Germogli di vita

di Brigitte Burns
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Les rues d'Aix-en-Provencece ***
Capitolo 3: *** Meilleure Actrice de l'Molière ***
Capitolo 4: *** Un réveil étrange ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Prologo.


Parigi 1801.


Non avrei mai immaginato che la mia vita sarebbe cambiata così velocemente.

A volte le vicissitudini ti costringono a guardare avanti prima che tu lo voglia . Non puoi prevederlo. Me l'aveva detto anche la mamma. Tanto tempo fa.

Devi essere pronta al peggio. La tempesta è sempre in agguato!”.

Così, all' improvviso mi trovavo da sola, senza un tetto sopra la testa, affacciata sulle sponde della Senna, con un due valige in mano, diretta chissà dove. Avrei tanto desiderato che fosse solo un brutto sogno; un bel mattino mi sarei svegliata con mia madre accanto, e tutto sarebbe tornato come prima. Ma mi sbagliavo...

Il vestito bianco di lino oscillava leggero come le onde del mare. Un capellino di paglia con un nastro rosso mi copriva la testa dal sole cocente di quella mattina e i capelli castani svolazzavano seguendo la direzione del vento, accarezzandomi le guance.

Lasciare la Senna, lasciare Parigi...Cosa mi avrebbe atteso? Sarei stata ancora felice?

Avevo un nome solo nella testa, martellante come il ticchettio di un orologio: Adele Laurent; e un indirizzo, scritto su un pezzetto di carta ingiallita: Rue della Verrierie, numero 5, Aix-en-Provence

Mi ero sempre chiesta come mai la mamma lo avesse conservato per così tanti anni. Ricordo che una volta glielo avevo chiesto, ma lei mi fornì tutt'altra spiegazione.

Adele Laurent era il nome della zia che non avevo mai conosciuto. Mia madre mi aveva rivelato la sua esistenza qualche giorno prima di morire.

Fu un vero colpo per me scoprire che aveva una sorella!

Fino a quel momento ero vissuta con la convinzione che non avessi altri parenti, all'infuori di lei. Lei era stato il mio universo. Ed io il suo.

Guardai attentamente lo specchio del fiume riflettere la luce del sole e lasciai che la mia mente si riempisse dei suoi ricordi. Era stata la mia migliore amica, la mia confidente, oltre ad essere la mamma più dolce e divertente del mondo.

L'ammiravo molto, perché la consideravo una donna forte e coraggiosa, l'eroina di tutte le storie che mi piaceva ascoltare prima di andare a dormire.

Chiusi gli occhi e ingoiai le lacrime. L'acqua diffondeva un tenue rumore di sottofondo. Era molto rilassante. Sentivo in lontananza la gente che chiacchierava ai tavolini del bar Venere Bianca.

Ero stata lì un mese prima con la mamma: avevamo ordinato una cioccolata calda discorrendo a lungo su tutto quello che desideravamo fare insieme, dei posti che avremmo voluto visitare: l'India, il Giappone, l'Africa, l'Australia, le Americhe.

Ora quei sogni non esistevano più, si erano frantumati. Volati via nel cielo. Ero sola a fare i conti con quello che la mamma mi aveva tenuto nascosto, in questi diciassette, lunghi anni. Non volevo darle delle colpe. Ma era la realtà: c'erano dei fantasmi nascosti nelle nostre vite, e ora mi toccava scoprirli e conviverci. Non sapevo se fossero belli o brutti. Dovevo andare avanti, seguire la strada che la mamma mi aveva indicato.

Mi aspettava un viaggio molto lungo, e avevo paura. Dopotutto quello che dovevo fare era costringere una perfetta sconosciuta a volermi bene e ad accogliermi nella sua casa come se fosse la cosa più normale del mondo. Non avevo garanzie sul mio futuro e la cosa mi spaventava moltissimo.

Mi sentivo come se stessi percorrendo un sentiero coperto di nebbia. Tutto quello che vedevo era ciò che si trovava vicinissimo a me.

Dovevo sforzarmi di essere coraggiosa, come lo era stata la mamma.

In fin dei conti non ero più una bambina.

Avevo un po' di denaro con me. Mi sarebbe bastato per raggiungere la zia Adele. Chissà se viveva ancora in quel paese. Quello che la mamma mi aveva dato era un biglietto vecchio dieci anni. Chissà quante cose erano cambiate da allora.

L'ansia e la preoccupazione avevano preso il sopravvento su di me.

Al collo portavo un piccolo ciondolo d'oro con la foto di mia madre. L'aprì, vidi il suo volto.

Lo richiusi.

“ Stringilo nella mano, quando ti senti sola, quando hai paura. Io ti starò sempre vicino, amore mio. Non devi temere”. Queste erano state le sue ultime parole. Rabbrividì.

Risuonavano nella mia mente come se le stessi ascoltando in quel momento. Una lacrima mi rigò il volto. Dovevo andare. Riafferrai le valigie.

Poche cose avrei portato con me: alcuni vestiti, scarpe, ricordi della mamma, bambole di porcellana che mi regalava da bambina. Erano la mia più grande passione. Non me ne sarei separata per nulla al mondo.

Chiusi gli occhi e cercai di svuotare la mente...

Mi aspettava una nuova vita. Niente sarebbe stato più come prima.

Mi allontanai dalla Senna a passo deciso, ignorando le opinioni della gente.

Non mi piaceva che gli altri provassero dispiacere per me.

“ La signorina Laurent, povera ragazza. Chi si occuperà di lei adesso?”.

Avrebbero parlato così vedendomi con le valigie in mano, pronta per un viaggio di cui ignoravo la destinazione.

Non sapevo come sarebbe andata, ma dentro di me desideravo tanto conoscere mia zia. Mi avrebbe parlato della mamma . Dopotutto c'erano tante cose di lei che non conoscevo...più di quanto osassi immaginare!

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Capitolo 2
*** Les rues d'Aix-en-Provencece ***


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Pousses de la vie


Les rues d'Aix-en-Provencece


Arrivai ad Aix- en- Provence alle dieci del mattino. Le mie dita scivolarono sulla fronte bagnata di sudore. Mi sentivo una vera zoticona! Beh...pensai.. tanto valeva adattarsi sin dall'inizio a quella che sarebbe stata la mia nuova vita.

Il guidatore del vetturino che mi aveva condotto fino a questo sperduto paesino della Francia Meridionale, aveva perso un po' del suo prezioso tempo a raccontare delle storie sul luogo in cui mi apprestavo a mettere piede.

Disse che non dovevo mai pronunciare il nome del posto, tanto per cominciare: secondo una leggenda locale, farlo equivaleva a dieci anni di sfortuna. Niente male, come inizio!

Avevo stretto le spalle e non smettevo di tremare. Ma l'uomo sembrava piuttosto divertito dalla mia reazione, o piuttosto abituato.

Il signor Dupont, così si chiamava, aveva delineato un' ambiente molto diverso da quello parigino che avevo lasciato. E già cominciavo a sentirmi come un uccellino in gabbia, strappato con forza dal suo habitat naturale, e costretto ad adattarsi in uno spazio che non era il suo.

Mi fermai di botto davanti all'architrave della porta d'ingresso e lanciai un'occhiata fugace verso il cartello alla mia destra.. La scritta non era molto visibile, perché qualcuno aveva pensato bene di oscurare il nome di Aix- en- Provence, evitando così che uno sventurato come me, ignaro della triste leggenda che avevo avuto la “fortuna” di conoscere, non fosse colpito da qualche grave disgrazia.

 Benvenuti ad Aix- en- Provence” lessi nella mente. Diedi un'occhiata al cielo, ormai grigio e terso, come si preannunciava essere tutto quello che sarebbe apparso davanti ai miei occhi di lì a poco. Una strana sensazione di inquietudine attraversò il mio corpo in un lampo.

Quanto avrei desiderato che ci fosse la mamma vicino a me...

Superai l'arco della porta ed entrai decisa. Diedi uno sguardo qua e là. Poca gente in giro, visi che non di certo ispiravano allegria. Di fronte a me un'unica lunga stradina polverosa, e tetra come il cielo che si snodava sopra la mia testa. Ai lati della strada due minuscoli marciapiedi di mattoni giallastri, qualche vicoletto che mai avrei osato attraversare. Piccole casette, una attaccata all'altra, di colore bianco. Alcune signore erano sedute all'aria aperta e stavano chiacchierando rumorosamente nel loro dialetto locale. Dall'altro capo della strada, un po' più avanti, una tavolata di signori che giocavano a carte. Accidenti, sentivo di essere capitata nel posto più sbagliato del mondo!

