Non ho avuto un padre, come posso esserlo io?

di La Lady
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Domande ***
Capitolo 2: *** Treno ***
Capitolo 3: *** Cappelli e foreste ***
Capitolo 4: *** Prima lezione di pozioni ***
Capitolo 5: *** Intrusioni pericolose ***
Capitolo 6: *** Regali di Natale ***
Capitolo 7: *** Compere natalizie ***
Capitolo 8: *** Domande e... Domande ***
Capitolo 9: *** Aggiungi un posto a tavola ***
Capitolo 10: *** Doccia ***
Capitolo 11: *** Solo un bacio ***



Capitolo 1
*** Domande ***


-Severus, ho una cosa da domandarti.-
La faccia di solito allegra del preside prese il posto dei freddi mattoni del camino del sotterraneo.
Un uomo col naso adunco stava comodamente seduto con un bicchere in mano su una poltrona, l'aria rilassata ma gli occhi neri assenti.
-Subito, Severus.-
"Accidenti a quel vecchiaccio!"
Un sorso veloce, ed il professore di pozioni della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, finì il suo drink e si incamminò verso il vecchio gargoyle.



-Cosa c'è di così urgente, preside?-
Solitamente i professori rientravano nei rispettivi alloggi della struttura una settimana prima dell'inizio delle lezioni.
Fra compiti e pozioni da preparare, lista dei nuovi studenti, e auto convincersi  a non ucciderne neppure uno nell'anno a venire, Hogwarts riacquistava mano a mano il suo colore.

-Siediti figliolo, desideri un thè?-

Se c’è una cosa che Severus Snape odiava del preside era sicuramente la sua folle ed indiscussa passione per il thè ed altri dolcetti vari da diabetici.

-No preside, aveva urgenza di vedermi?-

Silente camminò piano dietro la scrivania in mogano, le mani congiunte dietro la schiena per scomparire, poi, nei lunghi capelli argentati.

-Sinceramente, Severus, non ho la più pallida idea su come iniziare questa nostra discussione. Sicuro di non volere una tazza di thè?-

Severus Snape alzò il sopracciglio sinistro.

Era abituato ai suoi cambi di umore frequenti, alle sue originalità, ed i suoi ordini di suicidio zuccherati per bene con il rimorso di Lily Evans, ma quella sera non era proprio in vena di quelle storie. Che arrivasse subito al nocciolo della questione. Il giorno dopo sarebbero arrivati gli studenti, santo Merlino se avesse dormito almeno tre ore quella notte!

-Va bene figliolo, allora sarà il caso di iniziare dal principio-

Il preside sciolse l’intreccio delle sue mani per portarle a scostare la grande sedia imbottita, sedersi, per poi avvicinarsi al legno e congiungere le sue mani appoggiando i gomiti.

-Ti ricordi il tuo ingresso fra i Mangiamorte?-

Entrambi i sopraccigli dell’uomo di alzarono ma non c’era stupore nei suoi occhi, solo una pesante consapevolezza:

Quel vecchio pazzo aveva bisogno di compagnia e sembrava divertirsi a chiamarlo per ogni singola cosa. Tanto valeva attaccarsi direttamente alla bottiglia di vino elfico e sprofondare nella poltrona. Il mal di testa sarebbe stato manna confronto a quello strampalato dagli occhi nascosti dagli occhiali a mezzaluna.

-Devo prioprio?-

-Il punto è, Severus, che mi è arrivata una strana lettera da una certa Signora Jenson che mi prega di accettare suo figlio a studiare in questa scuola.- Il preside prese da un cassettino della scrivania una pergamena sgualcita, segno che la carta era stata letta più volte prima di essere spedita.

-Cosa dovrebbe interessare a me questa cosa, di grazia?-

Severus non riusciva a capire. Chi era questa Jenson? E cosa collegava il suo nome ai Mangiamorte?

-Come festeggiavano i seguaci di Voldemort le loro vittorie o l’entrata di un nuovo membro nei seguaci?-

-Forse marchiandoli a fuoco sul braccio sinistro?-

Snape era già stufo della conversazione ed altrettanto convinto che ciò era solo l’inizio.

Il preside srotolò la pergamena, rileggendo silenziosamente le parole che nascondeva.

-Mio fratello amava raccontarmi degli strampalati ragazzi che erano soliti frequentare il suo locale.- Gli occhi azzurri di Silente trafissero i pozzi neri del professore –Sottolineava sempre i nomi degli ultimi studenti che lasciavano la scuola e che andavano a brindare a dei “lieti eventi”.-

Severus strinse i punto sotto il mantello. Chiuse gli occhi, non volendo ricordare quel passato che tanto vorrebbe cancellare, incapace di accettare quella sua debolezza, incapace di accettare la sua perdita.

-Eri, e sei tutt’ora, un mago straordinario Severus, e giustamente Voldemort ha dato carta bianca per la tua “iniziazione”.

L’uomo dai capelli corvini si agitò sulla poltrona, strofinandosi senza pensare l’avambraccio dove regnava il suo peccato.

-Non ho mai detto di essere astemio Albus, e credo che tu ne abbia la certezza visto che pranziamo e ceniamo tutti alla stessa tavola. Ora, se vuoi scusarmi, vorrei sapere a cosa devo questo momento dei “ricordi andati”.-

Non voleva essere così tagliente col preside, non dopo tutto ciò che aveva fatto per lui. Come salvarlo dal bacio certo dei Dissennatori. O farlo sentire una merda tutte le volte che tirava in ballo gli occhi di Lily, la sua Lily, sul volto del giovane Potter.

-Eri ubriaco Severus.-

La voce del preside era lieve, quasi un silenzioso, maledetto, frustrante, sussurro.

Snape sgranò gli occhi, incapace di contenere ancora per molto la sua buona volontà di professore competente per lasciare il posto alla sua bastardaggine.

Non che ci volesse molto, per quella.

-Albus- Il giovane uomo si passò una mano fra i capelli corvini, scompigliandoli sul volto –Ti pregherei di arrivare al dunque e di dirmi per cosa mi hai chiamato. Ho forse urlato a tutti i segreti del’ordine? Ho deliberatamente dato sfogo ai miei segreti? Ho dato un Eccellente a Potter in pozioni?-

Il preside sorrise, cosa che faceva sempre infuriare il giovane mago. Cosa aveva sempre da sorridere? Cosa, cosa?! Lui, Severus Snape, ex mangiamorte, professore obbligato ad insegnare pozioni per ben undici anni quando, per quest’ultimi, ha sempre richiesto un’altra cattedra, spia di Silente mandato nella tana delle Serpi a rischiare la pelle due giorni si e l’altro pure.

Severus cercò di rilassarsi. Era inutile arrabbiarsi con quell’essere sorridente davanti a lui, intento a scartare una caramella di qualche strambo gusto.

-Oh, forse Harry si meriterebbe qualche voto più “gentile” da parte tua, caro figliolo, si applica molto sai?-

Applicarsi? Applicarsi Potter?! Il preside aveva perso il senno.

Il giovane mago si alzò di scatto, i movimenti fluidi e sicuri di se.

-Severus…-

-No Albus, non sono in vena di banalità come queste nel giorno prima del rientro degli studenti. Ho già i miei problemi, il Signore Oscuro mi convocherà sicuramente domani, avrò un mal di testa da orchi e scartoffie da firmare per la mia Casa. Ora, se vuoi scusarmi, mi ritiro nelle mie stanze.-

Ma non fece più di due passi che le parole del vecchio preside gli trapassarono l’anima, bloccandolo con la mano destra sulla maniglia d’ottone della porta, gli occhi sgranati dalla sorpresa, dalla follia di quelle parole.

-Eri ubriaco Severus, è normale che tu non ricordi niente. A detta di Aberforth quella sera bevesti molto… Troppo, e…-

-Non ho avuto un padre nella mia infanzia e non me ne serve uno adesso Albus quindi…-

-Ti sei allontanato con una stupenda ragazza che sedeva a pochi tavoli vicino a te e sei tornato il giorno dopo nel pub credendo che fossero le tre di notte-

“Questo è un incubo. Deve essere un incubo”

Severus era pietrificato. Una donna? Lui? Una donna che non fosse Lily?

-Alb…-

-Ho visto perfettamente nei ricordi di mio fratello tre giorni fa, quando è arrivata questa lettera.- Il preside si alzò, andando incontro al giovane alla porta, impietrito per la notizia, indeciso se uccidere o no il preside, se stesso, Potter, o fare un omicidio di massa con tutta la scuola.

-Buona notte figliolo.-

Il preside mise in mano al giovane la pergamena consumata e lo spinse delicatamente fuori dalla porta.






******************
Bene bene bene...
Dopo tanto ho deciso di scrivere una storia a capitoli. Non so cosa sia venuto fuori visto che non è mio solito rileggere prima di postare un testo, quindi cercate di capirmi :p
Presa da un caldo insopportabile e dai ragionamenti su questo splendido peronaggio (purtroppo non mio ma di proprietà di J.K. Rowling come tutto, o quasi, troverete in questa fic) è uscita fuori questa stramba fic.
Nuona lettura, spero che sia di vostro gradimento o, almeno, vi metta un briciolo di curiosità ^^

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Capitolo 2
*** Treno ***


Il professor Snape passò l’intera notte a leggere ripetutamente il pezzo di pergamena stropicciato, le parole ogni volta nuove, sorprendenti ed impossibili.

Non poteva essere vero. No. Era un brutto scherzo di chissà quale mente malata.

Quando avrebbe scoperto il colpevole lì’avrebbe pagata, e cara. Bastava fare qualche ricerca, qualche domanda, e l’indirizzo di quella Jenson sarebbe spuntato fuori.

Faceva la spia per Silente da quasi vent’anni. In confronto a ciò era come andare a comprare il latte.

 

 

La stazione di King’s Cross era piena di bambini, adolescenti ed adulti. Bauli, gufi, gatti, persone… Era come camminare in un mercato, pieno di urla, dove ogni persona ti strattonava e spingeva da ogni parte.

Il binario 9 ¾ era descritto da tutti come un “ritrovo felice”, un grande treno rosso e nero diretto nel posto dove tutti i giovani maghi sognavano di andare.

I genitori, man mano che i loro figli salivano sul treno, salutavano felici e, per coloro che accompagnavano i pargoli per la prima volta, qualche lacrima felice faceva capolino dagli occhi.

Passò mezz’ora ed il treno iniziò a sbuffare per l’impazienza per poi partire piano piano verso Hogwarts.

Guardando dal finestrino la stazione allontanarsi sempre più una leggera angoscia prendeva lo stomaco. Sembrava come se tutto il colore e l’allegria avesse lasciato quel posto, con persone simili a fiammiferi immobili e solitari che scomparivano nel vapore.

Il Ragazzo che è Sopravvissuto, Hermione Granger e Ronald Weasley, erano rintanati nel solito scompartimento che per ben sei anni li accompagnava in quel viaggio. Hermione raccontava felice delle vacanze passate con i suoi genitori babbani senza dimenticare, però, la nostalgia per i suoi migliori amici. Ron guardava speranzoso la ragazza, intromettendosi ogni tanto per fare quelle domande idioti che solo i maghi purosangue che non hanno mai avuto a che fare con i babbani sanno fare. Harry raccontò, invece, delle sue meravigliose avventure a casa degli zii: la paura di sua zia e suo zio dopo aver saputo del padrino ricercato, i regali che facevano a suo cugino e le maree di volte che avrebbe preferito essere baciato da un Dissennatore piuttosto che passare un altro giorno in quelle mura.

Raccontò loro anche dei gufi che si scambiava con Felpato; il suo unico “parente” rimasto. Sirius Black viveva in ogni parte dell’Inghilterra, troppo ricercato per permettersi di sostare a lungo in qualche posto, persino a Grimmauld Place Numero 12.

Continuarono a parlare a lungo, mentre le distese verdi fuori dal finestrino annunciavano l’avvicinarsi dei confini della scuola.

Non si voltarono quando la porta dello scompartimento si aprì, credendo di trovare i grossi occhiali colorati di Luna o il faccione di Neville.

Invece una ragazza prese posto nel sedile libero, accanto a Harry, trascinando il suo baule, lo zaino ed il cane ai suoi piedi.

Nessuno parlò; almeno per i primi trenta secondi.

Non avevano mai visto quella ragazza, ed i tre ne avevano passate tante a scuola per considerarsi degli esperti.

Restarono semplicemente a guardarsi negli occhi, in silenzio, quando Hermione proferì:

-Il posto per i bagagli è sopra le cuccette.-

La giovane alzò un sopracciglio scuro ben curato ed ai due ragazzi ghiacchiò il sangue nelle vene.

-Ed a me cosa dovrebbe importare?-

Hermione rimase a bocca aperta. Non voleva essere scontrosa, soprattutto con qualcuno che non conosceva ma, nello stesso tempo, si sentiva stupidamente quasi “padrona” di quel piccolo pezzo di locomotiva.

-Lo spazio è ristretto e credo staresti più comoda senza tutti quei bagagli ai piedi.-

Se c’era una cosa che stupiva sempre Ron e Harry era l’assoluta capacità di Hermione di mantenere il sangue freddo nelle situazioni complicatie.

La ragazza sembrò pensarci su, carezzando la testa del cane seduto ai suoi piedi. Non aveva voglia di parlare, non aveva voglia di conoscere persone che avrebbe dovuto salutare forse entro un anno. Sbuffò, alzando lo sguardo alle griglie stracolme sopra le loro teste.

-Se metto anche il mio baule il quelle griglie arrugginite rischierò di uccidere qualcuno. Santa manna se reggono quel peso e, credetemi, non sono dell’umore per scegliere a chi dovrà cadere in testa-

La voce della ragazza era… Adorabile.

Fu così che il trio la definì quando ella ebbe elaborato la frase. Era armoniosa, come una cantante.

-E poi tra poco dovremo essere arrivati al castello. Nell’opuscolo che rilasciano alla stazione c’è scritto che il treno impiega tre ore, circa, per raggiungere la meta. Dovrebbe mancare poco.-

La giovane si voltò a guardare i compagni occasionali di cuccetta.

Sorrise, gli occhi scuri come la notte che cercavano di trasmettere un qualche briciolo di sentimento positivo.

Ma non ci riusciva. Si sforzava con tutta se stessa ma non ci riusciva.

Era la decima scuola in soli sei anni e conosceva così tanti nomi da poter scrivere un libro a riguardo. Aveva passato un anno a studiare un intero progetto scolastico da sola, su libri comprati con i suoi soldi, perché in quell’indecifrabile anno avrebbe studiato ciò che già aveva imparato l’anno precedente in un'altra scuola.

Era stufa.

Era arrivata persino a minacciare sua madre se non l’avesse mandata in una scuola per conseguire un attestato. Le mancavano solo due anni, due, e l’Inghilterra era la sua terra natale. Era altrettanto stufa di dover studiare con vari dizionari e traduttori da uno stato all’altro. Perché sua madre non poteva scegliere un altro lavoro? Perché non l’aveva abbandonata? Perché non l’aveva semplicemente data in custodia a qualche prozio, prononno, pro-chi-le-pare, purchè studiasse decentemente l’arte della magia senza dover fare il baule ogni anno e, alle volte, dover lasciare la scuola entro la sua fine?

Si passò una mano sulla fronte per poi scendere sui lunghi capelli corvini che le arrivavano fino a metà spalle.

Era stufa, certo, ma quei tre ragazzi non avevano colpa della sua sfortuna.

Tornò a puntare i suoi occhi scuri sulle tre figure rinaste pietrificate, con strane espressioni, a guardarla.

Alzò di nuovo un sopracciglio.

-Beh, che sono quelle facce?-

Subito i tre si ripresero e si scambiarono dei falsi sorrisi.

“Si inizia bene” Pensò la giovane mentre tornava ad accarezzare la testa morbida del cane.

-Che carino… Cos’è?- Domandò Hermione curiosa, tentando un altro approccio.

-Un cane-

-Si, certo, dicevo di che razza si trattava- Ron mimò le parole “Si è sbagliata!” ad Harry con occhi sgranati.

-E’ un Border Collie, ha un anno.- La ragazza alzò lo sguardo posandolo sulla riccia, facendo un sorriso. –Scusate, non mi sono presentata. Purtroppo è la mia decima scuola e non sono mai dell’umore giusto il primo giorno. Mi chiamo Rose. LilyRose Jenson.-

La giovane tese la mano al gruppo, stringendo con vigore e sorridendo a tutti.

 

 

************************

Salve a tutti. Ero partita volendo scrivere l’ingresso a Hogwarts ma alla fine mi sono soffermata troppo sul treno.

E’ un capitolo un po’ corto, spero sia di vostro gradimento.

