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Il calore
del sole era così intenso da crear l’illusione di poterlo afferrare.
Ovunque
l’accecante luce del giorno irradiava ogni superficie, compresa lasabbia del deserto, rendendola incandescente
al tatto.
Trovare una
singola zona d’ombra pareva impossibile, e se mai qualche animale della zona
fosse sopravvissuto alle innumerevoli mutazioni climatiche, non si sarebbe mai
adattato a quella nuova America.
America…. Quel posto non ne aveva l’aspetto da secoli.
Uno dei continenti più vasto e ricco del mondo era
diventato una lunga e deserta distesa di sabbia.
Non rimaneva più nulla se non macerie arrugginite
dal tempo e dall’afa. Persino gli abitati di altri pianeti, convinti di trovare
ricchezze, erano rimasti a bocca asciutta, distruggendo quel poco che era
rimasto, per poi andarsene sulle loro navicelle,deridendo quella povera gente rimasta, che
ancora si faceva la guerra per un arido pezzo di terra.
Gli esseri umani si erano trovati sull’orlo
dell’estinzione in più di un occasione. Il futuro, per ironia della sorte, era
costellato di tutte quelle paure che avevano attanagliato gli uomini in
antichità. Gli spettri striscianti della pestilenza, della carestia e della
guerra avevano decimato la popolazione mondiale che ormai si riduceva a
brandelli formati da piccole comunità, sparse per il globo in Tribù.
Dell’Europa non era rimasto ormai più nulla.
La culla delle civiltà antiche, la bella Europa,
era del tutto andata persa e dove una volta marciavano i possenti Romani ormai
non vi era altro che territori inabitabili a causa delle radiazioni.
Le poche comunità esistenti erano sparse per
l’America del Nord, il Centr’Africa e l’Oriente.
Non esistevano più sistemi politici da quando le
Multinazionali, poi, avevano assurdo ogni controllo non solo sul mercato
intergalattico, ma anche sugli scambi tra territori.
Nell’intera America, solo una Multinazionale era
riuscita a raggiungere prestigio e potere: la S.C. abbreviazione di Sue
Corporation.
Un banale nome, per una grande sede del commercio.
La S.C. controllava ogni genere di scambio di ogni
tribù presente sul suolo americano.
Sue Silvester, a comando
dell’intera organizzazione, inoltre, teneva in pungo il bene che ogni essere
umano bramava più di altri.
Quel bene che aveva portato lotte sanguinose e
morti, disperazione e povertà.
L’acqua.
L’acqua che era sparita dalla terra, l’acqua che
era solo presente sui suoli alieni.
La Silvester controllava
una buona parte dell’importazione,adottando salari pensati per chiunque volesse
barattare. La sede dove operava Sue e i suoi collaboratori era situata nella
regione Wappinger, un tempo la vecchia New York,
sulle rive dell’Hudson.
Si parla di scambi commerciali poiché la moneta
era del tutto sparita, perdendo di valore. Quando si tratta di sopravvivere, non di vivere, ogni tipo
di confort e lusso viene meno e con esso l’inutilità che i soldi portavano.
Erano solo inutili pezzi di carta e metallo nelle tasca della povera gente.
Sue Silvester, per quanto abile fosse a mercanteggiare con gli
alieni, per quanto fosse furba nel circondarsi di persone fidate e a
costringere coloro che voleva sfruttare,non aveva di certo vita facile o terreno libero per i suoi loschi
traffici.
Se esisteva
una sola Tribù nel nord America, situata nella zona di Potawatoi,
ovvero l’ex Michigan, da questa singola comunità si erano generati poi tre
diversi Clan.
Questi
gruppi, perennemente in lotta fra loro, avevano come obbiettivo centra
l’appropriazione delle riserve idriche provenienti dallo spazio.
Perché senza
acqua non c’è sopravvivenza, e il prezzo per il suo totale controllo valeva
qualche vita.
Una era già
stata sacrificata, ma di questo si parlerà più avanti.
Due dei clan, divisi oramai da un secolo, avevano
posto i loro insediamenti sulla costa atlantica
I Titans, vasto numero
di energumeniassettati di potere,
avevano i loro accampamenti nelle zone montuose di Melecite,
il vecchio Maine. Mentre le Cheerio, amazzoni dalla
inusuale bellezza ammaliante, vivevano sulle spiagge deserte di Catawba, nonché la tranquilla North Carolina.
I Warblers, il terzo Clan rimasto a Potawatoi, era conosciuto per le geniali menti che lo
componevano. Loro erano rimasti a casa, a consolare quelle madri lasciate sole
dai figli troppo incoscienti.
L’astio fra loro era risaputo da tutti e ogni
pretesto era buono per alimentare il fuoco ardente del risentimento.
Le loro terre, prese con la forza o spartite con
chiari patti di non-fratellanza, erano invalicabili dagli altri Clan. Pena:
qualsiasi cosa il proprietario della zona decidesse, dalla morte alla
schiavitù.
Le aree esterne, le famose‘terre di nessuno’, erano il campo di
battaglia sul quale ogni giorno i Clan si sfidavano, cercando anche solo di
indebolire gli altri due.
Lì, inizia la nostra storia.
La sabbia ti
sembra acqua, quando la guardi da sopra una moto volante lanciata in una folle
corsa.
Il ragazzo
che la pilotava si sentiva esattamente come ogni volta, eccitato dalla sfida
contro il destino e quelli che dovevano essere almeno una quarantina del Clan
dei Titans. Eccitato, ma anche lievemente spaventato
perché sapeva che se lo avessero preso… Beh.
Era meglio
non pensarci e dare più gas, cercando di schivare le dune basse.
Girò il capo per un istante, notando la leggera ripresa
ottenuta grazie a quel nuovo motore che quella stessa mattina avevano montato
sulla sua moto volante e cacciò un urlo di vittoria, spostandosi con una mano
la bandana a righe, legata intorno alla testa, che gli era pericolosamente
scesa sugli occhi.
“Non hai scampo, Anderson!” ringhiò qualcuno dalla
folla, ricevendo in cambio un l’alzata del dito medio. “piccolo stronzetto…!”
David Karofsky era il capo
indiscusso del Clan dei Titans.
In definitiva era un bastardo, senza il minimo
cervello.
Blaine
sghignazzo senza ritegno, mentre sentiva di acquistare sempre più vantaggio sui
Titans. Quella montagna di muscoli senza cervello
poteva dire quello che voleva, non lo avrebbe mai e poi mai preso sino a che…
Il sorriso lentamente
morì sulle sue labbra quando sentì un primo strattone e la moto che,
inevitabilmente, rallentava.
“Oh no…” sillabò lievemente, iniziando a darci pesante sul
pedale, sino a sollevarsi appena.
Si metteva male….
Perse di quota
progressivamente e quando infine beccò una duna, bastardamente
piazzata sulla sua traiettoria, non fu divertente la caduta.
Ruzzolò a terra coprendosi il viso con le braccia e
aspettò la sua fine, steso sulla sabbia scottante.
I Titans, dopo un grido
piuttosto feroce, diedero gas alle loro auto truccate, pregustandosi la cattura
di Anderson. Il malcapitato, strinse le palpebre in attesa, in quei pochi
secondi dalla sua caduta.
Poi tutto si arrestò.
Le urla, i
motori rombanti e i Titans si bloccarono comese, davanti a loro, ci fosse a muro
invisibile, e guardando scocciati verso il fuggitivo, iniziarono una ritirata.
“Hai una fortuna sfacciata, nanerotto!”
urlò Puckerman, che guidava una delle macchine in
testa al gruppo.
Blaine Anderson era un passo da morte certa, ma quella
volta, come molte altre, era riuscito a scamparla.
Si alzò,
facendo leva sui gomiti e vide, a un paio di metri dalle linea dei suoi piedi,
un paio di pietre impilate e tinte di bianco che segnavano, senza dubbio
alcuno, l’inizio del territorio dei Warblers.
“Oddio che
botta di…” si portò una mano sul petto, prima di
scattare in piedi e guardare Karofsky “Ti è andata
male anche stavolta, strano” disse con tono sarcastico, senza mai spostare gli
occhi di caramello da quelli piccoli e porcini del capo Clan.
“Verrà il
giorno in cui la tua stramaledetta fortuna finirà, Anderson….
E noi saremo qui pronti a spezzarti quei dieci centimetri di gambe che hai….” Dave si guardò attorno,
facendo poi un cenno a Puck “Andiamocene”
Il ragazzo
dalla cresta fischiò e tutti iniziarono a dileguarsi.
Blaine,
però, si concesse il lusso di scontrare i suo sguardo con quello di un ragazzo
alto, e fissarlo duramente per qualche istante “Ciao Finn
…”
Questi però
rimase in silenzio, calandosi dal finestrino sul quale si era seduto sin dentro
all’auto di Puck, prima di sparire per ultimi.
Blaine rilasciò un sospiro e, inutilmente, spazzolò con
la mano la polvere dai suoi jeans. Ricordò, quasi con malinconia, quando Puck e Finn erano ancora nella
tribù e di come da piccolo, lui si divertiva a stare con loro, che erano i più
grandi. I più forti.
Strinse le labbra con disappunto e lanciò un’occhiata
al cartello di legno posto vicino alla linea di confine eincastrato in malo modo nella sabbia, che
indicava, con un’incisione imprecisa e goffa, il nome del loro paese.
Potawatoi.
Ebbe un moto d’orgoglio per quel luogo che, lui e i
suoi compagni, difendevano ogni giorno.
Fu distratto da un rumore in lontananza, come un
ronzare insistente e sembrava dirigersi proprio dalla sua parte.
Si portò una mano sugli occhi, chiedendosi dove fossero
finiti sepolti i suoi occhiali da sole, e vide avvicinarsi qualcuno di non
identificato. Nondovette aspettare poi
molto prima di vedere i contorni delle due figure delinearsi e farsi più nitidi
e istintivamente sorrise.
I due ragazzi fermarono la moto proprio accanto a lui.
“Hey Prof” disse Blaine con
un sorriso rivolgendosi al ragazzo seduto dentro il sidecar “Ciao Mike”
aggiunse rivolgendosi al ragazzo asiatico che subito si tolse gli occhialoni da
aviatore per poterlo guardare.
“Che hai fatto alla mia bambina?” chiese il primo,
guardando la moto “Appena ho visto la spia di emergenza illuminarsi sul
quadrante siamo accorsi…. Non posso crederci! È la
ventesima volta questo mese!”
Il ragazzo riccio si grattò il capo “Scusami Artie….”
“Fortuna che abbiamo installato questa spie” disse
Mike, alzando la moto dalla sabbia con l’aiuto di Anderson e premendo un
bottone sotto al volante. Immediatamente una piccola lucetta
rossa che Blaine non aveva nemmeno notato si spense “O ti sarebbe toccato di
farla strisciare sulla sabbia fino a casa”
“Ma anche no” gli rispose il ragazzo, mentre Artie
premeva un bottonedavanti a se. Una
piccola piattaforma metallica uscì da sotto la moto e il sidecar, e lì venne
caricata quella di Blaine, decisamente da riparare “Chiamavo qualcuno che mi
venisse a prendere”
Artie borbottò un “che sarà poi, camminare per qualche kilometro sotto
il sole”Mike assottigliò lo sguardò e guardò eloquente le gambe di Artie,
nascoste dal sidecar. Blaine sbuffò una risata, ma non commentò.
“E ora io come torno?”
“Hai due opzioni:” iniziò Artie,
enfatizzando il gesto con un movimento delle mano. “o te la fai a piedi…” Blaine fece una smorfia di disappunto. “Oppure,
genio della lampada, sali dietro insieme alla tua moto.”
Artie e Mike si risistemarono i loro occhiali d’aviatore sugli occhi,
con un movimento quasi simultaneo e Anderson salì sulla piattaforma,
incrociando le gambe e appoggiandosi alla moto.
Quei due erano in totale simbiosi.
Mike era diventato le gambe di Artie
dopo la tragedia, che ne aveva stroncato l’uso, avvenuta anni prima.
L’asiatico fece una veloce inversione e partì spedito
verso l’accampamento dei Warblers.
“Prima di
perderti in capriole tra la sabbia, ti sei procurato quello che il Capo ti ha
chiesto?”
Blaine
sbuffò, guardando Abrams come se realmente il giovane
non sapesse con chi aveva a che fare “Ovviamente si, non fallisco mai una
missione”
Mike rise
“Non lo chiamano Pony Express per nulla, dopotutto”
Blaine fece
una smorfia contrariata “Odio quando mi chiamano così”
“Ma è quello
che sei” rise Artie “Un postino!”
“Vai a
rischiare la vita per il bene comune, e ricevi questo…”
Blaine sospirò, guardando il paesaggio sfrecciare veloce tutto intorno a lui.
Spostarsi
per centinaia di chilometri non era più un problema da quando erano stati
inventati i velivoli volanti.
I Warblers a
cavallo delle loro moto avevano sempre un certo vantaggio rispetto agli altri
Clan in auto, visto che la resistenza all’aria era minore rendendoli così molto
più aereodinamici.
O almeno
questa era la teoria di Artie, e decisamente nessuno
l’aveva ancora sfatata. Era davvero intelligente, il ragazzo. Insieme al
meccanico della Tribù riusciva ad ottenere risultati davvero sorprendenti,
sentendosi anche realizzato.
Eccetto
quando Blaine distruggeva tutto per salvarsi il collo….
Ci misero una quindicina di minuti a raggiungere le
porte della Tribù, dove, sotto un’alta baracchina di
legno, protetta dal sole cocente, stavano due guardie, armate e con indosso
bandane di colore rosso e blu, proprio come quella che Blaineportava attorno alla sua testa.
Una testa mora e una bionda confabulavano vicine, senza
quasi accorgersi dell’arrivo dei ragazzi.
Artie si schiarì la voce un paio di volte, ridacchiando divertito.
Jeffrey Sterling, detto comunemente Jeff e Nick Duvall
erano i guardiani delle porte di Potawatoi. Il primo
era da poco entrato in servizio, visto la sua giovane età, mentre Nick, era il
più esperto sul campo della sorvegliava.
Quando non era impegnato in fitte conversazioni con
l’amico, ovviamente.
“Un’altra moto distrutta, Anderson?” commentò
sarcastico Nick, mentre Jeff si occupava di inserire il codice opportuno sul tab per l’apertura della porte. Queste si sollevarono, per
un solo quarto, facendo passare i ragazzi, e si richiusero alle loro spalle.
La Tribù dei Warblers era una grossa, immensa gola di
sabbia, dove sorgevano gli accampamenti.
Blaine sbuffò “Sono io quello che rischia il culo tutti
i giorni la fuori. Scommetto che è comodo star seduti tutto il tempo, Duvall”
Nick rise “Siamo di buon umore” disse sarcastico “Thad vuole vederti immediatamente….
Giusto per aiutarti a rilassarti”
Anderson sospirò prima di salutare Artie
e Mike, che si stavano dirigendo verso l’officinadove Burt Hummel, il meccanico, li aspettava.
L’uomo guardò verso Blaine, come per controllare le sue condizioni, prima di
sfiorarsi la visiera del cappellino in segno di saluto.
Blaine gli sorrise, prima di avviarsi con passo sicuro
verso la sede operativa dei Warblers.Passò davanti alle case degli altri, dei miseri anfratti nei dedali
scoscesi della valle, che rivelavano sotto di essa delle vere e proprie case,
anche a più piani.
Salutò con un sorriso caloroso la signorina Pillsbury, la dottoressa, prima di incamminarsi per un
altro sentiero laterale che portava in alto, verso il monte principale. A metà
di esso c’era la loro base.
Quando arrivò lì si trovò subito davanti unbel ragazzo sui venti, che con un
sopracciglio alzato lo guardava attentamente.
“Lo so, sono in ritardo. C’è stato un intoppo” si
difese Blaine, passandogli un tubo di cartone, dentro al quale, e ne era certo,
doveva esserci un qualche documento importante. Thad
sospirò, facendogli segno di seguirlo all’interno.
Tutto si poteva dire del Capo Harwood,
ma non che fosse umano. Blaine era sicuro che si fosse preoccupato, o almeno ci
sperava visto che lo mandava fuori dalle sicure mura della città ogni giorno o quasi.
A primo impatto poteva anche sembrare una persona seria, ma in realtà….
“Pensavo che il mio piccolo Pony fosse morto” disse con
espressione affranta, lasciandosi cadere a sedere sul quella specie di
trono/poltrona/ammasso di stracci che aveva preteso all’inizio del suo mandato
“Flint era già pronto a sostituirti”
…. In realtà non era affatto serio.
“Non tutti i messaggeri sono autentici, come il
sottoscritto.” Si pavoneggiò
Blaine.
“Pony express.” Lo corresse Thad, sfilando dal tubo un pezzo
di carta bianca arrotolata.
Blaine pensò che si trattasse di nuove ordinanze
da parte degli alieni.
Il capo dei Warblers srotolò il foglio, con
sguardo serio e le sopracciglia inarcate.
“Puoi andare ora, porta i miei saluti a Burt.”
Ma Anderson non si mosse, curioso di scoprire il
frutto della sua fatica.
Thad afferrò una vecchia matita mangiucchiata e la picchiettò sulle
labbra, prima di sciogliere l’espressione corrugata in un sorrisetto
soddisfatto. Alzò le gambe e le posò su un piccolo tavolino, posto giusto ai
suoi piedi.
“Finalmente posso dedicarmi al mio Sudoku!”
~°~°~
Brittany
amava il tramonto, amava il rosso del sole che si incontrava con il blu tenue
della sera e Santana, non poteva scordarsi dello splendore dei suoi capelli oro
in mezzo a tutti quei colori. Non riusciva a smettere di pensare al suono delle
sue collane, che tintinnavano dopo qualche piroetta fra la spuma in riva al
mare, poteva ricordare la dolcezza della sua risata.
Santana poteva ricordare tutto di lei.
Il modo in cui le accarezzava i capelli, quando erano sole in tenda o in
spiaggia e lasciavano il mondo alle spalle.
Le sue labbra fresche e lievemente salate sulle sue e il suo sorriso ogni volta
che facevano l’amore.
Santana non riusciva a dimenticare, nemmeno quel giorno. Brittany era scomparsa in mezzo alle macerie di New
York, freddata da un colpo di pistola. C’era il sole alto e non tirava un filo
d’aria.
Se c’era una cosa ce non può scordare, più di tutte, era il suo corpo riverso a
terra sporco di terra e sangue.
“Tana?!”
Santana scrollò la testa, riscossa dal trillo della bambina che aveva davanti.
“Scusa Allies.” Sussurrò, riprendendo a spazzolare i
capelli morbidi e biondi della bambina. Allies dondolava le gambe, seduta su un alto sgabello
e stringeva forte fra le braccia un grosso gatto, che miagolava pigramente.
“Tana?”
“sì?”
“Dov’è la mia sorellona,
adesso?”
Santana posò la spazzola su un piccolo ripiano ricavato da un vecchio tronco
d’albero e sospirò.
“Tu dove vorresti che fosse?”
“Nel posto più bello del mondo!” esclamò Allies
stringendosi ancora di più al gattone.
“Sarà lì sicuramente!” le sorrise, attraverso lo specchio riccamente adornato
con delle conchiglie. Gli occhi di Allies erano
simili a quelli di Brit, con la stessa luce infantile
e gioiosa. “andiamo Ally, metti il papillon nero a
Lord Tabbinton, tra poco inizia il corteo.”
Il rito funebre organizzato per Brit era il più
colorato che Santana avesse mai visto.
Ma infondo Brit era così.
Era tutti i colori dell’arcobaleno.
Alcune Cheerio avevano formato una sorta di
portantina con fresche foglie di palma e Brittany
riposava su di essa, con una veste bianca e i capelli intrecciati da fiori e
conchiglie. Era bella e pallida anche nel braccio oscuro della morte.
Il corteo era formato da bellissime donne che camminavano a testa alta, con la
tristezza negli occhi.
Davanti stavano Santana e Allies, che portava fra le
mani una cesta di foglie, contenti alcuni oggetti appartenuti a Brittany.
Piangeva la piccola, confortata dall’abbraccio caldo di Santana, che aveva
assunto un’espressione neutra, medesima a quella del suo capo.
Quinn Fabrey era accanto alla mora e marciava
lentamente, la testa piena di pensieri.
Quanto furono lontani dal loro
accampamento, in una distesa di sabbia e mare deserta, si avvicinarono a un
salice maestoso, dove il giorno prima Santana aveva scavato una profonda buca
rettangolare e aveva inciso nell’albero il nome della ragazza con un sasso
levigato.
Si morse il labbro, per evitare di crollare e osservò, stringendo forte il braccio
della piccola Allies, il corpo di Brit
che veniva lentamente ricoperto con un lenzuolo bianco e fatto calare nel
burrone.
Santana guardò attentamente e per l’ultima volta il tratti teneri e pallidi
della ragazza che amava, che gli occhi le si offuscassero per colpa delle
lacrime.
Regnava un silenzio rispettoso, rotto solamente dai singhiozzi di Allies e dal rumore della sabbia che cadeva nella fossa.
Poi la spiaggia diventò deserta e Santana fissò il grande salice, ascoltando il
rumore del vento che, per qualche stupida ragione, aveva lo stesso suono della
risata di Brittany.
Brittany S. Pierce
Nascita 1 febbraio 2988
Morte 24 agosto 3012
Riposa in pace
~°~°~
La zona di Malecite aveva un non so che di spettrale, vista da
lontano.
Il
desertolì si tramutava in una landa
desolata fatta di gole profonde e monti dalle aguzze vette,decisamente inospitale per chiunque non
sapesse addentrarsi per quel labirinto di rocce, ma una fortezza per chi si era
insediato lì.
Karofsky si affacciò alla grotta nella quale viveva, osservando
attentamente il resto del Clan intento a preparare il rancio serale.
Dietro di
lui Puck sedeva scomposto su un cumulo di stracci,
che doveva aver la funzione di un modesto letto. Tutto lì era povero, a partire
dalla mentalità del gruppo e, in particolare, dello stesso Capo.
Noah lasciò
scorrere gli occhisulle spalle larghe
di Dave, desiderando ardentemente di conficcarvi un
pugnale. Se avesse preso il suo posto allora tutto sarebbe cambiato.
I Titans avrebbero ottenuto tutto quello che bramando,
passando da bestioni senza cervello ad un gruppo organizzato e vagamente
decente.
“A che stai
pensando?” domandò, senza levare gli occhi dalla figura ben piazzata di Karofsky, allerta, quasi come se temesse di vederlo
dirigersi verso di lui minacciosamente. Come se fosse la prima volta,
dopotutto. Da quando aveva provato a prendere le redini del Clan, ormai, il
Capo non si fidava più di lui anche se non lo aveva sollevato dall’incarico di
gregario.
Solo così
poteva mandarlo a compiere le solite, care, missioni ad alto rischio.
Dave fece un
paio di passi, misurando l’entrata della grotta a grandi passi, prima di
sospirare e guardare Puckerman “I Warblers….
Non che quel imbecille di Harwood mandi un po’ troppo
spesso Anderson a fare delle passeggiate, ultimamente?
Noah alzò le
spalle, grattandosi dietro un orecchio “No e non mi importa”
“E sai
perché?” Karofsky avanzò qualche passo verso di lui,
guardandolo tra il divertito e il lievemente irritato “Perché sei un idiota.
Quel branco di ragazzini potrebbe essere in combutta con chissà chi per farci
la pelle…. E a te non importa?!”
“Secondo me,
come al solito, Harwood spedisce Blaine a prendergli
il giornale come si fa con tutti i bravi cagnolini, tutto qua” sbottò
infastidito il ragazzo, passandosi una mano sulla cresta “Hai in mente qualcosa
vero?”
Dave si sedette
su quello che pareva una piccola sedia incavata dal vecchio tronco di un albero
morto, guardando con attenzione Noah negli occhi “Sì.
Tu, dovrai fare una cosa per me…”
L’altro rise
senza colore “Perché non mi stupisce che tu abbia deciso di mandare proprio me?
Provo ad indovinare…. È qualcosa di pericoloso?”
Dave lo guardò
sempre più divertito “Dovevi battermi, allora avresti dato tu gli ordini”
appoggiò il viso ad una mano, guardando attentamente il ragazzo e facendosi
improvvisamente serio “Devi spiarli, capire cosa tramano. Porta con te Finn.”
