We'll bring you back

di Unsub
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


prologo AUTORE: Unsub/Ronnie89
TITOLO: We’ll bring you back
RATING: Arancione
GENERE: sentimentale, azione, introspettivo.
AVVERTIMENTI: LongFic, what if?
PERSONAGGI: squadra BAU, Sarah Collins, Cameron Leane.
DISCLAIMER: I personaggi non ci appartengono(tranne quelli da noi inventati), sono di Jeff Davis. Criminal minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.
NOTE:  si colloca fra l’episodio 18 della sesta stagione e l’inizio della settima… E' ambientata prima di “Skeleton” di Ronnie89 e quindi Sarah e Robin sono ancora acerrime nemiche.

Prologo

Washington,D.C.
Era stato Spencer a comunicarle la notizia per telefono e lei ne era rimasta annichilita. Riusciva soltanto a continuare a guardare il telefono e a dirsi che c’erano un errore, che era tutto uno sbaglio. No, non lei, non la sua adorata Emily. Aveva intuito che c’era qualcosa che non andava quando aveva visto JJ nell’atrio dell’Accademia, ma non aveva fermato l’ex-collega per chiederle spiegazioni. Fra loro non c’era mai stato un rapporto caloroso e dubitava che avrebbe risposto alle sue domande.
Si era detta che avrebbe avuto tutto il tempo di chiedere spiegazioni a suo marito, una volta tornati a casa, ma la squadra era partita in fretta e furia per Boston senza metterla al corrente delle defezione della sua migliore amica. Quando Spencer l’aveva chiamata in lacrime, aveva sentito quella stretta alla bocca dello stomaco che le prendeva sempre quando i suoi colleghi erano fuori in missione, sapeva che era successo qualcosa di brutto.
Di tutto quello che poteva pensare, il fatto che Emily avesse abbandonato la sua famiglia per inseguire un pericoloso trafficante d’armi, di cui era stata addirittura l’amante, era la cosa più inverosimile dell’universo. Poteva aspettarsi un comportamento del genere da quella testa calda della sua ex allieva, ma non da un’agente come quella che per lei era una sorella.
Ora era ferma tra Spencer e Derek, mentre il prete continuava a dire cose senza senso per lei. Si sentiva svuotata di ogni sentimento, come se fosse morta anche lei in quel magazzino abbandonato. Quello che la preoccupava di più era la reazione di Derek, lui doveva trattenersi come se avesse perso una collega e non la donna che amava. Allungò una mano ad afferrare quella del suo amico, guardando Leane che era al lato sinistro di Morgan, appena dietro a Garcia.
Nessuno di loro sapeva la verità, anche se qualcuno sicuramente l’aveva intuita. Hotch non era uno stupido e sicuramente sapeva che Prentiss e Morgan erano molto più che due colleghi, come aveva capito molto tempo prima quello che la legava a Spencer. Persa in quella riflessione si girò verso il suo ex superiore e vide qualcosa che allertò tutti i suoi sensi.
Aaron aveva fatto un passo avanti e, prima di prendere la parola per l’elogio funebre, si era scambiato uno sguardo d’intesa con JJ. Corrugò la fronte, quei due non presentavano i classici segni del dolore, sembravano sconcertati e addolorati, ma non distrutti come il resto di loro. Poi Hotch cominciò a parlare, ma stranamente ogni volta che parlava di Emily al passato… qualcosa passava sul suo viso.
Fu come folgorata, quell’idea che le era appena venuta non poteva corrispondere alla verità. Non poteva essere, non era concepibile che facessero una cosa del genere al team. Poi vide l’uomo alzare impercettibilmente la spalla sinistra mentre diceva come Prentiss “fosse morta mentre assolveva il suo dovere” e tutto le fu chiaro. L’unica cosa che non capiva era il perché.
Staccò la mano da quella di Derek, mentre gli altri si concentravano sulla bara che veniva calata nella fossa, lei osservava JJ piena di astio. Non erano mai state amiche e i loro rapporti erano sempre stati tesi, ma una volta era affezionata a quella donna che ora non credeva più di conoscere. La bionda si rese conto di come veniva guardata e sbatté le palpebre più volte, incredula. Sicuramente pensava di aver recitato alla perfezione il suo ruolo.
Sarah si chiuse in un ostinato silenzio fino alla fine della veglia funebre e una volta tornati a casa, non parlò neanche con suo marito, preferendo chiudersi nello studio al piano terra. Aveva bisogno di riflettere da sola, Spencer avrebbe pensato che fosse sopraffatta dal dolore per la perdita della sua più cara amica e finché non fosse venuta a capo della cosa era meglio così.

Parigi, Francia
Non era stato facile seguire JJ in Europa senza farsi accorgere. Fortunatamente in quei giorni si teneva un congresso a Lione e non aveva dovuto inventarsi storie assurde con Spencer e suo padre. Era normale che partecipasse a quel genere di iniziative, soprattutto quando erano promosse dal sezione di Criminologia dell’Interpol, visto che una volta ne aveva fatto parte e che le avevano addirittura proposto di dirigerla.
Aveva fatto scalo a Parigi e avrebbe dovuto prendere la coincidenza poche ore dopo, sorrise pensando che quella tratta del biglietto aereo non sarebbe stata utilizzata. Era partita con un trolley abbastanza piccolo da poter essere imbarcato come bagaglio a mano e quindi non aveva dovuto preoccuparsi di valigie lasciate in aeroporto. Aveva predisposto tutto per poter pedinare JJ senza che nessuno ne fosse a conoscenza.
La bionda agente camminava davanti a lei e sembrava non essersi resa conto di essere seguita da vicino. La vide sedersi al tavolo di un caffè all’aperto e si fermò ad osservare una vetrina in modo da poterla osservare attraverso il riflesso. Riconobbe subito la donna mora seduta al tavolo, anche se ora portava i capelli a caschetto ed indossava lunghi stivali appena sopra al ginocchio. Sorrise pensando che quel genere di abbigliamento non faceva per Emily, ma ci si abitua a molte cose quando si è sotto protezione.
Con circospezione le scattò una foto con il cellulare, giusto per avere una prova tangibile che era ancora viva. Aspettò che la mora si alzasse e si incamminasse da sola, poi prese a seguirla discretamente per le vie della ville lumiere. Dopo un paio di isolati fece in modo di accorciare le distanza fino a raggiungere una strada relativamente deserta, a quel punto era così vicina che le sarebbe bastato allungare una mano per sfiorare la spalla di Prentiss.
La sua amica doveva essersi accorta che qualcuno la seguiva perché si voltò di scatto impugnando una pistola. Sarah si limitò a fissarla con uno sguardo di fuoco, mentre Emily lasciava ricadere la mano osservandola stupita.
-    Non dovresti essere qui – era visibilmente sbigottita – Mi stai mettendo in pericolo.
-    Sei già in pericolo – fu la risposta laconica di Collins.
-    Andiamo in un posto sicuro – Prentiss la prese sotto braccio e la portò attraverso i vicoli.
Giunsero ad uno stabile fatiscente ed entrarono. L’appartamento era al primo piano, arredato in modo spartano, come si addiceva ad un alloggio transitorio. Lo sguardo di Sarah non era mutato, occhi freddi e determinati come quando interrogava un S.I., quel modo di fare prometteva tempesta.
-    Lui come sta? – chiese la rediviva profiler, combattendo con un nodo alla gola.
-    Osi anche chiederlo? Come vuoi che stia dopo aver tenuto tra le braccia la sua donna mentre stava morendo? – non aveva alzato la voce, ma il tono era tagliente.
-    Non potevo fare altro, Doyle è ancora vivo ed  è fuggito.
-    Potevi rivolgerti a noi, alla tua famiglia.
-    Era troppo pericoloso.
-    Un atteggiamento del genere me lo potevo aspettare da quella testa calda di Leane, non da te – si mise a sedere sul divano e si prese la testa fra le mani – Emily, come hai potuto farci una cosa del genere.
-    Non avevo altra scelta – le lacrime avevano vinto – Lui vi avrebbe uccisi solo per far soffrire me, non potevo permetterlo.
Sarah si rialzò e la strinse forte. Sapeva i motivi che c’erano dietro quella decisione, ma lei non era il tipo che si arrendeva così facilmente. C’era un’unica soluzione al problema: doveva trovare Ian Doyle e renderlo inoffensivo una volta per tutte. Anche lei non aveva altra scelta.
-    Ti giuro che ti riporterò indietro, fosse anche l’ultima cosa che faccio.

Chiama il mio nome e salvami dalle tenebre (Bring me to life, Evanescence)