Ringrazio in anticipo chi ha la pazienza di leggere la fan fiction e, se vuole, di commentare, e per tutti coloro che l’hanno inserita nelle seguite/preferite.

Alla prossima.

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Capitolo 3
*** Cappelli e foreste ***


A Gazza non andò mai a genio avere un Border Collie in giro per il castello.

 

 

 

Dopo che il preside si fu seduto di nuovo sul “trono”, LilyRose guardò il soffitto esasperata. Non era possibile, a sedici anni ritrovarsi ad affrontare una vergogna simile.

Indecisa se scappare o bere qualche veleno pur di sottrarsi a quella tortura imminente, la giovane ragazza diede dei colpetti affettuosi sul collo morbido del cane. Quest’ultimo, immobile ed attento, aspettava un solo movimento della padrona per poter scattare da Miss Purr, odioso gatto che alla mora non andava a genio.

Presa nei suoi pensieri non si rese neppure conto della donna che le si era avvicinata con micidiale silenzio e decisione.

Un paio di occhi seri dietro due spesse lenti trasparenti che non ammettevano repliche la spronavano ad avanzare verso l’inizio della Sala Grande, dove uno sgabello con un lacero cappello la stava attendendo.

Degludì, mentre la donna la guidava con una mano sulla schiena verso il patibolo.

Fu allora che la giovane Jenson alzò gli occhi per ritrovarsi il nonnetto barbuto in piedi sul podio, pronto ad alzare o abbassare il pollice condannandola a morte.

Anzi, avrebbe preferito la morte piuttosto che quella vergogna.

Ma il Preside non accennava a parlare anzi, la scrutava con occhi quasi speranzosi ed un pizzico di curiosità.

Come se lei fosse una bestia da circo babbano!

Sospirò, chiudendo un attimo gli occhi, per poi puntarli sulla donna che molto probabilmente avrebbe invaso i suoi incubi ed i suoi compiti.

-Avanti. Susu cara. La cena si fredda.-

LilyRose alzò un sopracciglio e, mentre si sedeva, tenne lo sguardo fisso nella donna, in segno di sfida, il sopracciglio alzato e sicuro di se.

-Spero solo non abbia i pidocchi questo coso.-

In quasi ottant’anni di scuola la professoressa McGrannit rimase senza parole e le fu portato via di mano il Cappello Parlante.

“Ti prego dimmi che non hai i pidocchi. So che parli, a me basta sapere solo questo.”

Non le sembrava di avere tante richieste, no?

Un brivido le percorse la schiena mentre una risata le prendeva vita nella testa. Una risata estranea. Nella sua testa.

“Oh no… Non preoccuparti ma… Vediamo chi ho qui… Non Tassorosso, la tua testa merita di più ma… Neppure Corvonero, li verresti sopravvalutata. Rimane Serpeverde per la tua malizia e ambizione ma nella tua vita vedo una ragazza sola, presa in giro, che si è sempre rialzata e leccata le ferite da sola. Grifondoro!”

LilyRose si tolse stizzita il cappello, guardando la professoressa dritta negli occhi.

-Mi dica solo che lei non è la mia CapoCasa o qualunque cosa ci sia in questa scuola.-

 

 

 

Se le maledizioni segassero gli alberi la foresta proibita sarebbe un deserto. Severus Snape correva veloce fra gli alberi, impigliandosi spesso nei cespugli, imprecando contro il divieto di smaterializzarsi direttamente dentro la scuola. Cosa sarebbe cambiato? Nulla.

Se quel vecchio idiota credeva che una semplice protezione contro futili incantesimi fermasse il Signore Oscuro…

Patetici.

Dopo aver passato una notte senza chiudere occhio, una missione per il Preside ed un incontro anticipato fra i MangiaMorte, il professore di pozioni rischiava l’esaurimento nervoso.

Poi c’era la questione del suo erede.

Si fermò un attimo, riprendendo fiato.

Non avrebbe retto, era impossibile.

Sopportare Il Ragazzo Che è Sopravvissuto, quel dannato Potter con gli occhi della sua Lily…

Gli sembrava una punizione altamente masochista, perché accollarsi anche il ragazzo che avrebbe potuto essere suo e di Lily?

L’uomo alzò gli occhi al cielo, incapace di darsi risposta.

Percorse di corsa l’ultimo tratto che lo separava dalle mura del castello e, tramite un passaggio segreto, si ritrovò vicino alle scale dei suoi sotterranei.

Scese svelto, senza soffermarsi su niente e nessuno, chiudendosi dietro la porta del suo ufficio con tre incantesimi, per sprofondare sulla poltrona con un bicchiere di liquore già pronto.

Non avrebbe dovuto bere, meno di due ore ed avrebbe insegnato sofisticate pozioni a delle teste di legno.

Peggio di così non poteva andare, tanto meglio approfittarne. Mandato giù il primo forte sorso del liquido ambrato il giovane pozionista estrae dalla tasca interna della veste la pergamena consumata, rileggendola per l’ennesima volta.

 

Professor Severus Snape, scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.

 

Severus. Finalmente so il tuo nome.

Forse ti domanderai perché non ti ho cercato prima ma la verità è che… Non sapevo davvero chi tu fossi. Solo poche settimane fa ho visto il tuo profilo sulla prima pagina de La Gazzetta del Profeta. Eri dietro Silente e finalmente ho potuto dare all’uomo che mi ha reso per la prima volta madre un nome.

Ti scrivo questa lettera perché ritengo giusto che sappia, che il suo vagare abbia finalmente fine. Se lo merita Severus.

Quella sera al locale ero ubriaca, come te del resto… Ma ero sicurissima che tu fossi un mago potente. Mi dispiace non aver potuto dare prima questa gioia alla nostra “unione”. Non ti chiedo ne di sposarmi, ne di mantenermi, ne tanto meno di entrare a far parte della mia vita (come sarebbe giusto che fosse visto che mi mettesti incinta).

Ti chiedo solo di adempiere al tuo ruolo di padre.

Non posso arrecare di nuovo dolore alla mia “vita” vedendo solo delusione negli occhi di…

Lascia stare. Partirò di nuovo per lavoro ma questa volta non voglio più causare la sua sofferenza. Rimarrà in Inghilterra, dove è la sua vita.

Spero solo che questo gufo ti arrivi.

Violet Jenson.

 

Severus si riempì di nuovo il bicchiere.

No, peggio di così non poteva di certo andare.

 

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Salve a tutti,

finalmente ho avuto modo di aggiornare questa piccola storia e mi scuso in anticipo con chi segue se ritardo nelle stesure. “Purtroppo” ho una vita privata, lavoro e famiglia da mandare avanti. Efp non è di vitale importanza.

Spero che il capitolo sia di gradimento ed i consigli sono sempre ben accetti!

 

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Capitolo 4
*** Prima lezione di pozioni ***


-Fammi capire Grangy, cosa sarebbero questi vestiti?-

La mora guardò il suo completo scolastico, arrivato nel suo nuovo letto chissà come, con un terrore misto a rabbia negli occhi.

Certo, il pranzo era stato squisito, Grangy un ottima so-tutto-io che non si zittiva per più di cinque secondi, una ragazza che sembrava Hello Kitty babbana per com’era agghindata, ma… Per il resto tutto bene.

Tranne quelle cose malefiche sopra il suo letto.

-E’ la divisa scolastica Rose, la scuola le fornisce agli studenti. Non è ammesso andare in giro senz…-

-Grangy, placati. Non mi metterò quella specie di tubino che mi farà sembrare una salsiccia. Tu sei magra come una sardina lasciata ad essiccare al sole ma io ho due tette qui- La giovane mora si posò entrambe le mani sul seno per aumentare l’enfasi  del discorso- e dei fianchetti qui. Quindi, vai a raccontare queste cose ad un’altra persona. Io quella cosa non me la metto.-

 

 

 

Grifondoro, la casa dei coraggiosi e puri di cuore, di coloro che non si tirano mai indietro e che combattono fino alla morte per il loro stupido orgoglio.

LilyRose pensava questo mentre usciva dall’aula di Trasfigurazione, con tre pergamene strette al petto per cercare di tappare i bottoni della camicia bianca della divisa che tirava per contenere ciò che c’era sotto, la gonna liscia che le arrivava sopra le ginocchia e quegli orrendi, pessimi, disgustosi calzini alti.

Oltre a quello la giovane Jenson era arrivata a tre conclusioni:

In quella scuola si mangiava da Dio, avrebbe preso cinque chili prima di natale, e la McGrannit l’avrebbe trasfigurata in tacchina per cucinarla, ripiena, il giorno di Santo Stefano.

Cercava di capire Trasfigurazione, stava studiando già da due anni da autodidatta con vari libri per diventare un animagus, ma proprio non le riusciva farselo entrare in testa.

In più catwoman aveva un bedole per lei: essendo l’ultima arrivata doveva “saggiare” il suo livello. Certo, mai vista una donna non tifare per la propria squadra, casa, o quel che ci sia sia, e togliere il primo giorno venti punti.

Impossibile, quella donna era un incubo.

Sperava solo che, questa volta, un insegnante riuscisse a farle entrare in testa quei piccoli movimenti delle mani con tanta concentrazione.

Ci sperava.

Camminava dietro alla Grangy, affiancata ad un ragazzo rosso di cui non sapeva il nome, mentre lei era affiancata da un essere tremante che, poteva quasi giurarci, aveva la stessa faccia dei pentiti condannati a morte.

Cioè, cosa poteva esserci peggio delle ore di lezione con Catwoman?!

Presa dai suoi pensieri quasi cadde a terra mentre la ragazza stile Hello Kitty si faceva largo per andare dal rosso davanti a lei.

-Ron-Ron! Ti piace il mio nuovo magic trucco? Ieri sono stata a Hogsmade a fare acquisti ed ho voluto subito farteli vedere!-

LilyRose era sconvolta.

Guardò lo stemma della ragazza cinguettosa e notò, con suo immenso dispiacere, che erano nella stessa casa, nello stesso anno.

Estrasse il foglio con gli orari delle lezioni poi afferrò Hermione per il polso, costringendola a fermarsi.

-Grangy… Ma sei pazza?! Fermala! Qui c’è scritto che abbiamo due ore di pozioni adesso e quella… Quella cosa non può entrare così! Sai cosa potrebbe succederle con i vapori e tutte le cose varie che ci sono li dentro?! Grangy… Sei la prefetta-perfettina, agisci!-

Ma la riccia sembrava non ascoltarla, rossa in viso dalla rabbia, mentre osservava  Hello Kitty aggrappata al braccio di… Ron. La mora alzò un sopracciglio, guardando di nuovo la sua compagna.

-Se finisce in ospedale o infermeria per quel cemento che si è messa sul viso… Io non l’accompagno.-

Era più alta di almeno dieci centimetri rispetto a Hermione, ma la vide ugualmente sorridere.

-Contaci.-

 

 

 

 

Doveva essere li, doveva.

Severus Snape misurava a grandi passi il suo laboratorio di pozioni, tirando fuori ogni trenta secondi l’orologio dal taschino.

Aveva avuto lezione con Serpeverde, alcune classi di Tassorosso. Adesso le mancavano solo tre classi seste:

Grifondoro, Tassorosso e Corvonero.

Si sentiva sempre peggio.

Cosa avrebbe fatto se avesse visto suo… Suo… Il Ragazzo con lo stemma dei Tassorosso? No, non avrebbe sopportato vederlo coltivare piantine urlanti tutti i giorni della settimana. Grifondoro. Mai. Sarebbe stato un affronto. Corvonero… Forse poteva anche andare bene.

L’arcigno professore non voleva ammetterlo, ne agli altri ne a se stesso, ma aspettava quel momento da quando il preside l’aveva convocato. Era digiuno, aveva ore di sonno da recuperare, ma si sentiva pronto a scalare una montagna.

Non poteva ancora crederci… Lui padre.

Alzò gli occhi al soffitto, notando varie ragnatele ed un ragno dalle zampe verdi.

Verdi?

Tirando un sospiro di disperazione si andò a sedere dietro alla cattedra, facendo apparire la pergamena con i nomi dei prossimi studenti in arrivo.

Iniziava a dolergli la testa, colpa del liquore bevuto a stomaco vuoto.

Non avrebbe resistito, se lo ripeteva troppo spesso.

Fu in quel momento che i suoi occhi incontrarono il nome “Jenson” sul registro e gli alunni fecero ingresso nell’aula.

 

 

 

 

Soffriva molto il caldo, soprattutto quel settembre e, ancor di più con quella camicia a maniche lunghe, e sentire l’aria fresca, seppur  un po’ stantia, dei sotterranei la fece riprendere.

Sorrise a se stessa. Era brava in pozioni.

Beh, tutte le materie erano meglio di trasfigurazione, ma quello era un dettaglio.

L’aula non era ben illuminata come nelle scuole che aveva frequentato e non fece in tempo a girarsi che la Granger era già sparita in un banco accanto a Harry Potter, lanciando occhiate a prova di maledizione senza perdono alla ragazza sempre avvinghiata a Ron.

L’unico banco libero vicino a lei era quello col condannato a morte (notato con disprezzo che era anch’esso di Grifondoro le venne voglia di tirargli uno schiaffo e fargli ricordare in che casa era stato smistato) quindi si lasciò cadere sulla panca ed estrasse il calderone e vari mestoli. Nel corso degli anni aveva fatto una collezione da invidia.

Mestole, calderoni, vari ingredienti… Si era portata via sempre un ricordino dalle scuole che aveva frequentato.

Mentre il professore iniziava a spiegare le norme base agli studenti (e Rose aveva nel cuore tutti i poveri professori, costretti a dire e ridire sempre le stesse cose a milioni di studenti) la mora si sistemò la camicetta e gli odiosi bottoni che non la volevano smettere di tirare.

Fece per estrarre la bacchetta e sistemarli quando il suo compagno di banco trasalì all’improvviso.

Lo guardò alzando un sopracciglio.

Era certo: era finita nella Casa degli sfigati.

Lo vide alzarsi dal banco, traballando e sudando,e si accorse solo allora che alla lavagna erano scritti gli ingredienti e le fasi per la pozione di quel giorno.

Poco male, l’aveva studiata e perfezionata nell’anno passato, era un lavoro da massimo un ora con gli ingredienti giusti.

Si alzò, seguendo la massa verso un mobile pieno di vasetti ed ampolle, e lanciò un occhiata al professore.

Era seduto, quindi non poteva accertarsi se fosse alto o basso. Aveva i capelli lunghi fino alle spalle, di un nero pece come i suoi, tranne che quelli del professore sembravano trascurati da almeno cinque giorni.

Seguì il profilo del naso, orribile, per scendere alla bocca dalle labbra fini e stirate in un’espressione seria e quasi arrabbiata. Ma ciò che colpì la giovane erano le mani; mani stupende, con lunghe dita affusolate che accarezzavano ed accompagnavano la piuma sopra la pergamena. Mani da pozionista.

Sua madre le diceva sempre che lei aveva delle belle mani, proprio adatte ad una pozionista, e si ritrovò a sorridere mentre sceglieva gli ingredienti.

 

 

 

 

Come doveva comportarsi? Non osava alzare gli occhi.

Dopo sei anni passati a vedere tutti i santi giorni le facce di quelle teste di legno ecco arrivare lei, con i capelli corvini e lunghi come portava sempre sua madre. Non aveva più soffermato lo sguardo sulla sua figura, costringendosi a spiegare per l’ennesimo anno, tutte le faccende burocratiche della scuola. Lei sembrava non averlo neppure visto.

Che sapesse già tutto?

Basta Severus, torna ad essere il professore bastardo che sei sempre stato.

 

 

 

Quasi canticchiava mentre tagliuzzava l’intestino di salamandra e schiacciava vari fagioli.

Ogni tanto si voltava per controllare il suo compagno di banco, sempre più teso e sudato.

Se le andava bene sarebbe svenuto prima che lei completasse la sua pozione. Il professore, dal canto suo, non sembrava neppure accorgersi degli errori che il ragazzo commetteva e ciò le faceva montare il nervoso.

Era un professore, pagato per insegnare, che facesse il suo lavoro.

Niente.

Dopo aver sgridato Lavanda (ecco il nome dell’HelloKitteniana) era passato a Potter, saltando Hermione che, notando il fumo nel suo calderone, andava più che bene.

Fece il giro di diversi banchi di Corvonero, lanciando frecciatine e rimproveri a vari studenti.

Non resisteva più. Era a metà della sua pozione, erano passati quasi quaranta minuti, e il ragazzo accanto a lei rischiava di far esplodere la scuola.

-Com’è che ti chiami te?- Sussurrò la giovane mentre faceva cadere uno alla volta, ad intervalli di pochi secondi, delle zampette di ragno.

-Ne…Nev…Neville.- Balbettò il ragazzo, con voce poco più alta di un pinzo di pulce.

