Red Rose

di BlackLilium
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno al branco ***
Capitolo 2: *** Madame ***
Capitolo 3: *** Remember ***
Capitolo 4: *** Troppo vicini ***
Capitolo 5: *** Gettin' ready ***
Capitolo 6: *** Scambio Fatale ***
Capitolo 7: *** Sangue del suo Sangue ***
Capitolo 8: *** Fog in the Clouds ***
Capitolo 9: *** Non più come prima ***



Capitolo 1
*** Ritorno al branco ***


  
 
Si passava quella foto tra le mani da dieci minuti ormai, aspettando il ritorno del padre. Il sorriso dei due gemelli era di una somiglianza incredibile, nonostante fossero così diversi. Appoggiato alla carrozzeria del cofano del furgoncino, Tom sfiorava con delicatezza la guancia raffigurata di lei, sorridendo al ricordo di quel giorno: il loro primo giro in moto, la moto di Johnny King, l’intoccabile!
L’avevano rubata dal garage, mi pare ovvio, e quell’adrenalina era salita fino alla loro punta dei capelli facendoli sentire fieri e immortali. Tom aveva diciotto anni, i due gemelli quattordici. E lei era già molto carina.
“Tom, hai finito di cazzeggiare? Dammi una mano con questi barili…” lo svegliò il padre, con uno scossone.
Il ragazzo rimise la foto in tasca e caricò le ultime cose sul furgoncino scassato che avevano messo a posto qualche mese prima, dopo averlo trovato abbandonato in una discarica.
“Non siamo molto British, se ci presentiamo così…” commentò il ragazzo, salendo a bordo.
Il padre lo guardò e, con il suo inconfondibile sorriso che non si era ancora sciupato, nonostante le avversità e gli anni passati, gli rispose: “Ma noi non siamo British, siamo Lupi.”
 
 
Arrivarono alla base dei lupi in due ore scarse e, una volta parcheggiato il ferro vecchio, scaricarono i loro bagagli nel magazzino. Mark si guardò intorno: ogni volta che ci tornava, gli veniva un groppo alla gola. Scrollò le spalle e si caricò sulla schiena l’ultimo sacco di roba, entrando nella palazzina.
“Oh bene, ritorna al branco!” Sorrise Sally, accogliendolo con un abbraccio.
“Ciao Sally.”
“Ciao tesoro, ti vedo bene… avete fatto buon viaggio?”
“Sì, certo, una chiacchierata di due ore!” Commentò Tom, passando dietro di loro.
La donna sorrise: “Sempre molto eloquente, eh?”
Mark abbassò la testa, e in una frazione di secondo reagì, assumendo l’espressione e l’atteggiamento che aveva acquisito negli ultimi dieci anni: austerità, indifferenza e una faccia da schiaffi per proteggerlo dal vuoto che aveva dentro.
Sally lo portò di sopra nella sua stanza: “Il ragazzo…? Come sta?”
“L’allenamento va abbastanza bene. Calcolando che io per primo non ne ho mai avuto uno, penso stia andando alla grande.”
“Bene. I ragazzi sono impazienti di rivederlo!”
“Oh già, quasi dimenticavo… i tuoi gemellini! Crescono bene?”
“…crescono. Se sia bene, non te lo so dire! Un giorno sono pappa e ciccia, quello dopo a momenti si sbranano… e NON in senso figurato, non so se mi spiego…”
“Sì, sì, ho presente.”
Un silenzio tombale cadde una volta entrati nella stanza. Era tutto come l’avevano lasciato. Quella maledetta brandina se ne stava ancora laggiù, nell’angolo accanto alla finestra.
“Puoi sistemarti come vuoi. Butta pure via le cose che non ti piacciono, questa stanza è tua. Non ti ci ho mai fatto entrare le altre volte che sei venuto qui… non mi sembrava il momento… ma ora mi trovo con tutte le stanze occupate e quindi…”
“Va benissimo Sally, non ti devi giustificare.”
“La cena è pronta tra mezz’ora, siamo giù nella sala comune.”
“Certo, va bene.”
“E, Mark… mi dispiace ancora un sacco.”
Lui non si voltò e aprì una finestra, mentre Sally chiudeva la porta dietro di sé.
 
 
“Tooom!” Un urlo esaltato percorse tutto il corridoio.
Alan gli saltò sulle spalle, scaraventandolo a terra.
“Ehi, cucciolo, non si gioca per i corridoi, la mamma non te l’ha detto?”
“Io almeno la madre ce l’ho, pirla che non sei altro...!” ribattè Alan.
“Oh, grazie, giochiamoci sempre la carta del povero orfanello! Ma grazie!” Rise Tom, facendo forza sulle braccia per alzarsi.
Con qualche pacca sulla spalla, Alan lo portò in camera sua, facendogli appoggiare le cose a terra.
“Come va qui in base?”
“Oh, non me ne frega un cazzo, Tom… guarda cos’ho trovato.” Disse lui, sfilando dalla tasca un pezzo di carta stropicciato.
Glielo aprì sulle ginocchia e lo guardò con occhi esaltati, in attesa di una reazione.
La locandina nera citava un concerto rock in uno dei locali più di nicchia della città. Impossibile entrarci se non si era maggiorenni e cazzuti. E Tom era maggiorenne e cazzuto.
Il lupo ridacchiò e fece scivolare a terra il pezzo di carta.
Alan lo raccolse e glielo spiaccicò in faccia: “Ma hai capito che cos’è?! Cioè… il concerto! Solo loro, ok?! A due metri dal palco! Potremmo essere a due metri dal palco! E se è un unplugged, sarà pure solo una pedana insulsa!”
“Sì, e forse ci arrivi pure a mezzo metro!”
“Sì, e…” Alan si bloccò; “…non prendermi in giro, tu! Anzi, ti lascio qui il volantino così ci pensi su.”
“Sì, sì, d’accordo…”
“E non trattarmi come un bambino! Sarebbe una figata assurda!” Esclamò il ragazzo, uscendo dalla camera per lasciarlo da solo.
Tom si tuffò sul letto a pancia sotto e agguantò il cuscino. Chiuse per un secondo gli occhi e in quell’istante sentì una lama accarezzargli la spalla e scendere lungo il collo, inarcandosi poi sotto il mento.
Tom sorrise.
“Ada… levati di mezzo.”
La ragazza sorrise e si sedette su di lui a carponi, stringendo al presa.
“Ada… non te lo ripeto.”
La lupa ritrasse il coltello e fece per scendere, premendo il suo petto sulla schiena di lui, per poi scivolare di lato, scavalcandolo con la gamba ben tesa.
Piantò gli anfibi a terra e andò ad aprire una finestra.
“La cena è in tavola tra poco, Tom. Quando hai finito di far giocare mio fratello…”
“Ada…!”
“…che c’è? Ti sto dicendo che ci sono delle moto da mettere a posto, giù in garage. Dacci un occhio.”
“E tuo padre? Non le sa mettere a posto?”
“Mio padre non sa che ci sono.”
Tom si mise a sedere sul letto, la cosa stava diventando interessante.
“E chi le ha portate ‘un po’ di moto da mettere a posto’ in garage?”
“Mmh… amici…” disse lei, giocando con la punta del coltello tra le dita.
“Sì, sì… d’accordo… ho capito.”
Tom si alzò e si levò la maglietta, rimanendo in canotta.
Ada piantò il coltello a terra e si sistemò uno stivale, stringendo i lacci tra le borchie.
“C’è qualche novità qui in base?” Chiese lui.
“Mio padre non torna da due notti. La mamma non è preoccupata, ma io sì.”
“Hai visto qualche movimento strano?”
“Non saprei, ma finora si sono mossi solo in due per cercarlo, e sono tornati a casa senza nemmeno un graffio. È tutto troppo tranquillo, non so se mi spiego.”
“Sì, perfettamente. Ma che pista stava seguendo?”
“Non ne ho idea. Nessuno me ne parla, perché sai com’è… ho solo sedici anni! Che palle…”
“Appena saprò qualcosa, te ne parlerò, promesso.”
“Grazie Tom, ma dubito parleranno. C’è una quiete troppo irreale per essere autentica.”
Il ragazzo la guardò, china com’era sotto i folti capelli ricci.
“Se ti va, potremmo uscire in perlustrazione una di queste sere. Io sono abbastanza avanti con il mio allenamento… non saremmo indifesi.”
“D’accordo, ma non ti assicuro niente. La mamma lupa è molto protettiva con i suoi cuccioli e il coprifuoco non risparmia nessuno!”
Tom le lanciò un’occhiatina di sfida: “Dove sono quelle moto?”
 
 -:-:-:-
 
Buongiorno. L’estate volge al termine, e io torno con un piccolo sequel della storia dei due gemelli dannati!
Spero vi piaccia!
B.L.

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Capitolo 2
*** Madame ***


  
 
Le alte mura slanciate sovrastavano i cortili incupiti dalla notte. Non c’era luna e il cielo scuro era attraversato da banchi di nuvole, rapide e silenziose. La fortezza nascosta dalla fitta foresta appariva come una sagoma nera invalicabile. Non per tutti.
Dal Cortile Sacrificale si aprì una porticina nel muro e in un lampo ne uscì una lunga veste bianca e fluttuante, sulla cui schiena cadevano lisci capelli neri. La donna corse in fretta attraverso il cortile, raggiungendo il portone principale che avrebbe portato alle scale laterali.
Non si era accorta dei due cupi individui che la seguivano furtivamente arrampicandosi sui muri di mattoni grigi.
Si tuffò sul portone e lo spinse con tutta la forza che aveva in corpo, aprendolo di una manciata di spanne, sufficienti per sgusciare via. Raccolse alla meno peggio la lunga veste candida e capitolò giù per la scalinata, quasi librandosi in aria dalla fretta.
Non fece in tempo a raggiungerne la fine, perché uno dei due uomini le si piazzò davanti con un balzo. Lei si bloccò spaventata e cercò di saltare giù dal corrimano, ma lui le prese il collo, bloccandola.
“Fermo, Nidar. Dobbiamo solo riportarla da Lui.” Lo fermò il compare.
“Sì, ma è così frustrante inseguirla ogni notte… sei una topolina, stupida! Una topolina nella tana dei serpenti… non puoi scappare!”
“Nidar!” Esclamò una voce alle loro spalle.
Era Rose, il nuovo braccio destro del Capo.
“Riportala indietro. La vuole vedere.”
Nidar si rivolse a lei: “Non puoi scappare, piccolina…”
Lei non ebbe la forza di ribattere e si fece prendere di peso e trascinare su per i muri umidi di pioggia.
La mollarono a terra nel Cortile Sacrificale, abbandonandola al freddo della notte. Loro non lo percepivano.
Non tentò nemmeno di singhiozzare. Se ne rimase lì, triste e muta, a guardare il pavimento di pietre.
Rose le si avvicinò, i folti capelli ramati scendevano fino a terra piegandosi verso di lei: “Madame, Sir Trumper vuole vederla.”
Lei annuì, alzandosi piano. Una folata di vento si rannicchiò nel cortile, facendo svolazzare la lunga veste bianca in un vortice attorno alla donna. I vampiri si allontanarono con un passo, spaventati da quello scatto improvviso di Madame.
“Vi prego, Madame, Sir Trumper attende. Ne va della vostra vita…” insistette Rose, cercando di avvicinarsi a lei.
La folata di vento svanì in un istante e la donna tornò a terra, stremata.
Rose la raccolse da terra e la aiutò ad avanzare: “Non potete usare la magia a questo modo, lo sapete. Vi punirà.”
Nidar fece strada e rientrò al castello, illuminando la via con una torcia.
Lei si fece trascinare fino alla porta del Salone e, appoggiandosi al muro, cercò di sistemarsi. Mentre Nidar apriva la porta per annunciarla, Rose gli passò davanti, rivendicando il suo diritto di precedenza e fulminando il vampiro con lo sguardo. L’altro compare si era già dileguato.
“Vieni avanti, Rose.” La voce di William era gelida.
“Mio Signore, l’abbiamo trovata. Si era persa tra le mura del castello, era in uno dei suoi momenti di trance.”
“È lodevole, Rose, la tua totale devozione verso Madame, ma sai meglio di me che questa è una bugia. Falla entrare.”
“Subito, Sir…”
La vampira prese sottobraccio la donna e la scortò per qualche passo nella stanza. Dopodiché li lasciò soli.
William, longilineo e più cupo che mai, si stava versando del vino in un calice di cristallo.
Lo prese tra le mani e lo ammirò alla luce del lampadario sopra le loro teste.
“Ha un colore talmente intenso che è quasi un peccato berlo…” commentò, abbassando lentamente il bicchiere.
Lo annusò, cogliendo ogni sfumatura di sapori e odori.
Madame se ne stava ferma immobile al suo posto, lo sguardo ora fiero dritto davanti a sé, fissando il vuoto.
William abbassò il calice e glielo lanciò contro, sporcandole la candida veste di un rosso rubino intenso e via via più chiaro lungo le gambe.
Lei ebbe un sussulto ma rimase immobile.
William le si avvicinò e iniziò a girarle intorno: “Credi davvero di essere la padrona, qui? Ti chiamano Madame, ma sono io che comando. Se vuoi andartene, puoi farlo, ma dove andresti? E poi cosa c’è qui che non ti aggrada? Cosa ti ho fatto mancare…?”
Madame aveva il viso segnato non dagli anni, ma dalla fatica e dalle sofferenze patite in quel luogo.
“Sei venuta tu di tua spontanea volontà, non ricordi?”
Ancora nessuna risposta.
“Credi di trovarlo, una volta uscita di qui? Credi davvero che lui sia ancora in giro a cercarti? Folle!” Urlò lui, mollandole uno schiaffo in pieno viso, facendola barcollare di qualche passo. Madame inciampò nella lunga veste e cadde a terra, storcendosi un braccio.
“Forse qualche altro giorno nelle segrete ti farà rinsavire…”
“Non m’interessa di vivere o morire, William. Per me non c’è niente qui, e nemmeno fuori di qui. Ovunque io vada ormai non c’è più nulla e nessuno ad attendermi… ma quello che hai fatto di me, quello in cui mi hai trasformata…”
“Cosa..? Cos’hai ora da lamentare? Non l’hai forse voluto tu? Non eri tu a volere una via di fuga? Ti ho trasformata in una via di fuga!”
“Bugie… non mi hai dato le forze per esserlo, e ora sono più debole di prima…”
“Preferisci essere una corvina? Non mi ci vuole nulla!”
“No, tu non mi vuoi corvina… sono il tuo giocattolo, e ti piaccio così come sono: effimera, sfuggente, incapace di reagire. E così sia.”
“Maledetta. Non mi farai sentire in colpa, stupida strega! Credi sia un piacere per me averti qui?”
Madame si guardò fugacemente allo specchio che giaceva in un angolo della stanza. Rabbrividì.
“…no, io sono un’esca per un pesce molto più grosso, lo so.”
“Sbagli. Due pesci. Due squali che ancora non hanno trovato questa fortezza, o forse non osano avvicinarsi.”
Madame si voltò e fece per andarsene.
“Scappa, Andy, e li porterai da me…”
La donna si bloccò sull’uscio: “Non chiamarmi Andy.”
Un’ultima svolazzata di veste fece chiudere la porta dietro di sé.
Vagò per i corridoi cupi fino alle sue stanze. Nel buio. Nella tristezza. Nella rassegnazione.
Diede un ultimo sguardo al suo specchio sul comò: “Quindici anni. Buona notte Tom, ovunque tu sia.”
 

