Ore wa carnivorous lily di Ten chan (/viewuser.php?uid=123646)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo - il giglio carnivoro e l'uovo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo - il giglio carnivoro e l'ameba vanesia. ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo - il giglio carnivoro e la strega ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto - il giglio carnivoro è stressato ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto - il giglio carnivoro e la rosa rossa insanguinata ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto - il giglio carnivoro e il bulbo zannuto ***
Capitolo 7: *** Capitolo settimo - il giglio carnivoro ha le foglie pesanti ***
Capitolo 8: *** Capitolo ottavo – Il giglio carnivoro e la rosa rossa insanguinato sull’orlo del dirupo ***
Capitolo 9: *** Capitolo nono - Il giglio carnivoro aspetta, la rosa rossa insanguinata si confessa ***
Capitolo 10: *** Capitolo decimo - Il giglio carnivoro va annaffiato con abbondante acqua termale ***
Capitolo 11: *** Capitolo undicesimo - Il giglio carnivoro e il fantasma ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodicesimo - primavera, il giglio carnivoro cresce ***
Capitolo 13: *** Capitolo tredicesimo - Il giglio carnivoro lotta per la sopravvivenza ***
Capitolo 14: *** Capitolo quattordicesimo – Il giglio carnivoro condivide l’aiuola ***
Capitolo 1 *** Capitolo primo - il giglio carnivoro e l'uovo. ***
Yume si mise a sedere sul letto. Si
alzò completamente. Si girò
per rifare il letto. Si bloccò.
Sul letto c’era un uovo.
Lo prese, incuriosita. Bianco, con
una croce nera in pizzo sopra. A
Yume non risultava di averlo già visto.
Sarà
di Hime…
Hime,
la sorella, era famosa per entrare di
nascosto nella sua camera, ficcando il naso dappertutto e lasciando
evidenti
indizi. Strano
che non mi abbia dato fastidio mentre dormivo…
Poggiò l’uovo
accanto alla cartella e andò a cambiarsi.
----------
L’accademia saint flower
era, secondo il preside, “uno splendido prato
fiorito di giovani in divisa alla marinaretta e gakuran”.
Gli studenti avevano espanso la
frase. “uno splendido prato
fiorito di giovani in divisa alla marinaretta e gakuran, in cui
è spuntato un
giglio del candore più assoluto”.
Yume Hanazono era il giglio. I suoi
lunghi capelli come l’ala di
un corvo, gli occhi blu-verdi come le profondità marine, la
pelle candida e
morbida come il petalo di una rosa, gli ottimi voti, la tenera
imbranataggine a
ginnastica, la rendevano oggetto di adorazione per compagni e
professori.
All’entrata, ogni singola
mattina, riceveva l’onore di essere
accolta da una ventina di studenti e studentesse appartenenti al suo
fan club,
in fila oltre il cancello.
Quella
mattina non faceva eccezione.
«BUONGIORNO,
YUME-SAMA!» urlarono tutti insieme
con un inchino profondo appena Yume varcò la soglia.
«Oh,
ancora? Vi avevo chiesto di evitare questa cerimonia… mi
mette in imbarazzo…»
disse la ragazza, arrossendo delicatamente e chinando la testa.
Quell’angelica visione
colpì al cuore tutti i presenti, maschi e
femmine, che urlarono in sincrono «LE SAREMO SEMPRE FEDELI,
HANAZONO-SAMA!».
Yume arrossì ancora di
più, borbottò un «uh…
devo… devo andare…» e
si allontanò a passo spedito.
Nella mente dei fan si diffuse un
unico pensiero. Oh…
che
carina…
Nella
mente di Yume comparve lo stesso pensiero di tutte le mattine. Idioti.
Yume
Hanazono era un fiore velenoso.
----------
Yume aprì
la cartella. All’ora successiva le toccava un test di
matematica.
E, per
superarlo e mantenere la sua media dell’85,88%, doveva
sommergere di preghiere
ed invocazioni la matita comprata al museo della matematica
più grande del
Giappone.
Ma, appena
guardò dentro la cartella, rimase paralizzata.
L’uovo.
L’uovo di
quella mattina.
Poggiato
tranquillamente sull’astuccio.
La mente
di Yume rimase paralizzata. Non poteva essere DENTRO. Ricordava
chiaramente di
aver poggiato l’uovo ACCANTO alla cartella. Non lo avrebbe
mai portato a
scuola.
La porta
che si apriva e il saluto dell’insegnante la riportarono alla
realtà. Doveva
sbrigarsi, o non sarebbe riuscita a sommergere abbastanza
d’invocazioni la
matita. Aprì l’astuccio e si sentì
morire.
Alcune
matite erano spezzate a metà. Compresa quella del museo.
La mente
di Yume si svuotò. Poi si riempì
d’insulti.
QUEL
▓▓▓▓▓
DI UOVO! COL ▓▓▓▓▓ CHE LO RIDÒ A HIME! LO
GETTO SOTTO A
UN’AUTO!
Ma gli
insulti, ora, erano inutili. Niente avrebbe potuto ridarle la sua amata
matita.
----------
«Il test è
semplice. Siete tutti in grado di prendere ottimi voti....».
Yume fissò
il foglio, pieno di simboli sconosciuti. Sospirò. Su, su. Con un
po’ di ragionamento,
dovrei riuscire a raggiungere risultati decenti.
Fissò la
prima domanda. Sembrava facile. Dunque… La risposta è A.
Avvicinò
la penna al foglio. Che rottura di bip… Non ho voglia di
pensare…
Allora
non farlo! Fregatene e rispondi a caso!
Strillò
una vocetta nella testa di Yume.
La mano della ragazza
cominciò a
muoversi senza alcun controllo da parte della padrona.
In poco tempo il foglio delle
risposte
era pieno.
Yume aveva il colorito di un
fantasma.
Due domande le rimbalzavano confusamente nel cervello.
Uno: che diamine era successo? E,
soprattutto, due: come diavolo faceva a correggere il compito?
«Hanazono-san? Ti senti
bene?» La voce
dell’insegnante la riportò alla realtà.
«Ho avuto un capogiro,
signorina. Temo
di avere un po’ di febbre.»
«Oh, poverina. Vuoi
tornare a casa?»
No. Se fosse tornata a casa ora,
sarebbe
stato evidente che aveva messo le risposte a caso.
«Preferirei aspettare almeno
la fine dell’ora, signorina. Vorrei tentare di raggiungere un
punteggio
sufficiente, in questo compito.» Yume inclinò la
testa e sorrise.
L’insegnante
capitolò.
---------
«Sono tornata.»
borbottò Yume, pur
sapendo che in casa non c’era nessuno. Salì in
camera e si tolse la divisa. Con
solo la canottiera e i bloomers, s’inginocchiò di
fianco al letto.
Aveva decisamente bisogno di
scaricare
lo stress. Le incongruenze e la voce che le sembrava di aver sentito
erano
certamente causate dallo stress.
Infilò la mano sotto il
materasso.
I mezzi più rapidi,
piacevoli ed
efficaci per eliminare lo stress erano i suoi adorati videogiochi e
manga
rating +18, amorevolmente conservati in perfetto ordine fra le doghe e
il
materasso.
Mmm… quale scelgo?
«Che c’è
la sotto?»
«I miei
vid…» cominciò Yume, ma si
congelò a metà parola. Si voltò
lentamente.
Un esserino di forma umana levitava
a tre
centimetri dal suo naso.
Yume urlò e svenne.
----------
Yume rinvenne. La stanza era
silenziosa. Era solo un sogno… grazie al
cielo….
«Ah,
finalmente ti sei svegliata!»
L’esserino ricomparve nel
campo visivo
di Yume.
«AAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH»
L’esserino
s’imbippò.
«Tu,
stupida umana… come osi urlare in faccia due volte a
Ore-sama?!»
«UN
FANTASMAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!»
«Ore-sama
non è un fantasma! È uno shugo chara!»
«UnfantasmaUnfantasmaUnfantasma…»
L’esserino
le diede una testata.
Yume smise
di parlare e fissò l’esserino. Sembrava una
bambina, con i capelli blu-verdi e
gli occhi neri. Indossava un abitino nero gothic lolita.
«Io
sono Sui!»
«Signor
fantasma di nome Sui, la prego, qualunque cosa le abbia fatto quando
era in vita,
la prego, mi perdoni….»
«Ho
già detto che non sono un fantasma! Ore-sama è
uno
shugo chara! Il tuo shugo chara!»
«signor
fan…»
Lo shugo
chara le tirò un orecchio e ci urlò dentro «Non
Sono Un
Fantasma! Sono Uno Shugo Chara! Uno Spirito Guardiano! Il
Tuo!»
«uno… shugo
chara?» Yume aveva ripreso la calma e l’aria
adorabile. «Non sono sicura di
sapere cosa sia…»
Lo shugo
chara alzò orgogliosamente la testa e incrociò le
braccia. «Te
lo
spiegherò in parole talmente semplici che anche tu, col tuo
basso quoziente
intellettivo, lo capirai! Lo shugo chara è uno spirito
guardiano, nato dal
desiderio di cambiare di un moccioso o di un adolescente! Tu, col tuo
debole
carattere, hai desiderato essere migliore ed eccomi qui ad
aiutarti!»
Yume fissò
lo shugo chara scioccata. Quell’esserino aveva frainteso.
Parecchio.
E lei non
aveva intenzione di correggerla.
----------
«Ehi,
Yume! Ce la filiamo? Dai… mi sto
annoiando…»
Yume la
ignorò. È
una mosca. Solo un piccolo, inutile, fastidioso insetto.
L’esserino
continuò a fare casino mentre andava a prendere il compito
di matematica. Si
aspettava un brusco abbassamento di media. Afferrò il
foglio. Lo girò.
Per poco
non svenne.
100 punti
su 100. Non era mai riuscita a ottenerlo con la matita.
«Uffa…
un cento non è interessante.»
Yume lo
trovava più che interessante, quindi ringraziò
ogni dio esistente.
----------
«Yumeeee…
ho fameeee….» mormorò sui,
appoggiandosi
alla spalla di Yume. «dammi
qualcosa da mangiare… ti prego….»
Yume sospirò e fece
finta di lasciar
cadere un pezzetto di frittata. Lo shugo chara si avventò su
di esso. La
ragazza riprese a mangiare. Non aveva intenzione di rovinarsi la
reputazione a
causa di quel coso.
Fuori dall’aula
cominciò un brusio eccitato,
in lontananza.
Yume smise di mangiare
immediatamente.
«Uh?
Yume?»
Yume si alzò di scatto.
Se non si sbrigava,
rischiava di rimanere bloccata in classe. Chiuse il bento in fretta e
furia e
lo infilò nella borsa, che afferrò prima di
uscire dall’aula.
O meglio, di tentare di uscire
dall’aula.
Troppo
tardi.
Una folla di studentesse si era
già
radunata, intasando il corridoio. Sarebbe arrivata in ritardo in
laboratorio.
«KYAH!
HOTOGI-SENPAI!» strillarono
tutte, non appena il ragazzo comparve.
Sosuke Hotogi era il segretario del
consiglio studentesco. Il più intelligente del secondo anno,
il più bravo negli
sport.
Le ragazze lo adoravano, trovandolo
persino affascinante nella sua abbronzatura media e i suoi capelli neri
e
corti.
Per Yume, era insignificante.
Totalmente
insignificante.
I suoi buoni voti erano frutto di
studio, la bravura negli sport di allenamento costante. Non era
particolarmente
dotato in nessun campo. L’abbronzatura era frutto di sole e
lampade, il taglio
di capelli gli stava malissimo.
Un tizio nella media che pretendeva
di
essere qualcuno.
Il tizio avanzava lentamente.
Troppo
lentamente
SBRIGATI, C☺☺☺☺☺☺E! NON POSSO STAR QUI AD ASPETTARE
TE!
La voce interiore di Yume era molto chiara.
Il tizio continuava ad avanzare
leeeeeeeeeeentameeeeeente.
Quando fu abbastanza vicino, la
ragazza vide qualcosa di strano.
Sulla spalla dell’essere
insignificante levitava un esserino. Che
salutava tutti e si metteva in mostra.
Yume sbiancò. Che cavolo
stava succedendo?
Fine primo capitolo
– Il giglio
carnivoro e l’uovo.
Prima
long fic!
questo
capitolo l'ho scritto durante le lezioni di storia e filosofia tre mesi
fa. Ci ho messo più tempo a ricopiarlo al pc.
Micchan: forse
perchè ti fermi ogni tre secondi a giocare?
Me: Forse. Come mai sei qua?
Micchan: Mi hai fatto
comparire per circa tre secondi e molestare da una persona
del mio stesso sesso (capitolo 5, alla sua prima apparizione
NdTen). Mi rifiuto di avere questa onta nel mio curriculum
Me: non erano molestie,
Misamisa.
*Micchan chiama le guardie
del corpo armate fino ai denti*
Me: non mi puoi uccidere,
Mittan.
Micchan: chi lo dice?
Me: Sono io che scrivo la
storia. se m'ammazzi, tu non vivi. Ho il coltello dalla parte del
manico.
Micchan: maledetta....
Me: ☺
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Capitolo 2 *** Capitolo secondo - il giglio carnivoro e l'ameba vanesia. ***
Ed eccomi qui per il secondo
capitolo di questa fan fiction! grazie a Diamond_ che mi ha recensito! mi sono
messa d'impegno e sono riuscita a scriverlo entro oggi!
Yume: se ti fossi messa
d'impegno, saremmo già ad un capitolo in cui Ore-sama se ne
sta felicemente sposata con un riccone!
Ten: Ci sto lavorando. U.U
Yume: se, certo...
Ten: non ti fidi della tua
autrice? cattiva...*lacrimuccia*
Yume: non mi incanti.
Ten: su, passiamo alla storia.
«Yume! Potresti venire a
darmi una mano?»
«Si, mamma!»
«Hime! Anche
tu!»
«No! Sto giocando e non
posso mettere in pausa!»
«Hime!»
«Tranquilla, mamma, basto
io.»
Hime salvò e chiuse la
console, affrettandosi a raggiungere la
madre e la sorella.
Yume aveva raggiunto il suo scopo.
Questo era il tipico sabato mattina
a casa Hanazono.
Ma i pensieri che affollavano la
mente di Yume non erano i tipici.
Generalmente, mentre piegava i
panni, pensava a come ottenere
vantaggi da qualcuno. Le attività che occupavano solo le
mani erano perfette
per pensare senza che qualcuno, vedendoti sfaccendata, tentasse si fare
conversazione con te.
Oggi i pensieri eran rivolti
all’insignificanza fatta persona, e
all’esserino.
A quanto aveva capito, solo coloro
che possedevano uno shugo chara
potevano vederli. Perciò aveva lasciato che Sui la
accompagnasse a scuola. Era
convinta che NESSUNO di quegli idioti potesse averne uno.
E invece…
La sua reputazione a scuola
era in pericolo. Doveva convincere Sui
a restarsene a casa.
«Yume!
Mi annoio! Sbrigati o….»
«Ehi, Aneki!»
la interruppe Hime «Tocca a te fare la spesa oggi,
vero? Comprami il gelato!»
«Hime! Non dare ordini a
tua sorella! E chiamala Onee-san!»
«Non preoccuparti, mamma.
Non mi dà fastidio.»
----------
Yume accartocciò la
lista della spesa. Aveva preso tutto, e aggiunto
una scatola di biscotti alla crema per Sui, che al momento le gravitava
attorno
alla testa. Li avrebbe utilizzati per farla rimanere a casa.
Si incamminò. Se
riusciva nelle trattative (cosa di cui era certa)
il problema Hotogi era definitiv…
In quel preciso, identico,
maledetto istante, Sosuke Hotogi voltò
l’angolo e si ritrovò faccia a faccia con Yume.
Tutti e tre
si bloccarono. Hotogi balbettò un
«Ha…Han….» prima che
il suo shugo chara spuntasse da dietro di lui e si fiondasse su Sui «Mi
piacerebbe fare la sua conosc...» cominciò
l’esserino, inginocchiandosi a mezzaria, ma fu bloccato dal
calcio in faccia di
Sui, che lo mandò a scontrarsi con la faccia del
proprietario.
«Hanazono…san?»
balbettò finalmente L’idiota supremo.
«Yume!
Andiamocene! Non possiamo rischiare di scongelare i gelati per colpa di
‘sto
nanetto idiota!»
strillò
Sui, ignorando volutamente il fatto
che gli shugo chara fossero tutti alti uguali e allontanandosi in
fretta.
«Temo di dover
andare… Arrivederci…»
sussurrò Yume, chinando la
testa, poi si mise ad inseguire Sui lasciandosi dietro un sempre
più impietrito
Hotogi.
----------
Yume uscì di casa
sospirando. Dopo una
domenica in cui aveva fatto un salto di 5 metri ogni volta che qualcuno
suonava
il campanello (e quell’idiota di Hime se n’era
accorta, e si era messa a
suonarlo ogni 10 minuti), le toccava andare a scuola. Con Sui
addormentata
sulla sua testa.
Si incamminò. Era
inutile starsene a…
«Buongiorno,
Hanazono-san!» disse Hotogi,
spuntando alle spalle della ragazza.
Yume urlò. Sui si
svegliò e cadde.
L’altro shugo chara
tentò di fiondarsi su
di lei, ma Hotogi lo bloccò. «Su, Neru, lasciala
tranquilla.»
«Ah…
Senpai… È lei… Perché
è qua?» mormorò
Yume, mentre imprecava
mentalmente.
«Io volevo parlarti,
Hanazono-san.» Hotogi
sorrise angelico.
Yume stava per vomitare, ma strinse
i
denti e resistette. «Non vorrei arrivare in ritardo a
scuola…» balbettò.
Hotogi guardò
l’orologio. «È presto.
Camminando tranquillamente, noi potremo parlare e arriveremo in
perfetto
orario.»
Yume sentì la terra
aprirsi sotto i suoi
piedi.
Non voleva parlare con Hotogi. Non
voleva
andare a scuola con lui. Non voleva respirare la sua aria. Non voleva
farsi
vedere con Lui. Non voleva scatenare chiacchere che la vedevano come
sua fidanzata.
Per un attimo, Yume
pensò di buttare la
maschera che portava da 11 anni.
Fortunatamente, Yume riprese il
senno in
tempo, strinse i denti e si avviò verso scuola.
Hotogi cominciò a
chiacchierare dopo pochi
secondi.
«Tu non hai uno shugo
chara da molto,
vero?» cominciò.
«Solo qualche
giorno.» Yume gettò
un’occhiata alla borsa, nella quale si era rifugiata Sui e
attorno alla quale
Neru ronzava come una mosca. Yume immaginò di lanciarlo via
con una paletta
schiacciamosche.
«Io da quasi un
anno.» disse Hotogi «I
primi giorni io ho dato di matto. Tu la stai prendendo molto
tranquillamente.»
«Davvero?» Yume
sbiancò mentalmente. «È
così strano?»
«E chi lo sa? Io conosco
solo due
possessori di Shugo Chara. Noi due.»
Yume rabbrividì per il
“noi due” «Quindi… non
ci sono altri con shugo chara, nella nostra scuola?» Mai e
poi mai avrebbe
unito sé stessa e Hotogi nello stesso complemento.
Hotogi annuì.
«Durante le assemblee io
vedo tutti, essendo sul palco in qualità di segretario del
consiglio
studentesco.»
Lo sapevo già che eri
nel consiglio studentesco, baka.
«comunque, io non ho mai
visto
nessun’altro shugo chara. Fino a ieri.» Hotogi la
guardò di sottecchi.
Yume, istintivamente, fece in modo
di
arrossire leggermente e si voltò dalla parte opposta.
Appena finì, ebbe la
sensazione che se ne
sarebbe pentita.
----------
«Hai visto? Hotogi senpai
e Hanazono-sama
sono venuti a scuola insieme!»
«Si, si! Per me stanno
insieme!»
«Io non li avevo mai
visti insieme, prima
di oggi…»
«L’ho vista un
paio di giorni fa in corridoio,
fra le fan di Hotogi senpai, aspettandolo.»
«Davvero?
Allora è vero! Se a un angelo come Hanazono-san piace
qualcuno, non c’è niente
da fare.»
«Già…
in
fondo, loro due sono la coppia perfetta.»
«Non credo che
i maschi saranno molto contenti, però!»
«si, i suoi
fan sono un po’…»
Yume sospirò.
Certa gente avrebbe dovuto imparare a guardarsi attorno mentre
spettegolava.
La maggior parte
delle persone avrebbe pensato “avrebbe dovuto imparare a non
spettegolare” ma
Yume aveva una visione tutta sua.
I pettegolezzi
erano il lato oscuro della parola, impossibili da eliminare ma
addomesticabili.
Il trucco era
non mostrare preferenze. In tutto, compreso il cibo (la gente pensava
che
affinità di gusti culinari bastassero a creare un saldo
rapporto in una
coppia). E Yume era generalmente una maestra in questo. Ma quel tizio
non si
sarebbe scollato manco con una testata nucleare.
Avrebbe
sfidato chiunque a non mostrare preferenze con lui così
appiccicato.
Avrebbe dovuto
liberarsene il più in fretta possibile,
per far crollare le chiacchere su se stesse. Doveva
escogitare qualcos…
Il cretino le
spuntò di fronte al naso. «Hanazono-san, noi due
torniamo a casa insieme?»
Si, escogitare
qualcosa, o morire di infarto «In realtà,
dovrei comprare qualcosa…»
«Io ti
accompagno.»
Yume temette
che il suo genio malefico si fosse prosciugato.
----------
Yume uscì dal
combini, seguita a ruota dal fedele cagnolino Hotogi.
La ragazza era
“leggermente” seccata. I cani non le erano mai
piaciuti.
Naturalmente, tutti credevano che
li
adorasse. Come tutti gli animali che perdevano pelo, mordevano,
sbavavano,
lasciavano enormi e puzzolenti ricordini ovunque, venivano infestati un
giorno
si è l’altro pure, ma erano adorabili.
Lanciò
un’occhiata verso la busta della
spesa (in plastica riciclabile: la ragazza adorabile rispetta la
natura!) e il
piccolo bozzo grigio che indicava la posizione di Sui. La nanetta non
sapeva
mai quando effettuare un chara change che la togliesse dai guai.
«Cosa stai
guardando?» chiese Hotogi.
Yume, in un istante,
focalizzò la sua
attenzione su Neru, che volava –ronzava era più
corretto- attorno al bozzo
creato da Sui.
Il genio malefico partì.
«Bè…
Mi chiedevo… Come mai….» Yume si
mordicchiò leggermente il labbro inferiore «uno
come lei… così intelligente e
perfetto… avesse uno shugo chara che non è
molto…» Yume si zitti. Pause,
mordicchiamenti, zittimento erano perfettamente calcolati per dare
l’impressione di “ragazza che non si farebbe mai
gli affari degli altri ma è
curiosa” e non “ragazza a cui non gliene
f§§§e un tubo e vuole fuggire”
«ma in
fondo non sono affari miei.» il tocco finale era lievemente
accelerato,
perfetto per far cadere all’amo Hotogi.
No, il suo Genio era intatto.
«È una
curiosità più che lecita, invece.
