And if you have to go always know that you shine brighter than anyone does.

di daisichain
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** My heart is your's. ***
Capitolo 2: *** You're my number one. ***
Capitolo 3: *** I don't wanna love you, but I do. ***



Capitolo 1
*** My heart is your's. ***


C’è un silenzio infernale, che uccide i timpani. Quei silenzi che vorrebbero urlare, ma che si limitano a riempirti la testa di mille pensieri, e fanno rumore. Non capita spesso che nel tour bus tutti rimaniamo in silenzio, tranne quando dormiamo, ovviamente. Qualche volta Zac russa, ma la cosa è diversa. Solitamente c’è sempre qualcuno che ride, suona, o parlotta tra sé cercando di capire se preferisce mangiare i cereali per stare attento alla linea, oppure dei biscotti al cioccolato, fregandosene della costante dieta.

Non so bene che fare, così continuo a leggere il libro che mi ha regalato Taylor il Natale scorso, soffermandomi sempre sulla stessa riga, incapace di concentrarmi.

Alzo gli occhi, quasi a sentirmi osservata, ed eccoli lì, i suoi occhi nei miei. Sono così intensi che, come sempre, non riesco a distogliere lo sguardo, perché il tocco in cui il suo mi avvolge è un posto in cui mi sento bene, al sicuro, quasi. Come quando da piccola guardavo Casper – era il mio cartone preferito – e volevo essere stretta tra le sue braccia, così inarrivabili da star male.

Sorrido a Josh, con una scarica elettrica che parte dalle punte dei capelli e finisce all’unghia più piccola del piede. Succede sempre, e non riesco a farci l’abitudine. Il peggio però arriva quando lui risponde al sorriso, inclinando in quel modo terribilmente sexy le labbra. Dentro il mio stomaco comincia un rumorio strano, e credo siano le famose ali delle farfalle che sbattono forte. Il cuore, poi, prende fuoco.

My heart, it beat. Beats for only you’ solo per lui, continuo a ripetermi, quello che ti ha stregato quando eri ancora una bambina, e che ancora ti fa sognare e soffrire allo stesso momento. Maledizione, non posso andare avanti così. Ora c’è Chad, e non voglio farlo soffrire, non anche lui.

Distolgo lo sguardo rapidamente, tornando alla pagina del libro. Niente, non riesco a capire una parola di quello che leggo. E sì che l’inglese lo parli da quando sei nata, Hay, penso. Ma penso anche ad altro, e pare che la mia testa sia improvvisamente diventata enorme e pesante.

«Bomba, che succede?», chiede Jeremy abbracciandomi le spalle. Lui è la cosa più preziosa che mi abbiano donato, e se davvero è stato Dio, beh, ringrazio Dio con tutta l’anima.

Lui, col suo sorriso caldo e dolce, con le sue braccia forti che sono sempre pronte a cingermi le spalle, con le sue mani, che quasi istintivamente stringo quando gli cammino al fianco.

Allaccio lo sguardo con il suo, sicura che in pochi secondi troverà le sue risposte dentro i miei occhi verdi, che forse sono pure un po’ lucidi. Mi accarezza i capelli, avvicinando piano la fronte alla mia, poi chiude gli occhi e sospira. «Che cosa devo fare con te?», sussurra tra sé. «Voglio vederti sorridere come quando sei su quel palco, come quando tutti urlano il tuo nome».

«Sto già meglio», dico, e anche se la mia voce è quasi impercettibile, esce con un tono convinto.

Jerm apre gli occhi, e sorride debolmente. «Vestiti».

«Come?», chiedo sorpresa.

«Mettiti qualcosa addosso – così ti scambierebbero per una barbona pantofolaia – che ti porto in un posto. Muoviti, dobbiamo anche prepararci per stasera». Dicendolo lancia un’occhiata agli altri, e io seguo il suo sguardo: Josh, che è chino su un block notes a righe ormai da ore, come se tutto ad un tratto avesse avuto l’ispirazione per una nuova canzone, come sempre continua a succhiarsi il pearcing al labbro; Zac, stravaccato a letto con la PSP in mano, è tanto eccitato dal nuovo gioco che gli abbiamo regalato, che ogni tanto si sentono degli urletti di vittoria, e poi c’èTaylor, che è in contemplazione di non si sa bene cosa, forse uno dei tanti libri d’arte che sua mamma gli ha inviato. Penso proprio di sì, dato che si rivolta il libro bianco in mano, girandolo, chiudendolo, e capovolgendolo di nuovo.