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


1 Capitolo 1

Quantico, Virginia
Non era possibile, ancora non ci voleva credere Cameron, non poteva essere vero… il mondo le aveva voltato le spalle e stava cominciando a girare al contrario.
Emily era morta, uccisa da Doyle, portando via un pezzo della squadra e adesso Derek aveva deciso di lasciare l’unità per New York, colui che aveva visto morire Emily Prentiss non ne voleva più sapere di continuare in quel posto in cui adesso gli mancava tutto.
Si fermò davanti alla sua porta di casa, l’aereo sarebbe partito poche ore dopo e non aveva nessuna intenzione di farlo andare via così, non adesso che non si potevano permettere di dividersi.
Era una giornata afosa, probabilmente per quello Ronnie trovò la porta socchiusa. Entrò piano e lo vide sistemare le valigie nel divano del salotto, non fu una bella sensazione realizzare che tutto stava succedendo per davvero, Derek sollevò la testa verso di lei e le disse un secco “vattene” voltandosi nuovamente. Cameron rimase a guardarlo mentre piegava e infilava le magliette dentro la valigia con disinvoltura, fece qualche passo avanti e si fermò a pochi metri da lui.
-    Non puoi andartene..
-    Cameron per favore, torna a casa.
-    Pensavi davvero che non avrei cercato di fermarti?
-    Non hai nessuna speranza di fermarmi, non c’è riuscita Sarah e non ci riuscirai tu, voglio solo che mi lasci in pace – disse continuando ad ignorarla.
-    Perché? Perché è più facile abbandonarci che affrontare la realtà? Me l’avevi detto tu quando è morto Spicer ricordi? Quando ho lasciato la squadra mi hai detto che ero una vigliacca che non aveva il coraggio di prendere la vita in mano e andare avanti, ora sei tu il vigliacco che ci sta dando le spalle quando abbiamo bisogno di restare uniti!
-    Stammi a sentire – continuò senza voltarsi con voce apparentemente calma - non ho nessuna intenzione di prendere una ramanzina da te, quindi se hai finito preferirei continuare a prepararmi, l’aereo parte tra due ore.
Ronnie era sempre più incredula del suo comportamento, lo fissava a bocca aperta senza sapere cosa dire, non era arrabbiata, non ancora, era solo disperata perché stava per disintegrarsi quello che aveva trovato in un anno a Quantico.
-    Perché stai facendo così? – riprese coi toni amari di prima - Tutti noi abbiamo perso Emily, non solo tu! Ma nessuno sta lasciando la squadra per questo!
Derek si fermò un secondo tenendo gli occhi sulla maglietta sopra la valigia – Smettila – disse con fermezza.
-    Non ho mai conosciuto nessuno più ipocrita! – incrociò le braccia e si protese in avanti - Non pensavo che per te fosse così facile sbarazzarti di noi, pensi che lei vorrebbe questo? Non hai neanche il coraggio di guardarmi negli occhi!
Si voltò di scatto e la fulminò con due occhi decisi e pieni di rabbia - Non ti permettere di dirmi cosa mi è facile o meno ragazzina! Tu sei l’ultima persona che può fare questi discorsi quindi chiudi quella boccaccia ed esci da casa mia prima che perda la pazienza!
Cameron restò basita, fece un passo indietro e inghiottì tutto ciò che stava per dire piegando la testa in basso, lo guardò da sotto le ciglia, impaurita, sperando dentro di se che tutto questo era solo un brutto sogno. Sentiva un nodo alla gola che stava crescendo sempre più prepotente, rimasto in disparte per uscire quando le cose sarebbero precipitate perdendo ogni speranza di fargli cambiare idea. Fece uscire l’aria dalla bocca e singhiozzò silenziosamente cercando di rimandare indietro le lacrime, si guardò intorno, si sentivano solo gli spostamenti di lui che continuava con i preparativi lasciando lei in disparte, si asciugò gli occhi che ormai bagnavano le guance e alzò lo sguardo.
-    Non partire, per favore. Ho già perso Matt ed Emily, non voglio perdere anche te. Mi avevi detto che non mi avresti mai abbandonata, cosa faccio se non ho più anche te..e Garcia? Collins? Reid? Anche loro hanno bisogno di te.
-    Adesso basta - Derek si alzò col busto e girò verso di lei, dubbiosa su cosa stesse per fare ora, le andò incontro senza guardarla e l’afferrò per un braccio portandola verso l’uscita con passi decisi.
-    Che fai? Lasciami!! – gli oppose subito resistenza e lui fu costretto a trascinarla mettendole un braccio intorno all’addome.
-    NO! Derek! – gridò cercando di liberarsi.
-    Non rendermi le cose più difficili, lasciami in pace.
-    Smettila ti prego!
Ronnie cercava di strattonarlo e ad ogni mobile che trovava nel cammino verso l’uscita vi si aggrappava disperatamente, lui la prese con più forza e arrivati alla porta Derek l’aprì spingendocela fuori – Vattene - richiuse subito dopo sentendo Cameron scontrarsi su di essa.
-    Apri! – batté forte la mano sul legno – Apri ti prego! Non puoi farlo!
Prese una breve rincorsa e cercò di sfondarla con la spalla, ripeté l’operazione più volte e si arrese sentendo solo dolore ai muscoli.
Pianse con il viso contro la porta e ricominciò a battere con la mano, con meno forza di prima con la rabbia di chi stava perdendo tutto.
-    Ti odio! Hai capito? Ti odio! – scivolò giù fino a sedersi per terra e poggiare la schiena sulla parete, continuando a piangere.
Derek era seduto nel divano, la testa fra le mani e un nodo alla gola che sentiva arrivare fino agli occhi.
Ronnie continuava a pensare a quella frase “Non c’è riuscita Sarah e non ci riuscirai tu”, come se la professoressa Collins avesse più peso di lei in quella decisione, come se fosse in secondo piano rispetto a quella donna. Si alzò e diede un ultimo pugno contro la porta, prima di andarsene. Se riteneva quell’arpia un’amica migliore di lei, allora poteva andare a farsi fottere.

Pentagono, Arlington, Virginia
Camminava sicura in quel corridoio dove si respirava aria di potere, con il cartellino per i visitatori appuntato in bella vista sulla giacca del tailleur. Aveva incrociato più di un militare che le aveva rivolto occhiate incuriosite ed ammirate, sapeva perfettamente come trasmettere quell’aurea di sicurezza che induceva più di un maschio a girarsi dalla sua parte.
Non che in quel momento le interessasse quel genere di attenzioni, a dirla tutta non le interessava mai. Semplicemente sapeva che apparendo sicura di sé induceva gli altri a prenderla sul serio e a notarla. Sorrise pensando che ora le importava di mettere in soggezione una sola persona, sapendo che il suo piano dipendeva tutto dalla sua capacità di persuasione.
Bussò alla porta chiusa su cui capeggiava il nome della persona che cercava ed aspettò di essere invitata ad entrare. Non si era fatta annunciare, adducendo come scusa il fatto di voler fare una sorpresa ad una vecchia amica e collega e flirtando spudoratamente con la guardia all’ingresso. Aveva mostrato le sue credenziali ed aveva sorriso in modo accattivante, convincendo l’addetto alla sicurezza che era solo una visita di cortesia.
Il fattore sorpresa era determinante nel suo piano, non doveva lasciarle il tempo di pensare e magari trovare una scusa per non incontrarla. Così quando sentì la voce dare il permesso di entrare spalancò la porta, assumendo lo sguardo di ghiaccio per cui era nota in Accademia.
-    Collins! – JJ era visibilmente sorpresa ed incredula davanti a quell’apparizione inaspettata – Come mai da queste parti?
-    Ho pensato che era tanto che non ci incontravamo – il tono era cordiale, gli occhi no – Che ne dici di farci una passeggiata?
La bionda ex addetta alle comunicazione della squadra parve perplessa a quella proposta e guardò fuori dalla finestra. Era una bella giornata e non c’era motivo di rifiutare quell’invito, anche se in cuor suo sapeva che Sarah le stava tendendo una trappola. Ma come evitarla senza mettere le carte in tavola? Probabile che la moglie di Spencer non sapesse la verità ed avesse solo dei dubbi, perché darle altro materiale su cui lavorare?
Si alzò con grazia dalla sedia e le regalò un sorriso tanto dolce quanto finto, sapevano entrambe di non essere amiche e che quella non era una visita di cortesia. Come per un tacito accordo nessuna delle due parlò fino a quando uscirono e si incamminarono verso il Potomac.
-    Come stanno Spencer e Christopher? – chiese JJ nella speranza di condurre il colloquio.
-    Non è una visita di cortesia e lo sappiamo entrambe – Sarah si girò ad osservarla – Voglio il fascicolo di Doyle, compreso il profilo originale.
-    Non posso dartelo, lo sai.
-    Problemi di sicurezza nazionale? – alzò il sopracciglio con fare ironico.
-    Quel caso non riguarda più l’Unità e poi tu non fai neanche più parte della squadra.
-    Ma Emily è ancora la mia migliore amica – si fermò ed alzò gli occhi verso il cielo.
-    “Era” la tua migliore amica – preciso JJ.
-    Dici? – un sorriso furbo le piegò le labbra mentre prendeva il cellulare e premeva il tasto invio.
La bionda agente sentì il suo telefono vibrare in risposta e guardò lo schermò preoccupata. C’era un nuovo MSM e lei si affrettò ad aprirlo. Sbiancò riconoscendo se stessa e Prentiss fotografate in un caffè all’aperto a Parigi. Guardò l’ex collega con astio.
-    Mi hai seguita! Chi ti da il diritto di…
-    Ora tu stai zitta e mi ascolti – sospirò cercando di assumere un tono conciliante – Io e Emily abbiamo parlato e lei mi ha spiegato la situazione. Sappiamo tutte e tre che finché Doyle è libero, la sua vita è in pericolo come le nostre. Ho promesso di mantenere il segreto e sai bene che quella è la mia specialità.
-    Però vuoi il fascicolo – precisò Jennifer continuando a fissarla – Perché dovrei dartelo?
-    Per svariati motivi – era il momento di tirare fuori l’artiglieria pesante – Sai in debito con me, ricordi cosa mi hai detto durante il caso Brunet? E’ il momento di farti perdonare.
-    Quello non c’entra niente con… - ma Sarah la interruppe ancora una volta.
-    Inoltre se tu non mi dai quello che voglio, lo chiederò al resto della squadra. Vorranno sicuramente sapere perché mi serve… sei sicura di voler affrontare Spencer dopo che avrà saputo che gli hai mentito?
-    Non oseresti.
-    Mettimi alla prova – la sfidò la mora – Sai che so essere una perfetta stronza. Sai, dubito che Derek e Garcia la prenderanno meglio. Inoltre, so che anche tu vuoi che lei torni.
-    Come pensi di fare?
-    Ho preso accordi con l’Interpol. Alcuni dei miei colleghi si ricordano ancora di me e non hanno digerito quello che è successo alla squadra di Clyde Easter. I miei ex colleghi sono persone strane, non tollerano chi va in giro ad uccidere agenti dell’Interpol – una risata ironica le sfuggì dalla labbra – Molte cose stanno cambiando all’Unità e il mio ruolo all’interno dell’Accademia è uno dei cambiamenti.
-    Tornerai nella squadra?
-    No, ma ora non è il momento di parlarne – si girò a fronteggiare la sua antagonista – Dammi quel dossier, JJ, è meglio per tutti.
-    Mi prometti che non farai niente di sconsiderato?
-    Sono Sarah Collins, non Cameron Leane – le rispose con una risata.
-    Non so se questo sia un bene o un male – rispose l’altra sorridendo a sua volta – Nessuno dovrà mai sapere come hai fatto ad avere quelle informazioni, ne va del mio lavoro.
-    Fidati di me – tese una mano verso l’antica rivale.
-    Non credo di avere altra scelta, giusto? – rispose JJ stringendole la mano.

Continua…

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


2 Capitolo 2

Quantico, Virginia
Si rigirava la matita fra le dita, girandola nella mano con uno sguardo perso nel vuoto e nei suoi pensieri, un rumore secco la destò, facendo alzare la testa a Reid davanti a lei.
- Tutto okay? È la seconda matita che rompi – le fece notare lui, tanto per parlare visto che ormai nell’openspace regnava il silenzio.
- Ne ho altre cinque se è per quello – rispose fredda Cameron.
Non aveva cambiato direzione degli occhi, fermi sulla postazione vuota di Derek. A farle compagnia c’era solo Reid nella scrivania di fianco e i sentimenti che si alternavano nella sua testa. Che il mondo si stesse prendendo gioco di lei? Per un momento le balenò in testa l’idea di tornare a lavorare a Los Angeles, lontano dalle illusioni in cui aveva creduto fino a pochi giorni prima, prima che morisse Emily, prima che li lasciasse Derek, prima che la squadra diventasse qualcosa di estraneo per tutti, nessuno credeva più in quel lavoro e tanto meno avevano voglia di recarsi lì ogni giorno, ricordandosi dove li aveva portati. Pessima idea tornare a Los Angeles, si era fatta troppi nemici tra criminali e poliziotti a cui aveva pestato i piedi, inoltre aveva decisamente troppe conoscenze poco affidabili che l’avrebbero trascinata in poco tempo nel giro della droga, e lei ci sarebbe ricascata per bene senza troppi preamboli. No, meglio stare lontano dai pericoli e dimenticare quell’ambiente. Da quando era diventata responsabile?
Magari poteva andare all’Interpol, in Europa si sarebbe certo dimenticata della sua esperienza a Quantico, avrebbe rimosso l’illusione di poter trovare quello che non aveva mai avuto, degli amici e qualcuno che gli voleva bene, o almeno così gli dicevano… Avrebbe dimenticato la delusione che aveva trovato in quel lavoro e che gli aveva dato colui che reputava il suo migliore amico. Ma quale migliore amico la tratterebbe come l’ultimo degli stracci dopo tutto quello che gli aveva confidato e promesso in poco tempo!? Per lei era già stato un record costruire qualcosa, un minimo rapporto con qualcuno al di fuori di Spicer.
Un altro rumore secco fece alzare la testa a Reid, questa era la terza matita che Cameron rompeva fra le mani. Meditò sulla possibilità di allontanarsi da lì per sempre, poi all’improvviso cambiò direzione di pensieri, non si sarebbe comportata come Derek, non sarebbe fuggita dalla squadra nel momento meno opportuno, sarebbe rimasta con i pochi superstiti, almeno loro non l’avevano tradita, si considerava parte di loro, se Derek poteva fare a meno di lei, che andasse a quel paese. Non avrebbe permesso che l’ennesima delusione le rovinasse la vita, sarebbe andata avanti a testa alta, con una ferita in più nel cuore. Bastava solo stare lontano da quell’arpia della Collins e tutto poteva filare liscio.