Anche io sono curioso per lo stesso motivo. Il tuo carattere non
potrebbe
essere migliorato, quindi… Perché tu hai uno
shugo chara?».
Si, lo so che il mio carattere
è perfetto, ma non
credo che tu la penseresti allo stesso modo. Fortunatamente, il suo genio
malefico era anche
previdente, perciò aveva la scusa pronta. «A
volte… temo… temo di essere un
po’… troppo tenera e
di piegarmi un
po’… troppo alle esigenze degli altri. Se
fossi più forte, io…» Yume
chinò la testa e arrossì.
Arrossire volontariamente era uno
dei
tanti talenti di Yume, insieme alla capacità di aumentare il
battito cardiaco a
suo piacimento e di mentire senza alcun tic strano e senza
premeditazione, se
necessario. Sin dall’infanzia Yume li aveva scoperti e
coltivati, e nessuno
credeva che non fosse la ragazza perfetta. Tranne Hime, ma la sua era
invidia.
«Tu sta tranquilla,
Hanazono-san! Nessuno
potrebbe mai approfittarsi della tua gentilezza!»
strillò Hotogi, afferrando le
mai di Yume.
La ragazza storse il naso
(mentale).«Grazie,
Hotogi senpai, per il supporto, ma…»
chinò la testa imbarazzata «Così mi
sento
in imbarazzo…»
Hotogi si staccò. Yume si appuntò
mentalmente di lavarsi le mai cinque
volte prima si fare qualsiasi altra cosa. Si sentiva come se
un’ameba gigante
avesse tentato di fagocitarle.
«Io credo che sia mio
dovere dirti come è
nato Neru. Tu sai che ho un fratello? Lui è più
vecchio di me di tre anni.»
«Non deve per forza dirmi
com’è andata….»
«Sta tranquilla,
Hanazono-san. Raccontarti
non è un problema per me. Mio fratello si impegna pochissimo
all’università,
non è granché negli sport e, sinceramente, lui
è un gran donnaiolo. Eppure, lui
è sempre circondato da amici.» Hotogi
guardò il piccolo esserino svolazzante.
«Hotogi
senpai…»
«Io mi sono sempre
impegnato in tutto ciò
che facevo per avere ottimi risultati in tutto, ho fatto in modo di
essere
un’ottima persona ammirata da tutti, eppure… mi
ritrovo sempre solo. Come se ci
fosse un muro fra me e gli altri.» Hotogi sospirò
teatralmente «Ho pensato “se
fossi come mio fratello, magari…” ed eccoci
qua.»
Baka.
Essere adorati significa avere l’aura da intoccabili. Sei
davvero un’ameba.
Mentre pensava ciò, curvò la testa e disse
«Sono certa che qualcuno supererà
quel muro» con un sorriso luminoso.
Hotogi arrossì
vistosamente.
Oh-oh. È così
cretino che non si accorge dell’aura
intoccabile.
----------
Yume si distese nel letto.
A questo punto, una ragazza shojo
doveva
essere intenerita dalla storia di Hotogi. Tanto da innamorarsene.
Yume non provava niente. Solo
fastidio. Ma
neanche tanto.
Per questo odiava gli shojo.
Fine secondo capitolo
– Il giglio carnivoro e l’ameba vanesia.
------
Ten: Yume... che stai facendo?
Yume: *spargendo ovatta* non
lo vedi? sto distruggendo un pupazzo con le sembianze di Hotogi!
*mostra peluche a forma di ameba semidistrutta*
Ten: in effetti è
molto somigliante! ^^
Yume: lo so! ^^
Ten: mmm... però
dovremmo fare qualcos'altro, oltre a distruggere chibi-Hotogi, ne?
*calpesta il pupazzo*
Yume: temo proprio...
*calpesta* però smetti di usare il ne, non sei piemontese.
Ten: info varie... mmm... il
cognome di Yume è una citazione del mio adorato Kamichama
Karin, mentre il nome l'ho scelto, insieme a quello di Hime,
perchè sono i tipici nomi che i loro genitori userebbero
("sogno" e "principessa"). Hotogi invece prende nome e cognome da due
dei personaggi che odio di più in tutti gli anime,
cioè Aizen di bleach e Shirayuki di Hidan no Aria. *porge
lanciafiamme a Yume*
Yume: *prende lanciafiamme*
mmm... ci stiamo scordando qualcosa.
Ten: il disegno di Sui,
è vero! eccolo qua, disegnato dalla mia adorata,
glorificata, santificata... *mette il pelucche in posizione*
Yume: finiscila. *spara col
lanciafiamme contro il pelucche*
Ten: disegnato da Ciss.
*prende le ceneri*
http://i52.tinypic.com/142vt3q.jpg
Ten: al prossimo capitolo!
*butta le ceneri nella fogna*
prossimo capitolo: il giglio
carnivoro e la strega
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Capitolo 3 *** Capitolo terzo - il giglio carnivoro e la strega ***
Con un pò di
ritardo, ecco a voi il terzo capitolo di Ore wa! il caldo impigrisce
sia me sia Ciss-sama... mi dispiace di non aver postato prima.
ringrazio Diamond_ per aver
recensito e Yako-chan per aver messo Ore wa fre le ricordate. prossimo
obbiettivo: avere più recensioni e qualcuno che inserisca
questa storia fra le preferite!
fra una settimana ricomincia
la scuola. bè, le idee per ore wa mi vengono quasi sempre a
lezione di latino, quindi dovrei scrivere un pò
più in fretta.
Sui: mò si
spiegano le sufficenze striminzite.
Ten: le idee mi vengono a
latino, ma scrivo durante filosofia e storia, e li ho 8.*vena pulscante*
Sui: il cretino alla cattedra
è largo di maniche.
Ten: pensala come vuoi. *vena
ancora pulsante*
Yume saltellò
nervosamente da un piede
all’altro.
Era l’ora di ginnastica.
Ciò significava
che doveva apparire:
- Goffa;
-
Nervosa;
- Preoccupata;
-
Imbarazzata
per i bloomers.
No problem.
L’insegnante
annunciò che avrebbero fatto
pallavolo.
Yume gongolò. Era
semplice fare finta di
far schifo a pallavolo.
Naturalmente, i compagni videro che
sgranava
gli occhi e sbiancava.
Naturalmente, non andò
liscia come
pensava.
Al suo turno di battuta, Sui, che
fino ad
allora si era limitata a svolazzare annoiata per tutto il campo,
preoccupandosi
solo di schivare pallonate e braccia, decise che si era stufata di
sentirla
lanciare urletti ogni volta che “colpiva” (leggasi
faceva rimbalzare debolmente
sulle braccia) la palla o semplicemente se la vedeva rimbalzare vicino,
e fece
il Chara change.
Yume, controllata da Sui,
colpì con tutta
la forza delle braccia. Che non erano esili come sembravano ai sui fan.
La palla, generalmente, cadeva poco
prima
della rete. Questa volta, invece, schizzò oltre e
atterrò violentemente sul
pavimento.
Siiiiileeeeenzio.
Yume tornò normale e
cominciò a sudare
freddo. Da fuori sembrava semplicemente stupita, ma in
realtà meditava su dove
suicidarsi. Almeno in parte.
L’altra parte della sua
mente tentava di elaborare
scuse. Salvarsi in extremis era la sua specialità. Il suo
genio non l’avrebbe
abbandonata ora…
I compagni scoppiarono in un
applauso.
… ma non si sarebbe
manco scomodato se la
stupidità dei compagni avesse fatto tutto.
----------
Nel bagno degli spogliatoi, Yume
dette un
pugno al muro. Le stavano saltando i nervi. Lo stress accumulato non
accennava
a scemare. Non poteva scemare. Non senza i suoi manga. Non senza i suoi
videogiochi. Non con quella piccola inutile peste alle calcagna. Non
con quella
piccola peste che le cambiava il carattere a proprio piacimento. Non
con
quell’inventarsi scuse all’ultimo istante.
Yume dette un altro pugno, poi si
voltò,
si sistemò i capelli, scese l’acqua a vuoto e uscì dal cubicolo.
Si lavò le mani e si
avviò verso l’uscita,
ma si scontrò con una ragazza di un’altra classe.
«Scusami!»
disse Yume, facendo un inchino
profondo e dando una rapida occhiata alla
tizia. Capelli biondi, abbronzatura. Un occhio meno
esperto l’avrebbe
etichettata come una Majo.
La seconda occhiata
confermò la prima. La
carnagione color caffelatte era uniforme. Troppo per non essere
naturale. E i
capelli erano biondo scuro, inusuali in Giappone, ma ricchi di
riflessi. Non erano
tinti. Ed erano troppo scuri per una teppista.
Comunque, era maleducata. Una
minoranza
delle ragazze, invece di adorarla, si comportava così. Ma
chissene. Non
avrebbero mai superato il limite. L’aura di intoccabile la
proteggeva da
ammiratori molesti e teppisti.
«Oi,
Yume! Sbrigati! Ho fame! Voglio magnare!»
Sui reclamava cibo. E anche lo
stomaco di
Yume, quindi la ragazza si sbrigò ad uscire dallo
spogliatoio.
----------
Yume arrivò a scuola
quasi saltellando, il
giorno successivo.
Era riuscita a convincere
l’Ameba a non
venirla a prendere a casa, grazie un luuuunghissimo scambio di battute
che
aveva instillato nella mente di Hotogi il dubbio che essere
accompagnata a
scuola da un ragazzo potesse essere nocivo per la reputazione di Yume
(idiota
chi ci crede, ne?)
Nemmeno il solito saluto formale
dei fan e
quello iper caloroso dell’Presidente Del Comitato Delle
Galline guastarono il
suo buonumore. Andò in classe. Alla prima ora, storia.
Materia in cui era
facile fingere di seguire. Tutto andava per il meglio.
Si sedette al suo banco. I bidelli
non
avevano confuso le sedie, quindi aveva ancora la più
“comoda” (meno spaccaossa)
dell’aula.
Magnifico.
Sul banco c’era una
lettera. Ok, avrebbe
dovuto avere un colloquio di un’ora con il povero scemo che
gli si confessava
per rifiutarlo cortesemente, invece di non presentarsi e rifiutarlo nel
modo
più netto ma doloroso, ma non era un era un problema grave.
Aprì
la busta.
In Hiragana tremolanti,
c’era scritto “Konosco
tuo
secreto”.
Dopo aver decifrato i vari errori
grammaticali, Yume sentì che il pavimento le stava sparendo
da sotto le suole.
----------
«Yume!
Non riesco a capire! Non riesco a capire perché hai reagito
cosi!»
«Mi sento… un
po’… imbarazzata! Mi sento…
sento come se… come se tutte… le mie
debolezze… le mie insicurezze… venissero
messe in piazza.»
Naturalmente, non era quella la
vera
ragione. La vera ragione era che temeva che non fosse Quello il
segreto, bensì
QUELL’ALTRO ben più grave.
La lettera non avrebbe avuto senso
sennò.
Se vedeva Sui, aveva uno shugo chara, quindi la reazione naturale
sarebbe stata
andare a parlarle o starsene tranquillo fregandosene. Non spedire una
sgrammaticata lettera palesemente minatoria.
Inoltre, l’Idiota era
certo che non ci
fossero altri possessori di shugo chara nella scuola.
«Hanazono-san! Noi
pranziamo insieme?»
strillò il Supremo Sovrano Degli Idioti, spuntando
all’improvviso di fronte a
Yume.
Yume sussultò. Quel
tizio l’avrebbe fatta
morire giovane. «Per me va bene, Hotogi-senpai.»
disse, ingoiando gli insulti e
facendogli spazio nella panchina.
«Tu hai passato una buona
giornata?»
«Si, grazie per
l’interessamento.» Yume
ampliò il suo sorriso, mantenendolo gentile.
Sui arricciò il mento,
ma non commentò.
Evidentemente, credeva che il silenzio di Yume sulla lettera fosse un
modo per
non far preoccupare quell’essere. Inoltre, non aveva tempo
per pensare. Era
troppo occupata a rifugiarsi nel suo uovo per sfuggire a Neru.
----------
Yume si sdraio sul letto,
sospirando. Yume
fece lo stesso sulla testiera.
«Stupida
giornata per colpa di ‘no ‘nzo
‘gnorante»
Yume non commentò. Chi
sapeva il suo vero carattere?
Non riusciva a trovare nessuna falla nella copertura, perlomeno non
abbastanza
grande da lasciar capire a qualcuno la verità.
Tentò di pensare a che
tipo di persona potesse
spedirle la lettera minatoria. Di certo la superava in arroganza (cosa
non
facile). Soltanto un tipo del genere poteva pensare che qualcuno, in
base alla
sua sola parola, potesse convincersi che la ragazza “Lovely
and Shiny” della
scuola potesse essere una calcolatrice, doppiogiochista e bastarda.
Solo una manciata di persone
avevano
abbastanza popolarità da intaccare l’aura di
perfezione abbastanza da far
venire il dubbio che Yume non fosse così perfetta. Uno di
questi era Hotogi, ma
lui era al di fuori di ogni sospetto per via della sua idiozia. Non
avrebbe
riconosciuto la vera natura di Yume neanche se le avesse letto i
pensieri. A
Yume non risultava di aver incontrato di recente gli altri se non per
incrocio
casuale di corridoio.
Però non poteva
sottovalutare i normali.
Anche se era iper arrogante, aveva amici, che avrebbero drizzato le
orecchie e
avrebbero aggiunto la propria voce alla prima se avessero notato la
minima
incongruenza.
Se fosse stata al terzo anno, se ne
sarebbe assolutamente fregata, ma invece era al primo,
perciò c’era tutto il
tempo di vedersi distrutta la reputazione.
Beh, chi fosse non aveva poi tanta
importanza. Il motivo era più importante. Se conosceva il
motivo, poteva
manipolarlo.
Escluse rancori. Non avrebbe perso
tempo
con la lettera.
La prima cosa che le venne in mente
era
che fosse un ragazzino che tentava di sfruttare la situazione a suo
vantaggio
per avere una fidanzata che lo portasse ai piani alti della
popolarità senza
capire che era finito nelle fauci del lupo.
Non fece in tempo a formulare altre
ipotesi, perché si addormentò.
----------
Yume avanzò fra i
corridoi, verso lo
spaccio, con passo veloce ma aggraziato.
Si era svegliata tardi e non aveva
preparato il bento. Era la prima volta da quando aveva imparato a
cucinare. Era
grave.
Maledizione. Ora dovrò
sorbirmi tutta la fila.
Per colpa di quella sottospecie di
lettera
aveva dormito male. Si era svegliata una ventina di volte, e anche si
era sempre
riaddormentata dopo pochi secondi, il sonno era sempre rimasto leggero
e poco
riposante.
Quando arrivò a
destinazione, emise un
gemito. Anche appena aperto, il negozietto era strapieno. Una massa
urlante,
sudante, puzzante.
Yume fece un passo verso
l’interno, ma
venne immediatamente sbalzata via. Nemmeno
l’adorabilità non valeva niente di
fronte al primo dei tre più profondi istinti umani (nemmeno
col secondo).
«Yume!
Spintonali! Scavalcali! Ora!» strillò Sui.
«È scortese. E
mi rispedirebbero indietro
dopo pochi secondi.» mormorò Yume, contando che la
massa urlante avrebbe
coperto la sua voce.
Lo shugo chara non
commentò ma storse il
naso. Evidentemente non apprezzava riconoscere di essere nel torto.
Yume fece un piccolo passo in
avanti,
tentando di entrare nella folla.
«Hanazono-san!»
strillò Hotogi, uscendo
dalla massa. «Io ti ho preso qualcosa!»
Dentro di se, Yume
sogghignò. Mai
sottovalutare l’adorabilità.
Esteriormente, Yume sorrise in modo
dolce
e inclinò leggermente la testa da un lato «Grazie,
Hotogi senpai.»
Hotogi le porse un melonpan. Di
nuovo
l’immagine di lui scodinzolante.
«Io ho pensato che
potesse piacerti.»
«E
io ho pensato che potesse piacerti
questo, My lady!» stillò Neru,
porgendo un biscotto grande quanto lui. Sui glielo spaccò in
testa.
Intanto Yume e l’Ameba
Canina si erano già
avviati verso il cortile. La ragazza durante tutto il percorso aveva
ringraziato Hotogi. Quando si sedettero cominciarono a parlare del
più e del
meno.
O meglio, Hotogi blaterava e Yume
fingeva
di ascoltare, intervenendo solo per brevi risposte a brevi domande, che
spingevano sempre di più Hotogi a straparlare di se stesso.
Yume si sentiva osservata.
«Hanazono-san? Tutto
bene?»
Persino Hotogi se n’era
accorto. Bip.
Yume decise per la
verità, naturalmente censurata
in caso di bisogno. «Mi sento…
leggermente… osservata.» Si auto
abbracciò e
rabbrividì, guardandosi attorno. «Non ci
sono… molto abituata.»
«Davvero?
Io…» Hotogi riprese a
straparlare di se stesso.
Yume individuò chi la
stava fissando.
La bionda naturale di ginnastica.
Yume chinò la testa e
arrossì. Hotogi
guardò in direzione della bionda.
«Ma quella è
Suzuki-san! Perché lei ti sta
fissando?»
«L’ho urtata
mentre uscivo dal bagno.»
mormorò Yume. «Temo che si sia offesa»
«No, io non credo. Se si
fosse offesa, tu
ti saresti trovata una riunione delle sue seguaci sotto casa.»
Tzè. Lo scudo
dell’adorabilità è anti teppista.
Nessuno concepirebbe che qualcuno possa farmi violenza… ok,
i termini antiquati
lo fanno sembrare altro.
Yume spalancò gli occhi,
apparendo a metà
fra la sorpresa e lo spavento.
«Comunque, non si
esporrebbe mai in prima
persona. Lei fa agire le altre al posto suo.»
«ah...» Yume
tacque per qualche
secondo «ma… perché…
sa…»
mordicchiamento labbra «sa… così tante
cose?»
«l’anno scorso
il consiglio studentesco
affidò a me, in quanto loro successore, l’incarico
di farle fare il giro della
scuola. Lei era appena arrivata dall’America. Pessimo
giapponese.»
Hotogi si lanciò in
un’analisi della grammatica
piena di paroloni.
Yume non commentò
la quantità di
informazioni. Hotogi si comportava da stalker con tutti, evidentemente.
Non
sapeva se esserne preoccupata o sollevata.
Sui sbuffò
dall’interno della borsa di
Yume. Che
noia ‘sti
discorsi.
----------
Yume tornò al suo banco.
Si congelò.
C’era un altro
foglio.
Vieni
alle mezzo dopo le sei pomeridiane, vicino al convenience store
“Food
and House”
----------
Yume si sedete sulla panchina.
Guardò
l’orologio. 6:22
Era in anticipo. Come al solito.
Sui continuava a svolazzare
svogliatamente, strillando contro la preoccupazione di Yume, mentre
quest’ultima fissava l’orologio.
6:23.
6:24.
6:25.
6:26…
L’orologio di Yume
segnava le 6:26 e 11
secondi, quando la ragazza udì una squillante voce femminile
strillare «Siete
venuta, onorevole Yume!»
Yume capì
d’aver toppato di brutto.
----------
Alla fine, Sui aveva ragione.
Jessica
Suzuki aveva uno shugo chara, che generalmente se ne restava a casa.
Hotogi non
le era esattamente simpatico (odio più profondo, insomma),
quindi non si era
mai degnata di avvicinarlo, ma era uno dei 127 membri anonimi
dell’Hanazono-sama
Fan club, quindi aveva deciso di avvicinarla pur non avendo il coraggio
di fare
un attacco frontale. I suoi errori di grammatica e la totale mancanza
di
cortesia trasformavano una lettera amichevole in una minatoria.
E ora se la ritrovava alle costole.
Yume si cacciò un
wurstel a forma di polpo
in bocca, tentando di ignorare i due tizi che le mangiavano al fianco.
Le scocciature non si erano
duplicate.
Si erano decuplicate. Quei due non
facevano altro che litigare. Yume tentava di tanto in tanto di
placarli, mentre
Sui invece li incitava.
Nonostante fossero fan di
Yume,
ascoltavano più Sui.
*Ten torna con una Sui legata
e imbavagliata*
ed ecco a voi un altro
personaggio che mi fa dannare quando parla... prima Hotogi con la sua
totale incapacità di omettere il soggetto, e ora Jessica con
le sue storpiature.
Sui: MMM! mmm! MMM! %Di che
ti lamenti! li Hai creati tu!%
Beh, perlomeno lei mi
stà più simpatica di Hotogi (non ci vuole molto).
Volevo un contrasto fra un nome tipicamente occidentale e un cognome
giapponese per lei, e "jessica suzuki" è nato
immediatamente. (al contrario, ci ho messo 3 settimane a scegliere il
cognome di Hotogi. altro motivo di odio.) .
la scena a pallavolo
è ispirata a qualcosa che è veramente accaduto a
lezione. solo che non era un turno di battuta.
Durante la trascrittura di
questo capitolo ho scoperto che è facile scrivere con Avril
Lavigne di sottofondo e ho rinnovato il mio amore per le Ali project,
ho finito di scrivere il capitolo 5, e micchan ha scavancato la
protagonista nella scala di importanza nel cuore dell'autrice. I miei
capelli stanno assomigliando sempre di più a quelli di un
personaggio di Black rock shooter (Ten: chi indovina? Sui: mmm. %che
tentativo stupido di avere più recensioni...%).
Ciss-sama ha creato un altro
capolavoro disegnando yume!
al prossimo capitolo,
intitolato "il giglio carnivoro è stressato"
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Capitolo 4 *** Capitolo quarto - il giglio carnivoro è stressato ***
Ed ecco a voi il quarto
capitolo di Ore wa! Grazie a Diamond_ per aver recensito l'ultimo
capitolo e a Malvi98 per averli recensiti tutti e aver messo questa
storia fra i preferiti! Lavorerò ancora più sodo
per farvi apprezzare anche i prossimi capitoli!
Hotogi: allora tu mi
farai avere un buon lavoro, sposare con Hanazono-san, comprare una
casetta in campagna, avere due figli, un maschio e una femmina, e
vivere per sempre felici e contenti e innamorati come ora?
Ten: sei davvero sei convinto
che Yume ti ami? *prepara qualcosa dietro la schiena*
Hotogi: si, ma tu non
chiamarla per nome e senza onorifici!
*ten tenta di sparargli con
una desert eagle (pistola che se non stai attento di sloga la spalla.
l'ho beccata in un paio di manga NDTen)*
*disgraziatamente, il rinculo
le fa perdere la mira e manca il bersaglio*
Hotogi: ah! loro stanno
sparando i fuochi d'artificio.
Ten: ... passiamo al
capitolo. *và a preparare altre armi*
Yume sapeva
perfettamente quanto stress poteva sopportare. Era sempre riuscita a
lasciarlo
sfogare prima di scoppiare e rivelare al mondo il suo vero carattere.
Nel primo mese
dalla nascita di Sui, aveva rischiato di superare il limite 6 volte, ma
era
riuscita ad approfittare dei frequenti pisolini dello shugo chara per
tamponare
i danni leggendosi i suoi manga. Non aveva osato usare i videogiochi. I
rumori
erano una parte essenziale dello sfogo ma avrebbero svegliato la
piccola peste.
