Salve
ragazze. Dopo una lunga assenza sono ritornata. Ebbene si!
Premetto
che mi dispiace moltissimo di non poter aggiornare la storia come
vorrei, ma tra esami e impegni vari non mi è proprio
possibile dedicare alla scrittura il tempo che vorrei...
Ma
bando alle ciance!
Allora,
avevamo lasciato la nostra Rose girovagare tra le strade di Auxperie,
alla ricerca di questa zia misteriosa, che fino a qualche mese fa
neanche sapeva di avere. Poverina!!! Quante cose non sa, e piano piano
usciranno a galla!!!!
Questo
capitolo è un salto nel suo passato, per farvi conoscere un
po' anche la figura di sua madre, la cui vita precedente rimane ancora
velata dal mistero.
Ma
lentamente sta germogliando nella mia testa!!!! ihih ;)
Spero di
non deludere le vostre aspettative!!!!! :)
Che dire?
Vi lascio alla lettura...
Se potete,
fatemi sapere cosa ne pensate. Sono noiosa? Scrivo da cani? Ho la
fantasia di un elefante? Insomma, giudicate voi!
Un bacione
a tutte.
Meilleure
Actrice de l'Molière
secondo capitolo
La
mamma rimase immobile, per un po', come una statua. Il suo sguardo era
fisso su un bouquet di rose rosse, che spiccava sull'enorme tavolo del
camerino. Allontanò dalla bocca il sigaro che stava fumando,
con un gesto pacato. Lo posò nel portacenere.
Corinne
si avvicinò frettolosamente allo specchio e
iniziò a togliersi il trucco con un tessuto di cotone.
“Quell'uomo
è proprio cotto di te...” proferì
rompendo il silenzio che era calato nella stanza.
La
mamma abbozzò un mezzo sorriso, ma non disse nulla.
Corinne Menuier
si voltò con un'espressione indispettita.
“ Ma
come? Tutto qui? Un uomo bello, ricco, pazzo di te. Vuoi lasciartelo
sfuggire in questo modo? Tu o sei pazza o sei cieca! Vero
piccolina?” Corinne mi fece l'occhiolino e tornò
alla sua operazione. Le sorrisi.
“Smettila!”
La
mamma iniziò a ridere, stringendomi forte tra le sue piccole
braccia e schioccandomi un forte bacio sulla fronte. Abbassò
il viso, piccolo e spigoloso nella mia direzione, gli occhietti blu si
illuminarono come due fari.
Tornò
a guardare Corinne.
“ Tu
esageri come sempre...è solo uno stupido mazzo di rose
rosse...”
Corinne
si arrestò, guardando la mamma attraverso lo specchio, la
mano sospesa a mezz'aria.
“Dico,
ma stai parlando sul serio? Sveglia principessa addormentata! Quel
signore lì ti sta facendo la corte da più di tre
mesi! E tu non vuoi vederlo...”.
Scostò
il peso da una gamba all'altra, le enormi braccia portate sui fianchi,
come se stesse aspettando una risposta soddisfacente.
“Corinne...”.
La
mamma continuò a ridere, poi si bloccò e
scrollò la testa. “Che sciocchezze!
E
anche se fosse così come dici, non credo di essere pronta
per frequentare un uomo..” Si zittì. Dopo un po'
mi accorsi che mi stava osservando con un' aria grave.
“ Poche
storie! saresti solo una sciocca! Te lo sta facendo capire in tutti i
modi, e tu continui a ignorarlo ! Un giorno o l'altro si
stancherà dei tuoi atteggiamenti e sarà troppo
tardi per tornare indietro. Non capita spesso la fortuna di ricevere le
attenzioni di un gentiluomo!”
Sentì
la mamma stringermi ancora più forte ed emettere un lungo
sospiro.
Lei
e Corinne erano amiche da una vita. Nove anni prima, era stata proprio
Corinne a spingere la mamma ad entrare nella compagnia teatrale.
