Every moment is so precious

di _Syn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Colazione con lo gnomo ***
Capitolo 2: *** Vino e cicatrici ***
Capitolo 3: *** Scegliere ***



Capitolo 1
*** Colazione con lo gnomo ***



Note di Alexiel: Hello, everyone! L'altra notte osservavo la pagina bianca di OpenOffice e ho pensato che sono secoli che non scrivo qualcosa su Ron e Hermione. Da un po' di tempo, oscillo tra questa coppia e la FredHermione, ma non potrei mai rinnegarli. Il mio cuore è un cuore Drunk da quando avevo undici anni, dopotutto. La prima ship è sempre amore.
Perciò ho scritto tre piccole one shot, che formeranno questa mini-raccolta. Ogni fanfiction è ambientata in un periodo diverso post-Guerra, non necessariamente post-Epilogo.
Questa, per esempio, prende avvio qualche mese dopo la guerra. Niente di angst, oggi mi do al fluff melenso. Lettore avvisato...


Ovviamente i vostri commenti sono sempre graditi e preziosi, sappiatelo <3

AlexielFay.



Every moment is so precious



Colazione con lo gnomo


“Ahi!”

Gli gnomi da giardino di casa Weasley erano diabolici come al solito. Scorrazzavano per l'erba alta, nascondendosi, e tendevano agguati.

Hermione stava tornando dal pollaio con delle uova per la colazione, quando uno gnomo piuttosto cattivo, e probabilmente svegliatosi con intenzioni già chiare, le si era avvinghiato alla gamba, come se volesse le uova che lei stava portando dentro. Hermione rispose con un verso di sorpresa e fastidio – lo gnomo era pesante e le unghie stavano penetrando il jeans – e cominciò a scuotere la gamba con forza, il cesto di uova che dondolava pericolosamente intorno al braccio. Lo gnomo, tuttavia, era piuttosto tenace e non sembrava intenzionato a mollare la presa così facilmente.

Lanciava versi strani, con quel suo ghigno malefico e la testa quasi pelata che luccicava come un biglia sotto il sole del primo mattino.

Hermione si vide costretta a ricorrere alle maniere forti e, mentre lo gnomo rischiava di perdere l'equilibrio grazie a un calcio piuttosto poderoso, prese dalla tasca la bacchetta con la mano libera e, al minimo accenno di scintille rosse, lo gnomo lanciò un gridolino impaurito e rancoroso e la liberò, non senza spingerla da un lato con tutta l'intenzione di farla cadere.

Hermione sbuffò e non rinfonderò la bacchetta, tanto per sicurezza, reprimendo a stento l'impulso di punire la mefitica creatura con un innocuo incantesimo.

Controllò che le uova fossero intatte e si allontanò dal pollaio, l'occhio attento a captare ogni movimento sospetto tra i ciuffi d'erba più alti.

Probabilmente, alla vista delle scintille rosse, tutti gli gnomi avevano deciso di adottare una tecnica differente, restando ad arrostirsi le teste pelate al sole o correndo senza far troppi danni.

Un attimo dopo, Hermione sentì un altro rumore, stavolta diverso, e quando alzò lo sguardo – la bacchetta già pronta a scattare – vide, vicino a un ceppo appena tagliato, Ron. Era appena uscito dalla cucina o dalla sua stanza, visto che indossava ancora il pigiama arancione cangiante, ora della sua taglia. Le andava incontro con un'espressione assonnata e preoccupata insieme.

“Ehi, Hermione, tutto ok? Ti ho sentita urlare.” disse. Adocchiò il jeans sporco di terra e la bacchetta che teneva ancora in mano.

In quei mesi ogni reazione simile provocava preoccupazione e ansia, come se tutti temessero di veder sbucare un Mangiamorte in giardino o da una pentola un po' troppo fumante. Hermione scosse il capo e rinfonderò la bacchetta per tranquillizzarlo.

