Sotto i fiori di ciliegio

di Calcifer92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La leggenda dei fiori di ciliegio. ***
Capitolo 2: *** Il ciondolo a forma di stella. ***



Capitolo 1
*** La leggenda dei fiori di ciliegio. ***


Non so come mi è passato per la mente di scrivere una storia simile, tutta nuova,
piuttosto che pubblicarne una di quelle che avevo già scritto
o magari scrivere una di quelle che ho in mente da molto tempo XD
Comunque spero che vi piaccia e che non risulti troppo noiosa, specialmente
il primo capitolo, che è solo una introduzione e non succede niente di tanto interessante.


La leggenda dei fiori di ciliegio
 
–        Chissà se Ryuu è già tornato a casa –
Dissi fra me e me mentre percorrevo il solito sentiero. Mi piaceva passare per quel viale alberato, mi metteva un non so che di serenità. E poi, tra poco quei ciliegi sarebbero fioriti dando vita ad uno spettacolo meraviglioso, anche se ciò significa che questo posto da qui al mese prossimo sarà gremito di persone che mi impediranno di osservare questo magnifico spettacolo in assoluta armonia. Al solo pensarci le loro voci mi ronzano in testa come mille radio accese. Poco male,  guarderò i ciliegi insieme a Ryuu, da quel solito muretto da cui si vede tutto e tutti. Forse non ci crederete, ma durante il periodo della fioritura viene un sacco di gente qui ad ammirare questi ciliegi, e ne combinano di tutti i colori. A noi piace osservarli seduti su quel muretto e vedere cosa fanno.
–        Ryuu, sei già qui?  –
Chiesi guardandomi intorno dopo essere arrivata al tempio in cui vivevamo. Già, forse ammirare i ciliegi in fiore era anche una scusa per venire al tempio e rendere omaggio alla dea dei ciliegi. Dopotutto se ne parla molto di quella leggenda da queste parti…
 
 

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–        Presto questo posto sarà gremito di gente, una vera seccatura –
Mio padre dice che è anche grazie a loro che possiamo continuare a gestire il tempio. Se non fosse per le loro offerte e per la bontà della dea dei ciliegi ormai saremmo in bancarotta da un pezzo. Che ascoltasse i miei consigli per una volta, gli ho proposto di trasformarlo in un Bed & Breakfast più volte, ma lui non vuole ascoltarmi. In questo modo la gente ci pagherà per avere una stanza in cui dormire e in primavera non affollerà più questo splendido viale lasciando qua e là cumuli di spazzatura. A cosa devo la sua devozione per la fantomatica “dea dei ciliegi”? Mio padre crede ancora nelle favole.
 
