Dreaming di Sognatrice85 (/viewuser.php?uid=68773)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Dentro un sogno ***
Capitolo 3: *** Forks High School ***
Capitolo 4: *** Cambio di lezione ***
Capitolo 5: *** Alice Cullen ***
Capitolo 6: *** I Black ***
Capitolo 7: *** Mancamento ***
Capitolo 8: *** Incidente ***
Capitolo 9: *** Sfuriata ***
Capitolo 10: *** Ripetizioni di biologia ***
Capitolo 11: *** Incubi e visioni ***
Capitolo 12: *** La verità ***
Capitolo 13: *** La famiglia Cullen ***
Capitolo 14: *** Il racconto di Meredith ***
Capitolo 15: *** Incomprensioni ***
Capitolo 16: *** Decisione ***
Capitolo 17: *** Partenza ***
Capitolo 18: *** Phoenix ***
Capitolo 19: *** Detroit ***
Capitolo 20: *** Le parole che non ti ho detto ***
Capitolo 21: *** Ho bisogno di te ***
Capitolo 22: *** Io e te ***
Capitolo 23: *** Amarti a modo mio ***
Capitolo 24: *** Il libro ***
Capitolo 25: *** Le voci ***
Capitolo 26: *** Il parco giochi ***
Capitolo 27: *** Jacob, il branco e Emily ***
Capitolo 28: *** Andiamo incontro al destino ***
Capitolo 29: *** Alla ricerca della verità ***
Capitolo 30: *** Paura, amore e desiderio ***
Capitolo 31: *** Un errore? ***
Capitolo 32: *** May I ***
Capitolo 33: *** Missione: proteggere la propria mente ***
Capitolo 34: *** Visione futura ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Prologo
Quando
sogni ad occhi aperti corri il rischio di rimanere intrappolata nelle
fantasie che, giorno dopo giorno, la tua mente ricama. Divertita, contenta, segue
il ritmo che tu vuoi dargli, ma il problema più grande è che quando ci mescoli
il cuore, i giochi si fanno più duri. Non è facile uscirne, quando ci sono di
mezzo i sentimenti, sottrarsi a quella fantasia è complicato…ma se i sogni
dovessero diventare realtà? Se un giorno tu dovessi svegliarti e scoprire di
vivere la favola che tanto desideravi?
“La
vita e i sogni sono pagine di uno stesso libro .La lettura seguita è la vita
reale.
Ma
quando l’ora abituale della lettura (il giorno )è trascorsa ,e arriva il
momento del riposo,
Noi
continuiamo spesso a sfogliare oziosamente il libro, aprendo a caso questa
pagina o quella, senz’ordine e senza seguito, imbattendoci ora in una pagina
già letta, ora in una nuova;ma il libro che leggiamo è sempre il medesimo.
La
singola pagina isolata, pur priva di connessione con l’ordinata lettura
dell’intera opera,non ne differisce tuttavia granché, quando si pensa che
comincia e finisce all’improvviso anche la lettura regolare, e può quindi
ritenersi come una pagina unica, sebbene un po’ più lunga…”
Arthur
Shopenhauer,da “Mondo come volontà e rappresentazione”
“Dovresti smetterla di leggere in
continuazione” mi sgridò divertito Andrew, mio fratello “Un giorno finirai col
risvegliarti in uno dei tuoi libri” sbuffai sonoramente.
“Ma possibile mai che tu non capisca che
amo leggere?!” risposi esasperata per l’ennesima ramanzina di mio fratello “Sì,
ma ti isoli dal mondo e non va bene, io lo dico per te” disse accarezzandomi una
guancia, sospirai “Lo so, Andrew, ma è così bello sognare ad occhi aperti. Almeno
per qualche ora posso far parte di un mondo dove l’amore è realmente sentito e
vissuto, non come per noi: tutto viene dato per scontato e i sentimenti
facilmente calpestati e derisi” risposi sorridendo.
“Sei una testona! Io non sto dicendo che
non devi leggere e sognare, solo che dovresti essere più socievole, Meredith”
mi guardò severo “Così finirai per rimanere sola!” i suoi occhi scuri si
fissarono nei miei, tristi di quella verità. Io ero sempre stata sola, la mia
unica compagnia erano i libri, oltre a mio fratello che mi amava in modo
smisurato e si era occupato di me quando nostra madre era morta per un tumore. Una
morte che aveva inciso molto sul mio modo di essere, io dipendevo completamente
dalla mamma: lei sapeva come incoraggiarmi, lei conosceva perfettamente i miei
sogni, volevo diventare una brava pianista, amavo comporre e lei credeva nel
mio talento “Se insisti e persisti,insegui e conquisti” mi diceva sempre
ed io sorridevo grata di quell’amore e di quella fiducia che mi scaldavano il
cuore, mi facevano credere che un giorno anche io ce l’avrei fatta. Quando
morì, però, il mio sorriso si spense con lei; la mia gioia di vivere e di
suonare erano svanite, se solo provavo ad avvicinarmi al pianoforte, i ricordi
facevano capolino nella mia testa, portandomi ad una crisi di pianto
esasperante, tanto che sotto consiglio medico, smisi di suonare. Erano ormai
tre anni che non toccavo un pianoforte e quella passione era stata lentamente
messa da parte e sostituita dai libri; ogni volta che leggevo mi sentivo bene, completa, ma soprattutto riuscivo ad
immaginare un destino diverso per me. In ogni storia ritrovavo un po’ di mia madre e mi legavo ad
esso per mantenere sempre vivo il suo ricordo, non rendendomi conto che così mi
facevo solo più male.
Quell’anno mi erano arrivati sotto mano
quattro libri di una saga, incuriosita dal successo che avevano avuto l’anno
precedente, li acquistai. Come mio solito, aspettai che il fenomeno scemasse, odiavo
essere paragonata a coloro che acquistavano un libro solo perché lo facevano
tutte, una stupidissima moda, o soltanto perché fosse collegato ad un film e
quindi ad un bell’attore. Avevo iniziato a leggerli due giorni prima, ma mi
avevano talmente coinvolta che non m’ero resa conto che ero già al terzo libro;
stavo per finirlo, quando mio fratello era entrato nella mia stanza per farmi la solita predica. Sapevo che lo diceva per me, sapevo
che voleva vedermi tornare a sorridere e a suonare ma non potevo, o meglio, non
volevo.
“Ora vai a nanna, sorellina. Domani ci
aspetta un‘ altra giornata di scuola, due anni e il diploma sarà tuo!” mi
sorrise debolmente, io annuii, incapace di aggiungere altro. Andrew s’avvicinò,
mi baciò la fronte e se ne andò, lasciandomi sola con i miei pensieri. Sospirando
per l’ennesima volta, mi misi il pigiama e mi accoccolai sotto le coperte, tra
le mani “Eclipse”, ma prima di immergermi in quel mondo fantastico e lasciarmi
travolgere dall’amore smisurato che Edward provava per Bella, voltai un’ultima
volta lo sguardo verso la finestra: desideravo che quel perfetto vampiro
gentiluomo, di cui tanto amavo leggere, potesse entrare dalla mia finestra e
portarmi con sé. Volevo soltanto sentirmi amata e accettata per ciò che ero. Ma
sapevo bene che nella realtà, uno come lui non sarebbe mai esistito. O no?
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Capitolo 2 *** Dentro un sogno ***
Dentro un sogno
Buon giorno e buon sabato a tutti.
Vi scrivo dall’alloggio universitario, da martedì mi
sono ufficialmente trasferita qui. E anche da qui vi penso e posto, non lascio
a metà le mie storie…
Non ho moltissimo tempo, perché ora sono immersa
nello studio, nel seguire i corsi, è tutto frenetico, ma mi piace tanto.
Emmajane:
grazie
per aver letto e recensito, mi auguro di saper mantenere viva la tua curiosità.
Farò del mio meglio…ah la fantasia fa danni, ormai sono intrappolata nelle mie
fan fiction uff…spero che questo capitolo possa piacerti ^^
Fracullen:
grazie
mille, mi auguro resti interessante fino alla fine :), ci tengo molto alla
buona riuscita di questa storia…
Synie:
mi
invidi??? E come mai?!? Forse le sensazioni mi son venute bene perché le ho
vissute, non so…mmm…c’è tanto di me in Meredith. Non posso farci niente, in
ogni storia che scrivo, ci lascio qualcosa di mio, non riesco a discostarmi. Scusa
la smetto di blaterare. Ti lascio alla lettura del capitolo, spero di piaccia…
Lady
jadis: leggere la tua recensione mi ha commossa…le tue parole sanno sempre
arrivarmi dritte al cuore, si depositano lì e mi fanno stare bene. È così bella
questa sensazione, sai? Grazie per quello che fai, per quello che mi dici, per
il tuo credere così tanto in me…non so come fai, ma è bello…grazie, grazie,
grazie…!!!
Un saluto speciale alla mia amica meravigliosa,
Jenny…grazie per tutto!!! e grazie a chi ha inserito la storia tra preferite/seguite!!! siete meravigliose!!!
Ora vi lascio al capitolo…alla prossima…
Capitolo
1 “Dentro un sogno”
Un albero,
due alberi,
tre alberi.
Possibile che attorno a me tutto fosse così…verde?
Ovunque mi voltassi, ogni cosa sapeva di pioggia, di viscido e per camminare
dovevo ben guardare dove mettessi i piedi. Quel posto mi incuteva paura,
sentivo ogni sorta di rumore alle mie spalle, ma avevo il terrore di voltarmi;
spesso mi sembrava di udire un ringhio, ma non permettevo a quest’informazione
di giungere al cervello per essere effettivamente elaborata, la scacciavo via
prima che il danno fosse irreparabile. Però ad un certo punto, quel ringhio
giunse troppo vicino al mio orecchio: paralizzata mi fermai, chiusi gli occhi
terrorizzata. Sentivo qualcuno soffiarmi sul collo, un soffio glaciale, ma non
provai ribrezzo, bensì piacere…un immenso
e inspiegabile piacere. Ansimai quasi, riaprendo di scatto gli occhi, ma
sentii che la figura alle mie spalle si era irrigidita. “Chi sei?” chiesi senza
alcuna paura, scossa ancora da quella strana sensazione “Il tuo peggiore
incubo” al suono di quella voce tanto roca e calda tremai, ma non di paura e il
mio cuore tamburello talmente forte che il suo suono rimbombò nell’aria
circostante. Mi stavo per voltare quando, un rumore fastidioso mi costrinse a
chiudere gli occhi. Quando li riaprii, notai un comodino beige con su una
strana sveglia rossa, mi strofinai gli occhi con un braccio, poi mi resi conto
di trovarmi in una stanza, di scatto mi misi seduta sul letto, mi guardai
intorno stupefatta. Quella non era la mia camera e quello in cui ero stesa, non
era il mio letto. Provai a chiudere e a riaprire gli occhi numerose volte, ma
nulla, tutto restava com’era. Sconvolta fissavo le pareti, erano azzurre, il
soffitto a punta, sulla sinistra ai piedi del letto c’era una vecchia sedia a
dondolo, illuminata dalla fioca luce che proveniva dalla finestra, racchiusa da
tendine ingiallite probabilmente dal tempo. Sul lato destro una scrivania, su
di esso un pila di libri e un computer vecchiotto, di seguito un piccolo
armadio di legno e uno specchio. Per terra, il pavimento era di legno, sembrava
abbastanza pulito, notai un sottile filo nero: ne seguii il percorso e vidi che
era collegato al cavo del telefono, con gli occhi tracciai il percorso al
contrario e capii: si trattava di un vecchio modem per computer. Stranamente
non mi sentii a disagio, sorrisi “E’ un bel sogno!” dissi “Ma credo sia giunto
il momento di tornare alla realtà” e mi diedi un pizzico, ma non accadde niente
“Se è uno scherzo è di cattivo gusto” riprovai ancora, ma nulla. Un senso di
agitazione cominciò a scalpitare dentro di me “Andrew, Andrew, Andrew!!!”
gridai in preda al panico, quando la maniglia della porta s’abbassò, sorrisi,
ma dovetti ricredermi quando la figura che m’apparve dinanzi non era quella che
mi aspettavo: al suo posto un signore di media altezza, capelli e baffo castani
che mi guardava impaurito “Figliola tutto apposto?” mi accigliai “E’ uno
scherzo, vero?” chiesi squadrandolo “Dov’è Andrew? Cosa ci faccio qui!” urlai
indicando la stanza, il signore mi scrutò confuso “Hai deciso tu di trasferirti
qui, non lo ricordi?” mi portai le mani alle tempie, cercando di calmarmi, ma
come potevo? Mi trovavo in una casa che non era mia e quel signore mi aveva
chiamata “figliola”, ma non lo conoscevo affatto. Si avvicinò e mogio si
sedette sul letto, quasi temesse la mia reazione “Se vuoi tornare a Phoenix da
Renée, io lo capisco…” disse guardando a terra.
Un attimo. Aveva detto Renée? Questo nome mi era
familiare, mi portai una mano sotto il mento e cominciai a vagliare i luoghi
dove avevo potuto conoscere una persona con questo nome. A scuola non di certo,
non era una compagna di mio fratello, né una ex…Poi d’improvviso, m’illuminai.
Cominciai a ridere “Non è possibile!” mormorai più a me stessa, l’uomo ora mi
fissava sconvolto “No, ditemi che è un sogno. Tu sei Charlie per caso?” chiesi
ancora ridendo, tenendomi la pancia con la mano “Signorina Swan, siamo ironiche
a prima mattina? Chi altro potrei essere secondo te?” mi asciugai le lacrime,
fuoriuscite per le troppe risate “E io sarai Isabella Swan?” Charlie ridacchiò
“Ora vuoi essere chiamata col tuo secondo nome? Se hai sempre detto che è
orribile” mi bloccai. Dunque non mi chiamavo Bella? “Signorina Meredith
Isabella Swan” pronunciò il mio nome completo, come se mi avesse letto nel
pensiero “Se abbiamo finito con le battutine, io dovrei andare a lavoro e tu a
scuola. È il tuo primo giorno. Giù troverai il Chevy di cui ti ho parlato ieri”
sobbalzai. Stavo sognano, non poteva essere reale. “Quello che hai acquistato
da Billy?” domandai speranzosa “Esatto, sempre quello. Non è cambiato nulla da
ieri, Meredith. Ora sbrigati o farai tardi” si alzò e si avviò verso la porta,
prima di uscire disse:”Ah poi dovrai spiegarmi chi è questo Andrew che tanto
reclamavi prima…” e senza voltarsi scese le scale, lasciandomi sbigottita.
Perfetto e ora come gli spiegavo che era mio fratello e che io non ero sua
figlia? Mi sarei dovuta inventare quanto prima qualcosa, ma sbagliavo o nel
libro Bella diceva che il padre era discreto…bah…
Balzai in piedi, mi guardai ancora attorno e risi.
Assurdo. Mio fratello aveva ragione, infondo non mi dispiaceva. Risi ancora, ma
mi fermai non appena ricordai cosa mi aspettava quel giorno: avrei incontrato
lui, il mio vampiro. Il cuore cominciò freneticamente a battere “Oh cavoli e
ora che mi metto?!?” corsi all’armadio e dopo varie indecisioni, optai per un
jeans e un maglione lilla, mi affacciai alla finestra e ovviamente, come descritto
nel libro, il cielo era plumbeo e pioveva. Sorrisi. Sogno o no avevo deciso che
mi sarei divertita, volevo sfruttare questa possibilità. Poi non era detto che
Edward ci fosse realmente e con lui tutta la storia dei vampiri.
Mi feci una rapida doccia, mi vestii, soffermandomi
a lungo allo specchio: ero pur sempre io, anche se con secondo nome e
cognome
diversi. Non ero bella, ero nella media, né troppo alta,
né troppo bassa,
formosa, anche troppo a mio parere. Carnagione chiara, occhi castani,
tendenti
al verde alla luce del sole, li avevo ereditati da mamma e i miei
capelli
castano chiari, mossi scendevano ribelli sulle spalle. Gli sarei
piaciuta?
Sarei stata in grado di attirarlo? Lo desideravo, sentivo e pretendevo
di
essere stretta dalle sue braccia possenti, sentire il suo fiato sul
collo, la
sua voce nelle mie orecchie. Ma che razza di pensieri stavo facendo?
Neanche lo
conoscevo, anzi non sapevo neanche se esistesse realmente. Stupida,
idiota! Imbarazzata,
mi sistemai una ciocca dietro l’orecchio e di corsa scesi
giù a fare colazione,
Charlie era lì che mi aspettava, prima di parlare mi
fissò a lungo “Ti sei
ripresa?” domandò curioso “Si, scusa per prima, ma
avevo fatto un incubo!” “Sei
proprio stramba, stare con tuo madre ti ha reso come lei” sentire
il nome
“madre” mi fece sussultare e mi rabbuiai “Ho detto
qualcosa che non va?” negai
con la testa “Vado a scuola. A dopo” “In bocca al
lupo, Mery” mi girai
sconvolta, solo mia madre mi chiamava così e non volevo che
qualcun altro lo
facesse, nessuno poteva prendere il suo posto “Non chiamarmi in
quel modo, non
mi piace” dissi scura in volto “Ok…sei tanto
cresciuta, figlia mia” “Già…” chinai
il capo e corsi fuori al pick up, pronta per questa nuova avventura.
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Capitolo 3 *** Forks High School ***
Forks High School
Ciao ragazze/i,
come state?
Ultimamente riesco
a passare poco su efp e di conseguenza non leggo i vari aggiornamenti, spero di
finire presto questi esami, così da recuperare il tutto.
Sono davvero
contenta che qualcuno legga la mia storia, è nata da un sogno e dopo varie
riflessioni ho deciso di cominciare a scriverci su ed ecco qui, la fan fiction…
Grazie a chi mi ha
inserita tra preferiti, storie seguite e a chi legge!!!
AshG: Beh se te lo dico che sfizio c’è a leggere?:P…lo scoprirai
mooolto presto, spero ti piaccia. Sono ben accetti i suggerimenti…
Synie: grazie per il complimento!!! È bello leggere certe cose, son
contenta che le mie emozioni ti arrivino…
Emmajane: eheh credo che un po’ tutti lo vorremmo
eheh XD
Ed ecco a voi il
secondo capitolo, cosa succederà a scuola??? E con la famiglia Cullen??? Curiose?
Beh allora leggere…:D
Capitolo
2 “Forks High School”
Entrai nel pick up, sapeva di tabacco e benzina,
proprio come citava Bella. Scossi il capo e misi in moto, un rumore assordante
si propagò nell’aria, chiusi gli occhi e sospirai, accesi la radio e partii.
Trovai la scuola poco dopo, dinanzi ad essa aleggiava un enorme cartello con su
scritto “Forks High School”, impossibile non vederlo. Parcheggiai il più
lontano possibile dalle altre auto, osservai la struttura e sorrisi. Mi
piaceva: quei mattoncini rosso scuro mi trasmettevano sicurezza e calore,
sensazione completamente opposta a quella che provavo nella mia scuola di
Detroit, dove tutti mi trattavano come un’appestata, solo perché me ne stavo
per conto mio e non condividevo il loro folle modo di vivere.
Sbuffando, scesi dal mezzo, mi guardai intorno alla
ricerca di un’auto, quell’ auto, ma
non c’era ancora, in realtà il parcheggio era ancora deserto. Sconsolata entrai
in uno degli edifici, sulla cui parete spiccava il cartello “Segreteria”, feci
qualche passo a piedi lungo un sentiero di ciottoli e mi ritrovai dinanzi ad
una porta che dava in un ufficio piccolo e caldo. Guardai dinanzi a me e dietro
un enorme bancone, c’era una signora grossa dai capelli rossi che non appena mi
vide sorrise “Posso aiutarti?” “Ehm si…sono Meredith…” mi guardò inforcando gli
occhiali, aprii lo zaino e sperai di trovarci un tesserino. Lo tirai fuori e lo
porsi alla signora che lo lesse “Meredith Isabella Swan, la figlia
dell’ispettore di polizia. Ti stavamo aspettando” sorrise e ciò mi ricordò che Forks era un
piccolissimo paese dove le voci giravano subito: tutti attendevano la figlia
del capo della polizia. Dovevo aspettarmi gli occhi addosso di tutti, avrei
retto? Detestavo stare al centro dell’attenzione e in questo ero simile a
Bella, preferivo starmene in pace nel mio angolino e osservare ciò mi
circondava, senza mai esserne protagonista.
Intanto la signora maneggiava le carte sul bancone,
dalle quali estrasse un foglio col mio orario, una cartina dell’edificio e un
modulo da far controfirmare a ognuno dei professori e che dovevo riportare in
segreteria al termine delle lezioni.
Una volta fuori, osservai il mio orario
“Letteratura, Mr Mason, edificio 3”
sussurrai “Proprio come Bella” sorrisi debolmente, la paura stava nascendo
prepotentemente dentro di me, temevo di non sentirmi a mio agio, ma ciò che più
temevo era Edward. Non potevo sopportare che mi odiasse, non volevo che il mio
sangue lo allontanasse da me…ma del resto se volevo avvicinarlo, dovevo per
forza solleticare la sua sete.
Seguendo una fila di studenti, giunsi all’aula
preposta per la lezione, tolsi l’impermeabile, feci firmare il modulo al
professore che mi indicò un posto infondo. Sentivo gli sguardi di tutti
addosso, ma non ci badai, mi concentrai sulla lista di letture che il
professore ci stava elencando, anche in questo caso sorrisi compiaciuta: come
Bella, ero un amante dei classici e li avevo già letti tutti. Quando la
campanella suonò, un ragazzo dai capelli neri si voltò nella mia direzione e mi
sorrise “Tu sei Meredith Swan, non è vero?” “Si”, notai subito che tutti ci
stavano fissando e mi sentii tremendamente a disagio “Qual è la tua prossima
lezione?” “Mmm, aspetta ho bisogno dell’orario” lo afferrai dallo zaino e lo
lessi “Educazione civica, edificio 6”
“Bene, io devo andare al 4, se vuoi ti accompagno” annuii “Ah comunque io sono
Eric” “Piacere” sorrisi debolmente. Sapevo che mi avrebbe chiesto di Phoenix,
non c’ero mai stata in realtà e qui mi veniva in aiuto il libro, avendolo letto
da poco, le informazioni erano ancora fresche “Così c’è una bella differenza
tra qui e Phoenix, eh?” domandò Eric curioso “Beh si, lì c’è sempre il sole,
qui invece piove 365 giorni l’anno” affermai decisa “Ma tu non sembri così
abbronzata” constatò lui. Ecco qui Bella faceva la battuta e diceva che sua
madre era albina, ma Eric non la capiva, evitai così di recitarla, infondo io
non ero Bella “Diciamo che non amo molto espormi al sole” confessai sincera.
Qualche minuto più tardi, giungemmo dinanzi l’aula,
Eric ed io ci fermammo “Buona fortuna. Magari ci vediamo a qualche altra
lezione” annuii poco convinta e felice di non esser più soggetta a tutte quelle
attenzioni.
Nelle successive lezioni, molti altri ragazzi si
presentarono e mi chiesero, come da copione, come trovassi Forks, una ragazza
minuta e riccioluta che io riconobbi subito come Jessica Stanley, la pettegola
della scuola, mi seguì sia a trigonometria che a spagnolo e si offrì di
accompagnarmi alla mensa.
Sapevo che il momento della verità si stava
avvicinando, camminavo il più lentamente possibile, avevo il cuore in gola e in
più sovraccaricata di un dubbio a cui avevo pensato durante le ore di lezione:
e se io non fossi stata immune al potere di Edward? Se lui poteva leggermi la
mente, avrebbe scoperto tutto in un batter d’occhio, d’altronde però era anche
vero che Alice mi avrebbe già dovuta vedere arrivare. Sbuffai numerose volte,
attirando l’attenzione di Jessica che mi guardava stranita, le sorrisi provando
a placare la sua sete di “sapere”, ma sentivo che ben presto mi avrebbe
bombardata di domande. Non avevo minimamente prestato attenzione al suo
discorso, annuivo senza avere la più pallida idea di cosa stesse dicendo,
troppo presa dalla paura di ciò che sarebbe successo.
Entrati in mensa, la prima cosa che feci fu
guardarmi intorno, cercandoli, belli com’erano non potevano non essere notati,
almeno secondo quello che sosteneva Bella. Non vidi nessuno, probabilmente per
il caos che regnava in quel posto, sospirando mi diressi insieme a Jessica ad
un tavolo dove vi erano alcuni suoi amici ed evitai di pensare a “loro”.
Alzando lo sguardo, notai Eric da un altro tavolo, che mi stava salutando,
risposi con un cenno della testa e fu proprio quando spostai gli occhi che li
vidi. Il cuore mi balzò immediatamente in gola e fu difficile non cominciare a
tremare; quanto avevo voluto vederli, quanto avevo desiderato osservarli e accertarmi
che fossero davvero così belli. Erano seduti al tavolo più lontano e come
descritto da Bella, erano in cinque, tutti bellissimi come fossero degli dei.
Non mangiavano, né tanto meno parlavano e non mi guardavano, sospirai di
sollievo. Erano molto diversi tra loro: uno era robusto, grosso, aveva i
capelli neri e ricci e doveva essere Emmet, subito dopo c’era un ragazzo alto,
muscoloso, i capelli biondissimi che riconobbi come Jasper. Ma quando posai gli
occhi sul terzo, trattenni il fiato: Edward era più piccolo e giovane rispetto
agli altri, ma nonostante ciò era di una bellezza strabiliante, accecante. I
capelli bronzei e spettinati, ricadevano ribelli sulla sua fronte e il suo viso
era perfetto: zigomi alti, bocca rossa e carnosa. Scossi la testa e mi dedicai
alle ragazze sedute di fronte a loro: la più alta era Rosalie, bionda come il
suo gemello Jasper e talmente bella da oscurare tutte le ragazze presenti nella
sala. Infine c’era Alice, bassina, magrissima, i suoi capelli nervo corvino
erano corti e scompigliati. Sorrisi ammaliata, ma non dissi nulla né tanto meno
pensai a qualcosa.
Rivolsi nuovamente l’attenzione ai ragazzi seduti
al mio stesso tavolo, ma a Jessica non era sfuggita la mia lunga occhiata
languida al tavolo dei Cullen, mi guardò e sorrise maliziosa, io la fissai
sbigottita e impaurita “Ho notato che li guardavi” disse saccente. Colpita e
affondata. “Chi?” chiesi facendo finta di niente “I Cullen!” rispose convinta
con sguardo deciso “E chi sono?” domandai evasiva, afferrando la mela dal
vassoio e mordendola “I cinque ragazzi seduti al tavolo infondo” alzai gli
occhi seguendo la traiettoria del suo braccio e li vidi, questa volta Edward
era girato verso di noi e ci fissava concentrato. Sapevo cosa stava facendo:
tentava di leggere la mia mente. Arrossii di botto e abbassai lo sguardo “Ah
quelli” risposi come se il fatto non mi riguardasse “Non dirmi che non ti hanno
colpita!” “Son belli, non lo nego, ma non è che mi interessino” risposi un po’
acida “Beh fai bene sai? Loro non si intrattengono con noi, troppo perfetti e
ricchi per stare con la gente comune” detestai il tono che aveva usato, come si
permetteva? Doveva solo sapere il motivo che li spingeva ad ignorare gli umani,
doveva ringraziarli piuttosto! Trattenni la rabbia, inspirando ed espirando un
paio di volte, lo avevo imparato facendo yoga in un piccolo centro vicino casa.
Ci ero andata per disperazione, avevo bisogno di ritrovare un certo equilibrio
e di controllare le mie emozioni, soprattutto quelle negative che si
scatenavano spesso quando i nomi “medici, malattie, mamma e pianoforte”
venivano pronunciate davanti a me.
“Beh avranno i loro motivi per stare lontani da
tutti” risposi addentando un altro pezzo di mela e bevendo il mio succo di
frutta “Già…” vedevo Jessica fremere, sapevo che voleva parlarmi di loro, così
l’accontentai “Come si chiamano?” i suoi occhi si illuminarono “Quello bruno si
chiama Emmet, il biondo Jasper e le due ragazze sono le loro rispettive
fidanzate: Rosalie e Alice. L’ultimo è Edward” il modo smielato e sospirato con
cui pronunciò quel nome, mi diede fastidio “Carino” risposi trattenendomi,
subito Jessica mi lanciò un’occhiataccia e notai che Edward ci stava nuovamente
fissando, negli occhi un’espressione indecifrabile “Carino? Io direi di più! È
uno schianto assoluto, ma non esce con nessuna, quindi non metterci il pensiero”
“Non pensavo di farlo” risposi rapida, ancora una volta lanciai una rapida
occhiata al loro tavolo e vidi che Edward aveva ripreso a fissare il muro “Ma
non sembrano fratelli” “No, non lo sono. I Signori Cullen non potendo avere
figli hanno deciso di adottarli tutti” “Wow, davvero un bel gesto. Devono
essere delle splendide persone” risposi sincera e con ammirazione, pensando a
quanto dovesse essere dolce Esme. Mi rabbuiai pensando a mia madre “Mamma quanto mi manchi…sapessi che cosa
folle mi sta capitando. Se fossi con me, ne rideremmo insieme.” pensai, ma
me ne pentii subito, quando lo sguardo preoccupato e triste di Edward si posò
su di me. Che avesse sentito? Le guance mi si imporporarono in un batter
d’occhio e il cuore decise di andare per conto suo, ancora una volta. Chinai il
capo incapace di sostenere quel contatto oculare.
D’un tratto la ragazza, davanti a me si alzò e mi
guardò “Hai biologia?” chiese timidamente, annuii “Anche io, possiamo andare
insieme se ti va” “Certamente”. Salutai tutti e mi avviai in aula con la mia
nuova conoscente “Mi chiamo Angela” mi disse, non appena fummo fuori la mensa
“Piacere Meredith” mi sorrise.
Durante il tragitto, nessuna delle due fiatò, io
ero troppo presa dalle mie confabulazioni, mi sarei dovuta sedere vicino ad
Edward e il solo pensiero, mi mandava in fibrillazione. Mentre camminavamo ci
passò vicino Alice, i nostri sguardi per un millesimo di secondo si
incrociarono e mi sembrò quasi che mi sorridesse. Ero ormai certa: lei aveva
visto tutto e sapeva la verità.
Fuori l’aula, mi irrigidii, Angela mi guardò
preoccupata, le sorrisi per rassicurarla. Presi tre lunghi respiri e lasciai
che i polmoni mi si riempissero d’aria, chiusi gli occhi e quando fui pronta,
li riaprii. Con passo deciso entrai in aula, pronta, o quasi, ad affrontare il
mio compagno di biologia: Edward Cullen.
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Capitolo 4 *** Cambio di lezione ***
Cambio di lezione
Salve a tutti,
perdonate la mia assenza, ma sono stata a Roma dalla mia
amica per vedere insieme “New Moon” e non ho avuto modo di postare. Allora come
vi è parso il film? Piaciuto? A me si…soprattutto ho apprezzato l’impegno e la
bravura degli attori, in particolar modo Robert che credo sia migliorato
davvero tantissimo, il suo modo di interpretare Edward è straordinariamente
reale…
Tornando alla storia, mi spiace vedere che vi sia piaciuto
di meno il capitolo precedente, mi auguro che questo possa essere di vostro
gradimento…
Synie: grazie
tantissime per i complimenti! Son felice che apprezzi il modo in cui scrivo, è
importante per me saperlo…
Beh spero che con questo capitolo possa incuriosirti ancora
di più :D…Alla prossima…
Vi lascio alla lettura del chappy…a sabato prossimo
Capitolo
3 “Cambio di lezione”
Una volta entrate in aula, Angela mi salutò e si
avviò al suo banco, io senza guardarmi intorno, mi diressi verso il professor
Banner per fargli firmare il modulo. Lui mi guardò, mi consegnò un libro e mi
indicò l’unico posto libero. Solo all’ora ebbi il coraggio di alzare gli occhi e di
fissare il banco in prima fila: Edward era già lì e mi scrutava curioso.
Nessuna smorfia di terrore o odio, probabilmente il mio sangue non cantava per
lui. Sospirai triste di quella constatazione. Come avrei fatto a conoscerlo?
Mi accomodai al mio posto e evitai il suo sguardo,
scrutando la lavagna e cercando di seguire la spiegazione del professore.
Sentivo gli occhi di Edward addosso e questo mi faceva tremare, mi voltai verso
di lui e ne incrociai lo sguardo: i suoi occhi erano dorati, profondi,
bellissimi, molto di più di quanto descritto da Bella e stupefatta trattenni il
fiato. Lo vidi ridacchiare “Ti senti bene?” sussurrò a bassissima voce. Il
paradiso dinanzi a me s’era appena aperto, San Pietro mi aveva consegnato le
chiavi e mi aveva dato libero accesso. Possibile che la sua voce
così calda, sensuale, dolce e melodiosa avesse un tale potere su di me? Ma non mi concessi di pensarci su troppo. Non
dovevo pensare. Non dovevo pensare. NON DOVEVO PENSARE! Chiusi gli
occhi per concentrarmi, continuando a sentire lo sguardo di Edward bruciarmi
addosso, come fosse fuoco. Prima che aggiungesse altro e a me prendesse un
infarto alla veneranda età di 17 anni, decisi di rispondere alla sua domanda:”Si,
sto bene. Solo un giramento di testa, devo aver fatto un movimento brusco”,
riaprii le palpebre e lo fissai. Sorrideva. Beh, almeno mi aveva rivolto la
parola.
Tornai a porre attenzione alla spiegazione, con
scarso risultato: cinque minuti dopo stavo scarabocchiando sul quaderno degli
appunti. Inconsciamente avevo disegnato una “M” intrecciata ad una “E”,
sobbalzai, scossi la testa e poi sorrisi. Che cosa non era capace di
elaborare la mente, a volte il cuore dice una cosa mentre la mente un'altra, ma
a chi bisogna dare retta? Raramente viaggiano su due binari paralleli. Cancellai la
“E” e alzai gli occhi dal foglio, guardando fuori dalla finestra, incrociando
nuovamente lo sguardo di Edward che era tornato a fissarmi. Gli sorrisi
timidamente, morendo dalla vergogna e lo vidi concentrarsi. Sussultai “Cosa devo fare? Le sensazioni che provavo
solo leggendo di lui son diventate così reali che mi sembra impossibile
racchiuderle dentro di me” pensai chinando il capo e giocherellando con il
collo del mio maglione. La campanella suonò facendomi saltare sulla sedia,
questo suscitò la risata di Edward, mi girai e lo fulminai con lo sguardo, lui
tornò immediatamente serio. Si alzò e se ne andò, lasciandomi lì in balia delle
emozioni che il suo della sua risata e della sua voce mi aveva provocato.
Mi riscossi solo quando, si avvicinò al mio banco,
un ragazzo dai capelli biondo cenere, abbastanza carino che mi guardò
amichevolmente e mi sorrise “Sei Meredith Swan?” annuii sorridendo, lui mi
porse la mano “Io sono Mike” “Ciao Mike” salutai cortesemente “Che lezione
hai?” mi chiese lui senza mai togliermi gli occhi di dosso “Ginnastica” risposi
annoiata, odiavo l’attività fisica. “Anche io” rispose con eccessivo entusiasmo
Newton. Insieme ci avviammo verso la palestra, Mike continuava a chiacchierare:
mi stava raccontando delle sue origini, ma a me in quel momento, non
m’importava granché, stavo pensando al modo per poter chiacchierare con Edward.
Come potevo catturare la sua attenzione, sbuffai, sapevo che loro avevano il
dovere di non legare con gli esseri umani, ma io…diavolo, io cosa? Mi ero
innamorata di lui senza conoscerlo? Assurdo e folle, si decisamente!
Arrivati in palestra, Mr Clapp mi diede la tuta, ma
decise di non farmi giocare per quella giornata e gli fui eternamente grata. Mi
accomodai sugli spalti e osservai gli altri giocare, ma ancora una volta con la
mente ero altrove.
Spostavo ripetutamente lo sguardo da un posto ad un
altro e proprio mentre facevo questo intravidi, qualche gradino più giù, Alice.
Era ferma e fissava un punto dinanzi a sé, avrei voluto avvicinarmi e parlarle,
ma cosa le avrei dovuto dire? Temevo troppo la reazione di Edward, di Rosalie e
poi la mia timidezza di certo non mi aiutava. “Uffa” dissi ad alta voce senza
rendermene conto, sbarrai gli occhi quando due ragazzi vicino a me si girarono
e mi scrutarono curiosi. Sorrisi e chiesi scusa e quando osservai in basso
verso Alice, notai che mi guardava. Ci scrutammo attentamente, poi come se
avesse udito qualcosa, si alzò e se ne andò, esattamente qualche secondo dopo,
la campanella che indicava la fine delle lezioni, suonò.
Uscita dalla palestra, mi avviai verso la
segreteria, nel libro Edward doveva essere lì perché voleva cambiare le
lezioni, ma non correndo alcun pericolo con me, non aveva alcun motivo per
farlo. Aprii la porta senza alcuna voglia, ma mi trovai davanti Alice Cullen
“Signora Cope, avrei bisogno di un cambio d’orario” sussurrò con voce suadente
e cristallina “Oh Alice, non so se posso. Che lezioni desideri cambiare?”
“Vorrei seguire letteratura con Mr Mason, lo scorso anno mi sono trovata molto
bene e vorrei continuare a seguire lui” la Signora scrutò attentamente dei fogli e poi si
rivolse alla ragazzina “Ok, ci sono dei posti vuoti, posso inserirti” Alice
contenta saltellò e batté le mani,
mi sembrò di trovarmi davanti ad una bimba di 5 anni. “Grazie
mille”, si voltò, mi fissò, sorrise e se ne andò. Rimasi interdetta: il
folletto voleva seguire Letteratura con me, probabilmente voleva capirci di
più. Mi augurai profondamente che Edward non sapesse nulla, potevo solo
immaginare la sua reazione. Rabbrividii al pensiero.
La
Signora Cope si accorse di
me, solo dopo che Alice ebbe lasciato la stanza “Oh Meredith, vieni pure!” mi
accostai la bancone e le porsi il foglio firme “Grazie, com’è andato il primo
giorno?” chiese gentile “Bene” risposi, lei sorrise compiaciuta. La salutai e
me ne andai.
Fuori la porta della Segreteria, trovai Alice,
sobbalzai spaventata portandomi una mano al petto cercando di placare il
batticuore “Meredith” trillò il folletto avvicinandosi “Ci conosciamo?” chiesi
con noncuranza, lei mi fissò con aria di sfida mista a curiosità “Beh dimmelo
tu!” rispose seria “No, non credo…” tentennai sotto il suo sguardo, lei mi
fissò severa “Sto cercando di capire…” disse “E passare del tempo con te mi
aiuterà. Non ti spiace se a Letteratura ci sediamo vicine, vero?” feci cenno di
no con la testa “Bene” sorrise “Piacere di aver fatto la tua conoscenza” mi disse, accennando un sorriso. Sembrava mi stesse studiando e
questo non fece che aumentare la mia ansia “Piacere mio…” soffiai interrompendomi, non potevo
chiamarla con il suo nome “Alice” disse “Mi chiamo Alice, ma credo che tu
questo già lo sappia” mi passò accanto e se ne andò quasi danzando.
Profondamente scossa, mi recai al pick up, osservai il parcheggio e poco
lontano da me, intravidi la Volvo C30
grigio metallizzata di Edward e sussultai. Sarebbe stata dura resistere ad
Alice, tramite i racconti di Bella sapevo bene che quando si metteva in testa
qualcosa era difficile farle cambiare idea.
Con questi pensieri in testa, accesi il motore e
partii in direzione di casa, riflettendo sul fatto che stavo completamente
rivoluzionando la storia, modificandone la trama. Possibile che Edward fosse
destinato a stare da solo? Dov’era la sua Bella? Con questi e mille altri
interrogativi, entrai in casa, pronta per affrontare la mia prima giornata in
una casa non mia.
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Capitolo 5 *** Alice Cullen ***
Alice Cullen
Buon giorno a tutti,
buon sabato e buon inizio mese :)
Sono di nuovo qui per postarvi il quarto capitolo della fan
fiction...cosa succederà? La nostra cara Meredith avrà un
incontro speciale e sarà l'occasione per sapere un pò
più cose su di lei e di far infittire il mistero sul suo arrivo
a Forks...
Grazie a chi mi legge, a chi mi ha inserita tra i preferiti, chi tra le storie seguite, ne sono infinitamente contenta!!!
Luisina: quando
ho letto che avevi commentato m'è venuto un accidente! Ma che
bello!!! Segui anche questa mia pazzia!!! Che onore!!! Beh...non mi
piace mettere in manifesti sulle mie nuove storie :P, anche
perchè sai che penso di come scrivo, quindi...Immagino quanto
l'università ti impegni, ci sono dentro anche io e ti capisco
perfettamente. Spero di leggere presto un'altra tua recensione, ne
sarei lieta. Bacio
Capitolo
4 “Alice Cullen”
Sapendo in anticipo che Charlie era una frana in
cucina, gli avevo proposto di occuparmi io di cucinare per tutta la mia
permanenza a Forks e lui aveva accettato senza troppi problemi.
Era ormai passata una settimana da quando mi
trovavo in quel posto, Alice aveva seguito le lezioni con me senza rivolgermi
la parola, ma mi dava molto l’impressione di quella che non poteva azzardarsi a
fare passi falsi con la sottoscritta; nel frattempo a biologia, Edward evitava
accuratamente ogni contatto con me e questo mi rendeva tremendamente triste.
Non ero destinata ad essere la sua Bella, anche in questo mio sogno non
riuscivo ad essere accettata e amata come volevo. L’ennesimo colpo al cuore,
l’ennesimo evento che avrebbe lenito la mia anima.
Quel pomeriggio ero in centro a fare spese, il
frigo era quasi vuoto e avevo chiesto a Charlie dei soldi, altrimenti non
sapevo proprio cosa avrei potuto cucinare per la sera. Parcheggiai il pick up e
mi diressi nel piccolo supermarket di Forks, puntai al bancone della carne, ero
intenzionata a preparare un pollo arrosto e patate al forno, ne avevo una
voglia matta. Quando ero giù di morale, Andrew me lo cucinava sempre. Mi stoppai “Andrew” dissi tra me, chissà come
stava, cosa pensava, non sapevo cosa mi stava succedendo, lo avevo abbandonato,
lui non lo avrebbe mai fatto, mi era stato sempre vicino, mi aveva coccolata,
cresciuta come fa un padre. Il nostro ci aveva lasciati quando io avevo solo 5
anni, non amava più la mamma e aveva deciso di partire e rifarsi una vita
altrove. Ogni tanto si faceva vivo portando regali, soldi, ma mai l’affetto di
cui due figli necessitavano per crescere.
Sospirai e mi diressi alla cassa. Pagai e mi avviai
verso il mio mezzo, ma fui sorpresa di trovarci poggiata Alice; impaurita mi
bloccai, per questo fu lei ad avvicinarsi “Ciao Meredith” i suoi occhi dorati e
caldi mi rassicurarono “Ciao Alice” sorrisi incerta, lei rispose allegramente
“Trovato tutto l’occorrente per la cena?” disse guardando la busta tra le mie
mani “Si. Tu cosa ci fai qui? Anche tu spese?” domandai “Sono qui per parlare
con te” sbarrai gli occhi “Ah” deglutii “Non voglio farti del male, voglio solo
chiacchierare con te. Diventeremo buone amiche” sussurrò dolce, le sorrisi
grata “Dimmi tutto” “Possiamo andare da te?” “Certo. Ti do un passaggio?” annuì.
In auto non feci che pensare e ripensare a quello
che voleva sapere, probabilmente voleva chiedermi da dove venivo e cosa cavolo
le avrei detto “Sai mi sono addormentata nella mia stanza con in mano un libro
che parla della tua famiglia e mi sono ritrovata in una stanza non mia” sbuffai
nuovamente, provocando la risata della mia compagna di viaggio. La guardai
curiosa “Pensi a ciò che devi dirmi?” sobbalzai “Ho indovinato?” chiese “In
realtà dipende tutto da quello che vuoi sapere”. Scendemmo dal pick up e la
feci accomodare in casa, mio padre sarebbe arrivato tra qualche ora, così sistemai
le cose in frigo e feci segno ad Alice di sedersi sul divano in salotto.
“Allora dimmi” sussurrai tremante “Da dove vieni?” domandò decisa e sicura di
sé. “Dritta al punto la piccola Cullen,
eh?” pensai terrificata “Da Phoenix” risposi, lo sguardo di Alice sembrò
vacillare “Bene…come mai sei qui?” “Mamma s’è risposata a settembre con Phil,
un giocatore di baseball…” “Non capisco, lui non ti piace?” “No, no” dissi
accompagnando le parole con un gesto delle mani “E’ che inizialmente, mamma
restava a casa con me, mentre Phil si spostava di città in città. Non essendo
molto bravo, cambia spesso squadra, solo che lei soffriva di questa lontananza.
Mamma è un po’ come un’adolescente troppo cresciuta, vive le cose a pieno ed è
innamorata come una ragazzina, non sopportavo di vederla stare male e così ho
deciso di trasferirmi qui da papà” “Santo
libro, meno male che ti ho letto”
pensai tra me e me. “Capito” Alice
sembrava poco convinta, si portò una mano sotto il mento e lo
sfregò con
delicatezza “Quindi se ho capito bene, sei venuta qui per fare un
piacere a tua
madre” annuii in balia del suo sguardo indagatore “Quindi
lo sguardo triste che
hai dipinto sul volto è dovuto alla tua lontananza da casa e non
a qualche
altro strano motivo, giusto?” “Beh…ma non sono
triste” “Non mentirmi” disse
prendendomi una mano. La sua era fredda come il ghiaccio e mi fece
rabbrividire, ma non la scostai, lasciai che mi stringesse
delicatamente “Ok”
sospirai “Casa mi manca, qui piove sempre e mi sento in trappola.
Tutti mi
conoscono ed io odio essere al centro dell’attenzione”
risposi fissando il
pavimento “Questa te la lascio passare, infondo Detroit è
sicuramente una città
più assolata di questa” sussultai, rialzai immediatamente
la testa e osservai
sorpresa e spaventata Alice. Non sapevo come risponderle,
d’altronde dovevo
aspettarmi che mi avesse vista arrivare, dovevo dirle la verità?
Questo avrebbe
implicato coinvolgere tutta la famiglia ed io non volevo assolutamente
mettere
in pericolo il loro segreto né subirmi le occhiatacce di Rosalie
e Edward che
sarebbero stati contrari ad ogni mio coinvolgimento. La stretta di
Alice sulla
mia mano, si fece ferrea, non accennava a lasciarmi; io avvertivo il
battito
del mio cuore accelerare nervosamente e gli occhi inumidirsi di pianto
“Meredith” mi chiamò il folletto, passando un dito
sulla mia gota per
asciugarmi una lacrima “Devi fidarti di me, non rivelerò
niente a nessuno”
“Tu…” dissi “Tu mi hai vista arrivare, non
è così?” lei annuì col capo “Conosci
il nostro segreto” non era una domanda “Si”
“Come…?” “E’ una storia
folle…”
sospirai “Beh…io sono un vampiro, quindi non mi
meravigliano le cose strambe”
con un gesto della mano mi incitò a parlare. Presi un lungo
respiro e cominciai
a raccontarle di me: “Mi chiamo Meredith Vicky Garner, ho 17 anni
compiuti il
28 giugno, sono nata e cresciuta a Detroit. I miei genitori, George e
Lizzy, mi
hanno dato due nomi perché uno era il preferito di mamma, ossia
Meredith e
l’altro di papà, ma io ho sempre preferito essere chiamata
col mio primo
nome. Quando avevo solo cinque anni, papà
ha lasciato mamma, me e mio fratello Andrew. Ero troppo piccola e non capivo granché,
però domandavo spesso di mio padre e Andrew, che ha solo tre anni più di me, mi
consolava e mi faceva da padre. Infondo era come se mio padre non l’avessi mai
conosciuto, da quello che mi raccontava la mamma, era sempre fuori per lavoro e
quando rientrava la sera io ero già a letto a dormire. Con gli anni ho imparato
a convivere con la sua assenza, mamma e Andrew non mi hanno mai fatto mancare
nulla. Purtroppo però tre anni fa, un tumore al seno ha ucciso mia madre, è
stato fulminante, quando i medici se ne sono accorti era ormai tardi per salvarla,
le chemio non sono servite. Siamo rimasti solo io e Andrew, la scomparsa di
mamma ha inciso molto sulla mia vita, ero legatissima a lei; mi amava in
maniera incondizionata e credeva in me, nel mio talento musicale” Alice alzò un
sopracciglio “Canti?” scossi il capo in senso di diniego “Suonavo il
pianoforte, il mio sogno era quello di diventare una brava pianista e
compositrice” “Come Edward!” trillò contenta, facendomi vibrare lo stomaco.
Solo udire quel nome, mi dava i brividi “Scusami, scusami continua” disse
portandosi una mano alla bocca e mimando il gesto di chiuderla con la cerniera.
Ridacchiai divertita “Dalla morte di mia madre io ho smesso di suonare e mi
sono chiusa in me stessa, ritrovando rifugio nella lettura. Leggere un libro
equivaleva a sognare, immergermi nella storia e diventarne partecipe, sentire,
provare le emozioni e i sentimenti dei personaggi e qui arriva il bello” mi
fermai “Io conosco il vostro segreto grazie ad un libro…” alzai gli occhi e li
puntai sul viso della mia conversatrice, sembrò che quella notizia non la
scalfisse più di tanto, allora proseguii “Una saga di quattro libri, ambientata
a Forks narrava la storia d’amore tra una giovane umana di nome Isabella Swan e
un vampiro…Edward Cullen” pronunciai il suo nome e gli occhi di Alice vibrarono
“E tu cosa centri in tutto questo?” chiese tranquilla “Ecco questo è un mistero
anche per me: mi sono addormentata nel mio letto dopo l’ennesima ramanzina di
mio fratello e mi sono risvegliata qui a Forks, col nome di Meredith Isabella
Swan” terminai enfatizzando il mio secondo nome.”Bella, Bella” sussurrò Alice
“So che può suonarti strano, ma io non ho la più pallida idea di come io sia
entrata nel libro” la sentii ridere beata “Oh Meredith, non sei in un libro.
Noi siamo reali” era impossibile “Ma come? Io ho letto di voi in un libro, è
assurdo…io…” mi fermò “Calma Meredith! Io ti posso assicurare che esistiamo
realmente, non so come né perché, ma colei che ha scritto il libro conosce il
nostro segreto. Sta di fatto che qui, questi libri non sono mai arrivati!” mi
portai le mani alla bocca incredula “E’ tutto così folle!” sospirai “Non
temere, Meredith. Io ti credo e poi ti ho vista” “Cosa hai visto esattamente?”
“Ho visto te dormire in un letto, tra le mani avevo un libro dalla copertina
nera e su disegnate delle strisce” “Eclipse” sussurrai, Alice mi guardò
interrogativa “E’ il terzo libro della saga” le spiegai “Bene. Una sola cosa ti
chiedo: mantieni il nostro segreto, io manterrò il tuo. Fidati di me” “Stanne
certa, non voglio esporvi a pericoli inutili e soprattutto…” lasciai cadere il
discorso, volgendo i miei occhi fuori dalla finestra “Non vuoi che Edward
sappia” saltai e tornai a fissarla “So anche questo…” inarcai un sopracciglio
“Ho visto come lo guardi, infondo sono pur sempre una ragazza e so come sono
gli sguardi di una persona innamorata” “Io non sono innamorata” risposi
piccata, ancora una volta la risata cristallina di Alice riempì la casa vuota
“Solo un cieco non vedrebbe quanto tu sia coinvolta…ora però sono curiosa: parlami
di questi libri” “Cosa vuoi sapere?” “Tutto…”.
Passammo le ore successive a chiacchierare della
saga, nel frattempo io misi a cuocere il pollo e le patate, prima che Charlie
tornasse. “Accidenti!” si lamentò Alice “E ora come facciamo a sapere cosa
accade nel quarto libro! Sono curiosa di sapere se Edward trasforma Bella” risi
“Sei assurda Alice” e mi voltai per regolare la temperatura del fornetto “Io
credo che la trasformi…anzi lo so per certo…” “Come, come?” disse Alice
saltellando e raggiungendomi “Hai detto di non averlo letto, mi hai mentito!”
mise un finto broncio “Ma infatti ti ho detto il vero. Però ho sentito le mie
compagne di classe parlarne” “Eh?” “Beh pare che Edward e Bella si sposino e
passino insieme una vera e propria prima notte di nozze” bisbigliai e
rallegrandomi dell’espressione maliziosa di Alice “Aaaah” gettò un urlo
assordendomi “Alice ma sei matta?!?” “Scusa, scusa, ma mi capirai. Non immagino
proprio Edward innamorarsi di qualcuno e beh…farci sesso, insomma. È vergine da
108 anni!” ridemmo all’unisono “Se vuoi sapere proprio tutto, avrà anche una
figlia!” “Ma non è possibile!” “Oh si…a quanto pare Bella resterà incinta, ma
sarà una gravidanza difficile e da quello che diceva la mia compagna di banco,
sarà proprio dopo aver partorito che Edward la trasformerà. Bella rischia la
vita” “Oddio! E in tutto questo Jacob, quel cagnaccio puzzolente?” “Sarà lì…”
Alice mi guardò incrociando le braccia al petto e accigliandosi “Ok, ok ho
capito. Io il libro non l’ho letto, ma conosco tutta la trama” sbuffai
“Quindi?” “Quindi niente. Jake avrà l’imprinting con la figlia di Edward e
Bella” “Stai scherzando, spero” “No, affatto” “Assurdo!” disse sedendosi sul
divano e portandosi una mano tra i capelli.
“Meredith sono a casa!” gridò mio padre entrando
“Sono in cucina papà!” risposi, quando irruppe nella stanza, vide una ragazza
sul divano e sussultò “Buonasera” Alice gli si avvicinò porgendogli la mano
“Sono Alice Cullen” “Oh la figlia del Dottor Cullen, piacere di conoscerti” “Il
piacere è tutto mio, capo Swan” rispose lei cordiale “Resti a cena con noi?”
domandò Charlie “No, stavo giusto dicendo a Meredith che è tardi e devo tornare
a casa” poi rivolgendosi a me disse:”Ci vediamo domani a scuola” “Ok, grazie
per la chiacchierata”.
Charlie si accomodò al tavolo e mi fissò “Hai fatto
conoscenze a quanto vedo” “Si” “I Cullen sono delle brave persone” “Vero. Alice
poi è molto simpatica, socievole” “Gli altri fratelli?” ecco qui, tocchiamo il
tasto dolente, divertiamoci a torturare la povera Meredith “Beh non ho alcun
rapporto con loro, ho scambiato giusto due parole con Edward che è mio compagno
a biologia” “Un ragazzo” notò mio padre “Ehm si, si chiama Edward, è il nome di
un maschio” risposi con voce un po’ stridula “Ma conosco anche altri ragazzi
della scuola: Jessica, Angela, Mike e Eric. Sono tutti molto carini e cortesi
con me” “Mi fa piacere. Voglio che tu ti senta a tuo agio qui, non voglio
rischiare che scappi via” borbottò “Tranquillo papà, mi sto ambientando” e
detto questo cenammo tranquillamente.
Dopo aver fatto i piatti, augurai la buonanotte a
papà e salii in camera, mi feci una rapida doccia e mi infilai il pigiama. Una
volta sotto le coperte, mi voltai automaticamente verso la finestra, la scrutai
per un po’ di tempo “Verrai mai qui? Vorrei che entrassi da quella finestra e
ti sedessi qui di fianco a me” sospirai rassegnata “Non mi noterai mai…” e con
profonda tristezza, spensi la luce e misi a tacere i miei pensieri, almeno per
la notte, e mi addormentai.
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Capitolo 6 *** I Black ***
I Black
Scusate per il ritardo...
Vi posto il quinto capitolo...
Grazie come sempre a chi legge, chi recensisce...siete preziosi per me e non sapete quanto...
A sabato prossimo...
Capitolo
5 “La Push”
La mattina seguente, mi svegliai più stanca del
solito, come se avessi passato la notte insonne. Dopo un ennesimo sbuffo, mi
alzai controvoglia dal letto e mi andai a preparare per la scuola.
Scesa giù in cucina, preparai il caffé per Charlie
e mi scaldai una brioche.
“Giorno Meredith” disse Charlie entrando in sala
“Buongiorno papà. Ecco il tuo caffé” risposi porgendogli la tazza “Grazie
figliola”. Lo bevve in fretta, poggiò la tazza nel lavello e mi salutò, ma
prima di chiudersi la porta alle spalle si rivolse nuovamente a me “Ah stasera
Billy ci ha invitato alla riserva, non possiamo mancare. Ci tiene molto a
rivederti” tremai. Avrei conosciuto Jacob “Ok, papà”.
Uscii di casa nervosa, in vista della pessima
serata che mi aspettava; sbuffai durante tutto il tragitto e quando giunsi nel
parcheggio e incrociai lo sguardo divertito di Alice e quello serio di Edward,
mi immobilizzai. Li fissai per una manciata di secondi, poi sgattaiolati subito
dentro l’edificio. No, non mi andava affatto di rovinarmi maggiormente la
giornata.
L’ora di inglese fu scandita da un questionario sul
libro “Cime tempestose”, fortunatamente uno dei miei classici preferiti e anche
questo mi avvicinava a Bella; c’era solo una cosa che di Bella non avrei mai
avuto: l’amore di Edward!
Una volta usciti fuori, alzai gli occhi al cielo e
vidi gli alberi circostanti cospargersi di tanti fiocchi bianchi “La neve…”
sussurrò qualcuno accanto a me “Ragazzi sta nevicando!” urlò Eric correndo
verso il manto bianco. Tutti si riversarono nel giardino e cominciarono a
giocare a palle di neve; io li osservavo da lontano e ridevo ogni volta che
qualcuno si beccava una palla in faccia.
“Ciao Meredith” disse Mike avvicinandosi e
scostandosi dei fiocchi di neve dai capelli “Ciao Mike” risposi gentile “Nevica.
Avevi mai visto la neve?” domandò curioso “Si. Una volta sono stata in Canada
con mia madre e…” mi fermai, non potevo nominare mio fratello, per loro ero
figlia unica “E un mio cugino nel periodo Natalizio e per tutto il tempo che
rimanemmo lì, nevicò. Ricordo i migliaia di pupazzi fatti insieme ad Andrew”
risposi sorridendo beata e perdendomi nel ricordo ancora così fresco dentro di
me, di quei giorni insieme alle persone che più amavo. Poi sospirando mi
rivolsi al mio interlocutore per salutarlo “Beh Mike, ci vediamo a pranzo, mi
avvio” annuì mentre veniva colpito da un’altra palla bianca volante.
Ovunque mi voltassi, c’erano ragazzi che parlavano
della neve, se non ricordavo male, nel libro Bella citava che a Forks quella
era la prima nevicata dell’anno.
Sospirando e a testa china, entrai a mensa
mettendomi in fila per prendere il pranzo, trovando lì Jessica e Angela; poco
dopo ci raggiunsero Mike e Eric che ci sorrisero e si unirono al nostro tavolo.
“Edward Cullen ti sta fissando” mormorò Jessica nel
mio orecchio, sussultai, alzando di scatto la testa e voltandomi verso il
tavolo dei Cullen, il mio sguardo sfiorò quello di Edward e una scossa
elettrica mi trafisse il petto immobilizzandomi sul posto “Cosa provi? Non lo capisci che se sono arrivata fin qui è solo per
te?”, sbalordita e preoccupata mi portai una mano alla bocca “Stupida, stupida, stupida. Sai che non devi
pensare in sua presenza!”. Ecco: l’avevo rifatto. Gli occhi di Edward
ridotti a due fessure ben si stagliavano su un viso improvvisamente serio e
innervosito. Brava Meredith, hai fatto innervosire il vampiro centenario…sbuffai
concentrandomi, senza risultato, sul cibo.
Quando fui certa che era inutile restare lì, salutai
tutti e mi avviai in aula. Camminavo a testa bassa, osservandomi i piedi, poco
dopo accanto a me comparve un’altra figura. Dalle scarpe potevo carpire che si
trattava di una ragazza, piuttosto mingherlina, sollevai il capo “Alice”
mormorai contenta “Bella, non posso restare molto. Nascondere quello che faccio
a mio fratello sta diventando sempre più difficile” mi guardò sorridendo tesa
“Non pentirti dei tuoi pensieri, dovrete pur conoscervi in un modo o
nell’altro” ammiccò “Che vuoi dire?” tremai, ma se ne andò via senza
rispondermi. Sbuffai esasperata.
In aula non c’era ancora nessuno, mi sedetti nel
mio banco e presi a fissare il libro, sforzandomi di non pensare a nulla o
perlomeno di non parlottare di lui tra me e me. Dopo un tempo indecifrato, un
chiacchiericcio fastidioso mi circondò, avvisandomi così che l’aula si stava
man mano riempiendo di studenti; non osai alzare la testa anche quando la sedia
del mio vicino si mosse per ospitare la sua persona. Il batticuore fece, come
sempre, la sua comparsa, potevo controllare i miei pensieri, ma non di certo il
mio cuore, quello andava per fatti suoi; tuttavia quello che era più grave era
che lo amava. Si, ero così piena di quel sentimento, da sentirmi nauseata…era
assurdo, ma avevo sentito una morsa allo stomaco alla sola descrizione di
Edward, visto da Bella e avevo capito che lui era il ragazzo che dentro di me,
avevo sempre cercato e desiderato. Man mano che la loro conoscenza si
approfondiva, io mi sentivo travolta dal carattere di Edward, dal suo essere
così innamorato, attento e premuroso con lei e m’ero incavolata come una bestia
quando Bella aveva tentennato nel scegliere tra lui e Jacob. Certo, Edward
aveva fatto una gran cavolata a lasciarla, ma come si faceva a non amarlo? Solo
pensarci, mi faceva vacillare. Scossi la testa e mi dedicai alla spiegazione
del professore; per un millesimo di secondo mi voltai nella direzione di
Edward, anche lui sembrava attento a seguire la lezione. Mi persi ad osservarne
il profilo: era delineato da linee dritte e regolari che si ammorbidivano sulle
labbra, così rosse da sembrare dipinte a mano. Le sue ciglia nere e folte si
aprivano e si chiudevano, regalando al mondo lo sguardo più seducente e intenso
che avessi mai visto, i suoi occhi color ambra, quel giorno, erano accesi di
curiosità, vivi, come se stesse pensando a qualcosa che lo eccitava in maniera
particolare.
Distolsi lo sguardo emozionata, avvilita da cotanta
bellezza, stringendomi una mano sul petto “Fermati
ti prego, non vedi quanto fa male”, sussurrai a me stessa. Una volta
ripresa lucidità, mi dedicai alla stesura degli appunti, ignorando quella parte
di me che fremeva all’idea di deliziarsi ancora del fascino del mio compagno di
banco.
Terminate le lezioni, mi fiondai fuori, salutando
con la mano Mike, non ero dell’umore per chiacchierare, volevo solo tornarmene
a casa e prepararmi psicologicamente per la serata.
Rientrata, sistemai la stanza e mi dedicai ai
compiti per il giorno seguente, lo scopo era quello di occupare quanto più
possibile la mente, svuotarla e sentirla leggera. Quando mio padre rientrò,
erano le sette di sera, s’affacciò nella stanza, mi salutò e mi disse che si
sarebbe fatto una doccia e poi insieme saremmo andati da Billy. Gli sorrisi,
fingendo di esserne contenta, ma dentro stavo morendo.
Ci volle poco tempo per arrivare alla riserva,
scesi dall’auto e un uomo sulla sedia a rotelle ci venne incontro, ricordavo
perfettamente le parole di Bella:” un volto che quasi tracimava, con le guance che poggiavano sulle spalle,
e la pelle bronzea attraversata da rughe simili alle increspature di una
vecchia giacca di pelle. E gli occhi, neri, sorprendentemente familiari, che
sembravano allo stesso tempo troppo giovani e troppo antichi per l’ampio viso
che li conteneva.”
“Hey
Charlie, come stai?” “Vecchio mio, tutto bene e tu come te la passi? Volevo
farti vedere mia figlia, Meredith” i suoi occhi scuri si posarono sulla mia
persona e mi scrutarono attenti “Finalmente sei tornata, tuo padre non faceva
che parlare di te” osservai Charlie e lo vidi roteare gli occhi al cielo e
arrossire “Allora come ti trovi a Forks?” “Mi sto ambientando abbastanza bene,
certo faccio ancora fatica a sopportare tutta questa pioggia, ma ho tempo per
imparare ad essere meno meteoropatica” ridacchiai e a me si unirono sia Charlie
che Billy. “Su venite dentro. Ho preparato una frittura di pesce, proprio come
piace a te” disse rivolto a mio padre “Grande!” gli rispose quest’ultimo,
dandogli una pacca sulla spalla.
La
casa era piccolina, fatta di legno, molto carina e contenuta; quando entrammo
fui avvolta da uno strano calore che mi stordì. Ancora intontita mi guardai
attorno e d’improvviso vidi comparire un ragazzo che mi scrutava curioso: aveva
la pelle di una tonalità color ruggine liscia e levigata, il suo viso era
regolare, bello, gli zigomi leggermente sporgenti, il mento arrotondato delineava
il suo essere ancora bambino. I suoi occhi erano scuri e i capelli erano neri e
mediamente lunghi, raccolti in una coda di cavallo. Sapevo bene chi avevo di
fronte: Jacob Black.
Si
avvicinò sorridendomi “Ciao” la sua voce era calda e roca “Ciao” risposi “Sono
Jacob, tu devi essere Meredith” “Esatto, piacere di conoscerti” e ci stringemmo
la mano “Papà mi parla spesso di te e di tuo padre” “I nostri genitori sono
molto amici e in verità tu quand’eri piccola giocavi con le mie sorelle gemelle.
I nostri padri lo facevano per tenervi occupate mentre pescavano” “Rebecca e
Rachel?” chiesi “Si” “Mi ricordo vagamente di loro” finsi, portandomi una mano
alla testa e giocando coi miei capelli “Non ci sono?” “No” rispose scuotendo la
testa “Rachel ha vinto una borsa di studio per l’Università e Rebecca si è
sposata un surfista samoano e vive con lui alle Hawaii” “Wow! E tu non le vedi
mai?” “Molto poco, ma ci sentiamo spesso”. Ci accomodammo nel salotto davanti
al camino “Allora come va il pick up?” “Una favola, lo adoro. Meno male che mio
padre ha pensato di prendermelo, altrimenti avrei dovuto prendere il bus e non
mi andava molto a genio” rise, una risata davvero solare e contagiosa “E poi è
resistente!” “Beh si, ma non provare mai a superare i cento” “Oh tranquillo”
dissi tendendo le mani verso il fuoco e trovando finalmente calore “Non amo
l’alta velocità, mi terrorizza!” rise “Quindi questo significa che se mai
riuscirò a terminare la mia Volswagen Golf, tu non verrai a farti un giro?”
domandò con fare intrigante “Solo se non corri” “E che sfizio c’è a provare una
macchina, se non la si fa correre?”.
Passammo
il resto della serata a chiacchierare, so che le cose sarebbero dovute andare
diversamente, Bella avrebbe conosciuto Jacob in occasione di una gita con gli
amici alla First Beach e in quel frangente, lui gli avrebbe parlato delle
leggende sui “Freddi” e del patto che loro avevano stipulato con i Quileutes. E
invece, tutto si stava completamente capovolgendo. Ciò mi intristiva, ma allo
stesso tempo mi incoraggiava ad andare avanti per la mia strada, io non ero
Bella Swan e stavo semplicemente, mettendo insieme i pezzi della mia storia e
sarebbe andata come sarebbe andata, l’avrei vissuta a pieno, fino a quando quel
bellissimo sogno sarebbe durato.
Qualche
ora più tardi, ero già a letto, come sempre, intenta a leggere un libro. Un
vento freddissimo agitava gli alberi e un fruscio fastidioso s’era insinuato
tra le fessure della finestra e veleggiava in stanza, facendomi paura. Avevo il
terrore del vento, col buio, la vegetazione fuori sembrava prender vita, per
questo mi stesi di schiena alla finestra
e provai a riposare. L’indomani mattina mi aspettava un’altra ora di
biologia da condividere con Edward Cullen.
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Capitolo 7 *** Mancamento ***
Mancamento
Salve a tutti,
innanzitutto buon anno!!!
Cosa mi raccontate? Com’è
iniziato il 2010? Mi auguro nel migliore dei modi per tutti.
Perdonate il ritardo…procedo
nello scrivere questa storia e sembra che la trama si stia piano, piano
districando nella mia testolina buffa, mi auguro possa piacervi :D.
Giulls: mi ha fatto davvero piacere sapere che l’hai letta sul
serio questa mia fan fiction! Sai ci tengo al tuo giudizio e non vedo l’ora di
leggere qualcos’altro di tuo…
Buona lettura, fatemi sapere cosa
ne pensate…bacio
Capitolo 6 “Mancamento”
Il
giorno seguente, con gesti meccanici e lenti, feci colazione e mi diressi a
scuola.
Il
tempo quella mattina sembrava non volesse passare, non mi ero mai tanto
annoiata in vita mia, se ci aggiungevamo poi che Jessica mi stava assillando
con le sue paranoie e pensieri poco casti su Mike, aumentava il mio desiderio
di tornarmene tra le quattro mura di casa.
Pranzai
senza alcuna voglia, dimostrandomi poco attenta alle chiacchiere dei miei
commensali, solo Angela mi guardava in modo comprensivo, quasi come recepisse
il mio disagio e la mia tristezza. Le sorrisi grata per quel suo essermi vicina
in maniera così silenziosa e discreta. Feci leva su tutta la mia forza per non
voltarmi verso il tavolo dei Cullen e nel momento in cui sentii che la mia
testa stava per scoppiare per l’eccessiva tensione, uscii e andai lezione.
Un’ora di spagnolo e una lezione di recupero di biologia mi attendevano.
A
spagnolo, Jessica si sedette al mio fianco, ma non disse una parola,
probabilmente aveva capito che, almeno per quella giornata, doveva lasciarmi in
pace. Il professore stava spiegando la struttura dei verbi regolari e la loro
differenza con quelli irregolari, provavo con tutta me stessa a capire, ma la
mia testa non voleva proprio saperne di ragionare. Mi sentivo così sola e la
consapevolezza che fosse realmente così prevalse in me, accompagnandosi ad un
senso di oppressione fortissimo. Sentivo la testa che mi girava, le mani che
tremavano e gli occhi pronti a lacrimare. Fortuna volle che la campanella suonò
ed io schizzai fuori l’aula, dirigendomi come una forsennata verso l’edificio 5
per seguire biologia.
Ma
prima che potessi raggiungerlo, mi accasciai a terra in preda ad un fortissimo
dolore allo stomaco, la vista si appannò improvvisamente e le forze vennero
meno. Udii una voce in lontananza che mi chiamava “Andrew” pensai, poi fu tutto buio e silenzioso.
Mi
sentivo d’un tratto serena, il mio corpo era caldissimo, sembrava quasi che
fossi stesa su una spiaggia assolata e inconsciamente sorrisi “Credi che si
stia riprendendo?” mormorò suadente una voce maschile “Si, tranquillo. Tra meno
di cinque secondi riaprirà gli occhi” e così fu. Quel che vidi mi lasciò
interdetta: Edward e Alice erano chini su di me e mi guardavano il primo
preoccupato e la seconda allegra. Abbassai le palpebre di poco e le rialzai
immediatamente rendendomi conto che quell’immagine era reale “Ciao Meredith”
trillò Alice “Ciao…” sussurrai appena, tentai di alzarmi, ma una mano fredda e
dalla presa ferrea me lo impedì “Rimani stesa” non poteva essere lui, stavo
sognando. Lo osservai, Edward sostenne il mio sguardo poi d’improvviso come se
irritato, lo distolse e rammaricata mi voltai prima a guardarmi le mani, poi
verso Alice. Scuotendo il capo mi disse:”Hai avuto un malore. Edward ti ha
trovata svenuta a pochi passi dall’aula di biologia” aggrottai la fronte
cercando di ricordare, poi un fotogramma di me che cadevo sulle mie stesse
gambe, stringendomi con entrambe le mani lo stomaco, mi colpì e capii “Si…ho
avvertito un fortissimo dolore allo stomaco” risposi toccandomelo “E poi un
giramento di testa…non ricordo altro…” mormorai portandomi un braccio sugli
occhi e chiudendoli per il fastidio che la troppa luce mi procurava. “Dove mi
trovo?” chiesi poco dopo “In infermeria. Adesso devo andare Meredith, ho
lezione, mi raccomando sta qui e non muoverti per alcuna ragione. Dopo ti porto
io a casa” annuii. Fui certa che se ne fosse andata, quando udii lo sbattere
della porta. Non ero sola, alla mia sinistra percepivo ancora la presenza di
Edward “Puoi andare anche tu se vuoi. Non sei costretto a rimanere” borbottai
cercando di essere gentile, nonostante la rabbia che provassi nei suoi
confronti per la sua freddezza. “Non mi va di seguire oggi. Preferisco restare
qui se non ti dispiace” rispose saccente. A quelle parole, abbassai il braccio
e lo fissai: i suoi occhi indagatori mi scrutavano attenti, ma non minacciosi.
Leggevo in essi un profondo senso di disagio e curiosità, chissà forse aveva
capito che io e Alice ci eravamo parlate e voleva scoprire qualcosa in più. Non
dissi nulla, non potevo gridargli in faccia il mio desiderio di volerlo accanto
sempre e non solo in quel momento. Guardai altrove, avvertendo comunque la sua
attenzione su di me, fremetti e chiusi la mano a pugno, stringendo il lenzuolo.
In lontananza vidi l’ologramma di mio fratello che teneramente mi sorrideva “Andrà tutto bene sorellina. Io sono qui e
ti aspetto” “No, Andrew non te ne andare, non mi lasciare anche tu!”
allungai un braccio, ma la sua figura si disintegrò immediatamente, lasciandomi
l’amaro in bocca. Un ringhio basso rantolò nella gola di Edward e non potei
fare a meno di tornare a fissarlo, il suo sguardo era furente, ciò non fece
altro che aumentare la mia tristezza e poco dopo cominciai a singhiozzare. Il
mio corpo tremava tutto, non riuscivo a fermarmi, continuavo a guardare Edward,
subito i suoi occhi avevano cambiato espressione, provò ad avvicinarsi, ma ci
ripensò, chinò il capo verso il basso, ma quando il mio pianto si fece
disperato, tornò a guardarmi. Mi girai di lato, dandogli le spalle e rannicchiandomi
in posizione fetale; piansi a lungo, cacciando fuori un dolore che mi portavo
dentro da troppo. Pensai a mamma, a mio fratello, alla mia vita di un tempo e
soffrivo. Stavo male perché non potevo averla più, tutto era troppo cambiato e
niente andava come volevo.
D’un
tratto una mano fredda si posò sulla mia guancia accaldata e bagnata e cominciò
ad accarezzarla, portando via le lacrime. A primo acchito sobbalzai, non per il
gelo, ma per la sorpresa, la mano di Edward allora si fermò, ma quando col viso
mi strusciai su di essa, riprese ad accarezzarmi e mi rilassai sotto quel tocco
così familiare e rassicurante. “Ti senti meglio?” domandò dolce poco dopo “Si”
mi girai verso di lui “Grazie” “Di nulla” rispose scostando la mano. Ci
scrutammo ancora, sentivo i miei occhi brillare e perdersi nei suoi, non
riuscivo a farne a meno, provavo qualcosa per quel ragazzo e combatterlo mi
sembrava inutile oltre che ridicolo: non si può nulla contro i sentimenti!
Mamma me lo diceva sempre…
Sospirai
“Cos’hai?” chiese con voce curiosa “Penso…e sai non fa per nulla bene pensare
troppo” risposi provocando la sua risata, me ne beai come una stupida “Che ore
sono?” domandai “Beh credo sia ora di tornare a casa. Ce la fai ad alzarti?”
annuii. Prendendomi per il braccio mi aiutò a mettermi in piedi, sentivo ancora
un po’ di indolenzimento, ma sostanzialmente stavo bene, l’intontimento che
avvertivo era dovuto alla vicinanza di Edward, ne ero come drogata.
Era
in piedi a poche spanne da me, era reale e ciò fece capitolare il mio cuore, di
sicuro lui poteva sentirlo “Andiamo?” annuii, mi precedette aprendomi la porta,
il contatto con l’aria pungente mi servì per riprendermi. Inspirai
profondamente e aprii le braccia per rilassarmi, tutto questo sotto lo sguardo
attento di Edward, sorrisi contenta. Il contatto di poco prima aveva lasciato
un segno indelebile dentro di me.
Camminammo
in silenzio e giunti in prossimità del parcheggio, lui si fermò e mi scrutò
“Ehm” dissi “Ora vado…grazie ancora per tutto. E ringrazia anche tua sorella.
Dille che mi sentivo meglio e che sono andata a casa da sola” si accigliò
“Forse non è il caso che tu ti metta alla guida” decretò “Ma sto bene,
veramente!” tentai di convincerlo, ma non ci fu verso. Mi tenne ferma lì, fin
quando non comparve la sorella di corsa ”Alice! Ho provato a spiegare a tuo
fratello che sto bene e che potevo andarmene da sola” “Non se ne parla
proprio!” rispose severa alzando un sopracciglio “Solo che ho un problema…”
guardò il fratello che sobbalzò “Non posso accompagnarti” “Ti ho detto che non
fa nulla, vado da sola” feci per voltarmi, ma lei mi afferrò per un braccio “Ho
promesso che ti avrei accompagnata e lo farò, spero solo non ti dispiaccia se
al posto mio viene Edward” sussultai facendo segno di no con la testa “Se per
lui non è un problema…” sussurrai “Non credo di avere altra scelta” mormorò
nervoso. Fummo nel parcheggio prima della fine delle lezioni, quindi nessuno ci
vide. Sapevo che avrebbe poi fatto in tempo per tornare qui e prendere i suoi
fratelli e non insospettirli.
Arrivati
al pick up, presi le chiavi e aprii la portiera, Edward si schiarì la voce “Mi
sono persa qualcosa?” domandai “Dammi le chiavi, guido io” aggrottai la fronte
“Sei abituato a macchine super veloci, sappi che il mio mezzo non supera certi
limiti” “Mi accontenterò” sorrise, annuii e lo feci passare, accomodandomi sul
sellino del viaggiatore.
“Non
ci siamo neanche presentati” cominciò lui
“Io sono Edward Cullen” disse tranquillo “Io
sono Meredith Swan” risposi
contenta, mi guardò e sorrise. Quello per me era già un
passo avanti. “Allora”
proseguì lui “Ti piace il freddo?” “Mmm si e
no” “Che intendi?” chiese curioso
“Beh non amo la pioggia eccessiva, ma mi piace il freddo, lo
soffro molto, però
adoro starmene al calduccio sotto le coperte mentre fuori imperversa la
tempesta. Non sono un amante del caldo, soprattutto d’estate,
detesto l’afa,
però mi piace avvertire i raggi solari che mi accarezzano il
viso, soprattutto
d’inverno” conclusi guardando fuori dal finestrino, lo
sentii ridacchiare “Come
mai sei venuta qui?” ma queste cose non doveva chiedermele
nell’aula di
biologia? “E’ una storia lunga…” “Ti
ascolto…” “Mia madre s’è
risposata…” “E
lui non ti piace” non era una domanda “No, no, anzi son
felice per mia madre.
Solo che essendo Phil un giocatore di baseball, cambia spesso squadra e
mamma
per restare a casa con me non poteva seguirlo. So che soffriva per
questo e
quindi ho deciso che era giunto il momento di venire a trovare mio
padre” “Ma
ora sei tu che stai male…ti manca Phoenix e i tutti i tuoi
affetti” sottolineò
bene quest’ultima parola “Non sto male!” replicai
mesta “Non ho poi tutti
questi affetti” dissi, lui sembrò pensieroso.
“Eccoci
arrivati” sussurrò “Grazie, ma ora tu come fai a tornare a casa?” domandai “Non
preoccuparti per me, pensa a riposarti. Non vorrei rischiare di ritrovarti
svenuta” ammiccò, annuii accigliandomi “Ciao” salutò con un gesto della mano
“Ciao” risposi io mentre lo vedevo andare via a piedi. Sapevo che non appena mi
fossi voltata, lui avrebbe iniziato a correre e in un batter d’occhio sarebbe
giunto a destinazione.
Feci
girare la chiave nella serratura e aprii piano la porta, mi diressi subito in
cucina per prendere qualcosina da mangiare, tutto quel trambusto mi aveva messo
appetito. Tornai in camera e mi stesi sul letto, incredula per quello che era
successo quel giorno, sarebbe stato l’inizio di un qualcosa? O il giorno dopo
mi avrebbe ignorato?
“Meredith
sveglia!” gridò una voce “Mmm…” mormorai “Non ti senti bene?” aprii gli occhi e
vidi Charlie, balzai in piedi “Oddio che ore sono?” chiesi guardandomi intorno
“Le sette di sera” “Papà scusami, non ho ancora cucinato. Mi sono messa a
studiare e poi mi son poggiata sul letto, devo aver preso sonno” “Non
preoccuparti, figliola” “Corro subito a preparare” dissi scendendo le scale
“Fai con calma!” urlò Charlie da sopra.
Una
volta messo i piatti a tavola, chiamai “mio padre” e lo invitai a raggiungermi
“Com’è andata la giornata?” “Abbastanza bene e a te?” chiesi portandomi una
forchettata di spaghetti alla bocca e masticandoli “Un po’ di problemi con
alcuni animali selvatici” “In che senso problemi?” tremai “Mi ha telefonato un
collega del vicino Stato per comunicarmi che un gruppo di animali fuori
controllo, probabilmente lupi o orsi, stanno facendo stragi di persone,
perlopiù escursionisti o cacciatori e sembra che si stiano dirigendo da queste
parti. Ho messo in piedi una squadra di perlustrazione, domani andremo in giro
a dare un’occhiata” “Stai attento” mormorai assorta “Tranquilla, Meredith. So
quello che faccio” annuii, sperando di non aver alterato la storia al punto
tale da dover coinvolgere più del dovuto Charlie.
Salii
in stanza mezz’ora dopo e preparai lo zaino per la scuola, ma fui interrotta
dallo squillo del mio cellulare “Pronto?” “Meredith!” rispose una voce allegra
“Alice?” domandai incredula “Esatto” “Ma come…? Lasciamo stare…” dissi
scuotendo il capo “Dimmi tutto…” “Volevo solo sapere come ti senti” “Meglio,
grazie per oggi, tu e tuo fratello vi siete scomodati troppo” mormorai
sedendomi sul letto “Nessun fastidio. Allora com’è andata con mio fratello?”
una lampadina si accese nella mia testa “No! Non dirmi che lo hai fatto
apposta?” rise facendomi capire che la mia intuizione era giusta “Oh Alice, sei
impossibile quando fai così!” sbuffai “Dai che ti ha fatto piacere” “Non
importa” “Oh si invece…dai, dai che vi siete detti?” “Ma che me lo domandi a
fare? Tu avrai visto tutto!” risposi passandomi una mano nei capelli “Vero, ma
volevo che fossi tu a raccontarmelo” sospirai, maledetto folletto! “Nulla di
importante. Si è presentato e mi ha chiesto perché mi sono trasferita qui”
“Bene, si sta sciogliendo” risi amaramente “Macchè…domani sarà come se tutto
questo non fosse successo” soffiai triste “Non è vero! Lui ricorderà tutto. E
poi quella carezza? Ne vogliamo parlare?” chiese maliziosa, io arrossii al
ricordo “Piangevo e mi ha voluta consolare, semplice” “Certo, certo” disse poco
convinta “Ora devo andare prima che mi scoprano. A domani” “Ok. Ciao…” scossi
il capo e guardai il cellulare un ultima volta prima di posarlo sul comodino e
dedicarmi alla preparazione dello zaino.
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Capitolo 8 *** Incidente ***
Incidente
Ed
eccomi qui!!! Pensavate che mi fossi dimenticata di voi? E invece no,
sono semplicemente incasinata con lo studio (come al solito u.u), ma ho
un bel pò di capitoli pronti, sarebbero da betare, ma in questo
periodo la mia adoratissima Jenny ha da fare, quindi non può
dedicarsi alle mie cavolate :D. Ti adoro Jenny!!! E grazie per
tutto!
Vampiretta
Cullen: malù che bello averti anche qui! Non sai che gioia
sapere che segui anche questa mia storia! Grazie per i complimenti,
spero davvero di meritarli :).
Giulls:
Alice ci riserverà molte sorprese :D, vedrai! Beh si le manca il
fratello e anche tantissimo, che dici cosa succederà??? Mi
aspetto idee :).
Dindy80:
Grazie!!! Ma con tutto il cuore per aver letto e recensito tutti i
capitoli! è bello sapere che c'è qualcun'altro che mi
segue. Ora però hai stimolato la mia curiosità: chi ti ha
suggerito la mia storia??? :D
Vi lascio al nuovo capitolo, spero davvero che possa piacervi, aspetto le vostre recensioni.
Capitolo 7 “Incidente”
Quella
mattina mi ero svegliata parecchio assonnata, ma dovevo restare vigile, la neve
era sparita, ma al suo posto una lastra di ghiaccio ricopriva il manto
stradale. Dovetti far leva su tutto il mio equilibrio per giungere incolume al
pick up.
Solo
quando parcheggiai davanti scuola, mi accorsi che le ruote del pick up erano
avvolte da grosse catene; sorrisi tra me “Charlie
pensa sempre a tutto. Devo ricordarmi di ringraziarlo appena rientra a casa”,
ma poi ricordai un particolare del libro: Bella stava guardando le catene
quando all’improvviso un rumore assordante alle sue spalle la costrinse a
voltarsi e si trovò di fronte al furgoncino di Tayler che aveva perso il
controllo e stava per investirla.
Quando
mi voltai verso le altre auto, vidi Edward e i suoi fratelli appoggiati alla
macchina che mi fissavano “Sta per
succedere…il furgoncino sta arrivando” pensai notando lo sguardo perso di
Alice e la figura di Edward irrigidirsi. Chiusi gli occhi, potevo spostare il
pick up più avanti, ma non riuscii neanche a pensarlo che sentii il fischio dei
freni e mi girai sconvolta: il furgoncino blu scuro di Tayler stava per
schiantarsi contro il retro del mio pick up, proprio dove c’ero io. Non riuscii
neanche a piangere, solo a pensare che lui non sarebbe mai venuto a salvarmi,
non aveva con me lo stesso legame che aveva con Bella.
Paralizzata
e terrorizzata non feci nulla “Mamma
perdonami…”, ma proprio un istante prima che il furgoncino mi venisse
addosso, sentii una presa fredda e dura tenermi giù e battei la testa
sull’asfalto. Non riuscivo a vedere nient’altro, percepii soltanto che il mezzo
stava continuando a slittare, fu solo in quel momento che udii una voce parlare
tanto velocemente da non capire cosa dicesse. Il cuore scalpitò “Non è possibile…non può essere lui”. Il
furgoncino si fermò a poca distanza da me, alzai gli occhi e vidi le mani di
Edward affondare nella carrozzeria del mezzo. Non capii più nulla. Cominciai a
tremare, chiusi gli occhi spaventata, avevo creduto di morire, anzi forse nel
profondo lo desideravo.
“Meredith,
stai bene?” mormorò Edward al mio orecchio “Credo di
si” risposi a mezza -voce.
Cercai di alzarmi, ma lui me lo impedì “Stai attenta, hai
battuto la testa”, me
la toccai e avvertii un dolore lancinante “Accidenti che
male!” dissi
“Immaginavo…” e ora cosa dovevo dire? Dovevo
indagare come aveva fatto Bella o
fingere che non fosse successo nulla? Ci fissavamo, ognuno perso nei
suoi
pensieri “Come hai fatto a raggiungermi?” chiesi tutto
d’un fiato, lui mi
squadrò serio, una scintilla gli trafisse gli occhi “Ero
qui accanto a te e…”
si fermò, strinse una mano a pugno, ma non aggiunse altro,
perché fummo subito
raggiunti dagli altri ragazzi che inermi avevano assistito
all’incidente “Non
muovetevi!” gridarono “Tirate fuori Tayler!” aggiunse
qualcun altro. Mi girava
la testa, mi sentivo soffocare, volevo alzarmi e scappare via.
Nuovamente
quell’insopportabile senso di oppressione. Provai a muovermi, ma
ancora una
volta Edward mi spinse giù “Resta qui!”
ordinò serio “Non sei nessuno per dirmi
cosa devo fare!” sibilai tra i denti, lo vidi spalancare gli
occhi
meravigliato. Immediatamente mi tappai la bocca con la mano,
maledicendomi. Si
alzò, ma lo afferrai per un braccio prima che potesse andarsene;
quel contatto
mi provocò una scossa, sembrò quasi che anche lui
l’avesse avvertita “Scusa”
sbiascicai imbarazzata, il suo sguardo d’ambra si fissò
nel mio e dopo qualche
secondo di esitazione si avvicinò di nuovo, chinandosi su di me
“Hai ragione”
sussurrò dopo poco “Io non sono nessuno per
te…” il suo tono mi apparve triste,
quasi deluso e mi fece male “Non volevo dirti quelle cose
è che…” impacciata mi
guardai le mani, tutto il frastuono attorno a noi scomparve,
c’eravamo solo io
e lui “Cosa?” chiese curioso “Vorrei solo sapere come
hai fatto a salvarmi” lo
guardai con sguardo sicuro, fiero “Lascia stare…”
l’allarme dell’ambulanza
interruppe il nostro discorso “Da questa parte!”
gridò agli infermieri. I
professori di trigonometria e di ginnastica spostarono il furgoncino
permettendo così il passaggio della barella, non mi resi conto
di nulla.
Continuavo a guardare Edward e lui faceva lo stesso, poco dopo
arrivò anche
Charlie “Meredith!” urlò correndomi incontro
“Sto bene, papà. Non ho niente di
rotto”. Dopo essersi accertato che fosse così,
risalì in macchina e scortò
l’ambulanza verso l’ospedale, Edward era stato affiancato
da Alice, lei mi
seguì sull’ambulanza, mentre lui prese la sua auto e ci
seguì. Alice mi teneva
la mano “Tu sapevi…” non era una domanda, distolsi
lo sguardo, voltandolo di
lato e annuii leggermente col capo “Perché non ti sei
spostata?” sussurrò
accarezzandomi una guancia “Avevo dimenticato quel particolare e
a quanto pare
anche tu…” ora la stavo fissando
“Già…” “Edward è dietro di
noi?” annuì col
capo “Ci sentirà…” bisbigliai, ma sapevo che
l’udito di un vampiro era più fine
di quello degli esseri umani “Ti importa?” domandò
scrutandomi “Non lo so…non
conta quello che penso io” “Lui può sentire i tuoi
pensieri” sussultai e le
lacrime fecero presto capolino sotto le ciglia “Ha capito che
c’è qualcosa che
non va. Anche il mio eccessivo interesse nei tuoi confronti lo
insospettisce,
cerco di nascondergli i miei pensieri, le mie visioni, ma Edward non
è stupido”
mi guardò dritta negli occhi “E poi è giusto che
prima o poi sappia la verità,
ma devi essere tu a dirgliela” tremai al pensiero della rabbia
che avrei potuto
scatenare in lui, non volevo allontanarlo, non volevo perderlo.