Appena mi videro, le signore si zittirono di colpo, voltandosi all'unisono nella mia direzione. Mi scrutarono la faccia, poi passarono alla valigia, al cappellino ed a ogni minimo particolare che avevo indosso.

Salve...”

Un cenno per tutta la risposta.

Feci qualche passo verso di loro con atteggiamento impacciato.

Potreste dirmi dove si trova la contrèe della Verriere?”. Quattro paia di occhi mi guardarono con uno sguardo identico. Le signore inziarono a discorrere tra loro, riuscì a decifrare solo qualcosina. Rimasi immobile, senza avere il coraggio di intervenire.

Una delle quattro interruppe il gioco, e si rivolse a me, sforzandosi di parlare in francese nazionale.

 La contreèè della Verriere è un po' lontana da qui... Avrete un bel po' da camminare signorinella! Ma se volete ho mio marito che vi ci può accompagnare...”

Una di loro aggiunse qualcosa . Mi sembrò di capire :“ Sta attenta che non te lo rubi!”.

Perché poi tutte scoppiarono a ridere e ne ebbero così per un po', fino a quando poi non colsi l'occasione di rispondere che non volevo disturbarla.

Mi allontanai a grandi passi.

Questo era proprio il posto più strano in cui potevo capitare, mi ripetevo nella mente, come se fosse una filastrocca. Più mi guardavo intorno e più mi auto convincevo che era tutto un brutto sogno, un incubo. Mi tirai anche un pizzicotto sul braccio ma nulla di quello che avevo di fronte a me si dissolse. La calda e solare Parigi era lontana miglia e miglia. Persa nei miei pensieri andai a sbattere contro un passante frettoloso.

Mi scus...” stavo per dire.

E stai attenta dove metti i piedi!”. Gridò quello senza la benché minima gentilezza.

Le parole mi si fermarono in gola. Strinsi i pugni e proseguì facendo qualche girotondo per scansare le pozzanghere.

Senza accorgermene ero passata proprio accanto ai signori impegnati a giocare a carte.

Uno di loro si alzò di scatto dalla sedie e mi chiamò.

Ehi! Ehi bella signorina! Volete venirci a fare compagnia?”. Avvampai in volto e abbassai lo sguardo.

 Su su! Non siate timida!”. La voce continuava a parlarmi ma io mi allontanai terrorizzata. La udì fino a quando non svoltai l'angolo della strada. Tirai un mezzo sospiro di sollievo.

La strada davanti a me era un po' più larga della precedente. Passai davanti a una chiesa, e feci il segno della croce. Salì i gradini e diedi un'occhiata dentro. Era vuota, non c'era nessuno.

Mentre mi allontanavo dalla porticina, passarono altre due signore che mi squadrarono dalla testa ai piedi.

A giudicare dagli sguardi che suscitavo tra la gente di Aix-en-Provence, mi resi conto che non doveva essere per niente normale vedere una ragazza come me, ben vestita, aggirarsi tranquillamente per le vie del paese. Le mie scarpette a la mahonnaise rosa antico ticchettarono sugli scalini della chiesa, richiamando l'attenzione di alcuni bambini che stavano giocando a nascondino.

 Ciao, come ti chiami?” Mi domandò quello che mi sembrava il più grande di tutti. Era un ragazzino di dodici anni circa, magro, con indosso un pantalone grigio, tutto sporco di polvere, e una camicia bianca, che non sembrava affatto immacolata.

 Mi chiamo Rose” Risposi con la mente affollata di mille pensieri. Gli altri bambini mi osservavano incuriositi, come se fossi un fenomeno da baraccone. Due bimbe iniziarono a toccare il mio vestito e a giocherellare con i miei capelli.

Sembri una principessa...” Disse una di loro. Era molto piccola, poteva avere sei o sette anni e due occhietti molto dolci.

 Anche le tue trecce sono molto belle...se avessi una sorellina, la vorrei esattamente come te...”. Mi sorrise.

Alzai lo sguardo per caso e vidi davanti a una porta una signora che mi guardava in cagnesco, con le mani sui fianchi. Immaginai che tutti quei bambini dovessero essere i suoi figli, perché poi ad un tratto gridò.

Stefan, venite qui!”. Il ragazzino si mise a correre e tutti lo seguirono, come uno sciame di api.

Davanti la chiesa c'era una piazzetta, con una minuscola fontana, dove alcuni ragazzini stavano sorseggiando dell'acqua. La attraversai e presi una strada leggermente più stretta. Un'altra possibilità sarebbe stata quella di attraversare la via dove abitava la signora che mi aveva guardata minacciosamente, e non ci pensavo proprio.

Dopo aver camminato per una decina di minuti senza vedere nessuno, scorsi una donna di mezza età sulla soglia della porta, che stava lavorando all'uncinetto. Era un po' robusta, vestita con un abito molto modesto color porpora, e portava una mantellina leggera sulle spalle. Appena sentì il rumore delle mie scarpette sollevò il capo e mi sorrise, facendo un cenno con la testa. Finalmente incontravo una signora con i modi più gentili.

Approfittai del suo gesto cortese e mi avvicinai per chiederle qualche altra informazione.

Salve, signora. Dovrei raggiungere la contrada della Verriere. Sa dirmi come fare per arrivarci?”

La donna distolse completamente lo sguardo dal suo lavoro, assumendo un'espressione del viso che giudicai molto buffa. Percepì un leggero movimento alla mia destra...

Mi voltai.

Aahh!!”Gettai un grido.

C'era una vecchietta, pallida come uno spettro, dietro la finestra davanti a me. Mi fissava con un'area funerea e balbettava cose senza senso, come se mi stesse facendo il malocchio. Ero quasi sul punto di svenire. Credetti per un momento di vedere un fantasma. Mi misi la mano al petto e cercai di riprendere fiato.

 Uh, non temete! E' mia madre, è molto anziana. Ma non vi spaventate in questo modo!”.

Diedi un'altra occhiata alla vecchia. Rabbrividì. Mi ero presa proprio un bello spavento.

 Oh, scusatemi. Sono solo molto stanca.”.Abbassai la testa per la vergogna.

 Voi non siete di queste parti?” La signora si sistemò leggermente gli occhialetti rotondi e strizzò gli occhi per vedermi bene in faccia. Poi dischiuse leggermente le labbra.

 Non vi ho mai vista...”

 Si signora, sono di Parigi. Sono appena arrivata a.... “ Mi morsi le labbra perché stavo per pronunciare quel nome maledetto. La signora se ne accorse e fece un leggero sorriso. “Sto cercando dei parenti che abitano qui. E' molto lontano la contrada che vi ho detto?”.

La donna cambiò leggermente la posizione della sedia.

 E' si!...! Esclamò “ Vi conviene trovare un passaggio a cavallo...o magari con una carrozza...anche se qui non se ne vedono molte passare, signorina. ”.

 A piedi quanto dista?”

 Penso che tenendo un bel passo ce la fate in un'ora, due al massimo”

Oh signore! Ero stanca, affamata. Volevo trovare un posto dove riprendere un po' di respiro.

Sapete se per caso c'è una locanda da queste parti, dove mangiare qualche boccone?”.

Avrei proseguito il viaggio dopo essermi rimessa in forze. La donna allungò il braccio indicandomi una direzione che si trovava esattamente alle mie spalle.

 Vada per quella stradina. Poi giri a destra e continui sempre dritto. Troverete un'ottima locanda dove mangiare.. si chiama “La luna rossa.”.

Risposi che andava bene e la ringraziai. Presi la strada che mi aveva indicato. Quando mi voltai vidi che mi stava tenendo d'occhio. Non osai rivolgermi verso la finestra, ma sapevo che anche la vecchietta aveva lo sguardo su di me. Feci una preghierina e e strinsi il ciondolo nelle mani, più forte che potevo.

Fortunatamente non ci volle molto per trovare la locanda che la donna mi aveva consigliato. Appena svoltai per un'altra via la vidi in lontananza. Si trovava all'angolo di una strada.