Io e Jerm ci guardiamo, e sorridiamo. Stasera ci sarà un concerto, ma a quanto sembra non siamo molto concentrati.

«Sono pronta in un secondo», dico, e corro ad acciuffare le prime cose che trovo sopra al letto. Metto anche un po’ di trucco, e pettino alla bell’e meglio i capelli tornati nuovamente rossi.

Jeremy fa una faccia strana vedendomi arrivare. «Già pronta? Ma tu sei miss-sono-sempre-in-ritardo- e-ci-metto-una-vita-a-prepararmi, non puoi essere già pronta!».

Rido forte, e lo prendo sotto braccio. Sono così piccola a confronto di lui che mi sembra quasi di abbracciare un orso di peluche. Il mio orso di peluche.

«Fammi divertire», sorrido, e me ne vado, senza incrociare di nuovo i suoi occhi.

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Capitolo 2
*** You're my number one. ***


Forse mi sto sbagliando, ma sembra proprio che Jeremy mi stia portando in un parco giochi per bambini. Mentre camminiamo mi cinge i fianchi con un braccio, e io gli sono grata, perché stargli così vicina mi fa stare bene. M’impedisce anche di sentirmi costantemente in bilico, come se dovessi sbriciolarmi da un momento all’altro. È una specie di attacca tutto, solo che teneva unita me.

Varchiamo la soglia del parco, e mi blocco. «Perché mi porti in un parco giochi?».

«Ti sono sempre piaciute le altalene», dice dolce. Mi prendee per mano, e mi trascina davanti ad un’altalena nera, poi mi invita a sedermi. Lui si siede accanto a me, guardando dritto davanti a sé, pensieroso.

«Ci pensi ancora tanto, eh Hayley? E non dirmi di no, vedo le occhiate che vi scambiate».

Ovvio che le vede, sono all’odine del giorno. Dell’ora, del minuto.

Annuisco. «Non so che fare. Abbiamo deciso tutto assieme, ma sembra che siamo incapaci di stare lontani, di mancarci. Oh sì, perché lui mi manca. Mi manca anche se ci vivo assieme, Jerm». Mi manca tanto che sembra impossibile. Dormiamo su quei letti a castello, e vivo con lui ventiquattro ore su ventiquattro in quel minuscolo bus, però sembra sempre troppo distante, come se solo lo spazio tra le sue braccia potesse essere casa.

«E a Chad, a lui non ci pensi?».

«Costantemente. No, forse non penso proprio a lui, ma al modo in cui continuo a ferirlo, perché per quando bene gli voglia, Josh rimane Josh, e non so come togliermelo dalla testa».

Improvvisamente Jeremy mi guarda, e nel suo volto vidi il mio dolore. «Devi provare a dimenticarlo, e so che non ce la farai, lo ami così tanto, ma devi provarci, perché lui non è il solo che ti vuole bene, che vuole vederti star bene soprattutto, e tu non stai bene, è così evidente». Mi sfiora le occhiaie scure sotto gli occhi, ed io appoggio la guancia al suo palmo.

Rimaniamo così un po’, occhi chiusi, pensieri che si mescolano nell’aria assieme ai nostri fiati.

«Chiudilo in un cassetto per un po’, okay? Fin tanto che non ricordi come si fa a sorridere veramente, poi potrai anche ripensarci. Un pochino». Mi guarda stanco, spossato da quella conversazione – e situazione – quanto me. «Me lo prometti, tesoro?».

«Te lo prometto», dico, e faccio qualcosa che sembra solo lo spettro di un sorriso, ma almeno è un passo avanti.

 

Sento bussare alla porta del camerino, ma non ho voglia di parlare con nessuno, quindi lascio che il toc toc scandisca il ritmo dell’ultima passata di mascara, quella che considero una specie di portafortuna.

Improvvisamente, però, la porta si apre. «Ti costava tropppo aprire la porta?», dice Chad, il mio ragazzo. Il tuo ragazzo, il tuo ragazzo. Quello che ami.

Mi fisso un’espressione felice in viso, e di slancio lo abbraccio stretto. Annuso il suo solito profumo, che era un misto di Chad e dopobarba.

