Hogwarts e il Ciondolo di Cristallo

di Popnis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una Nuova Generazione ***
Capitolo 2: *** I Maghi Oscuri ***
Capitolo 3: *** Tra Pace e Guerra (Un Po’ di Sana Quotidianità) ***



Capitolo 1
*** Una Nuova Generazione ***


Una nuova generazione

 



Era possibile che una foglia volasse ad una velocità simile? Che il vento potesse spingerla con tanta forza? Una potenza tale da permetterle di eguagliare il treno in corsa?
Era rossa come i capelli di Lily, la foglia. E da quando Albus era entrato nella toilette, diversi minuti prima, l’aveva vista svolazzare dietro il finestrino.
Era di un rosso acceso, vivo, frizzante, ma allo stesso tempo scuro e profondo. Rosso come il fuoco, come il sangue, come il cuore di un vero grifondoro.
Una fitta gli fece esalare l’aria nei polmoni. Grifondoro.
Trattenne un gemito. E le lacrime che meschine gli pizzicavano gli occhi.
Sarebbe mai diventato un grifone, lui? James, la mamma, il papà, gli zii, i nonni: tutti Grifondoro.
Un altro ragazzo non avrebbe avuto tanti dubbi. Ma Albus era diverso, non un semplice undicenne: lui sentiva su di sé il peso del passato dei suoi genitori, di tutte le parole che aveva letto e riletto sui libri, di tutti e tre i nomi che portava. Non bastava essere un Potter, il figlio di Harry Potter. In più doveva chiamarsi proprio come il più prestigioso preside di Hogwarts, Albus Silente, e anche come il mago dalle molteplici facce, Severus Piton, quello che nessuno aveva mai compreso e che era rimasto nell’ombra fino alla fine, fino a quando non era morto; e in tutto questo, durante tutta la sua vita, senza che nessuno lo sapesse, aveva protetto Harry.
Ma Albus non sentiva di assomigliare né al grande Silente, né al coraggioso Piton, né, tantomeno, a suo padre. Tutti dicevano che lui era identico ad Harry, per ironia della sorte, ma nessuno poteva sapere cosa aveva dentro e quanto gli pesasse essere così dannatamente diverso. O speciale, come si divertiva a dire la sua ingenua e dolce sorellina, la donna della sua vita, il suo piccolo giglio.
Come avrebbe fatto senza più Lily al suo fianco, pronta a rassicurarlo con un semplice e meraviglioso sorriso?
Certo, c’era James, ma lui era così dispettoso, monello, orgoglioso e… dannatamente Grifondoro.
Un’alta fitta all’altezza del cuore fece piegare il piccolo Albus e il suo respiro si fece affannoso.
Lo sentiva dentro, lui, che non sarebbe diventato un grifone. Come quando sentiva che il giorno dopo avrebbe piovuto, o che quando Lily e Jamie facevano le loro mascalzonate il padre sarebbe arrivato e li avrebbe scoperti, o che il gatto di zia Hermione, Grattastinchi, non stava bene perché aveva mangiato troppi biscotti di Hugo. Se lo sentiva, che sarebbe finito in Serpeverde. Punto.
E chissà quale disonore per la sua famiglia. Non voleva neanche immaginarselo nonno Arthur mentre riceveva la notizia, o figuriamoci lo zio Ron, che per giorni non aveva fatto altro che ripetere “Grifondoro, ragazzi miei, Grifondoro. Al massimo Corvonero e se proprio non vi piacciono questi due, allora Tassorosso. Ma mai e poi mai Serpeverde, siamo intesi?”
E lui cos’altro poteva rispondergli se non “Certo, zio”?
Però non era mica lui a decidere, e dentro di sé sentiva di non appartenere a nessun’altra casa se non a quella delle serpi.
Trasalì quando sentì bussare con forza alla porta.
-Ehy, Al, che ti prende? Stai bene?- chiese una Rose piuttosto preoccupata.
Albus si ricompose alla svelta, si sciacquò le mani e si riaggiustò la divisa nuova di zecca. Alzò lo sguardo verde smeraldo sullo specchio e si trovò più pallido ed emaciato del solito. Aveva un orrido aspetto.
Spazientito distolse lo sguardo e aprì la porta del bagno trovandosi di fronte una corrucciata Rose.
-Eccomi, Rosie.- disse improvvisando un sorriso.
-Ci stavamo preoccupando: non tornavi più.- fece lei, studiandolo attenta. Era un po’ troppo pallido quel giorno, osservò, e fin troppo preoccupato, a giudicare dall’inclinazione della sua voce.
-Non riuscivo ad annodarmi la cravatta, tutto qui.- la informò e, prima che la rossa potesse ribattere, si defilò rientrando nello scompartimento del treno dove viaggiavano gli altri.
Rose lo vide infilarsi nella cabina e, pensierosa, lo seguì con un sospiro.
-Uomini!- sussurrò scuotendo la testa.
Quando Rose rientrò nello scompartimento James era intento a punzecchiare, come da un’ora a quella parte, il povero Al.
-Albus, dai, non fare quella faccia! Vedrai che ti troverai bene… tra le serpi!-
Fred scoppiò a ridere e il moro lo seguì a ruota.
Albus incenerì entrambi con lo sguardo.
-James Sirius Potter, sei spregevole! Smettila o lo dico al nonno!- intervenne Rose per difendere il coetaneo.
-Rosie-ross, fattela una risata! Stavamo solo scherzando!- la canzonò Fred. James rise più di prima.
-Rosie…- sghignazzò -… ross!- e precipitò ancora in una fragorosa risata alla quale si riunì anche il cugino.
La ragazzina sospirò ancora e roteò teatralmente gli occhi, poi tirò fuori dalla sua tracolla un libro e si lasciò cadere sul sedile, con aria indispettita.
Albus guardò sprezzante il fratello e il cugino.
-Siete proprio due bambini.- sibilò alzandosi e facendo per uscire.
La porta si spalancò di botto e il moro per poco non andò a sbattere contro una biondina alquanto altezzosa.
Dominique fece scorrere il suo sguardo azzurro da Al a Rose, che come al solito stava leggendo, a due masse informi che, a quanto pareva, stavano ridendo a più non posso e uno dopo l’altro erano caduti dai sedili continuando a sghignazzare poco elegantemente. Alzò un regale sopracciglio dorato.
-Ciao Dom.- la salutò in un sussurro Albus, poi la scansò per uscire dalla cabina e defilarsi per i corridoi dell’Express.
La biondina guardò il cugino andar via e poi, con aria schifata, tornò a prestare la sua attenzione a quei due cosi che tra singulti di ilarità cercavano di salutarla o, almeno, così sembrava. Con scetticismo passò sopra i due che erano distesi a terra e si sedette accanto alla cugina.
-Ciao Domi.- la salutò Rose senza staccare gli occhi dalla lettura.
-‘Giorno Rose.- rispose lei, e la guardò interrogativa e corrucciata.
La rossa passo gli occhi cerulei su di lei e le concesse un sorrisetto ironico.
-“Rosie-ross”, la nuova invenzione di Fred.- le spiegò, con l’aria di una che la sa lunga e, ugualmente, Dominique alzò gli occhi e scosse la testa.
-Uomini!- sospirò.

***

Albus camminava per il corridoi del treno intento, come minimo, ad arrivare alla fine per poi tornare indietro.
Aveva proprio bisogno di sgranchirsi le gambe. E anche la testa.
In quel momento l’odio per il fratello raggiungeva livelli da record e probabilmente se fosse rimasto con lui l’avrebbe squagliato vivo, congelato, tritato e dato in pasto ai pesci di Hugo.
Si fermò di botto. No, non lo aveva realmente pensato.
-Santo Merlino!- sussurrò a denti stretti passandosi una mano sulla fronte e appoggiandosi al muro del treno.
Cavolo. Cavolo. Cavolo. Cavolo.
Quelli non erano pensieri da fare su un fratello! Lui, Albus Severus Potter, non era così dannatamente cattivo.
O forse si?
-E’ lui!- sentì bisbigliare da una ragazza rivolta ad un gruppo di Tassorosso.
Squittirono ancora qualcosa, tra risatine e occhiate furtive, e poi, quando il moro puntò su di loro il suo sguardo verde infastidito, si volatilizzarono.
Ebbene sì, lui era il figlio di Harry Potter, e allora?
L’anno prima c’era stato già James, no? E allora perché tutte quelle attenzioni?
Lui non era come suo fratello, e gli dava alquanto fastidio che la gente parlasse di lui. probabilmente James, al contrario, ne era contento e andava fiero di essere tanto popolare.
Sospirò e si passò nuovamente la mano sul volto. Era proprio stanco. Non ne poteva già più della sua nuova vita ed era ancora sul treno.
In più aveva anche un fortissimo mal di testa.
Chiuse gli occhi e abbandonò stancamente la testa all’indietro per appoggiarsi al muro. Si lasciò invadere da tutti i suoi pensieri, le preoccupazioni; fece in modo che tutti i suoi problemi si rivoltassero nella testa in modo tale da non poter pensare a nessuno di quelli singolarmente.
Grifondoro, Serpeverde, Potter, zio Ron, papà, nonno, James. Tutto vorticava nella sua mente e il suo respiro ritornò a regolarizzarsi. Inspirò ed espirò più volte, e anche il mal di testa si alleviò.
Pian piano riusciva a sentire la calma farsi largo nel suo corpo e l’ossigeno entrare nei suoi polmon…
-Ehy…- una voce femminile. Non rispose.
-Ehy, tu!- si sentì scuotere per un braccio e fu costretto ad aprire gli occhi.
-Ti senti bene?- chiese ancora la ragazzina che lo teneva per la camicia. Lui non rispose.
-Devo chiamarti qualcuno?- era piccola e magrolina, con un viso diafano e due pozze blu scurissimo come occhi. Ma i capelli, bhè, quelli risaltavano più di tutti: rossi come il sole al tramonto. Molto simili a quelli di Lily, ma perfino più luminosi dei suoi, probabilmente per i riflessi dorati di alcune ciocche. Li portava legati in un lento chignon dal quale sfuggivano parecchi ricci ribelli che le incorniciavano il volto candido.
-Sto parlando con te!- si indispettì questa volta, vedendo gli occhi verdi di lui puntati addosso ma non udendo nessuna risposta.
Al si riscosse e tossicchiò, preso alla sprovvista dal tono della ragazzina.
-S… E’ tutto okay… Grazie…- balbettò sotto lo sguardo corrucciato di lei.
-Non hai l’aria di uno che sta bene…- incalzò ancora.
-Sto bene, ti dico!- ora fu il turno di Albus di indispettirsi. Quella lì si faceva troppo gli affari degli altri, per i suoi gusti.
La rossa ci pensò un attimo, lo studiò ancora e poi scrollò le spalle.
-Se lo dici tu.- si arrese –Comunque se prendi un po’ di zuccheri credo che ti sentirai subito meglio.- disse ancora, scrutandolo con sguardo sicuro.
-Ho detto che st…-
-Ora devo andare, vedi di riposarti. Ci vediamo.- concluse con far autoritario, prima di superarlo e scomparire in uno dei tanti scompartimenti.
Albus aggrottò le sopracciglia. Che tipa strana!
Sorrise. Strana, proprio come lui.
In fondo non era male. Anche simpatica, forse.
Lentamente ritornò sui suoi passi e quando varcò l’entrata della sua cabina trovò il fratello a terra immerso in un sonno profondo, Fred che, senza il suo fidato amico, in silenzio guardava fuori dal finestrino, e Dominique e Rose che chiacchieravano. In fondo non gli dispiaceva neanche restare lì con loro.
E, in fondo, non gli sarebbe dispiaciuto finire a Serpeverde. Sapeva che era la cosa migliore per lui, e doveva mettersi l’anima in pace.
Scambiò un sorriso con le cugine e poi si sedette di fianco al finestrino. Chiuse gli occhi, inaspettatamente sereno, e in un attimo Morfeo lo accolse tra le sue calde braccia.

***

Dominique era andata via da poco, aveva detto che doveva ricongiunsi con le amiche, e Fred era in bagno a cambiarsi, come al solito per ultimo. Rose era rimasta sola con due Potter profondamente addormentati nella cabina e il suo libro di romanzi babbani che, stranamente, non aveva proprio voglia di leggere.
Puntò i suoi scaltri occhi azzurri sul cugino più grande: certo che aveva proprio una bella faccia tosta ad addormentarsi così buttato per terra! Sembrava un barbone, per Morgana!
Scosse la testa con l’atteggiamento di una donna vissuta, quell’atteggiamento che ad una poco più che bambina come lei non si addiceva per niente, e volse lo sguardo su Albus. Lui dormiva sereno.
Sorrise.
Aveva notato che in cugino era molto preoccupato, ma ora che lo vedeva così rasserenato si sentiva anche lei più leggera.
Sapeva bene perché Al era turbato: lo smistamento.
Lui era sicuro al mille per mille di finire a Serpeverde. Proprio come lei era sicura al mille per mille di finire a Corvonero, come Dominique.
Sospirò. Si sarebbero trovati bene, se lo sentiva. Magari all’inizio un po’ spaesati, ma sarebbero stati benone, entrambi.
Questi gran cavoli di ciò che desideravano i loro genitori! Loro erano quello che erano. Punto.
E poi era certa che sua madre e sua zia sarebbero state orgogliosissime comunque. E pian piano lo sarebbero stati anche il papà e lo zio Harry, e i nonni e tutti gli altri.
Guardò fuori dal finestrino: ormai il cielo era diventato un manto nero coperto di diamanti, la luce della luna, fioca, risplendeva quel che bastava per riflettere sull’ormai non troppo lontano Lago Nero.
Erano quasi arrivati.
 Un brivido di eccitazione percosse il corpo di Rose e le fece venire la pelle d’oca.
Mise in fretta i libri nella tracolla, giusto in tempo di sentire il treno rallentare. Sentì dei passi per il corridoio e la porta dello scompartimento si aprì.
-Rose, siamo arrivati!- annunciò Fred con un sorriso sornione.
-Già. C’ero arrivata, sai?- rispose acida lei, ancora offesa per la storpiatura del suo nome.
-C’ero arrivata, sai?- fece l’eco lui, con una vocetta stridula.
Rose sbuffò, anche se sotto, sotto era divertita.
-Sveglia i Potter, Fred!- gli intimò, alzandosi sulle punte per tirare giù il suo baule.
Il moro ghignò, malefico. Mise le mani intorno alla bocca per imitare un altoparlante e la rossa, appena lo vide, si tappò svelta le orecchie.
-SVEGLIA, POTTER! JAMES, ALBUS! SVEGLIA! SVEGLIA!- gridò lui nelle orecchie dei cugini. Questi si svegliarono di botto, spaventati entrambi, e dalle posizioni in cui si trovavano saltarono in piedi come due molle.
-Ma che ti urli razza di troglodita rincitrullito!- borbottò con voce impastata James, mentre tentava di aprire gli occhi ancora socchiusi. Dopo un attimo di smarrimento si riprese e guardò inferocito il cugino che intanto sghignazzava divertito.
-Pezzo d’idiota!- sibilò a denti stretti, e gli si gettò addosso. I due cominciarono una lotta animalesca tra pugni, spintoni, morsi e graffi.
-Merlino! Smettetela!- ordinò autoritaria Rose.
-Lasciami, deficiente!-
-Cretino, mi fai male!-
-Mollami!-
-Spostati!-
Albus, ancora rintronato per il brusco risveglio, sbadigliò incurante della rissa e si diede da fare per tirare giù la sua roba.
-Albus!- lo apostrofò Rose con un tono di rimprovero. Il moro si voltò svogliatamente in direzione della cugina con un sopracciglio alzato e un punto interrogativo stampato in faccia.
-Che c’è?-
-Dividili!- ordinò la rossa con voce stizzita indicando i due a terra.
Lui li guardò per un istante: due animali che litigavano in maniera fin troppo infantile.
-Ahi, Fred!-
-Porca Morgana, James!-
Quante volte aveva assistito a quella scena? Tante, troppe.
Alzò le spalle e sospirò, poi si rigirò e si alzò sulle punte per afferrare il suo baule con entrambe le mani e tirarlo giù dalla mensola. Tutto questo sotto lo sguardo stupefatto di Rose.
-Alb…-
-PRIMO ANNO! PRIMO ANNO DA QUESTA PARTE!- li raggiunse la forte voce di Hagrid.
-NON SIATE TIMIDI!- gridò ancora.
-Io vado Rosie, tu vieni?- le domandò in fretta.
La rossa sembrò rifletterci un attimo. Guardò i cugini a terra nel pieno della rissa, poi Albus, e poi di nuovo i due a terra. Aprì la bocca, senza emettere suoni.
-Allora?- incalzò Albus.
-Io…- ci pensò ancora, poi sospirò -Hai vinto. Arrivo.-

