A Time In Your Life

di BebaTaylor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


A Time In Your Life
Capitolo Uno

Ronnie, nome completo Veronica Clapton, si fermò di colpo alla vista di quello che, fino a un paio di mesi prima era uno dei suoi migliori amici, Sam. Il ragazzo, fermo davanti alla gelateria, scherzava con la sua ragazza Sharon. Ronnie respirò profondamente, cercando di farsi coraggio e riprese a camminare.
«Ehi, stai attento!» sbottò Sam, che facendo un passo indietro, non si era accorto di essere andato a sbattere contro qualcuno. «Veronica.» esclamò Sam voltandosi e guardando la ragazza di fronte a lui. Veronica abbassò il viso.
«Non ti avevo detto di sparire dalla mia vista?» domandò sarcastico Sam.
Ronnie sentiva le lacrime pungergli gli occhi e non disse nulla.
«Allora?» incalzò Sam.
«Me ne vado.» mormorò Ronnie. Sam sorrise e si scostò per farla passare, poi si avvicinò a Sharon e l'abbracciò.
Ronnie si asciugò velocemente le lacrime che le erano scese sulle guance. Schiacciò il pulsante per chiamare il verde del semaforo pedonale e si voltò verso la gelateria. Non sopportava il fatto che Sam la trattasse così, dopo quasi vent'anni di amicizia. Non sopportava il fatto che, a causa di Sharon tutte le sue certezze fossero crollate.
Il verde scattò e incominciò ad attraversare la strada.
Sam la guardò e scosse la testa. Non aveva più nulla in comune con lei, solo James e Kristin. Sharon lo chiamò e lui le dedicò la sua attenzione.
Un tonfo, delle urla e una macchina che ripartiva a folle velocità.
Sam e le altre persone ferme alla gelateria si chiesero cosa fosse successo.
Un capannello di persone era fermo sulla strada.
«Chiamate un'ambulanza, Presto!» urlò un uomo.
Sam insieme a Sharon si avvicinò per capire cosa fosse successo.
«No...» mormorò incredulo Sam. «No, cazzo no!» urlò avvicinandosi al corpo steso sull'asfalto.
Si fece spazio fra la gente e si inginocchiò accanto a Ronnie.
«Ronnie, rispondimi...» le disse mentre iniziava a piangere.
«La conosci?» gli domandò l'uomo che prima aveva urlato di chiamare l'ambulanza. Sam annuì.
«È la mia migliore amica.» rispose. Con un nodo in gola la guancia destra sporca di sangue. La gamba destra gli sembrò piegata in una posizione innaturale. In lontananza si udirono le sirene dell'ambulanza.
Sam afferrò il cellulare e compose velocemente un numero.
«James? James Ronnie ha avuto un incidente.» esclamò.
«Cosa? Dove?» domandò agitato l'amico.
L'ambulanza si fermò e scesero i paramedici. Dietro di lei posteggiò l'auto della polizia locale.
«Davanti all'Ice Cream Passion.» rispose Sam mentre veniva allontanato dalla sua amica. «È mia amica! James vedo se riesco a salire in ambulanza con lei.» continuò.
«Tu cosa vuoi fare?» sbottò Sharon. Sam non la guardò neppure, cercò di avvicinarsi ai paramedici che caricavano Ronnie nell'ambulanza.
«Non puoi salire.» lo fermò il paramedico più anziano.
«È la mia migliore amica!» tentò, invano, di protestare. «Dove la portate?» domandò.
«Al Marie Grace.» gli rispose quello di prima prima di chiudere il portello.
In quel momento James fermò la moto e chiamò l'amico. Sam si avvicinò quasi correndo.
«È appena partita verso il Marie Grace.» disse riferendosi all'ambulanza. James annuì e allungò il casco che si era portato per l'amico.
«Perché vuoi andare da lei?» chiese Sharon. Sam non rispose, si allacciò il casco e salì dietro James che partì diretto all'ospedale.

Ronnie era in sala operatoria. I suoi genitori erano stati avvertiti, ma dato che si trovavano in vacanza a duemila chilometri di distanza, sarebbero arrivati solo il giorno dopo.
James e Sam erano seduti in sala d'attesa.
«È colpa mia.» mormorò Sam mordicchiandosi le nocche della mano destra.
«Non dire così.» cercò di consolarlo James.
«Sì invece. Sono stato io a dirle di sparire dalla mia vita, a dirle di sparire dalla mia vista... Anche prima dell'incidente gliel'ho detto. È colpa mia.»
«Non è colpa tua. La colpa è di quello che l'ha investita. Se solo mi capitasse fra le mani...» disse James infuriato.
«Io mi sento in colpa. L'ultima cosa che le ho detto era di sparire.» Sam si coprì il viso con le mani e iniziò a piangere. James non sapeva cosa fare, non aveva mai visto il suo amico così abbattuto, quindi si limitò ad abbracciarlo.
«Vedrai che ce la farà. Ronnie è forte.» mormorò James. «Ronnie è forte.» mormorò ancora. «Cosa ci è successo James? Perché siamo arrivati a questo punto?» domando Sam fra le lacrime.
James scosse la testa e si alzò dalla scomoda sedia in plastica, «Non lo so Sam.» disse dopo un attimo di silenzio.
«È colpa mia.» ripeté per l'ennesima volta Sam.
«Come sta andando?» domandò Kristin vestita con la divisa da infermiera. La ragazza lavorava in quell'ospedale nel reparto di neonatologia.
«Non ci dicono nulla.» rispose Sam. Kristin accarezzò il braccio del ragazzo e fece una carezza al suo fidanzato James.
«Non siamo suoi parenti. Ci hanno detto questo. Non siamo suoi parenti. Ci conosciamo da vent'anni e non vogliono dirci come sta.» continuò arrabbiato Sam alzandosi in piedi.
«Provo a vedere se riesco a farmi dire qualcosa.» disse dolcemente Kristin sistemandosi il badge con scritto il suo nome, salutò i due e scompari dietro una porta.
«È colpa mia.» disse ancora Sam scostandosi i capelli castano chiaro dal viso.
«La finisci?» sbottò James sedendosi di nuovo.
Sam sospirò e si sedette anche lui.
«Ti ricordi come ci siamo conosciuti?» domandò con un leggero sorriso James.
Sam annuì, «Certo che me lo ricordo.» rispose.

Era una caldo pomeriggio di luglio e il parco cittadino era pieno di avventori venuti lì per ripararsi dal caldo estivo all'ombra degli alberi.
Una bambina con i lunghi capelli biondi raccolti in due trecce che le scendevano oltre le spalle, passeggiava con la madre.
«Mamma perché dobbiamo stare qui? Io voglio tornare a casa!» piagnucolò la bambina
. «Veronica, te l'abbiamo già spiegato tante volte. Ci siamo trasferiti qui perché papà ha cambiato lavoro.» rispose dolcemente la madre.
«Ma io voglio tornare dai miei amici.» protestò la piccola.
«Anche qui ti farai degli amici. A settembre inizi la scuola.» disse la madre mentre si avvicinavano al laghetto presente al centro del parco.
«Le paperelle!» trillò allegramente Veronica. «Le paperelle! Mamma ci sono le paperelle!» continuò la piccola staccandosi dalla madre e correndo verso la ringhiera che circondava parte dello specchio d'acqua.
«Le ho viste. Stai attenta a non cadere.» esclamò la madre leggermente sollevata. Non le piaceva vedere la figlia triste.
«Mamma voglio dare da mangiare alle paperelle!» esclamò Veronica incrociando le braccia e guardando seriamente la madre.
«Non del pane con me. Torniamo domani.» disse la donna.
«Ma io voglio dare il pane alle papere adesso.» pronunciò la bambina che stava per scoppiare a piangere. «Veronica... Non fare così. Ti ho detto che veniamo domani.» la donna fece una carezza sulla nuca della figlia. «Ma io... le paperelle...» piagnucolò la bambina.
«Ciao io ho del pane in più.» si intromise un bambino allungando un pezzo di pane a Veronica che sorrise e afferrò il pezzo di pane.
«Io sono Veronica.» esclamò la bambina asciugandosi le lacrime con il dorso della mano.
«Io mi chiamo Sam.» si presentò il bambino. Veronica lo guardò e sorrise, posi staccò un pezzo di pane e lo lanciò in acqua, e osservò le papere litigarsi il cibo.
“Forse la mamma ha ragione. Forse mi farò dei nuovi amici anche qui.”

Veronica osservò, nascosta dalle tendine lilla della finestra di camera sua, un uomo che portava alcune grosse valige all'interno della casa affianco alla sua.
Dietro l'uomo una donna trascinava un trolley rosso, mentre un bambino di circa dieci anni, che giocava con un videogame, chiudeva la fila.
«James! La smetti di giocare per un momento?» sbottò la donna guardando il bambino.
Veronica ridacchiò alla vista di quella scena, si allontanò dalla finestra e scese al piano di sotto.
«Mamma hai visto che i nuovi vicini sono arrivati?» disse entrando in cucina dove la madre stava preparando il pollo ripieno.
«Sì li ho visti.» rispose la madre rompendo alcune uova in una insalatiera.
Veronica guardò un attimo la madre e poi tornò in camera sua, voleva spiare ancora un po' i vicini.