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Capitolo 3
*** Remember ***


 “È vero quello che dicono?”
Tom stringeva tra le mani una chiave inglese, mentre trafficava sul motore della moto procuratagli da Ada.
“Ovvero?” Chiese il ragazzo.
“Che William, tuo zio, ha ucciso tua madre.”
Tom si bloccò e guardò la giovane con occhio sorpreso: “Perché me lo chiedi?”
“No, niente… non parlavi, così… scusa, niente dai…”
“Credevo sapeste tutti com’è andata. A me l’hanno raccontato, Ada, non te lo so dire per certo. So che William l’ha rapita e poi uccisa.”
“Sì, d’accordo, ma con che motivo?”
“William e mio padre si odiano da sempre e così ha fatto l’unica cosa che avrebbe fatto soffrire il fratello, ovvero uccidere la sua donna. Mi pare tanto chiaro…”
Ada non ribatté subito. Voleva formulare la frase nel migliore dei modi per non offendere la sensibilità dell’amico. Aspettò qualche istante, guardandosi in giro, osservando il lavoro del ragazzo, tamburellando le dita sul sellino di pelle strappata della motocicletta.
Il ragazzo era molto impegnato nel lavoro che stava svolgendo e non badò agli sguardi tristi che gli lanciava lei.
“…ma William non mi sembra un tipo scontato. Insomma, dai racconti che mi arrivano, è molto subdolo, gioca con le sue vittime, e non le uccide tanto per fare.”
Tom lanciò la chiave inglese a terra: “Che cazzo mi vuoi dire, Ada, eh? Cosa vuoi?”
La ragazza fece un passo indietro ma rimase decisa sulla sua posizione: “Sto solo dicendo che forse dovresti indagare un po’ di più su questa faccenda! Tutto qui!”
“Cosa vuoi che ti dica? Mio padre evita costantemente l’argomento, non vuole nemmeno nominarla, e le volte in cui gli chiedo di raccontarmi qualcosa di lei s’ammutolisce e se ne va. Che cazzo dovrei fare, io? È morta, e i ricordi non la porteranno in vita, chiaro?”
“Ehi, senza scaldarsi tanto… ho capito! Mamma mia non ti si può chiedere nulla…” mugugnò lei, mettendo a posto la cassetta degli attrezzi.
“La moto è a posto, se vuoi provarla fai pure.” Le disse Tom, pulendosi le mani con uno straccio.
“Lascia stare, a quanto pare faccio più danni che altro…”
Lei imboccò la porta, ma Tom la fermò, chiudendo l’uscio e piazzandosi davanti a lei.
“Guarda che la cena è quasi pronta.” Bofonchiò lei, facendo cadere i capelli sul viso.
“Ada, tuo padre non è morto, stai tranquilla. William non l’ha catturato e non farà la fine di mia madre.”
“Come puoi saperlo…?”
“Perché è Johnny King, cazzo! Ha salvato il culo a mio padre tante di quelle volte… da quello che so…! È uno tosto, lascia stare, non ci pensare.”
“Ma come faccio a stare tranquilla?”
“Ascoltami,” le disse, prendendole le braccia e frugando con gli occhi tra i capelli per raggiungere il suo sguardo, “domani se non è ancora tornato faremo un giro di perlustrazione, d’accordo?
“Sì, e come faremo a portarci dietro Alan? Quello è un casinista…”
“Stai tranquilla, lo lasceremo a casa. Qualcosa ci inventiamo… mh?” Le rispose, scostandole un ciuffetto di capelli.
Quella gli sorrise e con un pugno leggero in pancia lo fece spostare per passare.
Lui la prese da dietro e l’abbracciò forte, facendola ridere. La prima risata di quel giorno. Tom era felice.
Andarono di sopra e si chiusero le cantine alle spalle. La moto li aspettava.
 
-:-:-:-:-
 
 
Care le mie veterane, fatevi sentire! Perdonate se posto così in ritardo, ma il tempo che ho è davvero poco: appena potrò posterò i prossimi capitoli!
Sono curiosa di conoscere le vostre impressioni…
B.L.

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Capitolo 4
*** Troppo vicini ***


 Lo scrittoio ormai consumato dal tempo risplendeva alla luce delle candele di un caldo rosso legnoso, riflettendosi sul volto pallido e stanco della dama.
Teneva fra le mani una sua foto, e immaginava come potesse essere ora. Come poteva somigliare al padre. Quanto sarebbe somigliato a lei. Se e quando l’avrebbe riconosciuta…?
Ripose la foto nel cassetto e richiuse tutto, ponendo sottochiave il suo cuore.
La porta si aprì con un cigolio: “Mi perdoni, Madame.”
“Vieni pure, Rose. Vieni avanti.”
La ragazza s’inoltrò nelle cupe stanze della donna portando con sé del cibo in un vassoio: “Non era previsto, ma non voglio vedervi morire di fame. Prego.”
Madame cominciò a sbocconcellare del pane, controvoglia.
“Dovete mangiare, Madame.”
“Dovrei andarmene, Rose. È questo che dovrei fare, ma non mi è permesso.”
“Vengo con delle novità: presto ci sposteremo sulla costa. Pare che il Signor Trumper abbia degli affari che l’attendono.”
Madame la guardò, furente: “E cosa…? Gli alleati scandinavi da portare in patria?”
“Non ne ho idea, ma vuole ci siate anche voi.”
“Mi pare ovvio, deve tenermi sotto tiro.”
“Madame, se voleste scappare l’avreste già fatto.”
“Oh, Rose… mia ingenua Rose… non è così semplice. Là fuori sarei una facile preda per entrambe le parti.” Sospirò lei, stanca e senza forze. Si guardò le mani magre e abbassò il capo.
“Che intendete dire?”
“Lascia perdere, non è importante.”
Rose si diresse confusa alla finestra alta e slanciata: “Non capisco perché ce l’avete tanto con William. Certo, è arrogante, vanitoso, egoista, ma non è cattivo. Fa rispettare le sue regole imparzialmente.”
“Ci sono troppe cose che non sai, cara. È vero, negli ultimi anni è diventato quasi mansueto, ma è solo la calma prima della tempesta. Non sai cosa c’è stato prima del nostro arrivo in questo tuo castello, e forse è meglio che tu non lo sappia.”
“Non voglio farvi rivangare il passato, Madame, non da mai buoni frutti.”
“Queste sono parole sante, Rose. Solo credimi, non fidarti mai ciecamente di William. È meschino. E io ora sono solo una tela, tessuta finemente da un ragno fin troppo riservato. Sta solo aspettando che il moscerino giusto vi si impigli. Ed accadrà. Stanne certa.”
“Non credo di capirvi…”
“…accadrà… se esco di qui, accadrà sicuramente.” Concluse Madame, aggrappandosi ad una delle due tende pesanti alla finestra.
“Vi sentite bene?” Chiese Rose.
“No, per nien…” non poté finire la frase, perché cadde a terra, svenuta.
 
---
 
“Papà, ti posso parlare?” Tom avanzò piano nel giardino, cercando lo sguardo dell’uomo assorto nei suoi pensieri.
Mark si risvegliò un istante, e guardò il figlio: “Basta che fai in fretta, Sally mi aspetta di sopra.”
“Oh, beh, allora lascia stare…”
Mark si sentì in colpa vedendo il figlio andarsene e lo richiamò a sé, facendolo sedere a terra accanto a lui.
“Beh, non voglio che t’arrabbi…!”
“Parla, figliolo.”
“Ecco… stavo parlando con Ada riguardo alla mamma, e…”
“Cosa vuoi sapere?”
Tom si stupì della disponibilità improvvisa del padre e continuò: “Insomma, so che è strano pensarlo, ma davvero William l’ha uccisa…? E perché?”
“Come mai me lo chiedi?”
“Perché Ada è una ragazza intelligente, papà, e giustamente mi ha fatto notare che lo zio non uccide tanto per fare, ma preferisce giocare con i suoi prigionieri, o peggio trasformarli come lui.”
“Da quando lo chiami zio…?”
“Beh, è tuo fratello.”
“Sì, ma lo senti parte della tua famiglia tanto da chiamarlo zio?”
“Non cambiare discorso adesso! Dimmi della mamma…”
“Ti posso riassumere tutta la faccenda con questa frase, così forse capirai: William ha ucciso entrambe le nostre madri, la mia e la tua.”
“La nonna?”
“Sì, la nonna che non hai mai conosciuto. Era una vampira di grande talento e una donna meravigliosa con i suoi difetti, come tutti.”
“Perché hai deciso di trasformarti in un lupo?”
“Oddio, te l’avrò spiegato un milione di volte…!”
“Mi dici solo che era per William. Non dici altro!”
“Per sconfiggerlo. Passai dalla parte del suo nemico per poter vendicare la morte di mia madre, tua nonna.”
“E ci riuscisti?”
Mark abbassò lo sguardo: “Tua madre ci andò molto vicina, e corse un grosso rischio che io non ero pronto a fare.”
“Ovvero?”
Mark lo guardò negli occhi e si pietrificò vedendo Andy nel suo occhio azzurro: “Io e William siamo legati, Tom, come lo sono Ada e Alan. Noi creature delle foreste non siamo come gli umani. Il loro legame gemellare è solo un legame di sangue; per noi è molto di più.”
“Arriva al dunque!”
“Tu, come me, come i vampiri, hai due momenti per trasformarti: sembianze umane e sembianze non umane. Per noi è l’essenza del lupo, per i vampiri è molto più complesso. Nel caso di William può essere un corvo, o una scia di vento, o ancora un’ombra. Molto impalpabile. La morte di uno dei due gemelli porta l’altro ad assumere le sembianze non umane per sempre, senza la possibilità di tornare indietro.”
“…e la mamma che c’entra in tutto questo?”
“Tua madre ha cercato di uccidere William, e c’era quasi riuscita, ma aveva ridotto me alle sembianze di un lupo famelico.”
“Perché l’aveva fatto? Era così crudele?”
‘No, Mark, non t’insabbiare ora. Digli la verità…’
“Papà, che hai?”
“Non era crudeltà, ma necessità.”
“E non c’è riuscita perché era umana, giusto?”
“Esatto, noi possiamo essere uccisi solo da nostri simili o nemici, non da umani. Lei questo non l’aveva previsto. Era in un tale stato di shock…!”
Cadde un silenzio tombale. Tom non sapeva se andare avanti con le domande o se aspettare che fosse suo padre a parlare.
Forse avrebbe aspettato a lungo. Forse troppo a lungo.
“William non si può uccidere. Aveva ragione Ada.”
“Certo che si può uccidere, devo solo accettare la cosa.”
“Accettare di rimanere un lupo? Beh, effettivamente sarebbe stato tutto più semplice averlo accettato vent’anni fa, non credi? In fondo sei tu che hai deciso di diventare un lupo, e rimanerlo per l’eternità non avrebbe dovuto essere un problema per te! Come mai tutta questa fifa blu, papà?”
“Perché lei aspettava te. Io l’ho saputo molto dopo, ma diventare lupo e non poterti vedere per me sarebbe stato un dolore troppo grande.”
“E hai lasciato Londra e le sue foreste infestate dai seguaci di quel maledetto William solo per egoismo?”
“No, tua madre avrebbe detto per Amore.”
“Non è amore, papà. È paura.”
“Avevo ventun’anni, ero ancora troppo giovane per capirne le conseguenze!”
“Io ne ho venti, papà, e non mi tirerei indietro se queste fossero le conseguenze.”
“Tu al tuo fianco non hai una donna come lo era tua madre per me.”
“Oh, e allora torniamo sempre allo stesso punto! Lo stesso discorso che mi fai da anni! Le donne sono pericolose, annebbiano la mente, non ti fidare… bel compagno sei stato per mia madre!”
“Non ti permetto di parlarmi così!” Urlò Mark, schizzando in piedi.
“Come al solito è impossibile parlare con te, papà… hai quarant’anni passati ma ancora non capisci un cazzo… me ne vado.”
“L’ha rapita, Tom, quand’eri piccolo. L’incubo ricorrente che hai avuto per un bel pezzo è il ricordo di William che ti porta via tua madre. Non era un sogno, ma realtà. L’ha portata via con sé. L’ha uccisa, Tom. Ha ucciso entrambe le nostre madri.”
Tom non lo guardò e tornò in casa, lasciando il padre da solo.
Era quasi soddisfatto.
 
