Water Eyes

di JMG
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue pt. I ***
Capitolo 2: *** Prologue pt. II ***
Capitolo 3: *** Chapter #01. Pt 1. ***
Capitolo 4: *** Chapter #01. Pt 2. ***
Capitolo 5: *** Chapter #02. pt 1 ***
Capitolo 6: *** Chapter #02. pt 2 ***



Capitolo 1
*** Prologue pt. I ***


bananissima

Water Eyes.

 

Prologue.

 

 

Part 1.

 

Anno 3012.

 

 

Il calore del sole era così intenso da crear l’illusione di poterlo afferrare.

Ovunque l’accecante luce del giorno irradiava ogni superficie, compresa la  sabbia del deserto, rendendola incandescente al tatto.

Trovare una singola zona d’ombra pareva impossibile, e se mai qualche animale della zona fosse sopravvissuto alle innumerevoli mutazioni climatiche, non si sarebbe mai adattato a quella nuova America.

America…. Quel posto non ne aveva l’aspetto da secoli.

Uno dei continenti più vasto e ricco del mondo era diventato una lunga e deserta distesa di sabbia.

Non rimaneva più nulla se non macerie arrugginite dal tempo e dall’afa. Persino gli abitati di altri pianeti, convinti di trovare ricchezze, erano rimasti a bocca asciutta, distruggendo quel poco che era rimasto, per poi andarsene sulle loro navicelle,  deridendo quella povera gente rimasta, che ancora si faceva la guerra per un arido pezzo di terra.

Gli esseri umani si erano trovati sull’orlo dell’estinzione in più di un occasione. Il futuro, per ironia della sorte, era costellato di tutte quelle paure che avevano attanagliato gli uomini in antichità. Gli spettri striscianti della pestilenza, della carestia e della guerra avevano decimato la popolazione mondiale che ormai si riduceva a brandelli formati da piccole comunità, sparse per il globo in Tribù.

Dell’Europa non era rimasto ormai più nulla.

La culla delle civiltà antiche, la bella Europa, era del tutto andata persa e dove una volta marciavano i possenti Romani ormai non vi era altro che territori inabitabili a causa delle radiazioni.

Le poche comunità esistenti erano sparse per l’America del Nord, il Centr’Africa e l’Oriente.

Non esistevano più sistemi politici da quando le Multinazionali, poi, avevano assurdo ogni controllo non solo sul mercato intergalattico, ma anche sugli scambi tra territori.

Nell’intera America, solo una Multinazionale era riuscita a raggiungere prestigio e potere: la S.C. abbreviazione di Sue Corporation.

Un banale nome, per una grande sede del commercio.

La S.C. controllava ogni genere di scambio di ogni tribù presente sul suolo americano.

Sue Silvester, a comando dell’intera organizzazione, inoltre, teneva in pungo il bene che ogni essere umano bramava più di altri.

Quel bene che aveva portato lotte sanguinose e morti, disperazione e povertà.

L’acqua.

L’acqua che era sparita dalla terra, l’acqua che era solo presente sui suoli alieni.

La Silvester controllava una buona parte dell’importazione,adottando salari pensati per chiunque volesse barattare. La sede dove operava Sue e i suoi collaboratori era situata nella regione Wappinger, un tempo la vecchia New York, sulle rive dell’Hudson.

Si parla di scambi commerciali poiché la moneta era del tutto sparita, perdendo di valore. Quando si tratta di sopravvivere, non di vivere, ogni tipo di confort e lusso viene meno e con esso l’inutilità che i soldi portavano. Erano solo inutili pezzi di carta e metallo nelle tasca della povera gente.

Sue Silvester, per quanto abile fosse a mercanteggiare con gli alieni, per quanto fosse furba nel circondarsi di persone fidate e a costringere coloro che voleva sfruttare,  non aveva di certo vita facile o terreno libero per i suoi loschi traffici.

Se esisteva una sola Tribù nel nord America, situata nella zona di Potawatoi, ovvero l’ex Michigan, da questa singola comunità si erano generati poi tre diversi Clan.

Questi gruppi, perennemente in lotta fra loro, avevano come obbiettivo centra l’appropriazione delle riserve idriche provenienti dallo spazio.

Perché senza acqua non c’è sopravvivenza, e il prezzo per il suo totale controllo valeva qualche vita.

Una era già stata sacrificata, ma di questo si parlerà più avanti.

Due dei clan, divisi oramai da un secolo, avevano posto i loro insediamenti sulla costa atlantica

I Titans, vasto numero di energumeni  assettati di potere, avevano i loro accampamenti nelle zone montuose di Melecite, il vecchio Maine. Mentre le Cheerio, amazzoni dalla inusuale bellezza ammaliante, vivevano sulle spiagge deserte di Catawba, nonché la tranquilla North Carolina.

I Warblers, il terzo Clan rimasto a Potawatoi, era conosciuto per le geniali menti che lo componevano. Loro erano rimasti a casa, a consolare quelle madri lasciate sole dai figli troppo incoscienti.

L’astio fra loro era risaputo da tutti e ogni pretesto era buono per alimentare il fuoco ardente del risentimento.

Le loro terre, prese con la forza o spartite con chiari patti di non-fratellanza, erano invalicabili dagli altri Clan. Pena: qualsiasi cosa il proprietario della zona decidesse, dalla morte alla schiavitù.

Le aree esterne, le famose  ‘terre di nessuno’, erano il campo di battaglia sul quale ogni giorno i Clan si sfidavano, cercando anche solo di indebolire gli altri due.

Lì, inizia la nostra storia.

La sabbia ti sembra acqua, quando la guardi da sopra una moto volante lanciata in una folle corsa.

Il ragazzo che la pilotava si sentiva esattamente come ogni volta, eccitato dalla sfida contro il destino e quelli che dovevano essere almeno una quarantina del Clan dei Titans. Eccitato, ma anche lievemente spaventato perché sapeva che se lo avessero preso… Beh.

Era meglio non pensarci e dare più gas, cercando di schivare le dune basse.

Girò il capo per un istante, notando la leggera ripresa ottenuta grazie a quel nuovo motore che quella stessa mattina avevano montato sulla sua moto volante e cacciò un urlo di vittoria, spostandosi con una mano la bandana a righe, legata intorno alla testa, che gli era pericolosamente scesa sugli occhi.

“Non hai scampo, Anderson!” ringhiò qualcuno dalla folla, ricevendo in cambio un l’alzata del dito medio. “piccolo stronzetto…!”

David Karofsky era il capo indiscusso del Clan dei Titans.

In definitiva era un bastardo, senza il minimo cervello.

Blaine sghignazzo senza ritegno, mentre sentiva di acquistare sempre più vantaggio sui Titans. Quella montagna di muscoli senza cervello poteva dire quello che voleva, non lo avrebbe mai e poi mai preso sino a che…

Il sorriso lentamente morì sulle sue labbra quando sentì un primo strattone e la moto che, inevitabilmente, rallentava.

“Oh no…” sillabò lievemente, iniziando a darci pesante sul pedale, sino a sollevarsi appena.

Si metteva male….

Perse di quota progressivamente e quando infine beccò una duna, bastardamente piazzata sulla sua traiettoria, non fu divertente la caduta.

Ruzzolò a terra coprendosi il viso con le braccia e aspettò la sua fine, steso sulla sabbia scottante.

I Titans, dopo un grido piuttosto feroce, diedero gas alle loro auto truccate, pregustandosi la cattura di Anderson. Il malcapitato, strinse le palpebre in attesa, in quei pochi secondi dalla sua caduta.

Poi tutto si arrestò.

 Le urla, i motori rombanti e i Titans si bloccarono come  se, davanti a loro, ci fosse a muro invisibile, e guardando scocciati verso il fuggitivo, iniziarono una ritirata.

“Hai una fortuna sfacciata, nanerotto!” urlò Puckerman, che guidava una delle macchine in testa al gruppo.

Blaine Anderson era un passo da morte certa, ma quella volta, come molte altre, era riuscito a scamparla.

Si alzò, facendo leva sui gomiti e vide, a un paio di metri dalle linea dei suoi piedi, un paio di pietre impilate e tinte di bianco che segnavano, senza dubbio alcuno, l’inizio del territorio dei Warblers.

“Oddio che botta di…” si portò una mano sul petto, prima di scattare in piedi e guardare Karofsky “Ti è andata male anche stavolta, strano” disse con tono sarcastico, senza mai spostare gli occhi di caramello da quelli piccoli e porcini del capo Clan.

“Verrà il giorno in cui la tua stramaledetta fortuna finirà, Anderson…. E noi saremo qui pronti a spezzarti quei dieci centimetri di gambe che hai….” Dave si guardò attorno, facendo poi un cenno a Puck “Andiamocene”

Il ragazzo dalla cresta fischiò e tutti iniziarono a dileguarsi.

Blaine, però, si concesse il lusso di scontrare i suo sguardo con quello di un ragazzo alto, e fissarlo duramente per qualche istante “Ciao Finn …”

Questi però rimase in silenzio, calandosi dal finestrino sul quale si era seduto sin dentro all’auto di Puck, prima di sparire per ultimi.

Blaine rilasciò un sospiro e, inutilmente, spazzolò con la mano la polvere dai suoi jeans. Ricordò, quasi con malinconia, quando Puck e Finn erano ancora nella tribù e di come da piccolo, lui si divertiva a stare con loro, che erano i più grandi. I più forti.

Strinse le labbra con disappunto e lanciò un’occhiata al cartello di legno posto vicino alla linea di confine e  incastrato in malo modo nella sabbia, che indicava, con un’incisione imprecisa e goffa, il nome del loro paese.

Potawatoi.

Ebbe un moto d’orgoglio per quel luogo che, lui e i suoi compagni, difendevano ogni giorno.

Fu distratto da un rumore in lontananza, come un ronzare insistente e sembrava dirigersi proprio dalla sua parte.

Si portò una mano sugli occhi, chiedendosi dove fossero finiti sepolti i suoi occhiali da sole, e vide avvicinarsi qualcuno di non identificato. Non  dovette aspettare poi molto prima di vedere i contorni delle due figure delinearsi e farsi più nitidi e istintivamente sorrise.

I due ragazzi fermarono la moto proprio accanto a lui.

Hey Prof” disse Blaine con un sorriso rivolgendosi al ragazzo seduto dentro il sidecar “Ciao Mike” aggiunse rivolgendosi al ragazzo asiatico che subito si tolse gli occhialoni da aviatore per poterlo guardare.

“Che hai fatto alla mia bambina?” chiese il primo, guardando la moto “Appena ho visto la spia di emergenza illuminarsi sul quadrante siamo accorsi…. Non posso crederci! È la ventesima volta questo mese!”

Il ragazzo riccio si grattò il capo “Scusami Artie….”

“Fortuna che abbiamo installato questa spie” disse Mike, alzando la moto dalla sabbia con l’aiuto di Anderson e premendo un bottone sotto al volante. Immediatamente una piccola lucetta rossa che Blaine non aveva nemmeno notato si spense “O ti sarebbe toccato di farla strisciare sulla sabbia fino a casa”
“Ma anche no” gli rispose il ragazzo, mentre Artie premeva un bottone  davanti a se. Una piccola piattaforma metallica uscì da sotto la moto e il sidecar, e lì venne caricata quella di Blaine, decisamente da riparare “Chiamavo qualcuno che mi venisse a prendere”

Artie borbottò un “che sarà poi, camminare per qualche kilometro sotto il sole”  Mike assottigliò lo sguardò e guardò eloquente le gambe di Artie, nascoste dal sidecar. Blaine sbuffò una risata, ma non commentò.

“E ora io come torno?”

“Hai due opzioni:” iniziò Artie, enfatizzando il gesto con un movimento delle mano. “o te la fai a piedi…” Blaine fece una smorfia di disappunto. “Oppure, genio della lampada, sali dietro insieme alla tua moto.”

Artie e Mike si risistemarono i loro occhiali d’aviatore sugli occhi, con un movimento quasi simultaneo e Anderson salì sulla piattaforma, incrociando le gambe e appoggiandosi alla moto.

Quei due erano in totale simbiosi.

Mike era diventato le gambe di Artie dopo la tragedia, che ne aveva stroncato l’uso, avvenuta anni prima.

L’asiatico fece una veloce inversione e partì spedito verso l’accampamento dei Warblers.

“Prima di perderti in capriole tra la sabbia, ti sei procurato quello che il Capo ti ha chiesto?”

Blaine sbuffò, guardando Abrams come se realmente il giovane non sapesse con chi aveva a che fare “Ovviamente si, non fallisco mai una missione”

Mike rise “Non lo chiamano Pony Express per nulla, dopotutto”

Blaine fece una smorfia contrariata “Odio quando mi chiamano così”

“Ma è quello che sei” rise Artie “Un postino!”

“Vai a rischiare la vita per il bene comune, e ricevi questo…” Blaine sospirò, guardando il paesaggio sfrecciare veloce tutto intorno a lui.

Spostarsi per centinaia di chilometri non era più un problema da quando erano stati inventati i velivoli volanti.

I Warblers a cavallo delle loro moto avevano sempre un certo vantaggio rispetto agli altri Clan in auto, visto che la resistenza all’aria era minore rendendoli così molto più aereodinamici.

O almeno questa era la teoria di Artie, e decisamente nessuno l’aveva ancora sfatata. Era davvero intelligente, il ragazzo. Insieme al meccanico della Tribù riusciva ad ottenere risultati davvero sorprendenti, sentendosi anche realizzato.

Eccetto quando Blaine distruggeva tutto per salvarsi il collo….

Ci misero una quindicina di minuti a raggiungere le porte della Tribù, dove, sotto un’alta baracchina di legno, protetta dal sole cocente, stavano due guardie, armate e con indosso bandane di colore rosso e blu, proprio come quella che Blaine  portava attorno alla sua testa.

Una testa mora e una bionda confabulavano vicine, senza quasi accorgersi dell’arrivo dei ragazzi.

Artie si schiarì la voce un paio di volte, ridacchiando divertito.

Jeffrey Sterling, detto comunemente Jeff e Nick Duvall erano i guardiani delle porte di Potawatoi. Il primo era da poco entrato in servizio, visto la sua giovane età, mentre Nick, era il più esperto sul campo della sorvegliava.

Quando non era impegnato in fitte conversazioni con l’amico, ovviamente.

“Un’altra moto distrutta, Anderson?” commentò sarcastico Nick, mentre Jeff si occupava di inserire il codice opportuno sul tab per l’apertura della porte. Queste si sollevarono, per un solo quarto, facendo passare i ragazzi, e si richiusero alle loro spalle.

La Tribù dei Warblers era una grossa, immensa gola di sabbia, dove sorgevano gli accampamenti.

Blaine sbuffò “Sono io quello che rischia il culo tutti i giorni la fuori. Scommetto che è comodo star seduti tutto il tempo, Duvall”

Nick rise “Siamo di buon umore” disse sarcastico “Thad vuole vederti immediatamente…. Giusto per aiutarti a rilassarti”

Anderson sospirò prima di salutare Artie e Mike, che si stavano dirigendo verso l’officina  dove Burt Hummel, il meccanico, li aspettava. L’uomo guardò verso Blaine, come per controllare le sue condizioni, prima di sfiorarsi la visiera del cappellino in segno di saluto.

Blaine gli sorrise, prima di avviarsi con passo sicuro verso la sede operativa dei Warblers.  Passò davanti alle case degli altri, dei miseri anfratti nei dedali scoscesi della valle, che rivelavano sotto di essa delle vere e proprie case, anche a più piani.

Salutò con un sorriso caloroso la signorina Pillsbury, la dottoressa, prima di incamminarsi per un altro sentiero laterale che portava in alto, verso il monte principale. A metà di esso c’era la loro base.

Quando arrivò lì si trovò subito davanti un  bel ragazzo sui venti, che con un sopracciglio alzato lo guardava attentamente.

“Lo so, sono in ritardo. C’è stato un intoppo” si difese Blaine, passandogli un tubo di cartone, dentro al quale, e ne era certo, doveva esserci un qualche documento importante. Thad sospirò, facendogli segno di seguirlo all’interno.

Tutto si poteva dire del Capo Harwood, ma non che fosse umano. Blaine era sicuro che si fosse preoccupato, o almeno ci sperava visto che lo mandava fuori dalle sicure mura della città ogni giorno o quasi. A primo impatto poteva anche sembrare una persona seria, ma in realtà….

“Pensavo che il mio piccolo Pony fosse morto” disse con espressione affranta, lasciandosi cadere a sedere sul quella specie di trono/poltrona/ammasso di stracci che aveva preteso all’inizio del suo mandato “Flint era già pronto a sostituirti”

…. In realtà non era affatto serio.

“Non tutti i messaggeri sono autentici, come il sottoscritto.” Si pavoneggiò Blaine.

Pony express.” Lo corresse Thad, sfilando dal tubo un pezzo di carta bianca arrotolata.

Blaine pensò che si trattasse di nuove ordinanze da parte degli alieni.

Il capo dei Warblers srotolò il foglio, con sguardo serio e le sopracciglia inarcate.

“Puoi andare ora, porta i miei saluti a Burt.”

Ma Anderson non si mosse, curioso di scoprire il frutto della sua fatica.

Thad afferrò una vecchia matita mangiucchiata e la picchiettò sulle labbra, prima di sciogliere l’espressione corrugata in un sorrisetto soddisfatto. Alzò le gambe e le posò su un piccolo tavolino, posto giusto ai suoi piedi.

“Finalmente posso dedicarmi al mio Sudoku!” 

 

~°~°~

 

Brittany amava il tramonto, amava il rosso del sole che si incontrava con il blu tenue della sera e Santana, non poteva scordarsi dello splendore dei suoi capelli oro in mezzo a tutti quei colori. Non riusciva a smettere di pensare al suono delle sue collane, che tintinnavano dopo qualche piroetta fra la spuma in riva al mare, poteva ricordare la dolcezza della sua risata.
Santana poteva ricordare tutto di lei.
Il modo in cui le accarezzava i capelli, quando erano sole in tenda o in spiaggia e lasciavano il mondo alle spalle.
Le sue labbra fresche e lievemente salate sulle sue e il suo sorriso ogni volta che facevano l’amore.
Santana non riusciva a dimenticare, nemmeno quel giorno.
Brittany era scomparsa in mezzo alle macerie di New York, freddata da un colpo di pistola. C’era il sole alto e non tirava un filo d’aria.
Se c’era una cosa ce non può scordare, più di tutte, era il suo corpo riverso a terra sporco di terra e sangue.
“Tana?!”
Santana scrollò la testa, riscossa dal trillo della bambina che aveva davanti.
“Scusa Allies.” Sussurrò, riprendendo a spazzolare i capelli morbidi e biondi della bambina.
Allies dondolava le gambe, seduta su un alto sgabello e stringeva forte fra le braccia un grosso gatto, che miagolava pigramente.
“Tana?”
“sì?”

“Dov’è la mia sorellona, adesso?”
Santana posò la spazzola su un piccolo ripiano ricavato da un vecchio tronco d’albero e sospirò.
“Tu dove vorresti che fosse?”
“Nel posto più bello del mondo!” esclamò Allies stringendosi ancora di più al gattone.
“Sarà lì sicuramente!” le sorrise, attraverso lo specchio riccamente adornato con delle conchiglie. Gli occhi di Allies erano simili a quelli di Brit, con la stessa luce infantile e gioiosa. “andiamo Ally, metti il papillon nero a Lord Tabbinton, tra poco inizia il corteo.”
Il rito funebre organizzato per Brit era il più colorato che Santana avesse mai visto.
Ma infondo Brit era così.
Era tutti i colori dell’arcobaleno.
Alcune Cheerio avevano formato una sorta di portantina con fresche foglie di palma e Brittany riposava su di essa, con una veste bianca e i capelli intrecciati da fiori e conchiglie. Era bella e pallida anche nel braccio oscuro della morte.
Il corteo era formato da bellissime donne che camminavano a testa alta, con la tristezza negli occhi.
Davanti stavano Santana e Allies, che portava fra le mani una cesta di foglie, contenti alcuni oggetti appartenuti a Brittany.
Piangeva la piccola, confortata dall’abbraccio caldo di Santana, che aveva assunto un’espressione neutra, medesima a quella del suo capo.
Quinn Fabrey era accanto alla mora e marciava lentamente, la testa piena di pensieri.

Quanto furono lontani dal loro accampamento, in una distesa di sabbia e mare deserta, si avvicinarono a un salice maestoso, dove il giorno prima Santana aveva scavato una profonda buca rettangolare e aveva inciso nell’albero il nome della ragazza con un sasso levigato.
Si morse il labbro, per evitare di crollare e osservò, stringendo forte il braccio della piccola Allies, il corpo di Brit che veniva lentamente ricoperto con un lenzuolo bianco e fatto calare nel burrone.
Santana guardò attentamente e per l’ultima volta il tratti teneri e pallidi della ragazza che amava, che gli occhi le si offuscassero per colpa delle lacrime.
Regnava un silenzio rispettoso, rotto solamente dai singhiozzi di Allies e dal rumore della sabbia che cadeva nella fossa.
Poi la spiaggia diventò deserta e Santana fissò il grande salice, ascoltando il rumore del vento che, per qualche stupida ragione, aveva lo stesso suono della risata di Brittany.



Brittany S. Pierce
Nascita 1 febbraio 2988
Morte 24 agosto 3012
Riposa in pace

 

~°~°~

 

La zona di Malecite aveva un non so che di spettrale, vista da lontano.

Il deserto  lì si tramutava in una landa desolata fatta di gole profonde e monti dalle aguzze vette,  decisamente inospitale per chiunque non sapesse addentrarsi per quel labirinto di rocce, ma una fortezza per chi si era insediato lì.

Karofsky si affacciò alla grotta nella quale viveva, osservando attentamente il resto del Clan intento a preparare il rancio serale.

Dietro di lui Puck sedeva scomposto su un cumulo di stracci, che doveva aver la funzione di un modesto letto. Tutto lì era povero, a partire dalla mentalità del gruppo e, in particolare, dello stesso Capo.

Noah lasciò scorrere gli occhi  sulle spalle larghe di Dave, desiderando ardentemente di conficcarvi un pugnale. Se avesse preso il suo posto allora tutto sarebbe cambiato.

I Titans avrebbero ottenuto tutto quello che bramando, passando da bestioni senza cervello ad un gruppo organizzato e vagamente decente.

“A che stai pensando?” domandò, senza levare gli occhi dalla figura ben piazzata di Karofsky, allerta, quasi come se temesse di vederlo dirigersi verso di lui minacciosamente. Come se fosse la prima volta, dopotutto. Da quando aveva provato a prendere le redini del Clan, ormai, il Capo non si fidava più di lui anche se non lo aveva sollevato dall’incarico di gregario.

Solo così poteva mandarlo a compiere le solite, care, missioni ad alto rischio.

Dave fece un paio di passi, misurando l’entrata della grotta a grandi passi, prima di sospirare e guardare Puckerman “I Warblers…. Non che quel imbecille di Harwood mandi un po’ troppo spesso Anderson a fare delle passeggiate, ultimamente?

Noah alzò le spalle, grattandosi dietro un orecchio “No e non mi importa”

“E sai perché?” Karofsky avanzò qualche passo verso di lui, guardandolo tra il divertito e il lievemente irritato “Perché sei un idiota. Quel branco di ragazzini potrebbe essere in combutta con chissà chi per farci la pelle…. E a te non importa?!”

“Secondo me, come al solito, Harwood spedisce Blaine a prendergli il giornale come si fa con tutti i bravi cagnolini, tutto qua” sbottò infastidito il ragazzo, passandosi una mano sulla cresta “Hai in mente qualcosa vero?”

Dave si sedette su quello che pareva una piccola sedia incavata dal vecchio tronco di un albero morto, guardando con attenzione Noah negli occhi “Sì. Tu, dovrai fare una cosa per me…

L’altro rise senza colore “Perché non mi stupisce che tu abbia deciso di mandare proprio me? Provo ad indovinare…. È qualcosa di pericoloso?”