Il
mio corpo fu percorso da singulti acuti, mi aggrappai alle mani di Alice,
stringendole a più non posso “Non fare così, Meredith. Ti prometto che andrà
tutto bene” mi lisciò il capo, mentre io mi sfogavo.
Giunti
in ospedale, mi ricoverarono nella corsia del pronto soccorso insieme a
Tayler
che mi fissava sconsolato “Scusami Meredith, mi dispiace
tantissimo” “Non ti
preoccupare. Tu piuttosto come stai?” nel frattempo le infermiere
gli tolsero
le bende, rivelando numerose escoriazioni “Ho temuto di averti
uccisa! Andavo
troppo veloce, sono finito su una lastra di ghiaccio e il furgoncino ha
sbandato…” “Mi hai mancata” sussurrai
ricordandomi grazie a chi ero ancora viva
“Ma come hai fatto a spostarti così velocemente? Ti ho
vista, ma un istante
dopo eri sparita…” domandò facendomi sobbalzare
“Ehm…è stato Edward a spingermi
via” “Chi?” chiese stupito “Edward
Cullen” “Non l’ho visto…” mormorò
“Era lì
accanto a me” mi sentii in dovere di proteggere il suo segreto
“E’ stato tutto
troppo rapido e non mi sono reso conto di niente. Ma lui sta
bene?” domandò
tornando a fissarmi “Credo di si, è qui da qualche
parte” .
Successivamente,
mi fecero sedere su una sedie a rotelle e mi portarono a fare una radiografia,
insistetti nel dire che stavo bene e ciò venne poi confermato dalla lastra: non
c’era nulla, neanche una commozione. Mi riportarono, allora, al pronto soccorso
e dovetti subirmi per un’altra mezz’ora le scuse di Tayler. Stanca di tutte
quelle chiacchiere, feci come Bella: chiusi gli occhi e finsi di riposare.
“Dorme?”
chiese una voce…quella voce. Aprii
gli occhi e notai Edward seduto ai piedi del letto di Tayler che mi sorrideva,
a quel punto quest’ultimo cominciò a scusarsi anche con lui, ma Edward lo
stoppò subito.
“Come
stai?” domandò rivolgendosi a me “Sto benissimo, ma non vogliono lasciarmi
tornare a casa” sbuffai provocando la sua risata “Presto andrai via” tornò
serio come se si fosse ricordato di qualcosa. D’un tratto sbucò un dottore e
sobbalzai per quanto fosse bello, capii subito che si trattava di Carlisle, il
padre di Edward. Era biondo, occhi color dell’oro e pelle diafana, come del
resto, tutta l’allegra famigliola “Allora Signorina Swan” disse avvicinandosi
“Come stiamo?” “Bene” sospirai. Carlisle cominciò a massaggiarmi il cranio
“Sembra tutto apposto” mormorò tastandomi “Lo sto ripetendo da quando sono
entrata qui dentro. Anzi” alzai gli occhi verso Edward “Cercavo di convincere
anche suo figlio quando mi ha salvata, ma niente” sbuffai di nuovo facendo
ridere istericamente entrambi “Suo padre è fuori che l’attende, può andare se
vuole” “Olè” dissi balzando giù dal letto e sbandando per un giramento di testa
“Attenta” mi afferrò Carlisle “Giramento?” annuii “Se ti capita ancora torna
qui a controllo” “Non è la prima volta che dice di soffrire di giramenti di
testa” intervenne Edward “Mmm” Carlisle si portò una mano al mento “E’ successo
solo quando sono svenuta l’altro giorno, quello di ora credo sia provocato
dalla botta” parlai guardando alternativamente Edward e suo padre,
soffermandomi su quest’ultimo al termine della frase. Il dottore annuì “In ogni
caso, per qualsiasi problema torna qui e chiedi di me” “Va bene. Posso tornare
a scuola?” “Per oggi credo sia meglio che tu riposa” annuii.
Usciti
dalla corsia non vidi Alice e mi preoccupai: che ci avesse lasciati soli
apposta? Turbata mi guardai attorno “Cerchi qualcuno?” domando Edward “Tua
sorella” risposi apparentemente tranquilla “E’ tornata a scuola” bisbigliò “Ah”
deglutii “E tu non rientri?” “Si, ora vado, ma prima…” si avvicinò sbarrandomi
la strada “Credo che tu debba dirmi qualcosa…” mi guardò duro “Cosa?” dissi
fingendomi sorpresa “Beh quello che sai…” mormorò crudo “Eh? Spiegati meglio,
non capisco” “Meredith…Alice ha troppo interesse nei tuoi confronti, di solito
non si apre così con…” si fermò scuotendo il capo “Gli altri” proseguì “Mi
nasconde quello che fa, mentre solitamente mi dice tutto. C’è qualcosa che non
mi quadra. Non vorrei che lei fosse in pericolo” terminò fulminandomi con lo
sguardo. Sussultai sul posto e chinai la testa: io ero un pericolo? Come potevo
esserlo, mi premunivo tanto per evitare che succedesse loro qualcosa o per
evitare che scoprissero troppo su di me. Non avevo potuto fare molto contro i
poteri di Alice e quindi ero stata costretta a confessarle la verità, ma non
sembrava che lei ne fosse spaventata o preoccupata, tutt’altro: mi aveva detto
che dovevo dire tutto anche al fratello, ma come potevo farlo? Mi guardava con
quegli occhi carichi di odio e non lo sopportavo. Trattenni le lacrime quando
con un dito mi costrinse a guardarlo “Allora?” domandò impaziente “Cosa vuoi
che ti dica?” soffiai vittima del suo sguardo “Chi sei?” “Meredith Isabella
Swan” risposi scostandomi da lui “Sono sempre io…poi sei tu quello che mi deve
spiegazioni!” incalzai “No” fece lui. Lo fissai nuovamente, sentivo che stavo
per cedere, fortuna volle che mio padre comparisse alle nostre spalle
“Meredith!” disse avvicinandosi “Stai bene?” chiese alternando il suo sguardo
tra me e Edward “Si…ora si. Possiamo tornare a casa” risposi guardando Edward “A
domani” sussurrai passandogli accanto, lui si limitò ad annuire.
In
auto “papà” mi comunicò che dovevo telefonare alla “mamma” per farle sapere
come stavo, poi l’argomento cambiò totalmente “Chi era quel ragazzo? L’ho
notato accanto a te, anche sul luogo dell’incidente” ecco l’ispettore che era
in lui, venire fuori “Edward Cullen” risposi solamente “Il figlio del dottore?”
annuii “E’ stato lui ad impedire che il furgoncino di Tayler mi investisse” “Oh
ma allora dovevo ringraziarlo, se me lo avessi detto prima…” lo fermai “Non ce
n’è bisogno. L’ho fatto io” mormorai scura in volto.
La
situazione si stava capovolgendo troppo in fretta ed io non mi sentivo
abbastanza forte per affrontarla. La testardaggine di Edward lo avrebbe portato
ad insistere; sospirai e sperai, per la prima volta, che mi ignorasse…
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Capitolo 9 *** Sfuriata ***
Sfuriata
Salve a tutti,
ed eccoci di nuovo a
sabato, il mio giorno preferito :).
Cosa mi raccontate di
bello? Com'è andata la vostra settimana? La mia abbastanza stressante, tra
studio e umore traballante, beh...immaginate :)
E ora sono finalmente
in pausa e passo per lasciarvi il nuovo capitolo, felice, ma davvero, davvero,
davvero, che ci siano nuove persone che mi seguono. Non immaginate neanche
quanto mi faccia piacere e mi commuova!!! Grazie con tutto il cuore per il
vostro affetto e la vostra stima!
OnLu: spero di
soddisfare la tua curiosità con questo capitolo e grazie mille per la
recensione :)
vampiretta cullen:
Malù, tesoro! Beh...tu mi fai troppi complimenti! Spero che anche questo
capitolo possa piacerti. Bacio
_Aislinn_: Paola che
gioia ricevere la tua recensione! Non hai idea di quanto ho pianto! Lo so, è
stupido, ma...leggere le tue parole mi ha fatta sentire bene, è stata una
brutta settimana e oggi non è da meno...grazie tesoro, grazie!!!
dindy80: ho capito quale
storia abbiamo in comune :) e mi fa davvero piacere che tu abbia letto la mia!
E soprattutto che ti piaccia! Io sono una fan di Grey's Anatomy, ma il nome non
è dovuto a quello, non so...ho sognato questa storia e il giorno dopo ho
iniziato a scriverla. Ehm...non sono matta, ogni cosa che scrivo nasce spesso
da un sogno o comunque da una canzone. Fammi sapere cosa pensi di questo
capitolo e dei personaggi. Bacio
Ed ora vi lascio al
capitolo, la smetto di annoiarvi con le mie parole...
A sabato prossimo...
Capitolo 8 “Sfuriata”
Prendere
sonno fu troppo difficile, mi girai e rigirai nel letto per quasi tutto il
tempo e quando riuscivo ad addormentarmi, facevo degli incubi, di cui
puntualmente al risveglio, non ricordavo un accidente.
Sbuffando
e imprecando, alle sei del mattino decisi di alzarmi, mi recai in bagno e
provai a rilassarmi con una doccia calda. L’acqua scorreva a fiumi sul mio
corpo nudo, spazzando via la tensione; feci il tremendo errore di chiudere gli
occhi per facilitare quell’operazione, ma lo sguardo di Edward si materializzò
d’improvviso, mandando al diavolo tutti i miei buoni propositi.
Ancora
più nervosa e agitata, uscii dalla vasca e mi asciugai, provando a dare un
contegno ai miei capelli e al mio viso sconvolti. Una volta terminata
l’operazione, corsi in stanza e mi vestii, continuando a ripetermi mentalmente
che non sarebbe successo nulla a scuola e che Edward mi avrebbe ignorata come
scritto dalla Meyer.
Convinta
di ciò, scesi in cucina e preparai l’occorrente per la colazione; prima che
“mio padre” mi facesse ulteriori domande sul mio stato di salute e alterasse
ulteriormente, il mio pessimo umore, sgattaiolai fuori casa, lasciandogli un
biglietto.
Presi
diversi respiri prima di scendere dal pick up, ero come al solito, in anticipo
quindi non correvo il rischio di incrociare il ragazzo dalla pelle diafana e
dallo sguardo incantatore. Messo piede nel parcheggio, sentii degli occhi
puntati addosso, come se qualcuno mi stesse seguendo. Cercai di non badare a
quella sensazione e filai dritta nell’edificio, girovagando tra un corridoio e
un altro in attesa dell’inizio delle lezioni.
Troppo
persa nei miei pensieri, andai a sbattere contro qualcosa di molto
duro; mi
tastai il capo laddove il dolore era più forte “Sono
proprio una sbadata,
possibile mai che non abbia visto che stavo andando contro il muro?
Accidentaccio a me!” mormorai, ma una risata suadente mi
distrasse. Alzai di
scatto lo sguardo e mi trovai di fronte ad un Dio greco: Edward. Il
jeans nero
fasciava due paia di gambi snelle e muscolose e la t–shirt bianca
metteva in
risalto il suo petto scultoreo. Mi incantai e me ne accorsi solo
quando,
proprio lui, sventolò una mano davanti ai miei occhi
“Ehilà! Ci sei?” domandò
continuando a ridere “S-s-si” risposi ancora frastornata
“Ero sola, non c’era
nessuno fino a due minuti fa. Quando sei arrivato?” chiesi
provando a
rialzarmi, Edward mi porse la mano e mi aiutò, portandomi a
poche spanne dal
suo corpo. Avvertii il profumo fresco del suo respiro e i miei sensi
erano in
delirio. Inspirai e cacciai l’aria per riprendermi “Potrei
farti la stessa
domanda” disse guardandomi e ridacchiando “Sono venuto
prima stamane, non avevo
voglia di starmene a casa ad aspettare i miei fratelli e ho deciso di
venire
qui. Tu perché sei già a scuola?”
“Ehm…” mormorai imbarazzata “In verità
perché
detesto le pressanti attenzioni di Charlie circa il mio stato di salute
e poi
perché…beh in casa mi sentivo soffocare” ammisi
sincera “E qui no?” negai col capo
“I posti vuoti mi aiutano a pensare meglio” dissi chiudendo
gli occhi “Capisco”
sussurrò appena. Poi d’improvviso il mio cervello decise
di collaborare e una
lampadina s’illuminò “Sei venuto a piedi?”
“Si, sai le passeggiate nei boschi
di prima mattina rinfrescano la memoria e aiutano il cervello a
lavorare meglio.
Dovresti provare qualche volta” ammiccò sicuro di
sé “Spaccone” risposi
incrociando le braccia al petto. Rise della mia probabile espressione
buffa
“Sul serio Meredith, se vuoi ti faccio compagnia quando deciderai
di andarci”
sbuffai sonoramente “Grazie per l’invito, ma non ho bisogno
di queste cose. Il
mio cervello funziona più che bene” “Ah se lo dici
tu” mormorò fischiettando e
roteando gli occhi verso il soffitto dell’edificio “Ti
saluto, Edward…” feci
per andarmene, ma mi fermò per un braccio, costringendomi a
voltarmi “Aspetta”
ora il suo sguardo era decisamente serio, segno che aveva
tutt’altri obiettivi
che farmi ridere o prendermi in giro. Era venuto presto perché
sapeva di
trovarmi lì, anzi con tutta probabilità mi aveva seguita
ed ecco spiegata la
strana sensazione del sentirmi osservata.
“Dimmi”
risposi seccata “Dove vai così di fretta?” domandò con una voce tutt’altro che
buona “In aula. Sai siamo a scuola e si dovrebbero seguire delle lezioni. Non
so se hai presente” risposi cercando di essere più ironica possibile “Non
intendevo questo” mi fissò, delle schegge nere si stagliarono nelle sue pupille
dorate incutendomi paura “E allora cosa vuoi, Cullen?” chiesi tagliente,
sperando si allontanasse da me “Solo parlarti, Swan” ci scrutammo di traverso
per qualche minuto, fino a quando un mio sospiro arrendevole, non lo costrinse
a mollare il mio braccio “Cosa vuoi dirmi” scosse il capo ridendo “Vedo che hai
davvero la memoria corta” mi stizzii pronta a risponderlo, ma non me lo permise
“Ieri ti ho fatto una domanda a cui tu non hai ancora dato risposa” mormorò seducente.
E no, così non vale! “Ancora con i riferimenti alle mie capacità mnestiche? Se
non ti ho risposto è semplicemente perché non ho nulla da dirti” “Ah no?” il
sorrisino furbo spuntò sulle sue labbra, contagiando anche gli occhi “Sei
proprio sicura?” annuii, se avessi parlato il mio tono sarebbe sembrato molto
meno sicuro. “Scoprirò la verità!” sibilò tra i denti, prima di voltarsi e
andarsene. Sconvolta, osservai il suo passo “umano”, anche se si sforzava di
sembrare un uomo, aveva un’eleganza che non apparteneva a nessuno al mondo e un
movimento talmente sensuale da far traballare lo stomaco al solo guardarlo.
Portai una mano al petto, pur continuando a mantenere fisso lo sguardo su di
lui “Amore mio…” pensai. Me ne pentii
immediatamente, quando notai un indecisione nei passi di Edward, sapevo che mi
aveva sentito, sospirai: pensasse quello che volesse, io ormai c’ero troppo dentro.
Ripresami, mi diressi in classe, pronta per una nuova giornata di lezioni.
“Meredith,
buongiorno” disse Eric avvicinandosi al mio banco “Ciao
Eric” risposi
sorridendo “Come stai?” domandò guardandomi la testa
“Oh bene, tranquillo” “Mi
spiace per l’incidente. Non sai che paura abbiamo avuto tutti.
Eravamo in
pensiero per te” disse sinceramente preoccupato “Sto
benissimo. Sana come un
pesce” e gli sorrisi, anche se quell’eccessiva attenzione
mi infastidiva
leggermente, l’unico che avrei voluto che se ne interessasse era
anche la
persona che non mi aveva ancora chiesto niente. Quel giorno, domande
come
quelle ce ne furono a migliaia: Jessica, Mike, Tayler. Angela invece,
si
accostò a me mentre mi recavo a mensa, mi fissò e sorrise
“Ciao Angela” “Ciao
Meredith. Sono davvero felice di vederti” mormorò a testa
china “Ed io sono
felice di essere qui per poter parlare ancora con te” mi sorrise
timidamente
“Ho avuto paura, sai?” sobbalzai “Di cosa?”
domandai sinceramente curiosa “Di
perderti…” sussurrò a mezza voce. Mi fermai, il
cuore sussultò e mi commossi.
Era bello che una persona si fosse legata a me in quel modo, pur non
conoscendomi da tanto e non frequentandomi al di fuori del contesto
scolastico.
Volevo legarmi ad Angela, desideravo costruire con lei un vero rapporto
di
amicizia, era giunto il momento di integrarmi in quel posto nella
giusta
maniera. “Non so cosa dirti” mormorai imbarazzata
“Non devi dire nulla” sorrise
“Ti va se qualche volta ci vediamo per studiare o uscire. Cinema
o altro?”
“Certo” annuì felice Angela. Entrammo a mensa tutte
sorridenti e mentre
facevamo la fila, improvvisamente vidi Angela osservare
dall’altro lato della
stanza con aria stranita, incuriosita seguii il suo sguardo e rimasi
impietrita
quando notai Edward seduta da solo in un tavolo laterale, affianco alla
finestra che mi guardava e rideva. Non appena capì che lo avevo
notato, col
dito mi fece segno di andare da lui, tremai in modo evidente tanto che
Angela
se ne accorse “Non vuoi parlargli?” domandò gentile
“Non è questo…è complicato”
sospirai “Niente lo è se ci si può spiegare”
la guardai “Parlare ti farà bene”
disse, sbarrai gli occhi “Cosa intendi?” chiesi
“Vedi, io ho capito che ti
porti qualcosa dentro di più grosso di te. È un peso che
ti trascini addosso
ogni giorno e i tuoi cambi d’umore, i tuoi malesseri sono legati
anche a
questo” sobbalzai, chinando il capo “Sono convinta che
parlare con Edward ti
aiuterà. Ti sta sempre appiccicato ultimamente” arrossii
di botto, Angela però
non sapeva che il motivo era lontanamente diverso da quello che pensava
lei “Va
da lui, non farlo aspettare” mormorò “Grazie Angela.
Sei un’amica”, mi voltai e
con passo poco deciso, mi diressi verso quel tavolo.
Giunta
a destinazione, mi fermai davanti alla sedia e fissai Edward “Ti va di pranzare
con me?” chiese con voce roca facendomi vibrare lo stomaco, annuii e mi
accomodai impacciata, facendo cadere in malo modo lo zaino. Sbuffai mentre
Edward trattenne a stento le risate, lo guardai di traverso e offesa mi alzai
pronta ad andarmene “No!” quasi urlò, lo scrutai, il suo viso era diventato ad
un tratto una maschera di terrore “Ti prego resta e perdona il mio
comportamento poco cortese” mormorò con gli occhi in fiamme e il mio cuore
sussultò ancora. Mi sedetti nuovamente e cominciai a mangiare un pezzo di
pizza, lui mi fissava curioso “Tu non mangi?” chiesi disinteressata “La mia è
una dieta un po’ speciale” continuava a guardarmi. Mi fermai a fare lo stesso e
non so quanto tempo passò, ma restammo immobili occhi dentro occhi. Mai prima
d’ora avevo provato sensazioni simili, mi sentivo leggera, lo stomaco s’era
chiuso e non mi sarei mai stancata di restare in quella posizione ad ammirarlo.
Era così bello, così seducente, così maledettamente intelligente ed io ero
totalmente innamorata di lui. “Non hai fame?” domandò d’improvviso
interrompendo l’atmosfera creatasi, sbattei le palpebre più volte cercando di
razionalizzare le sue parole “Ehm…si. Mi ero…incantata” mormorai abbassando il
capo e arrossendo “Anche io…” soffiò, alle sue parole, alzai immediatamente la
testa. I suoi occhi dorati ardevano e le sue labbra rosse reclamavano le mie,
ma era tutto sbagliato, lo sapevamo entrambi e infatti dopo poco lui distolse
lo sguardo. Detestavo il silenzio che era improvvisamente calato, per questo
decisi di spezzarlo “Come mai mi hai invitato al tuo tavolo? Di solito tu e i
tuoi fratelli ve ne state per conto vostro” dissi addentando un altro pezzo
della pizza ormai fredda “Non posso invitare la persona che ho salvato a
mangiare con me? E poi devo capire cosa nascondi, non fraintendere i miei
atteggiamenti” proferì in tono severo. Nonostante fossi consapevole che a lui
non interessavo minimamente, ci rimasi ugualmente male. Quando si ama qualcuno,
inevitabilmente, una piccola parte di noi s’illude che un giorno, l’altro
ricambi quel sentimento, puoi combatterlo quanto vuoi, l’illusione resta sempre
là a martellarti il cervello e a farti star peggio. Mio fratello si lamentava
che fossi sempre da sola, senza amiche né amici, doveva vedermi in quel
momento: mi stavo impegnando al massimo per stringere amicizie e per…beh
conquistare Edward, senza ottenere alcun risultato positivo. “Se fossi stato qui, avresti saputo dirmi le
parole giuste per consolarmi ed io mi sarei sentita protetta. Mi manchi Andrew”
sospirai frustrata e sott’occhio notai Edward muoversi nervosamente “Allora,
mi dirai il tuo segreto?” “Segreto?” strinsi i pugni “Tu vuoi sapere il mio
segreto?” domandai ancora guardandolo dritto negli occhi e sentendo i miei
improvvisamente appannarsi “Edward Cullen a te non interessa niente di nessuno,
ora hai deciso di rompere l’anima a me. Non ti dirò nulla di me, perché dovrei
poi?” mi alzai sbattendo le mani sul tavolo “Ho avuto un incidente ieri, sai?
Potresti per prima chiedermi come sto, ma a te giustamente che ti frega di un
essere insulso come me!” sbarrò gli occhi per la sorpresa “E ora scusami, ma
devo andare” mi afferrò per la mano e mi costrinse a voltarmi “Lasciami in pace!”
sibilai dura, non se lo fece ripetere una seconda volta, così prima che fosse
tardi, corsi fuori da quella stanza e lontana da lui “Perché? Perché?”.
Mi
fermai dopo poco nel prato adiacente gli edifici scolastici, mi sedetti sulla
panchina al lato del muretto e lasciai che le lacrime facessero il loro corso.
Raggomitolata su me stessa, provavo a riprendermi, non sapevo cosa pensare,
cosa fare. Non volevo saltare biologia, ma neanche rivedere Edward. Esasperata
sbuffai e quando avvertii una mano gelata poggiarsi sulla mia spalla, saltai,
alzando il capo e trovandomi dinanzi un Alice dallo sguardo preoccupato. Non
disse nulla, si accomodò al mio fianco, continuando a fissarmi. Sospirai “Alice
cosa c’è?” domandai con tono un po’ acido, mi accorsi subito di essere stata
maleducata e abbassai la testa per vergogna, ma Alice non me lo permise “Tu
devi dirmi cosa ti succede!” affermò convinta “Non lo so…” mormorai a mezza
voce “Se ti riferisci all’aggressione verbale nei confronti di tuo fratello, so
solo dirti che m’è venuta naturale. Mi sta pressando, vuole solo sapere la
verità, non gli interessa altro. Mi rivolge la parola solo per quello, mi fa
quello sguardo omicida esclusivamente per raggiungere il suo scopo, non gli
frega un tubo dei miei sentimenti…” le mie labbra si bagnarono di lacrime
salate. Mi maledii “Accidenti a me, accidenti a quello che provo, accidenti a
lui, al libro e a tutto!” gridai nascondendo il volto tra le mie gambe “Meredith!”
mi richiamò Alice “Non dire così. Io sono contenta di averti conosciuta, se non
avessi letto il libro ora non saresti qui e non avrei potuto essere tua amica e
poi non è vero che a mio fratello interessa solo questo” disse “Ah no?” chiesi
ironica “E dimmi: quali sono i suoi interessi?” “Lo capirai presto, ora va a
lezione, non vorrai fare tardi” ammiccò alzandosi e andandosene. Io restai lì allibita,
poco dopo mi alzai anche io e andai a lezione.
Da
fuori l’aula, si sentivano le voci dei ragazzi, erano già tutti lì, dovevo aver
fatto più tardi del solito; mi fermai alla porta e notai che il professore non
era ancora venuto e questo mi sollevò parecchio. Non appena misi piede nella
stanza, volsi gli occhi al mio banco, Edward era lì, il viso girato verso la
finestra, apparentemente pensieroso. Il cuore mi martellò forte nel petto,
l’ansia crebbe a dismisura, ma non lasciai che l’irrazionalità prendesse il
sopravvento e domando le mie emozioni, mi sedetti al mio posto, non
guardandolo. Ovviamente lui si accorse di me, di sottecchi vidi che si girò a
fissarmi, aveva gli occhi spalancati per la sorpresa, non si aspettava che
sarei andata a lezione. Sorrisi tra me e me e aprii il quaderno degli appunti
posizionandolo sul banco, assieme alle penne e al libro. Feci finta di leggere,
non mi era possibile farlo, continuavo a sentirmi addosso il suo sguardo,
talmente profondo che sembrava volesse entrare dentro la mia anima. Avevo
svuotato la mente, non ci avrebbe trovato granché, solo qualche termine di
biologia.
Terminata
l’ora, mi alzai e mentre sistemavo i libri in borsa, notai Edward
in piedi,
fermo al suo posto che mi fissava; per un millesimo di secondo alzai lo
sguardo
e incrociai il suo, ma non mi ci soffermai troppo, non dovevo essere io
a
parlare. Chiusi la cerniera della borsa, la misi in spalla e mi diressi
verso
l’uscita; cinque secondi dopo, Edward era dietro di me, ne
avvertivo il
profumo, decisi così di fermarmi, lo feci di colpo, tanto che
lui si stoppò a
pochi passi da me. Mi voltai lentamente, puntando i miei occhi diritti
nei
suoi, rimanemmo così, incapaci di proferire parola. Il suo
sguardo era
dolcissimo, miele puro, sembrava quasi dispiaciuto
“Scusami…” soffiò d’un
tratto, chinò la testa “Non dovevo farti tutto quelle
domande. Sono una persona
estremamente curiosa, non so quale sia il motivo, ma sento che debbo
conoscere
tutto di te. Io…” tornò a fissarmi
“Meredith…” sospirò “Sono uno
sciocco”
sorrisi “E se non vorrai più rivolgermi la parola, lo
capisco e ti do
pienamente ragione, ma volevo comunque scusarmi. Sono stato davvero
molto
maleducato” era sincero, lo si capiva dallo sguardo, dal
movimento del suo
corpo, dal timbro di voce. In un certo senso, era più umano di
quanto credesse
“Scusato” mormorai, Edward mi guardò incredulo,
notando però il mio sorriso, si
riscosse e mi sorrise anch’egli. Riprendemmo a camminare, uno di
fianco
all’altro “Noiosa la lezione oggi, vero?” “Si,
decisamente” sbuffai “Non ti
piace la biologia?” “No per niente” dissi “Hai
difficoltà?” domandò con tono
estremamente curioso “Si e no, ad esempio la lezione di oggi non
l’ho capita.
Tutti quei nomi strani poi di certo non mi sono d’aiuto”
“Se vuoi ti do una mano
a studiare” rimasi di sasso e subito l’emozione divenne
talmente forte, da
trasformare il battito del mio cuore, in un rumore assordante, lo
avvertivo non
solo nel petto, ma anche nelle orecchie “Non voglio crearti
disturbo” sussurrai
a malapena “Nessuno disturbo” rispose in tono vellutato e
dolce, scrutandomi
attentamente. Annuii “Passo io da te?” chiese illuminandosi
“S-si” balbettai
“Oggi verso le quattro, va bene?” “Ok” detto
ciò sparì.
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Capitolo 10 *** Ripetizioni di biologia ***
Ripetizioni di biologia
Salve
a tutti!
Precisa
come ogni sabato, son qui per pubblicarvi il nuovo capitolo di questa fan
fiction che mi sta dando parecchie soddisfazioni, ma è voi che devo
ringraziare. Grazie a chi mi segue, a chi mi legge, a chi recensisce…!!! Se non
fosse per il vostro incoraggiamento, avrei già mollato tutto. Queste settimane
sono tremende, sono piena di esami, non smetto un attimo di studiare, mi sembra
di impazzire!!! Mi auguro che a voi vada meglio, altrimenti siamo davvero
rovinati -.-
OnLu: ehm…spero tu non ti sia arrabbiata sul
serio :(! Si, è vero: la situazione è diversa, è Edward che scopre poco alla
volta Meredith. Fammi sapere cosa pensi di questo capitolo e perdonami!!! :P
Dindy80: heheheh mi spiace deluderti, ma non ci
sarà alcuna pratica :P. Oh Edward ha tatto pari a zero, certe volte mi fa
proprio arrabbiare -.-, mi tratta male la mia povera Meredith! E credimi, non è
finita qui :P. Sono tra le tue scrittrici preferite??? Oooh! Che emozione!!! Ora
arrossisco…grazie :*
_Aislinn_: beh ci voleva qualcuno che gliene dicesse
quattro a quel monello di Edward, non credi? Meredith si porta dentro una
grande ferita, la perdita della madre l’ha segnata tantissimo, senza contare
che è sempre stata una ragazza molto sola, ma non sa che nel cuore ha racchiusa
una forza talmente grande che le permetterà di essere felice…vedrai, vedrai…
Grazie
per la recensione mia cara!
Vampiretta Cullen: oooh! Ma tu mi fai sempre troppi
complimenti, non sono certa di meritarmeli!!! Grazie tesoro! Spero che questo
capitolo ti piaccia! Fammi sapere!!!
Ed
ora vi lascio alla lettura…alla prossima!
Capitolo 9 “Ripetizioni di biologia”
Ritornai
a casa velocissimamente, dovevo sistemare la mia camera e la cucina, non potevo
permettere che Edward Cullen trovasse tutto sotto sopra.
Posai
la borsa e il giubbino all’ingresso e mi precipitai in cucina: lavai i piatti
della sera prima e della colazione e feci un bella lavata a terra, poi corsi
nella mia camera, ma una volta arrivata lì mi bloccai “Ma mica Edward deve
entrare nella mia stanza” dissi a me stessa “Però…forse è meglio che approfitti
del mio buon umore per dare una sistemata a questo caotico disordine”. Passai
l’ora successiva a pulire la camera, controllando ogni secondo l’orologio, quel
giorno sembrava che il tempo avesse deciso andare più lentamente del solito,
urtando il mio sistema nervoso. Terminato con le pulizie, presi libro e
quaderno e mi spostai in cucina, iniziai col sottolineare il capitolo oggetto
della lezione, ma ogni volta che provavo a concentrarmi, inevitabilmente la mia
mente se ne andava per conto suo e ripensava a tutte le cose strambe che mi
stavano succedendo. Non riuscendo a mettere ordine nella mia testa e per
alleviare i miei nervi tesi, mi preparai una camomilla, sperando mi aiutasse,
non volevo addormentarmi, semplicemente rilassarmi; di certo per quanto ero
agitata, neanche la valeriana mi avrebbe fatto dormire. Mi sedetti sulla poltroncina
in salotto e mi gustai la mia bevanda, un sorso alla volta e la bevvi in pochi
minuti; quando tornai in cucina per sciacquare la tazza, alzai gli occhi verso
l’orologio e notai che mancavano pochi minuti alle quattro. Tremai quando
realizzai che di lì a poco, Edward sarebbe comparso sulla soglia di casa mia:
mille domande, dubbi iniziarono a frullarmi per la testa. Cosa gli avrei detto?
Prima di tutto dovevo tenere a bada i pensieri, evitare il più possibile di
pensare a ciò che sentivo e che sapevo. Con tutti i buoni propositi e con
ottimismo, tornai al tavolo, ma non riuscii ad accomodarmi che il campanello
suonò; paralizzata, fissai la porta per diversi secondi, prima che i miei
muscoli si sciogliessero e il mio cervello mi guidasse verso l’ingresso.
Premetti piano sulla maniglia, avvertendo il cuore in gola e le gambe molli e
nell’esatto istante in cui mi trovai Edward davanti, dimenticai tutti i
preparativi, i discorsi a cui avevo pensato e preferii perdermi nella sua
eterea bellezza.
“Ciao”
disse alzando una mano “Ciao” risposi impacciata “Mi fai accomodare?” ridacchiò
allegro “Certo, certo” sbiascicai facendomi da parte e lasciandolo passare. Si
guardò poco intorno e mi aspettò affinché lo guidasse verso la zona in cui
avremmo studiato. Lo feci sedere al tavolo in cucina, dove avevo già poggiato
il necessario, lui osservò il mio quaderno, poi prese il libro e vide a che
pagina era arrivata “Vuoi cominciare da Darwin?” chiese “Mmm…diciamo che quello
mi è abbastanza chiaro” gli risposi mettendomi di fronte a lui e afferrando la
penna per giocherellarci, Edward seguì ogni mio gesto mettendomi in imbarazzo. “Dimmi ciò che vuoi che ti chiarisca e ti
aiuterò” fece il sorriso sghembo tanto descritto dalla Meyer, ma era
impossibile immaginarlo. Ora che lo guardavo mi rendevo conto che era lontano
anni luce dall’idea che mi ero fatta: era accecante il bagliore che emanava, ti
stordiva e imbambolava. Mi riscossi solo qualche secondo dopo, grazie al
rimbombo di un tuono; saltai sulla sedia, suscitando le risa di Edward “Hai
paura dei temporali?” “No, mi ha semplicemente colto di sorpresa” dissi,
sospirando “Allora io sto aspettando!” mi ammonì “Agli ordini prof” dissi
ironica “Ti spiacerebbe chiarirmi un po’ i concetto di micro e macroevoluzione?
Ho qualche problema con i termini pool genetico, deriva genetica…” dissi
portandomi le mani tra i capelli “Nulla di più semplice” e sorrise di nuovo
prima di iniziare a spiegarmi parola per parola il capitolo. Quando non capivo,
provava a farmi degli esempi o disegnava qualcosa sul quaderno; mi guidò nella
stesura di alcuni schemi e mappe concettuali per fissare meglio le cose
apprese. Fu strano stargli accanto in quel modo, sembrava davvero di essere
vicino ad un essere umano, non c’era più quella freddezza e durezza che aveva
manifestato fino a quel momento ed io lo adoravo sempre di più.
“Cos’è
la microevoluzione?” mi fissò intensamente, provai ad abbassare lo sguardo per
sbirciare sul quaderno, ma lui intuì la mia mossa e voltò pagina “Signorina
Swan, non faccia la furba con me. So che lo sa, si concentri!” ordinò, sbuffai
per l’ennesimo richiamo e chiusi gli occhi “La microevoluzione è il cambiamento che si
verifica da una generazione all’altra nelle frequenze alleliche di una
popolazione” risposi di getto “E quali sono i fattori che possono alterare le
frequenze alleliche?” “La deriva genetica, la selezione naturale, il flusso
genico e…” mi grattai la testa alla ricerca della risposta “Non dirmelo, lo
so…devo solo rifletterci” Edward mosse la mani e se le portò alla bocca,
facendomi ridere “Sii seria” mi ammonì tra i denti “Ok, ok! Ah si!” dissi
alzandomi dalla sedia “Le mutazioni!” “Bene” io ero contentissima, iniziai a
saltellare per la casa, poi presa dalla frenesia corsi incontro ad Edward e lo
abbracciai di slancio “Grazie, grazie. Non ho mai capito nulla di biologia
neanche nell’altra mia vita…” mi fermai rendendomi conto di ciò che avevo fatto
e detto. Mi staccai immediatamente da lui, notando la sua rigidità “Ehm
scusa…l’eccessivo entusiasmo mi ha fatto perdere il controllo” lo guardai, mi
fissava curioso “Comunque davvero grazie. Nella scuola di Phoenix non conoscevo
nessuno che potesse essere così paziente con me nello spiegarmi certi concetti.
Sono una frana” schioccai la lingua tra i denti, lui rise “No, sei
semplicemente distratta. Basta un po’ più di attenzione e le cose si capiscono,
sei brava. Solo che devi prendere l’abitudine di farti degli schemi quando
studi, ti aiutano a fissare i concetti” “Lo terrò a mente” dissi sorridendo.
Guardai l’orologio e vidi che erano le sei e mezza passate, il tempo era
davvero volato. Sospirai triste, sapevo che tra breve lui se ne sarebbe andato
ed io sarei rimasta sola “Cos’hai?” chiese, sembrava come se a volte non
riuscisse a leggermi la mente, mi scrutava attento “Nulla…quando si sta bene,
il tempo passa sempre troppo in fretta” risposi sinceramente guardando però
fuori dalla finestra, evitando di incrociare il suo sguardo “Hai ragione”
disse, lasciandomi spiazzata. Volsi gli occhi verso di lui e nei suoi lessi una
strana tristezza…
Lo squillo del telefono fece saltare entrambi, corsi a rispondere
“Pronto?” “Meredith!”
“Papà!” esclamai “Figliola stasera farò
tardi, abbiamo
avuto delle emergenze in periferia e devo restare qui per coordinare le
azioni
di intervento” “Non preoccuparti, papà. Io mi cucino
qualcosa, ti lascio la
cena nel fornetto e poi vado a dormire, ho studiato parecchio oggi, tu
però sta
attento” “Tranquilla. Grazie per la cena e chiuditi dentro!
Non aprire agli
sconosciuti!” “Certo, certo” dissi rotando gli occhi
al cielo “Ciao papà”.
Tornata in cucina, sapevo che Edward aveva ascoltato la mia
conversazione, ma ovviamente fece finta di niente “Tutto ok?” domandò “Si, era
mio padre. Rientrerà più tardi, a quanto pare stanno avendo dei problemi
ultimamente” “Di che tipo?” lo guardai, era incuriosito sapeva che c’era
qualcosa che non quadrava, in un paesino piccolo come Forks non succedeva quasi
mai nulla di pericoloso “A quanto pare, si sono avvicinati un gruppo di animali selvaggi, forse lupi o orsi e stanno uccidendo delle
persone nelle foreste al limitare di Forks, soprattutto cacciatori e
escursionisti” notai che s’era improvvisamente fatto pensieroso “Qualcosa non
va?” chiesi fingendomi tranquilla “No, no” si affrettò a dire “Devi andare?”
domandai non riuscendo a modulare il mio tono di voce “Tra un po’ sì, ma se
vuoi posso farti compagnia ancora per un’ora, se ti può far piacere” “Certo!”
risposi aprendomi in un raggiante sorriso. Mi aiutò a prendere i libri “Dove
dobbiamo sistemarli?” “Nella mia stanza” salii le scale e lui mi seguì, ero
emozionantissima. Una sensazione strana si impossessò del mio stomaco, avrei
voluto gridare che quando lui mi era vicino ero felice. Aprii la porta della
mia stanza, avvertendo la presenza di Edward alle mie spalle. Accesi la luce e
gli feci strada verso la mia scrivania “Poggiali pure qui, dopo li sistemo” lo
fece e si guardò attorno “Grazie mille” dissi io, attirando il suo sguardo su
di me. Fuori il temporale creava diversi giochi di luci e ombre e la pioggia cadeva
fitta e violenta sui prati.
“E
così questa è la tua stanza…” disse ad un certo punto “Così pare” risposi
alzando le spalle “E’ molto carina, semplice. Ti rispecchia molto” sussurrò
“Gra-grazie” balbettai non sapendo cosa dire. Ci fissammo per un po’, entrambi
interdetti, capire ciò che gli passava per la testa era difficile, Edward era
abbastanza criptico.
“Accomodati
pure” dissi, indicandogli la sedia a dondolo, io mi sedetti sul letto. Eravamo
uno di fronte all’altro “Allora Edward…” sussurrai “Dimmi qualcosa di te” lo
guardai negli occhi “Cosa vuoi sapere?” chiese gentile “Ho sentito che sei
stato adottato” “Esatto. Esme e Carlisle sono due veri genitori per me” rispose
e un luccichio illuminò il suo sguardo “Sei molto legato a loro” constatai “Si,
sono la mia famiglia e i miei fratelli completano la mia vita” mormorò
spostando lo sguardo fuori dalla finestra “Non potrei immaginarmi senza di
loro…” soffiò. Rapita dal suo tono di voce, soffocai un gemito. Niente al mondo
mi avrebbe mai potuto far sentire diversamente…mi colse di sorpresa quando,
voltandosi verso di me, i suoi occhi s’incatenarono ai miei. Vi leggevo
stupore, curiosità, ma quando si tinsero di un leggero nerastro sussultai sul
posto e il cuore si squarciò: dolore, un dolore che non poteva essere spiegato.
Generato dalla solitudine di una vita trascorsa a cercare un senso al proprio
vagare. Malessere nato dal sentirsi vuoti, soli, spenti…
Soffocavo
sotto il peso di tutto quello e quella sofferenza di Edward era la mia…
Pulsava
nelle vene con veemenza e vigore, pretendeva ascolto, pretendeva attenzione,
pretendeva le tue lacrime. Lacrime che io da umana potevo versare, ma lui…lui
era condannato ad una non vita, nella quale l’unico modo di sfogarsi era
cacciare, prendersela con la natura che bastarda lo aveva imprigionato in un
destino che lui non aveva avuto la possibilità di scegliere, ma che lo uccideva
giorno dopo giorno. Avrei voluto dargli la mia vita, condividere con lui parte
della mia umanità, ma non era possibile. Quel nostro guardarci in quel modo
così profondo, turbò molto entrambi, vidi la sua mano chiudersi a pugno e il
mio respiro si fece irregolare “Edward…” soffiai, lui si alzò e mi passò
accanto “Devo andare” disse “Scusami” e si dileguò dietro la porta. Io ero lì,
ferma sul letto, con lo sguardo fisso nel vuoto e il petto dilaniato dal dolore
della sua assenza…
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Capitolo 11 *** Incubi e visioni ***
Incubi e visioni
Salve a tutti…
Oggi non credo sarò di molte parole, penso di non
avere molta voglia di esprimermi…vorrei sbattere la testa contro il muro e poi
mettermi al pc e scrivere, scrivere e ancora scrivere finchè non mi verranno i
crampi alle mani…
Voglio però fare un sentito ringraziamento a tutti
coloro che mi seguono, che hanno inserito la storia tra i preferiti o seguiti e
che recensiscono. Mi date tanta fiducia e non so se me la merito…ma grazie di
vero cuore!!!
Dindy80:
è
un onore per me, essere tra le tue “scrittrici” preferite. Me lo merito sul
serio? Ho poca fiducia in me, s’è capito no? :). Eccoti il nuovo capitolo, mi
auguro di non averti delusa…bacio
Giulls:
tesoro
mio, stai tranquilla. Io ci sono per te e lo sai! Quando hai bisogno basta che
mi mandi un sms…spero che tu ti senta meglio, mi spiace saperti triste e va
bene, se vuoi ti avviso quando posto, sai che per me è importante sapere cosa
pensi dei miei scleri mentali! Ti voglio bene…
Piccola
Ketty: mi piace che tu mi segua, sai? Perché ammiro il tuo modo di scrivere e
quindi il fatto che tu legga le mie pazzie, mi rende orgogliosa. Ed è bello
sapere di avere un riscontro tra le mie scrittrici preferite J. Grazie cara,
di cuore!
Melody
Potter: benvenuta nel mio mondo! Grazie per i complimenti! Sarebbe bello se
continuassi a seguirmi, ne sarei onoratissima! Fammi sapere la tua opinione, ci
tengo al giudizio di voi lettori. Grazie ancora per esser passata di qui!
Vampiretta
Cullen: tesoro, ogni volta che leggo una tua recensione, finisco col
commuovermi!!! Tu mi elogi troppo, ma sei proprio certa che mi meriti tutte le
tue bellissime parole?!? Grazie, grazie e ancora grazie.
E
ora vi lascio al nuovo capitolo, da qui in poi le cose cambieranno.
Ditemi sinceramente che ne pensate…grazie infinite a
tutti e scusate la mia poca loquacità!
Capitolo 10 “Incubi e visioni”
Non
sapevo se sentirmi delusa o triste per l’atteggiamento di Edward, non trovavo
senso alla sua fuga e faceva male, di un male che solo chi amava profondamente
poteva capire, solo chi aveva vissuto una vita in completo isolamento poteva
comprendere o almeno provarci.
Eppure
lo amavo…si! Lo amavo più di quanto amassi quello che ero e non me ne pentivo.
Era quel sentimento a farmi sentire viva, a darmi motivo di esistere, mai prima
mi ero sentita così, se non quando mia madre era in vita. Lei mi dava tutto,
era la mia linfa vitale, la mia spina dorsale, la culla dove sentirmi
coccolata, la roccia su cui potevo poggiarmi quando ero triste, il rifugio
verso cui correre nei momenti peggiori, ma un male superiore e cattivo me
l’aveva strappata via, non dandomi né modo né tempo di abituarmi. Ma infondo
non si poteva fare l’abitudine alla perdita di qualcuno che si ama e non volevo
che quel baratro in cui ero caduta, mi risucchiasse di nuovo, trascinandomi
ancora più in fondo. Questa volta avevo la possibilità di lottare per quello in
cui credevo e sapevo, sentivo, percepivo che l’anima di mia madre era con me.
Forte
di quella presenza, mi alzai dal letto e preparai la cena per mio padre,
riponendola con cura nel fornetto, in modo che a qualsiasi ora fosse tornato,
potesse scaldarsela. Poi mi recai in bagno e mi gettai di peso nella doccia; sentivo la necessità di lavar via dalla mia
pelle la tristezza che s’era depositata su di me, avvolgendomi come una
pellicola. Insaponai abbondantemente il mio corpo nudo e mi strofinai con cura,
passando la mia spugna rosa numerose volte sui punti più dolenti: le mani e le
braccia che quel giorno avevano toccato Edward, il viso che lo aveva visto,
sentito il suo profumo e desiderato le sue labbra sulle proprie e infine il
petto, posto dove era racchiuso un cuore malato d’amore.
“Perché
piango se sto lavando via la sua presenza dalla mia pelle?” sussurrai a me stessa
tremante. Mi strinsi nelle braccia, come per infondermi coraggio e coccolarmi
da me, non trovando però alcun conforto; la presa sulla mia pelle divenne
ferrea e mi perforai con le mie stesse unghie, non avvertendo alcun dolore, ma
quando sciolsi l’abbraccio, i segni rossi erano ben evidenti e piccole
macchioline di sangue fuoriuscirono da esse, scivolate via poi con l’acqua.
Restai
inerme sotto il getto della doccia, occhi spalancati, bocca semiaperta, braccia
stese lungo i fianchi…e in quel momento sentii alle mie spalle una presenza.
Chiusi gli occhi, inspirando “Figlia mia”
“Mamma…” mormorai rauca “Mamma, mamma
dove sei?” la invocai piangendo “Sono qui
accanto a te, tesoro mio. Non me ne sono mai andata. Ogni volta che mi
penserai, che mi cercherai, guardati dentro e mi troverai. Segui il tuo cuore,
amore mio. Sempre.” un fruscio strano mi solletico la base del collo,
rabbrividendomi “TI voglio bene,
Meredith” poi più niente “Anche io, mamma…” sussurrai voltandomi ad
abbracciare il nulla “Anche io…” riaprii gli occhi, chiusi il getto dell’acqua
e uscii dalla vasca.
Un’ora
dopo ero sotto le coperte e stringevo al petto un orsetto di peluche beige, un
orso che avevo ritrovato in un cesto dentro l’armadio, probabilmente qualche
raro gioco che la madre di Bella aveva lasciato in casa, quando in fretta e
furia aveva fatto le valigie ed era andata via. Stretta a Andrew, questo il
nome che avevo dato all’orsetto, lasciai che Morfeo mi accogliesse tra le sue braccia.
“Tu
sai la verità!” gridò Edward venendomi incontro, mentre io chiudendo lo
sportello del pick up, lo guardavo stranita, spaventata “Che stai dicendo?”
balbettai “Sai benissimo di cosa sto parlando” sibilò tra i denti “Sei una
bugiarda!” mi urlò in faccia, una volta giunto davanti a me. Il mio sguardo
percorse tutto il suo corpo, ammirandolo in tutta l’imponenza di cui
quell’atteggiamento da arrabbiato, gli donava “Cosa vuoi da noi?” disse
afferrandomi per le spalle e scuotendomi, solo così mi ripresi e lo fissai
negli occhi. Erano neri come la notte, neri per la fame, neri per la rabbia.
Tremai. “Avanti dimmelo” mormorò ad un centimetro dalle mie labbra, fu
inevitabile spostare lo sguardo su di esse. La preda stava cedendo al suo
aggressore, la legge del più forte avrebbe avuto nuovamente la meglio: mi alzai
leggermente sulla punta dei piedi, socchiusi gli occhi e poggiai le mie labbra
sulle sue.
Un
terremoto interiore mi scosse tutta, i crampi allo stomaco divennero voragini,
la testa cominciò a pulsarmi in maniera violenta e il mio corpo sembrò
alleggerirsi, quasi volesse spiccare il volo. Le nostre bocche rimasero ferme,
le une sulle altre, fin quando fu lui a scostarsi; impaurita sbarrai gli occhi
di scatto, prendendo consapevolezza di ciò che avevo realmente fatto e
meravigliata di me stessa, mi portai una mano alla bocca, tastandola piano.
Sapeva ancora di lui, scottava della sua presenza. Edward mi guardava
stupefatto, le palpebre allargate, le labbra semiaperte, dondolò la testa
impercettibilmente, a destra e poi a sinistra, tornando a fissarmi con rabbia
“Non sarà un bacio a cambiare le cose. Credevo fossi diversa dalle altre
ragazze, pensavo fossi vera. Ho creduto di potermi fidare di te, forse col
tempo ti avrei raccontato tutto di me e avrei ceduto ai miei sentimenti, ma hai
rovinato tutto” disse, stringendo le mani a pugno, evidenziando il bianco delle
sue nocche “D’altronde cosa potevo aspettarmi da un insulso essere umano come
te. Sei niente!” sibilò tagliente.
Uno squarcio s’aprì nel mio petto e la leggerezza che poco prima quel bacio mi
aveva donato, svanì all’istante, lasciando spazio al nulla. Edward sogghignò,
voltandomi le spalle e andandosene “Non andartene” mormorai al vento impietrita
“Non lasciarmi anche tu…” sussurrai, mentre una lacrima scese a rigarmi il
volto.
“Meredith! Meredith!” l’immagine di Edward sfumava passo dopo passo, tutto intorno a me poi
divenne buio; avvertivo il mio corpo scuotersi violentemente “Perché, perché?”
gridavo “Meredith avanti apri gli occhi!”.
D’un tratto un bagliore fortissimo mi colpì in pieno volto, costringendomi
prima a chiudere gli occhi e poi a riaprirli; quando lo feci mi ritrovai nel
letto con Charlie seduto di fianco a me che mi scuoteva per svegliarmi
“Finalmente pigrona!” sorrise “Stamane sembra proprio che tu non voglia
alzarti. Stavi facendo per caso qualche bel sogno?” chiese avvicinandosi alla
porta, sobbalzai ripensando all’incubo e sbarrai gli occhi quando notai le mie
mani tremare e la mia bocca scottare, quasi come se fosse stato tutto reale.
L’entrata
nel parcheggio della scuola, fu catastrofica: degna della sbadataggine di
Bella, feci spegnere il pick up nel bel mezzo della strada, poi scendendo,
inciampai nei miei stessi piedi, facendo ridere degli studenti che erano nelle
vicinanze. Imprecai sotto voce e diedi tutta la colpa all’incubo che avevo
avuto quella notte. Non ero tranquilla e di conseguenza non badavo a quello che
facevo.
Stavo
sistemandomi lo zaino sulle spalle quando mi si avvicinò Alice “Stamane siamo
più distratte del solito?” chiese allegra, io sbuffai sentendomi tremendamente
in imbarazzo, poi come colpita da qualcosa, mi bloccai e fissai Alice tremando
“Che succede?” domandò preoccupata “Mica sa tutto?” chiesi supplicandola con lo
sguardo, lei inarcò un sopracciglio “Non capisco…” disse sfregandosi la testa
“Ho fatto uno strano sogno in cui…E…E…” deglutii “Insomma lui” dissi formando
con le mani due virgolette, Alice annuii storcendo la bocca e corrucciando la
fronte “Sapeva la verità e diceva di detestarmi, che ero niente per lui…e…”
avvertii un brivido ghiacciato e mi strinsi nell’impermeabile “Se ne andava…”
sussurrai chinando la testa. La risata cristallina di Alice ruppe il silenzio
“Meredith non dirmi che la tua sbadataggine è frutto di questo?” per quanto
fosse possibile, abbassai maggiormente il capo, desiderando di diventare
invisibile.
“Oh
ma dai!” mormorò dolce al mio orecchio “Non
succederà nulla di quello che ha
elaborato il tuo cervello fantasioso” disse Alice una volta che,
lontano da
orecchie indiscrete, le ebbi raccontato il sogno “Tu
credi?” chiesi, raggomitolandomi
nelle ginocchia “Prima o poi scoprirà la verità e
non vorrà più saperne di me”
soffiai “Concordo sulla prima parte, ma non sulla seconda”
proferì il folletto
“Ma se non vuoi che l’incubo diventi realtà, allora
devi sbrigarti a parlargli.
Più tempo passa e più diventerà difficile
nascondergli il tuo segreto,
oltretutto più tardi glielo rivelerai e più si
arrabbierà” decretò infine
alzandosi e spostandosi davanti a me. Alzai la testa per guardarla in
viso:
sembrava tranquilla e rilassata “Hai avuto qualche
visione?” domandai “Su di
voi?” chinò il capo di lato “Niente che sia vivido,
ma…” e si fermò “Ma cosa?”
incalzai “Nulla, nulla” disse “No, tu ora me lo
dici!” dissi raggiungendola
“Per favore” mormorai. Alice sospirò, chiudendo gli
occhi “E va bene mi hai
convinta, ma non voglio che mi venga imputata alcuna
responsabilità” disse
fissandomi negli occhi “Ok!” “Ho visto un
bacio” sbiancai “Un che?” chiesi
balbettante “Un bacio. Hai presente due labbra che si strusciano
una
sull’altra?” disse ridendo e colpendomi sulla testa con la
mano “Ma smettila!”
sussurrai arrossendo e scostandola da me, facendo così aumentare
la sua risata
“Il battito del tuo cuore è diventato improvvisamente
frenetico, chissà come
mai” “Uff. Alice ti sei sbagliata! Non ci sarà
nessun bacio tra me e chi sai
tu!” “Ma se c’era anche nel tuo sogno!”
“Non significa niente” “Ah senti
Meredith, io ho visto questo, punto! Sono certa, anzi certissima che
accadrà,
quindi vedi di muoverti a confessargli la verità. Voglio averti
a tutti gli
effetti come sorella, anche se ti considero già tale da
sempre” e sorrise,
trasmettendomi un calore unico “Grazie Ali”
“No” scosse il capo “Grazie di
essere entrata nelle nostre vite” “Forse nella
tua…” “E basta con questo
pessimismo!” disse accomodandosi al banco e aspettando il
professore di
letteratura “Tu non hai visto con che faccia è andato via
da casa mia, ieri”
mormorai prendendo il quaderno dallo zaino “Ti sbagli!”
proferì seria “Io l’ho
visto quando è rientrato nella sua stanza” la guardai
“Ero lì che l’aspettavo”
disse rispondendo così alla mia muta domanda, la fissai ancora
“Volevo vedere
come stava” mormorò fissando gli occhi sulla lavagna
“Tu avevi visto tutto”
l’accusai, lei annuì “Dovevi dirmelo” le dissi
stringendo la penna tra le dita
“E rovinarti il pomeriggio con lui? Mai!” sbuffai
sonoramente “Che razza di
amica ho?!?” “Un’amica che ci tiene a farti vivere in
modo naturale la nascita
di un rapporto d’amore” sussurrò al mio orecchio,
facendomi sussultare “Certo
come no” roteai gli occhi verso il cielo, scuotendo il capo.
“Ti
ha detto qualcosa?” le chiesi mentre ci recavamo insieme alla mensa “No. Ci
siamo fissati per tutto il tempo, poi lui ha deciso di uscire per andare a
caccia e da allora non l’ho più visto” rispose indicandomi con la testa il loro
tavolo, occupato solo da tre persone: Jasper, Rosalie e Emmet. Solo quando misi
piede a mensa, mi resi conto che quel giorno, Edward era assente; subito un
enorme senso di vuoto mi avvolse “Non stare così” disse Alice, poggiando una mano
sulla mia spalla, notando la mia espressione “E’ andato via, vero?” domandai catatonica “Tornerà
vedrai”, ma io non ne ero così sicura.
Per
quel giorno, pranzai a tavolo con Mike, Jessica e Angela, ma in realtà ero
mentalmente assente, alla ricerca di un possibile posto in cui Edward poteva
essere andato a rifugiarsi. Perché poi era scappato così? Cosa lo spaventava?
Che fosse colpa mia? Analizzai il mio comportamento del giorno prima, provando
a cercare qualsiasi cosa potesse averlo destabilizzato: a parte l’abbraccio,
non c’era stato altro, né gesto, né parole. A furia di pensare, mi venne un
terribile mal di testa che mi trascinai fino a fine giornata. Una volta al
parcheggio, saltai sul mio mezzo e mi incamminai verso casa; ad ogni metro mi
guardavo attorno, sperando di vedere Edward su qualche albero, o spuntare da
qualche angolo, ma niente “Ma dove cavolo
sei finito?” pensai tra me e me.
Per
tutto il pomeriggio, ebbi numerosi problemi a concentrarmi sullo
studio, non
riuscivo ad azzeccare neanche una formula di trigonometria, né
tanto meno a
studiare il capitolo di storia sull’indipendenza americana. Non
c’era nulla in
quella giornata che filasse liscio e ciò me lo confermò
una telefonata di mio
padre che oltre ad annunciarmi nuovamente un ritardo nel rincasare, mi
informò
su dei nuovi casi di omicidio a carico dei famosi “animali”
in libera
circolazione. Non appena attaccai, mi precipitai a prendere il
cellulare e a
telefonare ad Alice “Sapevo che mi avresti chiamata”
rispose “Bene vedo che la
classica formula <> con te è
bandita” dissi ironica,
provocando le sue risa “Sai anche perché ti
cercavo?” “Per quello non c’è
bisogno del mio potere da veggente” mormorò ridendo
“Immagino quindi che tu sia
in un posto in cui nessuno possa sentirci” “Domanda
sciocca” alzai gli occhi al
cielo “Avanti parla, cosa vuoi sapere” “E’
tornato?” “No” rispose secca e il
vuoto in me aumentò a dismisura “E’ capitato altre
volte che andasse via per
così tanto?” domandai laconica “Non di recente e
comunque è meno di un giorno.
Fossi in te non mi preoccuperei” “Ma come faccio? Io non ho
super poteri, non
posso aiutarlo, né tanto meno cercarlo. Non riesco a stare
tranquilla se non so
dov’è, non mi capacito di cosa ho fatto per farlo fuggire
in questo modo..” “Alt,
alt!” mi fermò Alice “Stai parlando a vanvera. Non
è colpa tua se ora Edward
non è qui. Semplicemente vuole starsene per conto proprio. Sei
stata proprio tu
a dirmi che leggendo i libri, hai scoperto che lui in passato si
è ribellato al
regime di Carlisle e quindi è stato lontano da casa. Edward
è un riflessivo, ha
bisogno di tempo per capire le cose, deve analizzarle sistematicamente
passo
dopo passo, vedrai che giungerà ad una conclusione e
tornerà qui da noi” il suo
tono di voce s’era ammorbidito “Mi auguro solo che sia una
soluzione che lo
faccia star bene” soffiai rassegnata “Sono convinta che
saprà scegliere il
giusto per tutti, se cederà a quello che gli suggerisce il
cuore” risi “Cuore?”
chiesi esterrefatta “Beh, fisiologicamente in noi vampiri non
batte, ma c’è,
altrimenti non si spiega perché riusciamo ad innamorarci e ad
affezionarci alle
persone. Se Edward lascerà parlare il cuore, non farà
felice solo me, ma anche
te” “Dovevi fare la regista Alice” dissi
d’improvviso, dando voce ai miei pensieri
“E perché mai?” domandò stranita
“Perché sei brava a farti film mentali” risposi
facendola ridere di nuovo “Ah Meredith mia cara!”
proferì teatralmente “Mi
spiace deluderti, ma non sarò mai una regista, bensì una
stilista” immaginai
l’aria sognante con la quale pronunciò quelle parole. Mi
portai una mano alla
tempia per massaggiarla, il mal di testa non voleva proprio darmi
tregua, poi
d’un tratto mi ritornò in mente un passo del libro
“Alice!” gridai “Ti sento,
non c’è bisogno di perforarmi i timpani!”
decretò “Come se potessi” risposi “Ma
bando alle ciance. Ho pensato a dove potrebbe essere tuo
fratello” “Avanti,
sentiamo!” “A Denali” “Come nel libro?”
domandò “Si…” “Mi sbaglio o lui
avvisava Carlisle del suo viaggio” “Giusto, ma magari ora
ha deciso di partire
e basta, forse perché non sapeva ancora dove sarebbe
andato” ipotizzai “Si, è
probabile, ma se avesse deciso qualcosa lo avrei visto. L’unica
visione mi
mostra lui che girovaga tra i boschi, nient’altro”
“Vero, tu puoi vedere quale
decisione prenderà, l’avevo scordato” sbuffai
“Meredith, smettila di
torturarti. Appena saprò qualcosa sarò io a farmi
sentire. Ora pensa a
riposare, domani ci aspetta un compito in classe di letteratura”
esasperata
sbuffai ancora e salutai il folletto.
Se
proprio potevo scegliere un potere da vampira, volevo la capacità di annullare
i pensieri, mi sarebbe stato davvero utile. Mi stesi sul divano in salotto a
vedere la televisione, non ero per niente affamata, bevvi solo una camomilla,
sperando mi aiutasse a distendere i nervi, ma ebbe l’effetto contrario, infatti
quando Charlie rincasò intorno alla mezzanotte, mi trovò lì. “Meredith che ci
fai ancora alzata?” domandò entrando “Non riesco a prender sonno” “Sei
preoccupata per qualcosa?” “Domani ho un compito in classe” risposi deviando il
discorso verso argomenti più consoni ad un discorso con un padre “Se hai
studiato andrà bene” “Già…” mormorai accingendomi verso le scale “Provo ad
andare a letto” dissi “La cena è nel forno” “Grazie tesoro. Buonanotte”
Buonanotte papà” e il buio calò su di me.
Percorrevo
la strada verso casa sul mio pick up e mi stavo lasciando avvolgere dalle note di
una vecchia canzone anni ’60. Era domenica
ed erano trascorsi ben sette giorni, da quando si erano perse le tracce di
Edward ed io non sapevo più cosa pensare. D’un tratto, scorsi un viottolo che
dava sul bosco e mi fermai di colpo, parcheggiando al bordo della strada. Non
so per quale motivo ma quel luogo mi fece ripensare al capitolo di “Twilight”,
in cui Edward portava Bella alla radura e lì, per la prima volta, si
confessavano i loro sentimenti .“Cavolo!” esclamai sorpresa “Perché non ci ho
pensato prima?” dissi scendendo dal pick up e guardandomi intorno. Il mio
telefono prese improvvisamente a squillare “Pronto?” “Stai attenta! Il bosco è
un posto pericoloso, ci sono in giro dei vampiri nomadi. Comunque non vedo
niente per ora, quindi hai campo libero, in ogni caso tieni ben aperti gli
occhi e quando vedi Edward digli che lo aspetto per un chiarimento” borbottò Alice
a ruota libera “E anche questa volta avevi previsto tutto, vero?” sghignazzò
“Dovevi arrivarci da sola” disse per tutta risposta “Si, ma se me lo avessi
detto subito, mi sarei risparmiata i mal di testa” sbuffai “Non pensarci, corri
da lui. Sai quello che devi fare” “Grazie Alice. Spero che mi faccia finire di
parlare, prima di giungere a conclusioni affrettate”.
Una
volta salutata Alice, mi incamminai a passo felpato nel bosco, sperando che la
dea bendata fosse dalla mia parte e mi guidasse da lui.
Camminai
per circa un’ora per una strada selciata, tra arbusti, erbacce e alberi di ogni
tipo, stavo quasi per rassegnarmi e tornare indietro, quando al limitare,
scorsi una luce filtrare tra le foglie degli alberi “La radura” mormorai.
Ripresami, corsi velocemente nella direzione da dove proveniva quella luce e
quando vi giunsi, restai affascinata: un enorme distesa verdeggiante si
presentava ai miei occhi e nonostante le nuvole, risaltavano di qua e di là, le
macchie variopinte dei fiori; in lontananza si udiva poi, lo scrosciare dell’acqua,
probabilmente da quelle parti, vi era qualche fiume. Non appena ricordai il
motivo per cui ero giunta fin là, cominciai a guardarmi intorno, ma non c’erano
altro che erbe, fiori, alberi, nessuna traccia di Edward; questa volta Alice si
era sbagliata o forse lui, percependomi arrivare, si era allontanato. Sospirai
rassegnata e mi lasciai andare sul prato; chiusi gli occhi e in breve la
tristezza si fece nuovamente largo in me, costringendomi a piangere. Mi portai
un braccio sulle palpebre, per nascondermi e mi morsi la lingua per trattenere
i singhiozzi.
“Ti
prego non piangere” sussurrò una voce alla mia sinistra. Sussultai per lo
spavento e girandomi di lato, spalancai gli occhi per la sorpresa e mi ritrovai
a boccheggiare in cerca d’aria: Edward era lì, gli occhi dorati puntati su di
me, cerchiati da evidenti occhiaie nerastre. Gli abiti erano gli stessi del
giorno in cui era stato a casa mia, segno che non era mai rientrato in casa
Cullen.
Si
sedette di fianco a me, continuando a fissarmi; gli occhi continuarono
a
lacrimarmi, allora lui passò un dito sulla mia guancia e ne
portò via una
goccia “Preferisco quando ridi o quando sul tuo volto compare
quell’espressione
di beatitudine, come poc’anzi quando hai visto questo
posto” mormorò accennando
un sorriso e indicandomi la radura con un gesto teatrale della mano
“Edward”
soffiai “Perché…” deglutii
“Perché sei sparito?”, lui scostò lo sguardo,
fissando l’orizzonte “Avevo bisogno di stare un po’
da solo con me stesso” e
come se avesse udito qualcosa, chiuse gli occhi “Dovevo capire
delle cose…” si
limitò ad aggiungere “Ho avuto paura” mi lasciai
sfuggire, ma non me ne
vergognai. Dovevo essere sincera con lui, era arrivato il momento
giusto.
Edward tornò a scrutarmi con attenzione “Il bosco è
un posto che nasconde mille
insidie, lo credo che hai avuto paura. E ancora non mi spiego cosa tu
ci faccia
da sola in questo posto. Non è prudente…” scossi il
capo non lasciandolo finire
di parlare “Ma non mi riferivo a quello” dissi
“Ah…e a cosa?” “Ho temuto che non
ti avrei più rivisto”, lui sussultò, non si
aspettava di certo quella mia
risposta “Meredith…” soffiò “Sei
così…” mi accarezzò il viso con evidente
esitazione “Fragile…”, io chiusi gli occhi godendo
per quel gesto inaspettato.
“Non mi avresti perso comunque” decretò “Sarei
tornato prima o poi…” aggiunse
poco dopo, costringendomi a riaprire gli occhi “Alice era
convinta di questo”
dissi, lui sorrise “Alice, Alice” e scosse il capo
“Lei e le sue folli idee” sospirò
“Adoro tua sorella! La sua allegria è contagiosa”
ridacchiai “Le voglio molto
bene” dissi chinando la testa e giocherellando con un filo
d’erba “E lei ne
vuole molto a te. Ti considera come una sorella” sorrisi contenta
“Sa di me
molte cose” accennai guardando Edward sottecchi “Avevo
capito che avevate un
segreto che vi legava” affermò “Non temere”
dissi volgendo la mia attenzione a
lui “Ora racconterò tutto anche a te…”.
Edward mi osservò, negli occhi
un’espressione di accesa curiosità irradiava le sue
pupille dorate “Solo se
vuoi…” mormorò suadente “Voglio e
devo!” risposi sicura di me “E’ giusto che tu
sappia come stanno realmente le cose, promettimi solo che mi farai
finire prima
il discorso e poi dirai cosa pensi. Non lasciare che la rabbia
prevalga…”
chiarii guardandolo “D’accordo” disse avvicinandosi
“Sono qui e ti ascolto” e
mi fece segno con le mani di cominciare. Presi un bel respiro, conscia
che dopo
la mia confessione, molte cose sarebbero inevitabilmente
cambiate…
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Capitolo 12 *** La verità ***
La verità
Salve
a tutti,
mmm…questa
settimana posto prima perché non so se sabato avrò la possibilità di farlo, in
quanto torno a casa per qualche settimana e parto proprio di sabato. Spero vi
faccia piacere questo piccolo anticipo :p…
Io
devo ringraziarvi, ma non so come fare se non a parole…6 commenti per me è il
massimo e poi vedo che ci sono molti che hanno inserito la fan fiction tra i
seguiti/preferiti e ne sono onoratissima! Dico sul serio!!! Grazie, grazie di
cuore! Mi state facendo un regalo, non credevo che ricominciare a scrivere
potesse farmi così bene…è una sensazione che non provavo da tanto tempo.
Giulls: Edward in quel sogno, non è stato affatto
delicato, anzi…in questo capitolo vedrai se ci hai visto giusto o meno. Spero ti
piaccia, fammi sapere cosa te ne pare. Ti voglio bene…
Melody Potter: grazie mille…son contenta che ti sia
piaciuto! Mi auguro possa essere di tuo gradimento anche questo ^^. Grazie per
esser passata di qui e aver lasciato una recensione :).
Vampiretta Cullen: ehm…perdono. So di essermi fermata sul più
bello, ma non potevo far accadere tutto nello stesso capitolo u.u. Io amo i
papiri!!! E ti ho letto volentieri! Anzi non sai quanto mi hai fatto piangere
con le tue parole, ma davvero pensi queste cose??? Che tesoro che sei!!! Grazie,
grazie, grazie!!!
Dindy80: le tue parole sono arrivate inaspettate e
nel momento giusto, sai? Ero parecchio a terra, ma quando ho letto la tua
recensione, prima sono scoppiata a piangere e poi cavoli ho sorriso!!! Ma proprio
tanto! E ho affrontato meglio lo studio!!! Grazie, non sai quanto mi hai
aiutata!!! Spero vivamente che continuerai a seguirmi e che la storia resti
piacevole…grazie, grazie e ancora grazie!!!
Piccola Ketty: oooh non arrossire, su! Ho detto solo
quello che penso :)! Beh eccoti la confessione, ti piacerà??? Chissà…fammi
sapere!!!
_Aislinn_: tesoro mio! Non sai quanto ho voglia di
vederti e parlare con te!!! E di abbracciarti, ti ripeto ciò che ti ho detto
ieri: se ti va di parlare di qualsiasi cosa, io sto qui!!! Quando mi vuoi basta
un sms e ci sentiamo!!! Ti sono vicina!!! Grazie per le tue recensioni, la tua
presenza, il tuo sostegno, senza tutte queste cose, probabilmente questa fan
fiction e tutte le altre, non esisterebbero…!!! Grazie di cuore…bacione…
E
ora vi lascio al fatidico capitolo…cos’accadrà??? Si accettano scommesse :P…alla
prossima…
Capitolo 11 “La verità”
“Mi
chiamo Meredith” mi bloccai fissandomi le mani “Questo lo
so” disse lui gentile
“Va avanti” proferì sorridendomi, io annuii
“Il mio secondo nome non è
Isabella, ma Vicky” deglutii “E…e di cognome non
faccio Swan, ma Garner”
scrutai attentamente Edward per cogliere la sua reazione. Non fece una
piega,
arricciò solo leggermente il labbro superiore, ma non disse
niente, allora
decisi di proseguire “Sono nata il 28 giugno di diciassette anni
fa. Non sono
di Forks, ma sono nata e cresciuta a Detroit, i miei genitori, George e
Lizzy,
sono originari di lì” “Sei stata adottata?”
domandò curioso, negai col capo “No…sono
sempre vissuta a Detroit” alzai il capo per osservare il cielo
“E cosa ci fai
qui? E Charlie?” Edward cominciò a manifestare
un’eccessiva curiosità.
Curiosità che ricollegai subito a quella descritta da Bella nel
libro. Sorrisi
per questo, provocando ulteriori domande “E ora perché
sorridi?” chiese “Perché
questa situazione ha dell’incredibile, credimi” ridacchiai,
portandomi la mano
alla bocca “E’ totalmente assurda! Qui ora non dovrei
esserci io, non dovrei
dirti queste cose e tu non dovresti interessarti a me, alla mia
storia…”
sospirai esasperata “Che casino!” scossi la testa incredula
“Sai che non sto
capendo niente di quello che stai dicendo, vero?” risi
“Ecco! Ad esempio, queste
parole non avresti dovuto dirle tu” “In che senso,
scusa?” chiese un po’
infastidito “Hai ragione. La tua curiosità è
legittima, ora ti spiego, solo che
è difficile” “Beh, usa le stesse parole che hai
usato per dirlo ad Alice, se
può esserti d’aiuto” disse facendo spallucce
“Si, direi di si. Ma con lei avevo
il vantaggio che sapeva già tutto o quasi” lo scrutai
cogliendo uno strano
barlume accendersi nei suoi occhi “Mmm…”
mugugnò qualcosa tra i denti “Io non
sono di questo mondo, Edward” mi guardò stranito
“Nel senso…mmm…come faccio a
spiegartelo?!?” domandai a me stessa, sfregandomi il mento
“Sei un’aliena!”
disse indicandomi col dito e facendo una finta espressione di terrore,
provocando la mia risata “Ma no che dici?” risposi
spingendo via la sua mano
con la mia “Forse è più facile che ti dica
questo” fissai i miei occhi nei suoi
“Io so cosa siete tu e la tua famiglia” dissi seria.
Immediatamente
l’espressione di Edward cambiò e lo sguardo si
scurì “Prima che tu possa dirmi
qualcosa, sappi che non voglio distruggere nessuno, ne altre cose
simili. Mi
trovo qui per puro caso, non so neanche come ci sono capitata e se so
quello
che so non è perché ho poteri particolari”
“Spiegati meglio” mormorò freddo “Un
libro” sospirai “O meglio una saga, narra di te e della tua
famiglia. Va molto
di moda e le ragazzine di mezzo mondo, sono pazze di un certo vampiro
dai
capelli ramati, sai?” dissi ironica, grattandomi la testa e non
riconoscendomi
per nulla in quel modo di fare leggermente strafottente e scherzoso
“Che cavolo
stai dicendo?” domandò alterato “Quello che ho
detto. C’è una saga di quattro
libri che narra della storia d’amore tra una giovane umana di
nome Isabella
Swan e un vampiro di nome Edward Cullen” dissi voltandomi a
guardarlo. Lui
sobbalzò, spalancando gli occhi “Non è
possibile!” sussurrò “Oh si, credimi. Te
l’ho detto: questa storia ha dell’incredibile”
risposi portando le mani sotto
le ginocchia e dondolandomi “Ma che razza di storia è
questa!” disse alzandosi
“No, aspetta!” gridai, lui si girò a guardarmi
“Non andartene. Hai promesso di
farmi finire di parlare” Edward strinse le mani e si
riaccomodò, questa volta
un po’ più lontano da me. Vedendo quel distacco, sorrisi
malinconica:
l’allontanamento che avevo messo in conto, si stava tessendo
dinanzi ai miei occhi,
ma dovevo andare fino in fondo.
“Avanti
continua” disse non guardandomi “Una sera ero nella mia stanza a leggere il
terzo libro di questa saga, quando Andrew…” a quel nome Edward ringhiò
leggermente, io inarcai un sopracciglio confusa, ma non ricevendo risposta,
proseguii “Dicevo…quando Andrew entrando in stanza m’interruppe, invitandomi
gentilmente a chiudere il libro e a dormire, perché secondo lui leggere mi
faceva isolare dal mondo. Ecco: il giorno dopo mi sono risvegliata nel letto di
casa Swan e da allora sono Meredith Isabella Swan” soffiai, poggiando il mento
sulle ginocchia. Il silenzio di Edward divenne, secondo dopo secondo, sempre
più pesante: non respirava, non si muoveva, non parlava. Sospirai triste “Puoi
non credermi, ma è così…” dissi “Cosa sai esattamente?” domandò d’improvviso
“Tutto!” lo guardai “So che siete vampiri. Tu sei stato il primo ad essere
trasformato da Carlisle nel 1918, stavi morendo di spagnola, i tuoi genitori
erano già stati uccisi da quella pandemia” Edward sbarrò gli occhi sconvolto
“So anche che Carlisle è il promotore di una dieta un po’ particolare: non vi
cibate di sangue umano, ma di quello animale. Non volete essere dei mostri, è
questo che dici a Bella nel libro” sorrisi leggermente, Edward tornò ad
ammutolirsi “All’inizio ti sei ribellato al regime vegetariano di Carlisle, ce
l’avevi a morte con te stesso perché non riuscivi a resistere al richiamo del
sangue umano, così hai deciso di andare per la tua strada, ma hai sempre ucciso
coloro che se lo meritavano: violentatori ad esempio” mi fermai per respirare
“Tu hai il potere di sentire i pensieri degli altri, mentre Alice ha il potere
della preveggenza e Jasper quello di manipolare le emozioni” tornai a fissare
Edward, il quale stringeva tra le mani un ceppo d’erba, come a trattenersi da
qualcosa “Emmet ha da parte sua la forza fisica, Rosalie la bellezza, Esme
l’amorevolezza e Carlisle la bontà d’animo” mormorai guardandomi le punte delle
scarpe “Alice e Jasper sono arrivati da soli, lei ha avuto una visione e si
sono uniti alla vostra famiglia. Rosalie, come te, è stata trasformata da
Carlisle, Emmet è stato trovato in fin di vita dalla stessa Rosalie che temendo
di non riuscire a resistere al richiamo del sangue, lo ha portato da vostro
padre e da allora sono indissolubilmente legati” “Assurdo!” sibilò Edward,
alzai la testa per osservarlo “Lo so!” dissi sostenendo il suo sguardo “E so
anche che sei molto arrabbiato con me ora, ma non ho deciso io di finire nella
vostra storia. La cosa più buffa è che Alice dice che esistete realmente e che
qui, questi libri non sono mai arrivati” “Alice mi ha nascosto tutto, come ha
potuto?” quasi urlò prendendo a pugni il terreno “Non darle alcuna colpa, se
devi prendertela con qualcuno, questa sono io. Non volevo sconvolgervi la vita”
“Beh se proprio non volevi farlo, allora dovevi andartene immediatamente!”
proferì duro. Sbarrai gli occhi, ma non per la paura, bensì per la tristezza.
Sorrisi malinconica “Si, forse sarei dovuta fuggire, ma prova a metterti nei
miei panni” sussurrai “Da un giorno ad un altro, ti ritrovi in un posto che non
conosci e a vivere una vita che non è tua. Ero sconvolta, spaventata, non
sapevo cosa fare. Ho provato a telefonare ad Andrew, ma il numero risulta
inesistente…io…” mormorai, la mia voce incrinata dal pianto. Chiusi gli occhi e
trattenni le lacrime “Capisco se non vuoi perdonarmi, ma voglio che tu sappia
che non voglio ferirti, ci tengo a preservare te e la tua famiglia” “Perché?”
tornai a guardarlo “A quale scopo?” domandò con più calma. I suoi occhi si
fissarono nei miei, un moto di paura mi colse di sorpresa, ammutolendomi.
Perché volevo proteggerli? Non lo sapevo neanche io.
“Hai
perso l’uso della parola?” chiese poco dopo, negai con la testa “Semplicemente
non so cosa risponderti. Non credo ci sia un motivo, trovo giusto agire così.
Ti ripeto: non dovrei esserci io qui” “E chi?” “Bella Swan, la nuova
studentessa arrivata a Forks, da Phoenix. Figlia dell’ispettore di polizia
Charlie e di Reneé. La vostra storia d’amore è stupenda…” soffiai con aria
sognante “Come…?” “Come mai ti sei sentito attratto da lei?” terminai per lui
“Il suo sangue cantava per te. << La tua cantante >> parola di Aro”
Edward mi fissò stranito “Si, so anche dell’esistenza dei Volturi. Quei libri
sono ricchi di preziose informazioni, non avrei mai pensato che potesse essere
tutto vero” sorrisi laconica poi proseguii “Tornando a te e Bella, inizialmente
volevi ucciderla, ti sei chiesto chi era quel diavolo tentatore venuto a
distruggere tutto quello che eri, ma ti sei controllato” dissi guardandolo “Ti
sei nutrito tanto e le hai rivolto la parola, anche per cercare di capire
perché non riuscivi a leggerle nel pensiero” Edward sussultò “Uno scudo la
proteggeva e ti impediva di penetrarle la mente” “Mi capita anche con te…” soffiò,
io lo scrutai attenta. “A volte riesco a leggere i tuoi pensieri, altre volte
no, come se, appunto, tu ergessi uno scudo” questa volta fui io a sobbalzare
per la sorpresa. “Mi viene da pensare che chiamandomi di secondo nome Isabella,
e essendo una Swan qui, abbia ereditato questa cosa da lei, ma è alquanto
sciocca come conclusione” dissi “Non direi” aggiunse Edward “Le stranezze la
fanno da padrone in questa storia. Non mi meraviglierei se la spiegazione fosse
quella a cui sei giunta tu. Quello che non capisco è come fa questa scrittrice
a conoscerci e come tu sei finita qui” “Sono le stesse domande che mi sono
posta anch’io, senza trovare però, alcuna risposta”.
Da
quel momento in poi, tra noi calò il silenzio. Non ero in grado di
interpretarlo, mi limitavo a guardare Edward di sottecchi, provando a captare
le sue reazioni, ma era rimasto immobile come una statua. Probabilmente anche
lui si stava ponendo delle domande ed era legittimo che fosse così, dovevo
averlo parecchio sconvolto col mio racconto. Rimuginai sulle cose accadute,
alle parole che avevo usato, chiedendomi se avessi fatto bene ed essere così
diretta, Alice non mi aveva anticipato nulla né io, per l’ansia, le avevo
chiesto qualcosa. Nonostante l’iniziale reazione di Edward, io mi sentivo finalmente
libera di un gran peso, non dovergli più nascondere i miei pensieri era un
sollievo, anche se dovevo continuare a controllarmi, non volevo capisse che mi
piaceva. Ripensai poi al fatto che lui a tratti potesse leggermi e a momenti
no: una cosa buffissima che mi tranquillizzava in parte. Il punto era capire
come facevo ad attivare lo scudo. Mi maledii per non aver letto il quarto
libro, lì Bella si esercitava nell’uso del suo potere, cose che sapevo sulla
scia delle parole della mia compagna di banco e di internet.
D’improvviso
sbuffai, quando mi ricordai di non essere sola, arrossii e mi voltai verso il
bel vampiro che mi guardava inespressivo “Scusa” sussurrai a bassissima voce.
Edward si alzò, io abbassai la testa, conscia che stava per andarsene “Andiamo”
disse. Di scatto rialzai il capo per fissarlo allibita “Vuoi rimanere qui?”
domandò freddo “No” “E allora sbrighiamoci. Charlie sarà preoccupato per te”
“Impossibile” mi guardò come a chiedermi spiegazioni “E’ fuori per lavoro.
Danno la caccia agli animali di cui ti ho parlato l’altro giorno. Ovviamente
loro pensano che siano lupi, orsi, ma in realtà è qualcosa di ben diverso e che
ha le fattezze di un essere umano” Edward, che camminava davanti a me, si fermò
di colpo “Sono vampiri nomadi: due maschi e una femmina” dissi “Anche questo lo
hai letto nel libro?” chiese “Si” udito ciò, riprese a camminare.
Camminammo
nel bosco in religioso silenzio, o meglio: io ero impegnata a cercare di stare
al passo veloce di Edward, tentando di non inciampare. Raramente, egli si
voltava indietro per vedere se ero ancora viva e appena se ne accertava,
tornava a dirigere il suo sguardo davanti a sé, fingendo che non esistessi. Di
mio, avevo completamente svuotato la mente, non riuscivo a pensare a nulla di
logico, ero caduta in catalessi. Quando spuntammo sulla strada, intravidi,
accanto al mio pick up, una Mercedes nera che riconobbi subito come la macchina
di Carlisle. “Alice” borbottò Edward non appena mi accostai a lui.
Guardai
Edward, poi la portiera dell’auto aprirsi e rivelarmi la piccola figura di
Alice; sorrisi nel vederla, come sempre era bellissima nel suo minuscolo abito
azzurro. Ci venne incontro, non staccando mai gli occhi dal fratello, nel
momento in cui fummo uno di fronte all’altro, mi sentii quasi di troppo.
Nessuno fiatava e in me si fece largo un certo senso di inquietudine. Fu in
quel momento che capii che le cose sarebbero peggiorate se fossi rimasta, forse
aveva ragione Edward: dovevo andarmene, trovare un posto in cui nascondermi.
Magari rifarmi una nuova vita, una nuova identità in un’altra città e
dimenticarmi definitivamente del mio passato, di Forks e dei Cullen.
Improvvisamente,
avvertii addosso lo sguardo di Alice, alzai immediatamente la testa e un basso
ringhio partì dal petto di Edward “Non farlo, Meredith” disse seria, io sbarrai
gli occhi, poi chinai nuovamente il capo di lato, fissando l’asfalto
“Devo...Credimi, Alice: sarà meglio per tutti” sussurrai esausta “Non per te”
rispose lesta “E lo sai anche tu!” continuò avvicinandosi e prendendomi per le
spalle. Ci guardammo negli occhi, ma non potevo permettermi di lasciarmi
convincere “E che ne sarà di Charlie? Ci hai pensato? È pur sempre un ispettore
di polizia, comincerà a cercarti ovunque…” proferì facendo sussultare
“Meredith, resta” mormorò in tono suadente, io chiusi gli occhi “Non saranno i
tuoi metodi da cacciatrice a convincermi, Ali” li riaprii decisa “Io devo
andarmene!”, Alice sbuffò.
“Ha
ragione lei, Alice” intervenne Edward “Questo non è il posto adatto a lei”
sibilò guardandomi con intensità, uccidendomi l’anima “Non dire cazzate! Non è
per le tue paranoie che permetterò a Meredith di mettersi in pericolo!” gridò
Alice “Noi non siamo fatto per stare insieme agli umani!” ringhiò un Edward
fuori controllo. I loro occhi s’accesero di rabbia e mi sentii la diretta
responsabile di tutto quello che stava accadendo. Piano iniziai ad
indietreggiare, accostandomi al pick up, aprii la portiera fermandomi, alzai lo
sguardo e li osservai: la loro muta conversazione proseguì non permettendogli
di capire quello che stavo per fare. Solo quando accesi il motore, entrambi si
voltarono verso di me, Alice sbarrò gli occhi, Edward girò la faccia stringendo
i pugni, io mi morsi il labbro inferiore e trattenni i singhiozzi. Feci marcia
indietro e poi partii spedita, passando accanto a loro, potei udire chiaramente
la voce di Alice “Non farlo, Meredith!”, dallo specchietto retrovisore vidi Edward
trattenerla per un braccio, lo ringraziai mentalmente, sperando mi potesse
sentire “Mi mancherai Edward. Può non
fregartene niente, ma tu sei molto importante per me…addio”, mi sembrò di
vederlo sussultare, ma sapevo che era una visione frutto della mia fervida
immaginazione.
Giunta
a casa, cominciai a pensare a mille modi per dire a Charlie che volevo andarmene;
quando varcai la soglia, il silenzio della casa vuota mi colpì in pieno volto,
un rigido soffio di vento saettò nell’aria facendo sbattere violentemente
l’anta della finestra contro il muro; corsi immediatamente a chiudere il tutto,
guardandomi attorno terrorizzata, avevo la sensazione che qualcuno fosse lì.
Salii
in stanza e misi quanti indumenti possibili nello zaino e provai a cercare mio
padre sul cellulare “Papà? Papà?” dissi, ma dall’altro capo solo un fruscio,
spaventata attaccai e mi misi a piangere. Poi d’un tratto preoccupata per
Charlie, scesi correndo le scale, con in spalla lo zaino, saltai nuovamente sul
pick up e mi diressi alla centrale. Mezz’ora dopo ero arrivata a destinazione,
entrata nella stazione mi avvicinai al piantone “Scusi, c’è l’ispettore Swan”
chiesi affannata “Chi lo desidera?” rispose l’agente “Sua figlia” ansimai “Ah
la signorina Swan!” esclamò “Suo padre è fuori con un altro agente, stanno
perlustrando la zona” “Capisco. Ho provato a cercarlo sul cellulare, ma sembra
staccato” “Stia tranquilla! Tra un’ora dovrebbero rientrare, se vuole può
aspettarlo nel suo ufficio” “No, preferisco tornare a casa. Mi sa dire in che
zona sono andati?” “Verso la riserva di Forks, quasi al confine con il
territorio dei Queiliuts” sussultai “La ringrazio” e andai via.
Decisa,
mi diressi verso la zona indicatami, pregando che non fosse successo nulla di
grave; mi fermai di colpo quando vidi la volante di mio padre posteggiata lungo
la strada, parcheggiai e mi diressi verso la macchina, ma di Charlie nessuna
traccia. Sbuffai portandomi una mano tra i capelli e smuovendoli copiosamente,
l’agitazione non mi aiutava a ragionare e inizia a guardarmi attorno
nervosamente “Oddio e ora da che parte devo andare?”. Poi notai un piccolo
viottolo e mi avviai in quella direzione “Papà! Papà!” cominciai a chiamare, ma
l’eco della mia voce tornava indietro. Oramai era pomeriggio inoltrato, erano
partiti dalla mattina presto, possibile non fossero ancora tornati indietro?
