Ancient Saga: Every Tomorrow Is A Day I Never Plan

di AngelSword
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I - Alba ***
Capitolo 2: *** II - Pomeriggio ***
Capitolo 3: *** III - Tramonto ***
Capitolo 4: *** IV - Sera ***
Capitolo 5: *** V - Notte ***
Capitolo 6: *** VI - Opposti ***
Capitolo 7: *** VII - Oscurità ***
Capitolo 8: *** VIII - Grazie ***
Capitolo 9: *** IX - Impulsività ***
Capitolo 10: *** X - Non E' Detto Che Il Piatto Della Vendetta Vada Sempre Gustato Freddo ***



Capitolo 1
*** I - Alba ***


Premessa
 

Saaaaaalveeee genteeee!!! Rieccomi qua!!! (ed ecco che arriva il tipo con il fucile a canne mozze) Salto direttamente la domanda "Vi sono mancata?" O_____O....
Bene, stavolta, per riempire un po il buco spazio-temporale (?) che ci sarà prima del Secondo Volume e per dare sfogo ai miei scleri, torno con una raccolta di One-Shot/FlashFic!!! Credo che saranno principalmente ZoAqua (se esistono le ZoNami, le ZoSan e le ZoRobin.... Possono esistere anche le ZoAqua!!!! XDXD), ma vedremo comparire anche tutti gli altri Mugi ed occasionalmente gli altri Antichi. Occhio: sono tutti pensieri. Poca azione, molta riflessione XD Cercherò di metterne anche alcune divertenti ^^
Dato che non mi voglio appropriare di niente, dico subito che i titoli e l'ispirazione li ho presi dal "One Hundred Prompts Project" di BlackIceCrystal. Se ciò da' fastidio alla creatrice, me lo faccia sapere ed io cambierò immediatamente i titoli ^^
Beh, spero solo che nessuno mi fucilerà per questa mia iniziativa e per la schifosità di queste mie fic XD
Non mi resta altro che augurarvi una buonissima (?) Lettura ^^


1. Alba

Lentamente una luce rossiccia fa capolino dall’orizzonte spazzando via l’oscurità della notte, oscurità che però trova rifugio nelle ombre allungate. Un sottile venticello soffia liberando i fili d’erba dalla rugiada, un uccello annuncia il buon giorno, subito ricambiato dal cinguettio dei suoi simili. I petali dei fiori si aprono  adagio stiracchiandosi, pronti a ricevere i primi raggi caldi dopo il gelo della notte. Tutto si sveglia, pronto ad affrontare una nuova giornata.

Un raggio dispettoso filtra attraverso le sottili tende e viene a bussare alle mie palpebre abbassate. Strizzo un paio di volte gli occhi prima di aprirli, lasciando che si prendano il loro tempo per mettere a fuoco. La prima cosa che vedo sono le tue labbra rosee leggermente dischiuse. Vedo il tuo volto rilassato in un sonno senza incubi e mi viene da sorridere quando ti paragono ad una bambina addormentata. I tuoi lunghi boccoli biondi si lasciano accarezzare dalla luce, dando vita a splendidi riflessi dorati. Sembrano davvero fatti d’oro, e sorrido di nuovo quando noto quanto sono arruffati. Torno ad osservare la tua espressione. Le sopracciglia lievemente contratte, come se ti stessi concentrando su qualcosa. La pelle chiara comincia ad essere riscaldata dai primi raggi. Mi viene da pensare che, nonostante passassi la maggior parte sul ponte ad allenarti con me, hai sempre avuto una carnagione pallida. Faccio scorrere lo sguardo sull’ovale perfetto del tuo volto  fino a quando non si sofferma su quella grossa cicatrice sull’occhio sinistro. La fisso un po disturbato: quell’enorme marchio è l’unico elemento che rompe l’armonia. Ma non per questo sei meno bella, penso subito dopo. Allungo una mano e sfioro con estrema delicatezza quel fiore ferito. Ti svegli, anche tu strizzando gli occhi, sbattendo le palpebre un paio di volte prima di fissare le iridi zaffiro su di me. Mi riconosci. Poggi la tua fredda mano sulla mia, fermando l’astratto disegno che l’indice e il medio stavano tracciando sulla tua guancia. E mi regali un sorriso, un misto di dolcezza e di residua sonnolenza.

Eccola la mia alba: il tuo sorriso. 

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Capitolo 2
*** II - Pomeriggio ***


Premessa
 

E rieccomi qua =p con un'altra miniFic. Ora, dato che io sono scema e mi dimentico di dire le cose, ho qualche altra cosina da dire....
1) Volete una colonna sonora anche per questa raccolta?
2) Avete qualche richiesta? Nel senso, volete leggere dei pensieri di qualcuno in particolare?
3) Non specificherò mai da quale punto di vista viene raccontata la fic =p Sta a voi scoprirlo XD
Un grazie a tutti quelli che passano per di qui e ai recensori ^^ Spero che i miei lavori vi piacciano =)


2. Pomeriggio

Solo il sibilo delle nostre lame ed il clangore dell’acciaio contro acciaio. I nostri respiri affannati, i passi attutiti dall’erbetta del ponte.

Il sole alto nel cielo batte senza pietà sulle nostre teste, sulla nostra pelle sudata. Il mare calmo, solo una leggera brezza che sa di salsedine ogni tanto gonfia un po la vela maestra ed alza qualche sottile filo di spuma. Un gabbiano strepita senza ricevere risposta. La nave congelata in quel momento di silenzioso riposo in cui gli altri dormono o leggono un libro al fresco dell’ombra delle loro camere.

Tutti tranne noi. Ci piace sentire i raggi che accarezzano e lentamente bruciano la nostra pelle. Paro un fendente e mi ritrovo a pochi centimetri dal tuo volto, sento il tuo respiro caldo e irregolare. Sorridi, un sorriso sghembo, di sfida, prima di spingere in avanti la tua katana per poi allontanarti. Leggera come una piuma, poggiò le punte degli stivali sul ponte e scatto immediatamente all’assalto, l’elsa dello spadone saldamente stretta nel pugno. Pari con facilità il mio assalto, ma non ti lascio il tempo di contrattaccare. Mi sorprendo a vedere che quel mezzo sorriso è ancora stampato sul tuo volto sebbene al momento stessi faticando a bloccare tutti i miei fendenti. Alzo un sopracciglio incuriosita e tu ti approfitti della mia distrazione per interrompere la mia serie di colpi. Presa alla sprovvista, mi maledico mentalmente, rimproverandomi per la mia esagerata confidenza e scarsa attenzione. Ti guardo impotente mentre carichi in avanti con la spada. Mi preparo al dolore del colpo quando invece mi circondi la vita con un braccio per poi attirarmi a te. Istintivamente alzo la mia arma, ma ogni mio verso di sorpresa viene interrotto sul nascere dalla tua bocca sulla mia. Passati i primi secondi di puro stupore e confusione, mi lascio andare anch’io, ricambiando il bacio mentre un sorriso mi tende le labbra. La presa sull’elsa s’allenta, il braccio alzato mi ricade lungo il fianco, la punta dello spadone tocca terra, solleticata dai fili d’erba. Sembra che il tempo si sia realmente fermato: le foglie degl’alberi non frusciano accarezzate dal vento, i gabbiani non riempiono il silenzio con i loro versi, nessuno a parte noi due è sul ponte, immerso in quell’innaturale quiete. Ti separi da me dopo un lunghissimo momento, sempre troppo breve, e mi guardi di nuovo con quel sorrisetto a metà tra il soddisfatto ed il malizioso. Poggio una mano sul tuo petto nudo e seguo con la punta delle dita la linea della cicatrice, sapendo che il mio tocco freddo e leggero ti ha appena fatto rabbrividire. “Quest’allenamento comincia a piacermi,” biascico con il respiro ancora affannato.

Trattieni a stento una risata. “Il pomeriggio è ancora lungo,” mi dici scostandomi la frangia dal volto. “E non siamo nemmeno arrivati a metà della sessione d’allenamento,” aggiungi poi, e faccio appena in tempo ad alzare la guardia per parare il tuo inaspettato fendente.

Torniamo al duello, lasciando che siano i nostri movimenti, le nostre spade, i nostri respiri e il nostro silenzio a parlare sotto il sole cocente di quel pomeriggio. Uno come tanti ma sempre unico per la sua religiosa calma.

Ci piace il sole, ci piace stare da soli, ma soprattutto ci piace quel silenzio che amplifica i battiti sincronizzati dei nostri cuori. 

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Capitolo 3
*** III - Tramonto ***


 Premessa

Beh ed eccomi nuovamente qui =P Per le colonne sonore, ho deciso di metterle quando sento che c'è una canzone semplicemente perfetta per la minific ^^
Stavolta Zoro si metterà da parte: ho voluto provare a fare una cosa un po diversa =P Spero vi piaccia ^^

Un grazie a chi da' una letta a questo modesto sclero e a chi recensisce ^-^ Vi sono immensamente grata per le vostre parole =)

Buona lettura ^^


3. Tramonto

I capelli bagnati legati in una coda alta, ancora accaldata per la doccia presa da poco, mi siedo sull’altalena e comincio lentamente a dondolarmi con un piede, godendomi l’aria fresca che gentilmente soffia sulle mie braccia scoperte. Alzo lo sguardo dai miei stivali neri per posarlo sul sole ormai ridotto ad una grande palla di vivo arancione tagliata a metà dalla linea dell’orizzonte.

Senza accorgermene, i pensieri cominciano a vorticare nella mia mente attutendo i miei sensi. Le urla di Sanji dirette a Rufy mi sembrano così lontane, gli allegri schiamazzi di Chopper e Usopp sono solo sussurri, il violino di Brook un grillo solitario che canta la sua serenata. Non mi volto quando il capitano si schianta a pochi metri da me in seguito ad uno dei calci del cuoco.

Rifletto contemplando quel cielo oro, indaco e rosso. Sono colori indecisi, come lo sono io. Quell’oro adulterato dal rosso, quel blu sfumato d’indaco che blu non è. Un momento di passaggio, apparentemente senza alcuna importanza.