-Neville, se provi a mettere tutte quelle zampe di ragno insieme alle interiora di gatto ed ai fagioli tagliati in quella maniera andrai su tutti i giornali venendo raffigurato come “il ragazzo che fece esplodere Hogwarts”. Lascia fare, ti faccio vedere come si tagliano questi… Ed i fagioli, non tagliarli. Schiacciali col coltello. Così, vedi?-

Ma Neville non ascoltava ne vedeva. Rose alzò lo sguardo per trovarsi a pochi centimetri del visto la veste nera del professore.

Nero dentro il nero.

Si fissavano, senza proferir nessuno dei due parola.

La giovane stava quasi per parlare quando l’uomo la precedette:

-Signorina Jenson, la ringrazio per l’occhio nei confronti del signor Paciock, ma non sopporto le persone so-tutto-io che tantano di aiutare il compagno per farsi vedere superiori a loro anche se, in questo caso, anche un primino avrebbe più successo di lui.-

-A fine lezione potrei andare a parlare col preside per sentire se mi assume come sua assistente visto che lei non adempie al suo dovere per evitare che i suoi studenti facciano esplodere la scuola con pozioni al di poco scadenti. Non è compito suo insegnare?-

Snape sgranò gli occhi, così come il resto dell’aula. Persino Paciock si era voltato a bocca aperta verso di lei.

-Cosa ha detto, prego?- Sussurrò il professore con voce bassa e minacciosa.

-Le ho detto che dovrebbe evitare che studenti come il qui presente Paciock  commettano errori del genere. Neville, aggiungi almeno un po’ d’acqua, quelle sostanze se inalare non fanno tanto bene, sai.- Continuava a parlare con gli occhi fissi in quelli del professore, mantenendo la calma ed i pensieri al loro posto.

La testa iniziò a dolergli e fu costretta a distogliere lo sguardo.

Si alzò di colpo, raccogliendo la sua borsa per avviarsi verso la porta.

-Mi metta pure in punizione, Professore.-

Snape rimase immobile, le mani sempre appoggiate sul caldo legno del banco, con la testa che gli esplodeva.

Era andata via.

Si era alzata, lei, dalla sua lezione e se n’era andata.

-Finite entro venti minuti la pozione che state facendo poi uscite tutti dalla mia vista. Voglio una pergamena lunga minimo novanta centimetri, per domani, sulla pozione che avete preparato oggi.-

Nessuno osò aprire bocca.



********************************************************************
Allora...
Come sapete non posso scrivere in "giorni prestabiliti" perchè, avendo casa e lavoro, mi è alquanto difficile.
Spero comunque di aver sfornato un buon (e lungo) capitolo e che sia di vostro gradimento.
Ringrazio le due anime che hanno lasciato i commenti. Mi fa piacere leggere cosa ne pensate ^^
Ed anche voi, lettori e lettrici anonimi, lasciate una zampata su questa fic.
Mica mordo sapete? Tanto tanto qualche Crucio ma... Morsi mai :p
Alla prossima.

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Capitolo 5
*** Intrusioni pericolose ***


LilyRose saltò la cena, tirando fuori tre pacchetti di grissini dal suo baule. Li aveva nascosti in caso di emergenza e, cavolo, quella era più di un’emergenza. Mente sgranocchiava si massaggiava la tempia sinistra con la mano, le fitte che non le lasciavano prendere respiro.

Impossibile, quell’uomo era incredibile e impossibile.

Da quel che sapeva sulle leggi scolastiche una cosa del genere era proibita in qualunque struttura. Forse non in tutto il mondo, ma in Europa sicuramente.

Restò a giocare col cane, ben nascosto sotto il suo letto, facendogli fare le azioni base. Seduto, terra, striscia. Si rilassava, si sentiva meno sola.

Continuò a dare colpetti affettuosi al collo del cane finchè non scoccarono le nove e sentì salire le scale per il dormitorio femminile una compagna di anno. Per fortuna era Hermione.

-Rose… ma cosa ti è saltato in mente oggi?-

No, forse Grangy era una maledizione in quel momento. Ogni volta che ripensav all’ora passata nei sotterranei le faceva partire le fitte.

Scese dal letto e frugò nel suo baule.

-Rose, forse è meglio che ti spieghi un po’ di cose. Il professor Snape ha la fama di essere un vero…-

-Stronzo?- Finì per lei la mora, tornando sul letto a mani vuote.

-Si, in effetti.. Ma è pur sempre un professore e, a modo suo, insegna in questa scuola da diversi anni. E poi Silenti si fida di lui e…-

-Grangy, placati.- La mora si alzò dal letto, dirigendosi verso la porta del dormitorio.

-Grangy sai per caso dove posso trovare dei testicoli di drago, budella di rana, e fiori di garofano?-

Bastò vedere l’espressione sul volto di Hermione per far capire alla nuova arrivata che le avrebbe trovate solo in un posto.

 

 

 

Si perse tre volte, una delle quali rischiò di cadere di diversi piani per colpa delle scale stregate di Hogwarts, ma alla fine LilyRose raggiunse i sotterranei e si diresse verso l’ultima aula, quella di pozioni.

Rovistò con cautela nello scaffale dove solo poche ore prima aveva preso gli ingredienti per la lezione.

Alzò la bacchetta illuminando anche gli scaffali più alti ma, non trovando ciò che desiderava, se ne andò sbuffando verso un'altra porta.

Era solo a pochi metri dall’aula, quindi non poteva sbagliare. Provò a bussare ripetute volte, aspettando paziente di ricevere risposta, ma quando vide che la stanza non era occupata da nessuno si abbassò a puntare la bacchetta ormai spenta nella serratura.

La tenue luce provocata dalle candele che adornavano le scale dei sotterranei non era molto d’aiuto in quelle occasione, ma meglio che niente. Passarono diversi minuti nei quali la giovane stava per mollare tutto, quando un click la fece sorridere.

Aveva forzato diverse porte in sei anni di scuola, tante e diverse porte, ma quella era particolarmente difficile da aprire. Spinse il portone ed entrò nell’oscurità, sentendosi un po’ più al sicuro.

Con un lieve Lumus illuminò la stanca, decidendo da che parte iniziare.

Si avvicinò alla scrivania dove diverse pergamene erano arrotolate con precione, poi passò alla sedia imbottita, lasciandosi cadere alla tentazione di provarla. Girò per gli scaffali maneggiando ampolle di ogni genere. Ma non ciò che cercava.

Sbeffando continuò la sua ricerca, passando ad un'altra stanza che scoprì essere il bagno. Richiuse la porta senza neppure entrare e si affacciò a quella che doveva essere la camera. Si guardò le spalle prima di socchiuderla dietro di se.

Aumentando la luce passò lo sguardo sull’anonimo arredamento della stanza: un bel letto a baldacchino con coperte pulite e profumate, varie libri poggiati su di un comò, un grande armadio a quattro ante ed un tappeto cremisi ai piedi del letto.

Non andava bene.

Dove nascondeva le pozioni il professore?

Guardò sotto il letto, dentro l’armadio, fu tentata di guardare anche sotto il tappeto quando i suoi occhi si posarono su una piccola bacheca ricavata dal muro vicino all’armadio

“Centro”. Pensò la giovane mentre si avvicinava decisa e apriva le ante di legno.

Meraviglia delle meraviglie, LilyRose rimase a bocca aperta sulla vastità di ingredienti all’interno di quel rifugio.

Prese un’ampolla contenente parti di un cuore che, poteva giurarlo, era di un Unicorno. Era illegale uccidere gli unicorni, un decimo del contenuto di quell’ampolla poteva far campare la giovane e altre dieci generazioni. Rimesso l’oggetto con cura al suo posto continuò nella ricerca, mettendosi nella tasca della gonna vari fiori di garofano e zampe di pipistrello già tagliuzzate a dovere.

Era tentata di prendere un pezzo del cuore dell’unicorno ma di sicuro il professore se ne sarebbe accorto. Optò, invece, per il veleno di alcuni tipi di ragno e serpente, utili nel preparare pozioni “quasi” legali che avrebbero fruttato vari galeoni se venduti al giusto acquirente.

Stava ancora cercando quando si sentì qualcosa di freddo e duro puntare al collo.

 

 

 

Severus guardò la porta socchiusa con un misto di rabbia ed incredulità. Chi aveva osato entrare nel suo ufficio? E chi si era permesso di invadere i suoi spazi privati?

Inutile dire che il primo pensiero fu rivolto a Potter.

Digrignando i denti, con la bacchetta in pugno, il professore avanzava silenzioso per la piccola stanza, osservando la scrivania che sembrava intatta quando una flebile luce, proveniente dalla sua camera, lo fece infuriare.

Poteva spezzarsi i denti da quanto stringeva, la rabbia visibile dalla vena sul collo che pulsava come non mai.

“Potter… O caro dolce e amabile Potter… Non ti bastava essere la celebrità della scuola, l’idolo di tutti, il degno figlio di tuo padre. Questa è l’ultima… L’ultima volta. Al Diavolo, finirò ad Azkaban, Silente mi ucciderà, ma questa volta gliela farò pagare cara.”

 

 

 

 

Rimase immobile, non sapeva cosa fare.

Dandosi della stupida si rese conto che non aveva pensato cosa avrebbe fatto se il professore fosse tornato mentre lei era dentro. Poteva lasciare un incantesimo, qualcosa che l’avvertisse che stava arrivando.

Si, come no, tanto dove poteva andare una volta saputo che stava arrivando?

Non c’erano vie di uscita secondarie dai sotterranei, o almeno lei non le conosceva. In alternativa, però, poteva nascondersi e passare la notte sotto il letto.

Sospirò, mettendo sullo scaffale l’ampolla che aveva in mano.

-Mi scusi professore, stavo cercando degli ingredienti per varie pozioni di altissima urgenza e, non volendola disturbare, ho pensato di farla da sola prendendo gli ingredienti.-

Non si mosse, con la bacchetta puntata alla gola era l’ultimo dei suoi pensieri.

-E’ inutile Jenson che faccia la ruffiana con me, non funzionerà. Adesso svuota le tasche e subito nel mio ufficio.-

Stranamente LilyRose sentì la voce dell’uomo abbastanza calma.

Abbastanza perché il suo “essere normale” significava avere un tono basso, minaccioso, pronto ad ucciderti. Invece quella sera era quasi rilassato, divertito, forse pronto a deriderla con punizioni esemplari. Come pulire il gabinetto con lo spazzolino da denti come nei film babbani americani.

A malincuore lasciò sullo scaffale il contenuto delle sue tasche, sentendosi triste all’idea di quanti galeoni stava perdendo ogni secondo che passava.

Si voltò a guardare il professore che, nel mentre, aveva riposto la bacchetta e la guardava con gli occhi socchiusi.

-Prego.-

LilyRose desiderò impalarlo. O almeno fare la bastarda con lui in egual maniera.

Invece mosse le gambe e andò a sedersi sulla misera sedia davanti alla scrivania.

Aspettava in gloria la punizione. Era pronta.

 

 

 

Il professore, allo stesso tempo, non era per niente pronto a ciò che gli si parò davanti.

Primo giorno di lezione e già le aveva risposto a tono, era entrata di nascosto nei suoi alloggi e cercava di rubargli ingredienti per le pozioni.

Erano davvero sicuri che fosse figlia sua?!

Gli bastò guardarla negli occhi, in quei profondi occhi neri, per rispondersi.

Si sedette sulla sua poltrona, prendendo un bel respiro prima di iniziare a parlare.

-Allora… Jenson… Posso capire la difficoltà iniziale nel cambio di scuola, passo a stenti la sua reazione di questo pomeriggio ma non tollero che siano invasi i miei spazi privati.- Parlava piano, quasi sussurrando, era il suo tono per mantenere la calma di fronte alle catastrofi ed alle furie omicida.

-Stia tranquillo professore, non avevo intenzione di invadere i suoi spazi.-

Ecco, una mocciosa di sedici anni che già gli metteva i piedi in testa!

-Allora mi dica… Cosa aveva intenzione di fare una volta conclusa la pozione cambia voce e la pozione inebriante, di grazia? Non mi guardi così, non a caso insegno da quattordici anni in questa cattedra.-

-Non ho un soldo dietro, gli ultimi li ho spesi due settimane prima della scuola per il biglietto del treno e la spesa per sfamarmi a casa. Dato che mi mancano i libri di testo, e non ho intenzione di prostituirmi, la vendita delle pozioni mi pare la cosa più logica.- Lo disse con una tranquillità tale da far venire i brividi a Severus.

Sarebbe morto entro la fine dell’anno, se gli andava bene prima del suo compleanno. Non avrebbe resistito a quella belva con le gambe accavallate che la guardava con sfida dall’altro lato della cattedra.

-Non hai i libri di testo?-

-Non ha sentito bene professore? Non ho ricevuto neppure la lista se è per questo… Però ho un comodissimo libro in tedesco sulle pozioni che qui studiate nelle classi quarte ed un libro francese di erbologia. Gli altri li ho venduti, erano abbastanza inutili, sa…-

Il professore si passò una mano sul volto, stropicciandosi gli occhi con i pollici.

-Tua madre non ha provveduto a comprarti i libri per la scuola?- Quale madre poteva dimenticare una cosa del genere?!

-No, mia madre è partita ad inizio estate. Siamo tornati dalla Germania a maggio ed a metà giugno è ripartita per la Danimarca. Ha delle mostre di quadri con suo marito e sa che posso badare a me stessa.- Quante volte aveva ripetuto quella cantilena? Aveva perso il conto.

E Severus aveva perso il conto dei secondi che era rimasto a bocca aperta davanti a quell’esclamazione. Così, senza pudore, vergogna, rabbia.

Lui sarebbe già scappato da tempo.

Lui, che fu costretto a passare tre mesi ogni anno a Spinner’s End contro la sua volontà.

-Ti avrà lasciato qualcosa. Il tuo patr… Tuo padre ti avrà almeno detto che…-

-Come fa a sapere non è mio padre?-

Sembrava che la ragazza avesse una dote innata: la capacità di spezzare le frasi al professore con assoluta nonchalance.

-Noi professori siamo informati sui nostri studenti. Sono piccole accortezze che il preside tiene farci sempre notare.-

-Beh, non che sia difficile notarlo professore… Vivere in una famiglia dove la madre è di capelli castano e gli occhi chiari ed un presunto padre biondissimo e con gli occhi azzurri con a seguito tre marmocchietti  con la stessa fisionomia…-

Severus si soffermò a guardare incantato il sorriso sul volto della ragazza che raccontava la storia della sua vita come se fossero vecchi amici ritrovati dopo tanto tempo. Una fitta di calore prese lo stomaco del professore che si trattenne per bene dal cadere in trappola.

-Signorina Jenson, immagino tu voglia raccontare a tutti la tua triste storia familiare ma siamo qui seduti per parlare del suo tentato furto di ingredienti, possibile vendita illegale di pozioni, e dell’intrusione nei miei alloggi privati.-

Si sentiva bene così, in versione “uomo bastardo”.

-Perché, professore, non parliamo delle leggi che vietano la lettura del pensiero contro la volontà della “vittima”? – Si sporse dalla sedia, andando a poggiare i gomiti sulla liscia tavola. –Ho un mal di testa tremendo ed è dovuto al suo tentativo di leggermi la mente.-

E come fa- Rispose Severus, poggiando anch’esso i gomiti sulla scrivania avvicinandosi alla ragazza quasi da sentirne il profumo – a chiudere così bene la sua mente, accorgersi dell’intrusione e, nello stesso tempo, tentare di leggere la mente di un professore?-

-Lei è un vero bastardo.-

-Professore, prego.-

-Rimane pur sempre un professore assolutamente bastardo.-

Severus ridacchiò. Era sicuramente sua figlia.

-E mi dica, come fa una dolce studentessa a sapere queste nozioni di Arte Oscura? Chiudere la propria mente e nello stesso tempo leggerne un'altra non è cosa da poco.-

-La informo che in Germania si tenevano due ore a settimana di Arti Oscure. Certo, non in pratica, ma la teoria è sufficiente.-

Severus sprofondò di nuovo sulla poltrona, passandosi nuovamente le mani sul volto.

-Dimmi, cosa dovrei fare con te adesso?-

-Di solito, per una cosa del genere, le possibilità sono molte: espulsione, divieto di un attività extrascolastica, richiamo dei genitori, punizione fino a quarant’anni di vita…-

-Zitta, sto ancora pensando.-

LilyRose rise. Era un professore bastardo ma, infondo, era convinta che durante l’anno si sarebbe divertita un sacco.

-Allora non mi mette in punizione?-

Oh, come avrebbe voluto mettere in punizione quella ragazza… Avrebbe voluto mettere in punizione tutti gli studenti pur di non vedere le loro facce per almeno una settimana.