Nonostante il suo carattere un po' invadente, io la trovavo molto
simpatica.
Mi
feci forza e alzai lo sguardo verso mia madre.
“ Corinne
vuole che tu e il signor Rousseau vi
fidanzate?”. Chiesi in modo innocente.
Entrambe
scoppiarono a ridere.
“Beh,
si, più o meno! Corinne vuole sempre spingermi a fare
ciò che piace a lei!”.
“ E
a te non piace, il signor Rousseau?”. La mamma rimase un po'
spiazzata dalla mia domanda diretta. “Io l'ho trovato molto
simpatico!”. Pronunciai quella frase con una voce velata.
Gli
occhi le si illuminarono.
“Santa
bambina! Lei si che capisce le cose, meglio della mamma!”. Mi
passò di fianco tirandomi un buffetto sulle guance.
“ Beh,
si è un uomo molto gentile, a modo... ”.
“ ...ricco
come Creso!” Sopraggiunse Corinne senza sprecare un attimo.
Spianò le labbra lentamente, come se un pittore le stesse
disegnando in quel momento.
Avevo
visto solo un paio di volte il signor Rousseau.Veniva spesso a vedere
la mamma recitare a teatro, e ancora più spesso lo sentivo
nominare nelle sue lunghe chiacchierate con Corinne.
Era
un uomo alto, di bell'aspetto, con lunghi capelli castani, di solito
tirati all'indietro. Nelle poche occasioni in cui aveva parlato con la
mamma in mia presenza mi era sembrato molto gentile e distinto. Ma non
avevo intuito che tra di loro ci potesse essere qualcosa di
più della semplice amicizia.
Fino
alla sera in cui la mamma ricevette il suo bel mazzo di rose rosse.
“....Ha
dimostrato il suo interesse già in altre occasioni...hai
solo paura di quello che potrebbe succedere, ammettilo!”.
Il
tono deciso di Corinne mi fece tornare di colpo alla realtà.
La
guardai con attenzione, mentre era tutta indaffarata nella sua
operazione.
La
mamma aggrottò le sopracciglia.
“Corinne..”
pronunciò il suo nome come se in bocca avesse della cannella.
Io
rimasi in silenzio.
In
quello stesso momento entrò nel camerino anche Jonas, un
altro attore:
un
uomo magro e con lunghi baffi.
Somigliava
molto ad un manico di scopa. Ed era così alto che dovette un
po' abbassare la testa per entrare nella stanza.
“Beh,
cosa succede qui?”. Fece un sorriso e mi accarezzò
la testa, scombussolandomi i capelli. Gettò un'occhiata
incuriosita al mazzo di fiori sul tavolo.
“ Sono
per me quelle rose?”. La mamma e io sorridemmo.
Corinne
non sembrava affatto divertita.
Iniziò
a scuotere la testa ed emise un sospiro spazientito.
“Per
bacco! Non ho detto mica una bestemmia!”. Si
abbandonò sulla poltrona di pelle rossa e allungò
le gambe, ruotando la testa all'indietro. Aveva un'aria molto stanca.
Si stropicciò la faccia, e distese entrambe le braccia sui
manici della poltrona.
“Sono
per te Corinne, ho indovinato?”
Corinne
fece una smorfia di disapprovazione.
“Magari
fossero per me! Sono per Isabelle!”
“Accidenti!
E chi è questa volta?” Jonas guardò
dritto negli occhi mia madre. Dischiuse le labbra per parlare.
“ Sempre
lui! Il signor Rousseau!” Ribatté Corinne senza
lasciarle il tempo di rispondere.
“ Allora
quell'uomo fa proprio sul serio!” Jonas aveva un'espressione
allibita.
“ Sembra
proprio di si...eppure la signorina non vuole proprio saperne di
conoscerlo!”
“ Un
fervido ammiratore, dunque...” Jonas si fermò a
pensare. “ Comunque, se fossi una donna...”
aggiunse. “ Penso ci farei un pensierino, Isabelle”.