Forse però ogni passaggio è importante. Provo ad immaginarmi come sarebbe la giornata senza alba e senza tramonto: dalla notte si passerebbe direttamente al giorno, e dalla luce immediatamente all’oscurità. Sarebbe troppo brusco, troppo repentino. Come la mia vita. Una vita normale il giorno prima, nella mia città, con i miei amici, ed una serie di torture in un laboratorio della Marina il giorno dopo. Poi la fuga, accaduta quasi per caso, ed infine la vendetta. Dalla luce all’oscurità in soli pochi secondi. È la prima volta che mi trovo bloccata in quel crepuscolo, rischiarato dalla luce dei miei nuovi nakama ed allo stesso tempo oscurato dal mio passato. Mi sento.... a disagio. Ho sempre saputo dove dovevo andare - o forse ne avevo l'impressione -, che strada avrei dovuto percorrere... Ma adesso non so come comportarmi, se lasciare che la notte abbia la meglio oppure affezionarmi a quei raggi. Il mio obbiettivo è la vendetta, è inevitabile che l’oscurità tornerà a bussare alle porte della mia vita, quindi l’addio sarebbe ancora più doloroso. Ma sento anche che ho bisogno di quella luce. Ed ecco che sono ferma, a metà tra il brillare e lo scomparire. Mi guardo alle spalle e vedo i tentacoli della notte invitarmi nel loro dolce oblio. Guardo avanti e sento i caldi raggi del sole solleticarmi il volto, ma so che prima o poi si spegneranno lasciandomi al freddo. Sono abbastanza coraggiosa da accettare questa scommessa? Io... non lo so. Indecisa sono, come i colori del tramonto, come il sole stesso che non sa se vuole continuare a splendere nel cielo oppure godersi il meritato riposo. Sospesa in questo momento di passaggio, momento in cui tutto si decide.

“Ooooiiiiii!!! Aaaquaaaa!!!” La cantilena di Rufy mi riporta alla realtà, le mie orecchie riprendono a sentire ed i miei occhi a vedere. Sbatto un paio di volte le palpebre, stordita e spaesata, quando il volto del capitano improvvisamente riempie la mia visuale, spaventandomi e facendomi cadere all’indietro dall’altalena.

Lui mi guarda con quell’espressione idiota, gli occhi spalancati e la bocca curvata all’ingiù, mentre mormoro a denti stretti un “Ahia” e mi massaggio il didietro dolorante. “Era ora che avessi una reazione, sono ore che ti chiamo!!” mi rimprovera quasi, scendendo dall’albero su cui si era arrampicato per attirare la mia attenzione. Alzo gli occhi su di lui ma non rispondo.

“Avevi uno sguardo così freddo e distaccato... non è da te,” continua squadrandomi, mano sul mento e fronte corrugata nel tentativo di comprenderne il perché. Mi ostino a mantenere il mio silenzio e continuo a guardarlo con una punta di tristezza.

“Ti è successo qualcosa? Zoro ti ha trattata male?” Non so come faccia, ma quel ragazzino sa sempre se qualche cosa mi turba. È capace di leggermi l’anima come se nulla fosse. Ciò mi mette un po a disagio ma allo stesso tempo mi sento... compresa.

Capendo che non ti avrei dato un risposta, mi sorprendi di nuovo allungando una mano aperta verso di me con un sorriso rassicurante dipinto sul volto. “Coraggio, andiamo. Sanji dovrebbe aver fatto con la cena,” mi dici allegramente. Io osservo prima te e poi il tuo palmo aperto, confusa e sconcertata. Apro la bocca per dire qualcosa ma le parole non escono, rimangono soffocate nella mia gola. Solo dopo mi accorgo che non so cosa dire. E se rovinassi tutto? E se finissi per prendere la strada sbagliata? Ferma, come quelle lunghe nuvole frastagliate che si lasciano colorare dai raggi del sole morente.

Tu attendi pazientemente la mia decisione, conscio che non si tratta più solo di accettare un aiuto per alzarsi.

Dopo un eterno momento d’esitazione, cautamente allungo la mano, muovendomi piano come se non volessi spaventare una farfalla. Un momento di passaggio era quello, e mi metteva paura.

Afferri la mia mano quasi con impazienza ed il tuo sorriso s’allarga ancora di più. Mi tiri in piedi mentre un sorrisetto increspa le mie labbra. Ti calzi il cappello sulla testa e cominci a blaterare qualcosa riguardo la cena che non riesco a capire bene, ma che comunque mi fa ridere per le tue espressioni buffe ed il tono bambinesco della tua voce. Una risata che stento a riconoscere come mia per quanto è a cuor leggero. Annuisco e cominci a tirarmi verso le scale che portano alla cucina, esultando come un bambino il giorno di natale. Ti seguo e mi accorgo che non mi hai ancora lasciato la mano, la stretta salda, quasi come a voler dire “Il tuo posto è qui, insieme a tutti noi, e non ne devi dubitare.”

Una volta avevo sentito dire “il tramonto di una brutta era.” Forse questo era il caso, ed il tuo sorriso mi convince ancora di più a credere a quelle parole. E chi l’avrebbe mai detto che fosse così contagioso? mi ritrovo a pensare quando sento le mie labbra tese nella tua stessa espressione.

Grazie, mio capitano.

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Capitolo 4
*** IV - Sera ***


 

Premessa

Ed eccoci alla quarta minific... Parto subito col dire che questa è stata la prima che ho scritto e potrebbe essere uscita davvero penosa rispetto alla terza, "Tramonto".... Spero comunque che vi piaccia =p
In futuro ho queste tre programmazioni:
- Nex
- Seph
- Zalenia
- Ruby (rivolto ad Aqua)
Volete aggiungere qualcun'altro?? Oppure volete suggerirmi voi un tema su cui scrivere? (ad es. Solitudine, Compagnia, ma anche Cielo o Fiume, che ne so XD Qualsiasi cosa, in poche parole!!)
Detto questo, non ho altro da dire tranne che consiglio l'ascolto di una di queste due canzoni "E fuori è Buio" oppure "Non Me Lo So Spiegare" , entrambe di Tiziano Ferro ^^
Buonissima Lettura =DD


4. Sera

Sinceramente avevo smesso di chiedermi il perché lo facevo.

Non sono mai stato un tipo a cui piace abbracciare la gente o anche semplicemente toccarla. Tutto il giorno me ne stavo ad allenarmi o a dormire proprio per incontrare gli altri il meno possibile. Le ore passavano, il sole si muoveva nel cielo senza un significato. Un momento valeva l’altro. I secondi scanditi solo dal tintinnare dei pesi che sollevavo. Un’infinita sezione d’allenamento.

Da quella sera, però, quella in cui tu ti eri quasi messa a piangere per una colpa non tua, è cambiato tutto. Mentre il sole scaldava l’orizzonte con i suoi ultimi raggi, come a prepararsi un giaciglio, posavo le mie spade e ti aspettavo. Aspettavo il tocco freddo delle tue dita sulla mia pelle accaldata, il tuo respiro calmo, i tuoi sussurri dolci. Aspettavo che poggiassi la testa sul mio petto per ascoltare il cuore che batteva, accompagnato dalle mie parole rassicuranti. Perché entrambi eravamo soli, persi in quel crepuscolo d’oro e d’indaco. Indecisi come quei colori.

Perché lasciavo che mi raggiungessi? Perché ti lasciavo ascoltare? Odiavo quella vicinanza eccessiva, ma allo stesso tempo mi piaceva. Masochismo? Chissà. Non ho mai trovato risposta allora, non la troverò adesso. E forse è anche meglio così.

La aspetto perché ormai la sera non è più solo tempo che passa. È il momento in cui si ascolta un cuore che batte, una vita che scorre, l’ultimo sbadiglio prima che tutto diventasse immobile e silenzioso.

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Capitolo 5
*** V - Notte ***


Premessa

Hmmmm.... Ok, so che questa fic saprà molto di già detto e bla bla bla, ma l'ho scritta in un momentino di tristezza, quindi sì.... il finale sarà dolsce dolsce da carie XD Chiedo perdono fin da ora XD
Ed abbiamo una nuova sezione in grassetto *o* Salutate tutti la....
Coming Up Soon: Jen; Seph; Nex; Ruby; Zalenia. Ho anche una mezza idea su uno dei Mugi, ma devo ancora vedere se è fattibile XD
Ricapitolando, scusate se il capitolo vi sembrerà ripetitivo, please cercate di capirmi ^^"
Ridetto ciò, ringrazio di cuore chi mi lascia le sue parole e chi anche solamente legge in silenzio ^^ Grascie mille ragasssss!!! =D
Buona Lettura ♥

 D

5. Notte

È buio. C’è silenzio. Non so dove mi trovo. Davanti a me solo oscurità. Non c’è né sopra né sotto, né destra né sinistra.

Poi mi accorgo di un respiro affannato in lontananza. Si fa sempre più vicino fino a quando non è proprio accanto a me. Ma sono sola. Lentamente un’immagine comincia a delinearsi davanti ai miei occhi, il nero si schiarisce. Un paio di mani, piccole, sporche di terra e sangue che tremano lievemente. Mi rendo conto che quel respiro affannato è il mio. Si ferma un momento per ingoiare la poca saliva nella bocca secca e poi riprende, forse anche più velocemente di prima. Osservo i giovani palmi, li giro per osservarne i dorsi tagliati da chissà quale oggetto affilato. Anche quelle mani sono mie. Sto correndo. Sento i miei piedi calpestare il duro terreno, pesanti ma veloci. Non so se sto scappando od inseguendo. Non ne so nemmeno il perché. L’unica cosa che sento è la paura che mi attanaglia lo stomaco ed il cuore che mi batte forte. Non percepisco né dolore né benessere. La completa apatia. Devo andare avanti e basta. Come se mi avessero chiamato, alzo la testa e guardo quello che mi circonda. Mi viene da urlare ma la voce mi si soffoca in gola. Voglio fermarmi ma le gambe non mi obbediscono. Intorno a me ci sono solo cadaveri immersi in pozze di sangue scuro che mi fissano coi loro occhi vitrei quasi volessero accusarmi. Non riesco a capire chi sono ma sento di conoscerli. Giungono alle mie orecchie le urla, strazianti lacerano l’aria. Esasperata da quella corsa senza fine mi lascio cadere, andando a strusciare senza dolore contro la terra umidiccia. Mettendomi in ginocchio torno ad osservare quei volti immobili. Ne riconosco alcuni come i miei amici d’infanzia. Poi vedo mio fratello e mia sorella accanto a me. Perché solo io sono in piedi? Perché sono sporca io del loro sangue? I miei occhi sgranati per il terrore cadono infine sui corpi ai miei piedi. E mi basta vedere una corta capigliatura verde zuppa di sangue rosso scuro per urlare al cielo nero tutto il mio orrore, tutta la mia colpa per quel massacro che avevo commesso.