Sussurro un «Mmh» al suo orecchio che può voler dire tutto o niente, poi mi stacco.

«Mi sei mancata», dice con una voce malinconica, sfiorandomi la guancia con il pollice. Disegna strani cerchi, lo fa spesso. D’un tratto, si avvicina, e mi bacia, ma con così tanto ardore da farmi girare la testa. È come se bramasse il mio respiro, e volesse intrappolarlo per sempre in esso. Lo fa, e rimango senza fiato.

«Anche tu», sussurro, ed ho la certezza sia vero. È stato in tour per alcuni mesi con la sua band, i New Found Glory, e sebbene mi sia intrufolata nel suo camerino prima di un concerto parecche volte, non si può dire che ci vediamo tutti i giorni. Tante volte mi sono unita al pubblico, con un cappuccio in testa per non farmi riconoscere, e lo guardavo da lì.

Piego la testa di lato per guardalo meglio. «Ti sono cresciuti i capelli», dico passandoci la mano attraverso. Sono ancora corti, ma decisamente più lunghi dall’ultima volta che l’avevo osservato bene. «Ti donano».

Sospira.

Apoggio le mie labbra alle sue, restituendo il bacio di poco prima. È sempre il mio ragazzo-orso. È un bacio più dolce, quelli che preferisco

«Hayley vo… ops, scusate».

Chiudo gli occhi, e sospiro. Chad si sposta al mio fianco e mi prende per mano. «Non fa nulla, Josh, me ne stavo andando», dice con un sorriso un po’ forzato, poi, dopo avermi baciato la guancia, se ne va.

«Non era mia intenzione disturbare». Se ne sta dritto come una scopa vicino alla porta aperta, e non so perché ma mi sembra che nella sua espressiane ci sia parecchia irritazione.

Faccio una faccia che dice “cosa dovrei farmene delle tue scuse?”, e lui alza gli occhi al cielo.

Si avvicina un poco, ma rimane ancora a distanza. Meno male. «Oggi ho buttato giù qualcosa, e ha l’aria di essere una specie di canzone. Volevo lavorarci un po’ assieme, se per te va bene».

«Certo», e dicendolo continuo a fissare le sue labbra. Voglio baciarlo, e invece sorrido, lo prendo per mano, e lo trascino con me.

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Capitolo 3
*** I don't wanna love you, but I do. ***


Se ci penso bene, l’unica cosa che mi rende felice come salire su un palco e cantare per ore, è stare con la mia famiglia.

Sto dietro le quinte, e sento le voci dei tecnici scandire il tempo rimanente prima che il concerto cominci. Le voci più forti, però, sono quelle dei nostri fans che ci chiamano. Ci invocano, quasi come fossimo degli dei. Ma forse per loro siamo degli idoli, e questa responsabilità me la porto dietro in ogni gesto che faccio.

«Mi spiace veramente per prima, so che non vedevi Chad da molto tempo», mi dice Josh a un orecchio, strimpellando qualcosa con la chitarra per vedere se è accordata bene.

Annuisco. Non riesco a capire se sia dispiaciuto a me, e al momento la cosa è più grave.

«Jenna, non c’è stasera?», chiedo. 

Jenna Rice, la fidanzata ufficiale di Josh, quella adorabile ragazza che gli sta appiccicata come una seppia ogni momento possibile, che ha una ricrescita spaventosa, e una personalità pari a zero. Per non parlare poi delle spalle da lottatore di sumo che si ritrova.

Hayley, controllati, su, e so che quella vocina dentro la mia testa ha ragione, ma non so se voglio ascoltarla. Infine il diritto di pensiero è ancora legale.

Josh alza le spalle. «Si trova dall’altra parte del paese, a casa dei suoi, credo».

«Credi? Ti chiama mille volte al giorno». Forse questo non dovevo dirlo. Miseriaccia.

Fortunatamente sembra non farci molto caso, e alza le spalle di nuovo. «Ho lasciato squillare il telefono un po’ di volte. Sai, ero concentrato sulla canzone».

«La canzone, sì», boffonchio tra me con una soddisfazione indicredibile dentro.

«Si comincia». Mi sorride, e salta sul palco assieme a Jerm – che so ci ha tenuti d’occhio tutto il tempo – che mi fa l’occhiolino, Zac e Taylor, che stasera sfoggia il capellino rosso.

