Finiamo un attimo di parlare e poi torna al suo posto.» Intervenne lui.
Sgranai gli occhi. «Ma …?»
Shannon mi prese per il braccio e m’interruppe. «Su, Charlie. Vieni a sederti accanto a me. Devo raccontarti una cosa.» Shannon mi trascinò via, mentre notai il sorrisetto compiaciuto di Emma sulle sue labbra.
Mi sedetti al posto di Emma, una fila avanti a quella mia e di Jared. Misi il broncio, guardando in cagnesco il povero Shannon.
«Cosa c’è? Ti ho salvato in calcio d’angolo. Dovresti controllarti.» Esordì il fratello maggiore dei Leto, osservando la mia espressione.
Sospirai. «Sì, hai ragione. Devo calmarmi.» Sussurrai, guardando fuori dal finestrino dell’aereo e osservando le nuvole eteree che lo avvolgevano.
«Vedrai, andrà tutto bene.» Mi consolò lui. «Piuttosto, davvero vorrei chiederti una cosa.»
«Dimmi.»
Shannon abbassò lo sguardo improvvisamente imbarazzato. «Senti, ma la tua amica … Sarah, intendo … è impegnata?» Mi chiese impacciato.
Spalancai gli occhi e la bocca, scioccata. «Shannon Leto, ti piace la mia coinquilina?» Esclamai a gran voce.
*Ssshh*, mi zittì prontamente lui. «Non è il caso di farlo sapere a tutto il mondo, non credi?»
Okay, era proprio imbarazzato! «Sì, scusami. Comunque no, non è impegnata.»
Un sorriso rispuntò sul suo viso. «Bene!»
«Però guai a te se la fai soffrire. È molto fragile, anche se non lo dà a vedere.»
«Lo so. Non preoccuparti.»
«E da quando sei interessato a lei?»
«Da quando ci siamo conosciuti ad una serata di Antoine. Abbiamo parlato e poi abbiamo scoperti che entrambi conoscevamo te. Poi una parola tira l’altra e … puff … mi è scattato qualcosa dentro, mentre parlavo con lei. Inspiegabile, direi!»
I suoi occhi ambrati si illuminarono. Shannon sembrava un’altra persona. Non lo avevo mai visto così felice.
«Sono felice per te, Shan. Ma vacci con i piedi di piombo, okay? Assicurati di piacerle, prima di gettarti a capofitto, senza pensarci.» Gli sorrisi, accarezzandogli il palmo della mano.
Lui ricambiò il sorriso e mi guardò negli occhi. «Jared è fortunato ad avere una ragazza come te al suo fianco. Spero di essere altrettanto fortunato a trovare una persone speciale come te.»
«Smettila, Shan. Non sono poi così speciale. Ti ho detto questo, perché tengo a te. Sei come un fratello per me e non voglio vederti soffrire. Fidati, troverai anche tu la persona giusta per te.»
 
Quando tornai al mio posto, il clima era a dir poco gelido. Era calato tra me e Jared un silenzio imbarazzante, creato sicuramente dal mio comportamento. Provai, perciò, a spezzare io quel silenzio assurdo.
«Jared, senti … volevo chiederti scusa per il mio comportamento strano, ma vorrei spiegarti che c’è un motivo preciso per cui …» Il suo sguardo di ghiaccio, fermo improvvisamente su di me, mi fece a dir poco rabbrividire. Sembrava non battere ciglio.
«Basta, Charlotte. Per favore, non voglio sentire più scuse, okay? Ti ho detto che parliamo appena saremo a casa. Ora voglio stare tranquillo, grazie.» La sua risposta, atona e indifferente mi disarmò. Forse davvero lo avevo irritato troppo.
Avevo davvero esagerato? Probabilmente sì, e a quanto pare stavo facendo il gioco di Emma.
Per tutto il resto del viaggio non spiccicammo una parola. E forse me lo meritavo proprio. Una volta atterrati prendemmo le valigie e fuori all’aeroporto ci attendeva una macchina che ci avrebbe riaccompagnati a casa. Appena arrivammo sotto casa mia, salutai tutti i membri della band e li ringraziai per la bellissima esperienza che mi avevano regalato. E appena uscii da quel fuoristrada, sembrò come risvegliarsi da un meraviglioso sogno, lasciandomi alle spalle quel favoloso mese trascorso insieme ai miei amici di sempre. Eppure con Jared quel clima insostenibile non migliorò.
 
Nei giorni che seguirono non ci furono chiarimenti tra me e lui. Trascorse circa una settimana da quando tornai e non ci eravamo più sentiti da allora. Provai a chiamarlo più volte al cellulare e centinaia furono i messaggi che gli inviai. Tutto questo naturalmente senza una minima risposta. Speravo con tutto il mio cuore che Emma non avesse già inscenato il suo piano a dir poco “diabolico”. Cercai anche di contattare il fratello, ma Shannon era fuori città per le solite serate con Antoine e nemmeno lui era in grado di darmi una vera risposta sul perché Jared si comportava in quel modo. Era come se mi tenesse alla larga ed inutile dire che ciò mi lacerava. Era davvero tanto arrabbiato con me? Capivo che probabilmente avevo esagerato, ma questo non giustificava il suo comportamento. Ero stanca di corrergli dietro. Tornai improvvisamente a molti anni prima. Quando trascorrevo delle ore attendendo una sua telefonata. Quando chilometri ci separavano. Quando la sua voce era l’unica cosa che volevo ascoltare. Quando lui era solo il mio piccolo e dolce Jay, dagli occhioni blu, e non una rockstar mondiale.
Intanto avevo ripreso a lavorare e molte erano le cose che avevo lasciato in sospeso dopo la mia partenza. Stranamente la quotidianità mi era mancata perché, nonostante tutto, era in quella dimensione che sapevo realmente chi ero. Anche il mio capo fu contento di rivedermi, anche se non perse occasione nell’affidarmi tremila compiti.
Finalmente giunse venerdì e, appena misi piede in casa dopo un’altra dura giornata di lavoro, ringraziai chiunque mi proteggesse dall’Alto.
«Sono a casa!» Annunciai, appena varcai la porta di casa.
«Charlie, ciao. Vieni, sono in cucina.» La vocina tenera di Sarah, che mi dava il benvenuto e che proveniva dall’altra stanza, mi faceva sentire davvero a casa.
Posai il cappotto e la borsa e mi diressi in cucina.
«Guarda, non sai come sono contenta di essere tornata a …» La mia frase mi si spezzò in gola, appena vidi Jared seduto in cucina di fronte a Sarah. Il suo sguardo attraversò la stanza fino a posarsi nel mio. Sul suo viso comparve un lieve sorriso. «… casa.» Uscì dalla mia bocca come un sospiro, terminando la frase troncata in precedenza.
«Ciao, Charlie.» Mi salutò lui, alzandosi in piedi.
«Bene, io vi lascio da soli.» Sancì Sarah, sparendo in una lampo.
Jared rimase fermo ad osservarmi, mentre tra le mani si rigirava una busta di carta di riso color panna con una scritta sul fronte.
Lui notò che la stavo guardando. «Ah, questo è l’invito per il matrimonio di Tomo e di Vicki. Mi hanno chiesto di portartelo.» Spiegò lui, porgendomi la busta che aveva un nastrino rosso che la adornava.
Mi avvicinai e l’afferrai. «Ti ringrazio.» Mi diressi poi al frigorifero per prendere qualcosa da bere. «Allora sei vivo.» Commentai, fredda.
«Già.» Rispose lui. «Charlotte, ascoltami. Volevo dirti che mi dispiace se in questi giorni non mi sono fatto vivo, ma avevo molti impegni lavorativi e …»
«… e non hai avuto un attimo libero per scrivermi un messaggio sul quale mi dicevi che andava tutto bene, giusto?» Intervenni io.
«Sì, lo so hai ragione. Ma dovevo riflettere e starmene un po’ per conto mio.» Udii i suoi passi avvicinarsi e una delle sue mani raggiungermi e poggiarsi sulla mia spalla. «Charlie, credo che noi due dovremmo parlare.» La sua voce, improvvisamente seria, riempì ben presto tutta la stanza.
Bevvi velocemente il mio bicchiere d’acqua, lo posai sul bancone e poi mi voltai verso di lui. «Dimmi.» La mia voce era altrettanto seria e profonda, ma non era nemmeno lontanamente paragonabile a quella di Jared.
La sua mano, che prima era appoggiata sulla mia spalla, scivolò giù per il braccio fino ad afferrare la mia.
«Charlie, devo chiederti scusa. Sull’aereo ho reagito nel modo sbagliato e ti ho trattato male. È solo che hai cominciato a comportarti in modo strano, opprimente oserei dire, da quando lasciammo l’hotel.» Cominciò a spiegare lui.
«E per avermi evitato, aggiungerei …» Dissi secca. «Jared, non sono impazzita tutto d’un tratto. C’è un motivo per cui mi sono comportata in quel modo, ma tu non mi hai lasciato spiegare.»
«Okay, Charlie. Hai ragione, ma non ho finito.» I suoi occhi raggiunsero i miei, fissandomi senza lasciarmi scampo. «Il tuo strano comportamento mi ha preso in contropiede, perciò non ti ho richiamata in questi giorni. Non ho capito il tuo atteggiamento nei confronti di Emma. Sei diventata gelosa tutto d’un tratto? Cosa ti ha fatto?»
«Non si tratta solo di essere gelosi o meno. Jared, Emma non è la brava persona che credi tu. Lei è diabolica, macchinatrice …» Cercai di tenere a freno la mia rabbia, per evitare che esplodesse improvvisamente.
«Che intendi dire?» Domandò, inarcando le sopracciglia, confuso.
Presi fiato e cominciai finalmente a raccontare. «Quando sono andata incontro a Emma, per sbaglio ho udito una sua telefonata con la madre, nella quale parlava di me e di te. Era astiosa, ricolma di rabbia verso il nostro rapporto. Capisco che i suoi sentimenti per te siano forti, ma non credevo che fosse tanto ossessionata.» Commentai io.
«No, aspetta. Charlie, che stai dicendo?» Jared era ancora più confuso.
«Sì, Jay. Non mi dire che non ti eri mai accorto di ciò che lei prova per te. Ma non è finita qui. Secondo ciò che ho ascoltato, sempre involontariamente, lei sta tramando contro di noi. Vuole separarci ad ogni costo e, se ciò non bastasse, vuole farsi ingravidare da te. “… Nel bene o nel male, avrò un figlio da Jared Leto. A costo di infilarmi nel suo letto di nascosto!”, queste sono state le sue parole.» Gli citai quella frase che mi stava a dir poco perseguitando. «Perciò mi sono comportata in quel modo. Sentivo di doverti proteggere e avevo paura a lasciarti anche solo per un istante con lei. Spero che tu non mi abbia preso per uno stalker, ecco …» Dissi, sorridendo e cercando di sdrammatizzare.
Lui non batté ciglio. La sua espressione rimase seria e fredda. Sembrava una statua di ghiaccio.
«Scusa.» Intervenni nuovamente io, mortificata. Forse era fuori luogo quella battuta innocente.
«Okay, dimmi che stai scherzando.» Rispose lui, dopo un po’.
Tornai a guardarlo nei suoi occhi, quasi spenti.
«No, Jay. Non sono mai stata più seria in vita mia. Mi dispiace.» Feci per avvicinarmi e sfiorarlo, ma lui fece un passo indietro scansandosi. Il suo gesto mi ferì.
«Charlotte, smettila! Lo scherzo è bello, quando dura poco. Perciò non dire sciocchezze. Sei solo gelosa.» Controbatté lui, secco.
Sgranai gli occhi, incredula della sua reazione. «Tu … tu non mi credi.» Quella frase uscì dalla mia bocca come un sussurro. Non avevo preso in considerazione il fatto che non mi avrebbe creduto.
«Charlotte, Emma non mi farebbe mai una cosa del genere. La conosco da tempo.»
«Ed io? Da quanto mi conosci? Da sempre. E nonostante ciò mi dai della bugiarda? Credi davvero che io ti possa mentire su una cosa così seria?» Il mio tono di voce si alzò improvvisamente, in preda ad una rabbia fin troppo repressa.
«Charlie, non è questo …»
«E cosa allora? Io ti dico come stanno le cose e tu, per tutta risposta, mi dici che Emma è la “santarellina” della situazione e che io sono la bugiarda, ossessionata dalla gelosia?! Sai che non ti mentirei mai, figuriamoci per argomenti così delicati.» Cominciai a fare su e giù per la cucina, agitata.
«Charlie, ferma!» Esclamò lui, afferrandomi per il polso e fermandomi di colpo. «Non sto dicendo che non ti credo. Dico solo che probabilmente avrai sentito male e ti sarai fatta condizionare dalla tua gelosia.» Il suo tono di voce sembrava più addolcito.
«Jared, so esattamente ciò che ho sentito. Lei ti vuole, a tutti i costi. E per “tutti i costi” intendo dire che è capace di farsi mettere incinta da te. E smettila con questa gelosia! Io ti amo, ma sono anche molto razionale su queste cose.» Abbassai anch’io il mio tono, ma la mia voce continuava a tremare.
«Ma anche se fosse come dici tu, non hai preso in considerazione il fatto che io possa oppormi ad un suo tentativo di “sedurmi”, se così possiamo definirlo?» Avanzò l’idea.
«Jared, non essere ingenuo. Noi donne, se ci mettiamo d’impegno, conosciamo anche le maniere più subdole per piegare voi uomini. E poi non credo che alla tua età te le debba spiegare io queste cose.» Spiegai io.
«Certo che le so queste cose, ma non credo che Emma sia il tipo di persona che pensa e fa queste cose.»
«Lei forse no, ma la mamma sicuramente sì. E siccome Emma prova qualcosa per te, ha colto l’idea brillante della madre.» Dissi in tono retorico.
Lui non rispose. Non era convinto e l’idea che non mi credesse mi faceva a dir poco impazzire.
«Continui a non credermi, vero?» Sussurrai io debolmente, mentre la nostra distanza fisica iniziava a bruciarmi. L’idea che non riusciva a credere alle mie parole, mi feriva terribilmente.
I miei occhi cominciarono a gonfiarsi di lacrime, appena mi resi conto che a quella domanda lui non mi avrebbe mai risposto.
It’s not a beautiful lie, Mr. Leto. It’s true.
Quel suo silenzio era peggio di mille parole, perché confermava quel mio timore. «Già. Dovevo immaginarlo.» Commentai io, subito dopo.
«Charlotte, io …» Si avvicinò lui e fece per sfiorarmi, ma fui io a scansarmi questa volta.
«Pensavo che il tuo allontanamento improvviso di questi giorni fosse la cosa che mi avesse ferito più di tutte. Ma mi sbagliavo. Probabilmente, l’idea che tu non creda alle mie parole è la cosa che mi fa più male.» Mormorai, mentre lacrime copiose inondavano il mio volto. Cercai di trattenere almeno i singhiozzi che, egoisti, si facevano largo dentro di me, pronti a liberarsi.
«Charlotte, ti prego …» Jared tentava di costruire una frase. Ma lo interruppi prima che potesse continuare.
«Una volta mi chiedesti di fidarmi di te. Ma come posso fidarmi di te se tu stesso non hai fiducia in me?» Il mio pianto partì, incontrollato.
«Odio vederti piangere.» Commentò lui, con voce mortificata.
Mi voltai nuovamente verso di lui. «E allora smettila di farmi soffrire, cazzo! Perché non può essere tutto più semplice? Perché non vuoi credermi?» Gridai, in preda alla disperazione.
Lui mi raggiunse e mi abbracciò. Affondai il mio viso nel suo petto, smettendo di controllare anche i singhiozzi. «Charlotte, io …»
Drin Drin
Il BB di Jared squillò d’un tratto.
«Scusami.» Disse lui, mentre le sue braccia si slacciavano dal mio corpo, troppo presto per i miei gusti.
Guardò il nome sul display e rispose. «Pronto? Emma?» I suoi occhi incrociarono i miei, appena pronunciò quel nome.
Scostai lo sguardo, a dir poco disgustata.
«Sì … sì …» Rispondeva a tratti. «Ma adesso? D’accordo, allora vengo subito.» Terminò la telefonata e tornò a me. Non sapeva cosa dire e la cosa era diventata triste e assurda. Tra di noi non c’era mai stato un silenzio così imbarazzante.
Mi sedetti su di una sedia accanto al tavolo. «Va’ da lei.» Esordii io, stanca di quello strazio.
Lui rimase a fissarmi per qualche minuto, poi prese la sua giacca e fece per uscire. «
Charlotte, io ti amo.» Sussurrò, mentre stava varcando la porta.
«Jared, un’ultima cosa.» Dissi io, fermandolo prima che andasse via. «Spero per te, davvero, che ciò che ti ho raccontato non si verifichi. Però sei libero di non credermi, ma sappi che non ti correrò più dietro. Perciò, per favore, se t’importa ancora un po’ di me, non tornare. Okay?» Affermai, cercando di non sciogliermi.
I’m not running from you.
Non volevo realmente che se ne andasse, ma era arrivato il momento che cominciassi a leccarmi le ferite che mi aveva procurato.
«Ma …» Tentò di controbattere, ma non glielo permisi.
«Non tornare più, ti supplico.» Furono le mie ultime parole, mentre la sagoma dell’uomo che amavo, più di qualsiasi cosa su questo mondo, si allontanava da me.

 

"These clouds aren't goin' nowhere, baby. 
Rain keeps comin' down. 
I just thought I'd try to call you, baby. For you got too far out of town.
 
For you got too far out of town .
And I hope that you get this message.
That I'm leavin' for you. 
Cuz I hate that you left without. 
Hearin' the words that I needed you to." 

("I hope you find it"- Miley Cyrus)



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Space to me.

Salve a tutti! :D Perdonate il mio grosso ritardo, ma l'Università non mi lascia un attimo di respiro. :S
Ringrazio come sempre tutti coloro che perdono tempo a leggere la mia serie. Spero di non avervi deluso e cercherò di pubblicare il prossimo capitolo nel minor tempo possibile.
Tanti bacini marziani a tutti!
Stay tuned! ;)
                                             A.

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Capitolo 11
*** Chapter 11: A heart beat... a heart beat... I need a heart beat. ***


Believe me when I say goodbye forever.
Is for good.

 
 

“Che ci vogliono anni per costruire la fiducia e solo pochi secondi per distruggerla.”
(Paolo Coelho, “Le cose che ho imparato nella vita”)

 
 
«Ragazzi, altri cinque minuti e cominciamo.» Ci venne ad informare la speaker per l’intervista in radio. L’ennesima intervista. Non ero proprio dell’umore per rispondere alle domande. Sempre le stesse e ripetitive domande. Purtroppo era la parte che mi piaceva di meno del mio lavoro, ma la sopportavo. In fondo, era la casa discografica che ci spingeva ad intervenire in queste interviste. Ma quella era una di quelle giornate, dove il mio livello di sopportazione era sotto-zero. Me ne stavo seduto in un angolo, guardando il mio BB ogni cinque secondi, mentre Tomo e Shannon parlavano allegramente. Non so cosa speravo, continuando a fissare il cellulare che sembrava non dare segni di vita.
«Guarda che se aspetti una sua chiamata, attenderai in eterno.» Esordì d’un tratto mio fratello, notando il mio gesto. «E ha ragione a non chiamarti.» Non poteva mancare il suo acido commento.
Mi voltai verso di lui, senza emettere alcun suono. Mi mancavano addirittura le parole per controbattere.
«Credo che tu le debba delle scuse. Non credo che mentisse, lo ha raccontato persino a me. Voleva proteggerti. E poi non era un segreto per nessuno che Emma penda dalle tue labbra, vero Tomo?» Shannon chiese conferma al nostro collega.
«Esatto.» Rispose Tomo, annuendo.
«Non servirebbe nulla scusarmi. E poi non può lanciare delle accuse senza avere delle prove. Non posso credere che Emma possa fare una cosa del genere.»
«Jared, ma non siamo mica in una puntata di CSI. Dovresti credere a lei, piuttosto che chiedere le prove. Apri gli occhi e non mandare tutto a puttane!» Esordì Shannon. Poi si avvicinò a me  e mi appoggiò una mano sulla spalla. «Charlie è una persona speciale, unica. Non lasciartela sfuggire.» Shannon non era un tipo molto romantico. Ha sempre avuto una concezione tutta sua delle relazioni e, soprattutto, dell’amore. Aveva sofferto in passato, ma mi conosceva come il palmo della sua mano. E sapeva che non ci sarebbe stata altra persona, altra donna come Charlotte.
In quell’istante mi squillò il BB. Lo afferrai di fretta e furia e risposi, senza prestare nemmeno molta attenzione al nome che lampeggiava sullo schermo.
«Pronto?» La mia voce tremava. Era impaziente, voleva sentire la sua dolce voce, sebbene fossi ancora arrabbiato con lei.
«Ciao, Jay.» La voce non era quella di Charlotte. Forse Shannon aveva ragione. Non mi avrebbe mai richiamato. Era orgogliosa lei, forse anche più di me.
«Ehi Emma, sei tu.» Risposi io, lanciando uno sguardo a Shannon e Tomo.
«Che novità?!» Mi suggerì sottovoce mio fratello.
«Sì, Jared sono io. Non mi sembri tanto felice di sentirmi.»
“No, non lo sono in verità. Perché pensavo fosse un'altra persona … pensavo fosse la mia persona, il mio amore.” Avrei voluto dirle questo. Ma non potevo prendermela con lei. Così feci quello che si fa in questi casi: mentire, mentire e mentire.
«No, Emma. Figurati. Stavamo per cominciare l’intervista. Dimmi.» Il mio tono di voce aveva una capacità incredibile di mutare in base alla grandezza della bugia.
«Bene. Ho una notizia stratosferica che riguarda la band.» Era entusiasta e il suo entusiasmo mi incuriosiva.
«E sarebbe?» Chiesi.
«No, è una notizia troppo importante per dirtela per telefono. Raggiungimi a casa mia appena hai finito l’intervista. Sarai entusiasta anche tu, ne sono sicurissima.»
«E gli altri?» Chiesi stranito.
«Vorrei prima parlarne con te e poi coinvolgere anche gli altri. Ora scusa ma devo andare. Mi raccomando, ti aspetto, Jay. Un bacio.» Emma terminò la telefonata.
Dubbioso dal suo strano atteggiamento, raccontai tutto ai ragazzi i quali non sembravano affatto stupiti.
«E ti pareva.» Commentò Shannon. «Secondo me, è la volta buona che Emma parta all’attacco.»
«Infatti!» Concordò Tomo.
«Ragazzi, smettetela. Vi state facendo anche voi influenzare da quello che ha detto Charlotte. Avete dimenticato per caso chi è Emma?» Dissi, con tono irritato.
«No, non lo abbiamo dimenticato. Ma credo che tu, invece, abbia dimenticato chi sia Charlotte. Mi dispiace Jared, ma questa volta non avrai il mio appoggio. Te ne pentirai molto presto di come ti sei comportato con lei. E poi apri gli occhi, cazzo, per Emma non esiste nessun altro all’infuori di te. Come fai a non accorgertene?!»
«Basta! Non ne voglio più parlare, chiaro?! Mi ha stufato questo discorso.» Sancii io. Emma era come una sorella. Non riuscivo a credere che lei potesse provare qualcosa per me. Probabilmente ero ingenuo.
«D’accordo, Jared. Cambiando però discorso, Vicki vorrebbe sapere se Charlotte parteciperà al matrimonio. A lei farebbe molto piacere.» Mi domandò Tomo.
«Tomo, non lo so. Io le consegnai l’invito, ma non mi disse nulla. Dovresti chiederlo a lei.» Risposi freddo.
«Ricevuto.» Disse Tomo.
 
Terminata l’intervista salutai i ragazzi e mi avviai verso casa di Emma.
Toc. Toc. Bussai, una volta arrivato dinnanzi alla sua porta.
«Avanti!» L’urlo di Emma lo udì tutto il vicinato.
Entrai. «Em, sono io… Jared.» Dichiarai una volta entrato.
«Vieni, Jay. Sono in camera.»
Raggiunsi la sua stanza ed aprii la porta. La vidi in piedi davanti all’armadio con indosso una vestaglia di seta blu.
«Ehi, Emma. Tutto bene?»
«Sì, Jay. Scusami, cercavo un golfino che non trovavo.» Si avvicinò e mi abbracciò. «Sono contenta che tu sia arrivato.»
«Anche io, ma ora spara. Dimmi qual è la notizia fantasmagorica.» Chiesi, sempre più curioso.
«Okay. Ma prima siediti.» Emma mi spinse fino al letto e mi fece sedere sul bordo del materasso. «Bene, allora mi ha chiamato la casa discografica e vi fa i complimenti per l’ottimo lavoro. Ed è d’accordissimo sulla piccola pausa di due- tre settimane che volete prendervi, in occasione del matrimonio di Tomo. Eppure la splendida notizia è un’altra. A quanto pare, se continuate con questo ritmo con le date del tour, verso Novembre entrerete … rullo di tamburi … nel Guinness dei Primati per la “band con più di 300 concerti per la promozione di un solo album”, nel caso nostro parliamo di “This is war”!» Non potevo credere alle parole di Emma. Era una notizia strabiliante. Più di qualsiasi altra cosa avessi mai immaginato. «Beh? Non dici nulla?» Osservò lei.
«No … cioè … sì! È una notizia stupenda! Oh, fuck … non ci credo!» Esclamavo esterrefatto e, contemporaneamente, felicissimo. I nostri sforzi stavano riscuotendo un profitto. Mi alzai di scatto in piedi e abbracciai Emma. «Oh my gosh, grazie! Grazie per tutto questo!» Continuavo a ripetere ad alta voce.
Anche Emma era entusiasta e accolse con entusiasmo il mio abbraccio.
«Oh, Jared. Sono così felice per voi, per te … per noi.» Mi sussurrò lei.
Sciolsi pian piano l’abbraccio appena percepii che volesse suggerirmi qualcosa, ma continuai a cingerle i fianchi con le mani. «Sì, infatti è anche grazie a te che abbiamo raggiunto questo traguardo.»
«Jared, non intendo dire questo.» Il suo sguardo era strano … diverso, oserei dire. «Sai mi piacerebbe che ci fosse meno distanza tra me e te.»
«Non credo che ci sia distanza tra noi, Emma.» Controbattei subito io.
«No, beh … intendevo che forse in questo periodo … con tutto questo lavoro, non abbiamo avuto un po’ di tempo per uscire insieme a festeggiare per tutte questi bei risultati che stiamo riscuotendo.» Era impacciata e il suo comportamento era sempre più strano.
«Sì, hai ragione. Beh, stasera Shannon ha una serata in un locale di Hollywood con Antoine. Che ne dici di aggregarci?» Optai io.
Lei si avvicinò nuovamente a me e mi strinse la mano. «Sarebbe fantastico!» Sussurrò. «Qualsiasi posto sarebbe fantastico se ci fossi tu.»
Appena udii quelle parole, un brivido inspiegabile percorse la mia schiena e nella mia testa riemersero le parole di Charlotte.  
Lei sta tramando contro di noi. Vuole separarci ad ogni costo e, se ciò non bastasse, vuole farsi ingravidare da te … Jared, so esattamente ciò che ho sentito. Lei ti vuole, a tutti i costi. E per “tutti i costi” intendo dire che è capace di farsi mettere incinta da te.
Mi allontanai d’istinto, lasciandole bruscamente la mano. Non so cosa mi stesse accadendo in quel momento, ma non era una sensazione piacevole. Come se si fosse attivato una sorta di sesto senso.
«Jared, cosa c’è? Qualche problema?» Mi chiese Emma, anche lei stranita dal mio comportamento.
«No, no. Mi sono appena ricordato di una cosa importante.» Dissi, afferrando la giacca che avevo appoggiato sul letto, e feci per uscire.
«Già vai via?» Mi domandò lei, chiaramente dispiaciuta.
«Sì, scusami. Ma devo proprio andare. Ci vediamo stasera. Ti invio un messaggio con l’indirizzo del locale. Va bene?»
«Okay.»
«Ciao, Em. A stasera!» Uscii di corsa dall’appartamento.
Cosa mi era preso? Perché mi stavo comportando in quel modo? Forse anche io mi stavo facendo influenzare dal discorso di Charlie? Già, Charlotte … la mia Charlotte. Possibile che frivolezze del genere potevano rovinare il nostro rapporto, il nostro … amore?
Appena giunsi alla mia auto entrai ed afferrai il BB.
“Avanti, Jared. Metti da parte l’orgoglio. Chiamala!”, mi ripetevo mentre scorrevo tra i nomi della rubrica.
Premetti il tasto di call e, finalmente, mi decisi.
 
Era il decimo bozzetto che terminavo in quella giornata. Era un record. Forse gettarmi a capofitto nel lavoro, mi sembrava l’unica alternativa per evitare di pensare a lui. Erano settimane che non lo sentivo. Mi mancava terribilmente, eppure una parte di me non riusciva a perdonarlo per non aver creduto alle mie parole. Per non parlare del mio stupido orgoglio, che come al solito rischiava di rovinare tutto.
Per fortuna la giornata stava per volgere al termine e mi sarei almeno un po’ rilassata. Stavo cominciando a prepararmi, quando bussarono improvvisamente alla porta del mio ufficio.
«Avanti.» Gridai.
Dalla porta entrò a sorpresa Adam. «Ciao, Charlotte. Posso entrare?»
«Certo! Vieni.» Risposi, sorridendo.
«Tutto bene, principessa?» Mi chiese lui, avvicinandosi a me e abbracciandomi.
Ricambiai l’abbraccio. «Sono esausta. Ma contentissima di tornare a casa.»
«Ah, no. Niente casa. Stasera ti porto a ballare.» Affermò deciso Adam.
«Cosa? No, Adam. Sono stanchissima, per favore.»
«No, no. Non ammetto un “no” come risposta. L’ultima volta mi avevi promesso che non rifiutavi più un mio invito. Perciò vai a casa, fatti una doccia e preparati, perché stasera si va ad un nuovo locale di un mio amico che ha aperto ad Hollywood. Okay?» Non mi aveva lasciato scelta. Sapevo che se non avessi accettato mi avrebbe tormentato finché non fossi tornata a casa, e poi avevo bisogno di svagarmi un po’.
«Beh …» La mia risposta venne però interrotta dal mio cellulare che cominciò, improvvisamente, a squillare. «Scusami un secondo, Adam.» Dissi, mentre prendevo il BB dalla mia borsa. Sullo schermo lampeggiava il nome di Jared con la nostra foto scattata a New York. Un brivido mi percorse quando ripensai al suo nostro ultimo bacio. Mi mancava tutto di lui. La sua pelle, il suo profumo, il suo sguardo … la sua voce. Non mi bastava più nemmeno ascoltare i dischi della band a ripetizione per tutto il giorno. Ascoltare Alibi allo stereo, non era nemmeno paragonabile alla voce di Jared che mi sussurrava questa canzone come ninna nanna per farmi addormentare. Era come se il mio corpo e la mia anima provassero la necessità di averlo accanto. Ma a tale necessità, si faceva largo dentro di me la delusione che provavo nei confronti del suo comportamento.
«Charlie, che fai non rispondi? Qualche problema?» La voce di Ian si fece strada tra i miei pensieri e le mie sensazioni.
Scossi così la testa e tornai alla realtà. Quella dura realtà. Premetti sulla piccola cornetta rossa sulla tastiera del mio cellulare e rifiutai la chiamata. Prima che un groppo alla gola mi impedisse di emettere altri suoni e che milioni di lacrime mi inondassero il volto, tornai a guardare Adam.
«A che ora mi passi a prendere?» Domandai d’un tratto.
Sul suo viso si disegnò un sorriso, soddisfatto.
 
Quella sera Adam passò a prendermi verso le 22:00. Con noi si aggiunse anche Sarah, che non rifiutava mai una serata in discoteca. Era il mio opposto. Io amavo stare a casa a leggere un buon libro, o vedere un bel film in compagnia di amici. Lei amava la mondanità, le discoteche e stare sempre fuori casa. Forse perciò andavamo tanto d’accordo. Arrivammo al locale e, mentre entravamo, di sfuggita notai su un manifesto il nome di Antoine Becks. Scendemmo una rampa di scala che ci portava direttamente in mezzo all’immensa pista da ballo, sulla quale migliaia di ragazzi erano catturati dalla musica diffusa dal deejay.
«Non sembra male questo locale. Che ne dici, Charlie?» Mi urlò nell’orecchio Adam, assicurandosi che sentissi a causa del volume alto della musica.
Mi allontanai, notando che stavo per perdere l’udito. «Sì, niente male.» Commentai.
Mi voltai poi verso Sarah che saltellava già a tempo di musica. «Charlie, guarda chi c’è in postazione deejay!» Esclamò lei, indicandomi il punto in cui la sua attenzione si era soffermata.
Accanto ad Antoine, c’era anche Shannon.
«Cavolo …» sussurrai tra me.
«Che dici di andarlo a salutarlo? Dai, ti prego.» Quasi mi supplicò Sarah.
«Sarah, perdonami ma dovrai andare senza di me. Io devo andarmene.»
«Come devi andare?! Credi che ci sia anche …» Non le lasciai terminare la frase.
«Jared? Probabilmente. Perciò vorrei evitare di incontrarlo, possibilmente.» Dissi.
«Scusami se mi intrometto, Charlie. Ma mi sembra ingiusto che tu non possa stare in un locale solo perché potresti incontrare questo tizio. Non dovrebbe importarti.» Intervenne Adam.
«E, invece, mi importa. Voglio evitare che si creino situazioni spiacevoli. Perciò forse è meglio che vada via. Continuate la serata senza me e divertitevi!» Sorrisi e feci per andare, ma Adam mi trattenne e mi spinse a sé. Le nostre distanze si ridussero velocemente.
Mi prese con una mano la mia e con l’altro braccio mi cinse i fianchi. «Mi devi concedere un ballo prima di andar via, Cenerentola.» Mi sussurrò lui, avvicinando le sue labbra al mio orecchio.
Cominciammo a muoverci lentamente, anche se eravamo totalmente fuori musica. Quella vicinanza a Adam mi imbarazzava molto. Non ci eravamo mai trovati in una situazione così … intima. «Sai, credo che Jared non ti meriti.» Commentò d’un tratto Ian, sussurrandomelo all’orecchio.
«Adam, per favore …» Mi lamentai io, sperando che non cominciasse anche lui con il suo sermone.
«Dai, Charlie. Apri gli occhi. Se lui fosse un tantino più intelligente, non ti avrebbe mai lasciata andare via. E poi è una rockstar, sappiamo fin troppo bene che sono inaffidabili.» Partì all’attacco Adam.
«Adam, non capisci …» Cercavo di fermare il fiume di parole che, sapevo, mi avrebbe ben presto sommerso.
«No, io invece capisco. Lui non fa per te, Charlotte. Sei troppo speciale per stare con uno come Jared Leto.»
«E, dimmi, chi farebbe per me? Forse tu?» Chiesi acida e innervosita.
«Probabilmente sì. Sarei cento volte meglio di quel tipo …» Ecco che l’ego di Adam cominciava a prendere il sopravvento. «Beh, si vede che per anni ha avuto a che fare con delle puttane, che si è scordato come si fa il “fidanzatino”!» Il suo tono si fece irritante, duro e prepotente.
Mi allontanai di scatto, respingendolo. «Adam, ora basta! Stai esagerando! Come osi parlare di lui in questo modo?!» Urlai incazzata nera. Non poteva parlare così di Jared. Del mio Jared.
«Dopo tutto quello che ti ha fatto, lo difendi pure?» Mi domandò Adam, stupito probabilmente della mia reazione.
«Sì, okay? E poi non credo che siano affari tuoi …» Non capivo perché Adam si stesse comportando in quel modo così irritante. «È meglio che vada. Non è serata!» Feci per voltarmi, ma Adam mi bloccò per il polso e mi ricondusse tra le sue braccia.
«Dai, Charlie. Vieni qui … facciamo la pace …» Mormorò lui, mostrando arrogante il suo sorriso malizioso.
Cercai di divincolarmi dalla sua morsa, ma l’impresa sembrava alquanto ardua. «Adam, smettila! Lasciami immediatamente!» Gridai, ricolma di rabbia.
«Ehi, tieni giù quelle tue fottute mani!» Sentii urlare d’un tratto nel caos della discoteca, durante la pausa del deejay tra un brano e l’altro. La voce proveniva da dietro le mie spalle. Quella voce. Adam allentò la presa e guardò dietro di me.
Mi voltai anche io. Era Jared, accompagnato da suo fratello Shannon. Il suo volto era un misto di rabbia e sorpresa. Adam mi lasciò andare ed io mi allontanai da lui. Jared allungò la mano e afferrò la mia, portandomi accanto a lui. Provai un brivido a contatto con la sua pelle.
«Charlie, tutto bene?» Mi chiese lui, stringendomi la mano e guardando in cagnesco Adam. Il mio nome pronunciato dalla sua voce e fuoriuscito dalle sue labbra, era una delle cose che mi erano mancate di più in tutto questo tempo.