Scatto a sedere sul letto, il fiato corto, il cuore a mille. É buio, ma i pallidi raggi della luna rischiarano la stanza quel che basta per definirne i contorni ei mobili. Una goccia di sudore mi solletica la tempia sinistra. Tengo gli occhi spalancati fissi sul lenzuolo stropicciato sopra le mie gambe, quasi stessi ancora guardando quel cadavere. Stringo convulsamente il cotone bianco con le mani madide mentre la mia mente ancora è nel terrore. È stato solo un sogno, cerco di dirmi, ma non mi ascolto. La notte mi spaventa. È quando non c’è il sole che le paure e i ricordi tornano a galla, facendomi ogni volta entrare nel panico più dubbioso. Quella carneficina c’è stata davvero? Sono tutti morti? Sento il terrore stringermi lentamente la gola, il respiro strozzato, le lacrime che spingono per uscire agli angoli degl’occhi.

Poi un tocco leggero sul mio braccio mi fa sobbalzare per la sorpresa, un sussurro mi calma subito dopo. Volto piano la testa, come se avessi paura che le ossa del mio collo si rompano in seguito a movimenti troppo veloci. E ti vedo là, disteso accanto a me, che mi guardi serio, la mano ancora tesa. Ti osservo come se fossi un fantasma, spaventata. Sento di voler correre via ma i tuoi occhi neri, appena visibili nella semioscurità, mi tengono incatenata lì. Ti metti anche tu a sedere, il legno del letto scricchiola piano, senza rompere mai il contatto visivo. Mi abbracci mettendomi una mano dietro la testa, pressandomi gentilmente la fronte sulla tua spalla nuda e calda. Stringo i denti per non piangere mentre mi carezzi dolce i capelli. Sento un’altra lieve pressione sul capo e capisco che mi ha appena dato un bacio. Non dici niente, lasci che sia il silenzio notturno a parlare.

Mi abbandono completamente al tuo sostegno e tu mi riporti lentamente giù con un leggero sospiro. “Non sono morto,” mi sussurri e sento vibrare la tua cassa toracica.

La notte io ho paura, e questo lo sai. La mattina dopo al mio risveglio non so cosa è successo durante quelle otto ore in cui non avevo pieno controllo di me. Un vuoto nero, privo di qualsiasi cosa come il cielo notturno oscurato dalla nuvole. E tremo. Dove sono le mie stelle? Dove sono io? Mi accorgo che la luna è di nuovo sola in quell’enorme distesa glauca, quasi non appartenesse a quel cielo. Sono sola.

“Io sono qui con te. Ci sarò sempre, Aqua,” mormori poi, quasi leggendomi il pensiero. Sento le tue braccia stringermi a te. Le nuvole si aprono, gentilmente spinte dal vento, rivelando quel piccolo e vivo scintillio vicino alla luna argentea. Come quelle nubi, sento che la mia paura si dissipa sulle note dei calmi battiti del tuo cuore. La notte ho smesso di essere sola. Sei tu la mia stella, la luce che mi guida e mi ricorda che l’alba, prima o poi, ritorna, che tiene lontane le mie paure più oscure. Sento un piccolo sorriso tendermi le labbra mentre sussurro inconsciamente il tuo nome. “Ti amo,” mi dici, la voce un po roca ma dolce.

Ora anch’io ho la mia stella polare. La notte non è più sinonimo di Paura, Solitudine e Morte. É diventata il riflesso di due cuori che si amano, il calore di un corpo e la luce della luna con la sua stella accanto.

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Capitolo 6
*** VI - Opposti ***


 

Premessa

Domani non potrò aggiornare, quindi oggi posto due capitoli =p Happy? ^^
Secondo me, questa flashfic mi è riuscita bene. Non dico "molto bene" perchè per me è impossibile è impossibile scrivere così bene XD
Vorrei dedicare questo capitolo a
shaula perchè, oltre al fatto che ha scritto anche lei una (magnifica) drabble con lo stesso prompt, la vita ha momenti belli e momenti brutti. Quest'ultimi possono davvero buttare giù di morale. L'importante però è rialzarsi. Ma se non ci fossero questi momenti bui, allora non potremmo vivere al meglio quelli belli =) ♥
 La "Coming Up Soon" List è la stessa dello scorso capitolo =)
Un grazie a chi legge e a chi commenta ^^ Come dico sempre, siete voi a dare un senso a quello che scrivo ^^
Beh, non ho altro da dire oltre che Buona Lettura ♥

5. Opposti

Punti di vista. Bene, male, giusto, sbagliato... Sono tutti punti di vista. Qualcosa che a me potrebbe sembrare corretto, apparirebbe come un torto ad un’altra persona. Nel mondo non esistono opposti, né tantomeno scelte giuste o sbagliate. Nessuno hai mai posto le basi per determinare il bene ed il male.

Ecco perché non mi lascerò mai influenzare da nessuno. Seguo il mio cammino per diventare il migliore, un cammino cosparso di spine e rovi. Forse calpesterò gli ideali e i sogni di qualcuno, ma non m’importa. Ho un obbiettivo da raggiungere, e lo raggiungerò. Non m’interessa quello che mi urleranno lungo la mia avanzata, quante maledizioni mi manderanno, quante pietre mi lanceranno. Ho scelto di camminare sulla mia strada. Non su quella dell’etica degl’altri.

***
 

    Ma credo che gli opposti siano necessari. Se non ci fosse l’oscurità, come faremmo a determinare la luce? Se il dolore non esistesse, come faremmo mai a sapere che proviamo gioia? Se non provassimo odio, come potremmo amare?

Questo è il perché io accetto il mio passato. Se non fossi stata ingoiata dal buio dell’oblio, adesso non saprei che accanto a me c’è la luce di tutte le mie stelle. Se non avessi vissuto nella più totale apatia non potrei ridere come ora. Se non avessi, a suo tempo, accettato il silenzio angosciante che mi circondava, adesso il battito di quel cuore mi raggiungerebbe come un suono vuoto ed ovattato. Sono felice di vivere nell’oscurità perché, così, la luce dei miei nakama può brillare più forte che mai.
 

    È come lo Ying e lo Yang: c’è bisogno di un pizzico di male nel bene, ed un pizzico di bene nel male.

Equilibrio.

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Capitolo 7
*** VII - Oscurità ***


 Premessa
 

Bene, bene, bene... Eccomi di nuovo qui =P
Parto subito col dire una cosa sulla fic precedente a questa, vale a dire "Opposti".... Dato che io faccio schifo a scrivere allora è solo naturale che quasi nessuno abbia capito di chi erano i punti di vista XD Comunque, il primo a parlare era Zoro mentre la seconda era Aqua =) E le cose in corsivo erano mie riflessioni XD
Ok, primo avvertimento: come già avrete capito dal titolo, questa non è una fic allegra. Forse è una delle cose più cupe che io abbia mai scritto. Ma cercate di capirmi, domani è l' 11/9 ed io sono una di quelle persone che sono rimaste profondamente segnate da quell'evento.
Tornando a noi, suggerisco l'ascolto di una di queste due canzoni: "Comatose" oppure "Falling Inside The Black" entrambe degli Skillet.
Detto ciò, ringrazio di cuore chi legge, chi segue, chi preferisce, chi ricorda e chi recensisce ^^
Buona lettura a tutti =D ♥


4. Oscurità

Nero. Nero ovunque guardi. Non un filo di luce, non un barlume di ragione. Cerco di fare mente locale. Sento il cuore smettere di battere ed il respiro mi si blocca nel petto quando ricordo il passato. Ah, sì, giusto: io un passato non ce l’ho più. É stato distrutto, fatto a pezzi e lasciato lì. Miserabili rovine di una vita.

Brucia. Sento che brucia. Il petto. Sento come se stesse andando a fuoco, qualcosa che striscia lentamente su di esso mi solletica la pelle bollente. E la memoria spara, centrandomi la testa come un proiettile.

Giusto, sono in un laboratorio. Quello doveva essere il frutto di un altro esperimento. Eppure... Non sento altro. Non sento le vibrazioni dei passi degli scienziati affrettarsi frusciando per il corridoio. Non sento il freddo del metallo intorno ai miei polsi che lentamente graffia e mordicchia la mia carne. Il duro muro di pietra non mi tortura le ossa della schiena. Chissà perché mi passa per la mente il ricordo delle ore passate a fissare il soffitto senza fine sopra di me senza che nessuna riflessione stuzzicasse la mia mente mentre mi abbandonavo inerte a terra. Ma soprattutto non odo i flebili respiri delle mie sorelle. Improvvisamente la testa mi comincia a girare, le gambe si fanno molli e le mani tremano. Dove sono? Le mie due principesse, dove sono? Sono state ingoiate dal buio? No, no, mi rifiuto di crederlo. Abbiamo fatto una promessa. Non possono essere morte. No. Una mezza risata che esce prepotentemente dalle mie labbra mi fa vibrare il petto in fiamme.

Allora sono stato ingoiato io? La domanda rimbomba sui muri di quella cella invisibile, della mia mente, per qualche secondo prima che la stessa nervosa risata torni a scuotermi il vuoto petto. No, nemmeno questa poteva essere un’opzione. Abbiamo. Fatto. Una. promessa. Io ho fatto una promessa. Le devo tirare fuori di qui, le devo restituire quello che ci è stato tolto. Una ragione per vivere, per spingersi ed obbligarsi a superare operazione dopo operazione. Ecco quello che devo dare loro. Se non ci sono io là, allora chi le proteggerà mai? Hanno solo me, questo è ovvio. Mi porto una mano alla testa coprendo con il palmo l’occhio destro. Certo, solo me. Solo. Mi sento schiacciare; schiacciare ed andare a fuoco. Se ho ceduto alla tentazione della Notte allora sono solo un patetico ipocrita. Uomo senza onore, debole, idiota. Le hai abbandonate. Bene, sprofonda nel buio. È questo quello che mi merito. Penoso attore, solo ombra di quello che dovresti essere, incapace di proteggere persino il tuo tesoro. Smidollato, a lasciar andar via il tuo sogno, quello di vederle crescere al posto di tutti quelli che avrebbero voluto ma più non possono. Perché sono morti, morti, morti come l’alba, come il mio amore schiacciato dal dolore, come le mie speranze seppellite dalla disperazione.

