Ore wa carnivorous lily

di Ten chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo - il giglio carnivoro e l'uovo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo - il giglio carnivoro e l'ameba vanesia. ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo - il giglio carnivoro e la strega ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto - il giglio carnivoro è stressato ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto - il giglio carnivoro e la rosa rossa insanguinata ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto - il giglio carnivoro e il bulbo zannuto ***
Capitolo 7: *** Capitolo settimo - il giglio carnivoro ha le foglie pesanti ***
Capitolo 8: *** Capitolo ottavo – Il giglio carnivoro e la rosa rossa insanguinato sull’orlo del dirupo ***
Capitolo 9: *** Capitolo nono - Il giglio carnivoro aspetta, la rosa rossa insanguinata si confessa ***
Capitolo 10: *** Capitolo decimo - Il giglio carnivoro va annaffiato con abbondante acqua termale ***
Capitolo 11: *** Capitolo undicesimo - Il giglio carnivoro e il fantasma ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodicesimo - primavera, il giglio carnivoro cresce ***
Capitolo 13: *** Capitolo tredicesimo - Il giglio carnivoro lotta per la sopravvivenza ***
Capitolo 14: *** Capitolo quattordicesimo – Il giglio carnivoro condivide l’aiuola ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo - il giglio carnivoro e l'uovo. ***


Yume si mise a sedere sul letto. Si alzò completamente. Si girò per rifare il letto. Si bloccò.

Sul letto c’era un uovo.

Lo prese, incuriosita. Bianco, con una croce nera in pizzo sopra. A Yume non risultava di averlo già visto.

Sarà di Hime… Hime, la sorella, era famosa per entrare di nascosto nella sua camera, ficcando il naso dappertutto e lasciando evidenti indizi. Strano che non mi abbia dato fastidio mentre dormivo…

Poggiò l’uovo accanto alla cartella e andò a cambiarsi.

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L’accademia saint flower era, secondo il preside, “uno splendido prato fiorito di giovani in divisa alla marinaretta e gakuran”.

Gli studenti avevano espanso la frase. “uno splendido prato fiorito di giovani in divisa alla marinaretta e gakuran, in cui è spuntato un giglio del candore più assoluto”.

Yume Hanazono era il giglio. I suoi lunghi capelli come l’ala di un corvo, gli occhi blu-verdi come le profondità marine, la pelle candida e morbida come il petalo di una rosa, gli ottimi voti, la tenera imbranataggine a ginnastica, la rendevano oggetto di adorazione per compagni e professori.

All’entrata, ogni singola mattina, riceveva l’onore di essere accolta da una ventina di studenti e studentesse appartenenti al suo fan club, in fila oltre il cancello.

Quella mattina non faceva eccezione.

 «BUONGIORNO, YUME-SAMA!» urlarono tutti insieme con un inchino profondo appena Yume varcò la soglia.

«Oh, ancora? Vi avevo chiesto di evitare questa cerimonia… mi mette in imbarazzo…» disse la ragazza, arrossendo delicatamente e chinando la testa.

Quell’angelica visione colpì al cuore tutti i presenti, maschi e femmine, che urlarono in sincrono «LE SAREMO SEMPRE FEDELI, HANAZONO-SAMA!».

Yume arrossì ancora di più, borbottò un «uh… devo… devo andare…» e si allontanò a passo spedito.

Nella mente dei fan si diffuse un unico pensiero. Oh… che carina…

Nella mente di Yume comparve lo stesso pensiero di tutte le mattine. Idioti.

Yume Hanazono era un fiore velenoso.

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Yume aprì la cartella. All’ora successiva le toccava un test di matematica.

E, per superarlo e mantenere la sua media dell’85,88%, doveva sommergere di preghiere ed invocazioni la matita comprata al museo della matematica più grande del Giappone.

Ma, appena guardò dentro la cartella, rimase paralizzata.

L’uovo.

L’uovo di quella mattina.

Poggiato tranquillamente sull’astuccio.

La mente di Yume rimase paralizzata. Non poteva essere DENTRO. Ricordava chiaramente di aver poggiato l’uovo ACCANTO alla cartella. Non lo avrebbe mai portato a scuola.

La porta che si apriva e il saluto dell’insegnante la riportarono alla realtà. Doveva sbrigarsi, o non sarebbe riuscita a sommergere abbastanza d’invocazioni la matita. Aprì l’astuccio e si sentì morire.

Alcune matite erano spezzate a metà. Compresa quella del museo.

 

La mente di Yume si svuotò. Poi si riempì d’insulti.

QUEL ▓▓▓▓▓ DI UOVO! COL ▓▓▓▓▓ CHE LO RIDÒ A HIME! LO GETTO SOTTO A UN’AUTO!

Ma gli insulti, ora, erano inutili. Niente avrebbe potuto ridarle la sua amata matita.

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«Il test è semplice. Siete tutti in grado di prendere ottimi voti....».

Yume fissò il foglio, pieno di simboli sconosciuti. Sospirò. Su, su. Con un po’ di ragionamento, dovrei riuscire a raggiungere risultati decenti.

Fissò la prima domanda. Sembrava facile. Dunque… La risposta è A.

Avvicinò la penna al foglio. Che rottura di bip… Non ho voglia di pensare…

Allora non farlo! Fregatene e rispondi a caso! Strillò una vocetta nella testa di Yume.

La mano della ragazza cominciò a muoversi senza alcun controllo da parte della padrona.

In poco tempo il foglio delle risposte era pieno.

Yume aveva il colorito di un fantasma. Due domande le rimbalzavano confusamente nel cervello.

Uno: che diamine era successo? E, soprattutto, due: come diavolo faceva a correggere il compito?

«Hanazono-san? Ti senti bene?» La voce dell’insegnante la riportò alla realtà.

«Ho avuto un capogiro, signorina. Temo di avere un po’ di febbre.»

«Oh, poverina. Vuoi tornare a casa?»

No. Se fosse tornata a casa ora, sarebbe stato evidente che aveva messo le risposte a caso. «Preferirei aspettare almeno la fine dell’ora, signorina. Vorrei tentare di raggiungere un punteggio sufficiente, in questo compito.» Yume inclinò la testa e sorrise.

L’insegnante capitolò.

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«Sono tornata.» borbottò Yume, pur sapendo che in casa non c’era nessuno. Salì in camera e si tolse la divisa. Con solo la canottiera e i bloomers, s’inginocchiò di fianco al letto.

Aveva decisamente bisogno di scaricare lo stress. Le incongruenze e la voce che le sembrava di aver sentito erano certamente causate dallo stress.

Infilò la mano sotto il materasso.

I mezzi più rapidi, piacevoli ed efficaci per eliminare lo stress erano i suoi adorati videogiochi e manga rating +18, amorevolmente conservati in perfetto ordine fra le doghe e il materasso.

Mmm… quale scelgo?

«Che c’è la sotto?»

«I miei vid…» cominciò Yume, ma si congelò a metà parola. Si voltò lentamente.

Un esserino di forma umana levitava a tre centimetri dal suo naso.

Yume urlò e svenne.

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Yume rinvenne. La stanza era silenziosa. Era solo un sogno… grazie al cielo….

«Ah, finalmente ti sei svegliata!»

L’esserino ricomparve nel campo visivo di Yume.

«AAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH»

L’esserino s’imbippò.

«Tu, stupida umana… come osi urlare in faccia due volte a Ore-sama?!»

«UN FANTASMAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!»

«Ore-sama non è un fantasma! È uno shugo chara!»

«UnfantasmaUnfantasmaUnfantasma…»

L’esserino le diede una testata.

Yume smise di parlare e fissò l’esserino. Sembrava una bambina, con i capelli blu-verdi e gli occhi neri. Indossava un abitino nero gothic lolita.

«Io sono Sui!»

«Signor fantasma di nome Sui, la prego, qualunque cosa le abbia fatto quando era in vita, la prego, mi perdoni….»

«Ho già detto che non sono un fantasma! Ore-sama è uno shugo chara! Il tuo shugo chara!»

«signor fan…»

Lo shugo chara le tirò un orecchio e ci urlò dentro «Non Sono Un Fantasma! Sono Uno Shugo Chara! Uno Spirito Guardiano! Il Tuo!»

«uno… shugo chara?» Yume aveva ripreso la calma e l’aria adorabile. «Non sono sicura di sapere cosa sia…»

Lo shugo chara alzò orgogliosamente la testa e incrociò le braccia. «Te lo spiegherò in parole talmente semplici che anche tu, col tuo basso quoziente intellettivo, lo capirai! Lo shugo chara è uno spirito guardiano, nato dal desiderio di cambiare di un moccioso o di un adolescente! Tu, col tuo debole carattere, hai desiderato essere migliore ed eccomi qui ad aiutarti!»

Yume fissò lo shugo chara scioccata. Quell’esserino aveva frainteso. Parecchio.

E lei non aveva intenzione di correggerla.

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«Ehi, Yume! Ce la filiamo? Dai… mi sto annoiando…»

Yume la ignorò. È una mosca. Solo un piccolo, inutile, fastidioso insetto.

L’esserino continuò a fare casino mentre andava a prendere il compito di matematica. Si aspettava un brusco abbassamento di media. Afferrò il foglio. Lo girò.

Per poco non svenne.

100 punti su 100. Non era mai riuscita a ottenerlo con la matita.

«Uffa… un cento non è interessante.»

Yume lo trovava più che interessante, quindi ringraziò ogni dio esistente.

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«Yumeeee… ho fameeee….» mormorò sui, appoggiandosi alla spalla di Yume. «dammi qualcosa da mangiare… ti prego….»

Yume sospirò e fece finta di lasciar cadere un pezzetto di frittata. Lo shugo chara si avventò su di esso. La ragazza riprese a mangiare. Non aveva intenzione di rovinarsi la reputazione a causa di quel coso.

Fuori dall’aula cominciò un brusio eccitato, in lontananza.

Yume smise di mangiare immediatamente.

«Uh? Yume?»

Yume si alzò di scatto. Se non si sbrigava, rischiava di rimanere bloccata in classe. Chiuse il bento in fretta e furia e lo infilò nella borsa, che afferrò prima di uscire dall’aula.

O meglio, di tentare di uscire dall’aula.

Troppo tardi.

Una folla di studentesse si era già radunata, intasando il corridoio. Sarebbe arrivata in ritardo in laboratorio.

«KYAH! HOTOGI-SENPAI!» strillarono tutte, non appena il ragazzo comparve.

Sosuke Hotogi era il segretario del consiglio studentesco. Il più intelligente del secondo anno, il più bravo negli sport.

Le ragazze lo adoravano, trovandolo persino affascinante nella sua abbronzatura media e i suoi capelli neri e corti.

Per Yume, era insignificante. Totalmente insignificante.

I suoi buoni voti erano frutto di studio, la bravura negli sport di allenamento costante. Non era particolarmente dotato in nessun campo. L’abbronzatura era frutto di sole e lampade, il taglio di capelli gli stava malissimo.

Un tizio nella media che pretendeva di essere qualcuno.

Il tizio avanzava lentamente. Troppo lentamente

SBRIGATI, C☺☺☺☺☺☺E! NON POSSO STAR QUI AD ASPETTARE TE! La voce interiore di Yume era molto chiara.

Il tizio continuava ad avanzare leeeeeeeeeeentameeeeeente.

Quando fu abbastanza vicino, la ragazza vide qualcosa di strano.

Sulla spalla dell’essere insignificante levitava un esserino. Che salutava tutti e si metteva in mostra.

Yume sbiancò. Che cavolo stava succedendo?

Fine primo capitolo – Il giglio carnivoro e l’uovo.

Prima long fic!

questo capitolo l'ho scritto durante le lezioni di storia e filosofia tre mesi fa. Ci ho messo più tempo a ricopiarlo al pc. 

Micchan: forse perchè ti fermi ogni tre secondi a giocare?

Me: Forse. Come mai sei qua?

Micchan: Mi hai fatto comparire per circa tre secondi e molestare da una persona  del mio stesso sesso (capitolo 5, alla sua prima apparizione NdTen). Mi rifiuto di avere questa onta nel mio curriculum

Me: non erano molestie, Misamisa.

*Micchan chiama le guardie del corpo armate fino ai denti*

Me: non mi puoi uccidere, Mittan.

Micchan: chi lo dice?

Me: Sono io che scrivo la storia. se m'ammazzi, tu non vivi. Ho il coltello dalla parte del manico.


Micchan: maledetta....

Me:

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo - il giglio carnivoro e l'ameba vanesia. ***


Ed eccomi qui per il secondo capitolo di questa fan fiction! grazie a Diamond_ che mi ha recensito! mi sono messa d'impegno e sono riuscita a scriverlo entro oggi!

Yume: se ti fossi messa d'impegno, saremmo già ad un capitolo in cui Ore-sama se ne sta felicemente sposata con un riccone!

Ten: Ci sto lavorando. U.U

Yume: se, certo...

Ten: non ti fidi della tua autrice? cattiva...*lacrimuccia*

Yume: non mi incanti.

Ten: su, passiamo alla storia.

«Yume! Potresti venire a darmi una mano?»

«Si, mamma!»

«Hime! Anche tu!»

«No! Sto giocando e non posso mettere in pausa!»

«Hime!»

«Tranquilla, mamma, basto io.»

Hime salvò e chiuse la console, affrettandosi a raggiungere la madre e la sorella.

Yume aveva raggiunto il suo scopo.

Questo era il tipico sabato mattina a casa Hanazono.

Ma i pensieri che affollavano la mente di Yume non erano i tipici.

Generalmente, mentre piegava i panni, pensava a come ottenere vantaggi da qualcuno. Le attività che occupavano solo le mani erano perfette per pensare senza che qualcuno, vedendoti sfaccendata, tentasse si fare conversazione con te.

Oggi i pensieri eran rivolti all’insignificanza fatta persona, e all’esserino.

A quanto aveva capito, solo coloro che possedevano uno shugo chara potevano vederli. Perciò aveva lasciato che Sui la accompagnasse a scuola. Era convinta che NESSUNO di quegli idioti potesse averne uno.

E invece…

La sua reputazione a scuola era in pericolo. Doveva convincere Sui a restarsene a casa.

«Yume! Mi annoio! Sbrigati o….»

«Ehi, Aneki!» la interruppe Hime «Tocca a te fare la spesa oggi, vero? Comprami il gelato!»

«Hime! Non dare ordini a tua sorella! E chiamala Onee-san!»

«Non preoccuparti, mamma. Non mi dà fastidio.»

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Yume accartocciò la lista della spesa. Aveva preso tutto, e aggiunto una scatola di biscotti alla crema per Sui, che al momento le gravitava attorno alla testa. Li avrebbe utilizzati per farla rimanere a casa.

Si incamminò. Se riusciva nelle trattative (cosa di cui era certa) il problema Hotogi era definitiv…

In quel preciso, identico, maledetto istante, Sosuke Hotogi voltò l’angolo e si ritrovò faccia a faccia con Yume.

Tutti e tre si bloccarono. Hotogi balbettò un «Ha…Han….» prima che il suo shugo chara spuntasse da dietro di lui e si fiondasse su Sui «Mi  piacerebbe fare la sua conosc...» cominciò l’esserino, inginocchiandosi a mezzaria, ma fu bloccato dal calcio in faccia di Sui, che lo mandò a scontrarsi con la faccia del proprietario.

«Hanazono…san?» balbettò finalmente L’idiota supremo.

«Yume! Andiamocene! Non possiamo rischiare di scongelare i gelati per colpa di ‘sto nanetto idiota!» strillò Sui, ignorando volutamente il fatto che gli shugo chara fossero tutti alti uguali e allontanandosi in fretta.

«Temo di dover andare… Arrivederci…» sussurrò Yume, chinando la testa, poi si mise ad inseguire Sui lasciandosi dietro un sempre più impietrito Hotogi.

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Yume uscì di casa sospirando. Dopo una domenica in cui aveva fatto un salto di 5 metri ogni volta che qualcuno suonava il campanello (e quell’idiota di Hime se n’era accorta, e si era messa a suonarlo ogni 10 minuti), le toccava andare a scuola. Con Sui addormentata sulla sua testa.

Si incamminò. Era inutile starsene a…

«Buongiorno, Hanazono-san!» disse Hotogi, spuntando alle spalle della ragazza.

Yume urlò. Sui si svegliò e cadde.

L’altro shugo chara tentò di fiondarsi su di lei, ma Hotogi lo bloccò. «Su, Neru, lasciala tranquilla.»

«Ah… Senpai… È lei… Perché è qua?» mormorò Yume, mentre imprecava

mentalmente.

«Io volevo parlarti, Hanazono-san.» Hotogi sorrise angelico.

Yume stava per vomitare, ma strinse i denti e resistette. «Non vorrei arrivare in ritardo a scuola…» balbettò.

Hotogi guardò l’orologio. «È presto. Camminando tranquillamente, noi potremo parlare e arriveremo in perfetto orario.»

Yume sentì la terra aprirsi sotto i suoi piedi.

Non voleva parlare con Hotogi. Non voleva andare a scuola con lui. Non voleva respirare la sua aria. Non voleva farsi vedere con Lui. Non voleva scatenare chiacchere che la vedevano come sua fidanzata.

Per un attimo, Yume pensò di buttare la maschera che portava da 11 anni.

Fortunatamente, Yume riprese il senno in tempo, strinse i denti e si avviò verso scuola.

Hotogi cominciò a chiacchierare dopo pochi secondi.

«Tu non hai uno shugo chara da molto, vero?» cominciò.

«Solo qualche giorno.» Yume gettò un’occhiata alla borsa, nella quale si era rifugiata Sui e attorno alla quale Neru ronzava come una mosca. Yume immaginò di lanciarlo via con una paletta schiacciamosche.

«Io da quasi un anno.» disse Hotogi «I primi giorni io ho dato di matto. Tu la stai prendendo molto tranquillamente.»

«Davvero?» Yume sbiancò mentalmente. «È così strano?»

«E chi lo sa? Io conosco solo due possessori di Shugo Chara. Noi due.»

Yume rabbrividì per il “noi due” «Quindi… non ci sono altri con shugo chara, nella nostra scuola?» Mai e poi mai avrebbe unito sé stessa e Hotogi nello stesso complemento.

Hotogi annuì. «Durante le assemblee io vedo tutti, essendo sul palco in qualità di segretario del consiglio studentesco.»

Lo sapevo già che eri nel consiglio studentesco, baka.

«comunque, io non ho mai visto nessun’altro shugo chara. Fino a ieri.» Hotogi la guardò di sottecchi.

Yume, istintivamente, fece in modo di arrossire leggermente e si voltò dalla parte opposta.

Appena finì, ebbe la sensazione che se ne sarebbe pentita.

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«Hai visto? Hotogi senpai e Hanazono-sama sono venuti a scuola insieme!»

«Si, si! Per me stanno insieme!»

«Io non li avevo mai visti insieme, prima di oggi…»

«L’ho vista un paio di giorni fa in corridoio, fra le fan di Hotogi senpai, aspettandolo.»

«Davvero? Allora è vero! Se a un angelo come Hanazono-san piace qualcuno, non c’è niente da fare.»

«Già… in fondo, loro due sono la coppia perfetta.»

«Non credo che i maschi saranno molto contenti, però!»

«si, i suoi fan sono un po’…»

Yume sospirò. Certa gente avrebbe dovuto imparare a guardarsi attorno mentre spettegolava.

La maggior parte delle persone avrebbe pensato “avrebbe dovuto imparare a non spettegolare” ma Yume aveva una visione tutta sua.

I pettegolezzi erano il lato oscuro della parola, impossibili da eliminare ma addomesticabili.

Il trucco era non mostrare preferenze. In tutto, compreso il cibo (la gente pensava che affinità di gusti culinari bastassero a creare un saldo rapporto in una coppia). E Yume era generalmente una maestra in questo. Ma quel tizio non si sarebbe scollato manco con una testata nucleare.

Avrebbe sfidato chiunque a non mostrare preferenze con lui così appiccicato.

Avrebbe dovuto liberarsene il più in fretta possibile,  per far crollare le chiacchere su se stesse. Doveva escogitare qualcos…

Il cretino le spuntò di fronte al naso. «Hanazono-san, noi due torniamo a casa insieme?»

Si, escogitare qualcosa, o morire di infarto «In realtà, dovrei comprare qualcosa…»

«Io ti accompagno.»

Yume temette che il suo genio malefico si fosse prosciugato.

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Yume uscì dal combini, seguita a ruota dal fedele cagnolino Hotogi.

La ragazza era “leggermente” seccata. I cani non le erano mai piaciuti.

Naturalmente, tutti credevano che li adorasse. Come tutti gli animali che perdevano pelo, mordevano, sbavavano, lasciavano enormi e puzzolenti ricordini ovunque, venivano infestati un giorno si è l’altro pure, ma erano adorabili.

Lanciò un’occhiata verso la busta della spesa (in plastica riciclabile: la ragazza adorabile rispetta la natura!) e il piccolo bozzo grigio che indicava la posizione di Sui. La nanetta non sapeva mai quando effettuare un chara change che la togliesse dai guai.

«Cosa stai guardando?» chiese Hotogi.

Yume, in un istante, focalizzò la sua attenzione su Neru, che volava –ronzava era più corretto- attorno al bozzo creato da Sui.

Il genio malefico partì.

«Bè… Mi chiedevo… Come mai….» Yume si mordicchiò leggermente il labbro inferiore «uno come lei… così intelligente e perfetto… avesse uno shugo chara che non è molto…» Yume si zitti. Pause, mordicchiamenti, zittimento erano perfettamente calcolati per dare l’impressione di “ragazza che non si farebbe mai gli affari degli altri ma è curiosa” e non “ragazza a cui non gliene f§§§e un tubo e vuole fuggire” «ma in fondo non sono affari miei.» il tocco finale era lievemente accelerato, perfetto per far cadere all’amo Hotogi.

No, il suo Genio era intatto.

«È una curiosità più che lecita, invece. Anche io sono curioso per lo stesso motivo. Il tuo carattere non potrebbe essere migliorato, quindi… Perché tu hai uno shugo chara?».

