AI CONFINI DEL MARE

di SURPRISE
(/viewuser.php?uid=2316)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 13 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 15 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


“AI CONFINI DEL MARE”

Albeggiava.

Le vie del porto di una città che si stava svegliando erano in fermento.

La signora Milcote camminava a grandi passi su per la scalinata d’ingresso della maestosa villa Ferrett, che si ergeva in tutta la sua bellezza in cima ad un colle, dal quale dominava la veduta di tutto il porto, del paese e dell’intera baia.

La donna bussò insistentemente ad una porta al fondo del corridoio; i suoi colpi risuonarono sul legno di noce intarsiato.

“Avanti…” rispose una voce insonnolita proveniente dall’interno della stanza.

La porta si aprì, con un leggero cigolio.

“Lady Anne… Le ho portato l’acqua fresca per lavarsi…” disse solennemente la signora Milcote, poggiando su un tavolino una brocca piena fino all’orlo di acqua, assieme ad un asciugamano lindo e una tavoletta di sapone alla lavanda.

Dal cuscino dell’elegante letto a baldacchino si sollevò una testa piuttosto arruffata.

“Signora Milcote…La vestaglia, per favore…”

“Subito, Lady Anne.”

Dal letto discese una giovane fanciulla. I capelli bruni, ramati, le ricadevano sulle spalle in ciocche disordinate; i suoi profondi occhi scuri gettarono il primo sguardo al risveglio del mondo attorno a lei.

La signora Milcote scostò le tende, cosicché la luce penetrò nella stanza.

“Mentre lei si lava, vado a prenderle un abito. La sarta ne ha mandato uno proprio ieri…”

La donna uscì dalla camera.

Lady Anne Ferrett era ormai una giovane donna. Quindici anni, di famiglia nobile; la madre morta nove anni prima, di malattia. Il padre, capitano di vascello nella marina britannica, era partito da quattro mesi con una nave chiamata Albatros, diretto sulle coste del Brasile, là, a portare aiuto alle colonie della propria patria attaccate dai francesi. Le guerre napoleoniche si stavano svolgendo, e portavano con sé il grande numero crescente di vittime. Erano partiti in molti, con le navi della marina, ma di pochi si avevano ancora notizie, e purtroppo, il padre della ragazza non era tra questi. Da tempo, ormai, non giungevano più lettere, e lo scambio di informazioni era stentato, quasi nullo.

Lady Anne era rimasta sola, in quella grande casa. Solamente la signora Milcote, l’anziana governante, era rimasta ad offrirle un po’ di conforto.

Per la ragazza, le cose non andavano bene, già da qualche tempo.

E’ difficoltoso riuscire a mandare avanti la proprietà, quando si è giovani ed inesperti; ma fortunatamente, ci sono sempre dei cari amici disposti ad offrire il loro aiuto.

Molti conoscenti del padre, infatti, si erano offerti di collaborare per mantenere il patrimonio della famiglia Ferrett.

Ma nonostante il loro contributo, c’erano altri problemi che tormentavano la vita della giovane.

Il padre le aveva chiesto di cercare marito, mentre lui era via, e la signora Milcote la avrebbe indirizzata al meglio. Ciò significava quindi, un matrimonio combinato.

Tutti i giovani che le erano stati presentati fino a quel momento non erano un granché, senza contare il patrimonio. Almeno, così la pensava Lady Anne, mentre la signora Milcote era sempre convinta di avere trovato il marito ideale per la giovinetta.

In quella mattina di sole, Lady Anne volle fare un giro per il paese. La signora Milcote era contraria a queste uscite, ma la ragazza riusciva sempre a convincerla. Dopotutto l’anziana signora la capiva, una giovane ha voglia di divertirsi, di vedere il mondo, non di rimanere barricata in un maniero per il resto dei suoi giorni.

Così, verso le dieci e mezza, una carrozza si fermò nel vialetto della casa.

Lady Anne e la governante salirono sulla vettura, che partì alla vista del paese.

* * *

Il piccolo villaggio era situato in una bella baia sicura e protetta, aveva un porto ampio e organizzato: ogni giorno, regolarmente, salpavano da esso numerose golette, mercantili, vascelli e fregate; tutti erano diretti in luoghi diversi, ma la maggior parte di essi erano di proprietà della marina britannica, i cui uffici sorgevano in un imponente palazzo di fronte alla banchina est.

Lady Anne passeggiava tranquillamente per le vie, brulicanti di persone: mercanti, marinai, gentiluomini, massaie, ufficiali di marina e molta altra gente.

La signora Milcote sbrigò alcune faccende, passando per i vari negozi, e acquistò molte cose, tra cui un nuovo set di pentole in rame; e ordinò un altro vestito per la ragazza.

Verso mezzogiorno, le due sostarono presso la locanda del signor Rob, per mangiare qualcosa.

Ad entrambe, quelle bettole non piacevano. Sia per l’ambiente sporco e sudicio, che per la gente che vi entrava; marinai ubriachi e ogni sorta di canagliume.

La signora Milcote si avvicinò al bancone, dove chiese informazioni riguardo la nave di Joseph Ferrett.

“Scusi, signore, potrebbe darmi un’informazione?”

“Sicuro, in cosa posso esserle utile?” rispose l’uomo, pulendo un boccale.

“Vorrei sapere se qui in paese avete notizie delle navi della marina che sono in mare…”

“Della marina, ha detto?” l’uomo si fece pensoso “Ah! So della H.M.S. Surprise che arriverà al porto domani all’alba per rifornirsi…Eh, già! Il buon vecchio Aubrey e la sua ciurma avranno sicuramente bisogno di riposarsi un po’! Poi… Beh, la fregata Hermione è stata affondata da una settantaquattro cannoni francese… Invece la Ulisse è arrivata in Colombia…”

“Ehm” tossicchiò la signora Milcote “Avete saputo qualcosa riguardo l’Albatros? A comando c’era Joseph Ferrett…”

“Sì! Mi ricordo di quella nave…” l’uomo si rattristò un poco “No, non si hanno sue notizie da molto. E’ andata dispersa nelle coste brasiliane, purtroppo. Nessuno sa dove sia finita…”

Lady Anne, si era avvicinata per ascoltare, e quando udì quelle parole trasalì.

Dunque era vero, di suo padre non si vedeva traccia.

Lungo la via del ritorno, le due donne avevano assunto un’aria grave.

Solo il cigolare delle ruote della carrozza e lo scricchiolare della ghiaia della strada sotto di esse rompevano quel tetro silenzio.

Quando la vettura fece il suo ingresso nel cortile, un garzone di stalla si precipitò verso di essa.

“Buongiorno, Lady Anne…” ansimò “C’è una visita per voi.”

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2 ***


Sotto il portico della villa, seduto su una seggiola di legno, vi era Thomas Van Dracken, il migliore amico della signorina Anne.

I due si salutarono calorosamente.

“Quanto tempo è passato, mio caro Tom!” sul volto di Lady Anne si era acceso un radioso sorriso.

“Siete cresciuta molto, signorina…” rispose lui, accompagnandola in casa.

La signora Milcote li seguì trotterellando.

“Metterò su un po’ di tè…” mormorò, appendendo il soprabito del ragazzo al muro.

I due si accomodarono nell’ampio salotto.

“Qual è il motivo di questa gradita visita?” domandò Lady Anne, rassettandosi il vestito.

“Vedete, ho saputo che avete dei problemi, qui alla villa…” rispose il giovane “Ero a Bristol, e stavo andando a trovare mia zia, ma ho deciso di cambiare rotta per venire ad offrirvi il mio aiuto.”

“Siete molto gentile, Tom…” disse lei, e assunse un’espressione malinconica.

“Che cos’è che vi turba, mia cara?”

“Vedete, oggi mi sono recata in paese per risolvere alcune faccende, ed acquistare delle cose che servivano qui in villa…Ho fatto una pausa alla locanda di Rob, giù al porto, con la signora Milcote. Mio padre e il suo equipaggio sono dispersi nelle acque del Brasile.”

Thomas ebbe un sussulto.

“E’ una cosa terribile. Sono molto rammaricato, conoscevo bene Sir Joseph, era una persona squisita… Ma ditemi, ora cosa farete?”

Lady Anne gli si avvicinò, controllando che la signora Milcote fosse in cucina e non potesse sentire.

“Tom, io voglio salpare. Domani stesso.”

Il ragazzo la guardò, spaventato.

“Ma, mia cara, non è un’azione saggia… Non potete prendere il mare, così, da sola… Potreste rimanere vittima di un abbordaggio dei francesi, potreste morire! E io non voglio perdervi, nessuno, qui, lo vuole…”

“Per favore…” Lady Anne implorò il giovane con gli occhi “Devo trovare mio padre, devo sapere dov’è e come sta… Vi prego… Aiutatemi!”

La ragazza era sul punto di scoppiare in lacrime.

“Va bene” si decise Thomas “Cosa devo fare?”

“Dovrete occuparvi di villa Ferrett, mentre sarò via, vi chiedo solamente questo…”

“Lo farò.”

“Vi sono eternamente grata.” sorrise Lady Anne, poi il suo viso si fece scuro. “Domani mattina partirò, a piedi. Il rumore degli zoccoli dei cavalli sulla ghiaia potrebbe svegliare qualcuno. Arriverò al porto, e salirò a bordo della H.M.S. Surprise…”

“Cosa? Ma non potete farlo!”

“Il comandante Aubrey era un amico intimo di mio padre, capirà…”

“E poi, come farete? Le donne a bordo non sono ben accette…Potrebbero uccidervi!”

“State tranquillo… Non mi accadrà nulla. Vi scriverò, di tanto in tanto, così vi farò sapere se sarò ancora viva…”

“Ma perché fate tutto questo di nascosto??”

“Se lo sapesse, la signora Milcote non mi lascerebbe assolutamente partire, anche a costo di chiudermi a chiave in casa!! E poi, se la gente sapesse che sono fuggita via, ne approfitterebbe per appropriarsi dei beni di famiglia…”

“Cosa dovrò fare domattina?”

“Vi inviterò a fermarvi nella stanza degli ospiti, per stanotte. Domani, all’alba, coprirete la mia fuga.”

La signora Milcote entrò nella stanza ballonzolando goffamente, reggendo un vassoio con un bricco di tè bollente.

I due ragazzi si zittirono.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3 ***


L’alba del mattino seguente, Lady Anne era sveglia, nella sua stanza.

Aprì le ante dell’armadio.

“Accidenti…Solo vestiti…” il suo sguardo cadde sui pantaloni da equitazione.

Li spolverò e se li infilò.

“Su una nave non posso andare con un abito ingombrante… Se lo facessi cadrei in mare e affonderei per il peso di tutta quella stoffa! Per non parlare di tutte le volte che mi impiglierei nel sartiame!”

Indossò una camicia di lino bianco e degli stivali.

Prese un cappotto e una sciarpa dall’attaccapanni nel corridoio, e scese cautamente di sotto.

Bussò tre volte alla porta della camera degli ospiti.

Thomas era già sveglio da un pezzo.

“Addio mia cara, che il cielo ti assista… Ah, portate i miei saluti al signor Mowett! Il suo libro di poesie era un’opera lodevole!” le disse il ragazzo, salutandola sull’uscio.

Lady Anne s’incamminò nell’aurora, diretta al porto.

In lontananza si distinguevano le luci del paese, e si udivano i canti dei marinai ubriachi che uscivano dalle taverne.

“Come on you bold, young toughtless man… A warning take by me… And never leave your happy home, to sail the raging sea!!”

Anche lei si mise a mormorare quelle canzoni da marinaio; volgari, ma per lei affascinanti.

Il paese era pieno di allegria, nonostante l’ora.

La ragazza scorse all’orizzonte, nella macchia blu del mare, la sagoma di una nave, dalle candide vele rigonfie dal vento.

“La Surprise!” Lady Anne restò incantata a guardare la figura, che pareva danzare sulle onde.

Poi si riscosse: “Devo sbrigarmi!”

Giunta al porto, si fermò dove alcuni uomini si stavano preparando a far attraccare la nave.

“Scusi, signore…” domandò a uno di essi.

“Sì? Posso esserle utile, signorina?” rispose quello, posando a terra una bracciata di cime robuste.