La Strauss aveva esplicitamente chiesto che tutta la squadra, o quello che ne rimaneva, si facesse trovare alle dieci in punto in sala riunioni. Aveva preso un periodo di aspettativa, eppure aveva comunicato a Hotch che c’erano importanti novità di cui doveva essere messi al correnti tutti i membri del team.
Quando la capo sezione fece il suo ingresso seguita da Collins, pensarono che Sarah sarebbe tornata all’Unità per sostituire Morgan che li aveva lasciati. Lo sguardo indifferente della ragazza, invece, non faceva presagire niente di buono. Reid raddrizzò la schiena, da settimane sua moglie sembrava strana e non parlava quando erano a casa.
- Questo è stato un anno duro per la vostra squadra – esordì la Strauss mettendosi a sedere – Il trasferimento dell’agente Jaraeu, la morte dell’agente Prentiss e la promozione dell’agente Morgan. Sicuramente siete tutti piuttosto scossi dagli ultimi avvenimenti, ma sfortunatamente sono state decise altre variazioni dai piani alti.
Prese fiato per cercare di finire il discorso, ma non sapeva neanche lei come affrontarlo. Era del tutto impreparata alla chiamata che aveva ricevuto il giorno prima da uno dei suoi superiori e dalle notizie che le erano state fornite. Non trovava senso in quelle decisioni arbitrarie, ma stranamente sua nipote non aveva mosso nessuna obiezione in merito, come se sapesse cosa bolliva in pentola. Scacciò quel pensiero tornando ad osservare i membri superstiti del team.
- Agente Seaver, lei è stata assegnata in via definitiva a questa Unità sotto la supervisione dell’agente Hotchner – si inumidì le labbra pensando che quella era la parte più facile – Per quanto riguarda il dottor Reid e l’agente Garcia non ci sono pervenute indicazioni, quindi presumo che le cose rimarranno come sono ora.
- Quindi, sta dicendo che ci ha riuniti solo perché Seaver è stata ammessa ufficialmente nella squadra? – chiese Cameron cominciando a pulire la pistola.
- No, agente Leane – gli occhi celesti della capo sezione si posarono su Aaron – Per quanto riguarda lei, agente Hotchner, continuerà ad essere il capo di questo team e, visto che ho preso un periodo di aspettativa, le sarà chiesto di occuparsi anche di parte del mio lavoro. L’agente Rossi verrà trasferito all’Accademia come insegnante.
- Come? – David si alzò in piedi e la guardò attentamente – Stai scherzando?
- Assolutamente – lo contraddisse la donna – Visto che l’agente Collins è stato richiesto da un’altra sezione del bureau non possiamo lasciare scoperto il corso di introduzione al profiling. Ci sei sembrato la scelta migliore.
- La professoressa Collins viene trasferita? – Seaver osservò prima la sua ex insegnante e poi Reid che sembrava perplesso quanto lei.
- E’ richiesta la sua presenza al quartier generale di Washington, per dirigere una speciale task-force – aspettò che metabolizzassero la notizia e quindi sganciò la bomba – Così come lei agente Leane.
- Io non vado da nessuna parte! – Ronnie saltò in piedi e fece cadere la pistola, mentre guardava la Strauss piana di astio – Se pensa di liberarsi di me e che io accetterò questo…
- Non è una richiesta, agente speciale Cameron Leane, è già stato deciso – finalmente prese la parola Sarah che sembrava estremamente calma – Come suo nuovo capo le ordino di mantenere il controllo. Prepari le sue cose, da domani lavorerà alle mie dipendenze presso la sede di Pennsylvania Avenue.
Il silenzio scese nella sala, mentre Ronnie raccoglieva la pistola e tornava a sedersi. La capo sezione si alzò per lasciare la stanza, ma prima strinse un braccio a Collins che non sembrò neanche notarlo. Spencer continuava a fissare sua moglie e chiedersi perché gli aveva tenuto segreto il fatto che era stata contattata per un nuovo incarico e si chiedeva in cosa consisteva, visto che nessuno aveva menzionato a che tipo di sezione era stata trasferita.
- Comunque, c’è anche una buona notizia per voi – disse Sarah voltando loro le spalle per uscire a sua volta – JJ è stata riassegnata a questa squadra, anche se con nuove mansioni.
- Cioè? – chiese Hotch che cercava di metabolizzare le bombe che in poco tempo erano esplose una di seguito all’altra.
- Ora è una profiler – fu la risposta laconica di Collins prima di chiudere la porta alle proprie spalle.
Tutti sospirarono appena furono lasciati soli, Ronnie si era seduta e fissava un punto della scrivania ancora sbigottita da quella novità, lavorare alle dipendenze di quell’arpia della Collins era l’ultima cosa che si sarebbe aspettata di fare come piano per il suo futuro. Strinse i denti e si alzò in piedi rumorosamente, sentiva gli sguardi dei colleghi addosso insieme alla sua frustrazione, stavolta era troppo, prese in mano la pistola solo per lanciarla con rabbia in un angolo della sala.
- Stronza! – esclamò dedicando il pensiero a Sarah, si diresse poi verso la porta, scontrandosi con la spalla di Reid, e la sbatté con forza alle sue spalle.

Continua…

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


3 Capitolo 3

Quantico, Virginia
Se questo era il suo piano per allontanarla dalla squadra, era decisamente molto furba. Quale scusa migliore se non quella di metterla a sua totale disposizione? Aveva sempre creduto che Collins non vedesse l’ora di buttarla fuori a calci, specialmente dopo tutti i casini che aveva combinato a partire dall’incidente con Reid, ma era anche vero che era stata lei stessa a farla entrare nell’Unità… sicuramente si era pentita di quella scelta dopo il suo primo giorno di lavoro, visti i risultati. Infondo avrebbe dovuto aspettarsi una notizia simile dopo quello che era successo, non c’era più Emily a sostenerla, non c’era più Derek a tenerla a bada, né la Strauss né Collins né Hotch, potevano permettersi di tenere una come Leane fuori controllo, meglio tenerla al guinzaglio ed evitare altri rischi all’interno del team.
Si sedette sul letto e affondò il viso fra le mani mentre sospirava, pensò a come le sue prospettive erano cambiate in un batter d’occhio: restare unita alla squadra e andare avanti senza farsi travolgere dagli avvenimenti, dimenticare i fatti e reprimere le emozioni erano i suoi obiettivi principali, portando con sé quella sua maschera di freddezza che la lasciava lontano dal mondo esterno senza far trasparire quello che provava dentro, cercando di sopprimerlo. Ora il suo futuro era ben diverso, lontano dalla squadra, agli ordini della professoressa Collins che dirigeva una speciale task-force.
Quando decise di entrare nell’FBI, non era certo questo che si aspettava accadesse, non credeva di trovare degli amici e di certo non credeva di trovare altre delusioni, non credeva di trovare niente di tutto quello che invece aveva vissuto in un anno così pieno di situazioni ed emozioni diverse, si era sentiva viva in modo del tutto diverso da prima. La situazione era iniziata a precipitare da quando JJ se n’era andata, non aveva mai avuto un grandissimo rapporto di amicizia con lei, non le aveva mai confidato nulla, non parlavano mai da sole per troppo tempo, era un semplice rapporto formale tra colleghe che ogni tanto scambiano qualche parola tra sorrisi timidi e di circostanza. Nessuna delle due si era mai sbilanciata troppo verso l’altra, il carattere irrequieto di Leane l’aveva sempre intimorita, troppo imprevedibile e schiva per permettere alla pacata JJ di andare oltre, una di quelle che solo guardandola negli occhi si ha paura di dire qualcosa di sbagliato, così JJ si limitava a rispettarla e viceversa, ma sicuramente andava meglio che con la nuova arrivata Seaver. Ricordò il giorno in cui venne presentata alla squadra, Reid cominciò a farle domande sul chi fosse e chi non fosse, lei invece, aveva iniziato a squadrarla da testa a piedi con le braccia incrociate dall’aria “e tu che vuoi?”, cominciò a farle il terzo grado sulle sue esperienze lavorative, sui suoi studi, che votazioni aveva avuto all’Accademia e così si prese una gomitata da Derek che le lanciò un’occhiata d’intesa da “finiscila di farla a pezzi”. Un sorriso malinconico le sfiorò le labbra, meglio allontanarsi subito dai ricordi. Se il piano di Collins era toglierle quel poco che le rimaneva della squadra si sbagliava di grosso, non le avrebbe reso la vita facile e alla fine o l’avrebbe rispedita nel team o dall’altra parte del mondo pur di non averla tra i piedi, qualsiasi cosa decidesse l’avrebbe accettata come sua volontà.
Sarah Collins avrebbe scoperto una volta per tutte di che pasta era fatta e quanto poteva essere stronza Cameron Leane, di questo ne era certa.