Puck si alzò con
un movimento veloce anche se poco fluido, uscendo dalla tenda dopo aver
scambiato uno sguardo pieno di odio con Dave.
No, non
poteva sopportare di essere il suo zerbino, il suo animale da macello.
Doveva
esserci lui al suo posto.
Se solo
avesse vinto quella sfida…. E invece no, aveva perso,
e Karofsky lo aveva graziato solo per spedirlo poi a
morire in chissà quale lotta fra Clan.
O a venir
imprigionato a vita.
Ma
funzionava così, a Malecite: si lotta fino alla fine
e uno solo vince.
Aveva
sfidato il Capo e le aveva prese, ora poteva solo chinare la testa ed obbedire,
prendere Finn e andare fino a Potawatoi,
sperando nella sua buona stella.
~°~°~
La base
operativa della Sue Corporation era uno degli edifici più intricati che la
mente umana avesse mai progettato. Quel luogo aveva la nomea di ‘impenetrabile’
per chiunque tentasse di entrarvi senza esserne autorizzato.
Dislocato su
sette piani che la Silversten si divertiva da matti a
chiamare ‘gironi’: Il primo era adibito alla sorveglianza e ai controlli. Se ne
dovevano fare tre prima di accedere alla struttura, uno sui dati personali per
il riconoscimento del soggetto, uno al metal detector e l’ultimo si ulteriore
identificazione tramite la lettura della retina. Il secondo piano era quello
degli uffici per le trattative con i commercianti alieni, il terzo e il quarto
consistevano nella distillazione e nella purificazione delle acquee aliene per
eliminare tutti i batteri sconosciuti, il quinto come magazzino, il sesto
conteneva i lavoratori e l’ultimo, il settimo, era il regno di Sue Silvester , il suo ufficio.
Vicino al
centro della terra, come la dimora di Lucifero.
Gli uomini che lavoravano per la Silvester erano solo povere anime ridotte al lavoro
forzato, quasi come dei manichini nelle sue mani.
C’era chi, però, aveva la fortuna o sfortuna,
dipendeva dai casi, di lavorare come scienziati.
All’interno della Sue Corporation esercitavano
quel ruolo solo una decina di persone, più o meno stabili.
Nella
sezione dei laboratori era fisso però, il Dottor William Schuester,
con la sua fidata assistente Miss Holly Holliday.
Erano addetti agli esperimenti più pericolosi, proposti dal loro capo.
Nonostante la follia delle richieste, non potevano
far altro che stare a capo chino e assecondarle.
C’era anche chi, con orgoglio, serviva la magnate
con riverenza e costanza, come Becky Jackson.
Becky era una ragazzina minuta, affetta dalla sindone di
Down e per questo emarginata dal mondo. Aveva le fattezze di un piccolo angelo,
con quei occhietti azzurri e i boccoli biondi. Non si allontanava mai da Sue se
non su ordine.
Un vero e proprio cagnolino da compagnia, pensava
spesso Schuester, guardando con affetto la ragazza.
L’accesso ai laboratori era severamente vietato
per chiunque, eccetto per gli addetti e il capo in persona.
Nessuna eccezione.
Per accedervi si doveva passare per gli ascensori
che collegavano ogni piano, fino a ritrovarsi in un lunghissimo corridoio
bianchissimo, illuminato da luci al neon azzurre che rendevano difficile avere
un’esatta misura di quanto lungo fosse.
Tutto quel bianco era insano, e lo credeva anche
il Dott. Schue, mentre lo percorreva velocemente,
desideroso di raggiungere le ‘confortanti’ pareti del laboratorio nel quale era
praticamente stato segregato da anni.
Il ticchettio veloce di un paio di tacchi lo fece
voltare quasi di scatto “Miss Holliday, speravo
arrivasse prima…. Ha letto i nuovi ordini di quella
pazza?!”
Poco si sapeva di William Schuester,
in quel inferno, ma era certo che non era lì di sua iniziativa.
Era stato condotto lì dalla stessa Sue, costretto
a sottomettere il suo genio alle sue richieste folli. Costretto ad abbandonare
gli amici e la fidanzata.
Tutto, e ancora poteva ricordare, dopo tutti quei
anni, la sua Potawatoi, quella regione così vasta,
dove era nato e cresciuto.
“Nulla di nuovo dal solito, Will.” Holly si
ostinava a dargli del tu. “anche se devo ammettere, questa volta ha
seriamentesuperato sé stessa in maniera
impeccabile. Le farò i miei complimenti.”
Il dottor Schue le
lanciò uno sguardo d’avvertimento e la donna ridacchiò, sfogliando
svogliatamente le pagine ingiallite di un tomo.
“Non le conviene mettersi nei guai, Miss.”
L’avvertì Schue con sguardo preoccupato.
“Io me la so cavare benissimo!” esclamò con un
enorme sorriso. “Queste sono le scartoffie che la Silvester
ha preteso che controllassi!” porse all’uomo il tomo e senza smettere di
sorridere si sedette, accavallando le gambe, su no degli sgabelli, aspettando
le richieste dello scienziato.
Schuester prese a leggere una pagina, poi una seconda, una terza, sempre
più veloce.
Fino a bloccarsi
e sbuffare “Questo è un lavoro di criogenia avanzatissima. Non credo di esserne
in grado, va oltre le mie conoscenze!”
“Suvvia non
essere modesto” disse la bionda, incastrando una matita tra i lunghi capelli
biondi per tenerli sollevati.
“Qui si parla
di manipolare del DNA alieno” precisò subito l’uomo “Una razza estinta, per
giunta! Quindi mi correggo: manipolazione di DNA alieno mitocondriale! Perché
non fabbricare noi stessi l’acqua allora?? Sarebbe più semplice!” fece una
pausa, passandosi una mano tra gli intricati capelli ricci.
“E’ così impossibile da realizzare?” chiese,
Holly, aggiustandosi le pieghe del vestito nero. “o è solo paura per una cosa
più grande di te?” Schue le lanciò una breve
occhiata, ma non rispose subito.
“In via del
tutto sperimentale…. Potrebbe esserci un modo” l’uomo
fece una pausa, sfilandosi gli occhiali dal naso per poter osservare
attentamente la sua assistente, come a volerle fare una confessione in via del
tutto confidenziale “Ma sarebbe antietico…. Parecchio
anti-etico. E ne ho già parlato con Sue, che è impazzita all’idea…”
“Perché vuole farlo a tutti i costi?” insistette
Holly, “non ha tutto il controllo che le serve? Non è la donna più potente di
questo mondo deserto e a pezzi?” la donna non riusciva a concepire la nuova
trovata della Silvester. Era solo un capriccio? O
c’era altro sotto tutte quelle richieste?
“Non sia sciocca, Miss Holliday,
e ci pensi. Pensi a che vantaggio sarebbe sfruttare le ultime riserve idriche
della terra, disperse chissà dove, invece di comprarla da altri mondi. Se Sue
ci riuscisse davvero, nessun altra Multinazionale starebbe al passo e lei…. Lei avrebbe il controllo totale del pianeta.” Will si
alzò, iniziando a misurare a grandi passi la stanza “E noi non abbiamo scelta…. Tenteremo la sola via possibile”
L’assistente sospirò, guardandolo contrariata. “E
quale sarebbe? Assecondare questa follia e stare a vedere che succede?” sbottò.
“creare questi essersi distruggerà ancora di più le sorti del mondo.” Schue si fermò davanti a Holly e accennò un sorriso triste.
“Sì, il piano è questo…..”
Le prese delicatamente una mano, stringendola tra le sue mentre la guardava
negli occhi “E avrò bisogno di te….” Si allontanò di
qualche passo, recuperando alla svelta il decoro “Ora Miss Holliday,
ho intenzione di spiegarle come ci muoveremo”
“Per quanto detesti la Silvester…”
disse la donna, con sorriso dolce. “Mi fido ciecamente di te, Will.” Ammise,
donando allo scienziato un po’ di coraggio. “Okay spiegami tutto quello che sai
e mi muoverò di conseguenza!”
“Il solo modo che abbiamo per utilizzare il DNA
alieno che la SIlvester ci ha portato, e che come
ricorderai abbiamo analizzato con sconforto, è quello di combinarlo con del DNA
umano” Disse tutto di un fiato, convinto anche se non molto persuaso a farlo.
“DNA umano? Vuoi dire che dovremmo guardare negli
archivi del NAGA*? In quel posto è quasi impossibile
entrare! Inoltre dovremmo scegliere dei DNA particolari, con le stesse
caratteristiche che richiede sua maestà! Ci vorranno mesi!” aggiunse, con una
nota di sarcasmo.
Will la guardò scuotendo il capo “Normalmente
avresti ragione ma…. Si parla di Sue. Lei sa tutto su
questa ragazza, si è studiata tutti i tratti somatici, le peculiarità….
Come gli occhi chiari ad esempio, e lievemente a mandorla. Lei sa già cosa
fare, ha già contattato il Rettore Supremo del NAGA.Va a procurarsi ciò che ci serve stasera stessa…”
“E dell’esemplare maschio? Ha già scelto il DNA
adatto?” chiese Holly, portando si un dito alle labbra con fare
pensieroso.“Immagino che abbia pensato
anche alla riproduzione.” Schue annuì, con un
sospiro.
“Precisamente” ammise “Una femmina e un maschio,
per farli riprodurre e venderli agli altri pianeti nelle stesse condizioni
della Terra. E sono parecchi” Schuester prese un
libro dall’aria vecchia e polverosa, aprendolo con cautela a causa del dorso
rovinato e mostrando ad Holly “Guarda…. Questa sono
foto scattate verso il 2500 prima dell’estinzione totale della razza. Erano
creature bellissime, dall’aspetto efebico. Sarà difficile trovare degli umani
con queste sembianze nell’Archivio B del NAGA”.
Holly rimase affascinata dai bellissimi alieni
immortalati nella foto. Erano splendidi, creature nude e fiere.
“Pensi che lei abbia già individuato quello che
cerca?” domandò, distogliendo a fatica lo sguardo dal libro e porgendolo
nuovamente allo scienziato.
“Ho una vaga idea ma….
Spero di sbagliare.” E dopo aver lanciato un ultimo sguardo a quelle foto lo
chiuse di scatto, facendone cadere alcune pagine.
Continua….
NdA:
Della serie: come farsi del male, ecco una FF
Fantasy, Fantascientifica, basata su un ipotetico futuro in cui la terra ormai
non è altro che un ammasso di polvere e sabbia.
No, non abbiamo niente da fare, lo so xD
Parlando seriamente per più di trenta secondi
(sarebbe circa un miracolo di natale) sottolineo un paio di cose xD allora:
Questa storia è nata a fine giugno, un pomeriggio
che davvero non avevamo nulla da fare, e durante le vacanze a MarsaAlam abbiamo deciso più o
meno tutta la struttura narrativa (Grazie al deserto del Sahara per averci
regalato le ‘piacevoli’ sensazioni che ci hanno portate a descrivere cosìbene il caldo xD).
Gli aggiornamenti saranno il più veloci possibili,
ma entrambe lavoriamo ad altri progetti, quindi faremo il possibile!
Per tenere sotto controllo gli aggiornamenti, news
e altro potete anche farlo dalla pagina pubblica di Chemical
Lady su FB, ovvero QUI.
Se avete apprezzato questa prima parte del prologo
diteci che ne pensate con una recensione (e vi ameremo moltissimo)
Mai Sue aveva osato portarla con sé fuori dalla base e invece,
quel mattino, lei era lì, con il suo capo, che camminavano a passo spedito
nell’ingresso che portava verso un’infinita e bianca stanza, dove, alle due
estremità sorgevano alte scrivanie e uomini distinti lavoravano dietro a i più
tecnologici computer che Becky avesse mai visto.
Il NAGA o meglio il North American GeneticArchive, era, come diceva la parola stessa l’archivio
di tutti i DNA del nord dell’America. La ragazzina non si intendeva di quelle
cose, ma sapeva che per la Silvester quel posto era
importante tanto quanto un tesoro inestimabile.
CamminarNono
sul marmo bianco a passo svelto e Becky cercò, nel
migliore dei modi, di imitare l’espressione che Sue aveva assunto sul viso.
Era seria, quasi intimidatoria.
Alle scrivanie, gli uomini attendevano che la donna sfilasse
davanti a loro prima di alzare appena gli occhi dagli schermi dei loro computer
in una reverenziale paura.
La biondina si soffermò ad osservarli con genuino interesse,
prima di essere richiamata da Sue ed affrettarsi a seguirla.
Arrivarono davanti alla scrivania più grande e alta di tutte,
alta come quella di un giudice durante un processo, e lì la Silvester
si bloccò schiarendosi la voce e attirando così l’attenzione di un signore
calvo sulla cinquantina che subito smise di controllare dei documenti per
poterla guardare negli occhi.
“Ben arrivata, speriamo che il suo viaggio sinqui sia stato….”
“Bando alle ciance Polly. Sono qui
per prelevare quello che ti ho richiesto, qui c’è la somma pattuita” la donna
lasciò cadere una specie di coupon, con scritti sopra i litri di acqua che ‘ciò
che aveva richiesto’ valeva.
Paul Martinez era sempre stato un
uomo rispettabilissimo, dedito al lavoro, ma non poteva mettersi contro un tale
colosso imprenditoriale e sperare di raccontarlo in giro.
Tutti sapevano che mettersi contro Sue Silvester
era come mandarsi al patibolo.
Paul si aggiustò gli occhiali sul naso e si asciugò il sudore
con un fazzoletto candido.
“Molto Bene, a momenti verrà scortata della sezione B.”rispose, cercando di non risultare
balbettante. “Eryn!” chiamò e in pochi frettolosi
passi, una ragazza, non più di venticinque anni, e con un lungo camice bianco
addosso, fece la sua comparsa con un ampio sorriso di circostanza.
Era bassa, e i capelli chiari e lisci erano sciolti sulle
spalle.Becky
la osservò per un minuto intero, incuriosita dal suo aspetto.
“La dottoressa Emerson vi scorterà fino alla sezione, dov’era
in avanti siete nelle sue mani.”
Eryn
continuò a sorridere mentre Sue le rivolse un’occhiataccia, quasi sprezzante,
ma questo non fece diminuire l’allegria della ragazza.
“Da questa parte signore!” esclamò Eryn,
rivolgendo un piccolo gesto di saluto verso Paul.
“Tappetta il tuo sorriso mi sta
facendo venire l’eritema.” Sbottò la Silvester,
mentre Eryn aveva già cominciato a far strada lungo
un corridoio avvolto nella semi oscurità.
Arrivarono ad un grande ascensore illuminato da calde luci
dorate col quale scesero di un piano sino agli archivi veri e propri. Uscirono
nel grande corridoio, dirigendosi a destra e dando le spalle alla sezione A per
accedere alla B.
Lì, seduto alla scrivani, stava un ragazzo dai capelli neri e
spettinati, intento a leggere quello che pareva un giornalino erotico. Solo
quando Eryn fu abbastanza vicina capì che sì, era un
giornalino erotico “Josh metti giù i piedi” sibilò
sbrigativa, afferrando un mazzo di chiavi da dietro al ragazzo.
Questi sussultò, lanciando uno sguardo a Sue ancora fissa
sulla porta “Non possiamo darle il Dna del nostro amico….
Non possiamo”
Erynsorrise tristemente, accarezzando i capelli
del moro prima di dargli le spalle.
Non avevano scelta e per quanto facesse male dovevano.
“Allora, comodino? Non ho tempo da perdere io!” sbottò la
donna, mentre Eryn tornava da lei camminando fiera e
ostentando ancora quel sorriso “Se tu fossi lievemente più alta ti prenderei a
sberle per quel sorrisetto, ma se mi chino mi viene a far male la sciatica!”
Eryn
restò il silenzio, quasi affascinata dalla quantità di cattiverie uscite dalla
bocca di quella donna nel giro di pochi minuti. Sospirò e fece roteare le
chiavi sul dito, dirigendosi verso un’ampia porta di un nero lucido. Inserì la
chiave nella toppa e girò tre volte, aprendo con fatica l’imposta.
Eryn
trovava da brividi l’idea di prelevare DNA delle persone per quel genere di
scopo, ma a quella subdola donna non si poteva negare nulla. “Eccoci qua.”
Annunciò, accendendo le luci.
Sue alzò gli occhi verso l’alto, seguendo la linea degli alti
registri che arrivavano sino al soffitto, situato a circa dodici metri di
altezza.
Eryn
sospirò, prendendo una cartella da dentro un dispenser e leggendo velocemente i
due nomi che tanto sapeva a memoria “Può seguirmi, signora SIlvester?”
“Signorina per te, tappetta” disse
Sue salendo su una pedana subito imitata da Becky.
Eryn
continuò ad ignorare quegli insulti e, una volta preso posto a sua volta sulla
pedana elevatore, si appoggiò alla ringhiera infilando in un quadrante una
delle molte chiavi che aveva nel mazzo, la più piccola di un argento vivo.
Girò una sorta di microfono verso di se e poi a voce chiara
disse “Pierce.”
Subito la pedana partì, rischiando di far cadere sia Sue che Becky e ad un certo punto si bloccò, alzandosi di un paio
di metri da terra. Subito Eryn aprì un cassetto,
sfogliando i molti fascicoli fino a fermarsi a quello che recava la targhetta Brittany S. Pierce.
Lo passò a Sue che subito guardò la foto sulla prima pagina,
che ritraeva una bella e giovane ragazza bionda con degli occhi di un azzurro
intenso, lievemente a mandorla.
“Penso sia…. Perfetta” disse
vittoriosa, prima di strappare una bustina contente quella che sembrava una
fialetta di sangue, appiccicata accanto alla foto nel fascicolo. “Ora lui…”
La pedana si mosse automaticamente in avanti, solo di pochi
metri e Eryn ripeté la stessa procedura.
“Hummel.” Esclamò e la sua voce risultò lievemente inclinata.
Porse il fascicolo a Sue che aveva tramutato la sua espressione dura con un
ghigno soddisfatto. Nuovamente, su una piccola targa bianca, c’era scritto
“Kurt Hummel.”
Il ragazzo era tutto quello che la Silvester
cercava, bello, anch’esso giovane e con degli splendidi occhi azzurri, dalla
forma lievemente allungata.
“Becky.” Disse, la donna “abbiamo i
prescelti.”
Eryn
chinò il capo e fece sparire il sorriso dalle sue labbra, per far spazio a una
smorfia preoccupata.
“Tu, gnomo da giardino, fammi scendere.” Ordinò poi, rivolto
alla ragazza, intenta a fissare il viso di Kurt e Brittany,
con mille pensieri nella testa.
Strappò la fila del Dna restituendo sgarbatamente il fascicolo
a Eryn che lo mise via, prima di riportare Sue
all’entrata dei registri.
Josh
era ancora lì, e stavolta si fece trovare in piedi con addosso la divisa da
addetto alla sicurezza.
Fece un passo avanti, guardando Sue “Lei….
Mi fa schifo”
“JOSH!” Eryn lo prese per un
braccio, come ad impedirgli di dire altro, aspettando timorosa una reazione da
parte della Silvester.
Questa, però, esplose semplicemente a ridere, accarezzando i
capelli a Becky che guardava truce il ragazzo. La
donna lanciò ai piedi di Josh un paiodi pezzi di lucente argento “Prendili e vai
da unbarbiere, mi ricordi il mio
vecchio Scottish Terrier il giorno che l’ho
accidentalmente chiuso nella porta stagna del laboratorio”
Josh
ringhiò, indignato, ma Eryn gli impedì di ribattere,
trattenendolo per un braccio e lanciandogli un’occhiata d’avvertimento. “ Devo
scortarla verso l’uscita Signorina Silvester.” Disse,
l’espressione severa e lo sguardo carico di disprezzo.
Sue la guardò per
un’ultima volta da capo a piedi, prima di girare i tacchi. “Non ho bisogno di
una ragazzina per uscire da questo posto!” esclamò. “Andiamo Becky! Abbiamo qualcosa da festeggiare.” La bionda lanciò
loro un’ultima occhiata d’avvertimento, proprio in perfetta sincronia con il
suo capo.
Lasciarono la sezione B
camminando fiere verso gli ascensori, fra le mani , Sue stringeva trionfante le
fialette.
I due ragazzi la guardarono sparire oltre l’ascensore, poi Josh si lasciò cadere senza forze sulla sedia “Dobbiamo
avvertire Thad e il Clan”
“Dobbiamo aspettare di tornare a Potawatoivenerdì…. Non possiamo rischiare che intercettino la
videochiamata” La ragazza prese posto davanti a lui, sulla scrivania,
scostandosi il camice dalle gambe per poterle accavallare prima di accarezzare
le ciocche corvine di Josh “Secondo te cos’è uno Scottish Terrier?”
Il ragazzo scrollò le spalle, prendendole la mano “Non lo so…. Qualche bestia estinta. Lei viveva già sulla terra al
tempo dei dinosauri tempo” aggiunse poi in tono ironico.
Eryn
rise, prima di perdere di nuovo il sorriso “Non possono fare questo a Kurt…”
Il ragazzo sospirò, sentendo sulle spalle l’opprimente peso
dell’inutilità.
~°~°~
Se di giorno le temperature arrivavano a toccare vette
surreali, la notte si abbassavano così velocemente da suonare impossibile,
inimmaginabile.
Nonostante Puck fosse abituato
all’aria fredda che la notte arrivava all’accampamento direttamente dall’oceano
Atlantico, si strinse maggiormente addosso la giacca mentre si dirigeva a passo
spedito verso lo spiazzo in cui i Titans erano soliti
consumare il rancio e accendere il falò.
Passò davanti alle grotte, in quel momento deserte, scendendo
un sentiero scosceso e in pendenza, fino a raggiungere il resto dei ragazzi.
Così vivevano, in case naturali scavate nella dura roccia,
sempre se quella decideva di non crollare sulle loro teste, in gruppetti di
quattro o cinque persone per grotta.
Eccetto Karofsky che, da quando Puck aveva provato a spodestarlo, condivideva il suo spazio
privato solo con Azimio, convinto che una buona
guardia del corpo fosse ormai fondamentale.
Quegli anfratti
rocciosi e spogli erano freddi la notte, e nonostante tutte le coperte che Puck poteva mettersi addosso non riusciva mai a eliminare
il senso di gelo dal suo petto.
Era come se, costantemente, gli mancasse qualcosa.
Il suono delle risate lo investì, facendolo riscuotere dalla
miriade di pensieri che gli affollavano la mente.
Si sedette accanto ad un ragazzo biondo che immediatamente gli
passò una scodella in terracotta piena di una qualche sottospecie di minestra.
Altro problema dell’essere un gruppo di ragazzi: non mangiava
cose decenti da anni.
“Grazie Sam” disse con un sorrisetto, iniziando a mangiare
estraniandosi dalle chiassose conversazioni dei compagni.
“Tutto ok amico?” chiese di punto in bianco Evans, aggrottando
le sopracciglia.
“Diciamo di si” rispose Noah,
appoggiando la ciotola vuota a terra e svuotando un bicchiere di acqua, prima
di passarsi il dorso della mano sulla bocca “Solo….
Devo parlare con Finn, ora”
Sam fece un cenno dall’altra parte del falò rispetto dove
erano seduti loro due, e subito Puckerman si alzò,
dirigendosi in quella direzione. Trovò Finn intento a
seguire con attenzione una partita a carte tra altri due membri del Clan, e
appena gli picchiettò sulla spalla questi alzò gli occhi nei suoi, capendo
subito che aveva bisogno di lui in privato.
Finn
Hudson non aveva mai brillato in ingegno, ma lui e Puck
erano amici da quando erano solo due monelli, dopo tutti quegli anni era
naturale capirsi anche senza bisogno di specificare tutto.
Camminarono in silenzio fino alla loro grotta, quella che
dividevano con Sam e un paio di altri ragazzi, e Puck
si guardò attorno prima di tirare la tenda di un viola prugna sbiadito, per
tagliare il resto del Clan fuori dai loro affari.
Finn
accese la lampada ad olio appoggiata su un rozzo comò di legno, uno dei pochi
mobili nella stanza, voltandosi poi verso Noah “Che
succede? Non hai una bella faccia”
“Karofsky ci ha affidato un lavoro”
Finn
lo guardò stranito “A me?? Karofsky ha affidato un
lavoro a me??”
