Un piano, un insegnante e un bacio.

di Sole_
(/viewuser.php?uid=100499)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** “Allora ci esci con me?” ***
Capitolo 2: *** Tra amore, torte e un nuovo matrimonio ogni giorno. ***
Capitolo 3: *** Left the Sound of Sunshine coming down. ***
Capitolo 4: *** Uscita a cinque. ***
Capitolo 5: *** Troppo. ***
Capitolo 6: *** Come due bambini. ***
Capitolo 7: *** Meraviglioso. ***
Capitolo 8: *** Primi momenti di felicità. ***
Capitolo 9: *** Look how they shine for you. ***
Capitolo 10: *** Wake it up, wake up the happiness... it's Christmas time. ***
Capitolo 11: *** Ehm... ***
Capitolo 12: *** Tra trigonometria e un letto rifatto: un progetto matto. ***



Capitolo 1
*** “Allora ci esci con me?” ***


Primo Capitolo.
Un piano, un insegnante e un bacio.
 
Ok. Uhm. Non so cosa mi è successo. Questa Fan Fiction è nata così, ascoltando River Flows in You di Yiruma. Per chi non lo sapesse, anche se lo reputo alquanto impossibile, era la prima possibilità per la ninna nanna di Bella, poi la Hardwicke –la regista di Twilight- ha optato per la Bella’s Lullaby che conosciamo tutti.
E basandomi anche un po’ sull’esperienza personale, solo per il carattere di Edward.
Be’ spero vi piaccia. E che vi vada di lasciare una recensione. Ci sono due opzioni: o lasciarla con OS, oppure –solo se mi direte che vi piace- continuarla, sperando di riuscire a scrivere un capitolo alla settimana.
Grazie a quelle che leggeranno, immenso grazie a quelle che recensiranno.
Mary
 
Primo Capitolo – “Allora ci esci con me?”
 
Casa Brandon.
Con Alice Brandon.
Check in.
Facebook.
 
Forse era veramente flippata, come diceva sempre Charlie. Forse davvero non era normale, giusto, stare ore e ore ad aggiornare il proprio profilo. Forse, ma lei era soltanto una sedicenne che non sapeva che fare.
Stava distesa sull’amaca fastidiosamente rumorosa. Si dondolava mentre –grazie al suo iPhone, regalo di Renée- registrava la sua posizione.
Poi aveva pigiato sull’icona di Safari ed aveva continuato a leggere la Fan Fiction da dove aveva sospeso. Quei Romeo e Giulietta erano così banali, tristi, pervertiti.
Potrebbe essere uno scritto di Jessica. Aveva pensato. Già, Jessica Stanley; quella ragazza aveva una particolare predilezione per il sesso, e per Bella -innocente ragazza- era una cosa talmente strana.
Mentre si perdeva nei meandri dell’animo umano –meglio noto come testa bacata- della Stanley, il suo cellulare emise il suono dolce –per Isabella-, quanto predefinito –per il resto del mondo non affetto da iPhonite acuta- che solo una notifica può avere.
Edward Cullen ha commentato la tua posizione.
Dopo aver letto quelle poche parole, il cuore le era schizzato nel petto. Aveva fatto su e giù, l’aveva sentito nello stomaco ed infine aveva sentito tutto quello che c’era -nello stomaco- mescolarsi fino a farle il solletico. Si mise a ridere, a ridere felice, ed ancora non aveva letto quello che le aveva scritto.
Prese il cellulare, che nel frattempo si era spento, e guardò la notifica.
Aspettami vengo a prenderti.
Ohhh. Viene a prendermi. Viene a prendermi.
No, aspetta! Viene a prendermi?! Bella era abbastanza confusa, beh, molto confusa.
Edward Cullen viene a prendermi? Edward Cullen, maestro di piano, ventisettenne, mi viene a prendere? Be’ Bella era più elettrizzata ora. Ora che aveva collegato.
Edward Cullen viene a prendermiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!
Era caduta dall’amaca, tanta l’euforia. Non si era fatta molto male, non fisicamente. Ma insieme a quella caduta le era venuta in mente qualcosa che l’aveva atterrita -beh, veramente a terra c’era già: no, non viene, scherza. È ovvio. Come potrebbe essere altrimenti?
“Bella? Bella? Isabella?” Oh no. Non è lui. Non è assolutamente lui, non farti pensieri strani.
Si era rialzata da terra, si era pulita i jeans ed era andata a vedere chi era. Lo stomaco  ancora in subbuglio, il cuore che faceva su e giù per il suo corpo –anche se non capiva come fosse anatomicamente possibile- mentre batteva aritmicamente e una vocina –quella della parte alla ricerca della favola principesca- che sperava ancora di scovare la chioma ramata del suo insegnante di piano.
Stava cercando di sbirciare da dietro le fronde dell’albero di pesco tanto amato dall’amica. La prima cosa che vide fu una Volvo. Una Volvo C 30. La sua Volvo C30?
“Bella?” è lui. Era lui, era la sua Volvo, e lei era così felice.
Il cuore lo sentiva rimbombare nella testa, nelle orecchie, nello stomaco. Sperava che almeno Edward non lo sentisse.
“Edward?” Era così felice che la fosse venuta a prendere.
Era elettrizzata. Dio, sembro Alice. Oh. Aspetta… Alice?
“E chi altri, aspettavi qualcuno?” Eccolo. È lui veramente. Potrebbe sembrare strano, ma fino a che non lo aveva sentito risponderle pensava fosse il frutto della sua fantasia.
È qui, col suo sarcasmo, col suo sorriso sghembo, con i suoi occhi verdi, verdissimi. È qui per me.
Era rimasta imbambolata a fissarlo e quando si era risvegliata, l’aveva trovato intento a guardarla con quel suo sorrisetto che tanto spesso la mandava in collera. Ma, in quel momento, la collera era l’ultimo dei suoi pensieri. Sì, perché il famoso sorriso sghembo di Edward Cullen era la cosa più eccitante che si potesse ammirare. Be’ Edward Cullen era la persona più eccitante che si potesse ammirare.
“Bella? Aspettavi qualcun altro?” E con questo le sue congetture sullo scoparsi –ragazza innocente fino ad un certo punto- Edward Cullen cessarono, per il momento.
“Uhm?! No. Certo che no! Come puoi pensarlo… Be’ veramente non aspettavo neanche te…” ma sei cretina? Ora penserà che non ti faccia piacere vederlo. Dio, Bella mi spieghi quanto sei stupida?
“Te lo avevo scritto su Facebook…” E vi presento Edward Cullen: ragazzo ventisettenne così sicuro di sé che pensa che tutti stiano ai suoi capricci.
Be’ ma a te piacerebbe anche, no? No. Aspetta, veramente lo fai già.
Odio quando hai ragione.
“Sì… sì è vero, ma…” non era neanche riuscita a finire la frase:
“… pensavi che scherzassi? Bella ma io non scherzo mai. Non quando posso rimediare un appuntamento con una ragazza carina come te.” Occhiolino.
No. L’occhiolino no.
Era già rossa d’imbarazzo da un bel po’, ma, dopo quell’occhiolino, le sue guance –beh, tutto il viso veramente- erano diventate di un rosso così acceso che Edward non avrebbe potuto non accorgersene.
“Scusa. Non volevo farti imbarazzare… Evidentemente non ti piacciono i miei complimenti.” Già Edward Cullen dentro la sua impertinenza aveva l’animo nobile di un principe a cavallo.
Dio. Lui non sa quanto mi facciano piacere i suoi complimenti.
Bella era in preda ad una difficile lotta contro il suo rossore.
“N..no. Tranquillo… è tutto ok.” Non era ok per nulla. Ma sperava che Edward ci cascasse.
Basta Bella! Adesso smettila di fare Alice nel Paese delle Meraviglie. Hai davanti agli occhi Edward Cullen che praticamente vuole chiederti un appuntamento…
…Tecnicamente se l’è preso.
Non mi interrompere! C’è Edward Cullen e tu gli stai davanti senza fare o dire nulla. Muoviti!
“Edward ma… che ci fai qui?”           L’imbarazzo aveva vinto, come tutte le volte che parlava, guardava o –anche solo- pensava ad Edward Cullen.
È così dolce quando arrossisce.
Edward allungò elegantemente –aggettivo che lo contraddistingueva in ogni suo movimento- una mano alla guancia di Bella, gliel’accarezzò e le sorrise, mentre vedeva l’imbarazzo della ragazza crescere sempre di più.
È sempre così dolce.
Il pianista era così affascinato da quella ragazzina tanto innocente quanto matura.
“Edward?” Cretino. Che ti metti a contemplarla mentre ce l’hai davanti?!
“Mhmh?” Smettila. Smettila di distrarti. Cazzo. Apri quella cazzo di bocca e parlale, non vedi che è in difficoltà?
“Perché sei qui?” Lei era confusa, lui di più.
Bene, e adesso cosa le dici? Lo vedi che non era poi una grande idea venire qui da lei? Eh? Perché non mi dai mai ascolto? Quanto mi fai incazzare!
Io penso che sia stata una grandissima idea venirla a trovare… non vedi quanto è bella? Mi mancava così tanto.
“Io.. Veramente… Non lo so.”
Dov’è l’Edward Cullen composto e sicuro di sé? Questo si chiedevano sia Bella che la coscienza dell’insegnante.
“Cioè… Sì. Certo che lo so: ti va di fare un giro?” Vuole. Fare. Un. Giro. Con. Me.
Ok, Bella. Adesso non andare in iperventilazione, grazie.
Mi piacerebbe così tanto ma…
“Oh. Ma io non posso. Cioè Alice. I suoi genitori. I miei. Non credo sarebbero d’accordo. Cioè… No. Non posso. Non posso abbandonare Alice. Anche se in questo momento sarà di sicuro con Jasper al telefono. No. Non posso. Io non sono indipendente. Poi tu sei così grande…”
Ok. Ora la bacio cosi la smette di parlare.
Non la puoi baciare.
Odio quando hai ragione. Però devo farla smettere.
“Bella, Bella. Calmati. Per favore. Stai calma. Stai straparlando. Basta. Poi vai in iperventilazione.” Lui non se ne era accorto, ma la ragazza sì. Lei sì che aveva sentito il tono di voce preoccupato del suo maestro di pianoforte. E aveva iniziato a farsi continue seghe mentali.
Ma… ma allora gliene frega di me. Non gli sono indifferente. È…
“Preoccupato per me.” A quel punto sì che il ragazzo si era accorto del tono che aveva assunto mentre parlava. E la sua coscienza gli aveva dato così tanto dello stupido che lui aveva deciso di farlo fino in fondo:
“Certo che sono preoccupato per te. Io ti… voglio bene.” La ragazza non si era accorta dell’incertezza alla fine della frase, perché se no avrebbe continuato con le sue seghe mentali fino a notte fonda, forse non sarebbe neanche riuscita a dormire. Si era fermata alle parole contenute: a quel “ti voglio bene” e ne era rimasta piacevolmente colpita, finché non si era accorta che quello stesso “ti voglio bene” -che l’aveva fatta sentire tanto felice, tanto amata- escludeva –a priori- un possibile “ti amo” futuro. Be’ questo era quello che pensava Bella.
Sentito che cosa ha detto l’isegnante? “Sempre ascoltare il coach!”; te lo dice sempre no?           Bene ascoltalo anche adesso. Subito. Inspira. Espira. Inspira…
…Espira.
Ascoltando la sua coscienza aveva continuato ad inspirare ed espirare per un bel po’ mentre Edward la osservava ancora pieno di preoccupazione fino a che non l’aveva guardata bene e l’aveva vista rossa in viso,
con i capelli disordinati, gli occhi lucidi ed aveva pensato a lei. L’aveva immaginata insieme a lui, distesa sotto di lui nelle stesse condizioni in cui era in quel momento. L’aveva sentita gemere il suo nome e a quel punto si era fermato per evitare inconvenienti fisici che gli avrebbero richiesto qualche momento nel bagno più vicino, magari insieme a Bella.
Anche no, Edward.
Continuo ad odiarti. Però adesso voglio vedere che fa.
“Bella… ma non è che devi darmi qualcosa?” aveva indicato la sua guancia con un sorriso pieno di divertita malizia.
Io continuo a pensare che tu sia solo un dannato stronzo.
Oh. Ma lo so. Cosa credi? Però vedi? È arrossita… l’ho già detto che ancor più bella quando arrossisce?
Sei schifosamente dolce.
No. Non è vero.
Sì che lo è.
No… Avrebbe continuato se Bella non l’avesse interrotto.
“Edward? Non capisco… cosa dovrei darti?”
Un bacio. Un profondo bacio con la lingua.
Smettila di fare il pervertito.
Ehi. Però è vero, voglio un bacio. Voglio il suo…
“… bacio sulla guancia.”
Era stato didascalico, ma Bella l’aveva capito lo stesso. Era da quando aveva iniziato il corso di pianoforte –all’età di tredici anni, età quasi troppo vecchia per iniziare a suonare- che il suo insegnante, appena la vedeva, le sorrideva e le chiedeva il suo bacio. Bacio che gli era sempre stato concesso insieme ad un sorriso speciale, solo per lui.
Lui che in quel momento stava aspettando il suo bacio. Perché, all’insaputa dell’altro, entrambi lo consideravano un momento loro, intimo.
Voglio il suo respiro fresco sulla pelle.
Ed in quel momento l’aveva sentito.
Voglio vederla indugiare, rossa d’imbarazzo sulla mia guancia.
Ed in quel momento Bella lo aveva fatto.
Voglio sentire le sue labbra morbide sulla mia guancia. Be’ penso che le vorrei sentire anche su qualcos’altro.
Ma a quel punto i suoi pensieri si erano bloccati –e meno male-, perché aveva sentito le labbra socchiuse di Bella sfiorargli innocentemente la guancia.
Dentro di loro c’era stato come un turbinio di sensazioni, di emozioni, che avevano fatto tremare le gambe a Bella e fatto disintegrare –per poco tempo- il cipiglio spavaldo di Edward.
Dopo il loro bacio si erano ricomposti e Edward le aveva posto la fatidica domanda:
“Allora ci esci con me?”
E con questo, Bella, possiamo anche morire.
Coscienza, questa volta devo darti ragione.
 
***
Vi aspettavate il bacio eh? No.
So che sono cattiva… ma il finale della Shot è aperto, non mi chiedete perché… è successo. Io non centro niente… vi prego non mi uccidete… ho famiglia.
 *non è vero.* Vi presento la mia coscienza. MaryDueLaVendetta. Detta anche The Revenge. ; )
 Dite che non può rimanere una shot eh? Penso anch’io… ma se non c’è qualcuno che la legge… che posto a fare? Quindi ditemi –sinceramente- se vi piace e se volete che la continui.
MaryCheFaGliOcchiDaGattoConGliStivali.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Tra amore, torte e un nuovo matrimonio ogni giorno. ***


Secondo Capitolo
Un piano, un insegnante e un bacio.
 
Ok. Lo so… avevo detto che avrei postato una volta a settimana, ma ho appena finito il capitolo è volevo che voi lo leggeste… ho anche pensato di lasciarvi uno spoiler e sentire che ne pensavate… poi mi sono detta che era una bastardata ed allora ho evitato. In questo capitolo ci sarà tanta Alice pazza. Forse ancora più pazza di quanto siete abituata a vederla di solito.
Adesso devo ringraziarvi. Voglio ringraziarvi perché già 255 visite per il primo capitolo mi hanno lasciata così: O.O
Nel senso… 255. Sono tantissime. Sono veramente… Non so parlare. :/
Poi ringrazio chi mi ha aggiunto nelle seguite –spero che questo capitolo vi piaccia-, chi mi ha aggiunto nelle ricordate –grazie davvero, pazza4ever - e chi nelle preferite. Se le seguite e le ricordate mi hanno lasciato senza parole –lo so, non si direbbe ; )- le quattro preferite mi hanno totalmente spiazzato. Davvero. 4. Io sono.. Dio. Grazie, grazie mille. Sarò che io sono molto selettiva, sarà che non mi ritengo esattamente brava a scrivere –se volete saperlo l’anno scorso ho preso 6, 6 ad italiano e solo perché non so scrivere-, sarà che… ma sono rimasta veramente bene, anzi benissimo.
E poi ringrazio: fabyp, vampirellawolf e Ary94 che hanno recensito, grazie mille a tutte e tre. Mi serviva il parere di qualcuno che non fosse di parte. Grazie davvero. : )
Il resto lo scrivo in fondo perché ho ancora qualcosa da dire e se lo dico ora vi rovino la lettura. : )
Mary.
 
Secondo Capitolo – Tra amore, torte e un nuovo matrimonio ogni giorno.
 
“Mi spieghi dov’ero io mentre accadeva tutto ciò?”
Alice. Alice Brandon. Ecco chi doveva ringraziare Bella se Edward Cullen le aveva chiesto un appuntamento. Perché se Alice non l’avesse invitata alla sua casa al mare a Port Angeles, non si sarebbe mai registrata in casa sua e quindi Edward Cullen non la sarebbe mai venuta a prendere.
Visto papà: sarò anche flippata, ma almeno mi sono rimediata un appuntamento con il mio insegnante di pianoforte. Ma questo non glielo avrebbe mai detto –a Charlie-, perché come minimo avrebbe prima ucciso Edward Cullen, magari dopo averlo castrato e poi l’avrebbe messa in punizione fino alla fine dei tempi.
“Bella? Capisco che Edward Cullen ti ha chiesto un appuntamento, però potresti anche dare un po’ di attenzioni alla tua migliore amica, eh!” Povera Alice. Nessuno la capiva. Lei aveva quasi una fobia. Lei odiava non sapere le cose.
“Sì, sì. Scusa Alice hai ragione tu. Come sempre.” Mai dare torto ad Alice Brandon, ti saresti ritrovata o ritrovato –le sue torture non guardavano in faccia nessuno- a doverle farle da facchino-barra-manichino per ogni capo che avrebbe voluto farti provare ed ovviamente comprare.
“Bella. Non mi hai ancora spiegato bene come è andata, però.” Aveva messo su un dolcissimo broncio molto alla Gatto con gli Stivali. Ma Bella aveva imparato a resisterle –ormai gli unici che non le resistevano più erano suo fratello, Emmett e Jasper, il suo ragazzo. Beh veramente anche Charlie, ma questo non dovrei dirvelo: lui è sempre il rispettabile Capo della Polizia: solo grazie al broncio di Alice, Charlie si era convinto a lasciare la figlia dall’amica.-
“Ma Alice, veramente io te l’ho raccontato già trecentosessantacinquemilioni di volte… Non…” Ma non era riuscita a finire la frase che subito Alice aveva iniziato a minacciarla:
“Oh, sai Bella, hanno aperto un bellissimo negozio qui vicino. Vende solo Dolce & Gabbana e Calvin Klein. Volevo andarlo a vedere il prima possibile.” So che per voi, forse, non è possibile considerarla una minaccia ma per Bella… oh per       Bella, quella era la minaccia più minacciosa che avesse mai sentito, beh fra le prime dieci, tutte ovviamente da parte di Alice.
“Ok, ok. Ho capito. Ho capito. Allora dopo che gli ho dato il suo bacio… ero così imbarazzata. Lui non fa altro che farmi sentire in imbarazzo. Dio. Davvero. Non sapevo che fare. Ero non rossa, di più. Alice… mi ha chiesto un appuntamentooooooooooooo.” Stava saltellando per la camera dell’amica tutta felice e tutta rossa solo al pensiero di cosa era successo il giorno prima.  
“Capisci Alice? Mi ha chiesto un appuntamento! Edward Cullen. Il mio insegnante di pianoforte. Aspetta, ma è legale?” Ecco in quel momento le erano venute alla mente tutte le paranoie da figlia del Capo della Polizia.
“Bella macchisenefrega. Scusa la legalità ti ha mai fermato dall’immaginarlo un appuntamento? No assolutamente no!”
E qui va aperta una parentesi sul lato caratteriale di Alice. Lei era un avvocato. Cioè. No. Non lo era visto che non si era ancora diplomata, figurarsi laureata. Ma aveva nel carattere la vena dell’avvocato. O avvocata. Perché “è giusto che le donne abbiano il nome appropriato per ogni cosa senza copiarlo dagli uomini. Siamo donne emancipate, noi!”. Beh, questa è Alice Brandon.
“Bene quindi adesso non pensare a tuo padre che castra Edward –perché so che lo stai pensando- e inizia l’opera.
Le ultime parole famose. Bella emise un gemito frustrato essendo perfettamente cosciente di cosa stesse andando incontro.
Erano solo le dieci e le ragazze avevano appena finito di vestirsi. Una –Alice- era completamente eccitata all’idea di dover preparare l’amica per l’appuntamento con la A maiuscola, forse più di quando si stava preparando per il suo primo appuntamento con Jasper.
L’altra –Bella, ma non credo ci sia bisogno di dirlo- era ancora stordita: i capelli da pettinare, lo spazzolino da poco infilato in bocca e poi:
“Bella, sai che t.v.b., ma hai delle occhiaie da far schifo.” È bella l’amicizia eh?
Ah. Dimenticavo: altra parentesi sulla strambezza di Alice Brandon. In quel periodo aveva deciso che parlare in essemmessesco –per dirla con le sue parole- fosse figo. Quindi appena poteva infilava qualche parola, non facendosi –nella metà dei casi- capire da chi l’ascoltava. Ormai Bella l’aveva imparato –il gergo di Alice- e le rispondeva come se parlasse normalmente.
“Oh. Ma grazie Alice. Anch’io ti voglio bene. Spero finisca presto questa tua fotta di parlare in essemmessesco.
“Ah. Ah. Bella è in. Come fai a non capirlo? L’ho sempre detto: te, di moda, nn ci cpsc nnt.
Ok. Ok. Questa volta mi rifiuto anche di provare a capirla.
“Alice… eh?” va bene volerle bene, va bene considerarla una sorella, ma quello non era capibile neanche da Bella.
“Non ci capisci niente… non era ovvio?”
“No, Alice, non lo era.” Quanto ti voglio bene Alice.
Bella ed Alice erano amiche dall’asilo. Erano di quel tipo di amiche che nascono insieme e muoiono insieme. Di quelle amiche che avrebbero fatto di tutto per l’altra, che non si sarebbero mai mentite, se non per fare una sorpresa.
Bella ed Alice si consideravano separate in culla. E così si comportavano: si contavano più facilmente le ore che non erano insieme che il contrario; pensavano alla stessa maniera: quello che pensava una arrivava all’altra e viceversa; si aiutavano in qualsiasi occasione e soprattutto si volevano un bene così grande che era incalcolabile.
Non tutti hanno la fortuna di avere un’amica come Alice, o Bella.
“Bene. Sai che prima non scherzavo: voglio andare davvero a vedere quel nuovo negozio qui vicino.”
Quel nuovo negozio qui vicino si era, quasi subito, trasformato in centro pieno di bei negozi e poi, ancora, in centro commerciale. Ad un certo punto Alice –già piena di buste, bustine e bustarelle- aveva tentato di far diventare quel centro commerciale in Seattle, ma Bella non glielo aveva permesso.
“No, via Alice siamo piene e credo di aver prosciugato il conto di Charlie di almeno due stipendi.”
“Va bene Bella. Oh. Guarda c’è Jasper.” E da qui la narrazione si interrompe perché gli aggettivi che Alice rivolse quel giorno –come tutti gli altri- al suo ragazzo sono seriamente irripetibili.
“Jasper? Jasper?” Quel poveretto, che non si accorse del folletto che lo chiamava, ebbe un brutto quarto d’ora, beh forse più di un quarto.
“Alice, amore mio.” L’amore che legava quei due rendeva la gente invidiosa. C’era chi era invidioso di Jasper che aveva al fianco quella gnocca stratosferica, scatenando la gelosia del ragazzo; c’era chi era invidioso di Alice che stava con quel figo della Madonna, cercando la propria distruzione, visto che Alice era molto meno pacifica del suo fidanzato e saltava al collo di qualsiasi ragazza –era capitato anche con qualche ragazzo- che lanciasse uno sguardo di troppo a Jasper.
La loro prima volta poi…
Quel giorno a scuola –precisamente all’ora di spagnolo- Alice aveva scritto a Bella un messaggio su carta. Dopo averla osservata scribacchiare con la sua scrittura svolazzante qualcosa, aveva poggiato lo sguardo sul foglio dove c’era scritto:
Jasper mi ha chiesto di sposarlo.”
A quelle parole Bella avrebbe tanto voluto sputare quello che aveva in bocca –per fare semplicemente un po’ di scena-, l’unico problema: non aveva –in bocca- niente da sputare.
Aveva allora ripreso il foglietto e ci aveva scritto con tutta l’agitazione che aveva in corpo:
“Alice, so che sei pazza. Ma non sapevo che avessi contagiato anche Jasper… mi spieghi cosa stai dicendo?”
Bella non riusciva a capacitarsi della pazzia dell’amica: era successo che avesse qualche idea un po’ più folle delle altre, ma non aveva mai detto qualcosa di così folle.
L’amica aveva guardato alla lavagna, aveva copiato su di un quaderno quello che c’era scritto, si era accertata di nuovo che il professore fosse intento a scrivere il verbo andare alla lavagna e, solo a quel punto, aveva ripreso il foglio e ci aveva scritto:
No, cioè veramente non è andata esattamente così. Ieri, gli ho chiesto di farlo, ti ricordi te ne avevo parlato, e lui mi ha risposto: “ma io voglio farlo da sposato.” . Tu non puoi sapere come mi sono sentita. Mi sentivo respinta, mi sentivo brutta. Così ho iniziato a piangere. Eravamo nel giardino di casa Hale –con Rosalie che poteva benissimo vederci- ed io piangevo mentre Jasper tentava di calmarmi. Ero così triste. Pensavo volesse lasciarmi. Ad un certo punto si è chinato, ha preso un filo d’erba…”
 A quel punto dovette girare il foglio, poi ridiede uno sguardo distratto al professore e continuò:
…Ci ha fatto un nodo, creando un anello e si è inginocchiato davanti a me. Io ero tipo: O.O
Ero emozionatissima. Sapevo cosa voleva fare, beh speravo volesse fare quello che pensavo.
Cmq mi ha preso la mano e mi ha detto: “Alice Brandon vuoi concedermi l’immenso onore di diventare mia moglie?”
Poi”
E si era dovuta per forza fermare perché il professore l’aveva ripresa:
“Signorina Brandon mi vuole dire cosa sta scrivendo?”
Bella sapeva che l’amica non faceva niente a caso: quella volta -molto furbescamente- aveva scritto gli appunti del professore per evitare di essere sgamata:
“Gli appunti prof?”
Il professore si era avvicinato per controllare, aveva visto il quaderno della Signorina Brandon perfettamente in pari e se ne era andato amareggiato.
A quel punto Bella le aveva mimato un “continuiamo dopo” che aveva chiuso la conversazione.
Quel dopo c’era stato. Durante l’ora di mensa.
Mentre Bella si stava divertendo a distruggere una mela, Alice le aveva raccontato dei piani tutta eccitata perché: “questo pomeriggio mi sposo!”.
Era seduta su Jasper che, con un sorriso ebete in volto, guardava la sua fidanzata –a tutti gli effetti- mentre esponeva ogni dettaglio di quel matrimonio.
“Allora sarà una cerimonia per pochi intimi: io e Jasper –per ovvi motivi- poi tu –che sei la mia testimone- ed il testimone di Jasper –che non mi vuole dire chi è.”
“Alice io davvero grazie. È bello sapere che sarò presente alle tue prime nozze.” Si sta comportando come se fossero vere, però glielo lascio fare: è felice e a me va bene così. Ed, evidentemente, va bene così anche a Jasper.
Bella li guardava ed –anche se si sentiva in colpa- era gelosa del loro amore. Erano così affiatati, così innamorati. Si cercavano senza volerlo.
“Comunque saremo in camera di Jasper, così appena voi –tu ed il testimone di Jazz- ve ne andrete, noi saremo liberi di farequellocheciva.
A quel punto fu impossibile per Bella non ridere: Alice era troppo esilarante. Anche Jazz rilasciò un risolino felice che lo fece trucidare dall’occhiata più assassina che Alice avesse mai tirato a qualcuno.
“Alice non c’è bisogno di dirlo con tanta segretezza, non siamo mica due spie in azione, perché tu non sei una spia del Presidente vero Alice?”
In quel momento si erano guardati così dolcemente che Bella aveva dovuto distogliere lo sguardo. Era un momento così intimo. Chiunque li avesse guardati avrebbe distolto lo sguardo. Tutti tranne Emmett. Il fratello di Alice era molto protettivo nei suoi confronti: si sarebbe alzato dal suo tavolo, avrebbe tirato un pugno assestato a Jasper e avrebbe portato via Alice. E questo per uno sguardo. Menomale che aveva undici anni  più di Jasper, e non andava al liceo da un po’.
Non vorrei fare la rompipalle ma…
“Mhmh..” Bella si era dovuta schiarire la gola più volte per far ‘si che si separassero.
“Bene. Allora ovviamente prima del matrimonio –quindi subito dopo scuola- ci sarà l’addio al nubilato. Saremo te ed io a casa mia a prepararciiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii” Aveva iniziato ad applaudire come una bambina, sempre più eccitata all’idea di sposarsi, all’idea di cosa ci sarebbe stato dopo.
 