In realtà sembrava una casa come tante altre, aveva solo delle vetrate più grandi, da cui si poteva vedere le gente che mangiava all'interno. Il cartello “La Luna Rossa” dondolava mosso dal vento, producendo un cigolio assolutamente tetro.

Spiai dal vetro, poi mi feci forza ed entrai. La fame superava di gran lunga ogni mio timore.

Appena aprì la porta, tutta le gente che era seduta a mangiare si voltò a guardarmi. Tesi l'orecchio e tutti preso a parlare a bassa voce.

Mi tolsi il capello e serrai con forza le mani sul manico della valigia.

Raggiunsi timorosa il bancone, dove c'era un uomo intento a scrivere qualcosa su un registro. Era alto, corpulento, stempiato, e portava un paio di occhialini sul naso. Indossava una maglietta verde un po' logora, e un gilet marrone. Posai le dita sulla tavola di legno. Lui sollevò gli occhi senza muovere la testa.

Salve, potrei accomodarmi da qualche parte?”.

L'uomo emise un ghignò e scrollò la testa, come se la cosa che avessi detto risuonasse divertente.

Rimasi un po' interdetta e mi ammutolì, aspettando che fosse lui a parlare per primo. Quell'antipatico posò la penna sul tavolo e mi guardò dritto negli occhi, apostrofandomi.

Non pensate di aver sbagliato posto, signorina?”. Bofonchiò.

Lo fissai con risentimento.

Sono molto affamata, signore! Se fosse possibile vorrei sedermi. Vi pagherò bene!”

L'uomo sembrava ancora più divertito.

 Come volete...”.Quel come volete sembrava più simile a un “ Vada al diavolo!”. Strinsi i pugni cercando di trattenere la mia collera. Fortunatamente, ad un tratto, comparve alle spalle una donna un po' goffa e dall'aria simpatica che mi rivolse un sorriso a trentadue denti. Mi sentì come un mestolo bollente messo nell'acqua a stemperare.

Che cosa succede qui?” Alternò lo sguardo tra me e quello che doveva essere suo marito.

Sempre a importunare le brave ragazze, eh! Allora signorina, cosa posso fare per voi?”

Mi sentì sollevata. Una persona che aveva preso le mie difese. Era una bellissima sensazione.

Signora..” Incominciai. “ Sono molto affamata. Vorrei mangiare qualcosa...”

Oh! Per tutti i santi! Subito, signorina. Seguitemi su su”.

Uscì dal bancone e mi fece segno di starle alle calcagna. Vidi con la coda dell'occhio l'uomo del bancone, che intanto era ritornato a fare i suoi calcoli.

La proprietaria mi fece sedere proprio vicino alla finestra. Mandò subito una cameriera a prendere le ordinazioni. Era una ragazza della mia età, con i capelli neri e ribelli, trattenuti, per quanto possibile, con un piccolo fermaglio. Alcuni ciuffi si erano posizionati proprio davanti agli occhi, e che lei prese a scacciare come se fossero delle mosche.

 Avete per caso delle noisettes d’agneau?...” Chiesi gentilmente.

Assunse un'espressione sbigottita.

Si schiarì la voce. “ No madama...” Lo disse con un tono ironico. “ Non abbiamo le noisettes d'agneu. Potremmo portarvi qualcos'altro però...”

Il suo modo di parlare mi infastidì moltissimo.

 Possiamo portavi della zuppa, o un arrosto di oca, potage...”

Un' arrosto andrà benissimo”. Ordinai anche un'insalata e un dressert. Quando ebbe finito, mi fulminò con lo sguardo, per poi dileguarsi nelle cucine.

Tolsi i guanti di pizzo e li posai. Mi guardai un po' introno e scorsi una bambina che masticava la pietanza che la mamma le aveva imboccato. Mi sorrise e io feci lo stesso. Solo i bambini sembravano socievoli in questo paese.

Poi mi salutò con la mano e io ricambiai. Sentì che disse alla mamma. “Da grande vorrei anche io avere un vestito bello come quello”.

Mangiai voracemente, senza badare troppo al gusto. Avevo molta fame e mandai tutto giù in un lampo.

Dopo che ebbi finito la ragazza venne a sparecchiare tutto, e così tirai fuori dalla borsa la cartina che mi aveva regalato il signor Dupont.

La sistemai per bene sul tavolo e mi misi ad osservarla con attenzione. Ero concentrata a tal punto che non mi accorsi del ragazzo che si era seduto proprio davanti a me. Quando avvertì la sua presenza ebbi quasi un sussulto. Poteva avere ventidue anni. I suoi capelli castano chiaro e gli occhi grigio mare incorniciavano un viso scarno e spigoloso, la pelle bruciata dal sole. Era il viso più bello che avessi mai visto nella mia vita. Cercai di non arrossire e serrai le labbra, senza volerlo. Lui se ne accorse.

 Non ho potuto fare a meno di notarti...” Disse per rompere il ghiaccio, evidentemente.

Incrociai il suo sguardo. Tirai fuori la mia corazza.

 Sono in questo paese da poche ore, e vi assicuro che la gente non ha fatto altro che guardarmi in modo strano da quando sono arrivata...non dovete giustificarvi...credo di averci già fatto il callo!”. Lui lì per lì assunse un' espressione meravigliata. Era quasi sul punto di scoppiare a ridere, glielo leggevo negli occhi, ma si trattenne.

 Beh, non si vedono spesso ragazze come te da queste parti. Anzi a pensarci bene non si vedono mai...”. Mi sforzai di non sembrare scortese, anche se mi veniva naturale con uno sconosciuto che si era venuto a sedere vicino a me con tanto calanche.

 Infatti...” Tutte le persone che mi erano passate davanti quella mattina attraversarono la mia mente in un lampo. Poi tornai ad osservare la mia cartina.

Sei un po' come un'albicocca in mezzo a una cesta di limoni”. Disse lui.

Un sopracciglio si sollevò spontaneamente. “Prego?”.

 Si, si così”. Rise. “ Mia sorella fa sempre queste esempio quando c'è una cosa fuori posto”.

Bene, mi stava dicendo che ero fuori posto. Un'altra persona con cui poter parlare senza sentirmi accettata....era proprio quello che di cui avevo bisogno.

 Cioè...volevo dire che non sei certo passata inosservata. Non volevo offenderti...”.

Si affrettò a dire, appena notò la mia cera. Ma continuava comunque a sorridere e la cosa mi dava su i nervi.

Si si. Apprezzo il vostro tentativo di risultare socievole con me. Ma ora...posso anche starmene qui da sola, grazie...” Abbozzai un mezzo sorriso.

Lui non se ne andò. Forse non capiva. O forse voleva fare solo il finto ottuso. Aveva un'aria piuttosto sveglia.

 Mi fa ridere il fatto che mi dai del voi...non me l'ha mai dato nessuno...”

 Così mi hanno abituata...è una colpa in questo paese, dare del voi?”

I toni iniziavano a diventare sempre più aspri.

Lui aveva un'ostinazione impressionante. Quasi si divertiva a mettere alla prova la mia pazienza.

Quelle persone ti guardano da quando sei entrata...” Mi indicò un gruppo di signori che stavano bevendo del vino. “ Eh si, non smettono proprio!”

Inarcai le sopracciglia e tornai a guardare la cartina emettendo un sospiro spazientito.

 Cosa stavi cercando? Potrei aiutarti se vuoi...”.

Sembrava all'apparenza un bambino innocente, eppure doveva essere esattamente all'incontrario.

Agitai la mano infastidita. “ Non ne ho bisogno...devo solo cercare di capire come raggiungere...” Mi morsi il labbro inferiore. I miei occhi si muovevano in su e giù seguendo le linee che indicavano le strade. Quando li sollevai gli, lui mi stava osservando come un allocco. Aveva occhi molto grandi, e sembravano aver catturato l'oceano intero.

Non riuscivo davvero a trattenere il suo sguardo. Mi metteva estremamente a disagio.

 Da che parte della Francia provieni? Hai un accento molto diverso dal nostro...”.

 Io sono di Parigi... ” Si limitò a sorridere.

 Parigi...non ci sono mai stato in vita mia!”.

