Un diario nel manicomio

di BellDarkoNovak
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 (non so che titoli dare) ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** Ricordi (finalmente un titolooo) ***



Capitolo 1
*** 1 (non so che titoli dare) ***


Capitolo 1
 

Era un giorno come gli altri all’ospedale psichiatrico della California. Un ragazzo di nome Marcus, che era solo lì da una settimana circa, si trovava nel giardino a pensare sotto un albero. Aveva i capelli castano chiaro, gli occhi azzurri e un fisico da lanciatore di coriandoli (solleviamo il morale alle povere bestie che leggono le ff da più di 2 ore ndA). Indossava una camicia sgualcita grigia e dei jeans blu lunghi strappati qua e là. Aveva circa diciannove anni. Lui non era un maniaco da tenere sotto chiave venticinque ore su ventiquattro, quindi gli era permesso stare nel boschetto fino a ora di cena. Piccole gocce gli caddero sul naso: stava per piovere. In men che non si dica iniziò un forte acquazzone e il giovane fu costretto a rientrare per non prendersi un malanno. Era bagnato dalla testa ai piedi e per evitare la solita ramanzina degli infermieri, corse in uno sgabuzzino e cercò uno straccio pulito con cui asciugarsi. Lo trovò ma era in alto, troppo in alto: era a circa due metri di altezza. Si arrampicò sulle mensole per prenderlo e posò la mano su una sporgenza che sembrava reggere ma questa lo fece scivolare all’indietro. Marcus, una volta toccata terra, notò che, oltre a un forte mal di schiena, aveva qualcosa in mano: un quaderno. Lo rigirò fra le mani un paio di volte. Era un quaderno di stoffa nera con la copertina rigida e sulla parte frontale era stato intagliato con il coltello un nome: Sonia.

 “Chissà chi è?” pensò il ragazzo “e soprattutto: cosa ci fa qui questo quaderno? Forse Sonia è una paziente che l’ha perso, m’informerò più tardi” pensato questo, si diresse verso la sua stanza con il quaderno sotto la maglia. Una volta entrato, chiuse la porta e tirò fuori il libro. Lo aprì e all’interno vi trovò lo stesso nome ma in bella grafia: Sonia Solocirepa. “Che cognome” pensò Marcus
Girò pagina e iniziò a leggere …


 

Mi chiamo Sonia. Sono abbastanza alta e ho vent’anni. Ho i capelli biondo scuro e … ma a te cosa interessa di come sono fatta io? Con questo quaderno o diario segreto, chiamalo come vuoi, racconterò la mia vita. Non tutto, altrimenti ti annoierei e basta. Solo la seconda parte che inizierà domani, il 3 febbraio 2005.

“Cosa? 2005? Ma è tre o quattro anni fa!” tornò col naso nel quaderno …

 Tranquillo, non inizierò le pagine con “caro diario” o cose simili. Questo libro non è scritto perché non ho niente da fare o tanto per scrivere quattro scemenze su un quaderno, ma per evitare di perdermi, abbandonare la mia essenza … capirai dopo a cosa mi riferisco. Oggi: 2 febbraio 2005 è il mio ultimo giorno di libertà. Da domani sarò in gabbia per un bel po’. In fondo, me lo aspettavo di andare in un manicomio, ma non di essere avvertita prima. Quando hai un dono che gli altri non hanno, è facile che ti prendano per pazzo: perché sono invidiosi o perché non capiscono. Poco male, a me non cambia molto stare qui, a San Diego, o al manicomio di Los Angeles. Spero che me lo facciano portare questo quaderno … a parte che se stai leggendo queste righe è ovvio che l’abbia portato con me.
Di sicuro sei un paziente, perché se eri un medico, lo avresti già buttato via o messo in uno sgabuzzino. Forse è lì, dove l’hai trovato.  Bene, che inizino le danze.

