Dreaming

di Sognatrice85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Dentro un sogno ***
Capitolo 3: *** Forks High School ***
Capitolo 4: *** Cambio di lezione ***
Capitolo 5: *** Alice Cullen ***
Capitolo 6: *** I Black ***
Capitolo 7: *** Mancamento ***
Capitolo 8: *** Incidente ***
Capitolo 9: *** Sfuriata ***
Capitolo 10: *** Ripetizioni di biologia ***
Capitolo 11: *** Incubi e visioni ***
Capitolo 12: *** La verità ***
Capitolo 13: *** La famiglia Cullen ***
Capitolo 14: *** Il racconto di Meredith ***
Capitolo 15: *** Incomprensioni ***
Capitolo 16: *** Decisione ***
Capitolo 17: *** Partenza ***
Capitolo 18: *** Phoenix ***
Capitolo 19: *** Detroit ***
Capitolo 20: *** Le parole che non ti ho detto ***
Capitolo 21: *** Ho bisogno di te ***
Capitolo 22: *** Io e te ***
Capitolo 23: *** Amarti a modo mio ***
Capitolo 24: *** Il libro ***
Capitolo 25: *** Le voci ***
Capitolo 26: *** Il parco giochi ***
Capitolo 27: *** Jacob, il branco e Emily ***
Capitolo 28: *** Andiamo incontro al destino ***
Capitolo 29: *** Alla ricerca della verità ***
Capitolo 30: *** Paura, amore e desiderio ***
Capitolo 31: *** Un errore? ***
Capitolo 32: *** May I ***
Capitolo 33: *** Missione: proteggere la propria mente ***
Capitolo 34: *** Visione futura ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Prologo

 

Quando  sogni ad occhi aperti corri il rischio di rimanere intrappolata nelle fantasie che, giorno dopo giorno, la tua mente ricama. Divertita, contenta, segue il ritmo che tu vuoi dargli, ma il problema più grande è che quando ci mescoli il cuore, i giochi si fanno più duri. Non è facile uscirne, quando ci sono di mezzo i sentimenti, sottrarsi a quella fantasia è complicato…ma se i sogni dovessero diventare realtà? Se un giorno tu dovessi svegliarti e scoprire di vivere la favola che tanto desideravi?

 

 

 

“La vita e i sogni sono pagine di uno stesso libro .La lettura seguita è la vita reale.

Ma quando l’ora abituale della lettura (il giorno )è trascorsa ,e arriva il momento del riposo,

Noi continuiamo spesso a sfogliare oziosamente il libro, aprendo a caso questa pagina o quella, senz’ordine e senza seguito, imbattendoci ora in una pagina già letta, ora in una nuova;ma il libro che leggiamo è sempre il medesimo.

La singola pagina isolata, pur priva di connessione con l’ordinata lettura dell’intera opera,non ne differisce tuttavia granché, quando si pensa che comincia e finisce all’improvviso anche la lettura regolare, e può quindi ritenersi come una pagina unica, sebbene un po’ più lunga…”

 

Arthur Shopenhauer,da “Mondo come volontà e rappresentazione”

 

 

“Dovresti smetterla di leggere in continuazione” mi sgridò divertito Andrew, mio fratello “Un giorno finirai col risvegliarti in uno dei tuoi libri” sbuffai sonoramente.

“Ma possibile mai che tu non capisca che amo leggere?!” risposi esasperata per l’ennesima ramanzina di mio fratello “Sì, ma ti isoli dal mondo e non va bene, io lo dico per te” disse accarezzandomi una guancia, sospirai “Lo so, Andrew, ma è così bello sognare ad occhi aperti. Almeno per qualche ora posso far parte di un mondo dove l’amore è realmente sentito e vissuto, non come per noi: tutto viene dato per scontato e i sentimenti facilmente calpestati e derisi” risposi sorridendo.

“Sei una testona! Io non sto dicendo che non devi leggere e sognare, solo che dovresti essere più socievole, Meredith” mi guardò severo “Così finirai per rimanere sola!” i suoi occhi scuri si fissarono nei miei, tristi di quella verità. Io ero sempre stata sola, la mia unica compagnia erano i libri, oltre a mio fratello che mi amava in modo smisurato e si era occupato di me quando nostra madre era morta per un tumore. Una morte che aveva inciso molto sul mio modo di essere, io dipendevo completamente dalla mamma: lei sapeva come incoraggiarmi, lei conosceva perfettamente i miei sogni, volevo diventare una brava pianista, amavo comporre e lei credeva nel mio talento “Se insisti e persisti,insegui e conquisti” mi diceva sempre ed io sorridevo grata di quell’amore e di quella fiducia che mi scaldavano il cuore, mi facevano credere che un giorno anche io ce l’avrei fatta. Quando morì, però, il mio sorriso si spense con lei; la mia gioia di vivere e di suonare erano svanite, se solo provavo ad avvicinarmi al pianoforte, i ricordi facevano capolino nella mia testa, portandomi ad una crisi di pianto esasperante, tanto che sotto consiglio medico, smisi di suonare. Erano ormai tre anni che non toccavo un pianoforte e quella passione era stata lentamente messa da parte e sostituita dai libri; ogni volta che leggevo mi sentivo  bene, completa, ma soprattutto riuscivo ad immaginare un destino diverso per me. In ogni storia  ritrovavo un po’ di mia madre e mi legavo ad esso per mantenere sempre vivo il suo ricordo, non rendendomi conto che così mi facevo solo più male.

Quell’anno mi erano arrivati sotto mano quattro libri di una saga, incuriosita dal successo che avevano avuto l’anno precedente, li acquistai. Come mio solito, aspettai che il fenomeno scemasse, odiavo essere paragonata a coloro che acquistavano un libro solo perché lo facevano tutte, una stupidissima moda, o soltanto perché fosse collegato ad un film e quindi ad un bell’attore. Avevo iniziato a leggerli due giorni prima, ma mi avevano talmente coinvolta che non m’ero resa conto che ero già al terzo libro; stavo per finirlo, quando mio fratello era entrato nella  mia stanza per farmi la solita  predica. Sapevo che lo diceva per me, sapevo che voleva vedermi tornare a sorridere e a suonare ma non potevo, o meglio, non volevo.

“Ora vai a nanna, sorellina. Domani ci aspetta un‘ altra giornata di scuola, due anni e il diploma sarà tuo!” mi sorrise debolmente, io annuii, incapace di aggiungere altro. Andrew s’avvicinò, mi baciò la fronte e se ne andò, lasciandomi sola con i miei pensieri. Sospirando per l’ennesima volta, mi misi il pigiama e mi accoccolai sotto le coperte, tra le mani “Eclipse”, ma prima di immergermi in quel mondo fantastico e lasciarmi travolgere dall’amore smisurato che Edward provava per Bella, voltai un’ultima volta lo sguardo verso la finestra: desideravo che quel perfetto vampiro gentiluomo, di cui tanto amavo leggere, potesse entrare dalla mia finestra e portarmi con sé. Volevo soltanto sentirmi amata e accettata per ciò che ero. Ma sapevo bene che nella realtà, uno come lui non sarebbe mai esistito. O no?

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Capitolo 2
*** Dentro un sogno ***


Dentro un sogno

Buon giorno e buon sabato a tutti.
Vi scrivo dall’alloggio universitario, da martedì mi sono ufficialmente trasferita qui. E anche da qui vi penso e posto, non lascio a metà le mie storie…
Non ho moltissimo tempo, perché ora sono immersa nello studio, nel seguire i corsi, è tutto frenetico, ma mi piace tanto.

 

Emmajane: grazie per aver letto e recensito, mi auguro di saper mantenere viva la tua curiosità. Farò del mio meglio…ah la fantasia fa danni, ormai sono intrappolata nelle mie fan fiction uff…spero che questo capitolo possa piacerti ^^

 

Fracullen: grazie mille, mi auguro resti interessante fino alla fine :), ci tengo molto alla buona riuscita di questa storia…

 

Synie: mi invidi??? E come mai?!? Forse le sensazioni mi son venute bene perché le ho vissute, non so…mmm…c’è tanto di me in Meredith. Non posso farci niente, in ogni storia che scrivo, ci lascio qualcosa di mio, non riesco a discostarmi. Scusa la smetto di blaterare. Ti lascio alla lettura del capitolo, spero di piaccia…

 

Lady jadis: leggere la tua recensione mi ha commossa…le tue parole sanno sempre arrivarmi dritte al cuore, si depositano lì e mi fanno stare bene. È così bella questa sensazione, sai? Grazie per quello che fai, per quello che mi dici, per il tuo credere così tanto in me…non so come fai, ma è bello…grazie, grazie, grazie…!!!

 

Un saluto speciale alla mia amica meravigliosa, Jenny…grazie per tutto!!! e grazie a chi ha inserito la storia tra preferite/seguite!!! siete meravigliose!!!
Ora vi lascio al capitolo…alla prossima…

Capitolo 1 “Dentro un sogno”

Un albero,

due alberi,

tre alberi.

Possibile che attorno a me tutto fosse così…verde? Ovunque mi voltassi, ogni cosa sapeva di pioggia, di viscido e per camminare dovevo ben guardare dove mettessi i piedi. Quel posto mi incuteva paura, sentivo ogni sorta di rumore alle mie spalle, ma avevo il terrore di voltarmi; spesso mi sembrava di udire un ringhio, ma non permettevo a quest’informazione di giungere al cervello per essere effettivamente elaborata, la scacciavo via prima che il danno fosse irreparabile. Però ad un certo punto, quel ringhio giunse troppo vicino al mio orecchio: paralizzata mi fermai, chiusi gli occhi terrorizzata. Sentivo qualcuno soffiarmi sul collo, un soffio glaciale, ma non provai ribrezzo, bensì piacere…un immenso e inspiegabile piacere. Ansimai quasi, riaprendo di scatto gli occhi, ma sentii che la figura alle mie spalle si era irrigidita. “Chi sei?” chiesi senza alcuna paura, scossa ancora da quella strana sensazione “Il tuo peggiore incubo” al suono di quella voce tanto roca e calda tremai, ma non di paura e il mio cuore tamburello talmente forte che il suo suono rimbombò nell’aria circostante. Mi stavo per voltare quando, un rumore fastidioso mi costrinse a chiudere gli occhi. Quando li riaprii, notai un comodino beige con su una strana sveglia rossa, mi strofinai gli occhi con un braccio, poi mi resi conto di trovarmi in una stanza, di scatto mi misi seduta sul letto, mi guardai intorno stupefatta. Quella non era la mia camera e quello in cui ero stesa, non era il mio letto. Provai a chiudere e a riaprire gli occhi numerose volte, ma nulla, tutto restava com’era. Sconvolta fissavo le pareti, erano azzurre, il soffitto a punta, sulla sinistra ai piedi del letto c’era una vecchia sedia a dondolo, illuminata dalla fioca luce che proveniva dalla finestra, racchiusa da tendine ingiallite probabilmente dal tempo. Sul lato destro una scrivania, su di esso un pila di libri e un computer vecchiotto, di seguito un piccolo armadio di legno e uno specchio. Per terra, il pavimento era di legno, sembrava abbastanza pulito, notai un sottile filo nero: ne seguii il percorso e vidi che era collegato al cavo del telefono, con gli occhi tracciai il percorso al contrario e capii: si trattava di un vecchio modem per computer. Stranamente non mi sentii a disagio, sorrisi “E’ un bel sogno!” dissi “Ma credo sia giunto il momento di tornare alla realtà” e mi diedi un pizzico, ma non accadde niente “Se è uno scherzo è di cattivo gusto” riprovai ancora, ma nulla. Un senso di agitazione cominciò a scalpitare dentro di me “Andrew, Andrew, Andrew!!!” gridai in preda al panico, quando la maniglia della porta s’abbassò, sorrisi, ma dovetti ricredermi quando la figura che m’apparve dinanzi non era quella che mi aspettavo: al suo posto un signore di media altezza, capelli e baffo castani che mi guardava impaurito “Figliola tutto apposto?” mi accigliai “E’ uno scherzo, vero?” chiesi squadrandolo “Dov’è Andrew? Cosa ci faccio qui!” urlai indicando la stanza, il signore mi scrutò confuso “Hai deciso tu di trasferirti qui, non lo ricordi?” mi portai le mani alle tempie, cercando di calmarmi, ma come potevo? Mi trovavo in una casa che non era mia e quel signore mi aveva chiamata “figliola”, ma non lo conoscevo affatto. Si avvicinò e mogio si sedette sul letto, quasi temesse la mia reazione “Se vuoi tornare a Phoenix da Renée, io lo capisco…” disse guardando a terra.
Un attimo. Aveva detto Renée? Questo nome mi era familiare, mi portai una mano sotto il mento e cominciai a vagliare i luoghi dove avevo potuto conoscere una persona con questo nome. A scuola non di certo, non era una compagna di mio fratello, né una ex…Poi d’improvviso, m’illuminai. Cominciai a ridere “Non è possibile!” mormorai più a me stessa, l’uomo ora mi fissava sconvolto “No, ditemi che è un sogno. Tu sei Charlie per caso?” chiesi ancora ridendo, tenendomi la pancia con la mano “Signorina Swan, siamo ironiche a prima mattina? Chi altro potrei essere secondo te?” mi asciugai le lacrime, fuoriuscite per le troppe risate “E io sarai Isabella Swan?” Charlie ridacchiò “Ora vuoi essere chiamata col tuo secondo nome? Se hai sempre detto che è orribile” mi bloccai. Dunque non mi chiamavo Bella? “Signorina Meredith Isabella Swan” pronunciò il mio nome completo, come se mi avesse letto nel pensiero “Se abbiamo finito con le battutine, io dovrei andare a lavoro e tu a scuola. È il tuo primo giorno. Giù troverai il Chevy di cui ti ho parlato ieri” sobbalzai. Stavo sognano, non poteva essere reale. “Quello che hai acquistato da Billy?” domandai speranzosa “Esatto, sempre quello. Non è cambiato nulla da ieri, Meredith. Ora sbrigati o farai tardi” si alzò e si avviò verso la porta, prima di uscire disse:”Ah poi dovrai spiegarmi chi è questo Andrew che tanto reclamavi prima…” e senza voltarsi scese le scale, lasciandomi sbigottita. Perfetto e ora come gli spiegavo che era mio fratello e che io non ero sua figlia? Mi sarei dovuta inventare quanto prima qualcosa, ma sbagliavo o nel libro Bella diceva che il padre era discreto…bah…
Balzai in piedi, mi guardai ancora attorno e risi. Assurdo. Mio fratello aveva ragione, infondo non mi dispiaceva. Risi ancora, ma mi fermai non appena ricordai cosa mi aspettava quel giorno: avrei incontrato lui, il mio vampiro. Il cuore cominciò freneticamente a battere “Oh cavoli e ora che mi metto?!?” corsi all’armadio e dopo varie indecisioni, optai per un jeans e un maglione lilla, mi affacciai alla finestra e ovviamente, come descritto nel libro, il cielo era plumbeo e pioveva. Sorrisi. Sogno o no avevo deciso che mi sarei divertita, volevo sfruttare questa possibilità. Poi non era detto che Edward ci fosse realmente e con lui tutta la storia dei vampiri.
Mi feci una rapida doccia, mi vestii, soffermandomi a lungo allo specchio: ero pur sempre io, anche se con secondo nome e cognome diversi. Non ero bella, ero nella media, né troppo alta, né troppo bassa, formosa, anche troppo a mio parere. Carnagione chiara, occhi castani, tendenti al verde alla luce del sole, li avevo ereditati da mamma e i miei capelli castano chiari, mossi scendevano ribelli sulle spalle. Gli sarei piaciuta? Sarei stata in grado di attirarlo? Lo desideravo, sentivo e pretendevo di essere stretta dalle sue braccia possenti, sentire il suo fiato sul collo, la sua voce nelle mie orecchie. Ma che razza di pensieri stavo facendo? Neanche lo conoscevo, anzi non sapevo neanche se esistesse realmente. Stupida, idiota! Imbarazzata, mi sistemai una ciocca dietro l’orecchio e di corsa scesi giù a fare colazione, Charlie era lì che mi aspettava, prima di parlare mi fissò a lungo “Ti sei ripresa?” domandò curioso “Si, scusa per prima, ma avevo fatto un incubo!” “Sei proprio stramba, stare con tuo madre ti ha reso come lei” sentire il nome “madre” mi fece sussultare e mi rabbuiai “Ho detto qualcosa che non va?” negai con la testa “Vado a scuola. A dopo” “In bocca al lupo, Mery” mi girai sconvolta, solo mia madre mi chiamava così e non volevo che qualcun altro lo facesse, nessuno poteva prendere il suo posto “Non chiamarmi in quel modo, non mi piace” dissi scura in volto “Ok…sei tanto cresciuta, figlia mia” “Già…” chinai il capo e corsi fuori al pick up, pronta per questa nuova avventura.

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Capitolo 3
*** Forks High School ***


Forks High School


Ciao ragazze/i, come state?
Ultimamente riesco a passare poco su efp e di conseguenza non leggo i vari aggiornamenti, spero di finire presto questi esami, così da recuperare il tutto.

Sono davvero contenta che qualcuno legga la mia storia, è nata da un sogno e dopo varie riflessioni ho deciso di cominciare a scriverci su ed ecco qui, la fan fiction…

Grazie a chi mi ha inserita tra preferiti, storie seguite e a chi legge!!!

AshG: Beh se te lo dico che sfizio c’è a leggere?:P…lo scoprirai mooolto presto, spero ti piaccia. Sono ben accetti i suggerimenti…

Synie: grazie per il complimento!!! È bello leggere certe cose, son contenta che le mie emozioni ti arrivino… 

Emmajane: eheh credo che un po’ tutti lo vorremmo eheh XD

Ed ecco a voi il secondo capitolo, cosa succederà a scuola??? E con la famiglia Cullen??? Curiose? Beh allora leggere…:D

Capitolo 2 “Forks High School”

 

Entrai nel pick up, sapeva di tabacco e benzina, proprio come citava Bella. Scossi il capo e misi in moto, un rumore assordante si propagò nell’aria, chiusi gli occhi e sospirai, accesi la radio e partii. Trovai la scuola poco dopo, dinanzi ad essa aleggiava un enorme cartello con su scritto “Forks High School”, impossibile non vederlo. Parcheggiai il più lontano possibile dalle altre auto, osservai la struttura e sorrisi. Mi piaceva: quei mattoncini rosso scuro mi trasmettevano sicurezza e calore, sensazione completamente opposta a quella che provavo nella mia scuola di Detroit, dove tutti mi trattavano come un’appestata, solo perché me ne stavo per conto mio e non condividevo il loro folle modo di vivere.
Sbuffando, scesi dal mezzo, mi guardai intorno alla ricerca di un’auto, quell’ auto, ma non c’era ancora, in realtà il parcheggio era ancora deserto. Sconsolata entrai in uno degli edifici, sulla cui parete spiccava il cartello “Segreteria”, feci qualche passo a piedi lungo un sentiero di ciottoli e mi ritrovai dinanzi ad una porta che dava in un ufficio piccolo e caldo. Guardai dinanzi a me e dietro un enorme bancone, c’era una signora grossa dai capelli rossi che non appena mi vide sorrise “Posso aiutarti?” “Ehm si…sono Meredith…” mi guardò inforcando gli occhiali, aprii lo zaino e sperai di trovarci un tesserino. Lo tirai fuori e lo porsi alla signora che lo lesse “Meredith Isabella Swan, la figlia dell’ispettore di polizia. Ti stavamo aspettando”  sorrise e ciò mi ricordò che Forks era un piccolissimo paese dove le voci giravano subito: tutti attendevano la figlia del capo della polizia. Dovevo aspettarmi gli occhi addosso di tutti, avrei retto? Detestavo stare al centro dell’attenzione e in questo ero simile a Bella, preferivo starmene in pace nel mio angolino e osservare ciò mi circondava, senza mai esserne protagonista.
Intanto la signora maneggiava le carte sul bancone, dalle quali estrasse un foglio col mio orario, una cartina dell’edificio e un modulo da far controfirmare a ognuno dei professori e che dovevo riportare in segreteria al termine delle lezioni.
Una volta fuori, osservai il mio orario “Letteratura, Mr Mason, edificio 3” sussurrai “Proprio come Bella” sorrisi debolmente, la paura stava nascendo prepotentemente dentro di me, temevo di non sentirmi a mio agio, ma ciò che più temevo era Edward. Non potevo sopportare che mi odiasse, non volevo che il mio sangue lo allontanasse da me…ma del resto se volevo avvicinarlo, dovevo per forza solleticare la sua sete.
Seguendo una fila di studenti, giunsi all’aula preposta per la lezione, tolsi l’impermeabile, feci firmare il modulo al professore che mi indicò un posto infondo. Sentivo gli sguardi di tutti addosso, ma non ci badai, mi concentrai sulla lista di letture che il professore ci stava elencando, anche in questo caso sorrisi compiaciuta: come Bella, ero un amante dei classici e li avevo già letti tutti. Quando la campanella suonò, un ragazzo dai capelli neri si voltò nella mia direzione e mi sorrise “Tu sei Meredith Swan, non è vero?” “Si”, notai subito che tutti ci stavano fissando e mi sentii tremendamente a disagio “Qual è la tua prossima lezione?” “Mmm, aspetta ho bisogno dell’orario” lo afferrai dallo zaino e lo lessi “Educazione civica, edificio 6” “Bene, io devo andare al 4, se vuoi ti accompagno” annuii “Ah comunque io sono Eric” “Piacere” sorrisi debolmente. Sapevo che mi avrebbe chiesto di Phoenix, non c’ero mai stata in realtà e qui mi veniva in aiuto il libro, avendolo letto da poco, le informazioni erano ancora fresche “Così c’è una bella differenza tra qui e Phoenix, eh?” domandò Eric curioso “Beh si, lì c’è sempre il sole, qui invece piove 365 giorni l’anno” affermai decisa “Ma tu non sembri così abbronzata” constatò lui. Ecco qui Bella faceva la battuta e diceva che sua madre era albina, ma Eric non la capiva, evitai così di recitarla, infondo io non ero Bella “Diciamo che non amo molto espormi al sole” confessai sincera.
Qualche minuto più tardi, giungemmo dinanzi l’aula, Eric ed io ci fermammo “Buona fortuna. Magari ci vediamo a qualche altra lezione” annuii poco convinta e felice di non esser più soggetta a tutte quelle attenzioni.
Nelle successive lezioni, molti altri ragazzi si presentarono e mi chiesero, come da copione, come trovassi Forks, una ragazza minuta e riccioluta che io riconobbi subito come Jessica Stanley, la pettegola della scuola, mi seguì sia a trigonometria che a spagnolo e si offrì di accompagnarmi alla mensa.
Sapevo che il momento della verità si stava avvicinando, camminavo il più lentamente possibile, avevo il cuore in gola e in più sovraccaricata di un dubbio a cui avevo pensato durante le ore di lezione: e se io non fossi stata immune al potere di Edward? Se lui poteva leggermi la mente, avrebbe scoperto tutto in un batter d’occhio, d’altronde però era anche vero che Alice mi avrebbe già dovuta vedere arrivare. Sbuffai numerose volte, attirando l’attenzione di Jessica che mi guardava stranita, le sorrisi provando a placare la sua sete di “sapere”, ma sentivo che ben presto mi avrebbe bombardata di domande. Non avevo minimamente prestato attenzione al suo discorso, annuivo senza avere la più pallida idea di cosa stesse dicendo, troppo presa dalla paura di ciò che sarebbe successo.
Entrati in mensa, la prima cosa che feci fu guardarmi intorno, cercandoli, belli com’erano non potevano non essere notati, almeno secondo quello che sosteneva Bella. Non vidi nessuno, probabilmente per il caos che regnava in quel posto, sospirando mi diressi insieme a Jessica ad un tavolo dove vi erano alcuni suoi amici ed evitai di pensare a “loro”. Alzando lo sguardo, notai Eric da un altro tavolo, che mi stava salutando, risposi con un cenno della testa e fu proprio quando spostai gli occhi che li vidi. Il cuore mi balzò immediatamente in gola e fu difficile non cominciare a tremare; quanto avevo voluto vederli, quanto avevo desiderato osservarli e accertarmi che fossero davvero così belli. Erano seduti al tavolo più lontano e come descritto da Bella, erano in cinque, tutti bellissimi come fossero degli dei. Non mangiavano, né tanto meno parlavano e non mi guardavano, sospirai di sollievo. Erano molto diversi tra loro: uno era robusto, grosso, aveva i capelli neri e ricci e doveva essere Emmet, subito dopo c’era un ragazzo alto, muscoloso, i capelli biondissimi che riconobbi come Jasper. Ma quando posai gli occhi sul terzo, trattenni il fiato: Edward era più piccolo e giovane rispetto agli altri, ma nonostante ciò era di una bellezza strabiliante, accecante. I capelli bronzei e spettinati, ricadevano ribelli sulla sua fronte e il suo viso era perfetto: zigomi alti, bocca rossa e carnosa. Scossi la testa e mi dedicai alle ragazze sedute di fronte a loro: la più alta era Rosalie, bionda come il suo gemello Jasper e talmente bella da oscurare tutte le ragazze presenti nella sala. Infine c’era Alice, bassina, magrissima, i suoi capelli nervo corvino erano corti e scompigliati. Sorrisi ammaliata, ma non dissi nulla né tanto meno pensai a qualcosa.
Rivolsi nuovamente l’attenzione ai ragazzi seduti al mio stesso tavolo, ma a Jessica non era sfuggita la mia lunga occhiata languida al tavolo dei Cullen, mi guardò e sorrise maliziosa, io la fissai sbigottita e impaurita “Ho notato che li guardavi” disse saccente. Colpita e affondata. “Chi?” chiesi facendo finta di niente “I Cullen!” rispose convinta con sguardo deciso “E chi sono?” domandai evasiva, afferrando la mela dal vassoio e mordendola “I cinque ragazzi seduti al tavolo infondo” alzai gli occhi seguendo la traiettoria del suo braccio e li vidi, questa volta Edward era girato verso di noi e ci fissava concentrato. Sapevo cosa stava facendo: tentava di leggere la mia mente. Arrossii di botto e abbassai lo sguardo “Ah quelli” risposi come se il fatto non mi riguardasse “Non dirmi che non ti hanno colpita!” “Son belli, non lo nego, ma non è che mi interessino” risposi un po’ acida “Beh fai bene sai? Loro non si intrattengono con noi, troppo perfetti e ricchi per stare con la gente comune” detestai il tono che aveva usato, come si permetteva? Doveva solo sapere il motivo che li spingeva ad ignorare gli umani, doveva ringraziarli piuttosto! Trattenni la rabbia, inspirando ed espirando un paio di volte, lo avevo imparato facendo yoga in un piccolo centro vicino casa. Ci ero andata per disperazione, avevo bisogno di ritrovare un certo equilibrio e di controllare le mie emozioni, soprattutto quelle negative che si scatenavano spesso quando i nomi “medici, malattie, mamma e pianoforte” venivano pronunciate davanti a me.
“Beh avranno i loro motivi per stare lontani da tutti” risposi addentando un altro pezzo di mela e bevendo il mio succo di frutta “Già…” vedevo Jessica fremere, sapevo che voleva parlarmi di loro, così l’accontentai “Come si chiamano?” i suoi occhi si illuminarono “Quello bruno si chiama Emmet, il biondo Jasper e le due ragazze sono le loro rispettive fidanzate: Rosalie e Alice. L’ultimo è Edward” il modo smielato e sospirato con cui pronunciò quel nome, mi diede fastidio “Carino” risposi trattenendomi, subito Jessica mi lanciò un’occhiataccia e notai che Edward ci stava nuovamente fissando, negli occhi un’espressione indecifrabile “Carino? Io direi di più! È uno schianto assoluto, ma non esce con nessuna, quindi non metterci il pensiero” “Non pensavo di farlo” risposi rapida, ancora una volta lanciai una rapida occhiata al loro tavolo e vidi che Edward aveva ripreso a fissare il muro “Ma non sembrano fratelli” “No, non lo sono. I Signori Cullen non potendo avere figli hanno deciso di adottarli tutti” “Wow, davvero un bel gesto. Devono essere delle splendide persone” risposi sincera e con ammirazione, pensando a quanto dovesse essere dolce Esme. Mi rabbuiai pensando a mia madre “Mamma quanto mi manchi…sapessi che cosa folle mi sta capitando. Se fossi con me, ne rideremmo insieme.” pensai, ma me ne pentii subito, quando lo sguardo preoccupato e triste di Edward si posò su di me. Che avesse sentito? Le guance mi si imporporarono in un batter d’occhio e il cuore decise di andare per conto suo, ancora una volta. Chinai il capo incapace di sostenere quel contatto oculare.
D’un tratto la ragazza, davanti a me si alzò e mi guardò “Hai biologia?” chiese timidamente, annuii “Anche io, possiamo andare insieme se ti va” “Certamente”. Salutai tutti e mi avviai in aula con la mia nuova conoscente “Mi chiamo Angela” mi disse, non appena fummo fuori la mensa “Piacere Meredith” mi sorrise.
Durante il tragitto, nessuna delle due fiatò, io ero troppo presa dalle mie confabulazioni, mi sarei dovuta sedere vicino ad Edward e il solo pensiero, mi mandava in fibrillazione. Mentre camminavamo ci passò vicino Alice, i nostri sguardi per un millesimo di secondo si incrociarono e mi sembrò quasi che mi sorridesse. Ero ormai certa: lei aveva visto tutto e sapeva la verità.
Fuori l’aula, mi irrigidii, Angela mi guardò preoccupata, le sorrisi per rassicurarla. Presi tre lunghi respiri e lasciai che i polmoni mi si riempissero d’aria, chiusi gli occhi e quando fui pronta, li riaprii. Con passo deciso entrai in aula, pronta, o quasi, ad affrontare il mio compagno di biologia: Edward Cullen.

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Capitolo 4
*** Cambio di lezione ***


Cambio di lezione

Salve a tutti,
perdonate la mia assenza, ma sono stata a Roma dalla mia amica per vedere insieme “New Moon” e non ho avuto modo di postare. Allora come vi è parso il film? Piaciuto? A me si…soprattutto ho apprezzato l’impegno e la bravura degli attori, in particolar modo Robert che credo sia migliorato davvero tantissimo, il suo modo di interpretare Edward è straordinariamente reale…
Tornando alla storia, mi spiace vedere che vi sia piaciuto di meno il capitolo precedente, mi auguro che questo possa essere di vostro gradimento…

Synie: grazie tantissime per i complimenti! Son felice che apprezzi il modo in cui scrivo, è importante per me saperlo…
Beh spero che con questo capitolo possa incuriosirti ancora di più :D…Alla prossima…

Vi lascio alla lettura del chappy…a sabato prossimo

Capitolo 3 “Cambio di lezione”

Una volta entrate in aula, Angela mi salutò e si avviò al suo banco, io senza guardarmi intorno, mi diressi verso il professor Banner per fargli firmare il modulo. Lui mi guardò, mi consegnò un libro e mi indicò l’unico posto libero. Solo all’ora  ebbi il coraggio di alzare gli occhi e di fissare il banco in prima fila: Edward era già lì e mi scrutava curioso. Nessuna smorfia di terrore o odio, probabilmente il mio sangue non cantava per lui. Sospirai triste di quella constatazione. Come avrei fatto a conoscerlo?
Mi accomodai al mio posto e evitai il suo sguardo, scrutando la lavagna e cercando di seguire la spiegazione del professore. Sentivo gli occhi di Edward addosso e questo mi faceva tremare, mi voltai verso di lui e ne incrociai lo sguardo: i suoi occhi erano dorati, profondi, bellissimi, molto di più di quanto descritto da Bella e stupefatta trattenni il fiato. Lo vidi ridacchiare “Ti senti bene?” sussurrò a bassissima voce. Il paradiso dinanzi a me s’era appena aperto, San Pietro mi aveva consegnato le chiavi e mi aveva dato libero accesso.
Possibile che la sua voce così calda, sensuale, dolce e melodiosa avesse un tale potere su di me? Ma non mi concessi di pensarci su troppo. Non dovevo pensare. Non dovevo pensare. NON DOVEVO PENSARE! Chiusi gli occhi per concentrarmi, continuando a sentire lo sguardo di Edward bruciarmi addosso, come fosse fuoco. Prima che aggiungesse altro e a me prendesse un infarto alla veneranda età di 17 anni, decisi di rispondere alla sua domanda:”Si, sto bene. Solo un giramento di testa, devo aver fatto un movimento brusco”, riaprii le palpebre e lo fissai. Sorrideva. Beh, almeno mi aveva rivolto la parola.
Tornai a porre attenzione alla spiegazione, con scarso risultato: cinque minuti dopo stavo scarabocchiando sul quaderno degli appunti. Inconsciamente avevo disegnato una “M” intrecciata ad una “E”, sobbalzai, scossi la testa e poi sorrisi.
Che cosa non era capace di elaborare la mente, a volte il cuore dice una cosa mentre la mente un'altra, ma a chi bisogna dare retta? Raramente viaggiano su due binari paralleli. Cancellai la “E” e alzai gli occhi dal foglio, guardando fuori dalla finestra, incrociando nuovamente lo sguardo di Edward che era tornato a fissarmi. Gli sorrisi timidamente, morendo dalla vergogna e lo vidi concentrarsi. Sussultai “Cosa devo fare? Le sensazioni che provavo solo leggendo di lui son diventate così reali che mi sembra impossibile racchiuderle dentro di me” pensai chinando il capo e giocherellando con il collo del mio maglione. La campanella suonò facendomi saltare sulla sedia, questo suscitò la risata di Edward, mi girai e lo fulminai con lo sguardo, lui tornò immediatamente serio. Si alzò e se ne andò, lasciandomi lì in balia delle emozioni che il suo della sua risata e della sua voce mi aveva provocato.
Mi riscossi solo quando, si avvicinò al mio banco, un ragazzo dai capelli biondo cenere, abbastanza carino che mi guardò amichevolmente e mi sorrise “Sei Meredith Swan?” annuii sorridendo, lui mi porse la mano “Io sono Mike” “Ciao Mike” salutai cortesemente “Che lezione hai?” mi chiese lui senza mai togliermi gli occhi di dosso “Ginnastica” risposi annoiata, odiavo l’attività fisica. “Anche io” rispose con eccessivo entusiasmo Newton. Insieme ci avviammo verso la palestra, Mike continuava a chiacchierare: mi stava raccontando delle sue origini, ma a me in quel momento, non m’importava granché, stavo pensando al modo per poter chiacchierare con Edward. Come potevo catturare la sua attenzione, sbuffai, sapevo che loro avevano il dovere di non legare con gli esseri umani, ma io…diavolo, io cosa? Mi ero innamorata di lui senza conoscerlo? Assurdo e folle, si decisamente!
Arrivati in palestra, Mr Clapp mi diede la tuta, ma decise di non farmi giocare per quella giornata e gli fui eternamente grata. Mi accomodai sugli spalti e osservai gli altri giocare, ma ancora una volta con la mente ero altrove.
Spostavo ripetutamente lo sguardo da un posto ad un altro e proprio mentre facevo questo intravidi, qualche gradino più giù, Alice. Era ferma e fissava un punto dinanzi a sé, avrei voluto avvicinarmi e parlarle, ma cosa le avrei dovuto dire? Temevo troppo la reazione di Edward, di Rosalie e poi la mia timidezza di certo non mi aiutava. “Uffa” dissi ad alta voce senza rendermene conto, sbarrai gli occhi quando due ragazzi vicino a me si girarono e mi scrutarono curiosi. Sorrisi e chiesi scusa e quando osservai in basso verso Alice, notai che mi guardava. Ci scrutammo attentamente, poi come se avesse udito qualcosa, si alzò e se ne andò, esattamente qualche secondo dopo, la campanella che indicava la fine delle lezioni, suonò.
Uscita dalla palestra, mi avviai verso la segreteria, nel libro Edward doveva essere lì perché voleva cambiare le lezioni, ma non correndo alcun pericolo con me, non aveva alcun motivo per farlo. Aprii la porta senza alcuna voglia, ma mi trovai davanti Alice Cullen “Signora Cope, avrei bisogno di un cambio d’orario” sussurrò con voce suadente e cristallina “Oh Alice, non so se posso. Che lezioni desideri cambiare?” “Vorrei seguire letteratura con Mr Mason, lo scorso anno mi sono trovata molto bene e vorrei continuare a seguire lui” la Signora scrutò attentamente dei fogli e poi si rivolse alla ragazzina “Ok, ci sono dei posti vuoti, posso inserirti” Alice contenta saltellò e batté le mani,
mi sembrò di trovarmi davanti ad una bimba di 5 anni. “Grazie mille”, si voltò, mi fissò, sorrise e se ne andò. Rimasi interdetta: il folletto voleva seguire Letteratura con me, probabilmente voleva capirci di più. Mi augurai profondamente che Edward non sapesse nulla, potevo solo immaginare la sua reazione. Rabbrividii al pensiero.
La Signora Cope si accorse di me, solo dopo che Alice ebbe lasciato la stanza “Oh Meredith, vieni pure!” mi accostai la bancone e le porsi il foglio firme “Grazie, com’è andato il primo giorno?” chiese gentile “Bene” risposi, lei sorrise compiaciuta. La salutai e me ne andai.
Fuori la porta della Segreteria, trovai Alice, sobbalzai spaventata portandomi una mano al petto cercando di placare il batticuore “Meredith” trillò il folletto avvicinandosi “Ci conosciamo?” chiesi con noncuranza,
lei mi fissò con aria di sfida mista a curiosità “Beh dimmelo tu!” rispose seria “No, non credo…” tentennai sotto il suo sguardo, lei mi fissò severa “Sto cercando di capire…” disse “E passare del tempo con te mi aiuterà. Non ti spiace se a Letteratura ci sediamo vicine, vero?” feci cenno di no con la testa “Bene” sorrise “Piacere di aver fatto la tua conoscenza” mi disse, accennando un sorriso. Sembrava mi stesse studiando e questo non fece che aumentare la mia ansia “Piacere mio…” soffiai interrompendomi, non potevo chiamarla con il suo nome “Alice” disse “Mi chiamo Alice, ma credo che tu questo già lo sappia” mi passò accanto e se ne andò quasi danzando. Profondamente scossa, mi recai al pick up, osservai il parcheggio e poco lontano da me, intravidi la Volvo C30 grigio metallizzata di Edward e sussultai. Sarebbe stata dura resistere ad Alice, tramite i racconti di Bella sapevo bene che quando si metteva in testa qualcosa era difficile farle cambiare idea.
Con questi pensieri in testa, accesi il motore e partii in direzione di casa, riflettendo sul fatto che stavo completamente rivoluzionando la storia, modificandone la trama. Possibile che Edward fosse destinato a stare da solo? Dov’era la sua Bella? Con questi e mille altri interrogativi, entrai in casa, pronta per affrontare la mia prima giornata in una casa non mia.

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Capitolo 5
*** Alice Cullen ***


Alice Cullen

Buon giorno a tutti,
buon sabato e buon inizio mese :)
Sono di nuovo qui per postarvi il quarto capitolo della fan fiction...cosa succederà? La nostra cara Meredith avrà un incontro speciale e sarà l'occasione per sapere un pò più cose su di lei e di far infittire il mistero sul suo arrivo a Forks...
Grazie a chi mi legge, a chi mi ha inserita tra i preferiti, chi tra le storie seguite, ne sono infinitamente contenta!!!

Luisina: quando ho letto che avevi commentato m'è venuto un accidente! Ma che bello!!! Segui anche questa mia pazzia!!! Che onore!!! Beh...non mi piace mettere in manifesti sulle mie nuove storie :P, anche perchè sai che penso di come scrivo, quindi...Immagino quanto l'università ti impegni, ci sono dentro anche io e ti capisco perfettamente. Spero di leggere presto un'altra tua recensione, ne sarei lieta. Bacio

Capitolo 4 “Alice Cullen”

Sapendo in anticipo che Charlie era una frana in cucina, gli avevo proposto di occuparmi io di cucinare per tutta la mia permanenza a Forks e lui aveva accettato senza troppi problemi.
Era ormai passata una settimana da quando mi trovavo in quel posto, Alice aveva seguito le lezioni con me senza rivolgermi la parola, ma mi dava molto l’impressione di quella che non poteva azzardarsi a fare passi falsi con la sottoscritta; nel frattempo a biologia, Edward evitava accuratamente ogni contatto con me e questo mi rendeva tremendamente triste. Non ero destinata ad essere la sua Bella, anche in questo mio sogno non riuscivo ad essere accettata e amata come volevo. L’ennesimo colpo al cuore, l’ennesimo evento che avrebbe lenito la mia anima.
Quel pomeriggio ero in centro a fare spese, il frigo era quasi vuoto e avevo chiesto a Charlie dei soldi, altrimenti non sapevo proprio cosa avrei potuto cucinare per la sera. Parcheggiai il pick up e mi diressi nel piccolo supermarket di Forks, puntai al bancone della carne, ero intenzionata a preparare un pollo arrosto e patate al forno, ne avevo una voglia matta. Quando ero giù di morale, Andrew me lo cucinava sempre.  Mi stoppai “Andrew” dissi tra me, chissà come stava, cosa pensava, non sapevo cosa mi stava succedendo, lo avevo abbandonato, lui non lo avrebbe mai fatto, mi era stato sempre vicino, mi aveva coccolata, cresciuta come fa un padre. Il nostro ci aveva lasciati quando io avevo solo 5 anni, non amava più la mamma e aveva deciso di partire e rifarsi una vita altrove. Ogni tanto si faceva vivo portando regali, soldi, ma mai l’affetto di cui due figli necessitavano per crescere.
Sospirai e mi diressi alla cassa. Pagai e mi avviai verso il mio mezzo, ma fui sorpresa di trovarci poggiata Alice; impaurita mi bloccai, per questo fu lei ad avvicinarsi “Ciao Meredith” i suoi occhi dorati e caldi mi rassicurarono “Ciao Alice” sorrisi incerta, lei rispose allegramente “Trovato tutto l’occorrente per la cena?” disse guardando la busta tra le mie mani “Si. Tu cosa ci fai qui? Anche tu spese?” domandai “Sono qui per parlare con te” sbarrai gli occhi “Ah” deglutii “Non voglio farti del male, voglio solo chiacchierare con te. Diventeremo buone amiche” sussurrò dolce, le sorrisi grata “Dimmi tutto” “Possiamo andare da te?” “Certo. Ti do un passaggio?” annuì.
In auto non feci che pensare e ripensare a quello che voleva sapere, probabilmente voleva chiedermi da dove venivo e cosa cavolo le avrei detto “Sai mi sono addormentata nella mia stanza con in mano un libro che parla della tua famiglia e mi sono ritrovata in una stanza non mia” sbuffai nuovamente, provocando la risata della mia compagna di viaggio. La guardai curiosa “Pensi a ciò che devi dirmi?” sobbalzai “Ho indovinato?” chiese “In realtà dipende tutto da quello che vuoi sapere”. Scendemmo dal pick up e la feci accomodare in casa, mio padre sarebbe arrivato tra qualche ora, così sistemai le cose in frigo e feci segno ad Alice di sedersi sul divano in salotto. “Allora dimmi” sussurrai tremante “Da dove vieni?” domandò decisa e sicura di sé. “Dritta al punto la piccola Cullen, eh?” pensai terrificata “Da Phoenix” risposi, lo sguardo di Alice sembrò vacillare “Bene…come mai sei qui?” “Mamma s’è risposata a settembre con Phil, un giocatore di baseball…” “Non capisco, lui non ti piace?” “No, no” dissi accompagnando le parole con un gesto delle mani “E’ che inizialmente, mamma restava a casa con me, mentre Phil si spostava di città in città. Non essendo molto bravo, cambia spesso squadra, solo che lei soffriva di questa lontananza. Mamma è un po’ come un’adolescente troppo cresciuta, vive le cose a pieno ed è innamorata come una ragazzina, non sopportavo di vederla stare male e così ho deciso di trasferirmi qui da papà” “Santo libro, meno male che ti ho letto” pensai tra me e me. “Capito” Alice sembrava poco convinta, si portò una mano sotto il mento e lo sfregò con delicatezza “Quindi se ho capito bene, sei venuta qui per fare un piacere a tua madre” annuii in balia del suo sguardo indagatore “Quindi lo sguardo triste che hai dipinto sul volto è dovuto alla tua lontananza da casa e non a qualche altro strano motivo, giusto?” “Beh…ma non sono triste” “Non mentirmi” disse prendendomi una mano. La sua era fredda come il ghiaccio e mi fece rabbrividire, ma non la scostai, lasciai che mi stringesse delicatamente “Ok” sospirai “Casa mi manca, qui piove sempre e mi sento in trappola. Tutti mi conoscono ed io odio essere al centro dell’attenzione” risposi fissando il pavimento “Questa te la lascio passare, infondo Detroit è sicuramente una città più assolata di questa” sussultai, rialzai immediatamente la testa e osservai sorpresa e spaventata Alice. Non sapevo come risponderle, d’altronde dovevo aspettarmi che mi avesse vista arrivare, dovevo dirle la verità? Questo avrebbe implicato coinvolgere tutta la famiglia ed io non volevo assolutamente mettere in pericolo il loro segreto né subirmi le occhiatacce di Rosalie e Edward che sarebbero stati contrari ad ogni mio coinvolgimento. La stretta di Alice sulla mia mano, si fece ferrea, non accennava a lasciarmi; io avvertivo il battito del mio cuore accelerare nervosamente e gli occhi inumidirsi di pianto “Meredith” mi chiamò il folletto, passando un dito sulla mia gota per asciugarmi una lacrima “Devi fidarti di me, non rivelerò niente a nessuno” “Tu…” dissi “Tu mi hai vista arrivare, non è così?” lei annuì col capo “Conosci il nostro segreto” non era una domanda “Si” “Come…?” “E’ una storia folle…” sospirai “Beh…io sono un vampiro, quindi non mi meravigliano le cose strambe” con un gesto della mano mi incitò a parlare. Presi un lungo respiro e cominciai a raccontarle di me: “Mi chiamo Meredith Vicky Garner, ho 17 anni compiuti il 28 giugno, sono nata e cresciuta a Detroit. I miei genitori, George e Lizzy, mi hanno dato due nomi perché uno era il preferito di mamma, ossia Meredith e l’altro di papà, ma io ho sempre preferito essere chiamata col mio primo nome.  Quando avevo solo cinque anni, papà ha lasciato mamma, me e mio fratello Andrew. Ero troppo piccola e non capivo granché, però domandavo spesso di mio padre e Andrew, che ha solo tre anni più di me, mi consolava e mi faceva da padre. Infondo era come se mio padre non l’avessi mai conosciuto, da quello che mi raccontava la mamma, era sempre fuori per lavoro e quando rientrava la sera io ero già a letto a dormire. Con gli anni ho imparato a convivere con la sua assenza, mamma e Andrew non mi hanno mai fatto mancare nulla. Purtroppo però tre anni fa, un tumore al seno ha ucciso mia madre, è stato fulminante, quando i medici se ne sono accorti era ormai tardi per salvarla, le chemio non sono servite. Siamo rimasti solo io e Andrew, la scomparsa di mamma ha inciso molto sulla mia vita, ero legatissima a lei; mi amava in maniera incondizionata e credeva in me, nel mio talento musicale” Alice alzò un sopracciglio “Canti?” scossi il capo in senso di diniego “Suonavo il pianoforte, il mio sogno era quello di diventare una brava pianista e compositrice” “Come Edward!” trillò contenta, facendomi vibrare lo stomaco. Solo udire quel nome, mi dava i brividi “Scusami, scusami continua” disse portandosi una mano alla bocca e mimando il gesto di chiuderla con la cerniera. Ridacchiai divertita “Dalla morte di mia madre io ho smesso di suonare e mi sono chiusa in me stessa, ritrovando rifugio nella lettura. Leggere un libro equivaleva a sognare, immergermi nella storia e diventarne partecipe, sentire, provare le emozioni e i sentimenti dei personaggi e qui arriva il bello” mi fermai “Io conosco il vostro segreto grazie ad un libro…” alzai gli occhi e li puntai sul viso della mia conversatrice, sembrò che quella notizia non la scalfisse più di tanto, allora proseguii “Una saga di quattro libri, ambientata a Forks narrava la storia d’amore tra una giovane umana di nome Isabella Swan e un vampiro…Edward Cullen” pronunciai il suo nome e gli occhi di Alice vibrarono “E tu cosa centri in tutto questo?” chiese tranquilla “Ecco questo è un mistero anche per me: mi sono addormentata nel mio letto dopo l’ennesima ramanzina di mio fratello e mi sono risvegliata qui a Forks, col nome di Meredith Isabella Swan” terminai enfatizzando il mio secondo nome.”Bella, Bella” sussurrò Alice “So che può suonarti strano, ma io non ho la più pallida idea di come io sia entrata nel libro” la sentii ridere beata “Oh Meredith, non sei in un libro. Noi siamo reali” era impossibile “Ma come? Io ho letto di voi in un libro, è assurdo…io…” mi fermò “Calma Meredith! Io ti posso assicurare che esistiamo realmente, non so come né perché, ma colei che ha scritto il libro conosce il nostro segreto. Sta di fatto che qui, questi libri non sono mai arrivati!” mi portai le mani alla bocca incredula “E’ tutto così folle!” sospirai “Non temere, Meredith. Io ti credo e poi ti ho vista” “Cosa hai visto esattamente?” “Ho visto te dormire in un letto, tra le mani avevo un libro dalla copertina nera e su disegnate delle strisce” “Eclipse” sussurrai, Alice mi guardò interrogativa “E’ il terzo libro della saga” le spiegai “Bene. Una sola cosa ti chiedo: mantieni il nostro segreto, io manterrò il tuo. Fidati di me” “Stanne certa, non voglio esporvi a pericoli inutili e soprattutto…” lasciai cadere il discorso, volgendo i miei occhi fuori dalla finestra “Non vuoi che Edward sappia” saltai e tornai a fissarla “So anche questo…” inarcai un sopracciglio “Ho visto come lo guardi, infondo sono pur sempre una ragazza e so come sono gli sguardi di una persona innamorata” “Io non sono innamorata” risposi piccata, ancora una volta la risata cristallina di Alice riempì la casa vuota “Solo un cieco non vedrebbe quanto tu sia coinvolta…ora però sono curiosa: parlami di questi libri” “Cosa vuoi sapere?” “Tutto…”.
Passammo le ore successive a chiacchierare della saga, nel frattempo io misi a cuocere il pollo e le patate, prima che Charlie tornasse. “Accidenti!” si lamentò Alice “E ora come facciamo a sapere cosa accade nel quarto libro! Sono curiosa di sapere se Edward trasforma Bella” risi “Sei assurda Alice” e mi voltai per regolare la temperatura del fornetto “Io credo che la trasformi…anzi lo so per certo…” “Come, come?” disse Alice saltellando e raggiungendomi “Hai detto di non averlo letto, mi hai mentito!” mise un finto broncio “Ma infatti ti ho detto il vero. Però ho sentito le mie compagne di classe parlarne” “Eh?” “Beh pare che Edward e Bella si sposino e passino insieme una vera e propria prima notte di nozze” bisbigliai e rallegrandomi dell’espressione maliziosa di Alice “Aaaah” gettò un urlo assordendomi “Alice ma sei matta?!?” “Scusa, scusa, ma mi capirai. Non immagino proprio Edward innamorarsi di qualcuno e beh…farci sesso, insomma. È vergine da 108 anni!” ridemmo all’unisono “Se vuoi sapere proprio tutto, avrà anche una figlia!” “Ma non è possibile!” “Oh si…a quanto pare Bella resterà incinta, ma sarà una gravidanza difficile e da quello che diceva la mia compagna di banco, sarà proprio dopo aver partorito che Edward la trasformerà. Bella rischia la vita” “Oddio! E in tutto questo Jacob, quel cagnaccio puzzolente?” “Sarà lì…” Alice mi guardò incrociando le braccia al petto e accigliandosi “Ok, ok ho capito. Io il libro non l’ho letto, ma conosco tutta la trama” sbuffai “Quindi?” “Quindi niente. Jake avrà l’imprinting con la figlia di Edward e Bella” “Stai scherzando, spero” “No, affatto” “Assurdo!” disse sedendosi sul divano e portandosi una mano tra i capelli.
“Meredith sono a casa!” gridò mio padre entrando “Sono in cucina papà!” risposi, quando irruppe nella stanza, vide una ragazza sul divano e sussultò “Buonasera” Alice gli si avvicinò porgendogli la mano “Sono Alice Cullen” “Oh la figlia del Dottor Cullen, piacere di conoscerti” “Il piacere è tutto mio, capo Swan” rispose lei cordiale “Resti a cena con noi?” domandò Charlie “No, stavo giusto dicendo a Meredith che è tardi e devo tornare a casa” poi rivolgendosi a me disse:”Ci vediamo domani a scuola” “Ok, grazie per la chiacchierata”.
Charlie si accomodò al tavolo e mi fissò “Hai fatto conoscenze a quanto vedo” “Si” “I Cullen sono delle brave persone” “Vero. Alice poi è molto simpatica, socievole” “Gli altri fratelli?” ecco qui, tocchiamo il tasto dolente, divertiamoci a torturare la povera Meredith “Beh non ho alcun rapporto con loro, ho scambiato giusto due parole con Edward che è mio compagno a biologia” “Un ragazzo” notò mio padre “Ehm si, si chiama Edward, è il nome di un maschio” risposi con voce un po’ stridula “Ma conosco anche altri ragazzi della scuola: Jessica, Angela, Mike e Eric. Sono tutti molto carini e cortesi con me” “Mi fa piacere. Voglio che tu ti senta a tuo agio qui, non voglio rischiare che scappi via” borbottò “Tranquillo papà, mi sto ambientando” e detto questo cenammo tranquillamente.
Dopo aver fatto i piatti, augurai la buonanotte a papà e salii in camera, mi feci una rapida doccia e mi infilai il pigiama. Una volta sotto le coperte, mi voltai automaticamente verso la finestra, la scrutai per un po’ di tempo “Verrai mai qui? Vorrei che entrassi da quella finestra e ti sedessi qui di fianco a me” sospirai rassegnata “Non mi noterai mai…” e con profonda tristezza, spensi la luce e misi a tacere i miei pensieri, almeno per la notte, e mi addormentai.

 

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Capitolo 6
*** I Black ***


I Black

Scusate per il ritardo...

Vi posto il quinto capitolo...

Grazie come sempre a chi legge, chi recensisce...siete preziosi per me e non sapete quanto...

A sabato prossimo...

Capitolo 5 “La Push

 

La mattina seguente, mi svegliai più stanca del solito, come se avessi passato la notte insonne. Dopo un ennesimo sbuffo, mi alzai controvoglia dal letto e mi andai a preparare per la scuola.
Scesa giù in cucina, preparai il caffé per Charlie e mi scaldai una brioche.
“Giorno Meredith” disse Charlie entrando in sala “Buongiorno papà. Ecco il tuo caffé” risposi porgendogli la tazza “Grazie figliola”. Lo bevve in fretta, poggiò la tazza nel lavello e mi salutò, ma prima di chiudersi la porta alle spalle si rivolse nuovamente a me “Ah stasera Billy ci ha invitato alla riserva, non possiamo mancare. Ci tiene molto a rivederti” tremai. Avrei conosciuto Jacob “Ok, papà”.
Uscii di casa nervosa, in vista della pessima serata che mi aspettava; sbuffai durante tutto il tragitto e quando giunsi nel parcheggio e incrociai lo sguardo divertito di Alice e quello serio di Edward, mi immobilizzai. Li fissai per una manciata di secondi, poi sgattaiolati subito dentro l’edificio. No, non mi andava affatto di rovinarmi maggiormente la giornata.
L’ora di inglese fu scandita da un questionario sul libro “Cime tempestose”, fortunatamente uno dei miei classici preferiti e anche questo mi avvicinava a Bella; c’era solo una cosa che di Bella non avrei mai avuto: l’amore di Edward!
Una volta usciti fuori, alzai gli occhi al cielo e vidi gli alberi circostanti cospargersi di tanti fiocchi bianchi “La neve…” sussurrò qualcuno accanto a me “Ragazzi sta nevicando!” urlò Eric correndo verso il manto bianco. Tutti si riversarono nel giardino e cominciarono a giocare a palle di neve; io li osservavo da lontano e ridevo ogni volta che qualcuno si beccava una palla in faccia.
“Ciao Meredith” disse Mike avvicinandosi e scostandosi dei fiocchi di neve dai capelli “Ciao Mike” risposi gentile “Nevica. Avevi mai visto la neve?” domandò curioso “Si. Una volta sono stata in Canada con mia madre e…” mi fermai, non potevo nominare mio fratello, per loro ero figlia unica “E un mio cugino nel periodo Natalizio e per tutto il tempo che rimanemmo lì, nevicò. Ricordo i migliaia di pupazzi fatti insieme ad Andrew” risposi sorridendo beata e perdendomi nel ricordo ancora così fresco dentro di me, di quei giorni insieme alle persone che più amavo. Poi sospirando mi rivolsi al mio interlocutore per salutarlo “Beh Mike, ci vediamo a pranzo, mi avvio” annuì mentre veniva colpito da un’altra palla bianca volante.
Ovunque mi voltassi, c’erano ragazzi che parlavano della neve, se non ricordavo male, nel libro Bella citava che a Forks quella era la prima nevicata dell’anno.
Sospirando e a testa china, entrai a mensa mettendomi in fila per prendere il pranzo, trovando lì Jessica e Angela; poco dopo ci raggiunsero Mike e Eric che ci sorrisero e si unirono al nostro tavolo.
“Edward Cullen ti sta fissando” mormorò Jessica nel mio orecchio, sussultai, alzando di scatto la testa e voltandomi verso il tavolo dei Cullen, il mio sguardo sfiorò quello di Edward e una scossa elettrica mi trafisse il petto immobilizzandomi sul posto “Cosa provi? Non lo capisci che se sono arrivata fin qui è solo per te?”, sbalordita e preoccupata mi portai una mano alla bocca “Stupida, stupida, stupida. Sai che non devi pensare in sua presenza!”. Ecco: l’avevo rifatto. Gli occhi di Edward ridotti a due fessure ben si stagliavano su un viso improvvisamente serio e innervosito. Brava Meredith, hai fatto innervosire il vampiro centenario…sbuffai concentrandomi, senza risultato, sul cibo.
Quando fui certa che era inutile restare lì, salutai tutti e mi avviai in aula. Camminavo a testa bassa, osservandomi i piedi, poco dopo accanto a me comparve un’altra figura. Dalle scarpe potevo carpire che si trattava di una ragazza, piuttosto mingherlina, sollevai il capo “Alice” mormorai contenta “Bella, non posso restare molto. Nascondere quello che faccio a mio fratello sta diventando sempre più difficile” mi guardò sorridendo tesa “Non pentirti dei tuoi pensieri, dovrete pur conoscervi in un modo o nell’altro” ammiccò “Che vuoi dire?” tremai, ma se ne andò via senza rispondermi. Sbuffai esasperata.
In aula non c’era ancora nessuno, mi sedetti nel mio banco e presi a fissare il libro, sforzandomi di non pensare a nulla o perlomeno di non parlottare di lui tra me e me. Dopo un tempo indecifrato, un chiacchiericcio fastidioso mi circondò, avvisandomi così che l’aula si stava man mano riempiendo di studenti; non osai alzare la testa anche quando la sedia del mio vicino si mosse per ospitare la sua persona. Il batticuore fece, come sempre, la sua comparsa, potevo controllare i miei pensieri, ma non di certo il mio cuore, quello andava per fatti suoi; tuttavia quello che era più grave era che lo amava. Si, ero così piena di quel sentimento, da sentirmi nauseata…era assurdo, ma avevo sentito una morsa allo stomaco alla sola descrizione di Edward, visto da Bella e avevo capito che lui era il ragazzo che dentro di me, avevo sempre cercato e desiderato. Man mano che la loro conoscenza si approfondiva, io mi sentivo travolta dal carattere di Edward, dal suo essere così innamorato, attento e premuroso con lei e m’ero incavolata come una bestia quando Bella aveva tentennato nel scegliere tra lui e Jacob. Certo, Edward aveva fatto una gran cavolata a lasciarla, ma come si faceva a non amarlo? Solo pensarci, mi faceva vacillare. Scossi la testa e mi dedicai alla spiegazione del professore; per un millesimo di secondo mi voltai nella direzione di Edward, anche lui sembrava attento a seguire la lezione. Mi persi ad osservarne il profilo: era delineato da linee dritte e regolari che si ammorbidivano sulle labbra, così rosse da sembrare dipinte a mano. Le sue ciglia nere e folte si aprivano e si chiudevano, regalando al mondo lo sguardo più seducente e intenso che avessi mai visto, i suoi occhi color ambra, quel giorno, erano accesi di curiosità, vivi, come se stesse pensando a qualcosa che lo eccitava in maniera particolare.
Distolsi lo sguardo emozionata, avvilita da cotanta bellezza, stringendomi una mano sul petto “Fermati ti prego, non vedi quanto fa male”, sussurrai a me stessa. Una volta ripresa lucidità, mi dedicai alla stesura degli appunti, ignorando quella parte di me che fremeva all’idea di deliziarsi ancora del fascino del mio compagno di banco.
Terminate le lezioni, mi fiondai fuori, salutando con la mano Mike, non ero dell’umore per chiacchierare, volevo solo tornarmene a casa e prepararmi psicologicamente per la serata.
Rientrata, sistemai la stanza e mi dedicai ai compiti per il giorno seguente, lo scopo era quello di occupare quanto più possibile la mente, svuotarla e sentirla leggera. Quando mio padre rientrò, erano le sette di sera, s’affacciò nella stanza, mi salutò e mi disse che si sarebbe fatto una doccia e poi insieme saremmo andati da Billy. Gli sorrisi, fingendo di esserne contenta, ma dentro stavo morendo.
Ci volle poco tempo per arrivare alla riserva, scesi dall’auto e un uomo sulla sedia a rotelle ci venne incontro, ricordavo perfettamente le parole di Bella:”
un volto che quasi tracimava, con le guance che poggiavano sulle spalle, e la pelle bronzea attraversata da rughe simili alle increspature di una vecchia giacca di pelle. E gli occhi, neri, sorprendentemente familiari, che sembravano allo stesso tempo troppo giovani e troppo antichi per l’ampio viso che li conteneva.”
“Hey Charlie, come stai?” “Vecchio mio, tutto bene e tu come te la passi? Volevo farti vedere mia figlia, Meredith” i suoi occhi scuri si posarono sulla mia persona e mi scrutarono attenti “Finalmente sei tornata, tuo padre non faceva che parlare di te” osservai Charlie e lo vidi roteare gli occhi al cielo e arrossire “Allora come ti trovi a Forks?” “Mi sto ambientando abbastanza bene, certo faccio ancora fatica a sopportare tutta questa pioggia, ma ho tempo per imparare ad essere meno meteoropatica” ridacchiai e a me si unirono sia Charlie che Billy. “Su venite dentro. Ho preparato una frittura di pesce, proprio come piace a te” disse rivolto a mio padre “Grande!” gli rispose quest’ultimo, dandogli una pacca sulla spalla.
La casa era piccolina, fatta di legno, molto carina e contenuta; quando entrammo fui avvolta da uno strano calore che mi stordì. Ancora intontita mi guardai attorno e d’improvviso vidi comparire un ragazzo che mi scrutava curioso: aveva la pelle di una tonalità color ruggine liscia e levigata, il suo viso era regolare, bello, gli zigomi leggermente sporgenti, il mento arrotondato delineava il suo essere ancora bambino. I suoi occhi erano scuri e i capelli erano neri e mediamente lunghi, raccolti in una coda di cavallo. Sapevo bene chi avevo di fronte: Jacob Black.
Si avvicinò sorridendomi “Ciao” la sua voce era calda e roca “Ciao” risposi “Sono Jacob, tu devi essere Meredith” “Esatto, piacere di conoscerti” e ci stringemmo la mano “Papà mi parla spesso di te e di tuo padre” “I nostri genitori sono molto amici e in verità tu quand’eri piccola giocavi con le mie sorelle gemelle. I nostri padri lo facevano per tenervi occupate mentre pescavano” “Rebecca e Rachel?” chiesi “Si” “Mi ricordo vagamente di loro” finsi, portandomi una mano alla testa e giocando coi miei capelli “Non ci sono?” “No” rispose scuotendo la testa “Rachel ha vinto una borsa di studio per l’Università e Rebecca si è sposata un surfista samoano e vive con lui alle Hawaii” “Wow! E tu non le vedi mai?” “Molto poco, ma ci sentiamo spesso”. Ci accomodammo nel salotto davanti al camino “Allora come va il pick up?” “Una favola, lo adoro. Meno male che mio padre ha pensato di prendermelo, altrimenti avrei dovuto prendere il bus e non mi andava molto a genio” rise, una risata davvero solare e contagiosa “E poi è resistente!” “Beh si, ma non provare mai a superare i cento” “Oh tranquillo” dissi tendendo le mani verso il fuoco e trovando finalmente calore “Non amo l’alta velocità, mi terrorizza!” rise “Quindi questo significa che se mai riuscirò a terminare la mia Volswagen Golf, tu non verrai a farti un giro?” domandò con fare intrigante “Solo se non corri” “E che sfizio c’è a provare una macchina, se non la si fa correre?”.
Passammo il resto della serata a chiacchierare, so che le cose sarebbero dovute andare diversamente, Bella avrebbe conosciuto Jacob in occasione di una gita con gli amici alla First Beach e in quel frangente, lui gli avrebbe parlato delle leggende sui “Freddi” e del patto che loro avevano stipulato con i Quileutes. E invece, tutto si stava completamente capovolgendo. Ciò mi intristiva, ma allo stesso tempo mi incoraggiava ad andare avanti per la mia strada, io non ero Bella Swan e stavo semplicemente, mettendo insieme i pezzi della mia storia e sarebbe andata come sarebbe andata, l’avrei vissuta a pieno, fino a quando quel bellissimo sogno sarebbe durato.
Qualche ora più tardi, ero già a letto, come sempre, intenta a leggere un libro. Un vento freddissimo agitava gli alberi e un fruscio fastidioso s’era insinuato tra le fessure della finestra e veleggiava in stanza, facendomi paura. Avevo il terrore del vento, col buio, la vegetazione fuori sembrava prender vita, per questo mi stesi di schiena alla finestra  e provai a riposare. L’indomani mattina mi aspettava un’altra ora di biologia da condividere con Edward Cullen.

 

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Capitolo 7
*** Mancamento ***


Mancamento

Salve a tutti,
innanzitutto buon anno!!!
Cosa mi raccontate? Com’è iniziato il 2010? Mi auguro nel migliore dei modi per tutti.
Perdonate il ritardo…procedo nello scrivere questa storia e sembra che la trama si stia piano, piano districando nella mia testolina buffa, mi auguro possa piacervi :D.

 

Giulls: mi ha fatto davvero piacere sapere che l’hai letta sul serio questa mia fan fiction! Sai ci tengo al tuo giudizio e non vedo l’ora di leggere qualcos’altro di tuo…

 

Buona lettura, fatemi sapere cosa ne pensate…bacio

Capitolo 6 “Mancamento”

 

Il giorno seguente, con gesti meccanici e lenti, feci colazione e mi diressi a scuola.
Il tempo quella mattina sembrava non volesse passare, non mi ero mai tanto annoiata in vita mia, se ci aggiungevamo poi che Jessica mi stava assillando con le sue paranoie e pensieri poco casti su Mike, aumentava il mio desiderio di tornarmene tra le quattro mura di casa.
Pranzai senza alcuna voglia, dimostrandomi poco attenta alle chiacchiere dei miei commensali, solo Angela mi guardava in modo comprensivo, quasi come recepisse il mio disagio e la mia tristezza. Le sorrisi grata per quel suo essermi vicina in maniera così silenziosa e discreta. Feci leva su tutta la mia forza per non voltarmi verso il tavolo dei Cullen e nel momento in cui sentii che la mia testa stava per scoppiare per l’eccessiva tensione, uscii e andai lezione. Un’ora di spagnolo e una lezione di recupero di biologia mi attendevano.
A spagnolo, Jessica si sedette al mio fianco, ma non disse una parola, probabilmente aveva capito che, almeno per quella giornata, doveva lasciarmi in pace. Il professore stava spiegando la struttura dei verbi regolari e la loro differenza con quelli irregolari, provavo con tutta me stessa a capire, ma la mia testa non voleva proprio saperne di ragionare. Mi sentivo così sola e la consapevolezza che fosse realmente così prevalse in me, accompagnandosi ad un senso di oppressione fortissimo. Sentivo la testa che mi girava, le mani che tremavano e gli occhi pronti a lacrimare. Fortuna volle che la campanella suonò ed io schizzai fuori l’aula, dirigendomi come una forsennata verso l’edificio 5 per seguire biologia.
Ma prima che potessi raggiungerlo, mi accasciai a terra in preda ad un fortissimo dolore allo stomaco, la vista si appannò improvvisamente e le forze vennero meno. Udii una voce in lontananza che mi chiamava “Andrew” pensai, poi fu tutto buio e silenzioso.
Mi sentivo d’un tratto serena, il mio corpo era caldissimo, sembrava quasi che fossi stesa su una spiaggia assolata e inconsciamente sorrisi “Credi che si stia riprendendo?” mormorò suadente una voce maschile “Si, tranquillo. Tra meno di cinque secondi riaprirà gli occhi” e così fu. Quel che vidi mi lasciò interdetta: Edward e Alice erano chini su di me e mi guardavano il primo preoccupato e la seconda allegra. Abbassai le palpebre di poco e le rialzai immediatamente rendendomi conto che quell’immagine era reale “Ciao Meredith” trillò Alice “Ciao…” sussurrai appena, tentai di alzarmi, ma una mano fredda e dalla presa ferrea me lo impedì “Rimani stesa” non poteva essere lui, stavo sognando. Lo osservai, Edward sostenne il mio sguardo poi d’improvviso come se irritato, lo distolse e rammaricata mi voltai prima a guardarmi le mani, poi verso Alice. Scuotendo il capo mi disse:”Hai avuto un malore. Edward ti ha trovata svenuta a pochi passi dall’aula di biologia” aggrottai la fronte cercando di ricordare, poi un fotogramma di me che cadevo sulle mie stesse gambe, stringendomi con entrambe le mani lo stomaco, mi colpì e capii “Si…ho avvertito un fortissimo dolore allo stomaco” risposi toccandomelo “E poi un giramento di testa…non ricordo altro…” mormorai portandomi un braccio sugli occhi e chiudendoli per il fastidio che la troppa luce mi procurava. “Dove mi trovo?” chiesi poco dopo “In infermeria. Adesso devo andare Meredith, ho lezione, mi raccomando sta qui e non muoverti per alcuna ragione. Dopo ti porto io a casa” annuii. Fui certa che se ne fosse andata, quando udii lo sbattere della porta. Non ero sola, alla mia sinistra percepivo ancora la presenza di Edward “Puoi andare anche tu se vuoi. Non sei costretto a rimanere” borbottai cercando di essere gentile, nonostante la rabbia che provassi nei suoi confronti per la sua freddezza. “Non mi va di seguire oggi. Preferisco restare qui se non ti dispiace” rispose saccente. A quelle parole, abbassai il braccio e lo fissai: i suoi occhi indagatori mi scrutavano attenti, ma non minacciosi. Leggevo in essi un profondo senso di disagio e curiosità, chissà forse aveva capito che io e Alice ci eravamo parlate e voleva scoprire qualcosa in più. Non dissi nulla, non potevo gridargli in faccia il mio desiderio di volerlo accanto sempre e non solo in quel momento. Guardai altrove, avvertendo comunque la sua attenzione su di me, fremetti e chiusi la mano a pugno, stringendo il lenzuolo. In lontananza vidi l’ologramma di mio fratello che teneramente mi sorrideva “Andrà tutto bene sorellina. Io sono qui e ti aspetto” “No, Andrew non te ne andare, non mi lasciare anche tu!” allungai un braccio, ma la sua figura si disintegrò immediatamente, lasciandomi l’amaro in bocca. Un ringhio basso rantolò nella gola di Edward e non potei fare a meno di tornare a fissarlo, il suo sguardo era furente, ciò non fece altro che aumentare la mia tristezza e poco dopo cominciai a singhiozzare. Il mio corpo tremava tutto, non riuscivo a fermarmi, continuavo a guardare Edward, subito i suoi occhi avevano cambiato espressione, provò ad avvicinarsi, ma ci ripensò, chinò il capo verso il basso, ma quando il mio pianto si fece disperato, tornò a guardarmi. Mi girai di lato, dandogli le spalle e rannicchiandomi in posizione fetale; piansi a lungo, cacciando fuori un dolore che mi portavo dentro da troppo. Pensai a mamma, a mio fratello, alla mia vita di un tempo e soffrivo. Stavo male perché non potevo averla più, tutto era troppo cambiato e niente andava come volevo.
D’un tratto una mano fredda si posò sulla mia guancia accaldata e bagnata e cominciò ad accarezzarla, portando via le lacrime. A primo acchito sobbalzai, non per il gelo, ma per la sorpresa, la mano di Edward allora si fermò, ma quando col viso mi strusciai su di essa, riprese ad accarezzarmi e mi rilassai sotto quel tocco così familiare e rassicurante. “Ti senti meglio?” domandò dolce poco dopo “Si” mi girai verso di lui “Grazie” “Di nulla” rispose scostando la mano. Ci scrutammo ancora, sentivo i miei occhi brillare e perdersi nei suoi, non riuscivo a farne a meno, provavo qualcosa per quel ragazzo e combatterlo mi sembrava inutile oltre che ridicolo: non si può nulla contro i sentimenti! Mamma me lo diceva sempre…
Sospirai “Cos’hai?” chiese con voce curiosa “Penso…e sai non fa per nulla bene pensare troppo” risposi provocando la sua risata, me ne beai come una stupida “Che ore sono?” domandai “Beh credo sia ora di tornare a casa. Ce la fai ad alzarti?” annuii. Prendendomi per il braccio mi aiutò a mettermi in piedi, sentivo ancora un po’ di indolenzimento, ma sostanzialmente stavo bene, l’intontimento che avvertivo era dovuto alla vicinanza di Edward, ne ero come drogata.
Era in piedi a poche spanne da me, era reale e ciò fece capitolare il mio cuore, di sicuro lui poteva sentirlo “Andiamo?” annuii, mi precedette aprendomi la porta, il contatto con l’aria pungente mi servì per riprendermi. Inspirai profondamente e aprii le braccia per rilassarmi, tutto questo sotto lo sguardo attento di Edward, sorrisi contenta. Il contatto di poco prima aveva lasciato un segno indelebile dentro di me.
Camminammo in silenzio e giunti in prossimità del parcheggio, lui si fermò e mi scrutò “Ehm” dissi “Ora vado…grazie ancora per tutto. E ringrazia anche tua sorella. Dille che mi sentivo meglio e che sono andata a casa da sola” si accigliò “Forse non è il caso che tu ti metta alla guida” decretò “Ma sto bene, veramente!” tentai di convincerlo, ma non ci fu verso. Mi tenne ferma lì, fin quando non comparve la sorella di corsa ”Alice! Ho provato a spiegare a tuo fratello che sto bene e che potevo andarmene da sola” “Non se ne parla proprio!” rispose severa alzando un sopracciglio “Solo che ho un problema…” guardò il fratello che sobbalzò “Non posso accompagnarti” “Ti ho detto che non fa nulla, vado da sola” feci per voltarmi, ma lei mi afferrò per un braccio “Ho promesso che ti avrei accompagnata e lo farò, spero solo non ti dispiaccia se al posto mio viene Edward” sussultai facendo segno di no con la testa “Se per lui non è un problema…” sussurrai “Non credo di avere altra scelta” mormorò nervoso. Fummo nel parcheggio prima della fine delle lezioni, quindi nessuno ci vide. Sapevo che avrebbe poi fatto in tempo per tornare qui e prendere i suoi fratelli e non insospettirli.
Arrivati al pick up, presi le chiavi e aprii la portiera, Edward si schiarì la voce “Mi sono persa qualcosa?” domandai “Dammi le chiavi, guido io” aggrottai la fronte “Sei abituato a macchine super veloci, sappi che il mio mezzo non supera certi limiti” “Mi accontenterò” sorrise, annuii e lo feci passare, accomodandomi sul sellino del viaggiatore.
“Non ci siamo neanche presentati” cominciò lui  “Io sono Edward Cullen” disse tranquillo “Io sono Meredith Swan” risposi contenta, mi guardò e sorrise. Quello per me era già un passo avanti. “Allora” proseguì lui “Ti piace il freddo?” “Mmm si e no” “Che intendi?” chiese curioso “Beh non amo la pioggia eccessiva, ma mi piace il freddo, lo soffro molto, però adoro starmene al calduccio sotto le coperte mentre fuori imperversa la tempesta. Non sono un amante del caldo, soprattutto d’estate, detesto l’afa, però mi piace avvertire i raggi solari che mi accarezzano il viso, soprattutto d’inverno” conclusi guardando fuori dal finestrino, lo sentii ridacchiare “Come mai sei venuta qui?” ma queste cose non doveva chiedermele nell’aula di biologia? “E’ una storia lunga…” “Ti ascolto…” “Mia madre s’è risposata…” “E lui non ti piace” non era una domanda “No, no, anzi son felice per mia madre. Solo che essendo Phil un giocatore di baseball, cambia spesso squadra e mamma per restare a casa con me non poteva seguirlo. So che soffriva per questo e quindi ho deciso che era giunto il momento di venire a trovare mio padre” “Ma ora sei tu che stai male…ti manca Phoenix e i tutti i tuoi affetti” sottolineò bene quest’ultima parola “Non sto male!” replicai mesta “Non ho poi tutti questi affetti” dissi, lui sembrò pensieroso.
“Eccoci arrivati” sussurrò “Grazie, ma ora tu come fai a tornare a casa?” domandai “Non preoccuparti per me, pensa a riposarti. Non vorrei rischiare di ritrovarti svenuta” ammiccò, annuii accigliandomi “Ciao” salutò con un gesto della mano “Ciao” risposi io mentre lo vedevo andare via a piedi. Sapevo che non appena mi fossi voltata, lui avrebbe iniziato a correre e in un batter d’occhio sarebbe giunto a destinazione.
Feci girare la chiave nella serratura e aprii piano la porta, mi diressi subito in cucina per prendere qualcosina da mangiare, tutto quel trambusto mi aveva messo appetito. Tornai in camera e mi stesi sul letto, incredula per quello che era successo quel giorno, sarebbe stato l’inizio di un qualcosa? O il giorno dopo mi avrebbe ignorato?
“Meredith sveglia!” gridò una voce “Mmm…” mormorai “Non ti senti bene?” aprii gli occhi e vidi Charlie, balzai in piedi “Oddio che ore sono?” chiesi guardandomi intorno “Le sette di sera” “Papà scusami, non ho ancora cucinato. Mi sono messa a studiare e poi mi son poggiata sul letto, devo aver preso sonno” “Non preoccuparti, figliola” “Corro subito a preparare” dissi scendendo le scale “Fai con calma!” urlò Charlie da sopra.
Una volta messo i piatti a tavola, chiamai “mio padre” e lo invitai a raggiungermi “Com’è andata la giornata?” “Abbastanza bene e a te?” chiesi portandomi una forchettata di spaghetti alla bocca e masticandoli “Un po’ di problemi con alcuni animali selvatici” “In che senso problemi?” tremai “Mi ha telefonato un collega del vicino Stato per comunicarmi che un gruppo di animali fuori controllo, probabilmente lupi o orsi, stanno facendo stragi di persone, perlopiù escursionisti o cacciatori e sembra che si stiano dirigendo da queste parti. Ho messo in piedi una squadra di perlustrazione, domani andremo in giro a dare un’occhiata” “Stai attento” mormorai assorta “Tranquilla, Meredith. So quello che faccio” annuii, sperando di non aver alterato la storia al punto tale da dover coinvolgere più del dovuto Charlie.
Salii in stanza mezz’ora dopo e preparai lo zaino per la scuola, ma fui interrotta dallo squillo del mio cellulare “Pronto?” “Meredith!” rispose una voce allegra “Alice?” domandai incredula “Esatto” “Ma come…? Lasciamo stare…” dissi scuotendo il capo “Dimmi tutto…” “Volevo solo sapere come ti senti” “Meglio, grazie per oggi, tu e tuo fratello vi siete scomodati troppo” mormorai sedendomi sul letto “Nessun fastidio. Allora com’è andata con mio fratello?” una lampadina si accese nella mia testa “No! Non dirmi che lo hai fatto apposta?” rise facendomi capire che la mia intuizione era giusta “Oh Alice, sei impossibile quando fai così!” sbuffai “Dai che ti ha fatto piacere” “Non importa” “Oh si invece…dai, dai che vi siete detti?” “Ma che me lo domandi a fare? Tu avrai visto tutto!” risposi passandomi una mano nei capelli “Vero, ma volevo che fossi tu a raccontarmelo” sospirai, maledetto folletto! “Nulla di importante. Si è presentato e mi ha chiesto perché mi sono trasferita qui” “Bene, si sta sciogliendo” risi amaramente “Macchè…domani sarà come se tutto questo non fosse successo” soffiai triste “Non è vero! Lui ricorderà tutto. E poi quella carezza? Ne vogliamo parlare?” chiese maliziosa, io arrossii al ricordo “Piangevo e mi ha voluta consolare, semplice” “Certo, certo” disse poco convinta “Ora devo andare prima che mi scoprano. A domani” “Ok. Ciao…” scossi il capo e guardai il cellulare un ultima volta prima di posarlo sul comodino e dedicarmi alla preparazione dello zaino.

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Capitolo 8
*** Incidente ***


Incidente

Ed eccomi qui!!! Pensavate che mi fossi dimenticata di voi? E invece no, sono semplicemente incasinata con lo studio (come al solito u.u), ma ho un bel pò di capitoli pronti, sarebbero da betare, ma in questo periodo la mia adoratissima Jenny ha da fare, quindi non può dedicarsi alle mie cavolate :D. Ti adoro Jenny!!! E  grazie per tutto! 

Vampiretta Cullen: malù che bello averti anche qui! Non sai che gioia sapere che segui anche questa mia storia! Grazie per i complimenti, spero davvero di meritarli :). 

Giulls: Alice ci riserverà molte sorprese :D, vedrai! Beh si le manca il fratello e anche tantissimo, che dici cosa succederà??? Mi aspetto idee :). 

Dindy80: Grazie!!! Ma con tutto il cuore per aver letto e recensito tutti i capitoli! è bello sapere che c'è qualcun'altro che mi segue. Ora però hai stimolato la mia curiosità: chi ti ha suggerito la mia storia??? :D

Vi lascio al nuovo capitolo, spero davvero che possa piacervi, aspetto le vostre recensioni. 

Capitolo 7 “Incidente”

 

Quella mattina mi ero svegliata parecchio assonnata, ma dovevo restare vigile, la neve era sparita, ma al suo posto una lastra di ghiaccio ricopriva il manto stradale. Dovetti far leva su tutto il mio equilibrio per giungere incolume al pick up.

Solo quando parcheggiai davanti scuola, mi accorsi che le ruote del pick up erano avvolte da grosse catene; sorrisi tra me “Charlie pensa sempre a tutto. Devo ricordarmi di ringraziarlo appena rientra a casa”, ma poi ricordai un particolare del libro: Bella stava guardando le catene quando all’improvviso un rumore assordante alle sue spalle la costrinse a voltarsi e si trovò di fronte al furgoncino di Tayler che aveva perso il controllo e stava per investirla.

Quando mi voltai verso le altre auto, vidi Edward e i suoi fratelli appoggiati alla macchina che mi fissavano “Sta per succedere…il furgoncino sta arrivando” pensai notando lo sguardo perso di Alice e la figura di Edward irrigidirsi. Chiusi gli occhi, potevo spostare il pick up più avanti, ma non riuscii neanche a pensarlo che sentii il fischio dei freni e mi girai sconvolta: il furgoncino blu scuro di Tayler stava per schiantarsi contro il retro del mio pick up, proprio dove c’ero io. Non riuscii neanche a piangere, solo a pensare che lui non sarebbe mai venuto a salvarmi, non aveva con me lo stesso legame che aveva con Bella.

Paralizzata e terrorizzata non feci nulla “Mamma perdonami…”, ma proprio un istante prima che il furgoncino mi venisse addosso, sentii una presa fredda e dura tenermi giù e battei la testa sull’asfalto. Non riuscivo a vedere nient’altro, percepii soltanto che il mezzo stava continuando a slittare, fu solo in quel momento che udii una voce parlare tanto velocemente da non capire cosa dicesse. Il cuore scalpitò “Non è possibile…non può essere lui”. Il furgoncino si fermò a poca distanza da me, alzai gli occhi e vidi le mani di Edward affondare nella carrozzeria del mezzo. Non capii più nulla. Cominciai a tremare, chiusi gli occhi spaventata, avevo creduto di morire, anzi forse nel profondo lo desideravo.

“Meredith, stai bene?” mormorò Edward al mio orecchio “Credo di si” risposi a mezza -voce. Cercai di alzarmi, ma lui me lo impedì “Stai attenta, hai battuto la testa”, me la toccai e avvertii un dolore lancinante “Accidenti che male!” dissi “Immaginavo…” e ora cosa dovevo dire? Dovevo indagare come aveva fatto Bella o fingere che non fosse successo nulla? Ci fissavamo, ognuno perso nei suoi pensieri “Come hai fatto a raggiungermi?” chiesi tutto d’un fiato, lui mi squadrò serio, una scintilla gli trafisse gli occhi “Ero qui accanto a te e…” si fermò, strinse una mano a pugno, ma non aggiunse altro, perché fummo subito raggiunti dagli altri ragazzi che inermi avevano assistito all’incidente “Non muovetevi!” gridarono “Tirate fuori Tayler!” aggiunse qualcun altro. Mi girava la testa, mi sentivo soffocare, volevo alzarmi e scappare via. Nuovamente quell’insopportabile senso di oppressione. Provai a muovermi, ma ancora una volta Edward mi spinse giù “Resta qui!” ordinò serio “Non sei nessuno per dirmi cosa devo fare!” sibilai tra i denti, lo vidi spalancare gli occhi meravigliato. Immediatamente mi tappai la bocca con la mano, maledicendomi. Si alzò, ma lo afferrai per un braccio prima che potesse andarsene; quel contatto mi provocò una scossa, sembrò quasi che anche lui l’avesse avvertita “Scusa” sbiascicai imbarazzata, il suo sguardo d’ambra si fissò nel mio e dopo qualche secondo di esitazione si avvicinò di nuovo, chinandosi su di me “Hai ragione” sussurrò dopo poco “Io non sono nessuno per te…” il suo tono mi apparve triste, quasi deluso e mi fece male “Non volevo dirti quelle cose è che…” impacciata mi guardai le mani, tutto il frastuono attorno a noi scomparve, c’eravamo solo io e lui “Cosa?” chiese curioso “Vorrei solo sapere come hai fatto a salvarmi” lo guardai con sguardo sicuro, fiero “Lascia stare…” l’allarme dell’ambulanza interruppe il nostro discorso “Da questa parte!” gridò agli infermieri. I professori di trigonometria e di ginnastica spostarono il furgoncino permettendo così il passaggio della barella, non mi resi conto di nulla. Continuavo a guardare Edward e lui faceva lo stesso, poco dopo arrivò anche Charlie “Meredith!” urlò correndomi incontro “Sto bene, papà. Non ho niente di rotto”. Dopo essersi accertato che fosse così, risalì in macchina e scortò l’ambulanza verso l’ospedale, Edward era stato affiancato da Alice, lei mi seguì sull’ambulanza, mentre lui prese la sua auto e ci seguì. Alice mi teneva la mano “Tu sapevi…” non era una domanda, distolsi lo sguardo, voltandolo di lato e annuii leggermente col capo “Perché non ti sei spostata?” sussurrò accarezzandomi una guancia “Avevo dimenticato quel particolare e a quanto pare anche tu…” ora la stavo fissando “Già…” “Edward è dietro di noi?” annuì col capo “Ci sentirà…” bisbigliai, ma sapevo che l’udito di un vampiro era più fine di quello degli esseri umani “Ti importa?” domandò scrutandomi “Non lo so…non conta quello che penso io” “Lui può sentire i tuoi pensieri” sussultai e le lacrime fecero presto capolino sotto le ciglia “Ha capito che c’è qualcosa che non va. Anche il mio eccessivo interesse nei tuoi confronti lo insospettisce, cerco di nascondergli i miei pensieri, le mie visioni, ma Edward non è stupido” mi guardò dritta negli occhi “E poi è giusto che prima o poi sappia la verità, ma devi essere tu a dirgliela” tremai al pensiero della rabbia che avrei potuto scatenare in lui, non volevo allontanarlo, non volevo perderlo.