Veronica era in cortile, e cercava, invano di saltare la corda.
«Uffa!» sbuffò quando, per l'ennesima volta, i suoi piedi inciamparono nella corda.
Veronica sentì qualcuno ridere e si voltò. Era il bambino che un paio di settimane prima si era trasferito nella casa accanto.
«Perché mi prendi in giro?» mormorò con il faccino dai lineamenti delicati contratto in un tenero broncio.
«Non sei capace!» la prese in giro il bambino.
Veronica lo guardò male e poi provò a saltare ancora. Ma ancora una volta i suoi piedi presero dentro nella corda viola.
«Uffa!» sbuffò ancora la piccola. Tutte le sue amiche, quelle che abitavano nella città in cui era nata e cresciuta prima del trasferimento, riuscivano a saltare le corda.
«Non sei capace!» la canzonò nuovamente il bambino.
«Sei cattivo! Non puoi prendermi in giro!» strillò Veronica.
«E perché?» replicò il bambino sedendosi a cavalcioni sul basso muretto che divideva i due giardini.
«Perché sono una bambina» Veronica si morsicò le labbra mentre fissava contrariata il vicino.
«Appunto perché sei una bambina che ti prendo in giro.» replicò lui. La bambina si voltò e cercò di saltare ancora la corda. Le veniva da piangere ma non voleva dar soddisfazione al bambino.
«Comunque io mi chiamo James.» disse il bambino scendendo dal muretto e dirigendosi verso Veronica.
«Cosa fai?» domandò lei dubbiosa.
«Ti faccio vedere come si fa.» esclamò James prendendo la corda dalle mani della piccola vicina. Veronica sorrise.

Era la penultima settimana d'agosto e Veronica era nel parco con sua madre e suo fratello Nick, di sei anni più grande.
«Mamma tu lo vedi?» domandò la bambina.
«No, tesoro. Non lo vedo.» rispose la donna, mentre Nick sbuffava sonoramente. Aveva trovato dei ragazzini della sua età che andavano in skateboard e voleva passare il pomeriggio con loro, non con sua madre e la sua sorellina.
«Eccolo lì, tesoro. Lo vedi? È vicino alla gabbia.» esclamò la madre indicando la zona giochi del parco. La bambina annuì felice, e con la sua busta verde mela corse dove le aveva indicato la madre.
«Sam!» trillò la bambina. Il bambino scese con un balzo dalla gabbia in ferro e si avvicinò a Veronica.
«Settimana prossima è il mio compleanno e voglio invitarti.» mormorò timidamente Veronica allungando la busta a Sam che la prese con un sorriso.

James era nel suo giardino e stava giocando con un pallone giallo e nero.
«James! Vieni qui!» ordinò la piccola Veronica. Il bambino si avvicinò al muretto divisorio scocciato per essere stato interrotto dal suo gioco.
«Cosa vuoi Veronica?» domandò.
«Tieni.» disse la piccola porgendogli una busta verde mela.

La casa e il giardino della famiglia Clapton erano addobbati con palloncini e festoni di svariati colori. Sam, che avrebbe compiuto nove anni ad ottobre, entrò nel giardino accompagnato da sua padre Frank.
Veronica correva dietro alla sua cuginetta Sarah ma si fermò di colpo quando vide il bambino. «Sam! Sei arrivato!» esclamò felice. James era già lì e stava giocando a calcio con Nick.
Il momento di scartare i regali era arrivato.
Dopo aver aperto i regali delle sue cugine, Veronica scartò quello di James.
«Oh, è bellissimo!» trillò la bambina guardando il piccolo unicorno che il bambino le aveva regalato.
Poi venne il turno del regalo di Sam. Un pupazzo a forma di coniglio, bianco, con la maglietta e i pantaloncini blu. Sulla maglietta, scritto con grandi caratteri bianchi, c'era stampato il nome “Ronnie”.
«Grazie! Mi piace molto Ronnie. Sì lo chiamo Ronnie!» esclamò gioiosamente Veronica.

Il dottore uscì da dietro una porta bianca a doppio battente. James si alzò in piedi. «Come sta?» domandò ansioso.
«Posso solo dirvi che ora la stiamo portando in terapia intensiva.» il medico si passò una mano sul volto segnato dalle rughe e dalla stanchezza della giornata, «Andate a casa adesso.» continuò allontanandosi.
James si voltò verso Sam «Andiamo, ti riporto a casa.» esclamò.
«No, voglio stare qui.» rispose lui.
«Sam non possiamo fare nulla qui, non ce la faranno mai vedere. Torniamo qui domani mattina.» disse James. Sam sospirò e si alzò per poi seguire l'amico fuori dall'ospedale.

«Dove sei stato?» gridò Janice a suo figlio Sam quando quest'ultimo entrò in casa. Sam la guardò sorpreso, e si stupì di vedere Sharon sul divano del salotto. Si era dimenticata di lei.
«Ero in ospedale da Ronnie. Ha avuto un incidente.» rispose il ragazzo.
«Pensavo che avessi litigato con quella.» esclamò la madre sedendosi accanto a Sharon che piangeva sommessamente.
«È la mia migliore amica.» disse lui bruscamente facendo vagare lo sguardo lungo il salotto.
«Ma quella è roba mia! Perché è nel camino?» domandò avvicinandosi al camino in pietra. Tirò fuori la scatola in cartone nero e guardò sua madre.
«Allora?» chiese alzando la voce. Sapeva quello che c'era dentro quella scatola.
Foto, oggetti e altri ricordi che lo legavano a Ronnie e James. «Stai insieme con Sharon, non puoi essere ancora amico di quella Veronica. È ora che ti liberi di quella roba.» rispose la donna. Sam si alzò in piedi e in silenzio si diresse in camera sua.
Lasciò cadere la scatola sul letto e da un armadio tirò fuori un trolley blu scuro. Aprì i cassetti svuotandoli dal loro contenuto per poi gettarlo con poca grazia nel trolley.
«Cosa stai facendo?» tuonò la madre entrando come una furia nella camera del figlio seguita da Sharon.
«Me ne vado.» rispose Sam chiudendo la cerniera del trolley. «Se non te ne fossi accorta, hai cercato di dare fuoco a una cosa che non è tua.» continuò prendendo il notebook e infilandolo nella custodia.
«Sam... mi hai lasciato lì come una scema! Mi hai fatto vergognare davanti hai nostri amici! Sei il mio fidanzato dovresti dimenticarti di quella sgualdrina!» urlò Sharon.
Sam tirò giù dal letto il trolley, si mise a tracolla la borsa con il notebook, e infilò in tasca il carica batterie del cellulare.
«Sai Sharon, tu sbagli.» disse prendendo la scatola.
«Cosa?» fece la ragazza sorpresa.
«Io e te non stiamo più insieme. E io vado da papà.» rispose Sam uscendo dalla sua camera.

Sam entrò in casa di suo padre che ormai erano le dieci di sera.
«Ho saputo Sam. Come sta?» domandò l'uomo.
Sam scosse la testa mentre si dirigeva nella sua stanza nella casa paterna.
«È in terapia intensiva.» rispose quasi sussurrando.
Il padre sospirò. «Io sono di sotto se hai bisogno... Io ci sono.» disse prima di chiudersi alle spalle la porta.
Sam si sedette sul letto e aprì la scatola nera. La prima cosa che il ragazzo vide fu Ronnie, il coniglietto che lui aveva regalato a Veronica per il suo sesto compleanno. Lo tirò fuori. Il primo ricordo che gli venne in mente fu quel giorno, di tre mesi prima, in cui il piccolo coniglietto tornò fra le sue mani

«Sam! Sam! Stronzo che non sei altro, dove diavolo ti sei cacciato?» urlò Veronica entrando come una furia in casa del ragazzo.
«Sono qui. Cosa vuoi?» domandò Sam apparendo da dietro la porta della cucina. «E ti sembra il modo di entrare nella casa di una persona?» continuò.
«Come diavolo ti sei permesso?» sbraitò la ragazza scostandosi una ciocca di capelli castani dal viso.
«Ma che hai?» chiese lui.
«Lo sai a cosa mi riferisco.» Ronnie incrociò le braccia al petto e lo osservò furiosa. Sam si passò una mano fra i capelli. «Non sono un indovino. Non so che cosa diavolo ti prende.» disse sedendosi sulla poltrona.
«Tu... tu... Tu sei andato a dire a quelle zoccola di Sharon che a sei anni ti ho pregato di venire alla mia festa di compleanno!» sbottò Ronnie guardando gli occhi castani di Sam.
«Io non le ho detto mica questo!» si difese il ragazzo. «Aspetta, come hai chiamato Sharon?» Veronica lo guardò rendendosi conto di come aveva appellato Sharon. Un conto era pensarlo, un altro era dirlo davanti a lui!
«Zoccola.» rispose con aria di sfida. Ormai la frittata era fatta, sarebbe stato inutile mentire. «Non chiamarla più così.» disse Sam alzandosi e avvicinandosi alla ragazza, sovrastandola di circa trenta centimetri.
«Io la chiamo come voglio!» urlò Ronnie.
«Lei non è una zoccola e tu non hai il diritto di chiamarla in questo modo.» Sam, fermo in mezzo al salotto osservò la sua migliore amica. Veronica spostò lo sguardo vero la finestra e fece un sospiro.
«Tu le vai dire che io ti ho implorato e io la chiamo zoccola. E non solo questo, le hai detto anche altre cose. Cose che sapevate solo tu e James.» Ronnie si fermò e posò il piccolo bauletto sul tavolino. «Dai, Sam, guardati. Sei diventato il suo zerbino. Le ti chiama e tu accorri qualsiasi cosa tu stia facendo.» Veronica fece un mezzo sorriso, «Ma tu non te ne rendi conto.» aggiunse.
«Non sono il suo zerbino! Non puoi pensarla così. Credevo ti fosse simpatica.» borbottò Sam.
Veronica rise. «Lei simpatica? Certo, come un'ape su per il culo.»
«Non ti capisco più Ronnie. Sei cambiata.» esclamò Sam.
«Sei tu che sei cambiato.»
«Dai te la stai prendendo solo perché ho raccontato a Sharon che anche se mi conoscevi appena, mi hai invitato al tuo sesto compleanno! E per altre sciocchezze.» ammise Sam.
«Allora lo ammetti! Hai raccontato i fatti nostri a quella stronza di Sharon! Volevi prendermi in giro!» urlò Veronica. Poi aprì il bauletto e con violenza estrasse quello che c'era dentro.
«E allora riprenditi il tuo stupido regalo! » continuò, sempre urlando, mentre lanciava il coniglietto Ronnie contro l'amico.
Sam sospirò cercando di mantenersi calmo.
«Se la pensi così, allora non abbiamo più nulla da dirci.» disse raccogliendo il pupazzo. «Non voglio avere un'amica che offende la donna che amo.» continuò.
Veronica lo osservò sorpresa, era la prima volta che sentiva quelle parole uscire dalla bocca del suo amico.
«Però vuoi una donna che ha offeso e che continua ad offendere la tua migliore amica.» mormorò avviandosi alla porta.
Sam getto il coniglietto sul divano e seguì l'amica.
«Lei non ti ha mai offeso.» esclamò il giovane.
«Sì. Sì che l’ha fatto. Più e più volte. E tu non le hai mai detto nulla. Ha offeso anche James e Kristin. Le ha dato della stupida cretina solo perché si fida di me e James.» Veronica sospirò e fisso il porta ombrelli vicino alla porta.
«Ronnie piantala di fare la vittima.» Sam si passò una mano sul viso. «Non ti ricordi come ti comportavi all’inizio della tua storia con Trent? “Trent di qui, Trent di lì” parlavi sempre di lui.»
Veronica aprì la bocca. «Lo so, mi ricordo. Però lui abita a duecento e passa chilometri da qui. Sharon la puoi vedere tutti i giorni. Mi avevi fatto una promessa e non l’hai mantenuta. Lo hai fatto troppe volte ultimamente.» le ultime parole furono poco più di un sussurro.
«E basta con questa storia. Lo sai come la pensa. Lo sai che lei non si fida e non vuole che esca con te, anche se c’è James.» Sam fissò duramente la ragazza.
«È la prima volta che ti comporti in questo modo.» gridò lei.
«Perché forse ho capito chi sei! Guarda che lo so che l’altra sera in discoteca ti avvinghiata a quel tipo! Neppure tu ti sei mai comportata in questo modo.» urlò Sam.
Ronnie si passò una mano sul volto rigato dalle lacrime. «Tu non sai nulla! Nulla! Ti sei mai chiesto perché io e Trent abbiamo rotto? Te lo sei mai chiesto?»
Sam scrollò le spalle..
Veronica scosse la testa. «L’amore per quella zoccola ti ha rincitrullito a tal punto che non vedi neppure le cose!»
«Perché sei una zoccola. Sharon ha ragione, non ci si può fidare di te.» disse Sam con cattiveria.
«Co… Cosa? Tu pensi questo di me?» la voce di Veronica era rotta delle lacrima. Sam annuì
«Sì, ora lo penso sul serio.»
Ronnie si avvicinò a lui e prima che Sam potesse dire o fare qualcosa, lei gli diede uno schiaffo. «Sei uno stronzo. Ti auguro di essere felice con quella stronza puttana della tua donna.»
«Vattene Veronica. Sparisci dalla mia vita.» disse Sam massaggiandosi la guancia dolorante Veronica annuì debolmente ed uscì da quella casa.