Dave lo guardò sempre più divertito “Dovevi battermi, allora avresti dato tu gli ordini” appoggiò il viso ad una mano, guardando attentamente il ragazzo e facendosi improvvisamente serio “Devi spiarli, capire cosa tramano. Porta con te Finn.”

Puck si alzò con un movimento veloce anche se poco fluido, uscendo dalla tenda dopo aver scambiato uno sguardo pieno di odio con Dave.

No, non poteva sopportare di essere il suo zerbino, il suo animale da macello.

Doveva esserci lui al suo posto.

Se solo avesse vinto quella sfida…. E invece no, aveva perso, e Karofsky lo aveva graziato solo per spedirlo poi a morire in chissà quale lotta fra Clan.

O a venir imprigionato a vita.

Ma funzionava così, a Malecite: si lotta fino alla fine e uno solo vince.

Aveva sfidato il Capo e le aveva prese, ora poteva solo chinare la testa ed obbedire, prendere Finn e andare fino a Potawatoi, sperando nella sua buona stella.

 

~°~°~

 

 

 

 

 

 

 

La base operativa della Sue Corporation era uno degli edifici più intricati che la mente umana avesse mai progettato. Quel luogo aveva la nomea di ‘impenetrabile’ per chiunque tentasse di entrarvi senza esserne autorizzato.

Dislocato su sette piani che la Silversten si divertiva da matti a chiamare ‘gironi’: Il primo era adibito alla sorveglianza e ai controlli. Se ne dovevano fare tre prima di accedere alla struttura, uno sui dati personali per il riconoscimento del soggetto, uno al metal detector e l’ultimo si ulteriore identificazione tramite la lettura della retina. Il secondo piano era quello degli uffici per le trattative con i commercianti alieni, il terzo e il quarto consistevano nella distillazione e nella purificazione delle acquee aliene per eliminare tutti i batteri sconosciuti, il quinto come magazzino, il sesto conteneva i lavoratori e l’ultimo, il settimo, era il regno di Sue Silvester , il suo ufficio.

Vicino al centro della terra, come la dimora di Lucifero.

Gli uomini che lavoravano per la Silvester erano solo povere anime ridotte al lavoro forzato, quasi come dei manichini nelle sue mani.

C’era chi, però, aveva la fortuna o sfortuna, dipendeva dai casi, di lavorare come scienziati.

All’interno della Sue Corporation esercitavano quel ruolo solo una decina di persone, più o meno stabili.

 Nella sezione dei laboratori era fisso però, il Dottor William Schuester, con la sua fidata assistente Miss Holly Holliday. Erano addetti agli esperimenti più pericolosi, proposti dal loro capo.

Nonostante la follia delle richieste, non potevano far altro che stare a capo chino e assecondarle.

C’era anche chi, con orgoglio, serviva la magnate con riverenza e costanza, come Becky Jackson.

 Becky era una ragazzina minuta, affetta dalla sindone di Down e per questo emarginata dal mondo. Aveva le fattezze di un piccolo angelo, con quei occhietti azzurri e i boccoli biondi. Non si allontanava mai da Sue se non su ordine.

Un vero e proprio cagnolino da compagnia, pensava spesso Schuester, guardando con affetto la ragazza.

L’accesso ai laboratori era severamente vietato per chiunque, eccetto per gli addetti e il capo in persona.

Nessuna eccezione.

Per accedervi si doveva passare per gli ascensori che collegavano ogni piano, fino a ritrovarsi in un lunghissimo corridoio bianchissimo, illuminato da luci al neon azzurre che rendevano difficile avere un’esatta misura di quanto lungo fosse.

Tutto quel bianco era insano, e lo credeva anche il Dott. Schue, mentre lo percorreva velocemente, desideroso di raggiungere le ‘confortanti’ pareti del laboratorio nel quale era praticamente stato segregato da anni.

Il ticchettio veloce di un paio di tacchi lo fece voltare quasi di scatto “Miss Holliday, speravo arrivasse prima…. Ha letto i nuovi ordini di quella pazza?!”

Poco si sapeva di William Schuester, in quel inferno, ma era certo che non era lì di sua iniziativa.

Era stato condotto lì dalla stessa Sue, costretto a sottomettere il suo genio alle sue richieste folli. Costretto ad abbandonare gli amici e la fidanzata.

Tutto, e ancora poteva ricordare, dopo tutti quei anni, la sua Potawatoi, quella regione così vasta, dove era nato e cresciuto.

“Nulla di nuovo dal solito, Will.” Holly si ostinava a dargli del tu. “anche se devo ammettere, questa volta ha seriamente  superato sé stessa in maniera impeccabile. Le farò i miei complimenti.”

Il dottor Schue le lanciò uno sguardo d’avvertimento e la donna ridacchiò, sfogliando svogliatamente le pagine ingiallite di un tomo.

“Non le conviene mettersi nei guai, Miss.” L’avvertì Schue con sguardo preoccupato.

“Io me la so cavare benissimo!” esclamò con un enorme sorriso. “Queste sono le scartoffie che la Silvester ha preteso che controllassi!” porse all’uomo il tomo e senza smettere di sorridere si sedette, accavallando le gambe, su no degli sgabelli, aspettando le richieste dello scienziato.

Schuester prese a leggere una pagina, poi una seconda, una terza, sempre più veloce.

Fino a bloccarsi e sbuffare “Questo è un lavoro di criogenia avanzatissima. Non credo di esserne in grado, va oltre le mie conoscenze!”

“Suvvia non essere modesto” disse la bionda, incastrando una matita tra i lunghi capelli biondi per tenerli sollevati.

“Qui si parla di manipolare del DNA alieno” precisò subito l’uomo “Una razza estinta, per giunta! Quindi mi correggo: manipolazione di DNA alieno mitocondriale! Perché non fabbricare noi stessi l’acqua allora?? Sarebbe più semplice!” fece una pausa, passandosi una mano tra gli intricati capelli ricci.

“E’ così impossibile da realizzare?” chiese, Holly, aggiustandosi le pieghe del vestito nero. “o è solo paura per una cosa più grande di te?” Schue le lanciò una breve occhiata, ma non rispose subito.

“In via del tutto sperimentale…. Potrebbe esserci un modo” l’uomo fece una pausa, sfilandosi gli occhiali dal naso per poter osservare attentamente la sua assistente, come a volerle fare una confessione in via del tutto confidenziale “Ma sarebbe antietico…. Parecchio anti-etico. E ne ho già parlato con Sue, che è impazzita all’idea…

“Perché vuole farlo a tutti i costi?” insistette Holly, “non ha tutto il controllo che le serve? Non è la donna più potente di questo mondo deserto e a pezzi?” la donna non riusciva a concepire la nuova trovata della Silvester. Era solo un capriccio? O c’era altro sotto tutte quelle richieste?

“Non sia sciocca, Miss Holliday, e ci pensi. Pensi a che vantaggio sarebbe sfruttare le ultime riserve idriche della terra, disperse chissà dove, invece di comprarla da altri mondi. Se Sue ci riuscisse davvero, nessun altra Multinazionale starebbe al passo e lei…. Lei avrebbe il controllo totale del pianeta.” Will si alzò, iniziando a misurare a grandi passi la stanza “E noi non abbiamo scelta…. Tenteremo la sola via possibile”

L’assistente sospirò, guardandolo contrariata. “E quale sarebbe? Assecondare questa follia e stare a vedere che succede?” sbottò. “creare questi essersi distruggerà ancora di più le sorti del mondo.” Schue si fermò davanti a Holly e accennò un sorriso triste.

“Sì, il piano è questo…..” Le prese delicatamente una mano, stringendola tra le sue mentre la guardava negli occhi “E avrò bisogno di te….” Si allontanò di qualche passo, recuperando alla svelta il decoro “Ora Miss Holliday, ho intenzione di spiegarle come ci muoveremo”

“Per quanto detesti la Silvester…” disse la donna, con sorriso dolce. “Mi fido ciecamente di te, Will.” Ammise, donando allo scienziato un po’ di coraggio. “Okay spiegami tutto quello che sai e mi muoverò di conseguenza!”

“Il solo modo che abbiamo per utilizzare il DNA alieno che la SIlvester ci ha portato, e che come ricorderai abbiamo analizzato con sconforto, è quello di combinarlo con del DNA umano” Disse tutto di un fiato, convinto anche se non molto persuaso a farlo.

“DNA umano? Vuoi dire che dovremmo guardare negli archivi del NAGA*? In quel posto è quasi impossibile entrare! Inoltre dovremmo scegliere dei DNA particolari, con le stesse caratteristiche che richiede sua maestà! Ci vorranno mesi!” aggiunse, con una nota di sarcasmo.

Will la guardò scuotendo il capo “Normalmente avresti ragione ma…. Si parla di Sue. Lei sa tutto su questa ragazza, si è studiata tutti i tratti somatici, le peculiarità…. Come gli occhi chiari ad esempio, e lievemente a mandorla. Lei sa già cosa fare, ha già contattato il Rettore Supremo del NAGA.  Va a procurarsi ciò che ci serve stasera stessa…

“E dell’esemplare maschio? Ha già scelto il DNA adatto?” chiese Holly, portando si un dito alle labbra con fare pensieroso.  “Immagino che abbia pensato anche alla riproduzione.” Schue annuì, con un sospiro.

“Precisamente” ammise “Una femmina e un maschio, per farli riprodurre e venderli agli altri pianeti nelle stesse condizioni della Terra. E sono parecchi” Schuester prese un libro dall’aria vecchia e polverosa, aprendolo con cautela a causa del dorso rovinato e mostrando ad Holly “Guarda…. Questa sono foto scattate verso il 2500 prima dell’estinzione totale della razza. Erano creature bellissime, dall’aspetto efebico. Sarà difficile trovare degli umani con queste sembianze nell’Archivio B del NAGA”.

Holly rimase affascinata dai bellissimi alieni immortalati nella foto. Erano splendidi, creature nude e fiere.

“Pensi che lei abbia già individuato quello che cerca?” domandò, distogliendo a fatica lo sguardo dal libro e porgendolo nuovamente allo scienziato.

“Ho una vaga idea ma…. Spero di sbagliare.” E dopo aver lanciato un ultimo sguardo a quelle foto lo chiuse di scatto, facendone cadere alcune pagine.

 

Continua….

 

 

 

 

NdA:

Della serie: come farsi del male, ecco una FF Fantasy, Fantascientifica, basata su un ipotetico futuro in cui la terra ormai non è altro che un ammasso di polvere e sabbia.

No, non abbiamo niente da fare, lo so xD

Parlando seriamente per più di trenta secondi (sarebbe circa un miracolo di natale) sottolineo un paio di cose xD allora:

Questa storia è nata a fine giugno, un pomeriggio che davvero non avevamo nulla da fare, e durante le vacanze a Marsa Alam abbiamo deciso più o meno tutta la struttura narrativa (Grazie al deserto del Sahara per averci regalato le ‘piacevoli’ sensazioni che ci hanno portate a descrivere così  bene il caldo xD).

Gli aggiornamenti saranno il più veloci possibili, ma entrambe lavoriamo ad altri progetti, quindi faremo il possibile!

Per tenere sotto controllo gli aggiornamenti, news e altro potete anche farlo dalla pagina pubblica di Chemical Lady su FB, ovvero QUI.

Se avete apprezzato questa prima parte del prologo diteci che ne pensate con una recensione (e vi ameremo moltissimo)

Detto questo, speriamo di avervi incuriosito!

A presto

Jessy e Grè.

 

 

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Capitolo 2
*** Prologue pt. II ***


bananissima

 

 

Water Eyes.

 

 

Prologue

 

 

Part II

 

 

 

Becky non era mai stata in un posto come quello.

Mai Sue aveva osato portarla con sé fuori dalla base e invece, quel mattino, lei era lì, con il suo capo, che camminavano a passo spedito nell’ingresso che portava verso un’infinita e bianca stanza, dove, alle due estremità sorgevano alte scrivanie e uomini distinti lavoravano dietro a i più tecnologici computer che Becky avesse mai visto.

Il NAGA o meglio il North American Genetic Archive, era, come diceva la parola stessa l’archivio di tutti i DNA del nord dell’America. La ragazzina non si intendeva di quelle cose, ma sapeva che per la Silvester quel posto era importante tanto quanto un tesoro inestimabile.

CamminarNono sul marmo bianco a passo svelto e Becky cercò, nel migliore dei modi, di imitare l’espressione che Sue aveva assunto sul viso.

Era seria, quasi intimidatoria.

Alle scrivanie, gli uomini attendevano che la donna sfilasse davanti a loro prima di alzare appena gli occhi dagli schermi dei loro computer in una reverenziale paura.

La biondina si soffermò ad osservarli con genuino interesse, prima di essere richiamata da Sue ed affrettarsi a seguirla.

Arrivarono davanti alla scrivania più grande e alta di tutte, alta come quella di un giudice durante un processo, e lì la Silvester si bloccò schiarendosi la voce e attirando così l’attenzione di un signore calvo sulla cinquantina che subito smise di controllare dei documenti per poterla guardare negli occhi.

“Ben arrivata, speriamo che il suo viaggio sin  qui sia stato….”

“Bando alle ciance Polly. Sono qui per prelevare quello che ti ho richiesto, qui c’è la somma pattuita” la donna lasciò cadere una specie di coupon, con scritti sopra i litri di acqua che ‘ciò che aveva richiesto’ valeva.

Paul Martinez era sempre stato un uomo rispettabilissimo, dedito al lavoro, ma non poteva mettersi contro un tale colosso imprenditoriale e sperare di raccontarlo in giro.

Tutti sapevano che mettersi contro Sue Silvester era come mandarsi al patibolo.

Paul si aggiustò gli occhiali sul naso e si asciugò il sudore con un fazzoletto candido.

“Molto Bene, a momenti verrà scortata della sezione B.”  rispose, cercando di non risultare balbettante. “Eryn!” chiamò e in pochi frettolosi passi, una ragazza, non più di venticinque anni, e con un lungo camice bianco addosso, fece la sua comparsa con un ampio sorriso di circostanza.

Era bassa, e i capelli chiari e lisci erano sciolti sulle spalle.  Becky la osservò per un minuto intero, incuriosita dal suo aspetto.

“La dottoressa Emerson vi scorterà fino alla sezione, dov’era in avanti siete nelle sue mani.”

Eryn continuò a sorridere mentre Sue le rivolse un’occhiataccia, quasi sprezzante, ma questo non fece diminuire l’allegria della ragazza.

“Da questa parte signore!” esclamò Eryn, rivolgendo un piccolo gesto di saluto verso Paul.

Tappetta il tuo sorriso mi sta facendo venire l’eritema.” Sbottò la Silvester, mentre Eryn aveva già cominciato a far strada lungo un corridoio avvolto nella semi oscurità.

Arrivarono ad un grande ascensore illuminato da calde luci dorate col quale scesero di un piano sino agli archivi veri e propri. Uscirono nel grande corridoio, dirigendosi a destra e dando le spalle alla sezione A per accedere alla B.

Lì, seduto alla scrivani, stava un ragazzo dai capelli neri e spettinati, intento a leggere quello che pareva un giornalino erotico. Solo quando Eryn fu abbastanza vicina capì che sì, era un giornalino erotico “Josh metti giù i piedi” sibilò sbrigativa, afferrando un mazzo di chiavi da dietro al ragazzo.

Questi sussultò, lanciando uno sguardo a Sue ancora fissa sulla porta “Non possiamo darle il Dna del nostro amico…. Non possiamo”

Eryn  sorrise tristemente, accarezzando i capelli del moro prima di dargli le spalle.

Non avevano scelta e per quanto facesse male dovevano.

“Allora, comodino? Non ho tempo da perdere io!” sbottò la donna, mentre Eryn tornava da lei camminando fiera e ostentando ancora quel sorriso “Se tu fossi lievemente più alta ti prenderei a sberle per quel sorrisetto, ma se mi chino mi viene a far male la sciatica!”

Eryn restò il silenzio, quasi affascinata dalla quantità di cattiverie uscite dalla bocca di quella donna nel giro di pochi minuti. Sospirò e fece roteare le chiavi sul dito, dirigendosi verso un’ampia porta di un nero lucido. Inserì la chiave nella toppa e girò tre volte, aprendo con fatica l’imposta.

Eryn trovava da brividi l’idea di prelevare DNA delle persone per quel genere di scopo, ma a quella subdola donna non si poteva negare nulla. “Eccoci qua.” Annunciò, accendendo le luci.

Sue alzò gli occhi verso l’alto, seguendo la linea degli alti registri che arrivavano sino al soffitto, situato a circa dodici metri di altezza.

Eryn sospirò, prendendo una cartella da dentro un dispenser e leggendo velocemente i due nomi che tanto sapeva a memoria “Può seguirmi, signora SIlvester?”

“Signorina per te, tappetta” disse Sue salendo su una pedana subito imitata da Becky.

Eryn continuò ad ignorare quegli insulti e, una volta preso posto a sua volta sulla pedana elevatore, si appoggiò alla ringhiera infilando in un quadrante una delle molte chiavi che aveva nel mazzo, la più piccola di un argento vivo.

Girò una sorta di microfono verso di se e poi a voce chiara disse “Pierce.”

Subito la pedana partì, rischiando di far cadere sia Sue che Becky e ad un certo punto si bloccò, alzandosi di un paio di metri da terra. Subito Eryn aprì un cassetto, sfogliando i molti fascicoli fino a fermarsi a quello che recava la targhetta Brittany S. Pierce.

Lo passò a Sue che subito guardò la foto sulla prima pagina, che ritraeva una bella e giovane ragazza bionda con degli occhi di un azzurro intenso, lievemente a mandorla.

“Penso sia…. Perfetta” disse vittoriosa, prima di strappare una bustina contente quella che sembrava una fialetta di sangue, appiccicata accanto alla foto nel fascicolo. “Ora lui…

La pedana si mosse automaticamente in avanti, solo di pochi metri e Eryn ripeté la stessa procedura.

“Hummel.” Esclamò e la sua voce risultò lievemente inclinata. Porse il fascicolo a Sue che aveva tramutato la sua espressione dura con un ghigno soddisfatto. Nuovamente, su una piccola targa bianca, c’era scritto “Kurt Hummel.” 

Il ragazzo era tutto quello che la Silvester cercava, bello, anch’esso giovane e con degli splendidi occhi azzurri, dalla forma lievemente allungata.

Becky.” Disse, la donna “abbiamo i prescelti.”

Eryn chinò il capo e fece sparire il sorriso dalle sue labbra, per far spazio a una smorfia preoccupata.

“Tu, gnomo da giardino, fammi scendere.” Ordinò poi, rivolto alla ragazza, intenta a fissare il viso di Kurt e Brittany, con mille pensieri nella testa.

Strappò la fila del Dna restituendo sgarbatamente il fascicolo a Eryn che lo mise via, prima di riportare Sue all’entrata dei registri.

Josh era ancora lì, e stavolta si fece trovare in piedi con addosso la divisa da addetto alla sicurezza.

Fece un passo avanti, guardando Sue “Lei…. Mi fa schifo”

“JOSH!” Eryn lo prese per un braccio, come ad impedirgli di dire altro, aspettando timorosa una reazione da parte della Silvester.

Questa, però, esplose semplicemente a ridere, accarezzando i capelli a Becky che guardava truce il ragazzo. La donna lanciò ai piedi di Josh un paio  di pezzi di lucente argento “Prendili e vai da un  barbiere, mi ricordi il mio vecchio Scottish Terrier il giorno che l’ho accidentalmente chiuso nella porta stagna del laboratorio”

Josh ringhiò, indignato, ma Eryn gli impedì di ribattere, trattenendolo per un braccio e lanciandogli un’occhiata d’avvertimento. “ Devo scortarla verso l’uscita Signorina Silvester.” Disse, l’espressione severa e lo sguardo carico di disprezzo.

 Sue la guardò per un’ultima volta da capo a piedi, prima di girare i tacchi. “Non ho bisogno di una ragazzina per uscire da questo posto!” esclamò. “Andiamo Becky! Abbiamo qualcosa da festeggiare.” La bionda lanciò loro un’ultima occhiata d’avvertimento, proprio in perfetta sincronia con il suo capo.

 Lasciarono la sezione B camminando fiere verso gli ascensori, fra le mani , Sue stringeva trionfante le fialette.

I due ragazzi la guardarono sparire oltre l’ascensore, poi Josh si lasciò cadere senza forze sulla sedia “Dobbiamo avvertire Thad e il Clan”

“Dobbiamo aspettare di tornare a Potawatoi venerdì…. Non possiamo rischiare che intercettino la videochiamata” La ragazza prese posto davanti a lui, sulla scrivania, scostandosi il camice dalle gambe per poterle accavallare prima di accarezzare le ciocche corvine di Josh “Secondo te cos’è uno Scottish Terrier?”

Il ragazzo scrollò le spalle, prendendole la mano “Non lo so…. Qualche bestia estinta. Lei viveva già sulla terra al tempo dei dinosauri tempo” aggiunse poi in tono ironico.

Eryn rise, prima di perdere di nuovo il sorriso “Non possono fare questo a Kurt…

Il ragazzo sospirò, sentendo sulle spalle l’opprimente peso dell’inutilità.

 

 

 

~°~°~

 

Se di giorno le temperature arrivavano a toccare vette surreali, la notte si abbassavano così velocemente da suonare impossibile, inimmaginabile.

Nonostante Puck fosse abituato all’aria fredda che la notte arrivava all’accampamento direttamente dall’oceano Atlantico, si strinse maggiormente addosso la giacca mentre si dirigeva a passo spedito verso lo spiazzo in cui i Titans erano soliti consumare il rancio e accendere il falò.

Passò davanti alle grotte, in quel momento deserte, scendendo un sentiero scosceso e in pendenza, fino a raggiungere il resto dei ragazzi.

Così vivevano, in case naturali scavate nella dura roccia, sempre se quella decideva di non crollare sulle loro teste, in gruppetti di quattro o cinque persone per grotta.

Eccetto Karofsky che, da quando Puck aveva provato a spodestarlo, condivideva il suo spazio privato solo con Azimio, convinto che una buona guardia del corpo fosse ormai fondamentale.

 Quegli anfratti rocciosi e spogli erano freddi la notte, e nonostante tutte le coperte che Puck poteva mettersi addosso non riusciva mai a eliminare il senso di gelo dal suo petto.

Era come se, costantemente, gli mancasse qualcosa.

Il suono delle risate lo investì, facendolo riscuotere dalla miriade di pensieri che gli affollavano la mente.

Si sedette accanto ad un ragazzo biondo che immediatamente gli passò una scodella in terracotta piena di una qualche sottospecie di minestra.

Altro problema dell’essere un gruppo di ragazzi: non mangiava cose decenti da anni.

“Grazie Sam” disse con un sorrisetto, iniziando a mangiare estraniandosi dalle chiassose conversazioni dei compagni.

“Tutto ok amico?” chiese di punto in bianco Evans, aggrottando le sopracciglia.

“Diciamo di si” rispose Noah, appoggiando la ciotola vuota a terra e svuotando un bicchiere di acqua, prima di passarsi il dorso della mano sulla bocca “Solo…. Devo parlare con Finn, ora”

Sam fece un cenno dall’altra parte del falò rispetto dove erano seduti loro due, e subito Puckerman si alzò, dirigendosi in quella direzione. Trovò Finn intento a seguire con attenzione una partita a carte tra altri due membri del Clan, e appena gli picchiettò sulla spalla questi alzò gli occhi nei suoi, capendo subito che aveva bisogno di lui in privato.

Finn Hudson non aveva mai brillato in ingegno, ma lui e Puck erano amici da quando erano solo due monelli, dopo tutti quegli anni era naturale capirsi anche senza bisogno di specificare tutto.

Camminarono in silenzio fino alla loro grotta, quella che dividevano con Sam e un paio di altri ragazzi, e Puck si guardò attorno prima di tirare la tenda di un viola prugna sbiadito, per tagliare il resto del Clan fuori dai loro affari.