Si era sempre
salvata, ma sempre per un pelo.
E ora temeva di
non riuscirci per la settima volta. Doveva andare a scuola,
cioè il luogo in
cui le pesti diventavano 4, con lo stress al 79,3%.
Se sopravviveva
fino alle 16, avrebbe avuto la certezza che la sua maschera avrebbe
retto a
tutto, e il progetto “sposa e spenna un uomo ricco”
non sarebbe crollato a metà
dell’opera.
Urlandosi
mentalmente incoraggiamenti, Yume avanzava a grandi passi (mantenendo
però una
grazia priva di eguali nella scuola) verso l’ingresso della
scuola.
Non avrebbe
lasciato che quattro idioti qualsiasi le rovinassero la reputazione e
distruggessero il suo riposo futuro.
Ne sarebbe uscita
vincitrice. Era nata per ingannare gli altri.
----------
Prima ora: Storia
giapponese. Spiegazione. Stress stabile.
Seconda ora:
giapponese, interrogazione. Stress all’ 81,3%.
Terza ora:
inglese, interrogazione di una Majo. Stress all’80,1.
Quarta ora:
disegno, ritratto di natura morta con sui che pasticciava e rubava le
attrezzature.
Stress all’ 81,7%
Quinta ora,
matematica, ripasso. Stress stabile.
Ora toccava al
peggio. Il pranzo.
Entrambi gli
idioti credevano che l’altro
potesse
avere una cattiva influenza su di lei, e quindi avevano deciso di
appiccicarsi
a lei in modo che l’altro non potesse stare da solo con Yume
e corrompere la
sua adorabilità (secondo Hotogi) o renderla un essere capace
solo di vantarsi
(secondo Jessica).
Quindi a Yume
toccava sorbirsi ogni volta i loro furiosi litigi.
Si era preparata
degli onigiri con carne per tamponare lo stress, ma non sarebbero
serviti a
molto.
«Hanazono-san!
Hanazono-san! Tu vieni da questa parte!»
«Yume-sama!»
Yume sorrise.
Stava andando verso di loro da prima. A cosa serviva chiamarla?
Inoltre, ora si
sarebbe…
«Tu non chiamarla
per nome!»
… scatenato
l’ennesimo litigio. Altra perdita di fiato, perché
né Hotogi avrebbe mai
accettato che qualcuno la chiamasse per nome, né Jessica
l’avrebbe chiamata per
cognome. Era già tanto che usasse il –sama.
Yume accelerò il
passo. Doveva prevenire la rissa, che avrebbe solo aumentato la sua
irritazione, che avrebbe abbassato la soglia di sopportazione dello
stresso.
«Chiamare
Hanazono-san per nome è un segno di maleducazione da parte
tua!» strillò
Hotogi. La sua voce era vagamente simile al verso di un gallo che viene
sgozzato.
«Non mi dà
fastidio, Hotogi-senpai. Suzuki-san è molto
simpatica.»
«Ma…»
«Hotogi, sta
zitto.» disse Jessica. Era rossa sotto la carnagione
caffellatte. «Se a lei è
buono, tu n’hai diritto di interferire.» si
voltò verso Yume. «Puoi chiamarmi
per nome anche tu, Yume-sama. Hotogi, tu no.»
«D’accordo,
Jessica-san, ma…» mormorò Yume, mentre
Hotogi borbottava un inconfondibile
«Come se volessi.». la ragazza fece una piccola
pausa, poi finì. «Ma ora
possiamo mangiare? La prossima ora ho
ginnastica…»Yume fissò entrambi con
occhi
supplichevoli. Il verde-azzurro dei suoi occhi era
molto convincente.
Prima
cominciavano a mangiare, prima finivano, prima fuggiva.
Yume si sedette
sulla panchina, esattamente al centro. Non voleva scatenare altre liti
per chi
si dovesse sedere
al suo fianco. Tentò
di portare la conversazione su un argomento neutro. «Che cosa
avete per pranzo?»
Jessica fu la
prima a rispondere. «Oggi ho frittata con brie e prezzemolo!
I miei parenti…»
la ragazza sarebbe andata avanti a parlare per molto, se non avesse
sentito un
inconfondibile “pfui”.
Lo spirito
litigioso di Hotogi non poteva starsene calmo.
«Che
hai da sbuffare, Hotogi?»
Stress all’81,9%
«Quelli sono
tutti prodotti importati. Noi dobbiamo incentivare l’economia
nazionale
comprando i nostri prodotti tradizionali!»
«Chiuditi,
Hotogi. Quello che io mangio non è tuo lavoro.»
«Hotogi-senpai…
Jessica-san… Vi prego, calmatevi…»
mormorò Yume, con gli occhi umidi. Lo stress
superava l’83%.
Fortunatamente, i
due le diedero ascolto e si sedettero nuovamente.
La ragazza tentò
di aprire il bento. Prima
mangio, prima fuggo.
Il fazzoletto
oppose resistenza.
Yume tentò con
più forza.
Da sotto il pezzo
di stoffa uscì la vocetta di Sui. «Smettila!
Mi sto nascondendo!»
Yume non poté
né
smetterla ne continuare, perché immediatamente Neru si
fiondò sul bento.
«Esci
di lì, Darling, e lanciamoci in
un lungo ed appassionato bacio!»
«Neanche
morta, bastardo!» stillò la shugo chara,
lanciando fuori dal bento un onigiri e colpendo il
nemico in faccia.
Stress di Yume: 87,9%.
Vedere preziosi pezzi di carne di manzo volare non faceva bene alla sua
salute.
Istintivamente,
abbassò le mani e sigillò il bento con tutta la
forza che aveva.
«Sui! Calmati!»
strillò.
«Allontanalo!
Allontana quell’essere da me!» strillò Sui da sotto le
mani di Yume.
«Non
essere timida, My Darling!»
Hotogi afferrò
gentilmente il suo shugo chara. «Su, Neru, lasciala in
pace.»
«Hotogi! Persone
normali lasciano le COSE ancontrollabili a casa! Fallo anche
tu!» strillò Jessica.
Yume cominciò a sospettare che il motto dei due fosse
“mai litigare domani se
puoi farlo oggi”.
Il suo
stressometro era pieno al 90,3%.
«Lo so gestire
benissimo!» strillò Hotogi
«seh, certo!»
«Cosa vorresti
insinuare tu, teppista?»
«Nocose, ameba.
»
«Come tu mi hai
chiamato, scimmia?»
«Esci
di li, Tesoro!»
Lo stress
continuava a salire. 94,8%.
«Ameba. È la
cosa
che sei.»
97,5%.
«Tu sei una scimmia
leonina.»
98,4%.
«Va a fagositire
qualcosa.»
99,1%.
«Tu a farti
spulciare.»
99,9%.
«Daaaarling!»
Il limite fu ben
più che superato. E i due idioti avevano le teste
perfettamente allineate, con
Neru nel mezzo.
Yume distese le
braccia, prendendo le due teste umane prima che i due
potessero reagire.
E le fece
cozzare.
Ah… finalmente
silenzio.
Yume si riprese
solo dopo pochi secondi.
Neru era per
terra, ridotto a una sottiletta, svenuto.
Jessica era
spasmodicamente aggrappata alla panchina, e la guardava stupita.
Hotogi, balzato
indietro dall’urto, stava tentando di mettersi a sedere,
senza grande successo.
Sui la fissava
con occhi sgranati, imbacuccata nel fazzoletto del bento.
Yume assunse
l’aria più innocente, stupita e perfetta della sua
carriera dodecennale di
ingannatrice.
----------
Yume poggiò la
borsa sul letto.
Sui continuava a
fissarla.
Hotogi era
abbastanza stupido da pensare che quello fosse stato un chara change,
Jessica era
abbastanza stupida da credere a qualsiasi cosa Yume dicesse.
Neru era
diventato ancora più stordito per via della botta in testa,
quindi avrebbe
creduto anche che una paletta per gli insetti gigante gli fosse caduta
in
testa.
Sui, invece… Sui
non poteva cascarci.
«Oi,
Yume…» Cominciò Sui, ma fu
bloccata dall’impatto fra l’angolo di una custodia
di
videogiochi e la sua fronte.
«Ma che C☻☻☻o stai facendo?» strillò la shugo
chara.
Yume si voltò e
afferrò le guance di sui, tirando leggermente.
«Sta zitta, nanetta. Ho voglia
di giocare a Blood Sea III, e lo farò.» disse,
ignorano i gemiti di dolore. «Ma
prima mettiamo in chiaro un paio di cose. Punto uno: Qualsiasi cosa io
faccia a
casa, tu no parlerai spettegolerai ti lamenterai MAI di ciò
in pubblico.
Capito?» Tirò leggermente più forte
«’I.» borbottò Sui,
con tono parecchio stupito.
Yume tirò ancora
di più. «Punto secondo: questa non è
una fase passeggera. Sono così da sempre, Questa
sono Io.» Sui ebbe l’impressione che dalla bocca di
Yume spuntassero delle
zanne. «Non ti è convenuto stressarmi
così tanto.»
Yume riuscì a
malapena a finire la frase, perché una luce avvolse lei e
Sui subito dopo.
«Ma
che….»
Fine
quarto capitolo – il giglio carnivoro è
stressato.
la scuola è
cominciata da 3 giorni. il prof di matematica ha cominciato a spiegare
il primo giorno. la prof di latino, nonostante le implorazioni, non si
è fatta investire durante le vacanze. ho già
cominciato a sonnecchiare durante le lezioni.
Hotogi: Tu non dovresti
farlo! Seguire il regolare svolgimento delle lezioni è uno
dei doveri fondamentali di uno studente!
*Ten lancia una granata della
prima guerra mondiale contro Hotogi*
*Hotogi, continuando a
blaterare senza notare nulla si sposta*
Ten: *vena pulsante*
*sottovoce* l'erba mala non muore mai, eh? *a voce alta* Il capitolo
è un pò più corto degli altri, ma
spero che vi sia piaciuto. Nel prossimo capitolo compare
Micchan!
Hotogi: Chi sarebbe questa?
Ten: non preoccuparti. *vena
sempre più pulsante* *tenta con una mitragliatrice*
*blaterando sulla
maleducazione dell'assegnare soprannomi, evita i colpi*
Ten: ok, ora tocca all'arma
finale!
Hotogi: eh?
*Ten tira fuori una paletta
per insetti gigante* *la usa tipo mazza da baseball e lancia il
più lontano possibile Hotogi*
*Hotogi sparisce stile Team
Rocket*
Ten: ci vediamo nel prossimo
capitolo!
Prossimo capitolo: Il giglio
carnivoro e la rosa rossa insanguinata.
Ps: non fregherà
niente a nessuno, ma il mio taglio di capelli è quello di
Yomi di Black Rock Shooter.
PPs: ho cambiato il font di
Neru, quello di prima non si vedeva anche se lo ritenevo più
adatto a lui. Se questo funziona, lo sostituirò anche nei
capitoli percedenti.
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Capitolo 5 *** Capitolo quinto - il giglio carnivoro e la rosa rossa insanguinata ***
scusate il ritardo
Misaki Reino,
decimo grado (primo anno scuola superiore), frequentava
l’istituto Aoibara, la
scuola più costosa del paese, che comprendeva materne,
elementari, medie e
superiori, e aveva la percentuale più alta di iscritti alla
Toudai fra i
diplomati. Inoltre, dava raccomandazioni per le migliori
università internazionali.
Se il saint
flower era un campo di violette e margherite, l’Aoibara era
un curatissimo
roseto.
E se il “candido
giglio” dell’Aoibara era Yume, Misaki era la
“rosa nera”.
L’adorazione del
corpo studentesco nei suoi confronti era pari a quella riservata a
Yume,
nonostante Misaki facesse di tutto per ridurre la sua grazia,
curvandosi e
utilizzando termini e comportamenti poco educati.
Ma anche questi
(goffi)
tentativi contribuivano ad alimentare l’adorazione nei
suoi confronti, insieme ai suoi lisci capelli rossi, tributo a un
antenato
europeo, alla liscia pelle bianca, che non necessitava di trattamenti
di
bellezza, alla bassa statura, alle labbra piene.
Nonostante
fosse solo al primo anno, era (contro la sua volontà) nel
consiglio
studentesco. A causa di una riunione, uscì da scuola molto
più tardi rispetto
all’orario normale.
Nostante
ciò, c’era qualcuno che aspettava che uscisse.
«Reino-san!»
Misaki
si voltò e vide un compagno che arrivava a passo veloce.
Aspettò che arrivasse.
«Reino-san…
mi chiedevo… La mia famiglia ha aperto un nuovo luna
park… Verrebbe con me a
vederlo, questo fine settimana?»
Gli
occhi d’argento di Misaki luccicarono.
«Invitaci
una ragazza, Idiota!»
Misaki
Reino era un maschio. Geneticamente, fisicamente e mentalmente. Parlava
come un
maschio. Vestiva come un maschio.
Nonostante
chiunque lo vedesse per la prima volta pensasse che fosse una
ragazzina, e
nonostante la madre continuasse a comprargli vetiti femminili durante i
viaggi
all’estero.
----------
Yume
si sedette sulla panchina, ansante.
Perché?
Perché ho
addosso un abito Gothic Lolita? Perché?
Non
che il Gothic lolita non le piacesse. Ma non era esattamente consono
alla sua immagine.
Io
non ho fatto
niente, stavolta! È colpa tua! Urlò
Sui da dentro
la testa di Yume. Era scomparsa quando erano state avvolte da quella
luce, ma
la voce era rimasta dentro la sua mente.
Preoccupante.
Soprattutto
perché era d’accordo con Sui, anche se non
l’avrebbe mai neanche pensato (né
con né senza sui in testa). In fondo, era appena uscita di
testa e aveva appena
spiattellato una delle parti più profonde della sua anima
quando si era
ritrovata COSÌ.
Yume
sospirò, guardandosi la gonna nera. La vita era altissima,
sotto il seno (cosa
che esatava il minimo di seno che aveva),
poi le fasciava lo stomaco e si allargava sui fianchi,
arrivando a
malapena sotto il ginocchio. Sul bordo spuntava il pizzo della
sottogonna, ed
era chiusa da tre bottoni bianchi a forma di croce.
Ah…. È
così
carina… pensò Yume, poi scosse
la testa. La sua reputazione era
più importante dei vestiti.
Era
fuggita da casa proprio per evitare che qualcuno la vedesse conciata
così.
Cominciò
a tormentarsi i codini. Non era abituata a portare i capelli
così. Facevano
solletico. Soprattutto arricciati sul fondo. Arrivavano giusto alla
base del
collo.
Aveva
provato a scioglierli, ma non aveva trovato l’elastico.
E
quel coso che aveva in testa? I cerchietti-cappello erano carini e
tutto, ma le
tempie le si erano già indolenzite.
Naturalmente,
neanche quello si toglieva.
Nessuno
doveva vederla vestita così. Per questo si era rifugiata in
un parco in cui non
veniva mai nessuno.
L’ultima
volta che ci era venuta aveva 4 anni. Ma allora era un po’
diverso.
Comunque,
era il posto ideale per starsene tranquilla.
Si
avvicinò al laghetto “delle anatre”(di
anatre, neanche l’ombra), ora coperto
completamente da viscide piante acquatiche.
Nessuno deve venire
qui da mesi….
«Kyah!
Smettila, Ki-kun!»
«Dai,
non ci vede nessuno!»
Ah, le maledette
coppiette che affrontano anche i luoghi più sperduti per
flirtare… se i luoghi
sperduti hanno un McMikey nelle vicinanze. E un centro commerciale, una
tabaccheria, un bar, e nessuna biblioteca e libreria.
E,
ancora peggio, la voce era familiare. Se il suo udito non la stava
abbandonando, cosa poco probabile, era un suo compagno di classe. La sfortuna si
sta riallineando con la fortuna?
Stavano
venendo verso di lei. Nell’unica strada che portava
all’uscita.
Stare
ferma non avrebbe portato a nulla di buono.
Yume
afferrò la gonna, chinò la testa e si diresse a
passo più che svelto verso
l’uscita.
Quando
superò i due, stava già correndo. E non si
fermò neanche all’uscita, dove
aumentò ulteriormente la velocità.
La
coppietta era abbastanza stupita del passaggio di quella figura
indistinta. Dei
due, il più stupito era lui, e la ragazza se ne accorse.
«Che c’è, darling?»
«È
che… ti sembrerà strano… ma quella
ragazza per un attimo mi è sembrata
Hanazono-sama»
«Ma
lei non è così alta, Darling, e non si metterebbe
mai quel genere di vestiti.»
«Già,
hai ragione.»
Dopo
questa interessante conversazione, ripresero a pomiciare.
Se
fosse stata lì, Yume avrebbe ringraziato di aver saltato sin
dalla seconda
media (anno del boom della crescita) le visite mediche scolastiche. Il
suo
metro e quasi settanta non si intonava all’immagine di Yamato
Nadeshiko.
----------
Yume
continuava a correre. Doveva trovare un posto tranquillo e isolato.
Ma
non gliene veniva in mente nessuno.
Poteva
solo correre.
----------
Misaki
camminava tranquillamente verso casa.
Aveva
di recente costretto i genitori a non spedirgli l’autista
all’uscita, perlomeno
col bel tempo, e ordinare alle guardie del corpo (si, gli avevano
affibbiato
delle guardie del corpo) di starsene a rispettosa distanza. E
rispettosa alla
Misaki (qualche decametro)
non rispettosa
alla genitori ossessivi (qualche nanometro).
Non
sopportava di essere ancora trattato come una statuetta di cristallo
che al
minimo tocco si frantumava.
«Oi,
moccioso, spostati!»
----------
Correre,
correre, correre.
La
gente si spostava quando stava per passare.
Meglio.
Non era sicura di ruiscire a virare per evitarli.
Un
piccolo, digraziato moccioso non lo fece. Quinta o sesta elementare. O
uno di
prima media parecchio piccolo. Forse era una ragazza.
Teneva
la testa china, con la
cartella su una
spalla, da vero/a duro/a.
Non
l’aveva vista. Non si scostava.
Yume
gli urlò di spostarsi.
Il/la
moccioso/a alzò la testa.
Troppo
tardi.
Sui
era già passata all’azione.
Preso
il controllo del corpo di Yume, la shugo chara eseguì un
perfetto calcio volante
con la faccia del/della marmocchio/a come bersaglio.
Perfettamente
centrato.
Il/la
moccioso/a crollò a terra, con l’impronta di una
scarpa taglia 38 sulla faccia.
Yume
atterrò poco più in là, e riprese a
correre, spinta da Sui, superando un gruppo
di cretini in giacca e cravatta che andavano piuttosto velocemente
nella
direzione opposta.
Doveva
continuare a correre. Fermarsi significava farsi riconoscere. Farsi
riconoscere
significava rinunciare a tutto ciò che aveva accumulato
negli ultimi dodici anni.
Distruggere la fragile torre delle palline da ping-pong di menzogne.
Fermarsi
era una pessima cosa.
Yume
aveva un’ottima resistenza, ma una corsa del genere non
poteva durare a lungo. Prima
o poi avrebbe dovuto fermarsi o rallentare.
Anche
rallentare poteva rovinare tutto. Ma non poteva non farlo. Aveva
già il
fiatone. La milza le doleva come mai. I muscoli delle gambe sembravano
sul
punto di frantumarsi.
Voleva
fermarsi e lo temeva.
Non ne posso
più…
devo andare avanti… basta… voglio
sedermi… devo continuare… voglio andare a
casa… devo fuggire…
kaa-san, tou-san…
All’improvviso,
il chara nari si interruppo, e Yume senti le forze che la abbandonavano.
----------
«Misaki-sama,
ha chiesto di me?»
«Si,
Jicchan.» Misaki fissò l’anziano
maggiordomo – balia – guardia del corpo –
tuttofare. Badava a lui sin dalla più tenera infanzia. Era
l’unica persona di
cui si fidasse abbastanza per quel compito. Tutti gli altri avrebbero
riferito
ai “signori” «Vorrei che cercassi una
persona. Una ragazza.»
Jinnosuke
Hotta era stupito, ma sapeva non mostrarlo. Era opinione diffusa fra la
servitù
di casa Reino che l’essere trattato come una donna avesse
distruttogli ormoni
del signorino, ma era opinione ancora più diffusa e certa
che andarglielo a
riferire sarebbe stato un suicidio professionale. Solo la signora osava
associare il padroncino all’aggettivo femminile.
Misaki
gli porse due fogli, in cui aveva ritratto una ragazza con e senza
codini. In
un angolo, aveva riprodotto l’esatta tonalità
degli occhi della ragazza.
«Dovrebbe
avere circa la mia età, sul metro e settanta.»
Jinnosuke
la riconobbe come l’assalitrice del signorino. In cuor suo,
se ne dispiaque. Dunque, è la
vendetta che Misaki-sama cerca. Bocchan, si ricordi che deve cominciare
a
cercare una moglie, o saranno i vostri genitori a trovargliene
una…
Jinnosuke rivolse
l’ennesima preghiera ai kami protettori del matrimonio e
della felicità
amorosa.
----------
Misaki
sospirò, poggiando la testa sullo schienale.
Si
fidava di Jicchan. Avrebbe trovato ciò che cercava senza che
i suoi venissero a
saperlo. Si trattava di aspettare.
Non
era mai stato bravo, ad aspettare.
«che
vuoi fare, Mittan?»
Solo
una persona lo chiamava così.
Se
lo si poteva chiamare persona.
«Lo
scoprirai presto, Hiko.» borbottò, fissando lo
shugo chara con gli occhi rossi
e i capelli argentei.
Il
suo shugo chara.
Fine
quinto capitolo – Il
giglio carnivoro e la rosa rossa insanguinata.
avevate capito che
Mittan era un maschio?
Generalmente, i miei
personaggi preferiti nei manga sono quelli piccoli e carini (Shiro-chan
e Hana di bleach, Kazune di kamichama Karin) ma ODIO Tadase. il
carattere deve controbilanciare la faccia U.U. e dal desiderio di
riabilitare i bishonen è nato MisaMisa. il nome Misaki
è sia per maschi sia per femmine (cambiano i kanji a seconda
del sesso) ma viene solitamente associato al femminile... Reino mi
è saltato in mente da solo, nel bel mezzo della disperazione
perchè non trovavo nessun cognome che suonasse bene. per il
maggiordomo, volevo un nome che si abbreviasse in Jicchan (zietto,
nonnino). Hotta viene da Host Club.
per il vestito,
dovete accontentarvi del mio disegno. Ciss-sama per disegnare ha lo
stesso tempo che ho io per scrivere.
Di Ciss, giusto per compensare l'Orrore qua sopra, c'è un
bozzetto fatto sul retro di un quaderno. nella parte superiore ci sono
cavolate sull'argomento di filosofia che stavamo "seguendo"
Al prossimo capitolo!
Ten
|
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Capitolo 6 *** Capitolo Sesto - il giglio carnivoro e il bulbo zannuto ***
Eccomi tornata col sesto
capitolo! o meglio, con la prima parte... ho preferito dividerlo a
causa della sua lunghezza.