“Chissà come mai è stata rinchiusa.” Marcus stava per girare pagina quando un infermiere bussò alla porta per avvertirlo del pranzo.
 La mensa non era molto affollata. Prese il piatto del giorno: minestra, altrimenti detto brodo primordiale, quella sbobba si muoveva. Marcus intravide a un tavolo un suo amico: Light, rinchiuso perché è certo di essere il dio di un nuovo mondo e crede fermamente di aver parlato con uno Shinigami (in questa storia Light è stato sgamato in tempo * esulta dalla gioia * ndA), è alto circa 1.70, ha i capelli castani e una muscolatura tonica (modestamente ndLight Non vantarti … se era per me, nel manga eri pelato, alto un metro e uno sputo e grasso! ndA * si accuccia in un angolo tremolante * ndLight). Veste spesso con una camicia bianca, una giacca beige, pantaloni neri e, per ultimo ma non meno importante, una cravatta rossa. Quando era fuori dal manicomio, era considerato il ragazzo più intelligente del Giappone. A quanto pare si trova lì perché gli ospedali psichiatrici Giapponesi ne avevano abbastanza di lui, li metteva a disagio con la sua intelligenza. << Ehi Marcus, siediti qui! >> Light fece cenno al giovane di raggiungerlo. Si accomodò e salutò Misa, richiusa per quasi gli stessi motivi di Light. Aveva sempre i capelli biondi legati con due codini e vestiva di continuo con top e gonne nere attillate e provocanti, alla gothic lolita. Era stata una cantante famosa sempre del Giappone ma era stata mandata in America perché non riusciva stare lontano da Light … ne era innamorata pazza ma Light non contraccambiava molto. Si trovava seduta al lato opposto del tavolo. Poi il giovane si fece coraggio e chiese << Voi sapete chi è Sonia Solocirepa? >> i due si guardarono a vicenda spaesati. A un tratto Marcus fu buttato a terra da un individuo più grande. Il più piccolo alzò lo sguardo e vide che il maggiore era magro e abbastanza alto ma poco ricurvo con la schiena, i capelli corvini erano spettinati e indossava una maglia larga e bianca a maniche lunghe e dei jeans sbiaditi. Il giovane posò gli occhi su quelli dell’aggressore: erano rossi come il sangue. Il più grande lo sollevò per il collo della camicia per portarlo alla sua altezza e chiese con la voce di uno che se s’irrita poco di più, lo squarterebbe vivo << Come fai a sapere quel nome? >> Gli infermieri arrivarono in tempo per bloccarlo, ma siccome il ragazzone si dimenava troppo lo stordirono con una scossa elettrica di 7.000 volt e lo transitarono nella sua stanza. << Stai bene? >> Chiese Misa << Chi e-era qu-qu-quel-quello? >> Marcus era spaventatissimo per lo sguardo omicida che l’altro gli aveva rivolto e aveva iniziato a balbettare. << Lui è Beyond Birthday, rinchiuso qui da anni ormai, non credo che uscirà presto >> Rispose Light. “Rinchiuso qui da anni, allora la conosceva” pensò il diciannovenne tremolante. << Co-co-come m-m-mai è rin-rin-rinchiu-u-so qu-qui? >> Misa rivolse lo sguardo a Light speranzosa che sia lui a dare la risposta. Non è molto sveglia la ragazza e non ne aveva la minima idea. Il castano la guardo scocciato e disse infine << Non so come mai è qui, ma credo sia per quel caso del 2002 … quello degli omicidi delle wara ningyo >>. Finalmente Marcus si calmò e riprese a parlare chiaramente << Intendi quello del serial killer che lasciava le bambole di pezza o come le hai chiamate te appese sui muri delle stanze delle vittime? Era lui che ha trucidato quelle tre persone? >> << Sei piuttosto informato sul caso … come mai? >> Chiese sospettoso Light << Da casa mia seguivo tutti i casi di omicidi. Hey, siamo in un ospedale psichiatrico, che ti aspettavi >> Light chiese quasi subito se sapeva altro e la risposta di Mark fu un ‘no’ pieno. “Devo riuscire a parlargli senza che mi uccida”.
Dopo quello che era avvenuto in mensa i pazienti furono scortati nelle loro stanze senza nemmeno che finire la cena, cosa di cui erano grati. Le stanze erano chiuse dall’esterno ogni notte alla stessa ora ma quella sera c’era mezz’ora d’anticipo. Appena le stanze furono chiuse Marcus prese il quaderno e incominciò a leggere...