Sam passò l'indice sinistro sul muso del coniglietto seguendone i contorni. Si sentì uno stupido per aver dato ascolto a Sharon. Improvvisamente si rese conto che Ronnie aveva ragione. Sharon lo aveva allontanato dalla famiglia, dagli amici, da James e Kristin. Ma in particolare da lei. Da Veronica. L’aveva offesa, insultata, aveva lasciato che lo facesse Sharon. Le aveva fatto delle promesse e non le aveva mantenute. E tutto per uno stupidissimo motivo.
Avvicinò al viso il coniglietto e respirò il profumo dolce e fruttato che l'animale di pezza emanava. Il suo profumo. Quello di Ronnie. Un singhiozzo sfuggì dalle labbra di Sam mentre si raggomitolava sul letto. Tenendo vicino al viso quell'unica cosa che ora lo legava a Ronnie scoppiò a piangere.

James se ne stava seduto sul divano del suo appartamento a bere birra, mentre la tv trasmetteva l'edizione serale del telegiornale locale. Naturalmente l'incidente accaduto a Ronnie ero lo scoop del giorno.
«Sciacalli.» borbottò mentre la giornalista riprendeva una vecchietta dai capelli grigi che piangendo raccontava “di quanto fosse dolce ed educata la piccola Veronica, che l'aiutava spesso a portare le borse della spesa”.
«Stai zitta brutta vecchia! Tu neanche la conosci! Ronnie ti sputerebbe in un occhio!» sbraitò il ragazzo agitando la bottiglia.
«Non credo che l'avrebbe fatto.» disse Kristin facendo spaventare James.
«Beh, magari hai ragione. Però Ronnie non aiuta le vecchie rimbambite a portare la spesa.» pronunciò lui mentre Kristin rannicchiava contro il suo petto.
«L'abbiamo mai ringraziata?» chiese lei guardando le immagini che scorrevano sullo schermo ma senza vederle realmente.
«Per cosa?» domandò James confuso.
«Per averci fatto conoscere.» rispose lei.

«Eccola, è lì! Non è bellissima?.» esclamò eccitato James. Nonostante avesse ventisette anni, cioè uno in più di Sam e quattro in più di Ronnie, alcune volte si comportava come un'adolescente alla prima cotta.
«Cavolo James, vai da lei e presentati!» sbuffò Sam girando il cucchiaio nella sua granita all'anice. Era la festa del paese e le strade del centro erano piene di bancarelle.
«Ma come faccio! Lei è cosi bella... Non mi vorrà mai.» replicò sconsolato l'amico.
«Se non vai da lei non lo saprai mai.» esclamò Ronnie arrivando con una coppe di gelato ricoperto da soffice panna montata.
Erano giorni che James vedeva in giro quella ragazza: alta, fisico longilineo, pelle ambrata e lunghi capelli neri. Ed erano giorni che non faceva che parlare di lei.
«Ma se poi lei mi ride in faccia? E se pensasse che sia uno stupido? E se…» borbottò James. Ronnie finì di mangiare la panna infilzò il cucchiaino nel gelato al pompelmo rosa.
«Ma se poi ti cade in testa un meteorite? E se si apre una voragine sotto ai piedi? Cosa sono tutte queste domande? Vai e buttati!» esclamò allegramente la giovane, mentre Sam annuiva alle parole dell'amica.
«Ma io... Oh, uffa.» sbuffò James. E sbuffò anche Ronnie che diede la sua coppetta a Sam e si diresse verso l'oggetto dei sogni di James, che poco più in là parlava con delle amiche,
«Cosa fai? No, aspetta!» disse James cercando di fermare l'amica. «No, non lo starà facendo sul serio? Dio, che vergogna.» continuò borbottando.
Intanto Ronnie era arrivata davanti alla ragazza.
«Ciao, io sono Ronnie. Scusa se ti disturbo, ma vedi... ecco il mio amico, quello che si vergogna come un ladro,» disse voltandosi leggermente e indicando James che si copriva il viso con le mani, «ecco, ha lui piaci un casino, ma è una testa di cazzo e non verrebbe mai qui ha presentarsi.» Ronnie si fermò.
«Io sono Kristin.» disse l'altra sorpresa dal fiume di parole di Ronnie.
«Piacere. Quindi volevo chiederti... vai da lui a dirgli qualcosa? Anche un solo ciao andrebbe bene. Così magari smette di parlarci continuamente di te.» disse Ronnie sorridendo. Anche Kristin sorrise. Insieme si diressero verso Sam e James.

«No, non l'ho mai ringraziata.» esclamò James.

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


A Time In Your Life
Capitolo Due

Frank si girò nel letto, e guardò la sveglia dai numeri fosforescenti. Erano le tre di domenica mattina. Mettendosi a sedere, l'uomo si sorprese nel constatare che erano appena passate dodici ore da quando Ronnie aveva avuto l'incidente.
Lentamente si alzò e uscì dalla stanza per dirigersi verso il bagno per bere un goccio d'acqua.
Passò nel corridoio color crema, sulle cui pareti erano appese diverse fotografie. Frank si fermò in particolare davanti ad una, scattata il giorno del suo matrimonio con Sarah, la sua seconda moglie.

La sala dell'Hilton era decorata nei toni del giallo e del bianco. Giallo e bianco come le giunchiglie e le calle che decoravano i centro tavola e i bouquet della sposa.
«Mi fanno male i piedi!» si lamentò Ronnie mentre ballava con Sam.
«Le hai scelte tu quelle scarpe!» rise lui. Ronnie piegò le labbra coperte da un gloss rosa in un broncio che fece scoppiare a ridere il ragazzo.
«Le ho prese perché sono dello stesso colore del vestito» esclamò la ragazza dopo alcuni secondi di silenzio. Le scarpe con il tacco alto era di colore azzurro come il vestito, che le lasciava le spalle scoperte e arrivava a sfiorarle le ginocchia.
«Potevi immaginarlo che ti avrebbero fatto male i piedi...» mormorò il ragazzo posando un bacio fra i capelli neri della ragazza.
«Ma James ha deciso di non alzarsi dalla sedia?» chiese Ronnie lanciando un'occhiata al suo amico seduto al tavolo che parlava con lo zio di Sam.
«Lo sai che non sa ballare.» le fece notare Sam. Ronnie scrollò leggermente le spalle. «Il sorbetto alla mela verde!» esclamò allegramente Ronnie alla vista di un cameriere. I due ragazzi ritornarono al tavolo dove erano seduti insieme a James.
«Potresti ballare, o almeno provarci.» disse Ronnie.
James fece segno di diniego con la testa. «Lo sai che io non ballo.»
Ronnie alzò gli occhi al cielo. «Sei sempre il solito»
«Non vorrai mica mettere radici.» esclamò Frank arrivando al tavolo con Sarah.
«Io non ballo. Non so ballare e non imparerò mai.» mugugnò James diventando rosso in volto e facendo scoppiare a ridere tutti i presenti al tavolo.