“Vorrei sapere… Quanto si fermerà la H.M.S. Surprise, qui al porto?”

“Ah, poco, purtroppo per il suo equipaggio…” sospirò lui “Riprenderanno il mare alle dieci del mattino… Sapete, è stata avvistata una fregata francese al largo del Brasile, così la marina ha già comunicato al comandante Aubrey che entro brevissimo tempo dovrà ripartire…”

“La ringrazio molto per l’informazione, addio.”

E la ragazza si appostò in un angolo della via, attendendo l’arrivo della nave.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4 ***


“Cime a prua! Pronti ad attraccare! Giù da quelle sartie, poltroni!” strillava il signor Hollar nel megafono, mentre una massa disordinata di uomini si precipitava sulle due impavesate.

Il comandante Aubrey camminava lungo il ponte di coperta, seguito dal medico di bordo, nonché suo migliore amico, il dottor Stephen Maturin.

“Ditemi, Stephen, avete bisogno di aiuto, nel procurarvi ciò che vi occorre?” domandò premuroso, osservando l’orizzonte.

L’amico estrasse di tasca una lista piuttosto lunga, si infilò gli occhiali e la rilesse due o tre volte mentalmente.

“Beh, ecco… Necessiterei di due paia di braccia robuste, se me le potete prestare. L’infermeria è a corto ormai di medicinali, bende e altri strumenti… Senza contare che nell’ultima battaglia una palla di cannone ne ha distrutta una buona parte, così volevo dargli una riparata prima di salpare di nuovo…”

“Manderò Killick, Bonden e Padeen ad aiutarvi… Anche io scenderò a terra… Voglio sgranchirmi le gambe, dopo tutto questo navigare, altrimenti ne perderò l’uso!” il capitano ridacchiò, raddrizzandosi il cappello sulla testa.

Giunti nel porto, gli uomini della H.M.S. Surprise, scesero a terra. Chi per procurarsi materiali utili per la nave, chi per rifornire le scorte alimentari, chi per chiedere informazioni sull’avanzata dei francesi, chi anche solo per farsi una bevuta di grog, in una taverna.

Lady Anne rimase immobile nel suo angolino fino a mattina inoltrata, quando l’equipaggio della nave si accingeva a risalire a bordo.

A quel punto, prima che chiunque avesse il tempo di fermarla, si arrampicò su alcune casse di viveri accatastate sul molo, accanto alla fiancata dell’imbarcazione, e balzò sul ponte di coperta.

I marinai erano troppo occupati ai posti di manovra per notarla, così lei riuscì ad infilarsi in un barile di pesce affumicato, nelle cucine della stiva.

Dopo poco tempo, cullata dal rollio della nave, si addormentò.

Due braccia robuste la sollevarono di peso, risvegliandola bruscamente.

“Ehi! Guardate cosa abbiamo qui… Una ragazzina…” di fronte a lei, un uomo dall’espressione arcigna la scrutò con odio.

“Facciamole fare una visitina dal capitano, prima di buttarla in mare… IN PIEDI, MOCCIOSA!” l’uomo le tirò un poderoso calcio negli stinchi, e la fece alzare dolorante.

Ai colpi alla porta aprì il capitano Aubrey.

“Che succede, Killick?”

L’uomo spinse avanti a sé la ragazza.

“Abbiamo trovato un clandestino nella stiva…”

Jack rimase per un attimo ad osservare la giovane, che si dibatteva tra le mani di Killick, che le serravano i pugni.

“La lasci, Killick.”

“Come ha detto signore?? Oh… Sì signore…” il famiglio acconsentì di malavoglia.

“Entri nella mia cabina.” disse Jack, rivolto alla giovane, che lo guardava attonita.

* * *

Una volta nella stanza, il capitano la fece accomodare su una seggiola, posta di fronte alla sua scrivania.

“Dunque…” cominciò “Qual è il vostro nome, signorina?”

“Lady Anne Ferrett.”

Jack sussultò: “Signore iddio! Siete la figlia del mio carissimo amico Joseph Ferrett, nevvero??”

“Ebbene, è così, signor capitano.” rispose la ragazza, un po’ intimorita.

“Ditemi, perché siete salita sulla mia nave?”

La giovane cominciò a tremare, con le lacrime che le scendevano argentee lungo le gote.

“Avrete saputo di mio padre, immagino. E’ disperso per le coste del Brasile…” mormorò, tra i singhiozzi “Ho sentito che la H.M.S Surprise sarebbe partita stamane, diretta laggiù… Così ho pensato di imbarcarmi di nascosto per andare a cercarlo… Mi perdoni, ma è da molto che non ricevo sue notizie…”

Il capitano le porse un fazzoletto.

“Non si preoccupi, signorina… Oggi parlerò ai miei uomini. Non sono sicuro però, che vogliano donne a bordo…”

“La capisco, signore… Ma vede, la proprietà dei Ferrett è in crisi, dopo la scomparsa di mio padre è caduto tutto nelle mie mani, ma io non sono capace a mandare avanti nulla… A casa ho lasciato un amico fidato, forse voi lo conoscete, Sir Thomas Dracken…”

“Sì, mi ricordo di lui… Ha prestato servizio in marina per un breve periodo. Era un allievo brillante. Poi prese quel morbo infernale…”

Il capitano alludeva a una forma grave di influenza che il giovane si era buscato durante la sua permanenza sulla Surprise. Il dottor Maturin gli aveva consigliato di rimanere a terra, così sarebbe guarito; infatti ciò era accaduto, ed ora il ragazzo era di nuovo nel pieno delle forze.

Nel frattempo, la voce di avere una donna a bordo era giunta alle orecchie di ogni singolo marinaio, che non esitava a esprimere il suo dissenso.

“Ve lo dico io cosa ci attende…” mormorava il vecchio Joe Plaice “Scalogna nera! Ecco cosa significa trasportare donne sulla propria nave!”

Quel pomeriggio, tutta la ciurma si riunì davanti al cassero.

“Uomini…” disse il capitano Aubrey, ad alta voce “Come credo ben sappiate, una signorina ha preso il largo con noi…” e a quel ‘ben sappiate’ rivolse un’occhiata fulminante a Killick, che aveva naturalmente spifferato tutto.

Un mormorio si levò dall’equipaggio.

“ So che voi siete contrari alle donne a bordo… Tuttavia, per questa bisogna fare un’eccezione. Anzi, due.”

Lady Anne si avvicinò timorosamente al bordo del cassero.

“Primo…” continuò Jack “Questa non è una donna, ma una ragazzina. Secondo… E’ la figlia del nostro caro amico Joseph Ferrett.”

Il brontolio si trasformò in meraviglia.

Joseph era stato ufficiale sulla Surprise, e quasi tutti gli uomini di Aubrey lo avevano conosciuto e stimato per la sua abilità nel navigare.

“Purtroppo, però, non è una buona notizia, quella che ha spinto questa giovane ad imbarcarsi sulla nostra nave… Joseph è disperso in Brasile.”

Altri sussurri, e questa volta preoccupati, si levarono dagli uomini.

“Così, se siete d’accordo, trasporteremo Lady Anne Ferrett fin laggiù, in modo da sapere se ci sono notizie positive per quanto riguarda suo padre.”

Fece una pausa, poi continuò.

“E ora, chi è a favore di quello che ho appena detto alzi la mano.”

Uno dopo l’altro, i marinai, gli ufficiali, i fanti e gli allievi levarono le braccia al cielo, sorridenti.

Killick, che aveva l’intenzione opposta, si ritrovò l’unico a sfavore, così si convertì all’istante.

“Da questo momento, la signorina Ferrett è ufficialmente un membro dell’equipaggio della Surpirise…Sarà sotto la mia protezione… Come allieva ufficiale.” pronunciò Jack, solennemente.

Grida di gioia si levarono da tutto il ponte, tranne dagli allievi, che erano rimasti colpiti da quella notizia.

“Una femmina! Che ne può sapere una ragazza, di navigazione, sestanti, cannoni e tutto il resto??” commentò Boyle.

“Stiamo a vedere…” disse Williamson “Se è intelligente e simpatica può rimanere, ma se non ne capisce un accidente giuro che la butto a mare!”

“Bravo, così ti affibbieranno venti frustate col gatto a nove code…” gli rispose Calamy “E tu, Will, non dici niente?” aggiunse, rivolto all’amico, che aveva seguito tutta la scena interessato, e ora era immobile e pensoso.

“Secondo me è in grado di imparare qualcosa…” rispose Blakeney, ridestatosi dai suoi pensieri.

Il capitano aggiunse: “Killick… Confeziona degli abiti nuovi per la signorina…”

Lady Anne gli si avvicinò.

“Per favore capitano, mi faccia preparare delle camicie e dei pantaloni… I vestiti sarebbero stoffa sprecata! Non riuscirei a muovermi a bordo…”

“Ha perfettamente ragione… Scusi un momento…KILLICK!” sbottò Jack “Cucite degli indumenti da ragazzo… Come quelli da allievo… Della misura del signor Boyle…”

In effetti, Boyle era il più minuto.

“Ehi amico, hai sentito? Potresti essere una ragazza!” sussurrò Williamson, divertito.

L’altro lo fulminò con lo sguardo.

“E fate silenzio!” li ammonì Calamy.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5 ***


La sera, fu liberata una stanzetta accanto all’alloggio degli allievi.

Killick gironzolava da quelle parti, blaterando ingiurie, come suo solito.

Lady Anne lo raggiunse, e lui si mise sull’attenti.

“Mi scusi, signor Killick, vorrei domandarle se i miei indumenti saranno pronti per domattina… Sono spiacente, se le metto fretta…”

“Ma si figuri, madamigella… E’ già tutto pronto… Dovrete però accontentarvi di una branda, per riposare la notte…”

“Oh, non importa, andrà benissimo. Posso vedere dunque, i miei alloggi?”

Il famiglio la scortò fino alla stanzetta.

Una branda con delle coperte pulite era stata appesa al fondo, e ora oscillava placidamente; una cassapanca era stata riempita fino all’orlo degli indumenti che il comandante aveva richiesto per la giovane; in un angolo, avevano sistemato un grande catino, degli asciugamani lindi con del sapone e una brocca di acqua fresca tappata con un coperchio, per impedire che l’acqua si disperdesse con l’ondeggiare della nave. Uno specchio brillava, inchiodato ad una parete.

“Questa sera siete invitata a cena dal capitano…” recitò Killick “Ah, dimenticavo, ho cucito una cosa speciale per voi… Non potete sempre andare in giro vestita da uomo, così…” il famiglio prese un sacco di tela e lo aprì.

Un magnifico vestito blu oltremare, con sbuffi di pizzo e bordi ricamati d’oro fu posto tra le mani della ragazza.

“Oh… E’ magnifico, ma non dovevate disturbarvi così tanto…” Lady Anne era sorpresa.

“Ho fatto quello che ho potuto, non c’è molto, su questa nave, per confezionare un abito da signora…”

“Siete un sarto eccezionale!” disse lei.

Killick arrossì: “Potete indossarlo questa sera, se volete…”

“Lo farò senz’altro, di modo che tutti possano ammirare il vostro lavoro!” rispose Lady Anne.

Quando Killick si fu congedato, per andare nelle cucine a preparare la cena, Lady Anne indossò il vestito, e rimase a lungo a rimirarsi nello specchio.

Si pettinò accuratamente, e si imbellettò il viso, come le aveva insegnato la governante.

Nostalgici pensieri si affollarono dunque nella sua mente.

“Chissà a casa, come vanno le cose… Come starà Thomas? E la signora Milcote? Avrà scoperto ormai la mia fuga… Chissà se è arrabbiata… Sicuramente sì…” sorrise tra sé.

Verso le nove, Killick venne a bussare alla porta.

“E’ pronto in tavola! E’ pronto! E’ pronto!!”

Lo sentì picchiare contro l’uscio dell’alloggio degli allievi.

“ Siete attesi dal comandante!”

Udì uno scalpicciare frenetico.

“Signorina Ferrett, aspettano anche lei!”

“Sì! Arrivo! Un momento!” rispose la giovane.

Rivolse per un attimo la mente a suo padre: “Papà, ti troverò, non preoccuparti!”

Poi, uscì dalla stanza.