D’improvviso
da dietro un albero, vidi spuntare dei piedi e mi bloccai spaventata “Papà?”
chiamai, ma non giunse alcuna risposta. A quel punto mi avvicinai deglutendo e
ciò che vidi mi fece tremare: Charlie riverso a terra svenuto, mentre stringeva
tra le mani un fucile “Papà! Papà!” gridai chinandomi su di lui. Misi una mano
sotto la sua testa e sentii che si bagnava, ritrassi il braccio e notai una
chiazza rossa sulle mie dita “Oddio!” esclamai, mi guardai intorno “Aiuto! C’è
qualcuno??? Per favore aiutatemi” gridai, stringendomi a Charlie. Possibile che
il suo collega lo avesse abbandonato? Poi un flash mi colpì: i vampiri nomadi!
Probabilmente c’era il loro zampino dietro a tutta questa faccenda.
Improvvisamente,
alle mie spalle un fruscio di foglie mi fece irrigidire, d’istinto afferrai il
fucile e lo strinsi nelle mani quando udii dei passi. Non appena i rumori
terminarono, mi girai di scatto, puntando il fucile verso la persona in
questione, ma dovetti tirarmi indietro “Meredith sono io!” urlò un ragazzetto
scuro “Jacob?” domandai, lui venne alla luce e lo riconobbi “Che ci fai qui da
sola?” chiese, poi guardò alle mie spalle e sbarrò gli occhi quando vide mio
padre “Che è successo a Charlie?” domandò allarmato “Non…non lo so” sussurrai
piangendo “Sono venuta a cercarlo, perché ero preoccupata e l’ho trovato qui”,
Jacob si avvicinò “Era con un suo collega in perlustrazione. Aiutami Jake per
favore” soffiai “Ora lo portiamo in ospedale. Sei col pick up?” annuii “Bene,
forza guidami verso esso!” e ci incamminammo insieme nel bosco.
Mezz’ora
più tardi eravamo in ospedale, immediatamente gli infermieri del pronto
soccorso ci vennero incontro e presero di peso Charlie per metterlo su una
barella. Una volta entrati, ci accolse il dottor Cullen e sussultai quando lo
vidi “Meredith” soffiò fissandomi intensamente, abbassai gli occhi piccata:
sapeva già tutta la verità. Strinsi i pugni e deglutii “Cos’è successo
all’ispettore?” disse cominciando a visitarlo “Non lo so. L’ho trovato in
queste condizioni nel bosco”, immediatamente Carlisle alzò gli occhi verso di
me “Era con un suo collega a caccia degli animali selvatici che stanno creando
problemi agli escursionisti” mormorai sostenendo il suo sguardo “E l’altro
agente?” domandò “Non era nelle vicinanze, ma mi sembra strano che lo abbia
lasciato da solo lì. Temo che ci abbiano pensato gli animali…” soffiai,
Carlisle si limitò ad annuire.
“Credo
che dovremmo tenerlo in osservazione. Ha preso una bella botta in testa, ma
niente di grave, si riprenderà” disse Carlisle, uscendo dalla stanza “E’
sveglio?” “Si” “Posso vederlo?” domandai in lacrime “Certo, ma non fatelo
sforzare troppo” rispose guardando prima me e poi Jacob, il quale non mi aveva
mollata un attimo. Mi accomodai nella camera e non appena Charlie mi vide,
sorrise “Papà” sussurrai accarezzandolo “Figliola” rispose con voce debole
“Ciao Charlie” mormorò Jacob alle mie spalle “Ehilà ragazzo. Ci sei anche tu.
Quante persone hai avvertito?” chiese poi rivolgendosi a me “Nessuno papà.
Jacob era nel bosco quando ti ho trovato” ammisi “Il bosco, il bosco” sussurrò
toccandosi la fronte “Non sforzarti ora, cerca di riposare” dissi io “Eravamo
appena arrivati in quella zona, con me c’era Hustin. S’era incamminato in
avanti per controllare che il viottolo proseguisse senza intoppi, poi d’un
tratto ho sentito un boato, uno sparo e sono corso a vedere, ma sono caduto e
da allora non ricordo altro” disse portando una mano dietro la testa e
storcendo la bocca per il dolore “Hai battuto la testa, il dottor Cullen dice
che ti riprenderai presto” “Mi ha visitato Carlisle?” chiese, io annuii “Bene,
allora posso stare tranquillo” sussurrò prima di chiudere gli occhi.
Uscita
fuori dalla stanza, sospirai pesantemente “Meredith vedrai che tornerà presto a
casa, nel frattempo se hai bisogno di qualsiasi cosa conta pure su me e mio
padre” disse Jacob, poggiando una mano sulla mia spalle “Grazie Jacob, sei un
vero amico” risposi guardandolo, ma subito dopo sobbalzai e iniziai a tremare:
alle sue spalle, in lontananza, vidi comparire Alice seguita da Edward.
Venivano proprio verso di noi. Notando i miei occhi stralunati, Jacob si voltò
“E quelli chi sono?” domandò sorpreso “I figli del dottor Cullen” risposi io
rapita.
Alice
accelerò il passo e ci raggiunse in un batter d’occhio, Edward, invece,
proseguiva lentamente “Meredith, sei qui. Ho saputo di tuo padre, mi dispiace
tanto” disse abbracciandomi “Grazie per il pensiero, ma non dovevate
disturbarvi a venire fin qui” risposi guardando prima Alice e poi suo fratello
“Nessun disturbo. Sei la mia migliore amica e non potevo fare a meno di
esserci” sospirai, scuotendo la testa. Notando lo zaino alle mie spalle, gli
occhi di Alice luccicarono per qualche istante “Gita fuori porta?” domandò, io
inarcai un sopracciglio, mentre Jacob mi scrutava attenta “E’ vero Meredith!”
disse “Non avevo fatto caso al tuo bagaglio. Stavi andando da qualche parte?”
“Ma no!” risposi stizzita “Sono abiti che avevo portato in lavanderia e che
sono andata a riprendere, tutto qui. Abbiamo la lavatrice rotta a casa” pessima
scusa, Alice ridacchio, Edward mi fulminò con lo sguardo e Jacob, poverino, era
l’unico ad avermi creduto. “Ora puoi venire a lavarli alla riserva, papà sarà
felice di averti a casa” disse entusiasta, io tremai “Non voglio creare
disturbo. Domani arriverà il tecnico e il problema sarà risolto” dissi,
sperando che Jacob non insistesse “Ma adesso sarai sola a casa per questa
settimana, come farai?” chiese Alice “Mi arrangerò” “Potresti venire da noi per
qualche giorno fino a quando non dimetteranno tuo padre dall’ospedale”, io e
Edward sussultammo nello stesso istante e la fissammo sconvolti, i suoi occhi
brillavano e il suo viso era divenuto paffuto come quello delle bambine che
chiedono un regalo ai propri genitori “No, Alice. Non posso” sibilai “Dai, dai.
Esme sarà felicissima di averti a casa e anche Carlisle. Sono certa che tuo
padre starebbe più tranquillo sapendoti a casa nostra, piuttosto che da sola”
mormorò “E i tuoi fratelli?” chiesi fissando di sottecchi Edward “Loro non
saranno un problema” rispose lesta. Sbuffai, portandomi una mano tra i capelli
“Meredith” mi chiamò Jake ed io mi voltai a guardarlo “Tuo padre si fida dei
Cullen, probabilmente la tua amica ha ragione. Va da loro, farai stare
tranquilli tutti quanti” ecco: ora anche Jake ci si metteva, ma non erano
nemici licantropi e vampiri?
Roteai
gli occhi verso il cielo “Devo chiedere a mio padre” dissi rivolgendomi ad
Alice “Ma ora sta dormendo” “Veramente è appena entrata l’infermiera per
somministrargli dei farmaci” rispose indicandomi la porta aperta. Strabuzzai
gli occhi: era tutto contro di me. “Ho capito” mormorai afflitta “Vado a
domandare” e mi allontanai.
“Signor
Swan, ora le farò una puntura, sentirà solo un pizzicotto” “Mmm…faccia presto”.
Mi avvicinai cauta “Papà” sussurrai “Meredith, sei ancora qui?” annuii “Senti
papà…visto che per qualche giorno dovrai restare qui” dissi guardandomi le mani
“Non è che posso andare a stare da Alice” deglutii “Alice Cullen…mi ha appena
invitato” alzai la testa per fissare Charlie “E’ qui fuori” e indicai il
corridoio “Certo tesoro, farai stare più tranquillo il tuo vecchio”. Anche mio
padre, quel giorno, era contro di me. Dopo le sue parole, udii le grida di
gioia di Alice e pregai che tutto filasse liscio e mi preparai psicologicamente
ad affrontare i Cullen al completo, ero certa che le domande non sarebbero mancate.
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Capitolo 13 *** La famiglia Cullen ***
La famiglia Cullen
Salve…
Eccomi
di nuovo qui tra voi. Tra le splendide e meravigliose persone che vivono nel
mondo di efp. Un’altra settimana se n’è andata a tra una decina di giorni,
terminerà la mia “vacanza” a casa e dovrò tornare a Macerata.
Sono
stati giorni particolari questi, molto…ho capito tante cose e ho deciso
finalmente con la consapevolezza che è giunto il momento di fare qualcosa per
me stessa. Solo ed esclusivamente per me…
Ma
lasciamo stare questo…ringraziarvi mi sembra davvero troppo poco, sono
ripetitiva ormai, vi stancherete prima o poi u.u. Ma mi date gioia, che ci
volete fare? :).
Piccola Ketty: grazie Ketty per l’incoraggiamento. No, non
è un grande periodo, ma io non mollo, sono testarda e spero che tu stia meglio,
ho notato che eri giù e mi è dispiaciuto molto! Si ho sconvolto tutto, ho
esagerato? Te che dici? Aspetto la tua opinione anche su questo capitolo.
Bacio…
Giulls: e devi resistere, cara mia! Ora è qui il
capitolo e…sai già. Ci conto a ricevere il tuo giudizio. Sono tanto cambiata in
questi mesi, credo che questo abbia influenzato anche il mio modo di
scrivere…tu che ne pensi? Ti ascolto…:)
Melody Potter: sono sempre contenta di vedere che passi
sempre di qui. Felice di ricevere la tua opinione. Spero non manchi neanche
questa volta…
Dindy80: grazie, grazie e ancora all’infinito
grazie! Ormai credo di aver usato tutti i termini possibili che conosco…ehm, no
forse tutti no, ma non me ne vengono in mente altri. Mi meraviglio sai, di
essere seguita, è una sensazione strana. Scrivo perché mi fa stare bene, mi
piace e…voglio comunicare le mie emozioni. Ci riesco secondo te? Mah…aspetto il
tuo giudizio su questo capitolo...:)
Vampiretta Cullen: la mia piccola e dolcissima Malù! Quanto ancora
dovrò ringraziarti?!? all’infinito e oltre, mi sa!!! E sono felice di farlo! Cosa
mi dirai di questo capitolo? Ti piacerà??? Ho paura…temo di deluderti e non
voglio…
E
dopo i mille convenevoli, vi lascio al capitolo. Data l’ora tarda, sarebbe il
momento di andarsene a dormire, mi accingo a farlo. La musica ha allietato la
mia serata…ah quanto la amo ^^. Basta coi convenevoli, sono folle…ma è tutto
dovuto alla mia decisione e mi sento meglio. Tanto. Bacio a tutti…
Capitolo 12 “La famiglia Cullen”
Alice
e Edward aspettarono che accompagnassi Jacob alla riserva e poi mi seguirono
con la Mercedes
fino a casa. Una volta arrivati, Alice scese dall’auto e si accostò a me “Hai
bisogno di altri abiti? Quelli che avevi preso per scappare non vanno bene?”
domandò sarcastica “Spiritosa!” ribattei io “Ho dimenticato i libri di scuola.
Torno subito” e sparii dietro la porta d’ingresso. Percorsi velocemente il
salotto, recuperai lo zaino della scuola, poi salii in camera, afferrai il
restante materiale e uscii nuovamente.
“Parcheggia
il pick-up” mi disse Alice, non appena la raggiunsi; io corrucciai la fronte e incrociai
le braccia al petto “Arriveremo prima con la nostra macchina” spiegò,
accompagnando le parole con un gesto della mano “E poi non ti servirà il tuo
mezzo. Verrai con noi a scuola” aggiunse poi, vedendo che non aprivo bocca.
Esausta, roteai gli occhi al cielo, poi feci come mi aveva detto e mi accinsi
ad entrare in auto con loro.
Sott’occhio,
osservavo Edward guidare con finta tranquillità, ma dalla rigidità del sua
posizione, traspariva chiaramente che era nervoso e non voleva essere lì in
quel momento. “Meredith” mi chiamò il folletto distraendomi “Dimmi” risposi
annoiata “Come ti senti?” sbarrai gli occhi, non mi aspettavo quella domanda
“Non saprei” dissi, posando il mio sguardo fuori dal finestrino e ammirando il
buio del crepuscolo. “Sono stati quei nomadi a far fuori il collega di papà,
vero?” chiesi con noncuranza, quasi come se il fatto mi fosse estraneo “Si”
soffiò Alice “Immaginavo” sospirai “Hanno risparmiato Charlie, eppure era
ferito, l’odore del suo sangue avrebbe dovuto attirarli” mormorai consapevole
del reale pericolo che “mio padre” aveva corso “E’ probabile che qualcosa li
abbia allontanati o erano semplicemente sazi” disse lei “O stanchi di giocare”
aggiunse Edward. Era la prima volta che apriva bocca, fino a quel momento si
era limitato ad ascoltarci “I vampiri amano giocare con le loro prede. Il
collega di tuo padre è stata solo l’ultima di una lunga serie. Charlie è stato
molto fortunato. Non si scherza con quelli della nostra razza, soprattutto con
quelli che non seguono la nostra stessa alimentazione” mormorò calmo, io
deglutii “Lo so” soffiai, entrambi ci fissammo attraverso lo specchietto
retrovisore.
Un’oretta
dopo, giungemmo presso la loro casa, ma che dico! La villa dei Cullen!
Sbarrai
gli occhi stupefatta, la descrizione di Bella era ben lontana dalla
realtà, ma
d’altronde era complicato rendere giustizia a una meraviglia come
quella. Scesa
dalla macchina, mi persi nell’ammirare l’imponente
struttura, Alice si fermò
accanto a me “Ti piace?” chiese curiosa “Molto. Esme
ha davvero grande stile”
mormorai “Puoi giurarci! Non immagini poi quanto sia meravigliosa
la villetta
sull’Isola Esme” trillò sghignazzando, voltai di
scatto la testa verso di lei
“Beh…non ho avuto modo di leggerne i particolari, è
tutto scritto nel quarto
libro” sussurrai “Si, ma sai cosa accade lì e quel
dettaglio è il più succulento”
disse dandomi una gomitata e facendomi arrossire. Edward ci guardava
interrogativo, poi senza dire niente, girò le spalle e
entrò. Sospirai triste
“Gli passerà vedrai” mormorò Alice “Non
credo. Ce l’avrà sempre con me” ammisi
“E’ orgoglioso e anche tanto. Ma quando vuole bene a
qualcuno, diventa
dolcissimo. Dagli il tempo di elaborare l’accaduto”
ammiccò facendomi strada.
Aprì la porta e un ampio salone occupò tutto il mio campo
percettivo; ci
vennero incontro una donna dai capelli color del caramello, occhi
dorati e
pelle bianchissima. Bella, bellissima. “Oh è così
tu sei Meredith!” disse
prendendomi la mano. La sua voce era calma e allo stesso tempo dolce
come una
ninna nanna “Alice mi ha parlato tantissimo di te. Posso
abbracciarti?”,
incantata annuii e mi sciolsi quando le sue braccia mi avvolsero
teneramente.
Spalancai gli occhi e tornai indietro nel tempo…:
<< ”Mamma, mamma guardami!” “Mery scendi dal
muretto! È pericoloso!” gridò allarmata una donna dai morbidi lineamenti, dai
lunghi capelli color dell’oro, occhi castani che alla luce del sole,
diventavano verdi “No, mamma, non mi farò nulla. Io sono Peter Pan e ora
volerò!!!” rispose una bimba paffutella, saltando da sopra al muretto e
ruzzolando per terra “Oddio!” la donna si alzò di colpo dalla panca e corse
verso sua figlia; la prese tra le braccia “Mery, ti sei fatta male?” la bimba
dagli enormi occhioni, la guardò triste e due lucciconi le rigarono il volto
“Amore mio, ti avevo detto di stare attenta” le disse la donna, guardandole
mani e gambe, fortunatamente illese “Perché non posso volare come Peter Pan?”
balbettò la piccola, asciugandosi gli occhi con il braccio “Perché non porta
anche me sull’isola che non c’è?”, la mamma le sorrise dolcemente e l’accarezzò
“Figliola, più desideri una cosa e meno questa si avvera. Devi portare pazienza
e avere tanta, tanta immaginazione. Peter Pan vive nei sogni, arriva solo se ci
credi davvero” le sistemò una ciocca dietro le orecchie “Ti fidi della tua
mamma?” “Si” mormorò arrossendo “Bene e allora chiudi gli occhi” disse
alzandosi in piedi “Chiudili bene però, non sbirciare, altrimenti non
funziona”, la piccina annuì. La donna l’afferrò per le braccia e l’alzò verso
il cielo, cominciando a girare in tondo; la bimba sorrideva beata, percependosi
leggiadra, quasi come se il vento la portasse via. “Apri gli occhi Mery!”
sussurrò la madre, la bambina obbedì e quando vide il cielo azzurro attorno a
lei, spalancò la bocca meravigliata “Mamma, mamma sto volando!” “Hai visto?
Basta crederci e tutto si avvera”. Quando la polverina magica della piccola
Trilly finì, la piccola Mery tornò a terra “Che bello ho volato! Grazie mamma”
e si gettò tra le braccia della donna che la strinse forte al suo petto
cullandola “Ti voglio bene, piccina mia”… >>
Dopo
lo stordimento iniziale, mi lasciai andare e strinsi Esme, inspirando il suo
odore: vaniglia e fragola. “Vedo che la nostra ospite è arrivata” mormorò una
voce alle spalle di Esme, la quale si scostò da me “Buona sera dottore”
“Diamoci del tu, mi sento meno vecchio” ammiccò, io accennai un sorriso “Va
bene, Carlisle. Grazie per la vostra ospitalità, non saprò mai come
ricambiarvi” “Non ce n’è bisogno” sussurrò Esme “Siamo lieti di averti qui con
noi. Gli amici dei nostri figli sono sempre i benvenuti in questa casa” aggiunse
Carlisle “Anche quelli che vengono da un mondo lontano e sanno tutto di voi?”
domandai guardandoli interrogativi, Esme sorrise e Carlisle si strinse nelle
spalle “Avremo modo di parlarne con calma, se vorrai, nessuno ti obbligherà a
farlo”, scossi il capo in senso di diniego “No, è giusto che racconti ogni cosa
anche a voi” “Va bene cara, ma ora va su nella tua stanza, lavati, sistemati e
poi scendi per la cena. Mi sono deliziata a prepararti tante cose buone”
ammiccò felice.
Alice
mi accompagnò verso la stanza a me destinata “Ecco: questa è la tua camera e lo
sarà per tutte le volte che vorrai” disse, mentre io la scrutavo meravigliata:
era enorme, le pareti erano tinteggiate di un rosa tenue e i mobili perlati con
su piccole roselline, richiamavano qua e là, il colore delle pareti. Il letto a
baldacchino, superava qualsiasi immaginazione. Sul lato sinistro una porta dava
nel bagno, luogo più piccolo, ma altrettanto grazioso. “Non so che dire”
sussurrai “Non dire niente. Esme si è divertita a sistemarla per te” mi girai
di scatto “Che vuol dire?” chiesi agitata “Che questa stanza fino a ieri era un
semplice sgabuzzino, poi ho avuto una visione di te che venivi qui e l’ha
sistemata, ma tu stavi per rovinare tutto volendotene andare via” disse
imbronciandosi “Come vedi sono ancora qui” “E ci rimarrai” proferì seria
“Vedremo” dissi per tutta risposta “Ora pensa a rilassarti, la cena ti aspetta”
“Ehm…” deglutii “Chi ci sarà giù?” “Tranquilla…se ti riferisci a lui è nella sua stanza e non credo che
si muoverà di lì per oggi” l’espressione che fece esprimeva tutto il suo
disappunto “Capisco” mormorai guardandomi le punte dei piedi “Ora vado, ti
lascio preparare”, detto questo chiuse la porta, lasciandomi sola in balia dei
miei pensieri.
Ridestandomi,
presi lo zaino e tirai fuori tutto quello che avevo, ma mi assalì un dubbio:
che cosa dovevo mettermi? Il pigiama? O un jeans con una maglietta? Sbuffai e
dopo tanto pensare, optai per un semplicissimo e comodo jeans; mi rilassai
sotto il getto della doccia, accompagnata dalle melodie di una dolcissima
musica. Quando uscii dal bagno, mi vestii frettolosamente e aprendo la porta,
potei notare che la musica proveniva da una stanza infondo al piano. Passando
davanti alla porta della camera affianco alla mia lessi su “Alice e Jasper”,
quella da cui, invece, fuoriuscivano le note musicali era la stanza di colui
che volevo evitare: Edward. Vibrai, ma il mio corpo non voleva saperne di
muoversi; restai impalata lì, ad immaginarmi Edward steso sul divano di pelle
nera ad ascoltare ad occhi chiusi un vecchio cd anni 60. Poggiai una mano e la
fronte sulla porta e rilasciai un sospiro pesante e carico di tristezza: il
pensiero che non ci saremmo mai chiariti, mi uccideva.
Accortami
di essermi trattenuta troppo, feci retro front e mi diressi in cucina; passando
per il salotto notai poi davanti all’enorme balcone, un meraviglioso pianoforte
a coda e sorrisi dolcemente, immaginando Edward che suonava la sua ninna nanna
per Bella. Ci passai su le dita, accarezzandolo, come se questo potesse farmi
sentire più vicina a lui “E’ di Edward” disse una voce maschile alle mie spalle,
facendomi sobbalzare. Quando mi girai, mi trovai un ragazzo dal viso pieno di
cicatrici che mi guardava curioso “Non ti avevo sentito arrivare” soffiai,
portandomi una mano sul cuore, il quale aveva preso a battere freneticamente.
“Io sono Jasper” annuii “Io Meredith” ci scrutammo per un po’, fin quando il
piccolo folletto non giunse da noi saltellando allegra “Vedo che vi siete già
presentati” trillò mettendosi sotto il braccio di suo marito, gesto che mi
intenerì “Dai vieni, Meredith. Esme ti aspetta” annuii e li seguii in cucina.
Lì vi trovai anche Rosalie e Emmet, oltre che Esme e Carlisle e ciò mi
innervosì un po’, temevo tantissimo la reazione della bionda. “Cara accomodati”
disse Esme scostando la sedia, obbedii “Grazie” mormorai arrossendo e facendo
sghignazzare Emmet “E’ sempre divertente, vedere qualcuno che arrossisce” lo
guardai schioccando la lingua “Mmm indisponente la Signorina” disse,
sfregandosi il mento con le dita “Piacere, io mi chiamo Emmet, sono il macho
della casa” proferì porgendomi poi la mano “Mmm io sarò indisponente, ma tu sei
parecchio presuntuoso” risposi facendo ridere tutti, Emmet sbarrò gli occhi
sorpreso poi prese a ridere anche lui “Piacere di conoscerti comunque”, poi
volsi il mio sguardo verso Rosalie che se ne stava a braccia incrociate,
poggiata ad uno dei mobili della cucina e mi scrutava attenta “Ciao” la salutai, Emmet si girò verso
di lei e le sorrise dolcemente andandole incontro e prendendola per mano; poi
la trascinò verso di me “Lei è la mia bellissima moglie, Rosalie” proferì
orgoglioso, gli occhi di lei si accesero “Smettila scimmione!” sibilò “Ma dai
amore! Non farti subito riconoscere” sussurrò lui ridendo, lei per tutta risposta,
alzò gli occhi al cielo “Siete proprio belli insieme” soffiai, attirando la
loro attenzione, sorrisi “Modestamente” rispose Emmet indicandosi, io inarcai
un sopracciglio dubbiosa “Se proprio debbo dirla tutta” dissi “E’ Rosalie che
rende affascinante la vostra coppia, di certo non tu” aggiunsi, portando le
mani ai fianchi. Rosalie, inizialmente stupefatta, accennò un sorriso. “Dai,
dai ora fatela mangiare” disse d’improvviso Esme, posando a tavola un piatto di
lasagne, il mio stomaco traballò e arrossii, notando lo sguardo di tutti su di
me. Portai la prima forchettata alla bocca, nascondendomi il volto con l’altra
mano “Ehm…” mi fermai “Qualcosa non va?” chiese Esme preoccupata, negai col
capo “E’ che…ecco vedete…” deglutii “Mangiare con 12 occhi puntati addosso è un
po’ difficile” confessai “Scusaci, ce ne andiamo” intervenne Carlisle “Ma no!”
dissi “Restate, solo cercate di non guardarmi in quel modo” “Quale modo?”
chiese Emmet, grattandosi la testa “In attesa che mi succeda qualcosa, perché
mangio cibo umano” dissi, lui rise “Beh effettivamente non so proprio come fai
a mangiare quella robaccia. Ha un odore disgustoso” proferì tappandosi il naso
e storcendo la bocca “Naaa!” risposi “Sono buonissime. Esme sono eccezionali”
“Davvero ti piacciono?” chiese con sguardo scintillante, annuii mesta, fiondandomi
poi completamente con la testa nel piatto. Mi sentivo a mio agio con loro,
parlottammo tutta la serata, anche Rosalie, raramente, mi rivolse la parola.
Ridemmo, scherzammo, giocammo a carte, nessuno mi fece sentire un’estranea,
un’umana o mi fece pressione per sapere la verità. Per la prima volta in vita
mia, mi sentivo una persona normale.
Dopo
il mio millesimo sbadiglio, Alice decise che era ora di andare a letto a
dormire, le obbedii immediatamente, salutai tutti e mi recai al primo piano.
Giunta fuori la mia stanza, mi bloccai con la mano sulla maniglia e girai la
testa verso la porta della stanza di Edward. Aveva spento lo stereo, chissà
cosa stava facendo. Abbassai lo sguardo e mi fissai le mani. Decisa mi diressi
verso la sua porta e inspirando e espirando più volte bussai, ma non udii alcun
rumore. Proprio quando stavo per andarmene, sentii il cigolio della porta e
Edward mi comparve davanti. Immediatamente, affogai nei suoi occhi, perdendo ogni
sprazzo di lucidità e dimenticandomi quello che volevo fare “Vuoi qualcosa?”
chiese scocciato “Solo salutarti” dissi, lui sembrò quasi sorpreso “Bene”
rispose tornando serio e restando impalato sulla porta. “Bene…” ripetei io,
meccanicamente. “Ok” sussurrai “Ti lascio alle tue cose…a domani” mi girai per
andarmene e sentii la sua porta chiudersi.
Quando
fui nella mia stanza, mi lasciai scivolare lungo il muro e mi rannicchiai su me
stessa; il cuore, maledetto, pulsava violentemente contro la cassa toracica e
doleva. “Mamma…” soffiai “Come puoi chiedermi di ascoltare il mio cuore se mi
fa soffrire?” dissi portandomi entrambe le mani tra i capelli. D’un tratto,
udii un rumore e sobbalzai spaventata. Mi alzai guardandomi intorno “Meredith,
sono Alice”, andai verso la porta e le aprii “Ciao Ali” dissi “Posso entrare?”
annuii “Non hai sonno?” domandò “Non molto, in verità” mormorai “Ti conviene
riposare, domani ci aspetta una lunga giornata di scuola” suggerì lei “Già…”
“Non hai molta voglia, vero?” “Per niente, ma devo. Non voglio deludere
Charlie. L’idea di avere un <> mi piace” sorrisi “Ti manca il
tuo vero padre?” chiese Alice, accomodandosi sul letto “No” risposi
raggiungendola “Infondo non lo conosco affatto. Più che altro, mi manca l’idea
di averlo, di ricevere le sue attenzioni. Non so se mi sono spiegata bene”
mormorai, Alice annuì “Se resterai qui, avrai Charlie e noi. Saremo la tua
famiglia” sussurrò sorridendomi “Siete tutti gentilissimi e tu sei dolcissima
Alice. Ma la mia famiglia è altrove ed io devo trovare il modo di tornare lì.
Andrew ha bisogno di me” “E se non ci fosse un modo per farti ritornare alla
tua vera casa?” ipotizzò, io strabuzzai gli occhi “Cosa faresti? Fuggiresti
davvero?” “Darei un dolore a Charlie” sospirai “Credo che aspetterei il diploma
e poi me ne andrei in qualche college lontano di qui” “Si dai vieni con noi al
college!” trillò Alice “Non posso. Se me ne vado, è anche per non creare
problemi a voi” “Ancora con questa storia?” sbottò irritata “Come devo
spiegarti che non è così? Lo fai solo per colpa di quello stolto di Edward!”
sibilò, voltandosi verso la porta, sapendo perfettamente che il fratello era in
ascolto “Giuro che se ti fa allontanare da me, gli stacco la testa con le mie
mani!” “No, Alice!” intervenni dura “Non pensarlo neanche, capito?” bisbigliai
“Lascialo stare. Ha tutte le ragioni del mondo per comportarsi in questo modo,
non possiamo costringerlo a comprendermi. Va bene così e poi voi siete fratello
e sorella e non permetterò che per colpa mia, litighiate” Alice mi guardò
comprensiva “Gli voglio comunque bene, spero che almeno questo lui lo sappia”
sospirai infine; una carezza fredda si posò sulla mia gota calda e portò via
l’unica lacrima sgorgata dai miei occhi “Ora vai a nanna”, annuii dirigendomi
poi verso il bagno. Sistematami, mi stesi nel letto e dopo parecchio riuscii a
prendere sonno, sognando, anche per quella notte, di me e di Edward…
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Capitolo 14 *** Il racconto di Meredith ***
Il racconto di Meredith
Ed
eccoci nuovamente qui.
So
che è tardi, ma non mi va di dormire…ultimamente faccio le ore piccole a
leggere, tutto pur di non…mmm…pensare? Si credo proprio che la mia mente
ultimamente si rifiuti di pensare.
Grazie
a tutti per l’immenso affetto dimostratomi, spero di meritarmelo tutto!!!
Melody Potter: sempre lieta di leggere che continui a
seguirmi. Gradirai anche questo capitolo??? Incrocio le dita :)…
Dark Angel 1935: la mia adorata Jenny!!! È stato
emozionante rileggere una tua recensione, sai??? Una vera sorpresa e mi spiace,
ma l’infarto m’è preso ugualmente, dovresti avvertirmi quando fai queste cose
u.u…meglio che non mi ci abituo, però :P. Grazie per tutto tesoro mio…ti devo
molto!!! Ti voglio bene…
Dindy80: credo che qui Edward ti farà ancora più
rabbia. Più in avanti si chiariranno tante cose, mi auguro avrai ancora la
voglia di seguirmi. So che sono capitoli un po’ tristi, ma quando li ho scritti
ero davvero di pessimo umore oO. Perdono…Scriverò sempre per me, amo troppo
farlo…:). Grazie!
Vampiretta Cullen: ci rivedi me??? Ogni mio personaggio ha
qualcosa del mio carattere…non so cosa abbia Meredith di mio. Forse la sua
passione per la musica, l’innata tendenza a chiudersi, a ragionare troppo, ad
amare totalmente…già…:). Onestamente non lo so, ma si, di certo ci sono anche
io in questa storia, non riesco a scindermi, sono per prima coinvolta! Fammi sapere
che ne pensi, anche se leggi la nuova storia. Ci tengo a sapere la tua
opinione!!! Un abbraccio fortissimo!
Piccola Ketty: tu mi lusinghi troppo!!! Sono arrossita,
mi sento peggio di un peperone. Eccoti il nuovo capitolo, mi auguro vivamente
che possa piacerti. Temo di deluderti…di deludervi tutte…accidenti alla mia
poca stima u.u. Povere voi che dovete sopportarmi…bacio e grazie cara!
_Aislinn_: vorrei davvero aiutarti…fare di più per
te, mi sento così impotente e non posso sopportarlo, uff!!! Sappi che appena
salgo dobbiamo vederci!!! Ci facciamo una bella chiacchierata, ok? Grazie a te per
i complimenti, sono davvero tanto felice che questa storia ti prenda. Aspetto di
sapere la tua opinione anche su questo nuovo capitolo. Bacio!
So
di essermi dilungata, scusate u.u, a volte scrivo troppo. Buona lettura e un ringraziamento speciale va a tutti coloro che
mi hanno inserita tra i preferiti/seguiti e mi leggono silenziosamente. Aspetto
anche il vostro giudizio, ci tengo! Bacio.
Capitolo 13 “Il racconto di Meredith”
“Meredith!
Meredith!” tuonò una voce nel mio orecchio destro “Alice, ma sii più delicata,
così le farai avere un colpo” rispose un’altra voce “Ah mamma! Se non facciamo
così, non si sveglierà mai!” disse, scuotendomi. Aprii un occhio alla volta e
mi trovai davanti Alice e Esme “Buongiorno” sbiascicai con la voce ancora impastata
per il sonno “Ah finalmente!” trillò il folletto “Sbrigati, altrimenti faremo
tardi!”, mi girai a guardare l’orologio sul comodino e vidi che erano appena le
sette del mattino. Sbarrai gli occhi e guardai Esme “Scusala, ma secondo lei ci
metterai tempo a fare colazione”, fissai Alice sbalordita “Solitamente ci metto
quindici minuti a bermi il latte coi cereali” “Si, ma io debbo aiutarti a
vestirti, quindi ho bisogno di tempo per decidere il da farsi”, alzai un
sopracciglio confusa “Cosa devi fare?” domandai incredula “Ti aiuto a scegliere
le cose da indossare” rispose battendo le mani “Oh no, Alice! Non sarò la tua
bambola!” tuonai alzandomi dal letto e chiudendomi in bagno.
Una
volta arrivata in cucina, bevvi tranquillamente il mio latte e mangiai i cereali
al cioccolato che Esme mi aveva lasciato sul tavolo. Mentre lavavo la tazza,
sentii dei passi alle mie spalle e mi voltai incuriosita “Buongiorno” mormorò
Edward “Ehm…ciao” risposi sorpresa e dandogli nuovamente le spalle. Appariva,
scompariva, chi lo capiva era veramente bravo! Agitata continuai a occuparmi
della cucina, ma il tremore nelle mani mi era di ostacolo, tanto che la tazza
mi scivolò nel lavello, non rompendosi “Accidenti a me” imprecai “Problemi?”
chiese Esme entrando in cucina e guardando stranita me e poi Edward che era
rimasto lì, seduto su una sedia “No, no” mi affrettai a dire “Ho sistemato le
cose che avevo messo in mezzo. Dove devo mettere la tazza?” chiesi indicandola
“Lascia stare, faccio io” rispose Esme, aprendo l’anta del mobile e riponendoci
dentro la tazza “Vai pure a prepararti” aggiunse, togliendomi dal viso un po’
di sapone e facendomi arrossire “Ok, grazie per tutto” dissi congedandomi “Di
nulla cara. Ah mi sa che in camera tua troverai Alice. Quando sono scesa, si
stava lamentando del fatto che i tuoi vestiti non andavano per nulla bene”
sbarrai gli occhi e mi portai una mano alla fronte “Oh no, povera me!” mi
lamentai “Non le permetterò di fare quello che faceva con Bella” dissi a me
stessa, poi mi tappai la bocca, ricordandomi dov’ero “Ehm…scusate!” mormorai
grattandomi la testa “Vado” e corsi via.
Entrata
in camera, come anticipatomi da Esme, trovai Alice che mi aspettava con le
braccia incrociate al petto e un piede che batteva frenetico a terra “Alice se
non la smetti, sfonderai il pavimento” dissi ironica, passandole accanto “Sei
una ragazza, Meredith! Dovresti vestirti con maggiore attenzione” sibilò “Non
seguo la moda, non mi piace attirare l’attenzione e poi i jeans sono
comodissimi per andare a scuola” risposi “Dovresti provarli” aggiunsi
sorridendo “Non farmi arrabbiare” “Senti Ali. Ho accettato di venire qui, di
non andarmene, ma ti supplico non venirmi a dire come vestirmi. Se c’è una cosa
che detesto è avere gli sguardi di tutti su di me e conoscendo i tuoi gusti e
sapendo come conciavi Bella, preferisco fare da me, se non ti spiace”, la sua
bocca si piegò verso il basso, io sospirai “Non ti offendere, Ali…”, non
rispose. Sospirai rassegnata e la vidi sorridere, aveva già visto tutto, come
al solito “Grazie, grazie” disse saltandomi al collo, prima che proferissi
parola “Alice…” “Si, si, non esagero promesso” annuii. Qualche minuto dopo,
tornò in stanza con un pantalone verde e un maglioncino con scollo a barca beige
e me li porse “Questi metteranno in risalto il colore dei tuoi occhi e la
formosità del tuo corpo” disse contenta “Ora li indosso”.
Infilai
il pantalone, poi il maglioncino e dovetti ammettere che Alice aveva
perfettamente ragione: quei colori mi donavano. Sorrisi. Uscita dal bagno,
Alice mi fece fare una giravolta su me stessa “Sei così carina, Meredith! Non
dovresti nasconderti” sussurrò, io arrossii “Un po’ di trucco?”, corrucciai la
fronte “Preferisco di no” subito l’espressione di Alice cambiò “Almeno per
oggi” aggiunsi, facendole tornare l’allegria “Dai, dai ora andiamo a scuola” mi
tirò per il braccio, trascinandomi giù in salotto, dove gli altri ci stavano
già aspettando. Guardai l’orologio, eravamo in tempo. Esme si avvicinò “Alice
ha fatto un buon lavoro” ammise scrutandomi “Stai d’incanto” aggiunse “Grazie”
risposi arrossendo “Carlisle?” domandai “E’ andato in ospedale, voleva visitare
tuo padre” “Papà!” esclamai “Dopo scuola vado da lui” Esme annuì.
“Vogliamo
andare?” disse d’un tratto Edward, tutti noi ci voltammo verso di lui che se ne
stava con le braccia conserte, poggiato al pilastro della porta d’ingresso “Si,
forza andiamo” rispose Emmet.
“Come
mai due macchine?” chiesi una volta messo piede fuori e avendo notato la Volvo di Edward e la Bmw rosso fiammante di Rosalie
“I maschi andranno con quella, noi ragazze con questa” indicò Alice “Ah” dissi
soltanto “Così dopo scuola possiamo portarti da tuo padre” aggiunse “Ma no,
tranquille. Vado a piedi o con l’autobus” “Non se ne parla!” proferì Alice “Ora
sali” e feci come mi era stato detto.
“Oggi
sei venuta coi Cullen?” domandò con voce stridula, Jessica “Si” risposi “Come
mai?” continuò civettando “Mio padre ha avuto un incidente nel bosco ed è in
ospedale, i Cullen si sono offerti di ospitarmi” tagliai corto io “Wow!”
balbettò la mia compagna “Tu a casa dei Cullen!” quasi urlò “Si, ma per favore
abbassa la voce, non vorrai mettere i manifesti. La mia non è una visita di
piacere” “Ma certo, certo” disse, facendo un cenno con le mani. Continuammo a
camminare nel corridoio del 7° edificio alla ricerca dell’aula di Trigonometria
“E dimmi com’è?” proruppe ad un tratto Jessica. Io inarcai un sopracciglio
confusa “Com’è cosa?” chiesi “La casa” rispose lei “Beh più che una casa,
sembra una villa. È veramente stupenda, credo proprio che ti piacerebbe”, Jessica
spalancò gli occhi, ne lessi tanta invidia e ne fui lieta. Per una volta, ero
io la fortunata. “E Edward?” sobbalzai udendo quel nome e le mie orecchie si
otturarono per il batter tamburellante del mio cuore “In che senso scusa?” “Vi
parlate, siete vicini di stanza? Sei stata nella sua camera? Com’è quando non è
a scuola?...” roteai gli occhi verso il cielo esasperata “Jessica fermati!”
proferii tappandomi le orecchie “Mi sembra di essere sottoposta ad un
interrogatorio. Vuoi prendere il posto di mio padre?” le domandai, stizzita mi
girò la faccia, io sospirai “Non ho visto la stanza di Edward, ci rivolgiamo la
parola solo se necessario e la sua stanza è sullo stesso piano della mia” dissi
guardando davanti a me “Contenta?”, il sorriso sornione di Jessica fu una degna
risposta. Ero consapevole che presto tutta la scuola avrebbe saputo che la
figlia dell’ispettore Swan era ospite dai famigerati Cullen.
Subito
dopo le lezioni, Alice, come promesso, mi portò in ospedale da Charlie.
Stranamente il viaggio in aiuto fu silenzioso, io non avevo gran voglia di
parlare e Alice sembrava averlo intuito, anche se, conoscendola, non si faceva
scrupoli in genere, ma lasciai correre. Preferivo che le cose andassero in quel
modo.
Giunte
in ospedale, Alice preferì non entrare, aveva delle commissioni
da sbrigare e
mi disse che mi sarebbe venuta a riprendere un’oretta dopo. A
passo lento, mi
diressi verso la camera di “papà” e bussai
“Avanti” borbottò Charlie, il quale
quando vide che ero io, s’illuminò “Meredith!”
esclamò contento “Papà” sorrisi,
lui guardò l’orologio “Sei uscita ora da
scuola” constatò notando poi il mio
zaino “Si, Alice mi ha accompagnata” “Che gentile!
Dobbiamo ricambiare i Cullen
in qualche modo!” disse “Ci penseremo in seguito”
risposi accomodandomi accanto
a lui “Come ti senti? La testa fa ancora molto male?”
“Mi sento molto meglio,
solo un po’ stanco. Per via dei dolori, stanotte non ho riposato
bene” “Ma non
ti avevano somministrato i tranquillanti ieri?” chiesi confusa,
lui annuì
“Evidentemente non hanno fatto effetto” “Vuoi che
resti io qui con te, per
questa notte?” “No, figliola. Tu devi pensare a dormire, la
mattina hai la
scuola e non voglio che la trascuri per me” “Ma
papà…” “Niente ma!”
m’interruppe severo “Sto bene, se tutto va come deve,
lunedì mi dimettono e
torneremo entrambi a casa. Ma dimmi, come ti trovi a casa dei
Cullen?” “Bene.
Esme è una cuoca eccezionale, oltre ad essere una persona
dolcissima, dovresti
conoscerla. Sono certa che le sue leccornie ti piacerebbero”
sorrisi “E con i
figli?” sobbalzai in modo fin troppo evidente, tanto che Charlie
storse la
bocca e aggrottò la fronte “Emmet è simpaticissimo,
un vero burlone, mi ha
fatto fare un sacco di risate. Alice insiste nel volermi vestire”
e mi indicai
“Ha buon gusto” constatò “mio padre”, io
annuii “Però ti tratta come se fossi
la sua bambolina” ammisi alzando gli occhi al cielo e sospirando
“Jasper se ne
sta sulle sue, altrettanto Rosalie” terminai “E
Edward?” domandò curioso “E’lui
il ragazzo che ti ha salvato? Sbaglio o non lo hai nominato?”,
ecco il guaio di
avere per genitore un poliziotto: sempre vigile e attento, alla ricerca
dei
particolari. “Ieri Edward non si sentiva molto bene ed è
stato tutto il tempo
chiuso in stanza, l’ho rivisto solo stamane quando siamo andati a
scuola”
mentii “Beh effettivamente è sempre molto
pallido…mmm” fissò il soffitto
pensieroso “Se proprio debbo dirla tutta” disse poi
“Sono tutti pallidi in
quella famiglia” sussultai “Hanno semplicemente una
carnagione molto chiara,
sono tutti originari di zone montuose e si dice che chi non vive vicino
al mare
e al contatto col sole, finisce col perdere parte della propria
melanina”
risposi determinata, Charlie mi guardò allibito “E questa
dove l’hai letta?”
“Su una rivista scientifica” “Capisco…”.
Trascorremmo l’ora seguente a parlare
dei medici dell’ospedale, in particolare Carlisle e delle
eccessive attenzioni
che riceveva dalle infermiere. Mi chiese della scuola, dei compiti e se
avevo
avvertito Renée del suo incidente.
Puntuale
come un orologio svizzero, Alice comparve sulla soglia della stanza di Charlie
un’ora dopo; gentilmente gli chiese come stesse e parlarono un po’.
Quando
giungemmo in macchina, incuriosita dallo strano comportamento della mia amica,
mi feci coraggio e le rivolsi la parola:”Ali, c’è qualcosa che non va?”
domandai “No, Meredith. È tutto apposto” mormorò atona “Mmm…non ne sono così
convinta” lei mi fissò, poi tornò a guardare la strada “Meredith”, ora ero io
che fissavo lei “A casa, tutti ti aspettano per parlare” tremai, pur sapendo
che prima o poi quel momento sarebbe arrivato “Edward ha indetto urgentemente
una riunione per discutere di te”, ecco svelato il suo mutismo e le sue
“faccende da sbrigare” “Ha avuto un’accesa discussione con Carlisle, il quale
sosteneva che non dovevamo pressarti e che ce ne avresti parlato tu una volta
che ti saresti sentita pronta. Edward invece, ha insistito e alla fine abbiamo
dovuto cedere. Neanche il potere di Jasper è servito a calmarlo” aggiunse “Ha
minacciato di andarsene, vero?”, Alice annuì, facendo così morire, un’altra
piccola parte del mio cuore “Scusaci, Meredith” disse afflitta “Non devi
scusarti, Alice. Io ho creato questo casino ed io devo porvi rimedio” ammisi,
fingendomi decisa.
All’ingresso,
ci attendevano Esme e Carlisle, nei loro sguardi dispiacere e tristezza erano
ben evidenti, io sorrisi loro per tranquillizzarli e aprii la porta, sapendo di
trovarmi davanti un Edward furioso e il restante della famiglia. Appena misi
piede nel salotto, infatti, due paia di occhi accesi di odio, mi fulminarono e
tremai sotto quello sguardo “Finalmente sei qui!” sibilò tra i denti “Ti
stavamo aspettando per parlare, ma penso che la tua cara amichetta ti abbia
avvertita” disse poi, vedendo entrare sua sorella Alice “Smettila Edward!”
intervenne Carlisle “Non mi piace per nulla questo tuo atteggiamento!” lo
ammonì. Guardai Alice, la quale non disse niente, mi fece cenno con la testa di
seguirla e mi accomodai accanto a lei. Lo sguardo triste di Jasper mi fece
capire che Edward se l’era presa anche con lei e questo solo per colpa mia.
Fissai disperatamente Jasper, quando avvertii il mio animo agitarsi troppo, lui
capì e col suo potere cercò di rilassare l’aria attorno a sé. Mimai un grazie
con le labbra e lui rispose semplicemente annuendo con la testa.
Carlisle
si pose al centro della sala e guardò tutti i membri della famiglia uno alla
volta, poi rivolgendosi a me disse:”Volevo chiederti scusa a nome di tutti.
Avevo detto che non avremmo insistito, ma per una serie di motivi abbiamo
deciso di ascoltare il tuo racconto ora. Spero tu sappia perdonarci”, scossi la
testa “L’ho detto già ad Alice! Nessuno deve chiedermi scusa di niente. È
giusto che vi racconti tutto e, a prescindere da questa riunione, io avevo già
deciso di farlo, quindi sono pronta” mi alzai in piedi e mi avvicinai a
Carlisle “Quello che voglio ribadire è che io non sono arrivata qui di mia
spontanea volontà. Mi ci sono trovata dentro e, credetemi” dissi rivolgendomi a
tutti, soffermandomi soprattutto su Edward, che era rimasto in piedi, poggiato
al muro “Se potessi esprimere un desiderio, sarebbe sicuramente quello di
tornarmene a casa mia” proferii dura “Non pensavo che sarebbe stato così
difficile. Speravo di potercela fare, ma non sono riuscita a tener nascosto il
mio segreto. Sospettavo che Alice mi avesse vista arrivare, ma non potevo mai
credere che le interessasse sapere tutto di me” la guardai “Probabilmente se
non avesse fatto di tutto per avvicinarsi a me, ora non sarei qui” “Beh ora ci
sei, quindi per favore, dicci tutto quello che sai” m’interruppe duramente
Edward “Ci sto arrivando!” risposi in modo altrettanto scontroso “Mi chiamo
Meredith Vicky Garner e vengo da Detroit. Sono una che potrebbe essere definita
<< una divoratrice di libri >>. Leggere mi aiuta molto, sono una
ragazza che si isola, ho difficoltà a
relazionarmi con gli altri e i libri sono la mia compagnia, questo da quando
tre anni fa, un tumore al seno ha portato via mia madre, lasciandomi un gran
vuoto dentro” chiusi gli occhi per un attimo, poi ripresi “Come ho detto ad
Alice tempo fa, mia madre, Lizzy, era una donna forte e ha provato in tutti i
modi a trasmettermi la sua grinta, incoraggiandomi, sostenendo le mie passioni”
“Meredith suona il piano” proruppe Alice, io arrossii “Suonavo” precisai e
tutti mi fissarono “Non tocco il pianoforte da tre anni”. Lo sguardo di Esme
apparve commosso e si strinse a Carlisle “Ma questa è un’altra storia” dissi
poi “La mancanza di mia madre, mi ha portato a cercare rifugio nei libri” “E
tuo padre?” domandò Carlisle “Papà se n’è andato di casa, quando ero ancora
piccola, facendosi vivo raramente” “E quando è morta tua madre hai vissuto da
sola, quindi” aggiunse Esme, negai col capo “Andrew era con me” risposi,
sentendomi gli occhi pizzicare “Vivevi con il tuo ragazzo?” l’espressione
confusa con cui Emmet lo domandò, mi fece quasi ridere “No, Andrew non è il mio
ragazzo” e guardai Edward che mi fissava attento “E’ mio fratello maggiore. Mi
ha fatto da padre, da fratello, mi è sempre stato vicino. Ed è l’ultima persona
che ho visto, prima di ritrovarmi nel vostro mondo. La vostra storia, come
penso vi abbiano accennato Alice e Edward, è narrata in quattro libri. Libri che
hanno spopolato un anno fa, tanto che addirittura sono nati dei film. Io ho
iniziato a leggerli da poco e, come molte, mi sono lasciata travolgere dalla
storia d’amore che fa da filo conduttore della saga” “Oh raccontacela!” insisté
Emmet “Isabella Swan, figlia dell’ispettore di Forks, Charlie Swan, giunge
nella piccola cittadina più piovosa d’America, in seguito alla decisione di
trasferirsi dal padre per permettere all’egocentrica e infantile madre, Renée,
di seguire il suo nuovo marito nei vari spostamenti causati dal suo lavoro.
Bella è molto timida, chiusa e si trova come compagni persone come Jessica
Stanley, Mike Newton e la dolce Angela Weber. A mensa però, s’imbatte in cinque
bellissimi ragazzi dalla pelle diafana, Jessica spiega lei che sono i cinque
figli adottivi del dottor Cullen e Signora e che i loro nomi sono: Emmet,
Rosalie, Alice, Jasper, i quali fanno coppia fissa e infine Edward!” proferii
in tono teatrale, tutti trattennero il fiato “Bella li guarda ammirata,
concentrandosi suo malgrado su uno solo dei cinque…” “Edward!” esclamò Emmet,
io annuii “Sono troppo bravo” aggiunse “Ma vuoi stare un po’ zitto!” lo ammonì
Rosalie “Scusalo, continua pure” disse poi rivolgendosi a me “C’è qualcosa che
l’attira, non è il pericolo, non è la bellezza, ma qualcosa che va ben
oltre…pagina dopo pagina scopriamo come la curiosità per quel ragazzo aumenti a
dismisura, lui sembra che la odi, tanto che per una settimana fugge via, salvo
poi tornare e rivolgerle la parola. Un giorno però, a causa del ghiaccio
sull’asfalto, Bella rischia di essere spiaccicata dal furgoncino di Tayler”
tutti sobbalzarono, ricollegando l’episodio a me “Ma Edward la salva,
provocando la reazione dei suoi fratelli, soprattutto di Rosalie, la quale non
vuole che vengano scoperti e quindi che siano costretti a cambiare città. Bella
chiede spiegazioni ad Edward, dicendogli che non vuole rivelare nulla, solo
sapere il perché lo sta coprendo, ma i due finiscono col litigare. Edward
ignora Bella, scatenando in lei profonda tristezza e nelle rare volte che si
parlano lui le dice di starle lontano perché è meglio che non siano amici” mi
fermai per respirare e mi guardai le mani “Un giorno Bella viene invitata da
Mike alla Push e lì incontra un vecchio amico d’infanzia: Jacob Black. Alcuni
dei ragazzi della riserva, sostengono che i Cullen non possono entrare in
quella zona, incuriosita Bella chiede spiegazioni a Jacob, il quale le narra
una leggenda, alla quale lui non crede, che vede contrapposti i licantropi e i
freddi” e li guardai “E di un patto stipulato tra loro che impediva ai Cullen,
quali freddi, di cacciare nel loro territorio. Jacob spiega che secondo la
leggenda, i freddi, ossia i vampiri, si cibano di sangue umano, ma i Cullen no,
bensì di sangue animale. Bella è profondamente colpita da questa storia e
inizia a fare delle ricerche, non trovando alcuna notizia. Nel frattempo,
Edward non riesce a starle lontano e dopo un po’ Bella gli parla di ciò che gli
ha detto Jacob, venendo così a capo della situazione” “Quindi Edward le dice
che i Cullen sono dei vampiri” chiese un
attento Carlisle “Esatto!” affermai io “Tra di loro l’attrazione è forte e finiscono
col mettersi insieme. Edward un giorno, porta Bella in un posto in cui ama
tanto andare, una radura e le mostra com’è realmente alla luce del sole e
proprio lì si confessano i loro sentimenti. Lui le rivelerà anche che il suo
sangue è continua fonte di tentazione e che il primo giorno che l’ha vista ha
desiderato ucciderla. Ma questo non ferma Bella. Purtroppo però, lei è un
attira disgrazie e il giorno in cui Edward la presenta alla famiglia e la porta
ad una loro partita di baseball, tre vampiri nomadi compaiono sulla loro strada
e uno di loro, James percepisce l’odore di Bella e tenta di attaccare. La
famiglia al completo la difende, ma la reazione di Edward genera quella di
James, tanto che Bella è costretta ad andar via di casa per rifugiarsi da
qualche parte lontano di lì. Alice e Jasper si offrono di portarla lontano,
mentre Edward e gli altri si occuperanno di creare una falsa pista per
distrarre James, ma alla fine quest’ultimo contatta Bella facendole credere di
aver preso sua madre e la obbliga ad andare nella scuola di danza frequentata
da bambina. Bella elude la sorveglianza dei due vampiri e si reca da sola nella
palestra. Per fortuna sopraggiungono tutti, ma la ragazza viene comunque morsa,
oltre che essere ferita ad una gamba e avere delle costole rotte. Carlisle
incita Edward a portar via il veleno. Alla fine, Bella si salva e confessa ad
Edward il suo desiderio di essere trasformata, ma durante il ballo della scuola
lui la convince, almeno per il momento, a rimandare. Ma i pericoli sono altri…”
mi fermai a guardarli “Questo è il succo del primo libro” dissi portandomi una
mano alla testa “Wow!” esclamò Emmet “Hai capito a Edward!” un ringhio cupo
proruppe nella bocca di Edward e Emmet si zittì “E tu cosa centri in tutto
questo?” domandò Carlisle “Onestamente non lo so. Ero a letto a leggere il
terzo libro, quando il giorno dopo mi sono risvegliata nel letto a casa di
Charlie, ritrovandomi ad essere Meredith Isabella Swan” “Ricordi qualche
particolare della sera prima che possa magari farci capire come sei finita
qui?” chiese Jasper “No. Alice mi ha detto che voi esistete realmente e che non
mi trovo nel libro. Sono parecchio confusa e soprattutto non capisco perché
proprio io” “Forse ti sei talmente immedesimata in Bella che hai desiderato
essere lei” propose Esme, io sobbalzai “Io di Bella ho poco, se non un
carattere chiuso e il non voler essere al centro dell’attenzione. Non posso
negare che la storia d’amore col bel vampiro mi abbia affascinato. Mi son
trovata a desiderare di incontrare una persona che mi amasse allo stesso modo…”
sussurrai a mezza voce, chinando il capo “Forse questo ha scatenato il tutto”
proruppe Emmet “Che vuoi dire?” chiese Alice “La sua voglia di vivere una
storia come quella di Bella e Edward, ha fatto in modo che si trovasse qui e
che conoscesse Edward” a quelle parole vibrai e anche Edward, ci fissammo
confusi “Ma io non sono Bella, il mio sangue non canta per lui” dissi piccata
“Impossibile quindi che il motivo sia questo” aggiunsi infine, passandomi una
mano tra i capelli, esausta. “Direi che ora sappiamo tutto, possiamo lasciare
in pace Meredith. Parleremo poi del come, l’autrice di questi libri sappia di
noi” disse Carlisle, gli sorrisi grata “Non credo proprio!” proruppe Edward
“Figliolo…” “No!” lo interruppe “Lei sa troppe cose, se lo sapessero i Volturi,
sarebbe la fine” “Non dirò niente a nessuno e non ci troveremo nella situazione
di doverli incontrare” dissi io “Aro è buon amico di Carlisle e potrebbe venire
a trovarlo un giorno. Se ti dovesse trovare da queste parti, si porrà delle
domande e se chiederà di darti la mano, leggerà tutto nella tua mente e non
voglio certamente rischiare che per colpa di un’ insulsa umana come te, tutta la nostra famiglia corra dei rischi”
sibilò furioso “So perfettamente quali siano i poteri dei Volturi” proferii io dura,
anche se profondamente scossa per le parole di Edward, facendo voltare tutti
“Nei libri successivi si parla anche di loro. E ti ricordo che ho un mezzo
scudo che protegge i miei pensieri. In ogni caso stai tranquillo” dissi
volgendomi a Edward “Se Aro verrà, io non sarò qui. Fortuna vuole che i libri
non siano in circolazione da queste parti, quindi non verrà mai a sapere che
una donna ha scritto di voi. Siete nati da un sogno, Stephanie Meyer, ha
sognato Edward e Bella nella radura e su quella scena ha costruito tutta la
storia. Almeno è questo che ha dichiarato” “Va bene così, Meredith. Sei libera
di andare” mi sussurrò dolce Carlisle, ponendomi una mano sulla spalla
“Prometto che troveremo il modo di farti tornare a casa” “Grazie” mormorai
commossa “Per me questa storia non finisce qui. Sono contrario a quello che
state facendo” disse Edward “Non ti accetterò mai” sibilò fermandosi sulle
scale e guardandomi. L’espressione dei suoi occhi neri di rabbia, provocò il
battito frenetico del mio cuore e un forte giramento di testa. Quando Edward
scomparve, Carlisle dovette sostenermi per non farmi cadere a terra e Esme
corse a prepararmi un bicchiere di acqua e zucchero “Perdonalo” disse Carlisle
“Non sa quello che fa”, negai col capo “Non importa” bisbigliai “Forse è meglio
che la portiamo in stanza, Alice ci pensi tu?” domandò lui. Da lì in poi il
buio mi avvolse.
Quando
mi svegliai, erano ormai le sette di sera, la stanza era scura, la notte era
calata, non avevo alcuna voglia di alzarmi. Quello che era successo qualche ora
prima, mi aveva fortemente destabilizzato e forte era la mia voglia di tornare
nel mio mondo, alla mia vita, da mio fratello…
“Toc,
toc” “Avanti” dissi, la porta si aprì rivelandomi la figura imponente e
bellissima di Rosalie “Meredith, posso?” domandò gentile “Certo”. Rosalie si
accomodò sul bordo del letto e prese a fissarmi “So che anche tu sei contraria”
dissi “Presto me ne andrò” aggiunsi “Sono in parte d’accordo con Edward, ma non
ce l’ho con te. Sento che posso fidarmi. E comunque sono qui per parlarti di
un’altra cosa” “Dimmi, ti ascolto” risposi mettendomi seduta a gambe incrociate
“Edward ti piace” affermò convinta, suscitando la mia reazione “Ti sbagli”
dissi, modulando il tono della mia voce “Ho visto come lo guardi, ho avvertito
i tuoi battiti cardiaci quando lui è nelle vicinanze. Ho osservato il modo in
cui il tuo corpo protende verso il suo, non mentirmi, non sono una sciocca”
sbarrai gli occhi, guardandomi attorno “Sta tranquilla. Lui non c’è” disse,
riportando la mia attenzione sul suo viso “Jasper e Emmet lo hanno portato a
caccia” abbassai la testa “Lo ami?” domandò dopo qualche minuto di silenzio,
non risposi “Meredith” mi chiamò, i miei occhi presero a lacrimare “Se ti dicessi
che è la persona che ho sempre desiderato, che ha ravvivato le mie giornate
leggere di lui e che vederlo è stato come riconoscermi in lui, come trovare
quella piccola parte che mi mancava, tu ci leggeresti amore in tutto questo?” domandai,
l’espressione di Rosalie divenne dolce e comprensiva, lentamente mosse il suo
braccio verso di me e afferrò la mia mano “Ci vedo amore, ma non solo” rispose
guardandomi “C’è dedizione, ammirazione, attrazione” “Ed è uno sbaglio?” chiesi
poi, asciugandomi le lacrime “Amare non è mai un errore, ma è sentirsi vivi,
liberi. L’amore è ovunque, in chiunque…anche noi vampiri siamo in grado di
provarlo e questo ti fa capire quanto esso sia potente. Siamo esseri
spregevoli, uccidiamo per vivere, ma quando l’amore ci colpisce è per sempre”
“Ma io non sono una di voi e non posso amarlo…” mormorai “Non vorrei mai che tu
rinunciassi alla tua umanità per diventare come noi” sussurrò Rosalie,
stringendomi la mano “Conosco la tua storia Rosalie e so quanto ti faccia male
non poter essere come me”, la sua stretta divenne più forte “Ma sta tranquilla,
io non voglio essere una vampira. Quello che desideravo era sentirmi importante
per qualcuno, essere considerata e amata, nient’altro” proferii chiudendo gli
occhi “Ma è chiaro che Edward non è destinato a me. È Bella la sua donna, è lei
che sposerà e amerà. E quando me ne andrò, spero che al mio posto arrivi lei,
non potrei sopportare di sapere che vivrà chiuso per sempre nella sua
solitudine. Bella sarà in grado di farlo felice, Rosalie. Ti sarà difficile
accettarlo, ma credimi: Edward tornerà a vivere. Bella è il miracolo della sua
esistenza…” sussurrai “Un giorno anche tu, troverai il tuo, Meredith…” disse
alzandosi e andandosene “Grazie…” mormorai conscia che lei potesse sentirmi.
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Capitolo 15 *** Incomprensioni ***
Incomprensioni
Salve
a tutti,
questa
settimana posto un giorno prima, perché non so domani se ho il tempo materiale
per mettermi al pc, se non per riassumere i libri da studiare e scrivere il
primo capitolo della tesi (la seconda aiuto u.u!!!). Non mi voglio dilungare
troppo, altrimenti vi faccio scappare e non mi leggete…
Passo
ai ringraziamenti che è meglio :P
Dindy80: non voglio che tu sia triste :(…questo
sarà un altro capitolo difficile, mi auguro di non farti piangere di nuovo. Secondo
te Edward cosa prova??? Perché reagisce così? Sono curiosa di sapere che ne
pensi…grazie per essere sempre presente, son davvero contenta!!!
Vampiretta Cullen: spero davvero di non deluderti, mi
dispiacerebbe troppo, ci tengo al tuo giudizio. Sei sempre qui pronta a dirmi
parole bellissime, a incoraggiarmi e a volte, mi domando cosa ho fatto per
meritare persone straordinarie come te!!! Grazie lettrice mia!!! Fammi sapere
cosa pensi di questo capitolo ;) bacio
Piccola Ketty: ehm…io sono fatta così purtroppo, non ho
motivi per credere in me, forse è per questo che mi meraviglio tanto quando le
persone mi fanno i complimenti per quello che scrivo. Io quando lo rileggo lo
trovo orribile, scontato…boh! Sarà che voglio di più da me stessa, voglio
essere migliore…mah! Che stramba che sono!!! Le tue parole mi lusingano!!! Grazie
cara, di tutto cuore. Ps: vuoi picchiarmi??? Meglio se mi vado a nascondere
eheheh perché prima o poi dovrò smetterla di scrivere boiate :)
Kiril: oh che bello!!! Grazie per aver recensito!
Una new entry, felice di accoglierti nel mio semplicissimo mondo!!! Spero di
poter leggere ancora la tua opinione.
_Aislinn_: spero davvero di fare per te qualcosa che
ti alleggerisca dal peso che porti! E comunque organizziamoci che voglio
assolutamente vedere te e tua sorella!!! Per quel che riguarda la storia, cerco
di scrivere ciò che sento, mi faccio guidare dalle emozioni, sensazioni del
momento e provo a non scrivere cose già trite e ritrite, anche se…non so se
riesco bah!!! Un bacio tesoro!!!
Prima
di lasciarvi alla lettura, vi lascio il link della canzone che mi ha guidato
nella stesura del capitolo, soprattutto la parte in cui Meredith beh…farà una
cosa che non faceva da tempo (poi capirete), ascoltatela in quel punto, è la
musica che ho pensato che lei potesse aver composto anni addietro:
http://www.youtube.com/watch?v=gsSBwykoF9g
Capitolo 14 “Incomprensioni”
Da
quella riunione, Edward evitava accuratamente ogni contatto con me, eravamo due
estranei e se questo da un lato mi feriva, dall’altra parte mi innervosiva. Mi
trattava come un’appestata, come se la colpa di ogni evento della sua vita,
fosse additabile a me, quando in realtà, analizzando dettagliatamente la
situazione, io non avevo fatto del male a nessuno, né avevo messo in pericolo
il loro segreto. Mi sorse spontaneo il chiedermi “Perché Edward ce l’ha così
tanto con me?”, persino Rosalie mi trattava bene…
Sbuffai
per la millesima volta, attirando lo sguardo interrogativo di Alice e Angela;
Alice era solita mangiare con me e i miei amici, si divideva tra noi e la sua
famiglia, non facendomi mai sentire sola. Era il terzo giorno che stavo a casa
Cullen e fondamentalmente mi sentivo a mio agio, almeno fino a quando non
compariva Edward. Oramai avevo preso l’abitudine che quando arrivava lui, io mi
dileguavo, stessa cosa faceva lui; Alice e Esme non erano per nulla contente di
quella situazione, ma d’altronde io non potevo farci niente, parlargli sarebbe
servito a scatenare ulteriormente la sua ira.
“E
ora biologia” soffiò Angela “Eh
già…” risposi triste “Non ti va, eh?”
domandò col suo solito tono pacato “Non molto…ma
diciamo che ultimamente non mi va quasi niente” ammisi, stringendo tra le mani
il quaderno ad anelli “E’ per Edward, vero?” sussultai piccata “Perspicace!”
sorrisi, con Angela potevo, almeno in parte, essere sincera “Beh Meredith, si
nota che tra voi qualcosa è cambiato”, la guardai stranita, aggrottando la
fronte “Spiegati meglio” la incitai “Vedi: prima vi cercavate con lo sguardo, come
due calamite attirate l’uno dall’altra non potevate fare a meno di stare
vicini, nel bene e nel male. Ora, invece, vi evitate, è come se non fosse mai
esistiti l’uno per l’altra. Addirittura vi lanciate certe occhiate, soprattutto
lui, anche se ho notato una cosa…” “Cosa?” chiesi curiosa, fortemente colpita
dalle parole della mia amica “Ci sono delle volte, soprattutto quando sei in gruppo
con noi, che sott’occhio ti osserva, anche a lungo. Lo fa soprattutto quando
siamo in palestra e tu sei impegnata a fare altro, insomma evita di farlo
quando tu sei vicina a lui o comunque in una situazione che ti porterebbe a beccarlo
in flagrante: si mette nel suo angolino e scruta quello che lo circonda, lo fa
per non dare nell’occhio, poi quando è convinto che nessuno lo guardi, ecco che
fissa te” ammise sorridendomi “E…e com’è il suo sguardo?” balbettai,
trattenendo a stento il tremolio della mia voce “E’ sognante, attento, quasi
volesse risucchiarti dentro di lui…mmm” Angela si portò una mano sotto il mento
e lo sfregò “Non so spiegarti bene…è uno di quegli sguardi che ti bloccano il
respiro in gola e ti fanno pensare << Wow! Vorrei che qualcuno guardasse
me in quel modo! >>”, avevo le mani completamente sudate, le palpitazioni
a mille e la bocca secca “Meredith, ti senti bene?” domandò Angela preoccupata,
io annuii “Sicura? Sei così pallida e…fredda!” esclamò toccandomi la fronte.
D’improvviso, sentii le gambe venire meno, il respiro affannarsi, gli occhi
chiudersi e una voce chiamarmi “Meredith!”.
Correvo,
correvo lungo una strada tortuosa, tutta curve; indossavo una lunga veste
bianco panna ed ero scalza, il mio volto era contratto per la fatica. Superata
una curva, mi trovai dinanzi ad un enorme burrone e mi fermai guardando di
sotto: c’era una grande chiazza rossastra che ribolliva. Strappai un lembo
dell’abito e lo gettai dentro, questo non appena toccò il liquido scomparve,
dissolvendosi nel nulla. Nei miei occhi una luce raggiante s’accese; feci dei
passi indietro e mi preparai per il salto, quando alle mie spalle apparve
Edward “Non farlo!” gridava, mi voltai verso di lui e lo guardai commossa “Non
starlo a sentire, è l’unico modo che hai per andartene di qui” bisbigliò
qualcuno al mio orecchio. Sorpresa mi girai e un’ enorme ombra grigia, mi
indicava il burrone. Dentro di me ero divisa in due: da una parte sentivo la
consapevolezza che quel salto mi avrebbe riportato a casa, dall’altra i miei sentimenti
verso Edward mi spingevano a rimanere con lui. Poi una presa ferrea sul mio
braccio, mi ridestò: Edward mi aveva raggiunto e con gli occhi più dorati del
solito, mi supplicò “Ti prego non farlo” mormorò dolce “Devo” risposi, non
riconoscendomi nella mia voce “Puoi scegliere, Meredith. Se vuoi, puoi restare
qui…” e incatenò il suo sguardo al mio “Con me..” aggiunse poi, prima di
chinarsi a baciarmi. La mia forza di volontà vacillò e pochi istanti dopo, le
mie mani si ritrovarono aggrappate ai capelli bronzei del mio vampiro e le sue
premettero forte sulla mia schiena, unendo così i nostri corpi. L’ombra alle
mie spalle, si frappose tra me e Edward, dividendoci; il vampiro ringhiò e mi
afferrò per le mani “Vai ora” sussurrò l’ombra, trascinandomi di peso sul
burrone “Meredith!” gridò Edward disperato “E…Edward” bisbigliai io piangendo…
Un
pizzico al braccio, mi fece saltare e quando mi guardai intorno, mi ritrovai
stesa sul lettino dell’infermeria scolastica, con una puntura nel braccio “Si è
svegliata, Signorina Swan!” esclamò l’infermiera Wood “Che cos’è successo?”
domandai confusa “Era con la Signorina Weber
e d’un tratto è svenuta. Ha avuto un calo di pressione, niente di preoccupante.
Ricorda i sintomi?” “Mmm” mi massaggiai le tempie “Ho avvertito un formicolio
alle gambe e poi gli occhi chiudersi” “Bene” disse, togliendo via l’ago “Ho
finito! Riposi pure un altro po’, sei si alza di scatto potrebbe girarle la
testa” “Ok. Devo ringraziare Angela per avermi portata qui” mormorai a me
stessa, socchiudendo gli occhi “In realtà credo che dovrebbe riferirsi al
Signorino Cullen” affermò. Io sussultai “C-C-Cullen?” chiesi balbettando “Si, quello
dai capelli ramati” deglutii a fatica: Edward mi aveva portato in infermeria
“E’ qui fuori comunque, se vuole lo faccio entrare” “Non si preoccupi, mi sento
meglio. Vado io” proferii, muovendomi piano e sedendomi sul lettino “Tenga”
disse l’infermiera, porgendomi un bicchiere di acqua e zucchero e un foglio con
una giustifica per l’assenza dalla lezione di trigonometria “Grazie” sussurrai,
bevendo avida.
Una
volta pronta, aprii la porta dell’infermeria e sentii afferrarmi per le spalle,
spaventata reagii chiudendo gli occhi “Sono io!” proferì duro Edward, lo
guardai allibita “Grazie per avermi soccorso” dissi sincera, qualche istante
dopo “L’ho fatto solo perché Angela era troppo spaventata per ragionare e non
c’era nessuno nelle vicinanze. La pietà fa fare molte sciocchezze” proferì
severo “Comunque vedi di stare più attenta, svieni troppo spesso per i miei
gusti” “Scusami se sono un’insulsa umana” risposi irritata e scostandomi da lui,
Edward sobbalzò “La prossima volta non disturbarti a soccorrermi” dissi
dandogli le spalle “Io non ho bisogno di uno come te!” aggiunsi stringendo le
mani a pugni e andandomene.
La
rabbia scorreva prepotentemente nelle mie vene e non mi mollò un attimo. Quando
a fine lezioni, raggiunsi Alice, salii in auto sbattendo la porta e Rosalie mi
lanciò un’occhiataccia “Scusate” dissi acida e mi voltai dall’altra parte
“Siamo nervosette” constatò Alice, in risposta ricevette un mio grugnito “Ti va
di guidare?” aggiunse, io mi voltai di scatto, avvertendo le mie mani pulsare
“Si, magari mi sfogo” risposi, Alice si scostò e mi lasciò il posto. Rosalie ci
guardò stranita “Sta tranquilla, so guidare” le dissi “Non è questo il punto!
Il pick up va piano, ma questa macchina è fatta per correre” sghignazzai fuori
di me “Ora vedrai di cosa sono capace” sibilai. Premetti decisa il piede
sull’acceleratore e partii; uscendo dal parcheggio passammo davanti alla Volvo
di Edward; lui, Jasper e Emmet stavano per salirci su, quando poi videro me al
volante si bloccarono, frenai di botto e abbassai il finestrino. Emmet si
avvicinò per primo “Rosalie hai deciso di cambiare auto?” domandò ridendo, io
inarcai un sopracciglio “Pensi che non sia in grado di guidarla?” chiesi in
tono di sfida “Scommettiamo?” “Ci sto” risposi “Meredith non sai quello che
fai” intervenne Rosalie “Oh si, credimi” dissi “100 dollari che l’auto arriva
sana e salva a casa” aggiunsi poi rivolgendomi a Emmet “Perfetto. Preparati a
pagare, scricciolo” “Vedremo” mormorai, prima di dare gas e schizzare sulla
strada. Guidai in modo folle, non da me, ero irriconoscibile, ma in quel
momento non mi importava; sentivo l’adrenalina a mille e questo mi faceva stare
bene, mi permetteva di dimenticare le parole di Edward. Arrivammo a casa in
pochissimo tempo, per tutto il tragitto, la Volvo argentata era stata alle mie spalle,
c’erano state occasioni in cui avrebbe potuto superarmi, ma non l’aveva fatto e
mi domandai il motivo.
Scesi
dall’auto con un sorriso abbagliante sulle labbra e aspettai che Emmet si
avvicinasse “Però” disse chiudendo la portiera “Abbiamo una nuova pilota. Non
c’è male per essere una ragazza” corrucciai la fronte “Vuoi dire forse che Rosalie
e Alice essendo donne non guidano bene?”, immediatamente le mie parole sortirono
l’effetto desiderato, attirando le due interessate che fulminarono Emmet con lo
sguardo e a braccia conserte, aspettavano impazienti la sua risposta “No, no!”
si accinse ad aggiungere lui, muovendo le mani “Mi riferivo al fatto che tu sia
umana” disse “Tzé” risposi portandomi le mani ai fianchi “Mi sottovalutate
troppo. Ora sono tranquilla, pacata, ma una volta non ero così, ho fatto
disperare mia madre” sorrisi al ricordo “Era una piccola peste spericolata”
soffiai amareggiata “E poi quando sono nervosa, e capita di rado, quella mia
parte vien fuori” “Oh, oh, quindi guai a farti arrabbiare” constatò divertito
Emmet “Puoi giurarci” sibilai, chiudendo le mani a pugno non appena vidi
Edward. “Ah Emmet” dissi mentre salivo le scale dell’ingresso, voltandomi poi verso
di lui “Sono 100 dollari” sorrisi sorniona, facendo scoppiare a ridere Jasper,
Alice e Rosalie, Edward, invece, mi fissava duro, feci altrettanto e lui
distolse lo sguardo.
“Non
capisco il tuo comportamento” chiese Alice entrando in stanza e lasciando la
porta aperta “Non ti ho chiesto di farlo” risposi acida “Forse sbagli a reagire
in questo modo” suggerì lei “Ali…per come sto ora potrei risponderti male,
quindi lascia perdere” proferii dandole le spalle “Cosa c’è che non va?” domandò
insistendo “E me lo chiedi?!? Come se tu poi non lo avessi visto!” gridai
voltandomi verso di lei “Io volevo sparire, andarmene e invece sono bloccata
qui, in un posto dove non voglio stare, in una vita che non è mia, in un
destino che non sarà mai come desidero e mi devo sentir dire che sono un’insulsa
umana da un vampiro che in cent’anni di vita non ha combinato un tubo, ma ha
sprecato il suo tempo a piangersi addosso, mentre tutto il resto continuava a
vivere. Lo odio, lo odio con tutta me stessa e non gli permetterò di
distruggermi, hai capito? E colui che dice che chi odia ama, mente. Io non
potrei mai amare una persona egoista e cattiva come Edward!” urlai fuori di me.
Subito dopo udii un fruscio e poi una porta che sbatteva, la sua…sbarrai gli occhi, portandomi le mani alla bocca “Cosa ho
detto?” mormorai incredula, guardando Alice, la quale non fece una piega. Mi
lasciai scivolare accanto al letto, portandomi le mani tra i capelli e come una
disperata iniziai a blaterare e a piangere, non mi ero mai sentita tanto
confusa e stupida in tutta la mia vita. Ero arrabbiata, tanto, ma non pensavo realmente
quelle cose “Edward…” provai a
chiamarlo col pensiero “Edward…io…non
volevo”.
Alice
si sedette accanto a me, poggiandomi una mano sulla spalla “Bisogna capire come
funziona il tuo scudo” alzai la testa per guardarla, non capivo perché mi
stesse dicendo ora quelle cose “Edward non sente più i tuoi pensieri da quando
gli hai rivelato la verità”, spalancai gli occhi per la sorpresa “Quindi non
può sapere quello che realmente penso…” sussurrai “Esatto” “Perché è tutto
dannatamente così difficile?” sbuffai, asciugandomi le lacrime “Le cose si
sistemeranno, fidati di me” annuii, non sapendo più cos’altro fare, se non
affidarmi alle parole di Alice.
I
giorni trascorsero nell’apatia più totale, scanditi dall’andare a scuola, in
ospedale da Charlie e poi a casa Cullen. Avevo parlato con Carlisle, il quale
mi aveva offerto il suo aiuto per cercare di comprendere la mia situazione e se
c’era un modo per farmi tornare nel mio mondo.
Il
venerdì pomeriggio eravamo tutti in salotto, fuori pioveva a dirotto, Esme mi
aveva preparato una cioccolata calda e aveva acceso solo per me, il caminetto.
Ero seduta sul tappetino davanti al fuoco e mentre trangugiavo la bevanda,
leggevo un libro. “Cosa leggi?” chiese Esme accomodandosi sul divano accanto ad
Alice e Rosalie che sfogliavano una rivista di moda, “Un libro di Nicholas
Sparks, uno dei miei autori preferiti, l’ho trovato nella vostra libreria,
Carlisle mi ha detto che potevo prenderlo” sorrisi imbarazzata “E’ bello?”
“Molto…è la quinta volta che lo leggo” ammisi “Andrew…” soffiai chiudendo gli
occhi “Me lo ha regalato per Natale, lo scorso anno” e accarezzai delicatamente
la copertina “Ti manca molto, vero” constatò Esme, annuii “Non è il solito
fratello. Sarà che essendo cresciuti senza padre e sempre insieme, abbiamo
sviluppato un legame speciale; molti suoi amici ci criticano, ma a noi non è
mai importato, lui non s’è mai lasciato influenzare dai loro giudizi e qualche
volta sono anche uscita con lui. Pensa che chi non ci conosce come fratello e
sorella ci prende per fidanzati, siamo completamente diversi fisicamente e se
debbo dirla tutta, insieme siamo carini” sghignazzai “Descrivicelo!” intervenne
Alice “Altro 1, 90, capelli biondi come quelli di mamma, occhi nocciola,
slanciato, magro, muscoloso nel modo giusto, mani affusolate e grandi. E dovete
sentirlo cantare” sospirai “Ha una voce favolosa e le ragazze cadono tutte ai
suoi piedi, ma lui non le guarda proprio. Ora vuole solo pensare a finire il
college e a diventare medico” “Studia medicina!” esclamò Carlisle scendendo le
scale, il quale fino a quel momento era stato nel suo studio “Si. La malattia
di nostra madre lo ha spinto a prendere questa strada. Ce l’ha con i dottori
che non hanno capito subito il male di mamma e dice che vuole fare qualcosa per
aiutare chi ha bisogno” “Abbiamo bisogno di persone motivate in un campo come
il nostro” ammise Carlisle, io annuii “Ce la sta mettendo tutta, studia e
lavora, aiuta in casa, lo fa anche e soprattutto per me…” guardai il fuoco
scoppiettare nel camino “E ora io sono scomparsa lasciandolo solo…si starà
disperando ed io non so come fare per contattarlo…” piagnucolai “Ho pensato
anche di recarmi a Detroit e vedere se la nostra casa esiste, non so più che
inventarmi. I numeri di telefono risultano essere inesistenti, sembra di stare
su un altro pianeta” mi lamentai “Dai tesoro, vedrai che troveremo un modo” sussurrò
Esme chinandosi per abbracciarmi “Lo spero” rispose stringendola. In quel
momento dalla porta d’ingresso, entrò Edward, qualche ora prima era uscito
frettolosamente senza dire niente “Ah figliolo sei tornato!” esclamò Carlisle “Tutto
bene?” domandò “Si” rispose secco, accomodandosi al suo pianoforte e
cominciando a suonarlo.
“Meredith,
come s’intitola il libro che stai leggendo?” chiede d’improvviso Alice,
afferrando il computer portatile “ << Le parole che non ti ho detto
>>” dissi mostrandole la copertina “Deve essere molto bello” “Lo è
infatti” ammisi “Di che parla?” domandò Rosalie “Ti leggo la recensione che ho
appena trovato su internet” sussurrò Alice “Theresa Osborne, giornalista di
Boston, divorziata, madre di un ragazzino di dodici anni, raccoglie sulla
spiaggia, durante una vacanza, una bottiglia contenente una lettera. Garrett,
l'uomo che la firma ha perso la donna amata e le strazianti parole del suo
messaggio insinuano in Theresa una sottile curiosità. Chi è questa figura
maschile misteriosa e romantica che sembra attirarla verso d sé con una forza
irresistibile? Profondamente turbata da emozioni che non riesce a frenare né a
sondare, Theresa, grazie anche ad alcune fortunate coincidenze, si avventura in
una località turistica della costa alla ricerca del protagonista di quest'amore
infelice. Sospinti l'uno verso l'altra dai venti del destino, Theresa e Garrett
s'incontrano e tra loro sboccia una grande, travolgente passione, che tuttavia
non è al riparo - come la barca a vela che conduce Garrett - dalle tempeste
della vita. Un libro struggente, che risplende dell'intensità, della fragilità
e della forza dei veri sentimenti, una storia densa di speranza e di poesia,
pervasa della magia che avvolge i segreti sentieri del cuore. Un racconto che
ravviva la nostra fiducia nel fato, nella capacità di coloro che sanno amare
veramente di riconoscersi e di incontrarsi, non importa dove, non importa
quando...” concluse in modo teatrale Alice “Wow” aggiunse “Cosa succede alla
loro storia d’amore?” domandò poi “Garret muore mentre in barca a vela cerca di
gettare in mare l’ultimo messaggio per sua moglie” “No, che cosa triste!”
mormorò Esme “Si, ma il libro è ugualmente bello. Questo scrittore sa
perfettamente descrivere le sensazioni di una donna. È assurdo come ti ritrovi
nelle sue parole, è di una profondità sconcertante, non smetteresti mai di
leggere” dissi con aria sognante “Si, vede che ami leggere” constatò Rosalie,
annuii sorridendo “Mi aiuta molto”. Ben presto, però, la discussione prese
altre pieghe “Cosa farai dopo la scuola, hai già una vaga idea di quello che
vuoi diventare?” chiese Esme, io mi rabbuiai; erano anni che non pensavo al mio
futuro, anni in cui avevo preferito non progettare, pianificare, perché avevo
imparato che ogni cosa poteva cambiare, l’evento più banale possibile era in
grado di sconvolgerti ed io non volevo rischiare. Non più. “Onestamente non lo so. Frequenterò sicuramente un
college, ma quello che farò poi è un mistero” sorrisi incerta “Vuoi dire che
non hai un sogno, un’aspettativa?” chiese teneramente Esme “Lo avevo…” ammisi
“Ora non più…” sospirai “Voleva diventare una compositrice” esclamò Alice “Ve
l’ho detto che suonava il piano e secondo me era bravissima” trillò “Perché non
ci fai ascoltare qualcosa?” insisté Esme e il mio corpo tremò “Io…io non suono
da troppo, non ricordo neanche più come si faccia…e poi…non mi piace usare gli
strumenti degli altri” dissi come scusa “Se è per Edward, non credo abbia da
ridire qualcosa, soprattutto quando si tratta di musica” Esme e Carlisle
fissarono duramente Edward, il quale rispose con uno sguardo altrettanto
severo. Scossi la testa, ancora una volta stavo provocando dolore in quella
famiglia; d’un tratto Edward si scostò e mi guardò “Vieni” proferì “Voglio
proprio vedere di cosa sei capace”, mi immobilizzai sul posto, fissai Alice in
cerca di aiuto e lei mi fece un cenno d’incoraggiamento con la testa. Era
diventata una sfida e dentro sentivo di non volerla darle vinta a Edward, per
questo mi alzai e mi accomodai al piano. Scrutai i tasti, ripassando
mentalmente le note, con fare lento, poggiai le mani su di essi e chiusi gli
occhi, lasciando scorrere le mie dita sul pianoforte. Un brivido mi percorse la
spina dorsale e tutto l’amore e la mia predisposizione d’animo presero il sopravvento…
<< “Così va meglio?” domandai sbuffando “Ci
siamo quasi, forse l’ultima battuta è da rivedere. È una canzone ritmata, non
puoi rallentarla improvvisamente!” “Mamma, ma è la conclusione, non posso
stopparla così! La musica cala…” risposi ormai esasperata. Erano due ore che
discutevamo di quella mia composizione. Una mattina del mese di giugno di
qualche anno precedente, Andrew faceva baccano in camera sua, mamma preparava
un dolce e fuori i bambini si rincorrevano, mentre io ero seduta al pianoforte
e mi riguardavo gli spartiti, annoiata, odiavo ripetere sempre gli stessi
esercizi, quando d’un tratto l’ispirazione mi colpì e iniziai a pigiare i
tasti, inizialmente con un dito alla volta, poi in simbiosi entrambe le mani.
Mia madre si voltò e mi fissò stranita “E’ una nuova melodia? Finalmente la
professoressa ti ha fatto cambiare canzone?” domandò venendomi incontro “In
verità no! La sto componendo io ora”, mamma spalancò la bocca meravigliata
“Dici sul serio?”, annuii “Ma è…stupenda tesoro. Riportala sul pentagramma!”
m’incitò. Avevo solo 11 anni e da allora ogni volta che avevo voglia di
comporre, mamma mi consigliava, quella volta però era in disaccordo sul ritmo.
Le mie musiche di solito, erano lente e per una volta avevo voluto cimentarmi in
una composizione un po’ più ritmata, scatenando la benevola reazione di mia
madre.
“Ecco ora va meglio…” disse lei soddisfatta, io
sospirai contenta guardando fuori. La notte era calata e nel cielo
risplendevano brillanti le stelle e una splendida luna piena la faceva da
padrone, illuminando in modo tenue tutto ciò che cadeva nel suo raggio.
Avvertii un fremito nelle mani e le fissai, spostai il mio sguardo verso mia
madre, la quale sorrise “Vai…” disse indicandomi la tastiera, inspirai e
lasciai che a guidarmi fossero le sensazioni che quella scena mi aveva
regalato: un ragazzo e una ragazza che correvano felici in un prato sotto la
pioggia battente. Incuranti delle gocce che impregnavano i loro abiti, si
lanciavano a perdifiato tra i fili alti d’erba e le margherite. La ragazza
d’improvviso inciampò nei suoi stessi piedi, cadendo, il ragazzo allora si
fermò e le andò incontro. Si accovacciò e le alzò il volto con le dita, la
risata gli morì in gola, quando i suoi occhi incrociarono quelli di lei e una
strana morsa allo stomaco lo costrinse a deglutire più volte. Si scrutarono per
un tempo imprecisato. Lei si mise a sedere e lui si accomodò accanto a lei, non
lasciando mai i suoi occhi. Occhi che brillavano di luce propria. Una luce che
avrebbe portato cose belle e nuove nelle loro vite e che a lungo avrebbe
guidato il loro cammino, finalmente intrecciatosi, come quei fili d’erba alle
loro spalle…
“Figlia mia…” disse commossa mia madre, io la
guardai emozionata “Non ho parole. Migliori ogni giorno sempre di più, sarai
una bravissima pianista ed io sarò sotto i palchi di tutti i concerti che
farai, pronta ad applaudirti, ad incitarti. Sarò sempre la tua prima
ammiratrice! Io ci sarò sempre per te, non dimenticarlo mai! Capito?”, io
annuii felice… >>
Una
goccia, due gocce, tre gocce…
Aprii
gli occhi spaventata…
Davanti
a me un pianoforte, alle mie spalle una presenza…
Mi
voltai di scatto e il sorriso di mia madre si dileguò, lasciando spazio al
nonnulla…”Mamma…” mormorai tra le lacrime “Non andartene…hai promesso di starmi
sempre vicino” soffiai tendendo le mani in avanti. “Meredith!” bisbigliò una
voce al mio orecchio, Esme mi scrutava preoccupata “Stavi andando benissimo. La
tua composizione è stupenda, hai davvero talento” disse posando la sua mano
sulla mia spalla “Anche mamma…” deglutii “Lo diceva…”, mi girai verso tutti,
sui loro volti espressioni sorprese, persino Edward sembrava piacevolmente
colpito “Credeva in me << Sarai una grande pianista! >> diceva ed
io mi sentivo piena d’orgoglio. Ma…” chiusi gli occhi per trattenere il pianto
“Quando è morta, s’è portata via anche me…non aveva più senso comporre, suonare
se lei non c’era. Ogni volta che componevo qualcosa di nuovo, lei era la prima
ad ascoltarla e dal suo giudizio dipendeva tutto” riaprii gli occhi colmi di
lacrime “Sapete…oggi è la prima volta che risuono”, le mie parole scatenarono
esclamazioni di sorpresa “Continua a farlo” disse Rosalie, mi voltai a guardare
i tasti del pianoforte e ci vidi riflesso il volto di mia madre, tornai poi a
fissare Rosalie, facendo segno di no con il capo “Non posso…perdonatemi. Non ci
riesco” mi alzai e lasciai il salotto, passando accanto a Edward mi fermai e
senza alzare la testa gli dissi:”Grazie per avermi permesso di suonare il tuo
pianoforte. Spero di averti dimostrato di essere un tantino capace. Sai…”
sorrisi amara “Quest’insulsa umana viveva per la musica e ogni sua composizione
era destinata ad un futuro ragazzo da amare; pensavo di averlo incontrato, ma
mi sbagliavo. Non c’è e non ci sarà mai…” soffiai, lasciandolo lì.