Dopo due ore di preparazione nella quale Alice aveva preteso di “distruggere ogni radice di pelo superfluo ovunque si trovi.” in quel momento Bella aveva avuto paura dell’amica, paura che si era trasformata in terrore quando aveva sentito la fine della frase: “e questo verrà fatto anche sul tuo corpo.”        
In quel momento una risata diabolica era nata dalla gola di Alice. No, questo non è vero, il vostro narratore si diverte ad ingigantire i fatti.
Comunque dopo quelle due ore si erano ritrovate a casa Hale, in camera di Jasper mentre Alice sparpagliava petali di rose di ogni colore presente sulla Terra in giro per la stanza e nel frattempo cantava la marcia nuziale.
Bella aveva, da poco, iniziato ad aiutare Alice con i petali –“che sembrano non finire mai.” quando avevano sentito delle voci: una era sicuramente di Jasper, e l’altra…
Bella non può essere lui. Lo sai. È impossibile che Jasper abbia chiesto a lui di fargli da testimone.
Anche la sua coscienza parlava del matrimonio come se fosse una cosa vera.
Lo so che è impossibile ma sarebbe bello sper…
Si era fermata. E mentre continuava a pensare che fosse schizofrenica –perché “non è normale parlare con la propria coscienza.”- li aveva visti entrare.
Cioè, lo aveva visto entrare: gli occhi di un verde splendente, i capelli che sembravano così morbidi, le spalle larghe che si intravedevano da sotto la maglietta e poi –l’aveva lasciato per ultimo apposta, perché sapeva che non sarebbe riuscita a vedere nient’altro, poi- il suo sorriso. Il sorriso sghembo che tanto amava.
Era Edward Cullen, e lei era innamorata di lui.
 
***
Questo capitolo è uscito così. Non è neanche completo perché il flash back andava per le lunghe ed io i capitoli lunghi non li so gestire. Mi dispiace. Ma c’è Edward. Per tre frasi c’è Edward che sarà molto più presente nel prossimo che sarà ancora un pezzo di flash back e poi Bella che aspetta l’appuntamento. Forse ci sarà anche l’appuntamento, dipende da quanto lungo mi viene il resto. Lo so… blocco sul più bello sempre, ma non lo faccio apposta… da noia anche a me.
Bene. Ringrazio tutti. Siete degli angeli davvero.
Per il capitolo penso che lo posterò fra due tre giorni. Finché sono in vacanza posso fare quello che mi va. Poi dopo no. Sapete inizio il liceo e devo studiare. Quindi credo che posterò una volta alla settimana come avevo detto. Se però volete che inizi già da ora a postare così, ditemelo, non c’è problema.
Poi recensite? Sapete mi farebbe tanto piacere sapere quello che pensate, qualsiasi cosa. *Occhi da Gatto con gli Stivali*
Ah. Quasi dimenticavo –modo di dire, tengo particolarmente a spiegare questa parte-  il matrimonio di Alice a Jasper. Allora l’idea non è tutta farina del mio sacco: i genitori di una mia amica si sono conosciuti quando una aveva 14 anni e l’altro 17 ed ogni giorno si sposavano con degl’anellini, su di una panchina, non servivano loro neanche i testimoni. Era una cosa così dolce che l’ho voluta mettere. Non la trovate dolcissima anche voi? Quando questa mia amica me l’ha raccontato io ero così *-*
Poi, il prossimo capitolo in realtà sarà la seconda parte di questo.. quindi “tra amore, dolci e un matrimonio ogni giorno” ci sarà tutto. Perché in questo manca il dolce giusto?
Credo di aver finito.
*E menomale, ste poverine non leggeranno mai la tua nota chilometrica. Chiedi scusa!* vi ricordavate di The Revenge, vero? ; )
Quindi, prima che mi uccida vi chiedo scusa per la nota, che è veramente chilometrica, e me ne vado.
Penso che dovrò creare la mia pagina autore, voi che dite?
Mary.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Left the Sound of Sunshine coming down. ***


Terzo Capitolo
Un piano, un insegnante e un bacio.
 
Eccomi. Ok. Avevo detto 2/3 giorni e ne sono passati 4. Avevo anche pensato di mettervelo tra altri 3. Così, nel frattempo, andavo avanti, ma una promessa, è una promessa.
Però d’ora in poi davvero pubblicherò una volta alla settimana, perché fra scuola, canottaggio e catechismo il tempo per scrivere sarà veramente poco, e se voglio rispettare almeno la settimana, devo iniziare ad avvantaggiarmi.
Però, per scusarmi ho scritto ben 6 pagine di word piene, che adesso magari vi sembrano una merdina, ma che se vi dico che di solito ve ne propino neanche quattro… Ehhh, sono stata brava?
Comunque oltre alla lunghezza, qui ci sarà un po’ di Edward dolce dolce. Ed anche abbastanza pervertito.
Dentro vi ho messo anche una canzone; ascoltatela, anche se la conoscete, rende tutto più allegro.
Adesso devo ringraziarvi, perché cioè WOW (che si legge VOV e non UAU ;D ). 18 seguite? Ma siete sicure? 18. Voi non sapete come sono in questo periodo. Canto. Ballo e canto. Ed io di solito non lo faccio. U-U Poi ringrazio le tre ricordate. A questo punto vi chiedo una cosa: come le usate le ricordate? Cioè nella lista cosa infilate? Io personalmente metto tutte le ffs che ho letto e che mi sono piaciute, ma non quanto le preferite. Quindi ringrazio le preferite. Avete presente cosa significa che questa è la storia preferita di 7 persone? Quanta soddisfazione da? *-* Grazie davvero a tutte. Grazie mille.
Mary.
 Ahah. Scherzetto. Credevate davvero che mi dimenticassi di voi tre angeli che avete commentato lo scorso capitolo? Ma col ca…tubo. ;) Grazie davverissimo. Vi adoro totalmente. Grazie. Credo che vorrei mettere un cuore, ma va contro la mia morale, lo volete un cuore? O.o sono strana lo so anch’io. 
Mary.
 
Terzo Capitolo – Left the Sound of Sunshine coming down.
Dopo il matrimonio –che era consistito in uno sbaciucchiamento dopo lo scambio degli anelli- Alice aveva preso da parte Bella ancora molto scossa dalla vista di Edward Cullen in camera di Jasper:
“È stato fantastico, tutto esattamente perfetto, non trovi?”
Ma di che blatera il folletto?
Non lo so, Coscienza, non ne ho la minima idea.
“Alice ma...” checazzocifacevaEdwardCullencometestimonediJasper?! Dai Bella, so che ce la puoi fare.
“Era tutto esattamente come l’avevo sognato, sono stata brava… perché sai, io l’ho sognato: sia il matrimonio che il dopo.” Alice ti vogliamo tanto bene ma adesso non ce ne frega un caz… tubo di quello che hai sognato.
“Alice ma…” Cazzo. Bella. Parla.
“Ok. Ho capito… ponimi le tue domande.” Santa Alice.
“Ma… Edward… Jasper… testimone?” L’avevo detto che quando si parlava di Edward Cullen, Bella diventava confusa, giusto?
“Edward è il migliore amico di Rosalie: Esme e Carlisle sono migliori amici degli Hale da quando sono al liceo. E quindi –anche se hanno vari anni di differenza- Jasper ed Edward hanno legato molto, è stato quasi scontato per lui chiedergli di essere il suo testimone per finta.” Oh. Ora si spiega tutto.
“Alice. Ma… perché cazzo non me lo hai detto prima? Mi sarei preparata, cazzo. Scusa. Non volevo. Sono in tensione.”
“Scuse accettate. E te non ci pensi a me, comunque? Sono io quella che sta per fare l’amore per la prima volta.” Isabella Swan sei una stronza.
Coscienza, invece tu sei intelligente. Idiota ti sei data della stronza.
Ci ho dato della stronza.
Questo non toglie che tu sia un’idiota.
“Già, hai ragione Alice. Come ti senti?”
In quel momento si era immaginata pronta per fare l’amore con Edward Cullen e le sue guancie si erano fatte così rosse che nessuno sarebbe riuscito a non notarle. Nessuno tranne Alice che era elettrizzata all’idea di farlo con l’amore della sua vita. Perché era così che si consideravano –lei e Jasper: sapevano entrambi che quel primo matrimonio –uno dei tanti finti- avrebbe avuto un vero successore. Sapevano che si sarebbero sposati davvero prima o poi. Sapevano che non si sarebbero mai lasciati. Sapevano che quel giorno –quello del loro primo incontro- era stata la prima tappa della loro vita insieme. E fare l’amore era un altro tassello che si aggiungeva al puzzle della loro storia. Al magnifico puzzle della loro storia.
Bella, anche se non voleva, era gelosa dell’amore che legava Alice e Jasper.
Anche se adesso c’è Edward.
Bella… buongiorno. Edward non ti ama. Lo vuoi capire o no? Perché ti ostini tanto?
“Bella. Sono elettrizzata, non si vede?! Ma non mi interessa adesso, so che sarà perfetto, tu.. tu non stai bene. Lo vedo sai? Vedo che sei turbata, ed è tutta colpa mia. Volevo farti una sorpresa. Mi dispiace così tanto. Io… io pensavo che ti avrebbe fatto piacere, vedere Edward intendo. Oh. Non piangere. Tranquilla.”
Perché Bella non se ne era accorta, ma stava davvero piangendo. Perché la sua amica era la migliore. Stava per fare sesso per la prima volta –certo con una persona che amava e che la contraccambiava, ma è comunque una tappa importante nella vita di una ragazza, giusto?- e stava a preoccuparsi per la sua amica che era scombussolata per via di un ragazzo.
Bella sei la solita egoista… e pulisciti le guance che stai continuando a piangere.
Coscienza così non mi aiuti. Lo so che sono una stronza. Ma… Edward… Edward mi ha totalmente spiazzato.
Lo so. Ti ricordo che siamo la stessa persona.
Ah. Già. Dimentico le cose non importanti.
“No. Alice. Tranquilla non… fa niente…” Lo sai che non funziona se continui a piangere, lo sai vero?
Ah. Già.
“Tranquilla, davvero. Goditi il momento… aspetta, ultimo problema: come torno a casa?” Alice si era ricordata in quel momento che la sorpresa non era finita:
“Ehm… veramente non era calcolato che avresti preso così la notizia di Edward e quindi la sorpresa… ehm… deviandareinmacchinaconEdward.” Ah perfetto. Bella sorpresa del cazzo.
Ehi Coscienza. Anche un po’ meno incazzata, eh?!
Ma l’hai capito che vuol dire? Vuol dire che devi stare appiccicata –perché, per quanto sia bella la sua Volvo, è piccola- a Edward per un po’ di tempo.
Ed io non chiedo altro.
Allora ok.
Era totalmente sconvolta, Bella, ma era anche elettrizzata. Andare in macchina con Edward era di certo fra le prime cose da fare insieme a lui.
“Via Bella adesso esci, vai da Edward, che voglio fare una sorpresa al mio Jazzino.”
A quel punto si era girata verso l’amica e l’aveva vista. Da tutto quel pizzo nero –l’aveva sempre detto, Alice: “la prima volta che lo farò vestirò solo pizzo nero”- svettava una scritta: Victoria’s Secret. Unica marca di tutto l’intimo di Alice e di una parte di quello di Bella: quello più audace, mai usato, sempre e solo regalato dall’amica.
“Ok. Alice. Sei bellissima, stai tranquilla, Jasper ti ama più di qualsiasi altra persona, non farti prendere dall’agitazione. Ti voglio così bene sorellina.”
“Anch’io Bella. E grazie. Grazie mille. Adesso vai da Edward… e sfrutta il momento.”
“Ok.”
“Ok. Ma vai.”
“Già. Ciao Alice.” Si erano baciate, abbracciate, guardate negl’occhi: una –Alice- aveva gli occhi scintillanti d’amore e d’aspettativa, l’altra –Bella- aveva gli occhi pieni di incertezza, sarebbe dovuta andare in macchina con Edward e, anche se era felice di stare un po’ di tempo con lui, non sapeva cosa fare, dire. Una cosa però accomunava i loro occhi: l’affetto reciproco.
Si erano allontanate e Bella, stando attenta a non far vedere niente, era uscita dal bagno in cui Alice si era cambiata.
Aveva chiuso la porta, si era rigirata e si era scontrata contro il petto muscoloso di qualcuno.     Non voleva alzare la testa, non voleva fare una figura di merda, un'altra figura di merda, con Edward,  perché era certa che si trattasse di Edward: aveva inspirato, rossa d’imbarazzo, il suo dolce profumo. Non sapeva cos’era, non sapeva perché lo trovava così buono, doveva essere di una marca famosa perché l’aveva sentito anche addosso ad altre persone. Però aveva il viso ancora schiacciato sul suo petto e le braccia di lui strette intorno al suo corpo.
Aveva alzato lo sguardo, ancora rossa, Edward l’aveva osservata con quegl’occhi colmi di dolcezza e le aveva parlato:
“Ehi.” La voce di Edward era soffice, dolce e morbida. Era un soffio d’aria calda vicino a Bella.
“Ehi.” La risposta di Bella fu più un sussurro imbarazzato. Era rimasta shoccata –positivamente, ovvio- dal tono carezzevole della sua voce, sembrava gli fosse mancata. Non lo sapeva ma quell’intuizione era la pura e semplice verità. Già, perché Edward, mentre aiutava Jasper a calmarsi, aveva pensato solo alla sua Bella nell’altra stanza, dolce, intenta ad aiutare la sua pazza amica. E gli era mancata così tanto che la sua coscienza gli aveva dato dello “schifosamente dolce” per l’ennesima volta. Pensava di essersene infatuato, e la coscienza pur dandogli ragione gli ricordava che lui era troppo grande per quel piccolo fiore. Edward la odiava la sua coscienza, la odiava perché sapeva che aveva ragione, la odiava perché rovinava l’idillio di un’esistenza con la sua Isabella.
Ehi. Ma la smetti di guardarla come un affamato? Hai la bava alla bocca.
Io non ho la bava alla bocca. Però lei è molto bella.
Oh. Lo so. Lo vedo che è molto bella. Però ora parla. Aspetta, so che tanto  non lo farai, ma sono la tua Coscienza e come minimo ti devo suggerire la cosa: staccati da lei.
Ecco. Tanto lo sapevi già che non l’avrei fatto… che me lo hai detto a fare? Comunque adesso le parlo… Tranquillo.
“Andiamo? Sono riuscito da poco a convincere Jasper che può far l’amore con Alice perché lei è più che d’accordo e di sicuro non la sta obbligando.”
“Ok. Andiamo. Oh. Edward… no. Lascia perdere.” E lui aveva lasciato perdere perché aveva pensato che così l’avrebbe stretta ancora un po’ a sé. E Bella non ne era che felice.
Mi sta abbracciando.
Tecnicamente vi state abbracciando… non so se noti, ma hai allacciato le braccia al suo collo da un bel po’, sarebbe anche l’ora che vi stacchiate.
Uh. Finché non lo fa lui… io sto più che bene così.
Ok.
Edward. Se volete andare devi staccarti da lei.
No. Aspetta. Ancora un altro po’… mi è mancata così tanto.
Edward tralasciando perdere il fatto che non è giusto che lei ti manchi, devi staccarti.
Due secondi… ma petite fleur
Ok.
Dopo un po’ di tempo -forse un minuto e mezzo in cui non avevano fatto altro che stringersi e guardarsi- Bella aveva sentito le braccia di Edward staccarsi piano piano da lei e di riflesso aveva sciolto il nodo delle sue braccia dal collo di Edward. Si erano staccati, solo grazie al buon senso della coscienza di Edward, se no, non avrebbero disdegnato –nessuno dei due- stare ancora un po’ abbracciati: i loro corpi erano totalmente a contatto, Bella sentiva il petto di Edward alzarsi e abbassarsi e lui il seno della ragazza appiccicato al suo petto; entrambi –se si concentravano- potevano sentire il battito cardiaco dell’altro: Bella, ovviamente, era agitata ed il suo cuore pompava ad una forza incredibile, quello di Edward era leggermente più tranquillo, più composto, meno conoscente dei propri sentimenti, esattamente come il padrone.
Si guardarono e si sorrisero imbarazzati, mentre notavano uno negl’occhi dell’altra un luccichio diverso, avevano entrambi gli occhi lucidi: Bella li aveva lucidi d’amore –ma Edward questo non poteva saperlo- ed anche Edward li aveva lucidi d’amore; l’unica differenza? Lei lo sapeva –sapeva che lo amava-, lui ancora no.
“Bene… ehm… andiamo?” Il bel momento era stato distrutto dalla voce dolce di Edward… ma ancora un po’ di quella atmosfera era rimasta fra loro.
“Oh. Certo… lasciami solo prendere giacca e borsa.” Edward, che era già andato a prendersi il giubbotto prima di scontrarsi con Bella, le aveva porto il suo, insieme alla borsa. Già perché quando aveva notato che accanto al suo c’era quello di Bella, era stato naturale prendere anche la sua roba.
“Oh. Hai preso la mia roba… beh, grazie.” Ci pensa. Pensa anche a me. È bello dirselo.
“Già. È che l’avevo notato, e allora ho pensato che potevo prendertelo. Ma se l’hai considerato un gesto… non so… ficcanaso, mi dispiace. Non era nelle mie intenzioni.” Edward?! Un po’ più di sicurezza non farebbe male eh. Non sei mica Alice nel Paese delle Meraviglie.
Uhm. Già. Penso che tu abbia ragione.
So che ho ragione.
Si erano infilati i cappotti e poi con una mano di Edward sulla schiena di Bella si erano avviati verso la macchina dell’insegnante.
Il viaggio era passato in fretta, fra vari sguardi di sfuggita, fra sorrisi imbarazzati e poche chiacchiere incentrate sulla lezione di piano successiva.
Stavano discutendo di un nuovo pezzo alla radio quando Edward si fermò e spense il motore. Bella lo guardò prima confusa e poi, quando capii di essere alla fine del viaggio, triste.
“Grazie, Edward. Grazie mille, davvero. Senza di te avrei dovuto aspettare che Alice e Jasper chiudessero alla grande le loro nozze…”
Gran bel modo Bella per non dire che avresti dovuto aspettare i loro plurimi orgasmi, prima di riuscire a farti accompagnare a casa.
Oh. Ma grazie Coscienza.
“… grazie davvero.” Alla fine di quel discorso non sapeva che fare, come salutarlo.
“Oh, Bella ma io sono un ragazzo adulto… puoi dire sesso, davanti a me.” A quelle parole era diventata rossa di vergogna e di rabbia. Perché anche se adorava il sorriso sghembo di Edward, anche se amava Edward, quando la prendeva in giro lo detestava così tanto che doveva respirare profondamente varie volte prima di calmarsi.
“Sì, lo so, credo. Ma… so che non è solo sesso fra loro, quindi…” Bella stoccata, Swan.
Grazie, Coscienza.
Oggi mi ringrazi troppo, c’è qualcosa che non quadra.
Edward Cullen, per quanto fosse interessato a Isabella, era pur sempre un uomo, e si sa che gli uomini hanno necessità che le donne riescono a placare più razionalmente. A questo scopo c’era Tanya. Tanya Denali era la ragazza che organizzava le varie lezioni dei vari maestri alla scuola di musica, sì, diciamo che era la segretaria della scuola di musica.
Lei ed Edward non avevano una storia. Loro si usavano: quando erano incazzati, stanchi, o annoiati si cercavano e scopavano, perché non era altro quello che facevano. Solo sano sesso.
Edward era rimasto colpito dalla frase di Bella, c’era dell’acido nella voce, quasi gelosia, di cui però non aveva capito il motivo.
“Beh. Bella. Io dovrei andare, mi ha fatto piacere riaccompagnarti.” Bella era ancora combattuta sul come salutare Edward. Così molto bambinescamente gli aveva stampato un veloce, anzi velocissimo, bacio sulla guancia ed era scappata, nel vero senso della parola, dalla macchina del suo prof.
Lui le aveva sorriso senza neanche abbassare il finestrino, e alla velocità della luce aveva rimesso in moto e si era avviato verso casa sua.
Il sorriso sghembo aleggiava ancora fra loro.
 