Verso la fine del ricevimento Frank volle fare una foto con le sue "tre pesti". Veronica, James e Sam. I quattro si sistemarono sotto l'arco di rose bianche che decorava l'ingresso della sala. Frank dietro, davanti a lui Sam, Ronnie e James.

Sam venne svegliato dal suono del telefono. «Chi era?» domandò dopo uno sbadiglio.
«Cindy e Mark. Sono arrivati all'aeroporto, mi cambio e vado a prenderli.» rispose Frank salendole scale per andare in camera.
«Aspettami che vengo anche io.» esclamò Sam. Frank si limitò ad annuire prima di chiudere la porta della sua camera alle spalle.

Dopo quasi tre ore, Sam, Frank e i coniugi Clapton arrivarono in ospedale. Il ragazzo provò un po' d'invidia nel vedere che hai genitori di Ronnie era permesso di vedere la figlia.
«Io vado a bermi un caffè e ad avvertire James.» pronunciò Sam alzandosi dalla sedia.

«È una cosa straziante...» mormorò Sam al telefono con James.
«Sarebbe la seconda volta... Non voglio neanche pensarci.» disse l'altro. Sam si avvicinò all'angolo dove erano stati posizionati i distributori di bibite e caffè. Infilò le monetine nella fessura e posò il dito sul bottone del caffè lungo, ma all'ultimo momento schiacciò il tasto per prendere il mocaccino al ginseng, il preferito di Ronnie.
«Dovevi vedere Cindy... ancora un po' e si sdraiava nel letto con Ronnie.» esclamò Sam, «Ma com'è dolce!» continuò assaggiando il mocaccino.
«Cosa?» chiese James.
«Il mocaccino al ginseng. L'ho voluto assaggiare me è troppo dolce per i miei gusti.» rispose l'altro. «Non so come faccia a berlo lei.» Sam sospirò.
«Le piace.» disse James.
«Ho mollato Sharon ieri sera. E ho litigato con mia madre.»
«Cosa?» esclamò sorpreso James.
Sam sospirò e si appoggiò al muro. «Sì, è così. Non so neppure io perché l'ho fatto.» Sam sospirò ancora. “O forse lo so perché l'ho fatto, ma non voglio ammetterlo” pensò.
«Eri sconvolto. Mi sembra abbastanza normale.» disse James. «Dai, appena Kristin si sveglia veniamo lì.» continuò prima di salutare l'amico.

Era un pomeriggio di marzo di sei anni prima. Frank era vicino alla finestra di casa sua e stava guardando di fuori.
«Sta arrivando Ronnie.» esclamò vedendo la ragazza correre verso casa sua. Sam pigiò il pulsante del citofono per aprire il cancelletto e aprì la porta di casa. Immediatamente si accorse che Ronnie era sconvolta. La ragazza si appoggiò al cancelletto e quando si accorse che era aperto entrò correndo.
«Ronnie...» mormorò Sam. Veronica inciampò nei su stessi piedi e cadde per terra. Sam immediatamente accorse in suo aiuto.
«Ronnie, cosa succede?» domandò preoccupato aiutandola ad alzarsi.
«Nick...» mormorò Ronnie piangendo disperatamente mentre Sam la conduceva in casa.
«Nick cosa?» chiese sempre più preoccupato Sam. Frank si avvicinò ai due e aiutò il figlio a far sedere la ragazza sul divano. In quel momento suonò il telefono e l'uomo rispose mentre Sam cercava di capire cosa stesse succedendo.
«Pronto?» disse Frank.
«Ronnie è lì?» domandò James.
«Sì, è qui. Ma cosa sta succedendo? Io e Sam ci stiamo preoccupando. Ronnie continua a piangere e a mormorare il nome di Nick.» rispose Frank.
James sospirò. «Nick... lui ha avuto un incidete. È venuta la polizia a dire che...»
«Cosa? A dire cosa?» lo incalzò Frank, temendo quello che il ragazzo stava per dirgli.
«Nick ha avuto un incidente ed è... morto.» James sussurrò l'ultima parola e si lasciò sfuggire un singhiozzo dalle labbra.
«Oh, cazzo, no.» imprecò Frank. «Lo dici tu a Cindy e Mark che Ronnie è qui?» continuò.
«Sì, sì. Mamma e papà li stanno accompagnando in... obitorio.» rispose James.
«Sam, vieni in cucina un momento.» esclamò Frank passandosi una mano sul volto.
Sam si alzò controvoglia, ma voleva capire cosa stesse succedendo.
«Cosa succede?» domandò il ragazzo.
«Era James. Nick ha avuto un incidente.» pronunciò Frank a bassa voce per non farsi sentire dalla ragazza.
«E?» disse Sam che non capiva più nulla.
«E è morto.» il tono con cui Frank pronunciò quelle parole spaventò Sam.
«Non è... non è possibile!» esclamò Sam ritornando da Ronnie che piangeva ancora.

Alla fine Ronnie rimase a dormire a casa di Frank. Sam la sistemò nel suo letto, le tolse le scarpe e la coprì con il piumone blu scuro. Le accarezzò i capelli e si sdraiò accanto a lei abbracciandola da dietro. Le baciò la nuca e respirò il profumo dolce e fruttato che essi emanavano.

Il funerale fu una strazio per tutti quanti. Al cimitero James e Sam guardarono Ronnie e i suoi genitori stringere mani e mormorare “grazie” ad ogni persona che faceva loro le condoglianze. I due ragazzi avrebbero voluto portare via Ronnie da lì.

«Indovina?» chiese James entrando in camera da letto.
«Si è svegliata?» domandò Kristin alzandosi dal letto.
«No. Ma Sam a mollato Sharon.» rispose James con un sorriso.
«Sul serio?» ridacchiò la ragazza. James annuì.
«Perfetto. Io vado a farmi un doccia e poi andiamo, va bene?» pronunciò Kristin dopo aver dato un bacio sulla labbra a James.

Era una domenica di gennaio, sei mesi prima dell'incidente. James, Kristin e Ronnie erano seduti ad un tavolino del bar in cui si riunivano di solito.

«È sempre in ritardo. Non capisco come diavolo ci riesce.» sbottò Ronnie riferendosi Sam.
«Lo sai com'è fatto.» esclamò James. Ronnie scrollò le spalle e giocherellò con il bracciale che portava al polso sinistro.
«E così Trent arriva il prossimo week end.» disse Kristin.
Ronnie annuì. «Già. Questa volta è stato incastrato in un pranzo di famiglia.» pronunciò. Trent era il suo ragazzo da quasi un anno e viveva a circa duecentocinquanta chilometri da Ronnie.
«Finalmente è arrivato!» esclamò James. Le due ragazze si voltarono verso la porta del locale e rimasero sorprese quando videro che era in compagnia di una ragazza. Non rimasero sorprese di vedere che era con una ragazza, ma per il modo in cui questa era vestita. L'amica di Sam indossava una giacca corta e stretta rossa con i bordi viola e oro, sotto si intravedeva un top fatto con una stoffa semitrasparente verde, una gonna gialla, calze rosse e arancioni e stivali neri.
«Lei è Sharon.» la presentò Sam. Anche gli altri si presentarono.
«Cosa prendete?» domandò la cameriera di nome Rose.
«Io una cioccolata al peperoncino.» James ordinò la sua cioccolata preferita.
«Io prendo una cioccolata bianca con panna montata e una spruzzata di cannella.» Kristin posò il menù sul tavolino.
«Io prendo... Sono indecisa, uffa.» borbottò Ronnie.
«Fai pure con calma.» le disse Sara.
Ronnie arricciò le labbra. «Ho deciso. Prendo una cioccolata al cocco con panna montata, cioccolato fuso e cannella.»
Sharon fece una smorfia disgustata.
«Io prendo una cioccola-»
«Ma no, Pucci! Non prendere una cioccolata! È una bomba calorica! Noi prendiamo due caffè lunghi, senza zucchero.» Sharon interruppe Sam, Sara annotò le ordinazioni e si allontanò.
«Pucci? Sam, ti fai chiamare Pucci?» chiese sorpresa Ronnie, dato che il suo amico odiava quel genere di nomignoli.
Sharon fece una smorfia, «Tu cosa vuoi? Io lo chiamo come voglio!» esclamò stringendosi al braccio di Sam.

«Ma l'avete vista? Ma si è fatta vestire al buio da una scimmia ubriaca?» rise Ronnie mentre con James e Kristin si dirigeva verso la fermata del bus che conduceva al centro commerciale. «Ah ah ah.» disse James.
«Mi chiedo cosa abbia trovato Sam in lei. Mi sembra che le piaccia comandare a bacchetta.
“Pucci fai questo, Pucci, fai quest’altro, Pucci non mangiare la cioccolata.” Speriamo che Sam non si faccia mettere i piedi in testa.» esclamò Kristin.
James tirò fuori i biglietti del bus e ne porse uno a Kristin e l’altro a Ronnie. «Non penso. Sam non si fa mettere i piedi in testa da nessuno.» disse mentre l’autobus si fermava davanti a loro.

Erano trascorse un paio di settimane da quella domenica ed era un mercoledì pomeriggio e il grande orologio del campanile segnava le sei e venti. James e Ronnie stavano passeggiando per il centro, quando incontrano Sam e Sharon.
«Ciao Sam! Stasera ci sei?» domandò Ronnie baciando le guance del ragazzo.
«Cosa?» domandò Sam sorpreso. Ronnie sospirò e sistemò meglio il capellino di lana rossa che le copriva la testa.
«La serata pizza, dvd e birra.» rispose James. Sam fece una smorfia mentre Sharon si aggrappava ancora più forte al suo braccio.
«L’avevo dimenticato.» rispose. Sharon guardò il ragazzo acconto a sé e poi gli altri due. «Che roba infantile è?» esclamò acidamente.
James sbuffò e infilò le mani in tasca. «Sono anni che facciamo questa cosa al mercoledì sera. E non è infantile.»
Sharon lo guardò con un misto di disgusto e noia. «Per me è infantile. E anche per il mio Pucci lo è.» disse dopo un secondo di silenzio accarezzando il viso del ragazzo.
Ronnie inarcò un sopracciglio e fissò Sam. «Allora, Pucci lo trovi infantile?» domandò quasi ironicamente.
Sam fissò la sua amica e poi Sharon sentendosi tra due fuochi. «Ehm… ecco… io… » balbettò mentre Sharon gli strinse più forte il braccio. «Non vengo. Sono impegnato, ora.» disse infine.
«Pure noi due, ma non abbiamo mai saltato una serata.» replicò James guardando duramente l’amico.
«Non m’interessa cosa fate voi, lui non viene.» disse Sharon.
«Ah, va bene. James, andiamo in videoteca.» esclamò Ronnie allontanandosi e afferrando la manica della giacca di James.