 

«Oh, please, say to me. You´ll let me be your man.
And please, say to me you´ll let me hold your hand.»
The Beatles- “I want to hold your hand”

 
«Sì …» Risposi, frastornata. Il suo sguardo si spostò su di me e mi sorrise.
In un lampo, tutto intorno a noi si annullò. La musica, la gente, le voci indistinte … tutto sparì. Sembrò sparire anche il motivo che mi aveva allontanata da lui. I suoi grandi occhi azzurri , come al solito, mi scrutavano l’anima. Non riuscivo a tirarmi indietro quando il mio sguardo si fondeva con il mio.
Avevo il cuore a mille.
Boom boom
Boom boom
Questo era l’unico rumore che sentivo udire rimbombare nelle mie orecchie. Come era possibile che mi facesse ancora quell’effetto dopo tanto tempo?
Provavo il forte bisogno di annullare la distanza che ci separava, di stringerlo a me e non lasciarlo mai più.
Eppure il mio fottuto orgoglio mi impediva sempre di fare ciò che desideravo, facendo riaffiorare le ragioni del nostro litigio: la sua mancanza di fiducia e … Emma.
Appena Jared tornò ad osservare Ian con aria minacciosa, io tornai sulla Terra.
“Charlotte, svegliati! Non siamo in una favola. Lui non è il principe azzurro che ti è venuto a salvare. Lui è il principe delle tenebre. The prince of the darkness. Colui che prima dice di amarti, poi preferisce credere ad un’altra …”.Portai il mio sguardo altrove.
«Amico, conviene andartene prima che chiami la security.» Disse Shannon, avvertendo Adam.
Adam lo ignorò. «Dai, Charlotte … scherzavo. Fammi spiegare …» Avanzò verso di me, ma Jared si parò dinnanzi. Il suo corpo cominciò a tremare e lo sentii digrignare i denti. Era furioso. Mi spaventava. Strinse ancora di più la mia mano nella sua.
«Allontanati da lei, capito?! Non ti azzardare a sfiorarla … mai più!» Pronunciò Jared, ricolmo di rabbia. Il fratello gli fu subito accanto e gli appoggiò una mano sulla spalla. Probabilmente anche Shannon temeva che Jared potesse attaccare Adam.
Adam scoppiò in una fragorosa risata. «Peccato, la stavo solo mettendo in guardia sui tipi come te …»
A quelle parole Jared scattò, avanzando di un passo ma fu fermato tempestivamente da Shannon.
«Se non sparisci in meno di 5 secondi, giuro che ti spacco la faccia da “finto angioletto” che ti ritrovi …» Ribadì Jared.
Jay non era un tipo violento, anzi. Però era un tipo molto protettivo nei confronti delle persone che …amava. L’ultima volta che reagì in questo modo fu quando all’età di otto anni delle bullette della mia scuola, che avevano adocchiato la mia nuova bambola, cominciarono a farmi i dispetti. Un pomeriggio di primavera, mentre tornavo a casa un paio di queste ragazzine mi trascinarono in un vicolo e cominciarono a strattonarmi e a tirarmi la bambola che portavo tra le mani. Poi mi spintonarono, gettandomi a terra. Cercai in tutti i modi di ribellarmi, ma erano troppo grandi. Avevano circa cinque anni più di me. Finché un bambino biondo, con occhi azzurri come il mare e le labbra rosee, venne a “salvarmi”. Era Jared. A quel tempo lui era il bambino più ambito della scuola ed era all’ultimo anno delle elementari. Tutte le ragazze gli morivano dietro, anche allora.
«Che succede qui? Lasciatela stare! Sparite!» La voce angelica di Jared ipnotizzò le due ragazze che, incantate, prima tentennarono poi fuggirono. Udii i suoi passi avvicinarsi. Io, intanto, mi ero rannicchiata in un angolo buio di quel vicolo. I suoi passi si fermarono dinnanzi a me e si abbassò per raccogliere la bambola, porgendomela e guardandomi negli occhi. Appena i nostri sguardi si incontrarono e vidi dipinto su quel viso d’angelo un sorriso, smisi di avere paura. Mi porse la sua mano.
«Su, vieni qui. Non aver paura.» L’afferrai e lui mi aiutò ad alzarmi. Poi mi prese in braccio.
«Non ti preoccupare, piccola. Non ti daranno più fastidio.» Sussurrò lui, riaccompagnandomi a casa.
E così fu. Ricordo ancora la sua angelica voce di bambino. Qualche volta mi sembrava di udirla ancora.
Rimasi affascinata dalla luce che quel bambino aveva negli occhi.
La stessa luce che continuavo a vedere nei suoi occhi ogni volta che mi guardava.
Ian rimase fermo lì. Se non se ne andava subito, davvero quella serata sarebbe terminata male.
«Adam, va’ via!» Gridai, cercando di convincerlo.
Sul viso del ragazzo si disegnò un sorriso da sbruffone, appena il suo sguardo passò da Jared a me. Voltò poi le spalle e si allontanò.
Shannon e Jared si voltarono verso di me, appena si assicurarono che Adam se ne fosse andato. Lasciai di scatto la mano di Jared.
«Tutto bene, Charlie?» Chiese Shan.
«Sì, tutto bene.» Risposi senza incrociare lo sguardo di Jared. «Vi ringrazio per l’intervento, ma non era necessario.»
«Ma come “non era necessario”? Quel maiale ti stava mettendo le mani addosso!» Ribadiva Jared, ancora arrabbiato.
Lo ignorai completamente. Se l’avessi guardato non avrei più avuto scampo, lo sapevo.
«Io me ne torno a casa.» Dissi rivolta verso Shannon e sorridendogli. Lui ricambio il sorriso e si avvicinò a me abbracciandomi.
«Ciao, Charlie! Fatti viva qualche volta, non sparire.» Disse lui, salutandomi.
«Ciao, Shan.»
Poi mi voltai di sfuggita verso Jared. «Ciao, Jared.»
«Charlotte, aspetta. Possiamo parlare un attimo?» Domandò lui, fermandomi per il braccio.
«Jared, non abbiamo nulla di cui parlare.» Ribadii io.
«E invece abbiamo molte cose di cui parlare.» Cominciò ad alterarsi nuovamente.
Intervenne Shannon. «Fratello, basta. Lasciala andare! Non mi sembra il momento di parlarle.»
Jared si voltò verso il fratello. «Shan, non ti intromettere …» Poi posò nuovamente il suo sguardo su di me. «Io ti amo, Charlotte …» Mormorò lui.
In quell’istante i miei occhi si riempirono di lacrime. Cercai in tutti i modi di respingere giù il groppo che mi opprimeva la gola.
«Smettila, ti prego …» Lo imploravo io.
«No, non posso smettere. Ti prego, lasciami solo un secondo …» Continuava lui.
Mentre quasi mi aveva convinta a rimanere, alle spalle di Jared comparve improvvisamente Emma.
«Eccoti qui, tesoro. Mi devi un ballo, lo sai?» Disse lei, completamente ubriaca.
«Emma, vieni. Non è il momento …» S’intromise Shan, cercando di portarla via.
«Shannon, lasciami voglio ballare con Jay …» Emma sembrava una bambina in preda ai capricci. Poi portò il suo sguardo su di me. «Ma tu sei ancora in mezzo ai piedi?! Lasciaci in pace!» Cominciò ad urlarmi contro Emma.
«Emma, smettila!» La rimproverò Shannon.
Jared non batté ciglio. Si voltò verso di lei. «Em, sono da te tra un secondo.» Le disse.
Non potevo credere alle mie orecchie.
«No, fate pure. Sto andando via. Credo proprio che quella di troppo questa volta sia io.» Diedi le spalle a loro tre e feci per andarmene. Il groppo che avevo in gola, mi impediva persino di respirare.
Dovevo uscire da lì.
Dovevo andare via.
Dovevo sparire.
Cominciai a correre, scansando la gente che ballava felice e spensierata nel locale.
“Anche io una volta ero così felice e spensierata …”, pensavo tra me e me, mentre il ritmo della mia corsa non decelerava.
Uscii finalmente dal locale. Avevo persino dimenticato il cappotto. Fuori faceva un freddo capace di gelarti le ossa. Ma non me ne fregava nulla. L’unico calore che riuscivo a percepire ormai erano le mie lacrime che mi rigavano il volto. Almeno finché anche quelle non venivano congelate dal freddo.
Mi fermai per prendere fiato. Ma se mi fermavo ero costretta ad udire le voci nella mia testa che mi urlavano di tornare dentro a riprendermi il mio uomo. Raggiunsi il parcheggio adiacente alla strada.
Nel silenzio di quella notte, ai miei passi si aggiunsero altri passi. Mi voltai e pregai con tutto il mio cuore che non fosse lui.
Purtroppo le mie preghiere non furono ascoltate. Jared era di nuovo di fronte a me.
«Charlie …» Sussurrò lui.
«Che c’è, sei venuto a goderti lo spettacolo?» Domandai, sarcastica, mentre cercavo di asciugare le copiose lacrime.
«Credi che vederti in questo stato, mi faccia felice?»
«Non lo so, Jared … non lo so più … So solo che mi hai ferito a tal punto che non riesco più a percepire dolore. È come se fossi diventata un robot.» Confessai io.
«Charlotte, perché non ci lasciamo tutto alle spalle e torniamo indietro nel tempo. Quando avevamo dei progetti insieme … i nostri progetti
«E vivere magari con l’angoscia che, qualsiasi cosa accada, crederai ad un’altra piuttosto che a me? No Jared, mi dispiace ma io non posso vivere così … non posso amare un uomo che non ha fiducia in me.»
«Ma io mi fido di te.» Disse lui. «È solo che credo che ti stia facendo condizionare dalla tua gelosia. Emma non è così.»
Continuava con la stessa storia.
Mi sfuggì un sorriso sarcastico. «Basta … basta … non ho più la forza, Jared.» Mormorai abbassando lo sguardo. «Ormai sono vulnerabile. Finiscimi! Forse così mi renderò conto che la persona di cui mi sono innamorata non è quella che in questo momento ho di fronte a me.»
Lui si avvicinò ma, prima che potesse sfiorarmi, mi tirai indietro.
«Mi dispiace, ma ti sbagli.» Disse lui improvvisamente.
«E in cosa mi sbaglierei? Sentiamo.»
«Se mi amassi davvero, mi comprenderesti.»
Spalancai gli occhi. «”Se ti amassi davvero”? Ora metti in dubbio anche i miei sentimenti? Jared, se non ti amassi non starei ancora qui a parlare con te.» Alzai lo sguardo su di lui. Ma questa volta era lui che aveva abbassato lo sguardo. «Credi che io non ti ami davvero?» A quelle parole gli occhi si offuscarono nuovamente per le lacrime.
Silenzio. Non rispose.
Scoppiai in un pianto silenzioso. «Va bene ... non è necessario aggiungere altro.»
Cominciai a fare dei passi indietro. I passi aumentavano, come la nostra distanza.
Lui alzò il voltò. «Aspetta …» Sussurrò lui, camminando verso di me.
«Lasciami in pace …» Furono le mie ultime parole prima che riprendessi a correre. Il mio sguardo era appannato dalle lacrime.
Poi tutto accadde in un istante.
«CHARLIE, ATTENTA!!»
Mi voltai verso destra e due fari di auto mi stavano raggiungendo. Non ebbi il tempo di muovermi. Poi un urto … un tonfo. Tutto divenne buio.
«CHARLIEEEE!!» Quella mi sembrò l’ultima volta che sentii pronunciare il mio nome da Jared.
Forse quella davvero sarebbe stata l’ultima volta.

 
 
 

«Goodbye, my almost lover
Goodbye, my hopeless dream
I'm trying not to think about you
Can't you just let me be?
So long, my luckless romance
My back is turned on you
I should've known you'd bring me heartache
Almost lovers always do.»
A Fine Frenzy – "Almost Lover"

 
 
«And I would have stayed up with you all night
Had I known how to save a life.»
The Fray – "How to save a life"

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Capitolo 12
*** Chapter 12: Gocce di memoria. ***


«Life’s too short to even care at all, Ooh
I’m losing my mind losing my mind losing control.»
Young The Giant - Cough Syrup

 

 
Accadde tutto in un istante. Un fottutissimo istante. Accadde tutto davanti ai miei occhi. L’auto, che sembrava volasse sull’asfalto per quanto andasse veloce, travolse in pieno Charlotte che non fece in tempo a scansarsi. Cominciai a correrle incontro, ma non feci in tempo a raggiungerla. Il suo corpo si schiantò violentemente sul parabrezza e poi si accasciò sul ciglio della strada. Mi fermai di colpo, mentre la scena si palesava dinnanzi ai miei occhi. Un rumore sordo … un urto … un tonfo … e sentii mancarmi la terra da sotto i piedi …
Il conducente dell’auto non si prese nemmeno la briga di fermarsi. Appena si rese conto di ciò che aveva fatto, ripartì sfrecciando via, mentre con tutta la potenza che avevo in corpo gli imprecavo dietro. Come se questo potesse bastare.
Da lontano il corpo di Charlotte era completamente immobile. Cominciai a correre verso di lei, mentre lacrime di dolore mi annebbiavano la vista. Appena giunsi dinnanzi a lei, mi gettai per terra.
«CHARLOTTE … CHARLOTTE …» Continuavo a ripetere tra un singhiozzo e l’altro, sfiorandola. «Amore mio, ti prego, rispondimi … cosa ti hanno fatto!» Charlotte cominciò a tossire e ansimare, mentre continuava a sputare sangue. «Charlie, non preoccuparti … ora chiamo i soccorsi. Ma, ti prego. resta con me!»
Presi il BB e chiamai immediatamente il 911. Tremavo così tanto che non riuscivo nemmeno a digitare i numeri sulla tastiera. «Cazzo, ti prego, muoviti …» Sussurravo in preda alle lacrime, mentre contavo gli squilli senza risposta.
911 pronto emergenze, mi dica …” Dall’altro capo del telefono mi rispose una donna.
«Pronto, vi prego … aiutatemi! C’è stato un incidente! Hanno investito una ragazza … hanno investito la mia Charlotte! Vi prego fate qualcosa!» Continuavo a urlare, disperato.
“Per favore, si calmi … ci dia l’indirizzo e saremo lì nel minor tempo possibile.” Mi rassicurò la signorina.
Diedi tutte le informazioni possibili, poi attaccai e chiamai Shannon che era ancora nel locale.
Mi chinai poi nuovamente verso Charlotte, scostandole i capelli dal volto. Aveva il viso completamente ricoperto di sangue, probabilmente a causa della ferita che aveva sulla fronte.
«Amore mio, non preoccuparti. Ora arriva l’ambulanza. Ti prego però resta con me.» Le baciai dolcemente le labbra e poi mi distesi accanto a lei e le presi la mano. «Io sono qui, ma ho bisogno di sapere che tu resterai con me …»
D’un tratto gli occhi di Charlotte si dischiusero, facendo fuoriuscire un paio di lacrime. Mi alzai e i nostri sguardi si incontrarono. «J … Jar … ed …» Emise lei, in un respiro.
«Sono qui …» Risposi tempestivamente. Strinse la sua mano attorno alla mia.
«Ho … p … paura …» Era così fragile. In una attimo mi ritrovai dinnanzi la Charlotte bambina, che salvai da quelle due bullette della materna. I suoi occhi continuarono a lasciar andare via lacrime.
Una morsa mi strinse il cuore e mi mancò il fiato. Nemmeno io riuscivo più a trattenerle.
«No, non devi. Ci sono io qui. Ci sarò sempre. Finché non vorrai mandarmi via …»
 

   

«Tears stream down your face.
I promise you I will learn from my mistakes.
Tears stream down your face. And I…
Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you»
Coldplay – “Fix you”

 
Diiiin. “Il dottor Williams è atteso in terapia intensiva.” Diiiin.
«Jared, forse è il caso che tu torni a casa. Sono ormai dodici ore che sei qui, fermo su questa sedia. È il caso che tu vada a riposare un po’. Rimaniamo io e Tomo qui, non ti preoccupare.» Mio fratello cercava di convincermi, mentre attendevamo tutti in sala d’aspetto che qualcuno ci informasse su come potesse stare Charlotte.
«No, Shan. Io non mi muovo di qui. Non posso riposare, non posso mangiare … se non ho la certezza che lei sta bene.» Mormorai io.
Intanto infermieri e medici entravano e uscivano da quella fottuta sala e non erano capaci di darmi informazioni su come stesse.
«Jared, ti capisco. Ma Charlotte non vorrebbe vederti in questo stato. Vedrai che se la caverà. Ha la pellaccia dura, e questo lo sai meglio di me.» Insisteva lui.
«Shannon, questo è il minimo che posso fare, capisci?! Sono io la causa che l’ha costretta a stare in quel letto. Se non fosse stato per la mia stupidità e il mio egoismo, a quest’ora Charlotte starebbe bene … anche se lontana da me.»
«Jared, ma che stai dicendo? Non guidavi mica tu l’auto che l’ha investita?! Perciò smettila di dire stronzate! Starà bene … starà bene …» Continuava a ripetermi Shannon, cingendomi le spalle con il suo braccio. Per un attimo ebbi l’impressione che dicesse ciò anche per auto convincersi.
Ormai avevo talmente pianto in quelle ore, che non riuscivo più nemmeno ad cacciare una lacrima.
«Ho infranto la mia promessa. Le avevo promesso che l’avrei difesa da tutto e da tutti. E quando l’ho vista lì, distesa per terra immobile, mi sono sentito l’uomo più inutile e impotente di questo mondo. Cazzo, quell’auto poteva prendere me in pieno, piuttosto che lei?» Dissi, portandomi il capo tra le mani.
«Jared, ora basta! Non dirlo nemmeno per scherzo! Hai idea di come starei io, nostra madre, Tomo … e anche Charlotte! Sei davvero un egoista se dici così!» Cominciò a sbraitare Shannon.
Sssshh! Una vecchietta in fondo alla sala ci riprese, per aver alzato il tono di voce. Shannon le fece un cenno con la mano, scusandosi. Poi tornò a guardarmi.
«Jay, tutti noi stiamo aspettando con ansia che esca qualcuno da lì e ci dica che Charlotte sta bene, che potremmo portarcela presto a casa. Ma non è con il tuo atteggiamento che si risolveranno le cose.»
Tomo annuiva ad ogni parola che diceva Shannon. Era d’accordo anche lui. E la cosa mi irritava molto. Nessuno poteva sapere come mi sentissi. Nessuno … tranne Tomo …
Mi alzai di scatto e lo presi perciò per la maglietta, avvicinandolo a me. Avevo nuovamente il viso ricoperto di lacrime. Ancora …
«Tu come reagiresti se in quel letto ci fosse Vicki? Eh?!» Mormorai a tre centimetri dal volto di Tomo.
Lui non seppe rispondermi. Spalancò gli occhi, stupito dalla verità della mia domanda. «Ecco! Avresti reagito nella stessa maniera in cui sto reagendo io. Perciò smettetela di controllarmi! Sto male … e continuerò a stare male. Perciò lasciatemi in pace!» Pronunciai, ricolmo di rabbia.
«Ragazzi!» Da lontano vedemmo avvicinarsi nostra madre ed Emma. Mi allontanai di scatto da Tomo.
«Amore mio, come stai?» Mi corse incontro mia madre e mi abbracciò forte a sé. «Si sa ancora nulla?»
«No …» Mormorai atono.
«Mi dispiace davvero tanto, tesoro mio. Vedrai che andrà tutto bene.» Le parole di mia madre erano come sempre dolcissime.
Un sorriso amaro si dipinse sul mio volto. «Già …»
Fu poi il turno di Emma. Si avvicinò a me, timidamente. «Mi dispiace, Jared … davvero … » Mi abbracciò, ma rimasi freddo. Non so perché, ma Emma era l’ultima persona che volevo vedere in quel momento.
Le ore trascorrevano inesorabili ed io ero sempre lì, seduto su quella dannata sedia di plastica rossa, ad osservare la porta che dava alla sala operatoria.
«Amore, io e Emma andiamo a prendere qualcosa da mangiare. Vuoi qualcosa?» Mi chiese premurosa mia madre.
«No …»
«Jared, non mi va di insistere, ma tuo fratello mi ha detto che sono giorni che non mangi. Dovresti mettere qualcosa sotto i denti.»
«Mamma, per favore … non voglio mangiare nulla. Non ci riesco. Voglio solo essere lasciato in pace. Vi sembra così difficile da capire?»
«No, non è difficile. Ma non vogliamo che i dottori ricoverino anche te. Comprendici, tesoro, siamo preoccupati sia per Charlotte che per te. È naturale che insistiamo tanto.» Il sorriso di mia madre mi confortò molto. Così la strinsi a me.
«Scusami, mamma. Hai ragione. Anche con Shannon mi sono comportato malissimo. Ma non faccio altro che ripensare a quella scena … l’auto che prende in pieno Charlie, il suo corpo immobile per terra, il suo volto ricoperto di sangue, le sue lacrime … e ogni volta che tutto ciò mi ritorna in mente, provo come una morsa, un dolore proprio qui …» Portai la mano sul cuore, stringendo la maglia sotto di essa. «nel petto. Come se mi avessero strappato il cuore. Come se mi avessero strappato una parte di me … lei è una parte di me, mamma. E il solo pensiero che lei non si salvi, mi …» In preda ad un altro pianto disperato, fui interrotto da mia madre.
«Sssh … amore, non lo pensare nemmeno, okay?! Charlotte ce la farà. Non la perderai. Non può andarsene in questo modo. E soprattutto, non perdere mai la speranza. Spesso è l’unica cosa che ti rimane alla quale aggrapparti, che ti fa andare avanti.» L’abbracciai nuovamente, appena udii quelle parole. E, in un secondo, mi sembrò di tornare a quando avevo quattro anni, che mi rifugiavo tra le braccia della mamma quando Shannon mi faceva i dispetti.
«Mamma, andiamo?» Intervenne Shannon. Mia madre mi lascio un bacio sulla fronte e si alzò, avviandosi verso mio fratello.
Stavano quasi per andare quando dalla porta bianca uscì un medico. Mi alzai di colpo e corsi verso di lui.
«Dottore, ci sono novità?» Domandai in fretta, sperando in una vera risposta questa volta.
«Potrei parlare con un parente prossimo?» Pronunciò con voce severa il medico.
«Sono il suo ragazzo, dica pure a me.» Insistetti io.
Gli altri si avvicinarono. «I genitori della ragazza saranno qui tra poco. Sono ancora in viaggio.» Spiegò mia madre.
«La prego, dottore. Mi dica come sta.» Continuavo io.
«Va bene …» Il chirurgo prese fiato, poi cominciò. «Purtroppo l’impatto dell’incidente ha creato numerose fratture nel corpo della ragazza. Quando poi è arrivata in ospedale, abbiamo riscontrato un grave trauma cranico. Per fortuna ce ne siamo accorti in tempo e siamo intervenuti il prima possibile. Tuttavia …»
«Tuttavia?» Incalzai subito io. Avevo il cuore che stava per scoppiarmi dal petto. Il braccio di mio fratello mi raggiunse e si appoggiò sulle mie spalle.
«Tuttavia, non vi nascondo che durante l’operazione abbiamo rischiato di perderla un paio di volte.»
«Oh, merda …» Mormorai, spalancando gli occhi e portandomi la mano sulla bocca. «E ora come sta? Mi dica che è viva, la supplico!»
«Sì, è viva. Dopo molte difficoltà, ce l’ha fatta.»
«Oddio, grazie!! Grazie!» Cominciai ad urlare di gioia, cominciando ad abbracciare tutti persino il medico.
«Sono molto felice, ma non ho terminato.»
Quelle parole mi bloccarono improvvisamente. Ebbi la sensazione che l’insidia fosse proprio dietro l’angolo.
«Purtroppo probabilmente il trauma cranico può averle procurato una perdita di memoria, forse temporanea …»
«Dottore, cosa mi sta dicendo? Che la mia Charlie non ricorderà più nulla? Né di me, né di noi …» Mi mancò il fiato per un attimo.
«Beh, non le sto dicendo che ne ho la certezza, in quanto finchè non si risveglia non possiamo eseguirle i test necessari. Però può essere un’ipotesi probabile. Mio compito è quello di prepararvi a tutto. Purtroppo il trauma che ha subìto è stato tale da poterle causare dei problemi alla memoria. Nulla di irreversibile, sia chiaro. Ma ci vorrà del tempo. Siate consapevoli di ciò. Noi faremo il possibile.» Sul volto del chirurgo si dipinse un sorriso fiducioso. Chissà se credeva davvero nelle parole che diceva, oppure era il solito discorso per dare forza e speranza ai parenti del paziente.
«Tutto il tempo che sarà necessario. L’importante è che sia fuori pericolo.» Esordì Shannon.
«E ora posso vederla?» Domandai io, tempestivamente.
«Non potrei, ma credo di poter fare uno strappo alla regola. Anche se credo stia ancora riposando. L’intervento è stato molto duro per lei. Ha bisogno di lungo riposo. Perciò può entrare solo uno di voi per ora e, soprattutto, non dovete svegliarla.»
Mi voltai verso gli altri. «Cosa aspetti, fratello? Vai!» Mio fratello mi incitò, con l’approvazione di mia madre e Tomo che annuivano e sorridevano.
Gli sorrisi. «Vengo io. Andiamo.» Dissi, avviandomi con il medico.
Asciugai le lacrime e varcai la soglia di quella porta.
 
Dove sono? Dove mi trovo?
Cosa è questa sensazione di vuoto che mi avvolge?
Non provo dolore, né gioia. Forse sono morta.
Ma come?
Ah, giusto … l’auto.
Però è tutto così confuso … tanto confuso …
Vorrei aprire gli occhi. Vorrei sapere se sono ancora viva.
Ma sono stremata. Come se avessi corso una maratona continua di ventiquattro ore.
Sono stanca.
«Prego, da questa parte …» Odo delle voci indistinte avvicinarsi. Questa voce in particolare non la conosco. È decisa, seria, forse troppo severa per i miei gusti.
«Eccola. Come vede sta ancora riposando. È meglio che non l’affatichi e che non la svegli. Ora vi lascio soli, ma solo per qualche minuto.» L’uomo, forse un dottore, termina di parlare.
Sono viva, allora. Viva e in ospedale.
Alcuni passi si allontanano e odo un porta chiudersi.
«Charlotte …» Un’altra voce di uomo giunge al mio orecchio. Questa però è diversa. È dolce, calda e … familiare. «Oh, Charlie … mi dispiace tanto. Che cosa ti hanno fatto?»
L’uomo mi conosce e, a giudicare dal tono preoccupato, anche molto bene.
«Mi dispiace perché è tutta colpa mia. Dovevo proteggerti. Non dovevo lasciarti andare via così, in quel modo ...» Lui comincia a piangere.
“No, non piangere … ti prego!”, vorrei dirgli. Udire quella voce stare male è una tortura. Ma perché provo ciò?
«Per quanto mi sento in colpa, non riesco nemmeno a sfiorarti … a prenderti la mano. E non sai quanto questo mi faccia soffrire …»
“E allora non soffrire. Sfiorami. Toccami …”
«Apri gli occhi e guardami come solo tu sai fare … ricordati di me e stringimi tra le tue braccia. Questo è tutto ciò di cui ho bisogno ora. Ho bisogno di te, amore mio …»
Amore mio …
Chi sei?
 Voglio guardare il tuo volto … ma non riesco ad aprire gli occhi … non ce la faccio! 
 «Cavolo, mi chiedo come sia possibile che anche in questo letto di ospedale tu continui ad essere così bella. Sembri un angelo.» La sua voce era melodia per le mie orecchie, per la mia anima.
«Voglio che tu sappia che qualsiasi cosa accada, io sono qui. Okay? Non andrò via … mai!»
«Signor Leto, è ora di andare.» Di nuovo la voce del medico.
Leto … questo cognome … mi ricorda qualcosa …
Ma cosa?
«Charlie, ora devo andare. Ma sono qui fuori. Sono accanto a te. Svegliati presto. Ti aspettiamo tutti con ansia.» Un paio di labbra si poggiano sulla mia fronte. «Ti amo, Charlotte.»
Passi si allontanano.
“No, non andare! Resta ancora un po’ …” Questo vorrei urlare dietro lo sconosciuto dalla voce familiare … dietro l’uomo che, con le sue parole, mi ha toccato l’anima.
 Non andare …
Non … andare …
 
«Allora? Come sta?» Mi chiesero in coro i ragazzi, appena uscii dalla stanza di Charlotte.
«Dormiva. Ma era sempre bellissima.» Mormorai con tono affascinato. «Spero davvero che il medico si sbagli sulla sua memoria. Che torni a ricordarsi di me … di noi …»
«Vedrai che sarà così!» Disse Shannon, fiducioso.
Mi convinsero poi a tornare a casa a farmi una doccia e riposare un po’. Se ci fossero stati degli sviluppi mi avrebbero avvertito.
Mi risvegliai sei ore più tardi e controllai il mio BB. Nessuna chiamata, né messaggio. Tirai un sospiro di sollievo. Feci perciò un’altra doccia, mi vestii e tornai in ospedale.
Arrivato al corridoio giusto, da lontano notai l’arrivo dei genitori di Charlotte e di Sarah. Mi avvicinai.
«Buongiorno!» Li salutai, accennando un sorriso di cortesia. La madre lo ricambiò, ma il padre non fece altrettanto.
«Cosa ci fa lui qui?» Pronunciò il padre, rivolgendosi a sua moglie.
«Amore, è il suo ragazzo. Cosa ti aspettavi? È naturale che sia qui.» Gli spiegò la moglie.
«No, non è naturale se è lui la causa di tutto questo!» Esclamò, guardandomi in cagnesco.
«Richard, smettila! Non guidava lui l’auto. Non c’entra nulla.»
«Ma dico io, potevate rimanere amici? Perché complicare tutto con la vostra relazione?» Questa volta il padre si rivolse direttamente a me.
«Signore, mi scusi … con tutto il rispetto, ma …»
«Non ho finito.» Venni interrotto. «Da quando state insieme, mia figlia è completamente cambiata. Ha cambiato modo di vivere. Ha cominciato a …»
Non ce la feci più. perciò mi permisi di interromperlo io. «”… ad amare?” Questo voleva dire? Le spaventa l’idea che sua figlia si dedichi a qualcuno? Che ami qualcuno?»
«No, mi spaventa l’idea che ami te …» Rispose secco lui.
«Per favore, ora calmiamoci …» Intervenne mia madre, invano.
«No, mamma. Tranquilla.» Dissi io. « Capisco il suo atteggiamento. Se fossi padre reagirei nello stesso modo. Però lei non può nemmeno immaginare il dolore che io provo quando ripenso a ciò che hanno fatto a Charlotte. Se potessi tornare indietro, darei la mia vita per vedere salva quella di Charlie. Sì, io la amo. La amo così tanto che per lei farei qualsiasi cosa. E con tutto il rispetto che provo per lei, signore, in questo momento non me ne frega niente di piacerle come ragazzo per sua figlia. Ora la cosa che conta è rivedere Charlotte sana e salva, ma soprattutto felice. Credo che sua figlia abbia la maturità necessaria per scegliere con chi stare. Perciò io resterò qui, fino a quando Charlotte vorrà.» Dissi deciso. Poi diedi le spalle e andai a sedermi accanto a mio fratello e Sarah.
«Fratello, mi sei piaciuto un sacco!» Mi sussurrò entusiasta mio fratello.
«Ho detto solo ciò che pensavo. Andrò via solo se sarà Charlotte a dirmelo, nessun’altro.»
Il dottore arrivò e ci avvertì finalmente che si era risvegliata e che in serata eseguivano i famosi test per la memoria. Poi ci disse che potevamo vederla, ma dovevamo entrare tre alla volta. Perciò preferii che andassero prima i genitori. Sinceramente mi sembrava la cosa giusta da fare e poi non volevo dare al padre un ulteriore motivo per farmi odiare. Perciò attesi in sala d’aspetto, mentre mia madre, mio fratello, Sarah e Tomo andarono a prendersi un caffè.
Con me rimase solo Emma, che si accomodò accanto a me.
«Come ti senti?» Mi domandò, dopo attimi di silenzio.
Tirai un sospiro. «Te lo dirò dopo aver visto Charlotte.» Le risposi.
«A proposito di Charlotte … Jared, io devo dirti una cosa molto importante …» Mormorò improvvisamente lei, con tono serio.
Mi voltai di scatto. «Che succede? Per caso è successo qualcosa a Charlie?» Domandai allarmato.
«No, no. Non temere. Lei sta bene. Riguarda me.»
Aggrottai la fronte. Che intendeva dire? «Cioè?» Le chiesi.
«Te lo giuro, Jay. Non ce la faccio più a tenermi questo peso dentro. Mi sento in colpa per ciò che è successo tra di voi, per ciò che è successo a lei …» Emma cominciava a vaneggiare.
«Emma, per favore, arriva al punto.» La esortai io.
«Charlotte aveva ragione sul mio conto. Ha sempre avuto ragione … sono una persona orribile!»
«Em, ma che stai dicendo? Non ti sto seguendo …» Ero sempre più confuso.
«Jared, io ti amo. Dal primo istante che ci siamo conosciuti ti ho amato. E questo sentimento che provo per te, così forte ma così soffocante e doloroso, mi ha portato a fare delle cose per le quali non ne vado fiera.» Prese un attimo fiato e poi continuò. «Sono io che il primo giorno ti ho nascosto il BB per non permetterti di parlare con Charlotte e farci raggiungere sul set di Hurricane. Sono io che ho appiccato l’incendio nello stanzino nel quale c’erano i suoi abiti. Perché volevo che ti stesse alla larga.» Mentre confessava tutto, il tono di voce di Emma era chiaramente tormentato. «Sono stata io a convincere Charlie di raggiungerti sul set durante quella scena con la modella in intimo, istigandola con delle frecciatine.» In quello stesso istante scoppiò a piangere.
«Emma, ma stai scherzando, vero?» Non potevo credere che tutto ciò fosse vero.
«E, infine, sotto consiglio di mia madre, alla prima occasione dovevo sedurti e farmi mettere incinta da te!»
Spalancai gli occhi, sconvolto da tutto ciò. «Sono un mostro, lo so. Charlotte …» Lei provò a sfiorarmi, ma mi scansai bruscamente.
In quell’istante non ci vidi più. Mi alzai di scatto. «Non ti azzardare più a nominarla, capito?!» Affermai, digrignando i denti.
Si alzò anche lei, mettendosi di fronte a me. «Jared, aspetta … fammi spiegare … Io ti amo. Ti ho sempre amato. Ma vedevo che non mi amavi. Amavi lei …ami lei … Ed ero gelosa. Ti volevo per me, per me soltanto. Le ho provate tutte per farmi amare da te, anche solo la metà di quanto tu amassi lei. Ma non bastava mai. C’era lei e lei soltanto per te.» Cominciò a piangere.
Rimasi impassibile e freddo dinnanzi a quelle lacrime che reputavo da coccodrillo”. «Hai finito?» Chiesi d’un tratto,atono.
Si asciugò in fretta le lacrime dal viso. «Sì …»
«Bene.» Presi fiato e cominciai. «Ti ho difesa … sempre. Con tutti … da Charlotte a mio fratello che mi mettevano in guardia su di te.» Pronunciavo a denti stretti. «Ho dato della bugiarda alla donna che amo, per proteggere te. Ti rendi conto?»
«Ma …» Cercava di controbattere.
«Non ho finito.» Dissi incazzato nero. «Ho sempre riposto in te la mia massima fiducia. Mi sarei messo in gioco per te e per la tua sincerità, sempre. Ma tu mi hai pugnalato alle spalle. Mi hai ferito …»
«Jared, ti prego. Perdonami! L’ho fatto perché ti amo …» Continuava lei, afferrandomi per il braccio.
Me la scrollai di dosso. «Vuoi capire che questo non è amore? La tua è ossessione, non amore!»
Lei spalancò gli occhi. Colpii nel segno.
Attimi di silenzio.
«La vuoi sapere la cosa che più mi sconvolge? È che me lo stai raccontando proprio ora. Con tutto ciò che è accaduto a Charlotte. Cos’è? Volevi liberarti la coscienza?» Domandai con un pungente sarcasmo e con cattiveria. Ma al momento credevo che fosse il minimo che le toccasse.
«No, non è così …»
«Scommetto che se non fosse accaduto tutto ciò a Charlotte, chissà per quanto tempo ancora mi avresti preso in giro …» Rincaravo la dose. Probabilmente stavo sbagliando con il mio comportamento, ma la rabbia che avevo dentro mi stava divorando.
«Ti prego, Jared … non dire così!» Insisteva lei.
«Comunque ora vorrei stare da solo, se non ti dispiace. Perciò va’ via …» Quasi la cacciai. Non riuscivo nemmeno a guardarla in volto. Perciò mi voltai e tornai a sedermi, attendendo che fosse il mio turno per vedere Charlie.
Emma non disse più una parola. Prese la sua borsa e andò via.
 
«Mamma, quante volte devo dirtelo? Sto bene, davvero.» Continuavo a ripeterei a lei e a mio padre che ad ogni tre parole che pronunciavano, c’era di mezzo la frase: “Sicura di stare bene, tesoro?”.
«Lo so, amore. Ma mettiti nei nostri panni. Appena abbiamo saputo da Jared cosa ti era accaduto, siamo corsi subito. A me stava per prendere un infarto e tuo padre era completamente scioccato dalla notizia.»
Di tutto ciò che disse mia madre, mi soffermai su una sola parola … anzi, nome. Jared.
«Jared?» Pronunciai, stupita. «Perché Jared era con me quando è accaduto tutto questo?»
«Sì, tesoro. Lui era lì quando hai avuto l’incidente. Non ricordi?» Mi chiese mio padre.
«No … è tutto molto confuso …» Cercavo con tutta me stessa di ricordare, ma l’unica cosa che era rimasta impressa nella mia mente erano quei fari che si avvicinavano a me, minacciosi. Poi buio completo. «Ma, scusatemi, Jared non era nel pieno del tour mondiale con la band? Che ci fa qui?» Domandai io.
«No, tesoro.  Jared ha concluso la prima parte del tour mesi fa ed è tornato per prendersi una pausa. Hanno anche registrato un video al quale ai partecipato come costumista.» Okay, mia madre in quel momento amava prendermi in giro.
Scoppiai a ridere. «Dai mamma, smettila! Non sei divertente! Mi vuoi far credere che non ricordo se il mio migliore amico è tornato o meno?! Impossibile! E poi per concludere il tour mancano ancora cinque date.»
Lo sguardo di mia madre divenne spento tutto d’un tratto e attraversò immediatamente tutta la stanza per incontrare quello del medico, che intanto controllava i miei valori sulla cartella.
Il dottore si avvicinò a me, senza esprimersi. Prese la piccola torcia di luce che aveva nel taschino in alto a sinistra del suo camice bianco e mi controllò le pupille, aprendomi gli occhi con l’altra mano. La luce violenta della piccola torcia mi prese alla sprovvista.
Poi terminò il suo controllo, voltandosi verso i miei genitori. «Per favore, andreste a chiamare il ragazzo?» Chiese lui.
Ragazzo? Jared era qui?
«Chi? Jared?» Chiesi tempestivamente. Il mio cuore cominciò inspiegabilmente a palpitare.
Nessuno mi rispose.
«Certo, dottore.» Rispose mio padre, prima di uscire dalla stanza.
 