Si, lo so che il mio carattere è perfetto, ma non credo che tu la penseresti allo stesso modo. Fortunatamente, il suo genio malefico era anche previdente, perciò aveva la scusa pronta. «A volte… temo… temo di essere un po’… troppo tenera e di piegarmi un po’… troppo alle esigenze degli altri. Se  fossi più forte, io…» Yume chinò la testa e arrossì.

Arrossire volontariamente era uno dei tanti talenti di Yume, insieme alla capacità di aumentare il battito cardiaco a suo piacimento e di mentire senza alcun tic strano e senza premeditazione, se necessario. Sin dall’infanzia Yume li aveva scoperti e coltivati, e nessuno credeva che non fosse la ragazza perfetta. Tranne Hime, ma la sua era invidia.

«Tu sta tranquilla, Hanazono-san! Nessuno potrebbe mai approfittarsi della tua gentilezza!» strillò Hotogi, afferrando le mai di Yume.

La ragazza storse il naso (mentale).«Grazie, Hotogi senpai, per il supporto, ma…» chinò la testa imbarazzata «Così mi sento in imbarazzo…»

Hotogi si staccò. Yume si  appuntò mentalmente di lavarsi le mai cinque volte prima si fare qualsiasi altra cosa. Si sentiva come se un’ameba gigante avesse tentato di fagocitarle.

«Io credo che sia mio dovere dirti come è nato Neru. Tu sai che ho un fratello? Lui è più vecchio di me di tre anni.»

«Non deve per forza dirmi com’è andata….»

«Sta tranquilla, Hanazono-san. Raccontarti non è un problema per me. Mio fratello si impegna pochissimo all’università, non è granché negli sport e, sinceramente, lui è un gran donnaiolo. Eppure, lui è sempre circondato da amici.» Hotogi guardò il piccolo esserino svolazzante.

«Hotogi senpai…»

«Io mi sono sempre impegnato in tutto ciò che facevo per avere ottimi risultati in tutto, ho fatto in modo di essere un’ottima persona ammirata da tutti, eppure… mi ritrovo sempre solo. Come se ci fosse un muro fra me e gli altri.» Hotogi sospirò teatralmente «Ho pensato “se fossi come mio fratello, magari…” ed eccoci qua.»

 Baka. Essere adorati significa avere l’aura da intoccabili. Sei davvero un’ameba. Mentre pensava ciò, curvò la testa e disse «Sono certa che qualcuno supererà quel muro» con un sorriso luminoso.

Hotogi arrossì vistosamente.

Oh-oh. È così cretino che non si accorge dell’aura intoccabile.

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Yume si distese nel letto.

A questo punto, una ragazza shojo doveva essere intenerita dalla storia di Hotogi. Tanto da innamorarsene.

Yume non provava niente. Solo fastidio. Ma neanche tanto.

Per questo odiava gli shojo.

Fine secondo capitolo – Il giglio carnivoro e l’ameba vanesia.

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Ten: Yume... che stai facendo?

Yume: *spargendo ovatta* non lo vedi? sto distruggendo un pupazzo con le sembianze di Hotogi! *mostra peluche a forma di ameba semidistrutta*

Ten: in effetti è molto somigliante! ^^

Yume: lo so! ^^

Ten: mmm... però dovremmo fare qualcos'altro, oltre a distruggere chibi-Hotogi, ne? *calpesta il pupazzo*

Yume: temo proprio... *calpesta* però smetti di usare il ne, non sei piemontese.

Ten: info varie... mmm... il cognome di Yume è una citazione del mio adorato Kamichama Karin, mentre il nome l'ho scelto, insieme a quello di Hime, perchè sono i tipici nomi che i loro genitori userebbero ("sogno" e "principessa"). Hotogi invece prende nome e cognome da due dei personaggi che odio di più in tutti gli anime, cioè Aizen di bleach e Shirayuki di Hidan no Aria. *porge lanciafiamme a Yume*

Yume: *prende lanciafiamme* mmm... ci stiamo scordando qualcosa. 

Ten: il disegno di Sui, è vero! eccolo qua, disegnato dalla mia adorata, glorificata, santificata... *mette il pelucche in posizione*

Yume: finiscila. *spara col lanciafiamme contro il pelucche*

Ten: disegnato da Ciss. *prende le ceneri*

http://i52.tinypic.com/142vt3q.jpg

Ten: al prossimo capitolo! *butta le ceneri nella fogna*

prossimo capitolo: il giglio carnivoro e la strega

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo - il giglio carnivoro e la strega ***


Con un pò di ritardo, ecco a voi il terzo capitolo di Ore wa! il caldo impigrisce sia me sia Ciss-sama... mi dispiace di non aver postato prima.

ringrazio Diamond_ per aver recensito e Yako-chan per aver messo Ore wa fre le ricordate. prossimo obbiettivo: avere più recensioni e qualcuno che inserisca questa storia fra le preferite!

fra una settimana ricomincia la scuola. bè, le idee per ore wa mi vengono quasi sempre a lezione di latino, quindi dovrei scrivere un pò più in fretta.

Sui: mò si spiegano le sufficenze striminzite.

Ten: le idee mi vengono a latino, ma scrivo durante filosofia e storia, e li ho 8.*vena pulscante*

Sui: il cretino alla cattedra è largo di maniche.

Ten: pensala come vuoi. *vena ancora pulsante*


Yume saltellò nervosamente da un piede all’altro.

Era l’ora di ginnastica. Ciò significava che doveva apparire:

  • Goffa;
  • Nervosa;
  • Preoccupata;
  • Imbarazzata per i bloomers.

No problem.

L’insegnante annunciò che avrebbero fatto pallavolo.

Yume gongolò. Era semplice fare finta di far schifo a pallavolo.

Naturalmente, i compagni videro che sgranava gli occhi e sbiancava.

Naturalmente, non andò liscia come pensava.

Al suo turno di battuta, Sui, che fino ad allora si era limitata a svolazzare annoiata per tutto il campo, preoccupandosi solo di schivare pallonate e braccia, decise che si era stufata di sentirla lanciare urletti ogni volta che “colpiva” (leggasi faceva rimbalzare debolmente sulle braccia) la palla o semplicemente se la vedeva rimbalzare vicino, e fece il Chara change.

Yume, controllata da Sui, colpì con tutta la forza delle braccia. Che non erano esili come sembravano ai sui fan.

La palla, generalmente, cadeva poco prima della rete. Questa volta, invece, schizzò oltre e atterrò violentemente sul pavimento.

Siiiiileeeeenzio.

Yume tornò normale e cominciò a sudare freddo. Da fuori sembrava semplicemente stupita, ma in realtà meditava su dove suicidarsi. Almeno in parte.

L’altra parte della sua mente tentava di elaborare scuse. Salvarsi in extremis era la sua specialità. Il suo genio non l’avrebbe abbandonata ora…

I compagni scoppiarono in un applauso.

… ma non si sarebbe manco scomodato se la stupidità dei compagni avesse fatto tutto.

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Nel bagno degli spogliatoi, Yume dette un pugno al muro. Le stavano saltando i nervi. Lo stress accumulato non accennava a scemare. Non poteva scemare. Non senza i suoi manga. Non senza i suoi videogiochi. Non con quella piccola inutile peste alle calcagna. Non con quella piccola peste che le cambiava il carattere a proprio piacimento. Non con quell’inventarsi scuse all’ultimo istante.

Yume dette un altro pugno, poi si voltò, si sistemò i capelli, scese l’acqua a vuoto e uscì dal cubicolo.

Si lavò le mani e si avviò verso l’uscita, ma si scontrò con una ragazza di un’altra classe.

«Scusami!» disse Yume, facendo un inchino profondo e dando una rapida occhiata alla tizia. Capelli biondi, abbronzatura. Un occhio meno esperto l’avrebbe etichettata come una Majo.

La seconda occhiata confermò la prima. La carnagione color caffelatte era uniforme. Troppo per non essere naturale. E i capelli erano biondo scuro, inusuali in Giappone, ma ricchi di riflessi. Non erano tinti. Ed erano troppo scuri per una teppista.

Comunque, era maleducata. Una minoranza delle ragazze, invece di adorarla, si comportava così. Ma chissene. Non avrebbero mai superato il limite. L’aura di intoccabile la proteggeva da ammiratori molesti e teppisti.

«Oi, Yume! Sbrigati! Ho fame! Voglio magnare!»

Sui reclamava cibo. E anche lo stomaco di Yume, quindi la ragazza si sbrigò ad uscire dallo spogliatoio.

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Yume arrivò a scuola quasi saltellando, il giorno successivo.

Era riuscita a convincere l’Ameba a non venirla a prendere a casa, grazie un luuuunghissimo scambio di battute che aveva instillato nella mente di Hotogi il dubbio che essere accompagnata a scuola da un ragazzo potesse essere nocivo per la reputazione di Yume (idiota chi ci crede, ne?)

Nemmeno il solito saluto formale dei fan e quello iper caloroso dell’Presidente Del Comitato Delle Galline guastarono il suo buonumore. Andò in classe. Alla prima ora, storia. Materia in cui era facile fingere di seguire. Tutto andava per il meglio.

Si sedette al suo banco. I bidelli non avevano confuso le sedie, quindi aveva ancora la più “comoda” (meno spaccaossa) dell’aula.

Magnifico.

Sul banco c’era una lettera. Ok, avrebbe dovuto avere un colloquio di un’ora con il povero scemo che gli si confessava per rifiutarlo cortesemente, invece di non presentarsi e rifiutarlo nel modo più netto ma doloroso, ma non era un era un problema grave.

Aprì la busta.

In Hiragana tremolanti, c’era scritto Konosco tuo secreto”.

Dopo aver decifrato i vari errori grammaticali, Yume sentì che il pavimento le stava sparendo da sotto le suole.

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«Yume! Non riesco a capire! Non riesco a capire perché hai reagito cosi!»

«Mi sento… un po’… imbarazzata! Mi sento… sento come se… come se tutte… le mie debolezze… le mie insicurezze… venissero messe in piazza.»

Naturalmente, non era quella la vera ragione. La vera ragione era che temeva che non fosse Quello il segreto, bensì QUELL’ALTRO ben più grave.

La lettera non avrebbe avuto senso sennò. Se vedeva Sui, aveva uno shugo chara, quindi la reazione naturale sarebbe stata andare a parlarle o starsene tranquillo fregandosene. Non spedire una sgrammaticata lettera palesemente minatoria.

Inoltre, l’Idiota era certo che non ci fossero altri possessori di shugo chara nella scuola.

«Hanazono-san! Noi pranziamo insieme?» strillò il Supremo Sovrano Degli Idioti, spuntando all’improvviso di fronte a Yume.

Yume sussultò. Quel tizio l’avrebbe fatta morire giovane. «Per me va bene, Hotogi-senpai.» disse, ingoiando gli insulti e facendogli spazio nella panchina.

«Tu hai passato una buona giornata?»

«Si, grazie per l’interessamento.» Yume ampliò il suo sorriso, mantenendolo gentile.

Sui arricciò il mento, ma non commentò. Evidentemente, credeva che il silenzio di Yume sulla lettera fosse un modo per non far preoccupare quell’essere. Inoltre, non aveva tempo per pensare. Era troppo occupata a rifugiarsi nel suo uovo per sfuggire a Neru.

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Yume si sdraio sul letto, sospirando. Yume fece lo stesso sulla testiera.

«Stupida giornata per colpa di ‘no ‘nzo ‘gnorante»

Yume non commentò. Chi sapeva il suo vero carattere? Non riusciva a trovare nessuna falla nella copertura, perlomeno non abbastanza grande da lasciar capire a qualcuno la verità.

Tentò di pensare a che tipo di persona potesse spedirle la lettera minatoria. Di certo la superava in arroganza (cosa non facile). Soltanto un tipo del genere poteva pensare che qualcuno, in base alla sua sola parola, potesse convincersi che la ragazza “Lovely and Shiny” della scuola potesse essere una calcolatrice, doppiogiochista e bastarda.

Solo una manciata di persone avevano abbastanza popolarità da intaccare l’aura di perfezione abbastanza da far venire il dubbio che Yume non fosse così perfetta. Uno di questi era Hotogi, ma lui era al di fuori di ogni sospetto per via della sua idiozia. Non avrebbe riconosciuto la vera natura di Yume neanche se le avesse letto i pensieri. A Yume non risultava di aver incontrato di recente gli altri se non per incrocio casuale di corridoio.

Però non poteva sottovalutare i normali. Anche se era iper arrogante, aveva amici, che avrebbero drizzato le orecchie e avrebbero aggiunto la propria voce alla prima se avessero notato la minima incongruenza.

Se fosse stata al terzo anno, se ne sarebbe assolutamente fregata, ma invece era al primo, perciò c’era tutto il tempo di vedersi distrutta la reputazione.

Beh, chi fosse non aveva poi tanta importanza. Il motivo era più importante. Se conosceva il motivo, poteva manipolarlo.

Escluse rancori. Non avrebbe perso tempo con la lettera.

La prima cosa che le venne in mente era che fosse un ragazzino che tentava di sfruttare la situazione a suo vantaggio per avere una fidanzata che lo portasse ai piani alti della popolarità senza capire che era finito nelle fauci del lupo.

Non fece in tempo a formulare altre ipotesi, perché si addormentò.

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Yume avanzò fra i corridoi, verso lo spaccio, con passo veloce ma aggraziato.

Si era svegliata tardi e non aveva preparato il bento. Era la prima volta da quando aveva imparato a cucinare. Era grave.

Maledizione. Ora dovrò sorbirmi tutta la fila.

Per colpa di quella sottospecie di lettera aveva dormito male. Si era svegliata una ventina di volte, e anche si era sempre riaddormentata dopo pochi secondi, il sonno era sempre rimasto leggero e poco riposante.

Quando arrivò a destinazione, emise un gemito. Anche appena aperto, il negozietto era strapieno. Una massa urlante, sudante, puzzante.

Yume fece un passo verso l’interno, ma venne immediatamente sbalzata via. Nemmeno l’adorabilità non valeva niente di fronte al primo dei tre più profondi istinti umani (nemmeno col secondo).

«Yume! Spintonali! Scavalcali! Ora!» strillò Sui.

«È scortese. E mi rispedirebbero indietro dopo pochi secondi.» mormorò Yume, contando che la massa urlante avrebbe coperto la sua voce.

Lo shugo chara non commentò ma storse il naso. Evidentemente non apprezzava riconoscere di essere nel torto.

Yume fece un piccolo passo in avanti, tentando di entrare nella folla.

«Hanazono-san!» strillò Hotogi, uscendo dalla massa. «Io ti ho preso qualcosa!»

Dentro di se, Yume sogghignò. Mai sottovalutare l’adorabilità.

Esteriormente, Yume sorrise in modo dolce e inclinò leggermente la testa da un lato «Grazie, Hotogi senpai.»

Hotogi le porse un melonpan. Di nuovo l’immagine di lui scodinzolante.

«Io ho pensato che potesse piacerti.»

«E io ho pensato che potesse piacerti questo, My lady!» stillò Neru, porgendo un biscotto grande quanto lui. Sui glielo spaccò in testa.

Intanto Yume e l’Ameba Canina si erano già avviati verso il cortile. La ragazza durante tutto il percorso aveva ringraziato Hotogi. Quando si sedettero cominciarono a parlare del più e del meno.

O meglio, Hotogi blaterava e Yume fingeva di ascoltare, intervenendo solo per brevi risposte a brevi domande, che spingevano sempre di più Hotogi a straparlare di se stesso.

Yume si sentiva osservata.

«Hanazono-san? Tutto bene?»

Persino Hotogi se n’era accorto. Bip.

Yume decise per la verità, naturalmente censurata in caso di bisogno. «Mi sento… leggermente… osservata.» Si auto abbracciò e rabbrividì, guardandosi attorno. «Non ci sono… molto abituata.»

«Davvero? Io…» Hotogi riprese a straparlare di se stesso.

Yume individuò chi la stava fissando.

La bionda naturale di ginnastica.

Yume chinò la testa e arrossì. Hotogi guardò in direzione della bionda.

«Ma quella è Suzuki-san! Perché lei ti sta fissando?»

«L’ho urtata mentre uscivo dal bagno.» mormorò Yume. «Temo che si sia offesa»

«No, io non credo. Se si fosse offesa, tu ti saresti trovata una riunione delle sue seguaci sotto casa.»

Tzè. Lo scudo dell’adorabilità è anti teppista. Nessuno concepirebbe che qualcuno possa farmi violenza… ok, i termini antiquati lo fanno sembrare altro.

Yume spalancò gli occhi, apparendo a metà fra la sorpresa e lo spavento.

«Comunque, non si esporrebbe mai in prima persona. Lei fa agire le altre al posto suo.»

«ah...» Yume tacque per qualche secondo «ma… perché… sa…» mordicchiamento labbra «sa… così tante cose?»

«l’anno scorso il consiglio studentesco affidò a me, in quanto loro successore, l’incarico di farle fare il giro della scuola. Lei era appena arrivata dall’America. Pessimo giapponese.»

Hotogi si lanciò in un’analisi della grammatica piena di paroloni.

Yume non commentò la quantità di informazioni. Hotogi si comportava da stalker con tutti, evidentemente. Non sapeva se esserne preoccupata o sollevata.

Sui sbuffò dall’interno della borsa di Yume. Che noia ‘sti discorsi.

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Yume tornò al suo banco.

Si congelò.

C’era un altro foglio.

Vieni alle mezzo dopo le sei pomeridiane, vicino al convenience store “Food and House”

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Yume si sedete sulla panchina.

Guardò l’orologio. 6:22

Era in anticipo. Come al solito.

Sui continuava a svolazzare svogliatamente, strillando contro la preoccupazione di Yume, mentre quest’ultima fissava l’orologio.

6:23.

6:24.

6:25.

6:26…

L’orologio di Yume segnava le 6:26 e 11 secondi, quando la ragazza udì una squillante voce femminile strillare «Siete venuta, onorevole Yume!»

Yume capì d’aver toppato di brutto.

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Alla fine, Sui aveva ragione. Jessica Suzuki aveva uno shugo chara, che generalmente se ne restava a casa. Hotogi non le era esattamente simpatico (odio più profondo, insomma), quindi non si era mai degnata di avvicinarlo, ma era uno dei 127 membri anonimi dell’Hanazono-sama Fan club, quindi aveva deciso di avvicinarla pur non avendo il coraggio di fare un attacco frontale. I suoi errori di grammatica e la totale mancanza di cortesia trasformavano una lettera amichevole in una minatoria.

E ora se la ritrovava alle costole.

Yume si cacciò un wurstel a forma di polpo in bocca, tentando di ignorare i due tizi che le mangiavano al fianco.

Le scocciature non si erano duplicate.

Si erano decuplicate. Quei due non facevano altro che litigare. Yume tentava di tanto in tanto di placarli, mentre Sui invece li incitava.

Nonostante fossero fan di Yume, ascoltavano più Sui.

*Ten torna con una Sui legata e imbavagliata*

ed ecco a voi un altro personaggio che mi fa dannare quando parla... prima Hotogi con la sua totale incapacità di omettere il soggetto, e ora Jessica con le sue storpiature.

Sui: MMM! mmm! MMM! %Di che ti lamenti! li Hai creati tu!%

Beh, perlomeno lei mi stà più simpatica di Hotogi (non ci vuole molto). Volevo un contrasto fra un nome tipicamente occidentale e un cognome giapponese per lei, e "jessica suzuki" è nato immediatamente. (al contrario, ci ho messo 3 settimane a scegliere il cognome di Hotogi. altro motivo di odio.) .

la scena a pallavolo è ispirata a qualcosa che è veramente accaduto a lezione. solo che non era un turno di battuta.

Durante la trascrittura di questo capitolo ho scoperto che è facile scrivere con Avril Lavigne di sottofondo e ho rinnovato il mio amore per le Ali project, ho finito di scrivere il capitolo 5, e micchan ha scavancato la protagonista nella scala di importanza nel cuore dell'autrice. I miei capelli stanno assomigliando sempre di più a quelli di un personaggio di Black rock shooter (Ten: chi indovina? Sui: mmm. %che tentativo stupido di avere più recensioni...%).

Ciss-sama ha creato un altro capolavoro disegnando yume! 

Yume in divisa scolastica invernale, desing by Ten. notare il motivo quincy su colletto e cravatta.

al prossimo capitolo, intitolato "il giglio carnivoro è stressato"

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Capitolo 4
*** Capitolo quarto - il giglio carnivoro è stressato ***


Ed ecco a voi il quarto capitolo di Ore wa! Grazie a Diamond_ per aver recensito l'ultimo capitolo e a Malvi98 per averli recensiti tutti e aver messo questa storia fra i preferiti! Lavorerò ancora più sodo per farvi apprezzare anche i prossimi capitoli!

Hotogi: allora tu mi farai avere un buon lavoro, sposare con Hanazono-san, comprare una casetta in campagna, avere due figli, un maschio e una femmina, e vivere per sempre felici e contenti e innamorati come ora?

Ten: sei davvero sei convinto che Yume ti ami? *prepara qualcosa dietro la schiena*

Hotogi: si, ma tu non chiamarla per nome e senza onorifici!

*ten tenta di sparargli con una desert eagle (pistola che se non stai attento di sloga la spalla. l'ho beccata in un paio di manga NDTen)*

*disgraziatamente, il rinculo le fa perdere la mira e manca il bersaglio*

Hotogi: ah! loro stanno sparando i fuochi d'artificio.

Ten: ... passiamo al capitolo. *và a preparare altre armi*

Yume sapeva perfettamente quanto stress poteva sopportare. Era sempre riuscita a lasciarlo sfogare prima di scoppiare e rivelare al mondo il suo vero carattere.

Nel primo mese dalla nascita di Sui, aveva rischiato di superare il limite 6 volte, ma era riuscita ad approfittare dei frequenti pisolini dello shugo chara per tamponare i danni leggendosi i suoi manga. Non aveva osato usare i videogiochi. I rumori erano una parte essenziale dello sfogo ma avrebbero svegliato la piccola peste.