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


Capitolo 2

3 febbraio2005

Primo giorno in gabbia. Poiché sono qui da meno di ventiquattrore, devo rimanere nella stanza per tutto il giorno. Mi trovo al terzo piano, nell’ultima stanza del corridoio. Sulla porta ho il numero 390. La targa su cui si trova il numero è da rinnovare: è bruciata in alcuni punti e il numero zero pende, e non parliamo delle crepe. La camera è completamente bianca: muri bianchi, mobili bianchi coperte e lenzuola bianche … pure la gabbia del letto è dipinta di bianco! Tuttavia il dottore mi ha detto che se farò la brava avrò la possibilità di cambiare qualcosa. Meno male! C’è da impazzire a stare in tutto quel bianco. Verbo perfetto … forse è tutto bianco in modo da farci ammattire maggiormente e non uscire più da qui … forse sì, forse no. A ogni modo, non si sta male in questo posto: gente che urla ai piani superiori, persone che piangono a quelli inferiori … mi è parso di sentire un uomo invocare la mamma. Questa sera hanno chiuso la serratura della porta, mi hanno tranquillizzato dicendo che lo facevano ogni notte con tutti … ricorda caro lettore, fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio.Oggi avevo voglia di spaccare quella maledetta telecamera che mi fissa di continuo, se ce n’era una in bagno adesso avrei la camicia di forza. Meglio andare a letto, non voglio che quel rompipalle dell’infermiere mi faccia una ramanzina del tipo: ”Adesso dovresti già dormire! Vuoi che ti dia la tisana della cuoca?”
“Stava parlando di sicuro di Samuel, l’infermiere di guardia. E della tisana alle erbe di Caterina … è molto meglio la sbobba, questo è certo …”
Quella roba è orrenda! Me l’hanno fatta bere appena arrivata per “calmarmi”, l’ho sputata subito … ho ancora il gusto di uova marce in bocca. Cosa strana dato che ha usato le erbe per farla. Quella cuoca è negata nel suo mestiere, ma tanto, per i dottori l’importante è che mangiamo non cosa mangiamo. Va bè. Mi fiondo subito nel letto ed è meglio che lo fai anche tu. Buonanotte e incubi d’oro.