Casa Reid, Quantico, Virginia
Erano seduti nel giardino posteriore. Spencer si era accomodato su una poltroncina di vimini mentre teneva in braccio Chris, che sembrava interessato solo al cubo di Rubik che aveva trovato sulla scrivania della madre, Sarah e Jason erano seduti vicini sul dondolo e guardavano ognuno il proprio drink.
-    Si può sapere almeno a che sezione sei stata assegnata? – Reid era esasperato dalla mancanza di informazioni.
-    Non è un segreto, semplicemente cercavo le parole per dirtelo – ammise la moglie alzando lo sguardo su di lui – Sono a capo di una speciale Task-force della sezione anti-terrorismo.
-    Ti sembra una cosa sensata accettare un incarico del genere? – per la prima volta Spencer si comportava con aggressività nei confronti di sua moglie.
-    Tesoro, non ha niente a che vedere con l’incarico che aveva Emily nell’Interpol – la donna capiva benissimo le preoccupazioni del ragazzo – Non andrò in giro sotto copertura e non mi infilerò nel letto di qualche pericoloso trafficante d’armi.
-    Molto spiritosa! E’ proprio il caso di scherzarci su questa storia – il giovane dottore si alzò stringendo a sé il figlio – Mi auguro che tu sappia cosa stai facendo.
Detto questo entrò in casa senza più rivolgere la parola a nessuno. Sarah abbassò di nuovo lo sguardo sul suo bicchiere, confortata dal fatto che suo padre le avesse coperto una mano con la propria e ora la guardasse nell’attesa di ulteriori spiegazioni.
-    Tu non dici niente? – si girò verso l’uomo più grande – Non mi fai la ramanzina anche tu?
-    Ho imparato a mie spese che è meglio non contraddirti, perché quell’atteggiamento riesce solo a farti intestardire di più – Jason sorrise mentre si portava il bicchiere alle labbra – E’ la prima volta che ti sento esprime un parere personale sulle scelte degli altri.
-    Scusami?
-    Quello che hai detto sull’andare a letto con dei trafficanti d’armi… Non è da te giudicare la tua migliore amica, tanto più che Prentiss ha pagato un prezzo altissimo per la sua decisione.
Sarah tolse la mano da quella di Gideon e si voltò a guardare la porta chiusa oltre la quale era sparita la sua famiglia. Non le era mai costato così tanto mantenere un segreto e si rendeva conto che il suo comportamento doveva essere giustificato in qualche modo. Ma mentire a suo marito e suo padre era una cosa che la inorridiva. Poteva omettere quello che JJ e Hotch avevano fatto, poteva tacere che Emily era ancora viva anche se costretta a nascondersi, ma dire una bugia… Optò per una mezza verità.
-    Credo di essere nella fase della rabbia. Continuo a ripetermi che se lei non avesse avuto una relazione con Doyle, se non si fosse fatta coinvolgere troppo dal suo lavoro… E’ sciocco continuare a rimuginare su quello che è andato storto, vero?
-    Non è sciocco, è semplicemente umano – l’uomo le circondò le spalle con un braccio – Anche tu hai commesso degli errori, no?
-    Se ti riferisci a Mark, sono la prima ad ammettere di aver fatto un casino. E’ stato stupido e avventato farlo entrare nel mio letto, ma a mia discolpa posso dire che almeno era un collega e non un terrorista – nonostante non volesse farlo, si rendeva perfettamente conto di stare giudicando la sua migliore amica – Vorrei solo… io… E’ così difficile.
-    Non è mai facile lasciare andare le persone. Il fatto che Morgan abbia lasciato l’Unità deve essere stato un brutto colpo per tutti voi, specialmente dopo aver perso Prentiss in quel modo.
-    La famiglia si sta disgregando ed io non posso fare nulla per impedirlo – Sarah si alzò e decise di giocarsi il tutto per tutto – Papà, so che Spencer ritiene che avrei dovuto rifiutare, ma credo di aver bisogno anch’io di cambiare. Dopo tutto quello che è successo quest’anno è diventata dura alzarsi ogni mattina e fare finta che vada tutto bene. Non mi sono ripresa da quello che è successo a New Haven*, non credevo che uccidere qualcuno potesse segnarti così tanto.
-    Non avevi altra scelta, tesoro – Jason si alzò a sua volta e cercò di catturare di nuovo lo sguardo di sua figlia.
-    Lo so, ma questo non rende le cose più facili – la ragazza chiuse gli occhi e scosse la testa – Il trasferimento di JJ, la morte di Emily e la fuga di Derek. Come possiamo sopravvivere a tutto questo rimanendo uguali? Io sento che la mia strada ora è fuori da quell’ufficio, lontano da tutto quello che conosco per poter ricominciare a vivere.
-    Parlerò io con Spencer – disse l’uomo avviandosi verso la porta a vetri – Vedrai che capirà perché tu senta la necessità di andartene dall’Accademia. Ma cosa succederà se anche gli altri se ne andranno?
-    Ho bisogno di essere egoista, almeno una volta in vita mia – fu la risposta di Sarah prima di dargli le spalle e scoppiare a piangere.

Continua…

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


4 Capitolo 4

Q.G. dell’F.B.I., Pennsylvania Avenue, Washington D.C.
Sarah era ferma davanti alla finestra del suo nuovo ufficio con le braccia incrociate, aveva chiuso la porta a chiave e dava le spalle al suo interlocutore. L’uomo alle sue spalle era comodamente seduto su una delle sedie davanti alla scrivania e giocava distrattamente con un cubo di rubik.
-    Mi sono sempre chiesto perché l’unico effetto personale che si trovava sulla tua scrivania fosse un cubo magico – interloquì distrattamente l’uomo, perso in altri pensieri.
-    Semplice strategia. Mai mostrare niente di sé al nemico, mai dare un appiglio – constatò lei – In questo tu sei sempre stato un maestro o almeno così mi dicono.
-    E’ buffo che le nostre strade non si siano mai incrociate prima… in fin dei conti mi saresti tornata utile nella mia squadra. Anche se dubito fortemente che Battenberg avrebbe rinunciato a te.
-    Inoltre non è mia abitudine interagire con le persone a cui devo fare un profilo in maniera “personale” – calcò la voce sull’ultima parola stringendo i pugni.
-    Però, dalle informazioni che mi hanno passato, non disdegni di interagire a livello personale con i tuoi colleghi – rispose l’uomo posando il cubo.
-    Stai attento Easter – lo ammonì la donna girandosi a guardarlo.
-    A cosa devo l’onore di questo colloquio? – rispose Clyde perlustrando l’ufficio.
-    Prentiss e Doyle, che altro? Non vedo cosa abbiamo da dirci a parte quello che riguarda quei due.
-    Prentiss ormai è morta. Avevo avvertito l’agente Hotchner che l’unico modo per rendere inoffensivo Doyle era un colpo in mezzo agli occhi, ma il tuo testardo capo non mi ha dato retta e il risultato è stato la morte di uno dei migliori agenti che io abbia mai incontrato.
-    Voglio il profilo originale di quel figlio di puttana, il resto non mi interessa.
-    Perché? Cerchi vendetta? – l’uomo sembrò scrutarla più intensamente di prima.
-    Voglio finire il lavoro che hanno cominciato i membri della mia ex squadra. Tra gli agenti dell’Interpol serpeggia una certa… “disapprovazione” per come quel bastardo l’abbia fatta franca dopo aver ucciso quattro dei nostri.
-    Ti consideri ancora un agente dell’Interpol?
-    Smettiamola di giocare. Anche tu vuoi che io lo prenda, giusto?
-    Siete solo in due, cosa pensi di poter fare?
-    Questo è un mio problema. So che anche tu tenevi a Emily, non solo a livello professionale.
-    Le avevo promesso che sarebbe stata al sicuro.
-    Ci sono promesse che non possiamo mantenere – Sarah tornò a guardare fuori dalla finestra – Dobbiamo sbrigarci, tra poco la mio nuova subordinata arriverà e non voglio che ti trovi qui quando busserà a quella porta.
-    L’agente Leane non mi sembra il tipo da rispettare i superiori… almeno da quel poco che ho visto durante il mio breve incontro con la squadra di Hotchner.
-    Si piegherà – Collins fece un sorriso cattivo e carico di significato – Io non sono Hotch e lei lo scoprirà quanto prima.
L’uomo estrasse una busta bianca dall’interno della giacca di pelle e la posò delicatamente sulla scrivania.
-    Sapevo che mi cercavi per questo – dicendo così si alzò incamminandosi verso l’uscita – Mi auguro che tu sia più “ragionevole” del tuo ex capo.
-    Voglio giustizia, Easter, questa è l’unica cosa che mi interessa. Se quello che mi serviva fosse stato in possesso delle sicurezza interna non ti avrei disturbato.
-    Non è un disturbo.
-    Forse per te no, ma mi fa venire il voltastomaco dover parlare con te – si girò come una furia, mostrando tutta la sua rabbia nei confronti dell’uomo – Sei uno scellerato che ha dato i suoi uomini in pasto ai lupi. Non mi piacciono i tuoi metodi.
-    Non ho costretto Prentiss a fare quello che ha fatto con Doyle.
-    Ma glielo hai chiesto tu – Sarah tornò a guardare fuori dalla finestra, per lei quella conversazione era chiusa.

Stava percorrendo la strada con le mani strette sul volante, aveva lasciato Quantico insieme ai ricordi e si dirigeva verso il primo giorno della sua nuova vita agli ordini di Sarah Collins. Non aveva la minima idea di cosa aspettarsi. Cosa sarebbe successo? Era la domanda che le occupava la mente da quando aveva saputo la sua nuova destinazione.
Avrebbero trascorso gli anni a far finta di essere una coppia affiatata e arrestare i cattivi? Oppure Collins, ai limiti dell’insopportabilità, se ne sarebbe sbarazzata una volta per tutte? Insomma Emily Prentiss era morta, ed era anche la migliore amica di Sarah, possibile che l’unico pensiero di Collins fosse la sua mania di superiorità anche adesso? Sembrava che quella storia non l’avesse minimamente toccata, che la squadra fosse andata in mille pezzi senza trascinare dentro quell’abisso anche lei, nessun segno di cedimento, neanche con il marito, nessun segno di dolore, nessuna lacrima, come se Emily non avesse mai fatto parte della sua vita, era fredda e distaccata con tutti.
Decisamente era emotivamente stitica, non avrebbe mai immaginato quello che al contrario stava passando lei, con l’abbandono prima di Emily a rompere il suo equilibrio e la sua felicità... quello di Derek era stato il colpo di grazia. Ronnie scacciò via quei pensieri prima di ricadere nel vuoto, vide la sua destinazione davanti a sé e cominciò a rallentare.
Tra tutte quelle domande sapeva solo che dal momento in cui avrebbe messo piede dentro la nuova sede avrebbe buttato una volta per tutte il passato di Quantico alle spalle senza poter tornare indietro, senza una via d’uscita. Non aveva avuto nessuna scelta, l’avevano legata e buttata in pasto al leone, l’unica cosa che poteva fare era difendersi e ribellarsi a modo suo, non avrebbe permesso a lei di prendere in mano la situazione, se voleva lavorare con Cameron Leane, doveva subirne le conseguenze.
Ronnie spense il motore nel parcheggio e scese dal suo SUV, sbatté la portiera e rimirò l’imponente edificio che le si palesò davanti, sospirò pesantemente con le mani sui fianchi, prese il borsone in spalla e si diresse verso l’entrata.
Quello d’ora in poi sarebbe stato il suo esilio e il suo inferno personale.