“Bella? Bella? Bella? Ma che c’hai? Bella?” Era un po’ che Alice e Jasper la chiamavano, lì in mezzo alla gente del centro commerciale, anche abbastanza preoccupati. Jasper, vedendo che la sua ragazza si stava agitando più del solito, prese Bella per le spalle e la scosse con poca gentilezza.
“Uhm?” il mugugno di Bella aveva fatto ridere forte Alice che aveva smesso di preoccuparsi, aveva capito –anche se un po’ in ritardo- che l’amica si era fermata a pensare ad Edward e quindi fosse più che logico –per Bella, che sembrava vivesse in un mondo tutto suo- che si fosse imbambolata.
“Bella adesso sei con noi?” Jasper l’aveva mollata e poi con quel mezzo sorriso che faceva uscire di testa –più del solito- Alice, le aveva posto quella domanda.
“Uhm… sì sì… di che si parlava?” Bella era stralunata, rincoglionita. Aveva da poco perso la visione celestiale di Edward che le appariva Jasper che la scuoteva.
“Senti Bella… so che avevo detto che ti avrei fatta diventare la ragazza più bella dell’Universo… ma Jasper mi ha chiesto se mi va di andare a mangiare a casa sua… ha casa libera…”
“Oh. Ma Alice, tranquilla. Non c’è nessun problema.” Ed era vero. Nessun problema, perché per quanto ad Alice piacesse mettere in tiro le persone, Bella lo odiava, odiava mettersi in tiro, e soprattutto farsi mettere in tiro. Quindi il pranzo con Jasper, lei lo considerava un’assoluta botta di culo.
“Ok. Allora. Adesso ascolta attentamente. Il vestito è quello blu, le scarpe sono o le ballerine o i tacchi argento. Trucco e i capelli lascia stare: metti solo un po’ di mascara e pettina bene i capelli. La borsetta è quella argento. Non fare e mettere nient’altro di quello che ti ho detto, intesi?” Bella pensava che prima di arrivare a casa si sarebbe dimenticata metà delle cose, ma per evitare che Alice la chiamasse con la Webcam per dirle come vestirsi, aveva semplicemente annuito.
“Ok. Per la macchina: ti do la mia. Non me la distruggere.” Le aveva lanciato le chiavi e Bella, con la sua solita goffaggine, era riuscita a farle cadere.
“Questo mi dovrebbe invogliare a fartela fare a piedi, ma sono una buona amica, quindi… ora vai prima che cambi idea.” Aveva le chiavi e le settecentoventiquattro buste che aveva comprato. Adesso bastava solo ricordarsi dove avevano parcheggiato la macchina prima di quella tortura chiamata shopping.
“Ok. Ciao, e buon pranzo.” Aveva calcato bene su pranzo, sapendo benissimo che così avrebbero capito che aveva capito –il vostro narratore è un po’ contorto, oggi- e prendendo una rivincita verso Alice. Aveva fatto loro l’occhiolino –mentre notava il rossore che colorava anche il volto di Jasper- e se ne era andata.
Era tornata da un quarto d’ora abbondante a casa di Alice e all’appuntamento –perché le aveva chiesto un appuntamento con i fiocchi- con Edward mancavano ancora due orette. Si ricordava ancora come doveva vestirsi, il che era un miracolo: aveva lasciato le buste contenenti i vari capi, accessori e scarpe fuori mentre gli altri li aveva riposti –con una certa difficoltà- dentro la sua valigia.
Aveva acceso la televisione e messo su la CW. Stavano dando The Vampire Diaries –a Bella piaceva molto, era assolutamente per la coppia Delena-, l’unico problema era che aveva già visto quelle puntata. Così dopo aver fatto zapping fra vari canali aveva deciso che non aveva voglia di vedere la tele e si era rialzata.
Quasi per un riflesso incondizionato era andata in cucina, aveva aperto le ante e una cosa aveva attirato la sua attenzione: il Nesquik. Dopo la vista della scatola gialla, le era balenata in mente una figura: i Brownies. A quel punto era stato naturale tirare fuori il Nesquik e una ciotola. A Bella, piaceva molto cucinare, quando non sapeva che fare tirava fuori una ricetta –di solito al cioccolato: lei ed Alice erano molto golose- e si metteva a eseguirla, magari ascoltando i Muse o i Sunday Sheebs.
Quel giorno aveva deciso che era in vena di canzoni felici e aveva deciso di ascoltare Jovanotti. Bella si era innamorata di quel poeta, perché era così che lo considerava, ed era tutto grazie ad Edward.
Una volta era arrivata un po’ prima alla lezione di piano, e mentre passava per la stanza dove suonava aveva sentito una musica di sicuro non proveniente da un piano. Aveva aperto la porta e aveva visto Edward ballare, da solo. Era una canzone abbastanza scatenata, e lui –di riflesso- stava ballando –ok, decisamente Edward non era portato per il ballo- agitando braccia e gambe in modo decisamente buffo. Quella canzone era  The Sound of Sunshine.
Dopo un po’ non aveva resistito ed aveva iniziato a ridere. Edward si era girato di scatto, l’aveva vista: lì, bella impossibile mentre rideva –Sì. L’hai fatta ridere tu. E so che ne sei felicissimo. Ora, però, non fare troppe cazzate, ti prego- e le era corso incontro.
Poi le aveva sorriso –con quel sorriso tanto speciale che dedicava solo a lei- e le aveva fatto fare una serie di giravolte. Avevano ballato per vario tempo, sempre sorridenti, prima appiccicati, poi lontani. Edward aveva avuto varie volte l’impulso di baciarla, ma la sua coscienza, molto previdente, l’aveva bloccato ogni volta. Dopo la quinta volta che gli ricordava che lui era il suo maestro di piano e stava saltando la lezione, le aveva fatto fare un goffo casqué e le aveva detto che doveva iniziare la lezione. Bella pensava che quella parentesi sarebbe finita, ma in realtà l’atmosfera non se ne era andata ed il sorriso era rimasto sui loro volti anche mentre l’insegnante spiegava all’alunna la nuova sinfonia da imparare.
Quel ricordo felice era stato scritto da Bella, sul suo diario –lei era una brava ragazza, lei aveva un diario- e comunque aveva un posto d’onore anche nella sua mente: di pomeriggi felici come quello ne aveva passati pochi altri.
Quel ricordo l’aveva accompagnata mentre scopriva che mancavano cose di prim’ordine, come la farina ed il latte, per fare i Brownies; mentre andava a prendere le cose mancanti e un po’ di cose che aveva messo la Signora Brandon sulla lista e mentre tornava a casa.
Stava mescolando l’impasto dopo aver messo le uova mentre ballava a ritmo di musica –la stessa di quel ricordo, non era riuscita a staccarsene totalmente- quando suonarono al campanello. Era certa di non essere presentabile, ma sapeva che  le uniche persone che potevano suonare erano Alice o Lucy, la madre. Quelle due donne erano identiche: sia per carattere, che per sbadataggine. Riuscivano –ogni volta che uscivano di casa- a dimenticarsi le chiavi; varie volte si era ritrovata Alice davanti alla sua porta che le chiedeva diritto d’asilo, spesso accompagnata da Lucy.
Così si era pulita le mani su di un canovaccio ed era andata ad aprire.
L’unica persona che non si aspettava di trovare era Edward. Edward che aveva anche riguardato l’orologio perché pensava che fosse in anticipo. Invece no, era Bella quella in ritardo. Dopo aver placato lo shock del non essere pronta aveva visto Edward ammirarla. Era in canotta –che le lasciava più di una porzione di seno scoperta- e culottes. Era il suo pigiama.
Edward era totalmente scioccato. Lui no, che non l’aveva elaborato lo shock. Aveva fatto correre lo sguardo dai piedi, salendo alle caviglie –una aveva una cavigliera colorata con anche vari campanellini- continuando  fino alle cosce sode, aveva intravisto le ossa del bacino e delle anche, la pancia piatta, i seni pieni. Su quelli c’era rimasto per un po’ notando che non aveva il reggiseno e che aveva un’eccitante vista sui capezzoli appena accennati. Era passato più su al segno delle clavicole, al collo lungo e profumato. Era arrivato al visto: il mento carino; le labbra piene, rosse ed invitanti; il nasino piccolo e leggermente all’insù;  le guance rosse, rossissime di sicuro a causa del suo sguardo e poi quegl’occhi cioccolatosi, limpidi, imbarazzati –tanto imbarazzati-  e con qualcos’altro dentro, forse eccitazione? Edward non lo sapeva, ma Bella, Bella era certa di essere eccitata.
Bella era di quelle ragazze che avevano l’autostima praticamente inesistente. Quando qualcuno le faceva dei complimenti, cercava di sminuirli e però c’era una sua parte –quella più vanitosa, se la si vuole chiamare così- che era felice di riceverli, le servivano. Questo era uno di quei casi in cui lo sguardo di Edward non le faceva che bene. Aveva visto i suoi occhi verdi: si erano incupiti alla sua vista, e lei non era stupida: sapeva che quello era desiderio. Il solo sapere che era desiderata da Edward l’aveva tentata a buttarsi tra le sue braccia, ma non l’aveva fatto: la parte più ragionevole era riuscita a frenarla.
Edward dopo essersi fatto vari filmini in testa –che lo vedevano insieme a Bella ed un letto, a volte senza neanche il letto- ed aver pensato ad una vecchietta rugosa e nuda nel suo letto per evitare una erezione visibile, aveva aperto la bocca per parlarle –grazie ad un intelligente consiglio da parte della sua Coscienza:
“Ehi.” Le aveva sorriso. Gli occhi ancora incupiti.
“Oddio. Sei tu. Ed io sono ancora infarinata. Cazzo. Senti, adesso io stavo facendo i Brownies, se aspetti li inforno e mentre li controlli –ti va di controllarli vero?- io mi vado a fare la doccia e poi andiamo via. Scusa. Scusa. Scusa. Ho perso tempo.” Edward non l’aveva neanche vista la farina, ma adesso che ci aveva fatto caso, aveva avuto il quasi irrefrenabile desiderio di portarla in un letto, perché -vestita così, con i capelli totalmente incasinati in quella coda fatta di fretta, il viso ed il resto del corpo infarinato- una fitta di dolce desiderio l’avevano travolto.
“Bella è tutto ok. Ora andiamo in cucina così finisci il dolce e poi appena cotto ce lo portiamo dietro… adoro i Brownies. Ehi…” mentre si stavano avviando verso la cucina evidentemente aveva sentito cosa c’era allo stereo:
“…Ma questo è Jova. Left the Soooound of sunshiiiine coming doooown…” Edward non era capace a ballare, ma a cantare, oh, quello lo faceva benissimo.
Aveva preso le mani di Bella e si era messo a ballare: scuoteva la testa, ondeggiava le braccia, saltellava sui piedi e, soprattutto, sorrideva.
Poi avevano iniziato a ridere e Bella si era appoggiata al suo petto continuando ad agitarsi ed a cantare.
“E’ bello il video vero? Oltre a Jova e l’altro ci sono quei due ragazzi, è molto dolce il video.” Ed aveva guardato Edward. Non l’aveva fatto apposta, ma quel video le ricordava un sogno fatto con Edward, molto simile.
“Già, sono molto dolci quei due ragazzi.” E l’aveva abbracciata stretta mentre la canzone finiva con quei “uhuh uhuh uhuhuhuh”. Entrambi stavano pensando all’altro senza che lo sapessero.
“Adesso vai a cambiarti, io finisco di intagliare ed infornare.” È dolce.
Molto.
Già.
Già.
Lo stesso discorso fra persone e coscienze diverse.
“Mi devo fidare?” Lui le aveva fatto l’occhiolino e l’aveva spinta dolcemente verso le scale.
Bella aveva realizzato -solo in quel momento- che stava per uscire con Edward.
 
***
Ok. Ci sono.
Prima di tutto: piaciuto il capitolo? Che ne dite di dirmi che ne pensate in una recensioncina? Tipo: Bello. O Brutto e basta. Non vi chiedo neanche di firmarla. Solo per sapere che ne pensate.
Poi: devo alzare il rating? Tipo Giallo? Non so. Magari il verde non va bene… ditemi che ne pensate ok?
Poi ancora allora nel capitolo parlo di The Vampire Diaries: è una serie di vampiri americana, a me piace e quindi –sapendo su che canale la danno in America- l’ho sfruttata. Poi Delena: in questa serie ci sono tre personaggi principali Elena Gilbert, Damon e Stefan Salvatore e c’è chi è per la coppia Stelena (Stefan e Elena) e chi per Delena (Damon e Elena). Visto che io sono Delena –adoro Damon: sia come fisico (Ian Somerhalder è un gran figo *supersbav*) che come carattere- ho detto che Bella è Delena.
Poi i Muse credo che li conosciate tutti, mentre i Sunday Sheebs presumo che non li conosca nessuno. Ho fatto pubblicità occulta. I Sunday sono un gruppo di ragazzi che conosco che io reputo molto bravi, mi piacciono davvero. Ok questa è la pagina su MySpace.
Poi c’è Jova. Io amo Jova, e la nuova canzone è molto bella ed allegra. Così anche se non è realmente possibile che in America sia il cantante preferito di qualcuno l’ho fatto diventare quello di Edward. ;)
Poi c’è Lucy. La madre di Alice non è mai stata nominata in nessun libro è quindi non avendo internet oggi pomeriggio –la 3 ha deciso che doveva far manutenzione a qualcosa :/ - non ho potuto cercare e ho deciso per Lucy dopo averla varie volte chiamata Signora Brandon pensavo fosse il minimo trovarle un nome. :)  
Poi la descrizione del corpo di Bella… esagerata? Io mi sono solo immedesimata –grazie anche ad un mio amico ;) – in un ragazzo e così… Penso sempre di più che debba alzare il rating eh?!
I Brownies. IO CREDO CHE POTREI SPOSARE QUALSIASI UOMO FOSSE CAPACE A CUCINARLI. La signora delle pulizie che viene a casa fa i più buoni Brownies di tutto l’Universo.
I momenti dolci fra Ed e Bella? Il mio Ed assomiglia molto ad un mio amico… quindi se è pazzo, non è colpa mia.
Adesso io vi prego, vi prego, vi prego: me la lasciate una recenzioncina? Eh? *Occhi da gatto con gli stivali nella sua posa migliore*
Mary che vi vuole tanto tanto bene –è vero. E’ strano ma a volte leggevo che le autrici volevano bene alle lettrici e dicevo: “no, è una stronzata. Non è possibile voler bene a qualcuno che non si conosce neanche.” Ma invece non è così. Cioè davvero io vi voglio tanto bene. E non dico le cose che non penso, quindi credetemi ;) – e che fa anche la ruffiana, vi saluta.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Uscita a cinque. ***


Quarto Capitolo
Un piano, un insegnante e un bacio.
 
Ok. Ci sono. Lo so faccio totalmente schifo. Sono passati 15 giorni dall’ultimo aggiornamento, ma come sapete ero senza computer perché si era rotto il trasformatore, che sono andata a comprare solo ieri.
Poi vi avevo scritto che avrei completato il capitolo ieri, ma non ce l’ho fatta perché ero totalmente morta dal sonno. Poi stamattina ci siamo svegliati e non c’era il latte così dopo esserci vestiti e lavati siamo andati a fare colazione al bar e poi siamo andati a messa. Tornata dovevo apparecchiare e poi quello stronzo di mio babbo ha deciso che me ne sto troppo per i fatti miei e mi ha tolto il pc, poi ha deciso che ci volevano 5 persone per attaccare una fottuta televisione al muro ed infine dopo che ha rotto il cazzo perché mangio compulsivamente (?) la cioccolata, mi ha ridato il pc. E così ho scritto il capitolo. In realtà avevo gi scritto una parte ma l’idiota staccandomi il pc non l’ha rimesso in carica e si è spento facendomi perdere la parte già scritta.
Questa è la mia giornata. E lo so che non c’è una scusa valida perché vi ho abbandonato, ma perdonatemi. Lo farete vero? E lascerete una recensioncina vero vero vero?
 
Quarto Capitolo – Uscita a cinque.             
 
Aveva appena finito di farsi la doccia e di avvolgersi in un asciugamano, quando sentì un leggero bussare alla porta del bagno. Poteva essere solo Edward, così –per evitare qualsiasi imbarazzo- non aveva aperto la porta e gli aveva parlato:
“Si?”
“Bella, sono Edward… ehm, senti lo so che ti ho detto che ti dovevi fidare ma… ehm… il forno a casa della mamma non è uguale a questo e quindi… ehm… Dio, sembro stupido… ehm comesispegneilforno?” Bella, a quelle parole non aveva potuto far altro che ridere, perché Edward in imbarazzo non l’ho mai visto.
“Oh. Tranquillo ora esco. Ti serve qualcos’altro?” Bella era ancora interdetta: non capiva come mai Edward fosse in soggezione, di solito era lei quella imbarazzata dei due. Ma Edward, Edward era più che al corrente del perché fosse imbarazzato: aveva immaginato Bella sotto la doccia, ed anche se era stata una più che bella visione, non era stata una grande idea: l’inconveniente tanto involuto era arrivato e la sua erezione era ben visibile.
“Ehm. Veramente dovrei venire…” Sì. Edward venire sarebbe l’idea migliore.
Ehi. Non mi hai fatto finire la frase.
Il succo è quello no?
Forse.
“… in bagno.” Bella –pur avendolo sentito titubare- non aveva capito il suo vero bisogno. Pensava che dovesse fare la pipì, non pensava che lui avesse quel problema. Allora uscì dal bagno, stretta nell’asciugamano blu –sembra che il blu sia il colore della serata-, gli sorrise facendogli spazio per farlo entrare e scese di corsa le scale per andare a salvare i Brownies.
Edward aveva avuto una visione: Bella -con quel sorriso innocente e quell’asciugamano corto, troppo corto- era fra le persone più eccitanti che avesse mai visto. Si era girato –riflesso incondizionato. Di chi è la colpa? Della natura che lo ha fatto uomo- e si era imbambolato a guardarle le gambe lunghe totalmente scoperte alla sua vista, la parte coperta dall’asciugamano –che non lo aveva fermato dall’immaginarla, la parte coperta- e i capelli che scuoteva –facendoli sgocciolare per tutto il tragitto- mentre correva per salvare quei magnifici –almeno quanto lei- Brownies.
Poi si era rigirato, era entrato in bagno e –dopo aver fatto pipì- aveva iniziato a pensare alla solita vecchietta nuda distesa sul suo piano.
Questa sì, che è una visione ammazza-erezione.
Oh. Puoi dirlo forte Coscienza. Ora torniamo giù, però. Bella potr…
Ma non era neanche riuscito a finire il pensiero che aveva sentito la ragazza urlare:
“Ma porca di quella puttana di una zoccola…” E avrebbe continuato se Edward non l’avesse fermata con il suo solito commento:
“Parla bene, Bella!” Le aveva urlato dal piano di sopra, ancora intento a riabbottonarsi i Jeans.
“Cazzo, Edward non ti ci mettere anche tu. Forno del cazzo. Fanculo.” Ma come cazzo siamo riuscite a scivolare?
Coscienza… porca che male… so che di solito sei tu quella che fa capitan-ovvio ma hai presente: acqua + corsa non è una grande idea.
Uh. Già. Bella sei un’idiota.          
Coscienza. Oggi sei più stupida del solito. Ti sei data dell’idiota, cretina!
E allora te ti sei data della cretina, stupida.
E allora te…
Possiamo smetterla? Non mi sembra esattamente furbo battibeccare con la propria coscienza.
Uhm devo darti ragione.
Ma io ho sempre ragione.
Sì, sì, certo.
“Bella? Sto scendendo.”
“No.” Non aveva neanche pensato a quello che diceva. Ma era stata una grande idea dirgli di no: il suo morbidissimo e adoratissimo asciugamano blu si era aperto durante la caduta lasciando il suo corpo in bella vista.
“Come no? Ma che dici.” Mi sta facendo incazzare. Ma porca. Mi fa male ok?! Se gli dico di non scendere, non scenda. Cazzo.
Brava il cazzo ci stava molto bene.
Non rompere anche tu.
“Edward, se ti dico di non venire, non venire.” Il tono era abbastanza arrabbiato, impossibile da non comprendere.
“Ma che c’hai?” Impossibile per qualsiasi persona che non fosse Edward Cullen.
“Aspetti un secondo solo? Uno.” Nel frattempo aveva cercato di alzarsi, ma con un gemito di dolore aveva capito che non ce l’avrebbe fatta da sola, così fece l’unica cosa che non richiedeva l’aiuto di Edward. Beh, veramente le sarebbe piaciuto che l’aiutasse, ma a togliere l’asciugamano, non a rimetterlo.
Quando decise che l’asciugamano era rimesso abbastanza apposto –e ebbe distrutto ogni fantasia di lei ed Edward nudi in cucina- lo richiamò, se si può considerare un “Ed” -molto sofferente- un richiamo.
Lui schizzò verso la cucina appena sentì quel lamento e quando la vide in terra con le lacrime agl’occhi e i capelli totalmente in confusione gli venne da ridere, ma subito dopo si pentì, evidentemente Bella si era fatta male. Le si era chinato accanto, preoccupato sì, ma non troppo apprensivo, non era nel suo carattere.
“Bella? Ma che hai fatto?” Ora riderà di te. Goffa di una ragazzina.
Riesci a stare per un quarto d’ora zitta, Coscienza del cazzo?!
“Ed…” un altro lamento. “E’ tutto ok…” un corno ok! “… Devo solo alzarmi.” Ed aveva ritentato a farlo, ma mentre le scendeva una lacrima si era lasciata cadere di nuovo a terra. Così Edward, vedendola in difficoltà, l’aveva tirata su stando ben attento a non far aprire l’asciugamano.
L’aveva distesa sul divano e l’aveva guardata: era tutta rossa –sicuramente è mooooolto incazzata-, bellissima coperta solo dall’odioso asciugamano blu.
“Bella ma cosa ti sei fatta?” Edward –per quanto fosse intelligente- quella sera era abbastanza rincoglionito. E  non era una gran cosa.
“Ed, tesoro, non la vedi la caviglia gonfia? Sono scivolata ok?” Bella era molto più acida del solito, ma tutto perché sapeva che l’appuntamento sarebbe saltato. Non riusciva ad alzarsi, come poteva camminare?
Cazzo. Ma perché? Aspetto questo momento da quasi due anni, e adesso cado? Ma ce l’hanno con noi? Cheppalle.
“Bella. Vuoi stare calma? Adesso se mi dici dove posso trovare il ghiaccio, te lo porto.”
Edward è dolcissimo, la smetti di trattarlo male?! Ti avrebbe potuto mandare a fanculo diretto ed invece è qui che sta ancora cercando di curarti.
Eh. Lo so ok? Ma che cazzo. Uhm. Perché mi gira così male? Porca miseria. Fanculo. Cazzo. Cazzo. Cazzo.
Ti sei sfogata abbastanza?
Uhm. Forse.
“Scusa Ed. E grazie per non avermi ancora mandato a fanculo.”
“Ci sei andata vicino lo sai, vero?” Ecco quello che adorava di Edward Cullen: era tremendamente sincero, in qualsiasi caso: se ti vedeva ingrassata, te lo diceva; se non gli piacevi con il nuovo taglio, te lo diceva; se gli stavi antipatico, te lo diceva. Poteva essere un atteggiamento irritante –e per molti lo era- ma Bella lo trovava solo perfettamente vero. Lo amava anche per quello.
“Ok. Ora dimmi dove ti fa male.” Aveva iniziato ad toccarle dolcemente la gamba, e Bella sarebbe stata anche felice di abbandonarsi alle carezze dell’insegnante, ma un terribile pensiero le aveva riempito la mente:
ma se sente i peli?
Bella, ti ricordo che li hai fatti prima dentro la doccia.
Ugh. Già.
E allora si era tranquillizzata e si era beata le carezze dolci di Edward, credo che sospirò varie volte evitando di farsi sentire, finché non sentì un dolore acuto espandersi dentro il suo corpo fino a farla urlare. Quell’urlo Edward lo prese per: “è qui che mi fa male.”, le accarezzò dolcemente il viso e contemporaneamente riabbassò la gamba.
“Ok. Adesso ti porto di là e vado a prendere il ghiaccio ok?” Così l’aveva presa in collo –una mano a reggere le spalle e l’altra nella piega delle ginocchia- dopo averle sistemato un lembo di quell’odioso asciugamano blu.
Se non fosse per quell’asciugamano le saresti già saltato addosso.
E chi ti ha detto che io non voglia farlo?
Ma io so che vuoi farlo, ti sto dicendo che non devi.
Sei un rompicoglioni.
Lo so.
So che lo sai.
Ed io so che tu sai che io lo so.
Ok… Basta.
L’aveva distesa sul divano cercando di non pensare che fosse totalmente nuda sotto –con scarsi risultati- ed era andato a cercare il ghiaccio.
Bella sei nuda.
No. Ho questo cazzutissimo asciugamano.
Sotto sei nuda.
E allora?
Che ne pensi di andarti a vestire?
Ne penso che sarebbe una grande idea se riuscissi a camminare.
Dovrai farti aiutare da Edward.
Oppure potrei rimanere così.
Siiii. Bella. Ma certo. Cosa vuoi fare esattamente questa sera? Perché –non so se hai notato- ma non puoi camminare.
Ma se te l’ho fatto notare io…
Appunto. Il che significa?
Cos’è una domanda trabocchetto?
No assolutamente no. Se non puoi camminare come fai ad uscire?
Giààààà. Ottima intuizione Watson.
Ehi sono io quella intelligente delle due, voglio essere io Sherlock.
Non se ne parla. Tu sei la mia Coscienza, quindi io sono Sherlock e tu Watson.
Cheppalle.
Già.
Comunque che pensi di fare stasera? Oltre a farti vestire da Edward.
Ah-ah. Niente filmini. Non ti azzardare.
Guarda che sei tu quella che si fa i filmini.
Hai iniziato tu.
No. Tu.
Sappiamo entrambe che hai iniziato tu.
Ok. Anche basta, Bella.
“Bella ho trovato il ghiaccio!” Edward rientrò esultante con le braccia che innalzavano il cencio che conteneva il ghiaccio e facendo ohhh ohhhh stile stadio.
Bella gli aveva sorriso divertita e grata ad Edward per averla aiutata.
Mi spieghi cosa avrebbe potuto fare?
Non lo so. Prendere ed andarsene.
Ma ti ascolti quando parli?!
Mh. Ok. Forse ho detto una stronzata.
Penso anch’io.
Si erano chetate subito: Edward le aveva appoggiato il ghiaccio sulla caviglia che continuava a gonfiarsi, ed il ghiaccio era molto… ghiacciato. Bella emise un sospiro che esprimeva tutto il dolore e si era accoccolata al petto di Edward che nel frattempo si era seduto sul divano.
Bella stava cercando di abbassare l’asciugamano –il terzo incomodo- ma più copriva le gambe, più scopriva il seno. Edward per non ritrovarsi ad avere una Bella completamente nuda fra le braccia aveva allungato una mano all’asciugamano per ritirarlo verso l’alto. Ma evidentemente  non aveva fatto per bene i conti perché invece di afferrare l’asciugamano che continuava inesorabilmente a scendere, aveva sfiorato il seno della ragazza. Una scossa aveva attraversato entrambi. Bella aveva sentito un brivido nascere dal punto in cui si erano sfiorati che era arrivato al basso ventre ed Edward era totalmente sconvolto da quello che aveva fatto.
Respiro profondo.
Ok.
Un altro.
Ok.
Va bene ora?
Assolutamente no.
Ed eccole: quarto e quinto incomodo –l’ordine potete sceglierlo voi-, le loro coscienze.
Quello sarebbe stato un lungo, lunghissimo appuntamento.
 