Si era sempre salvata, ma sempre per un pelo.

E ora temeva di non riuscirci per la settima volta. Doveva andare a scuola, cioè il luogo in cui le pesti diventavano 4, con lo stress al 79,3%.

Se sopravviveva fino alle 16, avrebbe avuto la certezza che la sua maschera avrebbe retto a tutto, e il progetto “sposa e spenna un uomo ricco” non sarebbe crollato a metà dell’opera.

Urlandosi mentalmente incoraggiamenti, Yume avanzava a grandi passi (mantenendo però una grazia priva di eguali nella scuola) verso l’ingresso della scuola.

Non avrebbe lasciato che quattro idioti qualsiasi le rovinassero la reputazione e distruggessero il suo riposo futuro.

Ne sarebbe uscita vincitrice. Era nata per ingannare gli altri.

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Prima ora: Storia giapponese. Spiegazione. Stress stabile.

Seconda ora: giapponese, interrogazione. Stress all’ 81,3%.

Terza ora: inglese, interrogazione di una Majo. Stress all’80,1.

Quarta ora: disegno, ritratto di natura morta con sui che pasticciava e rubava le attrezzature. Stress all’ 81,7%

Quinta ora, matematica, ripasso. Stress stabile.

Ora toccava al peggio. Il pranzo.

Entrambi gli idioti credevano che l’altro potesse avere una cattiva influenza su di lei, e quindi avevano deciso di appiccicarsi a lei in modo che l’altro non potesse stare da solo con Yume e corrompere la sua adorabilità (secondo Hotogi) o renderla un essere capace solo di vantarsi (secondo Jessica).

Quindi a Yume toccava sorbirsi ogni volta i loro furiosi litigi.

Si era preparata degli onigiri con carne per tamponare lo stress, ma non sarebbero serviti a molto.

«Hanazono-san! Hanazono-san! Tu vieni da questa parte!»

«Yume-sama!»

Yume sorrise. Stava andando verso di loro da prima. A cosa serviva chiamarla? Inoltre, ora si sarebbe…

«Tu non chiamarla per nome!»

… scatenato l’ennesimo litigio. Altra perdita di fiato, perché né Hotogi avrebbe mai accettato che qualcuno la chiamasse per nome, né Jessica l’avrebbe chiamata per cognome. Era già tanto che usasse il –sama.

Yume accelerò il passo. Doveva prevenire la rissa, che avrebbe solo aumentato la sua irritazione, che avrebbe abbassato la soglia di sopportazione dello stresso.

«Chiamare Hanazono-san per nome è un segno di maleducazione da parte tua!» strillò Hotogi. La sua voce era vagamente simile al verso di un gallo che viene sgozzato.

«Non mi dà fastidio, Hotogi-senpai. Suzuki-san è molto simpatica.»

«Ma…»

«Hotogi, sta zitto.» disse Jessica. Era rossa sotto la carnagione caffellatte. «Se a lei è buono, tu n’hai diritto di interferire.» si voltò verso Yume. «Puoi chiamarmi per nome anche tu, Yume-sama. Hotogi, tu no.»

«D’accordo, Jessica-san, ma…» mormorò Yume, mentre Hotogi borbottava un inconfondibile «Come se volessi.». la ragazza fece una piccola pausa, poi finì. «Ma ora possiamo mangiare? La prossima ora ho ginnastica…»Yume fissò entrambi con occhi supplichevoli. Il verde-azzurro dei suoi occhi era  molto convincente.

Prima cominciavano a mangiare, prima finivano, prima fuggiva.

Yume si sedette sulla panchina, esattamente al centro. Non voleva scatenare altre liti per chi si  dovesse sedere al suo fianco. Tentò di portare la conversazione su un argomento neutro. «Che cosa avete per pranzo?»

Jessica fu la prima a rispondere. «Oggi ho frittata con brie e prezzemolo! I miei parenti…» la ragazza sarebbe andata avanti a parlare per molto, se non avesse sentito un inconfondibile “pfui”.

Lo spirito litigioso di Hotogi non poteva starsene calmo.

 «Che hai da sbuffare, Hotogi?»

Stress all’81,9%

«Quelli sono tutti prodotti importati. Noi dobbiamo incentivare l’economia nazionale comprando i nostri prodotti tradizionali!»

«Chiuditi, Hotogi. Quello che io mangio non è tuo lavoro.»

«Hotogi-senpai… Jessica-san… Vi prego, calmatevi…» mormorò Yume, con gli occhi umidi. Lo stress superava l’83%.

Fortunatamente, i due le diedero ascolto e si sedettero nuovamente.

La ragazza tentò di aprire il bento. Prima mangio, prima fuggo.

Il fazzoletto oppose resistenza.

Yume tentò con più forza.

Da sotto il pezzo di stoffa uscì la vocetta di Sui. «Smettila! Mi sto nascondendo!»

Yume non poté né smetterla ne continuare, perché immediatamente Neru si fiondò sul bento.

«Esci di lì, Darling, e lanciamoci in un lungo ed appassionato bacio!»

«Neanche morta, bastardo!» stillò la shugo chara, lanciando fuori dal bento un onigiri e colpendo il nemico in faccia.

Stress di Yume: 87,9%. Vedere preziosi pezzi di carne di manzo volare non faceva bene alla sua salute.

Istintivamente, abbassò le mani e sigillò il bento con tutta la forza che aveva.

«Sui! Calmati!» strillò.

«Allontanalo! Allontana quell’essere da me!» strillò Sui da sotto le mani di Yume.

«Non essere timida, My Darling!»

Hotogi afferrò gentilmente il suo shugo chara. «Su, Neru, lasciala in pace.»

«Hotogi! Persone normali lasciano le COSE ancontrollabili a casa! Fallo anche tu!» strillò Jessica. Yume cominciò a sospettare che il motto dei due fosse “mai litigare domani se puoi farlo oggi”.

Il suo stressometro era pieno al 90,3%.

«Lo so gestire benissimo!» strillò Hotogi

«seh, certo!»

«Cosa vorresti insinuare tu, teppista?»

«Nocose, ameba. »

«Come tu mi hai chiamato, scimmia?»

«Esci di li, Tesoro!»

Lo stress continuava a salire. 94,8%.

«Ameba. È la cosa che sei.»

97,5%.

«Tu sei una scimmia leonina.»

98,4%.

«Va a fagositire qualcosa.»

99,1%.

«Tu a farti spulciare.»

99,9%.

«Daaaarling!»

Il limite fu ben più che superato. E i due idioti avevano le teste perfettamente allineate, con Neru nel mezzo.

Yume distese le braccia, prendendo le due teste umane prima che i due  potessero reagire.

E le fece cozzare.

Ah… finalmente silenzio.

Yume si riprese solo dopo pochi secondi.

Neru era per terra, ridotto a una sottiletta, svenuto.

Jessica era spasmodicamente aggrappata alla panchina, e la guardava stupita.

Hotogi, balzato indietro dall’urto, stava tentando di mettersi a sedere, senza grande successo.

Sui la fissava con occhi sgranati, imbacuccata nel fazzoletto del bento.

Yume assunse l’aria più innocente, stupita e perfetta della sua carriera dodecennale di ingannatrice.

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Yume poggiò la borsa sul letto.

Sui continuava a fissarla.

Hotogi era abbastanza stupido da pensare che quello fosse stato un chara change,

Jessica era abbastanza stupida da credere a qualsiasi cosa Yume dicesse.

Neru era diventato ancora più stordito per via della botta in testa, quindi avrebbe creduto anche che una paletta per gli insetti gigante gli fosse caduta in testa.

Sui, invece… Sui non poteva cascarci.

«Oi, Yume…» Cominciò Sui, ma fu bloccata dall’impatto fra l’angolo di una custodia di videogiochi e la sua fronte.

«Ma che C☻☻☻o stai facendo strillò la shugo chara.

Yume si voltò e afferrò le guance di sui, tirando leggermente. «Sta zitta, nanetta. Ho voglia di giocare a Blood Sea III, e lo farò.» disse, ignorano i gemiti di dolore. «Ma prima mettiamo in chiaro un paio di cose. Punto uno: Qualsiasi cosa io faccia a casa, tu no parlerai spettegolerai ti lamenterai MAI di ciò in pubblico. Capito?» Tirò leggermente più forte

«’I.» borbottò Sui, con tono parecchio stupito.

Yume tirò ancora di più. «Punto secondo: questa non è una fase passeggera. Sono così da sempre, Questa sono Io.» Sui ebbe l’impressione che dalla bocca di Yume spuntassero delle zanne. «Non ti è convenuto stressarmi così tanto.»

Yume riuscì a malapena a finire la frase, perché una luce avvolse lei e Sui subito dopo.

«Ma che….»

Fine quarto capitolo – il giglio carnivoro è stressato.

 la scuola è cominciata da 3 giorni. il prof di matematica ha cominciato a spiegare il primo giorno. la prof di latino, nonostante le implorazioni, non si è fatta investire durante le vacanze. ho già cominciato a sonnecchiare durante le lezioni.

Hotogi: Tu non dovresti farlo! Seguire il regolare svolgimento delle lezioni è uno dei doveri fondamentali di uno studente!

*Ten lancia una granata della prima guerra mondiale contro Hotogi*

*Hotogi, continuando a blaterare senza notare nulla si sposta*

Ten: *vena pulsante* *sottovoce* l'erba mala non muore mai, eh? *a voce alta* Il capitolo è un pò più corto degli altri, ma spero che vi sia piaciuto. Nel prossimo capitolo compare Micchan! 

Hotogi: Chi sarebbe questa?

Ten: non preoccuparti. *vena sempre più pulsante* *tenta con una mitragliatrice*

*blaterando sulla maleducazione dell'assegnare soprannomi, evita i colpi*

Ten: ok, ora tocca all'arma finale!

Hotogi: eh?

*Ten tira fuori una paletta per insetti gigante* *la usa tipo mazza da baseball e lancia il più lontano possibile Hotogi*

*Hotogi sparisce stile Team Rocket*

Ten: ci vediamo nel prossimo capitolo!

Prossimo capitolo: Il giglio carnivoro e la rosa rossa insanguinata.

Ps: non fregherà niente a nessuno, ma il mio taglio di capelli è quello di Yomi di Black Rock Shooter.

PPs: ho cambiato il font di Neru, quello di prima non si vedeva anche se lo ritenevo più adatto a lui. Se questo funziona, lo sostituirò anche nei capitoli percedenti.

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Capitolo 5
*** Capitolo quinto - il giglio carnivoro e la rosa rossa insanguinata ***


scusate il ritardo

Misaki Reino, decimo grado (primo anno scuola superiore), frequentava l’istituto Aoibara, la scuola più costosa del paese, che comprendeva materne, elementari, medie e superiori, e aveva la percentuale più alta di iscritti alla Toudai fra i diplomati. Inoltre, dava raccomandazioni per le migliori università internazionali.

Se il saint flower era un campo di violette e margherite, l’Aoibara era un curatissimo roseto.

E se il “candido giglio” dell’Aoibara era Yume, Misaki era la “rosa nera”.

L’adorazione del corpo studentesco nei suoi confronti era pari a quella riservata a Yume, nonostante Misaki facesse di tutto per ridurre la sua grazia, curvandosi e utilizzando termini e comportamenti poco educati.

Ma anche questi (goffi) tentativi contribuivano ad alimentare l’adorazione nei suoi confronti, insieme ai suoi lisci capelli rossi, tributo a un antenato europeo, alla liscia pelle bianca, che non necessitava di trattamenti di bellezza, alla bassa statura, alle labbra piene.

Nonostante fosse solo al primo anno, era (contro la sua volontà) nel consiglio studentesco. A causa di una riunione, uscì da scuola molto più tardi rispetto all’orario normale.

Nostante ciò, c’era qualcuno che aspettava che uscisse.

«Reino-san!»

Misaki si voltò e vide un compagno che arrivava a passo veloce. Aspettò che arrivasse.

«Reino-san… mi chiedevo… La mia famiglia ha aperto un nuovo luna park… Verrebbe con me a vederlo, questo fine settimana?»

Gli occhi d’argento di Misaki luccicarono.

«Invitaci una ragazza, Idiota!»

Misaki Reino era un maschio. Geneticamente, fisicamente e mentalmente. Parlava come un maschio. Vestiva come un maschio.

Nonostante chiunque lo vedesse per la prima volta pensasse che fosse una ragazzina, e nonostante la madre continuasse a comprargli vetiti femminili durante i viaggi all’estero.

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Yume si sedette sulla panchina, ansante.

Perché? Perché ho addosso un abito Gothic Lolita? Perché?

Non che il Gothic lolita non le piacesse. Ma non era esattamente consono alla sua immagine.

Io non ho fatto niente, stavolta! È colpa tua!  Urlò Sui da dentro la testa di Yume. Era scomparsa quando erano state avvolte da quella luce, ma la voce era rimasta dentro la sua mente.

Preoccupante.

Soprattutto perché era d’accordo con Sui, anche se non l’avrebbe mai neanche pensato (né con né senza sui in testa). In fondo, era appena uscita di testa e aveva appena spiattellato una delle parti più profonde della sua anima quando si era ritrovata COSÌ.

Yume sospirò, guardandosi la gonna nera. La vita era altissima, sotto il seno (cosa che esatava il minimo di seno che aveva),  poi le fasciava lo stomaco e si allargava sui fianchi, arrivando a malapena sotto il ginocchio. Sul bordo spuntava il pizzo della sottogonna, ed era chiusa da tre bottoni bianchi a forma di croce.

Ah…. È così carina… pensò Yume, poi scosse la testa. La sua reputazione era più importante dei vestiti.

Era fuggita da casa proprio per evitare che qualcuno la vedesse conciata così.

Cominciò a tormentarsi i codini. Non era abituata a portare i capelli così. Facevano solletico. Soprattutto arricciati sul fondo. Arrivavano giusto alla base del collo.

Aveva provato a scioglierli, ma non aveva trovato l’elastico.

E quel coso che aveva in testa? I cerchietti-cappello erano carini e tutto, ma le tempie le si erano già indolenzite.

Naturalmente, neanche quello si toglieva.

Nessuno doveva vederla vestita così. Per questo si era rifugiata in un parco in cui non veniva mai nessuno.

L’ultima volta che ci era venuta aveva 4 anni. Ma allora era un po’ diverso.

Comunque, era il posto ideale per starsene tranquilla.

Si avvicinò al laghetto “delle anatre”(di anatre, neanche l’ombra), ora coperto completamente da viscide piante acquatiche.

Nessuno deve venire qui da mesi….

«Kyah! Smettila, Ki-kun!»

«Dai, non ci vede nessuno!»

Ah, le maledette coppiette che affrontano anche i luoghi più sperduti per flirtare… se i luoghi sperduti hanno un McMikey nelle vicinanze. E un centro commerciale, una tabaccheria, un bar, e nessuna biblioteca e libreria.

E, ancora peggio, la voce era familiare. Se il suo udito non la stava abbandonando, cosa poco probabile, era un suo compagno di classe. La sfortuna si sta riallineando con la fortuna?

Stavano venendo verso di lei. Nell’unica strada che portava all’uscita.

Stare ferma non avrebbe portato a nulla di buono.

Yume afferrò la gonna, chinò la testa e si diresse a passo più che svelto verso l’uscita.

Quando superò i due, stava già correndo. E non si fermò neanche all’uscita, dove aumentò ulteriormente la velocità.

La coppietta era abbastanza stupita del passaggio di quella figura indistinta. Dei due, il più stupito era lui, e la ragazza se ne accorse. «Che c’è, darling?»

«È che… ti sembrerà strano… ma quella ragazza per un attimo mi è sembrata Hanazono-sama»

«Ma lei non è così alta, Darling, e non si metterebbe mai quel genere di vestiti.»

«Già, hai ragione.»

Dopo questa interessante conversazione, ripresero a pomiciare.

Se fosse stata lì, Yume avrebbe ringraziato di aver saltato sin dalla seconda media (anno del boom della crescita) le visite mediche scolastiche. Il suo metro e quasi settanta non si intonava all’immagine di Yamato Nadeshiko.

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Yume continuava a correre. Doveva trovare un posto tranquillo e isolato.

Ma non gliene veniva in mente nessuno.

Poteva solo correre.

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Misaki camminava tranquillamente verso casa.

Aveva di recente costretto i genitori a non spedirgli l’autista all’uscita, perlomeno col bel tempo, e ordinare alle guardie del corpo (si, gli avevano affibbiato delle guardie del corpo) di starsene a rispettosa distanza. E rispettosa alla Misaki (qualche decametro) non rispettosa alla genitori ossessivi (qualche nanometro).

Non sopportava di essere ancora trattato come una statuetta di cristallo che al minimo tocco si frantumava.

«Oi, moccioso, spostati!»

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Correre, correre, correre.

La gente si spostava quando stava per passare.

Meglio. Non era sicura di ruiscire a virare per evitarli.

Un piccolo, digraziato moccioso non lo fece. Quinta o sesta elementare. O uno di prima media parecchio piccolo. Forse era una ragazza.

Teneva la testa china, con  la cartella su una spalla, da vero/a duro/a.

Non l’aveva vista. Non si scostava.

Yume gli urlò di spostarsi.

Il/la moccioso/a alzò la testa.

Troppo tardi.

Sui era già passata all’azione.

Preso il controllo del corpo di Yume, la shugo chara eseguì un perfetto calcio volante con la faccia del/della marmocchio/a come bersaglio.

Perfettamente centrato.

Il/la moccioso/a crollò a terra, con l’impronta di una scarpa taglia 38 sulla faccia.

Yume atterrò poco più in là, e riprese a correre, spinta da Sui, superando un gruppo di cretini in giacca e cravatta che andavano piuttosto velocemente nella direzione opposta.

Doveva continuare a correre. Fermarsi significava farsi riconoscere. Farsi riconoscere significava rinunciare a tutto ciò che aveva accumulato negli ultimi dodici anni. Distruggere la fragile torre delle palline da ping-pong di menzogne.

Fermarsi era una pessima cosa.

Yume aveva un’ottima resistenza, ma una corsa del genere non poteva durare a lungo. Prima o poi avrebbe dovuto fermarsi o rallentare.

Anche rallentare poteva rovinare tutto. Ma non poteva non farlo. Aveva già il fiatone. La milza le doleva come mai. I muscoli delle gambe sembravano sul punto di frantumarsi.

Voleva fermarsi e lo temeva.

Non ne posso più… devo andare avanti… basta… voglio sedermi… devo continuare… voglio andare a casa… devo fuggire…  kaa-san, tou-san…

All’improvviso, il chara nari si interruppo, e Yume senti le forze che la abbandonavano.

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«Misaki-sama, ha chiesto di me?»

«Si, Jicchan.» Misaki fissò l’anziano maggiordomo – balia – guardia del corpo – tuttofare. Badava a lui sin dalla più tenera infanzia. Era l’unica persona di cui si fidasse abbastanza per quel compito. Tutti gli altri avrebbero riferito ai “signori” «Vorrei che cercassi una persona. Una ragazza.»

Jinnosuke Hotta era stupito, ma sapeva non mostrarlo. Era opinione diffusa fra la servitù di casa Reino che l’essere trattato come una donna avesse distruttogli ormoni del signorino, ma era opinione ancora più diffusa e certa che andarglielo a riferire sarebbe stato un suicidio professionale. Solo la signora osava associare il padroncino all’aggettivo femminile.

Misaki gli porse due fogli, in cui aveva ritratto una ragazza con e senza codini. In un angolo, aveva riprodotto l’esatta tonalità degli occhi della ragazza.

«Dovrebbe avere circa la mia età, sul metro e settanta.»

Jinnosuke la riconobbe come l’assalitrice del signorino. In cuor suo, se ne dispiaque. Dunque, è la vendetta che Misaki-sama cerca. Bocchan, si ricordi che deve cominciare a cercare una moglie, o saranno i vostri genitori a trovargliene una…

Jinnosuke rivolse l’ennesima preghiera ai kami protettori del matrimonio e della felicità amorosa.

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Misaki sospirò, poggiando la testa sullo schienale.

Si fidava di Jicchan. Avrebbe trovato ciò che cercava senza che i suoi venissero a saperlo. Si trattava di aspettare.

Non era mai stato bravo, ad aspettare.

«che vuoi fare, Mittan?»

Solo una persona lo chiamava così.

Se lo si poteva chiamare persona.

«Lo scoprirai presto, Hiko.» borbottò, fissando lo shugo chara con gli occhi rossi e i capelli argentei.

Il suo shugo chara.

Fine quinto capitolo – Il giglio carnivoro e la rosa rossa insanguinata.


avevate capito che Mittan era un maschio?
Generalmente, i miei personaggi preferiti nei manga sono quelli piccoli e carini (Shiro-chan e Hana di bleach, Kazune di kamichama Karin) ma ODIO Tadase. il carattere deve controbilanciare la faccia U.U. e dal desiderio di riabilitare i bishonen è nato MisaMisa. il nome Misaki è sia per maschi sia per femmine (cambiano i kanji a seconda del sesso) ma viene solitamente associato al femminile... Reino mi è saltato in mente da solo, nel bel mezzo della disperazione perchè non trovavo nessun cognome che suonasse bene. per il maggiordomo, volevo un nome che si abbreviasse in Jicchan (zietto, nonnino). Hotta viene da Host Club.
per il vestito, dovete accontentarvi del mio disegno. Ciss-sama per disegnare ha lo stesso tempo che ho io per scrivere.
scusate l'orrore.
Di Ciss, giusto per compensare l'Orrore qua sopra, c'è un bozzetto fatto sul retro di un quaderno. nella parte superiore ci sono cavolate sull'argomento di filosofia che stavamo "seguendo"
più inquietante del precedente sisi
Al prossimo capitolo!
Ten

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Capitolo 6
*** Capitolo Sesto - il giglio carnivoro e il bulbo zannuto ***


Eccomi tornata col sesto capitolo! o meglio, con la prima parte... ho preferito dividerlo a causa della sua lunghezza.