Inoltre,
volevo sentire i vostri commenti sulla fine di questa parte senza
essere inflenzati dalla successiva.
Mi
scuso per i commenti dello scorso capitolo. li avevo fatti come si
deve, con dialoghi e tutto, però NVU ha smesso di funzionare
e si è riavviato. Non avevo proprio l'umore per riscrivere
tutto.
Mi
sono dimenticata di inserire l'origine del nome di Hiko. "Hiko"
è una particella che si mette alla fine dei nomi maschili,
un pò come il "ko" femminile, che ha un kanji differente. Un
esempio di nome con questa particella è "Nagihiko"
(attenzione: il giapponese è una lingua sillabica, quindi
"nadeshiko" è na\de\shi\ko, e inoltre dovrebbe essere
scritto con un solo kanji, "garofano" se non mi ricordo male.). ho
pensato che potesse essere adatto per lo shugo chara di uno come
Misamisa, ossessionato dal voler sembrare un maschio.
Mnoltre,
ho scordato di ringraziare quelli che hanno messo la mia storia fra i
preferiti, seguiti e ricordati, e quelli che l'hanno recensita.sono
contenta che la mia opera piaccia.
Tranquilli,
ora smetto di parlare e vi lascio alla storia.
«Misaki-sama,
ho le informazioni che desidera.» disse Jinnosuke, poggiando
parecchi fogli
accuratamente allineati sulla scrivania.
Misaki
sorrise. Jicchan superava sempre le sue aspettative.
«È
piuttosto famosa fra gli adolescenti di ceto medio, quindi è
risultato
abbastanza semplice trovare le informazioni» aggiunse l’uomo, a
mo’ di giustificazione.
Come
se ci fosse bisogno di giustificazioni.
«Non
sminuirti, Jicchan. Sei il migliore.»
Misaki dette un’occhiata al primo foglio.
C’era la foto della sua
assalitrice. Un faccino del
genere, e un carattere tutt’altro…
«Yume
Hanazono, eh? Abbinato alla faccia…»
----------
Yume
finì di apparecchiare la tavola. Hime non aveva mosso un
dito per aiutarla,
limitandosi a giocare ai videogiochi.
Yume
decise per “vendetta, tremenda vendetta”.
«Tra
poco finisci il quinto anno, Hime. Hai già deciso in quale
scuola media andare?
Il sesto anno trascorre in fretta…»
«C’è
tempo, c’è tempo.» borbottò
la ragazzina, senza staccare gli occhi dallo
schermo.
Ma
la miccia era già accesa.
«E’
una scelta importante, Hime. Una buona scuola media può
condurti a una una
buona scuola superiore, e….» cominciò
la signora Hanazono, ma fu interrotta
dalla figlia minore.
«E
una buona scuola superiore a una buona università, che porta
a un buon lavoro,
lo so! Me l’avete detto dieci miliardi di volte!»
«Perché
è vero, Hime.» sentenziò la madre.
«Perché
dovrei scieglierla io, comunque? Le mie compagne andranno in scuole
scelte dai
loro genitori!»
«Noi
ti riteniamo abbastanza matura da sciegliere la cosa
migliore…»
«Bla
bla! Ritenevate Yume abbastanza responsabile, e ora lasciate la scelta
anche a
me per non mostrare preferenze!»
Il
battibecco andò avanti finchè Yume, che fino ad
allora si era limitata a
guardare alternativamente i genitori e la sorella, decise che aveva
fame, andò
a prendere la pentola, la mise in mezzo ai litiganti, lanciando
occhiate
supplichevoli a destra e a manca e mormorando con voce supplichevole ma
adorabile «Mamma… Hime… la tenpura si
raffredda…»
Tutti,
all’unisono, decisero che era ora di mangiare.
Sui
restò allibita da come Yume avesse manipolato nel corso
degli anni tutta la
famiglia. Persino quella che affermava di odiarla le obbediva
all’istante.
----------
Misaki
sbadigliò, mentre andavsa verso scuola.
Aveva
passato l’intera notte a leggere i fascicoli sulla famiglia
di “Yume Hanazono”.
Aveva lasciato il fascicolo sulla ragazza per ultimo. Conoscendo
Jicchan,
l’aveva riempito di informazioni fin troppo approfondite sul
fisico della
ragazza. Negli ultimi tempi il timore principale dell’anziano
servitore era che
il suo adorato Bocchan potesse essere costretto dai genitori a sposare
una
viziata eriditiera, che Misaki-sama non aveva mai nascosto di detestare
sino al
midollo, quindi tentava di far interessare il signorino a ogni ragazza
nella
media o superiore, nella speranza che Misaki si innamorasse e si
sottraesse al
triste destino di un matrimonio combinato.
Misaki
sorrise leggermente, al ricordo delle premure che l’anziano
gli aveva rivolto
sin dall’infanzia. Faceva di tutto per evitargli le cose che
potevano irritarlo
o disturbarlo in qualunque modo.
Il
ragazzo avrebbe voluto torgliergli qualche preoccupazione, ma negli
untimi
tempi riusciva solo ad aumentarle.
Proprio
in quel momento, Misaki voltò l’angolo e
sentò qualcosa che gli sbatteva
contro.
----------
Hime
uscì di casa correndo, con un tost in bocca. Era in ritardo,
doveva sbrigarsi.
In
realtà era in anticipo, e se si sbrigava arrivava in tempo
per gelarsi di
fronte al cancello chiuso.
Ma
non importava. Il suo oroscopo aveva detto che quel giorno avrebbe
incontrato
la sua anima gemella, e aveva deciso di usare le più
stimate, comprovate e
famose tecniche degli shojo manga.
Si
sarebbe fidanzata, e avrebbe vissuto per sempre felice e contenta con L
ui sposandosi non appena
possibile, superando Yume che, per l’invidia, avrebbe
rivelato tutta la sua
cattiveria.
Accellerò
per la felicità.
Il
suo piano non poteva fallire.
Andò
a sbattere contro qualcuno, cadendo di sedere. Mentre si massaggiava il
naso,
borbottò un «Ehy, tu….» che
sarebbe continuato a lungo, se il tizio –aveva dei
pantaloni decisamente da divisa, quindi era un lui- contro cui si era
scontrata
non avesse detto «Tutto bene?»
La
ragazzina alzò la testa, pronta ad insultare il tizio.
----------
Misaki
esaminò la mocciosa che gli era caduta di fronte.
L’aveva già vista, quella
faccia.
Hime Hanazono,
sorella di Yume Hanazono, anni 11. Mocciosa delle elementari con
rendimento
scolastico medio-basso, rendimento fisico medio, aspetto medio basso.
Per
il suo progetto, era meglio mostrarsi amichevole con la famiglia.
«Tutto
bene?» disse, chinandosi versi la mocciosetta e tendendo la
mano.
La
mocciosa fece scattare la testa verso l’alto, con aria
rabbiosa. La sua
espressione divenne confusa non appena vide il volto di Misaki, poi
arrossì di
colpo.
Il
ragazzo non se ne preoccupò. Una mocciosa di ceto medio non
poteva aspirare a
un ragazzo delle scuole superiori frequentante una scuola
d’elitè.
----------
«Kaa-san!
Okaa-san!»
La
donna uscì dalla cucina «Che succede,
Hime?»
Anche
Yume si avvicinò alla porta della stanza, per ascoltare
meglio.
«Ho
scelto la scuola in cui andrò!»
«Davvero,
Hime? Dove vorresti andare?» disse la madre, allegra.
Yume
stava per tornare alla posizione iniziale, quando Hime
strillò «All’Aoibara!»
A
Yume sfuggì di mano la forchetta, riafferrandola un attimo
prima che cadesse a
terra.
La
madre svenne.
----------
«Costa
un sacco di soldi!»
«Prenderò
una borsa di studio!»
«Ci
vuole una media altissima!»
«Mi
impegnerò!»
La
donna si accasciò sulla poltrona «È una
scuola troppo elitaria! Concedono una
sola borsa di studio per anno e se non hai il massimo in tutto ti
cacciano!»
«E
allora?»
«Nostra
madre è solo stupita per la tua scelta, Hime. Non sembravi
propensa per quel
genere di scuola.» disse Yume spuntando dalla cucina con una
bottiglia di succo
d’arancia in mano.
Sui
la guardò male. Persino Hotogi avrebbe capito che la madre
non era “solo
stupita” ma “convinta che fosse impossibile che la
mediocre mocciosa superasse
l’esame di ammissione, figuriamoci la borsa di
studio”!
La
donna annuì «Non avevi mai mostrato interesse per
una scuola del genere.»
Yume
poggiò la bottiglia sul tavolo, insieme a due bicchieri.
Hime adorava il succo
d’arancia. Se glielo offriva, la sorella avrebbe spiattellato
più velocemente
il vero motivo per cui voleva andare in quella scuola. Lo
versò in uno dei
bicchieri.
Come
previsto, la ragazzina trangugiò il suo succo
d’arancia. «Sarà come dici, ma se
ve l’avesse chiesto Yume non vi sareste opposti!»
Mentre
Sui cadeva di divesi centimetri, scioccata dal livello raggiunto
dall’idiozia
umana, Yume sorrise mentalmente. Chiamarla in causa era il passo
precendete
allo spiattellamento.
«Yume
aveva buoni voti in tutte le materie anche alle elementari!»
«Tranne
in ginnastica.» Borbotto Yume ma, come previsto, la donna la
ignorò.
«Inoltre,
ci saremmo assicurati anche con lei che volesse veramente andare in
quella
scuola e che non fosse solo un capriccio!»
«Il
mio non è un capriccio!» strillò Hime
«Io voglio veramente incontrare il mio
principe!»
L’«Ehhhhh???»
strillato dalla signora
Hanazono coprì quello di molti meno decibell sussurrato da
Yume.
«L’ho
incontrato oggi mentre andavo a scuola! Ho riconosciuto la divisa
dell’Aoibara
e ho subito deciso di andare lì! Era di certo del primo anno
delle medie! Era
coooosì figo e gentile!»
Hime
non si accorse che la madre era svenuta.
----------
Le
ragioni per cui Misaki odiava l’Aoibara erano varie.
Era
piena di snob. Le suddette persone snob maltrattavano i tre studenti
con borsa
di studio, gli unici sani di mente, che imparavano ben presto a evitare
gli
studenti paganti. I suddetti studenti paganti lo trattavano come se
fosse una
femmina. I maschi lo invitavano ad appuntamenti in luoghi tipicamente
da
fidanzati (o almeno tentavano), le ragazze (solitamente del terzo anno)
parlottavano di lui con manga yuri in mano (cosa parecchio inquietante).
Ma
la cosa che più odiava era la divisa. Quella delle
elementari andava ancora
bene. Quelle delle medie e delle superiori, no.
E
il motivo era che erano pressocè identiche. Cambiava solo il
colore della
cravatta. Che nessuno guardava.
Ogni
singola persona che lo incontrava pensava che fosse in Prima Media.
Se anche quella delle elementari avesse avuto i
pantaloni lunghi, probabilmente gli avrebbero dato anche meno. Anche se
Misaki
non l’avrebbe mai ammesso.
Comunque,
non avrebbe mai immaginato ciò che stava accadendo in casa
Hanazono.
----------
Yume
rise piano, non appena andò in camera. «Quella
scema!» sussurrò. Non voleva
farsi prendere per pazza.
Sui
volò verso di lei «È davvero
così impossibile che ce la faccia?»
Yume
annuì «È impossibile, impossibile!
Prende sempre la sufficienza per un pelo,
non le daranno mai la borsa di studio! Inoltre, solo coi soldi che
servono per
la divisa si potrebbero pagare due rate del mutuo! Non potrà
Mai
andare lì!» Yume si buttò
delicatamente sul letto. Se la casa fosse stata vuota, si sarebbe
rotolata
dalle risate «Hime vuole andare lì solo per far
finta di essermi superiore. La
sua cotta è solo una scusa. Non ha la determinazione giusta
per superare quelli
che vanno là per avere gli agganci giusti per lavorare nella
finanza in futuro.»
«Tu
vuoi sposare un riccastro, vero?» borbottò Sui,
poggiandosi
sul comò «Allora
perché non sei andata anche tu in quella scuola? O magari
non ti
hanno accettato?»
Yume
si voltò verso il suo Shugo Chara «Gli amori
adolescenziali che durano tutta la
vita sono una leggenda metropolitana. Incontrare i ricchi nelle scuole
superiori rischia solo di farti apparire arrogante. Inoltre, avrei
dovuto
mettermi a studiare seriamente. Persino a me non permetterebbero di
andarci
senza borsa di studio.» Yume si raggomitolò sotto
le coperte. «Quindi mi
rilasserò alle superiori e lavorerò
all’università. Ora stà zitta, voglio
dormire.»
----------
Yume
si svegliò non appena il presidente del consiglio
studentesco pronunciò
l’ultima sillaba.
Era
il giorno prima dell’“annuale visita degli studenti
del nono grado”. Come ogni
anno, c’era stato il discorso del presidente del consiglio
studentesco su come
vestirsi, comportarsi, parlare durante la visita dei piccoletti.
Yume
aveva ascoltato la prima e l’ultima sillaba.
Sui
si era accasciata sulla testa del vicino di sedia (fortunatamente
addormentato)
e russava in un modo incredibile per il suo piccolo corpo.
Yume
si mide ad applaudire insieme ai pochi svegli, appena il presidente si
allontanò dal microfono.
Sui,
per il rumore, si svegliò di colpo e scivolò
giù dalla testa del ragazzo,
strappando nel tentare di fermarsi un ciuffo di capelli.
Il
tizio si svegliò di scatto, ma Yume si era già
allontanata, seguita dallo shugo
chara.
Passò
accanto a Jessica, che russava piano in una posa scomposta.
Decise
di non svegliarla. Hotogi aveva la tipica aria di chi stava cercando
qualcuno.
E se avesse notato che Jessica dormiva, si sarebbe scatenato
l’inferno.
Yume
andò da lui. Non poteva evitarlo.
«Hanazono-san!»
strillò Hotogi appena la vide. Fortunatamente, abbastanza
tardi da aver
permesso a Yume di uscire dall’area Jessica.
«Buongiorno,
Hotogi-senpai-» disse Yume, piegando leggrmente la testa.
«Tu hai sentito il mio
discordo?» cinguettò Hotogi, tutto
contento.
Ah, hai parlato
anche tu? «Si,
sei stato molto eloquente»
Hotogi gonfiò il petto
come un galletto iperpomposo. «Si,
io credo che il mio contributo aiuterà a mantenere il
comportamento dignitoso,
domani.»
Yume trattenne la voglia di
ridergli in faccia. Gli
studenti non ascoltano le assemblee. Invece disse «Domani
devi far fare il giro
turistico agli studenti di nona?»
Hotogi annuì
solennemente «Io domani aggompagnerò e
assisterò i futuri studenti vestito da principe, come deciso
dal presidente.»
Yume stava seriamente per scoppiare
a ridere
fragorosamente. Vestito da principe, e pure
orgoglioso di esserlo! Sui non si trattenne, ma Hotogi si
limitò a un’occhiataccia.
«Ora io devo fare
l’ultima prova dell’abito, quindi io non
potrò accompagnarti a casa tua, oggi.»
«Non
preoccuparti.»Yume festeggiò
mentalmente«Concentrati
sulla prova.»
Nessuno dei due si accorse che Sui
si stava allontanando
verso gli spoiatoi.
----------
Hime fissò la foto sul
cellulare delle studentesse
dell’Aoibara, sorridendo.
Kyah! La divisa
dell’Aoibara è così carina! E, fra due
anni, la indosserò anch’io!
La ragazzina, saltellando, si
avviò verso il doposcuola.
Non ci sarebbe mai arrivata.
Fine
sesto capitolo: il giglio carnivoro e il bulbo zannuto.
Unica cosa da dire, a questo
punto: Happy Halloween!
|
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Capitolo 7 *** Capitolo settimo - il giglio carnivoro ha le foglie pesanti ***
Stavolta
aggiornamento rapido!
In
questo capitolo c'è la mia prima scena di combattimento...
è difficile farle, ma mi sono divertita. consiglio di
leggerla con della musica classica di sottofondo (magari uno degli
album orchestrali di Ali Project, dato che l'ho scritta ascoltando
Gothic opera, uno di questi)
Jessica:
...
Ten:
che c'è?
Jessica:
Sono 3 capitoli che non appairo! sto perdendo mio rulo di
Migliore amica della protagonista!
Ten:
in realtà sei apparsa, nello scorso.
Jessica:
really?
Ten:
e dato che questo e il precedente sono in realtà uno solo,
sei apparsa anche in questo.
*jessica
festeggia*
Ten:
vi lascio alla lettura!
«Dove. Diamine. Eri.
Finita?» Ringhiò Yume, appena Sui
rientrò nel suo campo visivo, trasportando una grossa busta.
«Stavo
facendo uno scherzo.» rispose
candidamente la shugo chara, soddisfatta di sé. Ma invece si
beccò un colpo di
taglio della mano di Yume sulla testa.
La ragazza afferrò la
borsa prima che cadesse a terra «Che
diamine hai combinato?» borbottò, aprendo il
sacchetto,
Dentro c’era una divisa.
Maschile.
«Di
Hotogi»
Mugolò Sui, tenendosi la
testa «gliel’ho
fregata»
«Sei. Una.
CRETINA!» Strillò Yume, dando un secondo colpo
sulla testa di Sui. «Conosci il significato della parola
“prove”? Sono le cose
che rovinano anche i crimini perfetti!» Altro colpo
«E il tuo decisamente non
lo è! Dovevi distruggere la divisa! Non
rifilarmela!» quarto colpo «Ora
l’inceneritore sarà chiuso…
dovrò farlo a pezzi a casa.» infilò la
busta nella
borsa «Su, sbrighiamoci, voglio scucirla il prima
possibile.»
Le due si avviarono.
----------
Hime continuava a saltellare verso
il doposcuola, ignara
di ciò che stava per accadere.
Quando saltellava,non prestava
attenzione a dove
camminava. Quando non prestava attenzione a dove camminava, si
scontrava con la
gente che andava in senso contrario.
Questo le fu fatale.
Si andò a scontrare
contro un gruppetto di teppisti
----------
Yume avanzava verso casa, con
un’andatura tranquilla e rilassata.
Teneva la cartella sul davanti con entrambe le mani, e i lunghi capelli
ondeggiavano amabilmente sulle sue spalle. Le persone sentivano il
cuore
sciogliersi per l’apparizione di quel prototipo di bellezza e
virtù
tradizionali.
Che però stava pensando
a come sbarazzarsi delle parti di
una divisa rubata, dopo averla tagliata e scucita. Ma in fondo,
l’abilità nel
cucito non è una delle virtù femminili
tradizionali.
Sui
svolazzava plavida attorno
alla sua testa, lamentandosi per i colpi subiti, più per
inerzia che per
dolore.
«Uh?
Che sta succedendo da quella parte?»
Yume, con un movimento Apparentemente
noncurante, tranquillo e casuale, guardò nella direzione
indicata da Sui.
Un gruppetto di teppisti stava
entrando in un edificio fra
i decandente e il semidistrutto (che
originali! I soliti teppisti vanno in alberghi a nove stelle!) trascinando qualcosa…
no, qualcuno, a giudicare da come
scalciava.
E quel qualcuno era familiare.
----------
Hime
fissò male i suoi
rapitori.
5 tizi sui 30-35
anni che si
vestivano con pantaloni scuri e camicie sgargianti simil hawaiane.
(Chissà
perché, le ricordava My boss My Hero.). Insomma, rifiuti
della socetà.
Cretini che
avevano avuto uno
scarso rendimento scolastico, erano andati in scuole pubbliche, avevano
lasciato prima delle superiori, non avevano trovato un lavoro,
campavano a
forza di furtarelli e probabilmente sarebbero stati eliminati da degli
Yakuza
come una di quelle piante che si appiccicano ai vestiti, seccanti,
inutili e
facilmente staccabili.
Ah, ho dimenticato
che per fare i fighi avevano cominciato con droghe e alcool il terza
elementare, bruciandosi tre quarti di cervello.
In sintesi,
scarti.
Il problema era
che era
finita nelle mani di scarti della socetà, quindi ritenne
opportuno non
pronunciare le sue considerazioni.
Anche se uno di
quei tizi
stava ficcando il naso nel Suo
cellulare. Estremamente seccante, ma decisamente non era il momento di
protestare.
Toc!
Toc! Toc!
«Uh,
dei ritardatari, capo.
Che facciamo,capo?» disse uno dei teppisti, fissando il
ficcanaso.
«Lasciamoli
fuori. Imparino
ad arrivare in orario.» disse il “capo”,
alias il seccantissimo ficcanaso,
senza staccare gli occhi dallo schermo. «Famiglia normale.
Anche se chiedessimo
un riscatto, non otterremo una cifra decente.»
«E
allora che facciamo, capo?»
Tum!
Tum! Tum!
«Ignorate
quei c******i. Conosco
un tizio a cui piacciono le mocciose. Pagherà bene per
qualche ora solo con
lei.»
Tutti risero.
Hime
cominciò a sudare
freddo. Doveva escogitare un modo per fuggire.
Pow!
Pow! POW!
«Ancora?
Tacchan, và a
cacciarli!»
Tacchan?
Hime, nonostante la situazione, rischiò seriamente di
mettersi a ridere. Tacchan, il
pericoloso e temibile delinquente!
Intanto
“Tacchan” si stava
avvicinando alla porta.
Non ci
arrivò.
La porta si
schiantò per
terra, in una nube di polvere. Quando si diradò, una figura
nera e bianca
comparve sulla soglia, con un cappello calato sugli occhi.
Nello stupore
generale, fece
qualche passo, si girò verso la gente, e si fermò
ad attendere.
Tacchan si
fiondò su di essa,
strillando «E
tu chi c***o sei, b******o?»
e mettendosi in posa per colpire con un pugno.
La figura,
sorridendo
leggermente sotto il cappello, afferrò il pugno, tranquilla
come se stesse
trattenendo una piuma sospinta da una leggera brezza.
Tacchan
sentì dolore al
plesso solare e vide la figura che lo salutava con la manina
– piccola e
curata, fin troppo per un ragazzo evidentemente abituato a combattere
– e
crollò a terra privo di sensi. È
decisamente un maschio…
Il corpo fu
scavalcato, e
l’intruso rimase fermo, attendendo che qualcuno si facesse
avanti.
Non dovette
aspettare molto.
«Questo
è per Tacchan, c******e!»
La figura si
limitò ad alzare
il braccio e a stringere il pugno. Fu il cretino ni-kun a sbatterci
contro.
Il suddetto
cadde a terra,
tenendosi il naso rotto
«’Stardo…»
La figura fece
un sorrisetto
di scherno.
San-pi e shi-tan
si fecero
avanti. Quest’ultimo aveva in mano una sbarra di ferro.
Hime
sbiancò. Quel ragazzo
non poteva battere due uomini in un colpo solo… sembrava
minuto e fragile,
troppo per sconfiggerne anche uno solo che usasse il cervello.
Il sorriso della
figura si
allargò visibilmente. Sembrava decisamente felice e contento
dell’attacco
doppio. Si posizionò davanti a ni-kun, premurandosi di
calpestargli le gambe.