Finn accese la lampada ad olio appoggiata su un rozzo comò di legno, uno dei pochi mobili nella stanza, voltandosi poi verso Noah “Che succede? Non hai una bella faccia”

Karofsky ci ha affidato un lavoro”

Finn lo guardò stranito “A me?? Karofsky ha affidato un lavoro a me??”

Puck sbuffò “Dobbiamo spiare i Warblers…. Nel loro accampamento”

Finn si ammutolì “Ma…. Non  è possibile che abbia scelto me, insomma,  nemmeno io mi fiderei di me stesso!” Puck ridacchiò “Sono scoordinato e chiassoso!”

“Ha deciso di mandarmi con te perché spera catturino me” disse sbrigativo il ragazzo, sbuffando irritato “Insomma, il modo più pratico per levarmi dalle palle credo” si sfilò le scarpe, calciandole via, mentre si sedeva sul letto.

Hudson scosse il capo, incredulo “Lui…. non può”

“Certo che può, è il capo…Puck si stese sulla sua branda, alzandosi la pesante coperta di rozza lana colorata di una scadente tonalità di arancione sino alle spalle. Non si cambiò nemmeno “Ora aspettiamo solo che venga a darci l’ordine di partire…. Credo presto, comunque. Sarà meglio riposare.”

Finn scosse il capo, avvicinandosi all’uscita della tenda “Prima devo rinfrescarmi le idee”

Noah lo guardò uscire, comprendendolo.

Di tutti loro, Finn era quello che si era distaccato dalla Tribù più dolorosamente e in ritardo rispetto al resto del Clan.

Amava molto sua madre, lasciarla era stato così difficile….

E poi c’era Rachel.

Finn si sedette su una roccia, lasciando che le gambe penzolassero nel vuoto, mentre si portava le mani al volto.

Tornare a Potawatoi significava tornare in un certo senso a camminare nel luogo in cui era cresciuto, riportando alla mente la sofferenza del distacco.

E la convinzione di aver, anche se in minima parte, fatto la scelta sbagliata.

Lasciò vagare la sua mente, mentre alzava il capo verso l’orizzonte puntellato dalle cime dei monti, ricordandosi com’era quella sensazione dolce del sentirsi davvero a casa…

 

Erano già passati sei anni da quando, una triste mattina di fine aprile, aveva lasciato la Tribù.

Aveva ventitre anni, ma la sua scelta di unirsi ai Titans era arrivata piuttosto in ritardo visto che i ragazzi e le ragazze che decidevano di unirsi ai due Clan scissionisti se ne andavano appena compiuti i diciotto anni.

Lui aveva preso il suo tempo, complice l’attaccamento alla madre che non desiderava lasciare sola e quel coraggio che gli era sempre mancato.

Ma alla fine era stato quasi inevitabile.

La voglia di dimostrare a tutti chi davvero fosse, intrisa di orgoglio maschile e la consapevolezza che sua madre fosse ormai accasata con un  brav’uomo al pari di Burt Hummel da qualche anno lo avevano spinto ad accettare le insistenze di Noah.

La mattina della sua partenza, tutta via, malgrado la decisione, fu davvero difficile fare tutti i saluti del caso.

Strinse un’ultima volta Kurt, il suo fratellastro, in un abbraccio triste, mentre sua madre arrotolava un paio di frutti di uno strano colore blu in uno straccio di stoffa bianca “Abbi cura di te” disse porgendoglieli, e subito il ragazzo li mise nel grande zaino che teneva sulla schiena, insieme alle bottiglie di acqua, i vestiti e le coperte.

Abbracciò anche lei, salutando poi con un sorriso sincero anche Burt “Mi raccomando ragazzo, lì fuori non c’è da scherzare”

“Occupati di mia madre, penserò io alla mia pelle” disse Hudson, prima di lanciare un’ultima occhiata a Kurt, fermo immobile accanto a Blaine, che a mala pena gli fece un cenno col capo, stringendo in mano la fascetta rosso/blu del Clan dei Warblers.

Vivevano insieme da otto anni, erano amici, quasi fratelli.

Voleva davvero molto bene a Blaine, quanto ne voleva a Kurt forse, ma tutto era destinato a finire quel giorno. Ogni legame si sarebbe spezzato una volta uscito da quel cancello.

Finn sapeva che da quel momento stati sarebbero nemici, visto che si erano da poco uniti a due Clan opposti, e mentre usciva dalle mura per l’ultima volta, entrando poi nell’auto di Puck, sentì una morsa al petto.

Prima si sentiva parte di qualcosa, quando stava alla Tribù, sarebbe stata la stessa cosa al Clan?

Alzò gli occhi verso l’alto cancello, e poco prima che Puck partisse verso Malecite vide su di esso la figura di una ragazza con i capelli trasportati dall’aria calda del deserto guardarlo andarsene via.

Erano già passati sei anni da quella triste mattina di aprile, ma Finn ricorda benissimo le lacrime di Rachel brillare sotto l’accecante luce del sole.

 

~°~°~

 

 

 

La risata trillante di Brittany ricoprì la piccola e modesta tenda che le ospitava quella notte. La ragazza aveva un lungo e leggero straccio legato intorno al corpo nudo, mentre seduta a gambe incrociate, faceva passare nel foro di una bellissima conchiglia, un laccetto scuro.

“Cosa fai a quest’ora?” la richiamò Santana, stiracchiandosi soddisfatta.

“Sto finendo la collana per il compleanno di Allies!” esclamò, girandosi a regalarle l’ennesimo sorriso. “e poi devo finire di attaccare queste perline sul cappello di Lord Tabbinton!” la mora sbuffò una risata e si allungò verso la ragazza, appoggiando il petto alla sua schiena. “non trovi che questo posto sia troppo bianco e rosso?”

Santana non rispose, ma iniziò a solleticare con le labbra il collo scoperto di Brittany, che ridacchiò, divertita. “Così non finirò mai e Lord Tabbinton si arrabbierà se non decoro il suo cappello preferito!” la rimproverò, muovendo e scoprendosi un poco.

Santana non trovava altra creatura così bella come Brittany.

Allungò le mani verso quelle della ragazza, facendo cadere il suo lavorato sulle coperte e intrecciare così le loro dita.

Brittany, abbandonò il capo sulla spalla di Santana con un sospiro e ascoltò la sua voce calda che si liberava in profonde parole d’amore.

E la risata di Brittany invase nuovamente il cuore di Santana…

 

…Lopez?!”

L’interpellata si riscosse dai suoi pensieri e lanciò un’occhiataccia alla ragazza che aveva osato interrompere i suoi ricordi.

“Cosa vuoi?” soffiò, rabbiosa.

“La regina vuole conferire con te.” e detto questo la Cheerio se ne andò, facendo svolazzare la veste.

“Regina?” scosse il capo e sbuffò, divertita. “se la crede peggio di Karofsky!”

Si alzò da terra e diede uno sguardo al giaciglio, dove Allies dormiva, finalmente, serenamente, dopo una notte passata fra febbre e deliri.

Prima di andare da Quinn doveva trovare qualcuno che stesse di guardia alla piccola…

Quinn Fabrey, seduta composta nel suo letto di stoffe pregiate, regalate da chissà quale alieno, affascinato dalla sua bellezza, aspettava, impaziente il suo braccio destro.

Quando Santana, entrò nel rifugio, il più sfarzoso e il più grande di tutto l’accampamento, Quinn alzò gli occhi al cielo e cacciò alcune Cheerio intente a sventolarle davanti al viso lungo ventagli di piume.  Si alzò in piedi e si avvicinò alla mora, appena furono sole, sistemandosi le pieghe corte della gonna.

“Era ora Santana.”  Soffiò, arcuando sensualmente le ciglia.

“Scusami, Allies ha avuto la febbre questa notte e non sapevo a chi lasciarla.” Si scusò la ragazza, la testa alta e gli occhi rivolti in un punto impreciso dietro alla bionda.

Non era mai stata in ottimi rapporti con Quinn, anzi, più di una volta avevano avuto qualche discussione sulla gestione del clan. “perché mi hai fatto chiamare?”  chiese, controllando, in uno moto nervoso, se la coda alta fatta di tutta fretta, fosse perfetta.

Il capo non accettava imperfezioni.

“Devo parlarti, cara Santana.” Annunciò, posandole una mano sulla spalla e scortandola fuori dalla sua tenda. Il suo modo di parlare aveva un non so che di ambiguo e alla maggior parte delle Cheerio, questo faceva terrore.

L’aria del mattino era lievemente fresca e il mare, sotto di loro, sembrava in tempesta.  “in privato.” Aggiunse, lanciando lo sguardo ad alcune ragazze, che ridevano acconciandosi i capelli e cercando un modo di far diventare i loro abiti succinti ancora più corti.

Scesero uno stretto sentiero, che portava in riva al mare, dove, i resti del falò della sera prima bruciavano pigri.

“Allora?” chiese la mora, impaziente.

Quinn sorrise dolcemente e i suoi occhi verdi si illuminarono per un attimo.

“Come stai?”

Santana, trattenne il fiato e si mordicchiò il labbro.

Brittany non era più con lei da quattro giorni e stava morendo dentro.

“Bene.” Mentì, stringendo i pugni, lungo i fianchi.

“Farò finta di crederci,” disse sorridendo, camminando fluidamente verso la riva. Alcune gocce salmastre le bagnarono i vestiti e le gambe, ma non vi badò.

“Dimmi cosa vuoi da me.” Ringhiò, infastidita.

Voleva tornare da Allies e assicurarsi che tutto fosse apposto e voleva tornare da Brit e farsi cullare dal salice che era impregnato della sua essenza.

Quinn rise e si attorcigliò un boccolo biondo fra le dita affusolate. “Dirti la verità.”

Santana la guardò incuriosita e incrociò le braccia al petto. “Quale sarebbe sentiamo?”

La bionda la guardò di traverso,infastidita dal suo tono indisponente. “Volevo risparmiarti altro dolore, ma…

Il capo delle Cheerio fece una pausa e si finse addolorata. “so chi ha ucciso Brittany.”

Santana sgranò gli occhi, sentendoli già umidi. Deglutì e sentì il rimbombo feroce del suo cuore nel petto.

“Ho cercato un modo per evitarlo, per evitare la tua collera, ma…” fece un sospiro. “non si può più nascondere la realtà.”

“Chi è stato?” domandò, a denti stretti.

Quinn si prese un momento di silenzio, quasi teatrale, mentre sospirava.

Thad Harwood

Infine, per Santana fu solo rabbia cieca.

Non guardò Quinn, mentre se ne andava a passi veloci. 

Si fermò, solo quando Quinn fu lontana dalla sua vita.

Aveva gli occhi ricolmi di lacrime rabbiose, mentre pensava solo che la sua Brittany non era più con lei per una stupida guerra fra clan.

“Brutto figlio di puttana!” urlò, crollando a terra, fra la sabbia fresca. Desiderava distruggerlo, annientarlo con le sue stesse mani. Ringhiò, la voce che grattava con violenza contro la gola secca.

“Considerati morto, Harwood!”

 

~°~°~

 

 

Il sole era già calato al di là del monte quando Blaine tornò verso casa, dopo essere passato a trovare il fratello.

Il cielo al tramonto era una delle poche cose belle che ancora si potevano vedere su quel pianeta martoriato , anche se Blaine ne coglieva la sua pura semplicità, non avendo mai visto quanto la Terra fosse bella.

Certo, aveva ascoltato i racconti del nonno di Kirk come tutti, aveva visto immagini da libri, ma tutte quelle piante, quei colori erano un sogno.

Un autentico viaggio onirico, troppo lontano per poterlo anche solo desiderare.

Non aveva di che lamentarsi, infondo, della sua vita.

Aveva un tetto sopra la testa, una famiglia, degli amici e un ruolo nel clan che, per quando a volte potesse essere sopravvalutato, era molto importante e pericoloso.

Si accorse distrattamente che il coprifuoco era già scattato e che  i bambini avevano lasciato i loro giocattoli in giro.  Blaine tirò un leggero calcio a una palla di cuoio, soprappensiero.

 Passò davanti all’officina di Burt, trovandola chiusa e si affrettò a raggiungere casa sua, proprio lì affianco. Aprì la porta, di un vecchio legno scricchiolante, con una spalla, entrando in una accogliente casetta arreda alla bell’è meglio.

“Sono a casa!” strillò, sciogliendosi la bandana, ancora legata intorno alla testa, appoggiandola sulla cassettiera di fianco alla porta.

Sentì rumori di passi e la luce che veniva accesa, illuminando la semioscurità della stanza. “Ben tornato tesoro.” Esclamò con voce gentile, una donna con tipici abiti da casalinga e il viso sporco di farina.

“Cosa c’è per cena, Carole?” domandò avvicinandosi per posarle un educato bacio sulla guancia.

“Una zuppa di verdure” rispose lei, sorridendogli “Non è arrivato il carico di carne, quindi niente di buono temo”

“Andrà benissimo” le disse dolcemente il ragazzo, scendendo per uno stretto corridoio fatto di cinque gradini fino ad una microscopica stanza.

Così piccola che, per quanto fosse basso, rischiava di urtare il soffitto con la testa.

C’erano però quattro brande, due a terra e due sopra, e un piccolo tavolino con sotto un paio di scomparti per i vestiti e i suoi oggetti personali.

 Lì si chinò nel piccolo catino di acqua che Carole gli aveva preparato e si sciacquò il viso e le mani levando così le tracce di sabbia e sporco. Si infilò un paio di pantaloni e una casacca bianca prima ti tornare nel piccolo salotto dove ora sedeva il patrone di casa, con in mano una delle poche e rare copie del giornale terreste “Devi passarlo alla signora Febray dopo, o posso leggerlo anche io?” chiese il ragazzo prendendo posto sulla poltrona davanti all’uomo.

Burt alzò gli occhi guardandolo “Certo che puoi, ragazzo, ma poi devi portarglielo tu…

Blaine annuì e aspettò il suo turno, appoggiando il capo sulla vecchia imbottitura della poltrona. Burt alzò nuovamente lo sguardo e lo fissò preoccupato.

“Giornataccia?” domandò, “Ho riparato la tua moto oggi.” Aggiunse.

“Sono solo… Stanco, direi.”  Sospirò e chiuse gli occhi caramello per un momento. “grazie per aver salvato la bimba” concluse facendo un sorrisetto.

 Burt fece un cenno e tornò alla lettura. Entrambi aspettarono in silenzio che Carole li chiamasse per la cena.

Quando ciò avvenne, per grande sollievo dei loro stomaci brontolanti, Burt passò il giornale a Blaine permettendogli di leggerlo mentre consumavano la frugale cena.

“Blaine controlli se…

Il ricciolo sorrise, guardando la donna “Finn è vivo, l’ho visto oggi e mi sembra in forma” disse prendendo una cucchiaiata di zuppa prima di dare comunque un’occhiata alla lista dei morti di quella settimana.

Alzò gli occhi con sorpresa “Burt, sapevi che è morta Brittany?” chiese, scioccato.

L’uomo gli lanciò uno sguardo “Sul serio? Quando?”

“Non si sa…. Solo che il suo nome  è qui segnato” Blaine ci pensò su un istante “E il cadavere? Non l’hanno portato qui per seppellirlo al cimitero”

Carole sospirò, affranta “Povera ragazza, quando sono morti i suoi genitori ha perso tutto…. Chissà la sua povera sorellina”

“Le Cheerio l’avranno seppellita lì vicino a loro” commentò aspramente il meccanico, bevendo un bicchiere d’acqua “Dopotutto non ha nessuno che possa piangere sulla sua tomba, qui…

 Il ragazzo sospirò, ripensando a quella ragazza così solare e divertente e chiedendosi chi avrebbe mai potuto portare una simile notizia ad Artie, che era molto affezionato a lei. Blaine sapeva che, addirittura, il giovane ragazzo prodigio era riuscito a clonare un gatto, animale da tempo estinto sulla terra, usando del DNA parecchio usurato, solo per rendere felice la ragazza che ogni santissima domenica tornava alla Tribù per trovarlo.

Evento straordinario visto che i giovani, una volta lasciata Potawatoi, non tornavano più nemmeno dai genitori.

Eppure lei aveva continuato per diverso tempo, troppo attaccata al ragazzo con cui aveva condiviso l’infanzia.

Purtroppo però, quei fatti non erano rari e le morti cadevano costantemente, quasi ogni giorno.

Non c’era ora che i famigliari dei Clan non vivevano in angoscia, spaventati di leggere il nome dei loro figli fra le liste.

A volte erano anche infinite e il tempo non pareva passare mai fra un nome e l’altro.

Finirono di cenare in silenzio e Blaine faticò a terminare la sua zuppa, con lo stomaco improvvisamente chiuso dopo la notizia.

Si alzò da tavola, e svuotò il resto della cena nella pentola di rame e lavò il suo piatto e il suo cucchiaio, riponendoli poi nella credenza.

Carole, dal tavolo, gli sorrise riconoscente del gesto e Blaine terminò il suo mezzo bicchiere di liquore, che Burt gli aveva versato e che si gustava ogni sera, con insolita velocità, afferrando il giornale per portarlo dalla signora Fabrey prima di uscire dall'accampamento.

“Non gingillarti fuori dalla città Blaine” disse, come ogni sera, Burt, guardandolo avviarsi alla porta e rimettersi la fascia attorno ai capelli “Torna presto, mi raccomando”

“E prendi la giacca, stasera fa più freddo del solito” terminò Carole, alzandosi per prendere la ciotola ormai vuota del marito.

Blaine li salutò con un sorriso prima di uscire da casa con il giornale sotto braccio e la giacca in mano. Se la infilò immediatamente, appena una fredda brezza, che pareva provenire dal centro del deserto, lo investì. Camminò spedito verso casa Febray, buttando un occhio in giro e notando che Thad, come sempre, se ne stava appoggiato al piccolo muro di roccia davanti all’entrata della sua dimora, con gli occhi puntati verso le stelle.

Blaine si era sempre chiesto cosa mai potesse pensare, ma poi si ricordava che essendo il Capo del Clan e della Tribù non doveva essere facile per un ragazzo poco più che ventenne tenere sulle spalle tutti i doveri che un simile incarico portava.

Lui non credeva ci sarebbe mai riuscito al suo posto, e per quanto potessero litigare nutriva un sincero rispetto per lui.

Arrivò davanti alla casa della signora Fabrey e bussò tre volte. Dovette aspettare qualche minuto prima che la signora aprisse la porta.

Era avvolta in una lunga veste color sabbia e i capelli biondi erano raccolti in un chignon perfetto. Più il tempo passava e più sembrava non toccarla, rendendola sempre perfetta.

“Oh, Blaine!” esclamò sorpresa.

 “Le ho portato il giornale!” disse il ragazzo con un sorriso gentile. “si assicuri che lo abbiano i signori Cohen entro sta sera.” Le ricordò.

La donna annuì e ricambiò il sorriso. “Vuoi entrare? Stavo giusto bevendo qualcosa di forte.”

Blaine, allettato dalla richiesta, dovette declinare l’offerta. “Non vorrei fare tardi…” aggiunse con piccolo sorriso imbarazzato.

 La donna strinse le labbra comprensiva e annuì, salutandolo.

Quando il volto della signora Fabray sparì dietro l’imposta, Blaine si diresse a passo lento verso il portone principale, scacciando qualche sasso.

A quell’ora nessuno girava per i sentierini scavati nella sabbia, il coprifuoco era ormai scattato ed eccetto quelli del Clan nessuno se la sentiva di abbandonare la propria dimora, nonostante la città fosse un posto sicuro.

Arrivò al portone salendo le scale che conducevano alla guardiola, per avvisare Jeff e Nick, e una volta lì incappò in una scena che ormai si ripeteva da un po’.

Essendo gay non lo disturbava molto, ma beccare Jeff e Nick mentre si baciavano con eccessiva enfasi  durante il turno di guardiola non era proprio il massimo della vita. Non tanto perché Flint, il ragazzo di Jeff, era un suo amico, e nemmeno perché Nick era appena diventato papà, ma perché la cosa gli metteva ansia. Non avevano gli occhi fissi sul pericolo, ecco.

Fece retrofront, scendendo un po’ di gradini e risalendoli battendo su di essi i piedi molto forte, per farsi sentire.

Tutta la vallata, poteva sentire.

Ciò serviva a permettere ai due amanti di staccarsi ‘in tempo’ e ricomporsi.

Li salutò con un sorriso mentre Jeff arrossiva di botto, già ben lontano dal collega “Non stavamo facendo niente!” squittì nervoso mentre Duvall si portava una mano al viso, disperato.

“Ok.” Rispose con un alza di spalle il morettino “Mi aprite le porte?”

Nick annuì, guardandolo comprensivo “Certo Blaine….”

Il ragazzo li salutò un’ultima volta, prima di incamminarsi verso una lunga distesa di deserto, illuminata solo da poche fiaccole che segnavano un percorso prestabilito. S’infilò la giacca e rabbrividì di freddo, mentre affondava le mani dentro le tasche.

Quell’uscita serale era ormai diventata abitudine che, nonostante gli anni, non aveva mai perso.

Sorrise tristemente verso qualche ricordo e imboccò una curva ripida fino a trovarsi davanti a una grande distesa di deserto e qualche secco arbusto.

Il cimitero di Potawatoi, anch’esso poco illuminato, solo grazie ai lumini sulle tombe, contava centinai di morti, tutti solo dopo l’inizio dell’epidemia aliena.

Camminò tra le file di lapidi tenendo lo sguardo basso, mentre ripensava a quanto era stato male quando aveva a sua volta contratto quel morbo.

Continuò a camminare, tristemente, ricordando di quanto dolore aveva portato quella maledetta malattia.

Artie aveva perso l’uso delle gambe, salvandosi per miracolo.

Brittany, Jeff, e molti altri avevano perso i loro genitori, i loro parenti….

I loro amici.

Arrivò al limitare del piccolo cimitero, dove solitaria sorgeva una piccola lapide totalmente bianca, che lo stesso Blaine aveva cercato e levigato.

Vi si inchinò davanti, spazzando via un po’ di sabbia che il vento del deserto aveva portato sulle lettere lì sopra incise.

Sorrise tristemente, accarezzando quel nome con la punta delle dita, prima di prendere un respiro profondo.

Ancora una volta, come ogni sera, gli parve quasi che il vento freddo del deserto si fosse fatto di improvviso più caldo, e che esso gli fosse arrivato sul viso come una dolce carezza.

Erano passati quattro anni da quanto la malattia glielo aveva portato via, ma quando si trovava lì da solo il  petto gli doleva come il primo giorno senza di lui…

Abbassò la mano, appoggiandosela sulle ginocchia.

“Ciao Kurt….”

 

 

Continua….

 

 

 

 

Nda.

 

E in questo capitolo finalmente appare anche Kurt.

Ora, sappiamo cosa state pensando…. ‘ Kurt morto, Britt morta…. E mo?’

Don’t despair! Ci sarà sia Klaine che Brittana all’interno della storia (e non solo…. Non per dare altri indizi sui pairing ma pensate un po’ a quanti personaggi ci sono sviluppati e capirete….). Senza contare che questo capitolo spiana la strada all’immaginazione! Tenete conto della storia del Dna e del discorso che hanno fatto Holly e Will nella prima parte ;)

 

Bene, detto questo ringraziamo le cinque fantastiche persone che hanno recensito e vi invitiamo un po’ tutti voi che leggete a lasciare un commento spassionato :D

 

Un piccolo appunto: qui appaiono due personaggi, Josh e Eryn, abbastanza importanti per la narrazione. Loro due hanno rispettivamente i volti di Joey Ritcher e Lauren Lopez degli Starkid! Siamo entrambe due fan sfegatate di questi giovani, non potevamo non metterli!

 

A presto col prossimo aggiornamento e l’ufficiale inizio ‘delle danze’!