E perché sono morti?


All’improvviso il pensiero si blocca lasciandomi momentaneamente privo di qualsiasi cosa, i miei occhi vuoti fissano spalancati il nero.

Poi mi viene da sorridere, ma non sono divertito. E scoppio a ridere freneticamente, fino ad arrivare al punto in cui fatico a respirare. Perché sono morti, dici tu? Ha! Perché sono debole, ecco perché. Perché a momenti non sono nemmeno capace di proteggere me stesso, nemmeno da quei fottuti scienziati che mi tengono sotto scacco con quell’infame ricatto....

No, un momento.

La risata mi muore bruscamente sulle labbra lasciandomi nuovamente vuoto.

Quegli scienziati. Non sono io. Sono stati loro. Sono stati loro i veri malati qui dentro fin dall’inizio.

E perché vi hanno fatto questo?


Perché sono mostri più mostri di noi Antichi. Sono esseri marci fino nell’anima, giù, giù, nel profondo dei loro spiriti, così accecati dal loro sadismo da perdere ogni parvenza umana. Il bruciore del mio petto s’incendia fino a diventare cieca collera e delirio. Che conoscenza è questa, questa messinscena della loro stessa sete di sangue? Patetiche scuse usate per coprire il loro desiderio di ferire, uccidere. Sporchi, macchiati, luridi del sangue che hanno versato senza mai fermarsi e che continueranno a far sgorgare dalle fontane simbolo del loro piacere. Matti, insani, concentrati di pazzia messi su due gambe e dotati di un cervello. Maledetti. Che siano tutti maledetti, questi obbrobri, creature malriuscite di Dio. Ed io dovrei Preservare la vita di questi esseri volgari? Che la terra possa seccarsi dove poggerete piede così da rimanere senz’acqua; che le rocce che toccherete si facciano roventi e che l’erba diventi sabbia bollente così che non troverete mai un luogo dove fermarvi a riposare; che le case di ogni villaggio che raggiungerete tremino nell’arrivo di un terremoto, così che sarete cacciati, braccati e voluti morti dalla stessa società per cui dite di lavorare, maledetti. Voi, maledetti voi che ci avete strappato via tutto, che ci avete ridotti a sopravvivere, che ci avete privati del diritto di vivere. Voi, sgorbi della natura, che avete osato uccidere le vite delle mie sorelle togliendo loro il sorriso.

Uccidili tutti.


E per la prima volta do retta a quella vocina, quel basso ma continuo martellare che mi tormenta dagl’angoli più oscuri della mia mente. Il ticchettio incalzante di mille zampette d’insetto che mi scorrazzano per i cervello. Sì, sì, ha ragione. Se loro possono togliere, allora anch’io giocherò a fare Dio e li sterminerò uno ad uno finchè non si getteranno in ginocchio per supplicare perdono tra le lacrime e i singhiozzi. E sarà proprio quello il momento in cui tagliargli la testa sarà così soddisfacente.

“Nii-san...”

Una vocina, un sussurro. Una bambina che preoccupata chiama il fratello maggiore.

Ed apro gli occhi ripiombando nel buio della mia cella, di nuovo a contatto con l’umido del pavimento, la mente sgombra dai pensieri malati. Aqua mi guarda, le manine intrecciate dietro di lei e le braccia tese, accorata, la fronte lievemente corrugata. Riesco a malapena a vederla in quella perenne penombra. Mai come adesso mi manca il suo volto.

“Stai bene?”

Odio sentirmi così, vorrei dirti ma sento di non poter parlare. Ormai non posso più combattere quella pazzia, la loro, che mi hanno infilato nel cervello. Perché è la stessa che qualche giorno fa mi ha fatto sterminare un intero continente e mi ha quasi fatto uccidere una delle sole due cose che mi sono rimaste al mondo.

Noto immediatamente la brillante benda bianca che le copre l’occhio sinistro. “Cos... ti hanno fatt...?” le chiedo col fiato pesante e la bocca impastata.

Porta una mano e sfiora con la punta delle dita il cotone come se non si fosse accorta della sua esistenza. Biascica qualcosa a mezza voce abbassando lo sguardo.

“Stavi dormendo e... dicevi cose strane....” continua poi guardandomi di nuovo con quel grande occhio zaffiro. Non lo vedo bene, ma so che è lucido dalle crepe della tua voce.

Allungo faticosamente una mano e la poggio sulla sua guancia gelida. Dimmi che cosa senti: il tocco di un fratello maggiore determinato a fare qualsiasi cosa oppure quello di un debole uomo sul punto di gettare via tutto....

“Ah... non ti preoccupare.... sarà la nuova ferita... che fa male,” mento cercando di abbozzare un sorriso. La sua espressione non cambia, anzi, forse si fa ancora più preoccupata di prima. Realizzo che più cerco di nascondere questo veleno che lentamente mi corrode la mente, più tu ti allontani da me. Ma non posso fare altro, no? Almeno non finchè sono incatenato qua dentro.

E così quello era un sogno... Ma non voglio dormire, non voglio sognare. Perché i miei sogni non mi confortano. Anche quelli mi hanno abbandonato. Immediatamente rimpiazzati da quell’oscurità così fredda, così priva di umanità, di tutto. Odio, lo odio sentirmi in quel modo, sentirmi ingoiato da me stesso. Mi tenta, quella voce nei miei sogni, così suadente. Mi manca, mi manca, il volto delle mie sorelle, il tocco gentile di lei... Lei. Lei che è morta. Lei che mi è morta davanti agli occhi. Cosa vorrei sognare? Di svegliarmi di nuovo al suono della sua voce, a quel tocco.... Nient’altro. Ma invece i miei demoni aspettano in agguato, pronti a dilaniare la mia ragione in un momento di debolezza. Buio, nero ed oscurità. Ecco tutto quello che mi circonda.

Poi qualcosa di freddo si poggia sul dorso della mia mano alzata dissipando i miei pensieri. Alzo gli occhi inconsciamente abbassati sulle pietre del pavimento. Vedo Aqua poggiare la sua manina pallida sulla mia, ancora sulla sua guancia. Quel tocco... un condensato di dolcezza, comprensione e amore allo stato puro. Mi stupisco sentendo tutte quelle emozioni in un semplice contatto fisico, e penso che devi essere davvero innocente per volermi ancora bene nonostante il mostro che lentamente mi divora.

Poi incroci il tuo sguardo con il mio. E sorridi. Sincera ed incoraggiante. “Andrà tutto bene niisan. Io te e Jen usciremo di qui ed andremo a mangiarci tutte le castagne, i fagiani ed il miele del mondo!! Insieme, come prima!” E credi davvero a quello che stai dicendo. Non lo dici solo per dire, per distogliere i miei pensieri da chissà quale malata concezione. Mi stai dando un motivo per andare avanti, per continuare a sorridere. Perché siamo ancora tutte e tre insieme, perché alla fine del tunnel c’è sempre la luce, no? Ti stai prendendo il dolore che sento. Ma chi mai prenderà il tuo?

Stermina, stermina tutto e tutti e nessuno dovrà più soffrire.
 

Ancora lei, quella voce. Calda e rassicurante, vuole guidarmi. Ma la ignoro. Perché ci sono loro due davanti a me, le mie due sorelline. Non sono ancora morte, quindi ho ancora forza per proteggerle. Certo, posso farcela. Sono il fratello maggiore, ovvio che devo farcela. Non ho bisogno di nessun’altro che mi indichi la strada. Crederò solo a loro, ai loro occhi, alle loro labbra, e alle loro parole, quando mi ritroverò di nuovo in quell’oscurità soffocante.

Sorrido anch’io e lascio scappare una piccola, rauca risata che lancia stilettate di dolore nel mio petto. “Certo. Anche se non credo che ci siano abbastanza fagiani al mondo per soddisfare la mia fame.” Scoppi a ridere nonostante il buio opprimente intorno a noi, nonostante le torture che passiamo ogni giorno, e dopo non molto mi unisco a te.

Grazie per avermi svegliato
.
 

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Capitolo 8
*** VIII - Grazie ***


 Premessa
 

Ed eccomi con un'altra One-Shot. Non so quanto mi possa essere venuta bene dato che sono a letto con la febbre =( Vabbè, spero che vi piaccia lo stesso anche se probabilmente saprà molto di delirio XD
Un grazie a tutti quelli che leggono, ricordano, seguono, preferiscono e recensiscono ^^
Buona lettura ♥

1. Grazie

“Di là, presto!!!”

Il rumore del mio respiro affannato, il solletico di una lacrima di sudore, le tempie che pulsano.

“Non lasciatevelo scappare!!”

Le porte, le finestre, gli edifici che mi scorrono velocemente accanto. Indistinte masse di colori scuri senza significato.

Stringevo fiaccamente il manico della Falce, esausto. Ma non posso fermarmi. Se mi fermavo ero perso. Loro erano persi. Tutti erano persi.

Svolto a destra solo per bloccare bruscamente la mia maratona di fronte ad un vicolo cieco. Il panico ci mette qualche secondo ad avvolgermi il petto mentre realizzo che non posso più avanzare.

“Bene, bene, bene...”

Una lunga lancia gelida mi percorre la schiena al suono di quella voce roca.

“Guarda, ti ho trovato, Ruby...”

Lentamente mi volto. Fisso ad occhi spalancati il volto del mio vecchio amico, contratto in una strana smorfia perversa. Per favore, stai lontano.

“Preferisci forse essere chiamato Thanatos?”

Quel nome. Quel maledettissimo nome. La mia condanna eterna. L’interruttore che fa scattare la mia furia.