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Capitolo 16 *** Decisione ***
Decisione
Buongiorno
e buona domenica…
Mi
scuserete se ieri non ho postato, ma non ci sono stata tutta la giornata e
trovo solo adesso il tempo di connettermi e passare di qui. Uff le mie giornate
stanno diventando davvero incasinate, ma sapevo che arrivata a questo periodo,
sarebbe stato così…
Scusatemi
se non rispondo alle vostre MERAVIGLIOSE recensioni, ma sono davvero di
fretta, mi perdonate??? Una cosa però devo dirvela: GRAZIE!!!!! Si, grazie perché
mi riempite il cuore di gioia, mi lusingate con le vostre parole ed io non so
mai se faccio abbastanza per dimostrarvi quanto vi sono grata!!! Vampiretta cullent,
Kiril, Dindy80, _Aislinn_, Giulls…grazie dal profondo del cuore!!! Anche ai lettori
silenziosi, aspetto sempre che mi diciate cosa pensate delle baggianate che
scrivo!!!
Vi
lascio all’ennesimo capitolo, spero capirete la decisione di Meredith…fatemi
sapere, resto in attesa del vostro giudizio. Bacio.
Capitolo 15 “Decisione”
La
notte tra il sabato e la domenica, i Cullen decisero di fare a turno per andare
a caccia, non volevano che restassi da sola in casa. Io non avevo alcun
problema a riguardo, avrei potuto tranquillamente rimanere lì senza nessuno,
ero abituata alla solitudine e al silenzio, ma Esme aveva insistito, supportata
da Alice.
Ero
nella stanza a me destinata, accoccolata sotto le coperte, pronta per
addormentarmi; quella sera a furia di chiacchierare con Alice, s’erano fatte le
due, mi ero trattenuta per aspettare con lei che tornassero da una serata di
gala, Esme e Carlisle; Edward, invece, era uscito per fatti suoi ed era
rientrato insieme ai suoi genitori. In quel momento in casa, c’eravamo solo io
e lui. “Non temere, Meredith! Baderà
a te” aveva detto Alice prima di andarsene “Ma non m’importa!!!” avevo
ribattuto io “So difendermi da sola, non è quello il punto. E se litighiamo
ancora? Non mi va…” sussurrai mogia “Non accadrà! L’avrei visto altrimenti”
sussurrò dolce lei “Fidati di me” ammiccò “Ok” “Dai vai a nanna, domani ti
voglio bella pimpante!” e avevo fatto come suggeritomi, ma non riuscivo a
dormire. Mi giravo e rigiravo su me stessa, continuando a pensare che a pochi
passi da me, c’era Edward. Desideravo parlargli, spiegarmi, ma mi mancava il
coraggio. Stufa di starmene ferma lì, mi alzai, indossai il giubbino e mi
diressi in terrazza, almeno per quella nottata la pioggia aveva smesso di
cadere.
Mi
sporsi sulla ringhiera e mi lasciai accarezzare dal vento, pregando che portasse
lontano tutti i miei pensieri. Con gli occhi chiusi, mi godevo quel momento di
assoluta libertà, fin quando le mie orecchie furono invase dal suono di una
dolcissima melodia; sorrisi tra me e mi commossi per quanta tenerezza quella
musica mi seppe comunicare, mi sembrava di vivere un sogno. Riaprii gli occhi
rendendomi conto che non stavo affatto sognando, ma qualcuno stava realmente
suonando. Rientrai in casa e seguii la scia del suono, trovandomi, poco dopo,
sulle scale dell’ampio salone e incantandomi nel vedere Edward suonare al
pianoforte. Indecisa sul da farsi, restai ferma lì per qualche minuto, ma poi
mi feci coraggio e lo raggiunsi facendo il meno rumore possibile. Mi accomodai
sul divano, Edward mi fissò per un attimo, poi tornò a suonare ed io mi strinsi
nelle ginocchia, concentrandomi sul suono.
“Anche
io ho composto delle melodie per una ragazza” disse improvvisamente, facendomi
alzare di scatto la testa “Desidero poter avere una compagna come i miei
fratelli, ma non riesco a trovare qualcuna adatta a me” “La troverai” risposi
decisa, con la morte nel cuore, lui mi guardò “Arriverà prima o poi e l’amerai
per sempre” sussurrai “Ti riferisci all’Isabella del libro?” domandò, annuii
“Ma è umana, come…posso?” chiese, forse più a se stesso “Sarà così, non
riuscirai a farne a meno. È la persona per cui tu hai composto le tue musiche e
per cui comporrai ancora…sarà colei che ti donerà vita, amore, calore e alla
quale chiederai la mano per poi trasformarla e vivere con lei l’eternità”
proferii “Impossibile!” sibilò tra i denti “Ti sbagli”, avrei voluto che fosse
realmente così, ma le cose sarebbero andate esattamente a quel modo, io ero una
parentesi in quel mondo. “Perché…?” sussurrò Edward per poi interrompersi, subito
dopo chiuse gli occhi, si alzò in piedi e se ne andò.
Il
lunedì, Carlisle dimise mio padre dall’ospedale raccomandandosi di farlo
riposare “Charlie, il lavoro può aspettare! La tua salute è più importante!”
proferì severo “Una settimana a casa e poi potrai tornare alle tue cose” aggiunse,
Charlie sbuffò “E va bene, ma almeno potrò uscire per andare a trovare qualche
amico?” domandò “Certo, ma non devi affaticarti, né fare attività pericolose.
Hai pur sempre battuto la testa, sei stato fortunato questa volta” “Quindi
niente pesca” constatò “Esatto!”, sbuffò di nuovo, facendo ridere sia me che
Carlisle “Avanti papà! Ti occuperai della casa” sghignazzai “Non ti ci metterò
anche tu!” disse piccato “Dai scherzo. Forza, è ora di tornare a casa, Alice si
è offerta gentilmente di darci un passaggio” “Carlisle vi state creando troppo
disturbo, non saprò mai come ringraziarvi” disse voltandosi verso il dottore
“Nessun disturbo. È stato un piacere avere Meredith con noi. È una ragazza
davvero molto dolce e speciale, poi ha fatto molto contenta Esme. I miei figli
non sono dei buongustai, Meredith ha ben apprezzato tutte le pietanze fatte da
mia moglie, quindi credimi Charlie: siamo stati davvero tutti contenti e mi
auguro che torni presto a trovarci” disse guardandomi “Magari porti anche tuo
padre” “Volentieri” risposi sorridendogli “Grazie per tutto” sussurrai poi,
prima di andarmene.
Io e
Angela camminavamo verso il mio pick up, eravamo esauste, quella giornata di
scuola ci aveva massacrate, avevamo i cervelli in pappa e una sana distrazione
era quello che ci voleva. “Ti va di andare a fare un giro insieme questo
pomeriggio?” domandai a Angela, lei mi guardò sorridendomi “Certo! Dove ce ne
andiamo?” chiese allegra “Ho bisogno di comprare dei libri, sai consigliarmi
una libreria?” “Ce n’è una abbastanza fornita a Port Angeles” rispose pacata
“Perfetto” gongolai “Vengo a prenderti per le cinque, ok?”, Angela annuì,
salutandomi poi con un cenno della mano.
Arrivata
a casa, corsi in cucina a vedere se “mio padre” aveva fatto qualche disastro,
ma trovai tutto stranamente in ordine “Meredith figliola!” urlò Charlie dal
salotto, mi diressi da lui e lo fissai confusa “Papà, ma hai mangiato quello
che ti ho cucinato?” annuì “E come mai
non ho trovato piatti e bicchieri nel lavello?” domandai “Perché li ho lavati e
messi a posto” rispose come fosse la cosa più ovvia del mondo “Papà credo che
questa settimana di riposo ti abbia fatto male” dissi portandomi la mano tra i
capelli e sospirando “Non capisco”, mi guardò stranito, arricciando il naso
“Nulla, nulla. È tutto apposto. Senti papà, oggi pomeriggio vado a Port Angeles
con Angela, mi accompagna in libreria” “Va bene. Mi raccomando però state
attente. Volete che vi accompagni io?” domandò premuroso, io inarcai il
sopracciglio “Papà sono grande, ho superato la fase in cui dovevo essere
accompagnata ovunque dai genitori. Stai tranquillo non faremo tardi” proferii
cercando di tranquillizzarlo “Ok, ok” rispose tornando a guardare la partita in
tv “Ma perché non telefoni a Billy e vedi se vuole venire qui? Almeno non resti
da solo” gli consigliai, Charlie mi fissò, poi sorrise “Quasi, quasi seguo il
tuo consiglio. Grazie Meredith, meno male che ci sei” disse passandomi accanto
e scompigliandomi i capelli con una mano, quel gesto mi provocò una stranissima
sensazione nel petto.
“Gira
a destra al prossimo incrocio, qualche metro e sulla nostra destra dovrebbe
esserci la biblioteca” disse Angela guardando davanti a sé ed indicandomi la
strada. Feci come mi aveva detto e parcheggiai nel primo stallo libero;
scendemmo e percorremmo qualche minuto a piedi passando il tempo tra una
chiacchiera e un’altra “Ho notato come guardi Ben” dissi guardando Angela, la
quale sobbalzò abbassando gli occhi verso terra “Ho indovinato, vero?”, annuì
impercettibilmente “S-si vede così tanto?” chiese balbettando “No. Io sono una
buona osservatrice, tutto qui…e poi riconosco uno sguardo innamorato” dissi osservando
il cielo limpido “Certo, come del resto lo è il tuo quando guardi Edward”
questa volta fui io sussultare “O almeno come lo guardavi…” aggiunse Angela
scrutandomi attentamente “I miei sentimenti non sono cambiati, forse il mio
atteggiamento si, ma non quello che provo. Ci vorrà del tempo per quello…” “E
se lui ricambiasse?” domandò sistemandosi gli occhiali sul naso “Non succederà
mai, quindi meglio non pensarci. Piuttosto, tu che hai intenzione di fare con
Ben?” deviai il discorso, non era il caso di nominare ancora Edward, volevo
starmene tranquilla almeno quel pomeriggio “Assolutamente niente!” esclamò
arrossendo “Non vuoi farglielo capire?” “No, no. Anzi non dovevi capirlo
neanche tu, ma…so che posso fidarmi, quindi sono tranquilla” rispose sorridendo
“E se tu con lui avessi qualche possibilità? Sarebbe davvero un peccato
sprecarla, non credi?” chiesi salendo le scale che portavano alla libreria “Se
le avessi, ma visto che non ne ho, preferisco non illudermi” rispose aprendo la
porta e facendomi cenno di entrare “Secondo me ti sbagli” ammisi, dirigendomi
spedita verso il settore “Romanzi”. Angela fece fatica a starmi dietro “Chi ti fa
pensare che tu a lui non interessi?” le chiesi, prendendo un libro dallo
scaffale e aprendolo per leggere la trama, inebriandomi dell’odore della carta
“Perché uno come lui non potrebbe mai interessarsi ad una come me” e si indicò,
io la guardai corrucciando la fronte “Sei perfetta!” esclamai “Sei bella,
dolce, sincera…cosa ti manca? Pensi che gli interessino le oche come Jessica?
Io invece credo che Ben sia più un tipo da ragazze come te, quindi fossi in te
proverei a gettare qualche indizio qua e là e vedere se carpisce” Angela mi
sorrise dolcemente “Grazie Meredith…vorrei essere brava come dici tu, ma la mia
timidezza è un ostacolo. Lascerò fare al destino…” sospirò “Carpe diem!”
esclamai procedendo nell’esplorazione dei libri.
Mi
mossi piano tra uno scaffale ed un altro, attirata da una confezione regalo
natalizia; l’afferrai incuriosita e lessi <<
Un amore forte che resiste alla tragedia più grande che possa colpire un uomo.
Un libro che parla in modo sublime di sentimenti veri. Il migliore regalo per
questo Natale da fare ad una persona speciale… >>, nuovamente quel
libro mi capitava sottomano. Lo giravo e rigiravo tra le mani, infondo poi
perché se l’avevo appena letto? Carlisle me lo aveva regalato, acquistarlo mi
sembrava stupido, eppure…
“Quanti
libri hai comprato?” domandò Angela fissando stranita la busta tra le mie mani
“Ehm…tre, ma non sono molto grandi” mi giustificai arrossendo “Oh Meredith!”
esclamò “Che importa! Se ti piace leggere, fai bene, aiuta a mantenere la mente
in allenamento” proferì alzando un dito e dandosi un’aria da professoressa,
facendomi ridere “Sei buffa!” dissi trattenendomi a stento “Buffa?” chiese
“Oggi sei in vena di complimenti” aggiunse “Naa! Oggi mi va di divertirmi e
basta” ammisi “Non vuoi pensare a lui” non era una domanda “Anche…” “Meredith”
guardai la mia amica “Se pensi che stare qui ti faccia male, perché non torni
per qualche giorno da tua madre? Ne approfitti per andare a trovarla prima del
Natale e per startene un po’ tranquilla” sbarrai gli occhi incredula, tornando
poi a fissare la strada davanti a me e ponderando la proposta di Angela. “Non
ti sto mandando via, ovviamente. Però non mi piace vederti così triste. Forse
stare un po’ lontana da Edward e da quello che per te rappresenta, potrebbe
aiutarti…” disse salendo sul pick up, pochi secondi dopo avviai il motore e
partimmo alla volta di casa.
“Angela
forse hai ragione tu!” esclamai all’improvviso “Su cosa?” domandò lei confusa
“Sul fatto di andarmene per un po’ da mia madre a Phoenix. Penso che seguirò il
tuo consiglio, stasera ne parlerò con mio padre. Ho proprio bisogno di evadere un
po’…”, ma la concezione che avevo io del tempo in quel momento, non si limitava
a qualche giorno o settimana, bensì all’eternità. Si, volevo sparire e non
tornare più a Forks, però prima di esserne completamente sicura, mi sarei
limitata ad andare da Renée per qualche settimana, avrei deciso poi il da
farsi. “Angela grazie per la compagnia” dissi nel frattempo che la mia amica
apriva la portiera per scendere “Grazie a te Meredith! Mi sono proprio
divertita, sei una bellissima persona e una buona amica. Spero che tu possa
tornare presto qui” “Certo. Intanto ci vedremo a scuola nei prossimi giorni” e
la salutai, procedendo verso casa.
“Papà
siediti debbo dirti una cosa…” dissi entrando in cucina e
trovandolo lì,
Charlie mi guardò preoccupato, ma fece come gli avevo chiesto e
si accomodò
sulla sedia “Vorrei andare a trovare mamma per un paio di
settimane, ti
spiace?” “Mi spiace, ma hai diritto di vederla, ti
farà bene stare un po’ con
lei…” poi mi scrutò in modo strano
“Ma…” sospirò “Tornerai?”
domandò con voce
triste “Si”, anche se in realtà non era convinta.
Poco dopo, lasciai mio padre
in cucina e salii in camera, lì cercai il cellulare in borsa e
proprio mentre
facevo questo, lo sentii suonare “Pronto?” “Ti ho
risparmiato di esaurirti nella
ricerca del cellulare perduto” trillò la voce
dall’altra parte “Alice!”
esclamai meravigliata “Possibile che dimentico sempre che tu puoi
prevedere il
futuro?!?” ammisi, colpendomi sulla fronte con la mano
“Svampita!” disse
ridendo “Eh adesso siamo passate ai complimenti?” domandai
corrucciando la
fronte “Lasciamo stare queste baggianate!” esclamò
“Hai deciso allora” non era
una domanda “E’ la soluzione migliore” mormorai
convinta sapendo a cosa si
riferisse “Non tornerai…nella mia visione sei a casa di
tua madre e le dici che
vuoi rimanere con lei” sospirai “Sei davvero sicura di
quello che stai per
fare?” “Non chiedermelo, perché non lo so, ma sento
che devo agire in questo
modo. Spero tu mi comprenda” “Si e comunque rispondo di si
a quello che stai
pensando”, inarcai un sopracciglio “O meglio alla domanda
che stai per farmi”,
spalancai gli occhi “Con te non c’è sfizio. Mi
anticipi sempre” risi e lo fece
anche lei “Quindi tra due fine settimana debbo raggiungerti a
Phoenix e
accompagnarti a Detroit” “Esattamente! È un problema
per te?” chiesi incerta
“Assolutamente no! Ti aiuto volentieri” “Grazie, sei
una vera amica! Ah Alice…”
dissi “Si, si, acqua in bocca con Edward” “Grazie
anche per questo” sorrisi tra
le lacrime “Domani pomeriggio ti trascino qui, voglio trascorrere
del tempo in
tua compagnia, vedrai che ci divertiremo. Anzi che ne dici di dormire
qui? Ti
riportò a casa domenica pomeriggio” trillò allegra
“Ali non so se…” “Tuo padre
dirà di si e tu gli prometterai di trascorrere tutta la
settimana che verrà con
lui, in modo da non fargli sentire troppo la tua mancanza una volta
partita”
proferì “Ci rinuncio!” dissi esasperata “Con
te non si può vincere!” “Hai detto
bene!!!” esclamo divertita.
Il
mattino dopo mi alzai presto per fare la lavatrice e preparare il borsone con
le cose da usare a casa Cullen. Le ore volarono veloci come treni in corsa,
sembrava quasi che le lancette volessero accelerare il momento in cui avrei
dovuto salutare tutti…compreso lui...
Puntuale
come un orologio svizzero, alle 15:00 Alice bussò alla porta di casa Swan, non
mi precipitai ad aprirla, sapevo che il suo arrivo significava che il momento
peggiore stava per arrivare e quella mia improvvisa malinconia mi faceva
pensare che forse stavo facendo qualcosa di sbagliato e di cui presto mi sarei
pentita. Alice non disse nulla, silenziosamente salutammo mio padre e ci
avviammo verso casa sua.
Eravamo
sedute sul divano della sua stanza, lei parlava a ruota libera, io con la testa
pensavo ad altro, avevo perso il filo del discorso ormai da tempo e vagavo con
lo sguardo cercando qualcosa che attirasse la mia attenzione e spegnesse il
ronzio nella mia testa. “Meredith” Alice pronunciò delicatamente il mio nome,
guardandomi con amore “Ali…” mormorai triste, lei sorrise malinconica e mi
accarezzò la guancia “E’ sul terrazzo” disse facendomi l’occhiolino per poi
spintonarmi leggermente verso le scale, mi girai a guardarle e portandomi una
mano sul cuore impazzito, deglutii e mi feci forza. Salii un gradino per volta,
tentando con i gesti di rendere meno rapido e doloroso quell’incontro.
(il link della canzone: http://www.youtube.com/watch?v=vcAoNB8q_tA)
“Dammi una ragione per
lasciarti andare
dopo una carezza calda come il sole
dammi un batticuore che si sente in gola
quello che si avverte con i film d'amore
rompi il mio silenzio con le tue parole
come una canzone che si può cantare
dammi il dolce gusto di questa serata
fa che tutto intorno sia di cioccolata”
Quella
sera, un vento leggero s’era gettato su Forks, spazzando via le nubi; inspirai
l’aria fresca e aprii gli occhi trovandomi Edward davanti, mi dava le spalle.
Mi avvicinai cauta, pur sapendo che lui poteva sentirmi e quando fui abbastanza
vicina provai a parlare “Ciao Edward” soffiai tremante “E’ il crepuscolo, il
momento migliore per noi” disse senza voltarsi “Si…per voi è il momento più sicuro della giornata. L'ora
più leggera ma in un certo senso anche la più triste, la fine di un altro
giorno, il ritorno della notte…” mormorai citando le parole del libro, Edward
mi guardò basito “Sono parole tue…” aggiunsi fissando lo sguardo davanti a me “Il crepuscolo è solo un'illusione, perché
il sole è sempre così sopra o sotto la linea dell'orizzonte. Ciò significa che
il giorno e la notte sono legati come poche altre cose al mondo, non possono
esistere l'uno senza l'altro e tuttavia non possono esistere insieme. Come ci
si può sentire, pensai, quando si è sempre uniti e sempre divisi?” recitai a memoria le parole di Nicholas
Sparks. Sentivo i suoi occhi bruciarmi addosso, un fuoco che si propagava
tutt’intorno al mio corpo e mi riscaldava l’anima.
Insieme
fissammo l’orizzonte, persi ognuno nei propri pensieri; ogni tanto di sottecchi
lo scrutavo e mi accorgevo di quanto quel suo sguardo, le sue pose maestose e
così naturali, mi sarebbero mancate una volta lontana da Forks…e qualcosa
dentro di me si incrinava maggiormente, facendo sanguinare il mio cuore già
lacerato. Eppure sentivo che era la cosa giusta da fare, per loro, per lui, per
me…
“sono piccoli pensieri forse
grandi desideri
per sentirmi più sicura ora qui con te
dimmi dimmi dimmi che si può volare
camminare insieme e poi toccare il cielo
e se tutto questo un giorno può finire
non sarebbe giusto farmi innamorare
ma non posso non accorgermi di come
vorrei stringermi a te
dimmi dimmi dimmi che si può volare
camminare insieme e poi toccare il cielo
e se tutto questo un giorno può finire
non sarebbe giusto farmi innamorare
dammi ancora amore che si
può volare
sei troppo vicino ti dovrò baciare
sto rischiando forse mi potrei bruciare
ma è più forte il fuoco adesso dentro me
sono piccoli pensieri forse grandi desideri
per sentirmi più sicura ora qui con te”
“Meredith…”
soffiò facendomi voltare immediatamente…i nostri occhi si
fusero l’uno
nell’altro, navigando nel mare profondo di quegli oceani ricchi
di desideri,
pensieri nascosti, sentimenti, fu difficile riemergere. “A cosa
stai pensando?”
domandò con una strana espressione sul volto “A tante cose
contemporaneamente,
non c’è un ordine di priorità. Perché me lo
chiedi?” “I tuoi occhi…” si fermò,
abbassando lo sguardo “Emanano una strana luce” disse,
tornando a fissarmi. Mi
sentivo soffocare dalle sensazioni che mi faceva provare e prima che
fosse
tardi dovevo agire “Ho una cosa per te” dissi aprendo la
mia borsa a tracolla
ed estraendo da essa un pacchetto regalo, Edward mi scrutò
curioso “E’ un
pensierino per Natale. L’ho visto e mi sei venuto in mente tu, ti
chiedo solo
una cosa” dissi fissandolo “Dimmi” fece un cenno con
la testa per invitarmi a
proseguire “Aprilo alla mezzanotte del 24, non prima e non dopo.
Ti sembrerà
sciocco, forse lo è, ma…non ti chiedo altro. Se vuoi e
puoi, fallo!” sorrisi
mentre gli porgevo il pacco “Non dovevi disturbarti” disse
leggermente a
disagio e la cosa mi fece ridere “Ridi?” domandò
confuso, scossi il capo “Sei
così impacciato” mormorai guardandolo “Ah si?”
si portò una mano tra i capelli,
sembrava tranquillo, era lontano anni luce l’immagine di lui che
mi aggrediva
verbalmente e mi minacciava con occhi carichi di odio “Credo di
aver conosciuto
quasi tutti i tuoi lati: quello scontroso, rabbioso, gentile, ironico.
Mi
chiedo quale di questi ti rispecchi davvero” sussurrai “Sei
e resterai sempre
un mistero per me…” aggiunsi cacciando indietro le
lacrime, dandogli poi le
spalle e andandomene, impedendogli così di rispondermi...
”dimmi
dimmi dimmi che si può volare
camminare insieme e poi toccare il cielo
e se tutto questo un giorno può finire
non sarebbe giusto farmi innamorare
ma non posso non accorgermi di come
vorrei stringermi a te
dimmi dimmi dimmi che si può volare
camminare insieme e poi toccare il cielo
e se tutto questo un giorno può finire
non sarebbe giusto farmi innamorare
e se tutto questo un giorno può finire
non sarebbe giusto farmi innamorare
ma non posso non accorgermi di te”
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Capitolo 17 *** Partenza ***
Partenza
Buon
giorno,
l’attenzione
sta calando e questo mi fa dispiacere. Non vi piace più la storia? Ditemi se c’è
qualcosa che non va, accetto ogni cosa, purché mi aiuti a maturare e
soprattutto a migliorare!!!
Dindy80: scusa se ti faccio intristire…prometto che
presto ci sarà una svolta, dovrai pazientare ancora un pochino. Credo ci vorrà
ancora un bel po’ per capire cosa sta vivendo Meredith, non ho ancora scritto
nulla a riguardo, ma ho le idee abbastanza chiare su cosa voglio far succedere.
Spero avrai la pazienza di seguirmi :).
Piccola Ketty: sai il tuo entusiasmo nei confronti di
questa fan fiction mi sorprende sempre! Non mi ci abituerò mai, credo…Grazie perché
mi rendi mmm in un certo senso, fiera di me, di questa storia iniziata con un
sogno e tessuta poi, intrecciando i miei pochi neuroni e facendoli impazzire
:P. Bacio.
Vampiretta Cullen: Dolcissima Malù! Le tue recensioni mi
fanno sempre sorridere, commuovere, in pratica mi smuovi tutta u.u ed è una
bella cosa :). Quante domande!!! Presto troverai risposta…basterà avere la
pazienza di seguire i miei scleri mentali ;). Bacio.
Giulls: come sempre, tu sei troppo buona e
gentile, so però, quanto davvero mi sostieni e quanto tu creda in me, questo
non può che lusingarmi, visto che tutta questa stima proviene da una splendida
persona come te!!! Grazie tesoro! Mi fa piacere stimolare la tua curiosità nei
confronti di Nicholas Sparks, io lo adoro tantissimo. Ti voglio bene…
Un
grazie speciale e Jenny…tesoro mio, ti voglio davvero un mondo di bene…
Ed
eccovi il capitolo della partenza…è un po’ triste, ve lo anticipo. C’è un pezzo
che amo in modo particolare e che mi ha travolta totalmente, ossia la fine,
spero possiate percepire almeno una minima parte delle emozioni che ci ho messo
dentro. Bacio.
Capitolo 16 “Partenza”
Nei
giorni seguenti, ebbi poche occasioni di vedere Edward, fui io stessa a
chiedere espressamente ad Alice di portarmi in posti in cui di sicuro non lo
avrei incontrato, volevo portare via con me intatto, il ricordo di lui che mi
fissava dolce e allo stesso tempo curioso, quell’espressione che, leggendo il
libro, avevo immaginato fosse il modo con cui guardava la sua Bella. Quante
volte avevo pensato allo stato d’animo di Bella, a come si dovesse sentire
ipnotizzata da quegli occhi così…così…indescrivibili. La Meyer aveva tentato di farne
una descrizione, ma non si avvicinava minimamente a ciò che Edward era
realmente, lui era molto di più della semplice perfezione, oh si! Era
totalmente inimmaginabile. Scossi la testa, cacciando via quegli assurdi
pensieri, era l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie e il
professore di trigonometria se n’era uscito con un compito a sorpresa, quale
migliore regalo per questo Natale? Fortuna che erano cose abbastanza semplici e
nonostante l’assenza totale del mio cervello, riuscivo a muovere la penna sul
foglio. Non mi preoccupai di come potesse essere possibile, oramai nulla nella
mia vita rientrava nella categoria della normalità, quindi perché porsi domande
inutili?
Consegnato
il compito, tornai al mio posto, lanciai un’occhiata verso Angela, la quale
ammiccò, mostrandomi il foglio con tutti gli esercizi svolti, le sorrisi, poi presi
lo zaino e uscii fuori dalla classe dove aspettai Angela, Jessica e gli altri;
l’unica a sapere della mia imminente partenza era Angela, la sola che potesse
essere in grado di mantenere un segreto. “Allora ragazzi, com’è andato il
compito di trigonometria?” chiesi non appena mi raggiunsero, Jessica fece un
espressione adirata e portandosi la mano tra i capelli disse:”Che ne parliamo a
fare? Ti pare giusto che si facciano compiti senza avvertire gli studenti?
Almeno mi sarei preparata meglio” trattenni una risatina mordendomi il labbro
inferiore, lei non aveva mai studiato trigonometria in vita sua, figuriamoci se
si fosse preparata per una verifica poi “Jessica dobbiamo essere sempre pronti.
Era una verifica di tutto quello studiato in questi mesi, dovevamo già saperlo,
son cose viste e riviste!” puntualizzò Angela, senza alcuna cattiveria, a quel
punto Eric scoppiò a ridere e di seguito anche Tayler “Ben detto Angela!” disse
Eric, dandole una pacca sulla spalla. Gli unici a non parlare fummo io, Jessica
e Mike “Ragazzi che succede?” domandai d’un tratto preoccupata, vedendo Jessica
e Mike impallidire “Non…non erano esercizi nuovi, quindi” affermò, io negai col
capo, allora lui guardò Jessica “Mi sa che abbiamo sbagliato tutto il compito”
mormorò tra i denti arrossendo e tutti noi scoppiammo a ridere spensierati,
così come avrebbero dovuto essere i nostri anni…
“E
così il 24 parti” non era una domanda, Angela mi guardava triste “Shh!” dissi
mettendole una mano sulla bocca, mimandole di fare silenzio “Ma l’ho detto
sottovoce” si scusò lei, io mi guardavo attorno “Si, ma qui c’è chi ha un udito
affinato, non voglio rischiare” mormorai riferendomi ai vampiri “Voglio solo
salutarti” aggiunse “Non potrò venire in aeroporto, sai siamo dai nonni con
tutta la famiglia…” cercò di giustificarsi, ma la fermai “Angela non è un
problema, non ti avrei chiesto nulla” le sorrisi “Posso abbracciarti?” domandò,
annuii con le lacrime agli occhi “Ci rivedremo presto” disse, io chiusi le
palpebre e avrei tanto voluto dirle che era così, ma non potevo…
I
miei ultimi giorni a Forks passarono talmente velocemente che dovetti preparare
in fretta e furia i bagagli, col rischio di far tardi e di perdere l’aereo.
L’unica offerta che Alice aveva trovato era quella di un aereo che partiva la
mezzanotte del 24 di dicembre, niente di più bello che trascorrere la Vigilia di Natale in
aeroporto. Nella mia vecchia vita, Andrew di solito cucinava per entrambi,
festeggiavamo solo io e lui, nessuno dei nostri parenti ci invitava e noi
avevamo rinunciato a provare a farli venire a casa, la mamma era sempre stato
l’unico tramite tra noi e la sua famiglia; in realtà i suoi genitori non
l’avevano mai perdonata per essersi sposata giovane e di aver divorziato, “E’un
disonore per la nostra famiglia” ripeteva sempre mia nonna, ma in realtà
l’unico disonore era la loro completa indifferenza di fronte alla malattia
della mamma. Non avevo mai digerito la loro assenza e non li rimpiangevo, ciò
che mi mancava era il senso vero della famiglia, il calore che gli affetti
sanno trasmetterti, soprattutto in una giornata come quella del Natale. Forse per
questo non mi costava molto partire proprio il giorno della Vigilia. Due ore
prima della partenza, ero in aeroporto, “mio padre” e Alice mi avevano
accompagnata e aspettavano con me che facessi il check-in “Meredith, mi
raccomando appena arrivi telefonami. Non sparire, altrimenti vengo fino a
Phoenix a prenderti, capito?!?” proferì Charlie tentando di dare al suo tono
un’autorità che non era nel suo carattere “D’accordo” annuii scocciata alla sua
ennesima raccomandazione, Alice invece se la rideva “E tu non prenderti gioco
di me” le dissi puntandole il dito contro “Ma non lo sto facendo” rispose con
aria innocente “Ragazze vado a prendermi un caffé, aspettatemi qui” intervenne
Charlie, alle sue parole annuimmo entrambe. Non appena rimanemmo sole, guardai Alice
in modo eloquente “Non ha capito che stavo partendo vero?” domandai, sapendo
che avrebbe capito a chi mi stessi riferendo “Tranquilla. Gli ho celato i miei
pensieri” ammiccò “Grazie” soffiai spostando lo sguardo al di là della vetrata
“Meredith, sei sempre in tempo per cambiare idea. Passate queste due settimane,
ritorna a Forks” suggerì Alice, toccandomi il braccio, io negai col capo “Non
posso” sospirai “Oh si che puoi. Sei tu che devi decidere della tua vita, non
farti condizionare da nessuno, vivila così come viene. Se ti trovi qui un
motivo ci sarà, ogni cosa ha una spiegazione e insieme la troveremo. Permettici
di aiutarti” “Avete fatto già troppo. È giunto il momento che io prosegua da
sola” dissi dura “Sei proprio testarda, mi ricordi Edward quando fai cos!ì”
sussultai udendo il suo nome e sbuffai infastidita “Ci mancherai” soffiò poi,
fissai i miei occhi nei suoi “Mancherete anche a me…e mi spiace non aver potuto
salutare tutti come si deve, ma è stato meglio così. Un taglio…netto” sospirai
“Te li saluterò io, spiegherò loro le tue motivazioni e vedrai che capiranno.
Noi ti aspetteremo sempre, Meredith! Siamo la tua famiglia e tu sei la mia
sorellina” mormorò dolcemente accarezzandomi i capelli “Ti voglio bene, Ali, ma
proprio tanto” sussurrai stringendo forte la sua mano.
“Si avvisano i passeggeri del volo
LK0987di recarsi all’imbarco numero 3”
“Allora
io vado” dissi voltandomi indietro e guardando amorevolmente Charlie, il quale
tratteneva a stento le lacrime “Ciao figliola, riguardati” mi abbracciò
fortissimo e mi sentii male per quello che stavo per fargli. Sciolsi
l’abbraccio e mi rivolsi ad Alice “Buona fortuna per tutto” disse stritolandomi
“Io so che tornerai” bisbigliò nel mio orecchio “Ci vediamo il prossimo
weekend” mormorò non facendosi udire dai
mio padre, poi mi lasciò andare. Corsi verso l’imbarco senza mai voltarmi,
forse così sarebbe stato più facile…forse…
Salita
sull’aereo, cercai il mio posto 13R, mi accomodai e con un cenno del capo
salutai il mio compagno di viaggio, un Signore di mezza età. Sistematami, aprii
la borsa e ne estrassi la mia copia de “Le parole che non ti ho detto”. Sorrisi
guardando la copertina, controllai l’ora: mezzanotte in punto. A quel punto
chiusi gli occhi e in un attimo mi trovai in casa Cullen: salii le scale con
cautela e giunta davanti alla porta di camera di Edward, l’aprii. Senza fare
alcun rumore, entrai e mi accomodai di fianco a lui sul divano di pelle nera.
Era tutto intento a guardare il mio pacco regalo, quando d’un tratto l’orologio
a pendolo suonò annunciando l’arrivo della mezzanotte. Edward fissò l’orologio
e poi con movimenti lenti, girò il regalo, sciolse il fiocco e tolse la carta
rossa. I suoi occhi si dilatarono quando si ritrovò tra le mani proprio quel
libro. Allorché io aprii la mia copia e gli lessi ciò che gli avevo scritto
all’interno:
“Ti sembrerà assurdo che io ti regali un libro,
proprio quello che tuo padre ha donato a me, ma il fatto è che sono
estremamente legata ad esso, secondo me è portatore di un bellissimo messaggio d’amore
e vorrei fartene dono. Non pretendo niente in cambio, Edward.
Sai perché ti ho chiesto di aprirlo proprio a
quest’ora? Perché in questo preciso momento mi trovo su un aereo in volo verso
Phoenix. Si, Edward: ho deciso di andarmene. Charlie è all’oscuro della mia
decisione, pensa che io torni tra un paio di settimane, ma non sarà così. Farò
quello che mi hai detto tu: sparirò, così da liberarti della mia ingombrante
presenza. Ma prima di farlo per sempre, volevo farti un regalo e scriverti
queste poche righe. Vorrei che tu mi avessi creduto, accettato, non ti avrei
sconvolto la vita, non avrei turbato le tue giornate, né le tue abitudini, mi
bastava che tu fossi stato un mio conoscente, nient’altro…; mi accontentavo
anche dell’indifferenza, ma il tuo odio proprio no. Mi fa male, soprattutto perché penso che
saremmo potuti andare d’accordo, ma ormai non conta più…un umana non può
interferire con la vostra vita, me ne vado via anche per questo. La tua
famiglia mi ha accolta come se mi conoscessero da sempre e mi hanno dato tanto
affetto, ma, come ho detto ad Alice, ho bisogno di cominciare a camminare con
le mie gambe. Non ho Andrew, né la mamma qui con me e se debbo trarre un
insegnamento da quest’esperienza è sicuramente quello di dovermi fare coraggio
e guardare avanti nonostante il dolore. Sono io l’artefice del mio destino ed è
da questo che voglio iniziare: da me…
Credimi quando ti dico che amerai, Edward e sarà
proprio questo amore a dare senso alla tua eternità; quando arriverà lasciati
andare a viverlo, lo meriti, non restare chiuso sempre nella tua solitudine.
Hai un’anima anche se pensi il contrario, io l’ho vista ed è tra le più splendenti che io abbia mai
incontrato…
Termino queste mia piccola dedica con alcune parole
del libro << A volte il dolore mi annienta, e sebbene io sia
consapevole che non ti rivedrò più, una parte di me vorrebbe restare aggrappata
a te per sempre... grazie di avermi mostrato che verrà un tempo in cui sarò
infine capace di lasciarti andare.>>.
Addio Edward…
Meredith”
“Buon
Natale, amore mio…” soffiai, mentre una lacrima rotolò giù bagnando la pagina
del libro con su, il mio messaggio…
|
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Capitolo 18 *** Phoenix ***
Phoenix
Buongiorno a tutti,
buon sabato! La primavera sembra essere arrivata tra noi ed io ovviamente, mi sono ammalata u.u, vi pare giusto?
A me no, per niente u.u!!!
Passando a cose serie mmm...volevo avvisarvi che ci saranno almeno un
altro paio di capitoli un pò tristi e senza Edward, poi...poi
voi leggerete e mi direte. Ammetto che mi dispiace vedere che
l'attenzione stia calando, ci tengo parecchio a questa storia...
dindy80: gli
addii non piacciono neanche a me, ho parecchi problemi a staccarmi
dalle persone care e l'ultima volta mi è capitato a novembre
scorso, quando ho dovuto salutare le mie due migliori amiche per
rivederle chissà quando...penso di aver pianto per tutto il
viaggio uff! Tornando alla storia, sono contenta che tu voglia
continuare a seguirla. Ormai aspetto con ansia la tua recensione :), ci
tengo al tuo giudizio!!!
Piccola Ketty: ehm,
ti faccio sempre piangere u.u, mi spiace :P. Pensa ai fiumi di lacrime
che verso io, mentre scrivo u.u. Ti lascio solo immaginare :P. Fammi
sapere che pensi di questo capitolo...
Vampiretta Cullen: non
ti devi giustificare, nè scusare. So quanto la scuola possa
tenere impegnati, ci sono passata anche io e ricordo bene le intense
giornate di studio, eh. Quanto mi manca quel periodo! Uff. Va beh non
divaghiamo!!! Tu mi farai arrossire, sto diventando un peperone!!!
Aaah! Grazie, grazie, grazie, all'infinito grazie!!!!!!!!!!!
A sabato prossimo. Catturerò la vostra attenzione? Mah u.u
Ps: la "poesia "che trovate nel capitolo, è mia ^^
Capitolo 17 “Phoenix”
Atterrai
a Phoenix senza rendermi conto del tempo trascorso, non m’importava di niente,
dentro mi sentivo vuota. Una sensazione assurda, nata non appena avevo chiuso
quel libro e l’avevo riposto in borsa. Infondo, quella sensazione c’era sempre
stata, ma questa volta era acuta, talmente tanto da essere assordante, da
rendermi inerme, incapace di reagire. Quel ragazzo mi aveva scosso più di
quanto potessi anche solo immaginare, aveva donato brio alla esistenza e vita
al mio cuore spento. Dicendogli addio, mi ero negata la possibilità di
vivere…cos’avrei fatto realmente? E una volta arrivata a Detroit? Se avessi
ritrovato la mia famiglia??? Avrei ricominciato come se nulla fosse successo?
“Tesoro
mio” Renée mi strinse forte a lei “Ma—mamma” pronunciai a fatica quella parola,
erano passati tre anni dall’ultima volta che quel termine era fuoriuscito dalle
mie labbra…
<< ”Mamma, mamma!!” esclamai terrorizzata, tra
le lacrime “Me-Mery…” soffiò a fatica
“Shh…tranquilla, riposa, conserva le forze. Non voglio che ti strapazzi” le
dissi, sistemandole la coperta del letto “Se continui a sbracciarti, finirai
per restare senza le lenzuola e ti prenderai un accidenti! Io e Andrew siamo
qui, mamma. Se hai bisogno chiama” mi alzai per andarmene, ma a metà strada mi
bloccai, sentendo l’affanno di mia madre e tremando. Strinsi i pugni per la
rabbia. Tornai indietro e mi chinai su di lei; il suo viso contratto per il
dolore era qualcosa di assolutamente inguardabile, mi provocava un senso di
amara impotenza, essere lì e non poter combattere con lei, quel male che me la
stava consumando, giorno dopo giorno. “Mamma, sto qui. Mi stendo accanto a te,
non ti lascio sola” mormorai, combattendo contro le lacrime che di nuovo
volevano buttarsi giù a strapiombo “Figlia mia” disse stringendomi debolmente a
lei e respirando tra i miei capelli “Mamma, mamma” sussurrai “Non mi lasciare…”
aggiunsi poi quando si addormentò stremata tra le mie braccia>>.
“Tesoro
tutto bene?” Renée mi sventolò la sua mano davanti
al volto, io scossi la testa
“Si, si” risposi confusa “Ti ho chiesto
com’è andato il viaggio” continuò
“Bene,
bene” Renée inarcò un sopracciglio “Sei
sicura di sentirti bene? Sei
così…pallida!” domandò, mettendomi una mano
sulla fronte “Si, forse il volo mi
ha solo un po’ stordita” risposi scuotendo il capo
“Dai andiamo a casa, hai
tante cose da raccontarmi. Voglio sapere tutto” e sorrise
maliziosa. Possibile
che avesse capito che mi ero invaghita di qualcuno?
In
macchina, Renée mi parlò di tutto e niente, veloce come una macchinetta,
provare a starle dietro era una vera e propria impresa, mi domandavo come
facesse Bella. Aveva ragione a dire che era più infantile rispetto alla sua età
ed era di sicuro innamoratissima di Phil, in ogni sua frase lui c’era sempre.
Sorrisi inconsciamente intenerita dal suo essere così frivola, ma libera e
soprattutto felice. Sarei mai stata in grado di essere così anche io? Sospirai
voltandomi verso il paesaggio e perdendomi in esso.
“Tesoro,
porti tu la valigia in camera tua?” annuii, salendo le scale “Phil arriverà tra
poco, è andato all’allenamento. Non vede l’ora di riabbracciarti” gridò Renée
dalla cucina “Ok” risposi a disagio. Stare in quella casa mi risultava
difficile, con Charlie era diverso, un padre infondo, non lo avevo mai davvero
avuto, ma una mamma…la mia mamma…era diverso, tutto! Ed io mi sentivo
completamente scombussolata, fuori posto. Io una mamma l’avevo avuta ed era
morta…come avrei potuto dare quel nome a qualcun altro?
Poco
dopo, raggiunsi Renée in cucina, ero rimasta su per troppo e ben presto sarebbe
venuta a cercarmi lei; quando mi vide comparire sulla porta, si voltò e mi
sorrise “Vuoi una spremuta d’arancia?” mi chiese, mostrandomi il bicchiere “No,
grazie” risposi accomodandomi impacciatamene sulla sedia “Meredith, sei strana.
Sembra che stare a Forks ti abbia cambiato” disse fissandomi, io sbiancai “Ma
dimmi…cosa si dice nella città più piovosa d’America?” domandò avvicinandosi a
me “E’ un città piccola e graziosa. Non è così male e…neanche le persone. Ho
fatto amicizia, sai?” dissi tutto d’un fiato, Renée sorrise felice “E come sono
queste persone? Ci sono dei ragazzi carini?”, mi sembrava tanto di
chiacchierare con una ragazza della mia età “Sono brave persone e si, ci sono
anche dei ragazzi, come Mike, Eric, Tayler…ah e poi Jacob, è figlio di Billy,
sono gli indiani che sono nella riserva, hai presente?” lei ci pensò su qualche
secondo, poi aprì la bocca formando una <>, “Oh Billy ha avuto
anche un maschietto? Non lo sapevo…e com’è?” “Simpatico” risposi a mezza voce,
storcendo la bocca “Nient’altro?” chiese scettica “L’ho visto solo una volta,
non so dirti molto in verità. A quanto pare da piccoli abbiamo giocato insieme,
ma non me lo ricordo” dissi. Renée mi scrutava attentamente, si portò una mano
al mento e lo sfregò “Mamma” la chiamai “Che hai?” “Pensavo a una cosa...”
rispose dandomi le spalle e andando verso il frigorifero “Non hai incontrato
nessuno che ti piace?” sussultai piccata “Te lo chiedo perché nessuno usa
aggettivi positivi per descrivere Forks e tu lo hai fatto” deglutii
rumorosamente sfregandomi le mani “No, nessuno. Penso sul serio che quel posto
sia bello. Non ho nessun ragazzo, se è a questo che alludi e Charlie può
confermartelo” sospirai, mentre Renée mi lanciò un’occhiata poco convinta. Il
tempo restante lo trascorremmo a chiacchierare del mio rendimento scolastico,
di Charlie, della sua cucina, poi di Phil, della sua nuova squadra.
In
serata, Renée propose di uscire a mangiare qualcosa fuori tutti e tre per
festeggiare il Natale; io non ero dell’umore giusto, ero abituata a trascorrere
una festa come quella con il mio fratellone, ci divertivamo a mangiare seduti
sul tappeto davanti al camino e ci perdevamo in chiacchiere inutili o a
guardare film natalizi, arrivando alla fine con le lacrime agli occhi oppure ci
piaceva da impazzire leggere delle storie, quelle che mamma ci narrava quando
eravamo piccoli per farci addormentare. Alla fine non riuscivamo mai ad
arrivare alla mezzanotte, ma ci addormentavamo stesi sul tappeto e ci
svegliavamo puntualmente alle due di notte, avvertendo freddo per via della
legna completamente bruciata. Quanto ridevamo. Ridevamo della nostra frivolezza.
Andrew era la mia famiglia ormai, l’unico di cui potevo fidarmi e ora mi
ritrovavo a festeggiare un Natale lontano da lui.
Rassegnata
seguii Renée e Phil, il quale ci portò in un piccolo ristorante dove si
cucinava italiano e siccome conosceva lo chef, ci fece preparare i piatti più
prelibati. L’atmosfera era piacevole, non me lo sarei mai aspettato, Phil era
un tipo apposto, molto gentile e con Renée era davvero tenerissimo, era strano
osservarli, mi trovai ad invidiare il loro rapporto: si guardavano, si
sfioravano e si amavano semplicemente con gli occhi. Era tangibile il loro
amore ed era talmente bello che ne restavi inevitabilmente affascinata. Ero
immobile al mio posto e sorridevo tra una forchettata di spaghetti e l’altra.
Sorridevo perché Renée arrossiva come una bambina di fronte alle avances del
marito che sembrava divertirsi a stuzzicarla, sapendo bene che davanti a me
doveva trattenersi. Tutto sembrava andare bene, ma i miei propositi positivi
furono completamente fatti a pezzi dalle domande di Phil. “Allora Meredith,
quanto resterai?” chiese lui, addentando un pezzo di bistecca “Due settimane”
risposi deglutendo “Quindi ci abbandoni di nuovo” constatò lasciandomi
interdetta “Io…io non abbandono nessuno” mormorai tra i denti, lui guardò
Renée, la quale lo fissò a disagio “C’è qualcosa che non so?” chiesi alterata,
Renée si voltò immediatamente verso di me e sbarrò gli occhi “Vedi
Meredith…oggi volevo dirtela solo che mi è mancato il coraggio. Hai parlato in
modo così entusiasta di Forks e dei tuoi amici che mi sentivo in colpa…” si
fermò, Phil la incoraggiò prendendole la mano, lei gli sorrise grata “Phil è
stato preso in una nuova squadra a Jacksonville e il mese prossimo ci
trasferiremo. Lì c’è il sole tutto l’anno…” aggiunse guardandomi e poi
distogliendo lo sguardo “Mamma arriva al punto!” blaterai, chiudendo le mani a
pugno “Io e Phil vorremmo che tu venissi con noi. Non ci sposteremo più,
promesso” aggiunse pregandomi con gli occhi “Non…” “Aspetta!” mi bloccò
“Promettimi che ci penserai, non devi risponderci ora, tesoro”, sospirai
rassegnata e annuii col capo.
Subito
dopo quella discussione, nessuno più aprì bocca e il
rientro a casa fu cadenzato
dai sospiri di Renée, i quali mi rendevano ancora più
nervosa. Giunti a
destinazione, filai dritto in camera, senza dire una parola, mi
svestii,
indossai il pigiama e mentre stavo pensando di mettermi a dormire,
notai la
finestra alle mie spalle: nulla a che vedere con quella a casa di
Charlie,
questa era decisamente più grande e più nuova, ma quella
a Forks…beh quella era
la finestra da cui speravo che Edward sarebbe entrato un giorno.
Sospirai,
maledicendomi mentalmente. Non dovevo pensare a lui, non dovevo, non
dovevo!!!
Ma fu tutto inutile, mi ritrovai a fissare la finestra, con gesti
misurati mi
avvicinai ad essa e l’aprii di scatto, facendo sbattere le ante
contro il muro
e provocando un tonfo che attirò mia madre “Meredith,
è tutto ok?” chiese
entrando di corsa in camera “Si, tranquilla. Ho solo aperto la
finestra
velocemente” risposi prontamente “Ma non hai freddo? La
temperatura s’è molto
abbassata” “Lo so” dissi scortese “Volevo solo
guardare un po’ fuori, tutto
qui” “Va…bene…” sussurrò
Renée “Ti lascio allora… Ah Meredith!”
esclamò,
tornando a voltarsi verso di me “Buon Natale” e se ne
andò. Arrabbiata, delusa,
suonai il pugno sul davanzale della finestra “Ma perché
cavolo mi trovo qui?
Edward sei uno stupido, vienimi a prendere!!!” sbarrai occhi e
bocca incredula:
stavo di nuovo pensando a lui…
“E di nuovo
Una lacrima mi solca il viso.
Di nuovo quel dolore.
Ancora quel calore.
Ancora tu…
E fa male…
Lasciami andare…
Permettimi di tornare a
vivere…
Lascia che possa volare via,
anche senza di te.
Non ci sei,
non ci sarai,
illusioni che si frantumano,
sogni che si spezzano,
cuore che si lacera,
io che muoio dentro,
ancora un po’,
e il tuo viso
di nuovo così vicino
da strapparmi un sorriso.
Ancora una volta l’illusione
di te,
cresce, volente o nolente,
nelle mie viscere
e la mente va…”
La
mattina successiva quando mi svegliai, avvertii freddo, tanto che mi
rannicchiai su me stessa sotto il piumone “Brr…e meno male che questo posto
doveva essere più caldo rispetto a Forks” dissi tra me “Meredith” bussò Renée
alla porta “Sei sveglia?” “Si, vieni pure” le risposi “Oddio Meredith!” urlò
portandosi le mani alla bocca, la guardai stralunata “Ti beccherai un malanno
dormendo con la finestra aperta!” esclamò correndo a chiuderla. Fissai la
finestra sconvolta, ero convinta di averla chiusa. Mi passai una mano tra i
capelli, ravvivandoli e storcendo la bocca mi alzai dal letto, indossando la
vestaglia; seguii Renée in cucina e mi preparai la colazione. “Stamane ti va di
fare qualcosa insieme?” chiese mentre sistemavamo le stoviglie “Si” risposi “Oh
che bello!” sbatté le mani come una bambina, facendomi ridere. Mi metteva di
buon umore il suo carattere così gioioso e frivolo “Andiamo in centro a fare
shopping?”, tremai “Lo so, lo so che a te non piace, ma vorrei comprarti
qualche cosa da portare a Forks, dobbiamo stendere questo ragazzo che ti ha fatto
perdere la testa” sussultai “Mamma non c’è nessun ragazzo ti dico!” risposi
piccata “Meredith sei una pessima attrice e comunque ora non importa, vestiti e
usciamo. Viviamo figliola!” e sparì su per le scale, lasciandomi spiazzata.
“Questo
ti piace?” erano due ore che giravamo per negozi e quello era il millesimo
vestito che mi mostrava “No” sbuffai “Oh avanti Meredith! Cos’ha che non va?”
Renée fissò il vestito con ammirazione e poi puntò i suoi occhi su di me “E’
troppo corto” sussurrai “Corto?” sbiancò “Figlia mia, hai un fisico da urlo e
devi mostrarlo. Non puoi non provarlo perché è corto! Avanti su va nel
camerino” e mi spinse via. Sbuffano mi accomodai nel camerino sulla sinistra e
mi spogliai controvoglia, indossando l’abito blu. Mi guardai nell’enorme
specchio e rimasi stupita: Renée aveva ragione, mi stava bene e non era poi
così corto. Sorrisi leggermente e mi diressi da lei, la quale spalancò gli
occhi e si portò una mano alla bocca “Ma sei meravigliosa! Fatti guardare
meglio” e si avvicinò, facendomi poi fare un giro su me stessa “Lo prendiamo, è
il mio regalo per Natale” disse fiera “Ma no, costerà una cifra…” cercai di
protestare “Non voglio sentire niente, i regali si accettano e basta”, le
sorrisi grata, infondo quel vestito mi piaceva sul serio.
I
giorni successivi trascorsero tra una visita ai parenti, giochi in famiglia e
quando giunse il venerdì, mi feci forza e dissi a Renée del viaggio del giorno
dopo “Mamma senti domani viene a trovarmi una mia amica di Forks e andiamo
insieme a Detroit. Ha degli amici lì e trascorreremo con loro il fine
settimana, ti dispiace?” chiesi balbettando “Ma no! Fai benissimo! E dimmi chi
è questa tua amica?” “Alice, domani te la farò conoscere” risposi contenta. Non
appena salii in stanza, il mio cellulare prese a suonare e quando lessi il nome
sul display cominciai a ridere come una stupida “Stavo parlando proprio di te”
dissi “Oh che onore!” cinguettò Alice “Come stai?” chiesi “Bene e tu? Pronta
per domani?” “Si, prontissima!” “Ti ho telefonata per dirti che in realtà io
sarei già a Phoenix, ho anticipato la partenza”, corrugai la fronte “Come mai?”
domandai curiosa “Nessun motivo in particolare, siccome siamo in vacanza da
scuola, ho pensato di anticiparmi” “Beh allora vieni da me, starai qui per la
notte, Renée sarebbe felice di conoscerti e così ti mostrerei anche i vestiti
che mi ha fatto comprare” “Oh ci siamo date allo shopping senza di me? Mi sento
tremendamente offesa” trillò “Renée mi ha costretta, non fare la difficile!”
“Beh allora mi devi un’uscita a suon di shopping, Signorina” “Non fare la
permalosa, Ali. Sai perfettamente che odio andare in giro per negozi!” risposi
sbuffando “Non mi interessa. A Detroit avremo tempo di fare anche quello”
mormorò decisa “Vedremo…” dissi vaga “Sono fuori casa tua, a tra poco” e
attaccò. Due secondi dopo bussarono al campanello “E’ per me. È la mia amica
Alice!” gridai scendendo le scale. Aprii la porta e mi gettai tra le braccia
del piccolo folletto.
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Capitolo 19 *** Detroit ***
Detroit
Salve
mie cari lettori,
si
preannuncia un altro capitolo un po’ triste, mi perdonerete???
Oggi
ho scritto il capitolo 23, mi
sono venute delle idee mmm, spero di riuscire a metterle in pratica, rendendo
interessante questa storia che amo dal profondo.
Ringrazio
tutto, anche i lettori silenziosi.
Dindy80: accidenti, mi spiace rievocare il tuo
dolore…ho scelto un tema forte e mi scuso. Non voglio farti stare male, cavoli!
Mi perdoni? Probabilmente questo capitolo ti farà sentire ancora più triste e
mi scuso in anticipo. Grazie per le tue parole, mi fa sempre tanto piacere
leggere le tue recensioni.
Giulls: non ti preoccupare tesoro, so che comunque
mi segui e ne sono davvero felice!!! Il tuo sostegno e la tua approvazione sono
importanti per me. Ti voglio bene.
Levia: mmm non posso dirti niente, se non
invitarti a leggere i prossimi capitoli. Questo sarà triste, ma da me dovete
aspettarvi di tutto :). Grazie per la recensione!!!
Piccola Ketty: eccoti il capitolo, soddisfatta la tua
curiosità? Ti piace??? Incrocio le dita e mi vado a nascondere in un posto dove
non potrai trovarmi, tempo che mi lincerai u.u
Vampiretta Cullen: eheheheh mi metti sempre di buon umore,
Malù, sei una vera forza della natura. non ti preoccupare per il ritardo, non è
mica un problema, non è stabilita una data per la recensione, quando puoi leggi
e mi dici che ne pensi, io ti aspetto sempre :).
Vi
lascio al capitolo e vi faccio i miei più sentiti auguri per una Buona Pasqua. Vi
adoro!!!
Capitolo 18 “Detroit”
Alice
sciolse il nostro abbraccio e mi guardò sorridendo “Felice di rivedermi?”
chiese divertita “Tantissimo!” esclamai contenta “Mi sei mancata” sussurrai
arrossendo e lei mi scompigliò i capelli. “Meredith, non fai entrare la tua
amica?” Renée comparve di soppiatto alle nostre spalle “Oh si certo! Vieni
Alice!” e mi scostai per farla passare “Signora, piacere di conoscerla” “Il
piacere è mio, ma chiamami Renée, Signora mi fa sentire una vecchia decrepita”
e ridemmo tutte e tre.
“Allora
Alice, tu e Meredith vi siete conosciute a scuola?” domandò lei entrando in
cucina “Si, abbiamo delle lezioni in comune” “Ah quindi hai anche tu 17 anni”
constatò mia madre, io deglutii “Esatto, io e mio fratello Edward abbiamo 17
anni, gli altri sono all’ultimo anno” tremai udendo il suo nome “Ah hai un gemello?” chiese curiosa Renée fissando Alice,
lei negò col capo “Mmm e allora non capisco” disse portandosi una mano sotto il
mento “Meredith non vi ha raccontato di noi?” chiese Alice fingendo di non
sapere niente, io la fulminai con lo sguardo, Renée fece cenno di no con la
testa “Io, Edward, Jasper, Rosalie e Emmet siamo i figli adottivi del Dottor
Carlisle Cullen, il primario dell’ospedale di Forks e di sua moglie Esme.
Rosalie e Jasper sono gemelli e hanno mantenuto il loro cognome, noi abbiamo
acquisito quello di Carlisle. Io e Edward frequentiamo il terzo anno con
Meredith. Nostro padre è stimato da tutti, anche Charlie lo ammira molto”,
Renée mi fissò stranita, non facendosi scappare il rossore sul mio volto e il
mio sussultare sentendo parlare di una certa persona. “Oh Meredith, ti sei
dimenticata di parlarmene!” mi ammonì Renée “Pensavo non ti interessasse” mi
giustificai alzando le mani “Beh di Alice qualcosa mi hai detto, ma Edward non
l’hai proprio nominato” “Semplicemente perché non ho nulla da dire su di lui”
sibilai, sentendomi avvampare fino alla radice dei capelli, Renée sogghignò
divertita e Alice mi scrutò maliziosa “Alice potresti venire un attimo di sopra
con me, vorrei mostrarti quei vestiti di cui ti parlavo” mormorai rabbiosa “Oh
si certo! Andiamo” “Così ti faccio vedere dove dormirai stanotte. Mamma non ci
sono problemi nell’ospitare Alice qui, vero?” aggiunsi “Nessun problema”, detto
ciò mi avviai al piano di sopra e il folletto mi seguì in stanza.
Una
volta chiusa la porta, la guardai accigliata “Ma come ti è saltato in mente di
nominare E…” deglutii “Edward” soffiai il suo nome “Non c’è nulla di male,
Meredith! Il punto è che tu sei una pessima attrice, ti si legge in faccia
quello che senti. Hai sentito nominare Edward e non ha capito più nulla, la tua
prima reazione è stata quella di saltare e poi arrossire, tua madre ti ha
studiata per benino. Ha di certo intuito che hai qualcosa da nascondere”
ridacchiò “Non è divertente!” mormorai distogliendo lo sguardo “Dai Meredith!”
Alice mi diede una pacca sulla spalle “Allora questi vestiti?” sorrise,
cambiando volontariamente argomento.
“Questo
blu è davvero bellissimo, dovresti indossarlo a Capodanno per la festa a casa
nostra”, sbarrai gli occhi “Ah non te l’ho detto?”, inarcai un sopracciglio “Esme
ti vorrebbe a casa da noi…” “Ali, sai benissimo che non ho intenzione di
ritornare! Domani vedrò Detroit, cercherò indizi, ma poi forse accetterò la
proposta di Renée e mi trasferirò con loro a Jacksonville”, Alice mi afferrò
per un braccio e mi strattonò “Sei sicura?” “Non voglio tornare a Forks, non
voglio…stravolgere oltre la vostra storia” sussurrai appena “Concedici di
vederti per l’ultimo dell’anno, Renée non avrà nulla in contrario e neanche
Charlie. Ti supplico!” mi pregò Alice “Non so se ho il coraggio di vedere tuo
fratello…gli ho scritto che sarei scomparsa dalla sua vita, dalla vostra…e…non
mi va di rimangiarmi la parola” sospirai “Ma lui sa dell’invito e non mi è
sembrato contrario”, il mio cuore tamburellò più del dovuto “Ali…” la chiamai
continuando a fissare il pavimento “Dimmi” trillò “Ti…ti ha detto qualcosa?
Qualcuno ha capito che venivi da me???” chiesi a raffica “Una domanda per
volta! Tutti sanno che sono qui, anche Edward. Sono riuscito a nasconderglielo,
ma…Emmet è stato poco attento ai suoi pensieri” roteo gli occhi al cielo “In
ogni caso non mi ha detto niente” sospirai frustrata e intristita “Ma…”, mi
voltai di scatto “Ma…cosa?” chiesi muovendo convulsamente le mani per incitarla
a parlare “Ero dietro la porta di stanza sua quando ha aperto il tuo regalo…era
talmente assorto che non si è accorto di me” continuò muovendosi verso la
finestra, la guardò, la sfiorò senza dire niente, poi tornò a guardare me che
impaziente aspettavo che parlasse “Quando ha visto il libro, ha spalancato gli
occhi, ha accarezzato la copertina sorridendo” in quel momento sorrisi
immaginandomelo “Poi lo ha aperto e ha letto qualcosa” “La mia dedica” dissi
assorta, lei annuì, sapevo che aveva già visto tutto quando avevo deciso di
comprare il libro e di regalarlo a Edward “E’ rimasto sorpreso, non se l’aspettava.
Posso giurare di aver visto il suo viso trafitto dalla sofferenza. Meredith,
lui non voleva sul serio che tu te ne andassi. Le sue parole non rispecchiano
quello che sente. Edward ha tremendamente paura di legarsi ad un’umana”,
abbassai la testa, non sapevo cosa dirle “Meredith!” Alice alzò il mio viso con
due dita “Guardami!” mi intimò, lo feci “Credi davvero che lui ti odi?”, annuii
timidamente “No, lui odia se stesso! Odia il suo essere un mostro, pensa di non
riuscire a starti accanto senza desiderare di ucciderti. Non concepisce come
potrebbe stare con un’umana, amare una come te, anche perché ora pensa che sia
tu ad odiare lui. Ma soprattutto detesta il fatto che tu pensi che lui potrebbe
innamorarsi solo di Bella!” volevo
smettere di ascoltarla, desideravo non udire altro, mi girava la testa, mi
tremavano le gambe e Edward mi mancava! Come poteva anche solo pensare di essere
un mostro o che io lo detestassi. Io lo amavo e in virtù di quel sentimento che
avevo deciso di andarmene.
“Meredith,
mi ascolti?” le parole di Alice mi riportarono alla realtà “Si, scusa. Dicevi?”
domandai sedendomi sul letto, Alice mi raggiunse “Verrai da noi per
Capodanno?”, distolsi lo sguardo “Mi dirai di si! Io ti ho vista alla festa! Ho
due giorni per convincerti” sogghignò “Penso sia ora che tu dorma, domani ci
aspetta una lunga giornata e voglio che tu sia pronta” annuii “Buonanotte Ali”
“Buonanotte…sorellina” sorrise dolce, mentre io mi lasciavo andare al sonno.
“Che
ci fai qui?” Alice sembrava infuriata “Devo parlarle” stavo decisamente
sognando, sentivo la voce di Edward “Non ora!”, ma perché Alice non voleva che
parlassimo? Almeno nei sogni volevo poterlo rivedere. Tentai di riaprire gli
occhi, ma erano pesanti, pesantissimi e non riuscivo. Allora provai a muovermi,
ma niente, anche il mio corpo era pesante, sembrava che fossi bloccata da
qualcosa. “Alice ti supplico, lei deve sapere che io…” “Edward ti ho detto no,
non oggi! Ha troppe cose da affrontare. Diamole il tempo di ritrovare se
stessa, poi le parlerai…” “Ok” e lo sentii sospirare. “Edward non andartene! Non riesco a muovermi, ti supplico aspetta!
Aspettami!” “Sembra così…indifesa” sussurrò, sentivo il suo alito freddo
sulla mia guancia “E’ forte e ce la farà” sostenne Alice “Lo spero davvero”,
poi una carezza gelida mi fece vibrare “Ora vai Edward”. Subito dopo fu buio e
silenzio.
“Meredith!”
tuonò Alice, sobbalzai dal letto guardandomi intorno “Che è successo? Dov’è
Edward?” dissi confusa, Alice mi fissò stralunata “Edward? Meredith ma stai
bene?” domandò avvicinandosi “Si, io l’ho sentito. Voleva…voleva parlarmi”
deglutii “Oh! Lo hai sognato, per questo ti agitavi” di scatto mi girai nella
sua direzione “Guarda come hai sfasciato il letto” e lo indicò, effettivamente
le lenzuola erano tutte attorcigliate “Oh mammina!” mi portai le mani al volto
“Sognare mio fratello non ti fa bene” rise “Lo credo anche io” schioccai la lingua
e mi unii alla sua risata.
“Buongiorno
ragazze” Renée ci accolse tutta sorridente “Vi preparo la colazione?” domandò
gentile “No mamma, siamo di fretta, ci fermiamo al bar a prendere una brioche”
“Oh va bene, allora buon viaggio tesoro” e mi abbracciò “Grazie”, poi guardò
Alice “E’ stato un piacere fare la tua conoscenza, vieni a trovarci quando vuoi
sarai sempre la benvenuta” disse allegra “Il piacere è tutto mio. La invito a
venire da noi, sono certa che andrà d’accordo con mia madre” e si sorrisero
vicendevolmente “Ah Alice”, il folletto si voltò “Salutami calorosamente
Edward, spero che la prossima volta ci sia anche lui” e ammiccò, Alice si
limitò ad annuire, trattenendo le risa “Ali, andiamo!!!” la incitai, alzando gli
occhi al cielo “Eccomi, sono pronta!” e salimmo in auto, ci scambiammo
un’ultima occhiata, poi partimmo alla volta di Detroit.
Trascorremmo
quasi la metà del viaggio ad ascoltare musica, cantando e muovendoci come delle
deficienti, ci stavamo davvero divertendo ed era bello sentirsi libera da
pensieri negativi. Eravamo semplicemente, due amiche che passavano del tempo
insieme, condividendo emozioni, segreti, parole ed era tutto così reale da
spaventarmi. Mi ero affezionata ad Alice e m’intristiva l’idea di lasciarla.
L’amicizia era un sentimento che avevo sperimentato e vissuto troppo poco, non
ero molto brava nel gestire i rapporti per la mia scarsa abitudine a stare a
contatto con gli altri. Ma quest’avventura, mi stava insegnando qualcosa di
fondamentale: aprirmi e amare senza fine, senza blocchi, senza paura di
soffrire. E di questo dovevo ringraziare Alice e Angela.
“L’amico è colui che mai ti abbandona, non ti
giudica, ma ti comprende. Ti guarda e capisce al volo senza bisogno di troppe
parole. L’amico ti ama infinitamente, ti riprende se stai sbagliando, ma non lo
fa mai con presunzione, ma sempre con amore. Supporta, sopporta ogni tuo stato
d’animo, c’è anche quando non lo vedi. Ride, piange, sorride, soffre con te…e
sarà il compagno del viaggio più grande che farai, camminerà sempre e
costantemente al tuo fianco e un giorno vi ritroverete a ridere di voi, della
vostra ingenuità adolescenziale, chiuse in una stanza, raccattando vecchie foto
e diari e attorno a voi si ricreerà quella stessa aria sbarazzina e allegra,
degli anni addietro.
Forse non dividerò tutto questo con te, ma ci voglio
credere, almeno nella mia testa so che è quello che vorrei e desidero che lo
sappia anche tu. Ti voglio bene…sorellina Ali :)”
Scrissi
il bigliettino e lo infilai nella tasca della sua giacca, Alice fece finta di
nulla e le fui immensamente grata. “Siamo quasi nel tuo quartiere” disse poco
dopo, guardandomi, io annuii mentre mi accingevo a scrutare fuori dal
finestrino, vibrando dentro, ogni qualvolta riconoscevo un luogo che mi era
familiare. Avvertii un pizzichio agli occhi, ma tamponai le palpebre con il
dorso della mano per impedirmi di lacrimare “Ecco!” proferii chinandomi in
avanti “Lì dovrebbe esserci casa mia” e indicai un ammasso di abitazioni. Il
mio era uno dei quartieri popolari di Detroit, nulla di speciale, tutto
rientrava nella norma, non c’erano abitazioni extralusso, quelle erano più
diffuse nelle zone del centro. Non ci si poteva lamentare, avevamo tutto a
portata di mano e a me piaceva. Parcheggiammo nel vialetto che costeggiava
quella che doveva essere la mia casa, ci incamminammo veloci, io ero ansiosa di
vedere coi miei occhi cosa stava succedendo e quando fui dinanzi alla mia
abitazione, rimasi sconcertata: non c’era una casa, bensì una libreria.
Scioccata mi girai verso Alice, la quale alzò le spalle “Forse potresti
chiedere in giro se qualcuno conosce la tua famiglia” suggerì lei, io annuii e
entrammo nella libreria. “Buongiorno Signorine, posso esservi d’aiuto?” chiese
il commesso, avvicinandosi “In realtà si. Volevo chiederle un’informazione” “Mi
dica” rispose gentile “Sa se per caso in zona vive la famiglia Garner?” chiesi
speranzosa, il Signore sembrò rifletterci su “Mio padre vive qui da trent’anni
e non mi ha mai parlato di una famiglia con questo cognome, mi spiace. Non
siamo in molti in questa zona, ci conosciamo tutti”, la cosa mi turbò
profondamente. Io non esistevo, la mia vera famiglia in quel mondo non c’era,
ma cosa cavolo mi era successo? Caddi in uno stato catatonico pietoso, ero più
confusa di prima; rivolevo la mia vita, cosa chiedevo di tanto strano? Alice
ringraziò il commesso e mi trascinò via, una volta fuori dalla libreria, mi
rivolse uno dei suoi sguardi indagatori “So cosa vuoi dirmi” proferii “Questa è
la prova che siete reali, ecc, ecc…” blaterai, roteando gli occhi al cielo “Ma
sono vera anche io e posso giurarti che io sono originaria di qui!” “Ma io ti
credo! Resta da capire solo come sei finita nel nostro mondo” “Bell’impresa!”
sbuffai “Troveremo una spiegazione, ci deve essere per forza” mormorò
pensierosa Alice “Non ti affannare troppo. Sarò io a tirarmi fuori da questo
pasticcio, infondo sono io che ho desiderato vedere Edward entrare dalla mia
finestra” dissi sarcastica “Ora devo darmi da fare!” e mi incamminai “Dove
pensi di andare?” domandò Alice, tirandomi per il braccio “A farmi un giro, ho
bisogno di riflettere…” mormorai “Vengo con te” la guardai “Sarò silenziosa,
giuro!” mi pregò, facendomi gli occhi dolci, sospirai sconfitta “E va bene…ma
niente shopping!” le intimai col dito “Promesso” mi sorrise.
Senza
volerlo, mi ritrovai all’entrata del cimitero; alzai la testa verso l’altro per
ammirare l’enorme croce che pendeva sul cancello “So che qui non c’è sepolta
mia madre, però…” lasciai cadere il discorso. Alice mi prese una mano, la
strinse nella sua, mi oltrepassò e aprì il cancello che cigolò, poi si voltò a
guardarmi e un sorriso tenue si dipinse sul suo volto. Mi guidò all’interno,
poi lasciò che fossi io a decidere in che direzione andare; poco dopo ero nel
posto esatto in cui era stata seppellita mia madre…
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Capitolo 20 *** Le parole che non ti ho detto ***
Le parole che non ti ho detto
Buon
giorno a tutti.
Mi
appresto a postare un capitolo che probabilmente voi aspettavate da tempo e ho
paura! Temo non sia soddisfacente o come volevate. Questo non significa che le
cose andranno sempre bene d’ora in poi sia chiaro, ci sono un bel po’ di
misteri da svelare e paura da affrontare. Credo di avere le idee chiare su
questo, solo ho mancanza di tempo per scrivere, quindi è probabile che nelle
prossime settimane, io posti con più lentezza e spero mi perdoniate per questo.
Dindy80: le parole in questi casi servono a poco,
vorrei poterti dire qualcosa che vada oltre il “Mi dispiace”, ma…non so cosa,
scusami! Sono mortificata per la tristezza che ti faccio provare e comunque non
scusarti, sfogati quanto vuoi con me, non c’è nessun problema. Spero che questo
capitolo possa farti vivere qualche istante migliore, aspetto di conoscere la
tua opinione a riguardo.
Giulls: è triste, non so come mi sia venuto in
mente di scrivere una cosa del genere, ma come mi capita spesso quando scrivo,
non penso, non seguo uno schema, butto giù ciò che sento e in quel momento ho
elaborato quelle parole, quella storia, quel pensiero ed è avvenuto tutto in
modo molto naturale.
Piccola Ketty: sarà triste anche l’inizio di questo
capitolo, la musica che ho scelto non aiuta. Ti dico solo che quando l’ho
scritto mesi fa, piangevo come una stupida davanti al computer, incapace di
fare discorsi logici, ma…il finale dovrebbe esserti gradito. Spero…
Vampiretta Cullen: non sei in ritardo, principessa!!! Ti devo
ringraziare, sai? Questa settimana sei stata una presenza costante nelle mie
giornate e mi sono divertita un sacco a parlare con te. Sei tanto simpatica e
dolce e le tue parole dell’altro giorno sull’amicizia, mi hanno fatto
riflettere moltissimo e mi hanno rincuorato. Grazie di cuore mia adorata!!! Grazie,
grazie e ancora grazie!!!
Ecco
il link della canzone che troverete all’inizio del capitolo: http://www.youtube.com/watch?v=L8-PNy9pq_A
Dedico
questo capitolo alla mia principessa Vampiretta Cullen, tesoro mio tutto per
te! Grazie ancora :)
Capitolo
19 “Le parole che non ti ho
detto”
“Il mondo è nelle mani di
coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i
propri sogni.”
(Anonimo)
In
modo automatico, quasi come ne fossi stata richiamata, mi chinai verso il
terreno, accarezzai il prato vuoto con la punta delle dita, l’ironia del destino
voleva che proprio in quel punto non vi fosse alcuna tomba. Sorridendo tra le
lacrime, crollai sulle mie ginocchia, stanca e posai il capo sul bagnato manto
verde, le gocce di umidità mi solleticavano il volto, le mie mani stringevano
convulse i fili d’erba, pronte a sradicarle dalla loro “casa” e a gettarle
lontano. La disperazione voleva avere ancora potere su di me. Riaprii gli occhi
sentendomi stupida e mi sistemai meglio, poggiai le mani sporche di terreno
sulle ginocchia, tenendo stretta quei fili d’erba, mostrando le nocche bianche
e per aiutarmi cominciai a canticchiare “E mi troverai, se vorrai sai
dove cercarmi e mi troverai nell'azzurro al tramonto sui campi e mi troverai
dentro di te” tirai sul
col naso e la voce traballò vertiginosamente “E ho messo le parole ad asciugare al sole come se il vento potesse
portarle da te, ora che comincia a farmi male la nostalgia che ho per quello
che ora rivivere non è possibile” chiusi gli occhi e aprii i mia palmi
indirizzandoli simbolicamente verso l’alto, lasciando che il vento portasse via
con sé il terriccio “e non dirmi poi che
sarebbe lo stesso c’è qualcosa di te che oramai è già parte di me” sorrisi
vedendo l’erba danzare leggera in direzione del cielo azzurro e fu in quel
momento che alle mie spalle avvertii un respiro caldo sussurrarmi quelle parole
che solo lei sapeva dirmi in quel modo così dolce da farle sembrare vere e
insieme continuammo a cantare la nostra canzone “E mi troverai, se vorrai sai dove cercarmi finché un giorno poi capirai
che le cose che cerchi le hai lasciate qua dentro di me”, mi alzai in piedi
e mi abbracciai con le mie stesse mani, stringendo quelle della donna che mi
aveva generato, le quali s’era intrecciate teneramente sul mio ventre. Il
calore di quel corpo mi cullò, donandomi un improvviso senso di serenità. Subito
dopo, il freddo del corpo di Alice prese il sopravvento, ma non mi
destabilizzò, continuai a dondolarmi, sentendomi amata nel profondo “Le sento passeggiare nel cuore silenziose come
le rose le rime fioriscono in te, ora che ho messo le parole ad asciugare al
sole come se il vento potesse portarle da te…” “Ti amo, figlia mia…” soffiò
un’ultima volta il vento, prima di sparire del tutto.
Con
uno strano senso di beatitudine, lasciai quel posto, senza mai voltarmi
indietro, qualcosa mi spingeva ad andare avanti; Alice mi seguiva senza
fiatare, avvertivo la sua presenza discreta alle mie spalle, la sua ombra
compariva accanto alla mia “Che facciamo ora?” le chiesi fermandomi davanti
alla sua macchina, lei si affiancò a me “Quello che vuoi” le sorrisi “Vorrei
tornare in quella libreria” le confessai “Bene” sussurrò passandomi davanti e
aprendo lo sportello dell’auto.
Quando
parcheggiammo dinanzi la libreria, il cellulare di Alice prese a squillare, i
suoi occhi divennero vacui e si persero nell’orizzonte al di là del vetro.
Prese il telefonino e rispose riprendendosi “Si, lo so” sorrise “Certo, è la
cosa giusta da fare e lo sai anche tu” annuì “Perfetto, sarà fatto!”, quando
attaccò mi rivolse un’occhiata strana “E’ successo qualcosa?” chiesi
preoccupata “No, era Jasper. Aveva bisogno di me, poi mi ha passato Rosalie,
dice che qui vicino c’è una mostra della nuova collezione Armani e vuole che
vada a dare un’occhiata. Mi ha raccomandata di comprare qualche abito, come se
poi io possa trattenere la mia mania” roteò gli occhi, io ridacchiai “Ti
dispiace se vado?” domandò, ma mi dava l’impressione che se anche mi fosse
dispiaciuto, lei sarebbe andata via ugualmente “Vai tranquilla, al tuo ritorno
sarò di certo ancora immersa nei libri” risposi sospirando “Mi raccomando, vedi
di non perderti in qualche altra storia” mi canzonò “Facciamo dell’ironia ora?”
le dissi inarcando un sopracciglio, lei schioccò la lingua e poi mi diede un rapido
bacio sulla guancia “Ci vediamo dopo” e partì sgommando. Io scossi il capo di
fronte alla leggerezza della mia amica e entrai nella libreria. Il commesso a
cui prima avevo chiesto informazioni, mi vide e, probabilmente avendomi
riconosciuto, si avvicinò “Salve Signorina, ha trovato ciò che cercava?” chiese
gentile “No, evidentemente mi sono sbagliata” risposi facendomi scura in volto
“Mi spiace” sussurrò “Oh no, non deve, la prego. Posso dare un’occhiata ai
libri?” domandai fissandolo, era molto giovane, gli davo su per giù una ventina
d’anni “Ma certamente. Che genere preferisce?” chiese illuminandosi in volto
“Leggo di tutto, ma non posso negare che le storie d’amore sono quelle che mi
affascinano di più” ammisi arrossendo, lui rise senza risultare scostumato “Le
confesso che anche io leggo romanzi rosa, potrà sembrarLe strano per un
ragazzo, ma aspetto di vivere una storia come quelle descritte così bene nei
libri” mi meravigliai di quelle parole, ma dal luccichio dei suoi occhi capii
che non mi stava mentendo “Oh mi scusi, mi sono perso in chiacchiere, magari a
Lei neanche interessa” disse grattandosi la testa imbarazzato “Non si scusi”
sorrisi e lui fece altrettanto “Mi tolga una curiosità” annuì, allora io proseguii “Quanti anni ha? Non
mi prenda per impicciona, ma sembra così giovane…” lui sghignazzò divertito “Ha
buon occhio! Ho ventidue anni, quindi potremmo darci del tu?” domandò incerto
“Certo!” esclamai allegra “Piacere Meredith” allungai la mano verso di lui,
meravigliandomi del mio gesto così spontaneo “Stephan” e un sorriso meraviglioso
si dipinse sulle sue labbra, abbagliandomi “Ti va se ti indico dove puoi
trovare gli ultimi romanzi arrivati?” annuii felice. Mi guidò sulla destra del
piccolo locale, giunti in fondo mi mostrò un mucchio di libri “Ecco, qui
troverai tutti i romanzi usciti in questi ultimi mesi. Invece, lì” mi indicò il
mobile sulla sinistra “Ci sono i libri in offerta questa settimana” “Ti
ringrazio. Ora do un’occhiata” Stephan sorrise “Ti lascio allora. Se hai
bisogno di qualche consiglio, chiamami” ammiccò facendomi arrossire.
Non
appena andò via, mi voltai verso i libri “A noi” e sorrisi immergendo le mie
mani nel cesto e cominciando a tirare fuori ciò che mi capitava davanti.
Mezz’ora dopo avevo individuato un solo libro che poteva interessarmi, poi mi
spostai verso lo scaffale con i romanzi in offerta, dopo una rapida occhiata,
lo sguardo mi cadde su un libro in particolare e quando lo presi, tremai
“Ancora tu…” sussurrai piano, carezzando il suo dorso e disegnando con le dita,
la barca dipinta sulla copertina “Quel libro deve piacerti davvero molto se
ogni volta che entri in una libreria lo sfogli” mormorò calda una voce alle mie
spalle. Mi raddrizzai, spalancando gli occhi, quel suono divino e angelico lo
avrei riconosciuto anche in mezzo ad una folla di bestie inferocite. E il cuore
scalpitò, perdendosi battito dopo battito. A rallentatore, mi girai e quando la
sua visione si focalizzò davanti ai miei occhi, sentii qualcosa dentro che
esplodeva e lasciai cadere a terra
l’ennesima copia di quel libro “Ti voglio
bene. Te ne voglio tanto da spaventarmi. Era molto tempo che non provavo nulla
di simile; mi ero quasi dimenticato di quanto possa essere importante avere
un'altra persona. Non credo di poterti lasciar andare e dimenticare, e non lo
voglio fare. E di sicuro non voglio che la nostra storia finisca qui” sussurrò
teatralmente Edward venendomi incontro e chinandosi a raccogliere ciò che avevo
fatto scivolare “ << Le parole che non ti ho detto >>” mormorai
commossa afferrando il libro che Edward mi stava porgendo “Lo hai letto…”
aggiunsi una volta incontrato il suo sguardo acceso. Edward sorrise, alzò il
braccio e incerto con il dorso della mano mi accarezzò la guancia “Si, l’ho
letto” disse “E ho capito tante cose” soffiò, io lo guardai confusa “E’
difficile da dire, ma devo farlo, è diventato insostenibile” disse storcendo la
bocca e chiudendo gli occhi “Io sono qui e ti ascolto…” mormorai dolcemente,
poggiando la mia mano sulla sua ferma sul mio viso. Edward riaprì gli occhi e
mi guardò, uno sguardo che non avevo mai visto prima e che mi fece mancare il
fiato “…è uno di quegli sguardi che ti
bloccano il respiro in gola e ti fanno pensare << Wow! Vorrei che
qualcuno guardasse me in quel modo! >>”, le parole di Angela mi
rimbombarono nella testa, facendomi sbarrare gli occhi, ancora più confusa “Meredith…”
soffiò lui “In queste settimane in cui sei stata lontano ho avuto modo di
riflettere moltissimo, oltre che subirmi le occhiatacce delle mie sorelle e le
ramanzine mentali di mia madre” sorrise sollevando le sopracciglia “A parte
questo, ho capito una cosa e cioè che non m’importa chi tu sia
o da dove tu provenga…” si fermò e mi scrutò “Io ti amo, Meredith e non posso
più starti lontano!” sobbalzai incredula “Ho commesso un terribile errore nel
trattarti in quel modo, ma ero ferito, il mio orgoglio lo era. Ho lasciato che
fosse lui a guidarmi. Dirti che eri un’insulsa umana è stato atroce, per la
prima volta nei miei 100 anni ho avvertito dolore e con la tua lontananza ho
sentito come se il cuore avesse ripreso a pulsarmi nel petto e faceva male
perché aveva ed ha bisogno di te. Perdonami…ti prego ritorna a Forks…” posò
l’altra mano sulla mia guancia “Torna da me…” mormorò triste, poggiando la sua
fronte sulla mia “E’ una vita che ti aspetto…” soffiò sul mio viso “E…Edward”
sospirai il suo nome rapita. Il cervello non era più connesso, sentivo solo il
mio battito cardiaco, le sue mani sul mio volto e la sua bocca così vicina alla
mia. Impaziente lo guardai “Non devo perdonarti niente…” dissi, Edward stette
per ribattere ma lo fermai tappandogli la bocca con la mano “Non aggiungere
altro, ti supplico. Già mi è difficile credere che tu sia qui e…” deglutii “Mi
abbia detto quelle cose…io…oddio!” sentii le lacrime pizzicarmi e scivolare
lungo le mie guance, le sue dita le spazzarono via “Vederti piangere mi uccide”
sussurrò alzandomi il viso, scossi il capo “Non è tristezza e non voglio che tu
dica queste cose. Non potrei mai perdonarmi di essere la causa del tuo dolore,
io non voglio che tu soffra…ti amo troppo per vederti star male…” sussurrai
roca, gli occhi di Edward si dilatarono e la sua bocca, subito dopo, si piegò
in un sorriso “Tu non sai quanto ho sperato che mi dicessi queste cose” e si
chinò per baciarmi. Impazienti, impazziti ci stringemmo, la sua fu una morsa
delicata, sapevo che con un semplice gesto poteva farmi male, ma non m’importò.
Ero tra le sue braccia, il resto non esisteva e tra le mani stringevo quel
libro che ci stava unendo…
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Capitolo 21 *** Ho bisogno di te ***
Ho bisogno di te
Buona sera,
questa volta
posto un giorno prima, perchè domani sarò impegnata col master e non avrei tempo
per farlo. Ah essere tornata a Macerata è stato più difficile del solito, ho
davvero un casino di cose da fare, ma perché mi riempio sempre in questo modo? Ne
uscirò viva? Spero vivamente di si u.u
Ma ora non voglio
perdermi in chiacchiere inutili!!! Vi devo ringraziare, lo scorso capitolo ha
avuto ben 7, e dico 7, recensioni, grazie!!! Mai ricevute così tante, mi
credete se vi dico che mi sono messa a piangere? Mannaggia a me e alla mia
lacrima facile…grazie di cuore, siete tutte tenerissime e dolcissime!!!
Dindy80: le parole in questi casi servono davvero a
poco, quindi taccio e ti dico solo che mi spiace tanto, davvero tanto! Grazie
per le tue parole, sono contenta quando le mie emozioni ti arrivano, mi spiace
solo farti piangere sempre, anche se di gioia…ehm non rivelo niente, in questo
capitolo saprai con chi era a telefono :P. Per quanto riguarda il nome del
libraio, no, non è ispirato a “Il diario del vampiro”, non lo seguo :).
Vampiretta Cullen: te l’ho dedicato col cuore, principessa
mia adorata! Sei meravigliosa! Son contenta di averti incontrata! E no, non è
un sogno, è tutto reale, finalmente quei due testoni si sono trovati e speriamo
che continuino a stare insieme. Dirai tu “Beh sei tu che scrivi e quindi decidi
il corso degli eventi” ed io ti rispondo che hai ragione :P. La smetto va, ti
lascio leggere in santa pace. Ti voglio bene, principessa!
Ginevrapotter: quanti bei complimenti!!! Sono arrossita
come un pomodoro maturo!!! Grazie, grazie e ancora tante, tante, tante
grazie!!! Che felicità leggere la tua recensione, mi auguro che continuerà a
piacerti questa storia! Buona lettura, fammi sapere cosa ne pensi!
Saretta__Trilly__: benvenuta nel mio mondo!!! Grazie mille, è
sempre una bella emozione vedere che ci sono nuove persone che si appassionano
alla mia storia, ci tengo davvero! Aspetto la tua opinione!!!
_Aislinn_: mi mancavano le tue bellissime parole, è
stato bello ritrovarle, mi hai riempito il cuore di gioia! Credi tanto in me,
grazie, grazie, grazie. Non faccio altro che ringraziare ultimamente, ma d’altronde
cos’altro posso fare? Fate tanto per me!!! Ti aspetto presto per un nuovo
commento! Bacio!
Piccola Ketty: eheheh sono morta dalle risate vedendo le
tue faccine eheheh. Dai a parte ridere mi sono anche emozionata, grazie cara. La
tua opinione mi rende gioiosa!!! Bacione!