“Come fa a sapere che sto leggendo a notte fonda …” Marcus si alzò lentamente dal divano e guardò le pareti: bianco sporco, quasi giallognolo. Gli venne un piccolo sorriso sulle labbra. Si sistemò il pigiama, rigorosamente grigio a righe rosse, e si mise nel letto. << Buonanotte anche a te, Sonia >> A quel punto, Mark, sprofondò in un sonno davvero pesante.
Un grido, bastò questo per far cadere dal letto il giovane Marcus. Non era un grido come gli altri, veniva dalla stanza subito sotto la sua ed era maschile. Non un grido di dolore ma piuttosto di chi fa un incubo doloroso. Marcus lo sapeva. Quando perse la madre davanti ai suoi occhi per colpa del padre, non faceva che gridare, la notte. Quelle urla non tacevano. Marcus si avvicinò alla porta e strinse la maniglia nel tentativo di aprirla. Click, era aperta. Il ragazzo si avviò per il corridoio in cerca delle scale e poi scese al terzo piano. Quello era il piano di Sonia. Notando diverse persone davanti alla cabina 397 capì che le urla provenivano da lì. << Di chi è la stanza? >> Chiese al primo che gli è capitato, era un ragazzo di quindici anni. “Anche i minorenni sono qui” << Craig non lo sa >> “parla in terza persona” << Come mai nessuno entra? >> << Hanno tutti paura, anche Craig e Lucas hanno paura >> << Lucas? >> << Lui >> Craig indicò il vuoto di fianco a se … “un amico immaginario” pensò Marcus a quell’affermazione.
Volse lo sguardo alla stanza e ai pazienti timorosi. Si fece coraggio e passò tra le persone. Ebbe un attimo di esitazione ma poi bussando molto forte alla porta gridò << Ehi! Stai bene lì dentro? >>. Aprì la porta per guardare e quello che vide gli provocò un tremolio alle ginocchia che non avrebbe mai più smesso: c’era Beyond seduto sul letto con la testa fra le mani che … che … singhiozzava? << Cos’hai? >> Chiese Mark. Beyond farfugliò qualcosa che Marcus non capì << Come? >> L’altro si asciugò le lacrime, si alzò in piedi e disse chiaramente << Esci. Dalla. Mia. Stanza! Chi ti ha detto di entrare! ESCI E LASCIAMI IN PACE! >>. Marcus fu letteralmente cacciato fuori a calci. Non se lo aspettava ma, in fondo, ognuno esprime il dolore a modo suo. Arrivarono gli infermieri con delle siringhe ed entrarono nella stanza. Dopo si sentirono solo insulti da parte di B e poi più nulla. Gli infermieri uscirono dalla stanza e mentre chiudevano la porta, Marcus intravide Beyond legato e addormentato nel letto “povero ragazzo”.
Era ora di colazione e Marcus tornò in camera per cambiarsi: mise un jeans blu e una maglia verde e bianca firmata da A - style. Le scarpe erano nere della Puma. Si diresse in mensa e prese la colazione: corn-flakes e latte. Si sedette al solito tavolo e attese Light e Misa. << Ciao! Senti questa: ieri, al terzo piano, un ragazzo ha avuto il coraggio di entrare nella stanza di B! E lui l’ha letteralmente mandato a quel paese! >> Misa aveva appena finito di dire la frase e Light scoppiò letteralmente dal ridere. Vedendo Marcus zitto lo incitarono a ridere con loro. << Ero io >> bisbigliò << Come? >> << Ero io il ragazzo di cui ridete tanto >> Mark finì in fretta la colazione e si avviò velocemente nella sua stanza. Non vedeva l’ora di leggere il diario. Lo prese fra le mani, chiuse la porta e si sdraiò sul letto.