Il Tempio di Momo, così chiamato per il pesco che più di mille anni fa si trovava al suo interno dando ogni annata dei fiori sempre più belli e dei frutti sempre più succosi, improvvisamente venne attaccato da una strana malattia. Tutte le persone che si recavano a quel tempio lo facevano per ammirare questo splendido albero di cui tutti parlavano.
–        Non ho mai assaggiato delle pesche così buone, sono una vera delizia –
–        Quei fiori sono bellissimi, è uno spettacolo ammirarli  –
–        Non appassiscono mai, guardate, questa collana è fatta con i petali di quei fiori. L’ho comprata l’anno scorso a quel tempio –
Erano questo più o meno ciò che si diceva in giro e che spingeva le persone a venire qui. Ma dopo quella malattia, l’albero iniziò a seccare, non dava più fiori, non dava più frutti, su di esso non crescevano più foglie e la sua corteccia iniziava a cadere. La terra sotto il suo suolo iniziava a farsi arida, dura, cominciava a spaccarsi, assumendo un colorito scuro. Ogni giorno che passava la malattia del pesco peggiorava, sempre di più, e come se non bastasse sembrava che quella malattia avesse colpito anche il terreno. Un giorno le crepe si protrassero fino al magazzino in cui i sacerdoti tenevano gli oggetti che usavano nei riti, facendolo così sprofondare durante la notte. La soluzione sarebbe stata quella di abbattere quell’albero, ma nonostante ciò non decisero di abbatterlo poiché la dea si sarebbe adirata. Le crepe continuavano ad estendersi, ed il tempio veniva a poco a poco distrutto. 
–        L’albero non va abbattuto. La dea ci sta mettendo alla prova! –
In realtà, la leggenda narra che la dea si adirò a causa della cupidigia degli uomini che andavano a visitare il tempio e dei sacerdoti che invece lo gestivano. Essi non si curavano tanto di contemplare la bellezza dell’albero quanto di sfruttarne economicamente le risorse, per arricchirsi e per ampliare il tempio; e così la dea inflisse loro questa maledizione. I sacerdoti vista la situazione si riunivano notte e giorno a determinati orari in preghiera, affinché la dea li perdonasse; ma questa non si ripresentò. Più tempo passava, più il posto dove sorgeva allora il tempio sembrava infestato dai demoni a causa dell’aspetto tetro e spettrale che aveva assunto; più il tempo passava, più i sacerdoti desistettero, lasciando il tempio al suo destino e trasferendosi in una nuova sede.
Qualche secolo dopo il tempio fu affidato ai sacerdoti della nostra famiglia, o meglio ai nostri avi (parliamo ancora di cinque o sei secoli fa), i quali decisero di bonificare il posto e far risorgere quel tempio. Tutti lavorarono duramente per qualche anno per riportare il tempio allo splendore di allora, e al posto del pesco, che si trovava proprio al centro della costruzione di forma rettangolare, fu deciso di allestire un giardino fiorito con una fontana al centro.
In un giorno di primavera giunse in città una signora bellissima dai lunghi capelli e dal lungo kimono che diceva di chiamarsi Sakura. Appena seppe che in città era stato da poco costruito un tempio decise di andare a vederlo e si recò lì percorrendo la stessa strada sulla quale mi trovo ora, che all’epoca era solo una mulattiera desolata. Si dice che mentre percorreva quel sentiero, al suo passaggio la mulattiera si trasformava in un prato fiorito, ai lati del quale crescevano degli alberi di ciliegio a vista d’occhio. Arrivata alla fine del sentiero, gli alberi erano già grandi e si accinse per salire le scale che portavano all’entrata del tempio, come sto facendo io adesso. Inutile dire che vi lasciò sopra le impronte dei sandali che indossava, che dopo secoli e secoli non si sono ancora cancellate. Arrivata davanti all’arcata, notò che questa non era stata ancora riparata, e dopo averla superata questa si mutò in una bellissima entrata in sintonia con l’architettura del tempio. Si diresse poi verso il giardino con la fontana spargendo dietro di sé petali di ciliegio, e arrivata lì, si sedette vicino alla fontana, prese un gattino in grembo, e stette lì ad accarezzarlo per ore ed ore.
–  Che stupidaggine, mi chiedo chi abbia mai potuto inventare una storia simile! E’ assurdo! –
Ad ogni modo, il Tempio di Momo, divenne il Tempio di Hana, e da allora si venera la divinità Sakurakami affinché ogni anno faccia fiorire i ciliegi e possa così offrirci quello spettacolo così meraviglioso.
 
Beh, dopotutto l’arcata che sto attraversando ora non ha mai avuto bisogno di manutenzione, quindi un po’ potrei anche crederci in questa storia.
–  Ehi! Buongiorno Tora. –
Oggi Tora mi sembrava più strana del solito. Era lì con un fare assorto e si guardava continuamente intorno, che abbia qualche problema? Bah, meglio rientrare, si sta facendo buio…

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Capitolo 2
*** Il ciondolo a forma di stella. ***