Hime
pensò di aver sentito il
“crack” di un osso spezzato, ma si convinse di
essersi sbagliata. Non
può aver addirittura spezzato l’osso…
sembrava non avesse fatto alcuno
sforzo….
Eppure, ni-kun
non si
rialzava.
La figura
aspettò che Shi-tan
si avvicinasse, alzasse la sbarra e si sbilanciasse nel cercare di
colpirla. Un
secondo prima che la sbarra le sfiorasse il cappello, fece un passo in
avanti.
La sbarra
calò sul ferito
ni-kun, facendolo svenire.
Contemporaneamente,
la figura
andò alle spalle di san-pi, il più robusto dei
cinque, e gli diede un calcio in
mezzo alla schiena, spedendolo a schiacciare gli altri due.
Giusto per
assicurarsi che
fosse morto svenuto, si avvicinò, si
chinò, gli afferrò i capelli e fece
cozzare la testa contro il pavimento.
Ora rimaneva
solo il “boss”.
Che fino ad
allora se n’era
stato tranquillo ad osservare mentre i “suoi
uomini” venivano fatti a pezzetti
da un ragazzino, seduto e perfettamente immobile, tranne per una mano,
che
apriva e chiudeva il cellulare di Hime.
L’intruso
si alzò e avanzò
tranquillamente, con un sorrisetto.
Il boss non si
mosse,
limitandosi a mettere in funzione la lingua e la mascella e a smetterla
di
aprire e chiudere il cellulare. «Sei forte,
ragazzino.» disse.
La figura
continuò ad
avanzare.
«Ho
una proposta per te.»
Altro
avanzamento.
«Che
ne dici di entrare nel
Branco? Garantisco ottimi guadagni.»
L’intruso
era ormai a tre
passi dal boss, a un metro da Hime. Ma, nonostante ciò, non
riusciva a metterne
a fuoco il volto. Forse devo
veramente andare dall’oculista…
Il sorriso della
figura si
ampliò.
Il boss sorrise,
scaltro, ma
il sorriso scomparve istantaneamente non appena la figura lo
afferrò per il
colletto e cominciò a trascinarlo, fischiettando qualcosa di
allegro. La
primavera di Vivaldi.
«Hey,
che c***o stai facendo,
s*****o? Mollami immediatamente!»
Niente. Non
prima di arrivare
alla fine della stanza. Solo allora la primavera divenne una marcia
funebre, e
contemporaneamente sbattè dolcemente la testa del boss
contro il muro.
«Ehy,
che stai…»
La
figura cominciò a camminare, tenendo salda la testa. Non la
fece staccare dal
muro per tutta la stanza.
La figura
lasciò cadere il
“boss”, svenuto, e si pulì le dita
insanguinate sulla giacca.
Hime
cominciò a sudare
freddo. Nella sua testolina che evidentemente non era stata corrotta
solo da
shojo manga cominciò a formarsi un dubbio. Fino ad allora
era stata contenta
del salvataggio, ma ora il sospetto di essere capitata di essere
capitata nelle
mani si un serial killer\pervertito\folle non era irrilevante.
La figura
cominciò a camminare
verso di lei. No, non verso di lei. Si teneva radente al muro.
Hime venne
oltrepassata.
Avrebbe voluto urlare “non lasciarmi qui!” ma non
riusciva a parlare. La
ragazza aveva perso le speranze di essere salvata, quando
sentì le corde allentarsi.
Si
voltò
di scatto, strillando un «Graz….» ma si
bloccò. La figura era scomparsa,
fuggendo dalla finestra.
In quel momento,
Hime
riconobbe la divisa.
----------
Qualcosa di
piccolo e nero
entrò dalla finestra, troppo grande per essere un insetto,
troppo piccolo per
essere un corvo. Il qualcosa si avvicinò al teppista
più vicino e si infilò
nella tasca.
Ne
uscì con un cellulare. A
mezz’aria, lo aprì e cominciò a
digitare il numero. 1…1…
In quel momento,
boss-kun
aprì gli occhi e vide il proprio cellulare volteggiare a 3
cm dal naso.
Il boss
risvenne, senza che
Sui si accorgesse di nulla.
----------
«Ho
chiamato l’ambulanza. Perché?»
«Se
fossero morti, ci sarebbe
stata un’inchiesta. Invece, ora, se interrogati diranno di
essere stati
attaccati da 5000 teppisti, arrotondati per difetto. Sarebbe
imbarazzante, per
loro, ammettere di essere stati fatti a pezzi da una persona
sola.» Yume finì
di arrotolare la divisa dentro la busta «E né io
né Hime c’entreremo nulla.»
«Perché
l’hai salvata? ‘vrebbe ‘bassato la
cresta, la mocciosa.»
«Perché,
se le fosse accaduto
qualcosa, i miei si sarebbero buttati a coccolarla, limitando i miei
privilegi»
Yume si afferrò i ciuffi davanti «Avrei dovuto
farle da schiavetta sino
all’università.» Yume si
passò indietro i capelli e cominciò a
intrecciarli «Inoltre,
l’altro giorno ho comprato un nuovo videogame e avevo voglia
di provarne i
combattimenti» Yume si imbronciò «non
sono stati collaborativi.»
----------
«Kaa-chan!
Kaa-chan!»
La donna si
girò,
preparandosi alla solita brutta notizia. No,
questa volta non
sverrò.
«Ho
cambiato idea! Andrò alla
Hoshiyata!»
La Hoshiyata era
la
disastrata scuola media pubblica di fronte al saint flower.
La donna svenne,
mentre Hime
continuava a blaterare.
«Uno
della scuola di Yume mi
ha salvata da dei teppisti! Se andrò lì,
potrò incontrarlo! Era un Figo con la
effe maiuscola!»
Yume, che al
piano di sopra
sentiva tutto, sorrise, finendo di cucire il nuovo elastico per capelli
di
Hime, in stoffa nera. Lo poggiò sulle nuove presine della
madre.
Sempre in stoffa
nera.
----------
«Cosa…
diamine… è… questo?»
Urlò
Misaki, fissando il foglio. Conteneva una singola foto con un singolo
elemento
di disturbo. Uno shugo Chara.
«’e
succede Misachin?»
borbottò Hiko, uscendo dal
cassetto che era diventato a la sua stanza, arredato con i vari
elementi delle
case delle bambole imposte a Misaki nella vita (non avevano ancora
smesso di
regalargliele). Il ragazzo si era buttato sul mucchio di fogli e lo
stava
sfogliano freneticamente.
Hiko si
avvicinò al foglio
solitario abbandonato a terra. «Toh, anche lei ha
‘no shugo chara»
Nessuna risposta.
Hiko
fissò il suo possessore.
«Misachin?»
«e…
e… e…» mugolò Misaki.
Lo shugo chara
si avvicinò.
Enorme errore.
In quel momento,
Misaki si
riscosse e urlò «Era un Chara Nari!»
fine
capitolo settimo - il giglio carnivoro ha le foglie pesanti
*ten appare*
Ni, san, shi sono 2, 3, 4 in
giapponese. 1 è ichi. E ammetto che il vero nome
di Tacchan è tadase.
My boss my hero è
un drama giapponese. lì c'è un gruppo di Yakuza
con le camicie Hawaiiane. vi consiglio di vederlo.
Un altro Drama che consiglio
è Nobuta wo produce. Ci recita Kamenashi (di cui io sono
fan). e naturalmente Yamato nadeshiko shiki Henge (ho anche il manga e
ho visto l'anime) . Anche lì c'è kame-sama.
bè, dato che non
so più che scrivere, ci lascio
Ten
|
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Capitolo 8 *** Capitolo ottavo – Il giglio carnivoro e la rosa rossa insanguinato sull’orlo del dirupo ***
Scusate per il ritardo! Fra
la fanfic di bleach e i professori che si ricordano di interrogare a 5
giorni dall'inizio delle vacanze, sono riuscita a publiacare solo
oggi...
Come è andato il
raccolto natalizio? Tanti regali? O pochi ma ottimi? In ogni caso,
spero che vi siano piaciuti!
Vi lascio al poco natalizio
capitolo!
«La
sua cartella,
Misaki-sama.»
«Mmm.»
mormorò Misaki,
afferrando la borsa.
La cameriera che
aveva vinto
il torneo mattutino di morra cinese per offrire la borsa al signorino,
gioì
internamente. Con questa
espressione tormentata è magnifico, signorino! Sono felice
di
essere la privilegiata che ha potuto contemplarla da così
vicino!
Misaki era noto
per essere
l’oggetto dell’adorazione di tutte le cameriere di
casa Reino, e, in generale, di
tutte le ragazze più grandi.
----------
«Yume-sama!
Buongiorno!»
Strillò un gruppo di ragazzine dell’Hoshiyata.
«Buongiorno.»
rispose Yume,
con un sorriso smagliante.
Le ragazzine si
allontanarono, ridacchiando.
Yume
lanciò loro uno sguardo
pieno di disprezzo.
«Che
Sceme.»
borbottò Sui.
Yume non
commentò. Le
moccioselle starnazzanti erano il piano terra del suo controllo
indiretto sulla
comunità (le fondamenta erano i compagni di scuola e la
famiglia). Erano fra le
sue fan più fedeli, e lo mostravano portandole una decina di
bentou al giorno.
Peccato che
arrivavano alle
fine delle lezioni ed erano talmente disgustosi da risultare
immangiabili
persino per Sui. Sui, quella che si mangiava onigiri scaduti da 5 mesi.
Entrò
nella scuola e andò a
prendere le scarpe. Niente lettere. Normale. In genere le riceveva a
voce, le
dichiarazioni.
«Hanazono-san!»
Yume si
voltò, mantenendo
saldo il sorriso.
Hotogi stava
arrivando di
corsa, con un sorriso a 3244 denti.
«Hai
passato una buona
giornata?»
«Si.»
perché
non ho dovuto vederti «sono
onorata per l’interessamento.»
Yume
sentì le chiacchere alle
sue spalle.
«Sono
così belli che sembrano
un quadro!»
Oh, ma che frase
originale!
«Avranno
avuto un
appuntamento, ieri?»
Nei suoi sogni!
«Sono
la coppia perfetta!»
… la
bella e la bestia? Nah, alla fine la bestia diventava un principe .
«Un
giorno scopriremo che si
sono sposati…»
E quel giorno vi
verrà a prendere il reparto psichiatrico.
Yume
sperò, senza crederci,
che Hotogi avesse problemi d’udito.
----------
Misaki si
avvicinò alla
cassetta di sicurezza.
Con la calma e
lentezza di un
rapinatore, digitò il codice e scattò
all’indietro.
La cassetta si
aprì di scatto
e vomitò una rosea massa informe di lettere e pacchetti vari.
Il ragazzo la
fissò
disguatato. Con la punta del piede, scostò alcune buste,
alla ricerca delle
scarpe.
Sentì
degli sguardi sulla
nuca.
Si
voltò, rabbioso, e un
gruppo di mocciosi delle medie fuggì dietro uno scaffale.
Con un sospiro,
Misaki
continuò la ricerca, sotto gli occhi allibiti dei presenti.
Misaki-sama…
che le sta succedendo? Non è esplosa!
----------
«Hanazono-san!»
Yume si
voltò, facendo
ruotare adorabilmente la gonna.«Si, Hotogi-senpai?»
«Un
essere abominevole e
privo di fantasia ha rubato a me la divisa, come tu
sai…» poggiò l’indice sul
proprio petto, coperto da un orrido maglione giallo canarino
decisamente non
appartenente alla divisa. «Quindi Io mi chiedevo se tu mi
accompa…»
Hotogi fu lanciato spinto via da Jessica.
«Se
Yume-sama uscirebbe, venisse con me!»
«La
tua compagnia non è così
desiderata da Hanazono-san!»
Si voltarono
entrambi. «(tu)
verrai con me, vero?»
Yume stava per
rifiutare, ma
si ricordò di aver quasi finito le mine.
«Perché
non andiamo tutti e
tre?»
Sui
sospirò, e svolazzò via. Vedere
quei due litigare non era divertente, quindi quel pomeriggio si sarebbe
divertita da sola.
O, almeno,
così pensava.
----------
Misaki si
scolò la terza
tazza di cioccolata.
Era un Chara
Nari! Così il mio piano va a farsi a benedire!
«Misachin…
stai esagerando.» disse Hiko, poggiandosi sui capelli
rosso fiamma del
possessore.
Misaki si
pulì col
fazzoletino «Lo so.»
«Misachin…
lo so ch’è ‘n
problema se quella ragazza è ‘n angelo,
ma… non puoi buttare via ‘l tuo
stomaco così, Misachin!»
Misaki non
comentò e andò a
pagare.
----------
«Hoooo
faaaaameeeeeeeeeeeee…»
strillò Sui, svolazzando solitaria «Avrei
fatto meglio ad andare con Yume… fame…»
L’odore
del cibo la fece
andare al centro della cittadina, nella zono dei bar e delle
pasticcerie di
lusso.
«Cibo!» si
lamentò, appogiandosi alla vetrina di una di esse. Le
invitanti paste la
chiamavano da dietro il vetro.
Ma non poteva
averle. Se
avesse tentato di appropiarsi di una pasta, il radar malefico di Yume
si
sarebbe azionato e la punizione divina (mano di Yume) sarebbbe discesa
ad
ammazzarla.
Si
voltò per andarsene.
La sua
attenzione fu attirata
da una chioma rossa.
«Ah…
È la mocciosetta che abbiamo ‘bbattuto io e
Yume…» disse a voce
alta. Tanto,
non la poteva sentire.
La mocciosa
stava guardando
qualcosa alle spalle di Sui, e stava sbiancando.
«Uh?
Cosa c’è alle mie
spalle?» sui si voltò. Niente. Non c’era
niente.
Tornò
alla posizione
iniziale.
Dal nido dei
capelli suntò
uno Shugo Chara, urlando «Ah!
È la shugo chara della foto!»
----------
Yume si
voltò di scatto.
Aveva una strana impressione.
«Yume-sama?
Qualcosa non va?»
«No…
mi è solo sembrato di
aver visto un conoscente…»
Yume stava
girandosi, quando
una chioma rossa con due esserini bianchi e neri che gli svolazzavano
attorno
entrò nel suo campo visivo.
Sui, il\la
moccioso\a
pestato\a e un altro Shugo Chara.
Yume
sbiancò interiormente. Eh?
Che ci fa quella peste insieme a quel moccioso?
Proprio un possessore di shugo chara doveva essere? Quella spiattella
tutto! Si
voltò verso i due
seccatori. Punto primo:
Liberarsi dei cretini.
«Devo
andare. Ho promesso a
mia madre che l’avrei aiutata a preparare la cena.»
si inchinò leggermente «Ci
vediamo domani, Hotogi-sanpai e Jessica-san»
«Io ti
accompagno a casa,
Hanazono-san!» cinquettò Hotogi, alzando
diligentemente la mano.
«Ti
ringrazio per l’offerta,
Hotogi-senpai,» Yume chinò leggermente la testa.
«Ma non posso accettare. Abiti
dalla parte opposta, dovresti fare il doppio della strada. Accompagna
Jessica-san, invece. Abita nel quartiere accanto al tuo.»
«Ma…»
«Devo
andare, a domani!»
disse,avviandosi a passo svelto verso casa. Ma appena fu fuori dal
campo visivo
dei due, cominciò a correre nella direzione inboccata dal
moccioso.
----------
Sui
finì di ingozzarsi di
caramelle «’azie…»
Misaki non disse
nulla. Quella
piccola inutile variabile impazzita aveva distrutto con la sua sola
inutile
esistenza il suo magnifico
e perfetto piano. E farla a pezzi non sarebbe servito a niente. «Yume
si rifiuta sempre di comprarmi
dolci…»
Misaki
alzò la testa «Cosa?»
«Dice
che non ha voglia di usare i suoi soldi per comperare ‘nutili
dolci.»
Misaki
aprì la bocca, ma fu
bloccato dallo scoppio della porta.
Ansante,
furibonda e con
un’aura di fiamme demoniache attorno, Yume era apparsa.
Sui
sentì che la punizione
divina stava per arrivare. Non si sbagliava.
La ragazza si
avvicinò a
passo di marcia, con l’aura sempre più ampia,
scura, fiammeggiante.
Sui fu lanciata
via da un
pugno. «Questo è solo un assaggio. Prima devo
occuparmi di quelle altre due
piccole inutili pesti.»
Misaki
aprì la bocca per
commentare il “piccola”, ma prima che potesse
emettere il più minimo suono,
Yume lo afferrò per il cappuccio della felpa e, con uno
strattone, lo fece
cadere.
Poi
cominciò a trascinarlo
verso il bordo.
«Ehy, che C˱˱˱O stai
facendo?»
Yume rimase
zitta.
Si
fermò sul bordo.
In un attimo di
lucido
istinto animale, Misaki notò che la ringhiera arrivava a
malapena alla vita
della ragazza, e si ricordò che erano sul tetto di un
palazzo di più di dieci
piani.
Che
diavolo… che diavolo vuole fare?
«Scusami,
moccioso» disse
Yume, con voce poco convincente, afferrandolo sotto le ascelle.
I sudori freddi
di Misaki
aumentarono.
Yume
continuò «Ma hai sentito
ciò che non
dovevi sentire. A
seconda di come atterri, potresti cavartela solo con un trauma
cranico.» La sua
voce sembrava estremamente competente mentre parlava. «Buona
fortuna, moccioso!»
La ragazza lo sollevò senza fatica apparente.
«Oi,
non sono un moccioso!»
Hiko, che si
stava precipitando
ad aiutare il suo possessore, cambiò la sua rotta da
orizzontale a verticale e
si spiaccicò a terra.
Anche
in momenti come questo, pensi solo a quello?
«Seh,
come no.» Yume
trasportò oltre il parapetto.«Anche se tenti di
rallentarlo, non puoi sfuggire
al tuo destino di morire in tenera età.»
«Ho sedici anni, Idiota!
Non darti tante arie solo perché sei alta
un metro sessantotto centimetri e quatro millimetri!»
Siiiiilenziooo.
«Come
sai la mia altezza,
Mocciosello?»
Misaki
sentì i peli sulla
nuca drizarsi.«… Ho tirato a
indovinare?» sussurrò.
«Pure
stalker, il moccioso…
penso che andrò giù a deturpare il tuo bel
faccino, quando cadrai…»
Misaki
sentì la presa
allentarsi.
«Ho
una proposta interessante
per te!»
Uno, due secondi.
«Che
proposta?»
Fine capitolo
ottavo – Il giglio carnivoro e la rosa rossa
insanguinato sull’orlo del dirupo
Misaki: Ho perso 10 anni di
vita...
Ten: Ch'è causa
del suo mal, pianga se stesso!
Misaki: ... La "causa del mio
mal" sei tu.
Ten: No, sei tu e la tua
memoria che si fissa su dettagli inutili. se dicevi un metro e
settanta, avevi tirato a indovinare. Se dici Un metro sessantotto
centimetri e 7 millimetri non tiri a indovinare
Misaki: Erano quattro, i
millimetri.
Ten: Visto? è 'sta
pignoleria che rovina la vita!
Misaki: Parla quella che ha
un astuccio con le penne ordinate per Utilizzo, tipo, marca, modello e
colore e se qualcuno prova a toccarle lo morde...
Ten: Non è
pignoleria! è ordine!
Misaki: Manco la mia
è pignoleria! è tenere a mente tutto!
è un'abilità importante nel mondo degli affari!
*continua il litigio*
Yume: intanto che 'sti
cretini litigano, vi faccio gli auguri da parte di tutto lo staff di
Ore wa (alias personaggi&autrice).
|
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Capitolo 9 *** Capitolo nono - Il giglio carnivoro aspetta, la rosa rossa insanguinata si confessa ***
Ed ecco il nuovo capitolo di
Ore Wa! Ai recensori: visto che ci voleva poco?
Misaki: ehi! fammi scendere!
Ten: si, si... su, cominciamo
la lettura!
Misaki
fissò il caffè appena
portato.
Il suo geniale
piano era più
difficile di quanto immaginasse. O, perlomeno, lo era iniziarlo.
In
realtà, non aveva pensato
a quel punto. Era passato direttamente alla fine.
E inoltre,
pensava che il
loro incontro sarebbe stato più… tranquillo.
«Bevi
il caffè. Se si fredda,
non è buono.» disse Yume, finendo il suo.
«Bevo,
bevo.» borbottò
Misaki, sollevando la tazzina. Il liquido emanava vapore caldo e
odoroso.
«Tieni
la tazzina come una
vecchia arpia.»
Misaki si
bloccò per qualche
secondo.«Certo che, per essere una specie di angelo disceso
dal cielo, un
essere più candido di un giglio sei piuttosto
acida.» borbottò, afferrando la
tazzina con entrambe le mani.
«Sai
già che il mio carattere
è così, quindi non è necessario
mantenere la maschera.» disse Yume, poggiando
la tazzina vuota sul tavolo «Dovresti essere tu a parlare in
modo educato. Non
ho ancora rinunciato all’idea di buttarti giù da
un tetto.»
«Dopo
esserti fatta vedere a
prendere amabilmente un caffè con me?»
«Chi
ha detto che lo farei
oggi? Aproffitterei della prima occasione, rimanendo
nell’ombra.»
Misaki
fissò Yume. Non c’era
la minima esitazione o turbamento o niente che indicasse che stesse
mentendo. Era
fredda, determinata e gelida.
Misaki
sentì rizzarsi i peli
sulla nuca. Se quella ragazza avesse deciso che era pericoloso, sarebbe
morto
entro 24 ore. Per la prima e ultima volta, si pentì di aver
seminato le guardie
del corpo.
Si
mordicchiò il labbra,
fingendo di bere per coprirlo. Era nei guai. In enormi guai.
«Che
proposta dovevi farmi?
E, soprattutto, cosa ci guadagno?»
«Il
mio silenzio.»
«Risposta
incompleta,
moccioso. E chiamami “Yume-dono”,
marmocchio.»
«Ho la
tua età.»
«Se,
certo.»
Misaki si mise a
frugare nella
cartella. Come al solito, l’urgenza di un oggetto e la
probabilità di trovarlo
erano inversamente proporzionali.
Alla fine,
trovò la sua carta
d’identità. La passò alla ragazza.
«Prova.»
Yume la
aprì senza fretta,
irritando sempre di più Misaki.
«Toh,
hai tre mesi meno di
me.» si fermò per un attimo. «Continuo a
sospettare una cosa… Tu… sei
assolutamente cert“o” di essere un
maschio?»
Misaki ebbe la
tentazione di
strozzarla, ma l’istinto di conservazione lo
bloccò. «Si.»
Silenzio. Yume
si rigirava la
tessera fra le mani.
«Misaki.»
«Uh?»
Il ragazzo alzò la
testa.
«Perché
hai ordinato quella
torta?» domandò la ragazza, indicando
l’intatto dolce al cioccolato al centro
del tavolo.
«Se
non l’avessi presa, Hiko»
indicò lo shugo chara appoggiato sulla sua spalla, che
fissava praticamente
ipnotizzato la torta «Non mi avrebbe dato pace. Anche la tua
è golosa, se gliene
dai la possibilità.» Indicò Sui,
sepolta sotto la montagna di buste della
cartoleria (Sia Hotogi sia Suzuki avevano il portafogli a quintuplo
fondo, a
quanto sembrava).