* * *

Il capitano era già seduto a tavola, con i suoi più cari e fedeli amici.

Alla sua destra sedevano il dottor Maturin, il signor Mowett e l’allievo Blakeney; alla sua sinistra, invece, vi erano il signor Allen, Thomas Pullings e l’allievo Calamy.

A capotavola, di fronte a lui, era stato apparecchiato per Lady Ferrett.

La ragazza, entrò in quell’istante.

“Scusate, scusate… Perdonatemi se sono in ritardo… Ve ne prego…” disse, facendo un inchino imbarazzato.

Non si accorse del silenzio attonito che era caduto attorno a lei, e degli occhi spalancati che la fissavano, meravigliati da tanta bellezza ed eleganza.

Il signor Mowett scattò in piedi.

“Oh, leggiadra fanciulla; mio raggio di sole… Il vento ti culla… Lasciandoti, il cuore mi duole…” recitò, ispirato.

Il silenzio durò alcuni istanti, poi, la tavolata cominciò ad applaudire.

Lady Anne arrossì violentemente.

“La ringrazio, per questa parte della vostra vena poetica che avete rivolto a me, signor Mowett…” esitò, poi aggiunse: “Sir Thomas Van Dracken le porge i suoi più cari saluti e complimenti, per la vostra opera letteraria…”

Il comandante fece un cenno alla ragazza: “Suvvia, Lady Ferrett, sedete, e… Ingozzatevi…”

Con la sorpresa di tutti i presenti, la ragazza esclamò: “Seguirò il vostro consiglio, signore!” si sedette a tavola, tra i due allievi, che la guardavano attoniti. Lei gli sorrise amabilmente.

Blakeney divenne scarlatto; quanto al suo amico Calamy, rovesciò l’argenteria.

Killick si abbassò, brontolando, e raccolse le posate cadute a terra.

Tutta la tavola scoppiò in una risata di gusto.

La cena trascorse lieta, e i commensali discorsero in prevalenza sui movimenti della fregata francese che avrebbero dovuto abbordare in Brasile; una certa Acheron.

Lady Anne partecipò vivacemente alla discussione.

Dal canto loro, il capitano Aubrey, il signor Allen, Thomas Pullings e William Mowett; erano rimasti affascinati da quella ragazza, che conversava piacevolmente di argomenti marinareschi; quando altre donne si sarebbero limitate ad annuire, o a fare silenzio, non avendo voce in capitolo.

Lady Anne aveva viaggiato spesso con il padre, che le aveva insegnato molto sui segreti del mare e delle navi.

Anche il dottor Maturin rimase rapito dalla sapienza della giovane, e si entusiasmò, quando lei gli espose le sue idee riguardanti le teorie evoluzionistiche del tempo.

Killick, che fino ad un certo punto se ne era rimasto in disparte, si fece avanti, e le chiese qualche consiglio culinario.

“Ehm…” mormorò “Se mi è concesso domandarvelo, signorina… Secondo lei, è migliore il budino di mirtilli, o quello alle more?”

La ragazza rimase pensosa per qualche minuto, poi gli rispose: “Direi, che quello di mirtilli ha un sapore leggermente aspro. Il mio palato favorisce quello alle more, più fine e delicato… Però le confesserò che, in fondo, mi allettano entrambi!”

Il viso del famiglio si illuminò.

“Grazie mille, sa, volevo capire se ero il solo a pormi questo dubbio…”

Gli unici che non aprirono bocca, se non per mangiare, furono i due allievi; rimasti sbigottiti da tanta loquacità.

Lady Anne si accorse del loro silenzio, e provò ad interpellarli educatamente.

“Avete mai giocato a cricket?” disse, sorridendogli incoraggiante.

La ragazza non aveva compreso che il motivo di tanta agitazione erano proprio i suoi sorrisi.

Il signor Blakeney avrebbe desiderato che la seggiola lo inghiottisse.

Lady Anne abbassò gli occhi, un po’ mortificata.

“Oh… Forse vi sto annoiando…”

Il signor Calamy, che stava bevendo del grog, si mise a tossire violentemente, e fece cadere il bicchiere di cristallo, che andò inesorabilmente in pezzi, sotto il naso di Killick.

“Dannazione! Ma che gli prende? Mi rovinerà tutto il servizio da tavola!” borbottò quest’ultimo, ignorando le scuse dell’allievo.

“No, non ci sta annoiando, affatto!” disse il signor Calamy, ripreso fiato.

Il signor Blakeney annuì vigorosamente con la testa.

Intanto, tutto il resto della tavolata aveva seguito la scena, divertita.

“Ne siete sicuro?” domandò Lady Anne.

Thomas Pullings intervenne.

“Non si preoccupi, sono solo rimasti folgorati dalla vostra presenza…”

Il signor Mowett e il capitano scoppiarono in una risata, il dottore strizzò l’occhio alla giovane, mentre Allen dava di gomito ai due ragazzi, imbarazzatissimi.

I due allievi si alzarono da tavola, fecero le loro scuse al capitano e fuggirono dalla stanza.

“Mai visto un comportamento simile…” commentò con un ghigno il capitano Aubrey, che in verità sapeva bene il perché di tutta quella cagnara.

L’unica che rimase perplessa fu Lady Anne.

* * *

Dopo la cena, la ragazza salì in coperta per godersi la fresca brezza notturna.

Si appoggiò all’albero di trinchetto, e si sedette, ad annusare l’aria.

Volse un cenno di saluto al timoniere, Barrett Bonden, che ricambiò levandosi il cappello.

Tutto, a bordo, era silenzio, si udivano solo il cigolare delle sartie, lo sventagliare delle vele e lo scricchiolare del legno.

D’un tratto, Lady Anne udì dei sussurri.

“… Non so che mi è preso, ma ho fatto una pessima figura…”

“… A chi lo dici!”

Si volse verso prua.

Accanto al pennone, i due allievi, dopo essere scappati da tavola, si erano appartati per parlare tra di loro.

Lady Anne si avvicinò.

I ragazzi smisero di colpo di conversare.

“Ehm… Buonasera…” mormorò.

“Salve, signorina…” cominciò Calamy, schiarendosi la voce.

“Noi vorremmo… Vorremmo… Scusarci, se non le abbiamo rivolto parola…”

“Non dovete preoccuparvi, signori…?”

“Peter Calamy.”

“William Blakeney.”

“Lady Anne Ferrett. Piacere di conoscervi… ” e tese una mano, che i ragazzi strinsero calorosamente.

“Aria fresca stasera, eh?” disse Blakeney, tanto per dire qualcosa, mentre passeggiavano lungo il ponte.

“Sì, in effetti è piuttosto tagliente.” Lady Anne si strinse nello scialle.

“Oh, tenga…” il signor Calamy si sfilò la giacca e gliela mise sulle spalle.

“Oh, non dovete scomodarvi così… Ora avrete freddo voi!” sorrise lei.

Blakeney intervenne: “Non si preoccupi, Lady Anne, Peter è robusto!” cercò di apparire convincente, tentando di camuffare le risate con delle smorfie.

Lady Anne lo ammonì, senza riuscire a trattenere un risolino: “Signor Blakeney, è indecoroso prendersi gioco dei propri compagni!”

Il signor Calamy sorrise.

Più tardi, i tre allievi si avviarono verso le loro stanze.

Passando accanto agli alloggi del comandante, udirono le risa e i canti che intonavano gli ufficiali e il comandante, ormai ubriachi.

“Long we’ve tossed on the rolling main, now we’re safe ashore Jaaack… Don’t forget your old shipmates… Folly-rolly-rolly-rolly-rei-oh!!”

“Pare che si stiano divertendo…” disse Lady Anne, piuttosto confusa.

“Oh, è solo il troppo grog…” commentò Calamy, udendo il capitano Aubrey ordinare a Killick di riempire il suo bicchiere.

“Allora, buonanotte, signori.” disse Lady Anne, aprendo la porta della sua stanza.

“Altrettanto!” risposero i due, entrando nell’alloggio degli allievi.

Quando fece per sistemarsi sulla branda, la ragazza udì delle voci provenire dall’altra parte del muro.

“…Will, chissà perché, quando vedi Lady Ferrett diventi rosso come un papavero!!”

“…Io dico che la signorina lo ha steso!”

“…Per non parlare di Peter, eh??”

“Non siate ridicoli!”

Lady Anne sentì un groppo allo stomaco.

Poi scosse la testa.

“Ah… I ragazzi!” e si sdraiò comodamente nel suo giaciglio.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6 ***


“Volta la clessidra e batti la campana!”

I quattro colpi risuonarono nella nebbia dell’alba, echeggiando.

Lady Anne si rigirò nella branda.

Udì i passi e la tonante voce del signor Hollar, che correva da una stanza all’altra.

“Giù dal letto, poltroni!! Scattare! Scattare!”

Il tramestio si avvicinò.

Il signor Hollar si schiarì la voce e bussò alla porta.

“Siete attesa sul ponte, signorina Ferrett!”

“Ma che ore sono??” mugugnò lei, trascinandosi al catino d’acqua.

Mise una camicia di flanella, un paio di pantaloni blu e una giacca con le gale.

Vide in un angolo un cappello a cilindro, che completava l’abbigliamento abituale di un allievo. Se lo calcò in testa, dopo essersi data una spazzolata ai capelli.

Si infilò degli stivali, e uscì dalla stanza.

Il ponte era ormai ingombro di uomini, che svolgevano le loro mansioni.

Il comandante era accanto al timoniere, assieme al dottor Maturin, e ora impartiva ordini al suo equipaggio.

In lontananza, sul cassero, vide il signor Thomas Pullings, con il gruppo degli allievi.

Si avvicinò.

“Buon giorno, signor Pullings.”

“Buon giorno a voi, Lady Ferrett… Prendete un cannocchiale, e venite a seguire la lezione.”

“Sì, signor Pullings.” Lady Anne si unì al gruppo, interessata.

Ogni tanto gettava occhiate furtive al capitano. Avrebbe voluto tanto essere abile come lui…

Osservò incantata i marinai che si arrampicavano sulle sartie, come tanti ragni agili.

Più tardi, il dottor Maturin la invitò nei suoi alloggi, per mostrarle la sua rara collezione di colibrì.

La teca risplendeva di mille colori, emanati dalle piccole ali di quei volatili minuscoli.

Alla ragazza si strinse il cuore, guardando quei poveri uccelletti imprigionati; caduti nel sonno eterno, disposti e appuntati con spilli, come se fossero in croce.

Il dottore si accorse della reazione della giovane.

“Ehm… Anche io, ogni volta che passo davanti a quegli animali, provo un moto di malinconia… Mi sento come se fossi il responsabile della loro morte.”

“Chissà com’erano da vivi…” sospirò Lady Anne. Le sarebbe piaciuto vederli volare, e succhiare il nettare dei fiori.

“Ditemi, le fanno ribrezzo gli insetti?” le domandò Stephen.

“Beh…Le blatte e gli scarafaggi direi che non mi allettano…”

Il dottore sorrise.

Poi si avvicinò ad uno scaffale, e ne estrasse una piccola gabbietta, fatta di rete e piccole assi di legno.

All’interno svolazzavano delle splendide farfalle.

“Ne avevo raccolti i bruchi, su un’isola da queste parti… Ne ho studiato la crescita. Ora è venuto il momento di restituirgli la libertà… Mi vorrebbe aiutare?”

Lady Anne si illuminò, vedendo quelle bestioline.

“Nulla mi farebbe più felice!”

Insieme si recarono in un posto tranquillo, accanto al pennone di prua.

“A lei l’onore, Lady Ferrett…” disse il dottore.

La ragazza mise le braccia nella rete.

Le farfalle si posarono delicate sulla sua candida pelle.

I marinai, lì attorno, interruppero i loro lavori, per assistere alla scena.

Lady Anne volse le braccia al cielo, e una miriade di farfalle prese il volo.

Tutta la nave fu avvolta da una nube colorata.

Il capitano era a poppa, con l’aiuto carpentiere Joseph Nagel.

“Ma che diavolo succede?” si chiese allarmato.

Una farfalla si posò sulla sua giubba.

Jack volse lo sguardo a prua.

La ragazza rideva felice, tra quel turbinare di ali variopinte.