***
Allora che ne pensate? Piaciuto? Anche se il capitolo è corto, non il più corto ma fra i più corti e dopo avervi fatto aspettare così tanto non avrei dovuto scrivere una cacatina del genere? Ma l’ho fatto per evitare di rovinare il momento clue –sì il prossimo è il famoso bacio, forse. ;)- quindi chiedo perdono.
Allora adesso ringrazio tutti perché questa storia è seguita da 40 –e dico 40- fantastiche ragazze che mi hanno aspettato fino ad adesso. Grazie davvero.
Poi grazie enorme alle tre ragazze che ricordano la storia e un grazie grosso quanto tutto l’Universo alle 12 –ma voi siete sicure? No, perché io non sarei molto sicura di una cosa del genere, fra le preferite? 12? Ma davvero? Io cioè WOW- che hanno messo la mia storia tra le preferite.
E grazie a voi: pazza4ever, paride e ary94 per aver commentato l’ultimo capitolo. Grazie mille davvero. Io non so cosa farei più di voi. È bello che qualcuno abbia voglia di recensire quello che scrivo. *-*
E in più grazie ad Alliee e Enya_Lylian Mortensen che hanno commentato il primo capitolo, anche se l’avevo già postato.
Grazie infinite a tutte. Siete speciali per questo progetto.
Se vi va ditemi cosa ne pensate di questo capitolo ok? Aspetto le vostre recensioni. :)
Nel frattempo si rintana in un angolo… ‘N è vero, vado a fare la doccia. ;D
Mary.
Ps. Che ne pensate del nuovo font?

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Troppo. ***


Quinto Capitolo - Troppo.
Un piano, un insegnante e un bacio.
 
Eccomi, eccomi. Questa volta ci sono, visto? Sono brava? Eh? Eh?
Allora prima di tutto: ciao, mi chiamo Maria Sole, e ho resistito al primo sabato a scuola della mia vita.
*applauso di incoraggiamento*
Grazie, grazie troppo buoni.
Poi è da esattamente 4 giorni che sono al classico. Per adesso non è niente di così “Oh, cazzo, il classico. No, si studia troppo.”, per adesso. :D
Poi ho scoperto che so tradurre in latino una frase tipo: “la fama della ragazza è degna di invidia.” Cioè, dopo 4 giorni! Non siete stupite?!
*No, ne può fregar de meno, a loro.*
Oh. Non c’è bisogno di smorzarmi così, eh.
E poi mi sto sentendo molto figa perché i miei amici fumano ed io nahhhh. Non vi sentite fighe insieme a me? So che è triste da dire però a 14 anni la maggior parte delle persone fuma, cioè almeno a Firenze, poi non so da voi, di ovunque siate. :)
Passando al capitolo: leggete e ditemi. Io non so che dire, se non che tutto quello che è stato scritto è grazie a questa canzone. La canzone non ci azzecca proprio, però io li adoro (e poi c’è il batterista che è un figo mostruoso *-*) e mi ha aiutato tanto nella stesura del capitolo, ascoltatela ok? Cioè io vi consiglio di farlo poi fate voi. :)
Adesso grazie mille a ary94 e a TwiFallVampireDark, grazie perché avete recensito l’ultimo capitolo.
Poi ringrazio Uvetta che mi ha fatto l’immenso favore di leggere, grazie mille, ah e se non la conoscete, cliccate sul suo nome e andate leggere la sua fan fiction, non ve ne pentirete. :)
Poi  ringrazio le varie preferite/ricordate/seguite. Grazie tante anche a voi, lettori silenziosi, vi va di farvi sentire? ù,ù
Scusate ma sono di corsa, voglio andare a leggere un sacco di fan fiction e fra queste c’è Buskers che amo con tutta me stessa, se non l’avete mai sentita dire, andate a dare una sbirciata, Lua93 è veramente bravissima. Da brividi –giudizio assolutamente personale. ;)
Mary.
 
Quinto Capitolo – Troppo.
 
Erano distesi nella stessa posizione  –Bella appoggiata sul petto di Edward mentre lui le stringeva le braccia intorno alla vita, ancora del tutto scombussolati dal fatto dell’asciugamano che, tra l’altro, era ancora lì a rompere.
Ad un certo punto Edward preso da non si sa cosa la trascinò ancora di più su di sé –anche se non capisco come sia possibile-, la strinse più forte e le lasciò un dolcissimo bacio fra i capelli.
Stava inspirando il suo profumo –fragola forse?- quando sentì qualcuno iniziare a parlare. Pensò che la pacchia fosse finita –a prescindere da chi si fosse trattato-, così aveva iniziato a mollare la presa sul corpo di Bella. Bella aveva sentito la stretta intorno al suo corpo diminuire e –quasi involontariamente, quasi- si era spalmata addosso ad Edward. Lui ne era stato più che felice, tutto il corpo di Edward ne era stato più che felice –e sì, avete capito bene.
Ehi. Smettiamola tipo?
Di fare che? Ha fatto tutto lei.
Oh. Si certo. Come no.
Coscienza ma stai sempre a rompere? Io penso che la coscienza di Bella non le rompa così tanto, magari è anche carina.
Una Coscienza? Edward le coscienze non sono mai carine, sono ragazzine con le treccine e quel coso in bocca.
L’apparecchio?
Sì esatto quello. Solo il pensiero mi vengono i brividi.
Ehi. Il mio primo bacio è stato con una che aveva l’apparecchio.
Oh. Me lo ricordo bene.
Brr.
Sì, rabbrividirono insieme. Quella ragazzina, di cui non ricordava neanche il nome, oddio sì, se lo ricordava sì: Annie Lowrence. Brr.          
Quel giorno avevano appena finito di mangiare un pacchetto di patatine –non si ricordava perché se ne stavano dividendo uno- e lei gli si lanciò addosso baciandolo con tutta la passione che poteva avere una ragazza di dodici anni. Ed Edward –da bravo gentiluomo. No. Decisamente da adolescente arrapato- le infilò con veramente poco garbo la lingua in bocca. Non l’avrebbe mai fatto se avesse saputo quello che l’aspettava. Patatine + apparecchio non è mai stato un buon connubio e poi la povera Annie-treccia-rossa –così veniva chiamata- sbavava pure.
Cioè che schifo. L’avevo rimosso, perché me lo hai ricordato?
Mi diverto.
Sei uno stronzo.
Oh lo so. Alt, non rifacciamo il giochino dell’altra volta.
Quale giochino?
Quello del “so che lo sai”, “ed io so che tu sai che blablabla…”
Ah quel giochino. So che…
Edward ti castro.
Non puoi.
Scommetti?
Si che scommetto.
Allora ti faccio sognare che qualcuno ti castri.
Ugh. Scusa sto zitto.
Ecco bravo.
Bella, durante tutto quello scambio di minacce… ehm: opinioni, aveva deciso che era troppo appiccicata ad Edward perché non si scatenasse il suo imbarazzo totalmente infantile, e per non dargli un’altra occasione di chiamarla “bambina” si era staccata piano piano da Edward fino a che non riuscì a sedersi evitando accuratamente di mettere il piede in terra.
Edward nel frattempo si era risvegliato dal suo stato catatonico appena in tempo per vedere Bella copiargli il tic –quello di passare la mano fra i capelli, quello che le sue allieve trovavano molto sexy, ma evidentemente non avevano visto farlo a Bella: quello sì che era sexy.
Oh eccome se lo è.
Ed, calmo cagnolino, calmo. Non sbavare su. Chiudi quella bocca bel cagnolino della Coscienza.
Mi stai deliberatamente sfottendo?
Sì. Problemi?!
Assolutamen…
Castraaaaaato, Edward è un castraaaaaato.
..te no.
“Edward che ne dici se mi dai una mano a salire su?” Bella era così imbarazzata che non riusciva neanche a guardarlo negl’occhi, perché quello era stato un momento di debolezza, un enorme e sbagliatissimo momento di debolezza. Non doveva lasciarsi andare con Edward, e lei lo sapeva, sapeva che il giorno dopo ci sarebbe rimasta di merda quando il periodo “coccoliamo Bella come fosse la mia ragazza” fosse finito. Perché finiva e ricominciava -sempre: Edward era un ragazzo molto strano, faceva quello che gli andava, quando gli andava e dove gli andava. Non era un drogato od un ubriacone, no. Era semplicemente un ragazzo di ventisette anni che aveva voglia di vivere, e poteva farlo. Bella adorava questo aspetto della vita del suo insegnante. Bella voleva vivere, vivere e divertirsi, fare tutte le esperienze sane che ci fossero in circolo, voleva essere libera. Libera di scegliere, di sbagliare, di amare, di soffrire, di pensare e di esprimerli poi –i suoi pensieri. Voleva essere considerata. Non voleva che qualcuno la considerasse una bambina, o peggio: non la considerasse proprio. Ed era per quello che se la prendeva a male quando Edward la chiamava bambina, perché lei, cazzo, non lo era. Eh no, non lo era proprio.
“Oh. Certo. Vediamo un po’.” Si era alzato dal divano, stiracchiandosi –le facce che fece in quel momento Bella non se le sarebbe dimenticate mai-, e si accucciò accanto alla ragazza.
“Uhm. Vediamo… come posso prenderti?” aveva tentato di allungare una mano verso la vita di Bella, ma aveva avuto una visione, un lampo di un immagine. Bella senza asciugamano.
Ok. Non pensarci, non pensarci, non pensarci.
Cazzo. Mi spieghi come faccio?! Sarebbe perfetta fra le mie mani.
È una bambinaaaaa. Cazzo.
No, non è vero, e lo sappiamo entrambi.
Cazzo.
Già, cazzo.
Comunque io non la prenderei come stavi tentando a fare.
Ok.
Allora aveva ritratto la mano e l’aveva poi tesa verso di lei come ha dire: “prendimela, andiamo, alzati. Ti do una mano io.” Ma in realtà quello che aveva bisogno di una mano era Edward in quel momento.
Ohoh. Cara narratrice non mettere strane idea in testa al mio ragazzo. Sappiamo tutti che avrebbe avuto bisogno di una mano, ma non mi sembrava la situazione adatta.
Ma perché mi devi trovare in qualsiasi cosa un doppio senso?
Sei te che li crei, mica io che li vedo.
No, no, sei proprio tu che te li vai a cercare.
Queste coscienze. Pft. Tentano di fare anche la mia, no grazie ce ne ho già una che mi basta e mi avanza. Comunque stavo dicendo che Edward tese una mano a Bella, lei l’acchiappò alla svelta –sperando che con quel movimento brusco la sua visione, che era la stessa di Edward, sfumasse in fretta- poi tentò di fare forza con il piede buono e fu in piedi.
Wohow. Siamo in piedi. Yapppppy dooooo.
Stai seriamente citando Scooby Doo?
Perché no?!
Ho una Coscienza idiota, uff.
Edward a quel punto –dopo aver capito di essere stato per troppo tempo troppo lontano da lei- la riprese tra le sue braccia e Bella, sbilanciata, gli cadde addosso. Per fortuna –o sfortuna, dipende dai punti di vista- il bel corpo muscoloso di Edward riuscì a sostenere il peso di Bella che si era abbandonata contro il suo petto. Rimasero così per un po’ –Edward che stringeva Bella e lei con la guancia totalmente spiaccicata contro il petto di           Edward, un sorriso ebete stampato in faccia che si contrapponeva all’intenso rosso che le colorava il resto del viso. Se li si guardava dall’esterno si poteva vedere un palo –Edward- che teneva stretto a sé una Torre di Pisa, Bella si sentiva così, come una Torre Pendente. Non era una posizione comoda, soprattutto se con una caviglia fuori uso, ma per farsi tenere così vicina ad Edward Cullen questo e altro.
Quando si sentì mollare era già troppo tardi –come se avesse potuto far qualcosa come era ridotta-, si sentiva già a terra con la faccia dolorante, quando due braccia forti la ripresero per le braccia. Edward aveva i riflessi pronti, su questo non c’era nulla da dire.
Edward, non si regge neanche in… MAYDAY MAYDAY… asciugamano in discesa.
Occazzo.
Già.
Edward per prevenire il misfatto le appoggiò una mano sull’asciugamano, proprio sulla parte che si stava disfacendo dall’incastro. Un piano infallibile, se non fosse che la sua mano in quel momento era proprio lì. Sentiva il cuore pulsare forte da sotto il seno.
Occazzo.
Edward? Porca puttana leva la mano!
Se levo la mano, idiota, cade l’asciugamano!
Se non levi la mano la lasci sul suo seno!
CHE COSA DOVREI FARE SECONDO TE?!
NON LO SO!
CAZZO.
Quella situazione lo stava mettendo nei casini, perché non era giusto, lei non era più una bambina, ma era piccola comunque. Troppo piccola per lui.
E la reazione di Bella non lo stava aiutando, per nulla. Lo sentiva. Sentiva che era eccitata. Lei era eccitata, lui pure. Non una bella situazione, per nulla. Non nel loro caso.
Bella rossa fino al midollo –questa volta non era solo imbarazzo, per nulla- mise la sua mano sopra quella di Edward, e quello non era un invito a continuare –forse. Edward capì, anzi sperò di capire quello che voleva razionalmente Bella, anzi volle semplicemente fare la cosa giusta, così spostò la mano dal calore con cui era stata a contatto fino a quel momento e la fece ricadere stesa lungo il fianco.
“Andiamo?” Bella.
“Uhm?! Sì certo. Subito.” E la prese in collo, come prima –una mano dietro il collo e l’altra sotto le ginocchia. Bella, per nulla pronta si lasciò scappare un gridolino sorpreso –che ovviamente Edward lo prese per uno di dolore e si sentì subito in colpa:
“Scusami Bella, non volevo farti del male.” Si sentiva proprio in colpa. E questa cosa lo faceva arrabbiare di brutto: lui non era uno che si sentiva in colpa, quella ragazzina lo sconvolgeva, in ogni senso, in ogni campo.
“Ed infatti non me lo hai fatto, tranquillo.” Gli aveva fatto una carezza, gli aveva sorriso e poi aveva messo un suo braccio intorno al collo e l’altro a tenersi l’asciugamano.
“Ed? Posso farti una domanda?” gli aveva chiesto mentre iniziavano a muoversi.
“L’hai già fatta, mi sembra.” Era diventato leggermente brusco, un altro sbalzo di umore, niente a cui non fosse preparata.
Poi però le aveva fatto il suo sorriso sghembo e l’occhiolino, e allora lei aveva capito che poteva fargliela:
“Uhm. Volevo chiederti perché fai così? Perché sei così protettivo. Adesso sembra una stronzata. Ma non voleva esserlo. Puoi non rispondere.” Stava cercando di riparare alla cavolata che aveva detto, perché sapeva che la risposta di Edward le avrebbe fatto male, sarebbe stata evasiva, senza capo né coda. E sentirsi dire una cosa come “perché ti considero come una sorellina.” non sarebbe stato un granché, anzi sarebbe stata una grandissima ed orrenda botta.
Aveva iniziato a fargli le formichine dietro il collo, alla fine dell’attaccatura dei capelli.
Lui nel frattempo aveva sospirato, l’aveva guardata e si era lasciato guidare dalle sensazioni che gli stavano dando le dita di lei, pur sapendo che sarebbe stata una cattiva mossa, per lui, per lei, per loro. Da qualsiasi punto la si guardasse era una cattiva mossa, ma lui la fece, perché era stanco, stanco di dover respingere dei sentimenti che non sapeva neanche classificare, stava andando dove lo portava il cuore, l’aveva sempre odiata quella frase: “chi cazzo segue il cuore? Non è mica un Tom Tom.”. Per la serie battute tristi di Edward Cullen:
“Bella, io, io non lo so. Non so perché faccio questo o quello con te, non so perché ti dico una cosa, con te. Non so perché mi lascio andare, per poi richiudermi a guscio quando sono con te. Non so perché è così difficilmente facile stare con te. Non voglio che sia così, in un limbo il nostro rapporto, perché sappiamo entrambi che il nostro non è semplicemente un rapporto professore – alunna. Lo sappiamo entrambi, forse te l’hai capito prima di me, forse te non cerchi sempre di scappare. Forse sei te la più matura dei due. Sei te quella che l’ha capito prima. Sei tu. Tu e basta. Il problema che te sei troppo per me.
Dopo una dichiarazione del genere ci si aspetta un bacio, ma loro un bacio non se lo scambiarono, perché dopotutto Bella era Bella ed Edward era Edward. Perché Bella non voleva soffrire ancora e sperava di aver capito male, invece Edward sperava di non aver capito male le intenzioni di Bella. Così rimasero lì, fermi, Bella fra le braccia di Edward, ed Edward con Bella fra le braccia. Solo loro due. Occhi negl’occhi, smeraldo nel cioccolato. E poi, poi Bella scoppiò, scoppiò a ridere, forse per la disperazione, forse perché la trovava davvero una cosa esilarante. Quel discorso –forse fra i più lunghi che Edward le avesse mai rivolto- la stava totalmente distruggendo. E lei lo sentiva, sentiva lo sgretolarsi del cuore, del cervello, di qualsiasi cosa avesse visto, toccato o pensato Edward Cullen. E visto che lei ne era piena –di Edward, intendo- a poco a poco si sentiva cedere, autodistruggersi, non avrebbe mai voluto fare quella domanda. Sarebbe stato meglio vivere nell’incertezza di piacergli che sapere per certo di piacergli, ma non poter vivere il loro amore. Cazzo quello non lo avrebbe tollerato, e l’aveva capito tardi, troppo, forse.
“E quindi?” Non si riconosceva neanche, la sua voce totalmente azzerata, come ogni pensiero. Qualsiasi cosa del suo corpo era pronta a cedere, si stava abbandonando e non voleva, non voleva, ma doveva, non ce l’avrebbe fatta.
“Quindi, niente Bella. Non ne voglio più parlare.” Eccolo un altro sbalzo. Ma quella volta non riuscì a tapparsi la bocca ed esplose totalmente, in tutta la sua rabbia, il suo dolore, il suo amore:
“No, cazzo. Edward adesso me lo dici. Perché non mi puoi lasciare così, come se non avessi detto niente. Perché non lo hai fatto. Anzi, hai fatto proprio il contrario. Porca puttana, ed adesso non ti vuoi neanche spiegare? No. Io non ci sto ok? Non voglio. Non voglio star male così, per te che sei un idiota che sembra abbia perennemente le mestruazioni, o –in alternativa- sia perennemente incinto. No, cazzo non mi va bene così. Hai 27 anni. E quella che si deve prendere le responsabilità sono io? Anche no, Edward.” A quel punto si era dovuta fermare, perché la rabbia immensa che vide riflessa nei tratti di Edward l’aveva spaventata, non voleva vederlo in quel modo. No. Lui era Edward, il suo Edward, e quello non era il suo Edward.
Lui si rigirò e la riappoggiò sul divano, poi le sistemò l’asciugamano e corse su per le scale. Quando tornò Bella lo vide con in  mano una maglietta lunga, quella che gli aveva prestato lui quando beccarono la pioggia e un paio di slippini, molto ini. Lì riconobbe subito: quelli facevano parte di un completino –sempre molto ino- che le aveva regalato Alice per il compleanno, rigorosamente Victioria’s Secret. Quando dovette vestirsi ci furono dei problemi, fra l’agitazione e la caviglia che le pulsava dal dolore -malgrado il ghiaccio: Edward dovette aiutarla ad infilare lo slip dalla parte della caviglia infortunata e poi dovette riaiutarla mentre si metteva la maglietta: chiuse gli occhi e cercò di centrare le braccia nel proprio buco e poi la testa. Quando si accertò che Bella stesse bene, le posò un bacio sulla fronte e se ne andò con un solo pensiero in mente: lei è troppo per me.
 