La porta della camera di Charlotte si aprì improvvisamente ed uscì il padre.
Mi alzai subito in piedi. I nostri sguardi si incontrarono, ma mi accorsi che il suo era alquanto preoccupato.
«Cosa c’è? È successo qualcosa a Charlie?» Domandai subito.
«Jared, per favore, puoi entrare un attimo?» Mi chiese lui.
Non me lo feci ripetere due volte. Avanzai verso la stanza di Charlotte ed entrammo.
Il mio sguardo incontrò immediatamente quello di Charlotte, alquanto sorpreso, che era seduta nel suo letto. Sul suo dolce viso e sul mio si dipinse un sorriso.
«Charlotte …» Emisi, in preda ad una gioia infinita.
«Jared! Oddio, amico mio che ci fai qui? Quando sei tornato dal tour?» Esclamò lei, entusiasta.
Il mio cuore per qualche secondo sembrò smettere di battere. Il sorriso sul mio volto di poco prima, sparì in un lampo.
Amico mio …

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Capitolo 13
*** Chapter 13: Back to December. ***


«Dottore, che succede?» Chiesi io, staccando per un piccolo istante lo sguardo di Charlotte.
Il dottore annuì. Probabilmente non voleva parlare dinnanzi a lei.
Mi voltai nuovamente verso di lei. Aveva le braccia spalancate. Attendeva solo che io la raggiungessi.
Non me lo feci ripetere due volte. Mi avvicinai e cercai di non farla preoccupare con la mia espressione imbronciata.
Era viva. Questo era l’importante.
Le mi braccia la raggiunsero e le sue si chiusero dietro alla mia nuca, stringendomi forte a sé.
«Oh, Jay … sei qui. Mi sei mancato tanto.» Pronunciò la voce di Charlotte, rotta da un improvviso pianto silenzioso. Le sue lacrime bagnarono la mia camicia.
Il mio cuore sussultò.
Amore mio, mi sei mancata anche tu. Ho pregato che ti risvegliassi. Ho pregato che non ti strappassero da me. Ora sei finalmente di nuovo qui con me e non voglio più lasciarti andare. Non voglio più rischiare di perderti per sempre, tesoro. Ti amo così tanto.
Era questo ciò che volevo dirgli. Ma purtroppo lei non ricordava più di noi, cosa eravamo e cosa forse non saremmo più stati.
«Charlotte, mi sei mancata così tanto anche tu. Credevo di non rivederti più. Sarei potuto morire …» Mi limitai a sussurrarle, mentre la stringevo sempre più forte a me.
Il suo corpo, così caldo, non sembrava fosse lo stesso che vidi per terra inerme e freddo di quella maledetta notte. Forse perché avevo sperato con tutto me stesso che fosse solo un brutto sogno. Solo un incubo.
«Scusami se ti ho fatto interrompere il tuo tour a causa del mio incidente …» mormorò lei, mortificata, stringendo tra la mano il colletto della mia camicia.
Mi sfuggì un sorrisino. Era sempre lei. Era sempre la mia Charlie, anche se non ricordava nulla. Non si smentiva mai. Chiedeva scusa come se l’incidente fosse stato a causa sua. Continuava a preoccuparsi per gli altri e per i loro sentimenti anche quando era in un letto d’ospedale.
«Non dire sciocchezze, stupidina. La cosa più importante è che ora tu stia bene. Null’altro conta davvero.» Mi separai un attimo per guardarla negli occhi. Ad un palmo dalla sua bocca, ebbi la forza di frenare il mio impulso nel baciarla. Se lei non ricordava ancora nulla, non volevo fare nulla che potesse mandarla ancora più in confusione.
Avrebbe ricordato. Doveva ricordare di noi. E se era del tempo che serviva, allora le avrei dato tutto il tempo che serviva. E se era di un ausilio che voleva, l’avrei aiutata a ricordare io.
Avrei fatto tutto pur di riaverla. Tutto.
«Dovrai ripartire molto presto?» Mi chiese subito lei.
«No, non preoccuparti. Resterò qui tutto il tempo necessario. Non c’è alcuna fretta.» La rassicurai io.
Subito dopo il dottore ci disse che dovevamo uscire perché dovevano cominciare a farle dei test. Così le lasciai un bacio sulla fronte, promettendole che sarei rimasto fuori la sua stanza e che, appena possibile, sarei tornato da lei.
 
Lo vidi uscire dalla porta, insieme alla mia famiglia, e dentro di me provai un senso di vuoto improvviso.  Come se mi mancasse parte di me ogni volta che lui era lontano. E non riuscivo a spiegarmi questo senso di smarrimento che provavo in quell’istante.
In fondo credevo di essere abituata alla sua lontananza. E invece …
Era come se mi avessero preso a pugni il cuore e l’anestetico avesse smesso di fare effetto.
Ma perché provavo questo?
 
Attendemmo qualche ora nella sala d’aspetto. Tennero Charlotte sotto osservazione per un tempo che lo percepii come infinito. Quando il medico uscì dalla sua stanza, mi affrettai a chiedergli cosa c’era che non andava.
«Abbiamo eseguito tutti i test possibile. Effettivamente è emerso che l’incidente subìto dalla paziente è stato tale da provocare dei problemi alla sua memoria. Non reversibili, per fortuna. Ma necessita di tempo.» Spiegò meticolosamente il medico. È come se, con i ricordi, fosse tornata a …»
Lo interruppi. «… a Dicembre.» Emisi in un respiro.
«Esatto. Al momento in cui si interrompono i suoi ricordi.» Confermò lui.
«Quindi crede che possa recuperare la memoria, dottore?» Chiesi io, speranzoso.
«Sì, però consiglio di non bombardarla subito con mille nozioni e ricordi. Dovete aiutarla a ricordare, non sovraccaricarle la memoria. Non so se mi sono spiegato.»
«Perfettamente.» Rispose il padre. «E quando potrà tornare a casa, dottore?»
«Vorremmo tenerla sotto osservazione per un altro paio di giorni. Poi potrà tornare a casa. Ovviamente dovrà tornare qui in ospedale almeno una volta a settimana, per costatare se vi sono stati miglioramenti sia fisici che psicologici.»
«Bene, grazie mille!» Esclamò entusiasta il padre.
«Dovere.» Rispose il medico. Poi andò via.
«Appena i medici ci daranno il permesso la riporteremo a casa nostra, amore.» Disse il padre di Charlotte, cercando di consolare la moglie.
«Come sarebbe “a casa nostra”? Volete riportarla in Colorado?» M’intromisi io.
«Certo. La mia bambina ora ha solo bisogno di tranquillità. Perciò trovo inutile che continui a stare qui a Los Angeles.» Spiegò il padre, con tono acido.
Sebbene non condividessi la sua idea, perché ciò significava portarla via da me, non potevo biasimarlo. Voleva proteggere sua figlia, come avrebbe fatto chiunque padre. Forse l’avrei fatto anche io.
«Ma qui ha tutta la sua vita. Non può portarla via così!» Esclamai io.
«Certo che lo posso fare. E lo farò! Questa città è troppo stressante per lei in questo momento, persino chi ci abita.» Gettò un’occhiataccia verso di me, appena espresse l’ultima frase. «Perciò tornerà a casa sua, la sua vera casa. Tornerà dalle persone che la amano molto e che non la farebbero mai soffrire.»
«Scusi, cosa vorrebbe insinuare? Anche qui ci sono persone che la amano, che sono legate a lei.» Risposi, a denti stretti. Ero furioso.
«Beh, ragazzino. Tu dovresti essere davvero l’ultimo che dovrebbe parlare. Non credi?» Si avvicinò lui, minaccioso.
La madre di Charlotte intanto lo tratteneva per il braccio. «Tesoro, per favore …»
«Senta, io so benissimo di aver sbagliato tutto con sua figlia. Ma la amo immensamente. Per lei sarei davvero disposto a tutto. Tutto pur di farla felice.» Cercai di pronunciare tutto con estrema calma.
«Faresti davvero tutto per lei?»
«Sì!» Risposi senza pensarci su due volte.
«Allora lasciala andare. Sparisci! Non capisci quanto lei ha sofferto per te? Quanto gli hai fatto del male? Quanto continueresti a fargliene se le restassi ancora accanto?»
«Ne sono consapevole, e ha ragione. Ma sta cercando di portare via la ragione della mia vita, è naturale che non mi stia bene. Perciò se la porterete via, io vi seguirò.» Dissi, sempre più convinto.
«Allora non ti è chiaro un piccolo passaggio, mio caro. Non ti permetterò di avvicinarti a lei. E pregherò giorno e notte che riacquisti la memoria, ma spero vivamente che si dimentichi di qualsiasi cosa sia accaduta tra di voi in questi ultimi sei mesi. Perché è un opzione che non puoi trascurare, mio caro Jared.» Continuava il padre, imperterrito. Non capivo come potesse dire delle cose del genere. Capivo che mi odiasse, ma non fino a questo punto.
«Tesoro, basta. Smettila! come puoi dire certe cose? Non puoi dare la colpa a questo povero ragazzo. Lui non c’entra nulla.» Intervenne nuovamente sua moglie in mia difesa. «Nostra figlia recupererà la memoria e sarà poi lei a scegliere se tornare con noi in Colorado o rimanere qui. Ma, soprattutto, sarà lei a decidere se chiarire o meno con Jared. È adulta e vaccinata, ormai. Sa difendersi da sola.»
«Ma, amore, lui la fa solo soffrire.» Il padre era la persona più testarda che avessi mai conosciuto. Mi aveva avvertito Charlotte.
«Scusate …» Feci per uscire. Dovevo prendere aria e, soprattutto, non riuscivo più a sopportare il comportamento del padre di Charlotte.
La cosa che più mi faceva soffrire, però, era che comunque non potevo dargli torto. Avevo fatto soffrire Charlotte. Ma ero certo che sarei sparito dalla vita di Charlotte solo nell’esatto istante fosse stata lei a chiedermelo. Nessun’altro.
Uscii in cortile e mi sedetti su una panchina ad osservare il cielo limpido e splendente.
«Jared, posso?» La voce della mamma di Charlotte giunse al mio orecchio. Mi fece segno di potersi sedere accanto a me.
«Certo.» Abbozzai un sorriso.
«Grazie.» Ricambiò il sorriso e si accomodò. «Jared, volevo chiederti scusa in nome di mio marito. Non voleva dirti tutte quelle cose cattive. Ma per lui, Charlotte è ancora la sua bambina. Non permetterebbe mai a nessuno di ferire la sua Charlie.»
Abbassai lo sguardo.
«Ma so quanto la ami, si vede.» Affermò improvvisamente la signora. «Ho visto come la guardi, come cerchi di proteggerla. È evidente.»
«Magari ciò bastasse.» Sospirai.
«E, soprattutto, so quanto lei ama te. Lo sai, vero?»
«Non ne sono più così sicuro, dopo tutto ciò che le ho fatto. Per non parlare del fatto che non ricorda nemmeno di noi ora. Ho sempre combattuto per ciò che amo, ma a volte ho l’impressione che per quanto possa combattere per il nostro amore, ciò non basti. Non basti mai. Forse davvero non siamo destinati a stare insieme e questo ne è una prova.» Mormorai, riferendomi all’incidente alla perdita di memoria.
«Jared,» Ricominciò la madre di Charlotte, appoggiando la sua mano sulla mia spalla.«ti parlo come se fossi mio figlio. Io conosco bene mia figlia. Ricordo i suoi occhi brillare, quando parlava di te o semplicemente ascoltava la tua voce risuonare alla radio. E, te lo giuro su ciò che ho di più caro a questo mondo, oggi ho rivisto lo stesso sguardo quando hai varcato la soglia della sua stanza.» Il mio cuore cominciò a battere forte. Avevo quasi dimenticato questa sensazione.«Lei, probabilmente, non ricorda di voi ora. Ma il cuore non dimentica. Avrà sicuramente notato la sua reazione al tuo arrivo. Perciò, non disperare. Ricorderà. Il cuore è più forte. Lo è sempre.» Terminò lei. Poi mi abbracciò.
«La ringrazio, davvero. Avevo bisogno di sentirmi dire queste parole.» Dissi io, sospirando.
«È solo ciò che penso. E farò di tutto affinché mio marito non vi ostacoli. Ad un patto, però.»
«Sarebbe?»
«Fai tornare la mia bambina così com’era.» Gli occhi della madre di Charlie, contornati dalle rughe d’età e dalle occhiaie causate dalla stanchezza, cominciarono a divenire lucidi. Si commosse. «Rivoglio la mia bambina.»
Questa volta fui io a consolare lei.

 

 

«Listen to your heart when he's calling for you
Listen to your heart
There's nothing else you can do
I don't know where you’re going, and i dont know why
But listen to your heart before
You tell him goodbye»
“Listen to your heart” – DHT

 
 

«Papà, dov’è la mamma?» Gli chiesi, appena lo vidi entrare da solo.
«È uscita a prendere una boccata d’aria, piccola. Arriva subito.» Rispose lui, accennando un sorriso. Mio padre non era la persona più estroversa di questo mondo, anzi. Era una persona costantemente seria, ma soprattutto era raro strappargli un sorriso.
Prese una sedia e si accomodò accanto a me. Avevo il viso stanco e imbronciato. Cercava di non far notare la sua preoccupazione il suo spavento, ma lo conoscevo bene. Probabilmente non dormiva da giorni e, non essendo più così giovane, non gli faceva di certo bene.
«Papà, perché tu e la mamma non tornate a casa? Dovete riposare. Siete distrutti.» Dissi io, soffermandomi sul suo sguardo spento.
«No, piccola, stiamo bene. Non devi preoccuparti.» Ecco che faceva nuovamente il super eroe.
«Senti, smettila. È naturale che mi preoccupi per voi. Non voglio che vi affatichiate tanto. Ora sto bene.» Insistevo io. Era inutile che continuavano a non dormire e non mangiare per me.
«Ma …» Mio padre cercava di controbattere, ma non glielo permisi.
«Niente “ma”, papà! Tra due giorni mi dimettono, perciò potete stare tranquilli. Ora va davvero tutto bene.» Sorrisi.
«A proposito della dismissione, che ne dici di venire con noi in Colorado? Almeno finché non ti rimetti.» Cambiò discorso.
«No, perché? Io sto bene qui a Los Angeles e poi comunque dovrò tornare in ospedale per dei controlli, nelle settimane che seguiranno.»
«Per i controlli non devi preoccuparti, tesoro. Invieremo tutta la cartella all’ospedale in Colorado. Ho già organizzato tutto.» Pronunciò convinto.
«Senza chiedere il mio parere?»
«Te lo sto chiedendo ora, piccola.»
«Bene, allora sappi che io non mi muoverò di qui! Non voglio tornare in Colorado. Ormai la mia vita è qui.» Dissi, decisa.
«Tesoro, ti farà bene venire con noi. Stacchi un po’ la spina.»
Aggrottai la fronte, confusa. «Ma io non voglio staccare la spina, papà.»
«Basta, Charlie. Non discutere! Verrai con noi. Questa città non ti fa bene, figuriamoci le persone che ci abitano e che frequenti …»
Ecco quale era il punto. «Parli di Jared, papà?» Domandai, schietta.
Lui abbassò lo sguardo, indeciso se rispondere o meno.
«Già, dovevo immaginarlo …» Risposi per lui, con tono sarcastico.
«L’influenza che quel ragazzo ha su di te non mi piace, Charlotte.» Sbottò lui.
«Papà, non è stato Jared a provocare l’incidente. Cosa dici? Saranno mesi che non lo vedo.» Improvvisamente nella mia testa si accavallarono strane immagini, alle quali non riuscivo a dare una spiegazione. Cominciò a girarmi la testa e mio padre se ne accorse.
«Tesoro, cosa c’è? Tutto bene?» Chiese subito apprensivo lui.
«Sì, sì. Tutto bene.» Riaprii gli occhi. « Comunque, non verrò con voi. È la mia ultima parola! Sono grande e vaccinata.»
«Va bene, piccola. Come vuoi tu. Ma sappi che ti amo, perciò mi preoccupo per te.» Un altro sorriso spuntò sul volto di mio padre. Questa volta era più tranquillo e disteso.
«Lo so, papà. Anche io vi amo.» Ricambiai il sorriso.
Feci un sospiro e poi glielo chiesi. «E lui è ancora qui fuori?»
I nostri sguardi s’incrociarono e, senza che dicessi più nulla, lui capì. «Sì. Devo ammetterlo, per essere un ragazzo davvero poco affidabile, ci tiene a te. È rimasto tutta la notte qui.» Confessò mio padre.
«Ti dispiace chiamarlo? Vorrei parlare un po’ con lui.»
«Certo, vado a chiamarlo. Ma sappi che non condivido.» Disse con espressione imbronciata.
Mi fece ridere. «Avanti, non fare il guastafeste!» Gli urlai, mentre lasciava la mia stanza.
 
«Jared.» La voce del padre di Charlotte interruppe il discorso intrapreso con sua moglie. Mi voltai verso di lui. «Charlotte mi chiede di te. Vuole parlarti.» L’espressione del padre era del tutto contraria, ma sinceramente poco m’importava in quel momento.
Volevo andare da lei. volevo stringerla. Volevo guardarla.
Corsi perciò da lei e, giunto dinnanzi alla porta della sua camera, bussai.
«Entra.» Il tono di voce di Charlotte fece galoppare il mio cuore. Cominciai a tremare. Come quando vieni baciato per la prima volta.
Aprii la porta ed entrai.
La vidi che mi accolse sorridente. Così mi avvicinai e l’abbracciai forte. «Ciao Charlie.» Mormorai.
«Ciao Jay. Che bello vederti.» Rispose lei, stringendo la mia maglietta nei suoi pugni.
«Mi sei mancata, ma soprattutto mi hai fatto spaventare. Lo sai, vero?»
«Sì, posso immaginare. Ma ora sono qui. Non me ne vado.» Sussurrò lei.
Feci per sciogliere il mio abbraccio, ma non lasciava la presa.
«No, resta un altro po’ qui.» Disse lei, improvvisamente. «Mi è mancato averti così vicino. E non so perché ti sto dicendo questa cosa.» Rise imbarazzata.
Sorrisi anche io e tornai a stringerla, sedendomi sul letto insieme a lei.
«I medici hanno detto che tra due giorni potrai tornare a casa. Contenta?»
«Certo, anche se non ti nascondo che ho ancora un po’ le idee confuse. È come se la mia testa fosse un calderone pieno di ricordi e immagini messe alla rinfusa. Ed è la cosa più sconfortante che esista.» Rispose Charlie, con tini triste.
Nessuno sapeva cosa provasse, ma potevamo solo immaginarlo.
«Lo so, tesoro. Eppure vedrai che pian piano ricostruirai il puzzle dei ricordi pezzo per pezzo. E, ovviamente, io sarò qui ad aiutarti.» Mormorai, baciandole il capo.
Ebbi anch’io, in quell’istante, l’impressione di essere tornato indietro nel tempo. A quando eravamo solo amici. A quando il forte sentimento che provavamo l’uno per l’altra era ancora celato da ombre di dubbi e da troppi “se” e “ma”.
Questa cosa mi faceva soffrire, ma pensai che poteva essere una seconda occasione per noi.
«Grazie, Jay! Non so cosa farei senza di voi, di te …» Sussurrò lei, aggrappandosi ancora di più a me. «Non so se te l’ho mai detto, ma sei la mia ancora. Sento di poter contare su di te, sempre.»
«Certo, che puoi contare su di me. Io sono con te e sempre ci sarò, qualsiasi cosa accada. Come la nostra promessa fatta da piccoli.» Sorridemmo insieme. Poi le presi il mignolo della sua piccola mano affusolata e lo strinsi nel mio, così come si stringevano le promesse da bambini. «Tutto ciò perché ti …» Mi fermai di colpo. “… amo. Ti amo tanto, Charlie.” Avrei tanto volute dirle questo, ma mi bloccai in tempo. Se doveva ricordare, lo avrebbe fatto piano e a piccoli passi. «… voglio bene.» Terminai la frase, chiudendo temporaneamente gli occhi. Le stavo mentendo in qualche modo, ma a fin di bene.
«Anche io, tanto.» Rispose lei. «Ah, hai saputo che mio padre voleva portarmi con loro in Colorado?»
«Sì, purtroppo ho saputo …»
«Beh, naturalmente gli ho detto di no. La mia vita, il mio lavoro, tutto è qui a LA, ormai. Perciò non ho intenzione di andare via.» Disse lei, decisa. Per pochi secondi, rividi la mia Charlotte. La ragazza combattiva, tenace e testarda della quale ero follemente innamorato. «E poi qui ci siete voi. Già siete stati lontani per troppo tempo. Non voglio perdervi di nuovo.»
«Ma non ci perderai mai, Charlie. Anche se saremo lontani, per un motivo e per un altro, non potrai perderci mai. Perciò smettila di dire queste cose, okay?!» La rimproverai, scherzoso.
Lei si voltò, guardandomi negli occhi. Per qualche istante rimanemmo abbracciati a guardarci, senza proferire parola. Cercai di trattenermi, perché la tentazione di baciarla era tanta. Dovevo farlo per lei.
«Ho perso la memoria, vero Jared?» Mormorò lei improvvisamente.
La domanda così diretta mi spiazzò. Non sapevo cosa risponderle, perciò abbassai lo sguardo.
Sul suo viso, dal tono stanco, spuntò un piccolo sorriso. «Non preoccuparti, Jay. Me lo puoi dire. Tanto avevo sospettato già qualcosa.» Insisteva lei.
Feci cenno di sì con il capo. «Temporaneamente, però.» Emisi in un respiro.
«Quindi non siamo a Dicembre.» Chiese conferma.
«No …»
«E cosa mi sono persa?» Gli scappò una risatina.
Tornai a guardarla, con espressione stupita. Era incredibile come anche in momenti come questi, in cui senti di essere senza speranza, lei riuscisse sempre a trovare il sorriso. Chiunque si sarebbe subito arreso, disperato o avrebbe pianto a dirotto, ma lei no. Aveva più forza d’animo di quanto avessi mai potuto solo lontanamente immaginare. Era una forza della natura.
«Beh, sono successe un po’ di cose. A partire dalla notizia dell’ormai imminente matrimonio di Tomo e Vicki, che si celebrerà tra due settimane, oppure dalla tua collaborazione al video di Hurricane.» Pensai che, magari, darle informazioni generiche, l’avrebbero aiutata a concentrarsi e a mettere in ordine i ricordi. Non mi azzardai ad accennare di noi. Non volevo sovraccaricare la sua memoria e poi volevo che ricordasse da sola mano a mano.
«Tomo e Vicki hanno deciso la data?!» Esclamò entusiasta. «Oddio, ma è bellissimo! Sono contentissima per loro.»
«Già, e Vicki ha detto che le farai da damigella. Quindi preparati ma, soprattutto, ricorda: mai contraddire  la sposa settimane prima del matrimonio. Potrebbe essere letale. Per dirti che anche Tomo, l’uomo più tranquillo al mondo, è in totale agitazione.» L’avvertii io.
Scoppiammo in una fragorosa risata.
«Infatti! Meglio evitare.» Disse lei. «Davvero ho collaborato al vostro video?» Chiese, incredula.
«Sì, hai lavorato ai costumi di scena e sei stata davvero incredibile!»
«Oddio, troppo bello!» Passò dal sorriso ad un istante di malinconia. «Vorrei tanto ricordare questi momenti. Dovevo essere proprio felice.»
Le presi la mano e la strinsi nella mia. «Sì, molto felice. E tornerai ad esserlo, perché ricorderai. Ti aiuterò io a farlo.» Cercai di tirarla su di morale.
Abbozzò un altro dei suoi meravigliosi sorrisi.
«Speriamo.»
Restammo a parlare per molto tempo. Charlotte mi chiese di Shannon, Sarah, Tomo e di come procedeva la loro vita. Fui attento a non tralasciare alcun dettaglio.
«E a te? Come va? Non mi hai ancora parlato di te …»
«Beh, forse perché non c’è molto da dire. Lavoro, lavoro e lavoro …» Rimasi sul vago, nella speranza che cambiasse discorso. Ma era una speranza vana. Charlotte non si arrendeva così facilmente.
Si staccò per un attimo da me. «Jared Joseph Leto, ti conosco da quando avevi 10 anni, e questo me lo ricordo. Perciò smettila di dire bugie. Sai benissimo cosa voglio sapere e so che, quando inclini la testa verso destra in questo modo e rispondi con questo tono di voce, mi stai mentendo!» Mi rimproverò, incrociando le braccia spazientita. A volte era più brava di Tim Roth nel telefilm Lie to me. non per caso era uno dei suoi telefilm preferiti. «Stai frequentando qualcuna?» Si arrese e me lo domandò direttamente.
Mi fece uno strano effetto sentire quella domanda pronunciata proprio da lei.
Abbassai nuovamente lo sguardo, un po’ imbarazzato.
“Sì, sto frequentando la ragazza più bella, speciale e meravigliosa che abbia mai conosciuto. Anzi, ti dirò di più non la sto solo frequentando, ma lei è la mia migliore amica e l’amore della mia vita.” In un’altra circostanza e se la domanda me l’avesse porta qualcun altro, questa sarebbe stata la mia più sincera risposta.
Non risposi.
«OH. NON. MI. DIRE …» Esclamò lei, stupita e scandendo bene ogni singola parola. «Signor Leto, non sarà mica innamorato?!»
La guardai negli occhi. “E ora? Cosa mi invento?”, pensai preso quasi dal panico.
«No! Ma come ti viene in mente una cosa così assurda?! Impossibile …» Cercai di smentire in tutti i modi possibili e immaginabili.
«Ah! Ti avevo detto di non raccontarmi bugie.» Riprese lei, puntandomi il dito contro. «Tanto me ne accorgo sempre.» Sorrise. «Fatto sta che tu sei innamorato e …»
Charlotte si fermò di colpo. La sua espressione si fece subito seria e i suoi occhi divennero spenti e persi nel vuoto.
Mi spaventai. «Charlie, cosa c’è? Che è successo?» Domandai subito, prendendola per le spalle e scuotendola per destarla dal vuoto improvviso nel quale era stata risucchiata.
Inizialmente non rispose. Poi, quando udì che era meglio che chiamassi i dottori e feci per alzarmi, afferrò la manica della mia giacca e mi fermò.
«No … va tutto bene. Non è niente.» Tornò a guardarmi. «Solo un piccolo giramento di testa.»
«Sicura?» Chiesi Conferma.
«Sicura.»
Non mi convinse questa sua risposta. Che avesse ricordato qualcosa? Chissà. Comunque ci speravo con tutto me stesso.
«Jay, scusami ma sono un po’ stanca. Ti dispiace lasciarmi sola? Così riposo un po’.» Mi Domandò lei subito dopo.
«Certo, non preoccuparti. Ci rivediamo al tuo risveglio, piccola.» Risposi io, sorridente. Mi alzai dal letto e le lasciai un bacio sulla fronte. «Rimettiti presto, che sono molte le cose che dobbiamo fare e recuperare insieme.» Dissi.
«Va bene, farò del mio meglio.» Furono le sue ultime parole, prima che uscissi dalla stanza.
 
 
Jared uscì dalla mia stanza. Respirai a fondo. Mi presi la testa tra le mani.
Cosa c’è che non andava in me?
Cosa era quell’immagine?
Come era uscita fuori?
Era stato come un flashback, credo.
C’eravamo io e Jared, abbracciati. Sorridevamo, felici. Poi quegli sguardi, quelle carezze, quella complicità. Eravamo diversi. Eravamo un tutt’uno. E poi …
Poi c’era quel bacio, lungo, intenso e passionale. Il bacio di due amanti che bramavano da tempo quell’istante.
Possibile che fosse un frutto della mia fantasia? Che quell’immagine confusa tra i miei ricordi, ma allo stesso tempo vivida dinnanzi ai miei occhi, potesse rispecchiare la realtà alla quale ero tenuta allo scuro, a causa di questo fottuto incidente?
Optai per l’ipotesi più semplice per me, in quel momento: stavo sognando ad occhi aperti.
Cercai di convincermi di questo, almeno temporaneamente. Almeno finché nella mia testa non fosse tornato un po’ d’ordine.
Almeno finché non avessidecifrato i miei sentimenti.

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Capitolo 14
*** Chapter 14: As long as you're there. ***


Salve a tutti! Vi sono mancata? Allora prima cosa, mi dispiace , molto avervi fatto attendere tutto questo tempo
prima di pubblicare questo capitolo. Però come le scrittrici che frequentano l'Università come me, oppure
 come coloro che sono ancora a scuola, sapranno che gli impegni alla fine di un anno scolastico o accademico che sia sono tanti.
Comunque ora eccomi qui. :D
Nell'ultimo capitolo vi ho lasciati con un grosso interrogativo:  la nostra Charlotte ricorderà o no?
Beh, per scoprirlo vi consiglio di seguire i prossimi capitoli. Siamo molto vicini all'epilogo. :)
Non vi nascondo che, per le poche recensioni e riscontri ricevuti per l'ultimo capitolo, avevo addirittura pensato di fermarmi qui.
Per poi ho riflettuto.
Ci tengo talmente tanto a questa storia che, anche se siete due o tre persone a recensire o a leggere questa FF,
comunque per me è un grosso regalo! :D
Detto questo, vi lascio a questo capitolo che, spero, non vi deluda. Spero che ne sia valsa la pena attendere.
Attendo vostri pareri.
Alla prossima!

Vostra A.
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Chapter 14: As long as you're there. 
 

«Baby, ‘ cause I don't need anything else but your love.
Nothing but you means a thing to me.
I'm incomplete when you're not there.
Holding me, touching me, elsewhere.
How long the risk could just disappear.
And I will not even care.
As long as you're there.»
“As long as you’re there”- Glee

 
 
I due giorni trascorsero molto lentamente.
Arrivò finalmente il giovedì, il giorno in cui Charlotte sarebbe stata dimessa dall’ospedale.
Quella mattina mi svegliai presto. Mi sentivo proprio di buon umore. Feci una doccia veloce e mi vestii. Avevo voglia di vederla. Mi sentivo come i ragazzini il giorno del loro primo appuntamento. “Jared Leto, non posso credere che dopo tanti anni, dopo tante storie e tante donne, ti comporti ancora in questo modo”, continuavo a ripetere a me stesso.
Eppure sapevo che alla fine non ero io. Era lei che mi faceva questo effetto. E pensare tutto il tempo che avevamo sprecato.
Intanto ero alla disperata ricerca delle chiavi della mia auto. Dove diavolo le avevo messe?
«Fratello, ma dove stai andando? Sono appena le 9 …» Esordì mio fratello, ancora tutto assonnato, appena uscì dalla sua stanza. Poverino, probabilmente lo avevo svegliato io.
«Vado da Charlotte. Oggi la dimettono. Devo assicurarmi che il padre non la porti con sé in Colorado.» Dissi correndo per tutta casa, sempre in cerca delle chiavi.
«Okay, ma non dimenticarti che abbiamo intenzione di farle una festa di “bentornata a casa” nel suo appartamento. Io e Sarah già abbiamo organizzato tutto.» M’informò lui, strofinandosi gli occhi.
«Splendido! Ti avviso con un messaggio quando siamo nelle vicinanze di casa sua.»
«Va bene. Ma mi spieghi perché stai correndo da tre ore? Che stai cercando?»
«Hai visto le chiavi della mia macchina? Ho cercato dappertutto, ma non le trovo. Sto impazzendo!» Esclamai io, fermandomi di colpo.
A Shannon sfuggì un risolino sotto la folta barba. Poi percorse la sala da pranza scalzo e si avvicinò ad un mobile.
«Eccolo, caro fratellino completamente cieco!» Esclamò lui facendo penzolare dal dito indice le mie chiavi. Avevo cercato dovunque tranne nel posto più plausibile: lo svuota tasche.
Mi avvicinai a lui e, per la fretta, quasi gliele strappai di mano. Poi gli diedi un bacio sulla guancia. «Cosa farei senza di te, fratellone?! Grazie mille!»
«Eh, lo so.» Sorrise lui.
Poi mi avviai verso la porta. Ma avevo dimenticato di dirgli una cosa.
«Ah, Shan! Tagliati quella barba. Non credo che a Sarah piaccia.» Sparai io, ridendo sotto i baffi.
Lui fece per prendere un cuscino che stava sul divano e tirarmelo dietro, ma per fortuna uscii in tempo.
Una volta arrivato all’ospedale, mi precipitai su per le scale finché non giunsi dinnanzi la porta della stanza di Charlotte. Notai, però, che era già semi aperta. Scorsi per vedere se fosse stato possibile entrare, ma mi accorsi che non c’era nessuno. La stanza era vuota e il letto era già stato fatto.
Che fine aveva fatto? Possibile che fosse già andata via?
In un secondo riaffiorarono alla mente le parole del padre.
Perciò tornerà a casa sua, la sua vera casa. Tornerà dalle persone che la amano molto e che non la farebbero mai soffrire.
Che l’avesse portata via da me?
Cominciò ad assalirmi il panico. Fermai le prime infermiere di passaggio e chiesi loro se avessero notizie della ragazza che si trovava in quella stanza fino alla sera prima. Mi dissero che era stata portata via dai genitori una decina di minuti prima, ma non seppero aggiungere altro.
Cominciai a correre per tutti i corridoi dell’ospedale, nella speranza di trovarli ancora nell’edificio. Finché, quando ormai stavo per perdere le speranze, udii un dottore pronunciare il cognome di Charlotte. Mi bloccai di colpo. Da lontano vidi che quel dottore parlava con il padre di Charlie, entrando poi entrambi nell’ufficio del medico. Sulle sedie di fronte allo studio Charlotte era seduta accanto alla mamma, con la quale sembrava parlasse animatamente.
Il mio viso si illuminò. Eccola lì … l’avevo trovata. Camminai a passo svelto verso di lei.
«Charlie» La chiamai da lontano e lei si voltò, mostrandomi uno dei suoi meravigliosi sorrisi.
Si alzò e mi venne incontro.
«Jared» Pronunciò lei, con la più melodiosa voce che avessi mai ascoltato. Appena fummo vicini, mi strinse le braccia al collo e mi abbracciò forte. «Credevo non venissi più.» Mormorò lei.
Allacciai le mie braccia attorno al suo corpo gracilino e magro, ma sempre bellissimo.
«Ed io credevo che tuo padre ti avesse già portata via.» Le risposi.
Lei si allontanò giusto qualche centimetro per guardarmi, ma non lasciò la presa.
«No, però non ha abbandonato del tutto l’idea. Credo che questa volta sarà difficilissimo dissuaderlo. Davvero non so cosa fare.» Disse Charlotte, con tono sconsolato.
«No, se ti porto via. Dov’è ora tuo padre?»
«Sta finendo di parlare con il medico. Jared, senti non credo che fuggire …» Cercava di dissuadermi nell’intervenire contro il padre.
La interruppi. «Non ti preoccupare, okay? Penso a tutto io.» Dissi con voce ferma e decisa. Ora mi sarei occupato io di lei. «Vieni con me.»
La presi per mano e lei la strinse forte nella mia, come se non volesse lasciarla più. Così come volevo io d’altronde.
Ci avvicinammo alla mamma di Charlotte e, non so come e con mia totale sorpresa, bastò un solo sguardo affinché lei comprendesse tutto.
«Parlo io con tuo padre, tesoro. Non ti preoccupare. Andate.» Le disse alla figlia. Poi tornò a guardare me. «Mi fido di te, Jared. Te l’affido. Abbine cura.» Confessò, incurante della presenza di Charlotte.
«La proteggerò e la curerò come se fosse la mia stessa vita.» Le risposi. Poi ci scambiammo un sorriso e, mentre Charlotte salutava la madre, abbracciandola teneramente, io prendevo il borsone con le sue cose, appoggiato per terra. Appena terminò il saluto, tornò a stringermi la mano.
«Andiamo?» Le chiesi io, sorridente.
Il suo sguardo si posò nel mio e, finalmente, notai che la sua espressione era più distesa e rilassata.
Ricambiò il sorriso. «Sì, andiamo via.» Rispose, infine.
 