 

Ricordate, niente è come ve lo aspettate in questa storia… ;)

 

Un bacione

Jessy&Grè.

 

 

Ps. Per chi volesse seguire più attivamente gli sviluppi della storia, gli aggiornamenti e possibili fanart mettete mi piace alla pagina Facebook di una delle due autrici (Jessika). Eccovi il link:

http://www.facebook.com/#!/pages/Chemical-Lady-EFP/212620025460195

 

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Capitolo 3
*** Chapter #01. Pt 1. ***


bananissima

Water Eyes.

 

 

Chapter #01.

 

 

Part 1.

 

 

Josh e Eryn tornarono, come da programma, alla Tribù quello stesso venerdì.

Immediatamente, prima ancora di andare a salutare i loro cari, chiesero udienza al Capo Clan, dicendo alle guardie di avere notizie importanti da riferirgli.

Thad si fece trovare con addosso una strana vestaglia bianca con le bordature color oro con la quale dormiva “Ragazzi non sono nemmeno le dieci del mattino e ieri c’è stata la festa di commemorazione per la fine delle Quinta Guerra Mondiale. Non avete idea di quanto sidro di Omega IV mi sono bevuto…” si lamentò mettendosi la bandana a righe rosse e blu al collo “Che sta succedendo?” domandò poi, grattandosi pigramente un occhi e prendendo posto sulla sua solita poltrona.

Dalla porta entrarono trafelati anche Wes e David, prendendo posto su un paio di sgabelli ai lati del Capo Clan.

Viste le condizioni in cui verteva Thad, un  paio di orecchie in più non potevano di certo guastare.

“La virago è venuta ieri mattina al laboratorio.” Thad si dimenticò del suo mancato riposo e si mise a sedere composto. “aveva l’aria più determinata e bastarda del solito.”

Eryn interruppe Josh e prese le redini della conversazione.

Non era saggio farlo parlare, Josh sapeva essere molto impulsivo.

“Ha chiesto di prelevare due DNA diversi dalla sezione B.” iniziò la ragazza, la voce che tremava di risentimento.

Josh e Eryn lavoravano per il NAGA da diversi anni, ma avevano sempre collaborato con i Warblers in qualità di spie.

Quel gigantesco edificio, era diviso in due sezioni diverse.

La prima era denominata sezione A e conteneva negli archivi migliaia di DNA di persone attualmente in vita sul pianeta terra. La sezione B, beh, ovviamente venivano posti tutti i DNA di persone decedute, divise per anno di morte e sesso.

“Cosa vuole farci quella pazza?!” esclamò Wes, zittendosi dopo un’occhiata del capo.

“Non lo sappiamo.” Rispose  Josh e abbassò la testa, serrando i pugni.

Thad,” Eryn richiamò l’attenzione di Harwood e i suoi occhi si riempirono di lacrime. “hanno preso il DNA di Kurt.”

In un flash, un paio di occhi azzurri si materializzarono nella mente di Thad, accompagnati dal suono di una risata musicale e allegra.

Il ragazzo strinse così forte i bracciolo della poltrona da far cessare la circolazione e sbiancare le nocche.

Gli occhi si tinsero di una tonalità più scura mentre preso in contropiede da una rabbia improvvisa si alzava, fronteggiando Josh “E tu l’hai permesso??” domandò irato “Cosa ti ho mandato a fare, al Naga?? Se non fai il tuo lavoro perché non torni qui a scavare nelle miniere di ferro??”

Eryn lo guardò spaesata, prima di infiammarsi a sua volta “Cosa potevamo fare?? Sai bene cosa capita a chi si mette contro Sue!”

Il Capo si passò una mano tra i capelli, chiudendo gli occhi e pensando, con espressione sofferente “Ok…. Zitti tutti…” Prese un respiro profondo “Devo pensare…

Camminò avanti e indietro per lunghi minuti, le braccia conserte. “Bisogna avvertire i capi degli altri Clan e mobilitarci per fare irruzione alla Sue Corporation.”

Thad, è troppo rischioso!” esclamò David.

“Hai un idea migliore per caso?!” ringhiò in direzione dell’amico. “dobbiamo distruggerla dall’interno, David.”

Wes si alzò e cercò di calmare gli spiriti bollenti. “Thad non ha tutti i torti, questa è l’unica buona soluzione.”

Il Capo dei Warblers, annuì e si buttò nuovamente sulla poltrona, colto da un terribile mal di testa.

“Chiamate Blaine e ditegli di venire immediatamente.” Ordinò. “prima di dare inizio alle danze bisogna procurarsi gli alleati.”

Thad non amava doversi servire dell’aiuto degli altri, ma per quella. situazione era indispensabile.

David uscì dalla stanza dopo aver salutato Josh e Eryn e andò di corsa a chiamare Anderson.

Eryn, dimmi…Thad si rivolse alla ragazza, che si stava torturando le mani dal nervosismo. “qual è l’altro DNA prelevato da Sue?”

Lei sollevò lo sguardo e fissò Thad negli occhi.

“Quello di Brittany Pierce.”

Thad si prese un paio di secondi per incanalare le energie necessarie per mandare a casa Eryn e Josh e dirigersi nella stanza adiacente a quella per cambiarsi.

Mentre Wes lo aiutava come ogni mattina a vestirsi, Thad trovò estremamente difficile concentrarsi su dove mettere la testa e dove il braccio.

Il Dna di Kurt….

Non poteva seriamente crederci e, soprattutto, non voleva pensare a cosa potesse mai farsene quella ‘donna’ disgustosa. Tutte le ipotesi che gli vennero in mente gli fecero una più ribrezzo dell’altra, tanto che Wes se ne accorse.

“Hai le palle d’oca” disse, passando una pesante cinta di cuoio dal fianco destro alla  spalla sinistra del ragazzo, fermandola sul petto con una grande fibbia di ottone, prima di guardarlo negli occhi “Sono il tuo consigliere, mi dai il permesso di fare il mio lavoro senza offenderti?” Thad gli diede licenza di parlare con un piccolo cenno del capo, prima di accomodare gli avambracci sempre in cuoio, allentando appena le stringhe “Non fasciamoci la testa prima di essercela rotta, ok? Potrebbe significare qualunque cosa…

“Si parla di Sue” sussurrò a denti stretti Thad, prima di prendere un respiro e piegare appena il collo di lato “Niente di buono quindi…. Ho perso le speranze molto tempo fa e con esse quel brandello di positività rimasto” tornò nella sala principale, trovando in essa in Blaine già pronto a partire “Lasciaci soli” sussurrò  a Wes che con un cenno del capo uscì velocemente di lì, non prima di aver lasciato una piccola pacca sulla spalla di Anderson.  

“Cosa succede?” chiese il messaggero non appena furono soli.

Thad si massaggiò le tempie dolenti con la punta delle dita. “Che ti ha detto David?”

Blaine scosse le spalle. “Di venire immediatamente con addosso la divisa e di dire a Burt di preparare la moto.”

Il capo annuì e si sedette a un piccolo tavolo, scribacchiando con una matita su due fogli, mettendoli poi in diversi tubi di cartone.

“Devi portare questi a quell’idiota di Karofsky e a quella pazza montata di Quinn.” Spiegò. “Sono richieste di alleanza.”

Blaine annuì, ma non resistette alla tentazione di chiedergli il motivo di tanta fretta.

“È semplice,” iniziò, alzandosi per raggiungerlo in poche falciate. “Sue sta architettando un nuovo piano e si sta servendo del DNA di Kurt e Brittany per scopi ancora oscuri.”

La rivelazione di Thad sconvolsero Blaine al tal punto che dovette afferrare la spalla dell’amico per evitare di cadere.

“Cosa vuole da Kurt?” sibilò, il viso di una brutta tonalità biancastra.

“Non si sa.” Fu tutto ciò che Thad gli disse.

No-non può! Kurt è… lui…Harwood sospirò e afferrò Blaine per le spalle, scuotendolo leggermente.

“Ho bisogno che tu sia lucido e calmo per questa missione.” Proclamò. “o sei fuori.”

Blaine annuì, anche se in modo percettibile.

“Chiaro?!” il ragazzo lo guardò negli occhi e ci vide la medesima sofferenza e  collera.

“Sissignore.”

Thad annuì lentamente, scostandosi da lui e dandogli le spalle “Vai allora”

Sentì i passi del moro uscire frettolosi dalla stanza, prima di appoggiarsi con entrambe le mani alla superficie del tavolino.

Quella situazione era così dolorosa e straziante da scuoterlo nell’animo.

Si lasciò cadere sulla sua poltrona, piegando il capo all’indietro e chiudendo gli occhi, cercando di ricordare ancora quegli occhi azzurri che, però, gli parvero più distanti che mai.

 

~°~°~

 

Blaine lasciò la sua moto a pochi metri dall’entrata dell’accampamento delle Cheerios e affondò gli stivali di pelle rovinata nella sabbia godendosi la sensazione.
Alcune Cheerio facevano la guardia sotto una tenda sorretta da un bastone pericolante e ridevano giulive e ammalianti.
Se c’era un motivo per cui Blaine era adatto per quella missione era per la sua totale indifferenza per il genere femminile e quindi non subiva il fascino di quella bellissime donne.
Altra, triste, ragione, era che, dopo la morte di Brittany, la messaggera delle Cheerios, non ne avevano ancora eletto una nuova.
Una ragazza, dai lunghi capelli rossi ondeggiò verso di lui e si fermò giusto a qualche passo di distanza, posandosi elegantemente una mano sul fianco.
“Vengo in pace.” Esclamò il ragazzo, porgendole le armi che aveva precedentemente tolto dalla fodera.
“Messaggero dei Warblers, giusto?” chiese la ragazza, posando le armi, due rivoltelle, su un ripiano di legno, sotto alla tenda.
“Sì, chiedo di conferire con il vostro Capo.” Richiese gentilmente. La rossa annuì e ordinò a una delle ragazze sedute a terra di scortarlo da Quinn.
L’accampamento delle Cheerios era situato in un posto incantevole e più di un centinaio di tende, cucine con stoffe colorate, adornavano la spiaggia.
Quinn Fabray era, come suo solito, rintanata nel suo covo, ad oziare, circondata da quelle che Blaine poteva benissimo definire ancelle.
Il capo delle Cheerios era di una bellezza più che disarmante, già da quando era molto piccola.
Prima di andarsene da Potawatoi era molto amata dalla sua Tribù. Nonostante i suoi modi spocchiosi di comportarsi.
“Aspetta qui.” La ragazza entrò nella tenda e Blaine dovette attendere solo qualche minuto prima che lo esortassero ad entrare.
“Blaine Anderson.” Lo accolse Quinn, seduta su una rossa poltrona.
“Quinn è un piacere rivederti.” Commentò il Warbler, con un sorriso gentile sulle labbra.
“Non sono sicura di poter dire la stessa cosa, porti cattive notizie?” rispose annoiata, osservandosi le unghie.
Blaine frugò per un attimo nella sacca e afferrò il messaggio che Thad gli aveva ordinato di consegnare.
Era preoccupato per tutta quella losca situazione e non aveva assolutamente idea di come comportarsi, cosa fare o dire.
Sapeva solo che quella maledetta Sue Silvester stava giocando con il suo Kurt non lo poteva permettere.
“Alleanza, eh?” sbottò la ragazza, buttando a terra il messaggio.
“Ci serve il vostro aiuto, non voglio… non vogliamo che quella pazza usi Kurt e Brittany per i suoi scopi.” Si permise di dire, le mani chiuse a pugno.
Quinn non rispose e si prese qualche secondo per pensare. “scommetto che Santana direbbe di accettare! Se solo lo sapesse.” rincarò la dose.
Il capo delle Cheerios alzò una mano, richiedendo il silenzio. “Dirò io a Santana che cosa sta succedendo, è già piuttosto provata dalla morte di Brittany.”
“Puoi tornare da quel rammollito del tuo capo e dire che le Cheerios accettano il suo patto d’alleanza.”
Le ragazze attorno a Quinn si animarono in un fastidioso brusio e la bionda dovette richiamarle all’ordine.
“Glielo riferirò.” Rispose Blaine. “ ci rivedremo a Susqahanna tra due giorni.”
Quinn annuì e senza aspettarsi un saluto, Anderson uscì, camminando verso la sua moto, pensieroso.
Recuperò le armi e ripartì, alla volta di Malecite.

~°~°~

Una volta lasciato l'accampamento delle Cheerio, Blaine prese la via di Malecite, ben consapevole che quella sarebbe stata la parte più difficile della giornata.

Se la morte di Britt era stata una vera tragedia, almeno il messaggiero dei Titans era ancora vivo e, come da accordi, poteva raggiungerlo alla frontiera evitandogli di trovarsi Karofsky davanti.

Sarebbe stato decisamente poco salutare per lui.

Lo avvisò lungo la via, e il giovane si fece trovare nel solito posto quando Anderson arrivò.

Sam Evans era uno dei pochi del suo Clan con il quale Blaine non aveva paura di avere a che fare.

Era abbastanza mite e non incline ad attaccar briga anche se di lì a dire che era felice di vederlo c'era una discreta differenza.

“Ciao” disse sbrigativo il biondo, senza alzare gli occhi dalla sabbia dorata del deserto.

Blaine rispose con un sorriso “Ciao Sam” prese dalla sacca che gli pendeva sul fianco l’altro messaggio, porgendoglielo “Il mio Capo ha parecchia premura che il tuo lo riceva, e ci tiene a sottolineare che il caso è di importanza rilevante…

Il biondino annuì, mettendo i rotolo di cartone dentro alla macchina prima di tornare da Blaine che si era già voltato per tornare alla moto “Hey, Anderson…

Il moro si voltò verso di lui, guardandolo mentre si avvicinava stringendo tra le mani un foglio di carta spiegazzato “I miei genitori e i miei fratellini…” disse titubante, guardando con espressione seria il messaggero dei Warblers “Lo stanno…?”

“Stanno tutti bene” disse Blaine annuendo.

“Mia sorella? Non ha avuto ricadute vero?”

Il morettino scosse il capo mentre un sorriso triste gli increspava le labbra. La piccola Evans non era altro che una bambina quanto l’influenza aliena l’ha contagiata. La sua guarigione è stata un vero miracolo.

Sam gli porse il foglio “Vorrei che tu lo consegnassi ai miei genitori…. Ho avuto poco tempo per scrivere qualcosa ma…. Almeno sapranno che anche io sto bene”

Blaine lo prese, intascandolo “Potresti tornare di tanto in tanto…

Sam lo guardò ovvio “Sai che non posso. Karofsky non è magnanimo come Harwood o la Febray.”

Si guardarono un istante negli occhi prima di salutarsi con un semplice cenno del capo e dirigersi ognuno al proprio veicolo.

Sam guardò la moto volante allontanarsi prima di partire a sua volta e sfrecciare verso l’accampamento, il più in fretta possibile.

Non tanto perché Thad ci teneva che il messaggio fosse recapitato subito, non gliene fregava nulla degli ordini di quello la, ma perché ripensare così intensamente alla sua famiglia gli aveva messo addosso una nostalgia incredibile, e solo tornare alla sua realtà quotidiana avrebbe stabilizzato di nuovo tutto.

Dopo aver lasciato la macchina sotto al costone di roccia insieme a tutte le altre, salì la pendenza fino a raggiungere il resto del Clan.

Karofsky lo trovò seduto su un vecchio tronco mangiato da chissà quale bestia (i tarli così come la maggior parte degli insetti, si erano ormai estinti da tempo) e senza aggiungere una parola gli porse il rotolo.

Dave lo prese, ridendo di gusto “Vediamo un po’ cosa vogliono queste signorine” disse a gran voce, prima di iniziare a leggere silenziosamente.

Puck avanzò verso di lui, guardando corrucciato come sul viso del Capo passassero ormai più di quattro espressioni diverse: da prima ironico, fino a scemare nel serio, nel intimorito e poi  in una maschera seria e vagamente alterata.

Alzò gli occhi porcini dal foglio, facendo un cenno a Puck di seguirlo e ignorando il resto del Clan che protestava per sapere.

“Che succede?” chiese ironico il ragazzo seguendolo nella grotta e tirando i tendaggi per parlare senza esser sentiti “Si è spezzata un unghia a uno di quei finocchi e chiedono una tregua di due settimane per farla ricrescere?”

“No, ci chiedono di incontrarci a Susqahanna dopodomani per parlare di un patto di alleanza…” il Capo passò a Puckerman il foglio, e lui subito lesse velocemente, ammutolendosi “Che ne pensi?”
“Che centrano la messaggera delle Cheerios e il fratello frocio di Finn?”

“Ne so come te” disse Dave sottovoce, prima di riscuotersi e camminare velocemente verso di lui strappandogli la lettera di mano e gettandola nel braciere ardente “So solo che non lascerò le Cheerio e i Warblers incontrarsi per creare chissà quale stramba coalizzazione…

Noah rise acidamente “Ammetti che vai per sapere di Hummel…. Ormai lo sanno tutti che…

Dave lo prese per il collo della maglietta, guardandolo con gli occhi assottigliati “Tu non sai un cazzo, così come gli altri. Io non sono un frocio e la sola cosa che voglio per quello schifoso moccioso è la morte…” lo riappoggiò a terra “Dì a Finn che aspettiamo dopo questo incontro per dare il via alla missione di spionaggio. E tieniti per te il contenuto della lettera” uscì dalla grotta velocemente, lasciando solo l’altro a pensare e ponderare su quella reazione.

Poteva dire quel che voleva, non lo incantava.

Se solo avesse dimostrato che Karofsky era davvero omossessuale, prendere il suo posto sarebbe stato un giochetto da ragazzi…

Abbassò gli occhi sul braciere, osservando le parole scritte con una calligrafia veloce e netta sparire velocemente, inghiottite dalle fiamme, curioso di venire a capo di quella faccenda…

 

~°~°~

 

Schuester e la sua assistente, miss Holliday, attendevano quel momento da giorni.

Avevano tutto pronto, i macchinari, le formule e mancava solo l’elemento che avrebbe reso completa la follia della Silvester.

William era ancora totalmente restio alla situazione, ma non potè fare nulla quando Becky entrò in laboratorio.

La ragazzina aveva sul viso una seria espressione e camminava spedita e a testa alta verso di loro.

Holly la guardò con tenerezza. “Buon pomeriggio, Becky.” Disse, con un allegro sorriso a incorniciarle il viso magro.

“Miss Silvester ha detto che dovevo consegnare urgentemente queste fialette al dottor Schuester.”

Will sospirò e allungò le mani. “Grazie Becky.” Disse, prendendo le fiale e fissando attentamente il liquido magenta all’interno.

La ragazzina li guardò tutti e due attentamente prima di girare sui tacchi e uscire veloce dalle pesanti porte automatiche.

“Sta diventando la sua pedina preferita” disse senza colore Holly, sospirando e portando una mano dietro al collo “Come anche noi, del resto.”

“Lo siamo già” la corresse l’uomo “Lo siamo sempre stati…” si voltò, camminando verso un grande tavolo bianco, posto al centro dell’ampio laboratorio, prendendo un paio di pipette per prelevare i Dna dalle filette e trasferirli in altre per poterli inserire nello spettrometro di massa.

Attesero un paio di minuti in silenzio, sperando che i campioni fossero buoni, e mentre il professore stava chino sulla macchina leggendo i numeri analogici che essa sputava di tanto in tanto e che parevano non aver alcun senso, la sua assistente spostava gli occhi da una parte all’altra del laboratorio, sentendo una brutta sensazione di disagio schiacciarle il petto.

Quando un leggero “bip” lo avvertì del risultato, William alzò lo sguardo verso il pc posto sulla sua sinistra.

Imprecò e si morse il labbro per evitare scatti d’ira.

Sul computer scorrevano i volti e i dati di Kurt Hummel e Brittany Pierce e quasi si sentì mancare.

Una lunga e ricca didascalia dichiaravano buoni i campioni forniti da Sue.

“Cosa succede?” chiese subito Holly.

“Era come sospettavo.” Borbottò l’uomo fra sé, tornando ad occuparsi del Dna prelevato.

Holliday fissò con insistenza i visi di quei giovani ragazzi sottratti dalla pace dell’eterno riposo.

Li…. Li conoscevi Will?”

L’uomo annuì grave “Erano miei studenti quando insegnavo a Potawatoi,  prima che questo incubo avesse inizio…. Kurt è morto quattro anni fa, poco prima della mia cattura, dopo l’epidemia di Polmonite Pneumica aliena…. È stato straziante, ricordo che i vaccini sono arrivati il giorno successivo…. Brittany invece non sapevo nemmeno fosse morta!”

Holly si dispiacque moltissimo nel dolore che lesse negli occhi del collega “Sempre la malattia?”

Schuester scosse il capo “La malattia l’ha contratta solo la Tribù quando si è dovuta difendere da una sorta di attacco da parte di alcuni trafficanti di metalli che volevano appropriarsi della miniera di ferro. I Clan scissionisti non ne sono stati infetti, inquanto erano fuori dalla Tribù…” l’uomo sospirò per la centesima volta, guardando attentamente il viso liscio di Kurt, prima di sussurrare “La mia fidanzata, Emma…. Ha fatto di tutto per salvare lui e gli altri ragazzi. Purtroppo i morti non si contavano quando l’epidemia fu del tutto debellata.

Holly gli posò una mano sulla spalla, in segno d’affetto e comprensione. “Non sai quanto vorrei evitare tutto questo.” Confidò l’uomo lasciando all’assistente un profondo senso di tristezza. “Emma diceva sempre che per la Tribù si doveva sacrificare tutto, perché era la nostra famiglia.” Schuester si portò una mano sul volto. “e ora sto agendo contro di loro e non so nemmeno se lei è ancora viva!”

Miss Holliday posò anche l’altra mano sulla spalla dello scienziato. “Non è colpa tua Will.”

“E’ come se lo fosse! Sono totalmente impotente e…” i suoi occhi si inumidirono di lacrime.

“Non possiamo fare altro che assecondarla.” Fu la risposta di Holly che non cercò più di infondergli coraggio, ma la dura realtà dei fatti.

La bionda attese qualche istante, prima di avviarsi silenziosamente ad una centrifuga posta su un ripiano dall’altra parte dell’ufficio. La aprì, prima di prendere dal frigorifero un paio di provette di quello che sembrava sangue essiccato a giudicare dal color terra.

Will la raggiunse, stringendo in mano i Dna dei due ragazzi che la donna gli prese dalle mani con gentilezza “Lascia che sia io a farlo” disse dolcemente, sistemando la centrifuga “Per me è molto meno doloroso…

Lui la guardò grato, tornando a sedere alla scrivania per studiare nuovamente le procedure.

Miss Holliday prese un liquido trasparente, e con l’aiuto di una pipetta ne mise un po’ per ciascuna fialetta prima di chiudere il coperchio del macchinario e avviare la procedura.

Non riusciva nemmeno a immaginare quanto doloroso poteva essere quell’esperimento per Will.

Lei non aveva nessuno e non apparteneva a nessun Clan o Tribù prima di arrivare in quel posto, ma non era difficile comprendere con quanto dolore William stava lavorando.

Sorrise tristemente, osservando il Dottor Schue immerso nel progetto e si chiese quando sarebbe arrivata la fine per tutta quell’assurda e ingestibile situazione.

 

 

Continua….

 

 

Nda.

Eccoci qui con il primo capitolo!

Le cose iniziamo a muoversi sempre più velocemente.

Ora la domanda è: possono incontrarsi senza far finire tutto in un bagno di sangue? Lo scopriremo nella seconda parte del capitolo!

Piccola precisazione: I Titans non leggono il giornale (è già qualcosa se sanno leggere) quindi non sanno nulla di Brittany o di Kurt. Le battutacce omofobe sono d’obbligo, visto che loro rivendicano la superiorità dell’uomo virile.

Kurt è il più corteggiato della storia e se non lo avete ancora capito non temete, ci arriverete!

A presto col nuovo capitolo.

Grazie come sempre a chi recensisce!