L’uomo sorrise.

Lady Anne diede l’addio alle ultime creaturine, e poi si rivolse al dottor Maturin, con gli occhi colmi di contentezza.

“La ringrazio infinitamente, per avermi permesso di assistere a questo spettacolo!”

* * *

Quella sera, la cena gliela portò Killick.

Mentre assaporava il brodo di pollo, la ragazza scrisse una lettera a Thomas.

“Caro Tom, come puoi constatare, sono ancora viva. Il capitano ha acconsentito ad accompagnarmi alla ricerca di mio padre… Qui sono tutti suoi grandi amici! La vita di mare mi affascina, sono stata ammessa al gruppo degli allievi ufficiali, e sto cercando di imparare quante più cose possibili… Si preannuncia una battaglia, la Surprise deve catturare una fregata francese… Una certa Acheron. Sai una cosa? Ho deciso di farmi insegnare dal dottor Maturin a tirare di scherma… Il capitano è troppo occupato, per darmi lezioni. In caso di attacco sarei preparata! Inoltre, il signor Pullings mi dirà come tirare con la pistola. Voglio imparare, perché altrimenti non credo che sopravviverò ancora a lungo, qui… Dì alla signora Milcote che sto bene, e di non preoccuparsi.

Cari saluti dal capitano Aubrey, il dottore e tutto l’equipaggio.

Il signor Mowett ti ringrazia per i complimenti.

Un abbraccio, la tua Anne.”

Mise il foglio nella busta, e corse a metterla nel sacco che conteneva la posta da spedire.

Il mattino dopo passò una barchetta malconcia, che lo ritirò, e si diresse verso la terraferma meno distante

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7 ***


I giorni passarono.

Lady Anne aveva appreso molte nozioni sul navigare, aveva stretto amicizia con quasi tutta la ciurma, e tutti si dimostravano molto educati e servizievoli nei suoi confronti.

Il dottore le insegnò a maneggiare la spada poco alla volta, finché l’allieva non superò il maestro. La ragazza acquisì anche una buona mira, con la pistola, grazie ai preziosi consigli del signor Pullings.

Scrisse molte volte a casa, ricevendo risposte. A villa Ferrett andava tutto bene, diceva Tom. La signora Milcote si era spaventata, quando aveva scoperto la sua fuga, ma poi si era fatta coraggio, definendola una ragazza diligente, sveglia e che avrebbe saputo cavarsela.

Lady Anne era così presa da una cosa e l’altra, da non accorgersi che qualcuno aveva posato gli occhi su di lei.

Durante una fredda sera, in cui era rimasta al caldo nel suo stanzino, udì dei sussurri, provenienti dall’alloggio degli allievi.

“…Ammettilo! Si nota da un miglio di distanza, che la guardi sempre, arrossisci, e non riesci quasi mai a spiccicare parola!”

“Oh, ma dai…”

“Dillo! Dillo che ti piace!”

“…E va bene! Siete contenti, adesso che lo sapete??”

“Dichiarati allora!”

“Ma sei impazzito??”

“Che ti costa? Vai lì e glielo dici!”

“Come? Così?? Su due piedi??”

“Avete sentito?? Il nostro amico ha l’aria da duro, ma sotto sotto è timido!”

“Piantala, Boyle!”

Lady Anne rimase stordita.

“Ah, i ragazzi…” mormorò, scuotendo la testa per la seconda volta.

* * *

La vita di bordo proseguiva abbastanza tranquilla.

Tuttavia, alcune persone non provavano alcuna sensazione di pace, primo fra tutti il capitano Aubrey; che si trovava nei suoi alloggi.

“Non è possibile… Sembra essere svanita nel nulla!” picchiò un violento pugno sul tavolo, dove erano ammassate molte carte nautiche scribacchiate.

In un angolo, il signor Mowett cercava di tranquillizzare Jack.

“Suvvia, signore… Sono convinto che non si trova molto distante da qui.”

“Maledetta fregata francese… Ma dove diavolo è andata a nascondersi?? Vorrei saperlo! Ah, Dio, se vorrei saperlo!!” rovesciò la boccetta d’inchiostro, e una macchia blu si allargò sulla tovaglia.

Questo irritò moltissimo Killick, che rimediò frettolosamente al danno, gracchiando imprecazioni.

“Beh, signore, si sieda, consultiamo le cartine…” propose Mowett.

Dopo quell’impeto di rabbia, il capitano si afflosciò sulla seggiola, e si mise ad analizzare attentamente i fogli.

D’un tratto, scattò in piedi, acquisita di nuovo la baldanza.

“William! Mio caro William! L’ho trovata! Quel figlio d’un cane del comandante ha portato la sua nave a tre settimane di distanza da noi!!”

L’ufficiale, che non si aspettava una reazione simile, quasi cadde dalla sedia, terrorizzato.

“Tutti gli uomini all’impavesata di dritta… Dobbiamo aumentare l’andatura… Avvertite il signor Allen!”

“Sì signore!” Mowett si precipitò in coperta.

Lady Anne si era sistemata a poppa, con il dottor Maturin, che le stava spiegando di aver visto degli splendidi lamantini in una certa baia.

“Che succede??” si domandò, quando avvertì i trilli del fischietto del nostromo, e gli ordini impartiti dal signor Allen.

Vide ogni uomo presente sul ponte aggrapparsi alle sartie dell’impavesata di dritta, e la Surprise si inclinò vertiginosamente.

“Credo si tratti di una manovra per aumentare i nodi…” il dottore raccattò la sua roba e si artigliò anche lui a destra.

La ragazza fece lo stesso, e udì Warley urlare: “ANDIAMO A TUTTA FORZA!”

Dall’altra parte provenne una risposta da un mozzo: “Andiamo al Creatore, tra un po’, se non sta’ attento!”

Higgins, aiutante del medico di bordo, lo zittì: “Il capitano conosce questa nave, sa quanto può reggere!”

Lady Anne si strinse nella giacca, tentando di resistere agli spruzzi di acqua gelata.

Si udì la voce del signor Calamy: “DICIOTTO NODI!”

Filavano che era una meraviglia.

Dopo un tempo che parve interminabile, il capitano Aubrey ordinò che poteva bastare.

Avevano recuperato molto del distacco dalla Acheron, e ora l’intero equipaggio era sicuro dell’imminente battaglia.

Nessuno poteva sapere quello che sarebbe successo.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8 ***


In una mattina di nebbia, era di guardia il signor Hollom.

Il giovane passeggiava sul ponte, quando udì un terrazzano chiamare.

“Cosa c’è, Slade?” gli domandò, dal basso.

“Una campana, ho sentito una campana!”

“Indigeni… O forse pescatori?”

“O un segnale da nebbia, signore…”

Hollom si diresse a prua, e scrutò il banco grigiastro con il cannocchiale.

D’un tratto, distinse un balenio chiaro, che si dissolse in poco tempo.

Il signor Calamy si avvicinò.

“Cos’era? Una vela?”

“… Due quarti al mascone… E’ stato un attimo.”

Il giovane allievo non distinse nulla dalla nebbia.

“Posti di combattimento?” domandò, incerto.

“Non sono sicuro!”

“Hollom, dovete decidere voi…”

Poi, senza attendere una risposta, il ragazzo si voltò.

“AI POSTI DI COMBATTIMENTO!”

Il capitano arrivò, frettoloso.

“Cosa avete visto?”

“Una vela, nella nebbia, laggiù.” Hollom indicò un punto preciso, che Jack seguì con il cannocchiale.

Si rivolse a Calamy: “Voi l’avete vista?”

“No, signore.” rispose l’allievo.

Giunse Pullings.

“Tom, siete voi di guardia…” disse Aubrey.

“Sì signore.” l’ufficiale si spostò lungo la fiancata di dritta.

Il capitano rimase ancora un attimo a fissare la nebbia.

Un bagliore.

“GIU’! TUTTI GIU’!!” urlò, con quanto fiato aveva in corpo.

Istantaneamente, tutti i marinai presenti sul ponte, si gettarono a pancia a terra.

Lady Anne era con il gruppo degli allievi e il signor Mowett.

Prima ancora di rendersi conto di quanto stava succedendo, il braccio di Calamy le strinse le spalle, e la spinse verso il basso.

Un sibilo, e un rumore sordo di legno e corde che si sfasciavano, poi una pioggia di schegge.

Barrett Bonden, il timoniere, era stato gettato fuori bordo da una cannonata.

Appeso ad una cima ciondolante a qualche metro dall’acqua, implorava aiuto.

Il capitano accorse, seguito da Mowett e Allen.

“Il timone è saltato, non governo più!”

“Siamo carne da macello…” ansimò Allen.

Dall’altra parte del ponte, il signor Blakeney era finito contro un barile, e ora si fissava il braccio, con orrore. Una scheggia glielo aveva trapassato.

Il signor Calamy se ne accorse.

“Rimanete qui, signorina…” le disse, e si precipitò dall’amico.

La ragazza chiuse gli occhi, mentre attorno a lei echeggiavano i colpi di cannone, gli ordini degli ufficiali e le grida dei feriti.

D’un tratto, qualcosa le cadde addosso, e lei sentì un dolore acuto alla schiena, prima di perdere i sensi.

* * *

Ormai la Acheron si era dileguata nella nebbia.

Il capitano corse verso l’infermeria, dove il dottore si stava dando da fare.

Una fila di uomini sanguinolenti e gementi lo accolse nella stanza.

L’importante era però che fossero rimasti vivi.

Spostando lo sguardo, si accorse però che alcune brande erano state cucite.

“Qual è il conto?”

“Nove morti e ventisette feriti.” rispose Stephen.

“Ce le siamo prese di santa ragione…” disse Jack “Dio, che bravo… E’ sbucato dal nulla, col vento a favore, e ci ha distrutto il timone… Poi si è dileguato.”

Il dottore gli estrasse dal collo una scheggia.

“Beh, gli uomini sono piuttosto avviliti…” commentò il dottore, osservando le facce meste.

Poi Jack passò tra le amache, per dare un’occhiata a quali fossero i feriti.

“Joe Plaice…” riconobbe il vecchio, bendato attorno alla testa, che riposava ad occhi chiusi.

“Ha una grave frattura cranica con avvallamento, non credo che supererà la notte…” mormorò Stephen, preoccupato.

Jack si spostò dal lato opposto.

In un’altra branda giaceva un allievo.

“Signor Blakeney…”

“Solo un braccio rotto, signore…” gemette il ragazzo.

Il volto del capitano sbiancò di colpo.

“DOV E’ LADY FERRETT??”

“Jack, qui non l’ho vista…” Stephen si fece scuro in volto.

“Mandate gli uomini a cercarla!” disse Aubrey a Pullings, che era giunto lì per caso.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9 ***


Un dolore atroce la ridestò.

Lady Anne si guardò attorno per alcuni secondi: sul ponte non c’era anima viva.

Cercò di alzarsi, ma una fitta che le strappò un gemito di sofferenza, la avvisò che non si poteva muovere.

Si portò una mano alla fronte.

La ragazza inorridì: era macchiata abbondantemente di sangue.

Gridò aiuto.

Dopo alcuni istanti, una folla di uomini la raggiunse.

Il capitano Aubrey era tra questi.

“Spostate l’albero, presto!”

Un enorme peso le fu levato dalla schiena.

Quando si voltò, capì che l’albero di trinchetto le era caduto addosso.

“Aiutatela! Portatela dal dottor Maturin!”

Lady Anne distinse le sagome di Bonden e Killick che la afferravano per le braccia e i piedi. Vide Calamy sorreggerle da sotto la schiena.

“Tenete duro…” furono le due parole che carpì prima di sprofondare nel buio.

* * *

Aprì gli occhi.

“Dove sono?” mormorò con una vocina flebile e rauca.

“Non preoccupatevi, signorina Ferrett, qui siete al sicuro…” il viso del dottore le sorrideva, dietro le lenti degli occhialetti.

“Cos’è successo?”

“L’albero di trinchetto vi è crollato addosso… Non riesco ancora a credere che siate viva…”

La ragazza si toccò la fronte.

Percepì il filo ruvido.

“Avete una cucitura… Un bozzello vi ha ferito, ma per fortuna nulla di grave.”