***

Sulla banchina di arrivo c’era il caos: ragazzi in divisa dappertutto che schizzavano in ogni direzione. Il piccolo Albus dovette alzarsi sulle punte per vedere l’imponente figura di Hagrid intento a sgolarsi per richiamare i primini.
-PRIMO ANNO!- gridava –PRIMO ANNO DA QUESTA PARTE!-
Tirandosi dietro i propri bauli, Rose e Albus lo raggiunsero.
-DA QUESTA PAR… Albus! Rose! Ragazzi miei!- li salutò appena li vide, intrappolandoli in uno stretto abbraccio. Dopo essersi liberati, i due ripresero fiato, e lo salutarono con gioia.
In quegl’anni Hagrid non era cambiato affatto: la solita barba (s’intende: più bianca rispetto a vent’anni prima), la solita stazza, i soliti vestiti logori. Il solito Hagrid.
-Dove hai lasciato quel birbante di tuo fratello, eh Al?- chiese d’un tratto.
Quello sorrise e guardò di sott’occhi la cugina, che intanto si voltava in continuazione sperando si scorgere James e Fred tra la folla.
-Deve essere sceso di corsa… sai com’è fatto, no?-
Il mezzo gigante asserì più volte e borbotto un “Sì” attutito dalla folta barba.
-Bene ragazzi, lasciate qui i vostri bagagli e seguitemi.- disse a quel punto.
-Dove, Hagrid?- domandò curioso Albus.
-Eh! Eh!- rise lui -Ora lo vedrai!-
Il moro aggrottò le sopracciglia, dubbioso, ma non fece altre domande; prese la cugina per un baraccio e se la trascinò dietro, seguendo Hagrid che apriva la fila dei ragazzini del primo anno.
Rose, nel frattempo, guardava da una parte e dall’altra della banchina sperando di vedere i suoi due cugini più grandi nella folla. Niente. Non ce n’era l’ombra.
-Albus, ma…- cercò di protestare rivolta verso il moro, che la tirava per un braccio.
-Tranquilla, Rose!- cercò di calmarla, poi sorrise  -Saranno gli ultimi come al solito, ma li vedremo dopo.-
La piccola si morse un labbro, e poi annuì, non molto convinta.
Intanto la luna splendeva già nel cielo notturno e l’oscurità premeva, nonostante le mille stelle che brillavano quella notte. Una leggera brezza soffiava tra la boscaglia e l’umidità del lago vicino faceva rabbrividire i piccoli maghi fin al midollo. L’atmosfera si fece ancora più cupa quando il gruppetto di primini, si addentrò per un breve tratto tra gli alti alberi della radura.
Le foglie secche scricchiolavano ad ogni passo e, di tanto in tanto, qualche ragazzino si faceva scappare un urletto nel sentire i rumori provenienti dall’oscurità.
-Sono solo animali!- li rassicurava Hagrid.
Eppure, mentre teneva per mano una tremante ma allo stesso tempo troppo orgogliosa per ammetterlo Rose, Albus sapeva che i rumori che sentivano non erano causati da semplici animali: James lo aveva impaurito più volte, raccontandogli storie di feroci fiere che si aggiravano per i boschi intorno ad Hogwarts, e anche il padre lo aveva avvertito di non andare a curiosare tra la selva.
Un fruscio, come se qualcosa dietro al gruppetto si fosse mosso molto velocemente, e Rose strinse forte la mano di Albus. Lui ricambiò la stretta. Impauriti, tutti i giovani studenti si voltarono d’istinto.
-Procedete! Non fermatevi!- richiamò l’attenzione Hagrid. E i ragazzini ripresero a camminare, tutti con le gambe un po’ più tremanti di prima.
Prima o poi scoprirò cosa c’è qui intorno, pensò Albus con il cuore a mille, un giorno lo farò, ma non oggi.
Pochi minuti dopo, minuti pieni di paura e misteriosi rumori, finalmente si cominciò a scorgere una fioca luce bianca dal fondo del sentiero. La luna, riflessa nel Lago Nero durante una buia nottata, con migliaia di stelle luccicanti ad incorniciare le acque torbide, era solo l’esordio delle bellezze della scuola, ma questo Albus e Rose lo scoprirono solo più tardi.
In quel momento erano solamente affascinati dalla bellezza del paesaggio che li circondava: le coste chiare e sabbiose del lago circondavano l’acqua scura come la pece e, al centro di questa, brillava come un gioiello il riflesso della luna pallida.
Dal lago Albus alzò gli occhi e il suo cuore perse un battito: augusto e imponente si innalzava di fronte a loro il castello di Hogwarts, con le sue alte torri, i tetti a punta, le larghe finestre e le immense mura.
Una folata di vento freddo li investì.
Il fiato si mozzò e un gelido brivido risalì dalla sua schiena. Fu costretto a lasciare la mano della cugina, per non permetterle di sentire come tremava, e un senso di piccolezza lo travolse. Gli venne voglia di scappare, ma, inaspettatamente, quando scorse i primi bambini che si apprestavano a salire su delle barchette per raggiungere la riva opposta, scattò su una di queste, lasciandosi dietro una disorientata Rose.
-Ehy Albus!- lo chiamò. Ma lui non la sentì, agitato com’era a salire sulla barca. Quella partì e nemmeno si capacitò di condividere l’imbarcazione con altri due ragazzini, almeno fino a quando uno di questi non lo scrollò con irruenza per la spalla.
-Ascolta, maleducato, quando ti si parla!- lo aggredì un ragazzotto in carne con un viso tondo, tondo e due occhi cattivi. I capelli erano scuri e le pupille due perle nere.
-Cosa vuoi?- fece Albus, scrollandoselo di dosso infastidito.
-Ti ha chiesto come ti chiami, moscerino!- grugnì lui, indicandogli con un cenno del capo il ragazzino che aveva davanti. Albus spostò il suo sguardo e gli occhi smeraldo si scontrarono con due pozze grigie e fredde che lo fissavano intensamente. In quel momento la luce della luna illuminò la loro barca e il moro poté osservare con cura il ragazzino: pallido, anche più di Lily, e con i tratti del viso duri e squadrati; capelli chiari, di un biondo platino, che arruffati gli incorniciavano il volto perfetto.
Involontariamente Albus arrossì: non era un po’ troppo perfetto quello lì? Gli stava già antipatico.
-Mi chiamo Albus.- si sentì costretto a rispondere, anche se lo fece con voce dura, tanto per far capire che non si stava facendo mettere i piedi in testa.
Il biondino continuò a fissarlo, senza aprire bocca. Calò il silenzio e il moro, infastidito dal suo sguardo e dall’atmosfera che si era andata a creare soffiò acido:
-Solitamente poi si dovrebbe dire il proprio nome!-
Quello non si mosse, se non per un sopracciglio che svelto volò verso l’alto. Il tipo cicciottello ridacchiò e emise qualche grugnito, tra una risata e l’altra.
-Sei uno sfacciato a chiedere a me il mio nome.- sibilò il biondo con una voce tanto gelida che ad Albus si gelò il sangue nelle vene. Non rispose. Lui continuò:
-Io sono il figlio del famoso Draco Malfoy. Dovresti portarmi rispetto.- disse ancora, arricciando di poco il naso, in un’espressione quasi schifata.
La conosceva fin troppo bene, la storia di Draco Malfoy: di libri su di lui ne avevano scritti molti, e lui non faceva altro che leggere, quando si annoiava. E poi le biografie gli erano sempre piaciute. Per questo quando sentì nominare l’acerrimo nemico d’infanzia di suo padre non si stupì che quello di fronte a lui fosse suo figlio: aria da superiore, nasino all’insù, vestiti perfetti, voce fredda e altezzosa. La tipica descrizione di un Malfoy da parte di zio Ron. Tuttavia Draco Malfoy non era l’unico padre famoso tra i ragazzini su quella barca. Finalmente, pensò Al, poteva usare il suo cognome per qualcosa di utile invece che per farsi parlare alle spalle.
-Ne ho sentito parlare, di tuo padre. Ma probabilmente anche tu hai sentito parlare del mio: Harry Potter.- dichiarò a mo’ di sfida, alzando entrambe le sopracciglia.
Se l’altro non volle far trapelare le sue emozioni, ci riuscì molto male: Albus notò subito lo  smarrimento e lo stupore sul suo viso e lo sguardo del biondo, se prima era stato gelido e quasi incurante, ora si dimostrava interessato e curioso. Le labbra rosee si schiusero, e sbatté un paio di volte le palpebre.
Poi tossicchiò e si raddrizzò composto, porgendo la mano diafana al piccolo Al.
-Non avevo capito chi fossi, scusami. Io sono Scorpius Hyperion Malfoy.- dichiarò con voce molto più calda e rispettosa di prima. –Mentre lui è Vincent Goyle.- e indicò con un cenno del capo il ragazzone dai capelli neri.
Albus si stupì non poco del mutamento improvviso sia di comportamento che di voce e si ritrovò a pensare che quel ragazzino fosse un presuntuoso di prima categoria.
Riluttante, gli strinse la mano.
-Albus Severus Potter, piacere.- si presentò, ancora stranito per il cambio di personalità del biondino.
Quello Scorpius era proprio stano, pensò poco dopo. Tuttavia decise di dargli una seconda chance, perché ad Albus le persone strane erano sempre piaciute.
Assorto nei suoi pensieri, il moro si rese conto che erano giunti sulla riva opposta solo quando, con una brusca frenata, la barca si arenò nella sabbia.
Scese dall’imbarcazione, cercando di fare attenzione a non bagnarsi con l’acqua del lago, e si voltò con la speranza di ritrovare la povera Rose che aveva lasciato sola. La vide, poco più in là, intenta a parlottare con i gemelli Scamandro, Lorcan e Lysander.
-Ci vediamo dentro, Potter.- Albus si rigirò e incontrò due iridi argentee nuovamente inespressive. Accennò un saluto e poi seguì con lo sguardo Scorpius mentre andava via, mischiandosi tra gli altri primini, con al suo seguito quell’armadio di Goyle, alto trenta centimetri buoni più di lui. Formavano una coppietta piuttosto comica, quei due insieme.
-Al!- si sentì chiamare, e una Rose tutt’imbronciata lo raggiunse di corsa.
-Sei un maleducato, Severus!- lo rimproverò lei, con le mani sui fianchi e uno sguardo duro.
-Scusa Rosie, mi dispiace di averti lasciata lì da sola…- si scusò subito lui, realmente dispiaciuto.
Lei lo scrutò per un po’ e poi accennò un sorrisetto stentato, tanto per fargli capire di averlo perdonato.
-Per fortuna c’erano Lysander e Lorcan. Sono molto simpatici, sai?- aggiunse poi, avvicinandosi con il cugino ai due gemelli.
-Già…- concordò Al, ripensando ai suoi compagni di viaggio. 
-Chi c’era in barca con te?- chiese poi la rossa, guardando curiosa il cugino.
-Ehm…- Albus rifletté un istante: se le avesse rivelato di aver conosciuto Scorpius, lei avrebbe cominciato a parlare di tutte le malefatte di Malfoy Senior, essendo figlia di Ronald Weasley. Non avendo la minima voglia di ascoltarla, cercò di sviare.
-Mha… nessuno di important…-
-POTTER!- improvvisamente qualcuno gli si gettò addosso, facendolo cadere all’indietro.
-Lys, smettila di aggredire le persone!- disse una voce con rimprovero. Quando Albus si liberò dalla stretta dell’aggressore, vide un sorridente Lysander tendergli la mano per aiutarlo ad alzarsi.
-Scamandro! Mi hai spaventato!- si lamentò il moro, sorridendo divertito.
-Dovresti essere più vigile, Potter: non puoi sapere quali pericoli si celano tra le ombre della notte!- fece l’altro, con voce misteriosa.
-Taci, Lys! Non dire fesserie!- lo riprese di nuovo il fratello, che poi con un sorriso salutò Albus.
-Lorcan.- lo salutò di rimando il moro.
-Ora andiamo, dai. Hagrid si sta già muovendo!- esortò a quel punto Rose, prendendo per un braccio il cugino invitandolo a seguirla.