Il ciondolo a forma di stella

–        Cos’è quest’odore? Non è possibile, no non è possibile –
Capisco che il mio comportamento possa sembrare un po’ sospetto, e capisco anche che potrebbe sembrare che io abbia rubato qualcosa. Ma se è come penso io, di certo la ladra qui non sono io.
–        Ryuuuuuuuuuuu! Non provarci nemmeno! –
E così iniziai a correre seguendo la scia di odore, e notai che Ryuu stava voracemente divorando quegli avanzi di carne che Himeko aveva messo nella sua ciotola.
–        Ryuu, brutto idiota, perché non mi hai aspettata eh? Per una volta che mangiamo bistecca e ci danno anche gli avanzi tu li mangi tutto da solo? –
Ero arrabbiata, più che arrabbiata. Non potevo non esserlo. Quello stupido non mi aveva lasciato neanche un po’ di carne. E dire che è il mio cibo preferito. Il bello è che cercava anche di giustificarsi!
–        Eri stata via tutto il giorno, pensavo che stasera non saresti tornata a casa –
–        Come pensavi!? Torno a casa tutte le sere e perché proprio oggi non sarei dovuta ritornare? Eh? Me lo spieghi? Ti sei divorato tutta la mia buonissima carne… e pensare che erano mesi che non ne mangiavo! –
–        Tua? Guarda che Himeko l’ha data a me –
–        Non dare la colpa ad Himeko adesso! Questa me la paghi! –
Non ci vedevo più dalla rabbia. La mia carne, la mia buonissima e preziosissima carne. Adesso non c’era più. Era tutta nella pancia di quello stupido. Non è giusto. Non è giusto. Non è giusto. E’ mia. Ridammela!
Balzai addosso a lui e gli mollai un graffio con tutte le mie forze. Tentò di scappare ma io lo assalii ed iniziai ad azzannarlo. Doveva pagarmela.
 

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–        Ah, ecco dove eri corsa così di fretta Tora, avevi sentito l’odore della car… –
Neanche finii di parlare, che quei due iniziarono ad azzuffarsi. Strano, non l’avevano mai fatto prima d’ora e adesso, inspiegabilmente, cominciavano a litigare.
–        Himeko! Himeko! Vieni fuori…  i gatti! –
Anche lei doveva vedere, altrimenti non mi avrebbe mai creduto se gliel’avessi solo raccontato. E dire che andavano così d’accordo.
–     Bentornato fratellone! –
Himeko mi diceva sempre così quando tornavo a casa. Probabilmente non si era ancora resa conto della zuffa nonostante i versi a dir poco cavernosi emessi da Ryuu e Tora che si squartavano l’un l’altro. Le feci segno con il dito di voltarsi e…
Quando Himeko vide i due gatti litigare il suo volto impallidì, e assunse un’espressione da un lato attonita e sorpresa ma allo stesso tempo triste. Se le avessi fatto una foto in quel momento, sarebbe potuto sembrare che lei avesse visto un fantasma proprio in quel momento, tuttavia di fronte ad un fantasma avrebbe di certo avuto una reazione migliore. Ad un tratto i suoi occhi si impregnarono di lacrime, le quali ben presto iniziarono a solcarne il volto, e piangendo tornò in casa lasciando la porta aperta.
–        Vergognatevi, avete fatto piangere Hime-chan! Suvvia, adesso smettetela subito! –
Non avessi mai detto quelle parole. Soltanto un passo. Mossi soltanto un dannatissimo passo. Volevo soltanto separare quei due dal litigio, ma mi accorsi che sotto la mia scarpa avevo qualcosa, un qualcosa di… vetro?
–        Himeko! –
Quello che avevo calpestato era il ciondolo a forma di stella di Himeko, il suo ciondolo preferito, quello che portava sempre al collo e non toglieva mai. Ma come mai l’avevo calpestato io? Come mai si trovava sotto i miei piedi? Perché io? No, non può essere che se lo sia tolto! Deve averlo fatto cadere quando ha dato da mangiare a Ryuu. Santo cielo, vuoi vedere che s’è messa a piangere proprio per questo motivo?
–        Himeko! –
Ripetei il suo nome mentre varcavo la porta di casa, semichiusa, senza curarmi né di chiuderla, né di togliermi le scarpe.
–        Himeko, sorellina, senti io… –
Himeko era lì, seduta per terra, con gli occhi gonfi di lacrime e singhiozzava. Quel ciondolo doveva essere importante per lei. Le misi una mano sulla spalla per consolarla, quando lei la afferrò e mi strattonò via, poi si alzò in piedi e mi disse:
–        Yuudai tu… tu… io ti odio!  –
Non avrei mai voluto sentire quelle parole. Tutto ma non quello. No, non potevo accettarlo, non poteva andare così.
–        Sorellina mi dispiace, io…  –
–        Tu cosa? Adesso non mi verrai a dire che non l’hai fatto apposta? –
Quando mia sorella si arrabbia è peggio di Tora, pensai. Spero almeno che le passerà in fretta.
–        Come hai potuto? Era il mio ciondolo preferito! Non potevi starci più attento? –
–        Mi dispiace, forse si può aggiustare –
Cercavo di consolarla, ma dopotutto sapevo che non poteva essere aggiustato. Un oggetto di vetro è così… fragile.
–        Dai, se non si può aggiustare te ne compro uno più bello –
–        Stupido! Non sarebbe la stessa cosa neanche se me lo ricomprassi uguale o centomila volte più bello. Quello era il ciondolo che mi aveva regalato Aiko, era la mia cosa più preziosa. E tu l’hai distrutta in mille pezzi! –
Gli occhi di Himeko erano sempre più gonfi di lacrime, e quasi non riusciva a parlare mentre mi stava rimproverando. Tuttavia riusciva a trovare una forza che sicuramente neanche lei sapeva di avere. Le avevo portato via la cosa più preziosa, e adesso lei mi odiava. Lei ha perso il ciondolo che le aveva regalato la sua migliore amica, e che considerava il suo oggetto più prezioso, ma io stavo per perdere qualcosa di più importante e neanche me ne rendevo conto. Forse è proprio per il fatto che non me ne rendevo conto che le dissi quelle dannate parole…
–        Himeko, adesso basta! E’ solo uno stupido ciondolo, ti prometto di comprartene uno nuovo –
–        Stupido? Solo uno stupido ciondolo? Qui l’unico stupido sei tu Yuudai! Cosa ne puoi capire tu? Cosa ne sai tu di cosa significa per me quel ciondolo? Ti odio! –
Dopo aver ripetuto quelle due ultime parole che mi facevano così tanta paura, mi mollò uno schiaffo sulla guancia destra lasciandomi il segno del palmo della sua mano. Poi uscì di corsa e si andò a rifugiare chissà dove incurante del fatto che i gatti stavano ancora azzuffandosi.
–        Quante storie per uno stupido ciondolo, domani le passerà… –
Non sapevo quel che dicevo ve lo assicuro e di lì a poco me ne sarei pentito. Dopo aver cenato, salii le scale che portavano in camera da letto, accesi la luce e…
 