Inoltre, volevo sentire i vostri commenti sulla fine di questa parte senza essere inflenzati dalla successiva.

Mi scuso per i commenti dello scorso capitolo. li avevo fatti come si deve, con dialoghi e tutto, però NVU ha smesso di funzionare e si è riavviato. Non avevo proprio l'umore per riscrivere tutto.

Mi sono dimenticata di inserire l'origine del nome di Hiko. "Hiko" è una particella che si mette alla fine dei nomi maschili, un pò come il "ko" femminile, che ha un kanji differente. Un esempio di nome con questa particella è "Nagihiko" (attenzione: il giapponese è una lingua sillabica, quindi "nadeshiko" è na\de\shi\ko, e inoltre dovrebbe essere scritto con un solo kanji, "garofano" se non mi ricordo male.). ho pensato che potesse essere adatto per lo shugo chara di uno come Misamisa, ossessionato dal voler sembrare un maschio.

Mnoltre, ho scordato di ringraziare quelli che hanno messo la mia storia fra i preferiti, seguiti e ricordati, e quelli che l'hanno recensita.sono contenta che la mia opera piaccia.

Tranquilli, ora smetto di parlare e vi lascio alla storia.


«Misaki-sama, ho le informazioni che desidera.» disse Jinnosuke, poggiando parecchi fogli accuratamente allineati sulla scrivania.

Misaki sorrise. Jicchan superava sempre le sue aspettative.

«È piuttosto famosa fra gli adolescenti di ceto medio, quindi è risultato abbastanza semplice trovare le informazioni»  aggiunse l’uomo, a mo’ di giustificazione.

Come se ci fosse bisogno di giustificazioni.

«Non sminuirti, Jicchan. Sei il migliore.»  Misaki dette un’occhiata al primo foglio. C’era la foto della sua assalitrice. Un faccino del genere, e un carattere tutt’altro…

«Yume Hanazono, eh? Abbinato alla faccia…»

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Yume finì di apparecchiare la tavola. Hime non aveva mosso un dito per aiutarla, limitandosi a giocare ai videogiochi.

Yume decise per “vendetta, tremenda vendetta”.

«Tra poco finisci il quinto anno, Hime. Hai già deciso in quale scuola media andare? Il sesto anno trascorre in fretta…»

«C’è tempo, c’è tempo.» borbottò la ragazzina, senza staccare gli occhi dallo schermo.

Ma la miccia era già accesa.

«E’ una scelta importante, Hime. Una buona scuola media può condurti a una una buona scuola superiore, e….» cominciò la signora Hanazono, ma fu interrotta dalla figlia minore.

«E una buona scuola superiore a una buona università, che porta a un buon lavoro, lo so! Me l’avete detto dieci miliardi di volte!»

«Perché è vero, Hime.» sentenziò la madre.

«Perché dovrei scieglierla io, comunque? Le mie compagne andranno in scuole scelte dai loro genitori!»

«Noi ti riteniamo abbastanza matura da sciegliere la cosa migliore…»

«Bla bla! Ritenevate Yume abbastanza responsabile, e ora lasciate la scelta anche a me per non mostrare preferenze!»

Il battibecco andò avanti finchè Yume, che fino ad allora si era limitata a guardare alternativamente i genitori e la sorella, decise che aveva fame, andò a prendere la pentola, la mise in mezzo ai litiganti, lanciando occhiate supplichevoli a destra e a manca e mormorando con voce supplichevole ma adorabile «Mamma… Hime… la tenpura si raffredda…»

Tutti, all’unisono, decisero che era ora di mangiare.

Sui restò allibita da come Yume avesse manipolato nel corso degli anni tutta la famiglia. Persino quella che affermava di odiarla le obbediva all’istante.

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Misaki sbadigliò, mentre andavsa verso scuola.

Aveva passato l’intera notte a leggere i fascicoli sulla famiglia di “Yume Hanazono”. Aveva lasciato il fascicolo sulla ragazza per ultimo. Conoscendo Jicchan, l’aveva riempito di informazioni fin troppo approfondite sul fisico della ragazza. Negli ultimi tempi il timore principale dell’anziano servitore era che il suo adorato Bocchan potesse essere costretto dai genitori a sposare una viziata eriditiera, che Misaki-sama non aveva mai nascosto di detestare sino al midollo, quindi tentava di far interessare il signorino a ogni ragazza nella media o superiore, nella speranza che Misaki si innamorasse e si sottraesse al triste destino di un matrimonio combinato.

Misaki sorrise leggermente, al ricordo delle premure che l’anziano gli aveva rivolto sin dall’infanzia. Faceva di tutto per evitargli le cose che potevano irritarlo o disturbarlo in qualunque modo.

Il ragazzo avrebbe voluto torgliergli qualche preoccupazione, ma negli untimi tempi riusciva solo ad aumentarle.

Proprio in quel momento, Misaki voltò l’angolo e sentò qualcosa che gli sbatteva contro.

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Hime uscì di casa correndo, con un tost in bocca. Era in ritardo, doveva sbrigarsi.

In realtà era in anticipo, e se si sbrigava arrivava in tempo per gelarsi di fronte al cancello chiuso.

Ma non importava. Il suo oroscopo aveva detto che quel giorno avrebbe incontrato la sua anima gemella, e aveva deciso di usare le più stimate, comprovate e famose tecniche degli shojo manga.

Si sarebbe fidanzata, e avrebbe vissuto per sempre felice e contenta con L ui sposandosi non appena possibile, superando Yume che, per l’invidia, avrebbe rivelato tutta la sua cattiveria.

Accellerò per la felicità.

Il suo piano non poteva fallire.

Andò a sbattere contro qualcuno, cadendo di sedere. Mentre si massaggiava il naso, borbottò un «Ehy, tu….» che sarebbe continuato a lungo, se il tizio –aveva dei pantaloni decisamente da divisa, quindi era un lui- contro cui si era scontrata non avesse detto «Tutto bene?»

La ragazzina alzò la testa, pronta ad insultare il tizio.

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Misaki esaminò la mocciosa che gli era caduta di fronte. L’aveva già vista, quella faccia.

Hime Hanazono, sorella di Yume Hanazono, anni 11. Mocciosa delle elementari con rendimento scolastico medio-basso, rendimento fisico medio, aspetto medio basso.

Per il suo progetto, era meglio mostrarsi amichevole con la famiglia.

«Tutto bene?» disse, chinandosi versi la mocciosetta e tendendo la mano.

La mocciosa fece scattare la testa verso l’alto, con aria rabbiosa. La sua espressione divenne confusa non appena vide il volto di Misaki, poi arrossì di colpo.

Il ragazzo non se ne preoccupò. Una mocciosa di ceto medio non poteva aspirare a un ragazzo delle scuole superiori frequentante una scuola d’elitè.

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«Kaa-san! Okaa-san!»

La donna uscì dalla cucina «Che succede, Hime?»

Anche Yume si avvicinò alla porta della stanza, per ascoltare meglio.

«Ho scelto la scuola in cui andrò!»

«Davvero, Hime? Dove vorresti andare?» disse la madre, allegra.

Yume stava per tornare alla posizione iniziale, quando Hime strillò «All’Aoibara!»

A Yume sfuggì di mano la forchetta, riafferrandola un attimo prima che cadesse a terra.

La madre svenne.

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«Costa un sacco di soldi!»

«Prenderò una borsa di studio!»

«Ci vuole una media altissima!»

«Mi impegnerò!»

La donna si accasciò sulla poltrona «È una scuola troppo elitaria! Concedono una sola borsa di studio per anno e se non hai il massimo in tutto ti cacciano!»

«E allora?»

«Nostra madre è solo stupita per la tua scelta, Hime. Non sembravi propensa per quel genere di scuola.» disse Yume spuntando dalla cucina con una bottiglia di succo d’arancia in mano.

Sui la guardò male. Persino Hotogi avrebbe capito che la madre non era “solo stupita” ma “convinta che fosse impossibile che la mediocre mocciosa superasse l’esame di ammissione, figuriamoci la borsa di studio”!

La donna annuì «Non avevi mai mostrato interesse per una scuola del genere.»

Yume poggiò la bottiglia sul tavolo, insieme a due bicchieri. Hime adorava il succo d’arancia. Se glielo offriva, la sorella avrebbe spiattellato più velocemente il vero motivo per cui voleva andare in quella scuola. Lo versò in uno dei bicchieri.

Come previsto, la ragazzina trangugiò il suo succo d’arancia. «Sarà come dici, ma se ve l’avesse chiesto Yume non vi sareste opposti!»

Mentre Sui cadeva di divesi centimetri, scioccata dal livello raggiunto dall’idiozia umana, Yume sorrise mentalmente. Chiamarla in causa era il passo precendete allo spiattellamento.

«Yume aveva buoni voti in tutte le materie anche alle elementari!»

«Tranne in ginnastica.» Borbotto Yume ma, come previsto, la donna la ignorò.

«Inoltre, ci saremmo assicurati anche con lei che volesse veramente andare in quella scuola e che non fosse solo un capriccio!»

«Il mio non è un capriccio!» strillò Hime «Io voglio veramente incontrare il mio principe!»

L’«Ehhhhh???» strillato dalla signora Hanazono coprì quello di molti meno decibell sussurrato da Yume.

«L’ho incontrato oggi mentre andavo a scuola! Ho riconosciuto la divisa dell’Aoibara e ho subito deciso di andare lì! Era di certo del primo anno delle medie! Era coooosì figo e gentile!»

Hime non si accorse che la madre era svenuta.

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Le ragioni per cui Misaki odiava l’Aoibara erano varie.

Era piena di snob. Le suddette persone snob maltrattavano i tre studenti con borsa di studio, gli unici sani di mente, che imparavano ben presto a evitare gli studenti paganti. I suddetti studenti paganti lo trattavano come se fosse una femmina. I maschi lo invitavano ad appuntamenti in luoghi tipicamente da fidanzati (o almeno tentavano), le ragazze (solitamente del terzo anno) parlottavano di lui con manga yuri in mano (cosa parecchio inquietante).

Ma la cosa che più odiava era la divisa. Quella delle elementari andava ancora bene. Quelle delle medie e delle superiori, no.

E il motivo era che erano pressocè identiche. Cambiava solo il colore della cravatta. Che nessuno guardava.

Ogni singola persona che lo incontrava pensava che fosse in Prima Media. Se anche quella delle elementari avesse avuto i pantaloni lunghi, probabilmente gli avrebbero dato anche meno. Anche se Misaki non l’avrebbe mai ammesso.

Comunque, non avrebbe mai immaginato ciò che stava accadendo in casa Hanazono.

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Yume rise piano, non appena andò in camera. «Quella scema!» sussurrò. Non voleva farsi prendere per pazza.

Sui volò verso di lei «È davvero così impossibile che ce la faccia?»

Yume annuì «È impossibile, impossibile! Prende sempre la sufficienza per un pelo, non le daranno mai la borsa di studio! Inoltre, solo coi soldi che servono per la divisa si potrebbero pagare due rate del mutuo! Non potrà Mai andare lì!» Yume si buttò delicatamente sul letto. Se la casa fosse stata vuota, si sarebbe rotolata dalle risate «Hime vuole andare lì solo per far finta di essermi superiore. La sua cotta è solo una scusa. Non ha la determinazione giusta per superare quelli che vanno là per avere gli agganci giusti per lavorare nella finanza in futuro.»

«Tu vuoi sposare un riccastro, vero?» borbottò Sui, poggiandosi sul comò «Allora perché non sei andata anche tu in quella scuola? O magari non ti hanno accettato?»

Yume si voltò verso il suo Shugo Chara «Gli amori adolescenziali che durano tutta la vita sono una leggenda metropolitana. Incontrare i ricchi nelle scuole superiori rischia solo di farti apparire arrogante. Inoltre, avrei dovuto mettermi a studiare seriamente. Persino a me non permetterebbero di andarci senza borsa di studio.» Yume si raggomitolò sotto le coperte. «Quindi mi rilasserò alle superiori e lavorerò all’università. Ora stà zitta, voglio dormire.»

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Yume si svegliò non appena il presidente del consiglio studentesco pronunciò l’ultima sillaba.

Era il giorno prima dell’“annuale visita degli studenti del nono grado”. Come ogni anno, c’era stato il discorso del presidente del consiglio studentesco su come vestirsi, comportarsi, parlare durante la visita dei piccoletti.

Yume aveva ascoltato la prima e l’ultima sillaba.

Sui si era accasciata sulla testa del vicino di sedia (fortunatamente addormentato) e russava in un modo incredibile per il suo piccolo corpo.

Yume si mide ad applaudire insieme ai pochi svegli, appena il presidente si allontanò dal microfono.

Sui, per il rumore, si svegliò di colpo e scivolò giù dalla testa del ragazzo, strappando nel tentare di fermarsi un ciuffo di capelli.

Il tizio si svegliò di scatto, ma Yume si era già allontanata, seguita dallo shugo chara.

Passò accanto a Jessica, che russava piano in una posa scomposta.

Decise di non svegliarla. Hotogi aveva la tipica aria di chi stava cercando qualcuno. E se avesse notato che Jessica dormiva, si sarebbe scatenato l’inferno.

Yume andò da lui. Non poteva evitarlo.

«Hanazono-san!» strillò Hotogi appena la vide. Fortunatamente, abbastanza tardi da aver permesso a Yume di uscire dall’area Jessica.

«Buongiorno, Hotogi-senpai-» disse Yume, piegando leggrmente la testa.

«Tu hai sentito il mio discordo?» cinguettò Hotogi, tutto contento.

Ah, hai parlato anche tu? «Si, sei stato molto eloquente»

Hotogi gonfiò il petto come un galletto iperpomposo. «Si, io credo che il mio contributo aiuterà a mantenere il comportamento dignitoso, domani.»

Yume trattenne la voglia di ridergli in faccia. Gli studenti non ascoltano le assemblee. Invece disse «Domani devi far fare il giro turistico agli studenti di nona?»

Hotogi annuì solennemente «Io domani aggompagnerò e assisterò i futuri studenti vestito da principe, come deciso dal presidente.»

Yume stava seriamente per scoppiare a ridere fragorosamente. Vestito da principe, e pure orgoglioso di esserlo! Sui non si trattenne, ma Hotogi si limitò a un’occhiataccia.

«Ora io devo fare l’ultima prova dell’abito, quindi io non potrò accompagnarti a casa tua, oggi.»

«Non preoccuparti.»Yume festeggiò mentalmente«Concentrati sulla prova.»

Nessuno dei due si accorse che Sui si stava allontanando verso gli spoiatoi.

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Hime fissò la foto sul cellulare delle studentesse dell’Aoibara, sorridendo.

Kyah! La divisa dell’Aoibara è così carina! E, fra due anni, la indosserò anch’io!

La ragazzina, saltellando, si avviò verso il doposcuola.

Non ci sarebbe mai arrivata.

Fine sesto capitolo: il giglio carnivoro e il bulbo zannuto.

Unica cosa da dire, a questo punto: Happy Halloween!

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Capitolo 7
*** Capitolo settimo - il giglio carnivoro ha le foglie pesanti ***


Stavolta aggiornamento rapido!

In questo capitolo c'è la mia prima scena di combattimento... è difficile farle, ma mi sono divertita. consiglio di leggerla con della musica classica di sottofondo (magari uno degli album orchestrali di Ali Project, dato che l'ho scritta ascoltando Gothic opera, uno di questi)

Jessica: ...

Ten: che c'è?

Jessica: Sono 3 capitoli che non appairo! sto perdendo  mio rulo di Migliore amica della protagonista!

Ten: in realtà sei apparsa, nello scorso.

Jessica: really?

Ten: e dato che questo e il precedente sono in realtà uno solo, sei apparsa anche in  questo.

*jessica festeggia*

Ten: vi lascio alla lettura!

«Dove. Diamine. Eri. Finita?» Ringhiò Yume, appena Sui rientrò nel suo campo visivo, trasportando una grossa busta.

«Stavo facendo uno scherzo.» rispose candidamente la shugo chara, soddisfatta di sé. Ma invece si beccò un colpo di taglio della mano di Yume sulla testa.

La ragazza afferrò la borsa prima che cadesse a terra «Che diamine hai combinato?» borbottò, aprendo il sacchetto,

Dentro c’era una divisa. Maschile.

«Di Hotogi» Mugolò Sui, tenendosi la testa «gliel’ho fregata»

«Sei. Una. CRETINA!» Strillò Yume, dando un secondo colpo sulla testa di Sui. «Conosci il significato della parola “prove”? Sono le cose che rovinano anche i crimini perfetti!» Altro colpo «E il tuo decisamente non lo è! Dovevi distruggere la divisa! Non rifilarmela!» quarto colpo «Ora l’inceneritore sarà chiuso… dovrò farlo a pezzi a casa.» infilò la busta nella borsa «Su, sbrighiamoci, voglio scucirla il prima possibile.»

Le due si avviarono.

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Hime continuava a saltellare verso il doposcuola, ignara di ciò che stava per accadere.

Quando saltellava,non prestava attenzione a dove camminava. Quando non prestava attenzione a dove camminava, si scontrava con la gente che andava in senso contrario.

Questo le fu fatale.

Si andò a scontrare contro un gruppetto di teppisti

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Yume avanzava verso casa, con un’andatura tranquilla e rilassata. Teneva la cartella sul davanti con entrambe le mani, e i lunghi capelli ondeggiavano amabilmente sulle sue spalle. Le persone sentivano il cuore sciogliersi per l’apparizione di quel prototipo di bellezza e virtù tradizionali.

Che però stava pensando a come sbarazzarsi delle parti di una divisa rubata, dopo averla tagliata e scucita. Ma in fondo, l’abilità nel cucito non è una delle virtù femminili tradizionali.

Sui svolazzava plavida attorno alla sua testa, lamentandosi per i colpi subiti, più per inerzia che per dolore.

«Uh? Che sta succedendo da quella parte?»

Yume, con un movimento Apparentemente noncurante, tranquillo e casuale, guardò nella direzione indicata da Sui.

Un gruppetto di teppisti stava entrando in un edificio fra i decandente e il semidistrutto (che originali! I soliti teppisti vanno in alberghi a nove stelle!) trascinando qualcosa… no, qualcuno, a giudicare da come scalciava.

E quel qualcuno era familiare.

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Hime fissò male i suoi rapitori.

5 tizi sui 30-35 anni che si vestivano con pantaloni scuri e camicie sgargianti simil hawaiane. (Chissà perché, le ricordava My boss My Hero.). Insomma, rifiuti della socetà.

Cretini che avevano avuto uno scarso rendimento scolastico, erano andati in scuole pubbliche, avevano lasciato prima delle superiori, non avevano trovato un lavoro, campavano a forza di furtarelli e probabilmente sarebbero stati eliminati da degli Yakuza come una di quelle piante che si appiccicano ai vestiti, seccanti, inutili e facilmente staccabili.

Ah, ho dimenticato che per fare i fighi avevano cominciato con droghe e alcool il terza elementare, bruciandosi tre quarti di cervello.

In sintesi, scarti.

Il problema era che era finita nelle mani di scarti della socetà, quindi ritenne opportuno non pronunciare le sue considerazioni.

Anche se uno di quei tizi stava ficcando il naso nel Suo cellulare. Estremamente seccante, ma decisamente non era il momento di protestare.

Toc! Toc! Toc!

«Uh, dei ritardatari, capo. Che facciamo,capo?» disse uno dei teppisti, fissando il ficcanaso.

«Lasciamoli fuori. Imparino ad arrivare in orario.» disse il “capo”, alias il seccantissimo ficcanaso, senza staccare gli occhi dallo schermo. «Famiglia normale. Anche se chiedessimo un riscatto, non otterremo una cifra decente.»

«E allora che facciamo, capo?»

Tum! Tum! Tum!

«Ignorate quei c******i. Conosco un tizio a cui piacciono le mocciose. Pagherà bene per qualche ora solo con lei.»

Tutti risero.

Hime cominciò a sudare freddo. Doveva escogitare un modo per fuggire.

Pow! Pow! POW!

«Ancora? Tacchan, và a cacciarli!»

Tacchan? Hime, nonostante la situazione, rischiò seriamente di mettersi a ridere. Tacchan, il pericoloso e temibile delinquente!

Intanto “Tacchan” si stava avvicinando alla porta.

Non ci arrivò.

La porta si schiantò per terra, in una nube di polvere. Quando si diradò, una figura nera e bianca comparve sulla soglia, con un cappello calato sugli occhi.

Nello stupore generale, fece qualche passo, si girò verso la gente, e si fermò ad attendere.

Tacchan si fiondò su di essa, strillando «E tu chi c***o sei, b******o?» e mettendosi in posa per colpire con un pugno.

La figura, sorridendo leggermente sotto il cappello, afferrò il pugno, tranquilla come se stesse trattenendo una piuma sospinta da una leggera brezza.

Tacchan sentì dolore al plesso solare e vide la figura che lo salutava con la manina – piccola e curata, fin troppo per un ragazzo evidentemente abituato a combattere – e crollò a terra privo di sensi. È decisamente un maschio…

Il corpo fu scavalcato, e l’intruso rimase fermo, attendendo che qualcuno si facesse avanti.

Non dovette aspettare molto.

«Questo è per Tacchan, c******e!»

La figura si limitò ad alzare il braccio e a stringere il pugno. Fu il cretino ni-kun a sbatterci contro.

Il suddetto cadde a terra, tenendosi il naso rotto «’Stardo…»

La figura fece un sorrisetto di scherno.

San-pi e shi-tan si fecero avanti. Quest’ultimo aveva in mano una sbarra di ferro.

Hime sbiancò. Quel ragazzo non poteva battere due uomini in un colpo solo… sembrava minuto e fragile, troppo per sconfiggerne anche uno solo che usasse il cervello.

Il sorriso della figura si allargò visibilmente. Sembrava decisamente felice e contento dell’attacco doppio. Si posizionò davanti a ni-kun, premurandosi di calpestargli le gambe.