***

Albus dovette tirare in dietro la testa per poter vedere il grande portone per intero. Era alto, minimo dieci metri, e largo, in modo che il passaggio rimanesse sempre fluido. Decorato con bassorilievi floreali che di tanto in tanto lasciavano qualche bocciolo fiorire, sotto lo sguardo attonito dei novelli visitatori.
Il ragazzo passò l’indice sul freddo ottone, per tastarne i decori, e al suo tocco i petali della rosa incisa frusciarono e si staccarono scivolando lenti verso il baso, seguendo tutta l’arcata fino al pavimento, dove caddero a terra diventando, da semplici decori, petali rossi come il sangue e lisci come la seta.
Tuttavia il maestoso portone d’ingresso non era nulla a confronto dell’intero castello: mura in marmo altissime e imponenti, che terminavano in torri a punta con tetti spioventi. Le finestre, già da fuori, riportavano disegni mitologici o storici, di sirene, unicorni, re e cavalieri, che curiosi osservavano da tutte le vetrate i nuovi arrivati.
Varcata la soglia dell’entrata i ragazzini si ritrovarono in un largo ingresso, con mura alte e biancastre su cui erano affissi ritratti di ogni genere che salutavano, davano consigli, parlottavano tra loro o solamente si guardavano intorno curiosi di conoscere ogni minimo avvenimento del castello, avidi di tenersi in contatto con il resto del mondo, chiusi in un quadro e non potendo vedere, sentire, toccare in prima persona alcunché.
Il gruppetto di bambini del primo anno si zittì per un istante, beandosi ognuno per sé di quel magnifico ingresso, ma poi, dopo che il mezzo gigante li esortò a seguirlo su per le scale, si liberarono mille urletti eccitati, e cominciarono tutti la tanto attesa marcia verso la sala grande.
I cuori battevano all’unisono e, mano a mano che si avvicinavano alla porta che li separava dal resto degli studenti, aumentarono tutti involontariamente il passo, finendo a compiere falcate enormi e spintoni per arrivare primi. In testa a questi più scalmanati c’era il biondo Lysander che si trascinava dietro il gemello, esortandolo a correre più veloce; i suoi occhi scuri erano lucidi per l’emozione e si teneva a non più di tre centimetri da Hagrid, che apriva la fila. Lorcan si faceva trascinare, cercando di calmare l’euforia del fratello; tuttavia anche lui trasudava di emozione e presto il gemello non dovette più faticare per tirarlo: i suoi piedi andavano da sé, vogliosi di entrare al più presto a far veramente parte di quel magico castello.
Anche Rose, più indietro rispetto agli Scamandro, sprizzava gioia da tutti i pori: il bianco sorriso che le si era dipinto sul volto non lasciava spazio all’immaginazione, e le manine candide, sprizzate di qualche lentiggine, stringevano con vigore il laccio della tracolla colma di libri. Gli occhi cerulei erano fissi verso la porta che, passo dopo passo, si faceva sempre più vicina e desiderabile, e le goccioline di sudore che le scendevano lungo la schiena le scatenavano mille brividi d’agitazione.
Albus le camminava affianco, nel più totale dei silenzi. Si guardava in giro curioso, con gli occhi smeraldo luccicanti e eccitati, cercando di catturare ogni minimo dettaglio di quel magico palazzo. Il cuore gli martellava nel petto, fin quasi a fargli male, e gli si mozzò il fiato in gola quando, goffo e agitato, Hagrid si arrestò, apprestandosi ad aprire la porta per farli entrare nella Sala Grande.
L’assordante silenzio si sparse nel gruppo. Albus sentì la pelle accapponarsi e i denti battere frenetici. Fu preso dalla smania di scappare via, di correre piangendo dalla madre, di gridare al padre che non voleva essere come lui, di tornare dalla sua dolce sorellina e restare con lei per sempre. Tuttavia il desiderio di ricevere l’attesa cravatta e di riuscire ad usare una volta per tutte la sua bacchetta come si deve, fu tremendamente maggiore e quasi corse, quando vide gli altri avanzare all’interno della sala.
Questa era enorme, lucente e calda, proprio come la cucina di casa quando la mamma faceva la torta di mele. Drappeggiata di teli e stendardi dai diversi colori. Al centro si trovavano quattro lunghi tavoli, ognuno per ogni casa, e lì erano seduti gli altri studenti che li guardavano curiosi uno per uno. Era silenziosa la sala, in quel momento.
Albus non si curò degli occhi puntati su di lui, non se ne accorse nemmeno, preso com’era a guardarsi intorno: alla fine dei tavoli, in uno spiazzo un po’ rialzato, c’era il tavolo dei vecchi professori e poco più avanti un semplice sgabello con un malconcio cappello.
Il Cappello Parlante.
Poi alzò gli occhi e un cielo stellato e lucente si appropriò di lui. Bellissimo, proprio come il padre glielo aveva descritto, il soffitto più bello dell’universo. Quando riabbassò gli occhi si accorse di essere rimasto indietro rispetto agli altri, che svelti si dirigevano verso la fine dalla sala e si beavano di quella meravigliosa magia che era Hogwarts.
Solo allora Albus si rese conto che i loro passi erano accompagnati da un fastidioso mormorio di commenti e frecciatine.
-Quella non è tua sorella?- sentì bisbigliare qualcuno.
-Sono sicura che diventerà un fiero Grifondoro!- disse qualcun altro.
-Che faccia da tonno che ha quello lì! Scommetto dieci galeoni che finirà a Tassorosso!- sghignazzò un altro ancora.
-Bassine le primine di quest’anno, non trovi?- fece un’altra voce.
-Quello non è Potter?- sentì dire qualcun altro. E Albus rallentò un pochino, aguzzando le orecchie, per cercare di sentire altri commenti su di lui.
-Ma è uguale al padre!-
-Ma che dici! Harry Potter aveva gli occhiali!-
-Sono sicuro che se guardi meglio ha le lentiggini come i Weasley!-
-Non è vero, idiota! Non dire stupidaggini!-
-Io dico che finisce a Grifondoro.-
-A me dà più l’idea di un Corvonero.-
-Balle! Finirà a Serpeverde! Non vedete che occhietti maligni?-
-Venti galeoni che non viene smistato in Tassorosso!-
-Scemo! Così la fai troppo semplice!-
E i commenti si sovrapponevano man mano che Albus continuava a percorrere la sala. Ad un certo punto non ne capì più neanche uno: la pancia era in subbuglio e il cuore batteva incontrollato procurandogli un feroce mal di testa. Ad Albus, diversamente dal fratello, non era mai piaciuto essere al centro dell’attenzione e, soprattutto, essere il soggetto di scommesse o commenti. Quando finalmente raggiunse la cugina, che guardava ammaliata il cappello, prese a respirare ritmicamente, sperando di calmarsi.
Una anziana signora era in piedi davanti a loro, accanto ad un leggio. Li guardò tutti intensamente, soffermandosi in particolar modo su Albus, poi si portò la bacchetta sul collo e quando parlò la sua voce sovrastò in un attimo tutto il brusio della sala.
-Silenzio per favore!- disse, zittendo tutte le voci –Ben tornati ragazzi, spero che tutti voi abbiate passato delle felici vacanze. Tuttavia da domani ricominceranno le lezioni e l’impegno e la costanza non dovranno mancare neanche quest’anno. Diamo, quindi, il benvenuto ai nostri nuovi allievi, che come di rito verranno ora smistati nelle quattro case, Serpeverde, Tassorosso, Corvonero e Grifondoro, dal Cappello Parlante.- disse lei con autorevolezza. Poi guardò con i suoi occhi blu i piccoli e impressionati ragazzini che aveva davanti.
-Sono la preside Minerva McGrannit, e vi do il benvenuto nella scuola di magia e stregoneria di Hogwards, ragazzi. Ora vi chiamerò uno ad uno, e quando sentirete il vostro nome verrete qui a sedervi su questo sgabello; il professor Finninghard di Trasfigurazione vi metterà sul capo quel cappello, e sarete smistati nella casa che più vi si addice.- spiegò lei.
Senza attendere domande, cominciò subito l’appello.
-Hollen Arianna.-
Una spaurita ragazzina dai capelli neri come la pece si diresse un po’ tremante sul palco e si sedette sullo sgabello di legno. Attimi di silenzio accompagnarono i sospiri intimoriti della piccola e poi, dopo qualche secondo, il cappello parlò e tutti i primini fecero un passo indietro, spaventati da tale magia.
-Tassorosso!- disse il Cappello Parlante. E tutto il tavolo giallo-nero si animo di grida di gioia. Invitarono la piccola Arianna a sedere con loro, complimentandosi e stringendole la mano e poi, quando la preside parlò di nuovo, si zittirono.
-Buttidy Gave.-
Un brunetto si diresse svelto verso lo sgabello e poco dopo che il professor Finningard gli poggiò il cappello in testa, quello proclamò: -Grifondoro!-
E ci fu gioia al tavolo dei grifoni. Poi vennero chiamate altre due ragazze a Grifondoro, tre ragazzi a Serpeverde, una a Corvonero e poi un altro a Tassoroso. Un’altra poi a Serpeverde e due ragazzi a Corvonero.
-Scamandro Lysander.- chiamò la McGrannit.
Il biondo sorrise furbo e appena messo il cappello quello lo spedì a Grifondoro.
-Scamandro Lorcan.-
Il gemello si diresse con calma verso lo gabello e, messo il cappello, passarono diversi secondi prima che, con un sorriso da parte del biondino, lo mandasse a Corvonero, con il disappunto del fratello.
Dennis Kappit divenne un Tassorosso e Vanessa Wave una Grifondoro. Venne il turno di Scorpius Malfoy, che fu ovviamente spedito a Serpeverde, per grande gioia dei verde-argento. Poi il cappello chiamò di nuovo un Tassorosso, rossiccio con le gambe un po’ storte, e dopo di lui Stephen Zabini a Serpeverde come Vincent Goyle.
-Weasley Rose.- disse poi la preside. A quel nome le gambe della rossa divennero gelatina.
Tuttavia si fece forza e si mosse verso lo sgabello. Il professor Finnengard le mise con delicatezza il cappello sulla testa e lei, paonazza dall’emozione, sentì a mala pena una voce sussurrarle nelle orecchie “Non ci sono dubbi…” prima che il cappello proclamasse alla sala: -Corvonero!-
Un brivido di felicità le percosse la schiena e subito si ritrovò accolta da mille braccia e altrettanti sorrisi che la invitavano ad unirsi alla tavolato nero-azzurra. Voltò solo una volta lo sguardo lucido di gioia verso il cugino che, con infinita dolcezza, le sorrise un po’ ansioso e le mimò con le labbra un “Bravissima”. Sorrise contenta anche lei, e sentì il peso che aveva oppresso il suo cuore per tutte quelle settimane affievolirsi velocemente; poi riportò l’attenzione su i suoi nuovi compagni, che la riempivano di domande, complimenti e presentazioni.
-Benvenuta a Corvonero! Ti troverai di certo benissimo!- le disse una ragazza bruna mentre si accomodava di fianco a Lorcan, che si complimentò anche lui con lei.
-Non potevo immaginare una casa migliore per te, Rose, se non questa.- le disse pacato con un sorrisetto.
-Grazie, Lorcan. Sono felice che ci sia anche tu qui: almeno non mi sentirò così sola…-  soffiò lei sinceramente rasserenata, con gli occhi azzurri che brillavano –Sai com’è: tra Potter e Weasley nella mia famiglia non ci sono poi così tante menti brillanti!- continuò poi, ridacchiando.
Lui sorrise di rimando pensando che in fondo quella ragazzina “so tutto io” non era tanto male e, nonostante Rose fosse molto intelligente -a volte anche più di lui- non gli sarebbe dispiaciuto far parte della sua stessa casa: sarebbe stata una bella sfida tra due grandi cervelli, e a Lorcan erano sempre piaciute le sfide.
-Merlino! Tu sei Rose Weasley? La figlia di Hermione Grenger? Io adoro tua madre!- cinguettò poi una ragazzina dai capelli neri in direzione della rossa.
-Piacere di fare la tua conoscenza, io sono Tony Ghirrel.- si presentò un ragazzo porgendole la mano.
-Io sono Katerine, ma puoi chiamarmi Katy!- si intromise una biondina.
-Piacere Michael Wall!-
-Alice Betterdy.-
-Raimond Tunn-
-Felice Carmice.-
-Vivienne.-
-Martin.-
-Simon.-
-Ghoffry-
-Susie.-
-Meredith.-
La testa di Rose stava per scoppiare: stringeva mani di ragazzi che le si presentavano e le facevano i complimenti o le dicevano quanto amata fosse sua madre. Per sua fortuna la preside intervenne prontamente.
-Silenzio, Corvonero! Dobbiamo continuare!- li sgridò e quelli, rispettosi ed educati, si placarono in un istante, lasciando in pace la piccola Rose che si concesse un sospiro di sollievo e si lasciò cadere di fianco al biondino.
-Bene… eravamo rimasti a… Potter Albus Severus!- disse, e la sala si gelò.
Il silenzio opprimente gravò ancora di più quando Albus, facendo finta di non curarsi dell’improvviso cambiamento, mosse i primi passi verso lo sgabello. Gli occhi di tutta Hogwarts erano puntati su di lui e Al, che odiava essere al centro dell’attenzione, desiderò essere invisibile. Vide la McGrannit guardarlo con dolcezza, sorridendo appena, ovviamente perché lui era identico ad Harry da piccolo; poi puntò lo sguardo verso il tavolo dei Grifondoro e incrociò lo sguardo fisso e lievemente turbato del fratello che, appena si rese conto di trovarsi sulla sua traiettoria, sussurrò, anche se Albus riuscì a sentire lettera per lettera nella sua testa, “Serpeverde”, e ghignò.
Distolse lo sguardo, e chiuse gli occhi in modo tale da vedere solo e soltanto il minimo indispensabile per arrivare allo sgabello. Quando finalmente, dopo interminabili secondi, lo trovò e si sedette, l’ansia lo assalì, ma decise di non pensarci.
Allora cercò di immaginarsi le cose che lo rendevano felice, che lo facevano stare bene.
Pensò a Ginny che cucinava i biscotti al cioccolato alla babbana; pensò a Lily quando cercava di leggere qualche suo libro e pochi istanti dopo rinunciava, guardandolo negli occhi e chiedendogli con la voce più tenera del mondo di leggere per lei; pensò al padre e allo zio Ron che, seduti davanti al fuoco e sorseggiando un whisky incendiario, raccontavano le avventure di quando erano giovani, e lui e Rose li ascoltavano affascinati sgranocchiando il croccante al caramello; pensò alla nonna e alla zia Hermione quando, credendo di non essere viste, mettevano tutti i regali di natale sotto l’albero, per creare la magia di quel buffo e grasso vecchietto che riempie il cuore dei bambini babbani portando doni di ogni tipo... com’è che si chiama? Ah, già, Babbo Natale.
Sorrise mestamente e, quando sentì la stoffa del cappello sfiorargli il capo, provò una sensazione di vuoto e la sua mente si riempì del niente più totale; almeno fino a quando una voce fastidiosa e velata da un leggero strato di ironia non gli sussurrò nelle orecchie:
-Potter, Potter, Potter… Mhmm, vediamo un po’… Sei sveglio, molto intelligente, ti piace leggere, vero? Un perfetto Corvonero, non trovi?-
Albus si sentì sprofondare: Corvonero no.
-Però, c’è dell’altro… Un ragazzino pauroso, timido, preferisci non dare nell’occhio…-
Non si sentiva più le gambe e teneva gli occhi strizzati al massimo, quasi gli dovessero fare un prelievo di sangue.
-Ambizioso: vuoi diventare migliore di tuo padre… Hai una mente astuta, ragazzo, ho scelto.-
Il cuore di Albus perse un battito.
-Serpeverde!- gridò il cappello parlante e a quel punto Al sbarrò gli occhi, sorpreso, ma neanche troppo.
Non poté trattenere il sorriso sollevato che si dipinse sulle sue labbra. Non vedeva e non ascoltava nessuno, ormai c’era solo lui, Albus Severus, Serpeverde. Non si soffermò a guardare la preside, che aveva un’espressione a dir poco basita; non si curò delle occhiate dei suoi coetanei, che balbettavano cose incomprensibili, presi alla sprovvista dalla notizia di lui a Serpeverde; non concesse uno sguardo neppure a James: non aveva proprio voglia di sentirsi rimproverare da lui, dopo che per tutta l’estate lo aveva punzecchiato augurandogli di essere accolto tra le serpi.
Bhè, ora c’era, era una serpe. James otteneva sempre tutto ciò che voleva, in fin dei conti.
Non notò nemmeno che la sala era immersa in un freddo silenzio, mentre si avvicinava al tavolo dei Serpeverde. Niente applausi e complimenti per lui, ma infondo Al se lo aspettava, era pur sempre il figlio di Harry Potter, no? E quelli erano per la maggior parte figli di Mangiamorte, no?
Ex-mangiamorte, si corresse il moro.
Dopo qualche interminabile secondo, risuonò nella sala un unico battito di mani. Singolo e mesto, il rumore dell’applauso si fece largo nell’atmosfera di ghiaccio e gli occhi di Hogwarts, da Albus, passarono tutti sul biondino che batteva le mani e fissava i suoi occhi grigi in quelli smeraldo di Al, mantenendo tuttavia la sua fredda aria indifferente.
Pochi istanti dopo, a Scorpius, si aggiunse anche un contrariato Goyle, e a loro Rose e Lorcan, poi pian piano gli altri diffidenti Serpeverde che, nonostante non lo davano a vedere, dentro erano fieri di avere nella loro casa il figlio di Harry Potter, nemico di molti dei loro genitori, ma stimato da altrettanti per aver salvato il futuro del mondo magico.
L’applauso si diffuse nel tavolo Serpeverde e si aggiunsero anche complimenti gridati da una parte all’altra della tavolata. I sorrisi si fecero più sinceri e Albus venne invitato a sedere insieme agli altri, tra strette di mano e presentazioni.
Si ritrovò davanti a Malfoy, che gli sorrise sghembo e si limitò a salutarlo con un cenno del capo.
-Ehy, Grifondoro!- gridò poi un Serpeverde paffutello che si era alzato in piedi sulla panca.
-Noi abbiamo Potter!- canticchiò acido con un ghigno di vittoria stampato sul volto.
Si liberarono risa, urla e fischi di incoraggiamento da parte delle serpi, mentre i grifoni rimasero zitti, e senza dire una parola incassarono il colpo. Tra di loro, però, il più silenzioso fu James che sconcertato e allibito, non aveva ancora recepito l’accaduto.
-Oh no…- sussurrava, con voce inclinata -Non è… Non può…- balbettò, voltandosi verso Fred, in cerca di un sostegno. Il mulatto lo guardò con uguale meraviglia, senza parole.
-Il mio… Tra le serpi… Io…- disse ancora, al limite della confusione -Merlino… E’ tutta colpa mia!-
Gliela aveva tirata per bene, durante tutta l’estate, e adesso eccolo lì, il suo fratellino, nel covo delle serpi, con le serpi, lui diventato una serpe. La testa cominciò a girare.
-James! Sei pallido!- disse Robert Stennif, suo compagno di stanza, facendogli un po’ di vento con la mano.
-Ti senti bene?- chiese ancora lui.
James lo guardò allucinato, sembrava un pazzo: gli occhi lucidi e infuocati, i capelli tutti spettinati, la camicia e la cravatta tutte spiegazzate.
-No…- disse solo in un sussurro, con una voce sull’orlo del pianto.
-Cazzo!- imprecò poi, prendendosi il volto tra le mani e poggiando i gomiti sul tavolo.
-Silenzio ragazzi! Silenzio!- gridava intanto la preside, cercando di far calmare i Serpeverde, con scarsi risultati.
Albus la guardò mentre, disperata, cercava di riportare un po’ d’ordine; sorrise sereno, sentendosi finalmente parte di qualcosa di diverso dal normale, di diverso da suo fratello e, soprattutto, da suo padre. Merlino! Ancora non ci credeva: lui era una serpe!
Incontrò gli occhi azzurri di Rose, che gli sorrise e gli fece l’okay con la mano; Albus allargò il sorriso e le fece l’occhiolino, poi si rigirò verso il suo tavolo, dove i suoi compagni parlottavano e si congratulavano ancora, sorrise se possibile ancora di più.
Si sentiva terribilmente sereno.
-Boowery Nicole.- sentì chiamare dalla McGrannit. Nicole era una ragazzina minuta e pallidissima, venne smistata in Corvonero.
-Me lo sentivo che saresti venuto a Serpeverde, Potter.- Al puntò gli occhi verdi sul ragazzino che aveva di fronte. Sorrise.
-Anche io, Malfoy.- il biondino accennò un sorrisetto. Nonostante il padre lo avesse ammonito giorno e notte riguardo ai Potter, quel moretto davanti a lui non sembrava tanto male. Un giorno, appena alzato, Draco gli aveva detto:
-I Potter sono tutti schifosamente uguali: scombinati, tra le nuvole, fastidiosi, sciocchi e maledettamente Grifondoro.-
Tuttavia Albus non era né scombinato, anzi era perfettamente pettinato e i suoi abiti non avevano una piega; né fastidioso, era invece silenzioso e sembrava simpatico; né sciocco, poiché sembrava un ragazzino alquanto colto; né, tantomeno, Grifondoro, dato che era un vero e proprio Serpeverde. Forse con la testa tra le nuvole un po’ sì, ma chi non lo era quella sera?
Il fratello, invece, appena lo aveva visto aveva capito che era un Potter: combaciava a pennello con la descrizione del padre. Gli aveva già dichiarato guerra mentalmente.
-Mi farebbe piacere condividere il dormitorio con te, Potter, che ne pensi?- chiese d’un tratto Scorpius, mentre Al guardava accomodarsi un novello grifone.
-Perché no.- sorrise, il Malfoy sembrava simpatico, dopotutto.
Ad un certo punto lo sguardo smeraldo di Albus venne catturato da una chioma rossa che, tra le ultime rimaste, si guardava ancora intorno un po’ spaurita, non sapendo ancora dove sarebbe stata smistata: la ragazzina del treno.
Era proprio carina, rifletté lui, strana ma carina. Probabilmente anche simpatica.
-Cavendish Celine- disse la McGrannit e, come se Albus l’avesse chiamata, la ragazzina dai capelli rossi si mosse verso lo sgabello.
Celine, quindi. Il suo nome era Celine.
Sentì uno sguardo su di sé e quando si voltò verso Scorpius lo trovò a fissarlo con un sopracciglio alzato. Come se avesse intuito la domanda non detta ma racchiusa tra le labbra del compagno, arrossì un poco. Che avesse frainteso il suo interesse per la ragazzina? Al si affrettò a dare una spiegazione al biondino, per evitare che si facesse strane idee.
-L’ho incontrata sul treno… E’ una tipa strana… la conosci?- chiese incerto. Sentiva di essere entrato già in confidenza con lui, tuttavia il suo sguardo argento lo metteva in soggezione.
Scorpius ghignò e posò lo sguardo di ghiaccio su Celine, ancora seduta sullo sgabello.
-Ancora no…- sussurrò, pochi istanti prima che il cappello mandasse la rossa a Serpeverde.
Albus sorrise e scosse la testa, mentre applaudiva la nuova arrivata.
Finito lo smistamento, su tutte le tavolate apparvero vivande di ogni genere, in quantità esorbitanti. Era una magia bellissima, ma non la più bella. L’incantesimo migliore di tutti era già stato scagliato, il momento esatto in cui Albus aveva messo piede sull’Express: l’incantesimo della felicità, dell’amicizia e dell’amore, che pian piano avrebbero fatto radici nel cuore del piccolo Potter.
Da quella sera cominciò la più grande avventura di Albus: la sua vita.




Angolo Autrice:

Che dire? Eccomi qui, con la mia prima e piena di speranze long-fiction...
Speriamo bene, per quanto mi riguarda è già tutta nella mia testa, ma per metterla giù mi ci vuole e, proprio per quetso, non mi sono mai dedicata a long-fic (anche se le adoro). Qundi non vi aspettate -se mai ve lo aspetterete- un aggiornamento ogni due giorni, perchè non avverrà (almeno fino a quando la mia testa non si collegherà direttamente al compiuter e scriverà lei tutto per bene!).
Comunque, questo è un esperimento e, sì, mi spaventa un bel po', ma prima o poi ci avrei dovuto provare, no?
Spero solo che non sia un totale fallimento, perchè devo ammettere che mi piace molto l'idea che mi sono mezza proggettata.
Spero che non la troviate noiosa e banale,
Fatemi sapere tutto (tutto significa proprio tutto) quello che pensate in una recensione e, per ora, vi saluto...
Ah, quasi dimenticavo, per chi volesse una lista più o meno precisa dei personaggi di questa fic (dato che se ne possono selezionare solo 5 e io ho scelto i più significativi quasi a simbolo) eccola qui:
Nuova Generazione:
-Albus Potter
-James Potter
-Lily Potter
-Rose Weasley (Hugo no, almeno non per ora)
-Dominique Weasley
-Fred Weasley
-Lysander e Lorcan Scamandro
-Scorpius Malfoy
-E tanti nuovi personaggi.