Era una sera di metà febbraio e Ronnie era appena scesa dal treno. La ragazza guardò l’orologio appeso sopra il tabellone dove erano indicati gli orari dei treni.
«Perfetto, Sam dovrebbe essere già qui.» mormorò incamminandosi verso l’uscita. Appena fuori dalla stazione deserta, Ronnie prese il cellulare dalla borsa e guardò un’altra volta l’ora. L’orologio digitale del telefono segnava 23:45. La ragazza si guardò attorno. La visibilità non era buona, in parte dovuta alla nebbia, e in parte causata dai pochi lampioni.
Ronnie iniziò a chiamare Sam una, due, tre volte senza mai ricevere risposta. La ragazza sbuffò e si spostò accanto alla panchina.
Ronnie provò ancora a chiamare ottenendo sempre lo stesso risultato. Solo verso mezzanotte e un quarto Sam le rispose.
«Sam! Dove cavolo sei? Ti sei dimenticato che dovevi venire a prendermi?» sbottò Ronnie. «Cosa? Cosa mi sarei dimenticato?» fece Sam.
Ronnie alzò gli occhi al cielo e si sedette. «Sono tornata da Jen. E tu mi avevi promesso che mi saresti venuto a prendere!» esclamò Ronnie irritata.
«Me ne sono dimenticato.» ammise Sam.
«Fra quanto sei qui?» mormorò Ronnie.
«Ah. Non posso venire. Prendi un taxi.» rispose Sam.
Ronnie spalancò la bocca sorpresa. «Cosa? Ma Sam…»
«È quella rompicoglioni della tua amica?» sentì dire Ronnie da Sharon.
«Sì» rispose Sam e chiuse la chiamata prima che Ronnie potesse dire qualcosa. La ragazza fissò il telefono sorpresa e una lacrima le rotolò lungo la guancia. Sam non si era mai comportato così con lei. Ronnie si asciugò le lacrime e chiamò James che rispose dopo un paio di squilli.
«Mi vieni a prendere?» mormorò lei. «Sono in stazione.»
«Va bene, ma non doveva venire Sam?» disse James.
Ronnie tirò su con il naso. «Si è dimentica e non può venire perché è con Sharon. E mi ha detto di prendere un taxi.» rispose Ronnie.
«Ho capito. Cinque minuti e sono lì.» disse James.
«Domani ci parlo io con lui. Non può comportarsi in questo modo.» esclamò James porgendo un casco nero a Ronnie.
«Lascia stare. È tutto preso da Sharon.» mormorò lei allacciandosi il casco salendo sulla moto dell’amico.
«Sarà, però io due chiacchere ce le farei ugualmente.» disse lui prima di partire in direzione della casa di Ronnie.

«Ma Sam non viene?» domandò Kristin girando il cucchiaino nel cappuccino.
James scosse la testa. «No, non credo. Cioè non lo so.»
«Non credo. Ormai è tutto preso da quella.» disse Ronnie guardando fuori dalla finestra.
«Vi sbagliate. Stanno arrivando.» esclamò Kristin.
James e Ronnie si voltarono e videro Sam e Sharon che si avvicinavano.
«Qual buon vento vi porta qui?» domandò sarcasticamente James mentre la coppia si sedeva al loro tavolo.
«Stiamo qui solo perché tutti i tavoli sono occupati.» rispose Sharon.
Ronnie sospirò e posò la testa sul tavolo. «Non ce la posso fare.» mormorò.
«A fare cosa?» domandò curiosamente Sam, non notando l’occhiataccia di Sharon.
Ronnie alzò leggermente il viso e lo guardò. «Sabato verranno tutti i parenti a casa.» rispose
accennando un sorriso.
«Non hai il senso della famiglia.» borbottò Sharon.
«Perché vengono?» chiese Sam.
Ronnie alzò completamente la testa e fissò l’amico sgomenta. «Come, non te l’ho ricordi?» chiese sorpresa. Sam scosse la testa. «È l’anniversario di Nick.» continuò piano la ragazza.
Sam aprì la bocca sorpreso. Lo aveva dimenticato. Si diede mentalmente dello stupido e sfiorò la mano dell’amica, mentre Sharon sbuffava sonoramente. «Scusami, lo avevo scordato.»
Ronnie sorrise. «Cosa facciamo? Io non ho voglia di stare in casa con quelli là. Non capisco perché mia madre non li abbia ancora mandati a cagare.» esclamò.
«Io passo, sabato ho un doppio turno.» disse Kristin, «Però James deve andare a fare la spesa, potete farvi un giro al centro commerciale.» aggiunse.
«Per me va bene.» pronunciò Ronnie.
Kristin sorrise. «Perfetto. Così, magari James non si dimenticherà nulla anche se ha la lista in mano.»
«Già. Gli uomini si dimenticano sempre le cose.» confermò Ronnie guardando Sam che abbassò lo sguardo sentendosi colpevole. Ultimamente aveva dimenticato troppe cose.
«Io non dimentico le cose da prendere! È che, semplicemente, ogni tanto sono convinto di averle prese ma non è così.» sbottò James facendo il finto offeso. Kristin e Ronnie ridacchiarono divertite.
«Vieni Sam?» domandò Ronnie.
«Ma chi è Nick e che anniversario è?» chiese Sharon.
James sbuffò e fissò la ragazza dell’amico. «Nick è il fratello di Ronnie. Sabato è l’anniversario della sua morte.»
Sharon aprì la bocca per chiuderla subito. «Capisco. Però il mio Pucci non viene. E Kristin, lasciatelo dire. Se li mandi in giro da soli quei due, sei proprio scema. Come cazzo fai a fidarti proprio non lo so.»
Kristin inarcò le sopracciglia. «Io mi fido. Ci ha presentato lei.»
Ronnie sospirò. «Allora Sam, vieni o no?» chiese.
«Io… credo…»
«No Pucci. Tu non ci vai. Io non ti mando in giro con quella zoccola!» sbottò Sharon facendo voltare alcuni avventori del locale.
Ronnie fissò Sam. «Sam? Mi vuoi rispondere tu? O Sharon decide della tua vita?» sbottò Ronnie. «La tua bella mi ha offeso, se non te ne sei accorto.»
Sam deglutì a vuoto. «Io… io..» borbottò, poi guardò Ronnie e poi Sharon. «Non vengo.» disse dopo un sospiro.

Un paio di giorni dopo, Sam entrò nel negozio di casalinghi dove lavorava Ronnie.
«Ciao. Volevo scusarmi per come si è comportata Sharon.» esclamò appena furono soli.
«Ah. Grazie. Ma dovrebbe essere lei a scusarsi per avermi chiamato zoccola» disse Ronnie sistemando alcune cornici in argento. «Sabato verrai?» aggiunse quasi sussurrando.
«No.» rispose Sam guardando le calamite da frigo. «Non voglio litigare con Sharon.»
Ronnie si voltò e s’impose di calmarsi altrimenti avrebbe rischiato di tirare in testa a Sam una cornice. «Sarebbe la prima volta.» mormorò. Sam le si avvicinò e le posò una mano sulla spalle, ma Ronnie si allontanò.
«Ronnie, ascoltami. Non potremmo passarlo sempre insieme» replicò il ragazzo. «E poi, scusami. Ma Trent non dice nulla?»
Ronnie si bloccò con una piccola cornice in argento decorata da fiorellini in mano. «Trent? Trent? Si vede che ultimamente t’interessi della mia vita.»
Sam la guardò sorpreso. «Vuoi dire che tu e lui avete rotto?» domandò sbigottito. Ronnie annuì. «E quando?» aggiunse.
«Sono due settimane che ci siamo lasciati.» rispose lei.
«E perché non me l’hai detto?» chiese Sam avvicinandosi ancora a Ronnie.
«Perché? E hai pure il coraggio di domandarmelo!» esclamò lei avvicinandosi alla cassa. «Non rispondi ai messaggi, non rispondi alle chiamate, e quando lo fai rispondi sempre scazzato.
Sharon viene prima di ogni cosa, anche dei tuoi migliori amici.» Ronnie si fermò.
«È la mia ragazza.» disse Sam.
«È quella che mi ha offeso, ha offeso Kristin e James, Sharon è quella che ti sta condizionando.» replicò Ronnie. «Ed ora, vai via. Sto lavorando se non te ne fossi accorto.»
Sam si avvicinò un’altra volta a Veronica e l’abbracciò. «Scusami.» mormorò per poi chinarsi e baciare la ragazza sulla guancia sinistra. «Lo sai che ti voglio tento bene vero? Non voglio perderti.» continuò sempre mormorando. Ronnie rimase sorpresa da quella dichiarazione, era da prima di Natale che Sam non le diceva che le voleva bene. La ragazza si strinse a lui e sospirò lentamente.
«Lo so. Anche io ti voglio bene.» disse la ragazza facendo un passo indietro. In quel momento entrò una cliente nel negozio. Sam accarezzò la guancia della ragazza e si avvicinò alla porta.
«Ci sarò sabato. Te lo prometto.» esclamò con un sorriso prima di uscire dal locale.