Lady Anne sorrise.

“Sono ridotta male?”

Il dottore si sistemò gli occhialetti.

“Avete due costole rotte, e una di esse vi perforerà il polmone destro, se non vi opero.”

“Allora non fatelo.”

I pazienti lì attorno si voltarono bruscamente verso la ragazza.

“Non dite sciocchezze…”

“Senta, signor Maturin, qui ci sono molti marinai che hanno bisogno del vostro aiuto, e anche loro moriranno, senza di esso. Posso essere figlia di un comandante di vascello, essere importante… Ma questo solo sulla terraferma. Qui, la mia vita vale meno di quella del mozzo addetto alla scolatura delle latrine. Se quell’uomo mancasse, tutta la nave ne risentirebbe. Io non ho alcun ruolo fondamentale, quindi…”

Il dottore si alzò dal suo sgabello, molto arrabbiato.

“Ribadisco che state dicendo una sciocchezza! Devo operarvi, o non rivedrete mai più vostro padre! E cosa ne sarà di villa Ferrett? Non pensate ai vostri cari laggiù??”

Lady Anne si sentì punta sul vivo, e una lacrima le rigò il viso.

Dalla branda accanto, il signor Blakeney la stava guardando, sull’orlo di una crisi di pianto; e come lui, anche Calamy, Boyle, Williamson; che erano venuti a fare una visita al loro amico, il capitano Aubrey, il signor Mowett, Tom Pullings, il signor Allen, Killick, Bonden, l’intera stanza. Pensò a Tom, alla signora Milcote, che stavano attendendo il suo ritorno a casa… E a suo padre, disperso chissà dove, che cercava il suo aiuto.

Lady Anne ritrovò uno scopo per cui vivere.

“Va bene, dottore. Operatemi.”

Sul volto dei presenti si aprì un sorriso.

“Padeen, Higgins, i miei arnesi, presto.” ordinò Stephen “E ora tutti fuori per piacere!” i marinai si avviarono brontolando verso i loro posti in coperta.

Gli allievi erano rimasti fermi dove si trovavano.

“Ragazzi, anche voi, per cortesia…”

“La prego dottore, posso restare ancora un po’?” supplicò Calamy, mentre Boyle e Williamson tornavano nell’alloggio degli allievi.

“Mi spiace, signor Calamy, ma anche voi siete invitato ad uscire…”

“Ah, d’accordo. Tornerò dopo allora.” sorrise a Lady Anne e salutò Blakeney.

La prima operazione fu su di lui.

Il medico trasse la conclusione: era necessaria l’amputazione del braccio destro, quello ferito dalla scheggia, altrimenti sarebbe andato in cancrena, causando la morte del giovane.

Lady Anne cercò di trasmettere sicurezza all’amico attraverso la sua mano, avvinghiata a quella del ragazzo, e la cosa ebbe abbastanza successo.

Il giovane teneva gli occhi puntati su di lei, tentando di non badare alla sega, che stava lavorando poco sopra il suo gomito. Non riuscì del tutto a resistere al dolore, ma la cosa era comprensibile.

Terminato l’intervento, mentre Padeen puliva e fasciava quel che rimaneva dell’arto destro, Blakeney alzò il braccio sano e carezzò la mano della giovane, visibilmente inquieta.

“Coraggio Lady Anne, andrà tutto bene…”

Si tennero per mano per tutta la durata dell’operazione.

Il dottore pulì i suoi arnesi e cominciò.

Fuori, sul ponte di coperta, tutti erano inquieti.

Il signor Allen e Mowett passeggiavano avanti e indietro sul cassero, il capitano Aubrey era seduto solitario a poppa, con un’aria grave.

Gli allievi erano accasciati sotto l’albero di mezzana, tesi come corde di violino; tranne Calamy, che si era appartato sulla coffa dell’albero maestro.

Killick cuciva un paio di vecchi pantaloni sbrindellati, ma era così agitato che si pungeva sempre le dita, e imprecava sottovoce.

Bonden era al timone, come solito, e stava innalzando al cielo una preghiera.

Sulla Surprise regnava un silenzio innaturale.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10 ***


All’interno dell’infermeria, i due ragazzi, reduci dall’operazione, riposavano ad occhi chiusi.

Il dottor Maturin si avvicinò alla branda di Blakeney.

“Non c’è paziente più coraggioso di voi…” sussurrò, al ragazzo addormentato.

Volse lo sguardo a Lady Anne.

“… E lo stesso vale per la signorina Ferrett.” anche la ragazza era sprofondata nel sonno.

Notò le dita intrecciate delle mani dei due giovani, che mai si erano allontanate l’una dall’altra.

Poi uscì sul ponte di coperta.

I marinai, vedendo il dottore aprire la porta, si avvicinarono curiosi e preoccupati.

“Non c’è più pericolo. Sono salvi.”

Un boato di gioia echeggiò sul mare.

Boyle e Williamson improvvisarono una danza festosa.

“Ehi! Vieni giù!” gridarono a Calamy, ancora appollaiato sulla coffa “Lady Anne e Will sono vivi!!”

Il dottore rientrò nell’infermeria, i feriti da curare erano ancora molti.

Il capitano Aubrey tirò un sospiro di sollievo, lasciandosi cadere su uno degli scalini che portavano al cassero.

Mowett e Pullings fecero lo stesso.

Killick si era ritirato nelle cucine a preparare la cena.

“Signor Hollar, voglio il rapporto completo dei danni subiti.”

“Sì, signore.” l’uomo si precipitò nella stiva.

* * *

Quella sera, tutto l’equipaggio della Surprise si era immusonito per la sconfitta.

Gli ufficiali e il capitano stavano cenando nel quadrato.

“Ora sappiamo come si muove, e quanto è potente…” disse Aubrey.

“Potremo sostare in un porto per effettuare il raddobbo…” cominciò Allen.

“Ci riattrezziamo in mare.” lo interruppe il capitano.

Pullings era sconcertato: “Ma per tornare a casa avremo bisogno di…”

“Non torniamo a casa.” Concluse Aubrey.

La scena si immobilizzò.

Tutti gli ufficiali, scioccati da quella notizia, fissavano Jack.

Perfino Killick, non si mosse per lo stupore; nemmeno quando il bicchiere di Mowett si inclinò pericolosamente vicino alla tovaglia, lasciando cadere alcune gocce di madera.

“Ma signore… Con tutto il rispetto, quella è una nave troppo grande e veloce per noi, non ce la faremo se non ci fermiamo…” protestò Allen.

Il dottore intervenne.

“La Surprise può essere paragonata ad un soldato un po’ vecchiotto…”

Tutti si zittirono.

“… Ho sbagliato il raffronto?”

Il capitano Aubrey riprese a parlare.

“La Surprise ha una bella linea, è solida, tiene bene il vento… No, non è vecchia, è nel fiore degli anni.”

* * *

Killick entrò nell’infermeria, reggendo un vassoio con due scodelle di zuppa calda.

Il signor Blakeney e Lady Anne si erano svegliati da poco, e ora stavano seguendo una partita a scacchi tra Calamy e Williamson.

Quest’ultimo stava perdendo clamorosamente.

Gli allievi ridevano, vedendo gli inutili tentativi di Boyle di suggerire all’amico in difficoltà.

“Non vale Peter! Sei troppo bravo per giocare con noi mezze cartucce!” brontolò Williamson, seguendo con sguardo disperato il suo alfiere, che veniva spostato dietro la scacchiera dalla parte dell’avversario.

“Che vuoi dire con quel NOI?” gli disse Boyle, piuttosto indignato.

“Mi hai sfidato tu…” rispose Calamy, sorridendo ironicamente a Williamson.

“Basta! Ci rinuncio!” quest’ultimo rovesciò gli ultimi pezzi rimasti sulla scacchiera, molti dei quali finirono nelle scodelle di zuppa e sulla testa di Killick, che si era appostato lì di fianco, per seguire la partita.

“La minestra! Dannazione!” gracchiò il famiglio, tra le risate generali.

“Fate provare Lady Anne…” propose Boyle, ripescando una torre dal brodo, e asciugandola con la camicia.

“Ma io non sono brava, in questo gioco!” si schermì la giovane.

“Dai provi, signorina, dia una lezione a questi rovinaminestroni!” la incoraggiò Killick.

“Va bene, mi arrendo, ma vi avviso, non sono un granché!”

La scacchiera fu spostata accanto alla branda della ragazza.

“Chi gioca contro di me?”

“Io, se me lo permettete…” disse Calamy.

Il silenzio calò nella stanza.

Killick e Blakeney parteggiavano per Lady Anne, mentre Boyle e Williamson erano convinti che avrebbe vinto Calamy.

Sorse una scommessa, che propose Killick.

“Chi vince si prende la minestra, e chi perde andrà a mangiare il frumento delle capre!”

“Va bene!” accettarono tutti.

Lady Anne si chiese se era meglio la sbobba delle capre o le infide minestre del famiglio.

La partita iniziò.

I pezzi si muovevano, sotto lo sguardo attento dei due giovani.

Ad ogni mossa il pubblico sussultava.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11 ***


Lady Anne era concentrata sulla regina.

Erano pochi ormai, i pezzi rimasti sulla scacchiera: le due regine, che ora si fronteggiavano, i re, l’alfiere di Calamy e una torre della ragazza.

“Che faccio??” la giovane era in una posizione precaria: doveva sacrificare la torre.

Mosse il pezzo in avanti, eliminò l’alfiere e attese.

Calamy spostò la regina.

Ora erano rimasti con due pedine a testa.

“Che partita!” mormorò Williamson all’orecchio di Boyle “Era da un secolo che non ne vedevo una simile!!”

“Ehi, gente! Sembra che la signorina riesca a tener testa al nostro campione…” disse Killick sorridendo a Blakeney.

Lady Anne fissò per un momento la scacchiera.

Il suo avversario aveva appena commesso un errore fatale. In un attimo di distrazione aveva esposto il re.

Sollevò la regina.

Una scossa violenta rovesciò il tavolo.

La zuppa di Killick si spiattellò sul viso di Boyle.

Le sedie e gli sgabelli rotolarono per la stanza, mentre i ragazzi e il famiglio caddero al suolo.

“Ma cosa succede??” Williamson si rialzò barcollando, e si diresse verso la porta.

Uscirono tutti sul ponte di coperta.

“Ah! Un’esercitazione della batteria di sinistra!” esclamò Calamy.

Lady Anne volse lo sguardo all’impavesata indicatagli dall’amico, e ammirò a lungo le fiammate e gli spruzzi sollevati dalle palle di cannone.

“Due minuti e ventotto secondi!” urlò un mozzo.

Si levò un urlo di gioia.

“Vedrete, la Acheron non avrà scampo!” disse Boyle esultante.

* * *

Il giorno dopo, una violenta tempesta sferzava le vele della Surprise.

Il sartiame cigolava, e il legno del ponte scricchiolava pericolosamente.

Gli uomini svolgevano le manovre, zuppi d’acqua fino al midollo.

Il signor Allen gridava gli ordini nel suo megafono, però essi venivano uditi a fatica, coperti dal rombo delle onde, alte fino a cinque metri, che si abbattevano furiosamente sulle bordate.

Il capitano Aubrey si teneva saldamente all’albero di maestra, incitando l’equipaggio.

Killick correva qua e là, nella stiva, raccattando degli impermeabili da distribuire.

L’infermeria era piena di marinai che soffrivano il mal di mare, e che ora davano di corpo in secchi di legno, che Higgins svuotava da un boccaporto.

Tra questi sfortunati, vi era il signor Williamson.

Lady Anne e Blakeney stavano offrendo aiuto al dottor Maturin, mentre Boyle e Calamy erano usciti sul ponte, dal capitano.

William Warley, un marinaio scelto, si era arrampicato in cima all’albero di trinchetto, per saldare una cima.

L’albero era stato riparato, dopo il crollo di qualche settimana prima, quando Lady Anne era rimasta intrappolata sotto, ma sembrava ancora instabile, e gemeva pericolosamente, inclinandosi al vento.

Warley, in cima, non trovava il modo di scendere, così gridò aiuto.

Il signor Hollom salì, cercando di tirarlo giù.

Ci fu una folata che spazzò via il giovane, e l’albero si spezzò cadendo in mare.