Giulls: accidenti! Mi hai fatto piangere, ma non per la tristezza,
tutt’altro. Le mie son lacrime di contentezza, non mi aspettavo una reazione
del genere, davvero!!! Tesoro, Ti voglio bene e grazie che mi segui sempre,
sempre, sempre. Bacio!
Prima di
lasciarvi al capitolo, vi posto anche il link della canzone da ascoltare, le parole
le ritrovate in questo capitolo
http://www.youtube.com/watch?v=mBIQTYla7kA
grazie a tutti,
chi legge, chi commenta, chi segue, chi no, tutti!!! :D
Capitolo 20 “Ho bisogno di te”
Muovevo le mie labbra sulle sue così
perfette e mi sentivo nel posto giusto, come se all’improvviso avessi trovato
la mia collocazione. E proprio uno dei miei libri mi stava regalando il sogno
più bello in assoluto. Ad un tratto, Edward si staccò, anche se di poco, avevo
ancora gli occhi chiusi ma potevo sentire la sua presenza a poche spanne dal
mio volto. Le sue mani mi cingevano la vita e solo il pensiero che lui mi
stesse toccando, mandò in fibrillazione il mio cuore. “Ehi, ehi che succede?”
soffiò con una voce irriconoscibile, fu a quel punto che spalancai le palpebre
e lo vidi: gli occhi semichiusi, le labbra più rosse del solito e umide del
nostro bacio. Bello, tanto, troppo, da far paura.
“Meredith” bisbigliò in modo sensuale il
mio nome, facendomi fremere “Stai bene?” chiese con una nota di preoccupazione nella
voce “Mai stata meglio!” risposi sorridendo, lo fece anche lui e m’incantò. Con
le mani strinsi i suoi capelli ramati, guardandoli incredula, piano le portai
sul suo viso e lo toccai, quasi non mi sembrava vero che lui fosse davanti a me
“Sono felice!” dissi, Edward vibrò e scrutandomi dall’alto del suo sguardo
d’ambra mi penetrò l’anima, temetti di soffocare. “Io lo sono di più” mormorò,
racchiudendo nelle sue mani, le mie e fissandole “Forse non te ne rendi conto,
ma…” e sorrise sghembo “Beh”, alzò il sopracciglio “Sono innamorato per la
prima volta in vita mia ed è…” corrucciò la fronte, segno che stava pensando
“Strano, io…” rise scuotendo la testa “Mi sento così impacciato e non è da me”,
mi inchiodò con lo sguardo. Si: decisamente non era da lui balbettare. Risi per
la gioia, sapere di essere io a provocargli certe sensazioni, mi lusingava. “E
ora perché ridi?” domandò guardandomi truce “Ammettilo Edward, è strano per te,
quanto per me vederti in questa veste. Tu che sei sempre così sicuro di te,
sempre padrone delle tue parole” risposi alzando le spalle “Mi sento tanto
stupido” ammise continuando a ridere “Oh non lo sei” dissi “Amo anche questo di
te” sussurrai socchiudendo gli occhi e arrossendo, col dito Edward tracciò il
profilo del mio naso, soffermandosi sulle labbra; piano le dischiusi, lui
sussultò, ma non si mosse, rimase immobile, timidamente con la lingua disegnai
un cerchio sul suo dito e poi lo baciai dolce. Quando riaprii gli occhi, il
viso di Edward era sconvolto e fissava sbalordito le mie labbra.
Pochi attimi dopo, guardò me “Forse ho
fatto qualcosa che non dovevo” mormorai distogliendo lo sguardo, Edward
prontamente girò il mio viso nella sua direzione e sorrise “Sono solo sorpreso
per le emozioni che sei in grado di suscitarmi” disse tranquillo “Beh, questo
perché tu non sei in grado di capire quello che sento io quando mi sei vicino o
semplicemente mi guardi” confessai, arrossendo nuovamente.
Un gracidio alle nostre spalle ci fece
sobbalzare, nello stesso istante ci voltammo per vedere chi fosse “Stephan!”
esclamai sorridendogli, il ragazzo si passò la mano tra i capelli “Meredith
ehm…” rivolse un’occhiata a Edward che parve irrigidirsi “Ero venuto a
controllare se era tutto apposto” confessò “Grazie è tutto ok” ammisi annuendo
e guardando di sottecchi Edward “Ok, allora andrei…” si voltò velocemente e
tornò al bancone “Mmm…” mugolò Edward, lo fissai curiosa “Quel ragazzo pensa
che tu sia molto carina e si sta domandando da dove sia comparso io” la sua
voce uscì leggermente strozzata “Chi Stephan?” domandai incredula, Edward
annuì, io scoppiai a ridere “Questa poi” proferii “Dai andiamo” dissi prendendolo
per la mano e trascinandolo alla cassa.
“Prendo questo libro” dissi, Stephan lo
prese, lesse il titolo e sorrise “Ottima scelta” “Lo hai letto?” domandai
entusiasta “Oh si! E se ho capito che tipo di lettrice sei, ti piacerà” mi fece
l’occhiolino e in quel momento la mano di Edward strinse la sua presa, si
schiarì la voce e parlò “Te lo regalo io” sentenziò cacciando i soldi e
riponendoli sul bancone “Bastano?” chiese “Si, ecco il resto” disse gentile
Stephan “No, è mancia” sorrise il mio vampiro “Grazie” rispose balbettando il
commesso “Andiamo Meredith?” domandò rivolto a me, annuii “Ciao Stephan e
grazie di tutto” gli dissi grata “Spero passerai ancora di qui, così da dirmi
cosa te n’è parso del libro” “Certamente” e lo salutai con un gesto della mano.
“Decisamente fastidiosa” mormorò lugubre
Edward “Cosa?” lo guardai smarrita “La gelosia” sussurrò convinto, scrutandomi,
io spalancai gli occhi e mi fermai sbarrandogli la strada “Cioè fammi capire”
mi portai le mani sui fianchi “Sei geloso di Stephan?” speravo di sbagliarmi,
era tutto troppo folle “Non hai idea di quanto poco simpatici fossero i suoi
pensieri e credimi se no ce ne andiamo di qui, penso che potrei tornare dentro
e mangiarmelo a morsi. Continua a pensarti!” esclamò massaggiandosi le tempie
“Edward” lo richiamai perentoria “Guardami!” lo intimai, lui obbedì “Perché?”,
lui corrucciò la fronte non capendo la mia domanda “Perché cosa?” chiese poi
“Questa gelosia immotivata” dissi “Immotivata?” scosse la testa nervoso “Quel
ragazzo ti avrebbe chiesto di uscire se non fossi arrivato in tempo e…” abbassò
la testa “E il pensiero che tu potessi accettare mi sta corrodendo l’animo”. Le
sue parole sortirono su di me uno strano effetto, mi sentivo stranamente
importante. Edward Cullen, il ragazzo che più avevo desiderato e amato senza
neppure conoscerlo, stava dicendo a me che era geloso e che mi amava. Assurdo!
“Secondo te cosa gli avrei risposto?”
chiesi in tono di sfida, mi divertiva stuzzicarlo, sembrava così fragile “Hai
diritto di essere felice. Vi ho visto mentre parlavate della vostra passione
comune, sembravi così…serena” soffiò “Era giusto che accettassi” rispose deciso
fissandomi intensamente. Sciocco! Sciocco di un vampiro testardo! Strinsi le
mani a pugno “Pensi che avrei potuto dire di si a lui, mentre in realtà pensavo
a te. Solo a te?” la mia voce apparve stridula e fece spaventare Edward
“Meredith” mi accarezzò la gota rossa per la rabbia “Io voglio te…soltanto te”
soffiai “Scusami. Non abbiamo neanche dato inizio a…” si fermò “Cosa siamo?” mi
guardò dubbioso, io spalancai gli occhi “Siamo…una coppia?” chiese titubante,
sciogliendomi “Va bene per te?”, piano il mio sorriso s’allargò “E me lo
domandi anche? Si, si e si!” gli saltai addosso, Edward s’irrigidì
immediatamente “Ops” dissi allontanandomi “Mi devo abituare, scusa” mi ammonii,
lui rise “In realtà le scuse te le stavo porgendo io. Sono uno stupido, ti ho
già fatta arrabbiare”, negai “No, non sono arrabbiata. Ammetto che la tua
gelosia mi lusinga, non pensavo che…ecco…” imbarazzata stropicciai il lembo
della mia maglia “Cos’ha fatto di male questa maglia per meritare un tale
trattamento?” domandò Edward ridendo e avvicinandosi. Lasciai di colpo la presa
e mi ritrovai tra le sue braccia, immersa nel suo profumo “Come ho fatto a non
capirlo prima” mi baciò i capelli, io sospirai beata “Ti amo” sussurrò. Quelle
due semplicissime parole avevano il potere di stimolare in me sensazioni
sconosciute, incredibili…magiche!
“Ehi piccioncini!” trillò una vocina
allegra, dietro di noi Alice, stava a braccia conserte poggiata alla sua auto
“Devo più aspettare?” chiese divertita e maliziosa. Imbarazzati io e Edward ci staccammo
“Che ci fai qui, Ali?” domandai avvicinandomi a lei “Non avevi una mostra di
Ar…” m’interruppi non appena collegai “Tu!” esclamai indicandola col dito
“Sapevi che lui era qui?” indicai Edward “Allora ieri notte allora nella mia
stanza…” mi fermai a bocca aperta “Non potevo dirti niente! Meno male che
davvero ti agiti nel sonno, altrimenti quel cialtrone di mio fratello avrebbe
rovinato tutto!” e gli fece la linguaccia, Edward sghignazzò “E poi scusa” si
rivolse a me “Non è stato più romantico un incontro del genere” e fece segno
con la testa verso la libreria, mi voltai a guardarla e sorrisi al ricordo.
Osservai Alice e sorrisi “Benvenuta in famiglia sorellina” e mi abbracciò,
l’accolsi più che volentieri e quando mi fece fare una giravolta, risi spensierata
“Ora basta, mi gira la testa” balbettai, la mia voce spezzata per le risate.
Edward ci guardava stralunato, con le braccia incrociate, si era leggermente
allontanato da noi “Mi sembrate due bambine!” mormorò secco “Meredith mi
meraviglio di te” disse “E di me no?” chiese Ali, indicandosi “No, su di te ero
certissimo” borbottò “Antipatico” sibilò Alice offendendosi. Dopo poco però,
sembrava già aver dimenticato tutto “Meredith bisogna parlare di Capodanno,
organizzare la serata…” cominciò a sbraitare a raffica, mi sentii tramortire
dalle sue parole. Guardai Edward in cerca d’aiuto, la sua occhiata d’intesa mi
fece capire che stava per intervenire “Alice, basta! Lascia stare Meredith! Ora
torniamo a Phoenix, credo che ci sia qualcuno che mi vuole conoscere e delle
valigie da preparare” e strizzò l’occhio nella mia direzione, io vibrai.
In auto, Alice era l’unica a ciarlare,
pensavo sapesse che nessuno la stava ad ascoltare, io e Edward eravamo seduti
dietro e ci fissavamo, non avevamo smesso un attimo da quando eravamo in
viaggio. Credevo che sarei stata in grado di restare immobile in quella
posizione, una vita intera. Non avvertito dolore o stanchezza, il piacere
riempiva tutto.
“Come stai?” mi domandò d’un tratto
Edward “Benissimo” risposi strofinando la testa sul suo collo, come una gatta
che faceva le fusa, il suo braccio s’allacciò attorno alla mia vita,
schiacciandomi addosso a lui. “Sai ti ho vista al cimitero” mormorò posando il
suo mento sui miei capelli, spalancai gli occhi e li abbassai intristita “Mi ha
straziato il tuo dolore…tua madre doveva essere una persona eccezionale!”,
appresi di stare piangendo solo quando provai ad aprire bocca e ne venne fuori
un suono strozzato. Ingoiai la saliva e chiusi gli occhi “Lo era…” soffiai
rauca “Non ho mai conosciuto una donna più allegra e felice di lei. Nonostante
la vita non sia stata generosa con lei, non s’è mai lamentata. Ha cresciuto me
e Andrew con tutte la forza possibile, ci ha dato tutto a suon di sacrifici.
Era forte ed io l’ammiravo, volevo essere come lei! So che quando ha scoperto
la malattia, io sono stata il suo punto debole: Andrew si fingeva duro, lei non
fece una piega, io invece, le facevo pesare il fatto che se ne sarebbe andata,
lasciandomi” tirai su col naso “Non me lo sono mai perdonata e lei lo sa,
perché qualche giorno prima che spirasse le ho chiesto scusa ed è stato allora
che mi ha cantato quella canzone…” soffiai “Quella del cimitero?” annuii “Da
allora è diventata la nostra canzone, volle che gliela suonassi. Andrew la portò
sulla sedia a rotelle in salotto, triste mi sedetti al pianoforte e iniziai a
suonare, ma non ero concentrata. Mamma se ne accorse e mi riprese, mi disse che
non potevo sbagliare proprio quella melodia, era nostra e dovevo suonarla
sempre, ogni volta che avrei sentito il bisogno di doverla avere vicino, ma non
l’ho mai fatto. Ho abbandonato la musica, preferendo scappare…” confessai per
la prima volta “Ma hai risuonato a casa nostra, potresti ricominciare. Le basi
le hai…e io, se vuoi, potrei aiutarti” alzai di colpo la testa e lo scrutai con
occhi appannati “Davvero?” gli chiesi sognante
“Si, questo ed altro per te”, sorrisi assaggiando il sale delle mie lacrime “Oh
Edward!” lo avvolsi con le braccia, lui mi lasciò libera di agire, spostando il
mio corpo addosso a lui. Qualche minuto dopo, crollai per la stanchezza.
“Ehi principessa” bisbigliò nel mio
orecchio, lasciandomi un bacio sulla guancia, “Siamo arrivati” aprii prima un
occhio e poi un altro e quando mi trovai davanti il volto di Edward, sobbalzai
spaventata “Faccio così paura?” rise, mi portai una mano al cuore “Ma no,
sciocchino!” dissi facendomi improvvisamente seria.
“Ho bisogno di te
più di quanto non sai”
Una
mia mano dotata di volontà propria, s’issò verso il suo viso e tremante gli
sfiorai dapprima gli zigomi, poi le palpebre chiuse “Sei vero” sussurrai estatica
“Non ho sognato” borbottai rendendomi conto che era tutto reale. Edward riaprì
gli occhi e mi irradiò con la loro luce “Sono qui con te” soffiò sul mio collo
“E ti amo…” aggiunse tornando a fissarmi insistente.
“Voi
due vi muovete a scendere dall’auto?” ci sgridò Alice, le obbedimmo
immediatamente e ci precipitammo davanti la porta di casa, era ormai pomeriggio
inoltrato. Bussai al campanello e venne ad aprirci “mia madre” “Meredith!”
esclamò sorpresa “Ehm mamma…abbiamo fatto prima del previsto e siamo tornati”
borbottai cercando una scusa che fosse quantomeno credibile, Renée fissò
petulante Edward e il suo occhio cadde sulle nostre mani intrecciate. Lui
probabilmente, leggendo nella sua mente, percepì la situazione e si presentò
“Signora, io sono Edward, il fratello di Alice”, Renée cambiò improvvisamente
espressione e sorrise affascinata “Oh piacere mio caro! Tua sorella mi ha
parlato molto bene di te e sono lieta di fare la tua conoscenza, ma prego
accomodatevi, non restate sulla porta!”. Guardai Edward titubante, lui ammiccò
e capii che era tutto apposto.
Ci
accomodammo in salotto, dove mia madre provò a offrire qualcosa ai due Cullen,
senza ottenere soddisfazione “Vi fermate qui per la notte?” domandò mentre
sistemava le posate “Non vorremmo arrecare disturbo” rispose Edward, io gli
strinsi la mano “No, assolutamente. Ho una camera degli ospiti apposta per te e
Alice potrà dormire con Meredith come ieri notte” sorridente annuii. Poi mi
resi conto che non avevo ancora detto a mia madre che volevo ripartire, per
questo mi irrigidii, Edward mi guardò interrogativo, io abbassai lo sguardo e
lui per tutta risposta alzò il viso e mi fissò preoccupato “Non le ho ancora
detto che voglio tornare a Forks” bisbigliai in modo che mi sentisse solo lui,
annuì “Alice potresti mostrarmi il bagno per piacere?” chiese Edward
rivolgendosi alla sorella, lei inarcò un sopracciglio, il fratello le lanciò
un’occhiataccia “Oh si certo. Ci assentiamo un attimo” disse guardando Renée
“D’accordo, fate come foste a casa vostra”. Una volta andati via, mi avvicinai
a Renée, nervosa cominciai a giocherellare con una mela, lei mi scrutò “Devi
dirmi qualcosa?” sobbalzai, dimenticavo il suo intuito affinato “Ehm veramente
si…” tremai “Ti ascolto” “Vedi mamma…ho pensato molto alla tua proposta, ma non
me la sento di lasciare solo papà. Poi lì ho i miei amici e…” abbassai gli
occhi “Sto costruendo la mia vita lì e ci sto bene…per ora”. Renée mi osservò
per buoni cinque minuti, mettendomi addosso un’agitazione esagerata “Quindi
vuoi tornare a Forks per tuo padre e i tuoi amici” constatò, io annuii “Solo
per questo?” domandò sorridendomi maliziosa “E che mi dici di Edward?” e marcò
bene il suo nome “Sbaglio o avevi detto che non dovevi dirmi niente di lui,
però lo hai portato qui e poco fa eravate mano nella mano. Oggi gli amici si
comportano in questo modo e si fissano in maniera così intensa come fate voi
due?” chiese squadrandomi e aspettando la mia reazione. Trattenni il fiato, ma
non a lungo, alla fine mi lasciai andare in un lungo sospiro “Ok, hai vinto!”
sorrise “Edward mi piace, ok? E stiamo insieme da…oggi” mormorai arrossendo per
la millesima volta “Ci stiamo provando, credo che…si beh…insomma…” balbettai
“Ho capito, Meredith! Non aggiungere altro” mi prese le braccia e le guardò
“Sei tanto cresciuta” mormorò commossa “Torna pure a Forks se è quello che
desideri” disse poi abbracciandomi “Grazie, grazie!” esclamai entusiasta. “Ci
siamo persi qualcosa?” domandò Alice entrando in salotto, io e Renée ci girammo
verso lei e Edward “Domani si parte per Forks” gridai correndole incontro e
saltandole al collo “Andiamo a preparare la valigia?” e la trascinai su per le
scale, Edward ci fissò, a metà cammino mi bloccai e mi voltai nella sua
direzione, incontrando il suo sguardo rapitore e gli sorrisi sincera “Ci dai
una mano?” gli chiesi, lui annuì felice e ci perdemmo in un’occhiata languida.
”Fuori è quasi giorno e
l'aria chiara rende limpida ogni cosa
apri gli occhi e chiudi la valigia che ora ti riporto a casa
cancella tutto e ti giuro che tutto si aggiusterà io non voglio più sbagliare
ho bisogno di te
più di quanto non sai”
“Meredith
ovviamente io stanotte fingerò di dormire nella tua stanza, ho bisogno di
andare a caccia. Ho già avuto una visione e tua madre non entrerà nelle nostre
stanze” mi fece l’occhiolino “Va bene” le sorrisi mentre ficcavo in valigia i
miei jeans “Allora vado. A domattina” e saltò giù dalla finestra. Edward mi
cinse immediatamente la vita con le mani e mi tirò a sé “E così io ti piaccio”
disse divertito “Così pare” risposi con un’ alzata di spalle “E ci siamo messi
insieme oggi” aggiunse poi “Non è così?” chiesi, lui annuì “Ma non sai da
quanto provo per te questo sentimento” e mi voltò verso di lui “Vorrei che
sentissi quanto è complicato” mormorò sulla mia fronte prima di baciarmela “Lo
posso solo immaginare” sospirai “Ma ci voglio provare” proferì deciso “Non sono
pronto a perderti di nuovo, ho rischiato di farti scappare una volta, non
commetterò lo stesso errore una seconda volta” mi chiuse il viso tra le mani
“Io ho bisogno di te” soffiò poi mi rubò un altro bacio
”c'è la mia vita all'improvviso mi è sfuggita dalle dita davi tutto quanto per
scontato e ad un tratto mi hai perduta ma se son qui ad aspettare è solamente
perchè credo ancora nell'amore”
Quando
ebbi bisogno di respirare, si separò di qualche millimetro dalle mie labbra
“Anche io…” mormorai confusa “Anche io ho bisogno di te” deglutii “Non
lasciarmi” mi aggrappai alle sue spalle cercando conforto, Edward strinse con
le dita i miei capelli e mi baciò nuovamente per qualche secondo “Devo…” ingoiò
“Devo essere prudente, potrei spezzarti con un singolo movimento. Sei come
creta nelle mie mani” mi accarezzò più volte le guance.
”prendimi abbracciami per non sentire più nessun dolore siamo noi ancora noi e
non vogliamo più farci del male si può cambiare ricominciare
ho bisogno di te più di quanto non sai
quello che il futuro ci ha promesso ora non può più aspettare giurami che i
giorni che verranno ci faranno ritrovare per arrivare lontano basta guardarci
nel cuore e io vedo ancora amore”
“Lo
so…ma…” impugnai la sua camicia e chinai
il capo “Non voglio che tu pensi di mettermi in pericolo o altre cose del
genere. Non…” chiusi gli occhi “Non fare la stupidata che hai commesso con
Bella” alzai lo sguardo “Promettimelo!” lo intimai, lui mi fissò dolce e
premuroso “Io ti sarò accanto fino a quando vorrai” bisbigliò “Per sempre
allora” sorrisi io, lui scosse il capo “Ne discuteremo in seguito. Sei stanca e
domani ci aspetta un viaggio in compagnia di un Alice eccitata all’idea di
festeggiare insieme la fine dell’anno” roteai gli occhi verso il cielo e Edward
rise “Buonanotte. Fai bei sogni” “Sognerò te. Verrai a trovarmi stanotte?”
domandai speranzosa, un bacio a fior di labbra fu la sua risposta per poi
scomparire dietro la porta.
“prendimi abbracciami per
non sentire più nessun dolore siamo noi ancora noi e non vogliamo più farci del
male si può cambiare ricominciare
ho bisogno di te più di quanto non sai”
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Capitolo 22 *** Io e te ***
Io e te
Buon
giorno a tutti,
presa
dallo studio, mi stavo dimenticando che era sabato e dovevo postare il
capitolo, ma vi pare che la mia testa possa resettare queste informazioni così
importanti??? Ah, devo fare assolutamente una cura di fosforo u.u. A parte i
miei scleri mattutini, vi devo, ancora una volta, ringraziare. Non so se capite
come mi sento, ma vedere 8 recensioni è stato per me fonte di gioia immensa,
avrei voluto mettermi a saltellare per tutta la stanza, ma non ho potuto farlo,
perché sennò avrei dovuto spiegare alla mia compagna che mi stava succedendo
:p. mi avrebbe preso per matta (ehm…lo sono, ma questo è un dettaglio insignificante
:P).
Ginevrapotter: oh grazie, grazie e ancora grazie!!! Purtroppo
mi commuovo e non posso farci nulla. Ti do una buona notizia: ci vorrà ancora
un po’ prima che la storia finisca, quindi ora non ci pensare e goditi questi
capitoli.
Dindy80: grazie a te per esserci sempre. Oramai sono
talmente abituata a leggere le tue recensione che se all’improvviso sparissi,
mi sentirei un pezzo mancante. Questa storia esiste anche grazie a te e a tutti
quelli che mi stanno dando tanto e mi stimolano a continuarla, quindi grazie
sul serio! Anche io amo le librerie, ci passo le ore, quando mi trovo ad
entrarci e comprerei tutto. Spero che questo capitolo ti piaccia, aspetto di
sapere che ne pensi. Bacio.
Antonya: tu non hai idea di quanto mi abbia fatto
piacere leggere le tue parole. Quando ho visto il tuo nome, sono sobbalzata,
credimi!!! Non potevo crederci, è stato bellissimo, un onore…un vero onore!!! Grazie
Antonya, perché dette da te queste cose, mi fanno sentire veramente fiera di
quello che faccio. Grazie, grazie, grazie. C’è molto di me in Meredith…come al
solito, non riesco ad essere oggettiva quando scrivo e finisco per catapultarmi
dentro le mie storie. Fammi sapere come ti sembra questo capitolo. Ti voglio
bene…
Saretta__Trilly__: in questo capitolo potrai vedere come si
comportano i due piccioncini, spero solo di non deludere le tue aspettative…
Vampiretta Cullen: eheheh vuoi l’autografo??? Ma dai!!! Come sempre,
sei divertente e dolcissima allo stesso tempo, un giorno di questo finirò per
sciogliermi per i tuoi continui complimenti (che ovviamente apprezzo e che mi
stimolano a continuare)…Grazie mia adorata principessa. Spero di poter chattare
di nuovo con te, quanto prima. Mi mancano le nostre chiacchierate. Ti voglio
bene…
Giulls: sei davvero orgogliosa di me? Oh mamma
mia! Mi sento emozionantissima, come una bambina che vede per la prima volta un
tramonto, mano nella mano col proprio ragazzo. No, tesoro, non puoi capire
quanto quello che mi dici, che tutti voi mi dite, mi aiuti!!! Grazie!!!!!!!
_Aislinn_: chi risulta essere ripetitiva tra le due,
è la sottoscritta, perché davvero non so più che parole usare, per
ringraziarvi. Risulterò banale, ma davvero mi mancano gli aggettivi per
descrivervi la mia felicità! Ci metto tanto di me nelle emozioni che provo a
farvi recepire, spero vi arrivino. Bacio.
Piccola Ketty: tesoro grazie! Cerco di rendere questa
storia il più originale possibile, mettendoci ogni piccola idea che mi passa
per la testa, voglio davvero fare un lavoro che sia apprezzato e ben curato in
ogni dettaglio. Spero di riuscirci, faccio davvero del mio meglio. Bacio…
Prima
di lasciarvi al capitolo, vi posto il link della canzone che troverete alla
fine: http://www.youtube.com/watch?v=Wu47nXhg6OE
Grazie
ancora infinitamente e col cuore a tutti…!!!
Capitolo 21 “Io e te”
Un
fischio.
Due
fischi.
Tre
fischi.
Che
irritazione! Stavo sognando così bene! Ma chi era che osava interrompere il mio
sonnellino? Spalancai gli occhi decisa a dirgliene quattro a questo
disturbatore, ma quando mi trovai davanti Alice, mi paralizzai “Ali?” la
chiamai “Finalmente sei sveglia. Sto armeggiando con la tua valigia da un’ora,
facendo un gran baccano, ma non vuoi saperne di aprire gli occhi!” borbottò
facendo una faccia buffa che mi fece ridere. D’un tratto sussultai ricordandomi
di ciò che era avvenuto il giorno prima; cominciai a guardarmi intorno alla
ricerca di Edward, ma di lui non c’era traccia. Il terrore prese il
sopravvento. Fissai Alice con sgomento, lei lesse la mia espressione e
s’accostò al letto, si sedette e cominciò ad accarezzarmi i capelli “Meredith”
la guardai impaurita “Stai calma” “Edward dov’è?” deglutii a fatica “E’ a
caccia, ti è stato accanto tutta la notte, ma era stremato. Ieri s’è stancato
molto” un sospiro di sollievo proruppe sulle mie labbra “Credevi se ne fosse
andato?” annuii vergognandomi come una ladra “Stupidina!” trillò Alice “Avanti
alzati! Edward sarà qui tra poco e dobbiamo andarcene, l’aereo parte
esattamente tra cinque ore” proferì severa. In un batter d’occhio fui pronta,
scesi in cucina a salutare mamma e Phil per avvertirli che ci stavamo
preparando alla partenza, poco dopo fui di nuovo su, Alice mi guardò e sorrise
“Edward è nella stanza degli ospiti” e ammiccò, io mi illuminai e uscii di
corsa dalla camera dirigendomi presso la sua. Arrivata alla porta mi fermai,
inspirai ed espirai due o tre volte, poi con la mano che mi tremava, bussai,
era certo che lui mi avesse già sentito “Posso?” chiesi “Prego”, aprii la porta
e lo trovai steso sul letto con le braccia dietro la testa, l’immagine del
relax. Un sorriso spontaneo nacque sulla mia bocca quando il miele dei suoi
occhi si sciolse nei miei verde nocciola “Buongiorno Meredith!” cantò allegro
“Buongiorno…Edward” enfatizzai il suo nome, restando ferma sulla soglia a guardarlo.
Trascorsero dei minuti e i nostri sguardi non accennavano a sciogliersi,
incatenati e attratti come due calamite. Il fatto era che mi sentivo stordita,
semplicemente incredula che quel miracolo divino fosse…mio! Pazzesco come solo
pensarlo accanto a me, mi facesse rabbrividire di piacere e sentire leggera
come una farfalla. “Dormito bene?” domandò lui, spezzando la magia, io scrollai
le spalle e dondolai su un piede “Molto, grazie. E la tua nottata com’è stata?”
chiesi sinceramente curiosa “Piacevole, molto piacevole” e ammiccò mettendomi
in imbarazzo. Mi avvicinai al letto, lui mi fece segno con la mano di
accomodarmi, obbedii, ci fissammo ancora. Edward sollevò il braccio, lento e
agonizzante lo avvicinò al mio viso, con le dita disegnò un cerchio sulla mia
guancia, io chiusi gli occhi per godermi il momento e quando avvertii il suo
fiato freddo, mi preparai psicologicamente a raggiungere il paradiso. La sua
bocca di rosa si posò delicata sulla mia e dopo un attimo di esitazione, esse
si modellarono, danzando piano, pregustandosi pezzettino dopo pezzettino. E fu
estenuante, eccitante, stramaledettamente bello.
“Mmm…”
mormorò lui, io mi passai la lingua sulle labbra per assaggiare ancora il suo
sapore, non riuscivo a starne senza, nell’istante in cui riaprii le palpebre
affondai nelle sue pupille così vicine alle mie e il mio cuore sussultò felice.
Sorrisi deliziata e lui fece lo stesso. “E’ straordinario!” esclamò calmo
“Cosa?” domandai rauca “Quanto starti accanto sia così sorprendentemente
meraviglioso. Mi sembra di essere rinato ieri e di vedere solo ora la luce.
Meredith tu mi rendi felice e non lo sai” sorrise lieve, il mio cuore palpitò
velocissimo, facendomi mancare l’aria. “Stai bene?” domandò preoccupato, non
vedendomi parlare, annuii impercettibilmente, ma quel poco che bastava per
essere visibile agli occhi di un vampiro “Ho detto qualcosa di sbagliato?”
corrucciò la fronte pensieroso. Negai col capo “E allora perché non parli?”,
gli feci cenno con la mano di aspettare, mi portai le dita al petto e
stropicciai la maglia all’altezza del cuore, tossii liberandomi “Ah ora va
meglio” sospirai strofinandomi la fronte con il braccio, Edward mi guardava
confuso, gli sorrisi “Scusami, ma le tue parole mi hanno…bloccato il respiro!”,
dopo un primo momento di smarrimento, Edward scoppiò a ridere, io mi accigliai
e lo fissai truce “Tu sei tutta matta” disse continuando a scompisciarsi dalle
risate “Ah si? E così sarei matta?” chiesi offesa incrociando le braccia al
petto come una bambina capricciosa, Edward si avvicinò “Si e poi io amo la tua
pazzia” soffiò nel mio orecchio. Immediatamente i miei sensi s’accesero e controllarmi
fu difficile, infatti lo baciai. L’effetto che Edward aveva sul mio corpo mi
spaventava. Era la prima volta che sentivo nascere in me esigenze fisiche, mi
ero innamorata in passato, ma ciò che Edward scatenava in me era nettamente
amplificato. Quando a 13 anni conobbi David fu un vero colpo di fulmine, aveva
due anni più di me, era alto, biondo, occhi castani, giocava nelle giovanili di
basket di Detroit ed era adulato da tutte. Io ero timida, ma qualcosa all’epoca
mi spinse a scrivergli una lettera nella quale mi complimentavo con lui per il
suo talento sportivo, per la gentilezza e disponibilità che mostrava nei
confronti di chiunque gli si avvicinasse. No, non gli confessai nulla di ciò
che provavo. Ho ancora ben impresso nella mente tutte le volte che mia madre
costringeva Andrew ad accompagnarmi a vedere le partite del campionato di
basket “Ma perché deve andarci? Non capisco questo suo improvviso interesse per
lo sport!” si lamentava mio fratello “Oh avanti Andrew! Si tratta di un’ora,
non ti costa niente, fai questo favore alla tua mamma!” ogni volta si ripeteva
la stessa scena. Stesse battute, stesso risultato: alla fine andavamo tutti e
tre allo stadio, ci divertivamo come matti e ci abbuffavamo di pop corn e
patatine. Ero fermamente convinta che nessuno avesse capito che mi piaceva
David, tranne ovviamente la mia migliore amica, Cindy, alla quale avevo
confessato quella mia stupida cotta da adolescente, ma all’epoca non ero ancora
a conoscenza della perspicacia di mia madre. Un giorno, infatti, ero in stanza
a vestirmi, decisa a consegnare la mia lettera a David. Tremavo mentre pensavo
a quello che stavo per fare ed ero talmente su di giri che non appena mia madre
entrò in stanza per chiamarmi, saltai come una molla per lo spavento, facendo
cadere il foglio dalla tasca della felpa. Sbarrai gli occhi quando mamma lo
prese me lo porse senza aprirlo, la fissai stralunata, in genere era così
curiosa. “Oggi finalmente rivelerai a quel giocatore biondo i tuoi sentimenti?”
chiese amorevolmente. A primo impatto non compresi le sue parole, poi quando mi
indicò la lettera che stringevo nella mano destre, sbattei le palpebre
incredula e il mio sguardo vagò dal foglio al viso di mia madre “Tesoro” mi
accarezzò la guancia “Non ho letto quello che hai scritto, mi basta guardare te
per capire che quel David ti piace” al suo nome salta sul posto e arrossii
visibilmente “Non avere paura di me, sono tua madre lo so, ma non ti giudico
per quello che fai! È vero: tempo che tu possa rimanerci male e soffrirne.
Inoltre non dimentico che lui è più grande di te e per questo ti invito alla
prudenza. Tanto non uscirai da sola con lui, sei ancora piccola!” disse severa,
io annuii “Ma non posso controllare i tuoi sentimenti, so come ti fa sentire
questa nuova esperienza, ma credimi: un giorno sarà ancora più bello, quando
troverai la persona giusta, ti sentirai così completa e felice da avere la
forza di scalare le montagne e di affrontare ogni cosa” pronunciò sognante “E’
quello che hai provato con papà?” domandai timida e profondamente curiosa, lo
sguardo di mia madre per un attimo si spense, ma poi torno quello di sempre “Si
e no. Quando sarai grande, capirai!” e se ne andò.
Alla
fine non diedi la lettera a David: ero andata nella zona privata dello stadio,
gli spogliatoi per intenderci, grazie ad alcune conoscenze di mio fratello e
quando avevo scorto David di spalle, avevo sorriso pronta ad avvicinarmi, ma
nel momento in cui udii una voce femminile, quella
voce, mi nascosi dietro degli armadietti grigi “Beh David, volevo dirti che
mi piaci da parecchio. So di essere più piccola, ma me la so cavare molto bene
con i ragazzi e se vuoi te ne do la dimostrazione”, intravidi il viso di Cindy
e ogni mia certezza crollò. David se la rideva beato e Cindy audace come non
l’avevo mai vista, si alzò sulla punta dei piedi e lo baciò. Inizialmente, lui
rimase sorpreso, poi stette al gioco, la spinse contro il muro con forza e la
sua mano salì su verso il seno prosperoso della mia ex migliore amica. Aveva 13
anni e mezzo, ma fisicamente ne dimostrava 15 o 16. quello che successe dopo
non l’ho mai saputo, perché corsi subito via con le mani davanti agli occhi,
triste e delusa per quello che Cindy mi aveva fatto. L’avevo sempre creduta
buona e sincera, ma dentro covava una serpe maligna e solo col trascorrere dei
mesi capii con chi avessi avuto a che fare.
Quando
mi scostai dalle labbra di Edward, il suo sorriso sornione mi ridestò “Ci
stiamo prendendo gusto, eh?” disse divertito “Stupido!” lo ribeccai alzandomi
dal letto “Dai andiamo, Alice ci aspetta!” aggiunsi dirigendomi verso la porta,
ma Edward mi anticipò, aprendomela “Prego Madame” fece con galanteria, io
roteai gli occhi al cielo e uscii.
“Amore
mio fai buon viaggio! Mi raccomando stai attenta e fatti sentire. Salutami
Charlie!” “Certo mamma!” risposi ansiosa di partire “Grazie per l’ospitalità e
la gentilezza. E’ stato un vero piacere conoscerla” trillò Alice seguita da
Edward “Ragazzi venite quando volete, qui siete i benvenuti. Badate a mia
figlia, soprattutto tu giovanotto!” Renée guardò severa Edward, alchè io mi
avvicinai “Ok, è arrivato davvero il momento di andare!” proferii zittendo mia
madre “Non si preoccupi, tratterò bene Meredith!” detto ciò Edward mi strinse a
sé con amore e ci dirigemmo verso l’auto.
“Sei
contenta di tornare a Forks?” domandò Alice dal posto di guida “Moltissimo!” risposi
sincera, stringendo la mano di Edward, il quale mi sorrise compiaciuto
“Fratellino!” squittì Ali “Si, va bene” disse Edward scocciato, rispondendo ai
pensieri della sorella “Basta che non esageri!” li guardai corrucciando la fronte
e sbuffando “Non mi piace che sappiate solo voi di cosa state parlando”
incrociai le braccia al petto “Rendete partecipe anche me!” li pregai “Non è
niente di importante, anche se credo che non ti piacerà” ammise Edward
avvicinandosi, tremai “Ehi! Sarà piacevole, invece!” sbuffò Alice “Ok” dissi
“Ho capito che ha a che fare con la piccola peste, quindi è probabile che
riguardi la festa di Capodanno” sospirai rassegnata “Bingo!” ammiccò Edward “Tu
non potresti salvarmi?” lo guardai disperata, provando anche a fargli gli occhi
dolci. Impresa impossibile, soprattutto di fronte ai suoi molto più convincenti
e belli dei miei. Edward sorrise lievemente, prese il mio viso tra i palmi delle
sue mani e lo avvicinò al suo “Credimi, vorrei farlo, ma lei mi ha aiutata con
te, senza Alice, ora io e te non saremmo qui insieme!” mi fissò dolcemente
“Capito” sorrisi, proprio in quell’istante, Alice accostò l’auto, scese, aprì
la portiera di dietro e sghignazzò “Tocca a te guidare, fratellino” e gli fece
cenno di accomodarsi al posto del guidatore, Edward sospirò, poi si voltò verso
di me, lasciandomi un bacio a fior di labbra che mi mozzò il fiato e subito
dopo si precipitò davanti. Alice nel frattempo, con una grazia innaturale,
s’accomodò al mio fianco “E ora a noi due!” il sorriso minaccioso che mi
rivolse mi fece raggelare sul posto.
Avrei
tanto desiderato che i vampiri potessero ammalarsi ad esempio di raucedine,
magari le mie povere orecchie avrebbero potuto riprendersi dopo non sapevo di
preciso quante ore di viaggio, in cui Alice aveva continua a blaterare, bla,
bla, bla senza mai fermarsi. Io avevo perso il filo dopo la terza parola mi
sembrava avesse nominato un certo vestito lilla di Valentino, ma non ci avrei
scommesso. Da parte mia, avevo preferito indirizzare la mia attenzione verso il
vampiro che tanto amavo, il quale sembrava non badare alcunché ai discorsi
della sorella. Era apparentemente rilassato, lo sguardo fisso sulla strada, ma
sapevo che probabilmente stava pensando a noi, a come si sarebbe controllato
quando stava con me o peggio si stava accusando di essere egoista, perché mi
privava di una vita normale, che infondo io, non avevo mai avuto. Come se
avesse percepito il mio sguardo, Edward alzò gli occhi sullo specchietto
retrovisore, trovando i miei. Improvvisamente mi sentii avvolta in una bolla di
sapone, stranamente sicura, se c’era lui mi sentivo bene. Mia madre aveva
perfettamente ragione: mi sentivo così forte da non avvertire la stanchezza del
viaggio o della petulante Alice, bensì avevo una gran voglia di ridere ed
essere finalmente spensierata e felice.
Una
volta arrivati di fronte casa, mi precipitai fuori dall’auto, riprendendo aria,
Alice mi aveva rintontita. Edward prese il mio bagaglio e insieme a sua sorella
mi accompagnarono alla porta. “Ciao papà!” esclamai “Meredith!” rispose
contento, in uno slancio di gioia, gli saltai al collo e lo abbracciai “Sono
felice di essere di nuovo qui” Charlie inizialmente rigido, si rilassò udendo
le mie parole “Ed io mi sento bene ora che sei a casa con me” borbottò
imbarazzato.
Prima
di andarsene Alice disse “Come deciso domani pomeriggio verrai con me a
misurare l’abito”, sbarrai gli occhi confusa “Che abito?” domandai, Alice alzò
le mani verso il cielo e sembrò quasi che volesse imprecare qualcosa “Ma allora
non ha ascoltato una sola parola di quello che ti ho detto!” sbraitò arrabbiata
“No, no, m sono solo distratta un po’ e mi sono sfuggiti dei passaggi!” guardai
sottecchi Edward che rideva, almeno lui si divertiva, ma Ali non doveva
pensarla alla stessa maniera “Ad ogni modo, domani pomeriggio ti vengo a
prendere, non accetto scuse!” mi fissò minacciosa “Ok, ok” risposi arrendevole.
Nel
frattempo che Alice si avviava in macchina, Edward si avvicinò e mi cinse la
vita con le braccia “Che mal di testa!” mi lamentai “Mi spiace per il tuo mal
di testa!” mi disse lui “Non preoccuparti non è colpa tua!” “Mia sorella è
sempre esagerata” rispose baciandomi la fronte “Non importa, io le voglio
comunque bene” confessai affondando con la testa nel suo petto marmoreo.
Qualche secondo di silenzio si frappose tra noi, ma fu Edward a spezzarlo,
parlando “Dirai di noi a Charlie?” domandò “Credo che Renée lo abbia già
avvertito, non hai visto come ti guardava?” “E come ci sta guardando ora!”
aggiunse lui, mi scostai per verificare, arrossendo quando incrociai il suo
volto dietro la tenda del soggiorno “Ci vediamo domani” disse “Non vieni più
tardi?” chiesi sentendomi già persa per la sua assenza “Non vuoi stare a casa?”
“Voglio stare con te” ammisi senza pensarci troppo, Edward alzò il
sopracciglio, scosse la testa e poi rise sereno “Vai, tuo padre ti aspetta” mi
lasciò un bacio tra i capelli, lo guardai triste “Tieni aperta la finestra,
tornerò presto” annuii felice.
“Alice
ma è troppo scollato!” sbuffai portandomi convulsamente la mano tra i capelli
“E anche troppo corto!” aggiunsi fissando la mia figura nell’enorme specchio
della stanza della vampira “Vuoi stare ferma cinque minuti?” gridò Ali, alzando
la testa e lasciando penzoloni sulle mie gambe l’ago e il filo con cui mi stava
sistemando l’abito che voleva, anzi pretendeva, che indossassi la sera di
Capodanno “Sono qui da tre ore! Non ti sembra che abbia sopportato abbastanza?”
domandai adirata “Non direi!” ribatté lei “Per queste cose ci vuole tempo e
pazienza. Chi bella vuole apparir, un poco deve soffrir” disse trionfante, la
fissai disperata “In realtà io non ho proprio aperto bocca, stai facendo tutto
tu, manco volevo venirci a questa festa” scossi la testa per non pensarci “Fammi
capire!” si alzò in piedi, portandosi le mani alla vita “Tu avresti preferito
perdere l’occasione di indossare un abito di Valentino e ripeto, VALENTINO, ad
una festa organizzata da me?” feci finta di pensarci, mi portai la mano sotto
il mento e lo sfregai piano, alzai le pupille verso l’alto e poi annuii “Si,
direi proprio di si” confessai con non chalance, Alice spalancò la bocca
incredula “Sei assurda!” sibilò tra i denti, io ridacchiai divertita “Quindi
non ti sarebbe dispiaciuto non trascorrere un’intera serata con Edward…”
mormorò appena, guardandomi di sbieco e con aria furba, sapeva qual era il mio
tasto dolente ed era lì che andava a colpire. Sospirai arrendevole “Non ho
detto questo, sai bene cosa provo per tuo fratello” sussurrai “Oh si, certo che
lo so. Se non ci fossi stata io, voi due ora sareste ancora a pane e acqua” disse
fiera di sé “Grazie sorellina” bisbigliai, chinando il capo “Di nulla. E ora
torniamo al vestito”, annuii, pronta ad essere nuovamente torturata.
Qualche
ora più tardi…: ”Direi che così è perfetto!” proferì contenta Alice, facendomi
fare un giro su me stessa “Guardati!” disse delicata, io mi voltai verso lo
specchio, chiudendo automaticamente gli occhi, poi lentamente sollevai prima
una palpebra e poi l’altra e rimasi sorpresa: il mio fisico formoso era chiuso
in un vestitino lilla di seta, la sua forma svasata esaltava seno e fianchi e
le decoltè mi slanciavano, nascondendo quei chili di troppo che odiavo tanto. I
capelli erano raccolti in cima e su un lato della testa in un elegante chignon
alla Grace Kelly, impreziosito con un intreccio di ciocche fissate come una
corona e infine due boccoli che cadevano morbidi sul viso.
Lo
stupore si dipinse sul mio volto, mi sentivo così diversa e a mio agio, quasi
mi commossi per quanto mi piacevo vestita in quel modo. Con un’innaturale
lentezza, mi girai verso Alice e la guardai “Hai fatto un miracolo!” balbettai,
lei fece cenno di no con la testa “Sei tu che ti presti per essere così
meravigliosa, non ti apprezzi abbastanza e invece guardati” e indicò lo
specchio “Sei splendida”, mi fissai nuovamente e sorrisi. Un sorriso che mai
avevo visto illuminarmi il viso in quel modo e dentro di me, una tempesta
d’emozioni prese piede, trascinandomi verso qualcosa che era talmente grande,
da sembrarmi immenso. Quello che era più strano per un tipo come me, era che mi
andava di gettarmi a capofitto e immergermi in quell’infinito.
“Sono
stata attenta a non pensare a te, al vestito, così per Edward sarà una vera
sorpresa. Immagino già la sua faccia non appena ti vedrà! Ah che bello, che
bello!!!” esclamò Alice, saltellando per tutta la stanza, poi d’improvviso si
bloccò “Oddio, ma è tardissimo! Devo prepararmi!!!” e schizzò nel bagno, io mi
persi nella mia risata, seguita a ruota da Alice.
Un’ora
dopo, eravamo pronte, la mia tensione in quei minuti era salita alle stelle,
erano ormai trascorse più di 7 ore da quando non vedevo Edward e mi mancava da
impazzire, ma il peggio era che mi sentivo così agitata da non sapere se sarei
riuscita a farmi vedere da lui, conciata in quel modo. Stavo bene, ma mi
sentivo in imbarazzo…e se non gli fossi piaciuta? Se mi avesse trovato troppo
volgare o troppo diversa? Rabbrividii al solo pensiero, i dubbi mi stavano
tartassando. Alice mi fissò stranita “Meredith, stai bene?” chiese con evidente
preoccupazione, prendendomi la mano “Tremi tutta” constatò, io non me n’ero
accorta, infatti quando osservai la mia mano e la vidi oscillare velocemente,
sbarrai gli occhi incredula, fissando poi Alice, terrorizzata. Jasper, che era
fuori la porta, bussò e non appena Alice gli diede il permesso di entrare, si
precipitò da noi allarmato, mi scrutò attentamente, chiudendo gli occhi; qualche
secondo più tardi, percepii una piacevole sensazione di benessere. Sorrisi e
ringraziai Jasper per la prontezza del suo intervento, senza di lui non avrei
trovato pace, ma mi sarei continuata a crogiolare nei miei dubbi. “Sei pronta?”
domandò Alice sorridendomi, questa volta annuii convinta, Jasper ci precedette
e aprì la porta facendoci uscire; nell’ampio corridoio regnava un silenzio
inquietante, mi guardai attorno spaurita “Tranquilla Meredith, Edward arriverà
presto”, detto ciò, Jasper porse il suo braccio a sua moglie e si avviarono
lungo la scalinata. Li scrutai sognante: erano così belli insieme, combaciavano
perfettamente “Chissà io e Edward come
appariamo agli occhi degli altri. Anche noi sembriamo così perfetti? Ma che
vado a pensare? Lui lo è…è così…Dio! Non ho parole per descriverlo e mi sento
tanto stupida ad avere il cuore a mille solo a pensarci…Vorrei trascorrere ogni
singolo istante con lui, è tanto folle come idea?” sospirai “Sai che è amore quando tutto quello che vuoi
è trascorrere il tempo con una persona e per qualche motivo intuisci che anche
per lei è lo stesso” sobbalzai udendo il timbro caldo di Edward alle mie
spalle, mi girai a guardarlo e restai allibita: era divino nel suo abito nero
gessato, la giacca aperta, lasciava intravedere una camicia di raso bianca che
esaltava il suo petto scultoreo, i primi bottoni slacciati, lo rendevano così
sexy, che per qualche minuto, mi mancò l’aria. Deglutii a vuoto, poi tornando a
fissarlo gli dissi: “ Ti sei letto tutti i libri di Nicholas Sparks?” chiesi
con voce flebile, provando a racimolare un po’ di buon senso, lui sorrise
sghembo “So che è il tuo scrittore preferito e ho pensato che sarebbe stato
giusto informarmi su di lui e quindi ho dato un’occhiata ai suoi romanzi”
ammise scrollando le spalle “<< I passi dell’amore >> è scritta in
stile diario dal punto di vista di un uomo e credo sia bellissimo il modo in
cui descrive ciò che accade nella sua vita, soprattutto quella presente: il suo
sentirsi smarrito nella realtà in cui vive, ma con la testa è sempre nel suo
passato e soprattutto con lei…” mormorai sorridendo, vedendo Edward avvicinarsi
e afferrarmi le mani con gentilezza “Si, mi ha colpito molto, lo ammetto. Ma
ciò che mi stupisce di più ora sei tu” disse suadente, ammiccando “Sapevo che
eri bellissima, ma sai sempre sorprendermi: stasera sei meravigliosa e
quest’abito” mi sfiorò la bretella sulla spalla “Ti sta d’incanto” mormorò
roco, io arrossii vistosamente e abbassai la testa per nascondere l’imbarazzo,
ma Edward non me lo permise: col dito indice sotto il mento, mi sollevò il viso
per fissarmi dritto negli occhi “E comunque io non sono perfetto. Tutt’altro…”
aggiunse, intrecciando il suo sguardo al mio “Per me lo sei” bisbigliai appena,
chiusi gli occhi, stringendo le sue mani e godendo di quel contatto “Sei la
persona più importante ora e…mi sento così…” spalancai le palpebre, sbattendole
più volte “Felice! Ed è soltanto merito tuo. Sei speciale, Edward!” confessai,
lui mi scrutò serio, poi le sua braccia scesero sulla mia vita e mi spinsero
verso il suo corpo, serrandomi in un tenerissimo abbraccio. Poggiai la testa
sul suo petto, all’altezza del posto in cui un tempo, c’era il suo cuore “Ti
amo…” disse quasi commosso “Grazie…” aggiunse poi, scostandomi leggermente da
lui “Per cosa?” domandai spaesata “Di essere capitata nel mio mondo” rispose
come se fosse scontato, sorrisi imbarazzata e felice…veramente felice. Quando i
nostri sguardi si fecero nuovamente seri, il mio cuore scalpitò come un matto.
Mi alzai in punta di piedi e seguii ciò che mi dettava di fare e il bacio che
ci demmo, spazzò via ogni incertezza.
La
serata fu davvero molto bella, tra cibo, giochi, scherzi, battute, trascorremmo
il tempo spensieratamente, come una vera famiglia. Mi sembrava di essere lì da
sempre, come se ci fossi nata. Edward non si era allontanato da me neanche per
un secondo e questo mi face sentire estremamente protetta, una sensazione
davvero gradevole.
Inaspettatamente,
Edward mi bisbigliò ad un orecchio: “Vieni con me”, annuii pur non capendo cosa
avesse in mente e senza che nessuno ci interrompesse, ci allontanammo. Edward
mi prese la mano, portandomi fuori in giardino “Ti sei stancato di stare in
casa?” chiesi curiosa, lui negò “Volevo solo stare un po’ con te. D’altronde
questo è il nostro primo Capodanno insieme” mi rivolse il suo sorriso migliore,
quello da infarto e puntualmente, il respiro mi si fermò in gola. Camminammo
per qualche metro e ci inoltrammo nell’immenso giardino che Esme teneva con
gran cura, quella donna aveva un’attenzione speciale per i particolari e aveva
un gusto invidiabile. “Guarda lì” mormorò ad un certo punto Edward, indicandomi
in lontananza una serie di piccole lucine colorate. Inizialmente non capii, poi
focalizzai meglio l’attenzione e scorsi un piccolo gazebo bianco, adornato qua
e là di tanti fiocchi rosa e fiori rossi. Ci avvicinammo e Edward mi fece segno
di salire i tre scalini che portavano al centro del gazebo, una volta arrivati
lì, ci fermammo “Sarebbe così gentile da riservarmi questo ballo?” domandò
facendo l’inchino, io impacciata, mi grattai la testa e nel tentativo di dire
qualcosa, mi morsi la lingua, provando un fastidiosissimo dolore “E’ tutto ok?
Se non ti va, basta dirlo” mormorò Edward un po’ deluso, spaventata per la sua
espressione, cercai di rispondergli: “No, no ti prego” dissi “Chiedimelo di
nuovo, giuro che questa volta ti rispondo” lo pregai, profondamente
dispiaciuta. Lui sorrise e inchinandosi nuovamente, mi porse la stessa domanda
“Sarebbe così gentile da riservarmi questo ballo?” “Si!” esclamai emozionata,
il volto di Edward s’illuminò, mi afferrò con decisione per la vita e lasciò
che le sue mani, scivolassero leggere lungo le mie braccia scoperte.
Sulle
note di una dolcissima canzone, ballammo, persi uno nello sguardo dell’altro…
“Sorprendimi ...
con baci che non conosco ogni notte
stupiscimi ...
e se alle volte poi cado ti prego
sorreggimi, aiutami
a capire le cose del mondo
e parlami, di più di te, io miro a te
completamente ...
Adesso andiamo nel vento e riapriamo le ali
c’è un volo molto speciale non torna domani
respiro nel tuo respiro e ti tengo le mani
qui non ci vede nessuno siam troppo vicini
e troppo veri ...
Sorprendimi ...
e con carezze proibite e dolcissime
amami ...
e se alle volte mi chiudo ti prego
capiscimi, altro non c’è
che la voglia di crescere insieme
ascoltami, io miro a te e penso a te
continuamente ...
Adesso andiamo nel vento e riapriamo le ali
c’è un volo molto speciale non torna domani
respiro nel tuo respiro e ti tengo le mani
qui non ci prende nessuno siam troppo vicini
e troppo veri ...
veri ...
Dai che torniamo nel vento e riapriamo le ali
c’è un volo molto speciale non torna domani
respiro nel tuo respiro e ti tengo le mani
qui non ci prende nessuno siam troppo vicini
e troppo veri ...
Sorprendimi ,sorprendimi ,sorprendimi..”
I nostri corpi si modellarono,
muovendosi al ritmo richiesto dalla musica e i nostri occhi…beh quelli
restarono incollati come due calamiti, incapaci di separarsi, attratte dalla
forza di gravità. Ciò che lessi nel suo sguardo, mi riempì di quel grande vuoto
che mi trascinavo dentro da troppo tempo.
Quando la canzone terminò, io e Edward
restammo immobili, fino al momento in cui, lui mi accarezzò una gota col dorso
della mano, giocando poi con una ciocca dei miei capelli “E’ mezzanotte” disse
“Auguri” sbiascicai rossa, lui rise di gusto, poi si avvicinò pericolosamente
al mio viso “Sai” soffiò “Siamo fermi esattamente sotto il vischio” e fece
cenno con gli occhi di guardare verso l’altro, così feci e notai un mazzetto di
vischio che penzolava sulle nostre teste. Sorrisi appena quando mi ritrovai
nuovamente di fronte al suo volto “Che ne dici di rispettare la tradizione?”
chiese quasi sulle mie labbra, tentai di muovere il capo per annuire, ma non me
lo permise, perché si avventò su di esse e le fece sue, in un batter d’occhio
mi ritrovai sommersa dai brividi che solo lui era in grado di provocarmi. Fu il
più bel Capodanno di tutta la mia vita…e tutto questo solo grazie ad Edward…
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Capitolo 23 *** Amarti a modo mio ***
Amarti a modo mio
Buona sera a tutti,
scusate per il ritardo, ma oggi sono stata fuori tutto il giorno.
E' una delle ultime giornate libere che posso concedermi, prima di
buttarmi a capofitto
sui libri. Sarà un mese tremendo, potrò scrivere pochissimo e questo mi addolora :(.
Veniamo a noi! Scusatemi se non rispondo alle recensioni, ma sono
di passaggio (Marghe se sempre di corsa u.u!!!), spero sappiate capirmi!
Vi ringrazio dal profondo, perchè vedo che questa storia vi
sta intrigando sempre più e mi sento davvero tanto
contenta...presto purtroppo, posterò più a rilento
per via dello studio, quindi mi auguro che sappiate attendermi e
non scappiate via, abbandonandomi :(. Farò del mio meglio per
farvi avere i capitoli ogni sabato, promesso.
Il mio impegno c'è tutto, spero di essere in grado di rispettarlo!
Grazie a tutti coloro che leggono, recensiscono, hanno inserito la storia tra le scelte, preferite, ricordate e quant'altro!!!
Eccovi il nuovo capitolo, vi lascio anche il link della canzone
che troverete alla fine e che dà il titolo al capitolo stesso:
http://www.youtube.com/watch?v=c1KDOVX1OPQ&feature=related
Capitolo 22 “Amarti a modo mio”
Quando Edward mi portò in stanza,
percepivo un piacevole formicolio alla testa, mi appariva tutto così
stranamente assurdo!
Prima di lasciarmi riposare, mi lasciò
un bacio tra i capelli, dopo avermi rimboccato le coperte come si faceva con i
bambini “Dormi mia adorata. Domani è un altro giorno…” sussurrò sulle mie
labbra. Imbambolata e assonnata, lo guardai lasciare la mia stanza a passo di
danza e non appena mi ritrovai sola, sospirai pesantemente ripensando alle sue
parole, a quella serata; mi coprii il volto col lenzuolo, avvertendo un
improvviso calore e gli occhi luccicare, iniziai poi a emettere suoni sconnessi
e qualche secondo più tardi, mi ritrovai a ridere in modo stupido “Oddio! Mi
sento così euforica!” esclamai, affondando completamente nelle coperte “Chissà lui cosa prova ora…” pensai tra
me, dopodichè mi addormentai, ancora sorridendo.
“Meredith, Meredith!” tuonò una voce
maschile nel mio orecchio. Spaventata, sobbalzai, guardandomi immediatamente
attorno: non era la stanza di casa Cullen, né quella di Bella…spalancai gli
occhi esterrefatta quando compresi di trovarmi nella mia camera di Detroit! Il
volto di Andrew, mi comparse davanti, facendomi urlare di terrore “Ehi
sorellina, che ti succede?” chiese turbato, io mi portai una mano sul volto
“Che ci faccio qui?” domandai a me stessa, Andrew corrucciò la fronte, confuso
“Ma che stai blaterando? Avanti pigrona alzati! Ti ho preparato la colazione:
latte con caffé e cornetto al cioccolato appena sfornato, proprio come piace a
te!” sorrise facendomi l’occhiolino “Io…” deglutii a vuoto “Io non dovrei
essere qui!” esclamai fissandolo attonita “Edward vienimi a prendere”
bisbigliai con tono appena udibile, saggiando le mie lacrime “Meredith!” mi
rimproverò mio fratello, tornando a sedersi sul letto e afferrandomi per le
spalle “Devi smetterla di leggere quei libri! Ti stai solo facendo del male!”
sospirò, chiudendo gli occhi per poi riaprirli, sembravano essersi scuriti
“Edward non esiste!” aggiunse, scatenando la mia rabbia “Non è vero!” sibilai
tra i denti “Lui c’è e…” le parole mi morirono in gola nell’istante in cui mi
resi conto che Andrew aveva ragione “Sorellina!” mi chiamò lui, risvegliandomi
dal mio torpore “Devo andare a Forks” dissi alzandomi dal letto con un balzo.
Dovevo accertarmi di aver solo sognato, dovevo almeno provarci. Mio fratello
però, non era dello stesso parere, infatti mi tirò per un braccio, facendomi
voltare verso di lui “E’ questa casa tua!” pronunciò duramente. A quelle
parole, mi arresi, chinando il volto verso il pavimento. Mi sentivo anche
fortemente egoista: infondo io volevo tornare alla mia vita, da mio fratello,
ma dentro sentivo che stavo vivendo la mia favola e che qualcosa ingiustamente,
me l’aveva interrotta. Era stato solo un bellissimo sogno…
D’un tratto, un tonfo, mi fece voltare
il capo verso la finestra: il vento aveva spalancato le ante e la tenda si
muoveva convulsa, seguendo il suo fruscio. Una luce abbagliante mi costrinse a
chiudere gli occhi, coprendomeli col braccio, poi un movimento rapido alle mia
spalle, mi distrasse e riconobbi una grossa ombra simile a quella di un vecchio
sogno “Non è finita…” sussurrò. Sbattei più volte le palpebre incredula e
qualche secondo dopo, ero nuovamente stesa sul letto a casa Cullen. Mi portai
seduta e con la mano mi asciugai la fronte imperlata di sudore. Avevo
semplicemente sognato, ma il solo pensare che quel sogno rispecchiava ciò che
forse, un giorno sarebbe successo, mi faceva tremare. Mossi i piedi, inquieta,
ma avvertii qualcosa premermi sulle gambe, alzai gli occhi e solo in quel
momento, mi accorsi di un enorme mazzo di rose rosse poggiati ai piedi del
letto. Meravigliata, lo presi, scrutando poi un piccolo bigliettino bianco,
nascosto tra i petali rossastri; lo aprii e ne lessi, commossa, il contenuto:
“ Perdonami se non sono rimasto accanto a te, stanotte, ma non ero
convinto che tu mi volessi al tuo
fianco. Non so ancora bene come comportarmi e questa mia titubanza, mi fa
sentire uno stupido adolescente, non sono abituato ad essere così confuso e a
provare certi sentimenti,, ma nonostante questo, è tutto tremendamente
piacevole. Ho comunque preferito lasciarti dormire tranquilla, ma, come puoi vedere,
non ho resistito a lungo lontano da te e
così sono uscito a comprarti queste semplici rose per fartene dono. Quando però
sono rientrato nella tua stanza, tu
riposavi beata e non ho voluto svegliarti, nonostante abbia avuto l’impulso di
farlo, ma ho saputo tenere ben a freno il mio egoismo.
Mentre ti scrivo, il tuo respiro cadenza il ritmo della mia mano e il
battito del tuo cuore, guida il mio…
Sei così bella da non sembrarmi vera! Non smetterò mai di ringraziare chi
ti ha concesso di essere qui…con me!
Ti amo…
Edward”
Poche righe ebbero l’effetto di farmi
rabbrividire e fu inevitabile piangere, soprattutto perché nella mia testa
vorticavano ancora le immagini così reali, di quel sogno. “Oh Edward” soffiai,
mi sentivo male, dentro di me un gran vuoto prese piede e mi detestai: dovevo
sentirmi felice, invece!
“Toc, toc”
Saltai dal letto, asciugandomi in fretta
le lacrime “Chi è?” chiesi, sistemandomi i capelli “Tesoro, sono Esme. Ti ho
portato la colazione” esclamò. Corsi immediatamente ad aprirla, il suo sorriso
smagliante e materno, mi consolò “Latte con caffé e cornetto al cioccolato
appena sfornato. Carlisle è andato a comprarlo apposta per te” mi sorrise
teneramente, non sapendo però che le sue parole avevano avuto l’effetto di un
sonoro schiaffo: aveva detto le stesse cose di Andrew! Poi però, la mia
attenzione si spostò su un altro particolare “E…Edward dov’è?” domandai
titubante, mentre mi spostavo per farla passare. Esme danzò verso il comodino
posto accanto al letto, vi poggiò sopra il vassoio, poi si girò verso di me e
sorridendo ancora, mi rispose:”Alice lo ha trascinato a caccia. Lo ha
rimproverato che stava disturbando il tuo sonno e lo ha portato con sé” fece
spallucce, io inarcai il sopracciglio, poi scossi la testa: Alice era unica! Ma
capii che lo aveva fatto di proposito, così lui non avrebbe potuto leggere
nella mia mente, del sogno, ne avrebbe sofferto e né io né sua sorella,
volevamo questo.
“Ti va di aiutarmi a fare un dolce?”
chiese Esme con un sorriso materno, fu inevitabile sorriderle “Certamente”
aprii l’anta dell’armadio “Mi vesto e sono da te” le dissi “Ti aspetto in
cucina” e detto questo andò via.
“Meredith, monta i tuorli d’uova insieme
a metà di questo zucchero fino a che non ottieni un impasto chiaro e cremoso”
disse Esme porgendomi la ciotola, annuii nonostante non fossi molto sicura di saperlo
fare “Io nel frattempo preparo il mascarpone” aggiunse poi. Mentre lavoravo le
uova, pensavo e ripensavo a quel sogno e mi tormentavo il cervello, Edward era
un ragazzo meticoloso, attento, si sarebbe facilmente accorto che avevo
qualcosa che non andava. Non volevo che si preoccupasse più del dovuto, come
non desideravo preoccuparmi io, cercavo di concentrarmi sulle uova, ma niente,
la mia mente aveva deciso di sintonizzarsi su una linea ben diversa. Terminato
l’impasto, mi diressi al lavello, aprii la fontana, ma quel gesto mi ricordò di
quando io e mamma cucinavamo insieme, puntualmente finivo col sporcarle tutta
la cucina e toccava a me ripulire ogni cosa.
<< ”Mery!” tuonò mia madre, colpevole mi voltai lentamente nella
sua direzione a capo chino “Scusami” mormorai afflitta, non ero proprio capace
di cucinare senza far danni. La sentii sospirare, poi si avvicinò “Ripulisci,
voglio la cucina in ordine. Deve splendere come prima!” esclamò severa, annuii
solamente incapace di dire altro. Presi la spugna e la bagnai iniziando a pulire
il piano cottura, mia madre era alle mie spalle, ne avvertito la presenza.
Ad un tratto, un getto d’acqua mi colpì in pieno viso, lasciandomi
basita. Non capii nulla, strofinai il braccio sugli occhi, quando udii poi la
risata argentea di mia madre, quella della mia infanzia, mi ridestai. Lei era
là con le mani nell’acqua, pronta a schizzarmi nuovamente. La fissai incredula.
Scherzava? Il sorriso beffardo che mi fece prima di bagnarmi di nuovo, mi
avrebbe dovuto mettere in allerta, ma niente, ero rimasta ferma, facile preda
dei suoi giochetti. “Mamma!” la rimproverai “Mi hai bagnato tutta!” urlai
guardando i miei vestiti gocciolare”Come sei buffa” mia madre rideva beata.
Inizialmente la fissa truce, poi mi persi nella sua risata. Era così bello
vederla felice, quei mesi erano stati tremendi. Le chemio la sfinivano e
dormiva spesso. Non sarei stata io a rovinarle il divertimento. Mi avvicinai a
passo felpato a lei, la quale mi osservò contenta, le sorrisi, alzai il braccio
sulla sua testa e spremetti la spugna che avevo tra le mani, lasciando che
l’acqua le scivolasse tra i capelli. Sbarrò gli occhi incredula. Appena finito,
sogghignai, le diedi le spalle e ricominciai a pulire. “Vuoi la guerra?” le
sentii dire, risi e mi voltai “E che
guerra sia!” proferii afferrando il secchio pieno d’acqua.
Quel giorno giocammo come due bambine spensierate, nessun pensiero,
nessun dolore ad affliggerci, solo io e la mia mamma…>>
Sospirai nuovamente e Esme mi fissò
amorevole, accennai un debole sorriso “Non voglio intromettermi nella tua vita”
mormorò fissando l’impasto “Però ti vedo strana stamane, qualcosa non va?”
chiese teneramente, spostai lo sguardo sull’acqua della fontana che scorreva a
fiumi sulle mie mani ferme, chiusi gli occhi concentrandomi solo su quel
rumore, mi ricordava quello della pioggia “Ho dormito male…mi capita spesso,
anche se…” mi bloccai “La verità è che ho paura” dissi guardandola negli occhi
cremisi “Paura che ora che sono felice, tutto possa scomparire” ammisi, accompagnando
le parole con un gesto della mano. La
veridicità di quell’affermazione mi colpì forte in pieno viso.
Come mi sarei sentita quando quel bel
sogno sarebbe finito? Avrei sofferto molto più del dovuto e sarei rimasta
nuovamente “sola”, senza amici, senza…Edward.
Sobbalzai, quando Esme mi posò le sue
mani sulle spalle, un gesto così intimo che mi piacque molto “E’ normale,
tesoro! Ma non temere” mi fece girare verso di lei “Edward ti ama sul serio, io
non l’ho mai visto così felice e ti sono infinitamente grata. È solo grazie a
te se finalmente lo vedo sorridere. È così sereno quando sta con te” sussurrò,
portando i suoi occhi ambrati fuori dalla finestra “Ieri sera vi osservavo…”
disse dirigendosi verso il salotto, io la seguii “Non hai idea di come ti
guardi, Meredith!” proferì melodiosa, fermandosi davanti al pianoforte “E’incantato
dalla tua presenza. Lo hai ammaliato, nessuna vampira fino ad ora c’è riuscito.
Eppure il fascino che ci contraddistingue è noto, ma lui…” e mi guardò “Vuole
te…solo te” bisbigliò, indicandomi poi uno spartito riposto con cura sul
pianoforte, con un gesto della mano, m’invitò ad aprirlo. Lo feci. Le prime
pagine erano piene di note sconnesse, continuava così per almeno le prime 20
pagine, poi su una di quelle, in grande e in bella calligrafia che io riconobbi
come quella di Edward, vi era scritto il mio nome. La delicatezza e la bellezza
di quella scrittura, donavano ad esso un strano senso di antichità e mi
piacque; con le dita seguii le linee rotonde della sua calligrafia, perdendomi
tra le numerose pieghe del foglio, quanto aveva calcato il mio nome? Lo sguardo
si posò poi sulla pagina successiva e uno scorrere ordinato di note, si
destreggiavano tra le righe del pentagramma, su di esse aleggiava, ancora una
volta, il mio nome. Strabuzzai gli occhi meravigliata! Provai a digitare le
prime note e ne riconobbi la melodia che stava suonando quella sera di dicembre
quando eravamo soli in casa. Dai miei occhi, una lacrima silenziosa venne
giù…stava combattendo contro se stesso…nello stesso modo in cui, lo stavo
facendo io.
Combattere contro le lacrime, mi risultò
più difficile del solito, Esme mi aveva lasciata sola, non voleva invadere la
mia privacy e mi ritrovai, non volendo, a suonare quella melodia. Quelle note
trasudavano di me. Aveva scritto per me! Ma come aveva fatto a scavare così
bene nel mio animo? Ed io che credevo che mi odiasse profondamente a quel tempo
e invece…
“E così hai scoperto la mia sorpresa?”
mormorò nel mio orecchio una voce che ormai conoscevo bene, col suo respiro mi
solleticò la base del collo, risalendo fino alla guancia, dove lasciò un freddo
bacio “Edward” soffiai appena, arrossendo fino alla cima dei capelli quando mi
ritrovai immersa nei suoi perfetti occhi. Anche il loro taglio era privo di
imperfezioni, ma com’era possibile? Trattenni il fiato, rischiando di soffocare
sotto il peso delle mie stesse emozioni. Mi bastava davvero così poco per
impazzire? Evidentemente si…
Edward mi sorrise sincero “Ciao”
sussurrò suadente “Ciao” risposi rapita e involontariamente, diressi la mia
attenzione verso le sue labbra carnose e mi morsi la lingua per frenare il
desiderio, quel ragazzo aveva il potere di scombussolarmi tutta. Il suo sorriso
si fece strafottente. “Signorina, come mai il suo cuore batte come un cavallo
impazzito?” domandò fintamente curioso, come se non sapesse che effetto aveva
su di me “E perché mi fissa insistentemente le labbra?” chiese soffiando sulle
mie in fiamme. Aprii e chiusi la bocca più volte, senza riuscire ad emettere
alcun suono. “Ha perso la voce…” si fermò, avvicinandosi ancora di più
“Signorina?” sussurrò ad occhi chiusi, sfiorando le mie labbra. Io non capii
più niente e mi lasciai andare tra le sua braccia, perdendomi nel casto bacio,
che ci demmo.
“Meredith” la voce arrochita di Edward
mi risvegliò. Aprii di scatto gli occhi e quando capii di essere completamente
avvinghiata a lui, imbarazzata, arrossii e mi allontanai di poco. Non avevo il
coraggio di guardarlo in faccia. “Cos’hai?” la sua domanda giunse inaspettata e
le sue dita sul mio mento, mi riportarono a riperdermi nei suoi occhi “Nulla…”
mentii, il suo sguardo indagatore mi scrutò attentamente e a lungo “Sembri…stanca”
mormorò infine “Non ho dormito molto bene” ammisi “Il letto era scomodo?”
domandò, accarezzandomi una guancia calda, negai col capo “Forse avrò fatto
qualche incubo, niente di preoccupante” finsi un sorriso rilassato e solo
all’ora, Edward sembrò tranquillizzarsi.
“Piaciuti i fiori?” “Oh si!” esclamai,
dandomi mentalmente della stupida, mi ero completamente dimenticata di
ringraziarlo “Scusami, sono un’ ingrata! Grazie, sono bellissimi e il
biglietto…beh” mi portai una mano tra i capelli “Dolcissimo…” sussurrai appena,
lui sorrise beato “Sei tu che mi ispiri, come sei stata tu a spronarmi a
comporre quella melodia” e indicò il pentagramma “E…come?” chiesi titubante,
Edward sistemò una ciocca di capelli dietro il mio orecchio e col dito percorse
il profilo del mio viso “Semplicemente la tua presenza…aleggiava in casa anche
quando non c’eri. Il tuo profumo…” chiuse gli occhi ed inspirò sul mio collo
“Vaniglia…” soffiò “Il tuo modo di muoverti, impacciata, timida, la tua mano
tra i capelli, i tuoi occhi, riflessi della tua anima…tutto di te mi ha spinto
a suonare e a scrivere per te una musica. Ma non sono sicuro che sappia
esprimere bene ciò che rappresenti per me…” e fossilizzò il suo sguardo nel
mio.
Le mani mi tremarono, il mio corpo
profondamente agitato, si protese verso di lui, come a rispondere ad un
richiamo silenzioso, dannatamente proibito e ci ritrovammo nuovamente, bocca
contro bocca. Edward si bloccò per un istante e temetti di morire, poi sembrò sciogliersi
e mi baciò. Il nostro era un semplice sfiorarsi, le nostre mani
s’intrecciarono, le dita si esploravano delicate e il mio petto schiacciato sul
suo, s’abbassava e s’alzava cadenzato dal mio respiro affannato. Sentivo che se
avessimo oltrepassato una certa soglia, non avrei retto l’emozione, ma si
sapeva: Edward non avrebbe mai messo a rischio la mia vita e infatti dopo poco
si allontanò di qualche passo. Mantenne gli occhi chiusi per qualche secondo,
quando li aprì mi regalò un sorriso gioioso e eccitato? Si sembrava fortemente
eccitato. Deglutii, ma non per la paura. No. Quella non era paura…e ciò mi
spaventò.
“Cosa ti va di fare oggi?” chiese provando
a distrarmi “Non saprei” risposi alzando le spalle “So che stavi facendo un
dolce” annuii sorridendo “Il tiramisù” dissi “Mmh peccato che io sia
vegetariano, altrimenti lo avrei assaggiato volentieri” mugugnò, mentre con un
dito disegnava ghirigori sul mio braccio, facendomi rabbrividire, non
certamente di freddo “Un vero peccato. È una delizia per il palato” risposi
maliziosa, leccandomi le labbra, probabilmente la mia audacia era dovuta al suo
atteggiamento, in preda all’eccitazione non rispondevo di me, per questo
preferii alzarmi, prima che fosse troppo tardi e mi diressi in cucina; oltre
tutto mi aveva fatto venire voglia di mangiarmi una fetta del dolce, forse così
avrei placato la mia voglia di lui, almeno in parte. “Meredith, Edward!”
esclamò Esme, vedendoci insieme, si soffermò sulle nostre mani intrecciate e
sorrise amorevolmente, poi mi guardò “Vuoi un po’ di dolce?” annuii convinta,
la mia golosità non aveva limiti!
“Ti va di andare a fare un giro?”
domandò Edward mentre sistemavo i vestiti nell’armadio, era rimasto tutto il
tempo steso sul letto ad osservarmi “Va bene” risposi voltandomi verso di lui
“Vorrei portarti in un posto” sussurrò ad un centimetro dal mio orecchio,
facendomi sussultare, non mi ero accorta che s’era mosso. Lo fissai basita
“Velocità vampiresca” disse soltanto, alzando le spalle, io scossi il capo,
sorridendo “Ti lascio preparare” disse poi prima di chiudersi la porta alle
spalle. Afferrai un maglione blu ed un jeans e mi vestii provando ad essere altrettanto
veloce. “Sono pronta!” dissi aprendo la porta, Edward era lì immobile e mi
fissava con quegli occhi, sciogliendo qualsiasi mia paura, se mai ne avessi
avute. Mi amava. Si, lui amava me. Sorrisi e quel sorriso cancellò quel
maledetto incubo.
“Allora dove mi stai portando?” domandai
non riuscendo a celare la mia curiosità, Edward sorrise beffardo “Vedrai…”
rispose continuando a guardare la strada, dentro di me un vulcano in eruzione
smosse le mie viscere, alla mia curiosità s’univa anche il fatto che più lo
guardavo e più lo desideravo. Mi morsi il labbro superiore per trattenere in
gola un gemito e mi portai una mano al petto quando m’accorsi di aver pensato
troppo: io e lui distesi nudi sul letto. Mi tappai la bocca e voltandomi vidi
Edward irrigidirsi leggermente e frenare d’improvviso. Si girò immediatamente
verso di me, deglutii “Meredith!” la sua voce ferma mi fece capire che aveva
letto nella mia mente, abbassai lo sguardo sentendomi colpevole, non ero
padrone dei miei istinti che potevo farci? “Guardami!” m’intimò, chiusi gli
occhi, non avendo il coraggio di alzare la testa “Meredith!” quasi ringhiò,
tremai per lo spavento e d’istinto lo guardai. I suoi occhi erano leggermente
più scuri “Sento…” disse deglutendo qualcosa, probabilmente il veleno “Il
tuo…desiderio…” sussurrò, sobbalzai sul posto stringendo le mani “Edward io…”
con un dito mi zittì “Shh” mormorò avvicinandosi. Quel suo sguardo su di me, mi
fece fremere, se mi avesse continuata a guardare così, avrei potuto morire lì
subito. E il basso ventre pulsava. Pulsava maledettamente. ”Sai che non
possiamo…” bisbigliò al mio orecchio, ma la sua voce sembrava volermi dire il
contrario “Si…potresti uccidermi con un solo gesto” risposi ormai un po’ più
lucida “Esatto” disse accarezzandomi una guancia. Lo fissai, gli occhi erano
tornai dorati e il mio respiro era più regolare “Scusa” biascicai arrossendo
“Sei umana…è normale” rispose tornando al posto di guida. Un dubbio s’insinuò
viscido nella mia testa “Già…sono una semplice umana” sospirai inviperita, guardando
fuori dal finestrino. “Cosa stai pensando?” sussultai tornando a fissarlo
stranita “Non riesco a leggerti ora” disse infastidito, sorrisi appena “Penso
che hai ragione: io sono un’umana per me è normale provare una certa…attrazione
fisica per te, ma tu…” e lasciai la frase in sospeso, lui ringhiò “Pensi che tu
non mi piaccia anche in quel senso?” quasi gridò, io mi immobilizzai, incapace
di fare o dire qualsiasi cosa “Rispondi Meredith!” m’intimò, annuii “Stupida!”
e premette di colpo il piede sull’acceleratore. Mi voltai per osservarlo, il
suo sguardo severo scrutava la strada davanti a sé, sapevo di averlo ferito, ma
io…io mi sentivo rifiutata. Scossi la testa, non dovevo comportarmi in quel
modo, ma non feci niente per farlo calmare. Preferii il silenzio. Come al
solito, scappavo…
Pochi minuti dopo, Edward parcheggiò, mi
aprì la portiera invitandomi a scendere, senza però mai toccarmi e quella
distanza mi ferì. Colpa mia. “Non è un posto nuovo, ci sei già stata” disse
incamminandosi “La radura?” chiesi, lui annuì, quel giorno c’era il sole,
voleva mostrarmi com’era realmente. Sorrisi appena. Tipico di Edward. Lui era
testardo, ma io lo ero più di lui. Ero lì e volevo viverlo. Punto.
A passo umano, arrivammo al limitare
della radura, Edward si fermò “Ora ti mostro come sono realmente alla luce del
sole” borbottò senza voltarsi, non risposi, lo lasciai andare. Io feci qualche
altro passo in avanti e mi fermai all’ombra, poggiandomi con la mano al tronco
di un grande albero. Edward proseguì fino al centro della radura e quando un
raggio di sole lo colpì, tutt’intorno s’illuminò, accecandomi. A fatica riaprii
gli occhi, mi portai una mano sulla fronte e affilai lo sguardo. Edward mi dava
le spalle, ma potevo vedere perfettamente la sua pelle brillare “Edward…” soffiai
rapita, lui si voltò lentamente, un’agonia per me…e quando i nostri occhi
s’incrociarono furono scintille: lo stomaco si contorse e le mani tremarono. Le
issai entrambe verso di lui come a volerlo chiamare a me, i piedi si
trascinarono pesanti e gli occhi mi bruciavano. Ero dinanzi al mio Dio greco,
possente in tutta la sua bellezza, l’oro colato delle sue iridi ardeva sul mio
corpo “Meredith…” mormorò rimanendo immobile.
Rilasciai un sospiro, un fremito,
distogliendo da lui la mia attenzione, sentii un lieve movimento e mi ritrovai
Edward vicino, vicinissimo…”Hai paura?” chiese, io sgranai gli occhi “No!”
risposi ferma “Non ho paura di te” sussurrai “E di cosa?” domandò con uno
strano cipiglio sul volto “Di…me…” risposi tremante, lui rise nervoso “Tu non
sei un mostro, io lo sono. È da me che dovresti scappare e non da te stessa”
disse freddo “Stupido!” sibilai tra i denti, Edward mi guardò basito “Non lo
capisci, vero?” gridai “Sei un testardo! Io sono innamorata di te e non me
frega niente di quello che sei, uccidimi pure, portami via con te” inspirai e
l’aria mi bruciò in gola “Impedisci al mio incubo di realizzarsi!” urlai infine
“Io non voglio sparire…no” scossi la testa guardando per terra “Non voglio…”.
Avvertii Edward trattenere il fiato e i fotogrammi del mio sogno si librarono
nell’aria intorno a noi…
“No!” vociò Edward, attirando verso di
sé, la mia attenzione. Il suo sguardo vacuo e perso nel vuoto mi
ferì dentro
“Non…andartene…” soffiò, poi
fissò me “Non lasciarmi” implorò e sul viso
un’espressione di dolore che affondò rapidamente nel mio
cuore, trafiggendolo.
Come potevo lasciarlo? Come si può abbandonare la propria
esistenza? Come…?
Mossi i piedi, la mia mano si chiuse
sulla sua guancia “Sono un’egoista” disse evitando di incontrare il mio sguardo
“Non lo sei” risposi decisa, a quel punto tremò “Edward, guardami!” lo intimai,
lui digrignò i denti riluttante poi però fece come gli avevo chiesto “Io non me
ne vado da nessuna parte” sorrisi “Voglio stare con te, a qualsiasi costo. Sono
io l’egoista, perché dovrei lasciarti vivere e…aspettare lei” la gola secca, deglutii l’aria “Ma ti voglio nella mia
vita…credo di meritarmi un po’ di felicità…” bisbigliai chiudendo gli occhi,
riscaldata dal calore del sole. Avvertii una leggera brezza fredda soffiarmi
sulle labbra e sorrisi, capendo che era Edward “Sei bellissima…” sussurrò,
riaprii gli occhi e mi immersi nei suoi “Sei la mia vita” risposi, lui passò le
sue dita sul mio viso, fino a stringerlo e ad avvicinarlo al suo. Ci guardammo
ancora, poi l’istinto fu più forte di tutto e un nuovo bacio, ci rapì.
“Hai sognato di essere di nuovo a casa”
disse Edward dopo un’infinità di tempo, passata a scrutarci, stesi sul prato.
Dopo quel bacio, ogni parola era sembrata vana. Annuii, Edward si voltò a
guardare il bosco davanti a sé, pensieroso “Edward…” poggiai la mia mano sulla
sua fredda e lui sussultò, fissandole stupito, poi tornò a osservare me “Era un
sogno. Non pensiamoci” dissi “Ma ti ha fatto male…” rispose serio, sobbalzai e
distolsi lo sguardo “E’ perché temo che succeda sul serio e ora che sono felice
non voglio dover abbandonare tutto, anche se mio fratello mi manca”, Edward mi
strinse la mano “Ma credo di dover intraprendere la mia strada e so cosa
voglio” sorrisi guardandolo “Voglio te. Voglio stare qui con la mia nuova
famiglia e vivere quello che il destino ha in serbo per me”, Edward rispose al
mio sorriso e un sprazzo di gioia illuminò il suo volto, facendo gioire il mio
cuore. Volevo vederlo sereno, il resto non m’interessava. Mi avvicinai e poggiai
la testa sulla sua spalle, lo sentivo rigido, ma doveva abituarsi, non mi sarei
mai allontanata da lui.
“Forse però è giusto che tu avvisi tuo
fratello o almeno tu veda come sta” abbassò la testa “Non è giusto trattenerti
qui solo perché io ho bisogno di averti nella mia vita” sussurrò tra i denti,
stringendo i pugni, io di mio lo guardai accigliata, ma compresi le sue parole.
Sospirai facendolo voltare verso di me “Non c’è niente di giusto in quello che
mi è successo. Sparire così…” mi alzai in piedi e feci qualche passo, poi alzai
il volto scrutando il cielo limpido di quella mattina “Ma sai la vita non è mai
giusta. Sono stanca di affannarmi a capire il significato nascosto di ogni
cosa, per una volta desidero godermi il momento. Probabilmente sbaglierò, ma
spero che mia madre da lassù capisca. Sto bene” mi girai a guardare Edward e
gli sorrisi grata e sincera “Non mi sono mai sentita così completa. Voi siete
la famiglia che mi è mancata, tu sei l’amore che ho sempre sperato di vedere
arrivare e ora sei qui. Sei vero!” esclamai portandomi le mani al petto “E
desidero viverti…ma se per te non è così…” lo fissai intensamente “Lo
accetterò” sussurrai debolmente, solo pensare alla possibilità che lui potesse
non essere d’accordo, mi squarciava il petto per il dolore. Edward sbarrò gli
occhi e in una manciata di secondi fu dinanzi a me, mi prese le mani e le
avvolse teneramente nelle sue, baciandole piano, risalì lungo il mio braccio,
si trattenne un po’ in più sul mio collo, dove inspirò il mio profumo. Io
socchiusi gli occhi e fremetti. Poi giunse sulle mie labbra, le sfiorò appena
col naso, facendo su e giù, un’agonia per i miei bollenti spiriti. Deglutii a
fatica aprendo gli occhi, i suoi ridenti erano fissi sul mio viso “Ti amo
Meredith e ti voglio qui con me” soffiò prima di baciarmi di nuovo. Portai le
mie mani dietro il suo collo, impugnando i suoi capelli tra le mie dita, mentre
lui mi avvolse tra le sue braccia. Il sole ci colpì in pieno viso e Edward
cominciò a brillare di nuovo. Lo scrutai meravigliata. Con il dito indice lo
ispezionai: seguii il profilo del suo viso, scesi giù per il collo, le spalle,
le braccia, la sua mano, sulla quale mi soffermai a disegnare dei ghirigori
immaginari “Tienimi con te” mormorai estatica. Edward studiò con cautela la mia
espressione, arrossii sotto il suo guardo e lui rise strafottente. Gonfiai le
guance come una bambina e incrociai le braccia al petto, lui divertito col dito
mi solleticò il collo e poi premette sulla mia guancia e l’aria che avevo
accumulato, mi uscì dalla bocca. Stupita lo guardai mentre rideva come un
matto, alzai un sopracciglio fingendomi offesa, ma non vi riuscii, vederlo così
felice, mi fece sorridere di riflesso e mi ritrovai a ridere con lui, stesa
nella nostra radura.
“Non c’è nessuno?” gli chiesi entrando
in casa “No. Alice e Rosalie sono a fare shopping e hanno costretto Emmet e
Jasper ad accompagnarle. Poveri, non li invidio affatto” sghignazzò portandosi
una mano sulla fronte “Sei crudele!” dissi dandogli una leggera manata sul
braccio “Esme?” domandai guardandomi intorno e rimirando il perfetto ordine di
quella casa “E’ fuori a fare spese per te, vuole prepararti qualche buon
manicaretto” rispose dirigendosi verso il pianoforte “Si disturba troppo”
ammisi, scuotendo la testa, Edward si voltò nella mia direzione e sorrise “La
fai felice invece. Si sente una vera madre con te qui. Sei diventata importante
per tutti” confessò venendomi incontro e prendendomi le mani, imbarazzata fino
alla cima dei capelli, non seppi dire niente “Non vedi quanto sei
meravigliosa?” domandò, sistemandomi una ciocca ribelle di capelli, dietro
l’orecchio “Hai portato una ventata d’aria fresca nelle vite di tutti noi”
confessò serio e ancora una volta, mi tuffai nei suoi occhi che mi guardavano
adoranti e mi trovai a chiedermi come potesse essere possibile che uno come
lui, potesse vedere me in quel modo “Tu mi aduli troppo” biascicai impacciata,
lui rise appena “Con te è una battaglia persa in partenza, proprio non riesci a
valutarti per quello che sei” “Non sono niente di speciale” bofonchiai,
corrucciando la fronte “Testona!” picchiò piano, una mano sulla mia testa “Ma
amo anche questo di te” confessò, lasciandomi in mezzo al salone per tornare al
pianoforte.