Un bacione

Jessy & Grè.

 

 

 

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Capitolo 4
*** Chapter #01. Pt 2. ***


bananissima

 

Avvertenze: Le parti scritte in corsivo sono Flashback.

Buona lettura.

J&G.

 

 

 

 

 

 

Water Eyes.

 

Chapter #01.

 

 

 

 

Part 1I.

 

 

 

 

Al centro del deserto di  Susqahanna, dove in  ‘antichità’ sorgeva la Virginia, era stato costruito, molti secoli prima, una sorta di punto di ritrovo, chiamato appunto  il ‘Triangolo di Susqahanna’, sul quale i diversi Clan erano soliti radunarsi quando necessitavano di incontrarsi per discutere.

Discutere, non parlare.

Non esisteva un modo semplice per trattare, e nonostante Thad ci avesse provato più di una volta, aveva messo in conto che sarebbe stato un ennesimo fallimento.

Solo che quella volta la posta in gioco sembrava più alta, così sperava che lo avrebbero ascoltato.

“Sono in ritardo” sbuffò Trent, appoggiandosi al volante della moto “Fa caldo, sto per avere un calo di zuccheri”

Thad abbozzò un sorrisetto “Le Cheerio sono donne, devono per forza farsi attendere e i Titans sono pronto a scommettere che non sanno leggere l’ora” disse divertito facendo ridacchiare alcuni del Clan.

Abbassò gli occhi su triangolo di dura pietra nera posto davanti a loro. Non era grande, forse  quattro metri per lato, l’importante era il prolungamento dei lati che dai vertici disegnavano tre zone differenti. Ogni Clan doveva stare nella sua, se la linea veniva oltrepassata allora tutto diventava lecito.

Thad toccò la pistola al suo fianco, sospirando e controllando l’ora. Iniziava a spazientirsi…

Fu solo qualche minuto dopo che iniziò a sentire in lontananza il rombo assordante delle macchine truccate dei Titans.

Thad notava giù il testone di Karofsky spuntare dal finestrino e accarezzò la rivoltella come se volesse  intimarsi di stare calmo.

Quasi contemporaneamente, dal lato opposto le Cheerio fecero la loro comparsa dentro ad auto cabrio dai colori sgargianti.

Qualcuno, dietro di lui sospirò rumorosamente e Thad incenerì Nicholas con lo sguardo.

Quinn scese dalla sua auto in un fluido movimento e ancheggiò nel suo vestito succinto ancora più corto dell’ultima volta che l’aveva vista.

Subito al suo fianco, Santana.

E se gli sguardi potevano uccidere, Thad era all’aldilà già da un pezzo.

Si limitò a guardarla, confuso prima di rivolgere la sua attenzione a David che scimmiottava con quell’ammasso di grasso che era il suo compare Azimio.

“Signore,” iniziò, pronto per una lunga e difficile chiacchierata.

C’era un silenzio irreale in quel posto.

I motori spenti e tutti i visi attenti verso il triangolo.

Thad guardò prima Wes poi David e con un cenno del capo, tutti e tre scesero dalle moto nello stesso istante e allo stesso modo.

“Ma che carini” disse Azimio divertito, mentre Thad si sfilava i guanti e li passava a Wes, avvicinandosi alla punta del triangolo “Ci mettete tanto, voi ballerine, ad imparare queste coreografie?”

Harwood lo guardò affabile “Beh, il tempo che mi rimane dopo essermi fottuto tua madre e tua sorella lo spendo in cose creative, Azimio

“Cosa hai detto? Piccolo pezzo di…

Dave appoggiò una mano al centro del petto dell’amico mentre anche Puck si avvicinava, mettendosi alla sinistra del Capo dei Titans.

Thad alzò un sopracciglio, spiandoli da dietro le lenti scure degli occhiali da sole. Non era iniziata  bene, ma non aveva saputo resistere ad una simile provocazione.

E se c’era una cosa che Thad sapeva fare davvero bene, era il provocatore.

Notò Quinn sbuffare, spazientita, attorcigliandosi un dito intorno ai boccoli legati in un’alta coda.

“Facciamola finita con le stronzate, non voglio rischiare di annoiare le principesse.” Sbottò, notando che il capo delle Cheerio si era voltata verso Santana per sussurrarle qualcosa all’orecchio.

Ancora un volta Thad vide negli occhi della mora una luce minacciosa.

 Non rimase a pensarci sopra, contando che, non andava a genio alla maggior parte dei membri degli altri due clan.

“Come avete letto dal telegramma…” iniziò, raccogliendo subito l’attenzione di tutti, “Le cose si sono fatte serie e la Silvester ha calpestato il suo ultimo neurone decente rimastole.”

“E tu come sai tutto questo, assassino?” Lo assalì Santana impedendogli di parlare.

Thad la guardò stranito “Assassino? Io?”
La mora fece un paio di passi, e subito tre ragazze accorsero a trattenerla per impedirle di attraversare la linea, tirandola indietro “Sei solo uno schifoso assassino! E io ti ucciderò, fosse l’ultima cosa che faccio!”

Harwood spalancò la bocca, esterrefatto “Io non ho ucciso nessuno! Persino gli insetti non li uccido! Chiamo Rich che li schiaccia!”

“Confermo” disse un ragazzo muscoloso, seduto sulla moto accanto a quelle di Blaine.

Karofsky ringhiò, infastidito “Vediamo di farla finita. I casi sono due: o ti stai inventando tutto per attirarci in una trappola, o ti sei innamorato di me e vuoi vedermi più spesso possibile” disse affabile, facendo sghignazzare i Titans.

Per risposta Thad lo guardò schifato “Per carità, non ho mai avuto il gusto dell’orrido…

Puck, sghignazzò e nemmeno la gomitata nello stomaco che gli diede Finn lo fece calmare.

“Il punto è,” tornò a dire Thad, che iniziava innervosirsi. “dobbiamo distruggere Sue Silvester e dobbiamo farlo sul serio!”

Le sue parole crearono un profondo brusio. “non m’importa quante vite ha o se è un parassita che vuole conquistare il mondo.” Continuò.

 “Cosa proponi, cervellone?” parlò Quinn, sedendosi sul cofano della sua auto, accavallando le gambe e guardandosi le unghie con disinteresse.

“Dobbiamo unirci. Unire i Clan è l’unico modo che abbiamo per farla fuori!”

Le parole di Thad furono l’inizio del disastro più assoluto.

Quinn aveva preso a guardarlo, sdegnata e Karofsky aveva fatto scattare la sicura sulla sua rivoltella e intorno a loro un caos infernale. I brusii si erano tramutati in strilli mischiati a ringhi  indignati.

Thad avrebbe dovuto prevederlo.

“E’ come parlare a un branco di scimmie che non fanno altro che spulciarsi dalla mattina alla sera.” Borbottò, passandosi una mano fra i capelli.

“Da soli non possiamo fare nulla!” Disse Blaine scendendo dalla moto e camminando verso il gruppo dei capi, ignorando i commenti cattivi dei Titans “Siamo tre entità dalla forza abbastanza equilibrata. Se singolarmente riusciamo ad intralciarla pensate e quello che potremmo fare tutti insieme!”

“Non mi alleerò mai con dei puzzolenti uomini delle caverne” Disse Quinn guardando verso i Titans “E dei cocchi di mamma che non hanno le palle di lasciare la Tribù”

“Fateci almeno spiegare il motivo per cui dovreste farlo” disse Thad, al limite della sopportazione. Non li avrebbe mai pregati, nossignore.

“Non ci interessa” disse cattiva Santana.

Brittany!” Le disse di punto in bianco Blaine, attirando completamente attenzione della Lopez. Sapeva quando la ragazza tenesse all’amante scomparsa, si convinse quindi che se magari Santana avesse saputo del Dna “Hanno preso il Dna di Britt dal reparto B del N.A.G.A. per farci Dio solo sa cosa!” guardò la ragazza esasperato, avvicinandosi il più possibile “Non vuoi far nulla per evitare un possibile scempio? Per preservare la memoria di Britt ed onorarla?”

Santana serrò i pugni e indurì i lineamenti del volto, già provati dalla sofferenza. “Onorarla, dici?” sbuffò. “avete lasciato morire Brittany in mezzo alle macerie!”

“Lo so cosa provi, lo so! Ma ora è il momento di fare qualcosa, Santana! Unirci è quello che serve per far crollare la Sue Corporation!”

Ci fu un lungo silenzio, finchè qualcuno, con fare teatrale, iniziò a battere le mani.

Karofsky.

“Ma brava la nostra fatina, discorso commovente, davvero.”

“Falla finita Karofsky!” ringhiò Santana.

“Beh, fate come volete, io non voglio perdere altro tempo ad ascoltare due nani che si divertono a sparare stronzate!”

Il capo dei Titans si girò, pronto a rientrare in auto, seguito da Azimio.

Quinn esplose a ridere malignamente “Ma come, Karofsky, permetteresti davvero che il Clan dei Warblers prendesse tutto il merito nel caso in cui, attaccando Sue, avesse successo?”

Il viso di Dave mutò mentre David e Wes si scambiavano un’occhiata nervosa.

“Oh, andiamo” disse Thad appoggiandosi col braccio ad una delle spalle di Blaine, che lo guardò lievemente scocciato “da soli non ci proveremmo nemmeno. Non abbiamo le forze…

Karofsky fece un paio di passi in avanti, guardando con cipiglio arrogante Thad “Credi che io sia un idiota?” domandò minaccioso.

“Beh si” rispose il Capo dei Warblers, ironico “Ma non ti mento solo perché sei svantaggiato in questo senso. Non sono un mostro”

“Noi attaccheremo” disse Dave “Ma per conto nostro…. Non ci uniremo mai a voi patetiche checche”

L’intero clan dei Titans rise, alla pessima battuta di Dave.

“E voi? Che abbandonate le vostre famiglie per non avere un peso sulle spalle, lasciando che muoiano di dolore per il vostro schifoso comportamento da codardi?!” Blaine non era noto per i suoi scatti d’ira, ma quel giorno, provocato da tanta idiozia e intontito dal caldo, non aveva retto.

Riuscì a vedere benissimo la reazione dei Titans quando Azimio cercò di are la linea per saltagli al collo e ucciderlo. Si mossero in sincronia, cercando fermare l’impulso dell’energumeno.

“ Se ti prendo, figlio di puttana, ti faccio pentire di aver aperto bocca!”

Quello delle famiglie, per il clan dei Titans e delle Cheerio, era un argomento che evitavano sempre di mettere in mezzo.

Troppi sensi di colpa danneggiavano l’immagine del guerriero modello.

Azimio fu fermato in tempo, ma questo non impedì a Warblers e alla Cheerio di estrarre le pistole.

Era un tutti contro tutti.

Thad strinse i denti “Vattene Karofsky, e porta tutta questa feccia con  te….” Sibilò tagliente, prima di abbassare lentamente la pistola.

I Titans sfilarono velocemente verso le loro auto e, come ogni dannatissima volta, gli occhi di Finn e quelli di Blaine si scontrarono.

“La mamma…. Lei…?”

“Sta bene” rispose tagliente Blaine, sperando che gli chiedesse di Kurt almeno quella volta. Ma non accadde.

Uno ad uno, i membri del Clan Titans misero in moto andandosene e lasciando i Titans e le Cheerio a chiudere le trattative.

“Voi ci state?” chiese sbrigativo Thad “Quel coglione di Karofksy è frustrato perché ha le braccia troppo corte anche per farsi le seghe…. Voi invece siete ancora in tempo ad accettare” guardò negli occhi Quinn, avvicinandosi a lei “Pensaci…

Quinn si scambiò un lungo sguardo con Santana, che era assolutamente certa di non voler collaborare con colui che aveva ucciso la sua Brittany.

Harwood,” iniziò la bionda, posandogli una mano sulla spalla e sfarfallando le ciglia in modo provocatorio “cosa porterà a me, questa collaborazione? Cosa ci ricavo a mischiare il mio clan con il tuo gruppo di spostasti?” chiese, la voce appena udibile anche da Thad, forse troppo impegnato a evitare da rimanere soggiogato da una tale bellezza.

Blaine fece un passo verso di lui sussurrando un ‘ha oltrepassato la linea di confine’ che nemmeno venne ascoltato. Thad lo schiaffeggiò con una mano, con lo stesso movimento che avrebbe compiuto nello scacciare una mosca insistente.

Blaine si toccò il naso colpito, con una punta di irritazione.

“Divideremo cinquanta e cinquanta” riprese di punto in bianco Harwood “Se distruggiamo Sue, il commercio intergalattico sarà nelle nostre mani….”

La bionda ridacchiò divertita “Non credo sia sufficiente…

“Le donne sono incontentabili…” grugnì Nick, beccandosi un’occhiataccia da tutto il clan rivale “Beh…. È la verità!”

Thad alzò gli occhi al cielo, nonostante condividesse appieno le parole di Nick.

“E’ tutto quello che abbiamo da offrirti Fabray e tutto quello che avrai.” Rispose il capo Clan dei Warblers. “sappi che se vi mettete contro di noi, più di quanto non siete già, beh non vi resterà più un’unghia da limare!”

Quinn si accigliò e rise debolmente. “Oh Harwood tu e il tuo gruppo siete così patetici!” esclamò, scatenando l’ilarità di alcune ragazze che ridacchiarono in modo fastidioso.

“Torniamo a Potawatoi, Thad, è inutile rimanere ancora qui.” David lo raggiunse e lo afferrò per un braccio.

Sapeva che l’amico era sul punto di esplodere.

Non era conosciuto certo per il possesso di un caratterino docile e facilmente domabile.

“Sì, perché non te ne torni nel tuo buco a crepare, assassino!” ringhiò Santana, provando, nuovamente a fare un passo avanti e superare la linea.

Se l’invasione di Quinn non era parsa affatto minacciosa ai Warblers, non appena Santana la imitò avvicinandosi velocemente a Thad, i ragazzi impugnarono le loro pistole.

Fu un attimo.

La donna scansò il Capo del suo Clan, spingendola da parte, prima di tentare di aggredire Thad nonostante le sue stesse compagne glielo stessero impedendo.

La sola cosa che ottenne fu di graffiargli la guancia con le unghie lunghe e decorate.

Thad portò il dorso della mano guardando la donna esterrefatto, mentre David gli si avvicinava “Tu sei una pazza!” le ringhiò contro Harwood “Una puttana pazza!”

Santana parve agitarsi di più, così Quinn decise di mettere fine a quella ridicola pantomina, tornando ai loro confini “Io non faremo nulla, Harwood” disse affabile, appoggiando una mano sulla sua guancia e accarezzando il graffio con la punta del pollice, facendolo rabbrividire “Vi guarderemo mentre vi distruggete a vicenda….”

Thad fece un veloce scattò in avanti, ma Blaine e David, prevedendo la reazione, si erano già fatti avanti placcandolo.

Thad,andiamocene. Ora.” Ripeté David, trascinando l’amico verso le moto.

Le Cheerios se ne stavano già andando, muovendosi come un enorme sciame d’api verso le loro decappottabili.

 “Una cosa non capisco.” Disse Jeff, mettendo in moto. “perché quella Santana continuava a chiamarti assassino?”

Thad sospirò e salì in sella alla moto, con lo sguardo rivolto verso le ragazze. “Non ci sei ancora arrivato?” parlò e sembrava piuttosto sprezzante. “quella troia crede che abbia ucciso Brittany Pierce.”

Con un gesto secco si passò la mano sul graffio profondo sulla guancia, che bruciava un po’, e tolse alcune gocce di sangue.

Avrebbero dovuto prevedere una reazione del genere, ma quello che serviva, in quel momento era una nuova strategia.

 

~°~°~

 

Quinn Fabray aspettava quella convocazione da giorni e non si sorprese più di tanto quando ricevette il richiamo.

Venne scortata da due uomini, senza la compagnia di nessuna delle sue Cheerios o Santana che era definita il suo braccio destro.

Sue voleva vederla in privato.

Venne lasciata davanti a un’enorme porta di pesante metallo, mentre le guardie la congedarono con un rigido saluto militare.

Accanto alla porta stava un rivelatore di persona. Quinn fece in modo che la sua faccia fosse ben visibile nello schermo, così che le porte potessero aprirsi silenziosamente.

L’ufficio della magnate Silvester era completamente rivestito di rosso.

Becky stava seduta dietro ad una scrivania e svolgeva diligentemente i suoi compiti. Nemmeno alzò lo sguardo mentre le dice che Miss Silvester era pronta per riceverla

La bionda Cheerio dovette varcare una seconda porta, anch’essa rossa, prima di ritrovarsi faccia a faccia con Sue Silvester.

“Eccoti qui, Q.” disse disinteressata, continuando a passeggiare a passo spedito su un tapirulan “Saprai perché ti ho chiesto di portare qui il tuo culetto sodo da pallavolista, suppongo.”

“Credo di si” disse con disinvoltura la bionda, sistemandosi i capelli mossi e di uno splendete color grano maturo dietro alle spalle con un rapido gesto della mano. Guardò la donna con gli occhi cangianti prima di sistemarsi davanti a lei, con le braccia incrociate “Immagino che lei, ora, pretenda una risposta da me”

“Sei perspicace, Miss Monroe.” Affermò sarcasticamente la donna “Siamo ben oltre le scadenze che ti avevo imposto per pensarci su. Ora mi serve sapere se sei con me o contro di me…

La biondina sorrise affabile, come se la decisione fosse stata presa ormai da tempo.

“Miss Silverstern…. Mi rincresce molto ma credo che la sola cosa che potrei mai volere da un’eventuale nostra collaborazione sia l’acqua. E quella la posso ottenere in molti altri modi”

La donna la guardò con un sorrisetto ironico “Sai, Q…. Ti credevo una stupida sciacquetta…. Invece non sei affatto ingenua. Dimmi cosa vuoi, trattiamo”

“Prima voglio sapere perché è così insistente.” continuò, incrociando le braccia al petto.

Sue le rivolse un’occhiata storta prima di fermare l’aggeggio e asciugarsi con un asciugamano candido il sudore, per poi scendere e sedersi dietro una grande poltrona di un rosso ancora più intenso delle pareti.

“Voglio essere franca con te, cosetta.” Disse, sottolineandolo con un gesto della mano. “Voglio che questo pianeta sia mio.” Quinn si accigliò, quasi divertita dalla sua esuberanza. “e per far si che succeda devo eliminare quei poveri illusi dei Warblers e i rincitrulliti dei Titans.”

“E in tutto questo, io che scopo avrei?” chiese la giovane, incuriosita.

“Tu e il tuo Clan sarete la chiave per distruggerli.”

Febray rimase immobile, analizzando una ad una le parole della donna e iniziando a spazientirsi “Lei crede davvero che io lascerei che lei prostituisse le mie ragazze per i suoi loschi scopi?”

“Si” rispose Sue con naturalezza, mentre Backy le si avvicinava, appoggiandole davanti un bicchiere pieno zeppo di qualche strano integratore energetico “Non tutte, ovviamente. Solo le più carine. Dovete distruggerli dall’interno…. Annientali…. A costo di radere al suolo Potawatoi” concluse la Silverstein.

Quinn continuava a non capire “Lei controlla tutto il nord america” disse lentamente la ragazza, allibita “Che male possono mai farle un paio di Clan formati da insulsi ragazzi montati o troppo stupidi per ripetere a memoria le tabelline?”

Sue si piegò in avanti, osservando la ragazza con gli occhi assottigliati “Voglio essere sincera con te, Barbie Superstar. Ho in mente qualcosa, non scenderò nei dettagli ma nel caso in cui essa andrà in porto, e ne sono certa, estrarrò l’acqua da questo stupido pianeta. Per allora, non intendo avere nessuno tra i piedi che tenta di derubarmi della mia acqua!”

Quinn sorrise, affabile “Ed è per questo che ha rubato il DNA di Brittany e Kurt Hummel?” Sue la guardò, seria “Oh si…. I Warblers l’hanno saputo con troppo preavviso, forse? Devono avere davvero delle buone talpe…

Il bicchiere, nelle mani di Sue esplose, tanto la donna l’aveva stretto. Quinn potè benissimo vedere l’ira passare come un fulmine attraverso gli occhi della Silvester.

Fu solo un secondo.

E mentre Becky si affrettava a pulire, Sue rimase immobile, guardando dritto negli occhi il capo dei Cheerios.

“Immagino che questo sia un lavoro da portare a termine dopo la nostra chiacchierata.”

“Cosa succede se non accetto le sue condizioni?” chiese Quinn.

“In tal caso,” Sue fece un sorrisetto storto. “aspettati la migliore battuta di caccia degli ultimi secoli. Prede? Galline in gonnella.”

La cosa più inquietante di quelle parole, era la calma con cui era state pronunciate.

Quinn non sapeva se crederci o meno, ma sapeva cosa fare e sapeva che l’onore di se stessa e del suo Clan veniva prima di tutto.

“Vuole sapere quali sono i miei piani, invece?” chiese appoggiandosi con una mano alla scrivania.

Sue la guardò annoiata “A dire il vero no. Ma una barzelletta in più non mi guasterà di certo la giornata…

Quinn sorrise diabolicamente “Attenderà che i Warblers e i Titans entrino qui, distruggendo tutto nella speranza di annientarsi tra loro. Uno dei due Clan, quasi certamente quello di Karofsky, verrà annientato subito mentre l’altro si indebolirà. A quel punto scenderemo in campo noi spazzando via quel poco che rimarrà dei Warblers, avremo i loro territori e quelli dei Titans e lei sarà circondata. A quel punto non ci vorrà molto a ottenere il pacchetto completo, non crede?”

Sue la guardò con un sorriso “Credo che sia ora che tu vada, il sole sta tramontando, Pannocchia, non vorrai far aspettare i tuoi clienti….”

Quinn fece una teatrale uscita di scena, ondeggiando i capelli e il fondoschiena, mentre Sue prendeva il nuovo bicchiere colmo di brodaglia che Becky le stava porgendo.

Rimase immersa nei suoi pensieri per minuti interi, bevendo a grandi boccate,prima di restituire il bicchiere vuoto alla sua assistente.

Becky.” Disse, senza nemmeno guardarla in faccia. “fa uscire riccioli d’oro dalla sua gabbia dorata, abbiamo alcune cose di cui discutere.”

La ragazzina annuì. “Sissignora.” E a passò spedito uscì dall’ufficio, lasciando Sue in trepidante attesa.

Sue Silvester non era una sprovveduta e nemmeno una che si lasciava scoraggiare dalle battaglie perse.

Non sia mai detto che qualcuno l’avrebbe colta impreparata. Non sarebbe mai successo, per questo aveva in mente un ‘piano B’.

Che forse era quasi meglio del precedente, visto che pagare un mercenario era più proficuo di incoraggiare una stupida puttanella a collaborare.

…. Senza contare che almeno non doveva più pensare a come farla fuori a progetto ultimato…

 

~°~°~

 

 

Kurt adorava la sera.

Era la parte che più preferiva nell’arco di una giornata. Certo, se hai solo quindici anni e sei chiuso dentro ad un’enorme gola sabbiosa e decisamente afosa, a logica adori la sera, quando la luna spinge da parte il sole portando un po’ di sollievo dalla calura.

Ma Kurt adorava la sera anche per un altro motivo.

Stava in piedi sulla porta di casa con in mano gli occhiali da aviatore color ottone che suo padre gli aveva regalato, aspettando che Blaine tornasse a casa.

Perché, e di questo ne era certo, non era mai abbastanza stanco da negargli un giro sulla sua moto, nonostante si fosse unito da poco al Clan e quindi lo avessero già oberato con i lavori più umili.

Saltellò sul posto, con le guance imporporate e  il cuore che non faceva che perdere battiti su battiti, tutte le volte che pensava a come sarebbe stato romantico abbracciare Blaine e appoggiare la testa sulla sua spalla mentre accelerava sempre di più con la sua moto.

Dovette aspettare solo altri pochi  minuti e la figura stanca e arruffata di Blaine fece capolino da dietro una bassa duna di sabbia.