Puck
sbuffò “Dobbiamo spiare i Warblers…. Nel loro
accampamento”
Finn
si ammutolì “Ma…. Nonè possibile che abbia scelto me, insomma,nemmeno io mi fiderei di me stesso!” Puck ridacchiò “Sono scoordinato e chiassoso!”
“Ha deciso di mandarmi con te perché spera catturino me” disse
sbrigativo il ragazzo, sbuffando irritato “Insomma, il modo più pratico per
levarmi dalle palle credo” si sfilò le scarpe, calciandole via, mentre si
sedeva sul letto.
Hudson scosse il capo, incredulo “Lui….
non può”
“Certo che può, è il capo…” Puck si stese sulla sua branda, alzandosi la pesante
coperta di rozza lana colorata di una scadente tonalità di arancione sino alle
spalle. Non si cambiò nemmeno “Ora aspettiamo solo che venga a darci l’ordine
di partire…. Credo presto, comunque. Sarà meglio
riposare.”
Finn
scosse il capo, avvicinandosi all’uscita della tenda “Prima devo rinfrescarmi
le idee”
Noah
lo guardò uscire, comprendendolo.
Di tutti loro, Finn era quello che
si era distaccato dalla Tribù più dolorosamente e in ritardo rispetto al resto
del Clan.
Amava molto sua madre, lasciarla era stato così difficile….
E poi c’era Rachel.
Finn
si sedette su una roccia, lasciando che le gambe penzolassero nel vuoto, mentre
si portava le mani al volto.
Tornare a Potawatoi significava
tornare in un certo senso a camminare nel luogo in cui era cresciuto,
riportando alla mente la sofferenza del distacco.
E la convinzione di aver, anche se in minima parte, fatto la
scelta sbagliata.
Lasciò vagare la sua mente, mentre alzava il capo verso
l’orizzonte puntellato dalle cime dei monti, ricordandosi com’era quella
sensazione dolce del sentirsi davvero a casa…
Erano
già passati sei anni da quando, una triste mattina di fine aprile, aveva
lasciato la Tribù.
Aveva
ventitre anni, ma la sua scelta di unirsi ai Titans
era arrivata piuttosto in ritardo visto che i ragazzi e le ragazze che
decidevano di unirsi ai due Clan scissionisti se ne andavano appena compiuti i
diciotto anni.
Lui
aveva preso il suo tempo, complice l’attaccamento alla madre che non desiderava
lasciare sola e quel coraggio che gli era sempre mancato.
Ma
alla fine era stato quasi inevitabile.
La
voglia di dimostrare a tutti chi davvero fosse, intrisa di orgoglio maschile e
la consapevolezza che sua madre fosse ormai accasata con unbrav’uomo al pari di Burt Hummel da qualche
anno lo avevano spinto ad accettare le insistenze di Noah.
La
mattina della sua partenza, tutta via, malgrado la decisione, fu davvero
difficile fare tutti i saluti del caso.
Strinse
un’ultima volta Kurt, il suo fratellastro, in un abbraccio triste, mentre sua
madre arrotolava un paio di frutti di uno strano colore blu in uno straccio di
stoffa bianca “Abbi cura di te” disse porgendoglieli, e subito il ragazzo li
mise nel grande zaino che teneva sulla schiena, insieme alle bottiglie di acqua,
i vestiti e le coperte.
Abbracciò
anche lei, salutando poi con un sorriso sincero anche Burt “Mi raccomando
ragazzo, lì fuori non c’è da scherzare”
“Occupati
di mia madre, penserò io alla mia pelle” disse Hudson, prima di lanciare
un’ultima occhiata a Kurt, fermo immobile accanto a Blaine, che a mala pena gli
fece un cenno col capo, stringendo in mano la fascetta rosso/blu del Clan dei
Warblers.
Vivevano
insieme da otto anni, erano amici, quasi fratelli.
Voleva
davvero molto bene a Blaine, quanto ne voleva a Kurt forse, ma tutto era
destinato a finire quel giorno. Ogni legame si sarebbe spezzato una volta
uscito da quel cancello.
Finn sapeva che da quel momento
stati sarebbero nemici, visto che si erano da poco uniti a due Clan opposti, e
mentre usciva dalle mura per l’ultima volta, entrando poi nell’auto di Puck, sentì una morsa al petto.
Prima
si sentiva parte di qualcosa, quando stava alla Tribù, sarebbe stata la stessa
cosa al Clan?
Alzò
gli occhi verso l’alto cancello, e poco prima che Puck
partisse verso Malecite vide su di esso la figura di
una ragazza con i capelli trasportati dall’aria calda del deserto guardarlo
andarsene via.
Erano
già passati sei anni da quella triste mattina di aprile, ma Finn
ricorda benissimo le lacrime di Rachel brillare sotto l’accecante luce del
sole.
~°~°~
La risata
trillante di Brittany ricoprì la piccola e modesta
tenda che le ospitava quella notte. La ragazza aveva un lungo e leggero
straccio legato intorno al corpo nudo, mentre seduta a gambe incrociate, faceva
passare nel foro di una bellissima conchiglia, un laccetto scuro.
“Cosa fai a
quest’ora?” la richiamò Santana, stiracchiandosi soddisfatta.
“Sto finendo la
collana per il compleanno di Allies!” esclamò,
girandosi a regalarle l’ennesimo sorriso. “e poi devo finire di attaccare
queste perline sul cappello di Lord Tabbinton!” la
mora sbuffò una risata e si allungò verso la ragazza, appoggiando il petto alla
sua schiena. “non trovi che questo posto sia troppo bianco e rosso?”
Santana non
rispose, ma iniziò a solleticare con le labbra il collo scoperto di Brittany, che ridacchiò, divertita. “Così non finirò mai e
Lord Tabbinton si arrabbierà se non decoro il suo
cappello preferito!” la rimproverò, muovendo e scoprendosi un poco.
Santana non
trovava altra creatura così bella come Brittany.
Allungò le mani
verso quelle della ragazza, facendo cadere il suo lavorato sulle coperte e
intrecciare così le loro dita.
Brittany, abbandonò il capo sulla spalla di Santana con
un sospiro e ascoltò la sua voce calda che si liberava in profonde parole
d’amore.
E la risata di Brittany invase nuovamente il cuore di Santana…
“…Lopez?!”
L’interpellata
si riscosse dai suoi pensieri e lanciò un’occhiataccia alla ragazza che aveva
osato interrompere i suoi ricordi.
“Cosa
vuoi?” soffiò, rabbiosa.
“La
regina vuole conferire con te.” e detto questo la Cheerio
se ne andò, facendo svolazzare la veste.
“Regina?”
scosse il capo e sbuffò, divertita. “se la crede peggio di Karofsky!”
Si
alzò da terra e diede uno sguardo al giaciglio, dove Allies
dormiva, finalmente, serenamente, dopo una notte passata fra febbre e deliri.
Prima
di andare da Quinn doveva trovare qualcuno che stesse di guardia alla piccola…
Quinn
Fabrey, seduta composta nel suo letto di stoffe
pregiate, regalate da chissà quale alieno, affascinato dalla sua bellezza,
aspettava, impaziente il suo braccio destro.
Quando
Santana, entrò nel rifugio, il più sfarzoso e il più grande di tutto
l’accampamento, Quinn alzò gli occhi al cielo e cacciò alcune Cheeriointente a sventolarle
davanti al viso lungo ventagli di piume.Si alzò in piedi e si avvicinò alla mora, appena furono sole,
sistemandosi le pieghe corte della gonna.
“Era
ora Santana.”Soffiò, arcuando
sensualmente le ciglia.
“Scusami,
Allies ha avuto la febbre questa notte e non sapevo a
chi lasciarla.” Si scusò la ragazza, la testa alta e gli occhi rivolti in un
punto impreciso dietro alla bionda.
Non
era mai stata in ottimi rapporti con Quinn, anzi, più di una volta avevano
avuto qualche discussione sulla gestione del clan. “perché mi hai fatto
chiamare?”chiese, controllando, in uno
moto nervoso, se la coda alta fatta di tutta fretta, fosse perfetta.
Il
capo non accettava imperfezioni.
“Devo
parlarti, cara Santana.” Annunciò, posandole una mano sulla spalla e
scortandola fuori dalla sua tenda. Il suo modo di parlare aveva un non so che
di ambiguo e alla maggior parte delle Cheerio, questo
faceva terrore.
L’aria
del mattino era lievemente fresca e il mare, sotto di loro, sembrava in
tempesta.“in privato.” Aggiunse,
lanciando lo sguardo ad alcune ragazze, che ridevano acconciandosi i capelli e
cercando un modo di far diventare i loro abiti succinti ancora più corti.
Scesero
uno stretto sentiero, che portava in riva al mare, dove, i resti del falò della
sera prima bruciavano pigri.
“Allora?”
chiese la mora, impaziente.
Quinn
sorrise dolcemente e i suoi occhi verdi si illuminarono per un attimo.
“Come
stai?”
Santana,
trattenne il fiato e si mordicchiò il labbro.
Brittany non era più con lei da
quattro giorni e stava morendo dentro.
“Bene.”
Mentì, stringendo i pugni, lungo i fianchi.
“Farò
finta di crederci,” disse sorridendo, camminando fluidamente verso la riva.
Alcune gocce salmastre le bagnarono i vestiti e le gambe, ma non vi badò.
“Dimmi
cosa vuoi da me.” Ringhiò, infastidita.
Voleva
tornare da Allies e assicurarsi che tutto fosse
apposto e voleva tornare da Brit e farsi cullare dal
salice che era impregnato della sua essenza.
Quinn
rise e si attorcigliò un boccolo biondo fra le dita affusolate. “Dirti la
verità.”
Santana la
guardò incuriosita e incrociò le braccia al petto. “Quale sarebbe sentiamo?”
La bionda la
guardò di traverso,infastidita dal suo tono indisponente. “Volevo risparmiarti
altro dolore, ma…”
Il capo
delle Cheerio fece una pausa e si finse addolorata.
“so chi ha ucciso Brittany.”
Santana
sgranò gli occhi, sentendoli già umidi. Deglutì e sentì il rimbombo feroce del
suo cuore nel petto.
“Ho cercato
un modo per evitarlo, per evitare la tua collera, ma…”
fece un sospiro. “non si può più nascondere la realtà.”
“Chi è
stato?” domandò, a denti stretti.
Quinn si
prese un momento di silenzio, quasi teatrale, mentre sospirava.
“ThadHarwood”
Infine, per
Santana fu solo rabbia cieca.
Non guardò
Quinn, mentre se ne andava a passi veloci.
Si fermò, solo
quando Quinn fu lontana dalla sua vita.
Aveva gli
occhi ricolmi di lacrime rabbiose, mentre pensava solo che la sua Brittany non era più con lei per una stupida guerra fra
clan.
“Brutto
figlio di puttana!” urlò, crollando a terra, fra la sabbia fresca. Desiderava
distruggerlo, annientarlo con le sue stesse mani. Ringhiò, la voce che grattava
con violenza contro la gola secca.
“Considerati
morto, Harwood!”
~°~°~
Il sole era già calato al di là del monte quando Blaine tornò
verso casa, dopo essere passato a trovare il fratello.
Il cielo al tramonto era una delle poche cose belle che ancora
si potevano vedere su quel pianeta martoriato , anche se Blaine ne coglieva la
sua pura semplicità, non avendo mai visto quanto la Terra fosse bella.
Certo, aveva ascoltato i racconti del nonno di Kirk come
tutti, aveva visto immagini da libri, ma tutte quelle piante, quei colori erano
un sogno.
Un autentico viaggio onirico, troppo lontano per poterlo anche
solo desiderare.
Non aveva di che lamentarsi, infondo, della sua vita.
Aveva un tetto sopra la testa, una famiglia, degli amici e un ruolo
nel clan che, per quando a volte potesse essere sopravvalutato, era molto
importante e pericoloso.
Si accorse distrattamente che il coprifuoco era già scattato e
chei bambini avevano lasciato i loro
giocattoli in giro.Blaine tirò un
leggero calcio a una palla di cuoio, soprappensiero.
Passò davanti all’officina
di Burt, trovandola chiusa e si affrettò a raggiungere casa sua, proprio lì
affianco. Aprì la porta, di un vecchio legno scricchiolante, con una spalla,
entrando in una accogliente casetta arreda alla bell’è meglio.
“Sono a casa!” strillò, sciogliendosi la bandana, ancora legata
intorno alla testa, appoggiandola sulla cassettiera di fianco alla porta.
Sentì rumori di passi e la luce che veniva accesa, illuminando la
semioscurità della stanza. “Ben tornato tesoro.” Esclamò con voce gentile, una
donna con tipici abiti da casalinga e il viso sporco di farina.
“Cosa c’è per cena, Carole?” domandò avvicinandosi per posarle un
educato bacio sulla guancia.
“Una zuppa di verdure” rispose lei, sorridendogli “Non è arrivato
il carico di carne, quindi niente di buono temo”
“Andrà benissimo” le disse dolcemente il ragazzo, scendendo per uno
stretto corridoio fatto di cinque gradini fino ad una microscopica stanza.
Così piccola che, per quanto fosse basso, rischiava di urtare il
soffitto con la testa.
C’erano però quattro brande, due a terra e due sopra, e un piccolo
tavolino con sotto un paio di scomparti per i vestiti e i suoi oggetti
personali.
Lì si chinò nel piccolo
catino di acqua che Carole gli aveva preparato e si sciacquò il viso e le mani
levando così le tracce di sabbia e sporco. Si infilò un paio di pantaloni e una
casacca bianca prima ti tornare nel piccolo salotto dove ora sedeva il patrone
di casa, con in mano una delle poche e rare copie del giornale terreste “Devi
passarlo alla signora Febray dopo, o posso leggerlo
anche io?” chiese il ragazzo prendendo posto sulla poltrona davanti all’uomo.
Burt alzò gli occhi guardandolo “Certo che puoi, ragazzo, ma poi
devi portarglielo tu…”
Blaine annuì e aspettò il suo turno, appoggiando il capo sulla
vecchia imbottitura della poltrona. Burt alzò nuovamente lo sguardo e lo fissò
preoccupato.
“Giornataccia?” domandò, “Ho riparato la tua moto oggi.”
Aggiunse.
“Sono solo… Stanco, direi.”Sospirò e chiuse gli occhi caramello per un
momento. “grazie per aver salvato la bimba” concluse facendo un sorrisetto.
Burt fece un cenno e
tornò alla lettura. Entrambi aspettarono in silenzio che Carole li chiamasse
per la cena.
Quando ciò avvenne, per grande sollievo dei loro stomaci
brontolanti, Burt passò il giornale a Blaine permettendogli di leggerlo mentre
consumavano la frugale cena.
“Blaine controlli se…”
Il ricciolo sorrise, guardando la donna “Finn
è vivo, l’ho visto oggi e mi sembra in forma” disse prendendo una cucchiaiata
di zuppa prima di dare comunque un’occhiata alla lista dei morti di quella
settimana.
Alzò gli occhi con sorpresa “Burt, sapevi che è morta Brittany?” chiese, scioccato.
L’uomo gli lanciò uno sguardo “Sul serio? Quando?”
“Non si sa…. Solo che il suo
nomeè qui segnato” Blaine ci pensò su
un istante “E il cadavere? Non l’hanno portato qui per seppellirlo al cimitero”
Carole sospirò, affranta “Povera ragazza, quando sono morti i
suoi genitori ha perso tutto…. Chissà la sua povera
sorellina”
“Le Cheerio l’avranno seppellita lì
vicino a loro” commentò aspramente il meccanico, bevendo un bicchiere d’acqua
“Dopotutto non ha nessuno che possa piangere sulla sua tomba, qui…”
Il ragazzo sospirò,
ripensando a quella ragazza così solare e divertente e chiedendosi chi avrebbe
mai potuto portare una simile notizia ad Artie, che
era molto affezionato a lei. Blaine sapeva che, addirittura, il giovane ragazzo
prodigio era riuscito a clonare un gatto, animale da tempo estinto sulla terra,
usando del DNA parecchio usurato, solo per rendere felice la ragazza che ogni
santissima domenica tornava alla Tribù per trovarlo.
Evento straordinario visto che i giovani, una volta lasciata Potawatoi, non tornavano più nemmeno dai genitori.
Eppure lei aveva continuato per diverso tempo, troppo attaccata al
ragazzo con cui aveva condiviso l’infanzia.
Purtroppo però, quei fatti non erano rari e le morti cadevano
costantemente, quasi ogni giorno.
Non c’era ora che i famigliari dei Clan non vivevano in angoscia,
spaventati di leggere il nome dei loro figli fra le liste.
A volte erano anche infinite e il tempo non pareva passare mai fra
un nome e l’altro.
Finirono di cenare in silenzio e Blaine faticò a terminare la sua
zuppa, con lo stomaco improvvisamente chiuso dopo la notizia.
Si alzò da tavola, e svuotò il resto della cena nella pentola di
rame e lavò il suo piatto e il suo cucchiaio, riponendoli poi nella credenza.
Carole, dal tavolo, gli sorrise riconoscente del gesto e Blaine
terminò il suo mezzo bicchiere di liquore, che Burt gli aveva versato e che si
gustava ogni sera, con insolita velocità, afferrando il giornale per portarlo
dalla signora Fabrey prima di uscire
dall'accampamento.
“Non gingillarti fuori dalla città Blaine” disse, come ogni sera,
Burt, guardandolo avviarsi alla porta e rimettersi la fascia attorno ai capelli
“Torna presto, mi raccomando”
“E prendi la giacca, stasera fa più freddo del solito” terminò
Carole, alzandosi per prendere la ciotola ormai vuota del marito.
Blaine li salutò con un sorriso prima di uscire da casa con il
giornale sotto braccio e la giacca in mano. Se la infilò immediatamente, appena
una fredda brezza, che pareva provenire dal centro del deserto, lo investì.
Camminò spedito verso casa Febray, buttando un occhio
in giro e notando che Thad, come sempre, se ne stava
appoggiato al piccolo muro di roccia davanti all’entrata della sua dimora, con
gli occhi puntati verso le stelle.
Blaine si era sempre chiesto cosa mai potesse pensare, ma poi si
ricordava che essendo il Capo del Clan e della Tribù non doveva essere facile
per un ragazzo poco più che ventenne tenere sulle spalle tutti i doveri che un
simile incarico portava.
Lui non credeva ci sarebbe mai riuscito al suo posto, e per quanto
potessero litigare nutriva un sincero rispetto per lui.
Arrivò davanti alla casa della signora Fabrey
e bussò tre volte. Dovette aspettare qualche minuto prima che la signora
aprisse la porta.
Era avvolta in una lunga veste color sabbia e i capelli biondi
erano raccolti in un chignon perfetto. Più il tempo passava e più sembrava non
toccarla, rendendola sempre perfetta.
“Oh, Blaine!” esclamò sorpresa.
“Le ho portato il giornale!”
disse il ragazzo con un sorriso gentile. “si assicuri che lo abbiano i signori
Cohen entro sta sera.” Le ricordò.
La donna annuì e ricambiò il sorriso. “Vuoi entrare? Stavo giusto
bevendo qualcosa di forte.”
Blaine, allettato dalla richiesta, dovette declinare l’offerta. “Non
vorrei fare tardi…” aggiunse con piccolo sorriso
imbarazzato.
La donna strinse le labbra
comprensiva e annuì, salutandolo.
Quando il volto della signora Fabray
sparì dietro l’imposta, Blaine si diresse a passo lento verso il portone
principale, scacciando qualche sasso.
A quell’ora nessuno girava per i sentierini
scavati nella sabbia, il coprifuoco era ormai scattato ed eccetto quelli del
Clan nessuno se la sentiva di abbandonare la propria dimora, nonostante la
città fosse un posto sicuro.
Arrivò al portone salendo le scale che conducevano alla guardiola,
per avvisare Jeff e Nick, e una volta lì incappò in una scena che ormai si
ripeteva da un po’.
Essendo gay non lo disturbava molto, ma beccare Jeff e Nick mentre
si baciavano con eccessiva enfasidurante
il turno di guardiola non era proprio il massimo della vita. Non tanto perché
Flint, il ragazzo di Jeff, era un suo amico, e nemmeno perché Nick era appena
diventato papà, ma perché la cosa gli metteva ansia. Non avevano gli occhi
fissi sul pericolo, ecco.
Fece retrofront, scendendo un po’ di
gradini e risalendoli battendo su di essi i piedi molto forte, per farsi
sentire.
Tutta la vallata, poteva sentire.
Ciò serviva a permettere ai due amanti di staccarsi ‘in tempo’ e
ricomporsi.
Li salutò con un sorriso mentre Jeff arrossiva di botto, già ben
lontano dal collega “Non stavamo facendo niente!” squittì nervoso mentre Duvall
si portava una mano al viso, disperato.
“Ok.” Rispose con un alza di spalle il morettino “Mi aprite le
porte?”
Nick annuì, guardandolo comprensivo “Certo Blaine….”
Il ragazzo li salutò un’ultima volta, prima di incamminarsi verso
una lunga distesa di deserto, illuminata solo da poche fiaccole che segnavano
un percorso prestabilito. S’infilò la giacca e rabbrividì di freddo, mentre affondava
le mani dentro le tasche.
Quell’uscita serale era ormai diventata abitudine che, nonostante
gli anni, non aveva mai perso.
Sorrise tristemente verso qualche ricordo e imboccò una curva
ripida fino a trovarsi davanti a una grande distesa di deserto e qualche secco
arbusto.
Il cimitero di Potawatoi, anch’esso poco
illuminato, solo grazie ai lumini sulle tombe, contava centinai di morti, tutti
solo dopo l’inizio dell’epidemia aliena.
Camminò tra le file di lapidi tenendo lo sguardo basso, mentre ripensava
a quanto era stato male quando aveva a sua volta contratto quel morbo.
Continuò a camminare, tristemente, ricordando di quanto dolore
aveva portato quella maledetta malattia.
Artie
aveva perso l’uso delle gambe, salvandosi per miracolo.
Brittany,
Jeff, e molti altri avevano perso i loro genitori, i loro parenti….
I loro amici.
Arrivò al limitare del piccolo cimitero, dove solitaria sorgeva una
piccola lapide totalmente bianca, che lo stesso Blaine aveva cercato e
levigato.
Vi si inchinò davanti, spazzando via un po’ di sabbia che il vento
del deserto aveva portato sulle lettere lì sopra incise.
Sorrise tristemente, accarezzando quel nome con la punta delle
dita, prima di prendere un respiro profondo.
Ancora una volta, come ogni sera, gli parve quasi che il vento
freddo del deserto si fosse fatto di improvviso più caldo, e che esso gli fosse
arrivato sul viso come una dolce carezza.
Erano passati quattro anni da quanto la malattia glielo aveva
portato via, ma quando si trovava lì da solo ilpetto gli doleva come il primo giorno senza di lui…
Abbassò la mano, appoggiandosela sulle ginocchia.
“Ciao Kurt….”
Continua….
Nda.
E in questo capitolo finalmente appare anche Kurt.
Ora, sappiamo cosa state pensando…. ‘
Kurt morto, Brittmorta…. E
mo?’
Don’t despair! Ci sarà sia Klaine che Brittana all’interno
della storia (e non solo…. Non per dare altri indizi
sui pairing ma pensate un po’ a quanti personaggi ci
sono sviluppati e capirete….). Senza contare che
questo capitolo spiana la strada all’immaginazione! Tenete conto della storia
del Dna e del discorso che hanno fatto Holly e Will nella prima parte ;)
Bene, detto questo ringraziamo le cinque fantastiche persone che
hanno recensito e vi invitiamo un po’ tutti voi che leggete a lasciare un
commento spassionato :D
Un piccolo appunto: qui appaiono due personaggi, Josh e Eryn, abbastanza
importanti per la narrazione. Loro due hanno rispettivamente i volti di JoeyRitcher e Lauren Lopez degli Starkid! Siamo
entrambe due fan sfegatate di questi giovani, non potevamo non metterli!
A presto col prossimo aggiornamento e l’ufficiale inizio ‘delle
danze’!