Si accomodò, sistemò lo spartito, chiuse
gli occhi per qualche secondo, poi mi guardò “Vieni accanto a me. Voglio farti
ascoltare una cosa”, non me lo feci ripetere due volte. “Canti anche?” domandai
incredula, notando le parole scritte sullo spartito sotto il pentagramma “In
tutti questi anni, ho avuto modo di dilettarmi anche nel canto” lo fissai
imbambolata “Sei perfetto” mi lasciai sfuggire, ma me ne pentii quando mi
lanciò un’occhiataccia “Ti prego suona” lo invitai, Edward annuì e per qualche
minuto, ci chiudemmo nella nostra bolla d’amore.
“Io non so
se son quello che sognavi tu
io non do
quello che meriteresti tu
un uomo semplice
che non ti può deludere
che non ti faccia piangere
e invece sono io
so amarti a modo mio
ma non so fingere
non so parlar d’amore.
Io so amarti così non
guardarmi smarrita è con te che vorrei una storia infinita e non trovo parole
per dirti quello che sento, dirti che ora tu sei tutto ciò che vorrei da vivere
io so amarti così e se poi non è amore, tu spiegami cos’ è.
Se vorrai
a cambiare io ci provo sai
ma non so
se alla fine poi ci riuscirò
ma non è mai facile
cambiare cuore e regole
ed io non posso smettere
di amarti a modo mio
e se non ti basto io
lasciami perdere
e cerca un altro amore.
Io so amarti così non guardarmi smarrita è con te che vorrei una storia
infinita per amarti nel tempo, per non stancarmi un momento, per non lasciarti
a metà per la velocità di vivere.
È un amore così denso
è un profumo così intenso
qualche cosa in cui puoi credere.
Io voglio amarti così...
è con te che vorrei una storia infinita
per amarti nel tempo
e non sprecare un momento
per non lasciarti a metà
per la velocità
di vivere...”
Mi
guardava in un modo in cui non aveva mai fatto prima.
Aveva
suonato e cantato, non spostando mai lo sguardo dai miei occhi. Mi aveva
trafitto il petto con le sue parole, era stato capace di scaldarmi il cuore con
poche note. Era stato automatico, lasciarmi scivolare tra le lacrime, le
sentivo sgorgare a fiumi, dai miei occhi, mi rigavano il volto e scivolavano
giù, sulle mie mani, giunte sulle gambe. Probabilmente Edward, le interpretò
male, perché s’intristì. Sussultai sul posto e mi accinsi ad asciugarmi gli
occhi e ad afferrare la sua mano “Amore mio” sussurrai, lui sbarrò gli occhi
sconvolto e mi fissò stranito “Si, amore mio” e gli accarezzai la guancia col dorso
della mano “Hai scritto una meraviglia, te ne rendi conto?” chiesi trattenendo
i singhiozzi “Ed è…per me!” dichiarai attonita “Le vedi queste lacrime?” e le
indicai “Mi hai fatto commuovere per la felicità!” esclamai “E comunque, amami
come sai fare tu, basta che lo fai!” sorrisi come un’ebete “Non è vero che non
mi dai quello che merito, al contrario. Tu sei troppo per me” Edward stava per
ribattere, ma lo zittii “Fammi finire!” dissi decisa “Mi ripeto, lo so, ma Ti
amo e voglio stare insieme a te. Spero che quello che potrò darti, possa
bastarti. Sono una semplice umana e so amare come tale” sospirai “Non cercherò
altri amori!” affermai convinta “Non chiedermi di farlo, perché non potrei
tradirei me stessa, i miei sentimenti. Sono qui e ti amo…ti basta?” domandai,
studiando la sua espressione. Sembrava freddo, come se le mie parole non lo
avessero minimamente scalfito. Stavo per ritrarmi, quando d’un tratto, mi
attirò a sé. Baciò i miei capelli e solleticò la mia schiena, facendo su e giù
con le dita, poi s’accostò al mio orecchio e cominciò a canticchiare: “È un amore così denso, è un profumo così
intenso, qualche cosa in cui puoi credere. Io voglio amarti così...è con te che
vorrei una storia infinita per amarti nel tempo e non sprecare un momento per
non lasciarti a metà per la velocità di vivere...”.
E
restammo abbracciati, lasciandoci cullare da quell’amore che ci stava cambiando
la vita.
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Capitolo 24 *** Il libro ***
Il libro
Buon pomeriggio a
tutti,
come potete
vedere oggi posto con un giorno d’anticipo, in quanto domani non ci sono per
via del master…
Come sempre, vi
ringrazio tutti per aver letto, recensito e quant’altro, è sempre un enorme
piacere vedere che qualcuno ti apprezza! Ne ho sempre bisogno…
Ginevrapotter: sono contenta che questa storia ti aiuti
molto, scrivo anche per questo, per poter far qualcosa per gli altri, per far
comprendere determinati stati d’animo, per trasmettere qualcosa di me che a
voce e coi gesti non riesco a fare. Grazie per la tua presenza…
Saretta__Trilly__: ti ringrazio immensamente, sapere che mi
seguirai comunque, mi rasserena. A volte temo di perdere i miei lettori…beh
quel sogno vorrà pur dire qualcosa…o forse no??? Mistero :D
Dindy80: bella domanda…questa cosa è ancora in fase
di elaborazione, nella testa ho mille idee ma non so ancora cosa scriverò con
precisione. Certi punti li ho ben fissati e anche scritti…vediamo un po’ che
fare. Non so come faccio a farti piangere sempre -.-, spero di gioia però u.u.
Un bacio
Piccola Ketty: mi sa che ho fatto prendere un accidenti
un po’ a tutti ehehe. Ma non sono così cattiva, mi è venuta l’idea del sogno e
l’ho scritta…non seguo mai uno schema preciso, butto giù quello che sento…Bacio
Giulls: grazie tesoro…sempre buona, gentile e dolce con la
sottoscritta. Come devo ripagarti? Grazie di cuore. Ti voglio bene…
Vampiretta Cullen: eccola la mia adorata principessa!!! Le tue
recensioni mi fanno sempre ridere, commuovere. La tua dolcezza e la tua
simpatia sono disarmanti, dico sul serio cucciola mia!!! Ti voglio bene…
Melody Potter: non ti devi assolutamente preoccupare. La mia
storia è sempre qui per voi :).
Vi lascio al
capitolo…buon fine settimana…baci!!!
Capitolo 23 “Il libro”
Con Edward il tempo volava letteralmente
ed era difficile convivere con la facilità con cui mi stavo abituando ad averlo
nella mia vita, non mi soffermavo troppo a pensare a cosa avrei provato quando,
probabilmente, mi sarei dovuta separare da lui.
Dopo la scuola, Edward era ormai consono
venire a casa, con il benestare di Charlie che aveva accettato, seppur con
dispiacere, che la “figlia” era abbastanza cresciuta da poter avere un ragazzo.
Diciamo che siccome Edward era un Cullen, Charlie era riuscito a mandar giù il
boccone, rispettava troppo Carlisle per non fidarsi dei figli, seppur adottivi.
Trascorrevamo i pomeriggi a studiare, anche se la sua vicinanza giovava poco
alla mia concentrazione, l’aria era sempre satura del suo profumo fresco e i
miei sensi faticavano a conviverci, Edward, dal canto suo, non capiva, diceva
che era a causa dell’essere vampiro che provavo quell’inspiegabile attrazione
verso di lui e spesso ci trovavamo a discutere di questo anche di notte.
Il sabato che eravamo di festa da
scuola, mi portava in giro, diceva che voleva farmi conoscere i posti che amava
di più; durante una delle nostre piccole gite fuori porta, eravamo stati al
mare, fortunatamente il cattivo tempo ci aiutò a nascondere il suo segreto.
Amavo osservare il mare d’inverno, il suo infrangersi sugli scogli, il rumore
della risacca, mi provocavano emozioni non spiegabili, per questo me ne stavo
rannicchiata sulla riva ad osservare con minuziosa attenzione, quello che la
natura era in grado di fare. Seduto accanto a me, l’angelo che stava
arricchendo la mia vita! Mi girai a guardarlo: come me, aveva lo sguardo perso
nell’orizzonte che si perdeva dinanzi a noi, sembrava assorto in chissà quali
profondi pensieri o tormentati segreti. Sospirai frustrata, in quei casi avrei
voluto io avere il dono della lettura mentale. Il mio gesto, attirò la sua
attenzione, mi guardò stranito, gli sorrisi sincera e lui addolcì lo sguardo
“Stai bene?” domandò, annuii con fervore e mi strinsi nelle spalle, quando un
soffio di vento mi colpì in pieno viso. Edward da galantuomo qual era, si tolse
la giacca e me la posò addosso, fu immediato sentire il suo profumo entrarmi
nelle narici e farmi rabbrividire, questa volta per altri motivi assolutamente
ormonali…”Forse dovremmo rientrare” constatò “No, mi piace stare qui…” risposi
“Con te…” aggiunsi a bassa voce, poggiando la testa sulla sua spalla. Mi parve
di percepire il suo sorriso quando scese a baciarmi la testa. Era felice ed io
con lui.
“A volte vorrei essere come il mare”
disse Edward, d’un tratto, alzai il capo e lo fissai confusa, i suoi occhi
sembravano voler penetrare nello sconfinato azzurro dell’oceano in tempesta “Perché?”
chiesi fortemente curiosa “Ha un’anima” sussurrò in modo appena percepibile,
l’aria che fuoriuscì dalle sue labbra, si mescolò con il vento e volò verso il
mare; aggrottai la fronte non capendo dove volesse arrivare con quel discorso
“Nei suoi abissi vivono migliaia di animali, pulsa vita…a differenza di quanto
avvenga in me” soffiò tristemente “Non dovresti neanche pensarle queste cose!”
esclamai piccata “Hai l’innata capacità di rovinare i momenti belli! Possibile
che tu non riesca ad essere tranquillo?” dissi con rabbia alzandomi in piedi.
Mi avvicinai al bagnasciuga, immergendo
i piedi nell’acqua gelida, chiusi gli occhi trattenendomi dal tremare. Edward
non mi aveva seguita, forse avevo avuto una reazione spropositata, ma non mi
andava di intavolare una discussione sull’anima che lui credeva di non avere.
Su questo ero d’accordo con Bella, lui l’aveva, era percepibile facilmente,
bastava guardare il modo in cui fissava me o la sua famiglia, chi non ha anima,
non sa amare e questa di certa non era una caratteristica di Edward.
“Come si fanno a spegnere i pensieri?”
domandò lui alle mie spalle, ne percepivo chiaramente la presenza, aveva
mantenuto le distanza, probabilmente temendo che non lo volessi accanto “Non so
se esiste un modo” feci un giro su me stessa, trovandomi davanti a lui “Ma di
certo pensare a noi due, potrebbe aiutarti” gli sorrisi leggermente più
rilassata, non mi piaceva affatto litigare con lui “Sei felice con me?”
domandai dondolando su entrambi i piedi, in segno d’agitazione, abbassai la
testa verso la sabbia bagnata e quando i suoi piedi entrarono nel mio campo
ottico, sussultai deglutendo “Mi spiace se ti ho dato l’idea di non stare bene
insieme a te” alitò tra i miei capelli, chiusi gli occhi “Sono felice…si! E mi
fa paura” alzai la testa per guardarlo “Ho paura dell’amore che provo”
aggiunse, portando la sua mano tra i miei capelli e accarezzandomeli
delicatamente. Socchiusi le palpebre, godendomi il suo tocco, fremendo dal desiderio
di sentirlo ancora più vicino “A volte sento di non farcela…” sussurrò
baciandomi la fronte “Ma poi ti guardo…” mi sfiorò il naso con le labbra fredde
“E ritrovo la forza che mi mancava” mormorò facendo su e giù sulla mia bocca
con la sua. Munite di volontà propria, le mie labbra afferrarono le sue e lo
morsero leggermente, mentre entrambi sorpresi ci guardavamo dritti negli occhi.
“Io ci sarò ogni volta avrai bisogno di credere in te, in noi. Sono arrivata
fin qui solo per te, lo capisci?” asserii completamente rapita, ammaliata,
innamorata…“Ti amo!” pronunziò arrochito, lasciandosi trasportare dai suoi
sentimenti…
“Ho voglia di una cioccolata calda!”
esclamai stiracchiandomi sul sedile della Volvo C30 che ci stava portando verso
casa Cullen. Edward sogghignò, scuotendo il capo “Sei pazzesca!!!” disse,
scombinandomi i capelli con la mano libera dalla guida “Io?” chiesi indicandomi
e facendo gli occhioni da cerbiatta. Edward mi guardò attonito, alzando gli
occhi al cielo e tornando a fissare lo sguardo dinanzi a sé “Golosona!!!
Diventerai tutta ciccia e brufoli!” mi avvertì serio. Per un attimo pensai che
non stesse scherzando quindi mi ammutolii: che mi stesse dicendo che non gli
sarei più piaciuta? Era già paffutella, o meglio non ero magrissima, semplicemente
robusta, niente di esagerato. Le mie linee sinuose mi donavano l’aria di una
ragazza troppo cresciuta e non mi piaceva, soprattutto per come venivo guardata
dal sesso maschile, ma con Edward era diverso. Le sue occhiate languide mi
facevano piacere, mi sentivo “bella”, pur non essendolo, ai suoi occhi apparivo
speciale, quindi mi lasciavo facilmente andare al piacere del cibo. “Hai
ragione” sospirai “Sto esagerando! Devo contenermi, accidenti a me!” sbuffai,
incrociando le braccia al petto e voltandomi a guardare fuori dal finestrino.
La mano di Edward si posò sul mio braccio, il suo tocco gelido, ebbe l’effetto
di farmi sussultare, per questo piegai la testa verso sinistra e lo osservai
guardarmi intensamente “Scherzavo!” la serietà della sua voce mi spaventò
quasi, tant’è che arricciai naso e labbra provando a farlo ridere, ma non vi
riuscii “Edward!” lo richiamai “Non capisco” dissi alzando le spalle “Ti sei
offesa” “Non è una domanda” constatai “Non m’importa se ingrassi” chiarì, solo
allora capii e risi, portandomi una mano sulla fronte. Edward mi fissò irritato
“Non rido di te, stupido!” gli diedi un buffetto sulla spalla “Non mi sono
offesa, tranquillo. E poi è vero: devo stare attenta, non sarò una modella, ma
non posso farti sfigurare” dissi annuendo
tentando di fare la seria “Ma sai che sei proprio scema a volte?” fissai
allibita il mio ragazzo “Ecco: ora sono offesa!” annunciai facendogli la
linguaccia, lui rise beato, riempiendo l’abitacolo dell’auto della sua
meravigliosa voce, facendomi inevitabilmente, rasserenare.
Entrati nella villa dei Cullen, uno
strano silenzio ci accolse, lo sentivo gravare sulle nostre teste; fissai
Edward allarmata, lui volse gli occhi verso l’imponente scalinata e strinse la
mano a pugno, evidenziando le nocche pallide “Cosa succede?” domandai ansiosa,
aggrappandomi spasmodicamente al suo braccio “Carlisle vuole parlarti” disse
atono, evitando di guardarmi “Va nel suo studio!” asserì allontanandosi immediatamente
da me, lasciando che il nulla mi avvolgesse. Sconvolta da quel gesto, seguii le
sue parole e mi diressi da Carlisle in cerca di spiegazioni. Arrivata alla
porta, fissai per qualche secondo il cartellino dorato col nome del dottore,
sospirai nuovamente e mi decisi finalmente a bussare “Avanti!” proferì melodiosa
la voce del padre di Edward. Aprii piano la porta e mi affacciai con la testa
“Buonasera Carlisle, posso?” domandai educatamente “Vieni pure Meredith, ti
stavo aspettando” mi rispose invitandomi ad entrare con un gesto della mano.
Chiusi la porta alle mie spalle e mi incamminai verso la grande scrivania di
legno, su cui posavano ordinatamente, una phila di carte e di libri. Lo studio
era circondato da un enorme biblioteca zeppa di manuali grandi quanto una casa,
il soffitto era ornato di dipinti che non avevo mai visto e la loro maestosità
e antichità, mi intimorì.
“Accomodati pure” proferì calmo,
Carlisle. Mi sedetti sulla poltrona rosso mogano, in tinta con la tappezzeria
della stanza. Sorrisi pensando della strana scelta: rosso uguale sangue. Mossi
il capo leggermente e mi concentrai sul viso del mio interlocutore. Sembrava
impassibile, forse non voleva farmi capire quanto grave fosse ciò che stava per
dirmi “Meredith!” richiamò la mia attenzione, facendo scivolare via i miei
pensieri “Si?” “Volevo parlarti della tua presenza nel nostro mondo” annuii
tremando, erano giorni che evitavo di pensarci, quel sogno mi aveva scosso e
quest’effetto s’era riversato anche su Edward che ne aveva parlato col padre.
Non mi aveva infastidito la cosa, sapevo solo che cercava di capire, di
aiutarmi, ma conoscevo dove ci avrebbe portato la testardaggine di entrambi, ed
ora ero lì per niente pronta a scoprire una verità che non volevo sapere.
“Ho fatto delle indagini, ho chiesto ad
alcuni amici vampiri, ho letto dei libri. Sembrerebbe che il tuo caso sia
l’unico” disse, giungendo le mani sotto il mento e passandoci su le labbra
chiuse, deglutii “Questo di certo non ci aiuta a capire come possa essere
successa una cosa del genere” proseguì guardandomi dritto in faccia “Però forse
ho trovato qualcosa che ci potrebbe essere utile, ma qui entri in gioco tu” si
fermò, aspettando che parlassi. Sospirai “Co - Cosa dovrei fare?” domandai
balbettando, strinsi la mia maglia tra le mani per reprimere l’ondata emotiva
che mi stava sconvolgendo “Devi elencarmi esattamente i dettagli dei tuoi
sogni. Tutti quelli che fai” si alzò e si avvicinò alla parete sinistra e
cercando tra i grossi fascicoli, qualcosa. Appena trovò l’oggetto della sua
ricerca lo afferrò con veemenza e lo condusse sulla scrivania, ponendolo alla
mia attenzione. Lo osservai incuriosita: sulla copertina era dipinta un’enorme
nuvola grigia che sfumava verso l’orizzonte, alle sue spalle la luce della luna
ed un lupo sulla cima di una rupe che ululava verso il cielo. Passai le dita
lungo la rilegatura, sentendone i rialzi sotto i polpastrelli, incoraggiata
dallo sguardo di Carlisle, lo sfogliai, era pieno di strani segni, simboli, non
ne comprendevo il significato, per questo tornai a fissare il padre di Edward
“Tu sei arrivata qui nel sonno, quindi l’unica strada per capire sono i tuoi
sogni. Ognuno di essi ha un significato ben preciso, un particolare che ci può
aiutare ad interpretarlo, quindi da oggi in poi annoteremo su un quaderno ciò
che sognerai. Questo è un libro sull’interpretazione dei sogni, è antichissimo,
lo usavano i Maya e tramite un amico, mi è stato consegnato secoli fa. Mi servì
per un caso psichiatrico” accennò un debole sorriso “So che stai pensando che
voglio che tu te ne vada, ma ti sbagli!” sospirò chiudendo gli occhi per poi
fissarli nei miei “Ho promesso che ti avrei aiutata e lo farò, sarai tu poi a
decidere cosa fare. Valuterai tu in base alle informazioni che riusciremo a
raccogliere” si alzò in piedi, avvicinandosi all’ampio balcone dello studio “So
che ami Edward e lui prova lo stesso sentimento per te. Non potrei mai recare
dolore a mio figlio, vederlo finalmente così sereno, è una gioia immensa e devo
ringraziare te!” disse guardando fuori “Nonostante questo, mi sento in dovere
di farti capire” si girò dalla mia parte, portando le mani alla vita “Hai il
diritto di decidere liberamente” annuii. “Edward sa che è giusto così,
altrimenti non me ne avrebbe parlato. So quanto sia combattuto ora, tra il
desiderio di averti accanto a lui sempre e quello di lasciarti andare, ma
confido in lui” sorrise teneramente, pensando a suo figlio e un po’ lo
invidiai: io non avrei mai potuto avere un rapporto di così profonda stima, con
mio padre, quello vero.
“Ti lascio questo libro. Guardatelo e se
pensi di trovarci qualcosa di familiare, ne discuteremo insieme, d’accordo?”
annuii “Grazie per quello che state facendo per me, lo apprezzo molto” dissi
prima di alzarmi e andarmene.
Chiusami la porta alle spalle, sopirai
rumorosamente chiudendo gli occhi, rialzai poi lo sguardo guardandomi attorno
senza vedere l’ombra di nessuno, ciò mi rattristò. Mi diressi verso la stanza
di Edward, bussai, ma non udendo la sua voce, aprii ugualmente la porta,
restando delusa, in quanto lui non era lì; a quel punto scesi cautamente in
salotto, ma anche lì sembrava non ci fosse nessuno. Sospirai nuovamente ormai
rassegnata, ero pronta ad andarmene a piedi, ma feci per voltarmi e notai
l’anta del balcone leggermente aperta. Sobbalzai e mi apprestai a correre fuori
in giardino, con l’affanno presi a scrutare l’ambiente circostante, mi fermai
solo quando ad attirarmi furono delle ciocche rosse ribelli. Sorrisi tra me e
mi avvicinai a Edward distesa sul prato con le mani sotto la testa, non si
voltò dalla mia parte, ma era ovvio che sapesse della mia presenza “Sei
scomparso” sussurrai a mezza voce, lui chiuse gli occhi come per evitarmi “Era
giusto lasciarti uno spazio per riflettere, non posso decidere io per te”
rispose freddo. Inspirai e buttai fuori tutta l’aria “Io la mia decisione l’ho
già presa” dissi accomodandomi accanto a lui e posando in terra, il libro dei
sogni. Edward riaprì gli occhi e mi fissò “Voglio sapere la verità su quello
che mi è successo” lo guardai dritto in viso, una piccola smorfia lo contrasse,
ma non mi fermai “Qualsiasi sia la spiegazione a tutto questo che ci sta
accadendo, io resterò qui con te, nel tuo mondo” sorrisi decisa, lasciandolo
spiazzato “Non è giusto!” mormorò poi distogliendo lo sguardo. A gattoni mi
diressi verso di lui, parandomi dinanzi al suo viso, vidi la mia espressione
tagliente, ferita, riflessa nei suoi occhi “Sono grande abbastanza per decidere
cosa è giusto o no per me. Non oserai rovinare tutto per timore di non potermi
far vivere una vita normale, se desideravo quel tipo di esperienza, non avrei
desiderato conoscerti e amarti, non credi?” sibilai furiosa “E ora se non ti
dispiace vado a leggermi questo libro” dissi prendendolo e mostrandoglielo “Ho
promesso a tuo padre che ci avrei dato un’occhiata” feci per allontanarmi, ma
Edward, grazie alla sua velocità, mi bloccò la strada “Stai andando via?”
domandò con tono preoccupato “Si, se mi lasci passare” provai a spostarmi sulla
sinistra, ma Edward mi seguì “Ti riaccompagno io. Ti ricordo che ci sono dei
vampiri nomadi in giro” sospirai “D’accordo. Se è solo per questo…” stava per
controbattere, ma non gli diedi il tempo, allontanandomi da lui.
In macchina non volò una mosca per la
maggior parte del tragitto. Il silenzio mi pesava, ma non dovevo dargliela
vinta “Ti aiuterò a capire” proferì Edward improvvisamente, mi voltai a
guardarlo, lui mantenne lo sguardo sulla strada “Consultiamo insieme il libro?
Riparlami di tutti i tuoi sogni e vediamo cosa riusciamo a trovare” sorrise
appena, facendo, di riflesso, sorridere anche me. Annuii incapace di fare o
dire altro “E tanto per la cronaca, non ti porto a casa solo per il mio timore
che ti accada qualcosa” mi scrutò di sottecchi “Voglio passare ancora del tempo
insieme a te” sorrise sghembo ed io arrossii violentemente, avvertendo il cuore
in gola. Annuii nuovamente e mi voltai verso il finestrino, chiudendo gli occhi
e sorridendo di una silenziosa felicità.
“Papà sono a casa. C’è anche Edward con
me!” gridai appena entrata in soggiorno “Buonasera Capo Swan!” salutò Edward
appena vide Charlie “Ciao ragazzi. Bentornati! Temevo vi foste persi!” disse in
modo ironico, inarcando le sopracciglia “Siamo passati prima a casa sua”
indicai il mio ragazzo “Per prendere delle cose. Scusa papà” gli feci gli
occhioni dolci e lui sbuffò infastidito, alzando gli occhi al cielo “Ci vuole
tanta pazienza con i figli” e portò le mani verso l’alto “Hai già cenato?” gli
chiesi entrando in cucina “Si, Billy mi ha fatto portare da Jacob un sacco di
pesce fritto” “Ah bene” sorrisi “Jacob ti lascia i suoi saluti e mi ha chiesto
quando andrai a trovarlo” mi paralizzai “Pr- presto papà, presto” balbettai
osservando l’espressione truce di Edward “Qualche sabato potreste andare
insieme, così faresti conoscere ad Edward quel posto. Sei mai stato giù La Push?” domandò rivolgendosi al
vampiro “No, Signore” “Perfetto! Allora dovrai proprio portarcelo, quel posto è
stupendo e si pesca che è una meraviglia” disse prima di sparire in soggiorno. Io
e Edward restammo immobili in cucina, io fissavo il pavimento, fin quando la
mano ghiacciata di Edward non riportò il mio viso all’altezza del suo “Vuoi
andare laggiù?” chiese con voce calma “Non sento l’esigenza ora, ma prima o poi
dovrò farlo, altrimenti Charlie mi ci porterà con la forza” lo fissai
intimorita “Billy è l suo migliore amico”, Edward annuì leggermente, poi cambiò
discorso “Allora ci guardiamo questo libro?” chiese ammiccando “Va…bene…”
deglutii.
“Papà saliamo in stanza a studiare!”
gridai mentre ero sulle scale, Charlie si affacciò e ci guardò intensamente
“Studiare eh?” domandò ironico “Si, papà!” sottolineai le mie parole e gli
mostrai il libro “Certo, certo” poi guardò Edward “Le mani al loro posto!”
bisbigliò tagliente “Non tema Capo Swan” disse in modo convincente. Stava
usando tutta la sua abilità di vampiro, scossi visibilmente il capo, portandomi
una mano tra i capelli “Andiamo Edward” e lo trascinai su per le scale.
Entrati in camera, accesi la luce sulla
scrivania e mi accomodai sulla sedia, invitando Edward ad avvicinarsi “Mi metto
io sulla sedia a dondolo e ti lascio questa…” “Non ce n’è bisogno”
m’interruppe. Mi prese in braccio, come fossi una piuma, e mi fece accoccolare
sulle sue gambe “Così staremo entrambi comodi” soffiò nel mio orecchio,
mozzandomi il fiato. Aprii e chiusi la bocca numerose volte, non riuscendo a formulare
alcun discorso logico, sentivo il cuore galoppare come un cavallo impazzito.
Chiusi istintivamente gli occhi. La sua vicinanza mi mandava in confusione e
temevo che le reazioni del mio corpo fossero troppo evidenti, non potevano di
certo sfuggirgli, ma apprezzavo il fatto che non me lo facesse pesare.
“Hai detto che negli ultimi due sogni
c’era un’enorme ombra grigia?” domandò Edward, cercando conferma “Si. Nel primo
mi invitava a gettarmi nel burrone, quindi ad allontanarmi da te, nel secondo
mi ha riportato nel tuo mondo, quindi in un certo senso, mi ha riportato a te.
Mmm…” posai stancamente una mano sulla fronte. Eravamo seduti sul letto, per
ore avevamo letto e riletto il libro, ad un certo punto mi ero alzata per
sgranchirmi le gambe e Edward aveva finto di andarsene per non far sospettare
nulla a Charlie. Poco dopo era rientrato per la finestra, aspettando che mi
preparassi per la notte. Rientrata in stanza lo avevo trovato steso sul mio
letto, mentre mi guarda sorridente e il mio cuore perdeva un altro battito.
“Ci hai messo un bel po’” proferì
divertito, corrucciai la fronte restando ferma sul posto, d’improvviso il suo
sguardo cambiò, divenendo serio “Ho detto qualcosa di sbagliato?” negai col
capo “No, è che…sono stata veloce nel prepararmi” inarcai un sopracciglio
confusa, allora lui rise beato. Si alzò venendo verso di me “Sciocchina! È che
non riesco a stare lontano da te neanche per pochi secondi. Mi sembrano sempre
un’eternità” mi circondò la vita con le mani, stringendomi al suo petto.
Avvertii il mio imbarazzo colorarmi il viso e farmi tremare le mani. Insicura
posai il volto sul suo torace marmoreo e inspirai “Questo è il motivo per cui
ho cercato di fare presto. Anche io ho difficoltà a starti lontana” sussurrai,
avvertendo un suo fremito. Mi strinse un po’ di più e mi cullò. D’un tratto mi
baciò il capo e s’allontanò porgendomi la mano “Andiamo a letto” disse, come si
poteva rifiutare una richiesta simile?.
Era
passata un’ora ormai e continuavamo a discutere dei sogni, Edward era convinto
che quell’ombra grigia significasse qualcosa. Sfogliammo il libro alla ricerca
del suo significato, erano più di mille pagine, essendo un testo antichissimo,
ci impiegammo più tempo del previsto “Credo di aver trovato qualcosa” blaterai
spalancando gli occhi, Edward si accostò meglio a me e iniziò a leggere il
trafiletto scritto sotto un’enorme nuvola grigiastra: << L’ombra appare nei sogni come
elemento presente in natura o simbolo delle oscurità psichiche. Può anche
capitare che questi due significati coincidano, così che nell‘ombra si esprimono nella stessa misura, pulsioni ed
istinti che non trovano uno sfogo nella realtà del sognatore. Tra i popoli tribali
l’ombra costituisce una sorta di
“doppio” dell’essere umano, la parte non legata alla fisicità, destinata a
sopravvivere anche dopo la morte del corpo, una sorta di contatto o ponte
fra la terra e
l’aldilà. Questa visione è essenzialmente negativa, in quanto l’ombra acquista
il significato di tristezza e morte,
aridità e mancanza di calore, oscurità che rende difficile il cammino. Freud
sosteneva che essa rappresentava nei sogni la perdita
di energia fisica, la rarefazione e l’ indebolimento: passioni che si
esauriscono e si spengono. Mentre Jung la
collega al rinnego individuale: tutto ciò che nell’arco della crescita e
maturazione viene soffocato e represso. Energia che non scompare ma che si
trasforma acquisendo una carica compressa e pesante, esplosiva, diabolica.
Energia che non si esaurisce, ma si manifesta nelle malattie psicosomatiche,
negli incubi,
nei tic e nei lapsus, negli scoppi di rabbia, o che fa capolino negli aspetti
caratteriali delle persone più vicine. Sognare l’ombra si collega molto spesso agli aspetti oscuri della
personalità, alle cose non chiare o di cui non si è consapevoli. Così che
questa immagine inquietante può rappresentare la necessità di fare luce, di
giungere alla consapevolezza di ciò che è importante per il sognatore, oppure
metterne in evidenza la “cecità” le incongruenze ed oscurità di comportamento. Se
è preceduta dalla luce, ha il significato onirico di chiarezza, fare luce
dentro di sé, solo ritrovando l’origine di quell’ombra, colui o colei che la
rappresenta, sarà possibile comprenderne il reale significato. >>
l’espressione di Edward divenne sempre più seria man mano che leggeva, io
invece, mi sentivo indolenzita, la testa mi pesava, gli occhi mi pizzicavano e
avevo freddo, tanto freddo. Avvertivo un carico che mi gravava sul corpo
“Meredith!” la voce di Edward mi giunse lontana, confusa, crollai in avanti,
poi fu buio.
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Capitolo 25 *** Le voci ***
Le voci
Buonasera
a tutti…o meglio buonanotte visto che è quasi mezzanotte.
Pubblico
un po’ prima, non vorrei domani avere qualche inconveniente e tardare l’aggiornamento.
Non sia mai XD.
Che
bello sono a casa per qualche settimana così forse potrò tra una pausa di
studio e l’altra, scrivere qualcosa, almeno spero…
Perdonate
se non rispondo alle recensioni, ma sto per prendere sonno davanti al pc,
sarebbe meglio andassi a riposare.
Prima
però volevo ringraziarvi per l’affetto che mi dimostrate e dirvi che ho creato
un piccolo gruppo su facebook sulle mie storie, se volete iscrivetevi e
aggiungete anche me tra gli amici :). Vi lascio il link: http://www.facebook.com/home.php?#!/group.php?gid=107592842618513
Vi
aspetto. Grazie ancora a tutti…<3
Capitolo 24 “Le voci”
“Brava!
Vedo che tu e i vampiri state cercando di trovarmi” quella voce, sempre la
stessa. Aprii gli occhi di botto, mi guardai attorno, ero in una vecchia
capanna e sembravo sola “Cosa farai quando mi troverai?” mi voltai di scatto
alle mie spalle, l’ombra era là e si stava avvicinando a me velocemente, feci
per arretrare ma mi ritrovai bloccata con le spalle al muro, nessuna via
d’uscita, nessuna porta, nessuna finestra. Iniziai a tremare e, quasi
automaticamente, chiusi gli occhi “E’
solo un sogno Meredith. Stai calma, presto ti sveglierai” una risata
maligna mi costrinse a riprendermi, fissai l’ombra davanti a me “Sei proprio
certa che questo sia solo un sogno?” chiese sogghignando, sobbalzai spaventata
e scivolai lungo il muro, rannicchiandomi su me stessa “Non riuscirai a
sconfiggermi, Meredith!” sibilò minaccioso al mio orecchio “Nessuno potrà
aiutarti, nessuno, neanche il tuo amato vampiro.
Sarò io a decidere del tuo futuro. Ah, ah, ah!!!” mi tappai le orecchie per non
sentirlo, scoppiando a piangere “Basta, basta, basta!!!” gridai a più non posso,
prima di cadere nel vuoto.
“Meredith!
Meredith” spalancai gli occhi spaventata, ritrovandomi nella stanza di Bella,
Charlie era seduto sul letto e mi teneva per le spalle. Il mio respiro ansante,
i capelli erano attaccati sul viso imperlato di sudore “Che…che succede?”
domandai “Urlavi nel sonno” confessò preoccupato “Che ore sono?” chiesi
guardandomi attorno spaventata “Sono le sette, è presto. Riposa ancora un po’”,
disse sistemando meglio le coperte, annuii, mettendomi in posizione fetale e
chiudendo gli occhi, facendogli credere che avrei ripreso a dormire, in realtà
non l’avrei fatto, non dopo quel sogno. Ora avevo la certezza che c’era
qualcuno che mi aveva voluto lì, qualcuno che minacciava me e l’incolumità
delle persone che mi erano vicine.
Quando
udii la macchina della polizia andare via, mi alzai immediatamente dirigendomi
in bagno, non mi soffermai minimamente sulla mia figura allo specchio, preferii
catapultarmi sotto il getto bollente della doccia, facendo scivolare via
l’inquietudine. Restai forse un’ora sotto l’acqua, una volta ripresami, mi
coprii con l’accappatoio rosa e mi frizionai leggermente i capelli, lasciando
che mi ricadessero liberi sulle spalle. Tornai in camera e sussultai quando
trovai Edward seduto sulla mia finestra “E…” deglutii “Edward” i suoi occhi mi
scrutarono attenti, quasi famelici. Mi rendevo conto che la situazione era
alquanto difficile per lui, io ero…mezza nuda e lui era…un vampiro. “Ehm…” mi
avvicinai rapida all’armadio e afferrai i primi vestiti capitatimi sotto mano,
mi girai verso Edward “Faccio in un baleno” detto questo corsi in bagno. Chiusi
la porta e sospirai, scivolando lungo essa; il cuore batteva furiosamente
contro la cassa toracica e le mani non smettevano di tremarmi. Inspirai piano e
con una mano, mi risollevai da terra, fissandomi allo specchio. Sul volto i
segni della stanchezza erano evidenti e non sarei sfuggita allo sguardo attento
di Edward, ma non avrei negato niente, dovevo raccontargli ogni cosa. Mi
domandavo, angosciata, come avrebbe reagito. Scossi il capo, intimandomi di
darmi una mossa, lui era di là e mi attendeva.
Pochi
minuti dopo, rientrai nella camera e vi ritrovai Edward nella stessa posizione
di prima, questa volta però i suoi occhi erano puntati verso l’orizzonte.
Sospirai, portandomi una mano al cuore, ancora agitato. Mi feci coraggio e in
poche falcate arrivai da lui, posai le mani ai bordi della finestra e lo
chiamai: “Edward!”, lui si girò piano, mantenendo lo sguardo basso, con il
dorso della mano gli carezzai il viso “Ti supplico guardami” scosse il capo
“Edward” piagnucolai, a quel punto lui alzò la testa, nei suoi occhi un senso
di colpa evidente, mi schiaffeggiò “Amore mio…” sussurrai poggiando la mia
fronte sulla sua e inspirando il suo respiro, afferrai il suo viso con entrambe
le mani “Scusami” bisbigliò “Per prima…io…spero di non averti spaventata,
ma…faccio fatica a controllarmi quando…” gli tappai la bocca con un dito “Shh”
chiusi gli occhi “Non importa. Non c’è niente di male nel desiderare qualcuno.
Io desidero te nello stesso modo” non mi riconoscevo in quell’audacia, il suo
corpo sussultò stupito e riaprendo gli occhi mi ritrovai immersa nell’oro dei
suoi che mi fissavano vispi “Si, ma è pericoloso” la sua voce arrochita, mi
smosse dentro “Mi fido di te” gli risposi col tono leggermente più basso del
solito, quasi malizioso. Mi spinsi maggiormente verso di lui, sfiorandogli le
labbra con le mie, lasciandogli un bacio delicato, staccandomi poi di poco,
giusto per respirare. “Meredith…” soffiò roco “Baciami” lo intimai, mentre coi
pollici disegnavo i suoi zigomi. Edward non se lo fece ripetere due volte e mi
travolse in un bacio che non aveva niente di casto. La sua lingua si spinse
nella mia bocca, esplorandola per intero, lo sentii gemere sotto il tocco delle
mie dita che erano scivolate lungo la sua schiena e la sua presa sulla mia vita,
aumentò. D’un tratto mi allontanò, facendo leva sulle braccia. Lo guardai
allibita: respirava a mala pena, il suo petto s’alzava e s’abbassava quasi
fosse impazzito, sembrava il riflesso del mio. Mi leccai le labbra ancora umide
del suo sapore e lui mi guardò incantato. Cosa ci stava succedendo?
Edward
chiuse gli occhi, divenuti più scuri del solito, ma non avevo paura. Si alzò e
mi passò accanto, ci davamo le spalle, eravamo vicini, sentivo la sua aura
circondarmi e rapirmi. Repressi un gemito che mi morì in gola, non riuscivo più
ad essere padrone del mio corpo. “Sono venuto a vedere come stavi?” disse poi
“Sono stato con te fino a stamane, poi sono dovuto andare via perché
necessitavo di nutrirmi” aggiunse “Ieri sei crollata dopo che ho letto il
significato dell’ombra. Non…non ho capito quello che è successo” si girò, lo
sentivo alle mie spalle, percepii il suo fiato tra i capelli “Ricordo che mi
sentivo pesante, ho provato un’intensa voglia di dormire” mi voltai verso di
lui, facendo mezzo giro su me stessa “Non credo sia grave, ero solo stanca”,
Edward mi osservava, sembrava dubbioso, poi d’improvviso un flash mi offuscò la
vista “Nessuno potrà aiutarti, nessuno,
neanche il tuo amato vampiro. Sarò io a
decidere del tuo futuro. Ah, ah, ah!!!” trasalii al ricordo del sogno e raggirai
il suo sguardo “Cos’era quell’immagine?” domandò un Edward stupito,
evidentemente in quel momento il mio scudo non funzionava “Meredith, parla!” m’intimo,
io sospirai “Hai fatto un altro sogno?” annuii e mi accinsi a raccontarglielo.
“Io…non
capisco. Non so chi sia, cosa voglia da me, ma la mia presenza qui dipende da
lui” sbuffai infastidita “E non dal mio
desiderio di averti nella mia vita” aggiunsi mentalmente, Edward continuava
ad avere un’espressione fredda, nervosa, arrabbiata, lo guardai, avvertivo già
le lacrime farsi strada dentro di me, ma non permisi loro di uscire. Inspirai e
lo fissai nuovamente “Quali altre creature leggendarie conoscete?” lui si voltò
velocemente verso di me “Che intendi?” “Oltre voi e i licantropi, esistono
altri esseri speciali?” chiarii, lui sembrò pensarci “Che io sappia, no…ma non
mi meraviglierei se scoprissi l’esistenza di altre mostruosità” sorrise amaro.
Strinsi il lenzuolo tra le dita “Dobbiamo discuterne subito con Carlisle”
aggiunse duro, distraendomi “Si, anche se non mi va di coinvolgervi” sbuffai
scompigliandomi i capelli, ancora leggermente umidi, intravidi Edward chiudere
leggermente gli occhi e trattenere il respiro “Vi sto mettendo in pericolo”
sussurrai accecata dalla figura scultorea del mio vampiro, ferma dinanzi ai
miei occhi. Quanto poteva essere bello? Quanto male potevo procurargli? Distolsi
lo sguardo come scottata e attesi che fosse lui a dirmi qualcosa.
“Credo
che dovremmo andare subito da Carlisle, lui ne saprà certamente più di me”
strinse i pugni, gli carezzai le nocche bianche cercando di farlo rilassare
“Andiamo!” disse d’un tratto, balzando in piedi, dandomi le spalle e facendomi
sussultare per l’improvvisa sensazione di vuoto che provavo.
Lo
seguii come un automa fino alla macchina, poco prima di uscire, avevo
telefonato a Charlie per avvertirlo che sarei andata dai Cullen, non aveva
obiettato, ma ero certa che fosse infastidito, come d’altronde tutti i padri
gelosi delle proprie figlie.
Come
succedeva spesso ultimamente, viaggiammo senza dire una parola e
quell’inquietante vuoto che sentivo crescere in me, si faceva sempre più
spazio, non trovando nessun ostacolo in grado di contrastarlo. Ero talmente
assorta nei miei pensieri da non essermi accorta che eravamo arrivati a casa
Cullen, Edward venne gentilmente ad aprirmi lo sportello dell’auto, aiutandomi
a scendere, sfuggì ai miei vani tentativi di incrociare i nostri sguardi,
rendendomi ancor più insofferente. Esme ci accolse teneramente come sempre,
“Meredith, tesoro, come stai? Edward mi ha detto che ieri hai avuto un
mancamento” arrossii per questo suo interesse e chinai il capo “Sto bene,
grazie. Non è stato niente di grave, semplicemente stanchezza” risposi educata
“Probabilmente devi dormire di più” suggerì lei, sorridendomi e accarezzandomi
una guancia, annuii, guardando di sottecchi Edward che si era leggermene
allontanato da noi. Perché si comportava in quel modo? Non capiva quanto mi
ferisse? Che fosse il suo intento? Troppe domande e ben poche risposte, anzi
nessuna.
Sospirai,
Esme mi scrutò, scuotendo il capo quando vide i
miei occhi rivolti a suo figlio “Edward fai accomodare la tua ragazza,
stavo giusto preparando un the, vado a prenderlo. Aspettatemi qui” e scomparve
in cucina. Mi voltai verso il vampiro, fissandolo con gli occhi lucidi, una
crisi era sull’orlo del precipizio, lui deviò, ancora una volta, il mio
sguardo. Piccata mi accigliai per il suo atteggiamento incomprensibile e
irritante e mi avvicinai al pianoforte, intenzionata a suonarlo per sfogarmi.
La melodia che ne uscì non aveva assolutamente niente di delicato, al contrario
i suoi toni erano duri, aspri, quasi volessero sopraffare il mio dolore,
divorarlo, ucciderlo. Mentre suonavo, avvertivo una strana sensazione di umido
sulle mani, riaprendo gli occhi mi accorsi che stavo piangendo, dando libero
sfogo a tutto ciò che sentivo.
Piangevo
e suonavo.
Suonavo
e piangevo.
E
sull’ultima nota grave, emisi un grido che mi fece gelare il sangue nelle vene…
“Meredith” quella voce mi risuonò nella mente come un
eco “Ma-mamma…” soffiai “Segui il tuo
cuore, sempre” “Mamma, mamma, mamma!” urlai alzandomi e facendo cadere
all’indietro lo sgabello “Non mi lasciare, ti prego, ti prego!” balbettai,
mentre le forze venivano meno e mi accasciavo sul pianoforte. Sentii le mani
fredde di Edward, afferrarmi per la vita e scuotermi, energicamente “Meredith,
Meredith!” urlò, volevo rispondergli, ma la voce non mi usciva, muovevo
solamente la bocca, sgranai gli occhi spaventata quando vidi giungere Esme con
un vassoio in mano che fece cadere quando mi vide in quello stato. Si portò le
mani in testa e corse da me “Che le
succede?” “Meredith, non mi lasciare. Meredith!”, la mia mente venne
bombardata all’istante da pensieri non miei e tutto iniziò a girare
vorticosamente “Fermatele” mormorai tenue “Cosa, cosa?” ripeté Edward allarmato
“Le voci” sussurrai sentendo le palpebre pesare “Amore che ti succede? Ti prego
parlami!” alitò tra i miei capelli, ma non riuscii a rispondere “Carlisle,
Carlisle!!!” tuonò, ringhiando, avvertii un frusciò alle mie spalle e le mani
di Edward vennero sostituite da qualcos’altro di altrettanto freddo “Cosa le è
successo?” domandò il dottore con la sua solita voce pacata “Non lo so,
suonava, piangeva, poi ha iniziato a delirare e ora ha detto di sentire le
voci” disse Edward, potevo notare il tono insolito della sua voce, Carlisle
sembrò irrigidirsi “Voci?” domandò incredulo “Si”, furono le ultime parole che
udii, prima di sprofondare in un sonno oscuro.
Non
so da quanto tempo avevo perso i sensi, ma sentivo che non avevo riposato
abbastanza, per questo rimasi immobile nel letto. “Sono tre ore che dorme”
sussurrò quello che riconobbi essere il mio ragazzo “Ne aveva bisogno, era
stremata”, ci fu poi qualche minuto di silenzio “Carlisle…” un sospiro “Di che
voci parlava?” “A dirti il vero non lo so. Fisicamente sta benissimo, ma sta
succedendo qualcosa nella sua testa. Sai…” si fermò titubante “Mi ricorda te
quando inizialmente non riuscivi a reggere i pensieri di tutti, ricordi lo
smarrimento iniziale?” “Come posso dimenticarlo, era atroce, non ero in grado
di districarmi tra le diverse voci, credevo di soffocare. Mi sentivo pressato,
poi forse grazie al tempo ho imparato a gestire quelle voci e a focalizzarmi
solo su quelle che mi interessavano” sospirò “Tu credi che lei stia sviluppando
il mio potere?” domandò, quel quesito accese maggiormente la mia curiosità “Non
lo so, figliolo” “Non so come aiutarla” mormorò Edward afflitto e quel tono di
voce che poco si sposava con la sua persona, mi fece sentire tremendamente in
colpa “Affliggerti non aiuta nessuno dei due. Stalle vicino, ha bisogno di te,
ora più che mai. Si sentirà parecchio smarrita, dovrai essere forte” “Si, io
per lei ci sarò sempre. Non la lascio sola”, fortunatamente essendo di spalle a
loro, potei lasciare che una lacrima solitaria scivolasse libera, sul mio volto
stanco.
La
porta si chiuse, a quel punto decisi di aprire gli occhi, uno alla volta,
sentivo di non essere sola in quella stanza, ma avevo il terrore di girarmi a
guardare e dovermi scontrare con l’espressione afflitta di Edward. “Sei
sveglia” non era una domanda, la sua voce melodiosa giunse come musica alle mie
orecchie, mossi impercettibilmente il capo per fare cenno di si “Hai sentito
tutto” beccata! Annuii. Sentii il materasso abbassarsi, segno che s’era seduto,
infatti poco dopo la sua mano, mi lisciò i capelli “Non devi avere paura,
Meredith! Ti aiuterò io”, ero conscia che quello che mi stava accadendo era più
grande di me e probabilmente anche di lui e di tutta la sua famiglia messa
insieme, c’era la possibilità che non ce l’avremmo fatta e questa volta la
paura era più forte che mai. “E se…” borbottai debolmente “Cosa?” sospirai
frustrata, tremando per il freddo e accucciandomi sotto le coperte “Sento che
metterò in pericolo tutti voi ed è l’ultima cosa che voglio fare” “Non dire
scemenze!” esclamò, girandomi nella sua direzione “Lotterò per te, con te
contro tutti se sarà necessario, ma non chiedermi di farmi da parte!” disse
guardandomi dritto negli occhi “Tu sei la mia vita e non ti permetterò di farti
del male, capito?” mi scosse prendendomi per le spalle, non lo avevo mai visto,
né sentito parlare in quel modo. Sembrava fosse combattuto, si sentiva più
fragile di quanto non volesse mostrare, io di certo non lo stavo aiutando.
Stanca, afflitta, mi gettai tra le sue braccia, cercando una protezione che
neanche lui poteva darmi; strinsi forte le mie mani sulla sua maglia, cercando
di ritrovare in me, un briciolo di forza per andare avanti, mi aspettavano
tempi duri, ma ero intenzionata ad andare a fondo e capire la verità. Oramai
era diventata una questione di vitale importanza, soprattutto per le persone
che mi circondavano. Dovevo trovare una via d’uscita, badando bene a non ferire
o danneggiare la mia nuova famiglia, questa volta dipendeva solo ed
esclusivamente da me stessa.
Mi
scostai da Edward e lo fissai, leggevo nei suoi occhi la mia espressione, ci
vedevo vigore, forza, voglia di farcela, mi sentivo stranamente carica,
nonostante quel sogno avesse dissolto e portato via con sé, ogni sprazzo della
felicità che avevo vissuto in quel periodo, grazie a Edward.
Gli
accennai un sorriso e presi tra le mani, le sue “Ce la farò!” dissi decisa più
che mai “Affronterò chiunque, non mi arrenderò, non permetterò che qualcuno
interrompa quest’attimo di vita meravigliosa”, Edward strinse di poco la presa
“Io ti sarò accanto” aggiunse fissandomi intensamente “Giurami che non mi nasconderai
nulla” annuii “Tanto tu puoi leggermi nella mente e Alice prevedere le mie
mosse, non potrei fuggire neanche se volessi” ammisi “Non sempre riesco a
leggerti, ancora non mi è chiaro come funziona il tuo scudo” rifletté,
sistemandomi i capelli, io osservai rapita il movimento dei suoi gesti “A
dirtela tutta, neanche io l’ho capito, ma credo che anche questo aspetto andrà
curato. Mi servirà, lo sento”, Edward mi scrutò accuratamente, poi annui “Hai
ragione!” esclamò “Ne parleremo con Carlisle e vediamo se lui può aiutarci a
capirci qualcosa in più” mi porse la mano per aiutare ad alzarmi “Ti sosterremo
sempre” disse “Grazie” risposi, non appena gli fui davanti, lui mi sostenne con
le braccia, evitando che cadessi per terra, mi sentivo ancora debole “Riesci a
camminare?” domandò Edward preoccupato “Si, stai tranquillo, ce la faccio”, lo
scansai, ma lui fu più veloce di me, mi prese in braccio, sorridendomi sornione
“Non ti smentisci mai, eh?”, Edward rise contento e mi aggrappai a lui con
forza “Ti amo e voglio vederti sempre sorridere” confessai, l’espressione di
Edward tramutò, divenendo seria “Ci proverò, combatterò affinché anche tu possa
sorridermi sempre. Sei così bella” mi accarezzò una guancia che s’incendiò
all’istante “Vuoi andare ora da mio padre?” chiese, continuando a stringermi al
suo petto. Accennai un debole no con la testa e lui rise piano “Pigrona!”,
nascosi il volto nell’incavo del suo collo “Voglio stare un altro po’ qui con
te, se non ti spiace” borbottai arrossendo, Edward lasciò un bacio tra i
capelli “Non mi dispiace affatto. Non sia mai io rifiuti un invito del genere,
da una giovane e affascinante pulzella come Lei, Mademoiselle” mi stese sul
letto, accomodandosi accanto a me “Oh mio bel cavaliere, Lei è così gentile!”
finsi meraviglia, portandomi le mani sul viso, sbattendo le palpebre
maliziosamente “Come posso meritarLa?” domandai scrutandolo attentamente “La
domanda è posta male” sussurrò avvicinandosi con estrema lentezza “Come posso
io meritare Lei” soffiò sulle mie labbra, scandendo bene lettera dopo lettera “Ti
amo”, disse prima di baciarmi.
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Capitolo 26 *** Il parco giochi ***
Il parco giochi
Buongiorno
a tutti e buon fine settimana.
Sarò
abbastanza veloce nella pubblicazione oggi, volevo anche postarvi la copertina
meravigliosa fatta da Malù, ma ho qualche problemino con Nvu, appena mi calmo
vedo come si fa e la inserisco.
Volevo
avvisarvi che questo, per ora, è l’ultimo capitolo che vi posto, i successivi
non sono ancora pronti per via degli esami, quindi dovrete aspettare qualche
settimana. Perdonatemi :(
Saretta__Trilly__: ti ringrazio per le tue parole. Ho molte
idee per la testa e spero di poterle mettere al più presto per iscritto così ti
mostro cosa sta succedendo a Meredith e cosa succederà in generale. Spero continuerai
a seguirmi. Grazie per la recensione. :)
Giulls: spero di soddisfare la tua curiosità con
questo capitolo. Volevo anche dirti che le parole sull’ombra dello scorso
capitolo in parte sono cercate su internet, in parte ci sono delle mie aggiunte
;). Bacio tesoro e grazie per esser passata a recensirmi. Ti voglio bene…
Dindy80: non ti devi scusare di niente, tranquilla!!!
Sono contenta che comunque tu abbia trovato il tempo di recensire il capitolo,
ormai la tua opinione è importante per me, è diventata un’abitudine leggere il
tuo commento :)! Mi fa piacere che la storia continui a piacerti, mi spiace
solo che per qualche settimana dovrete aspettare. Sono incasinata con l’università
e gli esami, prometto che recupererò. Bacio e grazie!
Piccola Ketty: eheheheheh vorrei tanto mandarlo via,
purtroppo io posso fare poco. Starà a Meredith lavorare sodo. Prometto che poi
con i prossimi capitoli certi nodi arriveranno al pettine e si capiranno più
cose. La storia è tutta nella mia testa, devo solo trovare il tempo di
scriverla. Un bacio e grazie, grazie, grazie per le tue parole <3
Prima
di concludere voglio ringraziare con il cuore tutti coloro che hanno inserito
la storia tra i preferiti, seguiti, ricordate e me tra gli autori preferiti. Sono
onoratissima *__*
Vi
lascio al capitolo e vi ricordo che se qualcuno volesse contattarmi questo è il
link del My
facebook. Inoltre volevo dirvi che ho creato un gruppo sulle mie storie Quelli
che amano le storie di Sognatrice85, se volete farci un salto ne sarò
felice. Buon fine settimana.
Capitolo 25 “Il parco
giochi”
“Spiegami com’erano queste voci!”
proferì Carlisle una volta che io e Edward ci fummo accomodati nel suo studio
all’Ospedale di Forks. Lanciai un occhiata fugace al mio ragazzo, prima di fiondarmi
in quel racconto. Presi un lungo respiro e poi parlai: ”Reali, cioè…” mi fermai
immediatamente, trovare le parole era complicato, mi grattai la testa impacciata
“Eravate voi…ho sentito i vostri pensieri” alzai lo sguardo per fissare in viso
il mio interlocutore. Carlisle mi guardava apparentemente sereno e tranquillo.
Una facciata.
Tutto questo mistero, spaventava anche
lui. Non osai, però, guardare alla mia sinistra, terrorizzata all’idea di
leggere negli occhi di Edward, qualcosa di spiacevole “È stato sconvolgente, ma
credo di essermene resa conto solo quando mi sono svegliata” continuai stringendo
le mani in grembo “Ti è successo di nuovo dopo quell’episodio?” chiese il
dottore, negai col capo “Quella è stata l’unica volta”, Carlisle si portò una
mano sotto il mento, sfregandolo lentamente, fissò il figlio per un
impercettibile secondo, poi tornò a me con gli occhi “L’unico elemento certo, è
il sonno” conferì deciso, aggrottai la fronte, confusa “Ti spiego” disse
sistemandosi meglio sulla sedia e poggiando i gomiti sulla scrivania,
avvicinandosi maggiormente a noi “Hai avvertito le voci nel momento in cui
stava venendo meno la tua coscienza, confermi?” annuii rapita da quel discorso
“Bene!” sorrise “Chiunque ti abbia trascinato in questo mondo, comanda i sogni.
Lì gli umani sono fragili, privi di barriere difensive e quindi sfrutta questo
aspetto a proprio vantaggio” affermò guardando sia me che Edward. “Conosci
qualcuno che possa aiutarci?” domandò poi Edward, mostrandosi improvvisamente
interessato “Non ne sono sicuro, ma farò delle ricerche e saprò dirvi con
maggiore sicurezza. Nel frattempo Meredith se noti qualsiasi cosa, seppur
piccola, che ti sembra anomala, devi dirlo subito ad Edward o a me. Ogni dettaglio
ci è d’aiuto, ricordalo!” “Ok” mormorai.
“Sei pensierosa” mi fece notare il
vampiro al mio fianco. Camminavamo verso casa mia da una mezz’ora. Avevamo
lasciato da poco l’Ospedale, la mia testa piena zeppa di dubbi e di domande a
cui non sapevo dare alcun tipo di risposta. Ero disorientata, dovevo
ammetterlo. “Si. Ripenso continuamente a quello che accade. Possibile che non
possa vivere tranquilla qui con voi?” sbuffai ai limiti della sopportazione.
Quella situazione cominciava ad irritarmi troppo, prima o poi sarei esplosa.
“Devi mantenere la calma, agitarti non ti servirà a nulla” rispose Edward tranquillo,
lo fissai truce, come poteva chiedermi una cosa del genere? Sbuffai di nuovo,
facendolo voltare verso di me. Ci fissammo intensamente “Si stancherà mai di
tormentarmi?” domandai socchiudendo le palpebre, Edward mi accarezzò il viso,
sfiorandomi superficialmente con i polpastrelli gelati “Mi auguro di si”
sospirò triste costringendomi a riaprire gli occhi. Ecco: ciò che volevo
assolutamente evitare, si dissipava chiaro e limpido davanti a me: l’amarezza
del ragazzo che amavo. Gli presi la mano e la intrecciai alla mia, nei suoi
occhi un lampo d’emozione, gli sorrisi e lo trascinai via con me “Basta pensare
per oggi” borbottai “Dove mi porti?” chiese divertito, lasciandosi guidare da
me “Vedrai” e sghignazzai. Per una volta ero io a tenerlo sulle spine.
“Un parco giochi?” domandò sbalordito,
non appena vide l’insegna. Io annuii contenta “Vuoi giocare?” si rivolse a me
ancora stupefatto “Divertiamoci, Edward!” lo incitai tirandolo appena,
invitandolo ad entrare nel parco “Fingiamo di tornare ad essere bambini” il mio
sorriso dovette convincerlo, perché annuì e mi strinse la mano, seguendo il mio
passo.
“Vediamo chi arriva più in alto” lo
sfidai sedendomi sull’altalena. Quel giorno il parco era deserto, il vento
aveva lasciato spazio ad un cielo carico di nuvole che minacciavano pioggia,
quindi quale mamma avrebbe rischiato di far prendere un malanno al proprio
bambino?
“Non barare, modera la tua forza” lo avvertii
seria, puntandogli contro il dito indice, lui per tutta risposta ridacchiò e
alzò le mani in segno di resa “D’accordo” disse “Deve essere una sfida alla
parti” continuai “Alla pari” ribadì lui, adagiandosi sul gioco. Annuii
guardandolo “Pronti…un, due, tre via” e mi diedi una spinta coi piedi, più
forte che potevo. Così iniziai a librarmi verso l’alto, chiusi gli occhi e
l’aria frizzantina mi avvolse.
“Mi sembra quasi di toccare il cielo”
gridai, lasciando che la mia voce raggiungesse l’infinito davanti a me, alla
mia destra Edward si dondolava più piano, sapevo lo sforzo immane che ci stava
mettendo. Mi girai verso di lui e notai i suoi occhi chiusi, sorrisi contenta,
sembrava si stesse rilassando anche lui. Era quello che volevo.
D’un tratto con un balzo scesi
dall’altalena, un tonfo sordo che risvegliò Edward, il quale guardò il
sediolino prima occupato da me, vuoto e strabuzzò gli occhi spaventato. “Sono
qui!” lo chiamai, sventolando la mano destra, lui si voltò immediatamente verso
di me, lo sguardo più tranquillo “Sei matta!” mi rimproverò “Potevi farti male
sul serio!” continuò corrucciando la fronte, gli feci la linguaccia “Dai vieni
a prendermi!” urlai gioiosa iniziando a correre come una matta, girando attorno
agli scivoli e alle altre giostre, ridendo come una bambina. Edward era alle
mie calcagna, gli sarebbe bastato un solo passo per acchiapparmi, ma si stava
comportando come un qualsiasi umano. Lo sentivo ridacchiare “Ti diverti?”
chiesi girandomi indietro “Si” fu la sua unica risposta, poi il suo sguardo
cambiò d’improvviso, fissandosi davanti a sé, mi voltai per vedere cosa fosse e
mi ritrovai a sbattere contro un palo, cadendo all’indietro e atterrando sul
mio sedere. Pochi secondi e Edward fu da me afferrandomi per le spalle “Ti sei
fatta male?” chiese apprensivo, non risposi, impossibilitata per il dolore, mi
alzò di poco e mi portai una mano dietro la schiena, chiudendo gli occhi
“Accidenti!” esclamò il vampiro “Tu e i tuoi giochi infantili!” ringhiò,
facendomi sussultare. Lo fissai irritata “Volevo solo divertirmi un po’. Non
penso di aver fatto niente di illegale!” sibilai piccata “La prossima volta
guarda almeno dove metti i piedi!” ribatté duro, aiutandomi ad alzarmi da
terra. “Non ci sarà una prossima volta” risposi “Non con te”, lo scostai e mi
diressi nuovamente verso l’altalena.
Continuai a dondolarmi a lungo non
badando al tempo che passava, Edward era rimasto là, immobile come una statua
di marmo, fissava il vuoto. Mi spingevo sempre più in alto, sentendo quella
pazza voglia di librarmi in aria e volare via lontano, fissai lo sguardo verso
il cielo osservando le prime stelle che erano comparse. Ce n’era una che
brillava più delle altre. Accennai un sorriso, immaginando fosse la mia mamma e
le lacrime presero il sopravvento, facendomi dimenticare dove mi trovavo e
soprattutto con chi.
Accecata dalla mia stessa salsedine, mi
cullai stringendomi il petto con le mie stesse braccia “Dolce, adorata mamma…”
tirai su col naso “Ti sento sotto la mia pelle” mi fermai, la voce mi tremò “Oggi
è il 22 Febbraio” ripresi a fatica “Come posso dimenticare questa data?” mi
strofinai le mani sugli occhi “Ho cercato di non pensarci, di distrarmi, di
ridere e farti vedere che sono realmente felice, perché lo sono davvero, mamma”
un sorriso leggero, apparve tra le lacrime “So che puoi vederlo, percepirlo.
Eppure non smetterò mai di sentirmi in colpa…non riesco a farmene una ragione,
mamma…” l’altalena smise di cigolare, aprii di scatto gli occhi, trovandomi
Edward davanti, con le mani ferme sui fili di ferro della giostra, lo sguardo
malinconico e colpevole “Non lo sapevo…non avevo capito” sussurrò appena,
scossi la testa “Non potevi saperlo…” piagnucolai “Hai letto nella mia mente?”
annuì, non abbandonando mai i miei occhi “Hai lasciato andare il tuo scudo per
qualche secondo” mi porse gentilmente le mani, le guardai un istante, poi gli
concessi le mie e lui mi aiutò a scendere dall’altalena. Mi ritrovai senza
volerlo, con la testa sul suo petto, teneramente portò una mano tra i miei
capelli, mentre con l’altra mi accarezzava un braccio “Stavo tornando da
scuola…ricordo che faceva molto freddo, ma ero contenta quel giorno, mamma mi
aveva promesso di portarmi alle giostre” sorrisi sul suo torace “Seppure fossi
ormai cresciuta, la mia voglia di sentirmi bambina era insaziabile e così avevo
convinto mamma ad accompagnarmi al luna park. Andrew non voleva venire, ma non
so con quale stratagemma, mamma era riuscito a trascinarlo con noi” sorrisi di
nuovo, rievocando la faccia seccata di mio fratello. “Arrivammo al parco
intorno alle quattro del pomeriggio, non c’era quasi nessuno e ne ero contenta,
così potevo andare su tutte le giostre e starci quanto tempo volevo” sospirai
“Se non vuoi proseguire, non temere…” Edward fece per continuare a parlare, ma
lo stoppai, tappandogli la bocca con la mano “No” lo guardai fisso negli occhi
“Voglio raccontarti tutto. Ne ho bisogno” bisbigliai, lui annuì, invitandomi a
parlare “Passò un’ora senza che ce ne accorgessimo. Ridevamo e scherzavamo
tutti e tre, felici e spensierati, quando d’improvviso mamma s’è sentita male”
mi fermai un attimo per respirare “Non dimenticherò mai quella scena…” chiusi
gli occhi, rievocandola “Eravamo appena
scese dalla ruota panoramica e ci stavamo dirigendo verso una nuova giostra da
poco inaugurata…”
<< “Mamma, mamma!” le afferrai la mano con forza “Andiamo lì?
Dobbiamo assolutamente provarla, non possiamo farcela sfuggire!”, Andrew
camminava alle nostre spalle. Fu un secondo: udii le urla di mio fratello che
chiamava nostra madre e la presa della sua mano affievolirsi sempre di più. Mi
voltai di scatto, osservando la scena a rallentatore, gli occhi di mia madre si
spalancarono in un primo momento, una sua mano si fermò sul seno sinistro e la
bocca si piegò in una terribile espressione di dolore. Non emise alcun grido,
si accasciò a terra priva di sensi. Io restai immobile, ancora con la mano a
mezz’aria, gli occhi strabuzzati per l’incredulità, mentre Andrew s’era chinato
su di lei e la strattonava, tentando di farla rinvenire “Mery, Mery, ma che
stai facendo?!?” mi urlò contro “Invece di rimanere qui imbambolata, aiutami a
portarla in auto. Dobbiamo correre in ospedale. Ha battuto la testa e sta
perdendo sangue!” >>
Riaprii gli occhi, sentendoli umidi,
Edward mi fissava “Poi cos’è successo?” chiese, facendo aderire maggiormente il
mio corpo al suo “Siamo arrivati di corsa al pronto soccorso, lì mamma è stata
trascinata via per degli accertamenti” “Era rinvenuta durante il tragitto verso
l’ospedale?” annuii “Si, ma non riusciva a parlare” “E’ stato all’ora che avete
scoperto la verità sulla sua malattia?” “Esatto…” il mio sguardo si rabbuiò
nuovamente…
<< Il medico uscì dalla
stanza di mamma e si avvicinò a me e mio fratello “Siete i suoi figli?” ci
chiese “Si. Come sta nostra madre?” domandò Andrew, preoccupato e impaziente “Vostro
padre?” il medico deviò tranquillamente il discorso “Papà ci ha abbandonati
molti anni fa. Siamo i suoi unici parenti più stretti” sibilò mio fratello,
stringendo i pugni. Io restai muta. “Bene, se è così. Devo parlarle
urgentemente, mi segua nel mio studio” e si incamminò “Meredith aspettami qui!”
mi intimò Andrew “No, voglio venire anche io!!!” urlai, mi fissò truce “Non
puoi, sei troppo piccola!” e mi lasciò sola in mezzo al corridoio.
Non mollai, li seguii e origliai: “Sarò estremamente diretto” disse il
dottore “Sua madre ha un tumore al seno in stato molto avanzato”, tremai
“Cosa?” chiese incredulo Andrew “Siete sicuri?” “Si, le analisi del sangue ci
hanno dato la conferma”, mio fratello non parlava più, quel silenzio stava
diventando insopportabile “Mi dica cosa possiamo fare per salvarla” bisbigliò
dopo qualche minuto “Sottoporremo Sua madre ad una serie di chemio da ripetersi
ogni 15 giorni, ma non so quanto potremmo ottenere” proferì con estrema
tranquillità “Cioè mi faccia capire: Lei mi sta dicendo che non ci sono
possibilità che sopravviva?” esclamò mio fratello. Udii lo strisciare di una
sedia “Mi spiace…” fu l’unica risposta che diede il medico “Quanto…?” mio
fratello non finì la frase che il medico lo anticipò “Massimo un anno, non di
più”, a quel punto io mi scostai dalla porta e come un’ automa, mi incamminai
per i corridoi dell’ospedale, alla ricerca di qualcosa che mi ricucisse il
cuore… >>
“Mi sono sempre sentita responsabile”
confessai “Tante volte mamma ha cercato di spiegarmi che non era colpa mia,
l’episodio del parco ci aveva permesso di scoprire il tumore e se una cosa del
genere fosse accaduta quando era in casa da sola o in auto, probabilmente non
sarebbe sopravvissuta, ma io continuo ad avvertire un senso di inquietudine e
nausea qui” e indicai il cuore “Perché sei voluta venire qui?” domandò Edward,
seppur conoscesse già la risposta “Perché volevo ricordarla felice mentre
correva con me e ci divertivamo insieme…” sussurrai, prima di scoppiare
nuovamente a piangere.
Il mio ragazzo mi prese in braccio,
lasciandomi sfogare e mi portò nella casetta di legno del parco,
al riparo
dalla pioggia che cadeva copiosa sulle nostre teste. “Io ricordo
molto poco dei
miei genitori” disse Edward, improvvisamente, facendomi alzare il
viso verso
l’alto. Il suo sguardo era puntato verso l’orizzonte
“Mi sembra che più passi
il tempo, più i loro volti spariscano dalla mia memoria umana.
Ormai ne resta
ben poca…” soffiò triste “Mia madre era una
donna molto bella, mi sembra ancora
di vederla mentre mi rimboccava le coperte” chiuse gli occhi
“La sua pelle era color
bianco perla, i capelli castano ramati ricadevano in morbidi boccoli e
ricoprivano tutta la sua schiena. Era alta, longilinea…”
sorrise dolcemente, io
sentii il cuore in gola per l’emozione, mi sembrava di avvertire
il suo stato
d’animo “Aveva gli occhi verdi come quelli di uno smeraldo
e brillavano di luce
propria…” sospirò e muovendo le sue braccia, mi
strinse di più a sé, in un
abbraccio che sapeva di puro dolore. Nascosi il viso nell’incavo
del suo collo,
ispirando il suo profumo “Tuo padre?” chiesi sottovoce
“Non lo ricordo bene…era
un uomo tutto d’un pezzo, dedito
all’obbedienza…” la sua voce sembrava si
sforzasse a venir fuori. Ebbi finalmente il coraggio di guardarlo e
rabbrividii
quando notai la sua espressione contrita per il dolore, quasi come se
volesse
piangere. “Edward” soffiai, lui mi guardò afflitto,
mi alzai di poco,
sfiorandogli il mento con le labbra, lui trattenne il fiato e socchiuse
le palpebre
“Meredith…” mormorò roco “Stammi
vicino…non mi lasciare!” confessò premendo le
sue dita sulla base della mia schiena, facendomi avvicinare ancora di
più a
lui. “Sono qui, non mi vedi?” risposi reprimendo il pianto
“Ti amo” sussurrò
mentre il suo sguardo s’infiammava, scrutandomi “Ti amo, ti
amo, ti amo”
mormorò baciandomi il volto in più punti “Non
smettere mai di dirmelo…” dissi
dimentica di tutto “Non voglio che la tua memoria cancelli queste
parole…” ammisi
arrossendo “Non si può rimuovere la propria vita”
rispose fissandomi
profondamente, vibrai alle sue parole, poi un sorriso timido nacque
sulle mie
labbra, avvolto da poche lacrime “Grazie d’esistere!”
mormorammo all’unisono,
perdendoci nell’amore che ci univa, forte ogni giorno di
più.
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Capitolo 27 *** Jacob, il branco e Emily ***
Jacob, il branco e Emily
Salve
cari amici di Efp,
ehm
si, sono proprio io! Sono tornata!
Perdonate
la mia assenza??? Spero vivamente di si!
Ho
avuto pochissimo tempo per stare al pc e scrivere, con la stesura della tesi
sarà così per tutta l’estate, ma tranquilli, tornando a casa cercherò di
organizzarmi e di aggiornare periodicamente. Torno con un capitolo importante,
vediamo Meredith alle prese con Jacob e i lupi, ma soprattutto una novità che
forse potrebbe aiutare la nostra protagonista. Aspetto di sapere cosa ne
pensate.
Dindy80: grazie per le tue parole. Ammetto che è
stata dura scrivere questo capitolo, sembrava che non riuscissi più a trovare
le parole adatte. Per un momento ho pensato di smettere, fortuna vuole che mi
sia ripresa un po’. Attendo di conoscere il tuo responso su questo capitolo.
Saretta__Trilly__: il capitolo precedente m’è costato
entrambi gli occhi -.-, nel senso che scrivevo e piangevo, anzi addirittura già
quando la mia testa elaborava l’idea, già piagnucolavo come una bambina. Ti ringrazio
per i complimenti, spero continuerai a seguirmi.
Giulls: i tuoi complimenti sono motivo di orgoglio
per me! Sai quanto ti stimi come persona e come scrittrice, quindi non posso
che gioire dei tuoi complimenti!!! Fammi sapere cosa pensi di questo capitolo. Ti
voglio bene <3
Piccola Ketty: grazie infinite!!! Sono davvero contenta
di suscitare in te, tutto questo concentrato di emozioni!!!
Ginevrapotter: grazie cara! Apprezzo tanto i tuoi
complimenti e come te, spero davvero che Meredith ed Edward possano stare
insieme per sempre. La mia testolina sta elaborando parecchie idee, tieni le
dita incrociate! ^^
Vampiretta cullen: tu mi fai sempre sorridere e allo stesso
tempo commuovere! Pensi davvero tutte queste cose di me? Grazie, grazie,
grazie!!! Sono sparita tesoro e mi dispiace! È un periodo duro qui, lo studio
mi ha davvero massacrata. Tu stai bene? Mi manca chiacchierare con te! Non vedo
l’ora di tornare a casa, così finalmente posso risentirti! Ti voglio bene…
Mi
auguro di tornare quanto prima con un nuovo capitolo, intanto vi lascio questo
e spero vi possa soddisfare. Bacio.
Capitolo 26 “Jacob, il branco e Emily”
Trascorsero diversi giorni da
quell’episodio al parco, io e Edward eravamo più vicini, non ci eravamo detti
granché dopo l’accaduto, però avvertivo interiormente che quell’amore stava
divenendo indissolubile e questo non poteva che farmi piacere. Averlo al mio
fianco era il mio più grande desiderio, mi sentivo completa e felice.
Nel frattempo la vita scorreva, non
avevo più avuto incubi, ma l’attenzione di Edward e di suo padre era sempre
vigile, entrambi erano pronti ad agire qualora fosse stato necessario.
Purtroppo però i guai non erano finiti, se i miei incubi erano, per il momento,
lontani, c’era un altro pericolo che incombeva sulle nostre teste: nelle ultime settimane si erano fatti vivi,
nelle vicinanze, i tre vampiri nomadi di cui narrava la Meyer, non si erano ancora
presentati ai Cullen, ma si limitavano a cacciare tra i boschi nel territorio
dei Quileute, comportando così anche la comparsa dei lupi. Questo mi portò
inevitabilmente a pensare a Jake, era dal giorno dell’incidente di mio padre
che non avevo sue notizie, lo avevo sentito qualche volta per telefono, poi la
mia permanenza a casa Cullen, la partenza immediata per Phoenix e i restanti
accadimenti, mi avevano tenuta un bel po’ occupata. Mi dispiaceva averlo
trascurato, infondo si era comportato bene, chissà se la presenza dei vampiri
nomadi lo aveva costretto alla trasformazione, anticipando i tempi. Decisi di
attestarlo di persona, recandomi un pomeriggio alla Push, avrebbe fatto piacere
anche a Charlie, nonostante il divieto di Edward e la litigata che ne scaturì:
“Non puoi andare lì!!!” ringhiò furioso mentre stentava a mantenere il
controllo sulla strada, non mi faceva paura, sapevo che agiva in virtù della
mia vita, ma io mi fidavo di Jacob, sentivo che non poteva farmi del male “Non
insistere ormai ho deciso e non sarai tu ad impedirmelo!” sbattei la porta,
scendendo dalla macchina e dirigendomi verso casa, lui mi raggiunse in poche
falcate e si parò davanti a me. Il suo sguardo adirato fiammeggiava sul mio
corpo, ne percepivo chiaramente le scintille, dall’altra parte io ero più
decisa che mai a fare di testa mia, potevo leggere nei suoi occhi la mia
espressione irritata quasi quanto la sua. Misi le braccia conserte e con un
piede iniziai a picchiettare il terreno, nervosa “Avanti!” dissi sprezzante “Dimmi
quello che devi dire e facciamola finita!” lo incitai, Edward ringhiò “E’
pericoloso andare laggiù da sola, sai perfettamente che io non posso
proteggerti” stava sempre a sottolineare lo stesso concetto, odiavo quando
rimarcava le nostre differenze. Mi faceva male, preferivo quando giocavamo,
parlavamo, scherzavamo come due persone umane “Non ho bisogno della tua
protezione. Non con Jake!” esclamai piccata “Jake!” sputò il suo nome con
sdegno “E se anche lui fosse diventato un lupo? Cosa farai quando si
trasformerà davanti ai tuoi occhi?” sobbalzai colta di sorpresa, non ci avevo
pensato “Ecco vedi” il suo sguardo s’addolcì, tentando di ammaliarmi e
convincermi a seguire il suo consiglio. Meglio chiamarlo “ordine”. Scossi il
capo “Non succederà” risposi continuando a fissarlo, Edward strinse le mani a
pugno “Sei proprio testarda!” asserì “No, semplicemente Jake è mio amico e
voglio controllare come sta. Andando lì posso anche informarmi su ciò che è
accaduto con i vampiri nomadi. So che tuo padre vuole parlare con Sam e
collaborare con loro per mandarli via” confessai, Edward inarcò un
sopracciglio, sospirai “Ho ascoltato la vostra conversazione l’altro giorno.
Voglio solo aiutarvi, Edward!” mormorai rassegnata, egli mantenne il suo
sguardo vigile “Non mi accadrà niente!” incalzai “Ti dirò di si, solo se ci
sarà Charlie con te” disse fissando l’auto della polizia parcheggiata fuori
casa “Ok. Se questo può farti stare più tranquillo, chiederò a Charlie di accompagnarmi
oggi stesso” vidi chiaramente le pupille dei suoi occhi dilatarsi per la
sorpresa, ma non aggiunse altro, si spostò per farmi passare e mi seguì dentro
casa.
“Papà sono tornata!” gridai entrando e
dirigendomi spedita verso la cucina, a furia di parlare mi si era seccata la
gola. Aprii l’anta dell’armadietto sul lavandino, afferrai il bicchiere e lo
riempii di acqua fredda, mandandola giù in un solo sorso. Charlie comparve
improvvisamente alle nostre spalle “Salve giovanotti!” esclamò ridacchiando, mi
voltai a guardarlo basita “Come mai sei così contento oggi?” chiesi curiosa
“Vado a pesca con Billy e sai quanto amo farlo!” mi illuminai alle sue parole,
ignorai l’espressione corrucciata del mio ragazzo e mi dedicai a mio padre “Oh
papà che bella notizia!” esclamai congiungendo le mani “Ti farebbe piacere
portarmi con te? Mi fermo a chiacchierare con Jacob, è da troppo tempo che non
lo vedo!” dissi sorridendo, Charlie con sguardo meravigliato, mi scrutò, poi sorrise
“Gli farà piacere, ne sono certo” annuì dando maggiore enfasi alle sue parole
“Tra quanto vai?” chiesi “Un’oretta, però credo che rimarrò lì a cena, non so
se tu…” e si fermò guardando Edward, lo feci anche io, lui fissò me dritta
negli occhi, probabilmente vi lesse una forte motivazione “Stasera ho una
partita di baseball con i miei fratelli e non posso mancare, sono certo che
Meredith si annoierebbe ad assistere” mi sciolsi in un tenero sorriso,
ringraziandolo mentalmente per aver compreso e per aver dimostrato di avere
fiducia in me. “Bene!” esordì Charlie dopo qualche minuto di assoluto silenzio
“Io ora vado a fare un servizio in centrale, torno a prenderti e andiamo alla
Push” annuii “Mi raccomando!” disse prima di uscire e andarsene.
“E così hai ottenuto quello che volevi!”
esordì Edward affiancandomi “Io ottengo
sempre quello voglio” gli feci una linguaccia e corsi su per le scale
fermandomi a metà strada, mi voltai verso di lui “Passiamo quest’ora insieme?”
gli chiesi arrossendo, Edward mi fece il suo sorriso sghembo e in un batter
d’occhio fu da me e mi ritrovai con i piedi in aria “Mia bella Principessa,
cosa desidera fare?” lo fissai maliziosa, sapevo di non poter chiedere chissà
cosa “Semplicemente voglio stare abbracciata a te” soffiai “Non mi piace quando
litighiamo” aggiunsi posando il mio capo sulla sua spalla, Edward mi lasciò un
bacio tra i capelli e mi portò in stanza.
“Promettimi che starai attenta! Per
qualsiasi cosa chiamami, troverò il modo di venire a prenderti!” annuii
all’ennesima raccomandazione, Edward sapeva essere peggio di una madre
petulante “Ora posso andare?” domandai esasperata, Charlie mi aspettava in auto
“Si, ma prima…” mi tirò a sé, facendomi scontrare contro il suo torace
marmoreo, arrossii di botto quando insinuò la sua mano tra i miei capelli quasi
con violenza. Le nostre labbra si incontrarono con irruenza, accendendosi di
una passione nuova per entrambi, staccarsi fu doloroso, quasi come privarsi di
un proprio pezzo. “Devo davvero andare” biascicai a mezza voce, Edward annuì
semplicemente. Allentò la presa sul mio corpo, così da lasciarmi libera di
muovermi, lo fissai ancora un istante, poi mi voltai e corsi verso l’auto della
polizia.
“Allora, le cose con Edward come vanno?”
domandò Charlie schiarendosi la voce, leggermente in imbarazzo, il mio sorriso
a 365 denti palesava in modo evidente quanto fossi felice in quel periodo
“Presumo bene” borbottò tornando a guardare la strada “Mai stata meglio…papà”,
con la coda dell’occhio vidi le sue gote colorarsi di rosso e mi sentii bene.
Inutile negarlo: in quel posto ero a casa, nonostante mio fratello Andrew mi
mancasse da impazzire, a Forks avevo ritrovato un certo equilibrio e mi ero
integrata al punto tale che ormai mi consideravo parte di quel mondo. “Sai”
Charlie ricominciò a parlare, mantenendo lo sguardo sulla strada “Quando tua
madre mi ha comunicato che saresti venuta a vivere da me ero gioioso,
finalmente avrei potuto trascorrere del tempo con te! Nel momento in cui ti ho
vista, ho sentito dentro di me un’emozione tanto forte da non essere capace di esternarla.
Inizialmente pensavo di essermi sbagliato, poi però i giorni passavano e i tuoi
occhi si spegnevano sempre di più” deglutii “Vedendoti così chiusa ho temuto che tempo
qualche settimana e saresti scappata via da qui” si fermò, probabilmente cercando
di trovare le parole giuste per esprimere ciò che provava “Poi ho visto che
avevi cominciato a fare amicizie, legandoti ai Cullen, ad Angela e ho iniziato
a sperare che queste tue nuovi legami ti potessero far stare meglio, perché
figliola sarò pure un padre un po’ strambo, silenzioso, scorbutico, però riesco
a guardare realmente mia figlia e ho percepito che tu non stavi bene” sbarrai
gli occhi stupefatta, non era difficile capire che avevo attraversato un
momento << no >>, però Charlie c’era sempre poco in casa e quelle
poche ore che ci vedevamo erano a colazione o a cena, scambiavamo giusto due
parole, poi io dovevo o correre a scuola o andare a dormire, quindi mi chiedevo
come aveva potuto percepire il mio disagio. “Quando poi mi hai confessato di voler
rivedere tua madre, ho pensato che non saresti più tornata. Rivederti fuori la
porta di casa con quel sorriso sul volto, mi ha rinfrancato e ha spazzato via
ogni dubbio” chiusi gli occhi, ricordando perfettamente ogni singolo istante di
quel periodo e la gioia che avevo sentito nascere in me quando Edward mi aveva
confessato i suoi sentimenti, riportandomi a Forks dalla sua famiglia e dalla
mia. “Scusami papà” sussurrai abbassando la testa e guardandomi le mani “Non
volevo farti preoccupare. Mi sentivo fuori posto, il mio essere così introversa
mi ha sempre danneggiata, ma poi…” alzai il capo sorridendo e scrutando
l’orizzonte “Ho incontrato delle persone, degli amici che hanno saputo andare
al di là dell’apparenza tirando fuori il meglio di me. Mi hanno aiutata a
conoscermi e ora…” mi girai per guardare Charlie che nel frattempo aveva
rallentato per entrare nella riserva, “Sono felice. Veramente felice, papà. Tu
mi sei stato vicino, non hai invaso i miei spazi, hai rispettato i miei silenzi
e ti ringrazio per questo. Mi sento nel posto giusto, con le persone giuste”
Charlie fermò definitivamente la macchina, spegnendo il motore, indugiò con le
mani sulle chiavi, palesemente in imbarazzo. Allora a quel punto, agii io: mi
sporsi e lo abbracciai “Grazie papà. Infinitamente!” poco dopo le sue braccia
si chiusero attorno al mio corpo “ti voglio bene, Meredith!” borbottò sulla mia
spalla. Sorrisi, mentre una lacrima solitaria scivolava giù sul mio viso.
“Oh Charlie che piacere rivederti!”
esclamò Billy, mentre “mio padre” gli dava, amichevolmente, una pacca sulla
spalla “Ho portato mia figlia, mi ha chiesto espressamente di voler vedere tuo
figlio!” proferì lui orgoglioso, Billy si sporse un poco e mi fissò serio,
deviai lo sguardo sentendomi stranamente a disagio: lui sapeva! “Ciao Meredith!
È bello averti qui” sorrise, lo feci anche io “Sono felice di essere venuta”
risposi sostenendo il suo sguardo “Jake è dentro casa, va da lui” annuii e
corsi verso la porta. Bussai, ma nessuno venne ad aprirmi. Mi feci forza e
spinsi leggermente la porta, entrando nel piccolo salotto di casa Black; mi
guardai intorno, ma non c’era traccia di Jake. Feci qualche passo in avanti
giungendo ad un’altra porta più piccola, bussai e immediatamente essa venne
aperta da un Jacob con un occhio aperto, l’altro chiuso e una mano tra i
capelli corti scombinati. Sbarrai gli occhi: era un lupo anche lui!
Istintivamente feci un passo indietro, quando lui spalancò le palpebre,
sbattendole più volte, passandosi una mani su di esse, incredulo “Meredith?”
domandò incerto, annuii appena. Il suo viso s’illuminò, stette per avvicinarsi
quando annusò l’aria e storse il naso, guardandomi male, sospirai, scuotendo il
capo “Si, si, lo so. Puzzo di succhiasangue” mi lamentai “Direi più che sembri
quasi una di loro, la tua pelle ha perso il suo buon profumo” disse
afferrandomi una mano e stringendola. Sorridemmo “Non dovresti frequentare
quella gente”, spostai lo sguardo di lato “Sam mi ha raccontato tutto. A quanto
pare ha avuto modo di incontrare il padre dei tuoi amichetti” sobbalzai
girandomi verso di lui “Quando?” “Stamane” affermò “Ah!” mormorai “Loro
vogliono solo aiutarvi a cacciare i tre nomadi. Non sono cattivi, Jake”
confessai tentando di convincerlo, Jacob mi lasciò bruscamente la meno passandomi
accanto furibondo “Come puoi dire che non sono cattivi!!!” urlò stringendo i
pugni “Si nutrono di sangue, anche se animale! Se perdono il controllo di
fronte ad un umano, mi spieghi che succede?” chiese rabbioso aggredendomi con
le parole. Io non mi mossi, non dissi nulla, continuavo a fissarlo “Come fai a
stare con loro?” domandò non appena si calmò “Mi hanno aiutata, accolta. Io
credo in loro, Jake, come credo in te! Ed è per questo che sono qui per
raccontarti tutta la mia storia, ti va di ascoltarmi?”, Jacob mi guardò serio
per qualche minuto. Non fiatò, tanto che temetti volesse cacciarmi, poi però mi
prese per mano e mi trascinò fuori. “Qui nessuno ci disturberà” disse spostandosi
di lato per farmi entrare nel suo garage, “Wow! Quanti attrezzi!” esclamai
meravigliata, Jake ridacchiò “I ferri del mestiere!” disse accomodandosi su una
piccola seggiola e facendomi segno di fare altrettanto con quella posta accanto
a lui. “Bene!” dissi “Bene” mi fece eco lui annuendo. Ci fu qualche secondo di
silenzio “Sei pronto per entrare nel mio mondo?” chiesi, cercando di
sdrammatizzare “Prontissimo! Sono tutto orecchi!” rispose sorridendo “So che ti
sembrerà tutto strano, ma ti assicuro che è tutto vero. Fammi terminare, poi
potrai dire tutto quello che ti pare, ma cerca, ti prego, di non interrompermi.
È difficile per me parlarne…” confessai intimorita, temendo la sua reazione
“Come vuoi”.