Aveva il viso sporco di cenere che si affrettò a pulirsi una volta che si trovò faccia a faccia con un sorridente Kurt.

Non vedeva l’ora che arrivasse quel momento della giornata perchè era diventato quasi un rituale sacro, che si ripeteva di sera in sera.

“Ciao” lo salutò con entusiasmo, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro. Solitamente cercava di darsi un minimo di contegno, ma perché dopotutto? Era così felice di vederlo…

Blaine sorrise dolcemente “Ciao, Kurt…

“Io sono pronto!” disse il ragazzo sorridendo e portandosi gli occhialini da aviatore sul capo, tra le ciocche castane dorate.

Blaine ridacchiò salutando con un cenno Burt gli si era affacciato alla porta d’ingresso guardandolo con un sopracciglio alzato “Allora non mi sembra il caso di indugiare oltre, no?”

Kurt si spostò dall’uscio, scendendo i lunghi e bassi gradini di sabbia di accesso a casa sua e correndo così in strada. Il signor Hummel guardò Blaine con la solita espressione da ‘se gli succede qualcosa sarai tu la cena’, prima di chiudere la traballante porta di legno consunto.

Il morettino ridacchio, seguendo l’amico  con le mani in tasca. 

Essere il più grande,c’erano ben tre anni di differenza fra loro, era veramente un compito difficile. Non tanto per Kurt, che era abbastanza responsabile, ma per le costati minacce di Burt. All’inizio erano quasi un peso, poi con il tempo aveva iniziato a scherzarci sopra.

“Ehi! Ti vuoi muovere?!” lo rimproverò Kurt fermandosi dove Blaine aveva parcheggiato la moto.

“Eccomi, vengo  !”

Kurt era la persona più ingenua e spensierata che Blaine avesse mai incontrato e poteva ritenersi fortunato di essere una della poche persone di cui Kurt si fidava e si confidava.

Il ragazzo più giovane gli rivolse un sorriso luminoso che Blaine trovò semplicemente adorabile.

Era talmente bello da togliere il fiato e lui non riusciva a spiegarsi il perché di quella sensazione.

Scacciò i pensieri e montò sulla moto, mettendosi in modo da riuscire a far salire anche Kurt che rise eccitato.

Gli piaceva tanto sentire il vento fra i capelli e avere la sicurezza del corpo caldo e forte di Blaine stretto al suo.

Senza contare che quello era in solo momento in cui poteva stringersi a lui senza destare sospetti, o mettere in imbarazzo il più grande. Cosa che, in quell’ultimo periodo, capitava sempre più spesso.

Ora, Kurt non voleva far pesare sugli altri l’ovvietà della sua evidente omosessualità, in particolare voleva evitarlo a Blaine, ma non riusciva a non sentirsi attratto da quel bellissimo ragazzo che era apparso dal nulla molti anni prima.

E ad Anderson non sembrava comunque dispiacere tutto l’entusiasmo che Kurt gli scaricava puntualmente addosso.

Si sistemò i guanti di pelle mentre le mani del più piccolo gli cingevano la vita fermandosi proprio sugli addominali. Mise in moto, arrivando fino alle porte della città dove le guardie li salutarono, mentre permettevano loro di uscire per il consueto giretto serale.

“Reggiti forte” disse come ogni volta, prima di dare gas e partire veloce verso l’orizzonte.

Kurt chiuse gli occhi, prendendo quella sollecitazione come un invito e schiacciarsi di più contro di lui, lasciando che la sabbia corresse sotto di loro e il suono delle turbine lo aiutasse a rilassarsi.

Si sentiva così bene che niente e nessuno avrebbe potuto rompere la perfezione di quel momento.

Era solo loro ed era così speciale ed esclusivo che si sentiva onorato.

“Vai più veloce!” incitò, ridendo divertito e facendo dondolare un piede. La distesa di sabbia era lunga e deserta, solo qualche arbusto qua e là, ma nulla di più.

L’unico rumore che Kurt sentiva, non era quello fastidioso del motore, ma quello ancora più forte del suo cuore.

Tutte le volte che rimanevano soli aveva sempre il desiderio di rivelargli ciò che provava fregandosene di sembrare troppo immaturo e troppo… maschio.

Non sapeva i gusti di Blaine, non l’aveva mai visto sollazzarsi con una ragazza o avere degli interessi per un ragazzo e  in tutta onestà aveva il timore di chiederglielo.

Il più grande esaudì i suoi desideri accelerando di colpo, ma le possenti turbine che Burt aveva installato nella moto non riuscirono a mascherare nemmeno in parte l’urlo liberatorio di Kurt.

Blaine sapeva come si sentiva, tutto il giorno chiuso tra quelle quattro collinette sabbiose, a girovagare come un animale in gabbia. Ma il mondo era troppo pericoloso per un essere puro e innocente come Kurt.

Almeno, questa era la sua convinzione.

Arrivarono in prossimità della costa pochi secondi dopo e lì, come ogni sera, Blaine si fermò.

Kurt scese dalla moto scrollandosi i capelli che si erano come sempre riempiti di sabbia, e alzandosi gli occhialetti per poter osservare l’immensa distesa blu scuso del lago Michigan, una delle poche cose che avevano conservato il loro nome.

Il più grande sistemò la moto abbassando i pesanti cavalletti prima di raggiungerlo e sfilarsi i guanti e la casacca “Facciamo il bagno, ti va?”

Kurt lo guardò per un istante con gli occhi sgranati, facendo correre lo sguardo lungo il petto ricoperto da una lieve peluria bruna di Blaine, sino agli addominali induriti dal lavoro.

“Cosa?!”

Era un’adolescente, santo cielo, non poteva trovarsi davanti una simile figura e sperare di rimanere calmo.

“Dai non farti pregare!” supplicò l’amico, scalciando i pantaloni neri, per poi buttarsi sulla moto in modo che non si sporcassero di più.

F-fallo tu.” Disse Kurt, incrociando le braccia al petto. “io… non ho voglia.”

Era una bugia bella e buona perché acqua e quel suo movimento ipotizzante erano come una calamita.

“Oh andiamo Kurt!” esclamò Blaine e quando vide la seria risoluzione dell’amico, cammino verso la riva, in modo che Kurt potesse rilassarsi e abbassare la guardia.

Infatti appena lo fece, Blaine corse nella sua direzione e con uno scatto fulmineo se lo caricò sulle spalle, correndo poi verso il lago e tuffarsi senza nemmeno dare il tempo a Kurt di divincolarsi.

Il più piccolo riemerse dall’acqua qualche secondo dopo di Blaine e quest’ultimo ridacchiò intenerito per la visione di un Kurt imbronciato e con i capelli castani attaccati alla faccia.

“Avrei dovuto prevederlo…” borbottò, infastidito dai vestiti che gli si erano appiccicati addosso.

Blaine si avvicinò continuando a ridere, spostando i capelli ora ridotti in una frangia zuppa, dalla fronte della ragazzo.

Che ovviamente avvampò.

Kurt…. Lo so che tu sei piccolo-“

“Io non sono piccolo!”

“-E che forse non hai la minima idea di quello di cui sto parlando ma…” Il moro sospirò, portandosi una mano tra i capelli ricci mentre Kurt si sedeva su una roccia, almeno per sfilarsi gli stivaletti neri e la giacchetta.

“Ma?”lo incalzò il più piccolo, puntando gli occhi chiari in quelli di Blaine.

“Ti sei mai sentito attratto da una persona senza sapere esattamente cosa fare per farglielo capire?”

…. Oh, andiamo! Lo stava prendendo in giro?!

Kurt dovette fare appello a tutta la forza che possedeva per non tirargli un ciottolo “Diciamo che è possibile che sia successo….” Poi si bloccò, guardando attentamente l’amico e sentendo il cuore che accelerava troppo velocemente per essere umanamente sopportabile “…. Perché me lo chiedi?”

Blaine si avvicinò, sedendosi nell’acqua davanti a lui e rimanendo così fuori solo con una parte del busto “Diciamo che c’è…. Una persona….”

“Oh.” Fu tutto quello che Kurt riuscì a dire.,mentre strizzava la giacchetta e la metteva stesa ad asciugare.

“Sembri sorpreso.” Costatò Blaine, guardandolo con quei grandissimi occhi caramello.

“No! Solo… forse sì!” balbettò, incerto. “beh, chi è questa fortuna persona?!” si ritrovò a chiedere, una minima speranza nel cuore che veniva accesa.

Blaine sorrise un po’ timidamente. “E’ Rachel.”

CRASH.

Qualcosa dentro l’animo di Kurt doveva essersi rotto e lui aveva sentito indistintamente il frastuono.

Rachel, una ragazza.

Doveva prevederlo e lui stupido ragazzino che aveva sperato e sognato di essere lui quella persona fortunata.

“Sicuro che non ti abbia stordito con le sue chiacchiere?” chiese e Blaine lo ammutolì con un’occhiata di rimprovero. “stavo solo domandando…

“Vorrei che fossi felice per me, sei il mio migliore amico.” Commentò il maggiore.

Kurt prese un grosso respiro, prima di provare a sorridere.

“Sono felice solo se tu lo sei, Blaine.” Rivelò con una punta d’imbarazzo e tristezza, che Blaine non riuscì a cogliere.

“Non so come avvicinarla, però” ammise Anderson pensieroso “Insomma, non si è ancora ripresa da quando Finn se né andato e io non me la sento di andare da lei come un avvoltoio a corteggiarla solo perché il suo ragazzo l’ha lasciata per unirsi ad un branco di babbuini…

Il più piccolo finse di concentrarsi per qualche secondo sulle sue calze ormai non più così bianche, mentre le strizzava.

Dio, Blaine non poteva pretendere che lo consigliasse! Davvero non poteva!

Spostò gli occhi in quelli caramello del più grande e lesse che invece sì, se lo aspettava. Dopotutto era il suo migliore amico, no?

Glielo doveva, tecnicamente….

Che poi fosse innamorato di lui non importava se a Blaine piacevano le ragazze. Certo che, Rachel Berry….

Sospirò profondamente “Inizia col parlarle” disse lentamente, pesando ogni singola parola e cercando di capire quale facesse più male. Difficile dirlo “Instaura un contatto tra voi, un po’ di confidenza insomma. E poi chiedile di uscire. Mi ricordo che Finn mi diceva che le piacevano da morire le rose che coltivano nelle serre a Wichita, lui andava sempre a rubarne una cassa prima che venissero imbarcate per essere vendute di Beta15.”

Finì di parlare, abbassando gli occhi sulla superficie dell’acqua sentendosi stremato come se avesse corso per ore.

E a quel punto Blaine si rese conto di qualcosa.

Kurt non si sentiva a suo agio.

Probabilmente erano quei discorsi o il fatto che, a quanto ne sapeva, non aveva avuto nessun rapporto amoroso con nessuno.

Kurt era davvero la persona più pura sull’intero pianeta, anche più dell’acqua e Blaine si rese anche conto che non era giusto metterlo a disagio per qualcosa di così inusuale per lui,  così si limitò a sorridere e a uscire dall’acqua.

“Vuoi tornare?” chiese Blaine cambiando discorso. Kurt ci pensò un attimo, grato di essersi lasciato alle spalle quella conversazione, poi negò con il capo, ancora impregnato di goccioline.

“Un altro po’,mi piace qui.” Rispose, guardando il giochi di luce che la luna faceva sull’acqua.

Blaine osservò gli occhi di Kurt immersi nella luce lunare e li trovò splendidi. Gli tremarono le gambe per un attimo, poi tornò a concentrarsi per affrontare un nuovo discorso, lontano da Rachel Berry.

“So quanto ti piace qui” disse sedendosi accanto a lui sullo scoglio e sorridendogli teneramente.

Kurt lo ringraziò rispondendo con un sorriso simile al suo, seppure più tirato, prima di appoggiare il capo alla sua spalla e chiudere gli occhi, mentre una ventata di aria più fredda lo faceva tremare. Blaine portò istintivamente un braccio attorno alle sue braccia e Kurt sorrise sentitamente, domandandosi come avrebbe reagito il più grande se avesse provato ad afferrargli la mano….

 

Seduto su quello scoglio Blaine fissava la luna crescente, sentendo freddo sin dentro all’anima.

Avrebbe dato tutto, tutto, per poter sentire la mano piccola e delicata di Kurt scivolare dolcemente nella sua sino ad intrecciare le dita con le sue.

Eppure non sarebbe più successo, questa era la sua convinzione.

E nemmeno la ventata più fredda che poteva provenire dal cuore del deserto lo avrebbe gelato dentro più  di quella consapevolezza.

 

 

Continua….

 

 

Nda.

Ecco a voi la seconda parte del primo capitolo!

Le cose iniziano a complicarsi sempre di più e, finalmente, iniziamo ad avere un quadro più chiaro anche dei legami tra i personaggi.

In particolare Kurt e Blaine.

Nel prossimo capitolo, il secondo, si approfondirà molto anche il personaggio di Thad e via così sino ad avere il quadro completo della storia e dei suoi protagonisti.

 

Grazie mille a chi ha recensito, tre angeli davvero.

Ci piacerebbe ricevere qualche parere in più, ma grazie comunque anche a chi legge solamente :D

 

 

Al prossimo capitolo.

Jessy e Grè-

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Chapter #02. pt 1 ***


bananissima

Water Eyes.

 

 

 

Chapter #02.

 

 

Part 1.

 

 

 

 

 

-Kurt, smettila di fare l’egoista!-

Quella frase gli rimbombava ancora nel cervello, nonostante ormai fosse abbastanza lontano da casa per impedire a suo padre di continuare a ripeterglielo come una lenta litania.

Diede un calcio ad un sassolino, affondando il naso nella sciarpa con un sospiro sconsolato.

Lui non era egoista.

Solo, teneva troppo a Blaine per non lasciarsi sfuggire quel dettaglio…. Ovvero che Rachel non faceva la doccia poi così frequentemente. O che rubava i frutti dai carichi che arrivavano a Potawatoi ogni giovedì sera.

Ok, forse aveva mentito. Su tutto.

Ma non era comunque egoista.

Pretendeva solo che Blaine lo portasse, come ogni sera, a fare un giro in moto. Era il loro rituale, e non gli importava se aveva un appuntamento con Miss Nana Berry.

Dio, se avessero mai avuto dei figli sarebbero stati così bassi da…

Ok, ok…. Forse era un po’ egoista.

E molto sconsolato, di quello ne era certo…

Ma cosa ci trovava in lei?

Non aveva nemmeno un bel naso!

O forse, forse era l’età? Insomma una ragazza più grande intriga sempre i ragazzi e Rachel era più grande di Blaine di un intero anno e mezzo.

Scacciò una pietra con la punta dei suoi pulitissimi e lucidi stivali neri, mettendo le mani nelle tasche della sua giacca leggera.

Oppure era la maturità che cercava Blaine e Rachel era l’unica ragazza con un portamento quasi decente in tutto il villaggio.

Ovviamente quando non si metteva al centro della piazza a fare monologhi egocentrici su sé stessa.

Il ragazzino sospirò e dentro il cuore, la vaga speranza che Blaine mollasse quell’appuntamento e corresse da lui per il solito giro in moto e magari rivelandogli di essersi perdutamente innamorato di lui e che Rachel Berry era sono uno sbiadito ricordo che presto sarebbe diventato fumo.

“I sogni sono per gli illusi, Kurt…” borbottò a voce alta.

Incassò il capo tra le spalle, mentre una breve brezza notturna gli scompigliava i capelli. Iniziava a fare freddo, il sole era del tutto calato oltre il monte principale e presto la tenue luce del tramonto inoltrato si sarebbe eclissata lasciandolo solo con se stesso e la punizione che lo aspettava per essersi allontanato da casa senza nemmeno avvisare.

Cosa poteva levargli suo padre, infondo?

La sola cosa che davvero lo appagava era andare ai corsi la mattina, visto che non poteva allontanarsi dalla Tribù fino al raggiungimento dei fatidici diciotto nemmeno per fare la pipì in mezzo al deserto.

Non che volesse farlo, decisamente non ci teneva…

Per il resto passava dalla sua microscopica stanza, alla cucina con Carole, all’officina di suo padre dove, se aveva fortuna, beccava Artie che manovrava con dei vecchi motori per mettere appunto qualcosa che, a detta sua, avrebbe rivoluzionato tutto lì dentro.

E se prima che Rachel Berry attirasse l’attenzione del suo amico, non vedeva l’ora che arrivasse la sera per passarla con Blaine e sentirsi libero, ora non faceva altro che buttarsi sulla sua brandina e aspettare con un groppo in gola l’arrivo del giorno.

Aveva quindici anni e nessuna chance, considerando quanto fossero diversi lui e Rachel, forse non caratterialmente, (Kurt non avrebbe mai ammesso di essere un minimo egocentrico) Blaine mai lo avrebbe guardato con occhi diversi.

Sentirsi considerato il fratellino minore era molto più che avvilente.

Era uno strazio.

Girovagò a vuoto per lunghi minuti, scambiandosi deboli saluti con alcuni membri dei Warblers che passeggiavano armati, ma piuttosto sereni.

Sperava un giorno di potersi unire a loro e sentire finalmente di valere qualcosa.

Ma era ancora troppo immaturo.

Hey signorina, non è un po’ tardi per portare a spasso le tue sottane?”

Kurt si voltò lentamente, squadrando con supponenza quell’orango di Karofsky.

Ovviamente, quello che aveva detto, non aveva alcun senso.

Di certo non era una novità.

“Tu invece hai deciso di staccarti da quelle di tua madre?” Sapeva che si sarebbe unito ai Titans, era questione di giorni ormai, aveva dato l’annuncio al capo Clan e, quando Kurt lo aveva scoperto, aveva fatto i salti di gioia.

Il solo raggio di sole nelle sue giornate deprimenti.

Erano anni e anni che quel tipo lo bistrattava, gliene diceva e faceva di ogni e scoprire che finalmente se ne sarebbe andato unendosi alla colonia dei decerebrati del nord…. Lo rendeva davvero felice.

Di più.

Sollevato.

Dave fece un paio di passi verso di lui, guardandolo con i piccoli occhi porcini ridotti a due fessure “Sentimi bene, fiorellino…. Non farmi irritare perché sono sempre in tempo a rifarti il naso come quello di Duvall!”

Kurt roteò gli occhi al cielo “Credi di spaventarmi?!”

Era piuttosto seccato a dirla tutta, voleva che se ne andasse immediatamente e che lo lasciasse gioire di quella decisione in santa pace.

“Oh la bambolina ha tirato fuori le unghie!” lo scimmiottò, avvicinandosi a Kurt talmente in fretta che il ragazzino quasi cadde a terra per fare qualche passo indietro.

“Ho finalmente capito perché ti unisci a quella banda di bifolchi! Almeno avete la stupidità da condividere!”

A Karofsky non andò giù quell’ultimo commento e fu ancora più veloce a spintonare Kurt fino a farlo cadere a terra.

“Se ci tieni alla pelle Hummel, evita di mancarmi di rispetto!” lo avvertì, mostrandogli i pugni.

Kurt si rialzò, spazzolandosi i vestiti con disappunto. “Io non prendo ordini da nessuno.” Esclamò a testa alta, pronto a ricevere un pugno in faccia.

“Perfetto, sarà una gioia lasciarti, come mio ricordo, i connotati nuovi!” alzò il pugno, e subito Kurt strizzò gli occhi, pronto ad incassarlo.

Era arrabbiato con tutti, in particolare con suo padre che non capiva, con Blaine che non capiva e con se stesso…. Che aveva capito fin troppo.

Trattenne il fiato, nell’attesa di quel gancio che non gli arrivò mai.

“HEY!” la voce acuta ed immatura di un ragazzo arrivò alle orecchie di Kurt, facendolo sospirare sollevato “Montagna di ciccia, fai tre o quattro mila passi indietro!”

Karofsky esplose in una risata sarcastica “Se no che mi fai, ragazzino? Chiami il tuo papino o il fratellone? Sloggia Harwood, non è giornata!”

“Non è mai giornata con te in giro, sacco di vomito!” Kurt guardò Thad frapporsi tra lui e Dave con arroganza “Non ho bisogno di mio padre o mio fratello per farti il culo!”

“Non credere che solo perché sei della famiglia del Capo Tribù non possa romperti le gambe!” replicò spazientito il più grande “Aria, lattante, non farmelo ripetere!”

Certo, Thad era piccolo di statura, molto più piccolo e gracile di qualsiasi altro quattordicenne di Potawatoi, ma sapeva già il fatto suo. Sorrise sarcastico, portando una mano sulla fibbia della cintura e guardando con aria di sfida Karofsky “Sai? Secondo me non hai le palle di fare niente…

“Ah si? Vedrai piccolo pezzo di…” avanzò di un paio di passi verso di lui, alzandosi le maniche della giacca. Prima di arrestarsi di colpo, appena vide la pistola nella fondina che Thad aveva alla vita e che, gentilmente, gli aveva mostrato prima di estrarla, spostando la giacca di lato “Oh, andiamo…. Non vorrai farti male con quella, ragazzino”

Thad lo guardò con un sorrisetto compiaciuto che avrebbe fatto saltare i nervi anche ad un santone Indù “Ti dirò, Karofsky…. La so usare anche parecchio bene. Ergo, non sarò io a farmi male… molto male.”

Kurt face scorrere velocemente i suoi occhi celesti da una parte all’altra, un po’ confuso, ma lievemente tranquillo.

Thad, non fare idiozie, lascialo andare.” Esclamò Kurt, afferrando un lembo della sua giacca di pelle, cercando di convincerlo con uno dei suoi più significativi sguardi.

“Lo lascerò andare solo quando avrà camminato sulle mani fino all’uscita!” ringhiò Thad, togliendo la sicura dalla sua rivoltella.

Kurt poté sentire, distintamente, David che deglutiva pesantemente, senza però privarsi di quell’espressione assassina che gli attraversava il volto.

“Tu sei ancora qui?” strillò Hummel, in preda a una crisi isterica. “vattene idiota!”Fu questo che riscosse David che con un’ultima occhiataccia si diresse verso le porte della città, con la testa incassata nelle spalle.

“Bravo vattene, faccia di merda!” urlò Thad nella sua direzione facendo, sussultare Kurt.

“Ora puoi rimetterla a posto.” Commentò il quindicenne, fissando con terrore come Harwood giocasse allegramente con la pistola, rigirandosela nella mano.

“Kurt certo che però rompi” borbottò Harwood, rimettendo a posto l’arma e guardando l’amico con gli occhi color nocciola velati di disappunto “Potevamo vederlo camminare sulle mani! Ti rendi conto? Magari si cappottava pure….”

Kurt roteò gli occhi “Dovremmo parlare di quella” disse indicando la pistola dentro al fodero “…. E magari anche del tuo vocabolario aulico. Ultimamente ti dai troppo alle licenze poetiche”

Thad sbuffò “Scusa, mamma” disse sarcastico, camminando fin verso alle mura laterali alla città e appoggiandosi su di esse “Che ti importa di come parlo, scusa?”

Kurt si appoggiò accanto a lui, guardandolo dolcemente “Un giorno sarai il Capo qui, ti conviene mantenere un po’ di dignità fino ad allora…

“Ci sono mio padre e Adam, prima di me…

“La vita è imprevedibile…. Chi lo sa, magari sarai tu il Capo qui, tra qualche anno”

Thad sorrise amaramente. “Non ci tengo, preferisco aspettare più tempo possibile.” Confidò. “A volte sento mio padre e mio fratello parlare di tattiche e guerre e… non è esattamente la vita che vorrei fare.”

“Ma sei costretto…” concluse Kurt per lui, guardandolo comprensivo.

Thad sospirò e accennò un sorriso più allegro.

“Allora, perché sei in giro a quest’ora? Di solito non sei in sella alla moto di Anderson?”

Il ragazzino s’imbronciò e incrociò le braccia al petto. “Anderson è troppo impegnato a gironzolare intorno alle gonne sciatte delle Berry per dare attenzione al sottoscritto.”