Ricordate, niente è come ve lo aspettate in questa storia… ;)
Un bacione
Jessy&Grè.
Ps.
Per chi volesse seguire più attivamente gli sviluppi della storia, gli
aggiornamenti e possibili fanart mettete mi piace
alla pagina Facebook di una delle due autrici (Jessika). Eccovi il link:
Josh e Eryn tornarono, come da programma, alla Tribù quello stesso
venerdì.
Immediatamente,
prima ancora di andare a salutare i loro cari, chiesero udienza al Capo Clan,
dicendo alle guardie di avere notizie importanti da riferirgli.
Thad si fece
trovare con addosso una strana vestaglia bianca con le bordature color oro con
la quale dormiva “Ragazzi non sono nemmeno le dieci del mattino e ieri c’è
stata la festa di commemorazione per la fine delle Quinta Guerra Mondiale. Non
avete idea di quanto sidro di Omega IV mi sono bevuto…”
si lamentò mettendosi la bandana a righe rosse e blu al collo “Che sta
succedendo?” domandò poi, grattandosi pigramente un occhi e prendendo posto
sulla sua solita poltrona.
Dalla porta
entrarono trafelati anche Wes e David, prendendo
posto su un paio di sgabelli ai lati del Capo Clan.
Viste le
condizioni in cui verteva Thad, unpaio di orecchie in più non potevano di certo
guastare.
“La virago è venuta ieri mattina al laboratorio.” Thad si dimenticò del suo mancato riposo e si mise a sedere
composto. “aveva l’aria più determinata e bastarda del solito.”
Eryn interruppe Josh e prese le redini della
conversazione.
Non era saggio farlo parlare, Josh
sapeva essere molto impulsivo.
“Ha chiesto di prelevare due DNA diversi dalla
sezione B.” iniziò la ragazza, la voce che tremava di risentimento.
Josh e Eryn lavoravano per il NAGA da
diversi anni, ma avevano sempre collaborato con i Warblers in qualità di spie.
Quel gigantesco edificio, era diviso in due
sezioni diverse.
La prima era denominata sezione A e conteneva
negli archivi migliaia di DNA di persone attualmente in vita sul pianeta terra.
La sezione B, beh, ovviamente venivano posti tutti i DNA di persone decedute,
divise per anno di morte e sesso.
“Cosa vuole farci quella pazza?!” esclamò Wes, zittendosi dopo un’occhiata del capo.
“Non lo sappiamo.” RisposeJosh e abbassò la
testa, serrando i pugni.
“Thad,” Eryn richiamò l’attenzione di Harwood
e i suoi occhi si riempirono di lacrime. “hanno preso il DNA di Kurt.”
In un flash, un paio di occhi azzurri si
materializzarono nella mente di Thad, accompagnati
dal suono di una risata musicale e allegra.
Il ragazzo strinse così forte i bracciolo della
poltrona da far cessare la circolazione e sbiancare le nocche.
Gli occhi si tinsero di una tonalità più scura
mentre preso in contropiede da una rabbia improvvisa si alzava, fronteggiando Josh “E tu l’hai permesso??” domandò irato “Cosa ti ho
mandato a fare, al Naga?? Se non fai il tuo lavoro perché
non torni qui a scavare nelle miniere di ferro??”
Eryn lo guardò spaesata, prima di infiammarsi a sua volta “Cosa
potevamo fare?? Sai bene cosa capita a chi si mette contro Sue!”
Il Capo si passò una mano tra i capelli, chiudendo
gli occhi e pensando, con espressione sofferente “Ok….
Zitti tutti…” Prese un respiro profondo “Devo pensare…”
Camminò avanti e indietro per lunghi minuti, le
braccia conserte. “Bisogna avvertire i capi degli altri Clan e mobilitarci per
fare irruzione alla Sue Corporation.”
“Thad, è troppo
rischioso!” esclamò David.
“Hai un idea migliore per caso?!” ringhiò in
direzione dell’amico. “dobbiamo distruggerla dall’interno, David.”
Wes si alzò e cercò di calmare gli spiriti bollenti. “Thad non ha tutti i torti, questa è l’unica buona
soluzione.”
Il Capo dei Warblers, annuì e si buttò nuovamente
sulla poltrona, colto da un terribile mal di testa.
“Chiamate Blaine e ditegli di venire
immediatamente.” Ordinò. “prima di dare inizio alle danze bisogna procurarsi
gli alleati.”
Thad non amava doversi servire dell’aiuto degli altri, ma per quella.
situazione era indispensabile.
David uscì dalla stanza dopo aver salutato Josh e Eryn e andò di corsa a
chiamare Anderson.
“Eryn, dimmi…” Thad si rivolse alla
ragazza, che si stava torturando le mani dal nervosismo. “qual è l’altro DNA
prelevato da Sue?”
Lei sollevò lo sguardo e fissò Thad
negli occhi.
“Quello di Brittany
Pierce.”
Thad si prese un paio di secondi per incanalare le energie necessarie
per mandare a casa Eryn e Josh
e dirigersi nella stanza adiacente a quella per cambiarsi.
Mentre Wes lo aiutava
come ogni mattina a vestirsi, Thad trovò estremamente
difficile concentrarsi su dove mettere la testa e dove il braccio.
Il Dna di Kurt….
Non poteva seriamente crederci e, soprattutto, non
voleva pensare a cosa potesse mai farsene quella ‘donna’ disgustosa. Tutte le
ipotesi che gli vennero in mente gli fecero una più ribrezzo dell’altra, tanto
che Wes se ne accorse.
“Hai le palle d’oca” disse, passando una pesante
cinta di cuoio dal fianco destro allaspalla sinistra del ragazzo, fermandola sul petto con una grande fibbia
di ottone, prima di guardarlo negli occhi “Sono il tuo consigliere, mi dai il
permesso di fare il mio lavoro senza offenderti?” Thad
gli diede licenza di parlare con un piccolo cenno del capo, prima di accomodare
gli avambracci sempre in cuoio, allentando appena le stringhe “Non fasciamoci
la testa prima di essercela rotta, ok? Potrebbe significare qualunque cosa…”
“Si parla di Sue” sussurrò a denti stretti Thad, prima di prendere un respiro e piegare appena il
collo di lato “Niente di buono quindi…. Ho perso le
speranze molto tempo fa e con esse quel brandello di positività rimasto” tornò
nella sala principale, trovando in essa in Blaine già pronto a partire
“Lasciaci soli” sussurròa Wes che con un cenno del capo uscì velocemente di lì, non
prima di aver lasciato una piccola pacca sulla spalla di Anderson.
“Cosa succede?” chiese il messaggero non appena
furono soli.
Thad si massaggiò le tempie dolenti con la punta delle dita. “Che ti
ha detto David?”
Blaine scosse le spalle. “Di venire immediatamente
con addosso la divisa e di dire a Burt di preparare la moto.”
Il capo annuì e si sedette a un piccolo tavolo,
scribacchiando con una matita su due fogli, mettendoli poi in diversi tubi di
cartone.
“Devi portare questi a quell’idiota di Karofsky e a quella pazza montata di Quinn.” Spiegò. “Sono
richieste di alleanza.”
Blaine annuì, ma non resistette alla tentazione di
chiedergli il motivo di tanta fretta.
“È semplice,” iniziò, alzandosi per raggiungerlo
in poche falciate. “Sue sta architettando un nuovo piano e si sta servendo del
DNA di Kurt e Brittany per scopi ancora oscuri.”
La rivelazione di Thad
sconvolsero Blaine al tal punto che dovette afferrare la spalla dell’amico per
evitare di cadere.
“Cosa vuole da Kurt?” sibilò, il viso di una
brutta tonalità biancastra.
“Non si sa.” Fu tutto ciò che Thad
gli disse.
“No-non può! Kurt è…lui…” Harwood
sospirò e afferrò Blaine per le spalle, scuotendolo leggermente.
“Ho bisogno che tu sia lucido e calmo per questa
missione.” Proclamò. “o sei fuori.”
Blaine annuì, anche se in modo percettibile.
“Chiaro?!” il ragazzo lo guardò negli occhi e ci
vide la medesima sofferenza ecollera.
“Sissignore.”
Thad annuì lentamente, scostandosi da lui e dandogli le spalle “Vai
allora”
Sentì i passi del moro uscire frettolosi dalla
stanza, prima di appoggiarsi con entrambe le mani alla superficie del tavolino.
Quella situazione era così dolorosa e straziante
da scuoterlo nell’animo.
Si lasciò cadere sulla sua poltrona, piegando il
capo all’indietro e chiudendo gli occhi, cercando di ricordare ancora quegli
occhi azzurri che, però, gli parvero più distanti che mai.
~°~°~
Blaine lasciò la
sua moto a pochi metri dall’entrata dell’accampamento delle Cheerios
e affondò gli stivali di pelle rovinata nella sabbia godendosi la sensazione.
Alcune Cheerio facevano la guardia sotto una tenda
sorretta da un bastone pericolante e ridevano giulive e ammalianti.
Se c’era un motivo per cui Blaine era adatto per quella missione era per la sua
totale indifferenza per il genere femminile e quindi non subiva il fascino di
quella bellissime donne.
Altra, triste, ragione, era che, dopo la morte di Brittany,
la messaggera delle Cheerios, non ne avevano ancora
eletto una nuova.
Una ragazza, dai lunghi capelli rossi ondeggiò verso di lui e si fermò giusto a
qualche passo di distanza, posandosi elegantemente una mano sul fianco.
“Vengo in pace.” Esclamò il ragazzo, porgendole le armi che aveva
precedentemente tolto dalla fodera.
“Messaggero dei Warblers, giusto?” chiese la ragazza, posando le armi, due
rivoltelle, su un ripiano di legno, sotto alla tenda.
“Sì, chiedo di conferire con il vostro Capo.” Richiese gentilmente. La rossa
annuì e ordinò a una delle ragazze sedute a terra di scortarlo da Quinn.
L’accampamento delle Cheerios era situato in un posto
incantevole e più di un centinaio di tende, cucine con stoffe colorate,
adornavano la spiaggia.
Quinn Fabray era, come suo solito, rintanata nel suo
covo, ad oziare, circondata da quelle che Blaine poteva benissimo definire
ancelle.
Il capo delle Cheerios era di una bellezza più che disarmante,
già da quando era molto piccola.
Prima di andarsene da Potawatoi era molto amata dalla
sua Tribù. Nonostante i suoi modi spocchiosi di comportarsi.
“Aspetta qui.” La ragazza entrò nella tenda e Blaine dovette attendere solo
qualche minuto prima che lo esortassero ad entrare.
“Blaine Anderson.” Lo accolse Quinn, seduta su una rossa poltrona.
“Quinn è un piacere rivederti.” Commentò il Warbler,
con un sorriso gentile sulle labbra.
“Non sono sicura di poter dire la stessa cosa, porti cattive notizie?” rispose
annoiata, osservandosi le unghie.
Blaine frugò per un attimo nella sacca e afferrò il messaggio che Thad gli aveva ordinato di consegnare.
Era preoccupato per tutta quella losca situazione e non aveva assolutamente
idea di come comportarsi, cosa fare o dire.
Sapeva solo che quella maledetta Sue Silvester stava
giocando con il suo Kurt non lo poteva permettere.
“Alleanza, eh?” sbottò la ragazza, buttando a terra il messaggio.
“Ci serve il vostro aiuto, non voglio… non vogliamo
che quella pazza usi Kurt e Brittany per i suoi
scopi.” Si permise di dire, le mani chiuse a pugno.
Quinn non rispose e si prese qualche secondo per pensare. “scommetto che
Santana direbbe di accettare! Se solo lo sapesse.” rincarò la dose.
Il capo delle Cheerios alzò una mano, richiedendo il
silenzio. “Dirò io a Santana che cosa sta succedendo, è già piuttosto provata
dalla morte di Brittany.”
“Puoi tornare da quel rammollito del tuo capo e dire che le Cheerios
accettano il suo patto d’alleanza.”
Le ragazze attorno a Quinn si animarono in un fastidioso brusio e la bionda
dovette richiamarle all’ordine.
“Glielo riferirò.” Rispose Blaine. “ ci rivedremo a Susqahanna
tra due giorni.”
Quinn annuì e senza aspettarsi un saluto, Anderson uscì, camminando verso la
sua moto, pensieroso.
Recuperò le armi e ripartì, alla volta di Malecite.
~°~°~
Una volta
lasciato l'accampamento delle Cheerio, Blaine prese
la via di Malecite, ben consapevole che quella
sarebbe stata la parte più difficile della giornata.
Se la morte di Britt era stata una vera tragedia, almeno il messaggiero dei Titans era ancora
vivo e, come da accordi, poteva raggiungerlo alla frontiera evitandogli di
trovarsi Karofsky davanti.
Sarebbe stato decisamente
poco salutare per lui.
Lo avvisò lungo
la via, e il giovane si fece trovare nel solito posto quando Anderson arrivò.
Sam Evans era uno
dei pochi del suo Clan con il quale Blaine non aveva paura di avere a che fare.
Era abbastanza
mite e non incline ad attaccar briga anche se di lì a dire che era felice di
vederlo c'era una discreta differenza.
“Ciao” disse sbrigativo il biondo, senza alzare
gli occhi dalla sabbia dorata del deserto.
Blaine rispose con un sorriso “Ciao Sam” prese
dalla sacca che gli pendeva sul fianco l’altro messaggio, porgendoglielo “Il
mio Capo ha parecchia premura che il tuo lo riceva, e ci tiene a sottolineare
che il caso è di importanza rilevante…”
Il biondino annuì, mettendo i rotolo di cartone
dentro alla macchina prima di tornare da Blaine che si era già voltato per
tornare alla moto “Hey, Anderson…”
Il moro si voltò verso di lui, guardandolo mentre
si avvicinava stringendo tra le mani un foglio di carta spiegazzato “I miei
genitori e i miei fratellini…” disse titubante,
guardando con espressione seria il messaggero dei Warblers “Lo stanno…?”
“Stanno tutti bene” disse Blaine annuendo.
“Mia sorella? Non ha avuto ricadute vero?”
Il morettino scosse il capo mentre un sorriso
triste gli increspava le labbra. La piccola Evans non era altro che una bambina
quanto l’influenza aliena l’ha contagiata. La sua guarigione è stata un vero
miracolo.
Sam gli porse il foglio “Vorrei che tu lo
consegnassi ai miei genitori…. Ho avuto poco tempo
per scrivere qualcosa ma…. Almeno sapranno che anche
io sto bene”
Blaine lo prese, intascandolo “Potresti tornare di
tanto in tanto…”
Sam lo guardò ovvio “Sai che non posso. Karofsky non è magnanimo come Harwood
o la Febray.”
Si guardarono un istante negli occhi prima di
salutarsi con un semplice cenno del capo e dirigersi ognuno al proprio veicolo.
Sam guardò la moto volante allontanarsi prima di
partire a sua volta e sfrecciare verso l’accampamento, il più in fretta
possibile.
Non tanto perché Thad ci
teneva che il messaggio fosse recapitato subito, non gliene fregava nulla degli
ordini di quello la, ma perché ripensare così intensamente alla sua famiglia
gli aveva messo addosso una nostalgia incredibile, e solo tornare alla sua
realtà quotidiana avrebbe stabilizzato di nuovo tutto.
Dopo aver lasciato la macchina sotto al costone di
roccia insieme a tutte le altre, salì la pendenza fino a raggiungere il resto
del Clan.
Karofsky lo trovò seduto su un vecchio tronco mangiato da chissà quale
bestia (i tarli così come la maggior parte degli insetti, si erano ormai
estinti da tempo) e senza aggiungere una parola gli porse il rotolo.
Dave lo prese, ridendo di gusto “Vediamo un po’ cosa vogliono queste
signorine” disse a gran voce, prima di iniziare a leggere silenziosamente.
Puck avanzò verso di lui, guardando corrucciato come sul viso del Capo
passassero ormai più di quattro espressioni diverse: da prima ironico, fino a
scemare nel serio, nel intimorito e poi in una maschera seria e vagamente alterata.
Alzò gli occhi porcini dal foglio, facendo un
cenno a Puck di seguirlo e ignorando il resto del Clan
che protestava per sapere.
“Che succede?” chiese ironico il ragazzo
seguendolo nella grotta e tirando i tendaggi per parlare senza esser sentiti “Si
è spezzata un unghia a uno di quei finocchi e chiedono una tregua di due
settimane per farla ricrescere?”
“No, ci chiedono di incontrarci a Susqahanna dopodomani per parlare di un patto di
alleanza…” il Capo passò a Puckerman
il foglio, e lui subito lesse velocemente, ammutolendosi “Che ne pensi?”
“Che centrano la messaggera delle Cheerios e il
fratello frocio di Finn?”
“Ne so come te”
disse Dave sottovoce, prima di riscuotersi e
camminare velocemente verso di lui strappandogli la lettera di mano e
gettandola nel braciere ardente “So solo che non lascerò le Cheerio
e i Warblers incontrarsi per creare chissà quale stramba coalizzazione…”
Noah rise acidamente “Ammetti che vai per
sapere di Hummel…. Ormai lo sanno tutti che…”
Dave lo prese per il collo della
maglietta, guardandolo con gli occhi assottigliati “Tu non sai un cazzo, così
come gli altri. Io non sono un frocio e la sola cosa che voglio per quello
schifoso moccioso è la morte…” lo riappoggiò a terra “Dì
a Finn che aspettiamo dopo questo incontro per dare
il via alla missione di spionaggio. E tieniti per te il contenuto della lettera”
uscì dalla grotta velocemente, lasciando solo l’altro a pensare e ponderare su
quella reazione.
Poteva dire quel
che voleva, non lo incantava.
Se solo avesse
dimostrato che Karofsky era davvero omossessuale, prendere il suo posto sarebbe stato un
giochetto da ragazzi…
Abbassò gli occhi
sul braciere, osservando le parole scritte con una calligrafia veloce e netta
sparire velocemente, inghiottite dalle fiamme, curioso di venire a capo di
quella faccenda…
~°~°~
Schuester e la sua assistente, miss Holliday,
attendevano quel momento da giorni.
Avevano tutto pronto, i macchinari, le formule e
mancava solo l’elemento che avrebbe reso completa la follia della Silvester.
William era ancora totalmente restio alla situazione,
ma non potè fare nulla quando Becky
entrò in laboratorio.
La ragazzina aveva sul viso una seria espressione
e camminava spedita e a testa alta verso di loro.
Holly la guardò con tenerezza. “Buon pomeriggio, Becky.” Disse, con un allegro sorriso a incorniciarle il
viso magro.
“Miss Silvester ha detto
che dovevo consegnare urgentemente queste fialette al dottor Schuester.”
Will sospirò e allungò le mani. “Grazie Becky.” Disse, prendendo le fiale e fissando attentamente
il liquido magenta all’interno.
La ragazzina li guardò tutti e due attentamente
prima di girare sui tacchi e uscire veloce dalle pesanti porte automatiche.
“Sta diventando la sua pedina preferita” disse
senza colore Holly, sospirando e portando una mano dietro al collo “Come anche
noi, del resto.”
“Lo siamo già” la corresse l’uomo “Lo siamo sempre
stati…” si voltò, camminando verso un grande tavolo
bianco, posto al centro dell’ampio laboratorio, prendendo un paio di pipette
per prelevare i Dna dalle filette e trasferirli in
altre per poterli inserire nello spettrometro di massa.
Attesero un paio di minuti in silenzio, sperando
che i campioni fossero buoni, e mentre il professore stava chino sulla macchina
leggendo i numeri analogici che essa sputava di tanto in tanto e che parevano
non aver alcun senso, la sua assistente spostava gli occhi da una parte
all’altra del laboratorio, sentendo una brutta sensazione di disagio
schiacciarle il petto.
Quando un leggero “bip”
lo avvertì del risultato, William alzò lo sguardo verso il pc
posto sulla sua sinistra.
Imprecò e si morse il labbro per evitare scatti
d’ira.
Sul computer scorrevano i volti e i dati di Kurt
Hummel e Brittany Pierce e quasi si sentì mancare.
Una lunga e ricca didascalia dichiaravano buoni i
campioni forniti da Sue.
“Cosa succede?” chiese subito Holly.
“Era come sospettavo.” Borbottò l’uomo fra sé,
tornando ad occuparsi del Dna prelevato.
Holliday fissò con insistenza i visi di quei giovani ragazzi sottratti
dalla pace dell’eterno riposo.
“Li…. Li conoscevi
Will?”
L’uomo annuì grave “Erano miei studenti quando
insegnavo a Potawatoi,prima che questo incubo avesse inizio…. Kurt è morto quattro anni fa, poco prima della mia
cattura, dopo l’epidemia di Polmonite Pneumica aliena….
È stato straziante, ricordo che i vaccini sono arrivati il giorno successivo…. Brittany invece non
sapevo nemmeno fosse morta!”
Holly si dispiacque moltissimo nel dolore che
lesse negli occhi del collega “Sempre la malattia?”
Schuester scosse il capo “La malattia l’ha contratta solo la Tribù quando
si è dovuta difendere da una sorta di attacco da parte di alcuni trafficanti di
metalli che volevano appropriarsi della miniera di ferro. I Clan scissionisti
non ne sono stati infetti, inquanto erano fuori dalla
Tribù…” l’uomo sospirò per la centesima volta,
guardando attentamente il viso liscio di Kurt, prima di sussurrare “La mia
fidanzata, Emma…. Ha fatto di tutto per salvare lui e
gli altri ragazzi. Purtroppo i morti non si contavano quando l’epidemia fu del
tutto debellata.
Holly gli posò una mano sulla spalla, in segno
d’affetto e comprensione. “Non sai quanto vorrei evitare tutto questo.” Confidò
l’uomo lasciando all’assistente un profondo senso di tristezza. “Emma diceva
sempre che per la Tribù si doveva sacrificare tutto, perché era la nostra
famiglia.” Schuester si portò una mano sul volto. “e
ora sto agendo contro di loro e non so nemmeno se lei è ancora viva!”
Miss Holliday posò anche
l’altra mano sulla spalla dello scienziato. “Non è colpa tua Will.”
“E’ come se lo fosse! Sono totalmente impotente e…” i suoi occhi si inumidirono di lacrime.
“Non possiamo fare altro che assecondarla.” Fu la
risposta di Holly che non cercò più di infondergli coraggio, ma la dura realtà
dei fatti.
La bionda attese qualche istante, prima di
avviarsi silenziosamente ad una centrifuga posta su un ripiano dall’altra parte
dell’ufficio. La aprì, prima di prendere dal frigorifero un paio di provette di
quello che sembrava sangue essiccato a giudicare dal color terra.
Will la raggiunse, stringendo in mano i Dna dei
due ragazzi che la donna gli prese dalle mani con gentilezza “Lascia che sia io
a farlo” disse dolcemente, sistemando la centrifuga “Per me è molto meno doloroso…”
Lui la guardò grato, tornando a sedere alla
scrivania per studiare nuovamente le procedure.
Miss Holliday prese un
liquido trasparente, e con l’aiuto di una pipetta ne mise un po’ per ciascuna
fialetta prima di chiudere il coperchio del macchinario e avviare la procedura.
Non riusciva nemmeno a immaginare quanto doloroso
poteva essere quell’esperimento per Will.
Lei non aveva nessuno e non apparteneva a nessun
Clan o Tribù prima di arrivare in quel posto, ma non era difficile comprendere
con quanto dolore William stava lavorando.
Sorrise tristemente, osservando il Dottor Schue immerso nel progetto e si chiese quando sarebbe
arrivata la fine per tutta quell’assurda e ingestibile situazione.
Continua….
Nda.
Eccoci qui con il primo capitolo!
Le cose iniziamo a muoversi sempre più
velocemente.
Ora la domanda è: possono incontrarsi senza far
finire tutto in un bagno di sangue? Lo scopriremo nella seconda parte del
capitolo!
Piccola precisazione: I Titans
non leggono il giornale (è già qualcosa se sanno leggere) quindi non sanno
nulla di Brittany o di Kurt. Le battutacce omofobe
sono d’obbligo, visto che loro rivendicano la superiorità dell’uomo virile.
Kurt è il più corteggiato della storia e se non lo
avete ancora capito non temete, ci arriverete!
Avvertenze:
Le parti scritte in corsivo sono Flashback.
Buona lettura.
J&G.