Inammissibile! Era inammissibile il comportamento di Leane, era arrivata da un’ora e non si era neanche presentata a rapporto, si era fatta indicare il suo ufficio e si era chiusa lì senza preoccuparsi di andare da lei. Se Hotch l’aveva abituata così era meglio chiarire subito che la pacchia era finita.
Collins ringraziò la segretaria che le aveva dato l’informazione e si diresse a passo deciso verso la causa della sua furia. Aprì la porta senza bussare e corrucciò ancora di più lo sguardo mentre “ammirava” la sua nuova sottoposto al suo passatempo preferito.
Ronnie aveva incrociato le gambe sopra la scrivania e se ne stava placidamente accomodata a lucidare la pistola, alzando appena lo sguardo verso il suo nuovo capo con fare noncurante e con l’innocenza dipinta sul volto.
-    Professoressa Collins – la salutò con un cenno del capo.
-    Bene, bene, agente Leane, vedo che si è subito messa al lavoro – ironizzò Sarah facendo un passo avanti e buttando giù i piedi della ragazza dalla scrivania – Non so come Hotchner l’abbia abituata, ma io esigo che venga a fare rapporto nel mio ufficio tutte le mattine appena arrivata.
-    D’accordo – rispose la ragazza senza scomporsi e con un’aria strafottente dipinta sul volto.
-    Agente Leane! – ora la donna era veramente alterata – Cosa crede? Di essere qui in vacanza?
-    Non so perché sono qui, quindi se me lo vuole spiegare lei.
-    Cominciamo veramente male. L’aspetto fra dieci minuti nel mio ufficio – Collins si girò per lasciare l’ufficio.
-    Può darmi le sue direttive anche adesso.
-    Comando io qui e lei deve limitarsi a eseguire gli ordini, altrimenti la faccio sbattere in qualche sede sperduta a mettere a posto gli archivi. Chiaro? – uscì sbattendo la porta.
Ronnie chiuse gli occhi a fessura e guardò la porta ormai chiusa come per incenerirla. Chi si credeva di essere quella boriosa rompiscatole della sua ex insegnante? Voleva il gioco duro? Bene, glielo avrebbe servito su un piatto d’argento.
Le direttive erano fare rapporto ogni giorno nell’ufficio di quell’arpia ed eseguire i suoi ordini. Si sarebbe limitata a fare quello, senza metterci il cuore. La sua famiglia gliela avevano già portata via, che altro poteva farle di così tremendo quella strega dagli occhi verdi?
Rimise la pistola nella fondina e si alzò per recarsi dal suo nuovo capo. Nella mente le passò per l’ennesima volta un quesito: cosa diavolo ci trovava Reid in quella donna? Possibile che un tipo dolce come lui potesse essere attratto da quello yogurt scaduto ambulante? Scosse la testa; meglio evitare di pensare troppo ai ragazzi della squadra, ormai quel capitolo della sua vita apparteneva ad un passato che non sarebbe mai tornato.


Continua…

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


6 Capitolo 5

Q.G. dell’F.B.I., Pennsylvania Avenue, Washington D.C.
Ronnie bussò alla porta ed entrò senza attendere risposta, Collins era seduta dietro alla scrivania e stava parlando al telefono mentre le faceva cenno di sedersi. La ragazza si accomodò incrociando le braccia e accavallando le gambe, guardando in modo torvo il suo capo. Le aveva fatto una scenata poco prima dicendole di andare nel suo ufficio ed ora la faceva aspettare mentre chiacchierava al telefono con chissà chi.
-    La ringrazio dell’offerta, mi creda, ma non ritengo sia la persona adatta – Sarah batteva una penna sul tavolo con aria nervosa – Torno a ripeterle che l’agente Penelope Garcia non è adatta al tipo di lavoro che svolgiamo qui.
A sentire il nome della sua vecchia compagna di squadra, Leane ebbe un tuffo al cuore. Naturale che la Collins non la volesse; fosse mai che la presenza di Garcia portasse un po’ di allegria in quel posto. Scosse la testa, decisamente la sua ex insegnante era determinata a non farla sentire a casa.
-    Stavo pensando a qualcun altro… Non credo che per voi faccia differenza, visto che so che momentaneamente non è assegnato a nessuna squadra in particolare. Figuriamoci, non voglio togliere all’agente Hotchner un elemento così valido del suo team. Credo abbia già ricevuto cattive notizie a sufficienza – la donna si lasciò sfuggire un sorriso – Come? Ah sì, certo… stavo pensando al tecnico informatico Kevin Lynch. Grazie signore, le sono veramente riconoscente.
Evidentemente la conversazione era terminata e Sarah posò il ricevitore con la massima calma. Ron la guardava in tralice, era la prima volta che vedeva l’ombra di un sorriso sulle labbra di quell’arpia sempre così seria. Per un momento pensò che era anche più seria di Hotch, almeno il suo ex capo ogni tanto sorrideva, la Collins sembrava incapace di tirare su gli angoli della bocca e mostrare un qualche tipo di espressione che non fosse il gelo totale.
-    Allora, agente Leane, credo che dobbiamo parlare delle regole da seguire d’ora in poi – l’ombra di sorriso era sparita dal volto della donna che la guardava con una gelida furia – Come le ho già detto, esigo che venga a fare rapporto tutte le mattine appena arrivata e che si presenti nel mio ufficio ogni volta che viene convocata.
-    Sissignora – rispose la ragazza con indifferenza.
-    Non voglio più trovarla ad oziare nel suo ufficio, qui si lavora – rincarò la dose – E, assolutamente, non voglio più trovarla stravaccata in quel modo.
Questa volta Cameron non rispose neanche, limitandosi a guardare l’altra con sufficienza. Decisamente la convivenza sarebbe stata difficile, se non impossibile. Leane meditava che avrebbero finito con l’uccidersi a vicenda entro la fine della settimana.
-    Potrei sapere quali sono i miei compiti? Di cosa ci dobbiamo occupare, esattamente?
-    Questa è una task-force speciale, richiesta dal dipartimento dell’interno – cominciò Collins, parve ripensarci e scrollò la testa – Inutile girarci intorno. Ci occupiamo di terrorismo, agente Leane, e quindi mi aspetto la massima serietà da parte sua. Come ha potuto sentire dalla mia conversazione telefonica, ci hanno concesso di avere un altro agente nella nostra unità. Lynch dovrebbe essere assegnato a questa squadra entro un paio di giorni.
-    Perché ha rifiutato Garcia? – chiese Ronnie chiudendo gli occhi a fessura – E’ una tecnica informatica migliore di Kevin.
Sarah parve meditare un attimo sulla risposta, poi alzò gli occhi fino ad incontrare quelli di Leane. La ragazza rimase senza fiato, non riuscendo a riconoscere in quello sguardo pieno di dolore e dubbi, la donna sicura ed arida che le si era sempre palesata. Ci fu ancora un istante di silenzio, prima che Collins parlasse.
-    Punto primo, credo che la squadra abbia subito già abbastanza perdite, senza dover aggiungere quella della sua “anima” – disse la donna mimando le virgolette con le mani – Ma non è il punto focale della situazione. Non voglio persone emotive, perché quello che stiamo per affrontare è l’indagine più personale che io abbia mai affrontato e sarà già dura tenere a bada lei.
Prese un profondo respiro prima di continuare e prese un fascicolo dal primo cassetto della scrivania. Se lo rigirò fra le mani qualche istante, come meditando quanto dire e quanto tacere.
-    Garcia non saprebbe mantenere il segreto e si precipiterebbe a contattare Morgan e, si fidi, sarebbe la mossa più sbagliata che possiamo fare. Sarebbe solo di intralcio in questa indagine permettere alla nostra emotività di venire a galla – fissò la ragazza ancora un momento e poi lanciò il dossier attraverso la scrivania – Il nostro primo incarico è rintracciare qualcuno che già conosciamo, per questo non voglio altre persone legate emotivamente al caso e credo sia superfluo aggiungere che mi aspetto la massima discrezione da parte sua.
Cameron sgranò gli occhi, rendendosi conto di quello che il suo capo le stava comunicando.
-    Dobbiamo dare la caccia a Doyle!
-    Esatto. Questa è una missione della massima riservatezza, praticamente non le è concesso parlarne con nessuno.
-    Reid lo sa?
-    Non è mia abitudine parlare di lavoro con mio marito, agente. Inoltre, se le dico che è riservato, intendo che niente di quello che facciamo qui deve trapelare all’esterno. E’ in grado di mantenere un segreto? Posso sollevarla dall’incarico in questo istante se pensa che…
-    Voglio prendere quel figlio di puttana! – scattò Leane mettendosi in piedi.
-    Era la reazione che mi auguravo – disse Collins con un sorriso compiaciuto sulle labbra.

Leane stava leggendo per la terza volta il dossier riguardante tutte le informazioni su Doyle che avevano fin ora, era l’incarico che le aveva dato Collins finché non fosse arrivato anche Lynch, iniziare a far lavorare il cervello sull’obiettivo da annientare. Buttò il dossier sulla scrivania e sospirò stropicciandosi gli occhi che le facevano male, in quel momento i suoi pensieri tornarono alla discussione avuta con lei qualche ora prima. L’ultima cosa che si sarebbe aspettata era di essere convocata in una task force per dare la caccia a Doyle, fino a quel momento era stata convinta che la Collins l’avesse presa con sé per allontanarla dalla squadra, per tenerla d’occhio ed evitare che provocasse danni al team ora che non c’era Derek a tenerla a bada.
Invece si era sbagliata in pieno, l’unico desiderio di Sarah Collins era creare una task force per eliminare una volta per tutte chi aveva portato via Emily, il punto a cui la ex insegnante era arrivata per vendicare l’amica la faceva sorridere, dimostrava quanto in realtà non l’aveva dimenticata e che anche lei stava soffrendo per la sua perdita. Inoltre aveva visto uno sguardo diverso quando aveva parlato di Garcia, non era la gelida professoressa Collins, era qualcuno che non aveva mai visto. Adesso il suo destino era cambiato un'altra volta, prima era convinta che quello sarebbe stato il suo inferno, adesso lo considerava come la sua unica ragione di vita: vendicare la sua migliore amica, fosse l’ultima cosa che avesse fatto.
Anche se la vendetta non avrebbe riportato Emily indietro, almeno adesso aveva un obiettivo, oltretutto da condividere con Collins e questo la eccitava da morire. Vide in fondo un barlume di speranza nel poter tornare un giorno nella sua squadra, con una soddisfazione in più con la morte di Doyle e un peso in meno sulla coscienza... ma le scrivanie di Emily e di Derek sarebbero comunque rimaste vuote. Girò uno sguardo determinato e malinconico alla finestra e improvvisamente sentì bussare, tolse le gambe dalla scrivania ricomponendosi. Sarah Collins era di nuovo davanti a lei e Ronnie la fissò senza proferire parola.
-    Sono passata per sapere come va’ con quello – annunciò accennando al dossier con capo.
-    Lo so a memoria ormai – rispose la sua sottoposto spostando i fascicoli al lato della scrivania come qualcosa di inutile.
-    Bene, continui, non è mai abbastanza – le ordinò severa, poi fece per uscire ma la voce di Leane la fermò alla porta.
-    Professoressa …
-    Sì?
Ronnie buttò uno sguardo malinconico sulla scrivania prima di parlare.
-    Una volta eliminato Doyle, rientreremo nella nostra squadra? – le chiese con uno sguardo piena di speranza e tristezza.
-    Agente Leane, non abbiamo ancora iniziato e sta già pensando a quando prenderemo Doyle? Concentriamoci sul presente e non divaghiamo, niente distrazioni qua dentro, per quanto mi riguarda non so nemmeno se ne usciremo vive.
-    Mi piacciono le missioni suicide – cercò di ironizzare.
-    Non avevo dubbi.
-    Permette un’ultima domanda? – chiese la ragazza studiando attentamente l’altra.
-    Basta che sia proprio l’ultima – rispose Sarah guardando l’orologio – Devo andare e sono già in ritardo.
-    Perché io? Voglio dire: aveva la possibilità di scegliere chiunque e poi ha detto di non volere gente emotivamente coinvolta…
Collins corrugò la fronte e studiò a fondo la sua interlocutrice. Sembrava incerta su cosa dire e soprattutto su come dirlo.
-    Niente giri di parole. Doyle è un pazzo furioso fuori controllo e, come sicuramente sa bene, per catturare un assassino…
-    Devi pensare come un assassino – finì Ronnie con un mezzo sorriso – Praticamente sono stata scelta perché sono una scheggia impazzita all’interno dell’Unità, giusto?
-    Non se la prenda. Non è importante perché si viene scelti, l’importante è dove si arriva – Collins sorrise apertamente dando le spalle a Cameron – E comunque… sì, l’ho scelta perché è una pazza scatenata.
Dopo averle sbattuto in faccia quella realtà si chiuse la porta alle spalle lasciando sola la perplessa Leane, che continuava a fissare l’uscita. Improvvisamente scoppiò a ridere da sola, quella furfante della Collins l’aveva decisamente rimessa al suo posto spiattellandole in faccia quello che Derek sosteneva sempre: nessuno può tenere sotto controllo Cameron Leane.