La Surprise si inclinò pericolosamente vicina al bordo dell’acqua.

Da sottocoperta si udirono delle grida.

Joe Plaice, sopravvissuto all’arrembaggio precedente, sentenziò grave: “Affonderemo, tutti quanti!”

Il signor Pullings corse dal capitano, il quale era a poppa, e assieme ad altri uomini incitava il povero Warley a nuotare verso la nave.

Il ragazzo si reggeva all’albero crollato, ma la corrente era troppo forte per consentirgli di avvicinarsi all’imbarcazione.

“Signore, il relitto fa da ancora… Affonderemo!”

Aubrey e il signor Allen si lanciarono uno sguardo solenne.

Presero le accette.

Allen ne porse una a Joseph Nagel, l’aiuto carpentiere. Il migliore amico di Warley.

Il giovane comprese subito ciò che doveva fare, e si mise a vibrare colpi alle funi.

Lacrime di dolore solcavano il suo viso, accompagnate da singhiozzi di rabbia.

L’ultima cima si spezzò, e il relitto si perse tra le onde, con il povero William.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 13 ***


Domenica. Giorno di duro lavoro e pulizie, per gli uomini della Surprise.

Il signor Mowett passeggiava sul ponte, aspettando il momento dell’ispezione della nave.

I marinai lavavano il ponte con buona lena, mentre dappertutto vi era una frenesia incredibile.

Il dottor Maturin stava riordinando i suoi arnesi nell’infermeria.

Killick stava ripulendo la cucina.

Gli allievi sistemavano il loro alloggio.

Gli ufficiali si rassettavano le divise.

Giù in coperta si lucidavano le batterie.

La polena era stata ridipinta di fresco.

Il nostromo e il signor Hollar facevano il conto delle vivande.

Allen spolverava il suo orologio da taschino.

Pullings lucidava la sua spada.

Il capitano si stava pettinando.

Lady Anne si imbellettava il viso.

Il signor Hollom era seduto a poppa.

“E’ come dice Killick…” mormorò Nagel, strofinando il ponte “E’ lui la causa di tutto… C’era lui di guardia, quando è stata avvistata la Acheron… Ed è salito lui sull’albero di trinchetto, che è crollato col povero Warley…”

“Un Giona…”

A mezzogiorno, il signor Mowett fece interrompere i lavori per effettuare l’ispezione.

“Tutti gli uomini sobri e puliti sul ponte!”

I marinai si affrettarono a disporsi in file, sull’attenti, con i vestiti puliti, rammendati e in ordine.

“Tutti gli uomini sobri e puliti, signore!” disse Pullings, finito il giro.

Il signor Arlow, dei fanti di marina, si apprestò a dare i suoi ordini: “Presentat arm!”

I fanti afferrarono i fucili, e dopo vi infilarono le baionette.

“Signor Hollar, con me nella stiva!” disse Mowett, scendendo di sotto.

Il giro della nave terminò in poco tempo, il rapporto venne riferito al capitano Aubrey, che ordinò una doppia razione di grog per tutti.

* * *

Il Lunedì, così come era venuta, la brezza marina se ne andò.

Il mare era piatto come una tavola, ed il clima orribilmente caldo e umido.

I marinai erano stanchi, e annoiati.

Le scorte d’acqua stavano finendo.

Il comandante Aubrey era estremamente irascibile.

In quel momento stava strapazzando Mowett, cercando di dare una spiegazione plausibile a tutto ciò che stava accadendo.

“E’ sempre lui…” sentenziò Killick quella sera, lavando i piatti.

“Chi?” domandò curioso il suo assistente africano.

“Il Giona…”

Già, ormai tutti i marinai della Surprise si erano convinti che il signor Hollom fosse un portatore di sventure.

La diceria raggiunse il culmine quando, in una mattina di sole, l’allievo stava camminando accanto ad un’impavesata.

Joseph Nagel, l’aiuto carpentiere, stava arrivando dalla parte opposta.

Non si tolse il cappello, né fece un saluto, anzi, non si scostò nemmeno per far passare il ragazzo; così da tirargli una poderosa spallata.

Il capitano Aubrey, che si stava intrattenendo con Allen, assistette a quell’azione irrispettosa.

“EHI, TU!” gridò, con voce possente.

Nagel si fermò.

“Signor Hollar, attrezzate il carabottino…”

La punizione fu eseguita nel pomeriggio.

“Hollar, dodici frustate agli otto colpi!” disse Aubrey, secco.

L’uomo prese dal sacco il gatto a nove code, e iniziò.

La schiena di Nagel si andò via via segnando di graffi e ferite rosse e sanguinanti.

Terminata la corte marziale, il capitano condusse Hollom nella sua cabina, e lo apostrofò duramente, per l’aver permesso quello sgarbo disdicevole.

Gli unici che non dissero una parola sulla storia del Giona, siccome sostenevano che fosse una fandonia, furono Blakeney, il dottor Maturin e Lady Anne.

Il signor Hollom, intanto, andava sempre più convincendosi che era portatore di una maledizione.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 13 ***


Una sera, il giovane camminava sul ponte, in compagnia di Blakeney.

L’amico non sospettava minimamente che cosa si era messo in testa di fare Hollom, ma poco dopo lo scoprì con terrore.

I due stavano parlando del clima, ovvero la frescura della brezza serale, quando il signor Hollom montò sull’impavesata.

Il signor Blakeney si accorse solo a quel punto, che l’amico aveva preso di nascosto una palla di cannone…

Tutta la nave udì un tonfo nell’acqua ed un grido di spavento.

William era ancora sotto shock, quando arrivarono i marinai per vedere cos’era successo, ma videro il cappello di Hollom tra i flutti e compresero.

Il giorno dopo, il comandante Aubrey celebrò una piccola funzione religiosa, in onore dell’allievo.

Tutti volgevano gli sguardi alla branda cucita, sepolta da una bandiera inglese.

Jack si volse a Killick, che gli porse la Bibbia, sulla pagina in cui si leggeva a chiare lettere “JONAH”.

Aubrey, indispettito, chiuse il volume consunto e recitò una preghiera, rivolgendosi a Dio, chiedendo il perdono per quelle persone che si erano mostrate ostili verso Hollom.

Joe Plaice, Killick, e tutti quelli che avevano creduto nella storia del Giona chinarono la testa.

Anche Calamy lo fece, perché il giorno prima aveva aspramente apostrofato l’allievo, accusandolo di non voler rispettare i turni di guardia.

Lady Anne era molto afflitta. Non aveva avuto l’occasione di conoscere meglio il signor Hollum, ma aveva capito che era un bravo ragazzo, anche se piuttosto impacciato e timido.

Il dottor Maturin non riusciva a capacitarsi dell’accaduto. Non capiva il perché di quelle sciocche superstizioni da marinai.

L’allievo Blakeney, seduto tra Boyle e il signor Allen, stringeva i pugni sulle ginocchia e si mordeva le labbra, per frenare il pianto.

Forse per un’amara coincidenza, il vento riprese a soffiare dopo che la branda fu gettata in mare.

“Tutti ai posti di manovra!” ruggì Aubrey.

Lady Anne si chiuse nel suo alloggio, col permesso del capitano, e non uscì più fino a sera inoltrata.

Quindi salì sul ponte, e ammirò le stelle. Pensò a suo padre. Chissà se era ancora vivo. Il cuore le diceva di sì. E lei ne aveva fiducia.

* * *

Il giorno seguente, la ragazza si svegliò di buon’ora; con i richiami del fischietto del nostromo che le ronzavano nelle orecchie.

Tutta la nave era in fermento, e purtroppo, molti marinai erano sereni per la morte di Hollom: niente più sventura.

Prese il sestante, e seguì la lezione del signor Pullings tentando di distrarsi. Tutti gli altri allievi erano irrequieti, specialmente uno: Calamy.

Quando l’ufficiale si fu allontanato un poco, per dare un ordine a Bonden, il ragazzo le si avvicinò, piuttosto titubante.

“Ehm…Splendida giornata, nevvero, signorina Ferrett?”

“Certo, sì, è magnifica!” rispose lei, sorridendo.

“Milady, mi farebbe l’onore di partecipare ad una partita a scacchi, questa sera, nell’alloggio degli allievi?”

“Oh… Bè… Avevamo lasciato in sospeso una partita, noi due… Giusto?” disse lei, sollevando un sopracciglio con malizia.

“Ehm… Esatto, signorina…” rispose lui, stropicciandosi i bottoni della giacca.

“Verrò volentieri, mi fa piacere stare in vostra compagnia.” Concluse Lady Ferrett, e si voltò per scrutare l’orizzonte, non accorgendosi quindi che il ragazzo era arrossito fino alla punta delle orecchie.

La giornata trascorse lieta, con la Surprise che veleggiava sulla cresta delle onde come un gabbiano che sfiora le nuvole con la punta delle ali.

Lady Anne si pettinò i capelli, e indossò l’abito che le aveva cucito Killick, quello blu, il suo preferito.

Mentre aspettava, scrisse una lettera a Tom, in cui annunciò la scomparsa di Hollom.

Tre colpi alla porta.

“Signorina… E’ attesa nell’alloggio degli allievi.” gracchiò Killick.

Stranamente, nella stanza c’era solo il signor Calamy, in piedi, presso la finestra.

“Buonasera!” la salutò cordialmente, e la invitò a sedere.

Lady Anne sentiva che c’era qualcosa che non andava nell’aria.

Ricordò le parole della signora Milcote, che le ricordava sempre di prestare attenzione agli uomini che si avvicinavano troppo alle fanciulle con una falsa espressione amichevole, e delle conseguenze della troppa fiducia che gli si prestava.

Ma lei non era ingenua, e prima di uscire, aveva infilato la sua pistola in una tasca interna del vestito, che aveva aggiunto all’insaputa del famiglio.

Le dispiaceva agire così, lei si fidava del signor Calamy e degli altri allievi, ma un po’ di prudenza non guasta mai.

I due si sedettero alla scacchiera.

Silenzio.

I bianchi muovono per primi.

Calamy fece la sua mossa.

Lady Anne mise da parte la diffidenza e si concentrò sulla partita.

* * *

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** 14 ***


I minuti passavano.

Lady Anne era giunta ad un punto critico della partita: aveva commesso un errore tremendo, e si era lasciata mangiare la regina. Ora aveva il re pericolosamente esposto.

Non si accorse che il suo avversario la stava fissando.

Quando sollevò lo sguardo, il sospetto s’insinuò di nuovo in lei.

Il ragazzo si schiarì la voce.

“Signorina, c’è una cosa che desidero dirle…”

Lei si mise in ascolto.

“…Io…” le mani gli cominciarono a tremare.

“…Io…” la fronte gli si imperlò di sudore.

“Signor Calamy, vi sentite bene??” Lady Anne ora era preoccupata, notando il colore pallido che aveva assunto il volto del ragazzo.

“…Io…Vi… Vi…”

La porta sbatté ed entrò Killick.

“Spiacente di interrompere la conversazione, ma sarebbe che dovete salire sul ponte… Siamo in vista delle Galapagos!”

I due raggiunsero il ponte, gremito di marinai che, meravigliati, osservavano l’orizzonte.

Il dottor Maturin aveva impugnato un cannocchiale, ed ora scrutava le coste delle isole costernato, con affianco Blakeney, che prendeva appunti.

“Proprio dei brutti ceffi!” esclamava divertito il signor Allen, indicando delle iguane appisolate sugli scogli.

Stephen era rimasto sbalordito dalla quantità di bestie che via via scorgeva; quella che lo interessò di più fu uno strano uccello che volava seguendo la nave.

Si ripromise di studiarlo più a fondo quando fosse sceso a terra, visto che il comandante Aubrey aveva intenzione di sostare lì con la Surprise.

Jack, passeggiava con Pullings lungo il ponte, compiacendosi dell’entusiasmo dei suoi uomini. D’un tratto scorse nell’acqua qualcosa che gli fece immediatamente cambiare i piani.

Barili, cordame, pezzi di legno carbonizzati. Un cattivo presagio lo assalì.

“Signor Pullings, ai posti di manovra.”

All’ordine, tutto l’equipaggio si preparò a ripartire.