***
Arieccomi.
Ok. Lo so che adesso sarete tipo così: O.o , lo so che vi avevo promesso che in questo ci sarebbe stato il famigerato bacio, mi ricordo qualsiasi cosa che vi ho detto, ma oggi mi andava di scrivere un capitolo distruttivo. E tranquille il bacio ci sarà, ormai non vi dico più in che capitolo –anche perché non lo so neanche io :D- ma vi prometto che ci sarà.
Altra cosa: ho in mente tutta la trama della storia, lo so sono strana, ma fino a tipo due giorni fa, forse tre, o quattro, insomma, fino a poco tempo fa, non avevo la più pallida idea di che direzione stesse prendendo era tutto lasciato in mano all’ispirazione, ora almeno so dove devo spedirla quell’ispirazione. ;)
Ditemi che ne pensate, ok? Ho necessario bisogno di sentirvi esprimere le vostre opinioni riguardo alla storia. 
Tranquille, Edward torna, prima o poi. Eheh. ;)
Mary.
Ps. Come vi paiono i Sunday Sheebs? Io li trovo molto bravi, però sono di parte. :)

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Come due bambini. ***


Sesto Capitolo
Un piano, un insegnante e un bacio.
 
Eccomi, eccomi. Ce l’ho fatta. :)
Il capitolo è super corto –neanche tre pagine piene- e lo so che faccio schifo, in qualsiasi senso: se mi vedeste adesso, capireste: sono a letto mezza malata, con tosse raffreddore e mal di testa. E in più mi sono venute: non un gran connubio, lo so. E sono in pigiama da stamattina, le mie gambe necessitano di un rasoio e i capelli del mio adorato Herbal Essence. Io ve l’avevo detto che sono orridamente orrenda.
Bene, tornando al capitolo super corto, mi piace. Non lo so perché, a pelle mi piace, forse perché io so cosa ci sarà nel prossimo e voi nahhhh *bimbominkia’s time*, ma mi piace.
Quindi ditemi se piace anche a voi.
Adesso ringrazio immensamente –mentre tossisco-: Uvetta, hiphipcosty (scusa Costy se non ho ancora finito di leggere, ma il liceo… oggi mi ci metto, faccio schifo, lo so. Devo chiederti anche una cosa. :) ) e ary94 che hanno commentato lo scorso capitolo. Grazie, lo so sono ripetitiva, ma non so davvero… io senza di voi… non posterei, ne sono certa, mi fa così piacere che vi vada di recensire i miei capitoli…
Poi ringrazio preferite/seguite/ricordate, grazie ragazze, anche se non vi fate sentire (potete battere comunque un colpo se vi va, eh. ;) ) siete importanti: ogni persona in più e un’immensa gioia. :*
Subito sotto il titolo, c’è la canzone, niente di trascendentale, semplicemente i Coldplay, io li amo. *-*
 
Sesto Capitolo – Come due bambini.
 
Violet Hill – Coldplay
 
Se ne stava lì, sulla sabbia a meditare. Stronzate, Edward Cullen non meditava, Edward Cullen si incazzava, bestemmiava –cosa che faceva arrabbiare Bella come poche altre cose- e sbolliva l’incazzatura. Così, Edward Cullen era così: prendere o lasciare. E Bella aveva sempre preferito prenderlo, ma questa volta… Un’altra stronzata: Bella l’avrebbe ripreso sempre e comunque, solo che non sapeva se lui avrebbe voluto essere ripreso, questa volta. Magari questa volta l’avrebbe mandata al diavolo, e lo poteva capire, altra stronzata: come poteva capirlo?! Bella non aveva capito niente, era ancora lì a guardare il punto in cui era uscito dal salotto, ascoltando il suo cuore che pompava adrenalina pura, shockata da quello che era successo.
E mentre lei pensava a dove potesse essere Edward, lui era certo che lei fosse ancora sul divano, su quel divano che li aveva visti dolci come non mai, colmi di un amore che doveva solo essere confessato.
E lui l’aveva capito quel giorno: quel giorno, sulla sabbia umidiccia, aveva capito che amava Bella Swan. Oppure era stata colpa della ragazza? Sì decisamente. Era colpa di quella fottuta domanda che gli aveva posto. Altra nota su Edward Cullen: tentava sempre di non prendersi le proprie responsabilità, tentava, perché poi c’era la sua coscienza a rimetterlo in riga:
Che cazzo dici?! Stai dando la colpa a Bella?! Ma chi sei? Me lo spieghi? Hai ventisette anni, cazzo. Non puoi comportarti come se ne avessi sedici. Ha ragione Bella quando dice che sei tu quello che deve prendersi le responsabilità. Non puoi, non ti deve neanche passare per il cervello che è colpa della sua domanda. Cazzo. Ma sei scemo? Non rispondere. Sappiamo entrambi che lo sei.
Edward avrebbe tanto voluto prendere a pugni in faccia quel cazzone, l’unico problema era che quel cazzone non poteva essere preso a pugni.
Era ancora lì, a guardare il mare, con il cuore che pompava rabbia pura in ogni suo angolo. Era pieno di Bella, e per questo era incazzato, non avrebbe dovuto lasciarsi andare. No, non avrebbe dovuto per niente. Non le avrebbe dovuto chiedere quell’appuntamento, non avrebbe dovuto rispondere a quella domanda, non avrebbe dovuto neanche continuare a tenerla come sua allieva, da quando aveva capito che c’era dell’interesse: da parte di Bella, certo, ma anche da parte sua. Avrebbe dovuto lasciarla ad Alec, ma in realtà sapeva che non aveva mai fatto la cosa giusta, non con Bella. Non ce l’avrebbe mai a fare la cosa giusta con lei, sarebbe stato tutto un enorme errore, ma lui pensava che anche l’amore fosse un errore, quindi perché non lasciarsi andare? Perché non prendere alzarsi, rientrare in macchia, correre da lei e scusarsi?!
Perché lei è troppo per te.
Non è quello che pensa lei.
E che ne sai?! Magari ti stai creando castelli per aria, senza basi. Magari lei non ti ama, magari non sei corrisposto.
Quelle parole le aveva dette con una cattiveria dentro che Edward sussultò. E pensare che era tutto frutto della sua fantasia, ma lui lo sentiva. Sentiva quella vocina fastidiosa che gli diceva cosa fare, perché farlo, quando farlo, come farlo. E lui però voleva essere solo libero. Libero di fare quello che gli andava, aveva 27 anni, cazzo, un po’ di responsabilità delle proprie azioni, se le sarebbe potute anche prendere.
Edward su quella spiaggia era maturato, e solo grazie a quell’enorme sbaglio.
Era rapito, vedeva Bella ovunque: fra le stelle, nel suono dolce del mare, sulla sabbia umida. La sentiva dentro e non ce la faceva a non averla anche fuori. Non ce la faceva a non vederla. Non ce la faceva a non immaginarsela fra le sue braccia, come era successo tante volte. Non riusciva a pensare il tempo senza di lei. Non tutto il suo tempo –non era mica una ragazzina in attesa del principe azzurro, lui- ma in quell’esatto momento, l’unica cosa che voleva era sentire il calore del suo piccolo corpo addosso a sé.
E con quei pensieri si ritrovò in macchina e poi davanti a casa dei Signori Brandon. Stava per uscire dalla macchina –parcheggiata tra l’altro alla bell’e meglio- quando vide avvicinarsi alla casa una macchina, una Porche giallo canarino, decisamente Alice.
Il suo piano stava andando a farsi fottere, letteralmente. Stava valutando se poteva accendere il motore senza che attirasse qualche attenzione quando vide Alice -vestita come se fosse dovuta andare ad un Galà- uscire di corsa –una corsa buffa, il vestito doveva essere decisamente stretto- e attaccarsi al campanello. Lui sapeva che Bella non sarebbe potuta andare ad aprire, ma -dopo il: “Bellaaaaaaaa, muoviti che mi scappa la pipiiiiiiiiiiii.”- la vide aprire la porta vestita ancora come l’aveva lasciata e con tutti e due i piedi a terra. Quella era decisamente la cosa che lo colpì di più, non riusciva a capire come fosse possibile, ma appena Alice si defilò per andare in bagno, sul viso di Bella si spense il sorriso che aveva, e una smorfia -ben riconoscibile- di dolore le si disegnò in volto. Fingeva, stava fingendo per non rovinare la serata ad Alice. Era una buona amica.
“Lui è qui.” Bella non aveva capito subito quello che le aveva detto Alice, come avrebbe potuto? Un sospiro mentre le passava di corsa accanto, non era facile da decifrare, soprattutto se si aveva la mente occupata ad emarginare il dolore, come stava facendo in quel momento Bella. Fatto sta che la capì, e alzò lo sguardo. Vide la macchina dell’amica parcheggiata con una manovra d’emergenza –come le chiamava Alice- sul vialetto di casa e poi, più in là, nascosta dall’oscurità, una Volvo, la sua Volvo. E il dolore che stava cercando di trattenere –quello psicologico, molto più grosso di quello fisico- riaffiorò sul suo viso. L’aveva visto. Edward Cullen –quello che era certa di non vedere più- era lì, davanti a casa sua –beh, non proprio: davanti a casa dei Brandon- non capiva cosa ci stesse a fare lì, ma inconsciamente sperava che fosse tornato, per essere ripreso. Ma poi c’era quella parte di lei che le dava dell’idiota sognatrice, che le ricordava che Edward abitava qui vicino, ed era la strada più facile e veloce per tornare a casa.
Bella, ha già chiuso. Vedi? Non si fa neanche problemi a passare di qua. Non gliene frega niente di te. E adesso chiudi questa porta, che far vedere a tutti che stai piangendo perché lui non ti ama, non ti fa fare una bella figura.
Alice era scappata di casa, Bella non riusciva a capire come potesse correre con quei robi –chiamatisi anche scarpe col tacco o decolté, per fare i raffinati- e mentre correva dal suo Jasper, le arrivò un altro bisbiglio:
“Ehi. Lui è qui, per te.” Non capiva se fosse Alice a parlare o lei stessa che –impazzita- la sentiva parlare anche quando non lo faceva. A prescindere dalla sua sanità mentale, quella frase l’aveva fatta smettere di piangere. Li aveva guardati –Alice e Jasper- riandarsene e poi aveva chiuso la porta di casa: non voleva che Edward pensasse di essere obbligato ad entrare, questo era quello che si diceva, ma in realtà non aveva il coraggio di vederlo rimettere in moto e scappare di nuovo da lei. Ma non voleva neanche fargli capire di non essere desiderato. E così riaprì la porta: poco a poco, sbirciando quello che poteva mentre apriva. Come una bambina.
Ma quando lo vide uscire dalla macchina: lo sguardo torvo, la bocca arricciata, la mascella serrata dalla rabbia, spalancò la porta. E si fermò a guardarlo. Fisso. Contava i passi, guardava ogni movimento, forse alla ricerca di qualcosa che le facesse capire che si sentiva obbligato. Non riusciva a decifrarlo, come al solito tra l’altro.
Così aspettò di avercelo vicino, di sentirlo parlare. Ma non avvenne, non lo sentì parlare, però di certo ce l’aveva vicino, se solo avesse alzato un po’ la testa e lui si fosse abbassato, avrebbero potuto benissimo baciarsi.
Ma ovviamente non andò così. Bella presa da un’ira funesta –sì esattamente come quella di Achille; non è colpa loro se la narratrice sta studiando l’Iliade, giusto?- alzò il braccio, ma poi lo riabbassò appena si rese conto che quel gesto non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose. Ma Edward non era dello stesso parere:
“Fallo, me lo merito.” Le alzò il viso, incrociò gli occhi con quelli di Bella e le prese la mano, era un invito a schiaffeggiarlo? Decisamente. Ma tutto il coraggio di Bella sfumò appena incrociò lo sguardo del suo insegnante. Quel verde prato non era mai stato così liquido, sembrava in piena crisi di disperazione, e quelle lacrime che dovevano ancora sgorgare andarono ad aumentare i lucciconi che speravano solo di uscire. Così Bella, in un gesto fulmineo, si spiaccicò contro il petto di Edward, stringendo forte il busto e iniziò a piangere. Proprio come una bambina.
Edward, spiazzato, l’abbracciò -per come poteva, visto che con quel suo abbraccio stritolatore (quanta forza, in una ragazza così piccola.) gli aveva bloccato vari possibili movimenti- e appoggiò il mento sulla testa di Bella e pianse, via gli scese qualche lacrima. Lo dico solo perché qui ho un Edward Cullen che mi sta puntando un coltellaccio alla gola, preoccupato per la sua reputazione da super macho. No, non è vero. Sì, ma sto tentando di non farmi accoltellare, quindi no, non stava piangendo come una femminuccia, una lacrima gli era scesa, però, e l’aveva vista cadere fra i capelli di Bella e proprio lì, proprio dove cadde la sua lacrima, lasciò un bacio. Bella si sentiva amata. Si sentivano dentro una bolla d’amore. Solo che le bolle scoppiano, a loro serviva qualcosa di più di una bolla, avevano vissuto fino a quel momento dentro una bolla, adesso c’era bisogno di qualcosa di più.
E Bella lo sapeva, forse meglio di Edward. Perché in realtà il bambino era lui, non lei. Perché in realtà l’età è solo un fottuto numero. E tutto è relativo. Bella aveva sedici anni e ne dimostrava 27 mentre Edward non aveva ancora capito di essere un immaturo, uno lo può capire solo quando matura: quando pensi “sono immaturo.”, bene allora quello è esattamente il momento in cui non lo sei più.
E così –avendo capito Bella di essere immatura- si separò da Edward per prima. Voleva semplicemente dire: “dobbiamo parlare.”, ma non ce la fece, perché Edward continuava a fissarla e lei non riusciva ad aprir bocca.
In quel momento Edward capì che era lui il bambino dei due. In quel preciso istante capì che se la voleva, doveva prendersi le sue responsabilità, doveva lottare.
In quel momento Bella capì che Edward aveva ragione quando la chiamava bambina, perché lo era, perché non aveva la forza di lottare, voleva averla, ma non la trovava. Doveva essere lui a fare il primo passo, lei ne aveva fatti già troppi.
Doveva essere lui la forza per entrambi, lui doveva crederci il doppio.
E rimasero lì –uno davanti all’altra- a cercare la forza per lottare. Come due bambini.
 
-If you love me, won’t you let me know. [Coldplay – Violet Hill]
 
***
Ok. Allora che ve ne pare? Adesso, lo so, ho stoppato sul più bello, ma tranquille, sabato, se non muoio prima, c’è il sette. Adesso ditemi che ve ne pare, però. Davvero come ho sempre detto, basta uno: “fa schifo, ma continuo a seguirla per vedere quanto schifo può continuare a fare.” ;)
I complimenti, comunque, non li disdegno, eh. ;DD
Babbé, poi non trovate perfetta la citazione –sono così fusa che mi veniva in mente solo “quote” e ho dovuto andarlo a cercare su Wodreference :/ - ? La settima volta che rimettevo la canzone mentre scrivevo ho sentito la frase e ho detto: “cazzo, ma questa è perfetta per il capitolo!” e così eccola qui. Poi a proposito di cazzi: lo so in questo capitolo ci sono un po’ di parolacce, ma è un periodo no e mi è girata così, non voglio turbare nessuno.
Bene, adesso vado a leggere la Costy –sì esattamente hiphipcosty, cliccate sul nome, andate a leggere- che è brava, veloce e divertente.
Ora seriamente vado
Nottenotte.
Mary.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Meraviglioso. ***


Settimo Capitolo
Un piano, un insegnante e un bacio.
 
Wohow. Sì, sono qui, non sono un miraggio, no, no. E lo so che mi vorreste uccidere, vorrei farlo anch’io, tanto: sono veramente in ritardo. Troppo. Ma se state leggendo queste note scritte di quest’orrido azzurro –che non cambio per il semplice fatto che è toccato questo come colore ;)- vuol dire che non avete cancellato questa storia dalle seguite (61), ricordate (5) e preferite (16)… voi sapete quanto vi amo?! Cavolo, ogni personcina in più è una felicità in più… quindi grazie, grazie tante, senza di voi tutto questo non ci sarebbe.
Ma se ringrazio voi, non so come possa non ringraziare quelle fantasticissime 5 (4 + 1 … adesso spiego!) ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo… sene, Uvetta, hiphipcosty (hai guardato hotmail? Ti ho inviato il capitolo! ;) ) e ary94, IO VI AMO.  Seriamente.
Perché dicevo 4  + 1?
Veramente non gliene frega niente a nessuno.
Babbè… ve lo racconto lo stesso. ;) quella 1 persona che metto a parte è antonella64 che ha criticato il mio modo di scrivere… e anche se odio le critiche –non mi sono mai andate giù, sono una ragazza profondamente orgogliosa- adesso la ringrazio, perché fa sempre bene ricevere delle critiche. Uhmuhm.
Ehi. Ora vi lascio al capitolo. ;)
Vi ricordo due cose importantissime: la canzone… ascoltatela ok?! Penso funzioni meglio, il capitolo, intendo e di dirmi che ne pensate... è IL CAPITOLO… spero che abbiate capiate! ;)
Mary.
 
Settimo Capitolo – Meraviglioso.
 
Meraviglioso – Negramaro
 
Imbarazzo totale termonucleare.
Ecco quello che provavano, entrambi. Edward si sentiva tanto uno stupido: non era possibile sentirsi come un quindicenne alla prima cotta. Lui non l’aveva neanche mai avuta, una prima cotta. Se non si considera Grace Sullivan, la meteorina della TV di Forks, ma è anche capibile: come si può –a quindici anni- resistere a due gambe lunghe e soprattutto nude?
A prescindere dal perché, si sentiva uno stupido: era lì, davanti a Bella, davanti alla ragazza che amava –perché ormai l’aveva capito- e  non stava facendo niente.
Erano uno di fronte all’altro, Bella che lo guardava dal suo metro e sessantacinque scarso –come le ricordava spesso lui- e lui che la supplicava con lo sguardo dal suo alto metro e ottantasette.
Erano due persone inutili. Incapaci.
Non era possibile stare insieme, non quando lei era così piccola. Non quando lei non avuto neanche un ragazzo.
Non è possibile.
Ma che fai: adesso molli? Ora? Ora che ti sto lasciando fare di testa tua, molli? Edward Cullen sei un idiota, un fottuto idiota.
Bella aveva capito –un’altra volta- che quella che avrebbe dovuto fare –un’altra volta- l’ennesimo passo era lei. E non l’avrebbe fatto tanto volentieri –sapete, un fatto d’orgoglio-, ma era certa che se non l’avesse fatto lei, avrebbero mandato tutto a puttane. Nel vero senso della parola: era certa che Edward sarebbe andato da Tanya, se e quando non avesse sistemato con Bella. Ne era più che certa.
“Sai c’è qualcuno che dice che è meraviglioso il bene di una donna che ama solo te… E sai Edward, voglio essere io quella donna –malgrado tu dica sempre che sono una bambina-, e non voglio esserlo per un uomo, voglio esserlo solo per te, e per nessun altro. Voglio essere la tua donna, e di nessun altro. Ma mi sono rotta di darti il mio amore e non ricevere niente in cambio. Mi sono rotta di quest’amore platonico, di questi tuoi sorrisi che mi devono bastare per mesi, perché poi ti stufi o… non so neanche io perché fai così. Cazzo. Edward è il punto di fermarsi, di pensare e di agire. Ma questa volta non transigo, devi agire tu. Io sto già facendo troppo. Capito? Troppo. Io ho fatto tutto quello che potevo: ti ho amato, ti ho fatto capire, ti ho chiesto se avevi capito, ti ho aspettato e ho sperato. Ho sperato tanto. I tuoi cenni non mi vanno più bene. Cazzo. Non mi vanno  più bene per nulla. I tuoi sorrisi, le tue carezze, i tuoi abbracci, i tuoi baci. Niente di questo mi va più bene: io voglio te, non qualcosa di tuo. Io ti amo, Ed. Ti amo tanto. E voglio che questo sia un giorno meraviglioso. Non un altro merdoso come quelli fino ad adesso.”
Sconvolta, sconvolto, sconvolti.
Tutti dalla stessa persona. Nessuno aveva mai sentito parlare Bella così tanto. Bella non aveva mai detto esplicitamente a Edward quello che provava. Non gliel’aveva mai detto e lui, pur sapendo benissimo cosa provava Bella, aveva sempre cercato di eliminare il sentimento, forse per non sentire il senso di colpa, forse per non sentire la voglia di amare, forse perché aveva paura di amarla. Sostanzialmente per codardia.
Non sapeva cosa rispondere: voleva seriamente prendere la porta e scappare, un’altra volta, ma quella volta sarebbe stata l’ultima, perché era certo che Bella poi non gli avrebbe più parlato, non lo avrebbe neanche più guardato. Era l’ultima possibilità, e di sicuro non era solo la seconda, gliene aveva già date troppe di possibilità.
Non puoi scappare un’altra volta.
Non può scappare un’altra volta.
Non devo scappare un’altra volta.
Non scappare un’altra volta.
La guardò, le sorrise, le asciugò una lacrima impertinente che le stava solcando la guancia, le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, le risorrise, le fissò gli occhi e parlò:
“Sei bellissima.” Bella si aspettava qualcosa di più, voleva qualcosa di più e si stava letteralmente incazzando. Non riusciva a credere che Edward –dopo il discorso che gli aveva fatto- le avesse detto… solo questo. Sperava di star sognando. Lo sperava seriamente, perché se Edward pensava seriamente di risponderle così –dopo che lei aveva spalancato il suo cuore e distrutto ogni sorta di orgoglio per fargli quella dichiarazione, perché non si trattava che di quello- allora non aveva capito niente.
Lui continuava a guardarla senza fare niente.
Lui continuava ad essere un incapace.
“Cazzo. Bella. Io ti amo. Lo vuoi capire? Io ti amo così tanto, che mi fa sentire quasi –e possiamo pure togliercelo- sbagliato. Non ho mai provato niente del genere, Bella. Mai. Non ho mai sentito il cuore battere così forte. Non ho mai sentito i brividi solo per un semplice abbraccio. Non ho mai avuto la voglia che ho di te adesso, mai. Non ho la forza di dirmi che questo sentimento è sbagliato, o forse ne ho troppa. Non ce la faccio, Bella. Io ho bisogno di te, perché –anche se ti dico che sei te la bambina- quello che ha bisogno di qualcuno che lo tenga per mano sono io, non te. Io, Bella, ho così paura. Troppa. Non è giusto voler sentire le tue labbra sulle mie. Non è giusto volerti baciare. Non è giusto volerti sentire, abbracciare, amare. Ma io lo voglio così tanto.”
Lui aveva aperto la bocca ma non aveva neanche pensato.
“E allora fallo.” La fiera dei non-pensieri. O dell’amore?
E quello gli era bastato. Gli era bastato a eliminare ogni paura, perché Bella, era la sua forza e non avrebbe mai fatto nulla, senza il suo consenso.
Aveva attaccato le labbra a quelle della ragazza, dopo tanti sogni, tante speranze, quella volta era vero, era tutto vero.
Cazzo. Edward mi sta baciando.
Cazzo. Sto baciando Bella.
Cazzo. Ma io non so baciare… e ora?
Cazzo. È brava a baciare. Molto brava. Chissà quanti ragazzi ha avuto…
Cazzo. Io non ho mai avuto un ragazzo. Mi molla –perché stiamo insieme?- perché non so baciare…
Bella. Smettila di bacarmi il cazzo vuoi farmi l’immenso favore di fare quello che hai sognato per anni –nel vero senso della parola- e smetterla di parlare?
Edward non sapeva dove mettere le mani. Non sapeva se avrebbe potuto appoggiarle le mani sui fianchi… lei era così innocente.
Ma non lo era per nulla, perché –appena finito di parlare con la sua coscienza- le era nato nella pancia un desiderio lancinante per Edward, di quelli dolorosi. Così -vedendo l’incertezza di Edward nei movimenti, e volendolo sentire il più appiccicato possibile a sé- gli prese le mani ancora appoggiate passivamente sulle sue guancie rosse –di desiderio questa volta- e gliele portò sui suoi fianchi.
A quel movimento Edward aveva riaperto gli occhi –non si era neanche accorto di averli chiusi, veramente- e si ritrovò davanti quei dolcissimi e cioccolatosissimi occhi da cerbiatta che si ritrovava la sua ragazza, ormai gli era tutto chiaro.
Aveva stretto le sue mani ai fianchi di Bella e aveva guardato la reazione: lei gli sorrise, lui capì, le circondò i fianchi con entrambe le braccia e si riavvicinò alle sue labbra.
Quello non era un adolescenziale bacio a stampo, non lo era per niente: erano appiccicatissimi, un turbinio di labbra, il loro bacio. La felicità che sprizzava da ogni poro. E quando Bella –sì, Bella- tentò di accarezzare le labbra del ragazzo con la sua lingua e si aprirono le bocche, tutta la passione esplose e Bella saltò in braccio ad Edward, costringendolo –per quanto quella possa sembrare una costrizione- ad appoggiarle le mani sul sedere, per evitare di farla cadere.
A tentoni, tornò in salotto, sullo stesso divano, e ci si sedette, fra risa e baci e incidenti contro i mobili, con ancora Bella in braccio che tornò a baciarlo appena furono al sicuro sul loro divano.
La cosa si fece sempre più ingestibile, soprattutto per i piani bassi di quell’innamorato ragazzo ventisettenne.
“Bella, amore mio, mi sa che dobbiamo dargli una tregua.” Bella aveva sentito come l’aveva chiamata, ma non voleva parlarne in quel momento. Voleva soltanto ridere senza nessun problema che potesse spegnerle il sorriso.
Continuando a tenerla su di sé, Edward le aveva sistemato i capelli all’indietro e le aveva stampato un bacino dolce-dolce sulla bocca e le aveva detto:
“Sai, è vero: è meraviglioso il bene di una donna che ama solo te.”
***
Allora?! Ehiehi. So cosa state pensando… ed invece no. Quindi ditemelo, vi prego! *occhi alla gatto con gli stivali, e so che li tiro sempre in ballo, ma vi preeeeeeego*
Davvero, questo capitolo non so quanto mi piaccia, o mi convinca. Ho bisogno che voi mi diciate quello che ne pensate, davvero.
Ora vi mollo perché sto morendo e devo ancora mettere su Nvu e postare.
Bon nuit, mes cheries.  