-Può andare per stasera ma non provi mai più ad entrare nei miei alloggi ne tanto meno rispondermi a tono durante le lezioni. E verrà inviato un gufo a tua madre per farle presente che hai bisogno di soldi.-

-Professore le ho già detto che mia madre è in Danimarca e, mi creda, non naviga nell’oro come vuol far credere…-

L’uomo sperò soltanto di non dover mai incontrare quella Violet Jenson nell’arco della sua vita.

-Allora che se ne occupi il tuo patrigno; non puoi andare in giro per la scuola senza neppure un libro.-

La giovane pensò ad un anno senza libri di trasfigurazione e alle lezioni supplementari che avrebbe dovuto fare con Catwomen.

Rimase in piedi accanto alla sedia, indecisa se dire o no la verità a quell’uomo. Ma, suvvia, non l’aveva ne espulsa ne messa in punizione. Almeno nell’immediato futuro.

-Ian non è il mio vero patrigno. Non mi ha mai fatto mancare niente ma non ha voluto prendermi sotto la sua custodia. Alla fine ha già tre meravigliosi figli maschi biondissimi con gli occhi azzurrissimi con mia madre. Che se ne farebbe di una figlia mora con gli occhi scuri? E’ come se dicesse “Ehy! Mia moglie se l’è fatta con un altro!”. La ringrazio professore, vedrò di farmi prestare i libri da qualche compagna di corso. Se è tutto…- Fece per andarsene, con un peso in meno sul cuore. Non aveva mai detto a nessuno quella cosa di Ian. Le voleva bene, ma era stato ben chiaro dicendo che non voleva avere a che fare niente, legalmente, con lei. Aveva già la mano sulla porta quando la voce del professore la intimò di fermarsi.

-…Ehy…- Fece un mezzo cerchio in aria con la bacchetta e sulla scrivania comparvero una serie di vecchi libri. –Portali nel tuo dormitorio. Non sono di prima scelta, ma potrai studiare.-

E fu in quel momento che un pezzo del cuore di Severus si staccò dal corpo, martellando nella cassa toracica. La giovane ragazza si voltò, con un sorriso stampato in volto come se gli avesse appena offerto il posto per Ministro della Magia o dei Gradi di Merlino al Valore. Guardò gli occhi scuri, come i suoi, però riempiti di una gioia e vivacità da colorare l’intera stanza. Quando si sporse per prendere i libri una ciocca di capelli ebano le cadde sul volto, scacciata subito da delle bellissime mani, mani da pozionista.

-La ringrazio professore. E scusi per l’intrusione.-

Il suo cuore sussultò di nuovo. Aveva reso felice sua figlia. Aveva fatto sorridere la sua bambina.

Fu strano, come l’arrivo della lettera per Hogwarts ai bambini undicenni.

-Professore? Chi è il Principe MezzoSangue?-

-Un ex studente di questa scuola che ha lasciato qui i libri.-

Sorrise fra se. Dopo quasi vent’anno si sentiva quasi un uomo felice.

 

 

************************************

Ho scritto la bellezza di sei pagine ed avrei voluto farla continuare ancora un po’, sono sincera.

Mi piace l’idea che la figlia di Snape abbia ereditato quel suo lato “bastard inside” e che gli dia filo da torcere.

Mi sono divertita a scrivere questo piccolo capitolo e spero che sia di vostro gradimento.

Come sempre, accetto volentieri le vostre opinioni su consigli, prediche… Quel che volete ^^

Buona serata.

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Capitolo 6
*** Regali di Natale ***


-Severus?-

L’uomo si voltò di scatto, la bacchetta in pugno, ignaro di ciò che l’attendeva.

Fu colpito all’addome da una palla di splendidi fili rossi ma non cadde a terra, venne retto da due braccia dietro la schiena. La palla si rivelò essere un ammasso di capelli, un dolce e ardente intrigo di fiamme rosse che nascondeva un viso perfetto.

-Siamo amici vero?-

Le accarezzò col pollice la guancia, soffermandosi vicino alle labbra stirate in un sorriso.

Fanculo, non voleva essere un amico, neppure il suo migliore amico.

Si chinò per poter sfiorare col suo naso adunco quello perfetto e ricolto in alto della donna.

-Non potrò mai essere tuo amico. Lo sai. Lo hai sempre saputo.-

Ma furono le mani della rossa ad afferrare gentilmente il volto del pozionista per portarlo ad accostare le proprie labbra alle sue.

Quando la carne chiama, la ragione non può farci niente.

Severus schiuse le labbra, beandosi della dolcezza delle labbra dell’unica donna che veramente conta, contava e conterà, per lui.

Si accorge di essere troppo invasivo, troppo preso da quella passione che ha celato alla meglio sotto la sua maschera per anni.

Lei si allontana, gli occhi verdi pieni di vita e di amore.

Per lui.

-Si, l’ho sempre saputo.-

L’uomo si lasciò sfuggire un gemito mentre si alzava di scappo dal letto, la fronte imperlata di sudore ed il respiro corto.

Si voltò verso il comò per prendere l’orologio.

Le cinque e mezza del mattino, ancora tre ore e mezza prima dell’inizio delle lezioni. Si passò una mano sul volto, scostando le coperte, notando che c’era qualcuno che si era svegliato prima di lui.

Severus Snape lasciò ricadere le coperte sul corpo per poi sprofondare nuovamente fra i cuscini.

 

 

 

LilyRose tentò invano di soffocare la sua sorpresa man mano che sfogliava i volumi del Principe.

Era un genio.

Prese voti discreti a trasfigurazione e riuscì a distillare una delicatissima pozione in un solo mese.

Per Halloween, la festa di ogni strega e di ogni mago, aveva già fatto così tanti galeoni da pensare già ai regali di Natale.

Già, Natale.

Era la vigilia e se ne stava seduta sul suo letto a baldacchino guardando la sua compagna di anno chiudere la piccola borsetta, pronta a partire.

-Davvero non vuoi venire da noi per Natale? Saresti la benvenuta Rose, davvero.-

-Ti ringrazio ma mi basta una sola Grangy per volta. E’ schizzato pure il tuo gatto, ti ricordi che ad inizio mese è saltato addosso a Zanna Bianca?!-

La voce della mora era lieve, soave, scherzosa. Si alzò, andando a prendere un piccolo pacchetto rosa confetto sotto il proprio cuscino.

Si voltò giusto in tempo per vedere l’espressione di Hermione tramutarsi in sorpresa.

Si avvicinò alla riccia ancheggiando, un sorriso beffardo stampato in volto, porgendole il pacchettino.

-Non dirmelo: mi hai davvero preparato un veleno come mi avevi promesso?- Hermione rise fra se, iniziando a staccare il nastro adesivo babbano.

-Grangy, non sono così villana! Soprattutto non dopo avermi passato i compiti delle vacanze già revisionati di trasfigurazione!-

Andò a sedersi sul letto, le mani in grembo ed il cuore che le batteva per l’eccitazione.

Aveva cercato in lungo ed in largo il regalo giusto per la secchiona Grinfondoro ma niente, a Diagon Alley, aveva attirato la sua attenzione.

-Merlino….-

LilyRose posò i gomiti sulle ginocchia, sorreggendosi il mento con i palmi delle mani.

-E’ una cosa semplice Grangy, spero ti piaccia.-

Ma Hermione neppure l’ascoltava, fiondandosi ad abbracciare la mora sorridendo felice e divertita.

-Credimi, è uno dei più bei regali che abbia mai ricevuto-

Le stampò un bacio sulla guancia per poi sedersi accanto a lei.

-Ehy! Come sarebbe a dire  “uno dei più belli”? Ma senti te questa leoncina sfrontata… Dammelo, lo rivoglio!-

Ma scoppiarono entrambe a ridere mentre la riccia le passava il braccialetto e le porgeva il polso dell’altro braccio.

La mora si assicurò che il gancio fosse ben chiuso e che reggesse per poi prendere delicatamente il polso dell’amica per metterlo più vicino alla torcia dietro di loro.

Avvicinarono entrambe gli occhi ai piccoli anelli d’argento che formavano la cordicella; nessun ciondolo o incisione.

LilyRose si era raccomandata alla commessa di farle vedere solo i bracciali d’argento a maglie un po’ larghe ma non esagerate.

Ed eccole li le sei lettere che, controluce, facevano capolino dentro i cerchietti, cangiando colore ad ogni movimento.

Hermione lesse ad alta voce la parola che compariva e scompariva.

Amiche.

-L’ho fatta scrivere in Italiano Grangy, almeno se qualcuno ti chiede cosa ci sia scritto puoi sempre dire che è il nome di un bel maschione Italiano!-

Hermione diede una spinta alla mora, ridendo di cuore prima di salutarla e scendere le scale.

 

 

 

I tavoli nella Sala Grande erano scomparsi ed alla giovane Jenson quasi prese un colpo. Che fossero andati via tutti lasciandola sola? Dov’era la cucina? Gli elfi domestici godono di ferie e di festività?

Si stava facendo prendere dal panico quando sentì qualcosa dietro di lei.

Si voltò giusto in tempo per veder comparire, trotterellando, il suo Border Collie, il manto bianco e nero lucido grazie al bagno che le aveva accuratamente fatto la mattina stessa.

Dietro il cane comparve anche il professore di pozioni e LilyRose rimase senza fiato.

Cena di Natale a lume di candela col caro professore?

Che cosa romantica.

Assottigliò lo sguardo, gli occhi scuri marcati ancor di più grazie alla matita che si era messa prima di scendere, pronta a fare la battuta quando dietro di lui spuntarono anche Catwoman, il Nonnetto con uno strambo cappello in testa, Hagrid il guardacaccia, ed una strana tipa piena di sciarpe che riconobbe come la professoressa di divinazione.

LilyRose si divertiva molto anche con quella.

-Oh! Sei già qui!- Il preside le mise una mano sulla spalla stringendola affettuosamente. –Credevo tu tardassi ancora un po’. Di solito i ragazzi della tua età lo fanno sempre, no?-

La mora fu tentata di chiedergli come facesse a tirar fuori certi paragoni se lui stesso non aveva famiglia ed era gay.

Il nonnetto gay che lei amava tanto, ripeté una vocina soave nella sua testa.

LilyRose aveva conosciuto solo la nonna materna, rimasta vedova quando Violet era ancora una bambina.

Le mancava la figura del nonno, la figura che vedeva nei film babbani o quando usciva dalla scuola babbana quand’era piccola. I suoi piccoli e felici compagni di scuola elementare che correvano fra le braccia di quegli uomini col volto segnato dal tempo, dal sole, e dall’esperienza.

Sorrise al preside, stringendogli le braccia al collo augurandogli un Buon Natale.

Infondo era gay, no?

Quando si staccò dall’anziano uomo e si voltò verso la sala, fu sorpresa di vedere un piccolo tavolo apparecchiato, con tante pietanze appetitose sulla liscia tovaglia rosso e oro.

Su una cosa aveva avuto ragione ad inizio anno, ad un'altra no:

Aveva preso tre chili ma, grazie ai libri del Principe ed all’aiuto della Grangy, non era finita trasfigurata in un tacchino.

Ma era sempre la vigilia.

La giovane si tenne ben lontana dall’animagus, andandosi a sedere dall’altra parte del tavolo, accanto al preside.

-Severus, caro ragazzo, siediti vicino a lei!-

Jenson alzò la testa di lato, facendo gli occhioni dolci al professore, con tanto di battito di ciglia coperte di mascara.

L’uomo sbuffò, non era la prima volta che lo faceva ma, per fortuna, ritagliava queste “effusioni bastarde” quando gli altri studenti non erano nei paraggi.

Prese posto, davanti a lui la Professoressa mcGrannit e, accanto a quest’ultima, il robusto guardacaccia. Il preside a la stramba professoressa visionaria si fronteggiavano da capotavola.

Zanna Bianca si piazzò accanto alla padrona, la testa poggiata dolcemente sulla sua gamba, gli occhioni dolci come per dire “E’ Natale anche per me, sai?”.

Il preside batté le mani ed i calici d’oro comparvero dinnanzi a loro, colmi del liquido cremisi tipico del vino elfico. Tranne uno.

La giovane afferrò il calice, guardando all’interno con espressione truce.

-E’ Natale anche per me!-

-Sei minorenne, accontentati del succo di zucca. E’ buono.- Gli rispose Severus piano, allungando la mano per afferrare anch’esso il proprio calice.

Non ce la faceva, le tremavano già le mani e si morse la lingua per non rispondere a tono alla sfida.

Almeno non subito.

Gentilmente sovrappose le mani dell’uomo con le proprie e, con gesti gentili e delicati, scambiò il proprio calice col suo.

-Ecco. Visto che le piace così tanto il succo di zucca, professore- sottolineò l’ultima parola, la bastardaggine che veniva fuori pian piano. -  beva pure il mio. Tanto a me fa schifo.-

Alzò il bicchiere a mo di brindisi e ne buttò giù un sorso.

Il liquidi caldo le scese fino allo stomaco, scaldandola all’interno.

Era squisito. Altro che quella robaccia colorata che davano in Francia!

Posato il calice guardò il resto dei professori, come se nulla fosse stato.

 

 

La cena fu ottima ed il professore di pozioni riuscì a riavere il suo calice di vino elfico, affibbiando di nuovo il succo di zucca alla testa di legno a fianco a lui.

Ogni tanto la osservava di sottecchi, mentre tagliava il tacchino o rispondeva a domande tecniche su qualche materia o attualità.

-Allora Lily, immagino tu sappia bene che sei l’ultima arrivata e che, si sa, ogni anno siamo sempre i soliti quattro gatti a cena in questo tavolo, quindi stasera ti verranno poste alcune domande.-

La voce del preside fece trasalire il giovane uomo.

Come si permetteva di chiamarla Lily? Che motivo c’era di fare domande proprio ora?

Sapeva che prima o poi il vecchio malefico l’avrebbe fatto, gli avrebbe tirato un colpo basso.

Non avevano più discusso della questione padre/figlia fino a quel momento chiedendogli solo, invece, come procedeva la sua cultura in fatto di magia e l’andamento scolastico.

Doveva immaginarselo, avrebbe dovuto accettare l’invito a cena del Signore Oscuro e dire in giro che il preside aveva visto troppe volte la Bella Addormentata nel Bosco e si era sparato una boccetta di Distillato della Morte Vivente.

-Signore, è una minaccia?-

Ed eccola lei, gli da corda!

Severus era tentato di ficcare il piattino con l’enorme fetta di dolce coperto di cioccolato dritto in bocca al preside, giù nell’esofago.

L’idea di sprecare così del cioccolato lo metteva in difficoltà. Gli piaceva troppo il cioccolato, il suo peccato di gola. Da bambino l’avrà mangiato si o no dieci volte…

-Tua madre è sempre in giro per lavoro?-

-Oh si- la giovane si lasciò contro lo schienale imbottito, accavallando le gambe fasciate dai jeans chiari. –In questo momento è in Olanda. Fino a due settimane fa, invece, era in Danimarca. Fa la pittrice, disegna a mano le sue opere e le colora sfumando con la magia. Credo sia per questo che i babbani trovino affascinanti i suoi quadri. Mi ricordo quel papero che cambiava tre o quattro colori. Orribile, lasciatemelo dire!-

Scoppiarono a ridere. Tranne due persone. Una troppo alticcia per rendersi conto della battuta, uno sconcertato dall’imbecillità di quella donna che aveva messo al mondo sua figlia.

-Ahah! Mi ricordo di Violet; una splendida e simpaticissima Tassorosso.- Esclamò il preside sorridendo ai ricordi andati.

-TASSOROSSO!?-

Severus non voleva urlare. Ma lo fece. Non voleva neppure credere alle parole del preside se doveva essere sincero.

Una tassorosso…  Se l’era fatta con una tassorosso!  Ora capiva la stupidità di quella donna, la mancanza di soldi e di libri di testo alla figlia.

Era così preso dai suoi pensieri che non si accorse neppure degli sguardi degi altri componenti della tavola, cane incluso.

-Si professore, qualche problema? Mia madre era di quella casa, così come suo padre. Mia nonna invece era Corvonero, ma non so con esattezza di che casa erano mio padre e la sua famiglia.- Fissò gli occhi in quegli scuri del professore. Fu solo un attimo, poi tornò la solita ragazza allegra di sempre, il gene Tassorosso che sovrastava il Serpeverde. –Mia madre vive con Ian e hanno tre bellissimi e biondissimi figli maschi. Vivono un po’ per il mondo. Da una parte è bene, no? Insomma, mica tutte le ragazze della mia età hanno casa libera tutte le estati, no?-

Sorrise divertita ma Severus non cadde come gli altri insegnanti sotto quel falso e bellissimo sorriso.