«Tu
non commenti come educo
il mio, io non commento i tuoi metodi troppo permissivi.»
«Hai
appena commentato.»
«Tu
l’hai fatto prima.»
Misaki ritenne
salutare non
opporsi «Ok». Tagliò un angolo della
torta, poggiandolo nel piattino del caffè.
Hiko si fiondò su di esso.
«Chi
si mangia il resto?»
Disse Yume, fissandosi le unghie.
«Non
mi piacciono, m...»
«Lo
mangio io. È un peccato
sprecare il cibo, anche se è disgustoso.» Disse
Yume, avvicinando il dolce.
Misaki non
commentò e tornò a
fissare la tazzina.
«Ci
siamo allontanati
dall’argomento principale.» disse Yume.
«La tua proposta.»
«…
Vado in bagno.» borbottò
Misaki, alzandosi.
Yume lo
fissò mentre si
allontanava.
Sogghignò.
----------
Misaki si
riempì le mani di
acqua fresca. Calmarsi,
calmarsi, bisogna calmarsi. Cal-mar- si. Ci come cambio, a come
assegno, elle come lavoro, emme come mascolino, a come assenza, erre
come
rischio, esse come spread, i come intuizione.
Si
gettò l’acqua sul volto.
«Mi-sa-chin.»
Misaki rimase
zitto, chino
sul lavandino.
«Mi-sa-chin,
sei troppo
nervoso.»
Forse mettere la
testa sotto l’acqua sarebbe utile. No, non riuscirei ad
asciugarmi i capelli.
«Su,
rilassati! Devi solo
ingannarla, non chiederle di sposarti!»
Misaki
sospirò e chiuse il
rubinetto.
----------
«Sono
tornato.» Borbottò
Misaki, sedendosi sulla sedia.
«Alla
buon’ora.» Disse Yume.
Stava di nuovo bevendo il caffè. Non
avrebbe dovuto chiedermelo, prima di
prenderlo? In fondo, pago io…
Solo allora si
accorse che
c’era qualcosa di strano.
Davanti a lui
non c’era più
la tazzina del caffè. La tazzina era nelle mani di Yume.
E al posto
suo…
La sua
adorabile, deliziosa,
profumata, bellissima, adorabile (ops…
questo l’ho già pensato) cioccolatosa
torta era di
fronte a lui.
«Ma…
che….»
«Un
buon caffè, anche se
freddo, è meglio di una disgustosa torta.» disse
Yume, appoggiando la tazzina
vuota sul tavolino. «E tu stavi sbavando dietro alla
torta.»
«Non
mi piacciono i dolci.»
borbottò Misaki.
«Se
vuoi essere convindente,
evita di dire che non ti piacciono i dolci e poi mangiarne una fetta
intera con
un singolo boccone. Ora ingoia, sembri un criceto.»
Misaki, con le
guancie
gonfie, emise un mugolio incomprensibile, che Yume
interpretò (correttamente)
come “Come diamine hai fatto a capirlo?”
«Hai
lasciato sfreddare il
caffè. Nessuno, se non un maniaco dei dolci
l’avrebbe fatto.»
Altri mugolii.
«A
confermare i miei sospetti,
ti è caduto questo.» mostrò un pezzetto
di carta. Lo scontrino della merenda di
prima. «Ti sei pappato seimila yen (60 euro circa) di dolci,
e hai ancora
spazio nello stomaco? Diventerai un piccolo criceto obeso. O stai
facendo le
scorte e passerai l’estate a dormire senza nutrirti? Allora
ti consiglio di
nutrirti meglio. La mancanza di sali minerali ti potrebbe far cadere il
pelo.»
riafferrò la tazzina.
Misaki
degluttì e le sue
guancie si sgonfiarono immediatamente.
«Misachin,
posso picchiarla,
posso?»
sussurrò Hiko, perfettamente udibile.
Misaki gli fece
cenno di
stare zitto.
«Uno:
Posso lanciarti via con
uno schiocco di dita, nanetto pestifero. Rinrazia che la doppia dose di
caffeina mi ha rallegrato.» Yume allungò le gambe
sotto il tavolo.
Misaki non
commentò.
«Due:
Per quanto hai
intenzione di fere lo sciopero della parola?»
Misaki
inspirò, e disse
qualcosa di completamente inaspettato. «Sposami.»
Silenzio
La tazzina
scivolò dalle mani
di Yume, miracolosamente senza rompersi.
Silenzio.
Hiko fu il primo
a riaversi,
urlando.
«Misachin,
sei impazzito? La
mia era solo una battuta! Non buttare via la tua vita così,
Misachiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin!»
Anche da sotto
le buste
provenivano mormorii stupiti.
«La
piccola peste golosa ha
ragione, “Misachin”. Il tuo cervello deve essere
delle dimensioni di quello di
un criceto, per desiderare una cosa del genere.» Disse Yume,
riprendendo la
tazza.
«Il
mio cervello è normale.»
«Chiedere
la mano a una con
cui hai scambiato si e no 50 parole, per lo più insulti,
senza neanche
considerare il mio carattere, non è normale.»
«Meglio
che una che sorride
sempre e si prepara a pugnalarti alle spalle.»
«Sai
di avermi appena
descritto alla perfezione?»
«Si,
ma se tu cominciassi a
comportarti così saprei le tue intenzioni con dovuto
anticipo potrei prendere
provedimenti.» Misaki incrociò le braccia
«Senza contare che con separazione
dei beni e testamento da cui tu sei completamente esclusa, non ti
sarebbe molto
conveniente uccidermi.»
Yume
aprì la bocca, poi la richiuse.
Ruotò la schiena rigidamente, si piegò allo
stesso modo, afferrò la carta
d’identità di Misaki, ritornò alla
posizione iniziale.
La
aprì.
Rimase immobile
per qualche
secondo.
«Tu….
Sei… Uno di
Quei Reino?» Sillabò
«Che
intendi con “quei”?»
«Quelli
della Reino’s
enterteiment. Quelli delli industrie Reino. Quelli degli alberghi
Reino. Quelli
di praticamente Tutto.
La terza famiglia
più ricca del giappone.»
«Seconda.»
«Insomma,
sei uno di Quei
Reino.»
«Temo
di si. È un problema,
forse?»
«Accetto
il fidanzamento.»
Fine capitolo
nono: Il giglio carnivoro aspetta, la rosa
rossa insanguinata si confessa.
Rivelazione shock? Ve lo
aspettavate? In ogni caso, non posso rovinare il momento, quindi smetto
di blaterale.
Al prossimo capitolo!
Ten
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Capitolo 10 *** Capitolo decimo - Il giglio carnivoro va annaffiato con abbondante acqua termale ***
Buongiorno a tutti!
ecco a voi il 10° capitolo di Ore Wa!
Voi direte: ma tu, perchè diamine non sei a scuola?
Semplice: stasera parto per la gita scolastica, quindi ci hanno dato
tutta la mattinata libera per prepararci.
A causa di ciò, non potrò rispondere
immediatamente alle vostre recensioni! lo farò quando torno
(non subito subito.... torno a mezzanotte ^^'')!
Godetevi questo capitolo!
Yume si appoggiò sul
sedile. Si era svegliata alle 4 del
mattino, era su uno scomodissimo sedile di treno, ma era felice.
In fondo, quel treno stava andando
verso una prestigiosa stazione
termale. Come poteva non essere felice?
L’unico problema era che
ci andava con la famiglia, ma non
era un peso insopportabile. Yume si sentiva serena e rilassata, quindi
avrebbe
concesso loro una vacanza serena.
Escluse dalla mente il russare di
Sui e le lamentele di
Hime, che continuava a sostenere che le terme fossero “roba
da vecchiacce”.
Lei adorava le terme, quindi niente
e Nessuno avrebbe
dovuto disturbarla.
----------
Hotogi aprì il
cellulare. Aveva invintato Hanazono Yume-san
(Avrebbe tolto il suffisso solo all’annuncio del loro
fidanzamento, e l’avrebbe
chiamata per nome solo dopo il matrimonio.) a venire al mare con lui (e
Jessica-san. Non avrebbe osato attentare all’onore di
Hanazono Yume-san.) ed
era certo che la ragazza avrebbe accettato.
C’era un messaggio.
Tutto contento, Hotogi lo
aprì. Si congelò immediatamente.
Scusa,
Hotogi Senpai! >_<
Sono
in Hokkaido… non posso proprio!
Andate
pure tu e Jessica!
Hanazono
Yume
Hotogi rimase in silenzio mentale
per qualche secondo.
Poi esplose in un delirio mentale.
Così
dolce, Hanazono-san! Tu
rinunci a un’uscita con il ragazzo che ti piace per non dare
dispiacere alla
famiglia!
Hotogi stava uscendo di testa. Se
non lo era già.
----------
«Yume! Hime! Da questa
parte!» Urlò la signora Hanazono, trascinando
il trolley «Abbiamo trovato le stanze!».
Le sorelle apparvero
all’angolo. Yume aveva come bagaglio
un semplice zainetto, mentre Hime veniva rallentata da un enorme
borsone, che
aveva insistito per portare da sola.
«Questa è la
vostra stanza. Noi staremo in quella accanto.»
«Cosa?
Pensavo di stare in una stanza singola! Non voglio stare con Yume! Ci
mette
sempre 3 ore e mezza ogni volta che fa il bagno!»
strillò Hime, lasciando sfracellare il borsone a terra.
«Sei troppo piccola per
stare da sola, e noi non siamo
abbastanza ricchi per una camera ciascuno.» disse la signora,
passando la
chiave a Yume «Mi spiace di doverti dare questo peso, ma
tieni d’occhio tua
sorella, ok?».
«Non preoccuparti, non
è un fastidio.»
«Seh,
non è un fastidio. È un’immensa
seccatura.»
borbottò Sui, dalla borsa di Yume.
----------
Yume aprì la borsa,
afferrando le salviette.
Terme! Terme!
Terme!
«Perché
sei così felice? È solo una pozza
d’acqua calda!»
Yume si voltò di scatto,
con un’espressione assassina «Le
terme rinvigoriscono e rilassano corpo e anima! Permettono alla mente e
alla
pelle di espellere le tossine (Hotogi) e le scocciature (Jessica) e di
diventare ancora più perfette! È la fonte della
prolungata giovinezza!»
borbottò. Hime era in bagno, quindi se avesse parlato ad
alta voce l’avrebbe sentita.
«Bah.
È una risposta da vecchietta tradizio…»
Yume la spedì a
sfracellarsi sul muro col pacco di
fazzoletti, poi ritornò alla posizione iniziale un secondo
prima che Hime
uscisse dal bagno.
«Stai ancora cercando i
fazzoletti? Sei lenta! Sbrigati, ho
fame!»
«Scusami, arrivo
subito!»
Hime poggiò tutto
l’armamentario sul letto «Mi è sembrato
di sentirti parlare.»
«Avrai sentito i
vicini.»
----------
«Misaki-sama, le sue
valigie.»
«Misaki-sama, la sua
giacca.»
«Misaki-sama,
l’auto è pronta.»
«Non ho la minima
intenzione di partire!»Strillò
Misaki, da sotto le coperte. «Fatemi
dormire! È il primo giorno di vacanza!»
«Misaki-sama,
è mezzogiorno e mezzo.»
«Mi sveglierò
alle tre.»
«Misaki-sama,
sua madre ha
chiesto di riferirle che, se non andrà, tornerà
in giappone per farlo lei.»
Misaki alzò la testa e
scivolò fuori dal letto.
----------
Yume saltellò verso le
vasche. Non poteva ancora buttarsi
(la congestione le avrebbe impedito di stare nella vasca ogni singolo
minuto
della vacanza) ma solo vedere le spirali di vapore e l’acqua
rinfrescava e
curava il suo povero spirito provato dalla vincinanza di Hotogi.
Inoltre doveva trovare un angolino
tranquillo per “dare la
pappa” a Sui, o questa l’avrebbe tormentata per
tutto il giorno.
Ci riuscì abbastanza
velocemente. Non c’erano molte
cameriere in giro.
Meglio. Le cameriere (esperienza
personale) avevano un
sesto senso per trovare gli sfornatori di mance ed erano ossequiose e
servili
solo con loro.
Mentre Sui si ingozzava con la
pallina di zucchero, Yume osservò
la pianta dell’edificio.
Ohhhhh!
C’è la vasca d’acqua gelida! I
trattamenti ai fanghi termali! La
vasca esterna… ma è mista, maledizione!
Yume pensò che i
risparmi (dei) suoi (genitori) stavano
per evaporare in trattamenti vari.
----------
Misaki si appiattì sul
materasso.
Soooooooooooonnnnnnnnnno.
«Misachin…
sei pigro.»
Misaki
emise un mugolio che
assomigliava a «Ho dormito un’ora al giorno, nelle
ultime due settimane.»
«Misachin…
ti si
sfaserà il ciclo...»
«Non ho nessunissimo
ciclo.»
«Intendevo
quello del dormi-veglia.»
Misaki emise un mugolio privo di
senso. Il suo respiro
divenne più lento e regolare.
«Misachin…
almeno aprimi la
valigia….»
----------
Yume si
svegliò al primo
squillo della sveglia. Alzò la mano e la spense prima di un
secondo squillo
compromettente.
Era l’una del mattino.
Presto, troppo presto per il suo
cervello. Ma lo era anche per i cervelli altrui, quindi era
matematicamente
sicura che la vasca all’aperto fosse vuota.
Scivolò fuori dal letto
e si infilò lo yukata senza fare
rumore. Infine, buttò Sui giù dal comodino e la
costrinse a seguirla fuori
dalla stanza.
La vasca deserta emanava invitanti
vapori caldi.
Senza
perdere altro tempo,
lanciò via lo yukata e si buttò in acqua,
seguita, dopo qualche esitazione, da
Sui.
L’acqua era
magnificamente calda. Yume sentì i muscoli
rilassarsi. Sia lei sia Sui sospirarono.
Per la prima volta, si trovavano
d’accordo. Io amo
le terme!
Dopo circa
mezz’ora, Yume si
costrinse a uscire dall’acqua. Doveva asciugarsi i capelli e
fingere di
dormire.
In quel preciso istante, la porta
dello spogliatoio
maschile si aprì e si richiuse dopo mezzo secondo.
WTF????
La porta si riaprì.
Aveva visto bene.
Misaki era di fronte a lei,
fortunatamente con un
asciugamano intorno alla vita.
In quel momento, si
ricordò di avere il busto fuori
dall’acqua, essere senza asciugamano e costume, e di avere
ancora del pudore.
Piegò
le ginocchia
istantaneamente, e
cominciò a urlare. «Tu…
Che CΔΔΔO ci fai
qua! Stalker! Pervertito!»
«Potrei chiederlo a
te.» Disse Misaki, gelido. Yume notò
con la coda dell’occhio che non c’erano
rigonfiamenti strani nell’asciugamano.
«Ah!
C’è la bastarda!»
strillò Hiko, uscendo dallo spoiatoio con un
microasciugamano attorno alla
vita. Solo dopo alcuni istanti si accorse di Sui che svolazzava senza
nulla
addosso.
Lo shugo chara esplose in una
pioggia di sangue dal naso.
Misaki si coprì il volto
con la mano. «Hiko… sii più
dignitoso.»
Yume
afferrò Sui e la gettò
violentemente in acqua. «Ha avuto una reazione più
normale della tua.»
Misaki la guardò gelido
«Non mi risulta di aver visto
nulla di particolarmente indecente.»
Un’aura oscura
apparì alla spalle di Yume «Stai dicendo,
piattola, che non ti sei eccitato di fronte alla suprema bellezza di
Ore-sama
solo perché sei più formoso di
Ore-sama?»
«Ti sei fatta il film
mentale da sola. Anche se avessi una
5^, non sarebbe rilevante.» l’aura oscura apparve
anche alle spalle del ragazzo
«E, soprattutto, Ore-sama non è formoso!»
«Si,
invece!»«No!»«Si!»«No!»
Dopo parecche negazioni e
affermazioni, i due si dovettero
fermare a riprendere fiato.
«Discussione
Sterile.»
borbottò Sui, prima che Yume le ricacciasse la testa
sott’acqua.
Misaki si avvicinò alla
vasca.
«Che vuoi fare, piccola
peste?»
«Entro
in acqua. Fa freddo. E devo
svegliare questo qua.» Misaki sollevò un Hiko
coperto di sangue.
«Lasciati
l’asciugamano. Non provarci
nemmeno a toglierlo. Non provarci.» Borbottò Yume,
arretrando.
Misaki sbuffò
«Non ho intenzione di essere ucciso, quindi
me ne starò lontano.»
«Bravo.»
borbottò Yume, mentre Hiko
piombava in acqua. Scena in miniatura del naufrago che non sa nuotare.
Misaki scivolò in acqua,
senza allontanarsi dal bordo.
«La
bastarda è diffidente, né?» bobottò Hiko,
stringendosi a un salvagente comparso dal
nulla.
Yume si chiese dove producessero
pezzi così piccoli. Anche
se Misaki era l’erede dei Reino, chiedere in continuazione
oggetti
proporzionati agli Shugo Chara avrebbe fatto credere che giocasse
ancora con le
bambole. Cosa che, per quanto ne sapeva, non gli sarebbe piaciuta molto.
Con un sospiro, alzò
leggermente la mano.
Sui riemerse urlando «Me
stavi per ‘mmazzare!» strillò.
«Puoi morire? Sul
serio?»
Sui ci pensò un
po’ su «’n ne sono tanto sicura,
sai?»
Yume si raggomitolò.
«Và a seccarlo.»
«Uh? Prima tenti di
ammazzarmi, poi me cacci?»
Yume la fissò male
«Va a distruggere i loro nervi con le
tue infime chiacchere.»
Sui obbedì e
nuotò (piuttosto male) verso i due maschi.
Fu rispedita indietro da
un’onda.
«Non ho intenzione di
fare il bagno nel sangue. Tienitela a
bada da sola.» disse Misaki, gelido.
«Io la sopporto tutto il
giorno. Dovrai imparare a
sopportarla anche tu. Sei tu che hai avuto l’idea di
sposarci.» rispose Yume,
producendo un’altra onda. Sui fu lanciata verso Misaki.
«È solo una
formalità. Il matimonio è
un’istituzione priva
di senso. » Onda.
«Sembrate
due separati in casa che
discutono su chi deve occuparsi dei figli e chi esce.»
borbottò Hiku.
I due lo fissarono male e urlarono
«Sta zitto, piccolo
idiota!»
«Anche
questa risposta vi fa sembrare
così.» Borbottò Sui, piano.
Yume
era troppo vicina. Riprese a nuotare, ma fu bloccata.
«Che ci fai qui,
stalker?»
Misaki non capì il
perché del cambio di argomento, ma
rispose lo stesso «I miei pensano di comprare questo posto,
quindi hanno spedito
me a controllare se ne vale veramente la pena.»
«Uhn.»
Silenzio.
«Perché sei
così?» Disse Misaki.
«Prima di tutto,
perché vuoi sposarti con una completa
sconosciuta?»
«Non ti ho già
risposto?»
«Nah. Non in modo
comprensibile.»
«Semplicemente, con te
non avrò i problemi che avrei se
non mi sposassi e non rischierei la pelle come se sposassi una viziata
ereditiera.»
«Cosa ti fa pensare che
non attenterei alla tua vita?»
«Il
fatto che posso fare in modo che,
in caso di una mia morte improvvisa, tu ti ritrovi sola e senza un
cent. Con
l’erede di una grossa famiglia non potrei.»
«Concezione molto
realistica. Non aspetterai il “vero
amore” o roba del genere, quindi.»
«N’esiste.»
«Intendi che sei tanto
schifosamente ricco da non
permettere a nessuno di pensare a te come una persona?»
«No, parlavo per tutta la
popolazione mondiale.»
«Sei meno idealista di
quanto pensassi, moccioso.»Silenzio.
«Ora rispondi alla mia
domanda.»
«Ho detto che tu dovevi
rispondere alla mia, non che io
avrei risposto alla tua.»
«’starda…»
----------
Yume guardò
l’orologio. Gelò.
Fra un insulto e un silenzio, era
rimasta in acqua sino
alle 8 e mezza.
Maledizionee! Sono rimasta sette
ore a mollo!
Dimmi che quelli là si sono abbandonati alle delizie del
sonno vacanziero!
Si infilò lo Yukata,
maledicendo l’amabile tepore
dell’acqua termale.
Si fiondò fuori dallo
spogliatoio, ringraziando i cieli
per l’assenza di altre persone.
Travolse Misaki.
«Potresti alzarti?
Preferirei evitare che si diffondesse
la diceria che la mia futura moglie è una ninfomane che non
si trattiene dal
saltarmi addosso.»
Yume si alzò e
aiutò Misaki ad alzarsi senza il minimo
commento.
Appena furono saldi sulle gambe,
Yume pronunciò quattro
parole «Sui, palla di cannone.»
«Ok,
Boss!»
Urlò Sui, appallottolandosi. Si lanciò verso
Misaki.
L’effetto fu quello di un
pugno sul naso.
«Impara a capire cosa
puoi e cosa non puoi dire, cucciolo
di criceto. »
----------
«Yume!
Dove diamine eri? Non potevo
uscire!» Strillò Hime, non appena la sorella
entrò in camera.
Yume imprecò
mentalmente. Se fosse rimasta lì, Hime si
sarebbe svegliata alle 12.53.
«Mi sono svegliata
presto, quindi ho fatto una passeggiata»
«Non sei andata a fare il
bagno?»
«No. Le terme sono
più belle quando sei in compagnia, no?»
«… andiamo a
svegliare quei due, che ho fame.»
Yume si augurò per la
salute fisica di Misaki che se ne
fosse andato in camera.
----------
Misaki fissò il
“vassoio” poggiato sul comodino. Era
grande il doppio del normale, e colmo di pracamente ogni cosa.
Probabilmente
c’erano volute due camperire per portarlo.
Accanto c’erano 3
brocche, probabilmente acqua, latte
caldo e succo d’arancia.
Con un sospiro, afferrò
una ciotola di frutta -meloni di
yubari, probabilmente- e, dopo le insistenze di Hiko, quella con i
cereali e
pezzi di cioccolato. Si sedette sul letto. Li poggiò di
fronte a lui.
«Ittadakimatsu.»Misaki
afferrò una fettina e cominciò a
sbocconcellarla. Hiko si tuffò sul cioccolato, evitando
accuratamente i
cereali.
Ci vollero parecchi
“blocchetti” prima che lo shugo chara
notasse che Misaki era avvolto da un’aura oscura.
Masticava furiosamente i pezzi di
frutta, che teneva con
entrambe le mani, con la stessa voracità con cui ingurgitava
saint honorè,
strudel, cioccolatini ecc ecc.
L’espressione non era una
delle più “allegre♥felici”
Sembrava un criceto (Misachin,
non afferrare il cibo con due mani!) furibondo che si sfogava che si
sfogava sul cibo.
«Mi…
Misachiin?»
Sussurrò.
«Quella donna…
la voglio fare a pezzi! Le voglio tagliare
quella lingua biforcuta!» borbottò, senza smettere
di mordicchiare la fetta.