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Primi momenti di felicità. ***


Ottavo Capitolo
Un piano, un insegnante e un bacio.
 
Ok. Forse sono un tantino in ritardo.
Forse un po’ tanto in ritardo.
Chiedo perdono. Ma vi assicuro che sono molto più che stanca in questo periodo, la scuola –per quanto non mi richieda troppo impegno- è pur sempre un classico e fra materie nuove, casi di ogni tipo, apofonie da tutte le parti io non ci capisco più niente. Lo so, non sono messa bene.
Anyway, honeys vi ringrazio per tutta l’accoglienza virtuale che date a questa storia. Vi amo.
In questo lungo mese –e qualcosa di più, forse- ho avuto il tempo di leggere qualcosa –so che starete pensando che potevo scrivere in quel tempo, ma scrivere mi impegna e mi stanca e mi serve concentrazione e una bella dose di ispirazione e tanto, tanto amore ricavato da qualsiasi cosa. Più ovviamente la canzone giusta. Sì, c’è anche per questo capitolo- e fra le varie cose ho letto “Una sera per caso…” di endif. Straordinaria. Ve la consiglio vivamente. Davvero. *-*
Dopo la pubblicità, capitolo. È uno di quelli dolcini con un po’ di wohow per Edward Cullen… Niente di eccezionale, più corto del solito.
La canzone, ricordate. ;)
Mary.
 
Ottavo  Capitolo – Primi momenti di felicità.
 
Vento nel Vento – Lucio Battisti
 
“Ed? Mi prendi il sale?”
Stavano cucinando, dopo sbaciucchiamenti vari e sviando totalmente i “discorsi seri” –Bella se li voleva godere quei primi momenti di felicità-, avevano deciso di cucinare, o meglio: Bella aveva fatto desistere Edward dal chiamare il primo locale di pizza d’asporto presente sull’elenco telefonico.
“Mhh?” Edward era disperso, non sapeva neanche lui precisamente in che cosa.
“Il sale, Ed. Quello grosso, da mettere nella pasta. Ma ci sei?” Bella lo guardava. Lo guardava e si stupiva della bellezza del ragazzo. Irreale, inumana. Ma sua. Finalmente sua. Sua di lei. 
“Perché non lo prendi tu?” E le aveva sorriso, storto. La stava bellamente prendendo in giro. “Perché potresti benissimo allungare un braccio, giusto?” occhiolino “Oh. Ma forse non ci arrivi?” Sorriso provocatore. Stava cercando di trattenere la risata che l’avrebbe fatta infuriare ancor di più.
“Grr. Ma sarai una merda?” Dicendo quello si avvicinò alla mensola, si mise in punta di piedi, allungò un braccio, le allungò entrambe, saltellò perfino, ma non c’era verso: non ci arrivava, era nana.
Edward nel frattempo si era perso a contemplare il culetto per niente nascosto dalle brasiliane. E non si sentiva neanche in colpa, non più, ne aveva il diritto, giusto? Era la sua ragazza.
“Ah. Io sarei una merda? Come ti permetti, piccola insolente maleducata.” Le si era avvicinato, l’aveva presa per i fianchi e l’aveva alzata, dandole così l’opportunità di prendere quel benedetto sale.
Lei con un ghigno vittorioso stampato in faccia e il luccichio divertito negl’occhi, si girò verso di lui e gli stampò un bacio sulla guancia, poi buttò il sale nella pentola e gli disse:
“Grazie Ed.” 1 a 0 per me, pianista dei miei stivali. “Ohoh. Il virtuoso Edward Cullen ghiacciato da una sua alunna.” Occhiolino, mal riuscito, ma pur sempre un occhiolino.
Ho mai detto che Edward era un ragazzo a cui non piaceva perdere? Bene, se non l’ho fatto, lo dico ora: ad Edward Cullen non piace perdere.
Iniziò a farle le fusa all’orecchio, sorridendo e facendola rimettere con i piedi per terra, per il momento.
Bella era rossa, terribilmente rossa, e sapere che Edward lo stava facendo apposta per scatenare il suo imbarazzo, la faceva arrabbiare, e quindi arrossire ancor di più.
1 pari, cara mia.
Quei due erano la coppia più competitiva che avessi mai conosciuto.
Ma Bella, pur essendo una novellina, qualche idea se l’era fatta. E anche se con tutto l’imbarazzo di questo mondo addosso, avrebbe vinto.
Si appoggiò totalmente a Edward –e quando dico totalmente, intendo totalmente-, gli mise la mano destra fra i capelli, si alzò sulle punte –sì, un’altra volta: non era lei ad essere bassa, erano gli altri ad essere troppo alti- e lasciò una bacio innocentissimo sul collo di Edward.
Povero ragazzo. Non si aspettava niente di tutto ciò. Se vedere il culetto l’aveva agitato, il sentirlo, aveva scatenato in lui ben altre emozioni.
2 a 1, tesoro.
I suoi pensieri – quelli di entrambi, veramente: il giochino si era rivolto anche contro Bella- avevano perso leggermente la diritta via, e non c’era nessuna fiera che dava indicazioni per ritrovarla, o per perderla del tutto.
Bella si girò verso di lui che la riprese per i fianchi, se la portò in collo e iniziò a baciarla, come se fosse davvero il suo ossigeno. Erano in grado di vivere con quei baci. Che erano molto più di tutte le parole non dette. Molto più di qualsiasi incomprensione. Molto più di tutte le problematiche che il loro rapporto aveva.
 
Stesso desiderio di morire
e poi rivivere,
io e te.
 
Io e te. E basta.
Già, solo loro due. Senza nessun pensiero che non li comprendesse entrambi, come coppia.
Bella era felice.
Innamorata dell’amore. Molti l’avevano classificata così: una ragazzina sognante, e forse lo era. Ma la felicità che quell’amore ormai sbocciato scatenava in lei, nessuno lo poteva capire. Era troppo. Troppe emozioni.
Le gambe cedono.
Edward mi tiene.
Edward mi salva.
Edward mi bacia.
Edward mi ama.
“Edward ti amo.” Alla fine doveva dirlo, giusto? Forse non era il momento adatto, o forse era proprio quello perfetto. Fatto sta che Edward quella confessione sulle sue labbra non se l’aspettava. O forse ne aveva solo paura, forse temeva Bella: per la sua forza d’animo, per il suo coraggio.
Sì, Bella lo spaventava. Bella era l’adulta temeraria. Lui era il bambino capriccioso, egoista e codardo.
Ma, cazzo, a 27 anni la codardia va messa da parte:
“Anch’io Bella.” Altre tre parole, su Edward. “Ti amo infinitamente.”
In realtà si erano già dichiarati, ma presi dalla foga non ci avevano neanche fatto caso. Rapiti dalle emozioni.
Bella piangeva. Non capiva perché, ma piangeva. Calde lacrime scendevano dai suoi occhi. Amore. L’emozione più forte che si possa trovare. L’emozione che è riuscita a far piangere Isabella Swan. Non una facile impresa.
Occhi contro occhi.
Labbra contro labbra.
Sorriso contro sorriso.
Anima contro anima.
“Ok. Basta. Non resisto più, Bella.” Occhi chiusi “Andiamo al mare.”
 
***
Posso dirvi con certezza che nel prossimo sarà presente il mare. ;) Forse anche un bagno, chi lo sa.
Spero che non siate troppo arrabbiate con me e che vogliate scrivermi cosa ne pensate. A me è piaciuto molto scrivere questo capitolo, più per l’amore che ho divorato –sì, molto di quello che c’è in Bella è mio- che per il resto.
Ringrazio preferite/seguite/ricordate, mando un abbraccio  enormissimo alle cinque fantastiche ragazze che hanno recensito: hiphipcosty, cucci cullen, sene, TwiFallVampireDark, ary94.
Mary.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Look how they shine for you. ***


Nono Capitolo
Un piano, un insegnante e un bacio.
 
Ok. D’ora in poi scriverò solo in fondo, vi rompo già troppo così.
Oggi uso questo spazio per dirvi che avete ragione ad odiarmi –se vi importa qualcosa di questa storia- perché sono orrendamente in ritardo. È più di un mese che non aggiorno ma la scuola –quella cosa odiosa che non prosciuga il tempo, ma la voglia sì!- mi distrugge ogni piccolo barlume di voglia di scrivere. Non mi chiedete come fa, non lo so neanche io.
Devo spiegarvi un po’ di cose.
Questa storia è nata grazie ad una persona che è esattamente uguale ad Edward.
E con questa persona non parlo più da un po’ –lo stesso tempo che ho impiegato per scrivere questo capitolo- e, capite bene senza l’ispirazione non si va da nessuna parte.
Basta vi lascio il capitolo –che almeno è lunghetto, per i miei standard, ovvio- che non è neanche corretto dalla voglia che ho di farvelo vedere.
Sappiate che oggi ho scritto benché domani mi interroghi a storia su 60 pagine di cui non so un’ h (si nota che sto cercando di addolcirvi?)
Ascoltate la canzone e –vi prego- recensite.
Mary.
 
Nono Capitolo – Look how they shine for you.
 
Yellow – Coldplay
 
“Beeeeeellaaaa… Sei pronta?” Urla su urla. Era tanto che urlava. Quel ragazzo non aveva pazienza.
Edward… Ci stai calmo, per favore?!
Amore, sai, non è facilissimo mettersi il costume nella mia situazione.”
Oh, ma io sono qui apposta.
Mi sa di no, invece, Edward.
Coscienza, sei una rompiballe.
Già sentito dire, non mi interessa… se non lo facessi io questo lavoro, te saresti un depravato-molestatore-di-sedicenni-molto-fighe.
1. E’ una sola sedicenne-molto-figa, 2. Questo non mi giustifica?
Cosa ti dovrebbe giustificare: che è una o che è molto figa?
Lasciamo stare. Sei una causa persa.
A me pare di aver vinto, visto che ti sei arreso. Pappappero.
Pft.
 
Ritornando leggermente indietro nel tempo:
Bella era rimasta un po’ interdetta dallo sbalzo emotivo di Edward, pur sapendo benissimo che lui era così e ci doveva fare l’abitudine –le sembrò strano comunque che non ci fosse già abituata-, ma gli sorrise felice, gli ristampò un altro bacio sulle labbra e lo spinse via, così da spostarsi dall’angolo della cucina in cui erano finiti mentre si baciavano.
“Ok, Ed. Sei pazzo. Ma va bene.” Awww. Lo amo.
Sorriso sghembo.
“Bella, non mi piacciono le frasi fatte, quindi non ti dirò mai ‘sì, lo so, io sono pazzo di te!’ Anche se lo sono. Sappi che ti amo.”
Ora piangio.
“Sì, va be’ andiamo che se no mi metto a piangere.”
Edward era impulsivo e per questo, per un impulso, abbracciò Bella. Mai gesto fu più giusto: Bella fra le sue braccia si sentiva al sicuro, protetta da tutto e da tutti, perfino dal suo protettore: Edward l’avrebbe fatta soffrire –lei lo sapeva; comportamento masochista? Non lo sapeva- ma lei lo amava e, sapere che anche lui l’amava, l’aveva fatta sentire così felice.
Niente di razionale il loro amore: un po’ quello di Cathrine ed Heathcliff, soltanto che loro l’avrebbero vissuto il loro: nessuna Cathrine avrebbe sposato alcun Linton e nessunissima Cathrine sarebbe morta poco dopo aver ritrovato –finalmente- il suo amore.
Il loro amore l’avrebbero vissuto fino all’ultima goccia, fino a dover spremere il cartoccio che lo contiene, e se questo era il cuore, beh lo si poteva far soffrire un po’ per essere normalmente felici, giusto?
E così –anche se da qualche parte la razionalità era ancora nascosta- con tutta l’irrazionalità che quell’amore tanto agognato le aveva portato, se ne era fregata del dolore, del comportamento altalenante di Edward e aveva accolto il suo amore… in buona e cattiva sorte, o no?
Bella si era posta tutte quelle domande mentre Edward –che aveva mollato già da un po’ la presa sul suo corpicino- la osservava con gli occhi scintillanti di curiosità e divertimento.
Un movimento.
Era bastato quello a smuovere Bella dai suoi pensieri e arrossire di botto… aveva seriamente pensato al Matrimonio? Ma che le saltava in mente?
Non lo sapeva nemmeno lei.
“Allora, ‘sto mare?” uno scampanellio di risate, la bellezza era la verità di quelle risate, non di chi fossero.
“Subito, Ed.”
 
Presente:
“Eeeeeeeeeeeeeed, ce l’ho fatta!”
Sì, esulto per essermi finalmente messa il costume, problemi?
No, no. Però non mi picchiare!
“Davvero?” era entrato in sala, gran bel problema visto che Bella -sì, era pronta- ma doveva ancora agganciarsi il reggiseno e –benché fosse coperta- l’imbarazzo fu così tanto che, se non fosse stato per i riflessi pronti di Edward, non lo sarebbe più stata, coperta.
“Girati che ti chiudo il coso.” Con grandi difficoltà –il suo compito era sempre stato quello di aprirlo il coso, mai chiuderlo, e se la prima azione gli era difficile, la seconda lo mise davanti ad una difficoltà praticamente insormontabile.
“Il gancetto, Ed? E’ quello il coso?” Lo stava deliberatamente sfottendo, ma si divertiva troppo di solito. 
Ma quella volta non si divertì per niente:
“Mhmh. Bella? Vuoi o non vuoi che ti chiuda il coso.” Quel coso era detto deciso, non c’era più niente del gancetto, era solo una provocazione.
E Bella avrebbe abboccato, se non si fosse ritrovata eccitata. Proprio così: una mano alla base della schiena; il petto muscoloso che la sfiorava, ma non la toccava mai veramente; le dita lunghe dell’altra mano a tenere i cosi ancora aperti; le labbra che soffiavano aria calda vicino all’orecchio, vicine, troppo vicine e la sua voce: vibrante, roca, bassa, Edward.
Edward. Edward e la sua risata.
Quella battaglia l’aveva vinta lui e Bella non aveva neanche lottato.
M’ha fregato. Sono inc… arrabbiata adesso. Merda.
“Hai barato!” Si era girata, Edward aveva mollato la presa –per ragioni fisiche per le quali non era Mr. Fantastic e non aveva le braccia allungabili e attorcigliabili- e lei –in tempo- era riuscita a coprirsi, di nuovo?
“Non è vero. Cioè anche tu l’hai fatto.” Sorrisetto innocente, per la serie: ho vinto, t’ho fottuto –nel senso lato del termine, eh!- e ora non puoi far altro che ammettere la sconfitta.
Due bambini.
“Ah, sì? E quando, Mr-io-non-baro-mai?” Grr. Odioso.
“Prima, quando ti sei appoggiata a me, totalmente.” Oddio. Forse non avrei dovuto dirlo.
Forse?
 
Oddio, l’ho fatto davvero?! Ma che idiota sono?! Ecco perfetto ora sono anche arrossita. Fanculo.
“Eeeeed!” Stridula. Era imbarazzatissima. E a lui aveva fatto anche un po’ pena eh, finché non aveva aperto bocca. Quel lamento aveva scatenato la sua risata, e non una di quelle sommesse, educate, coscienti di quello che lei gli avrebbe fatto se avesse iniziato a ridere, no!, una grassa, grossa, enorme e vera risata.
Lei avrebbe voluto tanto picchiarlo –stronzo, ride. Io muoio e lui ride. Tsk.- ma la sua risata le aveva solo fatto ricordare quanto lo amava e che il mare li stava aspettando.
Ohiohi. Ma ‘sto mare?” Sto seriamente pensando ad un suicidio. Dopo un omicidio, magari.
Uh, già, sì, andiamo… ma prima chiudiamo qui, i cosi, va’, e infila la maglia e i pantaloncini: non voglio che qualcuno faccia dei pensieri che implicherebbero una rissa.”
Eh?
Chiupa!
No, ma sei simpatica coscienza, eh!
Acida.
Non so… oh, va’ al diavolo.
“Non ti ho capito ma fa lo stesso. Ed… però i cosi agganciameli.”
Ouch. Già.” Una fatta.
“Ed passami i pantaloncini.”
Li prese, ma non glieli passò; invece si abbassò, le fece posare una mano sulla spalla e con molta calma –ricordandosi della caviglia incidentata- le fece alzare prima un piede e poi l’altro e, sempre con molta calma, li fece scorrere per le sue gambe lunghe –non perdendosi comunque l’occasione di fare un po’ di manomorta- e poi li abbottonò: sì, mise proprio le mani lì, nella zona calda.
E la era, eccome se era calda: Bella avrebbe balbettato di sicuro se qualcuno le avesse imposto di parlare. Amava l’effetto che Edward aveva su di lei: amava sentire il suo respiro su di sé, le mani, il calore che emanava. Tutto la rendeva felice, Edward era la causa della sua felicità.
Se fosse finita, lei ci sarebbe rimasta veramente male, non si sarebbe mai buttata giù da un ponte: aveva tutta la vita davanti; ma un periodo di sana depressione non glielo toglieva nessuno.
Mentre pensava alle varie canzoni che avrebbe potuto ascoltare durante il periodo di depressione acuta, vide la figura di Edward rialzarsi; si riscosse dai suoi pensieri, lo guardò negl’occhi mentre le faceva una carezza e le rimetteva la solita ciocca apposto.
“Alza le braccia.”
Bella continuava a non capirlo, ma faceva quello che le diceva senza batter ciglio, aspettando una sua mossa.
Lo vide piegarsi e raccattare una maglia grigia –la sua maglia grigia- e riavvicinarsi a lei, che aveva ancora le braccia in aria.
Le infilò la maglietta, si allontanò di due passi, la guardò con quel cipiglio alla Edward Cullen –compreso di sorriso sghembo, of course- e le disse:
“Certo che le mie maglie stanno meglio a te che a me.” A quelle parole Bella era arrossita: sia per il complimento che per il come Edward la stava guardando.
Ah, come mi diverto.
Ed, sappilo!, sei sadico!
No, mi diverto solo a prenderla in giro.
“E così, ti piacciono le brasiliane, eh!”
Oh. Bastardo. Ma questa volta non vince lui.
Ti sto immaginando con un ghigno malefico.
Ed era proprio così: sul viso dell’innocente Bella si era dipinto una smorfia maligna che non aveva fatto presagire nulla di carino e coccoloso.
“Oh, beh. Ho visto che piacciono anche a te.” Nessuna inflessione infastidita nella voce, soltanto tanta, tanta voglia di vendetta.
E così fu: Edward, a quelle parole, era rimasto immobile… forse doveva ancora elaborarle –non si aspettava di certo una risposta-, fatto sta che la faccia che fece, provocò l’immediata risata di Bella.
Tsk. Andiamo al mare, va’. Mi sta quasi passando la voglia.”
“No, no. Andiamo. Aspetta lascio un messaggio ad Alice, tu intanto trova un paio di asciugamani da mare.”
Ed era scappata in cucina, per quanto le potesse permettere la caviglia che stava anche iniziando a fare meno male.
Compose il numero di Alice e -ovviamente- le rispose la segreteria:
“Se non vi sto rispondendo è perché sono con il mio Jazzuccio, quindi vedete di non rompere, grazie. Se però siete la mamma, il babbo o qualsiasi altra persona che mi potrebbe mettere in punizione per il resto della mia vita, be’, sappiate che vi voglio tanto tanto tanto bene… biiiiiiiiiiiip.”
Pft, Alice, non cambierà mai.
“Alice sono Bella, sappi che ti devo raccontare un saaaaaaaacco di cose. Però ti ho chiamato per dirti che Edward mi porta al mare. Non preoccuparti se non sono qui prima di te, ok? Traduzione –visto che di solito ci metti un po’ a capire le cose- dateci dentro quanto volete, tanto non mi lascerai sola.” se finisco così mi distrugge, però! “Ti voglio bene. Bella.”
Una risata.
Cazzo. Quanto scommetti, Coscienza, che è arrivato quando le ho detto di “darci dentro”?!
Non scommetto, perderei.
Affrontiamolo va’.
“Ahm. Da dove hai ascoltato?”
“Uhm. Direi dalla traduzione dizionaristica di quello che potevano fare.”
“Merda.”
“Parla per bene!” che palle, sto ragazzo! “Comunque ho trovato gli asciugamani.” Lo dice come se avesse riscoperto l’America.
“Allora andiamo.”
Mentre gli passava accanto, lui le pizzicò un fianco e avvicinandosi al suo orecchio le soffiò:
“E quindi ci danno dentro, eh!”
Com’a dire: perché noi no?
Già perché noi no?!
Perché lei ha 16 anni e tu 27.
Non li dimostra.
Questo non toglie che non ce li abbia.
 