 

«Well they say it's where the heart is
And I guess the hardest part is
when your heart is broken
and you're lost out in the great wide open. […]
HOME - the world tried to break me
I found a world to take me
HOME - there ain't nothing but a blue sky now
After all of my running
I'm finally coming...home.»
“Coming home”- Gwyneth Paltrow

 
 
Una volta in macchina, non ci dirigemmo subito a casa. La portai a fare un giro e a pranzo fuori. Anche perché dovevo dare il tempo a Shannon e Sarah di preparare l’appartamento per accogliere Charlotte quando sarebbe tornata a casa. Charlotte sembrò non fare tante particolari domande. Era molto contenta dell’idea che avevo avuto. Diceva che fare un giro all’aria aperta le faceva proprio bene, dopo aver trascorso tutto quel tempo in ospedale. Fu una mattinata molto piacevole. Trascorremmo del tempo insieme come, forse, non facevamo da mesi. E poi lei era felice e serena. Questo era tutto ciò che importava. Appena ebbi il via per tornare a casa da parte di Shannon, tramite messaggio, ci rimettemmo in auto.
Al contrario di come si comportò in mattinata, per quasi tutto il tragitto Charlotte fu silenziosa. Era chiaramente pensierosa. Si limitava ad osservare ciò che c’era fuori dal finestrino.
«Charlie, cosa c’è? Tutto bene?» Fui io a spezzare il silenzio.
Voltò lo sguardo e sorrise debolmente. «Certo …»
«A cosa stai pensando, allora?»
Tornò ad osservare fuori dal finestrino. «Niente … solo che ho come l’impressione di essermi addormentata per molto, troppo tempo ed essermi risvegliata 50 anni dopo. È una strana sensazione.» Affermò con voce turbata.
«Beh è naturale, Charlie. Ti sembrerà assurdo ma hai trascorso quasi un mese lì dentro. È naturale che ti senta così.» Cercavo di consolarla.
«Sì, forse hai ragione.» Tornò a sorridere. «Sarà una brutta impressione che andrà via.»
Finalmente giungemmo al suo appartamento e, una volta saliti, Charlotte fu accolta da un “Bentornata!”, esclamato da tutti i nostri più cari amici che sbucarono fuori a effetto sorpresa.
La casa era tutta arredata con palloncini, coriandoli e festoni con su scritto Welcome back home. Dovevo ammettere che Shannon e Sarah avevano fatto proprio un ottimo lavoro.
Osservandoli, notai che tra loro c’era un forte complicità. Quella stessa complicità che Shannon cercava da tempo. Mi auguravo che Shannon non soffrisse più che Sarah lo potesse, finalmente, rendere felice, come non lo era da tempo e come meritava.
La festa fu divertentissima. Charlotte fu contenta e, per fortuna, ricordò il volto di tutti gli invitati. Poi ci raggiunsero anche i suoi genitori e, sebbene il padre avesse la tipica espressione contrariata, anche loro si divertirono molto.
«Jared, scusa …» Mi chiamò d’un tratto Sarah, avvicinandosi con Shannon.
«Dimmi.»
«Devo chiederti un favore. Però andiamo a parlare in cucina. Staremo più tranquilli.» Propose lei.
«Certo.» Accordai io.
Ci avviammo tutti e tre in cucina e, appena chiusa la porta per isolare i rumori provenienti dalla festa, Sarah  cominciò a parlare.
«Jay, come ti ho anticipato prima, devo chiederti un favore. Purtroppo stasera devo partire per un viaggio di lavoro, che già avevo rimandato a causa dell’incidente di Charlotte. Purtroppo non posso più posticiparlo, anzi. Se non parto subito, posso dire addio alla promozione che attendo da secoli ormai.»
«Beh, hai ragione. Ma, sinceramente, non capisco io cosa c’entri …» Dissi, confuso.
«Giusto. Siccome non ho voglia di lasciare Charlie a casa da sola e, per giunta, i suoi genitori devono per forza tornare in Colorado per lavoro, mi chiedevo se tu potessi trasferirti qualche giorno qui da noi. Magari direttamente da stasera.» Mi chiese lei, con sguardo implorante. Scambiai uno sguardo con Shannon che, ovviamente, sapeva già tutto. «C’è il rischio che i genitori la portino con sé in Colorado, se …»
La interruppi. «No. Per me non ci sono problemi. Non me lo faccio ripetere due volte, lo sai. Solo che …»
«”Solo che …”?»
« Solo che, sinceramente, con la mia troppa vicinanza non vorrei turbare Charlotte. Ti vorrei ricordare che tra le cose che ha dimenticato, c’è anche quel piccolo dettaglio di noi.» Pronunciai l’ultima frase, consapevole della triste realtà.
«No, in realtà non l’ho dimenticato. Lei, però, non è sembrata affatto turbata quando le ho accennato dell’idea, anzi. L’ha presa come un modo per recuperare del “tempo perduto”, così lo ha definito lei. Piuttosto, mi domando se tu dica questo più per proteggere te che non i sentimenti di Charlotte.» Azzardò lei.
La guardai, stranito. «Come? Ma che dici?!»
«Jared, non mentire. Anche se non lo dai a vedere, so … anzi, sappiamo» Ci fu un rapido sguardo tra Sarah e Shannon. «quanto tu stia soffrendo per tutta questa storia, per ciò che è successo a Charlotte e per ciò che lei ha dimenticato. Io non vorrei che tu soffrissi ancora di più, stando a contatto con lei quasi 24 ore su 24.» Confessò lei.
«Sarah ha ragione, Jay.» Intervenne d’un tratto Shannon. «Credo che tu sia arrivato ad un punto in cui devi decidere: lasciarla andare, permetterle così di rifarsi una nuova vita, nella quale probabilmente non farai più parte; o continuare a starle accanto, aiutandola con la memoria ed amarla. Ma sappi che in entrambi i casi soffriresti. Anche nell’ultimo caso perché, soprattutto nei primi tempi, non potrai sfiorarla, baciarla, farci l’amore … amarla, insomma.»
«Esatto.» Rispose Sarah. «Noi crediamo nel vostro amore, Jay. Lo abbiamo sempre fatto. Prendi, però, in esame anche l’ipotesi che lei non ricordi più.» Quelle parole ferivano più di una lama tagliente conficcata dritto nel cuore. «Perciò fino a quanto saresti disposto a spingere i tuoi sentimenti e te stesso per questo amore?» Quella domanda rimase sospesa nel vuoto per qualche minuto. Sarah e Shannon si scambiarono un altro sguardo. «Quindi sentiti libero di rifiutare la mia proposta se non te la senti. Lo capiremo e cercheremo un’altra soluzione.» Sarah terminò il suo discorso.
Sebbene tutto ciò che lei e Shannon avevano pensato fosse completamente giusto, non potevo gettare la spugna in questo modo. Mi ero ripromesso, e lo avevo promesso anche alla madre di Charlotte, che mi sarei preso cura di lei, che l’avrei protetta e amata, anche se … non avesse più ricordato.
«No, non preoccupatevi. Mi occuperò io di lei. Ora non credo sia importante ciò che provo io. Sarei un bugiardo se vi dicessi che la sua vicinanza non mi fa star male, soprattutto perché non posso tenerla stretta a me. Sarei, però, un egoista in questo momento a pensare a me stesso, a dare precedenza al mio amore. Se non amo lei, non amo … stop. Perciò preferisco essere bugiardo che egoista. Continuerò ad amarla, su questo non c’è dubbio, e ad aiutarla a riprendersi. E poi sono fiducioso. Lei ricorderà, perché si può reprimere un ricordo, ma non un’emozione né tanto meno un sentimento. Quelli riemergono sempre. Perciò sarò lì a sostenerla e a combattere con tutte le mie forze.» Affermai, deciso.
Sarah e Shannon si guardarono nuovamente e sorrisero.
«Ci avremmo scommesso, fratello!» Esclamò Shan, venendomi ad abbracciare.
«Già. Contiamo su di te e sul vostro amore!» Mi incitò Sarah.
«L’unica cosa che dovrei fare sarebbe tornare un attimo a casa e prendere dei vestiti, magari.» Valutai io.
«No, stai tranquillo. Ci ho già pensato io.» Disse mio fratello, con soddisfazione. «C’è un borsone nella stanza di Sarah. Lì dentro troverai tutto ciò che può servirti. Se manca qualcosa, mal che vada te la porto io.»
Lo guardai sospettoso. Da quanto tempo stavano architettando questo piano?
«Dite la verità: già avevate organizzato tutto.»
Il loro sguardo complice bastò per farmi capire che era proprio così.
«Una cosa del genere.» Pronunciò Sarah, rimanendo sul vago.
 
Due ore dopo.
La festa terminò. Tutti gli invitati andarono via, compresi i genitori di Charlotte.
La casa era un vero caos. Così, mentre Sarah preparava le ultime cose per la partenza con l’aiuto di Charlie, io e Shannon ne approfittammo per riordinare.
«Ragazzi, sono pronta.» Sancì Sarah appena pronta, con in una mano il borsone e nell’altra il trolley.
Noi finimmo in tempo di sistemare.
«Bene, allora andiamo. Ti accompagno.» Si offrì Shannon, mentre indossava il giubbotto.
Sarah salutò con affetto Charlotte e si bisbigliarono qualcosa nell’orecchio. Poi si avvicinò a me. «Per tutte le istruzioni, ti ho lasciato dei post-it in giro per la casa. Comunque, per qualsiasi cosa, non esitare a chiamarmi.» Si raccomandò lei.
«Certo, non preoccuparti. Ho tutto sotto controllo. Ce la caveremo benissimo.» Lanciai uno sguardo a Charlotte attraverso le stanza e ci scambiammo un sorriso.
Abbracciai Sarah. «Conto su di te, Jay. Prenditi cura di lei. È più fragile di quanto possa apparire.» Mi sussurrò all’orecchio durante l’abbraccio.
«Sempre.» Le risposi con lo stesso tono di voce.
Così Sarah e Shannon uscirono di casa.
Un improvviso silenzio calò nella stanza. Un silenzio che, per fortuna, durò solo pochi istanti.
«Mi mancherà quella pazza.» Esordì d’un tratto Charlotte, riferendosi all’amica.
«Già, posso immaginare.» Mi voltai verso di lei.
Il mio sguardo si posò nel suo e il mio cuore ebbe un sussulto. Quegli occhi così chiari, ma profondi. Erano quegli occhi che mi avevano fatto innamorare di lei.
Ebbene sì, ci ero cascato. Ero follemente, incredibilmente innamorato di quella ragazza meravigliosa che avevo di fronte a me e che mi sorrideva con un’ imparagonabile dolcezza.
Le sfuggì un piccolo sbadiglio.
Sorrisi. Sembrava una bambina piccola e indifesa. La stessa bambina piccola e indifesa di tanti anni prima.
«Che ne dici di andare a letto? Sarai distrutta.» Dissi, avvicinandomi a lei e prendendole la mano.
Il suo viso si distese. «Sì, hai ragione. Comunque non sei obbligato a restare qui a farmi da balia, se non vuoi. So cavarmela da sola. Poi non voglio in alcun modo essere un peso.» Affermò seria,abbassando lo sguardo.
«Primo: non sarai mai un peso. Secondo: so benissimo che sai cavartela da sola, come hai sempre fatto. Terzo: voglio stare qui.» Mormorai, sfiorandole sotto il mento per farle rialzare lo sguardo che si fuse nuovamente e inevitabilmente nel mio. Se non potevo baciarla, volevo almeno perdermi nell’infinito dei suoi occhi. «Sempre se ti va»
«Certo, che mi va.» Sussurrò lei e, per qualche secondo, restammo a guardarci senza dire nulla.
Possibile che continuava ad esserci così tanta alchimia tra me e lei, anche ora che non ricordava di noi?
Shannon, però, aveva ragione. Starle accanto senza poterla stringere, baciare e amare era la cosa più difficile che dovessi fare. Il desiderio di schiudere le mie labbra sulle sue era così forte che nel mio petto percepii come una fiamma che ardeva e cominciava a bruciarmi dentro.
«E dormirai nella stanza di Sarah?» Chiese d’un tratto lei. Quella domanda mi destò dai miei pensieri e, per fortuna, mi aiutò a tornare alla realtà.
«No, credo che dormirò sul divano. Sarah ha detto che c’è un grosso letto, perciò starò comodo qui.» Portai lo sguardo altrove.
«Okay, allora ti do una mano a farlo.» Si offrì, sorridendo.
«No, Charlie. Non ti preoccupare. Me la so cavare. È vero che sono viziatissimo, ma almeno un letto lo so fare.» Scoppiammo a ridere. «Perciò vai a riposare, che domani ci aspetta una lunga giornata.» Mi avvicinai ancora di più e le lasciai un bacio sulla fronte. «Buona notte, piccola.»
«Buonanotte, Jay.» Mi sorrise prima di sparire dietro la porta della sua stanza.
Preparai il letto per la notte e andai a fare una doccia rigenerante. Non facevo altro che pensare ad un modo per mantenere il controllo, che mi aiutava a perseverare e a sperare che la situazione potesse migliorare. Una volta terminata la doccia e asciugati i capelli, completamente scombinati, infilai una canotta e il pantalone di un pigiama che non avevo mai indossato. Non usavo i pigiami in genere. Dormivo sempre in mutande e le volte che dormivo fuori, beh stavo con una donna. Perciò in quelle circostanze non era necessario il pigiama. Ma, in questo caso, era meglio che facessi il “bravo ragazzo”. Feci per tornare in salotto, ma prima preferii passare per la stanza di Charlotte per controllare se andasse tutto bene. La stanza era illuminata dalla luce della luna che penetrava nelle tende color lavanda della finestra. La vidi rannicchiata sul letto, che dava le spalle alla porta. Era rivolta verso la finestra, dalla quale entrava una fresca brezza serale. Il silenzio della notte era rotto da singhiozzi trattenuti che provenivano da lei. Piangeva.
«Charlie,» Sussurrai piano, avvicinandomi al letto. «cosa ti succede?» Sul letto e sul pavimento accanto al letto c’erano milioni di foto, lettere e altri oggetti sparsi ovunque insieme ad una scatola rovesciata per terra.
Charlotte asciugò prontamente le lacrime e si schiarì la voce. «Nulla, Jared. Va tutto bene, non ti preoccupare. Va’ a dormire.» Mormorò lei, cercando di tenere un tono di voce sostenuto.
Girai attorno al letto, per cercare di guardarla in viso. Mi stava davvero preoccupando. Cosa l’aveva potuta turbare in questo modo? Poi vidi in terra tutte quelle foto, tutte quelle lettere sparse sul letto e per terra. Ecco cos’era.
Le foto ritraevano lei e la sua famiglia, gli amici, suo fratello e … me. C’era una foto in particolare, scattata per caso in un locale di LA, che ritraeva me e lei seduti a un tavolo. Eravamo l’uno di fronte all’altra, parlavamo e ci guardavamo. Ricordavo bene quel momento. Fu la notte in cui, guardandola con occhi diversi per la prima volta, mi resi conto cosa davvero provassi nei suoi confronti. Fu la notte in cui mi decisi a confessarle cosa provavo per lei.
Il mio sguardo passò dalla foto a Charlotte. Il mio amore non era cambiato. Era, forse, ancora più forte di prima.
Perciò dovevo combattere per questo, con tutte le mie forze e finché non avesse avuto più bisogno di me.  Presi la scatola, anch’essa rovesciata sul pavimento, e cominciai a riporre tutto lì dentro di nuovo. Raccolsi anche alcune lettere. Erano tutte quelle che ci scambiavamo quando ero fuori per i tour.
Charlotte, intanto, aveva sempre il viso immerso nel cuscino. Il suo petto si gonfiava e si sgonfiava con una velocità impressionante. Stava tentando in tutto i modi di trattenere il pianto.
Spostai le altre foto, sparse sul letto, e mi sedetti accanto a lei sul letto.
«Charlie, non mentire. Non va tutto bene. Cosa ti prende? Perché piangi?» Insistevo io, allungando la mia mano e accarezzandole i capelli.
«Jared, per favore …» Mi supplicava. « … voglio stare sola. E poi non … voglio che tu mi veda in questo stato.»
«No, non voglio lasciarti sola. Okay? Se vuoi piangere, sfogati pure con me. Io sono qui. Ma, per favore, rendimi partecipe di ciò che ti fa soffrire. Vorrei aiutarti …»
«Jared … ti prego … Starò bene, credimi. È solo una crisi passeggera.» Diceva Charlie a fatica. Lo faceva più per auto-convincersi, che per convincere me.
«No!» Dissi categorico. «Non finché non mi guardi e non mi dici cosa ti sta succedendo.»
D’un tratto Charlotte alzò dal cuscino il volto, ormai completamente rigato dalle lacrime e segnato dalla stanchezza, ma soprattutto dal dolore. Mi sentii morire dentro.
Si alzò e si mise seduta a gambe incrociate al centro del letto.
«PER QUESTA!» Disse a voce alta, mostrandomi il suo pugno, nel quale era stretta un’altra foto.
La afferrai e lei allentò la presa.
Era una foto di noi due a New York sull’Empire State Building. Eravamo abbracciati, ma soprattutto felici.
Quel viaggio aveva rappresentato una parentesi importantissima nella vita di entrambi. E ora proprio quella parentesi la stava facendo soffrire.
Come poteva un ricordo così felice fare, allo stesso tempo, soffrire così tanto?
«L’ho trovata sul mio comodino. È per questa che piango.»Tornò a sussurrare. «Piango perché sono frustrata. Piango perché non ricordo nulla di ciò che è ritratto in quella foto … Piango perché, guardandola, vedo un’altra Charlotte, un’altra me, nella quale non riesco più a riconoscermi. Piango perché …» Un altro singhiozzo interruppe la sua frase. Abbassò lo sguardo. Preferii non interromperla. Immaginavo l’immensa fatica che stava facendo. Fece un grosso respiro e strinse i pugni attorno al pantalone del suo pigiama. « … perché … perché …» Era arrabbiata.
«Charlie, calmati …» La esortavo io.
Eppure non ne voleva sapere. Alzò il viso e i suoi occhi, ricolmi di lacrime, si fermarono nei miei. Rimasi di sasso. «Piango perché sto odiando e, allo stesso tempo, invidiando con tutta me stessa la ragazza che è accanto a te.» Altre lacrime le rigarono le guance. «E mi sento così stupida che …»
Non la lasciai terminare. Le afferrai il polso e la spinsi tra le mie braccia.
«Ssh … smettila, okay? Non sei stupida.» Le mormorai, baciandole i capelli.
Lei allacciò le sue braccia attorno alla mia vita e tra le mani teneva stretta la mia canotta, abbandonando il suo volto nel mio petto e lasciandosi andare ad un pianto liberatorio per qualche minuto.
«Jay, io me lo sento che dovrei ricordare qualcosa. Ne sono certa. Ma non so cosa …» Continuava a ripetere.
«Charlie, datti tempo. Pian piano ricorderai tutto e tornerai ad essere la Charlotte di una volta, la stessa della foto.» Cercai di rassicurarla, accarezzandole i capelli.
Lei sciolse il suo abbraccio e fece per fissarmi. I nostri volti erano a pochi centimetri di distanza. Il mio cuore ebbe un sussulto. «E se non fosse così? Jared, se non dovessi più ricordare? Se non tornassi più ad essere la Charlotte di una volta? Tu mi vorresti ancora?»
L’ultima domanda che mi pose, per un secondo, mi spiazzò. Poi mi dissi che era inutile trattenere ciò che pensavo. Lei era già troppo confusa ed io non volevo contribuire a confonderle ancora di più le idee.
«Certo che ti vorrò, Charlie. Ti vorrò sempre e comunque.» Le dissi, accarezzandole la guancia. «Tu ricorderai, fidati. E semmai non lo facessi, allora ricomincerai da qui una nuova vita. E, se vorrai, io ti aiuterò. Okay?» Mi fece cenno di sì con la testa.
«Però devi farmi una promessa, Jay.» Affermò d’un tratto lei.
«Ti ascolto.»
«Non nascondermi nulla. Non voglio che tu mi tenga allo scuro di nulla. Se credi che ci sia qualcosa che io debba sapere, qualcosa di davvero importante, qualcosa che debba ricordare, allora voglio saperlo. Niente segreti, nessuna mezza verità. Allora, me lo prometti?»
Non potevo soddisfare questo suo desiderio, purtroppo. Non potevo raccontarle tutto. Il medico si era raccomandato di ricordarmelo, ben più di una volta anche. Ma, in quell’istante in cui Charlotte rappresentava la fragilità fatta persona, probabilmente non potevo dirle che ero obbligato a mentirle. Così feci ciò che, forse, figurava come una vera e propria crudeltà. Le mentii nuovamente.
«Te lo prometto.» Pronunciai io, mentre con il pollice attraversai la pelle delicata della sua guancia rosea, sulla quale si era fatta strada una lacrima che asciugai. «Ora, però, è ora di riposare. Domani ci attende una lunga giornata.» Dissi io, sorridendo e poi baciandola sulla fronte. «Buonanotte!» Mi alzai dal letto ma, prima che potessi allontanarmi, mi afferrò la mano, stringendola nella sua e trattenendomi.
«Jay, aspetta.»
Mi voltai verso di lei, portando prima il mio sguardo verso le nostre mani e poi su di lei. «Dimmi.»
«Resteresti con me, stanotte? Mi rendo conto di crearti disturbo, ma ho davvero bisogno di un tuo lungo abbraccio. Ho bisogno che tu mi stia accanto. Non voglio sentirmi più sola.» Pronunciò lei, abbassando lo sguardo probabilmente perché alquanto imbarazzata.
«Certo, nessun problema.» Risposi, sereno.
“Sei consapevole, vero, che ti stai facendo del male? Sai che questo si chiama autolesionismo? Sai che più le stai vicino e più pian piano ti consumi?”, continuava a ripetermi la mia coscienza.
Eppure lo facevo per Charlotte. Se in quel momento era l’unica cosa che la facesse stare tranquilla e serena, allora dovevo farlo. Non aveva importanza cosa provassi io, non in quell’istante.
Charlie mi fece spazio e, sul suo letto ad una piazza e mezza, ci stendemmo insieme. Lei mi diede le spalle e io l’abbracciai da dietro. Così come amava essere abbracciata da piccola, quando era spaventata da un film horror o quando era preoccupata per qualcosa.
«Jared?» Mi chiamò qualche minuto dopo, intrecciando la sua mano con la mia, che avevo appoggiato sul suo grembo. «Dormi già?»
«No, dimmi.» Mormorai.
«Grazie per tutto quello che stai facendo. Mi rendo conto di essere come un peso per te, in modo particolare in questo periodo. Immagino che tu abbia tremila impegni e, invece, sei qui a badare a me. Perdonami
«Charlotte, non ti devi preoccupare. Okay? Ora è di te che devo e, soprattutto, voglio prendermi cura. Sei più importante di qualsiasi altro tipo di impegno. Per me non sei e non sarai mai un peso, sappilo.» Le mormorai all’orecchio, baciandole il collo.
La sentii trasalire e la cosa mi eccitò e non poco. Tuttavia volevo evitare in tutti i modi che lei potesse accorgersene anche perché, a giudicare dalla nostra posizione assunta, era inevitabile che Charlotte non si accorgesse della mia eccitazione.
Mi appellai, perciò, al mio forte autocontrollo.
«Ora dormi, però.» Sancii io.
«Sì, hai ragione. Allora ‘notte, Jay.»
«Buonanotte, piccola.»
 
 
Giunse la mattina. Alcuni raggi del sole, che filtravano tra le tende color lavanda che arredavano la mia stanza, cominciarono delicate a scaldarmi il volto e a destarmi da sonno. La verità è che ciò che mi destò era il fatto che a riscaldarmi non fossero più le braccia di Jared ma, appunto, il sole.
Comunque era un nuovo giorno e dovevo mettercela tutta per reagire.
Appena mi assicurai di essere abbastanza sveglia, mi voltai in cerca di Jared. Tuttavia, quando portai il mio sguardo alla mia destra, mi accorsi che al mio fianco c’era solo un posto vuoto, con tutte le lenzuola stropicciate. “Come non detto”, pensai delusa. “Ma dov’era?
Probabilmente era già sveglio da un po’. Appoggiai la mano sul suo cuscino. Era ancora caldo. Non era in piedi da molto. Scivolai velocemente al suo posto, affondando la mia testa nel suo cuscino. C’era il suo profumo sopra. Inspirai, cercando di immaginarlo ancora lì vicino me, come l’altra notte.
Già … l’altra notte.
Ripensai a tutti quegli attimi, tentando di ricostruire un puzzle generale. La notte prima ero talmente sconvolta che non riuscivo a rendermi conto di nulla.
Anche se continuavo a non riuscire a darmi una spiegazione sul perché reagissi in quel modo, quando c’era Jared. Non capivo come mai ogni volta che lui mi era accanto, mi sorrideva o mi abbracciava, provassi come una morsa che mi stringeva il petto e il cervello.
In fondo, non erano reazioni che si dovrebbero avere nei confronti di un amico.
Eccola lì. Un’altra fitta mi strinse lo stomaco, come mi stava accadendo troppo spesso negli ultimi giorni, ogni volta che in una stessa frase inserivo Jared e la parola “amico”.
Ma che mi stava succedendo? Forse stavo impazzendo, ecco. Il mio cervello non aveva più intenzione di collaborare e perciò io stavo diventando pazza.
Cercai di scrollarmi quegli assurdi pensieri di dosso, appena udii bussare. Mi ricomposi.
Dalla porta sbucò un Jared sorridente che sorreggeva un vassoio. «Finalmente ti sei svegliata, dormigliona.»
Portava un grembiulino da cuoco ed era completamente ricoperto di farina.
Scoppiai a ridere. Era buffissimo.
Lui si avvicinò e, appena appoggiai la schiena contro la testata del letto, si sporse verso di me e mi appoggiò il vassoio sulle gambe. Era la colazione.
«Perché ridi?» Domandò lui.
«Cosa hai combinato? Sembra che abbia fatto a pugni con un sacco di farina, e che abbia vinto lui.» Risposi, tra una risata e l’altra, mentre passai la mano sulla sua guancia e sul suo nasino all’insù per togliergli i residui di farina.
Lui mise il broncio. «Se questo è il tuo modo per ringraziarmi, sappi che non lo stai dimostrando.»
Risi nuovamente. «Scusa. Comunque grazie mille. Non dovevi.» Dissi, osservando quel vassoio di legno sul quale c’era di tutto. Dal latte e il caffè, al succo d’arancia, biscotti e marmellata. Tutto abbellito con una rosa. Ma ciò che catturò la mia attenzione era il piatto, che regnava al centro del vassoio, con una specie di pancake al suo interno con uno smile disegnato sopra, fatto di fragoline e ciliegie.
«L’ho fatto io. È un pancake vegano, un mio esperimento. Voglio sapere cosa ne pensi.» Disse lui, entusiasta, mentre si slacciava il grembiule e lo appoggiava su di una sedia.
Mi raggiunse e si stese sul letto, accanto a me.
«Okay, lo assaggio.» Affermai, non molto convinta. Aveva una forma e, soprattutto un colore strano. Ma Jared era stato così carino a prepararmi tutto questo, che non potevo tirarmi indietro.
Tagliai il primo pezzo e lo mangiai. Aggrottai la fronte. Era orribile, o almeno questa fu la prima cosa che pensai. Aveva un sapore … strano.
«Allora? Com’è?» Chiese impaziente Jared, con occhi speranzosi. Preferii non fissarli, altrimenti scopriva tutto.
Ovviamente non mi sognavo minimamente di dirgli che non era terribile, anche perché lo avrei ferito.
«Mmm … buono … da- davvero buono.» Mentii spudoratamente.
Mi guardò accigliato. Forse non lo avevo convinto. «Okay, voglio assaggiare, allora!»
Gli tagliai un pezzetto con la forchetta. Lui avvicinò la bocca. Voleva essere imboccato.
Lo accontentai. Avvicinai la forchetta alla sua bocca e lui mangiò il pezzo di pancake. Scoprii, con mia totale sorpresa, che Jared risultava … sexy anche in momenti semplici come questi.
“Charlie, smettila. Che ti prende?” Mi rimproverai per i mille pensieri che stavo facendo.
«A - allora?» Domandai, quasi balbettando.
Lui masticò il tutto con molta cura e, una volta ingerito, mi guardò.
Sul suo viso spuntò prima un sorriso e poi gli sfuggì una risata fragorosa. «Oddio, Charlie. Come hai fatto a mangiare una cosa così … ORRIBILE!» Disse tra una risata e l’altra.
Dalla mia espressione seria, il mio volto si distese prima in un sorriso e poi scoppiai anche io a ridere.
Cavolo, non ricordavo mica quanto Jared potesse essere bello quando rideva. Cosa che negli ultimi giorni non gli avevo visto fare molto spesso. Il suo sorriso, dal quale sbucava una dentatura perfetta, era indescrivibile e meraviglioso. Sembrò svanire per qualche minuto quel velo di tristezza che gli si leggeva negli occhi da un po’, ormai.
Rimasi a fissarlo, anche troppo a lungo forse. Lui se ne accorse.
«Cosa c’è?» Chiese d’un tratto, incoraggiandomi a parlare.
Mi sfuggì un altro sorriso, imbarazzato questa volta, e abbassai lo sguardo. «Nulla. È che …» Le parole mi si bloccarono in gola. Ero stranamente … agitata. Eppure era un’agitazione diversa … bella, osai pensare.
Il cuore cominciò a pulsare forte.
«Allora?» Mi esortò a continuare.
«Beh, ecco …»
Driiiin – Driiin
La suoneria del BB di Jared ci interruppe d’un tratto.
«Scusami.» Pronunciò Jared , voltandosi e afferrando il cellulare che aveva appoggiato sul comodino accanto al letto.
Lesse il destinatario, portò gli occhi al cielo in segno di esasperazione e rifiutò la chiamata, poggiandolo sul materasso.
Poi tornò a fissarmi. «Perdonami, dicevi?» Cercò di tornare sull’argomento, abbozzando un altro sorriso.
Purtroppo non era più lo stesso sorriso di poco fa. Tornò ad essere inquieto. Glielo lessi negli occhi.
Jared, a differenza mia, era bravo a nascondere le cose, a tenere i segreti e tutta questa roba qui. Eppure, a parte la mamma o il fratello, non era in grado di mentire a me. Almeno così avevo sempre creduto.
Cercai di ricominciare la conversazione.
«Beh, stavo pensando che … magari …» Avevo ricominciato a costruire un discorso, ma squillò nuovamente il BB.
Lui fece per ignorarlo, ma io no. Mi esortò a continuare, ma non lo feci. Era alquanto fastidiosa quella suoneria che faceva da sottofondo alle nostre parole.
«Forse dovresti rispondere.» Affermai d’un tratto. Lui mi guardò, cercando d’interpretare la mia espressione. «Non credi?»
«No, non ti preoccupare.» Rispose lui, divenendo improvvisamente freddo.
«Potrebbe essere importante.»
«No. Non lo è.»
«Ma se continua a squillare in maniera insistente, forse lo è davvero.» Insistevo io, sospettosa.
«No!» Quasi urlò. La sua risposta fu secca e lui era indubbiamente incazzato.
Era davvero la persona più testarda che avessi mai conosciuto, dopo me ovviamente. «Scusami.» Pronunciò subito dopo, mortificato.
Il BB smise per un attimo di squillare, per poi riprendere qualche minuto dopo.
Jared fece per rifiutare nuovamente la chiamata, ma non glielo permisi. Gli strappai il telefono dalle mani e mi alzai dal letto.
«Charlotte, che stai facendo? Ridammelo!» Si lamentò lui, alquanto sorpreso dalla mia reazione.
Lessi sul display, che si accendeva e si spegneva, il nome del destinatario che lampeggiava ad intermittenza. «Emma …» Pronunciai ad alta voce. «Questo nome non mi è nuovo …»
«Charlotte, ti prego lascia perdere.» Disse Jared, allungando il suo braccio e porgendomi la sua mano in attesa che gli restituissi ciò che era suo.
Cercai di ricordare dove avessi già sentito quel nome. Finché mi colse un lampo di genio o, ancora più probabile, un colpo di fortuna. «Aspetta, ma non è la tua assistente?» Domandai.
«Sì.» Rispose, con tono lamentoso. «Proprio lei.»
Il mio sguardo passò dal display del BB a Jared, che intanto si stava stiracchiando sul letto. «E perché non le rispondi, allora? Si tratterà sicuramente di lavoro. E il lavoro è una cosa importante.» Rimarcai sul discorso di poco prima su cosa fosse o meno importante.
«Non in questo momento, okay? Ho già informato tutti che in questo periodo non volevo essere disturbato. E poi sono in pausa. Perciò non ho nessuna intenzione di rispondere, ne tanto meno ad Emma.»
«È per causa mia? È per me che stai trascurando il tuo lavoro?» Gli chiesi d’un tratto.
«Ancora con questa storia, Charlie? Non è colpa tua. È una mia scelta stare qui con te. Non mi sentirai mai dire che sei un peso per me, okay? Perché non è affatto così. Semplicemente vorrei godermi questa meritata vacanza, che ho deciso di trascorrere con te.» Sì giustificò.
Eppure non ero ancora convinta. C’era qualcosa di più sotto. Qualcosa di più importante.
«JARED JOSEPH LETO,» Pronunciai il suo nome per intero e lui sapeva che, ogni volta che lo facevo, non era un buon segno. «tu sei uno stakanovista quando lavori. Non trascuri mai nulla e ci metti passione e amore in quello che fai. Perciò se non rispondi a questo dannato telefono, giuro che lo faccio io per te, okay?» Dissi con fare minaccioso, sperando che la mia reazione lo scuotesse un po’.
Lui spalancò gli occhi, sorpreso. Poi sorrise.
«Okay, hai vinto tu.»
Mi fece segno di raggiungerlo nuovamente sul letto e così feci, porgendogli il cellulare che riprese a squillare per l’ennesima volta.
“Però, questa Emma è davvero un osso duro.” Riflettei tra me.
Lui rispose.
«Emma, cosa vuoi?» Pronunciò, scorbutico.
Fece una pausa, ascoltando la sua interlocutrice.
«Ma ti ho già detto che non dovevate disturbarmi … No, non m’interessa!»
Altra pausa.
Jared si stava alterando. «Questa è una decisione che ho preso solo io, non c’entrano ne Shannon ne tanto meno Tomo. Mi dispiace, ma non torno indietro.»
Ero tanto curiosa di sapere di cosa stessero mai parlando. Non avevo mai visto Jared comportarsi così, o almeno non lo vedevo comportarsi così da anni. Era un’indescrivibile rabbia che gli si leggeva nei suoi occhi, una rabbia nata per proteggersi da qualcuno o per proteggere qualcun altro. Forse avevano avuto una storia e lei lo aveva fatto soffrire. Beh, se fosse stato così allora io e questa Emma non saremmo state di certo buone amiche.
«Basta, così ho deciso. Ora devo andare.» Jared pose fine alla telefonata.
Lo guardai, torva. Ero confusa.
«Jared, ti sembra il modo?!» Lo rimproverai. «Cosa è successo? Perché ce l’hai tanto con questa Emma? Cosa ti ha fatto?» Volevo capire.
«Nulla.»
«Ma come sarebbe “nulla”? Allora perché la tratti così male? A me puoi dirlo …» Dissi con tono sincero, appoggiandomi una mano sul petto.
Si voltò di scatto verso di me. «PERCHÉ …» L’urlo gli si bloccò in gola, come se stesse per dire qualcosa che non voleva o poteva dire.
«”Perché …”?» Lo esortai a continuare.
«Niente, lascia stare. È … complicato. Non capiresti.» Affermò, con tono rassegnato.
Abbassai lo sguardo.
Probabilmente davvero non avrei capito. E come avrei potuto farlo se non riuscivo nemmeno a ricordare parte della mia vita?
Poi rialzai lo sguardo. Non era il momento di pensare a me.
Allungai una mano e cominciai ad accarezzargli le ciocche marroncine che gli erano ricadute sugli occhi, esortandolo a calmarsi.
«Jared …» Mormorai d’un tratto qualche minuto dopo. Capii che doveva sbollentare la rabbia. Lui tornò a guardarmi. «hai ragione, non posso capire cosa c’è che non va tra voi. Eppure l’ho capito, sai, che il lavoro era una scusa. Comunque qualunque sia il motivo per cui sei arrabbiato con Emma, risolvetelo. Chiaritevi, perché non gioverebbe né a voi né al vostro lavoro.» Dissi, sentendomi per un secondo una persona saggia.
«Charlotte, magari fosse così semplice.» Jared era parecchio turbato, era evidente.
Sebbene la mia curiosità mi spingesse a domandargli cosa ci fosse di così grave, preferii farla tacere e non intromettermi andando nello specifico.
«Allora affronta il problema con lei. Se lo eviti non credo che si risolvi nulla. Perciò, per favore Jay, riprendi il BB, chiamala e vedetevi per chiarire, o anche solo per prendervi a parolacce. Ma affrontala!» Gli dissi con tono deciso.
Lui sorrise. «Come fai ad essere sempre così … meravigliosa, me lo spieghi?» Espresse, dolce.
Ricambiai il sorriso. «Beh, so di essere un genio, ma non esageriamo.» Affermai, vantandomi scherzosamente.
«Dico sul serio, invece. Sei la persona più incredibile che abbia mai conosciuto, Charlotte. E ogni volta sei pronta a stupirmi ancora di più.» Ribadì lui.
«Okay, basta. Altrimenti mi imbarazzo.» Il mio volto si colorì di rosa e ritrassi la mano. «Piuttosto, chiamala e dille che oggi vi vedrete.»
«E la nostra gita?» Chiese lui, con tono mortificato.
«La nostra gita può attendere. Poi stamattina avevo voglia di passare in ufficio e fare una bella passeggiata non impegnativa.»
«Non da sola, spero.»
«Jared, credo di essere grande e vaccinata per fare una passeggiatina. E poi se c’è una cosa che ricordo perfettamente è come andare in ufficio e tornare a casa mia. Lo faccio da anni, perciò non ti preoccupare.» Tentai di tranquillizzarlo.
Ma niente. «No, non se ne parla proprio.» Disse categorico, scuotendo la testa. «Se non posso accompagnarti io, lo farà Shannon. Non mi va che ti “avventuri” da sola per LA. È ancora troppo presto.»
Non credevo che Jared potesse essere protettivo fino a quel punto. Era un lato di lui che non conoscevo o che, probabilmente, non ricordavo. Eppure non nascondevo che mi piacesse.
Gli sorrisi, e con la mano, tornai a scompigliargli i capelli. Odiava quando lo facevo. «Sei carino a preoccuparti, ma me la caverò. Non è affatto presto, va tutto bene. E poi non mi va che mandi il povero Shannon a farmi da babysitter. Anche lui avrà i suoi impegni, così come li hai tu.» Rimarcai volentieri sull’ultima frase.
Lui si alzò improvvisamente da letto, agitando in aria le braccia. «Allora non se ne farà nulla. Resto con te oggi.» Ritornò sui suoi passi. «Emma aspetterà!»
Sospirai, esasperata. Per un secondo mi sembrò di ritornare a quando eravamo piccoli e litigavamo su quale gioco fare. Combattere con Jared mi faceva sentire come quel povero Don Chischotte, che voleva battersi contro quei mulini a vento.
«E va bene, hai vinto tu!» Esclamai, arresa. «Chiama Shannon, ma solo dopo che avrai parlato con Emma e ti sarai organizzato con lei. Intesi?!» Sancii.
Lui mi sorrise, poi si mise a carponi sul letto, raggiungendomi e baciandomi sul capo. «Visto? Non è difficile collaborare.» Mormorò a qualche centimetro dal mio orecchio.
Lo spintonai, facendolo ricadere piano sul letto. «Ma smettila!» Commentai, sorridente.
Controllai l’ora, osservando la sveglia appoggiata sul mio letto. Poi mi alzai dal letto.
«Dove stai andando ora?» Domandò Jared.
«Vado a prepararmi. Signor Leto, non conosco le sue abitudine da rockstar ma nella vita reale alle dieci e trenta del mattino la gente è già a lavoro.» Lo presi in giro, mostrandogli la linguaccia prima di uscire dalla stanza. «Sbrigati a chiamare chi devi, piuttosto che fare il pigrone.» Gli urlai poi dall’altra stanza.
«Okay, ora chiamo.» Furono le ultime di Jared che udii, prima di entrare in bagno.
Mi dedicai ad una lunga e rilassante doccia che alleviò parte della mia angoscia che la notte prima aveva preso il sopravvento. Chissà cosa aveva pensato di me Jared in quel momento. Forse era arrivato il momento di affrontare i ricordi da sola.
Appena terminai la doccia, raccolsi prima il mio corpo e poi i miei capelli bagnati in due asciugamani. Uscii poi dal bagno per andare a vestirmi nella mia stanza.
Passai per il salotto e notai che Shannon era già arrivato. Stavano confabulando tra fratelli, e questa non era mai una buona cosa.
«Charlie.» Mi sorrise Shannon, appena mi vide.
«Ciao, Shan. Sei già qui? Scusami se ti faccio attendere. Mi preparo subito.» Dissi, dirigendomi dritta verso la mia stanza.
«Non ti preoccupare, Charlie. Fai con calma.» Rispose Shannon, sempre disponibile.
 