L’altro ridacchia divertito. Deve aver notato la mia reazione. “Sai, sei stato molto cattivo a non dircelo subito...” Estrae un pugnale dalla cintura e prende a giocherellarci abilmente tra le dita. “A me e agl’altri, intendo.” Lo lancia in aria facendolo roteare, lo afferra per il manico, riprende a giocarci. “Il Progetto Thanatos...”

Rabbia, rabbia, rabbia, quello che sento. Caldo, bollente, ma anche freddo. Terrore, ricordi. Vattene, andatevene.

“Ma lo sai quanto hanno offerto per la tua testa??!” L’uomo punta la lama verso di me. E mi spiego il suo sorriso sadico. “Nulla di personale, amico...” Avanza di un passo. “Ma abbiamo bisogno di soldi.”

Ecco, ecco che mi assale. La pazzia. La paura dilania il mio autocontrollo, sento quell’altra entità muoversi dentro di me, chiamando per il sangue.

“Di solito, se si consegna un ricercato morto viene scalato il 20% dalla ricompensa.” Se possibile il sorriso del cacciatore si allarga ancora di più. “Ma con una taglia come la tua, possiamo anche fare a meno di quel venti!!” E a quello scatta in avanti, verso di me.

Riesco a lanciare un ultimo urlo prima che la mia vista si faccia nera ed il gelo mi rinchiuda.

Quando torno a vedere, mi ritrovo davanti al solito scenario. Corpi martoriati, case distrutte, teste mozzate. Sistemati in un grazioso mosaico rosso splendente. Li osservo composto. Non mi fanno schifo, per carità. È solo carne morta. Non mi fanno nemmeno pena, in fondo se la sono cercata loro. Mi guardo intorno e penso che gli schizzi cremisi sul quel muro semidistrutto alla mia destra formino davvero una bella forma. Sospiro rassegnato. Odio diventare in questo modo.

Ma sei salvo, mi sussurra all’orecchio.

“Già,” rispondo io.

I tuoi amici volevano tradirti.

“Già.”

Gli amici non esistono a questo mondo. Solo esseri approfittatori, capaci di calpestarti pur di arricchirsi ed andare avanti.

“Già.”

E così farai anche tu. Fatteli amici, illudili, e poi tradiscili! Lasciali alle spalle, lascia che muoiano, e salvati. Vai, vai avanti e non guardarti indietro.

Io diedi retta a quella voce suadente.

***

“Ruuuubyyyyyy...!”

Una voce, vicina ed impaziente. Mi chiama. Mi cerca. È squillante, chiara come il cristallo.

Schiudo un occhio e lascio che si prenda il tuo tempo per mettere a fuoco.

“Ah, era ora!!” esclama la voce.

La prima cosa che vedo sono le sue iridi zaffiro. Poi i boccoli biondi, alcune ciocche mi solleticano le guance. È una donna, la conosco. Porto una mano sopra la linea degl’occhi per schermare i raggi del sole. “Aqua?”

“Mammamia, mi ci sono voluti venti minuti per svegliarti!!” replica spazientita lei mettendo su il broncio.

Penso che è davvero carina quando fa quella faccia. Sembra una bambina. Mi ha svegliato? Allora stavo sognando un ricordo. Lontano, lontano, probabilmente di cent’anni fa. Lei non è solo mia cugina, è la mia migliore amica.

Amica?

Eccola, la Voce.

Gli amici non esistono.

Già, è vero, non esistono.

Allora uccidila prima che anche lei ti tradisca.

Scorgo con la coda dell’occhio la mia Falce, a pochi metri dalla mia destra.

“Wow, venti minuti?!” esclamò con una finta risata. Intanto tendo un braccio verso l’arma, piano, piano, lentamente. “Allora sono davvero un sasso!!”

Lei ridacchia. Mi guarda e mi sorride. Un sorriso così sincero, di cuore. Disarmante a tal punto che la mia mano si blocca. Mi ricorda il perché mi sono unito al gruppo, il perché sono diventato un medico.

“Ti va di venire a fare il bagno con noi?” chiede dolcemente guardandomi con aspettativa.

Non rispondo, mi limito a fissarla ad occhi spalancati. La Voce torna nel nero del suo silenzio. Aqua non aspetta una replica e, afferrandomi entrambi i polsi, mi aiuta al alzarmi. “Forza, andiamo!!” ride indicando eccitata il mare blu, luccicante di mille stelle nel caldo del mezzogiorno.

Ti seguo frastornato, disorientato. Poi mi accorgo che non mi hai ancora lasciato la mano. Corriamo, corriamo verso le onde dove Xenon già ci aspetta. E continui a regalarmi quel sorriso stupendo, radioso come il sole.

Sono diventato il tuo medico personale perché non voglio che ti succeda qualcosa di male. Perché non voglio che quel sorriso si spenga. Mai, mai, mai. Perché mi ricorda che se sei capace di sorridere tu - tu che hai ferite ben più profonde delle mie - allora posso farlo anch’io. Perché mi dimostri che se tu puoi fidarti ciecamente di me, nonostante le azioni che ho commesso, allora anch’io posso credere in te. Perché mi ripeti ogni giorno che l’amicizia esiste, che non c’è solo il male là fuori.

E rispondo a quel sorriso. Le mosche bianche esistono, in fondo, no? Non voglio sentire mai più quella Voce nella mia anima. Ecco perché ho bisogno della tua costante presenza.

Grazie.
Grazie per quel sorriso.
Grazie per quelle risate.
Grazie per avermi restituito la vita.
Grazie per avermi dato una famiglia.
Grazie che mi fai ricordare, così non sbaglierò mai più in futuro.
Grazie che mi fai dimenticare, anche solo momentaneamente, i miei problemi.
Grazie per essere ancora qui accanto a me.
Grazie per esserci sempre stata.
Grazie per le emozioni che mi fai provare.
Grazie per tutto.
Grazie.

***

Morta, morta, è morta!
Se n’è andata.
Anche lei.


Sei di nuovo solo.
Anzi, siamo.
Eccomi, sono qui.
Io per te ci sono sempre stata. Nella buona e nella cattiva sorte.


È morta, morta, morta!
Ti ha tradito.
Anche lei.


Perché l’amicizia non esiste.
Un sorriso non vale niente.
Ti ha lasciato, così.
È una cosa frivola, inutile.


Sei di nuovo qui, al buio sotto al sole.
Non ti fidare, perché non esiste amicizia.
Non amare, perché non esiste amore.
Non sperare, perché non esiste speranza.
Non salvare, perché poi ti si rivolteranno contro.
Non ricordare, perché è inutile conservare immagini inutili.


Morta, morta, è morta!
Bentornato nella realtà.
Bentornato ad essere te stesso.


Taci.

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Capitolo 9
*** IX - Impulsività ***


Premessa
 

Buona sera a tuttiiiii!!! ^-^
Ancora mezza stordita dalla febbre vi porto questa nuova One-Shot =)
Prima di tutto, domani è il mio compleanno!!! **
Secondly, fatemi l'In Bocca Al Forno ("Lupo" non lo dico più per principio XD) perchè ho appena consegnato la mia fic al giudice di un contest!! *-* Spero davvero di vincere qualcosa |3 (anche se so che non accadrà mai)
Thirdly, consiglio le seguenti canzoni per l'ascolto: "FINAL FANTASY XIII - The Promise - The Sunleth Waterscape" - Masashi Hamauzo; "Roses Of May" "Zanarkand" "Eyes On Me" - Nobuo Uematsu ; "A Flower Blooming In The Slums" "Resolution" "The Price Of Freedom" "Keeping The Peace"- Takeharu Ishimoto; "Why" - CCFFVII Mix; "Kuon - Memories of Waves and Light" - Noriko Matsueda & Takahito Eguchi (Le ho messe in ordine di "preferenza": la prima è quella che consiglio più vivamente, e così via... Ah, e sono tutte di Final Fantasy ^^)
Finally, (ah, e questo non è spam, è un amichevole consiglio) io e la Mary abbiamo organizzato questa challenge  http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9922895&tid=49c82cf24fc362fae2d134ad707830fccd0c7bffe685c2f62989db2eca7f61fc (come si mette il titoletto cliccabile??!) e se qualcuno... là fuori... volesse partecipare, è più che benvenuto ^-^
Buonissima Lettura ♥


 5. Impulsività

Ma certo, è colpa mia. Tutto è sempre colpa mia.

Cammino velocemente e a grandi falcate, sollevando lunghe falci di sabbia ad ogni passo.

E certo, date pure la colpa a me. Mai una volta che la dessero a quell’altra.

Dopo aver percorso un buon tratto di strada, cambio bruscamente direzione e mi siedo all’ombra di una palma tesa verso il mare. Porto le ginocchia al petto e le circondo con le braccia, poggiandoci il mento sopra. Fisso piccata l’enorme distesa d’acqua, sperando che mi faccia calmare. Macchè, il fuoco della rabbia riprende a bruciare ancora più forte di prima.

“Stupidi, stupidi, stupidi...” comincio a sibilare con odio per sfogarmi.

“Ma che accidenti--!!!” Xenon accorse immediatamente trovandosi di fronte ad un mucchio di alberi mozzati. “Chi ha fatto questo?” chiese scioccato portandosi una mano alla testa. Gli fa sempre male quando troppi alberi tutti assieme vengono tagliati.

“Ah, sono stata io!” rispose con un sorriso imbarazzato. Si strofinò il retro della nuca. “Ho avuto uno scatto di rabbia e quindi--“

“MA SEI MATTA??!!” le urlò contro, spaventandola. Cercò di calmarsi e guardò stizzito i tronchi sparsi per il terreno. “Dio santissimo...” Fu costretto a sedersi per sopportare le vertigini. “Ma perché devi essere così... dannatamente impulsiva?!”

“Idioti, idioti, idioti...” sussurrò con più forza stringendo le mani a pugno fino a sbiancarmi le nocche.