Corinne
cercò di trattenere un risolino.
La
mamma gettò subito un'occhiata all'orologio.
“ Sono
stanca di tutte queste chiacchiere. E si è fatto pure molto
tardi. Andiamo tesoro” Mi fece cenno che dovevamo alzarci
dalla sedia.
Ricacciò
i suoi folti capelli biondi dietro le spalle e mi aiutò ad
infilare il cappottino. Afferrò il mazzo di rose.
“ Faresti
bene a riflettere!” Esclamò Corinne, dall'altro
lato della stanza.
“ Si,
si...” tagliò corto la mamma.
Andai
a salutare Corinne e Jonas e raggiunsi la mamma che mi aspettava alla
porta. Per tutto la durata della nostra passeggiata non
parlò molto.
Era
presa da molti pensieri. Immaginai. Dovevano essere pensieri piuttosto
belli, perché aveva un'espressione del viso distesa e serena.
Penso
che le piacesse l'idea di ricevere tutte quelle attenzioni da parte di
un uomo come il signor Rousseau.
Da
quando era entrato nella sua vita, non era più la stessa.
Metteva più attenzione a cosa indossava, si truccava di
più, teneva sempre i capelli sciolti.
Non
che la cosa mi dispiacesse. Adoravo vederla sorridere; e stavo male
ogni qual volta sentivo piangerla di nascosto.
C'era
qualcosa, però, che le impediva di conoscere il signor
Rousseau.
E
quel qualcosa ero io.
Non
mi aveva mai fatto dei discorsi seri sul suo conto, e credo che avrebbe
volentieri evitato di parlare del signor Rousseau in mia presenza. Ma
con Corinne era tutto molto complicato.
Dopotutto
ero solo una bambina.
Forse
temeva la mia reazione; pensava che potesse farmi soffrire.
Tuttavia,
quando tutto mi fu più chiaro, non riuscì mai a
vedere il signor Rousseau come una possibile minaccia per la nostra
tranquillità.
Ogni
cosa potesse far felice mia madre, credevo che, di conseguenza, dovesse
far felice anche me.
A
grandi passi, attraversammo un vialetto dove vicino scorreva un piccolo
canale.
Le
strade della città, di sera, non erano mai molto sicure.
Io
e la mamma abitavamo in un modesto quartiere di Parigi.
Svoltammo
in una strada buia e silenziosa. Alle spalle sentimmo arrivare una
carrozza.
Il
vetturino si fermò un po' più avanti di noi. La
mamma si voltò di scatto, piena di spavento.
Vedemmo
una mano, con un guanto nero, scostare la tendina dello sportello.
Un
ombra mi fece sussultare. All'improvviso riconoscemmo nel buio i tratti
del signor Rousseau. La mamma tirò un sospiro di sollievo.
Lui rivolse la sua attenzione verso il mazzo di rose che le aveva
regalato.
“Siete
voi...”
L'uomo
sorrise.
“ Mi
dispiace. Non volevo spaventarvi. E' molto tardi. Volete che vi
accompagni a casa?”. La mamma si affrettò a
rispondere che non ne avevamo bisogno. Che eravamo quasi arrivate.
“Vi
ringrazio delle vostre rose, e del biglietto. Mi ha fatto molto
piacere...”
Lui
abbassò il capo e stette in silenzio per un po'.
“Non
ho avuto modo di venirvi a parlare, dopo lo spettacolo.
Però, pensavo che una sera di queste, potreste venire tutte
e due a cena, a casa mia. Che cosa ne dici, piccola Rose? ”
Risposi
di si. Sentì la mamma stringermi forte la mano.
“ Ho
saputo che ti piacciono molto gli animali, è
così?”.
“ Tantissimo!”
Esclamai entusiasta.
“ Beh,
voglio proprio farti vedere un puledro che è nato qualche
giorno fa, se tua madre accetta il mio invito!”.
“Certo!
Ti prego mamma!”. Scrollai la sua mano più volte.
Lei
sembrava leggermente a disagio.