Il mio corpo fu percorso da singulti acuti, mi aggrappai alle mani di Alice, stringendole a più non posso “Non fare così, Meredith. Ti prometto che andrà tutto bene” mi lisciò il capo, mentre io mi sfogavo.

Giunti in ospedale, mi ricoverarono nella corsia del pronto soccorso insieme a Tayler che mi fissava sconsolato “Scusami Meredith, mi dispiace tantissimo” “Non ti preoccupare. Tu piuttosto come stai?” nel frattempo le infermiere gli tolsero le bende, rivelando numerose escoriazioni “Ho temuto di averti uccisa! Andavo troppo veloce, sono finito su una lastra di ghiaccio e il furgoncino ha sbandato…” “Mi hai mancata” sussurrai ricordandomi grazie a chi ero ancora viva “Ma come hai fatto a spostarti così velocemente? Ti ho vista, ma un istante dopo eri sparita…” domandò facendomi sobbalzare “Ehm…è stato Edward a spingermi via” “Chi?” chiese stupito “Edward Cullen” “Non l’ho visto…” mormorò “Era lì accanto a me” mi sentii in dovere di proteggere il suo segreto “E’ stato tutto troppo rapido e non mi sono reso conto di niente. Ma lui sta bene?” domandò tornando a fissarmi “Credo di si, è qui da qualche parte” .

Successivamente, mi fecero sedere su una sedie a rotelle e mi portarono a fare una radiografia, insistetti nel dire che stavo bene e ciò venne poi confermato dalla lastra: non c’era nulla, neanche una commozione. Mi riportarono, allora, al pronto soccorso e dovetti subirmi per un’altra mezz’ora le scuse di Tayler. Stanca di tutte quelle chiacchiere, feci come Bella: chiusi gli occhi e finsi di riposare.

“Dorme?” chiese una voce…quella voce. Aprii gli occhi e notai Edward seduto ai piedi del letto di Tayler che mi sorrideva, a quel punto quest’ultimo cominciò a scusarsi anche con lui, ma Edward lo stoppò subito.

“Come stai?” domandò rivolgendosi a me “Sto benissimo, ma non vogliono lasciarmi tornare a casa” sbuffai provocando la sua risata “Presto andrai via” tornò serio come se si fosse ricordato di qualcosa. D’un tratto sbucò un dottore e sobbalzai per quanto fosse bello, capii subito che si trattava di Carlisle, il padre di Edward. Era biondo, occhi color dell’oro e pelle diafana, come del resto, tutta l’allegra famigliola “Allora Signorina Swan” disse avvicinandosi “Come stiamo?” “Bene” sospirai. Carlisle cominciò a massaggiarmi il cranio “Sembra tutto apposto” mormorò tastandomi “Lo sto ripetendo da quando sono entrata qui dentro. Anzi” alzai gli occhi verso Edward “Cercavo di convincere anche suo figlio quando mi ha salvata, ma niente” sbuffai di nuovo facendo ridere istericamente entrambi “Suo padre è fuori che l’attende, può andare se vuole” “Olè” dissi balzando giù dal letto e sbandando per un giramento di testa “Attenta” mi afferrò Carlisle “Giramento?” annuii “Se ti capita ancora torna qui a controllo” “Non è la prima volta che dice di soffrire di giramenti di testa” intervenne Edward “Mmm” Carlisle si portò una mano al mento “E’ successo solo quando sono svenuta l’altro giorno, quello di ora credo sia provocato dalla botta” parlai guardando alternativamente Edward e suo padre, soffermandomi su quest’ultimo al termine della frase. Il dottore annuì “In ogni caso, per qualsiasi problema torna qui e chiedi di me” “Va bene. Posso tornare a scuola?” “Per oggi credo sia meglio che tu riposa” annuii.

Usciti dalla corsia non vidi Alice e mi preoccupai: che ci avesse lasciati soli apposta? Turbata mi guardai attorno “Cerchi qualcuno?” domando Edward “Tua sorella” risposi apparentemente tranquilla “E’ tornata a scuola” bisbigliò “Ah” deglutii “E tu non rientri?” “Si, ora vado, ma prima…” si avvicinò sbarrandomi la strada “Credo che tu debba dirmi qualcosa…” mi guardò duro “Cosa?” dissi fingendomi sorpresa “Beh quello che sai…” mormorò crudo “Eh? Spiegati meglio, non capisco” “Meredith…Alice ha troppo interesse nei tuoi confronti, di solito non si apre così con…” si fermò scuotendo il capo “Gli altri” proseguì “Mi nasconde quello che fa, mentre solitamente mi dice tutto. C’è qualcosa che non mi quadra. Non vorrei che lei fosse in pericolo” terminò fulminandomi con lo sguardo. Sussultai sul posto e chinai la testa: io ero un pericolo? Come potevo esserlo, mi premunivo tanto per evitare che succedesse loro qualcosa o per evitare che scoprissero troppo su di me. Non avevo potuto fare molto contro i poteri di Alice e quindi ero stata costretta a confessarle la verità, ma non sembrava che lei ne fosse spaventata o preoccupata, tutt’altro: mi aveva detto che dovevo dire tutto anche al fratello, ma come potevo farlo? Mi guardava con quegli occhi carichi di odio e non lo sopportavo. Trattenni le lacrime quando con un dito mi costrinse a guardarlo “Allora?” domandò impaziente “Cosa vuoi che ti dica?” soffiai vittima del suo sguardo “Chi sei?” “Meredith Isabella Swan” risposi scostandomi da lui “Sono sempre io…poi sei tu quello che mi deve spiegazioni!” incalzai “No” fece lui. Lo fissai nuovamente, sentivo che stavo per cedere, fortuna volle che mio padre comparisse alle nostre spalle “Meredith!” disse avvicinandosi “Stai bene?” chiese alternando il suo sguardo tra me e Edward “Si…ora si. Possiamo tornare a casa” risposi guardando Edward “A domani” sussurrai passandogli accanto, lui si limitò ad annuire.

In auto “papà” mi comunicò che dovevo telefonare alla “mamma” per farle sapere come stavo, poi l’argomento cambiò totalmente “Chi era quel ragazzo? L’ho notato accanto a te, anche sul luogo dell’incidente” ecco l’ispettore che era in lui, venire fuori “Edward Cullen” risposi solamente “Il figlio del dottore?” annuii “E’ stato lui ad impedire che il furgoncino di Tayler mi investisse” “Oh ma allora dovevo ringraziarlo, se me lo avessi detto prima…” lo fermai “Non ce n’è bisogno. L’ho fatto io” mormorai scura in volto.

La situazione si stava capovolgendo troppo in fretta ed io non mi sentivo abbastanza forte per affrontarla. La testardaggine di Edward lo avrebbe portato ad insistere; sospirai e sperai, per la prima volta, che mi ignorasse…

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Capitolo 9
*** Sfuriata ***


Sfuriata

Salve a tutti,
ed eccoci di nuovo a sabato, il mio giorno preferito :). 
Cosa mi raccontate di bello? Com'è andata la vostra settimana? La mia abbastanza stressante, tra studio e umore traballante, beh...immaginate :)
E ora sono finalmente in pausa e passo per lasciarvi il nuovo capitolo, felice, ma davvero, davvero, davvero, che ci siano nuove persone che mi seguono. Non immaginate neanche quanto mi faccia piacere e mi commuova!!! Grazie con tutto il cuore per il vostro affetto e la vostra stima!

OnLu: spero di soddisfare la tua curiosità con questo capitolo e grazie mille per la recensione :)

vampiretta cullen: Malù, tesoro! Beh...tu mi fai troppi complimenti! Spero che anche questo capitolo possa piacerti. Bacio

_Aislinn_:  Paola che gioia ricevere la tua recensione! Non hai idea di quanto ho pianto! Lo so, è stupido, ma...leggere le tue parole mi ha fatta sentire bene, è stata una brutta settimana e oggi non è da meno...grazie tesoro, grazie!!!

dindy80: ho capito quale storia abbiamo in comune :) e mi fa davvero piacere che tu abbia letto la mia! E soprattutto che ti piaccia! Io sono una fan di Grey's Anatomy, ma il nome non è dovuto a quello, non so...ho sognato questa storia e il giorno dopo ho iniziato a scriverla. Ehm...non sono matta, ogni cosa che scrivo nasce spesso da un sogno o comunque da una canzone. Fammi sapere cosa pensi di questo capitolo e dei personaggi. Bacio

Ed ora vi lascio al capitolo, la smetto di annoiarvi con le mie parole...

A sabato prossimo...

Capitolo 8 “Sfuriata”

Prendere sonno fu troppo difficile, mi girai e rigirai nel letto per quasi tutto il tempo e quando riuscivo ad addormentarmi, facevo degli incubi, di cui puntualmente al risveglio, non ricordavo un accidente.
Sbuffando e imprecando, alle sei del mattino decisi di alzarmi, mi recai in bagno e provai a rilassarmi con una doccia calda. L’acqua scorreva a fiumi sul mio corpo nudo, spazzando via la tensione; feci il tremendo errore di chiudere gli occhi per facilitare quell’operazione, ma lo sguardo di Edward si materializzò d’improvviso, mandando al diavolo tutti i miei buoni propositi.
Ancora più nervosa e agitata, uscii dalla vasca e mi asciugai, provando a dare un contegno ai miei capelli e al mio viso sconvolti. Una volta terminata l’operazione, corsi in stanza e mi vestii, continuando a ripetermi mentalmente che non sarebbe successo nulla a scuola e che Edward mi avrebbe ignorata come scritto dalla Meyer.
Convinta di ciò, scesi in cucina e preparai l’occorrente per la colazione; prima che “mio padre” mi facesse ulteriori domande sul mio stato di salute e alterasse ulteriormente, il mio pessimo umore, sgattaiolai fuori casa, lasciandogli un biglietto.
Presi diversi respiri prima di scendere dal pick up, ero come al solito, in anticipo quindi non correvo il rischio di incrociare il ragazzo dalla pelle diafana e dallo sguardo incantatore. Messo piede nel parcheggio, sentii degli occhi puntati addosso, come se qualcuno mi stesse seguendo. Cercai di non badare a quella sensazione e filai dritta nell’edificio, girovagando tra un corridoio e un altro in attesa dell’inizio delle lezioni.
Troppo persa nei miei pensieri, andai a sbattere contro qualcosa di molto duro; mi tastai il capo laddove il dolore era più forte “Sono proprio una sbadata, possibile mai che non abbia visto che stavo andando contro il muro? Accidentaccio a me!” mormorai, ma una risata suadente mi distrasse. Alzai di scatto lo sguardo e mi trovai di fronte ad un Dio greco: Edward. Il jeans nero fasciava due paia di gambi snelle e muscolose e la t–shirt bianca metteva in risalto il suo petto scultoreo. Mi incantai e me ne accorsi solo quando, proprio lui, sventolò una mano davanti ai miei occhi “Ehilà! Ci sei?” domandò continuando a ridere “S-s-si” risposi ancora frastornata “Ero sola, non c’era nessuno fino a due minuti fa. Quando sei arrivato?” chiesi provando a rialzarmi, Edward mi porse la mano e mi aiutò, portandomi a poche spanne dal suo corpo. Avvertii il profumo fresco del suo respiro e i miei sensi erano in delirio. Inspirai e cacciai l’aria per riprendermi “Potrei farti la stessa domanda” disse guardandomi e ridacchiando “Sono venuto prima stamane, non avevo voglia di starmene a casa ad aspettare i miei fratelli e ho deciso di venire qui. Tu perché sei già a scuola?” “Ehm…” mormorai imbarazzata “In verità perché detesto le pressanti attenzioni di Charlie circa il mio stato di salute e poi perché…beh in casa mi sentivo soffocare” ammisi sincera “E qui no?” negai col capo “I posti vuoti mi aiutano a pensare meglio” dissi chiudendo gli occhi “Capisco” sussurrò appena. Poi d’improvviso il mio cervello decise di collaborare e una lampadina s’illuminò “Sei venuto a piedi?” “Si, sai le passeggiate nei boschi di prima mattina rinfrescano la memoria e aiutano il cervello a lavorare meglio. Dovresti provare qualche volta” ammiccò sicuro di sé “Spaccone” risposi incrociando le braccia al petto. Rise della mia probabile espressione buffa “Sul serio Meredith, se vuoi ti faccio compagnia quando deciderai di andarci” sbuffai sonoramente “Grazie per l’invito, ma non ho bisogno di queste cose. Il mio cervello funziona più che bene” “Ah se lo dici tu” mormorò fischiettando e roteando gli occhi verso il soffitto dell’edificio “Ti saluto, Edward…” feci per andarmene, ma mi fermò per un braccio, costringendomi a voltarmi “Aspetta” ora il suo sguardo era decisamente serio, segno che aveva tutt’altri obiettivi che farmi ridere o prendermi in giro. Era venuto presto perché sapeva di trovarmi lì, anzi con tutta probabilità mi aveva seguita ed ecco spiegata la strana sensazione del sentirmi osservata.
“Dimmi” risposi seccata “Dove vai così di fretta?” domandò con una voce tutt’altro che buona “In aula. Sai siamo a scuola e si dovrebbero seguire delle lezioni. Non so se hai presente” risposi cercando di essere più ironica possibile “Non intendevo questo” mi fissò, delle schegge nere si stagliarono nelle sue pupille dorate incutendomi paura “E allora cosa vuoi, Cullen?” chiesi tagliente, sperando si allontanasse da me “Solo parlarti, Swan” ci scrutammo di traverso per qualche minuto, fino a quando un mio sospiro arrendevole, non lo costrinse a mollare il mio braccio “Cosa vuoi dirmi” scosse il capo ridendo “Vedo che hai davvero la memoria corta” mi stizzii pronta a risponderlo, ma non me lo permise “Ieri ti ho fatto una domanda a cui tu non hai ancora dato risposa” mormorò seducente. E no, così non vale! “Ancora con i riferimenti alle mie capacità mnestiche? Se non ti ho risposto è semplicemente perché non ho nulla da dirti” “Ah no?” il sorrisino furbo spuntò sulle sue labbra, contagiando anche gli occhi “Sei proprio sicura?” annuii, se avessi parlato il mio tono sarebbe sembrato molto meno sicuro. “Scoprirò la verità!” sibilò tra i denti, prima di voltarsi e andarsene. Sconvolta, osservai il suo passo “umano”, anche se si sforzava di sembrare un uomo, aveva un’eleganza che non apparteneva a nessuno al mondo e un movimento talmente sensuale da far traballare lo stomaco al solo guardarlo. Portai una mano al petto, pur continuando a mantenere fisso lo sguardo su di lui “Amore mio…” pensai. Me ne pentii immediatamente, quando notai un indecisione nei passi di Edward, sapevo che mi aveva sentito, sospirai: pensasse quello che volesse, io ormai c’ero troppo dentro. Ripresami, mi diressi in classe, pronta per una nuova giornata di lezioni.
“Meredith, buongiorno” disse Eric avvicinandosi al mio banco “Ciao Eric” risposi sorridendo “Come stai?” domandò guardandomi la testa “Oh bene, tranquillo” “Mi spiace per l’incidente. Non sai che paura abbiamo avuto tutti. Eravamo in pensiero per te” disse sinceramente preoccupato “Sto benissimo. Sana come un pesce” e gli sorrisi, anche se quell’eccessiva attenzione mi infastidiva leggermente, l’unico che avrei voluto che se ne interessasse era anche la persona che non mi aveva ancora chiesto niente. Quel giorno, domande come quelle ce ne furono a migliaia: Jessica, Mike, Tayler. Angela invece, si accostò a me mentre mi recavo a mensa, mi fissò e sorrise “Ciao Angela” “Ciao Meredith. Sono davvero felice di vederti” mormorò a testa china “Ed io sono felice di essere qui per poter parlare ancora con te” mi sorrise timidamente “Ho avuto paura, sai?” sobbalzai “Di cosa?” domandai sinceramente curiosa “Di perderti…” sussurrò a mezza voce. Mi fermai, il cuore sussultò e mi commossi. Era bello che una persona si fosse legata a me in quel modo, pur non conoscendomi da tanto e non frequentandomi al di fuori del contesto scolastico. Volevo legarmi ad Angela, desideravo costruire con lei un vero rapporto di amicizia, era giunto il momento di integrarmi in quel posto nella giusta maniera. “Non so cosa dirti” mormorai imbarazzata “Non devi dire nulla” sorrise “Ti va se qualche volta ci vediamo per studiare o uscire. Cinema o altro?” “Certo” annuì felice Angela. Entrammo a mensa tutte sorridenti e mentre facevamo la fila, improvvisamente vidi Angela osservare dall’altro lato della stanza con aria stranita, incuriosita seguii il suo sguardo e rimasi impietrita quando notai Edward seduta da solo in un tavolo laterale, affianco alla finestra che mi guardava e rideva. Non appena capì che lo avevo notato, col dito mi fece segno di andare da lui, tremai in modo evidente tanto che Angela se ne accorse “Non vuoi parlargli?” domandò gentile “Non è questo…è complicato” sospirai “Niente lo è se ci si può spiegare” la guardai “Parlare ti farà bene” disse, sbarrai gli occhi “Cosa intendi?” chiesi “Vedi, io ho capito che ti porti qualcosa dentro di più grosso di te. È un peso che ti trascini addosso ogni giorno e i tuoi cambi d’umore, i tuoi malesseri sono legati anche a questo” sobbalzai, chinando il capo “Sono convinta che parlare con Edward ti aiuterà. Ti sta sempre appiccicato ultimamente” arrossii di botto, Angela però non sapeva che il motivo era lontanamente diverso da quello che pensava lei “Va da lui, non farlo aspettare” mormorò “Grazie Angela. Sei un’amica”, mi voltai e con passo poco deciso, mi diressi verso quel tavolo.
Giunta a destinazione, mi fermai davanti alla sedia e fissai Edward “Ti va di pranzare con me?” chiese con voce roca facendomi vibrare lo stomaco, annuii e mi accomodai impacciata, facendo cadere in malo modo lo zaino. Sbuffai mentre Edward trattenne a stento le risate, lo guardai di traverso e offesa mi alzai pronta ad andarmene “No!” quasi urlò, lo scrutai, il suo viso era diventato ad un tratto una maschera di terrore “Ti prego resta e perdona il mio comportamento poco cortese” mormorò con gli occhi in fiamme e il mio cuore sussultò ancora. Mi sedetti nuovamente e cominciai a mangiare un pezzo di pizza, lui mi fissava curioso “Tu non mangi?” chiesi disinteressata “La mia è una dieta un po’ speciale” continuava a guardarmi. Mi fermai a fare lo stesso e non so quanto tempo passò, ma restammo immobili occhi dentro occhi. Mai prima d’ora avevo provato sensazioni simili, mi sentivo leggera, lo stomaco s’era chiuso e non mi sarei mai stancata di restare in quella posizione ad ammirarlo. Era così bello, così seducente, così maledettamente intelligente ed io ero totalmente innamorata di lui. “Non hai fame?” domandò d’improvviso interrompendo l’atmosfera creatasi, sbattei le palpebre più volte cercando di razionalizzare le sue parole “Ehm…si. Mi ero…incantata” mormorai abbassando il capo e arrossendo “Anche io…” soffiò, alle sue parole, alzai immediatamente la testa. I suoi occhi dorati ardevano e le sue labbra rosse reclamavano le mie, ma era tutto sbagliato, lo sapevamo entrambi e infatti dopo poco lui distolse lo sguardo. Detestavo il silenzio che era improvvisamente calato, per questo decisi di spezzarlo “Come mai mi hai invitato al tuo tavolo? Di solito tu e i tuoi fratelli ve ne state per conto vostro” dissi addentando un altro pezzo della pizza ormai fredda “Non posso invitare la persona che ho salvato a mangiare con me? E poi devo capire cosa nascondi, non fraintendere i miei atteggiamenti” proferì in tono severo. Nonostante fossi consapevole che a lui non interessavo minimamente, ci rimasi ugualmente male. Quando si ama qualcuno, inevitabilmente, una piccola parte di noi s’illude che un giorno, l’altro ricambi quel sentimento, puoi combatterlo quanto vuoi, l’illusione resta sempre là a martellarti il cervello e a farti star peggio. Mio fratello si lamentava che fossi sempre da sola, senza amiche né amici, doveva vedermi in quel momento: mi stavo impegnando al massimo per stringere amicizie e per…beh conquistare Edward, senza ottenere alcun risultato positivo. “Se fossi stato qui, avresti saputo dirmi le parole giuste per consolarmi ed io mi sarei sentita protetta. Mi manchi Andrew” sospirai frustrata e sott’occhio notai Edward muoversi nervosamente “Allora, mi dirai il tuo segreto?” “Segreto?” strinsi i pugni “Tu vuoi sapere il mio segreto?” domandai ancora guardandolo dritto negli occhi e sentendo i miei improvvisamente appannarsi “Edward Cullen a te non interessa niente di nessuno, ora hai deciso di rompere l’anima a me. Non ti dirò nulla di me, perché dovrei poi?” mi alzai sbattendo le mani sul tavolo “Ho avuto un incidente ieri, sai? Potresti per prima chiedermi come sto, ma a te giustamente che ti frega di un essere insulso come me!” sbarrò gli occhi per la sorpresa “E ora scusami, ma devo andare” mi afferrò per la mano e mi costrinse a voltarmi “Lasciami in pace!” sibilai dura, non se lo fece ripetere una seconda volta, così prima che fosse tardi, corsi fuori da quella stanza e lontana da lui “Perché? Perché?”.
Mi fermai dopo poco nel prato adiacente gli edifici scolastici, mi sedetti sulla panchina al lato del muretto e lasciai che le lacrime facessero il loro corso. Raggomitolata su me stessa, provavo a riprendermi, non sapevo cosa pensare, cosa fare. Non volevo saltare biologia, ma neanche rivedere Edward. Esasperata sbuffai e quando avvertii una mano gelata poggiarsi sulla mia spalla, saltai, alzando il capo e trovandomi dinanzi un Alice dallo sguardo preoccupato. Non disse nulla, si accomodò al mio fianco, continuando a fissarmi. Sospirai “Alice cosa c’è?” domandai con tono un po’ acido, mi accorsi subito di essere stata maleducata e abbassai la testa per vergogna, ma Alice non me lo permise “Tu devi dirmi cosa ti succede!” affermò convinta “Non lo so…” mormorai a mezza voce “Se ti riferisci all’aggressione verbale nei confronti di tuo fratello, so solo dirti che m’è venuta naturale. Mi sta pressando, vuole solo sapere la verità, non gli interessa altro. Mi rivolge la parola solo per quello, mi fa quello sguardo omicida esclusivamente per raggiungere il suo scopo, non gli frega un tubo dei miei sentimenti…” le mie labbra si bagnarono di lacrime salate. Mi maledii “Accidenti a me, accidenti a quello che provo, accidenti a lui, al libro e a tutto!” gridai nascondendo il volto tra le mie gambe “Meredith!” mi richiamò Alice “Non dire così. Io sono contenta di averti conosciuta, se non avessi letto il libro ora non saresti qui e non avrei potuto essere tua amica e poi non è vero che a mio fratello interessa solo questo” disse “Ah no?” chiesi ironica “E dimmi: quali sono i suoi interessi?” “Lo capirai presto, ora va a lezione, non vorrai fare tardi” ammiccò alzandosi e andandosene. Io restai lì allibita, poco dopo mi alzai anche io e andai a lezione.
Da fuori l’aula, si sentivano le voci dei ragazzi, erano già tutti lì, dovevo aver fatto più tardi del solito; mi fermai alla porta e notai che il professore non era ancora venuto e questo mi sollevò parecchio. Non appena misi piede nella stanza, volsi gli occhi al mio banco, Edward era lì, il viso girato verso la finestra, apparentemente pensieroso. Il cuore mi martellò forte nel petto, l’ansia crebbe a dismisura, ma non lasciai che l’irrazionalità prendesse il sopravvento e domando le mie emozioni, mi sedetti al mio posto, non guardandolo. Ovviamente lui si accorse di me, di sottecchi vidi che si girò a fissarmi, aveva gli occhi spalancati per la sorpresa, non si aspettava che sarei andata a lezione. Sorrisi tra me e me e aprii il quaderno degli appunti posizionandolo sul banco, assieme alle penne e al libro. Feci finta di leggere, non mi era possibile farlo, continuavo a sentirmi addosso il suo sguardo, talmente profondo che sembrava volesse entrare dentro la mia anima. Avevo svuotato la mente, non ci avrebbe trovato granché, solo qualche termine di biologia.
Terminata l’ora, mi alzai e mentre sistemavo i libri in borsa, notai Edward in piedi, fermo al suo posto che mi fissava; per un millesimo di secondo alzai lo sguardo e incrociai il suo, ma non mi ci soffermai troppo, non dovevo essere io a parlare. Chiusi la cerniera della borsa, la misi in spalla e mi diressi verso l’uscita; cinque secondi dopo, Edward era dietro di me, ne avvertivo il profumo, decisi così di fermarmi, lo feci di colpo, tanto che lui si stoppò a pochi passi da me. Mi voltai lentamente, puntando i miei occhi diritti nei suoi, rimanemmo così, incapaci di proferire parola. Il suo sguardo era dolcissimo, miele puro, sembrava quasi dispiaciuto “Scusami…” soffiò d’un tratto, chinò la testa “Non dovevo farti tutto quelle domande. Sono una persona estremamente curiosa, non so quale sia il motivo, ma sento che debbo conoscere tutto di te. Io…” tornò a fissarmi “Meredith…” sospirò “Sono uno sciocco” sorrisi “E se non vorrai più rivolgermi la parola, lo capisco e ti do pienamente ragione, ma volevo comunque scusarmi. Sono stato davvero molto maleducato” era sincero, lo si capiva dallo sguardo, dal movimento del suo corpo, dal timbro di voce. In un certo senso, era più umano di quanto credesse “Scusato” mormorai, Edward mi guardò incredulo, notando però il mio sorriso, si riscosse e mi sorrise anch’egli. Riprendemmo a camminare, uno di fianco all’altro “Noiosa la lezione oggi, vero?” “Si, decisamente” sbuffai “Non ti piace la biologia?” “No per niente” dissi “Hai difficoltà?” domandò con tono estremamente curioso “Si e no, ad esempio la lezione di oggi non l’ho capita. Tutti quei nomi strani poi di certo non mi sono d’aiuto” “Se vuoi ti do una mano a studiare” rimasi di sasso e subito l’emozione divenne talmente forte, da trasformare il battito del mio cuore, in un rumore assordante, lo avvertivo non solo nel petto, ma anche nelle orecchie “Non voglio crearti disturbo” sussurrai a malapena “Nessuno disturbo” rispose in tono vellutato e dolce, scrutandomi attentamente. Annuii “Passo io da te?” chiese illuminandosi “S-si” balbettai “Oggi verso le quattro, va bene?” “Ok” detto ciò sparì.

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Capitolo 10
*** Ripetizioni di biologia ***


Ripetizioni di biologia

Salve a tutti!
Precisa come ogni sabato, son qui per pubblicarvi il nuovo capitolo di questa fan fiction che mi sta dando parecchie soddisfazioni, ma è voi che devo ringraziare. Grazie a chi mi segue, a chi mi legge, a chi recensisce…!!! Se non fosse per il vostro incoraggiamento, avrei già mollato tutto. Queste settimane sono tremende, sono piena di esami, non smetto un attimo di studiare, mi sembra di impazzire!!! Mi auguro che a voi vada meglio, altrimenti siamo davvero rovinati -.-

OnLu: ehm…spero tu non ti sia arrabbiata sul serio :(! Si, è vero: la situazione è diversa, è Edward che scopre poco alla volta Meredith. Fammi sapere cosa pensi di questo capitolo e perdonami!!! :P

 

Dindy80: heheheh mi spiace deluderti, ma non ci sarà alcuna pratica :P. Oh Edward ha tatto pari a zero, certe volte mi fa proprio arrabbiare -.-, mi tratta male la mia povera Meredith! E credimi, non è finita qui :P. Sono tra le tue scrittrici preferite??? Oooh! Che emozione!!! Ora arrossisco…grazie :*

 

_Aislinn_: beh ci voleva qualcuno che gliene dicesse quattro a quel monello di Edward, non credi? Meredith si porta dentro una grande ferita, la perdita della madre l’ha segnata tantissimo, senza contare che è sempre stata una ragazza molto sola, ma non sa che nel cuore ha racchiusa una forza talmente grande che le permetterà di essere felice…vedrai, vedrai…
Grazie per la recensione mia cara!

 

Vampiretta Cullen: oooh! Ma tu mi fai sempre troppi complimenti, non sono certa di meritarmeli!!! Grazie tesoro! Spero che questo capitolo ti piaccia! Fammi sapere!!!

 

Ed ora vi lascio alla lettura…alla prossima!

 

Capitolo 9 “Ripetizioni di biologia”

 
Ritornai a casa velocissimamente, dovevo sistemare la mia camera e la cucina, non potevo permettere che Edward Cullen trovasse tutto sotto sopra.
Posai la borsa e il giubbino all’ingresso e mi precipitai in cucina: lavai i piatti della sera prima e della colazione e feci un bella lavata a terra, poi corsi nella mia camera, ma una volta arrivata lì mi bloccai “Ma mica Edward deve entrare nella mia stanza” dissi a me stessa “Però…forse è meglio che approfitti del mio buon umore per dare una sistemata a questo caotico disordine”. Passai l’ora successiva a pulire la camera, controllando ogni secondo l’orologio, quel giorno sembrava che il tempo avesse deciso andare più lentamente del solito, urtando il mio sistema nervoso. Terminato con le pulizie, presi libro e quaderno e mi spostai in cucina, iniziai col sottolineare il capitolo oggetto della lezione, ma ogni volta che provavo a concentrarmi, inevitabilmente la mia mente se ne andava per conto suo e ripensava a tutte le cose strambe che mi stavano succedendo. Non riuscendo a mettere ordine nella mia testa e per alleviare i miei nervi tesi, mi preparai una camomilla, sperando mi aiutasse, non volevo addormentarmi, semplicemente rilassarmi; di certo per quanto ero agitata, neanche la valeriana mi avrebbe fatto dormire. Mi sedetti sulla poltroncina in salotto e mi gustai la mia bevanda, un sorso alla volta e la bevvi in pochi minuti; quando tornai in cucina per sciacquare la tazza, alzai gli occhi verso l’orologio e notai che mancavano pochi minuti alle quattro. Tremai quando realizzai che di lì a poco, Edward sarebbe comparso sulla soglia di casa mia: mille domande, dubbi iniziarono a frullarmi per la testa. Cosa gli avrei detto? Prima di tutto dovevo tenere a bada i pensieri, evitare il più possibile di pensare a ciò che sentivo e che sapevo. Con tutti i buoni propositi e con ottimismo, tornai al tavolo, ma non riuscii ad accomodarmi che il campanello suonò; paralizzata, fissai la porta per diversi secondi, prima che i miei muscoli si sciogliessero e il mio cervello mi guidasse verso l’ingresso. Premetti piano sulla maniglia, avvertendo il cuore in gola e le gambe molli e nell’esatto istante in cui mi trovai Edward davanti, dimenticai tutti i preparativi, i discorsi a cui avevo pensato e preferii perdermi nella sua eterea bellezza.
“Ciao” disse alzando una mano “Ciao” risposi impacciata “Mi fai accomodare?” ridacchiò allegro “Certo, certo” sbiascicai facendomi da parte e lasciandolo passare. Si guardò poco intorno e mi aspettò affinché lo guidasse verso la zona in cui avremmo studiato. Lo feci sedere al tavolo in cucina, dove avevo già poggiato il necessario, lui osservò il mio quaderno, poi prese il libro e vide a che pagina era arrivata “Vuoi cominciare da Darwin?” chiese “Mmm…diciamo che quello mi è abbastanza chiaro” gli risposi mettendomi di fronte a lui e afferrando la penna per giocherellarci, Edward seguì ogni mio gesto mettendomi in imbarazzo.  “Dimmi ciò che vuoi che ti chiarisca e ti aiuterò” fece il sorriso sghembo tanto descritto dalla Meyer, ma era impossibile immaginarlo. Ora che lo guardavo mi rendevo conto che era lontano anni luce dall’idea che mi ero fatta: era accecante il bagliore che emanava, ti stordiva e imbambolava. Mi riscossi solo qualche secondo dopo, grazie al rimbombo di un tuono; saltai sulla sedia, suscitando le risa di Edward “Hai paura dei temporali?” “No, mi ha semplicemente colto di sorpresa” dissi, sospirando “Allora io sto aspettando!” mi ammonì “Agli ordini prof” dissi ironica “Ti spiacerebbe chiarirmi un po’ i concetto di micro e macroevoluzione? Ho qualche problema con i termini pool genetico, deriva genetica…” dissi portandomi le mani tra i capelli “Nulla di più semplice” e sorrise di nuovo prima di iniziare a spiegarmi parola per parola il capitolo. Quando non capivo, provava a farmi degli esempi o disegnava qualcosa sul quaderno; mi guidò nella stesura di alcuni schemi e mappe concettuali per fissare meglio le cose apprese. Fu strano stargli accanto in quel modo, sembrava davvero di essere vicino ad un essere umano, non c’era più quella freddezza e durezza che aveva manifestato fino a quel momento ed io lo adoravo sempre di più.
“Cos’è la microevoluzione?” mi fissò intensamente, provai ad abbassare lo sguardo per sbirciare sul quaderno, ma lui intuì la mia mossa e voltò pagina “Signorina Swan, non faccia la furba con me. So che lo sa, si concentri!” ordinò, sbuffai per l’ennesimo richiamo e chiusi gli occhi “La microevoluzione
è il cambiamento che si verifica da una generazione all’altra nelle frequenze alleliche di una popolazione” risposi di getto “E quali sono i fattori che possono alterare le frequenze alleliche?” “La deriva genetica, la selezione naturale, il flusso genico e…” mi grattai la testa alla ricerca della risposta “Non dirmelo, lo so…devo solo rifletterci” Edward mosse la mani e se le portò alla bocca, facendomi ridere “Sii seria” mi ammonì tra i denti “Ok, ok! Ah si!” dissi alzandomi dalla sedia “Le mutazioni!” “Bene” io ero contentissima, iniziai a saltellare per la casa, poi presa dalla frenesia corsi incontro ad Edward e lo abbracciai di slancio “Grazie, grazie. Non ho mai capito nulla di biologia neanche nell’altra mia vita…” mi fermai rendendomi conto di ciò che avevo fatto e detto. Mi staccai immediatamente da lui, notando la sua rigidità “Ehm scusa…l’eccessivo entusiasmo mi ha fatto perdere il controllo” lo guardai, mi fissava curioso “Comunque davvero grazie. Nella scuola di Phoenix non conoscevo nessuno che potesse essere così paziente con me nello spiegarmi certi concetti. Sono una frana” schioccai la lingua tra i denti, lui rise “No, sei semplicemente distratta. Basta un po’ più di attenzione e le cose si capiscono, sei brava. Solo che devi prendere l’abitudine di farti degli schemi quando studi, ti aiutano a fissare i concetti” “Lo terrò a mente” dissi sorridendo. Guardai l’orologio e vidi che erano le sei e mezza passate, il tempo era davvero volato. Sospirai triste, sapevo che tra breve lui se ne sarebbe andato ed io sarei rimasta sola “Cos’hai?” chiese, sembrava come se a volte non riuscisse a leggermi la mente, mi scrutava attento “Nulla…quando si sta bene, il tempo passa sempre troppo in fretta” risposi sinceramente guardando però fuori dalla finestra, evitando di incrociare il suo sguardo “Hai ragione” disse, lasciandomi spiazzata. Volsi gli occhi verso di lui e nei suoi lessi una strana tristezza…
Lo squillo del telefono fece saltare entrambi, corsi a rispondere “Pronto?” “Meredith!” “Papà!” esclamai “Figliola stasera farò tardi, abbiamo avuto delle emergenze in periferia e devo restare qui per coordinare le azioni di intervento” “Non preoccuparti, papà. Io mi cucino qualcosa, ti lascio la cena nel fornetto e poi vado a dormire, ho studiato parecchio oggi, tu però sta attento” “Tranquilla. Grazie per la cena e chiuditi dentro! Non aprire agli sconosciuti!” “Certo, certo” dissi rotando gli occhi al cielo “Ciao papà”.
Tornata in cucina, sapevo che Edward aveva ascoltato la mia conversazione, ma ovviamente fece finta di niente “Tutto ok?” domandò “Si, era mio padre. Rientrerà più tardi, a quanto pare stanno avendo dei problemi ultimamente” “Di che tipo?” lo guardai, era incuriosito sapeva che c’era qualcosa che non quadrava, in un paesino piccolo come Forks non succedeva quasi mai nulla di pericoloso “A quanto pare, si sono avvicinati un gruppo di animali selvaggi, forse lupi o orsi e stanno uccidendo delle persone nelle foreste al limitare di Forks, soprattutto cacciatori e escursionisti” notai che s’era improvvisamente fatto pensieroso “Qualcosa non va?” chiesi fingendomi tranquilla “No, no” si affrettò a dire “Devi andare?” domandai non riuscendo a modulare il mio tono di voce “Tra un po’ sì, ma se vuoi posso farti compagnia ancora per un’ora, se ti può far piacere” “Certo!” risposi aprendomi in un raggiante sorriso. Mi aiutò a prendere i libri “Dove dobbiamo sistemarli?” “Nella mia stanza” salii le scale e lui mi seguì, ero emozionantissima. Una sensazione strana si impossessò del mio stomaco, avrei voluto gridare che quando lui mi era vicino ero felice. Aprii la porta della mia stanza, avvertendo la presenza di Edward alle mie spalle. Accesi la luce e gli feci strada verso la mia scrivania “Poggiali pure qui, dopo li sistemo” lo fece e si guardò attorno “Grazie mille” dissi io, attirando il suo sguardo su di me. Fuori il temporale creava diversi giochi di luci e ombre e la pioggia cadeva fitta e violenta sui prati.

“E così questa è la tua stanza…” disse ad un certo punto “Così pare” risposi alzando le spalle “E’ molto carina, semplice. Ti rispecchia molto” sussurrò “Gra-grazie” balbettai non sapendo cosa dire. Ci fissammo per un po’, entrambi interdetti, capire ciò che gli passava per la testa era difficile, Edward era abbastanza criptico.
“Accomodati pure” dissi, indicandogli la sedia a dondolo, io mi sedetti sul letto. Eravamo uno di fronte all’altro “Allora Edward…” sussurrai “Dimmi qualcosa di te” lo guardai negli occhi “Cosa vuoi sapere?” chiese gentile “Ho sentito che sei stato adottato” “Esatto. Esme e Carlisle sono due veri genitori per me” rispose e un luccichio illuminò il suo sguardo “Sei molto legato a loro” constatai “Si, sono la mia famiglia e i miei fratelli completano la mia vita” mormorò spostando lo sguardo fuori dalla finestra “Non potrei immaginarmi senza di loro…” soffiò. Rapita dal suo tono di voce, soffocai un gemito. Niente al mondo mi avrebbe mai potuto far sentire diversamente…mi colse di sorpresa quando, voltandosi verso di me, i suoi occhi s’incatenarono ai miei. Vi leggevo stupore, curiosità, ma quando si tinsero di un leggero nerastro sussultai sul posto e il cuore si squarciò: dolore, un dolore che non poteva essere spiegato. Generato dalla solitudine di una vita trascorsa a cercare un senso al proprio vagare. Malessere nato dal sentirsi vuoti, soli, spenti…
Soffocavo sotto il peso di tutto quello e quella sofferenza di Edward era la mia…
Pulsava nelle vene con veemenza e vigore, pretendeva ascolto, pretendeva attenzione, pretendeva le tue lacrime. Lacrime che io da umana potevo versare, ma lui…lui era condannato ad una non vita, nella quale l’unico modo di sfogarsi era cacciare, prendersela con la natura che bastarda lo aveva imprigionato in un destino che lui non aveva avuto la possibilità di scegliere, ma che lo uccideva giorno dopo giorno. Avrei voluto dargli la mia vita, condividere con lui parte della mia umanità, ma non era possibile. Quel nostro guardarci in quel modo così profondo, turbò molto entrambi, vidi la sua mano chiudersi a pugno e il mio respiro si fece irregolare “Edward…” soffiai, lui si alzò e mi passò accanto “Devo andare” disse “Scusami” e si dileguò dietro la porta. Io ero lì, ferma sul letto, con lo sguardo fisso nel vuoto e il petto dilaniato dal dolore della sua assenza…

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Capitolo 11
*** Incubi e visioni ***


Incubi e visioni

Salve a tutti…
Oggi non credo sarò di molte parole, penso di non avere molta voglia di esprimermi…vorrei sbattere la testa contro il muro e poi mettermi al pc e scrivere, scrivere e ancora scrivere finchè non mi verranno i crampi alle mani…
Voglio però fare un sentito ringraziamento a tutti coloro che mi seguono, che hanno inserito la storia tra i preferiti o seguiti e che recensiscono. Mi date tanta fiducia e non so se me la merito…ma grazie di vero cuore!!!

 

Dindy80: è un onore per me, essere tra le tue “scrittrici” preferite. Me lo merito sul serio? Ho poca fiducia in me, s’è capito no? :). Eccoti il nuovo capitolo, mi auguro di non averti delusa…bacio

 

Giulls: tesoro mio, stai tranquilla. Io ci sono per te e lo sai! Quando hai bisogno basta che mi mandi un sms…spero che tu ti senta meglio, mi spiace saperti triste e va bene, se vuoi ti avviso quando posto, sai che per me è importante sapere cosa pensi dei miei scleri mentali! Ti voglio bene…

 

Piccola Ketty: mi piace che tu mi segua, sai? Perché ammiro il tuo modo di scrivere e quindi il fatto che tu legga le mie pazzie, mi rende orgogliosa. Ed è bello sapere di avere un riscontro tra le mie scrittrici preferite J. Grazie cara, di cuore!

 

Melody Potter: benvenuta nel mio mondo! Grazie per i complimenti! Sarebbe bello se continuassi a seguirmi, ne sarei onoratissima! Fammi sapere la tua opinione, ci tengo al giudizio di voi lettori. Grazie ancora per esser passata di qui!

 

Vampiretta Cullen: tesoro, ogni volta che leggo una tua recensione, finisco col commuovermi!!! Tu mi elogi troppo, ma sei proprio certa che mi meriti tutte le tue bellissime parole?!? Grazie, grazie e ancora grazie.

 

E ora vi lascio al nuovo capitolo, da qui in poi le cose cambieranno. Ditemi sinceramente che ne pensate…grazie infinite a tutti e scusate la mia poca loquacità!

Capitolo 10 “Incubi e visioni”

 

Non sapevo se sentirmi delusa o triste per l’atteggiamento di Edward, non trovavo senso alla sua fuga e faceva male, di un male che solo chi amava profondamente poteva capire, solo chi aveva vissuto una vita in completo isolamento poteva comprendere o almeno provarci.
Eppure lo amavo…si! Lo amavo più di quanto amassi quello che ero e non me ne pentivo. Era quel sentimento a farmi sentire viva, a darmi motivo di esistere, mai prima mi ero sentita così, se non quando mia madre era in vita. Lei mi dava tutto, era la mia linfa vitale, la mia spina dorsale, la culla dove sentirmi coccolata, la roccia su cui potevo poggiarmi quando ero triste, il rifugio verso cui correre nei momenti peggiori, ma un male superiore e cattivo me l’aveva strappata via, non dandomi né modo né tempo di abituarmi. Ma infondo non si poteva fare l’abitudine alla perdita di qualcuno che si ama e non volevo che quel baratro in cui ero caduta, mi risucchiasse di nuovo, trascinandomi ancora più in fondo. Questa volta avevo la possibilità di lottare per quello in cui credevo e sapevo, sentivo, percepivo che l’anima di mia madre era con me.
Forte di quella presenza, mi alzai dal letto e preparai la cena per mio padre, riponendola con cura nel fornetto, in modo che a qualsiasi ora fosse tornato, potesse scaldarsela. Poi mi recai in bagno e mi gettai di peso nella doccia;  sentivo la necessità di lavar via dalla mia pelle la tristezza che s’era depositata su di me, avvolgendomi come una pellicola. Insaponai abbondantemente il mio corpo nudo e mi strofinai con cura, passando la mia spugna rosa numerose volte sui punti più dolenti: le mani e le braccia che quel giorno avevano toccato Edward, il viso che lo aveva visto, sentito il suo profumo e desiderato le sue labbra sulle proprie e infine il petto, posto dove era racchiuso un cuore malato d’amore.
“Perché piango se sto lavando via la sua presenza dalla mia pelle?” sussurrai a me stessa tremante. Mi strinsi nelle braccia, come per infondermi coraggio e coccolarmi da me, non trovando però alcun conforto; la presa sulla mia pelle divenne ferrea e mi perforai con le mie stesse unghie, non avvertendo alcun dolore, ma quando sciolsi l’abbraccio, i segni rossi erano ben evidenti e piccole macchioline di sangue fuoriuscirono da esse, scivolate via poi con l’acqua.
Restai inerme sotto il getto della doccia, occhi spalancati, bocca semiaperta, braccia stese lungo i fianchi…e in quel momento sentii alle mie spalle una presenza. Chiusi gli occhi, inspirando “Figlia mia” “Mamma…” mormorai rauca Mamma, mamma dove sei?” la invocai piangendo “Sono qui accanto a te, tesoro mio. Non me ne sono mai andata. Ogni volta che mi penserai, che mi cercherai, guardati dentro e mi troverai. Segui il tuo cuore, amore mio. Sempre.” un fruscio strano mi solletico la base del collo, rabbrividendomi “TI voglio bene, Meredith” poi più niente “Anche io, mamma…” sussurrai voltandomi ad abbracciare il nulla “Anche io…” riaprii gli occhi, chiusi il getto dell’acqua e uscii dalla vasca.
Un’ora dopo ero sotto le coperte e stringevo al petto un orsetto di peluche beige, un orso che avevo ritrovato in un cesto dentro l’armadio, probabilmente qualche raro gioco che la madre di Bella aveva lasciato in casa, quando in fretta e furia aveva fatto le valigie ed era andata via. Stretta a Andrew, questo il nome che avevo dato all’orsetto, lasciai che Morfeo mi accogliesse tra le sue braccia.
“Tu sai la verità!” gridò Edward venendomi incontro, mentre io chiudendo lo sportello del pick up, lo guardavo stranita, spaventata “Che stai dicendo?” balbettai “Sai benissimo di cosa sto parlando” sibilò tra i denti “Sei una bugiarda!” mi urlò in faccia, una volta giunto davanti a me. Il mio sguardo percorse tutto il suo corpo, ammirandolo in tutta l’imponenza di cui quell’atteggiamento da arrabbiato, gli donava “Cosa vuoi da noi?” disse afferrandomi per le spalle e scuotendomi, solo così mi ripresi e lo fissai negli occhi. Erano neri come la notte, neri per la fame, neri per la rabbia. Tremai. “Avanti dimmelo” mormorò ad un centimetro dalle mie labbra, fu inevitabile spostare lo sguardo su di esse. La preda stava cedendo al suo aggressore, la legge del più forte avrebbe avuto nuovamente la meglio: mi alzai leggermente sulla punta dei piedi, socchiusi gli occhi e poggiai le mie labbra sulle sue.
Un terremoto interiore mi scosse tutta, i crampi allo stomaco divennero voragini, la testa cominciò a pulsarmi in maniera violenta e il mio corpo sembrò alleggerirsi, quasi volesse spiccare il volo. Le nostre bocche rimasero ferme, le une sulle altre, fin quando fu lui a scostarsi; impaurita sbarrai gli occhi di scatto, prendendo consapevolezza di ciò che avevo realmente fatto e meravigliata di me stessa, mi portai una mano alla bocca, tastandola piano. Sapeva ancora di lui, scottava della sua presenza. Edward mi guardava stupefatto, le palpebre allargate, le labbra semiaperte, dondolò la testa impercettibilmente, a destra e poi a sinistra, tornando a fissarmi con rabbia “Non sarà un bacio a cambiare le cose. Credevo fossi diversa dalle altre ragazze, pensavo fossi vera. Ho creduto di potermi fidare di te, forse col tempo ti avrei raccontato tutto di me e avrei ceduto ai miei sentimenti, ma hai rovinato tutto” disse, stringendo le mani a pugno, evidenziando il bianco delle sue nocche “D’altronde cosa potevo aspettarmi da un insulso essere umano come te. Sei niente!” sibilò tagliente. Uno squarcio s’aprì nel mio petto e la leggerezza che poco prima quel bacio mi aveva donato, svanì all’istante, lasciando spazio al nulla. Edward sogghignò, voltandomi le spalle e andandosene “Non andartene” mormorai al vento impietrita “Non lasciarmi anche tu…” sussurrai, mentre una lacrima scese a rigarmi il volto.

“Meredith! Meredith!”
l’immagine di Edward sfumava passo dopo passo, tutto intorno a me poi divenne buio; avvertivo il mio corpo scuotersi violentemente “Perché, perché?” gridavo “Meredith avanti apri gli occhi!”. D’un tratto un bagliore fortissimo mi colpì in pieno volto, costringendomi prima a chiudere gli occhi e poi a riaprirli; quando lo feci mi ritrovai nel letto con Charlie seduto di fianco a me che mi scuoteva per svegliarmi “Finalmente pigrona!” sorrise “Stamane sembra proprio che tu non voglia alzarti. Stavi facendo per caso qualche bel sogno?” chiese avvicinandosi alla porta, sobbalzai ripensando all’incubo e sbarrai gli occhi quando notai le mie mani tremare e la mia bocca scottare, quasi come se fosse stato tutto reale.
L’entrata nel parcheggio della scuola, fu catastrofica: degna della sbadataggine di Bella, feci spegnere il pick up nel bel mezzo della strada, poi scendendo, inciampai nei miei stessi piedi, facendo ridere degli studenti che erano nelle vicinanze. Imprecai sotto voce e diedi tutta la colpa all’incubo che avevo avuto quella notte. Non ero tranquilla e di conseguenza non badavo a quello che facevo.
Stavo sistemandomi lo zaino sulle spalle quando mi si avvicinò Alice “Stamane siamo più distratte del solito?” chiese allegra, io sbuffai sentendomi tremendamente in imbarazzo, poi come colpita da qualcosa, mi bloccai e fissai Alice tremando “Che succede?” domandò preoccupata “Mica sa tutto?” chiesi supplicandola con lo sguardo, lei inarcò un sopracciglio “Non capisco…” disse sfregandosi la testa “Ho fatto uno strano sogno in cui…E…E…” deglutii “Insomma lui” dissi formando con le mani due virgolette, Alice annuii storcendo la bocca e corrucciando la fronte “Sapeva la verità e diceva di detestarmi, che ero niente per lui…e…” avvertii un brivido ghiacciato e mi strinsi nell’impermeabile “Se ne andava…” sussurrai chinando la testa. La risata cristallina di Alice ruppe il silenzio “Meredith non dirmi che la tua sbadataggine è frutto di questo?” per quanto fosse possibile, abbassai maggiormente il capo, desiderando di diventare invisibile.
“Oh ma dai!” mormorò dolce al mio orecchio “Non succederà nulla di quello che ha elaborato il tuo cervello fantasioso” disse Alice una volta che, lontano da orecchie indiscrete, le ebbi raccontato il sogno “Tu credi?” chiesi, raggomitolandomi nelle ginocchia “Prima o poi scoprirà la verità e non vorrà più saperne di me” soffiai “Concordo sulla prima parte, ma non sulla seconda” proferì il folletto “Ma se non vuoi che l’incubo diventi realtà, allora devi sbrigarti a parlargli. Più tempo passa e più diventerà difficile nascondergli il tuo segreto, oltretutto più tardi glielo rivelerai e più si arrabbierà” decretò infine alzandosi e spostandosi davanti a me. Alzai la testa per guardarla in viso: sembrava tranquilla e rilassata “Hai avuto qualche visione?” domandai “Su di voi?” chinò il capo di lato “Niente che sia vivido, ma…” e si fermò “Ma cosa?” incalzai “Nulla, nulla” disse “No, tu ora me lo dici!” dissi raggiungendola “Per favore” mormorai. Alice sospirò, chiudendo gli occhi “E va bene mi hai convinta, ma non voglio che mi venga imputata alcuna responsabilità” disse fissandomi negli occhi “Ok!” “Ho visto un bacio” sbiancai “Un che?” chiesi balbettante “Un bacio. Hai presente due labbra che si strusciano una sull’altra?” disse ridendo e colpendomi sulla testa con la mano “Ma smettila!” sussurrai arrossendo e scostandola da me, facendo così aumentare la sua risata “Il battito del tuo cuore è diventato improvvisamente frenetico, chissà come mai” “Uff. Alice ti sei sbagliata! Non ci sarà nessun bacio tra me e chi sai tu!” “Ma se c’era anche nel tuo sogno!” “Non significa niente” “Ah senti Meredith, io ho visto questo, punto! Sono certa, anzi certissima che accadrà, quindi vedi di muoverti a confessargli la verità. Voglio averti a tutti gli effetti come sorella, anche se ti considero già tale da sempre” e sorrise, trasmettendomi un calore unico “Grazie Ali” “No” scosse il capo “Grazie di essere entrata nelle nostre vite” “Forse nella tua…” “E basta con questo pessimismo!” disse accomodandosi al banco e aspettando il professore di letteratura “Tu non hai visto con che faccia è andato via da casa mia, ieri” mormorai prendendo il quaderno dallo zaino “Ti sbagli!” proferì seria “Io l’ho visto quando è rientrato nella sua stanza” la guardai “Ero lì che l’aspettavo” disse rispondendo così alla mia muta domanda, la fissai ancora “Volevo vedere come stava” mormorò fissando gli occhi sulla lavagna “Tu avevi visto tutto” l’accusai, lei annuì “Dovevi dirmelo” le dissi stringendo la penna tra le dita “E rovinarti il pomeriggio con lui? Mai!” sbuffai sonoramente “Che razza di amica ho?!?” “Un’amica che ci tiene a farti vivere in modo naturale la nascita di un rapporto d’amore” sussurrò al mio orecchio, facendomi sussultare “Certo come no” roteai gli occhi verso il cielo, scuotendo il capo.
“Ti ha detto qualcosa?” le chiesi mentre ci recavamo insieme alla mensa “No. Ci siamo fissati per tutto il tempo, poi lui ha deciso di uscire per andare a caccia e da allora non l’ho più visto” rispose indicandomi con la testa il loro tavolo, occupato solo da tre persone: Jasper, Rosalie e Emmet. Solo quando misi piede a mensa, mi resi conto che quel giorno, Edward era assente; subito un enorme senso di vuoto mi avvolse “Non stare così” disse Alice, poggiando una mano sulla mia spalla, notando la mia espressione  “E’ andato via, vero?” domandai catatonica “Tornerà vedrai”, ma io non ne ero così sicura.
Per quel giorno, pranzai a tavolo con Mike, Jessica e Angela, ma in realtà ero mentalmente assente, alla ricerca di un possibile posto in cui Edward poteva essere andato a rifugiarsi. Perché poi era scappato così? Cosa lo spaventava? Che fosse colpa mia? Analizzai il mio comportamento del giorno prima, provando a cercare qualsiasi cosa potesse averlo destabilizzato: a parte l’abbraccio, non c’era stato altro, né gesto, né parole. A furia di pensare, mi venne un terribile mal di testa che mi trascinai fino a fine giornata. Una volta al parcheggio, saltai sul mio mezzo e mi incamminai verso casa; ad ogni metro mi guardavo attorno, sperando di vedere Edward su qualche albero, o spuntare da qualche angolo, ma niente “Ma dove cavolo sei finito?” pensai tra me e me.
Per tutto il pomeriggio, ebbi numerosi problemi a concentrarmi sullo studio, non riuscivo ad azzeccare neanche una formula di trigonometria, né tanto meno a studiare il capitolo di storia sull’indipendenza americana. Non c’era nulla in quella giornata che filasse liscio e ciò me lo confermò una telefonata di mio padre che oltre ad annunciarmi nuovamente un ritardo nel rincasare, mi informò su dei nuovi casi di omicidio a carico dei famosi “animali” in libera circolazione. Non appena attaccai, mi precipitai a prendere il cellulare e a telefonare ad Alice “Sapevo che mi avresti chiamata” rispose “Bene vedo che la classica formula <> con te è bandita” dissi ironica, provocando le sue risa “Sai anche perché ti cercavo?” “Per quello non c’è bisogno del mio potere da veggente” mormorò ridendo “Immagino quindi che tu sia in un posto in cui nessuno possa sentirci” “Domanda sciocca” alzai gli occhi al cielo “Avanti parla, cosa vuoi sapere” “E’ tornato?” “No” rispose secca e il vuoto in me aumentò a dismisura “E’ capitato altre volte che andasse via per così tanto?” domandai laconica “Non di recente e comunque è meno di un giorno. Fossi in te non mi preoccuperei” “Ma come faccio? Io non ho super poteri, non posso aiutarlo, né tanto meno cercarlo. Non riesco a stare tranquilla se non so dov’è, non mi capacito di cosa ho fatto per farlo fuggire in questo modo..” “Alt, alt!” mi fermò Alice “Stai parlando a vanvera. Non è colpa tua se ora Edward non è qui. Semplicemente vuole starsene per conto proprio. Sei stata proprio tu a dirmi che leggendo i libri, hai scoperto che lui in passato si è ribellato al regime di Carlisle e quindi è stato lontano da casa. Edward è un riflessivo, ha bisogno di tempo per capire le cose, deve analizzarle sistematicamente passo dopo passo, vedrai che giungerà ad una conclusione e tornerà qui da noi” il suo tono di voce s’era ammorbidito “Mi auguro solo che sia una soluzione che lo faccia star bene” soffiai rassegnata “Sono convinta che saprà scegliere il giusto per tutti, se cederà a quello che gli suggerisce il cuore” risi “Cuore?” chiesi esterrefatta “Beh, fisiologicamente in noi vampiri non batte, ma c’è, altrimenti non si spiega perché riusciamo ad innamorarci e ad affezionarci alle persone. Se Edward lascerà parlare il cuore, non farà felice solo me, ma anche te” “Dovevi fare la regista Alice” dissi d’improvviso, dando voce ai miei pensieri “E perché mai?” domandò stranita “Perché sei brava a farti film mentali” risposi facendola ridere di nuovo “Ah Meredith mia cara!” proferì teatralmente “Mi spiace deluderti, ma non sarò mai una regista, bensì una stilista” immaginai l’aria sognante con la quale pronunciò quelle parole. Mi portai una mano alla tempia per massaggiarla, il mal di testa non voleva proprio darmi tregua, poi d’un tratto mi ritornò in mente un passo del libro “Alice!” gridai “Ti sento, non c’è bisogno di perforarmi i timpani!” decretò “Come se potessi” risposi “Ma bando alle ciance. Ho pensato a dove potrebbe essere tuo fratello” “Avanti, sentiamo!” “A Denali” “Come nel libro?” domandò “Si…” “Mi sbaglio o lui avvisava Carlisle del suo viaggio” “Giusto, ma magari ora ha deciso di partire e basta, forse perché non sapeva ancora dove sarebbe andato” ipotizzai “Si, è probabile, ma se avesse deciso qualcosa lo avrei visto. L’unica visione mi mostra lui che girovaga tra i boschi, nient’altro” “Vero, tu puoi vedere quale decisione prenderà, l’avevo scordato” sbuffai “Meredith, smettila di torturarti. Appena saprò qualcosa sarò io a farmi sentire. Ora pensa a riposare, domani ci aspetta un compito in classe di letteratura” esasperata sbuffai ancora e salutai il folletto.
Se proprio potevo scegliere un potere da vampira, volevo la capacità di annullare i pensieri, mi sarebbe stato davvero utile. Mi stesi sul divano in salotto a vedere la televisione, non ero per niente affamata, bevvi solo una camomilla, sperando mi aiutasse a distendere i nervi, ma ebbe l’effetto contrario, infatti quando Charlie rincasò intorno alla mezzanotte, mi trovò lì. “Meredith che ci fai ancora alzata?” domandò entrando “Non riesco a prender sonno” “Sei preoccupata per qualcosa?” “Domani ho un compito in classe” risposi deviando il discorso verso argomenti più consoni ad un discorso con un padre “Se hai studiato andrà bene” “Già…” mormorai accingendomi verso le scale “Provo ad andare a letto” dissi “La cena è nel forno” “Grazie tesoro. Buonanotte” Buonanotte papà” e il buio calò su di me.
Percorrevo la strada verso casa sul mio pick up e mi stavo lasciando avvolgere dalle note di una vecchia canzone anni ’60.  Era domenica ed erano trascorsi ben sette giorni, da quando si erano perse le tracce di Edward ed io non sapevo più cosa pensare. D’un tratto, scorsi un viottolo che dava sul bosco e mi fermai di colpo, parcheggiando al bordo della strada. Non so per quale motivo ma quel luogo mi fece ripensare al capitolo di “Twilight”, in cui Edward portava Bella alla radura e lì, per la prima volta, si confessavano i loro sentimenti .“Cavolo!” esclamai sorpresa “Perché non ci ho pensato prima?” dissi scendendo dal pick up e guardandomi intorno. Il mio telefono prese improvvisamente a squillare “Pronto?” “Stai attenta! Il bosco è un posto pericoloso, ci sono in giro dei vampiri nomadi. Comunque non vedo niente per ora, quindi hai campo libero, in ogni caso tieni ben aperti gli occhi e quando vedi Edward digli che lo aspetto per un chiarimento” borbottò Alice a ruota libera “E anche questa volta avevi previsto tutto, vero?” sghignazzò “Dovevi arrivarci da sola” disse per tutta risposta “Si, ma se me lo avessi detto subito, mi sarei risparmiata i mal di testa” sbuffai “Non pensarci, corri da lui. Sai quello che devi fare” “Grazie Alice. Spero che mi faccia finire di parlare, prima di giungere a conclusioni affrettate”.
Una volta salutata Alice, mi incamminai a passo felpato nel bosco, sperando che la dea bendata fosse dalla mia parte e mi guidasse da lui.
Camminai per circa un’ora per una strada selciata, tra arbusti, erbacce e alberi di ogni tipo, stavo quasi per rassegnarmi e tornare indietro, quando al limitare, scorsi una luce filtrare tra le foglie degli alberi “La radura” mormorai. Ripresami, corsi velocemente nella direzione da dove proveniva quella luce e quando vi giunsi, restai affascinata: un enorme distesa verdeggiante si presentava ai miei occhi e nonostante le nuvole, risaltavano di qua e di là, le macchie variopinte dei fiori; in lontananza si udiva poi, lo scrosciare dell’acqua, probabilmente da quelle parti, vi era qualche fiume. Non appena ricordai il motivo per cui ero giunta fin là, cominciai a guardarmi intorno, ma non c’erano altro che erbe, fiori, alberi, nessuna traccia di Edward; questa volta Alice si era sbagliata o forse lui, percependomi arrivare, si era allontanato. Sospirai rassegnata e mi lasciai andare sul prato; chiusi gli occhi e in breve la tristezza si fece nuovamente largo in me, costringendomi a piangere. Mi portai un braccio sulle palpebre, per nascondermi e mi morsi la lingua per trattenere i singhiozzi.
“Ti prego non piangere” sussurrò una voce alla mia sinistra. Sussultai per lo spavento e girandomi di lato, spalancai gli occhi per la sorpresa e mi ritrovai a boccheggiare in cerca d’aria: Edward era lì, gli occhi dorati puntati su di me, cerchiati da evidenti occhiaie nerastre. Gli abiti erano gli stessi del giorno in cui era stato a casa mia, segno che non era mai rientrato in casa Cullen.
Si sedette di fianco a me, continuando a fissarmi; gli occhi continuarono a lacrimarmi, allora lui passò un dito sulla mia guancia e ne portò via una goccia “Preferisco quando ridi o quando sul tuo volto compare quell’espressione di beatitudine, come poc’anzi quando hai visto questo posto” mormorò accennando un sorriso e indicandomi la radura con un gesto teatrale della mano “Edward” soffiai “Perché…” deglutii “Perché sei sparito?”, lui scostò lo sguardo, fissando l’orizzonte “Avevo bisogno di stare un po’ da solo con me stesso” e come se avesse udito qualcosa, chiuse gli occhi “Dovevo capire delle cose…” si limitò ad aggiungere “Ho avuto paura” mi lasciai sfuggire, ma non me ne vergognai. Dovevo essere sincera con lui, era arrivato il momento giusto. Edward tornò a scrutarmi con attenzione “Il bosco è un posto che nasconde mille insidie, lo credo che hai avuto paura. E ancora non mi spiego cosa tu ci faccia da sola in questo posto. Non è prudente…” scossi il capo non lasciandolo finire di parlare “Ma non mi riferivo a quello” dissi “Ah…e a cosa?” “Ho temuto che non ti avrei più rivisto”, lui sussultò, non si aspettava di certo quella mia risposta “Meredith…” soffiò “Sei così…” mi accarezzò il viso con evidente esitazione “Fragile…”, io chiusi gli occhi godendo per quel gesto inaspettato. “Non mi avresti perso comunque” decretò “Sarei tornato prima o poi…” aggiunse poco dopo, costringendomi a riaprire gli occhi “Alice era convinta di questo” dissi, lui sorrise “Alice, Alice” e scosse il capo “Lei e le sue folli idee” sospirò “Adoro tua sorella! La sua allegria è contagiosa” ridacchiai “Le voglio molto bene” dissi chinando la testa e giocherellando con un filo d’erba “E lei ne vuole molto a te. Ti considera come una sorella” sorrisi contenta “Sa di me molte cose” accennai guardando Edward sottecchi “Avevo capito che avevate un segreto che vi legava” affermò “Non temere” dissi volgendo la mia attenzione a lui “Ora racconterò tutto anche a te…”. Edward mi osservò, negli occhi un’espressione di accesa curiosità irradiava le sue pupille dorate “Solo se vuoi…” mormorò suadente “Voglio e devo!” risposi sicura di me “E’ giusto che tu sappia come stanno realmente le cose, promettimi solo che mi farai finire prima il discorso e poi dirai cosa pensi. Non lasciare che la rabbia prevalga…” chiarii guardandolo “D’accordo” disse avvicinandosi “Sono qui e ti ascolto” e mi fece segno con le mani di cominciare. Presi un bel respiro, conscia che dopo la mia confessione, molte cose sarebbero inevitabilmente cambiate…

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Capitolo 12
*** La verità ***


La verità

Salve a tutti,
mmm…questa settimana posto prima perché non so se sabato avrò la possibilità di farlo, in quanto torno a casa per qualche settimana e parto proprio di sabato. Spero vi faccia piacere questo piccolo anticipo :p…
Io devo ringraziarvi, ma non so come fare se non a parole…6 commenti per me è il massimo e poi vedo che ci sono molti che hanno inserito la fan fiction tra i seguiti/preferiti e ne sono onoratissima! Dico sul serio!!! Grazie, grazie di cuore! Mi state facendo un regalo, non credevo che ricominciare a scrivere potesse farmi così bene…è una sensazione che non provavo da tanto tempo.

 

Giulls: Edward in quel sogno, non è stato affatto delicato, anzi…in questo capitolo vedrai se ci hai visto giusto o meno. Spero ti piaccia, fammi sapere cosa te ne pare. Ti voglio bene…

 

Melody Potter: grazie mille…son contenta che ti sia piaciuto! Mi auguro possa essere di tuo gradimento anche questo ^^. Grazie per esser passata di qui e aver lasciato una recensione :).

 

Vampiretta Cullen: ehm…perdono. So di essermi fermata sul più bello, ma non potevo far accadere tutto nello stesso capitolo u.u. Io amo i papiri!!! E ti ho letto volentieri! Anzi non sai quanto mi hai fatto piangere con le tue parole, ma davvero pensi queste cose??? Che tesoro che sei!!! Grazie, grazie, grazie!!!

 

Dindy80: le tue parole sono arrivate inaspettate e nel momento giusto, sai? Ero parecchio a terra, ma quando ho letto la tua recensione, prima sono scoppiata a piangere e poi cavoli ho sorriso!!! Ma proprio tanto! E ho affrontato meglio lo studio!!! Grazie, non sai quanto mi hai aiutata!!! Spero vivamente che continuerai a seguirmi e che la storia resti piacevole…grazie, grazie e ancora grazie!!!

 

Piccola Ketty: oooh non arrossire, su! Ho detto solo quello che penso :)! Beh eccoti la confessione, ti piacerà??? Chissà…fammi sapere!!!

 

_Aislinn_: tesoro mio! Non sai quanto ho voglia di vederti e parlare con te!!! E di abbracciarti, ti ripeto ciò che ti ho detto ieri: se ti va di parlare di qualsiasi cosa, io sto qui!!! Quando mi vuoi basta un sms e ci sentiamo!!! Ti sono vicina!!! Grazie per le tue recensioni, la tua presenza, il tuo sostegno, senza tutte queste cose, probabilmente questa fan fiction e tutte le altre, non esisterebbero…!!! Grazie di cuore…bacione…

 

E ora vi lascio al fatidico capitolo…cos’accadrà??? Si accettano scommesse :P…alla prossima…




Capitolo 11 “La verità”

 

“Mi chiamo Meredith” mi bloccai fissandomi le mani “Questo lo so” disse lui gentile “Va avanti” proferì sorridendomi, io annuii “Il mio secondo nome non è Isabella, ma Vicky” deglutii “E…e di cognome non faccio Swan, ma Garner” scrutai attentamente Edward per cogliere la sua reazione. Non fece una piega, arricciò solo leggermente il labbro superiore, ma non disse niente, allora decisi di proseguire “Sono nata il 28 giugno di diciassette anni fa. Non sono di Forks, ma sono nata e cresciuta a Detroit, i miei genitori, George e Lizzy, sono originari di lì” “Sei stata adottata?” domandò curioso, negai col capo “No…sono sempre vissuta a Detroit” alzai il capo per osservare il cielo “E cosa ci fai qui? E Charlie?” Edward cominciò a manifestare un’eccessiva curiosità. Curiosità che ricollegai subito a quella descritta da Bella nel libro. Sorrisi per questo, provocando ulteriori domande “E ora perché sorridi?” chiese “Perché questa situazione ha dell’incredibile, credimi” ridacchiai, portandomi la mano alla bocca “E’ totalmente assurda! Qui ora non dovrei esserci io, non dovrei dirti queste cose e tu non dovresti interessarti a me, alla mia storia…” sospirai esasperata “Che casino!” scossi la testa incredula “Sai che non sto capendo niente di quello che stai dicendo, vero?” risi “Ecco! Ad esempio, queste parole non avresti dovuto dirle tu” “In che senso, scusa?” chiese un po’ infastidito “Hai ragione. La tua curiosità è legittima, ora ti spiego, solo che è difficile” “Beh, usa le stesse parole che hai usato per dirlo ad Alice, se può esserti d’aiuto” disse facendo spallucce “Si, direi di si. Ma con lei avevo il vantaggio che sapeva già tutto o quasi” lo scrutai cogliendo uno strano barlume accendersi nei suoi occhi “Mmm…” mugugnò qualcosa tra i denti “Io non sono di questo mondo, Edward” mi guardò stranito “Nel senso…mmm…come faccio a spiegartelo?!?” domandai a me stessa, sfregandomi il mento “Sei un’aliena!” disse indicandomi col dito e facendo una finta espressione di terrore, provocando la mia risata “Ma no che dici?” risposi spingendo via la sua mano con la mia “Forse è più facile che ti dica questo” fissai i miei occhi nei suoi “Io so cosa siete tu e la tua famiglia” dissi seria. Immediatamente l’espressione di Edward cambiò e lo sguardo si scurì “Prima che tu possa dirmi qualcosa, sappi che non voglio distruggere nessuno, ne altre cose simili. Mi trovo qui per puro caso, non so neanche come ci sono capitata e se so quello che so non è perché ho poteri particolari” “Spiegati meglio” mormorò freddo “Un libro” sospirai “O meglio una saga, narra di te e della tua famiglia. Va molto di moda e le ragazzine di mezzo mondo, sono pazze di un certo vampiro dai capelli ramati, sai?” dissi ironica, grattandomi la testa e non riconoscendomi per nulla in quel modo di fare leggermente strafottente e scherzoso “Che cavolo stai dicendo?” domandò alterato “Quello che ho detto. C’è una saga di quattro libri che narra della storia d’amore tra una giovane umana di nome Isabella Swan e un vampiro di nome Edward Cullen” dissi voltandomi a guardarlo. Lui sobbalzò, spalancando gli occhi “Non è possibile!” sussurrò “Oh si, credimi. Te l’ho detto: questa storia ha dell’incredibile” risposi portando le mani sotto le ginocchia e dondolandomi “Ma che razza di storia è questa!” disse alzandosi “No, aspetta!” gridai, lui si girò a guardarmi “Non andartene. Hai promesso di farmi finire di parlare” Edward strinse le mani e si riaccomodò, questa volta un po’ più lontano da me. Vedendo quel distacco, sorrisi malinconica: l’allontanamento che avevo messo in conto, si stava tessendo dinanzi ai miei occhi, ma dovevo andare fino in fondo.
“Avanti continua” disse non guardandomi “Una sera ero nella mia stanza a leggere il terzo libro di questa saga, quando Andrew…” a quel nome Edward ringhiò leggermente, io inarcai un sopracciglio confusa, ma non ricevendo risposta, proseguii “Dicevo…quando Andrew entrando in stanza m’interruppe, invitandomi gentilmente a chiudere il libro e a dormire, perché secondo lui leggere mi faceva isolare dal mondo. Ecco: il giorno dopo mi sono risvegliata nel letto di casa Swan e da allora sono Meredith Isabella Swan” soffiai, poggiando il mento sulle ginocchia. Il silenzio di Edward divenne, secondo dopo secondo, sempre più pesante: non respirava, non si muoveva, non parlava. Sospirai triste “Puoi non credermi, ma è così…” dissi “Cosa sai esattamente?” domandò d’improvviso “Tutto!” lo guardai “So che siete vampiri. Tu sei stato il primo ad essere trasformato da Carlisle nel 1918, stavi morendo di spagnola, i tuoi genitori erano già stati uccisi da quella pandemia” Edward sbarrò gli occhi sconvolto “So anche che Carlisle è il promotore di una dieta un po’ particolare: non vi cibate di sangue umano, ma di quello animale. Non volete essere dei mostri, è questo che dici a Bella nel libro” sorrisi leggermente, Edward tornò ad ammutolirsi “All’inizio ti sei ribellato al regime vegetariano di Carlisle, ce l’avevi a morte con te stesso perché non riuscivi a resistere al richiamo del sangue umano, così hai deciso di andare per la tua strada, ma hai sempre ucciso coloro che se lo meritavano: violentatori ad esempio” mi fermai per respirare “Tu hai il potere di sentire i pensieri degli altri, mentre Alice ha il potere della preveggenza e Jasper quello di manipolare le emozioni” tornai a fissare Edward, il quale stringeva tra le mani un ceppo d’erba, come a trattenersi da qualcosa “Emmet ha da parte sua la forza fisica, Rosalie la bellezza, Esme l’amorevolezza e Carlisle la bontà d’animo” mormorai guardandomi le punte delle scarpe “Alice e Jasper sono arrivati da soli, lei ha avuto una visione e si sono uniti alla vostra famiglia. Rosalie, come te, è stata trasformata da Carlisle, Emmet è stato trovato in fin di vita dalla stessa Rosalie che temendo di non riuscire a resistere al richiamo del sangue, lo ha portato da vostro padre e da allora sono indissolubilmente legati” “Assurdo!” sibilò Edward, alzai la testa per osservarlo “Lo so!” dissi sostenendo il suo sguardo “E so anche che sei molto arrabbiato con me ora, ma non ho deciso io di finire nella vostra storia. La cosa più buffa è che Alice dice che esistete realmente e che qui, questi libri non sono mai arrivati” “Alice mi ha nascosto tutto, come ha potuto?” quasi urlò prendendo a pugni il terreno “Non darle alcuna colpa, se devi prendertela con qualcuno, questa sono io. Non volevo sconvolgervi la vita” “Beh se proprio non volevi farlo, allora dovevi andartene immediatamente!” proferì duro. Sbarrai gli occhi, ma non per la paura, bensì per la tristezza. Sorrisi malinconica “Si, forse sarei dovuta fuggire, ma prova a metterti nei miei panni” sussurrai “Da un giorno ad un altro, ti ritrovi in un posto che non conosci e a vivere una vita che non è tua. Ero sconvolta, spaventata, non sapevo cosa fare. Ho provato a telefonare ad Andrew, ma il numero risulta inesistente…io…” mormorai, la mia voce incrinata dal pianto. Chiusi gli occhi e trattenni le lacrime “Capisco se non vuoi perdonarmi, ma voglio che tu sappia che non voglio ferirti, ci tengo a preservare te e la tua famiglia” “Perché?” tornai a guardarlo “A quale scopo?” domandò con più calma. I suoi occhi si fissarono nei miei, un moto di paura mi colse di sorpresa, ammutolendomi. Perché volevo proteggerli? Non lo sapevo neanche io.
“Hai perso l’uso della parola?” chiese poco dopo, negai con la testa “Semplicemente non so cosa risponderti. Non credo ci sia un motivo, trovo giusto agire così. Ti ripeto: non dovrei esserci io qui” “E chi?” “Bella Swan, la nuova studentessa arrivata a Forks, da Phoenix. Figlia dell’ispettore di polizia Charlie e di Reneé. La vostra storia d’amore è stupenda…” soffiai con aria sognante “Come…?” “Come mai ti sei sentito attratto da lei?” terminai per lui “Il suo sangue cantava per te. << La tua cantante >> parola di Aro” Edward mi fissò stranito “Si, so anche dell’esistenza dei Volturi. Quei libri sono ricchi di preziose informazioni, non avrei mai pensato che potesse essere tutto vero” sorrisi laconica poi proseguii “Tornando a te e Bella, inizialmente volevi ucciderla, ti sei chiesto chi era quel diavolo tentatore venuto a distruggere tutto quello che eri, ma ti sei controllato” dissi guardandolo “Ti sei nutrito tanto e le hai rivolto la parola, anche per cercare di capire perché non riuscivi a leggerle nel pensiero” Edward sussultò “Uno scudo la proteggeva e ti impediva di penetrarle la mente” “Mi capita anche con te…” soffiò, io lo scrutai attenta. “A volte riesco a leggere i tuoi pensieri, altre volte no, come se, appunto, tu ergessi uno scudo” questa volta fui io a sobbalzare per la sorpresa. “Mi viene da pensare che chiamandomi di secondo nome Isabella, e essendo una Swan qui, abbia ereditato questa cosa da lei, ma è alquanto sciocca come conclusione” dissi “Non direi” aggiunse Edward “Le stranezze la fanno da padrone in questa storia. Non mi meraviglierei se la spiegazione fosse quella a cui sei giunta tu. Quello che non capisco è come fa questa scrittrice a conoscerci e come tu sei finita qui” “Sono le stesse domande che mi sono posta anch’io, senza trovare però, alcuna risposta”.
Da quel momento in poi, tra noi calò il silenzio. Non ero in grado di interpretarlo, mi limitavo a guardare Edward di sottecchi, provando a captare le sue reazioni, ma era rimasto immobile come una statua. Probabilmente anche lui si stava ponendo delle domande ed era legittimo che fosse così, dovevo averlo parecchio sconvolto col mio racconto. Rimuginai sulle cose accadute, alle parole che avevo usato, chiedendomi se avessi fatto bene ed essere così diretta, Alice non mi aveva anticipato nulla né io, per l’ansia, le avevo chiesto qualcosa. Nonostante l’iniziale reazione di Edward, io mi sentivo finalmente libera di un gran peso, non dovergli più nascondere i miei pensieri era un sollievo, anche se dovevo continuare a controllarmi, non volevo capisse che mi piaceva. Ripensai poi al fatto che lui a tratti potesse leggermi e a momenti no: una cosa buffissima che mi tranquillizzava in parte. Il punto era capire come facevo ad attivare lo scudo. Mi maledii per non aver letto il quarto libro, lì Bella si esercitava nell’uso del suo potere, cose che sapevo sulla scia delle parole della mia compagna di banco e di internet.
D’improvviso sbuffai, quando mi ricordai di non essere sola, arrossii e mi voltai verso il bel vampiro che mi guardava inespressivo “Scusa” sussurrai a bassissima voce. Edward si alzò, io abbassai la testa, conscia che stava per andarsene “Andiamo” disse. Di scatto rialzai il capo per fissarlo allibita “Vuoi rimanere qui?” domandò freddo “No” “E allora sbrighiamoci. Charlie sarà preoccupato per te” “Impossibile” mi guardò come a chiedermi spiegazioni “E’ fuori per lavoro. Danno la caccia agli animali di cui ti ho parlato l’altro giorno. Ovviamente loro pensano che siano lupi, orsi, ma in realtà è qualcosa di ben diverso e che ha le fattezze di un essere umano” Edward, che camminava davanti a me, si fermò di colpo “Sono vampiri nomadi: due maschi e una femmina” dissi “Anche questo lo hai letto nel libro?” chiese “Si” udito ciò, riprese a camminare.
Camminammo nel bosco in religioso silenzio, o meglio: io ero impegnata a cercare di stare al passo veloce di Edward, tentando di non inciampare. Raramente, egli si voltava indietro per vedere se ero ancora viva e appena se ne accertava, tornava a dirigere il suo sguardo davanti a sé, fingendo che non esistessi. Di mio, avevo completamente svuotato la mente, non riuscivo a pensare a nulla di logico, ero caduta in catalessi. Quando spuntammo sulla strada, intravidi, accanto al mio pick up, una Mercedes nera che riconobbi subito come la macchina di Carlisle. “Alice” borbottò Edward non appena mi accostai a lui.
Guardai Edward, poi la portiera dell’auto aprirsi e rivelarmi la piccola figura di Alice; sorrisi nel vederla, come sempre era bellissima nel suo minuscolo abito azzurro. Ci venne incontro, non staccando mai gli occhi dal fratello, nel momento in cui fummo uno di fronte all’altro, mi sentii quasi di troppo. Nessuno fiatava e in me si fece largo un certo senso di inquietudine. Fu in quel momento che capii che le cose sarebbero peggiorate se fossi rimasta, forse aveva ragione Edward: dovevo andarmene, trovare un posto in cui nascondermi. Magari rifarmi una nuova vita, una nuova identità in un’altra città e dimenticarmi definitivamente del mio passato, di Forks e dei Cullen.
Improvvisamente, avvertii addosso lo sguardo di Alice, alzai immediatamente la testa e un basso ringhio partì dal petto di Edward “Non farlo, Meredith” disse seria, io sbarrai gli occhi, poi chinai nuovamente il capo di lato, fissando l’asfalto “Devo...Credimi, Alice: sarà meglio per tutti” sussurrai esausta “Non per te” rispose lesta “E lo sai anche tu!” continuò avvicinandosi e prendendomi per le spalle. Ci guardammo negli occhi, ma non potevo permettermi di lasciarmi convincere “E che ne sarà di Charlie? Ci hai pensato? È pur sempre un ispettore di polizia, comincerà a cercarti ovunque…” proferì facendo sussultare “Meredith, resta” mormorò in tono suadente, io chiusi gli occhi “Non saranno i tuoi metodi da cacciatrice a convincermi, Ali” li riaprii decisa “Io devo andarmene!”, Alice sbuffò.
“Ha ragione lei, Alice” intervenne Edward “Questo non è il posto adatto a lei” sibilò guardandomi con intensità, uccidendomi l’anima “Non dire cazzate! Non è per le tue paranoie che permetterò a Meredith di mettersi in pericolo!” gridò Alice “Noi non siamo fatto per stare insieme agli umani!” ringhiò un Edward fuori controllo. I loro occhi s’accesero di rabbia e mi sentii la diretta responsabile di tutto quello che stava accadendo. Piano iniziai ad indietreggiare, accostandomi al pick up, aprii la portiera fermandomi, alzai lo sguardo e li osservai: la loro muta conversazione proseguì non permettendogli di capire quello che stavo per fare. Solo quando accesi il motore, entrambi si voltarono verso di me, Alice sbarrò gli occhi, Edward girò la faccia stringendo i pugni, io mi morsi il labbro inferiore e trattenni i singhiozzi. Feci marcia indietro e poi partii spedita, passando accanto a loro, potei udire chiaramente la voce di Alice “Non farlo, Meredith!”, dallo specchietto retrovisore vidi Edward trattenerla per un braccio, lo ringraziai mentalmente, sperando mi potesse sentire “Mi mancherai Edward. Può non fregartene niente, ma tu sei molto importante per me…addio”, mi sembrò di vederlo sussultare, ma sapevo che era una visione frutto della mia fervida immaginazione.
Giunta a casa, cominciai a pensare a mille modi per dire a Charlie che volevo andarmene; quando varcai la soglia, il silenzio della casa vuota mi colpì in pieno volto, un rigido soffio di vento saettò nell’aria facendo sbattere violentemente l’anta della finestra contro il muro; corsi immediatamente a chiudere il tutto, guardandomi attorno terrorizzata, avevo la sensazione che qualcuno fosse lì.
Salii in stanza e misi quanti indumenti possibili nello zaino e provai a cercare mio padre sul cellulare “Papà? Papà?” dissi, ma dall’altro capo solo un fruscio, spaventata attaccai e mi misi a piangere. Poi d’un tratto preoccupata per Charlie, scesi correndo le scale, con in spalla lo zaino, saltai nuovamente sul pick up e mi diressi alla centrale. Mezz’ora dopo ero arrivata a destinazione, entrata nella stazione mi avvicinai al piantone “Scusi, c’è l’ispettore Swan” chiesi affannata “Chi lo desidera?” rispose l’agente “Sua figlia” ansimai “Ah la signorina Swan!” esclamò “Suo padre è fuori con un altro agente, stanno perlustrando la zona” “Capisco. Ho provato a cercarlo sul cellulare, ma sembra staccato” “Stia tranquilla! Tra un’ora dovrebbero rientrare, se vuole può aspettarlo nel suo ufficio” “No, preferisco tornare a casa. Mi sa dire in che zona sono andati?” “Verso la riserva di Forks, quasi al confine con il territorio dei Queiliuts” sussultai “La ringrazio” e andai via.
Decisa, mi diressi verso la zona indicatami, pregando che non fosse successo nulla di grave; mi fermai di colpo quando vidi la volante di mio padre posteggiata lungo la strada, parcheggiai e mi diressi verso la macchina, ma di Charlie nessuna traccia. Sbuffai portandomi una mano tra i capelli e smuovendoli copiosamente, l’agitazione non mi aiutava a ragionare e inizia a guardarmi attorno nervosamente “Oddio e ora da che parte devo andare?”. Poi notai un piccolo viottolo e mi avviai in quella direzione “Papà! Papà!” cominciai a chiamare, ma l’eco della mia voce tornava indietro. Oramai era pomeriggio inoltrato, erano partiti dalla mattina presto, possibile non fossero ancora tornati indietro?
D’improvviso da dietro un albero, vidi spuntare dei piedi e mi bloccai spaventata “Papà?” chiamai, ma non giunse alcuna risposta. A quel punto mi avvicinai deglutendo e ciò che vidi mi fece tremare: Charlie riverso a terra svenuto, mentre stringeva tra le mani un fucile “Papà! Papà!” gridai chinandomi su di lui. Misi una mano sotto la sua testa e sentii che si bagnava, ritrassi il braccio e notai una chiazza rossa sulle mie dita “Oddio!” esclamai, mi guardai intorno “Aiuto! C’è qualcuno??? Per favore aiutatemi” gridai, stringendomi a Charlie. Possibile che il suo collega lo avesse abbandonato? Poi un flash mi colpì: i vampiri nomadi! Probabilmente c’era il loro zampino dietro a tutta questa faccenda.
Improvvisamente, alle mie spalle un fruscio di foglie mi fece irrigidire, d’istinto afferrai il fucile e lo strinsi nelle mani quando udii dei passi. Non appena i rumori terminarono, mi girai di scatto, puntando il fucile verso la persona in questione, ma dovetti tirarmi indietro “Meredith sono io!” urlò un ragazzetto scuro “Jacob?” domandai, lui venne alla luce e lo riconobbi “Che ci fai qui da sola?” chiese, poi guardò alle mie spalle e sbarrò gli occhi quando vide mio padre “Che è successo a Charlie?” domandò allarmato “Non…non lo so” sussurrai piangendo “Sono venuta a cercarlo, perché ero preoccupata e l’ho trovato qui”, Jacob si avvicinò “Era con un suo collega in perlustrazione. Aiutami Jake per favore” soffiai “Ora lo portiamo in ospedale. Sei col pick up?” annuii “Bene, forza guidami verso esso!” e ci incamminammo insieme nel bosco.
Mezz’ora più tardi eravamo in ospedale, immediatamente gli infermieri del pronto soccorso ci vennero incontro e presero di peso Charlie per metterlo su una barella. Una volta entrati, ci accolse il dottor Cullen e sussultai quando lo vidi “Meredith” soffiò fissandomi intensamente, abbassai gli occhi piccata: sapeva già tutta la verità. Strinsi i pugni e deglutii “Cos’è successo all’ispettore?” disse cominciando a visitarlo “Non lo so. L’ho trovato in queste condizioni nel bosco”, immediatamente Carlisle alzò gli occhi verso di me “Era con un suo collega a caccia degli animali selvatici che stanno creando problemi agli escursionisti” mormorai sostenendo il suo sguardo “E l’altro agente?” domandò “Non era nelle vicinanze, ma mi sembra strano che lo abbia lasciato da solo lì. Temo che ci abbiano pensato gli animali…” soffiai, Carlisle si limitò ad annuire.
“Credo che dovremmo tenerlo in osservazione. Ha preso una bella botta in testa, ma niente di grave, si riprenderà” disse Carlisle, uscendo dalla stanza “E’ sveglio?” “Si” “Posso vederlo?” domandai in lacrime “Certo, ma non fatelo sforzare troppo” rispose guardando prima me e poi Jacob, il quale non mi aveva mollata un attimo. Mi accomodai nella camera e non appena Charlie mi vide, sorrise “Papà” sussurrai accarezzandolo “Figliola” rispose con voce debole “Ciao Charlie” mormorò Jacob alle mie spalle “Ehilà ragazzo. Ci sei anche tu. Quante persone hai avvertito?” chiese poi rivolgendosi a me “Nessuno papà. Jacob era nel bosco quando ti ho trovato” ammisi “Il bosco, il bosco” sussurrò toccandosi la fronte “Non sforzarti ora, cerca di riposare” dissi io “Eravamo appena arrivati in quella zona, con me c’era Hustin. S’era incamminato in avanti per controllare che il viottolo proseguisse senza intoppi, poi d’un tratto ho sentito un boato, uno sparo e sono corso a vedere, ma sono caduto e da allora non ricordo altro” disse portando una mano dietro la testa e storcendo la bocca per il dolore “Hai battuto la testa, il dottor Cullen dice che ti riprenderai presto” “Mi ha visitato Carlisle?” chiese, io annuii “Bene, allora posso stare tranquillo” sussurrò prima di chiudere gli occhi.
Uscita fuori dalla stanza, sospirai pesantemente “Meredith vedrai che tornerà presto a casa, nel frattempo se hai bisogno di qualsiasi cosa conta pure su me e mio padre” disse Jacob, poggiando una mano sulla mia spalle “Grazie Jacob, sei un vero amico” risposi guardandolo, ma subito dopo sobbalzai e iniziai a tremare: alle sue spalle, in lontananza, vidi comparire Alice seguita da Edward. Venivano proprio verso di noi. Notando i miei occhi stralunati, Jacob si voltò “E quelli chi sono?” domandò sorpreso “I figli del dottor Cullen” risposi io rapita.
Alice accelerò il passo e ci raggiunse in un batter d’occhio, Edward, invece, proseguiva lentamente “Meredith, sei qui. Ho saputo di tuo padre, mi dispiace tanto” disse abbracciandomi “Grazie per il pensiero, ma non dovevate disturbarvi a venire fin qui” risposi guardando prima Alice e poi suo fratello “Nessun disturbo. Sei la mia migliore amica e non potevo fare a meno di esserci” sospirai, scuotendo la testa. Notando lo zaino alle mie spalle, gli occhi di Alice luccicarono per qualche istante “Gita fuori porta?” domandò, io inarcai un sopracciglio, mentre Jacob mi scrutava attenta “E’ vero Meredith!” disse “Non avevo fatto caso al tuo bagaglio. Stavi andando da qualche parte?” “Ma no!” risposi stizzita “Sono abiti che avevo portato in lavanderia e che sono andata a riprendere, tutto qui. Abbiamo la lavatrice rotta a casa” pessima scusa, Alice ridacchio, Edward mi fulminò con lo sguardo e Jacob, poverino, era l’unico ad avermi creduto. “Ora puoi venire a lavarli alla riserva, papà sarà felice di averti a casa” disse entusiasta, io tremai “Non voglio creare disturbo. Domani arriverà il tecnico e il problema sarà risolto” dissi, sperando che Jacob non insistesse “Ma adesso sarai sola a casa per questa settimana, come farai?” chiese Alice “Mi arrangerò” “Potresti venire da noi per qualche giorno fino a quando non dimetteranno tuo padre dall’ospedale”, io e Edward sussultammo nello stesso istante e la fissammo sconvolti, i suoi occhi brillavano e il suo viso era divenuto paffuto come quello delle bambine che chiedono un regalo ai propri genitori “No, Alice. Non posso” sibilai “Dai, dai. Esme sarà felicissima di averti a casa e anche Carlisle. Sono certa che tuo padre starebbe più tranquillo sapendoti a casa nostra, piuttosto che da sola” mormorò “E i tuoi fratelli?” chiesi fissando di sottecchi Edward “Loro non saranno un problema” rispose lesta. Sbuffai, portandomi una mano tra i capelli “Meredith” mi chiamò Jake ed io mi voltai a guardarlo “Tuo padre si fida dei Cullen, probabilmente la tua amica ha ragione. Va da loro, farai stare tranquilli tutti quanti” ecco: ora anche Jake ci si metteva, ma non erano nemici licantropi e vampiri?
Roteai gli occhi verso il cielo “Devo chiedere a mio padre” dissi rivolgendomi ad Alice “Ma ora sta dormendo” “Veramente è appena entrata l’infermiera per somministrargli dei farmaci” rispose indicandomi la porta aperta. Strabuzzai gli occhi: era tutto contro di me. “Ho capito” mormorai afflitta “Vado a domandare” e mi allontanai.
“Signor Swan, ora le farò una puntura, sentirà solo un pizzicotto” “Mmm…faccia presto”. Mi avvicinai cauta “Papà” sussurrai “Meredith, sei ancora qui?” annuii “Senti papà…visto che per qualche giorno dovrai restare qui” dissi guardandomi le mani “Non è che posso andare a stare da Alice” deglutii “Alice Cullen…mi ha appena invitato” alzai la testa per fissare Charlie “E’ qui fuori” e indicai il corridoio “Certo tesoro, farai stare più tranquillo il tuo vecchio”. Anche mio padre, quel giorno, era contro di me. Dopo le sue parole, udii le grida di gioia di Alice e pregai che tutto filasse liscio e mi preparai psicologicamente ad affrontare i Cullen al completo, ero certa che le domande non sarebbero mancate.