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–        Ferma Tora, suvvia! È soltanto della stupida carne. Ti prometto che la prossima volta te la conservo –
–     Non me ne faccio niente delle tue promesse, me la devi pagare e basta! –
Mentre stavo mordendo l’orecchio di Ryuu non mi ero accorta di quello che stava succedendo dentro casa. Però quando vidi Hime-chan correre via piangendo verso il magazzino decisi di lasciar perdere l’orecchio di quello stupido e di seguirla.
Si era rintanata in un angolino buio che prima era occupato da uno scatolone pieno di concime. Piangeva ancora, e stava singhiozzando, così cercai di consolarla avvicinandomi a lei e facendole le fusa. Lei mi prese in braccio e mi raccontò quello che le era successo. Yuu-kun era stato sempre un tipo molto distratto, però almeno a quel ciondolo a cui Hime-chan teneva tantissimo poteva starci attento.
–     Sei l’unica che mi vuole bene qui piccola Tora, lo sai quell’idiota come ha definito il mio ciondolo? Ha detto che è solo uno stupido ciondolo come se non gliene importasse niente di averlo rotto! –
Hime singhiozzava ancora, quel ciondolo doveva essere davvero molto importante per lei. Ma dopotutto che ci possiamo fare, fatta la frittata le uova non tornano intere, e neanche la carne che si è mangiato quella testa bacata di Ryuu. I maschi sono tutti stupidi, non c’è che dire.
–     Mia piccola Tora, adesso io… penso di essere diventata figlia unica –
Quando me lo disse in un primo momento non capii, e non potevo neanche immaginare quello che poteva succedere. Dopotutto io ero soltanto una gattina, quindi mi limitai a farle le fusa e a farmi accarezzare: era il minimo che potessi fare per lei.
 

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