“Niente, solo uno gnomo dispettoso.” rispose. Ron doveva averla sentita dalla sua stanza. “Buongiorno, a proposito.” aggiunse. Gli fece un mezzo sorriso e poi ne rivolse un altro alla maglia del pigiama, indossata a rovescio.

Adorabile, disse una vocina nella sua testa. Il sorriso divenne pieno.

“Oh. Menomale. Ehm... buongiorno anche a te.” borbottò Ron, a disagio. Finiva per darsi del cretino ogni volta che ingigantiva certe cose.

Ma a Hermione andava bene. Se non altro, adesso non le chiedeva di lasciare la porta aperta in bagno, così, per sicurezza. Non si era esattamente reso conto di quanto ridicola fosse stata la sua frase, tranne quando, forse, aveva immaginato qualcosa che non avrebbe dovuto con Hermione a mezzo metro di distanza. Poi aveva balbettato qualche scusa, parole insensate, ed era corso via, sbattendo il naso contro una porta lasciata chiusa.

Ora era decisamente più rilassato e certe reazioni, spontanee dopo aver vissuto in un costante stato d'allerta per anni, non venivano rimarcate con fastidio o irritazione.

“Colazione?” fece Hermione, il cesto sollevato.

“Subito, muoio di fame.” Ron le si accostò e prese il cestino, e le sfiorò per sbaglio, o forse no, la spalla.

“Dovresti aspettare che tua madre le metta sul fuoco, prima...” disse Hermione. Ron si fermò di botto e rimase con il cestino a mezz'aria. Si grattò la nuca e ridacchiò, nervoso.

“Volevo solo aiutarti a portarlo.” balbettò.

Hermione rise, altrettanto nervosa e imbarazzata.

“Ma certo.”

“Non che tu non sia in grado di...”

“No, no, lo so.”

“Già.”

Deglutirono nello stesso momento e ripresero a camminare per il giardino, ormai vicini alla porta. A un certo punto, i loro movimenti si erano fatti quasi robotici, come se entrambi avessero dimenticato di avere dei legamenti.

Erano in quel periodo e Ginny non faceva che lanciare a entrambi occhiate divertite. C'era spazio anche per i sorrisi e le stupidaggini romantiche, oltre a tutto il resto.

Concentrati com'erano ad ascoltare i rispettivi respiri in quel mattino temperato e piacevole, non si accorsero di come lo stesso gnomo di prima stesse osservandoli interessato, con cipiglio malevolo, a pochi metri di distanza.

Con uno scatto che avrebbe fatto invidia a un corridore professionista, la creatura si scagliò contro il cesto di uova, cogliendo Ron di sorpresa.

“Attento!”

“Aaargh! Dannato gnomo, mollalo!”

Dopo avergli strappato il cesto di mano, aveva spinto anche lui come aveva fatto con Hermione poco prima. Tutto in pochissimi secondi.

Hermione soffocò un urlo e non fece in tempo a spostarsi, perché Ron, senza trovare appigli, aveva fatto una mezza piroetta ed era caduto in avanti, proprio contro di lei.

Riuscì appena a bloccare una caduta pericolosa, prendendo Ron per le spalle e crollando seduta sull'erba, con le ginocchia di Ron ai lati delle cosce.

Mentre lo gnomo cantava vittoria, lanciando uova come fossero palle da tennis, Ron aveva raggiunto la tonalità di un semaforo. Le mani di Hermione erano rimaste saldamente ancorate alle spalle di lui. Se qualcuno li avesse sorpresi, sicuramente avrebbe frainteso.

“Ahm...”

Ron stava per dire qualcosa – di imbarazzante, se lo sentiva – ma non fece in tempo a spiccicare parola che una delle uova gli planò sulla testa, imbrattandolo. Hermione spalancò appena la bocca, mentre rivoli di albume scivolavano dai capelli rossi di Ron e finivano sulla maglietta del pigiama arancione acceso oppure deviavano e finivano lungo il suo naso, per poi gocciolare sui jeans della ragazza.