 
Appena Charlotte rientrò nella sua camera per finire di prepararsi, Shannon tornò a guardarmi.
«Allora? Come procede?» Quasi bisbigliò.
«Beh, non bene. È più difficile di quanto avessi previsto. Fa tante domande. Vuole che gli racconti tutto, che non gli nascondi nulla. Ma come posso farlo se il medico me lo ha, a dir poco, vietato?!» Affermai, imitando il tono che aveva usato mio fratello.
«Non puoi. Non preoccuparti, lei capirà.»
«Lo spero. Per non parlare dello sforzo immane che faccio a starle accanto, a resisterle. Te lo giuro, a volte sembra tutto un bruttissimo incubo.» Mi passai le mani tra i capelli, stanco.
«Lo so, fratello. Ma devi tenere duro. Prima o poi tutto tornerà come prima.» Shannon tentò di rassicurarmi, dandomi una pacca sulla spalla.
«Allora per te è un problema se ti lascio con Charlotte? Avevi altri impegni?»
«No, fratello. Non preoccuparti, non è un problema. Poi pranzeremo con Tomo e Vicki. Dato che stanno rifinendo gli ultimi dettagli per il loro matrimonio, vorrebbero il parere di Charlotte, soprattutto Vicki. E poi mi va di trascorrere del tempo con lei.» Rispose, sorridente.
«Bene, ti ringrazio. Però Shan, per favore, tienila d’occhio.»
«Stai tranquillo, andrà tutto bene. Mi occuperò io di lei.» Shannon mi fece l’occhiolino. «Anche se non mi hai ancora detto cosa devi fare di così importante che ti occupa tutta una giornata.»
«Devo risolvere una faccenda … fastidiosa. Poi ti spiegherò tutto a tempo debito. Comunque vi raggiungerò per cena.»
«C’entra qualcosa con quello che è successo oggi con Emma?»
«Anche.»
 
 
Appena fui pronta, presi il portafogli e il cellulare, che riposi in una borsa, e tornai in salotto. Ritrovai Jared e Shannon proprio così come li avevo lasciati.
I due fratelli mi guardarono.
«Cavolo, Charlotte. Sei magnifica! Dico sul serio, sei uno splendore!» Esclamò Shannon.
Abbozzai un sorriso ricolmo d’imbarazzo. «Okay, ora non esageriamo. Non ci starai mica provando con me, signor Shannon Leto?!» Scoppiai a ridere.
«MAI! Non mi permetterei mai.» Shannon e Jared si scambiarono uno dei loro sguardi complici tra fratelli che non compresi.
Salutammo Jared e prendemmo appuntamento per la cena delle 20:30 in un ristorantino nuovo che conoscevano loro.
Uscimmo di casa e cominciò la mia giornata in compagnia del maggiore dei fratelli Leto.
«Shannon, ti dispiace se prima passiamo per il mio ufficio? Vorrei vedere come procedono le cose e passare a salutare il mio capo e i colleghi.» Gli chiesi, mentre in auto percorrevamo Sunset strip.
«Certo, nessun problema.»
Così ci dirigemmo al mio ufficio. Dissi a Shannon che non era necessario che venisse anche lui. Ci avrei impiegato pochi minuti.
«No, Charlie. Non è un problema. Mi va di accompagnarti.»
Così salimmo entrambi.
Salutai le mie colleghe e il capo, che erano così felici di vedermi. Dissero che mancava la mia presenza in ufficio. Inoltre il capo mi diede una cartellina, che conteneva un mucchio di bozzetti, e mi chiese di darci solo un’occhiata e di esprimere un mio parere in merito. Diceva che mancava il mio stile e il mio tocco fashion. Io, invece, ebbi solo l’impressione che avessero un disperato bisogno di me. Ma accettai lo stesso. In fondo nell’ultimo periodo non avevo molto da fare, perciò tornare un po’ al mio lavoro mi faceva piacere. Appena salutai tutti, feci cenno a Shannon, che mi teneva d’occhio dal corridoio, che facevo una capatina al bagno.
Ci impiegai pochi minuti. Poi una volta uscita, mentre cercavo di riabbottonare il cinturino dell’orologio che avevo tolto per lavare le mani, sentii pronunciare il mio nome da qualcuno che, però, non era Shannon.
Alzai il volto e mi trovai davanti Adam.
«Ciao Adam.» Lo salutai, sorridendogli.
«Ciao, Charlotte. Ho saputo dell’incidente. Mi dispiace moltissimo. Ora come stai?» Chiese, con tono triste.
«Beh, ora va … meglio. Diciamo che non mi arrendo.» Abbozzai un sorriso. La vicinanza di Adam mi faceva uno strano effetto, per niente positivo. Sentivo quasi come se dovessi fuggire da lui.
«Immagino la reazione di Jared. Deve essere stato un incubo per lui vederti travolta da un auto.» Commentò lui.
«Jared? No, guarda che ti sbagli. Jared non era con me. Lui era in tour.» Lo corressi.
Lui aggrottò la fronte, come confuso. «Come sarebbe? Certo che era con te.» Sul suo viso si dipinse un’espressione prima di stupore, poi di un altro stato d’animo che non seppi interpretare. Abbassò lo sguardo. «Ah, allora è vero che hai perso la memoria.»
«Già.»
«E, quindi, Jared non ti ha raccontato nulla?» Domandò Adam, quasi con aria compiaciuta.
«Scusa, cosa avrebbe dovuto raccontarmi?» Non capivo a cosa si riferisse e il suo atteggiamento mi stava a dir poco irritando.
«Charlie.» Mi chiamò Shannon, che da lontano mi vide. Fece per avvicinarsi velocemente, percorrendo il corridoio.
Se ne accorse anche Adam. Così prese un pezzo di carta, che aveva nella tasca dei suoi jeans, e con una penna ci scrisse qualcosa sopra. Poi lo ripose velocemente nella tasca dei miei jeans questa volta. «Questo è il mio nuovo numero. Quando ti sarai stancata di tutte queste bugie che ti stanno raccontando e vuoi la verità, chiamami.» Mi sussurrò furtivo. «È stato un piacere rivederti, Charlotte.» Mi salutò a voce alta, appena si avvicinò Shannon, e andò via.
Cosa voleva dire con quella frase?
Quando ti sarai stancata di tutte queste bugie che ti stanno raccontando …
Chi mi stava mentendo? E perché avrebbero dovuto mentirmi?
«Charlie, cosa voleva Adam da te?» Domandò Shannon, alquanto allarmato.
Preferii omettergli ciò che mi aveva riferito Adam. Anche perché, non solo non credevo alle sue parole, ma volevo evitare che si scatenasse una lite.
«Niente, Shan. Non ti preoccupare. Mi ha solo chiesto come stessi.» Rimasi sul vago, anche se non riuscivo a capire come mai, improvvisamente, Shannon era così agitato.
«Okay. Comunque Charlie, stagli lontano. È un tipo poco raccomandabile e pericoloso. Perciò sta’ attenta.» Mi avvertì lui, mentre uscivamo dall’ufficio.
Rimanemmo in ufficio più tempo del previsto, perciò ci recammo subito al ristorante per pranzare con i futuri coniugi Milicevic.
Per tutto il tragitto, però, non riuscivo a smettere di pensare a ciò che mi aveva detto Adam. Balla o meno, era riuscito nel suo intento: insediare nella mia testa il tarlo del dubbio.
Shannon si accorse che ero troppo silenziosa. «Charlie, cosa c’è? Tutto bene?»
La sua voce mi destò dai miei mille pensieri. «Ehm … sì, tutto bene. Mi stavo solo chiedendo …»
«Dimmi.»
«Quando ho avuto l’incidente, in quale città stavate tenendo il concerto?» Non mi seppi nemmeno io spiegare il perché avessi posto quella domanda. Forse mi stavo facendo troppo influenzare.
«Perché me lo chiedi?» Chiese Shannon, alquanto sospettoso.
Mi voltai verso di lui, abbozzando un sorriso. «Niente, sono curiosa. Volevo sapere se avevate fatto molta strada per raggiungermi.» Inventai su due piedi, sperando che Shannon bevesse questa scusa.
Infatti, per mia fortuna, fu così. «Beh … ehm … fammi pensare.» Temporeggiò lui, cercando forse di ricordare. «Canada. Eravamo in Canada.» Mi rispose alla fine.
«Allora un bel tragitto.» Commentai.
«Sicuramente. Ma dovevamo correre da te, non ci importava molto della distanza in quel momento.»
Sorrisi nuovamente, sentendomi un po’ in colpa per aver posto quella domanda. Non potevo ne tanto meno dovevo dubitare di loro. In fondo erano la mia seconda famiglia, la mia vita. Non potevano mentirmi.
«Shan, sai come mai Jared ed Emma, la vostra assistente, hanno litigato?» Gli posi un’altra domanda, cambiando discorso.
Shannon titubò prima di rispondermi. «Beh, non esattamente. Preferisco non intromettermi in queste cose, altrimenti potrei solo peggiorare le cose.» Disse in maniera evasiva.
Arrivammo al ristorante. Tomo e Vicki ci stavano già aspettando. Fu un pranzo molto piacevole. Dialogammo di molte cose, espressi dei pareri circa i preparativi del loro matrimonio perché dicevano che tenevano a conoscere il mio pensiero. Fummo poi allietati dalle battute continue di Shannon e Tomo che, con il loro spirito, avevano la capacità di alleggerire anche le atmosfere più cupe e tristi.
Una volta che terminammo di mangiare, salutammo Tomo e Vicki che dovevano andare a prenotare i biglietti per Creta, dove si sarebbe tenuta la cerimonia e dove dovevano allestire il tutto.
«Tesoro, voglio che tu ci sia nel giorno più importante della vita mia e di quella di Tomo. La tua presenza è fondamentale. Non deludermi.» Mi disse Vicki, mentre ci salutammo abbracciandoci.
«Te lo prometto. Ci sarò.» Mi strappò questa promessa, prima che andassero via.
Per il resto del pomeriggio io e Shannon passeggiammo per le strade di LA, a sorseggiare caffè, a guardare negozi e a chiacchierare.
«Notizie di Sarah?» Mi domandò d’un tratto lui.
«Sì, l’ho sentita appena è atterrato il suo aereo. Ha detto che il viaggio era andato tutto bene e che dovrebbe tornare la settimana prossima, ma non sa ancora il giorno.»
«Ah. E per caso …»
Mi voltai verso lui. Era improvvisamente inibito e imbarazzato. Mi sfuggì un sorriso, intenerita dalla sua reazione. «Vuoi sapere se mi ha chiesto di te?»
Fece cenno di assenso con la testa.
«Sì, lo ha fatto. Mi ha detto anche che le manchi molto.» Gli riferii.
Il viso di Shannon a dir poco si illuminò. Era al settimo cielo e si vedeva. «Davvero?»
«Sì, ma quello che non capisco è: perché non ti fai avanti? Cioè vi piacete e si nota a trecento metri di distanza, siete belli, siete magnifici insieme. Cosa state aspettando?»
«Lo so, hai ragione. Ma ci voglio andare piano con lei. Charlie, a me piace davvero tanto. Ci tengo così tanto a lei che non voglio rovinare tutto come faccio sempre.» Confessò lui.
Shannon era molto più profondo e sensibile di quanto desse a vedere. Era una persona meravigliosa e, se la conoscevi bene, non potevi non affezionarti.
Allungai il mio braccio e lo allacciai al suo. «Non temere, andrà bene. Poi sai che sono dalla tua parte, così come sono dalla parte della mia amica. Siete fatti per stare insieme.»
«Come fai a dirlo? In fondo sono sempre stato un guastafeste.»
«Perché ti conosco bene e so che, quando sei davvero innamorato, dai tutto te stesso al centro per cento. E poi ci tengo a te, altrimenti non ti direi di lasciarti andare con lei, non credi? Sei importante per me, in fondo sei stato il mio primo bacio.» Dissi, ricordando quel momento con immensa tenerezza.
Gli sfuggì un sorriso. «E chi se lo scorda quel momento. Ma soprattutto non dimenticherò mai la scenata di Jay quando lo scoprì.» Scoppiò a ridere.
«Già.» Sorrisi, presa da un’insolita malinconia nei confronti dei “vecchi tempi”.
«Eppure sapevamo entrambi che non sarei stato io il tuo primo e vero amore.»
Non commentai, provavo solo una strana e forte morsa al cuore, come se mi mancasse qualcosa … o qualcuno.
Arrivammo all’auto. Non ci accorgemmo che si stava facendo tardi. «Shan, ti dispiace se prima di andare al ristorante passassimo un attimo per casa? Vorrei cambiarmi un attimo e posare la cartellina che mi hanno dato al lavoro.» Chiesi, mentre entrammo nella vettura.
«Certo, nessun problema.» Acconsentì Shannon, mettendo in moto l’auto.
Giungemmo sotto casa in un baleno. Dissi a Shannon di aspettarmi lì, ci avrei impiegato pochissimo. Questa volta non insistette nel seguirmi.
Scesi dall’auto ed entrai nel palazzo. L’ascensore era occupato, così fui costretta a salire fino al terzo piano a piedi.
Una volta arrivata, avevo il fiatone. Mi avvicinai alla porta, cercando in modo frenetico le chiavi nella borsa. Poi mi accorsi che la porta era socchiusa e dall’interno provenivano delle voci. Per un attimo temei che ci fossero i ladri, poi cominciai a riconoscere le voci all’interno dell’appartamento. Rimasi ad ascoltare cosa stava succedendo.
«Jared, non puoi farmi questo. Questo lavoro è la mia vita. Non puoi estromettermi così, da un momento all’altro. Ho dato tutta me stessa a questa band, e lo sai.» Una voce femminile stava parlando, o meglio discutendo, con Jared. Doveva essere Emma.
Per un secondo, ebbi come un deja-vu. Come se questa scena l’avessi già vissuta. Poi alla memoria mi apparsero delle immagini confuse. Io dinnanzi ad una porta. Emma era di fronte a me, con Jared alle sue spalle, avvolto in un asciugamano. Lacrime. Stralci di una conversazione a telefono di Emma, della quale ricordavo solo di un bambino che lei voleva da Jared.
Tutti questi ricordi apparvero alla rinfusa, senza un ordine logico. Mi colse un improvviso mal di testa, ma volli continuare ad ascoltare. Dovevo capire.
«Beh, potevi pensarci prima di rovinarci la vita.» Controbatté un Jared diverso, freddo e distaccato.
«Non puoi ancora avercela con me! Più di dirti che mi dispiace per quello che è successo, non posso fare. Non puoi incolparmi di tutto, ne tanto meno di quello che è successo a Charlotte!» Urlava la ragazza.
“Cosa c’entro io adesso?”, pensai.
«Ma che stai dicendo?! Tu sei pazza.» Espresse Jared.
«Sì, forse lo sono. Ma cosa credi che non l’abbia capito? Stai cercando di scaricarmi addosso la colpa dell’incidente di Charlotte solo perché anche TU ti senti colpevole per quello che le è successo. Eri lì e non hai potuto fare nulla per salvarla. Ecco perché sei qui con lei. Speri che, occupandoti di lei, tu possa sentirti meno colpevole. Ma, Jared, il suo incidente non è colpa tua ne tanto meno mia.»
 
“Allora è vero quello che mi ha detto Adam. Jared era lì. era lì quando quella macchina mi ha travolto.”, pensai, spalancando gli occhi scioccata e portandomi la mano al petto, come se d’un tratto mi mancasse il respiro.


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Capitolo 15
*** Chapter 15: Breathe and lie. ***


Chapter 15
Breathe and lie

 

«Smettila!» Urlò a un tratto Jared. Sobbalzai per lo spavento. «TU, cosa ne vuoi sapere TU di cosa provo io?! IO ho visto la MIA Charlotte che veniva scaraventata a metri di distanza da un’auto! IO L’HO VISTA PER TERRA, distesa in una pozza di sangue, che invocava il mio nome in cerca di aiuto!» Il mio cuore smise di battere.
Che storia era mai quella? Delle lacrime mi rigarono improvvisamente il viso. “La mia Charlotte …”, avevo capito bene?
«E tutto questo è accaduto perché non ho avuto fiducia in lei. Ho preferito credere a una traditrice come te. E ora Charlotte ha perso la memoria. Quindi sì, è tutta colpa nostra.» La sua voce si spezzò, quasi come se un groppo alla gola gli impedisse di continuare. Stava piangendo e lo percepii. «Perciò ti ho licenziato, perché voglio che tu stia lontano dalla nostra vita. Quindi sparisci!»
«Ma … Jared …» La ragazza cercò di replicare, ma non le fu concesso.
A un tratto dall’appartamento accanto, uscì la mia vicina.
«Tesoro, ciao. Come va? Come ti senti?» Mi domandò a voce alta appena mi vide.
«SSSHH!!» Le gridai contro, sperando che né Emma né Jared avessero sentito.
La signora rimase interdetta, perché non capì la mia reazione.
Le voci in casa ammutolirono improvvisamente.
Decisi di andare via, prima che Emma o Jared uscissero e mi scoprissero a origliare.
Scesi in fretta le scale del palazzo. Arrivata poi nell’atrio, cercai di ricompormi e uscii. Shannon era ancora lì che mi aspettava. Entrai in auto.
«Okay, possiamo andare.» Sancii io, atona.
«Ma non ti sei cambiata? E la cartellina?» Chiese Shannon, stranito.
Purtroppo la mia mente era altrove.
Che cosa diavolo sta succedendo?
Cosa sono tutti questi segreti?
Cosa ci faceva Jared quella sera lì? Non era in tour?
«Come?» Espressi, distratta.
«Charlie, sei sicura di stare bene. Sembra che tu abbia visto un fantasma.» Commentò Shannon, notando il mio atteggiamento sconvolto.
Non poteva sospettare proprio ora. «Shan, ma che dici? Va tutto bene.» Abbozzai un finto sorriso, mentre infilavo la cartellina nella borsa. «Piuttosto, per favore, partiamo. Faremo tardi e poi devo chiederti di portarmi in un posto, prima di andare a cena.»
«D’accordo.» Shannon seguì la mia esortazione e mise in moto l’auto, partendo in un lampo.
Mi rimisi a osservare fuori dal finestrino il mio palazzo, che man mano si allontanava. Non riuscivo a smettere di pensare alle parole di Emma, di Jared e persino quelle di Adam che si accavallavano nella mia mente.
«Dove vuoi che ti porti?» Domandò Shannon, dopo qualche minuto.
«Vorrei che mi portassi sul luogo dell’incidente. Magari ricordo qualcosa.»
Shannon era titubante. «Charlotte, non credo che questa sia una buona idea. E poi Jared …»
«Infatti, non l’ho chiesto a Jared, ma a te.» Dissi in tono acido, interrompendolo.
«E va bene, Charlotte. Farò come vuoi.» Si arrese.
Mi dispiacque molto comportarmi in quel modo così odioso con Shannon. Eppure se ciò che Emma e Adam avevano detto fosse stato vero, anche Shannon mi aveva mentito sul fatto che erano in tour.
Non so esattamente cosa volessi trovare o dimostrare andando lì, ma speravo in qualche flash che mi aiutasse a capire chi mi stesse prendendo in giro.
Attraversammo Hollywood e, dopo circa quindici minuti, arrivammo a destinazione.
«Siamo arrivati.» Dichiarò Shannon.
Il posto non mi era nuovo, lo sentivo. Shannon parcheggiò e scendemmo dall’auto.
«È successo qui nel parcheggio. Ti hanno trovato distesa per terra, ricoperta di sangue.» Shannon mi spiegò, rimanendo sul vago.
Cominciai a gironzolare, nel tentativo di ricordare.
«C’era qualcuno con me?» Domandai a bruciapelo.
«N- no, credo …» Esitò prima di rispondere.
Mi voltai verso di lui. A che gioco stava giocando?
«Shan, sì o no? Non mi sembra difficile la domanda.»
«No.» I nostri sguardi s’incontrarono, ma per poco prima che lui decidesse di distogliere il suo. «Charlie, comunque non è stata una brillante idea venire qua. Dovremmo andare via.»
«Shannon, se non vuoi restare sei libero di andare. Nessuno ti trattiene. Io devo ricordare.» Affermai, decisa più che mai.
Tornai a guardarmi in giro. Giunsi dinanzi alla porta sul retro del locale e lì cominciarono a riaffiorarmi delle immagini alla mente. Cominciai a compiere gli stessi passi e le stesse azioni che riaffioravano man mano.
 
Corro in lacrime.
Fuggo da qualcosa o qualcuno che mi fa soffrire.
Qualcuno mi rincorre.
Mi chiama.
Piango.
Poi mi fermo improvvisamente. Mi volto ed eccolo lì, di fronte a me.
Jared.
Mi guarda con viso implorante.
Sono arrabbiata con lui. Delusa.
Cerca di trattenermi. Vuole che parliamo.
Parlare. Sono stanca parlare.
Voglio andare via.
Lo respingo.
Gli do le spalle e ricomincio a correre.
Le lacrime mi offuscano la visuale.
La sua voce che mi chiama diventa sempre più forte.
Poi le luci di un’auto che, improvvisamente, puntano verso di me.
Mi volto. Emetto un ultimo respiro.
Poi lo schianto.
Il buio.
La voce disperata di Jared mi raggiunge.
In un attimo mi è accanto.
Piange. È sconvolto.
Invoca il mio nome.
Non ho la forza di rispondergli.
Poi ritorna il buio.
 
Arrivai nel punto in cui ci fu l’impatto. Mi guardai a destra e, in un attimo, rividi nella mia testa l’immagine dell’auto che sfrecciava verso di me.
Ebbi un giramento di testa, così mi appoggiai con le ginocchia sull’asfalto. Dovevo sedermi.
«Charlie!» Esclamò Shannon, spaventato. «Cosa ti prende? Stai male?»
«No, no … Va tutto bene, solo un giramento di testa.» Gli risposi, inspirando ed espirando piano e chiudendo per un attimo gli occhi nell’attesa che il mondo attorno a me smettesse di girare.
«Sei sicura? Non vuoi che ti porti in ospedale?»
«No, non è necessario. Va già meglio. Piuttosto dammi una mano ad alzarmi.»
Shannon mi prese le mani e in un attimo mi tirò su, sorreggendomi per un fianco. «Lo sapevo che era una pessima idea portarti qui. Ora però basta, ce ne andiamo!» Stabilì Shannon, irremovibile.
«Okay, Shannon. Andiamocene.» Decisi che ormai era inutile restare ancora lì. Quello che volevo ricordare, in un qual modo, l’avevo ricordato.
Saranno stati solo gesti, ma almeno avevo la prova che quella sera Jared era con me.
Perché mentirmi allora?
Shannon mi scortò fino all’auto e mi aiutò a salire. Poi fece il giro e salì dal lato del conducente.
Era chiaramente arrabbiato. Non lo avevo mai visto così.
Gli dovevo le mie scuse. «Shan.»
«Cosa c’è?» Rispose brusco, mentre rimetteva in moto l’auto.
«Volevo scusarmi per come mi sono comportata prima con te. Non volevo essere scortese.»
«Non preoccuparti. È tutto okay.» Tornò a sorridermi, tenero come sempre. «È solo che mi sono preoccupato quando ti ho visto quasi svenire. Non volevo che ti facessi del male, ricordando per forza. Non devi sforzare la tua memoria.»
«Shan, ma tu non capisci. Non sai come ci si sente a non ricordare nulla, ad avere la perenne sensazione che parte della tua vita ti stia sfuggendo letteralmente dalle mani. Ti sembra di vivere in un incubo il cui risveglio non è assicurato. Credimi, avresti fatto la stessa cosa.»
Shannon rifletté un attimo sulle mie parole. «Probabilmente.»
«Comunque ho bisogno di chiederti un altro piccolo favore.»
«Charlie, per favore …» Si lamentò lui. «Perché vuoi che io e Jared litighiamo per forza? Già non sarà contento di sapere dove ti ho portato. Anzi, dove tu mi hai obbligato a portarti.»
«Infatti! Jared non deve saperlo per forza. Questo volevo chiederti, di non farne parola con Jared di tutto ciò. Preferisco parlargliene io con calma.»
«Charlotte, io non …»
«Shan, ti prego. Prometto che questo è l’ultimo favore che ti chiedo.» Cercai di convincerlo.
Lui ci pensò un po’ su. «Va bene, Charlotte. Ma informalo il prima possibile. Non voglio essere responsabile di nulla, okay?»
«Okay, ricevuto.»
«Ma almeno sei riuscita a ricordare qualcosa?»
«Niente che già non avessi ricordato o sognato.» Mentii.
Poco dopo squillò l’ i-phone di Shannon. «Charlie, vedresti chi è? In questo momento sono impossibilitato a rispondere.» Disse lui, indicandomi il suo cellulare che portava in tasca.
Infilai la mia mano nella tasca dei suoi pantaloni e presi il cellulare, guardando il nome che lampeggiava sul display.
«È Jared.» Dissi io.
«Beh, probabilmente si starà domandando che fine abbiamo fatto.» Commentò sorridente. «Metti il vivavoce.»
Eseguii l’ordine.
«Hey, Jared!» Esclamò Shannon.
«Hey, fratellone. Tutto bene? Ma dove siete? Io sono già al ristorante.»
«Lo so, hai ragione. Purtroppo la nostra passeggiata ci ha spinto dall’altra parte della città, senza che ce ne rendessimo conto.» Shannon mi lanciò uno sguardo furtivo.
«E Charlotte? È lì con te?» Domandò a un tratto lui.
«Beh, ovviamente è qui con me. E, caro, dimenticavo di dirti che sei in vivavoce!»
«Ah … che bella notizia!» Esclamò, sarcastico. «Ciao, Charlie!»
«Ciao, Jay.» Salutai, distratta.
Non riuscivo a smettere di pensare a tutto ciò che era successo nelle ore precedenti.
Aveva detto: la mia Charlotte.
Forse si sarà sbagliato.
Ma come ci si può sbagliare?
L’ha detto così … chiaramente.
Non riuscivo a pensare ad altro. Alle sue parole, alle possibili bugie che mi erano state raccontate.
Eppure una parte di me voleva ancora credergli.
In fondo era Jared. Non poteva ferirmi.
 
Come se non l’avesse già fatto …
 
Spalancai gli occhi appena mi balzò alla mente questo pensiero.
Che cosa cercava di dirmi il mio subconscio?
«Charlie, tutto bene?» Intervenne Shannon, a voce bassa, appena mi vide assorta in mille pensieri.
Mi voltai verso di lui. «Sì, sì. Tutto bene.»
«Okay, ragazzi. Allora vi aspetto qui. sbrigatevi, altrimenti qui mi cacciano.» Scherzò Jared.
«Va bene, fratello. Siamo da te tra cinque minuti esatti.»
«Perfetto. Allora a dopo. Ciao.»
«Ciao, Jared.» Salutò Shannon.
«Ciao, Charlotte.» Jared salutò anche me.
«Ciao.» Risposi nuovamente sfuggente.
La telefonata terminò.
Per il resto del tragitto, non spiccicammo una parola. Io perché, forse, ero troppo presa dai miei pensieri, Shannon perché, probabilmente, si era accorto che qualcosa non andava e perciò voleva lasciarmi in pace.
Quando finalmente arrivammo al ristorante, trovammo Jared seduto al tavolo che ci attendeva. Appena ci vide si alzò in piedi. Ci avvicinammo e prima salutò il fratello e poi abbracciò me.
Fui la persona più fredda di questa Terra. Non seppi nemmeno io perché improvvisamente con lui provavo questo distacco, quest’abisso che ci separava.
«Ciao, Charlie. Mi sei mancata per tutta la giornata.» Mormorò Jared, stringendomi teneramente.
“Ne dubito, a giudicare dalla compagnia”, pensai inconsciamente.
Scossi la testa per eliminare quel pensiero, poi risposi in modo impacciato: «Anche tu.»
Ci accomodammo e i fratelli cominciarono a chiacchierare allegramente.
«Charlotte, non è vero?» Mi chiese Shannon, improvvisamente.
Non sapevo nemmeno di cosa stessero parlando. Ero pessima.
«Cosa?» Esclamai, distratta.
Jared mi osservò attentamente, interdetto.
«Ci siamo divertiti oggi, vero?» Shannon ripeté la domanda.
«Sì, molto.» Cercai di essere convincente il più possibile, mostrando un sorriso.
Ordinammo da mangiare, ma avevo una voragine al posto dello stomaco che non toccai cibo.
«Charlotte, non hai fame?» Mi chiese Shannon, notando che il mio piatto era intatto.
Lo guardai. Era chiaramente preoccupato. Probabilmente temeva che ciò che fosse accaduto oggi mi avesse turbato più del previsto.
«No, è tutto okay. Non ho molta fame, scusate.» Mi alzai da tavola. «Io vado un secondo in bagno.»
Li lasciai lì, a bocca aperta.
Andai in bagno e mi sciacquai la faccia.
Ma che mi stava succedendo?
Un improvviso giramento di testa mi colpì.
Mi sentivo soffocare. Optai per una buona boccata d’aria. Uscii perciò dal ristorante e mi accomodai su una panchina vicino.
Dovevo riprendere il controllo della situazione. Non potevo farmi dominare dalle sensazioni. Dovevo rimanere lucida.
«Charlie.» La voce di Jared piombò al mio orecchio come una melodia dolce.
Mi voltai verso di lui, che intanto si era seduto accanto a me. «Ehi.»
«Ti ho vista uscire dal bagno e precipitarti fuori. Cosa c’è? Che ti prende?» Anche lui, come il fratello, era preoccupato. Allungò la sua mano e la appoggiò sul mio ginocchio. Il contatto tra la sua mano e la mia pelle mi provocò uno strano brivido.
Scostai la gamba e guardai altrove. «Niente, va tutto bene.»
«E allora perché sei così … scostante?»
«Non sono scostante. Ho solo un po’ di mal di testa.»
«Vuoi che facciamo una capatina all’ospedale?» Domandò lui.
Oh, andiamo. Non recitare la parte dell’amico che si preoccupa.
Mi voltai per guardarlo ma, appena vidi il suo viso imbronciato e preoccupato, me ne pentii subito. «No, non è necessario. Mi sarò stancata particolarmente oggi con Shannon, che mi serve solo una lunga dormita.»
«Sicura?» Chiese conferma, allungando la mano e raggiungendo la mia, che tenevo appoggiata sulla mia gamba. Me la strinse forte. «Sai che sono qui per aiutarti.»
Certo, mentendomi.
«Sicurissima.» Dissi, in tono fermo. «Piuttosto, vorrei farti una domanda.»
«E sarebbe?» Mi sorrise.
«In quale città eri quando ho avuto l’incidente?»
Jared staccò improvvisamente la mano dalla mia. «Mmm … fammi pensare.»
Ti prego, dimmi Canada … dimmi Canada. Canada …
Canada …
Speravo con tutta me stessa che lui avesse ragione, che mi avesse sempre detto la verità.
«Ah, ora ricordo. Eravamo a Boston, nel Massachusetts.» Affermò con aria convinta. «Perché me lo chiedi?»
Allora era vero. Mi stava mentendo. E anche Shannon. Tutti mi stavano mentendo.
«N- niente. Curiosità.» Balbettai, senza parole. Mi alzai di colpo.
«E ora dove vai?»
«Vorrei tornare a casa. Sono stanca.» Pronunciai, atona.
«D’accordo. Allora avverto Shannon e …»
Mi alzai. «No, non è necessario. Non voglio che salti la cena con tuo fratello. Prendo un taxi.»
«No, ma non …»
«Jared,» Lo inchiodai con uno sguardo. «per favore. È meglio così.»
Rientrai nel ristorante e presi la mia borsa. Shannon mi chiese dove stessi andando e si ripeté la scenetta già eseguita in precedenza con il fratello.
Appena li convinsi, o almeno ci provai, che andava tutto bene, presi il primo taxi e mi feci condurre a casa.
Durante tutto il tragitto, mi domandai più e più volte quale bisogno avesse Jared di mentirmi. Insomma, già non ricordavo nulla perché tentare di farmi ricostruire una realtà che non fosse la mia?
Comunque quella notte non ero sola.
C’era Jared con me, per un motivo che mi era ancora oscuro. Come oscuro continuavano a essere l’argomento del nostro litigio e il legame che Emma aveva in tutta questa storia.
Che c’entrasse per caso il piano architettato con la mamma per farsi mettere incinta da lui? Quel piano che riuscii a ricordare quel pomeriggio, fuori al mio appartamento mentre udivo la loro conversazione.
Dovevo capire quale fosse l’anello di congiunzione che univa me, Jared ed Emma.
Il taxi giunse a destinazione.
Mollai all’autista 20 dollari, senza curarmi del possibile resto che mi doveva, e uscii dalla vettura.
Mi trascinai fino a casa. Quando entrai, notai che l’aria era impregnata di un profumo femminile che aleggiava. Doveva essere il profumo di Emma. Era così forte che mi faceva girare la testa. Come se il mio mal di testa non bastasse. Aprii così tutte le finestre e respirai l’aria salmastra proveniente dalla spiaggia di Santa Monica a pochi passi da casa mia.
 
La spiaggia.
 
Uscii di nuovo, chiudendomi la porta di casa alle spalle e corsi fuori. Verso la spiaggia. Ci impiegai meno di sette minuti ad arrivare. Giunta lì, mi sfilai poi i sandali e affondai i piedi nella sabbia ormai fresca. Mi rilassai. Stava calando la sera e il sole stava tramontando. Mi trascinai fino a riva, lasciando che i granelli di sabbia mi accarezzassero le dita dei piedi. Arrivata nel punto che avevo scelto, mi lasciai cadere sulla sabbia, più umida rispetto a quella che avevo attraversato fino a quel momento.
Rimasi a osservare la schiuma prodotta dalle onde del mare che s’infrangevano contro piccoli scogli e contro la riva. I gabbiani giocavano con l’ondeggiare dell’acqua. A farla da padrone in quel momento, però, era il tramonto che si stagliava dietro la linea infinita tracciata dal mare. Quella sfera, color arancio intenso, rifletteva la sua luce nell’acqua, creando fasci dorati. Un capolavoro. E da quel capolavoro mi lasciai rapire, mentre le mie mani affondavano nella sabbia fresca.
Avrei voluto abbandonare le preoccupazioni e godermi quello spettacolo che si stava manifestando dinanzi ai miei occhi. Purtroppo se i problemi si potessero risolvere con la stessa frequenza con i quali compaiono, tutto sarebbe più semplice.
Cominciai a guardarmi intorno. Avevo sempre amato quella spiaggia. Così calma, meravigliosa, con un non-so- che di artistico. Chiusi gli occhi. Volevo che quelle sensazioni mi pervadessero. Però nell’esatto istante in cui chiusi le palpebre, un’immagine si fece largo tra i confini della mia memoria. Un'immagine forse rievocata da questi profumi, da questi suoni. O, magari, un’immagine che la mia memoria aveva creato appositamente per dare una risposta alle innumerevoli domande che, nel corso di quella giornata, erano nate.
È notte. Sono su questa stessa spiaggia. L’odore del mare e il suono delle sue onde sono la colonna sonora di quest’istante. Il clima è più rigido, ma ugualmente estivo.
Jared è in piedi, di fronte a me.
Le nostre mani si sfiorano lente. I suoi occhi accarezzano la mia anima e le sue labbra si muovono a un ritmo cadenzato. Sebbene non le ricordi, le sue parole sono dolci e mi fanno sorridere, stare bene.
Poi allunga l’altra mano e la appoggia sulla mia nuca.
Mi avvicina a lui. Il mio cuore batte forte. Forte.
Mi stringe così forte al suo corpo che io posso contare i battiti del suo cuore.
Uno … due … tre …
Mi sussurra qualcosa di altrettanto dolce e poi … lo bacio.
Lo bacio con passione.
Le sue labbra sulle mie.
La sua lingua che s’insinua nella mia bocca.
I nostri respiri irregolari.
 