Water Eyes.
Chapter #01.
Part 1I.
Al centro
del deserto diSusqahanna,
dove in‘antichità’ sorgeva la Virginia,
era stato costruito, molti secoli prima, una sorta di punto di ritrovo,
chiamato appuntoil ‘Triangolo di Susqahanna’, sul quale i
diversi Clan erano soliti radunarsi quando necessitavano di incontrarsi per
discutere.
Discutere,
non parlare.
Non esisteva
un modo semplice per trattare, e nonostante Thad ci
avesse provato più di una volta, aveva messo in conto che sarebbe stato un
ennesimo fallimento.
Solo che
quella volta la posta in gioco sembrava più alta, così sperava che lo avrebbero
ascoltato.
“Sono in
ritardo” sbuffò Trent, appoggiandosi al volante della
moto “Fa caldo, sto per avere un calo di zuccheri”
Thad abbozzò un
sorrisetto “Le Cheerio sono donne, devono per forza
farsi attendere e i Titans sono pronto a scommettere
che non sanno leggere l’ora” disse divertito facendo ridacchiare alcuni del
Clan.
Abbassò gli
occhi su triangolo di dura pietra nera posto davanti a loro. Non era grande,
forsequattro metri per lato, l’importante
era il prolungamento dei lati che dai vertici disegnavano tre zone differenti.
Ogni Clan doveva stare nella sua, se la linea veniva oltrepassata allora tutto
diventava lecito.
Thad toccò la
pistola al suo fianco, sospirando e controllando l’ora. Iniziava a spazientirsi…
Fu solo qualche minuto dopo che iniziò a sentire
in lontananza il rombo assordante delle macchine truccate dei Titans.
Thad notava giù il testone di Karofsky
spuntare dal finestrino e accarezzò la rivoltella come se volesseintimarsi di stare calmo.
Quasi contemporaneamente, dal lato opposto le Cheerio fecero la loro comparsa dentro ad auto cabrio dai
colori sgargianti.
Qualcuno, dietro di lui sospirò rumorosamente e Thad incenerì Nicholas con lo sguardo.
Quinn scese dalla sua auto in un fluido movimento
e ancheggiò nel suo vestito succinto ancora più corto dell’ultima volta che
l’aveva vista.
Subito al suo fianco, Santana.
E se gli sguardi potevano uccidere, Thad era all’aldilà già da un pezzo.
Si limitò a guardarla, confuso prima di rivolgere
la sua attenzione a David che scimmiottava con quell’ammasso di grasso che era
il suo compare Azimio.
“Signore,” iniziò, pronto per una lunga e
difficile chiacchierata.
C’era un silenzio irreale in quel posto.
I motori spenti e tutti i visi attenti verso il
triangolo.
Thad guardò prima Wes poi David e con un
cenno del capo, tutti e tre scesero dalle moto nello stesso istante e allo
stesso modo.
“Ma che carini” disse Azimio
divertito, mentre Thad si sfilava i guanti e li
passava a Wes, avvicinandosi alla punta del triangolo
“Ci mettete tanto, voi ballerine, ad imparare queste coreografie?”
Harwood lo guardò affabile “Beh, il tempo che mi rimane dopo essermi
fottuto tua madre e tua sorella lo spendo in cose creative, Azimio”
“Cosa hai detto? Piccolo pezzo di…”
Dave appoggiò una mano al centro del petto dell’amico mentre anche Puck si avvicinava, mettendosi alla sinistra del Capo dei Titans.
Thad alzò un sopracciglio, spiandoli da dietro le lenti scure degli occhiali
da sole. Non era iniziatabene, ma non
aveva saputo resistere ad una simile provocazione.
E se c’era una cosa che Thad
sapeva fare davvero bene, era il provocatore.
Notò Quinn sbuffare, spazientita, attorcigliandosi
un dito intorno ai boccoli legati in un’alta coda.
“Facciamola finita con le stronzate, non voglio
rischiare di annoiare le principesse.” Sbottò, notando che il capo delle Cheerio si era voltata verso Santana per sussurrarle
qualcosa all’orecchio.
Ancora un volta Thad
vide negli occhi della mora una luce minacciosa.
Non rimase
a pensarci sopra, contando che, non andava a genio alla maggior parte dei
membri degli altri due clan.
“Come avete letto dal telegramma…”
iniziò, raccogliendo subito l’attenzione di tutti, “Le cose si sono fatte serie
e la Silvester ha calpestato il suo ultimo neurone
decente rimastole.”
“E tu come sai tutto questo, assassino?” Lo assalì
Santana impedendogli di parlare.
Thad la guardò stranito “Assassino? Io?”
La mora fece un paio di passi, e subito tre ragazze accorsero a trattenerla per
impedirle di attraversare la linea, tirandola indietro “Sei solo uno schifoso
assassino! E io ti ucciderò, fosse l’ultima cosa che faccio!”
Harwood spalancò la bocca, esterrefatto “Io non ho ucciso nessuno!
Persino gli insetti non li uccido! Chiamo Rich che li
schiaccia!”
“Confermo” disse un ragazzo muscoloso, seduto
sulla moto accanto a quelle di Blaine.
Karofsky ringhiò, infastidito “Vediamo di farla finita. I casi sono due: o
ti stai inventando tutto per attirarci in una trappola, o ti sei innamorato di
me e vuoi vedermi più spesso possibile” disse affabile, facendo sghignazzare i Titans.
Per risposta Thad lo
guardò schifato “Per carità, non ho mai avuto il gusto dell’orrido…”
Puck, sghignazzò e nemmeno la gomitata nello stomaco che gli diede Finn lo fece calmare.
“Il punto è,” tornò a dire Thad,
che iniziava innervosirsi. “dobbiamo distruggere Sue Silvester
e dobbiamo farlo sul serio!”
Le sue parole crearono un profondo brusio. “non
m’importa quante vite ha o se è un parassita che vuole conquistare il mondo.”
Continuò.
“Cosa
proponi, cervellone?” parlò Quinn, sedendosi sul cofano della sua auto,
accavallando le gambe e guardandosi le unghie con disinteresse.
“Dobbiamo unirci. Unire i Clan è l’unico modo che
abbiamo per farla fuori!”
Le parole di Thad furono
l’inizio del disastro più assoluto.
“ Quinn aveva
preso a guardarlo, sdegnata e Karofsky aveva fatto
scattare la sicura sulla sua rivoltella e intorno a loro un caos infernale. I
brusii si erano tramutati in strilli mischiati a ringhiindignati.
Thad avrebbe dovuto prevederlo.
“E’ come parlare a un branco di scimmie che non
fanno altro che spulciarsi dalla mattina alla sera.” Borbottò, passandosi una
mano fra i capelli.
“Da soli non possiamo fare nulla!” Disse Blaine
scendendo dalla moto e camminando verso il gruppo dei capi, ignorando i
commenti cattivi dei Titans “Siamo tre entità dalla
forza abbastanza equilibrata. Se singolarmente riusciamo ad intralciarla
pensate e quello che potremmo fare tutti insieme!”
“Non mi alleerò mai con dei puzzolenti uomini
delle caverne” Disse Quinn guardando verso i Titans
“E dei cocchi di mamma che non hanno le palle di lasciare la Tribù”
“Fateci almeno spiegare il motivo per cui dovreste
farlo” disse Thad, al limite della sopportazione. Non
li avrebbe mai pregati, nossignore.
“Non ci interessa” disse cattiva Santana.
“Brittany!” Le disse di
punto in bianco Blaine, attirando completamente attenzione della Lopez. Sapeva
quando la ragazza tenesse all’amante scomparsa, si convinse quindi che se
magari Santana avesse saputo del Dna “Hanno preso il Dna di Britt
dal reparto B del N.A.G.A. per farci Dio solo sa
cosa!” guardò la ragazza esasperato, avvicinandosi il più possibile “Non vuoi
far nulla per evitare un possibile scempio? Per preservare la memoria di Britt ed onorarla?”
Santana serrò i pugni e indurì i lineamenti del
volto, già provati dalla sofferenza. “Onorarla, dici?” sbuffò. “avete lasciato
morire Brittany in mezzo alle macerie!”
“Lo so cosa provi, lo so! Ma ora è il momento di
fare qualcosa, Santana! Unirci è quello che serve per far crollare la Sue
Corporation!”
Ci fu un lungo silenzio, finchè
qualcuno, con fare teatrale, iniziò a battere le mani.
Karofsky.
“Ma brava la nostra fatina, discorso commovente,
davvero.”
“Falla finita Karofsky!”
ringhiò Santana.
“Beh, fate come volete, io non voglio perdere
altro tempo ad ascoltare due nani che si divertono a sparare stronzate!”
Il capo dei Titans si
girò, pronto a rientrare in auto, seguito da Azimio.
Quinn esplose a ridere malignamente “Ma come, Karofsky, permetteresti davvero che il Clan dei Warblers
prendesse tutto il merito nel caso in cui, attaccando Sue, avesse successo?”
Il viso di Dave mutò
mentre David e Wes si scambiavano un’occhiata
nervosa.
“Oh, andiamo” disse Thad
appoggiandosi col braccio ad una delle spalle di Blaine, che lo guardò
lievemente scocciato “da soli non ci proveremmo nemmeno. Non abbiamo le forze…”
Karofsky fece un paio di passi in avanti, guardando con cipiglio arrogante
Thad “Credi che io sia un idiota?” domandò
minaccioso.
“Beh si” rispose il Capo dei Warblers, ironico “Ma
non ti mento solo perché sei svantaggiato in questo senso. Non sono un mostro”
“Noi attaccheremo” disse Dave
“Ma per conto nostro…. Non ci uniremo mai a voi
patetiche checche”
L’intero clan dei Titans
rise, alla pessima battuta di Dave.
“E voi? Che abbandonate le vostre famiglie per non
avere un peso sulle spalle, lasciando che muoiano di dolore per il vostro
schifoso comportamento da codardi?!” Blaine non era noto per i suoi scatti
d’ira, ma quel giorno, provocato da tanta idiozia e intontito dal caldo, non
aveva retto.
Riuscì a vedere benissimo la reazione dei Titans quando Azimio cercò di are
la linea per saltagli al collo e ucciderlo. Si mossero in sincronia, cercando
fermare l’impulso dell’energumeno.
“ Se ti prendo, figlio di puttana, ti faccio
pentire di aver aperto bocca!”
Quello delle famiglie, per il clan dei Titans e delle Cheerio, era un
argomento che evitavano sempre di mettere in mezzo.
Troppi sensi di colpa danneggiavano l’immagine del
guerriero modello.
Azimio fu fermato in tempo, ma questo non impedì a Warblers e alla Cheerio di estrarre le pistole.
Era un tutti contro tutti.
Thad strinse i denti “Vattene Karofsky, e
porta tutta questa feccia conte….” Sibilò tagliente, prima di abbassare lentamente la
pistola.
I Titans sfilarono
velocemente verso le loro auto e, come ogni dannatissima volta, gli occhi di Finn e quelli di Blaine si scontrarono.
“La mamma…. Lei…?”
“Sta bene” rispose tagliente Blaine, sperando che
gli chiedesse di Kurt almeno quella volta. Ma non accadde.
Uno ad uno, i membri del Clan Titans
misero in moto andandosene e lasciando i Titans e le Cheerio a chiudere le trattative.
“Voi ci state?” chiese sbrigativo Thad “Quel coglione di Karofksy è
frustrato perché ha le braccia troppo corte anche per farsi le seghe…. Voi invece siete ancora in tempo ad accettare”
guardò negli occhi Quinn, avvicinandosi a lei “Pensaci…”
Quinn si scambiò un lungo sguardo con Santana, che
era assolutamente certa di non voler collaborare con colui che aveva ucciso la
sua Brittany.
“Harwood,” iniziò la
bionda, posandogli una mano sulla spalla e sfarfallando le ciglia in modo
provocatorio “cosa porterà a me, questa collaborazione? Cosa ci ricavo a
mischiare il mio clan con il tuo gruppo di spostasti?” chiese, la voce appena
udibile anche da Thad, forse troppo impegnato a
evitare da rimanere soggiogato da una tale bellezza.
Blaine fece un passo verso di lui sussurrando un ‘ha
oltrepassato la linea di confine’ che nemmeno venne ascoltato. Thad lo schiaffeggiò con una mano, con lo stesso movimento
che avrebbe compiuto nello scacciare una mosca insistente.
Blaine si toccò il naso colpito, con una punta di
irritazione.
“Divideremo cinquanta e cinquanta” riprese di
punto in bianco Harwood “Se distruggiamo Sue, il
commercio intergalattico sarà nelle nostre mani….”
La bionda ridacchiò divertita “Non credo sia sufficiente…”
“Le donne sono incontentabili…”
grugnì Nick, beccandosi un’occhiataccia da tutto il clan rivale “Beh…. È la verità!”
Thad alzò gli occhi al cielo, nonostante condividesse appieno le
parole di Nick.
“E’ tutto quello che abbiamo da offrirti Fabray e tutto quello che avrai.” Rispose il capo Clan dei
Warblers. “sappi che se vi mettete contro di noi, più di quanto non siete già,
beh non vi resterà più un’unghia da limare!”
Quinn si accigliò e rise debolmente. “Oh Harwood tu e il tuo gruppo siete così patetici!” esclamò,
scatenando l’ilarità di alcune ragazze che ridacchiarono in modo fastidioso.
“Torniamo a Potawatoi, Thad, è inutile rimanere ancora qui.” David lo raggiunse e
lo afferrò per un braccio.
Sapeva che l’amico era sul punto di esplodere.
Non era conosciuto certo per il possesso di un
caratterino docile e facilmente domabile.
“Sì, perché non te ne torni nel tuo buco a
crepare, assassino!” ringhiò Santana, provando, nuovamente a fare un passo
avanti e superare la linea.
Se l’invasione di Quinn non era parsa affatto
minacciosa ai Warblers, non appena Santana la imitò avvicinandosi velocemente a
Thad, i ragazzi impugnarono le loro pistole.
Fu un attimo.
La donna scansò il Capo del suo Clan, spingendola
da parte, prima di tentare di aggredire Thad
nonostante le sue stesse compagne glielo stessero impedendo.
La sola cosa che ottenne fu di graffiargli la
guancia con le unghie lunghe e decorate.
Thad portò il dorso della mano guardando la donna esterrefatto, mentre
David gli si avvicinava “Tu sei una pazza!” le ringhiò contro Harwood “Una puttana pazza!”
Santana parve agitarsi di più, così Quinn decise
di mettere fine a quella ridicola pantomina, tornando ai loro confini “Io non
faremo nulla, Harwood” disse affabile, appoggiando
una mano sulla sua guancia e accarezzando il graffio con la punta del pollice,
facendolo rabbrividire “Vi guarderemo mentre vi distruggete a vicenda….”
Thad fece un veloce scattò in avanti, ma Blaine e David, prevedendo la
reazione, si erano già fatti avanti placcandolo.
“Thad,andiamocene. Ora.”
Ripeté David, trascinando l’amico verso le moto.
Le Cheerios se ne
stavano già andando, muovendosi come un enorme sciame d’api verso le loro
decappottabili.
“Una cosa
non capisco.” Disse Jeff, mettendo in moto. “perché quella Santana continuava a
chiamarti assassino?”
Thad sospirò e salì in sella alla moto, con lo sguardo rivolto verso
le ragazze. “Non ci sei ancora arrivato?” parlò e sembrava piuttosto sprezzante.
“quella troia crede che abbia ucciso Brittany
Pierce.”
Con un gesto secco si passò la mano sul graffio
profondo sulla guancia, che bruciava un po’, e tolse alcune gocce di sangue.
Avrebbero dovuto prevedere una reazione del
genere, ma quello che serviva, in quel momento era una nuova strategia.
~°~°~
Quinn Fabray aspettava
quella convocazione da giorni e non si sorprese più di tanto quando ricevette
il richiamo.
Venne scortata da due uomini, senza la compagnia
di nessuna delle sue Cheerios o Santana che era
definita il suo braccio destro.
Sue voleva vederla in privato.
Venne lasciata davanti a un’enorme porta di
pesante metallo, mentre le guardie la congedarono con un rigido saluto
militare.
Accanto alla porta stava un rivelatore di persona.
Quinn fece in modo che la sua faccia fosse ben visibile nello schermo, così che
le porte potessero aprirsi silenziosamente.
L’ufficio della magnate Silvester
era completamente rivestito di rosso.
Becky stava seduta dietro ad una scrivania e svolgeva diligentemente i suoi
compiti. Nemmeno alzò lo sguardo mentre le dice che Miss Silvester
era pronta per riceverla
La bionda Cheerio
dovette varcare una seconda porta, anch’essa rossa, prima di ritrovarsi faccia
a faccia con Sue Silvester.
“Eccoti qui, Q.” disse disinteressata, continuando
a passeggiare a passo spedito su un tapirulan “Saprai
perché ti ho chiesto di portare qui il tuo culetto sodo da pallavolista,
suppongo.”
“Credo di si” disse con disinvoltura la bionda,
sistemandosi i capelli mossi e di uno splendete color grano maturo dietro alle
spalle con un rapido gesto della mano. Guardò la donna con gli occhi cangianti
prima di sistemarsi davanti a lei, con le braccia incrociate “Immagino che lei,
ora, pretenda una risposta da me”
“Sei perspicace, Miss Monroe.” Affermò
sarcasticamente la donna “Siamo ben oltre le scadenze che ti avevo imposto per
pensarci su. Ora mi serve sapere se sei con me o contro di me…”
La biondina sorrise affabile, come se la decisione
fosse stata presa ormai da tempo.
“Miss Silverstern…. Mi
rincresce molto ma credo che la sola cosa che potrei mai volere da un’eventuale
nostra collaborazione sia l’acqua. E quella la posso ottenere in molti altri
modi”
La donna la guardò con un sorrisetto ironico “Sai,
Q…. Ti credevo una stupida sciacquetta….
Invece non sei affatto ingenua. Dimmi cosa vuoi, trattiamo”
“Prima voglio sapere perché è così insistente.”
continuò, incrociando le braccia al petto.
Sue le rivolse un’occhiata storta prima di fermare
l’aggeggio e asciugarsi con un asciugamano candido il sudore, per poi scendere
e sedersi dietro una grande poltrona di un rosso ancora più intenso delle
pareti.
“Voglio essere franca con te, cosetta.” Disse,
sottolineandolo con un gesto della mano. “Voglio che questo pianeta sia mio.”
Quinn si accigliò, quasi divertita dalla sua esuberanza. “e per far si che
succeda devo eliminare quei poveri illusi dei Warblers e i rincitrulliti dei Titans.”
“E in tutto questo, io che scopo avrei?” chiese la
giovane, incuriosita.
“Tu e il tuo Clan sarete la chiave per distruggerli.”
Febray rimase immobile, analizzando una ad una le parole della donna e
iniziando a spazientirsi “Lei crede davvero che io lascerei che lei
prostituisse le mie ragazze per i suoi loschi scopi?”
“Si” rispose Sue con naturalezza, mentre Backy le si avvicinava, appoggiandole davanti un bicchiere
pieno zeppo di qualche strano integratore energetico “Non tutte, ovviamente.
Solo le più carine. Dovete distruggerli dall’interno….
Annientali…. A costo di radere al suolo Potawatoi” concluse la Silverstein.
Quinn continuava a non capire “Lei controlla tutto
il nord america” disse lentamente la ragazza,
allibita “Che male possono mai farle un paio di Clan formati da insulsi ragazzi
montati o troppo stupidi per ripetere a memoria le tabelline?”
Sue si piegò in avanti, osservando la ragazza con
gli occhi assottigliati “Voglio essere sincera con te, Barbie Superstar. Ho in
mente qualcosa, non scenderò nei dettagli ma nel caso in cui essa andrà in
porto, e ne sono certa, estrarrò l’acqua da questo stupido pianeta. Per allora,
non intendo avere nessuno tra i piedi che tenta di derubarmi della mia acqua!”
Quinn sorrise, affabile “Ed è per questo che ha
rubato il DNA di Brittany e Kurt Hummel?” Sue la
guardò, seria “Oh si…. I Warblers l’hanno saputo con
troppo preavviso, forse? Devono avere davvero delle buone talpe…”
Il bicchiere, nelle mani di Sue esplose, tanto la
donna l’aveva stretto. Quinn potè benissimo vedere
l’ira passare come un fulmine attraverso gli occhi della Silvester.
Fu solo un secondo.
E mentre Becky si
affrettava a pulire, Sue rimase immobile, guardando dritto negli occhi il capo
dei Cheerios.
“Immagino che questo sia un lavoro da portare a
termine dopo la nostra chiacchierata.”
“Cosa succede se non accetto le sue condizioni?”
chiese Quinn.
“In tal caso,” Sue fece un sorrisetto storto.
“aspettati la migliore battuta di caccia degli ultimi secoli. Prede? Galline in
gonnella.”
La cosa più inquietante di quelle parole, era la
calma con cui era state pronunciate.
Quinn non sapeva se crederci o meno, ma sapeva
cosa fare e sapeva che l’onore di se stessa e del suo Clan veniva prima di
tutto.
“Vuole sapere quali sono i miei piani, invece?”
chiese appoggiandosi con una mano alla scrivania.
Sue la guardò annoiata “A dire il vero no. Ma una
barzelletta in più non mi guasterà di certo la giornata…”
Quinn sorrise diabolicamente “Attenderà che i
Warblers e i Titans entrino qui, distruggendo tutto
nella speranza di annientarsi tra loro. Uno dei due Clan, quasi certamente
quello di Karofsky, verrà annientato subito mentre
l’altro si indebolirà. A quel punto scenderemo in campo noi spazzando via quel
poco che rimarrà dei Warblers, avremo i loro territori e quelli dei Titans e lei sarà circondata. A quel punto non ci vorrà
molto a ottenere il pacchetto completo, non crede?”
Sue la guardò con un sorriso “Credo che sia ora
che tu vada, il sole sta tramontando, Pannocchia, non vorrai far aspettare i
tuoi clienti….”
Quinn fece una teatrale uscita di scena,
ondeggiando i capelli e il fondoschiena, mentre Sue prendeva il nuovo bicchiere
colmo di brodaglia che Becky le stava porgendo.
Rimase immersa nei suoi pensieri per minuti
interi, bevendo a grandi boccate,prima di restituire il bicchiere vuoto alla
sua assistente.
“Becky.” Disse, senza
nemmeno guardarla in faccia. “fa uscire riccioli d’oro dalla sua gabbia dorata,
abbiamo alcune cose di cui discutere.”
La ragazzina annuì. “Sissignora.” E a passò
spedito uscì dall’ufficio, lasciando Sue in trepidante attesa.
Sue Silvester non era
una sprovveduta e nemmeno una che si lasciava scoraggiare dalle battaglie
perse.
Non sia mai detto che qualcuno l’avrebbe colta
impreparata. Non sarebbe mai successo, per questo aveva in mente un ‘piano B’.
Che forse era quasi meglio del precedente, visto
che pagare un mercenario era più proficuo di incoraggiare una stupida
puttanella a collaborare.
…. Senza contare che almeno non doveva più pensare
a come farla fuori a progetto ultimato…
~°~°~
Kurt adorava la sera.
Era la parte che più preferiva nell’arco di una giornata. Certo,
se hai solo quindici anni e sei chiuso dentro ad un’enorme gola sabbiosa e
decisamente afosa, a logica adori la sera, quando la luna spinge da parte il
sole portando un po’ di sollievo dalla calura.
Ma Kurt adorava la sera anche per un altro motivo.
Stava in piedi sulla porta di casa con in mano gli occhiali da
aviatore color ottone che suo padre gli aveva regalato, aspettando che Blaine
tornasse a casa.
Perché, e di questo ne era certo, non era mai abbastanza stanco da
negargli un giro sulla sua moto, nonostante si fosse unito da poco al Clan e
quindi lo avessero già oberato con i lavori più umili.
Saltellò sul posto, con le guance imporporate eil cuore che non faceva che perdere battiti
su battiti, tutte le volte che pensava a come sarebbe stato romantico
abbracciare Blaine e appoggiare la testa sulla sua spalla mentre accelerava
sempre di più con la sua moto.
Dovette aspettare solo altri pochiminuti e la figura stanca e arruffata di Blaine fece capolino da dietro
una bassa duna di sabbia.