"Vecchia" (eh sì! I nostri cari amici sono diventati vecchiotti, e un po' viene da piangere...) Generazione:
-Harry Potter
-Ginny Weasley
-Ron Weasley
-Hermione Grenger
-Draco Malfoy
-Forse qualche comparsa tra i familiari Weaslay
-Alcuni professori (McGrannit, Lumacorno, Hagrid... che proprio non riesco a mandare in pensione!)
-Ora non mi viene in mente nessun'altro... vi informerò, semmai!;)

Un bacio grande e grazie anche solo per aver letto la mia fic e aver pensato "Carina..." :)
Pop <3

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Capitolo 2
*** I Maghi Oscuri ***


I Maghi Oscuri

 
 
Un timido raggio di sole, quella mattina, passò la tenda azzurra della grande finestra ed arrivò fino al letto della piccola rossa, ancora assopita in un sonno profondo. Dopo qualche istante la perpetua luce puntata sulle palpebre chiuse di Rose cominciò a disturbarle il sonno, fino a farla svegliare, spaesata e infastidita da quella fioca ma incessante luce.
Inizialmente non riuscì a capire dove si trovasse, ma poi, inspirando un’ondata di profumo alla lavanda e vedendo nel letto di fianco al suo Beaty, la compagna di stanza, sorrise serena e si alzò a sedere, stiracchiando le braccia verso l’alto.
Si guardò intorno: quella stanzetta verniciata di blu chiaro cominciava a darle sicurezza e giorno dopo giorno la sentiva sempre più sua. Scese dal letto e poggiò entrambi i piedi nudi sul parquet di mogano, si diresse verso il grande armadio di legno e lo aprì, rivelando non solo i suoi fedeli e classici abiti, sobri ma sempre eleganti, ma anche la sua vasta collezione di libri, tomi di ogni spessore e contenuto, dalle copertine consumate o nuove di zecca, che profumavano di passato o di inchiostro appena stampato.
Sorrise e fece scivolare la bianca camicia da notte fino al pavimento. Poi indossò le calze scure e la gonna, la camicia e il gilet, senza scordarsi di annodare per bene la sua nuova cravatta da Corvonero, della quale andava fierissima.
Si infilò le ballerine accostate al letto e, presi un paio di spessi volumi, in silenzio passò davanti alla compagna di stanza. Sorrise nel vederla rasserenata, con i mossi capelli mori sparsi sul cuscino e la sua aria un po’ svampita per nulla immaginabile; sfiorò il suo comodino, dove in un vaso erano raccolti vari rametti di lavanda, ed inspirò a fondo. Infine, silenziosamente, aprì la porta ed uscì dalla camera, scese le scale ed attraversò la sala comune, proseguì fuori, per i lunghi corridoi ormai conosciuti del castello, girò alla sua destra, poi salì le scale e di nuovo a destra, dritto ancora per qualche metro e poi svoltò a sinistra, entrando dalla grande porta in marmo nero nella vasta e piena biblioteca di Hogwarts.
Silenziosa come al solito, ma ancor di più la mattina della domenica, quando tutti erano a letto e nessuno passava del tempo lì dentro, la sala metteva quasi inquietudine a quelli che ci entravano. Rose, per nulla infastidita, si accomodò su una delle tante panche libere e aprì il tomo di Cura delle Creature Magiche cominciando la sua lettura.
Era già alla quindicesima pagina quando un rumore di passi catturò la sua attenzione; si voltò, in direzione della porta d’ingresso, e poco dopo da lì sbucò un assonnato Albus che, appena la vide, quasi si risvegliò da un sonno profondo e le sorrise raggiante, avvicinandosi svelto.
-Buongiorno, Rose! Che ci fai qui di prima mattina?- chiese accomodandosi di fronte a lei.
-Potrei farti la stessa domanda, cugino. E la mia sarebbe anche più lecita.- scherzò lei.
Scrutò poi il moro con occhio indagatore: le sembrava molto più raggiante e sereno del solito, quasi come se avesse trovato il suo posto nel mondo. Sorrise.
Aveva i capelli pettinati con precisione, nonostante si vedesse benissimo che si era svegliato da poco; gli occhi smeraldo, brillanti e verdi più del solito, la guardavano sereni, non con la classica ansia tipica di lui, che sempre voleva capire tutto prima degli altri; la divisa stirata per bene, la cravatta verde-argento annodata correttamente, il mantello senza nemmeno una piega. Era perfetto, e Rose sapeva bene quanto Al ci tenesse ad essere perfetto e quanta cura riservasse alle sue cose.
Albus alzò il libro che teneva in mano: Pozioni.
-Ripasso per domani… anche se non ne ho alcuna voglia: trovo Pozioni una materia alquanto noiosa.-
-Forse è perché non riesci proprio?- disse lei con un sorriso maligno.
-Ah. Ah. Ah. Ma come siamo spiritose.- rispose Albus, un po’ offeso. Rose scoppiò a ridere e poco dopo anche il moro accennò un sorrisetto.
-Non so se ti conviene fare tutto questo baccano: Madama Prince non è molto contenta quando l’immacolato silenzio della sua biblioteca viene rotto dalle ilari risate di una ragazzina fastidiosa.- continuò lui, cercando di essere più acido possibile, ma non riuscì bene nel suo intento perché la cugina rise ancora più forte.
-Che scemo che sei! Ma ti devo spiegare sempre tutto io?- chiese lei, tra una risata ed un’altra. Inspirò a fondo, per calmarsi, e cercò di ricomporsi al meglio possibile. –Madama Prince dalle otto alle dieci di mattina è impegnata a fare colazione con Madama Chips… Un giorno le ho beccate in cucina mentre mangiavano in due un’enorme torta al cioccolato…- e ridacchiò.
-Ma se qualcuno ruba un libro? Oppure si fa male?- chiese Albus curioso, divertito anche lui da quella rivelazione.
-Guarda che i libri sono legati quasi come dei figli a Madama Prince: se qualcuno ne ruba uno lei lo ritrova nel giro di ventiquattr’ore… e non sai che cosa potrebbe fare al ladro…- fece lei, con l’aria di chi la sa lunga.
-E Madama Chips?- chiese ancora il moro.
-Bhè… i pazienti di solito a quell’ora dormono, e comunque è raro che arrivi un malato la mattina presto… Ho sentito che alle volte somministra un sonnifero in modo tale che i malati non si possano svegliare…-  spiegò la rossa, con un pizzico di disappunto, poi rise di nuovo insieme al cugino.
Risero sereni, come dovrebbero essere sereni due classici undicenni che ancora non sanno nulla del mondo e che trascorrono la loro vita in una spensierata innocenza. Perché alla fine Rose, dopo l’amareggiata lettera di suo padre, che sì, era felice per la figlia, ma rimaneva deluso per il mancato posto a Grifondoro, aveva ricevuto le congratulazioni più vive da parte della madre, fierissima di lei, e degli zii, altrettanto orgogliosi; e anche Albus, nonostante gli fosse parso di vedere gli occhi lucidi del fratello mentre lasciava la Sala Grande, nonostante James non gli avesse rivolto la parola per ben tre giorni, un po’ per vergogna, un po’ per timore, un po’ per risentimento, nonostante nella lettera mandatagli dai genitori non si accennava a nessun complimento al di fuori della famiglia Potter, lui era fiero di essere un Serpeverde e sapeva che i suoi genitori  lo avrebbero sostenuto e appoggiato, sempre e comunque.
Il venerdì, poi, era arrivata ad entrambi una lettera da parte di Molly e Arthur Weasley nella quale i loro nonni si complimentavano per lo smistamento e si raccomandavano di essere sempre leali e buoni con il prossimo, sempre studiosi e ambiziosi e mai intimoriti dal proprio futuro.
Proprio quel giorno il compagno di stanza di Albus, Scorpius Malfoy, aveva accidentalmente versato una brocca di succo di zucca in testa a James e quest’ultimo, che già non poteva sopportarlo perché gli aveva portato via il fratello, perché aveva la puzza sotto al naso, perché si credeva il principino di Hogwarts e poi… perché sì, insomma, quello era un Malfoy, gli aveva tirato un pugno dritto nell’occhio sinistro, tanto forte e preciso che il biondino era finito in infermeria e il moro in presidenza. Al aveva poi aspettato il fratello fuori dall’ufficio della preside, per cercare di chiarire e di ricostruire quel legame che di giorno in giorno sembrava sfuggirgli dalle mani granello per granello:
-Hey, Jamie…- aveva detto Albus, appena aveva visto il fratello uscire dalla presidenza.
James aveva alzato gli occhi cioccolato, stanchi e un po’ tristi, e lo aveva guardato con un pizzico di sorpresa.
-Serpe…- aveva poi sussurrato.
-Non chiamarmi così.-
-E’ quello che sei.-
-Lo fai suonare come un insulto…-
Si erano successi poi svariati attimi di silenzio nei quali i due avevano tenuto uno lo sguardo fisso negli occhi dell’altro e poi, da bravi fratelli, avevano parlato all’unisono.
-Senti.-
-Ascolta.-
Un sorriso, uno sguardo.
-Mi dispiace, Jamie…- aveva detto flebile Albus.
-E’ giusto così. L’ho detto anche io: è quello che sei, e nessuno potrà mai cambiarlo.-
Al aveva guardato stupito il fratello, che ricambiava lo sguardo con un sorrisetto.
-E poi sarà utile avere un fratello nel covo delle serpi, no?-
Entrambi erano scoppiati a ridere e James si era avvicinato ad Al per dargli una pacca sulla spalla.
-Più o meno va bene così, fratellino.- aveva continuato e Al lo aveva guardato con gli occhi un po’ lucidi; poi aveva sorriso.
-Ti voglio bene, James.- aveva detto con un sorriso.
Jamie aveva fatto una smorfia e poi gli aveva spettinato i capelli, correndo subito via per il corridoio.
-Quanto sei sdolcinata, Serpe! Credo proprio che lo andrò a dire a tutti!- aveva riso di gusto mentre correva.
Al, scocciato per il disastro che erano divenuti i suoi capelli e per il comportamento del fratello, gli era corso dietro, gridandogli di fermarsi e di stare zitto, per Morgana.
E così, a due settimane dall’arrivo, Albus e Rose avevano fatto pace con il mondo e con loro stessi e avevano già fatto amicizia con i loro nuovi compagni.
Beaty Mitchell, nata-babbana di origini statunitensi, era una corvonero piuttosto bizzarra e curiosa: parlava sempre del mondo dei babbani e non perdeva un minuto per raccontare delle tecnologie in uso tra i non-maghi. Era un’appassionata di film, soprattutto di quelli in bianco e nero, e amava da morire gli attori francesi. Amava anche la Francia, specialmente Parigi dove abitava una sua zia di secondo grado, e adorava in particolar modo la lavanda che sbucava dovunque lei passasse.
Era buffa anche fisicamente: era piccina, dai capelli scuri e mossi che quando passeggiava per i corridoi ondeggiavano sulla schiena lasciando una scia di profumo di lavanda per il castello.
Quando camminava incrociava sempre i piedi, uno davanti all’altro, in maniera a dir poco maniacale ed eccessiva, tanto che a volte perdeva l’equilibro e cadeva a terra tra la folla. Ma la parte migliore veniva quando doveva leggere: era totalmente astigmatica ma si ostinava a non portare gli occhiali, diceva che le coprivano i suoi occhi azzurrissimi e che vedeva benissimo anche senza. Tuttavia la si beccava spesso con i libri ad un millimetro dal naso e, quando doveva leggere in aula ad alta voce, incollava così tanto gli occhi alla pagina che sembrava quasi che il libro volesse risucchiarla.
Tuttavia era simpatica, molto, e parlava sempre di cose affascinanti ed interessanti. Per questo Rose si trovava bene con lei: quando Beaty raccontava del mondo dei babbani la rossa pendeva dalle sue labbra; quando invece era lei a raccontare storie sui maghi, sulle intriganti avventure dei suoi genitori, la mora la guardava con occhi sognanti ed appassionati, curiosi di saperne di più su quel mondo tanto nuovo e sconosciuto.
Oltre a Beaty, Rose passava molto tempo in compagnia di Lorcan Scamandro, figlio di Luna Lovegood, con il quale spendeva interi pomeriggi in biblioteca o a leggere sulla riva del lago. Era una buona compagnia, il biondino, tanto che ormai la Weasley gli si era affezionata: era silenzioso e attento, intelligente e studioso, con dei gusti così simili ai suoi che Rose quasi si spaventava ogni volta che le loro mani afferravano lo stesso libro o la stessa mela o si sedevano contemporaneamente sulla stessa poltrona vicino al camino; a volte aveva notato persino che sbadigliavano nello stesso momento o si parlavano sopra l’un l’altra. Bizzarro…
Tuttavia Rose amava trascorrere le giornate con Beaty e con Lorcan e questa era l’unica cosa che le importava… in quel momento.
La rossa, presa com’era nel raccontare al cugino della sua buffa compagna di stanza e della sua affinità con il biondino Scamandro, non si rese conto che era trascorsa già più di un’ora e mezza, da quando era entrata in biblioteca e il suo stomaco cominciava a brontolare.
-Albus, ti va se andiamo a fare colazione? Tanto qui non concludiamo nulla…- propose lei speranzosa.
Lui sorrise e chiuse il libro che aveva aperto poco prima.
-Andiamo, dai, che oggi ci dovrebbero essere i muffin al cioccolato.-
Così si alzarono e, seguendo la scia di cioccolato proveniente dalle cucine, percorsero i larghi corridoi del castello affissi di quadri e ritratti che al loro passaggio li salutavano felici, fino ad arrivare di fronte all’enorme arcata d’entrata della Sala Grande. Il brusio leggero, quello delle dieci di domenica, di quando ancora non tutta Hogwarts è sveglia, li accolse nel varcare la soglia. Spruzzi di scolari con o senza divisa sedevano qua e là sparsi nella sala, intenti a chiacchierare e a gustare la prima colazione domenicale ancora un po’ assonnati e stanchi per la lunga settimana di studio dopo mesi di vacanze.
Gli occhi azzurri di Rose focalizzarono subito Lorcan, intento a bere un cappuccino schiumoso e a leggere uno di quei suoi libri di animali rarissimi. Sorrise e, salutando Al, lo raggiunse.-Buongiorno Lorcan!- salutò lei, con un sorriso. Il biondino alzò lo sguardo plumbeo su di lei e accennò un sorriso.
-Beaty non è ancora scesa, vero?- disse ancora lei, versandosi del succo in un bicchiere e guardandosi in giro alla ricerca di un giornale.
-No.- fece laconico lui, riprendendo la lettura.
-Ma non ci sono gazzette stamattina?- domandò nuovamente lei, un po’ corrucciata.
Stavolta Lorcan alzò lo sguardo su di lei, e la fissò negli occhi. Rose per un momento si perse in quelle due perle nere e, con il fiato sospeso, attese quella che sembrava essere la più triste e importante risposta di sempre, data l’espressione penetrante del biondo.
Tuttavia Lorcan era un ragazzo piuttosto bizzarro e sorridendo mestamente disse solo:
-No. Non sono ancora arrivati i giornali.- e poi tornò a leggere, lasciano la rossa un po’ perplessa e stranita.
Rose lo guardò per un momento corrucciata, con la bocca lievemente socchiusa, poi scosse la testa e sorrise affranta per la stravaganza dell’amico, cominciando a sorseggiare il succo di zucca.
Intanto Albus si era seduto davanti al suo compagno di stanza, stranamente sveglio dopo una settimana di alzate mattutine e stancanti serate passate a parlare del più e del meno ognuno sdraiato nel proprio letto.
-‘Giorno Scorp, pensavo ti saresti svegliato tardi oggi, dato che è da due settimane che ti lamenti ogni volta che suona lo svegliatore.- sorrise beffardo il moro.
Il biondino, dal canto suo, gli fece una smorfia e continuò imperterrito a giocare con la fetta di torta di mele che aveva nel piatto e di cui non aveva preso nemmeno un morso.
-Nervosetti?- chiese di nuovo Al, non ottenendo nemmeno l’attenzione del Malfoy.
-Pensavo che voi purosangue non giocaste con il cibo…- lo sfotté nuovamente Albus.
L’altro smise di torturare il dolce e, in silenzio, si versò dell’acqua nel bicchiere.
Albus si corrucciò: che diavolo aveva quella mattina il platinato?
-Scorpius…- lo chiamò, stavolta serio, e quello puntò i suoi grigi occhi, che in quel momento sembravano velati da uno strato di tristezza, in quelli smeraldo di Albus.
-Cos’è succes..-
-Cleo ti ha portato questa.- lo interruppe lui, porgendogli una lettera. Albus la prese, era da parte di sua madre, la quinta da quando aveva cominciato la scuola. Sorrise felice: era contento del sostegno che i suoi genitori gli davano.
-Allora i gufi hanno portato la posta! I tuoi genitori ti hanno spedito qualche lettera?- chiese euforico Albus, guardando Scorpius negli occhi. Dopo un attimo di silenzio Scorpius abbassò lo sguardo, scuotendo la testa e mordicchiandosi una guancia.
-No.- disse solamente. Il moro lo guardò dispiaciuto, comprendendo la ragione della sua tristezza: da quando erano arrivati Scorpius non aveva ricevuto nessuna lettera della sua famiglia, neanche i complimenti per la casa in cui era stato smistato.
Durante le loro chiacchierate notturne aveva rivelato ad Albus che i suoi genitori non facevano altro che litigare e che a volte si scordavano completamente della sua presenza. In più il padre era sempre fuori e la madre si rinchiudeva in camera e ci restava per giornate intere.
Probabilmente si ubriacava anche, aveva pensato Al, ma questa era solo un’ipotesi. Fatto stava che il piccolo Malfoy si ritrovava più spesso del dovuto a casa degli amici di famiglia che non a casa sua, e cenava più spesso da solo o con i nonni che non con i suoi genitori, tutti e tre insieme.
Nel sentire queste dichiarazioni ad Albus si era stretto il cuore, perché mai avrebbe immaginato che un tipo schietto e gradasso come il biondino, potesse avere una situazione familiare così triste. Forse era proprio per quello che si comportava da bulletto con il resto del mondo. Ma Albus sapeva che infondo Scorpius era un ragazzo veramente speciale, un po’ dispettoso e subdolo sì, come ogni vero Serpeverde, ma per nulla cattivo e malvagio come voleva apparire.
Forse proprio per quella sua duplice personalità ispirava molto Al. Anche lui, infatti, si sentiva diverso da come gli altri lo dipingevano, e lo era.
Albus lo studiò ancora per un momento, poi decise di cambiare discorso, di non dirgli nulla, perché infondo, cosa gli avrebbe potuto dire? Che gli avrebbero scritto? Che non si erano scordati di lui? Che avrebbero smesso di litigare? Lui non lo sapeva, non li conosceva neanche i signori Malfoy, ed è maglio non illudere un cuore ferito, soprattutto di un ragazzino fragile come in quel momento poteva essere Scorpius.
Mise la lettera in tasca, per leggerla poi in separata sede, e prese una fetta di torta di mele.
-Ma non dovevano esserci i muffin?- domandò, per cambiare discorso. Il Malfoy sorrise, grato all’amico di non rigirare il coltello nella piaga.
-Se li è portati tutti via quel ciccione di Astort.- rispose con disprezzo il biondino, arricciando il naso.
-II Corvonero?- domandò stupito Al.
-Proprio lui.-
-Ma non dovrebbero avere una certa compostezza gli uccellini?-
-Dovrebbero, Al, dovrebbero.- rispose Scorpius scuotendo la testa. Albus ridacchiò, e si guardò in giro.
-Non avevi detto che erano passati i gufi, Scorp?-
-Si, perché?- chiese lui, addentando finalmente la fetta di torta che aveva nel piatto da più di mezz’ora.
-Dove sono i giornali?- chiese corrucciato il moro: di tutte e quattro le tavolate non scorgeva nessuna Gazzetta Del Profeta.
Scorpius imitò l’amico e scrutò la sala in cerca di un giornale: niente.
-Non so… Cleo aveva solo la lettera…- sussurrò, dando un altro morso al dolce.
-Strano, però…- Albus non fece in tempo nemmeno a prendere un boccone di torta di mele che nella Sala Grande entrò un serissimo James Sirius Potter.
Aveva una maglietta dei Chudley Cannons piuttosto slavata e consumata, i jeans scuri leggermente scesi e le converse nere rovinate allacciate alla bene e meglio. Il suo stile trasandato, quel giorno, era seriamente eccessivo, come se si fosse vestito di fretta con le prime cose che gli erano capitate tra le mani. A guardarlo meglio si poteva notare anche uno strano pallore, molto più accentuato rispetto al solito, e gli occhi leggermente arrossati che ispezionavano millimetro per millimetro la sala e che quasi tremavano spaventati ad ogni singolo rumore.
Un’altra cosa piuttosto strana, quella mattina, era che James non era affiancato come suo solito dai suoi fedeli amici e, principalmente, che si trovava lì a quell’ora di mattina. Infatti tutti sapevano che il maggiore dei Potter amava dormire fino all’ora di pranzo la domenica, e nessuno si doveva azzardare a svegliarlo, sennò erano guai seri.
James camminava a passo di marcia per la sala, fissando le facce che lo guardavano attente, ma non vedendole neanche. Era solo una persona, quella che stava cercando. Incrociò due occhi verdi che, curiosi, lo guardavano interrogativi.
Deglutì e serrò con più forza la mano intorno al giornale che stringeva. Respirò a fondo, mentre si avvicinava al fratello, fissandolo con uno sguardo serio e preoccupato allo stesso tempo.
Albus cominciò ad agitarsi: non aveva mi visto il fratello così angosciato.
Si alzò svelto, ignorando le domande di Scorpius, e si affrettò a raggiungere James.
-Che succede, Jamie?- chiese con un filo di voce, le sopracciglia aggrottate.
Lui aprì la bocca per rispondere, ma non riuscì a dire una parola.
-James?- chiese ancora Al, mentre la preoccupazione saliva. Vide il fratello fare un grande respiro.
-Al…- cominciò, con voce rotta. Una voce così piena d’agitazione che Albus non aveva mai sentito prima.
-S-senti…- deglutì.
-Che è successo?-
-Io…-
-James.-
Lui si passò una mano sul volto.
-James.- disse di nuovo Albus.
Quello lo guardò, gli occhi color cioccolato lucidi e preoccupati.
-James, vuoi dirmi che diamine è successo, per Salazar!- stavolta Albus alzò la voce, e gli sguardi di tutta la sala di posarono su di lui.
James prese un altro grande respiro e, guardando il fratello nelle iridi smeraldo, parò:
-Ora… ora sta bene… ok? Non… sta benone, adesso… non ti preoccupare…-
-James, chi?- chiese ancora Al, avvicinandosi al fratello che, tremante, gli porse il giornale che stringeva nelle mani.
-Prima zia Audrey… mamma e papà sono andati da lei, sai… per vedere come stava, che le era successo…- disse lui in fretta, mentre l’altro apriva la gazzetta.
-Uno squarcio sul braccio, mentre stava leggendo un libro.- confessò, e Albus perse un battito.
Distolse lo sguardo dal giornale, interessato di più alle parole di James.
-Sono entrati in casa, c’è scritto, e l’anno aggredita. Ha mandato un Patronus allo zio Percy che di corsa ha chiamato mamma e papà. L’hanno trovata svenuta sul tappeto, con un braccio insanguinato. Poi sono andati al San Mungo e li hanno raggiunti lo zio Ron, zia Hermione e Hugo… e poi…- si fermò, la voce gli si era incrinata.-
Poi cosa, James? Parla!- lo incitò Albus, con il cuore che gli batteva a mille.
Gli occhi di James si riempirono di lacrime.
-Se…- provò a dire.
-Se la volevano uccidere, l’avrebbero potuto fare ma… non era lei che…- un singhiozzo lo costrinse a fermarsi. Albus, più basito che mai, cominciò piano ad aprire il giornale.
-Era da sola a casa… mamma e papà erano in ospedale… lei…- sussurrò piano, le lacrime che gli colavano sul volto.
Albus inspirò a pieni polmoni, poi, cercando di rimanere calmo, cominciò a leggere la testata della gazzetta, il titolo principale.
-Lei è… così piccola…- balbettò ancora James, mentre ad Albus il cuore si stava fermando nel petto. Fu come se il mondo gli fosse crollato improvvisamente addosso, tutta l’aria nei polmoni finita, la testa più pesante di un masso, gli occhi inspiegabilmente colmi di lacrime che non volevano sgorgare.
James respirò ancora con affanno e, con un tremante sussurro, lo disse:
-Lily…-
E Albus sentì le gambe non reggere più il peso del suo corpo. Si sedette sulla prima panca libera e cercò di rileggere il titolo dell’articolo, nonostante la vista appannata dalle lacrime:
“La figlia di Harry Potter aggredita dai Maghi Oscuri” e poi sotto, più in piccolo “Ricoverata al San Mungo, fuori pericolo, la piccola Potter è stata vittima di un feroce attacco da parte di maghi ignoti. Che i Mangiamorte siano tornati?”
Albus non si curò né delle lacrime che, meschine, gli rigavano il bianco volto, né di Rose che chiedeva al cugino spiegazioni, né dei professori che, agitati, erano entrati nella sala e cercavano di ristabilire l’ordine, né di Peater Stinner che stava distribuendo copie della Gazzetta del Profeta, né degli studenti che, leggendo, commentavano con trepidità, né di Scorpius che, con in mano il giornale, cercava di rassicurarlo.
Solo, lesse e rilesse l’articolo, fino allo sfinimento.
La sera prima sua zia Audrey era stata aggredita mentre leggeva un libro in casa sua. Dopo essere rinvenuta aveva affermato che gli aggressori erano maghi esperti, vestiti di nero e con il volto coperto da uno scuro velo e che, dopo averle scagliato un Crucio, l’avevano ferita al braccio con un pugnale babbano e poi, per la quantità di sangue sgorgato, era svenuta non prima di inviare al marito un Patronus. Percy Weasley, in quel momento al ministero, aveva subito avvertito Harry e Ginny Potter e insieme al loro avevano soccorso la donna portandola in ospedale. Lì li avevano raggiunti suo zio Ron, la zia Hermione e suo cugino Hugo e, dopo che la zia Audrey era stata dichiarata fuori pericolo ed era rinvenuta, aveva raccontato l’accaduto e di aver sentito gli aggressori dire che, dopo del sangue babbano (Perché Audrey era una nata-babbana) avevano bisogno del sangue Potter. Ma se Harry era lì con loro, lui e James al sicuro ad Hogwors, l’unico membro della famigli a possedere sangue Potter era Lily che, tranquilla, era rimasta a casa nel suo lettino a dormire.
Quando poi un preoccupato Harry ed una disperata Ginny erano tornati a casa, seguiti dallo zio Ron, avevano trovato la piccola Lilian nella cucina, con un taglio sul collo e piena di lividi. L’avevano portata in ospedale e, dopo essere stata ricoverata, era stata dichiarata fuori pericolo ma non del tutto guarita. Tutto questo mentre lui, Albus Severus Potter, dormiva beatamente nel suo letto.
Riaprì gli occhi, inspiegabilmente chiusi, e si ritrovò nell’ufficio della preside assieme al fratello e a tutti i professori, senza neanche sapere come c’era arrivato. Il silenzio regnava sovrano, e tutti gli sguardi erano puntati su i due piccoli Potter.
Albus guardò la McGannit che li studiava apprensiva, poi puntò lo sguardo sul fratello che, distrutto, era accasciato sulla poltrona e guardava fisso davanti a sé.
-Signor… James, Albus.- disse lei, correggendosi per cercare di apparire più vicina.
-Avete letto… e avete letto anche che ormai vostra sorella è fuori pericolo…- continuò, cercando di rincuorarli.
-Non capisco perché non ci abbiano nemmeno avvertito! E perché hanno lasciato Lily a casa da sola!- sbraitò improvvisamente James, preso da un attacco d’ira.
In realtà, si ricordò d’improvviso Albus, la madre gli aveva inviato una lettera. La sfilò dalla tasca e, silenzioso, l’aprì e la lesse. Diceva brevemente l’accaduto, di non preoccuparsi e che presto sarebbero venuti ad Hogwarts. E poi che gli voleva un mondo di bene, sia a lui che a James
Il fratello lo guardò, con gli occhi cioccolato rossi di sangue, e quando vide la lettera gliela strappò dalle mani. La lesse in fretta.
-I vostri genitori verranno qui.- parlò di nuovo la preside.
-Appena Lilian sarà dimessa, verranno qui, e vostra sorella rimarrà nel castello fino a quando non ci sarà più pericolo.-
James e Albus la guardarono sorpresi ed entrambi, senza parole, tirarono il primo sospiro di sollievo.
-Professoressa…- cominciò Al con un filo di voce, cercando di mantenere lo guardo alto.
-Cosa… perché è successo? Chi… chi sono questi Maghi Oscuri?- balbettò, cercando di mascherare al meglio possibile le sue emozioni. Non ci riuscì granché. Minerva lo guardò con un sopracciglio alzato, poi, come per chiedere consiglio, guardò gli altri professori che, conviti, acconsentirono mestamente.
-Il profesor Paciock ora si trova al san Mungo, con i vostri genitori, per capirne di più.- cominciò, con un sospiro, mentre i due Potter l’ascoltavano interessati.
-Da quanto ne sappiamo finora, questi Maghi Oscuri sono stati avvistati diverse volte su scene di delitti babbani: tutte donne, tutte incinte. In tutto quattro, sparse nel mondo, ma non si sa quante effettivamente siano state uccise; l’unica cosa certa è che i feti sarebbero diventati maghi, tutti nati-babbani.
Non lasciano tracce, sembrano quasi fantasmi, e sono spietati come lo erano i Mangiamorte, tuttavia, a parer mio, non si tratta di vecchi sostenitori del Signore Oscuro, ma di nuovi e malvagi maghi, forse una setta, con gli stessi ideali di Lord Voldemort e dei suoi. Sono scomparsi anche diversi nati-babbani: dall’Inghilterra soprattutto, ma anche dalla Francia, dalla Spagna, dalla Danimarca e dall’Italia. Si pensa che sia opera di questi maghi. Non sappiamo perché hanno avuto bisogno del sangue di vostra zia, né tanto meno di quello di vostra sorella, fatto sta che il pugnale che hanno usato è un pugnale magico, che non permette la sutura magica della ferita e che lascia del veleno nel corpo della vittima dell’aggressione.-
James e Albus spalancarono gli occhi e aprirono la bocca per ribattere.
-Ma…- li precedette lei, mettendosi un dito davanti alle labbra.
-Ma entrambe loro hanno assunto l’antidoto e stanno bene. Harry vuole portare qui Lilian al più presto: Hogwarts verrà protetta da un gruppo di auror e sarà molto più sicura di casa vostra, dove vostra sorella potrebbe rimanere da sola, e di casa dei vostri zii, dove metterebbe a rischio anche la vita di Ronald, di Hermione e di vostro cugino. E poi sono sicura che sarete felici di poter vegliare su di lei, no?- concluse con un sorrisetto.
Albus guardò James che ricambiò. Accennarono entrambi un sorriso: sì, sarebbero stati felici di poter badare a Lily.
-Professoressa, possiamo andare ora? Credo che i nostri cugini siano tutti molto in pensiero…- disse poi il maggiore.
-Certamente.- rispose lei, e i due si alzarono per uscire.
-Ragazzi…- li chiamò, quando Al stava per aprire la porta. Si voltarono.
-Mi raccomando: le informazioni di cui vi abbiamo reso partecipi sono assolutamente riservate. Gli altri sarebbe meglio sapessero solo ciò che è scritto su i giornali.- li avvertì.
Loro si scambiarono uno sguardo d’intesa, asserirono ed uscirono.
C’erano tutti fuori ad aspettarli: in prima fila Rose, Fred e Dominique, poi Lorcan e Lysander, Robert e Scorpius con Vincent, in un angolino, e poi tutti gli altri amici e compagni dei due Potter che appena li videro si affrettarono tutti intorno e li assalirono con mille domande. James rispose scostante, quasi come fosse un robot: voleva dileguarsi al più presto e restare solo con il fratello.
Albus rimase in silenzio, rispondendo solo a monosillabi. Spiegarono l’accaduto e, dopo aver descritto in breve il tutto, rassicurarono i cugini. Rose notò subito, scaltra com’era, una certa freddezza e la stanchezza negli occhi di entrambi i suoi cugini e, scambiatasi uno sguardo con Dominique e con Fred, propose:
-Fred, perché non porti Jamie ed Al a prendere un bicchiere d’acqua? Mi sembrano un po’ stanchi… forse è meglio lasciarli stare…-
-Mi sembra giusto, Rosie! Andiamo?- fece lui, rivolto ai cugini che gli sorrisero sinceri.
-Ragazzi!- fece a qual punto Dominique rivolta a tutti gli altri.
-Li volete lasciare in pace si o no?- schietta come al solito. Lanciando un’ultima occhiata di supporto ai Potter, i loro amici cominciarono a spostarsi per farli passare e Fred, James ed Albus si incamminarono verso un qualsiasi luogo lontano da tutti.
Scorpius si staccò dalla colonna sulla quale era appoggiato e fissando l’amico dagli occhi verdi, lontano di qualche metro e aggredito dalla folla di compagni, disse rivolto a Goyle al suo fianco:
-Vincent, io vado da Potter. Tu torna dagli altri, non mi seguire.-
Quello asserì poco convinto: da quando erano arrivati Scorpius non faceva altro che stare insieme al sangue-sporco made in Potter, e ignorava altamente tutti gli altri suoi compagni.
Guardò il biondino seguire Albus per il corridoio, poi i quattro girarono a destra e nessuno li vide più.