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Capitolo 13
*** La famiglia Cullen ***


La famiglia Cullen

Salve…
Eccomi di nuovo qui tra voi. Tra le splendide e meravigliose persone che vivono nel mondo di efp. Un’altra settimana se n’è andata a tra una decina di giorni, terminerà la mia “vacanza” a casa e dovrò tornare a Macerata.
Sono stati giorni particolari questi, molto…ho capito tante cose e ho deciso finalmente con la consapevolezza che è giunto il momento di fare qualcosa per me stessa. Solo ed esclusivamente per me…
Ma lasciamo stare questo…ringraziarvi mi sembra davvero troppo poco, sono ripetitiva ormai, vi stancherete prima o poi u.u. Ma mi date gioia, che ci volete fare? :).

 

Piccola Ketty: grazie Ketty per l’incoraggiamento. No, non è un grande periodo, ma io non mollo, sono testarda e spero che tu stia meglio, ho notato che eri giù e mi è dispiaciuto molto! Si ho sconvolto tutto, ho esagerato? Te che dici? Aspetto la tua opinione anche su questo capitolo. Bacio…

 

Giulls: e devi resistere, cara mia! Ora è qui il capitolo e…sai già. Ci conto a ricevere il tuo giudizio. Sono tanto cambiata in questi mesi, credo che questo abbia influenzato anche il mio modo di scrivere…tu che ne pensi? Ti ascolto…:)

 

Melody Potter: sono sempre contenta di vedere che passi sempre di qui. Felice di ricevere la tua opinione. Spero non manchi neanche questa volta…

 

Dindy80: grazie, grazie e ancora all’infinito grazie! Ormai credo di aver usato tutti i termini possibili che conosco…ehm, no forse tutti no, ma non me ne vengono in mente altri. Mi meraviglio sai, di essere seguita, è una sensazione strana. Scrivo perché mi fa stare bene, mi piace e…voglio comunicare le mie emozioni. Ci riesco secondo te? Mah…aspetto il tuo giudizio su questo capitolo...:)

 

Vampiretta Cullen: la mia piccola e dolcissima Malù! Quanto ancora dovrò ringraziarti?!? all’infinito e oltre, mi sa!!! E sono felice di farlo! Cosa mi dirai di questo capitolo? Ti piacerà??? Ho paura…temo di deluderti e non voglio…

 

E dopo i mille convenevoli, vi lascio al capitolo. Data l’ora tarda, sarebbe il momento di andarsene a dormire, mi accingo a farlo. La musica ha allietato la mia serata…ah quanto la amo ^^. Basta coi convenevoli, sono folle…ma è tutto dovuto alla mia decisione e mi sento meglio. Tanto. Bacio a tutti…

Capitolo 12 “La famiglia Cullen”

 

Alice e Edward aspettarono che accompagnassi Jacob alla riserva e poi mi seguirono con la Mercedes fino a casa. Una volta arrivati, Alice scese dall’auto e si accostò a me “Hai bisogno di altri abiti? Quelli che avevi preso per scappare non vanno bene?” domandò sarcastica “Spiritosa!” ribattei io “Ho dimenticato i libri di scuola. Torno subito” e sparii dietro la porta d’ingresso. Percorsi velocemente il salotto, recuperai lo zaino della scuola, poi salii in camera, afferrai il restante materiale e uscii nuovamente.
“Parcheggia il pick-up” mi disse Alice, non appena la raggiunsi; io corrucciai la fronte e incrociai le braccia al petto “Arriveremo prima con la nostra macchina” spiegò, accompagnando le parole con un gesto della mano “E poi non ti servirà il tuo mezzo. Verrai con noi a scuola” aggiunse poi, vedendo che non aprivo bocca. Esausta, roteai gli occhi al cielo, poi feci come mi aveva detto e mi accinsi ad entrare in auto con loro.
Sott’occhio, osservavo Edward guidare con finta tranquillità, ma dalla rigidità del sua posizione, traspariva chiaramente che era nervoso e non voleva essere lì in quel momento. “Meredith” mi chiamò il folletto distraendomi “Dimmi” risposi annoiata “Come ti senti?” sbarrai gli occhi, non mi aspettavo quella domanda “Non saprei” dissi, posando il mio sguardo fuori dal finestrino e ammirando il buio del crepuscolo. “Sono stati quei nomadi a far fuori il collega di papà, vero?” chiesi con noncuranza, quasi come se il fatto mi fosse estraneo “Si” soffiò Alice “Immaginavo” sospirai “Hanno risparmiato Charlie, eppure era ferito, l’odore del suo sangue avrebbe dovuto attirarli” mormorai consapevole del reale pericolo che “mio padre” aveva corso “E’ probabile che qualcosa li abbia allontanati o erano semplicemente sazi” disse lei “O stanchi di giocare” aggiunse Edward. Era la prima volta che apriva bocca, fino a quel momento si era limitato ad ascoltarci “I vampiri amano giocare con le loro prede. Il collega di tuo padre è stata solo l’ultima di una lunga serie. Charlie è stato molto fortunato. Non si scherza con quelli della nostra razza, soprattutto con quelli che non seguono la nostra stessa alimentazione” mormorò calmo, io deglutii “Lo so” soffiai, entrambi ci fissammo attraverso lo specchietto retrovisore.  
Un’oretta dopo, giungemmo presso la loro casa, ma che dico! La villa dei Cullen! Sbarrai gli occhi stupefatta, la descrizione di Bella era ben lontana dalla realtà, ma d’altronde era complicato rendere giustizia a una meraviglia come quella. Scesa dalla macchina, mi persi nell’ammirare l’imponente struttura, Alice si fermò accanto a me “Ti piace?” chiese curiosa “Molto. Esme ha davvero grande stile” mormorai “Puoi giurarci! Non immagini poi quanto sia meravigliosa la villetta sull’Isola Esme” trillò sghignazzando, voltai di scatto la testa verso di lei “Beh…non ho avuto modo di leggerne i particolari, è tutto scritto nel quarto libro” sussurrai “Si, ma sai cosa accade lì e quel dettaglio è il più succulento” disse dandomi una gomitata e facendomi arrossire. Edward ci guardava interrogativo, poi senza dire niente, girò le spalle e entrò. Sospirai triste “Gli passerà vedrai” mormorò Alice “Non credo. Ce l’avrà sempre con me” ammisi “E’ orgoglioso e anche tanto. Ma quando vuole bene a qualcuno, diventa dolcissimo. Dagli il tempo di elaborare l’accaduto” ammiccò facendomi strada. Aprì la porta e un ampio salone occupò tutto il mio campo percettivo; ci vennero incontro una donna dai capelli color del caramello, occhi dorati e pelle bianchissima. Bella, bellissima. “Oh è così tu sei Meredith!” disse prendendomi la mano. La sua voce era calma e allo stesso tempo dolce come una ninna nanna “Alice mi ha parlato tantissimo di te. Posso abbracciarti?”, incantata annuii e mi sciolsi quando le sue braccia mi avvolsero teneramente. Spalancai gli occhi e tornai indietro nel tempo…:

<< ”Mamma, mamma guardami!” “Mery scendi dal muretto! È pericoloso!” gridò allarmata una donna dai morbidi lineamenti, dai lunghi capelli color dell’oro, occhi castani che alla luce del sole, diventavano verdi “No, mamma, non mi farò nulla. Io sono Peter Pan e ora volerò!!!” rispose una bimba paffutella, saltando da sopra al muretto e ruzzolando per terra “Oddio!” la donna si alzò di colpo dalla panca e corse verso sua figlia; la prese tra le braccia “Mery, ti sei fatta male?” la bimba dagli enormi occhioni, la guardò triste e due lucciconi le rigarono il volto “Amore mio, ti avevo detto di stare attenta” le disse la donna, guardandole mani e gambe, fortunatamente illese “Perché non posso volare come Peter Pan?” balbettò la piccola, asciugandosi gli occhi con il braccio “Perché non porta anche me sull’isola che non c’è?”, la mamma le sorrise dolcemente e l’accarezzò “Figliola, più desideri una cosa e meno questa si avvera. Devi portare pazienza e avere tanta, tanta immaginazione. Peter Pan vive nei sogni, arriva solo se ci credi davvero” le sistemò una ciocca dietro le orecchie “Ti fidi della tua mamma?” “Si” mormorò arrossendo “Bene e allora chiudi gli occhi” disse alzandosi in piedi “Chiudili bene però, non sbirciare, altrimenti non funziona”, la piccina annuì. La donna l’afferrò per le braccia e l’alzò verso il cielo, cominciando a girare in tondo; la bimba sorrideva beata, percependosi leggiadra, quasi come se il vento la portasse via. “Apri gli occhi Mery!” sussurrò la madre, la bambina obbedì e quando vide il cielo azzurro attorno a lei, spalancò la bocca meravigliata “Mamma, mamma sto volando!” “Hai visto? Basta crederci e tutto si avvera”. Quando la polverina magica della piccola Trilly finì, la piccola Mery tornò a terra “Che bello ho volato! Grazie mamma” e si gettò tra le braccia della donna che la strinse forte al suo petto cullandola “Ti voglio bene, piccina mia”… >>

Dopo lo stordimento iniziale, mi lasciai andare e strinsi Esme, inspirando il suo odore: vaniglia e fragola. “Vedo che la nostra ospite è arrivata” mormorò una voce alle spalle di Esme, la quale si scostò da me “Buona sera dottore” “Diamoci del tu, mi sento meno vecchio” ammiccò, io accennai un sorriso “Va bene, Carlisle. Grazie per la vostra ospitalità, non saprò mai come ricambiarvi” “Non ce n’è bisogno” sussurrò Esme “Siamo lieti di averti qui con noi. Gli amici dei nostri figli sono sempre i benvenuti in questa casa” aggiunse Carlisle “Anche quelli che vengono da un mondo lontano e sanno tutto di voi?” domandai guardandoli interrogativi, Esme sorrise e Carlisle si strinse nelle spalle “Avremo modo di parlarne con calma, se vorrai, nessuno ti obbligherà a farlo”, scossi il capo in senso di diniego “No, è giusto che racconti ogni cosa anche a voi” “Va bene cara, ma ora va su nella tua stanza, lavati, sistemati e poi scendi per la cena. Mi sono deliziata a prepararti tante cose buone” ammiccò felice.
Alice mi accompagnò verso la stanza a me destinata “Ecco: questa è la tua camera e lo sarà per tutte le volte che vorrai” disse, mentre io la scrutavo meravigliata: era enorme, le pareti erano tinteggiate di un rosa tenue e i mobili perlati con su piccole roselline, richiamavano qua e là, il colore delle pareti. Il letto a baldacchino, superava qualsiasi immaginazione. Sul lato sinistro una porta dava nel bagno, luogo più piccolo, ma altrettanto grazioso. “Non so che dire” sussurrai “Non dire niente. Esme si è divertita a sistemarla per te” mi girai di scatto “Che vuol dire?” chiesi agitata “Che questa stanza fino a ieri era un semplice sgabuzzino, poi ho avuto una visione di te che venivi qui e l’ha sistemata, ma tu stavi per rovinare tutto volendotene andare via” disse imbronciandosi “Come vedi sono ancora qui” “E ci rimarrai” proferì seria “Vedremo” dissi per tutta risposta “Ora pensa a rilassarti, la cena ti aspetta” “Ehm…” deglutii “Chi ci sarà giù?” “Tranquilla…se ti riferisci a lui è nella sua stanza e non credo che si muoverà di lì per oggi” l’espressione che fece esprimeva tutto il suo disappunto “Capisco” mormorai guardandomi le punte dei piedi “Ora vado, ti lascio preparare”, detto questo chiuse la porta, lasciandomi sola in balia dei miei pensieri.
Ridestandomi, presi lo zaino e tirai fuori tutto quello che avevo, ma mi assalì un dubbio: che cosa dovevo mettermi? Il pigiama? O un jeans con una maglietta? Sbuffai e dopo tanto pensare, optai per un semplicissimo e comodo jeans; mi rilassai sotto il getto della doccia, accompagnata dalle melodie di una dolcissima musica. Quando uscii dal bagno, mi vestii frettolosamente e aprendo la porta, potei notare che la musica proveniva da una stanza infondo al piano. Passando davanti alla porta della camera affianco alla mia lessi su “Alice e Jasper”, quella da cui, invece, fuoriuscivano le note musicali era la stanza di colui che volevo evitare: Edward. Vibrai, ma il mio corpo non voleva saperne di muoversi; restai impalata lì, ad immaginarmi Edward steso sul divano di pelle nera ad ascoltare ad occhi chiusi un vecchio cd anni 60. Poggiai una mano e la fronte sulla porta e rilasciai un sospiro pesante e carico di tristezza: il pensiero che non ci saremmo mai chiariti, mi uccideva.
Accortami di essermi trattenuta troppo, feci retro front e mi diressi in cucina; passando per il salotto notai poi davanti all’enorme balcone, un meraviglioso pianoforte a coda e sorrisi dolcemente, immaginando Edward che suonava la sua ninna nanna per Bella. Ci passai su le dita, accarezzandolo, come se questo potesse farmi sentire più vicina a lui “E’ di Edward” disse una voce maschile alle mie spalle, facendomi sobbalzare. Quando mi girai, mi trovai un ragazzo dal viso pieno di cicatrici che mi guardava curioso “Non ti avevo sentito arrivare” soffiai, portandomi una mano sul cuore, il quale aveva preso a battere freneticamente. “Io sono Jasper” annuii “Io Meredith” ci scrutammo per un po’, fin quando il piccolo folletto non giunse da noi saltellando allegra “Vedo che vi siete già presentati” trillò mettendosi sotto il braccio di suo marito, gesto che mi intenerì “Dai vieni, Meredith. Esme ti aspetta” annuii e li seguii in cucina. Lì vi trovai anche Rosalie e Emmet, oltre che Esme e Carlisle e ciò mi innervosì un po’, temevo tantissimo la reazione della bionda. “Cara accomodati” disse Esme scostando la sedia, obbedii “Grazie” mormorai arrossendo e facendo sghignazzare Emmet “E’ sempre divertente, vedere qualcuno che arrossisce” lo guardai schioccando la lingua “Mmm indisponente la Signorina” disse, sfregandosi il mento con le dita “Piacere, io mi chiamo Emmet, sono il macho della casa” proferì porgendomi poi la mano “Mmm io sarò indisponente, ma tu sei parecchio presuntuoso” risposi facendo ridere tutti, Emmet sbarrò gli occhi sorpreso poi prese a ridere anche lui “Piacere di conoscerti comunque”, poi volsi il mio sguardo verso Rosalie che se ne stava a braccia incrociate, poggiata ad uno dei mobili della cucina e mi scrutava  attenta “Ciao” la salutai, Emmet si girò verso di lei e le sorrise dolcemente andandole incontro e prendendola per mano; poi la trascinò verso di me “Lei è la mia bellissima moglie, Rosalie” proferì orgoglioso, gli occhi di lei si accesero “Smettila scimmione!” sibilò “Ma dai amore! Non farti subito riconoscere” sussurrò lui ridendo, lei per tutta risposta, alzò gli occhi al cielo “Siete proprio belli insieme” soffiai, attirando la loro attenzione, sorrisi “Modestamente” rispose Emmet indicandosi, io inarcai un sopracciglio dubbiosa “Se proprio debbo dirla tutta” dissi “E’ Rosalie che rende affascinante la vostra coppia, di certo non tu” aggiunsi, portando le mani ai fianchi. Rosalie, inizialmente stupefatta, accennò un sorriso. “Dai, dai ora fatela mangiare” disse d’improvviso Esme, posando a tavola un piatto di lasagne, il mio stomaco traballò e arrossii, notando lo sguardo di tutti su di me. Portai la prima forchettata alla bocca, nascondendomi il volto con l’altra mano “Ehm…” mi fermai “Qualcosa non va?” chiese Esme preoccupata, negai col capo “E’ che…ecco vedete…” deglutii “Mangiare con 12 occhi puntati addosso è un po’ difficile” confessai “Scusaci, ce ne andiamo” intervenne Carlisle “Ma no!” dissi “Restate, solo cercate di non guardarmi in quel modo” “Quale modo?” chiese Emmet, grattandosi la testa “In attesa che mi succeda qualcosa, perché mangio cibo umano” dissi, lui rise “Beh effettivamente non so proprio come fai a mangiare quella robaccia. Ha un odore disgustoso” proferì tappandosi il naso e storcendo la bocca “Naaa!” risposi “Sono buonissime. Esme sono eccezionali” “Davvero ti piacciono?” chiese con sguardo scintillante, annuii mesta, fiondandomi poi completamente con la testa nel piatto. Mi sentivo a mio agio con loro, parlottammo tutta la serata, anche Rosalie, raramente, mi rivolse la parola. Ridemmo, scherzammo, giocammo a carte, nessuno mi fece sentire un’estranea, un’umana o mi fece pressione per sapere la verità. Per la prima volta in vita mia, mi sentivo una persona normale.
Dopo il mio millesimo sbadiglio, Alice decise che era ora di andare a letto a dormire, le obbedii immediatamente, salutai tutti e mi recai al primo piano. Giunta fuori la mia stanza, mi bloccai con la mano sulla maniglia e girai la testa verso la porta della stanza di Edward. Aveva spento lo stereo, chissà cosa stava facendo. Abbassai lo sguardo e mi fissai le mani. Decisa mi diressi verso la sua porta e inspirando e espirando più volte bussai, ma non udii alcun rumore. Proprio quando stavo per andarmene, sentii il cigolio della porta e Edward mi comparve davanti. Immediatamente, affogai nei suoi occhi, perdendo ogni sprazzo di lucidità e dimenticandomi quello che volevo fare “Vuoi qualcosa?” chiese scocciato “Solo salutarti” dissi, lui sembrò quasi sorpreso “Bene” rispose tornando serio e restando impalato sulla porta. “Bene…” ripetei io, meccanicamente. “Ok” sussurrai “Ti lascio alle tue cose…a domani” mi girai per andarmene e sentii la sua porta chiudersi.
Quando fui nella mia stanza, mi lasciai scivolare lungo il muro e mi rannicchiai su me stessa; il cuore, maledetto, pulsava violentemente contro la cassa toracica e doleva. “Mamma…” soffiai “Come puoi chiedermi di ascoltare il mio cuore se mi fa soffrire?” dissi portandomi entrambe le mani tra i capelli. D’un tratto, udii un rumore e sobbalzai spaventata. Mi alzai guardandomi intorno “Meredith, sono Alice”, andai verso la porta e le aprii “Ciao Ali” dissi “Posso entrare?” annuii “Non hai sonno?” domandò “Non molto, in verità” mormorai “Ti conviene riposare, domani ci aspetta una lunga giornata di scuola” suggerì lei “Già…” “Non hai molta voglia, vero?” “Per niente, ma devo. Non voglio deludere Charlie. L’idea di avere un <> mi piace” sorrisi “Ti manca il tuo vero padre?” chiese Alice, accomodandosi sul letto “No” risposi raggiungendola “Infondo non lo conosco affatto. Più che altro, mi manca l’idea di averlo, di ricevere le sue attenzioni. Non so se mi sono spiegata bene” mormorai, Alice annuì “Se resterai qui, avrai Charlie e noi. Saremo la tua famiglia” sussurrò sorridendomi “Siete tutti gentilissimi e tu sei dolcissima Alice. Ma la mia famiglia è altrove ed io devo trovare il modo di tornare lì. Andrew ha bisogno di me” “E se non ci fosse un modo per farti ritornare alla tua vera casa?” ipotizzò, io strabuzzai gli occhi “Cosa faresti? Fuggiresti davvero?” “Darei un dolore a Charlie” sospirai “Credo che aspetterei il diploma e poi me ne andrei in qualche college lontano di qui” “Si dai vieni con noi al college!” trillò Alice “Non posso. Se me ne vado, è anche per non creare problemi a voi” “Ancora con questa storia?” sbottò irritata “Come devo spiegarti che non è così? Lo fai solo per colpa di quello stolto di Edward!” sibilò, voltandosi verso la porta, sapendo perfettamente che il fratello era in ascolto “Giuro che se ti fa allontanare da me, gli stacco la testa con le mie mani!” “No, Alice!” intervenni dura “Non pensarlo neanche, capito?” bisbigliai “Lascialo stare. Ha tutte le ragioni del mondo per comportarsi in questo modo, non possiamo costringerlo a comprendermi. Va bene così e poi voi siete fratello e sorella e non permetterò che per colpa mia, litighiate” Alice mi guardò comprensiva “Gli voglio comunque bene, spero che almeno questo lui lo sappia” sospirai infine; una carezza fredda si posò sulla mia gota calda e portò via l’unica lacrima sgorgata dai miei occhi “Ora vai a nanna”, annuii dirigendomi poi verso il bagno. Sistematami, mi stesi nel letto e dopo parecchio riuscii a prendere sonno, sognando, anche per quella notte, di me e di Edward…

 

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Capitolo 14
*** Il racconto di Meredith ***


Il racconto di Meredith

Ed eccoci nuovamente qui.
So che è tardi, ma non mi va di dormire…ultimamente faccio le ore piccole a leggere, tutto pur di non…mmm…pensare? Si credo proprio che la mia mente ultimamente si rifiuti di pensare.
Grazie a tutti per l’immenso affetto dimostratomi, spero di meritarmelo tutto!!!

 

Melody Potter: sempre lieta di leggere che continui a seguirmi. Gradirai anche questo capitolo??? Incrocio le dita :)…

 

Dark Angel 1935: la mia adorata Jenny!!! È stato emozionante rileggere una tua recensione, sai??? Una vera sorpresa e mi spiace, ma l’infarto m’è preso ugualmente, dovresti avvertirmi quando fai queste cose u.u…meglio che non mi ci abituo, però :P. Grazie per tutto tesoro mio…ti devo molto!!! Ti voglio bene…

 

Dindy80: credo che qui Edward ti farà ancora più rabbia. Più in avanti si chiariranno tante cose, mi auguro avrai ancora la voglia di seguirmi. So che sono capitoli un po’ tristi, ma quando li ho scritti ero davvero di pessimo umore oO. Perdono…Scriverò sempre per me, amo troppo farlo…:). Grazie!

 

Vampiretta Cullen: ci rivedi me??? Ogni mio personaggio ha qualcosa del mio carattere…non so cosa abbia Meredith di mio. Forse la sua passione per la musica, l’innata tendenza a chiudersi, a ragionare troppo, ad amare totalmente…già…:). Onestamente non lo so, ma si, di certo ci sono anche io in questa storia, non riesco a scindermi, sono per prima coinvolta! Fammi sapere che ne pensi, anche se leggi la nuova storia. Ci tengo a sapere la tua opinione!!! Un abbraccio fortissimo!

 

Piccola Ketty: tu mi lusinghi troppo!!! Sono arrossita, mi sento peggio di un peperone. Eccoti il nuovo capitolo, mi auguro vivamente che possa piacerti. Temo di deluderti…di deludervi tutte…accidenti alla mia poca stima u.u. Povere voi che dovete sopportarmi…bacio e grazie cara!

 

_Aislinn_: vorrei davvero aiutarti…fare di più per te, mi sento così impotente e non posso sopportarlo, uff!!! Sappi che appena salgo dobbiamo vederci!!! Ci facciamo una bella chiacchierata, ok? Grazie a te per i complimenti, sono davvero tanto felice che questa storia ti prenda. Aspetto di sapere la tua opinione anche su questo nuovo capitolo. Bacio!

 

So di essermi dilungata, scusate u.u, a volte scrivo troppo. Buona lettura e un ringraziamento speciale va a tutti coloro che mi hanno inserita tra i preferiti/seguiti e mi leggono silenziosamente. Aspetto anche il vostro giudizio, ci tengo! Bacio.

Capitolo 13 “Il racconto di Meredith”

 

“Meredith! Meredith!” tuonò una voce nel mio orecchio destro “Alice, ma sii più delicata, così le farai avere un colpo” rispose un’altra voce “Ah mamma! Se non facciamo così, non si sveglierà mai!” disse, scuotendomi. Aprii un occhio alla volta e mi trovai davanti Alice e Esme “Buongiorno” sbiascicai con la voce ancora impastata per il sonno “Ah finalmente!” trillò il folletto “Sbrigati, altrimenti faremo tardi!”, mi girai a guardare l’orologio sul comodino e vidi che erano appena le sette del mattino. Sbarrai gli occhi e guardai Esme “Scusala, ma secondo lei ci metterai tempo a fare colazione”, fissai Alice sbalordita “Solitamente ci metto quindici minuti a bermi il latte coi cereali” “Si, ma io debbo aiutarti a vestirti, quindi ho bisogno di tempo per decidere il da farsi”, alzai un sopracciglio confusa “Cosa devi fare?” domandai incredula “Ti aiuto a scegliere le cose da indossare” rispose battendo le mani “Oh no, Alice! Non sarò la tua bambola!” tuonai alzandomi dal letto e chiudendomi in bagno.
Una volta arrivata in cucina, bevvi tranquillamente il mio latte e mangiai i cereali al cioccolato che Esme mi aveva lasciato sul tavolo. Mentre lavavo la tazza, sentii dei passi alle mie spalle e mi voltai incuriosita “Buongiorno” mormorò Edward “Ehm…ciao” risposi sorpresa e dandogli nuovamente le spalle. Appariva, scompariva, chi lo capiva era veramente bravo! Agitata continuai a occuparmi della cucina, ma il tremore nelle mani mi era di ostacolo, tanto che la tazza mi scivolò nel lavello, non rompendosi “Accidenti a me” imprecai “Problemi?” chiese Esme entrando in cucina e guardando stranita me e poi Edward che era rimasto lì, seduto su una sedia “No, no” mi affrettai a dire “Ho sistemato le cose che avevo messo in mezzo. Dove devo mettere la tazza?” chiesi indicandola “Lascia stare, faccio io” rispose Esme, aprendo l’anta del mobile e riponendoci dentro la tazza “Vai pure a prepararti” aggiunse, togliendomi dal viso un po’ di sapone e facendomi arrossire “Ok, grazie per tutto” dissi congedandomi “Di nulla cara. Ah mi sa che in camera tua troverai Alice. Quando sono scesa, si stava lamentando del fatto che i tuoi vestiti non andavano per nulla bene” sbarrai gli occhi e mi portai una mano alla fronte “Oh no, povera me!” mi lamentai “Non le permetterò di fare quello che faceva con Bella” dissi a me stessa, poi mi tappai la bocca, ricordandomi dov’ero “Ehm…scusate!” mormorai grattandomi la testa “Vado” e corsi via.
Entrata in camera, come anticipatomi da Esme, trovai Alice che mi aspettava con le braccia incrociate al petto e un piede che batteva frenetico a terra “Alice se non la smetti, sfonderai il pavimento” dissi ironica, passandole accanto “Sei una ragazza, Meredith! Dovresti vestirti con maggiore attenzione” sibilò “Non seguo la moda, non mi piace attirare l’attenzione e poi i jeans sono comodissimi per andare a scuola” risposi “Dovresti provarli” aggiunsi sorridendo “Non farmi arrabbiare” “Senti Ali. Ho accettato di venire qui, di non andarmene, ma ti supplico non venirmi a dire come vestirmi. Se c’è una cosa che detesto è avere gli sguardi di tutti su di me e conoscendo i tuoi gusti e sapendo come conciavi Bella, preferisco fare da me, se non ti spiace”, la sua bocca si piegò verso il basso, io sospirai “Non ti offendere, Ali…”, non rispose. Sospirai rassegnata e la vidi sorridere, aveva già visto tutto, come al solito “Grazie, grazie” disse saltandomi al collo, prima che proferissi parola “Alice…” “Si, si, non esagero promesso” annuii. Qualche minuto dopo, tornò in stanza con un pantalone verde e un maglioncino con scollo a barca beige e me li porse “Questi metteranno in risalto il colore dei tuoi occhi e la formosità del tuo corpo” disse contenta “Ora li indosso”.
Infilai il pantalone, poi il maglioncino e dovetti ammettere che Alice aveva perfettamente ragione: quei colori mi donavano. Sorrisi. Uscita dal bagno, Alice mi fece fare una giravolta su me stessa “Sei così carina, Meredith! Non dovresti nasconderti” sussurrò, io arrossii “Un po’ di trucco?”, corrucciai la fronte “Preferisco di no” subito l’espressione di Alice cambiò “Almeno per oggi” aggiunsi, facendole tornare l’allegria “Dai, dai ora andiamo a scuola” mi tirò per il braccio, trascinandomi giù in salotto, dove gli altri ci stavano già aspettando. Guardai l’orologio, eravamo in tempo. Esme si avvicinò “Alice ha fatto un buon lavoro” ammise scrutandomi “Stai d’incanto” aggiunse “Grazie” risposi arrossendo “Carlisle?” domandai “E’ andato in ospedale, voleva visitare tuo padre” “Papà!” esclamai “Dopo scuola vado da lui” Esme annuì.
“Vogliamo andare?” disse d’un tratto Edward, tutti noi ci voltammo verso di lui che se ne stava con le braccia conserte, poggiato al pilastro della porta d’ingresso “Si, forza andiamo” rispose Emmet.
“Come mai due macchine?” chiesi una volta messo piede fuori e avendo notato la Volvo di Edward e la Bmw rosso fiammante di Rosalie “I maschi andranno con quella, noi ragazze con questa” indicò Alice “Ah” dissi soltanto “Così dopo scuola possiamo portarti da tuo padre” aggiunse “Ma no, tranquille. Vado a piedi o con l’autobus” “Non se ne parla!” proferì Alice “Ora sali” e feci come mi era stato detto.
“Oggi sei venuta coi Cullen?” domandò con voce stridula, Jessica “Si” risposi “Come mai?” continuò civettando “Mio padre ha avuto un incidente nel bosco ed è in ospedale, i Cullen si sono offerti di ospitarmi” tagliai corto io “Wow!” balbettò la mia compagna “Tu a casa dei Cullen!” quasi urlò “Si, ma per favore abbassa la voce, non vorrai mettere i manifesti. La mia non è una visita di piacere” “Ma certo, certo” disse, facendo un cenno con le mani. Continuammo a camminare nel corridoio del 7° edificio alla ricerca dell’aula di Trigonometria “E dimmi com’è?” proruppe ad un tratto Jessica. Io inarcai un sopracciglio confusa “Com’è cosa?” chiesi “La casa” rispose lei “Beh più che una casa, sembra una villa. È veramente stupenda, credo proprio che ti piacerebbe”, Jessica spalancò gli occhi, ne lessi tanta invidia e ne fui lieta. Per una volta, ero io la fortunata. “E Edward?” sobbalzai udendo quel nome e le mie orecchie si otturarono per il batter tamburellante del mio cuore “In che senso scusa?” “Vi parlate, siete vicini di stanza? Sei stata nella sua camera? Com’è quando non è a scuola?...” roteai gli occhi verso il cielo esasperata “Jessica fermati!” proferii tappandomi le orecchie “Mi sembra di essere sottoposta ad un interrogatorio. Vuoi prendere il posto di mio padre?” le domandai, stizzita mi girò la faccia, io sospirai “Non ho visto la stanza di Edward, ci rivolgiamo la parola solo se necessario e la sua stanza è sullo stesso piano della mia” dissi guardando davanti a me “Contenta?”, il sorriso sornione di Jessica fu una degna risposta. Ero consapevole che presto tutta la scuola avrebbe saputo che la figlia dell’ispettore Swan era ospite dai famigerati Cullen.
Subito dopo le lezioni, Alice, come promesso, mi portò in ospedale da Charlie. Stranamente il viaggio in aiuto fu silenzioso, io non avevo gran voglia di parlare e Alice sembrava averlo intuito, anche se, conoscendola, non si faceva scrupoli in genere, ma lasciai correre. Preferivo che le cose andassero in quel modo.
Giunte in ospedale, Alice preferì non entrare, aveva delle commissioni da sbrigare e mi disse che mi sarebbe venuta a riprendere un’oretta dopo. A passo lento, mi diressi verso la camera di “papà” e bussai “Avanti” borbottò Charlie, il quale quando vide che ero io, s’illuminò “Meredith!” esclamò contento “Papà” sorrisi, lui guardò l’orologio “Sei uscita ora da scuola” constatò notando poi il mio zaino “Si, Alice mi ha accompagnata” “Che gentile! Dobbiamo ricambiare i Cullen in qualche modo!” disse “Ci penseremo in seguito” risposi accomodandomi accanto a lui “Come ti senti? La testa fa ancora molto male?” “Mi sento molto meglio, solo un po’ stanco. Per via dei dolori, stanotte non ho riposato bene” “Ma non ti avevano somministrato i tranquillanti ieri?” chiesi confusa, lui annuì “Evidentemente non hanno fatto effetto” “Vuoi che resti io qui con te, per questa notte?” “No, figliola. Tu devi pensare a dormire, la mattina hai la scuola e non voglio che la trascuri per me” “Ma papà…” “Niente ma!” m’interruppe severo “Sto bene, se tutto va come deve, lunedì mi dimettono e torneremo entrambi a casa. Ma dimmi, come ti trovi a casa dei Cullen?” “Bene. Esme è una cuoca eccezionale, oltre ad essere una persona dolcissima, dovresti conoscerla. Sono certa che le sue leccornie ti piacerebbero” sorrisi “E con i figli?” sobbalzai in modo fin troppo evidente, tanto che Charlie storse la bocca e aggrottò la fronte “Emmet è simpaticissimo, un vero burlone, mi ha fatto fare un sacco di risate. Alice insiste nel volermi vestire” e mi indicai “Ha buon gusto” constatò “mio padre”, io annuii “Però ti tratta come se fossi la sua bambolina” ammisi alzando gli occhi al cielo e sospirando “Jasper se ne sta sulle sue, altrettanto Rosalie” terminai “E Edward?” domandò curioso “E’lui il ragazzo che ti ha salvato? Sbaglio o non lo hai nominato?”, ecco il guaio di avere per genitore un poliziotto: sempre vigile e attento, alla ricerca dei particolari. “Ieri Edward non si sentiva molto bene ed è stato tutto il tempo chiuso in stanza, l’ho rivisto solo stamane quando siamo andati a scuola” mentii “Beh effettivamente è sempre molto pallido…mmm” fissò il soffitto pensieroso “Se proprio debbo dirla tutta” disse poi “Sono tutti pallidi in quella famiglia” sussultai “Hanno semplicemente una carnagione molto chiara, sono tutti originari di zone montuose e si dice che chi non vive vicino al mare e al contatto col sole, finisce col perdere parte della propria melanina” risposi determinata, Charlie mi guardò allibito “E questa dove l’hai letta?” “Su una rivista scientifica” “Capisco…”. Trascorremmo l’ora seguente a parlare dei medici dell’ospedale, in particolare Carlisle e delle eccessive attenzioni che riceveva dalle infermiere. Mi chiese della scuola, dei compiti e se avevo avvertito Renée del suo incidente.
Puntuale come un orologio svizzero, Alice comparve sulla soglia della stanza di Charlie un’ora dopo; gentilmente gli chiese come stesse e parlarono un po’.
Quando giungemmo in macchina, incuriosita dallo strano comportamento della mia amica, mi feci coraggio e le rivolsi la parola:”Ali, c’è qualcosa che non va?” domandai “No, Meredith. È tutto apposto” mormorò atona “Mmm…non ne sono così convinta” lei mi fissò, poi tornò a guardare la strada “Meredith”, ora ero io che fissavo lei “A casa, tutti ti aspettano per parlare” tremai, pur sapendo che prima o poi quel momento sarebbe arrivato “Edward ha indetto urgentemente una riunione per discutere di te”, ecco svelato il suo mutismo e le sue “faccende da sbrigare” “Ha avuto un’accesa discussione con Carlisle, il quale sosteneva che non dovevamo pressarti e che ce ne avresti parlato tu una volta che ti saresti sentita pronta. Edward invece, ha insistito e alla fine abbiamo dovuto cedere. Neanche il potere di Jasper è servito a calmarlo” aggiunse “Ha minacciato di andarsene, vero?”, Alice annuì, facendo così morire, un’altra piccola parte del mio cuore “Scusaci, Meredith” disse afflitta “Non devi scusarti, Alice. Io ho creato questo casino ed io devo porvi rimedio” ammisi, fingendomi decisa.
All’ingresso, ci attendevano Esme e Carlisle, nei loro sguardi dispiacere e tristezza erano ben evidenti, io sorrisi loro per tranquillizzarli e aprii la porta, sapendo di trovarmi davanti un Edward furioso e il restante della famiglia. Appena misi piede nel salotto, infatti, due paia di occhi accesi di odio, mi fulminarono e tremai sotto quello sguardo “Finalmente sei qui!” sibilò tra i denti “Ti stavamo aspettando per parlare, ma penso che la tua cara amichetta ti abbia avvertita” disse poi, vedendo entrare sua sorella Alice “Smettila Edward!” intervenne Carlisle “Non mi piace per nulla questo tuo atteggiamento!” lo ammonì. Guardai Alice, la quale non disse niente, mi fece cenno con la testa di seguirla e mi accomodai accanto a lei. Lo sguardo triste di Jasper mi fece capire che Edward se l’era presa anche con lei e questo solo per colpa mia. Fissai disperatamente Jasper, quando avvertii il mio animo agitarsi troppo, lui capì e col suo potere cercò di rilassare l’aria attorno a sé. Mimai un grazie con le labbra e lui rispose semplicemente annuendo con la testa.
Carlisle si pose al centro della sala e guardò tutti i membri della famiglia uno alla volta, poi rivolgendosi a me disse:”Volevo chiederti scusa a nome di tutti. Avevo detto che non avremmo insistito, ma per una serie di motivi abbiamo deciso di ascoltare il tuo racconto ora. Spero tu sappia perdonarci”, scossi la testa “L’ho detto già ad Alice! Nessuno deve chiedermi scusa di niente. È giusto che vi racconti tutto e, a prescindere da questa riunione, io avevo già deciso di farlo, quindi sono pronta” mi alzai in piedi e mi avvicinai a Carlisle “Quello che voglio ribadire è che io non sono arrivata qui di mia spontanea volontà. Mi ci sono trovata dentro e, credetemi” dissi rivolgendomi a tutti, soffermandomi soprattutto su Edward, che era rimasto in piedi, poggiato al muro “Se potessi esprimere un desiderio, sarebbe sicuramente quello di tornarmene a casa mia” proferii dura “Non pensavo che sarebbe stato così difficile. Speravo di potercela fare, ma non sono riuscita a tener nascosto il mio segreto. Sospettavo che Alice mi avesse vista arrivare, ma non potevo mai credere che le interessasse sapere tutto di me” la guardai “Probabilmente se non avesse fatto di tutto per avvicinarsi a me, ora non sarei qui” “Beh ora ci sei, quindi per favore, dicci tutto quello che sai” m’interruppe duramente Edward “Ci sto arrivando!” risposi in modo altrettanto scontroso “Mi chiamo Meredith Vicky Garner e vengo da Detroit. Sono una che potrebbe essere definita << una divoratrice di libri >>. Leggere mi aiuta molto, sono una ragazza che  si isola, ho difficoltà a relazionarmi con gli altri e i libri sono la mia compagnia, questo da quando tre anni fa, un tumore al seno ha portato via mia madre, lasciandomi un gran vuoto dentro” chiusi gli occhi per un attimo, poi ripresi “Come ho detto ad Alice tempo fa, mia madre, Lizzy, era una donna forte e ha provato in tutti i modi a trasmettermi la sua grinta, incoraggiandomi, sostenendo le mie passioni” “Meredith suona il piano” proruppe Alice, io arrossii “Suonavo” precisai e tutti mi fissarono “Non tocco il pianoforte da tre anni”. Lo sguardo di Esme apparve commosso e si strinse a Carlisle “Ma questa è un’altra storia” dissi poi “La mancanza di mia madre, mi ha portato a cercare rifugio nei libri” “E tuo padre?” domandò Carlisle “Papà se n’è andato di casa, quando ero ancora piccola, facendosi vivo raramente” “E quando è morta tua madre hai vissuto da sola, quindi” aggiunse Esme, negai col capo “Andrew era con me” risposi, sentendomi gli occhi pizzicare “Vivevi con il tuo ragazzo?” l’espressione confusa con cui Emmet lo domandò, mi fece quasi ridere “No, Andrew non è il mio ragazzo” e guardai Edward che mi fissava attento “E’ mio fratello maggiore. Mi ha fatto da padre, da fratello, mi è sempre stato vicino. Ed è l’ultima persona che ho visto, prima di ritrovarmi nel vostro mondo. La vostra storia, come penso vi abbiano accennato Alice e  Edward, è narrata in quattro libri. Libri che hanno spopolato un anno fa, tanto che addirittura sono nati dei film. Io ho iniziato a leggerli da poco e, come molte, mi sono lasciata travolgere dalla storia d’amore che fa da filo conduttore della saga” “Oh raccontacela!” insisté Emmet “Isabella Swan, figlia dell’ispettore di Forks, Charlie Swan, giunge nella piccola cittadina più piovosa d’America, in seguito alla decisione di trasferirsi dal padre per permettere all’egocentrica e infantile madre, Renée, di seguire il suo nuovo marito nei vari spostamenti causati dal suo lavoro. Bella è molto timida, chiusa e si trova come compagni persone come Jessica Stanley, Mike Newton e la dolce Angela Weber. A mensa però, s’imbatte in cinque bellissimi ragazzi dalla pelle diafana, Jessica spiega lei che sono i cinque figli adottivi del dottor Cullen e Signora e che i loro nomi sono: Emmet, Rosalie, Alice, Jasper, i quali fanno coppia fissa e infine Edward!” proferii in tono teatrale, tutti trattennero il fiato “Bella li guarda ammirata, concentrandosi suo malgrado su uno solo dei cinque…” “Edward!” esclamò Emmet, io annuii “Sono troppo bravo” aggiunse “Ma vuoi stare un po’ zitto!” lo ammonì Rosalie “Scusalo, continua pure” disse poi rivolgendosi a me “C’è qualcosa che l’attira, non è il pericolo, non è la bellezza, ma qualcosa che va ben oltre…pagina dopo pagina scopriamo come la curiosità per quel ragazzo aumenti a dismisura, lui sembra che la odi, tanto che per una settimana fugge via, salvo poi tornare e rivolgerle la parola. Un giorno però, a causa del ghiaccio sull’asfalto, Bella rischia di essere spiaccicata dal furgoncino di Tayler” tutti sobbalzarono, ricollegando l’episodio a me “Ma Edward la salva, provocando la reazione dei suoi fratelli, soprattutto di Rosalie, la quale non vuole che vengano scoperti e quindi che siano costretti a cambiare città. Bella chiede spiegazioni ad Edward, dicendogli che non vuole rivelare nulla, solo sapere il perché lo sta coprendo, ma i due finiscono col litigare. Edward ignora Bella, scatenando in lei profonda tristezza e nelle rare volte che si parlano lui le dice di starle lontano perché è meglio che non siano amici” mi fermai per respirare e mi guardai le mani “Un giorno Bella viene invitata da Mike alla Push e lì incontra un vecchio amico d’infanzia: Jacob Black. Alcuni dei ragazzi della riserva, sostengono che i Cullen non possono entrare in quella zona, incuriosita Bella chiede spiegazioni a Jacob, il quale le narra una leggenda, alla quale lui non crede, che vede contrapposti i licantropi e i freddi” e li guardai “E di un patto stipulato tra loro che impediva ai Cullen, quali freddi, di cacciare nel loro territorio. Jacob spiega che secondo la leggenda, i freddi, ossia i vampiri, si cibano di sangue umano, ma i Cullen no, bensì di sangue animale. Bella è profondamente colpita da questa storia e inizia a fare delle ricerche, non trovando alcuna notizia. Nel frattempo, Edward non riesce a starle lontano e dopo un po’ Bella gli parla di ciò che gli ha detto Jacob, venendo così a capo della situazione” “Quindi Edward le dice che i Cullen sono dei vampiri”  chiese un attento Carlisle “Esatto!” affermai io “Tra di loro l’attrazione è forte e finiscono col mettersi insieme. Edward un giorno, porta Bella in un posto in cui ama tanto andare, una radura e le mostra com’è realmente alla luce del sole e proprio lì si confessano i loro sentimenti. Lui le rivelerà anche che il suo sangue è continua fonte di tentazione e che il primo giorno che l’ha vista ha desiderato ucciderla. Ma questo non ferma Bella. Purtroppo però, lei è un attira disgrazie e il giorno in cui Edward la presenta alla famiglia e la porta ad una loro partita di baseball, tre vampiri nomadi compaiono sulla loro strada e uno di loro, James percepisce l’odore di Bella e tenta di attaccare. La famiglia al completo la difende, ma la reazione di Edward genera quella di James, tanto che Bella è costretta ad andar via di casa per rifugiarsi da qualche parte lontano di lì. Alice e Jasper si offrono di portarla lontano, mentre Edward e gli altri si occuperanno di creare una falsa pista per distrarre James, ma alla fine quest’ultimo contatta Bella facendole credere di aver preso sua madre e la obbliga ad andare nella scuola di danza frequentata da bambina. Bella elude la sorveglianza dei due vampiri e si reca da sola nella palestra. Per fortuna sopraggiungono tutti, ma la ragazza viene comunque morsa, oltre che essere ferita ad una gamba e avere delle costole rotte. Carlisle incita Edward a portar via il veleno. Alla fine, Bella si salva e confessa ad Edward il suo desiderio di essere trasformata, ma durante il ballo della scuola lui la convince, almeno per il momento, a rimandare. Ma i pericoli sono altri…” mi fermai a guardarli “Questo è il succo del primo libro” dissi portandomi una mano alla testa “Wow!” esclamò Emmet “Hai capito a Edward!” un ringhio cupo proruppe nella bocca di Edward e Emmet si zittì “E tu cosa centri in tutto questo?” domandò Carlisle “Onestamente non lo so. Ero a letto a leggere il terzo libro, quando il giorno dopo mi sono risvegliata nel letto a casa di Charlie, ritrovandomi ad essere Meredith Isabella Swan” “Ricordi qualche particolare della sera prima che possa magari farci capire come sei finita qui?” chiese Jasper “No. Alice mi ha detto che voi esistete realmente e che non mi trovo nel libro. Sono parecchio confusa e soprattutto non capisco perché proprio io” “Forse ti sei talmente immedesimata in Bella che hai desiderato essere lei” propose Esme, io sobbalzai “Io di Bella ho poco, se non un carattere chiuso e il non voler essere al centro dell’attenzione. Non posso negare che la storia d’amore col bel vampiro mi abbia affascinato. Mi son trovata a desiderare di incontrare una persona che mi amasse allo stesso modo…” sussurrai a mezza voce, chinando il capo “Forse questo ha scatenato il tutto” proruppe Emmet “Che vuoi dire?” chiese Alice “La sua voglia di vivere una storia come quella di Bella e Edward, ha fatto in modo che si trovasse qui e che conoscesse Edward” a quelle parole vibrai e anche Edward, ci fissammo confusi “Ma io non sono Bella, il mio sangue non canta per lui” dissi piccata “Impossibile quindi che il motivo sia questo” aggiunsi infine, passandomi una mano tra i capelli, esausta. “Direi che ora sappiamo tutto, possiamo lasciare in pace Meredith. Parleremo poi del come, l’autrice di questi libri sappia di noi” disse Carlisle, gli sorrisi grata “Non credo proprio!” proruppe Edward “Figliolo…” “No!” lo interruppe “Lei sa troppe cose, se lo sapessero i Volturi, sarebbe la fine” “Non dirò niente a nessuno e non ci troveremo nella situazione di doverli incontrare” dissi io “Aro è buon amico di Carlisle e potrebbe venire a trovarlo un giorno. Se ti dovesse trovare da queste parti, si porrà delle domande e se chiederà di darti la mano, leggerà tutto nella tua mente e non voglio certamente rischiare che per colpa di un’ insulsa umana come te, tutta la nostra famiglia corra dei rischi” sibilò furioso “So perfettamente quali siano i poteri dei Volturi” proferii io dura, anche se profondamente scossa per le parole di Edward, facendo voltare tutti “Nei libri successivi si parla anche di loro. E ti ricordo che ho un mezzo scudo che protegge i miei pensieri. In ogni caso stai tranquillo” dissi volgendomi a Edward “Se Aro verrà, io non sarò qui. Fortuna vuole che i libri non siano in circolazione da queste parti, quindi non verrà mai a sapere che una donna ha scritto di voi. Siete nati da un sogno, Stephanie Meyer, ha sognato Edward e Bella nella radura e su quella scena ha costruito tutta la storia. Almeno è questo che ha dichiarato” “Va bene così, Meredith. Sei libera di andare” mi sussurrò dolce Carlisle, ponendomi una mano sulla spalla “Prometto che troveremo il modo di farti tornare a casa” “Grazie” mormorai commossa “Per me questa storia non finisce qui. Sono contrario a quello che state facendo” disse Edward “Non ti accetterò mai” sibilò fermandosi sulle scale e guardandomi. L’espressione dei suoi occhi neri di rabbia, provocò il battito frenetico del mio cuore e un forte giramento di testa. Quando Edward scomparve, Carlisle dovette sostenermi per non farmi cadere a terra e Esme corse a prepararmi un bicchiere di acqua e zucchero “Perdonalo” disse Carlisle “Non sa quello che fa”, negai col capo “Non importa” bisbigliai “Forse è meglio che la portiamo in stanza, Alice ci pensi tu?” domandò lui. Da lì in poi il buio mi avvolse.
Quando mi svegliai, erano ormai le sette di sera, la stanza era scura, la notte era calata, non avevo alcuna voglia di alzarmi. Quello che era successo qualche ora prima, mi aveva fortemente destabilizzato e forte era la mia voglia di tornare nel mio mondo, alla mia vita, da mio fratello…
“Toc, toc” “Avanti” dissi, la porta si aprì rivelandomi la figura imponente e bellissima di Rosalie “Meredith, posso?” domandò gentile “Certo”. Rosalie si accomodò sul bordo del letto e prese a fissarmi “So che anche tu sei contraria” dissi “Presto me ne andrò” aggiunsi “Sono in parte d’accordo con Edward, ma non ce l’ho con te. Sento che posso fidarmi. E comunque sono qui per parlarti di un’altra cosa” “Dimmi, ti ascolto” risposi mettendomi seduta a gambe incrociate “Edward ti piace” affermò convinta, suscitando la mia reazione “Ti sbagli” dissi, modulando il tono della mia voce “Ho visto come lo guardi, ho avvertito i tuoi battiti cardiaci quando lui è nelle vicinanze. Ho osservato il modo in cui il tuo corpo protende verso il suo, non mentirmi, non sono una sciocca” sbarrai gli occhi, guardandomi attorno “Sta tranquilla. Lui non c’è” disse, riportando la mia attenzione sul suo viso “Jasper e Emmet lo hanno portato a caccia” abbassai la testa “Lo ami?” domandò dopo qualche minuto di silenzio, non risposi “Meredith” mi chiamò, i miei occhi presero a lacrimare “Se ti dicessi che è la persona che ho sempre desiderato, che ha ravvivato le mie giornate leggere di lui e che vederlo è stato come riconoscermi in lui, come trovare quella piccola parte che mi mancava, tu ci leggeresti amore in tutto questo?” domandai, l’espressione di Rosalie divenne dolce e comprensiva, lentamente mosse il suo braccio verso di me e afferrò la mia mano “Ci vedo amore, ma non solo” rispose guardandomi “C’è dedizione, ammirazione, attrazione” “Ed è uno sbaglio?” chiesi poi, asciugandomi le lacrime “Amare non è mai un errore, ma è sentirsi vivi, liberi. L’amore è ovunque, in chiunque…anche noi vampiri siamo in grado di provarlo e questo ti fa capire quanto esso sia potente. Siamo esseri spregevoli, uccidiamo per vivere, ma quando l’amore ci colpisce è per sempre” “Ma io non sono una di voi e non posso amarlo…” mormorai “Non vorrei mai che tu rinunciassi alla tua umanità per diventare come noi” sussurrò Rosalie, stringendomi la mano “Conosco la tua storia Rosalie e so quanto ti faccia male non poter essere come me”, la sua stretta divenne più forte “Ma sta tranquilla, io non voglio essere una vampira. Quello che desideravo era sentirmi importante per qualcuno, essere considerata e amata, nient’altro” proferii chiudendo gli occhi “Ma è chiaro che Edward non è destinato a me. È Bella la sua donna, è lei che sposerà e amerà. E quando me ne andrò, spero che al mio posto arrivi lei, non potrei sopportare di sapere che vivrà chiuso per sempre nella sua solitudine. Bella sarà in grado di farlo felice, Rosalie. Ti sarà difficile accettarlo, ma credimi: Edward tornerà a vivere. Bella è il miracolo della sua esistenza…” sussurrai “Un giorno anche tu, troverai il tuo, Meredith…” disse alzandosi e andandosene “Grazie…” mormorai conscia che lei potesse sentirmi.

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Capitolo 15
*** Incomprensioni ***


Incomprensioni

Salve a tutti,
questa settimana posto un giorno prima, perché non so domani se ho il tempo materiale per mettermi al pc, se non per riassumere i libri da studiare e scrivere il primo capitolo della tesi (la seconda aiuto u.u!!!). Non mi voglio dilungare troppo, altrimenti vi faccio scappare e non mi leggete…
Passo ai ringraziamenti che è meglio :P

 

Dindy80: non voglio che tu sia triste :(…questo sarà un altro capitolo difficile, mi auguro di non farti piangere di nuovo. Secondo te Edward cosa prova??? Perché reagisce così? Sono curiosa di sapere che ne pensi…grazie per essere sempre presente, son davvero contenta!!!

 

 

Vampiretta Cullen: spero davvero di non deluderti, mi dispiacerebbe troppo, ci tengo al tuo giudizio. Sei sempre qui pronta a dirmi parole bellissime, a incoraggiarmi e a volte, mi domando cosa ho fatto per meritare persone straordinarie come te!!! Grazie lettrice mia!!! Fammi sapere cosa pensi di questo capitolo ;) bacio

 

Piccola Ketty: ehm…io sono fatta così purtroppo, non ho motivi per credere in me, forse è per questo che mi meraviglio tanto quando le persone mi fanno i complimenti per quello che scrivo. Io quando lo rileggo lo trovo orribile, scontato…boh! Sarà che voglio di più da me stessa, voglio essere migliore…mah! Che stramba che sono!!! Le tue parole mi lusingano!!! Grazie cara, di tutto cuore. Ps: vuoi picchiarmi??? Meglio se mi vado a nascondere eheheh perché prima o poi dovrò smetterla di scrivere boiate :)

 

Kiril: oh che bello!!! Grazie per aver recensito! Una new entry, felice di accoglierti nel mio semplicissimo mondo!!! Spero di poter leggere ancora la tua opinione.

 

_Aislinn_: spero davvero di fare per te qualcosa che ti alleggerisca dal peso che porti! E comunque organizziamoci che voglio assolutamente vedere te e tua sorella!!! Per quel che riguarda la storia, cerco di scrivere ciò che sento, mi faccio guidare dalle emozioni, sensazioni del momento e provo a non scrivere cose già trite e ritrite, anche se…non so se riesco bah!!! Un bacio tesoro!!!

 

Prima di lasciarvi alla lettura, vi lascio il link della canzone che mi ha guidato nella stesura del capitolo, soprattutto la parte in cui Meredith beh…farà una cosa che non faceva da tempo (poi capirete), ascoltatela in quel punto, è la musica che ho pensato che lei potesse aver composto anni addietro:  

http://www.youtube.com/watch?v=gsSBwykoF9g

Capitolo 14 “Incomprensioni”

 

Da quella riunione, Edward evitava accuratamente ogni contatto con me, eravamo due estranei e se questo da un lato mi feriva, dall’altra parte mi innervosiva. Mi trattava come un’appestata, come se la colpa di ogni evento della sua vita, fosse additabile a me, quando in realtà, analizzando dettagliatamente la situazione, io non avevo fatto del male a nessuno, né avevo messo in pericolo il loro segreto. Mi sorse spontaneo il chiedermi “Perché Edward ce l’ha così tanto con me?”, persino Rosalie mi trattava bene…
Sbuffai per la millesima volta, attirando lo sguardo interrogativo di Alice e Angela; Alice era solita mangiare con me e i miei amici, si divideva tra noi e la sua famiglia, non facendomi mai sentire sola. Era il terzo giorno che stavo a casa Cullen e fondamentalmente mi sentivo a mio agio, almeno fino a quando non compariva Edward. Oramai avevo preso l’abitudine che quando arrivava lui, io mi dileguavo, stessa cosa faceva lui; Alice e Esme non erano per nulla contente di quella situazione, ma d’altronde io non potevo farci niente, parlargli sarebbe servito a scatenare ulteriormente la sua ira.
“E ora biologia” soffiò Angela “Eh già…” risposi triste “Non ti va, eh?” domandò  col suo solito tono pacato “Non molto…ma diciamo che ultimamente non mi va quasi niente” ammisi, stringendo tra le mani il quaderno ad anelli “E’ per Edward, vero?” sussultai piccata “Perspicace!” sorrisi, con Angela potevo, almeno in parte, essere sincera “Beh Meredith, si nota che tra voi qualcosa è cambiato”, la guardai stranita, aggrottando la fronte “Spiegati meglio” la incitai “Vedi: prima vi cercavate con lo sguardo, come due calamite attirate l’uno dall’altra non potevate fare a meno di stare vicini, nel bene e nel male. Ora, invece, vi evitate, è come se non fosse mai esistiti l’uno per l’altra. Addirittura vi lanciate certe occhiate, soprattutto lui, anche se ho notato una cosa…” “Cosa?” chiesi curiosa, fortemente colpita dalle parole della mia amica “Ci sono delle volte, soprattutto quando sei in gruppo con noi, che sott’occhio ti osserva, anche a lungo. Lo fa soprattutto quando siamo in palestra e tu sei impegnata a fare altro, insomma evita di farlo quando tu sei vicina a lui o comunque in una situazione che ti porterebbe a beccarlo in flagrante: si mette nel suo angolino e scruta quello che lo circonda, lo fa per non dare nell’occhio, poi quando è convinto che nessuno lo guardi, ecco che fissa te” ammise sorridendomi “E…e com’è il suo sguardo?” balbettai, trattenendo a stento il tremolio della mia voce “E’ sognante, attento, quasi volesse risucchiarti dentro di lui…mmm” Angela si portò una mano sotto il mento e lo sfregò “Non so spiegarti bene…è uno di quegli sguardi che ti bloccano il respiro in gola e ti fanno pensare << Wow! Vorrei che qualcuno guardasse me in quel modo! >>”, avevo le mani completamente sudate, le palpitazioni a mille e la bocca secca “Meredith, ti senti bene?” domandò Angela preoccupata, io annuii “Sicura? Sei così pallida e…fredda!” esclamò toccandomi la fronte. D’improvviso, sentii le gambe venire meno, il respiro affannarsi, gli occhi chiudersi e una voce chiamarmi “Meredith!”.
Correvo, correvo lungo una strada tortuosa, tutta curve; indossavo una lunga veste bianco panna ed ero scalza, il mio volto era contratto per la fatica. Superata una curva, mi trovai dinanzi ad un enorme burrone e mi fermai guardando di sotto: c’era una grande chiazza rossastra che ribolliva. Strappai un lembo dell’abito e lo gettai dentro, questo non appena toccò il liquido scomparve, dissolvendosi nel nulla. Nei miei occhi una luce raggiante s’accese; feci dei passi indietro e mi preparai per il salto, quando alle mie spalle apparve Edward “Non farlo!” gridava, mi voltai verso di lui e lo guardai commossa “Non starlo a sentire, è l’unico modo che hai per andartene di qui” bisbigliò qualcuno al mio orecchio. Sorpresa mi girai e un’ enorme ombra grigia, mi indicava il burrone. Dentro di me ero divisa in due: da una parte sentivo la consapevolezza che quel salto mi avrebbe riportato a casa, dall’altra i miei sentimenti verso Edward mi spingevano a rimanere con lui. Poi una presa ferrea sul mio braccio, mi ridestò: Edward mi aveva raggiunto e con gli occhi più dorati del solito, mi supplicò “Ti prego non farlo” mormorò dolce “Devo” risposi, non riconoscendomi nella mia voce “Puoi scegliere, Meredith. Se vuoi, puoi restare qui…” e incatenò il suo sguardo al mio “Con me..” aggiunse poi, prima di chinarsi a baciarmi. La mia forza di volontà vacillò e pochi istanti dopo, le mie mani si ritrovarono aggrappate ai capelli bronzei del mio vampiro e le sue premettero forte sulla mia schiena, unendo così i nostri corpi. L’ombra alle mie spalle, si frappose tra me e Edward, dividendoci; il vampiro ringhiò e mi afferrò per le mani “Vai ora” sussurrò l’ombra, trascinandomi di peso sul burrone “Meredith!” gridò Edward disperato “E…Edward” bisbigliai io piangendo…
Un pizzico al braccio, mi fece saltare e quando mi guardai intorno, mi ritrovai stesa sul lettino dell’infermeria scolastica, con una puntura nel braccio “Si è svegliata, Signorina Swan!” esclamò l’infermiera Wood “Che cos’è successo?” domandai confusa “Era con la Signorina Weber e d’un tratto è svenuta. Ha avuto un calo di pressione, niente di preoccupante. Ricorda i sintomi?” “Mmm” mi massaggiai le tempie “Ho avvertito un formicolio alle gambe e poi gli occhi chiudersi” “Bene” disse, togliendo via l’ago “Ho finito! Riposi pure un altro po’, sei si alza di scatto potrebbe girarle la testa” “Ok. Devo ringraziare Angela per avermi portata qui” mormorai a me stessa, socchiudendo gli occhi “In realtà credo che dovrebbe riferirsi al Signorino Cullen” affermò. Io sussultai “C-C-Cullen?” chiesi balbettando “Si, quello dai capelli ramati” deglutii a fatica: Edward mi aveva portato in infermeria “E’ qui fuori comunque, se vuole lo faccio entrare” “Non si preoccupi, mi sento meglio. Vado io” proferii, muovendomi piano e sedendomi sul lettino “Tenga” disse l’infermiera, porgendomi un bicchiere di acqua e zucchero e un foglio con una giustifica per l’assenza dalla lezione di trigonometria “Grazie” sussurrai, bevendo avida.
Una volta pronta, aprii la porta dell’infermeria e sentii afferrarmi per le spalle, spaventata reagii chiudendo gli occhi “Sono io!” proferì duro Edward, lo guardai allibita “Grazie per avermi soccorso” dissi sincera, qualche istante dopo “L’ho fatto solo perché Angela era troppo spaventata per ragionare e non c’era nessuno nelle vicinanze. La pietà fa fare molte sciocchezze” proferì severo “Comunque vedi di stare più attenta, svieni troppo spesso per i miei gusti” “Scusami se sono un’insulsa umana” risposi irritata e scostandomi da lui, Edward sobbalzò “La prossima volta non disturbarti a soccorrermi” dissi dandogli le spalle “Io non ho bisogno di uno come te!” aggiunsi stringendo le mani a pugni e andandomene.
La rabbia scorreva prepotentemente nelle mie vene e non mi mollò un attimo. Quando a fine lezioni, raggiunsi Alice, salii in auto sbattendo la porta e Rosalie mi lanciò un’occhiataccia “Scusate” dissi acida e mi voltai dall’altra parte “Siamo nervosette” constatò Alice, in risposta ricevette un mio grugnito “Ti va di guidare?” aggiunse, io mi voltai di scatto, avvertendo le mie mani pulsare “Si, magari mi sfogo” risposi, Alice si scostò e mi lasciò il posto. Rosalie ci guardò stranita “Sta tranquilla, so guidare” le dissi “Non è questo il punto! Il pick up va piano, ma questa macchina è fatta per correre” sghignazzai fuori di me “Ora vedrai di cosa sono capace” sibilai. Premetti decisa il piede sull’acceleratore e partii; uscendo dal parcheggio passammo davanti alla Volvo di Edward; lui, Jasper e Emmet stavano per salirci su, quando poi videro me al volante si bloccarono, frenai di botto e abbassai il finestrino. Emmet si avvicinò per primo “Rosalie hai deciso di cambiare auto?” domandò ridendo, io inarcai un sopracciglio “Pensi che non sia in grado di guidarla?” chiesi in tono di sfida “Scommettiamo?” “Ci sto” risposi “Meredith non sai quello che fai” intervenne Rosalie “Oh si, credimi” dissi “100 dollari che l’auto arriva sana e salva a casa” aggiunsi poi rivolgendomi a Emmet “Perfetto. Preparati a pagare, scricciolo” “Vedremo” mormorai, prima di dare gas e schizzare sulla strada. Guidai in modo folle, non da me, ero irriconoscibile, ma in quel momento non mi importava; sentivo l’adrenalina a mille e questo mi faceva stare bene, mi permetteva di dimenticare le parole di Edward. Arrivammo a casa in pochissimo tempo, per tutto il tragitto, la Volvo argentata era stata alle mie spalle, c’erano state occasioni in cui avrebbe potuto superarmi, ma non l’aveva fatto e mi domandai il motivo.
Scesi dall’auto con un sorriso abbagliante sulle labbra e aspettai che Emmet si avvicinasse “Però” disse chiudendo la portiera “Abbiamo una nuova pilota. Non c’è male per essere una ragazza” corrucciai la fronte “Vuoi dire forse che Rosalie e Alice essendo donne non guidano bene?”, immediatamente le mie parole sortirono l’effetto desiderato, attirando le due interessate che fulminarono Emmet con lo sguardo e a braccia conserte, aspettavano impazienti la sua risposta “No, no!” si accinse ad aggiungere lui, muovendo le mani “Mi riferivo al fatto che tu sia umana” disse “Tzé” risposi portandomi le mani ai fianchi “Mi sottovalutate troppo. Ora sono tranquilla, pacata, ma una volta non ero così, ho fatto disperare mia madre” sorrisi al ricordo “Era una piccola peste spericolata” soffiai amareggiata “E poi quando sono nervosa, e capita di rado, quella mia parte vien fuori” “Oh, oh, quindi guai a farti arrabbiare” constatò divertito Emmet “Puoi giurarci” sibilai, chiudendo le mani a pugno non appena vidi Edward. “Ah Emmet” dissi mentre salivo le scale dell’ingresso, voltandomi poi verso di lui “Sono 100 dollari” sorrisi sorniona, facendo scoppiare a ridere Jasper, Alice e Rosalie, Edward, invece, mi fissava duro, feci altrettanto e lui distolse lo sguardo.
“Non capisco il tuo comportamento” chiese Alice entrando in stanza e lasciando la porta aperta “Non ti ho chiesto di farlo” risposi acida “Forse sbagli a reagire in questo modo” suggerì lei “Ali…per come sto ora potrei risponderti male, quindi lascia perdere” proferii dandole le spalle “Cosa c’è che non va?” domandò insistendo “E me lo chiedi?!? Come se tu poi non lo avessi visto!” gridai voltandomi verso di lei “Io volevo sparire, andarmene e invece sono bloccata qui, in un posto dove non voglio stare, in una vita che non è mia, in un destino che non sarà mai come desidero e mi devo sentir dire che sono un’insulsa umana da un vampiro che in cent’anni di vita non ha combinato un tubo, ma ha sprecato il suo tempo a piangersi addosso, mentre tutto il resto continuava a vivere. Lo odio, lo odio con tutta me stessa e non gli permetterò di distruggermi, hai capito? E colui che dice che chi odia ama, mente. Io non potrei mai amare una persona egoista e cattiva come Edward!” urlai fuori di me. Subito dopo udii un fruscio e poi una porta che sbatteva, la sua…sbarrai gli occhi, portandomi le mani alla bocca “Cosa ho detto?” mormorai incredula, guardando Alice, la quale non fece una piega. Mi lasciai scivolare accanto al letto, portandomi le mani tra i capelli e come una disperata iniziai a blaterare e a piangere, non mi ero mai sentita tanto confusa e stupida in tutta la mia vita. Ero arrabbiata, tanto, ma non pensavo realmente quelle cose “Edward…” provai a chiamarlo col pensiero “Edward…io…non volevo”.
Alice si sedette accanto a me, poggiandomi una mano sulla spalla “Bisogna capire come funziona il tuo scudo” alzai la testa per guardarla, non capivo perché mi stesse dicendo ora quelle cose “Edward non sente più i tuoi pensieri da quando gli hai rivelato la verità”, spalancai gli occhi per la sorpresa “Quindi non può sapere quello che realmente penso…” sussurrai “Esatto” “Perché è tutto dannatamente così difficile?” sbuffai, asciugandomi le lacrime “Le cose si sistemeranno, fidati di me” annuii, non sapendo più cos’altro fare, se non affidarmi alle parole di Alice.
I giorni trascorsero nell’apatia più totale, scanditi dall’andare a scuola, in ospedale da Charlie e poi a casa Cullen. Avevo parlato con Carlisle, il quale mi aveva offerto il suo aiuto per cercare di comprendere la mia situazione e se c’era un modo per farmi tornare nel mio mondo.
Il venerdì pomeriggio eravamo tutti in salotto, fuori pioveva a dirotto, Esme mi aveva preparato una cioccolata calda e aveva acceso solo per me, il caminetto. Ero seduta sul tappetino davanti al fuoco e mentre trangugiavo la bevanda, leggevo un libro. “Cosa leggi?” chiese Esme accomodandosi sul divano accanto ad Alice e Rosalie che sfogliavano una rivista di moda, “Un libro di Nicholas Sparks, uno dei miei autori preferiti, l’ho trovato nella vostra libreria, Carlisle mi ha detto che potevo prenderlo” sorrisi imbarazzata “E’ bello?” “Molto…è la quinta volta che lo leggo” ammisi “Andrew…” soffiai chiudendo gli occhi “Me lo ha regalato per Natale, lo scorso anno” e accarezzai delicatamente la copertina “Ti manca molto, vero” constatò Esme, annuii “Non è il solito fratello. Sarà che essendo cresciuti senza padre e sempre insieme, abbiamo sviluppato un legame speciale; molti suoi amici ci criticano, ma a noi non è mai importato, lui non s’è mai lasciato influenzare dai loro giudizi e qualche volta sono anche uscita con lui. Pensa che chi non ci conosce come fratello e sorella ci prende per fidanzati, siamo completamente diversi fisicamente e se debbo dirla tutta, insieme siamo carini” sghignazzai “Descrivicelo!” intervenne Alice “Altro 1, 90, capelli biondi come quelli di mamma, occhi nocciola, slanciato, magro, muscoloso nel modo giusto, mani affusolate e grandi. E dovete sentirlo cantare” sospirai “Ha una voce favolosa e le ragazze cadono tutte ai suoi piedi, ma lui non le guarda proprio. Ora vuole solo pensare a finire il college e a diventare medico” “Studia medicina!” esclamò Carlisle scendendo le scale, il quale fino a quel momento era stato nel suo studio “Si. La malattia di nostra madre lo ha spinto a prendere questa strada. Ce l’ha con i dottori che non hanno capito subito il male di mamma e dice che vuole fare qualcosa per aiutare chi ha bisogno” “Abbiamo bisogno di persone motivate in un campo come il nostro” ammise Carlisle, io annuii “Ce la sta mettendo tutta, studia e lavora, aiuta in casa, lo fa anche e soprattutto per me…” guardai il fuoco scoppiettare nel camino “E ora io sono scomparsa lasciandolo solo…si starà disperando ed io non so come fare per contattarlo…” piagnucolai “Ho pensato anche di recarmi a Detroit e vedere se la nostra casa esiste, non so più che inventarmi. I numeri di telefono risultano essere inesistenti, sembra di stare su un altro pianeta” mi lamentai “Dai tesoro, vedrai che troveremo un modo” sussurrò Esme chinandosi per abbracciarmi “Lo spero” rispose stringendola. In quel momento dalla porta d’ingresso, entrò Edward, qualche ora prima era uscito frettolosamente senza dire niente “Ah figliolo sei tornato!” esclamò Carlisle “Tutto bene?” domandò “Si” rispose secco, accomodandosi al suo pianoforte e cominciando a suonarlo.
“Meredith, come s’intitola il libro che stai leggendo?” chiede d’improvviso Alice, afferrando il computer portatile “ << Le parole che non ti ho detto >>” dissi mostrandole la copertina “Deve essere molto bello” “Lo è infatti” ammisi “Di che parla?” domandò Rosalie “Ti leggo la recensione che ho appena trovato su internet” sussurrò Alice “Theresa Osborne, giornalista di Boston, divorziata, madre di un ragazzino di dodici anni, raccoglie sulla spiaggia, durante una vacanza, una bottiglia contenente una lettera. Garrett, l'uomo che la firma ha perso la donna amata e le strazianti parole del suo messaggio insinuano in Theresa una sottile curiosità. Chi è questa figura maschile misteriosa e romantica che sembra attirarla verso d sé con una forza irresistibile? Profondamente turbata da emozioni che non riesce a frenare né a sondare, Theresa, grazie anche ad alcune fortunate coincidenze, si avventura in una località turistica della costa alla ricerca del protagonista di quest'amore infelice. Sospinti l'uno verso l'altra dai venti del destino, Theresa e Garrett s'incontrano e tra loro sboccia una grande, travolgente passione, che tuttavia non è al riparo - come la barca a vela che conduce Garrett - dalle tempeste della vita. Un libro struggente, che risplende dell'intensità, della fragilità e della forza dei veri sentimenti, una storia densa di speranza e di poesia, pervasa della magia che avvolge i segreti sentieri del cuore. Un racconto che ravviva la nostra fiducia nel fato, nella capacità di coloro che sanno amare veramente di riconoscersi e di incontrarsi, non importa dove, non importa quando...” concluse in modo teatrale Alice “Wow” aggiunse “Cosa succede alla loro storia d’amore?” domandò poi “Garret muore mentre in barca a vela cerca di gettare in mare l’ultimo messaggio per sua moglie” “No, che cosa triste!” mormorò Esme “Si, ma il libro è ugualmente bello. Questo scrittore sa perfettamente descrivere le sensazioni di una donna. È assurdo come ti ritrovi nelle sue parole, è di una profondità sconcertante, non smetteresti mai di leggere” dissi con aria sognante “Si, vede che ami leggere” constatò Rosalie, annuii sorridendo “Mi aiuta molto”. Ben presto, però, la discussione prese altre pieghe “Cosa farai dopo la scuola, hai già una vaga idea di quello che vuoi diventare?” chiese Esme, io mi rabbuiai; erano anni che non pensavo al mio futuro, anni in cui avevo preferito non progettare, pianificare, perché avevo imparato che ogni cosa poteva cambiare, l’evento più banale possibile era in grado di sconvolgerti ed io non volevo rischiare. Non più. “Onestamente non lo so. Frequenterò sicuramente un college, ma quello che farò poi è un mistero” sorrisi incerta “Vuoi dire che non hai un sogno, un’aspettativa?” chiese teneramente Esme “Lo avevo…” ammisi “Ora non più…” sospirai “Voleva diventare una compositrice” esclamò Alice “Ve l’ho detto che suonava il piano e secondo me era bravissima” trillò “Perché non ci fai ascoltare qualcosa?” insisté Esme e il mio corpo tremò “Io…io non suono da troppo, non ricordo neanche più come si faccia…e poi…non mi piace usare gli strumenti degli altri” dissi come scusa “Se è per Edward, non credo abbia da ridire qualcosa, soprattutto quando si tratta di musica” Esme e Carlisle fissarono duramente Edward, il quale rispose con uno sguardo altrettanto severo. Scossi la testa, ancora una volta stavo provocando dolore in quella famiglia; d’un tratto Edward si scostò e mi guardò “Vieni” proferì “Voglio proprio vedere di cosa sei capace”, mi immobilizzai sul posto, fissai Alice in cerca di aiuto e lei mi fece un cenno d’incoraggiamento con la testa. Era diventata una sfida e dentro sentivo di non volerla darle vinta a Edward, per questo mi alzai e mi accomodai al piano. Scrutai i tasti, ripassando mentalmente le note, con fare lento, poggiai le mani su di essi e chiusi gli occhi, lasciando scorrere le mie dita sul pianoforte. Un brivido mi percorse la spina dorsale e tutto l’amore e la mia predisposizione d’animo presero il sopravvento…

<< “Così va meglio?” domandai sbuffando “Ci siamo quasi, forse l’ultima battuta è da rivedere. È una canzone ritmata, non puoi rallentarla improvvisamente!” “Mamma, ma è la conclusione, non posso stopparla così! La musica cala…” risposi ormai esasperata. Erano due ore che discutevamo di quella mia composizione. Una mattina del mese di giugno di qualche anno precedente, Andrew faceva baccano in camera sua, mamma preparava un dolce e fuori i bambini si rincorrevano, mentre io ero seduta al pianoforte e mi riguardavo gli spartiti, annoiata, odiavo ripetere sempre gli stessi esercizi, quando d’un tratto l’ispirazione mi colpì e iniziai a pigiare i tasti, inizialmente con un dito alla volta, poi in simbiosi entrambe le mani. Mia madre si voltò e mi fissò stranita “E’ una nuova melodia? Finalmente la professoressa ti ha fatto cambiare canzone?” domandò venendomi incontro “In verità no! La sto componendo io ora”, mamma spalancò la bocca meravigliata “Dici sul serio?”, annuii “Ma è…stupenda tesoro. Riportala sul pentagramma!” m’incitò. Avevo solo 11 anni e da allora ogni volta che avevo voglia di comporre, mamma mi consigliava, quella volta però era in disaccordo sul ritmo. Le mie musiche di solito, erano lente e per una volta avevo voluto cimentarmi in una composizione un po’ più ritmata, scatenando la benevola reazione di mia madre.
“Ecco ora va meglio…” disse lei soddisfatta, io sospirai contenta guardando fuori. La notte era calata e nel cielo risplendevano brillanti le stelle e una splendida luna piena la faceva da padrone, illuminando in modo tenue tutto ciò che cadeva nel suo raggio. Avvertii un fremito nelle mani e le fissai, spostai il mio sguardo verso mia madre, la quale sorrise “Vai…” disse indicandomi la tastiera, inspirai e lasciai che a guidarmi fossero le sensazioni che quella scena mi aveva regalato: un ragazzo e una ragazza che correvano felici in un prato sotto la pioggia battente. Incuranti delle gocce che impregnavano i loro abiti, si lanciavano a perdifiato tra i fili alti d’erba e le margherite. La ragazza d’improvviso inciampò nei suoi stessi piedi, cadendo, il ragazzo allora si fermò e le andò incontro. Si accovacciò e le alzò il volto con le dita, la risata gli morì in gola, quando i suoi occhi incrociarono quelli di lei e una strana morsa allo stomaco lo costrinse a deglutire più volte. Si scrutarono per un tempo imprecisato. Lei si mise a sedere e lui si accomodò accanto a lei, non lasciando mai i suoi occhi. Occhi che brillavano di luce propria. Una luce che avrebbe portato cose belle e nuove nelle loro vite e che a lungo avrebbe guidato il loro cammino, finalmente intrecciatosi, come quei fili d’erba alle loro spalle…
“Figlia mia…” disse commossa mia madre, io la guardai emozionata “Non ho parole. Migliori ogni giorno sempre di più, sarai una bravissima pianista ed io sarò sotto i palchi di tutti i concerti che farai, pronta ad applaudirti, ad incitarti. Sarò sempre la tua prima ammiratrice! Io ci sarò sempre per te, non dimenticarlo mai! Capito?”, io annuii felice… >>

Una goccia, due gocce, tre gocce…
Aprii gli occhi spaventata…
Davanti a me un pianoforte, alle mie spalle una presenza…
Mi voltai di scatto e il sorriso di mia madre si dileguò, lasciando spazio al nonnulla…”Mamma…” mormorai tra le lacrime “Non andartene…hai promesso di starmi sempre vicino” soffiai tendendo le mani in avanti. “Meredith!” bisbigliò una voce al mio orecchio, Esme mi scrutava preoccupata “Stavi andando benissimo. La tua composizione è stupenda, hai davvero talento” disse posando la sua mano sulla mia spalla “Anche mamma…” deglutii “Lo diceva…”, mi girai verso tutti, sui loro volti espressioni sorprese, persino Edward sembrava piacevolmente colpito “Credeva in me << Sarai una grande pianista! >> diceva ed io mi sentivo piena d’orgoglio. Ma…” chiusi gli occhi per trattenere il pianto “Quando è morta, s’è portata via anche me…non aveva più senso comporre, suonare se lei non c’era. Ogni volta che componevo qualcosa di nuovo, lei era la prima ad ascoltarla e dal suo giudizio dipendeva tutto” riaprii gli occhi colmi di lacrime “Sapete…oggi è la prima volta che risuono”, le mie parole scatenarono esclamazioni di sorpresa “Continua a farlo” disse Rosalie, mi voltai a guardare i tasti del pianoforte e ci vidi riflesso il volto di mia madre, tornai poi a fissare Rosalie, facendo segno di no con il capo “Non posso…perdonatemi. Non ci riesco” mi alzai e lasciai il salotto, passando accanto a Edward mi fermai e senza alzare la testa gli dissi:”Grazie per avermi permesso di suonare il tuo pianoforte. Spero di averti dimostrato di essere un tantino capace. Sai…” sorrisi amara “Quest’insulsa umana viveva per la musica e ogni sua composizione era destinata ad un futuro ragazzo da amare; pensavo di averlo incontrato, ma mi sbagliavo. Non c’è e non ci sarà mai…” soffiai, lasciandolo lì.