Alzo gli occhi al cielo, poi, con un sorriso sincero stampato in faccia, corro fuori, davanti a migliaia di persone che non aspettano altro che cantare con me.

Faccio un respiro profondo, impugno stretto il microfono, e chiudo Josh, Chad, e tutto il dolore nel cassetto che oggi pomeriggio Jeremy ha aperto per me.

 

«Sorellina, questa sera sei stata meravigliosa», disse Taylor schioccandomi un bacio sulla guancia.

Sorrido, e gli scompiglio i ricci. «Anche tu sei stato un fico, puffo».

I suoi occhi s’illuminano, e io mi sento felice. Il mio Taylor, il mio piccolo Taylor. Che cos’è l’amore che provo per lui se non quello che una sorella prova per un fratello?

Ci raduniamo tutti dietro al palco, e abbracciandoci a cerchio, ci facciamo dei grossi sorrisi.

«E andata anche oggi, bravi ragazzi», dice Jerm.

Rimaniamo qualche secondo in selenzio, poi ci sleghiamo e andiamo a farci delle meritate doccie. I ragazzi mi lasciano farla sempre per prima, e non so se sia per un atto di galanteria o cosa, ma è senza dubbio uno dei tanti motivi per cui tutte le sere, prima di dormire, li ringrazio.

Uscita dalla doccia, avvolta stretta stretta in un asciugamano bianco, vado a sedermi sul divano del bus affianco a Jeremy che sta controllando la posta nel suo computer.

«Tutto okay, sì?», mi chiede.

Faccio un gran sorriso e annuisco. «Sto bene».

Guarda la mia faccia e qualcosa gli suggerisce che non sto mentendo. «Bene, allora posso andare in bagno dato che il mostriciattolo sta bene». Mi fa una carezza sulla guancia, e sparisce dalla mia visuale.

Chiudo gli occhi e appoggio la testa al grosso cuscino. È davvero andato tutto bene. Ho rivisto Chad – che se n’è andato subito dopo il concerto – e dopo nemmeno pochi minuto l’ho rinchiuso in un angolino della mia mente assieme ad un altro ragazzo che, riconoso il rumore dei passi, si sta avvicinando.

«Sonno, Hay?», chiede con la sua voce irresistibilmente morbida.

Scuoto la testa, senza aprire gli occhi. «Sto bene». Ripeto quelle due parole continuamente, ormai.

Si siede vicino a me. «Sembri stanca». Mentre lo dice sfiora con le dita le occhiaie che ho in volto.

Lentamente, apro gli occhi. «Un po’, in effetti. Troppo cose a cui pensare». Dicendo quelle parole lo inchiodo con lo sguardo, come per accusarlo, per fargli capire che la colpa è anche sua.

Lo capisce. «Mi mancano i tuoi sorrisi, Hay. Quelli per me». Gli sorrido, falsamente, e lui mi prende il volto fra le mani. «Davvero, dov’è finita la ragazza che c’era in te?».

Quelle parole mi bloccarono. Rimango ferma a fissarlo per minuti interi, poi la mia voce esce. «Te la sei portata via tu».

Lui chiude gli occhi, senza mai mollare la presa sul mio viso. «Lo sai che ti amo».

«Lo vedi che sei un idiota? Se ami me perché stai con lei?».

«Perché tu stai con Chad».

Rimango in silenzio, poi a stento la mia voce esce piena di speranza. «Se io domani lo lasciassi, tu torneresti di nuovo con me, Josh?».

Lui mi guarda, e sta in silenzio. Chiude gli occhi, fa un respiro profondo, e afferrando la mia nuca, avvicina la mia testa alla sua. I nostri nasi si sfiorano. «Non voglio continuare a farti del male. Io non sono quello giusto per te».

Scuoto la testa. Stupida stupida stupida. «Vedi, è qui che sbagli. Tu per me sei perfetto, e mi fai più male dicendomi che mi ami ancora quando invece non è così. Lascia solo che io ti dimentichi, okay?». Dicendolo mi alzo dal divano, e cercando qualcosa con cui coprirmi, esco dal pullman

Una lacrima mi scende calda e lenta sulla guancia, fino a bagnarmi le labbra.

Prendo l’Iphone dalla tasca e premo il tasto due in chiamata rapida. Attendo qualche secondo, poi lei risponde. «Dak, io non ce la faccio più».

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