5 febbraio 2005

Scusami lettore, se ho saltato un giorno. Capirai dopo aver letto queste righe il perché.
Il quattro, di mattina, uscii finalmente da quella stanza monocolore per andare a fare colazione, mi ero preparata per tutto … dopo la tisana. Mentre aspettavo in fila, mi guardavo intorno. C’erano tutti i tipi di squilibrati lì. Uno di loro attirò la mia attenzione. Era seduto in un tavolo da solo, intento a mangiare della marmellata. Presi la mia colazione: fetta di crostata alla marmellata ai frutti di bosco. Mi sedetti accanto a quel tipo, più precisamente ero di fronte. Lui alzò lentamente lo sguardo per osservarmi << Piacere, mi chiamo Sonia, Sonia Solocirepa. >> Lui rimase in silenzio << Non è vero >> Solo allora notai i suoi occhi, erano rossi, forse lo conosci tu. Improbabile. << Cosa? >> << Che quello è il tuo nome >> << Come fai a saperlo? >>. Il mio nome era falso, piu che altro il mio cognome perché devi sapere, lettore, che il mio vero nome è Sonia Lawliet. Ma questa denominazione non mi è più permessa per motivi … beh … personali. Gli comparve un sorriso sulle labbra << Non capiresti >> e tornò alla sua colazione. Osservai la mia, dov’era il trucco? Prima fanno una tisana semplicemente schifosa e poi questa? … La osservai da tutti i punti possibili. E decisi di addentarla … non era il massimo del gusto. La posai sul piatto con la faccia disgustata << Non ti piace la marmellata? >> Lo guardai, non aveva alzato lo sguardo dal suo barattolo. << Sì che mi piace la marmellata, ma questa è poltiglia non confettura. Piuttosto, quella che mangi … è fatta dalle cuoche? >> << Certo che no! Fa schifo quella là. >> appunto << Questa l’ho fatta comprare dai medici per me >> << Per te? >> << Sì, per me … ne vuoi un po’? >> disse porgendomi il barattolo. << No, grazie >>. Poco dopo si sentì una voce metallica chiamare il mio nome e dirmi di raggiungere l’ufficio del dottore … che palle. Mi alzai controvoglia e mi diressi verso l’uscita. Mi sentivo osservata. Mentre l’infermiera chiudeva la porta,mi girai e intravidi quel ragazzo guardarmi. Non sapevo neanche il suo nome.
Arrivata davanti all’ufficio, aspettai. Dalla porta uscì un uomo sulla quarantina che mi chiese gentilmente di entrare. L’ufficio era piccolo ma spazioso: le pareti erano color crema, il pavimento in legno e i mobili in mogano e quercia. Ciò che attirò la mia attenzione era un quadro leggermente storto raffigurante due bambini: il primo era in primo piano e ti scrutava con degli occhi seminascosti, e la seconda … non era una bambina ma una bambola senza occhi. Nello sfondo vi era una finestra senza paesaggio, nera. Quel quadro metteva i brividi.
Mi sedetti, o meglio sdraiai, sulla poltrona beige davanti alla scrivania e iniziai a fissare il dottore con uno sguardo serio. << Che emozioni ti porta quel quadro?>> aveva notato che avevo scrutato con interesse il quadro, uffa. << Nessuna >> mentii, perché l’opera d’arte mi aveva dato la sensazione che qualcosa non andava << E a voi? Che emozioni da a voi?>> Il medico assottigliò gli occhi quasi impercettibilmente per capire cosa volevo fare, senza successo << Angoscia >> Mi feci scappare un sorriso divertito << Se vi provoca angoscia, toglietelo >>.
In seguito mi fece altre domande del tipo: “Come ti senti?” o “Cosa provi ora?”. Ero stufa.
<< Adesso come ti senti? >> << Volete sapere come mi sento? Sono arrabbiata >> però lo dissi in tono calmo << Come mai? >> Aveva superato il limite << E mi chiedi pure il perché! Non ci arrivi da solo?! Sono stufa delle tue domande: “Come ti senti? Che emozioni provi ora?” Come se a te interessa di come sto io! Vuoi sapere come mi sento, sono felicissima di essere rinchiusa in manicomio! Ma come vuoi che mi senta! >> sbattei le mani sulla scrivania, mi alzai e uscii sbattendo la porta.
In un angolo c’era un’infermiera che mi porse una tazza << vuoi della tisana? >> Questo è il colmo dei colmi. << NO! >> e mi diressi verso il giardino per rilassarmi. Ero davvero arrabbiata.
Il giardino sembrava un cortile ottocentesco all’italiana: l’erba era perfettamente tagliata. La stessa cosa valeva per i cespugli: erano potati a forma sferica e un giardiniere passava a spuntarli una volta a settimana. Come ogni giardino italiano dell’ 800 che si rispetti vi è in fondo un labirinto dalle alte siepi. Accanto ad esso si trova un enorme salice piangente.
Guardai i rami alti e pendenti per poi passare al tronco grigiastro e osservai le varie grandi radici che spuntavano dal terreno. Un luogo ombroso, solitario e calmo: perfetto per pensare. Affrettai il passo per evitare i ragazzi del posto, sempre a parlare. Fermarsi a chiacchierare con qualcuno era l’ultima cosa che volevo fare. Mancavano alcuni metri all’albero quando una voce mi fermò << Ehi, tu! >>





¥ spazio demente autrice

Gente! Scusate per il ritardo e il cappy doveva essere piu' lungo ... imploro il vostro perdono!
grazie a tutti quelli che hanno recensito e messo la storia tra i ricordati (1 T.T) ma vi adoro lo stesso.
Ripeto LE CRITICHE SONO BENE ACCETTE ... ma non siete costretti a farle.

By PazzaManiacale_BB

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Capitolo 3
*** 3. ***


 << Ehi, tu! >>Mi voltai di scatto verso il luogo da dove proveniva la voce e vidi un ragazzino di circa 12-13 anni che portava un lungo camice bianco e una vestaglia blu. Era sporco di fango, spaventato e disorientato. Schiuse leggermente le labbra per parlare << perché mi guardi? >> rimasi meravigliata da quella domanda << sei tu che mi hai chiamato, o sto dando veramente i numeri >> lui si avvicinò di due passi per poi farne dieci indietro << NON PUOI GUARDARMI! >> fece dietrofront e corse all’interno dell’ospedale.
 