***

Seguendo il cugino per i corridoi e le scale che si muovevano di tanto in tanto, James si rese conto di essere saliti fino al settimo piano, e di star entrando in una sconosciuta saletta, tutta pitturata di un pallido azzurro, con una mobilia raffinata e le finestre che davano sul giardino del castello e sul grande Lago Nero.
-E questa quando l’hai trovata, Fred?- chiese stupito James: solitamente il cugino gli raccontava sempre delle sue spedizioni notturne per Hogwarts e lo portava spesso il camere appena scoperte e particolari. Fred infatti si divertiva la notte ad andare i giro per la scuola, in cerca di nuovi spazzi e sale interessanti, dove poter progettare scherzi e piani malvagi con i propri amici.
La camera azzurra, come gli piaceva chiamarla, l’aveva scoperta durante le vacanze di Natale dell’anno precedente. Aveva tutta l’aria di essere una stanza privata per i professori, tuttavia non si trovava al quinto piano, come di regola gli appartamenti dei docenti, né era occupata da qualcuno. Per questo Fred aveva deciso di farla diventare la sua camera personale, dove poter andare per rilassarsi e pensare, come una sorta di Stanza Delle Necessità.
Però ora i suoi cugini avevano bisogno di un posto sicuro e lontano da tutti. E dove rilassarsi se non in quella stanza perfetta?
-Mha… qualche giorno fa…- rispose vago lui. James alzò un sopracciglio, poi si voltò e incrociò il freddo sguardo di ghiaccio del biondino.
Sbigottito spalancò la bocca e, additandolo, cominciò a  gridare:
-E questo cosa diavolo ci fa qui? Porco Merlino, che diavolo ci fai qui?- voltò lo sguardo verso il fratello, sempre con l’aria sbalordita.
-Albus! Ti sembra il momento di portare serpi in riunioni di famiglia?- ringhiò, fissandolo.
Quello s’incupì e poi, sorridendo maligno, gli rispose:
-James, caro, non ti sarai mica scordato che anche io sono un fiero Serpeverde, vero?-
Scorpius ghignò. Fred soffocò una risata. A James venne un attacco di cuore.
-Potter, non sai che è tremendamente disgustoso guardare nella tua bocca? Riesco a vederti il pancreas da qui.- lo sfotté il biondo, alludendo alla sua bocca completamente spalancata. James la socchiuse con uno scatto e con occhi di fuoco mise mano alla bacchetta, puntando Malfoy.
-Viscido platinato con il naso all’insù. Chi ti credi di essere?-
-Io non credo di essere, lo so per certo, di essere molto più fico di te, Potter.-
Albus si scansò, roteando gli occhi in maniera molto teatrale, e Fred ghignò eccitato per il prossimo scontro.
Scorpius afferrò la sua bacchetta, pronto a difendersi e a contrattaccare.
-Stupefic…-
-Proteg…-
La porta si spalancò di botto, andando a sbattere dritta sulla faccia di James, che cadde rovinosamente a terra.
-Albus!- gridò una voce femminile.
Al vide solo una massa rossastra fiondarsi su di lui con così tanto vigore da farlo sbattere contro la parete e poi si sentì abbracciare con delicatezza da una figura minuta. Mise a fuoco.
Piccina, più bassa di lui, i capelli rosati sciolti e in disordine, come se si fosse appena svegliata, gli occhi blu leggermente lucidi fissi nei suoi. Celine.
Celine che gli sorrideva mesta, Celine che lo abbracciava più forte, Celine che ogni attimo di più gli ricordava la piccola Lily. La strinse forte anche lui, grato all’amica di essere lì. Inspirò il profumo dei  suoi capelli, e gli sembrò dannatamente floreale, come quello di sua sorella. Sorrise lieve e ricacciò dentro la lacrima che meschina voleva scorrere sulle sue guance arrossate.
-Ma che cavolo?- sentì James lamentarsi.
-Pezzo d’idiota, ti sembra una cosa normale sbattere la porta in faccia alla gente?- sbraitò e Celine si girò verso di lui, steso a terra e con una mano sul naso dolorante. Fred rideva divertito mentre Scorpius manteneva la sua aria composta, ghignando elegantemente.
James fissò quella ragazzina che piano gli si avvicinava: bassina e di corporatura minuta, i capelli vaporosi di un rosso quasi roseo incorniciavano un visino pallido e i due profondi occhi blu lo studiavano pensierosi. Sembrava una fatina, una ninfa. Con passo leggero si accostò a lui e si chinò per raggiungere l’altezza del suo viso.
Lui socchiuse un poco la bocca, imbambolato negli occhi oceano di lei. La guardò bene: i due brillantini che portava come orecchini splendevano per il riflesso della luce, e così facevano quelle perle color notte che aveva per occhi; le gote candide, il viso perfettamente diafano, i fili rosati che, disordinati, le ricadevano qua e là. Si soffermò a guardarle le labbra: rosse e piene, morbide solo a guardarle, si stavano muovendo… stava dicendo qualcosa…
-Eh?- bisbigliò flebile James, interrompendola.
Indispettita, Celine alzò un sopracciglio.
-Dicevo…- ricominciò, sotto lo sguardo di un ebete James.
-Che tu devi essere James Potter, il fratello di Albus…- lui sorrise sornione: la sua fama era ormai cosa pubblica.
-In persona, piccola, tu sei…- improvvisamente si ricordò dell’abbraccio con suo fratello.
-Aspetta… tu sei la ragazza di Al?- le domandò sbigottito, passando lo sguardo da lei ad Albus, per poi tornare su di lei, guardare Scorpius che ridacchiava, e poi riguardarla.
Celine alzò anche l’altro sopracciglio, stupita: quello lì era seriamente il fratello del perspicace e pacato Severus? Ma soprattutto: come si permetteva di chiamarla “piccola”?
-No… sono una sua amica.- spiegò tranquilla, alzandosi. La imitò il moro che storse un po’ il naso, ancora dolorante.
-Mi chiamo Celine, Celine Cavendish. E uno dei libri di Trasfigurazione che hai…- si girò verso Fred.
-Avete… fatto saltare in aria per festeggiare il compleanno di Benny Nederson, era mio.- disse acidamente, ricordando la fine del suo povero libro.
James deglutì, sotto lo sguardo serio della ragazzina, e si scompigliò i capelli in imbarazzo.
-Eh, eh… vedi… era uno scherzo…- balbettò.
Lei lo fissò ancora un attimo, poi abbassò lo sguardo.
-Comunque… mi dispiace per vostra sorella…- dichiarò tristemente avvicinandosi ad Albus che, da divertito, era tornato serio. Anche James si rabbuiò. Poi calò un assordante silenzio.
Il ricordo della piccola Lily riaffiorò doloroso nelle menti di tutti e presto i ragazzi tornarono tristi e afflitti.
Chi la conosceva sapeva bene quanto piccola e minuta fosse la giovane Potter: per una bambina di nove anni era decisamente piccina ma, essendo tremendamente agitata, scalmanata e combina guai, diceva di poter resistere a qualunque cosa e, ogni tanto, le si trovava addosso un nuovo violaceo livido che si procurava saltando da un muretto o prendendo a spintoni i suoi fratelli. Era forte, Lily, forse troppo per essere così piccola, ma a guardarla sembrava uno scricciolo fragile e debole che uno solo sbuffo di vento sarebbe bastato a portarla via.
James scosse la testa, cercando di scacciare i dolorosi pensieri, e cercò di distrarsi guardando rabbuiato il panorama fuori dalla finestrella. Il cielo era limpido e terso, senza neanche una nuvola all’orizzonte, il prato verde intenso macchiato di alberi e piante in fiore, l’immenso Lago Nero rispecchiava completamente la volta celeste e gli uccelli che, di tanto in tanto, svolazzavano nel blu.
D’un tratto l’attenzione del moro venne catturata da uno stormo d’uccelli che, compatto, svolazzava sopra il lago riflettendosi sulle sue acque. Alzò lo sguardo.
No. Non erano uccelli: uno squadrone di maghi sulle scope si dirigeva coeso verso il castello e di certo, notò James, non si trattava di studenti.Erano uomini e donne di mezza età e che non erano studenti ci avrebbe messo la mano sul fuoco: essendo lui il cacciatore di Grifondoro, sapeva bene gli orari degli allenamenti delle squadre e la domenica mattina non si allenava nessuno.
-Fred, chi sono quelli?- domandò al cugino, senza distogliere lo sguardo dai maghi.
Lui lo raggiunse, seguito da Albus, Scorpius e Celine, interessati e curiosi.
-Non ne ho idea, Jamie…-
-Spostati Cappuccino.- lo invitò, con gentilezza, il biondo. Fred lo guardò di sottecchi, scansandosi per permettergli di vedere.
-Sono Auror.- dichiarò Celine, alzata sulle punte per poter guardare al di là dei ragazzi.
Tutti si girarono verso di lei che, per nulla intimorita, spiegò:
-Ho sentito la preside parlare con il professor Wallen: gli ha detto che presto una squadra di Auror sarebbe arrivata ad Hogwars per garantire la sicurezza. Voi non lo sapete, ma nella scuola si sta scatenando il finimondo: sono tutti spaventatissimi. Proprio ora il professor Finninghard sta intrattenendo gli studenti in Sala Grande spiegandogli l’accaduto e tranquillizzandoli…-
-Si può sapere come fai a sapere sempre tutto di tutti tu?- le domandò un interdetto Fred.
Lei sorrise, anzi ghignò, e scrollò le spalle. Al e Scorpius ridacchiarono.
James d’improvviso di staccò dalla finestra e si diresse svelto verso la porta.
-Jamie, dove vai?- lo seguì il fratello, mentre scendeva di fretta le scale.
-Se sono arrivati gli Auror allora avranno nuove notizie su Lilian.- rispose serio lui, senza fermarsi.
Albus deglutì: quando Jamie chiamava la sorella Lilian, allora era tremendamente serio e privo di una lucida razionalità. Si scambiò uno sguardo con Scorpius che insieme alla rossa e al cugino, li seguiva.
-James, rimani calmo, per favore.- lo pregò.
-Io sono sempre calmo, fratellino.- dichiarò in fine lui, prima di spalancare le porte della sala dei professori dove quest’ultimi stavano ricevendo i nuovi ospiti.
Quello che accadde dopo fu scandito dalle urla di James che, imprecando, esigeva risposte che gli Auror non potevano e non sapevano dargli. In tutto questo Albus cercava di calmare il fratello, capendo che i colleghi di suo padre più di tanto, più di loro, non potevano sapere e, se c’era di mezzo qualcosa di davvero importante, sicuramente non lo avrebbero rivelato ad un rabbioso ed inquieto ragazzino di dodici anni.
Quando James ed Albus erano poi stati condotti fuori dalla sala con la forza e al primo era stata offerta una camomilla che aveva rifiutato con rabbia, i due si erano ritrovati seduti a terra per il corridoio fiancheggiati dai loro tre seguaci.
-Sei un cretino, James.- dichiarò sprezzante Al, infastidito per il comportamento infantile del fratello.
Lui neanche rispose, arrabbiato com’era; solo continuò a guardarsi le mani strette a pugno con un adorabile broncio arrabbiato.
Il più piccolo sospirò. Quanto avrebbero dovuto aspettare prima che Lily fosse arrivata?
La giornata si concluse con un nulla di fatto: nessuna nuova notizia, nessun nuovo arrivo. Nulla.
James ed Albus, dopo alcune ore di veglia notturna, avevano deciso di coricarsi per la troppa stanchezza, ottenendo solo di sognare macabri incubi.