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Capitolo 16
*** Decisione ***


Decisione

Buongiorno e buona domenica…

Mi scuserete se ieri non ho postato, ma non ci sono stata tutta la giornata e trovo solo adesso il tempo di connettermi e passare di qui. Uff le mie giornate stanno diventando davvero incasinate, ma sapevo che arrivata a questo periodo, sarebbe stato così…
Scusatemi se non rispondo alle vostre MERAVIGLIOSE recensioni, ma sono davvero di fretta, mi perdonate??? Una cosa però devo dirvela: GRAZIE!!!!! Si, grazie perché mi riempite il cuore di gioia, mi lusingate con le vostre parole ed io non so mai se faccio abbastanza per dimostrarvi quanto vi sono grata!!! Vampiretta cullent, Kiril, Dindy80, _Aislinn_, Giulls…grazie dal profondo del cuore!!! Anche ai lettori silenziosi, aspetto sempre che mi diciate cosa pensate delle baggianate che scrivo!!!
Vi lascio all’ennesimo capitolo, spero capirete la decisione di Meredith…fatemi sapere, resto in attesa del vostro giudizio. Bacio.

Capitolo 15 “Decisione”

 

La notte tra il sabato e la domenica, i Cullen decisero di fare a turno per andare a caccia, non volevano che restassi da sola in casa. Io non avevo alcun problema a riguardo, avrei potuto tranquillamente rimanere lì senza nessuno, ero abituata alla solitudine e al silenzio, ma Esme aveva insistito, supportata da Alice.
Ero nella stanza a me destinata, accoccolata sotto le coperte, pronta per addormentarmi; quella sera a furia di chiacchierare con Alice, s’erano fatte le due, mi ero trattenuta per aspettare con lei che tornassero da una serata di gala, Esme e Carlisle; Edward, invece, era uscito per fatti suoi ed era rientrato insieme ai suoi genitori. In quel momento in casa, c’eravamo solo io e lui. “Non temere, Meredith! Baderà a te” aveva detto Alice prima di andarsene “Ma non m’importa!!!” avevo ribattuto io “So difendermi da sola, non è quello il punto. E se litighiamo ancora? Non mi va…” sussurrai mogia “Non accadrà! L’avrei visto altrimenti” sussurrò dolce lei “Fidati di me” ammiccò “Ok” “Dai vai a nanna, domani ti voglio bella pimpante!” e avevo fatto come suggeritomi, ma non riuscivo a dormire. Mi giravo e rigiravo su me stessa, continuando a pensare che a pochi passi da me, c’era Edward. Desideravo parlargli, spiegarmi, ma mi mancava il coraggio. Stufa di starmene ferma lì, mi alzai, indossai il giubbino e mi diressi in terrazza, almeno per quella nottata la pioggia aveva smesso di cadere.
Mi sporsi sulla ringhiera e mi lasciai accarezzare dal vento, pregando che portasse lontano tutti i miei pensieri. Con gli occhi chiusi, mi godevo quel momento di assoluta libertà, fin quando le mie orecchie furono invase dal suono di una dolcissima melodia; sorrisi tra me e mi commossi per quanta tenerezza quella musica mi seppe comunicare, mi sembrava di vivere un sogno. Riaprii gli occhi rendendomi conto che non stavo affatto sognando, ma qualcuno stava realmente suonando. Rientrai in casa e seguii la scia del suono, trovandomi, poco dopo, sulle scale dell’ampio salone e incantandomi nel vedere Edward suonare al pianoforte. Indecisa sul da farsi, restai ferma lì per qualche minuto, ma poi mi feci coraggio e lo raggiunsi facendo il meno rumore possibile. Mi accomodai sul divano, Edward mi fissò per un attimo, poi tornò a suonare ed io mi strinsi nelle ginocchia, concentrandomi sul suono.
“Anche io ho composto delle melodie per una ragazza” disse improvvisamente, facendomi alzare di scatto la testa “Desidero poter avere una compagna come i miei fratelli, ma non riesco a trovare qualcuna adatta a me” “La troverai” risposi decisa, con la morte nel cuore, lui mi guardò “Arriverà prima o poi e l’amerai per sempre” sussurrai “Ti riferisci all’Isabella del libro?” domandò, annuii “Ma è umana, come…posso?” chiese, forse più a se stesso “Sarà così, non riuscirai a farne a meno. È la persona per cui tu hai composto le tue musiche e per cui comporrai ancora…sarà colei che ti donerà vita, amore, calore e alla quale chiederai la mano per poi trasformarla e vivere con lei l’eternità” proferii “Impossibile!” sibilò tra i denti “Ti sbagli”, avrei voluto che fosse realmente così, ma le cose sarebbero andate esattamente a quel modo, io ero una parentesi in quel mondo. “Perché…?” sussurrò Edward per poi interrompersi, subito dopo chiuse gli occhi, si alzò in piedi e se ne andò.
Il lunedì, Carlisle dimise mio padre dall’ospedale raccomandandosi di farlo riposare “Charlie, il lavoro può aspettare! La tua salute è più importante!” proferì severo “Una settimana a casa e poi potrai tornare alle tue cose” aggiunse, Charlie sbuffò “E va bene, ma almeno potrò uscire per andare a trovare qualche amico?” domandò “Certo, ma non devi affaticarti, né fare attività pericolose. Hai pur sempre battuto la testa, sei stato fortunato questa volta” “Quindi niente pesca” constatò “Esatto!”, sbuffò di nuovo, facendo ridere sia me che Carlisle “Avanti papà! Ti occuperai della casa” sghignazzai “Non ti ci metterò anche tu!” disse piccato “Dai scherzo. Forza, è ora di tornare a casa, Alice si è offerta gentilmente di darci un passaggio” “Carlisle vi state creando troppo disturbo, non saprò mai come ringraziarvi” disse voltandosi verso il dottore “Nessun disturbo. È stato un piacere avere Meredith con noi. È una ragazza davvero molto dolce e speciale, poi ha fatto molto contenta Esme. I miei figli non sono dei buongustai, Meredith ha ben apprezzato tutte le pietanze fatte da mia moglie, quindi credimi Charlie: siamo stati davvero tutti contenti e mi auguro che torni presto a trovarci” disse guardandomi “Magari porti anche tuo padre” “Volentieri” risposi sorridendogli “Grazie per tutto” sussurrai poi, prima di andarmene.
Io e Angela camminavamo verso il mio pick up, eravamo esauste, quella giornata di scuola ci aveva massacrate, avevamo i cervelli in pappa e una sana distrazione era quello che ci voleva. “Ti va di andare a fare un giro insieme questo pomeriggio?” domandai a Angela, lei mi guardò sorridendomi “Certo! Dove ce ne andiamo?” chiese allegra “Ho bisogno di comprare dei libri, sai consigliarmi una libreria?” “Ce n’è una abbastanza fornita a Port Angeles” rispose pacata “Perfetto” gongolai “Vengo a prenderti per le cinque, ok?”, Angela annuì, salutandomi poi con un cenno della mano.
Arrivata a casa, corsi in cucina a vedere se “mio padre” aveva fatto qualche disastro, ma trovai tutto stranamente in ordine “Meredith figliola!” urlò Charlie dal salotto, mi diressi da lui e lo fissai confusa “Papà, ma hai mangiato quello che ti ho cucinato?” annuì  “E come mai non ho trovato piatti e bicchieri nel lavello?” domandai “Perché li ho lavati e messi a posto” rispose come fosse la cosa più ovvia del mondo “Papà credo che questa settimana di riposo ti abbia fatto male” dissi portandomi la mano tra i capelli e sospirando “Non capisco”, mi guardò stranito, arricciando il naso “Nulla, nulla. È tutto apposto. Senti papà, oggi pomeriggio vado a Port Angeles con Angela, mi accompagna in libreria” “Va bene. Mi raccomando però state attente. Volete che vi accompagni io?” domandò premuroso, io inarcai il sopracciglio “Papà sono grande, ho superato la fase in cui dovevo essere accompagnata ovunque dai genitori. Stai tranquillo non faremo tardi” proferii cercando di tranquillizzarlo “Ok, ok” rispose tornando a guardare la partita in tv “Ma perché non telefoni a Billy e vedi se vuole venire qui? Almeno non resti da solo” gli consigliai, Charlie mi fissò, poi sorrise “Quasi, quasi seguo il tuo consiglio. Grazie Meredith, meno male che ci sei” disse passandomi accanto e scompigliandomi i capelli con una mano, quel gesto mi provocò una stranissima sensazione nel petto.
“Gira a destra al prossimo incrocio, qualche metro e sulla nostra destra dovrebbe esserci la biblioteca” disse Angela guardando davanti a sé ed indicandomi la strada. Feci come mi aveva detto e parcheggiai nel primo stallo libero; scendemmo e percorremmo qualche minuto a piedi passando il tempo tra una chiacchiera e un’altra “Ho notato come guardi Ben” dissi guardando Angela, la quale sobbalzò abbassando gli occhi verso terra “Ho indovinato, vero?”, annuì impercettibilmente “S-si vede così tanto?” chiese balbettando “No. Io sono una buona osservatrice, tutto qui…e poi riconosco uno sguardo innamorato” dissi osservando il cielo limpido “Certo, come del resto lo è il tuo quando guardi Edward” questa volta fui io sussultare “O almeno come lo guardavi…” aggiunse Angela scrutandomi attentamente “I miei sentimenti non sono cambiati, forse il mio atteggiamento si, ma non quello che provo. Ci vorrà del tempo per quello…” “E se lui ricambiasse?” domandò sistemandosi gli occhiali sul naso “Non succederà mai, quindi meglio non pensarci. Piuttosto, tu che hai intenzione di fare con Ben?” deviai il discorso, non era il caso di nominare ancora Edward, volevo starmene tranquilla almeno quel pomeriggio “Assolutamente niente!” esclamò arrossendo “Non vuoi farglielo capire?” “No, no. Anzi non dovevi capirlo neanche tu, ma…so che posso fidarmi, quindi sono tranquilla” rispose sorridendo “E se tu con lui avessi qualche possibilità? Sarebbe davvero un peccato sprecarla, non credi?” chiesi salendo le scale che portavano alla libreria “Se le avessi, ma visto che non ne ho, preferisco non illudermi” rispose aprendo la porta e facendomi cenno di entrare “Secondo me ti sbagli” ammisi, dirigendomi spedita verso il settore “Romanzi”. Angela fece fatica a starmi dietro “Chi ti fa pensare che tu a lui non interessi?” le chiesi, prendendo un libro dallo scaffale e aprendolo per leggere la trama, inebriandomi dell’odore della carta “Perché uno come lui non potrebbe mai interessarsi ad una come me” e si indicò, io la guardai corrucciando la fronte “Sei perfetta!” esclamai “Sei bella, dolce, sincera…cosa ti manca? Pensi che gli interessino le oche come Jessica? Io invece credo che Ben sia più un tipo da ragazze come te, quindi fossi in te proverei a gettare qualche indizio qua e là e vedere se carpisce” Angela mi sorrise dolcemente “Grazie Meredith…vorrei essere brava come dici tu, ma la mia timidezza è un ostacolo. Lascerò fare al destino…” sospirò “Carpe diem!” esclamai procedendo nell’esplorazione dei libri.
Mi mossi piano tra uno scaffale ed un altro, attirata da una confezione regalo natalizia; l’afferrai incuriosita e lessi << Un amore forte che resiste alla tragedia più grande che possa colpire un uomo. Un libro che parla in modo sublime di sentimenti veri. Il migliore regalo per questo Natale da fare ad una persona speciale… >>, nuovamente quel libro mi capitava sottomano. Lo giravo e rigiravo tra le mani, infondo poi perché se l’avevo appena letto? Carlisle me lo aveva regalato, acquistarlo mi sembrava stupido, eppure…
“Quanti libri hai comprato?” domandò Angela fissando stranita la busta tra le mie mani “Ehm…tre, ma non sono molto grandi” mi giustificai arrossendo “Oh Meredith!” esclamò “Che importa! Se ti piace leggere, fai bene, aiuta a mantenere la mente in allenamento” proferì alzando un dito e dandosi un’aria da professoressa, facendomi ridere “Sei buffa!” dissi trattenendomi a stento “Buffa?” chiese “Oggi sei in vena di complimenti” aggiunse “Naa! Oggi mi va di divertirmi e basta” ammisi “Non vuoi pensare a lui” non era una domanda “Anche…” “Meredith” guardai la mia amica “Se pensi che stare qui ti faccia male, perché non torni per qualche giorno da tua madre? Ne approfitti per andare a trovarla prima del Natale e per startene un po’ tranquilla” sbarrai gli occhi incredula, tornando poi a fissare la strada davanti a me e ponderando la proposta di Angela. “Non ti sto mandando via, ovviamente. Però non mi piace vederti così triste. Forse stare un po’ lontana da Edward e da quello che per te rappresenta, potrebbe aiutarti…” disse salendo sul pick up, pochi secondi dopo avviai il motore e partimmo alla volta di casa.
“Angela forse hai ragione tu!” esclamai all’improvviso “Su cosa?” domandò lei confusa “Sul fatto di andarmene per un po’ da mia madre a Phoenix. Penso che seguirò il tuo consiglio, stasera ne parlerò con mio padre. Ho proprio bisogno di evadere un po’…”, ma la concezione che avevo io del tempo in quel momento, non si limitava a qualche giorno o settimana, bensì all’eternità. Si, volevo sparire e non tornare più a Forks, però prima di esserne completamente sicura, mi sarei limitata ad andare da Renée per qualche settimana, avrei deciso poi il da farsi. “Angela grazie per la compagnia” dissi nel frattempo che la mia amica apriva la portiera per scendere “Grazie a te Meredith! Mi sono proprio divertita, sei una bellissima persona e una buona amica. Spero che tu possa tornare presto qui” “Certo. Intanto ci vedremo a scuola nei prossimi giorni” e la salutai, procedendo verso casa.
“Papà siediti debbo dirti una cosa…” dissi entrando in cucina e trovandolo lì, Charlie mi guardò preoccupato, ma fece come gli avevo chiesto e si accomodò sulla sedia “Vorrei andare a trovare mamma per un paio di settimane, ti spiace?” “Mi spiace, ma hai diritto di vederla, ti farà bene stare un po’ con lei…” poi mi scrutò in modo strano “Ma…” sospirò “Tornerai?” domandò con voce triste “Si”, anche se in realtà non era convinta. Poco dopo, lasciai mio padre in cucina e salii in camera, lì cercai il cellulare in borsa e proprio mentre facevo questo, lo sentii suonare “Pronto?” “Ti ho risparmiato di esaurirti nella ricerca del cellulare perduto” trillò la voce dall’altra parte “Alice!” esclamai meravigliata “Possibile che dimentico sempre che tu puoi prevedere il futuro?!?” ammisi, colpendomi sulla fronte con la mano “Svampita!” disse ridendo “Eh adesso siamo passate ai complimenti?” domandai corrucciando la fronte “Lasciamo stare queste baggianate!” esclamò “Hai deciso allora” non era una domanda “E’ la soluzione migliore” mormorai convinta sapendo a cosa si riferisse “Non tornerai…nella mia visione sei a casa di tua madre e le dici che vuoi rimanere con lei” sospirai “Sei davvero sicura di quello che stai per fare?” “Non chiedermelo, perché non lo so, ma sento che devo agire in questo modo. Spero tu mi comprenda” “Si e comunque rispondo di si a quello che stai pensando”, inarcai un sopracciglio “O meglio alla domanda che stai per farmi”, spalancai gli occhi “Con te non c’è sfizio. Mi anticipi sempre” risi e lo fece anche lei “Quindi tra due fine settimana debbo raggiungerti a Phoenix e accompagnarti a Detroit” “Esattamente! È un problema per te?” chiesi incerta “Assolutamente no! Ti aiuto volentieri” “Grazie, sei una vera amica! Ah Alice…” dissi “Si, si, acqua in bocca con Edward” “Grazie anche per questo” sorrisi tra le lacrime “Domani pomeriggio ti trascino qui, voglio trascorrere del tempo in tua compagnia, vedrai che ci divertiremo. Anzi che ne dici di dormire qui? Ti riportò a casa domenica pomeriggio” trillò allegra “Ali non so se…” “Tuo padre dirà di si e tu gli prometterai di trascorrere tutta la settimana che verrà con lui, in modo da non fargli sentire troppo la tua mancanza una volta partita” proferì “Ci rinuncio!” dissi esasperata “Con te non si può vincere!” “Hai detto bene!!!” esclamo divertita.
Il mattino dopo mi alzai presto per fare la lavatrice e preparare il borsone con le cose da usare a casa Cullen. Le ore volarono veloci come treni in corsa, sembrava quasi che le lancette volessero accelerare il momento in cui avrei dovuto salutare tutti…compreso lui...
Puntuale come un orologio svizzero, alle 15:00 Alice bussò alla porta di casa Swan, non mi precipitai ad aprirla, sapevo che il suo arrivo significava che il momento peggiore stava per arrivare e quella mia improvvisa malinconia mi faceva pensare che forse stavo facendo qualcosa di sbagliato e di cui presto mi sarei pentita. Alice non disse nulla, silenziosamente salutammo mio padre e ci avviammo verso casa sua.
Eravamo sedute sul divano della sua stanza, lei parlava a ruota libera, io con la testa pensavo ad altro, avevo perso il filo del discorso ormai da tempo e vagavo con lo sguardo cercando qualcosa che attirasse la mia attenzione e spegnesse il ronzio nella mia testa. “Meredith” Alice pronunciò delicatamente il mio nome, guardandomi con amore “Ali…” mormorai triste, lei sorrise malinconica e mi accarezzò la guancia “E’ sul terrazzo” disse facendomi l’occhiolino per poi spintonarmi leggermente verso le scale, mi girai a guardarle e portandomi una mano sul cuore impazzito, deglutii e mi feci forza. Salii un gradino per volta, tentando con i gesti di rendere meno rapido e doloroso quell’incontro.

(il link della canzone:  http://www.youtube.com/watch?v=vcAoNB8q_tA)

“Dammi una ragione per lasciarti andare
dopo una carezza calda come il sole
dammi un batticuore che si sente in gola
quello che si avverte con i film d'amore
rompi il mio silenzio con le tue parole
come una canzone che si può cantare
dammi il dolce gusto di questa serata
fa che tutto intorno sia di cioccolata”


Quella sera, un vento leggero s’era gettato su Forks, spazzando via le nubi; inspirai l’aria fresca e aprii gli occhi trovandomi Edward davanti, mi dava le spalle. Mi avvicinai cauta, pur sapendo che lui poteva sentirmi e quando fui abbastanza vicina provai a parlare “Ciao Edward” soffiai tremante “E’ il crepuscolo, il momento migliore per noi” disse senza voltarsi “Si…per voi è il momento più sicuro della giornata. L'ora più leggera ma in un certo senso anche la più triste, la fine di un altro giorno, il ritorno della notte…” mormorai citando le parole del libro, Edward mi guardò basito “Sono parole tue…” aggiunsi fissando lo sguardo davanti a me “Il crepuscolo è solo un'illusione, perché il sole è sempre così sopra o sotto la linea dell'orizzonte. Ciò significa che il giorno e la notte sono legati come poche altre cose al mondo, non possono esistere l'uno senza l'altro e tuttavia non possono esistere insieme. Come ci si può sentire, pensai, quando si è sempre uniti e sempre divisi?” recitai a memoria le parole di Nicholas Sparks. Sentivo i suoi occhi bruciarmi addosso, un fuoco che si propagava tutt’intorno al mio corpo e mi riscaldava l’anima.
Insieme fissammo l’orizzonte, persi ognuno nei propri pensieri; ogni tanto di sottecchi lo scrutavo e mi accorgevo di quanto quel suo sguardo, le sue pose maestose e così naturali, mi sarebbero mancate una volta lontana da Forks…e qualcosa dentro di me si incrinava maggiormente, facendo sanguinare il mio cuore già lacerato. Eppure sentivo che era la cosa giusta da fare, per loro, per lui, per me…

“sono piccoli pensieri forse grandi desideri
per sentirmi più sicura ora qui con te
dimmi dimmi dimmi che si può volare
camminare insieme e poi toccare il cielo
e se tutto questo un giorno può finire
non sarebbe giusto farmi innamorare
ma non posso non accorgermi di come
vorrei stringermi a te
dimmi dimmi dimmi che si può volare
camminare insieme e poi toccare il cielo
e se tutto questo un giorno può finire
non sarebbe giusto farmi innamorare

dammi ancora amore che si può volare
sei troppo vicino ti dovrò baciare
sto rischiando forse mi potrei bruciare
ma è più forte il fuoco adesso dentro me
sono piccoli pensieri forse grandi desideri
per sentirmi più sicura ora qui con te”

 

“Meredith…” soffiò facendomi voltare immediatamente…i nostri occhi si fusero l’uno nell’altro, navigando nel mare profondo di quegli oceani ricchi di desideri, pensieri nascosti, sentimenti, fu difficile riemergere. “A cosa stai pensando?” domandò con una strana espressione sul volto “A tante cose contemporaneamente, non c’è un ordine di priorità. Perché me lo chiedi?” “I tuoi occhi…” si fermò, abbassando lo sguardo “Emanano una strana luce” disse, tornando a fissarmi. Mi sentivo soffocare dalle sensazioni che mi faceva provare e prima che fosse tardi dovevo agire “Ho una cosa per te” dissi aprendo la mia borsa a tracolla ed estraendo da essa un pacchetto regalo, Edward mi scrutò curioso “E’ un pensierino per Natale. L’ho visto e mi sei venuto in mente tu, ti chiedo solo una cosa” dissi fissandolo “Dimmi” fece un cenno con la testa per invitarmi a proseguire “Aprilo alla mezzanotte del 24, non prima e non dopo. Ti sembrerà sciocco, forse lo è, ma…non ti chiedo altro. Se vuoi e puoi, fallo!” sorrisi mentre gli porgevo il pacco “Non dovevi disturbarti” disse leggermente a disagio e la cosa mi fece ridere “Ridi?” domandò confuso, scossi il capo “Sei così impacciato” mormorai guardandolo “Ah si?” si portò una mano tra i capelli, sembrava tranquillo, era lontano anni luce l’immagine di lui che mi aggrediva verbalmente e mi minacciava con occhi carichi di odio “Credo di aver conosciuto quasi tutti i tuoi lati: quello scontroso, rabbioso, gentile, ironico. Mi chiedo quale di questi ti rispecchi davvero” sussurrai “Sei e resterai sempre un mistero per me…” aggiunsi cacciando indietro le lacrime, dandogli poi le spalle e andandomene, impedendogli così di rispondermi...

 


dimmi dimmi dimmi che si può volare
camminare insieme e poi toccare il cielo
e se tutto questo un giorno può finire
non sarebbe giusto farmi innamorare
ma non posso non accorgermi di come
vorrei stringermi a te
dimmi dimmi dimmi che si può volare
camminare insieme e poi toccare il cielo
e se tutto questo un giorno può finire
non sarebbe giusto farmi innamorare
e se tutto questo un giorno può finire
non sarebbe giusto farmi innamorare
ma non posso non accorgermi di te”

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Capitolo 17
*** Partenza ***


Partenza

Buon giorno,
l’attenzione sta calando e questo mi fa dispiacere. Non vi piace più la storia? Ditemi se c’è qualcosa che non va, accetto ogni cosa, purché mi aiuti a maturare e soprattutto a migliorare!!!

Dindy80: scusa se ti faccio intristire…prometto che presto ci sarà una svolta, dovrai pazientare ancora un pochino. Credo ci vorrà ancora un bel po’ per capire cosa sta vivendo Meredith, non ho ancora scritto nulla a riguardo, ma ho le idee abbastanza chiare su cosa voglio far succedere. Spero avrai la pazienza di seguirmi :).

Piccola Ketty: sai il tuo entusiasmo nei confronti di questa fan fiction mi sorprende sempre! Non mi ci abituerò mai, credo…Grazie perché mi rendi mmm in un certo senso, fiera di me, di questa storia iniziata con un sogno e tessuta poi, intrecciando i miei pochi neuroni e facendoli impazzire :P. Bacio.

Vampiretta Cullen: Dolcissima Malù! Le tue recensioni mi fanno sempre sorridere, commuovere, in pratica mi smuovi tutta u.u ed è una bella cosa :). Quante domande!!! Presto troverai risposta…basterà avere la pazienza di seguire i miei scleri mentali ;). Bacio.

 

Giulls: come sempre, tu sei troppo buona e gentile, so però, quanto davvero mi sostieni e quanto tu creda in me, questo non può che lusingarmi, visto che tutta questa stima proviene da una splendida persona come te!!! Grazie tesoro! Mi fa piacere stimolare la tua curiosità nei confronti di Nicholas Sparks, io lo adoro tantissimo. Ti voglio bene…

 

Un grazie speciale e Jenny…tesoro mio, ti voglio davvero un mondo di bene…
Ed eccovi il capitolo della partenza…è un po’ triste, ve lo anticipo. C’è un pezzo che amo in modo particolare e che mi ha travolta totalmente, ossia la fine, spero possiate percepire almeno una minima parte delle emozioni che ci ho messo dentro. Bacio.

Capitolo 16 “Partenza”

 

Nei giorni seguenti, ebbi poche occasioni di vedere Edward, fui io stessa a chiedere espressamente ad Alice di portarmi in posti in cui di sicuro non lo avrei incontrato, volevo portare via con me intatto, il ricordo di lui che mi fissava dolce e allo stesso tempo curioso, quell’espressione che, leggendo il libro, avevo immaginato fosse il modo con cui guardava la sua Bella. Quante volte avevo pensato allo stato d’animo di Bella, a come si dovesse sentire ipnotizzata da quegli occhi così…così…indescrivibili. La Meyer aveva tentato di farne una descrizione, ma non si avvicinava minimamente a ciò che Edward era realmente, lui era molto di più della semplice perfezione, oh si! Era totalmente inimmaginabile. Scossi la testa, cacciando via quegli assurdi pensieri, era l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie e il professore di trigonometria se n’era uscito con un compito a sorpresa, quale migliore regalo per questo Natale? Fortuna che erano cose abbastanza semplici e nonostante l’assenza totale del mio cervello, riuscivo a muovere la penna sul foglio. Non mi preoccupai di come potesse essere possibile, oramai nulla nella mia vita rientrava nella categoria della normalità, quindi perché porsi domande inutili?
Consegnato il compito, tornai al mio posto, lanciai un’occhiata verso Angela, la quale ammiccò, mostrandomi il foglio con tutti gli esercizi svolti, le sorrisi, poi presi lo zaino e uscii fuori dalla classe dove aspettai Angela, Jessica e gli altri; l’unica a sapere della mia imminente partenza era Angela, la sola che potesse essere in grado di mantenere un segreto. “Allora ragazzi, com’è andato il compito di trigonometria?” chiesi non appena mi raggiunsero, Jessica fece un espressione adirata e portandosi la mano tra i capelli disse:”Che ne parliamo a fare? Ti pare giusto che si facciano compiti senza avvertire gli studenti? Almeno mi sarei preparata meglio” trattenni una risatina mordendomi il labbro inferiore, lei non aveva mai studiato trigonometria in vita sua, figuriamoci se si fosse preparata per una verifica poi “Jessica dobbiamo essere sempre pronti. Era una verifica di tutto quello studiato in questi mesi, dovevamo già saperlo, son cose viste e riviste!” puntualizzò Angela, senza alcuna cattiveria, a quel punto Eric scoppiò a ridere e di seguito anche Tayler “Ben detto Angela!” disse Eric, dandole una pacca sulla spalla. Gli unici a non parlare fummo io, Jessica e Mike “Ragazzi che succede?” domandai d’un tratto preoccupata, vedendo Jessica e Mike impallidire “Non…non erano esercizi nuovi, quindi” affermò, io negai col capo, allora lui guardò Jessica “Mi sa che abbiamo sbagliato tutto il compito” mormorò tra i denti arrossendo e tutti noi scoppiammo a ridere spensierati, così come avrebbero dovuto essere i nostri anni…

“E così il 24 parti” non era una domanda, Angela mi guardava triste “Shh!” dissi mettendole una mano sulla bocca, mimandole di fare silenzio “Ma l’ho detto sottovoce” si scusò lei, io mi guardavo attorno “Si, ma qui c’è chi ha un udito affinato, non voglio rischiare” mormorai riferendomi ai vampiri “Voglio solo salutarti” aggiunse “Non potrò venire in aeroporto, sai siamo dai nonni con tutta la famiglia…” cercò di giustificarsi, ma la fermai “Angela non è un problema, non ti avrei chiesto nulla” le sorrisi “Posso abbracciarti?” domandò, annuii con le lacrime agli occhi “Ci rivedremo presto” disse, io chiusi le palpebre e avrei tanto voluto dirle che era così, ma non potevo…
I miei ultimi giorni a Forks passarono talmente velocemente che dovetti preparare in fretta e furia i bagagli, col rischio di far tardi e di perdere l’aereo. L’unica offerta che Alice aveva trovato era quella di un aereo che partiva la mezzanotte del 24 di dicembre, niente di più bello che trascorrere la Vigilia di Natale in aeroporto. Nella mia vecchia vita, Andrew di solito cucinava per entrambi, festeggiavamo solo io e lui, nessuno dei nostri parenti ci invitava e noi avevamo rinunciato a provare a farli venire a casa, la mamma era sempre stato l’unico tramite tra noi e la sua famiglia; in realtà i suoi genitori non l’avevano mai perdonata per essersi sposata giovane e di aver divorziato, “E’un disonore per la nostra famiglia” ripeteva sempre mia nonna, ma in realtà l’unico disonore era la loro completa indifferenza di fronte alla malattia della mamma. Non avevo mai digerito la loro assenza e non li rimpiangevo, ciò che mi mancava era il senso vero della famiglia, il calore che gli affetti sanno trasmetterti, soprattutto in una giornata come quella del Natale. Forse per questo non mi costava molto partire proprio il giorno della Vigilia. Due ore prima della partenza, ero in aeroporto, “mio padre” e Alice mi avevano accompagnata e aspettavano con me che facessi il check-in “Meredith, mi raccomando appena arrivi telefonami. Non sparire, altrimenti vengo fino a Phoenix a prenderti, capito?!?” proferì Charlie tentando di dare al suo tono un’autorità che non era nel suo carattere “D’accordo” annuii scocciata alla sua ennesima raccomandazione, Alice invece se la rideva “E tu non prenderti gioco di me” le dissi puntandole il dito contro “Ma non lo sto facendo” rispose con aria innocente “Ragazze vado a prendermi un caffé, aspettatemi qui” intervenne Charlie, alle sue parole annuimmo entrambe. Non appena rimanemmo sole, guardai Alice in modo eloquente “Non ha capito che stavo partendo vero?” domandai, sapendo che avrebbe capito a chi mi stessi riferendo “Tranquilla. Gli ho celato i miei pensieri” ammiccò “Grazie” soffiai spostando lo sguardo al di là della vetrata “Meredith, sei sempre in tempo per cambiare idea. Passate queste due settimane, ritorna a Forks” suggerì Alice, toccandomi il braccio, io negai col capo “Non posso” sospirai “Oh si che puoi. Sei tu che devi decidere della tua vita, non farti condizionare da nessuno, vivila così come viene. Se ti trovi qui un motivo ci sarà, ogni cosa ha una spiegazione e insieme la troveremo. Permettici di aiutarti” “Avete fatto già troppo. È giunto il momento che io prosegua da sola” dissi dura “Sei proprio testarda, mi ricordi Edward quando fai cos!ì” sussultai udendo il suo nome e sbuffai infastidita “Ci mancherai” soffiò poi, fissai i miei occhi nei suoi “Mancherete anche a me…e mi spiace non aver potuto salutare tutti come si deve, ma è stato meglio così. Un taglio…netto” sospirai “Te li saluterò io, spiegherò loro le tue motivazioni e vedrai che capiranno. Noi ti aspetteremo sempre, Meredith! Siamo la tua famiglia e tu sei la mia sorellina” mormorò dolcemente accarezzandomi i capelli “Ti voglio bene, Ali, ma proprio tanto” sussurrai stringendo forte la sua mano.

 

Si avvisano i passeggeri del volo LK0987di recarsi all’imbarco numero 3”

 

“Allora io vado” dissi voltandomi indietro e guardando amorevolmente Charlie, il quale tratteneva a stento le lacrime “Ciao figliola, riguardati” mi abbracciò fortissimo e mi sentii male per quello che stavo per fargli. Sciolsi l’abbraccio e mi rivolsi ad Alice “Buona fortuna per tutto” disse stritolandomi “Io so che tornerai” bisbigliò nel mio orecchio “Ci vediamo il prossimo weekend”  mormorò non facendosi udire dai mio padre, poi mi lasciò andare. Corsi verso l’imbarco senza mai voltarmi, forse così sarebbe stato più facile…forse
Salita sull’aereo, cercai il mio posto 13R, mi accomodai e con un cenno del capo salutai il mio compagno di viaggio, un Signore di mezza età. Sistematami, aprii la borsa e ne estrassi la mia copia de “Le parole che non ti ho detto”. Sorrisi guardando la copertina, controllai l’ora: mezzanotte in punto. A quel punto chiusi gli occhi e in un attimo mi trovai in casa Cullen: salii le scale con cautela e giunta davanti alla porta di camera di Edward, l’aprii. Senza fare alcun rumore, entrai e mi accomodai di fianco a lui sul divano di pelle nera. Era tutto intento a guardare il mio pacco regalo, quando d’un tratto l’orologio a pendolo suonò annunciando l’arrivo della mezzanotte. Edward fissò l’orologio e poi con movimenti lenti, girò il regalo, sciolse il fiocco e tolse la carta rossa. I suoi occhi si dilatarono quando si ritrovò tra le mani proprio quel libro. Allorché io aprii la mia copia e gli lessi ciò che gli avevo scritto all’interno:

“Ti sembrerà assurdo che io ti regali un libro, proprio quello che tuo padre ha donato a me, ma il fatto è che sono estremamente legata ad esso, secondo me è portatore di un bellissimo messaggio d’amore e vorrei fartene dono. Non pretendo niente in cambio, Edward.
Sai perché ti ho chiesto di aprirlo proprio a quest’ora? Perché in questo preciso momento mi trovo su un aereo in volo verso Phoenix. Si, Edward: ho deciso di andarmene. Charlie è all’oscuro della mia decisione, pensa che io torni tra un paio di settimane, ma non sarà così. Farò quello che mi hai detto tu: sparirò, così da liberarti della mia ingombrante presenza. Ma prima di farlo per sempre, volevo farti un regalo e scriverti queste poche righe. Vorrei che tu mi avessi creduto, accettato, non ti avrei sconvolto la vita, non avrei turbato le tue giornate, né le tue abitudini, mi bastava che tu fossi stato un mio conoscente, nient’altro…; mi accontentavo anche dell’indifferenza, ma il tuo odio proprio no.  Mi fa male, soprattutto perché penso che saremmo potuti andare d’accordo, ma ormai non conta più…un umana non può interferire con la vostra vita, me ne vado via anche per questo. La tua famiglia mi ha accolta come se mi conoscessero da sempre e mi hanno dato tanto affetto, ma, come ho detto ad Alice, ho bisogno di cominciare a camminare con le mie gambe. Non ho Andrew, né la mamma qui con me e se debbo trarre un insegnamento da quest’esperienza è sicuramente quello di dovermi fare coraggio e guardare avanti nonostante il dolore. Sono io l’artefice del mio destino ed è da questo che voglio iniziare: da me…
Credimi quando ti dico che amerai, Edward e sarà proprio questo amore a dare senso alla tua eternità; quando arriverà lasciati andare a viverlo, lo meriti, non restare chiuso sempre nella tua solitudine. Hai un’anima anche se pensi il contrario, io l’ho vista ed è tra le più splendenti che io abbia mai incontrato…
Termino queste mia piccola dedica con alcune parole del libro <<
A volte il dolore mi annienta, e sebbene io sia consapevole che non ti rivedrò più, una parte di me vorrebbe restare aggrappata a te per sempre... grazie di avermi mostrato che verrà un tempo in cui sarò infine capace di lasciarti andare.>>.

Addio Edward…

Meredith”

“Buon Natale, amore mio…” soffiai, mentre una lacrima rotolò giù bagnando la pagina del libro con su, il mio messaggio…

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Capitolo 18
*** Phoenix ***


Phoenix

Buongiorno a tutti,
buon sabato! La primavera sembra essere arrivata tra noi ed io ovviamente, mi sono ammalata u.u, vi pare giusto?
A me no, per niente u.u!!!
Passando a cose serie mmm...volevo avvisarvi che ci saranno almeno un altro paio di capitoli un pò tristi e senza Edward, poi...poi voi leggerete e mi direte. Ammetto che mi dispiace vedere che l'attenzione stia calando, ci tengo parecchio a questa storia...

dindy80: gli addii non piacciono neanche a me, ho parecchi problemi a staccarmi dalle persone care e l'ultima volta mi è capitato a novembre scorso, quando ho dovuto salutare le mie due migliori amiche per rivederle chissà quando...penso di aver pianto per tutto il viaggio uff! Tornando alla storia, sono contenta che tu voglia continuare a seguirla. Ormai aspetto con ansia la tua recensione :), ci tengo al tuo giudizio!!!

Piccola Ketty: ehm, ti faccio sempre piangere u.u, mi spiace :P. Pensa ai fiumi di lacrime che verso io, mentre scrivo u.u. Ti lascio solo immaginare :P. Fammi sapere che pensi di questo capitolo...

Vampiretta Cullen: non ti devi giustificare, nè scusare. So quanto la scuola possa tenere impegnati, ci sono passata anche io e ricordo bene le intense giornate di studio, eh. Quanto mi manca quel periodo! Uff. Va beh non divaghiamo!!! Tu mi farai arrossire, sto diventando un peperone!!! Aaah! Grazie, grazie, grazie, all'infinito grazie!!!!!!!!!!! 

A sabato prossimo. Catturerò la vostra attenzione? Mah u.u

Ps: la "poesia "che trovate nel capitolo, è mia ^^

Capitolo 17 “Phoenix”

Atterrai a Phoenix senza rendermi conto del tempo trascorso, non m’importava di niente, dentro mi sentivo vuota. Una sensazione assurda, nata non appena avevo chiuso quel libro e l’avevo riposto in borsa. Infondo, quella sensazione c’era sempre stata, ma questa volta era acuta, talmente tanto da essere assordante, da rendermi inerme, incapace di reagire. Quel ragazzo mi aveva scosso più di quanto potessi anche solo immaginare, aveva donato brio alla esistenza e vita al mio cuore spento. Dicendogli addio, mi ero negata la possibilità di vivere…cos’avrei fatto realmente? E una volta arrivata a Detroit? Se avessi ritrovato la mia famiglia??? Avrei ricominciato come se nulla fosse successo?
“Tesoro mio” Renée mi strinse forte a lei “Ma—mamma” pronunciai a fatica quella parola, erano passati tre anni dall’ultima volta che quel termine era fuoriuscito dalle mie labbra…

<< ”Mamma, mamma!!” esclamai terrorizzata, tra le lacrime “Me-Mery…” soffiò a  fatica “Shh…tranquilla, riposa, conserva le forze. Non voglio che ti strapazzi” le dissi, sistemandole la coperta del letto “Se continui a sbracciarti, finirai per restare senza le lenzuola e ti prenderai un accidenti! Io e Andrew siamo qui, mamma. Se hai bisogno chiama” mi alzai per andarmene, ma a metà strada mi bloccai, sentendo l’affanno di mia madre e tremando. Strinsi i pugni per la rabbia. Tornai indietro e mi chinai su di lei; il suo viso contratto per il dolore era qualcosa di assolutamente inguardabile, mi provocava un senso di amara impotenza, essere lì e non poter combattere con lei, quel male che me la stava consumando, giorno dopo giorno. “Mamma, sto qui. Mi stendo accanto a te, non ti lascio sola” mormorai, combattendo contro le lacrime che di nuovo volevano buttarsi giù a strapiombo “Figlia mia” disse stringendomi debolmente a lei e respirando tra i miei capelli “Mamma, mamma” sussurrai “Non mi lasciare…” aggiunsi poi quando si addormentò stremata tra le mie braccia>>.

“Tesoro tutto bene?” Renée mi sventolò la sua mano davanti al volto, io scossi la testa “Si, si” risposi confusa “Ti ho chiesto com’è andato il viaggio” continuò “Bene, bene” Renée inarcò un sopracciglio “Sei sicura di sentirti bene? Sei così…pallida!” domandò, mettendomi una mano sulla fronte “Si, forse il volo mi ha solo un po’ stordita” risposi scuotendo il capo “Dai andiamo a casa, hai tante cose da raccontarmi. Voglio sapere tutto” e sorrise maliziosa. Possibile che avesse capito che mi ero invaghita di qualcuno?
In macchina, Renée mi parlò di tutto e niente, veloce come una macchinetta, provare a starle dietro era una vera e propria impresa, mi domandavo come facesse Bella. Aveva ragione a dire che era più infantile rispetto alla sua età ed era di sicuro innamoratissima di Phil, in ogni sua frase lui c’era sempre. Sorrisi inconsciamente intenerita dal suo essere così frivola, ma libera e soprattutto felice. Sarei mai stata in grado di essere così anche io? Sospirai voltandomi verso il paesaggio e perdendomi in esso.
“Tesoro, porti tu la valigia in camera tua?” annuii, salendo le scale “Phil arriverà tra poco, è andato all’allenamento. Non vede l’ora di riabbracciarti” gridò Renée dalla cucina “Ok” risposi a disagio. Stare in quella casa mi risultava difficile, con Charlie era diverso, un padre infondo, non lo avevo mai davvero avuto, ma una mamma…la mia mamma…era diverso, tutto! Ed io mi sentivo completamente scombussolata, fuori posto. Io una mamma l’avevo avuta ed era morta…come avrei potuto dare quel nome a qualcun altro?
Poco dopo, raggiunsi Renée in cucina, ero rimasta su per troppo e ben presto sarebbe venuta a cercarmi lei; quando mi vide comparire sulla porta, si voltò e mi sorrise “Vuoi una spremuta d’arancia?” mi chiese, mostrandomi il bicchiere “No, grazie” risposi accomodandomi impacciatamene sulla sedia “Meredith, sei strana. Sembra che stare a Forks ti abbia cambiato” disse fissandomi, io sbiancai “Ma dimmi…cosa si dice nella città più piovosa d’America?” domandò avvicinandosi a me “E’ un città piccola e graziosa. Non è così male e…neanche le persone. Ho fatto amicizia, sai?” dissi tutto d’un fiato, Renée sorrise felice “E come sono queste persone? Ci sono dei ragazzi carini?”, mi sembrava tanto di chiacchierare con una ragazza della mia età “Sono brave persone e si, ci sono anche dei ragazzi, come Mike, Eric, Tayler…ah e poi Jacob, è figlio di Billy, sono gli indiani che sono nella riserva, hai presente?” lei ci pensò su qualche secondo, poi aprì la bocca formando una <>, “Oh Billy ha avuto anche un maschietto? Non lo sapevo…e com’è?” “Simpatico” risposi a mezza voce, storcendo la bocca “Nient’altro?” chiese scettica “L’ho visto solo una volta, non so dirti molto in verità. A quanto pare da piccoli abbiamo giocato insieme, ma non me lo ricordo” dissi. Renée mi scrutava attentamente, si portò una mano al mento e lo sfregò “Mamma” la chiamai “Che hai?” “Pensavo a una cosa...” rispose dandomi le spalle e andando verso il frigorifero “Non hai incontrato nessuno che ti piace?” sussultai piccata “Te lo chiedo perché nessuno usa aggettivi positivi per descrivere Forks e tu lo hai fatto” deglutii rumorosamente sfregandomi le mani “No, nessuno. Penso sul serio che quel posto sia bello. Non ho nessun ragazzo, se è a questo che alludi e Charlie può confermartelo” sospirai, mentre Renée mi lanciò un’occhiata poco convinta. Il tempo restante lo trascorremmo a chiacchierare del mio rendimento scolastico, di Charlie, della sua cucina, poi di Phil, della sua nuova squadra.
In serata, Renée propose di uscire a mangiare qualcosa fuori tutti e tre per festeggiare il Natale; io non ero dell’umore giusto, ero abituata a trascorrere una festa come quella con il mio fratellone, ci divertivamo a mangiare seduti sul tappeto davanti al camino e ci perdevamo in chiacchiere inutili o a guardare film natalizi, arrivando alla fine con le lacrime agli occhi oppure ci piaceva da impazzire leggere delle storie, quelle che mamma ci narrava quando eravamo piccoli per farci addormentare. Alla fine non riuscivamo mai ad arrivare alla mezzanotte, ma ci addormentavamo stesi sul tappeto e ci svegliavamo puntualmente alle due di notte, avvertendo freddo per via della legna completamente bruciata. Quanto ridevamo. Ridevamo della nostra frivolezza. Andrew era la mia famiglia ormai, l’unico di cui potevo fidarmi e ora mi ritrovavo a festeggiare un Natale lontano da lui.
Rassegnata seguii Renée e Phil, il quale ci portò in un piccolo ristorante dove si cucinava italiano e siccome conosceva lo chef, ci fece preparare i piatti più prelibati. L’atmosfera era piacevole, non me lo sarei mai aspettato, Phil era un tipo apposto, molto gentile e con Renée era davvero tenerissimo, era strano osservarli, mi trovai ad invidiare il loro rapporto: si guardavano, si sfioravano e si amavano semplicemente con gli occhi. Era tangibile il loro amore ed era talmente bello che ne restavi inevitabilmente affascinata. Ero immobile al mio posto e sorridevo tra una forchettata di spaghetti e l’altra. Sorridevo perché Renée arrossiva come una bambina di fronte alle avances del marito che sembrava divertirsi a stuzzicarla, sapendo bene che davanti a me doveva trattenersi. Tutto sembrava andare bene, ma i miei propositi positivi furono completamente fatti a pezzi dalle domande di Phil. “Allora Meredith, quanto resterai?” chiese lui, addentando un pezzo di bistecca “Due settimane” risposi deglutendo “Quindi ci abbandoni di nuovo” constatò lasciandomi interdetta “Io…io non abbandono nessuno” mormorai tra i denti, lui guardò Renée, la quale lo fissò a disagio “C’è qualcosa che non so?” chiesi alterata, Renée si voltò immediatamente verso di me e sbarrò gli occhi “Vedi Meredith…oggi volevo dirtela solo che mi è mancato il coraggio. Hai parlato in modo così entusiasta di Forks e dei tuoi amici che mi sentivo in colpa…” si fermò, Phil la incoraggiò prendendole la mano, lei gli sorrise grata “Phil è stato preso in una nuova squadra a Jacksonville e il mese prossimo ci trasferiremo. Lì c’è il sole tutto l’anno…” aggiunse guardandomi e poi distogliendo lo sguardo “Mamma arriva al punto!” blaterai, chiudendo le mani a pugno “Io e Phil vorremmo che tu venissi con noi. Non ci sposteremo più, promesso” aggiunse pregandomi con gli occhi “Non…” “Aspetta!” mi bloccò “Promettimi che ci penserai, non devi risponderci ora, tesoro”, sospirai rassegnata e annuii col capo.
Subito dopo quella discussione, nessuno più aprì bocca e il rientro a casa fu cadenzato dai sospiri di Renée, i quali mi rendevano ancora più nervosa. Giunti a destinazione, filai dritto in camera, senza dire una parola, mi svestii, indossai il pigiama e mentre stavo pensando di mettermi a dormire, notai la finestra alle mie spalle: nulla a che vedere con quella a casa di Charlie, questa era decisamente più grande e più nuova, ma quella a Forks…beh quella era la finestra da cui speravo che Edward sarebbe entrato un giorno. Sospirai, maledicendomi mentalmente. Non dovevo pensare a lui, non dovevo, non dovevo!!! Ma fu tutto inutile, mi ritrovai a fissare la finestra, con gesti misurati mi avvicinai ad essa e l’aprii di scatto, facendo sbattere le ante contro il muro e provocando un tonfo che attirò mia madre “Meredith, è tutto ok?” chiese entrando di corsa in camera “Si, tranquilla. Ho solo aperto la finestra velocemente” risposi prontamente “Ma non hai freddo? La temperatura s’è molto abbassata” “Lo so” dissi scortese “Volevo solo guardare un po’ fuori, tutto qui” “Va…bene…” sussurrò Renée “Ti lascio allora… Ah Meredith!” esclamò, tornando a voltarsi verso di me “Buon Natale” e se ne andò. Arrabbiata, delusa, suonai il pugno sul davanzale della finestra “Ma perché cavolo mi trovo qui? Edward sei uno stupido, vienimi a prendere!!!” sbarrai occhi e bocca incredula: stavo di nuovo pensando a lui…

“E di nuovo
Una lacrima mi solca il viso.
Di nuovo quel dolore.
Ancora quel calore.
Ancora tu…
E fa male…
Lasciami andare…
Permettimi di tornare a vivere…
Lascia che possa volare via,
anche senza di te.
Non ci sei,
non ci sarai,
illusioni che si frantumano,
sogni che si spezzano,
cuore che si lacera,
io che muoio dentro,
ancora un po’,
e il tuo viso
di nuovo così vicino
da strapparmi un sorriso.
Ancora una volta l’illusione di te,
cresce, volente o nolente,
nelle mie viscere
e la mente va…”

La mattina successiva quando mi svegliai, avvertii freddo, tanto che mi rannicchiai su me stessa sotto il piumone “Brr…e meno male che questo posto doveva essere più caldo rispetto a Forks” dissi tra me “Meredith” bussò Renée alla porta “Sei sveglia?” “Si, vieni pure” le risposi “Oddio Meredith!” urlò portandosi le mani alla bocca, la guardai stralunata “Ti beccherai un malanno dormendo con la finestra aperta!” esclamò correndo a chiuderla. Fissai la finestra sconvolta, ero convinta di averla chiusa. Mi passai una mano tra i capelli, ravvivandoli e storcendo la bocca mi alzai dal letto, indossando la vestaglia; seguii Renée in cucina e mi preparai la colazione. “Stamane ti va di fare qualcosa insieme?” chiese mentre sistemavamo le stoviglie “Si” risposi “Oh che bello!” sbatté le mani come una bambina, facendomi ridere. Mi metteva di buon umore il suo carattere così gioioso e frivolo “Andiamo in centro a fare shopping?”, tremai “Lo so, lo so che a te non piace, ma vorrei comprarti qualche cosa da portare a Forks, dobbiamo stendere questo ragazzo che ti ha fatto perdere la testa” sussultai “Mamma non c’è nessun ragazzo ti dico!” risposi piccata “Meredith sei una pessima attrice e comunque ora non importa, vestiti e usciamo. Viviamo figliola!” e sparì su per le scale, lasciandomi spiazzata.

“Questo ti piace?” erano due ore che giravamo per negozi e quello era il millesimo vestito che mi mostrava “No” sbuffai “Oh avanti Meredith! Cos’ha che non va?” Renée fissò il vestito con ammirazione e poi puntò i suoi occhi su di me “E’ troppo corto” sussurrai “Corto?” sbiancò “Figlia mia, hai un fisico da urlo e devi mostrarlo. Non puoi non provarlo perché è corto! Avanti su va nel camerino” e mi spinse via. Sbuffano mi accomodai nel camerino sulla sinistra e mi spogliai controvoglia, indossando l’abito blu. Mi guardai nell’enorme specchio e rimasi stupita: Renée aveva ragione, mi stava bene e non era poi così corto. Sorrisi leggermente e mi diressi da lei, la quale spalancò gli occhi e si portò una mano alla bocca “Ma sei meravigliosa! Fatti guardare meglio” e si avvicinò, facendomi poi fare un giro su me stessa “Lo prendiamo, è il mio regalo per Natale” disse fiera “Ma no, costerà una cifra…” cercai di protestare “Non voglio sentire niente, i regali si accettano e basta”, le sorrisi grata, infondo quel vestito mi piaceva sul serio.

I giorni successivi trascorsero tra una visita ai parenti, giochi in famiglia e quando giunse il venerdì, mi feci forza e dissi a Renée del viaggio del giorno dopo “Mamma senti domani viene a trovarmi una mia amica di Forks e andiamo insieme a Detroit. Ha degli amici lì e trascorreremo con loro il fine settimana, ti dispiace?” chiesi balbettando “Ma no! Fai benissimo! E dimmi chi è questa tua amica?” “Alice, domani te la farò conoscere” risposi contenta. Non appena salii in stanza, il mio cellulare prese a suonare e quando lessi il nome sul display cominciai a ridere come una stupida “Stavo parlando proprio di te” dissi “Oh che onore!” cinguettò Alice “Come stai?” chiesi “Bene e tu? Pronta per domani?” “Si, prontissima!” “Ti ho telefonata per dirti che in realtà io sarei già a Phoenix, ho anticipato la partenza”, corrugai la fronte “Come mai?” domandai curiosa “Nessun motivo in particolare, siccome siamo in vacanza da scuola, ho pensato di anticiparmi” “Beh allora vieni da me, starai qui per la notte, Renée sarebbe felice di conoscerti e così ti mostrerei anche i vestiti che mi ha fatto comprare” “Oh ci siamo date allo shopping senza di me? Mi sento tremendamente offesa” trillò “Renée mi ha costretta, non fare la difficile!” “Beh allora mi devi un’uscita a suon di shopping, Signorina” “Non fare la permalosa, Ali. Sai perfettamente che odio andare in giro per negozi!” risposi sbuffando “Non mi interessa. A Detroit avremo tempo di fare anche quello” mormorò decisa “Vedremo…” dissi vaga “Sono fuori casa tua, a tra poco” e attaccò. Due secondi dopo bussarono al campanello “E’ per me. È la mia amica Alice!” gridai scendendo le scale. Aprii la porta e mi gettai tra le braccia del piccolo folletto.

 

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Capitolo 19
*** Detroit ***


Detroit

Salve mie cari lettori,
si preannuncia un altro capitolo un po’ triste, mi perdonerete???
Oggi ho scritto il capitolo 23, mi sono venute delle idee mmm, spero di riuscire a metterle in pratica, rendendo interessante questa storia che amo dal profondo.
Ringrazio tutto, anche i lettori silenziosi.

Dindy80: accidenti, mi spiace rievocare il tuo dolore…ho scelto un tema forte e mi scuso. Non voglio farti stare male, cavoli! Mi perdoni? Probabilmente questo capitolo ti farà sentire ancora più triste e mi scuso in anticipo. Grazie per le tue parole, mi fa sempre tanto piacere leggere le tue recensioni.

 

Giulls: non ti preoccupare tesoro, so che comunque mi segui e ne sono davvero felice!!! Il tuo sostegno e la tua approvazione sono importanti per me. Ti voglio bene.

 

Levia: mmm non posso dirti niente, se non invitarti a leggere i prossimi capitoli. Questo sarà triste, ma da me dovete aspettarvi di tutto :). Grazie per la recensione!!!

 

Piccola Ketty: eccoti il capitolo, soddisfatta la tua curiosità? Ti piace??? Incrocio le dita e mi vado a nascondere in un posto dove non potrai trovarmi, tempo che mi lincerai u.u

 

Vampiretta Cullen: eheheheh mi metti sempre di buon umore, Malù, sei una vera forza della natura. non ti preoccupare per il ritardo, non è mica un problema, non è stabilita una data per la recensione, quando puoi leggi e mi dici che ne pensi, io ti aspetto sempre :).

Vi lascio al capitolo e vi faccio i miei più sentiti auguri per una Buona Pasqua. Vi adoro!!!

Capitolo 18 “Detroit”

Alice sciolse il nostro abbraccio e mi guardò sorridendo “Felice di rivedermi?” chiese divertita “Tantissimo!” esclamai contenta “Mi sei mancata” sussurrai arrossendo e lei mi scompigliò i capelli. “Meredith, non fai entrare la tua amica?” Renée comparve di soppiatto alle nostre spalle “Oh si certo! Vieni Alice!” e mi scostai per farla passare “Signora, piacere di conoscerla” “Il piacere è mio, ma chiamami Renée, Signora mi fa sentire una vecchia decrepita” e ridemmo tutte e tre.
“Allora Alice, tu e Meredith vi siete conosciute a scuola?” domandò lei entrando in cucina “Si, abbiamo delle lezioni in comune” “Ah quindi hai anche tu 17 anni” constatò mia madre, io deglutii “Esatto, io e mio fratello Edward abbiamo 17 anni, gli altri sono all’ultimo anno” tremai udendo il suo nome “Ah hai un gemello?” chiese curiosa Renée fissando Alice, lei negò col capo “Mmm e allora non capisco” disse portandosi una mano sotto il mento “Meredith non vi ha raccontato di noi?” chiese Alice fingendo di non sapere niente, io la fulminai con lo sguardo, Renée fece cenno di no con la testa “Io, Edward, Jasper, Rosalie e Emmet siamo i figli adottivi del Dottor Carlisle Cullen, il primario dell’ospedale di Forks e di sua moglie Esme. Rosalie e Jasper sono gemelli e hanno mantenuto il loro cognome, noi abbiamo acquisito quello di Carlisle. Io e Edward frequentiamo il terzo anno con Meredith. Nostro padre è stimato da tutti, anche Charlie lo ammira molto”, Renée mi fissò stranita, non facendosi scappare il rossore sul mio volto e il mio sussultare sentendo parlare di una certa persona. “Oh Meredith, ti sei dimenticata di parlarmene!” mi ammonì Renée “Pensavo non ti interessasse” mi giustificai alzando le mani “Beh di Alice qualcosa mi hai detto, ma Edward non l’hai proprio nominato” “Semplicemente perché non ho nulla da dire su di lui” sibilai, sentendomi avvampare fino alla radice dei capelli, Renée sogghignò divertita e Alice mi scrutò maliziosa “Alice potresti venire un attimo di sopra con me, vorrei mostrarti quei vestiti di cui ti parlavo” mormorai rabbiosa “Oh si certo! Andiamo” “Così ti faccio vedere dove dormirai stanotte. Mamma non ci sono problemi nell’ospitare Alice qui, vero?” aggiunsi “Nessun problema”, detto ciò mi avviai al piano di sopra e il folletto mi seguì in stanza.
Una volta chiusa la porta, la guardai accigliata “Ma come ti è saltato in mente di nominare E…” deglutii “Edward” soffiai il suo nome “Non c’è nulla di male, Meredith! Il punto è che tu sei una pessima attrice, ti si legge in faccia quello che senti. Hai sentito nominare Edward e non ha capito più nulla, la tua prima reazione è stata quella di saltare e poi arrossire, tua madre ti ha studiata per benino. Ha di certo intuito che hai qualcosa da nascondere” ridacchiò “Non è divertente!” mormorai distogliendo lo sguardo “Dai Meredith!” Alice mi diede una pacca sulla spalle “Allora questi vestiti?” sorrise, cambiando volontariamente argomento.
“Questo blu è davvero bellissimo, dovresti indossarlo a Capodanno per la festa a casa nostra”, sbarrai gli occhi “Ah non te l’ho detto?”, inarcai un sopracciglio “Esme ti vorrebbe a casa da noi…” “Ali, sai benissimo che non ho intenzione di ritornare! Domani vedrò Detroit, cercherò indizi, ma poi forse accetterò la proposta di Renée e mi trasferirò con loro a Jacksonville”, Alice mi afferrò per un braccio e mi strattonò “Sei sicura?” “Non voglio tornare a Forks, non voglio…stravolgere oltre la vostra storia” sussurrai appena “Concedici di vederti per l’ultimo dell’anno, Renée non avrà nulla in contrario e neanche Charlie. Ti supplico!” mi pregò Alice “Non so se ho il coraggio di vedere tuo fratello…gli ho scritto che sarei scomparsa dalla sua vita, dalla vostra…e…non mi va di rimangiarmi la parola” sospirai “Ma lui sa dell’invito e non mi è sembrato contrario”, il mio cuore tamburellò più del dovuto “Ali…” la chiamai continuando a fissare il pavimento “Dimmi” trillò “Ti…ti ha detto qualcosa? Qualcuno ha capito che venivi da me???” chiesi a raffica “Una domanda per volta! Tutti sanno che sono qui, anche Edward. Sono riuscito a nasconderglielo, ma…Emmet è stato poco attento ai suoi pensieri” roteo gli occhi al cielo “In ogni caso non mi ha detto niente” sospirai frustrata e intristita “Ma…”, mi voltai di scatto “Ma…cosa?” chiesi muovendo convulsamente le mani per incitarla a parlare “Ero dietro la porta di stanza sua quando ha aperto il tuo regalo…era talmente assorto che non si è accorto di me” continuò muovendosi verso la finestra, la guardò, la sfiorò senza dire niente, poi tornò a guardare me che impaziente aspettavo che parlasse “Quando ha visto il libro, ha spalancato gli occhi, ha accarezzato la copertina sorridendo” in quel momento sorrisi immaginandomelo “Poi lo ha aperto e ha letto qualcosa” “La mia dedica” dissi assorta, lei annuì, sapevo che aveva già visto tutto quando avevo deciso di comprare il libro e di regalarlo a Edward  “E’ rimasto sorpreso, non se l’aspettava. Posso giurare di aver visto il suo viso trafitto dalla sofferenza. Meredith, lui non voleva sul serio che tu te ne andassi. Le sue parole non rispecchiano quello che sente. Edward ha tremendamente paura di legarsi ad un’umana”, abbassai la testa, non sapevo cosa dirle “Meredith!” Alice alzò il mio viso con due dita “Guardami!” mi intimò, lo feci “Credi davvero che lui ti odi?”, annuii timidamente “No, lui odia se stesso! Odia il suo essere un mostro, pensa di non riuscire a starti accanto senza desiderare di ucciderti. Non concepisce come potrebbe stare con un’umana, amare una come te, anche perché ora pensa che sia tu ad odiare lui. Ma soprattutto detesta il fatto che tu pensi che lui potrebbe innamorarsi solo di Bella!”  volevo smettere di ascoltarla, desideravo non udire altro, mi girava la testa, mi tremavano le gambe e Edward mi mancava! Come poteva anche solo pensare di essere un mostro o che io lo detestassi. Io lo amavo e in virtù di quel sentimento che avevo deciso di andarmene.
“Meredith, mi ascolti?” le parole di Alice mi riportarono alla realtà “Si, scusa. Dicevi?” domandai sedendomi sul letto, Alice mi raggiunse “Verrai da noi per Capodanno?”, distolsi lo sguardo “Mi dirai di si! Io ti ho vista alla festa! Ho due giorni per convincerti” sogghignò “Penso sia ora che tu dorma, domani ci aspetta una lunga giornata e voglio che tu sia pronta” annuii “Buonanotte Ali” “Buonanotte…sorellina” sorrise dolce, mentre io mi lasciavo andare al sonno.

“Che ci fai qui?” Alice sembrava infuriata “Devo parlarle” stavo decisamente sognando, sentivo la voce di Edward “Non ora!”, ma perché Alice non voleva che parlassimo? Almeno nei sogni volevo poterlo rivedere. Tentai di riaprire gli occhi, ma erano pesanti, pesantissimi e non riuscivo. Allora provai a muovermi, ma niente, anche il mio corpo era pesante, sembrava che fossi bloccata da qualcosa. “Alice ti supplico, lei deve sapere che io…” “Edward ti ho detto no, non oggi! Ha troppe cose da affrontare. Diamole il tempo di ritrovare se stessa, poi le parlerai…” “Ok” e lo sentii sospirare. “Edward non andartene! Non riesco a muovermi, ti supplico aspetta! Aspettami!” “Sembra così…indifesa” sussurrò, sentivo il suo alito freddo sulla mia guancia “E’ forte e ce la farà” sostenne Alice “Lo spero davvero”, poi una carezza gelida mi fece vibrare “Ora vai Edward”. Subito dopo fu buio e silenzio.

“Meredith!” tuonò Alice, sobbalzai dal letto guardandomi intorno “Che è successo? Dov’è Edward?” dissi confusa, Alice mi fissò stralunata “Edward? Meredith ma stai bene?” domandò avvicinandosi “Si, io l’ho sentito. Voleva…voleva parlarmi” deglutii “Oh! Lo hai sognato, per questo ti agitavi” di scatto mi girai nella sua direzione “Guarda come hai sfasciato il letto” e lo indicò, effettivamente le lenzuola erano tutte attorcigliate “Oh mammina!” mi portai le mani al volto “Sognare mio fratello non ti fa bene” rise “Lo credo anche io” schioccai la lingua e mi unii alla sua risata.
“Buongiorno ragazze” Renée ci accolse tutta sorridente “Vi preparo la colazione?” domandò gentile “No mamma, siamo di fretta, ci fermiamo al bar a prendere una brioche” “Oh va bene, allora buon viaggio tesoro” e mi abbracciò “Grazie”, poi guardò Alice “E’ stato un piacere fare la tua conoscenza, vieni a trovarci quando vuoi sarai sempre la benvenuta” disse allegra “Il piacere è tutto mio. La invito a venire da noi, sono certa che andrà d’accordo con mia madre” e si sorrisero vicendevolmente “Ah Alice”, il folletto si voltò “Salutami calorosamente Edward, spero che la prossima volta ci sia anche lui” e ammiccò, Alice si limitò ad annuire, trattenendo le risa  “Ali, andiamo!!!” la incitai, alzando gli occhi al cielo “Eccomi, sono pronta!” e salimmo in auto, ci scambiammo un’ultima occhiata, poi partimmo alla volta di Detroit.
Trascorremmo quasi la metà del viaggio ad ascoltare musica, cantando e muovendoci come delle deficienti, ci stavamo davvero divertendo ed era bello sentirsi libera da pensieri negativi. Eravamo semplicemente, due amiche che passavano del tempo insieme, condividendo emozioni, segreti, parole ed era tutto così reale da spaventarmi. Mi ero affezionata ad Alice e m’intristiva l’idea di lasciarla. L’amicizia era un sentimento che avevo sperimentato e vissuto troppo poco, non ero molto brava nel gestire i rapporti per la mia scarsa abitudine a stare a contatto con gli altri. Ma quest’avventura, mi stava insegnando qualcosa di fondamentale: aprirmi e amare senza fine, senza blocchi, senza paura di soffrire. E di questo dovevo ringraziare Alice e Angela.

L’amico è colui che mai ti abbandona, non ti giudica, ma ti comprende. Ti guarda e capisce al volo senza bisogno di troppe parole. L’amico ti ama infinitamente, ti riprende se stai sbagliando, ma non lo fa mai con presunzione, ma sempre con amore. Supporta, sopporta ogni tuo stato d’animo, c’è anche quando non lo vedi. Ride, piange, sorride, soffre con te…e sarà il compagno del viaggio più grande che farai, camminerà sempre e costantemente al tuo fianco e un giorno vi ritroverete a ridere di voi, della vostra ingenuità adolescenziale, chiuse in una stanza, raccattando vecchie foto e diari e attorno a voi si ricreerà quella stessa aria sbarazzina e allegra, degli anni addietro.
Forse non dividerò tutto questo con te, ma ci voglio credere, almeno nella mia testa so che è quello che vorrei e desidero che lo sappia anche tu. Ti voglio bene…sorellina Ali :)”

Scrissi il bigliettino e lo infilai nella tasca della sua giacca, Alice fece finta di nulla e le fui immensamente grata. “Siamo quasi nel tuo quartiere” disse poco dopo, guardandomi, io annuii mentre mi accingevo a scrutare fuori dal finestrino, vibrando dentro, ogni qualvolta riconoscevo un luogo che mi era familiare. Avvertii un pizzichio agli occhi, ma tamponai le palpebre con il dorso della mano per impedirmi di lacrimare “Ecco!” proferii chinandomi in avanti “Lì dovrebbe esserci casa mia” e indicai un ammasso di abitazioni. Il mio era uno dei quartieri popolari di Detroit, nulla di speciale, tutto rientrava nella norma, non c’erano abitazioni extralusso, quelle erano più diffuse nelle zone del centro. Non ci si poteva lamentare, avevamo tutto a portata di mano e a me piaceva. Parcheggiammo nel vialetto che costeggiava quella che doveva essere la mia casa, ci incamminammo veloci, io ero ansiosa di vedere coi miei occhi cosa stava succedendo e quando fui dinanzi alla mia abitazione, rimasi sconcertata: non c’era una casa, bensì una libreria. Scioccata mi girai verso Alice, la quale alzò le spalle “Forse potresti chiedere in giro se qualcuno conosce la tua famiglia” suggerì lei, io annuii e entrammo nella libreria. “Buongiorno Signorine, posso esservi d’aiuto?” chiese il commesso, avvicinandosi “In realtà si. Volevo chiederle un’informazione” “Mi dica” rispose gentile “Sa se per caso in zona vive la famiglia Garner?” chiesi speranzosa, il Signore sembrò rifletterci su “Mio padre vive qui da trent’anni e non mi ha mai parlato di una famiglia con questo cognome, mi spiace. Non siamo in molti in questa zona, ci conosciamo tutti”, la cosa mi turbò profondamente. Io non esistevo, la mia vera famiglia in quel mondo non c’era, ma cosa cavolo mi era successo? Caddi in uno stato catatonico pietoso, ero più confusa di prima; rivolevo la mia vita, cosa chiedevo di tanto strano? Alice ringraziò il commesso e mi trascinò via, una volta fuori dalla libreria, mi rivolse uno dei suoi sguardi indagatori “So cosa vuoi dirmi” proferii “Questa è la prova che siete reali, ecc, ecc…” blaterai, roteando gli occhi al cielo “Ma sono vera anche io e posso giurarti che io sono originaria di qui!” “Ma io ti credo! Resta da capire solo come sei finita nel nostro mondo” “Bell’impresa!” sbuffai “Troveremo una spiegazione, ci deve essere per forza” mormorò pensierosa Alice “Non ti affannare troppo. Sarò io a tirarmi fuori da questo pasticcio, infondo sono io che ho desiderato vedere Edward entrare dalla mia finestra” dissi sarcastica “Ora devo darmi da fare!” e mi incamminai “Dove pensi di andare?” domandò Alice, tirandomi per il braccio “A farmi un giro, ho bisogno di riflettere…” mormorai “Vengo con te” la guardai “Sarò silenziosa, giuro!” mi pregò, facendomi gli occhi dolci, sospirai sconfitta “E va bene…ma niente shopping!” le intimai col dito “Promesso” mi sorrise.
Senza volerlo, mi ritrovai all’entrata del cimitero; alzai la testa verso l’altro per ammirare l’enorme croce che pendeva sul cancello “So che qui non c’è sepolta mia madre, però…” lasciai cadere il discorso. Alice mi prese una mano, la strinse nella sua, mi oltrepassò e aprì il cancello che cigolò, poi si voltò a guardarmi e un sorriso tenue si dipinse sul suo volto. Mi guidò all’interno, poi lasciò che fossi io a decidere in che direzione andare; poco dopo ero nel posto esatto in cui era stata seppellita mia madre…

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Capitolo 20
*** Le parole che non ti ho detto ***


Le parole che non ti ho detto

Buon giorno a tutti.
Mi appresto a postare un capitolo che probabilmente voi aspettavate da tempo e ho paura! Temo non sia soddisfacente o come volevate. Questo non significa che le cose andranno sempre bene d’ora in poi sia chiaro, ci sono un bel po’ di misteri da svelare e paura da affrontare. Credo di avere le idee chiare su questo, solo ho mancanza di tempo per scrivere, quindi è probabile che nelle prossime settimane, io posti con più lentezza e spero mi perdoniate per questo.

 

 

Dindy80: le parole in questi casi servono a poco, vorrei poterti dire qualcosa che vada oltre il “Mi dispiace”, ma…non so cosa, scusami! Sono mortificata per la tristezza che ti faccio provare e comunque non scusarti, sfogati quanto vuoi con me, non c’è nessun problema. Spero che questo capitolo possa farti vivere qualche istante migliore, aspetto di conoscere la tua opinione a riguardo.

 

 Giulls: è triste, non so come mi sia venuto in mente di scrivere una cosa del genere, ma come mi capita spesso quando scrivo, non penso, non seguo uno schema, butto giù ciò che sento e in quel momento ho elaborato quelle parole, quella storia, quel pensiero ed è avvenuto tutto in modo molto naturale.

Piccola Ketty: sarà triste anche l’inizio di questo capitolo, la musica che ho scelto non aiuta. Ti dico solo che quando l’ho scritto mesi fa, piangevo come una stupida davanti al computer, incapace di fare discorsi logici, ma…il finale dovrebbe esserti gradito. Spero…

 

Vampiretta Cullen: non sei in ritardo, principessa!!! Ti devo ringraziare, sai? Questa settimana sei stata una presenza costante nelle mie giornate e mi sono divertita un sacco a parlare con te. Sei tanto simpatica e dolce e le tue parole dell’altro giorno sull’amicizia, mi hanno fatto riflettere moltissimo e mi hanno rincuorato. Grazie di cuore mia adorata!!! Grazie, grazie e ancora grazie!!!

 

Ecco il link della canzone che troverete all’inizio del capitolo: http://www.youtube.com/watch?v=L8-PNy9pq_A

Dedico questo capitolo alla mia principessa Vampiretta Cullen, tesoro mio tutto per te! Grazie ancora :)

 

 

 

Capitolo  19  “Le parole che non ti ho detto”

 

 

“Il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni.”

 (Anonimo)

In modo automatico, quasi come ne fossi stata richiamata, mi chinai verso il terreno, accarezzai il prato vuoto con la punta delle dita, l’ironia del destino voleva che proprio in quel punto non vi fosse alcuna tomba. Sorridendo tra le lacrime, crollai sulle mie ginocchia, stanca e posai il capo sul bagnato manto verde, le gocce di umidità mi solleticavano il volto, le mie mani stringevano convulse i fili d’erba, pronte a sradicarle dalla loro “casa” e a gettarle lontano. La disperazione voleva avere ancora potere su di me. Riaprii gli occhi sentendomi stupida e mi sistemai meglio, poggiai le mani sporche di terreno sulle ginocchia, tenendo stretta quei fili d’erba, mostrando le nocche bianche e per aiutarmi cominciai a canticchiare “E mi troverai, se vorrai sai dove cercarmi e mi troverai nell'azzurro al tramonto sui campi e mi troverai dentro di te” tirai sul col naso e la voce traballò vertiginosamente “E ho messo le parole ad asciugare al sole come se il vento potesse portarle da te, ora che comincia a farmi male la nostalgia che ho per quello che ora rivivere non è possibile” chiusi gli occhi e aprii i mia palmi indirizzandoli simbolicamente verso l’alto, lasciando che il vento portasse via con sé il terriccio “e non dirmi poi che sarebbe lo stesso c’è qualcosa di te che oramai è già parte di me” sorrisi vedendo l’erba danzare leggera in direzione del cielo azzurro e fu in quel momento che alle mie spalle avvertii un respiro caldo sussurrarmi quelle parole che solo lei sapeva dirmi in quel modo così dolce da farle sembrare vere e insieme continuammo a cantare la nostra canzone “E mi troverai, se vorrai sai dove cercarmi finché un giorno poi capirai che le cose che cerchi le hai lasciate qua dentro di me”, mi alzai in piedi e mi abbracciai con le mie stesse mani, stringendo quelle della donna che mi aveva generato, le quali s’era intrecciate teneramente sul mio ventre. Il calore di quel corpo mi cullò, donandomi un improvviso senso di serenità. Subito dopo, il freddo del corpo di Alice prese il sopravvento, ma non mi destabilizzò, continuai a dondolarmi, sentendomi amata nel profondo “Le sento passeggiare nel cuore silenziose come le rose le rime fioriscono in te, ora che ho messo le parole ad asciugare al sole come se il vento potesse portarle da te…” “Ti amo, figlia mia…” soffiò un’ultima volta il vento, prima di sparire del tutto.
Con uno strano senso di beatitudine, lasciai quel posto, senza mai voltarmi indietro, qualcosa mi spingeva ad andare avanti; Alice mi seguiva senza fiatare, avvertivo la sua presenza discreta alle mie spalle, la sua ombra compariva accanto alla mia “Che facciamo ora?” le chiesi fermandomi davanti alla sua macchina, lei si affiancò a me “Quello che vuoi” le sorrisi “Vorrei tornare in quella libreria” le confessai “Bene” sussurrò passandomi davanti e aprendo lo sportello dell’auto.
Quando parcheggiammo dinanzi la libreria, il cellulare di Alice prese a squillare, i suoi occhi divennero vacui e si persero nell’orizzonte al di là del vetro. Prese il telefonino e rispose riprendendosi “Si, lo so” sorrise “Certo, è la cosa giusta da fare e lo sai anche tu” annuì “Perfetto, sarà fatto!”, quando attaccò mi rivolse un’occhiata strana “E’ successo qualcosa?” chiesi preoccupata “No, era Jasper. Aveva bisogno di me, poi mi ha passato Rosalie, dice che qui vicino c’è una mostra della nuova collezione Armani e vuole che vada a dare un’occhiata. Mi ha raccomandata di comprare qualche abito, come se poi io possa trattenere la mia mania” roteò gli occhi, io ridacchiai “Ti dispiace se vado?” domandò, ma mi dava l’impressione che se anche mi fosse dispiaciuto, lei sarebbe andata via ugualmente “Vai tranquilla, al tuo ritorno sarò di certo ancora immersa nei libri” risposi sospirando “Mi raccomando, vedi di non perderti in qualche altra storia” mi canzonò “Facciamo dell’ironia ora?” le dissi inarcando un sopracciglio, lei schioccò la lingua e poi mi diede un rapido bacio sulla guancia “Ci vediamo dopo” e partì sgommando. Io scossi il capo di fronte alla leggerezza della mia amica e entrai nella libreria. Il commesso a cui prima avevo chiesto informazioni, mi vide e, probabilmente avendomi riconosciuto, si avvicinò “Salve Signorina, ha trovato ciò che cercava?” chiese gentile “No, evidentemente mi sono sbagliata” risposi facendomi scura in volto “Mi spiace” sussurrò “Oh no, non deve, la prego. Posso dare un’occhiata ai libri?” domandai fissandolo, era molto giovane, gli davo su per giù una ventina d’anni “Ma certamente. Che genere preferisce?” chiese illuminandosi in volto “Leggo di tutto, ma non posso negare che le storie d’amore sono quelle che mi affascinano di più” ammisi arrossendo, lui rise senza risultare scostumato “Le confesso che anche io leggo romanzi rosa, potrà sembrarLe strano per un ragazzo, ma aspetto di vivere una storia come quelle descritte così bene nei libri” mi meravigliai di quelle parole, ma dal luccichio dei suoi occhi capii che non mi stava mentendo “Oh mi scusi, mi sono perso in chiacchiere, magari a Lei neanche interessa” disse grattandosi la testa imbarazzato “Non si scusi” sorrisi e lui fece altrettanto “Mi tolga una curiosità”  annuì, allora io proseguii “Quanti anni ha? Non mi prenda per impicciona, ma sembra così giovane…” lui sghignazzò divertito “Ha buon occhio! Ho ventidue anni, quindi potremmo darci del tu?” domandò incerto “Certo!” esclamai allegra “Piacere Meredith” allungai la mano verso di lui, meravigliandomi del mio gesto così spontaneo “Stephan” e un sorriso meraviglioso si dipinse sulle sue labbra, abbagliandomi “Ti va se ti indico dove puoi trovare gli ultimi romanzi arrivati?” annuii felice. Mi guidò sulla destra del piccolo locale, giunti in fondo mi mostrò un mucchio di libri “Ecco, qui troverai tutti i romanzi usciti in questi ultimi mesi. Invece, lì” mi indicò il mobile sulla sinistra “Ci sono i libri in offerta questa settimana” “Ti ringrazio. Ora do un’occhiata” Stephan sorrise “Ti lascio allora. Se hai bisogno di qualche consiglio, chiamami” ammiccò facendomi arrossire.
Non appena andò via, mi voltai verso i libri “A noi” e sorrisi immergendo le mie mani nel cesto e cominciando a tirare fuori ciò che mi capitava davanti. Mezz’ora dopo avevo individuato un solo libro che poteva interessarmi, poi mi spostai verso lo scaffale con i romanzi in offerta, dopo una rapida occhiata, lo sguardo mi cadde su un libro in particolare e quando lo presi, tremai “Ancora tu…” sussurrai piano, carezzando il suo dorso e disegnando con le dita, la barca dipinta sulla copertina “Quel libro deve piacerti davvero molto se ogni volta che entri in una libreria lo sfogli” mormorò calda una voce alle mie spalle. Mi raddrizzai, spalancando gli occhi, quel suono divino e angelico lo avrei riconosciuto anche in mezzo ad una folla di bestie inferocite. E il cuore scalpitò, perdendosi battito dopo battito. A rallentatore, mi girai e quando la sua visione si focalizzò davanti ai miei occhi, sentii qualcosa dentro che esplodeva e lasciai cadere a terra l’ennesima copia di quel libro “Ti voglio bene. Te ne voglio tanto da spaventarmi. Era molto tempo che non provavo nulla di simile; mi ero quasi dimenticato di quanto possa essere importante avere un'altra persona. Non credo di poterti lasciar andare e dimenticare, e non lo voglio fare. E di sicuro non voglio che la nostra storia finisca qui” sussurrò teatralmente Edward venendomi incontro e chinandosi a raccogliere ciò che avevo fatto scivolare “ << Le parole che non ti ho detto >>” mormorai commossa afferrando il libro che Edward mi stava porgendo “Lo hai letto…” aggiunsi una volta incontrato il suo sguardo acceso. Edward sorrise, alzò il braccio e incerto con il dorso della mano mi accarezzò la guancia “Si, l’ho letto” disse “E ho capito tante cose” soffiò, io lo guardai confusa “E’ difficile da dire, ma devo farlo, è diventato insostenibile” disse storcendo la bocca e chiudendo gli occhi “Io sono qui e ti ascolto…” mormorai dolcemente, poggiando la mia mano sulla sua ferma sul mio viso. Edward riaprì gli occhi e mi guardò, uno sguardo che non avevo mai visto prima e che mi fece mancare il fiato “…è uno di quegli sguardi che ti bloccano il respiro in gola e ti fanno pensare << Wow! Vorrei che qualcuno guardasse me in quel modo! >>”, le parole di Angela mi rimbombarono nella testa, facendomi sbarrare gli occhi, ancora più confusa “Meredith…” soffiò lui “In queste settimane in cui sei stata lontano ho avuto modo di riflettere moltissimo, oltre che subirmi le occhiatacce delle mie sorelle e le ramanzine mentali di mia madre” sorrise sollevando le sopracciglia “A parte questo, ho capito una cosa e cioè che non m’importa chi tu sia o da dove tu provenga…” si fermò e mi scrutò “Io ti amo, Meredith e non posso più starti lontano!” sobbalzai incredula “Ho commesso un terribile errore nel trattarti in quel modo, ma ero ferito, il mio orgoglio lo era. Ho lasciato che fosse lui a guidarmi. Dirti che eri un’insulsa umana è stato atroce, per la prima volta nei miei 100 anni ho avvertito dolore e con la tua lontananza ho sentito come se il cuore avesse ripreso a pulsarmi nel petto e faceva male perché aveva ed ha bisogno di te. Perdonami…ti prego ritorna a Forks…” posò l’altra mano sulla mia guancia “Torna da me…” mormorò triste, poggiando la sua fronte sulla mia “E’ una vita che ti aspetto…” soffiò sul mio viso “E…Edward” sospirai il suo nome rapita. Il cervello non era più connesso, sentivo solo il mio battito cardiaco, le sue mani sul mio volto e la sua bocca così vicina alla mia. Impaziente lo guardai “Non devo perdonarti niente…” dissi, Edward stette per ribattere ma lo fermai tappandogli la bocca con la mano “Non aggiungere altro, ti supplico. Già mi è difficile credere che tu sia qui e…” deglutii “Mi abbia detto quelle cose…io…oddio!” sentii le lacrime pizzicarmi e scivolare lungo le mie guance, le sue dita le spazzarono via “Vederti piangere mi uccide” sussurrò alzandomi il viso, scossi il capo “Non è tristezza e non voglio che tu dica queste cose. Non potrei mai perdonarmi di essere la causa del tuo dolore, io non voglio che tu soffra…ti amo troppo per vederti star male…” sussurrai roca, gli occhi di Edward si dilatarono e la sua bocca, subito dopo, si piegò in un sorriso “Tu non sai quanto ho sperato che mi dicessi queste cose” e si chinò per baciarmi. Impazienti, impazziti ci stringemmo, la sua fu una morsa delicata, sapevo che con un semplice gesto poteva farmi male, ma non m’importò. Ero tra le sue braccia, il resto non esisteva e tra le mani stringevo quel libro che ci stava unendo…

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Capitolo 21
*** Ho bisogno di te ***


Ho bisogno di te

Buona sera,
questa volta posto un giorno prima, perchè domani sarò impegnata col master e non avrei tempo per farlo. Ah essere tornata a Macerata è stato più difficile del solito, ho davvero un casino di cose da fare, ma perché mi riempio sempre in questo modo? Ne uscirò viva? Spero vivamente di si u.u
Ma ora non voglio perdermi in chiacchiere inutili!!! Vi devo ringraziare, lo scorso capitolo ha avuto ben 7, e dico 7, recensioni, grazie!!! Mai ricevute così tante, mi credete se vi dico che mi sono messa a piangere? Mannaggia a me e alla mia lacrima facile…grazie di cuore, siete tutte tenerissime e dolcissime!!!

 

Dindy80: le parole in questi casi servono davvero a poco, quindi taccio e ti dico solo che mi spiace tanto, davvero tanto! Grazie per le tue parole, sono contenta quando le mie emozioni ti arrivano, mi spiace solo farti piangere sempre, anche se di gioia…ehm non rivelo niente, in questo capitolo saprai con chi era a telefono :P. Per quanto riguarda il nome del libraio, no, non è ispirato a “Il diario del vampiro”, non lo seguo :).

 

 

Vampiretta Cullen: te l’ho dedicato col cuore, principessa mia adorata! Sei meravigliosa! Son contenta di averti incontrata! E no, non è un sogno, è tutto reale, finalmente quei due testoni si sono trovati e speriamo che continuino a stare insieme. Dirai tu “Beh sei tu che scrivi e quindi decidi il corso degli eventi” ed io ti rispondo che hai ragione :P. La smetto va, ti lascio leggere in santa pace. Ti voglio bene, principessa!

 

 

Ginevrapotter: quanti bei complimenti!!! Sono arrossita come un pomodoro maturo!!! Grazie, grazie e ancora tante, tante, tante grazie!!! Che felicità leggere la tua recensione, mi auguro che continuerà a piacerti questa storia! Buona lettura, fammi sapere cosa ne pensi!

 

 

Saretta__Trilly__: benvenuta nel mio mondo!!! Grazie mille, è sempre una bella emozione vedere che ci sono nuove persone che si appassionano alla mia storia, ci tengo davvero! Aspetto la tua opinione!!!

 

_Aislinn_: mi mancavano le tue bellissime parole, è stato bello ritrovarle, mi hai riempito il cuore di gioia! Credi tanto in me, grazie, grazie, grazie. Non faccio altro che ringraziare ultimamente, ma d’altronde cos’altro posso fare? Fate tanto per me!!! Ti aspetto presto per un nuovo commento! Bacio!

 

 

Piccola Ketty: eheheh sono morta dalle risate vedendo le tue faccine eheheh. Dai a parte ridere mi sono anche emozionata, grazie cara. La tua opinione mi rende gioiosa!!! Bacione!

 

 

Giulls: accidenti! Mi hai fatto piangere, ma non per la tristezza, tutt’altro. Le mie son lacrime di contentezza, non mi aspettavo una reazione del genere, davvero!!! Tesoro, Ti voglio bene e grazie che mi segui sempre, sempre, sempre. Bacio!