 

 

-Professore?-

L’arcigno professore di Pozioni si accingeva a raggiungere velocemente la sua stanza, il suo rifugio, la sua salvezza.

La cena con i Mangiamorte sarebbe stata davvero una passeggiata in confronto.

Cercò di ignorare quella voce da cantante che gli stava alle costole, la porta a pochi passi da lui.

Poteva farcela.

-Professore!-

Eccola, la maniglia. Delle mosse veloci e poteva essere al sicuro, sbarazzarsi della piccola chiacchierona.

Stava chiudendo il battente quando, a pochi centimetri, si bloccò.

Osservò rassegnato il piedi in contrasto nella porta, sospirando disperato.

-Lasciamo almeno respirare, ti chiedo tanto?-

-Non le ho ancora dato il regalo di Natale, Signore.-

Severus inclinò indietro la testa, lasciando piano la maniglia.

 

 

 

Quell’uomo era un disastro. Non si meravigliava affatto se era ancora single. Il piede le faceva male ma ignorò con classe il dolore pulsante, andandosi a sedere sulla sedia davanti la scrivania.

Inclinò la testa da un lato, aspettando che l’uomo si sedesse davanti a lei per allungare un pacchetto verde e argento fra le pergamene dei compiti.

Sentì un lieve rossore prenderle il volto e non riuscì a toglierlo, neppure quando il professore lo allontanò gentilmente con una mano, accantonandolo da un lato.

-Vuole dirmi qualcosa?-

-Perché alterna il “lei” formale ed il “tu” quando parla con me?-

Non lo capiva, che avesse problemi tipo dislessia o cose del genere? Lanciò uno sguardo speranzoso al pacchettino. Ci aveva messo così tanto tempo per incartarlo con quella carta colorata. Aveva persino messo il nastro a contorno, verde scuro. Avevano finito quello argentato, al negozio babbano.

-Tu…-

-Va bene- LilyRose si alzò di scatto, facendo gemere le gambe della sedia contro il pavimento. Odiava quel rumore. –Per stasera credo di averla stressata già troppo. Domani è Natale e stasera aspetterò che Babbo Natale passi dalla vecchia stufa del dormitorio e mi porti dei bei regalini. Buona notte professore. Buon Natale.-

Non c’era incertezza nella sua voce e se ne andò senza neppure una risposta.

Severus prese il pacchetto fra le mani, scartandolo con un gesto di bacchetta.

All’interno trovò un bigliettino oro e rosso con un leoncino animato disegnato in bianco e nero che ruggiva. Le lettere comparvero una alla volta, la grafia perfetta come anche la magia.

 

Sappia che lo rivoglio indietro. Ci tengo molto.

Buon Natale Principe.

 

Il pozionista prese l’album fotografico fra le mani, iniziando a sfogliarlo.

 

 

 

 

LilyRose arrivò al dormitorio sbagliando solo tre volte strada. Dato che era sola, e poteva spassarsela, fece salire Zanna Bianco sul letto insieme a lei.

La tristezza la prese d’improvviso, mentre coccolava il cane.  Un altro anno da sola a festeggiare.

-Per fortuna quest’anno ho te palla di pelo!-

Il cane chiuse gli occhi, entusiasta del massaggio alle orecchie che gli veniva concesso dalla padroncina.

La ragazza si lasciò cadere sul cuscino, tirando un urlo di dolore ed alzandosi subito massaggiandosi la nuca.

C’era qualcosa sotto il suo cuscino. Qualcosa di grosso che faceva male.

Scaraventò il sacco piano di piume in terra, avrebbe preso quello della Grangy in estremis, restando a bocca aperta scoprendo la scatola.

Era davvero grande.

LilyRose si sedette vicino a gambe incrociate, le mani tremanti che cercavano di sciogliere il fiocco dorato. Sollevò il coperchio della scatola per trovarvi all’interno un libro di “Trasfigurazione Oggi, Numero Speciale”, un maglioncino a collo alto color cioccolato ed una sciarpa bianca di lana. Sollevò l’indumento, provandoselo sopra i vestiti, prendendo infine in bigliettino d’auguri sul fondo della scatola.

 

Che tu possa passare uno splendido e felice anno a Hogwars.

 

Scoppiò a piangere. Per la contentezza.

Non serviva la firma per riconoscere chi era il mittente. Vedeva quelle piccole lettere tutti i giorni sui suoi libri e ogni volta che aveva lezione di pozioni.

 

 

********************************

Salve a tutti!

Lo so che ho saltato tipo tre mesi di scuola fra questo capitolo ed il precedente ma… Non c’era davvero niente d’importante accaduto a LilyRose in quel periodo.

Adesso viene il “bello” per lei. Forse per qualcuno il “brutto”.

Spero di avervi soddisfatto con questo capitolo. I commenti e le critiche sono ben accette:

Dona un commento, salverai una scrittrice!

Alla prossima e buona lettura ^^

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Compere natalizie ***


La cena di Natale fu, come tutti gli anni, una vera delizia per il palato dei giovani Grifondoro. Seduti chi sul letto, chi per terra, fratelli e amici si scambiavano i pacchettini di Natale, i nastri sparsi per tutto il pavimento.

-Hermione, cosa c’è scritto in quel braccialetto?-

Una ragazzina con lunghi capelli color del fuoco prese il braccio della ragazza riccia e se lo portò vicino agli occhi, studiandolo bene.

-Oh Ginny- Rispose la ragazza sorridendo – E’ un regalo. Dentro c’è il nome di un bel maschione Italiano. Dovrei fartelo conoscere…-

-Hermione!-

Quest’ultima scoppiò a ridere, osservando fra le lacrime i volti di Ron e Harry.

 

 

I fiocchi di candida neve si fecero vedere la terz’ultima sera dell’anno.

Nella notte i piccoli folletti bianchi erano scesi dal cielo per formare un mare di bianco mortale: così tentatore, così mortale.

La scuola, dominata dal silenzio, era una potente struttura che proteggeva i suoi abitanti.

O almeno quasi tutti.

Severus Snape fu svegliato dal vigoroso bussare alla porta del suo ufficio. La sera prima si era attardato a raggiungere la camera, sfogliando di nuovo l’album che la ragazzina gli aveva regalo.

Prestato, ricordò in un momento, mentre cercava la bacchetta sul comò.

Avrebbe chiuso la porta e dormito per almeno altre due ore.

Era un suo diritto, se lo meritava.

Il Signore Oscuro aveva gradito moltissimo la sua visita nel pomeriggio precedente e aveva insistito nel rimanere a cena.

Non che Severus disdegnasse la cucina degli elfi domestici dei Malfoy; tutt’altro.

Quindi era tornato altrettanto tardi nella scuola e, dopo una lunga doccia, incapace di prender sonno si era lasciato cadere sulla poltrona col volume fra le mani.

Il bussare non ne voleva sapere di cessare e, fra l’ira e la sonnolenza, la bacchetta finì in terra, rotolando infime sotto il letto.

Non sarebbe stata una buona giornata.

Severus continuò a ripeterselo mentre si alzava, prendeva una vestaglia, e andava ad aprire la porta.

 

 

Un uomo che arriva prima di te a colazione, prima di te a lezione, e prima di te in qualunque altro settore non poteva essere sempre sotto le coperte alle nove del mattino.

LilyRose continuò a bussare, la mano destra dolorante che non ne voleva sapere di arrendersi.

Aveva riflettuto molto la sera precedente, ed aveva preso il coraggio a due mani, si era vestita e truccata per l’occasione la mattina, e si era incamminata verso i sotterranei.

L’unico suo pensiero era il dover lasciare Zanna Bianca solo in camera per tutto quel tempo.

Sperava ne valesse la pena, lo sperava con tutta se stessa.

Fece una piccola pausa e, mentre alzava la mano sinistra per continuare nella sua impresa, il portone si aprì di scatto, mostrandole un Severus Snape in vestaglia grigia, spettinato, e senza ciabatte.

-Notte brava, professore?-

-Tieni quella tua boccaccia chiusa ed entra prima che cambi idea.-

Non se lo fece ripetere due volte, sgattaiolando all’interno del tetro studio. Non si capacitava del fatto che il professore vivesse con tutte quei pezzi di bestie in salamoia, sott’olio e, forse, anche sott’aceto.

Ebbe un brivido, mentre l’uomo le arrivava accanto, le braccia conserte e lo sguardo indagatore.

-A cosa devo questa visita mattutina, di grazia?- Chiese l’uomo, sinceramente preoccupato per la possibile risposta.

-Mattina? Tra poco sarà pronto il pranzo!- Esclamò la giovane, inclinando la testa di lato –E adesso animo, andarsi a cambiare.-

L’ex mangiamorte rimase a bocca aperta.

-Cosa hai detto?-

-Che deve andarsi a cambiare. Sono le nove e lei è sempre in vestaglia.- Mentre proferiva parola corrugò la fronte, quella vestaglia era orribile; fasciava il fisico del professore mettendone in risalto la magrezza.

-Senti.. Non ho bisogno di una balia, tantomeno di una studentessa, sottolineo non della mia Casa, che si permette di disturbarmi e, come se non bastasse, di venir qui a dar ordini.-

-Infatti non lo sto facendo per lei professore – Rispose allegra la mora andansi a sedere sulla sedia davanti alla scrivania.- Lo sto facendo per me.-

 

 

Erano quattro mesi che il professore di pozioni si ripeteva che non sarebbe sopravvissuto a quel mostriciattolo dalla voce da usignolo, e continuava a ripeterselo anche quel giorno, davanti allo specchio, mentre finiva di abbottonarsi la camicia.

Non capiva come quella ragazza trovasse ogni mezzo per scombussolargli i pieni, le giornate, persino le lezioni!

Pensava questo l’uomo mentre prendeva il soprabito.

“E con quel maglione è stupenda”.

Aveva girato tre negozi prima di trovarlo, rischiando di cruciare sette commesse per le loro domande curiose e invadenti.

E’ per la moglie? Per la fidanzata? Per la figlia?

Prese la bacchetta, riponendola in una piccola tasca interna prima di abbottonarsi il soprabito.

Anche la sciarpa le stava bene, la rendeva una fata dei boschi innevati.

Si schiaffeggiò la fronte con una mano; cosa mai andava a pensare?!

Sperò soltanto che la giornata si rivelasse interessante.

 

 

-Di grazia, puoi spiegarmi di nuovo cos’è questa tua idea malefica?-

Quando era uscito dalle sue stanze private, il professore aveva ricevuto “ordine soperiore” di togliersi il mantello di Batman (con rispettiva domanda di chi fosse quell’individuo) ed indossare un cappotto decente.

Ed eccolo li, il terribile professore di pozioni, in giro per una Londra babbana accanto ad una ragazza scalmanata che sgranocchiava una pannocchia calda senza mai smettere di parlare.

Rischiava l’esaurimento nervoso.

-Tranquillo professore, tornerà a scuola sano e salvo così da poter torturare i suoi studenti il sette di gennaio.-

LilyRose si divertiva troppo a stuzzicare il professore.

Stretta nella sua sciarpa candida e calda, buttò il resto della pannocchia, ormai finita, in un cassonetto dell’immondizia per poi afferrare la mano del professore e condurlo vicino a dei negozi. Babbani.

-Entriamo-

-COSA!?-

 

 

Dopo due ore il povero professore continuava a seguire quella specie di persona tramutata, non letteralmente, in un cagnolino scodinzolante che passa da un negozio all’altro. Sospirò, guardando i tre sacchetti infiocchettati che portava.

-Professore venga, qui ho veramente bisogno di consigli seri.-

Fece in tempo ad alzare lo sguardo che subito impallidì.

-Jenson, immobile, si fermi immediatamente. Non ho alcuna intenzione di entrare in un negozio di intimo femminile.- Sputava le parole quasi fossero un dente avvelenato, incapace di trattenersi.

Se aveva bisogno di fare shopping che andasse con le sue amichette, non con lui!

-Oh andiamo! Ha detto la stessa cosa nei due negozi precedenti!-

Non gli lasciò il tempo per ribattere; l’uomo avrebbe voluto ma la giovane era già fuggita dentro la porta rosa confetto.

Prese coraggio, un passo alla volta, con una lentezza tale che i passanti si voltarono a guardarlo. Ebbe un attimo di tentennamento quando afferrò la maniglia ma, cavolo, faceva la spia per Silente, riusciva a nascondere i suoi pensieri all’Oscuro Signore, cosa sarebbe mai stato ciò in confronto?

Entrò, fiondando nell’inferno.

 

 

-Professore cosa ne dice di questo?-

LilyRose altò il terzo completo viola in pizzo per mostrarlo ad uno sconcertato professore. Non lo aveva mai visto così imbarazzato e sconvolto allo stesso tempo, soprattutto sconvolto.

-Dove avresti intenzione di andare con un.. Un coso del genere!-

-Prof calma, è un completo intimo.-

-E’ completamente trasparente! Un fantasma ha più sostanza di quel.. Coso!-

Due commesse, visibilmente divertite dalla scena, non osavano avvicinarsi e interrompere quel passatempo da candid, finchè la titolare spuntò da una porta con su scritto “privato” ed una ragazza dagli occhi azzurrissimi, presentandosi come Carmen, si offrì come aiuto.

-Posso aiutarvi?-

-No.- Sottolineò il professore, gli occhi fissi sulla figlia – Ce ne stavamo andando.-

-Alla cassa. Questo me lo può mettere sul bancone? Ah, e se mi cambia il reggiseno, una quarta grazie.-  Disse soavemente la giovane, offrendo ad una Carmen sorridente l’indumenti.

Non si voltò verso il professore ma continuò la sua ricerca fra perizomi e canotte aderenti anche se lei, quest’ultime, le evitava come la peste.

Tornò dallo sconcertato professore con un paio di boxer bianchi con dietro disegnato un cagnolino nero che faceva l’occhiolino e diceva “Ciao Pupa”.

Severus si sentì mancare. Boxer? Boxer?! Cercò di calmarsi, il respiro corto, pensando al peggio in ogni sua sfumatura.

Boxer… La sua bambina attorcigliata ad un uomo, magari violento, brutto, sporco…

Severus ne pensava davvero di tutte mentre Carmen batteva i prezzi sul registratore di cassa.

-Oh, ho dimenticato una cosa. Arrivo subito!-

Solo la voce della cassiera impicciona lo spronò dal suo stato di shock, notando che la Grifondoro non era più con se.

-Oh, si è dimenticata una cosa. Sua figlia è simpaticissima, me lo lasci dire!

-Non è…-

Severus si fermò. Guardò la commessa negli occhi, così azzurri da sembrare una discendente Malfoy, pensando alle sue parole cariche di un significato che lo attanagliava ogni giorno ma che, in quel momento, gli era fiondato veramente sulle spalle.

-Eccomi, aggiunga anche questo.-

LilyRose tornò con un pigiama invernale, indubbiamente maschile, color blu notte e guardò la ragazza mentre lo riponeva in una busta separata dagli altri indumenti.

-Facciamo pagare il papà?- Chiese la malefica Carmen con un risolino diabolico che Severus avrebbe volentieri cancellato con la bacchetta.

-No, ha subito troppi shock oggi, almeno questa gliela salvo!-

Le due ragazze risero e poi si salutarono,  mentre padre e figlia uscivano dal negozio.

-Allora, ecco qua!-

Subito fuori la ragazza passò il sacchettino più piccolo all’uomo accanto a lei.

-Dato che ci sei dammi anche l’altro. Oggi sono il tuo porta buste personale. Ma non prenderci l’abitudine, ingrata Grifondoro, dovrai sudare i tuoi prossimi compiti di Pozioni.-

LilyRose si accigliò, non mancando di farlo notare anche nelle sue parole.

-Ti è così difficile provare anche solo per un attimo a concedere una piccola opportunità alla gente affinchè si avvicinino a te? No, non rispondermi, non era una domanda. Capisco appieno perché sei ancora single, figuriamoci se fai avvicinare un altro essere femminile se non lo concedi neppure ai tuoi simili.- Gli mise in mano il pacchettino col pigiama, riprendendosi gli altri tre pacchettini infiocchettati dall’altra mano del professore.

-Non sapevo cosa regalarti per natale e ora, contenta di aver trovato qualcosa, sminuisci il mio entusiasmo e non ti rendi neppure conto di quanto io ne possa soffrire.-

-Mi hai già fatto un regalo, che ti devo rendere se ben ricordo le istruzioni, e non vedo il motivo di questa cosa. Senza contare i boxer che hai preso, dubito che li indossi tu, quindi…-

-Quindi un bel niente.- Esclamò d’improvviso la mora – Tu non capisci. No, anzi, non vuoi capire. Fammi una cortesia, dimmi come arrivare alla catapecchia dei Weasley e mi tolgo da rompere le scatole.-

LilyRose non voleva essere scontrosa, non con lui, non in quel momento.