Il dottor Maturin raggiunse Aubrey, sconcertato.

“Ma… Non avevate detto che ci saremmo fermati?”

“Esigenze della marina permettendo, Stephen.”

“Ma l’avevate promesso… Avevate dato la vostra parola!”

“Vi avrei permesso di scendere se il vento fosse stato sfavorevole… Ma non lo è.”

“Ma non capite? Ci sono migliaia di specie di animali e piante che aspettano soltanto di essere scoperte! Pensate al patrimonio scientifico e naturalistico?”

“Stephen…”

“Quindi io sono imbarcato in una nient’altro che bellicosa spedizione… Ma perché ti ostini a voler continuare ad inseguire una preda fuori dalla tua portata… E’ più veloce e più robusta… Gli uomini sono stanchi e…”

“Stephen…”

“Avevi dato la tua parola…Sai Jack, questa faccenda mi sa tanto di orgoglio…”

“Io devo soltanto eseguire gli ordini che mi sono stati impartiti dalla marina! Non ho tempo per le tue sciocche manie!”

Il dottor Maturin fremette di rabbia.

“Ah, bene, le mie sciocche manie…” e se ne andò sbattendo la porta.

Jack si accasciò sul tavolo, sospirando.

* * *

Lady Anne fu sorpresa dal cambiamento di rotta, e intuì che il dottore non ne sarebbe stata molto felice. Infatti lo trovò a poppa, seduto, a scribacchiare borbottando.

D’un tratto, il signor Howard, capo dei fanti di marina, si precipitò lungo il ponte, con il fucile imbracciato.

“Eccolo! E’ mio! Questa volta lo abbatto!!”

L’uccello che Stephen aveva desiderato studiare era ancora lì, che galleggiava sospeso nel cielo, lanciando potenti richiami.

Il dottore si alzò di scatto, e si mise a correre verso il volatile.

“Lo faccio secco!” gridò Howard.

Si udì uno sparo.

“Oh mio Dio!! Dottore! Dottore! Non era mia intenzione…” Howard gemeva disperato.

I marinai accorsero.

Il proiettile del fante non aveva colpito l’uccello, bensì Stephen, che ora giaceva a terra dolorante.

Jack, udito lo sparo, si era precipitato fuori dalla cabina, e si spaventò a morte, quando vide in che condizioni era ridotto l’amico.

“Portatelo in infermeria!! Chiamate Higgins!”

Il signor Higgins era un barbiere, e non era molto pratico di medicina, così si ritrovò totalmente spiazzato.

“Il proiettile ha strappato un pezzo di camicia… Bisogna estrarlo, se no insorgerebbe un’infezione mortale!” balbettò.

“Higgins, siete in grado di eseguire l’operazione?” domandò Jack, impaziente.

“Ehm… Sì… Dovrei solo dare una ripassatina… Sa, coi libri del dottore, le illustrazioni…”

Aubrey pensò in cuor suo che effettivamente non era saggio lasciare Stephen così grave nelle mani di un barbiere poco esperto che per di più soffriva il mal di mare.

Diede l’ordine di fermarsi, per far eseguire l’operazione sulla terraferma.

La vedetta urlò.

Una scialuppa si stava dirigendo verso di loro.

Fecero salire a bordo dei marinai, piuttosto malridotti; circa sei o sette.

“Oh! Siate benedetti!” esclamò uno di essi, tra un sorso e l’altro di grog “Sono sbucati dal nulla… Un trealberi, nero come la pece! Tutto l’olio più fine si sono presi!”

Jack e il signor Allen si lanciarono uno sguardo solenne: la Acheron.

Il capitano si ritrovò a combattere tra il ripartire alla caccia della fregata e il far operare il dottore. Ma l’amicizia tra lui e Stephen prevalse.

“Su quale nave eravate imbarcati?” domandò Pullings.

“Siamo marinai scelti della Albatros…”

Tutti trasalirono, e si voltarono verso Lady Anne, che si era avvicinata.

Il marinaio si mise ad imprecare furiosamente: “Oh! Dannati francesi… Mezza ciurma dispersa, la nave in fiamme… Il capitano morto…”

Il respiro della ragazza si mozzò improvvisamente.

Le parole senza senso continuavano a rimbombarle nella testa: “…Capitano morto… Capitano morto… Capitano morto…”

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** 15 ***


Non era possibile, non era vero.

Lady Anne rimase con lo sguardo perso nel vuoto. Poi si piegò su se stessa, e si inginocchiò.

Si coprì gli occhi e iniziò a singhiozzare, incurante di tutti gli occhi che aveva puntati su di sé.

Le sue spalle erano scosse da violenti tremiti, mentre le lacrime sgorgavano salate, a bagnare il ponte di coperta.

Per un attimo aveva sperato di poter riabbracciare suo padre, dopo tanto tempo, di potergli dire quanto gli voleva bene, di poter tornare a casa felice, con la signora Milcote, e Tom… E tutto sarebbe potuto andare per il meglio, con il padre a casa… Invece tutto era finito. La speranza si era spenta.

Una folle rabbia si impadronì di lei.

Strinse i pugni e si rialzò barcollando.

Boyle la sorresse, aiutato da altri marinai.

La accompagnarono in cabina.

Lady Anne non uscì più dalla sua stanza per il resto della giornata.

Il capitano e parte della ciurma erano scesi a terra. Poteva vederli, sulla spiaggia, montare la tenda dove sarebbe stato operato il dottore.

Ma la ciurma non era in vena di festeggiare. La notizia aveva colpito profondamente tutti gli animi. Sir Joseph Ferrett, uno tra i pochi comandanti esperti e capaci della marina britannica, se n’era andato per mai più ritornare.

Jack prese la parola.

“Giù il cappello!”

Tutti eseguirono.

“E’ giusto ricordare il nostro caro amico Joseph, almeno con qualche parola… E’ stato un allievo promettente, un bravo ufficiale, ed un ottimo capitano.

E sono anche estremamente convinto che sia stato un ottimo padre. Ne abbiamo la prova nella signorina Ferrett. Lo specchio della sua intelligenza, della sua franchezza e della sua disponibilità. Ma anche dell’entusiasmo e del desiderio di difendere la propria patria.”

I marinai assentirono col capo.

Dopo qualche minuto di silenzio, Aubrey entrò nella tenda allestita per l’operazione del dottor Maturin.

Stephen, con la lucidità di mente che era riuscito a conservare in quell’agonia, affermò di voler operarsi da sé.

Nessuno osò contraddirlo, e così Padeen lo tenne fermo per i piedi, assieme a Jack, mentre Higgins reggeva uno specchio per permettere al dottore di eseguire l’operazione.

* * *

Straordinariamente, il giorno dopo Stephen era già in piedi, sebbene si appoggiasse ad un bastone, ed assieme al signor Blakeney si avviava verso l’entroterra, per raccogliere più esemplari che poteva di tutte quelle specie sconosciute, perché Jack glielo aveva permesso.

Ma ecco la sorpresa.

Da dietro un’altura dove si era arrampicato per seguire un uccello straordinario, il dottore scorse la figura di una nave ancorata in una baia.

Non c’erano dubbi. Quella era la Acheron.

Stephen abbandonò tutti i rettili, gli insetti e le altre bestie senza pensarci due volte, e si mise a correre con quanta forza aveva nelle gambe per ritornare all’accampamento degli uomini della Surprise.

I marinai, nonappena seppero della Acheron, ritornarono sulla nave in men che non si dica, entusiasti per lo scontro imminente.

Lady Anne, ancora chiusa nella cabina a sfogare il pianto, fu turbata dai rumori e dalle grida eccitate provenienti dal ponte di coperta.

Mowett le riferì dell’avvistamento.

La ragazza sentì di nuovo la rabbia ribollirgli nel petto. Non era disperazione, né sgomento. Era voglia di vendetta.

* * *

Il capitano Aubrey camminava lungo il ponte, cercando una tattica per sorprendere e distruggere senza pietà i francesi, ma ancora non la trovava.

Scese sottocoperta, dove Stephen stava insegnando a Blakeney le caratteristiche dei fasmidi.

Il ragazzino uscì dalla stanza con una scheggia di legno in mano.

“Cos’avete lì, Blakeney?” disse, incuriosito dall’espressione meravigliata che mostrava l’allievo verso quel così banale pezzetto di legno.

“Fatemi indovinare… Uno stecco?”

“E’ un fasmide, signore. Un insetto camuffato da stecco.”

Un lampo attraversò la mente di Jack. Ora sì che aveva trovato il modo. Adesso i conti sarebbero tornati.

Radunò gli uomini sul ponte e gli illustrò il piano: “Dobbiamo fingerci balenieri… Voi!” disse, rivolto ai terrazzani “Dovete manovrare come marinai d’acqua dolce, come degli incapaci…”

Tutti seguivano con ammirazione i particolari dell’astuta trappola.

“Questa nave rappresenta la nostra casa. Questa nave è la nostra patria… QUESTA NAVE, E’ L’INGHILTERRA.”

Ci fu un attimo do silenzio, quelle parole si impressero nel cervello di ognuno.

“Loro ci credono una ricca preda…” concluse Aubrey.

Una risata sommessa si levò nell’aria.

“L’avidità sarà la loro rovina…”

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** 15 ***


I marinai della Surprise stavano facendo del loro meglio per camuffare la Surprise da nave della Marina ad una vecchia baleniera.

Sottocoperta si caricavano moschetti, pistole, si affilavano spade e sciabole, si montavano baionette e si attrezzavano i cannoni.

Lady Anne era nello studio del dottore.

Le avevano ordinato di rimanere lì, qualsiasi cosa fosse successo.

Ma lei non ne aveva proprio l’intenzione.

Sfondò la porta colpendola con un’accetta, e salì sul ponte.

“Capitano!” gridò, avanzando a grandi passi, visibilmente irata.

“Avete mandato Killick giù, che mi ha barricato negli alloggi del dottor Maturin e mi ha detto di non muovermi… Ha anche chiuso la porta a chiave!! Voi non potete impedirmi di vendicare mio padre!!”

Il silenzio calò improvvisamente, perché tutti quanti volevano ascoltare ciò che stava accadendo.

Lady Anne ora ansimava, per riprendere fiato dopo lo scoppio di collera.

Aubrey le si avvicinò.

“Siete sotto la mia responsabilità. Non potrei mai perdonarmelo, se vi accadesse qualcosa. Pensate solo che siete l’unica erede di Sir Joseph, e a cosa succederà alla proprietà se non ritornerete…”

La ragazza lo fissò un istante negli occhi e rispose: “IO TORNERO’.”

Il capitano si rassegnò.

“Bene, signorina Ferrett. Caricate la vostra pistola. Posso permettervi di sparare qualche colpo da qui, ma non dovete assolutamente partecipare all’abbordaggio della Acheron. Sarebbe troppo pericoloso.”

Lady Anne sorrise.

“Sì, signore.”

La ragazza scese nei suoi alloggi per prendere la sua arma da fuoco.

In un angolo distinse la spada.

Era di suo padre.

L’aveva presa all’ultimo momento, quel giorno che aveva deciso di fuggire.

Ora la sapeva usare. La afferrò ed uscì dalla stanza.

* * *

Gli allievi erano in fermento per la battaglia imminente.

Calamy era stato nominato terzo ufficiale, e tutti si stavano congratulando con lui.

La ragazza si avvicinò, intenta ad agganciarsi il fodero della spada alla cintura.

“Salve Lady Anne.” la salutò il giovane, raggiante.

“Felicitazioni per la vostra nomina…” rispose lei, facendo un nodo a rovescio.

“Oh, permette?” il ragazzo le riaggiustò la cintura e legò saldamente il fodero.

“La ringrazio.”

“Una spada?”

“E non solo, anche una pistola.”

“Milady, siete sicura di voler partecipare alla battaglia?”

“Non me ne starò certo rintanata nella mia cabina come un topo tremante di paura!”

“Siete una donna coraggiosa, signorina Ferrett. E per questo vi ammiro.”

La giovane arrossì.

Non l’aveva chiamata bambina, né ragazza o giovinetta. L’aveva chiamata donna.

Le riaffiorarono alla mente le raccomandazioni del padre. Trovare marito mentre lui non c’era.