 

Prima di lasciarvi al capitolo, vi posto anche il link della canzone da ascoltare, le parole le ritrovate in questo capitolo

http://www.youtube.com/watch?v=mBIQTYla7kA

 grazie a tutti, chi legge, chi commenta, chi segue, chi no, tutti!!! :D

Capitolo 20 “Ho bisogno di te”

 

Muovevo le mie labbra sulle sue così perfette e mi sentivo nel posto giusto, come se all’improvviso avessi trovato la mia collocazione. E proprio uno dei miei libri mi stava regalando il sogno più bello in assoluto. Ad un tratto, Edward si staccò, anche se di poco, avevo ancora gli occhi chiusi ma potevo sentire la sua presenza a poche spanne dal mio volto. Le sue mani mi cingevano la vita e solo il pensiero che lui mi stesse toccando, mandò in fibrillazione il mio cuore. “Ehi, ehi che succede?” soffiò con una voce irriconoscibile, fu a quel punto che spalancai le palpebre e lo vidi: gli occhi semichiusi, le labbra più rosse del solito e umide del nostro bacio. Bello, tanto, troppo, da far paura.
“Meredith” bisbigliò in modo sensuale il mio nome, facendomi fremere “Stai bene?” chiese con una nota di preoccupazione nella voce “Mai stata meglio!” risposi sorridendo, lo fece anche lui e m’incantò. Con le mani strinsi i suoi capelli ramati, guardandoli incredula, piano le portai sul suo viso e lo toccai, quasi non mi sembrava vero che lui fosse davanti a me “Sono felice!” dissi, Edward vibrò e scrutandomi dall’alto del suo sguardo d’ambra mi penetrò l’anima, temetti di soffocare. “Io lo sono di più” mormorò, racchiudendo nelle sue mani, le mie e fissandole “Forse non te ne rendi conto, ma…” e sorrise sghembo “Beh”, alzò il sopracciglio “Sono innamorato per la prima volta in vita mia ed è…” corrucciò la fronte, segno che stava pensando “Strano, io…” rise scuotendo la testa “Mi sento così impacciato e non è da me”, mi inchiodò con lo sguardo. Si: decisamente non era da lui balbettare. Risi per la gioia, sapere di essere io a provocargli certe sensazioni, mi lusingava. “E ora perché ridi?” domandò guardandomi truce “Ammettilo Edward, è strano per te, quanto per me vederti in questa veste. Tu che sei sempre così sicuro di te, sempre padrone delle tue parole” risposi alzando le spalle “Mi sento tanto stupido” ammise continuando a ridere “Oh non lo sei” dissi “Amo anche questo di te” sussurrai socchiudendo gli occhi e arrossendo, col dito Edward tracciò il profilo del mio naso, soffermandosi sulle labbra; piano le dischiusi, lui sussultò, ma non si mosse, rimase immobile, timidamente con la lingua disegnai un cerchio sul suo dito e poi lo baciai dolce. Quando riaprii gli occhi, il viso di Edward era sconvolto e fissava sbalordito le mie labbra.
Pochi attimi dopo, guardò me “Forse ho fatto qualcosa che non dovevo” mormorai distogliendo lo sguardo, Edward prontamente girò il mio viso nella sua direzione e sorrise “Sono solo sorpreso per le emozioni che sei in grado di suscitarmi” disse tranquillo “Beh, questo perché tu non sei in grado di capire quello che sento io quando mi sei vicino o semplicemente mi guardi” confessai, arrossendo nuovamente.
Un gracidio alle nostre spalle ci fece sobbalzare, nello stesso istante ci voltammo per vedere chi fosse “Stephan!” esclamai sorridendogli, il ragazzo si passò la mano tra i capelli “Meredith ehm…” rivolse un’occhiata a Edward che parve irrigidirsi “Ero venuto a controllare se era tutto apposto” confessò “Grazie è tutto ok” ammisi annuendo e guardando di sottecchi Edward “Ok, allora andrei…” si voltò velocemente e tornò al bancone “Mmm…” mugolò Edward, lo fissai curiosa “Quel ragazzo pensa che tu sia molto carina e si sta domandando da dove sia comparso io” la sua voce uscì leggermente strozzata “Chi Stephan?” domandai incredula, Edward annuì, io scoppiai a ridere “Questa poi” proferii “Dai andiamo” dissi prendendolo per la mano e trascinandolo alla cassa.
“Prendo questo libro” dissi, Stephan lo prese, lesse il titolo e sorrise “Ottima scelta” “Lo hai letto?” domandai entusiasta “Oh si! E se ho capito che tipo di lettrice sei, ti piacerà” mi fece l’occhiolino e in quel momento la mano di Edward strinse la sua presa, si schiarì la voce e parlò “Te lo regalo io” sentenziò cacciando i soldi e riponendoli sul bancone “Bastano?” chiese “Si, ecco il resto” disse gentile Stephan “No, è mancia” sorrise il mio vampiro “Grazie” rispose balbettando il commesso “Andiamo Meredith?” domandò rivolto a me, annuii “Ciao Stephan e grazie di tutto” gli dissi grata “Spero passerai ancora di qui, così da dirmi cosa te n’è parso del libro” “Certamente” e lo salutai con un gesto della mano.
“Decisamente fastidiosa” mormorò lugubre Edward “Cosa?” lo guardai smarrita “La gelosia” sussurrò convinto, scrutandomi, io spalancai gli occhi e mi fermai sbarrandogli la strada “Cioè fammi capire” mi portai le mani sui fianchi “Sei geloso di Stephan?” speravo di sbagliarmi, era tutto troppo folle “Non hai idea di quanto poco simpatici fossero i suoi pensieri e credimi se no ce ne andiamo di qui, penso che potrei tornare dentro e mangiarmelo a morsi. Continua a pensarti!” esclamò massaggiandosi le tempie “Edward” lo richiamai perentoria “Guardami!” lo intimai, lui obbedì “Perché?”, lui corrucciò la fronte non capendo la mia domanda “Perché cosa?” chiese poi “Questa gelosia immotivata” dissi “Immotivata?” scosse la testa nervoso “Quel ragazzo ti avrebbe chiesto di uscire se non fossi arrivato in tempo e…” abbassò la testa “E il pensiero che tu potessi accettare mi sta corrodendo l’animo”. Le sue parole sortirono su di me uno strano effetto, mi sentivo stranamente importante. Edward Cullen, il ragazzo che più avevo desiderato e amato senza neppure conoscerlo, stava dicendo a me che era geloso e che mi amava. Assurdo!
“Secondo te cosa gli avrei risposto?” chiesi in tono di sfida, mi divertiva stuzzicarlo, sembrava così fragile “Hai diritto di essere felice. Vi ho visto mentre parlavate della vostra passione comune, sembravi così…serena” soffiò “Era giusto che accettassi” rispose deciso fissandomi intensamente. Sciocco! Sciocco di un vampiro testardo! Strinsi le mani a pugno “Pensi che avrei potuto dire di si a lui, mentre in realtà pensavo a te. Solo a te?” la mia voce apparve stridula e fece spaventare Edward “Meredith” mi accarezzò la gota rossa per la rabbia “Io voglio te…soltanto te” soffiai “Scusami. Non abbiamo neanche dato inizio a…” si fermò “Cosa siamo?” mi guardò dubbioso, io spalancai gli occhi “Siamo…una coppia?” chiese titubante, sciogliendomi “Va bene per te?”, piano il mio sorriso s’allargò “E me lo domandi anche? Si, si e si!” gli saltai addosso, Edward s’irrigidì immediatamente “Ops” dissi allontanandomi “Mi devo abituare, scusa” mi ammonii, lui rise “In realtà le scuse te le stavo porgendo io. Sono uno stupido, ti ho già fatta arrabbiare”, negai “No, non sono arrabbiata. Ammetto che la tua gelosia mi lusinga, non pensavo che…ecco…” imbarazzata stropicciai il lembo della mia maglia “Cos’ha fatto di male questa maglia per meritare un tale trattamento?” domandò Edward ridendo e avvicinandosi. Lasciai di colpo la presa e mi ritrovai tra le sue braccia, immersa nel suo profumo “Come ho fatto a non capirlo prima” mi baciò i capelli, io sospirai beata “Ti amo” sussurrò. Quelle due semplicissime parole avevano il potere di stimolare in me sensazioni sconosciute, incredibili…magiche!
“Ehi piccioncini!” trillò una vocina allegra, dietro di noi Alice, stava a braccia conserte poggiata alla sua auto “Devo più aspettare?” chiese divertita e maliziosa. Imbarazzati io e Edward ci staccammo “Che ci fai qui, Ali?” domandai avvicinandomi a lei “Non avevi una mostra di Ar…” m’interruppi non appena collegai “Tu!” esclamai indicandola col dito “Sapevi che lui era qui?” indicai Edward “Allora ieri notte allora nella mia stanza…” mi fermai a bocca aperta “Non potevo dirti niente! Meno male che davvero ti agiti nel sonno, altrimenti quel cialtrone di mio fratello avrebbe rovinato tutto!” e gli fece la linguaccia, Edward sghignazzò “E poi scusa” si rivolse a me “Non è stato più romantico un incontro del genere” e fece segno con la testa verso la libreria, mi voltai a guardarla e sorrisi al ricordo. Osservai Alice e sorrisi “Benvenuta in famiglia sorellina” e mi abbracciò, l’accolsi più che volentieri e quando mi fece fare una giravolta, risi spensierata “Ora basta, mi gira la testa” balbettai, la mia voce spezzata per le risate. Edward ci guardava stralunato, con le braccia incrociate, si era leggermente allontanato da noi “Mi sembrate due bambine!” mormorò secco “Meredith mi meraviglio di te” disse “E di me no?” chiese Ali, indicandosi “No, su di te ero certissimo” borbottò “Antipatico” sibilò Alice offendendosi. Dopo poco però, sembrava già aver dimenticato tutto “Meredith bisogna parlare di Capodanno, organizzare la serata…” cominciò a sbraitare a raffica, mi sentii tramortire dalle sue parole. Guardai Edward in cerca d’aiuto, la sua occhiata d’intesa mi fece capire che stava per intervenire “Alice, basta! Lascia stare Meredith! Ora torniamo a Phoenix, credo che ci sia qualcuno che mi vuole conoscere e delle valigie da preparare” e strizzò l’occhio nella mia direzione, io vibrai.
In auto, Alice era l’unica a ciarlare, pensavo sapesse che nessuno la stava ad ascoltare, io e Edward eravamo seduti dietro e ci fissavamo, non avevamo smesso un attimo da quando eravamo in viaggio. Credevo che sarei stata in grado di restare immobile in quella posizione, una vita intera. Non avvertito dolore o stanchezza, il piacere riempiva tutto.
“Come stai?” mi domandò d’un tratto Edward “Benissimo” risposi strofinando la testa sul suo collo, come una gatta che faceva le fusa, il suo braccio s’allacciò attorno alla mia vita, schiacciandomi addosso a lui. “Sai ti ho vista al cimitero” mormorò posando il suo mento sui miei capelli, spalancai gli occhi e li abbassai intristita “Mi ha straziato il tuo dolore…tua madre doveva essere una persona eccezionale!”, appresi di stare piangendo solo quando provai ad aprire bocca e ne venne fuori un suono strozzato. Ingoiai la saliva e chiusi gli occhi “Lo era…” soffiai rauca “Non ho mai conosciuto una donna più allegra e felice di lei. Nonostante la vita non sia stata generosa con lei, non s’è mai lamentata. Ha cresciuto me e Andrew con tutte la forza possibile, ci ha dato tutto a suon di sacrifici. Era forte ed io l’ammiravo, volevo essere come lei! So che quando ha scoperto la malattia, io sono stata il suo punto debole: Andrew si fingeva duro, lei non fece una piega, io invece, le facevo pesare il fatto che se ne sarebbe andata, lasciandomi” tirai su col naso “Non me lo sono mai perdonata e lei lo sa, perché qualche giorno prima che spirasse le ho chiesto scusa ed è stato allora che mi ha cantato quella canzone…” soffiai “Quella del cimitero?” annuii “Da allora è diventata la nostra canzone, volle che gliela suonassi. Andrew la portò sulla sedia a rotelle in salotto, triste mi sedetti al pianoforte e iniziai a suonare, ma non ero concentrata. Mamma se ne accorse e mi riprese, mi disse che non potevo sbagliare proprio quella melodia, era nostra e dovevo suonarla sempre, ogni volta che avrei sentito il bisogno di doverla avere vicino, ma non l’ho mai fatto. Ho abbandonato la musica, preferendo scappare…” confessai per la prima volta “Ma hai risuonato a casa nostra, potresti ricominciare. Le basi le hai…e io, se vuoi, potrei aiutarti” alzai di colpo la testa e lo scrutai con occhi appannati “Davvero?”  gli chiesi sognante “Si, questo ed altro per te”, sorrisi assaggiando il sale delle mie lacrime “Oh Edward!” lo avvolsi con le braccia, lui mi lasciò libera di agire, spostando il mio corpo addosso a lui. Qualche minuto dopo, crollai per la stanchezza.
“Ehi principessa” bisbigliò nel mio orecchio, lasciandomi un bacio sulla guancia, “Siamo arrivati” aprii prima un occhio e poi un altro e quando mi trovai davanti il volto di Edward, sobbalzai spaventata “Faccio così paura?” rise, mi portai una mano al cuore “Ma no, sciocchino!” dissi facendomi improvvisamente seria.

 

“Ho bisogno di te
più di quanto non sai”

 

Una mia mano dotata di volontà propria, s’issò verso il suo viso e tremante gli sfiorai dapprima gli zigomi, poi le palpebre chiuse “Sei vero” sussurrai estatica “Non ho sognato” borbottai rendendomi conto che era tutto reale. Edward riaprì gli occhi e mi irradiò con la loro luce “Sono qui con te” soffiò sul mio collo “E ti amo…” aggiunse tornando a fissarmi insistente.
“Voi due vi muovete a scendere dall’auto?” ci sgridò Alice, le obbedimmo immediatamente e ci precipitammo davanti la porta di casa, era ormai pomeriggio inoltrato. Bussai al campanello e venne ad aprirci “mia madre” “Meredith!” esclamò sorpresa “Ehm mamma…abbiamo fatto prima del previsto e siamo tornati” borbottai cercando una scusa che fosse quantomeno credibile, Renée fissò petulante Edward e il suo occhio cadde sulle nostre mani intrecciate. Lui probabilmente, leggendo nella sua mente, percepì la situazione e si presentò “Signora, io sono Edward, il fratello di Alice”, Renée cambiò improvvisamente espressione e sorrise affascinata “Oh piacere mio caro! Tua sorella mi ha parlato molto bene di te e sono lieta di fare la tua conoscenza, ma prego accomodatevi, non restate sulla porta!”. Guardai Edward titubante, lui ammiccò e capii che era tutto apposto.
Ci accomodammo in salotto, dove mia madre provò a offrire qualcosa ai due Cullen, senza ottenere soddisfazione “Vi fermate qui per la notte?” domandò mentre sistemava le posate “Non vorremmo arrecare disturbo” rispose Edward, io gli strinsi la mano “No, assolutamente. Ho una camera degli ospiti apposta per te e Alice potrà dormire con Meredith come ieri notte” sorridente annuii. Poi mi resi conto che non avevo ancora detto a mia madre che volevo ripartire, per questo mi irrigidii, Edward mi guardò interrogativo, io abbassai lo sguardo e lui per tutta risposta alzò il viso e mi fissò preoccupato “Non le ho ancora detto che voglio tornare a Forks” bisbigliai in modo che mi sentisse solo lui, annuì “Alice potresti mostrarmi il bagno per piacere?” chiese Edward rivolgendosi alla sorella, lei inarcò un sopracciglio, il fratello le lanciò un’occhiataccia “Oh si certo. Ci assentiamo un attimo” disse guardando Renée “D’accordo, fate come foste a casa vostra”. Una volta andati via, mi avvicinai a Renée, nervosa cominciai a giocherellare con una mela, lei mi scrutò “Devi dirmi qualcosa?” sobbalzai, dimenticavo il suo intuito affinato “Ehm veramente si…” tremai “Ti ascolto” “Vedi mamma…ho pensato molto alla tua proposta, ma non me la sento di lasciare solo papà. Poi lì ho i miei amici e…” abbassai gli occhi “Sto costruendo la mia vita lì e ci sto bene…per ora”. Renée mi osservò per buoni cinque minuti, mettendomi addosso un’agitazione esagerata “Quindi vuoi tornare a Forks per tuo padre e i tuoi amici” constatò, io annuii “Solo per questo?” domandò sorridendomi maliziosa “E che mi dici di Edward?” e marcò bene il suo nome “Sbaglio o avevi detto che non dovevi dirmi niente di lui, però lo hai portato qui e poco fa eravate mano nella mano. Oggi gli amici si comportano in questo modo e si fissano in maniera così intensa come fate voi due?” chiese squadrandomi e aspettando la mia reazione. Trattenni il fiato, ma non a lungo, alla fine mi lasciai andare in un lungo sospiro “Ok, hai vinto!” sorrise “Edward mi piace, ok? E stiamo insieme da…oggi” mormorai arrossendo per la millesima volta “Ci stiamo provando, credo che…si beh…insomma…” balbettai “Ho capito, Meredith! Non aggiungere altro” mi prese le braccia e le guardò “Sei tanto cresciuta” mormorò commossa “Torna pure a Forks se è quello che desideri” disse poi abbracciandomi “Grazie, grazie!” esclamai entusiasta. “Ci siamo persi qualcosa?” domandò Alice entrando in salotto, io e Renée ci girammo verso lei e Edward “Domani si parte per Forks” gridai correndole incontro e saltandole al collo “Andiamo a preparare la valigia?” e la trascinai su per le scale, Edward ci fissò, a metà cammino mi bloccai e mi voltai nella sua direzione, incontrando il suo sguardo rapitore e gli sorrisi sincera “Ci dai una mano?” gli chiesi, lui annuì felice e ci perdemmo in un’occhiata languida.

 

”Fuori è quasi giorno e l'aria chiara rende limpida ogni cosa
apri gli occhi e chiudi la valigia che ora ti riporto a casa
cancella tutto e ti giuro che tutto si aggiusterà io non voglio più sbagliare
ho bisogno di te
più di quanto non sai”

 

“Meredith ovviamente io stanotte fingerò di dormire nella tua stanza, ho bisogno di andare a caccia. Ho già avuto una visione e tua madre non entrerà nelle nostre stanze” mi fece l’occhiolino “Va bene” le sorrisi mentre ficcavo in valigia i miei jeans “Allora vado. A domattina” e saltò giù dalla finestra. Edward mi cinse immediatamente la vita con le mani e mi tirò a sé “E così io ti piaccio” disse divertito “Così pare” risposi con un’ alzata di spalle “E ci siamo messi insieme oggi” aggiunse poi “Non è così?” chiesi, lui annuì “Ma non sai da quanto provo per te questo sentimento” e mi voltò verso di lui “Vorrei che sentissi quanto è complicato” mormorò sulla mia fronte prima di baciarmela “Lo posso solo immaginare” sospirai “Ma ci voglio provare” proferì deciso “Non sono pronto a perderti di nuovo, ho rischiato di farti scappare una volta, non commetterò lo stesso errore una seconda volta” mi chiuse il viso tra le mani “Io ho bisogno di te” soffiò poi mi rubò un altro bacio


”c'è la mia vita all'improvviso mi è sfuggita dalle dita davi tutto quanto per scontato e ad un tratto mi hai perduta ma se son qui ad aspettare è solamente perchè credo ancora nell'amore”

 

Quando ebbi bisogno di respirare, si separò di qualche millimetro dalle mie labbra “Anche io…” mormorai confusa “Anche io ho bisogno di te” deglutii “Non lasciarmi” mi aggrappai alle sue spalle cercando conforto, Edward strinse con le dita i miei capelli e mi baciò nuovamente per qualche secondo “Devo…” ingoiò “Devo essere prudente, potrei spezzarti con un singolo movimento. Sei come creta nelle mie mani” mi accarezzò più volte le guance.


”prendimi abbracciami per non sentire più nessun dolore siamo noi ancora noi e non vogliamo più farci del male si può cambiare ricominciare
ho bisogno di te più di quanto non sai
quello che il futuro ci ha promesso ora non può più aspettare giurami che i giorni che verranno ci faranno ritrovare per arrivare lontano basta guardarci nel cuore e io vedo ancora amore”

 

“Lo so…ma…”  impugnai la sua camicia e chinai il capo “Non voglio che tu pensi di mettermi in pericolo o altre cose del genere. Non…” chiusi gli occhi “Non fare la stupidata che hai commesso con Bella” alzai lo sguardo “Promettimelo!” lo intimai, lui mi fissò dolce e premuroso “Io ti sarò accanto fino a quando vorrai” bisbigliò “Per sempre allora” sorrisi io, lui scosse il capo “Ne discuteremo in seguito. Sei stanca e domani ci aspetta un viaggio in compagnia di un Alice eccitata all’idea di festeggiare insieme la fine dell’anno” roteai gli occhi verso il cielo e Edward rise “Buonanotte. Fai bei sogni” “Sognerò te. Verrai a trovarmi stanotte?” domandai speranzosa, un bacio a fior di labbra fu la sua risposta per poi scomparire dietro la porta.

 

“prendimi abbracciami per non sentire più nessun dolore siamo noi ancora noi e non vogliamo più farci del male si può cambiare ricominciare
ho bisogno di te più di quanto non sai”

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Capitolo 22
*** Io e te ***


Io e te

Buon giorno a tutti,
presa dallo studio, mi stavo dimenticando che era sabato e dovevo postare il capitolo, ma vi pare che la mia testa possa resettare queste informazioni così importanti??? Ah, devo fare assolutamente una cura di fosforo u.u. A parte i miei scleri mattutini, vi devo, ancora una volta, ringraziare. Non so se capite come mi sento, ma vedere 8 recensioni è stato per me fonte di gioia immensa, avrei voluto mettermi a saltellare per tutta la stanza, ma non ho potuto farlo, perché sennò avrei dovuto spiegare alla mia compagna che mi stava succedendo :p. mi avrebbe preso per matta (ehm…lo sono, ma questo è un dettaglio insignificante :P).

 

Ginevrapotter: oh grazie, grazie e ancora grazie!!! Purtroppo mi commuovo e non posso farci nulla. Ti do una buona notizia: ci vorrà ancora un po’ prima che la storia finisca, quindi ora non ci pensare e goditi questi capitoli.

 

Dindy80: grazie a te per esserci sempre. Oramai sono talmente abituata a leggere le tue recensione che se all’improvviso sparissi, mi sentirei un pezzo mancante. Questa storia esiste anche grazie a te e a tutti quelli che mi stanno dando tanto e mi stimolano a continuarla, quindi grazie sul serio! Anche io amo le librerie, ci passo le ore, quando mi trovo ad entrarci e comprerei tutto. Spero che questo capitolo ti piaccia, aspetto di sapere che ne pensi. Bacio.

 

Antonya: tu non hai idea di quanto mi abbia fatto piacere leggere le tue parole. Quando ho visto il tuo nome, sono sobbalzata, credimi!!! Non potevo crederci, è stato bellissimo, un onore…un vero onore!!! Grazie Antonya, perché dette da te queste cose, mi fanno sentire veramente fiera di quello che faccio. Grazie, grazie, grazie. C’è molto di me in Meredith…come al solito, non riesco ad essere oggettiva quando scrivo e finisco per catapultarmi dentro le mie storie. Fammi sapere come ti sembra questo capitolo. Ti voglio bene…

 

Saretta__Trilly__: in questo capitolo potrai vedere come si comportano i due piccioncini, spero solo di non deludere le tue aspettative…

 

Vampiretta Cullen: eheheh vuoi l’autografo??? Ma dai!!! Come sempre, sei divertente e dolcissima allo stesso tempo, un giorno di questo finirò per sciogliermi per i tuoi continui complimenti (che ovviamente apprezzo e che mi stimolano a continuare)…Grazie mia adorata principessa. Spero di poter chattare di nuovo con te, quanto prima. Mi mancano le nostre chiacchierate. Ti voglio bene…

 

Giulls: sei davvero orgogliosa di me? Oh mamma mia! Mi sento emozionantissima, come una bambina che vede per la prima volta un tramonto, mano nella mano col proprio ragazzo. No, tesoro, non puoi capire quanto quello che mi dici, che tutti voi mi dite, mi aiuti!!! Grazie!!!!!!!

 

_Aislinn_: chi risulta essere ripetitiva tra le due, è la sottoscritta, perché davvero non so più che parole usare, per ringraziarvi. Risulterò banale, ma davvero mi mancano gli aggettivi per descrivervi la mia felicità! Ci metto tanto di me nelle emozioni che provo a farvi recepire, spero vi arrivino. Bacio.

 

Piccola Ketty: tesoro grazie! Cerco di rendere questa storia il più originale possibile, mettendoci ogni piccola idea che mi passa per la testa, voglio davvero fare un lavoro che sia apprezzato e ben curato in ogni dettaglio. Spero di riuscirci, faccio davvero del mio meglio. Bacio…

 

Prima di lasciarvi al capitolo, vi posto il link della canzone che troverete alla fine: http://www.youtube.com/watch?v=Wu47nXhg6OE
Grazie ancora infinitamente e col cuore a tutti…!!!

Capitolo 21 “Io e te”

 

Un fischio.
Due fischi.
Tre fischi.

Che irritazione! Stavo sognando così bene! Ma chi era che osava interrompere il mio sonnellino? Spalancai gli occhi decisa a dirgliene quattro a questo disturbatore, ma quando mi trovai davanti Alice, mi paralizzai “Ali?” la chiamai “Finalmente sei sveglia. Sto armeggiando con la tua valigia da un’ora, facendo un gran baccano, ma non vuoi saperne di aprire gli occhi!” borbottò facendo una faccia buffa che mi fece ridere. D’un tratto sussultai ricordandomi di ciò che era avvenuto il giorno prima; cominciai a guardarmi intorno alla ricerca di Edward, ma di lui non c’era traccia. Il terrore prese il sopravvento. Fissai Alice con sgomento, lei lesse la mia espressione e s’accostò al letto, si sedette e cominciò ad accarezzarmi i capelli “Meredith” la guardai impaurita “Stai calma” “Edward dov’è?” deglutii a fatica “E’ a caccia, ti è stato accanto tutta la notte, ma era stremato. Ieri s’è stancato molto” un sospiro di sollievo proruppe sulle mie labbra “Credevi se ne fosse andato?” annuii vergognandomi come una ladra “Stupidina!” trillò Alice “Avanti alzati! Edward sarà qui tra poco e dobbiamo andarcene, l’aereo parte esattamente tra cinque ore” proferì severa. In un batter d’occhio fui pronta, scesi in cucina a salutare mamma e Phil per avvertirli che ci stavamo preparando alla partenza, poco dopo fui di nuovo su, Alice mi guardò e sorrise “Edward è nella stanza degli ospiti” e ammiccò, io mi illuminai e uscii di corsa dalla camera dirigendomi presso la sua. Arrivata alla porta mi fermai, inspirai ed espirai due o tre volte, poi con la mano che mi tremava, bussai, era certo che lui mi avesse già sentito “Posso?” chiesi “Prego”, aprii la porta e lo trovai steso sul letto con le braccia dietro la testa, l’immagine del relax. Un sorriso spontaneo nacque sulla mia bocca quando il miele dei suoi occhi si sciolse nei miei verde nocciola “Buongiorno Meredith!” cantò allegro “Buongiorno…Edward” enfatizzai il suo nome, restando ferma sulla soglia a guardarlo. Trascorsero dei minuti e i nostri sguardi non accennavano a sciogliersi, incatenati e attratti come due calamite. Il fatto era che mi sentivo stordita, semplicemente incredula che quel miracolo divino fosse…mio! Pazzesco come solo pensarlo accanto a me, mi facesse rabbrividire di piacere e sentire leggera come una farfalla. “Dormito bene?” domandò lui, spezzando la magia, io scrollai le spalle e dondolai su un piede “Molto, grazie. E la tua nottata com’è stata?” chiesi sinceramente curiosa “Piacevole, molto piacevole” e ammiccò mettendomi in imbarazzo. Mi avvicinai al letto, lui mi fece segno con la mano di accomodarmi, obbedii, ci fissammo ancora. Edward sollevò il braccio, lento e agonizzante lo avvicinò al mio viso, con le dita disegnò un cerchio sulla mia guancia, io chiusi gli occhi per godermi il momento e quando avvertii il suo fiato freddo, mi preparai psicologicamente a raggiungere il paradiso. La sua bocca di rosa si posò delicata sulla mia e dopo un attimo di esitazione, esse si modellarono, danzando piano, pregustandosi pezzettino dopo pezzettino. E fu estenuante, eccitante, stramaledettamente bello.
“Mmm…” mormorò lui, io mi passai la lingua sulle labbra per assaggiare ancora il suo sapore, non riuscivo a starne senza, nell’istante in cui riaprii le palpebre affondai nelle sue pupille così vicine alle mie e il mio cuore sussultò felice. Sorrisi deliziata e lui fece lo stesso. “E’ straordinario!” esclamò calmo “Cosa?” domandai rauca “Quanto starti accanto sia così sorprendentemente meraviglioso. Mi sembra di essere rinato ieri e di vedere solo ora la luce. Meredith tu mi rendi felice e non lo sai” sorrise lieve, il mio cuore palpitò velocissimo, facendomi mancare l’aria. “Stai bene?” domandò preoccupato, non vedendomi parlare, annuii impercettibilmente, ma quel poco che bastava per essere visibile agli occhi di un vampiro “Ho detto qualcosa di sbagliato?” corrucciò la fronte pensieroso. Negai col capo “E allora perché non parli?”, gli feci cenno con la mano di aspettare, mi portai le dita al petto e stropicciai la maglia all’altezza del cuore, tossii liberandomi “Ah ora va meglio” sospirai strofinandomi la fronte con il braccio, Edward mi guardava confuso, gli sorrisi “Scusami, ma le tue parole mi hanno…bloccato il respiro!”, dopo un primo momento di smarrimento, Edward scoppiò a ridere, io mi accigliai e lo fissai truce “Tu sei tutta matta” disse continuando a scompisciarsi dalle risate “Ah si? E così sarei matta?” chiesi offesa incrociando le braccia al petto come una bambina capricciosa, Edward si avvicinò “Si e poi io amo la tua pazzia” soffiò nel mio orecchio. Immediatamente i miei sensi s’accesero e controllarmi fu difficile, infatti lo baciai. L’effetto che Edward aveva sul mio corpo mi spaventava. Era la prima volta che sentivo nascere in me esigenze fisiche, mi ero innamorata in passato, ma ciò che Edward scatenava in me era nettamente amplificato. Quando a 13 anni conobbi David fu un vero colpo di fulmine, aveva due anni più di me, era alto, biondo, occhi castani, giocava nelle giovanili di basket di Detroit ed era adulato da tutte. Io ero timida, ma qualcosa all’epoca mi spinse a scrivergli una lettera nella quale mi complimentavo con lui per il suo talento sportivo, per la gentilezza e disponibilità che mostrava nei confronti di chiunque gli si avvicinasse. No, non gli confessai nulla di ciò che provavo. Ho ancora ben impresso nella mente tutte le volte che mia madre costringeva Andrew ad accompagnarmi a vedere le partite del campionato di basket “Ma perché deve andarci? Non capisco questo suo improvviso interesse per lo sport!” si lamentava mio fratello “Oh avanti Andrew! Si tratta di un’ora, non ti costa niente, fai questo favore alla tua mamma!” ogni volta si ripeteva la stessa scena. Stesse battute, stesso risultato: alla fine andavamo tutti e tre allo stadio, ci divertivamo come matti e ci abbuffavamo di pop corn e patatine. Ero fermamente convinta che nessuno avesse capito che mi piaceva David, tranne ovviamente la mia migliore amica, Cindy, alla quale avevo confessato quella mia stupida cotta da adolescente, ma all’epoca non ero ancora a conoscenza della perspicacia di mia madre. Un giorno, infatti, ero in stanza a vestirmi, decisa a consegnare la mia lettera a David. Tremavo mentre pensavo a quello che stavo per fare ed ero talmente su di giri che non appena mia madre entrò in stanza per chiamarmi, saltai come una molla per lo spavento, facendo cadere il foglio dalla tasca della felpa. Sbarrai gli occhi quando mamma lo prese me lo porse senza aprirlo, la fissai stralunata, in genere era così curiosa. “Oggi finalmente rivelerai a quel giocatore biondo i tuoi sentimenti?” chiese amorevolmente. A primo impatto non compresi le sue parole, poi quando mi indicò la lettera che stringevo nella mano destre, sbattei le palpebre incredula e il mio sguardo vagò dal foglio al viso di mia madre “Tesoro” mi accarezzò la guancia “Non ho letto quello che hai scritto, mi basta guardare te per capire che quel David ti piace” al suo nome salta sul posto e arrossii visibilmente “Non avere paura di me, sono tua madre lo so, ma non ti giudico per quello che fai! È vero: tempo che tu possa rimanerci male e soffrirne. Inoltre non dimentico che lui è più grande di te e per questo ti invito alla prudenza. Tanto non uscirai da sola con lui, sei ancora piccola!” disse severa, io annuii “Ma non posso controllare i tuoi sentimenti, so come ti fa sentire questa nuova esperienza, ma credimi: un giorno sarà ancora più bello, quando troverai la persona giusta, ti sentirai così completa e felice da avere la forza di scalare le montagne e di affrontare ogni cosa” pronunciò sognante “E’ quello che hai provato con papà?” domandai timida e profondamente curiosa, lo sguardo di mia madre per un attimo si spense, ma poi torno quello di sempre “Si e no. Quando sarai grande, capirai!” e se ne andò.
Alla fine non diedi la lettera a David: ero andata nella zona privata dello stadio, gli spogliatoi per intenderci, grazie ad alcune conoscenze di mio fratello e quando avevo scorto David di spalle, avevo sorriso pronta ad avvicinarmi, ma nel momento in cui udii una voce femminile, quella voce, mi nascosi dietro degli armadietti grigi “Beh David, volevo dirti che mi piaci da parecchio. So di essere più piccola, ma me la so cavare molto bene con i ragazzi e se vuoi te ne do la dimostrazione”, intravidi il viso di Cindy e ogni mia certezza crollò. David se la rideva beato e Cindy audace come non l’avevo mai vista, si alzò sulla punta dei piedi e lo baciò. Inizialmente, lui rimase sorpreso, poi stette al gioco, la spinse contro il muro con forza e la sua mano salì su verso il seno prosperoso della mia ex migliore amica. Aveva 13 anni e mezzo, ma fisicamente ne dimostrava 15 o 16. quello che successe dopo non l’ho mai saputo, perché corsi subito via con le mani davanti agli occhi, triste e delusa per quello che Cindy mi aveva fatto. L’avevo sempre creduta buona e sincera, ma dentro covava una serpe maligna e solo col trascorrere dei mesi capii con chi avessi avuto a che fare.
Quando mi scostai dalle labbra di Edward, il suo sorriso sornione mi ridestò “Ci stiamo prendendo gusto, eh?” disse divertito “Stupido!” lo ribeccai alzandomi dal letto “Dai andiamo, Alice ci aspetta!” aggiunsi dirigendomi verso la porta, ma Edward mi anticipò, aprendomela “Prego Madame” fece con galanteria, io roteai gli occhi al cielo e uscii.
“Amore mio fai buon viaggio! Mi raccomando stai attenta e fatti sentire. Salutami Charlie!” “Certo mamma!” risposi ansiosa di partire “Grazie per l’ospitalità e la gentilezza. E’ stato un vero piacere conoscerla” trillò Alice seguita da Edward “Ragazzi venite quando volete, qui siete i benvenuti. Badate a mia figlia, soprattutto tu giovanotto!” Renée guardò severa Edward, alchè io mi avvicinai “Ok, è arrivato davvero il momento di andare!” proferii zittendo mia madre “Non si preoccupi, tratterò bene Meredith!” detto ciò Edward mi strinse a sé con amore e ci dirigemmo verso l’auto.
“Sei contenta di tornare a Forks?” domandò Alice dal posto di guida “Moltissimo!” risposi sincera, stringendo la mano di Edward, il quale mi sorrise compiaciuto “Fratellino!” squittì Ali “Si, va bene” disse Edward scocciato, rispondendo ai pensieri della sorella “Basta che non esageri!” li guardai corrucciando la fronte e sbuffando “Non mi piace che sappiate solo voi di cosa state parlando” incrociai le braccia al petto “Rendete partecipe anche me!” li pregai “Non è niente di importante, anche se credo che non ti piacerà” ammise Edward avvicinandosi, tremai “Ehi! Sarà piacevole, invece!” sbuffò Alice “Ok” dissi “Ho capito che ha a che fare con la piccola peste, quindi è probabile che riguardi la festa di Capodanno” sospirai rassegnata “Bingo!” ammiccò Edward “Tu non potresti salvarmi?” lo guardai disperata, provando anche a fargli gli occhi dolci. Impresa impossibile, soprattutto di fronte ai suoi molto più convincenti e belli dei miei. Edward sorrise lievemente, prese il mio viso tra i palmi delle sue mani e lo avvicinò al suo “Credimi, vorrei farlo, ma lei mi ha aiutata con te, senza Alice, ora io e te non saremmo qui insieme!” mi fissò dolcemente “Capito” sorrisi, proprio in quell’istante, Alice accostò l’auto, scese, aprì la portiera di dietro e sghignazzò “Tocca a te guidare, fratellino” e gli fece cenno di accomodarsi al posto del guidatore, Edward sospirò, poi si voltò verso di me, lasciandomi un bacio a fior di labbra che mi mozzò il fiato e subito dopo si precipitò davanti. Alice nel frattempo, con una grazia innaturale, s’accomodò al mio fianco “E ora a noi due!” il sorriso minaccioso che mi rivolse mi fece raggelare sul posto. 
Avrei tanto desiderato che i vampiri potessero ammalarsi ad esempio di raucedine, magari le mie povere orecchie avrebbero potuto riprendersi dopo non sapevo di preciso quante ore di viaggio, in cui Alice aveva continua a blaterare, bla, bla, bla senza mai fermarsi. Io avevo perso il filo dopo la terza parola mi sembrava avesse nominato un certo vestito lilla di Valentino, ma non ci avrei scommesso. Da parte mia, avevo preferito indirizzare la mia attenzione verso il vampiro che tanto amavo, il quale sembrava non badare alcunché ai discorsi della sorella. Era apparentemente rilassato, lo sguardo fisso sulla strada, ma sapevo che probabilmente stava pensando a noi, a come si sarebbe controllato quando stava con me o peggio si stava accusando di essere egoista, perché mi privava di una vita normale, che infondo io, non avevo mai avuto. Come se avesse percepito il mio sguardo, Edward alzò gli occhi sullo specchietto retrovisore, trovando i miei. Improvvisamente mi sentii avvolta in una bolla di sapone, stranamente sicura, se c’era lui mi sentivo bene. Mia madre aveva perfettamente ragione: mi sentivo così forte da non avvertire la stanchezza del viaggio o della petulante Alice, bensì avevo una gran voglia di ridere ed essere finalmente spensierata e felice.
Una volta arrivati di fronte casa, mi precipitai fuori dall’auto, riprendendo aria, Alice mi aveva rintontita. Edward prese il mio bagaglio e insieme a sua sorella mi accompagnarono alla porta. “Ciao papà!” esclamai “Meredith!” rispose contento, in uno slancio di gioia, gli saltai al collo e lo abbracciai “Sono felice di essere di nuovo qui” Charlie inizialmente rigido, si rilassò udendo le mie parole “Ed io mi sento bene ora che sei a casa con me” borbottò imbarazzato.
Prima di andarsene Alice disse “Come deciso domani pomeriggio verrai con me a misurare l’abito”, sbarrai gli occhi confusa “Che abito?” domandai, Alice alzò le mani verso il cielo e sembrò quasi che volesse imprecare qualcosa “Ma allora non ha ascoltato una sola parola di quello che ti ho detto!” sbraitò arrabbiata “No, no, m sono solo distratta un po’ e mi sono sfuggiti dei passaggi!” guardai sottecchi Edward che rideva, almeno lui si divertiva, ma Ali non doveva pensarla alla stessa maniera “Ad ogni modo, domani pomeriggio ti vengo a prendere, non accetto scuse!” mi fissò minacciosa “Ok, ok” risposi arrendevole.
Nel frattempo che Alice si avviava in macchina, Edward si avvicinò e mi cinse la vita con le braccia “Che mal di testa!” mi lamentai “Mi spiace per il tuo mal di testa!” mi disse lui “Non preoccuparti non è colpa tua!” “Mia sorella è sempre esagerata” rispose baciandomi la fronte “Non importa, io le voglio comunque bene” confessai affondando con la testa nel suo petto marmoreo. Qualche secondo di silenzio si frappose tra noi, ma fu Edward a spezzarlo, parlando “Dirai di noi a Charlie?” domandò “Credo che Renée lo abbia già avvertito, non hai visto come ti guardava?” “E come ci sta guardando ora!” aggiunse lui, mi scostai per verificare, arrossendo quando incrociai il suo volto dietro la tenda del soggiorno “Ci vediamo domani” disse “Non vieni più tardi?” chiesi sentendomi già persa per la sua assenza “Non vuoi stare a casa?” “Voglio stare con te” ammisi senza pensarci troppo, Edward alzò il sopracciglio, scosse la testa e poi rise sereno “Vai, tuo padre ti aspetta” mi lasciò un bacio tra i capelli, lo guardai triste “Tieni aperta la finestra, tornerò presto” annuii felice.

“Alice ma è troppo scollato!” sbuffai portandomi convulsamente la mano tra i capelli “E anche troppo corto!” aggiunsi fissando la mia figura nell’enorme specchio della stanza della vampira “Vuoi stare ferma cinque minuti?” gridò Ali, alzando la testa e lasciando penzoloni sulle mie gambe l’ago e il filo con cui mi stava sistemando l’abito che voleva, anzi pretendeva, che indossassi la sera di Capodanno “Sono qui da tre ore! Non ti sembra che abbia sopportato abbastanza?” domandai adirata “Non direi!” ribatté lei “Per queste cose ci vuole tempo e pazienza. Chi bella vuole apparir, un poco deve soffrir” disse trionfante, la fissai disperata “In realtà io non ho proprio aperto bocca, stai facendo tutto tu, manco volevo venirci a questa festa” scossi la testa per non pensarci “Fammi capire!” si alzò in piedi, portandosi le mani alla vita “Tu avresti preferito perdere l’occasione di indossare un abito di Valentino e ripeto, VALENTINO, ad una festa organizzata da me?” feci finta di pensarci, mi portai la mano sotto il mento e lo sfregai piano, alzai le pupille verso l’alto e poi annuii “Si, direi proprio di si” confessai con non chalance, Alice spalancò la bocca incredula “Sei assurda!” sibilò tra i denti, io ridacchiai divertita “Quindi non ti sarebbe dispiaciuto non trascorrere un’intera serata con Edward…” mormorò appena, guardandomi di sbieco e con aria furba, sapeva qual era il mio tasto dolente ed era lì che andava a colpire. Sospirai arrendevole “Non ho detto questo, sai bene cosa provo per tuo fratello” sussurrai “Oh si, certo che lo so. Se non ci fossi stata io, voi due ora sareste ancora a pane e acqua” disse fiera di sé “Grazie sorellina” bisbigliai, chinando il capo “Di nulla. E ora torniamo al vestito”, annuii, pronta ad essere nuovamente torturata.
Qualche ora più tardi…: ”Direi che così è perfetto!” proferì contenta Alice, facendomi fare un giro su me stessa “Guardati!” disse delicata, io mi voltai verso lo specchio, chiudendo automaticamente gli occhi, poi lentamente sollevai prima una palpebra e poi l’altra e rimasi sorpresa: il mio fisico formoso era chiuso in un vestitino lilla di seta, la sua forma svasata esaltava seno e fianchi e le decoltè mi slanciavano, nascondendo quei chili di troppo che odiavo tanto. I capelli erano raccolti in cima e su un lato della testa in un elegante chignon alla Grace Kelly, impreziosito con un intreccio di ciocche fissate come una corona e infine due boccoli che cadevano morbidi sul viso.
Lo stupore si dipinse sul mio volto, mi sentivo così diversa e a mio agio, quasi mi commossi per quanto mi piacevo vestita in quel modo. Con un’innaturale lentezza, mi girai verso Alice e la guardai “Hai fatto un miracolo!” balbettai, lei fece cenno di no con la testa “Sei tu che ti presti per essere così meravigliosa, non ti apprezzi abbastanza e invece guardati” e indicò lo specchio “Sei splendida”, mi fissai nuovamente e sorrisi. Un sorriso che mai avevo visto illuminarmi il viso in quel modo e dentro di me, una tempesta d’emozioni prese piede, trascinandomi verso qualcosa che era talmente grande, da sembrarmi immenso. Quello che era più strano per un tipo come me, era che mi andava di gettarmi a capofitto e immergermi in quell’infinito.
“Sono stata attenta a non pensare a te, al vestito, così per Edward sarà una vera sorpresa. Immagino già la sua faccia non appena ti vedrà! Ah che bello, che bello!!!” esclamò Alice, saltellando per tutta la stanza, poi d’improvviso si bloccò “Oddio, ma è tardissimo! Devo prepararmi!!!” e schizzò nel bagno, io mi persi nella mia risata, seguita a ruota da Alice.
Un’ora dopo, eravamo pronte, la mia tensione in quei minuti era salita alle stelle, erano ormai trascorse più di 7 ore da quando non vedevo Edward e mi mancava da impazzire, ma il peggio era che mi sentivo così agitata da non sapere se sarei riuscita a farmi vedere da lui, conciata in quel modo. Stavo bene, ma mi sentivo in imbarazzo…e se non gli fossi piaciuta? Se mi avesse trovato troppo volgare o troppo diversa? Rabbrividii al solo pensiero, i dubbi mi stavano tartassando. Alice mi fissò stranita “Meredith, stai bene?” chiese con evidente preoccupazione, prendendomi la mano “Tremi tutta” constatò, io non me n’ero accorta, infatti quando osservai la mia mano e la vidi oscillare velocemente, sbarrai gli occhi incredula, fissando poi Alice, terrorizzata. Jasper, che era fuori la porta, bussò e non appena Alice gli diede il permesso di entrare, si precipitò da noi allarmato, mi scrutò attentamente, chiudendo gli occhi; qualche secondo più tardi, percepii una piacevole sensazione di benessere. Sorrisi e ringraziai Jasper per la prontezza del suo intervento, senza di lui non avrei trovato pace, ma mi sarei continuata a crogiolare nei miei dubbi. “Sei pronta?” domandò Alice sorridendomi, questa volta annuii convinta, Jasper ci precedette e aprì la porta facendoci uscire; nell’ampio corridoio regnava un silenzio inquietante, mi guardai attorno spaurita “Tranquilla Meredith, Edward arriverà presto”, detto ciò, Jasper porse il suo braccio a sua moglie e si avviarono lungo la scalinata. Li scrutai sognante: erano così belli insieme, combaciavano perfettamente “Chissà io e Edward come appariamo agli occhi degli altri. Anche noi sembriamo così perfetti? Ma che vado a pensare? Lui lo è…è così…Dio! Non ho parole per descriverlo e mi sento tanto stupida ad avere il cuore a mille solo a pensarci…Vorrei trascorrere ogni singolo istante con lui, è tanto folle come idea?” sospirai “Sai che è amore quando tutto quello che vuoi è trascorrere il tempo con una persona e per qualche motivo intuisci che anche per lei è lo stesso” sobbalzai udendo il timbro caldo di Edward alle mie spalle, mi girai a guardarlo e restai allibita: era divino nel suo abito nero gessato, la giacca aperta, lasciava intravedere una camicia di raso bianca che esaltava il suo petto scultoreo, i primi bottoni slacciati, lo rendevano così sexy, che per qualche minuto, mi mancò l’aria. Deglutii a vuoto, poi tornando a fissarlo gli dissi: “ Ti sei letto tutti i libri di Nicholas Sparks?” chiesi con voce flebile, provando a racimolare un po’ di buon senso, lui sorrise sghembo “So che è il tuo scrittore preferito e ho pensato che sarebbe stato giusto informarmi su di lui e quindi ho dato un’occhiata ai suoi romanzi” ammise scrollando le spalle “<< I passi dell’amore >> è scritta in stile diario dal punto di vista di un uomo e credo sia bellissimo il modo in cui descrive ciò che accade nella sua vita, soprattutto quella presente: il suo sentirsi smarrito nella realtà in cui vive, ma con la testa è sempre nel suo passato e soprattutto con lei…” mormorai sorridendo, vedendo Edward avvicinarsi e afferrarmi le mani con gentilezza “Si, mi ha colpito molto, lo ammetto. Ma ciò che mi stupisce di più ora sei tu” disse suadente, ammiccando “Sapevo che eri bellissima, ma sai sempre sorprendermi: stasera sei meravigliosa e quest’abito” mi sfiorò la bretella sulla spalla “Ti sta d’incanto” mormorò roco, io arrossii vistosamente e abbassai la testa per nascondere l’imbarazzo, ma Edward non me lo permise: col dito indice sotto il mento, mi sollevò il viso per fissarmi dritto negli occhi “E comunque io non sono perfetto. Tutt’altro…” aggiunse, intrecciando il suo sguardo al mio “Per me lo sei” bisbigliai appena, chiusi gli occhi, stringendo le sue mani e godendo di quel contatto “Sei la persona più importante ora e…mi sento così…” spalancai le palpebre, sbattendole più volte “Felice! Ed è soltanto merito tuo. Sei speciale, Edward!” confessai, lui mi scrutò serio, poi le sua braccia scesero sulla mia vita e mi spinsero verso il suo corpo, serrandomi in un tenerissimo abbraccio. Poggiai la testa sul suo petto, all’altezza del posto in cui un tempo, c’era il suo cuore “Ti amo…” disse quasi commosso “Grazie…” aggiunse poi, scostandomi leggermente da lui “Per cosa?” domandai spaesata “Di essere capitata nel mio mondo” rispose come se fosse scontato, sorrisi imbarazzata e felice…veramente felice. Quando i nostri sguardi si fecero nuovamente seri, il mio cuore scalpitò come un matto. Mi alzai in punta di piedi e seguii ciò che mi dettava di fare e il bacio che ci demmo, spazzò via ogni incertezza.
La serata fu davvero molto bella, tra cibo, giochi, scherzi, battute, trascorremmo il tempo spensieratamente, come una vera famiglia. Mi sembrava di essere lì da sempre, come se ci fossi nata. Edward non si era allontanato da me neanche per un secondo e questo mi face sentire estremamente protetta, una sensazione davvero gradevole.
Inaspettatamente, Edward mi bisbigliò ad un orecchio: “Vieni con me”, annuii pur non capendo cosa avesse in mente e senza che nessuno ci interrompesse, ci allontanammo. Edward mi prese la mano, portandomi fuori in giardino “Ti sei stancato di stare in casa?” chiesi curiosa, lui negò “Volevo solo stare un po’ con te. D’altronde questo è il nostro primo Capodanno insieme” mi rivolse il suo sorriso migliore, quello da infarto e puntualmente, il respiro mi si fermò in gola. Camminammo per qualche metro e ci inoltrammo nell’immenso giardino che Esme teneva con gran cura, quella donna aveva un’attenzione speciale per i particolari e aveva un gusto invidiabile. “Guarda lì” mormorò ad un certo punto Edward, indicandomi in lontananza una serie di piccole lucine colorate. Inizialmente non capii, poi focalizzai meglio l’attenzione e scorsi un piccolo gazebo bianco, adornato qua e là di tanti fiocchi rosa e fiori rossi. Ci avvicinammo e Edward mi fece segno di salire i tre scalini che portavano al centro del gazebo, una volta arrivati lì, ci fermammo “Sarebbe così gentile da riservarmi questo ballo?” domandò facendo l’inchino, io impacciata, mi grattai la testa e nel tentativo di dire qualcosa, mi morsi la lingua, provando un fastidiosissimo dolore “E’ tutto ok? Se non ti va, basta dirlo” mormorò Edward un po’ deluso, spaventata per la sua espressione, cercai di rispondergli: “No, no ti prego” dissi “Chiedimelo di nuovo, giuro che questa volta ti rispondo” lo pregai, profondamente dispiaciuta. Lui sorrise e inchinandosi nuovamente, mi porse la stessa domanda “Sarebbe così gentile da riservarmi questo ballo?” “Si!” esclamai emozionata, il volto di Edward s’illuminò, mi afferrò con decisione per la vita e lasciò che le sue mani, scivolassero leggere lungo le mie braccia scoperte.
Sulle note di una dolcissima canzone, ballammo, persi uno nello sguardo dell’altro…

 

“Sorprendimi ...
con baci che non conosco ogni notte
stupiscimi ...
e se alle volte poi cado ti prego
sorreggimi, aiutami
a capire le cose del mondo
e parlami, di più di te, io miro a te
completamente ...
Adesso andiamo nel vento e riapriamo le ali
c’è un volo molto speciale non torna domani
respiro nel tuo respiro e ti tengo le mani
qui non ci vede nessuno siam troppo vicini
e troppo veri ...
Sorprendimi ...
e con carezze proibite e dolcissime
amami ...
e se alle volte mi chiudo ti prego
capiscimi, altro non c’è
che la voglia di crescere insieme
ascoltami, io miro a te e penso a te
continuamente ...
Adesso andiamo nel vento e riapriamo le ali
c’è un volo molto speciale non torna domani
respiro nel tuo respiro e ti tengo le mani
qui non ci prende nessuno siam troppo vicini
e troppo veri ...
veri ...
Dai che torniamo nel vento e riapriamo le ali
c’è un volo molto speciale non torna domani
respiro nel tuo respiro e ti tengo le mani
qui non ci prende nessuno siam troppo vicini
e troppo veri ...
Sorprendimi ,sorprendimi ,sorprendimi..”

 

I nostri corpi si modellarono, muovendosi al ritmo richiesto dalla musica e i nostri occhi…beh quelli restarono incollati come due calamiti, incapaci di separarsi, attratte dalla forza di gravità. Ciò che lessi nel suo sguardo, mi riempì di quel grande vuoto che mi trascinavo dentro da troppo tempo.
Quando la canzone terminò, io e Edward restammo immobili, fino al momento in cui, lui mi accarezzò una gota col dorso della mano, giocando poi con una ciocca dei miei capelli “E’ mezzanotte” disse “Auguri” sbiascicai rossa, lui rise di gusto, poi si avvicinò pericolosamente al mio viso “Sai” soffiò “Siamo fermi esattamente sotto il vischio” e fece cenno con gli occhi di guardare verso l’altro, così feci e notai un mazzetto di vischio che penzolava sulle nostre teste. Sorrisi appena quando mi ritrovai nuovamente di fronte al suo volto “Che ne dici di rispettare la tradizione?” chiese quasi sulle mie labbra, tentai di muovere il capo per annuire, ma non me lo permise, perché si avventò su di esse e le fece sue, in un batter d’occhio mi ritrovai sommersa dai brividi che solo lui era in grado di provocarmi. Fu il più bel Capodanno di tutta la mia vita…e tutto questo solo grazie ad Edward…

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Capitolo 23
*** Amarti a modo mio ***


Amarti a modo mio
Buona sera a tutti,
scusate per il ritardo, ma oggi sono stata fuori tutto il giorno. E' una delle ultime giornate libere che posso concedermi, prima di buttarmi a capofitto
sui libri. Sarà un mese tremendo, potrò scrivere pochissimo e questo mi addolora :(.
Veniamo a noi! Scusatemi se non rispondo alle recensioni, ma sono di passaggio (Marghe se sempre di corsa u.u!!!), spero sappiate capirmi!
Vi ringrazio dal profondo, perchè vedo che questa storia vi sta intrigando sempre più e mi sento davvero tanto contenta...presto purtroppo, posterò più a rilento
per via dello studio, quindi mi auguro che sappiate attendermi e non scappiate via, abbandonandomi :(. Farò del mio meglio per farvi avere i capitoli ogni sabato, promesso.
Il mio impegno c'è tutto, spero di essere in grado di rispettarlo!
Grazie a tutti coloro che leggono, recensiscono, hanno inserito la storia tra le scelte, preferite, ricordate e quant'altro!!!
Eccovi il nuovo capitolo, vi lascio anche il link della canzone che troverete alla fine e che dà il titolo al capitolo stesso: http://www.youtube.com/watch?v=c1KDOVX1OPQ&feature=related





Capitolo 22 “Amarti a modo mio”

 

Quando Edward mi portò in stanza, percepivo un piacevole formicolio alla testa, mi appariva tutto così stranamente assurdo!
Prima di lasciarmi riposare, mi lasciò un bacio tra i capelli, dopo avermi rimboccato le coperte come si faceva con i bambini “Dormi mia adorata. Domani è un altro giorno…” sussurrò sulle mie labbra. Imbambolata e assonnata, lo guardai lasciare la mia stanza a passo di danza e non appena mi ritrovai sola, sospirai pesantemente ripensando alle sue parole, a quella serata; mi coprii il volto col lenzuolo, avvertendo un improvviso calore e gli occhi luccicare, iniziai poi a emettere suoni sconnessi e qualche secondo più tardi, mi ritrovai a ridere in modo stupido “Oddio! Mi sento così euforica!” esclamai, affondando completamente nelle coperte “Chissà lui cosa prova ora…” pensai tra me, dopodichè mi addormentai, ancora sorridendo.

“Meredith, Meredith!” tuonò una voce maschile nel mio orecchio. Spaventata, sobbalzai, guardandomi immediatamente attorno: non era la stanza di casa Cullen, né quella di Bella…spalancai gli occhi esterrefatta quando compresi di trovarmi nella mia camera di Detroit! Il volto di Andrew, mi comparse davanti, facendomi urlare di terrore “Ehi sorellina, che ti succede?” chiese turbato, io mi portai una mano sul volto “Che ci faccio qui?” domandai a me stessa, Andrew corrucciò la fronte, confuso “Ma che stai blaterando? Avanti pigrona alzati! Ti ho preparato la colazione: latte con caffé e cornetto al cioccolato appena sfornato, proprio come piace a te!” sorrise facendomi l’occhiolino “Io…” deglutii a vuoto “Io non dovrei essere qui!” esclamai fissandolo attonita “Edward vienimi a prendere” bisbigliai con tono appena udibile, saggiando le mie lacrime “Meredith!” mi rimproverò mio fratello, tornando a sedersi sul letto e afferrandomi per le spalle “Devi smetterla di leggere quei libri! Ti stai solo facendo del male!” sospirò, chiudendo gli occhi per poi riaprirli, sembravano essersi scuriti “Edward non esiste!” aggiunse, scatenando la mia rabbia “Non è vero!” sibilai tra i denti “Lui c’è e…” le parole mi morirono in gola nell’istante in cui mi resi conto che Andrew aveva ragione “Sorellina!” mi chiamò lui, risvegliandomi dal mio torpore “Devo andare a Forks” dissi alzandomi dal letto con un balzo. Dovevo accertarmi di aver solo sognato, dovevo almeno provarci. Mio fratello però, non era dello stesso parere, infatti mi tirò per un braccio, facendomi voltare verso di lui “E’ questa casa tua!” pronunciò duramente. A quelle parole, mi arresi, chinando il volto verso il pavimento. Mi sentivo anche fortemente egoista: infondo io volevo tornare alla mia vita, da mio fratello, ma dentro sentivo che stavo vivendo la mia favola e che qualcosa ingiustamente, me l’aveva interrotta. Era stato solo un bellissimo sogno…
D’un tratto, un tonfo, mi fece voltare il capo verso la finestra: il vento aveva spalancato le ante e la tenda si muoveva convulsa, seguendo il suo fruscio. Una luce abbagliante mi costrinse a chiudere gli occhi, coprendomeli col braccio, poi un movimento rapido alle mia spalle, mi distrasse e riconobbi una grossa ombra simile a quella di un vecchio sogno “Non è finita…” sussurrò. Sbattei più volte le palpebre incredula e qualche secondo dopo, ero nuovamente stesa sul letto a casa Cullen. Mi portai seduta e con la mano mi asciugai la fronte imperlata di sudore. Avevo semplicemente sognato, ma il solo pensare che quel sogno rispecchiava ciò che forse, un giorno sarebbe successo, mi faceva tremare. Mossi i piedi, inquieta, ma avvertii qualcosa premermi sulle gambe, alzai gli occhi e solo in quel momento, mi accorsi di un enorme mazzo di rose rosse poggiati ai piedi del letto. Meravigliata, lo presi, scrutando poi un piccolo bigliettino bianco, nascosto tra i petali rossastri; lo aprii e ne lessi, commossa, il contenuto:

 
Perdonami se non sono rimasto accanto a te, stanotte, ma non ero convinto che tu mi  volessi al tuo fianco. Non so ancora bene come comportarmi e questa mia titubanza, mi fa sentire uno stupido adolescente, non sono abituato ad essere così confuso e a provare certi sentimenti,, ma nonostante questo, è tutto tremendamente piacevole. Ho comunque preferito lasciarti dormire tranquilla, ma, come puoi vedere, non ho resistito a lungo lontano da te  e così sono uscito a comprarti queste semplici rose per fartene dono. Quando però sono rientrato nella tua stanza,  tu riposavi beata e non ho voluto svegliarti, nonostante abbia avuto l’impulso di farlo, ma ho saputo tenere ben a freno il mio egoismo.
Mentre ti scrivo, il tuo respiro cadenza il ritmo della mia mano e il battito del tuo cuore, guida il mio…
Sei così bella da non sembrarmi vera! Non smetterò mai di ringraziare chi ti ha concesso di essere qui…con me!
Ti amo…

Edward”

 

Poche righe ebbero l’effetto di farmi rabbrividire e fu inevitabile piangere, soprattutto perché nella mia testa vorticavano ancora le immagini così reali, di quel sogno. “Oh Edward” soffiai, mi sentivo male, dentro di me un gran vuoto prese piede e mi detestai: dovevo sentirmi felice, invece!

“Toc, toc”

Saltai dal letto, asciugandomi in fretta le lacrime “Chi è?” chiesi, sistemandomi i capelli “Tesoro, sono Esme. Ti ho portato la colazione” esclamò. Corsi immediatamente ad aprirla, il suo sorriso smagliante e materno, mi consolò “Latte con caffé e cornetto al cioccolato appena sfornato. Carlisle è andato a comprarlo apposta per te” mi sorrise teneramente, non sapendo però che le sue parole avevano avuto l’effetto di un sonoro schiaffo: aveva detto le stesse cose di Andrew! Poi però, la mia attenzione si spostò su un altro particolare “E…Edward dov’è?” domandai titubante, mentre mi spostavo per farla passare. Esme danzò verso il comodino posto accanto al letto, vi poggiò sopra il vassoio, poi si girò verso di me e sorridendo ancora, mi rispose:”Alice lo ha trascinato a caccia. Lo ha rimproverato che stava disturbando il tuo sonno e lo ha portato con sé” fece spallucce, io inarcai il sopracciglio, poi scossi la testa: Alice era unica! Ma capii che lo aveva fatto di proposito, così lui non avrebbe potuto leggere nella mia mente, del sogno, ne avrebbe sofferto e né io né sua sorella, volevamo questo.
“Ti va di aiutarmi a fare un dolce?” chiese Esme con un sorriso materno, fu inevitabile sorriderle “Certamente” aprii l’anta dell’armadio “Mi vesto e sono da te” le dissi “Ti aspetto in cucina” e detto questo andò via.
“Meredith, monta i tuorli d’uova insieme a metà di questo zucchero fino a che non ottieni un impasto chiaro e cremoso” disse Esme porgendomi la ciotola, annuii nonostante non fossi molto sicura di saperlo fare “Io nel frattempo preparo il mascarpone” aggiunse poi. Mentre lavoravo le uova, pensavo e ripensavo a quel sogno e mi tormentavo il cervello, Edward era un ragazzo meticoloso, attento, si sarebbe facilmente accorto che avevo qualcosa che non andava. Non volevo che si preoccupasse più del dovuto, come non desideravo preoccuparmi io, cercavo di concentrarmi sulle uova, ma niente, la mia mente aveva deciso di sintonizzarsi su una linea ben diversa. Terminato l’impasto, mi diressi al lavello, aprii la fontana, ma quel gesto mi ricordò di quando io e mamma cucinavamo insieme, puntualmente finivo col sporcarle tutta la cucina e toccava a me ripulire ogni cosa.

 << ”Mery!” tuonò mia madre, colpevole mi voltai lentamente nella sua direzione a capo chino “Scusami” mormorai afflitta, non ero proprio capace di cucinare senza far danni. La sentii sospirare, poi si avvicinò “Ripulisci, voglio la cucina in ordine. Deve splendere come prima!” esclamò severa, annuii solamente incapace di dire altro. Presi la spugna e la bagnai iniziando a pulire il piano cottura, mia madre era alle mie spalle, ne avvertito la presenza.
Ad un tratto, un getto d’acqua mi colpì in pieno viso, lasciandomi basita. Non capii nulla, strofinai il braccio sugli occhi, quando udii poi la risata argentea di mia madre, quella della mia infanzia, mi ridestai. Lei era là con le mani nell’acqua, pronta a schizzarmi nuovamente. La fissai incredula. Scherzava? Il sorriso beffardo che mi fece prima di bagnarmi di nuovo, mi avrebbe dovuto mettere in allerta, ma niente, ero rimasta ferma, facile preda dei suoi giochetti. “Mamma!” la rimproverai “Mi hai bagnato tutta!” urlai guardando i miei vestiti gocciolare”Come sei buffa” mia madre rideva beata. Inizialmente la fissa truce, poi mi persi nella sua risata. Era così bello vederla felice, quei mesi erano stati tremendi. Le chemio la sfinivano e dormiva spesso. Non sarei stata io a rovinarle il divertimento. Mi avvicinai a passo felpato a lei, la quale mi osservò contenta, le sorrisi, alzai il braccio sulla sua testa e spremetti la spugna che avevo tra le mani, lasciando che l’acqua le scivolasse tra i capelli. Sbarrò gli occhi incredula. Appena finito, sogghignai, le diedi le spalle e ricominciai a pulire. “Vuoi la guerra?” le sentii dire, risi e mi  voltai “E che guerra sia!” proferii afferrando il secchio pieno d’acqua.
Quel giorno giocammo come due bambine spensierate, nessun pensiero, nessun dolore ad affliggerci, solo io e la mia mamma…>>

 
Sospirai nuovamente e Esme mi fissò amorevole, accennai un debole sorriso “Non voglio intromettermi nella tua vita” mormorò fissando l’impasto “Però ti vedo strana stamane, qualcosa non va?” chiese teneramente, spostai lo sguardo sull’acqua della fontana che scorreva a fiumi sulle mie mani ferme, chiusi gli occhi concentrandomi solo su quel rumore, mi ricordava quello della pioggia “Ho dormito male…mi capita spesso, anche se…” mi bloccai “La verità è che ho paura” dissi guardandola negli occhi cremisi “Paura che ora che sono felice, tutto possa scomparire” ammisi, accompagnando le parole con un gesto della mano.  La veridicità di quell’affermazione mi colpì forte in pieno viso.
Come mi sarei sentita quando quel bel sogno sarebbe finito? Avrei sofferto molto più del dovuto e sarei rimasta nuovamente “sola”, senza amici, senza…Edward.
Sobbalzai, quando Esme mi posò le sue mani sulle spalle, un gesto così intimo che mi piacque molto “E’ normale, tesoro! Ma non temere” mi fece girare verso di lei “Edward ti ama sul serio, io non l’ho mai visto così felice e ti sono infinitamente grata. È solo grazie a te se finalmente lo vedo sorridere. È così sereno quando sta con te” sussurrò, portando i suoi occhi ambrati fuori dalla finestra “Ieri sera vi osservavo…” disse dirigendosi verso il salotto, io la seguii “Non hai idea di come ti guardi, Meredith!” proferì melodiosa, fermandosi davanti al pianoforte “E’incantato dalla tua presenza. Lo hai ammaliato, nessuna vampira fino ad ora c’è riuscito. Eppure il fascino che ci contraddistingue è noto, ma lui…” e mi guardò “Vuole te…solo te” bisbigliò, indicandomi poi uno spartito riposto con cura sul pianoforte, con un gesto della mano, m’invitò ad aprirlo. Lo feci. Le prime pagine erano piene di note sconnesse, continuava così per almeno le prime 20 pagine, poi su una di quelle, in grande e in bella calligrafia che io riconobbi come quella di Edward, vi era scritto il mio nome. La delicatezza e la bellezza di quella scrittura, donavano ad esso un strano senso di antichità e mi piacque; con le dita seguii le linee rotonde della sua calligrafia, perdendomi tra le numerose pieghe del foglio, quanto aveva calcato il mio nome? Lo sguardo si posò poi sulla pagina successiva e uno scorrere ordinato di note, si destreggiavano tra le righe del pentagramma, su di esse aleggiava, ancora una volta, il mio nome. Strabuzzai gli occhi meravigliata! Provai a digitare le prime note e ne riconobbi la melodia che stava suonando quella sera di dicembre quando eravamo soli in casa. Dai miei occhi, una lacrima silenziosa venne giù…stava combattendo contro se stesso…nello stesso modo in cui, lo stavo facendo io.
Combattere contro le lacrime, mi risultò più difficile del solito, Esme mi aveva lasciata sola, non voleva invadere la mia privacy e mi ritrovai, non volendo, a suonare quella melodia. Quelle note trasudavano di me. Aveva scritto per me! Ma come aveva fatto a scavare così bene nel mio animo? Ed io che credevo che mi odiasse profondamente a quel tempo e invece…
“E così hai scoperto la mia sorpresa?” mormorò nel mio orecchio una voce che ormai conoscevo bene, col suo respiro mi solleticò la base del collo, risalendo fino alla guancia, dove lasciò un freddo bacio “Edward” soffiai appena, arrossendo fino alla cima dei capelli quando mi ritrovai immersa nei suoi perfetti occhi. Anche il loro taglio era privo di imperfezioni, ma com’era possibile? Trattenni il fiato, rischiando di soffocare sotto il peso delle mie stesse emozioni. Mi bastava davvero così poco per impazzire? Evidentemente si…
Edward mi sorrise sincero “Ciao” sussurrò suadente “Ciao” risposi rapita e involontariamente, diressi la mia attenzione verso le sue labbra carnose e mi morsi la lingua per frenare il desiderio, quel ragazzo aveva il potere di scombussolarmi tutta. Il suo sorriso si fece strafottente. “Signorina, come mai il suo cuore batte come un cavallo impazzito?” domandò fintamente curioso, come se non sapesse che effetto aveva su di me “E perché mi fissa insistentemente le labbra?” chiese soffiando sulle mie in fiamme. Aprii e chiusi la bocca più volte, senza riuscire ad emettere alcun suono. “Ha perso la voce…” si fermò, avvicinandosi ancora di più “Signorina?” sussurrò ad occhi chiusi, sfiorando le mie labbra. Io non capii più niente e mi lasciai andare tra le sua braccia, perdendomi nel casto bacio, che ci demmo.
“Meredith” la voce arrochita di Edward mi risvegliò. Aprii di scatto gli occhi e quando capii di essere completamente avvinghiata a lui, imbarazzata, arrossii e mi allontanai di poco. Non avevo il coraggio di guardarlo in faccia. “Cos’hai?” la sua domanda giunse inaspettata e le sue dita sul mio mento, mi riportarono a riperdermi nei suoi occhi “Nulla…” mentii, il suo sguardo indagatore mi scrutò attentamente e a lungo “Sembri…stanca” mormorò infine “Non ho dormito molto bene” ammisi “Il letto era scomodo?” domandò, accarezzandomi una guancia calda, negai col capo “Forse avrò fatto qualche incubo, niente di preoccupante” finsi un sorriso rilassato e solo all’ora, Edward sembrò tranquillizzarsi.
“Piaciuti i fiori?” “Oh si!” esclamai, dandomi mentalmente della stupida, mi ero completamente dimenticata di ringraziarlo “Scusami, sono un’ ingrata! Grazie, sono bellissimi e il biglietto…beh” mi portai una mano tra i capelli “Dolcissimo…” sussurrai appena, lui sorrise beato “Sei tu che mi ispiri, come sei stata tu a spronarmi a comporre quella melodia” e indicò il pentagramma “E…come?” chiesi titubante, Edward sistemò una ciocca di capelli dietro il mio orecchio e col dito percorse il profilo del mio viso “Semplicemente la tua presenza…aleggiava in casa anche quando non c’eri. Il tuo profumo…” chiuse gli occhi ed inspirò sul mio collo “Vaniglia…” soffiò “Il tuo modo di muoverti, impacciata, timida, la tua mano tra i capelli, i tuoi occhi, riflessi della tua anima…tutto di te mi ha spinto a suonare e a scrivere per te una musica. Ma non sono sicuro che sappia esprimere bene ciò che rappresenti per me…” e fossilizzò il suo sguardo nel mio.
Le mani mi tremarono, il mio corpo profondamente agitato, si protese verso di lui, come a rispondere ad un richiamo silenzioso, dannatamente proibito e ci ritrovammo nuovamente, bocca contro bocca. Edward si bloccò per un istante e temetti di morire, poi sembrò sciogliersi e mi baciò. Il nostro era un semplice sfiorarsi, le nostre mani s’intrecciarono, le dita si esploravano delicate e il mio petto schiacciato sul suo, s’abbassava e s’alzava cadenzato dal mio respiro affannato. Sentivo che se avessimo oltrepassato una certa soglia, non avrei retto l’emozione, ma si sapeva: Edward non avrebbe mai messo a rischio la mia vita e infatti dopo poco si allontanò di qualche passo. Mantenne gli occhi chiusi per qualche secondo, quando li aprì mi regalò un sorriso gioioso e eccitato? Si sembrava fortemente eccitato. Deglutii, ma non per la paura. No. Quella non era paura…e ciò mi spaventò.
“Cosa ti va di fare oggi?” chiese provando a distrarmi “Non saprei” risposi alzando le spalle “So che stavi facendo un dolce” annuii sorridendo “Il tiramisù” dissi “Mmh peccato che io sia vegetariano, altrimenti lo avrei assaggiato volentieri” mugugnò, mentre con un dito disegnava ghirigori sul mio braccio, facendomi rabbrividire, non certamente di freddo “Un vero peccato. È una delizia per il palato” risposi maliziosa, leccandomi le labbra, probabilmente la mia audacia era dovuta al suo atteggiamento, in preda all’eccitazione non rispondevo di me, per questo preferii alzarmi, prima che fosse troppo tardi e mi diressi in cucina; oltre tutto mi aveva fatto venire voglia di mangiarmi una fetta del dolce, forse così avrei placato la mia voglia di lui, almeno in parte. “Meredith, Edward!” esclamò Esme, vedendoci insieme, si soffermò sulle nostre mani intrecciate e sorrise amorevolmente, poi mi guardò “Vuoi un po’ di dolce?” annuii convinta, la mia golosità non aveva limiti!

“Ti va di andare a fare un giro?” domandò Edward mentre sistemavo i vestiti nell’armadio, era rimasto tutto il tempo steso sul letto ad osservarmi “Va bene” risposi voltandomi verso di lui “Vorrei portarti in un posto” sussurrò ad un centimetro dal mio orecchio, facendomi sussultare, non mi ero accorta che s’era mosso. Lo fissai basita “Velocità vampiresca” disse soltanto, alzando le spalle, io scossi il capo, sorridendo “Ti lascio preparare” disse poi prima di chiudersi la porta alle spalle. Afferrai un maglione blu ed un jeans e mi vestii provando ad essere altrettanto veloce. “Sono pronta!” dissi aprendo la porta, Edward era lì immobile e mi fissava con quegli occhi, sciogliendo qualsiasi mia paura, se mai ne avessi avute. Mi amava. Si, lui amava me. Sorrisi e quel sorriso cancellò quel maledetto incubo.
“Allora dove mi stai portando?” domandai non riuscendo a celare la mia curiosità, Edward sorrise beffardo “Vedrai…” rispose continuando a guardare la strada, dentro di me un vulcano in eruzione smosse le mie viscere, alla mia curiosità s’univa anche il fatto che più lo guardavo e più lo desideravo. Mi morsi il labbro superiore per trattenere in gola un gemito e mi portai una mano al petto quando m’accorsi di aver pensato troppo: io e lui distesi nudi sul letto. Mi tappai la bocca e voltandomi vidi Edward irrigidirsi leggermente e frenare d’improvviso. Si girò immediatamente verso di me, deglutii “Meredith!” la sua voce ferma mi fece capire che aveva letto nella mia mente, abbassai lo sguardo sentendomi colpevole, non ero padrone dei miei istinti che potevo farci? “Guardami!” m’intimò, chiusi gli occhi, non avendo il coraggio di alzare la testa “Meredith!” quasi ringhiò, tremai per lo spavento e d’istinto lo guardai. I suoi occhi erano leggermente più scuri “Sento…” disse deglutendo qualcosa, probabilmente il veleno “Il tuo…desiderio…” sussurrò, sobbalzai sul posto stringendo le mani “Edward io…” con un dito mi zittì “Shh” mormorò avvicinandosi. Quel suo sguardo su di me, mi fece fremere, se mi avesse continuata a guardare così, avrei potuto morire lì subito. E il basso ventre pulsava. Pulsava maledettamente. ”Sai che non possiamo…” bisbigliò al mio orecchio, ma la sua voce sembrava volermi dire il contrario “Si…potresti uccidermi con un solo gesto” risposi ormai un po’ più lucida “Esatto” disse accarezzandomi una guancia. Lo fissai, gli occhi erano tornai dorati e il mio respiro era più regolare “Scusa” biascicai arrossendo “Sei umana…è normale” rispose tornando al posto di guida. Un dubbio s’insinuò viscido nella mia testa “Già…sono una semplice umana” sospirai inviperita, guardando fuori dal finestrino. “Cosa stai pensando?” sussultai tornando a fissarlo stranita “Non riesco a leggerti ora” disse infastidito, sorrisi appena “Penso che hai ragione: io sono un’umana per me è normale provare una certa…attrazione fisica per te, ma tu…” e lasciai la frase in sospeso, lui ringhiò “Pensi che tu non mi piaccia anche in quel senso?” quasi gridò, io mi immobilizzai, incapace di fare o dire qualsiasi cosa “Rispondi Meredith!” m’intimò, annuii “Stupida!” e premette di colpo il piede sull’acceleratore. Mi voltai per osservarlo, il suo sguardo severo scrutava la strada davanti a sé, sapevo di averlo ferito, ma io…io mi sentivo rifiutata. Scossi la testa, non dovevo comportarmi in quel modo, ma non feci niente per farlo calmare. Preferii il silenzio. Come al solito, scappavo…
Pochi minuti dopo, Edward parcheggiò, mi aprì la portiera invitandomi a scendere, senza però mai toccarmi e quella distanza mi ferì. Colpa mia. “Non è un posto nuovo, ci sei già stata” disse incamminandosi “La radura?” chiesi, lui annuì, quel giorno c’era il sole, voleva mostrarmi com’era realmente. Sorrisi appena. Tipico di Edward. Lui era testardo, ma io lo ero più di lui. Ero lì e volevo viverlo. Punto.
A passo umano, arrivammo al limitare della radura, Edward si fermò “Ora ti mostro come sono realmente alla luce del sole” borbottò senza voltarsi, non risposi, lo lasciai andare. Io feci qualche altro passo in avanti e mi fermai all’ombra, poggiandomi con la mano al tronco di un grande albero. Edward proseguì fino al centro della radura e quando un raggio di sole lo colpì, tutt’intorno s’illuminò, accecandomi. A fatica riaprii gli occhi, mi portai una mano sulla fronte e affilai lo sguardo. Edward mi dava le spalle, ma potevo vedere perfettamente la sua pelle brillare “Edward…” soffiai rapita, lui si voltò lentamente, un’agonia per me…e quando i nostri occhi s’incrociarono furono scintille: lo stomaco si contorse e le mani tremarono. Le issai entrambe verso di lui come a volerlo chiamare a me, i piedi si trascinarono pesanti e gli occhi mi bruciavano. Ero dinanzi al mio Dio greco, possente in tutta la sua bellezza, l’oro colato delle sue iridi ardeva sul mio corpo “Meredith…” mormorò rimanendo immobile.
Rilasciai un sospiro, un fremito, distogliendo da lui la mia attenzione, sentii un lieve movimento e mi ritrovai Edward vicino, vicinissimo…”Hai paura?” chiese, io sgranai gli occhi “No!” risposi ferma “Non ho paura di te” sussurrai “E di cosa?” domandò con uno strano cipiglio sul volto “Di…me…” risposi tremante, lui rise nervoso “Tu non sei un mostro, io lo sono. È da me che dovresti scappare e non da te stessa” disse freddo “Stupido!” sibilai tra i denti, Edward mi guardò basito “Non lo capisci, vero?” gridai “Sei un testardo! Io sono innamorata di te e non me frega niente di quello che sei, uccidimi pure, portami via con te” inspirai e l’aria mi bruciò in gola “Impedisci al mio incubo di realizzarsi!” urlai infine “Io non voglio sparire…no” scossi la testa guardando per terra “Non voglio…”. Avvertii Edward trattenere il fiato e i fotogrammi del mio sogno si librarono nell’aria intorno a noi…
“No!” vociò Edward, attirando verso di sé, la mia attenzione. Il suo sguardo vacuo e perso nel vuoto mi ferì dentro “Non…andartene…” soffiò, poi fissò me “Non lasciarmi” implorò e sul viso un’espressione di dolore che affondò rapidamente nel mio cuore, trafiggendolo. Come potevo lasciarlo? Come si può abbandonare la propria esistenza? Come…?
Mossi i piedi, la mia mano si chiuse sulla sua guancia “Sono un’egoista” disse evitando di incontrare il mio sguardo “Non lo sei” risposi decisa, a quel punto tremò “Edward, guardami!” lo intimai, lui digrignò i denti riluttante poi però fece come gli avevo chiesto “Io non me ne vado da nessuna parte” sorrisi “Voglio stare con te, a qualsiasi costo. Sono io l’egoista, perché dovrei lasciarti vivere e…aspettare lei” la gola secca, deglutii l’aria “Ma ti voglio nella mia vita…credo di meritarmi un po’ di felicità…” bisbigliai chiudendo gli occhi, riscaldata dal calore del sole. Avvertii una leggera brezza fredda soffiarmi sulle labbra e sorrisi, capendo che era Edward “Sei bellissima…” sussurrò, riaprii gli occhi e mi immersi nei suoi “Sei la mia vita” risposi, lui passò le sue dita sul mio viso, fino a stringerlo e ad avvicinarlo al suo. Ci guardammo ancora, poi l’istinto fu più forte di tutto e un nuovo bacio, ci rapì.
“Hai sognato di essere di nuovo a casa” disse Edward dopo un’infinità di tempo, passata a scrutarci, stesi sul prato. Dopo quel bacio, ogni parola era sembrata vana. Annuii, Edward si voltò a guardare il bosco davanti a sé, pensieroso “Edward…” poggiai la mia mano sulla sua fredda e lui sussultò, fissandole stupito, poi tornò a osservare me “Era un sogno. Non pensiamoci” dissi “Ma ti ha fatto male…” rispose serio, sobbalzai e distolsi lo sguardo “E’ perché temo che succeda sul serio e ora che sono felice non voglio dover abbandonare tutto, anche se mio fratello mi manca”, Edward mi strinse la mano “Ma credo di dover intraprendere la mia strada e so cosa voglio” sorrisi guardandolo “Voglio te. Voglio stare qui con la mia nuova famiglia e vivere quello che il destino ha in serbo per me”, Edward rispose al mio sorriso e un sprazzo di gioia illuminò il suo volto, facendo gioire il mio cuore. Volevo vederlo sereno, il resto non m’interessava. Mi avvicinai e poggiai la testa sulla sua spalle, lo sentivo rigido, ma doveva abituarsi, non mi sarei mai allontanata da lui.
“Forse però è giusto che tu avvisi tuo fratello o almeno tu veda come sta” abbassò la testa “Non è giusto trattenerti qui solo perché io ho bisogno di averti nella mia vita” sussurrò tra i denti, stringendo i pugni, io di mio lo guardai accigliata, ma compresi le sue parole. Sospirai facendolo voltare verso di me “Non c’è niente di giusto in quello che mi è successo. Sparire così…” mi alzai in piedi e feci qualche passo, poi alzai il volto scrutando il cielo limpido di quella mattina “Ma sai la vita non è mai giusta. Sono stanca di affannarmi a capire il significato nascosto di ogni cosa, per una volta desidero godermi il momento. Probabilmente sbaglierò, ma spero che mia madre da lassù capisca. Sto bene” mi girai a guardare Edward e gli sorrisi grata e sincera “Non mi sono mai sentita così completa. Voi siete la famiglia che mi è mancata, tu sei l’amore che ho sempre sperato di vedere arrivare e ora sei qui. Sei vero!” esclamai portandomi le mani al petto “E desidero viverti…ma se per te non è così…” lo fissai intensamente “Lo accetterò” sussurrai debolmente, solo pensare alla possibilità che lui potesse non essere d’accordo, mi squarciava il petto per il dolore. Edward sbarrò gli occhi e in una manciata di secondi fu dinanzi a me, mi prese le mani e le avvolse teneramente nelle sue, baciandole piano, risalì lungo il mio braccio, si trattenne un po’ in più sul mio collo, dove inspirò il mio profumo. Io socchiusi gli occhi e fremetti. Poi giunse sulle mie labbra, le sfiorò appena col naso, facendo su e giù, un’agonia per i miei bollenti spiriti. Deglutii a fatica aprendo gli occhi, i suoi ridenti erano fissi sul mio viso “Ti amo Meredith e ti voglio qui con me” soffiò prima di baciarmi di nuovo. Portai le mie mani dietro il suo collo, impugnando i suoi capelli tra le mie dita, mentre lui mi avvolse tra le sue braccia. Il sole ci colpì in pieno viso e Edward cominciò a brillare di nuovo. Lo scrutai meravigliata. Con il dito indice lo ispezionai: seguii il profilo del suo viso, scesi giù per il collo, le spalle, le braccia, la sua mano, sulla quale mi soffermai a disegnare dei ghirigori immaginari “Tienimi con te” mormorai estatica. Edward studiò con cautela la mia espressione, arrossii sotto il suo guardo e lui rise strafottente. Gonfiai le guance come una bambina e incrociai le braccia al petto, lui divertito col dito mi solleticò il collo e poi premette sulla mia guancia e l’aria che avevo accumulato, mi uscì dalla bocca. Stupita lo guardai mentre rideva come un matto, alzai un sopracciglio fingendomi offesa, ma non vi riuscii, vederlo così felice, mi fece sorridere di riflesso e mi ritrovai a ridere con lui, stesa nella nostra radura.

“Non c’è nessuno?” gli chiesi entrando in casa “No. Alice e Rosalie sono a fare shopping e hanno costretto Emmet e Jasper ad accompagnarle. Poveri, non li invidio affatto” sghignazzò portandosi una mano sulla fronte “Sei crudele!” dissi dandogli una leggera manata sul braccio “Esme?” domandai guardandomi intorno e rimirando il perfetto ordine di quella casa “E’ fuori a fare spese per te, vuole prepararti qualche buon manicaretto” rispose dirigendosi verso il pianoforte “Si disturba troppo” ammisi, scuotendo la testa, Edward si voltò nella mia direzione e sorrise “La fai felice invece. Si sente una vera madre con te qui. Sei diventata importante per tutti” confessò venendomi incontro e prendendomi le mani, imbarazzata fino alla cima dei capelli, non seppi dire niente “Non vedi quanto sei meravigliosa?” domandò, sistemandomi una ciocca ribelle di capelli, dietro l’orecchio “Hai portato una ventata d’aria fresca nelle vite di tutti noi” confessò serio e ancora una volta, mi tuffai nei suoi occhi che mi guardavano adoranti e mi trovai a chiedermi come potesse essere possibile che uno come lui, potesse vedere me in quel modo “Tu mi aduli troppo” biascicai impacciata, lui rise appena “Con te è una battaglia persa in partenza, proprio non riesci a valutarti per quello che sei” “Non sono niente di speciale” bofonchiai, corrucciando la fronte “Testona!” picchiò piano, una mano sulla mia testa “Ma amo anche questo di te” confessò, lasciandomi in mezzo al salone per tornare al pianoforte.
Si accomodò, sistemò lo spartito, chiuse gli occhi per qualche secondo, poi mi guardò “Vieni accanto a me. Voglio farti ascoltare una cosa”, non me lo feci ripetere due volte. “Canti anche?” domandai incredula, notando le parole scritte sullo spartito sotto il pentagramma “In tutti questi anni, ho avuto modo di dilettarmi anche nel canto” lo fissai imbambolata “Sei perfetto” mi lasciai sfuggire, ma me ne pentii quando mi lanciò un’occhiataccia “Ti prego suona” lo invitai, Edward annuì e per qualche minuto, ci chiudemmo nella nostra bolla d’amore.