Mi limitai a fare spallucce e tornai a dirigermi verso il salice. Finalmente lo raggiunsi, mi sedetti su una radice che spuntava dal terreno e poggiai la schiena al tronco. Avevo ragione, quel posto rilassava molto. Chiusi gli occhi e pensai al ragazzo della mensa. Quei capelli neri, che avevano un bisogno estremo di essere pettinati. La pelle del viso: bianca, pallida, segnata da due leggere occhiaie. Poco più su’ vi erano gli occhi, rossi come rubini. Certo, il colore non era normale ma chi ero io per giudicare? Non sapendo che fare pensai al nome che potrebbe avere << Samuele, no. Francesco, no. Nome, nome, nome inglese? Può darsi. O americano o Inglese: Friedrich … Johnny … Jeffrey … no. Vediamo … Luc, ci può stare ma no. >> Mentre mi dedicavo al nome del ragazzo, una voce mi fermò. Era l’infermiere che brontolava qualcosa sullo stare fuori: che può essere pericoloso per una come me, eccetera, eccetera.
Mi porse di nuovo un tazzone di tisana. Ma perché ce l’hanno tanto con questa tisana?! Mi alzai svogliatamente e sbuffando mi diressi all’edificio prendendo in mano la tazza verdastra a pois rossi, che gusti.
Corridoio + scala + androne + gradinata = stanca morta. Chi è il cretino che ha costruito il palazzo! Ha in pratica messo una scalinata all’inizio del corridoio e l’altra alla fine, e avanti così per tutti e sei piani!
386, 388, trovata: 390. L’ordine delle stanze era uguale a quello delle cifre residenziali: a destra i numeri pari e a sinistra quelli dispari.
Stavo per entrare nella camera quando un’ombra attirò la mia attenzione, era di un bambino all’incirca di 12-13 anni in vestaglia e pensai subito che fosse quello del cortile pertanto lo seguii … e lo raggiunsi. Quello che vidi mi paralizzò: era lui, ma aveva le mani intrise di sangue … sangue suo viste le ferite ai polsi. Feci per chiamare il guardiano ma lui mi zittì << Shhhhhh, vuoi che ti sentano! >> << Sinceramente sì! >> << Non hai ancora capito? Strano, guarda ai tuoi piedi >> Guardai il pavimento e non capii cosa voleva dire quel bambino finché non compresi che le gocce del suo sangue non toccavano il pavimento. Chiusi con forza gli occhi e li strabuzzai per bene, ma quando gli riaprii il bambino non c’era più.

 
Marcus alzò gli occhi dal quaderno stranito ma poi si ricordò che quello era il diario di una pazza e che se lo doveva aspettare.
 

Lo so, lo so. “Te lo dovevi aspettare da una pazza” giusto? Ci ho azzeccato vero? Aspetta di conoscere il resto …
 

 
La cosa di esprimersi con lui … ehm, il lettore, iniziava infastidire Mark, perché centrava sempre i suoi pensieri!
 

Comunque mi sdraiai nel letto con la tisana già fredda sul comodino (maledettamente bianco) e la fissai. Decisi di riprovarla ma stavolta la annusai per benino. Da fredda si capivano bene gli ingredienti e di sicuro non c’era né droga né veleno ma c’era un qualcosa che avevo già sentito nella mia inutile vita … l’avevo sentito in ospedale da piccola: sedativo.
Figurati se non c’era qualcosa del genere! Ecco perché vogliono tanto farmela bere, eh bravi i dottori.
In ogni modo mi addormentai beata dopo aver buttato nel cesso quella roba e aver esaminato per mezz’ora le telecamere senza far scoprire cosa “confezionavo” nella mia testa (facevo credere di cercare le farfalline) … non avevo il tempo di scrivere nel diario.
 