Lungo il corridoio Sarah cercava di trattenersi, ma appena le porte dell’ascensore si chiusero impendendo a chiunque di osservarla, scoppiò a ridere di cuore. Decisamente, stavolta non aveva usato mezzi termini con Ron, le aveva detto in faccia che era matta da legare. Si era ripromessa di non tirare troppo la corda durante l’indagine, ma era stato più forte di lei mettere in chiaro cosa pensava di quella ragazzina arrogante.
Aveva taciuto solo un piccolo particolare: aveva scelto Leane per la squadra, proprio perché quella sua follia le ricordava come era stata lei ai bei tempi andati. Non poteva certo ammettere con la sua nuova sottoposto che anche a lei mancavano parecchi venerdì, altrimenti non si sarebbe imbarcata in quell’avventura.

Continua…

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


6 Capitolo 6

Q.G. dell’F.B.I., Pennsylvania Avenue, Washington D.C.
Sarah guardava il suo interlocutore che si agitava sulla poltroncina posta di fronte a lei. Sorrideva sotto i baffi, divertita dal nervosismo che leggeva negli occhi di quello che ormai considerava un amico, la stessa persona che il venerdì sera dopo cena chiedeva sempre il bis del dolce.
-    Mi stai chiedendo di mentire a Penelope? – Kevin la guardava trasecolando – Io queste cose non le faccio!
-    Non ti sto chiedendo di dire nessuna bugia, ti ho semplicemente chiesto se sei in grado di mantenere un segreto – fece notare la donna sorridendo apertamente – Andiamo, Kevin, sai benissimo che ci sono cose che non devono uscire dagli uffici. Semplicemente il nostro lavoro qui è riservato, non possiamo parlarne con nessuno.
-    Omettere è come mentire – rispose Lynch mettendosi sulla difensiva.
-    E se il metterla a parte del nostro lavoro la mettesse in pericolo? – si fece profondamente seria mentre puntava i suoi occhi in quelli del ragazzo.
-    E’ pericoloso? Io sono solo un tecnico informatico – fece presente il ragazzo, cominciando ad allentare la cravatta.
-    Tu non sei in pericolo, almeno finché quello che facciamo rimane chiuso fra queste mura.
-    Penelope non me lo perdonerà mai – rispose il ragazzo facendo una smorfia – So che pensate tutti che io sia uno stupido, ma vi sbagliate. Tutta questa riservatezza può voler dire solo una cosa: Doyle. Lei è ancora molto scossa per quello che è successo a Prentiss.
-    Lo so – ammise Sarah con un sospiro – Kevin io non ti ho mai considerato uno stupido, so perfettamente che non lo sei. Proprio per questo ti ho fatto quel discorso sulla riservatezza e sul mantenere i segreti. Per il momento è meglio che nessuno di loro lo sappia.
-    E Reid? Non dirmi che lo tieni nascosto persino a tuo marito.
-    Invece è proprio così. Non ne ho parlato né con lui né con mio padre – si guardò le mani stringendole a pugno prima di rialzare lo sguardo – Credi che per me non sia difficile? Odio dover fare tutto questo di nascosto, ma quali sono le alternative? Doyle è ancora libero e rischiamo tutti la vita se sa che gli stiamo dando la caccia. Vuoi mettere in pericolo i nostri amici?
-    No – si arrese il ragazzo incassando la testa fra le spalle – Cosa devo fare?
-    Prima di tutto devi giurarmi che per nessuno motivo ne parlerai con il resto della truppa – ammonì Sarah – Quindi stai molto attento a quello che dici il venerdì durante la cena… a proposito! Leane non sa niente delle nostre cene e non voglio che lo sappia, quindi…
-    Come mai non l’avete mai invitata?
-    Lunga storia. Comunque cerchiamo di comportarci come se ci conoscessimo superficialmente. Per lei tu sei solo il fidanzato di Garcia, non deve sapere che ci frequentiamo anche fuori dall’ufficio.
-    Perché?
-    Leane è un tipo… ok! E’ impossibile tenerla sotto controllo e non si fida di nessuno. Te lo immagini come si chiuderebbe a riccio se sapesse che la stiamo escludendo da una parte delle nostre vite?
-    E tu hai bisogno che ci fidiamo di te ciecamente, giusto?
-    Esatto – la donna si alzò seguita dal ragazzo – Da lunedì per te io sarò l’agente Collins e…
-    Io per te sarò Kevin… tanto mi chiamate tutti così anche in ufficio – fece per uscire ma poi si voltò di nuovo verso l’amica – Possibile che nessuno mi prenda abbastanza sul serio da chiamarmi agente Lynch?
-    Vuoi che ti chiami così? – Sarah sollevò un sopracciglio.
-    Per carità, mi verrebbero i brividi se cominciassi a rivolgerti a me come fai con i tuoi allievi – Kevin uscì sperando dentro di sé di essere abbastanza forte da mantenere il segreto.

Due settimane dopo
Ronnie continuava a guardare Kevin che batteva furiosamente sui tasti. Sapeva che c’era qualcosa che non andava ed era veramente seccata che quei due la ritenessero una tale stupida. Il ragazzo di Garcia non la guardava mai negli occhi, segno evidente che si sentiva in colpa per qualcosa, inoltre lui e la Collins sembravano stranamente affiatati per essere due persone che si conoscevano a malapena.
In realtà era normale pensare che nessuno della squadra conoscesse un granché Kevin, in fin dei conti era solo il fidanzato di una collega. Per di più il ragazzo lavorava in un’altra divisione a Quantico e non erano molti i motivi di incontro fra lui e il resto del team. Eppure aveva notato gli sguardi che si lanciavano i suoi due nuovi colleghi… era evidente che ci fosse un segreto di cui preferivano tenerla all’oscuro.
Si alzò di scatto, avendo fatto lavorare parecchio la materia grigia ed essendo arrivata ad una conclusione. Guardò malissimo il ragazzo che si limitò ad abbassare lo sguardo e continuare imperterrito il suo lavoro di ricerca, mentre lei usciva dalla stanza sbattendo la porta in modo plateale.
Se la Collins voleva la sua fiducia, quella era una strada a due corsie. Non era fattibile che lei dovesse fidarsi ciecamente del suo capo, mentre l’emotivamente stitica a capo della task-force si rifiutava di metterla a parte di quello che c’era dietro. Aprì la porta dell’ufficio di Sarah senza bussare, rimase ferma sulla soglia respirando pesantemente e guardandola con gli occhi a fessura. Era furiosa e non faceva niente per nasconderlo.
-    Cosa c’è agente Leane? Abbiamo dimenticato le buone maniere? – chiese la donna senza sollevare lo sguardo dai dossier che stava studiando.
-    Allora, qual è questo segreto? – Ronnie fece un passo avanti e chiuse la porta con un gesto brusco senza perdere il contatto visivo con la sua arcinemica.
-    Non so di cosa lei stia parlando. Forse se riuscisse ad esprimere un pensiero con calma e senza agitarsi sempre così tanto, le nostre conversazioni sarebbero molto più proficue – ribadì la donna mora alzando finalmente lo sguardo sulla sua antagonista.
-    Molto spiritosa, professoressa, mi sto rotolando dal ridere. Pensava veramente che non mi sarei accorta che lei e Kevin mi state nascondendo qualcosa?
-    Cosa dovremmo nasconderle? – Collins sollevò un sopracciglio e la guardò come se fosse una sciocca isterica – Lei divide l’ufficio con l’agente Lynch, non io. Siete voi che passate un sacco di tempo insieme da soli, quindi non vedo di cosa lei stia parlando.
-    Balle! – Ron non si accorse neanche di aver urlato – Glielo dico io cosa sta succedendo! Da due settimane io continuo ad analizzare quei cavolo di profili ed appena mi viene in mente qualcosa passo i miei appunti a Kevin che comincia a fare ricerche. Il bello è che lei mi nasconde informazioni preziose per trovare Doyle. Lei non si fida di me e non mi permette di fare bene il mio lavoro.
-    Si sta sbagliando, agente Leane – Sarah si alzò per fronteggiarla – Non le sto nascondendo nessun tipo di informazione che ci possa portare a quell’uomo. Pensa che io non lo voglia prendere?
-    Comincio a dubitarne – ormai era partita per la tangente e non si rese conto di cosa stava dicendo, chinandosi sulla scrivania della sua superiore – In fin dei conti lei ha superato benissimo il lutto per la morte di Prentiss, la sua “migliore amica”. Vuole sapere cosa penso? A lei non interessa prendere Doyle perché non è mai stava veramente amica di Emily e non ha sofferto quanto me e Derek.
A quell’affermazione, anche Sarah perse il controllo e le diede un sonoro malrovescio mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
-    Non osi mai più dire una cosa del genere!
-    Non si preoccupi, non dovrai più sentire niente da me – Ron tolse la mano dalla guancia dolorante ed afferrò pistola e distintivo sbattendoli sul tavolo – Me ne vado! Lo cercherò da sola quel gran figlio di puttana, visto che sono l’unica a cui sta a cuore fare giustizia.
Lasciò l’ufficio senza ascoltare la voce di Collins che la richiamava indietro.