Era tutta la vita che desiderava farlo e adesso che il suo desiderio aveva preso vita ecco il professore che fa crollare il castello. Avrebbe voluto picchiarlo, urlargli la sua rabbia e la sua delusione.

-Perché devi andare dai Weasley?- Domandò, affrettando il passo per raggiungere la studentessa impettita che camminava verso un parco.

Non era mai stato in quel luogo ed il professore era sicuro che, nel caso l’avesse persa di vista, avrebbe dovuto smaterializzarsi direttamente a Hogwarts, incapace di uscire dal centro babbano.

Rimase in piedi, osservando la ragazza sedersi e voltare il volto dall’altra parte. Un volto rigato da due lacrime silenziose.

“Merlino, le donne!”

-Jens…-

-No.- Disse la giovane con voce rotta – Guarda, davvero, lascia stare. E’ stato un azzardo troppo grande e non posso dare la colpa a nessuno se non alla mia stupidità e irruenza. Sono stata una stupida. Punto.-

Non voleva farsi vedere così, non da lui, non in quel momento.

-Vattene per piacere- Riuscì a sussurrare abbastanza forte da farsi udire.

Severus sospirò, lasciando cadere le buste vicino alla panchina.

-Cosa devo fare con te?-

La domanda la colse di sorpresa, così come il sedersi dell’uomo vicino a lei, con le spalle curve ed i gomiti poggiati sulle ginocchia.

-Dimmi cosa devo fare perché, se continuo così anzi no, se continui così, mi farai morire prima dell’inizio della primavera.-

Rimasero in silenzio per alcuni minuti: Severus a guardare il parco coperto di neve, LilyRose cercando di asciugarsi le lacrime ed iniziare una conversazione decente.

-Una delle cose che mi sono sempre chiesta è perché mia madre sostiene nel dirmi che il nome Lily lo hai scelto te. Dice che glielo hai detto. Non voglio sapere i particolari, rischierei di vomitare la pannocchia.-

Severus sorrise debolmente.

Di una cosa aveva avuto ragione, la ragazza non era stupida. Ma come spiegargli che lui non si ricordava nulla della cosa e, soprattutto, che fino all’estate passata non sapeva neppure della sua esistenza?

-Mi ha spiegato che io sono stata uno “stupendo errore che rifarebbe milioni di volte pur di avermi con se” e che, l’unica cosa che ricorda del.. Del “fatto” è che tu continuavi a ripetere il nome Lily.- Si lasciò andare sullo schienale, rabbrividendo per il freddo mentre l’uomo rimaneva immobile ad osservare il nulla – Io… Mi domandavo se avevi famiglia sai… Cose del genere… Questo prima di conoscerti di persona; ora so con assoluta certezza che non potresti avere moglie. Santa manna se hai una figlia. Senza offesa, certo, ma hai un carattere orrendo. Nulla che non si possa salvare, certo, bisogna solo lavorarci sopra con tanta pazienza e…-

-Zitta. Fammi l’assoluto dono del silenzio. Non dire un'altra parola o rischio di fare sciocchezze.- Si appoggiò anch’egli sullo schienale della panchina, gustandosi il freddo nelle ossa come meritata punizione.

Cosa doveva fare, dire, pensare. Quella ragazza aveva rivoluzionato in una sola mattina la sua vita, in soli dieci minuti, per la precisione.

E poi Lily… Aveva messo in ballo Lily, la sua Lily, tenendola stretta nel suo cuore anche quando la sua ragione se ne andava. Ma che colpa aveva quella ragazza avvolta nella sciarpa bianca? Sospirò, chiudendo gli occhi, respirando l’aria gelida di fine anno.

-Ian è un babbano- continuò dopo un po’ la mora- mia madre l’ha conosciuto ad una mostra dei suoi quadri. Lui fa il fotografo. Fu amore dopo la quarta mostra di quadri, almeno è quello che dicono a me, e dopo tre mesi di convivenza a casa nostra hanno deciso di sposarsi. Mia madre mise subito in chiaro il fatto di avere una figlia ma non un marito e di non lasciarmi per nessun motivo al mondo. Per quello la ringrazio e la stimo; anche io credo che, se fossi stata nella sua condizione, non avrei avuto il coraggio di uccidere mio figlio in pancia. Io avevo sette anni quando si sposarono ed il primo figlio nacque l’anno dopo. Erano tutti felicissimi ed io mi vedevo circondata da un esercito di persone bionde e dagli occhi azzurri. Ero considerata come Calimero, hai presente? Forse no, è un animazione babbana di un pulcino nero, brutto, e con mezzo guscio rotto in testa. Beh, ero un pugno in un occhio in quella famiglia ma Ian rispettava, e rispetta, mia madre così da considerarmi una figlia. Quando andavamo in giro sorrideva ai conoscenti mostrando il suo splendido bambino biondo ed io, arrivata a casa, scoppiavo a piangere. Non ne capivo il motivo, ci credi? Poi una sera feci prendere fuoco la tv in uno scontro di football e Ian scoprì cosa io e mia madre eravamo davvero. L’anno dopo nacque il loro secondo figlio, io avevo undici anni e ricevetti la lettera da Hogwarts, ma mia madre disse di doversi trasferire per lavoro e che avrei studiato in altre scuole per maghi e streghe. Ian acconsentì ma non accetto di tutelarmi. Ripeto, mi piace Ian e si comporta bene con mia madre, e da una parte lo capisco, non tutti accettano l’idea di avere un mago in famiglia. Quindi, all’anagrafe, io non ho padre. Ian si rifiutò categoricamente dicendo che mi voleva bene ma non voleva aver a che fare con me e la magia in termini legali. Io credo che più che altro era il fatto di essere corvina e con gli occhi scuri. Ho girato tanti stati, studiando in tante scuole diverse e vivendo vedendo mia madre felice con un nuovo bambino, biondo, fra le braccia, e due marmocchi, biondissimi, a seguito. E’ questo che mi è sempre mancato, capisci? E’ il tassello che completa il puzzle. E’ il mio completarsi all’essere accettata, prima di tutto da me stessa. Accettare con orgoglio e dire senza vergognarmi che si, vivo circondata da marmocchi biondi, ma ho gli occhi di mio padre e lo stesso colore di iridi e capelli. Ho le stesse mani, gli stessi zigomi. Non guardarmi così, adoro il tuo naso ma sono contentissima di non averlo ereditato. Però… E’ come se abitassi in una casa senza porta: adesso finalmente ce l’ho e posso chiederla per stare al caldo, circondata da mura sicure. E’.. Difficile da spiegare, e forse non te ne frega niente, ma invidiavo davvero i loro Natali, l’andare tutti insieme a fare le spese dei regali. Adesso finalmente ho potuto farlo anche io. E tu mi vieni a dire che… Che.. Che non sei il mio portapacchi personale!-

Si fermò, e Severus riprese a repirare. La guardava, osservando meglio i suoi lineamenti del viso magri, le sopracciglia che, eccole, si arcuavano per le domande che di sicuro le giravano in testa, la profondità degli occhi color ebano.

-Assomigli molto a tua nonna.- Fu l’unica cosa che riuscì a dire, dandosi dello stupito due secondi dopo.

-Beh, allora mia nonna era davvero una gnocca di prima classe.-

Si alzò, sistemandosi il maglione per poi puntare gli occhi sulla figura dell’uomo.

-Ho fame. E mi devi ancora dire la faccenda del nome. Quando si parla di me e mia madre sembra di entrare in un mercato di fiori. Lily, Rose, Violet… Guarda, mi viene da starnutire al solo pensarci!-

Sorrise, guardando l’uomo alzarsi e, recuperato i bagagli, camminare accanto a lei lungo la strada per poi essere trascinato verso un carello degli hot-dog.

Mangiarono in silenzio, camminando fianco a fianco, fino a quando il pranzo fu finito ed altri fiocchi di neve iniziarono a scendere dal cielo.

-Allora, i Weasley…-

-Devi usare una passaporta che ho nel mio ufficio, l’ho per le emergenze.- Continuò il professore porgendogli un braccio per smaterializzarsi insieme. – E Lily è il nome delle due donne che amerò per sempre.-

 

 

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Salve a tutti.

So che  è una vita che non pubblico ma avere una famiglia, una casa ed un lavoro da mandare avanti è peggio di una cena con Voldie. Ma veniamo a noi. Capitolo lunghetto, spero di non avervi annoiati ^^ Ringrazio i duecento lettori e quelle tre anime che hanno lasciato un commento sul capitolo precedente. Mi fa piacere leggere che questa storia vi trasmette qualcosa, anche solo curiosità. Spero che siate soddisfatti della scelta dei nomi per LilyRose; in verità, colta dal blocco dello scrittore, mi sono sparata tre puntate del Doctor Who e, tornata al pc, ho unito il nome dell’amore di Severus con quello della protagonista della prima stagione, Rose. E’ uscito fuori bene, no?

Buona lettura, spero di avervi accontentati e non abbiate paura di commentare.

Alla prossima.

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Capitolo 8
*** Domande e... Domande ***


L’uomo stava chiudendo la porta alle sue spalle, riporre il soprabito, e sprofondare nella sua adorata poltrona per leggere l’ultimo libro comprato a Noctur Alley.

Non riuscì in una delle sue imprese.

-Oh Cielo, oh Merlino, oh… Guarda!-

La porta si spalancò ed una LilyRose euforica, senza scarpe e con degli orrendi calzini fucsia, profanò per la seconda volta in un solo giorno gli alloggi privati dello stanco professore.

-Di grazia, Jenson, cosa…-

Non finì la frase, venendo travolto dalla ragazza che, sempre urlando dalla gioia, le fiondò le braccia al collo.

Non era abituato a quelle dimostrazioni di… Affetto? No, pazzia.

Staccata dall’uomo, la ragazza gli mostrò una confezione babbana di qualcosa che Severus non riconobbe ed un soprammobile, ugualmente babbano, dalla forma strana.

-Guarda!- Gli occhi della ragazza erano accesi di una luce bellissima, viva, felice. –Mia madre mi ha finalmente mandato il mio regalo di compleanno e, guarda, è la seconda stagione in dvd del “Doctor Who” e, oh Merlino, guarda… La sveglia da cucina a forma di Dalek!-

Severus non capiva niente, non aveva neppure la forza di fare domande che, già sapeva, avrebbero trovato risposte altrettanto sconvolgente e senza significato per lui.

Prese in mano la scatoletta che la figlia aveva chiamato “dvd” e la osservò sconcertato, notando l’uomo nella foto. Non poteva essere…

Si riscosse con un brivido quando una frase metallica invase il suo studio esclamando “sterminare!” e si ritrovò di nuovo la figlia davanti che le mostrava il soprammobile babbano.

-Non è adorabile? Ho sempre sognato di averne uno… Sono tre anni che lo chiedo come regalo!-

Sempre col sottofondo “Sterminare!” il povero professore fissò di nuovo l’immagine sulla copertina.

-Conosci le serie televisive babbane?- Domanda una LilyRose già pronta a passare capodanno sul divano guardando il suo regalo su una tv babbana.

-No- rispose risoluto Severus, sconvolto per quella novità- solo che quest’uomo mi ricorda una persona…-

-Oh Cielo davvero?! Me lo puoi presentare? Davvero assomiglia a lui?-

Severus non si lasciò sfuggire la nota romantica e desiderosa della giovane ragazza dagli ormoni in subbuglio. Le passò il cofanetto, guardandola negli occhi.

-Si, è a Azkaban, a dare e ricevere bacini dai Dissennatori. Non credo che sarei felice di vederlo accanto a te.- Si sentì bene a quelle parole, a difendere ingenuamente la sua creatura – Aspetta… Compleanno?-

 

 

 

Harry, Ron e Hermione finivano di scartare felici i loro regali di Natale. Avevano passato il la festa ad abbuffarsi delle squisitezze di casa Weasley e, adesso, aspettavano l’arrivo degli ultimi ospiti. Remus e la sua “quasi-ufficiale” fidanzata insieme al padrino di Harry: Sirius Black.

Negli ultimi tempi i loro rapporti si erano ancor più rinforzati.

Nell’ultimo scontro con Voldemort, solo pochi mesi prima, Harry aveva rischiato di perdere la persona che più riteneva vicina ad un padre. Nessun presente all’accaduto era riuscito a dare una spiegazione logica agli eventi: Sirius combatteva contro sua cugina, la folle Bellatrix, vicino al Velo quando quest’ultima ha lanciato la maledizione senza perdono. Sirius aveva vacillato, prossimo a finire dentro quell’oblio, quando un'altra maledizione l’ha colpito di lato, sfigurandogli l’intero braccio destro come la lama di una spada ma, nello stesso tempo, salvandolo dall’inevitabile caduta.

Nessuno sapeva dire con certezza da dove partì la fattura ne chi l’abbia scagliata. Fatto sta che Sirius era di nuovo con loro, con lui, e Harry non poteva non essere più felice.

-Hermione, puoi passarmi i compiti di Difesa contro le Arti Oscure?- chiese un Ron con la bocca sporca di cioccolata e, nella mano, una cioccorana – Non capisco niente di ciò che il professor McQuinn ci ha spiegato…-

-Oh Ron, quando ti deciderai a studiare seriamente qualcosa?! Pensa a cosa potrebbe succederci, anzi succederti, se un giorno non sarai pronto a difenderti dai Mangiamorte? Sei solo un idiota, un…-

Harry scoppiò a ridere ma, nello stesso momento, una Ginny dallo sguardo preoccupato ed incredulo irruppe nella stanza.

-Ragazzi, è successa una cosa tremenda…-  Proferì con voce stanca la rossa, mostrando la copertina de “La Gazzetta del Profeta” ai suoi amici.

In prima pagina spiccava il faccione paffuto del loro ultimo professore di Difesa contro le Arti Oscure, Mc Quinn, mentre sorrideva all’obbiettivo con dietro le coste Irlandesi. Hermione strappò quasi con forza la pagina dalle mani dell’amica, sgranando gli occhi mano a mano che le frasi prendevano voce.

-Oh Merlino, hanno…-

-Si – Si intromise una voce maschile alla porta – Lo hanno trovato nella tarda mattinata gli Auron, vicino alla locanda del fratello di Silente. Sulla testa aveva dei tagli che formavano la parola “traditore”. Credo sia stata la mia adorabile cugina, è tipico di lei.-

Detto questo Sirius Black entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

 

 

-Oh Severus, che piacevole sorpresa vederti nelle vacanze natalizie nel mio ufficio. Dimmi, porti notizie di Voldemort?-

L’anziano mago, intendo a coccolare Fanny la fenice, non si scompose vedo irrompere nei propri alloggi l’arcigno professore con un ghigno trionfante negli occhi. Sapeva il motivo della sua visita, lo sapeva dalla mattina stessa che, entro mezzanotte, quell’uomo sarebbe tornato alla carica, più testardo che mai.

E così infatti fù.

Il professor Snape posò con mala grazia il giornale sulla grande cattedra del preside con, accanto, una pergamena rilegata e già firmata da lui stesso.

Mancava soltanto una firma.

Una firma che il preside non era ancora deciso a concedere.

-Mio caro ragazzo, dimmi… Come stanno andando le cose con tua figlia? Oh, che graziosa fanciulla…-

-Basta con queste scempiaggini Albus!- Quasi urlò l’uomo, tanto erano profondi i sentimenti che provava in quel momento.

Il Preside prese tempo, riponendo Fanny vicino al suo nido e carezzandola amorevolmente. Prima di andarsi a sedere alla cattedra fece comparire la teiera e due tazze che prontamente riempì. Immerse lo spicchio del limone nel liquidi caldo, due cucchiai di zucchero, e bevve lentamente e con gusto.

-Niente limone, vero Severus?-

Non ne poteva più, voleva ucciderlo, voleva prenderlo per la lunga barba e fargli battere così forte e così tante volte la faccia su quella pergamena da farlo firmare col sangue.

Silente doveva aver capito i suoi pensieri perché, con lentezza e grazia, prese la pergamena e gli lanciò uno sguardo sconvolto.

-Severus… Dopo tutto questo tempo…?-

-Sempre.- Rispose il professore di pozioni, tirando fuori una piuma dall’interno della veste per permettere al preside di firmare la sua richiesta per la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure.

 

 

-Quindi al rientro della scuola rimarremo senza professore?-

-Hermione, santo Merlino! Ti preoccupi di una cosa del genere?! Goditi le vacanze!-

-Ron, sei un idiota. Abbiamo bisogno di difenderci, di imparare, non credo sia saggio rimane con le mani in mano quando…-

-Silente ha già trovato un valido sostituto; o almeno così lo definisce.-

Harry ringraziò mentalmente Remus per la sua intromissione. Ron e Hermione, i suoi migliori amici, stavano litigando più del solito. Non era divertente, soprattutto se convivevi con loro dalla mattina alla sera, ma Harry era felice di vedere i sorrisetti che, pace fatta, comparivano sul volto dei propri amici.