 

“Io non so
se son quello che sognavi tu
io non do
quello che meriteresti tu
un uomo semplice
che non ti può deludere
che non ti faccia piangere
e invece sono io
so amarti a modo mio
ma non so fingere
non so parlar d’amore.

Io so amarti così non guardarmi smarrita è con te che vorrei una storia infinita e non trovo parole per dirti quello che sento, dirti che ora tu sei tutto ciò che vorrei da vivere io so amarti così e se poi non è amore, tu spiegami cos’ è.
Se vorrai
a cambiare io ci provo sai
ma non so
se alla fine poi ci riuscirò
ma non è mai facile
cambiare cuore e regole
ed io non posso smettere
di amarti a modo mio
e se non ti basto io
lasciami perdere
e cerca un altro amore.
Io so amarti così non guardarmi smarrita è con te che vorrei una storia infinita per amarti nel tempo, per non stancarmi un momento, per non lasciarti a metà per la velocità di vivere.

È un amore così denso
è un profumo così intenso
qualche cosa in cui puoi credere.
Io voglio amarti così...
è con te che vorrei una storia infinita
per amarti nel tempo
e non sprecare un momento
per non lasciarti a metà
per la velocità
di vivere...”

 

 

Mi guardava in un modo in cui non aveva mai fatto prima.
Aveva suonato e cantato, non spostando mai lo sguardo dai miei occhi. Mi aveva trafitto il petto con le sue parole, era stato capace di scaldarmi il cuore con poche note. Era stato automatico, lasciarmi scivolare tra le lacrime, le sentivo sgorgare a fiumi, dai miei occhi, mi rigavano il volto e scivolavano giù, sulle mie mani, giunte sulle gambe. Probabilmente Edward, le interpretò male, perché s’intristì. Sussultai sul posto e mi accinsi ad asciugarmi gli occhi e ad afferrare la sua mano “Amore mio” sussurrai, lui sbarrò gli occhi sconvolto e mi fissò stranito “Si, amore mio” e gli accarezzai la guancia col dorso della mano “Hai scritto una meraviglia, te ne rendi conto?” chiesi trattenendo i singhiozzi “Ed è…per me!” dichiarai attonita “Le vedi queste lacrime?” e le indicai “Mi hai fatto commuovere per la felicità!” esclamai “E comunque, amami come sai fare tu, basta che lo fai!” sorrisi come un’ebete “Non è vero che non mi dai quello che merito, al contrario. Tu sei troppo per me” Edward stava per ribattere, ma lo zittii “Fammi finire!” dissi decisa “Mi ripeto, lo so, ma Ti amo e voglio stare insieme a te. Spero che quello che potrò darti, possa bastarti. Sono una semplice umana e so amare come tale” sospirai “Non cercherò altri amori!” affermai convinta “Non chiedermi di farlo, perché non potrei tradirei me stessa, i miei sentimenti. Sono qui e ti amo…ti basta?” domandai, studiando la sua espressione. Sembrava freddo, come se le mie parole non lo avessero minimamente scalfito. Stavo per ritrarmi, quando d’un tratto, mi attirò a sé. Baciò i miei capelli e solleticò la mia schiena, facendo su e giù con le dita, poi s’accostò al mio orecchio e cominciò a canticchiare: “È un amore così denso, è un profumo così intenso, qualche cosa in cui puoi credere. Io voglio amarti così...è con te che vorrei una storia infinita per amarti nel tempo e non sprecare un momento per non lasciarti a metà per la velocità di vivere...”.
E restammo abbracciati, lasciandoci cullare da quell’amore che ci stava cambiando la vita.

 

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Capitolo 24
*** Il libro ***


Il libro

Buon pomeriggio a tutti,
come potete vedere oggi posto con un giorno d’anticipo, in quanto domani non ci sono per via del master…
Come sempre, vi ringrazio tutti per aver letto, recensito e quant’altro, è sempre un enorme piacere vedere che qualcuno ti apprezza! Ne ho sempre bisogno…

 

Ginevrapotter: sono contenta che questa storia ti aiuti molto, scrivo anche per questo, per poter far qualcosa per gli altri, per far comprendere determinati stati d’animo, per trasmettere qualcosa di me che a voce e coi gesti non riesco a fare. Grazie per la tua presenza…

 

Saretta__Trilly__: ti ringrazio immensamente, sapere che mi seguirai comunque, mi rasserena. A volte temo di perdere i miei lettori…beh quel sogno vorrà pur dire qualcosa…o forse no??? Mistero :D

 

Dindy80: bella domanda…questa cosa è ancora in fase di elaborazione, nella testa ho mille idee ma non so ancora cosa scriverò con precisione. Certi punti li ho ben fissati e anche scritti…vediamo un po’ che fare. Non so come faccio a farti piangere sempre -.-, spero di gioia però u.u. Un bacio

 

Piccola Ketty: mi sa che ho fatto prendere un accidenti un po’ a tutti ehehe. Ma non sono così cattiva, mi è venuta l’idea del sogno e l’ho scritta…non seguo mai uno schema preciso, butto giù quello che sento…Bacio

 

Giulls: grazie tesoro…sempre buona, gentile e dolce con la sottoscritta. Come devo ripagarti? Grazie di cuore. Ti voglio bene…

 

Vampiretta Cullen: eccola la mia adorata principessa!!! Le tue recensioni mi fanno sempre ridere, commuovere. La tua dolcezza e la tua simpatia sono disarmanti, dico sul serio cucciola mia!!! Ti voglio bene…

 

Melody Potter: non ti devi assolutamente preoccupare. La mia storia è sempre qui per voi :).

 

Vi lascio al capitolo…buon fine settimana…baci!!!

 

 

Capitolo 23 “Il libro”

 

Con Edward il tempo volava letteralmente ed era difficile convivere con la facilità con cui mi stavo abituando ad averlo nella mia vita, non mi soffermavo troppo a pensare a cosa avrei provato quando, probabilmente, mi sarei dovuta separare da lui.
Dopo la scuola, Edward era ormai consono venire a casa, con il benestare di Charlie che aveva accettato, seppur con dispiacere, che la “figlia” era abbastanza cresciuta da poter avere un ragazzo. Diciamo che siccome Edward era un Cullen, Charlie era riuscito a mandar giù il boccone, rispettava troppo Carlisle per non fidarsi dei figli, seppur adottivi. Trascorrevamo i pomeriggi a studiare, anche se la sua vicinanza giovava poco alla mia concentrazione, l’aria era sempre satura del suo profumo fresco e i miei sensi faticavano a conviverci, Edward, dal canto suo, non capiva, diceva che era a causa dell’essere vampiro che provavo quell’inspiegabile attrazione verso di lui e spesso ci trovavamo a discutere di questo anche di notte.
Il sabato che eravamo di festa da scuola, mi portava in giro, diceva che voleva farmi conoscere i posti che amava di più; durante una delle nostre piccole gite fuori porta, eravamo stati al mare, fortunatamente il cattivo tempo ci aiutò a nascondere il suo segreto. Amavo osservare il mare d’inverno, il suo infrangersi sugli scogli, il rumore della risacca, mi provocavano emozioni non spiegabili, per questo me ne stavo rannicchiata sulla riva ad osservare con minuziosa attenzione, quello che la natura era in grado di fare. Seduto accanto a me, l’angelo che stava arricchendo la mia vita! Mi girai a guardarlo: come me, aveva lo sguardo perso nell’orizzonte che si perdeva dinanzi a noi, sembrava assorto in chissà quali profondi pensieri o tormentati segreti. Sospirai frustrata, in quei casi avrei voluto io avere il dono della lettura mentale. Il mio gesto, attirò la sua attenzione, mi guardò stranito, gli sorrisi sincera e lui addolcì lo sguardo “Stai bene?” domandò, annuii con fervore e mi strinsi nelle spalle, quando un soffio di vento mi colpì in pieno viso. Edward da galantuomo qual era, si tolse la giacca e me la posò addosso, fu immediato sentire il suo profumo entrarmi nelle narici e farmi rabbrividire, questa volta per altri motivi assolutamente ormonali…”Forse dovremmo rientrare” constatò “No, mi piace stare qui…” risposi “Con te…” aggiunsi a bassa voce, poggiando la testa sulla sua spalla. Mi parve di percepire il suo sorriso quando scese a baciarmi la testa. Era felice ed io con lui.
“A volte vorrei essere come il mare” disse Edward, d’un tratto, alzai il capo e lo fissai confusa, i suoi occhi sembravano voler penetrare nello sconfinato azzurro dell’oceano in tempesta “Perché?” chiesi fortemente curiosa “Ha un’anima” sussurrò in modo appena percepibile, l’aria che fuoriuscì dalle sue labbra, si mescolò con il vento e volò verso il mare; aggrottai la fronte non capendo dove volesse arrivare con quel discorso “Nei suoi abissi vivono migliaia di animali, pulsa vita…a differenza di quanto avvenga in me” soffiò tristemente “Non dovresti neanche pensarle queste cose!” esclamai piccata “Hai l’innata capacità di rovinare i momenti belli! Possibile che tu non riesca ad essere tranquillo?” dissi con rabbia alzandomi in piedi.
Mi avvicinai al bagnasciuga, immergendo i piedi nell’acqua gelida, chiusi gli occhi trattenendomi dal tremare. Edward non mi aveva seguita, forse avevo avuto una reazione spropositata, ma non mi andava di intavolare una discussione sull’anima che lui credeva di non avere. Su questo ero d’accordo con Bella, lui l’aveva, era percepibile facilmente, bastava guardare il modo in cui fissava me o la sua famiglia, chi non ha anima, non sa amare e questa di certa non era una caratteristica di Edward.
“Come si fanno a spegnere i pensieri?” domandò lui alle mie spalle, ne percepivo chiaramente la presenza, aveva mantenuto le distanza, probabilmente temendo che non lo volessi accanto “Non so se esiste un modo” feci un giro su me stessa, trovandomi davanti a lui “Ma di certo pensare a noi due, potrebbe aiutarti” gli sorrisi leggermente più rilassata, non mi piaceva affatto litigare con lui “Sei felice con me?” domandai dondolando su entrambi i piedi, in segno d’agitazione, abbassai la testa verso la sabbia bagnata e quando i suoi piedi entrarono nel mio campo ottico, sussultai deglutendo “Mi spiace se ti ho dato l’idea di non stare bene insieme a te” alitò tra i miei capelli, chiusi gli occhi “Sono felice…si! E mi fa paura” alzai la testa per guardarlo “Ho paura dell’amore che provo” aggiunse, portando la sua mano tra i miei capelli e accarezzandomeli delicatamente. Socchiusi le palpebre, godendomi il suo tocco, fremendo dal desiderio di sentirlo ancora più vicino “A volte sento di non farcela…” sussurrò baciandomi la fronte “Ma poi ti guardo…” mi sfiorò il naso con le labbra fredde “E ritrovo la forza che mi mancava” mormorò facendo su e giù sulla mia bocca con la sua. Munite di volontà propria, le mie labbra afferrarono le sue e lo morsero leggermente, mentre entrambi sorpresi ci guardavamo dritti negli occhi. “Io ci sarò ogni volta avrai bisogno di credere in te, in noi. Sono arrivata fin qui solo per te, lo capisci?” asserii completamente rapita, ammaliata, innamorata…“Ti amo!” pronunziò arrochito, lasciandosi trasportare dai suoi sentimenti…
“Ho voglia di una cioccolata calda!” esclamai stiracchiandomi sul sedile della Volvo C30 che ci stava portando verso casa Cullen. Edward sogghignò, scuotendo il capo “Sei pazzesca!!!” disse, scombinandomi i capelli con la mano libera dalla guida “Io?” chiesi indicandomi e facendo gli occhioni da cerbiatta. Edward mi guardò attonito, alzando gli occhi al cielo e tornando a fissare lo sguardo dinanzi a sé “Golosona!!! Diventerai tutta ciccia e brufoli!” mi avvertì serio. Per un attimo pensai che non stesse scherzando quindi mi ammutolii: che mi stesse dicendo che non gli sarei più piaciuta? Era già paffutella, o meglio non ero magrissima, semplicemente robusta, niente di esagerato. Le mie linee sinuose mi donavano l’aria di una ragazza troppo cresciuta e non mi piaceva, soprattutto per come venivo guardata dal sesso maschile, ma con Edward era diverso. Le sue occhiate languide mi facevano piacere, mi sentivo “bella”, pur non essendolo, ai suoi occhi apparivo speciale, quindi mi lasciavo facilmente andare al piacere del cibo. “Hai ragione” sospirai “Sto esagerando! Devo contenermi, accidenti a me!” sbuffai, incrociando le braccia al petto e voltandomi a guardare fuori dal finestrino. La mano di Edward si posò sul mio braccio, il suo tocco gelido, ebbe l’effetto di farmi sussultare, per questo piegai la testa verso sinistra e lo osservai guardarmi intensamente “Scherzavo!” la serietà della sua voce mi spaventò quasi, tant’è che arricciai naso e labbra provando a farlo ridere, ma non vi riuscii “Edward!” lo richiamai “Non capisco” dissi alzando le spalle “Ti sei offesa” “Non è una domanda” constatai “Non m’importa se ingrassi” chiarì, solo allora capii e risi, portandomi una mano sulla fronte. Edward mi fissò irritato “Non rido di te, stupido!” gli diedi un buffetto sulla spalla “Non mi sono offesa, tranquillo. E poi è vero: devo stare attenta, non sarò una modella, ma non posso farti sfigurare” dissi annuendo  tentando di fare la seria “Ma sai che sei proprio scema a volte?” fissai allibita il mio ragazzo “Ecco: ora sono offesa!” annunciai facendogli la linguaccia, lui rise beato, riempiendo l’abitacolo dell’auto della sua meravigliosa voce, facendomi inevitabilmente, rasserenare.
Entrati nella villa dei Cullen, uno strano silenzio ci accolse, lo sentivo gravare sulle nostre teste; fissai Edward allarmata, lui volse gli occhi verso l’imponente scalinata e strinse la mano a pugno, evidenziando le nocche pallide “Cosa succede?” domandai ansiosa, aggrappandomi spasmodicamente al suo braccio “Carlisle vuole parlarti” disse atono, evitando di guardarmi “Va nel suo studio!” asserì allontanandosi immediatamente da me, lasciando che il nulla mi avvolgesse. Sconvolta da quel gesto, seguii le sue parole e mi diressi da Carlisle in cerca di spiegazioni. Arrivata alla porta, fissai per qualche secondo il cartellino dorato col nome del dottore, sospirai nuovamente e mi decisi finalmente a bussare “Avanti!” proferì melodiosa la voce del padre di Edward. Aprii piano la porta e mi affacciai con la testa “Buonasera Carlisle, posso?” domandai educatamente “Vieni pure Meredith, ti stavo aspettando” mi rispose invitandomi ad entrare con un gesto della mano. Chiusi la porta alle mie spalle e mi incamminai verso la grande scrivania di legno, su cui posavano ordinatamente, una phila di carte e di libri. Lo studio era circondato da un enorme biblioteca zeppa di manuali grandi quanto una casa, il soffitto era ornato di dipinti che non avevo mai visto e la loro maestosità e antichità, mi intimorì.
“Accomodati pure” proferì calmo, Carlisle. Mi sedetti sulla poltrona rosso mogano, in tinta con la tappezzeria della stanza. Sorrisi pensando della strana scelta: rosso uguale sangue. Mossi il capo leggermente e mi concentrai sul viso del mio interlocutore. Sembrava impassibile, forse non voleva farmi capire quanto grave fosse ciò che stava per dirmi “Meredith!” richiamò la mia attenzione, facendo scivolare via i miei pensieri “Si?” “Volevo parlarti della tua presenza nel nostro mondo” annuii tremando, erano giorni che evitavo di pensarci, quel sogno mi aveva scosso e quest’effetto s’era riversato anche su Edward che ne aveva parlato col padre. Non mi aveva infastidito la cosa, sapevo solo che cercava di capire, di aiutarmi, ma conoscevo dove ci avrebbe portato la testardaggine di entrambi, ed ora ero lì per niente pronta a scoprire una verità che non volevo sapere.
“Ho fatto delle indagini, ho chiesto ad alcuni amici vampiri, ho letto dei libri. Sembrerebbe che il tuo caso sia l’unico” disse, giungendo le mani sotto il mento e passandoci su le labbra chiuse, deglutii “Questo di certo non ci aiuta a capire come possa essere successa una cosa del genere” proseguì guardandomi dritto in faccia “Però forse ho trovato qualcosa che ci potrebbe essere utile, ma qui entri in gioco tu” si fermò, aspettando che parlassi. Sospirai “Co - Cosa dovrei fare?” domandai balbettando, strinsi la mia maglia tra le mani per reprimere l’ondata emotiva che mi stava sconvolgendo “Devi elencarmi esattamente i dettagli dei tuoi sogni. Tutti quelli che fai” si alzò e si avvicinò alla parete sinistra e cercando tra i grossi fascicoli, qualcosa. Appena trovò l’oggetto della sua ricerca lo afferrò con veemenza e lo condusse sulla scrivania, ponendolo alla mia attenzione. Lo osservai incuriosita: sulla copertina era dipinta un’enorme nuvola grigia che sfumava verso l’orizzonte, alle sue spalle la luce della luna ed un lupo sulla cima di una rupe che ululava verso il cielo. Passai le dita lungo la rilegatura, sentendone i rialzi sotto i polpastrelli, incoraggiata dallo sguardo di Carlisle, lo sfogliai, era pieno di strani segni, simboli, non ne comprendevo il significato, per questo tornai a fissare il padre di Edward “Tu sei arrivata qui nel sonno, quindi l’unica strada per capire sono i tuoi sogni. Ognuno di essi ha un significato ben preciso, un particolare che ci può aiutare ad interpretarlo, quindi da oggi in poi annoteremo su un quaderno ciò che sognerai. Questo è un libro sull’interpretazione dei sogni, è antichissimo, lo usavano i Maya e tramite un amico, mi è stato consegnato secoli fa. Mi servì per un caso psichiatrico” accennò un debole sorriso “So che stai pensando che voglio che tu te ne vada, ma ti sbagli!” sospirò chiudendo gli occhi per poi fissarli nei miei “Ho promesso che ti avrei aiutata e lo farò, sarai tu poi a decidere cosa fare. Valuterai tu in base alle informazioni che riusciremo a raccogliere” si alzò in piedi, avvicinandosi all’ampio balcone dello studio “So che ami Edward e lui prova lo stesso sentimento per te. Non potrei mai recare dolore a mio figlio, vederlo finalmente così sereno, è una gioia immensa e devo ringraziare te!” disse guardando fuori “Nonostante questo, mi sento in dovere di farti capire” si girò dalla mia parte, portando le mani alla vita “Hai il diritto di decidere liberamente” annuii. “Edward sa che è giusto così, altrimenti non me ne avrebbe parlato. So quanto sia combattuto ora, tra il desiderio di averti accanto a lui sempre e quello di lasciarti andare, ma confido in lui” sorrise teneramente, pensando a suo figlio e un po’ lo invidiai: io non avrei mai potuto avere un rapporto di così profonda stima, con mio padre, quello vero.
“Ti lascio questo libro. Guardatelo e se pensi di trovarci qualcosa di familiare, ne discuteremo insieme, d’accordo?” annuii “Grazie per quello che state facendo per me, lo apprezzo molto” dissi prima di alzarmi e andarmene.
Chiusami la porta alle spalle, sopirai rumorosamente chiudendo gli occhi, rialzai poi lo sguardo guardandomi attorno senza vedere l’ombra di nessuno, ciò mi rattristò. Mi diressi verso la stanza di Edward, bussai, ma non udendo la sua voce, aprii ugualmente la porta, restando delusa, in quanto lui non era lì; a quel punto scesi cautamente in salotto, ma anche lì sembrava non ci fosse nessuno. Sospirai nuovamente ormai rassegnata, ero pronta ad andarmene a piedi, ma feci per voltarmi e notai l’anta del balcone leggermente aperta. Sobbalzai e mi apprestai a correre fuori in giardino, con l’affanno presi a scrutare l’ambiente circostante, mi fermai solo quando ad attirarmi furono delle ciocche rosse ribelli. Sorrisi tra me e mi avvicinai a Edward distesa sul prato con le mani sotto la testa, non si voltò dalla mia parte, ma era ovvio che sapesse della mia presenza “Sei scomparso” sussurrai a mezza voce, lui chiuse gli occhi come per evitarmi “Era giusto lasciarti uno spazio per riflettere, non posso decidere io per te” rispose freddo. Inspirai e buttai fuori tutta l’aria “Io la mia decisione l’ho già presa” dissi accomodandomi accanto a lui e posando in terra, il libro dei sogni. Edward riaprì gli occhi e mi fissò “Voglio sapere la verità su quello che mi è successo” lo guardai dritto in viso, una piccola smorfia lo contrasse, ma non mi fermai “Qualsiasi sia la spiegazione a tutto questo che ci sta accadendo, io resterò qui con te, nel tuo mondo” sorrisi decisa, lasciandolo spiazzato “Non è giusto!” mormorò poi distogliendo lo sguardo. A gattoni mi diressi verso di lui, parandomi dinanzi al suo viso, vidi la mia espressione tagliente, ferita, riflessa nei suoi occhi “Sono grande abbastanza per decidere cosa è giusto o no per me. Non oserai rovinare tutto per timore di non potermi far vivere una vita normale, se desideravo quel tipo di esperienza, non avrei desiderato conoscerti e amarti, non credi?” sibilai furiosa “E ora se non ti dispiace vado a leggermi questo libro” dissi prendendolo e mostrandoglielo “Ho promesso a tuo padre che ci avrei dato un’occhiata” feci per allontanarmi, ma Edward, grazie alla sua velocità, mi bloccò la strada “Stai andando via?” domandò con tono preoccupato “Si, se mi lasci passare” provai a spostarmi sulla sinistra, ma Edward mi seguì “Ti riaccompagno io. Ti ricordo che ci sono dei vampiri nomadi in giro” sospirai “D’accordo. Se è solo per questo…” stava per controbattere, ma non gli diedi il tempo, allontanandomi da lui.
In macchina non volò una mosca per la maggior parte del tragitto. Il silenzio mi pesava, ma non dovevo dargliela vinta “Ti aiuterò a capire” proferì Edward improvvisamente, mi voltai a guardarlo, lui mantenne lo sguardo sulla strada “Consultiamo insieme il libro? Riparlami di tutti i tuoi sogni e vediamo cosa riusciamo a trovare” sorrise appena, facendo, di riflesso, sorridere anche me. Annuii incapace di fare o dire altro “E tanto per la cronaca, non ti porto a casa solo per il mio timore che ti accada qualcosa” mi scrutò di sottecchi “Voglio passare ancora del tempo insieme a te” sorrise sghembo ed io arrossii violentemente, avvertendo il cuore in gola. Annuii nuovamente e mi voltai verso il finestrino, chiudendo gli occhi e sorridendo di una silenziosa felicità.
“Papà sono a casa. C’è anche Edward con me!” gridai appena entrata in soggiorno “Buonasera Capo Swan!” salutò Edward appena vide Charlie “Ciao ragazzi. Bentornati! Temevo vi foste persi!” disse in modo ironico, inarcando le sopracciglia “Siamo passati prima a casa sua” indicai il mio ragazzo “Per prendere delle cose. Scusa papà” gli feci gli occhioni dolci e lui sbuffò infastidito, alzando gli occhi al cielo “Ci vuole tanta pazienza con i figli” e portò le mani verso l’alto “Hai già cenato?” gli chiesi entrando in cucina “Si, Billy mi ha fatto portare da Jacob un sacco di pesce fritto” “Ah bene” sorrisi “Jacob ti lascia i suoi saluti e mi ha chiesto quando andrai a trovarlo” mi paralizzai “Pr- presto papà, presto” balbettai osservando l’espressione truce di Edward “Qualche sabato potreste andare insieme, così faresti conoscere ad Edward quel posto. Sei mai stato giù La Push?” domandò rivolgendosi al vampiro “No, Signore” “Perfetto! Allora dovrai proprio portarcelo, quel posto è stupendo e si pesca che è una meraviglia” disse prima di sparire in soggiorno. Io e Edward restammo immobili in cucina, io fissavo il pavimento, fin quando la mano ghiacciata di Edward non riportò il mio viso all’altezza del suo “Vuoi andare laggiù?” chiese con voce calma “Non sento l’esigenza ora, ma prima o poi dovrò farlo, altrimenti Charlie mi ci porterà con la forza” lo fissai intimorita “Billy è l suo migliore amico”, Edward annuì leggermente, poi cambiò discorso “Allora ci guardiamo questo libro?” chiese ammiccando “Va…bene…” deglutii.
“Papà saliamo in stanza a studiare!” gridai mentre ero sulle scale, Charlie si affacciò e ci guardò intensamente “Studiare eh?” domandò ironico “Si, papà!” sottolineai le mie parole e gli mostrai il libro “Certo, certo” poi guardò Edward “Le mani al loro posto!” bisbigliò tagliente “Non tema Capo Swan” disse in modo convincente. Stava usando tutta la sua abilità di vampiro, scossi visibilmente il capo, portandomi una mano tra i capelli “Andiamo Edward” e lo trascinai su per le scale.
Entrati in camera, accesi la luce sulla scrivania e mi accomodai sulla sedia, invitando Edward ad avvicinarsi “Mi metto io sulla sedia a dondolo e ti lascio questa…” “Non ce n’è bisogno” m’interruppe. Mi prese in braccio, come fossi una piuma, e mi fece accoccolare sulle sue gambe “Così staremo entrambi comodi” soffiò nel mio orecchio, mozzandomi il fiato. Aprii e chiusi la bocca numerose volte, non riuscendo a formulare alcun discorso logico, sentivo il cuore galoppare come un cavallo impazzito. Chiusi istintivamente gli occhi. La sua vicinanza mi mandava in confusione e temevo che le reazioni del mio corpo fossero troppo evidenti, non potevano di certo sfuggirgli, ma apprezzavo il fatto che non me lo facesse pesare.
“Hai detto che negli ultimi due sogni c’era un’enorme ombra grigia?” domandò Edward, cercando conferma “Si. Nel primo mi invitava a gettarmi nel burrone, quindi ad allontanarmi da te, nel secondo mi ha riportato nel tuo mondo, quindi in un certo senso, mi ha riportato a te. Mmm…” posai stancamente una mano sulla fronte. Eravamo seduti sul letto, per ore avevamo letto e riletto il libro, ad un certo punto mi ero alzata per sgranchirmi le gambe e Edward aveva finto di andarsene per non far sospettare nulla a Charlie. Poco dopo era rientrato per la finestra, aspettando che mi preparassi per la notte. Rientrata in stanza lo avevo trovato steso sul mio letto, mentre mi guarda sorridente e il mio cuore perdeva un altro battito.
“Ci hai messo un bel po’” proferì divertito, corrucciai la fronte restando ferma sul posto, d’improvviso il suo sguardo cambiò, divenendo serio “Ho detto qualcosa di sbagliato?” negai col capo “No, è che…sono stata veloce nel prepararmi” inarcai un sopracciglio confusa, allora lui rise beato. Si alzò venendo verso di me “Sciocchina! È che non riesco a stare lontano da te neanche per pochi secondi. Mi sembrano sempre un’eternità” mi circondò la vita con le mani, stringendomi al suo petto. Avvertii il mio imbarazzo colorarmi il viso e farmi tremare le mani. Insicura posai il volto sul suo torace marmoreo e inspirai “Questo è il motivo per cui ho cercato di fare presto. Anche io ho difficoltà a starti lontana” sussurrai, avvertendo un suo fremito. Mi strinse un po’ di più e mi cullò. D’un tratto mi baciò il capo e s’allontanò porgendomi la mano “Andiamo a letto” disse, come si poteva rifiutare una richiesta simile?.

Era passata un’ora ormai e continuavamo a discutere dei sogni, Edward era convinto che quell’ombra grigia significasse qualcosa. Sfogliammo il libro alla ricerca del suo significato, erano più di mille pagine, essendo un testo antichissimo, ci impiegammo più tempo del previsto “Credo di aver trovato qualcosa” blaterai spalancando gli occhi, Edward si accostò meglio a me e iniziò a leggere il trafiletto scritto sotto un’enorme nuvola grigiastra: << L’ombra appare nei sogni come elemento presente in natura o simbolo delle oscurità psichiche. Può anche capitare che questi due significati coincidano, così che nell‘ombra si esprimono nella stessa misura, pulsioni ed istinti che non trovano uno sfogo nella realtà del sognatore. Tra i popoli tribali l’ombra costituisce una sorta di “doppio” dell’essere umano, la parte non legata alla fisicità, destinata a sopravvivere anche dopo la morte del corpo, una sorta di contatto o ponte fra la terra e l’aldilà. Questa visione è essenzialmente negativa, in quanto l’ombra acquista il significato di tristezza e morte, aridità e mancanza di calore, oscurità che rende difficile il cammino. Freud sosteneva che essa rappresentava nei sogni la perdita di energia fisica, la rarefazione e l’ indebolimento: passioni che si esauriscono e si spengono. Mentre Jung la collega al rinnego individuale: tutto ciò che nell’arco della crescita e maturazione viene soffocato e represso. Energia che non scompare ma che si trasforma acquisendo una carica compressa e pesante, esplosiva, diabolica. Energia che non si esaurisce, ma si manifesta nelle malattie psicosomatiche, negli incubi, nei tic e nei lapsus, negli scoppi di rabbia, o che fa capolino negli aspetti caratteriali delle persone più vicine. Sognare l’ombra si collega molto spesso agli aspetti oscuri della personalità, alle cose non chiare o di cui non si è consapevoli. Così che questa immagine inquietante può rappresentare la necessità di fare luce, di giungere alla consapevolezza di ciò che è importante per il sognatore, oppure metterne in evidenza la “cecità” le incongruenze ed oscurità di comportamento. Se è preceduta dalla luce, ha il significato onirico di chiarezza, fare luce dentro di sé, solo ritrovando l’origine di quell’ombra, colui o colei che la rappresenta, sarà possibile comprenderne il reale significato. >> l’espressione di Edward divenne sempre più seria man mano che leggeva, io invece, mi sentivo indolenzita, la testa mi pesava, gli occhi mi pizzicavano e avevo freddo, tanto freddo. Avvertivo un carico che mi gravava sul corpo “Meredith!” la voce di Edward mi giunse lontana, confusa, crollai in avanti, poi fu buio.

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Capitolo 25
*** Le voci ***


Le voci

Buonasera a tutti…o meglio buonanotte visto che è quasi mezzanotte.
Pubblico un po’ prima, non vorrei domani avere qualche inconveniente e tardare l’aggiornamento. Non sia mai XD.
Che bello sono a casa per qualche settimana così forse potrò tra una pausa di studio e l’altra, scrivere qualcosa, almeno spero…
Perdonate se non rispondo alle recensioni, ma sto per prendere sonno davanti al pc, sarebbe meglio andassi a riposare.
Prima però volevo ringraziarvi per l’affetto che mi dimostrate e dirvi che ho creato un piccolo gruppo su facebook sulle mie storie, se volete iscrivetevi e aggiungete anche me tra gli amici :). Vi lascio il link: http://www.facebook.com/home.php?#!/group.php?gid=107592842618513
Vi aspetto. Grazie ancora a tutti…<3

Capitolo 24 “Le voci”

 

“Brava! Vedo che tu e i vampiri state cercando di trovarmi” quella voce, sempre la stessa. Aprii gli occhi di botto, mi guardai attorno, ero in una vecchia capanna e sembravo sola “Cosa farai quando mi troverai?” mi voltai di scatto alle mie spalle, l’ombra era là e si stava avvicinando a me velocemente, feci per arretrare ma mi ritrovai bloccata con le spalle al muro, nessuna via d’uscita, nessuna porta, nessuna finestra. Iniziai a tremare e, quasi automaticamente, chiusi gli occhi “E’ solo un sogno Meredith. Stai calma, presto ti sveglierai” una risata maligna mi costrinse a riprendermi, fissai l’ombra davanti a me “Sei proprio certa che questo sia solo un sogno?” chiese sogghignando, sobbalzai spaventata e scivolai lungo il muro, rannicchiandomi su me stessa “Non riuscirai a sconfiggermi, Meredith!” sibilò minaccioso al mio orecchio “Nessuno potrà aiutarti, nessuno, neanche il tuo  amato vampiro. Sarò io a decidere del tuo futuro. Ah, ah, ah!!!” mi tappai le orecchie per non sentirlo, scoppiando a piangere “Basta, basta, basta!!!” gridai a più non posso, prima di cadere nel vuoto.

 

“Meredith! Meredith” spalancai gli occhi spaventata, ritrovandomi nella stanza di Bella, Charlie era seduto sul letto e mi teneva per le spalle. Il mio respiro ansante, i capelli erano attaccati sul viso imperlato di sudore “Che…che succede?” domandai “Urlavi nel sonno” confessò preoccupato “Che ore sono?” chiesi guardandomi attorno spaventata “Sono le sette, è presto. Riposa ancora un po’”, disse sistemando meglio le coperte, annuii, mettendomi in posizione fetale e chiudendo gli occhi, facendogli credere che avrei ripreso a dormire, in realtà non l’avrei fatto, non dopo quel sogno. Ora avevo la certezza che c’era qualcuno che mi aveva voluto lì, qualcuno che minacciava me e l’incolumità delle persone che mi erano vicine.
Quando udii la macchina della polizia andare via, mi alzai immediatamente dirigendomi in bagno, non mi soffermai minimamente sulla mia figura allo specchio, preferii catapultarmi sotto il getto bollente della doccia, facendo scivolare via l’inquietudine. Restai forse un’ora sotto l’acqua, una volta ripresami, mi coprii con l’accappatoio rosa e mi frizionai leggermente i capelli, lasciando che mi ricadessero liberi sulle spalle. Tornai in camera e sussultai quando trovai Edward seduto sulla mia finestra “E…” deglutii “Edward” i suoi occhi mi scrutarono attenti, quasi famelici. Mi rendevo conto che la situazione era alquanto difficile per lui, io ero…mezza nuda e lui era…un vampiro. “Ehm…” mi avvicinai rapida all’armadio e afferrai i primi vestiti capitatimi sotto mano, mi girai verso Edward “Faccio in un baleno” detto questo corsi in bagno. Chiusi la porta e sospirai, scivolando lungo essa; il cuore batteva furiosamente contro la cassa toracica e le mani non smettevano di tremarmi. Inspirai piano e con una mano, mi risollevai da terra, fissandomi allo specchio. Sul volto i segni della stanchezza erano evidenti e non sarei sfuggita allo sguardo attento di Edward, ma non avrei negato niente, dovevo raccontargli ogni cosa. Mi domandavo, angosciata, come avrebbe reagito. Scossi il capo, intimandomi di darmi una mossa, lui era di là e mi attendeva.
Pochi minuti dopo, rientrai nella camera e vi ritrovai Edward nella stessa posizione di prima, questa volta però i suoi occhi erano puntati verso l’orizzonte. Sospirai, portandomi una mano al cuore, ancora agitato. Mi feci coraggio e in poche falcate arrivai da lui, posai le mani ai bordi della finestra e lo chiamai: “Edward!”, lui si girò piano, mantenendo lo sguardo basso, con il dorso della mano gli carezzai il viso “Ti supplico guardami” scosse il capo “Edward” piagnucolai, a quel punto lui alzò la testa, nei suoi occhi un senso di colpa evidente, mi schiaffeggiò “Amore mio…” sussurrai poggiando la mia fronte sulla sua e inspirando il suo respiro, afferrai il suo viso con entrambe le mani “Scusami” bisbigliò “Per prima…io…spero di non averti spaventata, ma…faccio fatica a controllarmi quando…” gli tappai la bocca con un dito “Shh” chiusi gli occhi “Non importa. Non c’è niente di male nel desiderare qualcuno. Io desidero te nello stesso modo” non mi riconoscevo in quell’audacia, il suo corpo sussultò stupito e riaprendo gli occhi mi ritrovai immersa nell’oro dei suoi che mi fissavano vispi “Si, ma è pericoloso” la sua voce arrochita, mi smosse dentro “Mi fido di te” gli risposi col tono leggermente più basso del solito, quasi malizioso. Mi spinsi maggiormente verso di lui, sfiorandogli le labbra con le mie, lasciandogli un bacio delicato, staccandomi poi di poco, giusto per respirare. “Meredith…” soffiò roco “Baciami” lo intimai, mentre coi pollici disegnavo i suoi zigomi. Edward non se lo fece ripetere due volte e mi travolse in un bacio che non aveva niente di casto. La sua lingua si spinse nella mia bocca, esplorandola per intero, lo sentii gemere sotto il tocco delle mie dita che erano scivolate lungo la sua schiena e la sua presa sulla mia vita, aumentò. D’un tratto mi allontanò, facendo leva sulle braccia. Lo guardai allibita: respirava a mala pena, il suo petto s’alzava e s’abbassava quasi fosse impazzito, sembrava il riflesso del mio. Mi leccai le labbra ancora umide del suo sapore e lui mi guardò incantato. Cosa ci stava succedendo?
Edward chiuse gli occhi, divenuti più scuri del solito, ma non avevo paura. Si alzò e mi passò accanto, ci davamo le spalle, eravamo vicini, sentivo la sua aura circondarmi e rapirmi. Repressi un gemito che mi morì in gola, non riuscivo più ad essere padrone del mio corpo. “Sono venuto a vedere come stavi?” disse poi “Sono stato con te fino a stamane, poi sono dovuto andare via perché necessitavo di nutrirmi” aggiunse “Ieri sei crollata dopo che ho letto il significato dell’ombra. Non…non ho capito quello che è successo” si girò, lo sentivo alle mie spalle, percepii il suo fiato tra i capelli “Ricordo che mi sentivo pesante, ho provato un’intensa voglia di dormire” mi voltai verso di lui, facendo mezzo giro su me stessa “Non credo sia grave, ero solo stanca”, Edward mi osservava, sembrava dubbioso, poi d’improvviso un flash mi offuscò la vista “Nessuno potrà aiutarti, nessuno, neanche il tuo amato  vampiro. Sarò io a decidere del tuo futuro. Ah, ah, ah!!!” trasalii al ricordo del sogno e raggirai il suo sguardo “Cos’era quell’immagine?” domandò un Edward stupito, evidentemente in quel momento il mio scudo non funzionava “Meredith, parla!” m’intimo, io sospirai “Hai fatto un altro sogno?” annuii e mi accinsi a raccontarglielo.
“Io…non capisco. Non so chi sia, cosa voglia da me, ma la mia presenza qui dipende da lui” sbuffai infastidita “E non dal mio desiderio di averti nella mia vita” aggiunsi mentalmente, Edward continuava ad avere un’espressione fredda, nervosa, arrabbiata, lo guardai, avvertivo già le lacrime farsi strada dentro di me, ma non permisi loro di uscire. Inspirai e lo fissai nuovamente “Quali altre creature leggendarie conoscete?” lui si voltò velocemente verso di me “Che intendi?” “Oltre voi e i licantropi, esistono altri esseri speciali?” chiarii, lui sembrò pensarci “Che io sappia, no…ma non mi meraviglierei se scoprissi l’esistenza di altre mostruosità” sorrise amaro. Strinsi il lenzuolo tra le dita “Dobbiamo discuterne subito con Carlisle” aggiunse duro, distraendomi “Si, anche se non mi va di coinvolgervi” sbuffai scompigliandomi i capelli, ancora leggermente umidi, intravidi Edward chiudere leggermente gli occhi e trattenere il respiro “Vi sto mettendo in pericolo” sussurrai accecata dalla figura scultorea del mio vampiro, ferma dinanzi ai miei occhi. Quanto poteva essere bello? Quanto male potevo procurargli? Distolsi lo sguardo come scottata e attesi che fosse lui a dirmi qualcosa.
“Credo che dovremmo andare subito da Carlisle, lui ne saprà certamente più di me” strinse i pugni, gli carezzai le nocche bianche cercando di farlo rilassare “Andiamo!” disse d’un tratto, balzando in piedi, dandomi le spalle e facendomi sussultare per l’improvvisa sensazione di vuoto che provavo.
Lo seguii come un automa fino alla macchina, poco prima di uscire, avevo telefonato a Charlie per avvertirlo che sarei andata dai Cullen, non aveva obiettato, ma ero certa che fosse infastidito, come d’altronde tutti i padri gelosi delle proprie figlie.
Come succedeva spesso ultimamente, viaggiammo senza dire una parola e quell’inquietante vuoto che sentivo crescere in me, si faceva sempre più spazio, non trovando nessun ostacolo in grado di contrastarlo. Ero talmente assorta nei miei pensieri da non essermi accorta che eravamo arrivati a casa Cullen, Edward venne gentilmente ad aprirmi lo sportello dell’auto, aiutandomi a scendere, sfuggì ai miei vani tentativi di incrociare i nostri sguardi, rendendomi ancor più insofferente. Esme ci accolse teneramente come sempre, “Meredith, tesoro, come stai? Edward mi ha detto che ieri hai avuto un mancamento” arrossii per questo suo interesse e chinai il capo “Sto bene, grazie. Non è stato niente di grave, semplicemente stanchezza” risposi educata “Probabilmente devi dormire di più” suggerì lei, sorridendomi e accarezzandomi una guancia, annuii, guardando di sottecchi Edward che si era leggermene allontanato da noi. Perché si comportava in quel modo? Non capiva quanto mi ferisse? Che fosse il suo intento? Troppe domande e ben poche risposte, anzi nessuna.
Sospirai, Esme mi scrutò, scuotendo il capo quando vide i  miei occhi rivolti a suo figlio “Edward fai accomodare la tua ragazza, stavo giusto preparando un the, vado a prenderlo. Aspettatemi qui” e scomparve in cucina. Mi voltai verso il vampiro, fissandolo con gli occhi lucidi, una crisi era sull’orlo del precipizio, lui deviò, ancora una volta, il mio sguardo. Piccata mi accigliai per il suo atteggiamento incomprensibile e irritante e mi avvicinai al pianoforte, intenzionata a suonarlo per sfogarmi. La melodia che ne uscì non aveva assolutamente niente di delicato, al contrario i suoi toni erano duri, aspri, quasi volessero sopraffare il mio dolore, divorarlo, ucciderlo. Mentre suonavo, avvertivo una strana sensazione di umido sulle mani, riaprendo gli occhi mi accorsi che stavo piangendo, dando libero sfogo a tutto ciò che sentivo.
Piangevo e suonavo.
Suonavo e piangevo.
E sull’ultima nota grave, emisi un grido che mi fece gelare il sangue nelle vene…

“Meredith” quella voce mi risuonò nella mente come un eco “Ma-mamma…” soffiai “Segui il tuo cuore, sempre” “Mamma, mamma, mamma!” urlai alzandomi e facendo cadere all’indietro lo sgabello “Non mi lasciare, ti prego, ti prego!” balbettai, mentre le forze venivano meno e mi accasciavo sul pianoforte. Sentii le mani fredde di Edward, afferrarmi per la vita e scuotermi, energicamente “Meredith, Meredith!” urlò, volevo rispondergli, ma la voce non mi usciva, muovevo solamente la bocca, sgranai gli occhi spaventata quando vidi giungere Esme con un vassoio in mano che fece cadere quando mi vide in quello stato. Si portò le mani in testa e corse da me “Che le succede?” “Meredith, non mi lasciare. Meredith!”, la mia mente venne bombardata all’istante da pensieri non miei e tutto iniziò a girare vorticosamente “Fermatele” mormorai tenue “Cosa, cosa?” ripeté Edward allarmato “Le voci” sussurrai sentendo le palpebre pesare “Amore che ti succede? Ti prego parlami!” alitò tra i miei capelli, ma non riuscii a rispondere “Carlisle, Carlisle!!!” tuonò, ringhiando, avvertii un frusciò alle mie spalle e le mani di Edward vennero sostituite da qualcos’altro di altrettanto freddo “Cosa le è successo?” domandò il dottore con la sua solita voce pacata “Non lo so, suonava, piangeva, poi ha iniziato a delirare e ora ha detto di sentire le voci” disse Edward, potevo notare il tono insolito della sua voce, Carlisle sembrò irrigidirsi “Voci?” domandò incredulo “Si”, furono le ultime parole che udii, prima di sprofondare in un sonno oscuro.
Non so da quanto tempo avevo perso i sensi, ma sentivo che non avevo riposato abbastanza, per questo rimasi immobile nel letto. “Sono tre ore che dorme” sussurrò quello che riconobbi essere il mio ragazzo “Ne aveva bisogno, era stremata”, ci fu poi qualche minuto di silenzio “Carlisle…” un sospiro “Di che voci parlava?” “A dirti il vero non lo so. Fisicamente sta benissimo, ma sta succedendo qualcosa nella sua testa. Sai…” si fermò titubante “Mi ricorda te quando inizialmente non riuscivi a reggere i pensieri di tutti, ricordi lo smarrimento iniziale?” “Come posso dimenticarlo, era atroce, non ero in grado di districarmi tra le diverse voci, credevo di soffocare. Mi sentivo pressato, poi forse grazie al tempo ho imparato a gestire quelle voci e a focalizzarmi solo su quelle che mi interessavano” sospirò “Tu credi che lei stia sviluppando il mio potere?” domandò, quel quesito accese maggiormente la mia curiosità “Non lo so, figliolo” “Non so come aiutarla” mormorò Edward afflitto e quel tono di voce che poco si sposava con la sua persona, mi fece sentire tremendamente in colpa “Affliggerti non aiuta nessuno dei due. Stalle vicino, ha bisogno di te, ora più che mai. Si sentirà parecchio smarrita, dovrai essere forte” “Si, io per lei ci sarò sempre. Non la lascio sola”, fortunatamente essendo di spalle a loro, potei lasciare che una lacrima solitaria scivolasse libera, sul mio volto stanco.
La porta si chiuse, a quel punto decisi di aprire gli occhi, uno alla volta, sentivo di non essere sola in quella stanza, ma avevo il terrore di girarmi a guardare e dovermi scontrare con l’espressione afflitta di Edward. “Sei sveglia” non era una domanda, la sua voce melodiosa giunse come musica alle mie orecchie, mossi impercettibilmente il capo per fare cenno di si “Hai sentito tutto” beccata! Annuii. Sentii il materasso abbassarsi, segno che s’era seduto, infatti poco dopo la sua mano, mi lisciò i capelli “Non devi avere paura, Meredith! Ti aiuterò io”, ero conscia che quello che mi stava accadendo era più grande di me e probabilmente anche di lui e di tutta la sua famiglia messa insieme, c’era la possibilità che non ce l’avremmo fatta e questa volta la paura era più forte che mai. “E se…” borbottai debolmente “Cosa?” sospirai frustrata, tremando per il freddo e accucciandomi sotto le coperte “Sento che metterò in pericolo tutti voi ed è l’ultima cosa che voglio fare” “Non dire scemenze!” esclamò, girandomi nella sua direzione “Lotterò per te, con te contro tutti se sarà necessario, ma non chiedermi di farmi da parte!” disse guardandomi dritto negli occhi “Tu sei la mia vita e non ti permetterò di farti del male, capito?” mi scosse prendendomi per le spalle, non lo avevo mai visto, né sentito parlare in quel modo. Sembrava fosse combattuto, si sentiva più fragile di quanto non volesse mostrare, io di certo non lo stavo aiutando. Stanca, afflitta, mi gettai tra le sue braccia, cercando una protezione che neanche lui poteva darmi; strinsi forte le mie mani sulla sua maglia, cercando di ritrovare in me, un briciolo di forza per andare avanti, mi aspettavano tempi duri, ma ero intenzionata ad andare a fondo e capire la verità. Oramai era diventata una questione di vitale importanza, soprattutto per le persone che mi circondavano. Dovevo trovare una via d’uscita, badando bene a non ferire o danneggiare la mia nuova famiglia, questa volta dipendeva solo ed esclusivamente da me stessa.
Mi scostai da Edward e lo fissai, leggevo nei suoi occhi la mia espressione, ci vedevo vigore, forza, voglia di farcela, mi sentivo stranamente carica, nonostante quel sogno avesse dissolto e portato via con sé, ogni sprazzo della felicità che avevo vissuto in quel periodo, grazie a Edward.
Gli accennai un sorriso e presi tra le mani, le sue “Ce la farò!” dissi decisa più che mai “Affronterò chiunque, non mi arrenderò, non permetterò che qualcuno interrompa quest’attimo di vita meravigliosa”, Edward strinse di poco la presa “Io ti sarò accanto” aggiunse fissandomi intensamente “Giurami che non mi nasconderai nulla” annuii “Tanto tu puoi leggermi nella mente e Alice prevedere le mie mosse, non potrei fuggire neanche se volessi” ammisi “Non sempre riesco a leggerti, ancora non mi è chiaro come funziona il tuo scudo” rifletté, sistemandomi i capelli, io osservai rapita il movimento dei suoi gesti “A dirtela tutta, neanche io l’ho capito, ma credo che anche questo aspetto andrà curato. Mi servirà, lo sento”, Edward mi scrutò accuratamente, poi annui “Hai ragione!” esclamò “Ne parleremo con Carlisle e vediamo se lui può aiutarci a capirci qualcosa in più” mi porse la mano per aiutare ad alzarmi “Ti sosterremo sempre” disse “Grazie” risposi, non appena gli fui davanti, lui mi sostenne con le braccia, evitando che cadessi per terra, mi sentivo ancora debole “Riesci a camminare?” domandò Edward preoccupato “Si, stai tranquillo, ce la faccio”, lo scansai, ma lui fu più veloce di me, mi prese in braccio, sorridendomi sornione “Non ti smentisci mai, eh?”, Edward rise contento e mi aggrappai a lui con forza “Ti amo e voglio vederti sempre sorridere” confessai, l’espressione di Edward tramutò, divenendo seria “Ci proverò, combatterò affinché anche tu possa sorridermi sempre. Sei così bella” mi accarezzò una guancia che s’incendiò all’istante “Vuoi andare ora da mio padre?” chiese, continuando a stringermi al suo petto. Accennai un debole no con la testa e lui rise piano “Pigrona!”, nascosi il volto nell’incavo del suo collo “Voglio stare un altro po’ qui con te, se non ti spiace” borbottai arrossendo, Edward lasciò un bacio tra i capelli “Non mi dispiace affatto. Non sia mai io rifiuti un invito del genere, da una giovane e affascinante pulzella come Lei, Mademoiselle” mi stese sul letto, accomodandosi accanto a me “Oh mio bel cavaliere, Lei è così gentile!” finsi meraviglia, portandomi le mani sul viso, sbattendo le palpebre maliziosamente “Come posso meritarLa?” domandai scrutandolo attentamente “La domanda è posta male” sussurrò avvicinandosi con estrema lentezza “Come posso io meritare Lei” soffiò sulle mie labbra, scandendo bene lettera dopo lettera “Ti amo”, disse prima di baciarmi.

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Capitolo 26
*** Il parco giochi ***


Il parco giochi


Buongiorno a tutti e buon fine settimana.
Sarò abbastanza veloce nella pubblicazione oggi, volevo anche postarvi la copertina meravigliosa fatta da Malù, ma ho qualche problemino con Nvu, appena mi calmo vedo come si fa e la inserisco.
Volevo avvisarvi che questo, per ora, è l’ultimo capitolo che vi posto, i successivi non sono ancora pronti per via degli esami, quindi dovrete aspettare qualche settimana. Perdonatemi :(

 

Saretta__Trilly__: ti ringrazio per le tue parole. Ho molte idee per la testa e spero di poterle mettere al più presto per iscritto così ti mostro cosa sta succedendo a Meredith e cosa succederà in generale. Spero continuerai a seguirmi. Grazie per la recensione. :)

 

Giulls: spero di soddisfare la tua curiosità con questo capitolo. Volevo anche dirti che le parole sull’ombra dello scorso capitolo in parte sono cercate su internet, in parte ci sono delle mie aggiunte ;). Bacio tesoro e grazie per esser passata a recensirmi. Ti voglio bene…

 

Dindy80: non ti devi scusare di niente, tranquilla!!! Sono contenta che comunque tu abbia trovato il tempo di recensire il capitolo, ormai la tua opinione è importante per me, è diventata un’abitudine leggere il tuo commento :)! Mi fa piacere che la storia continui a piacerti, mi spiace solo che per qualche settimana dovrete aspettare. Sono incasinata con l’università e gli esami, prometto che recupererò. Bacio e grazie!

 

Piccola Ketty: eheheheheh vorrei tanto mandarlo via, purtroppo io posso fare poco. Starà a Meredith lavorare sodo. Prometto che poi con i prossimi capitoli certi nodi arriveranno al pettine e si capiranno più cose. La storia è tutta nella mia testa, devo solo trovare il tempo di scriverla. Un bacio e grazie, grazie, grazie per le tue parole <3

 

Prima di concludere voglio ringraziare con il cuore tutti coloro che hanno inserito la storia tra i preferiti, seguiti, ricordate e me tra gli autori preferiti. Sono onoratissima *__*

Vi lascio al capitolo e vi ricordo che se qualcuno volesse contattarmi questo è il link del  My facebook. Inoltre volevo dirvi che ho creato un gruppo sulle mie storie Quelli che amano le storie di Sognatrice85, se volete farci un salto ne sarò felice. Buon fine settimana.

Capitolo 25 “Il parco giochi”

 

“Spiegami com’erano queste voci!” proferì Carlisle una volta che io e Edward ci fummo accomodati nel suo studio all’Ospedale di Forks. Lanciai un occhiata fugace al mio ragazzo, prima di fiondarmi in quel racconto. Presi un lungo respiro e poi parlai: ”Reali, cioè…” mi fermai immediatamente, trovare le parole era complicato, mi grattai la testa impacciata “Eravate voi…ho sentito i vostri pensieri” alzai lo sguardo per fissare in viso il mio interlocutore. Carlisle mi guardava apparentemente sereno e tranquillo.

Una facciata.

Tutto questo mistero, spaventava anche lui. Non osai, però, guardare alla mia sinistra, terrorizzata all’idea di leggere negli occhi di Edward, qualcosa di spiacevole “È stato sconvolgente, ma credo di essermene resa conto solo quando mi sono svegliata” continuai stringendo le mani in grembo “Ti è successo di nuovo dopo quell’episodio?” chiese il dottore, negai col capo “Quella è stata l’unica volta”, Carlisle si portò una mano sotto il mento, sfregandolo lentamente, fissò il figlio per un impercettibile secondo, poi tornò a me con gli occhi “L’unico elemento certo, è il sonno” conferì deciso, aggrottai la fronte, confusa “Ti spiego” disse sistemandosi meglio sulla sedia e poggiando i gomiti sulla scrivania, avvicinandosi maggiormente a noi “Hai avvertito le voci nel momento in cui stava venendo meno la tua coscienza, confermi?” annuii rapita da quel discorso “Bene!” sorrise “Chiunque ti abbia trascinato in questo mondo, comanda i sogni. Lì gli umani sono fragili, privi di barriere difensive e quindi sfrutta questo aspetto a proprio vantaggio” affermò guardando sia me che Edward. “Conosci qualcuno che possa aiutarci?” domandò poi Edward, mostrandosi improvvisamente interessato “Non ne sono sicuro, ma farò delle ricerche e saprò dirvi con maggiore sicurezza. Nel frattempo Meredith se noti qualsiasi cosa, seppur piccola, che ti sembra anomala, devi dirlo subito ad Edward o a me. Ogni dettaglio ci è d’aiuto, ricordalo!” “Ok” mormorai.

“Sei pensierosa” mi fece notare il vampiro al mio fianco. Camminavamo verso casa mia da una mezz’ora. Avevamo lasciato da poco l’Ospedale, la mia testa piena zeppa di dubbi e di domande a cui non sapevo dare alcun tipo di risposta. Ero disorientata, dovevo ammetterlo. “Si. Ripenso continuamente a quello che accade. Possibile che non possa vivere tranquilla qui con voi?” sbuffai ai limiti della sopportazione. Quella situazione cominciava ad irritarmi troppo, prima o poi sarei esplosa. “Devi mantenere la calma, agitarti non ti servirà a nulla” rispose Edward tranquillo, lo fissai truce, come poteva chiedermi una cosa del genere? Sbuffai di nuovo, facendolo voltare verso di me. Ci fissammo intensamente “Si stancherà mai di tormentarmi?” domandai socchiudendo le palpebre, Edward mi accarezzò il viso, sfiorandomi superficialmente con i polpastrelli gelati “Mi auguro di si” sospirò triste costringendomi a riaprire gli occhi. Ecco: ciò che volevo assolutamente evitare, si dissipava chiaro e limpido davanti a me: l’amarezza del ragazzo che amavo. Gli presi la mano e la intrecciai alla mia, nei suoi occhi un lampo d’emozione, gli sorrisi e lo trascinai via con me “Basta pensare per oggi” borbottai “Dove mi porti?” chiese divertito, lasciandosi guidare da me “Vedrai” e sghignazzai. Per una volta ero io a tenerlo sulle spine.

“Un parco giochi?” domandò sbalordito, non appena vide l’insegna. Io annuii contenta “Vuoi giocare?” si rivolse a me ancora stupefatto “Divertiamoci, Edward!” lo incitai tirandolo appena, invitandolo ad entrare nel parco “Fingiamo di tornare ad essere bambini” il mio sorriso dovette convincerlo, perché annuì e mi strinse la mano, seguendo il mio passo.
“Vediamo chi arriva più in alto” lo sfidai sedendomi sull’altalena. Quel giorno il parco era deserto, il vento aveva lasciato spazio ad un cielo carico di nuvole che minacciavano pioggia, quindi quale mamma avrebbe rischiato di far prendere un malanno al proprio bambino?
“Non barare, modera la tua forza” lo avvertii seria, puntandogli contro il dito indice, lui per tutta risposta ridacchiò e alzò le mani in segno di resa “D’accordo” disse “Deve essere una sfida alla parti” continuai “Alla pari” ribadì lui, adagiandosi sul gioco. Annuii guardandolo “Pronti…un, due, tre via” e mi diedi una spinta coi piedi, più forte che potevo. Così iniziai a librarmi verso l’alto, chiusi gli occhi e l’aria frizzantina mi avvolse.
“Mi sembra quasi di toccare il cielo” gridai, lasciando che la mia voce raggiungesse l’infinito davanti a me, alla mia destra Edward si dondolava più piano, sapevo lo sforzo immane che ci stava mettendo. Mi girai verso di lui e notai i suoi occhi chiusi, sorrisi contenta, sembrava si stesse rilassando anche lui. Era quello che volevo.
D’un tratto con un balzo scesi dall’altalena, un tonfo sordo che risvegliò Edward, il quale guardò il sediolino prima occupato da me, vuoto e strabuzzò gli occhi spaventato. “Sono qui!” lo chiamai, sventolando la mano destra, lui si voltò immediatamente verso di me, lo sguardo più tranquillo “Sei matta!” mi rimproverò “Potevi farti male sul serio!” continuò corrucciando la fronte, gli feci la linguaccia “Dai vieni a prendermi!” urlai gioiosa iniziando a correre come una matta, girando attorno agli scivoli e alle altre giostre, ridendo come una bambina. Edward era alle mie calcagna, gli sarebbe bastato un solo passo per acchiapparmi, ma si stava comportando come un qualsiasi umano. Lo sentivo ridacchiare “Ti diverti?” chiesi girandomi indietro “Si” fu la sua unica risposta, poi il suo sguardo cambiò d’improvviso, fissandosi davanti a sé, mi voltai per vedere cosa fosse e mi ritrovai a sbattere contro un palo, cadendo all’indietro e atterrando sul mio sedere. Pochi secondi e Edward fu da me afferrandomi per le spalle “Ti sei fatta male?” chiese apprensivo, non risposi, impossibilitata per il dolore, mi alzò di poco e mi portai una mano dietro la schiena, chiudendo gli occhi “Accidenti!” esclamò il vampiro “Tu e i tuoi giochi infantili!” ringhiò, facendomi sussultare. Lo fissai irritata “Volevo solo divertirmi un po’. Non penso di aver fatto niente di illegale!” sibilai piccata “La prossima volta guarda almeno dove metti i piedi!” ribatté duro, aiutandomi ad alzarmi da terra. “Non ci sarà una prossima volta” risposi “Non con te”, lo scostai e mi diressi nuovamente verso l’altalena.
Continuai a dondolarmi a lungo non badando al tempo che passava, Edward era rimasto là, immobile come una statua di marmo, fissava il vuoto. Mi spingevo sempre più in alto, sentendo quella pazza voglia di librarmi in aria e volare via lontano, fissai lo sguardo verso il cielo osservando le prime stelle che erano comparse. Ce n’era una che brillava più delle altre. Accennai un sorriso, immaginando fosse la mia mamma e le lacrime presero il sopravvento, facendomi dimenticare dove mi trovavo e soprattutto con chi.
Accecata dalla mia stessa salsedine, mi cullai stringendomi il petto con le mie stesse braccia “Dolce, adorata mamma…” tirai su col naso “Ti sento sotto la mia pelle” mi fermai, la voce mi tremò “Oggi è il 22 Febbraio” ripresi a fatica “Come posso dimenticare questa data?” mi strofinai le mani sugli occhi “Ho cercato di non pensarci, di distrarmi, di ridere e farti vedere che sono realmente felice, perché lo sono davvero, mamma” un sorriso leggero, apparve tra le lacrime “So che puoi vederlo, percepirlo. Eppure non smetterò mai di sentirmi in colpa…non riesco a farmene una ragione, mamma…” l’altalena smise di cigolare, aprii di scatto gli occhi, trovandomi Edward davanti, con le mani ferme sui fili di ferro della giostra, lo sguardo malinconico e colpevole “Non lo sapevo…non avevo capito” sussurrò appena, scossi la testa “Non potevi saperlo…” piagnucolai “Hai letto nella mia mente?” annuì, non abbandonando mai i miei occhi “Hai lasciato andare il tuo scudo per qualche secondo” mi porse gentilmente le mani, le guardai un istante, poi gli concessi le mie e lui mi aiutò a scendere dall’altalena. Mi ritrovai senza volerlo, con la testa sul suo petto, teneramente portò una mano tra i miei capelli, mentre con l’altra mi accarezzava un braccio “Stavo tornando da scuola…ricordo che faceva molto freddo, ma ero contenta quel giorno, mamma mi aveva promesso di portarmi alle giostre” sorrisi sul suo torace “Seppure fossi ormai cresciuta, la mia voglia di sentirmi bambina era insaziabile e così avevo convinto mamma ad accompagnarmi al luna park. Andrew non voleva venire, ma non so con quale stratagemma, mamma era riuscito a trascinarlo con noi” sorrisi di nuovo, rievocando la faccia seccata di mio fratello. “Arrivammo al parco intorno alle quattro del pomeriggio, non c’era quasi nessuno e ne ero contenta, così potevo andare su tutte le giostre e starci quanto tempo volevo” sospirai “Se non vuoi proseguire, non temere…” Edward fece per continuare a parlare, ma lo stoppai, tappandogli la bocca con la mano “No” lo guardai fisso negli occhi “Voglio raccontarti tutto. Ne ho bisogno” bisbigliai, lui annuì, invitandomi a parlare “Passò un’ora senza che ce ne accorgessimo. Ridevamo e scherzavamo tutti e tre, felici e spensierati, quando d’improvviso mamma s’è sentita male” mi fermai un attimo per respirare “Non dimenticherò mai quella scena…” chiusi gli occhi,  rievocandola “Eravamo appena scese dalla ruota panoramica e ci stavamo dirigendo verso una nuova giostra da poco inaugurata…”

 
<< “Mamma, mamma!” le afferrai la mano con forza “Andiamo lì? Dobbiamo assolutamente provarla, non possiamo farcela sfuggire!”, Andrew camminava alle nostre spalle. Fu un secondo: udii le urla di mio fratello che chiamava nostra madre e la presa della sua mano affievolirsi sempre di più. Mi voltai di scatto, osservando la scena a rallentatore, gli occhi di mia madre si spalancarono in un primo momento, una sua mano si fermò sul seno sinistro e la bocca si piegò in una terribile espressione di dolore. Non emise alcun grido, si accasciò a terra priva di sensi. Io restai immobile, ancora con la mano a mezz’aria, gli occhi strabuzzati per l’incredulità, mentre Andrew s’era chinato su di lei e la strattonava, tentando di farla rinvenire “Mery, Mery, ma che stai facendo?!?” mi urlò contro “Invece di rimanere qui imbambolata, aiutami a portarla in auto. Dobbiamo correre in ospedale. Ha battuto la testa e sta perdendo sangue!” >>

 

Riaprii gli occhi, sentendoli umidi, Edward mi fissava “Poi cos’è successo?” chiese, facendo aderire maggiormente il mio corpo al suo “Siamo arrivati di corsa al pronto soccorso, lì mamma è stata trascinata via per degli accertamenti” “Era rinvenuta durante il tragitto verso l’ospedale?” annuii “Si, ma non riusciva a parlare” “E’ stato all’ora che avete scoperto la verità sulla sua malattia?” “Esatto…” il mio sguardo si rabbuiò nuovamente…

 
<<  Il medico uscì dalla stanza di mamma e si avvicinò a me e mio fratello “Siete i suoi figli?” ci chiese “Si. Come sta nostra madre?” domandò Andrew, preoccupato e impaziente “Vostro padre?” il medico deviò tranquillamente il discorso “Papà ci ha abbandonati molti anni fa. Siamo i suoi unici parenti più stretti” sibilò mio fratello, stringendo i pugni. Io restai muta. “Bene, se è così. Devo parlarle urgentemente, mi segua nel mio studio” e si incamminò “Meredith aspettami qui!” mi intimò Andrew “No, voglio venire anche io!!!” urlai, mi fissò truce “Non puoi, sei troppo piccola!” e mi lasciò sola in mezzo al corridoio.
Non mollai, li seguii e origliai: “Sarò estremamente diretto” disse il dottore “Sua madre ha un tumore al seno in stato molto avanzato”, tremai “Cosa?” chiese incredulo Andrew “Siete sicuri?” “Si, le analisi del sangue ci hanno dato la conferma”, mio fratello non parlava più, quel silenzio stava diventando insopportabile “Mi dica cosa possiamo fare per salvarla” bisbigliò dopo qualche minuto “Sottoporremo Sua madre ad una serie di chemio da ripetersi ogni 15 giorni, ma non so quanto potremmo ottenere” proferì con estrema tranquillità “Cioè mi faccia capire: Lei mi sta dicendo che non ci sono possibilità che sopravviva?” esclamò mio fratello. Udii lo strisciare di una sedia “Mi spiace…” fu l’unica risposta che diede il medico “Quanto…?” mio fratello non finì la frase che il medico lo anticipò “Massimo un anno, non di più”, a quel punto io mi scostai dalla porta e come un’ automa, mi incamminai per i corridoi dell’ospedale, alla ricerca di qualcosa che mi ricucisse il cuore…  >>

 “Mi sono sempre sentita responsabile” confessai “Tante volte mamma ha cercato di spiegarmi che non era colpa mia, l’episodio del parco ci aveva permesso di scoprire il tumore e se una cosa del genere fosse accaduta quando era in casa da sola o in auto, probabilmente non sarebbe sopravvissuta, ma io continuo ad avvertire un senso di inquietudine e nausea qui” e indicai il cuore “Perché sei voluta venire qui?” domandò Edward, seppur conoscesse già la risposta “Perché volevo ricordarla felice mentre correva con me e ci divertivamo insieme…” sussurrai, prima di scoppiare nuovamente a piangere.
Il mio ragazzo mi prese in braccio, lasciandomi sfogare e mi portò nella casetta di legno del parco, al riparo dalla pioggia che cadeva copiosa sulle nostre teste. “Io ricordo molto poco dei miei genitori” disse Edward, improvvisamente, facendomi alzare il viso verso l’alto. Il suo sguardo era puntato verso l’orizzonte “Mi sembra che più passi il tempo, più i loro volti spariscano dalla mia memoria umana. Ormai ne resta ben poca…” soffiò triste “Mia madre era una donna molto bella, mi sembra ancora di vederla mentre mi rimboccava le coperte” chiuse gli occhi “La sua pelle era color bianco perla, i capelli castano ramati ricadevano in morbidi boccoli e ricoprivano tutta la sua schiena. Era alta, longilinea…” sorrise dolcemente, io sentii il cuore in gola per l’emozione, mi sembrava di avvertire il suo stato d’animo “Aveva gli occhi verdi come quelli di uno smeraldo e brillavano di luce propria…” sospirò e muovendo le sue braccia, mi strinse di più a sé, in un abbraccio che sapeva di puro dolore. Nascosi il viso nell’incavo del suo collo, ispirando il suo profumo “Tuo padre?” chiesi sottovoce “Non lo ricordo bene…era un uomo tutto d’un pezzo, dedito all’obbedienza…” la sua voce sembrava si sforzasse a venir fuori. Ebbi finalmente il coraggio di guardarlo e rabbrividii quando notai la sua espressione contrita per il dolore, quasi come se volesse piangere. “Edward” soffiai, lui mi guardò afflitto, mi alzai di poco, sfiorandogli il mento con le labbra, lui trattenne il fiato e socchiuse le palpebre “Meredith…” mormorò roco “Stammi vicino…non mi lasciare!” confessò premendo le sue dita sulla base della mia schiena, facendomi avvicinare ancora di più a lui. “Sono qui, non mi vedi?” risposi reprimendo il pianto “Ti amo” sussurrò mentre il suo sguardo s’infiammava, scrutandomi “Ti amo, ti amo, ti amo” mormorò baciandomi il volto in più punti “Non smettere mai di dirmelo…” dissi dimentica di tutto “Non voglio che la tua memoria cancelli queste parole…” ammisi arrossendo “Non si può rimuovere la propria vita” rispose fissandomi profondamente, vibrai alle sue parole, poi un sorriso timido nacque sulle mie labbra, avvolto da poche lacrime “Grazie d’esistere!” mormorammo all’unisono, perdendoci nell’amore che ci univa, forte ogni giorno di più.

 

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Capitolo 27
*** Jacob, il branco e Emily ***


Jacob, il branco e Emily

Salve cari amici di Efp,
ehm si, sono proprio io! Sono tornata!
Perdonate la mia assenza??? Spero vivamente di si!
Ho avuto pochissimo tempo per stare al pc e scrivere, con la stesura della tesi sarà così per tutta l’estate, ma tranquilli, tornando a casa cercherò di organizzarmi e di aggiornare periodicamente. Torno con un capitolo importante, vediamo Meredith alle prese con Jacob e i lupi, ma soprattutto una novità che forse potrebbe aiutare la nostra protagonista. Aspetto di sapere cosa ne pensate.

 

Dindy80: grazie per le tue parole. Ammetto che è stata dura scrivere questo capitolo, sembrava che non riuscissi più a trovare le parole adatte. Per un momento ho pensato di smettere, fortuna vuole che mi sia ripresa un po’. Attendo di conoscere il tuo responso su questo capitolo.

 

Saretta__Trilly__: il capitolo precedente m’è costato entrambi gli occhi -.-, nel senso che scrivevo e piangevo, anzi addirittura già quando la mia testa elaborava l’idea, già piagnucolavo come una bambina. Ti ringrazio per i complimenti, spero continuerai a seguirmi.

 

Giulls: i tuoi complimenti sono motivo di orgoglio per me! Sai quanto ti stimi come persona e come scrittrice, quindi non posso che gioire dei tuoi complimenti!!! Fammi sapere cosa pensi di questo capitolo. Ti voglio bene <3

 

Piccola Ketty: grazie infinite!!! Sono davvero contenta di suscitare in te, tutto questo concentrato di emozioni!!!

 

Ginevrapotter: grazie cara! Apprezzo tanto i tuoi complimenti e come te, spero davvero che Meredith ed Edward possano stare insieme per sempre. La mia testolina sta elaborando parecchie idee, tieni le dita incrociate! ^^

 

Vampiretta cullen: tu mi fai sempre sorridere e allo stesso tempo commuovere! Pensi davvero tutte queste cose di me? Grazie, grazie, grazie!!! Sono sparita tesoro e mi dispiace! È un periodo duro qui, lo studio mi ha davvero massacrata. Tu stai bene? Mi manca chiacchierare con te! Non vedo l’ora di tornare a casa, così finalmente posso risentirti! Ti voglio bene…

 

Mi auguro di tornare quanto prima con un nuovo capitolo, intanto vi lascio questo e spero vi possa soddisfare. Bacio.

 

 

Capitolo 26 “Jacob, il branco e Emily”

 

Trascorsero diversi giorni da quell’episodio al parco, io e Edward eravamo più vicini, non ci eravamo detti granché dopo l’accaduto, però avvertivo interiormente che quell’amore stava divenendo indissolubile e questo non poteva che farmi piacere. Averlo al mio fianco era il mio più grande desiderio, mi sentivo completa e felice.
Nel frattempo la vita scorreva, non avevo più avuto incubi, ma l’attenzione di Edward e di suo padre era sempre vigile, entrambi erano pronti ad agire qualora fosse stato necessario. Purtroppo però i guai non erano finiti, se i miei incubi erano, per il momento, lontani, c’era un altro pericolo che incombeva sulle nostre teste:  nelle ultime settimane si erano fatti vivi, nelle vicinanze, i tre vampiri nomadi di cui narrava la Meyer, non si erano ancora presentati ai Cullen, ma si limitavano a cacciare tra i boschi nel territorio dei Quileute, comportando così anche la comparsa dei lupi. Questo mi portò inevitabilmente a pensare a Jake, era dal giorno dell’incidente di mio padre che non avevo sue notizie, lo avevo sentito qualche volta per telefono, poi la mia permanenza a casa Cullen, la partenza immediata per Phoenix e i restanti accadimenti, mi avevano tenuta un bel po’ occupata. Mi dispiaceva averlo trascurato, infondo si era comportato bene, chissà se la presenza dei vampiri nomadi lo aveva costretto alla trasformazione, anticipando i tempi. Decisi di attestarlo di persona, recandomi un pomeriggio alla Push, avrebbe fatto piacere anche a Charlie, nonostante il divieto di Edward e la litigata che ne scaturì: “Non puoi andare lì!!!” ringhiò furioso mentre stentava a mantenere il controllo sulla strada, non mi faceva paura, sapevo che agiva in virtù della mia vita, ma io mi fidavo di Jacob, sentivo che non poteva farmi del male “Non insistere ormai ho deciso e non sarai tu ad impedirmelo!” sbattei la porta, scendendo dalla macchina e dirigendomi verso casa, lui mi raggiunse in poche falcate e si parò davanti a me. Il suo sguardo adirato fiammeggiava sul mio corpo, ne percepivo chiaramente le scintille, dall’altra parte io ero più decisa che mai a fare di testa mia, potevo leggere nei suoi occhi la mia espressione irritata quasi quanto la sua. Misi le braccia conserte e con un piede iniziai a picchiettare il terreno, nervosa “Avanti!” dissi sprezzante “Dimmi quello che devi dire e facciamola finita!” lo incitai, Edward ringhiò “E’ pericoloso andare laggiù da sola, sai perfettamente che io non posso proteggerti” stava sempre a sottolineare lo stesso concetto, odiavo quando rimarcava le nostre differenze. Mi faceva male, preferivo quando giocavamo, parlavamo, scherzavamo come due persone umane “Non ho bisogno della tua protezione. Non con Jake!” esclamai piccata “Jake!” sputò il suo nome con sdegno “E se anche lui fosse diventato un lupo? Cosa farai quando si trasformerà davanti ai tuoi occhi?” sobbalzai colta di sorpresa, non ci avevo pensato “Ecco vedi” il suo sguardo s’addolcì, tentando di ammaliarmi e convincermi a seguire il suo consiglio. Meglio chiamarlo “ordine”. Scossi il capo “Non succederà” risposi continuando a fissarlo, Edward strinse le mani a pugno “Sei proprio testarda!” asserì “No, semplicemente Jake è mio amico e voglio controllare come sta. Andando lì posso anche informarmi su ciò che è accaduto con i vampiri nomadi. So che tuo padre vuole parlare con Sam e collaborare con loro per mandarli via” confessai, Edward inarcò un sopracciglio, sospirai “Ho ascoltato la vostra conversazione l’altro giorno. Voglio solo aiutarvi, Edward!” mormorai rassegnata, egli mantenne il suo sguardo vigile “Non mi accadrà niente!” incalzai “Ti dirò di si, solo se ci sarà Charlie con te” disse fissando l’auto della polizia parcheggiata fuori casa “Ok. Se questo può farti stare più tranquillo, chiederò a Charlie di accompagnarmi oggi stesso” vidi chiaramente le pupille dei suoi occhi dilatarsi per la sorpresa, ma non aggiunse altro, si spostò per farmi passare e mi seguì dentro casa.
“Papà sono tornata!” gridai entrando e dirigendomi spedita verso la cucina, a furia di parlare mi si era seccata la gola. Aprii l’anta dell’armadietto sul lavandino, afferrai il bicchiere e lo riempii di acqua fredda, mandandola giù in un solo sorso. Charlie comparve improvvisamente alle nostre spalle “Salve giovanotti!” esclamò ridacchiando, mi voltai a guardarlo basita “Come mai sei così contento oggi?” chiesi curiosa “Vado a pesca con Billy e sai quanto amo farlo!” mi illuminai alle sue parole, ignorai l’espressione corrucciata del mio ragazzo e mi dedicai a mio padre “Oh papà che bella notizia!” esclamai congiungendo le mani “Ti farebbe piacere portarmi con te? Mi fermo a chiacchierare con Jacob, è da troppo tempo che non lo vedo!” dissi sorridendo, Charlie con sguardo meravigliato, mi scrutò, poi sorrise “Gli farà piacere, ne sono certo” annuì dando maggiore enfasi alle sue parole “Tra quanto vai?” chiesi “Un’oretta, però credo che rimarrò lì a cena, non so se tu…” e si fermò guardando Edward, lo feci anche io, lui fissò me dritta negli occhi, probabilmente vi lesse una forte motivazione “Stasera ho una partita di baseball con i miei fratelli e non posso mancare, sono certo che Meredith si annoierebbe ad assistere” mi sciolsi in un tenero sorriso, ringraziandolo mentalmente per aver compreso e per aver dimostrato di avere fiducia in me. “Bene!” esordì Charlie dopo qualche minuto di assoluto silenzio “Io ora vado a fare un servizio in centrale, torno a prenderti e andiamo alla Push” annuii “Mi raccomando!” disse prima di uscire e andarsene.

“E così hai ottenuto quello che volevi!”  esordì Edward affiancandomi “Io ottengo sempre quello voglio” gli feci una linguaccia e corsi su per le scale fermandomi a metà strada, mi voltai verso di lui “Passiamo quest’ora insieme?” gli chiesi arrossendo, Edward mi fece il suo sorriso sghembo e in un batter d’occhio fu da me e mi ritrovai con i piedi in aria “Mia bella Principessa, cosa desidera fare?” lo fissai maliziosa, sapevo di non poter chiedere chissà cosa “Semplicemente voglio stare abbracciata a te” soffiai “Non mi piace quando litighiamo” aggiunsi posando il mio capo sulla sua spalla, Edward mi lasciò un bacio tra i capelli e mi portò in stanza.
“Promettimi che starai attenta! Per qualsiasi cosa chiamami, troverò il modo di venire a prenderti!” annuii all’ennesima raccomandazione, Edward sapeva essere peggio di una madre petulante “Ora posso andare?” domandai esasperata, Charlie mi aspettava in auto “Si, ma prima…” mi tirò a sé, facendomi scontrare contro il suo torace marmoreo, arrossii di botto quando insinuò la sua mano tra i miei capelli quasi con violenza. Le nostre labbra si incontrarono con irruenza, accendendosi di una passione nuova per entrambi, staccarsi fu doloroso, quasi come privarsi di un proprio pezzo. “Devo davvero andare” biascicai a mezza voce, Edward annuì semplicemente. Allentò la presa sul mio corpo, così da lasciarmi libera di muovermi, lo fissai ancora un istante, poi mi voltai e corsi verso l’auto della polizia.

“Allora, le cose con Edward come vanno?” domandò Charlie schiarendosi la voce, leggermente in imbarazzo, il mio sorriso a 365 denti palesava in modo evidente quanto fossi felice in quel periodo “Presumo bene” borbottò tornando a guardare la strada “Mai stata meglio…papà”, con la coda dell’occhio vidi le sue gote colorarsi di rosso e mi sentii bene. Inutile negarlo: in quel posto ero a casa, nonostante mio fratello Andrew mi mancasse da impazzire, a Forks avevo ritrovato un certo equilibrio e mi ero integrata al punto tale che ormai mi consideravo parte di quel mondo. “Sai” Charlie ricominciò a parlare, mantenendo lo sguardo sulla strada “Quando tua madre mi ha comunicato che saresti venuta a vivere da me ero gioioso, finalmente avrei potuto trascorrere del tempo con te! Nel momento in cui ti ho vista, ho sentito dentro di me un’emozione tanto forte da non essere capace di esternarla. Inizialmente pensavo di essermi sbagliato, poi però i giorni passavano e i tuoi occhi si spegnevano sempre di più” deglutii  “Vedendoti così chiusa ho temuto che tempo qualche settimana e saresti scappata via da qui” si fermò, probabilmente cercando di trovare le parole giuste per esprimere ciò che provava “Poi ho visto che avevi cominciato a fare amicizie, legandoti ai Cullen, ad Angela e ho iniziato a sperare che queste tue nuovi legami ti potessero far stare meglio, perché figliola sarò pure un padre un po’ strambo, silenzioso, scorbutico, però riesco a guardare realmente mia figlia e ho percepito che tu non stavi bene” sbarrai gli occhi stupefatta, non era difficile capire che avevo attraversato un momento << no >>, però Charlie c’era sempre poco in casa e quelle poche ore che ci vedevamo erano a colazione o a cena, scambiavamo giusto due parole, poi io dovevo o correre a scuola o andare a dormire, quindi mi chiedevo come aveva potuto percepire il mio disagio. “Quando poi mi hai confessato di voler rivedere tua madre, ho pensato che non saresti più tornata. Rivederti fuori la porta di casa con quel sorriso sul volto, mi ha rinfrancato e ha spazzato via ogni dubbio” chiusi gli occhi, ricordando perfettamente ogni singolo istante di quel periodo e la gioia che avevo sentito nascere in me quando Edward mi aveva confessato i suoi sentimenti, riportandomi a Forks dalla sua famiglia e dalla mia. “Scusami papà” sussurrai abbassando la testa e guardandomi le mani “Non volevo farti preoccupare. Mi sentivo fuori posto, il mio essere così introversa mi ha sempre danneggiata, ma poi…” alzai il capo sorridendo e scrutando l’orizzonte “Ho incontrato delle persone, degli amici che hanno saputo andare al di là dell’apparenza tirando fuori il meglio di me. Mi hanno aiutata a conoscermi e ora…” mi girai per guardare Charlie che nel frattempo aveva rallentato per entrare nella riserva, “Sono felice. Veramente felice, papà. Tu mi sei stato vicino, non hai invaso i miei spazi, hai rispettato i miei silenzi e ti ringrazio per questo. Mi sento nel posto giusto, con le persone giuste” Charlie fermò definitivamente la macchina, spegnendo il motore, indugiò con le mani sulle chiavi, palesemente in imbarazzo. Allora a quel punto, agii io: mi sporsi e lo abbracciai “Grazie papà. Infinitamente!” poco dopo le sue braccia si chiusero attorno al mio corpo “ti voglio bene, Meredith!” borbottò sulla mia spalla. Sorrisi, mentre una lacrima solitaria scivolava giù sul mio viso.

“Oh Charlie che piacere rivederti!” esclamò Billy, mentre “mio padre” gli dava, amichevolmente, una pacca sulla spalla “Ho portato mia figlia, mi ha chiesto espressamente di voler vedere tuo figlio!” proferì lui orgoglioso, Billy si sporse un poco e mi fissò serio, deviai lo sguardo sentendomi stranamente a disagio: lui sapeva! “Ciao Meredith! È bello averti qui” sorrise, lo feci anche io “Sono felice di essere venuta” risposi sostenendo il suo sguardo “Jake è dentro casa, va da lui” annuii e corsi verso la porta. Bussai, ma nessuno venne ad aprirmi. Mi feci forza e spinsi leggermente la porta, entrando nel piccolo salotto di casa Black; mi guardai intorno, ma non c’era traccia di Jake. Feci qualche passo in avanti giungendo ad un’altra porta più piccola, bussai e immediatamente essa venne aperta da un Jacob con un occhio aperto, l’altro chiuso e una mano tra i capelli corti scombinati. Sbarrai gli occhi: era un lupo anche lui! Istintivamente feci un passo indietro, quando lui spalancò le palpebre, sbattendole più volte, passandosi una mani su di esse, incredulo “Meredith?” domandò incerto, annuii appena. Il suo viso s’illuminò, stette per avvicinarsi quando annusò l’aria e storse il naso, guardandomi male, sospirai, scuotendo il capo “Si, si, lo so. Puzzo di succhiasangue” mi lamentai “Direi più che sembri quasi una di loro, la tua pelle ha perso il suo buon profumo” disse afferrandomi una mano e stringendola. Sorridemmo “Non dovresti frequentare quella gente”, spostai lo sguardo di lato “Sam mi ha raccontato tutto. A quanto pare ha avuto modo di incontrare il padre dei tuoi amichetti” sobbalzai girandomi verso di lui “Quando?” “Stamane” affermò “Ah!” mormorai “Loro vogliono solo aiutarvi a cacciare i tre nomadi. Non sono cattivi, Jake” confessai tentando di convincerlo, Jacob mi lasciò bruscamente la meno passandomi accanto furibondo “Come puoi dire che non sono cattivi!!!” urlò stringendo i pugni “Si nutrono di sangue, anche se animale! Se perdono il controllo di fronte ad un umano, mi spieghi che succede?” chiese rabbioso aggredendomi con le parole. Io non mi mossi, non dissi nulla, continuavo a fissarlo “Come fai a stare con loro?” domandò non appena si calmò “Mi hanno aiutata, accolta. Io credo in loro, Jake, come credo in te! Ed è per questo che sono qui per raccontarti tutta la mia storia, ti va di ascoltarmi?”, Jacob mi guardò serio per qualche minuto. Non fiatò, tanto che temetti volesse cacciarmi, poi però mi prese per mano e mi trascinò fuori. “Qui nessuno ci disturberà” disse spostandosi di lato per farmi entrare nel suo garage, “Wow! Quanti attrezzi!” esclamai meravigliata, Jake ridacchiò “I ferri del mestiere!” disse accomodandosi su una piccola seggiola e facendomi segno di fare altrettanto con quella posta accanto a lui. “Bene!” dissi “Bene” mi fece eco lui annuendo. Ci fu qualche secondo di silenzio “Sei pronto per entrare nel mio mondo?” chiesi, cercando di sdrammatizzare “Prontissimo! Sono tutto orecchi!” rispose sorridendo “So che ti sembrerà tutto strano, ma ti assicuro che è tutto vero. Fammi terminare, poi potrai dire tutto quello che ti pare, ma cerca, ti prego, di non interrompermi. È difficile per me parlarne…” confessai intimorita, temendo la sua reazione “Come vuoi”.
Avevo trascorso poco più di mezz’ora a raccontargli tutto l’accaduto, come promesso era stato in silenzio, anche se c’erano stati dei momenti in cui aveva provato a dire qualcosa, ma s’era bonariamente trattenuto. Una volta concluso, attesi che parlasse, ci fissammo per lungo tempo, lasciando che la sua mente elaborasse il tutto. D’un tratto, si portò una mano tra i capelli e si grattò la testa “E’ tutto totalmente assurdo!” sbottò, il mio corpo s’irrigidì “Ma ti credo” disse infine fissandomi “Di cose strambe ne sto vedendo parecchie, quindi perché non dovrebbe essere vero ciò che dici!” sorrisi sollevata “Anche a me sembra ancora così folle tutto questo, eppure sono qui con voi e…Dio! Sono finita a vivere la vita di Bella Swan!” esclamai alzando le mani verso il cielo e storcendo la bocca, Jake rise divertito “E così, il triangolo amoroso Edward, Bella e Jake sfocia in un quartetto” sghignazzò, risi anche io “Eh si, a quanto pare nei libri ti innamori della figlia di Bella ed Edward. Il famoso imprinting!” sussurrai “E di questi incubi che mi dici?” chiese impensierito, scrollai le spalle “Non lo so, Jake! Mi sto scervellando tentando di trovare una soluzione, una spiegazione quantomeno logica a tutto questo e ti confesso che ho paura” fissai gli occhi sui miei piedi “Paura di mettere in pericolo voi. Se quell’ombra mi vuole qui, c’è un motivo e devo assolutamente scoprirlo prima che possa giungere l’irreparabile” mi alzai, sentivo l’agitazione montarmi dentro, Jacob, di riflesso, s’alzò e mi raggiunse, mi afferrò per un braccio tirandomi a lui “Ora calmati! Ti aiuterò anche io, intanto potremmo parlarne con Sam! Vedrai che possiamo fare qualcosa. A tutto c’è rimedio” annuii anche se poco convinta.