 
“Prendi le tue cose, Ada. Dobbiamo andare.”
La ragazza si alzò di malavoglia dal letto sfatto e cercò di capire cosa stesse succedendo.
“Tom…? Che hai adesso?”
Il ragazzo trafficava nell’armadio della ragazza cercando una borsa o uno zaino.
“Ehi, non toccare la mia roba! Che vuoi fare?”
“Ssh… ce ne andiamo per un po’.”
“Motivo?”
“Mark.”
Ada sorrise e prese la giacca di pelle: “Lascia stare, non mi serve la borsa. Ho tutto quello che mi serve.”
S’infilò in un paio di jeans e ci ficcò la canottiera da notte con movimenti rapidi e decisi. Un salto negli anfibi ed erano già alle cantine.
Tom si mise a cavalcioni della moto mentre la ragazza apriva il basculante del garage.
Dopodiché gli cinse la vita e si mise dietro di lui, stretta alle sue spalle.
Una mano di gas ed erano già in strada.
Sfrecciarono veloci nella notte, schivando le eleganti auto inglesi che occupavano la strada, luccicando di fari accesi e di luci al neon riflesse.
“Tom, dove stiamo andando?”
“Non lo so.”
“Allora fermati che ne parliamo… dai.”
Il ragazzo proseguì per altri cento metri, fermandosi ai Kensington Gardens. Parcheggiò la moto a lato della strada e s’inoltrò nel parco senza aspettare Ada che lo seguiva da lontano, tenendo le giuste distanze.
“Che vuoi fare, Tom?”
“Non lo so, Ada! Non ne ho idea… mi sento stupido a volere delle risposte da mio padre. Non me ne ha mai date, e per me è sempre stato giusto così. Come posso ora pretendere che lui si spezzi il cuore di nuovo e che rivanghi un passato chiaramente doloroso?”
“Tom, è di tua madre che stiamo parlando! Se Sally non ci fosse mai stata per me, tartasserei mio padre ogni giorno per chiedergli spiegazioni.”
“Ma io non sono te!”
“…questo non ti rende uno stupido, Tom. Chiunque vorrebbe sapere da dove viene.”
Tom sbuffò e si sedette sotto ad un albero, guardando la Serpentine davanti a sé che rifletteva luci lontane. Poco distante da loro c’era la statua di Peter Pan. Ada lo trascinò controvoglia fin lì.
“Guardalo, Tom. Era senza madre, ed è rimasto un ragazzino per sempre.”
“In mezzo alle sirene e ai folletti, però! Era uno spasso…!”
“Non voglio essere la Wendy della situazione, Tom, ma pensaci: ha dimenticato la sua famiglia perché non si ricordava di averne una, era stato dimenticato a sua volta dai suoi genitori, ed è cresciuta in lui l’innocente crudeltà che dimora nel cuore di ogni bambino. È assopita, e con il tempo la eliminiamo, ma se rimani abbandonato… cresce, e diventi crudele…”
“…come William.”
“Non lo volevo dire, ma sì, come lui.”
“È uno dei più potenti vampiri di oggi.”
“È uno dei più bastardi individui che conosca, Tom. E tu non sei come lui.” La ragazza gli prese il volto tra le mani; “Quando guardo questo tuo occhio azzurro, penso a che bellissimo sguardo doveva avere tua madre. Non sei curioso di saperlo anche tu?”
“È morta, Ada!” Esclamò Tom strappandosi di dosso le mani della ragazza.
La ragazza si voltò, andandosi a sedere sul bordo dello stagno. Non volle piangere, l’unica cosa che voleva ora era picchiare Tom, ma gli voleva troppo bene per arrivare a tanto.
“Dovremmo rientrare. Se tuo fratello scopre che siamo usciti senza di lui, ci farà una scenata!”
Ada non si mosse.
“Eddai, su!” Sbuffò Tom, andandole vicino.
L’acqua cominciò a gorgogliare in modo strano, e Tom si piegò a guardarne la superficie.
“Sono i pesci.” Sbottò Ada.
“Allora parli ancora…!?”
“Sono cavolacci tuoi, Tom, lo so… ma non ti direi queste cose se…”
Una folata di vento li fece rabbrividire.
“Se?”
“Secondo me mio padre ha a che fare con questa faccenda. Non torna da tre giorni e voglio andare a cercarlo. Senza branco.”
“Come può centrare tuo padre con mia madre che è morta da quindici anni?”
“Non sarei così convinta delle parole di Mark, fossi in te. Spesso e volentieri è molto drastico e drammatico nel dare spiegazioni.”
“Ovvero?”
“Ovvero che la parola ‘morta’ per lui può voler dire molte cose… scomparsa, che non si fa viva, da mandare a quel paese…”
“…o anche solo morta?”
“Oddio, d’accordo, torniamocene a casa…!” Sbuffò lei, alzandosi in piedi e dirigendosi verso l’uscita.
Tom, le mani in tasca e il passo strascicato, le spalle rigide sotto la giacca di pelle, avanzava a sguardo basso.
“Sei abbastanza testarda per avere solo sedici anni, sai?!” Scherzò lui, cercando di calmarla.
“Non ti ci mettere ora con questi discorsi del cazzo…”
“Che ho detto?”
“Ti rifugi nei soliti discorsi da bravo ragazzo discreto. È una cosa che odio di te!”
“Ma chi credi di essere per parlarmi così?”
“Ecco, vedi? Difenditi, cazzo! Sei un lupo!” Esclamò lei, urtandolo contro la moto.
Tom si trattenne: “Non voglio farti del male.”
“Lo so, porca puttana! Ma non ti muovi! Non fai nulla! Non vuoi la verità, non cerchi il confronto! Non cerchi contatto! Niente di niente! A volte mi sembri un Freddo…!”
Tom tacque.
“Lo vedi? Per un lupo, essere paragonato ad un Freddo è un insulto tremendo! Perché diavolo non reagisci?”
“Perché non sono come gli altri lupi.”
“E in che modo tu, Tom Trumper, sei diverso da noi poveri felpati?”
“Non ho il senso del branco, Ada. Ho sempre vissuto con mio padre. Eravamo in due a cacciare, a combattere, a difenderci, ad allenarci. Il branco l’ho vissuto solo quando venivamo a trovarvi. Non sono da branco…”
“E allora vattene, lupo solitario! Vattene da solo! Io vado a cercare mio padre…” disse lei, inforcando la moto e accendendo il faretto.
“Anche tu non vuoi il branco…!” Provò a difendersi Tom.
“Sì, perché nessuno darebbe retta ad una sedicenne arrogante e testarda, dico bene?”
Tom fece appena in tempo a balzare sul sellino della moto, perché lei diede gas e sfuggì alle paure che l’attanagliavano, gettandosi verso la periferia della città.
Quando iniziò a rallentare per decidere la strada da prendere, Tom la strinse a sé: “Dove andiamo?”
“Non lo so di preciso… una volta ho seguito mio padre di nascosto e prendeva la direzione di Sherwood.”
“La foresta di Robin Hood! Non ci sono mai stato!”
“Bene, allora direi che è un posto perfetto dove cercare…! Due lupi in libertà! Wooah!” Urlò lei, accelerando di nuovo.
Sfrecciarono nella notte e giunsero presto ai limiti del bosco, avanzando pian piano alla ricerca di un luogo sicuro dove fermarsi.
D’un tratto Ada frenò, facendo cadere Tom a terra.
“Ada! Porca puttana!”
La ragazza abbandonò la moto e gli mise una mano sulla bocca, facendogli segno di tacere.
Si raccolse i capelli in una coda e nel frattempo di guardò intorno, gli occhi che sbirciavano in ogni angolo.
“Che hai…?” Sussurrò Tom, ancora a terra.
“Mio padre, ne sento l’odore… è stato qui.”
Ripresero in mano la moto e percorsero altri due chilometri, prima di fermarsi.
“Sì, sì, qui è molto forte. Lo sento vicino, Tom.”
“Può anche essere un odore di riflesso, magari portato da una brezza di vento. Potrebbe essere stato qui giorni fa, Ada… che ne sappiamo?”
La ragazza parcheggiò la moto e s’inoltrò nella foresta con il ragazzo al seguito.
Sembrava che tutti gli alberi di quel luogo facessero loro strada, nonostante la mancanza di sentiero. La brezza notturna era lieve d’intensità, ma glaciale al contatto con la pelle. Non c’era luna, il che rese tutto più difficile: la mancanza di luce portò i due giovani a trasformare le loro pupille in occhi di lupo.
Avanzavano a tratti anche a carponi, facendo più presa a terra. Giunsero ad una parete di roccia e Ada fece per aggirarla, ma Tom si bloccò.
Per qualche istante non vide più nulla. Sentiva solo un urlo lontano, ma pensò subito si trattasse del vento.
“Tom…? Che hai?”
Il ragazzo non si mosse. Oh lupi… avanzate… venite a me! Tom si piegò sulle gambe, gli occhi sbarrati che non vedevano nulla… salite… venite a me… vi sento vicini… Il lupo scrollò la testa e alzò gli occhi verso il cielo. …sì, venite a me, cuccioli…
“Tom! Che diavolo stai aspettando?! Andiamo!”
Il ragazzo barcollò verso la parete di roccia, appoggiando le palme delle mani sulla fredda pietra.
“Stai bene…?”
…venite a me… figli miei, venite dalla Lupa…
In un lampo, Tom ricominciò a vedere e trascinò Ada alla parete: “Dobbiamo salire di qui, fidati!”
“Ma sei matto? È pietra liscia!”
“Non fare la bambina e arrampicati!”
“Oh, d’accordo… ma mi dici che ti è successo?”
“Ho sentito una voce! Ci chiamava cuccioli e ci diceva di raggiungerla…”
“Ma perché ti sto a sentire?” Si rimproverò Ada, ma cominciò la scalata.
La parete sconnessa di rocce centenarie non era molto alta: dopo cinque faticosi metri raggiunsero la vetta e si trovarono su uno spiazzo d’erba umida e scivolosa.
Si alzarono piano e rimasero di sasso nel vedere, alla luce della luna ora ricomparsa da dietro le nuvole, una fortezza maestosa, gotica, incassata negli alberi e perfettamente nascosta. Lassù, su una delle torri sopra le loro teste, c’erano due figure ben distinte di donne.
Tom sentì una forza soprannaturale tirarlo verso le mura, e così fece: corse più che poté tra le fronde degli alberi bassi, giungendo alle mura di quel castello inespugnabile.
“Tom! Fermati!” Urlò Ada, raggiungendolo di corsa.
Una delle due figure si librò in aria e planò piano fin sopra le mura: era una donna alta, incappucciata, dall’aspetto quasi impalpabile. Guardò giù, i volti dei due giovani, e si coprì il viso già poco visibile. Poco dopo giunse l’altra donna che ora fu chiaro essere una ragazza dai lunghissimi capelli ramati, completamente vestita di nero: una Fredda.
 