Rocket bar, 7th street, Washington D.C.
Alex Buck era il proprietario del Rocket bar, un ampio locale che offriva un’atmosfera colorata di verde, rosso e giallo: un lungo bancone con scuri sgabelli in fila, innumerevoli tavole da biliardo e slot-machine in ogni angolo della sala, un ampio spazio era dedicato a tavolini, poltrone e divanetti. Bar frequentato da motociclisti, dai tipici soggetti poco raccomandabili… e da Ronnie.
Buck la guardava da sotto le ciglia, Ron aveva le braccia incrociate sul bancone e rimirava il bicchiere di vodka che le aveva offerto poco prima, era assorta nei suoi pensieri e non aveva detto una parola da quando era entrata, solo “ dammi un po’ di vodka prima che impazzisca”.
Ora la osservava e aspettava impaziente che gli dicesse qualcosa, tanto era sempre così, nelle giornate “no” finiva sempre con lo sfogarsi con lui. Ronnie continuava a non parlare, era persa nel suo mondo, Buck la chiamò più volte ma senza risposta, solo quando decise di toglierle il bicchiere da davanti Ronnie alzò il viso e lo guardò storta.
-    Ehi, rimettila qui.
-    Pensavo stessi dormendo a occhi aperti – le disse riposizionando il bicchiere.
Lei si incupì e tirò le labbra.
-    Sì scusa, non è stata una bella giornata.
-    Problemi a lavoro? – provò a chiedere lui.
-    No. Cioè sì.. non so nemmeno se ho un lavoro, non posso parlartene, mi dispiace.
-    Ronnie sono mesi che stai così, perché non ti prendi una vacanza e stacchi la spina per un po’?
-    Una vacanza? – il suo modo di andare in vacanza sarebbe stato prendere il primo aereo che la portasse da Doyle – no, non posso… e poi non riuscirei a distrarmi.
-    Ti va’ di parlarne?
-    Meglio di no, ti metterei in pericolo e poi non ho voglia di farti affogare nei miei problemi.
Buck posò un bicchiere che stava asciugando e si poggiò di fronte a lei che giocherellava con le dita intorno al bicchiere con aria persa.
-    È che – provò a cercare le parole – ci sono talmente tanti problemi che non so quale sia il più grave. Non so più cosa voglio, tanto ormai non ho più niente da perdere…
-    Ehi non dire così – l’ammonì con una pacca sul viso.
Lei cercò di tirare gli angoli della bocca in un mezzo sorriso, poi Buck si voltò verso l’entrata quando sentì aprirsi la porta.
-    Ehi guarda quella! Che ci fa un tipo così da queste parti?
Ronnie incuriosita, si voltò in quella direzione mentre beveva un sorso dal bicchiere che le andò di traverso e tossì un paio di volte quando riconobbe Sarah Collins in tailleur in mezzo allo sguardo sbigottito e divertito dei motociclisti e di Buck.
Ronnie si ricompose e lasciò il bicchiere sul bancone, divenne di nuovo scura in viso e fece per alzarsi quando Sarah incontrò i suoi occhi, questa le andò incontro ma Ronnie andava dalla parte opposta per sfuggirgli.
-    Leane! – la chiamò Sarah, Ron procedeva la sua fuga e Collins la seguì fino a prenderla per un braccio – Aspetta!
Ronnie si liberò dalla presa con uno strattone.
–    Che cavolo vuoi ancora! Lasciami in pace, non ti voglio neanche vedere!
Sarah aprì la bocca per controbattere, ma furono interrotte da qualcuno…

Continua…

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


7 Capitolo 7

Rocket bar, 7th street, Washington D.C.
Sarah sentì distintamente una mano afferrarla per la spalla sinistra e si voltò verso l’uomo che la teneva. Chiaramente non badava molto all’igiene personale, era vestito con una giacca di pelle e un paio di pantaloni, aveva una lunga barba incolta. Parlò a pochi centimetri dal viso della profiler, alla quale arrivò distintamente una zaffata di alcool. L’uomo era ubriaco.
-    Ehi bellezze, invece di stare per conto vostro, cosa ne dite di fare compagnia a me e ai miei amici – disse indicando con il pollice due tipi poco raccomandabili seduti ad un tavolo poco distante con una bottiglia di tequila poggiata nel mezzo.
-    Perché, invece, non va a farsi una doccia, non si sbarba e non si prende un bel caffè forte? – ribatté Collins scostando la spalla in modo brusco così da fargli perdere la presa – Non mi piacciono gli ubriaconi puzzolenti.
Alla risposta il motociclista si alterò visibilmente.
-    Sentì, dolcezza, non fare la difficile con me altrimenti…
Non riuscì a finire la frase. Sarah, con un gesto rapido lo buttò contro la parete afferrandolo per il bavero della giacca, mentre Leane le diede man forte bloccandolo con un braccio contro la gola. Le due si scambiarono un’occhiata di intesa e l’uomo si trovò presto a fronteggiare due pistole puntate una contro la sua testa e una contro il cavallo dei pantaloni.
-    La signora ti ha appena detto che non gradisce la tua compagnia – lo apostrofò Ron facendo pressione con la pistola contro l’inguine dell’uomo – E, ad essere sincera, neanch’io vado pazza per la feccia come te. Quindi se accetti un consiglio, smamma e alla svelta.
Sarah, da parte sua, premette la pistola ancora più forte contro la testa dell’uomo, finché quest’ultimo non fu costretto a piegare il collo per cercare di allontanarsi da lei.
-    Ti do un altro consiglio: prendi quei derelitti dei tuoi amici e vedi di mettere più distanza possibile fra voi e noi. Alla mia amica nove millimetri non piacete ed è una personcina piuttosto irritabile – fece scorrere il carrello per enfatizzare la frase.
Cameron sorrise beffarda mentre notava la macchia di urina che si andava allargando sui pantaloni del motociclista.
-    Vedo che hai afferrato bene la situazione – disse mollando la presa – Se vi rivedo da queste parti farete amicizia con i miei proiettili. Chiaro?
Appena fu libero dalla presa delle due, scosse la testa in modo affermativo più volte e poi fece segno ai suoi amici di seguirlo, prima di lasciare il locale correndo a gambe levate. Le due si guardarono ancora un attimo e poi scoppiarono a ridere.
-    Non sembra un posto adatto a lei, professoressa – le disse mentre rimetteva l’arma nella fondina.
-    Ho visto posti peggiori – ribadì Sarah con un sorriso – E smettila di chiamarmi professoressa, non sono più la tua insegnante ma il tuo capo. A proposito, visto che mi hai riconsegnato la pistola d’ordinanza, mi spieghi quella da dove salta fuori?
Cameron fece un sorriso furbo, mentre l’altra alzava gli occhi al cielo e scuoteva la testa.
-    Forse è meglio che tu non me lo dica, ho la vaga impressione che non mi piacerebbe.
-    Il suo problema è che segue alla lettera il protocollo – rispose Ron dirigendosi verso il bancone.
-    Dobbiamo parlare – le disse Collins seguendola.
-    Non credo, le ho già detto tutto.
-    Giusto. Allora adesso il tuo bel amico dietro al bancone ci da una bottiglia di whisky, ci sediamo ad un tavolo e ti sturi le orecchie: è il mio turno di dirti quello che penso.
Dicendo così, allungò una banconota a Buck, che prontamente prese una bottiglia e due bicchieri e poi glieli porse, facendo un segno a Cameron. La ragazza prima sgranò gli occhi e poi li chiuse a fessura, come cercando di incenerire il proprietario del bar.
-    Chi ti dice che io voglia andare a sentire cosa ha da dirmi? – l’apostrofò mettendo il muso ed incrociando le braccia.
-    Il modo in cui siete scattate insieme poco fa – rispose l’uomo tornando ad asciugare i bicchieri – Se non avevi intenzione di sentire cosa è venuta a dirti, dubito fortemente che l’avresti aiutata a mettere in fuga tre dei miei migliori clienti.
-    E tu perché non hai detto niente quando hai visto la situazione? Potevi intervenire!
-    Avete tirato fuori le armi così in fretta che mi gira ancora la testa – alzò il bicchiere per assicurarsi che non ci fossero macchie – Stavolta passi, visto che il tipo meritava decisamente una lezione, ma per il futuro tu e la tua amica siete pregate di non giocare al far west qui dentro. Anche se sono dei rifiuti umani, quei tipi mi aiutano a pagare l’affitto delle mura.
Dicendo così si allontanò verso un altro cliente che lo stava chiamando, lasciando le due sole. Sarah prese la bottiglia mentre Ron sbuffò, ma afferrò i due bicchieri e la seguì verso un tavolo d’angolo. Mentre Collins si sedeva in modo composto, lei si stravaccò sulla sedia ed incrociò le braccia, mentre incassava la testa fra le spalle pronta a sorbirsi chissà che giustificazione da parte del suo capo.
-    Non mi piace come si è comportata oggi, agente Leane, ma farò finta che non sia successo niente. Per quel che mi riguarda ha distrattamente lasciato le sue credenziali e la sua pistola nel mio ufficio.
-    Lei proprio non vuole capire, vero? – in un lampò si tirò su e si sporse attraverso il tavolo – Non so a che gioco lei stia giocando, ma non mi piace che mi si tengano nascoste le cose. Soprattutto se questo mi impedisce di fare il mio lavoro, specialmente adesso.
-    Non le sto nascondendo niente, ma tanto lei non mi crede – disse la donna versando una dose generosa di liquore – E’ testarda, indisponente, arrogante e insubordinata. In qualsiasi altro momento l’avrei cacciata via a pedate nel sedere, ma ora ho troppo bisogno di lei. Siamo ad un punto morto e io ho bisogno di un appiglio per trovare quell’uomo. E comunque si sbaglia.
-    Sul fatto che mi tiene nascosto qualcosa? – disse con tono ironico.
-    Si sbaglia anche sul fatto che io seguo alla lettera il protocollo – rispose la donna cominciando a bere – Si stupirebbe se sapesse quante volte abbiamo infranto le procedure.
-    Lei e chi? Babbo Natale? – Ron ingurgito il whisky tutto d’un fiato e la guardò con fare provocatorio.
-    Io e Derek – guardò il fondo del bicchiere con un’espressione triste dipinta sul volto e poi sorrise – Io e Spencer.
-    Allora perché è così fissata con le procedure quando si tratta di me?
-    Io non ho mai messo la mia vita in pericolo, né tanto meno quella dei miei colleghi. Emily dice sempre che…
-    Diceva – rispose l’altra con il pianto nella voce – Ora non può dire più niente.
Sarah la guardò intensamente e poi sospirò rassegnata.
-    Sa mantenere un segreto?
-    Non ho detto a nessuno di cosa ci occupiamo.
-    Non sa neanche lei esattamente di cosa ci stiamo occupando.
-    Lo vede che mi nasconde qualcosa!
-    Non è qualcosa che può influire sul profilo di Doyle o su come rintracciarlo – si alzò dal tavolo e guardò verso il bancone – Carino il suo ragazzo.
-    Non è il mio ragazzo – puntualizzò Ronnie – E’ solo un amico.
-    Io non ci giurerei più di tanto – sorrise Sarah con aria furba – Vuole veramente vedere quanto riesco ad andare contro il protocollo?
-    Sarei proprio curiosa – Leane sollevò un sopracciglio – Vuole mettersi a fumare in ufficio?
-    Non fumo – fu la risposta laconica mentre andava verso l’uscita – Muovi quel culo e seguimi, testa dura.
Quella donna la lasciava sempre a bocca aperta con un’espressione confusa sul volto, odiava… odiava quando faceva così! Non ebbe neanche il tempo di pensare che dovette alzarsi e seguirla a passi veloci prima che la lasciasse sola a quel tavolino. Cosa diavolo aveva in mente adesso?