Harwood ridacchiò divertito. “Sbaglio o è una nota irritata quella che sento nella tua voce?”

Kurt rimase in silenzio per alcuni istanti, poi si voltò verso Thad guardandolo attentamente “Noi due…. Siamo amici da quando abbiamo iniziato a parlare, giusto?”

Thad sospirò “Oddio, sento che sta per arrivare un discorso alla ‘caro diario’…”

Il più grande dei due si offese, facendo per andarsene “Perfetto, allora stattene qui da solo con la tua rozzaggine!”

Harwood lo prese per la manica della giacca rossa, facendolo ruotare su se stesso “Scherzo, scemo… Dai, dimmi cosa c’è che non va…

Kurt non sapeva se voleva dirglielo sul serio. Non aveva paura che lo dicesse in giro, Thad era sempre stato una tomba per quel che riguardava i loro segreti… E ne avevano tanti, anche se la maggior parte erano banalità.

Prese un respiro, alzando gli occhi verso le stelle.

“Non farlo” disse sottovoce Harwood attirando la sua attenzione.

“Fare cosa?”

“Parlare alle stelle” Kurt rimase senza parole “Quando usciamo la sera e saliamo fino al versante ovest del monte per guardare la luna tu smetti di parlare con me e ti metti a parlare alle stelle… Ignorandomi”

“Chi ti dice che parlo alle stelle?”

“Beh, in quei momenti non hai occhi che per loro…. E io odio i silenzi”

Kurt annuì lievemente, abbracciandolo stretto.

“E’ quasi impossibile non osservarle, sai? Sono così belle da lassù che mi tolgono il fiato…

Thad sorrise e appoggiò la testa sulla spalla dell’amico.

Era una cosa che non faceva proprio con tutte le sue amicizie, Kurt era solo l’eccezione alla regola perché, beh, era Kurt.

Sono sempre stati insieme fin da quanto Thad aveva memoria e lo considerava il suo migliore amico, anche se a volte Kurt preferiva  chiacchierare di abiti con Mercedes Jones, ma quando erano soli, avevano a disposizione tutto un mondo a parte da condividere.

E la maggior parte delle volte erano confidenze che il ragazzo non riusciva a raccontare a nessuno.

“Mi dici che c’è che non va?” chiese nuovamente. “giuro che ti ascolto senza fare battutine, come mio solito.”

Kurt fece un lungo sospiro, ma non parlò subito.

Thad dovette aspettare almeno un minuto o due, prima che l’amico si decidesse a tirare fuori il rospo.

Io… Credo di essermi preso una cotta…. Oh, al diavolo!” Kurt si staccò da Thad, tornando ad appoggiarsi al parapetto di dura roccia delle mura “Io credo di essere innamorato di Blaine, e questa storia di Rachel mi sta facendo impazzire!”

Thad rimase un attimo in silenzio, mentre le sue labbra si schiudevano in una 'O' perfetta per sorpresa. Kurt era certo che non lo avrebbe mai giudicato male, ma per un attimo si fece prendere dal panico.

L’espressione di Harwood non sembrava rasserenarsi.

“Quindi tu sei…. Voglio dire, a te piacciono…

Hummel annuì piano, tenendo gli occhi sgranati nei suoi “Credo di sì…. Anzi, ne sono certo”

Oh…

Già…

Passarono alcuni minuti di silenzio totale, nei quali Kurt si ostinava a fissare sotto alle mura quello che sembrava uno schifosissimo scorpione del deserto che si contorceva su se stesso, domandandosi perché si fossero estinte tutte le creature eccetto quelle più brutte e schifose.

Non gliene fregava nulla, ma doveva spostare la mente altrove.

Thad invece fissava assente il pavimento sabbioso, prima di riprendere in mano la situazione. Aveva cercato le parole giuste per istanti infiniti, ma aveva deciso di prendere tutto il tempo necessario per non ferire l’amico “Senti Kurt” disse di punto in bianco, serio “Tu per me puoi amare le donne, gli uomini, le moto o qualunque altra cosa. A me non cambia, davvero…” gli sorrise “E, detta in modo non del tutto carino, me l’aspettavo”

Kurt lo guardo sorpreso “Sul serio?”

“Beh, contando che non guardi mai le ragazze ma ti piace un sacco fare la doccia dopo aver fatto il percorso ad ostacoli della Beiste, nell’ora di educazione motoria…” Kurt gli diede un pugno sulla spalla, arrossendo vistosamente “Ahia! Io sono solo onesto!”

“Sono solo una persona pulita, che ci tiene alla propria igiene personale.” Ribattè, facendo ridere Thad per il modo in cui era arrossito.

“Ah, Hummel, sei proprio adorabile!” lo prese in giro, senza però smettere di sorridere. “cosa intendi fare con Blaine?” chiese, tornando improvvisamente serio.

 

Kurt scosse le spalle. “continuerò a sognare, finchè non sarò consumato d’amore!” rispose, agitando le braccia in modo teatrale.

“Hai proprio voglia d’intraprendere la strada dell’autodistruzione!” esclamò Thad, ma questa volta Kurt rise.

“Forse sì, ma ho ancora tutta la vita davanti…” commentò. “chissà, forse gli faccio cambiare idea!” e con una risatina portò lo sguardo sulle stelle, molto più lontane, ma non per questo meno luminose.

Forse non era ancora arrivato il momento di perdere le speranze.

Una consapevolezza colpì Kurt come una freccia in mezzo agli occhi “Cielo, mio padre mi ucciderà!” disse portandosi una mano ai capelli e guardando Thad disperatamente “Sono andato via più di un’ora e….Mi ucciderà!”

Harwood gli sorrise “Forse allora ti conviene tornare…. Noi ci vediamo domani mattina al corso di tecniche”  Kurt gli sorrise salutandolo e, appena il più grande dei due si fu avviato, ritornò ad appoggiarsi con i gomiti al parapetto, guardando in alto e cercando di capire cosa mai ci trovasse Kurt in quell’ammasso di lampadine, lassù….

Come se gli avesse letto nel pensiero, Hummel si voltò, richiamando la sua attenzione e sorridendogli dolcemente “Comunque non parlo con le stelle” disse con voce vellutata, alzando un attimo lo sguardo prima di ripuntarlo in quelli di Thad. In quegli occhi azzurri Harwood riuscì a vedervi come se ogni stella del cielo fosse riuscita a specchiarsi “Io sono convinto che ci lascia possa ancora, in qualche modo, vegliare su di noi…. Lassù penso ci sia la mia mamma…. È più facile parlare a lei che a chiunque altro perché so che, infondo, sa già tutto perché mi osserva….” Abbassò gli occhi, imbarazzato “So che è stupido ma…

“Non è stupido” lo corresse velocemente Thad, guardandolo affascinato.

Kurt sorrise, grato “ ‘Notte, Thaddy

“ ‘Notte Kurtie…

 

~°~°~

 

Una saetta bionda passò trotterellando per gli uffici della SC, spingendo da parte carrelli pieni di documenti e persone.

Mentre le carte svolazzavano per la stanza e gli impiegati digrignavano i denti per il disappunto, la giovane ragazza continuava infaticabile la sua corsa fino all’ascensore.

Doveva scendere al Livello Sette, andare da Sue e darle la miglior notizia che chiunque avrebbe mai potuto darle.

Era ufficialmente la padrona della Terra.

Corse a perdifiato finchè, finalmente, non fu davanti alle porte dell’ufficio della Sylvester. Fece il riconoscimento, senza smettere di saltellare e trattenere urletti impazienti.

Appena le porte si aprirono, Becky scattò all’interno, senza smettere di sorridere.

“Signorina Sylvester!” strillò e raggiunse in poche falciate la scrivania della donna, intenta a scrivere con entusiasmo su un rozzo porta appunti.

Becky.” La salutò. “sento odore di novità uscire dalle tue ghiandole sudorifere.”

La ragazzina rimase un attimo interdetta, ma non perse il sorriso.

“Grandi novità!”

Sue smise di far finta di controllare delle carte e dedicò tutta la sua attenzione a Becky, guardandola seria da dietro gli occhialetti dalla montatura leggera “E, di grazia, di cosa stiamo parlando?”

La biondina appoggiò le mani all’alta scrivania “Schuester…

“Ha scoperto che tutti gli oggetti che perde sono facilmente rintracciabili grazie ad un’attenta ispezione del suo cuoio capelluto?”

“No, ha terminato l’esperimento” rispose tutto di un fiato la ragazzina, notando una scintilla brillare negli occhi della donna “Mi ha mandato Miss Holliday ad avvertirla che sono pronti a mostrarle il risultato, garantendo che è un successo…

 Becky… Prendi il vino di Alfa80…. E versalo nella vasca. Quando torno voglio farci il bagno dentro per festeggiare.”

Becky obbedì e uscì dalla stanza saltellando.

Sue trattenne un ghigno soddisfatto e si diresse verso l’ascensore, situato dall’altra parte della stanza.

Era un congegno fatto d’intero vetro e che portava direttamente nell’ufficio di William Schuester.

Non dovette attenere molto e poi secondi dopo stava già calpestando il pavimento bianco e liscio della stanza.

Schuester aveva il capo chino su alcune carte e non sembrava averla sentita arrivare, ma Holly, intenta a inserire dei dati al computer, fu la prima a notarla, esibendosi in un sarcastico inchino.

“William!” tuonò la donna, facendo trasalire il povero scienziato che sì voltò verso la Sylvester.

“Sue.” Disse, il volto contratto dal rimorso. “sei già arrivata.” Non andava fiero di quello che aveva fatto e se fosse stato un altro tipo di scienziato avrebbe gioito e si sarebbe complimentato con sé stesso, per quell’esperimento riuscito.

Ma William provava solo rimorso e ribrezzo.

“Oh andiamo, non fare quella faccia” Lo schernì la donna, appoggiandosi con un gomito alla superficie liscia del tavolo “Quando ti ho chiesto di farmi quelle due bestioline ti ho promesso che le avrei nutrite tutti i giorni e portate a fare i loro bisognini nel deserto… E la promessa è ancora valida….”

Schuester la guardò duramente “Non prenderti gioco di me, Sue...”

“Se no che mi fai? Aizzi i nanetti che fabbricano biscotti tra i tuoi ricci contro di me? Piuttosto…” La donna si raddrizzò guardandosi attorno “Non li vedo, dove sono?”

Holly fece un passo avanti “Se mi permette glieli mostrerò io…

“Oh, allora anche tu servi a qualcosa. Pensavo fossi solo arredamento…

Sue la seguì, mentre Miss Holliday tratteneva a stento una risatina cristallina, camminando lungo tutto il laboratorio fino ad una stanzetta, infondo ad esso.

Aprì la porta con lentezza, facendo fremere la magnate d’aspettativa.

Holly le rivolse uno sguardo e con un gesto della mano la invitò ad entrare.

“Le sue creature, Miss Sylvester.”

Sue le lanciò una lunga occhiataccia, prima di superarla ed entrare nella stanza.

Trattenne il fiato, quasi soggiogata dalla perfezione e dalla perfetta riuscita di quell’esperimento.

Le creature, le sue creature, erano rinchiuse dentro lunghe capsule di vetro, immerse in un liquido trasparente.

Mai si era sentita più potente, come in quel preciso momento.

Schuester!” chiamò, e con lentezza pacata e muta rassegnazione lo scienziato si alzò raggiungendo la donna “Ti inviterei nella vasca con me se non avessi paura che potessi trasformare il mio vino in aceto” disse rapita, appoggiando una mano alla superficie della capsula “Sono… Perfetti.”

Schuester li guardò tristemente, infilando le mani nelle tasche del camice, consapevole di quella perfezione.

E consapevole di aver tradito troppe persone permettendo quello scempio….

Mentre osservava la Sylvester gongolare e fare progetti ambiziosi, troppo persino per lei, chinò il capo verso il basso cercando una via di redenzione.

Naturalmente, non esisteva.

 

 

~°~°~

 

 

Erano passate circa due settimane dal ‘Triangolo di Susqanna’ e tutto sembrava tranquillo.

Forse eccessivamente tranquillo, tanto che qualcosa non tornava a Flint Wilson.

Si guardò attorno, osservando con attenzione la porzione di deserto che rientrava nel suo campo visivo, prima di saltare su una piccola duna e acquattarsi.

Niente in vista.

Scese dalla duna con una piccola capriola, rotolando sino a terra e prendendo la pistola dalla fondina.

Ancora niente.

Sorrise beffardo “Niente sfugge a Flint, la Volpe del Deserto…

“Che fai piccolo?”

Un colpo partì dalla pistola, mentre Wilson sussultava violentemente “Jeff, sai che odio quando mi arrivi alle spalle!”

Jeff scrollò le spalle e affondò le mani nelle tasche dei pantaloni. “Di solito non ti lamenti.” Borbottò e Flint sollevò la testa verso il ragazzo, incenerendolo con lo sguardo.

“Questa era squallida.” Lo liquidò, sistemando la pistola della fondina prima che partisse un altro colpo, non del tutto accidentale, verso il suo biondissimo fidanzato.

 “Non mi hai detto che stai facendo.” Cambiò discorso, inginocchiandosi vicino a Flint.

“Preparo dei biscotti.” Esclamò seccato. “secondo te? faccio il mio lavoro!”

“Okay scusami se ti ho disturbato…” Jeff incassò la testa nelle spalle e si rialzò.

Il viso di Flint si raddolcì e sorrise. “Torna qui, stupido.”

Sterling non se lo fece ripetere due volte e, sospirando, si lasciò cadere sul sedere accanto al morettino “Piccolo, posso farti una domanda?” chiese, guardando Flint con gli occhi cangianti lievemente socchiusi a causa del forte sole.

“Si, certo….”

L’espressione innocente che albergava sul viso del più giovane lasciò spazio ad un ghigno divertito “Da quando il tuo lavoro è fare il coglione rotolandoti tra la sabbia, con tanto di telecronaca?”

A quel punto fu Wilson ad alzarsi, ma il suo ragazzo lo trattenne, tirandoselo addosso e stendendosi sulla sabbia bollente “Sei davvero uno stronzo, Sterling”

“Io scherzo, sei tu che sei permaloso….” Replicò l’altro, accarezzandogli lentamente il viso e specchiandosi in quelle due enormi pozze di acqua limpida che aveva al posto degli occhi.

Il moro non riuscì a mantenere il muso per molto e si abbandonò a un sorrisetto. “Com’è che riesci sempre a spuntarla?” domandò, avvicinandosi a un soffio dalle sue labbra.

“Sono troppo carino per essere brutalmente martoriato.” Sussurrò Jeff in risposta.

Non ci fu nemmeno il tempo di replicare e le loro labbra si unirono in un dolce e profondo bacio.

Non importava se il sole picchiava con insistenza su di loro o che la sabbia entrasse nei loro vestiti o peggio che venissero presi da un gruppo di nomadi, perché la cosa importante era restare lì, magari per sempre.

Flint non voleva essere da nessun’altra parte, se non tra quelle braccia.

Con lentezza mirata, il biondo si tirò l’altro ancora più addosso facendogli divaricare le gambe e accarezzandogli lentamente le cosce.

Le mani di Flint accarezzarono lente il petto, prima di sfiorare con i polpastrelli il nervo del collo, percorrendolo tutto.

Quando Sterling approfondì ulteriormente il bacio, affondando le dita tra i soffici capelli corvini di Wilson dopo avergli sfilato il cappello, il bracciale metallico che teneva al polso emise due distinti ‘bip.bip’.

Flint si staccò, lievemente scocciato, mentre Jeff si raddrizzava per poter vedere chi lo cercava “È Nick…” disse leggendo sul display dopo aver premuto un paio di bottoni, con espressione corrucciata “Dice di aver bisogno di una mano a spostare delle cose…

A quel punto l’irritazione di Flint aumentò al punto tale che riservò al suo ragazzo una bruttissima occhiata. 

“Digli che sei occupato.” Ordinò, sollevandosi un poco.

Jeff tentennò e la pazienza di Flint arrivò al limite.

“Non posso è…

“Nick, certo.” Sbottò. “quando si tratta di Nick tutto passa in secondo piano.” Spostò Jeff di lato, dopo averlo spintonato e si mise in piedi, togliendosi la sabbia dai capelli fini.

“Smettila di dire stronzate, per favore.” Lo ammonì Sterling.

“No. Smettila tu.” Esclamò, puntandogli il dito contro. “sono… stanco di doverti divedere con lui e con tutto il resto, stanco di essere sempre quello che viene per ultimo nella tua vita.”

Jeff spalancò gli occhi e si alzò, avvicinandosi al fidanzato. “Tu vieni prima di ogni altra cosa.”

Flint rilasciò una risata isterica. “No, non è vero.”  Negò con il capo. “cazzo c’è sempre lui tra di noi. Nick e ancora Nick sempre Nick!”

Sterling lo fissò con gli occhi sgranati “Cosa blateri?”

“Smetti di prendermi per il culo, cazzo!” l’irritazione stava lasciando spazio ad un’ira funesta “Lo sanno tutti che avete una storia, persino il figlio di due mesi di Duvall! Non sapete nemmeno tenerle nascoste le cose, complimenti! Ma hai idea di quante persone state ferendo??”

Il biondo lo guardò con un’espressione senza dubbio colpevole “Io….” sospirò, facendo quello che gli era stato detto di fare. Negare fino alla morte “Io davvero non ti capisco e non so di che parli… Ora ho del lavoro da fare. A dopo”

Si alzò a sua volta, sentendo la sabbia fin dentro alle mutande.

Ma non si soffermò a pensarci, dando le spalle al suo ragazzo e camminando spedito verso le mura della città, arrivando addirittura a scappare quando superò una duna di sabbia che lo nascose alla vista di Wilson.

Flint si morse le labbra per evitare di scoppiare in lacrime e si portò le mani hai capelli, scompigliandoli a dovere.

Non gliel’avrebbe data quella soddisfazione, nonostante il suo cuore in pezzi stava urlando dal dolore.

Era così umiliante e il fatto che Jeff continuasse a negare era ancora più orrendo e squallido.

Non sapeva come quei due riuscissero a guardarsi allo specchio.

E onestamente non sapeva nemmeno come aveva fatto lui, a resistere a tutta quella situazione.

Forse amava Jeff così tanto da non importargli cosa facesse. Gli bastava lui, con o senza Nick. O forse lo amava troppo poco da non riuscire a prendere una posizione in quella storia.

Pensò alla moglie di Duvall, che forse ancora credeva di essere amata e desiderata e pensò a suo figlio e provò pena, esattamente come la provava per se stesso.

 

 

~°~°~

 

Una luce forte proveniva dalla stanza adiacente a quella in cui si trovava.

Qualcuno doveva aver lasciato aperta la porta, perché solitamente era immerso nella totale oscurità, eccezion fatta per un paio di neon azzurri parecchio rassicuranti, posti sopra alla grande capsula in vetro nella quale due settimane prima era nato, anche se non lo sapeva.

La luce lo disturbò al punto tale che, per la prima volta, aprì lentamente gli occhi, cercando di farli abituare da quello strano posto.

Chissà dove si trovava.

Chissà chi era…

Alzò lentamente una mano chiedendosi che diavolo fosse tutto quel liquido trasparente che lo circondava, tenendolo sospeso nella capsula.

Era tutto strano, confuso.

Aveva così tante domande in testa che iniziava a provare dolore.

Non gli piacque quella sensazione nuova, come non gli piacque nemmeno accorgersi che aveva degli strani tubicini sul viso, che entravano nelle sue narici.

Socchiuse per un attimo gli occhi, e li riaprì nuovamente, cercando di darsi delle risposte.

Girò lentamente il capo e osservò con curiosità un’altra creatura immersa nel suo stesso liquido.

Pareva ancora dormire, per niente disturbata dalla luce.

Richiuse nuovamente le palpebre che tremavano leggermente e rilasciò un sospiro.

 Era tutto così strano, così nuovo.

Sentiva degli impulsi, ma non sapeva cosa fossero.

Non sapeva e non ricordava nulla.

Avrebbe voluto ribellarsi e uscire da lì, ma rimase ad occhi chiusi.

Si riassopì in pochi minuti.

 

 

Continua…..

 

 

 

Nda.

 

Eccoci tornate!

Scusate il ritardo, ma i pezzi li scriviamo insieme quindi dobbiamo trovare il giusto equilibrio mentale insieme e Jessy ha iniziato la quinta liceo….

Ergo va a letto con le galline per alzarsi alle sei, e la cosa nuoce alla collaborazione!

 

In questo capitolo, come avrete capito, abbiamo un flashback iniziale del rapporto tra Thad e Kurt e lo sviluppo del piano di Sue (e una piccola scena Jint che vi fa capire che le cose non vanno benissimo per loro).

 

Una piccola nota: i personaggi hanno le stesse età degli attori che li interpretano. Questa scelta è stata fatta perché averli tutti della stessa età non rendeva credibile la trama….

 

Nel prossimo capitolo, la seconda parte del sue, abbiamo un altro flashback klaine e, finalmente, qual bello scossone alla storia :D

 

Grazie mille a chi commenta <3

 

Diteci cosa ne pensate, ci farebbe piacere^^

Un bacione

Jessy & Grè.

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Chapter #02. pt 2 ***


bananissima

Water Eyes.

 

Chapter #02.

 

 

 

 

Part II

 

 

Una terribile tempesta di sabbia si era abbattuta su Potawatoi, quel pomeriggio.

Per questo Blaine, nonostante il sole fosse già calato oltre il monte da un pezzo, non era ancora riuscito a rincasare. I danni non erano stati molti, ma la sabbia andava rimossa ed era compito dei Warblers aiutare la popolazione a fare ciò.

Il ragazzo riccioluto aiutò la signora Corcoran ad entrare in casa insieme alla piccola Beth, scavalcando un ingente cumulo di sabbia che si era depositava davanti all’uscio, promettendole che avrebbe lui stesso provveduto a rimuoverla non appena la calda luce solare avrebbe di nuovo scaldato la Terra.

La donna lo salutò con un sorriso caloroso e, tenendo appoggiata al fianco la bimba biondissima, chiuse il più possibile la porta. Non doveva aver paura, la Valle era sicura.

Si incamminò stanco verso casa Hummel, seriamente propenso a trovare riposo dopo una bella porzione di minestra calda, quando una voce lo fece voltare “Ma guarda tu il Fato…” Blaine si voltò lentamente, anche se non aveva di certo bisogno di vederlo per capire chi avesse appena parlato “Esco per una passeggiata e incontro proprio la persona che da mesi mi evita…

Anderson osservò la figura longilinea avvicinarsi con pacatezza, fino ad appoggiare alla parete affianco a loro.

“Non dovresti essere da Thad, Sebastian?” chiese secco.

“Thad più anche aspettare. O arrangiarsi… È dotato di mani come chiunque altro e il suo cicchetto serale può versarselo da se…

Blaine sollevò gli occhi al cielo, piuttosto irritato. “Hai seri problemi a rispettare le gerarchie e gli ordini.” Costatò, incrociando le braccia al petto.

“Cosa vuoi farci, io voglio tutto e subito.” Ribattè Sebastian, un sorriso spavaldo a incorniciargli il viso e Anderson represse il desiderio di levarglielo a suon di pugni“E non parlo solo di entrare a far parte del Clan…” il ragazzo si avvicinò di qualche passo, giusto per riuscire a toccare con la punta delle dita la giacca di pelle che Blaine teneva aperta sul petto.

“E’ un peccato che gente come te non vada tanto lontano.”

Sebastian per tutta risposta ridacchiò.

“Non mi hai dato il tempo necessario per farmi conoscere… fino in fondo.” Lo disse avvicinando le labbra all’orecchio di Blaine, percorrendone lieve il contorno.