 
“Madame, dovete rientrare.” Disse la rossa alla donna.
“Tom, andiamocene. Quella vampira non ci ha visti…” gli sussurrò Ada, spingendosi sempre più contro il muro.
Tom rimase immobile. Non aveva mai visto una creatura di tale bellezza: la guardò in tutta la sua grazia. Quei lunghi capelli rossi svolazzavano al vento della notte come i rami di un salice piangente alla brezza di primavera.
“Madame…” insistette la ragazza. Ma la donna ora si era voltata dalla vergogna e dava le spalle al ragazzo.
Tom, al contrario, non riusciva a staccare gli occhi dalla giovane Corvina che stava qualche metro sopra di lui.
Quella notò il ragazzo oltre le mura e si fermò per un attimo: si sporse, facendo vedere le mani bianche e perlescenti alla luce della luna. Affilò lo sguardo, diventando glaciale e imperscrutabile: “Chi siete?!”
Tom boccheggiò, ma nemmeno una parola uscì dalle sue labbra.
“Andatevene! Questa è la mia terra, e vi siete intromesso senza il mio permesso!” Esclamò lei, per poi farsi premurosa con la donna incappucciata: “Madame, dovete rientrare.”
Vedendo che il ragazzo non si era ancora mosso, abbandonò per un istante la donna e scese piano lungo le mura del castello, aggrappata ai mattoni come un ragno: gli arrivò ad un metro di distanza, e lì lo guardò bene.
“Dove vi ho già visto, ragazzo?” Gli chiese, curiosa.
Era strana, come Fredda: in genere attaccavano o ferivano senza nemmeno chiedere spiegazione, ma lei era in modo così evidente tanto sicura di sé che non aveva bisogno di attaccare il ragazzo.
“Io… eh… i…” rispose lui, incapace di agire.
“Ma tu sei un lupo…! Non dovresti trovarti qui. Non sai che sono terre nemiche per voi felpati?”
“Sì, beh…”
“Sei strano, lupo. I tuoi occhi sono davvero strani… vattene, o sarò costretta a farti braccare dai miei uomini.” Disse lei. Non sapeva capacitarsi di tanta pietà verso un cucciolo di lupo così indifeso, ma ormai aveva parlato, e l’unica cosa da fare ora era sparire e non farne parola con nessuno.
“Posso sapere il vostro nome?” Chiese lui, e quelle parole gli sfuggirono dalle labbra tutte d’un fiato. Il potere del desiderio.
“Mi chiamo Rose, della casata dei Red Rose. Tieni a mente questo nome, lupo. Dovrai starne alla larga in futuro.”
“Rose…”
“Tom, andiamocene!” Urlò Ada, sbucando dall’oscurità e trascinando il ragazzo nel bosco.
La donna incappucciata, udendo quel nome, si sporse oltre le mura a guardare giù, ma i due lupi erano già spariti.
Rose, ora di nuovo sulla passerella delle mura, prese con sé Madame e la scortò verso le scale. D’un tratto però qualcosa trattenne la donna incappucciata.
“Johnny…” sussurrò.
Si voltò di nuovo e tornò a guardare oltre i sassi merlati.
Sotto di essi, la figura di Johnny si stagliava alta e cupa, a guardarla con occhi tristi.
“Madame! Cosa…?” chiese Rose, cercando di fermarla.
“…Johnny… aiutami…”
Il lupo non sapeva che fare. Aveva visto la scena di poco prima, aveva visto Tom, sua figlia, tutto… non sapeva come fare. Doveva esserci Mark con lui. Non poteva essere lui a dire a Tom la verità.
Il lupo guardò verso Andy e sussurrò il suo nome, le braccia pesanti lungo i fianchi: “Andy…”
…proteggili, tutti e due…
Rose trascinò via la donna e sparirono entrambe tra gli archi slanciati del castello.
Johnny cacciò indietro le lacrime.
 
 
“Signorina, vieni fuori!” Urlava Johnny mentre seguiva la figlia nel fitto del bosco. Erano quasi arrivati alle moto, ma quando Ada sentì la voce del padre, si fermò.
“Papà!” Esclamò, saltandogli al collo e abbracciandolo stretto.
“Mi spieghi che caspita ci fate voi qui di notte?” chiese lui, preoccupato.
“Johnny, è stata colpa mia. L’ho trascinata fuori io. Avevo bisogno di farmi un giro, e così…”
“Stai tranquillo, Tom. Ora andiamo a casa e sistemiamo questa faccenda. Piuttosto, hai visto niente prima?”
“Intendi quella bellissima ragazza dai capelli rossi…?”
‘Bene, non l’ha vista.’ Si disse fra sé e sé. “Non fa niente, Tom. Andiamocene.”
“Ma dove sei stato in questi giorni? Ero preoccupatissima…”
“Ero in ispezione. Ho cercato di non farmi trovare dai nostri del branco, altrimenti avrei fallito.”
“E cosa cercavi?”
“La fortezza che abbiamo appena visto, piccola mia.”
“Ah, ah, ah!”
“Perché ridi?”
“Perché tu son tre giorni che giri e la trovi stanotte… noi siamo usciti e in mezz’ora l’abbiamo trovata senza nemmeno volerla cercare! Ah, ah, ah! Cominci ad invecchiare, papà…!”
“Hai ragione, Ada. Ma dimmi come avete fatto a trovarla!”
Tom s’intromise: “Ho sentito delle voci, Johnny. Una voce di donna che mi ha trascinato fino al castello.”
“Era la voce della rossa? Ho visto che ci hai parlato…!”
“No, non era lei. Era una voce di donna, non di ragazza.”
Johnny rabbrividì: “Anch’io ho sentito quella voce, Tom. Andiamo a casa.”
 
 
-:-:-:-
 
Sto cercando di dare una stretta alla faccenda…! Ah, ah, ah!!! Al prossimo capitolo!!!
B.L.

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Capitolo 5
*** Gettin' ready ***


  
 
“L’ho vista, Mark. Ho visto Andy.”
Il lupo sussultò e sgranò gli occhi. Prese l’amico per le braccia e lo scrollò con forza, affondando le unghie nella pelle: “Cosa?! Dove? Quando?”
Johnny ringhiò e si liberò dalla morsa con un balzo: “Mark, calmati! Era… non era umana.”
“Dove l’hai vista? Era una corvina?”
“No, ora fermati però. C’era Tom con me.”
Mark sferrò un pugno al muro: “Tom?! Ma stai scherzando? Gli ho sempre detto che sua madre era morta…! Come diavolo ha fatto a…?”
“L’ho trovato a gironzolare con mia figlia nella foresta: ne avevo sentito l’odore e l’ho seguita. Mi han portato alla fortezza dei Red Rose, è lì che si nascondono i Freddi. E lì ho intravisto Andy. È stato un attimo, giuro. Non sembrava nemmeno lei… forse era solo la mia immaginazione, ma l’ho vista. Alta, sulla cima della torre, chiusa in un mantello grigio…”
“Come poteva essere lei? L’hai vista bene?”
“No, ma mi ha parlato. Non chiedermi come, ma è entrata nella mia testa e mi ha parlato. Era molto debole e sofferente, cristo… se penso a quel suo viso…”
“Ma cos’è? Uno spettro…? Cosa?!”
“Non è una corvina, Mark, ma non so cosa sia. Non ho mai trovato una creatura simile. Sembra una strega, ma è molto debole, quasi come se le sue energie fossero costantemente assorbite da una forza esterna che lei non può controllare.”
“E Tom? Dov’è ora?”
“L’ho lasciato con Ada… non ha visto nulla, l’ho portato via prima che potesse capire qualcosa.”
“Quindi Tom non ha visto sua madre?”
“No. Ne sono sicuro. Ce ne stavamo già andando quando lei mi ha richiamato a sé.”
“E che ti ha detto?”
“Proteggili, tutti e due.”
Mark prese la giacca: “Devo andare a prenderla.”
“No, Mark, non ti farò commettere lo stesso errore di quindici anni fa. Non puoi uccidere William senza uscirne indenne, e tu lo sai.”
“Chi ha detto che voglio ucciderlo? Voglio solo portargli via quello che lui ha rubato a me quindici anni fa. In fondo sono anni che appare innocuo… gli unici che rompono davvero sono i suoi seguaci o scagnozzi, chiamali come ti pare… e quelli con una folata di vento si abbattono.”
“Se ti ripresenterai, ricomincerà tutto daccapo. Non lo capisci? Perché credi non abbia mosso un dito in questi anni…? Aspettava te. Prego, accomodati, presentati a lui su di un piatto d’argento!”
“Johnny ha ragione.” Disse una voce familiare.
Fin troppo familiare.
Gregory comparve come un fantasma dall’ombra. Il suo viso cupo fece emergere un lieve sorriso. Abbracciò l’amico fraterno e si mise a discutere con loro: “Quando scoprii che Andy era incinta, glielo dissi: vostro figlio ha una scia di morte dietro di sé, e non devi essere tu a farla cominciare, Mark. L’unico modo per salvarsi, è andare via di qui. Non hai ancora palesato la tua presenza, puoi benissimo fuggire con tuo figlio, e…”
“Io voglio Andy.” Concluse Mark.
Greg soffiò, rassegnato: “La chiamano Madame, odia farsi chiamare col suo vecchio nome.”
“E tu come lo sai?”
“Perché vivo con loro. Non chiamarmi doppiogiochista prima del tempo, Mark. Aspettavo il tuo ritorno… sto contrattando delle alleanze tra vampiri con le Casate Black Rose e Red Rose.”
“…e Cass?”
“Te ne parlerò, non è ora il momento. Mi sei mancato, lupo da strapazzo!”
Il fragore delle loro risate mascherò un tonfo da dietro lo stipite della porta.
Tom cercava in tutti i modi di calmarsi, di respirare a fondo e di mettere chiarezza nelle cose appena sentite, nascosto nell’ombra del corridoio.
Sua madre. Era lei quella figura velata che aveva visto. Sua madre era viva.
 
 
“Che cazzo credi di fare, eh? Pensi sia la strada giusta?”
“Là dentro c’è mia madre, Ada! Non è morta! È ancora viva!”
La ragazza cercava di fermarlo in tutti i modi, mentre quello caricava uno zaino delle sue cose, pronto a partire.
“Oh, per piacere… non mascherare questa tua porcata con la voglia di riabbracciare tua madre… credi non l’abbia vista? Credi non abbia visto quella maledetta vampira?” gridò lei, infuriata.
“E tu non mascherarti dietro la gelosia…”
“Ragazzi, tutto bene…?” Chiese Alan, facendo capolino da dietro la porta.
La ragazza gli andò incontro, e lo spinse oltre l’uscio, chiudendoselo alle spalle.
“Gelosia?! Maledetto lupo! Come fai ad accusarmi di gelosia?! Sei arrogante, Tom, forse anche troppo…” replicò lei, sottovoce.
“Sarò anche arrogante, ma di certo non sono uno stupido. Hai sedici anni, Ada, e sei sveglia per la tua età, ma non puoi arrivare ovunque tu voglia.”
“Ehi, piano con le offese adesso… non credo ci sia nulla di male nell’apprezzare qualcuno, e mi pare ovvio che non mi piaccia vederti buttare via la tua giovinezza per trasformarti in qualcosa che non sei.”
“Anche mio padre l’ha fatto! Anche lui s’è trasformato!”
“Vuoi percorrere la sua stessa strada? Bene, accomodati… ma troverai tante spalle e non più facce amiche al tuo fianco.” Disse lei, categorica.
Non poteva crederci. Dopo anni che si conoscevano, gli era bastata una manciata di minuti con quella dannata rossa per scordarsi di tutto e di tutti.
“Ma non capisci…? Potrei finalmente porre fine alle sofferenze di mio padre, uccidere William e riportare la pace.”
“Hai una scia di morte dietro di te, Tom, ricordatelo bene. William non si può sconfiggere. Accettalo.”
“Siamo costretti a combatterlo per tutta la vita?”
“No, certo che no, potremmo andarcene…!”
“…o cercare di cambiarlo.”
“Ah, ah, ah! Scusa se rido… ah, ah, ah! Cambiarlo… io avrò sedici anni, ma tu ragioni come  un bambino!... sai che ti dico? Vuoi andare da quella maledetta vampira rossa? Vai. Buttati. Trasformati se necessario… ma non tornare indietro. Non farlo, perché io non cambierò mai la mia natura di lupa.”
“Cambierei per potermi avvicinare a mia madre, Ada, non lo capisci?”
“Non è una buona ragione. Non dimenticarti dei sacrifici che ha fatto tuo padre, cambiando la sua natura.”
“Perché mi vuoi qui con te, Ada?”
“Non ti voglio qui con me, stupido… ti voglio qui con noi. Nel nostro branco. Siamo lupi, diamine, è il branco la nostra famiglia!” gli disse, il cuore in mano, gli occhi lucidi.
“Una parte della mia famiglia è là dentro, e ho intenzione di riprendermela.”
 