***

La luce del sole, il mattino dopo, fu un sollievo per tutti.
Quando James si svegliò Robert era sotto la doccia e Fred si stava vestendo.
-‘Giorno, Fred.- lo salutò con voce impastata dal sonno. Lui gli sorrise.
-Novità?- chiese speranzoso. Il cugino scosse il capo.
Si alzò dal letto con le ossa doloranti e si sgranchì per bene, poi si annusò le ascelle. Fece una smorfia: necessitava assolutamente di una doccia.
Per fortuna in quel momento Rob, in mutande e con i capelli bagnati, uscì dal bagno in una nuvola di vapore.
Si salutarono svelti, con un sorriso pieno di parole, e poi il Potter si fiondò nella doccia per lavarsi, asciugarsi, vestirsi e scendere di fretta verso la Sala Grande per raggiungere il fratello con il quale aveva appuntamento fuori dall’ entrata.
Lo trovò lì, appoggiato ad una colonna mentre parlottava con quel cretino di Malfoy. Possibile che proprio con lui doveva diventare amico?
Scosse la testa: non era quello il momento adatto per pensare alle amicizie di Albus.
Quando Al vide il fratello lo salutò con la mano, mentre il biondo lo degnò di un’occhiata sbrigativa.
Fred e Robert salutarono in fretta e si avviarono in Sala Grande, per lasciare un po’ di privacy ai fratelli, e James si chiese perché, uno stupido aristocratico purosangue come Scorpius Hyperion Malfoy, fosse tanto maleducato da non pensare nemmeno a lasciarli un attimo da soli.
Proprio in quell’istante passò davanti a loro Celine Cavendish, affiancata da una mora Serpeverde.
-Buongiorno, Al!- salutò subito con un sorriso.
-Scorpus.- guardò poi l’amico che le sorrise di rimando.
Infine rivolse a James uno sguardo misto di compassione e tenerezza, ma allo stesso tempo di distacco e freddezza, ed un mezzo sorriso.
-Ciao, Celine.- la salutò poi Albus e James accennò un sorriso. Vide Scorpius scambiarsi con Al uno sguardo carico di discorsi, e poi seguire Celine  dall’altra parte del corridoio, in modo da lasciare soli i due Potter.
L’altra Serpeverde, alla vista di Scorpius, era diventata bordeaux e si era dileguata in Sala Grande imbarazzata.
-Tzè.- soffiò James, guardandola: se il primo anno cominciava così, aveva paura che Scorpius sarebbe potuto diventare un suo gran bel rivale… No. Lui non aveva paura, diamine. Non aveva paura di nulla!
-Nulla di nuovo, vero James?- chiese Al, attirando l’attenzione del fratello su di sé.
-Nulla…-
Silenzio.
-Facciamo colazione?-
-Andiamo.-
S’incamminarono e Scorpius e Celine, dietro di loro, li seguirono. Le porte della Sala Grande erano spalancate e, varcata la soglia, la confusione del lunedì mattina travolse i due Potter.
C’era gente che ripassava per la prima ora, tra le grida e la confusione; c’erano altri che parlottavano tra loro fitti, fitti, tra un boccone e l’altro; altri ancora che leggevano e commentavano scioccati gli articoli di giornale; qualcuno che tirava il succo di zucca addosso ad un compagno; un altro che dava un bacio alla fidanzata; altri studenti che, in piedi, si scambiavano furtivi i compiti; qualcuno salutava il compagno appena sceso; altri, molti, guardavano in silenzio i due Potter, facendo finta di intrattenere una chiacchierata con il vicino di posto; qualcuno rideva, una risata cristallina, una risata dolce e leggera, da bambina…
Nello stesso istante James ed Albus portarono lo sguardo al tavolo dei Corvonero, più o meno al centro, sulla destra, dove i gemelli Scamandro, Fred, Robert, Dominique ed una sorridente Rose accerchiavano un’ilare bambina dai capelli rossi come il fuoco che, in piedi sulla panca, saltellava allegra.
Lorcan li vide, sbigottiti, immobili, e sussurrò qualcosa che fece voltare la piccola nella loro direzione.
Sorrise dolcissima e saltò giù dalla panca correndo verso i fratelli che basiti, la guardarono avvicinarsi.
Lily gli saltò al collo, abbracciandoli con vigore e James, come se si fosse risvegliato, la prese in braccio e la strinse forte, quasi stritolandola.
-Jamie…- protestò stretta a lui –Mi fai male!-
Lui la strinse ancora di più, trattenendosi a stento dal non piangere. La lasciò solo perché lei, lamentandosi, si divincolò per gettarsi tra le braccia di Albus che la strinse con dolcezza e respirò il suo profumo di fiori dai capelli.
Lily gli scoccò un bacio sulla guancia e lo guardò negli occhi, sorridendo.
-Ciao, Al!- bisbigliò ed Albus poté guardarla meglio: aveva un cerotto sul sopracciglio sinistro e un labbro spaccato; lo zigomo destro un po’ arrossato, come del resto l’occhio un po’ gonfio; il braccio destro, così sottile, fasciato da una garza biancastra che saliva fin sopra il gomito, nella camicetta azzurra; il collo, diafano, era coperto da una benda bianca che copriva senza nessun dubbio il taglio che aveva riportato.
Per il resto stava benone, notò James, studiandola: sorrideva come al solito, quella peste, e li guardava felice ed eccitata di essere anche lei nella desiderata Hogwarts prima del dovuto.
La stinse di nuovo felice e lei lo guardò negli occhi color cioccolato.
-Ora ci sono anche io!- ridacchiò al massimo della felicità. Le guance arrossate per l’eccitazione, le mani che ansiose stringevano la camicia di James.
Lui le diede un dolce bacio sulla fronte e la accostò con delicatezza al suo petto.
-E io non ti lascio andare da nessuna parte.-

 



Anglo Autrice:

Secondo capitolo, le cose cominciano a farsi più misteriose...
Cosa succederà ora che la piccola Lily è ad Hogwarts? Chi sono questi Maghi Oscuri? Cosa vogliono da Harry Potter? Saranno sguaci di Voldemort?

Grazie a tutti anche solo per aver letto e gradito. Un grazie speciale ad Arena e a Luxella che hanno commentato lo scorso capitolo.
Un bacio grande e... non scordatevi di commentareeee!!:D
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Capitolo 3
*** Tra Pace e Guerra (Un Po’ di Sana Quotidianità) ***


Tra Pace e Guerra (Un Po’ di Sana Quotidianità)

 
Con l’avvento di Lily Potter la scuola di Hagwarts aveva riportato nuovi cambiamenti: una squadra di venti Auror era giunta per controllare e proteggere il castello e, nonostante molti avevano affermato che un numero tale fosse troppo alto per la sicurezza di un luogo del genere, Harry Potter non aveva voluto sentir ragioni.
-Sempre- aveva detto –C’è bisogno di proteggere i ragazzi, il futuro del mondo della magia. Non mi farò scrupoli nell’inviare il numero adeguato di Auror a sicurezza della scuola!-
In più il coprifuoco si era ristretto alle dieci di sera e nessuno poteva fuoriuscire dal castello dopo le otto. Norme severe e frustranti per gli scolari che, spaventati per la nuova minaccia, si trovavano anche a dover seguire nuove regole per nulla piacevoli.
La sera del giorno di arrivo della piccola Potter, seduta accanto al fratello maggiore che non la perdeva di vista un secondo, la preside McGrannit arrivò in Sala Grande con un insolito ritardo, seguita da due omaccioni alti e barbuti che avevano tutto l’aspetto di fuorilegge.
Albus li osservò corrucciato mentre attraversavano la sala.
-Sono Auror.- spiegò subito Celine vedendo l’amico dubbioso.
-Quanti sono?- chiese distratto lui, mantenendo lo sguardo sui due uomini.
-Abbastanza.- rispose la rossa, versandosi dell’acqua nel calice.
-Quanti anni hai detto che ha tua sorella?- chiese poi Aion Nott, qualche posto più in là, osservando Lily che rideva con Fred.
-Ne ha nove, perché?- rispose lui, curioso di sapere cosa importasse ad Aion Nott, Serpeverde del quinto, quanti anni avesse sua sorella.
Quello fece schioccare la lingua.
-E’ inutile, idiota, quando la piccola Potter frequenterà questa scuola sarai troppo vecchio!- lo informò con acidità sua sorella, Laima, mentre studiacchiava dal libro di Erbologia.
-Peccato, credo che diventerà proprio carina!- dichiarò con leggerezza, immaginandosi la Potter da grande.
 Albus si rabbuiò, stupito dalle sue parole.
-Aion!- lo sgridò la sorella lanciandogli il libro, mentre Amanda Ghilliard lo guardava sbigottita ed oltraggiata in quanto sua fidanzata.
-Ma che vuoi?-
-Avremo diciassette anni! E lei undici!- gridò a mezza voce Laima, guardando con la coda dell’occhio Al che, confuso, scuoteva la testa e aveva smesso di ascoltare, ignorandolo, per cercare di non arrabbiarsi.
Aion ghignò e soffocò una risata, sotto lo sguardo attento di Scorpius.
-Quando fa così è insopportabile.- sussurrò Celine, per non farsi sentire dal castano.
Albus scrollò le spalle, ancora infastidito, e il biondo alzò un sopracciglio, dandole ragione.
Fra i tre calò il silenzio, mentre si servivano le vivande.
Improvvisamente la rossa riprese parola, come se si fosse ricordata una cosa importante da dire:
-Allora, Al, non ci racconti nulla della tua giornata? Com’è andata con tua sorella?-
Lui sorrise al pensiero.
Raccontò della mattinata spesa a girare tutto il castello, con una Lily sempre più eccitata e allegra ad ogni nuova porta da aprire; della passeggiata sulla riva del lago e di come la sorella saltellasse dappertutto; raccontò di come avesse insistito ad entrare nei dormitori di entrambi i fratelli e di come si fosse poi addormentata sul letto di James.
Sorrise di nuovo, sereno, voltandosi per osservare la piccola rossa che stava facendo l’imitazione del fratello provocando l’ilarità di tutti e le lamentele del diretto interessato.
-Comunque è la bambina più agitata che abbia mai visto.- dichiarò Scorpius, attirando l’attenzione del moro.
-Ma se tu non la conosci nemmeno, una bambina della sua età!- l’apostrofò Albus, sorridendo maligno.
Il biodo boccheggiò, a disagio.
-Dico solo che io a nove anni non ero così!- si difese.
Celine rise.
-Ti ci vedo bene, sai, a correre da tutte le parti e a gridare come un matto!- lo prese in giro.
-Ma che dici, Celine! Scorpius a nove anni era già un impresario erede del patrimonio di famiglia: andava in giro come un signorino riscuotendo le tasse perfino ai suoi peluche!- incalzò Albus.
-Ma state zitti!- si arrabbiò lui –Io non ci giocavo neanche, con i peluche! Quella è roba da femmine e… da Albus!-
Ghignò, e la rossa rise di nuovo.
-In realtà io mi dedicavo alla lettura, al contrario di voi due poppanti, che sicuramente vi bevevate ancora lo shampoo!-
-Merlino! Lo shampoo no, ma una volta ho assaggiato il bagnoschiuma di mio padre… le cose stupide che fanno i bambini!- confessò Celine, scuotendo la testa.
Al e Scorpius risero, coinvolgendo anche lei, e continuarono a scherzare per tutta la serata in un clima di profonda e spensierata allegria.
La cena era quasi conclusa, ormai, e gli studenti stavano già gustando il budino alla vaniglia come dessert quando la preside McGrannit prese parola, sovrastando le chiacchiere dei ragazzi.
-Silenzio, per favore! Posso avere gentilmente la vostra attenzione? Signor Dunningher devo venirti a tappare la bocca io o ci riesci da solo? Bene. Ragazzi, come ben sapete, al di fuori di queste mura il mondo è pericoloso. Molto, ma molto di più di quanto vi possiate immaginare.- sospirò, studiando attenta la sala con i suoi occhi felini.
-Proprio a causa gli ultimi eventi, la scuola ha deciso di prendere provvedimenti al riguardo della sicurezza: venti Auror ci sono stati assegnati dal Ministero della Magia, e controlleranno il castello per garantire le vostre giornate più tranquille possibile. C’è stato anche un cambiamento riguardo alle regole, ma di questo potrete leggere fuori, dove troverete fogli esplicativi. Mi raccomando che ognuno di voi segua e rispetti le nuove direttive, per il bene di tutti. Chi sarà trovato ad infrangerle, verrà punito severamente.-
Un fitto borbottio si diffuse tra i tavoli, dove gli studenti già commentavano le rigide novità. Il professor Paciock fu costretto a zittirli per permettere alla preside di continuare. Neville era tornato assieme alla squadra di Auror quel pomeriggio stesso e aveva riferito ai due Potter che i loro genitori non sarebbero riusciti a venire perché sommersi di problemi. James aveva continuato ad inveire contro di loro per tutta la giornata, mentre Al aveva cercato di non pensarci e di stare vicino a Lily.
-Un’ ultima novità, che riguarda esclusivamente il biennio: con i professori abbiamo decretato che le materie con più problemi, in generale, sono Pozioni e Difesa delle Arti Oscure. Ecco perché abbiamo deciso di comune accordo di far subentrare due esperti di queste materie che vi seguiranno durante il percorso verso i M. A. G. O. I nuovi professori sostituiranno il professor Lumacorno e il professor Weffless da domani stesso. Ora, forza, finite il dessert e sbrigatevi ad andare a letto! Domani si ritorna definitivamente alla normalità!- concluse con un sorriso.
-Speriamo…- sussurrò a denti stretti James.
-Merlino! Chissà quale stressante professore verrà a farci lezione ora!- si lamentò Peter Willismar, Grifondoro del sesto anno.
-Con Weffless era una pacchia! Quello è un rincoglionito!-
-Eh! Forse è proprio per questo che ce li hanno cambiati: anche Lumacorno comincia ad avere la sua età…-
-Dicono che abbia più di cento anni, secondo voi è vero?-
-Può anche darsi, Elly, quello è fuori come una campana!-
James rise: era proprio vero! Ormai Lumacorno confondeva filtri d’amore con veleni letali! Non lo avevano ancora licenziato perché era un pezzo grosso ma… Merlino, se andava avanti così prima o poi sarebbe saltato in aria il laboratorio! Per fortuna girava la voce che l’anno dopo sarebbe andato in pensione!
L’unico fatto che ancora salvava James in Pozioni era il suo cognome: infatti era una frana in tutte le materie, e soprattutto in quella del Lumacorno, ma grazie alla reputazione del padre e della nonna riusciva ancora a guadagnarsi inviti speciali per i festini di quel vecchio professore.
-Jamie, posso mangiarmi il tuo budino?- pigolò Lily al suo fianco, sbattendo un po’ le ciglia.
Sorrise.
-Certo, Lils, a me non va più.-
Lei afferrò la coppa e cominciò a degustare il dolce sotto lo sguardo attento del fratello. James le accarezzò piano la testa con una mano e poi la avvicinò a sé per darle un tenero bacio sullo zigomo. Lily, stupita, lo guardò, con il cucchiaino in bocca, e poi gli sorrise felice accostandosi di più a lui.
-Dove dormo stanotte?- domandò lei con la bocca piena.
-Pensavo che la McGrannit potrebbe ospitarti nella sua stanza, ti va?- scherzò il moro.
La rossa lo guardò con un misto di ansia e ribrezzo e una smorfia disegnata a pennello sul suo visino di porcellana.
-Scherzavo, scema!- rise, scompigliandole i capelli.
-Se vuoi puoi dormire da me…- le propose.
-E tu con chi stai in camera?- domandò curiosa lei, posando la coppa ormai vuota e studiandolo con i suoi caldi occhi nocciola.
-Con Fred e Rob...-
-Mi hai chiamato James?- fece Robert, sentendosi citato nella conversazione.
-Pensavo che Lily oggi potrebbe dormire con noi, è un problema per te?- rispose lui, sicuro che per l’amico non ci sarebbero stati problemi.
-Io…- cominciò lui.
-Ma dai, non fa niente! Dormo con Al… voi siete già tre!- lo interruppe subito la piccola, leggermente rossa in viso.
Il fratello si rabbuiò.
-Non credo, Lily, che ci siano prob…-
-Giuro! Non preoccuparti: vado da Al.- ripeté lei.
-Ma…- tentò di dire James.
-Lilian, guarda che i dormitori di Grifondoro sono spaziosi, possiamo starci benissimo in quattro.- le spiegò Robert, cercando di guardarla negli occhi ma non riuscendo a catturare il suo sguardo che gli sfuggiva in ogni istante.
Lily cominciava già a colorarsi di una bella tonalità di rosso ma, per sua fortuna, proprio in quel momento vide Albus intento ad uscire dalla sala assieme ai suoi amici.
-Io vado.- disse in fretta, senza guardare né James né tanto meno Robert.
-Buonanotte, Jamie!- lo salutò, schioccandogli un frettoloso bacio sulla guancia; poi filò in direzione del fratello più piccolo non badando minimamente all’altro che la chiamava confuso.
Si fece largo tra la massa di studenti che alla sua vista si scansavano e bisbigliavano commenti tra di loro. Per Lily, nonostante tutto, era stato un gran bel colpo di fortuna arrivare ad Hogwarts prima del tempo: si sarebbe fatta una miriade di amici, avrebbe già conosciuto i professori e la sua reputazione sarebbe salita a livelli straordinari. Veramente invidiabile.
-Al! Albus!- lo chiamò. Quello si girò e sorrise alla sua vista.
-Al, posso dormire con te stanotte?- chiese subito lei.
Lui parve rifletterci un attimo, poi guardò indietro, verso i suoi amici, e decretò che infondo a Scorpius non sarebbe potuto dispiacere così tanto.
-Certo, Lily. Andiamo?- la invitò. Lei ci pensò su. Poi curiosa, fissando il biondino che parlottava con la ragazza dai capelli rossi, bisbiglio al fratello:
-Ma tu stai in camera con quello strano?-
-Quello strano?-
-Sì. Quello che si tinge i capelli.- continuò lei, un po’ intimorita. Lui ridacchiò.
-Già, ma non dirglielo, è un tipo che si offende facilmente.- disse facendole l’occhiolino ed incamminandosi.
Lily lo guardò, spostando poi lo sguardo su Scorpius; quello si girò all’improvviso e fissò i suoi occhi grigi e freddi in quelli caldi di lei che mantenne lo sguardo riflettendo se fosse o no il caso di dormire nella stessa stanza con quel platinato. Si voltò appena in direzione della tavolata Grifondoro e intercettò la figura di Robert che, sentendosi guardare, incrociò lo sguardo della piccola Potter. Si rigirò di scatto, rossa in volto. Decisamente era il caso di dormire col platinato. Decisamente.