Hime pensò di aver sentito il “crack” di un osso spezzato, ma si convinse di essersi sbagliata. Non può aver addirittura spezzato l’osso… sembrava non avesse fatto alcuno sforzo….

Eppure, ni-kun non si rialzava.

La figura aspettò che Shi-tan si avvicinasse, alzasse la sbarra e si sbilanciasse nel cercare di colpirla. Un secondo prima che la sbarra le sfiorasse il cappello, fece un passo in avanti.

La sbarra calò sul ferito ni-kun, facendolo svenire.

Contemporaneamente, la figura andò alle spalle di san-pi, il più robusto dei cinque, e gli diede un calcio in mezzo alla schiena, spedendolo a schiacciare gli altri due.

Giusto per assicurarsi che fosse morto svenuto, si avvicinò, si chinò, gli afferrò i capelli e fece cozzare la testa contro il pavimento.

Ora rimaneva solo il “boss”.

Che fino ad allora se n’era stato tranquillo ad osservare mentre i “suoi uomini” venivano fatti a pezzetti da un ragazzino, seduto e perfettamente immobile, tranne per una mano, che apriva e chiudeva il cellulare di Hime.

L’intruso si alzò e avanzò tranquillamente, con un sorrisetto.

Il boss non si mosse, limitandosi a mettere in funzione la lingua e la mascella e a smetterla di aprire e chiudere il cellulare. «Sei forte, ragazzino.» disse.

La figura continuò ad avanzare.

«Ho una proposta per te.»

Altro avanzamento.

«Che ne dici di entrare nel Branco? Garantisco ottimi guadagni.»

L’intruso era ormai a tre passi dal boss, a un metro da Hime. Ma, nonostante ciò, non riusciva a metterne a fuoco il volto. Forse devo veramente andare dall’oculista…

Il sorriso della figura si ampliò.

Il boss sorrise, scaltro, ma il sorriso scomparve istantaneamente non appena la figura lo afferrò per il colletto e cominciò a trascinarlo, fischiettando qualcosa di allegro. La primavera di Vivaldi.

«Hey, che c***o stai facendo, s*****o? Mollami immediatamente!»

Niente. Non prima di arrivare alla fine della stanza. Solo allora la primavera divenne una marcia funebre, e contemporaneamente sbattè dolcemente la testa del boss contro il muro.

«Ehy, che stai…»

La figura cominciò a camminare, tenendo salda la testa. Non la fece staccare dal muro per tutta la stanza.

La figura lasciò cadere il “boss”, svenuto, e si pulì le dita insanguinate sulla giacca.

Hime cominciò a sudare freddo. Nella sua testolina che evidentemente non era stata corrotta solo da shojo manga cominciò a formarsi un dubbio. Fino ad allora era stata contenta del salvataggio, ma ora il sospetto di essere capitata di essere capitata nelle mani si un serial killer\pervertito\folle non era irrilevante.

La figura cominciò a camminare verso di lei. No, non verso di lei. Si teneva radente al muro.

Hime venne oltrepassata. Avrebbe voluto urlare “non lasciarmi qui!” ma non riusciva a parlare. La ragazza aveva perso le speranze di essere salvata, quando sentì le corde allentarsi.

Si voltò di scatto, strillando un «Graz….» ma si bloccò. La figura era scomparsa, fuggendo dalla finestra.

In quel momento, Hime riconobbe la divisa.

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Qualcosa di piccolo e nero entrò dalla finestra, troppo grande per essere un insetto, troppo piccolo per essere un corvo. Il qualcosa si avvicinò al teppista più vicino e si infilò nella tasca.

Ne uscì con un cellulare. A mezz’aria, lo aprì e cominciò a digitare il numero. 1…1…

In quel momento, boss-kun aprì gli occhi e vide il proprio cellulare volteggiare a 3 cm dal naso.

Il boss risvenne, senza che Sui si accorgesse di nulla.

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«Ho chiamato l’ambulanza. Perché?»

«Se fossero morti, ci sarebbe stata un’inchiesta. Invece, ora, se interrogati diranno di essere stati attaccati da 5000 teppisti, arrotondati per difetto. Sarebbe imbarazzante, per loro, ammettere di essere stati fatti a pezzi da una persona sola.» Yume finì di arrotolare la divisa dentro la busta «E né io né Hime c’entreremo nulla.»

«Perché l’hai salvata? ‘vrebbe ‘bassato la cresta, la mocciosa.»

«Perché, se le fosse accaduto qualcosa, i miei si sarebbero buttati a coccolarla, limitando i miei privilegi» Yume si afferrò i ciuffi davanti «Avrei dovuto farle da schiavetta sino all’università.» Yume si passò indietro i capelli e cominciò a intrecciarli «Inoltre, l’altro giorno ho comprato un nuovo videogame e avevo voglia di provarne i combattimenti» Yume si imbronciò «non sono stati collaborativi.»

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«Kaa-chan! Kaa-chan!»

La donna si girò, preparandosi alla solita brutta notizia. No, questa volta non sverrò.

«Ho cambiato idea! Andrò alla Hoshiyata!»

La Hoshiyata era la disastrata scuola media pubblica di fronte al saint flower.

La donna svenne, mentre Hime continuava a blaterare.

«Uno della scuola di Yume mi ha salvata da dei teppisti! Se andrò lì, potrò incontrarlo! Era un Figo con la effe maiuscola!»

Yume, che al piano di sopra sentiva tutto, sorrise, finendo di cucire il nuovo elastico per capelli di Hime, in stoffa nera. Lo poggiò sulle nuove presine della madre.

Sempre in stoffa nera.

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«Cosa… diamine… è… questo?» Urlò Misaki, fissando il foglio. Conteneva una singola foto con un singolo elemento di disturbo. Uno shugo Chara.

«’e succede Misachin?» borbottò Hiko, uscendo dal cassetto che era diventato a la sua stanza, arredato con i vari elementi delle case delle bambole imposte a Misaki nella vita (non avevano ancora smesso di regalargliele). Il ragazzo si era buttato sul mucchio di fogli e lo stava sfogliano freneticamente.

Hiko si avvicinò al foglio solitario abbandonato a terra. «Toh, anche lei ha ‘no shugo chara»

Nessuna risposta.

Hiko fissò il suo possessore. «Misachin?»

«e… e… e…» mugolò Misaki.

Lo shugo chara si avvicinò. Enorme errore.

In quel momento, Misaki si riscosse e urlò «Era un Chara Nari!»

fine capitolo settimo - il giglio carnivoro ha le foglie pesanti


*ten appare*

Ni, san, shi sono 2, 3, 4 in giapponese. 1 è ichi.  E ammetto che il vero nome di Tacchan è tadase. 

My boss my hero è un drama giapponese. lì c'è un gruppo di Yakuza con le camicie Hawaiiane. vi consiglio di vederlo.

Un altro Drama che consiglio è Nobuta wo produce. Ci recita Kamenashi (di cui io sono fan). e naturalmente Yamato nadeshiko shiki Henge (ho anche il manga e ho visto l'anime) . Anche lì c'è kame-sama.

bè, dato che non so più che scrivere, ci lascio

Ten

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Capitolo 8
*** Capitolo ottavo – Il giglio carnivoro e la rosa rossa insanguinato sull’orlo del dirupo ***


Scusate per il ritardo! Fra la fanfic di bleach e i professori che si ricordano di interrogare a 5 giorni dall'inizio delle vacanze, sono riuscita a publiacare solo oggi...

Come è andato il raccolto natalizio? Tanti regali? O pochi ma ottimi? In ogni caso, spero che vi siano piaciuti!

Vi lascio al poco natalizio capitolo!

«La sua cartella, Misaki-sama.»

«Mmm.» mormorò Misaki, afferrando la borsa.

La cameriera che aveva vinto il torneo mattutino di morra cinese per offrire la borsa al signorino, gioì internamente. Con questa espressione tormentata è magnifico, signorino! Sono felice di essere la privilegiata che ha potuto contemplarla da così vicino!

Misaki era noto per essere l’oggetto dell’adorazione di tutte le cameriere di casa Reino, e, in generale, di tutte le ragazze più grandi.

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«Yume-sama! Buongiorno!» Strillò un gruppo di ragazzine dell’Hoshiyata.

«Buongiorno.» rispose Yume, con un sorriso smagliante.

Le ragazzine si allontanarono, ridacchiando.

Yume lanciò loro uno sguardo pieno di disprezzo.

«Che Sceme.» borbottò Sui.

Yume non commentò. Le moccioselle starnazzanti erano il piano terra del suo controllo indiretto sulla comunità (le fondamenta erano i compagni di scuola e la famiglia). Erano fra le sue fan più fedeli, e lo mostravano portandole una decina di bentou al giorno.

Peccato che arrivavano alle fine delle lezioni ed erano talmente disgustosi da risultare immangiabili persino per Sui. Sui, quella che si mangiava onigiri scaduti da 5 mesi.

Entrò nella scuola e andò a prendere le scarpe. Niente lettere. Normale. In genere le riceveva a voce, le dichiarazioni.

«Hanazono-san!»

Yume si voltò, mantenendo saldo il sorriso.

Hotogi stava arrivando di corsa, con un sorriso a 3244 denti.

«Hai passato una buona giornata?»

«Si.» perché non ho dovuto vederti «sono onorata per l’interessamento.»

Yume sentì le chiacchere alle sue spalle.

«Sono così belli che sembrano un quadro!»

Oh, ma che frase originale!

«Avranno avuto un appuntamento, ieri?»

Nei suoi sogni!

«Sono la coppia perfetta!»

… la bella e la bestia? Nah, alla fine la bestia diventava un principe .

«Un giorno scopriremo che si sono sposati…»

E quel giorno vi verrà a prendere il reparto psichiatrico.

Yume sperò, senza crederci, che Hotogi avesse problemi d’udito.

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Misaki si avvicinò alla cassetta di sicurezza.

Con la calma e lentezza di un rapinatore, digitò il codice e scattò all’indietro.

La cassetta si aprì di scatto e vomitò una rosea massa informe di lettere e pacchetti vari.

Il ragazzo la fissò disguatato. Con la punta del piede, scostò alcune buste, alla ricerca delle scarpe.

Sentì degli sguardi sulla nuca.

Si voltò, rabbioso, e un gruppo di mocciosi delle medie fuggì dietro uno scaffale.

Con un sospiro, Misaki continuò la ricerca, sotto gli occhi allibiti dei presenti.

Misaki-sama… che le sta succedendo? Non è esplosa!

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«Hanazono-san!»

Yume si voltò, facendo ruotare adorabilmente la gonna.«Si, Hotogi-senpai?»

«Un essere abominevole e privo di fantasia ha rubato a me la divisa, come tu sai…» poggiò l’indice sul proprio petto, coperto da un orrido maglione giallo canarino decisamente non appartenente alla divisa. «Quindi Io mi chiedevo se tu mi accompa…»

Hotogi fu lanciato spinto via da Jessica. «Se Yume-sama uscirebbe, venisse con me!»

«La tua compagnia non è così desiderata da Hanazono-san!»

Si voltarono entrambi. «(tu) verrai con me, vero?»

Yume stava per rifiutare, ma si ricordò di aver quasi finito le mine.

«Perché non andiamo tutti e tre?»

Sui sospirò, e svolazzò via. Vedere quei due litigare non era divertente, quindi quel pomeriggio si sarebbe divertita da sola.

O, almeno, così pensava.

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Misaki si scolò la terza tazza di cioccolata.

Era un Chara Nari! Così il mio piano va a farsi a benedire!

«Misachin… stai esagerando.» disse Hiko, poggiandosi sui capelli rosso fiamma del possessore.

Misaki si pulì col fazzoletino «Lo so.»

«Misachin… lo so ch’è ‘n problema se quella ragazza è ‘n angelo, ma… non puoi buttare via ‘l tuo stomaco così, Misachin!»

Misaki non comentò e andò a pagare.

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«Hoooo faaaaameeeeeeeeeeeee…» strillò Sui, svolazzando solitaria «Avrei fatto meglio ad andare con Yume… fame…»

L’odore del cibo la fece andare al centro della cittadina, nella zono dei bar e delle pasticcerie di lusso.

«Cibo!» si lamentò, appogiandosi alla vetrina di una di esse. Le invitanti paste la chiamavano da dietro il vetro.

Ma non poteva averle. Se avesse tentato di appropiarsi di una pasta, il radar malefico di Yume si sarebbe azionato e la punizione divina (mano di Yume) sarebbbe discesa ad ammazzarla.

Si voltò per andarsene.

La sua attenzione fu attirata da una chioma rossa.

«Ah… È la mocciosetta che abbiamo ‘bbattuto io e Yume…» disse a voce alta. Tanto, non la poteva sentire.

La mocciosa stava guardando qualcosa alle spalle di Sui, e stava sbiancando.

«Uh? Cosa c’è alle mie spalle?» sui si voltò. Niente. Non c’era niente.

Tornò alla posizione iniziale.

Dal nido dei capelli suntò uno Shugo Chara, urlando «Ah! È la shugo chara della foto!»

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Yume si voltò di scatto. Aveva una strana impressione.

«Yume-sama? Qualcosa non va?»

«No… mi è solo sembrato di aver visto un conoscente…»

Yume stava girandosi, quando una chioma rossa con due esserini bianchi e neri che gli svolazzavano attorno entrò nel suo campo visivo.

Sui, il\la moccioso\a pestato\a e un altro Shugo Chara.

Yume sbiancò interiormente. Eh? Che ci fa quella peste insieme a quel moccioso? Proprio un possessore di shugo chara doveva essere? Quella spiattella tutto! Si voltò verso i due seccatori. Punto primo: Liberarsi dei cretini.

«Devo andare. Ho promesso a mia madre che l’avrei aiutata a preparare la cena.» si inchinò leggermente «Ci vediamo domani, Hotogi-sanpai e Jessica-san»

«Io ti accompagno a casa, Hanazono-san!» cinquettò Hotogi, alzando diligentemente la mano.

«Ti ringrazio per l’offerta, Hotogi-senpai,» Yume chinò leggermente la testa. «Ma non posso accettare. Abiti dalla parte opposta, dovresti fare il doppio della strada. Accompagna Jessica-san, invece. Abita nel quartiere accanto al tuo.»

«Ma…»

«Devo andare, a domani!» disse,avviandosi a passo svelto verso casa. Ma appena fu fuori dal campo visivo dei due, cominciò a correre nella direzione inboccata dal moccioso.

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Sui finì di ingozzarsi di caramelle «’azie…»

Misaki non disse nulla. Quella piccola inutile variabile impazzita aveva distrutto con la sua sola

inutile esistenza il suo magnifico e perfetto piano. E farla a pezzi non sarebbe servito a niente. «Yume si rifiuta sempre di comprarmi dolci…»

 Misaki alzò la testa «Cosa?»

«Dice che non ha voglia di usare i suoi soldi per comperare ‘nutili dolci.»

Misaki aprì la bocca, ma fu bloccato dallo scoppio della porta.

Ansante, furibonda e con un’aura di fiamme demoniache attorno, Yume era apparsa.

Sui sentì che la punizione divina stava per arrivare. Non si sbagliava.

La ragazza si avvicinò a passo di marcia, con l’aura sempre più ampia, scura, fiammeggiante.

Sui fu lanciata via da un pugno. «Questo è solo un assaggio. Prima devo occuparmi di quelle altre due piccole inutili pesti.»

Misaki aprì la bocca per commentare il “piccola”, ma prima che potesse emettere il più minimo suono, Yume lo afferrò per il cappuccio della felpa e, con uno strattone, lo fece cadere.

Poi cominciò a trascinarlo verso il bordo.

«Ehy, che C˱˱˱O stai facendo?»

Yume rimase zitta.

Si fermò sul bordo.

In un attimo di lucido istinto animale, Misaki notò che la ringhiera arrivava a malapena alla vita della ragazza, e si ricordò che erano sul tetto di un palazzo di più di dieci piani.

Che diavolo… che diavolo vuole fare?

«Scusami, moccioso» disse Yume, con voce poco convincente, afferrandolo sotto le ascelle.

I sudori freddi di Misaki aumentarono.

Yume continuò «Ma hai sentito ciò che non dovevi sentire. A seconda di come atterri, potresti cavartela solo con un trauma cranico.» La sua voce sembrava estremamente competente mentre parlava. «Buona fortuna, moccioso!» La ragazza lo sollevò senza fatica apparente.

«Oi, non sono un moccioso!»

Hiko, che si stava precipitando ad aiutare il suo possessore, cambiò la sua rotta da orizzontale a verticale e si spiaccicò a terra.  Anche in momenti come questo, pensi solo a quello?

«Seh, come no.» Yume trasportò oltre il parapetto.«Anche se tenti di rallentarlo, non puoi sfuggire al tuo destino di morire in tenera età.»

«Ho sedici anni, Idiota! Non darti tante arie solo perché sei alta un metro sessantotto centimetri e quatro millimetri!»

Siiiiilenziooo.

«Come sai la mia altezza, Mocciosello?»

Misaki sentì i peli sulla nuca drizarsi.«… Ho tirato a indovinare?» sussurrò.

«Pure stalker, il moccioso… penso che andrò giù a deturpare il tuo bel faccino, quando cadrai…»

Misaki sentì la presa allentarsi.

«Ho una proposta interessante per te!»

Uno, due secondi.

«Che proposta?»

Fine capitolo ottavo – Il giglio carnivoro e la rosa rossa insanguinato sull’orlo del dirupo

Misaki: Ho perso 10 anni di vita...

Ten: Ch'è causa del suo mal, pianga se stesso!

Misaki: ... La "causa del mio mal" sei tu.

Ten: No, sei tu e la tua memoria che si fissa su dettagli inutili. se dicevi un metro e settanta, avevi tirato a indovinare. Se dici Un metro sessantotto centimetri e 7 millimetri non tiri a indovinare

Misaki: Erano quattro, i millimetri.

Ten: Visto? è 'sta pignoleria che rovina la vita!

Misaki: Parla quella che ha un astuccio con le penne ordinate per Utilizzo, tipo, marca, modello e colore e se qualcuno prova a toccarle lo morde...

Ten: Non è pignoleria! è ordine!

Misaki: Manco la mia è pignoleria! è tenere a mente tutto! è un'abilità importante nel mondo degli affari!

*continua il litigio*

Yume: intanto che 'sti cretini litigano, vi faccio gli auguri da parte di tutto lo staff di Ore wa (alias personaggi&autrice).

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Capitolo 9
*** Capitolo nono - Il giglio carnivoro aspetta, la rosa rossa insanguinata si confessa ***


Ed ecco il nuovo capitolo di Ore Wa! Ai recensori: visto che ci voleva poco?

Misaki: ehi! fammi scendere!

Ten: si, si... su, cominciamo la lettura!

Misaki fissò il caffè appena portato.

Il suo geniale piano era più difficile di quanto immaginasse. O, perlomeno, lo era iniziarlo.

In realtà, non aveva pensato a quel punto. Era passato direttamente alla fine.

E inoltre, pensava che il loro incontro sarebbe stato più… tranquillo.

«Bevi il caffè. Se si fredda, non è buono.» disse Yume, finendo il suo.

«Bevo, bevo.» borbottò Misaki, sollevando la tazzina. Il liquido emanava vapore caldo e odoroso.

«Tieni la tazzina come una vecchia arpia.»

Misaki si bloccò per qualche secondo.«Certo che, per essere una specie di angelo disceso dal cielo, un essere più candido di un giglio sei piuttosto acida.» borbottò, afferrando la tazzina con entrambe le mani.

«Sai già che il mio carattere è così, quindi non è necessario mantenere la maschera.» disse Yume, poggiando la tazzina vuota sul tavolo «Dovresti essere tu a parlare in modo educato. Non ho ancora rinunciato all’idea di buttarti giù da un tetto.»

«Dopo esserti fatta vedere a prendere amabilmente un caffè con me?»

«Chi ha detto che lo farei oggi? Aproffitterei della prima occasione, rimanendo nell’ombra.»

Misaki fissò Yume. Non c’era la minima esitazione o turbamento o niente che indicasse che stesse mentendo. Era fredda, determinata e gelida.

Misaki sentì rizzarsi i peli sulla nuca. Se quella ragazza avesse deciso che era pericoloso, sarebbe morto entro 24 ore. Per la prima e ultima volta, si pentì di aver seminato le guardie del corpo.

Si mordicchiò il labbra, fingendo di bere per coprirlo. Era nei guai. In enormi guai.

«Che proposta dovevi farmi? E, soprattutto, cosa ci guadagno?»

«Il mio silenzio.»

«Risposta incompleta, moccioso. E chiamami “Yume-dono”, marmocchio.»

«Ho la tua età.»

«Se, certo.»

Misaki si mise a frugare nella cartella. Come al solito, l’urgenza di un oggetto e la probabilità di trovarlo erano inversamente proporzionali.

Alla fine, trovò la sua carta d’identità. La passò alla ragazza. «Prova.»

Yume la aprì senza fretta, irritando sempre di più Misaki.

«Toh, hai tre mesi meno di me.» si fermò per un attimo. «Continuo a sospettare una cosa… Tu… sei assolutamente cert“o” di essere un maschio?»

Misaki ebbe la tentazione di strozzarla, ma l’istinto di conservazione lo bloccò. «Si.»

Silenzio. Yume si rigirava la tessera fra le mani.

«Misaki.»

«Uh?» Il ragazzo alzò la testa.

«Perché hai ordinato quella torta?» domandò la ragazza, indicando l’intatto dolce al cioccolato al centro del tavolo.

«Se non l’avessi presa, Hiko» indicò lo shugo chara appoggiato sulla sua spalla, che fissava praticamente ipnotizzato la torta «Non mi avrebbe dato pace. Anche la tua è golosa, se gliene dai la possibilità.» Indicò Sui, sepolta sotto la montagna di buste della cartoleria (Sia Hotogi sia Suzuki avevano il portafogli a quintuplo fondo, a quanto sembrava).