“ Non
vogliamo esservi di disturbo”.
“ Insisto...dopodomani?”.
Si
rivolse verso di me.
Annuì
più volte con il capo.
La
mamma continuò a rimanere in silenzio, ancora molto
imbarazzata dalla proposta.
“Allora,
questo silenzio lo posso considerare come un si?”
Come
promesso, due sere dopo andammo a cena dal signor Rousseau. La sua
dimora era maestosa se confrontata con il nostro minuscolo appartamento.
Venne
a prenderci con la sua carrozza e ci condusse nella zona periferica di
Parigi.
Le
strade avevano un altro aspetto rispetto al quartiere dove abitavamo
noi.
Quella
sera la mamma aveva indossato il suo vestito migliore. Era blu notte,
un velo nero le faceva da stola. Io avevo un abitino di velluto, rosso
fuoco, con un nastro dello stesso colore che tratteneva alcuni ciuffi
di capelli.
Eravamo
molto eleganti per l'occasione.
La
mamma non voleva fare una brutta figura.
Il
signor Rousseau rimase molto colpito, quando vide scendere la mamma
dalle scale. Sembrava che il respiro gli si fosse fermato in gola.
Giunti
a destinazione, scendemmo dalla carrozza d notai una signora distinta
che stava attraversando da solo il viale, con un lungo abito color
amaranto, e reggeva nelle mani una minuscola borsetta nera.
Mi
lanciò uno occhiata incuriosita e poi salutò il
signor Rousseau con un cenno del capo.
“Buona
sera signora Muller” Disse lui ricambiando il gesto.
La
donna entrò nell'abitazione di fronte.
Prima
di superare la soglia del cancello, mi sembrò di vederla
dietro una finestra, con il volto rivolto nella nostra direzione.
Il
signor Rousseau ci vece visitare tutta la sua casa: il salone, le
cucine, le camere da letto. Era tutto meraviglioso. La più
bella che avessi mai visto nella mia vita. Poi ci portò
anche a vedere il giardino e la stalla.
Così
potei ammirare il puledro nato da qualche giorno.
Mi
disse che avrebbe iniziato a camminare dopo un paio di mesi. Lo
accarezzai delicatamente. Era così piccolo che pensavo di
potergli fare del male.
“ Se
vuoi un giorno ti posso portare a fare un giretto sul mio cavallo nel
boschetto qui vicino, ti va?”. Mi chiese lui , mentre era
inginocchiato al mio fianco e accarezzava il piccolo pony.
“Si!
Non vedo l'ora!”. La mamma sembrava molto felice nel vedere
che io e lui andavamo così d'accordo.
La
tavola dove si tenne la cena era stata imbandita con piatti e posate
d'argento.
Il
signor Rousseau fece sedere me e la mamma, con i modi tipici di un
perfetto gentiluomo.
Al
centro del tavolo c'era un' enorme cesta piena di frutta.
Toccai
un ananas. Non ne avevo mai mangiato una. La buccia era ruvida e
appuntita.
“Cosa
combini?”. Domandò la mamma guardandomi di
sottecchi.
Ritrassi
la mano.
Il
signor Rousseau fece un sorriso.
“Allora,
sei contenta di aver visto il mio pony?”
“Oh,
sicuro! Posso venire a trovarlo qualche volta?”.
Colsi
un'espressione di rimprovero sul viso di mia madre.
“Tutte
le volte che desideri! Mi farebbe molto piacere...”
“ E
quando sarà grande posso cavalcarlo?”.
“ Rose,
non essere maleducata...”
La
mamma mi fece un cipiglio.
“Non
preoccupatevi. E' solo una bambina. Strizzò un occhio e
rivolse il suo sguardo a mia madre.
C'era
un'atmosfera molto serena in quella stanza.
Il
camino acceso diffondeva luce e calore. Mi sentivo di essere nel posto
più sicuro del mondo.