Oggi ( 5 febbraio ) premetto una cosa: non scriverò tutti i giorni perché il personale ha voglia di “farci divertire” facendoci eseguire giochi di gruppo. Che bello … uff.
Sorvoliamo cosa ho fatto di mattina: mi sono svegliata, lavata e vestita con una maglia attillata nera col pizzo e con un paio di pantaloni di pelle non proprio nuovi e niente scarpe. Gironzolai nei corridoi cercando di farmi dimenticare dagli infermieri ma uno di questi mi afferrò e mi portò in giardino. Mi ritrovai a giocare al gioco del fazzoletto!!
Io ero il numero 8 e davanti a me il numero 8 era quel giovane della mensa (più incazzato di me, lo ammetto) << sfida? >> Lo guardai e prima che potessi rispondere sentii l’infermiera << Numero … 8! >> Che due … cominciai a correre solo per il gusto di vincere, sia chiaro. Raggiunsi la postazione simultaneamente a lui e rimanemmo a fissarci finché uno dei due non si decideva a prendere il foulard. Ovviamente fui io a prenderlo e cominciai a correre per tornare a casa e fare punto ma lui fu più veloce e mi afferrò il braccio, reclamando fazzoletto e punto. Passammo tre quarti d’ora facendo falli e ridendo senza dare troppo nell’occhio. << Cambio gruppo!! >> Ah già, non te lo detto: i pazienti, essendo molti, sono stati divisi in tre gruppi e ogni 45 muniti si ruota in modo che tutti possano fare tre giochi differenti. Ora mi toccava giocare alle sedie.
Ci mettemmo in circolo attorno a una decina di sedie e mi sentii sussurrare all’orecchio << la sfida di prima non è ancora finita >>. Alzai un sopracciglio e sorrisi. Appena partì la musica: “Twinkle Twinkle little star” … no comment, cominciammo a girare e appena terminava ci sedevamo, andò avanti così fino a che non c’eravamo solo io, lui e una sedia. La musica finì e io caddi a terra per un dolore al piede, lui rimase in piedi e nel momento in cui si avvicinò mi fiondai sulla sedia sogghignando.
<< Cambio!! >> Ora c’era la caccia al tesoro.

Spazio autrice

Lo so, uccidetemi!! ma cosa ci posso fare se ho avuto un incidente! Comunque, almeno ho  aggiornato!

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Capitolo 4
*** Ricordi (finalmente un titolooo) ***