«Tu non commenti come educo il mio, io non commento i tuoi metodi troppo permissivi.»

«Hai appena commentato.»

«Tu l’hai fatto prima.»

Misaki ritenne salutare non opporsi «Ok». Tagliò un angolo della torta, poggiandolo nel piattino del caffè. Hiko si fiondò su di esso.

«Chi si mangia il resto?» Disse Yume, fissandosi le unghie.

«Non mi piacciono, m...»

«Lo mangio io. È un peccato sprecare il cibo, anche se è disgustoso.» Disse Yume, avvicinando il dolce.

Misaki non commentò e tornò a fissare la tazzina.

«Ci siamo allontanati dall’argomento principale.» disse Yume. «La tua proposta.»

«… Vado in bagno.» borbottò Misaki, alzandosi.

Yume lo fissò mentre si allontanava.

Sogghignò.

----------

Misaki si riempì le mani di acqua fresca. Calmarsi, calmarsi, bisogna calmarsi. Cal-mar- si. Ci come cambio, a come assegno, elle come lavoro, emme come mascolino, a come assenza, erre come rischio, esse come spread, i come intuizione.

Si gettò l’acqua sul volto.

«Mi-sa-chin.»

Misaki rimase zitto, chino sul lavandino.

«Mi-sa-chin, sei troppo nervoso.»

Forse mettere la testa sotto l’acqua sarebbe utile. No, non riuscirei ad asciugarmi i capelli.

«Su, rilassati! Devi solo ingannarla, non chiederle di sposarti!»

Misaki sospirò e chiuse il rubinetto.

----------

«Sono tornato.» Borbottò Misaki, sedendosi sulla sedia.

«Alla buon’ora.» Disse Yume. Stava di nuovo bevendo il caffè. Non avrebbe dovuto chiedermelo, prima di prenderlo? In fondo, pago io…

Solo allora si accorse che c’era qualcosa di strano.

Davanti a lui non c’era più la tazzina del caffè. La tazzina era nelle mani di Yume.

E al posto suo…

La sua adorabile, deliziosa, profumata, bellissima, adorabile (ops… questo l’ho già pensato) cioccolatosa torta era di fronte a lui.

«Ma… che….»

«Un buon caffè, anche se freddo, è meglio di una disgustosa torta.» disse Yume, appoggiando la tazzina vuota sul tavolino. «E tu stavi sbavando dietro alla torta.»

«Non mi piacciono i dolci.» borbottò Misaki.

«Se vuoi essere convindente, evita di dire che non ti piacciono i dolci e poi mangiarne una fetta intera con un singolo boccone. Ora ingoia, sembri un criceto.»

Misaki, con le guancie gonfie, emise un mugolio incomprensibile, che Yume interpretò (correttamente) come “Come diamine hai fatto a capirlo?”

«Hai lasciato sfreddare il caffè. Nessuno, se non un maniaco dei dolci l’avrebbe fatto.»

Altri mugolii.

«A confermare i miei sospetti, ti è caduto questo.» mostrò un pezzetto di carta. Lo scontrino della merenda di prima. «Ti sei pappato seimila yen (60 euro circa) di dolci, e hai ancora spazio nello stomaco? Diventerai un piccolo criceto obeso. O stai facendo le scorte e passerai l’estate a dormire senza nutrirti? Allora ti consiglio di nutrirti meglio. La mancanza di sali minerali ti potrebbe far cadere il pelo.» riafferrò la tazzina.

Misaki degluttì e le sue guancie si sgonfiarono immediatamente.

«Misachin, posso picchiarla, posso?» sussurrò Hiko, perfettamente udibile.

Misaki gli fece cenno di stare zitto.

«Uno: Posso lanciarti via con uno schiocco di dita, nanetto pestifero. Rinrazia che la doppia dose di caffeina mi ha rallegrato.» Yume allungò le gambe sotto il tavolo.

Misaki non commentò.

«Due: Per quanto hai intenzione di fere lo sciopero della parola?»

Misaki inspirò, e disse qualcosa di completamente inaspettato. «Sposami.»

 

Silenzio

 

La tazzina scivolò dalle mani di Yume, miracolosamente senza rompersi.

 

Silenzio.

 

Hiko fu il primo a riaversi, urlando.

«Misachin, sei impazzito? La mia era solo una battuta! Non buttare via la tua vita così, Misachiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin!»

Anche da sotto le buste provenivano mormorii stupiti.

«La piccola peste golosa ha ragione, “Misachin”. Il tuo cervello deve essere delle dimensioni di quello di un criceto, per desiderare una cosa del genere.» Disse Yume, riprendendo la tazza.

«Il mio cervello è normale.»

«Chiedere la mano a una con cui hai scambiato si e no 50 parole, per lo più insulti, senza neanche considerare il mio carattere, non è normale.»

«Meglio che una che sorride sempre e si prepara a pugnalarti alle spalle.»

«Sai di avermi appena descritto alla perfezione?»

«Si, ma se tu cominciassi a comportarti così saprei le tue intenzioni con dovuto anticipo potrei prendere provedimenti.» Misaki incrociò le braccia «Senza contare che con separazione dei beni e testamento da cui tu sei completamente esclusa, non ti sarebbe molto conveniente uccidermi.»

Yume aprì la bocca, poi la richiuse. Ruotò la schiena rigidamente, si piegò allo stesso modo, afferrò la carta d’identità di Misaki, ritornò alla posizione iniziale.

La aprì.

Rimase immobile per qualche secondo.

«Tu…. Sei… Uno di Quei Reino?» Sillabò

«Che intendi con “quei”?»

«Quelli della Reino’s enterteiment. Quelli delli industrie Reino. Quelli degli alberghi Reino. Quelli di praticamente Tutto. La terza famiglia più ricca del giappone.»

«Seconda.»

«Insomma, sei uno di Quei Reino.»

«Temo di si. È un problema, forse?»

«Accetto il fidanzamento.»

Fine capitolo nono: Il giglio carnivoro aspetta, la rosa rossa insanguinata si confessa.

Rivelazione shock? Ve lo aspettavate? In ogni caso, non posso rovinare il momento, quindi smetto di blaterale.
Al prossimo capitolo!
Ten

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Capitolo 10
*** Capitolo decimo - Il giglio carnivoro va annaffiato con abbondante acqua termale ***


Buongiorno a tutti! ecco a voi il 10° capitolo di Ore Wa!
Voi direte: ma tu, perchè diamine non sei a scuola?
Semplice: stasera parto per la gita scolastica, quindi ci hanno dato tutta la mattinata libera per prepararci.
A causa di ciò, non potrò rispondere immediatamente alle vostre recensioni! lo farò quando torno (non subito subito.... torno a mezzanotte ^^'')!
Godetevi questo capitolo!

Yume si appoggiò sul sedile. Si era svegliata alle 4 del mattino, era su uno scomodissimo sedile di treno, ma era felice.

In fondo, quel treno stava andando verso una prestigiosa stazione termale. Come poteva non essere felice?

L’unico problema era che ci andava con la famiglia, ma non era un peso insopportabile. Yume si sentiva serena e rilassata, quindi avrebbe concesso loro una vacanza serena.

Escluse dalla mente il russare di Sui e le lamentele di Hime, che continuava a sostenere che le terme fossero “roba da vecchiacce”.

Lei adorava le terme, quindi niente e Nessuno avrebbe dovuto disturbarla.

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Hotogi aprì il cellulare. Aveva invintato Hanazono Yume-san (Avrebbe tolto il suffisso solo all’annuncio del loro fidanzamento, e l’avrebbe chiamata per nome solo dopo il matrimonio.) a venire al mare con lui (e Jessica-san. Non avrebbe osato attentare all’onore di Hanazono Yume-san.) ed era certo che la ragazza avrebbe accettato.

C’era un messaggio.

Tutto contento, Hotogi lo aprì. Si congelò immediatamente.

Scusa, Hotogi Senpai! >_<

Sono in Hokkaido… non posso proprio!

Andate pure tu e Jessica!

Hanazono Yume

Hotogi rimase in silenzio mentale per qualche secondo.

Poi esplose in un delirio mentale.

Così dolce, Hanazono-san! Tu rinunci a un’uscita con il ragazzo che ti piace per non dare dispiacere alla famiglia!

Hotogi stava uscendo di testa. Se non lo era già.

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«Yume! Hime! Da questa parte!» Urlò la signora Hanazono, trascinando il trolley «Abbiamo trovato le stanze!».

Le sorelle apparvero all’angolo. Yume aveva come bagaglio un semplice zainetto, mentre Hime veniva rallentata da un enorme borsone, che aveva insistito per portare da sola.

«Questa è la vostra stanza. Noi staremo in quella accanto.»

«Cosa? Pensavo di stare in una stanza singola! Non voglio stare con Yume! Ci mette sempre 3 ore e mezza ogni volta che fa il bagno!» strillò Hime, lasciando sfracellare il borsone a terra.

«Sei troppo piccola per stare da sola, e noi non siamo abbastanza ricchi per una camera ciascuno.» disse la signora, passando la chiave a Yume «Mi spiace di doverti dare questo peso, ma tieni d’occhio tua sorella, ok?».

«Non preoccuparti, non è un fastidio.»

«Seh, non è un fastidio. È un’immensa seccatura.» borbottò Sui, dalla borsa di Yume.

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Yume aprì la borsa, afferrando le salviette.

Terme! Terme! Terme!

«Perché sei così felice? È solo una pozza d’acqua calda!»

Yume si voltò di scatto, con un’espressione assassina «Le terme rinvigoriscono e rilassano corpo e anima! Permettono alla mente e alla pelle di espellere le tossine (Hotogi) e le scocciature (Jessica) e di diventare ancora più perfette! È la fonte della prolungata giovinezza!» borbottò. Hime era in bagno, quindi se avesse parlato ad alta voce l’avrebbe sentita.

«Bah. È una risposta da vecchietta tradizio…»

Yume la spedì a sfracellarsi sul muro col pacco di fazzoletti, poi ritornò alla posizione iniziale un secondo prima che Hime uscisse dal bagno.

«Stai ancora cercando i fazzoletti? Sei lenta! Sbrigati, ho fame!»

«Scusami, arrivo subito!»

Hime poggiò tutto l’armamentario sul letto «Mi è sembrato di sentirti parlare.»

«Avrai sentito i vicini.»

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«Misaki-sama, le sue valigie.»

«Misaki-sama, la sua giacca.»

«Misaki-sama, l’auto è pronta.»

«Non ho la minima intenzione di partire!»Strillò Misaki, da sotto le coperte. «Fatemi dormire! È il primo giorno di vacanza!»

«Misaki-sama, è mezzogiorno e mezzo.»

«Mi sveglierò alle tre.»

«Misaki-sama, sua madre ha chiesto di riferirle che, se non andrà, tornerà in giappone per farlo lei.»

Misaki alzò la testa e scivolò fuori dal letto.

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Yume saltellò verso le vasche. Non poteva ancora buttarsi (la congestione le avrebbe impedito di stare nella vasca ogni singolo minuto della vacanza) ma solo vedere le spirali di vapore e l’acqua rinfrescava e curava il suo povero spirito provato dalla vincinanza di Hotogi.

Inoltre doveva trovare un angolino tranquillo per “dare la pappa” a Sui, o questa l’avrebbe tormentata per tutto il giorno.

Ci riuscì abbastanza velocemente. Non c’erano molte cameriere in giro.

Meglio. Le cameriere (esperienza personale) avevano un sesto senso per trovare gli sfornatori di mance ed erano ossequiose e servili solo con loro.

Mentre Sui si ingozzava con la pallina di zucchero, Yume osservò la pianta dell’edificio.

Ohhhhh! C’è la vasca d’acqua gelida! I trattamenti ai fanghi termali! La vasca esterna… ma è mista, maledizione!

Yume pensò che i risparmi (dei) suoi (genitori) stavano per evaporare in trattamenti vari.

----------

Misaki si appiattì sul materasso.

Soooooooooooonnnnnnnnnno.

«Misachin… sei pigro.»

Misaki emise un mugolio che assomigliava a «Ho dormito un’ora al giorno, nelle ultime due settimane.»

«Misachin…  ti si sfaserà il ciclo...»

«Non ho nessunissimo ciclo.»

«Intendevo quello del dormi-veglia.»

Misaki emise un mugolio privo di senso. Il suo respiro divenne più lento e regolare.

«Misachin… almeno aprimi la valigia….»

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Yume si svegliò al primo squillo della sveglia. Alzò la mano e la spense prima di un secondo squillo compromettente.

Era l’una del mattino. Presto, troppo presto per il suo cervello. Ma lo era anche per i cervelli altrui, quindi era matematicamente sicura che la vasca all’aperto fosse vuota.

Scivolò fuori dal letto e si infilò lo yukata senza fare rumore. Infine, buttò Sui giù dal comodino e la costrinse a seguirla fuori dalla stanza.

La vasca deserta emanava invitanti vapori caldi.

Senza perdere altro tempo, lanciò via lo yukata e si buttò in acqua, seguita, dopo qualche esitazione, da Sui.

L’acqua era magnificamente calda. Yume sentì i muscoli rilassarsi. Sia lei sia Sui sospirarono.

Per la prima volta, si trovavano d’accordo. Io amo le terme!

Dopo circa mezz’ora, Yume si costrinse a uscire dall’acqua. Doveva asciugarsi i capelli e fingere di dormire.

In quel preciso istante, la porta dello spogliatoio maschile si aprì e si richiuse dopo mezzo secondo.

WTF????

La porta si riaprì. Aveva visto bene.

Misaki era di fronte a lei, fortunatamente con un asciugamano intorno alla vita.

In quel momento, si ricordò di avere il busto fuori dall’acqua, essere senza asciugamano e costume, e di avere ancora del pudore.

Piegò le ginocchia istantaneamente,  e cominciò a urlare. «Tu… Che CΔΔΔO ci fai qua! Stalker! Pervertito!»

«Potrei chiederlo a te.» Disse Misaki, gelido. Yume notò con la coda dell’occhio che non c’erano rigonfiamenti strani nell’asciugamano.

«Ah! C’è la bastarda!» strillò Hiko, uscendo dallo spoiatoio con un microasciugamano attorno alla vita. Solo dopo alcuni istanti si accorse di Sui che svolazzava senza nulla addosso.

Lo shugo chara esplose in una pioggia di sangue dal naso.

Misaki si coprì il volto con la mano. «Hiko… sii più dignitoso.»

Yume afferrò Sui e la gettò violentemente in acqua. «Ha avuto una reazione più normale della tua.»

Misaki la guardò gelido «Non mi risulta di aver visto nulla di particolarmente indecente.»

Un’aura oscura apparì alla spalle di Yume «Stai dicendo, piattola, che non ti sei eccitato di fronte alla suprema bellezza di Ore-sama solo perché sei più formoso di Ore-sama?»

«Ti sei fatta il film mentale da sola. Anche se avessi una 5^, non sarebbe rilevante.» l’aura oscura apparve anche alle spalle del ragazzo «E, soprattutto, Ore-sama non è formoso!»

«Si, invece!»«No!»«Si!»«No!»

Dopo parecche negazioni e affermazioni, i due si dovettero fermare a riprendere fiato.

«Discussione Sterile.» borbottò Sui, prima che Yume le ricacciasse la testa sott’acqua.

Misaki si avvicinò alla vasca.

«Che vuoi fare, piccola peste?»

«Entro in acqua. Fa freddo. E devo svegliare questo qua.» Misaki sollevò un Hiko coperto di sangue.

«Lasciati l’asciugamano. Non provarci nemmeno a toglierlo. Non provarci.» Borbottò Yume, arretrando.

Misaki sbuffò «Non ho intenzione di essere ucciso, quindi me ne starò lontano.»

«Bravo.» borbottò Yume, mentre Hiko piombava in acqua. Scena in miniatura del naufrago che non sa nuotare.

Misaki scivolò in acqua, senza allontanarsi dal bordo.

«La bastarda è diffidente, né?» bobottò Hiko, stringendosi a un salvagente comparso dal nulla.

Yume si chiese dove producessero pezzi così piccoli. Anche se Misaki era l’erede dei Reino, chiedere in continuazione oggetti proporzionati agli Shugo Chara avrebbe fatto credere che giocasse ancora con le bambole. Cosa che, per quanto ne sapeva, non gli sarebbe piaciuta molto.

Con un sospiro, alzò leggermente la mano.

Sui riemerse urlando «Me stavi per ‘mmazzare!» strillò.

«Puoi morire? Sul serio?»

Sui ci pensò un po’ su «’n ne sono tanto sicura, sai?»

Yume si raggomitolò. «Và a seccarlo.»

«Uh? Prima tenti di ammazzarmi, poi me cacci?»

Yume la fissò male «Va a distruggere i loro nervi con le tue infime chiacchere.»

Sui obbedì e nuotò (piuttosto male) verso i due maschi.

Fu rispedita indietro da un’onda.

«Non ho intenzione di fare il bagno nel sangue. Tienitela a bada da sola.» disse Misaki, gelido.

«Io la sopporto tutto il giorno. Dovrai imparare a sopportarla anche tu. Sei tu che hai avuto l’idea di sposarci.» rispose Yume, producendo un’altra onda. Sui fu lanciata verso Misaki.

«È solo una formalità. Il matimonio è un’istituzione priva di senso. » Onda.

«Sembrate due separati in casa che discutono su chi deve occuparsi dei figli e chi esce.» borbottò Hiku.

I due lo fissarono male e urlarono «Sta zitto, piccolo idiota!»

«Anche questa risposta vi fa sembrare così.» Borbottò Sui, piano. Yume era troppo vicina. Riprese a nuotare, ma fu bloccata.

«Che ci fai qui, stalker?»

Misaki non capì il perché del cambio di argomento, ma rispose lo stesso «I miei pensano di comprare questo posto, quindi hanno spedito me a controllare se ne vale veramente la pena.»

«Uhn.»

Silenzio.

«Perché sei così?» Disse Misaki.

«Prima di tutto, perché vuoi sposarti con una completa sconosciuta?»

«Non ti ho già risposto?»

«Nah. Non in modo comprensibile.»

«Semplicemente, con te non avrò i problemi che avrei se non mi sposassi e non rischierei la pelle come se sposassi una viziata ereditiera.»

«Cosa ti fa pensare che non attenterei alla tua vita?»

«Il fatto che posso fare in modo che, in caso di una mia morte improvvisa, tu ti ritrovi sola e senza un cent. Con l’erede di una grossa famiglia non potrei.»

«Concezione molto realistica. Non aspetterai il “vero amore” o roba del genere, quindi.»

«N’esiste.»

«Intendi che sei tanto schifosamente ricco da non permettere a nessuno di pensare a te come una persona?»

«No, parlavo per tutta la popolazione mondiale.»

«Sei meno idealista di quanto pensassi, moccioso.»Silenzio.

«Ora rispondi alla mia domanda.»

«Ho detto che tu dovevi rispondere alla mia, non che io avrei risposto alla tua.»

«’starda…»

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Yume guardò l’orologio. Gelò.

Fra un insulto e un silenzio, era rimasta in acqua sino alle 8 e mezza.

Maledizionee! Sono rimasta sette ore a mollo! Dimmi che quelli là si sono abbandonati alle delizie del sonno vacanziero!

Si infilò lo Yukata, maledicendo l’amabile tepore dell’acqua termale.

Si fiondò fuori dallo spogliatoio, ringraziando i cieli per l’assenza di altre persone.

Travolse Misaki.

«Potresti alzarti? Preferirei evitare che si diffondesse la diceria che la mia futura moglie è una ninfomane che non si trattiene dal saltarmi addosso.»

Yume si alzò e aiutò Misaki ad alzarsi senza il minimo commento.

Appena furono saldi sulle gambe, Yume pronunciò quattro parole «Sui, palla di cannone.»

«Ok, Boss!» Urlò Sui, appallottolandosi. Si lanciò verso Misaki.

L’effetto fu quello di un pugno sul naso.

«Impara a capire cosa puoi e cosa non puoi dire, cucciolo di criceto. »

----------

«Yume! Dove diamine eri? Non potevo uscire!» Strillò Hime, non appena la sorella entrò in camera.

Yume imprecò mentalmente. Se fosse rimasta lì, Hime si sarebbe svegliata alle 12.53.

«Mi sono svegliata presto, quindi ho fatto una passeggiata»

«Non sei andata a fare il bagno?»

«No. Le terme sono più belle quando sei in compagnia, no?»

«… andiamo a svegliare quei due, che ho fame.»

Yume si augurò per la salute fisica di Misaki che se ne fosse andato in camera.

----------

Misaki fissò il “vassoio” poggiato sul comodino. Era grande il doppio del normale, e colmo di pracamente ogni cosa. Probabilmente c’erano volute due camperire per portarlo.

Accanto c’erano 3 brocche, probabilmente acqua, latte caldo e succo d’arancia.

Con un sospiro, afferrò una ciotola di frutta -meloni di yubari, probabilmente- e, dopo le insistenze di Hiko, quella con i cereali e pezzi di cioccolato. Si sedette sul letto. Li poggiò di fronte a lui.

«Ittadakimatsu.»Misaki afferrò una fettina e cominciò a sbocconcellarla. Hiko si tuffò sul cioccolato, evitando accuratamente i cereali.

Ci vollero parecchi “blocchetti” prima che lo shugo chara notasse che Misaki era avvolto da un’aura oscura.

Masticava furiosamente i pezzi di frutta, che teneva con entrambe le mani, con la stessa voracità con cui ingurgitava saint honorè, strudel, cioccolatini ecc ecc.

L’espressione non era una delle più “allegrefelici”

Sembrava un criceto (Misachin, non afferrare il cibo con due mani!) furibondo che si sfogava che si sfogava sul cibo.

«Mi… Misachiin?» Sussurrò.

«Quella donna… la voglio fare a pezzi! Le voglio tagliare quella lingua biforcuta!» borbottò, senza smettere di mordicchiare la fetta.