“Quello gnomo lo ammazzo.” sibilò a labbra strette, lo sguardo fisso in quello di lei.

Nonostante le intenzioni omicide, però, non sembrava intenzionato a muoversi di lì. Neanche il suo sguardo sembrava così spiritato come quello di un assassino di gnomi. L'azzurro delle iridi era di una dolce tonalità, come quella del cielo in quel momento.

Le mani di Hermione erano belle sulla sua pelle – maglietta. Erano piccole, affusolate e la pelle accarezzata dal sole gli faceva venire voglia di poggiarci le labbra sopra. Deglutì e arrossì, ma era impossibile notarlo vista la tonalità che aveva già raggiunto.

Hermione aveva la bocca arcuata all'insù e gli occhi brillavano, ormai liberi dal sonno.

Neanche lei aveva intenzione di alzarsi. Per quel che le riguardava, una sedia di erba andava benissimo. Forse la puzza d'uovo a breve sarebbe diventata nauseante, ma non si può avere tutto. Era comunque meglio di tante altre cose, pensò, abbassando un secondo lo sguardo per cancellare immediatamente quelle recenti immagini. Troppo recenti per non pensarci, abbastanza lontane per sporgersi un attimo, legare il suo sguardo a quello di Ron, e comunicargli un semplice, dolce pensiero.

Il respiro di Ron si stava armonizzando con quello di lei e la pelle del viso stava tornando al suo colore originario, aiutata dalla buona dose di serenità e rilassatezza che lo sguardo rassicurante di Hermione comunicava.

Sorrise anche lui, sicuro, e con una mano racchiuse una guancia di lei. Era fresca come il mattino, e divenne tiepida sotto il suo tocco in meno di un secondo.

Cercò ancora i suoi occhi color cioccolata e vide il suo riflesso, proprio in fondo allo sguardo di Hermione. In quello specchio, pensò Ron, voleva scoprire ogni giorno di essere quello che lei desiderava.

Come se Hermione avesse percepito quel pensiero, se lo portò nel cuore e si sporse più velocemente verso di lui. Gli avvolse il collo con le braccia e Ron, senza lasciarle fare la prima mossa come al solito, le catturò le labbra in un bacio.

Sapeva d'uovo, ma andava bene così. Come colazione era perfetta.

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Capitolo 2
*** Vino e cicatrici ***


Vino e cicatrici


La piccola cicatrice, diritta e chiara, spiccava sulla pelle di Hermione. Non era sulla fronte, né su un braccio o su una gamba. La piccola cicatrice decorava, come un tratto di colore appena più chiaro del suo pallore, il piede sinistro, proprio al centro, in corrispondenza del terzo dito.

Il piede sbucava appena dall'acqua, poggiato sul bordo della vasca da bagno.

L'acqua era calda e piacevole, ci aveva aggiunto un incantesimo di Riscaldamento Costante per non perdere quel senso di rilassatezza.

Adorava fare il bagno, soprattutto in quelle sere invernali, mentre fuori pioveva e il vento sferzava le finestre e fischiava come un fantasma che non trova pace. Si immergeva nell'acqua e si circondava di quel profumo di pesca, così dolce e perfetto. Una candela per ogni lato della vasca e un libro levitante davanti al volto.

Ovviamente, quando Ron la raggiungeva il libro finiva sul marmo del lavandino, vicino a saponi e bagnoschiuma per bambini a forma di lepricano.

Lo specchio già cominciava ad appannarsi un po', rendendo ciò che rifletteva opaco, quasi sognante, come se ci fosse una leggera nebbiolina.

Hermione sospirò e fece scivolare un po' la schiena contro la superficie liscia della vasca. Ritrasse le gambe e la cicatrice scomparve sott'acqua.