***

Scorpius proprio non riusciva a capire come era sorta ad Albus la brillante idea di far dormire da loro la sua sorellina rompipalle. Era chiusa in bagno da venti minuti, neanche fosse un’adolescente in piena crisi ormonale, e non aveva la minima intenzione di uscirne, a quanto diceva.
-Al, prima che butti giù la porta e faccia del male a tua sorella, le dici di uscire perché ho una certa urgenza di usare il cesso?-
-Scorps, te l’hanno mai detto che sei un maleducato?-
-Al, te l’hanno mai detto che hai un fratello cerebroleso, una sorella morta e un amico assassino?- ghignò il biondo.
-Il tuo umorismo lascia molto a desiderare…- commentò Albus alzandosi dal letto e andando a bussare alla porta del bagno.
-Lily! Lily, puoi uscire che serve il bagno al mio incontinente compagno di stanza?- urlò e Scorpius roteò gli occhi.
Si udì un fitto brusio e un sonoro sbuffo, poi la porta si spalancò e ne uscì una bambinetta ripulita da capo a piedi in un pigiamino rosa con le nuvolette e con un’aria seccata dipinta sul viso.
-Te l’hanno mia detto, Malfoy, che sei un maleducato?- incalzò lei, sfidandolo con lo sguardo.
Quello assottigliò gli occhi e prendendo la sua roba si fiondò in bagno sbattendo la porta.
-Potter del ca…-
-Scorpius!- l’apostrofò il moro, prima che potesse concludere la frase.
Intanto la piccola rossa si accomodò nel letto del fratello, mentre lui metteva a posto le ultime cose e si preparava per andare in bagno.
-Al…- biascicò assonnata.
-Mh?-
-Scorpius è proprio strano.-
Lui sorrise.
-E’ vero.-
-Al…- lo chiamò di nuovo.
-Mh?-
-Ti voglio bene.-
-Anche io.-
Piano chiuse gli occhi, e il buio si impadronì di tutto, e Morfeo la accolse tra le sue calde braccia.

***

Quando Rose il mattino dopo aprì gli occhi, per poco non le venne un colpo nel vedere la sua compagna di stanza intenta a vestirsi e quasi pronta per uscire.
-Buongiorno, Rose!- la salutò squillante Beaty.
-‘Giorno…- biascicò lei, stupita per l’alzata tanto mattutina dell’amica.
-Come mai ti sei alzata così presto oggi?- continuò, scendendo dal letto e dirigendosi in bagno a sciacquarsi il viso.
Beaty, infilandosi una ballerina nera, sorrise alla compagna e canticchiò:
-Ma io non mi sono alzata presto, sei tu che ti sei svegliata tardi.-
Rose sgranò gli occhi e corse a prendere il suo orologio da polso sul comodino: erano le 8:25 e le lezioni cominciavano alle 8:30. Oh Merlino!
Afferrò alla svelta la camicia e la gonna e le infilò di fretta, stropicciandole un po’.
-Beaty! Ma perché non mi hai svegliata!- la sgridò con affanno.
-Per la stessa ragione per la quale tu non hai svegliato me.- rispose semplicemente l’altra, aggiustandosi la cravatta.
La rossa la guardò allibita mentre Beaty le sorrideva leggera. Tutto in quella ragazza ispirava leggerezza, perfino il suo sguardo. Azzurro, chiaro, soffice, leggero.
Rose stava per svenire.
-Ma io stavo dormendo! Tu no!- le gridò, infilandosi le calze nere e i mocassini. L’altra alzo le spalle, continuando a sorridere.
-Bhe… scusa.-
Rose scosse la testa: che ragazza impossibile!
Afferrò la cravatta, i libri e la mano di Beaty trascinandola fuori dalla camera di corsa.
-Siamo in ritardassimo!- desse più a sé stessa che all’amica.
-Io ho fame, Rosie, passiamo in mensa un attimo?-
-Non se ne parla nemmeno!-
Corse giù per le scale, arrivando fino alla Sala Comune; da lì uscì dal dormitorio e scese di fretta le rampe che portavano al secondo piano dove si trovava la classe di Trasfigurazione. Si fermò per prendere aria solo quando si trovò di fronte alla porta dell’aula e, proprio quando poggiò la mano sulla maniglia, la porta si spalancò e si ritrovò davanti a Lorcan Scamandro.
-Rose?-
-Lorcan?-
-Ciao, Lorcan!-
-Scamandro, è la signorina Weasley?- chiese da dentro l’aula il professor Finninghard.
-Ehm… sì, con Beaty Mitchell.- rispose lui.
-Scusi il ritardo…- disse flebile Rose entrando e trascinandosi dietro Beaty.
-Meno dieci punti a testa per Corvonero.- sentenziò sbrigativo il professore, procurando le risate di qualche Serpeverde.
-Comunque sei desiderata nell’ufficio della preside, Rose: ci sono novità!- continuò pacato, guardandola con i suoi occhi dorati. Lei boccheggiò per un istante.
-Sì. Vado. Grazie.- balbettò girandosi ed incrociando lo sguardo mite di Lorcan. Gli sorrise e lui fece altrettanto: sapeva bene che la sua amica aveva bisogno di aiuto e, a giudicare dal suo ritardo, aveva avuto ancora degli incubi. Quando Rose aveva degli incubi si svegliava sempre tardi e si ricordava a mala pena di cosa si trattava. In quegli ultimi giorni ne aveva avuti parecchi, di incubi, e li aveva raccontati tutti ai suoi amici; tuttavia erano sogni privi di senso e logica, sconnessi con la vita reale e gli ultimi fatti. Sogni di maghi in nero, di sangue, di paura e terrore, di urla e lacrime.
Questo passò nella mente della rossa mentre percorreva il corridoio verso l’ufficio della McGrannit. Trovò la porta socchiusa e, bussando, la aprì.
Per prima distinse una figura alta, snella e familiare. L’odore di vaniglia le riempì i polmoni e il sorriso di Hermione il cuore.
-Mamma!- sussurrò saltandole al collo. Lei la strinse forte e le scioccò un lungo bacio sulla guancia.
Poi vide il padre lì a fianco che la abbracciò subito di slancio.
-Tesoro! Come stai, Rosie? Mi sei mancata così tanto! Il tuo papà è così fiero di te!- disse stringendola.
-Papà, così mi soffochi…- lui allentò la presa e Rose si divincolò, sorridendo per l’euforia del padre.
Solo in quel momento notò altre due figure nella stanza, oltre alla preside che sorrideva al quadretto. Erano due uomini, più o meno dell’età dei suoi genitori. Uno era olivastro, con i capelli ricci e neri e due perle nere come occhi; la barba ispida gli ricopriva il mento e gli donava un’aria alquanto… sporca; tuttavia i suoi vestiti erano scelti con cura e stile: portava un semplice golf verde scuro dal quale sbucava una camicia beige, dei pantaloni marroncini e delle scarpe classiche marroni. Era semplice, ma allo stesso tempo sofisticato.
L’altro, invece, era tutto il contrario: biondo, biondissimo, e dalla carnagione così chiara che quasi risplendeva. Gli occhi azzurri, venati di argento, la guardavano con strafottenza e i lineamenti duri del suo viso erano incorniciati da dei capelli tanto biondi che sembravano bianchi; era vestito, per contrasto, tutto di nero: dalla camicia, alla giacca, ai pantaloni, per finire alle scarpe. Dannatamente chic ed elegante. Nella mano adornata da anelli preziosi stringeva l’aurea impugnatura di un bastone, nero anche questo, che gli conferiva un aria piuttosto aristocratica.
-Rose, cara…- cominciò a quel punto la preside McGrannit.
-Perché siete qui?- domandò la piccola rossa interrompendola.
-Ecco, cara, dobbiamo parlarti di una cosa importante e non devi…-
-Minerva, per favore, lascia parlare me…- le chiese a quel punto Hermione, guardandola fissa negli occhi felini. Quella sospirò e sbattendo più volte le palpebre, acconsentì con un cenno del capo.
La Grenger inspirò e guardò la figlia che la osservava un po’ intimorita con i suo grandi occhi azzurri, proprio uguali a quelli di Ron. Sorrise.
-Rosie, devi promettermi che non svelerai a nessuno questo piccolo segreto che ti diremo. E’ una cosa di fondamentale importanza e riservatezza. Me lo prometti, tesoro?-
Un incarico. Tutto per lei. Qualcosa che altri non potevano assolutamente sapere. Lei avrebbe dovuto custodire un segreto da adulti!
Cercò di trattenere una risata e arrossì fino alle orecchie: si sentiva così importante!
Lanciò una breve occhiata al padre che, improvvisamente, si era fatto serio, e tutta la sua eccitazione svanì: Ronald, parliamoci chiaro, serio non lo era mai e, soprattutto, Rose non aveva mi visto quello sguardo adulto e determinato sul viso del padre. Che la questione fosse davvero troppo riservata? E se lei non fosse stata in grado di mantenere la promessa? No. Se i genitori erano lì, significava che credevano in lei e avrebbe dovuto dare il meglio di sé per non deluderli.
-Certo, mamma. Che succede?- affermò con sicurezza e le parve di vedere una scintilla d’orgoglio brillare negli occhi scuri della madre.
-Questi due uomini, Rose, sono i nuovi professori dei quali la professoressa McGrannit vi ha parlato ieri sera.- spiegò Hermione, e Rose li guardò di sottecchi.
-Ecco. In realtà loro sono qui per altre ragioni… loro non sono veri e propri insegnanti...-
-Merlino, Hermione!- imprecò impaziente Ron.
-Il punto è che Malfoy e Tricher non sono professori, ma Auror, con il compito di proteggere te e i tuoi cugini.- le spiegò, con una voce piuttosto disgustata.
-In realtà, Weasley, io sono stato incaricato di sorvegliare in particolar modo Lilian Potter, mio malgrado, e poi tutti gli altri ragazzini della scuola.- si intromise l’uomo biondo, parlando con un tono sdegnoso nei riguardi del rosso. A Rose fu subito chiaro che quell’uomo altri non poteva essere che il padre di quel cretino di Malfoy, l’amico di Albus, nonché miglior nemico di suo padre e suo zio ai tempi di Hagwarts e, a quanto pareva, anche in quel momento.
-Ronald! Draco! Smettetela immediatamente, qui stiamo cercando di fare le persone serie!- li sgridò Hermione, ricevendo in cambio uno sguardo di superiorità e uno sbuffo. Lei tornò a guardare la figlia.
-Hai capito, quindi, Rose?-
-Non mi sembra ci sia tanto da capire: sono Auror nelle vesti di professori che devono vigilare su mia cugina, no?-
-Esatto, cara. Ma ci raccomandiamo con te che tu non lo dica a nessuno e che dovrai cercare di non farlo scoprire a nessuno.- le rispose Minerva.
-Certamente.- confermò sicura lei -Ma suppongo che bisognerà dirlo anche a Scorpius e a…- guardò quello che doveva chiamarsi Tricher.
-Oh, no. Io non ho figli…- si affrettò a dire lui.
-Bhè… a Scorpius o a chiunque sappia il loro vero impiego…- concluse Rose.
-Abbiamo già provveduto la sera scorsa.- le spiegò con un sorriso la preside.
-E questo è quanto, cara. Confidiamo nel tuo aiuto. Ora puoi tornare a lezione; e anche voi, professor Malfoy e professor Tricher, potete recarvi dai vostri ragazzi: vi stanno aspettando.-
Rose salutò con affetto i suoi genitori e, prima di chiudersi la porta alle spalle, pensò di essere veramente una ragazza speciale se le era stato affidato un compito tanto importante. Sorrise, e da dentro l’ufficio sentì l’ondata di fuoco che avvolgeva i suoi genitori e li portava chissà dove. Le sarebbero mancati, da morire, ma era comunque felicissima per il suo nuovo segreto.