Già, perché noi non possiamo?
Perché lui ha 27 anni e tu 16.
CHICCAZZOSENEFFREGA.
Si erano incamminati verso la spiaggia vicino al porticciolo, Edward teneva  i due asciugamani e Bella si era aggrappata al suo braccio, non doveva essere una posizione comodissima.
Arrivati sulla spiaggia umidiccia, Edward distese gli asciugamani e si levò la maglia. Poi si girò verso Bella aspettando che lo prendesse d’esempio. La guardò levarsi la maglia e buttarla sull’asciugamano, aprirsi i pantaloni, farli scorrere lungo le gambe snelle. Appena li vide accanto alla maglietta grigia le si avvicinò, la prese tenendole ginocchia e schiena ed iniziò a correre verso il mare.
Fra le urla di Bella ci si immerse, portandola con sé. Gambe e braccia che si accarezzavano, bollicine che cercavano la luna, il suo riflesso sui loro corpi.
Situazione troppo romantica perché non si baciassero. Bella ricordò quel bacio per tutta la sua vita, la prima volta che si era sentita finalmente piena. Aveva ritrovato la sua metà d’anima, e non l’avrebbe lasciata.
E mentre si baciavano, aveva sentito qualcosa premere contro la sua pancia. Forse il freddo, forse l’eccitazione, forse la felicità, comunque Edward si era eccitato e Bella ne era rimasta –benché orgogliosa: sapere che il ventisettenne che ami si sveglia, tutto, è una botta piacevole all’orgoglio- totalmente imbarazzata.
Non si era mai ritrovata in una situazione del genere: con Jacob non erano mai stati così poco vestiti.
“Ehm. Imbarazzante.” Edward si stava piano, piano spostando, cercando di staccarsi da Bella, ma lei non glielo aveva permesso –non che volesse fare qualcosa-: voleva fargli capire che non si doveva vergognare.
“E così, i boxer col vampiro eh!” Sì, li aveva notati… Edward aveva sperato che non li avesse visti, ma Bella-occhio-d’aquila non poteva farsi scappare un occasione del genere.
“Ehm. Sono un… un regalo di Ro… Rosalie… Oddio, è troppo imbarazzante.” Le luci del ristorante vicino le avevano dato la possibilità di vedere il volto di Edwa…
EDWARD CULLEN E’ ARROSSITO! Non ci credo.
Era proprio così. Era arrossito. Edward Cullen non arrossiva, mai.
“Oddio! Sei arros…” Non era riuscita a finire la frase che si era ritrovata con l’acqua bruciante in gola. Tempo tre secondi era di nuovo su.
“Ma sei cretino?! Cazzo! Mi hai affogato. Dio. Sei proprio un bambino.” Si era allontanata ma non aveva fatto in tempo a dire qualcos’altro che si era ritrovata chiusa di nuovo fra le sue braccia, schiena contro il petto e la voce graffiante di lui che cantava:
 
“Look at the stars,
look how they shine for you.”
 
Lei guardava le stelle e sorrideva. Li immaginava visti dall’alto, da una di quelle stelle che brillavano per lei, dovevano sembrare dolcissimi, e lo erano.
“Sono tutte gialle.”
 
“Yeah, they were all yellow.”
 
“Sai perché ho quei boxer? Perché in realtà sono un vampiro.” Aveva appoggiato le labbra sul suo collo:
 
“Your skin,
oh yeah, your skin and bones,
turn into something beautiful.”
 
“Sei bianca come la Luna.”
 
“and you know,
you know I love you so,”
Lei non lo ascoltava praticamente più: guardava le stelle e pensava che era vero, brillavano per loro.

“it's true,
look how they shine for you
and all the things that you do.”
Forse non sarebbe durato per sempre, ma quello era l’amore della loro vita.
***
FERMATEVI A LEGGERE: E’ IMPORTANTE.
Allora: la storia è finita, andate in pace.
Ferme, scherzavo.
Cioè: è finita, ma questa parte di storia quella che è iniziata e si è conclusa in 3 giorni –mostruoso vero? Nove capitoli (e quarantuno pagine) per tre giorni di narrazione, già mi chiedo anch’io dov’è finito il mio potere di sintesi (e ce lo avevo, ve lo assicuro!)-.
Prima o poi –dipende quanto ci metto a decidere cosa voglio scrivere (fra presente e passato)- arriveranno i capitoli dell’ante love, love, love.
La parte in cui Edward è uno stronzo e Bella ci sta da cani.
La parte in cui Edward è dolcerrimo e Bella si scioglie.
La parte in cui Bella sta con Jacob (lo so, odiate il cane, lo odio anch’io e lo trovo abominevole, peggio dell’Uomo delle Nevi).
Quuuuuindi… se volete leggere qualcosa: nel passato, nel presente o nel futuro (qualsiasi cosa, sbizzarritevi!), sarò ben felice di farvi da Spirito come quelli di A Christmas Carol.
Se invece vi siete rotte le palle di me, della mia storia, dei miei ritardi –posso capirvi- ditemelo e non mi rifarò più sentire… Le idee che avrò me le terrò per me o come one-shot.
Au revoir.
Maria Sole
Ps. Dimenticavo: ho fatto un set di Polyvore per il capitolo, niente di stupendo, ma se vi va di vederlo: Set. I boxer che intendevo io non sono riuscita a trovarli (non so se avete presente: sono quelli di Intimissimi neri, con i canini -da cui uno cade una goccia di sangue- di un vampiro) quindi mi sono rifiutata di metterne un paio diverso… Morale della favola? Edward nel set è senza boxer, ma tranquille: ce li ha. :D
Pps. Recensite? Anche solo per dirmi che mi odiate? Mi fareste molto felice. :)

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Wake it up, wake up the happiness... it's Christmas time. ***


Primo Extra
Un piano, un insegnante e un bacio.
 
Primo Extra “Wake it up, wake up the happiness… it’s Christmas time.”
 
Shake up Christmas – Train
 
8 dicembre 2011
Se ne andavano in giro con due cappelli –per quanto in tema col periodo- tremendamente imbarazzanti da Babbo Natale, trovati mentre cercavano le decorazioni la settimana prima.
“Ed aspettami!” Non sapeva spiegarsi come Edward –mentre trainava lo slittino con sopra l’albero - riuscisse ad andare più veloce di lei.
“Muoviti!”
“Ehi. Se vado più veloce, batto una boccata.”
“Questo è perché non sei coordinata!” Pft. Bastardo.
“Sei uno stronzo! Ehi. Aspettami!” Aveva iniziato a correre verso Edward, cercando di mantenere l’equilibrio in quei Moonboot. Era riuscita ad arrivare –quasi- ad Edward quando una lastra di ghiaccio la fece scivolare lungo il marciapiede perfino in discesa. Leggermente, certo, ma quel tanto che bastava per farla scivolare per una decina di metri sorpassando Edward che se la vide passare accanto.
Era rimasto un po’ spiazzato, non aveva capito come avesse fatto a scivolare. Poi si fermò a guardarla e mentre iniziava a ridere le corse dietro; ma non fece attempo: Bella si schiantò contro un cumulo di neve, rimanendone sommersa.
Le loro risate riecheggiarono per tutta la strada e i pedoni incuriositi li guardavano ridere mentre Edward aiutava Bella a rialzarsi.
Poi normalmente –come doveva essere- si sorrisero –imbarazzati- e si baciarono: lì, davanti a tutti con dietro un albero sullo slittino e la neve intorno e dentro i vestiti di Bella.
Continuarono tranquilli la loro passeggiata, sorridendosi e scambiandosi battutine e anche qualche palla di neve.
Arrivarono a casa –erano felici di poterla chiamare così, forse Edward più di Bella, o forse il contrario-, disimballarono l’albero –vero, of course- e le palline comprate in un altro pomeriggio simile a quello che stavano passando.
 
“Staresti bene vestita di rosso.”
Eeeeeed.” Ogni volta che le faceva un complimento non riusciva a rimanere seria: tutti la consideravano una ragazza sicura di sé, ma non lo era, non lo era per niente. Era certa di non essere bella, forse carina, ma di sicuro non bella, non quanto la ritraeva Edward.
“Che c’è? E’ vero!” Pft. Sì, sì, verissimo.
“Ed non dire cavolate… non mi si può neanche paragonare a… a… Tanya.” Perfetto, con quello si sarebbe incazzato di sicuro.
Uhmpf. Bella quante volte te l’ho detto? Per quanto tu possa considerare Tanya più bella di te… lei non è pura. Te invece sei un fiore di loto che deve solo sbocciare.”
A quelle parole Bella gli era praticamente saltata addosso, felice, rischiando però di farli cadere fra le palline e gli scatoloni del trasloco ancora da sistemare.
Edward non se ne curò, la prese in collo e la buttò sul divano con una smorfia dolcissima sul viso. Bella si aspettava uno di quei baci mozzafiato, e ci fu anche quello, eh!, ma lui –dopo il bacio, che fu davvero mozzafiato- le iniziò a fare il solletico. Lei dimenandosi per cercare di liberarsi dalle mani, ma soprattutto dalle gambe aperte a stringerle il bacino per evitare che scappasse, di Edward li fece cadere una sopra l’altro scatenando un’altra risata. Sì, erano una coppia dolcissima.
“Bella… ti va di passare il Natale insieme?” Era felice.
Oddio. , certo che sì! Me lo chiedi pure?” Era felice.
“Bella… io il Natale lo devo passare con i miei.” Erano felici. Ma non abbastanza –o forse lo erano troppo- da passare il Natale –e tutte le complicazioni che avrebbe portato- a casa Cullen. Bella non poteva e non voleva. Non era pronta: qualsiasi persona vedendoli avrebbe pensato cattiverie e lei non voleva che i genitori di Edward potessero rovinare il loro rapporto con Edward o quello fra lui e la ragazzina.
“Ed.. io... Non penso sia una buona idea. Lo sai…” Edward faceva fatica a capirla: lui era un ragazzo all’impronta, non aspettava, non pensava, non calcolava: faceva quello che gli pareva, quando gli pareva dove e come gli piaceva: non gliene importava nulla di quello che la gente pensava, voleva essere felice e ci sarebbe riuscito senza che nessuno potesse ostacolarlo.
La sua felicità era sempre stata la sua famiglia: Esme e Carlisle, il pianoforte ed Emmett. Bella era entrata a fare parte della sua felicità e nel tempo, nei suoi ventisette anni, Edward aveva capito che chi ne entrava a far parte non ne usciva più.
Emmett era sempre stato di casa, era sempre stato insieme a lui mentre suonava il piano o parlava con Esme e Carlisle: la sua felicità era un tutt’uno, e non capiva perché Bella doveva esserne separata. Edward voleva la sua felicità tutt’intera.
“Va be.. va bene, Bella. Sai che non ti capisco, ma va bene. Sarà per un’altra volta.” E ci fu anche quella, ma è un’altra storia. “Però una cenetta, io e te, tu ed io, con l’albero decorato –sarà bellissimo… appena lo finiremo-… Bella… vuoi venire a cena con me e da me?”
“Sì, Edward… questa penso sia un’ottima idea…” gli aveva lasciato un bacio sulla guancia “Ma… ma sai cucinare?”
Lui le aveva morsicchiato il collo –più per prender tempo che per altro- e sorridendole le disse:
“Bella tu chiama Alice e trovati un vestito rosso… io penso al resto.” Le aveva lasciato un bacio in fronte e avevano continuato ad addobbare l’albero, non senza qualche interruzione pucciosa.
 
24 dicembre 2011
“Bella mi passi il tacchino?” Jacob.
Era dovuta andare a casa Black: era Natale ed era tradizione per Charlie e Bella passarlo insieme a Billy ed ai suoi figli.
Che poi uno degli ospiti –Bella- avesse altri impegni e, comunque, si sentisse a disagio sotto gli occhi di Jacob dopo la sera del Rockcontest, non era certo problema di Charlie –che non conosceva certo le motivazioni per le quali Bella non voleva “rispettare le tradizioni!”.
Odiava essere sotto lo sguardo di Jacob: dopo quel pugno e la mancata rissa la guardava e la faceva sentire accusata, colpevole. Sentiva la voce di Jacob –quella che una volta le piaceva tanto: giocosa, felice, allegra- urlarle nella mente piena di Edward: “te la fai con un ventisettenne… maccheccazz?!”
E benché fosse felice, fosse amata e lo amasse, il sentirsi accusare così le metteva ansia e rovinava quel sentimento bello da morire che provava per Edward.
Non voleva che qualcuno rovinasse il suo amore. 
Lei amava Edward.
“Bella mangia.” Billy la trattava come una figlia ormai e lei sapeva che poteva far affidamento su di lui in qualsiasi momento, ma quella volta –benché non volesse fargli dispiacere- gli dovette rispondere con una delle tante bugie della serata:
“No, grazie Billy, non ho molta fame: sono stata male in questi giorni.” Vide Charlie guardarla com’a dire: “Ma quando?” ma lei gli lasciò un’occhiata gelida della serie: “Non ci sei mai.” Non voleva accusarlo: sapeva che faceva tanto per loro, per farle vivere una vita tranquilla ed agiata, ma era stato involontario… era su di giri e… Sì lo so: non è giustificabile.
Un clacson. Un clacson di una Volvo –ormai era brava a riconoscerne il suono- l’aveva scossa dalle sue riflessioni.
Lasciò un ultimo sguardo a Jacob e disse:
“Oh, questa dev’essere Angela.” Si era esercitata per dire quella bugia innocente, ma che lei considerava enorme… Bella non era mai stata brava a raccontare le bugie. “Mi dispiace molto non poter scartare i regali con voi, come da tradizione.” In realtà non le dispiaceva per niente, ma era stata educata alla gentilezza e al rispetto e lei era fiera di poter dire che i suoi genitori –anche da separati- erano riusciti a farla diventare “una bella ed educata signorina.” “Ma sapete: Angela mi ha incastrata con ‘sta cosa della festa… sembrava che se non avessi accettato non sarei più stata sua amica.” Con un eloquente occhiata verso il cielo: per dire “che infantile che è!” ma in realtà era solo per distogliere gli occhi da quelli inquisitori di Jacob ed evitare così di scoppiare a ridergli in faccia.
Fece un giro del tavolo scusandosi ancora con Billy, arrivò da suo padre, gli baciò una guancia e lo rassicurò:
“Tranquillo Charlie… sono sempre la tua bambina.”
Lui le aveva sorriso, facendo in modo che i suoi baffi si spostassero sulla sinistra, e le aveva accarezzato il viso:
“Bells, non mi illudere… sappiamo entrambi che non è più così!” Le fece poi un occhiolino e quella fu la certezza che Charlie era proprio un poliziotto.
“Ciao, Dad…” non fece in tempo a finire di dire dy che qualcuno la chiamò:
“Bella? Sono fuori!” Sarebbe scoppiata a ridere presto!
“Oddio Angie…”
“Angie?!”
“Scusa sto uscendo…”
“Bella? Non sapevo che Angela avesse una Volvo C30.”
Cazzo.
“Ehm. Sì… infatti è la macchina del fratello!” Aveva levato dall’orecchio il cellulare ma al “E com’è ‘sto fratello?” non poté non riavvicinarlo mentre rispondeva:
“Il fratello di Angela?! Oh, beh lui è veramente bello. Non figo… proprio bello. Peccato che sia stupido, ma stupido forte… Oh. Sì scusa Angie. Ora esco.” E attaccò. “Bene io vi auguro buon Natale e grazie per l’ospitalità, davvero… mi dispiace molto.”
Uscì da quella casa euforica nel suo abitino rosso di maglia.
Lui la vide saltellare mentre agitava i boccoli fatti apposta per l’occasione… era pur sempre il loro primo Natale insieme e Bella ci teneva: teneva sia al Natale in sé che ad Edward. L’invito di Edward l’aveva fatta così felice che era stato ricordato dentro il suo diario, perché solo le brave ragazze tengono un diario, e lei la era. Forse.
“Ehi.” Si sedette dalla parte del passeggero e non fece neanche in tempo ad allacciarsi la cintura che Edward le prese il viso fra le mani e la baciò; lei subito lo bloccò e con un’occhiataccia gli disse:
“Ed hai presente cosa succede al tuo pisello se Charlie mi vede in macchina, con uno che di sicuro non è Angie, mentre lo bacio?! Te lo trincia… sì con il trinciapollo.” A quelle parole il viso di Edward sbiancò, perché –benché fosse un po’ di tempo che non lo usava- ci teneva e –quando fosse stato il momento giusto- voleva soddisfare Bella, senza che dovesse mandarla da qualcuno a cui funzionasse ancora, o che ce l’avesse, ancora.
“Oh. Ok. Allora andiamo. Però… Chi è Angie? Oltre alla protagonista della canzone dei Rolling Stones, ovviamente.” All’ultima precisazione Bella lo guardò confusa, ma lui soprassedette: le avrebbe fatto un altro giorno storia della musica.
Angie.. Angie sei tu!” Edward aveva alzato un sopracciglio, cosa che Bella amava ma che non riusciva a fare. “Cioè sei tu, in quanto Angie è la nostra copertura.” Le era piaciuto dire nostra: sapeva di amori impossibili, ostacolati, protetti. Sapeva di Romeo e Giulietta.
“Mh, va bene, mi può bastare.” Mentre Bella si pensava sul balcone a dire: “Oh, Romeo, Romeo.” ad un Edward che la guardava nella notte, non si era accorta che lui si era fermato sul ciglio della strada e la stava osservando.
Lei si era girata verso di lui, con un sorriso, non capendo perché non vedeva più gli alberi scorrere veloci: aveva provato a cambiare il suo stile di guida, ma non ci era riuscita, così si accontentava della morsa allo stomaco che sentiva tutte le volte che accelerava o che lo guardava mentre si muoveva sicuro per le strade.
“Uhm?” Le aveva sorriso e aveva appiccicato –sì, è decisamente il verbo giusto!- le labbra alle sue, sorridendo poi alla risposta pronta della sua ragazza.
Aveva lasciato una mano sulla guancia calda, mentre l’altra la portò sulla schiena accarezzando con i polpastrelli la linea della spina dorsale: su e giù, su e giù.
Si stavano godendo il bacio con calma, ogni secondo era uno scambio di emozioni era un do-das che li faceva felici: ubriachi d’amore. Lo si può essere, no?
Calmi. Ma appena Bella poggiò ed iniziò a giocare con i capelli di Edward, un tornado li colpì, non facendo capir loro più niente.
Bella che si era già slacciata la cintura si mise in ginocchio sul sedile per arrivare meglio ad Edward mentre lui in fretta si sganciava la cintura di sicurezza –meglio precisare-, si sporse ancora di più verso Bella e –poggiandole le mani sui fianchi- se la portò a cavalcioni sulle ginocchia.
Per un po’ si sentì solo il rumore delle loro bocche che si mangiavano, ma quando Edward per sbaglio –sì, diciamo per sbaglio!- le infilò una mano sotto il vestito sentendo la pelle nuda del suo sedere, tutto velocemente come era iniziato si fermò.
“Ehm..”
“Uhmm… Ok.”
“Ehmm…”
“No! Oddio Bella adesso lo voglio sapere!” Cosa voleva sapere? Bella ci era rimasta malissimo. Edward non avrebbe dovuto sapere che aveva messo delle autoreggenti –cosa che l’aveva fatta chiudere in camera mezz’ora in più quando si preparava, per accertarsi di riuscire a fare una cosa del genere.
“Ed?!” Stridula. E rossa. Bella era in imbarazzo, ma poteva essere altrimenti? Andatelo spiegare voi, al vostro ragazzo ventisettenne, che vi considera un “fiore di loto che deve solo sbocciare”, che:
“Uhm. Ok. Tanto non mi darai pace, finché non ti rispondo: non c’erano al negozio, ok?!” Lei non voleva sedurlo.
“Davvero?” Non riusciva a crederci. Cioè non poteva credere che Bella fosse così pura, non la meritava, ma era egoista e se lei l’aveva scelto, lui non si sarebbe allontanato dalla sua felicità.
“Sì, ehm. È imbarazzante… Come al solito è colpa…”
“Di chiunque sia, non penso sia una colpa, più un merito.” Bella non aveva capito quell’affermazione, ma se l’era lasciata scivolare addosso senza nessuna preoccupazione.
“Va be’… il merito è di Alice. Che –quando siamo andate a comprarle-  ha detto che ‘sono fantastiche! Cioè mi stanno benissimo e…’ blablabla. Così pur di non starla a sentire le ho comprate, anche perché sono carine.” Uuuh. Ce l’ho fatta.
“Beh, sono d’accordo con Alice: ti stanno benissimo.” Le aveva tirato un pizzicotto sulla parte di coscia nuda, le aveva riabbassato il vestito, la riprese per i fianchi e –dopo averle lasciato un bacio sul collo- la rimise al suo posto. “Andiamo a casa: la cena si raffredda.”
“Hai cucinato tu?!” L’incredulità nella voce di Bella l’offese, quasi: faceva bene ad essere incredula: Edward, di quello che avrebbero mangiato, non aveva fatto niente.
“Ehm, forse.” Aveva preparato una sorpresa.
“Uhm. Va be’. Ok, andiamo.” Si era riallacciata la cintura mentre Edward partiva come un razzo per raggiungere in fretta casa.
 
Ouuuuuuu.” Qualsiasi cosa Bella vedesse lo commentava così. N0n riusciva a crederci Edward-stronzo-Cullen aveva messo seriamente delle candele rosse come centrotavola? Sì l’aveva fatto e le aveva messe anche profumate: vaniglia e cocco.
Era vero: l’amava, ma Edward Cullen non era un tipo del genere.
“Ed ti amo.” Gli soffiò sulle labbra prima di baciarlo.
“Mh. An-mh-Anch’io.” Era stato dolce, dolcissimo. Sapeva anche lui che non era un comportamento usuale, non per lui almeno, ma le aveva viste mentre compravano le decorazioni e le aveva immaginate benissimo sul tavolo in tinello.
“Mangiamo!”
“Mangiamo!” Avevano riso. Edward se l’era trascinata dietro e avevano mangiato dell’ottimo cibo cucinato dal ristorante cinese poco lontano.
 
“Ok. Se fa schifo, non azzardarti a sputarmela in faccia, perché mi arrabbio.” Bella a quelle parole aveva riso, perché Edward mentre parlava e portava la torta al cioccolato –come poteva fare schifo?! C’era il cioccolato!- sembrava tanto un cucciolo in preda ad una crisi di nervi.
“Si, si, ridi pure. Tanto non sei stata tu quella che oggi pomeriggio mentre cucinava, doveva trovare una scusa per sua madre che l’aiutava.”
“Ti sei fatto aiutare da Esme?!” Era incredula, e un po’ impaurita... e se Edward le avesse detto che era per una ragazza?! Ne sarebbe stato capace, cacciandosi poi in una situazione assurda, nella quale –sicuramente- il nome di Bella sarebbe saltato fuori.
“Sì. Cioè in realtà è lei che ha voluto aiutarmi. Io stavo tentando di capire quanto fosse una noce di panna, quando mamma è arrivata chiedendomi cosa stessi facendo… in teoria questa torta la sta mangiando Emmett.”
“Quindi… E’ come se io fossi Emmett!”
“E quindi in realtà Emmett e Angela stanno mangiando la torta!”
“Sillogismi.” Si erano messi a ridere. Sempre più felici.
 
“Il Grinch! C’è il Grinch. Lascia il Grinch!”
“Ti piace dire Grinch, eh, Bella?”
“Sì, si nota così tanto?”
“Mhmh.” Si era avvicinato per baciarla, sul tappeto, davanti al fuoco del camino, mentre guardavano la televisione… c’è qualcosa di più romantico e più natalizio? Non penso.
“Buon Natale, Bells.”
“Buon Natale, Ed.” e un bacio sulla guancia. Poi si appoggiò al suo petto, respirò il profumo che le piaceva tanto e gli chiese:
“Ed… me la racconti una storia? Una storia di Natale.”
“Una storia di Natale?!” Incredibile quanto fosse innocente, era una bambina ancora. O forse no. Forse aveva solo bisogno di esserlo per una sera, e perché privarle un bisogno? “Ok.
 
Once upon a time in a town like this
a little girl made a great big wish
to feel the world full of happiness
and be on Santa’s magic list.”
 
“E poi?”
“Non so, Bella me la sto inventando nel mentre.”
“Ah.”
 