«Eh? Ma non
è…»
«È quello che
volevo! Finalmente sento la frustrazione di
essere considerato un gelato sciolto!»
Gelato
sciolto? Hiko
decise di non commentare.
«Finalmente posso
liberarmi dei miei limiti!»
Hiko temette che Misaki stesse
diventando un pelino
masochista.
----------
Hotogi fissò il
cellulare. Desiderava immensamente
chiamare Hanazono-san, ma non l’avrebbe fatto. No, non si
sarebbe trasformato
in uno di quei fidanzati gelosi e ossessivi. Non si sarebbero sentiti
per tutte
le vacanze, così da rendere la loro riunione ancora
più grande e avrebbe
accellerato il loro processo di fidanzamento.
Con un sospiro, chiuse il telefono
e lo poggiò sul tavolo.
Avrebbe aspettato, e sarebbe stato
ricompensato.
Così pensava.
----------
Yume sentì il cellulare
vibrargli nella borsa.
Con tutta tranquillità,
la aprì e infilò la mano
all’interno.
Dopo qualche tentativo a vuoto, lo
estrasse e controllò
chi la stava scocciando. Dubitava fosse Hotogi, ma se si fosse
sbagliata, era
pronta a far cadere la linea.
Fortunatamente, era Jessica.
Rispose.
«Yume-sama! Come sei
tu?»
«Sto bene, Jessica-san. E
tu?»
«Sono bene, grazie. Anche
se ‘n resista l’idiota.»
«Sono sicura che, se
superate le iniziali divergenze,
scoprireste di avere molto in comune» L’idiozia.
«Sono sura che hai
ragione, ma lui non ascolta te.» disse,
e cominciò un’arringa sull’idiozia e
inutilità dell’ameba.
Yume la lasciò parlare.
(tanto, la bolletta la pagava
Jessica.) intervenendo solo se Jessica superava certi limiti. Ma sempre
con una
voce tranquilla e poco convinta.
«E lei, Yume-sama?
Qualcuno la sta annoyando?»
Yume sorrise sotto i baffi. No,
Misaki era un pelino
seccante ma decisamente poco noioso.
«No, non mi sta seccando
nessuno.»
Fine
capitolo decimo – Il giglio carnivoro va annaffiato con
abbondante acqua
termale.
Vado a finire la
valigia!
Ten
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Capitolo 11 *** Capitolo undicesimo - Il giglio carnivoro e il fantasma ***
Ed ecco l'undicesimo
calpitolo di ore wa!
nello scorso capitolo ci sono
state solo due recensioni... devo capire qualcosa? se si, ditelo
chiaramente... se no, ricordate che le vostre opinioni sono sempre ben
accette!
buona pasqua!
Yume sospirò, fissando
la scuola. Doveva tornare in quella
stupida fonte di stupide seccature.
In realtà, la frase da
lei pensata aveva al posto di
“stupida” e “stupide”, ma una
sequela di improperi irripetibili che cambiavano
e aumentavano ogni volta, ma la sostanza era all’incirca
quella.
Varcò il cancello.
Lo “Yume-sama
fanclub” si dispose istantaneamente e
strillò «Le auguriamo un buon secondo anno in
questa scuola, Hanazono-sama! La
ringraziamo per averci concesso di ammirarla anche quest’anno
e le assicuriamo
che aumenteremo il numero di membri, quest’anno!»
Yume chinò la testa, per
(non) nascondere il rossore
(autoprodotto). «Vi ringrazio, ma… le vostre
dichiarazioni d’affetto mi mettono
in imbarazzo…» sussurrò, ben udibile.
«La nostra
fedeltà a lei è eterna, Hanazono-sama, e non ci
imbarazza mostrarla!» strillarono.
Yume si allontanò, a
capo chino e sorridendo mentalmente.
Più quegli idioti si
comportavano così, più primini si
sarebbero messi a seguirla ed adorarla.
«Yume-sama!»
strillò Jessica, saltando addosso a Yume «Il
cielo ascolta preghire!»
«Uh?
Jessica-san… Che sta succedendo?» disse Yume,
tentando di respirare attraverso la massa arruffata di capelli biondi.
«Siamo in la stessa
classe!» Strillò la regazza,
assordando Yume e stringendola ancora di più.
Yume stirò il collo per
non essere soffocata. «Sono felice
anch’io, Jessica-san, ma… Potresti stringere un
po’ meno?» espelse gli ultimi
atomi d’ossigeno. «Non…
respiro….»
Funzionò. Jessica la
liberò all’istante e si allontanò di
un passo. «Scusa, ma sono co felice! Potrò stare
con Yume-sama moltò più che
l’idiota!» Strillò.
Qualcosa la colpì in
testa, abbastanza forte da farle
piegare il collo.
Jessica lanciò
un’imprecazione in inglese e si guardò
attorno, furibonda. «Ch’è stato? Ma
certo!» Urlò «È stato
lui!»
Jessica corse via, lasciandosi
dietro una (non tanto)
sorpresa Yume. Non aveva più illusioni sulla
stupidità umana, quindi non si
stupiva che Jessica pensasse che Hotogi potesse compiere atti contrari
alla
propria reputazione.
Con un sospiro, si avviò
verso l’edificio scolastico.
----------
«Hanazono-san!»
Yume si voltò,
rassegnata. Sui fece un gestaccio. Anche
lei era rassegnata.
«Buongiorno,
Hotogi-senpai. Sei contento della tua classe?»
«La composizione della
mia classe poteva andare meglio
solo se tu, Hanazono-san, fossi stata una mia compagna. Ma tu dimmi,
quell’essere abbietto ha osato disturbare te, in codeste
poche ore?» rispose
Hotogi, sfarfallando verso di lei.
Yume si chiese se avesse ingoiato
una grammatica. «No,
Jessica-san è molto gentile con me.» mi stai
disturbando più tu in “codesti pochi”
secondi.
«Ah! Tu menti per non
farmi preoccupare, ma tu puoi
parlarmi di qualsiasi cosa senza preoccupazioni,
Hanazono-san!»
Yume aprì la bocca per
ribattere, ma qualcosa fu più
veloce di lei, e un cancellino colpì Hotogi sulla guancia.
«Chi
diamine…» disse il “ragazzo”
(leggasi ameba
antropomorfa), poi si fermò e urlò
«È stata lei! Io ne sono certo! Io la
farò
sospendere!» e corse via.
Yume pensò che, se fosse
il colpevole fosse stato
veramente Jessica, si sarebbe sentito il suo urlo di vittoria sino in
cina.
In quel preciso istante, vide
qualcosa di arancione
svolazzare a parecchi metri di distanza prima che sparisse.
Aveva pochi dubbi su cosa fosse.
----------
Yume addentò
furiosamente l’onigiri. Aveva finto di avere un
malore e se n’era tornata a casa. Maledizione!
Maledizione!
Sui finì di rosichiare
il micro nigiri (10-11 chicchi di
riso insieme) e borbottò «Così,
fra le matricole c’è un altro portatore di shugo
chara?»
Yume le lanciò
un’acchiataccia. «Era un’allucinazione.
una
mera allucinazione.»
«In
due?»
«Se fosse vero, visti i
precedenti, significherebbe guai e
seccature. E noi non vogliamo seccature, ne?»
«Ok…»
fece Sui, incerta. «Ma non credo, che…»
Yume le lanciò il resto
dell’onigiri in testa. «Anche se
fosse, non possiamo fare nulla. Nel dubbio, meglio pensare alla
probabilità maggiore.»
sbuffò «Fasciarsi la testa non previene i traumi
cranici.»
----------
Jessica si sdraiò sul
tetto. Calma dolce
calma…
Qualcosa la colpì in
testa.
Aprì gli occhi di scatto
e urlò un’imprecazione.
«Una
lady non giace scomposta
come stai facendo tu! E non insulta direttamente nessuno!» fece una vocetta femminile.
«…
Mizu?»
----------
«Yu-me-sa-ma! Ho da
parlarle!» disse Jessica, saltellando
allegramente attorno a Yume.
«Jessica-san! Ora
non…»
«Solo un
minuta!» strillò, trascinando (come previsto) via
Yume.
Sui le seguì svogliata.
In genere, presa da sola, Jessica
era divertente, con le sue storpiature e le incomprensioni derivate da
esse, ma
questa volta aveva un pessimo presentimento.
Che sarebbe stato confermato.
Arrivarono sul tetto dopo un tempo
che alla shugo chara
sembrò eterno.
Era vuoto. Nulla assuluto.
«Non
c’è un C×××o!
Perché
C×××o siamo venuti in questa
me…»
cominciò sui, ma un ventaglio a dimensione naturale la fece
volare via.
«Una
lady non utilizza infimi
insulti degni solo della più infima delle locande del
più infimo porto della
più infima città del più infimo paese
quando è frequentata dai più infimi mozzi
della più infima nave che trasporta le più infime
merci!»
Strillò un esserino arancione-dorato.
Il ventaglio ritornò
nella sua mano e rimpicciolì sino a
proporzionarsi allo shugo chara.
«Mizu! Non essere
violensa!» strillò Jessica,
avvicinandosi all’esserino.
Brutta mossa.
Lo shugo chara si tolse un guanto e
la schiaffeggiò con
esso. «Sto
facendo questo per educarvi!»
strillò la nanetta,continuando a schiaffeggiare «Chiedi
scusa, fellona.»
«Mi..zu… mi
stai urtando…»
«Zitta!
Una lady sopporta con
algida freddezza ogni dolore!»
«Y..yeah…»
«Non
dire yeah! Dì “si, miss
Mizu!”»
«o… si, miss
Mizu.»
«Bene.» Mizu si riinfilò il
guanto e ruotò aggraziatamente su se
stessa. «Ora,
è il vostro turno. Presentatevi.»
Yume pensò che la
piccoletta era pericolosa. Molto
pericolosa.
Ma lei lo era di più.
«I… io
sono… mi chiamo Yume Hanazono.»
«Si,
si, ho sentito parlare
di te.» borbottò
Mizu, infilandosi un
minuscolo paio di occhiali. «Veeediamo…»
Cominciò a girare
attorno alla ragazza. Yume dovette
trattenersi dal trattarla come una mosca.
«Umu…
capelli perfetti e curati…
niente tinte, accessori assurdi e altre volgarità.» sollevò una ciocca «Niente
buchi in eccesso…
bene.»
si abbassò «Mento
dritto ma non arrogante… spalle dritte, una postura
aggraziata ed elegante…» Scivolò ancora
più in giù, sempre ruotando attorno a
Yume. «Gambe
lunghe e e bianche, calze candide… mocassini…
niente lacci
arancione fluorescente. » lanciò
un’occhiataccia a Jessica, che chinò la testa
imbarazzata.
Mizu tornò
all’ispezione. «La
gonna è un po’ corta, ma
niente di eccessivo…» Mizu si
bloccò di fronte a Yume «Umu…»
Prima che qualcuno potesse
fermarla, la shugo chara
afferrò la gonna di Yume e la sollevò
completamente. «Anche
la biancheria è casta.»Disse,
ma fu coperta dall’urlo imbarazzato di Yume, che
abbassò istantaneamente la
gonna con uno strattone abbastanza forte da spedire lo shugo chara a
sbattere e
rimbalzare sul pavimento.
Sui sospettò che fosse
quello lo scopo.
Dopo qualche arco di iperbole, Mizu
riuscì a bloccarsi e a
volare in linea retta, e tornò verso di loro pulendosi il
visino con un mini
fazzoletto a ghirigori.
Sui e Yume ebbero il pessimo
sospetto che fossero iniziali
ricamate, ma non ebbero modo di verificarlo.
«Reazione
esagerata… Sui-san,
non doveva intromettersi in una conversazione fra lady con barbari
metodi come
un chara change forzato.»
«Eh?
Io…»
tentò di difendersi Sui, ma quando sentì due aure
omicide
decise che era meglio tacere. Essere seccata e molestata e sgridata era
meglio
che essere pestata e torturata e uccisa da Yume.
«Non
giustificarti! Quello
che hai fatto è imperdonabile!» strillò
la shugo chara, scuotendosi via la polvere dal vestito. «Hai
portato una Lady a compiere un gesto non consono, violando la sua
reputazione,
la sua libertà e il suo onore!» si
tolse un guanto
«Pentiti e chiedi scusa a me e a Yume-san!» Cominciò a
schiaffeggiarla violentemente, facendole
voltare la testa alternativamente a testa e a sinistra.
«Mizu-san! Ti prego,
perdonala! Sui l’ha fatto certamente
per il mio bene! Perdonala…» disse Yume,
leggermente seccata nella testa.
Mizu si fermò col
braccio alzato. «L’hai
fatto per lei?»
Sui annuì vigorosamente.
Anche se Yume l’aveva fatto solo
per accordarsi alla sua reputazione, quella era la sua chance.
Mizu le diede un pugno sul mento. «Una
Lady non muove la testa come un asino muto!»
«S…si.» borbottò Sui, tenendosi
la testa.
«Bene.
La prossima volta, aggiungi
“miss Mizu” , o non sarò così
benevola come oggi.» sospirò «Ora,
è necessario parlare del tuo
ignobile comportamento.»
Yume fissò le due Shugo
Chara che battibeccavano e Jessica
che tentava di calmarle, sbagliando i 4/3 delle parole.
Con un sospiro, andò ad
aiutarla.
Capitolo 11- il giglio carnivoro e
il fantasma.
e così, anche lo
shugo chara mancante è stato presentato. Un altro tipino
particolare, eh?
In origine, era lo shugo
chara di un altro personaggio... indovinate quale?
chi indovina
riceverà... i miei migliori auguri vi vanno bene?
altrimenti, un pupazzo di Misaki (fatto d'aria U.U).
Al prossimo capitolo!
Ten
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Capitolo 12 *** Capitolo dodicesimo - primavera, il giglio carnivoro cresce ***
Sono. Immensamente. Spiacente.
Fra studio, esaurimento,
viaggio con i miei e orribile riunione familiare, riesco ad aggiornare
solo ora.
Spero che non mi abbiate
abbandonato.
Misaki uscì dalla
macchina, e, con la solita posa, si
avviò verso la scuola.
Non sapeva che stava per cadere in
uno dei peggiori gironi
dell’inferno.
----------
«Yume? Sei ancora a
letto?»
«Si, mamma. Temo di
essermi –coff- ra… raffreddata.» La
voce di Yume divenne più fioca.
«Rimani a casa e
riposati. Chiamo la scuola per
giustificarti.»
«’off….
Va bene, mamma…»
Sotto le coperte, Yume giocava a
poker con Sui.
Le aveva già
“prelavato” 13 biscotti, 16 cioccolatini e 3
promesse di giornate a casa.
----------
Misaki entrò in classe.
Aveva una pessima impressione, ma
tutto sembrava a posto.
----------
«Yume?
Perché non sei andata
a scuola?»
disse Sui, tentando di
evitare che le carte le cadessero per l’ennesima volta.
Non ci riuscì.
Dopo aver dato una rapida ma
approfondita occhiata alle
carte, la ragazza rispose. «Oggi è il giorno della
….»
----------
«… Visita
medica. » Gracchiò l’autoparlante
dell’Aoibara «Ripeto:
si richiede ai nobili signorini a alle nobili signorine di recarsi
all’infermeria
a loro raccomandata per effettuare la visita medica.»
L’insegnante si
alzò in piedi e tentò di fuggire, ma Misaki
fece più in fretta.
«Che
CøøøO sta dicendo quel
CøøøO di autoparlante? Non
sono stato informato di questo!»
«Signorino Misaki, al
fine di prevenire la vostra fuga,
abbiamo deciso di non informarvi.» disse
l’insegnante «Signorini, cominciate ad
avviarvi.»
Non disse che i suddetti signorini
avevano fatto colletta e
gli avevano offerto il ricavato … a patto
che Misaki facesse la visita medica e che loro avessero un
posto per spiarlo
assicurarsi delle sue condizioni di salute.
E la colletta di 19 pargoli di
ricchi non aveva nulla in
comune con quelle delle associazioni benefiche.
----------
«Jessica
Suzuki!» Strillò Hotogi.
La ragazza si voltò
lentamente, trattenendo la rabbia. Ora
che Mizu aveva capito come aprire la scatola dove la rinchiudeva
sigillava
faceva accomodare ogni mattina, poteva arrivare in qualsiasi momento.
Non
poteva più insultare Hotogi quando le pareva e piaceva.
«Cos’è,
ala di pollo?» borbottò. “Ala di
pollo” non era
una cosa negativa, in fondo. Aveva visto Mizu mangiarne qualcuna
(tagliandole
in minuscoli pezzi con un m minuscolo coltello e una minuscola
forchetta
spuntati da chissà dove, ma era sempre mangiare.)
Quindi Mizu non si sarebbe
lamentata…. Probabile.
Hotogi la guardò male.
«Dove Hanazono-san è?»
«N’è
qua. La madre aveva chiamato. Ha preso un freddo.»
Hotogi sbarrò gli occhi
non appena decifrò quello che Jessica
aveva detto. «Perché O… Boku non
è stato informato? Devo andare ad accertarmi
delle sue condizioni!» Srillò e corse verso
l’uscita.
Fu acchiappato e trascinato in
classe da un compagno dopo
pochi metri.
----------
Misaki entrò di corsa
nella stanza e chiuse a chiave la
porta.
Quella era una scuola di Matti. E
Matti era un eufemismo.
Spiarlo mentre si toglieva la
camicia, e va bene. Fargli
foto, meno bene, ma ancora ancora bene.
In fondo, era un maschio, quindi
non aveva nulla da
nascondere.
Ma rapire la sua divisa, per poi
organizzare un mercatino
non tanto improvvisato per vendere all’asta i vari pezzi
recuperati e le foto.
I b饨饨饨
饨饨饨i ricchi
sapevano a chi
chiedere per organizzarsi in fretta, a quanto pare.
Per precipitarsi a fermarsi e
salvare i suoi vestiti, non
era nemmeno riuscito a capire quanto era cresciuto.
Inoltre, al momento,
metà della scuola gli stava dando la
caccia.
Si sedette per terra, sistemandosi
la giacca. Si era
infilato il tutto mentre fuggiva, quindi il risultato non era
granchè, ma aveva
evitato l’inseguimento da parte dell’altra
metà della scuola.
Comunque, ora era al sicuro.
«Mi-sa-ki-sama~!» strillò un
coretto di voci familiari.
No, non era per niente al sicuro.
Misaki si voltò
lentamente. Il consiglio studentesco.
Stava per morire. Si immaginava che
avrebbe avuto una fine
prematura, ma la causa era diversa.
Non ucciso con con un oggetto
contundente da una pazza
omicida di sua conoscenza, ma da una folla di pervertiti sempre di sua
conoscenza.
«Co… cosa ci
fate qui?» Borbottò Misaki.
«Sa,
Misaki-sama…»
«Si rifugia sempre
qua…»
«E noi la osserviamo
sempre grazie al sistema di
sorveglianza~!»
«Immaginavamo che sarebbe
venuto anche oggi…»
«Quindi siamo venuti
anche noooi~!»
Misaki deglutì, tentando
di capire da dove fuggire.
La finestra alle spalle della folla
dei pervertiti era
l’unica opzione. Ma come raggiungerla? E come sopravvivere,
cadendo dal secondo
piano?
«Dobbiamo farle una
proposta!»
«Che non potrà
ri-fi-u-ta-re~!»
Misaki
capì. Non pensava che
sarebbero stati così sfacciati, ma sapeva le loro intenzioni
da un bel po’.
Misaki mise a frutto
l’unica lezione di rugby che aveva
preso prima che la madre la scoprisse, sfondando la barriera umana e
urlando «Non
diventerò mai presidente del consiglio
studentesco!»
----------
Yume si stiracchiò,
alzandosi dal letto. Non c’era più
nessuno in casa, quindi poteva finalmente fare quello che le pareva e
piaceva.
Innanzitutto, cibo. Elemento
necessario per tutto il
resto.
Dopo una merenda leggera (avanzi
della cena del giorno
prima, (1)3 panini con gocce di cioccolato, (1)5 citole di riso, e
qualche
verdura) fu pronta alla missione impossibile.
Insegnare a Sui a misurare
l’altezza.
Ci volle mezz’ora per far
svolgere quella semplice
operazione.
Ma alla fine, il risultato fu
quello sperato.
1.74. 6 centimetri in un anno. Non
male.
Lo stress per tutta la questione
degli shugo chara e per i
c*****i che li possedevano doveva aver contribuito.
----------
Misaki atterrò
sull’albero di fronte. Il ramo non si piegò
nemmeno.
Vi ho fregati, sceee-mi! Ho 5000
vie di fuga, i-o!
Passi.
Si nascose fra le fronde.
«Dov’è?
Non può essere lontano!»
Macheccavolo, hanno
il
teletrasporto? Sapevo che erano marziani!
«Lo sappiamo, prez!
Eppure…»
«Dividiamoci e
troviamolo!»
I passi annunciarono alle orecchie
di Misaki la divisione
e l’allontanamento dei tizi.
Aspettò sino a quando
non si affievolirono abbastanza, poi
scivolò da un ramo all’altro, e quindi a terra,
senza il minimo rumore.
Ora rimaneva da superare cortile e
il muro. Poi…
«Signorino Reino!
Perché è in cortile?»
Ah! ‘l guardiano della
prigione! Fugaaaaaaaaaaaaaaa!
Misaki scattò verso il
muro, inseguito dall’insegnante che
tentava di compiere il suo lavoro (impedirgli di fuggire).
Con un balzo perfettamente
calcolato, poggiò un piede su
una pietra sporgente a metà del muro e lo usò
come trampolino per arrivare in
cima.
«Bye bye.»
disse, buttandosi.
Dopo che i piedi di Misaki furono saldamente a terra, Hiko
sciolse il chara change.
«Waaa!
È stato divertente giocare ai ninja dopo tanto
tempo!»
Strillò Hiko, facendo una
capriola per aria. «Dobbiamo
farlo più spesso!Ri-fac-ci-a-mo-lo!» lo
shugo chara passò alla figura a otto.
«Non ora.»
borbottò Misaki. Se Hiko continuava a volare in
quel modo, presto sarebbe arrivato uno sciame di api irritate
«Jicchan.»
L’uomo spiuntò
da un cespuglio. «Dovrebbe tornare in
classe, Misaki-sama.»
«C’è
la visita medica, non mi perdo nulla.» Misaki si
stiracchiò. «E ho l’autorizzazione a
uscire quando mi pare.»
«D’accordo,
Misaki-sama. Dove desidera andare?» disse
Jicchan, , mentre altre guardie spuntavano dai posti più
impensabili e
apparentemente troppo piccoli per contenerli.
Prima o poi avrebbe dovuto
chiedergli come diamine
facevano. La teoria di Hiko sullo sfruttamento della quarta dimensione
non era
accettabile. E manco che discendessero dai ninja (teoria di Hiko prima
che iniziasse ad
appassionarsi allo sci-fi)
«Va bene
ovun…» Misaki inciampò e cadde a terra
non appena
cominciò a camminare.
Le guardie del corpo non
commentarono il cambiamento di
abilità.