 Beh, è molto diversa...è una città, ci sono strade affollate, teatri, negozi, cafè, gente...”.Mi bloccai e scrollai la testa. Ma perché stavo perdendo tempo a parlare con uno come lui, che voleva solo prendersi gioco di me? E poi qualunque cosa avessi detto della mia città, lui non l'avrebbe capita...

 No continua...mi piacerebbe sapere come siete voi di Parigi...scommetto che in giro ci sono ragazze, vestite all'ultima moda, proprio come te...gentiluomini con il bastone e il cappello a cilindro...vero?”

Sorrisi perché corrispondeva alla verità.

 Quella gente non si vede molto da queste parti, sai?”.

L'ho capito dal primo momento in cui ho messo piede in questo paese. Lo pensai, ma non lo dissi.

Lui aggrottò le sopracciglia per il mio silenzio.

Quell'espressione lo rendeva meno detestabile.

 Allora, me lo vuoi dire che cosa ci fa una ragazza come te da queste parti?”.

L' invadenza non era una virtù che apprezzavo molto nelle persone, a dire la verità, specie dopo gli ultimi avvenimenti della mia vita. Non mi piaceva affrontare un argomento come la morte di mia madre con il primo che capitasse.

 Sto cercando una persona....” Tagliai corto.

 Beh da queste parti ci conosciamo tutti...potresti dirmi il suo nome, tanto per cominciare...”

 Il suo nome è Adele Laurent! La conosci?”.

Lui sgranò un po' gli occhi. “ Adele Laurent? Se la conosco”. Sbuffò

Si! Si! La conosci?”

 Certo, certo...”

Davvero?”. Non mi resi conto di aver alzato troppo il tono della voce, perché qualcuno girò la testa nella nostra direzione. Divenni rossa come un peperone.

Tutti la conoscono. E so anche dove abita. Se vuoi ti ci posso accompagnare con il mio cavallo”. Spiegò.

 La contrèe della Verriere si trova a circa un miglio dal paese...”.

Non riuscì a trattenere lo stupore.

 E che cosa puoi dirmi di lei? Della signora Laurent? Su racconta”

 Calma! Calma” Agitò le mani.

 E' una signora a posto. Non si vede molto in giro, da quando...”

Da quando cosa?”.

Si stiracchiò come un gatto, le braccia avvolte dietro la testa, e iniziò a dondolandosi sulla sedia come un bambino di sei anni.

 Ma perché ti interessa così tanto?”. Cercai di frenare la mia curiosità e tenni la bocca chiusa.

 Ho sentito dire in giro che ha una sorella che non viene mai a trovarla...ma in paese si dicono sempre tante cose...”. Abbassò un po' il tono della voce.

Rimasi pietrificata. Non osai parlare.

E Comunque...” Continuò. “ se proprio vuoi che ti ci accompagni sarà meglio andare... non voglio rischiare che mio zio mi licenzi per colpa tua...”

. Gettò un'occhio al signore del bancone. Mi rannuvolai. Richiusi la cartina lentamente. Ero ancora provata dalle sue parole. “ E va bene..." Cominciai. " Mi affiderò alla tua guida, però preferisco seguirti a piedi...”

Lui annuì, un po' sorpreso dalla mia proposta. "Come vuoi". Non volevo andare a cavallo con un perfetto sconosciuto.

Andai al bancone per pagare. Il signore che si era comportato in modo scortese mi fissò di sottecchi.

 Via tu! Con la ragazza me la vedo io...” Esclamò da lontano la proprietaria creandosi un varco tra le sedie del locale.

 Vi ringrazio della vostra gentilezza, signora...” Le dissi quando si fu avvicinata.

 Oh, non dire sciocchezze cara! Quando vuoi venire sarà un piacere...”.

Ricambiai il sorriso. Uscendo vidi che la cameriera scambiò un saluto con la mia guida, che intanto mi aspettava alla porta.

Mi sistemai il capellino e i guanti. Presi la valigia e uscì.

Non mi hai ancora detto il tuo nome...” Disse mentre montava sulla sella del cavallo ed io ero intenta ad accarezzare il muso dell'animale.

Mi chiamo Rose. E tu come ti chiami?”.

 Io mi chiamo Andrè..”.

 Va bene Andrè....mi fiderò di te...”

Lui annuì e si sistemò il berretto in testa. Agitò le briglie e il cavallo partì.

Il sole iniziava a tramontare dietro l'orizzonte. Proseguimmo lentamente.

E quando raggiungemmo la famosa fattoria, nella Contreè della Verriere, erano le cinque del pomeriggio ed il giorno era ormai calato sopra le nostre teste.


Allora, qualche precisazione...Aix en Provence è una reale cittadina della Francia Meridionale. Ho letto qualcosina qua e là. E' una città storica, ricca di monumenti... molto lontana dalla mia rappresentazione, insomma. La mia Aix en Provence è una paesino sperduto, e quasi completamente disabitato. Come potete capire, ho preso in prestito solo il nome...il resto è tutta una mia fantasia.

E comunque, il paese che non può essere nominato esiste veramente e si trova in Basilicata. Anche leggere il nome porterebbe sfortuna..eheheheh... quindi vi prego di non cercarlo su wikipedia...come avrete capito sono molto superstiziosa...non voglio avervi sulla coscienza.. :P

Un bacione

alla prossima!!!!!!!

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Capitolo 3
*** Meilleure Actrice de l'Molière ***


Salve ragazze. Dopo una lunga assenza sono ritornata. Ebbene si!

Premetto che mi dispiace moltissimo di non poter aggiornare la storia come vorrei, ma tra esami e impegni vari non mi è proprio possibile dedicare alla scrittura il tempo che vorrei...

Ma bando alle ciance!

Allora, avevamo lasciato la nostra Rose girovagare tra le strade di Auxperie, alla ricerca di questa zia misteriosa, che fino a qualche mese fa neanche sapeva di avere. Poverina!!! Quante cose non sa, e piano piano usciranno a galla!!!!

Questo capitolo è un salto nel suo passato, per farvi conoscere un po' anche la figura di sua madre, la cui vita precedente rimane ancora velata dal mistero.

Ma lentamente sta germogliando nella mia testa!!!! ihih ;)

Spero di non deludere le vostre aspettative!!!!! :)

Che dire? Vi lascio alla lettura...

Se potete, fatemi sapere cosa ne pensate. Sono noiosa? Scrivo da cani? Ho la fantasia di un elefante? Insomma, giudicate voi!

Un bacione a tutte.


Meilleure Actrice de l'Molière

secondo capitolo

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La mamma rimase immobile, per un po', come una statua. Il suo sguardo era fisso su un bouquet di rose rosse, che spiccava sull'enorme tavolo del camerino. Allontanò dalla bocca il sigaro che stava fumando, con un gesto pacato. Lo posò nel portacenere.

Corinne si avvicinò frettolosamente allo specchio e iniziò a togliersi il trucco con un tessuto di cotone.

Quell'uomo è proprio cotto di te...” proferì rompendo il silenzio che era calato nella stanza.

La mamma abbozzò un mezzo sorriso, ma non disse nulla.

Corinne Menuier si voltò con un'espressione indispettita.

 Ma come? Tutto qui? Un uomo bello, ricco, pazzo di te. Vuoi lasciartelo sfuggire in questo modo? Tu o sei pazza o sei cieca! Vero piccolina?” Corinne mi fece l'occhiolino e tornò alla sua operazione. Le sorrisi.

Smettila!”

La mamma iniziò a ridere, stringendomi forte tra le sue piccole braccia e schioccandomi un forte bacio sulla fronte. Abbassò il viso, piccolo e spigoloso nella mia direzione, gli occhietti blu si illuminarono come due fari.

Tornò a guardare Corinne.

 Tu esageri come sempre...è solo uno stupido mazzo di rose rosse...”

Corinne si arrestò, guardando la mamma attraverso lo specchio, la mano sospesa a mezz'aria.

Dico, ma stai parlando sul serio? Sveglia principessa addormentata! Quel signore lì ti sta facendo la corte da più di tre mesi! E tu non vuoi vederlo...”.

Scostò il peso da una gamba all'altra, le enormi braccia portate sui fianchi, come se stesse aspettando una risposta soddisfacente.

Corinne...”.

La mamma continuò a ridere, poi si bloccò e scrollò la testa. “Che sciocchezze!