Ricordi 
I
 
<< saaaaalve! >> si avvicinò un'animatrice con un sorriso a 32 denti e una cartellina sotto il braccio. No, non era una cartellina ... guardai bene: simbolo della Apple, sovraccoperta, un fio di luce che fuoriesce da uno spiraglio ... è un Ipad!! Brutta bas- << ragazzi, vi divideranno in gruppi di due. Ecco la lista: e-ehm Pera va con Blade (AsiaChan, questo è per te!! XD ndA) >> bla, bla. Nomi, nomi. Finalmente arrivò il mio << Solocirepa... tu sei con ... >> -cos'è, il Grande Fratello che fai tutta 'sta pausa!- pensai << Birthday >>. -Birthday?- In quel momento mi venne un dubbio: voltai lo sguardo verso l'ormai famoso ragazzo e lo indicai mimando un -tu?- con le labbra. Lui si limitò ad un cenno del capo.<< Andate ogni coppia in una stanza, segnata qui, e aspettate che sistemano gli oggetti. Alle 18:30 partirete >> Aprii la busta appena consegnatami e presi il pezzo di carta con su scritto: postazione camera 397. Non era la mia, quindi era la sua - di bene in meglio- pensai con sarcasmo. << Siccome voi siete l'ultimo gruppo di oggi avrete tempo fino alle 21:00 (30 minuti in più). Vi ricordo che il duo vincitore avrà un premio. Buona fortuna >>.
Tutti si dileguarono tranne io e Birthday, << così tu ti chiami "compleanno" >> alzò il sopracciglio destro e mi guardò divertito << pensa che quello è solo il cognome. Io mi chiamo Beyond >> ... non risposi subito, sentii che stavo per ridere. 
<< Beyond Birthday ... "oltre il compleanno" ... che fantasia che hanno i tuoi genitori >> s'incupì, << non li ho mai conosciuti >>.
Questa frase mi fece ricordare la mia infanzia, io li ho conosciuti i miei, eppure i loro gesti ... i loro corpi ... i loro volti ... e le loro voci non sono ben impressi nella mia memoria. Le poche cose che ricordo riguardano la ninna nanna di mia madre ... presa da una canzone abbastanza commovente: Rain, dei Breaking Benjamin (facciamo finta che questa canzone era già presente dal 1990 al 2005, ok? XD ndA). Ricordo anche mio fratello, lui lo ricordo molto bene: alto, capelli sempre in ordine, vestito quasi sempre elegante e la sua intelligenza molto al di sopra della media.
I ricordi affiorarono fino a quella sera ... avevo solo 10 anni e lui 12 ...
*FLASHBACK*
<< Mamma! Mio fratello mi ha di nuovo preso i giocattoli! >> << Non è vero! >> << Mamma! >> ... smisi di gridare, di solito la mamma gridava di smettere di litigare. Mio fratello captò subito il mio pensiero. Ci dirigemmo velocemente verso la camera da letto ... c'era papà per terra con gli occhi spalancati, la mamma era sulla sedia con gli occhi chiusi. 
Mi avvicinai a mio padre, lo osservai da tutte le angolazioni possibili e tastai il petto e il collo, i muscoli erano ancora contratti: attacco cardiaco.
Mio fratello invece stava "esaminando" la mamma: aveva un bicchiere umido ai piedi e delle pastiglie sulla scrivania, il volto era umido: suicidio, elementeìare.
<< Sono entrambi morti >> affermò con calma, una calma che non avevo mai sentito nella sua voce. << Non è vero! >> lui si girò verso di me e con un espressione commossa mi abbracciò, io mi dvincolai << ma che hai capito! Loro sono lì, in piedi che ci guardano! >> Indicai le due figure: erano mamma e papà! << Sono loro! Non li vedi? Perché non li vedi? >> lui s'incupì e fece scivolare due piccole lacrime sulla sua guancia << perché non ci sono... >> << sei forse cieco fratellone? Sono lì! >> guardai ancora mia madre portarsi un dito alla bocca e dire con un soffio << shhh piccola mia, non litigate >>
Chiusi gli occhi arrossati e quando gli riaprii mamma e papà non c'erano più. Mio fratello mi prese per le spalle e disse << usa la ragione, sono morti e non torneranno >>. Quello non era mio fratello, non era lui... era cambiato, qualcosa in lui si era spezzato.
Dopo 3 giorni lui venne mandato in orfanotrofio a Winchester e io in un ospizio a San Francisco. In quei tre giorni non mi parlò, come se non esistessi. A quanto pare a lui non piacciono le persone psicopatiche, ma io non lo ero... io avevo visto mamma e papà.
 
Mark notò subito che le ultime parole erano molto calcate, quasi con rabbia .... o convinzione?
 
*FINE FLASHBACK*
Scrollai la testa. << Mi dispiace >> lo guardai negli occhi ... << ehm, andiamo. Tra poco si parte >>


¥Angolo del-... beh il mio...¥

Mi scuso tantissimo per il ritardo... caspita da gennaio ^^". Veniamo a noi, ho diviso questo capitolo in due (o tre) parti per non farvi aspettare oltre dato che il capitolo scritto su carta è lungo e ogni violta che provavo a riportarlo qui mi annoiavo e lasciavo perdere
Sonia: sfaticata!!
Ha parlato!!
BB: sonia ha ragione...
Sonia: ha! *fa la lingua* ho ragione ioooo!! *gongola*
... -.- no comment ... BB, continua tu ... non ce la faccio più *si alza e se ne va in cucina*
BB: quale onore. Allora la seconda parte non si sa quando quella la pubblicherà: potrebbe essere fra qualche ora come fra uno o due giorni, ma state tranquilli!! C'é il sottoscritto che la costringer-
*si sente un vasetto di vetro rompersi* ops ... B era la tua marmellata... non volevo romperla con la mazza da Beasball!!
BB: che non farà un bel niente!! Alla prossima!!

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