 
Il garage puzzava di unto e di motore. Ad Ada piaceva quell’odore, ed era lì che si era rintanata per pulire i suoi stivali. Lo faceva sempre per sfogare la rabbia. Erano di pelle, mai si sarebbero rotti, anche con le sferzate più energiche. Un anti-stress perfetto.
Sapeva che aveva solo sedici anni, sapeva che era una bambina in confronto a lui, sapeva che il loro rapporto era quasi fraterno… ma sapeva anche che gli voleva bene, nonostante tutto. Non ne era follemente innamorata, anche perché sarebbe stata una condizione troppo difficile da nascondere! Lo amava come persona, come amico, e se avesse potuto, anche come amante. Ma l’età in questo caso specifico, le aveva messo un freno…
…e fu quando ci ragionò su che capì che forse aveva sbagliato lei.
‘Mi vede come una bimba perché mi comporto come tale! Frigno perché non fa quello che gli dico io, urlo come una pazza perché è attratto da quella dannatissima vampira – la Luna solo sa perché!, e non gli ho mai dato motivo di vedermi sotto un’altra luce…’ pensò lei, finendo il primo stivale.
“Ho deciso di andare, Ada.” Se ne uscì Tom, stringendo una birra nel saldo pugno.
La ragazza ebbe un piccolo sussulto – non se l’aspettava, ma rimase indifferente, e continuò a pulire gli anfibi.
“So che non ne sei convinta, ma credo sia la decisione migliore.”
Ada prese un panno e cominciò a lucidare la punta dello stivale destro con una miscela nera e puzzolente.
“Mio padre non lo sa. Sembra abbia perso il suo spirito d’avventura… sì… l’ha perso tanto tempo fa, ormai…”
“L’ha perso con lei.”
“Come, scusa?”
“Ha perso ogni sua speranza con l’abbandono di tua madre, mi sembra chiaro, no?”
“Oh, sì… sì.”
Tom le si sedette accanto e lei si asciugò la fronte, sporcandosi di unto.
Non alzò lo sguardo nemmeno per sistemarsi i capelli sulla fronte.
Strofinava quello scarpone con la stessa violenza che avrebbe voluto usare su di lui, facendolo rinsavire una volta per tutte.
Non era preoccupata solo per via della vampira rossa, ma anche per William. Se negli ultimi anni era mansueto, lo si doveva solo alla sua attesa nel rivedere il nipote, ora cresciuto, e prenderlo sotto il suo comando. E Tom gli stava rendendo tutto così facile…!
Ma come poteva farglielo capire? Aveva deciso ormai… e un lupo difficilmente cambiava idea. Non che Tom fosse un comune lupo. Era più dolce rispetto agli altri della sua razza, indole dovuta forse alla madre, tanto premurosa quanto coraggiosa.
“Non sei d’accordo, vero? Sul fatto che vada…” Chiese lui, mettendole un braccio sulle spalle.
Ada si bloccò.
Le mani cominciarono a tremarle dal nervoso e lasciò cadere a terra il panno sporco. Agguantò lo stivale e lo lanciò davanti a sé, con un ringhio.
“Non arrabbiarti, Ada!”
Lei si voltò di scatto a guardarlo: i suoi occhi grigi si scorgevano appena da sotto i capelli ricci e neri, occhi, tristi e rabbiosi, pieni di desiderio.
Si calmò per un momento, e, con la mano sinistra appoggiata sul petto di Tom, lo fece stendere piano a terra, saltandogli sopra a cavalcioni: non disse una parola, e si avvicinò al suo viso, guardandolo con intensità.
Non voleva che se ne andasse, ma cosa poteva farci?
Tom la guardò, stranito ma curioso, e le sue mani si appoggiarono automaticamente sui fianchi di lei, senza rendersene conto.
Ada si piegò in avanti e lo baciò delicatamente sulle labbra, quasi timorosa di distruggere o intaccare un viso così bello e quasi innocente.
Il ragazzo sentì in sé ribollire il sangue, e per un lungo istante provò la furia che aveva quando si allenava da lupo, ma cercò in tutti i modi di controllarsi: non voleva nuocerle.
Lei approfondì il bacio, cercando una conferma e una risposta da lui: se le voleva bene come lei ne voleva a lui, non sarebbe partito alla volta del castello.
Tom si abbandonò ai suoi sensi ora risvegliati, e prese il viso di Ada tra le mani, approfondendo il bacio a sua volta, confuso ma felice.
Ada tirò giù la lampo della giacca di pelle in un attimo, e facendosi spazio sul petto di lui, cominciò a sbottonargli la camicia scura.
Il ragazzo si mise seduto, facendo forza sugli addominali scolpiti, e le sfilò la canotta bianca e sudata. Si tolse la giacca e prese Ada per le natiche, tirandola a sé e facendola gemere per un secondo – inaspettato, il gesto di lui.
La ragazza lo fece ricadere a terra di schiena, e gli passò le piccole ma robuste mani sul petto, facendole scendere piano sugli addominali contratti, fino all’orlo dei jeans.
Con un abile gesto sbottonò la fibbia della cintura e il bottone dei pantaloni, mentre Tom la prendeva con forza per le braccia, tirandola a sé.
La baciò di nuovo, ancora, quasi come se avesse dovuto recuperare un secolo di letargo e di cecità.
Poi, ad un tratto, Ada parlò.
Non disse nulla di strano, niente di inaspettato, pronunciò solo il nome dell’amato.
“Tom…”
Bastò quello a far tornare il ragazzo alla realtà. Tom sbarrò gli occhi e si fermò, dal nulla.
Si mise seduto di scatto, facendo scivolare la ragazza: lui la prese prontamente e la strinse a sé.
“Ehi, Tom, che ti succede?” Chiese lei, prendendogli il viso fra le mani.
Il ragazzo sembrava perso, come appena risvegliatosi in un luogo a lui sconosciuto.
“No… no… Ada… non posso, non così…” mormorò lui, guardando il corpo perfetto di lei.
Ada si stupì e cercò nel suo sguardo qualche altra spiegazione.
“Sei la figlia di Johnny, quello mi ammazza se lo scopre…!”
“Che vuol dire? Io ti voglio un bene dell’anima, Tom! Chissenefrega di tuo padre o del mio?!”
“No… no… perdonami…!” Disse lui, prendendo da terra la canotta di lei e porgendogliela, molto garbatamente.
Lei si sentì umiliata e nuda, spogliata della sua dignità. Poi, però, si ricordò di chi aveva di fronte. Non era solo Tom. Era un Tom confuso, diverso, incapace di raziocinio, e fece l’unica cosa che le sembrava corretta: lo strinse a sé, con l’affetto di un’amica.
Lo fece sfogare, sentendo i singhiozzi strozzati di lui.
Lo tenne fra le braccia con dolcezza, come i lupi difficilmente fanno.
Ma ora non erano lupi.
Erano due ragazzi, e si volevano bene.
 
 
-:-:-:-
 
 
Vedo poco interesse… me, infelice. =(
Alla prossima… =(
B.L.
 

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Capitolo 6
*** Scambio Fatale ***


  
 
Il gocciolare del muro umido di pioggia scandiva con terrificante lentezza l’indecisione di Madame. Era stata coraggiosa, aveva avanzato la sua proposta e ora stava aspettando.
William sorrise, inarcando il sopracciglio con fare divertito: “Vorresti andartene?”
Madame alzò il viso, ora fiera e sicura: “Sì, William. Lasciami libera.”
Il ragazzo si alzò dal suo trono e si avvicinò al muro, il calice trasparente in mano: “Sai cosa c’è oltre questo muro?”
“No.”
Il ragazzo spostò un mattone di pietra e frugò oltre la parete con il braccio, tirando a sé una mano umana. Dall’altra parte urla di terrore si sprecavano senza sosta.
William guardò Madame e, senza toglierle gli occhi di dosso, affondò le zanne nel polso della vittima che, dall’altra stanza, urlava disperata.
Dopo essersi abbeverato, fece cadere altre gocce nel calice e con un cenno il mattone tornò al suo posto.
“Prede. Tutte loro. Sono lì dentro per servirmi.”
“Io non sono più una tua preda. Non ti servo più.”
“Errore!” Esclamò lui, balzando come un folletto sul muretto accanto al camino: si appoggiò con un braccio sull’asse che sovrastava le fiamme e appoggiò il calice a terra, infilandosi poi la mano in tasca; “Mi servi eccome, Madame…” sussurrò lui, guardando il fuoco zampillante.
“E come, William? Come potrò mai condurre Mark da te se me ne sto qui dentro? Nessuno sa che io sono qui…”
“Altro errore, mia adorata.” Disse lui, scendendo dal muretto e piazzandosi davanti al fuoco, ora più mansueto; “Dimentichi che c’è un traditore tra noi.”
Madame non capiva.
Si trovò William alle spalle, e il suo sussurro all’orecchio destro le fece raggelare il sangue: “Come, no?! Il tuo amato Greg, il vampiro per cui hai tradito l’amore di mio fratello.”
“Non l’ho tradito. E tu lo sai.”
“Oh, certo… e quel bacio nel bosco?” Sibilò lui, trasformandosi per un attimo in un bimbo capriccioso.
Per Madame fu un lampo: aveva cercato di dimenticare tutta quella vecchia storia, e ora ripensare alle labbra fredde di Gregory sulle sue la fece sciogliere di vergogna.
“Che cosa vuoi ancora da me, William?”
Il vampiro le andò davanti e si avvicinò alla sua bocca, guardandola negli occhi: “Lo sai… il tuo bimbo, Andy. Il tuo dolce figlioletto.”
“Mai!” urlò lei, mollando uno schiaffo in pieno viso a William; “Tienimi qui, piuttosto…!” Disse lei, ferma.
William scoppiò in una risata isterica, massaggiandosi la guancia: “Ah, ah, ah…! Gran scena madre, Andy…”
“E non chiamarmi Andy!” Urlò di nuovo lei, questa volta scaravanetandolo al muro con un’onda di energia creata con le sue mani.
Subito dopo s’accasciò a terra, quasi senza forze e sfatta in volto.
William si alzò e le andò vicino, lo sguardo cupo in volto. Non s’accorse che la porta della stanza si aprì leggermente senza emettere un solo cigolìo.
Le prese il volto in una mano e la guardò, nei trasparenti occhi grigi: “Vuoi andartene, Madame? Fai pure. Vedi da sola quante forze hai. Forse hai ragione, mi servirai più fuori che qui dentro.”
Madame lo guardò a sua volta, cercando di non abbassare la testa.
“Ma come potresti resistere là fuori da sola?”
“Me la caverò… bastardo…”
“Oh beh, se la metti così. Prego, accomodati.” Le disse lui, abbandonandola a terra.
Quella si alzò con calma, appoggiandosi al tavolo da pranzo. Si diede un contegno e si diresse alla porta. Notò che era già aperta ma si voltò a guardare il vampiro: “Porterò i tuoi saluti a Mark.”
“Non è necessario. Basterà seguirti per trovarlo.”
“Allora spero di non trovarlo mai.”
William sorrise e bevve dal calice le ultime gocce di sangue rimaste.
“Partirò stanotte.” Annunciò Madame uscendo dalla stanza.
“Non me ne curo. Puoi andare.” Rispose il vampiro, lanciando con rabbia il calice nelle fiamme.
La donna si chiuse la porta alle spalle e si trovò faccia a faccia con Rose.
La guardava attonita e confusa: “Madame, c’è qualcosa che dovrei sapere?”
La donna si strinse su se stessa e corse verso la sua stanza: “Troppe cose, Rose. Troppe.”
Entrò in fretta nella camera e in un borsone mise le cose essenziali: una coperta pesante, una giacca lunga, la foto di Tom bambino.
“Ve ne andate, allora?”
“Sì, Rose. Sei stata molto gentile con me in questi anni, e ti devo tutto. Se non fosse stato per te, probabilmente sarei già morta da molto tempo. Ti ringrazio.”
“Non dovete ringraziarmi, ma vorrei saperne di più. Ho sentito dei nomi questa sera che mai avevo udito prima, in oltre dieci anni che siete qui.”
“Ti riferisci a Mark?”
Rose annuì.
Madame sospirò: non poteva raccontarle tutto in pochi istanti, così decise di dirle l’essenziale.
“Ascoltami bene, Rose. William ha un fratello, si chiama Mark. Guardati da William, e cerca di accettare l’idea che non sempre i lupi sono nemici… anzi. Se credi a queste mie parole, allora forse Gregory Lee potrebbe diventare un tuo grande amico.”
“Gregory? Ma è uno dei nostri!”
“Certo, e lo sarà sempre, ma quando le cose si metteranno male, potrai sicuramente contare su di lui, fidati. Fa’ il mio nome, digli quello che hai fatto per me in questi anni. Lui è un amico, uno vero. Lascia perdere William… hai capito?”
Rose la guardò di sottecchi: “È strano questo tuo attaccamento verso di lui, un individuo che potrebbe essere un traditore da come ne parli… quando invece William ti ha tenuta con sé fino ad oggi, e ora sei tu che te ne vai, non è lui che ti caccia.”
Madame la prese per le spalle: “Rose, apri gli occhi! Mi hai chiesto di spiegarti, e io l’ho fatto! Non posso dirti tutto nel dettaglio, ma credimi! Credi alle mie parole! Ora accompagnami al cancello… devo andarmene da qui…!”
 