Provai
un po' di meraviglia nel notare che delle persone ci servissero da
mangiare. A casa nostra era la mamma che cucinava e apparecchiava la
tavola.
Il
signor Rousseau doveva essere davvero molto ricco; proprio come
ripeteva Corinne tutte le volte.
Mangiammo
principalmente a base di pesce. Era tutto molto delizioso:
Durante
la cena, la mamma gli raccontò di come avesse conosciuto
Corinne, che era la sorella della nostra padrone di casa, e di come
grazie a lei avesse iniziato a lavorare in teatro, innamorandosi della
recitazione.
Mentre
parlava, i suoi occhi emanavano luce.
Il
signor Rousseau l'ascoltava con il mento poggiato su una mano;
completamente catturato dalle sue parole.
A
distanza di molti anni, mi rendo conto di quanto lui fosse innamorato
di mia madre. Avrebbe potuto avere affianco a sé la donna
più ricca del mondo, ma aveva scelto di corteggiare
lei, che era bella come il sole.
Lei
che quando iniziava a parlare del suo lavoro non era facile farla
smettere.
Ma
lui sembrava abbastanza affascinato da questo lato del suo carattere,
perché continuava a tenere gli occhi fissi su di lei con un
leggero sorriso dipinto sul volto.
“ La
vostra famiglia è di Parigi?”. Domandò
ad un tratto interrompendo il suo discorso.
La
mamma si bloccò, mentre tagliava un pezzo di aragosta.
Posò la forchetta e il coltello. Il signor Rousseau stava
facendo esattamente la stessa cosa. Sollevò lo sguardo su di
lei.
“ No,
no”. Lei rimase con il volto inchiodato sul piatto.
Sembrava
pietrificata.
“ La
mia famiglia... abitava in un piccolo paesino della Francia
Meridionale”. Continuò, sempre a testa bassa.
“E' venuta a mancare quando ero ero ancora molto giovane. E
così mi sono trasferita qui, a Parigi...”
Ci
fu un lungo silenzio.
Si
capiva che non aveva voglia di affrontare quell'argomento.
Il
signor Rousseau annuì.
“ Mi
dispiace, non volevo essere invadente”. Abbozzò un
sorriso.
“ No,
perdonate me. E' solo che...”.
Lui
la interruppe nuovamente.
“ Non
dovete giustificarvi...ci sono sempre degli argomenti che non sono
facili da affrontare. Dopotutto, sono ancora un estraneo per
voi...”. Pronunciò quelle parole con un velo di
amarezza.
La
mamma si ammutolì, ma la vidi rasserenarsi a poco a poco
quando fu lui che prese a parlare della sua vita.
Con
mio grande stupore, il signor Rousseau ci disse che era già
stato sposato una volta, e che sua moglie era morta quando era ancora
molto giovane, a seguito di una caduta da cavallo.
Rabbrividì.
La
mamma mi strinse forte a sé. Quel suo racconto mi aveva
molto turbato.
“ Quanti
anni aveva, quando vi ha lasciato?” Domandò lei,
molto rattristata dalla notizia.
“ Aveva
diciannove anni... eravamo sposati da tre”.
Il
suo tono lasciava ancora trapelare il profondo dolore per quella
perdita.
La
mano della mamma si posò spontaneamente sulla sua.
Gli
occhi di lui erano lucidi. Si incrociarono con quelli di lei e
all'improvviso ebbi una sensazione molto strana.
Era
come se quel momento avesse creato uno stretto legame tra di noi.
Come
se quell'istante esatto avesse cambiato le vite di tutti e tre, per
sempre.
“ Sapete...”
Continuò il signor Rousseau. “ Voi le somigliare
molto. Lei adorava molto suonare il pianoforte. E quando parlava della
musica, le brillavano gli occhi esattamente allo stesso
modo...”
La
mamma allontanò la mano. Lui continuò a guardarla.
Percepì
un brivido in tutto il corpo. L'arrivo di altre portate
rianimò un po' la conversazione, ma la cena
continuò in modo più silenzioso.