***

-POTTER!- gridò Nicholas una decina di metri da lui.
-POTTER!- lo chiamò ancora, ma niente. James era incantato a fissare l’orizzonte roseo, mentre una fresca brezza gli carezzava il volto e gli spettinava i capelli castani.
-POTTER!- stavolta il grido lo risvegliò, giusto in tempo di individuare Nicholas e la Pluffa che gli stava lanciando. L’afferrò, sbilanciandosi sulla Nimbus, e quasi cadde dalla scopa, ma si rimise in sesto e sfrecciò verso i cerchi a pochi metri da lui. Il fischio di fine partita lo colse ancor prima di poter lanciare la palla verso la porta.
L’allenamento era concluso, e la sua squadra aveva perso. Appena la punta delle sue scarpe toccò il suolo, James venne investito dalle grida del capitano.
-Potter! Hai bisogno anche di una tazza di tè ai fiori di Canassa, o credi di poter alzare il culo e giocare come si deve?- Sbraitò Nicholas Blood, fissandolo con i suoi occhi tra l’oro e il marrone.
James aprì e chiuse più volte la bocca, in cerca di una risposta.
-Taci!- lo zittì l’altro, ancor prima di emettere suono.
-Sappi che per quanto mi riguarda puoi subire tutti i drammi e le tragedie possibili in famiglia, ma se giochi male, qualsiasi cosa succeda, sei fuori. Capito? Non ammetto perdenti nella mia squadra!-
-Non sono un perdente!- replicò oltraggiato.
L’altro distolse lo sguardo, verso l’entrata del campo dove si apprestavano ad iniziare l’allenamento i Serpevere. Tornò sul piccolo Potter e scosse la testa, facendo ballare la massa di riccioli dorati e sospirando serio.
-No. Non lo sei.- poggiò una mano sulla spalla del ragazzo.
-Mi aspetto molto da te, ragazzo, moltissimo. Lo sai che questo è il mio ultimo anno, no?- sospirò ancora –Ho intenzione di lasciare la squadra a te.- dichiarò in tono greve, e a James si mozzò il fiato in gola.
-A m… cioè… io… capitano?- balbetto basito.
-Sì, Potter. Tu capitano. Ma voglio essere sicuro al mille per mille che tu meriti questo posto, devi impegnarti il più possibile.- James annuì, ancora scosso.
-Li vedi quelli?- e col capo indicò la squadra vede-argento.
-Tra poco farà buio, e loro continuano ad allenarsi. Voglio vederti determinato come loro, che fanno di tutto per migliorare, si allenano sempre di più, lo fanno anche di notte, ma sanno benissimo che non potranno mai batterci!- sorrise, e il moro fece altrettanto.
-Solo che tu, James, potrai superare chiunque se davvero lo vuoi e se ti metti sotto. Mi prometti che non ti farai mai più distrarre? Che quando salirai su quella fottuta scopa lascerai a terra tutti i tuoi problemi? Che ti conquisterai il titolo di capitano anche a costo di morire?- disse solennemente, con un sorriso incoraggiante.
James asserì, e asserì, e asserì. Fino allo sfinimento. Troppo stanco per spiccicare parola, troppo eccitato per stare fermo.
Di fretta si cambiò e sfrecciò verso la Sala Comune dove trovò Fred e Lysander intenti a discutere animatamente e Robert sulla poltrona che leggeva interessato un libro di Artimarzia.
-Rob!- Lo chiamò, e quello puntò gli  occhi bruni su di lui.
-Cosa?-
-Non ci crederai mai!-
-A cosa, Potter?-
Prese aria a tutti polmoni.
-Indovina chi sarà il prossimo capitano Grifondoro?- domandò con un sorriso sornione.
Robert strabuzzò gli occhi.
-Cosa, cosa?- bisbigliò –Cioè, tu cosa? Capi… Porco Merlino, James!- gridò, sferrandogli un pugno sulla spalla e abbracciandolo da uomo.
-Sono fiero di te, amico. Te lo sei meritato!- si congratulò felice per il compagno.
-Sì, lo so, sono troppo figo!- ghignò lui, ed entrambi risero sereni.
-Ragazzi!- li chiamò Fred -Venite qui!-
-Non lo dire a loro: è un segreto tra noi due, ok?- bisbigliò James prima di avvicinarsi al cugino. L’altro asserì sorridendo.
-E se domani i Serpeverde si svegliassero infestati dalle mosche spacca-timpani?- ghignò malefico il mulatto, mostrando una confezione da cento pezzi di insetti appena acchiappati.
James e Robert la guardarono sbalorditi e Lysander rise.
-Dove cavolo l’hai trovata questa, Weaslay?- domandò stupito Rob, prendendo in mano la scatola rivestita di polistirolo e poggiandoci l’orecchio sopra. Nonostante l’insonorizzazione sentiva benissimo il ronzio assordante di quei dannati affari.
-Cugino! Cento tutte insieme?-
-Me le ha appena spedite mio padre. Costano un occhio della testa, sapete: la cattura, il rumore, poi volano così veloci! Però me le ha inviate subito, gli sono appena arrivate in negozio!- trillò felice Fred, orgoglioso del padre.
-Tuo padre è qualcosa di fantastico!- si congratulò Robert, come se avesse vinto un chissà quale premio.
-Concordo in pieno!- affermò Lysander, e con lui James.
-E come abbiamo intenzione di farle intrufolare, vi starete chiedendo voi…- continuò il biondino, attirando l’attenzione dei due.
Mise la mano in tasca e ne tirò fuori una mappa.
-Questa, ragazzi, è la carta del sistema di areazione. Vedete questo cunicolo? Passa proprio sopra al dormitorio delle serpi e, che possa essere aggredito dai Nargilli, sono sicuro che proprio qui, accanto all’entrata del loro dormitorio, c’è un buco che porta a questo condotto, e qui, al centro della loro Sala Comune, ce ne è un altro. Ci basterà chiudere il condotto da una parte in modo che le mosche spacca-timpani possano dirigersi solo in una direzione e poi… ci sarà il deliro tra le serpi!- concluse sogghignando.
-Geniale! Per Godric, stra-geniale!-
-Lysander Scamandro, sei ufficialmente uno dei nostri: con questa tua trovata ci hai colpito al cuore e, nonostante tu sia più piccolo, sappi che ti consideriamo alla nostra pari… cioè, io sono il migliore ma…- si congratulò James, poggiando una mano sulla spalla del biondino.
-Zitto, idiota!-
-Taci, Potter!-
E risero tutti insieme, tra una cuscinata e una modifica del piano che si sarebbe attuato proprio la sera stessa.

***

La Sala Grande all’ora di cena era seriamente qualcosa da evitare. Tutti che strillavano, ridevano, urlavano a più non posso. Qualcosa seriamente da evitare.
Per di più, se tuo padre è appena diventato un professore, allora dovresti proprio stare alla larga della Sala Grande.
Questo pensava Scorpius Hyperion Malfoy mentre entrava dal grande portone e si dirigeva vero il suo tavolo, e mentre faceva tutto ciò, veniva accompagnato da fastidiosi sussurri che gli davano alquanto fastidio essendo, per di più, tremendamente scontati.
Ecco, una tra le tante cose che odiava vivamente delle persone, forse ciò che gli dava più fastidio di tutto, era la prevedibilità. Quanto poteva odiare le persone banali? Che facevano commenti banali? Che vivevano una vita banale e conoscevano persone ancora più banali?
La metà dei ragazzi in quella sala faceva parte della categoria “Banali”. L’altra si divideva tra Mezzosangue, Nati Babbani e Purosange. Considerando che la sua famiglia non desiderava avere troppi contatti con le prime due categorie, a Scorpius rimaneva una manciata di persone con cui poter diventare amico senza impazzire, e più della metà di queste erano o troppo stupide per essere banali, o troppo stronze per essere simpatiche.
Forse solo una persona si salvava in quella massa di idioti che lo circondavano: Celine. Senza contare Albus che, nonostante fosse un Mezzosangue, guadagnava mille punti in quanto ad intelligenza, simpatia e compagnia.
Si sedette, quindi, proprio tra loro due, seguito da quei sussurri tremendamente fastidiosi che, se avesse saputo come formulare una maledizione senza perdono, sicuramente avrebbe fatto tacere.
I due lo salutarono con un sorriso e, alzando gli occhi, davanti a sé trovò la persona più rompipalle, stressante, stupida, stronza e fastidiosa, nonché Mezzosangue e banale (perché sì, Scorpius era convintissimo che lei fosse dannatamente banale), di tutta Hogwarts: Lily Luna Potter.
Alzò gli occhi al cielo, infastidito.
-Albus, mi spieghi perché tua sorella deve seguirti ovun…-
-Ascolta, Malfoy.- lo zittì lei -Non perché tu non desideri la mia presenza, ma vedi di tacere perché sto andando proprio ora da James, ok?- soffiò acida e l’altro rimase senza parole.
Forse… bhè, forse non era poi così tanto banale, pensò, guardandola saltellare verso il fratello più grande che la prese in braccio e se la caricò come un sacco sulla spalla, tra le risate della piccola.
Ma era decisamente stressante e infantile, sì. Proprio una ragazzina! Quasi provava compassione per il padre che doveva tenerla d’occhio.
-Al, mi passi la brocca d’acqua?- decise di berci sopra.
Quello, però, invece di passagli la caraffa, la spostò più in là, ancora più lontano da Scorpius che lo guardò torvo.
-Che ti prede, Potter? Ti si è infilato un Nargillo nel cervello?-
Albus lo incenerì con lo sguardo, senza fiatare.
Il biondino si girò quindi in direzione della rossa, in cerca di spiegazioni.
-Credo sia arrabbiato perché non gli hai detto che tuo padre prendeva il posto di Lumacorno.- lo informò pacata e Scorpius, con la bocca spalancata, ritornò a fissare l’amico allibito.
-Ma se non lo sapevo nemmeno io!- si difese.
-Potter!- lo chiamò ancora, senza ricevere risposta.
-Dai Al, non fare il bambino!- lo accusò quindi Celine, prendendo le difese di Scorpius.
-Taci, tu.- parlò in fine il moro –Che lo sapevi da una vita e non me lo hai detto.-
-Tu lo sapevi?- domandò subito Scorpius.
-Lo sapevi, e non me lo hai detto?- Celine gonfiò le guance, e si mise a fissare l’insalata nel piatto con interesse.
-Da quanto lo sapeva?- chiese ancora in direzione di Albus.
-Da una settimana.- rispose lui con un sopracciglio alzato.
-Una settimana!- Scorpius strabuzzò gli occhi. –Una settimana!-
-Siete stressanti, voi maschi!- dichiarò imbronciata Celine, alzandosi dalla panca e dirigendosi verso l’uscita.
Scorpius afferrò il calice di Celine, colmo, e bevve un sorso di tè alla menta.
-Non ti conviene, Scorps. Quella lì dentro è la prima pozione che mi riesce bene.- lo avvertì Albus, guardandolo di sbieco.
Il biondo sputò tutto in maniera poco elegante e l’altro scoppiò a ridere.
-Che ti ridi, razza di Troll!- si infuriò –Che diavolo ci hai messo qui dentro, per Salazar!-
Albus continuò a ridere a crepapelle e, dopo un attimo di disorientamento, nel tentativo di capire se quella dentro il calice era o no una pozione velenosa, anche Scorpius si distese in una risata liberatoria.
-Non hai capito che faccia hai fatto!- sghignazzò Albus. E ancora risate.
Continuarono così, a ridere divertiti, per qualche minuto, incuranti degli sguardi curiosi che attiravano; fino a quando gli occhi chiari di Scorpius non incrociarono quelli grigi di suo padre, seri e curiosi, straniti e infastiditi, e la risata gli morì sulle labbra.
“Un Potter e un Malfoy non possono essere altro che nemici. Assolutamente nient’altro.” Sembrava che i suoi occhi dicessero. Distolse lo sguardo: nessuno poteva decidere per lui, neppure suo padre.

***

-Quello è il mio pigiama, razza di deficiente platinato!-
-E allora mettilo nel tuo letto, non nel mio, ragazzina!-
-Prova a chiamarmi un’altra volta ragazzina e…-
-E cosa, ragazzina?-
-Dov’è la tua bacchetta, Al?-
-Non sai usare la bacchetta, ragazzina!-
-Aaaaah! Albus Severus, dimmi immediatamente dov’è!-
-Lily, smetti di gridare immediatamente!-
-Capito ragazzina, taci!-
Un tonfo.
-Al! Albus! Levamela di dosso, ora!-
-Io ti uccido razza di…-
-Albus!-
-Platinato del cazz…-
-Lily, non si dicono queste cose! E Scorps, tu non insegnargliele.-
-Levala! Al, levala!-
-Ahi! Non si colpiscono le donne!-
-Scorpius, non avrai mica…-
-Io non l’ho toccata!-
-Albus! Mi ha fatto male!-
-Scorpius!-
-Ma se non ti ho nemmeno sfiorata!-
Celine prese un bel respiro e, dando un’ultima occhiata al corridoio deserto, aprì la porta della camera dei suoi amici.
Lì trovò Scorpius disteso a terra con una mano sulla nuca e un’espressione dolorante sul viso candido, la piccola Lilian con le lacrime agli occhi che si abbracciava Albus e quest’ultimo che guardava male il biondo.
-Ahia, Al, mi fa male il braccio!- piagnucolò Lily.
-Tzè! Sei proprio un’attrice nata!- sibilò Scorpius alzandosi e massaggiandosi la testa. Poi si voltò, e si accorse di Celine.
-Ehy! E tu che ci fai qui?-
Si girarono anche Albus e Lily, che teneva la mano stretta a pugno.
-Bhè… passavo di qui e…- guardò prima Scorpius negli occhi grigi e magnetici, poi Albus nei suoi verdi e limpidi, riabbassò lo sguardo –Mi dispiace di non avervi detto nulla…-
I due sorrisero e Scorpius si avvicinò per scompigliarle i capelli.
-Ahia!- si lamentò di nuovo la piccola Potter, distruggendo quell’attimo di tenerezza.
-Dov’è che ti fa male?- domandò premuroso Albus, spaventandosi un po’ nel vedere le bende macchiate di sangue.
-Qui…- bisbigliò lei, senza più tutta l’energia di prima.
-Fammi vedere.- disse autoritaria Celine, avvicinandosi insieme a Scorpius.
-Le hai fatto male sul serio, cretino!-
-Non… non l’ho fatto a posta…- sussurrò corrucciato il biondo, guardando il braccio  piccino della bambina avvolto dalle fasce che cominciavano a tingersi di un tetro colore rosso.
-Non è successo nulla. Le si è solo riaperta di poco la ferita… ce le hai altre bende, Al?- li rassicurò la rossa.
Mentre Albus prendeva le nuove garze Scorpius poggiò la mano un po’ tremolante sulla testolina di Lily, sulla soffice massa di capelli rossi scombinati.
Gli occhi di lei, lucidi ma nonostante tutto duri e forti, lo guardarono intensamente.
-Ti… fa male?- domandò in un sussurro, quasi non volesse farsi sentire.
Celine sorrise, mentre toglieva le bende sporche dal braccio di Lily.
L’altra continuò a fissarlo; poi, deglutendo, scosse piano la testa e, forse, accennò anche un sorriso.
Albus tornò con le fasce pulite e Scorpius tolse la mano dalla testa della sorella. Celine le cambiò con cura le bende e le medicò la ferita ancora recente sotto lo sguardo preoccupato di Al.
-E’ tutto ok.- disse infine, sorridendo appena alla bambina.
-Io torno in camera mia, ci vediamo domani.-
-Buonanotte.- le sorrise grato Albus.
-‘Notte, Celine.- salutò Scorpius.
-Grazie…- sussurrò Lily.
Con un ultimo sorriso, si chiuse la porta alle spalle e si diresse nella sua stanza. Per sua grande sfortuna, Celine, era capitata nella camera da quattro letti e, per di più, con tre ochette tutte glamour che, quando rientrò, la assalirono di eccitate domande su Scorpius. Si stupì, nonostante tutto, quando cominciarono a chiederle anche di Albus: Scorpius era bello. Punto. Tremendamente affascinante. Già lo vedeva camminare fiero per i corridoi con una fitta schiera di ragazzine urlanti al seguito.
Ma non riusciva proprio ad immaginarselo Albus, così timido e discreto, come un rubacuori.
Rise.
Però… pensandoci bene, anche Al era molto carino. Solo… una bellezza totalmente diversa, più classica, e dolce.
Scosse la testa. Forse essere amica di due ragazzi tanto belli l’avrebbe danneggiata un po’… o forse no.
Tuttavia sapeva benissimo che, oltre alla loro apparenza, Albus e Scorpius erano forse i migliori dentro quella scuola. I più simpatici e gentili, i più intelligenti e divertenti, i più strani e uguali a lei. Li aveva cercati, trovati e scelti. Erano suoi, i suoi migliori amici, e con loro si sentiva a casa.
Chissà, magari un giorno si sarebbe fidanzata con Scorpius…
Aggrottò le sopracciglia.
Oppure con Al…
Storse il naso.
O forse no.
Asserì.
Chiuse gli occhi, ormai tranquilla e al riparo dall’interrogatorio di quelle civette, e aspettò che il sonno la accogliesse.
Alla fine, volendo, c’era anche quel cretino del fratello di Albus… James…
Sgranò gli occhi color notte.
Oh Merlino, no.
Scoppiò a ridere, senza curarsi delle tre ochette, e si rigirò nel letto. Chiuse di nuovo gli occhi e stavolta il buio la invase.

***

Cominciò tutto con un lontano ronzio. I Serpeverde col sonno più leggero si rigirarono nel letto e cominciarono ad aprire gli occhi. Gli altri, inizialmente, non si curarono affatto di quel fastidioso rumore, e continuarono a dormire tranquilli.
Fu tutto molto, troppo, veloce: il ronzio che, tutto insieme, si fece più forte, diventando quasi assordante; il risveglio brusco di tutto il dormitorio; le prime ragazze urlanti che uscivano di corsa dalle stanze con le mani sulle orecchie; la nuvola nera e rumorosa che, uscita dal condotto di areazione, si disparse dalla Sala Comune fino alle singole camere degli studenti.
Albus prese per mano Lily che, con una mano sull’orecchio e ancora intontita dal brusco risveglio, lo seguiva tra la folla di ragazzi urlanti e insetti assordanti.
Presto qualcuno aprì il varco che separava il dormitorio dal castello e tutti i Serpeverde in pigiama corsero via dai sotterranei in direzione delle scale.
Tutto ciò sotto lo sguardo divertito di quattro ragazzi dietro una colonna che ridevano cercando di contenersi per non farsi scoprire.
-Pff! Che genialata! Che genialata, ragazzi!- sghignazzò Lysander con le lacrime agli occhi.
James rise divertito poi si rigirò nuovamente per godersi fino alla fine l’ondata di Serpeverde urlante che correva via. Rise ancora, forte.
Fred era steso a terra e si teneva la pancia dalle risate, mentre Robert ghignava divertito.
-E’ stato seriamente qualcosa di magnifico.- annunciò.
-Sì!- gli diede man forte James –Veramente qualcosa di…-
-Esilarante!- finì per lui una voce femminile ed incrinata da una vena di rabbia alle loro spalle.
Quattro sorrisetti di circostanza. Sudore freddo sulle schiene. Due occhi felini infiammati dalla rabbia.
-Professoressa McGrannit…- balbettò Fred.
-Possiamo spiegare…?- azzardò James, prima di essere spedito con i suoi compagni nell’ufficio della preside.
Tuttavia, mentre lucidava tutti i candelabri della Sala Grande insieme a Rob, Fred e Lysander, non si pentì affatto della sua mascalzonata. E neanche quando suo fratello lo incenerì con lo sguardo smeraldo. E nemmeno quando Lily lo prese a calci.
Infine, quando incontrò Malfoy, se la diedero di santa ragione fino a quando non arrivò Hagrid a separarli.
E non si pentì di avergli rotto un labbro nemmeno quando, insieme a lui, si ritrovò a lucidare calice per calice nella grande cucina con un occhio nero e dolorante.
 
 


Angolo Autrice:

Terzo capitolo, mi stò arenando? Spero di no perchè da qui in poi le cose dovrebbero, dovrebbero, cominciare a farsi interessanti...
Grazie mille a tutti e in particolar modo ai commenti, sempre moooolto bene accetti! :)
Un bacio e alla prossima
Pop
 

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