«Eh? Ma non è…»

«È quello che volevo! Finalmente sento la frustrazione di essere considerato un gelato sciolto!»

Gelato sciolto? Hiko decise di non commentare.

«Finalmente posso liberarmi dei miei limiti!»

Hiko temette che Misaki stesse diventando un pelino masochista.

----------

Hotogi fissò il cellulare. Desiderava immensamente chiamare Hanazono-san, ma non l’avrebbe fatto. No, non si sarebbe trasformato in uno di quei fidanzati gelosi e ossessivi. Non si sarebbero sentiti per tutte le vacanze, così da rendere la loro riunione ancora più grande e avrebbe accellerato il loro processo di fidanzamento.

Con un sospiro, chiuse il telefono e lo poggiò sul tavolo.

Avrebbe aspettato, e sarebbe stato ricompensato.

Così pensava.

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Yume sentì il cellulare vibrargli nella borsa.

Con tutta tranquillità, la aprì e infilò la mano all’interno.

Dopo qualche tentativo a vuoto, lo estrasse e controllò chi la stava scocciando. Dubitava fosse Hotogi, ma se si fosse sbagliata, era pronta a far cadere la linea.

Fortunatamente, era Jessica. Rispose.

«Yume-sama! Come sei tu?»

«Sto bene, Jessica-san. E tu?»

«Sono bene, grazie. Anche se ‘n resista l’idiota.»

«Sono sicura che, se superate le iniziali divergenze, scoprireste di avere molto in comune» L’idiozia.

«Sono sura che hai ragione, ma lui non ascolta te.» disse, e cominciò un’arringa sull’idiozia e inutilità dell’ameba.

Yume la lasciò parlare. (tanto, la bolletta la pagava Jessica.) intervenendo solo se Jessica superava certi limiti. Ma sempre con una voce tranquilla e poco convinta.

«E lei, Yume-sama? Qualcuno la sta annoyando?»

Yume sorrise sotto i baffi. No, Misaki era un pelino seccante ma decisamente poco noioso.

«No, non mi sta seccando nessuno.»

Fine capitolo decimo – Il giglio carnivoro va annaffiato con abbondante acqua termale.

Vado a finire la valigia!
Ten

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Capitolo 11
*** Capitolo undicesimo - Il giglio carnivoro e il fantasma ***


Ed ecco l'undicesimo calpitolo di ore wa! 

nello scorso capitolo ci sono state solo due recensioni... devo capire qualcosa? se si, ditelo chiaramente... se no, ricordate che le vostre opinioni sono sempre ben accette!

buona pasqua!

Yume sospirò, fissando la scuola. Doveva tornare in quella stupida fonte di stupide seccature.

In realtà, la frase da lei pensata aveva al posto di “stupida” e “stupide”, ma una sequela di improperi irripetibili che cambiavano e aumentavano ogni volta, ma la sostanza era all’incirca quella.

Varcò il cancello.

Lo “Yume-sama fanclub” si dispose istantaneamente e strillò «Le auguriamo un buon secondo anno in questa scuola, Hanazono-sama! La ringraziamo per averci concesso di ammirarla anche quest’anno e le assicuriamo che aumenteremo il numero di membri, quest’anno!»

Yume chinò la testa, per (non) nascondere il rossore (autoprodotto). «Vi ringrazio, ma… le vostre dichiarazioni d’affetto mi mettono in imbarazzo…» sussurrò, ben udibile.

«La nostra fedeltà a lei è eterna, Hanazono-sama, e non ci imbarazza mostrarla!» strillarono.

Yume si allontanò, a capo chino e sorridendo mentalmente.

Più quegli idioti si comportavano così, più primini si sarebbero messi a seguirla ed adorarla.

«Yume-sama!» strillò Jessica, saltando addosso a Yume «Il cielo ascolta preghire!»

«Uh? Jessica-san… Che sta succedendo?» disse Yume, tentando di respirare attraverso la massa arruffata di capelli biondi.

«Siamo in la stessa classe!» Strillò la regazza, assordando Yume e stringendola ancora di più.

Yume stirò il collo per non essere soffocata. «Sono felice anch’io, Jessica-san, ma… Potresti stringere un po’ meno?» espelse gli ultimi atomi d’ossigeno. «Non… respiro….»

Funzionò. Jessica la liberò all’istante e si allontanò di un passo. «Scusa, ma sono co felice! Potrò stare con Yume-sama moltò più che l’idiota!» Strillò.

Qualcosa la colpì in testa, abbastanza forte da farle piegare il collo.

Jessica lanciò un’imprecazione in inglese e si guardò attorno, furibonda. «Ch’è stato? Ma certo!» Urlò «È stato lui!»

Jessica corse via, lasciandosi dietro una (non tanto) sorpresa Yume. Non aveva più illusioni sulla stupidità umana, quindi non si stupiva che Jessica pensasse che Hotogi potesse compiere atti contrari alla propria reputazione.

Con un sospiro, si avviò verso l’edificio scolastico.

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«Hanazono-san!»

Yume si voltò, rassegnata. Sui fece un gestaccio. Anche lei era rassegnata.

«Buongiorno, Hotogi-senpai. Sei contento della tua classe?»

«La composizione della mia classe poteva andare meglio solo se tu, Hanazono-san, fossi stata una mia compagna. Ma tu dimmi, quell’essere abbietto ha osato disturbare te, in codeste poche ore?» rispose Hotogi, sfarfallando verso di lei.

Yume si chiese se avesse ingoiato una grammatica. «No, Jessica-san è molto gentile con me.» mi stai disturbando più tu in “codesti pochi” secondi.

«Ah! Tu menti per non farmi preoccupare, ma tu puoi parlarmi di qualsiasi cosa senza preoccupazioni, Hanazono-san!»

Yume aprì la bocca per ribattere, ma qualcosa fu più veloce di lei, e un cancellino colpì Hotogi sulla guancia.

«Chi diamine…» disse il “ragazzo” (leggasi ameba antropomorfa), poi si fermò e urlò «È stata lei! Io ne sono certo! Io la farò sospendere!» e corse via.

Yume pensò che, se fosse il colpevole fosse stato veramente Jessica, si sarebbe sentito il suo urlo di vittoria sino in cina.

In quel preciso istante, vide qualcosa di arancione svolazzare a parecchi metri di distanza prima che sparisse.

Aveva pochi dubbi su cosa fosse.

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Yume addentò furiosamente l’onigiri. Aveva finto di avere un malore e se n’era tornata a casa. Maledizione! Maledizione!

Sui finì di rosichiare il micro nigiri (10-11 chicchi di riso insieme) e borbottò «Così, fra le matricole c’è un altro portatore di shugo chara?»

Yume le lanciò un’acchiataccia. «Era un’allucinazione. una mera allucinazione.»

«In due?»

«Se fosse vero, visti i precedenti, significherebbe guai e seccature. E noi non vogliamo seccature, ne?»

«Ok…» fece Sui, incerta. «Ma non credo, che…»

Yume le lanciò il resto dell’onigiri in testa. «Anche se fosse, non possiamo fare nulla. Nel dubbio, meglio pensare alla probabilità maggiore.» sbuffò «Fasciarsi la testa non previene i traumi cranici.»

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Jessica si sdraiò sul tetto. Calma dolce calma…

Qualcosa la colpì in testa.

Aprì gli occhi di scatto e urlò un’imprecazione.

«Una lady non giace scomposta come stai facendo tu! E non insulta direttamente nessuno!» fece una vocetta femminile.

«… Mizu?»

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«Yu-me-sa-ma! Ho da parlarle!» disse Jessica, saltellando allegramente attorno a Yume.

«Jessica-san! Ora non…»

«Solo un minuta!» strillò, trascinando (come previsto) via Yume.

Sui le seguì svogliata. In genere, presa da sola, Jessica era divertente, con le sue storpiature e le incomprensioni derivate da esse, ma questa volta aveva un pessimo presentimento.

Che sarebbe stato confermato.

Arrivarono sul tetto dopo un tempo che alla shugo chara sembrò eterno.

Era vuoto. Nulla assuluto.

«Non c’è un C×××o! Perché C×××o siamo venuti in questa me…» cominciò sui, ma un ventaglio a dimensione naturale la fece volare via.

«Una lady non utilizza infimi insulti degni solo della più infima delle locande del più infimo porto della più infima città del più infimo paese quando è frequentata dai più infimi mozzi della più infima nave che trasporta le più infime merci!» Strillò un esserino arancione-dorato.

Il ventaglio ritornò nella sua mano e rimpicciolì sino a proporzionarsi allo shugo chara.

«Mizu! Non essere violensa!» strillò Jessica, avvicinandosi all’esserino.

Brutta mossa.

Lo shugo chara si tolse un guanto e la schiaffeggiò con esso. «Sto facendo questo per educarvi!» strillò la nanetta,continuando a schiaffeggiare «Chiedi scusa, fellona.»

«Mi..zu… mi stai urtando…»

«Zitta! Una lady sopporta con algida freddezza ogni dolore!»

«Y..yeah…»

«Non dire yeah! Dì “si, miss Mizu!”»

«o… si, miss Mizu.»

«Bene.» Mizu si riinfilò il guanto e ruotò aggraziatamente su se stessa. «Ora, è il vostro turno. Presentatevi.»

Yume pensò che la piccoletta era pericolosa. Molto pericolosa.

Ma lei lo era di più.

«I… io sono… mi chiamo Yume Hanazono.»

«Si, si, ho sentito parlare di te.» borbottò Mizu, infilandosi un minuscolo paio di occhiali. «Veeediamo…»

Cominciò a girare attorno alla ragazza. Yume dovette trattenersi dal trattarla come una mosca.

«Umu… capelli perfetti e curati… niente tinte, accessori assurdi e altre volgarità.» sollevò una ciocca «Niente buchi in eccesso… bene.» si abbassò «Mento dritto ma non arrogante… spalle dritte, una postura aggraziata ed elegante…» Scivolò ancora più in giù, sempre ruotando attorno a Yume. «Gambe lunghe e e bianche, calze candide… mocassini… niente lacci arancione fluorescente. » lanciò un’occhiataccia a Jessica, che chinò la testa imbarazzata.

Mizu tornò all’ispezione. «La gonna è un po’ corta, ma niente di eccessivo…» Mizu si bloccò di fronte a Yume «Umu…»

Prima che qualcuno potesse fermarla, la shugo chara afferrò la gonna di Yume e la sollevò completamente. «Anche la biancheria è casta.»Disse, ma fu coperta dall’urlo imbarazzato di Yume, che abbassò istantaneamente la gonna con uno strattone abbastanza forte da spedire lo shugo chara a sbattere e rimbalzare sul pavimento.

Sui sospettò che fosse quello lo scopo.

Dopo qualche arco di iperbole, Mizu riuscì a bloccarsi e a volare in linea retta, e tornò verso di loro pulendosi il visino con un mini fazzoletto a ghirigori.

Sui e Yume ebbero il pessimo sospetto che fossero iniziali ricamate, ma non ebbero modo di verificarlo.

«Reazione esagerata… Sui-san, non doveva intromettersi in una conversazione fra lady con barbari metodi come un chara change forzato.»

«Eh? Io…» tentò di difendersi Sui, ma quando sentì due aure omicide decise che era meglio tacere. Essere seccata e molestata e sgridata era meglio che essere pestata e torturata e uccisa da Yume.

«Non giustificarti! Quello che hai fatto è imperdonabile!» strillò la shugo chara, scuotendosi via la polvere dal vestito. «Hai portato una Lady a compiere un gesto non consono, violando la sua reputazione, la sua libertà e il suo onore!» si tolse un guanto «Pentiti e chiedi scusa a me e a Yume-san!» Cominciò a schiaffeggiarla violentemente, facendole voltare la testa alternativamente a testa e a sinistra.

«Mizu-san! Ti prego, perdonala! Sui l’ha fatto certamente per il mio bene! Perdonala…» disse Yume, leggermente seccata nella testa.

Mizu si fermò col braccio alzato. «L’hai fatto per lei?»

Sui annuì vigorosamente. Anche se Yume l’aveva fatto solo per accordarsi alla sua reputazione, quella era la sua chance.

Mizu le diede un pugno sul mento. «Una Lady non muove la testa come un asino muto!»

«S…si.» borbottò Sui, tenendosi la testa.

«Bene. La prossima volta, aggiungi “miss Mizu” , o non sarò così benevola come oggi.» sospirò «Ora, è necessario parlare del tuo ignobile comportamento.»

Yume fissò le due Shugo Chara che battibeccavano e Jessica che tentava di calmarle, sbagliando i 4/3 delle parole.

Con un sospiro, andò ad aiutarla.

Capitolo 11- il giglio carnivoro e il fantasma.

e così, anche lo shugo chara mancante è stato presentato. Un altro tipino particolare, eh?

In origine, era lo shugo chara di un altro personaggio... indovinate quale?

chi indovina riceverà... i miei migliori auguri vi vanno bene? altrimenti, un pupazzo di Misaki (fatto d'aria U.U).

Al prossimo capitolo!

Ten

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Capitolo 12
*** Capitolo dodicesimo - primavera, il giglio carnivoro cresce ***


Sono. Immensamente. Spiacente.

Fra studio, esaurimento, viaggio con i miei e orribile riunione familiare, riesco ad aggiornare solo ora.

Spero che non mi abbiate abbandonato.

Misaki uscì dalla macchina, e, con la solita posa, si avviò verso la scuola.

Non sapeva che stava per cadere in uno dei peggiori gironi dell’inferno.

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«Yume? Sei ancora a letto?»

«Si, mamma. Temo di essermi –coff- ra… raffreddata.» La voce di Yume divenne più fioca.

«Rimani a casa e riposati. Chiamo la scuola per giustificarti.»

«’off…. Va bene, mamma…»

Sotto le coperte, Yume giocava a poker con Sui.

Le aveva già “prelavato” 13 biscotti, 16 cioccolatini e 3 promesse di giornate a casa.

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Misaki entrò in classe.

Aveva una pessima impressione, ma tutto sembrava a posto.

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«Yume? Perché non sei andata a scuola?» disse Sui, tentando di evitare che le carte le cadessero per l’ennesima volta.

Non ci riuscì.

Dopo aver dato una rapida ma approfondita occhiata alle carte, la ragazza rispose. «Oggi è il giorno della ….»

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«… Visita medica. » Gracchiò l’autoparlante dell’Aoibara «Ripeto: si richiede ai nobili signorini a alle nobili signorine di recarsi all’infermeria a loro raccomandata per effettuare la visita medica.»

L’insegnante si alzò in piedi e tentò di fuggire, ma Misaki fece più in fretta.

«Che CøøøO sta dicendo quel CøøøO di autoparlante? Non sono stato informato di questo!»

«Signorino Misaki, al fine di prevenire la vostra fuga, abbiamo deciso di non informarvi.» disse l’insegnante «Signorini, cominciate ad avviarvi.»

Non disse che i suddetti signorini avevano fatto colletta e gli avevano offerto il ricavato … a patto  che Misaki facesse la visita medica e che loro avessero un posto per spiarlo assicurarsi delle sue condizioni di salute.

E la colletta di 19 pargoli di ricchi non aveva nulla in comune con quelle delle associazioni benefiche.

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«Jessica Suzuki!» Strillò Hotogi.

La ragazza si voltò lentamente, trattenendo la rabbia. Ora che Mizu aveva capito come aprire la scatola dove la rinchiudeva sigillava faceva accomodare ogni mattina, poteva arrivare in qualsiasi momento. Non poteva più insultare Hotogi quando le pareva e piaceva.

«Cos’è, ala di pollo?» borbottò. “Ala di pollo” non era una cosa negativa, in fondo. Aveva visto Mizu mangiarne qualcuna (tagliandole in minuscoli pezzi con un m minuscolo coltello e una minuscola forchetta spuntati da chissà dove, ma era sempre mangiare.)

Quindi Mizu non si sarebbe lamentata…. Probabile.

Hotogi la guardò male. «Dove Hanazono-san è?»

«N’è qua. La madre aveva chiamato. Ha preso un freddo.»

Hotogi sbarrò gli occhi non appena decifrò quello che Jessica aveva detto. «Perché O… Boku non è stato informato? Devo andare ad accertarmi delle sue condizioni!» Srillò e corse verso l’uscita.

Fu acchiappato e trascinato in classe da un compagno dopo pochi metri.

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Misaki entrò di corsa nella stanza e chiuse a chiave la porta.

Quella era una scuola di Matti. E Matti era un eufemismo.

Spiarlo mentre si toglieva la camicia, e va bene. Fargli foto, meno bene, ma ancora ancora bene.

In fondo, era un maschio, quindi non aveva nulla da nascondere.

Ma rapire la sua divisa, per poi organizzare un mercatino non tanto improvvisato per vendere all’asta i vari pezzi recuperati e le foto.

I b饨饨饨 饨饨饨i ricchi sapevano a chi chiedere per organizzarsi in fretta, a quanto pare.

Per precipitarsi a fermarsi e salvare i suoi vestiti, non era nemmeno riuscito a capire quanto era cresciuto.

Inoltre, al momento, metà della scuola gli stava dando la caccia.

Si sedette per terra, sistemandosi la giacca. Si era infilato il tutto mentre fuggiva, quindi il risultato non era granchè, ma aveva evitato l’inseguimento da parte dell’altra metà della scuola.

Comunque, ora era al sicuro.

«Mi-sa-ki-sama~!» strillò un coretto di voci familiari.

No, non era per niente al sicuro.

Misaki si voltò lentamente. Il consiglio studentesco.

Stava per morire. Si immaginava che avrebbe avuto una fine prematura, ma la causa era diversa.

Non ucciso con con un oggetto contundente da una pazza omicida di sua conoscenza, ma da una folla di pervertiti sempre di sua conoscenza.

«Co… cosa ci fate qui?» Borbottò Misaki.

«Sa, Misaki-sama…»

«Si rifugia sempre qua…»

«E noi la osserviamo sempre grazie al sistema di sorveglianza~!»

«Immaginavamo che sarebbe venuto anche oggi…»

«Quindi siamo venuti anche noooi~!»

Misaki deglutì, tentando di capire da dove fuggire.

La finestra alle spalle della folla dei pervertiti era l’unica opzione. Ma come raggiungerla? E come sopravvivere, cadendo dal secondo piano?

«Dobbiamo farle una proposta!»

«Che non potrà ri-fi-u-ta-re~!»

Misaki capì. Non pensava che sarebbero stati così sfacciati, ma sapeva le loro intenzioni da un bel po’.

Misaki mise a frutto l’unica lezione di rugby che aveva preso prima che la madre la scoprisse, sfondando la barriera umana e urlando «Non diventerò mai presidente del consiglio studentesco!»

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Yume si stiracchiò, alzandosi dal letto. Non c’era più nessuno in casa, quindi poteva finalmente fare quello che le pareva e piaceva.

Innanzitutto, cibo. Elemento necessario per tutto il resto.

Dopo una merenda leggera (avanzi della cena del giorno prima, (1)3 panini con gocce di cioccolato, (1)5 citole di riso, e qualche verdura) fu pronta alla missione impossibile.

Insegnare a Sui a misurare l’altezza.

Ci volle mezz’ora per far svolgere quella semplice operazione.

Ma alla fine, il risultato fu quello sperato.

1.74. 6 centimetri in un anno. Non male.

Lo stress per tutta la questione degli shugo chara e per i c*****i che li possedevano doveva aver contribuito.

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Misaki atterrò sull’albero di fronte. Il ramo non si piegò nemmeno.

Vi ho fregati, sceee-mi! Ho 5000 vie di fuga, i-o!

Passi.

Si nascose fra le fronde.

«Dov’è? Non può essere lontano!»

Macheccavolo,  hanno il teletrasporto? Sapevo che erano marziani!

«Lo sappiamo, prez! Eppure…»

«Dividiamoci e troviamolo!»

I passi annunciarono alle orecchie di Misaki la divisione e l’allontanamento dei tizi.

Aspettò sino a quando non si affievolirono abbastanza, poi scivolò da un ramo all’altro, e quindi a terra, senza il minimo rumore.

Ora rimaneva da superare cortile e il muro. Poi…

«Signorino Reino! Perché è in cortile?»

Ah! ‘l guardiano della prigione! Fugaaaaaaaaaaaaaaa!

Misaki scattò verso il muro, inseguito dall’insegnante che tentava di compiere il suo lavoro (impedirgli di fuggire).

Con un balzo perfettamente calcolato, poggiò un piede su una pietra sporgente a metà del muro e lo usò come trampolino per arrivare in cima.

«Bye bye.» disse, buttandosi.

Dopo che i piedi di Misaki furono saldamente a terra, Hiko sciolse il chara change.

«Waaa! È stato divertente giocare ai ninja dopo tanto tempo!» Strillò Hiko, facendo una capriola per aria. «Dobbiamo farlo più spesso!Ri-fac-ci-a-mo-lo!» lo shugo chara passò alla figura a otto.

«Non ora.» borbottò Misaki. Se Hiko continuava a volare in quel modo, presto sarebbe arrivato uno sciame di api irritate «Jicchan.»

L’uomo spiuntò da un cespuglio. «Dovrebbe tornare in classe, Misaki-sama.»

«C’è la visita medica, non mi perdo nulla.» Misaki si stiracchiò. «E ho l’autorizzazione a uscire quando mi pare.»

«D’accordo, Misaki-sama. Dove desidera andare?» disse Jicchan, , mentre altre guardie spuntavano dai posti più impensabili e apparentemente troppo piccoli per contenerli.

Prima o poi avrebbe dovuto chiedergli come diamine facevano. La teoria di Hiko sullo sfruttamento della quarta dimensione non era accettabile. E manco che discendessero dai ninja (teoria di Hiko prima che  iniziasse ad appassionarsi allo sci-fi)

«Va bene ovun…» Misaki inciampò e cadde a terra non appena cominciò a camminare.

Le guardie del corpo non commentarono il cambiamento di abilità.

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«Ha-na-zono-san!» strillò Hotogi,cominciando a correre verso Yume.