Ricordava come se l'era procurata e la storia faceva sempre ridere Rose e Hugo. La prima volta che l'avevano sentita, avevano dovuto scrivere una lettera ai loro cugini ed era stato piuttosto problematico visto che Hugo, dall'alto dei suoi cinque anni, continuava ad accusare Rose, che si era presa il compito di scrivere, di raccontare davvero male la vicenda. Alla fine, ben dopo il loro coprifuoco, i due erano riusciti a redarre una versione che soddisfaceva entrambi. Be', in effetti Rose, mentre Hugo non guardava, aveva aggiunto un paio di quei particolari che il piccolo aveva giudicato noiosi e inutili.

Hermione rise e fece increspare il pelo dell'acqua.

Da fuori riusciva a sentire Ron imprecare contro il videoregistratore. Le sue capacità di adattarsi alla tecnologia babbana non erano migliorate. E questo la riportò alla storia della cicatrice.




“Hermione, cara, con un colpo di bacchetta e un po' di Crema di Nonna Pauline potrei far sparire quel brutto taglio. Ti resterà la cicatrice.” disse la signora Weasley, osservando il piede di sua nuora con apprensione. Un taglio non molto profondo spiccava sulla pelle candida del piede di Hermione. La ragazza lo guardava senza dimostrare particolare preoccupazione; anzi, stava quasi sorridendo.

“Non ce n'è bisogno, signora Weasley. Credo proprio di volermi tenere la cicatrice.” rispose lei. Arricciò un po' il naso mentre versava un po' di disinfettante, che lasciava nella piccola ferita una scia di bollicine bianche, bruciando un po'. Poi lanciò un'occhiata al signor Weasley, impegnato a dare i numeri di fronte ai cerotti con i fiorellini e il mercurocromo, mentre Ron cercava, appunto, di non appiccicarseli in fronte nel tentativo di aiutare la sua fidanzata.

“Scusami, Hermione, davvero. Sono un idiota, non...”


Devi girarlo e continuare finché... ecco, bravo, ora tira.”

Così?”

Più delicatamente, e non stringere così forte la bottiglia o esploderà.”


Hermione lo zittì con un cenno della mano e si allungò per prendere dalla mano del signor Weasley il mercurocromo, prima che cominciasse a provarlo come fosse collutorio per gli occhi.

“Va tutto bene, Ron. Sarà un bel ricordo.”

Ron la guardò stranito. Si sarebbe aspettato una reazione diversa da Hermione. Una reazione alla Ginny Weasley, con fatture e occhiate fulminanti. Invece lei se ne stava seduta sul divano del piccolo salotto della Tana, con il jeans arrotolato fin sopra la caviglia e una camicia di flanella quadrettata, i capelli scompigliati e un piede leggermente sanguinante poggiato su un cuscino. E sorrideva. Una donna che, il giorno del primo anniversario di matrimonio, sorrideva per quel motivo era una donna che avrebbe sposato un'altra decina di volte.


La loro prima e ufficiale bottiglia di vino elfico, un dono affettuoso da parte di Aberforth che se l'era procurata chissà come, costruiva un mosaico assai interessante ma per niente artistico sul pavimento del salottino di casa Weasley.

Ron, il cavatappi ancora in mano, guardava mortificato il piede di sua moglie. Quella scia rossa sicuramente non era vino. Poi la guardò negli occhi e notò che lei, inspiegabilmente, stava per scoppiare a ridere.


Fu in quel momento, mentre Hermione gli diceva di non preoccuparsi, che sarebbe stato un bel ricordo – solo loro – che Ron si accorse di non aver mai visto una Hermione così bella. Era la pace a rendere così i suoi lineamenti o era cambiata?

Ron scosse il capo e si passò una mano tra i capelli. No, era sempre Hermione, era solo lui a guardarla meglio ogni giorno di più.

Perciò le sorrise di rimando, rosso fino alle orecchie per un motivo che ancora non comprendeva – forse era il modo in cui i ricci le solleticavano la pelle dietro l'orecchio, oppure le sopracciglia scure che si alzavano e abbassavano ogni volta che versava un altro po' si disinfettante, il modo in cui rassicurava sua madre. Il modo in cui sorrideva, con indosso la camicia di flanella che si era fatta prestare proprio da lui e che si era legata a un lato della vita con un grosso nodo. Il suo vestito elegante era finito nel mare di vino. Così faceva più Weasley, però.