«Sbaglio o ti sei dimenticato qualcosa?» esclamò Ronnie vedendo Sam e Sharon camminare nel centro commerciale.
«Ma cosa?» chiese sorpreso lui, voltandosi e vedendo Ronnie e James.
«Te ne sei dimenticato.» constatò James, «Vieni Ronnie, andiamo che la spesa non si fa da sola.»
«Scusami… io..» balbettò Sam.
«Ma lo vuoi capire che devi stare lontana dal mio Pucci?» sbottò Sharon guardando con odio Ronnie.
«Stai zitta, non sei stata interpellata.» disse con cattiveria Ronnie.
«Ronnie piantala. Mi sono dimenticato di avvertirti. Scusami.» pronunciò Sam.
«Me l’avevi promesso. Mi stai deludendo sempre di più» mormorò prima di allontanarsi.
«Pucci? Andiamo?» disse Sharon. Sam scrollò le spalle e seguì Sharon nei suoi giri di shopping.
Stava deludendo Ronnie. E ciò lo faceva star male. “Se solo trovassi il coraggio…” pensò.

James abbracciò Cindy appena arrivò in ospedale. «Mi dispiace.» mormorò.
«Grazie di essere qui.» sussurrò la donna. James si sedette accanto a Sam.
«Come stai?» mormorò.
Sam scosse le spalle. «Secondo te? Continuo a sentirmi in colpa. È colpa mia»
James posò una mano sulla spalla dall’amico. «Piantala con questa storia.» disse a bassa voce.
«Non ci riesco. È più forte di me.» Sam si alzò e si avvicinò alla finestra che dava sul parcheggio posteriore dell’ospedale. «Lo so che è colpa mia.» sussurrò appoggiando la fronte al vetro.
«Sam, smettila. Sul serio. Non ti fa bene colpevolizzarti in questo modo.» James si avvicinò all’amico.
«No. Ci sono cose che tu non sai.» mormorò Sam chiudendo gli occhi.
«E allora dimmele.»
«Non capiresti.» disse Sam aprendo gli occhi e osservando il suo riflesso sul vetro.
«Cosa ne sai? Magari potrei capirti.»
Sam si voltò verso James. «No. Non ci riusciresti» il ragazzo sospirò. «Ho sbagliato tutto. È colpa mia.» disse prima di tornare a sedersi sulla sedi grigia in plastica.
«Se volete potete entrare a vederla.» esclamò Cindy.
«Vai Sam. Entra prima te.» disse James.
Sam scosse la testa. «No, entra prima te. Io… non… entra te.»
James lo guardò e scosse la testa. «Come vuoi.» disse prima di entrare nella stanza di Ronnie. Lentamente aprì la porta. La stanza aveva le pareti bianche e una grande finestra sulla parete di fronte. Le veneziane erano socchiuse. James si avvicinò al letto su cui era sistemata Ronnie. James si passò una mono sul volto e si lasciò cadere sull’unica sedia presente nella camera. Guardò per un’istante i fili e i tubicini che partendo dal corpo dell’amica, finivano in vari macchinari. Il ragazzo si alzò e si avvicinò al letto. Sfiorò la mano di Ronnie e le baciò la fronte.
Si passò una mano sugli occhi per asciugare le lacrime ed uscì, troppo scosso per rimanere ancora lì.
«Sam, vai.» mormorò rivolgendosi all’amico, che seduto si teneva la testa fra le mani.
Sam aprì la bocca e la richiuse subito, poi si alzò e lentamente si avviò verso la camera.
Appena entrato, rimase fermo sulla soglia. Sospirò e a piccoli passi si avvicinò al letto.
Il ragazzo continuava a pensare che fosse tutta colpa sua.
“Se le avessi detto… Se fossi stato meno stupido… Ora non saresti qui” pensò mentre le sfiorava con due dita la fronte, per poi fermarsi sui capelli.
Il torace della ragazza si alzava e abbassava seguendo il ritmo lento e regolare dei suoi respiri.
Sam sfiorò la mano di Ronnie e intrecciò le sue dita con quelle di lei domandandosi se avrebbe avuto l’opportunità di chiederle scusa per come si era comportato. Si chinò e le sfiorò la fronte con un bacio. Poi scese fino l’orecchio e le sussurrò qualcosa. Di scatto Sam si alzò. Spaventato da quello che aveva appena detto a Ronnie indietreggiò fino alla porta e uscì quasi correndo.
«Sam! Sam!» lo chiamò James quando lo vide allontanarsi lungo il corridoio correndo.
«Dove stai andando?» esclamò quando lo raggiuse all’inizio delle scale.
«Cosa ti è preso?» James costrinse Sam a guardarlo, rimanendo quasi sconvolto quando vide il viso dell’amico distrutto dalle lacrime.
Sam tirò su con il naso. «Io… io… sono innamorato James. Sono innamorato.» mormorò.
«Di chi? Di Sharon?» domandò James confuso.
Sam scosse la testa per poi chinarla. «No, non di lei.»
«E allora di chi?»
Sam alzò il viso e fissò James. «Di Ronnie! Io amo Ronnie da… da sempre!» urlò prima di correre giù dalle scale. James rimase lì impalato sconvolto dalla confessione dell’amico non sapendo cosa fare.
«Sam, aspettami!» esclamò quando lo raggiunse al piano interrato.
«Perché non l’hai mai detto a Ronnie? E perché ti sei messo con Sharon?»
Sam non rispose e si appoggiò al muro accanto alla finestre e lentamente scivolò fino a sedersi sul pavimento.
«Non potevo dirglielo, lei stava con Trent.» mormorò mentre James si sedeva accanto a lui.
«Sam… potevi confidarti con me.»
Sam scosse la testa. «Io… non potevo dirtelo. Non…potevo. È stato duro per me da digerire… e…» Sam si fermò e si asciugò le lacrime con il dorso della mano.
«Però Sam…»
«Mi sono messo con Sharon quando Ronnie mi aveva detto che lei e Trent stavano parlando di matrimonio. In quel momento mi è caduto il mondo addosso. Ho avuto paura di perderla per sempre.» Sam si alzò e si diresse verso il distributore di bibite e acqua.
«Avresti potuto parlarmene! Sam lo sai che ogni tanto sei veramente stupido e infantile?» sbottò James avvicinandosi al distributore del caffè. «Tutta questa storia ti rende ancora più stupido.» continuò infilando le monete nella fessura.
«E cosa dovevo dirti, secondo te? “Ehi, James ascolta. Sai che sono innamorato di Ronnie ma lei ama Trent? Io per lei sono solo uno dei suoi migliori amici! Per questo mi metto con la prima che capita, così magari la dimentico.”» Sam aprì la bottiglietta d’acqua e bevve un lungo sorso. «Non posso dirglielo. Lei mi odia.»
«No, non ti odia.» James finì di bere il caffè e buttò il bicchierino nel cestino lì accanto.
«Invece sì.» disse Sam prima di allontanarsi.
«James, ascoltami» esclamò Sam fermandosi a metà del corridoio. Lentamente voltò il viso. «Non devi dirlo a nessuno, chiaro? Non farne parola con Kristin e soprattutto con Ronnie.»
James annuì debolmente. «Se è questo quello che vuoi.»
«Sì, voglio questo.»

Mancavano una decina di giorni a Natale. Sam e Ronnie erano nella cucina del padre di lui e stavano incartando il regalo, una macchina del pane, per James e Kristin.
Sam afferrò il fiocco blu e argento e tolse la sottile pellicola che proteggeva il piccolo pezzo di nastro biadesivo.
«Ma i regali li aprono da soli o con i genitori di Kristin?» domandò Ronnie finendo di chiudere il pacco con il nastro adesivo.
«Non lo so. Perché?»
Ronnie alzò gli occhi al cielo. «E mi chiedi pure il perché? Se non ti ricordi, nella scatola abbiamo infilato un dvd porno e delle manette con il pelo!» gli fece notare. «Per questo ti ho chiesto se i regali li aprono quando sono soli oppure no.» continuò.
Sam scrollò le spalle e sistemò il fiocco al centro del pacco. «È una cosa divertente! Se ci saranno anche loro capiranno.» esclamò.
Ronnie posò le mani sui fianchi e scosse la testa. «Se lo dici tu…»; Sam buttò i pazzi di carta nel cestino e sorrise.
«Se si arrabbiano mi prendo la colpa. Contenta?» disse avvicinandosi a lei e abbracciandola.
«Mmm… direi che va benissimo.» rispose lei appoggiando la testa sul torace di Sam e respirando il profumo di lui.
«Lo sai che ti voglio troppo bene e non vorrei mai vederti star male.» sussurrò Sam baciandole la nuca.
«Lo so. Anche io ti voglio bene.» disse lei scostandosi appena e alzando la testa per guardare il ragazzo negli occhi.
Sam sorrise. «Andiamo a prenderci una cioccolata?» propose il ragazzo lasciando scivolare le mani dalla schiena ai fianchi di Ronnie.
«Certo.» esclamò Ronnie sorridendo.
Sam si spostò e si diresse verso l’appendi abiti in corridoio.
Ronnie sospirò. «Sam, devo dirti una cosa.»
«Cosa?»
«Io e Trent stiamo parlando di matrimonio.» disse lei in un fiato sedendosi sul divano.
«Matrimonio? Cosa?» disse Sam fermandosi di colpo.
«Eh… sì. È solo un’idea, ne stiamo solo parlando.» mormorò Ronnie.
«Ma non è un po’ presto? State insieme da poco.» esclamò duramente Sam.
«È quasi un anno… e poi è solo un’idea, nulla di più.» pronunciò Ronnie.
«Per me è un’idea stupida. Lo conosci appena.»
Ronnie alzò il viso. «ci conosciamo da un anno, non mi pare poco.» esclamò guardando Sam. «Non vuoi che io sia felice?» continuò mormorando.
Sam sospirò e si sedette accanto a lei.
«Certo che lo voglio. Ma non voglio che tu faccia scelte avventate.» disse lui abbracciandola.
«Ne stavamo parlando e basta.» disse lei posando la testa sulla spalla di lui.
«Va bene, ho capito. Però ti chiedo solo di pensarci bene.» sussurrò Sam all’orecchio di Ronnie.
Lei fece un sorriso. «Certo. Ma tu non volevi offrirmi una cioccolata?» Ronnie si alzò.
«Cosa? Io non ho detto che ti avrei offerto una cioccolata!» protestò Sam con un sorriso.
«Mi sembrava implicito il fatto che tu volessi offrirmela.» replicò Ronnie incrociando le braccia al petto.
«Come vuoi.» disse Sam infilandosi la giacca. «E comunque l’avrei fatto.»
«Non te la sei presa per prima, vero? Per il matrimonio intendo.»
Sam aprì la bocca sorpreso. Quella storia gli faceva male, ma non doveva ammetterlo. «No, perché avrei dovuto?»
Ronnie sorrise. «Non lo so. Non importa. Andiamo?» disse sistemandosi il berretto sulla testa.