Toc toc

“Avanti!” gridò Jake, la porta del garage si spalancò rivelando due figure alte e muscolose “Ehi Jake!” esclamarono entrando fissando poi i loro occhi su di me “Paul, Seth, lei è Meredith!”, mossero leggermente il capo “L’amica dei vampiri” mormorò Paul tra i denti, io mi sentii nuovamente fuori posto, d’altronde erano nemici non potevo pretendere che si capissero e accettassero. “Smettila Paul!” lo ammonì Jacob “Mi stavate cercando?” domandò cambiando così discorso “Si. Sam vuole vederti!” annunciò Seth “Perfetto! Volevo giusto scambiare quattro chiacchiere con lui” poi si voltò verso di me “Avanti vieni con me! Sono certo che Sam potrà dirci qualcosa di più” gli sorrisi grata e li seguii. Camminammo per un bel po’, arrivando in una piccola radura nascosta nel bosco, lì Sam attendeva il resto del branco, accanto a lui vi erano Jared e Quil; quando mi vide affilò lo sguardo e attese che Jake parlasse “Lei è Meredith, ha una storia interessante da raccontarci e ha bisogno del nostro aiuto” “Carlisle mi ha accennato qualcosa stamane” proferì serio “Ma sono curioso di sentir parlare lei. Vi ho riunito qui proprio per discutere del patto con i Cullen” asserì “Cosa?” esclamò Paul “Cos’hai intenzione di fare?” domandò Jacob alterato “Loro ci daranno una mano con i vampiri” “Siamo in grado da soli di farli fuori!!!” esclamò Paul piccato “Non fare l’idiota!” rispose Sam “Loro terranno d’occhio il territorio circostante la riserva, è probabile che questi tre cerchino di contattarli, visto che sono della stessa specie, sperando di trovare aiuto, ma non sarà così” guardò il resto del branco con uno sguardo talmente austero che nessuno osò ribattere i suoi ordini “Poi c’è il problema di Meredith, il dottore mi ha parlato di un’ombra” annuii “Si, affolla i miei sogni. È per volere suo se sono nel vostro mondo” “Cosa intendi per << nostro mondo >>?” domandò Paul stranito “Ora vi spiego tutto” dissi “Possiamo recarci in un posto in cui possiamo parlare con calma?” Sam annuì “Emily sarà felice di conoscere una donna, finalmente!” accennò un sorriso al quale risposi gentilmente “Vorresti insinuare che sua cugina Leah non sia appartenente al sesso femminile?” ridacchiò Paul, Sam sbuffò “Ehi non offendere mia sorella!” borbottò Seth, Paul alzò le mani fintamente spaventato “Non sia mai!” sghignazzò portandosi una mano sulla bocca per trattenere una risata “Avanti smettetela!” li ammonì Sam, il silenzio calò e tutti insieme ci dirigemmo verso la casa dell’alpha.
“Emily!” non potei non notare il tono dolce con cui Sam aveva chiamato la sua fidanzata, lei era subito accorsa e prima ancora che potessi vederla, Jacob mi aveva sussurrato all’orecchio di non fissarle il volto, come se non fossi informata. Per non contraddirlo annuii. Quando Emily apparve si gettò tra le braccia di Sam, baciandolo con passione, il brusio di sottofondo fatto di fischi e commentini sarcastici da parte del branco, non li scalfì minimamente e mi trovai ad immaginare me e Edward. Emily si scostò da Sam e lo guardò con amore “Ho preparato dei dolci per tutti voi” disse rivolgendosi a tutti, il suo sguardo curioso si posò su di me, sorrise e mi venne incontro “Tu devi essere Meredith!” disse “Si, piacere di fare la tua conoscenza” risposi educata “Il piacere è tutto mio. Un miraggio nella mia vita, un’altra donna in mezzo a questo branco di scalmanati” trillò allegra, era impossibile non notare la sua cicatrice, ma cercai di non fissarmi a guardarla. “Avanti vieni, unisciti a noi. Il dolce è anche per te!”.
Ci accomodammo attorno al tavolo all’ingresso, trascorsero diversi minuti in cui io mi isolai mentalmente. Li guardavo giocare e scherzare come normali adolescenti, quasi come fosse tutto uguale a prima, eppure le loro vite erano state stravolte: la trasformazione, quindi la scoperta di aver ereditato geneticamente dai propri avi il compito di combattere contro i vampiri per proteggere la riserva, il loro innamorarsi legato ad un “imprinting” che sapeva di assurdo e di magico, allo stesso tempo. Poi c’ero io. Non mi sentivo la nota stonata in quel momento, com’era sempre successo nella mia vita, però non ero realmente di quel posto, in che modo avrei raccontato al branco la mia folle avventura? Speravo vivamente che non mi cacciassero reputandomi pazza. Fu Jake a riportarmi alla realtà “Allora Sam, possiamo ascoltare Meredith?”, Sam zittì tutti, fissò me e mi invitò a parlare. Presi un respiro profondo e iniziai a raccontare di me, per la seconda volta in quella giornata.
Era impossibile non cogliere l’incredulità sui volti di tutti i presenti, gli unici rimasti impassibili furono Sam e Emily e ovviamente Jake che sapeva già tutto. Quando smisi di parlare, il silenzio attorno a me divenne opprimente, avvertivo la tensione nell’aria e il senso di colpa per tutto il casino che stavo creando, si fece largamente spazio dentro di me, destabilizzandomi. Sospirai afflitta. Emily si alzò dalla sedia, facendola strusciare rumorosamente a terra, attirando l’attenzione di tutti. Mi scrutò intensamente e rabbrividii per quello. Poi fissò Sam, il quale annuì “Meredith!” mi chiamò la ragazza con voce ferma e seria, alzai la testa, drizzandomi sulla sedia “Credo di conoscere chi potrebbe aiutarti” affermò, a quel punto i miei occhi si diressero nella sua direzione e la scrutarono con curiosità malcelata. Il cuore tamburellò forte, un’emozione nuova stava nascendo incontrollata. Il solo pensiero che esistesse qualcuno in grado di aiutarmi a risolvere il problema dell’ombra, mi faceva assaggiare il sapore della libertà: libertà di vivere tranquillamente la mia storia con Edward, libertà di poter rivedere mio fratello. Cercai di smorzare l’entusiasmo, placando la mia agitazione e tornando a concentrarmi sulle parole di Emily “Come sapete tutti!” esordì l’alpha “Nella zona più recondita della foresta, vive il vecchio saggio profeta Kabkaiti” tutti i presenti trattennero il fiato “Si vocifera che abbia più di mille anni. Sa tutto della vita di questa riserva e oltre, ma soprattutto” e a quel punto Sam guardò me “Conosce Destino” e rimarcò bene tale nome “Chi è Destino?” chiese Jake, Sam lo fissò qualche secondo poi riprese il suo discorso “Destino è colui che decide delle vite di tutti noi. È il Sommo Essere che tieni in piedi il mondo e intreccia i fili della vita degli essere umani e non” ero stupefatta, stordita, ma anche spaventata “Lui saprà di certo chi è quest’ombra che ti perseguita e ti aiuterà a capire cosa fare per affrontarla” “Come si arriva da Lui?” domandai alzandomi in piedi, decisa più che mai ad affrontarlo “Ti ci accompagno io” disse Emily “Infondo è mio avo, non mi negherà aiuto” sorrise “Ho bisogno però di parlare con te da sola” annuii, non capendo il motivo di quella richiesta. La seguii sul retro della casa, ci accomodammo sugli scalini di legno e aspettai che parlasse “Quanto sei disposta a rischiare, Meredith?” domandò a bruciapelo, sobbalzai sgomenta “Intendo per le persone che ami. Voglio che tu sappia che Kabkaiti non è un tipo che agisce alla leggera, potrebbe rivelarti cose che ti faranno male. Prima di esporti a questo, ho bisogno di sapere se sei davvero propensa a soffrire per salvare le persone che ami, tra cui Edward” udire solamente il suo nome, fece sussultare il mio corpo e il mio cuore “Sono disposta a tutto, a mettere in gioco anche la mia vita se fosse necessario. Amo Edward più di qualsiasi altra cosa a questo mondo e non potrei mai e poi mai rischiare di perderlo!” esclamai alzandomi in piedi e stringendo le mani a pugno. Emily era rimasta seduta continuando a fissarmi con i suoi profondi occhi scuri “Ho capito” disse solo, poi si diresse verso l’interno della casa, incredula scossi la testa e la chiamai, lei si voltò “Domani ti condurrò dal saggio profeta” asserì, le sorrisi “Grazie! Sono pronta a tutto!” Emily mi diede le spalle “Non si è mai pronti per il dolore” sussurrò prima di sparire dietro la porta.

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Capitolo 28
*** Andiamo incontro al destino ***


Andiamo incontro al destino Ehm...
Si, sono proprio io.
A quanto pare il mio cervello si è rimesso in moto, il criceto s'è messo nuovamente a correre, facendo girare la ruota :D.
Ignorando i miei scleri, sono contenta di essere finalmente riuscita a scrivere un nuovo capitolo, è stata dura, proprio non voleva venir fuori
questo 27esima follia! Spero almeno che vi intrighi e vi piaccia, altrimenti davvero non so che fare ç___ç.

Piccola Ketty: sono tornata alla grande, dici? Mmm...mah non saprei, onestamente, ma ti ringrazio per la fiducia. E ora eccomi qui con quest'altro capitoletto, aspetto di sapere che ne pensi. Bacio.

Ginevrapotter: mmm non posso anticiparti niente, al contempo però ti dico che devi essere pronta a tutto :). Grazie per la tua recensione.

Vampiretta Cullen: la mia adoratissima principessa!!! Come sempre riesci a strapparmi un sorriso, sei unica Malù e sono felice di averti conosciuta! Grazie per la fiducia, spero di esserne degna. Ti voglio bene.

Dindy80: mi sa che d'ora in poi, Jacob lo rivedrai più spesso :), contenta? Mmm...nel prossimo capitolo, si chiariranno molte cose e finalmente scoprirete chi sta architettando tutto questo. Mi auguro solo di essere in grado di scrivere quello che ho in testa, ultimamente mi risulta parecchio difficile. Grazie per tutto e soprattutto grazie per avermi votata al concorso, non me n'er accorta!!! Grazie di cuore!!!

Saruxxa: eccoti il nuovo capitolo. Spero continui ad entusiasmarti :). Aspetto di sapere che ne pensi. Bacio.

Giulls: non sei più fan della saga??? Questa me la devi spiegare!!! Comunque grazie, come al solito mi riempi di complimenti!!! Grazie tesoro.


Prima di lasciarvi al capitolo, voglio chiarire una cosa: Meredith va da Kabkaiti, questo è il nome del saggio profeta. Quest'ultimo conosce un certo Destino. Nel prossimo capitolo, capirete meglio di chi si tratta e che ruolo ha in questa vicenda. Scusatemi, è colpa mia se avete fatto confusione. Se avete dubbi, esponeteli pure!!! Sarò lieta di rispondervi.
PS: giuro che è l'ultima cosa, poi me ne vado XD. Vi lascio i link del mio facebook e di quelli del gruppo dedicato alle mie storie. Vi aspetto, ditemi chi siete se mi aggiungete: My facebook  - Quelli che amano le storie di Sognatrice85

Bacio a tutti!!!

Capitolo 27 “Andando incontro al destino”

 

“Non si è mai pronti per il dolore”

Le parole di Emily continuavano a tornarmi in mente, scatenando una vera e propria guerra nella mia testa.

Mi ripetevo come un mantra che non sarebbe stato il mio caso, avrei saputo affrontare qualsiasi ostacolo con forza e coraggio, ma nel profondo avevo terribilmente paura di ciò che sarebbe accaduto. In modo particolare, temevo di dovermi allontanare da quel mondo, da Edward. Scossi il capo cacciando via quei brutti pensieri e cercai di ascoltare ciò che diceva il branco. Charlie mi aveva telefonato avvertendomi che era rientrato dalla pesca e che Billy stava preparando il necessario per arrostire il pesce. Jake disse che sarebbe venuto con me. Prima di tornare a casa Black, Emily mi venne nuovamente vicino e mi disse:” Domani pomeriggio, subito dopo la scuola raggiungimi qui. Ti condurrò dal saggio profeta”, annuii con la testa, non sapendo cosa rispondere.

Cosa dovevo aspettarmi dal futuro?

Con quell’interrogativo, mi allontanai dal branco insieme a Jacob.

Non appena fummo soli, Jake si affiancò a me e mi chiese: “Sei contenta che ci sia qualcuno che può aiutarti?” io annuii semplicemente, mantenendo lo sguardo fisso per terra. Intravidi i piedi di Jacob spostarsi davanti a me e fermarsi. Rialzai il capo e mi trovai il suo viso serio che mi scrutava con attenzione “C’è qualcosa che non va?” domandò preoccupato, corrucciando la fronte, negai muovendo la testa e spostando gli occhi di lato “Meredith!” mi richiamò prendendomi la mano e accarezzandone il dorso con il pollice “Cosa ti spaventa?” sussultai: aveva centrato perfettamente l’obiettivo! “Con me puoi parlare liberamente, lo sai!” incalzò. Sospirai tornando a guardarlo “Se il saggio profeta mi dicesse che l’unico modo per risolvere il problema, sia andarmene?” mormorai con voce incrinata. Le lacrime si affacciarono rapide sotto le mie ciglia e Jake sbarrò gli occhi sorpreso, un suo dito mi accarezzò lo zigomo destro “Non succederà!” rispose con convinzione “Come puoi saperlo? Infondo è per la mia presenza qui che è comparsa quest’ombra. È me che tormenta!” quasi urlai, sporgendomi col corpo in avanti e avvicinando eccessivamente il mio viso al suo. Gli occhi di Jake indugiarono sulle mie labbra, ma nel momento in cui mi ritrassi, distolse lo sguardo imbarazzato “Scusami” borbottai impacciata “Non voglio prendermela con te! Non centri nulla” sbuffai, passandomi la mano tra i capelli, Jake per tutta risposta mi tirò a sé e mi abbracciò, senza dire nulla. Sbarrai gli occhi meravigliata, ma lo lasciai fare, li chiusi cullandomi in quell’abbraccio, tentando così, di far evaporare ogni negatività. Il corpo di Jake era così caldo, nettamente diverso da quello di Edward ed erano diverse anche le sensazioni che provavo: un’affettuosa amicizia per Jacob, un profondo amore per Edward.

Una linea chiara, netta e precisa.

Al contrario del mio destino che tutt’era tranne che definito.

Mi scostai da Jacob, allontanandolo piano con le mani, senza rischiare di offenderlo “Grazie!” sussurrai sorridendogli, provando a celare quella strana sensazione che si era annidata in me con prepotenza, lui sembrò non capire e rispose al sorriso “Vuoi che venga con te domani?” chiese gentile, stringendomi una mano, gli feci segno di no con la testa “Non ti preoccupare! Devo affrontare da sola tutto questo” dissi cercando di autoconvincermi “Se avrai bisogno di un amico, sai dove trovarmi” ammiccò, gli sorrisi grata “Dai sbrighiamoci, altrimenti i nostri padri ci daranno per dispersi” e presi a correre, seguita subito dal mio amico licantropo.

“Meredith, come procede la tua vita nella piccola cittadina di Forks?” chiese Billy, intento a rosolare sul fuoco il pesce. Intanto io ero seduta su un piccolo asse di legno e osservavo rapita lo scoppiettare delle fiamme “Bene. Credo di essere nata per stare qui” sorrisi, Billy mi squadrò “Spero che nessuno ti crei mai dei problemi. In caso contrario, sai che puoi contare su di noi” sottolineò marcatamente ogni sillaba, accompagnando le parole con un accentuata mimica facciale, annuii sapendo a cosa e, soprattutto, a chi si riferisse.

“Grazie per la splendida cena, Billy” disse mio padre, sfoderando un sorriso a 365 denti “E di cosa, Charlie!” esclamò Billy, stringendogli la mano “Sai benissimo che puoi venire quando vuoi. Lo stesso vale per te, Meredith! Mi aspetto di vederti più spesso da queste parti” rispose guardandomi “Verrò! Domani ho appuntamento con Emily subito dopo la scuola” confessai, Charlie si girò verso di me, meravigliato “Hai fatto amicizia vedo” constatò felice “Si” sorrisi “Brava figliola” mormorò timidamente, scompigliandomi i capelli con una mano.

“Ci vediamo domani” asserì Jacob, accompagnandoci all’auto di Charlie “Si. Notte Jake” annuii con la testa “Notte Meredith” rispose, lasciandomi un bacio sulla guancia, indugiando un po’ troppo per i miei gusti, fui io a scansarmi, sorridendo appena e correndo a rifugiarmi in auto, vicino ad un Charlie sbigottito che assunse poi un'espressione strafottente di chi la sapeva lunga. Roteai gli occhi verso il cielo e mi rilassai, sbuffando, sul sedile. Avevo solo tanta voglia di andarmene a letto e dormire.

Rientrati in casa, mi diressi subito in stanza per prepararmi per la notte. Prima di fare una doccia veloce presi il cellulare dal jeans e mandai un sms ad Edward per comunicargli che ero rientrata e che stavo bene, ma che l’indomani dovevo parlargli per raccontargli quello che avevo scoperto. Lasciai il telefonino sul comodino e andai in bagno a lavarmi.

Messami in pigiama, lasciai i capelli avvolti nell’asciugamano e mi diressi in camera fischiettando, ma saltai, andando all’indietro quando intravidi una strana ombra sul mio letto. Mi affrettai ad accendere la luce e mi calmai solo quando scoprii che era Edward. Sospirai, mettendomi una mano sul cuore “Che spavento!” esclamai, poi fissai il mio ragazzo e gli sorrisi felice di vederlo lì. Mi avvicinai e mi sedetti al suo fianco “Sei venuto non appena hai letto il mio messaggio? Dì la verità: la tua curiosità era talmente tanta che non hai resistito!” risi, mentre Edward rimase serio. A quel punto, smisi di ridere e lo guardai confusa “E’ successo qualcosa?” chiesi improvvisamente preoccupata “Devi dirmelo tu!” rispose freddo. Mi scostai di poco, cercando di carpire cosa avesse provocato quella reazione “Sei…arrabbiato?” la mia voce risultò eccessivamente titubante. Non rispose.

Un silenzio che durò diversi minuti. Più passava, più mi sentivo esasperata.

“Oh cavolo, Edward!” urlai, alzandomi di scatto dal letto e portandomi entrambe le mani in testa “Mi dici cosa diavolo ti prende?” domandai irritata “La bocca l’abbiamo per parlare, lo sai? Quindi se c’è qualcosa che ti dà fastidio, ti turba o quant’altro, sei pregato di dirlo! Non sono ancora dotata della facoltà di leggere nel pensiero!” conclusi la mia arringa, portando le mani sui fianchi, in posizione di attesa. Edward sembrò riscuotersi e mi guardò. “Ho letto nella mente di Charlie” si fermò e sospirò “Ho visto…” distolse lo sguardo, fissando un punto imprecisato al di là del vetro “Il bacio che ti ha dato Jacob” trasalii attonita, poi un pensiero si formò nella mia testa e iniziai a ridere, Edward inarcò un sopracciglio “Questo ti fa ridere?” chiese innervosito “Oh no, Edward!” risposi tra una risata ed un’altra “Mi fa sorridere la tua gelosia!” affermai gonfia d’orgoglio “Era un semplice bacio sulla guancia. Che sarà mai? Se ti dicessi che mi ha anche abbracciata, cosa faresti? Andresti lì e gli staccheresti la testa a morsi?” azzardai, Edward strinse la mascella e ringhiò “Che cosa ha fatto?” domandò, trattenendo a malapena la rabbia, serrando le mani a pugno e puntellandole sul materasso del mio letto “Calmati!!!” esclamai, seriamente preoccupata, fissando per un secondo la porta, temendo che Charlie sentendo trambusto potesse entrare “E’ un gesto da amico. Ero in crisi e…mi ha voluto risollevare, ecco!” mormorai titubante, non sapendo quale reazione avrei scatenato in lui. “In crisi?” saltò dal letto, giungendo davanti a me “Che è successo? Ti hanno fatto qualcosa? Se è così, giuro che io…” “Fermo, fermo, fermo!” dissi muovendo le mani per l’agitazione “Non mi hanno fatto niente, anzi mi hanno proposto una soluzione o meglio, Emily, la fidanzata di Sam, mi ha parlato di una persona che potrebbe aiutarmi a capire qualcosa in più su quest’ ombra” vidi un lampo attraversargli gli occhi “Raccontami”, annuii “Se ti calmi, ti spiego ogni cosa” mi accomodai sul letto, sbattei la mano sul materasso, invitandolo palesemente a raggiungermi. Mi obbedì. Presi fiato e mi accinsi a raccontargli tutto.

 

“E così questo saggio profeta conosce Destino” proferì Edward pensieroso, mentre giocherellava con una mia ciocca di capelli “Non ricordo di aver mai sentito parlare di questo Kabkaiti” feci spallucce “Ne parlerò con Carlisle” affermò “Ok. Però stai tranquillo, i ragazzi sono bravi, Emily è stata gentile ad offrirmi il suo aiuto. Credo davvero che vogliano fare qualcosa di concreto per me” sorrisi, Edward scese con la mano lungo il mio braccio destro, fermandosi sulla mia mano, la strinse nella sua, fissandola accuratamente “Domani ti accompagno io fino al confine e ti rivengo a prendere!” stetti per obiettare ma non mi lasciò parlare “Non si discute!”  sbottò, guardandomi con aria severa di chi non voleva essere contraddetto “Affronteremo insieme tutto questo!” disse serioso, sorrisi annuendo. Lo volevo vicino, ne sentivo un malsano bisogno. Di slancio lo abbracciai, accoccolandomi tra le sue braccia, Edward mi accolse volentieri, rafforzando la presa sulla mia vita.

“Edward” mormorai “Dimmi” rispose baciandomi la fronte, mi beai di quel gesto “Mmm…” mugugnai contenta “Volevi dirmi questo?” chiese ironico, trattenendo le risa “No…” indugiai, sentivo le guance accaldate e il cuore che correva come una mandria di bufali impazziti, Edward mi scostò da lui di poco e mi guardò preoccupato “Ehi che succede?” domandò, avvolgendo il mio viso tra le sua mani. Chiusi gli occhi e mi concentrai sulle sue dita che lente, mi accarezzavano le gote, donandomi refrigerio “La tua gelosia mi lusinga” soffiai “Non credevo potessi reagire in questo modo” abbassai gli occhi, incapace di reggere il suo sguardo “Nessuno mai, ha provato nei miei confronti, sentimenti simili” sorrisi, carezzando col dito, il petto di Edward coperto da un maglione grigio “Quindi volevo ringraziarti” sussurrai “Solo questo” scrollando le spalle, tornai a fissarlo. Lui era rimasto nella medesima posizione, guardandomi attentamente “Tu non hai la più pallida idea di quanto tu possa attrarre gli altri ragazzi!” disse serio “Eh?” chiesi, basita e sconvolta, aggrottai la fronte e fissai i miei occhi nei suoi “Combatto ogni  santo giorno con i pensieri, per così dire, << poco carini >> che i ragazzi fanno su di te, nonostante sappiano che stai con me” sospirò, chinando la testa verso il materasso, distogliendo così lo sguardo dal mio, ciò, però, non m’impedì di notare la sua espressione improvvisamente malinconica “Ho vissuto secoli e secoli da solo, non mi sono preoccupato di cercarmi una compagna, ho sempre finto che non m’importasse, in realtà ero solo spaventato, perché non vedevo nessuna adatta a me” alzò la testa e sconfortato, guardò davanti a sé, al di là della finestra “Non fraintendermi. Non ho mai avuto particolari pretese, non pretendevo la perfezione, tutt’altro. Ho creduto di essere io quello sbagliato, però nessuna mi colpiva al punto tale da dire << Ehi è lei! È la donna della mia esistenza! >>. Fisicamente impossibile provare il batticuore, però qualcosa in me si sarebbe dovuto scuotere, ma non è mai stato così” voltò la testa per osservare me, che nel frattempo ero rimasta muta ad ascoltare il suo discorso “Poi sei arrivata tu. Leggevo nella mente degli altri la curiosità per la figlia dello sceriffo, non mi sono meravigliato, qui gli umani sono molto abitudinari, le novità vengono accolte con fervore e curiosità e tu per loro eri motivo di chiacchiericcio. Ti ho vista nelle loro menti, ma non mi sono mai soffermato troppo, alla fine eri un’umana e basta” sorrise appena, acciuffò con delicatezza le dita della mia mano destra e le accarezzò con le sue fredde, scrutando meticolosamente i movimenti che egli stesso compiva “Quanto mi sbagliavo!” rilasciò un sospiro pesante. Io ero incantata, non seppi spiegarmi se per la sua confessione o per il suo disagio “Ricordo molto bene quando ho incrociato per la prima volta, il tuo sguardo. Eravamo a mensa, tu eri al tavolo con Jessica e gli altri” annuii rievocando quel momento “Non mi interessava conoscere i vostri discorsi, ma sono comunque una persona curiosa e quando Jessica ha fatto riferimento a noi, non sono riuscito a trattenermi e ho cercato di leggervi nella mente. Quando però tu hai alzato la testa e ti sei voltata a guardarmi, qualcosa s’è mosso qui” guidò la mia mano verso il suo petto, all’altezza del cuore “So che il mio cuore è morto, ma per un impercettibile attimo ho sentito che pulsava” i suoi occhi brillarono e accentuò l’intensità del suo sguardo, provocandomi un fremito lungo tutta la spina dorsale “Un’esperienza unica!” la sua espressione sognante, riflesso della mia, scatenò una tempesta nel mio animo “Non ti nascondo che mi ha fatto paura perché non capivo cosa mi stesse accadendo. Per questo mi sono avvicinato a te, dovevo capirci di più, detestavo non riuscire a darmi una spiegazione, poi sono subentrati i dubbi sulla tua identità, la tua confessione e il mio allontanamento. Mi sentivo ferito, ingannato, ma ce l’avevo principalmente con me perché non riuscivo a smettere di amarti” mi baciò le dita della mano, socchiudendo appena gli occhi, io lasciai scivolare la testa all’indietro, annegando nei sentimenti che riusciva a scatenare in me “Non voglio perderti, Meredith!” asserì con una punta di preoccupazione nella voce “Sopportare i pensieri degli altri ragazzi è già un grande sacrificio, ma lasciare che un cane” disse sprezzante “Possa…toccarti” irrigidì la sua espressione, placando un ringhio natogli nel petto “No, non riesco a digerirlo! So che sei umana, so che potresti scocciarti di me, della vita che conduco e quando ciò avverrà, ti lascerò andare, ma fino ad allora voglio che tu…” s’avvicinò al mio viso, soffiando sulle mie labbra.

Ghiaccio e fuoco.  

“I…io?” sussurrai con voce tremante “Voglio che tu sia mia, solo mia. Non ti dividerò con nessuno!” alitò, impossessandosi subito dopo delle mie labbra.

Ero totalmente in suo potere.

I minuti che si susseguirono, furono scanditi solamente dallo schioccare dei nostri baci, quando abbandonò la sua presa, mi sentii sola, ansimai scossa dall’improvvisa intraprendenza di Edward. Girai il viso e lo trovai, seduto sul davanzale della finestra. Guardava fuori. “E…Edward” soffiai con voce arrochita “Devo andare. Domani pomeriggio prima di andare dal saggio, verrai con me a casa. Voglio che prima ne parliamo con Carlisle” annuii inerme “Buona notte” sussurrò suadente “Edward!” lo richiamai con troppa foga, allungando una mano verso di lui, Edward si girò “Perché…perché stai andando via?” domandai sgomenta, non comprendendo la sua reazione. Edward sfuggì i miei occhi e si fissò i piedi “Onestamente…non lo so…” bisbigliò avvilito “Ti prego…torna qui da me” piagnucolai. Edward issò la testa, focalizzandosi su di me, abbozzai un sorriso, ma evidentemente non vi riuscii, perché il volto del mio ragazzo s’incupì. Allungai entrambe le mani verso di lui per richiamarlo a me. Lui rispose al mio invito e con troppa lentezza venne verso il letto, una volta toccato con le ginocchia la coperta, si immobilizzò, pur continuando a guardarmi. “Stenditi accanto a me” gli dissi “Resta, ho bisogno di te!” nascosi il viso tra le mie ginocchia, sentendo già la salsedine delle mie lacrime sulle labbra. Mi prese in braccio, scostò le coperte, sistemandomi nel letto, poi si distese al mio fianco, cingendo il mio corpo con le sue braccia “Dormi amore mio” bisbigliò al mio orecchio. Accarezzata dalla sua voce, scivolai nel sonno.

L’indomani mattina, mi alzai con un gran mal di testa.

Edward aveva già lasciato la stanza e ciò mi intristì.

Mi apprestai a fare colazione con un Charlie silenzioso come al solito, però il suo sguardo indagatore non abbandonò mai i miei occhi “Tutto bene?” chiese, infatti, mentre lavavo le stoviglie “Si, perché?” risposi “Mmm niente, niente. Allora oggi pomeriggio vai da Jake?” domandò, m’irrigidii immediatamente a quella domanda “Si” “Se hai bisogno di un passaggio…” “Non ti preoccupare papà, mi accompagna Edward. Credo che resterò lì stasera. Esme mi ha invitato per qualche giorno, spero non ti dispiaccia” non lo lasciai finire “Capisco. Io comunque stasera non ci sarei stato, quindi sono più tranquillo a saperti in casa con brava gente” e buttò giù, l’ultimo sorso di caffé. Posò la tazza nel lavandino e poi uscì di casa per andare a lavoro.

Compiuti i miei doveri di casalinga, salii le scale, scelsi gli abiti e mi lavai. Fatto questo, afferrai lo zaino, le chiavi del pick up, ma quando aprii la porta mi trovai davanti Edward. Per lo spavento, saltai sul posto “Calma, calma!” disse tenendomi per le spalle “Sono io” sorrise “Edward!” esclamai contenta, saltandogli al collo “Ti do un passaggio io a scuola. Con una macchina sarà più facile spostarsi oggi” annuii. Edward mi mostrò la sua mano, la strinsi e insieme raggiungemmo la sua auto.

Trascorsi le ore scolastiche interrogandomi su ciò che si sarebbe verificato di lì a poco. Probabilmente la soluzione a tutti i miei problemi era più vicina di quanto pensassi, ma perché continuavo a sentirmi inquieta? A contribuire probabilmente, erano state le parole di Emily. Continuavo a pensarci.

Durante il pranzo, Edward spiegò la situazione ai suoi fratelli, il più scettico apparve Jasper “Un profeta?” sorrise ironico “I lupi sono convinti che uno stregone possa aiutarci?” domandò fissando tutti, Alice gli teneva la mano, mantenendo gli occhi su di me. Edward si accorse che sua sorella aveva la testa tra le nuvole e le chiese: “ Riesci a vedere qualcosa?” il tono con cui pose quella domanda, era carico di speranze e attese. Alice negò “Non vedo assolutamente niente” ripose con voce monotona “Quando ci sono di mezzo i licantropi, il mio potere è nullo” si lamentò, massaggiandosi le tempie con le dita “Io resto convinto che non servirà a nulla quest’incontro” ribatté Jasper “Diamogli una chance” intervenne Emmett “Non possiamo sapere cos’ha da dirci, magari è davvero così bravo come dicono i cani” asserì “Prima di quest’incontro, ne parlerò con nostro padre. Vorrei ci foste anche voi” proferì Edward, spostando lo sguardo ad uno ad uno, sui suoi fratelli “D’accordo!” asserirono tutti.

E il mio mal di testa aumentò.

Edward corse come un folle con la macchina, sfrecciammo sulle strade di Forks come missili e in un batter d’occhio, ci ritrovammo a casa Cullen, nel salone per la precisione. “Vi ho voluti tutti qui, perché come ben sapete, Meredith e tutti noi, siamo minacciati dall’ingombrante presenza di un’Ombra misteriosa che popola i sogni della mia ragazza e sembra che i lupi, o meglio, la compagna dell’alpha, Emily conosca una persona, un saggio profeta che potrebbe aiutarci a capire esattamente cosa vuole quest’ombra e come agire per fermarla” io ero accanto a lui, inerme, con lo sguardo perso nel vuoto, di chi già presume, una verità non facile da accettare.  “Sembra che questo Kabkaiti conosca Destino” Edward si rivolse a suo padre “Carlisle tu ne sai qualcosa?” il dottore pensieroso, si sfregò il mento, incrociando poi le braccia al petto “Ho sentito molto parlare di Kabkaiti, è menzionato anche in alcuni libri che ho consultato anni addietro. Io credo che possiamo fidarci. Sam l’altro giorno mi ha detto che il patto vale, ma che per un nemico comune possiamo collaborare sempre, l’importante è mantenere le distanze, non invadere il loro territorio, altrimenti non esisteranno un attimo a farci fuori” una risata gutturale si propagò nella stanza, ci girammo tutti verso Emmett, sganasciato a terra dalle risate “Si può sapere che ti prende?” domandò Edward stizzito, Emmett sembrò riprendersi, rimettendosi in posizione eretta “I cani che ci minacciano” asserì “Questa cosa mi fa ridere” e ricominciò a sghignazzare. Rosalie gli suonò uno scappellotto dietro la testa “Ahi!” esclamò “Scimmione da quattro soldi! Ma ti sembra il momento questo?” chiese, guardandolo con furia “Scusa, scusa. Mamma mia e come siete pesanti! State alzando un polverone per nulla!” esclamò, noi continuavamo a fissarlo basiti “Spiegati” lo invitò Carlisle “Meredith ora va da questo saggio, ci parla e vediamo cosa le dice. Inutile fasciarsi la testa prima del tempo e poi ditemi perché non dovremmo fidarci dei cani? Quest’ombra può essere pericolosa anche per loro, non scordiamo che se ce l’ha con noi, non può che coinvolgere anche loro; sono i nostri principali nemici è vero, ma è altrettanto vero che se l’ombra minaccia la cittadinanza, loro saranno costretti ad intervenire. Se l’Ombra è entrata nella testa di Meredith attraverso i sogni, magari riesce a farlo anche con loro. Non possono non averci pensato” affermò con convinzione. Il suo discorso non faceva una piega, infatti lo stesso Carlisle annuì “Emmett ha ragione!” poi si rivolse a me e Edward “Accompagnala al confine. Lasciamola andare da Kabkaiti. Te la senti, Meredith?” annuii “Bene. Direi che ci siamo detti tutto”, Edward seguì un attimo Carlisle nel suo studio, io restai in salotto. Esme si avvicinò e mi abbracciò “Stasera resterai con noi, vero?” chiese amorevolmente “Si. L’avevo già annunciato a Charlie. Non so cosa scoprirò, ma in ogni caso, non mi va di tornare in quella casa” confessai “Puoi restare tutto il tempo che vuoi” disse, accarezzandomi una guancia “Grazie Esme” “Di nulla figliola” mi baciò la fronte e mi lasciò ad Edward, il quale mi comparve alle spalle, afferrandomi per la vita e stringendomi a lui. “Andiamo?” annunciò “Si”.

Durante il tragitto, Edward si mise a discutere della lezione di letteratura incentrata sull’opera “Romeo e Giulietta” di Shakespeare, compresi che lo stava facendo per stemperare la tensione ed evitare che pensassi troppo a quell’incontro. Lo apprezzai tantissimo, perché, seppur per poco, riuscì a farmi distrarre.

“Siamo arrivati” proferì, spegnendo il motore, guardai dritto davanti a me, a pochi passi c’era Jacob. Aggrottai la fronte “Come faceva a sapere che…”, ma non terminai la frase che capii “Lo hai avvisato tu?” domandai guardando Edward “Ma non ne eri geloso, scusa?” chiesi sconcertata “Lo sono ancora, non credere.  E per tuo avviso, non sono stato io direttamente” “Eh?” la mia espressione sbigottita, lo colpì, infatti ridacchiò “E’ stato Carlisle. Ha avvisato Sam che stavi arrivando e voleva che qualcuno venisse a prenderti. Sono stato d’accordo con lui, perché non potendo essere io ad accompagnarti, volevo che non procedessi nella foresta da sola” annuii “Ok” asserii “Allora…vado” dissi deglutendo aria, Edward mi afferrò la mano con veemenza e mi attirò a sé “Promettimi che starai attenta!” disse “Promesso” “Chiamami appena hai finito che corro a prenderti” “Ok” soffiai sulla sua bocca, soffocata dal bacio che mi diede.

Scesi dall’auto ancora intontita e camminai verso Jake, il quale aveva un’espressione sdegnata dipinta sul viso. Lo fissai interrogativa, lui mi guardò “Ma non ti fa senso baciare un…vampiro” disse, sorrisi “No per niente, anzi…” mi morsi il labbro, immaginando Edward sghignazzare per la mia risposta. Mi voltai un’ultima volta verso la sua auto, trovando, infatti, il suo sorriso.

Solo quando salii nella macchina di Jacob, lui andò via.

“Sei pronta?” chiese Jacob, spezzando il silenzio “Non del tutto” confessai “Dai, stai tranquilla. Sono certo che andrà tutto per il meglio” annuii, speranzosa che avesse ragione lui.

Arrivati da Sam, Emily mi venne incontro “Sei venuta” disse “Dubitavi?” non rispose “Seguimi”, fissai Jacob, il quale m’incitò con un cenno della testa a fare come mi aveva detto la ragazza, annuii e inseguii Emily che s’era inoltrata nel bosco, andando incontro al mio destino.


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Capitolo 29
*** Alla ricerca della verità ***


Alla ricerca della verità Buon giorno a tutti.
So che non ci crederete. In verità non ci credo neanche io, eppure è successo.
Dopo tanti mesi, sono riuscita finalmente a completare questo capitolo. I successivi sono più o meno, già impostati, devo solo sistemarli.
Vi devo chiedere perdono. Sono stata davvero pessima, ma credetemi quando vi dico che non volevo abbandonare questa storia, ma non riuscivo proprio a scriverla.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno attesa, coloro che hanno commentato lo scorso capitolo e che forse, leggeranno questo.
Grazie per la pazienza.
Tra domenica e lunedì, avrete il prossimo capitolo.
Un bacio.




Capitolo 28 “Alla ricerca della verità”

 

Attraversammo una buona parte della foresta.
Emily camminava a passo veloce, starle dietro era un’impresa, soprattutto se dovevi evitare di inciampare continuamente in rami e cespugli.
D’un tratto, quando pensai di non farcela, nell’angolo sulla sinistra spuntò una casetta di legno. Trattenni il respiro e spalancai gli occhi spaventata.
Potevo udire il rimbombo del mio cuore nelle orecchie.

Tum, tum, tum, tum, tum.
Impazzito, strimpellava una melodia nuova.
Deglutii aria.
D’un tratto mi ricordai di non essere sola. Mi voltai alla mia destra, Emily era al mio fianco e guardava attentamente in direzione della casa. Percependo il mio sguardo su di lei, si girò a fissarmi “Kabkaiti è molto rispettato dalla tribù. Ha visto generazioni e generazioni di lupi. Ha vissuto ogni tipo di esperienza” si fermò e il suo sguardo si intensificò “Ti darà ascolto. Sembra una persona burbera, ma in realtà è molto buona ed umana” sorrise, trasmettendomi tanta tranquillità “E ti darà il suo aiuto, fidati di me!” mi posò una mano sulla spalla. Io annuii e le sorrisi.
“Andiamo” disse poi, riprendendo a camminare.

Giunte alla porta, mi bloccai, sentendo improvvisamente le gambe rigide, i piedi ben piantati a terra.
Emily si voltò a fissarmi “Non ci riesco…” soffiai “Non voglio…” mi morsi il labbro inferiore impaurita.
Ogni mio timore stava pian piano affiorando e venendo fuori con una violenza paragonabile a quella di un uragano.
“Cosa non vuoi?” domandò Emily avvicinandosi e sfiorando con un dito una ciocca di capelli fuori posto.
Distolsi lo sguardo a disagio. Ammettere le mie paure era difficile, soprattutto di fronte ad un’estranea.
“Di me puoi fidarti” sussurrò Emily, come se mi avesse letto dentro. Alzai la testa e fissai i suoi occhi. Sembravano così sinceri, per questo vuotai il sacco “Avverto una strana sensazione sotto pelle. È un brutto presentimento e mi accompagna già da un po’, ma non ho mai avuto il coraggio di parlarne. Non saprei motivarlo, né spiegarlo. È…strano anche per me provare certe cose.” Emily sorrise appena, accarezzandomi il viso. I suoi gesti trasudavano d’affetto. Era una ragazza così materna, eppure fino a quell’istante mi era sembrata fredda e scostante, tanto che avevo pensato non volesse che io scoprissi la verità, pur avendomi proposto lei la soluzione.
“Sono i tuoi timori a prevalere, non farti vincere da loro. Non permettergli di domarti, sgombra la mente. Tutto quello che oggi scoprirai ti cambierà inevitabilmente, questo è meglio che tu lo sappia. Stai per essere proiettata in una dimensione futura, verrai a conoscenza di segreti, misteri e otterrai delle risposte. Possono essere minime, ma saranno fondamentali per te…” Emily guardò la porta per qualche secondo, poi ritornò a fissare la mia figura “Kabkaiti ci sta aspettando” mi tese la mano, la scrutai un attimo, poi senza esitazione la strinsi e mi feci guidare all’interno di quella baracca.

Attorno a me una miriade interminabile di libri. Feci un giro su me stessa, perdendomi nella lettura di titoli spesso incomprensibili.
Quando Emily venne a chiamarmi, ero incantata a fissare un libro dalla copertina rossa su cui era inciso un nome che stranamente mi aveva attratto “Jannasute”.
“Era giovane quando è morta” presa di soprassalto, saltai sul posto, facendo cadere il libro a terra.
Quando mi voltai accanto ad Emily, vi era un uomo molto anziano, basso, dalla barba folta e lunga e il capo ricoperto di capelli bianchi.
I suoi occhi erano neri.
Due pozze nere striate di bianco.
Sbarrai le palpebre, sorpresa.
Lui sembrò accorgersi della mia titubanza e parlò “Jannasute era una donna bellissima. La Principessa ha regnato secoli e secoli fa, ma è morta quando il suo unico grande amore ha perso la vita per difenderla. Quando lui è morto, Jannasute ha iniziato a star male. Di un male che l’ha logorata fino alla morte” proferì con voce austera.
“Che destino crudele” sussurrai colpita e avvertendo d’un tratto, uno strano dolore al petto. Mi toccai appena e il malore si dissolse nel nulla.
“Tu devi essere Meredith” continuò, io annuii “Inutile che mi presenti” aggiunse “Sai benissimo chi sono” disse passando il suo sguardo sul mio corpo.
“Meredith” fu Emily a parlare questa volta, fissai lei ammutolita “Io ti lascio con Kabkaiti così potete parlare con calma” mi venne vicino, mi prese le mani nelle sue e le strinse “Abbi fede” mormorò, prima di andarsene via.
La seguii con lo sguardo e quando la porta si chiuse con un tonfo, ebbi la consapevolezza di trovarmi davanti al mio destino.
“Seguimi” tuonò il profeta. Deglutii, poi mi mossi per raggiungerlo in una piccola stanza adiacente all’ingresso. Anche qui le mura erano nascoste da un’ enorme biblioteca.
“Emily mi ha riferito che non sei di qui” disse, indicandomi la sedia su cui accomodarmi.
“Si, ma per l’esattezza io non sono di questo mondo” confessai, prendendo posto. Kabkaiti storse il naso “Spiegati meglio” e con un cenno della mano m’invitò a parlare.
“Ero nella mia stanza e leggevo un libro” fissai il suo volto. Sembrava così stanco, eppure i suoi occhi apparivano vispi e vivi.
Si, vivi! Quasi come se potessero mettersi a parlare di tutto ciò che negli anni avevano visto e vissuto.
“Un libro appartenente ad una saga, narrante la storia d’amore tra una ragazza umana, Isabella Swan e un vampiro centenario, Edward Cullen” fu appagante vedere Kabkaiti sorprendersi.
“Cullen? Cosa c'entrano?” domandò, ormai palesemente incuriosito.
“Il mattino dopo mi sono ritrovata qui…ho creduto di esser finita nel libro, ma i Cullen sostengono di esistere sul serio e ora…eccomi qui dinanzi a Lei” scrollai le spalle, abituata a raccontare sempre la stessa storia.
“Innanzitutto non darmi del Lei, mi sento già vecchio di mio”  incrociò le braccia al petto, scivolando con la schiena sulla poltrona. “Continua” m’incitò
“Io so che sono qui per mezzo di un’ombra che infesta i miei sogni. Non so cosa voglia da me e spero che questo possa dirmelo lei”
“Un’ombra?” Kabkaiti increspò le labbra in una smorfia buffa e si lisciò il mento barbuto con le dita.
“Si, o meglio: nei miei sogni appare come tale, è grigia ed enorme” spiegai, socchiudendo gli occhi e rievocando quell’immagine.
“Ho capito” mormorò pensieroso il vecchio saggio. Subito dopo si alzò e prese un enorme libro impolverato dalla biblioteca alle sue spalle e iniziò a sfogliarlo attentamente.
“Ecco!” esclamò d’un tratto.
Lo guardai incuriosita e lui colse il lampo di interesse nei miei occhi perché mi parlò:” Emily ti ha detto che conosco Destino?” chiese, portando nuovamente  il suo sguardo sul libro.
“Si.” Risposi annuendo col capo.
“Bene, sai chi è?” domandò fissandomi, aprendo il palmo della mano e posandola su una pagina ben precisa.
“Beh il destino è…” balbettai, incapace di rispondere “Credo che…sia quello verso cui tendiamo, ciò che accadrà nella nostra vita in base alle decisioni che prendiamo e agli eventi che ci travolgeranno”.
Kabkaiti mi guardò con un sorrisetto ironico sulle labbra.
“Destino decide il nostro futuro. Intreccia i fili delle nostre vite a piacimento, non è cattivo, ma spesso gli eventi sono più forti di lui e non può che piegarsi al loro volere” spiegò osservando il libro “Purtroppo però, un secolo fa, Destino ha dovuto lottare col più arduo dei suoi nemici”.
“Chi?” chiesi tremando
“Se stesso!” soffiò, lo sguardo infiammato. Deglutii saliva, ero nervosa e agitata.
“E poi cos’è…successo?” domandai, sospettando che la risposta non mi sarebbe piaciuta affatto.
Kabkaiti prese tempo, guardandosi attorno con circospezione.
“E’ dovuto scendere a compromessi…” mormorò atono. “In che senso?” aggrottai la fronte confusa. “La sua parte umana, buona s’è scissa da quella diabolica e cattiva. È da secoli che aspettiamo che arrivi un essere in grado di compiere il miracolo” il suo sguardo mi bruciava addosso.
Notando il mio silenzio, Kabkaiti proseguì “Qualcuno un giorno riuscirà a riunirli, ma fino ad adesso, non è mai accaduto nulla di tutto ciò” “Siete ancora in attesa, quindi?” domandai, provando uno strano senso di familiarità.
“Si. L’unico essere che poteva fare qualcosa era Jannasute, la Principessa dei cuori” sorrise appena accennando a quello strano nomignolo.
Lo guardai interrogativa “Principessa dei cuori?” chiesi stralunata, Kabkaiti annuì.
“E’ stata soprannominata così per la sua immensa capacità d’amare. Jannasute era predestinata ad un Principe di un paese molto lontana, ma ha lottato, s’è ribellata perché lei non voleva. Fin da piccola ha amato un solo uomo. Un bambino di questa tribù. Un uomo lupo.”
Ero incantata. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quello del saggio, ammaliata, rapita da quel racconto.
Perchè improvvisamente sentivo che avrei dovuto interessarmi?
Kabkaiti, ignaro dei miei lungimiranti pensieri, continuò “Lei e Kaspar erano inseparabili. Fin da piccola, Jannasute aveva dimostrato il proprio carattere deciso e, ignorando di essere una Principessa, aveva gironzolato per questo villaggio, immune da preoccupazioni. Tutti l’amavano, perché portava con sé gioia e amore. Le scorrevano nel sangue e anche la sua famiglia l’aveva capito, in particolare sua madre. Era lei che la voleva maritata con un Principe di un casato vicino”
“Cos’è successo poi?” domandai, sentendo una strana ansia farsi largo in me.
Kabkaiti mi fissò per qualche secondo. Lisciò con le mani, la sua lunga barba bianca, poi si decise a parlare:
“Jannasute è scappata e si è rifugiata a casa di Kaspar. Lui la teneva nascosta nella sua stanza. Erano entrambi diciottenni quando avvenne tutto questo. La madre la fece cercare in lungo e in largo. Ricordo che vennero anche da me per sapere dove si fosse rifugiata la giovane Principessa ed io, seppur a malincuore, fui costretto a vuotare il sacco” il vecchio saggio alzò lo sguardo. Negli occhi notai un’antica nostalgia e mi si strinse il cuore nel petto.
“Ricordo ancora lo sguardo di Jannasute. Non mi accusava di nulla. Semplicemente mi sorrise, come solo lei poteva fare e se ne andò. Mentre Kaspar…” e lì, la sua voce s’incrinò. Gli occhi lucidi non emettevano lacrime, sembravano piuttosto stanchi, come se si fosse prosciugato.
“Lui mi ha perdonato molti anni dopo. Avevo tradito la sua fiducia e non posso dargli torto, ma dovevo. L’ho fatto per lui…” chiuse impercettibilmente gli occhi, per tornare poi a parlare “Qualche mese più tardi, Jannasute fu costretta a sposare quel Principe. La madre le vietò ogni contatto con noi, ma la ragazza era determinata. Si rifiutava di mangiare, di parlare a quel punto suo marito che era un uomo comprensivo e giusto, la lasciò andare”
“Come?” esclmai, alzandomi dalla sedia, incredula.
Kabkaiti annuì “Jannasute corse diretta da Kaspar. Da allora visse qui. Rinunciò al suo titolo in virtù del suo amore e divenne l’insegnante dei giovani fanciulli del villaggio. Il bisnonno di Jake è stato tra i suoi allievi”
Sbarrai gli occhi, stralunata.
“Com’è morto Kaspar?” domandai con malcelata curiosità.
“Doom” un nome che non mi diceva assolutamente niente. Corrugai la fronte, confusa. Kabkaiti mi guardò e comprese.
“Significa destino nella lingua antica di questa tribù. La scissione non era ancora avvenuta, ma c’erano le prime avvisaglie. Diciamo che il lato maligno di Destino non aveva visto di buon occhio la ribellione di Jannasute, vivendola come una sfida e…”
“Ha eliminato la persona per cui la principessa aveva rifiutato il suo destino…” mormorai a mezza voce, spalancando gli occhi, ricolmi di lacrime.
“Ma perché? Non è giusto…” battei un pugno sul tavolo, rendendomi conto troppo tardi, della mia sfrontatezza. Chinai il capo per l’imbarazzo.
Mi ero lasciata andare troppo.
Kabkaiti ignorò il mio gesto e volgendo lo sguardo fuori la finestra, sospirò.
“In una sola volta, Jannasute ha perso la voglia di lottare. È stato invano ogni tentativo di invitarla a reagire, alla fine la morte è prevalsa. Se avesse deciso di continuare a vivere, il suo grande animo avrebbe potuto combattere Destino.” Ammise, continuando a fissare, pensieroso, un punto indefinito del paesaggio.
“Come fai a dirlo?” chiesi.
Solo in quel momento lui si girò.
Mi scrutò, assottigliando lo sguardo.
“Il male si sconfigge solo col bene. Destino aveva compreso le potenzialità di quella ragazza e per renderla immune, doveva colpirla nel punto suo più debole. Eppure più di una persona, ha detto di aver visto la sua anima, aggirarsi da queste parti in passato, nelle vicinanze del luogo in cui Kaspar è morto, poi d’un tratto è sparita e non è più tornata. Ma ripeto: sono solo voci”
“Lei…tu non puoi sentirla?” quella storia mi aveva presa fin troppo e non riuscivo a controllarmi.
Avevo persino dimenticato il vero motivo che mi aveva spinta lì.
“No. Non posso parlare coi morti” soffiò rauco, mi sembrava di aver sentito sussurrare un << Purtroppo >> ma con molta probabilità era stato frutto della mia immaginazione.
“Ma ora torniamo a noi” proferì, dopo qualche secondo di silenzio “Vuoi sapere perché sei qui?” domandò, rivolgendosi a me.
“Si” decisi di assecondarlo. Ora il mio obiettivo era un altro.
“Quella che tu vedi nei tuoi sogni è la manifestazione onirica della parte maligna del Destino. Ti vuole qui per qualche specifico motivo.”
”Sono qui proprio per capirlo!” affermai decisa, Kabkaiti annuì distrattamente.
“C’è solo una persona che può aiutarci” disse infine, alzandosi dalla sedia.
“Chi?” la speranza era palese nella mia voce.
“Destino” rispose con ovvietà.
Il mio sconcerto fu palese.
“Ma…”
“Ti spiego: ti ho detto che c’è stata una scissione. La parte buona è minima, ma vive ancora, seppur debole, cerca ancora chi possa custodirla, in attesa della battaglia finale tra bene e male.”
Tremai visibilmente.
“Come posso parlarci?”
“Lo farò io. Seguimi”.

Kabkaiti spostò un libro e la libreria si mosse, rivelando un passaggio segreto.
Scendemmo una serie di scale a chiocciola. Il freddo e l’umidità mi entrarono nelle ossa. Battei i denti e strofinai le mani sulle braccia, provando a produrre calore.
“Eccoci arrivati.” La voce roca di Kabkaiti mi giunse ovattata, perché l’immagine che avevo davanti agli occhi, prevaleva su tutto.
Un’ombra bianca, di dimensioni minori rispetto a quella dei miei sogni, volteggiava nel sotterraneo.
Deglutii aria.
“Meredith, ti presento Destino. Ciò che resta di lui e della sua bontà”.
L’ombra sentitasi chiamata in causa, si fermò e sembrò fissarci. Poi velocemente si mosse e me la trovai davanti.
Mi avvolse lentamente e avvertii un pizzicore alla base del collo e un giramento di testa mi colse impreparata.
“Co…cosa succede?” balbettai con voce fioca.
Kabkaiti mi fu subito accanto per sorreggermi e blaterò qualcosa in una lingua a me sconosciuta. Solo così l’ombra si allontanò, sfumando mano, mano.
Chiusi gli occhi un istante, poi il buio mi travolse.
 

Un profumo d’erba mi solleticò il naso.
Aprii un occhio alla volta e mi ritrovai in un enorme spazio verde che riconobbi come la radura preferita da Edward.
Sorrisi abbagliata dal sole.
Il cuore capitolò quando una strana figura fece per avvicinarsi.
Indietreggiai appena.
Il sole mi impediva di vedere il volto, ma potei sentire la voce.
“Dolce Meredith non temere. Non sono qui per farti del male, bensì per infonderti coraggio” mormorò con un timbro caldo e profondo.
Annuii inerme, sentendomi nuovamente debole, ma stranamente serena.
 

Riaprii gli occhi e mi ritrovai stesa su un piccolo divano marrone.
Kabkaiti corse subito da me.
“Come ti senti?” domandò aiutandomi a mettermi seduta.
“Confusa” borbottai, portandomi una mano alla testa.
“Perdona Destino. Si è spaventato, generalmente non porto mai nessuno laggiù” sospirò “Dobbiamo parlare” aggiunse serio.
E lì mi spaventai.
Mi offrì un braccio e mi guidò nel suo studio.
Mi accomodai sulla sedia, restando rigida come una tavola di legno.
“C’è un motivo per cui Destino ti ha aggredito in quel modo” iniziò
“Cioè?” con un cenno della mano, lo invitai a proseguire.
“Ha letto il tuo futuro, o quello che dovrebbe essere” chiuse per un attimo gli occhi prima di proseguire.
“Meredith il motivo per cui sei qui è che l’ombra ha visto in te un potenziale incredibile. In te confluiscono tutti i sentimenti: odio, amore, delusione, felicità, amarezza. Sei come una spugna, li incameri, li fai tuoi e li vivi, forse anche incosciamente e lui punta, soprattutto, al tuo lato maligno, ti vuole dalla sua parte, perché solo così saresti  in grado di risucchiare i poteri di quei vampiri, lasciandoli privi di ogni forza e quando l’Ombra sarà in grado di impossessarsi di te, sarà la fine per loro” prese fiato e continuò.
“Ti ho già detto che ha eliminato Kaspar perché Jannasute aveva cambiato il suo destino. I Cullen stanno cercando da secoli di mutare il loro, provando ad essere meno pericolosi per gli umani e convertendosi a bere sangue animale. Lui detesta i buoni, perché lo indeboliscono. Lui si alimenta della cattiveria umana e i vampiri gli conferiscono maggiore forza. Ma per colpa dei Cullen, sta perdendo parte dei suoi privilegi e vuole piegarli. Potrebbe infischiarsene, ma Destino quando ha puntato qualcuno, non si fermerà fino a quando non lo vedrà sconfitto.
Tu sei arrivata qui perché lui ha vagato a lungo cercando qualcuno che possedesse un dono raro come il tuo. Oserei dire che in te è racchiusa parte dell’anima di Jannasute” sussultai a quelle parole.
“Sei una persona buona, di cuore che ama talmente tanto da essere pronta a sacrificarsi. Ma sei allo stesso tempo, molto fragile e lui giocherà su questo punto.”
“Come poteva solo pensare che il suo piano funzionasse. Chi gli dava la certezza che Edward si sarebbe innamorato di me?” domandai col cuore in gola, la mia bocca s’era aperta senza che me ne accorgessi.
“Dimentichi che è comunque Destino e sa molto più dei comuni mortali. Ha scavato dentro di te e ha scoperto quanto ti sentissi attratta da questo vampiro e questo ha facilitato il suo compito. Ma c’è un’altra cosa che devi sapere …” si fermò, timoroso, quasi avesse paura nel proseguire.
Poi dalla sua bocca uscì un nome.
Un solo nome che bastò a fermarmi il battito cardiaco:
“Isabella…”  senza che lo volessi, iniziai a tremare e gli occhi si dilatarono.
“Isabella arriverà. Un’umana speciale dallo scudo naturale, porterà in grembo il  figlio di Edward. Il suo sangue canterà per lui e tu non potrai fare niente per fermare l’inevitabile attrazione che si scatenerà tra loro. E sarà questo ad alimentare il tuo odio verso quella famiglia. Combatterai a fianco dell’ombra, distruggendo tutti coloro che si metteranno sul tuo cammino”.
Lasciai scivolare la schiena sulla sedia, priva di forza.
Non fiatai.
Furono le mie lacrime a parlare per me.

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Capitolo 30
*** Paura, amore e desiderio ***


Paura, amore e desiderio Buon giorno e buona domenica :).
Ho mantenuto la mia promessa ed eccomi qui a postarvi il nuovo capitolo.
Prima di farlo, ringrazio Dindy e Lady Jadis per le recensioni: mi ha fatto piacere notare che qualcuno ancora mi segue e tiene a questa storia.
Ringrazio anche i lettori silenziosi :).
Dovrei postare il capitolo successivo venerdì, se non dovessi, mi spiace ma dovete aspettare due settimane, perchè non ci sarò per un pò di giorni.
Il capitolo è già bello e pronto...mi spiace solo che ora con questo vi lasci un pò in sospeso :p.
Buona lettura!
Aspetto di conoscere le vostre opinioni!





Capitolo 29 “Paura, amore e desiderio”

 

Mi girava la testa.
Dopo quelle terribili rivelazioni uscite dalla bocca di Kabkaiti, ero rimasta impietrita. L’unico segno di vita tangibile in me, erano le lacrime che mute, scivolavano lungo il mio visto, cadendo rovinosamente sulle mie mani.
Il vecchio saggio a sua volta, non aveva aggiunto altro.
Sentivo i suoi occhi addosso. Forse attendeva il momento buono per poter parlare, o semplicemente aspettava che fossi io a farlo.
Ma cosa avrei potuto dire?
Come una valanga il peso del mio ruolo in quel mondo, mi era caduto addosso. Io sarei stata la causa di ogni problema per i Cullen.
La punizione peggiore per tutto questo era la perdita di Edward.
Non lo potevo sopportare.
Perché doveva succedermi tutto quello, meritavo di soffrire così tanto?
In quel momento, volevo soltanto fuggire via e non vedere più nessuno. Però mi decisi ad alzare la testa e a fissare Kabkaiti.
Incosciamente stavo attribuendo a lui tutte le colpe. La mia rabbia voleva riversarsi su di lui, eppure non riuscivo a fiatare.
Poi ci fu un gesto che mi aiutò.
Kabkaiti per un solo istante distolse lo sguardo da me, sospirando. Così compresi quanto fosse dispiaciuto e quanto, forse, si sentisse in colpa.
“Non ti dispiacere per me” dissi con voce rauca.
Il saggio tornò a guardarmi.
“E’…destino” pronunciai quella parola tra i denti “che vada così. Non possiamo farci niente” conclusi con amarezza.
“Ti farai vincere da Destino?” domandò Kabkaiti, leggermente alterato.
Scossi il capo.
“Certo che no!” esclmai con vigore.
“Non proverò mai odio per i Cullen, anzi combatterò al loro fianco e insieme sconfiggeremo Destino. Non ho alcuna intenzione di dargliela vinta!” proferii rabbiosa.
“Bene” Kabkaiti sorrideva mellifluo “Io ti insegnerò come respingere i suoi attacchi mentali. Ti torturerà, Meredith! Non mollerà fino a quando non ti piegherà al suo volere, quindi devi essere pronta a tutto e soprattutto, devi imparare a usare il tuo scudo nel modo giusto. Potremmo allenarci insieme” propose.
“Si, è un’ottima idea” affermai decisa.
“Ne dovrai parlare anche con i Cullen” mi suggerì, guardandomi di sbieco.
“Lo so. Lo farò senz’altro”.
Kabkaiti annuì.
 

Uscita dal rifugio del saggio, non avevo grande voglia di vedere gente, così mi misi a girovagare per il bosco sprezzante del pericolo.
Ero nel territorio dei lupi, ma non ci pensai troppo. In realtà non me ne importò. Se un vampiro nomade in quel momento, mi avesse fatto fuori, gli sarei stata grata a vita.
Pioveva e ne ero lieta. Le mie lacrime si confondevano con le gocce di pioggia che scendevano violentemente su di me, inzuppandomi completamente.
Buttai a terra lo zaino e mi distesi tra l’erba, chiusi gli occhi e mi lasciai andare al dolore, mettendomi in posizione fetale come a volermi proteggermi.
Udii la suoneria del mio cellulare invadere lo spazio circostante e riaprii gli occhi sconvolta.
Mi ero addormentata.
Mi misi a sedere e lentamente, molto lentamente lo afferrai e leggendo il nome sul display sorrisi, ricominciando a piangere.
“Pronto?” sussurrai flebile e ancora mezza assonnata.
“Meredith dove sei?!?” chiese Edward allarmato, risi istericamente.
“In giro per il bosco, nel territorio dei lupi, non ti conviene venire!” mormorai con un tono strano, ero fuori di me.
“Ma che diavolo ti prende! Ti sto aspettando in auto al confine, mi stai facendo morire di preoccupazione!” esclamò esasperato. “Non puoi morire. Sei un vampiro” gli ricordai con una punta di ironia nella voce. “Meredith!” tuonò “Cos’è successo? Se quel saggio da strapazzo ti ha fatto qualcosa, giuro che io…”
“No!” ringhiai “Non ha fatto niente, se non illuminarmi su quello che accadrà!” urlai alzandomi in piedi.
“Ti prego Meredith calmati! Raggiungimi ne discuteremo insieme” disse dolce.
Chiusi gli occhi e mi massaggiai le palpebre.
“Ho bisogno di stare un po’ da sola, se non ti spiace. Va a casa, torno presto. Prima che faccia buio, promesso” sussurrai sagace cercando di convincerlo.
“Non dire stupidate!” gridò “Vengo a prenderti!”.
“No!!!” sbraitai “Ho detto che voglio restare sola! Non lo capisci proprio! Vattene Edward, vattene!!!”, dall’altro cavo del telefono, piombò un silenzio doloroso e inquietante.
Ansimavo per la fatica.
Poi un balbettato “Ok” mi fece sbarrare gli occhi. Edward aveva messo giù il telefono.
Restai col cellulare in mano, in balia del pianto “Perdonami Edward…” tirai su col naso “Perdonami amore mio…ma…devi allontanarti da me” soffiai cadendo sulle mie ginocchia.
“Meredith!” mi voltai di scatto e vidi Jake fissarmi sconvolto.
“Che è successo?” chiese preoccupato avvicinandosi “Non dirmi che Edward…” non finì la frase che scossi il capo.
“No, lui non centra nulla. Anzi…” una lacrima rotolò giù impregnandosi nel terreno. “Sono io che lo sto facendo star male”, Jacob si accomodò al mio fianco, guardandomi e aspettando di sapere.
“Come ben sai, sono stata dal saggio” iniziai.
Lui annuì “E cosa ti ha detto?” domandò, chiusi gli occhi ricordandomi esattamente le sue parole: “Meredith il motivo per cui sei qui è che l’ombra ha visto in te un potenziale incredibile. In te confluiscono tutti i sentimenti: odio, amore, delusione, felicità, amarezza. Sei come una spugna, li incameri, li fai tuoi e li vivi, forse anche incosciamente e lui punta, soprattutto, al tuo lato maligno, ti vuole dalla sua parte, perché solo così saresti  in grado di risucchiare i poteri di quei vampiri, lasciandoli privi di ogni forza e quando l’Ombra sarà in grado di impossessarsi di te, sarà la fine per loro.

Isabella arriverà. Un’umana speciale dallo scudo naturale, porterà in grembo il  figlio di Edward. Il suo sangue canterà per lui e tu non potrai fare niente per fermare l’inevitabile attrazione che si scatenerà tra loro. E sarà questo ad alimentare il tuo odio verso quella famiglia. Combatterai a fianco dell’ombra, distruggendo tutti coloro che si metteranno sul tuo cammino”
“Impossibile!” esclamò Jake sconvolto.
“Già…ora so che devo fare: combatterò a fianco dei Cullen, Kabkaiti mi insegnerà a usare i miei poteri, ma poi…andrò via. Sparirò” soffiai, conscia di aver preso quella decisione non appena avevo sentito la profezia.
“Cosa?” domandò il lupo prendendomi una mano e stringendola. “Sei sicura di stare facendo la scelta giusta?” scossi il capo in segno di diniego.
“Per niente. Non posso immaginarmi senza Edward, ma allo stesso tempo non voglio essere un peso per lui e poi sono so che la sua eternità è con Isabella” mormorai afflitta.
“E ti arrendi così?” mi voltai stupita verso Jacob. “Non fraintendermi! Non ti spingerei mai tra le braccia di quel succhiasangue, ma tu con lui sei felice, non ti ho mai visto sorridere come quando sei accanto a lui” ammise amaro, scrutando l’orizzonte.
“Jake…” sussurrai, allungando una mano per afferrare la sua.
“Tranquilla, non dirò a nessuno della nostra discussione. Credo che tu debba spiegare ai Cullen di quest’Ombra che li minaccia “ annuii.
“Si, devono essere tutti pronti per questa lotta. Non posso permettere a questo nemico di impossessarsi di me, della mia mente. Non vorrei mai che succedesse qualcosa ai Cullen” dissi abbassando la testa e stringendo la mano a pugno, mentre l’altra era ancora compressa in quella di Jake.
“Io ti aiuterò” soffiò osservandomi.
“Grazie…sei un vero amico” sorrisi, lo fece anche lui.
“Ti accompagno a casa”.
“No, non preoccuparti. Mi basta che mi aiuti ad arrivare al confine, da lì conosco la strada” annuì.
 

Arrivati al limitare, sentii Jake al mio fianco irrigidirsi e quando alzai la testa ne capii il motivo: la Volvo di Edward era ferma davanti a noi.
Non mi aveva dato ascolto, come al solito.
Testardo di un vampiro.
Sospirai, scuotendo il campo. Poi mi voltai verso il mio amico.
“Grazie” dissi arrossendo sotto il suo sguardo emozionato “Di tutto” mi prese nuovamente le mani, ma non disse niente, mi guardò semplicemente.
“Ora devo andare…” sussurrai, lui annuì “A presto Jake”.
“A presto Meredith!” e corsi verso la macchina.
Aprii la portiera leggermente spaventata, cosa mi avrebbe detto?
Mi sedetti non riuscendo a guardare Edward.
Restammo fermi lì per un po’, nonostante l’agitazione non mi mossi troppo, stringendo le mani in grembo.
“Ti porto a casa tua!” esclamò lui d’improvviso, facendomi sobbalzare e per la prima volta, puntai i miei occhi su di lui: aveva il viso contratto per la rabbia, il dolore.
“Ok…” mormorai “Charlie stasera è fuori” dissi piano “Tornerà domani mattina. Gli avevo detto che probabilmente mi sarei fermata a casa tua, ma non è un problema” sorrisi amara.
“Forse è meglio così” soffiai, conscia che stessi piangendo di nuovo.
“Mi hai detto tu che volevi stare da sola!” sibilò lui, stringendo le mani sul volante “Si, lo so” risposi
“E invece ti fai vedere con quel…Jake” sputò amaro.
Sbarrai gli occhi per la sorpresa, ma durò poco.
“Mi ha trovata nel bosco e gli ho chiesto di farmi strada fino al confine, niente di che” mormorai dura
“Lui però non lo hai cacciato, non gli hai detto di andarsene, mentre io…” mi guardò furente “Io dovevo lasciarti in pace!” urlò dolorante.
Ma che cavolo avevo fatto?
Strinsi una mano a pugno e ne sferrai uno sul cruscotto sotto lo sguardo scioccato di Edward.
“Meredith, ma…” cercò di dire, trovando un po’ di calma.
“Scusami. Non faccio che farti del male, ma…non è facile. Il saggio mi ha detto…” mi fermai. Dirlo era doloroso.
“Cosa?” insisté lui in modo persuasivo.
“L’Ombra punta a voi, usa me per sconfiggere voi. È i vostri poteri che desidera e io…” mi bloccai per il pianto che mi impediva di parlare.
“Non importa, Meredith! Ne parliamo domani, ora hai bisogno di riposare, si sta facendo tardi!”.
Scossi il capo “No, no, devi sapere. Io ho un potere. Il mio scudo…è in grado di imprigionare i vostri poteri, privandovene” esclamai, Edward sussultò, spalancando gli occhi sorpreso.
“A quanto pare è per questo che l’Ombra, o meglio Destino, mi ha scelto. Sono l’unico essere umano di entrambe le dimensioni parallele a possedere un dono simile. Un dono non coltivato”.
Edward non fiatava facendomi avvertire maggiormente il peso di quel silenzio.
Io sarei stata responsabile delle loro vite.
Io. Un’insulsa essere umana.
Strinsi gli occhi “Meredith!” Edward mi richiamò “Non accadrà niente” disse sicuro. “Noi ti saremo vicini, faremo in modo di far uscire allo scoperto quest’Omb…Destino” si corresse “e lo sconfiggeremo, ma non permetterò a nessuno di controllarti. Tu sei…” e si fermò.
Lo scrutai ammaliata, deglutendo aria “So…Sono?” chiesi titubante.
“Sei mia!” sibilò tra i denti, poi si avventò sulle mie labbra, facendo vacillare ogni mia volontà di allontanarlo.

 
Alla fine ero rimasta a casa sua.
Durante il tragitto verso la villa, gli avevo raccontato ogni cosa, tranne di Bella.
Era chiaro quanto fosse colpito da tutta quella vicenda, ma non lo disse.
Giunti a casa sua, riferimmo tutto alla sua famiglia.
Mi sentii ancora di più un peso, ma loro erano troppo gentili per farmelo notare.
Tutta la notte non avevo fatto altro che ripetermi mentalmente che dovevo metterlo in guardia, fargli capire che qualsiasi cosa fosse successa lui avrebbe dovuto amare Bella.
La mattina seguente, mi svegliai più stanca di prima e Edward se ne accorse.
“Ti sei agitata per tutto il tempo” constatò.
“Neanche stringerti tra le mie braccia è servito per calmarti, una volta ci riuscivo” affermò deluso, gli accarezza il viso.
“Non è colpa tua. Avrò fatto uno dei miei soliti incubi, forse quello che è successo ieri ha solo contribuito a farmi agitare di più” feci spallucce, mentendo abilmente. “Ti va di fare colazione?” chiese dolce, annuii.
Mi prese per mano e mi portò in cucina in braccio.
Non mi meritavo quel trattamento da regina, sapendo dentro che lo avrei lasciato. Mi si mozzava il fiato in gola solo a pensarci, ma infondo io non ero così convinta.
In realtà volevo rimanere con lui.
Sospirai e mi dissi che avrei preso una decisione definitiva dopo la battaglia, perché solo all’ora avrei avuto la lucidità di fare la scelta giusta.
Ora dovevo vivermi quello che mi aspettava e prepararmi alla lotta.
Finita la colazione, mi accinsi a farmi una doccia, quando uno strano sibilo nelle orecchie mi costrinse a chiudere gli occhi e a chinarmi su me stessa dolorante.

“Ti prenderò e ti costringerò a ribellarti a te stessa” e una risata sadica rintronò nel mio cervello.
“No, ti prego. Lasciami…lasciami stare…” mormorai flebile.

“Sarò io a mandarti Bella lì. Soffrirai al punto tale che sarai costretta a pregarmi di prendermi con te e aiutarti ad uccidere i Cullen” rise ancora.
“Quanto mi divertirò a vederti soffrire”.
“Ma come…?” chiesi.
“Come faccio a sapere tutto? Io vivo nella tua mente e il profeta ha ragione. Hai un potere straordinariamente allettante e potente e sarà mio. Tu sarai mia. Diverrai la mia alleata…lascia che ti aiuti e potrai vendicarti del male che Edward ti farà” “Mai!” sibilai furiosa “Bella arriverà solo dopo che ti avrò sconfitto lurido bastardo! E la decisione spetta a me!” minacciai furiosa.
“Stupida illusa! Pensi che io stia dicendo una bugia? Ti sbagli e lo vedrai…” e sparì.
Rimasi di sasso.
Riaprii gli occhi e mi resi conto di essere seduta nel bagno di Edward.
Mi sollevai a fatica a causa del tremore alle gambe, ma riuscii ad arrivare alla vasca e a farmi una doccia.
Quando rientrai in camera di Edward lo trovai seduto sul divano che guardava fuori come incantato.
“Edward ci sei?” chiesi avvicinandomi, lui non si mosse.
“B…” mormorò tra i denti, debolmente, non capii.
“Cosa, non ho capito?”
“Bella…” soffiò melodioso.

Crack.
Il cuore si spezzò.
Forse avevo sentito male, mi stavo facendo condizionare da tutto quello che era successo.
“Ri…ripeti” balbettai tremante, Edward si voltò verso di me. Gli occhi neri e vacui “Bella, Bella…” annunciò seriamente rapito da quel nome.

“Stupida illusa! Pensi che io stia dicendo una bugia? Ti sbagli e lo vedrai…” le parole di Destino riecheggiarono nella mia mente facendomi indietreggiare.
Diedi le spalle ad Edward il quale continuava ad avere uno sguardo allucinato e corsi via, non badando al fatto che improvvisamente la casa fosse vuota.
Mi immersi nel bosco, tremando e piangendo, giungendo in pochissimo tempo  nel territorio dei Quileute.

Cercando di ricordarmi la strada, riuscii ad arrivare alla casa del saggio profeta. Bussai e lui venne ad aprirmi.
“Oh…come mai sei nuovamente qui?” chiese
“Destino…” farfugliai frastornata “Mi ha parlato”.
Kabkaiti spalancò gli occhi “Come…?”.
“Si, non dormivo. Ero sveglia e…”
Non mi lasciò proseguire “Aspetta” disse avvicinandosi.
Posò una mano sulla mia fronte, socchiusi le palpebre lasciandomi andare tra le sue braccia.
“E’ più potente di quanto potessi immaginare” mormorò poco dopo “Tramite te sta iniziando ad insinuarsi nelle mente dei tuoi amici” tremai
“Destino è pericoloso non solo per i vampiri, ma per l’intera umanità. Con i loro poteri potrebbe distruggere tutti” mi fissò con uno sguardo strano.
“Non hai deciso cosa fare dopo” la sua non era una domanda.
“L’ho letto nel tuo cuore” disse, intuendo la mia muta domanda.
Io abbassai il capo, stringendomi nelle spalle.
“Non è un rimprovero. Non è facile decidere del proprio futuro e hai ancora tempo. Ma devi mettere ribadire ai Cullen il potere di Destino. Lui ti darà parecchio filo da torcere e oggi te ne ha dato la dimostrazione” annuii sconfitta.

 
Dopo quel colloquio, ritornai a casa Cullen.
Quando entrai temetti di trovare Edward ancora in quelle condizioni, invece mi venne incontro alzandomi da terra e stringendomi a lui.
“Che fine hai fatto?” mi sgridò, continuando ad abbracciarmi.
“Scusa…avevo bisogno di una passeggiata”.
“Non mentirmi” mi accusò, saltellai sul posto inquieta.
Alla fine gli raccontai tutto: della profezia di Kabkaiti e di quello che era successo quella mattina.
La notizia di Isabella lo scioccò parecchio, ma a quanto pare voleva tenermelo nascosto e tutta li discussione si incentrò sull’episodio di quella mattina.
“Non è possibile” soffiò “Ricordo che sono venuto a bussare alla porta del bagno, per vedere se stavi bene, ma non c’eri. È assurdo!”
“Già…” sussurrai avvolgendomi nelle mie braccia, seduta sul suo letto.
Dopo un imbarazzante silenzio, decisi di fare qualcosa di cui poi mi sarei pentita. Mi sentivo sconfitta in partenza, sapevo perfettamente che Edward era destinato ad un’altra.
Eppure non volevo arrendermi.
“Edward” lo chiamai, lui mi guardò stranito.
“Devo chiederti di farmi una promessa”, lui annuì appena, non sapendo cosa aspettarsi.
“Qualsiasi cosa dovesse accadermi…” Edward cambiò espressione.
“Tu non smetterai di credere nell’amore” sospirai.
“Mi spiego meglio” dissi “Se dovessi sparire dal tuo mondo, significherà che il mio posto sarà preso dall’unica persona che ha il diritto di essere qui” proferii seria. Edward spalancò gli occhi, capendo dove volevo andare a parare.
“Meredith!” provò a parlare, ma lo fermai.
“No, stammi a sentire!” gridai “Promettimi che se lei arriverà, tu non frenerai i tuoi sentimenti per la paura e l’amerai!”, lui sussultò costernato.
“Ti prego” bisbigliai appena “Promettimi che lo farai!” esclamai.
“Meredith!” mi chiamò lui provando ad afferrarmi per un braccio.
“Ho detto promettimelo!” gridai tra le lacrime, allontanandolo da me.
“Edward promettimi che se io dovessi andarmene tu ti lascerai andare all’amore. Promettilo!” dissi guardandolo, nonostante i miei occhi fossero appannati. “Lo…prometto” sussurrò, stringendo le mani a pugno.
In quell’istante il mio cuore perse un altro battito,  spezzandosi di nuovo.
Accennai un sorriso falso e lasciai poi che le lacrime mi inondassero del tutto…

Era trascorsa un’infinità da quando Edward aveva lasciato la sua camera, correndo via chissà dove, mentre io avevo continuato a piangere abbracciata ad Alice, la quale non capiva perché gli avevo detto quelle cose.
Inizialmente mi aveva lasciato sfogare, rispettando il mio silenzio, poi aveva cercato di indagare com’era nel suo carattere.
“Perché se dovessi sparire…” cercavo di spiegarle.
“Tu non sparirai!” m’interruppe lei, gridando e facendomi spalancare gli occhi pieni di lacrime.
“Basta pensarlo, ok?” addolcì il tono “Vi amate e non capisco il perché tu devi sempre essere così pessimista”.
“Già…” mormorai, lasciando che nuovamente il silenzio si frapponesse tra noi.
Non mi piaceva comportarmi in quel modo, ce l’avevo a morte con me stessa, perché nessuno dei Cullen meritava un trattamento del genere.
Alice era stata più di una sorella, quell’amica del cuore che non avevo mai avuto la fortuna di avere.
Perché doveva accadere proprio a me?
Perché?
Singhiozzai portandomi una mano alla bocca per impedire ad Alice di capire che stessi nuovamente piangendo, ma fu del tutto inutile.
Era un vampiro e il super udito era una delle loro caratteristiche più sviluppate. “Meredith!” mi richiamò poco dopo “Cosa ti ha detto realmente il saggio?” domandò spiazzandomi, tremai visibilmente.
“E’ da quando hai parlato con lui che sei diventata nuovamente triste” mi accarezzò i capelli con fare quasi materno.
“Quello che vi ho riferito è tutto vero, ho omesso un particolare. Bella arriverà” soffiai, l’espressione sul volto di Alice mutò rapidamente.
“Tuo fratello si innamorerà di lei ed io finirò nel dimenticatoio. Poi stamane Destino…”
“Si, so di quello che è accaduto. Ho avuto una visione mentre ero fuori con Jasper”.
“Lui l’ha nominata, capisci? Prima o poi dovrò farmi da parte” ammisi.
“Non è possibile” sussurrò impercettibilmente lei “Lui non si innamorerà di lei, l’avrei visto” negai col capo.
“Non è giunto ancora il tempo e poi so per certo che sarà così” confessai.
“Come fai a saperlo?”.
“Destino farà di tutto per ottenere i vostri poteri, io non faccio che peggiorare la situazione. Mi ha minacciato di far arrivare lui stesso Bella. Non so che fare” vacillai a quel ricordo.
“Resta accanto ad Edward…resta qui con noi. Insieme affronteremo ogni cosa. Non fare sciocchezze” sorrise appena accarezzandomi i capelli.
Annuii.
Alice infine, si alzò “Non starci troppo a pensare e goditi il tuo ragazzo” disse con uno strano tono malizioso nella voce prima di sparire dietro la porta.

Era oramai buio.
Avevo trascorso l’intera giornata chiusa nella camera di Edward, non avendo il coraggio di uscire.
L’unica mia certezza era l’amore che provavo per lui. Era quello che mi faceva desistere dal prendere ogni tipo di decisione.
E quel sentimento cresceva.
Cresceva a dismisura spiazzandomi!
Il mio corpo pulsava in sua presenza e pretendeva un contatto maggiore, più profondo.
Lo desideravo.
Ero convinta che saremmo stati perfetti anche nel fare l’amore.
Arrossii al pensiero di noi due in un letto.
Il cuore iniziò a battere talmente forte che udivo il suo tonfo nelle orecchie.
La sola decisione che avessi preso in quel momento era che ci avrei provato, volevo che mi amasse completamente.
Alzai lo sguardo captando una presenza, infatti incrociai gli occhi tristi e turbati di Edward.
Lui entrò piano, chiudendo la porta alle sue spalle e si fermò lì, indugiando sul da farsi.
Abbassò lo sguardo, puntandolo sul pavimento.
Sembrava impacciato.
Sorrisi appena.
Non capitava spesso di vederlo così a disagio, così umano.
Mi alzai da terra, sentendo i muscoli delle mie gambe indolenziti.
Lentamente mi mossi per raggiungerlo.
Lui sussultò avvertendo la mia presenza.
Ero decisa.
Perderlo sarebbe stato atroce, ma volevo essere sua.
Volevo fargli capire che lo amavo donandogli me stessa.
Alice lo aveva capito, ora comprendevo la sua espressione di poco prima.
La mia mano si posò sulla guancia di Edward e lo accarezzò teneramente,.
Il vampiro chiuse gli occhi muovendosi piano e strofinando il viso sulla mia mano.
“Edward” soffiai rapita
Lui mi fissò famelico.
Mi avvicinai di più e gli cinsi le braccia al collo, di conseguenza Edward mi attirò a sé con forza, sospirando sulla mia pelle già accaldata.
“Io…” iniziai balbettando, non sapendo come dirglielo.
Edward non fiatò, continuava a guardarmi in un modo talmente eccitante e sexy non aiutandomi assolutamente.
Il sangue mi ribolliva nelle vene, il basso ventre mi bruciava chiedendo con un urgenza un contatto fisico che probabilmente non ci sarebbe stato.
Quella consapevolezza mi ferì e ingoiai un fiotto di saliva.
“Non ci riesco” sussurrai allontanandomi da lui e dirigendomi verso l’enorme vetrata della sua stanza.
Sospirai frustrata e mi strinsi nelle spalle avvertendo freddo e uno strano senso di nausea.
“Non allontanarmi. Non ero in me stamane, io non penso assolutamente a questa Isabella. Tu sei l’unica che amo!” disse.
Sussultai.
Lui credeva che non riuscissi a stargli vicino per via di Bella?
Quanto si sbagliava.
Non immaginava quanto invece agognavo di sentirlo sulla mia pelle, dentro di me…
Scossi il capo.
“No, Edward. Non è per questo che…” mi stoppai “Non è per quello che è successo stamane” dissi.
“Perché allora spiegami!” m’intimò posizionandosi alle mie spalle, le sue labbra così vicine al mio corpo.
Chiusi gli occhi fremendo di desiderio.
Non riuscivo a controllarmi.
“Vorrei farti una richiesta” mormorai.
“Non farmi promettere cose che so non riuscirei a mantenere. Stamattina non so neanche perché ho acconsentito” esclamò piccato.
“No…niente promesse” soffiai col fiato corto.
“Guardami Meredith!” e mi fece voltare.
Sostenni il suo sguardo.
“Quello che ti chiederò so che lo riterrai pericoloso, ma…” mi morsi il labbro inferiore, tremante.
“Non temere” bisbigliò stringendomi in vita.
“Edward…” fissai le sue labbra invitanti e mi lasciai andare chiudendo gli occhi “Voglio fare l’amore con te!”

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Capitolo 31
*** Un errore? ***


Un errore? Buon giorno!
Mi scuso per il ritardo, ma sono rientrata solo ieri da Londra!
Si, sono stata una settimana in questa città magica e me ne sono innamorata ancora di più!
Tornando alla storia, ho avuto un bel pò di problemi a scrivere questo capitolo, non sono abituata a descrivere certe scene o sensazioni di questo tipo, ma ci ho messo tutto il mio impegno e spero che sia accettabile :).
Aspetto il vostro giudizio!
Un bacio e buon fine settimana a tutti!




Capitolo 30 “Un errore?”