Aveva il viso sporco di cenere che si affrettò a pulirsi una volta
che si trovò faccia a faccia con un sorridente Kurt.
Non vedeva l’ora che arrivasse quel momento della giornata perchè era diventato quasi un rituale sacro, che si
ripeteva di sera in sera.
“Ciao” lo salutò con entusiasmo, con un sorriso che andava da un
orecchio all’altro. Solitamente cercava di darsi un minimo di contegno, ma
perché dopotutto? Era così felice di vederlo…
Blaine sorrise dolcemente “Ciao, Kurt…”
“Io sono pronto!” disse il ragazzo sorridendo e portandosi gli
occhialini da aviatore sul capo, tra le ciocche castane dorate.
Blaine ridacchiò salutando con un cenno Burt gli si era affacciato
alla porta d’ingresso guardandolo con un sopracciglio alzato “Allora non mi
sembra il caso di indugiare oltre, no?”
Kurt si spostò dall’uscio, scendendo i lunghi e bassi gradini di
sabbia di accesso a casa sua e correndo così in strada. Il signor Hummel guardò
Blaine con la solita espressione da ‘se gli succede qualcosa sarai tu la cena’,
prima di chiudere la traballante porta di legno consunto.
Il morettino ridacchio, seguendo l’amicocon le mani in tasca.
Essere il più grande,c’erano ben tre anni di differenza fra loro,
era veramente un compito difficile. Non tanto per Kurt, che era abbastanza
responsabile, ma per le costati minacce di Burt. All’inizio erano quasi un
peso, poi con il tempo aveva iniziato a scherzarci sopra.
“Ehi! Ti vuoi muovere?!” lo rimproverò Kurt fermandosi dove Blaine
aveva parcheggiato la moto.
“Eccomi, vengo!”
Kurt era la persona più ingenua e spensierata che Blaine avesse
mai incontrato e poteva ritenersi fortunato di essere una della poche persone
di cui Kurt si fidava e si confidava.
Il ragazzo più giovane gli rivolse un sorriso luminoso che Blaine
trovò semplicemente adorabile.
Era talmente bello da togliere il fiato e lui non riusciva a
spiegarsi il perché di quella sensazione.
Scacciò i pensieri e montò sulla moto, mettendosi in modo da
riuscire a far salire anche Kurt che rise eccitato.
Gli piaceva tanto sentire il vento fra i capelli e avere la sicurezza
del corpo caldo e forte di Blaine stretto al suo.
Senza contare che quello era in solo momento in cui poteva
stringersi a lui senza destare sospetti, o mettere in imbarazzo il più grande.
Cosa che, in quell’ultimo periodo, capitava sempre più spesso.
Ora, Kurt non voleva far pesare sugli altri l’ovvietà della sua
evidente omosessualità, in particolare voleva evitarlo a Blaine, ma non
riusciva a non sentirsi attratto da quel bellissimo ragazzo che era apparso dal
nulla molti anni prima.
E ad Anderson non sembrava comunque dispiacere tutto l’entusiasmo
che Kurt gli scaricava puntualmente addosso.
Si sistemò i guanti di pelle mentre le mani del più piccolo gli
cingevano la vita fermandosi proprio sugli addominali. Mise in moto, arrivando
fino alle porte della città dove le guardie li salutarono, mentre permettevano
loro di uscire per il consueto giretto serale.
“Reggiti forte” disse come ogni volta, prima di dare gas e partire
veloce verso l’orizzonte.
Kurt chiuse gli occhi, prendendo quella sollecitazione come un
invito e schiacciarsi di più contro di lui, lasciando che la sabbia corresse
sotto di loro e il suono delle turbine lo aiutasse a rilassarsi.
Si sentiva così bene che niente e nessuno avrebbe potuto rompere
la perfezione di quel momento.
Era solo loro ed era così speciale ed esclusivo che si sentiva
onorato.
“Vai più veloce!” incitò, ridendo divertito e facendo dondolare un
piede. La distesa di sabbia era lunga e deserta, solo qualche arbusto qua e là,
ma nulla di più.
L’unico rumore che Kurt sentiva, non era quello fastidioso del
motore, ma quello ancora più forte del suo cuore.
Tutte le volte che rimanevano soli aveva sempre il desiderio di
rivelargli ciò che provava fregandosene di sembrare troppo immaturo e troppo… maschio.
Non sapeva i gusti di Blaine, non l’aveva mai visto sollazzarsi
con una ragazza o avere degli interessi per un ragazzo ein tutta onestà aveva il timore di
chiederglielo.
Il più grande esaudì i suoi desideri accelerando di colpo, ma le
possenti turbine che Burt aveva installato nella moto non riuscirono a
mascherare nemmeno in parte l’urlo liberatorio di Kurt.
Blaine sapeva come si sentiva, tutto il giorno chiuso tra quelle
quattro collinette sabbiose, a girovagare come un animale in gabbia. Ma il
mondo era troppo pericoloso per un essere puro e innocente come Kurt.
Almeno, questa era la sua convinzione.
Arrivarono in prossimità della costa pochi secondi dopo e lì, come
ogni sera, Blaine si fermò.
Kurt scese dalla moto scrollandosi i capelli che si erano come
sempre riempiti di sabbia, e alzandosi gli occhialetti per poter osservare
l’immensa distesa blu scuso del lago Michigan, una delle poche cose che avevano
conservato il loro nome.
Il più grande sistemò la moto abbassando i pesanti cavalletti
prima di raggiungerlo e sfilarsi i guanti e la casacca “Facciamo il bagno, ti
va?”
Kurt lo guardò per un istante con gli occhi sgranati, facendo
correre lo sguardo lungo il petto ricoperto da una lieve peluria bruna di
Blaine, sino agli addominali induriti dal lavoro.
“Cosa?!”
Era un’adolescente, santo cielo, non poteva trovarsi davanti una
simile figura e sperare di rimanere calmo.
“Dai non farti pregare!” supplicò l’amico, scalciando i pantaloni
neri, per poi buttarsi sulla moto in modo che non si sporcassero di più.
“F-fallo tu.” Disse Kurt, incrociando le
braccia al petto. “io… non ho voglia.”
Era una bugia bella e buona perché acqua e quel suo movimento
ipotizzante erano come una calamita.
“Oh andiamo Kurt!” esclamò Blaine e quando vide la seria
risoluzione dell’amico, cammino verso la riva, in modo che Kurt potesse
rilassarsi e abbassare la guardia.
Infatti appena lo fece, Blaine corse nella sua direzione e con uno
scatto fulmineo se lo caricò sulle spalle, correndo poi verso il lago e
tuffarsi senza nemmeno dare il tempo a Kurt di divincolarsi.
Il più piccolo riemerse dall’acqua qualche secondo dopo di Blaine
e quest’ultimo ridacchiò intenerito per la visione di un Kurt imbronciato e con
i capelli castani attaccati alla faccia.
“Avrei dovuto prevederlo…” borbottò, infastidito dai vestiti che
gli si erano appiccicati addosso.
Blaine si avvicinò continuando a ridere, spostando i capelli ora
ridotti in una frangia zuppa, dalla fronte della ragazzo.
Che ovviamente avvampò.
“Kurt…. Lo so che tu sei piccolo-“
“Io non sono piccolo!”
“-E che forse non hai la minima idea di quello di cui sto parlando
ma…” Il moro sospirò, portandosi una mano tra i
capelli ricci mentre Kurt si sedeva su una roccia, almeno per sfilarsi gli
stivaletti neri e la giacchetta.
“Ma?”lo incalzò il più piccolo, puntando gli occhi
chiari in quelli di Blaine.
“Ti sei mai sentito attratto da una persona senza
sapere esattamente cosa fare per farglielo capire?”
…. Oh, andiamo! Lo stava prendendo in giro?!
Kurt dovette fare appello a tutta la forza che
possedeva per non tirargli un ciottolo “Diciamo che è possibile che sia successo….” Poi si bloccò, guardando attentamente l’amico e
sentendo il cuore che accelerava troppo velocemente per essere umanamente
sopportabile “…. Perché me lo chiedi?”
Blaine si avvicinò, sedendosi nell’acqua davanti a
lui e rimanendo così fuori solo con una parte del busto “Diciamo che c’è…. Una persona….”
“Oh.” Fu tutto quello che Kurt riuscì a dire.,mentre strizzava la
giacchetta e la metteva stesa ad asciugare.
“Sembri sorpreso.” Costatò Blaine, guardandolo con quei
grandissimi occhi caramello.
“No! Solo… forse sì!” balbettò, incerto.
“beh, chi è questa fortuna persona?!” si ritrovò a chiedere, una minima
speranza nel cuore che veniva accesa.
Blaine sorrise un po’ timidamente. “E’ Rachel.”
CRASH.
Qualcosa dentro l’animo di Kurt doveva essersi rotto e lui aveva
sentito indistintamente il frastuono.
Rachel, una ragazza.
Doveva prevederlo e lui stupido ragazzino che aveva sperato e
sognato di essere lui quella persona fortunata.
“Sicuro che non ti abbia stordito con le sue chiacchiere?” chiese
e Blaine lo ammutolì con un’occhiata di rimprovero. “stavo solo domandando…”
“Vorrei che fossi felice per me, sei il mio migliore amico.”
Commentò il maggiore.
Kurt prese un grosso respiro, prima di provare a sorridere.
“Sono felice solo se tu lo sei, Blaine.” Rivelò con una punta
d’imbarazzo e tristezza, che Blaine non riuscì a cogliere.
“Non so come avvicinarla, però” ammise Anderson pensieroso
“Insomma, non si è ancora ripresa da quando Finn se
né andato e io non me la sento di andare da lei come un avvoltoio a
corteggiarla solo perché il suo ragazzo l’ha lasciata per unirsi ad un branco
di babbuini…”
Il più piccolo finse di concentrarsi per qualche secondo sulle sue
calze ormai non più così bianche, mentre le strizzava.
Dio, Blaine non poteva pretendere che lo consigliasse! Davvero non
poteva!
Spostò gli occhi in quelli caramello del più grande e lesse che
invece sì, se lo aspettava. Dopotutto era il suo migliore amico, no?
Glielo doveva, tecnicamente….
Che poi fosse innamorato di lui non importava se a Blaine
piacevano le ragazze. Certo che, Rachel Berry….
Sospirò profondamente “Inizia col parlarle” disse lentamente,
pesando ogni singola parola e cercando di capire quale facesse più male. Difficile
dirlo “Instaura un contatto tra voi, un po’ di confidenza insomma. E poi
chiedile di uscire. Mi ricordo che Finn mi diceva che
le piacevano da morire le rose che coltivano nelle serre a Wichita,
lui andava sempre a rubarne una cassa prima che venissero imbarcate per essere
vendute di Beta15.”
Finì di parlare, abbassando gli occhi sulla superficie dell’acqua
sentendosi stremato come se avesse corso per ore.
E a quel punto Blaine si rese conto di qualcosa.
Kurt non si sentiva a suo agio.
Probabilmente erano quei discorsi o il fatto che, a quanto ne
sapeva, non aveva avuto nessun rapporto amoroso con nessuno.
Kurt era davvero la persona più pura sull’intero pianeta, anche
più dell’acqua e Blaine si rese anche conto che non era giusto metterlo a
disagio per qualcosa di così inusuale per lui,così si limitò a sorridere e a uscire dall’acqua.
“Vuoi tornare?” chiese Blaine cambiando discorso. Kurt ci pensò un
attimo, grato di essersi lasciato alle spalle quella conversazione, poi negò
con il capo, ancora impregnato di goccioline.
“Un altro po’,mi piace qui.” Rispose, guardando il giochi di luce
che la luna faceva sull’acqua.
Blaine osservò gli occhi di Kurt immersi nella luce lunare e li
trovò splendidi. Gli tremarono le gambe per un attimo, poi tornò a concentrarsi
per affrontare un nuovo discorso, lontano da Rachel Berry.
“So quanto ti piace qui” disse sedendosi accanto a lui sullo
scoglio e sorridendogli teneramente.
Kurt lo ringraziò rispondendo con un sorriso simile al suo,
seppure più tirato, prima di appoggiare il capo alla sua spalla e chiudere gli
occhi, mentre una ventata di aria più fredda lo faceva tremare. Blaine portò
istintivamente un braccio attorno alle sue braccia e Kurt sorrise sentitamente,
domandandosi come avrebbe reagito il più grande se avesse provato ad
afferrargli la mano….
… Seduto su quello scoglio Blaine fissava la luna
crescente, sentendo freddo sin dentro all’anima.
Avrebbe dato tutto, tutto, per poter sentire la
mano piccola e delicata di Kurt scivolare dolcemente nella sua sino ad
intrecciare le dita con le sue.
Eppure non sarebbe più successo, questa era la sua
convinzione.
E nemmeno la ventata più fredda che poteva
provenire dal cuore del deserto lo avrebbe gelato dentro piùdi quella consapevolezza.
Continua….
Nda.
Ecco a voi la seconda parte del primo capitolo!
Le cose iniziano a complicarsi sempre di più e,
finalmente, iniziamo ad avere un quadro più chiaro anche dei legami tra i
personaggi.
In particolare Kurt e Blaine.
Nel prossimo capitolo, il secondo, si approfondirà
molto anche il personaggio di Thad e via così sino ad
avere il quadro completo della storia e dei suoi protagonisti.
Grazie mille a chi ha recensito, tre angeli
davvero.
Ci piacerebbe ricevere qualche parere in più, ma
grazie comunque anche a chi legge solamente :D
Quella frase gli rimbombava
ancora nel cervello, nonostante ormai fosse abbastanza lontano da casa per impedire
a suo padre di continuare a ripeterglielo come una lenta litania.
Diede un calcio ad un sassolino,
affondando il naso nella sciarpa con un sospiro sconsolato.
Lui non era egoista.
Solo, teneva troppo a Blaine per
non lasciarsi sfuggire quel dettaglio…. Ovvero che
Rachel non faceva la doccia poi così frequentemente. O che rubava i frutti dai
carichi che arrivavano a Potawatoi ogni giovedì sera.
Ok, forse aveva mentito. Su
tutto.
Ma non era comunque egoista.
Pretendeva solo che Blaine lo
portasse, come ogni sera, a fare un giro in moto. Era il loro rituale, e non
gli importava se aveva un appuntamento con Miss Nana Berry.
Dio, se avessero mai avuto dei
figli sarebbero stati così bassi da…
Ok, ok….
Forse era un po’ egoista.
E molto sconsolato, di quello ne
era certo…
Ma cosa ci trovava in lei?
Non aveva nemmeno un bel naso!
O forse, forse era l’età? Insomma una ragazza più grande intriga
sempre i ragazzi e Rachel era più grande di Blaine di un intero anno e mezzo.
Scacciò una pietra con la punta dei suoi pulitissimi e lucidi
stivali neri, mettendo le mani nelle tasche della sua giacca leggera.
Oppure era la maturità che cercava Blaine e Rachel era l’unica
ragazza con un portamento quasi decente in tutto il villaggio.
Ovviamente quando non si metteva al centro della piazza a fare
monologhi egocentrici su sé stessa.
Il ragazzino sospirò e dentro il cuore, la vaga speranza che
Blaine mollasse quell’appuntamento e corresse da lui per il solito giro in moto
e magari rivelandogli di essersi perdutamente innamorato di lui e che Rachel
Berry era sono uno sbiadito ricordo che presto sarebbe diventato fumo.
“I sogni sono per gli illusi, Kurt…”
borbottò a voce alta.
Incassò il capo tra le spalle, mentre una breve brezza notturna
gli scompigliava i capelli. Iniziava a fare freddo, il sole era del tutto
calato oltre il monte principale e presto la tenue luce del tramonto inoltrato
si sarebbe eclissata lasciandolo solo con se stesso e la punizione che lo
aspettava per essersi allontanato da casa senza nemmeno avvisare.
Cosa poteva levargli suo padre, infondo?
La sola cosa che davvero lo appagava era andare ai corsi la
mattina, visto che non poteva allontanarsi dalla Tribù fino al raggiungimento
dei fatidici diciotto nemmeno per fare la pipì in mezzo al deserto.
Non che volesse farlo, decisamente non ci teneva…
Per il resto passava dalla sua microscopica stanza, alla cucina
con Carole, all’officina di suo padre dove, se aveva fortuna, beccava Artie che manovrava con dei vecchi motori per mettere
appunto qualcosa che, a detta sua, avrebbe rivoluzionato tutto lì dentro.
E se prima che Rachel Berry attirasse l’attenzione del suo amico,
non vedeva l’ora che arrivasse la sera per passarla con Blaine e sentirsi
libero, ora non faceva altro che buttarsi sulla sua brandina e aspettare con un
groppo in gola l’arrivo del giorno.
Aveva quindici anni e nessuna chance, considerando quanto fossero
diversi lui e Rachel, forse non caratterialmente, (Kurt non avrebbe mai ammesso
di essere un minimo egocentrico) Blaine mai lo avrebbe guardato con occhi
diversi.
Sentirsi considerato il fratellino minore era molto più che
avvilente.
Era uno strazio.
Girovagò a vuoto per lunghi minuti, scambiandosi deboli saluti con
alcuni membri dei Warblers che passeggiavano armati, ma piuttosto sereni.
Sperava un giorno di potersi unire a loro e sentire finalmente di
valere qualcosa.
Ma era ancora troppo immaturo.
“Hey signorina, non è un po’ tardi per
portare a spasso le tue sottane?”
Kurt si voltò lentamente, squadrando con supponenza quell’orango
di Karofsky.
Ovviamente, quello che aveva detto, non aveva alcun senso.
Di certo non era una novità.
“Tu invece hai deciso di staccarti da quelle di tua madre?” Sapeva
che si sarebbe unito ai Titans, era questione di
giorni ormai, aveva dato l’annuncio al capo Clan e, quando Kurt lo aveva
scoperto, aveva fatto i salti di gioia.
Il solo raggio di sole nelle sue giornate deprimenti.
Erano anni e anni che quel tipo lo bistrattava, gliene diceva e
faceva di ogni e scoprire che finalmente se ne sarebbe andato unendosi alla
colonia dei decerebrati del nord…. Lo rendeva davvero
felice.
Di più.
Sollevato.
Dave fece un paio di passi verso di lui, guardandolo
con i piccoli occhi porcini ridotti a due fessure “Sentimi bene, fiorellino…. Non farmi irritare perché sono sempre in tempo
a rifarti il naso come quello di Duvall!”
Kurt roteò gli occhi al cielo “Credi di spaventarmi?!”
Era piuttosto seccato a dirla tutta, voleva che se ne andasse
immediatamente e che lo lasciasse gioire di quella decisione in santa pace.
“Oh la bambolina ha tirato fuori le unghie!” lo scimmiottò,
avvicinandosi a Kurt talmente in fretta che il ragazzino quasi cadde a terra
per fare qualche passo indietro.
“Ho finalmente capito perché ti unisci a quella banda di bifolchi!
Almeno avete la stupidità da condividere!”
A Karofsky non andò giù quell’ultimo
commento e fu ancora più veloce a spintonare Kurt fino a farlo cadere a terra.
“Se ci tieni alla pelle Hummel, evita di mancarmi di rispetto!” lo
avvertì, mostrandogli i pugni.
Kurt si rialzò, spazzolandosi i vestiti con disappunto. “Io non
prendo ordini da nessuno.” Esclamò a testa alta, pronto a ricevere un pugno in
faccia.
“Perfetto, sarà una gioia lasciarti, come mio ricordo, i connotati
nuovi!” alzò il pugno, e subito Kurt strizzò gli occhi, pronto ad incassarlo.
Era arrabbiato con tutti, in particolare con suo padre che non
capiva, con Blaine che non capiva e con se stesso….
Che aveva capito fin troppo.
Trattenne il fiato, nell’attesa di quel gancio che non gli arrivò
mai.
“HEY!” la voce acuta ed immatura di un ragazzo arrivò alle
orecchie di Kurt, facendolo sospirare sollevato “Montagna di ciccia, fai tre o
quattro mila passi indietro!”
Karofsky esplose in una risata sarcastica “Se no che mi
fai, ragazzino? Chiami il tuo papino o il fratellone?
Sloggia Harwood, non è giornata!”
“Non è mai giornata con te in giro, sacco di vomito!” Kurt guardò Thad frapporsi tra lui e Dave con
arroganza “Non ho bisogno di mio padre o mio fratello per farti il culo!”
“Non credere che solo perché sei della famiglia del Capo Tribù non
possa romperti le gambe!” replicò spazientito il più grande “Aria, lattante,
non farmelo ripetere!”
Certo, Thad era piccolo di statura,
molto più piccolo e gracile di qualsiasi altro quattordicenne di Potawatoi, ma sapeva già il fatto suo. Sorrise sarcastico,
portando una mano sulla fibbia della cintura e guardando con aria di sfida Karofsky “Sai? Secondo me non hai le palle di fare niente…”
“Ah si? Vedrai piccolo pezzo di…” avanzò
di un paio di passi verso di lui, alzandosi le maniche della giacca. Prima di
arrestarsi di colpo, appena vide la pistola nella fondina che Thad aveva alla vita e che, gentilmente, gli aveva mostrato
prima di estrarla, spostando la giacca di lato “Oh, andiamo….
Non vorrai farti male con quella, ragazzino”
Thad lo guardò con un sorrisetto compiaciuto che
avrebbe fatto saltare i nervi anche ad un santone Indù “Ti dirò, Karofsky…. La so usare anche parecchio bene. Ergo, non sarò
io a farmi male… molto male.”
Kurt face scorrere velocemente i suoi occhi celesti da una parte
all’altra, un po’ confuso, ma lievemente tranquillo.
“Thad, non fare idiozie, lascialo
andare.” Esclamò Kurt, afferrando un lembo della sua giacca di pelle, cercando
di convincerlo con uno dei suoi più significativi sguardi.
“Lo lascerò andare solo quando avrà camminato sulle mani fino
all’uscita!” ringhiò Thad, togliendo la sicura dalla
sua rivoltella.
Kurt poté sentire, distintamente, David che deglutiva pesantemente,
senza però privarsi di quell’espressione assassina che gli attraversava il
volto.
“Tu sei ancora qui?” strillò Hummel, in preda a una crisi
isterica. “vattene idiota!”Fu questo che riscosse David che con un’ultima
occhiataccia si diresse verso le porte della città, con la testa incassata
nelle spalle.
“Bravo vattene, faccia di merda!” urlò Thad
nella sua direzione facendo, sussultare Kurt.
“Ora puoi rimetterla a posto.” Commentò il quindicenne, fissando
con terrore come Harwood giocasse allegramente con la
pistola, rigirandosela nella mano.
“Kurt certo che però rompi” borbottò Harwood,
rimettendo a posto l’arma e guardando l’amico con gli occhi color nocciola
velati di disappunto “Potevamo vederlo camminare sulle mani! Ti rendi conto?
Magari si cappottava pure….”
Kurt roteò gli occhi “Dovremmo parlare di quella” disse indicando
la pistola dentro al fodero “…. E magari anche del tuo vocabolario aulico.
Ultimamente ti dai troppo alle licenze poetiche”
Thad sbuffò “Scusa, mamma” disse sarcastico, camminando
fin verso alle mura laterali alla città e appoggiandosi su di esse “Che ti
importa di come parlo, scusa?”
Kurt si appoggiò accanto a lui, guardandolo dolcemente “Un giorno
sarai il Capo qui, ti conviene mantenere un po’ di dignità fino ad allora…”
“Ci sono mio padre e Adam, prima di me…”
“La vita è imprevedibile…. Chi lo sa,
magari sarai tu il Capo qui, tra qualche anno”
Thad sorrise amaramente. “Non ci tengo, preferisco
aspettare più tempo possibile.” Confidò. “A volte sento mio padre e mio
fratello parlare di tattiche e guerre e… non è
esattamente la vita che vorrei fare.”
“Ma sei costretto…” concluse Kurt per
lui, guardandolo comprensivo.
Thad sospirò e accennò un sorriso più allegro.
“Allora, perché sei in giro a quest’ora? Di solito non sei in sella
alla moto di Anderson?”
Il ragazzino s’imbronciò e incrociò le braccia al petto. “Anderson
è troppo impegnato a gironzolare intorno alle gonne sciatte delle Berry per
dare attenzione al sottoscritto.”