Continua…

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


8 Capitolo 8


Washington D.C.
Sarah era salita in macchina non lasciando a Ronnie il tempo di replicare. La ragazza salì prima che il suo capo potesse partire e lasciarla in un parcheggio da sola a chiedersi cosa avesse in mente. Collins guidava concentrata senza rivolgerle la parola, il che irritava ancora di più Cameron che si sentiva completamente tagliata fuori.
-    Mi dice dove stiamo andando o ha intenzione di continuare a guidare senza dirmi una parola? – chiese stizzita, incrociando le braccia.
-    Andiamo a casa sua, per permetterle di fare le valigie.
-    Come? – la ragazza si girò allibita prima di voltarsi verso il sedile posteriore ed accorgersi della borsa da viaggio che faceva bella mostra di sé – Domanda numero uno: dove diavolo andiamo?
-    Lo vedrà da sola, agente Leane – rispose la donna senza voltarsi a guardarla.
-    Domanda due: come fa a conoscere il mio indirizzo? Mi spia per caso?
-    Non ne ho bisogno, conosco benissimo il suo appartamento – rispose Sarah con un mezzo sorriso.
-    Ora basta! La smetta con tutti questi segreti.
-    Nessun segreto. Prentiss diceva che lei aveva bisogno di un nuovo appartamento e mi parlò del posto che le aveva trovato.
Decise di sorvolare su svariate cose. All’epoca sapeva benissimo che la sua “pupilla” abitava in un tugurio in un quartiere malfamato. L’appartamento di Spencer era rimasto vuoto, dopo che si erano sposati e trasferiti nella casa che un tempo era stata dei suoi genitori. Perché non dare un piccolo aiuto a quella ragazzaccia sempre piena di guai?
Aveva convinto Emily a fare da intermediario, per non fare sapere a Cameron chi stava vegliando su di lei e, con un piccolo stratagemma, era riuscita a tenere nascosto alla ragazza chi fosse il proprietario di quel grazioso appartamento che veniva affittato ad un prezzo così basso.
Certo non potevano dirle che quello era un prezzo di favore fatto appositamente per lei, per darle un posto tranquillo dove vivere a pochi chilometri dal suo posto di lavoro. In fin dei conti, lei e Spencer guadagnavano bene, i soldi non erano un problema e Sarah ci teneva a fare qualcosa per Leane, anche se di nascosto.
Erano riusciti a mantenere il segreto e Ronnie non aveva mai scoperto che il suo padrone di casa era il ragazzo magro e alto che occupava la scrivania accanto alla sua. Era un po’ come il regalo di compleanno che misteriosamente spuntava sulla scrivania di Ron ogni anno… nessuno sapeva chi le mandava quei regali così azzeccati per lei.
Sarah si lasciò andare al ricordo della prima volta che Derek aveva fatto scivolare discretamente il regalo misterioso in mezzo agli altri… l’idea del kit per la pulizia della pistola le era venuto vedendo quanto Ronnie si impegnasse a lucidare sempre l’arma con quel panno. Si permise di sorridere ancora una volta al ricordo di come la ragazza aveva agitato il pacchetto, forse timorosa che contenesse una bomba*.
Parcheggiò sotto casa di Ron e aspetto diligentemente che si preparasse. Appena caricarono la valigia, si mise di nuovo alla guida verso l’aereo-porto. Lì, con somma sorpresa di Leane, si fece dare due biglietti di prima classe per New York. Si imbracarono e passarono in silenzio il resto del viaggio.

Hell’s Kitchen, New York
Erano atterrate trenta minuti prima ed erano subito salite su un taxi. Sarah diede all’autista l’indirizzo scribacchiato su un pezzo di carta e si appoggiò contro lo schienale chiudendo gli occhi. L’autista lesse due volte il biglietto e poi guardo sospettoso le sue due passeggere.
-    Non mi sembra il posto adatto a due belle ragazze come voi e poi io non vado fino laggiù. Non è un bel posto di sera… in realtà non lo è neanche di giorno.
-    Le darò duecento dollari – rispose Collins senza aprire gli occhi – Più la corsa naturalmente. Crede di poter venire a patti con i suoi “ferrei principi” per questa cifra?
L’uomo ingoiò un paio di volte, pensando che duecento dollari più la tariffa era una cifra ragguardevole. Meditò ancora un attimo prima di guardare di nuovo nello specchietto retrovisore.
-    Ma appena arriviamo lì, voi scendete a razzo e io riparto. Chiaro?
-    L’avevo messo in preventivo, per questo le ho chiesto di caricare le valigie davanti. Non si dovrà neanche fermare per aprire il portabagagli.
Appena partirono, Leane cominciò a guardarsi in giro nervosa. Non le piacevano tutti quei misteri che la Collins non si decideva a chiarire, così decise di prendere il toro per le corna e metterla alle strette.
-    Mi dica dove siamo dirette e cosa c’è sotto, altrimenti io la mollo e me ne torno a casa.
Sarah aprì finalmente gli occhi, sembrava come in trance mentre guardava fuori dal finestrino e cominciò a parlare a ruota libera.
-    Nella mia vita mi sono sempre sforzata di fare la cosa giusta, evitando di pensare troppo a quello che volevo io. Solo una volta ho messo da parte il dovere per seguire i miei desideri personali – sospirò e chiuse di nuovo gli occhi – Giusto e sbagliato… a volte sento che sono solo due parole prive di significato. Cosa succede quando non ci sono innocente e sono tutti colpevoli? Cos’è veramente la giustizia?
Tornò con la mente a Biloxi ed al caso Oldbride**, anche Ronnie vi si era trovata invischiata suo malgrado diversi anni dopo***. La prima volta che si era posta tutti quegli interrogativi era fuggita dalla squadra per cercare le risposte da suo padre, con il risultato che aveva capito che a volte non esistono risposte convincenti ma solo quello che ognuno di noi reputa giusto.
In quel momento aveva realizzato che l’unica cosa che veramente contava nella sua vita era Spencer, l’uomo che amava e da cui era riamata. L’unico spiraglio luminoso nella sua vita, dove ogni giorno era costretta a vedere il peggio delle persone. Già allora i suoi convincimenti morali su come esistessero sempre i buoni e i cattivi, divisi da barriere ben definite, avevano subito un duro colpo.
Ora si stava apprestando a fare qualcosa di altrettanto giusto e sbagliato insieme: stava cercando Doyle per fare giustizia. Ma l’unica giustizia possibile in quel caso era la mera vendetta: una vita per una vita… come dicevano gli arabi? Occhio per occhio. La legge del taglione.
-    Hai mai pensato che il nostro lavoro in realtà non ci porta da nessuna parte? Voglio dire: che differenza c’è fra i buoni e i cattivi?
-    Noi siamo i buoni – disse convinta la ragazza più giovane – Noi diamo la caccia ai cattivi e li fermiamo prima che facciano del male a degli innocenti.
-    Bene – annuì Sarah prima di girarsi a guardarla – Ma cosa succede quando non ci sono innocenti? Quando non esistono i buoni, ma solo svariati gradi di cattivi? Cosa rende una persona più degna di un’altra?
-    Ma di cosa diavolo sta blaterando? E cosa c’entra con il posto dove stiamo andando?
-    Andiamo a salvare un buono dal baratro – disse laconica – Ma solo per farlo finire in uno ancora più profondo.
Il taxi si fermò sotto un palazzo fatiscente e Sarah pagò quanto promesso. Afferrarono le rispettive borse e scesero dall’auto, prima che l’autista se ne andasse via sgommando. Ronnie si guardò in torno preoccupata. Dire che era un quartiere malfamato era poco. Notò dei teppisti, forse spacciatori, che le osservavano interessati. Decisamente era il genere di posto dove faceva piacere sentire il peso della pistola sotto l’ascella. Seguì Collins che si era avviata a passo sicuro verso l’entrata.
Come lasciva presagire la facciata, il dentro era una vera topaia. Il corridoio era scarsamente illuminato e si sentiva chiaramente odore di urina ad ogni angolo. Il suo capo sembrava non fare caso a tutto ciò e cominciava a salire risoluta le scale sgangherate, seguita da Cameron che continuava a guardarsi in giro con una mano sotto la giacca a tenere stretta l’impugnatura della pistola.
Arrivate al terzo piano, Collins bussò decisa ad una porta. Dall’interno dell’appartamento, una voce che Ronnie stentava a riconoscere, rispose facendo capire chiaramente che il proprietario era ubriaco.
-    Chiunque tu sia, vai a rompere i coglioni da un’altra parte e lasciami morire in pace.
Sarah scosse la testa e passò la valigia a Ronnie, mentre prendeva un astuccio dalla tasca interna del soprabito. Sotto lo sguardo attonito di Leane, Sarah tirò fuori un kit da scassinatore e cominciò ad armeggiare con la serratura.
-    Non mi dica che lei sa scassinare una porta – Ron la guardava allibita.
-    Dolcezza, te lo avevo detto che non seguo sempre alla lettera il protocollo – rispose la donna divertita – E’ un trucchetto che mi ha insegnato il comune amico che ora si trova dietro la porta. Credo che sia ora di vedere se sono stata un’allieva diligente.
Mentre diceva così la serratura finalmente scattava, permettendo alle due di entrare nell’appartamento. L’interno era squallido come il resto del palazzo: pareti scrostate, finestre che chiudevano male e mobili di seconda o terza mano tenuti malissimo. Al centro della stanza, sul vecchio divano dal rivestimento ormai liso, era difficile riconoscere in quel relitto umano l’agente supervisore Derek Morgan.
Sarah chiuse la porta alle loro spalle e rimase un momento a guardare il suo vecchio amico che affogava nell’alcol tutti i suoi dispiaceri, nel vano tentativo di sfuggire ai propri demoni.
Cameron non fu altrettanto paziente. Mollò le valigie, che fecero molto rumore all’impatto con il pavimento, e si avventò a prendere Derek per la maglietta.
-     Mi meraviglio di te! – gli disse scuotendolo – Come diavolo hai fatto a ridurti in questo stato?
-    Fottiti! – urlò lui divincolandosi e dandole una spinta – Fottetevi tutti! Lei non c’è più, che vuoi che me ne freghi?
Sarah decise che poteva aspettare ad intervenire, era meglio che quei due si chiarissero a modo loro.

Continua…

*One-shot “Promise” della raccolta “Ronnie e Sarah”.
** Long-Fic “Black out”
*** Long-fic a quattro mani “Dark Souls”

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