 
Edward non aveva fiatato, non si era allontanato.
Non aveva fatto nulla di quello che avevo pensato.
Aprii gli occhi uno alla volta, timorosa.
Edward mi guardava stranito.
“Non possiamo” decretò infine, infrangendo il mio desiderio.
“Edward lo so che è pericoloso, ma…ti desiderio, ti sento in ogni singola cellula del mio corpo” soffiai, era buio ma potevo vedere perfettamente i lineamenti del suo viso contrarsi ad ogni mia singola parola.
“Non dire stupidate!” sibilò duro “Non metterò a rischio la tua vita…”.
“La mia vita?” gridai ridendo istericamente.
“Certo come no la mia vita, la mia incolumità!” digrignai tra i denti.
“Non capisci vero?” il mio corpo si protese in modo naturale verso di lui.
“Non capisci quanto io abbia bisogno di te?” chiesi evitando di piangere, sarei sembrata solo una patetica stupida.
“Mi hanno detto che probabilmente ti perderò per un’altra che tu stamane hai nominato. Ok eri sotto il controllo dell’Ombra, ma…cavolo! Io rischio di perderti, rischio di perdere il mio ragazzo e tu pensi alla mia vita! Possibile che non ti freghi nulla di tutto quello che ho detto!!!” gridai con tutta la voce in corpo.
“Ma…come accidenti fai?” qui la mia voce scemò, incrinandosi.
“Lasciamo stare, Edward” aggiunsi con rassegnazione.
“Fa conto che non ti abbia detto niente” lo scostai e lasciai la sua stanza in preda alla frustrazione.
D’un tratto mi sentii tirare per un braccio e portare nuovamente all’interno della camera.
Sbattei violentemente contro lo stipite della porta, ma ignorai il dolore, ero troppo concentrata a guardare il volto del mio ragazzo scrutarmi in un modo così…così seducente che sentii uno strano calore in mezzo alle gambe e arrossii.
Lui sghignazzò “Sarò anche un vampiro, ma tu hai risvegliato il ragazzo che c’è in me. Pensi che non avverta il sentore del tuo desiderio?” chiuse gli occhi e inspirò.
Il suo sorriso si allargò, divenendo terribilmente minaccioso.
“Hai un profumo delizioso” mormorò roco.
Io rabbrividii indecentemente.
“Non sei l’unica a desiderare qualcosa di più” con le dita disegnò ghirigori sul mio braccio.
“Solo che…” sospirò pesantemente tra i miei capelli, mentre io rimanevo rigida. “Ho paura. Temo di rovinare tutto non sapendo dosare la mia forza…non sapendo come…comportarmi con te” confessò così umano.
Così mio.
“Lasciati andare…” mormorai a bassa voce.
Volevo essere sensuale, ma mi riusciva difficile.
Edward sorrise sincero.
“Non è così semplice”.
“Ho tanta paura anche io, ma non di sentire dolore. Non m’importa” sorrisi, posando il capo sulla spalla di Edward.
“E’ che…se non fossi all’altezza, io…” arrossii al solo pensiero.
“Non avrei più il coraggio di farmi vedere” con le dita strinsi la sua maglia, allontanando il mio viso da lui, fissando il pavimento.
“Sciocchina” rispose Edward giocoso prendendo il mio mento tra le sue dita e alzandolo verso il suo volto.
“Non m’importerebbe nulla…Ti amo Meredith” mi baciò la fronte.
“Non posso pensare alla mia vita senza di te” scese a baciarmi il naso, poi gli zigomi, infine si fermò a qualche millimetro dalle mie labbra e mi scrutò curioso.
“Voglio fare l’amore con te” soffiò basso.
Maledetta la sua capacità persuasiva.
Solo col suo timbro di voce mi fece vibrare e quando le sue labbra si chiusero sulle mie, gemetti incontrollatamente.
Le mie mani si persero nei suoi capelli, ne sentivo la consistenza sotto le dita.
Erano morbidi, caldi, maledettamente profumati e sexy.
Si, anche i capelli lo erano!
Edward era totalmente sensuale. Qualsiasi cosa facesse.
Le nostre labbra si persero in una danza che non conosceva tempo.
Edward mi prese in braccio ed io mi aggrappai con le gambe al suo bacino, entrambi sospirammo beati quando le nostre intimità si sfiorarono, seppur ancora coperte dai nostri abiti.
Egli indietreggiò e posò il mio corpo sul letto.
Le sue mani si fermarono ai lati del mio corpo, sosteneva il suo per non gravarmi addosso.
Ci fissammo per qualche istante, entrambi ansanti, gli occhi lucidi per l’eccitazione e le bocche rosse e umide del nostro amore.
“Te la senti?” sussurrò con una voce irriconoscibile.
Sbattei le palpebre e annuii incredula.
Stava davvero per succedere?
“Non so se dopo riuscirò a controllarmi” sospirò.
Stava ancora cercando di farmi cambiare idea?
Scossi la testa e mi alzai di poco mettendomi all’altezza del suo viso.
“Che fai ti tiri indietro?” mormorai maliziosa e provocante.
Ero fuori di me.
Il desiderio parlava per me.
Infatti Edward sbarrò gli occhi, sorpreso, ma si riprese subito, tanto che mi attirò al suo corpo.
Mi strusciai come una gatta in calore su di lui.
Mi sentivo impacciata e fuori luogo. Non sapevo neanche se stavo facendo bene, ma quando alle mie orecchie giunse un gemito fuoriuscito dalle sue labbra, compresi che stavo ottenendo l’effetto voluto.
Gli baciai il lobo dell’orecchio, scendendo sul suo collo freddo.
Poco dopo le nostre labbra si ritrovarono avide.
Rumorose si cercavano, si volevano, si divoravano.
Poggiai la testa sui cuscini e le mie mani finirono sotto la maglia di Edward, tastando i suoi addominali. Lo accarezzai lentamente, mentre lui continuava a baciarmi, rilasciando dei sospiri eccitati.
“Meredith” bisbigliò lussurioso sulle mie labbra.
Una sua mano mi accarezzò l’interno della coscia salendo sempre più su, sfiorò il mio inguine e al suo tocco il mio corpo sussultò.
Il calore al centro delle gambe aumentò vertiginosamente, facendomi girare la testa, mentre i muscoli si tesero.
Con tocchi appena accennati e sensuali raggiunse il mio seno e iniziò a toccarlo da sopra la maglia. Fu immediata la reazione del mio corpo che s’inarcò verso di lui.
Edward ghignò soddisfatto, a quel punto con un movimento secco gli alzai la T- shirt e lo costrinsi a sfilarsela. Lui rimase interdetto per un attimo.
La soddisfazione dipinta sul mio viso.
Questa volta fui io a ridacchiare, portandomi una mano alla bocca per trattenermi. La sua espressione era così buffa e…tenera.
Mi pentii di quel gesto, perché subito dopo Edward cambiò faccia. Divenne talmente serio da spaventarmi.
“Non si gioca così con un povero vampiro eccitato” soffiò con quella voce maledettamente erotico, da farmi stare male.
Si gettò con la bocca sul mio collo e scese sempre più giù fino a giungere ai miei seni.
Inspirò leccandosi le labbra, poi alzò la mia maglia, lasciando scoperto il reggiseno. Leccò l’incavo tra i miei seni, spostò la coppa del seno sinistro e lo baciò piano, giocando col mio capezzolo turgido.
Sussultai.
Accertatosi della mia reazione, iniziò a succhiarlo avido.
I misi sospiri aumentarono a dismisura, divenendo presto gemiti incontrollati.
Forse avrei dovuto provare vergogna, ma non fu così.
Perché era maledettamente bello sentirsi così persi in quella erotica beatitudine. Edward mi sfilò maglia e reggiseno, continuando la sua tortura.
La bocca poi venne sostituita dalle sua mani che toccavano, accarezzavano, stringevano, massaggiavano…
Io mi aggrappai ai suoi capelli, spingendolo sempre più verso di me e spronandolo a continuare.
“Ed…Edward” gridai inarcando la schiena, lui alzò lo sguardo e mi fissò.
Gli occhi erano diventati neri, intrisi di un desiderio profondo e represso. Stava fuoriuscendo tutto con una tale forza da farmi avvertire quando fossi in suo potere, poteva tutto di me ed io non volevo che sentirlo fremere sotto il mio tocco.
Quanto lo avevo desiderato?
Edward smise di guardarmi e tornò a torturarmi i seni, scendendo lentamente con la bocca fino al bordo dei miei pantaloni della tuta.
Con movimenti stranamente misurati, iniziò a sfilarmeli, accompagnando il movimento con continui baci.
Stava diventando una tortura.
Una piacevole tortura.
Eliminato anche quell’ostacolo, ringhiò facendomi quasi paura.
Era fermo in ginocchio davanti a me e mi guardava bramoso, quasi mi volesse mangiare.
Il mio cuore iniziò a battere all’impazzata.
“Edward” lo richiamai ansante, niente non mi diede ascolto.
Continuava a scrutarmi, poi accade tutto in un attimo: il suo jeans finì per terra raggiungendo gli altri vestiti e mi strappò gli slip con i denti.
Un gesto netto e preciso.
Ringhiò ancora una volta, mettendosi su quattro zampe, in posizione d’attacco. Leggermente spaventata, mi alzai sui cuscini, aiutandomi con gomiti e mi fermai ad osservarlo.
Ero completamente impreparata. Eppure non sentivo alcun terrore, non riuscivo a leggere cattiveria nel suo sguardo, solo tanto amore e…venerazione?
Che avessi le traveggole?
“Edward” lo richiamai stupita, lui fece un cenno con la testa e si avvicinò pericolosamente alle mie labbra.
“Sto perdendo il controllo…sto…” inspirò sul mio collo.
“Sei splendida…ed io ti desidero da impazzire” soffiò e il suo respiro bruciò sulla mia pelle. In basso, laggiù, qualcosa pulsava maledettamente, provocandomi degli sbalzi di temperatura impressionanti.
Ansimai, anzi gemetti senza ritegno quando Edward chiuse nuovamente un mio seno nella sua mano e iniziò a massaggiarlo con sempre più foga.
“E…Edward” gridavo il suo nome, una cantilena continua che mi stava facendo perdere il senso di me stessa.
Non avevo mai provato delle sensazioni simili.
Seppur con gli occhi appannati per via del troppo desiderio, tentai di squadrarlo: era poco affermare che il suo fisico fosse perfetto, non avrei dovuto minimamente meravigliarmi di quella constatazione, eppure quello scoperta mi costò un gemito frustrato.
Il mio sguardo scese via, via sempre più giù e alla vista della sua bene evidente erezione, deglutii rumorosamente, stringendo il lenzuolo tra le dita.
Dio solo sapeva quanto mi sentivo stordita in quel momento, priva di qualsiasi capacità logica di ragionamento.
Una mia mano scese incantata lungo il suo petto, fermandosi a disegnare ghirigori sull’ombelico.
Edward trattenne il fiato quando lo sfiorai lì, dove non batteva il sole.
Subito dopo chiuse gli occhi e ringhiò, quello bastò ad incoraggiarmi nel continuare: lo accarezzai piano, spesso sfiorandolo appena coi polpastrelli delle dita, poi d’un tratto, lo presi con decisione e iniziai a massaggiarlo con vigore.
Il ringhio soddisfatti di Edward fece tremare tutto il letto e anche me.
Niente paura, solo eccitazione.
Incredibile che fossi io a provocare in lui certe reazioni, mi sentivo lusingata, orgogliosa…felice.
Mi staccai un attimo, ansante, sopraffatta da una miriade di sensazioni diverse. Mi sentivo incapace di gestirle tutte insieme.
Ma la più insistente e fastidiosa era quella proveniente del mio basso ventre: martellava, pulsava chiedendo di essere soddisfatta.
Sfinita mi lasciai andare sul cuscino, guardando Edward e sperando accogliesse la mia muta richiesta.
Lo vidi inspirare l’aria, doveva aver percepito l’odore dei miei umori e me ne vergognai come una ladra.
Arrossii all’istante, sentendo il cuore pompare troppo sangue ad una velocità quasi vampiresca. Ovviamente Edward se ne accorse e si accostò al mio viso, ghignando.
“Mi stai facendo impazzire…” e mentre diceva ciò, un suo dito si divertiva a sfiorarmi lì dov’ero più sensibile.
“Oddio!” gridai, sbarrando gli occhi quando, quello stesso dito birichino, entrò dentro di me, iniziando a muoversi piano.
Io e Edward ci guardavamo. Nessuno voleva perdersi il piace dell’altro, non riuscivamo a staccare gli occhi gli uni dagli altri, era un richiamo talmente forte da spezzarmi il fiato.
Il ritmo del suo dito aumentò e con esso i miei gemiti, divenuti intrattenibili.
D’improvviso avvertii un calore eccessivo e gli occhi appannarsi maggiormente.
I muscoli si tesero.
Era in arrivo il mio primo orgasmo.
Rilasciai il corpo sul letto, respirando affannosamente. Il mio petto s’alzava e s’abbassava convulsamente.
Ero stupefatta. Non avevo parole per esprimere quello che avevo provato.
Cosa sarebbe successo una volta entrato completamente nel mio corpo?
Non ebbi modo di pensarci.
Osservai Edward allontanarsi appena da me, pur continuando a fissarmi.
“Io…” mi sentivo in dovere di dire qualcosa “E’ bellissimo…io…” sospirai e quel punto lui si avvicinò di nuovo mettendomi un dito sulle labbra.
“Shh…non dire niente” la sua voce era sempre più roca e più eccitante.
“Tu sei mia…solo mia” alitò sul mio viso, mentre con le mani mi apriva le cosce.
Deglutii, comprendendo che era giunto il momento fatale.
Edward si sistemò meglio tra le mie gambe, io chiusi gli occhi e strinsi il lenzuolo tra le dita.
Con una spinta decisa, Edward entrò dentro di me.
“Ah!” urlai per il dolore, lui si fermò apparentemente tranquillo, ma i suoi occhi, la sua bocca trasudavano desiderio e preoccupazione.
“Continua…” balbettai “Ti…ti prego” inspirai e lui fece come gli avevo detto.
Si mosse dapprima lentamente, lasciando che mi abituassi alla sua presenza, poi con sempre maggiore foga, stringendomi a lui con ardore.
Ben presto il dolore lasciò spazio al piacere.
Mi sentivo stranamente felice e completa.
Anche in quel momento, i nostri occhi erano incatenati, ammaliati, innamorati. Edward era di una bellezza sconcertante mentre faceva l’amore: i capelli arruffati, il viso contratto dal piacere, le labbra gonfie dei nostri baci e gli occhi dilatati e lucidi per il godimento.
“Mery” soffiò, stringendo tra le mani i cuscini del suo letto.
Non mi aveva mai chiamata così, solo mia madre lo faceva e odiavo tutti coloro che mi davano quel diminutivo, però in quel momento, mi sembrò la cosa più bella e giusta del mondo.
Fu così che entrambi raggiungemmo l’apice.
Quando caddi sul letto in un tonfo sordo, mi sentii la donna più completa e appagata del mondo.
Edward uscì da me, lasciandomi uno strana sensazione di freddo e di vuoto.
Nonostante questo ero felice.
Stramaledettamente felice.

Ero sua. Solo sua.
Una lacrima di gioia mi solcò il viso, scivolando velocemente giù.
Edward la raccolse con la lingua. Osservai quel gesto, deglutendo.
Lui sorrise compiaciuto e si distese accanto a me.
Il silenzio che ne seguì mi turbò un po’. Chiusi gli occhi e inspirai: la stanza era piena dei nostri odori, mi sembrava di poterli distinguere nettamente, ma avvertivo anche un odore sgradevole, ferroso…
Timorosa spalancai gli occhi e mi sedetti in mezzo al letto.
“Edward” lo chiamai, ma non ottenni risposta.
“Edward!” si mosse “Non respirare” gli dissi “C’è…sangue…”
“Lo so…” soffiò sul mio collo. Quand’è che s’era avvicinato? Non l’avevo sentito. “Il tuo…” continuò. Col naso disegnò ghirigori sul collo e poi mi morse appena sulla spalla.
Inizialmente sorpresa, non aprii bocca, quando poi il dolore divenne insostenibile gridai.
“Edward!” urlai spaventata.
Perché…?
La porta della stanza si spalancò rivelando la figura magrolina di Alice che corse  come un razzo verso suo fratello, staccandolo da me.
“Basta fratellino calmati!” gli intimò in modo autoritario, ma non molto duro.
Edward si riscosse, come se si fosse appena svegliato.
“Va fuori!” Alice gli si piazzò davanti, il fratello era rimasto impalato a guardarmi, gli occhi sbarrati e spaventati, la bocca sporca di sangue.

Il mio.
“Ho detto vattene!” ringhiò Alice notando la sua immobilità.
Edward non disse niente e sparì dietro la porta, richiusa in fretta da sua sorella.
Subito dopo il folletto si rivolse a me:
“C’è troppo odore di sangue, Meredith” trattenne il fiato.
“Vai a farti una doccia” mi lanciò un accappatoio pulito, lo indossai senza fare storie “Io intanto porto via le lenzuola” continuò, mentre io ancora interdetta e sconvolta, mi diressi verso il bagno.
Mi immersi sotto il getto dell’acqua calda e il morso mi bruciò.
Gemetti di dolore, ma ciò che mi faceva più male era sapere di aver messo Edward in difficoltà con la mia stupida richiesta.
Come avevo potuto essere così sciocca?
Lamentarmi e piangere erano diventati il mio sport preferito.
Così tra un singhiozzo e l’altro, mi passavo la spugna su tutto il corpo, avvertendo ancora la presenza di Edward addosso.
Avrei dovuto provare felicità per quello che era avvenuto e invece tutto era andato allo catafascio.
Alla fine mi accasciai a terra, chiudendomi a riccio e lasciando scivolare giù tutto il malessere che sentivo.
Una volta uscita dalla doccia, mi avvolsi nell’asciugamano rosa e mi frizionai i capelli, soffermandomi davanti allo specchio.
Sbarrai le palpebre sorpresa.
Mi vedevo così diversa: i miei occhi sembravano brillare, nonostante fossero leggermente arrossati, le mie labbra erano più colorite del solito e gonfie e le gote erano tinte di un tenue color rosa.
Aprendo l’asciugamano per rivestirmi, notai il morso sulla spalla.
Lo toccai e rabbrividii.
Se la volevamo leggere da un’altra prospettiva, Edward mi aveva in un certo senso, marchiata.
Ero totalmente sua e quel segno ne era la dimostrazione.
Vibrai a quella consapevolezza.
Uscii dal bagno qualche istante dopo e indugiai un pò davanti alla porta della stanza di Edward.
Presa dall’ansia non sapevo che fare.
“Meredith” mi voltai, Alice era alle mie spalle e mi sorrideva.
“Come ti senti?” chiese gentile, avvicinandosi.
“Sto bene…” mormorai.
La mia voce era un sussurro, fino ad allora non aveva spiccicato parola.
“Non aver paura” disse posando una mano sul mio braccio, l’istante dopo fissò la porta alle mie spalle.
“Si sente in colpa, vero?” domandai, nel cuore il timore di conoscere la verità.
“Lo sai com’è fatto” rispose lei facendo spallucce, io sospirai triste.
Dovevo immaginarlo.
Non volevo andasse a finire in quel modo.
“Credi che io possa entrare e…parlargli” annuì.
“Meredith!” mi richiamò ancora il folletto “Sei felice?” chiese sorridendo maliziosa.
“Si…” sorrisi beandomi di quella verità.
“Bene e allora sii forte, qualsiasi cosa ti dica” non mi diede il tempo di ribattere che era già sparita giù per le scale.
Scossi il capo.
A quel punto, mi voltai verso la porta.
Inspirai e abbassai piano la maniglia per entrare, cercando di fare, scioccamente, meno rumore possibile.
Come se poi lui non potesse sentirmi!
La luce della luna piena filtrava nella sua stanza attraverso la vetrata, Edward era in piedi con lo sguardo puntato fuori e il volto illuminato da quella tiepida luce.
“Edward” sussurrai a bassissima voce, lui si voltò, negli occhi un’ espressione colpevole e delusa.
E mi sentii in colpa.
Mosse qualche passo, ma non si avvicinò.
Ora la luna era alle sue spalle.
“Come stai?” domandò con apprensione.
“Io sto bene, ma…tu?” chiesi con una certa urgenza, incrociando le mani.
Non rispose subito.
“Mi spiace” disse qualche secondo dopo.
“E di cosa?” domandai stupita.
“Sapevo che non sarei stato in grado di controllarmi. Ti ho morsa capisci? Ho rischiato di…ucciderti” bisbigliò appena l’ultima parola.
“Ma non l’hai fatto” ribattei.
“Solo perché è intervenuta Alice!” ringhiò rialzando lo sguardo e fulminandomi con una sola occhiata.
“E’ stata colpa del mio sangue…” mormorai afflitta.
“Cosa?” gridò lui “Tu non centri nulla. L’animale sono io. Sono io che non sono un ragazzo comune, ma un vampiro. Sono io l’abnorme scherzo della natura e tu…” mi guardò freddo.
Perché mi tremavano le gambe?
Perché improvvisamente sentivo che la testa mi girava?
“Tu non dovresti stare con me!” sibilò tagliente.
E quelle parole si insinuarono sotto pelle, pesanti e doloranti come lama di un coltello.
Saltai all’indietro, ritrovandomi col corpo sulla porta e una mano sul cuore, ne avvertivo il battito sempre più flebile.
Chiusi gli occhi improvvisamente stanca.
“Non…” deglutii a fatica “Non puoi davvero averlo detto” soffiai, inclinando la testa in avanti e tenendomi allo stipite della porta.
“Non capisci?” esclamò “Ti ho messo in pericolo, non avremmo dovuto farlo. È stato un errore e non si ripeterà più!” ribatté duro.
Io sussultai, riaprendo gli occhi e le lacrime fecero capolino da sotto le ciglia.
“Un errore” ripetei atona “Un…e…errore” ribadii con la voce incrinata.
“Sai…” sussurrai debolmente “Credevo, anzi speravo potessi esser felice quanto me di quello che abbiamo condiviso” alzai la testa e lo fissai, sulle mie labbra comparve un sorriso amaro.
“Mi sono concessa a te…la mia prima volta è stata con te!” esclamai.
“Ed è stato molto più che bellissimo!” il mio tono sognante non si confaceva alla situazione e quelle lacrime bastarde lacrime mi appannavano voce e occhi.
“Mi sono sentita completa e non mi era mai successo. Non è soltanto qualcosa a livello fisico, ma dentro io…” e mi strinsi la mano sul petto “Ho avvertito come se quello che mi mancava fosse improvvisamente comparso e avesse preso il proprio posto” sorrisi tra le lacrime.
“Forse mi sono sbagliata…” feci spallucce “Credevo di averci visto giusto. Scusa…non volevo esser causa del tuo dolore, ne divenire un tuo senso di colpa. Volevo semplicemente essere la tua ragazza e amarti come tale…” gli diedi le spalle, aprii la porta e la richiusi immediatamente, uscendo fuori da quella stanza. Mi lasciai scivolare lungo essa, finendo malamente col sedere sul pavimento e chinando la testa sulle ginocchia.
In quella posizione mi sembrava di attutire il dolore.
“Perché?” mi lamentai.
“Perché?” mi maledii suonando un pugno a terra e sentendo le nocche della mano indolenzirsi, ma ignorai tutto.
D’un tratto la frustrazione lasciò spazio al nervosismo: mi sentivo rifiutata come persona, ma soprattutto come donna.
Edward aveva soddisfatto i suoi bisogni (e i miei) per poi buttare tutto all’aria.
No, questo non era giusto!
Sbattei nuovamente un pugno sul pavimento, digrignando i denti.
“Lo odio, lo odio, lo odio!!!” sibilai furiosa.
Subito dopo spalancai gli occhi vedendo proiettata dinanzi a me l’ombra che sogghignava.

“Avevo ragione…presto verrai da me” e sparì.
Sbattei le palpebre più volte, scuotendo il capo.
Si era sicuramente trattato una visione frutto della mia fervida immaginazione. Sbuffai e decisi di rialzarmi da terra.
Ormai era notte e forse era il caso di andare a dormire.
Mi diressi verso la stanza che avevo usato tempo prima.
Ultimamente Edward aveva fatto portare un letto nella sua camera ed ero solita dormire lì, mentre lui mi coccolava.
Abbassai lo sguardo affranta e sentii di stare di nuovo per piangere.
Lo impedii morendomi il labbro.
Dovevo essere forte e reagire!
Alice era stata chiara.
Mi fiondai nella stanza e mi gettai di corsa sul letto, accoccolandomi sotto le coperte. Nascosi il viso sul cuscino, soffocandomi.
Perché anche lì sentivo il suo profumo?
Battei un pugno sul materasso afflitta, ormai lo portava addosso e dentro di me.
Fu così che mi addormentai, avvolta da quella fragranza che sapeva tanto, troppo di noi…

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Capitolo 32
*** May I ***


May I Buon giorno!
Innanzitutto buon anno!!! Come avete trascorso queste giornate di festa???
Scusate il ritardo, ma ho pensato che forse era meglio aspettare prima di pubblicare un nuovo capitolo.
Con le vacanze natalizie tutti abbiamo un pò abbandonato, volenti o nolenti, la lettura e la scrittura.
Nel capitolo troverete anche il testo di una canzone che mi ha ispirato  May I - Trading Yesterday  e che dà il titolo al capitolo.
Prima di lasciarvi alla lettura voglio chiarire la questione del morso: non l'ho approfondita ed è colpa mia, quindi mi scuso. Meredith non viene infettata perchè innanzitutto è stato un morso rapido, Edward è stato immediatamente fermato da Alice, secondo i poteri di Meredith impedire al veleno di agire, lei neutralizza ogni attacco dei vampiri. E' per questo che è tanto voluta da Destino!
Ora la smetto di ciarlare e vi lascio al capitolo.
Aspetto le vostre meravigliose recensioni! Grazie ad ogni singolo lettore!

Capitolo 31 “May I”

 

Il mattino seguente, la luce entrò nella stanza, fermandosi sui miei occhi chiusi.
Li spalancai di botto spaventata e mi sedetti al centro del letto.
Mi stiracchiai, il corpo ancora intorpidito dal troppo sonno.
Mi toccai la spalla e le dita carezzarono quel segno che a vita mi avrebbe marchiato e ricordato quella sera.
Sospirai ricordando ogni cosa.
Edward che mi baciava, mi leccava…che entrava in me.
Scossi la testa per allontanare quei pensieri e lasciai scivolare le mani sul grembo. Che dovevo fare ora?
Come dovevo comportarmi?
Mi passai la mano tra i capelli disperata.

Toc toc
Quel suono bastò per farmi sussultare e iniziare a tremare.
Se fosse stato lui che avrei fatto?
“Avanti” dissi, la porta si aprì rivelando la figura minuta di Alice, sorrisi sollevata e in parte anche un po’ delusa.
Mi aspettavo davvero di vederlo dopo quello che mi aveva detto?
Illusa!
”Buongiorno Meredith, come stai?” domandò danzando fino al letto e accomodandosi leggiadra sul materasso.
“Sono stata meglio” risposi sincera, il suo sorrise scomparve cedendo il posto ad uno sguardo serioso.
“Mi dispiace per quello che ti ha detto, ma non era in sé. Edward non pensa quelle cose, lui…” issai una mano e le feci cenno di fermarsi.
“Lascia perdere, Ali” sospirai.
“Non importa! Ormai è tardi per tornare indietro e se lui ritiene sia stato un errore, chi sono io per convincerlo del contrario?” chiesi più a me stessa, con una certa ironia.
“Per te però non lo è stato” constatò, fissandomi diritta negli occhi.
“Non è una domanda” inarcai un sopracciglio, Alice scosse il capo.
“Per me è stato uno dei momenti più emozionanti in assoluto. È stato come trovare finalmente una collocazione e…” sorrisi talmente tanto che sentii la mascella farmi male. “Ed è con lui…mi sento parte di lui ora ed è qualcosa di indescrivibile” sospirai sommessamente.
“So cosa vuoi dire” ammise lei, prendendomi la mano e stringendola nella sua gelata.
“Sono contenta per te! Quello stupido ha rovinato tutto, ma sono convinta che dentro di lui sente la tua stessa felicità!” disse continuando a stringermi la mano. Volevo crederle.
Desideravo intensamente che fosse così, altrimenti il mio cuore si sarebbe nuovamente spezzato.
“Dov’è?” chiesi abbassando la testa.
“Nella sua stanza. Non si è più mosso di lì” che stupida illusa, speravo che stanotte fosse venuto nella mia camera, anche solo a dare un’occhiata.
"Ah Meredith prima che mi dimentichi! Ho parlato con Carlisle del morso!" disse assumendo un tono serio. Io annuii invitandola così a proseguire. 
"Ti ha visitata stanotte. Il veleno non circola nelle tue vene. Credo che lui non abbia mai visto nulla di simile" scosse la testa.
"Io ero preoccupata, però non ho avuto visioni di te vampira. Edward era come entrato in catalessi, come se non ci avesse minimamente pensato. Quando ha realizzato cos'è successo è corso nello studio di nostro padre. Carlisle ha parlato con lui a lungo e sono giunti alla conclusione che i tuoi poteri siano capaci di neutralizzare il nostro veleno" proferì non lasciando mai il mio sguardo.
"E'...assurdo" mormorai a mezza voce, stupendomi di non aver minimamente pensato alla trasformazione.
"Lo so" annuì Alice "Ora non pensarci" sorrise prendendomi una mano "Sei in forma e presto le cose si sistemeranno" la guardai dubbiosa.

“Avanti ora vestiti e vieni a fare colazione. Esme ti aspetta” mi fece l’occhiolino e si alzò.
“Ah un'altra cosa!” si voltò mentre era sulla porta “Ha telefonato Charlie, ha detto che è a casa comunque. Puoi tornare quando vuoi. Esme però lo ha convinto a farti rimanere qui un altro paio di giorni. In ogni caso, vorrebbe che tu ti facessi viva” sussultai “Ok…”.
Restare lì in quella situazione mi sembrava sbagliato, temevo tanto che fossimo tornati indietro nel tempo.
Sospirai ancora.
Qualche minuto più tardi scesi in cucina, ma prima di entrarvi presi un profondo respiro, le dita mi tremavano.
“Buongiorno!” proferì Emmett alle mie spalle, mi voltai nella sua direzione.
“Ciao…” mormorai.
“Ehi che allegria! Tutto ok piccina?” chiese scompigliandomi i capelli con una mano.
Annuii distrattamente.
“E allora sorridi! Sei più bella quando lo fai” ammiccò,  facendomi arrossire.
“Shh però non dirlo a Rose, chi la sente sennò” gli feci la linguaccia.
“Mmm” finsi di stare al gioco
“Valuterò il da farsi” dissi con finta indifferenza.
“Tzè le donne!” sputò inarcando un sopracciglio.
“Si chiama solidarietà femminile” disse Alice comparendo alle mie spalle insieme a Rosalie.
Tutte e tre ci mettemmo a braccia conserte minacciandolo con lo sguardo, Emmett vistosi circondato, si arrese.
“Ok, ok  ho capito. Tre contro uno non è valido però” si lamentò entrando in cucina, mentre io Rosalie e Ali scoppiammo a ridere a crepapelle.
Tra una risata ed un’altra, mi ritrovai a portare lo sguardo verso le scale e solo in quel momento lo vidi.
Il sorriso si spense d’improvviso.
Vibrai sotto il suo sguardo d’onice.

Bum bum…
Assottigliai le palpebre, sciogliendo le mie braccia dalla presa sotto il seno e le rilasciai lungo i fianchi.
Gli occhi mi dolevano per il troppo pianto.
Deglutii ricacciando giù l’amaro.
Tutto intorno a me sembrò sparire, vedevo solo lui.
Ogni suono mi giungeva ovattato, privo di tono, di senso.
Solo lui.
Solo io.
Solo noi in quella stanza.
Con una forza e un coraggio che non mi riconoscevo, indurii lo sguardo, ne constatai subito l’effetto quando vidi il suo corpo irrigidirsi, mi mossi dandogli le spalle e dirigendomi in cucina, ignorando quella vocina che mi diceva “Va da lui, va da lui!”.
Tutto questo sotto lo sguardo sbigottito di Emmett.
Alice mi fissò complice, poi mi seguì, non dicendo nulla.
“Buongiorno Esme” salutai la donna che mi sorrideva maternamente.
“Ciao tesoro. Hai dormito bene?” domandò premurosa accarezzandomi il viso.
“Si, ma mi sento ancora un po’ stanca” confessai arrossendo, lei sorrise, poi il suo sguardo si posò sulla mia spalla: la manica della maglia era leggermente abbassata.
“Cosa…?” i suoi occhi si scurirono.
“Non è colpa sua” dissi coprendomi, sentendomi in dovere di difenderlo, nonostante tutto.
Esme mi fissò a lungo, poi rilasciò un sospiro rassegnato “Tu stai bene?” chiese.
“Si, sto bene. Carlisle mi ha visitata” annuì poco convinta.
“Dai siediti e mangia qualcosa. Ti vedo troppo pallida”, accettai il suo invito, il mio stomaco si stava lamentando da un po’.
Alice e Rosalie mi fecero compagnia, chiacchieravamo del tempo e di shopping, quelle due si erano messe in testa di trascinarmi fuori città a comprare qualche abito per il ballo di fine anno che la nostra scuola avrebbe tenuto da lì a qualche settimana.
“Eddai Meredith! Non fare la pigra!” Alice mi tirò per un braccio, scuotendomi.
“Ha ragione Ali!” disse Rose stranamente cordiale quel giorno.
“Dobbiamo necessariamente uscire e divertirci. Abbiamo bisogno tutti di distrarci, soprattutto tu” ammiccò.
“Già…” mormorai rabbuiandomi.
“Niente musi lunghi. Sorridi la vita è bella” sussurrò Alice al mio orecchio.
“Avanti andiamoci a preparare, ci aspetta una lunga giornata di shopping!” saltò giù dal tavolo, atterrando con grazia sui suoi piedi.
Alzai gli occhi al cielo, fintamente irritata, infatti subito dopo sorrisi a tutto spiano e le seguii.
“Passiamo un attimo da casa? Così saluto mio padre e lo avverto, non vorrei che non trovandomi da voi, organizzi una spedizione per cercarmi” dissi mentre attraversavamo il salone.
Sott’occhio notai la figura di Edward in cima alle scale, ma lo ignorai.
Alice si voltò e sorrise in modo strano.
“Che c’è?” domandai e credendo di avere qualcosa di strano sul viso, iniziai a toccarmi.
“Hai detto << mio padre >> “ confessò fissandomi compiaciuta della mia espressione sbalordita.
Infatti spalancai gli occhi.
Era vero! Non me n’ero accorta.
“Mi è venuto così…naturale…” sussurrai posandomi un dito sul labbro inferiore.
“E’ una bella cosa. Vuol dire che qui ti senti a casa” proferì contenta, aprendo la porta e lasciandomi passare.
Ed effettivamente era così: quel posto era diventato casa mia.
Entrate in macchina, mi accoccolai sul sedile posteriore e mi lasciai trascinare via da quelle due pazze delle mie amiche.

 

“Prova questo” era il ventesimo vestito che mi facevano vedere e indossare ed eravamo appena al terzo negozio.
Pregavo che quella tortura finisse presto.
Se ci fosse stato Edward, mi avrebbe di certo dato una mano a gestire quelle due pazze delle sue sorelle!
Ma non c’era e dovevo arrangiarmi da sola.
Per Rose e Alice nessuno esaltava il mio dolce viso d’angelo.
Sbuffai imprecando.
Afferrai il capo d’abbigliamento che mi stava porgendo Alice, sperando fosse l’ultimo.
Non mi guardai neanche allo specchio, uscii fuori dal camerino in fretta e furia.
Via il dente, via il dolore!
“Eccomi!” allargai le braccia esasperata, poi cinsi le mani in vita, l’espressione delle mie amiche non mi piacque: ad entrambe brillavano gli occhi.
Diedi un’occhiata veloce all’abito chinando il capo, non c’erano imperfezioni e allora perché quello sguardo allibito e stralunato?
“C’è qualcosa che non va?” domandai confusa, infondo le esperte di moda erano loro.
“Alice!” disse Rose, afferrandola per il braccio.
“Si, so cosa vuoi dire” i suoi occhi indugiarono ancora qualche secondo sul vestito e poi su di me.
“E’ perfetto!” proferì felice.
Sorrisi di riflesso “Ti sei vista?” chiese.
Risposi facendo un cenno negativo con la testa.
“E allora fallo!” m’incitò Rose ammiccando.
Obbedii e mi voltai verso l’enorme specchio posizionato sulla destra.
Spalancai la bocca: l’abito rosa confetto scendeva morbido sul mio corpo esaltando la linea dei miei seni, le bretelle fini lasciavano scoperte spalle, collo e parte della schiena.
Il vestito era formato di tante piccole pieghe, sotto il petto due piccole stringhe permettevano di stringere l’abito per renderlo più aderente. Il resto scendeva lungo su tutto il corpo fino al ginocchio.
Alice e Rose mi comparvero alle spalle tutte sorridenti; la bionda mi tirò i capelli dietro creando una piccola pettinatura.
“Ci vorrebbero degli orecchini lunghi” sussurrò sfregandosi il mento.
“Io ne ho un paio a casa” borbottò Alice battendo le mani contenta come una bambina a cui era stata appena promessa una caramella.
“Ottimo! Cara Meredith, abbiamo sistemato la questione ballo!” sorrise la bionda.
Io annuii imbarazzata, vittima di quelle attenzioni.
“Edward impazzirà vedendoti così”, sobbalzai udendo quel nome e loro se ne accorsero.
Si lanciarono una breve occhiata complice, poi si comportarono come se nulla fosse successo.
“Mangiamo qualcosa al Mcdonald?” propose Alice.
Rose ed io acconsentimmo.

 

Era ormai pomeriggio inoltrato, avevo chiesto a Rosalie e ad Alice se potevo fare una giro nella libreria di Port Angeles.
La libreria era l’unico luogo in grado di farmi distendere i nervi.
Triste o felice che fossi, quand’ero lì dentro, ogni sensazione fuori posto, spariva.
Ero immersa tra gli scaffali, dove antico e moderno si fondevano elegantemente; con le dita sfioravo le copertine dei diversi libri, indecisa su che genere orientarmi e quando vidi quel libro, ritrassi la mano come scottata.
Strinsi le palpebre rigettando indietro le lacrime.
<< Theresa lo interruppe stringendogli la mano.

"Sono convinta che ci credi davvero, e anche una parte di me vorrebbe crederlo. Se adesso mi abbracciassi e mi implorassi di restare, sono sicura che lo farei, perché hai portato nella mia vita qualcosa che mi mancava da tempo. E continueremmo entrambi in questo modo, convinti che tutto vada bene...ma non sarebbe così, non capisci? Perché al prossimo litigio..." Si fermò.
 "Non posso competere con lei. E per quanto desideri che la nostra storia continui, non posso permetterlo, perché tu non lo permetteresti >>.

L’Ombra s’era materializzata al mio fianco: sghignazzando malignamente aveva afferrato il libro e apertolo, aveva letto proprio quel passo.
Non ci fu niente da fare per fermare la mia disperazione.
“Vedi” disse alacremente.
“Te lo dice anche il tuo libro preferito” e sparì, mentre la sua risata riecheggiava nella mia testa.
Mi tappai le orecchie cadendo sulle mie gambe.
“Basta, basta!” gridai attirando Alice e Rosalie che mi avevano udito dall’altra parte della sala.
“Meredith! Meredith!” mi issarono da terra afferrandomi per le spalle.
“Che succede?” chiese Alice.
“Non hai visto niente?” domandò preoccupata Rose alla sorella.
“No” rispose quest’ultima fortemente turbata.
“L’Ombra era qui…mi perseguita…” piagnucolai esausta.
Rosalie e Alice mi trascinarono fuori dalla libreria e mi fecero sedere su una panchina del centro. Lì mi offrirono un bicchiere d’acqua e ne approfittai per  raccontare loro l’accaduto.
“Non vuol dire niente, ora non farti condizionare da quel passo del libro! Destino vuole fare in modo che tu passi dalla sua parte!” annuii poco convinta alle parole di Alice.
“Accidenti!” urlò Rosalie, schiacciando il bicchiere e riducendolo a niente. “Calmati!” la incitò Alice.
“Se lo avessi tra le mani, gli darei una lezione che non se la dimenticherebbe più! Che cacci gli attributi e ci affronti di petto!” gridò.
io abbassai il capo, stanca di quella storia.
“Torniamo a casa?” chiesi rabbuiandomi.
“Si…te la senti?” domandarono entrambe.
“Si…” soffiai.

 

Improvvisamente tutti avevano smesso di parlare.
In quel silenzio i miei pensiero si facevano più rumorosi.
“Cosa gli dirai?” proruppe d’un tratto Alice.
“Dici a me?” domandai incerta.
“Si. Hai intenzione di parlare con Edward?”.
“Vorrei…ma non so come affrontarlo” esternai tutti i miei dubbi.
“Sii diretta e sincera! Fagli capire quanto tu sia ferita per il suo comportamento. Voglio capire che ha avuto paura di ucciderti, ma avete condiviso un rapporto d’amore. La prima volta, una tappa estremamente delicata e importante per entrambi!” proferì una Rose leggermente irritata.
I miei occhi le fissarono attentamente, poi ridacchiai.
Una risata nervosa.
“Perché ridi?” chiese Rosalie frastornata.
“Voi fate così tanto per me e…proprio io vi metterò in pericolo” soffiai prendendo realmente coscienza di quella verità.
Dirla ad alta voce, le dava l’effetto che meritava.
“Per via dell’ombra?” chiese Alice, annuii.
“Io mi fido di te” pronunziò convinta guardandomi dallo specchietto retrovisore “Anche io” aggiunse Rosalie, la scrutai sorpresa.
Mi aspettavo l’appoggio di tutti, ma non di lei.
“Non meravigliarti! Sto imparando ad accettarti. Non hai reso più umano solo Edward…” mormorò distogliendo lo sguardo e fissandolo fuori dal finestrino.
Mi sporsi nello spazio tra i due sedili, afferrai le loro teste con le mani e le portai accanto alla mia.
“Grazie” bisbigliai commossa, ma felice.
L’auto sfrecciò rapida nel garage, noi tre scendemmo sorridenti e tra una chiacchiera ed un’altra ci ritrovammo nel salotto di casa Cullen.
Erano le sette di sera, sembrava non ci fosse nessuno.
Un profumino invitante mi entrò nelle narici, annusai l’aria attorno a me come un segugio.
“Mmm…Esme deve aver preparato uno dei suoi manicaretti!” esclamai entusiasta facendo roteare gli occhi alle mie amiche, feci loro la linguaccia e mi precipitai in cucina, ma non vi trovai nessuno.
Strano sembrava che il profumino venisse proprio da quel posto.
Feci spallucce e tornai in salotto.
“Ali, Rose vostra madre…” m’interruppi notando che fossero andate via.
Arricciai il naso e mi grattai la testa, ma dov’erano finiti tutti?
Sospirai e salii nella mia stanza, prima di aprire la porta, lanciai una rapida occhiata a quella di Edward, troppo fifona per affrontarlo mi girai nuovamente ed entrai in camera.
Immediatamente quel profumino invitante mi schiaffeggiò in pieno volto, mi guardai attorno e vidi sulla scrivania una candela e un biglietto.
Tremai, sapeva di lui.
Era il suo profumo.

 

Credo non ci siano parole giuste che io possa usare per farti capire come mi sento. Per questo ti chiedo di correre nella mia stanza…ti aspetto.

Edward”

 

Sorrisi come una rimbambita e corsi, o meglio, mi precipitai nella sua stanza.
Non bussai neanche, spalancai la porta tutta contenta, ma quando la trovai vuota, quel sorriso morì di colpo.
Entrai, chiudendomi la porta alle spalle e rimanendo ferma ad osservare il letto. Quel letto che ci aveva visti insieme.
Un singulto proruppe sulle mie labbra, ma lo misi a tacere subito, tappandola.
Osservando meglio le lenzuola, vi notai una scatola nera, mi avvicinai cauta, la scoperchiai tremando, dentro vi erano un biglietto e un cd:

 

“Sei delusa di non trovarmi? Spero che questo cd possa colmare in parte la mia mancanza…inseriscilo nello stereo, poi mettiti al centro della stanza e chiudi gli occhi.

Edward”

 

Interdetta, feci come mi aveva scritto. Afferrai il cd e lo inserii nello stereo, premendo play.
Le note di un pianoforte inondarono immediatamente la stanza, seguite poi dalla voce ardente di Edward.
Traballai, ponendomi al centro della stanza e mi feci cullare da quelle splendide parole, cariche d’amore.

 

 

“And there you stand opened heart--opened doors
full of life with the world that's wanting more.
But I can see when the lights start to fade,
the day is done and your smile has gone away.

Let me raise you up.
Let me be your love.

May I hold you
as you fall to sleep,
when the world is closing in
and you can't breathe.
May I love you.
May I be your shield.
When no one can be found
may I lay you down.

All I want is to keep you safe from the cold...
to give you all that your heart needs the most.

Let me raise you up
Let me be your love”

 

 

Avvertii una presa ferrea stringermi la vita, ma non ebbi paura.
Sapevo di chi si trattava e la sua identità mi venne rivelata poco dopo. Infatti la bocca di Edward si posò delicata sul mio collo e con la voce bassa e profonda proseguì nel cantarmi quella melodia.
Il mio corpo s’addossò al suo e mi sentii veramente in paradiso.



”May I hold you (hold you)
as you fall to sleep.
When the world is closing in
and you can't breathe,
may I love you. (love you)
May I be your shield.
When no one can be found,
may I lay you down.

All that's made me (made me)
Is all worth trading (worth trading)
just to have one moment with you.
So I will let go (will let go)
all that I know (that I know)
knowing that you're here with me.

For your love is changing me.

May I hold you
as you fall to sleep.
When the world is closing in
and you can't breathe,
may I love you.
May I be your shield.
when no one can be found
may I lay you down”

 

 

La canzone finì, nella quiete della stanza si poteva udire solo il suono del mio respiro irregolare.
Edward era rimasto con le labbra sul mio orecchio.
“Perdonami” disse strofinando il naso sul mio collo per poi fermarsi sulla mezzaluna, non respirava più.
Mi mossi veloce e mi girai restando comunque tra le sue braccia, fu così che ci trovammo faccia a faccia.
Era ancora più bello di quanto lo ricordassi, possibile che mi mancasse come l’aria quando non c’era?
“Mi…” presi coraggio “Mi sono sentita sola…” sussurrai.
“Ho temuto che non mi volessi più, che mi stessi rifiutando. Ecco si!” annunciai con convinzione.
“Mi sono sentita rifiutata!” affermai, Edward sbarrò gli occhi.
“Come…?” scosse il capo. “Ma no! Come puoi pensare questo…” lo interruppi.
“Mi hai detto che non sarei dovuta stare con te dopo che…” arrossii impacciata “Avevamo fatto l’amore e quindi…io…” ero incapace di formulare una frase di senso compiuto.
“Meredith!” la sua voce austera mi costrinse a guardarlo.
“Ero sconvolto, perché abbiamo corso un grande rischio!” chiuse gli occhi, serrando la bocca.
“Ma non pensare mai che…io non ti voglia con me. Sono un essere troppo egoista, ma soprattutto sono troppo innamorato di te” soffiò.
Io sbarrai gli occhi incredula.
“Quello che è successo…” continuò fossilizzando le sue perle d’ambra nelle mie “Non faccio che pensarci. È stata la notte più bella di tutti questi secoli di vita” disse accarezzandomi le braccia scoperte.
“Dio Meredith ero un tutt’uno con te! Ti ho amata come si ama una donna e tu…” mi chiuse il viso tra le sue mani.
“Tu mi hai amato e voluto come si fa con un uomo normale, senza distinzione. Ti sei concessa a me totalmente: corpo, mente e spirito” s’arrestò di fronte alle mie lacrime.
Probabilmente era dubbioso, difatti corrucciò la fronte.
“Forse sono stato indelicato, io…” gli tappai la bocca, baciandolo.
Inizialmente rigido, Edward si sciolse qualche secondo più tardi e con la sua lingua disegnò il contorno delle mie labbra.
Fremetti e gemetti per la sorpresa.
Lui sghignazzò allontanandosi quel poco che ci permettesse di guardarci negli occhi.
Una sua mano si perse tra i miei capelli, spingendo la nuca verso di lui.
“Sei stupenda” bisbigliò al mio orecchio in modo assolutamente illegale.
Il basso ventre sbatté violentemente e il mio desiderio divenne urgenza. “E…Edward se…” ansimai mentre lui mi baciava il collo.
“Se?” chiese con una strana nota nella voce.
“Se continui così io…”.
“Tu?” m’incoraggiò a proseguire.
“Potrei perdere il controllo” soffiai roca dopo l’ennesimo bacio.
Edward scoppiò a ridere e dovette scostarsi di poco, lasciando il mio corpo, feci leva su tutta la mia forza per non cadere a terra.
Lo guardai basita, si teneva la pancia talmente dalle risate.
Sbuffai e incrociai le braccia sotto il seno, offesa.
Lo fissai truce.
“Mi spieghi che cavolo c’è da sbellicarsi così?” chiesi piccata, Edward sembrò ricordarsi di me e si diede un contegno.
Si riavvicinò con passo sensuale, tanto che dovetti distogliere lo sguardo.
Possibile che ora vedessi allarme rosso ad ogni sua mossa?
Scossi il capo.
Edward mi riafferrò per la vita facendomi sbattere contro il suo petto.
Sospirai.
“Tu dici che potresti perdere il controllo ed io?” sorrise mellifluo.
“Ti ricordo che tra i due che il vampiro sono io” disse baciandomi i capelli.
“Non significa nulla” sussurrai.
“Io ho assaggiato il frutto proibito e ne ho ancora voglia” dissi vergognandomi subito dopo, nascondendo la testa sul suo petto.
Edward non disse nulla.
Temetti si fosse offeso.
“Scusami” mormorai sul suo torace.
“Non importa. Non devi scusarti per questo. Altrimenti dovrei farlo anche io” disse poi accarezzandomi la testa.
“Quindi ti è…piaciuto?” domandai titubante.
Edward mi scostò da lui “Dubiti ancora?” chiese inquieto.
“Sai quanto io sia insicura…una conferma in più è necessaria” ribattei sorridendo. “Beh allora non ti dispiacerà sapere che mi è piaciuto talmente tanto che replicherei molto volentieri” mormorò a bassa voce.
Mi irrigidii alle sue parole.
“Non ho detto che lo farò” ribadì poi, mandando all’aria i miei ormoni in fermento.
“E se…io volessi che lo facessi?” chiesi chiudendo gli occhi e aspettandomi una ramanzina che non arrivò.
Avvertii solamente il vuoto sotto i piedi e poi il letto morbido dietro la mia schiena. Spalancai gli occhi e vidi Edward su di me, lo sguardo di chi la sapeva lunga e un sorrisino strafottente sulle labbra.
Ghignai compiaciuta.
“Mi sa che ho risvegliato i Suoi istinti primordiali, mio prode Cavaliere?” lo provocai maliziosa.
“Io agisco in conseguenza alle Sue azioni, Principessa e ora se non le dispiace sarei occupato in una lunga conversazione col Suo corpo. Mi concede il permesso?” il tono più basso e vibrante con cui pronunciò quelle parole, bastò per farmi balzare il cuore in gola e eccitare i miei ormoni che facevano festa.
Annuii.
“Ha il mio permesso per fare ciò che desidera. Sono tutta Sua”, Edward drizzò la testa e mi scrutò attentamente e teneramente, nei suoi occhi un’infinita dolcezza. “Si…” mormorò “Sei mia!” e con decisione si avventò sulle mie labbra.
Di nuovo noi…nuovamente uno dentro l’altro…

 


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Capitolo 33
*** Missione: proteggere la propria mente ***


Missione: proteggere la propria mente

Buongiorno!
Il capitolo non è molto lungo, l'ho concluso proprio ora.
Sinceramente non mi soddisfa granchè. La parte centrale di questa storia è un pò difficile da scrivere, mi sembra sempre di rendere tutto banale.
Spero di far meglio la prossima volta.
In questo capitolo vedremo Meredith alle prese con i primi allenamenti. Riuscirà a impedire a Destino di penetrarle la mente?
Buona lettura e grazie infinitamente per le vostre meravigliose parole. Ne sono sempre entusiasta!!!

Capitolo 32 “Missione: proteggere la propria mente”

 

Dopo quella volta, io e Edward avevamo imparato a riservarci uno spazio tutto nostro, quando era possibile.
Credo tutto questo fosse dovuto anche alla paura che entrambi avevamo di perderci. Nessuno dei due l’aveva detto all’altra, ma era tangibile ogni volta che ci stringevamo o ci baciavamo, o semplicemente ci scambiavamo occhiate languide.
A scuola nel frattempo, fervevano i preparativi per il grande ballo fissato per il 5 giugno. Tutte le ragazze erano in agitazione, i loro discorsi erano tutti incentrati sugli abiti, trucchi e quant’altro.
I professori, ormai rassegnati, non sapevano più cosa fare per riportare tutti all’ordine.
Io e Edward eravamo gli unici a fregarcene.
Ce ne stavamo nel nostro angolino ad osservare, chiusi nella nostra piccola bolla.
Il tempo era volato talmente velocemente che eravamo giunti all’ultimo giorno di scuola.
Io la vivevo diversamente rispetto agli altri.
Non avrei preso il diploma con tutti gli altri, con molta probabilità
No: non avevo ancora deciso se andare o restare, però avvertivo uno strano sentore nell’aria.
Nei giorni precedenti avevo iniziato anche gli allenamenti con Kabkaiti.
Spesso erano avvilenti e stancanti.
Sforzarsi mentalmente di respingere delle voci o dei sentimenti, era complesso. Richiedeva una grande capacità di concentrazione e una certa dose di volontà.
Non ne ero priva, solo che ero talmente stanca da non essere preparata adeguatamente.
Kabkaiti mi aveva spiegato che la mente umana era come una specie di muraglia.
Una muraglia che non sempre era così solida.
“Essa nasce e si modella con noi, con le nostre esperienze. Così come noi cresciamo e ci evolviamo, la muraglia acquista consistenza e importanza. È un po’ come la personalità di un individuo. Gli episodi della vita la plasmano, ro fortificandola o indebolendola. La tua è molto particolare, Meredith” il saggio camminava avanti e indietro, calpestando con forza, nonostante l’età, l’erba del bosco.
“Perché?” chiesi, arrestando il suo andirivieni.
Kabkaiti fermò le sue pupille nelle mie.
“La morte di tua madre ha inciso parecchio su di te! E la tua muraglia ne porta segni ben evidenti: fori e piccole fessure che permettono a Destino di introdursi in te e parlarti. Ma in te è racchiusa, non so come, né perché, la forza di Jannasute ed è proprio questa a farti rimanere in piedi. Dobbiamo sfruttare il tuo potenziale per ricostruire la muraglia e renderla invalicabile” spiegò riprendendo a camminare.
“Questo spiegherebbe perché Edward talvolta riesce a leggermi la mente” proferii pensieroso.
“Si e no! Il potere di quel vampiro si basa sulle frequenze su cui viaggiano i pensieri, le muraglie non gli impediscono il passaggio, altrimenti non sarebbe possibile leggere nella mente di tutti. Il fatto è che i poteri dei vampiri funzionano diversamente e in modo più amplificato rispetto alla mente umana”
“E allora perché il potere di Edward funziona a tratti su di me?” domandai, confusa da tutte quelle notizie.
“Sei tu che favorisci o meno, la lettura del pensiero. Te l’ho detto Meredith: tu sei diversa dagli altri, il tuo scudo assorbe tutto e se nel momento in cui Edward tenta di penetrare la tua mente, esso è in azione, seppur involontariamente, lo dissolvi e gli impedisci di leggerti” disse.
Da allora, mi ero impegnata al massimo, ma probabilmente non bastava.

“Meredith sforzati! Elimina ogni pensiero negativo e focalizzati su ciò che ami. Tu lotti per le persone a te care. Le vuoi difendere? Vuoi che non venga fatto loro del male?” la sfida nella voce del saggio era evidente.
“Certo!” risposi pronta, raddrizzandomi e pulendomi il pantalone sporco di terreno.
“E allora combatti!” esclamò Kabkaiti. Nello stesso istante egli si concentrò, gli occhi fissi su di me. Fu così che partì il nuovo attacco.
Un sottilissimo filo di pensieri penetrò nel mio cervello, lo sentii chiaramente strisciare, superando ogni barriera.
Chiusi gli occhi per sforzarmi maggiormente.
Un fulmine e la mia mente viaggiò indietro nel tempo…

<< Ero nella mia camera.
Fuori gli uccelli cantavano allegri, eravamo in piena estate ed io ero solita starmene seduta sul davanzale della finestra in stanza, a leggere un buon libro.
Andrew era in salotto a studiare quei grossi tomi di medicina generale.
Abitudine che aveva preso da quando nostra madre era morta. Lo aiutava a non pensare, un po’ come succedeva a me con la lettura.
Leggevo per la terza volta consecutiva “Twilight”e sorridevo teneramente ogni volta che Edward si mostrava così premuroso e innamorato nei confronti di Bella. Nello stesso momento, la mia mente viaggiava e immaginava cose insensate, come una persona tale e quale ad Edward che mi amasse in quel modo assolutamente perfetto.
Alzai lo sguardo dal libro e mi misi a fissare il cielo. Era così azzurro e limpido da dare quasi fastidio agli occhi, ma era piacevole perché mi metteva di buon umore ed io non avevo intenzione di rovinarmelo. Se non fosse stato per quelle quattro pettegole che stavano passando sotto casa mia.
Si fermarono a pochi passi da casa mia e si misero ad urlare “Meredith!!! Che fai chiusa in casa con questa bella giornata?” fu automatico per me, girare la testa verso di loro. Le riconobbi immediatamente: erano quattro ragazze che venivano in classe con me. Le più oche e odiose che avessi mai avuto il dispiacere di conoscere.
Sospirai già conscia che mi avrebbero presa in giro.
“Sto leggendo” risposi, mostrando loro il libro e salutandole con un finto sorriso.
Come mi aspettavo, si lanciarono occhiate complici e poi scoppiarono a ridere.
Ovviamente ridevano di me, ma ero abituata anche a quello.
“Oh allora scusaci se abbiamo interrotto quest’attività così interessante” ciarlò una di loro.
“Ti lasciamo proseguire questa intensa relazione sociale col tuo libro” aggiunse un’altra.
Storsi la bocca per la pessima battuta. Non erano neanche capaci di far ridere.
Le salutai con un cenno della mano e tornai di nuovo al mio adorato libro.
Ero nuovamente con Edward. Lui si che mi amava sul serio e mi proteggeva dalle intemperie del mondo… >>

Sentii il piede sinistro indietreggiare, seguito ben presto anche da quello destro.
Stavo nuovamente permettendo a Kabkaiti di infilarsi nella mia testa.
“Combatti! Reagisci! Non farti dominare dai ricordi!” gridò e grazie a quell’incitamento ritrovai la concentrazione.
Dovevo farlo per Edward e per la sua famiglia.
Per Charlie e il suo goffo modo di dimostrarmi affetto.
Per me stessa, per mio fratello Andrew e per mia madre.
Lei avrebbe voluto che combattessi e fossi forte.
Così spalancai gli occhi di botto e non so come, quel filo invisibile che mi martellava la testa, si dissolse.
Kabkaiti tornò in posizione retta, sorridendo mellifluo.
“Bene” disse “Vedo che inizi a rispondere ai miei attacchi” intrecciò le mani sul petto.
“Per oggi basta così, va a casa a riposarti. Presto potremmo coinvolgere nelle nostre esercitazioni anche i Cullen, così mostreremo loro quali sono i tuoi reali poteri” asserì serio.
“Ma saggio!” lo interruppi “Non li conosco neanche io questi poteri, come posso mostrarli a loro?” domandai.
Kabkaiti rimaste immobile per qualche istante, suscitando in me un’innaturale agitazione.
“Lo scoprirai molto presto. Ricorda quello che ti ho detto: tieni fuori dalla mente sentimenti e ricordi. Concentrati solo su te stessa, immagina di dover issare un muro che protegga te e la tua mente. Esercitati, Edward può esserti d’aiuto” annuii alle sue parole e contemporaneamente il mio corpo si rilasso, tanto che sbadigliai.
“Torna a casa, Meredith e abbi fiducia in te stessa” detto questo sparì.
Dopo un iniziale smarrimento, scossi la testa e mi diressi verso casa di Jacob, ma mi fermai prima, quando dal suo garage sentivo provenire degli strani lamenti.
Allarmata, mi precipitai verso la porta.
Con facilità l’aprii.
“C’è qualcuno?” chiesi entrando con titubanza, misurando ogni passo.
Il cuore che mi era salito in gola.
D’un tratto i lamenti cessarono e mi spaventai maggiormente.
“Jacob?” chiamai “Sono Meredith. Sei tu?” continuai, nella vana speranza che qualcuno mi rispondesse.
Feci qualche altro passo in avanti e avvertii un fruscio provenire alla mia sinistra.
Tre motociclette ostacolavano la mia visuale, così mi sporsi oltre e scorsi una figura ripiegata su se stessa.
Quando ne riconobbi il viso, sussultai.
“Jacob!” esclamai avvicinandomi e chinandomi su di lui.
“Jacob sono Meredith, guardami!” lo intimai, accarezzandogli la testa.
Lui obbedì, mostrandomi oltre il viso anche un’enorme ferita sanguinante sul braccio destro.
Spalancai gli occhi turbata.
“Cosa accidenti è successo?” dissi, indicandogli il braccio.
Jacob sembrò trattenere un’imprecazione, vedevo che respirava a fatica.
“Lo sai no che sono un lupo” rispose con una punta d’astio nella voce.
Annuii, sorvolando sul modo in cui l’aveva detto.
“Ho avuto uno scontro, tutto qui e tu non dovresti essere in questo posto” ringhiò.
Non mi mossi. Non lo temevo.
Lo fissai dritto negli occhi.
“Con chi ti sei scontrato?” domandai a bruciapelo e con durezza.
Jacob sembrò voler evitare di rispondermi, ma gli afferrai il viso tra le mani e lo spinsi a guardarmi.
“Non lo ripeterò ancora: chi ti ha fatto questo?” il mio tono di voce era quasi irriconoscibile. Il mio fu quasi un ordine e il lupo davanti a me, sembrò capirlo e non potè fare a meno di rispondermi.
“Dei vampiri” a quel nome, strinsi i denti.
“Continua!” lo intimai con lo stesso timbro di prima.
“Si sono introdotti nel nostro territorio. Sam ci ha detto che i Cullen stanno tenendo d’occhio le sparizioni a Seattle avvenute qualche mese fa” annuii a quelle parole.
“Bene. Abbiamo tutte le ragioni di credere che si tratti degli stessi vampiri che hanno ammazzato tutta quelle gente innocente” digrignò i denti, irritato.
“Quanti ne erano?” chiesi con interesse.
“Tre. Due maschi e una femmina. È stata lei ad aggredirmi e a ferirmi. Bastarda!” esclamò, stringendo i pugni e poi lamentandosi per il dolore.
“Ti porto da Carlisle” dissi. Jacob mi guardò stranito, poi scosse la testa.
“Noi possiamo guarire, dovresti saperlo”
“Ferite così profonde vanno curate. Non possono guarire! Quindi andiamo! Edward sarà di sicuro al confine ad attendermi” mi alzai in piedi, porgendogli una mano.
Jake la fissò. “No, non mi faccio mettere le mani addosso da una sanguisuga” proferì con astio.
In risposta io indurii lo sguardo.
“Sei uno stupido! Voi e questa stupidissima rivalità! Ancora dovete capire che i Cullen non vogliono essere ciò che sono? Metti da parte l’orgoglio e lascia che ti aiuti!” gridai.
Forse furono le mie parole a convincerlo, fatto sta che Jacob afferrò la mia mano e mi seguì in silenzio.

Giunti al confine, Edward uscì dalla macchina venendoci incontro.
Uno sguardo omicida diretto al lupo che sorreggevo con fatica.
Gli schioccai un’occhiata d’avvertimento e lui sembrò capire.
“Che è successo?” domandò rivolto a me.
“Vampiri” lui annuì “Portiamolo da Carlisle” aggiunse, aiutandomi a sistemarlo nell’abitacolo della macchina.
“Sembra svenuto” constatò.
“Si” mormorai, asciugandogli la fronte imperlata di sudore.
“Sei preoccupata?” chiese Edward abbracciandomi e baciandomi il capo.
“Molto. Per lui, per noi. Per tutti. Temo che questi vampiri siano legati a Destino e penso di non sbagliarmi”.
Edward non disse nulla. Restò in silenzio.

 

Casa Cullen come sempre era perfettamente in silenzio.
La gip di Emmett non c’era, quindi con tutta probabilità era fuori con Rosalie.
Appena entrammo fummo assaliti da un’Alice preoccupatissima.
“Ho avuto una visione” disse fissando il licantropo svenuto tra le braccia di Edward.
“Ho visto tre vampiri, poi tutto confuso. Credevo ti fosse successo qualcosa” aggiunse venendomi incontro e abbracciandomi.
“Quando sei nel territorio dei lupi non posso vederti e…accidenti ho temuto il peggio. Non…non sapevo che fare” non l’avevo mai vista né sentita così agitata.
“Alice calmati! Sto benissimo. Ero col saggio ad allenarmi. Non ci siamo accorti di eventuali scontri. Ho trovato Jacob per caso. Approposito” dissi, sciogliendo l’abbraccio.
“Tuo padre è in casa?” chiesi guardandomi attorno e non vedendo nessuno.
“E’ nel suo studio. Vi ha sentiti arrivare. Raggiungetelo!”
E così facemmo.

“Fortunatamente la ferita non è profonda” asserì Carlisle con convinzione, dopo aver analizzato il braccio di Jacob.
“Ora lo medico, appena si sveglierà si sentirà un po’ intontito. È il caso che veda te per prima, Meredith” disse rivolgendosi a me.
Annuii.
“Toglimi una curiosità” continuò sorridendomi “Come hai fatto a convincerlo a seguirti?”
Senza volerlo arrossii. Sentivo che anche Edward voleva pormi la stessa domanda e per quel motivo mi stava guardando.
“Gliel’ho ordinato in un certo senso. Non so…però ha funzionato, infatti ora è qui!” sorrisi appena e Carlisle annuì convinto.
“Ora lasciamolo riposare” il dottore ci invitò a lasciare la stanza.
“Credo che sia il caso di avvertire Sam” disse Edward rivolto al padre.
“Si, figliolo. Credo tu abbia ragione. Ci penso io. Voi andate pure”.
Così Edward ed io ci ritrovammo in corridoio.
“Avverto Charlie che sono qui” sospirai
“Cos’hai?” domandò il mio ragazzo con tono preoccupato
Scossi il capo.
“Niente. Penso a Charlie. Mi dirà sicuramente che ultimamente passo più tempo qui che a casa con lui. Mi spiace che lo pensi…”
“Però?”
Alzai le spalle.
“Però io voglia di stare insieme a te, chiacchierare liberamente di tutto e a casa mia quando c’è mio padre di mezzo, è impossibile. Ci controlla a vista” sbuffai.
Edward ridacchiò.
Lo guardai stralunata.
“L’hai definito nuovamente tuo padre” sorrise “E comunque lo sai. I padri sono gelosi delle loro figlie femmine” cantilenò prendendomi in giro e stringendomi a lui.
Sbuffai nuovamente.
“Su, su. Raccontami un po’ di questi allenamenti con il saggio” fu così che mi lasciai trascinare in camera sua.
Tra un bacio e una mezza parola, gli chiesi di aiutarmi con gli allenamenti.
Gli spiegai ciò che mi aveva detto il saggio e lui accettò volentieri.
Sapevo che le cose si stavano facendo sempre più complicate e temevo che ben presto la finta quiete di quel momento, si sarebbe spezzata e il vero inferno avrebbe avuto inizio.

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Capitolo 34
*** Visione futura ***


Visione futura

Capitolo 33 “Visione futura”

 

E il vero inferno ebbe inizio molto presto.
Era l’ultimo giorno di scuola e quella sera ci sarebbe stato il ballo.
Ad ogni angolo dell’edificio scolastico, si potevano intercettare i bisbigli e le esclamazioni emozionate degli studenti che non stavano più nella pelle.
Come ad ogni evento mondano Alice era su di giri. Non smetteva più di blaterare di preparativi, acconciature e trucco, Rosalie le dava man forte. Ovviamente la protagonista dei suoi progetti diabolici era la sottoscritta.
Da qualche tempo, Edward ed Alice sedevano al tavolo con me, Mike, Jessica e Angela. Il mio vampiro sembrava un po' strano e mi chiesi se non si fosse già reso conto di quello che sarebbe successo immediatamente dopo lo scontro. Ebbi un fremito al sol pensiero, gesto che lo fece girare dalla mia parte. Edward mi guardò serio, per poi cingermi un braccio marmoreo sulle spalle.
Dopo la mensa, io e Edward dovevamo seguire la lezione di biologia.
L'ultima della mia vita in quel mondo.
Ci dirigemmo lungo i corridoi fino all'aula, restando in silenzio, ma per tutto il tempo lui non fece altro che guardarmi. Non potevo sopportare quello sguardo indagatore che mi perforava il cervello, acuendo il mio nervosismo. Per questo, una volta accomodatici in aula, lo guardai a mia volta.
“Mi dici che cos'hai? E' tutto il giorno che mi fissi a quel modo!" esclamai esasperata.
Edward non si mosse, anzi intensificò ancora di più lo sguardo, come se mi stesse studiando, ma non aprì bocca.
Io sbuffai, intenzionata a voltarmi verso la finestra, ma lui non me lo permise. Mi prese il viso tra le mani e mi baciò.
Un bacio ben diverso dal solito: c'era rabbia, frustrazione. Gelosia.
O almeno furono quelle le sensazioni che io percepii.
Fu l'entrata degli altri studenti in aula a far allontanare Edward.
Di mio, restai imbambolata a fissarlo per due minuti buoni, finché il Professor Barner non attirò la mia attenzione con l'ennesimo esperimento stupido.
 

Da quel momento in poi, Edward non mi guardò più.
In macchina l'unica che sembrava avere vita, era Alice.
Ciò che potei notare però, erano le strane occhiate che il mio ragazzo le lanciava di tanto in tanto, attraverso lo specchietto retrovisore.
Occhiate non ricambiate da parte di Alice.
Quel pomeriggio ero stata ufficialmente rapita da Rosalie e il folletto che si erano ''gentilmente'' offerte di aiutarmi coi preparativi.
Aiuto che io non avevo richiesto.
L'idea del ballo mi emozionava. Il problema vero e proprio era sapere che quello sarebbe stato l'ultimo momento felice con Edward.
Perché io sapevo che presto, il vero motivo per cui ero lì, nel loro mondo, sarebbe emerso.
Rosalie si era occupata della mia pelle, rendendola morbida e setosa con creme e lozioni costosissime. Alice, invece, si apprestava a sistemarmi i capelli e il trucco.
Da quando avevo messo piede in casa loro, avevo la sensazione che mi nascondessero qualcosa.
Ed era giunto il momento di capire il cosa.
“...ora userò questa lozione per capelli che li renderà  molto più morbidi. Dopodiché applicherò una crema...” Alice continuava a blaterale su cosmetici e quant'altro, ma non le diedi il tempo di proseguire, perché la interruppi.
Dovevo sapere.
“Alice” mormorai decisa, ma non ottenni l'effetto sperato.
“...poi passerò al trucco...”
“Alice” riprovai, illudendomi che prima non mi avesse sentito.
Cosa impossibile per un vampiro dall'udito sopraffino.
“...si quest'ombretto è stupendo. Col tuo vestito è perfetto.”
“Alice dannazione! Ora basta!” gridai, alzandomi di scatto dalla sedia e fissandola.
Lei si immobilizzò sul posto fissandomi con sguardo triste.
“Che cosa sta succedendo?” chiesi con voce flebile, andando diretta al punto.
“Dimmelo tu che cosa sta succedendo” ribatté lei apparentemente tranquilla.
“Che...che vuoi dire?” domandai titubante.
Alice sospirò, poi fece un passo verso di me, allungando una mano per accarezzarmi il viso.
“Sai benissimo di cosa sto parlando, Meredith. Io ho visto.”
Sbarrai gli occhi, comprendendo.
Strinsi le mani a pugno, poi abbassai lo sguardo.
“Perché vuoi farlo? Perché vuoi farti e fargli del male?” tremai appena a quelle parole, sentendomi in colpa.
“Io voglio solo che tutto torni ad essere come deve” rialzai il viso, tornando a guardarla.
“Io non faccio parte di questo mondo, Ali. Lo sai benissimo anche tu. Il mio dovere è impedire all'Ombra di avere i vostri poteri, dopodiché il mio compito qui sarà finito.
Alice sorrise appena, quasi teneramente.
“Ho già sentito questo discorso. Ma fatti dire una cosa: c'è una cosa che l'Ombra non ha preso in considerazione e cioè l'amore che tu provi per Edward. Il tuo dovere, se vogliamo chiamarlo così, è solo quello di essere felice. E tu qui lo sei.”
“Edward lo sa?” domandai preoccupata.
“Non gli ho permesso di capire. Evito di pensarci troppo quando è nelle vicinanze.”
“Cos'hai visto con esattezza?” domandai tremando.
Alice mi scrutò qualche secondo, come se stesse soppesando le parole da dirmi.
“Ho visto te nella tua casa a Detroit che sorridi dolcemente ad un ragazzo di spalle, dai capelli castano chiaro. E sembri...innamorata. Ma ciò che più mi ha turbata, per così dire, è che il flash successivo non riguarda più te, ma Edward che fissa imbambolato una ragazza dagli occhi..."
“Color cioccolato” finii io per lei con voce incolore e lontana, guadagnandomi un'occhiata incredula di Alice.
“E tu come...”
Sorrisi amaramente.
“Quella ragazza è Isabella. Isabella Swan. La vera protagonista della vostra storia ed è l'unico vero amore di Edward Cullen.” mormorai a mezza voce.
“Come puoi vedere da te, Ali, tutto sarà come stabilito.”
“Edward non accetterà mai la tua decisione...” alzai una mano, fermandola.
“Non ce ne sarà bisogno” dissi, puntando i miei occhi nei suoi. Occhi che d'un tratto divennero vitrei e fissavano il vuoto.
Quando il suo sguardo tornò nel mio, lei aveva capito tutto.
“Non puoi farlo davvero. Non puoi...scomparire.”
“Posso e devo farlo. Per il bene di tutti...” mi fermai, chiudendo appena gli occhi, inspirando profondamente.
“Per il bene di Edward” sussurrai con voce tremante, mentre una lacrima mi rigava il volto.
La nostra discussione finì lì, perché fummo interrotte dall'ingresso in stanza di Rosalie.
“Dovreste abbassare un po’più la voce” disse, richiudendosi la porta alle spalle.
Alice scosse la testa sorridendo per la battuta della sorella, mentre io deviai semplicemente lo sguardo della bionda.
“...e tu ragazzina” aggiunse, puntandomi un dito contro.
“...dovresti rivedere la tua decisione.”

 

Un'ora dopo mi ritrovai in cima alle scale che portavano all’ingresso, a torturarmi le mani sudate e a controllare respiro e battito cardiaco in previsione del mio ingresso nel soggiorno dove mi attendeva Edward.
Avevo promesso ad Alice e Rosalie che per quella sera avrei lasciato fuori ogni preoccupazione.
E proprio come ogni adolescente che si rispetti, avevo la tremarella.
Feci un respiro profondo e scesi le scale, cercando di non inciampare nei miei stessi piedi. Quando arrivai al penultimo scalino alzai lo sguardo, ma non ero preparata a quello che mi trovai davanti: il mio Edward era uno splendore nel suo smoking nero che metteva in risalto il suo fisico slanciato e leggermente scolpito.
I pantaloni gli fasciavano le gambe, muscolose e lunghe, alla perfezione.
La camicia risaltava i pettorali e la giacca gli dava il tocco finale.
Ma non fu quello a colpirmi di più.
Fu la sua reazione.
I suoi occhi si scurirono, diventando da miele a nero, come le più violente delle tempeste.
Si avvicinò di un passo, incerto, io indietreggiai di uno scalino, inciampando. Furono le sue mani gelide ad evitarmi lo schianto sulle scale, così mi ritrovai a due centimetri dal suo viso. Lui non disse una parola, ma continuò a fissarmi, come ipnotizzato, passandosi, forse inconsciamente, la lingua sulle labbra perfette e lisce.
Mi issò in piedi, direttamente sul pavimento del grande salone e fece un passo indietro per guardarmi meglio. Mi accarezzò più volte con lo sguardo, prima di prendere parola. Con uno scatto fulmineo mi prese tra le braccia e avvicinò il naso al mio collo, annusando il punto dove affluiva maggiormente il sangue.
Percorse la vena, risalendo poi al mio orecchio.
“Sei un incanto questa sera...” mi soffiò con voce sensuale e arrochita, facendomi arrossire vistosamente fino alla punta dei capelli.
“G-grazie” balbettai in risposta. “Anche tu” furono le uniche parole che riuscii a dire.
Edward si allontanò appena e ritornò un secondo dopo con in mano una scatolina bianca.
Lo fissai stranita.
“Che cos'è?” domandai curiosa, avvertendo l'imbarazzo sparire del tutto.
Edward mi sorrise dolcemente e mi accarezzò una guancia.
“Questo è solo un piccolo pensiero affinché tu non ti scordi di me.” sussurrò l'ultima parte in tono triste o forse quella fu la mia impressione.
“Hai intenzione di aprirla o preferisci continuare a fissarmi a quel modo?” domandò subito dopo col suo classico sorriso sghembo.
Scossi la testa, abbozzando un sorriso e afferrando la scatolina.
La scartai con impazienza, tremando le mani leggermente tremolanti e quando l'aprii, rimasi a bocca aperta.
“Ti piace?” domandò Edward con tono impaziente.
“Sono senza parole...”
“Questo vuol dire che ti piace?” incalzò lui.
Non gli risposi, ma gli lanciai le braccia al collo e lo baciai con impeto.
Inizialmente lui si irrigidì per la sorpresa, ma bastarono pochi secondi affinché anche lui approfondisse il bacio, stringendomi avidamente la schiena lasciata nuda dal vestito.
Ci staccammo ansanti e lui posò la fronte sulla mia, sorridendo beato.
“Lo prendo come un si. Possiamo andare ora?” chiese lui, porgendomi il braccio e incamminandosi verso la porta di ingresso, aprendola.

 
 

Il tema del ballo erano gli anni cinquanta; la sala era adornata con palloncini colorati ovunque e sopra il palco troneggiava lo striscione ''Classe 2006''.
Tutt'intorno alla pista da ballo c'erano tavoli rettangolari in alluminio e divanetti in pelle, tipici dei locali in stile anni cinquanta. In un angolo, c'erano il bancone del bar e il buffet.
Appena arrivati, Edward mi accompagnò al tavolo dove c'erano i suoi fratelli.
Alice indossava una gonna bianca a palloncino con pois rossi. Sopra una camicetta anch'essa bianca con il colletto in pizzo e le maniche a sbuffo, ai piedi portava un paio di decolté rosse.
I capelli lasciati liberi, modellati col gel.
Rosalie invece, indossava un vestito rosso con scollo squadrato, le bretelle spesse, dal corpetto stretto che metteva in risalto la vita sottile e la gonna ampia e a pieghe. Ai piedi portava un paio di scarpe nere dal tacco vertiginoso.
I capelli erano stati sciolti in morbide onde che le coprivano le spalle, fermati in un lato con un fermaglio a forma di farfalla.
Sia Emmett che Jasper erano elegantissimi nei loro smoking neri, come quello di Edward.
“Aspettami qui, vado a prenderti qualcosa da mangiare” mi mormorò lui nell'orecchio per poi allontanarsi.
Lo seguii con lo sguardo fino al buffet, guardandomi attorno con stupore e curiosità.
“Come fai a mangiare quelle schifezze?” fu Emmett a parlare, attirando la mia attenzione su di lui.
Aveva una smorfia schifata dipinta in viso.
Io scoppiai a ridere divertita.
“E voi come fate a bere il sangue?” ribattei sorridendo.
“Giusta osservazione.” rispose Jasper.
Nel frattempo arrivò Edward, che mi mise davanti un piatto colmo di ogni cosa commestibile presente al buffet.
Lo guardai divertita, scuotendo la testa.
“Hai intenzione di mettermi all'ingrasso per caso?” chiesi in tono divertito.
Lui ridacchiò imbarazzato, scompigliandosi i capelli ancora di più di quel che erano.
“No, è che non sapevo cosa avresti gradito di più” mormorò, sedendosi accanto a me.
“Non fa nulla, davvero. Mangerò quello che mi va.” sorrisi, intenerita dalla sua premura, lui rispose al sorriso con uno dei suoi.
Alice prese Jasper per un braccio e alzandosi ci annunciò che sarebbero andati in pista. Emmett e Rosalie li seguirono a ruota, lasciandoci soli.
Mangiai in silenzio e nonostante la promessa fatta a Rosalie e Alice, continuai a pensare a ciò che avrei dovuto fare.
Non mi accorsi neanche che Edward si era avvicinato, se non quando parlò.
“Va tutto bene, Meredith?” domandò ed io sussultai sul posto, voltando di colpo la testa verso di lui.
“Si, si.” risposi frettolosamente e questo lo insospettì, perché mi lanciò uno sguardo alquanto eloquente.
“Ne sei sicura? C'è qualcosa che dovrei sapere?”
“No. Perché mi fai questa domanda?”
“Tu e Alice siete troppo strane. Lei evita di pensare a qualcosa di sensato in mia presenza e tu sei fin troppo silenziosa e distante.”
Io non risposi, dandogli modo di sospettare ancora di più. Mi maledissi mentalmente per non aver pensato a niente di sensato per deviare il discorso. Ogni volta che si trattava di Edward, il mio cervello si resettava in automatico.
Fui in grado solo di abbassare il capo sulle mie mani, poggiate in grembo.
“Quindi è così? Mi state nascondendo qualcosa?” riprovò ma senza successo, perché non risposi nemmeno stavolta.
Sentii gli occhi pungere insistentemente, cercai però di non darla vinta a quelle stupide lacrime. Poi avvertii la mano di Edward carezzarmi i capelli.
“Meredith, guardami.” mi chiamò dolcemente. Non ebbi, però, il coraggio di farlo. Sapevo che se avessi alzato lo sguardo, incrociando i suoi dolcissimi occhi ambrati, sarei crollata in un pianto disperato.
Quella situazione mi stava uccidendo.
A quel punto fu lui a sollevarmi la testa, mettendomi due dita sotto il mento e fissandomi dritto negli occhi.
Deglutii aria, tremando appena sotto il suo sguardo indagatore.
“Dimmi la verità" mormorò a bassa voce
“Fidati di me...” aggiunse usando un tono di voce abbastanza persuasivo.
Scossi la testa, chiudendo gli occhi per un attimo.
“Io mi fido di te. Totalmente.” dissi, riaprendo gli occhi per guardarlo.
“E allora perché non mi dici cosa sta succedendo? Perché mi escludi dalla tua mente?” storse il naso, fissandomi.
Io sospirai, portandomi una mano tra i capelli.
“Vedo che gli allenamenti con Kabkaiti ti stanno aiutando molto. E per quanto possa essere fiero di te e dei tuoi progressi in virtù dello scontro con l'Ombra, detesto che tu usi i tuoi poteri con me.”
Accennai un mezzo sorriso, contenta di riuscire a tenere Edward fuori dalla mia mente. E proprio il riferimento al vecchio saggio mi fece venire un'idea.
“Non mi piace mostrarmi debole, Edward” dissi con finta tranquillità.
Detestavo mentirgli, per questo distolsi lo sguardo, volgendo la mia attenzione agli studenti in pista, concentrandomi su Alice che mi lanciò una rapida occhiata.
“Vorrei evitare questo scontro. Non mi è mai piaciuto vedere lottare la gente” dissi, scuotendo la testa.
In fondo non stavo mentendo del tutto.
Io odiavo sul serio ogni forma di violenza.
“E se non te ne parlo è perché non voglio che ti preoccupi inutilmente per me.”
“Mi fai preoccupare di più se non mi parli, perché ciò che preoccupa te, preoccupa anche me.”
Edward richiamò la mia attenzione sfiorandomi la guancia.
“Non privarmi del tuo sguardo, perché mi fa male e mi fa ancora più male sapere che tu mi nasconda le cose, perché mi fa pensare che non ti fidi abbastanza di me.” Disse per poi sospirare e passarsi una mano sul viso, prima di guardarmi nuovamente.
“Quello che tu non hai ancora capito di me è che quello che io provo per te va al di là della tua umana concezione” fu impossibile per me non deglutire e sentirmi stranamente agitata.
“Non ci sono parole per descrivere quello che sento e non esistono paragoni” continuò lui.
“Io ho bisogno che tu ti fidi di me, perché ti amo e solo tu puoi salvarmi dalla non vita. So quello che ti preoccupa, ma c’è solo una persona che può farmi del male e quella sei tu.”
Non poteva farmi confessione peggiore.
Le sue parole furono come pugnalate. Le sentivo riecheggiare nelle orecchie, insieme al discorso che Alice mi aveva fatto quel pomeriggio.
Socchiusi gli occhi per un attimo, ma non lasciai mai realmente il suo sguardo.
“Ferirti è l’ultima cosa che vorrei fare, devi credermi Edward e voglio che tu questo te lo ricordi sempre” dissi decisa.
“E mi fido di te, l’ho già detto prima. Non immagini nemmeno quanto tu per me sia importante” scossi la testa, avvertendo il peso di quella verità serrarmi lo stomaco.
“Se ti fidi di me, dovresti dirmi le tue reali preoccupazioni, perché so che c’è qualcosa che non va. Ti conosco. Non mi hai mai mentito finora e non vedo perché devi incominciare ora. Sembra che tu mi voglia evitare e questo mi fa male” Edward intensificò maggiormente il suo sguardo.
“Se ci hai ripensato riguardo a noi, non c’è bisogno di mentirmi. Basta una tua parola ed io sparirò dalla tua vita, come se non fossi mai esistito.”
Non ci fu bisogno che io mi toccassi il viso: le lacrime scivolavano giù, senza che io potessi far niente per frenarle.
Strinsi le mani a pugno, conficcandomi le unghie nella pelle.
Ero certa che lui avesse visto almeno una parte della visione di Alice e il pensiero che Edward avesse anche solo pensato a me con un altro, mi fece ribollire il sangue nelle vene.
“Come puoi dubitare dei miei sentimenti per te?” sibilai con rabbia, fissandolo truce.
“Pensi davvero che io non ti voglia più?” mi alzai di scatto dal divanetto, sovrastandolo.
“Se è ciò che pensi, allora non hai capito niente di me” mormorai con amarezza, abbassando lo sguardo e dandogli le spalle, incamminandomi verso l’uscita che dava sul giardino. Ma le mani di Edward mi impedirono di proseguire oltre: mi abbracciò da dietro facendo scontrare la mia schiena col suo petto.
“Perdonami. Non era mia intenzione ferirti. È solo che ti sento distante e non riesco a capire” bisbigliò al mio orecchio.
Io chiusi gli occhi d’istinto, sospirando.
“Sono solo stanca e stressata. Tutte queste responsabilità mi pesano” mormorai con la voce ancora incrinata dal pianto.
Edward mi fece voltare verso di lui, tenendomi comunque tra le sue braccia. Asciugò le mie lacrime con un dito.
“Affronteremo ogni cosa insieme, Meredith. Non devi sentirti obbligata a fare niente. Io e la mia famiglia combatteremo al tuo fianco” disse, poi si allontanò di poco, abbozzando un mezzo sorriso. Fece un lieve inchino, porgendomi la mano.
“Signorina, Le va di concedermi questo ballo?” domandò in tono sensuale, ma allo stesso tempo divertito.
Io mi ritrovai a sorridere e ad annuire.
“Si, mio prode cavaliere” risposi stando al gioco e facendo un inchino a mia volta.
Passammo il resto della serata a danzare, entrambi nel tentativo di tenere lontano da noi le immagini di quella visione.


***

So che può sembrare un miraggio, ma non è così.
Ad un anno di distanza, riesco finalmente ad aggiornare questa fan fiction.
Non avete idea di quanto sia stato difficile non riuscire più a scrivere di Meredith e Edward.
Sono cresciuta molto con questa fan fiction e la sento un po' come se fosse mia figlia, quindi tornare a parlarvi attraverso di essa, mi riempie il cuore di gioia.
Spero che qualcuno abbia avuto la pazienza di aspettarmi in questi mesi.
E' un capitolo di passaggio, nel prossimo vedremo l'Ombra in azione...cos'accadrà?
Dedico questo capitolo a Jenny, la mia sorellona. Se non fosse per lei, io non avrei mai ripreso in mano questa fan fiction. Mi ha aiutata con la stesura di questo capitolo e lo farà anche con quello successivo.
Grazie sis <3.

Al prossimo aggiornamento.
Baci.

Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio diletto. I personaggi di Twilight non mi appartengono, sono di proprietà della Meyer. Meredith, Andrew, l'Ombra, Kabkaiti e Jannasute invece, sono di mia invenzione.

Marghe

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