-Remus ha ragione, Silente ha provveduto. C’erano diverse richieste di assunzione quest’anno per quella materia, ne avrà tenuta una scorta.- Sirius si dondolò sulle gambe posteriori della sedia ed a Harry ricordì molto il ricordo che vide nel pensatoio di Snape.

Snape…

-Non è lui, vero?- Si trovò a dire, senza pensarci due volte – Silente non permetterebbe mai a LUI di insegnare quella materia, vero?-

-Harry, il professor Snape…-

-Ah, zitto Lunastorta! – Si intromise di nuovo Sirius, sul volto un ghigno divertito. Harry pensò che, se avesse tirato fuori la lingua, non sarebbe stato molto diverso dalla sua forma di animagus. –Moccious tenta da quindici anni di prendersi quella cattedra. Forse… Forse sarebbe il caso che accettasse no? Cioè, uno in meno…-

-Sirius! – Sbottò Hermione – Silente si fida di lui, non puoi…-

-Ha ragione – Continuò Harry, animato da una nuova speranza –Tutti quelli che prendono quella cattedra muoiono – Un improvviso colpetto di tosse fece voltare il Ragazzo Sopravvissuno – Scusa Remus, quasi tutti muoiono in quella classe. E poi.. Oh Hermione non guardarmi così! Sai che mi odia a morte, sai che è un Mangiamorte, si lo è sempre non provare a negarlo! Ci ha mostrato il Marchio, ricordi? Due anni fa… E chi ci assicura che stia veramente dalla parte di Silente? Chi…-

Un plop fece zittire Potter, con somma felicità di Remus, mentre un Hermione stava per ribattere le parole dell’amico.

Nella stanza calò il silenzio.

La porta si spalancò e, sulla soglia, immobile, c’era la loro nuova compagna di casa.

Sgranò gli occhi color ebano quando questi incontrarono la figura del padrino di Harry.

Ron sussurrò un “miseriaccia”.

Fu Hermione ha prendere la situazione sotto mano.

-Lily, ti possiamo spiegare… Non è come pensi, come dicono i giornali, lui…-

-Sirius Black?- Domandò la giovane, lasciando cadere il baule a terra –Sei davvero tu?-

Hermione era nel panico, così come i suoi amici.

Come spiegare che il ricercatissimo omicida Sirius Black altri non era che il padrino di Harry, l’uomo che fu imprigionato ingiustamente?

Ma per fortuna, o sorpresa, di Hermione nessuno dovette dare risposta a quei quesiti perché, come poterono notare con la bocca spalancata dallo stupore, LilyRose corse dall’animagus, buttandogli le braccia al colloe sprofondando il volto nell’incavo del suo collo.

 

*******************************************

Allora…

Eccomi di nuovo qui! Non sono sparita, ne avevo il blocco dello scrittore.

Peggio.

Non ho la connessione internet e devo scroccare di qua e di la.

Prima che qualcuno parta per ricerche impossibili, spiego il primo paragrafo di questo capitolo:

Severus rimane sconcertato vedendo la copertina del dvd perché l’attore che interpreta il decimo Dottore ha avuto anche la parte di Barty Cr. Junior. Mi è piaciuta l’idea di creare un attimo di panico in lui. Qui di seguito metto il link sul famoso Dalek, anch’esso nella serie del Doctor Who.

Detto ciò, spero che abbiate gradito il capitolo e la mia mente folle nella frase fra il preside ed il professore. I commenti sono sempre graditi, quindi fatevi sotto.

Grazie per la lettura, alla prossima!

 ( http://www.youtube.com/watch?v=w604NExbS7s  se avete un po' di tempo vi consiglio di vederlo tutto il video; anche perchè la frase principale è negli ultimi secondi ^^ Spero comunque che adesso l'idea dei regali di Natale di LilyRose sia chiara ^^ )

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Capitolo 9
*** Aggiungi un posto a tavola ***


-Te ne vai già Severus?-
Erano passate quasi due ore dal suo ingresso nello studio del preside ed il giovane professore stava iniziando a calmarsi.
Si ripromise di non bere alcolici fino al primo giorno dell'anno nuovo e di drogarsi di calmanti, erbe, tisane, e quanto basta per non commettere omicidi che rovinerebbero la sua reputazione.
Si, voleva andarsene, fino al decimo giorno di gennaio. No, anzi, facciamo febbraio e non ne parliamo più!
Quel vecchietto aveva preso troppo a cuore la giovane Jenson e Severus non sapeva se considerarsi geloso o semplicemente disgustato.
Cos'era, infondo, l'amore di una famiglia?
Sbuffò, infastidito dai suoi stessi pensieri, voltandosi per raggiungere la porta.
-Sai Severus, quest'anno passerò il Capodanno a casa dei Weasley... Porterò i saluti a tua figlia appena la vedrò. Oh, sicuramente non ci saranno problemi con Molly, sai come ama i bambini e, giustamente, con sette figli non poteva che essere così! Eh... La famiglia...
"Valeriana.... Camomilla... Foglia di abete con sangue di mandragola..."
-Oh, sono sicuro che mi divertirò! Per fortuna è quasi luna nuova così il caro Lupin festeggierà con noi.-
"Valeriana.... Camomilla... Foglia di abete con sangue di mandragola... Infuso di erbe e bacche del rifugio dei draghi di norvegia..."
-Sono dispiaciuto che tu non sia mai disposto ad unirti alle feste Severus ma forse quest'anno è meglio così; Sirius passerà il primo capodanno con Harry e immagino che festa!-
"Valeriana.... Camomilla... Foglia di abete con sangue di mandragola... Infuso di erbe e bacche del rifugio dei draghi di norvegia... Crucio... Sectusempra... Avada Kedavra..."


LilyRose non poteva credere ai suoi occhi, al contatto del tessuto, al profumo di selvaggio.
Non voleva staccarsi da Sirius Black, quell'uomo ricercato che lei stessa cercava di stanare da quasi tre mesi, ma fu costretta.
Voleva tuffarsi in quegli occhi grigi, perdersi per ritrovare la verità, la certezza che fosse lui.
Trovò quel che cercava, ma non nella maniera che desiderava.
Quegli occhi grigi che lei aspettava animati di felicità erano invece dubbiosi e sconvolti, pieni di domande che non sapevano attendere.
-Sir...-
-Cosa ci fai tu qui?!-
Sirius scostò delicatamente la ragazza, posandole le mani sulle spalle e guardando la sciarpa Grifondoro ed il baule dietro di lei.
-Sirius... Oddio sei davvero tu? No, aspetta... Devi essere tu, certo, ma... Oddio Sirius... ti cerco da tre mesi! Se tu non fossi un serial killer ricercatossimo dagli auron e dalla polizia babbana avrei già messo gli annunci sui cartocci del latte! Oh sirius...-
La giovane maga tentò di nuovo di cadere fra le braccia dell'uomo, completamente sotto choc, senza rendersi conto delle persone intorno a loro con la bocca aperta per lo stupore.
Fu solo seguendo lo sguardo di Black che si accorse di loro, le braccia protese ad un abbraccio.
-Oh... Ciao ragazzi. Volete continuare a vedere lo spettacolo o lasciate un po' di intimità?-
-INTIMITA'!?-
Non fu solo Sirius a urlare quella parola, ma tutti i membri della stanza.
Remus guardava l'amico con rimprovero, decidendo se prenderlo a sberle o parlarne civilmente più tardi. Decise che, appena fossero stati soli, avrebbe provveduto ad entrambe le cose.
Il Golden Trio, con Ginny seduta sul letto con Hermione, non accennava a muoversi.
-Siete rimasti pietrificati? Ok, non sono una bellezza mozzafiato ma una reazione del genere mi pare esagerata... Grangy, anche tu1 Contegno, te ne prego!-
-Ragazzi, forse è meglio che aiutate la vostra amica con i bagagli. Presentatela anche a Molly e fatela ambientare- Remus arrivò accanto all'amico, frapponendosi fra lui e la grifondoro - Non preoccuparti, molly è una bravissima persona; considerati come a casa tua. Mentre tu- Disse rivolto a Sirius - Tu rimani qui con me.-



Molly, come i ragazzi si immaginavano, era in cucina, intenta a sventolare la bacchetta in ogni direzione per coordinare la pulizia della tavola, lo sbattere delle uova, la cottura della torta nel forso ed il tagliare delle patate sul piano di lavoro della cucina.
Fu entusiasta di conoscere la nuova amica dei suoi figli e di harry e le disse che poteva considerarsi come parte della famiglia ormai.
LilyRose rimase sbalordita da tanto affetto e allegria: li la magina regnava sovrana e l'amore non era da meno. Rimase affascinata dall'orologio Weasley, con le sue lancette strane e i nomi dei vari componenti della famiglia. Bill era segnato come "in arrivo" mentre Arthur come "lavoro". Riconobbe i gemelli Weasley ( i tiri vispi weasley, come non conoscerli!) e scoprì di trovarsi emozionata di passare del tempo con loro.
Andò nel grande giardino al di fuori della tana, respirando profondamente, chiudendo gli occhi per assaporare tutto. Era notte, ma avrebbe guardato le stelle fino al mattino. Anche da fuori si sentivano le urla e le risate all'interno della casa e LilyRose non poteva che rimanerne contagiata.
Era vero, aveva ragione la signora Molly, li la fanciulla si sentiva quasi a casa.
Rimase ancora con gli occhi chiusi per vari minuti, mentre Ginny e Ron scherzavano come solo i fratelli possono fare, fino all'arrivo di Bill, affiancato da una ragazza bionda talmente bella da rimanere incantati, e tornarono dentro casa.



Tre colpi alla porta e gli ultimi ospiti erano arrivati.
Erano già tutti a tavola, l'acquolina in bocca per le prelibatezze che i loro occhi dovevano rifiutare sparse su vassoi per il tavolo, quasi albus Silente fece il suo ingresso salutando gentilmente.
Gli adulti salutarono calorosamente il caro preside ma, due secondi dopo, il silenzio scese come un velo nella stanza.
-Ehy! Mocciosus è uscito dalla caverna delle pozioni!-
Severus Snape sapeva che avrebbe iniziato lui come sapeva che era stato un grandissimo errore varcare la porta. anzi, era stato un grandissimo errore ascoltare il vecchiaccio malefico e le sue frasi frivole sulle feste.
Aprì bocca per rispondere a tono, le parole velenose già sulla lingua, ma un calcio del preside lo fece arrestare.
-Sirius, Remus, sono felice di avervi allo stesso tavolo per una festa e non per lavoro. Oh, e c'è anche la dolce Nin... Dora! Che piacevole sorpresa.- Ammiccò Remus, negli occhi una scintilla di giovane malizia, per posi sedersi in uno dei posti liberi.
Severus si avvicinò ala tavola, giusto il tempo di dare un'occhiata veloce e si bloccò, le mani serrate sullo schienale dell'unica sedia libera: quella davanti alla palla di pulci.
Ed eccolo, il bastardo, che lo guardava beffardo come a sfidarlo a sedersi. Voleva ringhiare, sputargli la sua rabbia o, semplicemente, prenderlo a calci in culo e sbatterlo fuori, lontano da sua figlia che, si accorse, era proprio accanto a lui.
Si sedette alla tavola, occhi neri fissi nei grigi, come l'inizio di una battaglia.

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Lo so, non aggiorno da moltissimo.
Ho cambiato pc, il vecchio ormai mi ha lasciato e, colpa imprevisti vari, ho ritardato a pubblicare.
A dire il vero ho proprio rinunciato a scrivere causa mancanza di tempo.
Spero comunque che mi perdoniate e che il capitolo vi sia piaciuto.
Spero anche di aggiornare periodicamente e, quantomeno, di non far passare ttto questo tempo!
Grazie per la lettura, alla prossima!

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Capitolo 10
*** Doccia ***


La cena prima di Capodanno.
Passò piuttosto lentamente, mentre i due uomini dai capelli scuri si fissavano in cagnesco senza, però, proferir parola grazie alle occhiatacce del Preside ed agli occasionali calci da parte di quest'ultimo.
LilyRose mangiò lentamente, senza fare caso ai due, pronta a ridere delle battute dei gemelli Weasley e chiedendo incuriosita delle ricette alla signora Molly.
LilyRose sapeva bene che per ogni cosa c'è il suo tempo, bisogna solo pazientare.
Se lo ripetè per tutta la sera, contando di tanti in tanto i minuti che la separavano dalla mezzanotte.



Pazienza. Solo dei nervi saldi e tanta, tanta calma.
No, niente calma, per Merlino.
Doveva ucciderlo seduta stante quel giorno alla Strambella Strillante.
Lo guardava, il cagnaccio, con quel suo ghigno insulso e strafottente sempre stampato in quella faccia da schiaffi.
Severus ripeteva mentalmente tutti gli ingredienti vari, in base a tempo di preparazione, di vari veleni.
Veleni inodore, veleni lenti, altri più veloci.
Il preside ogni tanto gli tirava qualche calcio e per un attimo il professore pensò che stesse strusciando languidamente il piede contro la sua gamba.
Buttò giù mezzo bicchiere di vino tutto d'un fiato, conscio del fatto di essere in una sala da pranzo invasa da gente con i capelli color carota.
"Finirà anche questa, certo".
Stava per passare la brocca col succo di zucca a Silente quando questi gli scivolò di mano.
nella sala scese il silenzio nel quale tutti si voltarono verso di lui.
ma solo uno capiva veramente il motivo.
Il vero motivo.
-Vai a lavoro Mocciosus?-
Snape non si prese neppure la briga di rispondergli.
Si alzò di scatto dal tavolo, ringraziando la signora Weasley della cena come un bravo gentiluomo, lanciò un occhiata a LilyRose, la preoccupazione in quei pozzi neri, poi si voltò smaterializzandosi appena chiusa la porta dietro di se.


-Rose dormirà in camera con me e Ginny, è al penultimo piano. In mansarda ci saranno Harry, Ron ed i gemelli.-
La fanciulla dai capelli corvini avrebbe volentieri mandato a Hogsmade la sua amica riccia ma, infondo, lei non aveva nessuna colpa dell'esito della serata.
Voleva solo che arrivasse il prima possibile l'ora di andare a letto.
L'ora di sgattaiolare fuori da quella stanza.
Chiaccherò del più e del meno con le due ragazze, raccontando Hogwarts senza studenti e la buffa cena che si era trovata a partecipare.
Parlarono di ragazzi e Rose fece di tutto per fare arrossire Hermione raccontando le lodi segrete al fratello della più piccola del gruppo presente in stanza.
La mora stava per prendere la sua scorta di pozione sopporifera nascosta nella borsa quando una signora Molly impettita non le intimò di spegnere la luce, posare le bacchette, ed al primo rumore sospetto sarebbe tornata a vedere se veramente dormivano.
Era il trent'un dicembre e, finalmente, alle tre di notte LilyRose riuscì a chiudersi la porta silenziosamente alle spalle e salire le scale.