Sam entrò in casa e andò in camera sua. Si sentiva esausto. Sospirò profondamente e si sdraiò sul letto. Guardò la foto, appesa alla parete ala sua destra, che ritraeva lui, Ronnie, James e Kristin al mare.
Era stata scattata poche settimane prima che Ronnie conoscesse Trent.
Sam si diede mentalmente dello stupido.
Chiuse gli occhi e si addormentò.


Angolo Autrice
Ed ecco qui il secondo capitolo. Spero di aver caratterizato bene (o almeno decentemente) i personaggi.
In oqni caso se strovaste un errore, ditemelo che così correggo.
BebaTaylor

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


A Time In Your Life
Capitolo Tre

Trascorsero poco più di due settimane dal giorno in cui Sam confessò a Sarah di essere innamorato di Ronnie. Quel giorno di metà luglio una telefonata di Kristin raggiunse Sam.
«Sam! Sam, ascolta. Sono appena passata da Ronnie e...» disse Kristin.
«Ronnie cosa?» domandò preoccupato lui.
«È sveglia. Certo, è un po' intontita dai farmaci, ma a parte la gamba rotta sta bene.» rispose Kristin.
Sam aprì la bocca sorpreso. «Sul serio?» mormorò.
«Certo. Me l'ha confermato anche Cindy. Non sai com'è felice.» disse lei. «Io passo a trovarla dopo il lavoro con James.» aggiunse.
«Oh, immagino.» Sam sospirò. «Verrò anche io.» disse prima di salutare l'amica e infilare il cellulare in tasca.

Sam finì di lavorare alle tre e mezza del pomeriggio e andò subito a casa.
«Ti cambi e vai da Ronnie? So che è sveglia.» esclamò Sarah.
«No. Non voglio andarci.» mugugnò lui sedendosi al tavolo della cucina.
«Perché?» domandò confusa la donna.
«Perché lei mi odia.» esclamò Sam.
«No, non credo.» disse Sarah sedendosi.
«Sì, mi odia. Me la pure detto.» sussurrò lui passandosi una mano fra i capelli.
Sarah scosse la testa. «No, non penso che l'abbia detto pensandolo sul serio. Era arrabbiata. Probabilmente si sarà pentita.»
«Non vado.» ripeté Sam.
«Sbagli. Devi andare da lei, le chiedi scusa e le dice che l'ami.» pronunciò con convinzione Sarah.
Sam la guardo come, se invece di avere davanti la sua matrigna, avesse avuto davanti un mostro a tre teste. «No, non posso.» disse alzandosi.

«Sei una testa di minchia! Ecco che cosa sei!» urlò James.
«Non ci andrò da lei. Non dovete insistere.» disse Sam sedendosi sul suo letto.
«Lei ha chiesto di te! Lo chiede ogni giorno.» pronunciò James. «Ormai è una settimana che si è svegliata.» continuò sedendosi accanto all'amico.
«No. Io...» mormorò l'altro.
«Tu cosa?»
Sam sospirò. «Io... non posso.»
«Lei vuole vederti. Non posso continuare a mentirle per coprirti.» pronunciò James alzandosi.
«Lei mi odia.» disse Sam tenendo lo sguardo basso.
«Non è vero. Non puoi pensarlo.» disse James infuriato.
«Ti sbagli.» mormorò Sam.
James scosse la testa.
«No, sei tu quello che sbaglia. Lei non ti odia.» James si passò una mano fra i capelli. «Ma sai cosa ti dico? Pensala come vuoi. La stai facendo soffrire.» continuò prima di uscire dalla camera.

Una volta che James se ne fu andato, Sam si alzò e si diresse verso l'armadio. Aprì la prima anta a sinistra e prese il coniglietto Ronnie.
Non poteva andare da Ronnie e dirle che si era accorto in quei giorni di essere innamorato di lei. Che mettersi con Sharon era stato solo un modo per dimenticarla. Che se lei si fosse sposata avrebbe avuto paura di perderla.
Non poteva dirglielo. Una lacrima rotolò lungo la sua guancia, cadendo sopra il muso del coniglietto, seguita da un'altra e un'altra ancora.

James era nella camera in cui avevano spostato, ormai da una settima, Veronica.
Lei sorrise all'amico e James le baciò la fronte.
«Come ti senti oggi?» le chiese lui dolcemente sedendosi sull'unica sedia presente nella stanza.
«Il solito.» rispose lei. I suoi occhi azzurri erano puntati sulla porta.
«Non viene neanche oggi?» domandò in un sussurro.
James sospirò, improvvisamente la sedia gli sembrò scomodissima. «Oh, ehm... sai, il lavoro. Hanno molti straordinari e lui... non riesce a liberarsi.»
Ronnie lo guardò delusa. Voleva vedere Sam, lo voleva con tutte le sue forze.
«Oh, ma ha detto che viene domani. Me lo ha promesso.» mentì James. Doveva convincere Sam ad andare in ospedale. Doveva farlo per Ronnie.
«Mi odia, vero?» domandò lei in un sussurro, i suoi occhi erano tristi.
James sorrise. I suoi due migliori amici erano due cretini. Ognuno di loro due era convinto che l'altro l'odiasse. «No, non ti odia.» rispose.

Sam prese la scatola nera dall'armadio e la posò sul letto.
D'entro, oltre alle foto c'era anche il sacchetto di carta che quel giorno Ronnie aveva dimenticato a casa sua il giorno che litigarono.
Non ci aveva mai guardato dentro, ma in quel momento decise di dargli un'occhiata.
Tirò fuori una scatola in plastica blu scuro. Senza neanche aprirla sapeva cosa conteneva: il braccialetto d'argento che lui gli aveva regalato per il suo diciottesimo compleanno.
Con un sospiro lasciò cadere la scatoletta sul letto.
Infilò la mano nel sacchetto e prese un piccolo quaderno dalla copertina azzurra. Non si ricordò di avergliene regalato uno.
Alzando le spalle lo aprì e rimase sorpreso. Era un diario, quello di Ronnie.
«Perché ma l'ha dato?» si domandò a bassa voce Sam.
Senza sapere neanche lui il perché, si sedette sul letto e iniziò a leggere.

Sabato 12 dicembre 2009

Oggi io e Sam abbiamo comprato e incartato i regali per James e Kristin.
Una macchina del pane visto che Kristin la desidera da tanto tempo. Ho avuto io questa idea. Ma poi Sam se ne è uscito con la sua solita idea.
“Aggiungiamo quella cosa?” mi ha chiesto. E io ho risposto di sì. Ma che questa volta sarebbe andato lui ha comprare il dvd porno. E così ha fatto. Io però ho preso le manette ricoperta di pelo di un bel blu elettrico.
Ho anche detto a Sam che io e Trent abbiamo parlato di matrimonio. La sua reazione è stata... strana.
Non so in che modo spiegarlo, ma è stata strana. Eravamo abbracciati e quando gliel’ho detto lui si è scostato di colpo. L’idea non gli piace. Non vuole che faccia cazzate. Ma io amo Trent e se lo voglio sposare lui non può fermarmi. O forse sì?
Lo so che Sam e Tren non vanno molto d’accordo. Anzi è Sam che non va d’accordo con Trent.
Hanno litigato anche qualche giorno fa. E per una sciocchezza. Insomma litigare per decidere quale sia la squadra migliore di basket è una cavolata. Invece per loro no.
Spero solo che Sam non si arrabbi con me. Perché lui è uno dei miei migliori amici e potrei morire se lo perdessi.

Domenica 3 Gennaio 2010

Oggi Sam ci ha presentato Sharon, la sua nuova ragazza. Cosa ne penso di lei? Che è fisicamente bella, anche se ha un pessimo gusto nell'abbinare i colori dei vestiti. E ha chiamato Sam “pucci”! Ma ci rendiamo conto? Pucci. Sam sarà diventato stupido in un colpo, perché non sopporta questo genere di nomignoli. E mi sembra una che vuole avere l'ultima parola su tutto. Ha detto a Sam di non prendere la cioccolata “perché fa ingrassare! È una bomba di calorie” e ha ordinato anche per lui. Un caffè senza zucchero. La faccia schifata di Sam era chiara mentre lo beveva. Lui beve il caffè con almeno due bustine di zucchero!
Vedremo come andrà. Se lui è felice lo sono anche io.

Giovedì 18 Febbraio 2010

E anche ieri sera Sam ha rinunciato alla nostra serata dvd. Lei non vuole. Lei mi odia. Lo so, lo sento. James dice che mi sbaglio, che Sharon odia anche lui e Kristin, ma secondo me sbaglia. Sharon odia me perché sono la migliore amica del suo Pucci/Sam.
Ma ho paura.
Voglio troppo bene a Sam e non voglio perderlo. Ma ora che sta con Sharon è tutto più difficile. Non facciamo più un uscita solo noi tre da tempo. Praticamente tutto il tempo libero che ha, Sam lo passa con lei. Fa anche fatica a rispondermi al telefono quando è con lei. E così ci sentiamo ancora meno.
Ho paura che Sam non mi consideri più la sua migliore amica. Mi si spezzerebbe il cuore. E come colpo di grazia, io e Trent ci stiamo lasciando.