Ah, un giorno scopriremo che ordina da internet action figure con la mia faccia… nah, dovrebbe essere un maschio per farlo.

Sui espresse il suo disappunto gestualmente, ma l’ameba decise di ignorarla.

«Hotogi-senpai, buongiorno. Come è andata la tua giornata, ieri?»

Yume vide un paio di orecchie comparire sulla testa di Hotogi.

«Bene! Io ieri ho scoperto di essere cresciuto mezzo centimetro!»

O,5? Misero. Bastano dei calzini più spessi.

----------

L’infermiera sussultò quando Misaki spuntò alle sue spalle.

«Ah, signorino Reino. È venuto a ritirare la sua cartella clinica?»

Strillò la donna con una voce di un paio di ottava più acuta del solito.

Il fascino di Misaki sulle donne più grandi non si fermava né alle superiori né all’università.

«Un.» borbottò Misaki Basta che ti sbrighi…

La donna cominciò a frugare nel cassetto. Essbrigati, cretina! Non ci metteranno molto a trovarmi! Dopo un tempo che sembrò interminabile, finalmente l’insegnante estrasse la cartella medica e la porse a Misaki.

Che in 0,01 secondi fece in tempo ad afferrarla e leggerla.

Ma fece anche in tempo a congelarsi. «cen… 148 cm?» mormorò.

La donna annuì.

«Ma l’anno scorso ero circa uno e quarantanove!»

Ciiii-rca.

«Abbiamo scoperto uno strumento tarato male, l’anno scorso. Quest’anno, rinnovando, abbiamo controllato più…» cominciò la donna.

Ma Misaki non era più li.

La sua vocina aveva attirato il consiglio studentesco, e la fuga era ricominciata.

*si spiaggia*

Yume: sei viva?

Ten: Secondo te? If I die, You die!

Yume: Se, sei viva. E pure ingliesizzata.

Ten: 'f couse. I didn't went in London only for PunkLolita dress.

Yume: Not, You went also for cheaper anime gadget and Museum rubbers.

Ten: *tossetta* e vabbuois, lasciamo stare... In due avete 'zzeccato a chi apparteneva Mizu!

Yume: Siamo passati all'italiano stretto, eh?

Ten:*ignora* Congratulazioni a Pikadis e a Victorique! La prima ipotesi era proprio Misaki... Per un pò stavo per passarlo a Yume, ma volevo un'altro personaggio femminile a conrobilanciare Yume e Hotogi (Ha bilanciato? non me pare...), quindi è nata Jessika e l'ho affibbiata a lei! Piccola nota: il nome di Jessica l'ho scelto solo perchè era un nome straniero il cui suono mi piaceva in contrasto con l'ultranipponico Suzuki, e non ha niente a che fare con personaggi di altri libri\esistenti (ho una compagna di classe che si chiama così, ma non c'entra proprio un tubetto!)

Al prossimo capitolo! 

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Capitolo 13
*** Capitolo tredicesimo - Il giglio carnivoro lotta per la sopravvivenza ***


Questa volta l'aggiornamento è stato più veloce.

«Hanazono-san!»

Yume sussultò e si girò.

Il presidente dimissionario (o dimissionato? È già all’università…) le stava venendo incontro. Correndo.

Peeessimo segno.

«Sugushima-senpai!» disse Liberiamoci dello psicopresidente, generazione 0 «Come mai è qui? Non dovrebbe essere all’università?»

«Non preoccuparti, Hanazono-san. Oggi non avevo lezione, quindi ho chiesto al direttore di fissare il congedo. Anche se non dovrei dirtelo…»

Il congedo. Una stupida inutile cerimonia a sorpresa in cui ci si mettevano 2 ore a dire che iniziava la campagna elettorale.

Bè, perlomeno poteva cominciare ad evitare tutti quelli che potevano tentare di aspirare al consiglio studentesco. Oppure avrebbe dovuto rifiutare stupide offerte ogni singolo secondo.

«In realtà, volevo parlarti, Hanazono-san.» Il tono di Psicopresidente0 divenne improvvisamente serio.

Oemme. Dichiarazione? «Di cosa, Sugushima-sen…?»

Psycopres0 non la lasciò finire. Le afferrò le mani e ricominciò a (s)parlare «Hotogi-kun si è preso molta cura di me, durante l’anno passato. Spero che tu farai lo stesso con lui.» si staccò «Beh, questo è tutto. Bye bye.» In tre secondi, scomparve.

In un altro momento, Yume si sarebbe fatta quattro risate sul vistoso rossore che aveva colorato le guancie del tizio. Ma non allora.

«Uh? Yaoi? Bara? Bl?» borbottò Sui.

Yume non rispose.

«Uh, Yu…» cominciò Sui, ma si bloccò non appena vide l’espressione della ragazza.

Le si gelò il sangue nelle vene.

Nonostante Yume proclamasse che la reputazione fosse più importante di ciò che realmente si faceva, quell’espressione avrebbe fatto cambiare idea a tutti.

Era l’espressione dell’imperatore supremo quando un qualcosa andava minimamente fuori fai suoi piani. Quella del dio che sta per schiacciare le formiche che osano passare troppo vicino ai sui piedi.

«Morte.» sussurrò, avanzando a passo di marcia.

«Ehy, Yume…» cominciò Sui, senza sapere manco come continuare. Chiederle si aspettarla? Di fermarsi?

Yume si fermò.

«Yu…»

«Classe, classe.» Disse la ragazza, voltandosi. Espressione normalissima. «Hotogi non vale una reputazione.»

E si diresse verso la classe

Ma intendeva andare in classe o avere classe?

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«Hanazono-San!» Strillò Hotogi, tutto contento. Non accadeva spesso di trovare Hanazono Yume, l’innocente dea che aveva conquistato il suo cuore, non appena iniziava a cercarla. Doveva essere il suo giorno fortunato, quindi il dolce angelo avrebbe accettato la sua offerta.

Il povero cuore innocente di Hotogi e le sue illusioni stavano per essere delicatamente sbriciolati da Yume, che si era lasciata trovare da Hotogi a quello scopo.

Jessica era stata spedita da tutt’altra parte da Sui, forzata a collaborare.

«Buongiorno, Hotogi-senpai.» disse Yume, modulando attentamente la voce. Tutto doveva essere perfetto per eliminare un’erbaccia (idea) completamente formata da quel terreno improduttivo (testa) di Hotogi.

Hotogi reagì come previsto. «C’è qualcosa che non va, Hanazono-san? La tua voce sembra preoccupata…»

«Sto bene…. È solo che molte persone mi stanno chiedendo di entrare nel consiglio studentesco.»

Hotogi si irrigidì.

«Nonostante io continui a ripetere che non sono adatta né alla carica di segretario, né a quella di tesoriere o vicepresidente, né tantameno quella di presidente, ma…»

Anche se balbettando, Hotogi riuscì a ricomporsi abbastanza da rispondere «Anche se io penso che tu saresti per…perfetta nel ruolo di vicepresidente, non oserei mai pressarti per prendere quel p..posto.»

Yume sorrise ampliamente «L’ho sempre saputo, Hotogi-senpai.» tu decidi tutto da solo e non consulti nemmeno.

Hotogi divenne rosato «E io saprò sempre di poter contare sulla sua collaborazione, se verrò eletto.»

«Uhn»

Vittoria. O, almeno, così pensava.

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«Reino-sama… deve firmare questo.» disse un gruppo di primini, comparendo alle spalle di Misaki.

«Cosa? Perché io? Fatelo fare a quegli altri scansafatiche!» Urlò Misaki, infilandosi le scarpe. Il consiglio studentesco, ovvero gli sfaticati, avevano passato la giornata ad inseguirlo, e ora gli toccava fare il loro lavoro?

«Perché è il segretario degli affari generali, e gli altri sono ancora bloccati sul tetto.»

Hiko si mise a fischiettare. Non era esattamente nei suoi piani rompere la serratura al punto che, dopo un’ora e mezza di scassinatura professionista, continuava a non aprirsi.

Un quarto d’ora sarebbe andato benissimo.

«Quella carica è solo onoraria.»

«Ma comunque ha l’autorità per autorizzare questo documento.»

«Ok, datemi quella cartelletta e facciamola finita.»

Uno dei ragazzini eseguì.

Misaki diede una rapida occhiata. Sembrava tutto regolare.

Ma, dalla sua prospettiva abbassata, Misaki otteneva una visione perfetta di dettagli a cui nessuno pensava.

In questo caso, muscoli del collo tesi.

Riabbassò lo sguardo verso la cartelletta. Il trucco c’era, bisognava solo scoprirlo.

Strappò via il foglio. Carta carbone.

Eliminò anche quella, mentre i primini diventavano pallidi.

Sotto c’era il modulo per candidarsi come presidente. Compilato perfettamente. Mancava solo la firma, che, guardacaso, si trovava in corrispondenza di dove avrebbe messo la firma nell’altro foglio.

Silenzio.

I primini diventarono ancora più pallidi.

Misaki sollevò la tavoletta.

Hiko capì, ed eseguì il chara change.

Le braccia di Misaki si abbassarono. Il ginocchio si alzò.

I primimi degluttirono, mentre il ragazzo buttava a terra i due frammenti.

«Siete troppo prevedibili. Ci rivedremo quando avrete inventato qualcosa di meglio.» disse Misaki, voltandosi. «Adieu.».

Non appena uscirono dal loro raggio visivo, Hiko sciolse il Chara change.

Istantantaneamente, Misaki crollò a terra tenendosi il ginocchio. «Hiko, io ti ammazzo.»

«Prima dovresti mettere su qualche muscolo, misachin…»

«Per schiacciarti bastano quelli che ho (il minimo indispensabile. Ve lo immaginereste con quella faccia e il corpo da palestrato?N.D.T.).»

«Per acchiapparmi, no.»

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Yume si accomodò elegantemente sulla ben poco ergonomica sedia.

L’assemblea stava per iniziare. “Finalmente” avrebbe “scoperto” chi era il presidente del consiglio studentesco.

Anche se non gliene fregava nulla e sapeva benissimo che l’ameba avrebbe vinto.

Ma, in fondo, era meglio delle lezioni.

Sui spuntò fuori dalla cartella «Yuume… perché dobbiamo stare qui a vedere quell’idiota fare la ruota?»

«Perché sono una brava studentessa.» Mormorò Yume, muovendo a malapena le labbra. Ultimamente stava diventando la sua specialità.

«Che pizza… dovremmo fargli cadere qualcosa sulla testa… movimenteremo il tutto e sveglieremo i tuoi compagni.»

Non aveva tutti i torti, perlomeno sui compagni. Il 100,1% dei compagni (lo 0,1 erano gli insegnanti) erano amplimamente nel regno di morfeo.

E, a dire tutta la verità, Yume sentì solo sino a “che”.

Sleeping.

Yume si svegliò mentre Hotogi annunciava i membri del consiglio studentesco.

Uhhh… Stavo dormendo così bene…. Dette un colpo alla borsa per svegliare Sui. Mi toccherà fare loro i complimenti per un mese... diventerà ancora più pavone… Sco-occiatura. Lo è anche dormire su una sedia… povero il mio collo… Sbadigliò Ho anche fame… Voglio carne.

«E ora, i membri del comitato disciplinare, eletti per raccomandazione del corpo docente.»

OCAVOLO. C’era anche questo!?

«Presidente: Hanazono Yume-san.»

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Capitolo 14
*** Capitolo quattordicesimo – Il giglio carnivoro condivide l’aiuola ***


Ok, ten è qua! E anche Ore wa (cosa più importante)!

Questo capitolo potrebbe essere leggermente meno scorrevole del solito: in genere prima lo scrivevo a mano poi lo ricopiavo al pc rifinendone la forma, ma questa volta ho deciso di scriverlo direttamente al pc.

Credo che non si noti molto, ma... Bè, almeno ho evitato le pagine e pagine di solo dialogo che a volte faccio.

Ai posteri (lettori) l'ardua sentenza.

Yume si tuffò sul divano, spostandolo di diversi centimetri.

Era domenica, ed era sola in casa. E lo sarebbe stata per molto.

Significava maratona horror splatter.

Si stiracchiò. Il suo unico problema era decidere se era meglio iniziare ad intaccare la sua scorta di merendine partendo dai popcorn o iniziare direttamente dalle patatine con extrapeperoncino.

Mentre si stiracchiava, afferrò le alette di pollo alla paprika.

Meglio andare subito al sodo.

Afferrò il telecomando del lettore dvd, preparandosi alla visione de “La nave in cui divenimmo lepri”.

E il campanello suonò.

I pensieri di Yume nel secondo successivo superavano decisamente qualsiasi splatter.

Spense la tv, e, senza la minima eleganza, saltò giù dal divano.

Andò a velocità relativamete normale verso la porta, lisciandosi la maglia.

Spalancò la porta con tutta la grazia di cui era capace, decidendo come mandare quel tizio aff… nel modo più gentile possibile.

Congelò.

Di fronte a lei, una marea di valigie.

E un mocciosetto dannatamente familiare inginocchiato e praticamente prostrato di fronte a lei, con sulla testa la sua irritante mosca. Nella stessa posa.

«C…»

Misaki alzò la testa. «Chiedo umilmente ospitalità.»

Yume seppe che la sua tranquilla maratona era finita.

----------

«Ok, vediamo se ho capito» disse Yume, tenendosi la testa. «Tua madre è tornata dall’estero.»

Misaki, seduto in perfetta seiza, con ancora Hiko fra i capelli nella stessa posa, annui vigorosamente.

Un angolo del cervello di Yume si chiese come la mosca non cadesse.

«Tu sei riuscito a scoprirlo grazie al servizio di intelligence privato che ti sei pagato con la paghetta.»

La testa di Misaki rifece lo stesso gesto.

«E sei fuggito perché ne sei completamente terrorizzato.»

«Anche Satana ne sarebbe terrorizzato.»

Yume si mise le mani in fronte. «Ok, questo è preoccupante.»

Misaki sgranò gli occhi «Ti stai preoccupando per mia madre che terrorizza Satana?»

«No, probabilmente anch’io lo terrorizzerei. È preoccupante che non mi sconvolga il fatto che la tua paghetta possa finanziare un intero servizio di intelligence, e che tu lo usi esclusivamente per evitare tua madre.»

«Lo uso anche per spionaggio industriale, per arrotondare.»

Yume lo guardò «Hai più cervello di quanto non mi aspettassi. E meno coscienza del valore del denaro.»

«…Più che paghetta, ho una certa percentuale delle aziende di famiglia, quindi…»

«Ti ricordo che stai implorando per avere un tetto sotto la testa, non ti consiglio di provocarmi.»

Misaki si zittì e guardò a terra. «…»

«Potresti andare in un hotel a dieci stelle e più, quindi perché sei qui? Non è che hai qualche strana idea tipo “voglio vivere in una minuscola casa plebea, mangiando poco saporito cibo plebeo e utilizzando prodotti di bassa qualità plebei!”?»

«Ho dovuto lasciare a casa la mia carta di credito. Ha il gps.»

«…»

«Misura di sicurezza.»

«Capisco.»

«Ti restituirò i soldi necessari al mio mantenimento.»

Yume sospirò, alzandosi dalla poltrona «Non è quello il problema, moccioso.» disse, dandogli un colpetto sulla fronte «Tu li puoi far fruttare meglio. Il problema è che non posso ospitare un ragazzo, anche se piccolo.»

«Capisco.» Misaki si alzò dalla sua poltrona. «dovrò chiedere a qualcuno dei miei com…»

«Non così in fretta.»

Misaki alzò la testa «Cos…»

«Vieni con me.»

----------

«Questi…»

«Yep, sono i miei vecchi vestiti. Hana non li ha mai voluti, quindi dubito che i miei se li ricordino ancora.»

«Quindi, io…»

«Yep.»

«Alla fine, mi concio da donna.»

«Hai altra scelta? Preferisci tua madre?»

«…» Misaki si morse il labbro. Aveva tre scelte, tutte pessime: rimanere lì e conciarsi da donna, chiedere ospitalità ai suoi compagni rischiando di venire conciato da donna e violentato nel sonno, tornare a casa dove la madre l’avrebbe utilizzato come bambola a dimensioni (quasi) reali.

Conciarsi da donna era il minimo. «D’accordo.»

«Allora vestiti.»

Misaki fissò Yume. Yume fissò Misaki.

«Hum?»

«Perché sei ancora qui?»

Yume portò entrambe le gambe sul letto. «Ci sarà certamente qualcosa da ritoccare, perciò rimango qui. È più veloce.»

«Non eri tu quella che ha urlato come una pazza alle terme?»

«Non eri tu quello che invece era calmissimo?»

Misaki divenne rosso all’improvviso «Una cosa è se succede per caso, una cosa è se qualcuno ti guarda spogliarti deliberamente!»

«Bah.»

Misaki la fissò male.

«Su, sbrighiamoci. Non ho intenzione di passare tutto il tempo a convincerti ad obbedirmi.» disse Yume, alzandosi.

Prima che Misaki riuscisse a capire qualcosa, si ritrovò a petto nudo.

«Bene, ora… vediamo di infilarti qualcosa di carino…» Disse Yume, sorridendo angelicamente.

O,bep.

Misaki si pentì di non aver fatto testamento.

----------

Misaki si fissò allo specchio. Odiava ciò che vedeva.

Yume finì di sistemare le spalle della maglia. «Nemico delle donne.»

A quanto pare, lo odiava anche lei. «Eh?»

Yume gli infilzò l’ago nella pelle «Se non capisci, o ti mancano gli occhi o il cervello.» gli afferrò il volto, girandolo verso di se «Propendo per la seconda.»

Misaki si liberò con un gesto brusco. «Sinceramente, tutto ciò che vedo mi rende nemico del mio ego, ma…»

Yume gli affondò nuovamente l’ago nella carne.

Colpendo accuratamente il nervo. «Spalle sottili! Pelle candida!» rigirò l’ago «Gambe che farebbero resuscitare un  bel po’ di morti!» tolse l’ago. Nessuna goccia di sangue fuoriuscì.«E tu che non fai niente per sfruttarli!»

«Non ho alcuna intenzione di sedurre uomini!»

Yume gli afferrò il mento da dietro e gli gli sollevò il volto «Sai, ci sono donne che hanno fantasie… particolari.» sorrise leggermente «E farebbero qualsiasi cosa per conquistarti e averti. Purtroppo per te, io non sono una di loro.» lo lasciò e si allontanò di un passo «Se avessi il tuo corpo, vivrei senza spendere uno yen.»

Ah, non è odio. «Bè, non mi pare che tu te la passi tanto male.»

«È diverso. Completamente diverso.»

«Non mi pare.» Misaki tentò di abbassarsi la gonna «Piuttosto… questa non si può fare più lunga?»

«Assolutamente no.» Yume afferrò una maglia dal mucchio sul letto «Forse dovrei aggiungerci qualcosa… Ci sono sostanziali differenze fra di noi: prima di tutto, taglia e conformazione. Tu sei un effemminato…»

«Hey!»

«… e io non sono meno androgina.» ripiegò la maglia, andando a prendere una scatola dall’armadio. «Il mio corpo è l’opposto del tuo, quindi, per quanto la materia prima sia bellissima, per risultare “adorabile e femminile” devo manipolare la percezione altrui. » la aprì e cominciò a frugarci «Invece, tu emetti l’aura “servimiadoramiamami” tranquillamente.»

«Non lo faccio apposta»

«Più la reprimi più tende a esplodere non appena la tua mente ha il benchè minimo cedimento.» tirò fuori un pezzo di stoffa «bè, potrebbe essere un interessante esperimento.»

«Cosa?»

«Tentare di avere un figlio con il tuo corpo (e conti in banca) e la mia mente.»

Misaki divenne rosso peperone.

Le labbra di Yume si allungarono in un sorrisetto «Il mio motto è “unire l’utile all’interessante, prendendosi anche il dilettevole”, quindi vedi di far crescere almeno una parte del tuo corpo sino a dimensioni decenti~» rimise il pezzo di stoffa nella scatola, prendendone un altro di un colore più vivo.

«Tu, perverti…»

«Non sono pervertita, aspiro solo alla creazione di un essere umano degno di avere i miei magnifici geni.»

----------

Misaki fu scaraventato sul divano.

Yume era ferma di fronte a lui, «Bene, moccioso, una singola cosa: se dici qualcosa di sbagliato di fronte ai miei, ti ritroveranno sciolto nell’acido.» ci pensò un attimo «No, in realtà non ti ritroveranno.»

Misaki borbottò un «Farò del mio meglio.»

«E vedi di sorridere, i miei proveranno immediata simpatia per te.» si buttò sul divano «Hime meno, ma lei odia chiunque sia collegato con me.»

«Avete un bel rapporto.»

«Meglio del tuo con tua madre, ragazzino. Avere una sorellona perfetta è difficile, e Hime non ha abbastanza cervello per reagire nel modo più conveniente.» si stiracchiò «Spero che ti piacciano gli horror, mocciosello. Ho già dovuto ridurre la mia maratona, non ho intenzione di perdermela del tutto.»

Misaki la fissò «Cosa vuoi vedere?»

«Secondo il mio progetto, volevo iniziare con “La nave in cui diventammo lepri”, ma penso che sia meglio per il tuo stomaco inizare da qualcosa più leggero… “Il crociato delle primule”.»

Lo sguardo di Misaki si fece ironico «Sono stato sul set, de “La nave”. Ho l’edizione (pezzo unico) con i commenti degli attori e del registra, e lo vedo una volta al mese.»

Yume sembrò impressionata «Almeno nei film hai gusti decenti, ragazzino. Non me l’aspettavo.»

----------

Misaki era sotto shock. Non poteva crederci.

Si aspettava da Yume la storia più perfetta e geniale del mondo.

Invece… La solita comune storia “i genitori stanno separandosi con molti litigi, quindi offriamole un posto tranquillo per qualche giorno”.

In realtà, non fu tanto la semplicità della storiella a stupirlo.

E in realtà, non era shockato. Era terrorizzato.

Perché era sul punto di credere alla storiella anche lui.

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