-Remus che ti devo dire? Quella ragazza l'avrò vista tre volte! No, aspetta, non iniziare. Ci chiamavamo malandrini ma adesso siamo adulti rem, credimi. E' solo...-
Lupin, il pigiama troppo corto che gli arrivava sopra le caviglie e molto sopra i polsi, camminava avanti ed indietro da più di mezz'ora per la piccola stanza allestita come loro camera.
Aveva avuto paura, molta paura. Non che avesse una cotta per Sirius e l'amasse come tanti sussurravano ai tempi della scuola, mai, solo che conosceva l'amico e sapeva che le donne ed il suo cuore non andavano di pare passo.
Non che fosse un donnaiolo, o forse si, solo che non era adatto alle storie serie.
-E' solo che ho avuto modo di incontrarla tre, ok, forse quattro volte! Non so neppure perchè mi si è fiondata così fra le braccia!- Rem, lo sai che io...-
-Sirius ti rendi conto che ha... Quanto? Quindici, sedici anni?!-
-Merlino...-
Black si passò una mano sulla fronte per poi andarsi a scarruffare i capelli già ribelli.
Credeva che non lo sapesse che era una ragazzina?!
Non era così stupido, anche se Azkaban fa sempre il suo effetto sulle persone , e non sapeva come spiegare all'amico la situazione.
-Rem, tu ti fidi di me, vero?-
il Mannarò finalmente si fermò, inclinando la testa indietro. Era stanco, molto stanco, e la luna piena era ancora lontana.
-certo Sirius che mi fido di te, che domande...-
-Allora prendi il culo e vai a portare nel campo la signorina dai capelli multicolor.-
Gli diede una spinta, facendolo cadere sul letto, ridendo di gusto.
-E, già che ci sei, cambiati i vestiti, ormai sono magro quanto te!-
Il moro gli lanciò una camicia bianca, un paio di jenas scuri ed un vecchio cappotto.
-Amico, o adesso o mai più-



Ultimo piano; ultima stanza a destra.
Ce n'erano solo due, come sbagliarsi.
Aveva sentito i sospiri del mannaro  mentre scendeva le scale, facendo attenzione a non darlo nell'occhio alle amiche, e aveva chiesto inarcando le sopracciglia cosa fossero quei rumori.
-Oh, deve essere il caro Lupin che finalmente si va a dichiarare a Dora!- Rispose una Ginny maliziosa, lisciandosi una ciocca di capelli ramati.
E così scoprì dove il ricercatissimo sirius Black fosse nascosto.
Arrivò al pianerottolo, attenta al minimo rumore. Nelle altre scuole era molto più facile sgattaiolare fuori nelle ore notturne, non avevano quelle travi scricchiolanti!
Era sicura di farcela, avrebbe vinto lei, e...
Eccolo li, Ron Weasley, aprire la porta e guardarla assonnato.
Panico.
-Ron Weasleyyyyyyyy...- sussurrò con voce lugubre la mora - Sono un fantasmaaaaaaa-
-Rose, ma cosa stai facendo?-
Salasar e tutti i maghi, allora il rosso non era idiota come credeva.
-Sono un fantasmaaa. Un tuo sognoooo. Torna a lettooooo...-
Uno sbadiglio, e LilyRose pensò all'alternativa ti tirargli un calcio nelle gonadi.
poi, però, si ricordò che possedeva una bacchetta, poteva semplicemente schiantarlo.
-perchè sto sognando te?- Domandò con un altro sbadiglio il più piccolo dei Weasley, stringendosi le braccia nude sopra la maglietta grigia che copriva il resto del suo corpo.
"Oh merlino..."
Se Ron non avesse collaborato avrebbe potuto ben ricattarlo con la minaccia di tirar fuori i suoi ricordi e far vedere a tutti grazie al Pensatoio i grazioni boxer bianchi con le paperelle gialle.
-Dovrei sognare Hermione...-
La mora alzò aggraziata un sopracciglio e osservò immobile il rosso chiudersi la porta alle spalle e tornare a letto.
Che buffo, pensò, quei due si amano e, sciocchi Grifoni, non hanno il coraggio di dirselo.
Arrivò davanti alla porta, ben conscia di trovarla chiusa a chiave, ma provò lo stesso a girare la maniglia. Un rumore secco eccheggiò per le scale a chiocchiola, ghiacciando il sangue nelle vene della giovane.
Ok, era nei guai.
Sentì aprire una porta a fondo scale ma non diede tempo di accendere nessuna luce che già aveva in mano la bacchetta e, con un incantesimo, aveva aperto la porta per entrare furtivamente dentro.





Il disordine nella stanza fece capire alla giovane che la signora Molly non avesse idea che i due uomini rimanessero la notte.
Due letti singoli, dalle coperte quasi lacere, erano posti ai lati opposti di un muro e dei vestiti erano posati su una sedia con tre zampe che veniva sorretta a sua volta da una pila di riviste di cucina magica.
La mora sorrise, un sorriso che le fece brillare gli occhi e, con un colpetto di bacchetta, sistemò come potè la stanza, sistemando alcune cose.
Sentì la voce provenire dallo stanzino ricavato dal sottotetto, un uomo che cantava. Si avvicinò aprendo la porta del piccolo bagno, inclinando la testa di lato.
Aspettò, chiudendo gli occhi di tanto in tanto, sorridendo all'uomo che stonava canzoni sconosciute dentro il box doccia oscurato.
Aspettò paziente, le era stato insegnato dalla vita che non doveva avere fretta.
Sentì chiudere l'acqua, le goccie che colavano dai capelli dell'uomo, la porticina di plastica che scorreva.
-MERLINO!-
Si coprì subito  l'ingiune e la vita con un asciugamano che le aveva tirato prontamente la ragazza che, a sua volta, guardava con occhi vittoriosi l'uomo e le goccie che scendevano lente sul suo corpo pieno di tatuaggi.
-Fammi gli auguri Black.- Sussurrò passandogli un'altro asciugamano bianco e pulito - Ho compiuto diciassette anni.-



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A dire il vero non volevo aggiornare così velocemente ma ho del tempo libero e questa scena l'ho in testa da troppo tempo.
Non voglio aggiungere altro.
Lasciate un commento, salverete una scrittrice di fanfiction che sta preparando la cena per suo marito :3
Alla prossima e grazie.

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Capitolo 11
*** Solo un bacio ***


Sirius Black era senza parole.
Non solo una ragazzina si era intrufolata nella mansarda dove alloggiava con Remus, no, proprio quella ragazzina doveva entrare!
Rimase impietrito, l'asciugamano stretto intorno alla vita per coprire il suo sesso, incurante delle goccioline che scendevano fredde dai capelli lungo la schiena.
Rimase a bocca aperta, osservando quella ragazzina così sicura di se appoggiata al lavandino con gli occhi pieni di assoluta vittoria.
-Rose, questa non è la tua stanza.-
-Per forza.- rispose alzando un sopracciglio la mora - credi davvero che avrei rischiato le furie di mamma Weasley per entrare in camera mia?-
l'uomo si passò una mano sopra gli occhi, la stanchezza ormai padrona delle sue membra.
-Non dovresti essere qui.-
-Lo so. Ma non desidero altro che questo memento.- Con la voce tranquilla la mora si avvicinò all'uomo, posando la mano destra sul suo petto, sopra il cuore, dove faceva comparsa una ciccatrice rosa - la ferita si sta cicatrizzando bene, ancora un mesetto e sarai come nuovo.-
Perchè il ricercato Sirius Black doveva essere stato trovato proprio da quella ragazzina?! Perchè?!
Si maledì per aver allontanato Remus ed averlo convinto a passare la notte con Tonks; se ci fosse stato lui...
Con gentilezza scostò la mano della giovane dal suo petto guardandola fissa negli occhi.
-Ok, ti ringrazio di nuovo per avermi salvato la vita quel giorno, te lo devo ripetere?- La mora fece per parlare ma Sirius la precedette - Ero stato attaccato dai Mangiamorte e mi sono salvato solo trasformandomi in Animagus. Non avevo la minima idea che quel giardino fosse della tua casa men che meno che quella casa fosse abitata. ti ringrazio per avermi portato in casa e guarito le ferite con le pozioni e unguenti e per non avermi fatto arrestare quando mi hai visto in vesti umane. Però basta. Fine della storia. Sono un ricercato e sto combattendo una guerra. Cosa vuoi ancora da me?-
LilyRose ascoltava immobile le sue parole; certo, le aveva sentite fino allo sfinimento, per il mese in cui si era preso cura di Sirius Black, prima cane poi umano, e per le varie volte succesive in cui si erano incontrati prima della scomparsa definitiva dell'uomo.
-Forse voglio solo parlare Sirius. parlare da persone grandi e civili. Solo questo.-
Si voltò, i capelli neri che mandavano strani riflessi nella luce chiara del bagno. Sirius la vide scomparire nell'altra stanza e, sospirando, si asciugò alla meglio, indossando il pigiama che Molly gli aveva gentilmente prestato.


-Mio Signore, scusate il ritardo.-
Odiava essere interrotto durante le cene e ancor più odiava quella cena; sua figlia allo stesso tavolo del bastardo Sirius Black. Doveva chiudere la mente se voleva sopravvivere a quella serata, chiudere la mente  e riempirla di bugie.
-Severus, ben arrivato. Spero che il tuo ritardo sia accompagnato da notizie importanti sull'ordine".-
Sudava, anche se la notte era fredda e la maschera gli copriva il volto. Poteva sentire ugualmente il respiro affannato di Lucius alla sua destra ed i ringhi del mannaro alla porta d'ingresso, diversi metri dietro di lui.
-L'oscuro Sire sa che può fidarsi del suo servo-
Si odiava, per ogni parola detta, per ogni respiro in quel luogo, per ogni bugia costretto a dire, per la vita della donna che amava e ama ormai perduta da anni.
Il servo più fedele, la spia per eccellenza, l'uomo senza un'anima.
-Ne avrò nuova dimostrazione questa sera, Severus, accomodati e parlami dei progetti di Silente.-
Snape raccontò della cena a casa dei Weasley, non senza arricchire il racconto con parole cariche di odio verso Black: parlò del natale a Hogwarts e di Silente che aveva deciso di spedire Potter dai traditori Weasley con una protezione di dieci auron che non lasciavano mai lo stabile (se così si poteva definire).
Severus fu felice di non mentire per una volta, il preside gli aveva lasciato carta bianca sulle cose da dire.
"Racconta pure il nostro grazioso Natale a Hogwarts ed il capodanno che faremo dai Weasley. Dubito che Tom sia così ingenuo da mandare i suoi uomini quando siamo tutti riuniti. Ah, vuoi una tazza di thè?"
Maledetto vecchiaccio.


Erano le due e mezza di notte e la Tana era animata dal rumore distante e soffocato del russare degli uomini. LilyRose si era ben ricordata di insonorizzare la stanza prima di entrare nel bagno di Black. stavano suduti su due letti, uno di fronte all'altro, anche se LilyRose aveva lagnato un po' per stare accanto a lui.
Le sembrava il paradiso. certo, un po' polveroso e malandato, ma pur sempre un posto magnifico da passarlo con Black. Erano soli, cosa che non succedeva da mesi. Erano anche in una camera insonorizzata, in pigiama, con due letti a disposizione. La giovane face appello a tutte le sue forze per chiudere la sua mente anche se dubitava che Sirius avesse invaso i suoi pensieri personali.
Lo guardava attentamente, dai capelli neri arruffati al tatuaggio che si intravedeva dalla camicia consunta, per poi tornare agli occhi grigi. Si era promessa di parlargli, a tutti i costi, anche se di costi ne valeva davvero molti.
-Rose, ascoltami...-
-Ti ho detto di farmi gli auguri Sirius. Ora-
L'uomo sgranò gli occhi, poche volte l'aveva vista così risoluta e, in quel momento ed in quel pigiama azzurro, sembrava più una donna che la ragazzina che si ricordava.
-Tanti auguri Rose-
Si sentì uno stupido.
Vide le spalle della ragazza rilassarsi ed un sospiro uscire dalle sue labbra. Purtroppo per lui, sapevo dove la ragazza voleva portare il discorso.
E maledì Remus ed il suo ritardo. Dov'era l'amico malandrino quando serviva?!
-bene... Molto bene...-
Ed eccolo li il momento difficile, quello che quasi tutte le sere precedeva il suo addormentarsi. Credeva di aver il discorso nella mentre da tutte le volte che se lo ripeteva, ma alla fine non era così. Rimasero dei minuti in silenzio, minuti nei quali Black aspettava in gloria e LilyRose si malediva.
Cavolo, era una Grifondoro e aveva passato quasi dieci scuole in sei anni! Un uomo seduto sul letto, anche se avrebbe voluto aggiungere molti altri aggettivi, non doveva farle paura. aveva vissuto mesi e mesi da sola, a partire dagli undici anni, cos'era quella sera in confronto?
-Ho diciassette anni. Lo sai vero quel che significa?- Inclinò la testa di lato, posando i suoi occhi scuri sul cuscino - Per la legge magica sono maggiorenne. Posso decidere se continuare gli studi o no, posso commettere sciocchezze e finire condannata ad Azkaban, e posso innamorarmi di chi mi pare.-
Per la seconda volta in quella sera Sirius si posò le mani sugli occhi. Accidenti, era solo una ragazzina cocciuta con una cotta adolescenziale, perchè non aveva trovato un bravo ragazzo a Hogwarts?! La scuola pollulava di ragazzi bravi, in gamba, e senza un precedente ad Azkaban.
- Ti rendi conto di quello che stai dicendo? E' solo una cotta, succede a tutti. - Voleva che la guadasse negli occhi, voleva essere convincente al massimo. - Non ti ho mai dato false speranze Lily e non te le darò adesso. Sono un ricercato, un uomo con un passato, non sono adatto ad una ragazzina che va ancora a scuola. Io la scuola l'ho passata da un pezzo.-
-Io non voglio il tuo passato, lo sai, voglio soltanto un futuro.- ormai era andata, non si sarebbe fermata anche a costo di farci mattina.
-Io non sono la persona adatta a darti un futuro, ho quasi quarant'anni!-
-Precisamente, ne hai trentasei-
-Basta Lily-
Non ci riusciva, non sapeva come levarsela di torno senza ferire i suoi sentimenti. Non era una ragazza cattiva e per la sua età ne aveva passate già tante, non le serviva lui. Nel mese in cui l'aveva ospitato e curato, Lily gli aveva raccontato la sua vita, senza vergogna, sui suoi genitori, sul suo patrigno, dei mesi estivi da sola nella villettina inglese.
-Fammi restare. Solo per stanotte.-
-Ti sei bevuta il cervello?!- Preso in contropiede, Sirius doveva aspettarselo.
Conosceva abbastanza bene la ragaza da immaginare una sua uscita del genere.
-Ne abbiamo già parlato Lily, basta, sono un uomo e tu una ragazzina.-
La giovane sembrò pensarci su, mordendosi il labbro inferiore mentre fissava senza vederle veramente le partofole viola accanto ai piedi nudi di Black.
-Va bene, me ne vado a letto nella mia camera. Però ad una condizione.- Si alzò lentamente, andandosi a sedere accanto all'uomo. - Solo una cosa, senza impegno Sirius. Io ti ho salvato la vita e adesso pagherai il debito che hai con me.-
Black non credeva alle sue parole. Cos'è che aveva detto la mora? Si specchiò in quegli occhi neri, così decisi e senza remissioni, e per un attimo vide riflesso in esso uno sguardo odiato nel passato e nel presente. Non ebbe il tempo di pensarci su perchè le mani della ragazza si chiusero gentili intorno alle sue.
-Lily...-
-Solo un bacio Sirius, solo un semplice bacio. Chiudi gli occhi..-
-Lily...- Si allontanò quel poco da lei per riordinare le idee - Non posso baciarti-
-Si che puoi - Rispose lei avvicinandosi al suo viso e accarezzandogli una guancia delicatamente -Un solo bacio per saldare il tuo debito, uno solo. Se ci pensi, potevo chiederti assai di peggio, no? Chiudi gli  occhi.-
Poteva andargli davvero molto peggio, no? Sentì l'altra mano della ragazza raggiungergli il collo e si decise ad assecondarla. Alla fine, cos'era un bacio?
eliminò lentamente la distanza che li separava, unendo così le loro labbra in un casto bacio che, già sapeva, alla ragazza non sarebbe bastato. Ed infatti la lingua della giovane andò a stuzzicare le labbra dell'uomo, invitandolo a qualcosa di più. Sirius si ritrovò le mani nei capelli corvini di lei, delicato, assaporandone la morbidezza, mentre la sua lingua incontrava per la prima volta quella di lei. Fu un bacio lungo, e si maledì da subito per la sua sconsideratezza, ma se quello fosse servito ad allontanarla...
Incredulo, fu lei ad allontanarsi per prima e dividere quel loro intimo contatto. L'uomo ne rimase sorpreso, notando che la sua mano si era spostata dai capelli della giovane alla sua guancia in una carezza. Guardò di nuovo quei pozzi neri che aveva per occhi, il viso colorato dall'emozione e dalla gioia, le labbra ancor più rosse del solito. ritrasse la mano e la ragazza ne seguì i movimenti prima di alzarsi.
-Buona notte Sirius. Alla fine era solo un semplice bacio, no?-
Quando la giovane scomparse dalla porta Sirius Black rimase impietrito. Non riuscì a dormire per l'intera notte e remus non si degnava di tornare.
ma poco gli importava alla fine, aveva ben altro nella testa.
Aveva una sola e piccola frase.
"Alla fine era davvero un solo e semplice bacio?"


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Dopo quasi tre mesi sono riuscita ad aggiornare. Il lavoro mi prende davvero molto spazio e dei problemi di famiglia mi hanno impedito di avvicinarmi a EFP.
Allora... Questo capitolo per me è molto importante e spiego il perchè:
Com e si può giustamente notare anche da altre mie fic, io sono una fan del caro professor Snape e Sirius non rientra affatto tra i miei personaggi preferiti. Quindi questo capitolo, e quelli futuri che verranno, non saranno una passeggiata per la mia mente e per le mie dita sulla tastiera. Spero solo di aver tirato fuori una cosa carina e accettabile. Si accettano ogni tipo di consiglio a riguardo, sperando (anche) che la figura di Sirius sia rimasta IC come mi ero prefissa.
Un grazie a chi legge e chi commenterà questo capitolo.
Alla prossima.

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