 
Aveva preso l’autobus fino alla periferia della città, dopodiché s’era spostato a piedi, fiducioso di ritrovare la strada nel folto del bosco che aveva percorso in precedenza con Ada.
E così fu.
Imboccò un sentiero, cercando di concentrarsi sul percorso da fare e di non pensare a come aveva lasciato il suo branco.
Alan, sgomento.
Johnny, silenzioso.
Ada, arrabbiata.
Suo padre Mark,… fuori di sé.
“Come diavolo ti viene in mente un’idea simile? Tu non hai idea di cosa abbiamo passato e stiamo tuttora passando per tenerti lontano da quel demonio, e tu vai a bussargli alla porta di casa? Sei uno stronzo totale, adesso? Tua madre è morta per te, e io mi sono auto-esiliato dal branco per salvarti il culo! E tu questo mi fai, adesso? Tanto valeva darti in pasto ai pescecani tanti anni fa, quando ha chiesto la tua pelle, invece di quella di tua madre… ingrato che non sei altro!”
E quando aveva provato a dire che era proprio per sua madre che se ne stava andando, per poterla rivedere e salvare, era successo il finimondo…
“Tua madre? Ah già, dimenticavo, l’ha vista, il signorino! E cosa pensi di fare? Di andare lì e di affrontare William, uscirne indenne, prendere tua madre e portarla in salvo? Svegliati, stolto che non sei altro! Quelli ti fanno secco appena ti presenti sotto le mura del castello! …è vero, t’ho tenuto nascosto che tua madre era viva, ma nemmeno io lo sapevo prima di adesso. E adesso che lo so, me ne guardo bene ad andare laggiù… e non chiamarmi codardo, Thomas! Tu NON HAI IDEA di cosa significhi… la salveremo, ma abbiamo bisogno di un piano, di scorte, di branchi e branchi di lupi a disposizione… e pensaci, chi si muoverebbe adesso per una… cosa come tua madre?, non sappiamo nemmeno noi cosa sia adesso. E poi, dopo quindici anni… lascia stare, è una follia…”
Follia o no, Tom aveva fatto fagotto delle sue cose e s’era preparato a fuggire. Perché infatti il padre aveva messo ronde a controllare la sua stanza, il cortile, il palazzo intero per assicurarsi che non scappasse.
Ma Tom era giovane, era furbo, e non ci volle molto a distrarre i suoi ‘bodyguard’ posticci.
E ora era di nuovo nel folto del bosco.
Di nuovo, una strana traccia lo portò fuori strada.
Di nuovo, cercò con gli occhi sbarrati quella parete di roccia.
…di nuovo, dopo tre giri del bosco, la trovò.
Si avvicinò alle mura del castello e le percorse in tutto il loro perimetro, giungendo infine alle porte d’accesso.
Si nascose dietro ad un albero quando vide il grande cancello aprirsi sulla strada sterrata. Ne uscì un gruppo di scuri figuri incappucciati, e una volta fuori, s’inchinarono tutti ad una bellissima vampira rossa, in segno di saluto.
“Rose…” sussurrò Tom, uscendo dal suo nascondiglio.
Dal gruppo di incappucciati si scorgeva un mantello diverso dagli altri, più chiaro. Quel gruppo di ombre si muoveva nel bosco in perfetta coordinazione, uno di fianco all’altro, quasi fosse un unico elemento. Tom ne rimase affascinato e appena la via fu libera, si fece avanti.
La vampira rossa era ancora lì che osservava gli altri allontanarsi, quando si accorse di lui: “Ancora tu? Non ti avevo pregato di andartene dalla mia terra?”
“Perdonatemi, Rose. Io… mi chiamo Tom. Vorrei rimanere qui con voi. Non ho altro posto in cui andare.”
Rose guardò oltre le spalle del ragazzo: “E la giovane che vi affiancava?”
“Oh, lei non c’è più.”
“Cosa cercate, Tom?”
Il ragazzo non sapeva che rispondere: non poteva uscire subito allo scoperto.
“Allora?”
“Io… cerco William. William Trumper.”
 
 
-:-:-:-
 
 
Quando si dice la sfiga. Alla prossima!!!
B.L.

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Capitolo 7
*** Sangue del suo Sangue ***


  
 
“Fai un passo avanti.”
Il ragazzo avanzò verso il vampiro: non sembrava tanto più vecchio di lui, eppure aveva negli occhi un velo opaco di malinconia e imperscrutabilità vacillante.
Il vampiro cominciò a ridere e ordinò a tutti di uscire dal Salone. Chiamò a sé Rose e la fece rimanere a fianco del giovane lupo.
“Questa – davvero, è la vita! Ti liberi di un’esca e subito dopo arriva la preda.” William si alzò dal suo solito trono, gli andò vicino e gli prese il mento, guardandolo bene; “Sei un pesce che è saltato nella rete, piccolo mio. E la tua somiglianza… beh, è impressionante!”
“Io… sono qui per voi, William.”
“Per me? Ma quale onore!”
“Sì, io… vorrei far parte del vostro branco.”
“Ah, ah, ah, ah!” Rise William, appoggiandosi a Rose; “Quanto si vede che sei suo figlio… branco? Qui non siamo lupi, non te l’ha detto nessuno, cane pulcioso?”
L’uomo gli si avvicinò al collo e lo accarezzò con dita fredde e ossute. Scostò i capelli ricci e neri e annusò la pelle del ragazzo: “Qui non siamo lupi, e semmai vorresti entrare nella nostra Casata…!”
“Oh, sì, perdonatemi.”
William si rimise dritto, dandosi un contegno.
Tom aveva lo sguardo basso, troppo timido per azzardare un’altra frase e troppo incosciente per scappare.
“Sai, non gli somigli per niente.”
“Vi riferite a mio padre?”
“Sì… mio fratello… beh, siete diversi. Molto diversi.”
“…e mia madre?”
William guardò Rose e quella scosse il capo.
Il vampiro ebbe un brivido che gli percorse la schiena, e in un lampo il suo maligno istinto di cattiveria si fece vivo, come una fiamma per molto tempo assopita. Guardò il ragazzo, indietreggiò d’un passo per darsi un tono e, a testa alta, proferì con: “La vedrai presto, giovane Tom.”
Rose lo guardò, stranita. Stava mentendo, ma non poteva interferire con il volere del Capo.
“E ora dimmi, ha fatto così anche tuo padre, quella volta?”
“Prego?”
“Ha supplicato anche lui l’ospitalità dei Pulciosi?, s’è umiliato davanti a loro?, è stato così vile da tradire la sua famiglia senza voltarsi indietro e senza nemmeno un ripensamento?”
“Sir William…!” Lo frenò Rose, andandogli vicino.
“Non ne ho idea, Sir.” Rispose Tom, un po’ divertito; “Io, sa com’è, non ero presente.”
William lo guardò un secondo, e poi riprese a ridere come prima, istericamente e con occhi grondanti cattiveria.
Rose fece segno a Tom, e quello imboccò la porta.
“Thomas!” Lo chiamò l’altro.
Il ragazzo si voltò a guardarlo.
“Benvenuto in casa Red Rose.”
La vampira rossa lo scortò fuori e lo accompagnò fino alle sue stanze – a fianco di quelle che un tempo erano di Madame.
“Rose, quando posso vederla?”
La ragazza non sapeva che rispondere: “Eh… beh… presto. Ma non so dirti quando.”
La ragazza fece per chiudersi la porta alle spalle, quando Tom la fermò, prendendola per un braccio: “Sai, sei bellissima…” disse, un po’ intimidito ma deciso.
Quella si bloccò, lo guardò stupita e un po’ divertita, allungando lo sguardo dal suo braccio agli occhi di lui.
Quello mollò la presa e lasciò la mano sospesa a mezz’aria per qualche istante, indeciso sul da farsi.
Rose gli sorrise di sottecchi: “Beh, ti ringrazio…” incrociò le braccia e attese, curiosa.
“Sì, insomma… quando ti ho visto quella notte, sulle mura… beh, il tuo viso mi è rimasto impresso. Ti trovo molto attraente, ma penso tu lo sappia, e credo sia una costante in voi Freddi. Siete tutti bellissimi…” la voce gli andò calando, quasi come se volesse celare una sua difficoltà.
“Sì, siamo tutti bellissimi, ma molti di noi sono marci dentro, Thomas. Tienilo a mente.”
“Beh, io vi trovo incantevoli.”
“Non dovresti essere qui se la pensi così.”
“Perché mai?”
“Perché hai una visione distorta di questo mondo.”
“Ti sbagli. So bene cosa c’è la fuori e cosa c’è qui dentro.”
“Se lo sapessi non saresti qui.”
“E allora secondo te perché sono arrivato fino a questo punto?”
“Non lo so… credo tu sia molto stupido.”
“O molto coraggioso.”
Rose si bloccò: lo guardò fisso negli occhi, cercando di riemergere da quel mare di malinconia in cui era sprofondata guardandoli.
“Voi lupi giustificate tutto con il coraggio, quando invece è pura e semplice stupidità.”
Tom fece per stringerla di nuovo con una mano, ma quella si scansò e gli si avvicinò al volto, ad un palmo da lui: “Non t’azzardare a farlo di nuovo, ragazzino. Non sai con chi hai a che fare. Vattene finché sei in tempo. Stai alzando un polverone che in poco tempo diverrà un tornado, e allora sarà troppo tardi per tornare indietro.”
Rose oltrepassò la porta, con passo deciso. Si bloccò e tornò da lui per un’ultima cosa: “E se sei venuto fin qui per fare colpo su di me… stai perdendo il tuo tempo.”
 
 
-:-:-:-
 
 
Il lupo vampiro perde il pelo ma non il vizio. Alla prossima!!!
B.L.