Non aveva ancora compreso quanto era cresciuta, in quel viaggio.

“Signorina?”

“Oh, mi scusi, ero sovrappensiero.”

“Se permette, non sarà saggio essere sovrappensiero a tiro di moschetto…”

“Avete ragione.” la ragazza fece per salire in coperta.

“TUTTI AI PROPRI POSTI!”

Il ragazzo la trattenne per un polso.

Lei si voltò.

I loro occhi si incrociarono in uno sguardo.

Il tempo sembrò fermarsi.

Tutto intorno a loro vi era una frenesia di gente, di urla e di incitazioni al combattimento. Di incitazioni alla morte.

Solo allora i due ragazzi compresero il vero valore della vita. Il valore del poter amare ed essere amati.

Senza accorgersene, Lady Anne si ritrovò le guance bagnate di lacrime.

Si salutarono in un silenzioso abbraccio.

“Promettetemi che tornerete vivo…” sussurrò lei, con voce flebile e rotta dal pianto.

“Ve lo prometto, milady. Ve lo prometto…”

* * *

“Signor Blakeney, prenderete voi il… Comando della nave.”

“Il comando della nave?? G-Grazie signore!”

“Tenete d’occhio Lady Ferrett…”

“Sì, signore.”

“Signor Calamy, distribuite queste armi. Salirete a bordo e libererete i prigionieri rinchiusi nella Acheron.”

I marinai della Surprise si apprestavano a fare gli ultimi preparativi.

Avevano dato fuoco a del cordame steso sul ponte, per dare l’idea di essere una preda uscita malconcia da uno scontro navale, le uniformi degli ufficiali erano state camuffate con dei vecchi abiti sgualciti, le armi erano state nascoste, i fanti si erano piazzati sulle coffe, sotto delle tele da sacco.

A poppa della nave troneggiava un nuovo nome. SYREN.

La Acheron si distingueva a poca distanza.

Le manovre venivano eseguite con lentezza e goffaggine.

“Ci hanno avvistati.” Aubrey aveva scorto la vedetta dell’Acheron sbracciarsi indicando la Surprise.

A bordo si fece silenzio.

Dalla nave francese si levò un richiamo di megafono.

“UOMINI DELLA BALENIERA SYREN, FERMATEVI O VI DISTRUGGEREMO… QUESTO E’ L’ULTIMO AVVERTIMENTO, FERMATEVI O VI DISTRUGGEREMO…”

I marinai della Surprise si sentirono gelare il sangue nelle vene. L’ora della battaglia era scoccata.

“Dobbiamo rallentare e avvicinarci…” disse Mowett.
Le due navi si fronteggiarono nel mare aperto.

“Forza adesso!!” ruggì Aubrey.

I cannoni carichi furono portati in batteria.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** 17 ***


“Mirate all’albero maestro!” I colori della baleniera vennero sostituiti dalla bandiera inglese, che si spiegò al vento, dichiarando guerra. I fanti di marina saltarono fuori da sotto i teloni di sacco e presero a sparare a raffica verso l’Acheron. Colti di sorpresa, i francesi cercarono di opporre resistenza, ed iniziò il cannoneggiamento. “Per l’Inghilterra, per la patria e per il bottino!” gridò il capitano Aubrey, e balzò sul ponte dell’Acheron, seguito da Allen, Mowett, Pullings e altri marinai. Quando la nebbia alzata dai cannoni si dissipò, sul ponte non c’era anima viva. “Ben fatto, signore.” disse Allen, congratulandosi. Non fece in tempo ad aggiungere altro che una pallottola gli si conficcò nel mezzo della fronte. Si scatenò il pandemonio. I francesi sbucarono dai loro nascondigli e cominciarono a combattere. Il signor Calamy attraversò la mischia generale, e scese sottocoperta, seguito da Bonden. Raggiunse la cella con i prigionieri inglesi e li liberò, dopo aver ucciso la guardia. Sulla Surprise, intanto, il signor Blakeney, Lady Anne e il dottor Maturin tentavano di tenere a bada la situazione. Da un boccaporto dell’Acheron, i marinai stavano spostando in basso il cannone. “Stanno mirando allo scafo! Vogliono affondarci!” gridò Blakeney. I tre e altri uomini girarono in fretta e furia uno dei loro cannoni. “Presto! Pronti…FUOCO!” Il boccaporto della Acheron fu centrato in pieno dal colpo, e nella chiglia si aprì un varco. Il dottore fece scivolare una passerella da un bordo all’altro, e tutti insieme si precipitarono nella stiva del nemico. Lady Anne vacillò, impressionata da tutto quel sangue, ma il signor Blakeney la sorresse. “Non è il momento di farsi prendere dal panico!” Aubrey, nel frattempo, cercava il comandante della fregata francese. Attraversò le batterie dei cannoni, e scorse un uomo intento ad accendere una miccia. “Boyle!” gridò all’allievo “QUEL CANNONE NON DEVE SPARARE!” Il ragazzo prese un secchio d’acqua e lo rovesciò, inzuppando la miccia e rendendola inservibile. “Piccolo bastardo…” l’uomo gli si avventò contro, ma Jack fu più veloce, e gli tagliò la gola. Sul ponte, i marinai continuavano la battaglia. Nella stiva, Lady Anne e il dottor Maturin opponevano resistenza ai francesi, che cercavano di salire a bordo della Surprise attraverso il buco nello scafo. La ragazza era finita in un angolo, e ora tentava disperatamente di allontanare il marinaio che le si stava facendo sempre più vicino. “Chi abbiamo qui… Una signorina? Oh, madamoiselle, non dovreste trovarvi in questo posto… Non è adatto a voi.” l’uomo ghignò, scoprendo una fila di denti piuttosto sporchi; uno di essi luccicò. Era d’oro. “Via questa, non dovete pensare a dar battaglia…” il francese le fece sfuggire di mano la spada “Dovete dedicare più tempo alla ricerca di un marito… Una donna bella come voi è un buon partito, non è vero?” L’energumeno si era fatto pericolosamente vicino alla giovane, che si ritrasse spaventata. La pistola. Nella cintura. Lady Anne allungò la mano, e la strinse attorno all’arma, dietro la schiena. * * * Puntò la pistola contro l’uomo, che rimase allibito, e sparò. Dalla canna uscì una vampata di fumo nero. “Diavolo, deve essersi bagnata!” pensò la ragazza. La nuvola di fumo aveva investito in pieno il viso del marinaio, che ora era in preda ad una violenta crisi di tosse. Lady Anne fu svelta, e gli tirò un calcio all’inguine che lo fece piegare in due dal dolore. Raccolse da terra la sua spada e corse ad aiutare il dottore, che si stava battendo contro una folla inferocita di francesi. “Dovete trovare il signor Calamy e prendere una delle sue pistole!” le suggerì Maturin. Lady Anne si precipitò sul ponte, dove si era scatenato un putiferio incredibile. Cadde a terra, urtata da qualcuno, e si ritrovò sopra al cadavere di Joseph Nagel, l’aiuto carpentiere. Inorridita, si tirò su e cominciò ad avanzare carponi tra la moltitudine dei combattenti. Il capitano Aubrey si trovava in difficoltà, accanto all’albero maestro, sommerso dai nemici. La giovane si slanciò in avanti, menando fendenti per aprirgli un varco. Jack ebbe il tempo di sopraffare gli avversari grazie a quell’ intervento inaspettato. Un uomo si stava facendo largo nella mischia. Arrivò a Lady Anne e la afferrò per le spalle. “Tu… Cosa credi di fare? Ti ho riconosciuta sai? Sei la figlia del capitano dell’Albatros…” “Chi è lei, e come fa a sapere di mio padre?” “Indovina un po’? Ero il nostromo di quella bagnarola… Ebbene, mi sono ammutinato… Ho consegnato il caro paparino al capitano dell’Acheron… In cambio ho potuto udire il dolce tintinnio delle monete francesi… Prima il padre… E ora ho catturato anche la bella figlia! Sono un uomo fortunato…Tu adesso vieni con me!” “NO.” L’uomo le tirò uno schiaffo. “Ripeti, se hai il coraggio! Sgualdrina…” “NO! NO! NO!” gridò la ragazza, con quanto fiato aveva in gola. Sentì la rabbia ribollirle nel sangue, il respiro le si fece affannoso. Levò la lama. La testa del nostromo schizzò fuoribordo. Si gettò nella mischia, colpendo alla cieca, gridando tutto il suo dolore. Le lacrime le rigavano il volto, mescolandosi al sangue delle ferite. Jack rimase inebetito davanti a quella ragazza, che si era trasformata in una belva assassina. Urlò anche lui, e tutti i marinai, incoraggiati dal gesto della giovane, si lanciarono di nuovo all’attacco. Mentre combatteva, la ragazza si accorse di una figura, con la coda dell’occhio. Si fermò. Sperò di aver visto male. In una pozza di sangue, accasciato a terra, c’era il signor Calamy.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** 18 ***


Lady Anne si precipitò accanto all’amico. “Peter! Peter! Svegliati!” disse, scuotendolo “Reagisci!” Il giovane aprì gli occhi. “Lady…Ferrett…” “Sst! Non parlare, risparmia il fiato e nono agitarti, vado a cercare il dottor Maturin…” e lei fece per alzarsi. Lui la trattenne per un braccio. “No…Non serve…Ormai…” “No! Non devi neanche pensarlo!” le tremò la voce. Peter si tirò su a fatica, e le strinse il viso tra le mani. Ci fu un attimo di silenzio. I loro visi si avvicinarono. Mentre attorno imperversava la battaglia, i due si scambiarono il dolce bacio che aspettavano entrambi di darsi da tempo. “Arrivederci… Lady Anne…” sospirò Peter, mentre le forze lo abbandonavano. L’ombra della morte scese a rabbuiare i suoi occhi azzurri. “Arrivederci Peter…” rispose lei, tra i singhiozzi “Non hai…Mantenuto la… Promessa…” Ora nulla aveva più senso. Senza il padre, senza Peter… Che vita sarebbe stata? La battaglia si era spenta. I marinai della Surprise avevano conquistato l’Acheron. Jack si avvicinò alla ragazza. “Alzatevi signorina, avete combattuto valorosamente e…” s’interruppe, quando vide il corpo esanime del signor Calamy. * * * Gli uomini si radunarono in silenzio sul ponte di coperta. Le brande dei caduti erano state cucite e deposte sopra ad una tavola di legno. Il capitano Aubrey recitò una preghiera, e tutti dissero il Padre Nostro. Lady Anne e il signor Blakeney, l’uno accanto all’altra, si tenevano per mano, scossi dai singhiozzi. Quella stretta di mano che li aveva aiutati a sopravvivere, segno della loro amicizia. Segno del loro comune dolore straziante per la perdita di un caro amico. Jack iniziò a snocciolare la lista dei morti. All’ultimo nome, un tremito gli spezzò la voce. “Peter Miles Calamy… Ufficiale.” Le brande scivolarono con pesanti tonfi nell’acqua. S’intraprese quindi la via del ritorno. Lady Anne salì su una coffa, per essere lasciata in pace. L’orizzonte si andava colorando di rosso e viola, attorno a quell’enorme palla infuocata che era il sole. La Surprise veleggiava tranquilla tra i flutti, che si infrangevano sulla prua. La polena volgeva il suo sguardo sereno al giorno che finiva. La giovane rifletté in cima, lassù sulla coffa. Pensò a suo padre, a Peter, a Joseph Nagel, al signor Allen, a Warley, al signor Hollom e a tutti quelli che avevano perso la vita in quella pericolosa spedizione; e gli rivolse un grazie dal più profondo del suo cuore. La vita era ancora degna di essere vissuta. A casa, Thomas e la signora Milcote la aspettavano con impazienza. Lei era pronta. Le difficoltà che avrebbe dovuto affrontare erano ridicole, paragonate a quello che aveva passato. Un gabbiano giocava tra le nuvole rosse e compiva ampi cerchi nel cielo, volteggiando e stridendo. La ragazza inspirò l’aria e volse lo sguardo all’orizzonte. Già si intravedevano le luci della costa. Così finì il viaggio di Lady Anne Ferrett, nobile inglese, partita per ritrovare suo padre e ritornata da salvatrice d’Inghilterra.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=26643