Avevo trascorso poco più di mezz’ora a
raccontargli tutto l’accaduto, come promesso era stato in silenzio, anche se
c’erano stati dei momenti in cui aveva provato a dire qualcosa, ma s’era
bonariamente trattenuto. Una volta concluso, attesi che parlasse, ci fissammo
per lungo tempo, lasciando che la sua mente elaborasse il tutto. D’un tratto,
si portò una mano tra i capelli e si grattò la testa “E’ tutto totalmente
assurdo!” sbottò, il mio corpo s’irrigidì “Ma ti credo” disse infine fissandomi
“Di cose strambe ne sto vedendo parecchie, quindi perché non dovrebbe essere
vero ciò che dici!” sorrisi sollevata “Anche a me sembra ancora così folle
tutto questo, eppure sono qui con voi e…Dio! Sono finita a vivere la vita di
Bella Swan!” esclamai alzando le mani verso il cielo e storcendo la bocca, Jake
rise divertito “E così, il triangolo amoroso Edward, Bella e Jake sfocia in un
quartetto” sghignazzò, risi anche io “Eh si, a quanto pare nei libri ti
innamori della figlia di Bella ed Edward. Il famoso imprinting!” sussurrai “E
di questi incubi che mi dici?” chiese impensierito, scrollai le spalle “Non lo
so, Jake! Mi sto scervellando tentando di trovare una soluzione, una
spiegazione quantomeno logica a tutto questo e ti confesso che ho paura” fissai
gli occhi sui miei piedi “Paura di mettere in pericolo voi. Se quell’ombra mi
vuole qui, c’è un motivo e devo assolutamente scoprirlo prima che possa
giungere l’irreparabile” mi alzai, sentivo l’agitazione montarmi dentro, Jacob,
di riflesso, s’alzò e mi raggiunse, mi afferrò per un braccio tirandomi a lui
“Ora calmati! Ti aiuterò anche io, intanto potremmo parlarne con Sam! Vedrai
che possiamo fare qualcosa. A tutto c’è rimedio” annuii anche se poco convinta.
Toc toc
“Avanti!” gridò Jake, la porta del
garage si spalancò rivelando due figure alte e muscolose “Ehi Jake!”
esclamarono entrando fissando poi i loro occhi su di me “Paul, Seth, lei è Meredith!”,
mossero leggermente il capo “L’amica dei vampiri” mormorò Paul tra i denti, io
mi sentii nuovamente fuori posto, d’altronde erano nemici non potevo pretendere
che si capissero e accettassero. “Smettila Paul!” lo ammonì Jacob “Mi stavate
cercando?” domandò cambiando così discorso “Si. Sam vuole vederti!” annunciò
Seth “Perfetto! Volevo giusto scambiare quattro chiacchiere con lui” poi si
voltò verso di me “Avanti vieni con me! Sono certo che Sam potrà dirci qualcosa
di più” gli sorrisi grata e li seguii. Camminammo per un bel po’, arrivando in
una piccola radura nascosta nel bosco, lì Sam attendeva il resto del branco, accanto
a lui vi erano Jared e Quil; quando mi vide affilò lo sguardo e attese che Jake
parlasse “Lei è Meredith, ha una storia interessante da raccontarci e ha
bisogno del nostro aiuto” “Carlisle mi ha accennato qualcosa stamane” proferì
serio “Ma sono curioso di sentir parlare lei. Vi ho riunito qui proprio per
discutere del patto con i Cullen” asserì “Cosa?” esclamò Paul “Cos’hai intenzione
di fare?” domandò Jacob alterato “Loro ci daranno una mano con i vampiri”
“Siamo in grado da soli di farli fuori!!!” esclamò Paul piccato “Non fare
l’idiota!” rispose Sam “Loro terranno d’occhio il territorio circostante la
riserva, è probabile che questi tre cerchino di contattarli, visto che sono
della stessa specie, sperando di trovare aiuto, ma non sarà così” guardò il
resto del branco con uno sguardo talmente austero che nessuno osò ribattere i
suoi ordini “Poi c’è il problema di Meredith, il dottore mi ha parlato di
un’ombra” annuii “Si, affolla i miei sogni. È per volere suo se sono nel vostro
mondo” “Cosa intendi per << nostro mondo >>?” domandò Paul stranito
“Ora vi spiego tutto” dissi “Possiamo recarci in un posto in cui possiamo
parlare con calma?” Sam annuì “Emily sarà felice di conoscere una donna,
finalmente!” accennò un sorriso al quale risposi gentilmente “Vorresti
insinuare che sua cugina Leah non sia appartenente al sesso femminile?”
ridacchiò Paul, Sam sbuffò “Ehi non offendere mia sorella!” borbottò Seth, Paul
alzò le mani fintamente spaventato “Non sia mai!” sghignazzò portandosi una
mano sulla bocca per trattenere una risata “Avanti smettetela!” li ammonì Sam,
il silenzio calò e tutti insieme ci dirigemmo verso la casa dell’alpha.
“Emily!” non potei non notare il tono
dolce con cui Sam aveva chiamato la sua fidanzata, lei era subito accorsa e
prima ancora che potessi vederla, Jacob mi aveva sussurrato all’orecchio di non
fissarle il volto, come se non fossi informata. Per non contraddirlo annuii.
Quando Emily apparve si gettò tra le braccia di Sam, baciandolo con passione,
il brusio di sottofondo fatto di fischi e commentini sarcastici da parte del
branco, non li scalfì minimamente e mi trovai ad immaginare me e Edward. Emily
si scostò da Sam e lo guardò con amore “Ho preparato dei dolci per tutti voi”
disse rivolgendosi a tutti, il suo sguardo curioso si posò su di me, sorrise e
mi venne incontro “Tu devi essere Meredith!” disse “Si, piacere di fare la tua
conoscenza” risposi educata “Il piacere è tutto mio. Un miraggio nella mia
vita, un’altra donna in mezzo a questo branco di scalmanati” trillò allegra,
era impossibile non notare la sua cicatrice, ma cercai di non fissarmi a
guardarla. “Avanti vieni, unisciti a noi. Il dolce è anche per te!”.
Ci accomodammo attorno al tavolo
all’ingresso, trascorsero diversi minuti in cui io mi isolai mentalmente. Li
guardavo giocare e scherzare come normali adolescenti, quasi come fosse tutto
uguale a prima, eppure le loro vite erano state stravolte: la trasformazione,
quindi la scoperta di aver ereditato geneticamente dai propri avi il compito di
combattere contro i vampiri per proteggere la riserva, il loro innamorarsi
legato ad un “imprinting” che sapeva di assurdo e di magico, allo stesso tempo.
Poi c’ero io. Non mi sentivo la nota stonata in quel momento, com’era sempre
successo nella mia vita, però non ero realmente di quel posto, in che modo
avrei raccontato al branco la mia folle avventura? Speravo vivamente che non mi
cacciassero reputandomi pazza. Fu Jake a riportarmi alla realtà “Allora Sam,
possiamo ascoltare Meredith?”, Sam zittì tutti, fissò me e mi invitò a parlare.
Presi un respiro profondo e iniziai a raccontare di me, per la seconda volta in
quella giornata.
Era impossibile non cogliere
l’incredulità sui volti di tutti i presenti, gli unici rimasti impassibili
furono Sam e Emily e ovviamente Jake che sapeva già tutto. Quando smisi di
parlare, il silenzio attorno a me divenne opprimente, avvertivo la tensione
nell’aria e il senso di colpa per tutto il casino che stavo creando, si fece
largamente spazio dentro di me, destabilizzandomi. Sospirai afflitta. Emily si
alzò dalla sedia, facendola strusciare rumorosamente a terra, attirando
l’attenzione di tutti. Mi scrutò intensamente e rabbrividii per quello. Poi
fissò Sam, il quale annuì “Meredith!” mi chiamò la ragazza con voce ferma e
seria, alzai la testa, drizzandomi sulla sedia “Credo di conoscere chi potrebbe
aiutarti” affermò, a quel punto i miei occhi si diressero nella sua direzione e
la scrutarono con curiosità malcelata. Il cuore tamburellò forte, un’emozione
nuova stava nascendo incontrollata. Il solo pensiero che esistesse qualcuno in
grado di aiutarmi a risolvere il problema dell’ombra, mi faceva assaggiare il
sapore della libertà: libertà di vivere tranquillamente la mia storia con
Edward, libertà di poter rivedere mio fratello. Cercai di smorzare
l’entusiasmo, placando la mia agitazione e tornando a concentrarmi sulle parole
di Emily “Come sapete tutti!” esordì l’alpha “Nella zona più recondita della
foresta, vive il vecchio saggio profeta Kabkaiti” tutti i presenti trattennero
il fiato “Si vocifera che abbia più di mille anni. Sa tutto della vita di
questa riserva e oltre, ma soprattutto” e a quel punto Sam guardò me “Conosce
Destino” e rimarcò bene tale nome “Chi è Destino?” chiese Jake, Sam lo fissò
qualche secondo poi riprese il suo discorso “Destino è colui che decide delle
vite di tutti noi. È il Sommo Essere che tieni in piedi il mondo e intreccia i
fili della vita degli essere umani e non” ero stupefatta, stordita, ma anche
spaventata “Lui saprà di certo chi è quest’ombra che ti perseguita e ti aiuterà
a capire cosa fare per affrontarla” “Come si arriva da Lui?” domandai alzandomi
in piedi, decisa più che mai ad affrontarlo “Ti ci accompagno io” disse Emily
“Infondo è mio avo, non mi negherà aiuto” sorrise “Ho bisogno però di parlare
con te da sola” annuii, non capendo il motivo di quella richiesta. La seguii
sul retro della casa, ci accomodammo sugli scalini di legno e aspettai che
parlasse “Quanto sei disposta a rischiare, Meredith?” domandò a bruciapelo,
sobbalzai sgomenta “Intendo per le persone che ami. Voglio che tu sappia che
Kabkaiti non è un tipo che agisce alla leggera, potrebbe rivelarti cose che ti
faranno male. Prima di esporti a questo, ho bisogno di sapere se sei davvero
propensa a soffrire per salvare le persone che ami, tra cui Edward” udire
solamente il suo nome, fece sussultare il mio corpo e il mio cuore “Sono
disposta a tutto, a mettere in gioco anche la mia vita se fosse necessario. Amo
Edward più di qualsiasi altra cosa a questo mondo e non potrei mai e poi mai rischiare
di perderlo!” esclamai alzandomi in piedi e stringendo le mani a pugno. Emily
era rimasta seduta continuando a fissarmi con i suoi profondi occhi scuri “Ho
capito” disse solo, poi si diresse verso l’interno della casa, incredula scossi
la testa e la chiamai, lei si voltò “Domani ti condurrò dal saggio profeta”
asserì, le sorrisi “Grazie! Sono pronta a tutto!” Emily mi diede le spalle “Non
si è mai pronti per il dolore” sussurrò prima di sparire dietro la porta.
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Capitolo 28 *** Andiamo incontro al destino ***
Andiamo incontro al destino
Ehm...
Si, sono proprio io.
A quanto pare il mio cervello si è rimesso in moto, il criceto
s'è messo nuovamente a correre, facendo girare la ruota :D.
Ignorando i miei scleri, sono contenta di essere finalmente riuscita a
scrivere un nuovo capitolo, è stata dura, proprio non voleva
venir fuori
questo 27esima follia! Spero almeno che vi intrighi e vi piaccia, altrimenti davvero non so che fare ç___ç.
Piccola Ketty: sono tornata
alla grande, dici? Mmm...mah non saprei, onestamente, ma ti ringrazio
per la fiducia. E ora eccomi qui con quest'altro capitoletto, aspetto
di sapere che ne pensi. Bacio.
Ginevrapotter: mmm non posso
anticiparti niente, al contempo però ti dico che devi essere
pronta a tutto :). Grazie per la tua recensione.
Vampiretta Cullen: la mia
adoratissima principessa!!! Come sempre riesci a strapparmi un sorriso,
sei unica Malù e sono felice di averti conosciuta! Grazie per la
fiducia, spero di esserne degna. Ti voglio bene.
Dindy80: mi sa che d'ora in
poi, Jacob lo rivedrai più spesso :), contenta? Mmm...nel
prossimo capitolo, si chiariranno molte cose e finalmente scoprirete
chi sta architettando tutto questo. Mi auguro solo di essere in grado
di scrivere quello che ho in testa, ultimamente mi risulta parecchio
difficile. Grazie per tutto e soprattutto grazie per avermi votata al
concorso, non me n'er accorta!!! Grazie di cuore!!!
Saruxxa: eccoti il nuovo capitolo. Spero continui ad entusiasmarti :). Aspetto di sapere che ne pensi. Bacio.
Giulls: non sei più fan
della saga??? Questa me la devi spiegare!!! Comunque grazie, come al
solito mi riempi di complimenti!!! Grazie tesoro.
Prima di lasciarvi al capitolo, voglio chiarire una cosa: Meredith va
da Kabkaiti, questo è il nome del saggio profeta. Quest'ultimo
conosce un certo Destino. Nel prossimo capitolo, capirete meglio di chi
si tratta e che ruolo ha in questa vicenda. Scusatemi, è colpa
mia se avete fatto confusione. Se avete dubbi, esponeteli pure!!!
Sarò lieta di rispondervi.
PS: giuro che è l'ultima cosa, poi me ne vado XD. Vi lascio i
link del mio facebook e di quelli del gruppo dedicato alle mie storie.
Vi aspetto, ditemi chi siete se mi aggiungete: My
facebook - Quelli
che amano le storie di Sognatrice85
Bacio a tutti!!!
Capitolo 27 “Andando incontro al destino”
“Non si è mai pronti per il dolore”
Le parole di Emily continuavano a
tornarmi in mente, scatenando una vera e propria guerra nella mia testa.
Mi ripetevo come un mantra che non
sarebbe stato il mio caso, avrei saputo affrontare qualsiasi ostacolo con forza
e coraggio, ma nel profondo avevo terribilmente paura di ciò che sarebbe
accaduto. In modo particolare, temevo di dovermi allontanare da quel mondo, da
Edward. Scossi il capo cacciando via quei brutti pensieri e cercai di ascoltare
ciò che diceva il branco. Charlie mi aveva telefonato avvertendomi che era
rientrato dalla pesca e che Billy stava preparando il necessario per arrostire
il pesce. Jake disse che sarebbe venuto con me. Prima di tornare a casa Black,
Emily mi venne nuovamente vicino e mi disse:” Domani pomeriggio, subito dopo la
scuola raggiungimi qui. Ti condurrò dal saggio profeta”, annuii con la testa,
non sapendo cosa rispondere.
Cosa dovevo aspettarmi dal futuro?
Con quell’interrogativo, mi allontanai
dal branco insieme a Jacob.
Non appena fummo soli, Jake si affiancò
a me e mi chiese: “Sei contenta che ci sia qualcuno che può aiutarti?” io
annuii semplicemente, mantenendo lo sguardo fisso per terra. Intravidi i piedi
di Jacob spostarsi davanti a me e fermarsi. Rialzai il capo e mi trovai il suo
viso serio che mi scrutava con attenzione “C’è qualcosa che non va?” domandò
preoccupato, corrucciando la fronte, negai muovendo la testa e spostando gli
occhi di lato “Meredith!” mi richiamò prendendomi la mano e accarezzandone il
dorso con il pollice “Cosa ti spaventa?” sussultai: aveva centrato
perfettamente l’obiettivo! “Con me puoi parlare liberamente, lo sai!” incalzò.
Sospirai tornando a guardarlo “Se il saggio profeta mi dicesse che l’unico modo
per risolvere il problema, sia andarmene?” mormorai con voce incrinata. Le
lacrime si affacciarono rapide sotto le mie ciglia e Jake sbarrò gli occhi
sorpreso, un suo dito mi accarezzò lo zigomo destro “Non succederà!” rispose
con convinzione “Come puoi saperlo? Infondo è per la mia presenza qui che è
comparsa quest’ombra. È me che tormenta!” quasi urlai, sporgendomi col corpo in
avanti e avvicinando eccessivamente il mio viso al suo. Gli occhi di Jake
indugiarono sulle mie labbra, ma nel momento in cui mi ritrassi, distolse lo
sguardo imbarazzato “Scusami” borbottai impacciata “Non voglio prendermela con
te! Non centri nulla” sbuffai, passandomi la mano tra i capelli, Jake per tutta
risposta mi tirò a sé e mi abbracciò, senza dire nulla. Sbarrai gli occhi
meravigliata, ma lo lasciai fare, li chiusi cullandomi in quell’abbraccio,
tentando così, di far evaporare ogni negatività. Il corpo di Jake era così
caldo, nettamente diverso da quello di Edward ed erano diverse anche le
sensazioni che provavo: un’affettuosa amicizia per Jacob, un profondo amore per
Edward.
Una linea chiara, netta e precisa.
Al contrario del mio destino che
tutt’era tranne che definito.
Mi scostai da Jacob, allontanandolo
piano con le mani, senza rischiare di offenderlo “Grazie!” sussurrai
sorridendogli, provando a celare quella strana sensazione che si era annidata
in me con prepotenza, lui sembrò non capire e rispose al sorriso “Vuoi che
venga con te domani?” chiese gentile, stringendomi una mano, gli feci segno di
no con la testa “Non ti preoccupare! Devo affrontare da sola tutto questo”
dissi cercando di autoconvincermi “Se avrai bisogno di un amico, sai dove
trovarmi” ammiccò, gli sorrisi grata “Dai sbrighiamoci, altrimenti i nostri
padri ci daranno per dispersi” e presi a correre, seguita subito dal mio amico
licantropo.
“Meredith, come procede la tua vita
nella piccola cittadina di Forks?” chiese Billy, intento a rosolare sul fuoco
il pesce. Intanto io ero seduta su un piccolo asse di legno e osservavo rapita
lo scoppiettare delle fiamme “Bene. Credo di essere nata per stare qui”
sorrisi, Billy mi squadrò “Spero che nessuno ti crei mai dei problemi. In caso
contrario, sai che puoi contare su di noi” sottolineò marcatamente ogni
sillaba, accompagnando le parole con un accentuata mimica facciale, annuii
sapendo a cosa e, soprattutto, a chi si riferisse.
“Grazie per la splendida cena, Billy”
disse mio padre, sfoderando un sorriso a 365 denti “E di cosa, Charlie!” esclamò
Billy, stringendogli la mano “Sai benissimo che puoi venire quando vuoi. Lo
stesso vale per te, Meredith! Mi aspetto di vederti più spesso da queste parti”
rispose guardandomi “Verrò! Domani ho appuntamento con Emily subito dopo la
scuola” confessai, Charlie si girò verso di me, meravigliato “Hai fatto
amicizia vedo” constatò felice “Si” sorrisi “Brava figliola” mormorò
timidamente, scompigliandomi i capelli con una mano.
“Ci vediamo domani” asserì Jacob,
accompagnandoci all’auto di Charlie “Si. Notte Jake” annuii con la testa “Notte
Meredith” rispose, lasciandomi un bacio sulla guancia, indugiando un po’ troppo
per i miei gusti, fui io a scansarmi, sorridendo appena e correndo a rifugiarmi
in auto, vicino ad un Charlie sbigottito che
assunse poi un'espressione strafottente di chi la sapeva lunga.
Roteai gli occhi verso il cielo e mi rilassai, sbuffando, sul sedile. Avevo
solo tanta voglia di andarmene a letto e dormire.
Rientrati in casa, mi diressi subito in
stanza per prepararmi per la notte. Prima di fare una doccia veloce presi il
cellulare dal jeans e mandai un sms ad Edward per comunicargli che ero
rientrata e che stavo bene, ma che l’indomani dovevo parlargli per raccontargli
quello che avevo scoperto. Lasciai il telefonino sul comodino e andai in bagno
a lavarmi.
Messami in pigiama, lasciai i capelli
avvolti nell’asciugamano e mi diressi in camera fischiettando, ma saltai,
andando all’indietro quando intravidi una strana ombra sul mio letto. Mi
affrettai ad accendere la luce e mi calmai solo quando scoprii che era Edward.
Sospirai, mettendomi una mano sul cuore “Che spavento!” esclamai, poi fissai il
mio ragazzo e gli sorrisi felice di vederlo lì. Mi avvicinai e mi sedetti al
suo fianco “Sei venuto non appena hai letto il mio messaggio? Dì la verità: la
tua curiosità era talmente tanta che non hai resistito!” risi, mentre Edward
rimase serio. A quel punto, smisi di ridere e lo guardai confusa “E’ successo
qualcosa?” chiesi improvvisamente preoccupata “Devi dirmelo tu!” rispose
freddo. Mi scostai di poco, cercando di carpire cosa avesse provocato quella
reazione “Sei…arrabbiato?” la mia voce risultò eccessivamente titubante. Non
rispose.
Un silenzio che durò diversi minuti. Più
passava, più mi sentivo esasperata.
“Oh cavolo, Edward!” urlai, alzandomi di
scatto dal letto e portandomi entrambe le mani in testa “Mi dici cosa diavolo
ti prende?” domandai irritata “La bocca l’abbiamo per parlare, lo sai? Quindi
se c’è qualcosa che ti dà fastidio, ti turba o quant’altro, sei pregato di
dirlo! Non sono ancora dotata della facoltà di leggere nel pensiero!” conclusi
la mia arringa, portando le mani sui fianchi, in posizione di attesa. Edward
sembrò riscuotersi e mi guardò. “Ho letto nella mente di Charlie” si fermò e
sospirò “Ho visto…” distolse lo sguardo, fissando un punto imprecisato al di là
del vetro “Il bacio che ti ha dato Jacob” trasalii attonita, poi un pensiero si
formò nella mia testa e iniziai a ridere, Edward inarcò un sopracciglio “Questo
ti fa ridere?” chiese innervosito “Oh no, Edward!” risposi tra una risata ed
un’altra “Mi fa sorridere la tua gelosia!” affermai gonfia d’orgoglio “Era un
semplice bacio sulla guancia. Che sarà mai? Se ti dicessi che mi ha anche
abbracciata, cosa faresti? Andresti lì e gli staccheresti la testa a morsi?”
azzardai, Edward strinse la mascella e ringhiò “Che cosa ha fatto?” domandò,
trattenendo a malapena la rabbia, serrando le mani a pugno e puntellandole sul
materasso del mio letto “Calmati!!!” esclamai, seriamente preoccupata, fissando
per un secondo la porta, temendo che Charlie sentendo trambusto potesse entrare
“E’ un gesto da amico. Ero in crisi e…mi ha voluto risollevare, ecco!” mormorai
titubante, non sapendo quale reazione avrei scatenato in lui. “In crisi?” saltò
dal letto, giungendo davanti a me “Che è successo? Ti hanno fatto qualcosa? Se
è così, giuro che io…” “Fermo, fermo, fermo!” dissi muovendo le mani per
l’agitazione “Non mi hanno fatto niente, anzi mi hanno proposto una soluzione o
meglio, Emily, la fidanzata di Sam, mi ha parlato di una persona che potrebbe
aiutarmi a capire qualcosa in più su quest’ ombra” vidi un lampo attraversargli
gli occhi “Raccontami”, annuii “Se ti calmi, ti spiego ogni cosa” mi accomodai
sul letto, sbattei la mano sul materasso, invitandolo palesemente a
raggiungermi. Mi obbedì. Presi fiato e mi accinsi a raccontargli tutto.
“E così questo saggio profeta conosce
Destino” proferì Edward pensieroso, mentre giocherellava con una mia ciocca di
capelli “Non ricordo di aver mai sentito parlare di questo Kabkaiti” feci
spallucce “Ne parlerò con Carlisle” affermò “Ok. Però stai tranquillo, i
ragazzi sono bravi, Emily è stata gentile ad offrirmi il suo aiuto. Credo
davvero che vogliano fare qualcosa di concreto per me” sorrisi, Edward scese
con la mano lungo il mio braccio destro, fermandosi sulla mia mano, la strinse
nella sua, fissandola accuratamente “Domani ti accompagno io fino al confine e
ti rivengo a prendere!” stetti per obiettare ma non mi lasciò parlare “Non si
discute!” sbottò, guardandomi con aria
severa di chi non voleva essere contraddetto “Affronteremo insieme tutto
questo!” disse serioso, sorrisi annuendo. Lo volevo vicino, ne sentivo un
malsano bisogno. Di slancio lo abbracciai, accoccolandomi tra le sue braccia,
Edward mi accolse volentieri, rafforzando la presa sulla mia vita.
“Edward” mormorai “Dimmi” rispose
baciandomi la fronte, mi beai di quel gesto “Mmm…” mugugnai contenta “Volevi
dirmi questo?” chiese ironico, trattenendo le risa “No…” indugiai, sentivo le
guance accaldate e il cuore che correva come una mandria di bufali impazziti,
Edward mi scostò da lui di poco e mi guardò preoccupato “Ehi che succede?”
domandò, avvolgendo il mio viso tra le sua mani. Chiusi gli occhi e mi
concentrai sulle sue dita che lente, mi accarezzavano le gote, donandomi
refrigerio “La tua gelosia mi lusinga” soffiai “Non credevo potessi reagire in
questo modo” abbassai gli occhi, incapace di reggere il suo sguardo “Nessuno
mai, ha provato nei miei confronti, sentimenti simili” sorrisi, carezzando col
dito, il petto di Edward coperto da un maglione grigio “Quindi volevo
ringraziarti” sussurrai “Solo questo” scrollando le spalle, tornai a fissarlo.
Lui era rimasto nella medesima posizione, guardandomi attentamente “Tu non hai
la più pallida idea di quanto tu possa attrarre gli altri ragazzi!” disse serio
“Eh?” chiesi, basita e sconvolta, aggrottai la fronte e fissai i miei occhi nei
suoi “Combatto ogni santo giorno con i
pensieri, per così dire, << poco carini >> che i ragazzi fanno su
di te, nonostante sappiano che stai con me” sospirò, chinando la testa verso il
materasso, distogliendo così lo sguardo dal mio, ciò, però, non m’impedì di
notare la sua espressione improvvisamente malinconica “Ho vissuto secoli e
secoli da solo, non mi sono preoccupato di cercarmi una compagna, ho sempre
finto che non m’importasse, in realtà ero solo spaventato, perché non vedevo
nessuna adatta a me” alzò la testa e sconfortato, guardò davanti a sé, al di là
della finestra “Non fraintendermi. Non ho mai avuto particolari pretese, non
pretendevo la perfezione, tutt’altro. Ho creduto di essere io quello sbagliato,
però nessuna mi colpiva al punto tale da dire << Ehi è lei! È la donna
della mia esistenza! >>. Fisicamente impossibile provare il batticuore,
però qualcosa in me si sarebbe dovuto scuotere, ma non è mai stato così” voltò
la testa per osservare me, che nel frattempo ero rimasta muta ad ascoltare il
suo discorso “Poi sei arrivata tu. Leggevo nella mente degli altri la curiosità
per la figlia dello sceriffo, non mi sono meravigliato, qui gli umani sono
molto abitudinari, le novità vengono accolte con fervore e curiosità e tu per
loro eri motivo di chiacchiericcio. Ti ho vista nelle loro menti, ma non mi
sono mai soffermato troppo, alla fine eri un’umana e basta” sorrise appena,
acciuffò con delicatezza le dita della mia mano destra e le accarezzò con le
sue fredde, scrutando meticolosamente i movimenti che egli stesso compiva
“Quanto mi sbagliavo!” rilasciò un sospiro pesante. Io ero incantata, non seppi
spiegarmi se per la sua confessione o per il suo disagio “Ricordo molto bene
quando ho incrociato per la prima volta, il tuo sguardo. Eravamo a mensa, tu
eri al tavolo con Jessica e gli altri” annuii rievocando quel momento “Non mi
interessava conoscere i vostri discorsi, ma sono comunque una persona curiosa e
quando Jessica ha fatto riferimento a noi, non sono riuscito a trattenermi e ho
cercato di leggervi nella mente. Quando però tu hai alzato la testa e ti sei
voltata a guardarmi, qualcosa s’è mosso qui” guidò la mia mano verso il suo
petto, all’altezza del cuore “So che il mio cuore è morto, ma per un
impercettibile attimo ho sentito che pulsava” i suoi occhi brillarono e
accentuò l’intensità del suo sguardo, provocandomi un fremito lungo tutta la
spina dorsale “Un’esperienza unica!” la sua espressione sognante, riflesso
della mia, scatenò una tempesta nel mio animo “Non ti nascondo che mi ha fatto
paura perché non capivo cosa mi stesse accadendo. Per questo mi sono avvicinato
a te, dovevo capirci di più, detestavo non riuscire a darmi una spiegazione,
poi sono subentrati i dubbi sulla tua identità, la tua confessione e il mio
allontanamento. Mi sentivo ferito, ingannato, ma ce l’avevo principalmente con
me perché non riuscivo a smettere di amarti” mi baciò le dita della mano,
socchiudendo appena gli occhi, io lasciai scivolare la testa all’indietro,
annegando nei sentimenti che riusciva a scatenare in me “Non voglio perderti,
Meredith!” asserì con una punta di preoccupazione nella voce “Sopportare i
pensieri degli altri ragazzi è già un grande sacrificio, ma lasciare che un cane” disse sprezzante “Possa…toccarti”
irrigidì la sua espressione, placando un ringhio natogli nel petto “No, non
riesco a digerirlo! So che sei umana, so che potresti scocciarti di me, della
vita che conduco e quando ciò avverrà, ti lascerò andare, ma fino ad allora
voglio che tu…” s’avvicinò al mio viso, soffiando sulle mie labbra.
Ghiaccio e fuoco.
“I…io?” sussurrai con voce tremante “Voglio
che tu sia mia, solo mia. Non ti dividerò con nessuno!” alitò, impossessandosi
subito dopo delle mie labbra.
Ero totalmente in suo potere.
I minuti che si susseguirono, furono
scanditi solamente dallo schioccare dei nostri baci, quando abbandonò la sua
presa, mi sentii sola, ansimai scossa dall’improvvisa intraprendenza di Edward.
Girai il viso e lo trovai, seduto sul davanzale della finestra. Guardava fuori.
“E…Edward” soffiai con voce arrochita “Devo andare. Domani pomeriggio prima di
andare dal saggio, verrai con me a casa. Voglio che prima ne parliamo con
Carlisle” annuii inerme “Buona notte” sussurrò suadente “Edward!” lo richiamai
con troppa foga, allungando una mano verso di lui, Edward si girò
“Perché…perché stai andando via?” domandai sgomenta, non comprendendo la sua
reazione. Edward sfuggì i miei occhi e si fissò i piedi “Onestamente…non lo
so…” bisbigliò avvilito “Ti prego…torna qui da me” piagnucolai. Edward issò la
testa, focalizzandosi su di me, abbozzai un sorriso, ma evidentemente non vi
riuscii, perché il volto del mio ragazzo s’incupì. Allungai entrambe le mani
verso di lui per richiamarlo a me. Lui rispose al mio invito e con troppa
lentezza venne verso il letto, una volta toccato con le ginocchia la coperta,
si immobilizzò, pur continuando a guardarmi. “Stenditi accanto a me” gli dissi
“Resta, ho bisogno di te!” nascosi il viso tra le mie ginocchia, sentendo già
la salsedine delle mie lacrime sulle labbra. Mi prese in braccio, scostò le
coperte, sistemandomi nel letto, poi si distese al mio fianco, cingendo il mio
corpo con le sue braccia “Dormi amore mio” bisbigliò al mio orecchio. Accarezzata
dalla sua voce, scivolai nel sonno.
L’indomani mattina, mi alzai con un gran
mal di testa.
Edward aveva già lasciato la stanza e
ciò mi intristì.
Mi apprestai a fare colazione con un
Charlie silenzioso come al solito, però il suo sguardo indagatore non abbandonò
mai i miei occhi “Tutto bene?” chiese, infatti, mentre lavavo le stoviglie “Si,
perché?” risposi “Mmm niente, niente. Allora oggi pomeriggio vai da Jake?”
domandò, m’irrigidii immediatamente a quella domanda “Si” “Se hai bisogno di un
passaggio…” “Non ti preoccupare papà, mi accompagna Edward. Credo che resterò
lì stasera. Esme mi ha invitato per qualche giorno, spero non ti dispiaccia”
non lo lasciai finire “Capisco. Io comunque stasera non ci sarei stato, quindi
sono più tranquillo a saperti in casa con brava gente” e buttò giù, l’ultimo
sorso di caffé. Posò la tazza nel lavandino e poi uscì di casa per andare a
lavoro.
Compiuti i miei doveri di casalinga,
salii le scale, scelsi gli abiti e mi lavai. Fatto questo, afferrai lo zaino, le
chiavi del pick up, ma quando aprii la porta mi trovai davanti Edward. Per lo
spavento, saltai sul posto “Calma, calma!” disse tenendomi per le spalle “Sono
io” sorrise “Edward!” esclamai contenta, saltandogli al collo “Ti do un
passaggio io a scuola. Con una macchina sarà più facile spostarsi oggi” annuii.
Edward mi mostrò la sua mano, la strinsi e insieme raggiungemmo la sua auto.
Trascorsi le ore scolastiche
interrogandomi su ciò che si sarebbe verificato di lì a poco. Probabilmente la
soluzione a tutti i miei problemi era più vicina di quanto pensassi, ma perché
continuavo a sentirmi inquieta? A contribuire probabilmente, erano state le
parole di Emily. Continuavo a pensarci.
Durante il pranzo, Edward spiegò la
situazione ai suoi fratelli, il più scettico apparve Jasper “Un profeta?”
sorrise ironico “I lupi sono convinti che uno stregone possa aiutarci?” domandò
fissando tutti, Alice gli teneva la mano, mantenendo gli occhi su di me. Edward
si accorse che sua sorella aveva la testa tra le nuvole e le chiese: “ Riesci a
vedere qualcosa?” il tono con cui pose quella domanda, era carico di speranze e
attese. Alice negò “Non vedo assolutamente niente” ripose con voce monotona
“Quando ci sono di mezzo i licantropi, il mio potere è nullo” si lamentò,
massaggiandosi le tempie con le dita “Io resto convinto che non servirà a nulla
quest’incontro” ribatté Jasper “Diamogli una chance” intervenne Emmett “Non
possiamo sapere cos’ha da dirci, magari è davvero così bravo come dicono i
cani” asserì “Prima di quest’incontro, ne parlerò con nostro padre. Vorrei ci
foste anche voi” proferì Edward, spostando lo sguardo ad uno ad uno, sui suoi
fratelli “D’accordo!” asserirono tutti.
E il mio mal di testa aumentò.
Edward corse come un folle con la
macchina, sfrecciammo sulle strade di Forks come missili e in un batter
d’occhio, ci ritrovammo a casa Cullen, nel salone per la precisione. “Vi ho
voluti tutti qui, perché come ben sapete, Meredith e tutti noi, siamo
minacciati dall’ingombrante presenza di un’Ombra misteriosa che popola i sogni
della mia ragazza e sembra che i lupi, o meglio, la compagna dell’alpha, Emily
conosca una persona, un saggio profeta che potrebbe aiutarci a capire
esattamente cosa vuole quest’ombra e come agire per fermarla” io ero accanto a
lui, inerme, con lo sguardo perso nel vuoto, di chi già presume, una verità non
facile da accettare. “Sembra che questo
Kabkaiti conosca Destino” Edward si rivolse a suo padre “Carlisle tu ne sai
qualcosa?” il dottore pensieroso, si sfregò il mento, incrociando poi le braccia
al petto “Ho sentito molto parlare di Kabkaiti, è menzionato anche in alcuni
libri che ho consultato anni addietro. Io credo che possiamo fidarci. Sam
l’altro giorno mi ha detto che il patto vale, ma che per un nemico comune
possiamo collaborare sempre, l’importante è mantenere le distanze, non invadere
il loro territorio, altrimenti non esisteranno un attimo a farci fuori” una
risata gutturale si propagò nella stanza, ci girammo tutti verso Emmett,
sganasciato a terra dalle risate “Si può sapere che ti prende?” domandò Edward
stizzito, Emmett sembrò riprendersi, rimettendosi in posizione eretta “I cani
che ci minacciano” asserì “Questa cosa mi fa ridere” e ricominciò a
sghignazzare. Rosalie gli suonò uno scappellotto dietro la testa “Ahi!” esclamò
“Scimmione da quattro soldi! Ma ti sembra il momento questo?” chiese,
guardandolo con furia “Scusa, scusa. Mamma mia e come siete pesanti! State
alzando un polverone per nulla!” esclamò, noi continuavamo a fissarlo basiti
“Spiegati” lo invitò Carlisle “Meredith ora va da questo saggio, ci parla e
vediamo cosa le dice. Inutile fasciarsi la testa prima del tempo e poi ditemi
perché non dovremmo fidarci dei cani? Quest’ombra può essere pericolosa anche
per loro, non scordiamo che se ce l’ha con noi, non può che coinvolgere anche
loro; sono i nostri principali nemici è vero, ma è altrettanto vero che se
l’ombra minaccia la cittadinanza, loro saranno costretti ad intervenire. Se
l’Ombra è entrata nella testa di Meredith attraverso i sogni, magari riesce a
farlo anche con loro. Non possono non averci pensato” affermò con convinzione.
Il suo discorso non faceva una piega, infatti lo stesso Carlisle annuì “Emmett
ha ragione!” poi si rivolse a me e Edward “Accompagnala al confine. Lasciamola
andare da Kabkaiti. Te la senti, Meredith?” annuii “Bene. Direi che ci siamo
detti tutto”, Edward seguì un attimo Carlisle nel suo studio, io restai in
salotto. Esme si avvicinò e mi abbracciò “Stasera resterai con noi, vero?”
chiese amorevolmente “Si. L’avevo già annunciato a Charlie. Non so cosa
scoprirò, ma in ogni caso, non mi va di tornare in quella casa” confessai “Puoi
restare tutto il tempo che vuoi” disse, accarezzandomi una guancia “Grazie
Esme” “Di nulla figliola” mi baciò la fronte e mi lasciò ad Edward, il quale mi
comparve alle spalle, afferrandomi per la vita e stringendomi a lui. “Andiamo?”
annunciò “Si”.
Durante il tragitto, Edward si mise a
discutere della lezione di letteratura incentrata sull’opera “Romeo e
Giulietta” di Shakespeare, compresi che lo stava facendo per stemperare la tensione
ed evitare che pensassi troppo a quell’incontro. Lo apprezzai tantissimo,
perché, seppur per poco, riuscì a farmi distrarre.
“Siamo arrivati” proferì, spegnendo il
motore, guardai dritto davanti a me, a pochi passi c’era Jacob. Aggrottai la
fronte “Come faceva a sapere che…”, ma non terminai la frase che capii “Lo hai
avvisato tu?” domandai guardando Edward “Ma non ne eri geloso, scusa?” chiesi
sconcertata “Lo sono ancora, non credere.
E per tuo avviso, non sono stato io direttamente” “Eh?” la mia
espressione sbigottita, lo colpì, infatti ridacchiò “E’ stato Carlisle. Ha
avvisato Sam che stavi arrivando e voleva che qualcuno venisse a prenderti.
Sono stato d’accordo con lui, perché non potendo essere io ad accompagnarti,
volevo che non procedessi nella foresta da sola” annuii “Ok” asserii
“Allora…vado” dissi deglutendo aria, Edward mi afferrò la mano con veemenza e
mi attirò a sé “Promettimi che starai attenta!” disse “Promesso” “Chiamami
appena hai finito che corro a prenderti” “Ok” soffiai sulla sua bocca,
soffocata dal bacio che mi diede.
Scesi dall’auto ancora intontita e
camminai verso Jake, il quale aveva un’espressione sdegnata dipinta sul viso.
Lo fissai interrogativa, lui mi guardò “Ma non ti fa senso baciare un…vampiro”
disse, sorrisi “No per niente, anzi…” mi morsi il labbro, immaginando Edward
sghignazzare per la mia risposta. Mi voltai un’ultima volta verso la sua auto,
trovando, infatti, il suo sorriso.
Solo quando salii nella macchina di
Jacob, lui andò via.
“Sei pronta?” chiese Jacob, spezzando il
silenzio “Non del tutto” confessai “Dai, stai tranquilla. Sono certo che andrà
tutto per il meglio” annuii, speranzosa che avesse ragione lui.
Arrivati da Sam, Emily mi venne incontro
“Sei venuta” disse “Dubitavi?” non rispose “Seguimi”, fissai Jacob, il quale
m’incitò con un cenno della testa a fare come mi aveva detto la ragazza, annuii
e inseguii Emily che s’era inoltrata nel bosco, andando incontro al mio
destino.
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Capitolo 29 *** Alla ricerca della verità ***
Alla ricerca della verità
Buon giorno a tutti.
So che non ci crederete. In verità non ci credo neanche io, eppure è successo.
Dopo tanti mesi, sono riuscita finalmente a completare questo capitolo.
I successivi sono più o meno, già impostati, devo solo
sistemarli.
Vi devo chiedere perdono. Sono stata davvero pessima, ma credetemi
quando vi dico che non volevo abbandonare questa storia, ma non
riuscivo proprio a scriverla.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno attesa, coloro che hanno commentato lo scorso capitolo e che forse, leggeranno questo.
Grazie per la pazienza.
Tra domenica e lunedì, avrete il prossimo capitolo.
Un bacio.
Capitolo 28 “Alla ricerca della verità”
Attraversammo una buona parte della
foresta.
Emily camminava a passo veloce, starle
dietro era un’impresa, soprattutto se dovevi evitare di inciampare
continuamente in rami e cespugli.
D’un tratto, quando pensai di non
farcela, nell’angolo sulla sinistra spuntò una casetta di legno. Trattenni il
respiro e spalancai gli occhi spaventata.
Potevo udire il rimbombo del mio cuore
nelle orecchie.
Tum, tum, tum, tum, tum.
Impazzito, strimpellava una melodia
nuova.
Deglutii aria.
D’un tratto mi ricordai di non essere
sola. Mi voltai alla mia destra, Emily era al mio fianco e guardava
attentamente in direzione della casa. Percependo il mio sguardo su di lei, si
girò a fissarmi “Kabkaiti è molto rispettato dalla tribù. Ha visto generazioni
e generazioni di lupi. Ha vissuto ogni tipo di esperienza” si fermò e il suo
sguardo si intensificò “Ti darà ascolto. Sembra una persona burbera, ma in
realtà è molto buona ed umana” sorrise, trasmettendomi tanta tranquillità “E ti
darà il suo aiuto, fidati di me!” mi posò una mano sulla spalla. Io annuii e le
sorrisi.
“Andiamo” disse poi, riprendendo a
camminare.
Giunte alla porta, mi bloccai, sentendo
improvvisamente le gambe rigide, i piedi ben piantati a terra.
Emily si voltò a fissarmi “Non ci
riesco…” soffiai “Non voglio…” mi morsi il labbro inferiore impaurita.
Ogni mio timore stava pian piano
affiorando e venendo fuori con una violenza paragonabile a quella di un
uragano.
“Cosa non vuoi?” domandò Emily
avvicinandosi e sfiorando con un dito una ciocca di capelli fuori posto.
Distolsi lo sguardo a disagio. Ammettere
le mie paure era difficile, soprattutto di fronte ad un’estranea.
“Di me puoi fidarti” sussurrò Emily,
come se mi avesse letto dentro. Alzai la testa e fissai i suoi occhi.
Sembravano così sinceri, per questo vuotai il sacco “Avverto una strana
sensazione sotto pelle. È un brutto presentimento e mi accompagna già da un
po’, ma non ho mai avuto il coraggio di parlarne. Non saprei motivarlo, né
spiegarlo. È…strano anche per me provare certe cose.” Emily sorrise appena,
accarezzandomi il viso. I suoi gesti trasudavano d’affetto. Era una ragazza
così materna, eppure fino a quell’istante mi era sembrata fredda e scostante,
tanto che avevo pensato non volesse che io scoprissi la verità, pur avendomi
proposto lei la soluzione.
“Sono i tuoi timori a prevalere, non
farti vincere da loro. Non permettergli di domarti, sgombra la mente. Tutto
quello che oggi scoprirai ti cambierà inevitabilmente, questo è meglio che tu
lo sappia. Stai per essere proiettata in una dimensione futura, verrai a conoscenza
di segreti, misteri e otterrai delle risposte. Possono essere minime, ma
saranno fondamentali per te…” Emily guardò la porta per qualche secondo, poi
ritornò a fissare la mia figura “Kabkaiti ci sta aspettando” mi tese la mano,
la scrutai un attimo, poi senza esitazione la strinsi e mi feci guidare
all’interno di quella baracca.
Attorno a me una miriade interminabile
di libri. Feci un giro su me stessa, perdendomi nella lettura di titoli spesso
incomprensibili.
Quando Emily venne a chiamarmi, ero incantata
a fissare un libro dalla copertina rossa su cui era inciso un nome che
stranamente mi aveva attratto “Jannasute”.
“Era giovane quando è morta” presa di
soprassalto, saltai sul posto, facendo cadere il libro a terra.
Quando mi voltai accanto ad Emily, vi
era un uomo molto anziano, basso, dalla barba folta e lunga e il capo ricoperto
di capelli bianchi.
I suoi occhi erano neri.
Due pozze nere striate di bianco.
Sbarrai le palpebre, sorpresa.
Lui sembrò accorgersi della mia
titubanza e parlò “Jannasute era una donna bellissima. La Principessa ha regnato
secoli e secoli fa, ma è morta quando il suo unico grande amore ha perso la
vita per difenderla. Quando lui è morto, Jannasute ha iniziato a star male. Di
un male che l’ha logorata fino alla morte” proferì con voce austera.
“Che destino crudele” sussurrai colpita
e avvertendo d’un tratto, uno strano dolore al petto. Mi toccai appena e il
malore si dissolse nel nulla.
“Tu devi essere Meredith” continuò, io
annuii “Inutile che mi presenti” aggiunse “Sai benissimo chi sono” disse
passando il suo sguardo sul mio corpo.
“Meredith” fu Emily a parlare questa
volta, fissai lei ammutolita “Io ti lascio con Kabkaiti così potete parlare con
calma” mi venne vicino, mi prese le mani nelle sue e le strinse “Abbi fede”
mormorò, prima di andarsene via.
La seguii con lo sguardo e quando la
porta si chiuse con un tonfo, ebbi la consapevolezza di trovarmi davanti al mio
destino.
“Seguimi” tuonò il profeta. Deglutii,
poi mi mossi per raggiungerlo in una piccola stanza adiacente all’ingresso.
Anche qui le mura erano nascoste da un’ enorme biblioteca.
“Emily mi ha riferito che non sei di
qui” disse, indicandomi la sedia su cui accomodarmi.
“Si, ma per l’esattezza io non sono di
questo mondo” confessai, prendendo posto. Kabkaiti storse il naso “Spiegati
meglio” e con un cenno della mano m’invitò a parlare.
“Ero nella mia stanza e leggevo un
libro” fissai il suo volto. Sembrava così stanco, eppure i suoi occhi
apparivano vispi e vivi.
Si, vivi! Quasi come se potessero
mettersi a parlare di tutto ciò che negli anni avevano visto e vissuto.
“Un libro appartenente ad una saga,
narrante la storia d’amore tra una ragazza umana, Isabella Swan e un vampiro
centenario, Edward Cullen” fu appagante vedere Kabkaiti sorprendersi.
“Cullen? Cosa c'entrano?” domandò, ormai
palesemente incuriosito.
“Il mattino dopo mi sono ritrovata
qui…ho creduto di esser finita nel libro, ma i Cullen sostengono di esistere
sul serio e ora…eccomi qui dinanzi a Lei” scrollai le spalle, abituata a
raccontare sempre la stessa storia.
“Innanzitutto non darmi del Lei, mi
sento già vecchio di mio” incrociò le
braccia al petto, scivolando con la schiena sulla poltrona. “Continua” m’incitò
“Io so che sono qui per mezzo di
un’ombra che infesta i miei sogni. Non so cosa voglia da me e spero che questo
possa dirmelo lei”
“Un’ombra?” Kabkaiti increspò le labbra
in una smorfia buffa e si lisciò il mento barbuto con le dita.
“Si, o meglio: nei miei sogni appare
come tale, è grigia ed enorme” spiegai, socchiudendo gli occhi e rievocando
quell’immagine.
“Ho capito” mormorò pensieroso il
vecchio saggio. Subito dopo si alzò e prese un enorme libro impolverato dalla
biblioteca alle sue spalle e iniziò a sfogliarlo attentamente.
“Ecco!” esclamò d’un tratto.
Lo guardai incuriosita e lui colse il
lampo di interesse nei miei occhi perché mi parlò:” Emily ti ha detto che
conosco Destino?” chiese, portando nuovamente
il suo sguardo sul libro.
“Si.” Risposi annuendo col capo.
“Bene, sai chi è?” domandò fissandomi,
aprendo il palmo della mano e posandola su una pagina ben precisa.
“Beh il destino è…” balbettai, incapace
di rispondere “Credo che…sia quello verso cui tendiamo, ciò che accadrà nella
nostra vita in base alle decisioni che prendiamo e agli eventi che ci
travolgeranno”.
Kabkaiti mi guardò con un sorrisetto
ironico sulle labbra.
“Destino decide il nostro futuro.
Intreccia i fili delle nostre vite a piacimento, non è cattivo, ma spesso gli
eventi sono più forti di lui e non può che piegarsi al loro volere” spiegò
osservando il libro “Purtroppo però, un secolo fa, Destino ha dovuto lottare
col più arduo dei suoi nemici”.
“Chi?” chiesi tremando
“Se stesso!” soffiò, lo sguardo
infiammato. Deglutii saliva, ero nervosa e agitata.
“E poi cos’è…successo?” domandai,
sospettando che la risposta non mi sarebbe piaciuta affatto.
Kabkaiti prese tempo, guardandosi
attorno con circospezione.
“E’ dovuto scendere a compromessi…”
mormorò atono. “In che senso?” aggrottai la fronte confusa. “La sua parte
umana, buona s’è scissa da quella diabolica e cattiva. È da secoli che
aspettiamo che arrivi un essere in grado di compiere il miracolo” il suo
sguardo mi bruciava addosso.
Notando il mio silenzio, Kabkaiti
proseguì “Qualcuno un giorno riuscirà a riunirli, ma fino ad adesso, non è mai
accaduto nulla di tutto ciò” “Siete ancora in attesa, quindi?” domandai,
provando uno strano senso di familiarità.
“Si. L’unico essere che poteva fare
qualcosa era Jannasute, la
Principessa dei cuori” sorrise appena accennando a quello
strano nomignolo.
Lo guardai interrogativa “Principessa
dei cuori?” chiesi stralunata, Kabkaiti annuì.
“E’ stata soprannominata così per la sua
immensa capacità d’amare. Jannasute era predestinata ad un Principe di un paese
molto lontana, ma ha lottato, s’è ribellata perché lei non voleva. Fin da
piccola ha amato un solo uomo. Un bambino di questa tribù. Un uomo lupo.”
Ero incantata. Non riuscivo a
distogliere lo sguardo da quello del saggio, ammaliata, rapita da quel
racconto.
Perchè improvvisamente sentivo che avrei
dovuto interessarmi?
Kabkaiti, ignaro dei miei lungimiranti
pensieri, continuò “Lei e Kaspar erano inseparabili. Fin da piccola, Jannasute
aveva dimostrato il proprio carattere deciso e, ignorando di essere una Principessa,
aveva gironzolato per questo villaggio, immune da preoccupazioni. Tutti
l’amavano, perché portava con sé gioia e amore. Le scorrevano nel sangue e
anche la sua famiglia l’aveva capito, in particolare sua madre. Era lei che la
voleva maritata con un Principe di un casato vicino”
“Cos’è successo poi?” domandai, sentendo
una strana ansia farsi largo in me.
Kabkaiti mi fissò per qualche secondo.
Lisciò con le mani, la sua lunga barba bianca, poi si decise a parlare:
“Jannasute è scappata e si è rifugiata a
casa di Kaspar. Lui la teneva nascosta nella sua stanza. Erano entrambi
diciottenni quando avvenne tutto questo. La madre la fece cercare in lungo e in
largo. Ricordo che vennero anche da me per sapere dove si fosse rifugiata la
giovane Principessa ed io, seppur a malincuore, fui costretto a vuotare il
sacco” il vecchio saggio alzò lo sguardo. Negli occhi notai un’antica nostalgia
e mi si strinse il cuore nel petto.
“Ricordo ancora lo sguardo di Jannasute.
Non mi accusava di nulla. Semplicemente mi sorrise, come solo lei poteva fare e
se ne andò. Mentre Kaspar…” e lì, la sua voce s’incrinò. Gli occhi lucidi non
emettevano lacrime, sembravano piuttosto stanchi, come se si fosse prosciugato.
“Lui mi ha perdonato molti anni dopo.
Avevo tradito la sua fiducia e non posso dargli torto, ma dovevo. L’ho fatto
per lui…” chiuse impercettibilmente gli occhi, per tornare poi a parlare
“Qualche mese più tardi, Jannasute fu costretta a sposare quel Principe. La
madre le vietò ogni contatto con noi, ma la ragazza era determinata. Si
rifiutava di mangiare, di parlare a quel punto suo marito che era un uomo
comprensivo e giusto, la lasciò andare”
“Come?” esclmai, alzandomi dalla sedia,
incredula.
Kabkaiti annuì “Jannasute corse diretta
da Kaspar. Da allora visse qui. Rinunciò al suo titolo in virtù del suo amore e
divenne l’insegnante dei giovani fanciulli del villaggio. Il bisnonno di Jake è
stato tra i suoi allievi”
Sbarrai gli occhi, stralunata.
“Com’è morto Kaspar?” domandai con
malcelata curiosità.
“Doom” un nome che non mi diceva
assolutamente niente. Corrugai la fronte, confusa. Kabkaiti mi guardò e
comprese.
“Significa destino nella lingua antica
di questa tribù. La scissione non era ancora avvenuta, ma c’erano le prime
avvisaglie. Diciamo che il lato maligno di Destino non aveva visto di buon
occhio la ribellione di Jannasute, vivendola come una sfida e…”
“Ha eliminato la persona per cui la
principessa aveva rifiutato il suo destino…” mormorai a mezza voce, spalancando
gli occhi, ricolmi di lacrime.
“Ma perché? Non è giusto…” battei un
pugno sul tavolo, rendendomi conto troppo tardi, della mia sfrontatezza. Chinai
il capo per l’imbarazzo.
Mi ero lasciata andare troppo.
Kabkaiti ignorò il mio gesto e volgendo
lo sguardo fuori la finestra, sospirò.
“In una sola volta, Jannasute ha perso
la voglia di lottare. È stato invano ogni tentativo di invitarla a reagire,
alla fine la morte è prevalsa. Se avesse deciso di continuare a vivere, il suo
grande animo avrebbe potuto combattere Destino.” Ammise, continuando a fissare,
pensieroso, un punto indefinito del paesaggio.
“Come fai a dirlo?” chiesi.
Solo in quel momento lui si girò.
Mi scrutò, assottigliando lo sguardo.
“Il male si sconfigge solo col bene.
Destino aveva compreso le potenzialità di quella ragazza e per renderla immune,
doveva colpirla nel punto suo più debole. Eppure più di una persona, ha detto
di aver visto la sua anima, aggirarsi da queste parti in passato, nelle
vicinanze del luogo in cui Kaspar è morto, poi d’un tratto è sparita e non è
più tornata. Ma ripeto: sono solo voci”
“Lei…tu non puoi sentirla?” quella
storia mi aveva presa fin troppo e non riuscivo a controllarmi.
Avevo persino dimenticato il vero motivo
che mi aveva spinta lì.
“No. Non posso parlare coi morti” soffiò
rauco, mi sembrava di aver sentito sussurrare un << Purtroppo >> ma
con molta probabilità era stato frutto della mia immaginazione.
“Ma ora torniamo a noi” proferì, dopo
qualche secondo di silenzio “Vuoi sapere perché sei qui?” domandò, rivolgendosi
a me.
“Si” decisi di assecondarlo. Ora il mio
obiettivo era un altro.
“Quella che tu vedi nei tuoi sogni è la
manifestazione onirica della parte maligna del Destino. Ti vuole qui per
qualche specifico motivo.”
”Sono qui proprio per capirlo!” affermai decisa, Kabkaiti annuì distrattamente.
“C’è solo una persona che può aiutarci”
disse infine, alzandosi dalla sedia.
“Chi?” la speranza era palese nella mia
voce.
“Destino” rispose con ovvietà.
Il mio sconcerto fu palese.
“Ma…”
“Ti spiego: ti ho detto che c’è stata
una scissione. La parte buona è minima, ma vive ancora, seppur debole, cerca
ancora chi possa custodirla, in attesa della battaglia finale tra bene e male.”
Tremai visibilmente.
“Come posso parlarci?”
“Lo farò io. Seguimi”.
Kabkaiti spostò un libro e la libreria
si mosse, rivelando un passaggio segreto.
Scendemmo una serie di scale a
chiocciola. Il freddo e l’umidità mi entrarono nelle ossa. Battei i denti e
strofinai le mani sulle braccia, provando a produrre calore.
“Eccoci arrivati.” La voce roca di
Kabkaiti mi giunse ovattata, perché l’immagine che avevo davanti agli occhi,
prevaleva su tutto.
Un’ombra bianca, di dimensioni minori
rispetto a quella dei miei sogni, volteggiava nel sotterraneo.
Deglutii aria.
“Meredith, ti presento Destino. Ciò che
resta di lui e della sua bontà”.
L’ombra sentitasi chiamata in causa, si
fermò e sembrò fissarci. Poi velocemente si mosse e me la trovai davanti.
Mi avvolse lentamente e avvertii un
pizzicore alla base del collo e un giramento di testa mi colse impreparata.
“Co…cosa succede?” balbettai con voce
fioca.
Kabkaiti mi fu subito accanto per
sorreggermi e blaterò qualcosa in una lingua a me sconosciuta. Solo così
l’ombra si allontanò, sfumando mano, mano.
Chiusi gli occhi un istante, poi il buio
mi travolse.
Un profumo d’erba mi solleticò il naso.
Aprii un occhio alla volta e mi ritrovai
in un enorme spazio verde che riconobbi come la radura preferita da Edward.
Sorrisi abbagliata dal sole.
Il cuore capitolò quando una strana
figura fece per avvicinarsi.
Indietreggiai appena.
Il sole mi impediva di vedere il volto,
ma potei sentire la voce.
“Dolce Meredith non temere. Non sono qui
per farti del male, bensì per infonderti coraggio” mormorò con un timbro caldo
e profondo.
Annuii inerme, sentendomi nuovamente
debole, ma stranamente serena.
Riaprii gli occhi e mi ritrovai stesa su
un piccolo divano marrone.
Kabkaiti corse subito da me.
“Come ti senti?” domandò aiutandomi a
mettermi seduta.
“Confusa” borbottai, portandomi una mano
alla testa.
“Perdona Destino. Si è spaventato,
generalmente non porto mai nessuno laggiù” sospirò “Dobbiamo parlare” aggiunse
serio.
E lì mi spaventai.
Mi offrì un braccio e mi guidò nel suo
studio.
Mi accomodai sulla sedia, restando
rigida come una tavola di legno.
“C’è un motivo per cui Destino ti ha
aggredito in quel modo” iniziò
“Cioè?” con un cenno della mano, lo
invitai a proseguire.
“Ha letto il tuo futuro, o quello che
dovrebbe essere” chiuse per un attimo gli occhi prima di proseguire.
“Meredith il motivo per cui sei qui è
che l’ombra ha visto in te un potenziale incredibile. In te confluiscono tutti i
sentimenti: odio, amore, delusione, felicità, amarezza. Sei come una spugna, li
incameri, li fai tuoi e li vivi, forse anche incosciamente e lui punta,
soprattutto, al tuo lato maligno, ti vuole dalla sua parte, perché solo così
saresti in grado di risucchiare i poteri
di quei vampiri, lasciandoli privi di ogni forza e quando l’Ombra sarà in grado
di impossessarsi di te, sarà la fine per loro” prese fiato e continuò.
“Ti ho già detto che ha eliminato Kaspar
perché Jannasute aveva cambiato il suo destino. I Cullen stanno cercando da
secoli di mutare il loro, provando ad essere meno pericolosi per gli umani e
convertendosi a bere sangue animale. Lui detesta i buoni, perché lo
indeboliscono. Lui si alimenta della cattiveria umana e i vampiri gli
conferiscono maggiore forza. Ma per colpa dei Cullen, sta perdendo parte dei
suoi privilegi e vuole piegarli. Potrebbe infischiarsene, ma Destino quando ha
puntato qualcuno, non si fermerà fino a quando non lo vedrà sconfitto.
Tu sei arrivata qui perché lui ha vagato
a lungo cercando qualcuno che possedesse un dono raro come il tuo. Oserei dire
che in te è racchiusa parte dell’anima di Jannasute” sussultai a quelle parole.
“Sei una persona buona, di cuore che ama
talmente tanto da essere pronta a sacrificarsi. Ma sei allo stesso tempo, molto
fragile e lui giocherà su questo punto.”
“Come poteva solo pensare che il suo
piano funzionasse. Chi gli dava la certezza che Edward si sarebbe innamorato di
me?” domandai col cuore in gola, la mia bocca s’era aperta senza che me ne
accorgessi.
“Dimentichi che è comunque Destino e sa
molto più dei comuni mortali. Ha scavato dentro di te e ha scoperto quanto ti
sentissi attratta da questo vampiro e questo ha facilitato il suo compito. Ma
c’è un’altra cosa che devi sapere …” si fermò, timoroso, quasi avesse paura nel
proseguire.
Poi dalla sua bocca uscì un nome.
Un solo nome che bastò a fermarmi il
battito cardiaco:
“Isabella…” senza che lo volessi, iniziai a tremare e gli
occhi si dilatarono.
“Isabella arriverà. Un’umana speciale
dallo scudo naturale, porterà in grembo il
figlio di Edward. Il suo sangue canterà per lui e tu non potrai fare
niente per fermare l’inevitabile attrazione che si scatenerà tra loro. E sarà
questo ad alimentare il tuo odio verso quella famiglia. Combatterai a fianco
dell’ombra, distruggendo tutti coloro che si metteranno sul tuo cammino”.
Lasciai scivolare la schiena sulla
sedia, priva di forza.
Non fiatai.
Furono le mie lacrime a parlare per me.
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Capitolo 30 *** Paura, amore e desiderio ***
Paura, amore e desiderio
Buon giorno e buona domenica :).
Ho mantenuto la mia promessa ed eccomi qui a postarvi il nuovo capitolo.
Prima di farlo, ringrazio Dindy e Lady Jadis per le recensioni: mi ha
fatto piacere notare che qualcuno ancora mi segue e tiene a questa
storia.
Ringrazio anche i lettori silenziosi :).
Dovrei postare il capitolo successivo venerdì, se non dovessi,
mi spiace ma dovete aspettare due settimane, perchè non ci
sarò per un pò di giorni.
Il capitolo è già bello e pronto...mi spiace solo che ora con questo vi lasci un pò in sospeso :p.
Buona lettura!
Aspetto di conoscere le vostre opinioni!
Capitolo 29 “Paura, amore e desiderio”
Mi girava la testa.
Dopo quelle terribili rivelazioni uscite
dalla bocca di Kabkaiti, ero rimasta impietrita. L’unico segno di vita
tangibile in me, erano le lacrime che mute, scivolavano lungo il mio visto,
cadendo rovinosamente sulle mie mani.
Il vecchio saggio a sua volta, non aveva
aggiunto altro.
Sentivo i suoi occhi addosso. Forse
attendeva il momento buono per poter parlare, o semplicemente aspettava che
fossi io a farlo.
Ma cosa avrei potuto dire?
Come una valanga il peso del mio ruolo
in quel mondo, mi era caduto addosso. Io sarei stata la causa di ogni problema
per i Cullen.
La punizione peggiore per tutto questo
era la perdita di Edward.
Non lo potevo sopportare.
Perché doveva succedermi tutto quello,
meritavo di soffrire così tanto?
In quel momento, volevo soltanto fuggire
via e non vedere più nessuno. Però mi decisi ad alzare la testa e a fissare
Kabkaiti.
Incosciamente stavo attribuendo a lui
tutte le colpe. La mia rabbia voleva riversarsi su di lui, eppure non riuscivo
a fiatare.
Poi ci fu un gesto che mi aiutò.
Kabkaiti per un solo istante distolse lo
sguardo da me, sospirando. Così compresi quanto fosse dispiaciuto e quanto,
forse, si sentisse in colpa.
“Non ti dispiacere per me” dissi con
voce rauca.
Il saggio tornò a guardarmi.
“E’…destino” pronunciai quella parola
tra i denti “che vada così. Non possiamo farci niente” conclusi con amarezza.
“Ti farai vincere da Destino?” domandò
Kabkaiti, leggermente alterato.
Scossi il capo.
“Certo che no!” esclmai con vigore.
“Non proverò mai odio per i Cullen, anzi
combatterò al loro fianco e insieme sconfiggeremo Destino. Non ho alcuna
intenzione di dargliela vinta!” proferii rabbiosa.
“Bene” Kabkaiti sorrideva mellifluo “Io
ti insegnerò come respingere i suoi attacchi mentali. Ti torturerà, Meredith!
Non mollerà fino a quando non ti piegherà al suo volere, quindi devi essere
pronta a tutto e soprattutto, devi imparare a usare il tuo scudo nel modo
giusto. Potremmo allenarci insieme” propose.
“Si, è un’ottima idea” affermai decisa.
“Ne dovrai parlare anche con i Cullen”
mi suggerì, guardandomi di sbieco.
“Lo so. Lo farò senz’altro”.
Kabkaiti annuì.
Uscita dal rifugio del saggio, non avevo
grande voglia di vedere gente, così mi misi a girovagare per il bosco
sprezzante del pericolo.
Ero nel territorio dei lupi, ma non ci
pensai troppo. In realtà non me ne importò. Se un vampiro nomade in quel
momento, mi avesse fatto fuori, gli sarei stata grata a vita.
Pioveva e ne ero lieta. Le mie lacrime
si confondevano con le gocce di pioggia che scendevano violentemente su di me,
inzuppandomi completamente.
Buttai a terra lo zaino e mi distesi tra
l’erba, chiusi gli occhi e mi lasciai andare al dolore, mettendomi in posizione
fetale come a volermi proteggermi.
Udii la suoneria del mio cellulare
invadere lo spazio circostante e riaprii gli occhi sconvolta.
Mi ero addormentata.
Mi misi a sedere e lentamente, molto
lentamente lo afferrai e leggendo il nome sul display sorrisi, ricominciando a
piangere.
“Pronto?” sussurrai flebile e ancora
mezza assonnata.
“Meredith dove sei?!?” chiese Edward
allarmato, risi istericamente.
“In giro per il bosco, nel territorio
dei lupi, non ti conviene venire!” mormorai con un tono strano, ero fuori di me.
“Ma che diavolo ti prende! Ti sto
aspettando in auto al confine, mi stai facendo morire di preoccupazione!”
esclamò esasperato. “Non puoi morire. Sei un vampiro” gli
ricordai con una punta di ironia nella voce. “Meredith!” tuonò “Cos’è successo?
Se quel saggio da strapazzo ti ha fatto qualcosa, giuro che io…”
“No!” ringhiai “Non ha fatto niente, se
non illuminarmi su quello che accadrà!” urlai alzandomi in piedi.
“Ti prego Meredith calmati! Raggiungimi
ne discuteremo insieme” disse dolce.
Chiusi gli occhi e mi massaggiai le
palpebre.
“Ho bisogno di stare un po’ da sola, se
non ti spiace. Va a casa, torno presto. Prima che faccia buio, promesso”
sussurrai sagace cercando di convincerlo.
“Non dire stupidate!” gridò “Vengo a
prenderti!”.
“No!!!” sbraitai “Ho detto che voglio restare
sola! Non lo capisci proprio! Vattene Edward, vattene!!!”, dall’altro cavo del
telefono, piombò un silenzio doloroso e inquietante.
Ansimavo per la fatica.
Poi un balbettato “Ok” mi fece sbarrare
gli occhi. Edward aveva messo giù il telefono.
Restai col cellulare in mano, in balia
del pianto “Perdonami Edward…” tirai su col naso “Perdonami amore mio…ma…devi
allontanarti da me” soffiai cadendo sulle mie ginocchia.
“Meredith!” mi voltai di scatto e vidi
Jake fissarmi sconvolto.
“Che è successo?” chiese preoccupato
avvicinandosi “Non dirmi che Edward…” non finì la frase che scossi il capo.
“No, lui non centra nulla. Anzi…” una
lacrima rotolò giù impregnandosi nel terreno. “Sono io che lo sto facendo star
male”, Jacob si accomodò al mio fianco, guardandomi e aspettando di sapere.
“Come ben sai, sono stata dal saggio”
iniziai.
Lui annuì “E cosa ti ha detto?” domandò,
chiusi gli occhi ricordandomi esattamente le sue parole: “Meredith il motivo per cui sei qui è che l’ombra ha visto in te un
potenziale incredibile. In te confluiscono tutti i sentimenti: odio, amore,
delusione, felicità, amarezza. Sei come una spugna, li incameri, li fai tuoi e
li vivi, forse anche incosciamente e lui punta, soprattutto, al tuo lato
maligno, ti vuole dalla sua parte, perché solo così saresti in grado di risucchiare i poteri di quei
vampiri, lasciandoli privi di ogni forza e quando l’Ombra sarà in grado di
impossessarsi di te, sarà la fine per loro.
Isabella arriverà. Un’umana
speciale dallo scudo naturale, porterà in grembo il figlio di Edward. Il suo sangue canterà per
lui e tu non potrai fare niente per fermare l’inevitabile attrazione che si
scatenerà tra loro. E sarà questo ad alimentare il tuo odio verso quella
famiglia. Combatterai a fianco dell’ombra, distruggendo tutti coloro che si
metteranno sul tuo cammino”
“Impossibile!” esclamò Jake sconvolto.
“Già…ora so che devo fare: combatterò a
fianco dei Cullen, Kabkaiti mi insegnerà a usare i miei poteri, ma poi…andrò
via. Sparirò” soffiai, conscia di aver preso quella decisione non appena avevo
sentito la profezia.
“Cosa?” domandò il lupo prendendomi una
mano e stringendola. “Sei sicura di stare facendo la scelta giusta?” scossi il
capo in segno di diniego.
“Per niente. Non posso immaginarmi senza
Edward, ma allo stesso tempo non voglio essere un peso per lui e poi sono so
che la sua eternità è con Isabella” mormorai afflitta.
“E ti arrendi così?” mi voltai stupita
verso Jacob. “Non fraintendermi! Non ti spingerei mai tra le braccia di quel
succhiasangue, ma tu con lui sei felice, non ti ho mai visto sorridere come
quando sei accanto a lui” ammise amaro, scrutando l’orizzonte.
“Jake…” sussurrai, allungando una mano
per afferrare la sua.
“Tranquilla, non dirò a nessuno della
nostra discussione. Credo che tu debba spiegare ai Cullen di quest’Ombra che li
minaccia “ annuii.
“Si, devono essere tutti pronti per
questa lotta. Non posso permettere a questo nemico di impossessarsi di me,
della mia mente. Non vorrei mai che succedesse qualcosa ai Cullen” dissi
abbassando la testa e stringendo la mano a pugno, mentre l’altra era ancora
compressa in quella di Jake.
“Io ti aiuterò” soffiò osservandomi.
“Grazie…sei un vero amico” sorrisi, lo
fece anche lui.
“Ti accompagno a casa”.
“No, non preoccuparti. Mi basta che mi
aiuti ad arrivare al confine, da lì conosco la strada” annuì.
Arrivati al limitare, sentii Jake al mio
fianco irrigidirsi e quando alzai la testa ne capii il motivo: la Volvo di Edward era ferma
davanti a noi.
Non mi aveva dato ascolto, come al
solito.
Testardo di un vampiro.
Sospirai, scuotendo il campo. Poi mi
voltai verso il mio amico.
“Grazie” dissi arrossendo sotto il suo
sguardo emozionato “Di tutto” mi prese nuovamente le mani, ma non disse niente,
mi guardò semplicemente.
“Ora devo andare…” sussurrai, lui annuì
“A presto Jake”.
“A presto Meredith!” e corsi verso la
macchina.
Aprii la portiera leggermente spaventata,
cosa mi avrebbe detto?
Mi sedetti non riuscendo a guardare
Edward.
Restammo fermi lì per un po’, nonostante
l’agitazione non mi mossi troppo, stringendo le mani in grembo.
“Ti porto a casa tua!” esclamò lui
d’improvviso, facendomi sobbalzare e per la prima volta, puntai i miei occhi su
di lui: aveva il viso contratto per la rabbia, il dolore.
“Ok…” mormorai “Charlie stasera è fuori”
dissi piano “Tornerà domani mattina. Gli avevo detto che probabilmente mi sarei
fermata a casa tua, ma non è un problema” sorrisi amara.
“Forse è meglio così” soffiai, conscia
che stessi piangendo di nuovo.
“Mi hai detto tu che volevi stare da
sola!” sibilò lui, stringendo le mani sul volante “Si, lo so” risposi
“E invece ti fai vedere con quel…Jake”
sputò amaro.
Sbarrai gli occhi per la sorpresa, ma
durò poco.
“Mi ha trovata nel bosco e gli ho
chiesto di farmi strada fino al confine, niente di che” mormorai dura
“Lui però non lo hai cacciato, non gli
hai detto di andarsene, mentre io…” mi guardò furente “Io dovevo lasciarti in
pace!” urlò dolorante.
Ma che cavolo avevo fatto?
Strinsi una mano a pugno e ne sferrai
uno sul cruscotto sotto lo sguardo scioccato di Edward.
“Meredith, ma…” cercò di dire, trovando
un po’ di calma.
“Scusami. Non faccio che farti del male,
ma…non è facile. Il saggio mi ha detto…” mi fermai. Dirlo era doloroso.
“Cosa?” insisté lui in modo persuasivo.
“L’Ombra punta a voi, usa me per sconfiggere
voi. È i vostri poteri che desidera e io…” mi bloccai per il pianto che mi
impediva di parlare.
“Non importa, Meredith! Ne parliamo
domani, ora hai bisogno di riposare, si sta facendo tardi!”.
Scossi il capo “No, no, devi sapere. Io
ho un potere. Il mio scudo…è in grado di imprigionare i vostri poteri,
privandovene” esclamai, Edward sussultò, spalancando gli occhi sorpreso.
“A quanto pare è per questo che l’Ombra,
o meglio Destino, mi ha scelto. Sono l’unico essere umano di entrambe le
dimensioni parallele a possedere un dono simile. Un dono non coltivato”.
Edward non fiatava facendomi avvertire maggiormente
il peso di quel silenzio.
Io sarei stata responsabile delle loro
vite.
Io. Un’insulsa essere umana.
Strinsi gli occhi “Meredith!” Edward mi
richiamò “Non accadrà niente” disse sicuro. “Noi ti saremo vicini, faremo in
modo di far uscire allo scoperto quest’Omb…Destino” si corresse “e lo
sconfiggeremo, ma non permetterò a nessuno di controllarti. Tu sei…” e si
fermò.
Lo scrutai ammaliata, deglutendo aria “So…Sono?”
chiesi titubante.
“Sei mia!” sibilò tra i denti, poi si
avventò sulle mie labbra, facendo vacillare ogni mia volontà di allontanarlo.
Alla fine ero rimasta a casa sua.
Durante il tragitto verso la villa, gli
avevo raccontato ogni cosa, tranne di Bella.
Era chiaro quanto fosse colpito da tutta
quella vicenda, ma non lo disse.
Giunti a casa sua, riferimmo tutto alla
sua famiglia.
Mi sentii ancora di più un peso, ma loro
erano troppo gentili per farmelo notare.
Tutta la notte non avevo fatto altro che
ripetermi mentalmente che dovevo metterlo in guardia, fargli capire che
qualsiasi cosa fosse successa lui avrebbe dovuto amare Bella.
La mattina seguente, mi svegliai più
stanca di prima e Edward se ne accorse.
“Ti sei agitata per tutto il tempo”
constatò.
“Neanche stringerti tra le mie braccia è
servito per calmarti, una volta ci riuscivo” affermò deluso, gli accarezza il viso.
“Non è colpa tua. Avrò fatto uno dei
miei soliti incubi, forse quello che è successo ieri ha solo contribuito a
farmi agitare di più” feci spallucce, mentendo abilmente. “Ti va di fare colazione?”
chiese dolce, annuii.
Mi prese per mano e mi portò in cucina
in braccio.
Non mi meritavo quel trattamento da
regina, sapendo dentro che lo avrei lasciato. Mi si mozzava il fiato in gola
solo a pensarci, ma infondo io non ero così convinta.
In realtà volevo rimanere con lui.
Sospirai e mi dissi che avrei preso una
decisione definitiva dopo la battaglia, perché solo all’ora avrei avuto la
lucidità di fare la scelta giusta.
Ora dovevo vivermi quello che mi
aspettava e prepararmi alla lotta.
Finita la colazione, mi accinsi a farmi
una doccia, quando uno strano sibilo nelle orecchie mi costrinse a chiudere gli
occhi e a chinarmi su me stessa dolorante.
“Ti prenderò e ti costringerò a ribellarti a te stessa” e
una risata sadica rintronò nel mio cervello.
“No, ti prego. Lasciami…lasciami stare…”
mormorai flebile.
“Sarò io a mandarti Bella lì. Soffrirai al punto tale che sarai costretta
a pregarmi di prendermi con te e aiutarti ad uccidere i Cullen”
rise ancora.
“Quanto mi divertirò a vederti soffrire”.
“Ma come…?” chiesi.
“Come faccio a sapere tutto? Io vivo nella tua mente e il profeta ha
ragione. Hai un potere straordinariamente allettante e potente e sarà mio. Tu
sarai mia. Diverrai la mia alleata…lascia che ti aiuti e potrai vendicarti del
male che Edward ti farà” “Mai!” sibilai furiosa “Bella arriverà
solo dopo che ti avrò sconfitto lurido bastardo! E la decisione spetta a me!”
minacciai furiosa.
“Stupida illusa! Pensi che io stia dicendo una bugia? Ti sbagli e lo
vedrai…” e sparì.
Rimasi di sasso.
Riaprii gli occhi e mi resi conto di
essere seduta nel bagno di Edward.
Mi sollevai a fatica a causa del tremore
alle gambe, ma riuscii ad arrivare alla vasca e a farmi una doccia.
Quando rientrai in camera di Edward lo
trovai seduto sul divano che guardava fuori come incantato.
“Edward ci sei?” chiesi avvicinandomi,
lui non si mosse.
“B…” mormorò tra i denti, debolmente,
non capii.
“Cosa, non ho capito?”
“Bella…” soffiò melodioso.
Crack.
Il cuore si spezzò.
Forse avevo sentito male, mi stavo
facendo condizionare da tutto quello che era successo.
“Ri…ripeti” balbettai tremante, Edward
si voltò verso di me. Gli occhi neri e vacui “Bella, Bella…” annunciò
seriamente rapito da quel nome.
“Stupida illusa! Pensi che io stia dicendo una bugia? Ti sbagli e lo
vedrai…” le parole di Destino riecheggiarono nella mia mente
facendomi indietreggiare.
Diedi
le spalle ad Edward il quale continuava ad avere uno sguardo allucinato e corsi
via, non badando al fatto che improvvisamente la casa fosse vuota.
Mi
immersi nel bosco, tremando e piangendo, giungendo in pochissimo tempo nel territorio dei Quileute.
Cercando di ricordarmi la strada,
riuscii ad arrivare alla casa del saggio profeta. Bussai e lui venne ad
aprirmi.
“Oh…come mai sei nuovamente qui?” chiese
“Destino…” farfugliai frastornata “Mi ha
parlato”.
Kabkaiti spalancò gli occhi “Come…?”.
“Si, non dormivo. Ero sveglia e…”
Non mi lasciò proseguire “Aspetta” disse
avvicinandosi.
Posò una mano sulla mia fronte,
socchiusi le palpebre lasciandomi andare tra le sue braccia.
“E’ più potente di quanto potessi
immaginare” mormorò poco dopo “Tramite te sta iniziando ad insinuarsi nelle
mente dei tuoi amici” tremai
“Destino è pericoloso non solo per i
vampiri, ma per l’intera umanità. Con i loro poteri potrebbe distruggere tutti”
mi fissò con uno sguardo strano.
“Non hai deciso cosa fare dopo” la sua
non era una domanda.
“L’ho letto nel tuo cuore” disse,
intuendo la mia muta domanda.
Io abbassai il capo, stringendomi nelle
spalle.
“Non è un rimprovero. Non è facile
decidere del proprio futuro e hai ancora tempo. Ma devi mettere ribadire ai
Cullen il potere di Destino. Lui ti darà parecchio filo da torcere e oggi te ne
ha dato la dimostrazione” annuii sconfitta.
Dopo quel colloquio, ritornai a casa
Cullen.
Quando entrai temetti di trovare Edward
ancora in quelle condizioni, invece mi venne incontro alzandomi da terra e
stringendomi a lui.
“Che fine hai fatto?” mi sgridò,
continuando ad abbracciarmi.
“Scusa…avevo bisogno di una passeggiata”.
“Non mentirmi” mi accusò, saltellai sul
posto inquieta.
Alla fine gli raccontai tutto: della
profezia di Kabkaiti e di quello che era successo quella mattina.
La notizia di Isabella lo scioccò
parecchio, ma a quanto pare voleva tenermelo nascosto e tutta li discussione si
incentrò sull’episodio di quella mattina.
“Non è possibile” soffiò “Ricordo che
sono venuto a bussare alla porta del bagno, per vedere se stavi bene, ma non
c’eri. È assurdo!”
“Già…” sussurrai avvolgendomi nelle mie
braccia, seduta sul suo letto.
Dopo un imbarazzante silenzio, decisi di
fare qualcosa di cui poi mi sarei pentita. Mi sentivo sconfitta in partenza,
sapevo perfettamente che Edward era destinato ad un’altra.
Eppure non volevo arrendermi.
“Edward” lo chiamai, lui mi guardò
stranito.
“Devo chiederti di farmi una promessa”,
lui annuì appena, non sapendo cosa aspettarsi.
“Qualsiasi cosa dovesse accadermi…”
Edward cambiò espressione.
“Tu non smetterai di credere nell’amore”
sospirai.
“Mi spiego meglio” dissi “Se dovessi sparire
dal tuo mondo, significherà che il mio posto sarà preso dall’unica persona che
ha il diritto di essere qui” proferii seria. Edward spalancò gli occhi, capendo
dove volevo andare a parare.
“Meredith!” provò a parlare, ma lo
fermai.
“No, stammi a sentire!” gridai
“Promettimi che se lei arriverà, tu non frenerai i tuoi sentimenti per la paura
e l’amerai!”, lui sussultò costernato.
“Ti prego” bisbigliai appena “Promettimi
che lo farai!” esclamai.
“Meredith!” mi chiamò lui provando ad
afferrarmi per un braccio.
“Ho detto promettimelo!” gridai tra le
lacrime, allontanandolo da me.
“Edward promettimi che se io dovessi
andarmene tu ti lascerai andare all’amore. Promettilo!” dissi guardandolo,
nonostante i miei occhi fossero appannati. “Lo…prometto” sussurrò, stringendo
le mani a pugno.
In quell’istante il mio cuore perse un
altro battito, spezzandosi di nuovo.
Accennai un sorriso falso e lasciai poi
che le lacrime mi inondassero del tutto…
Era trascorsa un’infinità da quando
Edward aveva lasciato la sua camera, correndo via chissà dove, mentre io avevo
continuato a piangere abbracciata ad Alice, la quale non capiva perché gli
avevo detto quelle cose.
Inizialmente mi aveva lasciato sfogare,
rispettando il mio silenzio, poi aveva cercato di indagare com’era nel suo
carattere.
“Perché se dovessi sparire…” cercavo di
spiegarle.
“Tu non sparirai!” m’interruppe lei,
gridando e facendomi spalancare gli occhi pieni di lacrime.
“Basta pensarlo, ok?” addolcì il tono
“Vi amate e non capisco il perché tu devi sempre essere così pessimista”.
“Già…” mormorai, lasciando che
nuovamente il silenzio si frapponesse tra noi.
Non mi piaceva comportarmi in quel modo,
ce l’avevo a morte con me stessa, perché nessuno dei Cullen meritava un
trattamento del genere.
Alice era stata più di una sorella,
quell’amica del cuore che non avevo mai avuto la fortuna di avere.
Perché doveva accadere proprio a me?
Perché?
Singhiozzai portandomi una mano alla
bocca per impedire ad Alice di capire che stessi nuovamente piangendo, ma fu
del tutto inutile.
Era un vampiro e il super udito era una
delle loro caratteristiche più sviluppate. “Meredith!” mi richiamò poco dopo “Cosa
ti ha detto realmente il saggio?” domandò spiazzandomi, tremai visibilmente.
“E’ da quando hai parlato con lui che
sei diventata nuovamente triste” mi accarezzò i capelli con fare quasi materno.
“Quello che vi ho riferito è tutto vero,
ho omesso un particolare. Bella arriverà” soffiai, l’espressione sul volto di
Alice mutò rapidamente.
“Tuo fratello si innamorerà di lei ed io
finirò nel dimenticatoio. Poi stamane Destino…”
“Si, so di quello che è accaduto. Ho
avuto una visione mentre ero fuori con Jasper”.
“Lui l’ha nominata, capisci? Prima o poi
dovrò farmi da parte” ammisi.
“Non è possibile” sussurrò
impercettibilmente lei “Lui non si innamorerà di lei, l’avrei visto” negai col
capo.
“Non è giunto ancora il tempo e poi so
per certo che sarà così” confessai.
“Come fai a saperlo?”.
“Destino farà di tutto per ottenere i
vostri poteri, io non faccio che peggiorare la situazione. Mi ha minacciato di
far arrivare lui stesso Bella. Non so che fare” vacillai a quel ricordo.
“Resta accanto ad Edward…resta qui con
noi. Insieme affronteremo ogni cosa. Non fare sciocchezze” sorrise appena accarezzandomi
i capelli.
Annuii.
Alice infine, si alzò “Non starci troppo
a pensare e goditi il tuo ragazzo” disse con uno strano tono malizioso nella
voce prima di sparire dietro la porta.
Era oramai buio.
Avevo trascorso l’intera giornata chiusa
nella camera di Edward, non avendo il coraggio di uscire.
L’unica mia certezza era l’amore che provavo
per lui. Era quello che mi faceva desistere dal prendere ogni tipo di
decisione.
E quel sentimento cresceva.
Cresceva a dismisura spiazzandomi!
Il mio corpo pulsava in sua presenza e
pretendeva un contatto maggiore, più profondo.
Lo desideravo.
Ero convinta che saremmo stati perfetti
anche nel fare l’amore.
Arrossii al pensiero di noi due in un
letto.
Il cuore iniziò a battere talmente forte
che udivo il suo tonfo nelle orecchie.
La sola decisione che avessi preso in
quel momento era che ci avrei provato, volevo che mi amasse completamente.
Alzai lo sguardo captando una presenza,
infatti incrociai gli occhi tristi e turbati di Edward.
Lui entrò piano, chiudendo la porta alle
sue spalle e si fermò lì, indugiando sul da farsi.
Abbassò lo sguardo, puntandolo sul
pavimento.
Sembrava impacciato.
Sorrisi appena.
Non capitava spesso di vederlo così a
disagio, così umano.
Mi alzai da terra, sentendo i muscoli
delle mie gambe indolenziti.
Lentamente mi mossi per raggiungerlo.
Lui sussultò avvertendo la mia presenza.
Ero decisa.
Perderlo sarebbe stato atroce, ma volevo
essere sua.
Volevo fargli capire che lo amavo
donandogli me stessa.
Alice lo aveva capito, ora comprendevo
la sua espressione di poco prima.
La mia mano si posò sulla guancia di
Edward e lo accarezzò teneramente,.
Il vampiro chiuse gli occhi muovendosi
piano e strofinando il viso sulla mia mano.
“Edward” soffiai rapita
Lui mi fissò famelico.
Mi avvicinai di più e gli cinsi le
braccia al collo, di conseguenza Edward mi attirò a sé con forza, sospirando
sulla mia pelle già accaldata.
“Io…” iniziai balbettando, non sapendo
come dirglielo.
Edward non fiatò, continuava a guardarmi
in un modo talmente eccitante e sexy non aiutandomi assolutamente.
Il sangue mi ribolliva nelle vene, il
basso ventre mi bruciava chiedendo con un urgenza un contatto fisico che probabilmente
non ci sarebbe stato.
Quella consapevolezza mi ferì e ingoiai
un fiotto di saliva.
“Non ci riesco” sussurrai allontanandomi
da lui e dirigendomi verso l’enorme vetrata della sua stanza.
Sospirai frustrata e mi strinsi nelle
spalle avvertendo freddo e uno strano senso di nausea.
“Non allontanarmi. Non ero in me
stamane, io non penso assolutamente a questa Isabella. Tu sei l’unica che amo!”
disse.
Sussultai.
Lui credeva che non riuscissi a stargli
vicino per via di Bella?
Quanto si sbagliava.
Non immaginava quanto invece agognavo di
sentirlo sulla mia pelle, dentro di me…
Scossi il capo.
“No, Edward. Non è per questo che…” mi
stoppai “Non è per quello che è successo stamane” dissi.
“Perché allora spiegami!” m’intimò
posizionandosi alle mie spalle, le sue labbra così vicine al mio corpo.
Chiusi gli occhi fremendo di desiderio.
Non riuscivo a controllarmi.
“Vorrei farti una richiesta” mormorai.
“Non farmi promettere cose che so non
riuscirei a mantenere. Stamattina non so neanche perché ho acconsentito”
esclamò piccato.
“No…niente promesse” soffiai col fiato
corto.
“Guardami Meredith!” e mi fece voltare.
Sostenni il suo sguardo.
“Quello che ti chiederò so che lo
riterrai pericoloso, ma…” mi morsi il labbro inferiore, tremante.
“Non temere” bisbigliò stringendomi in
vita.
“Edward…” fissai le sue labbra invitanti
e mi lasciai andare chiudendo gli occhi “Voglio fare l’amore con te!”
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Capitolo 31 *** Un errore? ***
Un errore?
Buon giorno!
Mi scuso per il ritardo, ma sono rientrata solo ieri da Londra!
Si, sono stata una settimana in questa città magica e me ne sono innamorata ancora di più!
Tornando alla storia, ho avuto un bel pò di problemi a scrivere
questo capitolo, non sono abituata a descrivere certe scene o
sensazioni di questo tipo, ma ci ho messo tutto il mio impegno e spero
che sia accettabile :).
Aspetto il vostro giudizio!
Un bacio e buon fine settimana a tutti!
Capitolo 30 “Un errore?”
Edward non aveva fiatato, non si era
allontanato.
Non aveva fatto nulla di quello che
avevo pensato.
Aprii gli occhi uno alla volta, timorosa.
Edward mi guardava stranito.
“Non possiamo” decretò infine,
infrangendo il mio desiderio.
“Edward lo so che è pericoloso, ma…ti
desiderio, ti sento in ogni singola cellula del mio corpo” soffiai, era buio ma
potevo vedere perfettamente i lineamenti del suo viso contrarsi ad ogni mia
singola parola.
“Non dire stupidate!” sibilò duro “Non
metterò a rischio la tua vita…”.
“La mia vita?” gridai ridendo
istericamente.
“Certo come no la mia vita, la mia incolumità!”
digrignai tra i denti.
“Non capisci vero?” il mio corpo si
protese in modo naturale verso di lui.
“Non capisci quanto io abbia bisogno di
te?” chiesi evitando di piangere, sarei sembrata solo una patetica stupida.