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Capitolo 8
*** Fog in the Clouds ***


  
 
Le moto sfrecciavano nella notte lanciando scie di luce sulle vie della foresta. La nebbia densa si diradava al loro passaggio per ricomporsi subito dopo come un manto di mistero e bugie.
Dietro le due moto, una macchina bassa che stava dietro di loro a fatica.
Un ululato scolpì il silenzio notturno, riducendolo ad una scultura di scaglie d’eco. Le moto ora erano parcheggiate a lato della strada e l’auto al loro fianco.
“No, Mark, non trasformarti! Non saprai più controllarti, ci troveranno!” Urlò Johnny, cercando di fermarlo.
Quello non lo ascoltò e fece per lanciarsi all’inseguimento di tracce odorose, quando Johnny lo atterrò, ruggendogli contro.
“Jooooooohnny! Lasciami andare!” Urlava Mark, furibondo.
“Finiscila, pezzo di stronzo!” Rispose Johnny, lanciandogli un pugno in pieno viso; “Ci hai costretti a seguirti fin qui e adesso ci ascolti, chiaro?!”
“Non mettermi le mani addosso, bastardo!” Urlò l’altro.
Gregory li raggiunse e, tolti i guanti, sfiorò entrambi i lupi con le sua mani gelide, facendo comparire nelle loro menti l’immagine sfocata di Andromeda.
I due si fermarono.
“È per lei che siamo qui…?, o per Thomas?” Chiese il vampiro, tornando ad indossare i guanti di pelle; “Perché non mi è ancora chiaro se a guidarci nella foresta è il tuo testosterone, Mark, o la rabbia verso tuo figlio.”
“Perché non ce lo dici tu, Greg? Non sei tu quello con le manine sante?” Rise Johnny.
“Sì, ma siete voi quelli con il fiuto da cani da caccia… ergo…” concluse lui, facendo segno di far strada attraverso la foresta.
I tre amici s’incamminarono tra gli alberi, fiutando l’aria in cerca di Tom.
L’aria era strana, quella sera. C’era un silenzio ormai ovattato, come se le loro urla avessero spaventato l’intera foresta e i suoi abitanti. O forse non erano le loro urla ad aver provocato quel silenzio. Forse era una presenza estranea, difficile da definire, stranamente potente seppur debole, e decisamente impossibile da catturare.
Johnny si mise sulla difensiva, tastando bene il terreno e il sottobosco con le mani armate di coltelli. Mark avanzava speranzoso e in continua ricerca di tracce, mentre Greg sondava gli alberi e le loro cortecce spostandosi tra gli alti fusti con un’eleganza che lo rendeva quasi impercettibile.
Qualcosa di molto simile all’odore di Tom raggiunse le narici di Johnny che fece segno agli altri di seguirlo. Dovettero inoltrarsi nel folto della foresta, in mezzo a zone inesplorate prima, tra rami aguzzi e terra franosa, muschio umido e fitto come un tappeto, e rocce scivolose percorse da sottili film d’acqua spurganti dal sottosuolo.
D’un tratto Greg fece segno agli altri di nascondersi dietro agli alberi. Avevano trovato un sentiero, ma stava per essere percorso da un gruppo di oscuri figuri poco lontani da loro.
Johnny cercò di calmare la sua respirazione, calibrando le pulsazioni.
Mark si sentì trascinare fuori dal suo nascondiglio, ma si aggrappò con tutte le sue forze all’albero alle sue spalle.
Gregory gli comparve accanto in un secondo: “Mark, rimani qui. Non ti muovere.”
“Che sta… succedendo… Greg…?” Chiese lui, visibilmente in difficoltà.
“Siamo di fronte ad una strega, uno spirito della foresta. Me la sbrigo io.”
“Come fai…?”
“Non sono un lupo come voi, non sono un animale del bosco, non mi può controllare. I miei confini sono altri…!” Rimani qui.
Mark annuì e continuò a tenersi aggrappato all’albero.
Gregory si mise sulla strada e vide il gruppo di sei incappucciati avanzare verso di lui. Scorse nel mezzo un mantello più chiaro e indietreggiò d’un passo, togliendosi un guanto.
Alzò la mano, la mostrò ai viandanti e quelli si fermarono tutti insieme, in un colpo solo.
Con un gesto spazzò via la nebbia che li attorniava, e percepì un calo di energia improvviso.
Alzò gli occhi: cinque dei sei individui lentamente svanirono insieme alla nebbia, lasciando una figura chiara al centro del sentiero.
Era una donna.
Si tolse il cappuccio, e i capelli corvini le scesero sulle spalle.
“Andy…” sussurrò Greg.
Johnny comparve dietro di lui e vide la donna, stremata, avanzare barcollando verso di loro.
Mark non ce la fece più e si lasciò andare dall’albero. Le forze gli mancarono e crollò a terra, in mezzo al sentiero.
Si alzò e la vide: s’illuminò e tacque.
Avanzò piano verso di lei, senza sapere cosa fare. Era la sua Andy, di nuovo, finalmente…! Sana e salva!
Gregory dietro di lui gli sussurrò qualcosa come: “No, Mark, è uno spirito, non avvicinarti!”
Ma a lui non importava. Se anche non fosse riuscito ad abbracciarla, voleva provarci. Voleva andarle incontro. Voleva stringerla.
Lei gli arrivò ad un passo e lo guardò negli occhi, vitrea e impalpabile.
Si aspettava di vederla piangere, come il suo solito, ma non fu così: forse ne aveva versate troppe, o forse ora non era più in grado di versarle.
Era una strega, adesso. Non era più umana. E in quanto tale, non più in grado di esprimere sentimenti forti.
La guardò di nuovo: sì, era lei.
Allargò le braccia e la prese a sé, senza farla cadere.
Era di nuovo lì, con lei.
Era di nuovo Andy.
“Ehi, piccola… ora sono qui.”
Lei non parlò. Si rannicchiò sul petto di lui e cercò di controllare i suoi poteri, ma ormai intorno a loro s’era formato un vortice di nebbia innocua e di foglie umide dalla notte; e in quel vortice nessuno poteva entrare, nemmeno Greg con i suoi poteri.
E in quel vortice, lo baciò.
Lui si trattenne, ma la commozione era troppo forte per essere ricacciata indietro.
Non si accorse che gli alberi attorno a loro, sotto il volere di lei, stavano allungando i loro rami verso le loro teste, a proteggerli dal resto del mondo.
Non si accorse che i ruscelli attorno a loro, che spurgavano rigogliosi dalle rocce, si stavano ora attorcigliando come serpenti ai loro piedi.
Non si accorse che lei, ora, non era più lei.
“Madame…” la voce di Greg arrivò come una doccia fredda.
La donna si risvegliò e tutto attorno a loro si diradò, lasciandoli soli.
Gli alberi tornarono alti verso la luna, e le acque si nascosero dentro le rocce.
“Madame, come avete fatto ad uscire dal…?”
“Gregory…” cominciò lei, avvicinandosi a lui; “…Gregory, non riportarmi laggiù. Sono scappata per una ragione. E ora ho ritrovato colui che avevo ucciso, due volte.”
“Andy, che stai dicendo?” Sorrise Mark.
“Sì, ti ho ucciso nella foresta, e ti ho ucciso andandomene. Ho ripagato il mio debito, Marcus. Niente mi può sconfiggere ora, e ti potrò proteggere da tutto, d’ora in poi.”
Johnny avanzò verso di lei e la prese in braccio, brusco: “Cristo, è troppo debole, dobbiamo portarla alla base, e…”
“No, Johnny! Non possiamo…! Allontanare troppo bruscamente una strega dal suo luogo congeniale provocherebbe solo la sua morte.”
“Non credo proprio!” Rise Johnny.
“Madame non è come le altre streghe… lei era umana, prima. William non le ha dato le forze necessarie per sostenere un potere simile.”
Mark si fece passare la donna dalle braccia dell’amico e la fece sdraiare a terra, su un letto di muschio.
“Mia dolce Andy… rimani con noi. Nostro figlio è venuto a cercarti questa notte e noi dobbiamo ritrovarlo.”
“Nostro figlio…? Ma se sono fuggita proprio per lui…!”
Mark realizzò: suo figlio ora era tra le grinfie di William, che non si era fatto scrupoli a liberarsi di Andy così, noncurante delle sue condizioni di salute.
“Il solito vigliacco…” sussurrò il lupo, accarezzando una guancia all’amata; “…rimani con me, Andy. Rimani qui con me.”
“Non posso, Marcus. La foresta mi chiama. Il mare mi vuole con sé. Le dense nubi vogliono trascinarmi via con loro. Non lo capisci? Non faccio più parte di questo mondo.”
“Ma io sono qui, ora.” Le disse, stringendole una mano.
“Ma non lo sei stato per molto tempo.”
“Non posso credere che dopo quindici anni, ti debba rivedere così e non possa nemmeno tenerti con me.”
“Non devi desiderare di possedermi, Marcus. Devi desiderare di amarmi, e di vedermi felice. È questa tua ossessione che ha distrutto tutto.”
L’uomo ora tacque. Madame aveva ragione. Aveva dannatamente ragione.
“Madame…” disse lui, stupendosi di questa sua accettazione della realtà; “…possiamo portarti a Londra? Ti senti abbastanza in forze?”
Madame si alzò quasi levitando, e si appoggiò ad un albero. Ne baciò la corteccia e assorbì con le mani una parte di quell’energia che le serviva.
Si voltò verso Mark: “No, non portatemi a Londra. Vi seguirò io. Fatemi strada.”
Mark sorrise e uscirono tutti e quattro dal bosco, a fatica e spesso aiutati dai poteri di lei.
E mentre gli altri sfrecciavano sulla strada, chi in moto e chi in auto, Mark vide l’aura di Madame librarsi al suo fianco, fino alle porte di Londra. Lì lei montò in moto con lui e lo pregò di andare piano, affinché lo strappo con la foresta fosse il meno brusco possibile.
Arrivarono alla base mezz’ora dopo, e si assicurarono che non ci fosse nessuno nei corridoi.
Aprirono le porte della sala Grande, e i tre uomini entrarono quatti quatti, senza far rumore ma molto svelti e nervosi.
La donna di Johnny comparve dal nulla da una saletta laterale.
Sbarrò gli occhi e si portò le mani alla bocca.
Madame si librò in aria verso di lei e le porse le palme delle sue bianche mani: “Ciao, Sally.”
 
 
-:-:-:-
 
 
E mo’…  =)
B.L.

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Capitolo 9
*** Non più come prima ***


 “Ti vedo preoccupata, Ada.”
Il giovane Alan fece capolino da dietro la portafinestra, le mani dietro la schiena, stranamente serio.
“No. Tutto a posto.”
“Non mi freghi, sorellina. Siamo gemelli, capisco quando mi racconti balle.”
“Allora perché cazzo chiedi, Alan?”
“Te lo chiedo perché non ti ho ancora visto inforcare la moto per andare da Tom.”
La ragazza saltò giù dal muretto e guardò il fratello negli occhi: “Perché non ci vai tu? Magari ti porta ad un concerto di vampiri…! Stupido idiota…”
“Non parlarmi così, Ada!”
“E tu non fare il bambino!”
Alan abbassò la testa, triste: “Tra noi due tu sei sempre stata la più forte, la più sveglia, la più veloce.”
“…occheppalle, che hai adesso?”
“Dovevi dimostrare a tutti che non eri una femminuccia, che eri una vera lupa, una coi controcazzi.”
Ada si mise le mani sui fianchi, aspettando la conclusione del fratello.
“E ci sei riuscita! Diavolo se ci sei riuscita… però non hai mai considerato che forse non saresti riuscita a convincere proprio tutti. E questo è il risultato.”
Ada continuava a guardarlo, confusa.
“Se Tom avesse un minimo di rispetto per te e per quello che sei, non se ne sarebbe andato.”
“Come ti permetti?”
“Te lo dico per togliertelo dalla testa, Ada. Non ci pensare. Non gliene frega un cazzo di te, sennò sarebbe ancora qui.”
“Se n’è andato per sua madre.”
“Sì, e sua madre è di sopra che prende il thé con mamma.”
Ada si morse un labbro: “Cosa suggerisci di fare? Rispedirla al mittente?”
“No. Te l’ho già detto. Levatelo dalla testa.”
“Non accetto consigli da un bimbo che pensa solo a divertirsi.”
“Scusami, ho sedici anni. Credo sia normale.”
“Sì, come no… ciao cucciolo, fatti un giro.”
“Sì, io mi faccio un giro. Lui però non c’è, e tu sai perché.”
Odiava doverlo ammettere, ma il fratello aveva ragione.
 