Dopo
la frutta, ci sedemmo tutti e tre davanti al camino.
Vicino
a un divanetto c'era il quadro di una donna dai capelli rosso fiamma.
L'abito bianco si sposava bene con la sua pelle bianca come l'avorio.
Due occhi color nocciola sembravano ancora vivi e fissavano noi tre
regalando al volto un'espressione che mi fecero pensare alle fate che
abitano nei boschi.
“Quella
donna è vostra moglie, vero?”
Il
signor Rousseau stava sistemando la legna nel fuoco con un bastone.
Alzò il capo e annuì.
“Era
molto bella...”.
“ Già.
E aveva anche un bel caratterino!”.
“ Come
si chiamava?”. Domandai avvicinandomi al quadro a piccoli
passi.
“ Anne.
Lei apparteneva ad una famiglia molto ricca di Parigi. Ero molto
giovane, quando ci siamo conosciuti. Prima di incontrarla ero un mezzo
scapestrato!”.
“ Che
intendete dire?”. Chiese la mamma incuriosita da
quell'affermazione
“ Diciamo
che davo grattacapi alla mia famiglia! Poi quando ci siamo fidanzati
sono cambiate molte cose...”.
Il
signor Rousseau si sedette vicino al fuoco, stendendo le mani per
riscaldarle.
“ Rose,
ti piacciono i romanzi?”.
“ Certo
che si! Mi piace molto Orgoglio
e pregiudizio!”.
“ Che
fatalità. E' proprio il mio libro preferito!”.
La
mamma scoppiò a ridere.
“ Non
ci posso credere...un uomo a cui piace Orgoglio
e pregiudizio! Non pensavo che potesse esistere...”
Il
signor Rousseau assunse un'espressione indispettita.
“ Lo
leggo quasi tutte le sere”.
Lei
continuò a ridere.
Si
avvicinò ad uno scaffale pieno di libri. Prese quel libro e
iniziò a leggerlo, tenendomi seduta sulle sue ginocchia.
La
mamma era stesa su una poltrona, con la guancia posata sulla mano.
Non
so se stesse contemplando la lettura o l'immagine di me vicino al
signor Rousseau.
Non
vidi più quella felicità sul suo volto.
Il
signor Rousseau aveva una voce profonda e rassicurante, e leggeva con
straordinaria espressività. Sembrava addirittura la
reincarnazione del signor Darcy!
Alle
dodici il pendolo rintoccò in modo molto rumoroso. Lui
richiuse il libro e mi chiese se mi fosse piaciuto.
“ Si!
Perché non continuate? ”.
“ Perché
è tardi, signorinella!”. Mi diede un buffetto sul
naso.
“Vi
prego “disse la mamma a bassa voce. “Ancora un
altro po'”.
Emise
un sospiro e continuò a leggere per un altro quarto d'ora.
Quando
iniziai a sbadigliare con frequenza, smise di leggere promettendomi che
avrebbe continuato un'altra volta.
Quella
sera, ci riaccompagnò a casa con la sua carrozza.
Durante
il tragitto, mi addormentai sulle ginocchia della mamma.
Tra
la veglia e il sonno sentì che il signor Rousseau diceva
qualcosa,mentre lei richiudeva la porta della mia stanza.
“ Non
posso stare senza di voi...”. Mi parve di ascoltare dalla sua
bocca.
“ Che
garanzie posso avere che mi amerete davvero? Chi mi dirà che
non soffrirò ancora? ”. La voce della mamma era
tremante.
Poi mi addormentai completamente.
Allora
ragazze, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che non vi abbia
annoiato. Scusatemi se ci sono ripetizioni, imperfezioni...ecc ecc...
Insomma,
la storia inizia piano piano a delinearsi!
Fatemi
sapere i vostri pareri...
Al
prossimo capitolo! L'incontro con la zia.... ;)
ps.
..scusate se le foto sono messe in un modo obbrobrioso...ancora devo
assimilare bene il meccanismo..ihih
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