Entrò allegramente in cucina, la stanza era allegramente illuminata dalla luce del mezzogiorno. Canticchiando a labbra chiuse un motivetto, aprì il frigo e cerco qualcosa di buono da sgranocchiare in attesa della cena. Non trovando nulla che le andasse, lo richiuse, alzando gli occhi al soffitto, il volto corrugato in un’espressione pensosa. Il suo sguardo fu attirato dal brillante arancione di una ciotola sul tavolo. Si avvicinò e notò che era piena di una specie di crema giallognola. Prese la frusta, lasciata dentro all’impasto, e, una fatto gocciolare i residui in eccesso, leccò uno dei fili d’acciaio. La crema sapeva di zucchero, miele con un leggero retrogusto di limone. Schioccò la lingua sul palato soddisfatta: deliziosa. Voltandosi vide il forno, illuminato da una soffusa luce gialla. Lo aprì, venendo investita da una vampata di calore, e vi infila l’impasto per poi richiudere lo sportello. Uscì dalla cucina allegramente.

“Oh, ciao Seph!” lo salutò quando lo incrociò sulla soglia della stanza. In mano aveva una piccola busta bianca.

Il ragazzo alato stava per rispondere quando percepì un odore strano. Annusò l’aria un paio di volte mentre un’ipotesi cominciò a delinearsi nella sua mente. Sfrecciò in cucina, lanciando la busta bianca verso la ragazza che la prese al volo sorpresa.

Si fermò in scivolata di fronte al formo e guardò al suo interno. “Cristo, no!!” esclamò portandosi le mani nei capelli. Scavalcò agilmente il tavolo, afferrò le presine e ritornò di fronte all’elettrodomestico, tirando fuori la ciotola di plastica, semifusa dal calore. La lasciò andare sul tavolo di marmo su sfrigolò a contatto con la pietra gelida. Seph sospirò ed alzò indeciso gli occhi sulla ragazza in colpevole silenzio sulla soglia della cucina. I suoi occhi erano davvero dispiaciuti e stava stringendo la busta al petto più che poteva. S’intenerì davanti a tale dispiacere. Sospirò rassegnato. “La prossima volta pensa prima d’agire, ok?” le disse cominciando a rimettere a posto il macello. “E sta lontana dal forno, o perlomeno, chiedi prima a me se vuoi cucinare qualcosa.”

Il suo tono tranquillo, comunque, non mascherò completamente la frustrazione che stava provando.

“Bastardi, bastardi, bastardi...” La mia voce si rompe.

“Vediamo...” Agitò di fronte agli occhi due provette, una contenente un liquido arancione e l’altra uno verde.

“Cerca di creare questo composto qui.” Ruby le porse un grosso tomo dalle pagine lievemente ingiallite dal tempo, indicando uno dei paragrafi. “Sai già dove trovare tutto, no?”

Lei annuì con decisione dopo aver dato una veloce letta agli ingredienti. L’Antico delle Gemme allora si alzò dal tavolo strusciando la sedia contro il pavimento ed andò a riordinare uno scaffale pieno di libri all’altro capo della stanza. La ragazza invece cominciò a rovistare tra i vari barattoli, recipienti ed ampolle in cerca degli elementi giusti.

 S’imbatté in un piccolo barattolo senza etichetta, pieno di una sottile polvere azzurrina. Lo scrutò indecisa sul da farsi, le sopracciglia contratte mentre si mordicchiava il labbro inferiore. Alzò gli occhi sulla schiena di Ruby. Teneva in equilibrio su una mano una colonna di almeno venti voluminosi tomi mentre cercava di riporli sugli scaffali della libreria in ordina alfabetico. Sembrava parecchio indaffarato.

Sapeva che uno degli ingredienti di cui aveva bisogno era di colore azzurro. Non lo aveva ancora trovato però. Fece due più due e concluse che in mano stava tenendo proprio quello che stava cercando. Sorrise soddisfatta pensando che forse l’Antico si era solo dimenticato di metterci sopra una nuova etichetta.

Ruby si voltò un attimo per controllare l’andamento dell’esperimento che aveva affidato alla ragazza. Lei sembrava tranquilla nel suo camice bianco, lavorava in silenzio accompagnata dal lieve tintinnare del vetro. Stava per ritornare al suo compito quando udì “Ehm... Ruby?” Rispose con un verso affermativo. “Questo composto... siamo proprio sicuri che sia di colore rosso?”

Riflettè un momento su quello che le aveva dato da fare e subito scattò sull’attenti lasciando cadere la pila di volumi a terra. “NON OSARE AVVICINARTI!!” La spinse via dal piano di lavoro, congelando in una sfera d’acciaio la provetta, bloccando l’uscita del sottile fumo azzurrognolo.

Silenzio. Lei lo fissava scioccata. L’Antico prese un lungo respiro per calmarsi. “Sei sicura di aver usato tutti gli ingredienti corretti?” chiese nel modo più casuale che poteva.

“Sì...” sussurrò lei. “Giusto uno non aveva l’etichetta sopra...”

Il sangue nelle vene di Ruby si gelò. “Non mi dire anche che era azzurra.”

La ragazza lentamente annuì.

“Ok...” sospirò l’uomo raddrizzandosi e passandosi una mano su volto, bloccandola sopra agli occhi. Lei si sentiva sempre di più sotto pressione. “Hai la più pallida idea di cosa fosse?”

Scosse la testa.

“Quella polverina azzurra è un tritato di Zalenia, quell’allegro fiorellino che ti ammazza in pochi secondi,” la infornò con lo stesso tono che avrebbe usato per parlare ad un bambino dell’asilo. Aprì un occhio e fissò severamente la ragazza attraverso lo spazio tra le due dita davanti ad esso. “Non ne hai sentito il profumo, vero?” chiese grevemente.

Scosse vigorosamente la testa di nuovo. “È solo che...” azzardò poi, “Pensavo fosse solfato di rame e quindi---”

“Beh, hai pensato male,” la interruppe laconico lui. La ragazza abbassò il capo. Ruby sospirò di nuovo. “Ogni tanto,” disse cercando di suonare un po meno arrabbiato, “dovresti agire in modo meno impulsivo. Dovresti essere un po più come Aqua-chan, ecco.”

Non riesco più ad andare avanti per trattenere i singhiozzi. Sento le calde ed umide lacrime accarezzarmi le guance per poi cadere sui miei pantaloni.

Certo, siamo tutti come Aqua, la donna perfetta.

Lei è tranquilla, pacata, razionale, silenziosa, bella e buona. Insomma, è sempre stata meglio di me.

Aqua di qua, Aqua di là, “fai come Aqua”, “Aqua è una ragazza così posata.... mi chiedo come faccia ad avere una gemella come lei.”

Ovvio, sono io il problema di tutto. È colpa mia se spesso metto in imbarazzo mia sorella. Sono io che faccio sempre i casini.

Stringo i denti e serrò la mascella, decisa a rimanere in silenzio.

Per cento cose che faccio, mi devono sempre andare addosso per quelle due che mi vengono male. Beh, naturale, no? Aqua non si può toccare, è la “stella” della famiglia. Io sono solo una nuvola carica di pioggia: ci si aspetta che sparisca per sempre una volta scaricate le sue gocce d’acqua sulla terra.

Forse dovrei sparire. Lontano da tutti loro, da qualche parte dove nessuno se la prenderà più con me anche sa faccio macelli.

“Oi,” sussurra dolcemente una voce fin troppo familiare accanto a me.

Non alzo nemmeno la testa, urlo soltanto “SPARISCI!! Sei l’ultima persona al mondo che desidero vedere!!”

Un sospiro e la sento sedersi accanto a me. “Ruby, Nex e Seph mi hanno detto quello che è successo.”

Non rispondo. Quella là non si merita le mie parole.

“Sono tutti e tre molto dispiaciuti.”

La mia sopportazione scatta. “Dispiaciuti di che cosa???!!” strillò esasperata stringendo la presa delle braccia intorno alle mie gambe. “Tanto è sempre colpa mia, no?! Allora lasciami in pace!!”

“Jen, chi ha mai detto niente che è colpa tua?”

Di nuovo non rispondo. Mi concentro unicamente sui miei pensieri che schizzano freneticamente da un lato all’altro della mia mente. “Sono troppo impulsiva...” sussurrò poi involontariamente con voce rotta.

“Beh, non c’è niente di male ad esserlo.”

“E certo, la fai facile tu.” Il mio tono è freddo e beffardo. “Tu sei sempre stata la preferita, quella perfetta in tutto e per tutto. Che ne sai te che cosa vuol dire? Ma sta zitta va...”

Lei rimane in silenzio. Sento lo scialacquare delle onde che s’infrangono sugli scogli. Un paio di gabbiani, da qualche parte strepitano. Le cicale cantano, cantano e piangono quella loro agonizzante melodia. Non c’è vento, giusto una sottile brezza appena percepibile proveniente dal mare, carica di salsedine.

Forse ce l’ho fatta a colpirla nel vivo.

“Io t’invidio, Jen.”

Quelle tre parole mi trafiggono il cervello arrestando momentaneamente le lacrime per lasciarmi lì, sorpresa ed incredula come non mai.

“Vorrei essere io almeno la metà di quanto sei impulsiva tu.”

Fermi tutti, che cosa voleva?

“Sai del discorso con la Sete, no?”

Nessuna risposta.

“Io sono obbligata ed essere come sono.”

Tristezza e malinconia? Di certo non mi sarei mai aspettata la presenza di queste due emozioni nel tono della donna più fantastica del mondo.

“Sono forzata a mantenere questa facciata di fredda impassibilità contornata da razionalità e distacco. Non l’ho mai voluto né immaginato di volerlo. Ma sai che c’è? Se non mi controllo in questo modo potrei impazzire da un momento all’altro.

“Fredda ci sono dovuta diventare così che non piangessi più in seguito da uno dei miei inconsci massacri. Razionale ci sono dovuta diventare così che riducessi al minimo le probabilità che io sbagliassi, di conseguenza anche quelle che ammattissi. Controllata ci sono dovuta diventare per tenere a bada senza soccombere questa Sete che mi divora.

“Ecco perché t’invidio.”

Mi sento debole. Le braccia mi tremano, come le mani. Forse è paura quella che sto provando? “Non voglio essere come te...” mormoro con voce stridula a causa del pianto.

Sento una leggera risata. “Ovvio che no. Essere impulsivi significa essere sinceri - con sé stessi e con gli altri - oltre che spontanei nelle proprie azioni. Io ho dovuto perdere questa sincerità per limitare quello che mi hanno fatta diventare. Tu non ci provare nemmeno fare lo stesso sbaglio.”