 
Era ora. Doveva capire. Ada corse veloce su per le scale e cercò la camera di sua madre. Sapeva che le avrebbe trovate lì, tutte e due.
E infatti appena entrò vide sua madre mentre sparecchiava un tavolino e scorse un velo bianco scivolare nella saletta vicina.
“Ada! Che ci fai qui?”
“Mamma… niente, ero venuta a vedere se volevi una mano.”
“E da quando ti preoccupi di queste faccende? Che è successo…? Litigato con papà?”
“No, non con lui. Alan… è un cretino.”
“Beh, allora se ci tieni tanto aiutami qui: dai una passata di panno al tavolino, grazie.”
Ada impugnò lo straccio e passò alla meno peggio la superficie di legno grezzo, facendo cadere alcune briciole a terra.
“Mano forte ed energica. Si vede che sei una lupa.” Disse una voce accanto a lei.
Ada si voltò ma non vide niente.
“Allora, hai finito?” Le chiese Sally, mentre prendeva il vassoio da riportare di sotto.
“Sì, fatto.”
“Bene. Vi lascio sole…” sorrise Sally, chiudendosi la porta alle spalle.
‘…sole?’ Si chiese Ada.
Andò alla finestra e guardò di sotto, aspettando il da farsi.
“Siediti pure, Ada.”
La ragazza si voltò e vide una donna seduta sulla poltrona della madre.
Aveva lunghi capelli neri, una leggera veste bianca e grigia, sciupata dal freddo. Il suo viso era consumato dal tempo, e nonostante non sembrasse così vecchia, c’erano molte rughe a contornare i suoi occhi, e scendevano sinuose fino al collo. Le mani ossute uscivano dalla veste e si congiungevano posate sul suo grembo. Gli occhi… erano una cosa che Ada non avrebbe mai scordato: vedeva un po’ di Tom in quegli occhi. Così glaciali, così freddi, vitrei, a tratti plumbei.
“Vi somiglia così tanto…” sussurrò Ada, quasi incosciente.
“Oh, grazie. Devo fidarmi delle tue parole, mia cara. Non mi sono nemmeno presentata: mi chiamo Madame.”
“Lui è la dentro. Ci è finito per voi.”
“Sì, lo so.”
“E come fate a starvene qui, a prendere il thé con mia madre…?”
“Non ho le forze necessarie per affrontare William.”
“Oh, certo. Una strega senza forze. Ci mancava solo questa… perché non un lupo che ha paura del buio?”
“Hai spirito, mi piace. È per questo che lo ami tanto?”
Ada si bloccò: “E questo che diavolo centra adesso?”
“Centra eccome! È per questo che sei qui, non è vero?”
“Ma vi siete messi tutti d’accordo oggi? Io amo Thomas come amo chiunque in questo branco.”
Madame la guardò intensamente, con sguardo eloquente.
“Il punto non è cosa provo io, ma cosa possiamo fare per tirarlo fuori di lì!”
“Ascoltami Ada. Non dobbiamo tirarlo fuori di lì. Ci è andato da solo… per trovarmi, è vero, ma deve capire e saper affrontare le conseguenze delle sue azioni. Chi può dire cosa passa nella testa di mio figlio, oggi?”
“Ma voi dovete…!”
“E se avesse deciso di restare con William?”
“Impossibile!”
“Sbagli a dire questo. Non abbiamo il dono della preveggenza, mia cara. Le cose accadono e basta. Tom è là per un motivo. Tornerà quando sarà in grado di farlo.”
“...e poi c’è quella dannata… vampira! Una vampira rossa! Lo ammazzerà! Lo ridurrà ad un Corvo!”
“Rose? Oh, è innocua… era la mia dama di compagnia. Sa tutto.”
Ada rimase sbigottita. Non sapeva più che fare. La tranquillità della strega davanti a lei era sbilanciante, equivoca e incomprensibile.
“Posso chiedervi una cosa?” Chiese, ora timida.
“Certo mia cara.”
“Voi… cosa siete?”
Madame sorrise, lo sguardo basso.
“Ho sentito tante cose su di voi, di come eravate, di cosa è successo, del vostro sacrificio, di come Mark vi ha ritrovata…!”
“Oh beh, sai più cose di me, temo!” Rise composta Madame.
“Beh, so qualcosa del vostro passato, ma ora non so con chi ho a che fare.”
La donna si alzò dalla poltrona e volteggiò leggera fino alla porta della camera: “Non posso definirmi, Ada, perché sarebbe riduttivo dare una spiegazione di questo mio nuovo essere. Percepisco tutto in modo diverso, più ampio, più intenso. Ho acquisito poteri che prima agognavo – vivendo nel bosco, e ora il bosco è dentro di me, come le nubi, le piogge, i venti, gli animali, i cuori umani, le anime tristi, le anime sole, le malinconie degli alberi e le sfrenate rincorse dei ruscelli… sento tutto questo e tante altre cose che ora il mio lento sguardo umano mi impedisce di elencare. Ho questa capacità e anche il potere di controllare le stesse cose che percepisco, ma il sangue che scorre nelle vene di ognuno di noi è fondamentale per la nostra esistenza e determina le nostre origini, il nostro cammino e la nostra distinzione. C’è chi cambia questo sangue nel corso della sua vita per acquisire nuove esperienze, nuovi occhi, nuove voci. Mark l’ha voluto fare, io l’ho voluto fare… ma William mi ha ingannata. Non mi ha resa del tutto strega e quindi non sono del tutto in grado di sostenere un potere simile. Ecco perché sono così debole. Non posso tornare indietro, ma nemmeno evolvere. Non ho via di scampo. Con la speranza di diventare più forte, mi sono fatta trasformare in un essere dal potenziale altissimo, ma più debole.”
“…tutto questo… perché?”
“Qual è quella forza che muove tutto il mondo? Che determina la differenza tra l’uomo e la Natura? Che raramente si trova in un animale, e spesso è dato dalla sua vicinanza con un essere umano…? La risposta purtroppo è banale, è scontata, la stanno smerciando in tutte le forme e in tutte le salse da anni ormai… ma è dannatamente vera.”
“Non vi capisco.”
“È quello che io ho provato per Mark. Che Johnny ha provato per tua madre. Che tu provi per Tom. È l’Amore, Ada. E benché tu cerchi di sfuggirgli, è difficile farlo assopire. Io ho dovuto cambiare il mio destino per impedirmi ancora un sentimento simile.”
“E ci siete riuscita?”
“Temo di sì.”
 
 
La ragazza uscì dalla stanza dopo aver ringraziato garbatamente Madame. Con lei si sentiva al sicuro, quella strega aveva un’aura strana, emanava un’energia serena e accomodante, nonostante tutto.
Come mise piede fuori dalla porta, vide l’ombra di Mark alla sua destra, appoggiato al muro.
Sentì un respiro profondo, di quelli che soffocano una delusione. Decise di non approfondire e di ignorarlo, proseguendo verso le scale.
“È vero quello che le hai detto? È vero che non provi più amore?”
Era entrato nella stanza senza nemmeno bussare o chiedere il permesso. Doveva vederla di nuovo. Lei era lì, alla finestra, lo sguardo malinconicamente sereno verso il nulla.
Si voltò a guardarlo: “Sì, Marcus. Non sento più niente. Sono apatica.”
“Sei così bella, Andy…”
La donna gonfiò le sue vesti e s’irrigidì, facendo trasparire un’espressione scocciata: “Non sono bella, Marcus Thomas Trumper. Sono un essere a metà tra la vita e la morte, non sono spirito e non sono umana. Sono una strega senza poteri e questa mia sofferenza mi ha invecchiata più di quanto temessi. Ho il viso di una cinquantenne malata e logora benché abbia quarant’anni, le rughe che solcano il mio viso non mi danno tregua, e la fragilità delle mie ossa mi impedisce qualsiasi movimento brusco. No, non sono bella, ma sono ancora viva grazie a quel maledetto fratello che ti ritrovi…! E io mi chiamo Madame!” Urlò infine, accasciandosi a terra.
Mark la soccorse e la strinse a sé: “Sembrerai una cinquantenne, ma nella mia memoria rimani inalterata, Andromeda.”
La donna cominciò a tremare e così anche il tavolo, i quadri appesi, la poltrona, i muri… ci fu una scossa di terremoto che terminò solo quando Mark lasciò andare la strega.
“Non proverai amore, ma l’odio che covi nei miei confronti è notevole.” Disse lui, appoggiandosi al muro.
Sally entrò nella stanza come una saetta, preoccupata. Mark la mandò via, rassicurandola.
“Dove sei stata in tutti questi anni…? In un inferno maledetto… potrai mai perdonarmi?” Le chiese in un sussurro, facendo attenzione a non toccarla.
Madame sollevò il capo e lentamente si alzò in piedi.
Prese il viso di lui tra le mani e lo guardò intensamente, cercando di rivedere un po’ di quel ragazzo che ricordava nei suoi lontani momenti di serenità. Non lo trovò. Vedeva solo tristezza, silenzi, disperazione, odio. In tutti quegli anni, come aveva cresciuto il loro unico figlio? Come si era preso cura di lui se dentro di sé era tanto marcio e arrabbiato? E come aveva fatto Tom a maturare un tale senso di responsabilità e di coraggio con un esempio così lampante di fallimento?
“…non vedo che un uomo distrutto…”, sussurrò, “Come posso perdonarti per una cosa che non hai fatto?”
Lui allora l’abbracciò e la strinse forte, mentre le mani di lei affondavano nei capelli disordinati del lupo.
“Hai cresciuto da solo nostro figlio. Sei stato coraggioso.”
“Tu ti sei buttata in pasto ai Corvi. Non sei da meno…”
“L’ho fatto per Tom. E ora quel pazzo…! Oh, ma devo aver fiducia delle sue azioni. Dopotutto è tuo figlio, avrei dovuto aspettarmi qualcosa di avventato… è quello che più mi piaceva di te…”
Lui la baciò. Di nuovo. Sperava di trovare qualcosa di lei ancora vivo. Ancora la sua Andy. Ma ancora, come l’ultima volta nel bosco, non c’era niente.
Le labbra fredde di lei non rispondevano al calore e all’affetto di lui.
“Ti voglio ancora, Andy.” Sussurrò lui, piano.
“Non c’è nessuna Andy in questa stanza, Marcus.”
“Torna indietro. Torna indietro, ti prego…! Questo spettro mi spaventa, sei un guscio vuoto!”
“No, ti sbagli. Sono piena di nuova vita, ma è una cosa che non puoi comprendere.”
“Come posso averti di nuovo?”
“Ci siamo fatti del male a vicenda. Ormai non possiamo tornare indietro. Sono passati troppi anni.”
“Come posso averti di nuovo?!” Urlò lui, scrollandole le spalle.
Lei si spaventò davanti a quello sguardo pazzo di lui, ma non si mosse. Sentì che voleva piangere, ma non ne fu in grado. Sentì che voleva picchiarlo, ma non ne aveva le forze. Sentì uno slancio di vita percorrerle il corpo, uno slancio che da quindici anni non sentiva. Ma non seppe coglierlo.
“…non puoi…” rispose lei in un sospiro.
“Aargh!!!” Urlò lui, strattonandola e uscendo furente dalla stanza; “Non so in che cazzo di essere di ha trasformato mio fratello, ma giuro che quando lo rivedrò, lo ammazzerò di botte! Lo giuro!” Sbraitò lui, percorrendo il corridoio e scendendo le scale; “Giuro che non avrò pace finché non avrò portato via a lui tutto ciò che lui ha portato via a me! Maledetto bastardo!”
Madame, percependo tanto odio, si sedette a terra e cadde in un sonno leggero, cercando di allontanare le negatività che la circondavano.
Mark sbatté la porta del salone e si fiondò con i pugni serrati sul sacco da boxe appeso davanti alla finestra.
“Mi ha portato via mia madre, la mia donna, e ora anche mio figlio! Ma che cosa vuoi, William?! Che cosa vuoi ancora?!?” Imprecò Mark, sferrando tre pugni al sacco.
“Non ti ha portato via Tom, ci è andato da solo tra le fauci dello zio.” Precisò Johnny, appoggiato allo stipite della libreria.
“Vaffanculo Johnny!”
“Certo, e tu piantala di frignare. Non hai ancora capito cosa vuole William?”
“Perché, tu lo sai?”
“Ovvio… vuole te.”
“Non può uccidermi, ucciderebbe anche se stesso.”
“Non ho detto che vuole ucciderti. Ti vuole solo far prigioniero. Tenerti sotto controllo. E anzi, ora che ci penso, se anche ti uccidesse per lui sarebbe ancora meglio. Acquisterebbe una forma incostante, animale o fumosa che sia, e allora potrebbe davvero far quello che vuole. Tu devi vivere Mark. E non solo per Tom, Madame o perché sei come il mio fratello minore, ma perché l’alternativa sarebbe il potere in mano ai vampiri.”
“Tu lo sai che noi lupi viviamo meno a lungo dei vampiri.”
“Sì lo so. E infatti il giorno del tuo decesso naturale mi spaventa… ma diciamo che spero che uccideremo prima William.”
“E rifare l’errore di Andy? Farmi tornare un lupo famelico?”
“Non è stato un errore. E dev’essere una tua scelta. E se la tua vita in quel modo non avesse senso, per te, allora spetta a te decidere cosa farne…”
‘Dovrei dirmi di uccidermi’, pensò Mark. Ma non lo disse. Lo pensò in un lampo e poi quel pensiero svanì.
 
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Beh, innanzitutto Buon Anno!!! Le ultime sgocciolanti notti del 2011 mi han portato consiglio, a presto il seguito…!
B.L.
 

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