Scossi la testa nel momento esatto in cui quell’immagine riapparse o si creò nella mia testa. Non mi accorsi che avevo la mano appoggiata sul cuore, come se d’un tratto lo sentissi stretto in una morsa, e che stringevo con forza il tessuto del mio top sotto di questa. Calde lacrime scesero sulle guance.
Cosa era? Un sogno o un reale ricordo?
Al pensiero di quell’immagine, il mio cuore continuava a galoppare come un forsennato.
Come avrei potuto baciare il mio migliore amico? Come avrei solo potuto provare … amore verso chi avevo sempre considerato come un fratello?
Eppure quella sensazione che ora provavo. Quella sensazione che ti prende alla bocca dello stomaco, che ti fa mancare il fiato, ma che ti fa sentire … felice. Quella sensazione era così vivida, reale ma incomprensibile per me.
Che amassi Jared Leto?
Che amassi il mio piccolo compagno di giochi? Il mio Jared?
Al pensiero che anch’io avessi usato nella mia testa quel pronome. Quello stesso pronome utilizzato da lui stesso con Emma quando pronunciò “la mia Charlotte”, mi vennero i brividi.
Decisi che questo pensiero era talmente assurdo che non poteva rispecchiare la realtà.
Mentre la mia fantasia galoppava, il mio BB cominciò a squillare. Inconsciamente cominciai a pregare che non fosse Jared.
Lo cercai nella borsa e, appena lo trovai, lessi il nome sul display.
Casa
Erano i miei genitori. Prima di rispondergli, però, preferii schiarirmi la voce nella speranza che nessuno si accorgesse del mio strano stato d’animo.
Risposi.
«Pronto.» Nonostante i tentativi di camuffarla, la mia voce tremava.
«Tesoro, sono la mamma. Tutto bene?»
Ascoltare la voce della mia mamma mi fece sentire a casa. E un tratto mi sentii ancora più smarrita.
«Mamma, ciao. Sì, qui tutto bene. Voi come state? Tutto bene? E papà?» Cominciai a sopraffarla di domande, sperando di poter sorvolare su quelle che lei avrebbe fatto a me. Ma ero un’illusa.
«Tutto bene qui, non preoccuparti. Piuttosto, raccontami di te. Come ti senti?»
«Bene, mi sento in forma. Non potrei stare meglio.»
Bugiarda.
«Sicura? Non si direbbe dal tono di voce.»
«Sicurissima. È solo che ho un po’ di mal di gola, quindi la mia voce fa brutti scherzi.» Simulai una piccola risata, pregando che fosse convincente. «Comunque mi sono fatta visitare, quindi non c’è nulla di cui preoccuparsi. Perciò sto bene.»
«Benissimo. Meno male, tesoro. Io e tuo padre siamo stati in pensiero per te. Ci manchi tanto, lo sai?»
«Anche voi, mamma. Non immaginate nemmeno quanto.»
«Comunque sappi che verremo a farti visita questo o l’altro weekend prima del matrimonio del tuo amico.» Si riferiva a Tomo.
«Ne sarei molto felice.» I miei occhi cominciarono a riempirsi di lacrime, che cercai prontamente di ricacciare indietro prima che mia madre facesse altre domande.
«E con Jared? Come va?»
Spalancai gli occhi. E ora cosa le dico?
«Che intendi dire?» Le chiesi, stranita.
«Si sta comportando bene? Si sta prendendo cura di te?»
Certo, mamma. Tralasciando il fatto che mi abbia preso per un’idiota e stia continuando, imperterrito, a mentirmi, si sta comportando bene.
Non avrei mai potuto dirle questo. L’idea che la mia testa avesse potuto formulare un pensiero del genere feriva a morte me, figuriamoci mia madre che si era fidata cecamente di lui.
«Certo, in maniera impeccabile direi.»
«Bene, mi fa piacere. Beh, salutamelo allora.»
«Sicuramente.» Il sole era tramontato ormai. Dovevo tornare prima che Jared chiamasse la polizia per cercarmi. «Mamma, scusami ma ora devo andare. Ci sentiamo presto, d’accordo?»
«Certo, tesoro. Riguardati, ti raccomando, e sappi che io e tuo padre ti amiamo con tutto il cuore.»
«Anche io vi amo. Manda un bacio a papà. Ciao.»
«Ciao, Charlie.»
La telefonata terminò. Tirai un sospiro di sollievo. Almeno ero sopravvissuta, anche se con fatica.
Mi alzai da terra, scossi la sabbia che mi era rimasta addosso e riafferrai i sandali, dirigendomi verso casa.
Una volta giunta dinanzi la porta di casa, feci per inserire le chiavi nella serratura ma mi accorsi che la porta era aperta. Jared doveva essere tornato a casa.
Entrai e, quando chiusi la porta dietro di me, lo vidi precipitarsi all’ingresso.
«Charlotte!» Esclamò, appena mi vide. Corse ad abbracciarmi. «Cavolo, Charlie. Mi sono preoccupato. Credevo ti fosse successo qualcosa.»
Non mi mossi di un centimetro. «Sto bene.» Risposi, atona.
Lui si allontanò, forse notando la mia freddezza. «Ti avevo detto che non dovevi allontanarti da sola. Dove sei stata?» Poi mi guardò bene. «Beh, a quanto vedo non stai così male.» Aggiunse, acido.
Lo guardai. «Beh, non credo siano affari tuoi.» Controbattei, ancora più acida di lui.
Aggrottò le sopracciglia. «Sì, invece. Sono anche affari miei, dato che dovevamo cenare insieme e hai fatto saltare tutto, perché non stavi bene. Poi torno a casa e scopro che ti vai a fare le passeggiate.»
«Ti avevo detto di rimanere con Shannon. Se poi hai voluto fare di testa tua, non credo sia colpa mia.» Dissi, superandolo e dirigendomi in cucina. Avevo sete.
Lui mi seguì. «Scusami se mi sono preoccupato per te e ho preferito venire a vedere come stai. Ma, a quanto vedo, stai benissimo. Che bisogno hai di mentirmi?»
Mi voltai verso di lui, con il bicchiere in mano. Ero furibonda. «E tu?» Mi lasciai sfuggire, in preda alla rabbia. Me ne pentii subito dopo.
«Io, cosa?»
«Non ti capita mai di raccontare delle bugie?» Pronunciai. Ormai avevo fatto il guaio. Almeno gli avrei dato un’ultima possibilità per dirmi la verità.
«Certo che mi è capitato. Ma non ho mai detto bugie che possono far soffrire la gente.» “Sicuro?”, pensai. «E, comunque, ora non si tratta di me. Devi ancora spiegarmi perché mi hai detto questa bugia. Abbiamo fatto, anzi, ho fatto qualcosa di sbagliato?»
Mi resi conto che avrebbe continuato a nascondermi ciò che dovevo sapere, quindi volli evitare un’altra discussione. Almeno per quella sera. Sulle spalle avevo una giornata troppo stressante. «Senti Jay, non mi va di discutere ora, okay? Me ne vado a letto. Buona notte.» Bevvi l’acqua e mi diressi verso la mia stanza.
«Prima dobbiamo parlare.» Sancì lui, ma non gli diedi ascolto.
«Buona notte, Jared.» Gli augurai, prima di chiudergli la porta della mia camera in faccia.
Quella notte alternavo istanti di dormiveglia ad altri nei quali ero completamente sveglia e cosciente. Questo ritmo andò avanti fino alle sei del mattino, quando il mio corpo stanco si arrese al sonno.
Quando mi svegliai, poche ore più tardi, mi accorsi che Jared era uscito. Sul tavolo della cucina, accanto alla colazione che aveva preparato per me, c’era un biglietto.
 
Buongiorno Charlotte,
Questa è la colazione. Giuro, questa volta non c’è nulla che abbia cucinato io. Perciò, mangia tutto. Starò via un paio d’ore, ma quando torno, voglio parlare di ieri. Mi devi spiegare cosa ti prende. A più tardi.
Jared
 
Rilessi più volte quel biglietto. Non nascosi a me stessa che, quando lessi della colazione che non era stata cucinata da lui, un sorriso mi sfuggì. Eppure me ne pentii subito.
Addentai una fetta biscottata con un po’ di marmellata alle ciliegie, ma avevo lo stomaco completamente chiuso che fu l’unica cosa che mangiai.
Ero troppo arrabbiata con lui. Mi aveva mentito. E continuava a mentirmi. Come se questo non peggiorasse le cose, mi sentivo soffocare in quella casa. Volevo andare via e correre in spiaggia nuovamente. Volevo sentirmi libera da questa sensazione di oppressione e prigione che si era creata attorno a me, a causa dei miei dubbi, delle mie domande senza risposta, di tutte le bugie che mi erano state raccontate.
Ormai ero arrivata a dubitare di tutto ciò che Jared mi aveva detto fino a quel momento. Dubitavo del fatto che volesse davvero aiutarmi. Dubitavo della sua disponibilità, della sua dolcezza, della sua sincerità. Dubitavo del fatto che si prendesse cura di me senza un secondo fine, forse per espiare le sue colpe come disse Emma. Dubitavo del fatto che davvero gli potesse interessare che io stessi bene, che ricordassi.
Magari temeva che, se avessi ricordato qualcosa che lui aveva fatto, non lo avrei mai più perdonato.
Tuttavia, se la mia ultima teoria fosse stata vera, comportandosi così non avrebbe di certo risolto le cose.
Arrivai persino a pensare che, se non fossi mai arrivata ad ascoltare la loro conversazione di nascosto, lui non mi avrebbe mai detto nulla. Non mi avrebbe mai aiutato a ricordare davvero.
Al trascorrere della prima ora, valutando tutte le teorie che avessero potuto portare Jared a mentirmi, arrivai alla conclusione che, da quel momento in avanti, restare lì non mi avrebbe fatto bene. Dovevo andarmene, anche solo per qualche giorno. Provare a farcela con le mie forze. Avrei scoperto la verità, senza altre bugie.
Decisi di fare le valigie. Avevo solo un’ora prima che tornasse Jared. Dovevo sbrigarmi.
 
Quella mattina uscii presto di casa. Avevo appuntamento con i ragazzi per organizzare delle interviste che avevamo in programma nelle settimane che seguivano il matrimonio di Tomo e il nostro ritorno in tour. Avevamo appuntamento allo Starbucks in Colorado Avenue. Shannon e Tomo già erano lì quando arrivai io.
«Buongiorno, ragazzi.» Salutai i ragazzi e feci cenno a una cameriera di raggiungerci.
«Ciao, Jay.» Intonarono in coro.
La giovane cameriera dai capelli biondi si avvicinò un po’ intimidita. Forse ci aveva riconosciuto. «Buongiorno. Cosa gradite?» Pronunciò con tono intimorito.
«Beh, gradiremmo che tu ci faccia un sorriso.» Rispose marpione Shannon, come al solito.
Gli mollai un calcio sotto il tavolo e lui si zittì immediatamente.
La ragazza divenne rossa in viso.
«Allora, signorina, io gradirei un frappuccino vegano. Per voi ragazzi?» Mi rivolsi agli altri due.
«Due caffè.» Ordinò Tomo.
La ragazza tornò a guardare me, con sguardo grato per aver agito contro Shannon. «Niente altro?» Questa volta la sua voce fu più calma e squillante.
Le sorrisi. «No, grazie. Per ora va bene così.»
Ricambiò il sorriso e andò via.
«Beh se volevi fare colpo tu, potevi almeno dirmelo. Evitavo di fare la figura del principiante.» Sussurrò Shannon, mostrandomi la linguaccia.
«Ma smettila!» Esclamai io. «Credimi, in questo momento ho altro per la testa.»
«Problemi con le interviste?» Chiese mio fratello.
«No, magari fosse il lavoro.» Dissi, portandomi entrambe le mani dietro la mia nuca.
«Allora è Charlotte.» Avanzò Tomo.
Feci segno di assenso con il capo. «Non so cosa le sia preso ieri. Quando sono tornato a casa ieri, lei non c’era. Mi sono spaventato a morte. Poi l’ho vista tornare da una passeggiata ed è cominciata una discussione a senso unico. D’un tratto non mi parla più, non mi ascolta. È scostante, arrabbiata, irritabile …» Il mio elenco poteva andare avanti all’infinito.
«Forse hai detto qualcosa che l’ha offesa …» Ipotizzò ancora Tomo.
«No … cioè, non mi pare. Gliel’ho chiesto, ma lei niente. È come se mi evitasse di proposito, e questo mi uccide. Io non voglio farla soffrire.»
«Forse … credo di sapere io perché si comporta così.» Annunciò d’un tratto Shannon.
Ci voltammo entrambi verso di lui. «Che intendi dire?» Domandai, confuso.
Lui abbassò lo sguardo e giunse le mani sul tavolino. «Avevo promesso a Charlotte di non dirti niente. Però lei mi aveva promesso che te ne avrebbe parlato, e forse lo farà oggi …» Shannon vaneggiava.
«Shannon, parla!» Esclamai, con voce ferma e seria.
La mia reazione lo scosse. Poi cominciò a raccontare. «D’accordo, ma partirò dal principio.» Prese fiato e cominciò. «Ieri, dopo aver pranzato con Tomo e Vicki e dopo aver passeggiato, Charlotte mi ha chiesto di poter tornare un secondo a casa per cambiarsi e posare dei documenti che le avevano dato a lavoro, prima di andare a cena con te. Le dissi che ero d’accordo e siamo arrivati a casa sua. Lei è salita ed è stata via una quindicina di minuti. Solo che, quando è riscesa, indossava gli stessi vestiti di prima e stringeva tra le mani ancora la cartellina che doveva lasciare a casa. Aveva l’aria scossa. Sembrava avesse visto un fantasma.»
Spalancai gli occhi. «A che ora siete tornati da lei?» Chiesi subito.
Lui ci pensò un attimo su. «Oddio, credo fossero le sei circa.»
«OH MERDA!» Esclamai io, d’un tratto.
«Cosa c’è?» Domandò Tomo. Erano straniti entrambi dalla mia reazione.
Scossi la testa, disperato. «So cosa ha visto Charlotte e sicuramente non era un fantasma.»
I ragazzi non afferrarono.
«Jared, mica eri con un’altra donna …» Sbottò Shannon, allarmato.
«Sì, ma non nel senso che intendi tu.» Presi fiato. «Ero con Emma ieri pomeriggio.»
Attimi di silenzio si stanziarono tra noi. Loro erano stupiti da questo colpo di scena.
«Emma aveva chiamato nella mattinata, quando ero con Charlie. All’inizio non risposi nemmeno alle sue continue chiamate. Poi mi sono lasciato convincere da Charlotte che, prima che la cosa degenerasse, dovevo parlare a quattr’occhi con Emma. Se l’era fatto promettere. Così l’ho chiamata e ci siamo organizzati per vederci ad un caffè e cacciarla definitivamente dalle nostre vite. Solo che poi lei si è presentata a casa di Charlotte e abbiamo finito per discutere lì.» Cominciai a rigirarmi tra le mani il bicchiere con il mio frappuccino. Non mi ero nemmeno accorto che la cameriera li avesse già serviti, forse troppo rapito dagli avvenimenti che ci stavamo raccontando. «Sicuramente a quell’ora ero a casa con Emma. E ora temo che Charlotte abbia potuto ascoltare qualcosa che l’abbia potuta turbare.» Affermai, disperato.
«Vedrai Jared, lei capirà quando le spiegherai …» Cercò di consolarmi Tomo.
«No, amico. Io non le spiegherò un bel niente. Io non posso raccontarle proprio ora che sta per ricordare. Il medico è stato chiaro su questo. Devo chiudere il becco. L’unica cosa che posso fare è ricordarle che può fidarsi di me.»
«Quindi credi che sia questo che l’abbia turbata?  Che l’abbia spinta a comportarsi così?»
«E cos’altro sennò?!»
Un improvviso finto colpo di tosse partì da Shannon per attirare la nostra attenzione. «Jared, non ti ho ancora detto tutto.» Tornammo ad ascoltarlo. Appena si assicurò di avere la nostra totale attenzione, proseguì. «Le feci notare che non aveva una bella cera, ma Charlotte in tutta risposta mi fece una richiesta.» Altra pausa. «Mi chiese di portarla sul luogo dell’incidente.»
«CHE COSA?!» Esordii improvvisamente.
«Sì, avete sentito bene. Voleva che la portassi al parcheggio dove era avvenuto l’incidente.»
«E tu? Cosa hai fatto? Spero che tu l’abbia dissuasa.» Pronunciai io.
«Jared, credimi, c’ho provato. Ma lei insisteva e, a quel punto, ho ceduto.»
Agitai le braccia, esasperato. «Cazzo, Shannon! Non potevi fare una cosa più sbagliata di questa!» Esclamai, incazzato.
 «Lo so e hai ragione. Non ho scuse, ma in quel momento pensai che, magari, l’idea di Charlotte di recarsi sul luogo dell’incidente l’aiutasse davvero a ricordare.» Shannon era davvero mortificato e mi dispiacque prendermela con lui, ma dovevo seguire le direttive del medico.
«E ha ricordato?» Incalzò Tomo, precedendomi.
Lui abbassò nuovamente lo sguardo. «No. Nulla che non ricordasse già. Almeno così mi disse lei. Tuttavia, ora che mi hai detto questo, Jared, credo che in realtà qualcosa l’abbia ricordata per davvero.» Disse in tono speranzoso.
In realtà, sebbene fossi contento per Charlotte, il fatto che avesse potuto ricordare cose sulla base di voci e informazioni che aveva appreso a casaccio, non mi faceva affatto stare tranquillo.
«Shannon, perché non me lo hai detto prima? Ecco perché ieri mi ha quasi dato del bugiardo.» Mi lamentai io, cominciando a ricomporre i tasselli.
«Perché lei si era fatta promettere che non ti avrei raccontato nulla. Doveva farlo lei.» Spiegò lui.
A quel punto volevo sapere a tutti i costi cosa davvero aveva ricordato.
Scattai subito in piedi. «Devo andare da lei. Devo parlarle.»
«E cosa le dirai?» Chiese Tomo.
«Non lo so. Mi inventerò qualcosa. Ma devo provare almeno a convincerla che deve e può continuare a fidarsi di me.»
Uscii dal locale, in direzione di casa di Charlotte, pregando che non fosse già troppo tardi per recuperare tutte quelle incomprensioni.
 
Avevo quasi terminato la valigia. Stavo rimettendo dentro l’ultimo shorts che indossavo il giorno prima. Frugando nelle tasche per constatare se avessi lasciato qualcosa, trovai un bigliettino. Era il bigliettino che mi aveva lasciato Adam con il suo numero.
“Questo è il mio nuovo numero. Quando ti sarai stancata di tutte queste bugie che ti stanno raccontando e vuoi la verità, chiamami.”, aveva detto lui. Cosa c’entrava Adam in tutta questa storia? Che fosse stato anche lui coinvolto?
A quel punto tutto mi parve probabile.
Suonò improvvisamente il campanello. Misi il biglietto nei jeans che indossavo in quel momento e chiusi la valigia. Guardai l’orologio. Doveva essere Jared.
Andai ad aprire la porta e me lo trovai dinnanzi.
«Ciao.» Mormorò, entrando.
«Ciao.» Ricambiai il saluto, con fare indifferente.
Feci per tornare in camera mia, ma lui mi fermò dolcemente per il braccio. «Charlotte, aspetta. Dobbiamo parlare di ieri.»
Mi liberai dalla presa. «Jared, per favore.»
«Non mi puoi ignorare, Charlotte. Mi devi dire cosa c’è che non va!» Cominciava ad alterarsi, ma vedevo che si stava trattenendo.
Mi misi dinnanzi a lui, incrociando le mie braccia in grembo. «Non c’è niente che non va.»
«Davvero? Allora perché mi sembri intrattabile?»
«Appunto, “ti sembro” …»
«Charlie, smettila di giocare. Non ne ho voglia. Guardami negli occhi e dimmi perché ti comporti così.» Disse con voce ferma, afferrandomi per le spalle.
Lo guardai negli occhi. «Nulla.»
Lui si accorse del mio sguardo spento, vuoto e freddo. Lasciò cadere la sua presa. Abbassò lo sguardo. «Quindi non c’entra il fatto che sei andata di nascosto sul luogo in cui hai avuto l’incidente, sapendo benissimo che non te lo avrei mai lasciato fare.» La sua voce assunse un tono tagliente.
Spalancai gli occhi. Mi sentii come se fossi stata tradita da un alleato, che in quel caso era Shannon. Serrai le labbra, trattenendo l’ira. «Dovevo andare.» Mi limitai a rispondergli.
«No, non dovevi. Ti sei fatta solo del male. E stai ferendo anche me, mentendomi e nascondendomi le cose.»
In quell’istante non ci vidi più. «Io ti mento? IO TI MENTO? E tutte le bugie che mi hai raccontato?» Scattai io.
«Non so di cosa parli.» Affermò sfuggente lui, spostando lo sguardo.
Ricolma di rabbia, mi avvicinai a lui. Lo presi per il mento e lo costrinsi a riportare il suo sguardo nel mio. «ALLORA GIURAMELO, giuralo sulla mia vita che tu non mi hai MAI mentito.» Dissi, decisa.
Non rispose.
Chiusi gli occhi e scossi la testa, ancora più delusa. «Lo immaginavo.» Feci un passo indietro. «Non puoi giurare il falso. So che quella notte eri con me. So benissimo che mi hai mentito, nonostante ti avessi chiesto espressamente di non farlo.»
«Ma non sai perché l’ho fatto!» Esclamò d’un tratto lui.
Feci spallucce, sarcastica. «Allora, vediamo … forse ci arrivo io. Mi stai mentendo perché stai nascondendo qualcosa che hai fatto che, se ricordassi, ti allontanerebbe da me. Sei qui solo perché ti stai ripulendo la coscienza, come ha detto ieri Emma. È così che ho saputo tutto. L’ho dovuto scoprire, spiandoti. Che tristezza!»
Jared mi guardò come se ferito dalle mie parole. «Charlotte, ma che dici?! Ho fatto tutto questo per proteggerti, per prendermi cura di te. Credimi, mai nemmeno per un istante ho pensato a me. MAI! Non è questo il motivo.»
«ALLORA DIMMELO! Sono qui dinnanzi a te. Dimmi perché lo hai fatto.»
Abbassò per l’ennesima volta lo sguardo, come se ci avesse ripensato. «È complicato, Charlie. Ti chiedo solo, per favore, di fidarti di me.»
«Okay, ora ne ho abbastanza!» Feci per andarmene da quella stanza.
«Charlie, aspetta …»
Non gli prestai ascolto. Entrai nella mia stanza, presi la giacca e la borsa, ma soprattutto il bagaglio.
«E quello?» Domandò lui, stupito, appena mi vide tornare con il trolley.
Non gli risposi.
«Charlotte! Che credi di fare?» Insisteva lui.
«Starò via per qualche giorno. Ho bisogno di stare da sola ed allontanarmi da …»
«… me?» Intervenne Jared, prima che terminassi la frase.
Lo guardai. « … da tutto.» Completai la frase.
«Non puoi farlo.» Avanzò Jared, con voce rotta forse dalla rabbia o dalla tristezza.
«Scommetti?» Risposi sarcastica, ma soprattutto senza cuore.
«E quando torni?»
«Quando torna Sarah e tu te ne sarai andato.»
Attimi di silenzio. Eravamo nuovamente l’uno dinnanzi l’altra.
«Non puoi dire sul serio.»
«E invece sì. Non ho più motivo di stare qui.»
Gli passai di fianco e lo superai, dirigendomi verso la porta.
Tutto accadde rapidamente. Jared mi afferrò forte il polso della mano, con la quale trascinavo il trolley.
«Jared, lasciami.» Pronunciai io, esasperata dalla sua insistenza.
Lui non mi ascoltò. Con un abile e rapido gesto, mi strappò il manico del bagaglio dalla mano, gettandolo per terra. Mi spinse poi verso il muro adiacente alla porta, bloccandomi le braccia tra la parete e la mia schiena.
«Jared, smettila! Mi stai facendo male!» Lamentai, un po’ spaventata dalla sua reazione.
Lui alzò il suo sguardo spento su di me. Dai suoi occhi sfuggirono delle lacrime.
Accostò il suo corpo al mio.
Il mio cuore cominciò a battere fortissimo e io ebbi l’impressione di aver smesso di respirare per qualche attimo.
Avvicinò le sue labbra al mio orecchio.
«Non puoi andartene.» La sua voce, rotta dalle lacrime, confermò la mia sensazione. Stava piangendo in silenzio. Cercava in tutti i modi di non darlo a vedere. «Non puoi lasciarmi, Charlotte. Devi fidarti di me.»
«Come puoi ancora avere la faccia tosta di chiedermi di fidarmi di te?! Dopo queste bugie … Mi dispiace, Jared.» Questa volta fui io a distogliere lo sguardo, ricolmo di frustrazione. «Ora, lasciami!»
«No, non lo farò. Non ti farò andare via così. Non sai quanto difficile sia per me tutto questo …»
«Davvero? Beh, fino ad ora non mi è sembrato che fossi così in difficoltà nel mentirmi. Ti stava riuscendo così bene.» Mormorai a pochi centimetri dal suo viso, con tono sarcastico.
Jared appoggiò la sua fronte contro la mia, fissandomi con i suoi occhi di ghiaccio che erano divenuti piccoli come fessure. Non lo avevo mai visto così.
«Credi che per me sia stato semplice? Credi che io mi sia divertito a nasconderti le cose? Credi che non abbia sofferto anche io? Non poterti dire che …» S’interruppe.
Smise di parlare. I suoi occhi cominciarono a guardare altro.
Avvicinò la sua mano al mio viso, cominciando ad accarezzarlo lentamente.
Provai nuovamente quel blocco allo stomaco.
«J- Jared, che … che stai facendo?» Balbettai, a dir poco impietrita.
«Sssh …» Pronunciò lui, zittendomi. «Sono stanco di tutte queste parole.»
Le sue dita arrivarono alla mia bocca, sfiorando delicatamente le mie labbra.
Si avvicinò ancora di più.
Ancora di più.
Il mio cuore stava impazzendo sotto al suo tocco.
Mi liberò anche l’altro braccio dall’altra mano, con la quale però mi cinse il bacino, conducendolo al suo.
Era una buona occasione per liberarsi e fuggire. Se solo non fossi stata paralizzata.
Il mio respiro divenne irregolare. Mi lasciò senza fiato.
«Basta, lasciami. Ti prego …» Sussurrai, quasi implorandolo.
Jared non mi ascoltò.
Appoggiò le sue morbide labbra sulle mie e cominciò a baciarmi, prima lentamente poi con sempre più cocente passione.
Fui colta alla sprovvista da quel gesto, ma con mia enorme sorpresa lo ricambiai. Per un attimo, tra le sue braccia abbassai qualsiasi tipo di difesa. Provavo una sensazione strana, quasi dimenticata.
 

 

«You can say you love me, that I'm your perfect crush.
How it hurts to need someone that much.
You can swear you mean it, but that ain't good enough.
Coz when a man loves a woman, it is all... In His Touch»
“In his touch”, Celine Dion.

 
 
Peccato che non era così che si sarebbero risolte le cose. anche dopo questo bacio, così dolce e perfetto, avrei continuato a non fidarmi di lui.
E poi lui è Jared, il mio amico. O almeno lo era dopo ciò.
Cosa significa tutto ciò? E perché ho la sensazione che questo sia già successo più e più volte?
Non poteva essere vero tutto ciò.
Raccolsi un attimo di lucidità in quell’istante in cui la razionalità era l’unica intrusa.
Lo spintonai via. «Basta, smettila! SEI IMPAZZITO?!» Esclamai.
Lui, imperterrito, fece per riavvicinarsi, ma non glielo permisi.
Alzai una mano e lo schiaffeggiai.
Lui barcollò, facendo qualche passo indietro e toccandosi la guancia dolorante.
Raccolsi la valigia e le mie cose da terra.
«Charlotte, perdonami. Io non …» Sussurrò Jared, rendendosi conto della mia espressione confusa.
«Come ti è solo passato per la testa di fare una cosa del genere?»
«Hai ragione, scusami. È solo che …» Tentò di riavvicinarsi per l’ennesima volta solo che fui io questa volta ad indietreggiare. «Basta, Jared! Stammi lontano. Non voglio più vederti.» Dichiarai, prima di uscire e chiudermi la porta dietro di me. Presi l’ascensore, ma prima di arrivare al piano terra lo bloccai e mi lasciai travolgere dalle lacrime. Ero sconvolta.
Cominciai a singhiozzare rumorosamente. Mi mancava il fiato. Ma che cosa gli era preso? Perché si era comportato in quel modo? Se prima ero confusa, dopo quel gesto lo ero ancora di più.
Appena mi calmai un po’, feci ripartire l’ascensore.
Uscii dal palazzo e fermai un taxi.
Non gli diedi indicazioni. Gli dissi solo di partire.
Presi il foglietto dalla mia tasca. Composi il numero.
«Pronto …» Risposero dall’altro capo.
 Presi fiato. «Adam? Sono Charlotte. Ho bisogno di vederti. Dobbiamo parlare …» Pronunciai con voce seria, asciugando con il palmo della mano anche le ultime lacrime che svanirono via.

 
 

«Forse un giorno tornerò
Il mio cuore lo sente …
Ed allora capirò il ricordo di sempre …»
“Quando viene Dicembre”, Tosca.

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Capitolo 16
*** Chapter 16: Don't you remember? ***


Salve bella gente! Come va? Trascorsi belle vacanze? Spero di sì. Allora eccomi qui, un po' in ritardo. Come promesso ecco il Capitolo 16.
E preparatevi, perché........
IL PROSSIMO CAPITOLO è QUELLO DEFINITIVO! :D
Ebbene sì, carissimi. Siamo quasi giunti alla fine. Anche le cose belle devono prima o poi finire, speriamo solo finiscano in bene. ;P
*le scende una lacrimuccia*
Beh, basta chiacchiere. Vi lascio al capitolo seguente, sperando vi piaccia. ;)
Attendo come sempre vostri commenti. 
Stay tuned for the next and THE LAST CHAPTER! :D

With Love 

A.



 

Chapter 16
 

Don't you remember?


 

«Charlotte, che sorpresa! Non ci speravo più che chiamassi.» Pronunciò lui, con aria soddisfatta. «Puoi venire da me. Ti invio un messaggio con il mio indirizzo.»
«D’accordo.» Attaccai.
Non so esattamente cosa poteva sapere Adam ma, qualunque cosa fosse, era meglio del silenzio e della totale ignoranza sulla verità. Se fossero state altre bugie, questo poi lo avrei valutato da sola.
Stavo per recarmi nella tana del lupo, completamente disarmata.
Il messaggio di Adam arrivò subito. Lo lessi all’autista del taxi e lui mi condusse a destinazione.
Giunta dinnanzi casa sua, Adam era già sulla soglia che mi aspettava.
Pagai il taxi e feci scaricare i bagagli che portavo con me. Adam mi venne incontro e mi aiutò a portare i bagagli dentro casa sua.
«Beh se sapevo che avevi intenzioni di restare qui per la notte, ti preparavo un letto. Ci dovremmo accontentare di stringerci nel mio, allora.» Affermò marpione e malizioso.
«Non ti illudere. Non sono qui per restare. Sono in partenza. Volevo solo porti delle domande.» Dissi, secca.
Entrammo in casa. Mi accomodai sul divano e lui accanto a me.
«Cosa vuoi sapere?»
«Tutto ciò che sai, e che io non so, su di me e sui mesi prima del mio incidente.»
Lui mi guardò torvo, quasi come se fosse confuso. «Dovresti chiederlo a Jared …»
«Lo sto chiedendo a te ora.»
Gli sfuggì una risatina malefica. «Ho capito. Hai scoperto che ti ha mentito e hai approfittato di ciò che ti ho detto l’altro giorno in ufficio.»
Il suo comportamento mi stava irritando e non poco.
Mi alzai di scatto in piedi. «Adam, non sono venuta qui per essere presa in giro ulteriormente. Se sai qualcosa che mi possa interessare, allora spara. Se, però, hai intenzione di schernirmi ancora, me ne vado.» Fu il mio avvertimento.
Ma non sembrò afferrare seriamente cosa gli avessi detto. Gli sfuggì un’altra risatina. Così feci per riprendere i bagagli, che avevamo lasciato accanto alla porta, e andarmene.
Tuttavia lui mi fermò per un braccio, trattenendomi. «Aspetta, Charlie.» I nostri sguardi s’incontrarono, ma la sensazione di sicurezza e protezione che provavo quando guardavo Jared negli occhi, qui era sostituita da un’altra sensazione per niente piacevole. I suoi occhi, color nocciola scuro, mi incutevano particolarmente ansia, ma non smettevo di fissarli.
Il lupo mi stava catturando nella sua trappola.
«Scusa. Ti racconterò tutto.» Mormorò a pochi centimetri dal mio volto. «Ma ad una condizione. Ricordati, dolcezza, tutto ha un prezzo.»
«Sarebbe?» Domandai, cercando di allontanarmi da lui.
«Credo che tu già sappia cosa voglio …» Adam sfiorò pian piano la spallina del mio top, che fece ricadere lungo il braccio.
Mi scostai bruscamente. «Che cosa? Tu sei pazzo!» Commentai, disgustata.
«Sarò anche pazzo, ma sono anche l’unico disposto a raccontarti la verità. E vorrei ricordarti che tu sei venuta da me.»
«Sì, ma questo non ti autorizza a ricattarmi. Credi davvero che verrei a letto con te?»
«Se sei intenzionata a conoscere ciò che non ricordi, dovrai scendere a qualche compromesso.» Si avvicinò nuovamente a me, ma mi scansai.
«Non toccarmi, Adam! Dovevo immaginarlo che ci fosse sotto qualcosa …» Dissi ad alta voce.
Improvvisamente alla porta bussò qualcuno, in modo molto violento.
Mi voltai verso Adam. Forse attendeva qualcuno. Lui però era più sorpreso di me.
Poi udimmo una voce dall’altra parte della porta.
«ADAM! APRI QUESTA DANNATA PORTA! IMMEDIATAMENTE!» La voce di Jared, che urlava come un forsennato, stupì entrambi.
Che diavolo ci faceva lì?
Non ero pronta ad vederlo di nuovo. Non dopo tutto quello che era successo.
Non dopo il bacio.
Non volevo vederlo.
Non ce la facevo.
«Che ci fa qui?» Domandai, retorica. Adam non afferrò il mio tono di voce.
«Ti avrà seguito.» Adam si avvicinò alla porta e l’aprì.
Jared si scaraventò su Adam e lo strattonò, tenendolo per il colletto della camicia. «ADAM, COSA VUOI DA LEI?! Ti ho già ripetuto un milione di volte che le devi stare lontano, LONTANO!» Jared era una furia.
«Mi dispiace deluderti, ma è lei che è venuta da me.» Adam alzò le mani in segno di resa.
«Jared, basta. Lascialo!» Gli ordinai.
I nostri sguardi s’incrociarono e l’immagine del nostro bacio riecheggiò, egoista, nella mia testa. Come immaginavo, non riuscii a sostenere il suo a lungo perciò lo distolsi immediatamente.
Lui seguì la mia esortazione. «E cosa sei venuta a fare qui?» Chiese Jared, lasciando la presa su Adam e facendo qualche passo verso di me.
«Sono venuta a …» Venni interrotta.
«È venuta a scoprire il motivo per cui il suo “adorato” Jared le mente. Curioso, vero? Siamo tutti e tre qui. Lei, il bugiardo e il sincero. E credo tu sappia quale sia la tua parte da interpretare.» Cominciò a provocare Adam.
Jared non si voltò nemmeno un istante a guardarlo. «Cosa ti ha detto?» Domandò direttamente a me.
«Nulla.» Rivolsi uno sguardo  ad Adam, ripensando alla sua “proposta indecente”.
«O almeno non ancora.» Incalzò immediatamente Adam. «Stavamo cercando un accordo.» Rise sornione.
Jared non volle conoscere ragioni. «Basta. Ora andiamo via.» Mi prese per un braccio e fece per portarmi fuori.
«Jared, lasciami …» Opposi resistenza. «Non voglio che ti intrometta più. È chiaro?»
«Charlotte, non capisci che questo è un bastardo? Vuole approfittare solo della situazione.»
«Ma è l’unico disposto a dirmi la verità.» Tornai a guardarlo. Quei lineamenti così familiari, quelle braccia aperte verso di me che solo qualche ora prima mi avevano avvolto in un caldo abbraccio. Mi faceva soffrire quel suo essere distante. Ma mi faceva altrettanto soffrire la sua finta vicinanza.
Se solo avessi potuto cancellarlo dalla mia vita.
Eppure cancellare Jared dalla mia vita equivaleva a cancellare parte della mia vita stessa.
«E cosa ti assicura che quello che ti racconta sia davvero la verità e non sia ciò che lui voglia farti credere?» La realtà dell’osservazione di Jared mi piombò letteralmente addosso come un macigno.
Sapevo benissimo che andare da Adam sarebbe stato come aprire una scatola e non sapere cosa aspettarmi di trovare al suo interno. Eppure nonostante tutto ero lì, al capezzale di colui che mi avrebbe raccontato qualcosa di ipoteticamente veritiero solo se prima ci fossi andata a letto.
Ero stata ingenua o disperata?
Abbassai lo sguardo.
«Charlie, devi fidarti di me.» La mano di Jared mi raggiunse e si posò sulla mia spalla. Quel contatto mi fece sussultare.
«Hai ragione. Non dovrei fidarmi di Adam …»
Sul viso di Jared si dipinse un piccolo sorriso. Ma durò poco.
«Ma ciò non significa che io mi fidi di te.» Lo inchiodai con lo sguardo e mi scostai dal suo gesto. Presi le valigie e valutai l’idea di ritirarmi, come un soldato che aveva perso una battaglia. «È stata una perdita di tempo venire qui. Me ne vado.»
«Charlotte, aspetta.» Cercò di trattenermi Adam, ma non gli diedi ascolto. Uscii in strada in cerca di un taxi.
«Charlie!» La voce di Jared mi raggiunse.
«Jared, basta! Smettila di seguirmi.»
«E tu smettila di scappare! Sono stanco di rincorrerti.»
«NESSUNO TI HA CHIESTO DI FARLO!» Gli urlai contro.
«Lo so. Ma se non lo facessi, ti perderei.» Affermò sincero.
Una morsa strinse il mio cuore.
«Peccato che tu mi abbia già persa.»
La sua fronte si contrasse e si morse un labbro.
“Complimenti Charlotte, lo hai colpito e affondato. Vergognati!”
«Charlotte, più di ripeterti all’infinito che mi dispiace, che non volevo … ma che ho dovuto mentirti per proteggerti. Cosa altro posso dire o fare?»
«Credimi, hai già fatto abbastanza. Pensi davvero che baciarmi possa risolvere le cose? Come diavolo ti è venuto, eh?» Le mie guance si dipinsero di rosa per l’imbarazzo.
«Hai ragione. Non so come mi sia venuto in mente …» Abbassò lo sguardo.
«Non era la prima volta che mi baciavi, vero?» Sparai di botto.
I nostri occhi si incontrarono. Lui era rimasto sorpreso dalla mia domanda, e anche io sinceramente.
Non rispose. I suoi occhi si riempirono di lacrime.
Scossi la testa. Fermai il primo taxi che percorse la strada. «Ti prego, Jared, non mi cercare più. Vado a stare dai miei per qualche giorno.»
«Ma …?»
«No, Jay …» Abbozzai un sorriso triste. «È giusto così. Devo stare sola, riflettere e mettere in ordine il caos nella mia testa.»
«E il matrimonio di Tomo e Vicki?»
«Spero di esserci. Poi parlerò con Vicki.»
Fece un passo verso di me. «E … noi?»
Noi … che strano effetto che aveva su di me quel pronome. Come la prima volta che lo udii uscire dalla sua bocca.
Purtroppo in quell’istante mi parve tutto come distrutto. Non avremmo mai potuto recuperare nulla, perché nulla era rimasto ormai. Dovevamo capire solo se ne valesse ancora la pena andare avanti e provare a ricostruire la nostra amicizia. Potevamo, però, capire tutto questo stando lontani. Almeno fin quando non avrei ricordato del tutto, e non volevo immaginare nemmeno lontanamente che non recuperassi la memoria.
Era inevitabile allontanarci.
«Non credo che esista più un noi.» Entrai nel taxi e, dopo che l’autista caricò le mie valigie, partimmo.
Lasciai Jared sul ciglio della strada ad osservarmi mentre andavo via da lui.
Pregai che quella non fosse l’ultima volta che lo avrei visto.
 