Harwood ridacchiò divertito. “Sbaglio o è una nota irritata
quella che sento nella tua voce?”
Kurt rimase in silenzio per alcuni istanti, poi si voltò verso Thad guardandolo attentamente “Noi due….
Siamo amici da quando abbiamo iniziato a parlare, giusto?”
Thad sospirò “Oddio, sento che sta per arrivare un
discorso alla ‘caro diario’…”
Il più grande dei due si offese, facendo per andarsene “Perfetto,
allora stattene qui da solo con la tua rozzaggine!”
Harwood lo prese per la manica della giacca rossa,
facendolo ruotare su se stesso “Scherzo, scemo… Dai,
dimmi cosa c’è che non va…”
Kurt non sapeva se voleva dirglielo sul serio. Non aveva paura che
lo dicesse in giro, Thad era sempre stato una tomba
per quel che riguardava i loro segreti… E ne avevano
tanti, anche se la maggior parte erano banalità.
Prese un respiro, alzando gli occhi verso le stelle.
“Non farlo” disse sottovoce Harwood
attirando la sua attenzione.
“Fare cosa?”
“Parlare alle stelle” Kurt rimase senza parole “Quando usciamo la
sera e saliamo fino al versante ovest del monte per guardare la luna tu smetti
di parlare con me e ti metti a parlare alle stelle…
Ignorandomi”
“Chi ti dice che parlo alle stelle?”
“Beh, in quei momenti non hai occhi che per loro….
E io odio i silenzi”
Kurt annuì lievemente, abbracciandolo stretto.
“E’ quasi impossibile non osservarle, sai? Sono così belle da
lassù che mi tolgono il fiato…”
Thad sorrise e appoggiò la testa sulla spalla
dell’amico.
Era una cosa che non faceva proprio con tutte le sue amicizie,
Kurt era solo l’eccezione alla regola perché, beh, era Kurt.
Sono sempre stati insieme fin da quanto Thad
aveva memoria e lo considerava il suo migliore amico, anche se a volte Kurt
preferivachiacchierare di abiti con
Mercedes Jones, ma quando erano soli, avevano a disposizione tutto un mondo a
parte da condividere.
E la maggior parte delle volte erano confidenze che il ragazzo non
riusciva a raccontare a nessuno.
“Mi dici che c’è che non va?” chiese nuovamente. “giuro che ti
ascolto senza fare battutine, come mio solito.”
Kurt fece un lungo sospiro, ma non parlò subito.
Thad dovette aspettare almeno un minuto o due, prima
che l’amico si decidesse a tirare fuori il rospo.
“Io… Credo di essermi preso una cotta…. Oh, al diavolo!” Kurt si staccò da Thad, tornando ad appoggiarsi al parapetto di dura roccia
delle mura “Io credo di essere innamorato di Blaine, e questa storia di Rachel
mi sta facendo impazzire!”
Thad rimase un attimo in silenzio, mentre le sue
labbra si schiudevano in una 'O' perfetta per sorpresa. Kurt era certo che non
lo avrebbe mai giudicato male, ma per un attimo si fece prendere dal panico.
L’espressione di Harwood non sembrava
rasserenarsi.
“Quindi tu sei…. Voglio dire, a te piacciono…”
Hummel annuì piano, tenendo gli occhi sgranati nei suoi “Credo di sì…. Anzi, ne sono certo”
“Oh…”
“Già…”
Passarono alcuni minuti di silenzio totale, nei quali Kurt si
ostinava a fissare sotto alle mura quello che sembrava uno schifosissimo
scorpione del deserto che si contorceva su se stesso, domandandosi perché si
fossero estinte tutte le creature eccetto quelle più brutte e schifose.
Non gliene fregava nulla, ma doveva spostare la mente altrove.
Thad invece fissava assente il pavimento sabbioso,
prima di riprendere in mano la situazione. Aveva cercato le parole giuste per
istanti infiniti, ma aveva deciso di prendere tutto il tempo necessario per non
ferire l’amico “Senti Kurt” disse di punto in bianco, serio “Tu per me puoi
amare le donne, gli uomini, le moto o qualunque altra cosa. A me non cambia, davvero…” gli sorrise “E, detta in modo non del tutto carino,
me l’aspettavo”
Kurt lo guardo sorpreso “Sul serio?”
“Beh, contando che non guardi mai le ragazze ma ti piace un sacco
fare la doccia dopo aver fatto il percorso ad ostacoli della Beiste, nell’ora di educazione motoria…”
Kurt gli diede un pugno sulla spalla, arrossendo vistosamente “Ahia! Io sono
solo onesto!”
“Sono solo una persona pulita, che ci tiene alla propria igiene
personale.” Ribattè, facendo ridere Thad per il modo in cui era arrossito.
“Ah, Hummel, sei proprio adorabile!” lo prese in giro, senza però
smettere di sorridere. “cosa intendi fare con Blaine?” chiese, tornando
improvvisamente serio.
Kurt scosse le spalle. “continuerò a sognare, finchè
non sarò consumato d’amore!” rispose, agitando le braccia in modo teatrale.
“Hai proprio voglia d’intraprendere la strada
dell’autodistruzione!” esclamò Thad, ma questa volta
Kurt rise.
“Forse sì, ma ho ancora tutta la vita davanti…”
commentò. “chissà, forse gli faccio cambiare idea!” e con una risatina portò lo
sguardo sulle stelle, molto più lontane, ma non per questo meno luminose.
Forse non era ancora arrivato il momento di perdere le speranze.
Una consapevolezza colpì Kurt come una freccia in mezzo agli occhi
“Cielo, mio padre mi ucciderà!” disse portandosi una mano ai capelli e
guardando Thad disperatamente “Sono andato via più di
un’ora e….Mi ucciderà!”
Harwood gli sorrise “Forse allora ti conviene tornare…. Noi ci vediamo domani mattina al corso di
tecniche”Kurt gli sorrise salutandolo
e, appena il più grande dei due si fu avviato, ritornò ad appoggiarsi con i
gomiti al parapetto, guardando in alto e cercando di capire cosa mai ci
trovasse Kurt in quell’ammasso di lampadine, lassù….
Come se gli avesse letto nel pensiero, Hummel si voltò,
richiamando la sua attenzione e sorridendogli dolcemente “Comunque non parlo
con le stelle” disse con voce vellutata, alzando un attimo lo sguardo prima di ripuntarlo in quelli di Thad. In
quegli occhi azzurri Harwood riuscì a vedervi come se
ogni stella del cielo fosse riuscita a specchiarsi “Io sono convinto che ci
lascia possa ancora, in qualche modo, vegliare su di noi….
Lassù penso ci sia la mia mamma…. È più facile
parlare a lei che a chiunque altro perché so che, infondo, sa già tutto perché
mi osserva….” Abbassò gli occhi, imbarazzato “So che
è stupido ma…”
“Non è stupido” lo corresse velocemente Thad,
guardandolo affascinato.
Kurt sorrise, grato “ ‘Notte, Thaddy”
“ ‘Notte Kurtie…”
~°~°~
Una saetta bionda passò trotterellando per gli uffici
della SC, spingendo da parte carrelli pieni di documenti e persone.
Mentre le carte svolazzavano per la stanza e gli
impiegati digrignavano i denti per il disappunto, la giovane ragazza continuava
infaticabile la sua corsa fino all’ascensore.
Doveva scendere al Livello Sette, andare da Sue e
darle la miglior notizia che chiunque avrebbe mai potuto darle.
Era ufficialmente la padrona della Terra.
Corse a perdifiato finchè,
finalmente, non fu davanti alle porte dell’ufficio della Sylvester. Fece il riconoscimento,
senza smettere di saltellare e trattenere urletti
impazienti.
Appena le porte si aprirono, Becky
scattò all’interno, senza smettere di sorridere.
“Signorina Sylvester!” strillò e raggiunse in
poche falciate la scrivania della donna, intenta a scrivere con entusiasmo su
un rozzo porta appunti.
“Becky.” La salutò.
“sento odore di novità uscire dalle tue ghiandole sudorifere.”
La ragazzina rimase un attimo interdetta, ma non
perse il sorriso.
“Grandi novità!”
Sue smise di far finta di controllare delle carte
e dedicò tutta la sua attenzione a Becky, guardandola
seria da dietro gli occhialetti dalla montatura leggera “E, di grazia, di cosa
stiamo parlando?”
La biondina appoggiò le mani all’alta scrivania “Schuester…”
“Ha scoperto che tutti gli oggetti che perde sono
facilmente rintracciabili grazie ad un’attenta ispezione del suo cuoio
capelluto?”
“No, ha terminato l’esperimento” rispose tutto di
un fiato la ragazzina, notando una scintilla brillare negli occhi della donna
“Mi ha mandato Miss Holliday ad avvertirla che sono
pronti a mostrarle il risultato, garantendo che è un successo…”
“Becky… Prendi il vino di Alfa80…. E versalo nella vasca.
Quando torno voglio farci il bagno dentro per festeggiare.”
Becky obbedì e uscì dalla stanza saltellando.
Sue trattenne un ghigno soddisfatto e si diresse
verso l’ascensore, situato dall’altra parte della stanza.
Era un congegno fatto d’intero vetro e che portava
direttamente nell’ufficio di William Schuester.
Non dovette attenere molto e poi secondi dopo stava
già calpestando il pavimento bianco e liscio della stanza.
Schuester aveva il capo chino su alcune carte e non sembrava averla sentita
arrivare, ma Holly, intenta a inserire dei dati al computer, fu la prima a
notarla, esibendosi in un sarcastico inchino.
“William!” tuonò la donna, facendo trasalire il
povero scienziato che sì voltò verso la Sylvester.
“Sue.” Disse, il volto contratto dal rimorso. “sei
già arrivata.” Non andava fiero di quello che aveva fatto e se fosse stato un
altro tipo di scienziato avrebbe gioito e si sarebbe complimentato con sé
stesso, per quell’esperimento riuscito.
Ma William provava solo rimorso e ribrezzo.
“Oh andiamo, non fare quella faccia” Lo schernì la
donna, appoggiandosi con un gomito alla superficie liscia del tavolo “Quando ti
ho chiesto di farmi quelle due bestioline ti ho promesso che le avrei nutrite
tutti i giorni e portate a fare i loro bisognini nel deserto…
E la promessa è ancora valida….”
Schuester la guardò duramente “Non prenderti gioco di me, Sue...”
“Se no che mi fai? Aizzi i nanetti che fabbricano
biscotti tra i tuoi ricci contro di me? Piuttosto…”
La donna si raddrizzò guardandosi attorno “Non li vedo, dove sono?”
Holly fece un passo avanti “Se mi permette glieli
mostrerò io…”
“Oh, allora anche tu servi a qualcosa. Pensavo
fossi solo arredamento…”
Sue la seguì, mentre Miss Holliday
tratteneva a stento una risatina cristallina, camminando lungo tutto il
laboratorio fino ad una stanzetta, infondo ad esso.
Aprì la porta con lentezza, facendo fremere la
magnate d’aspettativa.
Holly le rivolse uno sguardo e con un gesto della
mano la invitò ad entrare.
“Le sue creature, Miss Sylvester.”
Sue le lanciò una lunga occhiataccia, prima di
superarla ed entrare nella stanza.
Trattenne il fiato, quasi soggiogata dalla
perfezione e dalla perfetta riuscita di quell’esperimento.
Le creature, le sue creature, erano rinchiuse
dentro lunghe capsule di vetro, immerse in un liquido trasparente.
Mai si era sentita più potente, come in quel
preciso momento.
“Schuester!” chiamò, e
con lentezza pacata e muta rassegnazione lo scienziato si alzò raggiungendo la
donna “Ti inviterei nella vasca con me se non avessi paura che potessi
trasformare il mio vino in aceto” disse rapita, appoggiando una mano alla
superficie della capsula “Sono… Perfetti.”
Schuester li guardò tristemente, infilando le mani nelle tasche del camice,
consapevole di quella perfezione.
E consapevole di aver tradito troppe persone
permettendo quello scempio….
Mentre osservava la Sylvester gongolare e fare
progetti ambiziosi, troppo persino per lei, chinò il capo verso il basso
cercando una via di redenzione.
Naturalmente, non esisteva.
~°~°~
Erano passate circa due settimane dal ‘Triangolo
di Susqanna’ e tutto sembrava tranquillo.
Forse eccessivamente tranquillo, tanto che
qualcosa non tornava a Flint Wilson.
Si guardò attorno, osservando con attenzione la
porzione di deserto che rientrava nel suo campo visivo, prima di saltare su una
piccola duna e acquattarsi.
Niente in vista.
Scese dalla duna con una piccola capriola,
rotolando sino a terra e prendendo la pistola dalla fondina.
Ancora niente.
Sorrise beffardo “Niente sfugge a Flint, la Volpe
del Deserto…”
“Che fai piccolo?”
Un colpo partì dalla pistola, mentre Wilson sussultava
violentemente “Jeff, sai che odio quando mi arrivi alle spalle!”
Jeff scrollò le spalle e affondò le mani nelle
tasche dei pantaloni. “Di solito non ti lamenti.” Borbottò e Flint sollevò la
testa verso il ragazzo, incenerendolo con lo sguardo.
“Questa era squallida.” Lo liquidò, sistemando la
pistola della fondina prima che partisse un altro colpo, non del tutto
accidentale, verso il suo biondissimo fidanzato.
“Non mi hai
detto che stai facendo.” Cambiò discorso, inginocchiandosi vicino a Flint.
“Preparo dei biscotti.” Esclamò seccato. “secondo
te? faccio il mio lavoro!”
“Okay scusami se ti ho disturbato…”
Jeff incassò la testa nelle spalle e si rialzò.
Il viso di Flint si raddolcì e sorrise. “Torna
qui, stupido.”
Sterling non se lo fece ripetere due volte e,
sospirando, si lasciò cadere sul sedere accanto al morettino “Piccolo, posso
farti una domanda?” chiese, guardando Flint con gli occhi cangianti lievemente
socchiusi a causa del forte sole.
“Si, certo….”
L’espressione innocente che albergava sul viso del
più giovane lasciò spazio ad un ghigno divertito “Da quando il tuo lavoro è
fare il coglione rotolandoti tra la sabbia, con tanto di telecronaca?”
A quel punto fu Wilson ad alzarsi, ma il suo
ragazzo lo trattenne, tirandoselo addosso e stendendosi sulla sabbia bollente
“Sei davvero uno stronzo, Sterling”
“Io scherzo, sei tu che sei permaloso….”
Replicò l’altro, accarezzandogli lentamente il viso e specchiandosi in quelle
due enormi pozze di acqua limpida che aveva al posto degli occhi.
Il moro non riuscì a mantenere il muso per molto e
si abbandonò a un sorrisetto. “Com’è che riesci sempre a spuntarla?” domandò,
avvicinandosi a un soffio dalle sue labbra.
“Sono troppo carino per essere brutalmente
martoriato.” Sussurrò Jeff in risposta.
Non ci fu nemmeno il tempo di replicare e le loro
labbra si unirono in un dolce e profondo bacio.
Non importava se il sole picchiava con insistenza
su di loro o che la sabbia entrasse nei loro vestiti o peggio che venissero
presi da un gruppo di nomadi, perché la cosa importante era restare lì, magari
per sempre.
Flint non voleva essere da nessun’altra parte, se
non tra quelle braccia.
Con lentezza mirata, il biondo si tirò l’altro
ancora più addosso facendogli divaricare le gambe e accarezzandogli lentamente
le cosce.
Le mani di Flint accarezzarono lente il petto,
prima di sfiorare con i polpastrelli il nervo del collo, percorrendolo tutto.
Quando Sterling approfondì ulteriormente il bacio,
affondando le dita tra i soffici capelli corvini di Wilson dopo avergli sfilato
il cappello, il bracciale metallico che teneva al polso emise due distinti ‘bip.bip’.
Flint si staccò, lievemente scocciato, mentre Jeff
si raddrizzava per poter vedere chi lo cercava “È Nick…”
disse leggendo sul display dopo aver premuto un paio di bottoni, con
espressione corrucciata “Dice di aver bisogno di una mano a spostare delle cose…”
A quel punto l’irritazione di Flint aumentò al
punto tale che riservò al suo ragazzo una bruttissima occhiata.
“Digli che sei occupato.” Ordinò, sollevandosi un
poco.
Jeff tentennò e la pazienza di Flint arrivò al
limite.
“Non posso è…”
“Nick, certo.” Sbottò. “quando si tratta di Nick
tutto passa in secondo piano.” Spostò Jeff di lato, dopo averlo spintonato e si
mise in piedi, togliendosi la sabbia dai capelli fini.
“Smettila di dire stronzate, per favore.” Lo
ammonì Sterling.
“No. Smettila tu.” Esclamò, puntandogli il dito
contro. “sono… stanco di doverti divedere con lui e
con tutto il resto, stanco di essere sempre quello che viene per ultimo nella
tua vita.”
Jeff spalancò gli occhi e si alzò, avvicinandosi
al fidanzato. “Tu vieni prima di ogni altra cosa.”
Flint rilasciò una risata isterica. “No, non è
vero.”Negò con il capo. “cazzo c’è
sempre lui tra di noi. Nick e ancora Nick sempre Nick!”
Sterling lo fissò con gli occhi sgranati “Cosa
blateri?”
“Smetti di prendermi per il culo, cazzo!”
l’irritazione stava lasciando spazio ad un’ira funesta “Lo sanno tutti che
avete una storia, persino il figlio di due mesi di Duvall! Non sapete nemmeno
tenerle nascoste le cose, complimenti! Ma hai idea di quante persone state
ferendo??”
Il biondo lo guardò con un’espressione senza
dubbio colpevole “Io….” sospirò, facendo quello che
gli era stato detto di fare. Negare fino alla morte “Io davvero non ti capisco
e non so di che parli… Ora ho del lavoro da fare. A
dopo”
Si alzò a sua volta, sentendo la sabbia fin dentro
alle mutande.
Ma non si soffermò a pensarci, dando le spalle al
suo ragazzo e camminando spedito verso le mura della città, arrivando
addirittura a scappare quando superò una duna di sabbia che lo nascose alla
vista di Wilson.
Flint si morse le labbra per evitare di scoppiare
in lacrime e si portò le mani hai capelli, scompigliandoli a dovere.
Non gliel’avrebbe data quella soddisfazione,
nonostante il suo cuore in pezzi stava urlando dal dolore.
Era così umiliante e il fatto che Jeff continuasse
a negare era ancora più orrendo e squallido.
Non sapeva come quei due riuscissero a guardarsi
allo specchio.
E onestamente non sapeva nemmeno come aveva fatto
lui, a resistere a tutta quella situazione.
Forse amava Jeff così tanto da non importargli
cosa facesse. Gli bastava lui, con o senza Nick. O forse lo amava troppo poco
da non riuscire a prendere una posizione in quella storia.
Pensò alla moglie di Duvall, che forse ancora
credeva di essere amata e desiderata e pensò a suo figlio e provò pena,
esattamente come la provava per se stesso.
~°~°~
Una luce forte proveniva dalla stanza adiacente a
quella in cui si trovava.
Qualcuno doveva aver lasciato aperta la porta,
perché solitamente era immerso nella totale oscurità, eccezion fatta per un
paio di neon azzurri parecchio rassicuranti, posti sopra alla grande capsula in
vetro nella quale due settimane prima era nato, anche se non lo sapeva.
La luce lo disturbò al punto tale che, per la
prima volta, aprì lentamente gli occhi, cercando di farli abituare da quello
strano posto.
Chissà dove si trovava.
Chissà chi era…
Alzò lentamente una mano chiedendosi che diavolo fosse
tutto quel liquido trasparente che lo circondava, tenendolo sospeso nella
capsula.
Era tutto strano, confuso.
Aveva così tante domande in testa che iniziava a
provare dolore.
Non gli piacque quella sensazione nuova, come non
gli piacque nemmeno accorgersi che aveva degli strani tubicini sul viso, che
entravano nelle sue narici.
Socchiuse per un attimo gli occhi, e li riaprì
nuovamente, cercando di darsi delle risposte.
Girò lentamente il capo e osservò con curiosità
un’altra creatura immersa nel suo stesso liquido.
Pareva ancora dormire, per niente disturbata dalla
luce.
Richiuse nuovamente le palpebre che tremavano
leggermente e rilasciò un sospiro.
Era tutto
così strano, così nuovo.
Sentiva degli impulsi, ma non sapeva cosa fossero.
Non sapeva e non ricordava nulla.
Avrebbe voluto ribellarsi e uscire da lì, ma
rimase ad occhi chiusi.
Si riassopì in pochi minuti.
Continua…..
Nda.
Eccoci tornate!
Scusate il ritardo, ma i pezzi li scriviamo
insieme quindi dobbiamo trovare il giusto equilibrio mentale insieme e Jessy ha iniziato la quinta liceo….
Ergo va a letto con le galline per alzarsi alle
sei, e la cosa nuoce alla collaborazione!
In questo capitolo, come avrete capito, abbiamo un
flashback iniziale del rapporto tra Thad e Kurt e lo
sviluppo del piano di Sue (e una piccola scena Jint
che vi fa capire che le cose non vanno benissimo per loro).
Una piccola nota: i personaggi hanno le stesse età
degli attori che li interpretano. Questa scelta è stata fatta perché averli
tutti della stessa età non rendeva credibile la trama….
Nel prossimo capitolo, la seconda parte del sue,
abbiamo un altro flashback klaine e, finalmente, qual
bello scossone alla storia :D
Una terribile tempesta di sabbia si era
abbattuta su Potawatoi, quel pomeriggio.
Per questo Blaine, nonostante il sole
fosse già calato oltre il monte da un pezzo, non era ancora riuscito a
rincasare. I danni non erano stati molti, ma la sabbia andava rimossa ed era
compito dei Warblers aiutare la popolazione a fare ciò.
Il ragazzo riccioluto aiutò la signora
Corcoran ad entrare in casa insieme alla piccola Beth, scavalcando un ingente
cumulo di sabbia che si era depositava davanti all’uscio, promettendole che
avrebbe lui stesso provveduto a rimuoverla non appena la calda luce solare
avrebbe di nuovo scaldato la
Terra.
La donna lo salutò con un sorriso
caloroso e, tenendo appoggiata al fianco la bimba biondissima, chiuse il più
possibile la porta. Non doveva aver paura,la Valle era sicura.
Si incamminò stanco verso casa Hummel,
seriamente propenso a trovare riposo dopo una bella porzione di minestra calda,
quando una voce lo fece voltare “Ma guarda tu il Fato…” Blaine si voltò
lentamente, anche se non aveva di certo bisogno di vederlo per capire chi
avesse appena parlato “Esco per una passeggiata e incontro proprio la persona
che da mesi mi evita…”
Anderson osservò la figura longilinea
avvicinarsi con pacatezza, fino ad appoggiare alla parete affianco a loro.
“Non dovresti essere da Thad, Sebastian?”
chiese secco.
“Thad più anche aspettare. O arrangiarsi…
È dotato di mani come chiunque altro e il suo cicchetto serale può versarselo
da se…”
Blaine sollevò gli occhi al cielo,
piuttosto irritato. “Hai seri problemi a rispettare le gerarchie e gli ordini.”
Costatò, incrociando le braccia al petto.
“Cosa vuoi farci,
io voglio tutto e subito.” Ribattè Sebastian, un sorriso spavaldo a
incorniciargli il viso e Anderson represse il desiderio di levarglielo a suon
di pugni“E non parlo solo di entrare a far parte del Clan…” il ragazzo si
avvicinò di qualche passo, giusto per riuscire a toccare con la punta delle
dita la giacca di pelle che Blaine teneva aperta sul petto.
“E’ un peccato che gente come te non vada
tanto lontano.”
Sebastian per tutta risposta ridacchiò.
“Non mi hai dato il tempo necessario per
farmi conoscere… fino in fondo.” Lo disse avvicinando le labbra all’orecchio di
Blaine, percorrendone lieve il contorno.