----------
«Ha-na-zono-san!»
strillò Hotogi,cominciando a correre
verso Yume.
Ah, un giorno scopriremo che ordina
da internet action figure con la
mia faccia… nah, dovrebbe essere un maschio per farlo.
Sui espresse il suo disappunto
gestualmente, ma l’ameba
decise di ignorarla.
«Hotogi-senpai,
buongiorno. Come è andata la tua giornata,
ieri?»
Yume vide un paio di orecchie
comparire sulla testa di
Hotogi.
«Bene! Io ieri ho
scoperto di essere cresciuto mezzo
centimetro!»
O,5? Misero. Bastano dei calzini
più spessi.
----------
L’infermiera
sussultò quando Misaki spuntò alle sue
spalle.
«Ah, signorino Reino.
È venuto a ritirare la sua cartella
clinica?»
Strillò la donna con una
voce di un paio di ottava più
acuta del solito.
Il fascino di Misaki sulle donne
più grandi non si fermava
né alle superiori né
all’università.
«Un.»
borbottò Misaki Basta
che ti sbrighi…
La donna cominciò a
frugare nel cassetto. Essbrigati,
cretina! Non ci metteranno
molto a trovarmi! Dopo un
tempo che sembrò interminabile, finalmente
l’insegnante estrasse la cartella medica
e la porse a Misaki.
Che in 0,01 secondi fece in tempo
ad afferrarla e
leggerla.
Ma fece anche in tempo a
congelarsi. «cen… 148 cm?»
mormorò.
La donna annuì.
«Ma l’anno
scorso ero circa uno e quarantanove!»
Ciiii-rca.
«Abbiamo scoperto uno
strumento tarato male, l’anno
scorso. Quest’anno, rinnovando, abbiamo controllato
più…» cominciò la donna.
Ma Misaki non era più li.
La sua vocina aveva attirato il
consiglio studentesco, e
la fuga era ricominciata.
*si spiaggia*
Yume:
sei viva?
Ten: Secondo te? If I die,
You die!
Yume: Se, sei viva. E pure
ingliesizzata.
Ten: 'f couse. I didn't went
in London only for PunkLolita dress.
Yume: Not, You went also for
cheaper anime gadget and Museum rubbers.
Ten: *tossetta* e vabbuois,
lasciamo stare... In due avete 'zzeccato a chi apparteneva Mizu!
Yume: Siamo passati
all'italiano stretto, eh?
Ten:*ignora* Congratulazioni
a Pikadis e a Victorique! La prima ipotesi era proprio Misaki... Per un
pò stavo per passarlo a Yume, ma volevo un'altro personaggio
femminile a conrobilanciare Yume e Hotogi (Ha bilanciato? non me
pare...), quindi è nata Jessika e l'ho affibbiata a lei!
Piccola nota: il nome di Jessica l'ho scelto solo perchè era
un nome straniero il cui suono mi piaceva in contrasto con
l'ultranipponico Suzuki, e non ha niente a che fare con personaggi di
altri libri\esistenti (ho una compagna di classe che si chiama
così, ma non c'entra proprio un tubetto!)
Al prossimo capitolo!
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Capitolo 13 *** Capitolo tredicesimo - Il giglio carnivoro lotta per la sopravvivenza ***
Questa volta l'aggiornamento
è stato più veloce.
«Hanazono-san!»
Yume sussultò e si
girò.
Il presidente dimissionario (o dimissionato? È
già all’università…) le stava venendo incontro.
Correndo.
Peeessimo segno.
«Sugushima-senpai!»
disse Liberiamoci dello psicopresidente,
generazione 0 «Come mai è
qui? Non dovrebbe essere all’università?»
«Non preoccuparti,
Hanazono-san. Oggi non avevo lezione,
quindi ho chiesto al direttore di fissare il congedo. Anche se non
dovrei
dirtelo…»
Il congedo. Una stupida inutile
cerimonia a sorpresa in
cui ci si mettevano 2 ore a dire che iniziava la campagna elettorale.
Bè, perlomeno poteva
cominciare ad evitare tutti quelli
che potevano tentare di aspirare al consiglio studentesco. Oppure
avrebbe dovuto
rifiutare stupide offerte ogni singolo secondo.
«In realtà,
volevo parlarti, Hanazono-san.» Il tono di Psicopresidente0
divenne improvvisamente serio.
Oemme. Dichiarazione?
«Di cosa, Sugushima-sen…?»
Psycopres0 non la lasciò
finire. Le afferrò le mani e ricominciò
a (s)parlare «Hotogi-kun si è preso molta cura di
me, durante l’anno passato.
Spero che tu farai lo stesso con lui.» si staccò
«Beh, questo è tutto. Bye bye.»
In tre secondi, scomparve.
In un altro momento, Yume si
sarebbe fatta quattro risate
sul vistoso rossore che aveva colorato le guancie del tizio. Ma non
allora.
«Uh?
Yaoi? Bara? Bl?»
borbottò Sui.
Yume non rispose.
«Uh,
Yu…» cominciò Sui, ma si
bloccò non appena vide
l’espressione della ragazza.
Le si gelò il sangue
nelle vene.
Nonostante Yume proclamasse che la
reputazione fosse più
importante di ciò che realmente si faceva,
quell’espressione avrebbe fatto
cambiare idea a tutti.
Era l’espressione
dell’imperatore supremo quando un
qualcosa andava minimamente fuori fai suoi piani. Quella del dio che
sta per
schiacciare le formiche che osano passare troppo vicino ai sui piedi.
«Morte.»
sussurrò, avanzando a passo di marcia.
«Ehy,
Yume…» cominciò Sui, senza
sapere manco come continuare.
Chiederle si aspettarla? Di fermarsi?
Yume si fermò.
«Yu…»
«Classe,
classe.» Disse la ragazza, voltandosi.
Espressione normalissima. «Hotogi non vale una
reputazione.»
E si diresse verso la classe
Ma
intendeva
andare in classe o avere classe?
----------
«Hanazono-San!»
Strillò Hotogi, tutto contento. Non
accadeva spesso di trovare Hanazono Yume, l’innocente dea che
aveva conquistato
il suo cuore, non appena iniziava a cercarla. Doveva essere il suo
giorno
fortunato, quindi il dolce angelo avrebbe accettato la sua offerta.
Il povero cuore innocente di Hotogi
e le sue illusioni
stavano per essere delicatamente sbriciolati da Yume, che si era
lasciata
trovare da Hotogi a quello scopo.
Jessica era stata spedita da
tutt’altra parte da Sui,
forzata a collaborare.
«Buongiorno,
Hotogi-senpai.» disse Yume, modulando
attentamente la voce. Tutto doveva essere perfetto per eliminare
un’erbaccia
(idea) completamente formata da quel terreno improduttivo (testa) di
Hotogi.
Hotogi reagì come
previsto. «C’è qualcosa che non va,
Hanazono-san? La tua voce sembra preoccupata…»
«Sto bene….
È solo che molte persone mi stanno chiedendo
di entrare nel consiglio studentesco.»
Hotogi si irrigidì.
«Nonostante io continui a
ripetere che non sono adatta né
alla carica di segretario, né a quella di tesoriere o
vicepresidente, né
tantameno quella di presidente, ma…»
Anche se balbettando, Hotogi
riuscì a ricomporsi
abbastanza da rispondere «Anche se io penso che tu saresti
per…perfetta nel ruolo
di vicepresidente, non oserei mai pressarti per prendere quel
p..posto.»
Yume sorrise ampliamente
«L’ho sempre saputo,
Hotogi-senpai.» tu
decidi
tutto da solo e non consulti nemmeno.
Hotogi divenne rosato «E
io saprò sempre di poter contare
sulla sua collaborazione, se verrò eletto.»
«Uhn»
Vittoria. O,
almeno, così pensava.
----------
«Reino-sama…
deve firmare questo.» disse un gruppo di
primini, comparendo alle spalle di Misaki.
«Cosa? Perché
io? Fatelo fare a quegli altri scansafatiche!»
Urlò Misaki, infilandosi le scarpe. Il consiglio
studentesco, ovvero gli
sfaticati, avevano passato la giornata ad inseguirlo, e ora gli toccava
fare il
loro lavoro?
«Perché
è il segretario degli affari generali, e gli altri
sono ancora bloccati sul tetto.»
Hiko si mise a fischiettare. Non
era esattamente nei suoi
piani rompere la serratura al punto che, dopo un’ora e mezza
di scassinatura
professionista, continuava a non aprirsi.
Un quarto d’ora sarebbe
andato benissimo.
«Quella carica
è solo onoraria.»
«Ma comunque ha
l’autorità per autorizzare questo
documento.»
«Ok, datemi quella
cartelletta e facciamola finita.»
Uno dei ragazzini eseguì.
Misaki diede una rapida occhiata.
Sembrava tutto regolare.
Ma, dalla sua prospettiva
abbassata, Misaki otteneva una
visione perfetta di dettagli a cui nessuno pensava.
In questo caso, muscoli del collo
tesi.
Riabbassò lo sguardo
verso la cartelletta. Il trucco
c’era, bisognava solo scoprirlo.
Strappò via il foglio.
Carta carbone.
Eliminò anche quella,
mentre i primini diventavano
pallidi.
Sotto c’era il modulo per
candidarsi come presidente.
Compilato perfettamente. Mancava solo la firma, che, guardacaso, si
trovava in
corrispondenza di dove avrebbe messo la firma nell’altro
foglio.
Silenzio.
I primini diventarono ancora
più pallidi.
Misaki sollevò la
tavoletta.
Hiko capì, ed
eseguì il chara change.
Le braccia di Misaki si
abbassarono. Il ginocchio si alzò.
I primimi degluttirono, mentre il
ragazzo buttava a terra
i due frammenti.
«Siete troppo
prevedibili. Ci rivedremo quando avrete
inventato qualcosa di meglio.» disse Misaki, voltandosi.
«Adieu.».
Non appena uscirono dal loro raggio
visivo, Hiko sciolse
il Chara change.
Istantantaneamente, Misaki
crollò a terra tenendosi il
ginocchio. «Hiko, io ti ammazzo.»
«Prima dovresti mettere
su qualche muscolo, misachin…»
«Per schiacciarti bastano
quelli che ho (il minimo
indispensabile. Ve lo immaginereste con quella faccia e il corpo da
palestrato?N.D.T.).»
«Per acchiapparmi,
no.»
----------
Yume si accomodò
elegantemente sulla ben poco ergonomica
sedia.
L’assemblea stava per
iniziare. “Finalmente” avrebbe
“scoperto” chi era il presidente del consiglio
studentesco.
Anche se non gliene fregava nulla e
sapeva benissimo che
l’ameba avrebbe vinto.
Ma, in fondo, era meglio delle
lezioni.
Sui spuntò fuori dalla
cartella «Yuume…
perché dobbiamo stare qui a vedere quell’idiota
fare la ruota?»
«Perché sono
una brava studentessa.» Mormorò Yume,
muovendo a malapena le labbra. Ultimamente stava diventando la sua
specialità.
«Che
pizza… dovremmo fargli
cadere qualcosa sulla testa… movimenteremo il tutto e
sveglieremo i tuoi
compagni.»
Non aveva tutti i torti, perlomeno
sui compagni. Il 100,1%
dei compagni (lo 0,1 erano gli insegnanti) erano amplimamente nel regno
di
morfeo.
E, a dire tutta la
verità, Yume sentì solo sino a
“che”.
Sleeping.
Yume si svegliò mentre
Hotogi annunciava i membri del
consiglio studentesco.
Uhhh… Stavo dormendo
così bene…. Dette un colpo alla borsa per
svegliare Sui. Mi toccherà fare loro i
complimenti per
un mese... diventerà ancora più
pavone… Sco-occiatura. Lo è anche dormire su
una sedia… povero il mio collo…
Sbadigliò Ho
anche fame… Voglio carne.
«E ora, i membri del
comitato disciplinare, eletti per
raccomandazione del corpo docente.»
OCAVOLO. C’era anche
questo!?
«Presidente: Hanazono
Yume-san.»
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Capitolo 14 *** Capitolo quattordicesimo – Il giglio carnivoro condivide l’aiuola ***
Ok, ten è qua! E
anche Ore wa (cosa più importante)!
Questo capitolo potrebbe
essere leggermente meno scorrevole del solito: in genere prima lo
scrivevo a mano poi lo ricopiavo al pc rifinendone la forma, ma questa
volta ho deciso di scriverlo direttamente al pc.
Credo che non si noti molto,
ma... Bè, almeno ho evitato le pagine e pagine di solo
dialogo che a volte faccio.
Ai posteri (lettori) l'ardua
sentenza.
Yume si tuffò sul
divano, spostandolo di diversi
centimetri.
Era domenica, ed era sola in casa.
E lo sarebbe stata per
molto.
Significava maratona horror
splatter.
Si stiracchiò. Il suo
unico problema era decidere se era
meglio iniziare ad intaccare la sua scorta di merendine partendo dai
popcorn o
iniziare direttamente dalle patatine con extrapeperoncino.
Mentre si stiracchiava,
afferrò le alette di pollo alla
paprika.
Meglio andare subito al sodo.
Afferrò il telecomando
del lettore dvd, preparandosi alla
visione de “La nave in cui divenimmo lepri”.
E il campanello suonò.
I pensieri di Yume nel secondo
successivo superavano
decisamente qualsiasi splatter.
Spense la tv, e, senza la minima
eleganza, saltò giù dal
divano.
Andò a
velocità relativamete normale verso la porta, lisciandosi
la maglia.
Spalancò la porta con
tutta la grazia di cui era capace, decidendo
come mandare quel tizio aff… nel modo più gentile
possibile.
Congelò.
Di fronte a lei, una marea di
valigie.
E un mocciosetto dannatamente
familiare inginocchiato e
praticamente prostrato di fronte a lei, con sulla testa la sua
irritante mosca.
Nella stessa posa.
«C…»
Misaki alzò la testa.
«Chiedo umilmente ospitalità.»
Yume seppe che la sua tranquilla
maratona era finita.
----------
«Ok, vediamo se ho
capito» disse Yume, tenendosi la testa.
«Tua madre è tornata
dall’estero.»
Misaki, seduto in perfetta seiza,
con ancora Hiko fra i
capelli nella stessa posa, annui vigorosamente.
Un angolo del cervello di Yume si
chiese come la mosca non
cadesse.
«Tu sei riuscito a
scoprirlo grazie al servizio di intelligence
privato che ti sei pagato con la paghetta.»
La testa di Misaki rifece lo stesso
gesto.
«E sei fuggito
perché ne sei completamente terrorizzato.»
«Anche Satana ne sarebbe
terrorizzato.»
Yume si mise le mani in fronte.
«Ok, questo è
preoccupante.»
Misaki sgranò gli occhi
«Ti stai preoccupando per mia
madre che terrorizza Satana?»
«No, probabilmente
anch’io lo terrorizzerei. È preoccupante
che non mi sconvolga il fatto che la tua paghetta possa finanziare un
intero
servizio di intelligence, e che tu lo usi esclusivamente per evitare
tua madre.»
«Lo uso anche per
spionaggio industriale, per arrotondare.»
Yume lo guardò
«Hai più cervello di quanto non mi
aspettassi. E meno coscienza del valore del denaro.»
«…Più
che paghetta, ho una certa percentuale delle aziende
di famiglia, quindi…»
«Ti ricordo che stai
implorando per avere un tetto sotto
la testa, non ti consiglio di provocarmi.»
Misaki si zittì e
guardò a terra. «…»
«Potresti andare in un
hotel a dieci stelle e più, quindi
perché sei qui? Non è che hai qualche strana idea
tipo “voglio vivere in una
minuscola casa plebea, mangiando poco saporito cibo plebeo e
utilizzando
prodotti di bassa qualità plebei!”?»
«Ho dovuto lasciare a
casa la mia carta di credito. Ha il
gps.»
«…»
«Misura di
sicurezza.»
«Capisco.»
«Ti restituirò
i soldi necessari al mio mantenimento.»
Yume sospirò, alzandosi
dalla poltrona «Non è quello il
problema, moccioso.» disse, dandogli un colpetto sulla fronte
«Tu li puoi far
fruttare meglio. Il problema è che non posso ospitare un
ragazzo, anche se
piccolo.»
«Capisco.»
Misaki si alzò dalla sua poltrona.
«dovrò
chiedere a qualcuno dei miei com…»
«Non così in
fretta.»
Misaki alzò la testa
«Cos…»
«Vieni con me.»
----------
«Questi…»
«Yep, sono i miei vecchi
vestiti. Hana non li ha mai
voluti, quindi dubito che i miei se li ricordino ancora.»
«Quindi,
io…»
«Yep.»
«Alla fine, mi concio da
donna.»
«Hai altra scelta?
Preferisci tua madre?»
«…»
Misaki si morse il labbro. Aveva tre scelte, tutte
pessime: rimanere lì e conciarsi da donna, chiedere
ospitalità ai suoi compagni
rischiando di venire conciato da donna e violentato nel sonno, tornare
a casa
dove la madre l’avrebbe utilizzato come bambola a dimensioni
(quasi) reali.
Conciarsi da donna era il minimo.
«D’accordo.»
«Allora
vestiti.»
Misaki fissò Yume. Yume
fissò Misaki.
«Hum?»
«Perché sei
ancora qui?»
Yume portò entrambe le
gambe sul letto. «Ci sarà
certamente qualcosa da ritoccare, perciò rimango qui.
È più veloce.»
«Non eri tu quella che ha
urlato come una pazza alle
terme?»
«Non eri tu quello che
invece era calmissimo?»
Misaki divenne rosso
all’improvviso «Una cosa è se succede
per caso, una cosa è se qualcuno ti guarda spogliarti
deliberamente!»
«Bah.»
Misaki la fissò male.
«Su, sbrighiamoci. Non ho
intenzione di passare tutto il
tempo a convincerti ad obbedirmi.» disse Yume, alzandosi.
Prima che Misaki riuscisse a capire
qualcosa, si ritrovò a
petto nudo.
«Bene, ora…
vediamo di infilarti qualcosa di carino…»
Disse Yume, sorridendo angelicamente.
O,bep.
Misaki si pentì di non
aver fatto testamento.
----------
Misaki si fissò allo
specchio. Odiava ciò che vedeva.
Yume finì di sistemare
le spalle della maglia. «Nemico
delle donne.»
A quanto pare, lo odiava anche lei.
«Eh?»
Yume gli infilzò
l’ago nella pelle «Se non capisci, o ti
mancano gli occhi o il cervello.» gli afferrò il
volto, girandolo verso di se «Propendo
per la seconda.»
Misaki si liberò con un
gesto brusco. «Sinceramente, tutto
ciò che vedo mi rende nemico del mio ego,
ma…»
Yume gli affondò
nuovamente l’ago nella carne.
Colpendo accuratamente il nervo.
«Spalle sottili! Pelle
candida!» rigirò l’ago «Gambe
che farebbero resuscitare un bel
po’ di morti!» tolse l’ago. Nessuna
goccia di sangue fuoriuscì.«E tu che non fai
niente per sfruttarli!»
«Non ho alcuna intenzione
di sedurre uomini!»
Yume gli afferrò il
mento da dietro e gli gli sollevò il
volto «Sai, ci sono donne che hanno fantasie…
particolari.» sorrise leggermente
«E farebbero qualsiasi cosa per conquistarti e averti.
Purtroppo per te, io non
sono una di loro.» lo lasciò e si
allontanò di un passo «Se avessi il tuo
corpo, vivrei senza spendere uno yen.»
Ah, non è odio.
«Bè, non mi pare che tu te la passi tanto
male.»
«È diverso.
Completamente diverso.»
«Non mi pare.»
Misaki tentò di abbassarsi la gonna
«Piuttosto…
questa non si può fare più lunga?»
«Assolutamente
no.» Yume afferrò una maglia dal mucchio
sul letto «Forse dovrei aggiungerci qualcosa… Ci
sono sostanziali differenze
fra di noi: prima di tutto, taglia e conformazione. Tu sei un
effemminato…»
«Hey!»
«… e io non
sono meno androgina.» ripiegò la maglia,
andando a prendere una scatola dall’armadio. «Il
mio corpo è l’opposto del tuo,
quindi, per quanto la materia prima sia bellissima, per risultare
“adorabile e
femminile” devo manipolare la percezione altrui. »
la aprì e cominciò a
frugarci «Invece, tu emetti l’aura
“servimiadoramiamami” tranquillamente.»
«Non lo faccio
apposta»
«Più la
reprimi più tende a esplodere non appena la tua
mente ha il benchè minimo cedimento.»
tirò fuori un pezzo di stoffa «bè,
potrebbe essere un interessante esperimento.»
«Cosa?»
«Tentare di avere un
figlio con il tuo corpo (e conti in
banca) e la mia mente.»
Misaki divenne rosso peperone.
Le labbra di Yume si allungarono in
un sorrisetto «Il mio
motto è “unire l’utile
all’interessante, prendendosi anche il
dilettevole”,
quindi vedi di far crescere almeno una parte del tuo corpo sino a
dimensioni
decenti~» rimise
il pezzo di stoffa nella scatola, prendendone un altro di un colore
più vivo.
«Tu,
perverti…»
«Non sono pervertita,
aspiro solo alla creazione di un
essere umano degno di avere i miei magnifici geni.»
----------
Misaki fu scaraventato sul divano.
Yume era ferma di fronte a lui,
«Bene, moccioso, una
singola cosa: se dici qualcosa di sbagliato di fronte ai miei, ti
ritroveranno
sciolto nell’acido.» ci pensò un attimo
«No, in realtà non ti ritroveranno.»
Misaki borbottò un
«Farò del mio meglio.»
«E vedi di sorridere, i
miei proveranno immediata simpatia
per te.» si buttò sul divano «Hime meno,
ma lei odia chiunque sia collegato con
me.»
«Avete un bel
rapporto.»
«Meglio del tuo con tua
madre, ragazzino. Avere una
sorellona perfetta è difficile, e Hime non ha abbastanza
cervello per reagire
nel modo più conveniente.» si
stiracchiò «Spero che ti piacciano gli horror,
mocciosello. Ho già dovuto ridurre la mia maratona, non ho
intenzione di
perdermela del tutto.»
Misaki la fissò
«Cosa vuoi vedere?»
«Secondo il mio progetto,
volevo iniziare con “La nave in
cui diventammo lepri”, ma penso che sia meglio per il tuo
stomaco inizare da
qualcosa più leggero… “Il crociato
delle primule”.»
Lo sguardo di Misaki si fece
ironico «Sono stato sul set,
de “La nave”. Ho l’edizione (pezzo unico)
con i commenti degli attori e del
registra, e lo vedo una volta al mese.»
Yume sembrò
impressionata «Almeno nei film hai gusti
decenti, ragazzino. Non me l’aspettavo.»
----------
Misaki era sotto shock. Non poteva
crederci.
Si aspettava da Yume la storia
più perfetta e geniale del
mondo.
Invece… La solita comune
storia “i genitori stanno
separandosi con molti litigi, quindi offriamole un posto tranquillo per
qualche
giorno”.
In realtà, non fu tanto
la semplicità della storiella a
stupirlo.
E in realtà, non era
shockato. Era terrorizzato.
Perché era sul punto di
credere alla storiella anche lui.
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