Oso alzare di poco il capo per guardarla di nascosto. Ha una gamba distesa ed una piegata, su quest’ultima riposa il braccio destro mentre l’altro ha la mano affondata nella sabbia per sorreggere il peso del suo busto. Fissa il mare con una tristezza che non avevo mai visto dipinta sul suo volto. Non riesco a vedere l’occhio sinistro, quello più vicino a me, perché coperto dalla spessa frangia bionda. Mi chiedo se abbia gli occhi lucidi data la sconsolatezza con cui aveva pronunciato l’ultima frase.

Ad un certo punto, Aqua si accorge che la sto osservando e volta lievemente il capo verso di me, rendendo l’altro occhio zaffiro visibile insieme ad un lieve sorriso. “Le sorelle esistono per essere quello che l’altra non è. Quindi se tu non fossi quello che sei, allora io sarei completamente inutile.”

Ci misi qualche secondo ad assimilare il senso del discorso. “No, no, un attimo,” dico liberando le ginocchia dalla stretta delle mie braccia. “Tu sei venuta qui a dirmi tutte quelle cose dense di significato che non mi sarei mai aspettata che uscissero proprio dalla tua bocca... solo perché altrimenti ti saresti sentita inutile?”

Mia sorella contrasse gli angoli della labbra in basso ed alzò gli occhi sulle longilinee foglie spioventi della palma mentre rifletteva. “Eccessivamente riassunto, però... sì,” concluse con una scrollata di spalle tornando a fissarmi.

Rimango a bocca spalancata ed abbandono le braccia lungo i fianchi, sulle mie gambe, ora incrociate. “Ma lo sai che certe volte sei davvero spregevole?” le chiedo apprensivamente.

Lei si alza in piedi e si toglie la sabbia di dosso prima di rispondere maliziosamente “Oh, anch’io ti voglio bene sorellina.” Poi mi porge una mano. Io la fisso stupidamente per qualche secondo prima di guardare Aqua in volto con un sopracciglio alzato. “Andiamo? Seph ha preparato una torta apposta per te.”

Sospirò un po scocciata, un po dispiaciuta ed un po rassegnata mentre mi strofino la nuca. “Andiamo va...” rispondo e le stringo la mano.

Leggo la sorpresa chiara nei suoi occhi quando la strattono di nuovo a terra con un sorriso di sfida. “Ma vado prima io a mangiarmi la torta!!” la informo scattando in piedi e cominciando a correre.

Lei alza la faccia dalla sabbia e, dopo una veloce sciacquata in mare, comincia ad inseguirmi. “Maledetta doppiogiochista!!” mi urla infuriata.

E chissà per quale motivo scoppiamo entrambe a ridere di gusto.
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Ecco qua cosa è uscito fuori con il mio primo sclero con Photoshop (tranquilli, è solo la versione di prova gratuita XD)

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Capitolo 10
*** X - Non E' Detto Che Il Piatto Della Vendetta Vada Sempre Gustato Freddo ***


Premessa 
 

 

Titolo:
"Neve -  Non E' Detto Che Il Piatto Della Vendetta Vada Sempre Gustato Freddo"
Autore: AngelSword
Prompt: Invidia > Dispetto
Note: Rating Giallo/Arancione per il linguaggio e qualche riferimento a temi non molto... "platonici" XD


Ma salve a tutti!! ^^ Rieccomi alla carica con l'ennesimo sclero involontario XD
Ora, Come già si evince dal titolo, questa One-Shot si basa su una certa vendetta... Ma non dico nient'altro B3 Ah, e il marimo ha troppo la faccia da maniaco u.u E probabilmente farà molto schifo XDXD ah, so che non è esattamente un "pensiero" di uno dei personaggi, ma non ho resistito a scrivere questa scenetta *-*

Dato che la sto facendo partecipare ad una Challenge, permettetemi di fare un piccolo riassuntino per la Giudice così non si perde in questo delirio XD
Allora, Aqua è un Antico.
Cosa sono gli Antichi? Sono delle specie di semi-divinità semi-immortali che controllano la Natura. Lei è l'Antico dell'Acqua nello specifico. Hanno tre forme: quella umana, quella animale (che varia a seconda del mese in cui sono nati) e quella ibrida. Però non sono nè onnipotenti nè imbattibili: non possono "forzare" la Natura (per esempio, Aqua non può "obbligare" l'acqua del mare ad essere dolce. Può "purificarla" ma non può eliminare il mare) e sono Legati ad un essere umano.
Che significa? Praticamente la loro vita dipende da quella di un essere umano. Se l'umano si ferisce, si feriscono anche loro, ma non viceversa. Possono leggersi la mente a vicenda e, dato che gli Antichi vivono per secoli e secoli, il Legame passa di padre/madre in figlio/a dalla parte umana.
Aqua a chi è legata esattamente? Ma a Zoruccio, ovviamente ù.ù XD E sono molto più che semplicemente Legati... B3
Come appare fisicamente Aqua? Bene, ha gli occhi color zaffiro; i capelli biondi, mossi, lunghi fino a metà schiena (sembrano una criniera leonina però dato che sono quasi sempre spettinati XD); fisico atletico e ben proporzionato; armi: due spadoni (uno nero venato di rosso ed uno azzurro/grigio venato di blu elettrico) affilati solo da un lato, mentre l'altro è fatto di un altro materiale (quello azzurro/grigio, per esempio, è fatto di agalmatolite, mentre quello nero dello stesso materiale della spada nera di Zoro o di Mihawk), di solito usa queste due armi, ma sa usare più o meno qualsiasi arma esistente al mondo; carattere: scontroso e diffidente con chi non conosce, dolce e "caring" con chi invece conosce; spessa frangia sull'occhio sinistro (alla Sanji, per intenderci XD) a nascondere una grossa frangia a forma di "Z" e la pupilla stessa in cui è stato inserito una specie di quadrante/mirino; ali nere da pipistrello (che stanno giusto mettendo delle simpatiche piume bianche XD) i cui "bordi" sono lastre affilate d'acciaio; grossa cicatrice a forma di rosa stilizzata (rosa vista dall'alto, eh XD) sulla schiena nella zona lombare, questa non sanguina a meno che non venga "tagliata" di nuovo e non si può richiudere naturalmente nè suturare dato che le è stata "praticata" con il veleno di un fiore chiamato "Zalenia" molto simile, appunto, ad una rosa; ha un grandissimo problema: ogni tanto impazzisce e massacra qualsiasi cosa vivente gli capiti a tiro.
Cicatrici? Quadrante? Ali? Incontrollabile Sete di Sangue??! Beh, sì XD Praticamente è successo che la Marina l'ha rinchiusa in un laboratorio per renderla l'arma perfetta ("Progetto Zalenia") al servizio del Governo Mondiale. Lei è scappata uccidendo un bel po di gente e da quel momento è ricercata dalla Marina. Il suo soprannome da ricercata è, molto ovviamente, "Zalenia, la rosa mortale" e la sua taglia ammonta a 850 milioni (un bel po! XD).

Bene, mi pare di aver detto più o meno tutto sul suo conto... Ah, il suo vero nome sarebbe Juliet, ma a causa di forze maggiori l'ha dovuto cambiare in Aqua XD
Dopo questo riassunto sulla figura di Aqua (scommento che la giudice mi ammazzerà alla stragrande XD) vi lascio con la storia ^-^
Buona Lettura e spero che vi piaccia ♥



3. Neve -  Non E' Detto Che Il Piatto Della Vendetta Vada Sempre Gustato Freddo


Che cazzo,” sbuffò Aqua producendo una nuvoletta di vapore acqueo quando il suo respiro caldo venne a contatto con l’aria gelida. Si strinse nel cappotto nero ed appiattì le ali più che poteva attorno al corpo per proteggersi dal freddo, diventando una specie di palletta di piume e lana.

Zoro si sporse dal parapetto del primo piano di prua. “Non mi dire,” disse sarcastico con un mezzo sorriso stampato sul volto, cogliendo ovviamente il senso sbagliato dell’imprecazione. L’Antico gli scoccò un’occhiata talmente gelida da dov’era appallottolato che lo cancellò all’istante. “Andiamo, cosa ti potrà mai fare un po di neve?” le chiese tornando serio senza però estinguere dalla sua voce il tono canzonatorio.

Non bastava che facesse un freddo cane, che nonostante il cappotto e le ali stesse gelando, e che stesse nevicando manco il cielo volesse sotterrarli sotto quella coltre bianca; adesso ci si doveva mettere anche lo spadaccino con le sue battutine. “Taci, marimo sottosviluppato,” sibilò con la mascella serrata per non far battere i denti.

“Ti facevo più resistente,” replicò l’altro ignorando l’insulto. “Insomma, sei stata trapassata e sei ancora viva. Non pensavo bastasse solo un po di neve per atterrarti.” Scese le scale e si portò davanti a lei affondando gli stivali nello spesso mantello bianco.

Lei si limitò ad osservarlo con rabbia mentre lui la scrutava annoiato e deluso con le braccia incrociate. “E mettiti qualcosa addosso, mi fai venire ancora più freddo solo a guardarti,” sbottò infine portando le ginocchia ancora più vicine al petto.

L’uomo si strinse nelle spalle scuotendo lievemente la testa. “Il mio cappotto te lo sei preso tu,” disse con noncuranza mentre i leggeri fiocchi di neve si posavano e si scioglievano sulle sue braccia scoperte oppure si accumulavano in chiazze bianche tra i suoi capelli verdi.

“Allora va ad importunare qualcun altro.”

“Sono tutti scesi in esplorazione ed in cerca di legna da ardere.”

Aveva già i nervi a fior di pelle di suo, sinceramente non aveva davvero bisogno di quello spadaccino intorno.

“Sai che ti odio, sì?” gli chiese poggiando la fronte sulle ginocchia nella speranza di potersi scaldare un po di più.

Percepì un leggero spostamento e delle vibrazioni alla sua destra. “Ieri notte non sembravi essere dello stesso parere,” lo sentì dire accanto a sé.