At the same time miles away
little boy made a wish that day…
 
“Che desiderio, Ed?” La stanchezza cominciava a farsi sentire, così Bella pose un bacio all’altezza del cuore e gli disse, di nuovo:
“Buon Natale, Edward.” Sospirò e chiuse gli occhi.
Lui nel frattempo continuò a cantare:
 
Let me meet a girl one day that
wants to spread some love this way:
We can let our souls run free and
she can know some happiness with me.
 
Quelle parole le soffiò all’orecchio di Bella, sperando che –anche in un sogno- potesse sentirle.
E Bella le sognò: sognò di correre libera con Edward, mentre le faceva conoscere la felicità.
Edward levò loro le scarpe, allungò un braccio sul divano per prendere la coperta di pile rosso, la sistemò per coprirli, sistemò una ciocca di capelli di Bella, le baciò una guancia e si addormentò, felice.
 
 
Wake it up,
 wake up the happiness,
it’s Christmas time.
 
La voce di Alice riempì il piccolo salotto di casa di Edwardsolo di Edward- svegliandoli.
Maccheccazz?!”
Mh. Alice?” Aveva risposto, per evitare di sentire un’altra volta quella canzoncina alle… alle…
“Mi hai chiamata alle otto e mezzo di sabato 25 dicembre, Alice?! Era abbastanza incazzata nera. Porca miseria, Alice non aveva seriamente il senso del tempo nel Mondo Comune: viveva nel suo microcosmo fatto di amore e vestiti, fregandosene del resto.
“Sì. L’ho fatto. Ma appena mi lasci parlare ti dico perché e allora mi chiederai scusa!”
“Ne dubito fortemente!”
“Mh. Vedremo. Comunque ti ho chiamato per dirti che Charlie sa che tu sei a casa mia ora… non mi sbugiardare… se no, non mi potremo più usare come scusa.”
Mh. Ok, forse ti devo chiedere scusa. Grazie, Alice. Sei la Alice più dolce che ci sia.”
“E te la Bella più ruffiana. Sappi che sono offesa.”
“Ah. Questo mi fa pensare ad una cosa…” Avrebbe continuato la frase se Edward non si fosse mosso stringendo il suo fianco ed appoggiando la testa sul suo seno.
“Bella?”
“Sì, Alice. Ti chiamo dopo.”
“Ok. Sappi che mi stai dando il tempo di prepararmi le domande!” Sentì la sua risata, un tripudio di campanellini, prima del tutututu, capendo che le aveva attaccato praticamente in faccia.
Appoggiò il cellulare sul divano e si mise a giocare con i capelli di Edward.
“Mhh. Hai finito di giocare con i miei capelli?”
“Nah. Mi piacciono. E poi è colpa tua.”
“Colpa mia?” Nel frattempo spiaccicò il viso dove si era appoggiato e lo strofinò, come faceva appena sveglio per ritrovare le sue facoltà mentali.
“S-s-si. Colpa tua.” Non si era ancora accorto di dove si trovava, di dove si stava strofinando.
“Bella? E’ tutto ok?” Alzò il viso e la vide rossa, rossissima. Poi lo riabbassò e lo fissò sul posto che aveva occupato la sua testa e capì.
“Oddio! Scusa Bella. Non me ne sono…” Bella, forse per chiudere il momento imbarazzante, forse perché lo voleva, lo baciò.
Continuando a baciarlo Bella mise le mani fra i capelli di Edward, lui a quel gesto sorrise e se la portò sulle ginocchia. Poi portò le mani alla sua schiena e preso dal… ehm… dall’euforia, aprì la zip del vestito di Bella.
Lei, sentendo più freddo di prima e un rumore diverso, aprì un occhio e, appena vide la neve fuori dalla finestra, balzò in piedi:
“Ed, Ed, la neeeeeeeeve!” Lui scoppiò a ridere, le lasciò un morso sul sedere –scatenando l’ ‘Ehiiiii’ di Bella- e si alzò.
“Andiamo! Ti presto i miei Moonboot.” Le aveva tirato una spintarella, seguito da un altro ‘Ehiiii’ ma si fermò.
“Anzi, no, aspetta! Ti ho fatto un regalo.”
“Uh. Già anch’io.”
Mentre Edward se ne andava in camera, Bella si avvicinò alla borsa con il cambio dove teneva anche il regalo per Edward, lo tirò fuori e poi tornò sul tappeto ad aspettare Edward.
Quando lo sentì tornare disse:
“Non è niente di che, eh!”
In risposta ci fu la stessa identica frase.
Scoppiarono a ridere e poi –insieme- tirarono fuori i regali impacchettati di carta da regalo rossa con le renne uno e coi pinguini l’altro.
“Su, apri!”
“No, prima te.” Edward allora stracciò la carta e si ritrovò davanti un maglione di lana bianca, con la parte alta disegnata di pinguini e stelle di Natale.
Edward lo fissava incredulo: era lo stesso che aveva visto con Rose e che lei aveva trovato adorabile.
“Oh. Non ti piace. Lo sapevo. E’ che mi sembrava tanto adorabile…” Edward era scoppiato a ridere e fra le risate le aveva fatto una carezza:
“Tranquilla… E’ vero: è adorabile.”
“Oh. Ok?”
“Sì, Bella… sai come sono fatto, no? Se non mi piacesse te lo avrei detto.” Bella tranquillizzata da quella frase perché certa di quello che Edward le aveva detto, prese il pacchetto e  -con non poca curiosità- distrusse la carta e si ritrovò davanti una maglietta grigia, a mezze-maniche con scritto sopra: “My boyfriend is a vampire.” e due buchi di canini sanguinanti.
“Così non devo più giustificarmi per ogni morso che ti darò! E’ così, Bella: sono un vampiro.”
Erano scoppiati a ridere, si erano baciati e lui le aveva morso il labbro inferiore per esprimere meglio il concetto; Bella non era neanche riuscita neanche a finire di dire ‘Ehi..’ che lui l’aveva bloccata:
“Devo rispiegarti il motivo della maglia?”
“No, penso di averlo capito! Andiamo: ti riempirò di tante palle di neve che non avrai neanche più voglia di mordermi, dopo.”
“Vedremo, Bella, vedremo.” Suona solo a me come una minaccia?
Si coprirono bene ed andarono a giocare con la neve.
Bella era felice: felice per Edward con Edward e perché era tempo di Natale.

***
Hola Chicas!
Intanto: BUON NATALE, FELIZ NAVIDAD, JOYEUX NOEL, MERRY CHRISTMAS, eccetera, eccetera, eccetera.
Poi: come state? Io bene sto giocando a Call of Duty MW3 (non chiedetemi cosa significa, perché non ne ho la più pallida idea!) un checkpoint per uno, con i miei fratelli... ci credete se vi dico che non riesco ad arrivare integra –o quasi- al checkpoint successivo?! O.O Sì, lo so! Sono stupita anch’io.
Bene lasciando perdere i convenevoli... Esatto questo primo extra è il mio regalo di Natale per voi.
Mi ci sono impegnata veramente tanto: anche se sapevo cosa scrivere, trovare come scriverlo è stato molto più difficile del solito... forse perché è la prima volta che so cosa volevo scrivere e che non mi lascio andare in balìa della musica.
Ho tante cosine da dirvi: partendo dall’inizio.
Il titolo è perfetto e la canzone anche… non sapete quante volte l’ho ascoltata mentre scrivevo questo capitolo. C’è stato un momento in cui l’ho odiata, ma senza il capitolo non sarebbe venuto su. :)
Poi l’8 dicembre: in Toscana –non so se in tutt’Italia- c’è questa tradizione di fare l’albero per l’Immacolata: è una tradizione che amo –benché in casa non sia praticamente mai applicata: quest’anno è stato fatto tipo 10 giorni fa :/ - e ho voluto infilarla anche qui.
Poi ci sono due richiami di due diversi episodi: il Rockcontest di Jacob e il trasloco di Edward… avrete un Extra di tutti e due… dovete solo decidere quale volete per prima.
Per i vestiti di Bella ho fatto un set –per la serie non so che fare in questi giorni. :S . I regali invece sono questi: per Bella, per Edward.
Ah, poi… “battere una boccata” si dice in  tutt’Italia? Perché se no, vuol dire: cadere. :)
Poi il tinello… sapete cos’è il tinello? Perché io nei miei quattordici anni l’ho visto solo a casa mia: sostanzialmente è… ehm. Allora prendiamo una grossa stanza, mettiamo da una parte la cucina e dall’altra il tavolo con le sedie. La differenza da una cucina con il tavolo è sostanzialmente 20 cm di muro da una parte e dall’altra che “separano” le due aree. Ok, è complicato, ma ci tengo al mio tinello, io, uhmpf. ;D
Pucciosa rende il senso, e poi: ditelo ad alta voce… è carinissimo. *-*
Basta penso di aver finito,
Buon Natale ancora,
Maria Sole.
Ps. Recensite… solo per dirmi se volete prima leggere del trasferimento o del Rockcontest.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Ehm... ***


Ok. Non so sinceramente come parlarvi o cosa dirvi. Non so neanche da quanto è che vi ho abbandonato, perché è ciò che ho fatto. Ma all'inizio le due recensioni all'ultimo capitolo mi hanno scoraggiato, un sacco. Sapete, ve l'ho già detto, lo so, ci avevo messo tutto il mio impegno e sapere che è stato così enormemente schifato non... non.. Non so neanche spiegarvi quanto mi ha abbattuto. Poi, dopo quello: quando mi ero decisa a scrivere ancora, mi è partito il trasformatore. D: E con lui anche -e di nuovo- la mia voglia di scrivere. Devo andarlo ancora a ricomprare, prima o poi ce la faccio eh! Spero che non mi odiate troppo, Mary.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Tra trigonometria e un letto rifatto: un progetto matto. ***


Tra trigonometria e un letto rifatto: un progetto matto.
Un piano, un insegnante e un bacio.                                  
 
Secondo Extra  Tra trigonometria e un letto rifatto: un progetto matto.
 
Ottobre 2011, Forks.
 
Vieni a casa mia oggi?
Tranquilla i miei sono a Chicago,
E.
 
Le era arrivato quel messaggio mentre faceva trigonometria. Quel messaggio che le fece abbandonare ogni proposito di tentare di capire e risolvere uno di quei problemi: non ci aveva mai capito nulla di trigonometria.
 
Sentiti in colpa, Ed.
Adesso non riesco più a concentrarmi. D:
 
Le piaceva parlare tranquilla –o quasi- con lui: aveva sognato per un sacco di tempo un rapporto simile.
E mentre pensava a quanto fosse bello il potergli parlare senza nessun problema o imbarazzo, le arrivò su Viber un altro messaggio:
 
Cos’è: sono così affascinante che
un mio solo messaggio ti manda in tilt?
 
La risposta fu immediata e poco pensata:
 
No, sei solamente un pallone gonfiato.
E non so quanta voglia abbia di passare
il pomeriggio con un soggetto del genere. ;)
 
Aveva scatenato l’inferno, ne era al corrente, ma non era riuscita ad evitare la cosa.
 
Ah sì, eh?
Ed io che pensavo che volessi farmi
finalmente vedere quello stupido film
con Idiota Pettyfer.
 
Scoppiò a ridere e gli rispose subito:
 
Quando arrivo? AHAHA.
Ps. Non aprirò il discorso gelosia,
ma sono certa che tu lo sia, geloso intendo.
 
Sorrise come un’ebete, inviò e iniziò ad agitare i piedi penzoloni al di là del letto.
Su un altro letto –più grande e coperto da un piumino blu e non lilla- Edward ricevette quel messaggio, sorrise sghembo e scrisse:
 
Bella, io sono certo che tu non l’abbia
scritto di proposito, ma...
 
Ma cancellò subito –troppo audace perfino per se stesso- e riscrisse:
 
Io sono qui,
sei te quella che deve arrivare. ;)
 
E, malgrado tutto, quell’arrivare per lui mantenne quel significato che lei non avrebbe pensato, non in quel caso. Aggiunse:
 
Ps. Ma cosa stavi studiando?
Se era trigo –come sono certo che fosse-
portala: lo sai che sono bravo. ;)
 
Ed inviò.
 
Bella all’arrivo di quel messaggio era già pronta col chiodo di pelle in mano, ma il suo libro di trigo la guardava male, malissimo. Così, sapendo che Edward era veramente bravo in quella materia fatta di numeri, seni e coseni e tutte quelle altre funzioni che  faceva perfino fatica a comprendere, lo afferrò stizzita dal letto e lo infilò in borsa. Quella borsa che non avrebbe mai portato se non avesse dovuto portare quell’orrido libro portatore di tanti mal di testa e D varie.
Raccattò le chiavi di casa e quelle del suo pick-up nuovo di pacca –almeno per lei: per il resto del mondo era un rottame color ruggine matricolato alla fine degli anni cinquanta, uno di quegli affari che sulla scena di un incidente trovi ancora intatto accanto alla macchina tedesca diventata un barattolo di pelati- scese a rotta di collo –e rischiò di romperselo, quel collo- le scale e arrivò da Edward in poco tempo, relativamente poco tempo, visto che si sta parlando di una ragazza appena patentata.
Suonò al campanello impaziente e sorrise quando sentì un “cazzo!” provenire da dentro casa. Dopo tre secondi Edward le aprì con il solito sorriso, un paio di pantaloni grigi a vita bassa e larghi in fondo e una maglia rossa ancora in mano.
“Buongiorno.” E poggiò la mano destra all’infisso della porta mentre continuava a sorridere. Quel ragazzo non lo capiva proprio, ma quel sorriso era una maledizione perché Bella si scioglieva e non c’era niente che potesse farla rinsavire.
“Ehi.” Bella gli sorrise felice e poi lo guardò, in attesa. Di un bacio, ma con Edward Cullen non ci si doveva mai aspettare niente.
Quest’ultimo dopo un paio di minuti fatto di strani sguardi lasciò cadere il braccio che le bloccava il passaggio e lo mosse per invitarla dentro.
Lei gli sorrise ed entrò, ancora un po’ stordita dai suoi sguardi indagatori e dai suoi sorrisi dolci.
Entrò in quella casa piena di luce dovuta al bianco delle pareti e alle grandi vetrate che riusciva a vedere solo per un pezzo dietro alla scala che faceva salire al piano della zona notte.
Si guardò intorno curiosa beandosi di tutta quella luce a cui non era abituata –in primo luogo perché a Forks un tempo come quello era veramente raro, in secondo luogo perché casa sua non era munita di parete vetrata-, d'altronde era la prima volta che entrava in casa di Edward, se non quella volta del secondo Diluvio Universale, ma bagnata come un pulcino non aveva fatto molto caso all’arredamento di quella casa.
Stava per entrare in quello che le era parso il salotto, quando Edward l’accalappiò per la vita, la rigirò verso di sé e le stampò un bacio sulla bocca. Si staccarono, si guardarono e ricominciarono a baciarsi.
Nel mentre Edward stringendole il busto la tirò su e Bella si ritrovò sulle Lacoste del suo ragazzo mentre si sorridevano sulle labbra rosse di baci.
Le sfiorò i capelli con le mani da pianista scendendo con calma lungo la schiena fino ad arrivare alla base dove le poggiò spingendo verso di lui stringendola in uno strano abbraccio.
Staccò le labbra sorridendole e tuffò –chinandosi ancora di più verso di lei- il naso nel suo collo lasciando ogni tanto qualche bacio e stringendola di più a sé.
Quello era il saluto che Bella voleva ricevere, anzi era andata anche meglio di quanto sperasse.
Quando si staccarono, non poco tempo dopo, Bella sorrise parlandogli:
“Perché non l’hai fatto prima?”
Lui la guardò felice:
“Perché… Dio, Bella, fai sempre le domande più scomode. Non lo so perché Bella.”
“Uhm, ok. Si guarda Beastly?”
“Eh?”
“Il film!”
La osservò inclinando il capo:
“Quello con Idiota Pettyfer?”
Lei contenta di vederlo con Edward urlò quasi la sua risposta:
“Esattamente quello!”
Ma lui furbescamente tirò in ballo lo studio:
“Non so, Bella. Non avevi detto che non ti riusciva trigo?” e le sorrise storto.
“AHAHA, non mi obbligherai a studiare?” e si allontanò leggermente per evitare ogni possibile attacco.
“Sei sicura di quello che dici, Bella?” non le lasciò neanche dire “pio!” che scattò verso di lei, la intrappolò fra le braccia forti, le sorrise divertito e facendo forza sulla vita se la tirò in spalla e fra i suoi urletti la portò in camera sua.
Nel viaggio sottosopra poté ammirare la scala nera di design, i quadri colorati e le foto che arredavano le pareti bianche nel lungo corridoio del secondo piano e un bagno dalle piastrelle verde acqua, oltre a varie porte chiuse che nascondevano stanze e studi.
Sentì la porta della camera chiudersi fra le risate di Edward e le sue minacce di morte che però non avevano un grand’effetto.
Tre secondi ancora e si sentì schiantare sul letto morbido.
“Ma sei scemo!” Non era una domanda. Faceva la finta arrabbiata ma in realtà stava morendo dalla voglia di ridere.
“Non mi pare che sia una domanda.” Le rispose di rimando ridendo come un idiota.
“Infatti!” ma non era riuscita a trattenersi e scoppiò a ridere anche lei.
“Vieni, citrulla. Andiamo a fare trigo.” Disse tentando di raccattarla da quel letto troppo grosso per una persona sola.
“Nooo. Non lo voglio fare. Mi rifiuto. Tanto son citrulla!” e rideva, rotolando a destra e a sinistra su quel letto morbido ancora da rifare, cercando di sfuggirgli.
“AHAHA, non mi freghi signorinella. Sei Einstein, così sei obbligata!” E si allungò di nuovo.
“Einstein non era un trigonomico! Facciamo finta che esista la parola, via!” si mise nell’angolo a gambe incrociate sbuffando e risistemandosi i capelli.
“Dettagli! Ora scattare che se  no domani ti faccio fare due ore di solfeggio!” stava per lanciarsi verso di lei ma bastò quell’ultima parolina per farla desistere.
“NO. Solfeggio no. Mi toccherà trigonometria.” Odiava solfeggio, non le riusciva: si impappinava nel cercare di dire la nota giusta, ma nella pratica riusciva a suonare. Solfeggio le metteva ansia, soprattutto quando Edward la guardava aspettando l’ennesimo sfondone.
“Brava la mia alunna, vamos.” Lei si avvicinò gattonando e cascò dal letto portandosi dietro tutte le coperte fra le quali si era incastrata scatenando l’ennesima risata di Edward.
“Guarda che è colpa tua!”
A Edward erano andate di traverso le risa e mentre tossiva alla ricerca di aria la guardò stupito:
“MIA?!”
Bella cercando di districarsi dalle coperte gli rispose:
“Sì, tua. Se avessi rifatto il letto…”
Momento di silenzio.
Bella lo guardava incuriosita dal suo mutismo e lui tentava di sfuggire al suo sguardo.
“Edward?” Era confusa.
“Edward!”
Continuava a stare zitto e a tener basso lo sguardo.
Bella in fretta tentò di districarsi dalle lenzuola e appena fu in piedi si avvicinò ad Edward:
“Ohi. Ma che c’hai?”
Edward iniziò a balbettare.
Sul serio, Cullen?
“Edward?”
“Bella. Io… Ehm-ehm. Io il letto…” e si interruppe conscio che quella storia gliel’avrebbe rinfacciata tutta la vita: “nonlosorifare.”
“Edward!” e lo guardò ancora.
Poi però vedendo che lui continuava a sviare il suo sguardo scoppiò a ridere, per poi fermarsi appena lo vide incupirsi.
“Ma sul serio, Ed?” trattenne un risolino.
“Mhmh.”
“Oh. Beh, ok. Vieni.”
“Dove?” ora quello confuso era lui.
“A rifare il letto. Ti insegno: hai ventisette anni porca miseria, non è possibile che tu non sappia rifarti il letto.”
“Oh. Va bene.” E colpito dalla forza d’animo di Bella la ascoltò e tirò su a destra e a sinistra, spiumacciando perfino il cuscino, ritrovandosi il letto rifatto per la prima volta da quando Esme decise di lasciare ad Edward il compito di pulirsi la camera.
 
Dopo il momento di fogamento di Edward dopo essere riuscito a rifare il suo letto, le aveva fatto fare un giro della casa indicando le varie stanze al secondo piano per poi scendere al primo farle ammirare l’enorme cucina di Esme e il salotto con due vetrate sul Sol Duc e il lungo tavolo di legno scuro vicino ad una di queste dove si stabilirono per studiare.
Avevano perso praticamente tutto il pomeriggio a studiare trigonometria –Bella non si perdonò mai quella sua totale avversione per quelle stupide funzioni- e si ritrovarono verso le diciotto a valutare cosa fare mentre facevano zapping fra i millemila canali di Sky semidistesi su uno dei due divani bianchi del salotto.
Si fermò sui Simpson ma dopo aver convenuto che quella puntata non era un granché continuarono a fare zapping finché a Bella non venne a noia la tele e si girò fra le braccia del suo ragazzo e guardandolo negli occhi gli chiese:
“Ma perché non te ne vai da casa?” era seria, serissima. Ma quando vide la faccia di Edward trasformarsi in una strana smorfia di imbarazzo cercò di ritrarre la domanda, ma lui non glielo permise.
“E’ imbarazzante! Sono certo che non riuscirei a mandare avanti una casa.” Edward non sarebbe mai riuscito a dire le cose facendole capire al resto del mondo alla prima, mai.
“In che senso? Economicamente? Non credo che avresti pro…” la interruppe subito.
“NO! Non in quel senso, ma in quello pratico. Fra un po’ non mi riesce farmi il latte caldo senza far esplodere la cucina, figurati gestire un’intera casa con lavastoviglie e lavatrice annesse. Nah, nah.” Si vedeva che non credeva neanche nella più remota possibilità di riuscirci.
E Bella era scoppiata a ridere: la certezza nello sguardo di Edward nella sua più totale sconfitta era troppo comica.
“Chetteridi?! Non è divertente!” stava praticamente ringhiando, mentre cercava di non ridere anche lui.
Bella lo guardava e rideva quando, di botto, smise, lo guardo seria e disse:
“Mh. Quindi se io ti aiutassi e riuscissi a farti diventare una brava massaia, te ne andresti di casa?” la guardò stupito e rispose:
“Penso… penso di sì. Quando iniziamo?”
 
***
Ok. Ci sono.
Incredibile ma ci sono.
Ci credete?
Finalmente.
Sono felicissima.
Sperando che lo siate anche voi.
Bene, bene, bene.
Vi ricordate di me?
Ok, basta convenevoli.
Non ce la facevo più a portarmi avanti questo “capitolo” –poi devo dirvi una cosa- e quindi l’ho fatto finire così, sappiate che ci sarà un altro capitolo con varie lezioncine di masseria –ormai ho perso il controllo di questa ff e mi sono lasciata andare alle cazzate.
Quindi ho un po’ di cose da dirvi: Viber è un’applicazione per iPhone/ iPod/ iPad/ Android/ e non so che altro che permette di messaggiare –perché Word me lo dà errore? D: - sfruttando internet e non i soldini della ricarica! ;)
Poi, non so se l’avete notata ma c’è una citazione quasi ripresa da Twilight sul pickup e spero che me la passiate per buona. xD
Poi, basta!
Anzi no! Dicevo prima pensavo che –visto che la ff in realtà è finita al capitolo 9- di fare una ff a parte dove mettere questi missing moments –se così si possono chiamare. Che ne pensate?
E poi l’avviso volevo cancellarlo ma mi avete scritto delle cose così belle che non so più se farlo –datemi un consiglio!
Spero che vi piaccia e che me lo facciate sapere.
E poi volevo chiedervi un parere su questa cosa che ho scritto per un contest… ditemi che ne pensate.
Ringrazio Uvetta, Cassie Aardbei, ary94 e hiphipcosty per aver commentato quell’avviso e per avermi tirato su di morale, ovviamente grazie anche a tutti voi che aspettate l’aggiornamento :)
Mary.
Ps. Lasciate perdere il titolo, quella pazza sono io. D:

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=792490