All'improvviso, era davvero estate.



Quando Harry le augurò buon anniversario e le chiese che aveva fatto al piede, Hermione rispose con un'alzata di spalle.

“Ron ha cercato di usare il cavatappi per aprire la bottiglia del vino.”

Harry sollevò le sopracciglia e abbozzò un sorriso rassegnato, cercando di immaginare la scena. Lanciò uno sguardo solidale alla piccola cicatrice – lui ne sapeva qualcosa – e poi, esitante, tirò fuori dalla busta che portava una bottiglia di spumante. L'amica impallidì e poi sorrise.

Se fosse stato Ron ad aprirla, si sarebbe assicurata di teneri tutti a distanza di lampadari o oggetti infrangibili.



Perché ti vuoi tenere la cicatrice? Non è meglio fare una foto? Non portano fortuna, quelle cose.”

Sarà carina. E non vedo l'ora di raccontare la storia ai nostri figli.”

Ron si strozzò con la saliva ed Hermione gli lanciò uno sguardo allusivo. Era ora di allargare la famiglia.

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Capitolo 3
*** Scegliere ***


Scegliere


Mettere a dormire Rosie si era rivelata un'impresa impossibile sin dai primi giorni; aveva tenuto svegli Hermione e Ron Weasley anche fino all'alba. Quella sera, però, grazie a una scoperta che aveva aiutato il sonno di tutti e tre, la piccola si era addormentata in meno di dieci minuti.

In quel momento aveva un'espressione così pacifica che Hermione si ritrovò a sperare con un pizzico di realismo che avrebbe dormito fino alla mattina seguente. Le sistemò meglio la copertina azzurra e attivò il baby monitor.

Dopo aver spento la lampada, uscì piano dalla stanza e socchiuse la porta, dirigendosi verso il salotto. Una luce calda e il suono scoppiettante del camino l'accolsero insieme allo sguardo interrogativo e sorpreso di suo marito. Hermione gli fece un sorriso vittorioso e si accoccolò sul divano, la testa poggiata al petto di suo marito.

“Si è addormentata in cinque minuti.” sospirò di sollievo.

Ron le avvolse le spalle con un braccio e sembrò rilassarsi, abbandonando la tensione accumulata durante la lunga giornata. Aveva già preparato il libro delle fiabe di Beda il Bardo – quello famoso, donato da Silente a Hermione. Ovviamente, sua moglie l'aveva incantato affinché le rune si trasformassero in parole normali se fosse stato lui a leggerlo.

“Avremmo dovuto scoprirlo prima che “Il pozionista dilettante” ha quell'effetto rilassante su Rose.” continuò. Ron grugnì. “Penso che diventerà un'abile pozionista.”

Hermione picchiettò con un dito il petto dell'uomo e gli fece un sorriso, sollevando il capo per guardarlo meglio. Ron non aveva la faccia di uno in procinto di saltare per la gioia. Non voleva che sua figlia diventasse una persona lugubre e cupa, sempre chiusa in sotterranei oscuri e puzzolenti a preparare pozioni e catalogare occhi di rana e altri orrori simili.

“Questo non è detto, sai.” replicò. “Magari quel libro l'annoia così tanto che la porta al sonno. Invece le brillano gli occhi quando le racconto dei Cannoni di Chudley.”

La risata scettica di sua moglie gli penetrò il cervello.

“Come fai a vederle gli occhi se li apre a malapena? Ha delle guance così paffute che fa fatica.”