Blaine, per giusta risposta, appoggiò entrambe le mani sul petto del più giovane spingendolo via da se “Non ti permettere di prenderti certe confidenze con me, chiaro?” disse risoluto “Non te lo concedo

“Non mi pare che avessi tanti problemi, il mese scorso…” ribatté l’altro, affatto scoraggiato, guardandolo con un sorrisetto lascivo “C’era una bella vista da sopra le mura... Ed è stata solo pura fortuna che Jeff non ci abbia scoperti…

Anderson sospirò, chiudendo un istante gli occhi prima di riaprirli guardando severo Sebastian “Quello è stato un errore, chiaro? Scordati di me, non voglio aver nulla di che spartire con uno come te, faccende del Clan a parte…” gli diede le spalle,  pronto per tornare a casa, ma quello che uscì dalle labbra del più giovane lo frenò.

“Starai ancora molto dietro a quel ragazzino? No, perché ormai sono quattro anni che l’hai seppellito ed è ora che ti svegli. Gli eroi romantici non vanno più di moda”

L’attimo successivo Blaine non gli stava più dando le spalle, ma lo afferrava per la maglietta spingendolo contro il muro tanto forte da fare riecheggiare il rumore nel silenzio della sera.

L’espressione del Warbler era un misto di ira e malinconia.

“Non azzardarti a nominarlo un’altra volta o ti spezzo il collo.”  La minaccia uscì come il bisbiglio di un serpente e Sebastian tremò un attimo, quasi d’eccitazione, mentre il corpo caldo di Blaine era premuto contro il suo. “Non voglio più sentirti parlare di Kurt in quel modo.” Lo strattonò per bene, fino a fargli sbattere la  testa contro il muro.

 Sebastian notò, oltre alla profonda collera, una tristezza infinita dentro quei occhi di miele e quasi ne venne risucchiato, finché Blaine non lo lasciò andare con un’ultima spinta.

Sebastian abbassò gli occhi,  sorridendo maliziosamente mentre Blaine faceva un paio di passi indietro “Non c’è bisogno di scaldarsi tanto… Non intendevo mancare di rispetto al tuo amichetto, non è il mio stile” Si sistemò la giacchetta di jeans lisa, prima di piegare la testa di lato e continuare a fissare il moro “Solo il passato è passato… E il presente non deve vivere in riflesso di ciò che è stato. Sembravi più intelligente…” Camminò lentamente verso di lui, appoggiandogli una mano al petto per poterlo accarezzare lascivamente “Pensa a quello che potrei offrirti…

Blaine sostò lo sguardo, non indeciso se cacciarlo a calci o buttarlo dalle mura, quando Jeff li interruppe.

“Ehm scusate” disse sbrigativo “Però c’è... C’è la messaggera delle Cheerio che vuole conferire con te, B

Il ragazzo annuì e si passò una mano fra i capelli, scompigliandoli ancora di più.

“Immagino che riprenderemo questa conversazione in un momento più opportuno…” commentò Sebastian, allegro. “A presto, Blaine.” Anderson si scostò bruscamente dal suo tocco e evitò accuratamente di guardarlo, tenendo il capo chino e colmo d’astio a terra, finché Sebastian non sparì dalla loro vista.

Jeff guardò l’amico preoccupato e gli posò una mano sulla spalla. “E’ tutto okay?”

“Sì Jeffrey, è stato solo uno scambio di divergenze.”  Il ragazzo parve crederci e Blaine tirò un sospiro.

Di certo non aveva voglia di rivelare il perché di quello scontro e la fortuna aveva voluto che fosse un ingenuo come Jeff a scoprirli.

Ricambiò il sorriso raggiante che il biondo gli stava regalando e sospirò nuovamente. “Forza, andiamo.” Commentò poi. “Non voglio far aspettare Lopez a lungo o da stronza si trasforma in arpia isterica!”

La ragazza la trovarono seduta sul cofano della sua cabrio bianca, appoggiata sui gomiti, mentre illustrava a Duvall come soddisfare una donna solo utilizzando l’enorme appendice che chiamava naso “Alla buon’ora” commentò acidamente guardando Blaine, mentre Nick si toccava pensieroso il naso “Devo proferire con te, nanerottolo

“Non puoi farlo qui?” domandò Blaine, appoggiandosi con entrambe le mani alle mura, impaziente di andarsene a letto.

Santana sorrise furbesca “Mi manda Quinn… Ha saputo da una fonte certa che i Titans attaccheranno la Sue Corporation durante il prossimo plenilunio… Ovvero la prossima settimana…”

Jeff e Nick si scambiarono uno sguardo stravolto.

Blaine si morse il labbro “Quanto certa è questa fonte?”

L’ispanica si passò una mano tra i capelli, sedendosi diritta “Molto più di quello che potete pensare… Ma se non mi credete non è un gran problema, no? Statevi qui a covare le vostre uova, gallinelle” Rise perfida “Io non ho tempo da perdere…. Riferisci quello che credi al tuo Capo”  concluse, scendendo con un movimento elegante dal cofano e salendo al posto di guida, mettendo in moto.

I tre la guardarono sgommare lontano, i fanali che illuminavano a giorno il buio del deserto di fronte a loro.

“Torno dentro.” Comunicò Blaine. “Vado a parlare con Thad. Sperando che non riversi tutta la sua rabbia su di me!” ironizzò.

Nick e Jeff lo guardarono allontanarsi per qualche secondo, prima rimettersi ai loro posti.

La notte era ancora lunga.

 

 

~°~°~

 

Con il capo reclinato all’indietro, la nuca appoggiata allo schienale di una vecchia poltrona lisa e le gambe stese sul parapetto di cemento, Thad osservava rapito la volta celeste

Lo faceva più o meno ogni sera, prima di andare a dormire.

Quando il buio calava su Potawatoi e tutti si ritiravano nelle loro umili dimore, lui terminava la cena con un bicchiere di qualche strano alcolico alieno (di solito scelto da Nick Duvall, considerato un vero intenditore visto che non esisteva pianeta  nelle vicinanze della terra sul quale non avesse vomitato almeno una volta), consumato poco fuori dalla sua grande casa.

Tanti anni prima, qualcuno di davvero importante per lui gli aveva raccontato di come le stelle fossero in realtà le persone care che li avevano lasciati e che, da lassù, continuavano a guardarli e a vegliare su di loro.

Thad sorrise lievemente, alzando il bicchiere verso l’alto come per fare un brindisi immaginario prima di buttare giù quella bevanda forte e sentirla scendere fino allo stomaco, bruciandogli la gola e pizzicandogli gli occhi.

Si portò una mano alla bocca mentre un paio di colpi di tosse lo scuotevano appena, poi tornò a rilassarti socchiudendo stancamente gli occhi.

Credeva davvero a quello che Kurt gli aveva detto, nonostante fossero solo due ragazzini.

Pensava che realmente suo padre e suo fratello lo guardassero da là su, indirizzandolo verso le giuste decisioni e facendogli forza. Magari si sarebbero anche sentiti fieri di lui, prima o poi. Lo avrebbero guardato con fierezza, ritenendolo un grande Capo…

Poi ci dovevano essere anche tutti i ragazzi che se n’erano andati lassù, i padri di famiglia che non erano mai tornati da moglie e figli, coloro che erano stati spazzati via dalla pestilenza aliena….

E poi c’era lui.

Thad aveva paura di essersi ormai dimenticato di come fosse Kurt. Non riusciva più a distinguere nella sua mente con esattezza le sfumature di azzurro, verde e grigio che aveva nelle iridi, anche se ricordava che erano chiarissime e luminose.

Non ricordava più il suono della sua voce o che espressione assumesse quando fosse arrabbiato. Non ricordava il suo colore preferito o il modo in cui portava i capelli….

Eppure l’immagine di loro due da bambini lo tormentava ancora, soprattutto in quei momenti di profonda meditazione introspettiva.

Lo aveva considerato il suo migliore amico per anni e anni, fino a che non era arrivato Anderson e il loro tempo insieme si era accorcia da ‘tutto il giorno’ a ‘qualche volta’ a ‘raramente’.

Quando Kurt era morto il peso di una feroce consapevolezza lo aveva del tutto atterrito: la causa del loro allontanamento era solo sua e avrebbe dovuto conviverci a vita.

Sospirò pesantemente, chiudendo gli occhi per un istante, cercando di ricordare come fosse il suo melodico della sua risata, della sua voce….

Ma suonava lontana, come dal fondo di un pozzo.

-C’è sempre qualcuno che ti ascolta e veglia su di te da lassù, Thaddy…-

Riaprì gli occhi scuri, piantandoli di nuovo nel cielo nero.

“Mi stia davvero ascoltando ora?” sussurrò pallidamente.

“Cosa hai detto, capo?”

Il ragazzo sussultò, rischiando di cadere a carponi a terra “Sebastian! Ma ti pare il modo? Arrivarmi alle spalle come un ladro??

Il ragazzo lo raggiunse, affiancandosi a lui “Dovremmo parlare, non ti pare?”

“Parlare di cosa?” chiese scocciato Harwood.

“Di me” la buttò lì l’altro “Non faccio altro che servirti alcolici e portarti i pasti, credo di meritare anche io una chance per entrare ufficialmente nel Clan” disse vagamente irritato, mantenendo però un tono ossequioso.

“A parte il fatto che prima non ti sei presentato e che mi sono servito da solo…” disse Thad, alzandosi e appoggiando il bicchiere ormai vuoto sul parapetto “Sei ancora molto giovane, sei realmente convinto di essere pronto per montare su una motocicletta?”

“Sì” replicò deciso Sebastian, fissandolo con espressione risoluta.

“Dovrò pensarci, e poi…” dei passi veloci su per le scale di pietra lo distrassero, e appena Blaine apparve avvertì il più giovane agitarsi appena accanto a lui. Non ne comprese il motivo e non lo chiese nemmeno “Che ti prende, Anderson? Vuoi anche tu qualcosa, tipo, non so, fermargli nuovi per la tua coda da pony?

Blaine non lo ascoltò quasi “I Titans” disse affannato, appoggiandosi con le mani alle ginocchia mentre si chinava appena in avanti, stremato dalla corsa. Questo bastò per attirare a pieno l’attenzione di Thad che si fece serio “Attaccano la SC, al prossimo plenilunio…

Harwood fece un paio di passi, lasciando che la mantella scura svolazzasse nella fredda aria notturna “Bastian, vai a chiamare Wes e David… Attaccheremo anche noi.”

 

 

 

~°~°~

 

Santana scesa dalla sua decapottabile con un balzo elegante, aggiustandosi le pieghe della gonna e alcune ciocche di capelli mosse dal vento. Rivolse lo sguardo all’accampamento dei Titans con una smorfia di disgusto e prima d’incamminarsi all’interno, si abbassò ancora un poco la maglietta per esaltare la curva morbida del suo seno.
Non avrebbe potuto fare altrimenti, davanti ai quei bietoloni l’unica cosa che serviva era pelle nuda e sfrontatezza, e Santana ne aveva da vendere.
Sam Evans stava di guardia, giocherellando con una rivoltella e poco distante da lui un enorme omaccione con la testa incassata nelle spalle e gli occhi chiusi.
Santana ancheggiò verso di loro, lentamente e i suoi passi leggeri sul terreno scricchiolante attirò l’attenzione di Sam, che rimase un attimo sconcertato dalla nuova arrivata.
Si alzò in piedi e l’affrontò, rimettendo la sua pistola nella fondina. “Cosa fai tu qui?” domandò, senza preoccuparsi di lasciarle addosso l’impronta del suo sguardo voglioso.
“Voglio parlare con il Re degli Stupidi.” Rispose la ragazza, incrociando le braccia al petto. “Ora.”
Il biondino rimase a fissarla per un lungo attimo, remore della loro breve ma torbida relazione.
“Cos’è Evans, il Capo ha mandato a chiamare la sua puttana?” l’omaccione, aveva aperto gli occhi e fissava Santana con un sorriso di sfida.
“Shane, falla finita e chiama Finn per darmi il cambio, accompagno Santana da Karofsky.” Esclamò Sam, trattenendo per i fianchi la Cheerio, che soffiava, peggio di un gatto, verso il grosso Titan.
Evans accompagnò la mora all’interno dell’accampamento, solo quando Hudson si sedette al suo posto in guardiola.
La sfilata di Santana fra i Titans fu motivo di soli fischi e urla, accompagnati da allusioni sessuali così squallide che la mora si limita a guardarli con sufficienza, offrendo loro tutto quello che il suo corpo aveva da mostrare, e stampata in faccia un’autentica espressione strafottente.
Non era minimamente nascosta l’alleanza, se così si poteva chiamare, fra le Cheerio e i Titans.
Ed era più che risaputo che fra loro c’erano più scambi di fluidi corporei che informazioni strettamente connesse alla guerra dei Clan.
La carne è debole, pensava Santana.
Sam l’accompagnò fino al rifugio che Karofsky chiamava reggia, e parlò per un breve momento con Azimio, braccio destro del capo, che rientrò nella grotta, per riuscire qualche minuto dopo. Non parlò, ma fece un veloce gesto del capo che Santana interpretò con un via libera.
Salutò con un mezzo gesto della mano Sam ed entrò nel covo di David.
La grotta era immersa nella semioscurità ed emanava un forte puzzo d’umido.
Santana storse il bel nasino per il disgusto.
“A cosa devo l’onore, dolcezza.” L’accolse David, spaparanzato su un divano di pellicce di animali.
“Prima di tutto non sono una dolcezza e secondo, alzatati panzone ho una novella.”
Il Titan non perse il sorriso e con un buffo movimento si alzò, facendo un profondo inchino. “Noto con dispiacere che non abbiamo le stesse intenzioni, Lopez.”
“Noti benissimo Karofsky.” Rispose lei, graffiante e sprezzante.
“Allora dimmi cosa cazzo vuoi e sparisci.”
Santana assunse un ghigno e si avvicinò sensualmente a David, toccandogli le spalle e parlandogli direttamente nell’orecchio. “Stammi a sentire, scarto sociale, quei cervelloni dei Warblers attaccheranno la Sue Corporation il prossimo plenilunio.”
La reazione di Karofsky fu prevedibile.
Assunse un’espressione di pura ira sul volto, respirando affannosamente e scrocchiando le nocche delle mani come se volesse stritolare uno ad uno, i componenti del clan dei Warblers.
“Ne sei certa?” domandò.
La ragazza si limitò ad annuire. “La fonte è una tra le più sicure di tutta la zona.”
David rimase un attimo pensieroso, indeciso sul dal farsi. “AZIMIO!” tuonò. “riunisci tutti i Titans. IMMEDIATAMENTE.”
Il ragazzone di colore, accorso di fretta, annuì e sparì nuovamente, mentre Santana ridacchiava fra sé e sé. Accarezzò la giacca rossa del capo Titans e sorrise morbidamente. “Ora che il mio compito è finito posso anche andarmene.”
Lo salutò con un fluido movimento di dita e uscì ancheggiando.
Sam era ancora lì, ad aspettarla. “Non ti scomodare, Bocca da Trota, conosco la strada.”
Era stato semplice.
Più semplice di quanto si era immaginata.
D'altronde era scontata la loro reazione.
Quinn, pur non avendo accettato le condizioni di Sue, aveva fatto in modo che i due Clan si mettessero uno contro l’altro e che durante l’ultimo plenilunio del mese, si incontrassero alla Sue Corporation per una battaglia all’ultimo massacro.
I Titans e i Warblers erano troppo stupidi per non capire la trappola innescata da Quinn e Santana, per una volta, non aveva contestato alle sue decisioni.
Non vedeva l’ora di godersi la tragica fine dei due Clan e la rinascita e rivincita delle Cheerios.

 

~°~°~

 

Ancora una volta Kurt si apprestava a guardare un tramonto in solitaria, seduto nella parte più alta di tutto l’accampamento. Il sole non era più cocente come la stagione passata e Kurt riusciva benissimo a scrutare l’orizzonte senza morire di caldo.

Calciò un sassolino con la punta del piede e lo sentì ruzzolare a terra fino a fermarsi davanti a un paio di pesanti anfibi coperti di lacci allentanti.

Il ragazzino sollevò o sguardo fino ad incontrare gli occhi sorridenti di Blaine.

“Cosa ci fai qui da solo?” chiese, avvicinandosi per sedersi al suo fianco, giusto ad un soffio da lui.

Kurt sentì il cuore premersi in una dolorosa morsa che, nonostante, l’intensità, non lo sorprese affatto. Erano all’ordine del giorno, oramai.

Bastava un minimo di vicinanza e sembra che il suo corpo dovesse prendere fuoco.

Cercando di ostentare una certa nonchalance accavallò le gambe, sospirando pesantemente “Nulla…” rispose semplicemente.

Infondo era vero, non stava facendo assolutamente nulla.

Certo, non poteva dirgli che sperava di vederlo prima di cena, non sarebbe stato molto elegante contando che Blaine di certo era appena tornato da casa di Rachel, dove passava parecchio tempo nell’ultimo periodo.

A fare cosa, Kurt non voleva saperlo…. Era certo che semplicemente i suoi nervi non avrebbero mai retto allo stress.

Blaine si voltò di tre quarti verso di lui, lasciando che le loro spalle collidessero lievemente in una lenta carezza “Che ti prende?” chiese ingenuamente.

“Perché me lo chiedi?”

“Hai una faccia…”

Kurt alzò un sopracciglio “Questa è la mia solita faccia” disse acidamente “Forse non la riconosci visto quanto poco la vedi….” Aggiunse poi, incapace di fermarsi, mordendosi le labbra solo alla fine.

Aveva esagerato, lo sapeva.

Blaine però, non ribattè e continuò a guardarlo.

Era affascinato da un debole raggio di sole che colpiva il viso di Kurt, facendogli brillare gli occhi e la pelle diafana. Aveva l’aria di essere una di quelle creature meravigliose che aveva visto in uno dei libri di Kirk.

Allungò una mano come se volesse posarla sul suo viso e solo quando gli sfiorò la guancia con i polpastrelli ritrasse la mano come se si fosse scottato.

“Immagino di averti un po’ trascurato…” disse, serrando i pugni come se volesse trattenersi da fare altre stupidaggini.

Kurt, che era rimasto senza fiato pregando per quel tocco, sospirò affranto “Non è importante, è giusto che tu stia con…” Storse il naso “Con la tua ragazza…

Blaine ridacchiò divertito, facendolo voltare “Diciamo che Rachel non è la mia ragazza….” Disse passandosi una mano dietro al collo “Ci ho passato molto tempo insieme e… non è decisamente il mio tipo...

Kurt giurò di aver appena sentito suonare le campane a festa.

Lasciò scivolare gli occhi prima sulle gambe di Blaine, fasciate da jeans rotti in più punti, e poi a terra impedendosi di trattenere un sorriso.

La cosa non sfuggì all’occhio di Blaine che sogghignò. “Lo so che non ti è mai andata troppo a genio.”

Kurt giocherellò con la sabbia racconta ai suoi piedi. “Non è vero.” Mentì spudoratamente. “l’ho sempre trovata… Adorabile.” Sputò fuori, quasi come se stesse per avere un conato di vomito.

“In realtà è petulante, egocentrica e logorroica.”  Elencò Blaine, sospirando.

Kurt non potè fare a meno di gioirne, ma non si lasciò prendere troppo dalla contentezza.

“Perché dici così? Insomma ognuno di noi ha una qualità nascosta! Non vedo perché Rachel dovrebbe esserne sprovvista!” ribattè, senza avere il coraggio di guardarlo in faccia.

“Perché lei non è te, Kurt.” il sussurro che uscì dalle labbra di Blaine fu tra i più belli che il più piccolo avesse mai sentito.

Lentamente ogni fibra del suo essere si preparò all’implosione.

Doveva aver capito male in qualche modo perché se realmente avesse inteso il giusto…. Beh….

A dire il vero non sapeva come comportarsi.

Era tutto strano, non poteva sbilanciarsi per non rischiare di sbagliare clamorosamente, non poteva dire nulla per paura di aver capito male…

Perché doveva essere tutto così maledettamente complesso?

Perché non poteva semplicemente aprire il suo cuore e vedere come andava a finire?

Con lentezza esasperante alzò il viso, guardando Blaine negli occhi e stupendosi di quanto fossero belli, dorati grazie alla luce calda del tramonto. Il suo sguardo saettò poi sulle labbra carnose e rese un po’ secche dalla calura del deserto.

Erano la cosa più invitante che Kurt avesse mai visto in tutta la sua breve vita….

Si umettò le sue di labbra e aspettò che Blaine parlasse o che facesse qualcosa, qualsiasi cosa.

Era così paralizzato da non riuscire nemmeno a rilasciare il respiro che gli si era fermato in gola.

 Il più grande si fece più vicino, fino a che i loro nasi non si sfiorarono. “Kurt.” Esalò, permettendogli di tornare a respirare, direttamente a un soffio dalle sue labbra. “Dimmi che non è troppo tardi.”

Il ragazzino sentì gli occhi farsi umidi e le mani tremarono leggermente.

Troppo tardi?

Lo avrebbe aspettato un’altra vita intera, se solo avesse potuto.

Il tremolio che scuoteva i suoi arti si fece ancor più forte e a Kurt fu impossibile rispondere al più grande, a causa della troppa emozione.

Sentiva il sangue scorrergli veloce nelle vene, pompato da un cuore che correva troppo. Aveva paura di sentirlo esplodere.

Aveva paura di morire tanto era felice….

Scosse il capo pianissimo, mentre Blaine lo stringeva in un abbraccio caldo e rassicurante, appoggiando poi una mano sulle sue reni per poterselo tenere ancora più vicino.

Quando il moro appoggiò le labbra sulle sue, Kurt smise di sentirsi teso, preoccupato, triste, felice….

Smile di provare qualsiasi cosa che non fosse la completezza.

Quel bacio lo aveva risvegliato e stordito allo stesso tempo.

Sospirò direttamente sulle sue labbra mentre una delle mani callose di Blaine gli aveva circondato il viso, per poi fermarsi fra le ciocche chiare dei suoi capelli.

Lasciò che fosse lui a baciarlo per un lungo istante, con lievi tocchi. Il suo respiro sapeva di buono e solo quando sentì quella bocca riposarsi con lieve insistenza sulla sua, Kurt rispose timidamente al bacio.

Al suo primo bacio.

Afferrò con forza i lembi del giubbino che Blaine indossava e piegò un poco la testa, per lasciare al maggiore, più libertà.

Aveva paura di chiudere gli occhi, paura di veder svanire quel sogno in un soffio se lo avesse fatto. Ma quando la mano di Blaine scese a prendere la sua per staccarla dall’orlo del giubbotto e stringerla, intrecciando così le loro dita, si rilassò completamente lasciandosi cullare da quelle sensazioni nuove e meravigliose.

Non seppe quando andarono avanti così, baciandosi alle volte dolcemente e a semplici contatti e alle volte più profondi, più affamati di amore…

Quando Blaine si scostò da lui e alzandosi lo tenne comunque per mano, ed entrambi notarono che era sceso il buio. Decisamente erano andati avanti per un po’…

“Torniamo…” sussurrò Blaine dolcemente “Burt sarà preoccupato…

Kurt annuì ancora un po’ imbarazzato, ma con un sorriso così tenero sul viso che sciolse il cuore al più grande.

Non sapevano come avrebbero fatto a dirlo in casa, cosa avrebbero detto gli altri della Tribù….

Ma di una cosa erano certi.

Quel bacio era stato il primo passo di qualcosa di grande.

 

 

Continua…..

 

 

Nda.

Eccoci tornate!

Scusate il ritardo ma come sapete scriviamo la storia insieme e quindi è dura conciliare ispirazione e orari!

 

Ovviamente ringraziamo chi ci segue e soprattutto chi ci da un parere^^

 

In questo capitolo si sono mosse le acquee violentemente e abbiamo visto come è nato l’amore tra Blaine e Kurt…

E nel prossimo?

Vedrete cosa abbiamo in serbo per voi, ovvero il ritorno tanto atteso di Finn che ci regalerà delle gioie non da poco!

 

A presto

Jessy e Grè.

 

 

 

 

 

 

 

 

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