E anche se fosse così come dici, non credo di essere pronta per frequentare un uomo..” Si zittì. Dopo un po' mi accorsi che mi stava osservando con un' aria grave.

 Poche storie! saresti solo una sciocca! Te lo sta facendo capire in tutti i modi, e tu continui a ignorarlo ! Un giorno o l'altro si stancherà dei tuoi atteggiamenti e sarà troppo tardi per tornare indietro. Non capita spesso la fortuna di ricevere le attenzioni di un gentiluomo!”

Sentì la mamma stringermi ancora più forte ed emettere un lungo sospiro.

Lei e Corinne erano amiche da una vita. Nove anni prima, era stata proprio Corinne a spingere la mamma ad entrare nella compagnia teatrale. Nonostante il suo carattere un po' invadente, io la trovavo molto simpatica.

Mi feci forza e alzai lo sguardo verso mia madre.

 Corinne vuole che tu e il signor Rousseau vi fidanzate?”. Chiesi in modo innocente.

Entrambe scoppiarono a ridere.

Beh, si, più o meno! Corinne vuole sempre spingermi a fare ciò che piace a lei!”.

 E a te non piace, il signor Rousseau?”. La mamma rimase un po' spiazzata dalla mia domanda diretta. “Io l'ho trovato molto simpatico!”. Pronunciai quella frase con una voce velata.

Gli occhi le si illuminarono.

Santa bambina! Lei si che capisce le cose, meglio della mamma!”. Mi passò di fianco tirandomi un buffetto sulle guance.

 Beh, si è un uomo molto gentile, a modo... ”.

 ...ricco come Creso!” Sopraggiunse Corinne senza sprecare un attimo. Spianò le labbra lentamente, come se un pittore le stesse disegnando in quel momento.

Avevo visto solo un paio di volte il signor Rousseau.Veniva spesso a vedere la mamma recitare a teatro, e ancora più spesso lo sentivo nominare nelle sue lunghe chiacchierate con Corinne.

Era un uomo alto, di bell'aspetto, con lunghi capelli castani, di solito tirati all'indietro. Nelle poche occasioni in cui aveva parlato con la mamma in mia presenza mi era sembrato molto gentile e distinto. Ma non avevo intuito che tra di loro ci potesse essere qualcosa di più della semplice amicizia.

Fino alla sera in cui la mamma ricevette il suo bel mazzo di rose rosse.

....Ha dimostrato il suo interesse già in altre occasioni...hai solo paura di quello che potrebbe succedere, ammettilo!”.

Il tono deciso di Corinne mi fece tornare di colpo alla realtà.

La guardai con attenzione, mentre era tutta indaffarata nella sua operazione.

La mamma aggrottò le sopracciglia.

Corinne..” pronunciò il suo nome come se in bocca avesse della cannella.

Io rimasi in silenzio.

In quello stesso momento entrò nel camerino anche Jonas, un altro attore:

un uomo magro e con lunghi baffi.

Somigliava molto ad un manico di scopa. Ed era così alto che dovette un po' abbassare la testa per entrare nella stanza.

Beh, cosa succede qui?”. Fece un sorriso e mi accarezzò la testa, scombussolandomi i capelli. Gettò un'occhiata incuriosita al mazzo di fiori sul tavolo.

 Sono per me quelle rose?”. La mamma e io sorridemmo.

Corinne non sembrava affatto divertita.

Iniziò a scuotere la testa ed emise un sospiro spazientito.

Per bacco! Non ho detto mica una bestemmia!”. Si abbandonò sulla poltrona di pelle rossa e allungò le gambe, ruotando la testa all'indietro. Aveva un'aria molto stanca. Si stropicciò la faccia, e distese entrambe le braccia sui manici della poltrona.

Sono per te Corinne, ho indovinato?”

Corinne fece una smorfia di disapprovazione.

Magari fossero per me! Sono per Isabelle!”

Accidenti! E chi è questa volta?” Jonas guardò dritto negli occhi mia madre. Dischiuse le labbra per parlare.

 Sempre lui! Il signor Rousseau!” Ribatté Corinne senza lasciarle il tempo di rispondere.

 Allora quell'uomo fa proprio sul serio!” Jonas aveva un'espressione allibita.

 Sembra proprio di si...eppure la signorina non vuole proprio saperne di conoscerlo!”

 Un fervido ammiratore, dunque...” Jonas si fermò a pensare. “ Comunque, se fossi una donna...” aggiunse. “ Penso ci farei un pensierino, Isabelle”.

Corinne cercò di trattenere un risolino.

La mamma gettò subito un'occhiata all'orologio.

 Sono stanca di tutte queste chiacchiere. E si è fatto pure molto tardi. Andiamo tesoro” Mi fece cenno che dovevamo alzarci dalla sedia.

Ricacciò i suoi folti capelli biondi dietro le spalle e mi aiutò ad infilare il cappottino. Afferrò il mazzo di rose.

 Faresti bene a riflettere!” Esclamò Corinne, dall'altro lato della stanza.

 Si, si...” tagliò corto la mamma.

Andai a salutare Corinne e Jonas e raggiunsi la mamma che mi aspettava alla porta. Per tutto la durata della nostra passeggiata non parlò molto.

Era presa da molti pensieri. Immaginai. Dovevano essere pensieri piuttosto belli, perché aveva un'espressione del viso distesa e serena.

Penso che le piacesse l'idea di ricevere tutte quelle attenzioni da parte di un uomo come il signor Rousseau.

Da quando era entrato nella sua vita, non era più la stessa. Metteva più attenzione a cosa indossava, si truccava di più, teneva sempre i capelli sciolti.

Non che la cosa mi dispiacesse. Adoravo vederla sorridere; e stavo male ogni qual volta sentivo piangerla di nascosto.

C'era qualcosa, però, che le impediva di conoscere il signor Rousseau.

E quel qualcosa ero io.

Non mi aveva mai fatto dei discorsi seri sul suo conto, e credo che avrebbe volentieri evitato di parlare del signor Rousseau in mia presenza. Ma con Corinne era tutto molto complicato.

Dopotutto ero solo una bambina.

Forse temeva la mia reazione; pensava che potesse farmi soffrire.

Tuttavia, quando tutto mi fu più chiaro, non riuscì mai a vedere il signor Rousseau come una possibile minaccia per la nostra tranquillità.

Ogni cosa potesse far felice mia madre, credevo che, di conseguenza, dovesse far felice anche me.

A grandi passi, attraversammo un vialetto dove vicino scorreva un piccolo canale.

Le strade della città, di sera, non erano mai molto sicure.

Io e la mamma abitavamo in un modesto quartiere di Parigi.

Svoltammo in una strada buia e silenziosa. Alle spalle sentimmo arrivare una carrozza.

Il vetturino si fermò un po' più avanti di noi. La mamma si voltò di scatto, piena di spavento.

Vedemmo una mano, con un guanto nero, scostare la tendina dello sportello.

Un ombra mi fece sussultare. All'improvviso riconoscemmo nel buio i tratti del signor Rousseau. La mamma tirò un sospiro di sollievo. Lui rivolse la sua attenzione verso il mazzo di rose che le aveva regalato.

Siete voi...”

L'uomo sorrise.

 Mi dispiace. Non volevo spaventarvi. E' molto tardi. Volete che vi accompagni a casa?”. La mamma si affrettò a rispondere che non ne avevamo bisogno. Che eravamo quasi arrivate.

Vi ringrazio delle vostre rose, e del biglietto. Mi ha fatto molto piacere...”

Lui abbassò il capo e stette in silenzio per un po'.

Non ho avuto modo di venirvi a parlare, dopo lo spettacolo. Però, pensavo che una sera di queste, potreste venire tutte e due a cena, a casa mia. Che cosa ne dici, piccola Rose? ”

Risposi di si. Sentì la mamma stringermi forte la mano.

 Ho saputo che ti piacciono molto gli animali, è così?”.

 Tantissimo!” Esclamai entusiasta.

 Beh, voglio proprio farti vedere un puledro che è nato qualche giorno fa, se tua madre accetta il mio invito!”.

Certo! Ti prego mamma!”. Scrollai la sua mano più volte.

Lei sembrava leggermente a disagio.

 Non vogliamo esservi di disturbo”.

 Insisto...dopodomani?”.

Si rivolse verso di me.

Annuì più volte con il capo.