“Mi hanno detto che probabilmente ti
perderò per un’altra che tu stamane hai nominato. Ok eri sotto il controllo
dell’Ombra, ma…cavolo! Io rischio di perderti, rischio di perdere il mio ragazzo
e tu pensi alla mia vita! Possibile che non ti freghi nulla di tutto quello che
ho detto!!!” gridai con tutta la voce in corpo.
“Ma…come accidenti fai?” qui la mia voce
scemò, incrinandosi.
“Lasciamo stare, Edward” aggiunsi con
rassegnazione.
“Fa conto che non ti abbia detto niente”
lo scostai e lasciai la sua stanza in preda alla frustrazione.
D’un tratto mi sentii tirare per un braccio
e portare nuovamente all’interno della camera.
Sbattei violentemente contro lo stipite
della porta, ma ignorai il dolore, ero troppo concentrata a guardare il volto
del mio ragazzo scrutarmi in un modo così…così seducente che sentii uno strano
calore in mezzo alle gambe e arrossii.
Lui sghignazzò “Sarò anche un vampiro,
ma tu hai risvegliato il ragazzo che c’è in me. Pensi che non avverta il
sentore del tuo desiderio?” chiuse gli occhi e inspirò.
Il suo sorriso si allargò, divenendo
terribilmente minaccioso.
“Hai un profumo delizioso” mormorò roco.
Io rabbrividii indecentemente.
“Non sei l’unica a desiderare qualcosa di
più” con le dita disegnò ghirigori sul mio braccio.
“Solo che…” sospirò pesantemente tra i
miei capelli, mentre io rimanevo rigida. “Ho paura. Temo di rovinare tutto non
sapendo dosare la mia forza…non sapendo come…comportarmi con te” confessò così
umano.
Così mio.
“Lasciati andare…” mormorai a bassa
voce.
Volevo essere sensuale, ma mi riusciva
difficile.
Edward sorrise sincero.
“Non è così semplice”.
“Ho tanta paura anche io, ma non di
sentire dolore. Non m’importa” sorrisi, posando il capo sulla spalla di Edward.
“E’ che…se non fossi all’altezza, io…” arrossii
al solo pensiero.
“Non avrei più il coraggio di farmi
vedere” con le dita strinsi la sua maglia, allontanando il mio viso da lui,
fissando il pavimento.
“Sciocchina” rispose Edward giocoso
prendendo il mio mento tra le sue dita e alzandolo verso il suo volto.
“Non m’importerebbe nulla…Ti amo
Meredith” mi baciò la fronte.
“Non posso pensare alla mia vita senza
di te” scese a baciarmi il naso, poi gli zigomi, infine si fermò a qualche
millimetro dalle mie labbra e mi scrutò curioso.
“Voglio fare l’amore con te” soffiò
basso.
Maledetta la sua capacità persuasiva.
Solo col suo timbro di voce mi fece
vibrare e quando le sue labbra si chiusero sulle mie, gemetti
incontrollatamente.
Le mie mani si persero nei suoi capelli,
ne sentivo la consistenza sotto le dita.
Erano morbidi, caldi, maledettamente
profumati e sexy.
Si, anche i capelli lo erano!
Edward era totalmente sensuale. Qualsiasi
cosa facesse.
Le nostre labbra si persero in una danza
che non conosceva tempo.
Edward mi prese in braccio ed io mi
aggrappai con le gambe al suo bacino, entrambi sospirammo beati quando le
nostre intimità si sfiorarono, seppur ancora coperte dai nostri abiti.
Egli indietreggiò e posò il mio corpo
sul letto.
Le sue mani si fermarono ai lati del mio
corpo, sosteneva il suo per non gravarmi addosso.
Ci fissammo per qualche istante, entrambi
ansanti, gli occhi lucidi per l’eccitazione e le bocche rosse e umide del
nostro amore.
“Te la senti?” sussurrò con una voce
irriconoscibile.
Sbattei le palpebre e annuii incredula.
Stava davvero per succedere?
“Non so se dopo riuscirò a controllarmi”
sospirò.
Stava ancora cercando di farmi cambiare
idea?
Scossi la testa e mi alzai di poco
mettendomi all’altezza del suo viso.
“Che fai ti tiri indietro?” mormorai
maliziosa e provocante.
Ero fuori di me.
Il desiderio parlava per me.
Infatti Edward sbarrò gli occhi,
sorpreso, ma si riprese subito, tanto che mi attirò al suo corpo.
Mi strusciai come una gatta in calore su
di lui.
Mi sentivo impacciata e fuori luogo. Non
sapevo neanche se stavo facendo bene, ma quando alle mie orecchie giunse un
gemito fuoriuscito dalle sue labbra, compresi che stavo ottenendo l’effetto
voluto.
Gli baciai il lobo dell’orecchio,
scendendo sul suo collo freddo.
Poco dopo le nostre labbra si
ritrovarono avide.
Rumorose si cercavano, si volevano, si
divoravano.
Poggiai la testa sui cuscini e le mie
mani finirono sotto la maglia di Edward, tastando i suoi addominali. Lo
accarezzai lentamente, mentre lui continuava a baciarmi, rilasciando dei
sospiri eccitati.
“Meredith” bisbigliò lussurioso sulle
mie labbra.
Una sua mano mi accarezzò l’interno
della coscia salendo sempre più su, sfiorò il mio inguine e al suo tocco il mio
corpo sussultò.
Il calore al centro delle gambe aumentò
vertiginosamente, facendomi girare la testa, mentre i muscoli si tesero.
Con tocchi appena accennati e sensuali
raggiunse il mio seno e iniziò a toccarlo da sopra la maglia. Fu immediata la
reazione del mio corpo che s’inarcò verso di lui.
Edward ghignò soddisfatto, a quel punto
con un movimento secco gli alzai la
T- shirt e lo costrinsi a sfilarsela. Lui rimase interdetto
per un attimo.
La soddisfazione dipinta sul mio viso.
Questa volta fui io a ridacchiare,
portandomi una mano alla bocca per trattenermi. La sua espressione era così
buffa e…tenera.
Mi pentii di quel gesto, perché subito
dopo Edward cambiò faccia. Divenne talmente serio da spaventarmi.
“Non si gioca così con un povero vampiro
eccitato” soffiò con quella voce maledettamente erotico, da farmi stare male.
Si gettò con la bocca sul mio collo e
scese sempre più giù fino a giungere ai miei seni.
Inspirò leccandosi le labbra, poi alzò
la mia maglia, lasciando scoperto il reggiseno. Leccò l’incavo tra i miei seni,
spostò la coppa del seno sinistro e lo baciò piano, giocando col mio capezzolo
turgido.
Sussultai.
Accertatosi della mia reazione, iniziò a
succhiarlo avido.
I misi sospiri aumentarono a dismisura,
divenendo presto gemiti incontrollati.
Forse avrei dovuto provare vergogna, ma
non fu così.
Perché era maledettamente bello sentirsi
così persi in quella erotica beatitudine. Edward mi sfilò maglia e reggiseno, continuando
la sua tortura.
La bocca poi venne sostituita dalle sua
mani che toccavano, accarezzavano, stringevano, massaggiavano…
Io mi aggrappai ai suoi capelli,
spingendolo sempre più verso di me e spronandolo a continuare.
“Ed…Edward” gridai inarcando la schiena,
lui alzò lo sguardo e mi fissò.
Gli occhi erano diventati neri, intrisi di
un desiderio profondo e represso. Stava fuoriuscendo tutto con una tale forza
da farmi avvertire quando fossi in suo potere, poteva tutto di me ed io non
volevo che sentirlo fremere sotto il mio tocco.
Quanto lo avevo desiderato?
Edward smise di guardarmi e tornò a
torturarmi i seni, scendendo lentamente con la bocca fino al bordo dei miei
pantaloni della tuta.
Con movimenti stranamente misurati,
iniziò a sfilarmeli, accompagnando il movimento con continui baci.
Stava diventando una tortura.
Una piacevole tortura.
Eliminato anche quell’ostacolo, ringhiò
facendomi quasi paura.
Era fermo in ginocchio davanti a me e mi
guardava bramoso, quasi mi volesse mangiare.
Il mio cuore iniziò a battere
all’impazzata.
“Edward” lo richiamai ansante, niente
non mi diede ascolto.
Continuava a scrutarmi, poi accade tutto
in un attimo: il suo jeans finì per terra raggiungendo gli altri vestiti e mi
strappò gli slip con i denti.
Un gesto netto e preciso.
Ringhiò ancora una volta, mettendosi su
quattro zampe, in posizione d’attacco. Leggermente spaventata, mi alzai sui
cuscini, aiutandomi con gomiti e mi fermai ad osservarlo.
Ero completamente impreparata. Eppure
non sentivo alcun terrore, non riuscivo a leggere cattiveria nel suo sguardo,
solo tanto amore e…venerazione?
Che avessi le traveggole?
“Edward” lo richiamai stupita, lui fece
un cenno con la testa e si avvicinò pericolosamente alle mie labbra.
“Sto perdendo il controllo…sto…” inspirò
sul mio collo.
“Sei splendida…ed io ti desidero da
impazzire” soffiò e il suo respiro bruciò sulla mia pelle. In basso, laggiù,
qualcosa pulsava maledettamente, provocandomi degli sbalzi di temperatura
impressionanti.
Ansimai, anzi gemetti senza ritegno
quando Edward chiuse nuovamente un mio seno nella sua mano e iniziò a
massaggiarlo con sempre più foga.
“E…Edward” gridavo il suo nome, una
cantilena continua che mi stava facendo perdere il senso di me stessa.
Non avevo mai provato delle sensazioni
simili.
Seppur con gli occhi appannati per via
del troppo desiderio, tentai di squadrarlo: era poco affermare che il suo
fisico fosse perfetto, non avrei dovuto minimamente meravigliarmi di quella
constatazione, eppure quello scoperta mi costò un gemito frustrato.
Il mio sguardo scese via, via sempre più
giù e alla vista della sua bene evidente erezione, deglutii rumorosamente,
stringendo il lenzuolo tra le dita.
Dio solo sapeva quanto mi sentivo
stordita in quel momento, priva di qualsiasi capacità logica di ragionamento.
Una mia mano scese incantata lungo il
suo petto, fermandosi a disegnare ghirigori sull’ombelico.
Edward trattenne il fiato quando lo
sfiorai lì, dove non batteva il sole.
Subito dopo chiuse gli occhi e ringhiò,
quello bastò ad incoraggiarmi nel continuare: lo accarezzai piano, spesso
sfiorandolo appena coi polpastrelli delle dita, poi d’un tratto, lo presi con
decisione e iniziai a massaggiarlo con vigore.
Il ringhio soddisfatti di Edward fece
tremare tutto il letto e anche me.
Niente paura, solo eccitazione.
Incredibile che fossi io a provocare in
lui certe reazioni, mi sentivo lusingata, orgogliosa…felice.
Mi staccai un attimo, ansante, sopraffatta
da una miriade di sensazioni diverse. Mi sentivo incapace di gestirle tutte
insieme.
Ma la più insistente e fastidiosa era
quella proveniente del mio basso ventre: martellava, pulsava chiedendo di essere
soddisfatta.
Sfinita mi lasciai andare sul cuscino,
guardando Edward e sperando accogliesse la mia muta richiesta.
Lo vidi inspirare l’aria, doveva aver
percepito l’odore dei miei umori e me ne vergognai come una ladra.
Arrossii all’istante, sentendo il cuore
pompare troppo sangue ad una velocità quasi vampiresca. Ovviamente Edward se ne
accorse e si accostò al mio viso, ghignando.
“Mi stai facendo impazzire…” e mentre
diceva ciò, un suo dito si divertiva a sfiorarmi lì dov’ero più sensibile.
“Oddio!” gridai, sbarrando gli occhi quando,
quello stesso dito birichino, entrò dentro di me, iniziando a muoversi piano.
Io e Edward ci guardavamo. Nessuno
voleva perdersi il piace dell’altro, non riuscivamo a staccare gli occhi gli
uni dagli altri, era un richiamo talmente forte da spezzarmi il fiato.
Il ritmo del suo dito aumentò e con esso
i miei gemiti, divenuti intrattenibili.
D’improvviso avvertii un calore
eccessivo e gli occhi appannarsi maggiormente.
I muscoli si tesero.
Era in arrivo il mio primo orgasmo.
Rilasciai il corpo sul letto, respirando
affannosamente. Il mio petto s’alzava e s’abbassava convulsamente.
Ero stupefatta. Non avevo parole per
esprimere quello che avevo provato.
Cosa sarebbe successo una volta entrato
completamente nel mio corpo?
Non ebbi modo di pensarci.
Osservai Edward allontanarsi appena da
me, pur continuando a fissarmi.
“Io…” mi sentivo in dovere di dire
qualcosa “E’ bellissimo…io…” sospirai e quel punto lui si avvicinò di nuovo
mettendomi un dito sulle labbra.
“Shh…non dire niente” la sua voce era
sempre più roca e più eccitante.
“Tu sei mia…solo mia” alitò sul mio
viso, mentre con le mani mi apriva le cosce.
Deglutii, comprendendo che era giunto il
momento fatale.
Edward si sistemò meglio tra le mie
gambe, io chiusi gli occhi e strinsi il lenzuolo tra le dita.
Con una spinta decisa, Edward entrò
dentro di me.
“Ah!” urlai per il dolore, lui si fermò
apparentemente tranquillo, ma i suoi occhi, la sua bocca trasudavano desiderio
e preoccupazione.
“Continua…” balbettai “Ti…ti prego”
inspirai e lui fece come gli avevo detto.
Si mosse dapprima lentamente, lasciando
che mi abituassi alla sua presenza, poi con sempre maggiore foga, stringendomi
a lui con ardore.
Ben presto il dolore lasciò spazio al
piacere.
Mi sentivo stranamente felice e
completa.
Anche in quel momento, i nostri occhi
erano incatenati, ammaliati, innamorati. Edward era di una bellezza
sconcertante mentre faceva l’amore: i capelli arruffati, il viso contratto dal
piacere, le labbra gonfie dei nostri baci e gli occhi dilatati e lucidi per il
godimento.
“Mery” soffiò, stringendo tra le mani i
cuscini del suo letto.
Non mi aveva mai chiamata così, solo mia
madre lo faceva e odiavo tutti coloro che mi davano quel diminutivo, però in
quel momento, mi sembrò la cosa più bella e giusta del mondo.
Fu così che entrambi raggiungemmo
l’apice.
Quando caddi sul letto in un tonfo
sordo, mi sentii la donna più completa e appagata del mondo.
Edward uscì da me, lasciandomi uno
strana sensazione di freddo e di vuoto.
Nonostante questo ero felice.
Stramaledettamente felice.
Ero sua. Solo sua.
Una lacrima di gioia mi solcò il viso,
scivolando velocemente giù.
Edward la raccolse con la lingua.
Osservai quel gesto, deglutendo.
Lui sorrise compiaciuto e si distese
accanto a me.
Il silenzio che ne seguì mi turbò un po’.
Chiusi gli occhi e inspirai: la stanza era piena dei nostri odori, mi sembrava
di poterli distinguere nettamente, ma avvertivo anche un odore sgradevole,
ferroso…
Timorosa spalancai gli occhi e mi
sedetti in mezzo al letto.
“Edward” lo chiamai, ma non ottenni
risposta.
“Edward!” si mosse “Non respirare” gli
dissi “C’è…sangue…”
“Lo so…” soffiò sul mio collo. Quand’è
che s’era avvicinato? Non l’avevo sentito. “Il tuo…” continuò. Col naso disegnò
ghirigori sul collo e poi mi morse appena sulla spalla.
Inizialmente sorpresa, non aprii bocca,
quando poi il dolore divenne insostenibile gridai.
“Edward!” urlai spaventata.
Perché…?
La porta della stanza si spalancò
rivelando la figura magrolina di Alice che corse come un razzo verso suo fratello, staccandolo
da me.
“Basta fratellino calmati!” gli intimò
in modo autoritario, ma non molto duro.
Edward si riscosse, come se si fosse
appena svegliato.
“Va fuori!” Alice gli si piazzò davanti,
il fratello era rimasto impalato a guardarmi, gli occhi sbarrati e spaventati,
la bocca sporca di sangue.
Il mio.
“Ho detto vattene!” ringhiò Alice notando
la sua immobilità.
Edward non disse niente e sparì dietro
la porta, richiusa in fretta da sua sorella.
Subito dopo il folletto si rivolse a me:
“C’è troppo odore di sangue, Meredith”
trattenne il fiato.
“Vai a farti una doccia” mi lanciò un
accappatoio pulito, lo indossai senza fare storie “Io intanto porto via le
lenzuola” continuò, mentre io ancora interdetta e sconvolta, mi diressi verso
il bagno.
Mi immersi sotto il getto dell’acqua
calda e il morso mi bruciò.
Gemetti di dolore, ma ciò che mi faceva
più male era sapere di aver messo Edward in difficoltà con la mia stupida
richiesta.
Come avevo potuto essere così sciocca?
Lamentarmi e piangere erano diventati il
mio sport preferito.
Così tra un singhiozzo e l’altro, mi
passavo la spugna su tutto il corpo, avvertendo ancora la presenza di Edward
addosso.
Avrei dovuto provare felicità per quello
che era avvenuto e invece tutto era andato allo catafascio.
Alla fine mi accasciai a terra,
chiudendomi a riccio e lasciando scivolare giù tutto il malessere che sentivo.
Una volta uscita dalla doccia, mi
avvolsi nell’asciugamano rosa e mi frizionai i capelli, soffermandomi davanti
allo specchio.
Sbarrai le palpebre sorpresa.
Mi vedevo così diversa: i miei occhi
sembravano brillare, nonostante fossero leggermente arrossati, le mie labbra
erano più colorite del solito e gonfie e le gote erano tinte di un tenue color
rosa.
Aprendo l’asciugamano per rivestirmi,
notai il morso sulla spalla.
Lo toccai e rabbrividii.
Se la volevamo leggere da un’altra
prospettiva, Edward mi aveva in un certo senso, marchiata.
Ero totalmente sua e quel segno ne era
la dimostrazione.
Vibrai a quella consapevolezza.
Uscii dal bagno qualche istante dopo e
indugiai un pò davanti alla porta della stanza di Edward.
Presa dall’ansia non sapevo che fare.
“Meredith” mi voltai, Alice era alle mie
spalle e mi sorrideva.
“Come ti senti?” chiese gentile, avvicinandosi.
“Sto bene…” mormorai.
La mia voce era un sussurro, fino ad
allora non aveva spiccicato parola.
“Non aver paura” disse posando una mano
sul mio braccio, l’istante dopo fissò la porta alle mie spalle.
“Si sente in colpa, vero?” domandai, nel
cuore il timore di conoscere la verità.
“Lo sai com’è fatto” rispose lei facendo
spallucce, io sospirai triste.
Dovevo immaginarlo.
Non volevo andasse a finire in quel modo.
“Credi che io possa entrare e…parlargli”
annuì.
“Meredith!” mi richiamò ancora il
folletto “Sei felice?” chiese sorridendo maliziosa.
“Si…” sorrisi beandomi di quella verità.
“Bene e allora sii forte, qualsiasi cosa
ti dica” non mi diede il tempo di ribattere che era già sparita giù per le
scale.
Scossi il capo.
A quel punto, mi voltai verso la porta.
Inspirai e abbassai piano la maniglia
per entrare, cercando di fare, scioccamente, meno rumore possibile.
Come se poi lui non potesse sentirmi!
La luce della luna piena filtrava nella
sua stanza attraverso la vetrata, Edward era in piedi con lo sguardo puntato
fuori e il volto illuminato da quella tiepida luce.
“Edward” sussurrai a bassissima voce,
lui si voltò, negli occhi un’ espressione colpevole e delusa.
E mi sentii in colpa.
Mosse qualche passo, ma non si avvicinò.
Ora la luna era alle sue spalle.
“Come stai?” domandò con apprensione.
“Io sto bene, ma…tu?” chiesi con una
certa urgenza, incrociando le mani.
Non rispose subito.
“Mi spiace” disse qualche secondo dopo.
“E di cosa?” domandai stupita.
“Sapevo che non sarei stato in grado di
controllarmi. Ti ho morsa capisci? Ho rischiato di…ucciderti” bisbigliò appena
l’ultima parola.
“Ma non l’hai fatto” ribattei.
“Solo perché è intervenuta Alice!”
ringhiò rialzando lo sguardo e fulminandomi con una sola occhiata.
“E’ stata colpa del mio sangue…”
mormorai afflitta.
“Cosa?” gridò lui “Tu non centri nulla.
L’animale sono io. Sono io che non sono un ragazzo comune, ma un vampiro. Sono
io l’abnorme scherzo della natura e tu…” mi guardò freddo.
Perché mi tremavano le gambe?
Perché improvvisamente sentivo che la
testa mi girava?
“Tu non dovresti stare con me!” sibilò
tagliente.
E quelle parole si insinuarono sotto
pelle, pesanti e doloranti come lama di un coltello.
Saltai all’indietro, ritrovandomi col
corpo sulla porta e una mano sul cuore, ne avvertivo il battito sempre più
flebile.
Chiusi gli occhi improvvisamente stanca.
“Non…” deglutii a fatica “Non puoi
davvero averlo detto” soffiai, inclinando la testa in avanti e tenendomi allo
stipite della porta.
“Non capisci?” esclamò “Ti ho messo in
pericolo, non avremmo dovuto farlo. È stato un errore e non si ripeterà più!”
ribatté duro.
Io sussultai, riaprendo gli occhi e le
lacrime fecero capolino da sotto le ciglia.
“Un errore” ripetei atona “Un…e…errore”
ribadii con la voce incrinata.
“Sai…” sussurrai debolmente “Credevo, anzi
speravo potessi esser felice quanto me di quello che abbiamo condiviso” alzai
la testa e lo fissai, sulle mie labbra comparve un sorriso amaro.
“Mi sono concessa a te…la mia prima volta
è stata con te!” esclamai.
“Ed è stato molto più che bellissimo!” il
mio tono sognante non si confaceva alla situazione e quelle lacrime bastarde
lacrime mi appannavano voce e occhi.
“Mi sono sentita completa e non mi era
mai successo. Non è soltanto qualcosa a livello fisico, ma dentro io…” e mi
strinsi la mano sul petto “Ho avvertito come se quello che mi mancava fosse
improvvisamente comparso e avesse preso il proprio posto” sorrisi tra le
lacrime.
“Forse mi sono sbagliata…” feci
spallucce “Credevo di averci visto giusto. Scusa…non volevo esser causa del tuo
dolore, ne divenire un tuo senso di colpa. Volevo semplicemente essere la tua
ragazza e amarti come tale…” gli diedi le spalle, aprii la porta e la richiusi
immediatamente, uscendo fuori da quella stanza. Mi lasciai scivolare lungo essa,
finendo malamente col sedere sul pavimento e chinando la testa sulle ginocchia.
In quella posizione mi sembrava di
attutire il dolore.
“Perché?” mi lamentai.
“Perché?” mi maledii suonando un pugno a
terra e sentendo le nocche della mano indolenzirsi, ma ignorai tutto.
D’un tratto la frustrazione lasciò
spazio al nervosismo: mi sentivo rifiutata come persona, ma soprattutto come
donna.
Edward aveva soddisfatto i suoi bisogni
(e i miei) per poi buttare tutto all’aria.
No, questo non era giusto!
Sbattei nuovamente un pugno sul pavimento,
digrignando i denti.
“Lo odio, lo odio, lo odio!!!” sibilai
furiosa.
Subito dopo spalancai gli occhi vedendo
proiettata dinanzi a me l’ombra che sogghignava.
“Avevo ragione…presto verrai da me” e sparì.
Sbattei le palpebre più volte, scuotendo
il capo.
Si era sicuramente trattato una visione
frutto della mia fervida immaginazione. Sbuffai e decisi di rialzarmi da terra.
Ormai era notte e forse era il caso di
andare a dormire.
Mi diressi verso la stanza che avevo
usato tempo prima.
Ultimamente Edward aveva fatto portare
un letto nella sua camera ed ero solita dormire lì, mentre lui mi coccolava.
Abbassai lo sguardo affranta e sentii di
stare di nuovo per piangere.
Lo impedii morendomi il labbro.
Dovevo essere forte e reagire!
Alice era stata chiara.
Mi fiondai nella stanza e mi gettai di
corsa sul letto, accoccolandomi sotto le coperte. Nascosi il viso sul cuscino,
soffocandomi.
Perché anche lì sentivo il suo profumo?
Battei un pugno sul materasso afflitta,
ormai lo portava addosso e dentro di me.
Fu così che mi addormentai, avvolta da
quella fragranza che sapeva tanto, troppo di noi…
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Capitolo 32 *** May I ***
May I
Buon giorno!
Innanzitutto buon anno!!! Come avete trascorso queste giornate di festa???
Scusate il ritardo, ma ho pensato che forse era meglio aspettare prima di pubblicare un nuovo capitolo.
Con le vacanze natalizie tutti abbiamo un pò abbandonato, volenti o nolenti, la lettura e la scrittura.
Nel capitolo troverete anche il testo di una canzone che mi ha ispirato May I - Trading Yesterday e che dà il titolo al capitolo.
Prima di lasciarvi alla lettura voglio chiarire la questione del morso:
non l'ho approfondita ed è colpa mia, quindi mi scuso. Meredith
non viene infettata perchè innanzitutto è stato un morso
rapido, Edward è stato immediatamente fermato da Alice, secondo
i poteri di Meredith impedire al veleno di agire, lei neutralizza ogni
attacco dei vampiri. E' per questo che è tanto voluta da Destino!
Ora la smetto di ciarlare e vi lascio al capitolo.
Aspetto le vostre meravigliose recensioni! Grazie ad ogni singolo lettore!
Capitolo 31 “May I”
Il mattino seguente, la luce entrò nella
stanza, fermandosi sui miei occhi chiusi.
Li spalancai di botto spaventata e mi
sedetti al centro del letto.
Mi stiracchiai, il corpo ancora
intorpidito dal troppo sonno.
Mi toccai la spalla e le dita
carezzarono quel segno che a vita mi avrebbe marchiato e ricordato quella sera.
Sospirai ricordando ogni cosa.
Edward che mi baciava, mi leccava…che
entrava in me.
Scossi la testa per allontanare quei
pensieri e lasciai scivolare le mani sul grembo. Che dovevo fare ora?
Come dovevo comportarmi?
Mi passai la mano tra i capelli
disperata.
Toc toc
Quel suono bastò per farmi sussultare e
iniziare a tremare.
Se fosse stato lui che avrei fatto?
“Avanti” dissi, la porta si aprì
rivelando la figura minuta di Alice, sorrisi sollevata e in parte anche un po’
delusa.
Mi aspettavo davvero di vederlo dopo
quello che mi aveva detto?
Illusa!
”Buongiorno Meredith, come stai?”
domandò danzando fino al letto e accomodandosi leggiadra sul materasso.
“Sono stata meglio” risposi sincera, il
suo sorrise scomparve cedendo il posto ad uno sguardo serioso.
“Mi dispiace per quello che ti ha detto,
ma non era in sé. Edward non pensa quelle cose, lui…” issai una mano e le feci
cenno di fermarsi.
“Lascia perdere, Ali” sospirai.
“Non importa! Ormai è tardi per tornare
indietro e se lui ritiene sia stato un errore, chi sono io per convincerlo del
contrario?” chiesi più a me stessa, con una certa ironia.
“Per te però non lo è stato” constatò,
fissandomi diritta negli occhi.
“Non è una domanda” inarcai un
sopracciglio, Alice scosse il capo.
“Per me è stato uno dei momenti più
emozionanti in assoluto. È stato come trovare finalmente una collocazione e…”
sorrisi talmente tanto che sentii la mascella farmi male. “Ed è con lui…mi
sento parte di lui ora ed è qualcosa di indescrivibile” sospirai sommessamente.
“So cosa vuoi dire” ammise lei,
prendendomi la mano e stringendola nella sua gelata.
“Sono contenta per te! Quello stupido ha
rovinato tutto, ma sono convinta che dentro di lui sente la tua stessa
felicità!” disse continuando a stringermi la mano. Volevo crederle.
Desideravo intensamente che fosse così,
altrimenti il mio cuore si sarebbe nuovamente spezzato.
“Dov’è?” chiesi abbassando la testa.
“Nella sua stanza. Non si è più mosso di
lì” che stupida illusa, speravo che stanotte fosse venuto nella mia camera,
anche solo a dare un’occhiata.
"Ah Meredith prima che mi dimentichi! Ho parlato con Carlisle del
morso!" disse assumendo un tono serio. Io annuii invitandola
così a proseguire.
"Ti ha visitata stanotte. Il veleno non circola nelle tue vene. Credo
che lui non abbia mai visto nulla di simile" scosse la testa.
"Io ero preoccupata, però non ho avuto visioni di te vampira.
Edward era come entrato in catalessi, come se non ci avesse minimamente
pensato. Quando ha realizzato cos'è successo è corso
nello studio di nostro padre. Carlisle ha parlato con lui a lungo e
sono giunti alla conclusione che i tuoi poteri siano capaci di
neutralizzare il nostro veleno" proferì non lasciando mai il mio
sguardo.
"E'...assurdo" mormorai a mezza voce, stupendomi di non aver minimamente pensato alla trasformazione.
"Lo so" annuì Alice "Ora non pensarci" sorrise prendendomi una
mano "Sei in forma e presto le cose si sistemeranno" la guardai
dubbiosa.
“Avanti ora vestiti e vieni a fare colazione. Esme
ti aspetta” mi fece l’occhiolino e si alzò.
“Ah un'altra cosa!” si voltò mentre era sulla porta
“Ha telefonato Charlie, ha detto che è a casa comunque. Puoi tornare quando
vuoi. Esme però lo ha convinto a farti rimanere qui un altro paio di giorni. In
ogni caso, vorrebbe che tu ti facessi viva” sussultai “Ok…”.
Restare lì in quella situazione mi
sembrava sbagliato, temevo tanto che fossimo tornati indietro nel tempo.
Sospirai ancora.
Qualche minuto più tardi scesi in cucina,
ma prima di entrarvi presi un profondo respiro, le dita mi tremavano.
“Buongiorno!” proferì Emmett alle mie
spalle, mi voltai nella sua direzione.
“Ciao…” mormorai.
“Ehi che allegria! Tutto ok piccina?”
chiese scompigliandomi i capelli con una mano.
Annuii distrattamente.
“E allora sorridi! Sei più bella quando
lo fai” ammiccò, facendomi arrossire.
“Shh però non dirlo a Rose, chi la sente
sennò” gli feci la linguaccia.
“Mmm” finsi di stare al gioco
“Valuterò il da farsi” dissi con finta
indifferenza.
“Tzè le donne!” sputò inarcando un
sopracciglio.
“Si chiama solidarietà femminile” disse
Alice comparendo alle mie spalle insieme a Rosalie.
Tutte e tre ci mettemmo a braccia
conserte minacciandolo con lo sguardo, Emmett vistosi circondato, si arrese.
“Ok, ok
ho capito. Tre contro uno non è valido però” si lamentò entrando in
cucina, mentre io Rosalie e Ali scoppiammo a ridere a crepapelle.
Tra una risata ed un’altra, mi ritrovai
a portare lo sguardo verso le scale e solo in quel momento lo vidi.
Il sorriso si spense d’improvviso.
Vibrai sotto il suo sguardo d’onice.
Bum bum…
Assottigliai le palpebre, sciogliendo le
mie braccia dalla presa sotto il seno e le rilasciai lungo i fianchi.
Gli occhi mi dolevano per il troppo
pianto.
Deglutii ricacciando giù l’amaro.
Tutto intorno a me sembrò sparire,
vedevo solo lui.
Ogni suono mi giungeva ovattato, privo
di tono, di senso.
Solo lui.
Solo io.
Solo noi in quella stanza.
Con una forza e un coraggio che non mi
riconoscevo, indurii lo sguardo, ne constatai subito l’effetto quando vidi il
suo corpo irrigidirsi, mi mossi dandogli le spalle e dirigendomi in cucina,
ignorando quella vocina che mi diceva “Va da lui, va da lui!”.
Tutto questo sotto lo sguardo sbigottito
di Emmett.
Alice mi fissò complice, poi mi seguì,
non dicendo nulla.
“Buongiorno Esme” salutai la donna che
mi sorrideva maternamente.
“Ciao tesoro. Hai dormito bene?” domandò
premurosa accarezzandomi il viso.
“Si, ma mi sento ancora un po’ stanca”
confessai arrossendo, lei sorrise, poi il suo sguardo si posò sulla mia spalla:
la manica della maglia era leggermente abbassata.
“Cosa…?” i suoi occhi si scurirono.
“Non è colpa sua” dissi coprendomi,
sentendomi in dovere di difenderlo, nonostante tutto.
Esme mi fissò a lungo, poi rilasciò un
sospiro rassegnato “Tu stai bene?” chiese.
“Si, sto bene. Carlisle mi ha visitata” annuì poco convinta.
“Dai siediti e mangia qualcosa. Ti vedo
troppo pallida”, accettai il suo invito, il mio stomaco si stava lamentando da
un po’.
Alice e Rosalie mi fecero compagnia,
chiacchieravamo del tempo e di shopping, quelle due si erano messe in testa di
trascinarmi fuori città a comprare qualche abito per il ballo di fine anno che
la nostra scuola avrebbe tenuto da lì a qualche settimana.
“Eddai Meredith! Non fare la pigra!”
Alice mi tirò per un braccio, scuotendomi.
“Ha ragione Ali!” disse Rose stranamente
cordiale quel giorno.
“Dobbiamo necessariamente uscire e
divertirci. Abbiamo bisogno tutti di distrarci, soprattutto tu” ammiccò.
“Già…” mormorai rabbuiandomi.
“Niente musi lunghi. Sorridi la vita è
bella” sussurrò Alice al mio orecchio.
“Avanti andiamoci a preparare, ci
aspetta una lunga giornata di shopping!” saltò giù dal tavolo, atterrando con
grazia sui suoi piedi.
Alzai gli occhi al cielo, fintamente
irritata, infatti subito dopo sorrisi a tutto spiano e le seguii.
“Passiamo un attimo da casa? Così saluto
mio padre e lo avverto, non vorrei che non trovandomi da voi, organizzi una
spedizione per cercarmi” dissi mentre attraversavamo il salone.
Sott’occhio notai la figura di Edward in
cima alle scale, ma lo ignorai.
Alice si voltò e sorrise in modo strano.
“Che c’è?” domandai e credendo di avere
qualcosa di strano sul viso, iniziai a toccarmi.
“Hai detto << mio padre >> “
confessò fissandomi compiaciuta della mia espressione sbalordita.
Infatti spalancai gli occhi.
Era vero! Non me n’ero accorta.
“Mi è venuto così…naturale…” sussurrai
posandomi un dito sul labbro inferiore.
“E’ una bella cosa. Vuol dire che qui ti
senti a casa” proferì contenta, aprendo la porta e lasciandomi passare.
Ed effettivamente era così: quel posto
era diventato casa mia.
Entrate in macchina, mi accoccolai sul
sedile posteriore e mi lasciai trascinare via da quelle due pazze delle mie
amiche.
“Prova questo” era il ventesimo vestito
che mi facevano vedere e indossare ed eravamo appena al terzo negozio.
Pregavo che quella tortura finisse
presto.
Se ci fosse stato Edward, mi avrebbe di
certo dato una mano a gestire quelle due pazze delle sue sorelle!
Ma non c’era e dovevo arrangiarmi da
sola.
Per Rose e Alice nessuno esaltava il mio
dolce viso d’angelo.
Sbuffai imprecando.
Afferrai il capo d’abbigliamento che mi
stava porgendo Alice, sperando fosse l’ultimo.
Non mi guardai neanche allo specchio,
uscii fuori dal camerino in fretta e furia.
Via il dente, via il dolore!
“Eccomi!” allargai le braccia
esasperata, poi cinsi le mani in vita, l’espressione delle mie amiche non mi
piacque: ad entrambe brillavano gli occhi.
Diedi un’occhiata veloce all’abito
chinando il capo, non c’erano imperfezioni e allora perché quello sguardo
allibito e stralunato?
“C’è qualcosa che non va?” domandai
confusa, infondo le esperte di moda erano loro.
“Alice!” disse Rose, afferrandola per il
braccio.
“Si, so cosa vuoi dire” i suoi occhi
indugiarono ancora qualche secondo sul vestito e poi su di me.
“E’ perfetto!” proferì felice.
Sorrisi di riflesso “Ti sei vista?”
chiese.
Risposi facendo un cenno negativo con la
testa.
“E allora fallo!” m’incitò Rose
ammiccando.
Obbedii e mi voltai verso l’enorme
specchio posizionato sulla destra.
Spalancai la bocca: l’abito rosa
confetto scendeva morbido sul mio corpo esaltando la linea dei miei seni, le
bretelle fini lasciavano scoperte spalle, collo e parte della schiena.
Il vestito era formato di tante piccole
pieghe, sotto il petto due piccole stringhe permettevano di stringere l’abito
per renderlo più aderente. Il resto scendeva lungo su tutto il corpo fino al
ginocchio.
Alice e Rose mi comparvero alle spalle
tutte sorridenti; la bionda mi tirò i capelli dietro creando una piccola
pettinatura.
“Ci vorrebbero degli orecchini lunghi”
sussurrò sfregandosi il mento.
“Io ne ho un paio a casa” borbottò Alice
battendo le mani contenta come una bambina a cui era stata appena promessa una
caramella.
“Ottimo! Cara Meredith, abbiamo
sistemato la questione ballo!” sorrise la bionda.
Io annuii imbarazzata, vittima di quelle
attenzioni.
“Edward impazzirà vedendoti così”,
sobbalzai udendo quel nome e loro se ne accorsero.
Si lanciarono una breve occhiata complice,
poi si comportarono come se nulla fosse successo.
“Mangiamo qualcosa al Mcdonald?” propose
Alice.
Rose ed io acconsentimmo.
Era ormai pomeriggio inoltrato, avevo
chiesto a Rosalie e ad Alice se potevo fare una giro nella libreria di Port
Angeles.
La libreria era l’unico luogo in grado
di farmi distendere i nervi.
Triste o felice che fossi, quand’ero lì
dentro, ogni sensazione fuori posto, spariva.
Ero immersa tra gli scaffali, dove
antico e moderno si fondevano elegantemente; con le dita sfioravo le copertine
dei diversi libri, indecisa su che genere orientarmi e quando vidi quel libro, ritrassi la mano come
scottata.
Strinsi le palpebre rigettando indietro
le lacrime.
<< Theresa lo interruppe stringendogli la mano.
"Sono convinta che ci credi davvero, e anche una parte di me
vorrebbe crederlo. Se adesso mi abbracciassi e mi implorassi di restare, sono
sicura che lo farei, perché hai portato nella mia vita qualcosa che mi mancava
da tempo. E continueremmo entrambi in questo modo, convinti che tutto vada
bene...ma non sarebbe così, non capisci? Perché al prossimo litigio..." Si
fermò.
"Non posso competere con lei.
E per quanto desideri che la nostra storia continui, non posso permetterlo,
perché tu non lo permetteresti >>.
L’Ombra s’era materializzata al mio
fianco: sghignazzando malignamente aveva afferrato il libro e apertolo, aveva
letto proprio quel passo.
Non ci fu niente da fare per fermare la
mia disperazione.
“Vedi” disse alacremente.
“Te lo dice anche il tuo libro
preferito” e sparì, mentre la sua risata riecheggiava nella mia testa.
Mi tappai le orecchie cadendo sulle mie
gambe.
“Basta, basta!” gridai attirando Alice e
Rosalie che mi avevano udito dall’altra parte della sala.
“Meredith! Meredith!” mi issarono da terra
afferrandomi per le spalle.
“Che succede?” chiese Alice.
“Non hai visto niente?” domandò
preoccupata Rose alla sorella.
“No” rispose quest’ultima fortemente
turbata.
“L’Ombra era qui…mi perseguita…”
piagnucolai esausta.
Rosalie e Alice mi trascinarono fuori
dalla libreria e mi fecero sedere su una panchina del centro. Lì mi offrirono un
bicchiere d’acqua e ne approfittai per
raccontare loro l’accaduto.
“Non vuol dire niente, ora non farti
condizionare da quel passo del libro! Destino vuole fare in modo che tu passi
dalla sua parte!” annuii poco convinta alle parole di Alice.
“Accidenti!” urlò Rosalie, schiacciando
il bicchiere e riducendolo a niente. “Calmati!” la incitò Alice.
“Se lo avessi tra le mani, gli darei una
lezione che non se la dimenticherebbe più! Che cacci gli attributi e ci
affronti di petto!” gridò.
io abbassai il capo, stanca di quella
storia.
“Torniamo a casa?” chiesi rabbuiandomi.
“Si…te la senti?” domandarono entrambe.
“Si…” soffiai.
Improvvisamente tutti avevano smesso di
parlare.
In quel silenzio i miei pensiero si
facevano più rumorosi.
“Cosa gli dirai?” proruppe d’un tratto
Alice.
“Dici a me?” domandai incerta.
“Si. Hai intenzione di parlare con
Edward?”.
“Vorrei…ma non so come affrontarlo”
esternai tutti i miei dubbi.
“Sii diretta e sincera! Fagli capire
quanto tu sia ferita per il suo comportamento. Voglio capire che ha avuto paura
di ucciderti, ma avete condiviso un rapporto d’amore. La prima volta, una tappa
estremamente delicata e importante per entrambi!” proferì una Rose leggermente
irritata.
I miei occhi le fissarono attentamente,
poi ridacchiai.
Una risata nervosa.
“Perché ridi?” chiese Rosalie
frastornata.
“Voi fate così tanto per me e…proprio io
vi metterò in pericolo” soffiai prendendo realmente coscienza di quella verità.
Dirla ad alta voce, le dava l’effetto
che meritava.
“Per via dell’ombra?” chiese Alice,
annuii.
“Io mi fido di te” pronunziò convinta
guardandomi dallo specchietto retrovisore “Anche io” aggiunse Rosalie, la
scrutai sorpresa.
Mi aspettavo l’appoggio di tutti, ma non
di lei.
“Non meravigliarti! Sto imparando ad
accettarti. Non hai reso più umano solo Edward…” mormorò distogliendo lo
sguardo e fissandolo fuori dal finestrino.
Mi sporsi nello spazio tra i due sedili,
afferrai le loro teste con le mani e le portai accanto alla mia.
“Grazie” bisbigliai commossa, ma felice.
L’auto sfrecciò rapida nel garage, noi
tre scendemmo sorridenti e tra una chiacchiera ed un’altra ci ritrovammo nel
salotto di casa Cullen.
Erano le sette di sera, sembrava non ci
fosse nessuno.
Un profumino invitante mi entrò nelle
narici, annusai l’aria attorno a me come un segugio.
“Mmm…Esme deve aver preparato uno dei
suoi manicaretti!” esclamai entusiasta facendo roteare gli occhi alle mie
amiche, feci loro la linguaccia e mi precipitai in cucina, ma non vi trovai
nessuno.
Strano sembrava che il profumino venisse
proprio da quel posto.
Feci spallucce e tornai in salotto.
“Ali, Rose vostra madre…” m’interruppi notando
che fossero andate via.
Arricciai il naso e mi grattai la testa,
ma dov’erano finiti tutti?
Sospirai e salii nella mia stanza, prima
di aprire la porta, lanciai una rapida occhiata a quella di Edward, troppo
fifona per affrontarlo mi girai nuovamente ed entrai in camera.
Immediatamente quel profumino invitante
mi schiaffeggiò in pieno volto, mi guardai attorno e vidi sulla scrivania una
candela e un biglietto.
Tremai, sapeva di lui.
Era il suo profumo.
“Credo non ci siano parole giuste che io possa usare per farti capire come
mi sento. Per questo ti chiedo di correre nella mia stanza…ti aspetto.
Edward”
Sorrisi come una rimbambita e corsi, o
meglio, mi precipitai nella sua stanza.
Non bussai neanche, spalancai la porta
tutta contenta, ma quando la trovai vuota, quel sorriso morì di colpo.
Entrai, chiudendomi la porta alle spalle
e rimanendo ferma ad osservare il letto. Quel letto che ci aveva visti insieme.
Un singulto proruppe sulle mie labbra,
ma lo misi a tacere subito, tappandola.
Osservando meglio le lenzuola, vi notai
una scatola nera, mi avvicinai cauta, la scoperchiai tremando, dentro vi erano
un biglietto e un cd:
“Sei
delusa di non trovarmi? Spero che questo cd possa colmare in parte la mia
mancanza…inseriscilo nello stereo, poi mettiti al centro della stanza e chiudi
gli occhi.
Edward”
Interdetta, feci come mi aveva scritto.
Afferrai il cd e lo inserii nello stereo, premendo play.
Le note di un pianoforte inondarono
immediatamente la stanza, seguite poi dalla voce ardente di Edward.
Traballai, ponendomi al centro della
stanza e mi feci cullare da quelle splendide parole, cariche d’amore.
“And there you stand opened heart--opened doors
full of life with the world that's wanting more.
But I can see when the lights start to fade,
the day is done and your smile has gone away.
Let me raise you up.
Let me be your love.
May I hold you
as you fall to sleep,
when the world is closing in
and you can't breathe.
May I love you.
May I be your shield.
When no one can be found
may I lay you down.
All I want is to keep you safe from the cold...
to give you all that your heart needs the most.
Let me raise you up
Let me be your love”
Avvertii
una presa ferrea stringermi la vita, ma non ebbi paura.
Sapevo
di chi si trattava e la sua identità mi venne rivelata poco dopo. Infatti la
bocca di Edward si posò delicata sul mio collo e con la voce bassa e profonda proseguì
nel cantarmi quella melodia.
Il
mio corpo s’addossò al suo e mi sentii veramente in paradiso.
”May I hold you (hold you)
as you fall to sleep.
When the world is closing in
and you can't breathe,
may I love you. (love you)
May I be your shield.
When no one can be found,
may I lay you down.
All that's made me (made me)
Is all worth trading (worth trading)
just to have one moment with you.
So I will let go (will let go)
all that I know (that I know)
knowing that you're here with me.
For your love is changing me.
May I hold you
as you fall to sleep.
When the world is closing in
and you can't breathe,
may I love you.
May I be your shield.
when no one can be found
may I lay you down”
La
canzone finì, nella quiete della stanza si poteva udire solo il suono del mio
respiro irregolare.
Edward
era rimasto con le labbra sul mio orecchio.
“Perdonami”
disse strofinando il naso sul mio collo per poi fermarsi sulla mezzaluna, non
respirava più.
Mi
mossi veloce e mi girai restando comunque tra le sue braccia, fu così che ci
trovammo faccia a faccia.
Era
ancora più bello di quanto lo ricordassi, possibile che mi mancasse come l’aria
quando non c’era?
“Mi…”
presi coraggio “Mi sono sentita sola…” sussurrai.
“Ho
temuto che non mi volessi più, che mi stessi rifiutando. Ecco si!” annunciai con
convinzione.
“Mi
sono sentita rifiutata!” affermai, Edward sbarrò gli occhi.
“Come…?”
scosse il capo. “Ma no! Come puoi pensare questo…” lo interruppi.
“Mi
hai detto che non sarei dovuta stare con te dopo che…” arrossii impacciata
“Avevamo fatto l’amore e quindi…io…” ero incapace di formulare una frase di
senso compiuto.
“Meredith!”
la sua voce austera mi costrinse a guardarlo.
“Ero
sconvolto, perché abbiamo corso un grande rischio!” chiuse gli occhi, serrando
la bocca.
“Ma
non pensare mai che…io non ti voglia con me. Sono un essere troppo egoista, ma
soprattutto sono troppo innamorato di te” soffiò.
Io
sbarrai gli occhi incredula.
“Quello
che è successo…” continuò fossilizzando le sue perle d’ambra nelle mie “Non
faccio che pensarci. È stata la notte più bella di tutti questi secoli di vita”
disse accarezzandomi le braccia scoperte.
“Dio
Meredith ero un tutt’uno con te! Ti ho amata come si ama una donna e tu…” mi
chiuse il viso tra le sue mani.
“Tu
mi hai amato e voluto come si fa con un uomo normale, senza distinzione. Ti sei
concessa a me totalmente: corpo, mente e spirito” s’arrestò di fronte alle mie
lacrime.
Probabilmente
era dubbioso, difatti corrucciò la fronte.
“Forse
sono stato indelicato, io…” gli tappai la bocca, baciandolo.
Inizialmente
rigido, Edward si sciolse qualche secondo più tardi e con la sua lingua disegnò
il contorno delle mie labbra.
Fremetti
e gemetti per la sorpresa.
Lui
sghignazzò allontanandosi quel poco che ci permettesse di guardarci negli occhi.
Una
sua mano si perse tra i miei capelli, spingendo la nuca verso di lui.
“Sei
stupenda” bisbigliò al mio orecchio in modo assolutamente illegale.
Il
basso ventre sbatté violentemente e il mio desiderio divenne urgenza. “E…Edward
se…” ansimai mentre lui mi baciava il collo.
“Se?”
chiese con una strana nota nella voce.
“Se
continui così io…”.
“Tu?”
m’incoraggiò a proseguire.
“Potrei
perdere il controllo” soffiai roca dopo l’ennesimo bacio.
Edward
scoppiò a ridere e dovette scostarsi di poco, lasciando il mio corpo, feci leva
su tutta la mia forza per non cadere a terra.
Lo
guardai basita, si teneva la pancia talmente dalle risate.
Sbuffai
e incrociai le braccia sotto il seno, offesa.
Lo
fissai truce.
“Mi
spieghi che cavolo c’è da sbellicarsi così?” chiesi piccata, Edward sembrò
ricordarsi di me e si diede un contegno.
Si
riavvicinò con passo sensuale, tanto che dovetti distogliere lo sguardo.
Possibile
che ora vedessi allarme rosso ad ogni sua mossa?
Scossi
il capo.
Edward
mi riafferrò per la vita facendomi sbattere contro il suo petto.
Sospirai.
“Tu
dici che potresti perdere il controllo ed io?” sorrise mellifluo.
“Ti
ricordo che tra i due che il vampiro sono io” disse baciandomi i capelli.
“Non
significa nulla” sussurrai.
“Io
ho assaggiato il frutto proibito e ne ho ancora voglia” dissi vergognandomi
subito dopo, nascondendo la testa sul suo petto.
Edward
non disse nulla.
Temetti
si fosse offeso.
“Scusami”
mormorai sul suo torace.
“Non
importa. Non devi scusarti per questo. Altrimenti dovrei farlo anche io” disse
poi accarezzandomi la testa.
“Quindi
ti è…piaciuto?” domandai titubante.
Edward
mi scostò da lui “Dubiti ancora?” chiese inquieto.
“Sai
quanto io sia insicura…una conferma in più è necessaria” ribattei sorridendo.
“Beh allora non ti dispiacerà sapere che mi è piaciuto talmente tanto che
replicherei molto volentieri” mormorò a bassa voce.
Mi
irrigidii alle sue parole.
“Non
ho detto che lo farò” ribadì poi, mandando all’aria i miei ormoni in fermento.
“E
se…io volessi che lo facessi?” chiesi chiudendo gli occhi e aspettandomi una
ramanzina che non arrivò.
Avvertii
solamente il vuoto sotto i piedi e poi il letto morbido dietro la mia schiena.
Spalancai gli occhi e vidi Edward su di me, lo sguardo di chi la sapeva lunga e
un sorrisino strafottente sulle labbra.
Ghignai
compiaciuta.
“Mi
sa che ho risvegliato i Suoi istinti primordiali, mio prode Cavaliere?” lo
provocai maliziosa.
“Io
agisco in conseguenza alle Sue azioni, Principessa e ora se non le dispiace
sarei occupato in una lunga conversazione col Suo corpo. Mi concede il
permesso?” il tono più basso e vibrante con cui pronunciò quelle parole, bastò
per farmi balzare il cuore in gola e eccitare i miei ormoni che facevano festa.
Annuii.
“Ha
il mio permesso per fare ciò che desidera. Sono tutta Sua”, Edward drizzò la
testa e mi scrutò attentamente e teneramente, nei suoi occhi un’infinita
dolcezza. “Si…” mormorò “Sei mia!” e con decisione si avventò sulle mie labbra.
Di
nuovo noi…nuovamente uno dentro l’altro…
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Capitolo 33 *** Missione: proteggere la propria mente ***
Missione: proteggere la propria mente
Buongiorno!
Il capitolo non è molto lungo, l'ho concluso proprio ora.
Sinceramente non mi soddisfa granchè. La parte centrale di
questa storia è un pò difficile da scrivere, mi sembra
sempre di rendere tutto banale.
Spero di far meglio la prossima volta.
In questo capitolo vedremo Meredith alle prese con i primi allenamenti.
Riuscirà a impedire a Destino di penetrarle la mente?
Buona lettura e grazie infinitamente per le vostre meravigliose parole. Ne sono sempre entusiasta!!!
Capitolo 32 “Missione: proteggere la propria mente”
Dopo quella volta, io e Edward avevamo
imparato a riservarci uno spazio tutto nostro, quando era possibile.
Credo tutto questo fosse dovuto anche
alla paura che entrambi avevamo di perderci. Nessuno dei due l’aveva detto
all’altra, ma era tangibile ogni volta che ci stringevamo o ci baciavamo, o
semplicemente ci scambiavamo occhiate languide.
A scuola nel frattempo, fervevano i
preparativi per il grande ballo fissato per il 5 giugno. Tutte le ragazze erano
in agitazione, i loro discorsi erano tutti incentrati sugli abiti, trucchi e
quant’altro.
I professori, ormai rassegnati, non
sapevano più cosa fare per riportare tutti all’ordine.
Io e Edward eravamo gli unici a
fregarcene.
Ce ne stavamo nel nostro angolino ad
osservare, chiusi nella nostra piccola bolla.
Il tempo era volato talmente velocemente
che eravamo giunti all’ultimo giorno di scuola.
Io la vivevo diversamente rispetto agli
altri.
Non avrei preso il diploma con tutti gli
altri, con molta probabilità
No: non avevo ancora deciso se andare o
restare, però avvertivo uno strano sentore nell’aria.
Nei giorni precedenti avevo iniziato
anche gli allenamenti con Kabkaiti.
Spesso erano avvilenti e stancanti.
Sforzarsi mentalmente di respingere
delle voci o dei sentimenti, era complesso. Richiedeva una grande capacità di
concentrazione e una certa dose di volontà.
Non ne ero priva, solo che ero talmente
stanca da non essere preparata adeguatamente.
Kabkaiti mi aveva spiegato che la mente
umana era come una specie di muraglia.
Una muraglia che non sempre era così solida.
“Essa nasce e si modella con noi, con le
nostre esperienze. Così come noi cresciamo e ci evolviamo, la muraglia acquista
consistenza e importanza. È un po’ come la personalità di un individuo. Gli
episodi della vita la plasmano, ro fortificandola o indebolendola. La tua è
molto particolare, Meredith” il saggio camminava avanti e indietro, calpestando
con forza, nonostante l’età, l’erba del bosco.
“Perché?” chiesi, arrestando il suo
andirivieni.
Kabkaiti fermò le sue pupille nelle mie.
“La morte di tua madre ha inciso
parecchio su di te! E la tua muraglia ne porta segni ben evidenti: fori e
piccole fessure che permettono a Destino di introdursi in te e parlarti. Ma in
te è racchiusa, non so come, né perché, la forza di Jannasute ed è proprio
questa a farti rimanere in piedi. Dobbiamo sfruttare il tuo potenziale per
ricostruire la muraglia e renderla invalicabile” spiegò riprendendo a
camminare.
“Questo spiegherebbe perché Edward
talvolta riesce a leggermi la mente” proferii pensieroso.
“Si e no! Il potere di quel vampiro si
basa sulle frequenze su cui viaggiano i pensieri, le muraglie non gli
impediscono il passaggio, altrimenti non sarebbe possibile leggere nella mente
di tutti. Il fatto è che i poteri dei vampiri funzionano diversamente e in modo
più amplificato rispetto alla mente umana”
“E allora perché il potere di Edward
funziona a tratti su di me?” domandai, confusa da tutte quelle notizie.
“Sei tu che favorisci o meno, la lettura
del pensiero. Te l’ho detto Meredith: tu sei diversa dagli altri, il tuo scudo
assorbe tutto e se nel momento in cui Edward tenta di penetrare la tua mente,
esso è in azione, seppur involontariamente, lo dissolvi e gli impedisci di
leggerti” disse.
Da allora, mi ero impegnata al massimo,
ma probabilmente non bastava.
“Meredith sforzati! Elimina ogni
pensiero negativo e focalizzati su ciò che ami. Tu lotti per le persone a te
care. Le vuoi difendere? Vuoi che non venga fatto loro del male?” la sfida
nella voce del saggio era evidente.
“Certo!” risposi pronta, raddrizzandomi
e pulendomi il pantalone sporco di terreno.
“E allora combatti!” esclamò Kabkaiti.
Nello stesso istante egli si concentrò, gli occhi fissi su di me. Fu così che
partì il nuovo attacco.
Un sottilissimo filo di pensieri penetrò
nel mio cervello, lo sentii chiaramente strisciare, superando ogni barriera.
Chiusi gli occhi per sforzarmi
maggiormente.
Un fulmine e la mia mente viaggiò
indietro nel tempo…
<< Ero nella mia camera.
Fuori gli uccelli cantavano allegri, eravamo in piena estate ed io ero
solita starmene seduta sul davanzale della finestra in stanza, a leggere un
buon libro.
Andrew era in salotto a studiare quei grossi tomi di medicina generale.
Abitudine che aveva preso da quando nostra madre era morta. Lo aiutava a
non pensare, un po’ come succedeva a me con la lettura.
Leggevo per la terza volta consecutiva “Twilight”e sorridevo teneramente
ogni volta che Edward si mostrava così premuroso e innamorato nei confronti di
Bella. Nello stesso momento, la mia mente viaggiava e immaginava cose
insensate, come una persona tale e quale ad Edward che mi amasse in quel modo
assolutamente perfetto.
Alzai lo sguardo dal libro e mi misi a fissare il cielo. Era così azzurro
e limpido da dare quasi fastidio agli occhi, ma era piacevole perché mi metteva
di buon umore ed io non avevo intenzione di rovinarmelo. Se non fosse stato per
quelle quattro pettegole che stavano passando sotto casa mia.
Si fermarono a pochi passi da casa mia e si misero ad urlare “Meredith!!!
Che fai chiusa in casa con questa bella giornata?” fu automatico per me, girare
la testa verso di loro. Le riconobbi immediatamente: erano quattro ragazze che
venivano in classe con me. Le più oche e odiose che avessi mai avuto il
dispiacere di conoscere.
Sospirai già conscia che mi avrebbero presa in giro.
“Sto leggendo” risposi, mostrando loro il libro e salutandole con un
finto sorriso.
Come mi aspettavo, si lanciarono occhiate complici e poi scoppiarono a
ridere.
Ovviamente ridevano di me, ma ero abituata anche a quello.
“Oh allora scusaci se abbiamo interrotto quest’attività così
interessante” ciarlò una di loro.
“Ti lasciamo proseguire questa intensa relazione sociale col tuo libro”
aggiunse un’altra.
Storsi la bocca per la pessima battuta. Non erano neanche capaci di far
ridere.
Le salutai con un cenno della mano e tornai di nuovo al mio adorato
libro.
Ero nuovamente con Edward. Lui si che mi amava sul serio e mi proteggeva
dalle intemperie del mondo… >>
Sentii il piede sinistro indietreggiare,
seguito ben presto anche da quello destro.
Stavo nuovamente permettendo a Kabkaiti
di infilarsi nella mia testa.
“Combatti! Reagisci! Non farti dominare
dai ricordi!” gridò e grazie a quell’incitamento ritrovai la concentrazione.
Dovevo farlo per Edward e per la sua
famiglia.
Per Charlie e il suo goffo modo di dimostrarmi
affetto.
Per me stessa, per mio fratello Andrew e
per mia madre.
Lei avrebbe voluto che combattessi e
fossi forte.
Così spalancai gli occhi di botto e non
so come, quel filo invisibile che mi martellava la testa, si dissolse.
Kabkaiti tornò in posizione retta,
sorridendo mellifluo.
“Bene” disse “Vedo che inizi a
rispondere ai miei attacchi” intrecciò le mani sul petto.
“Per oggi basta così, va a casa a
riposarti. Presto potremmo coinvolgere nelle nostre esercitazioni anche i
Cullen, così mostreremo loro quali sono i tuoi reali poteri” asserì serio.
“Ma saggio!” lo interruppi “Non li
conosco neanche io questi poteri, come posso mostrarli a loro?” domandai.
Kabkaiti rimaste immobile per qualche
istante, suscitando in me un’innaturale agitazione.
“Lo scoprirai molto presto. Ricorda
quello che ti ho detto: tieni fuori dalla mente sentimenti e ricordi.
Concentrati solo su te stessa, immagina di dover issare un muro che protegga te
e la tua mente. Esercitati, Edward può esserti d’aiuto” annuii alle sue parole
e contemporaneamente il mio corpo si rilasso, tanto che sbadigliai.
“Torna a casa, Meredith e abbi fiducia
in te stessa” detto questo sparì.
Dopo un iniziale smarrimento, scossi la
testa e mi diressi verso casa di Jacob, ma mi fermai prima, quando dal suo
garage sentivo provenire degli strani lamenti.
Allarmata, mi precipitai verso la porta.
Con facilità l’aprii.
“C’è qualcuno?” chiesi entrando con
titubanza, misurando ogni passo.
Il cuore che mi era salito in gola.
D’un tratto i lamenti cessarono e mi
spaventai maggiormente.
“Jacob?” chiamai “Sono Meredith. Sei
tu?” continuai, nella vana speranza che qualcuno mi rispondesse.
Feci qualche altro passo in avanti e
avvertii un fruscio provenire alla mia sinistra.
Tre motociclette ostacolavano la mia
visuale, così mi sporsi oltre e scorsi una figura ripiegata su se stessa.
Quando ne riconobbi il viso, sussultai.
“Jacob!” esclamai avvicinandomi e
chinandomi su di lui.
“Jacob sono Meredith, guardami!” lo
intimai, accarezzandogli la testa.
Lui obbedì, mostrandomi oltre il viso
anche un’enorme ferita sanguinante sul braccio destro.
Spalancai gli occhi turbata.
“Cosa accidenti è successo?” dissi,
indicandogli il braccio.
Jacob sembrò trattenere un’imprecazione,
vedevo che respirava a fatica.
“Lo sai no che sono un lupo” rispose con
una punta d’astio nella voce.
Annuii, sorvolando sul modo in cui
l’aveva detto.
“Ho avuto uno scontro, tutto qui e tu
non dovresti essere in questo posto” ringhiò.
Non mi mossi. Non lo temevo.
Lo fissai dritto negli occhi.
“Con chi ti sei scontrato?” domandai a
bruciapelo e con durezza.
Jacob sembrò voler evitare di
rispondermi, ma gli afferrai il viso tra le mani e lo spinsi a guardarmi.
“Non lo ripeterò ancora: chi ti ha fatto
questo?” il mio tono di voce era quasi irriconoscibile. Il mio fu quasi un
ordine e il lupo davanti a me, sembrò capirlo e non potè fare a meno di
rispondermi.
“Dei vampiri” a quel nome, strinsi i
denti.
“Continua!” lo intimai con lo stesso
timbro di prima.
“Si sono introdotti nel nostro
territorio. Sam ci ha detto che i Cullen stanno tenendo d’occhio le sparizioni
a Seattle avvenute qualche mese fa” annuii a quelle parole.
“Bene. Abbiamo tutte le ragioni di
credere che si tratti degli stessi vampiri che hanno ammazzato tutta quelle
gente innocente” digrignò i denti, irritato.
“Quanti ne erano?” chiesi con interesse.
“Tre. Due maschi e una femmina. È stata
lei ad aggredirmi e a ferirmi. Bastarda!” esclamò, stringendo i pugni e poi
lamentandosi per il dolore.
“Ti porto da Carlisle” dissi. Jacob mi
guardò stranito, poi scosse la testa.
“Noi possiamo guarire, dovresti saperlo”
“Ferite così profonde vanno curate. Non
possono guarire! Quindi andiamo! Edward sarà di sicuro al confine ad
attendermi” mi alzai in piedi, porgendogli una mano.
Jake la fissò. “No, non mi faccio mettere
le mani addosso da una sanguisuga” proferì con astio.
In risposta io indurii lo sguardo.
“Sei uno stupido! Voi e questa
stupidissima rivalità! Ancora dovete capire che i Cullen non vogliono essere
ciò che sono? Metti da parte l’orgoglio e lascia che ti aiuti!” gridai.
Forse furono le mie parole a
convincerlo, fatto sta che Jacob afferrò la mia mano e mi seguì in silenzio.
Giunti al confine, Edward uscì dalla
macchina venendoci incontro.
Uno sguardo omicida diretto al lupo che
sorreggevo con fatica.
Gli schioccai un’occhiata d’avvertimento
e lui sembrò capire.
“Che è successo?” domandò rivolto a me.
“Vampiri” lui annuì “Portiamolo da
Carlisle” aggiunse, aiutandomi a sistemarlo nell’abitacolo della macchina.
“Sembra svenuto” constatò.
“Si” mormorai, asciugandogli la fronte
imperlata di sudore.
“Sei preoccupata?” chiese Edward
abbracciandomi e baciandomi il capo.
“Molto. Per lui, per noi. Per tutti.
Temo che questi vampiri siano legati a Destino e penso di non sbagliarmi”.
Edward non disse nulla. Restò in
silenzio.
Casa Cullen come sempre era
perfettamente in silenzio.
La gip di Emmett non c’era, quindi con
tutta probabilità era fuori con Rosalie.
Appena entrammo fummo assaliti da
un’Alice preoccupatissima.
“Ho avuto una visione” disse fissando il
licantropo svenuto tra le braccia di Edward.
“Ho visto tre vampiri, poi tutto
confuso. Credevo ti fosse successo qualcosa” aggiunse venendomi incontro e
abbracciandomi.
“Quando sei nel territorio dei lupi non
posso vederti e…accidenti ho temuto il peggio. Non…non sapevo che fare” non
l’avevo mai vista né sentita così agitata.
“Alice calmati! Sto benissimo. Ero col
saggio ad allenarmi. Non ci siamo accorti di eventuali scontri. Ho trovato
Jacob per caso. Approposito” dissi, sciogliendo l’abbraccio.
“Tuo padre è in casa?” chiesi
guardandomi attorno e non vedendo nessuno.
“E’ nel suo studio. Vi ha sentiti
arrivare. Raggiungetelo!”
E così facemmo.
“Fortunatamente la ferita non è
profonda” asserì Carlisle con convinzione, dopo aver analizzato il braccio di
Jacob.
“Ora lo medico, appena si sveglierà si
sentirà un po’ intontito. È il caso che veda te per prima, Meredith” disse
rivolgendosi a me.
Annuii.
“Toglimi una curiosità” continuò
sorridendomi “Come hai fatto a convincerlo a seguirti?”
Senza volerlo arrossii. Sentivo che
anche Edward voleva pormi la stessa domanda e per quel motivo mi stava
guardando.
“Gliel’ho ordinato in un certo senso.
Non so…però ha funzionato, infatti ora è qui!” sorrisi appena e Carlisle annuì
convinto.
“Ora lasciamolo riposare” il dottore ci invitò
a lasciare la stanza.
“Credo che sia il caso di avvertire Sam”
disse Edward rivolto al padre.
“Si, figliolo. Credo tu abbia ragione.
Ci penso io. Voi andate pure”.
Così Edward ed io ci ritrovammo in
corridoio.
“Avverto Charlie che sono qui” sospirai
“Cos’hai?” domandò il mio ragazzo con
tono preoccupato
Scossi il capo.
“Niente. Penso a Charlie. Mi dirà
sicuramente che ultimamente passo più tempo qui che a casa con lui. Mi spiace
che lo pensi…”
“Però?”
Alzai le spalle.
“Però io voglia di stare insieme a te,
chiacchierare liberamente di tutto e a casa mia quando c’è mio padre di mezzo,
è impossibile. Ci controlla a vista” sbuffai.
Edward ridacchiò.
Lo guardai stralunata.
“L’hai definito nuovamente tuo padre”
sorrise “E comunque lo sai. I padri sono gelosi delle loro figlie femmine”
cantilenò prendendomi in giro e stringendomi a lui.
Sbuffai nuovamente.
“Su, su. Raccontami un po’ di questi
allenamenti con il saggio” fu così che mi lasciai trascinare in camera sua.
Tra un bacio e una mezza parola, gli chiesi
di aiutarmi con gli allenamenti.
Gli spiegai ciò che mi aveva detto il
saggio e lui accettò volentieri.
Sapevo che le cose si stavano facendo
sempre più complicate e temevo che ben presto la finta quiete di quel momento,
si sarebbe spezzata e il vero inferno avrebbe avuto inizio.
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Capitolo 34 *** Visione futura ***
Visione futura
Capitolo 33 “Visione futura”
E il vero inferno ebbe inizio molto
presto.
Era
l’ultimo giorno di scuola e quella sera ci sarebbe stato il ballo.
Ad
ogni angolo dell’edificio scolastico, si potevano intercettare i bisbigli e le
esclamazioni emozionate degli studenti che non stavano più nella pelle.
Come
ad ogni evento mondano Alice era su di giri. Non smetteva più di blaterare di
preparativi, acconciature e trucco, Rosalie le dava man forte. Ovviamente la
protagonista dei suoi progetti diabolici era la sottoscritta.
Da
qualche tempo, Edward ed Alice sedevano al tavolo con me, Mike, Jessica e
Angela. Il mio vampiro sembrava un po' strano e mi chiesi se non si fosse già
reso conto di quello che sarebbe successo immediatamente dopo lo scontro. Ebbi
un fremito al sol pensiero, gesto che lo fece girare dalla mia parte. Edward mi
guardò serio, per poi cingermi un braccio marmoreo sulle spalle.
Dopo
la mensa, io e Edward dovevamo seguire la lezione di biologia.
L'ultima
della mia vita in quel mondo.
Ci
dirigemmo lungo i corridoi fino all'aula, restando in silenzio, ma per tutto il
tempo lui non fece altro che guardarmi. Non potevo sopportare quello sguardo
indagatore che mi perforava il cervello, acuendo il mio nervosismo. Per questo,
una volta accomodatici in aula, lo guardai a mia volta.
“Mi
dici che cos'hai? E' tutto il giorno che mi fissi a quel modo!" esclamai
esasperata.
Edward
non si mosse, anzi intensificò ancora di più lo sguardo, come se mi stesse
studiando, ma non aprì bocca.
Io
sbuffai, intenzionata a voltarmi verso la finestra, ma lui non me lo permise.
Mi prese il viso tra le mani e mi baciò.
Un
bacio ben diverso dal solito: c'era rabbia, frustrazione. Gelosia.
O
almeno furono quelle le sensazioni che io percepii.
Fu
l'entrata degli altri studenti in aula a far allontanare Edward.
Di
mio, restai imbambolata a fissarlo per due minuti buoni, finché il Professor
Barner non attirò la mia attenzione con l'ennesimo esperimento stupido.
Da
quel momento in poi, Edward non mi guardò più.
In
macchina l'unica che sembrava avere vita, era Alice.
Ciò
che potei notare però, erano le strane occhiate che il mio ragazzo le lanciava
di tanto in tanto, attraverso lo specchietto retrovisore.
Occhiate
non ricambiate da parte di Alice.
Quel
pomeriggio ero stata ufficialmente rapita da Rosalie e il folletto che si erano
''gentilmente'' offerte di aiutarmi coi preparativi.
Aiuto
che io non avevo richiesto.
L'idea
del ballo mi emozionava. Il problema vero e proprio era sapere che quello
sarebbe stato l'ultimo momento felice con Edward.
Perché
io sapevo che presto, il vero motivo per cui ero lì, nel loro mondo, sarebbe
emerso.
Rosalie
si era occupata della mia pelle, rendendola morbida e setosa con creme e lozioni
costosissime. Alice, invece, si apprestava a sistemarmi i capelli e il trucco.
Da
quando avevo messo piede in casa loro, avevo la sensazione che mi nascondessero
qualcosa.
Ed
era giunto il momento di capire il cosa.
“...ora
userò questa lozione per capelli che li renderà
molto più morbidi. Dopodiché applicherò una crema...” Alice continuava a
blaterale su cosmetici e quant'altro, ma non le diedi il tempo di proseguire,
perché la interruppi.
Dovevo
sapere.
“Alice”
mormorai decisa, ma non ottenni l'effetto sperato.
“...poi
passerò al trucco...”
“Alice”
riprovai, illudendomi che prima non mi avesse sentito.
Cosa
impossibile per un vampiro dall'udito sopraffino.
“...si
quest'ombretto è stupendo. Col tuo vestito è perfetto.”
“Alice
dannazione! Ora basta!” gridai, alzandomi di scatto dalla sedia e fissandola.
Lei
si immobilizzò sul posto fissandomi con sguardo triste.
“Che
cosa sta succedendo?” chiesi con voce flebile, andando diretta al punto.
“Dimmelo
tu che cosa sta succedendo” ribatté lei apparentemente tranquilla.
“Che...che
vuoi dire?” domandai titubante.
Alice
sospirò, poi fece un passo verso di me, allungando una mano per accarezzarmi il
viso.
“Sai
benissimo di cosa sto parlando, Meredith. Io
ho visto.”
Sbarrai
gli occhi, comprendendo.
Strinsi
le mani a pugno, poi abbassai lo sguardo.
“Perché
vuoi farlo? Perché vuoi farti e fargli
del male?” tremai appena a quelle parole, sentendomi in colpa.
“Io
voglio solo che tutto torni ad essere come deve” rialzai il viso, tornando a
guardarla.
“Io
non faccio parte di questo mondo, Ali. Lo sai benissimo anche tu. Il mio dovere
è impedire all'Ombra di avere i vostri poteri, dopodiché il mio compito qui
sarà finito.”
Alice
sorrise appena, quasi teneramente.
“Ho
già sentito questo discorso. Ma fatti dire una cosa: c'è una cosa che l'Ombra
non ha preso in considerazione e cioè l'amore che tu provi per Edward. Il tuo
dovere, se vogliamo chiamarlo così, è solo quello di essere felice. E tu qui lo
sei.”
“Edward
lo sa?” domandai preoccupata.
“Non
gli ho permesso di capire. Evito di pensarci troppo quando è nelle vicinanze.”
“Cos'hai
visto con esattezza?” domandai tremando.
Alice
mi scrutò qualche secondo, come se stesse soppesando le parole da dirmi.
“Ho
visto te nella tua casa a Detroit che sorridi dolcemente ad un ragazzo di
spalle, dai capelli castano chiaro. E sembri...innamorata. Ma ciò che più mi ha
turbata, per così dire, è che il flash successivo non riguarda più te, ma
Edward che fissa imbambolato una ragazza dagli occhi..."
“Color
cioccolato” finii io per lei con voce incolore e lontana, guadagnandomi
un'occhiata incredula di Alice.
“E
tu come...”
Sorrisi
amaramente.
“Quella
ragazza è Isabella. Isabella Swan. La vera protagonista della vostra storia ed
è l'unico vero amore di Edward Cullen.” mormorai a mezza voce.
“Come
puoi vedere da te, Ali, tutto sarà come stabilito.”
“Edward
non accetterà mai la tua decisione...” alzai una mano, fermandola.
“Non
ce ne sarà bisogno” dissi, puntando i miei occhi nei suoi. Occhi che d'un
tratto divennero vitrei e fissavano il vuoto.
Quando
il suo sguardo tornò nel mio, lei aveva capito tutto.
“Non
puoi farlo davvero. Non puoi...scomparire.”
“Posso
e devo farlo. Per il bene di tutti...” mi fermai, chiudendo appena gli occhi,
inspirando profondamente.
“Per
il bene di Edward” sussurrai con voce tremante, mentre una lacrima mi rigava il
volto.
La
nostra discussione finì lì, perché fummo interrotte dall'ingresso in stanza di
Rosalie.
“Dovreste
abbassare un po’più la voce” disse, richiudendosi la porta alle spalle.
Alice
scosse la testa sorridendo per la battuta della sorella, mentre io deviai
semplicemente lo sguardo della bionda.
“...e
tu ragazzina” aggiunse, puntandomi un dito contro.
“...dovresti
rivedere la tua decisione.”
Un'ora
dopo mi ritrovai in cima alle scale che portavano all’ingresso, a torturarmi le
mani sudate e a controllare respiro e battito cardiaco in previsione del mio
ingresso nel soggiorno dove mi attendeva Edward.
Avevo
promesso ad Alice e Rosalie che per quella sera avrei lasciato fuori ogni
preoccupazione.
E
proprio come ogni adolescente che si rispetti, avevo la tremarella.
Feci
un respiro profondo e scesi le scale, cercando di non inciampare nei miei
stessi piedi. Quando arrivai al penultimo scalino alzai lo sguardo, ma non ero
preparata a quello che mi trovai davanti: il mio Edward era uno splendore nel
suo smoking nero che metteva in risalto il suo fisico slanciato e leggermente
scolpito.
I
pantaloni gli fasciavano le gambe, muscolose e lunghe, alla perfezione.
La
camicia risaltava i pettorali e la giacca gli dava il tocco finale.
Ma
non fu quello a colpirmi di più.
Fu
la sua reazione.
I
suoi occhi si scurirono, diventando da miele a nero, come le più violente delle
tempeste.
Si
avvicinò di un passo, incerto, io indietreggiai di uno scalino, inciampando.
Furono le sue mani gelide ad evitarmi lo schianto sulle scale, così mi ritrovai
a due centimetri dal suo viso. Lui non disse una parola, ma continuò a
fissarmi, come ipnotizzato, passandosi, forse inconsciamente, la lingua sulle
labbra perfette e lisce.
Mi issò in piedi, direttamente sul pavimento del grande salone e fece un passo
indietro per guardarmi meglio. Mi accarezzò più volte con lo sguardo, prima di
prendere parola. Con uno scatto fulmineo mi prese tra le braccia e avvicinò il
naso al mio collo, annusando il punto dove affluiva maggiormente il sangue.
Percorse
la vena, risalendo poi al mio orecchio.
“Sei
un incanto questa sera...” mi soffiò con voce sensuale e arrochita, facendomi
arrossire vistosamente fino alla punta dei capelli.
“G-grazie”
balbettai in risposta. “Anche tu” furono le uniche parole che riuscii a dire.
Edward
si allontanò appena e ritornò un secondo dopo con in mano una scatolina bianca.
Lo
fissai stranita.
“Che
cos'è?” domandai curiosa, avvertendo l'imbarazzo sparire del tutto.
Edward
mi sorrise dolcemente e mi accarezzò una guancia.
“Questo
è solo un piccolo pensiero affinché tu non ti scordi di me.” sussurrò l'ultima
parte in tono triste o forse quella fu la mia impressione.
“Hai
intenzione di aprirla o preferisci continuare a fissarmi a quel modo?” domandò
subito dopo col suo classico sorriso sghembo.
Scossi
la testa, abbozzando un sorriso e afferrando la scatolina.
La
scartai con impazienza, tremando le mani leggermente tremolanti e quando
l'aprii, rimasi a bocca aperta.
“Ti
piace?” domandò Edward con tono impaziente.
“Sono
senza parole...”
“Questo
vuol dire che ti piace?” incalzò lui.
Non
gli risposi, ma gli lanciai le braccia al collo e lo baciai con impeto.
Inizialmente
lui si irrigidì per la sorpresa, ma bastarono pochi secondi affinché anche lui
approfondisse il bacio, stringendomi avidamente la schiena lasciata nuda dal
vestito.
Ci
staccammo ansanti e lui posò la fronte sulla mia, sorridendo beato.
“Lo
prendo come un si. Possiamo andare ora?” chiese lui, porgendomi il braccio e
incamminandosi verso la porta di ingresso, aprendola.
Il
tema del ballo erano gli anni cinquanta; la sala era adornata con palloncini
colorati ovunque e sopra il palco troneggiava lo striscione ''Classe 2006''.
Tutt'intorno
alla pista da ballo c'erano tavoli rettangolari in alluminio e divanetti in
pelle, tipici dei locali in stile anni cinquanta. In un angolo, c'erano il
bancone del bar e il buffet.
Appena
arrivati, Edward mi accompagnò al tavolo dove c'erano i suoi fratelli.
Alice
indossava una gonna bianca a palloncino con pois rossi. Sopra una camicetta
anch'essa bianca con il colletto in pizzo e le maniche a sbuffo, ai piedi portava
un paio di decolté rosse.
I
capelli lasciati liberi, modellati col gel.
Rosalie
invece, indossava un vestito rosso con scollo squadrato, le bretelle spesse,
dal corpetto stretto che metteva in risalto la vita sottile e la gonna ampia e
a pieghe. Ai piedi portava un paio di scarpe nere dal tacco vertiginoso.
I
capelli erano stati sciolti in morbide onde che le coprivano le spalle, fermati
in un lato con un fermaglio a forma di farfalla.
Sia
Emmett che Jasper erano elegantissimi nei loro smoking neri, come quello di
Edward.
“Aspettami
qui, vado a prenderti qualcosa da mangiare” mi mormorò lui nell'orecchio per
poi allontanarsi.
Lo
seguii con lo sguardo fino al buffet, guardandomi attorno con stupore e
curiosità.
“Come
fai a mangiare quelle schifezze?” fu Emmett a parlare, attirando la mia
attenzione su di lui.
Aveva
una smorfia schifata dipinta in viso.
Io
scoppiai a ridere divertita.
“E
voi come fate a bere il sangue?” ribattei sorridendo.
“Giusta
osservazione.” rispose Jasper.
Nel
frattempo arrivò Edward, che mi mise davanti un piatto colmo di ogni cosa
commestibile presente al buffet.
Lo
guardai divertita, scuotendo la testa.
“Hai
intenzione di mettermi all'ingrasso per caso?” chiesi in tono divertito.
Lui
ridacchiò imbarazzato, scompigliandosi i capelli ancora di più di quel che
erano.
“No,
è che non sapevo cosa avresti gradito di più” mormorò, sedendosi accanto a me.
“Non
fa nulla, davvero. Mangerò quello che mi va.” sorrisi, intenerita dalla sua
premura, lui rispose al sorriso con uno dei suoi.
Alice
prese Jasper per un braccio e alzandosi ci annunciò che sarebbero andati in
pista. Emmett e Rosalie li seguirono a ruota, lasciandoci soli.
Mangiai
in silenzio e nonostante la promessa fatta a Rosalie e Alice, continuai a
pensare a ciò che avrei dovuto fare.
Non
mi accorsi neanche che Edward si era avvicinato, se non quando parlò.
“Va
tutto bene, Meredith?” domandò ed io sussultai sul posto, voltando di colpo la
testa verso di lui.
“Si,
si.” risposi frettolosamente e questo lo insospettì, perché mi lanciò uno
sguardo alquanto eloquente.
“Ne
sei sicura? C'è qualcosa che dovrei sapere?”
“No.
Perché mi fai questa domanda?”
“Tu
e Alice siete troppo strane. Lei evita di pensare a qualcosa di sensato in mia
presenza e tu sei fin troppo silenziosa e distante.”
Io
non risposi, dandogli modo di sospettare ancora di più. Mi maledissi
mentalmente per non aver pensato a niente di sensato per deviare il discorso.
Ogni volta che si trattava di Edward, il mio cervello si resettava in
automatico.
Fui
in grado solo di abbassare il capo sulle mie mani, poggiate in grembo.
“Quindi
è così? Mi state nascondendo qualcosa?” riprovò ma senza successo, perché non
risposi nemmeno stavolta.
Sentii
gli occhi pungere insistentemente, cercai però di non darla vinta a quelle
stupide lacrime. Poi avvertii la mano di Edward carezzarmi i capelli.
“Meredith,
guardami.” mi chiamò dolcemente. Non ebbi, però, il coraggio di farlo. Sapevo
che se avessi alzato lo sguardo, incrociando i suoi dolcissimi occhi ambrati,
sarei crollata in un pianto disperato.
Quella
situazione mi stava uccidendo.
A
quel punto fu lui a sollevarmi la testa, mettendomi due dita sotto il mento e fissandomi
dritto negli occhi.
Deglutii
aria, tremando appena sotto il suo sguardo indagatore.
“Dimmi
la verità" mormorò a bassa voce
“Fidati
di me...” aggiunse usando un tono di voce abbastanza persuasivo.
Scossi
la testa, chiudendo gli occhi per un attimo.
“Io
mi fido di te. Totalmente.” dissi, riaprendo gli occhi per guardarlo.
“E
allora perché non mi dici cosa sta succedendo? Perché mi escludi dalla tua
mente?” storse il naso, fissandomi.
Io
sospirai, portandomi una mano tra i capelli.
“Vedo
che gli allenamenti con Kabkaiti ti stanno aiutando molto. E per quanto possa
essere fiero di te e dei tuoi progressi in virtù dello scontro con l'Ombra,
detesto che tu usi i tuoi poteri con me.”
Accennai
un mezzo sorriso, contenta di riuscire a tenere Edward fuori dalla mia mente. E
proprio il riferimento al vecchio saggio mi fece venire un'idea.
“Non
mi piace mostrarmi debole, Edward” dissi con finta tranquillità.
Detestavo
mentirgli, per questo distolsi lo sguardo, volgendo la mia attenzione agli
studenti in pista, concentrandomi su Alice che mi lanciò una rapida occhiata.
“Vorrei
evitare questo scontro. Non mi è mai piaciuto vedere lottare la gente” dissi,
scuotendo la testa.
In
fondo non stavo mentendo del tutto.
Io
odiavo sul serio ogni forma di violenza.
“E
se non te ne parlo è perché non voglio che ti preoccupi inutilmente per me.”
“Mi
fai preoccupare di più se non mi parli, perché ciò che preoccupa te, preoccupa
anche me.”
Edward
richiamò la mia attenzione sfiorandomi la guancia.
“Non
privarmi del tuo sguardo, perché mi fa male e mi fa ancora più male sapere che
tu mi nasconda le cose, perché mi fa pensare che non ti fidi abbastanza di me.”
Disse per poi sospirare e passarsi una mano sul viso, prima di guardarmi
nuovamente.
“Quello
che tu non hai ancora capito di me è che quello che io provo per te va al di là
della tua umana concezione” fu impossibile per me non deglutire e sentirmi
stranamente agitata.
“Non
ci sono parole per descrivere quello che sento e non esistono paragoni”
continuò lui.
“Io
ho bisogno che tu ti fidi di me, perché ti amo e solo tu puoi salvarmi dalla
non vita. So quello che ti preoccupa, ma c’è solo una persona che può farmi del
male e quella sei tu.”
Non
poteva farmi confessione peggiore.
Le
sue parole furono come pugnalate. Le sentivo riecheggiare nelle orecchie,
insieme al discorso che Alice mi aveva fatto quel pomeriggio.
Socchiusi
gli occhi per un attimo, ma non lasciai mai realmente il suo sguardo.
“Ferirti
è l’ultima cosa che vorrei fare, devi credermi Edward e voglio che tu questo te
lo ricordi sempre” dissi decisa.
“E
mi fido di te, l’ho già detto prima. Non immagini nemmeno quanto tu per me sia
importante” scossi la testa, avvertendo il peso di quella verità serrarmi lo
stomaco.
“Se
ti fidi di me, dovresti dirmi le tue reali preoccupazioni, perché so che c’è
qualcosa che non va. Ti conosco. Non mi hai mai mentito finora e non vedo
perché devi incominciare ora. Sembra che tu mi voglia evitare e questo mi fa
male” Edward intensificò maggiormente il suo sguardo.
“Se
ci hai ripensato riguardo a noi, non c’è bisogno di mentirmi. Basta una tua
parola ed io sparirò dalla tua vita, come
se non fossi mai esistito.”
Non
ci fu bisogno che io mi toccassi il viso: le lacrime scivolavano giù, senza che
io potessi far niente per frenarle.
Strinsi
le mani a pugno, conficcandomi le unghie nella pelle.
Ero
certa che lui avesse visto almeno una parte della visione di Alice e il
pensiero che Edward avesse anche solo pensato a me con un altro, mi fece
ribollire il sangue nelle vene.
“Come
puoi dubitare dei miei sentimenti per te?” sibilai con rabbia, fissandolo
truce.
“Pensi
davvero che io non ti voglia più?” mi alzai di scatto dal divanetto,
sovrastandolo.
“Se
è ciò che pensi, allora non hai capito niente di me” mormorai con amarezza,
abbassando lo sguardo e dandogli le spalle, incamminandomi verso l’uscita che
dava sul giardino. Ma le mani di Edward mi impedirono di proseguire oltre: mi
abbracciò da dietro facendo scontrare la mia schiena col suo petto.
“Perdonami.
Non era mia intenzione ferirti. È solo che ti sento distante e non riesco a
capire” bisbigliò al mio orecchio.
Io
chiusi gli occhi d’istinto, sospirando.
“Sono
solo stanca e stressata. Tutte queste responsabilità mi pesano” mormorai con la
voce ancora incrinata dal pianto.
Edward
mi fece voltare verso di lui, tenendomi comunque tra le sue braccia. Asciugò le
mie lacrime con un dito.
“Affronteremo
ogni cosa insieme, Meredith. Non devi sentirti obbligata a fare niente. Io e la
mia famiglia combatteremo al tuo fianco” disse, poi si allontanò di poco, abbozzando
un mezzo sorriso. Fece un lieve inchino, porgendomi la mano.
“Signorina,
Le va di concedermi questo ballo?” domandò in tono sensuale, ma allo stesso
tempo divertito.
Io
mi ritrovai a sorridere e ad annuire.
“Si,
mio prode cavaliere” risposi stando al gioco e facendo un inchino a mia volta.
Passammo
il resto della serata a danzare, entrambi nel tentativo di tenere lontano da
noi le immagini di quella visione.
***
So che può sembrare un miraggio, ma non è così.
Ad un anno di distanza, riesco finalmente ad aggiornare questa fan fiction.
Non avete idea di quanto sia stato difficile non riuscire più a scrivere di Meredith e Edward.
Sono cresciuta molto con questa fan fiction e la sento un po' come se
fosse mia figlia, quindi tornare a parlarvi attraverso di essa, mi
riempie il cuore di gioia.
Spero che qualcuno abbia avuto la pazienza di aspettarmi in questi mesi.
E' un capitolo di passaggio, nel prossimo vedremo l'Ombra in azione...cos'accadrà?
Dedico questo capitolo a Jenny, la mia sorellona. Se non fosse per lei,
io non avrei mai ripreso in mano questa fan fiction. Mi ha aiutata con
la stesura di questo capitolo e lo farà anche con quello
successivo.
Grazie sis <3.
Al prossimo aggiornamento.
Baci.
Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio
diletto. I personaggi di Twilight non mi appartengono, sono di
proprietà della Meyer. Meredith, Andrew, l'Ombra, Kabkaiti e
Jannasute invece, sono di mia invenzione.
Marghe
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