 

«When will I see you again?
You left with no goodbye, not a single word was said,
No final kiss to seal any seams,
I had no idea of the state we were in.»
“Don’t you remember”, Adele.

 
Una settimana dopo.
«Tesoro, è pronta la cena.» La voce di mia madre, proveniente dal piano di sotto, fu così forte che mi destò dal mio sonno in cui ero caduta.
Mi strofinai gli occhi.
Dove sono?
Ah, giusto. Sono tornata a casa dei miei.
In Colorado.
Cominciai a guardarmi attorno. La mia stanza non era cambiata di una virgola. Era sempre tutta dipinta di violetto e color lavanda. I miei mobili bianchi sempre ai soliti posti. I poster sempre appesi al muro. I libri sempre ordinati allo stesso modo. L’armadio, che era di fronte al mio letto a baldacchino, sempre ricolmo di vestiti, molti dei quali non indossavo più. Non era cambiato nulla.
Solo io lo ero.
Fui colta da una sensazione di fresco sulla guancia. Era bagnata. Sfiorai il cuscino sul quale ero appoggiata e anche questo era umido.
Già, dimenticavo. Mi sono addormentata che piangevo.
Non facevo altro da quando ero tornata qui. Non riuscivo a capire quale fosse il problema. Credevo che stando lontana da LA e da tutti i problemi sarei stata meglio. Non avrei sofferto.
E, invece, stavo peggio. Come se mi avessero strappato via da qualcosa. O, meglio, da qualcuno.
Saranno circa 1500 miglia di distanza. 1500 miglia. Così avevo sentito dire in aeroporto.
Al momento non avevo pensato a quanto potesse essere distante la California.
Perciò, perché ci penso adesso?
1500 miglia.
Magari se fossi in un altro continente sarebbe più semplice per me sopportarlo.
Insomma, me ne farei una ragione.
1500 miglia.
Se solo non fosse andato a finire tutto in questo modo.
Se solo fosse stato tutto diverso.
Magari se non ci fosse stato quell’incidente, a quest’ora sarei stata felice.
Eppure l’incidente c’è stato.
Forse, se fossi morta …
Mi alzai di colpo e mi misi a sedere al centro del letto, portandomi la testa tra le mani. Ma come potevano venirmi in mente certi pensieri? Dovevo smetterla e reagire.
Ma era la forza che mi mancava. O, forse, era lui che mi mancava.
Iniziai a ripensare a quando mi venne l’idea folle di cacciare Jared dalla mia vita. Era folle, come lo ero io probabilmente. Come potevo solo pensare di cancellarlo? In primo luogo, perché sarebbe stato impossibile anche se lo avessi voluto con tutta me stessa.
E in secondo luogo, perché lui era parte della mia vita.
Bussarono alla porta.
Affondai il viso nel cuscino. Non mi andava di vedere nessuno. Volevo essere lasciata in pace. Sempre che quella in cui mi trovavo io si potesse definire pace.
Entrarono lo stesso.
«Tesoro, perché non vieni a cenare?» Era mia madre, che mi rinnovava il suo invito ad unirmi a loro per la cena.
«Mamma, non ho fame.» Risposi atona.
«Charlotte, ma devi mangiare. Da quando sei tornata non hai fatto altro che restare chiusa in questa stanza, senza mettere nulla sotto i denti. Così starai male.»
«Sto già male, mamma.» Le ricordai.
Si sedette accanto a me sul letto e cominciò ad accarezzarmi i capelli, proprio come faceva quando ero piccola ed ero triste. «Charlie, ti va di parlare un po’? Così ti sfoghi.»
«Mamma, per favore …» Cominciai a lamentarmi.
«Non mi hai ancora spiegato come mai sei tornata da noi.» Ignorò il mio lamento. «È successo qualcosa?»
Mi voltai verso di lei. Si accorse che avevo pianto. Aprì le sue braccia e mi accolse in un caldo abbraccio.
«Oh, mamma …» Pronunciai, in preda ad altre lacrime.
«Oh, tesoro mio. Non piangere, su. Non credevo che stessi così male. C’entra per caso Jared?» Domandò di colpo.
Ad udire il suo nome pronunciato ad alta voce, un brivido mi percorse la spina dorsale. Mi separai da lei per guardarla negli occhi. «Mamma, mi ha presa in giro. Mi ha mentito per tutto questo tempo.» Le raccontai tutto, dalla conversazione che ascoltai di nascosto con Emma alle bugie sue e di Shannon sulla loro meta dell’ipotetico tour. «Mi sono sentita tradita, capisci?!»
«Ti capisco, tesoro, e mi dispiace che tu stia soffrendo così tanto. Nessuno di noi può capire come ti senti.» La frase di conforto di mia madre era sempre il preludio ad una riflessione più profonda, ma anche più dura. E infatti: «Eppure, Charlie, non posso esimermi dal dirti come la penso.»
«Certo, dimmi tutto.» Quella volta ero talmente disperata, che necessitavo di una guida.
«Almeno sai perché ti ha nascosto la verità?»
«No, cioè avevo campato in aria un’idea, ma lui non mi ha voluto dire nulla.»
Mia madre tirò un profondo sospiro e abbassò lo sguardo. «Beh, allora credo che sia giunto il momento che tu sappia.»
La sua affermazione mi stupì. Che anche lei sapesse? «Mamma, anche tu sai qualcosa?» La guardai, sconcertata.
«Sì, tesoro. Però voglio spiegarti che siamo stati quasi “obbligati” a mentirti. Sì, hai capito bene. La responsabilità non è solo di Jared. Anche tutti noi ti abbiamo mentito.»
«Ma bene! E questo dovrebbe essermi di conforto?!» Esclamai, ferita.
«No, però devi ascoltarmi. Lo abbiamo fatto perché è stato il medico ad intimarci di tenerti allo scuro di tutto ciò che avrebbe potuto turbarti.» Appena si accorse che mi ero calmata e che aveva nuovamente la mia totale attenzione, proseguì. «Quando ci fu l’incidente eri in un parcheggio di una discoteca con Jared. Avevate litigato. Appena accadde, Jared chiamò subito un’ambulanza. Arrivata all’ospedale avevi perso tanto di quel sangue che le condizioni erano critiche …» S’interrupe nel racconto. La sua voce fu rotta da lacrime che si avvicendarono copiose sulle sue guance. Le accarezzai il braccio per confortarla. «Jared ci chiamò subito e corremmo da te con il primo aereo. Arrivati lì, parlammo con il medico e ci disse che non si sapeva se ce l’avresti fatta. Trovammo Jared, seduto in sala d’aspetto con la testa tra le mani. Era distrutto, Charlie. Se l’avessi visto non lo avresti riconosciuto. Si incolpava dell’incidente. Continuava a ripetere che non ti aveva protetta, che quell’auto avrebbe dovuto colpire lui e non te.» Mia mamma s’interruppe nuovamente.
Le sue parole mi colpirono. Lui avrebbe davvero rischiato la sua vita … per me?
«Poi finalmente ti sei risvegliata, ma ci accorgemmo ben presto che avevi perso la memoria. Fu un’ulteriore batosta per noi, e soprattutto per Jared. Hai dimenticato gli ultimi 6 mesi della tua vita, 6 mesi che avevi trascorso con lui. Il medico ci vietò categoricamente di informarti su cose che ti avrebbero potuto confondere, perciò decidemmo di mentirti. Jared si oppose con tutto se stesso. Quando, però, il medico ci disse che era il metodo più sicuro affinché tu tornassi a ricordare, lui si arrese e accettò il compromesso.»
«Ma cosa mai potevate raccontarmi per potermi sconvolgermi fino a quel punto?» Domandai, confusa.
Lei titubò nel rispondermi.
«Mamma, per favore …» La esortai io.
«Tesoro, è complicato per me spiegarti come stavano le cose prima del tuo incidente. Dovrebbe essere Jared ha spiegarti …»
«Ma non l’ho fatto. VUOI CAPIRLO?!» Mi stavo alterando nuovamente.
Lo sguardo di mia madre si posò fisso nel mio. Questa reazione mi pietrificò. «Charlotte, Jared ti ama. Ti ama così tanto che, per tutto questo tempo, ti è stato accanto, nella speranza che tu ricordassi di voi due.»
Il mio cuore sembrò fermarsi. Spalancai gli occhi.
«Cosa?» Emisi in un respiro.
«Sì, tesoro. Hai capito bene. Lui ti ama. E anche tu lo ami. Lo si nota da come vi guardate, dalla dolcezza con la quale lui ti tratta. Vi amate e, anche se in questo momento ti sembra assurdo ciò che ti sto dicendo, prima o poi te ne renderai conto.»
«Mamma, non …»
«Charlotte, guardami!» Mia madre mi prese il viso tra le mani e mi fissò attentamente negli occhi. «Cosa provi quando sei con lui? Non noti che c’è un’inspiegabile attrazione? Una sorta di atmosfera particolare?»
Effettivamente mia madre non aveva tutti i torti. E poi c’era stato quel bacio …
E chi lo aveva dimenticato quel bacio.
«Charlie, tu e Jared siete come due calamite. Parte di voi cerca di respingersi, ma alla fine vi attraete l’uno all’altra fino a che non vi ritrovate a respingervi nuovamente. Tu hai bisogno di lui, come lui necessita di te.» Non avevo mai sentito mia madre parlare in quel modo. Era come se mi stesse leggendo dentro.
«E tu questo lo chiami “amore”, mamma?» Chiesi improvvisamente, con le lacrime agli occhi. «Io lo chiamo solo “farsi del male”.»
«Sì, piccola mia. Anche questo è amore. Non puoi classificare un sentimento. Ogni coppia, ogni legame tra due persone manifesta il proprio amore in modi diversi. C’è chi litiga sempre, chi va sempre d’amore e d’accordo, chi si ignora, chi trascorre sempre il proprio tempo insieme. E poi ci siete voi, che vi amate così tanto fino a consumarvi.» Mia madre mi accarezzò la guancia, per asciugare le lacrime che intanto si erano posate su di esse. «Tuo padre non impazzisce per ciò che c’è tra voi due, e lo sai. Però io ho fiducia in quel ragazzo. Ha fatto degli sbagli, ma chi non li commette?! Eppure non ha mai smesso di prendersi cura di te, nonostante tuo padre, nonostante i problemi, nonostante tutto …» Fece una pausa, poi si alzò. «Torno subito.» Sancì lei, uscendo dalla mia stanza improvvisamente.
Dove stava andando?
Rimasi ad attenderla, finché non la vidi rientrare in stanza con un sacco a grandezza uomo. Lo poggiò sul letto.
«Che cos’è?» Domandai, confusa.
«È arrivato stamattina. È il vestito per il matrimonio dei tuoi amici.» Rispose lei.
Mi avvicinai, cauta, al vestito e aprii lentamente la cerniera del sacco che lo conteneva. Sfiorai delicatamente la stoffa di raso azzurra.
«Accanto al vestito c’era anche questa. Credo sia la partecipazione.» Mia madre mi porse la lettera e io l’afferrai. La busta era fatta con carta da riso, la preferita da Vicki. Quella ragazza aveva fatto le cose in grande. «Tesoro, io non so cosa sceglierai di fare … se andare o meno al matrimonio, se perdonare o meno Jared e, in un qual modo, tutti noi per averti mentito a fin di bene. Eppure qualsiasi sia a decisione che prenderai, io e tuo padre saremo sempre accanto a te a sostenerti.» Pronunciò lei, baciandomi amorevolmente il capo. «Allora buona notte, Charlotte!»
«Buona notte, mamma. E grazie!» Risposi al saluto.
Appena mia madre andò via, richiudendosi dietro la porta, aprii pian piano la busta. Mia mamma aveva ragione: la lettera conteneva effettivamente la partecipazione al matrimonio di Tomo e Vicki.
 
 
 

 Vicki Bosanko

e

Tomislavic Miličević

Insieme richiedono l’onore della vostra presenza
Alla celebrazione del loro matrimonio

Sabato, due Luglio
Duemila e undici
Alle sei di sera

Balos, Creta

 

 
Si sarebbero sposati sull’isola di Creta. C’ era anche un biglietto aereo con destinazione a Creta allegato alla partecipazione. Allora Vicki c’era riuscita ad organizzare tutto come voleva. Ero felicissima per loro. Se lo meritavano.
Ed ora? Cosa faccio? Ci vado o non ci vado?
Si sposano dopodomani.
Dalla busta però cadde qualche altra cosa. Un’altra piccola lettera. Sopra c’era scritto “Per Charlie”.
La aprii e cominciai a leggere.
 

Charlie, amica mia.
Ti ho fatto recapitare l’abito da damigella come ti avevo promesso. Perché io voglio ancora che tu mi faccia da damigella. Ci tengo così tanto che, egoisticamente, non m’importa di ciò che è successo tra te e Jared. La tua presenza qui, al mio fianco, renderebbe questo giorno per me e Tomo ancora più speciale. Spero di averti convinta e, se non l’ho fatto, beh spero tu ci ripensi. Perciò cerca di mantenere la tua promessa.
Io e Tomo ti vogliamo un bene immenso.
Ti aspettiamo.
Con affetto.
                                                                                                   Vicki                                                  
                          

 
Le parole di Vicki sortirono l’effetto da lei sperato. Mi aveva convinto, se solo non avesse citato Jared. Se fossi andata al loro matrimonio lo avrei rivisto e avrei percorso la navata sotto al suo braccio, dato che io ero la damigella e lui il testimone.
Sarei stata pronta per tutto questo? Io, che non avevo la forza di guardarmi allo specchio, sarei riuscita ad affrontarlo e a guardare lui negli occhi?
Trascorsi buona parte della nottata a chiedermi se fossi stata abbastanza forte e coraggiosa da prendere una decisione definitiva, finché la stanchezza non mi portò ad addormentarmi.
 
 

«But don’t you remember?
Don’t you remember?
The reason you loved me before,
Baby, please remember me once more.»
“Don’t you remember”, Adele

 
 
Quella notte, tra immagini di mie e di Jared, flashback vari e sogni assurdi, fu una di quelle notti che chiunque vorrebbe dimenticare.
Eppure quando mi svegliai improvvisamente di soprassalto, accadde qualcosa che mi sconvolse.
D’un tratto ricordai tutto.
Ricordai degli ultimi sei mesi di lavoro, di uscite con le amiche e di … Jared.
Ricordai di Hurricane, di New York, degli abiti e del completino sexy di Victoria Secret.
E ricordai la cosa più importante di tutte. Ricordai di me e di Jared, insieme e innamorati. Dei nostri baci, dei nostri abbracci, del nostro amarci così intensamente.
Mi resi conto che, alla fine, dentro di me sapevo cosa io provassi per lui. Purtroppo la memoria mi impediva di realizzarlo. Ma ora che avevo di nuovo ritrovato l’ordine nella mia testa, tutto il resto mi sembrò così futile, compreso il mio litigio con Jared.
Lui mi amava. Si era preso cura mi me. Ed io lo amavo a mia volta. Lo amavo immensamente.
Solo ciò importava davvero.
Solamente in quell’istante compresi davvero l’importanza delle parole di mia madre.
In quel momento, restava una sola cosa da fare. Andare al matrimonio di Vicki e di Tomo e riprendere in mano la mia vita.
Mi voltai verso la sveglia e, quando mi resi conto che era già mezzogiorno, ebbi un sussulto. Non dovevo perdere altro tempo. Dovevo correre e arrivare in tempo al matrimonio, a costo di viaggiare per tutta la notte successiva.
Così preparai un paio di cose di corsa, le infilai in un borsone. Presi poi il cellulare e il vestito e scesi di corsa giù.
I miei erano in giardino che chiacchieravano e, appena mi videro uscire di corsa, si interruppero.
«Tesoro, dove corri?» Chiese mia madre, interdetta.
«Vado a riprendermi la mia vita.» Risposi, scappando via.



 

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Capitolo 17
*** Chapter 17: From this moment on. ***


Chapter 17: From this moment on.
 

Arrivò finalmente il grande giorno per Tomo e Vicki. Quello sarebbe stato il giorno in cui avrebbero promesso dinnanzi ad amici e parenti di amarsi per sempre.
Per sempre.
Mi ero sempre chiesto se davvero esistesse un “per sempre”. Insomma, quante volte abbiamo sentito pronunciare questa parola dalle persone che amiamo? E quante volte quel “per sempre” si è trasformato in una promessa non mantenuta?
Amici, amori, padri, madri che ti promettevano che non sarebbero mai andati via, che sarebbero rimasti accanto a te per sempre.
Eccole di nuovo, quelle due semplici parole che, crescendo, cominci a odiare con tutto te stesso.
Non avevo mai creduto al “per sempre”. Tutte le persone che mi avevano fatto quella promessa, per un motivo o per un altro, erano andate via lasciandomi con queste parole, ormai prive di significato.
Ed avevo perso fiducia anche nel matrimonio, così come per quella promessa.
Non che non mi piacesse l’idea di legarmi ad una persona e mettere su una famiglia. Eppure a furia di ripetermi che non ero fatto per queste cose, ormai me n’ero convinto. Almeno finché non mi ero innamorato di Charlotte.
Lei era stata capace di rompere tutti gli schemi della mia vita, senza che io mi opponessi. Era un po’ come se una parte di me non attendesse altro che si rompessero.
Avevo quasi dimenticato come si amasse. Poi era arrivata lei e … boom! Eccomi innamorato come quando ero un adolescente. Lei era stata tutto per me. E lo era ancora, probabilmente.
Ma tutto questo ormai non contava più. Anche Charlie mi aveva lasciato. L’avevo persa e non facevo altro che incolpare me stesso per tutto questo. D’altra parte, da quando era andata via non l’avevo più cercata. Non avevo più il diritto di intromettermi nella sua vita.
Dovevo lasciarla andare. Dovevo farla volare via.
Via da me.
Tuttavia di una cosa ero assolutamente certo: lei era stata l’amore della mia vita e, probabilmente, non avrei mai amato più nessun’altra come avevo amato lei.
«Jared, allora sei pronto?» La voce di mio fratello Shannon mi destò dai miei pensieri. Ero ancora dinnanzi allo specchio a fissare il vuoto.
Cercai, però, di tornare in fretta alla realtà. «Sì, scusami. Ero sovrappensiero.» Dissi con tono distante. «Non riesco a fare il nodo a questa fottuta cravatta! Mi sono appena ricordato il motivo per cui non la indosso mai.»
«Vieni qui, ti aiuto io.» Shannon poggiò la mia giacca sul divanetto che si trovava al centro della stanza e si avvicinò a me, cominciando ad armeggiare con dita esperte nel tentativo di aggiustarmi la cravatta. «Pensavi ancora a Charlotte?» Esordì lui improvvisamente.
«Anche.»
«Credi che verrà?»
Lo guardai e scocci la testa. «No, non lo farà.»
«Io credo di sì, invece. Voi vi amate. Perciò non può farti questo.»
«Certo che può. E, a dirla tutta, io non la biasimerei. D’altronde le ho mentito per tutto questo tempo.»
«Ma lo hai fatto per una giusta ragione, fratello. E lei questo lo capirà.» Shannon terminò il nodo alla cravatta.
«Shan, devo smetterla di illudermi e cominciare a rassegnarmi. Non sono più un bambino. Ormai non ho più la forza di giocare in una partita che non vincerò mai, è questa la verità. E non perché non voglia combattere per lei. Sono stanco.»
Shannon mi abbracciò. «Potrai anche smettere di credere nella vostra storia, ma io non l’ho fatto, non lo faccio e mai lo farò.»
Lo strinsi forte a me. «Grazie, Shan.» Mormorai.
Lui sciolse l’abbraccio poco dopo. «Non devi ringraziarmi. La giornata non è ancora finita.» Mi fece l’occhiolino. «Ora però dobbiamo andare dalla sposa. C’è un matrimonio che ci attende.» Mi diede una pacca sulla spalla.
Annuii. Prendemmo le nostre giacche ed uscimmo dalla stanza, in direzione di quella di Vicki. Probabilmente era giunto il momento di spiegarci, anzi spiegarmi, la dinamica dell’entrata in chiesa dei testimoni.
In realtà la prova generale era già stata fatta e tutto era già stato spiegato. Shannon, infatti, era preparatissimo. Ma io mi ero rifiutato di parteciparvi. Ero troppo giù di morale per stare in mezzo a fiori d’arancio, organza e merletti rosa e bianchi e sorrisi di cortesia nei riguardi di persone delle quali non ricordavo né il nome né tanto meno il grado di parentela.
Fatto sta che il momento era arrivato.
Bussammo e le voci confuse nella stanza cominciarono ad assomigliare a dei risolini isterici. All’improvviso dalla porta sbucò il viso di Sarah.
«Ah, siete voi.» Ci sorrise e ci aprì la porta. «Pericolo scampato, ragazze. Sono solo i nostri testimoni superstiti.» Ci annunciò la ragazza.
«E chi credevi che fossimo?» Chiese Shannon, mentre entravamo nella stanza.
«No, temevamo fosse Tomo.» Rispose Sarah, avvicinandosi a Shannon e baciandolo sulle labbra. «Ma lo sai che sei sexy anche con questo completo così … serio?» Le sussurrò la ragazza.
«Ragazzi, pomiciate dopo. Ora pensate a me.» S’intromise una Vicki vestita di bianco e raggiante, anche se un po’ in ansia.
«Hai ragione, cara Vicki. Scusaci.» Pronunciò Shannon, avvicinandosi alla sposa e abbracciandola. «Sei radiosa.»
«Grazie, ma sei un bugiardo.» Rispose Vicki al complimento, sorridendo.
Mi avvicinai anche io e attesi il mio turno per abbracciarla.
Lei mi strinse forte. «Sono così contenta che tu sia qui. Credevo non venissi più.» Mi sussurrò la sposa.
«Non potevo mancare. Nonostante tutto.»
Sciogliemmo l’abbraccio. «Grazie.» Rispose lei. Poi si voltò verso gli altri. «Allora ragazzi, spieghiamo brevemente il vostro compito. Ad ogni testimone è assegnata una damigella, con la quale percorrerà sottobraccio la navata appena cominciano le prime note dell’organo. Arrivati all’altare, i ragazzi si posizioneranno dal lato dello sposo e le damigelle dal mio lato. Appena tutti i testimoni e le damigelle sono giunti all’altare, partirà la marcia nuziale ed entrerò io. Questo è tutto ciò che c’è da sapere in sostanza.» Vicki fu chiara e concisa, ma era chiaro che la parte che davvero mi interessava stava arrivando. Vicki si voltò di nuovo verso di me. «Ora arriviamo a te, Jared. Lo sai che tra le tre ragazze qui presenti, avevo chiesto a Charlotte di farmi da damigella. E ovviamente era previsto che tu l’accompagnassi fino all’altare.» Quell’ultima frase sembrò bruciarmi nel petto.
“Era previsto che tu l’accompagnassi all’altare …” Dalla frase sembrava che a sposarci dovessimo essere io e lei. Charlie sarebbe stata una moglie perfetta, una madre esemplare. Lei rappresentava la parte di me dalla quale ero sempre fuggito. Quella parte che mi completava come uomo, quella parte di me che non escludeva di poter, un giorno, creare una famiglia.
Ma come potevo pensare ad un futuro con Charlotte proprio in quel momento? In quel momento in cui l’avevo persa?
«Purtroppo, sebbene le abbia inviato tutto l’occorrente all’indirizzo dei genitori, non ho ricevuto più risposte.» Continuò Vicki.
«Tesoro, tu non hai provato a chiamarla?» Chiese Shannon, rivolgendosi a Sarah.
«Certo che ho provato a chiamarla, milioni e milioni di volte. Persino prima che arrivaste voi ci ho provato, ma niente. Risulta staccato. Ho tentato di chiamare anche la famiglia, ma probabilmente avranno cambiato numero di casa perché non risponde nessuno.» Spiegò la ragazza.
«Ecco, infatti. Perciò ho dovuto regolarmi di conseguenza, purtroppo.» Intervenne nuovamente Vicki. «Ho chiesto ad un’altra ragazza di sostituire Charlotte e …» Non terminò la sua frase, perché la frenai con un gesto della mano.
«Va bene, Vicki. Perdonami, ma non m’importa della nuova ragazza. Qualunque cosa tu abbia deciso, per me va bene.» Dissi in tono sommesso.
Vicki mi guardò con espressione preoccupata. «Jared, se non te la senti più di farci da testimone, io e Tomo lo capiremo.»
«No, Vicki.» Abbozzai un sorriso forzato. « Ho fatto una promessa e ho intenzione di mantenerla.»
La sposa si avvicinò e mi abbracciò forte. «Ti voglio bene, Jay. Tanto.» Mormorò lei.
«Anche io te ne voglio. E Tomo, per me, ormai è come un fratello. L’unico motivo per cui sono ancora qui, siete voi. Beh, almeno consideratelo il mio regalo personale per le nozze.» Espressi sincero.
Dopo qualche secondo ci dividemmo. «Allora vi aspetto tra una decina di minuti all’entrata della navata.» Disse Vicki, prima che ci congedassimo.
Io e Shannon rispondemmo in coro: «Ci puoi giurare.»
 