Blaine, per giusta risposta, appoggiò
entrambe le mani sul petto del più giovane spingendolo via da se “Non ti
permettere di prenderti certe confidenze con me, chiaro?” disse risoluto “Non
te lo concedo”
“Non mi pare che avessi tanti problemi, il
mese scorso…” ribatté l’altro, affatto scoraggiato, guardandolo con un
sorrisetto lascivo “C’era una bella vista da sopra le mura... Ed è stata solo
pura fortuna che Jeff non ci abbia scoperti…”
Anderson sospirò,
chiudendo un istante gli occhi prima di riaprirli guardando severo Sebastian
“Quello è stato un errore, chiaro? Scordati di me, non
voglio aver nulla di che spartire con uno come te,
faccende del Clan a parte…” gli diede le spalle,pronto per tornare a casa, ma quello che uscì
dalle labbra del più giovane lo frenò.
“Starai ancora molto dietro a quel
ragazzino? No, perché ormai sono quattro anni che l’hai seppellito ed è ora che
ti svegli. Gli eroi romantici non vanno più di moda”
L’attimo successivo Blaine non gli stava
più dando le spalle, ma lo afferrava per la maglietta spingendolo contro il
muro tanto forte da fare riecheggiare il rumore nel silenzio della sera.
L’espressione del Warbler era un misto di
ira e malinconia.
“Non azzardarti a nominarlo un’altra
volta o ti spezzo il collo.”La minaccia
uscì come il bisbiglio di un serpente e Sebastian tremò un attimo, quasi
d’eccitazione, mentre il corpo caldo di Blaine era premuto contro il suo. “Non
voglio più sentirti parlare di Kurt in quel modo.” Lo strattonò per bene, fino
a fargli sbattere latesta contro il
muro.
Sebastian notò, oltre alla profonda collera,
una tristezza infinita dentro quei occhi di miele e quasi ne venne risucchiato,
finché Blaine non lo lasciò andare con un’ultima spinta.
Sebastian abbassò gli occhi,sorridendo
maliziosamente mentre Blaine faceva un paio di passi indietro “Non c’è bisogno
di scaldarsi tanto… Non intendevo mancare di rispetto al tuo amichetto, non è
il mio stile” Si sistemò la giacchetta di jeans lisa, prima di piegare la testa
di lato e continuare a fissare il moro “Solo il passato è passato… E il
presente non deve vivere in riflesso di ciò che è stato. Sembravi più
intelligente…” Camminò lentamente verso di lui, appoggiandogli una mano al
petto per poterlo accarezzare lascivamente “Pensa a quello che potrei offrirti…”
Blaine sostò lo sguardo, non indeciso se
cacciarlo a calci o buttarlo dalle mura, quando Jeff li interruppe.
“Ehm scusate” disse sbrigativo “Però
c’è... C’è la messaggera delle Cheerio che vuole conferire con te, B”
Il ragazzo annuì e si passò una mano fra
i capelli, scompigliandoli ancora di più.
“Immagino che riprenderemo questa
conversazione in un momento più opportuno…” commentò Sebastian, allegro. “A
presto, Blaine.” Anderson si scostò bruscamente dal suo tocco e evitò accuratamente
di guardarlo, tenendo il capo chino e colmo d’astio a terra, finché Sebastian
non sparì dalla loro vista.
Jeff guardò l’amico preoccupato e gli
posò una mano sulla spalla. “E’ tutto okay?”
“Sì Jeffrey, è stato solo uno scambio di
divergenze.”Il ragazzo parve crederci e
Blaine tirò un sospiro.
Di certo non aveva voglia di rivelare il
perché di quello scontro e la fortuna aveva voluto che fosse un ingenuo come
Jeff a scoprirli.
Ricambiò il sorriso raggiante che il
biondo gli stava regalando e sospirò nuovamente. “Forza, andiamo.” Commentò
poi. “Non voglio far aspettare Lopez a lungo o da stronza si trasforma in arpia
isterica!”
La ragazza la trovarono seduta sul cofano
della sua cabrio bianca, appoggiata sui gomiti, mentre illustrava a Duvall come
soddisfare una donna solo utilizzando l’enorme appendice che chiamava naso
“Alla buon’ora” commentò acidamente guardando Blaine, mentre Nick si toccava
pensieroso il naso “Devo proferire con te, nanerottolo”
“Non puoi farlo qui?” domandò Blaine,
appoggiandosi con entrambe le mani alle mura, impaziente di andarsene a letto.
Santana sorrise
furbesca “Mi manda Quinn… Ha saputo da una fonte
certa che i Titans attaccheranno la Sue Corporation durante il prossimo plenilunio…
Ovvero la prossima settimana…”
Jeff e Nick si scambiarono uno sguardo
stravolto.
Blaine si morse il labbro “Quanto certa è
questa fonte?”
L’ispanica si passò
una mano tra i capelli, sedendosi diritta “Molto più di quello che potete
pensare… Ma se non mi credete non è un gran problema, no?
Statevi qui a covare le vostre uova, gallinelle” Rise perfida “Io non ho tempo
da perdere…. Riferisci quello che credi al tuo Capo”concluse, scendendo con un movimento
elegante dal cofano e salendo al posto di guida, mettendo in moto.
I tre la guardarono sgommare lontano, i
fanali che illuminavano a giorno il buio del deserto di fronte a loro.
“Torno dentro.” Comunicò Blaine. “Vado a
parlare con Thad. Sperando che non riversi tutta la sua rabbia su di me!”
ironizzò.
Nick e Jeff lo guardarono allontanarsi
per qualche secondo, prima rimettersi ai loro posti.
La notte era ancora lunga.
~°~°~
Con il capo reclinato all’indietro, la
nuca appoggiata allo schienale di una vecchia poltrona lisa e le gambe stese sul
parapetto di cemento, Thad osservava rapito la volta celeste
Lo faceva più o meno ogni sera, prima di
andare a dormire.
Quando il buio calava su Potawatoi e
tutti si ritiravano nelle loro umili dimore, lui terminava la cena con un
bicchiere di qualche strano alcolico alieno (di solito scelto da Nick Duvall,
considerato un vero intenditore visto che non esisteva pianetanelle vicinanze
della terra sul quale non avesse vomitato almeno una volta), consumato poco
fuori dalla sua grande casa.
Tanti anni prima, qualcuno di davvero
importante per lui gli aveva raccontato di come le stelle fossero in realtà le
persone care che li avevano lasciati e che, da lassù, continuavano a guardarli
e a vegliare su di loro.
Thad sorrise lievemente, alzando il
bicchiere verso l’alto come per fare un brindisi immaginario prima di buttare
giù quella bevanda forte e sentirla scendere fino allo stomaco, bruciandogli la
gola e pizzicandogli gli occhi.
Si portò una mano alla bocca mentre un
paio di colpi di tosse lo scuotevano appena, poi tornò a rilassarti
socchiudendo stancamente gli occhi.
Credeva davvero a quello che Kurt gli
aveva detto, nonostante fossero solo due ragazzini.
Pensava che realmente suo padre e suo
fratello lo guardassero da là su, indirizzandolo verso le giuste decisioni e
facendogli forza. Magari si sarebbero anche sentiti fieri di lui, prima o poi.
Lo avrebbero guardato con fierezza, ritenendolo un grande Capo…
Poi ci dovevano essere anche tutti i
ragazzi che se n’erano andati lassù, i padri di famiglia che non erano mai
tornati da moglie e figli, coloro che erano stati spazzati via dalla pestilenza
aliena….
E poi c’era lui.
Thad aveva paura di essersi ormai
dimenticato di come fosse Kurt. Non riusciva più a distinguere nella sua mente
con esattezza le sfumature di azzurro, verde e grigio che aveva nelle iridi,
anche se ricordava che erano chiarissime e luminose.
Non ricordava più il suono della sua voce
o che espressione assumesse quando fosse arrabbiato. Non ricordava il suo
colore preferito o il modo in cui portava i capelli….
Eppure l’immagine di loro due da bambini
lo tormentava ancora, soprattutto in quei momenti di profonda meditazione
introspettiva.
Lo aveva considerato il suo migliore
amico per anni e anni, fino a che non era arrivato Anderson e il loro tempo
insieme si era accorcia da ‘tutto il giorno’ a ‘qualche volta’ a ‘raramente’.
Quando Kurt era morto il peso di una
feroce consapevolezza lo aveva del tutto atterrito: la causa del loro
allontanamento era solo sua e avrebbe dovuto conviverci a vita.
Sospirò pesantemente, chiudendo gli occhi
per un istante, cercando di ricordare come fosse il suo melodico della sua
risata, della sua voce….
Ma suonava lontana, come dal fondo di un
pozzo.
-C’è
sempre qualcuno che ti ascolta e veglia su di te da lassù, Thaddy…-
Riaprì gli occhi scuri, piantandoli di
nuovo nel cielo nero.
Il ragazzo sussultò,
rischiando di cadere a carponi a terra “Sebastian!
Ma ti pare il modo? Arrivarmi alle spalle come un ladro??”
Il ragazzo lo raggiunse, affiancandosi a
lui “Dovremmo parlare, non ti pare?”
“Parlare di cosa?” chiese
scocciato Harwood.
“Di me” la buttò lì l’altro “Non faccio
altro che servirti alcolici e portarti i pasti, credo di meritare anche io una
chance per entrare ufficialmente nel Clan” disse vagamente irritato, mantenendo
però un tono ossequioso.
“A parte il fatto che prima non ti sei
presentato e che mi sono servito da solo…” disse Thad, alzandosi e appoggiando
il bicchiere ormai vuoto sul parapetto “Sei ancora molto giovane, sei realmente
convinto di essere pronto per montare su una motocicletta?”
“Sì” replicò deciso Sebastian, fissandolo
con espressione risoluta.
“Dovrò pensarci, e poi…” dei passi veloci
su per le scale di pietra lo distrassero, e appena Blaine apparve avvertì il
più giovane agitarsi appena accanto a lui. Non ne comprese il
motivo e non lo chiese nemmeno “Che ti prende, Anderson? Vuoi anche tu
qualcosa, tipo, non so, fermargli nuovi per la tua coda da pony?”
Blaine non lo ascoltò quasi “I Titans”
disse affannato, appoggiandosi con le mani alle ginocchia mentre si chinava
appena in avanti, stremato dalla corsa. Questo bastò per attirare a pieno
l’attenzione di Thad che si fece serio “Attaccano la SC, al prossimo plenilunio…”
Harwood fece un paio di passi, lasciando
che la mantella scura svolazzasse nella fredda aria notturna “ ‘Bastian, vai a chiamare Wes e David… Attaccheremo anche
noi.”
~°~°~
Santana scesa dalla sua decapottabile con un balzo elegante, aggiustandosi
le pieghe della gonna e alcune ciocche di capelli mosse dal vento. Rivolse lo
sguardo all’accampamento dei Titans con una smorfia di disgusto e prima
d’incamminarsi all’interno, si abbassò ancora un poco la maglietta per esaltare
la curva morbida del suo seno.
Non avrebbe potuto fare altrimenti, davanti ai quei bietoloni l’unica cosa che
serviva era pelle nuda e sfrontatezza, e Santana ne aveva da vendere.
Sam Evans stava di guardia, giocherellando con una rivoltella e poco distante
da lui un enorme omaccione con la testa incassata nelle spalle e gli occhi
chiusi.
Santana ancheggiò verso di loro, lentamente e i suoi passi leggeri sul terreno
scricchiolante attirò l’attenzione di Sam, che rimase un attimo sconcertato
dalla nuova arrivata.
Si alzò in piedi e l’affrontò, rimettendo la sua pistola nella fondina. “Cosa
fai tu qui?” domandò, senza preoccuparsi di lasciarle addosso
l’impronta del suo sguardo voglioso.
“Voglio parlare con il Re degli Stupidi.” Rispose la ragazza, incrociando le
braccia al petto. “Ora.”
Il biondino rimase a fissarla per un lungo attimo, remore della loro breve ma
torbida relazione.
“Cos’è Evans, il Capo ha mandato a chiamare la sua puttana?” l’omaccione, aveva
aperto gli occhi e fissava Santana con un sorriso di sfida.
“Shane, falla finita e chiama Finn per darmi il cambio, accompagno Santana da
Karofsky.” Esclamò Sam, trattenendo per i fianchi la Cheerio, che soffiava,
peggio di un gatto, verso il grosso Titan.
Evans accompagnò la mora all’interno dell’accampamento, solo quando Hudson si
sedette al suo posto in guardiola.
La sfilata di Santana fra i Titans fu motivo di soli fischi e urla,
accompagnati da allusioni sessuali così squallide che la mora si limita a
guardarli con sufficienza, offrendo loro tutto quello che il suo corpo aveva da
mostrare, e stampata in faccia un’autentica espressione strafottente.
Non era minimamente nascosta l’alleanza, se così si poteva chiamare, fra le
Cheerio e i Titans.
Ed era più che risaputo che fra loro c’erano più scambi di fluidi corporei che
informazioni strettamente connesse alla guerra dei Clan.
La carne è debole, pensava Santana.
Sam l’accompagnò fino al rifugio che Karofsky chiamava reggia, e parlò per un
breve momento con Azimio, braccio destro del capo, che rientrò nella grotta,
per riuscire qualche minuto dopo. Non parlò, ma fece un veloce gesto del capo
che Santana interpretò con un via libera.
Salutò con un mezzo gesto della mano Sam ed entrò nel covo di David.
La grotta era immersa nella semioscurità ed emanava un forte puzzo d’umido.
Santana storse il bel nasino per il disgusto.
“A cosa devo l’onore, dolcezza.” L’accolse David, spaparanzato su un divano di
pellicce di animali.
“Prima di tutto non sono una dolcezza e secondo, alzatati panzone ho una
novella.”
Il Titan non perse il sorriso e con un buffo movimento si alzò, facendo un
profondo inchino. “Noto con dispiacere che non abbiamo le stesse intenzioni,
Lopez.”
“Noti benissimo Karofsky.” Rispose lei, graffiante e sprezzante.
“Allora dimmi cosa cazzo vuoi e sparisci.”
Santana assunse un ghigno e si avvicinò sensualmente a David, toccandogli le
spalle e parlandogli direttamente nell’orecchio. “Stammi a sentire, scarto
sociale, quei cervelloni dei Warblers attaccheranno la Sue Corporation il
prossimo plenilunio.”
La reazione di Karofsky fu prevedibile.
Assunse un’espressione di pura ira sul volto, respirando affannosamente e
scrocchiando le nocche delle mani come se volesse stritolare uno ad uno, i componenti del clan dei Warblers.
“Ne sei certa?” domandò.
La ragazza si limitò ad annuire. “La fonte è una tra le più sicure di tutta la
zona.”
David rimase un attimo pensieroso, indeciso sul dal
farsi. “AZIMIO!” tuonò. “riunisci tutti i Titans.
IMMEDIATAMENTE.”
Il ragazzone di colore, accorso di fretta, annuì e sparì nuovamente, mentre
Santana ridacchiava fra sé e sé. Accarezzò la giacca rossa del capo Titans e
sorrise morbidamente. “Ora che il mio compito è finito posso anche andarmene.”
Lo salutò con un fluido movimento di dita e uscì ancheggiando.
Sam era ancora lì, ad aspettarla. “Non ti scomodare,
Bocca da Trota, conosco la strada.”
Era stato semplice.
Più semplice di quanto si era immaginata.
D'altronde era scontata la loro reazione.
Quinn, pur non avendo accettato le condizioni di Sue, aveva fatto in modo che i
due Clan si mettessero uno contro l’altro e che durante l’ultimo plenilunio del
mese, si incontrassero alla Sue Corporation per una battaglia all’ultimo
massacro.
I Titans e i Warblers erano troppo stupidi per non capire la trappola innescata
da Quinn e Santana, per una volta, non aveva contestato alle sue decisioni.
Non vedeva l’ora di godersi la tragica fine dei due Clan e la rinascita e
rivincita delle Cheerios.
~°~°~
Ancora
una volta Kurt si apprestava a guardare un tramonto in solitaria, seduto nella
parte più alta di tutto l’accampamento. Il sole non era più cocente come la
stagione passata e Kurt riusciva benissimo a scrutare l’orizzonte senza morire
di caldo.
Calciò
un sassolino con la punta del piede e lo sentì ruzzolare a terra fino a
fermarsi davanti a un paio di pesanti anfibi coperti di lacci allentanti.
Il
ragazzino sollevò o sguardo fino ad incontrare gli occhi sorridenti di Blaine.
“Cosa
ci fai qui da solo?” chiese, avvicinandosi per sedersi al suo fianco, giusto ad
un soffio da lui.
Kurt
sentì il cuore premersi in una dolorosa morsa che, nonostante, l’intensità, non
lo sorprese affatto. Erano all’ordine del giorno, oramai.
Bastava
un minimo di vicinanza e sembra che il suo corpo dovesse prendere fuoco.
Cercando
di ostentare una certa nonchalance accavallò le gambe, sospirando pesantemente
“Nulla…” rispose semplicemente.
Infondo
era vero, non stava facendo assolutamente nulla.
Certo,
non poteva dirgli che sperava di vederlo prima di cena, non sarebbe stato molto
elegante contando che Blaine di certo era appena tornato da casa di Rachel,
dove passava parecchio tempo nell’ultimo periodo.
A
fare cosa, Kurt non voleva saperlo…. Era certo che semplicemente i suoi nervi
non avrebbero mai retto allo stress.
Blaine
si voltò di tre quarti verso di lui, lasciando che le loro spalle collidessero
lievemente in una lenta carezza “Che ti prende?” chiese ingenuamente.
“Perché
me lo chiedi?”
“Hai
una faccia…”
Kurt
alzò un sopracciglio “Questa è la mia solita faccia” disse acidamente “Forse
non la riconosci visto quanto poco la vedi….” Aggiunse poi, incapace di
fermarsi, mordendosi le labbra solo alla fine.
Aveva
esagerato, lo sapeva.
Blaine
però, non ribattè e continuò a guardarlo.
Era
affascinato da un debole raggio di sole che colpiva il viso di Kurt, facendogli
brillare gli occhi e la pelle diafana. Aveva l’aria di essere una di quelle
creature meravigliose che aveva visto in uno dei libri di Kirk.
Allungò
una mano come se volesse posarla sul suo viso e solo quando gli sfiorò la
guancia con i polpastrelli ritrasse la mano come se si fosse scottato.
“Immagino
di averti un po’ trascurato…” disse, serrando i pugni come se volesse
trattenersi da fare altre stupidaggini.
Kurt,
che era rimasto senza fiato pregando per quel tocco, sospirò affranto “Non è
importante, è giusto che tu stia con…” Storse il naso “Con la tua ragazza…”
Blaine
ridacchiò divertito, facendolo voltare “Diciamo che Rachel non è la mia
ragazza….” Disse passandosi una mano dietro al collo “Ci ho passato molto tempo
insieme e… non è decisamente il mio tipo...”
Kurt
giurò di aver appena sentito suonare le campane a festa.
Lasciò
scivolare gli occhi prima sulle gambe di Blaine, fasciate da jeans rotti in più
punti, e poi a terra impedendosi di trattenere un sorriso.
La
cosa non sfuggì all’occhio di Blaine che sogghignò. “Lo so che non ti è mai
andata troppo a genio.”
Kurt
giocherellò con la sabbia racconta ai suoi piedi. “Non è vero.” Mentì
spudoratamente. “l’ho sempre trovata… Adorabile.” Sputò fuori, quasi come se
stesse per avere un conato di vomito.
“In
realtà è petulante, egocentrica e logorroica.”Elencò Blaine, sospirando.
Kurt
non potè fare a meno di gioirne, ma non si lasciò prendere troppo dalla
contentezza.
“Perché
dici così?
Insomma ognuno di noi ha una qualità nascosta! Non vedo
perché Rachel dovrebbe esserne sprovvista!” ribattè, senza avere il coraggio di
guardarlo in faccia.
“Perché
lei non è te, Kurt.” il sussurro che uscì dalle labbra di Blaine fu tra i più
belli che il più piccolo avesse mai sentito.
Lentamente
ogni fibra del suo essere si preparò all’implosione.
Doveva
aver capito male in qualche modo perché se realmente avesse inteso il giusto….
Beh….
A
dire il vero non sapeva come comportarsi.
Era
tutto strano, non poteva sbilanciarsi per non rischiare di sbagliare
clamorosamente, non poteva dire nulla per paura di aver capito male…
Perché
doveva essere tutto così maledettamente complesso?
Perché
non poteva semplicemente aprire il suo cuore e vedere come andava a finire?
Con
lentezza esasperante alzò il viso, guardando Blaine negli occhi e stupendosi di
quanto fossero belli, dorati grazie alla luce calda del tramonto. Il suo
sguardo saettò poi sulle labbra carnose e rese un po’ secche dalla calura del
deserto.
Erano
la cosa più invitante che Kurt avesse mai visto in tutta la sua breve vita….
Si
umettò le sue di labbra e aspettò che Blaine parlasse o che facesse qualcosa,
qualsiasi cosa.
Era
così paralizzato da non riuscire nemmeno a rilasciare il respiro che gli si era
fermato in gola.
Il più grande si fece più vicino, fino a che i
loro nasi non si sfiorarono. “Kurt.” Esalò, permettendogli di tornare a
respirare, direttamente a un soffio dalle sue labbra. “Dimmi che non è troppo
tardi.”
Il
ragazzino sentì gli occhi farsi umidi e le mani tremarono leggermente.
Troppo
tardi?
Lo
avrebbe aspettato un’altra vita intera, se solo avesse potuto.
Il
tremolio che scuoteva i suoi arti si fece ancor più forte e a Kurt fu
impossibile rispondere al più grande, a causa della troppa emozione.
Sentiva
il sangue scorrergli veloce nelle vene, pompato da un cuore che correva troppo.
Aveva paura di sentirlo esplodere.
Aveva
paura di morire tanto era felice….
Scosse
il capo pianissimo, mentre Blaine lo stringeva in un abbraccio caldo e
rassicurante, appoggiando poi una mano sulle sue reni per poterselo tenere
ancora più vicino.
Quando
il moro appoggiò le labbra sulle sue, Kurt smise di sentirsi teso, preoccupato,
triste, felice….
Smile
di provare qualsiasi cosa che non fosse la completezza.
Quel
bacio lo aveva risvegliato e stordito allo stesso tempo.
Sospirò
direttamente sulle sue labbra mentre una delle mani callose di Blaine gli aveva
circondato il viso, per poi fermarsi fra le ciocche chiare dei suoi capelli.
Lasciò
che fosse lui a baciarlo per un lungo istante, con lievi tocchi. Il suo respiro
sapeva di buono e solo quando sentì quella bocca riposarsi con lieve insistenza
sulla sua, Kurt rispose timidamente al bacio.
Al
suo primo bacio.
Afferrò
con forza i lembi del giubbino che Blaine indossava e piegò un poco la testa,
per lasciare al maggiore, più libertà.
Aveva
paura di chiudere gli occhi, paura di veder svanire quel sogno in un soffio se
lo avesse fatto. Ma quando la mano di Blaine scese a prendere la sua per
staccarla dall’orlo del giubbotto e stringerla, intrecciando così le loro dita,
si rilassò completamente lasciandosi cullare da quelle sensazioni nuove e
meravigliose.
Non
seppe quando andarono avanti così, baciandosi alle volte dolcemente e a
semplici contatti e alle volte più profondi, più affamati di amore…
Quando
Blaine si scostò da lui e alzandosi lo tenne comunque per mano, ed entrambi
notarono che era sceso il buio. Decisamente erano andati avanti per un po’…
“Torniamo…”
sussurrò Blaine dolcemente “Burt sarà preoccupato…”
Kurt
annuì ancora un po’ imbarazzato, ma con un sorriso così tenero sul viso che
sciolse il cuore al più grande.
Non
sapevano come avrebbero fatto a dirlo in casa, cosa avrebbero detto gli altri
della Tribù….
Ma
di una cosa erano certi.
Quel
bacio era stato il primo passo di qualcosa di grande.
Continua…..
Nda.
Eccoci tornate!
Scusate il ritardo ma come sapete scriviamo la
storia insieme e quindi è dura conciliare ispirazione e orari!
Ovviamente ringraziamo chi ci segue e
soprattutto chi ci da un parere^^
In questo capitolo si sono mosse le acquee
violentemente e abbiamo visto come è nato l’amore tra Blaine e Kurt…
E nel prossimo?
Vedrete cosa abbiamo in serbo per voi, ovvero
il ritorno tanto atteso di Finn che ci regalerà delle gioie non da poco!