A quelle parole arrossì istantaneamente e, in uno scatto di rabbia mista ad imbarazzo, caricò il peso del proprio corpo sulle braccia tese dietro di lei per scagliare un calcio mirato alla testa di Zoro. “HO DETTO TACI!!” strillò, notando un momento troppo tardi che lo spadaccino si era abbassato evitando la punta rinforzata dello stivale nero, la quale andò a sbattere con un secco suono contro l’albero alle loro spalle. Questo, brutalmente scosso dalla potenza del colpo, lasciò cadere pesantemente sui due un enorme cumolo di neve bianca.

Aqua spalancò di colpo le ali scaraventando la neve via dal suo corpo, urlando un deciso “CAZZO CHE FREDDO!!”

Zoro se la prese con più calma e lentamente emerse dalla coltre immacolata. Si scompigliò i corti capelli verdi con una mano per liberarli dalla neve, chiudendo gli occhi. Poi una idea saettò per la sua mente, facendogli lanciare un’occhiata in tralice alla ragazza che sembrava molto occupata a ritornare in una palla. Poi spostò gli occhi impassibili sulla neve intorno a lui, una mano ancora tra le ciocche verdi.

Ooooh yessss.

“Aqua, mi spieghi perché hai così freddo?” le chiese con casualità mentre giocherellava distrattamente con la neve.

“Che razza di domanda è?” replicò spazientita lei, la sua voce attutita dalla lana del cappotto. Voltò il capo verso di lui, lentamente ritirando l’ala per guardarlo in faccia. “Credo che tutti sappiano che a zero gradi l’acqua gela--!!”

Rimase immobile quando una palla di neve la colpì in pieno volto non appena ebbe ripiegato del tutto l’appendice piumata. Sentì la pelle bruciare, punta da mille spilli ghiacciati, e un brivido le corse giù per la schiena. Scelse di non reagire mentre l’altro ridacchiava sotto i baffi divertito.

Rideva perché era ignaro della rabbia che lentamente stava cominciando a ribollire nel petto della ragazza. “Zoro,” disse con calma glaciale. Lui si voltò verso di lei con quell’irritante mezzo sorriso ancora dipinto sul volto. Si pulì la faccia dalla neve semisciolta con la manica del cappotto, compiendo ogni singolo movimento del braccio con lentezza esasperante. Poi prese un respiro profondo e chiuse gli occhi.

Stava per assaltare il marimo con tutti gli insulti che conosceva in tutte le lingue che sapeva parlare, pronta per riempirlo di calci e pugni, quando questo, con un veloce scatto, le tappò la bocca con la sua. Aqua, troppo sorpresa per opporsi, rispose inconsciamente al bacio, sentendo qualcosa di gelido venirle spinto dentro alla bocca dalla lingua dell’altro. Il freddo la riportò bruscamente alla realtà. Spinse Zoro via da sé prima di portare una mano alla bocca. Troppo tardi: aveva già mandato giù il malloppo gelato. S’irrigidì quando questo lasciò un fredda scia al suo passaggio nella gola. “MA SEI UN COGLIONE!!” sbraitò infine. “STO CREPANDO DI FREDDO E TU MI FAI INGOIARE DEL GHIACCIO??!"

Lo spadaccino non si scompose e, cogliendola nuovamente alla sprovvista, le afferrò repentinamente i polsi spingendola giù, di nuovo sulla neve, con il peso del proprio corpo. Poggiò nuovamente la bocca su quella della ragazza, troncando le sue furiose proteste. Assaporò lentamente quelle labbra gelide e livide, quasi stesse assaggiando un gelato. Quando si separò da lei, osservò soddisfatto la sua espressione inviperita e densa d’odio.

“Io quel sorrisetto idiota te lo strapperò dalla faccia,” lo minacciò enfatizzando più che poteva il verbo ‘strappare’.

“Sai, anche io, ogni tanto, faccio dispetti, nonostante li trovi atti davvero stupidi,” disse in tono suadente mentre si sistemava a cavalcioni sopra la ragazza sotto gli occhi furenti di quest’ultima, trattenendole sempre i polsi con una mano. “Però...”

Passò delicatamente le dita sui bottoni del cappotto nero che aveva prestato all’Antico, disfacendoli uno ad uno, adagio.

“Se c’è una cosa che mi piace...”

La sua voce baritonale si era abbassata ad un sussurro dolce e leggero, come i fiocchi di neve che fluttuavano nel cielo prima di adagiarsi aggraziatamente a terra. Finalmente liberato il collo della donna dal cappotto, prese a baciarlo piano, delicato come il sottile venticello che teneva la neve sospesa a mezz’aria. Lei rabbrividì, se di freddo o di piacere non lo sapeva.

“È scaldare le cose gelate.”

Pronunciate con malizia queste ultime parole, afferrò senza tante cerimonie i baveri del cappotto e li tirò in direzioni opposte, facendo saltare tutti i bottoni ancora chiusi. “Per bene,” aggiunse con un mezzo sorriso - che Aqua definì “da maniaco” - prima di unire nuovamente le loro labbra in un lungo bacio colmo di passione, mentre faceva scivolare una mano sotto il maglione della ragazza.


 

***

 

“Trentanove e mezzo,” sospirò Chopper scrutando la sottile colonnina di mercurio all’interno del termometro di vetro. “Dovrai rimanere a riposo per un po,” disse in tono professionale mentre riponeva i suoi strumenti all’interno di una cassetta nera. “E questo è un ordine di medico, Zoro,” lo riprese più severamente quando udì un verso gutturale di disapprovazione.

Chiuse il contenitore pece con un secco suono metallico mentre si voltava verso il suo paziente disteso sul lettino dell’infermeria. “Aqua fortunatamente se l’è cavata con solo una lieve alterazione. Non avrei mai immaginato che tu peggiorassi così tanto nonostante gli antibiotici...” Cominciò a riflettere ad alta voce, cadendo in un linguaggio puramente medico che lo spadaccino non riuscì a comprendere - non che lo stesse ascoltando in primo luogo.

Chiuse gli occhi nella speranza di alleviare l’emicrania e poggiò un avambraccio sulla fronte bollente, mettendosi comodo sul lettino che per le prossime settimane sarebbe praticamente diventato la sua seconda dimora. Sgomberò la mente da qualsiasi pensiero e stava giusto per appisolarsi quando un lieve bussare alla porta interruppe l’infinito monologo del medico. Per qualche secondo non udì nessuna parola, segno che probabilmente stavano comunicando tra di loro a gesti. Poi lo scricchiolio della sedia girevole che veniva alleviata dal peso della renna, il rumore di zoccoli battere su legno, un secondo scricchiolio della porta che si chiudeva.
 

Non si curò nemmeno di aprire gli occhi o di alzare la guardia: erano in mezzo al mare con l’Antico dell’Acqua a bordo; anche se la Marina avesse voluto attaccarli sarebbe tutto finito nel giro di pochi secondi e qualche onda anomala. Stava giusto rivolgendo l’attenzione dei suoi pensieri alla donna, quando qualcosa di gelido venne pressato contro il suo collo. Sussultò per la sorpresa e si voltò di scatto, trovandosi di fronte proprio quell’Antico.
 

Scrutò per qualche secondo ancora ad occhi spalancati il volto di Aqua, impiegandoci qualche secondo in più per riconoscerla. Sbuffò e si lasciò ricadere sul lettino, richiudendo gli occhi scocciato quasi volesse ignorare il fatto che lei esistesse. Parli del Diavolo, e spuntano le corna. In fondo era invidioso: lui relegato in infermeria con la febbre a quaranta e lei felicemente in salute nonostante entrambi si fossero spogliati in mezzo alla neve.
 

“Ma salve,” disse lei con voce suadente mentre le sue labbra si tendevano in un ampio sorriso che però non aveva niente di allegro. Lo spadaccino rispose con un singolo suono a labbra chiuse. Percepì l’aria spostarsi e capì che la ragazza si stava muovendo. “Ho origliato un po ed ho scoperto...” La sua voce si spense per qualche secondo rimpiazzata da un allegro tintinnare di vetro e metallo. “... che hai preso una bella freddata,” concluse poi. Dal tono assorto della sua voce capì che era concentrata a fare qualcosa.
 

Rispose con un secondo grugnito affermativo. Ma perché non te ne vai?
 

“Beh, non che non lo sapessi: in fondo ho manomesso io la tua cura...”
 

Mugolò di nuovo, assimilando le parole solo qualche secondo dopo. Scattò sull’attenti, puntellandosi sul gomito per sollevare la schiena e le spalle dal materasso. “Tu hai cosa?!” esclamò guardandola incredulo.
 

“Boicottato la tua cura a base d’antibiotici,” ripetè distrattamente mentre armeggiava con la cassetta degli strumenti di Chopper.
 

Gli stava dando le spalle, concentrata su qualcosa sulla scrivania, impedendogli di leggere la sua espressione.
 

Boccheggiò un paio di volte, balbettò sbigottito qualche parola sconnessa. “Eh?!!” riuscì infine a pronunciare semplicemente esterrefatto.
 

In risposta, le spalle della donna sussultarono in una piccola risata. Si voltò impugnando nella mano destra una siringa piena di un liquido trasparente, l’altra poggiata sul fianco sinistro. “Sai, ho scoperto che anche a me piace riscaldare le cose...”
 

Una sottile intuizione, appena accennata ma abbastanza spaventosa da farlo rabbrividire, serpeggiò lentamente nella sua mente mentre fissava ad occhi sgranati l’ago d’acciaio. Ogni tanto spostava lo sguardo sul volto di Aqua sperando che quello fosse uno scherzo, ma incontrava solo un’impassibile maschera di serietà.
 

“Vediamo quanto possiamo ‘riscaldarti’ senza ammazzarti...” continuò e le sue labbra si contrassero in un ampio sorriso a dir poco inquietante. Mosse un passo verso di lui, lentamente, senza fretta. Sapeva che non gli poteva scappare. Ed anche lui sapeva che, in quelle condizioni, non poteva opporre la minima resistenza.
 

“Dolcetto o Dispetto?” scherzò lei mentre alzava la siringa con quell’espressione perversamente sadica stampata sul volto.
 


Non è detto che il piatto della vendetta vada sempre gustato freddo, in fondo.
 

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