La mamma continuò a rimanere in silenzio, ancora molto imbarazzata dalla proposta.

Allora, questo silenzio lo posso considerare come un si?”

Come promesso, due sere dopo andammo a cena dal signor Rousseau. La sua dimora era maestosa se confrontata con il nostro minuscolo appartamento.

Venne a prenderci con la sua carrozza e ci condusse nella zona periferica di Parigi.

Le strade avevano un altro aspetto rispetto al quartiere dove abitavamo noi.

Quella sera la mamma aveva indossato il suo vestito migliore. Era blu notte, un velo nero le faceva da stola. Io avevo un abitino di velluto, rosso fuoco, con un nastro dello stesso colore che tratteneva alcuni ciuffi di capelli.

Eravamo molto eleganti per l'occasione.

La mamma non voleva fare una brutta figura.

Il signor Rousseau rimase molto colpito, quando vide scendere la mamma dalle scale. Sembrava che il respiro gli si fosse fermato in gola.

Giunti a destinazione, scendemmo dalla carrozza d notai una signora distinta che stava attraversando da solo il viale, con un lungo abito color amaranto, e reggeva nelle mani una minuscola borsetta nera.

Mi lanciò uno occhiata incuriosita e poi salutò il signor Rousseau con un cenno del capo.

Buona sera signora Muller” Disse lui ricambiando il gesto.

La donna entrò nell'abitazione di fronte.

Prima di superare la soglia del cancello, mi sembrò di vederla dietro una finestra, con il volto rivolto nella nostra direzione.

Il signor Rousseau ci vece visitare tutta la sua casa: il salone, le cucine, le camere da letto. Era tutto meraviglioso. La più bella che avessi mai visto nella mia vita. Poi ci portò anche a vedere il giardino e la stalla.

Così potei ammirare il puledro nato da qualche giorno.

Mi disse che avrebbe iniziato a camminare dopo un paio di mesi. Lo accarezzai delicatamente. Era così piccolo che pensavo di potergli fare del male.

 Se vuoi un giorno ti posso portare a fare un giretto sul mio cavallo nel boschetto qui vicino, ti va?”. Mi chiese lui , mentre era inginocchiato al mio fianco e accarezzava il piccolo pony.

Si! Non vedo l'ora!”. La mamma sembrava molto felice nel vedere che io e lui andavamo così d'accordo.

La tavola dove si tenne la cena era stata imbandita con piatti e posate d'argento.

Il signor Rousseau fece sedere me e la mamma, con i modi tipici di un perfetto gentiluomo.

Al centro del tavolo c'era un' enorme cesta piena di frutta.

Toccai un ananas. Non ne avevo mai mangiato una. La buccia era ruvida e appuntita.

Cosa combini?”. Domandò la mamma guardandomi di sottecchi.

Ritrassi la mano.

Il signor Rousseau fece un sorriso.

Allora, sei contenta di aver visto il mio pony?”

Oh, sicuro! Posso venire a trovarlo qualche volta?”.

Colsi un'espressione di rimprovero sul viso di mia madre.

Tutte le volte che desideri! Mi farebbe molto piacere...”

 E quando sarà grande posso cavalcarlo?”.

 Rose, non essere maleducata...”

La mamma mi fece un cipiglio.

Non preoccupatevi. E' solo una bambina. Strizzò un occhio e rivolse il suo sguardo a mia madre.

C'era un'atmosfera molto serena in quella stanza.

Il camino acceso diffondeva luce e calore. Mi sentivo di essere nel posto più sicuro del mondo.

Provai un po' di meraviglia nel notare che delle persone ci servissero da mangiare. A casa nostra era la mamma che cucinava e apparecchiava la tavola.

Il signor Rousseau doveva essere davvero molto ricco; proprio come ripeteva Corinne tutte le volte.

Mangiammo principalmente a base di pesce. Era tutto molto delizioso:

Durante la cena, la mamma gli raccontò di come avesse conosciuto Corinne, che era la sorella della nostra padrone di casa, e di come grazie a lei avesse iniziato a lavorare in teatro, innamorandosi della recitazione.

Mentre parlava, i suoi occhi emanavano luce.

Il signor Rousseau l'ascoltava con il mento poggiato su una mano; completamente catturato dalle sue parole.

A distanza di molti anni, mi rendo conto di quanto lui fosse innamorato di mia madre. Avrebbe potuto avere affianco a sé la donna più ricca del mondo, ma aveva scelto di corteggiare lei, che era bella come il sole.

Lei che quando iniziava a parlare del suo lavoro non era facile farla smettere.

Ma lui sembrava abbastanza affascinato da questo lato del suo carattere, perché continuava a tenere gli occhi fissi su di lei con un leggero sorriso dipinto sul volto.

 La vostra famiglia è di Parigi?”. Domandò ad un tratto interrompendo il suo discorso.

La mamma si bloccò, mentre tagliava un pezzo di aragosta. Posò la forchetta e il coltello. Il signor Rousseau stava facendo esattamente la stessa cosa. Sollevò lo sguardo su di lei.

 No, no”. Lei rimase con il volto inchiodato sul piatto.

Sembrava pietrificata.

 La mia famiglia... abitava in un piccolo paesino della Francia Meridionale”. Continuò, sempre a testa bassa. “E' venuta a mancare quando ero ero ancora molto giovane. E così mi sono trasferita qui, a Parigi...”

Ci fu un lungo silenzio.

Si capiva che non aveva voglia di affrontare quell'argomento.

Il signor Rousseau annuì.

 Mi dispiace, non volevo essere invadente”. Abbozzò un sorriso.

 No, perdonate me. E' solo che...”.

Lui la interruppe nuovamente.

 Non dovete giustificarvi...ci sono sempre degli argomenti che non sono facili da affrontare. Dopotutto, sono ancora un estraneo per voi...”. Pronunciò quelle parole con un velo di amarezza.

La mamma si ammutolì, ma la vidi rasserenarsi a poco a poco quando fu lui che prese a parlare della sua vita.

Con mio grande stupore, il signor Rousseau ci disse che era già stato sposato una volta, e che sua moglie era morta quando era ancora molto giovane, a seguito di una caduta da cavallo.

Rabbrividì.

La mamma mi strinse forte a sé. Quel suo racconto mi aveva molto turbato.

 Quanti anni aveva, quando vi ha lasciato?” Domandò lei, molto rattristata dalla notizia.

 Aveva diciannove anni... eravamo sposati da tre”.

Il suo tono lasciava ancora trapelare il profondo dolore per quella perdita.

La mano della mamma si posò spontaneamente sulla sua.

Gli occhi di lui erano lucidi. Si incrociarono con quelli di lei e all'improvviso ebbi una sensazione molto strana.

Era come se quel momento avesse creato uno stretto legame tra di noi.

Come se quell'istante esatto avesse cambiato le vite di tutti e tre, per sempre.

 Sapete...” Continuò il signor Rousseau. “ Voi le somigliare molto. Lei adorava molto suonare il pianoforte. E quando parlava della musica, le brillavano gli occhi esattamente allo stesso modo...”

La mamma allontanò la mano. Lui continuò a guardarla.

Percepì un brivido in tutto il corpo. L'arrivo di altre portate rianimò un po' la conversazione, ma la cena continuò in modo più silenzioso.

Dopo la frutta, ci sedemmo tutti e tre davanti al camino.

Vicino a un divanetto c'era il quadro di una donna dai capelli rosso fiamma. L'abito bianco si sposava bene con la sua pelle bianca come l'avorio. Due occhi color nocciola sembravano ancora vivi e fissavano noi tre regalando al volto un'espressione che mi fecero pensare alle fate che abitano nei boschi.

Quella donna è vostra moglie, vero?”

Il signor Rousseau stava sistemando la legna nel fuoco con un bastone. Alzò il capo e annuì.

Era molto bella...”.

 Già. E aveva anche un bel caratterino!”.

 Come si chiamava?”. Domandai avvicinandomi al quadro a piccoli passi.

 Anne. Lei apparteneva ad una famiglia molto ricca di Parigi. Ero molto giovane, quando ci siamo conosciuti. Prima di incontrarla ero un mezzo scapestrato!”.

 Che intendete dire?”. Chiese la mamma incuriosita da quell'affermazione

 Diciamo che davo grattacapi alla mia famiglia! Poi quando ci siamo fidanzati sono cambiate molte cose...”.