Ron rise subito dopo di lei, pensando al viso adorabile della sua Rosie. Era nata solo poche settimane prima e il suo viso sembrava quello di un piccola Pluffa. La signora Weasley aveva detto, appena vista la bambina, che Ron aveva posseduto quelle stesse guance paffute. I capelli, invece, erano di un castano rossiccio, perciò avrebbero dovuto attendere prima di dire a chi somigliasse di più la bambina. Tutti quelli che avevano visto Rose avevano affermato con sicurezza che assomigliava a entrambi e al tempo stesso non somigliava a nessuno dei due.

“Un padre certe cose le capisce. Secondo me vorrà una scopa già al suo primo compleanno.”

Hermione si irrigidì. Non aveva intenzione di vedere sua figlia su una scopa giocattolo prima che imparasse a camminare. Insomma, non avrebbe replicato affatto se Rose avesse dimostrato un'inclinazione verso il Quidditch, ma preferiva tenerla al sicuro fin quando poteva. Ogni volta che ripensava a scope, Bolidi e discese in picchiata si sentiva rabbrividire fino a sentire freddo. Una cosa era andare alle partite di sua cognata, fare il tifo ed esplodere insieme alla folla dopo la vittoria. Un'altra era assecondare il fanatismo di suo marito.

“Facciamo tredicesimo, Ron.” concesse magnanima.

Ron ignorò la correzione e continuò a immaginare la carriera stellare della sua bambina.

“Sarà un campionessa.” Hermione si irrigidì ancora “E anche un'abile pozionista, nel tempo libero.” aggiunse.

Magari Hermione avrebbe invertito le due cose, ma il concetto che Ron aveva di tempo libero e tempo dedicato al dovere era ormai talmente radicato che era inutile provare a ribattere. Comunque si addolcì e strofinò la guancia sul maglione di lana di suo marito. Era arancione, ovviamente, ed era stato confezionato dalla instancabile Molly Weasley proprio il Natale prima, insieme a un cappellino dello stesso colore con un bon-bon rosso in cima per la nipotina.

Un piccolo vagito, fortunatamente non sfociato in pianto, fece voltare entrambi verso quell'aggeggio babbano di cui Ron non aveva ancora imparato il nome con cui potevano ascoltare la bambina a distanza. Era ingegnoso, dovette ammettere persino lui. Molto più comodo dell'incantesimo suggerito dalla signora Weasley, che li avvertiva in maniera decisamente meno piacevole. Sembrava di sentire un folletto in agonia quando si attivava.

“Forse vuole dirci che dovremmo smetterla di programmarle il futuro.” rise Hermione, guardando verso la cameretta della bambina.

“Non fa male fantasticare.”

“Be', ma non ti ci abituare. E' anche figlia mia, tra un paio d'anni avrà già deciso cosa vorrà diventare e sfaterà ogni nostro progetto.” sospirò Hermione. “Ma è giusto così.”

Per loro due c'erano state poche scelte negli anni precedenti. Nessuno di loro – Harry, Ron, Hermione e tutti gli altri – aveva potuto sfuggire alla guerra, alla paura, alla sofferenza. L'oscurità aveva avvolto il mondo e loro avevano dovuto combatterla, sapendo in cuor loro che la scelta era una sola se desideravano riappropriarsi di quel diritto. Rinunciare a tutto per poi riconquistarlo, quel tutto.

In quel tutto, adesso, c'era chi era arrivato dopo.

Rose, per esempio.

“Abbiamo combattuto anche per lei. Perché potesse scegliere.” disse Hermione.

Avevano combattuto per il futuro. Ora tutto quel peso, il senso di grandezza che tutti avevano attribuito alle loro imprese, si scioglieva in quella vita composta da loro tre. Hermione, Ron e Rose. Il mondo ora era lì.

Ron l'abbracciò e continuò ad ascoltare il respiro della figlia.

Sì, il mondo era lì. In un respiro, in un soffio di vita.






Note: L'avevo annunciato già nel primo capitolo, ma lo ripeto: la raccolta si conclude qui, con il terzo capitolo ^^.

Grazie a chi ha letto, aggiunto ai preferiti, seguite o ricordate. E a chi recensirà o l'ha già fatto. Baci,

Alexiel.



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