Controllavo ogni tre secondi l’orologio.
17:00:44
17:00:47
Ero in pieno panico. Non sapevo se sarei riuscita ad arrivare in tempo per la cerimonia, figuriamoci per prepararmi e per adempiere al mio ruolo di damigella. E, per di più, il conducente anziano del taxi sul quale ero salita appena ero uscita dall’aeroporto, era una lumaca.
Nei miei attimi di ansia mi venne in mente un’idea. O forse una pazzia.
Cominciai ad abbozzare una frase mezza inglese mezzo greco puramente inventato, con la quale informavo il tassista di non guardare nello specchietto retrovisore perché mi sarei cambiata nell’auto. Inizialmente, lui non mi comprese, come d’altronde avevo immaginato. Poi appena vide che avevo cominciato a sbottonarmi i primi bottoni della camicetta che indossavo, girò lo specchietto in modo che non mi inquadrasse e borbottò parole per me incomprensibili, probabilmente indignato.
L’impresa fu più difficile di quanto avessi immaginato. In un auto in movimento, dovevo fare attenzione al vestito, ai nastrini e a tutti gli orli delicati, ma alla fine ce la feci. Dovevo solo truccarmi, ma non ci provai nemmeno a farlo in macchina. Non osavo immaginare il risultato. Sarei assomigliata sicuramente ad un clown.
Arrivammo finalmente dinnanzi alla chiesa, ma chiesi al tassista di fare il giro da dietro per arrivare prima agli alloggi adiacenti dove si stava preparando Vicki. Almeno così era indicato sul biglietto.
Pagai il tassista, presi l’unica borsa che avevo portato con me e uscii al volo dall’auto, con ai piedi ancora le sneakers.
Erano le 17:25.
Il matrimonio sarebbe cominciato tra circa cinque minuti, ma non dovevo arrendermi. Non ero arrivata fin lì per gettare la spugna.
Bussai per tutte le porte degli alloggi, finché lungo il corridoio non udii delle voci di donne e scorsi Vicki nel suo bellissimo abito bianco. Cominciai a correre a perdifiato verso di lei. «VICKIIII!» Urlai.
Le ragazze si voltarono verso di me e sul viso di Vicki e di Sarah si distese in un gran sorriso. «Charlotte!» Esclamarono in coro. Giunsi da loro e abbracciai forte prima Sarah e poi Vicki.
«Dannazione, Charlie, credevo che mi avessi dato buca!» Esclamò Vicki in tono rabbioso, ma felice.
Mi scappò una risata. «Hai ragione, ma sai che mi sono sempre piaciuti i colpi di scena.» Risposi io. Scoppiammo entrambe a ridere. «Spero solo che non sia arrivata tardi. Posso ancora farti da damigella?» Le chiesi io.
«Beh …» Vicki titubò e si voltò verso una delle altre damigelle che le era accanto.
La ragazza sorrise. «Certo, nessun problema.» Rispose lei al posto di Vicki. Compresi che quella ragazza sarebbe stato il mio rimpiazzo. «Non mi ha mai fatto impazzire l’idea di fare da damigella. Quindi ti restituisco molto volentieri il tuo ruolo.»
Vicki si illuminò e l’abbracciò, grata.
«Grazie mille. Davvero.» Risposi al gesto altruista della ragazza.
«Bene!» Esclamò Vicki. «Ma spero tu non abbia intenzione di arrivare all’altare con quelle scarpe.»
Risi. «No, no. Non temere.»
«Okay, allora nella stanza in fondo al corridoio c’è ancora il mio truccatore e parrucchiere. Chiedigli di darti una sistemata. Noi ti aspettiamo qui.» Disse Vicki.
«Ma, Vicki, e Tomo? Tra meno di tre minuti la cerimonia comincia.» Controbatté una delle damigelle.
«Giusto. Non è giusto che tu faccia tardi a causa mia.» Mi sentivo in colpa.
«Tomo mi ha fatto attendere anni prima di chiedermi di sposarlo, perciò tocca a lui rimanere un po’ sulla corda. E poi, in ogni matrimonio che si rispetti la sposa non arriva mai puntuale.» Vicki fu chiarissima.
«D’accordo. Allora corro a prepararmi. Sarò di ritorno in un lampo.» Promisi io.
E così fu. Il truccatore e parrucchiere fu così bravo ed abile che, in dieci minuti, mi ritrovai con un trucco e una piega ai capelli perfetta. Infilai i trampoli, alias decolté, ringraziai il ragazzo e uscii di corsa.
Camminammo tutte insieme verso la chiesa. Era un edificio antico che aveva, all’entrata, una sorta di corridoio. Alla fine di questo corridoio c’era una porta che dava sulla navata. Una volta percorso il corridoio vedemmo da lontano i testimoni che ci attendevano in fila dinnanzi all’entrata della navata.
Ero agitatissima. Sembrava che fossi io a dovermi sposare. Scorsi Jared e Shannon che ci davano le spalle in attesa che le damigelle assegnate si accostassero a loro.
Vicki mi prese in disparte prima che ci mettessimo anche noi in fila. «Charlotte, se vuoi fare un cambio di testimone basta che me lo dici. So che tra te e Jared …» La interruppi.
«Vicki, non devi preoccuparti più di nulla ora. Questo è il tuo giorno. Devi pensare solo a te e all’uomo che è lì in fondo alla sala e che sta aspettando la donna della sua vita. Questa è l’unica cosa che conta oggi.» Le sorrisi. «Ah, non ti ho detto la cosa più importante che spetta dire alla damigella d’onore in questi casi.»
«Cioè?» Domandò Vicki, confusa.
L’abbracciai. »Sei uno splendore, tesoro.»
Lei sorrise e mi strinse forte.
«Siamo pronte?» Sussurrò Sarah.
«Sì. Posizionatevi accanto ai vostri cavalieri.» Disse Vicki.
La prima ad avvicinarsi a Shannon fu Sarah. Lei aveva il compito di far segno all’organista di cominciare a suonare le prime note.
Poi toccò a me avvicinarmi a Jared, che continuava rigorosamente a darci le spalle, così come gli altri testimoni. Vicki aveva curato ogni minimo particolare.
Cominciai a muovere i primi passi verso di lui. Il cuore batteva, batteva fortissimo. Tirai un grande respiro.
Lui mi porse il braccio senza nemmeno voltarsi. Allungai il mio braccio e lo allacciai attorno al suo, stringendolo tra le mani.
«Facciamo questa cosa in fretta.» Commentò lui, tenendo lo sguardo fisso dinnanzi a sé. Era nervoso, ma anche indifferente.
«Come mai hai tutta questa fretta?» Domandai in maniera retorica, cercando di controllare il mio tono di voce. Non volevo che tremasse, così come stavano già facendo le mie gambe.
Lui sgranò gli occhi e voltò di scatto la sua testa verso di me. Rimase sbigottito.
Io non aprii bocca. Rimasi solo a fissarlo. Jared cominciò a balbettare, ma qualunque suo tentativo di mettere in piedi una frase di senso compiuto fu stroncato dalle prime note dell’organo, le quali ci indicavano che era giunto il momento di fare il nostro ingresso in chiesa.
I primi, come previsto, furono Shannon e Sarah. Poi fu il turno mio e di Jared. Tutti gli occhi degli invitati erano puntati su di noi. Camminavamo a passo cadenzato.
«Cosa fai qui? Credevo non venissi.» Sussurrò Jared, tenendo lo sguardo puntato avanti a sé.
«Lo credevo anche io. Ma una promessa è una promessa. Non potevo deludere Vicki.» Risposi con lo stesso tono, guardando anche io dinnanzi a me.
«Quindi sei qui per questo, giusto?»
La navata finì. Giungemmo dinnanzi all’altare. «Anche.» Mormorai prima che ci dividessimo.
La mia risposta non lo soddisfò. Me ne resi conto dalla sua espressione. Tuttavia non era quello il momento di discutere.
Appena entrarono tutte le damigelle e i rispettivi testimoni, partì la marcia nuziale, con la quale fece il suo ingresso Vicki. Era favolosa. Sul viso aveva stampato un sorriso luminoso. Era felicissima. Tomo, invece, era nervosissimo. Eppure, si calmò nell’esatto istante in cui la vide entrare in chiesa e percorrere l’intera navata. Stava arrivando la donna della sua vita. Probabilmente si rese conto che quello non era il momento di farsi prendere dalle ansie. Doveva essere un istante di pura magia e amore. Sarebbe stato l’istante in cui avrebbero suggellato il loro sentimento con un bacio e con la promessa di amarsi per sempre.
Durante tutta la cerimonia, mi resi conto di aver gli occhi di Jared continuamente puntati addosso, alternati a brevi frasi che scambiava sottovoce con il fratello, che gli era accanto. Terminata la funzione, uscirono tutti gli invitati fuori al cortile per prepararsi al lancio del riso. Poi toccò a noi testimoni uscire. Jared rimase dietro di me in uno strano silenzio.
Cosa gli stava passando per la testa?
I festeggiamenti continuarono con un rinfresco organizzato su una terrazza che dava su una delle spiagge più belle dell’isola. Era un incanto. Il terrazzo era suddiviso in tavolate, vicino ad ognuna delle quali sedevano gli invitati per grado di parentela o conoscenza. Accanto al tavolo degli sposi c’era poi il tavolo dedicato a noi testimoni. Poi ad un lato c’era un immenso tavolo con il buffet.
Davvero Vicki non aveva trascurato alcun dettaglio. Vicki aveva fatto le cose in grande. Era felice e spensierata e aveva ottenuto tutto ciò che voleva e che meritava in pieno.
Tuttavia, non potevo di certo nascondere che avrei voluto assaporare anche io un po’ di quella felicità.
Al tavolo ero seduta accanto a Sarah e ad un’altra damigella e chiacchieravamo, come delle comari, sull’ottimo lavoro svolto da Vicki per rendere questo suo giorno il più bello di sempre.
Giunse poi il momento del primo ballo. Gli sposi dovevano aprire le danze. Tomo, che sembrava un principe nel suo smoking, si alzò in piedi e porse la sua mano a Vicki, invitandola a ballare. Lei, ovviamente, accettò e tutti noi esplodemmo in un forte applauso.
Tomo la condusse al centro del terrazzo, dedicato alla danza, e a suon di lento cominciarono a volteggiare lenti. Quel lento iniziò a risuonare come una dolce musica, finché non si trasformò in un bellissimo canto, grazie all’entrata in scena di Adele, la cantante. Ebbene sì, la sorpresa di Tomo per Vicki era proprio questa. Grazie a vari contatti tra artisti, Tomo era riuscito a strappare ad Adele il favore di cantare al proprio matrimonio. Almeno questo fu ciò che mi riassunse Sarah.
Pochi minuti dopo l’inizio di “Someone like you”, gli sposini furono raggiunti anche dagli altri invitati che cominciarono a danzare attorno a loro. Shannon si avvicinò a Sarah e le chiese di ballare, così come avevano fatto gli altri testimoni con le rispettive damigelle. Al nostro tavolo rimanemmo solo io e Jared, l’uno di fronte all’altra.
Lui continuava a guardarmi ed io a tenere lo sguardo basso. Che momento imbarazzante.
Rimanemmo in quella situazione per qualche altro minuto.
«Scusami.» D’un tratto la voce di un ragazzo mi raggiunse. Alzai il volto verso quella voce sconosciuta.
«Sì?!» Risposi in tono sorpreso. Era un ragazzo alto e biondo, molto carino, ma che non avevo mai visto. Doveva essere uno degli invitati.
«Beh, mi chiedevo se … ti andava … di ballare, ecco.» Mi chiese, porgendomi la mano un po’ impacciato. Mi fece molta tenerezza e non me la sentivo di rifiutare.
Afferrai la sua mano e mi alzai. «Certo. È un vero piacere per me.» Sorrisi, gettando uno sguardo di sottecchi verso Jared, il quale era incredulo.
Anche il ragazzo mi sorrise e ci avviammo al centro della pista, cominciando così a danzare.
«Come ti chiami?» Chiese lui, guardandomi con i suoi occhi verdi smeraldo. Dal tono di voce doveva essere più piccolo di me di qualche annetto.
«Charlotte, ma gli amici mi chiamano Charlie. E tu?» Gli rigirai la domanda.
«Luke.»
«Bene, Luke. Come mai mi hai chiesto di ballare?» Domandai, curiosa.
«Beh, ecco. Ti ho vista tutta sola al tavolo e …»
Lo interruppi. «Ah, quindi mi hai invitato perché ti facevo compassione?» Scherzai, fingendo di essere seria.
Lui ci cascò. «No, non oserei mai essere così sgarbato. Non è così.» Si scusò.
Mi sfuggì una risatina. «Luke, rilassati. Sto solo scherzando.»
Si calmò e ricambiò con un sorriso. «Ah, bene. In realtà non vedevo l’ora che cominciassero a ballare per invitarti a ballare.» Confessò, imbarazzato. Era davvero molto dolce.
«Davvero? Oddio, sono lusingata. E come mai proprio io?»
«Da quando ti ho vista entrare in chiesa, credo che tu mi abbia incantata. Oserei dire che eri la damigella più bella. Eri stupenda così come il sorriso che avevi sul volto.»
Mi scappò una risatina, ripensando alla mia pazzoide preparazione prima dell’entrata in chiesa. «Ti ringrazio per tutti questi complimenti, ma non credo di essere di certo la più bella.»
«E invece sì, solo che ero frenato dall’avvicinarmi a te perché credevo che il testimone che ti ha accompagnato all’altare fosse il tuo ragazzo. Poi ho visto che non ti ha invitato a ballare, allora ho pensato che, in realtà, è solo il tuo accompagnatore.»
«Beh, una cosa del genere …» Effettivamente la situazione tra me e Jared era talmente paradossale, che non credo Luke avrebbe mai capito anche se l’avessi spiegata.
«Bene, allora magari qualche volta potremmo uscire. Frequentarci, insomma. Che ne dici?»
La musica si fermò. La canzone terminò. Sciogliemmo l’abbraccio e applaudimmo in segno di gratitudine verso la cantante e la band.
«Luke, sei molto dolce. Ma non credo che tra noi possa mai funzionare, mi dispiace.» Gli rifilai un due di picche. «Vedi, è vero che Jared oggi è il mio accompagnatore, ma vorrei che domani fosse l’uomo della mia vita. Perciò il mio cuore è suo e per nessun’altro e non posso, anzi non voglio, che tu ti crei false speranze. Non sarebbe giusto, insomma.»
Luke abbassò lo sguardo, deluso. «Capisco. Beh, peccato. È solo che …»
«Scusami.» Irruppe nella conversazione Jared, improvvisamente. «Saresti così gentile da lasciarmi ballare con la MIA damigella, grazie?!» La sua non era una richiesta, era chiaro.
Sgranai gli occhi. Era stato troppo arrogante verso Luke, ma il ragazzo non controbatté.
«Certo, scusa.» Rispose il ragazzo. Poi mi tornò a guardare. «È stato un piacere danzare con te. Ciao.»
«Anche per me. Ciao.» Lo salutai e lui andò via.
Partì un’altra canzone.
Jared si posizionò dinnanzi a me e mi porse la sua mano. «Allora me lo concedi questo ballo?» Sussurrò lui.
«Sì, certo.» Risposi io, afferrando la sua mano. Mi spinse verso di lui e mi cinse forte i fianchi con l’altro braccio. Cominciammo a volteggiare, lenti. «Credevo non avessi voglia di ballare.» Spezzai per prima il silenzio.
«No, è vero. Però d’un tratto mi è venuta una gran voglia di ballare.»
«Devo pensare che sia un caso che questa “voglia” ti sia venuta proprio quando un altro ragazzo mi ha invitata a ballare.» Azzardai.
«No, non lo è.» Rispose, sincero.
«Perché hai questi atteggiamenti solo quando ti rendi conto che stai per perdere qualcosa?» Domandai, confusa.
Avvicinò le sue labbra al mio orecchio sinistro. «Perché amo le entrate in scena ad effetto. Dovresti saperlo.» Sussurrò dolcemente.
«Ah, certo che lo so. Su queste cose sei sempre stato molto “teatrale”. Eppure è anche vero che il tempismo non è mai stato il tuo forte. E se entrassi in scena troppo tardi?»
Rimase spiazzato dalla mia considerazione. «In quel caso, non mi importerebbe. Ormai non ho più nulla da perdere a questo mondo.» Rispose alla fine.
Giravolta.
«Smettila.» Lo rimproverai.
Si bloccò improvvisamente nel bel mezzo della danza. «Charlie, basta girarci intorno. Perché sei qui? Davvero vorresti farmi credere che sei qui solo per questo?» Pronunciò Jared, a voce un po’ troppo alta, indicandosi intorno.
Mi guardai attorno, imbarazzata. Alcuni invitati smisero per un istante di ballare, ma Adele non smise di cantare.
«Jared, non mi sembra il momento questo …» Mormorai, rimproverandolo.
Riprese la sua presa sui miei fianchi, ricominciando a danzare. Tutto ritornò come pochi attimi prima. «Scusami.» Esordì lui dopo un po’. «È solo che … io non capisco. Perché sei qui? Credevo non volessi più vedermi …» Chiese Jared.
«Hai ragione.» Cominciai io, prendendo prima un grande respiro. «Non sono qui solo per questo.» Posai i miei occhi nei suoi. «Sono venuta qui a riprendermi la mia vita. Mi sono resa conto che scappare via non avrebbe risolto nulla. Sempre che quel nulla si possa risolvere …»
«E chi o cosa ti ha fatto cambiare idea così radicalmente?»
«Un sogno.» Mormorai io.
«Un sogno?» Ripeté lui, confuso.
«Sì, esatto. È stato un sogno. Con questo sogno ho ricordato tutto, Jay. Ho recuperato la memoria.»
Sul suo viso si disegnò un piccolo sorriso. «Davvero?» Esclamò, sorpreso.
«Davvero.» Ricambiai il sorriso, ma poi tornai seria. Abbassai lo sguardo.
«Non sembri felice.» Osservò lui, notando la mia espressione.
«No, sono contenta di aver recuperato la memoria. Sono felice di ricordare chi sono davvero. Però sono stata un po’ meno felice di ricordare altre cose …»
«Me ne rendo conto, Charlotte. E mi dispiace di averti fatta soffrire tanto. Se solo potessi tornare indietro, io …» Non completò la frase.
Cominciai a scuotere la testa.
«Che c’è?» Domandò lui, interdetto dal mio atteggiamento.
Tornai a guardarlo negli occhi. Ero in lacrime. «”Se potessi tornare indietro”, cosa faresti? Crederesti a me, piuttosto che ad Emma? Andiamo, Jared. Non prendiamoci in giro. Avresti creduto prima a lei, sempre.»
«No, non è così. E se solo potessi tornare indietro, non ti confesserei il mio amore. Almeno non ti farei soffrire. Non sono mai stato bravo nelle relazioni, Charlie. Rovino sempre tutto. Così come ho rovinato il nostro legame.» Sussurrò lui, tra un passo ed un altro di danza.
«Sì, mi hai fatto soffrire. Sì, hai rovinato tutto. Hai preso ciò che provavo per te e lo hai gettato via per la mancanza di fiducia che tu hai nei miei confronti. La realtà, Jared, è che non credo tu abbia mai avuto molta fiducia in me, e la storia di Emma ne è una chiara prova. Ma sai cosa? Ormai, tutto ciò appartiene al passato. Non ha più importanza.»
«Sarebbe a dire?»
«Sarebbe a dire che sono fortunata ad essere qui, dinnanzi a te, viva e vegeta. Perciò sono stanca di preoccuparmi del passato. Mi è stata data una seconda possibilità, e non voglio sprecarla. Da oggi ricomincio una nuova vita.»
Jared lasciò la sua presa sui miei fianchi e si allontanò. «Bene, sono contento per te. Devi fare ciò che ti rende felice. È giusto che sia così. Ora, scusami, ma devo andare …» Pronunciò serio e, sicuramente, ferito. Fece per voltarsi e andare via.
Lo fermai per la giacca. «Jay, aspetta …» Avevo la voce che tremava. Non avevo terminato il mio discorso.
Si voltò verso di me. «Aspettare? Ho aspettato mesi affinché tu mi potessi perdonare. Prima scappi via, sostenendo di non volermi volere più vedere. Ora ti presenti qui, come se non fosse successo nulla, e mi parli del tuo felice e roseo futuro e di come, sicuramente, ti abbia fatta soffrire. Cosa mi resta da fare se non dirti che sono felice per te e andarmene, rassegnandomi all’idea che non farai più parte della mia vita? Ormai non credo ci sia più nulla da aggiungere.» Si sfogò lui, stringendo i denti per non mostrare agli altri invitati che stavamo discutendo. Come sempre.
«E invece, ti sbagli. C’è molto da aggiungere. Tipo che, nonostante tutto, è sempre con te che voglio cominciare questa nuova vita. Che non mi interessa quanto abbiamo potuto soffrire in passato, quanto ci siamo fatti del male. Io sono qui, viva e pronta a viverti per tutto il tempo che vorrai.»

 

«To forget your past and simply be mine.
I dare you to let me be your, your one and only.
Promise I’m worth it, to hold in your arms.
So come on and give me a chance to prove I am the one who can walk that mile.
Until the end starts.»
“One and only”, Adele

 
 

Lui aggrottò la fronte, confuso. «E questo che significa?» Jared aveva alzato la sua barriera di difesa. Lo sentivo.
«Significa che ti amo.» Feci una pausa e mi avvicinai a lui, prendendogli la mano. «Ti amo, Jared Leto. È stato ciò che ci lega a farmi tornare la memoria. Non posso mentire a me stessa. Senza di te, la mia vita non è la stessa cosa. E se spesso amarti fa così male, soffrirei altre mille e mille volte pur di averti vicino. Sei il mio mondo. E ora sono qui che parlo e parlo tanto da sentirmi una stupida» Mi sfuggì un sorriso, imbarazzata. «e tu non dici nulla … e non so perché non dici nulla. Okay, forse … forse ho sbagliato. Forse … no-non dovevo.» Scossi la testa nel panico. Feci per allontanarmi io questa volta. Tremavo tutta. Tuttavia Jared strinse la stretta alla mia mano.
«Vieni con me.» Sussurrò lui. Mi condusse fuori dalla pista da ballo. Puntò dritto verso quella parte buia della terrazza dove non c’era nessuno e potevamo parlare più tranquillamente.
Si fermò, lasciando la presa e appoggiandosi alla balconata. Rimase in silenzio. Mi dava le spalle.
Io ero agitatissima. Mi rigiravo in continuazione l’orlo del vestito tra le mani, come facevo da piccola. Mi appoggiai anch’io alla ringhiera, al suo fianco. Lo guardai in viso mentre i suoi occhi erano persi nel mare che ci era di fronte. Il suo silenzio mi stava uccidendo.
Perché non parla?
Perché non dice nulla?
Che abbia cambiato idea su di noi?
«Okay, Jared, ti prego. Dì qualcosa, qualunque cosa, ma parla ti supplico.» Mormorai io, con sguardo implorante.
«Quando ci siamo visti l’ultima volta e tu mi hai detto che non volevi più vedermi, il mondo mi è crollato addosso. Mi sono detto: “Complimenti, Jared. Bel colpo! Sei stato capace di farti odiare anche da Charlotte, dalla tua piccola e indifesa Charlie.” Mi sono odiato con tutto il mio cuore. La mattina mi svegliavo e non avevo il coraggio di voltarmi dall’altro lato del letto. Mi avrebbe ricordato che ti avevo perso. Poi ti ritrovo qui che mi apri il tuo cuore, che mi fai sentire l’uomo più amato su questa Terra e davvero non so cosa dire. Sono consapevole che qualsiasi mia parola stonerebbe.»
«Jared, arriva al punto.» Tagliai corto. Una fitta al cuore mi colpì.
Sì voltò verso di me. Mi prese il volto tra le sue mani. «Non posso prometterti nulla. L’unica cosa che posso assicurarti è che ti amo. Che ti ho sempre amato e che ti amerò sempre. Tuttavia …»
«”Tuttavia …”?» Ero terribilmente ansiosa. Queste sue pause mi facevano impazzire.
«Charlotte,» Si voltò verso di me, prendendomi le mani e fissandomi dritto negli occhi, così come non faceva da tanto ormai. «io non me la sento di farti soffrire ancora. Tanto questa è una storia che si ripete per l’ennesima volta: tu che mi dai un’altra occasione ed io che rovino tutto con le mie stesse mani. Io non me la sento di farti di nuovo del male …»
«Quindi?» Emisi in respiro. Avevo un groppo alla gola che mi impediva di dire altro. I miei occhi cominciarono a riempirsi di lacrime, ma feci di tutte per rispedirle indietro.
«Quindi … io …» Anche i suoi occhi divennero lucidi.
Io presi un forte respiro e cercai di pronunciare qualcos’altro. «Jared, ho abbandonato tutto il mio orgoglio, tutta la mia ostinazione e i miei propositi per essere qui. Ho deciso io di venir qui. Ho deciso io di parlarti. Ho deciso io di ammettere la mia debolezza. E decido io se voglio soffrire ancora. Perciò se è questo il prezzo che devo pagare per restare con te, soffrirò. Ma tu non puoi decidere di lasciarmi, solo perché temi che un giorno tu mi possa nuovamente far soffrire …» Avevo la voce rotta dalle lacrime. « Perché questo non ti permetterò di farlo. Tu mi lascerai solo quando smetterai di amarmi.»
«Ma sai che non smetterò mai di amarti.» Jared distolse lo sguardo dal mio.
«Allora cosa ci facciamo ancora l’uno di fronte all’altra a farci la guerra? Dovremmo occupare il nostro tempo ad amarci, e invece lo stiamo sprecando.» Feci un passo verso di lui e gli sfiorai il viso.
Lui tornò a fissarmi negli occhi. «Ho solo paura che tu mi scivoli di nuovo via dalle mani.»
«Io non …»
«Ragazzi!» Ci interruppe d’un tratto Shannon.
Ci voltammo verso di lui. «Scusate se vi interrompo. Ma è arrivato il momento delle foto con i testimoni e le damigelle.»
Feci un passo indietro. «Ma certo.» Pronunciai io. «Forse è meglio andare.» Feci per tornare nel ristorante, passando accanto a Shannon.
 
«Scusami, fratello. Ho interrotto qualcosa di importante?» Pronunciò Shannon, appena si accertò che Charlotte fosse rientrata.
Mi infilai le mani tra i capelli. «Fratello, sono un coglione. Un emerito, patentato COGLIONE!» Esclamai io, disperato.
«Cosa hai combinato, adesso?» Espresse lui, in tono lamentoso.
«Cosa ho che non va, Shan? Cosa?»
«Beh, a parte essere un pazzo psicopatico ed incoerente a volte, non so a cosa tu ti riferisca in particolare …» Sghignazzò.
Mi voltai verso di lui. «Lei mi ama ancora.»
«E non credo che questa sia una novità.»
«Non capisci, lei vuole me, così come sono. Le vuole me nonostante tutto ciò che le ho fatto.»
«E allora? Non sei felice di questo?» Shannon era confuso.
«Shan, lei vuole stare con me ed io l’ho respinta di nuovo.» Completai io.
Shannon mi guardò con sguardo incredulo. «Cosa?!»
«Esatto, fratello. Hai capito bene. Le ho detto che non sarei tornato con lei perché la farò soffrire nuovamente.» Mi appoggiai con la schiena ad un albero lì vicino come se, ripetendo ciò che avevo cercato di spiegare a Charlotte, mi rendessi davvero conto delle mie parole.
«Sì, fratello. Effettivamente sei un coglione!» Sentenziò Shannon. E come dargli torto. «Ma è anche vero che non è colpa tua se ti ritrovi in questa sensazione. Jared, parliamoci chiaro: tu hai sempre avuto storie non molto importanti e le uniche donne, con le quali sembrava avessi stretto un legame forte, si sono rivelate delle stronze di prima categoria. Perciò sei spaventato dal troppo amore che provi per lei. Ti spaventa l’idea di legarti così intensamente ad una donna come Charlotte. Abbiamo capito che hai paura di soffrire e, soprattutto, di far soffrire lei.» Aveva colpito nel segno. «Ma, Jared, la vita è breve. Abbiamo il diritto di viverla appieno e di amare appieno ed intensamente. Perciò se credi che lei sia LA persona giusta, se credi che lei sia la tua UNICA metà, allora gettati. Abbi il coraggio di prendere una posizione. Abbi il coraggio di amarla profondamente, senza il continuo timore di soffrire. Ti accorgerai che un tipo di amore così non lo proverai per nessun’altra.» Le parole di Shannon arrivarono al mio cuore.
«Ed è ciò che tu provi per Sarah?» Domandai io.
Gli sfuggì un mezzo sorriso. «Beh, è un po’ presto per dirlo. Ma lo spero.»
«Allora cosa devo fare, Shannon?» Mi nascosi il viso tra le mani.
«Non posso dirti io cosa fare, Jay. È una decisione tua. È la tua vita. Posso solo dirti che nella tua tasca c’è il mio suggerimento.»
Lo guardai, torvo. Infilai la mano nella mia tasca.
 
«Charlotte!» Urlò Vicki, appena mi vide rientrare. «Sbrigati, manchi solo tu per fare la foto con le mie splendide damigelle!»
Mi limitai a sorriderle e ad andarle incontro. Ci mettemmo in posa e scattammo un paio di foto, in tutte le pose più bizzarre che le potessero venire in mente.
Appena si sentì soddisfatta, con l’aiuto di Tomo chiamò a raccolta anche i testimoni per fare insieme un’ultima grande foto.
Vidi rientrare Shannon e Jared. Sussurravano tra loro. Chissà cosa si stavano dicendo. Avevano sicuramente parlato di me e per capirlo non ci voleva un genio. Gli sguardi, che ogni tanto entrambi i fratelli Leto gettavano verso di me, erano chiari.
Si avvicinarono al nostro gruppo ci mettemmo in posa e scattammo questa foto.
Mi sforzavo di sorridere solo perché non volevo che nelle foto del matrimonio rimanesse la traccia della mia tristezza in questo loro ricordo indelebile.
Arrivò poi il momento del taglio della torta. Eravamo tutti schierati dinnanzi al tavolo con sopra una torta a tre piani gigantesca e gli sposi dietro, pronti a tagliare la loro prima fetta insieme.
«Non sono magnifici insieme?» Mi sussurrò, d’un tratto, all’orecchio Jared.
Voltai leggermente il volto verso di lui, sorpresa. Poi tornai a guardare gli sposi. «Sono perfetti.» Risposi io.
«Già.»
Tomo e Vicki si baciarono e partì un coro di approvazione dagli invitati.
Sorrisi e mi unii agli applausi.
«Un attimo di attenzione, prego!» Esclamò Tomo,  in tono ufficioso. «Prima che continuiamo i festeggiamenti, io e la mia novella sposa vorremmo ringraziare tutti voi per aver partecipato all’evento più importante della nostra vita. Parenti, amici, siete stati indispensabili per noi. Nonostante delle avversità, dei disguidi e situazioni difficili, notiamo con estrema felicità che non avete rinunciato ad essere qui, oggi, in questo giorno di gioia.» Tomo, portò il suo sguardo verso la nostra direzione. «Perciò grazie a tutti voi!»
Innalzammo tutti i calici e brindammo.
Il ricevimento verso la Mezzanotte terminò. Tutti noi invitati attendemmo il cambio d’abito degli sposi e li scortammo alla loro auto, adornata anch’essa con fiori d’arancio e la scritta Just Married nella parte anteriore della carrozzeria.
«Bene, ragazze. Venite tutte dinnanzi all’auto.» Sancì Vicki. «È giunto il momento che molte di voi attendevano con ansia.»
Non capivo esattamente a cosa si riferisse, ma qualunque cosa fosse stata non mi sarebbe piaciuta. Cercai di divincolarmi, senza dare troppo nell’occhio. Ma Sarah mi afferrò per il braccio, spingendomi verso le altre ragazze.
«Siete pronte per il lancio del bouquet?» Esclamò con entusiasmo Vicki.
In un istante non si capì più nulla. Le ragazze cominciarono a strattonarsi a urlare come delle matte. Ero spaventatissima. Qualche essere maligno doveva essersi impossessato del loro corpo, perché questa reazione era davvero inspiegabile.
Vicki effettuò il lancio. Le ragazze cominciarono a correre incontro al bouquet. Non ricordo esattamente come accadde, ma d’un tratto mi ritrovai stesa per terra. Mi avevano letteralmente catapultato via, per un bouquet. Per uno STUPIDO bouquet.
Il dolore all’anca, già quasi rotta a causa dell’incidente, sembrò risvegliarsi dal coma. Una fitta mi colpì forte e stavo per emettere un gridolino di dolore, ma cercai di rimandarlo indietro deglutendo rumorosamente.
«CHARLIE!» L’urlo sconcertato di Jared sembrava lo stesso di quella notte. In un lampo compresi come lui si fosse potuto sentire quella sera, assistendo all’incidente. Io probabilmente non sarei riuscita ad essere così forte come lo è stato lui tutto quel tempo. Mi fu accanto in un baleno. «Charlie, stai bene?» Pronunciò, preoccupato.
Mi voltai verso di lui e accennai un sorriso. «Dovrei pensare seriamente di andare in palestra. Non è possibile che mi faccia ballonzolare a destra e a manca con tale facilità ogni volta.»
Lui mi guardò negli occhi e scoppiò a ridere. «Sei incredibile!» Esclamò.
Mi aiutò ad alzarmi ma, afferrandomi per il fianco, la fitta si ripresentò. Purtroppo questa volta non riuscii a trattenermi.
«Ahi!» Mormorai, ma lui se ne accorse.
«Cosa c’è?» Domandò subito. «Ti ho fatta male?»
«No, no. È la mia povera anca. La botta ha risvegliato il dolore. Ma è tutto okay. Ora mi passa.» Abbozzai un altro sorriso.
Lui mi guardò. Non era convinto, ma non voleva farne una tragedia. Mi prese direttamente in braccio. «Andiamo a sederci, principessa.» Mi sussurrò dolce all’orecchio e il mio volto si dipinse di rosa.
Mi poggiò su una panchina di marmo lì vicino. Piombarono tutti accanto a me e cominciarono a volare scuse di ogni genere ed espressioni mortificate.
«Non preoccupatevi. È tutto okay.» Continuavo a ripetere a tutte le damigelle. Anche Vicki si scusò per l’accaduto. Appena i convenevoli ebbero fine, i due sposini risalutarono gli invitati e sfrecciarono via sulla loro auto.
Pian piano cominciarono ad andare via tutti. Persino Shannon e Sarah si dileguarono velocemente, asserendo che la giornata era stata alquanto stressante e che sarebbero andati a rilassarsi in albergo.
Rimanemmo solo io e Jared seduti sulla quella panchina. Dinnanzi ai nostri occhi il panorama era mozzafiato. La spiaggia era completamente illuminata dalla luce abbagliante della luna piena, che si rifletteva lucente sulle onde del mare. Il cielo, una distesa infinita e scura, era costellato da miliardi di stelle che rendevano il tutto magico e mozzafiato. Indugiai su di loro per qualche istante, rapita da quello spettacolo.
«A quanto pare siamo rimasti soli.» Cominciò Jared ad attaccare discorso.
«Già.»
«Questa serata è magnifica.» Sussurrò lui.
«Infatti.»
«Eppure sai cosa la renderebbe perfetta?» Domandò ad un tratto lui, scatenando la mia curiosità.
Distolsi lo sguardo dal blu scuro del cielo per immergerlo nel blu cristallo dei suoi occhi. Una sensazione alla bocca dello stomaco si fece risentire. “Cosa? Dimmelo!”, pensai.
Eppure dalla mia bocca non uscì nulla. Mi limitai a guardarlo. La sua bellezza era una delle cose che continuavano ad affascinarmi, nonostante ormai lo conoscessi più di quanto potessi conoscere me stessa.
Jared si avvicinò ancora di più a me e il mio sguardo passò inevitabilmente dai suoi occhi alle sue labbra dalle quali potevo percepire il suo respiro, fresco sulla mia pelle.
Allungò una mano e la intrecciò nei miei capelli, dietro la nuca.
«Jared …» Sussurrai a stento, come se mi mancasse il fiato. Come se avessi scordato come si respirasse.
Lui non mi diede retta. Appoggiò la sua bocca sulla mia e cominciò a baciarmi.
In quell’istante mi sembrò come se lo stessi baciando per la prima volta. La stessa sensazione nella pancia, lo stesso vuoto nella testa e l’immenso amore nel mio cuore. Quanto mi era mancato. Mi sentivo come se fossi stata gettata in un oceano e per tanto, troppo tempo fossi rimasta sott’acqua senza aria, in apnea. Lui era la mia aria. Ecco cos’era. Certo, questo reale bisogno, fisico e mentale, che avevo di lui mi spaventava. Eppure al tempo stesso sentivo di non poterne fare a meno
Lo strinsi ancora di più tra le mie braccia. Jared mi afferrò per i fianchi e mi mise a sedere sulle sue gambe.
«Fa’ l’amore con me, Charlotte.» Mormorò tra un bacio e l’altro.
Non fu necessario che rispondessi. Il mio sguardo fu eloquente. Lo volevo più di tutto. Lo volevo più di quanto potessi solo immaginare. Volevo lui, in tutti i modi in cui si possa volere una persona.
Appena carpì la mia risposta, un piccolo sorriso si dipinse sul suo volto. Così mi prese in braccio e mi portò via.
 
Arrivammo alla sua stanza d’hotel. Quello prenotato per noi invitati da Vicki e Tomo, adiacente alla chiesa. Tra un bacio e l’altro, Jared riuscì ad aprire la porta con il badge.
«Prego, madame.» Scimmiottò Jared, facendo entrare prima me.
Mi scappò una risatina, finsi un mezzo inchino ed entrai trascinandolo per la camicia. Chiuse la porta con un calcio e, spingendolo contro di essa, ricominciai a baciarlo, avida.
Gli sfilai pian piano la giacca e sbottonai la camicia, accarezzando il suo petto e i suoi addominali.
Appena andata via anche la camicia, iniziò il suo turno. Cominciò ad aprire la cerniera del vestito dietro alla schiena e, in attimo e senza che me ne accorgessi, il vestito era già ai miei piedi sul pavimento.
Era chiaramente più esperto di me. I miei gesti apparivano impacciati, in confronto ai suoi movimenti rapidi e decisi. Pian piano mi spinse sul letto, sfilandosi da solo i pantaloni.
Feci per sfilarmi il reggiseno, ma lui mi anticipò. Mi stesi sul letto e lui fu ben presto su di me, mentre anche le mie mutandine raggiunsero il reggiseno dall’altra parte della stanza.
«Sei bellissima.» Sussurrò lui, baciandomi ancora. E ancora.
Le mie dita intrecciavano i suoi capelli e la sua bocca baciava le mie labbra, il mio collo, il mio seno. Baci egoisti, mani onnipresenti su ogni centimetro dei nostri corpi.
Per un secondo mi guardò attentamente. «Sei sicura?» Domandò, temendo che io potessi ripensarci. Eppure ormai ero già completamente nuda. Se non avessi voluto tutto ciò, mi sarei fermata molto prima.
Gli mollai un altro bacio sulle labbra, mordendole dolcemente. «Ti amo e non sono mai stata tanto sicura di una cosa in vita mia.» La mia voce non era mai stata così suadente e sexy prima d’allora.
Per convincerlo ulteriormente, afferrai l’elastico dei suoi boxer e li abbassai lungo le sue gambe.

 

«Cause baby we ain’t got nothing without love.
Darling you got enough for the both of us.
So come on baby, make love to me.»
“1+1”, Beyoncé

 

Quella notte lo amai completamente, profondamente, senza freni. Quella notte mi sentii la donna più ricca di questo Mondo. Avevo tutto l’amore che si potesse desiderare.
Quella notte, dopo aver fatto l’amore ancora e ancora finché stremati non ci addormentammo, mi destai un paio di volte per assicurarmi che tutto ciò che era accaduto non fosse solo un magnifico sogno. E quando sentivo il suo corpo contro il mio e il suo viso immerso nei miei capelli, richiudevo gli occhi stringendomi ancora più a lui.
Il mattino dopo fui destata dai raggi del sole, che penetravano dalle tende della stanza e mi riscaldavano il volto.
«Buongiorno, piccola.» Quelle due semplici parole arrivarono dolci al mio orecchio. Mi voltai verso quella voce e vidi Jared lì, steso accanto a me dove lo avevo lasciato, che mi sorrideva.
«Buongiorno.» Risposi sorridente.
«Dormito bene?» Domandò lui, furbo.
Mi alzai e mi misi seduta. «E questo cos’è? Un modo carino per dirmi “ti è piaciuto”?» Dissi, sorridendo.
Anche lui scoppiò in una risata fragorosa. Una di quelle risate armoniose che riempiono delicatamente tutta la stanza con il loro suono.
«Non esattamente, ma ora hai stimolato la mia curiosità. Cioè so di essere bravo a letto. Anzi, molto bravo …»
«Oh, avevo dimenticato che stavo parlando con Mr. Modestia.» Lo interruppi, prendendolo in giro.
Scoppiammo entrambi a ridere. Poi tornai a stendermi, appoggiando il mento sul suo petto. «Non sono mai stata così bene in vita mia.» Sussurrai, sorridendo.
«Sei la cosa più bella che mi potesse capitare, amore.» Rispose lui, accarezzandomi i capelli.
«Ripetilo, per favore.»

 
«Cosa?» Chiese lui, confuso.
«Quella parola.»
«Amore ... Amore …» Lo baciai, mentre quelle dolci parole ci facevamo da sottofondo.
«Vorrei che tutto questo non finisse mai.» Mi lasciai sfuggire in un sospiro, tornando ad appoggiare il viso sul suo petto.
«Potrebbe davvero essere così, se tu lo volessi.» Mormorò lui.
Mi voltai per guardarlo negli occhi. «E come?»
Non rispose, mi fece cenno di attendere qualche secondo. Io mi rialzai, tirandomi le lenzuola per coprire la mia nudità. Jared si alzò dal letto e aprì il cassetto del suo comodino. Lo scrutavo curiosa, chiedendo che diavolo stesse combinando. Prese qualcosa al suo interno e richiuse il cassetto.
Solo che piuttosto che tornare a sedersi sul letto, s’inginocchio d’un tratto dinnanzi a me.
Il mio cuore cominciò ad impazzire. “Che sta facendo?”
«Charlotte, io ti amo. Più di qualsiasi altra cosa a questo Mondo. Ti amo più della Luna che ama il suo cielo limpido. Ti amo più dei fiori che amano la loro Primavera. Ti amo più di quanto un uomo possa amare un’altra persona. Ti amo così tanto che preferirei averti accanto tutta la vita convivendo la costante paura di soffrire e di farti soffrire, piuttosto che vivere un solo giorno senza di te e senza di essa. Tu rappresenti la mia gioia, la mia paura, il mio tutto.» Cominciai a tremare dall’emozione e, ben presto, le mie lacrime rigarono copiose le mie guance.
«Jared, ma cosa …?» Rimasi incredula a ciò che stava succedendo.
«Ho pensato a tanti modi per farlo, ma questo credo sia il momento giusto. D’altronde mai come in questo momento abbiamo espresso nel modo più totale e profondo ciò che proviamo l’uno per l’altra.»
Dal palmo della sua mano uscì allo scoperto una scatolina di velluto blu scuro.
Era quello che credevo fosse?
Portai le mani alla bocca, incredula. «Oddio!» Esclamai.
Lo aprì e rivolse verso di me il contenuto. Era un anello con una pietra luminosissima, probabilmente un diamante di non so quanti carati ma che a giudicare dalla grandezza ne erano tanti.
«Charlotte, ti voglio ora, qui e finché il nostro amore sarà forte. Sei l’unica donna che, per la prima volta, mi ha fatto desiderare il “per sempre”. Questa notte ci siamo amati in modo assoluto e vorrei continuare a farlo per tutto il resto della mia vita.» Prese fiato e il mio cuore stava impazzendo. Le pulsazioni erano incontrollabili e il mio viso era colorato di un rosso intenso, misto di emozione, sorpresa e imbarazzo.  «Perciò, vuoi farmi l’onore di diventare mia moglie?»
Spalancai gli occhi, senza parole. Non stava accadendo realmente. Non era possibile che lui, Jared Joseph Leto, si trovasse in ginocchio di fronte a me che mi chiedeva di sposarlo.
Era un sogno. Non poteva essere altrimenti. Era un altro dei miei bellissimi sogni che riuscivo a ricordare sempre il mattino dopo.
Tutti mi avevano sempre chiesto come facessi a ricordare quasi tutto ciò che sognavo. Spesso rispondevo loro che non sapevo esattamente come fosse possibile, che forse questi sogni essendo frutto dei miei desideri e paure più nascoste venivano fuori inconsciamente e, consapevole della loro esistenza, riuscivo a ricordare ciò che la mia immaginazione ci aveva ricamato attorno.
Lui si accorse subito che mi aveva chiaramente preso alla sprovvista e, notando la mia reazione, cominciò a preoccuparsi di un mio possibile rifiuto.
«Okay …» Cominciò a sorridere, nervoso. «Certo, non sono un esperto in queste cose. Eppure, in teoria, toccherebbe a te darmi una risposta.»
«I … io …» Iniziai a balbettare. Finché non venni nuovamente rapita dai suoi occhi. «Che cos’è? Uno scherzo?» La mia diffidenza stava prevalente per l’ennesima volta. Maledetta!
Jared distolse lo sguardo per qualche istante. Sfilò l’anello dallo scatolino e mi afferrò la mano, indugiando sul mio anulare. Lo sfiorò dolcemente. «Non sono mai stato più serio in vita mia.» Sussurrò lui, tornandomi a guardare.
In quella situazione, Jared sarebbe stato in grado di strapparmi tutte le promesse che voleva. Eppure dovevo essere altrettanto razionale.
«Jared, il matrimonio è un cosa seria. È una promessa importante. È come se ti impegnassi per la vita. Certo, esiste sempre il divorzio. D’altronde al giorno d’oggi ci sono più divorzi che matrimoni, no?! Io però non voglio questo. Io …» Non terminai la mia frase.
Lui si allungò verso di me e mi baciò. Dopo poco, troppo poco, si allontanò di qualche centimetro. Le nostre fronti erano ancora attaccate. «Sono consapevole di ciò che ti ho chiesto e di quello che comporta. Non so cosa accadrà tra 5 o 10 anni, ma posso prometterti con tutto me stesso che ti amerò tutti i giorni come se fossero il primo. Sei ciò che mi rende felice e voglio essere felice con te per sempre.»
Le sue parole mi toccarono nel profondo. Era davvero così grande il sentimento che provava per me che mi faceva sentire speciale, preziosa.
Gli gettai le braccia al collo. «Jared Leto, ti amo così tanto che sì … voglio diventare tua moglie!» Lo baciai con trasporto. «E se la mia risposta non dovesse convincerti, beh …» Non terminai la frase. Avvicinai le mie labbra al suo orecchio e lo mordicchiai.
«Mmm … effettivamente non sono ancora del tutto convinto che tu faccia sul serio.» Sorrise, sornione ed eccitato.
«Allora vediamo cosa posso fare per convincerti …» Lo trascinai nuovamente nel letto, tornando a bruciare insieme come una fiamma ardente.

 
 

«From this moment life has begun .
From this moment you are the one.
Right beside you is where I belong.
From this moment on.»
“From this moment on”, Shania Twain ft. Bryan Adams

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