Il signor Rousseau si sedette vicino al fuoco, stendendo le mani per riscaldarle.

 Rose, ti piacciono i romanzi?”.

 Certo che si! Mi piace molto Orgoglio e pregiudizio!”.

 Che fatalità. E' proprio il mio libro preferito!”.

La mamma scoppiò a ridere.

 Non ci posso credere...un uomo a cui piace Orgoglio e pregiudizio! Non pensavo che potesse esistere...”

Il signor Rousseau assunse un'espressione indispettita.

 Lo leggo quasi tutte le sere”.

Lei continuò a ridere.

Si avvicinò ad uno scaffale pieno di libri. Prese quel libro e iniziò a leggerlo, tenendomi seduta sulle sue ginocchia.

La mamma era stesa su una poltrona, con la guancia posata sulla mano.

Non so se stesse contemplando la lettura o l'immagine di me vicino al signor Rousseau.

Non vidi più quella felicità sul suo volto.

Il signor Rousseau aveva una voce profonda e rassicurante, e leggeva con straordinaria espressività. Sembrava addirittura la reincarnazione del signor Darcy!

Alle dodici il pendolo rintoccò in modo molto rumoroso. Lui richiuse il libro e mi chiese se mi fosse piaciuto.

 Si! Perché non continuate? ”.

 Perché è tardi, signorinella!”. Mi diede un buffetto sul naso.

Vi prego “disse la mamma a bassa voce. “Ancora un altro po'”.

Emise un sospiro e continuò a leggere per un altro quarto d'ora.

Quando iniziai a sbadigliare con frequenza, smise di leggere promettendomi che avrebbe continuato un'altra volta.

Quella sera, ci riaccompagnò a casa con la sua carrozza.

Durante il tragitto, mi addormentai sulle ginocchia della mamma.

Tra la veglia e il sonno sentì che il signor Rousseau diceva qualcosa,mentre lei richiudeva la porta della mia stanza.

 Non posso stare senza di voi...”. Mi parve di ascoltare dalla sua bocca.

 Che garanzie posso avere che mi amerete davvero? Chi mi dirà che non soffrirò ancora? ”. La voce della mamma era tremante.

Poi mi addormentai completamente.



Allora ragazze, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che non vi abbia annoiato. Scusatemi se ci sono ripetizioni, imperfezioni...ecc ecc...

Insomma, la storia inizia piano piano a delinearsi!

Fatemi sapere i vostri pareri...


Al prossimo capitolo! L'incontro con la zia.... ;)


ps. ..scusate se le foto sono messe in un modo obbrobrioso...ancora devo assimilare bene il meccanismo..ihih

 

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Capitolo 4
*** Un réveil étrange ***


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Un révil éntrage


 Secondo te morirà?”

 Credo di no. Il dottore ha detto che è fuori pericolo”.

Aprì gli occhi e vidi, davanti a me, due bambine bellissime che mi fissavano con uno sguardo perfettamente identico. Quando si accorsero che avevo aperto gli occhi, il loro viso si dipinse di attonita meraviglia.

Non riuscì a trattenere un sorriso. Avevo quasi la sensazione di essere finita in un altro mondo, e che quelle due bambine fossero in realtà due angeli del Paradiso. Una luce luminosa penetrava dalla finestra della stanza irrorando le due figurine di un' aura quasi celestiale.

Dove mi trovo?” Domandai con un filo di voce. La bambina più grande aveva dei capelli rosso carota e due occhi blu nontiscordardime. Poteva avere nove anni, ma dai modi sembrava molto più grande della sua età. Si sedette sul bordo del letto e mi lanciò uno sguardo altezzoso.

 Non preoccuparti! Ti hanno trovato nella stalla. Eri in fin di vita, ma nostra madre si è presa cura di te. Stavi quasi per morire, sai?”.

Aveva un'aria da maestrina e, vedendomi ancora debole, si avvicinò per toccarmi la fronte; come se volesse accertarsi che non avessi più la febbre.

Stai benone adesso” Aggiunse con un mezzo sorriso dipinto sulle labbra.

 Come ti chiami?” Mi chiese la sorellina dai capelli dorati e dagli occhi grigi come il mare. Girai lentamente lo sguardo verso di lei. Aveva cinque o sei anni e un viso davvero angelico.

 Mi chiamo Rose...e voi come vi chiamate?”. Immaginai subito che fossero sorelle. C'era qualcosa nel loro sguardo che le rendeva quasi identiche.

Io mi chiamo Gabrielle” Rispose la maggiore senza esitazione. “ E lei...” indicando la sorellina. “Lei si chiama Jeane”. Le feci un sorriso e la bimba ricambiò un po' imbarazzata.

Mi dispiace di aver creato disturbo. Dov'è vostra madre? Vorrei ringraziarla per la sua generosità...”.

Gabrielle arricciò il naso.

Ora non c'è. E' andata al mercato a fare delle compere...”

Cercai di sistemarmi il cuscino dietro le spalle, così da poter vedere meglio l'ambiente che avevo intorno. Era una camera da letto molto accogliente, dalle pareti ricoperte di carta color verde acqua. Un armadio bianco era posizionato proprio vicino al mio letto e una specchiera collocata sull' angolo destro della stanza. C'erano pochi arredi, ma a me sembrava il posto più bello e tranquillo del mondo.

Era come se mi fossi svegliata di colpo da un sogno lunghissimo. Non riuscivo a ricordare quasi nulla di quello che mi era accaduto. Avevo perso la cognizione del tempo: non sapevo neanche quanti giorni fossero passati dal mio arrivo ad Aix En Provence! Ma immaginai che non dovevano essere così pochi. L'ultima immagine che avevo cristallizzato nella mente era la sagoma di Andrè che mi salutava mentre attraversavo il ponte che mi avrebbe portato a casa di mia zia. La pioggia batteva forte e mi bagnava i vestiti. D un tratto i ricordi si interrompevano; come se da quel momento in poi non avessi più vissuto.

Questa è la casa della signora Laurent?”. Domandai piena di speranze.

 Si! In verità, Laurent è il cognome di nostro padre … Ma ora non c'è... chissà quando verrà!”

Gabrielle si rabbuiò e io mi sentì premere il cuore.

 Perché non è qui con voi?”. Gabrielle si morse le labbra.

L'hanno chiamato in guerra”

 Manca da un anno” Aggiunse la sorella più piccola.

Dissi che mi dispiaceva molto per loro. Si vedeva che sentivano tanto la sua mancanza. Come io sentivo tanto quella di mia madre. Ma cercai di farmi forza. Non volevo rattristarle con la mia storia.

 La mamma dice che tornerà a Natale e ci porterà tanti regali! Ci ha anche letto una sua lettera...” Jeane sembrava aver recuperato il buon umore, ma Gabrielle aveva sempre la stessa espressione accigliata.

 Io non ci credo!” Esclamò con tutte le sue forze.

 Certo che verrà!” Gridò Jeane stringendo i pugni.

 Sono sicura che tornerà...non dovete preoccuparvi. Vostro padre saprà di sicuro cavarsela”. Jeane sembrava rassicurata dalle mie parole. Ma Gabrielle no. Era più grande e consapevole.

Rimanemmo un po' in silenzio, poi Gabrielle si rivolse di nuovo a me.

Come sai il nome di nostra madre? La conosci?”. Aveva un'aria inquisitoria.

Tirai un sospiro e sorrisi.

 No. Ma ci terrei tanto a conoscerla”.

Feci un bel respiro. “Desidero tanto parlare con lei”.

Le due bambine mi guardarono con occhi pieni di curiosità.

 E così sono finita nel posto giusto...” Pensai tra me e me. Chiusi gli occhi e mi abbandonai sul cuscino di feltro.

Che giorno è?” Domandai piena di felicità. 

Gabrielle ci pensò su un po'.

Oggi è l'8 Novembre...”.

Come? l'8?” Mi sollevai di scatto stupefatta. Erano passati già cinque giorni dal mio arrivo ad Aix En Provence. Una nebbia fitta offuscava ancora i miei ricordi. Rammentai qualche viso che avevo incontrato lungo il viaggio: la donna che mi aveva indicato l'osteria, la cortese proprietaria della locanda e il marito bisbetico... e poi Andrè. Era stato gentile da parte sua, in fondo, accompagnarmi fin qui. Questo posto non era poi così vicino dal paese. Infatti, alla fine dei conti, avevo ceduto all'invito di salire sul suo cavallo per affrettare il passo. Il tempo non prometteva nulla di buono. Sorrisi senza rendermene conto.