Giovedì 18 Febbraio 2010

Mi sono resa conto di una cosa. Ed è terribilmente terribile. È un vero disastro. Una TRAGEDIA. Una VERA, ENORME tragedia.
Ho lascito Trent. E il motivo non è come ho raccontato a James e Kristin che ci siamo accorti di non amarci più. Il motivo è che mi sono accorta di…
Oh cavolo, non riesco a scriverlo. Non riesco a dirlo. Non posso pensare che sia vero. Mi sono accorta che… Sono innamorata. Non di Trent. Ma di un’altra persona. Ed è qui che la situazione diventa… veramente tragica. Se fossi solo innamorata non ci sarebbero problemi. Il problema è di CHI mi sono innamorata.
E non posso dirlo a nessuno. Né a James né a Kristin. E non posso dirlo neanche a Sam, visto che lui è... la persona di cui mi sono innamorata.
Come nei più comuni cliché mi sono resa conto di amare il mio migliore amico.
Ma lui... lui ama Sharon. Non verrà con me e James sabato al centro commerciale.. Sarà la prima volta che passerò l'anniversario di Nick senza di lui. E la cosa fa ancora più male. Nick mi manca tanto. Sono sicura che lui saprebbe dirmi cosa fare.
IO AMO SAM. E Sharon mi odia. E Sam mi considera solo un'amica, neppure la migliore. Sono stata declassata. anzi, forse non conto più nulla per lui. E fa male, malissimo. Se ci penso, e non posso fare a meno di farlo, mi sento male, mi manca il respiro.
Al momento queste sono le sole cose di cui sono sicura.

Sam lasciò cadere il quaderno come se bruciasse.
Gli sembrava impossibile, ma Veronica l'aveva scritto nero su bianco, anzi, rosa su bianco.
Ingoiò la saliva e con cautela riprese in mano il quaderno. Ronnie non aveva scritto più nulla.
Sam sospirò e si lasciò cadere sul letto. Chiuse gli occhi.
«Chissà se è ancora così…» aggiunse chiudendo gli occhi. Poi di scattò si alzò, afferrò il pupazzo e uscì dalla camera.
«Sarah dove sei?» esclamò scendendo al piano di sotto.
«Sono qui.» rispose la donna. Sam uscì in giardino, trovando Sarah che strappava l’erba dai vasi dei gerani.
«Sarah, posso chiederti un favore?» domandò quasi imbarazzato.
La donna si alzò e si pulì le mani sui jeans che le fasciavano le gambe.
«Certo, chiedi pure.»
«Ecco… io… puoi sistemarlo?» balbettò allungando il coniglietto a Sarah.
La matrigna sorrise e prese quello che Sam le porgeva. «Certo.» disse.

Due giorni dopo Sam era davanti alla porta della camera in cui si trovava Ronnie.
Respirò profondamente ed entrò.
Ronnie rimase sorpresa alla vista dell’amico.
«Vi lascio soli.» esclamò Cindy alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso la porta.
«Grazie Cindy.» disse lui avvicinandosi al letto.
«Scusami se non sono potuto venire prima.»
«Non importa, James mi ha detto che sei stato impegnato con il lavoro.» mormorò lei mentre lui si sedeva sul letto.
Ronnie spostò una ciocca di capelli dal viso. «Non puoi sederti sul letto, l‘infermiera non vuole.» disse.
James scosse le spalle. «L‘infermiera è qui?» domandò con un sorriso. Ronnie scosse la testa.
«E allora,» riprese a parlare il ragazzo, «quando l‘infermiera verrà qui e mi dirà di scendere lo farò.»
Ronnie sorrise.
«Ho una cosa per te.» esclamò Sam dopo qualche secondo di silenzio; prese il sacchetto che aveva con sé e tirò fuori Ronnie il coniglietto.
«Ronnie!» esclamò felice Veronica afferandolo. «Grazie.» aggiunse rivolgendosi a Sam. Lui le sorrise e guardò fuori dalla finestra.
«Avevi dimenticato questo.» aggiunse il ragazzo porgendo il diario a Ronnie, la quale divenne rossa in viso.
«Non l‘hai letto, vero?» bisbigliò. Sam non la guardò e divenne rosso anche lui.
«L‘hai letto… Dio, come mi vergogno!» mormorò Ronnie coprendosi il viso con le mani.
Sam le spostò con gentilezza le mani dal viso e le strinse con delicatezza. «Io… volevo chiederti scusa per il mio comportamen-»
«No, non mi devi chiedere nulla.» lo interruppe lei.
Sam scosse la testa. «No, devo farlo. Devo darti una spiegazione.»
«No, Sam, non devi darmi nessuna spiega-.» Sam interruppe Ronnie posandole due dita sulle labbra. Aveva già fatto quel gesto in passato, ma ora ciò gli procurava una strana sensazione.
«Fammi finire, per favore.» le disse. «Io ho fatto tutto… cioè mi sono messo con Sharon solo perché ero geloso. E arrabbiato.» Sam si alzò in piedi.
«Per cosa?» domando Ronnie.
«Per il fatto che tu e Trent stavate parlando di matrimonio.» rispose lui. «Perché, vedi… anche io… » continuò balbettando.
«Perché tu cosa?» Ronnie era confusa.
«Perché io…» Sam tornò a sedersi sul letto, si chinò e posò un bacio sulle labbra di lei.
«Perché io ti amo Veronica.»
James chiuse silenziosamente la porta nell’esatto momento in cui Ronnie attirava a sé Sam.
Il ragazzo si passò una mano sul volto per asciugarsi le lacrime. Si sedette su una delle sedie in plastica grigia presenti in corridoio.
«Si sente bene?» gli domandò un’infermiera che aveva già visto in giro per il reparto.
«Sì, sto bene.» rispose con un sorriso. Aspettò che la donna si allontanasse e poi si alzò in piedi, tirò fuori il cellulare e iniziò a digitare un messaggio per Kristin.

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Capitolo 4
*** Epilogo ***


A Time In Your Life
Epilogo
Un anno dopo

La sala era decorata finemente. Piccoli mazzi di fiori erano presenti un po’ ovunque. Sui tavoli come centro tavola, attaccati con del tulle bianco alle colonne e un piccolo mazzo era stato legato all’asta del microfono del cantante della band che James e Kristin avevano ingaggiato, Uno spazio della sala era stato adibito a pista da ballo. Alcune coppie danzavano al ritmo della canzone cantata da Josh, zio di James.
Kristin e James ballavano al centro della pista, Lei indossava un vestito bianco, dal corpetto stretto e la gonna larga e una rosa lilla di stoffa adornava il retro dell’abito. I capelli della ragazza erano acconciati in un morbido chignon ed erano decorati da una tiara in argento decorata da Swarovski. James indossava un semplice completo nero con la camicia bianca.
Sam e Veronica ballavano abbracciati. Lui, testimone dello sposo, indossava un completo scuro e una camicia bianca. Veronica, la damigella d’onore della sposa, era fasciata in un abito di un tenue color lilla, che le arrivava fino ai piedi e le metteva in risalto il seno e il ventre che cominciava ad arrotondarsi.
«Sei stanca? Ti fanno male i piedi?» domandò Sam fermandosi.
Ronnie scosse la testa. «No, sto bene.» rispose con un sorriso. Non poteva essere più felice di così. Era insieme a Sam, al matrimonio di James e Kristin, ed era incinta di diciotto settimane.
Ronnie sorrise quando vide i camerieri avvicinarsi al tavolo degli sposi con una grande torta quadrata di quattro piani. Era farcita con crema chantilly, e decorata con panna montata, frutta fresca e codette di cioccolato bianco e fondente.
«Direi che adesso possiamo andare a sederci.» mormorò la ragazza. Sam la condusse al tavolo e si sedettero uno accanto all’altra.
«Discorso! Discorso!» grido Carl, lo zio di James, alzandosi in piedi e tenendo in mano il calice con lo spumante.
James arrossì leggermente e bofonchiò qualcosa d’incomprensibile. Kristin gli diede una gomitata e gli sorrise incoraggiante. Il ragazzo sorrise e si alzò in piedi.
«Ecco… io… non so da dove cominciare, ecco.» balbettò James.
«Non fare il timidone!» lo prese in giro lo zio Carl.
James arrossì ancora di più, chiedendosi in quale modo si sarebbe potuto vendicare di quel vecchio ciccione ubriaco. James sospirò e guardò Sam e Ronnie. Improvvisamente sapeva cosa dire.
«Per prima cosa vi ringrazio tutti per essere qui oggi, Un ringraziamento speciale va alla mia Kristin.» James sorrise alla ragazza. «Ringrazio Sam, per essere mio amico, il mio migliore amico, perché mi sopporti e lo hai sempre fatto così.» James si fermò e bevve un sorso d’acqua frizzante.
«Ma la persona che ringrazio più di tutti è Veronica.» Ronnie aprì la bocca sorpresa, poi sorrise all’amico. «La ringrazio perché è la prima persona che ho conosciuto, perché mi ha fatto conoscere Sam.» James sorrise. «E perché mi ha fatto conoscere Kristin. Mi ricordo ancora quando andò da lei e me la presentò. Io volevo morire dalla vergogna, avrei voluto veramente sotterrarmi dalla vergogna.»
«Sei il solito timidone!» bofonchiò zio Carl.
«Ehm, sì. Dicevo… Non finirò mai di ringraziare Ronnie, perché è grazie a lei che ora siamo tutti qua a festeggiare il mio matrimonio. Ma Veronica non è solo questo. È anche un testarda, molto. Quando ha in mente una cosa nessuno gliela leva dalla testa. E ora le auguro di essere felice con Sam come lo sono io con Kristin.
Ti voglio bene Ronnie.»

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