 Da dove vieni, Rose? ''

La voce di Gabrielle mi fece tornare alla realtà.

 Parigi...”

La piccola balzò dal letto come una cavalletta.

Davvero? Oh! Io adoro Parigi. Una volta la mia mamma ci ha portato da una zia di Parigi. E' così bella...”

 E' una città meravigliosa. Siete mai stati a teatro?”

 No! Non ci siamo mai state...”. Subito mi pentì della mia domanda. Gabrielle aveva un temperamento molto volubile.

 Poi ci andiamo insieme, un giorno, Rose?” Jeane si strinse a me e io l'abbracciai forte. “ Certo...”. Poi sentimmo un rumore di cavalli.

Gabrielle corse alla finestra per vedere se era arrivato qualcuno.

Sbuffò quando si rese conto che era solo lo stalliere. Tornò indietro con aria colma di delusione.

Mi sedetti sul bordo del letto. Volevo anche io raggiungere la finestra.

 Hai detto che avete parenti a Parigi?”.

Gabrielle fece un cenno con il capo.

 Si una zia di nostra madre...”

Mia madre non mi aveva mai parlato di questa zia. Pensai.

Perchè?

Guardai di nuovo la finestra e mi resi conto che stava piovendo forte.

Mi avvolsi lo scialle attorno alle spalle.

Jeane si avvicinò e mi protese la mano con un sorriso dolcissimo.

Secondo me non dovresti alzarti”. Gabrielle aveva il tipico atteggiamento da “so tutto io”

 Non preoccuparti. Sto bene”. La rassicurai. Poi presi la manina di Jeane e mi avvicinai alla finestra a piccoli passi. In quel momento mi accorsi che la vestaglia che avevo indosso non era mia. Era di colore bianco, con nastrini azzurri e maniche di pizzo.

Rimasi per un po' in silenzio ad osservare la pioggia.

E' sempre così, da giorni e giorni. Non possiamo giocare, perché la mamma ha paura che ci ammaliamo anche noi...” Jeane mi lanciò un'occhiata triste.

E' molto saggio da parte sua...Non sarebbe prudente...”.

 Sono stufa di giocare con le bambole” Si lamentò Gabrielle stendendosi sul letto e poggiando la guancia sul palmo della mano.

 Quando tornerà vostra madre?”

 Di solito sta via solo per un paio d'ore ”.

Girai la testa verso di lei e all'improvviso udì un grido.

Per tutti i santi! Signorina! Come state?”

Dalla porta della stanza fece la sua apparizione una signora bassa e grassoccia. I suoi occhietti azzurro - cielo guizzavano qua e là per la stanza come due topolini. Vedendomi in piedi, a stento riuscì a frenare la sua meraviglia. Si mise una mano sul petto e guardò Gabrielle con espressione severa.

Quest'ultima si alzò di scatto e era quasi sul punto di giustificarsi, ma io la interruppi.

 Sto molto bene grazie, non vi arrabbiate con loro, vi prego”. La donna sbuffò e mi prese per il braccio con delicatezza.

Si chiama Rose” Disse la piccola Jeane senza mollarmi la mano.

 Oh, signore! Perché non mi avete avvisata? Dovrete essere affamata, vero? Scendiamo di sotto così vi preparo qualcosa...”

 Siete davvero gentile....”

Fece una smorfia e agitò la mano.

 Poche storie! Andiamo, vi aiuto!”.

Tutti insieme scendemmo le scale che portavano al piano di sotto.

La signora Dubois, così mi disse che si chiamava, mi fece accomodare nella cucina e preparò una squisita colazione a base di latte, pane tostato e marmellata. Mentre mangiavo sentivo crescere l'appetito. Era normale, dopo giorni e giorni di digiuno.

State riprendendo colore!” Esclamò la signora Dubois tutta soddisfatta del suo lavoro. Stava preparando una minestra di zucca e fagioli ed era tutta affaccendata.

Gabrielle se ne stava vicino al fuoco e mi guardava mentre mangiavo, mentre Jeane seduta proprio affianco a me, e se ne stette lì per tutto il tempo. Era proprio il genere di bambina che avrei voluto come sorella.

 Ci avete fatta preoccupare signorina Rose...” Cominciò la signora Dubois mentre sminuzzava un pezzettino di carota.

 Mi dispiace molto... Non volevo crearvi tutto questo disturbo...”

 Oh! Sciocchezze. Non ho mai visto la signora Laurent così in pena! E' stata accanto al vostro letto tutti i santi giorni. Non vi perdeva d'occhi un attimo!”

Sentì un sussulto al cuore.

 Dite davvero?”

 Oh! Sicuro. Non scherzo! La signora Laurent è una donna così premurosa. E' generosa con tutti. Siete stata fortunata a trovarvi qui e non in un altro posto. E' stato un vero miracolo per voi!”.

 Ditemi, signora Dubois. Che cosa è accaduto precisamente?”

La donna mi guardò di sottecchi mentre era alle prese con i fornelli.

 Che dio vi benedica! La signora Flaubert era appena tornata dal suo viaggio a Chartes. E' stato lo stalliere, Gaspard, a trovarvi! Dio solo sa da quanto tempo eravate lì a congelare. Oh! Come siete sopravvissuta, è un vero mistero. Avevate gli abiti fradici. La febbre era così alta che il dottore, in un primo momento, pensava che non ce l'avreste fatta! La signora Flaubert stava quasi scoppiando a piangere. Non l'ho mai vista così disperata, signorina...”

Bevvi il mio ultimo sorso di latte e mi sentì stranamente confusa.

Poi un ricordo affilò la mia mente come la lama di un coltello.

Mi ricordai che ero entrata nel cancello della dimora. Avevo bussato alla porta, ma non avevo trovato nessuno, così me ne ero andata. La pioggia era diventata sempre più fitta e mi ero riparata in un piccolo casolare nelle vicinanze. Era lì che avevo trovato riparo. Ora era tutto chiaro.

 Così sono stata moribonda per chissà quanto tempo...”

Ero arrivata ad Aix En Provence il 3 Novembre e la signora Flaubert era arrivata qui due giorni dopo...

Ma adesso non preoccupatevi di nulla! Volete che vi prepari altro latte e pane tostato. Risposi che ero sazia. Non ricordavo di aver mai fatto una colazione così abbondante.

 La signora verrà a momenti...”

 Vorrei tanto ringraziarla. E' stata così gentile...”

Lei si ripulì le mani sul bordo del suo grembiule da cucina.

 Lo farete presto. Intanto qui ho finito, per adesso. Ora vi preparo un bel bagno caldo, così vi fate trovare in ordine prima che arrivi...”

Annuì.

 Voglio aiutarla a scegliere il vestito!” esclamò Gabrielle alzandosi di scatto dalla seggiola.

 Anche io!” Ripetè la piccola Jeane di rimando.

La donna si aprì un varco tra le due bambine e mi aiutò ad alzarmi dalla sedia.

 Oh! Non stressate questa povera ragazza. Venite con me, vi aiuto a fare il bagno...”

Andammo al piano di sopra. E in un quattro e quattr'otto feci un bel bagno caldo e indossai il mio abito migliore. Un vestito di velluto blu, con bottoni dorati e maniche a palloncino. Quando le due bambine mi videro iniziarono a gironzolarmi attorno e soprattuto Jeane mi riempì di mille complimenti.

Sembri una principessa” Disse mentre mi toccava i capelli.

 Da grande voglio essere bella come te”.

Le schioccai un grosso bacio sulla guancia e mi accomiatai vicino al camino con Jane sulle ginocchia. Gabrielle volle che leggessi loro qualcosa, così presi un libro di fiabe e lessi per loro la favola del “Brutto Anatraccolo” di Hans Christian Andersen. La signora Dubois continuava a cucinare per il pranzo e ogni tanto mi chiedeva di riposarmi.

Non fate stancare troppo la signorina!”

Diceva di continuo alle bambine.

Ma io mi sentivo di aver recuperato tutte le forze e aspettavo con ansia il ritorno di mia zia.

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