Please, Believe In Me!

di FrozenShiver
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una Piccola Gemma Brillante ***
Capitolo 2: *** Ma Come Ti Sei Ridotto,Sam?! ***
Capitolo 3: *** Umiliato Ma Non Vinto ***
Capitolo 4: *** Questo Dannato Buio ***
Capitolo 5: *** Non Tutto Ciò Che Nasce Dal Buio Deve Fare Del Male ***
Capitolo 6: *** Le Fondamenta Della Loro Vita Insieme ***



Capitolo 1
*** Una Piccola Gemma Brillante ***


Capitolo 1_Una Piccola Gemma Brillante
 
La mancanza di un padre Sam l’aveva sempre sentita.
Nonostante avesse sempre finto di stare bene, nonostante avesse cercato di nascondere tutto lo schifo che sentiva dentro dietro quella maschera da “stronzo e ribelle”.
E questo il Sergente Greg Parker l’aveva capito fin da subito, e mano a mano che il tempo passava, diventava sempre più sicuro della sua intuizione.
E diventava sicuro anche del fatto che sarebbe stato lui  a fare da padre a quel ragazzo così fragile. Perché in fondo, avrebbe fatto bene anche a se stesso.
Quello che però il sergente non sapeva, era che sarebbe stata davvero dura conquistare la fiducia del ribelle Sam, dovendolo continuamente sgridare o punire per un motivo o per l’altro, dall’insubordinazione, all’aver ignorato un ordine, all’avere avuto un comportamento violento.
Ma Parker non si dava per vinto, perché era sicuro che prima o poi sarebbe andata meglio, che sarebbe riuscito a fare di quel ragazzo così arrogante, un membro valido e un valido amico.
Si. Era certo. Sarebbe riuscito ad aiutarlo, a salvarlo, come solo un padre può fare.
 Ma la prospettiva  non era delle migliori, anzi era uno schifo.
Il ragazzo non dava il minimo segno di provarci … anzi, al contrario, più Greg cercava di andargli in contro, chiudendo spesso un occhio sul  suo comportamento, più Sam  se ne fregava e continuava  a fare qualunque cosa gli passasse per la mente …
E così i giorni passavano, e di questo il sergente Parker se ne rendeva conto, ma ormai quel ragazzo era diventato il suo chiodo fisso, forse perché semplicemente non poteva sopportare che patisse le pene che aveva dovuto patire lui da ragazzo.
Sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa, ma dannazione, con quel ragazzo non si poteva proprio ragionare!
Eppure lui continuava a pensarci, pensava ad un modo per far capire a Sam che non era da solo, che ogni paternale, ogni punizione era esclusivamente per il suo bene.
Però un quesito lo faceva impazzire, non gli dava tregua … come fare?
E anche adesso,questa domanda sta violentando la sua mente, mentre guarda il tanto amato ragazzo che sconta l’ennesimo castigo pulendo ogni singolo angolo presente al dipartimento.
-dannazione Sam! È la 3 volta che pulisci queste fottutissime stanze questa settimana!- sbotta all’improvviso il sergente, facendo arrossire il biondino.
- e a te cosa te ne frega?- risponde lui, sfregando più velocemente la spugnetta di metallo sulla superficie di marmo del bancone, tentando inutilmente di pulire una macchia vecchia di chissà quanti anni.
Una mano forte e decisa afferra il suo braccio, imponendogli di fermarsi.
- sono stufo dei tuoi comportamenti Sam, lo siamo tutti! Ti conviene iniziare a darti una regolata, altrimenti non andrai da nessuna parte, fidati! – questa scena non è nuova ai due, ormai restare fino a tardi un giorno si e uno no è pura routine.
Eppure Greg  se lo sente che questa sera c’è qualcosa di diverso.
-non mi va di litigare, capo, non è proprio giornata-  risponde il più giovane dei due liberandosi dalla stretta dell’altro e allontanandosi rapidamente verso l’uscita.
- hey! Non ho finito con te! Non mi pare di averti detto che potevi andare … torna immediatamente qui!- il tono del più anziano è duro e freddo, ma il ragazzo ha palesemente deciso di ignorarlo.
- Sam, ti avverto! O torni qui o giuro che … - urla ancora, affacciandosi alla porta della stanza, cercando di scorgere l’altro.
- o cosa, capo? Cosa vuoi fare che tu o gli altri non mi abbiate già fatto? –  nella sua voce si sente una forte rabbia in questo momento, una sorta di “riserva nascosta” – allora capo? Sto aspettando, cosa cazzo farai?  Mi farai rapporto? – l’ ira del giovane adulto diventa ogni secondo che passa più forte.
Silenzio.
-e allora capo? Sto aspettando una risposta! Cosa farai?! Alzerai di nuovo troppo il gomito e diventerai violento come un tempo? Eh?- c’è più cattiveria in quell’ultima frase che in tutta la sua vita.
Neanche una frazione di secondo per riprendere fiato.
La botta arriva secca. Fredda. Veloce. Omicida.
Uno schiaffo. In pieno viso. Un semplice e rapido schiaffo.
La pelle lesa sulla guancia del ribelle è di un rosso molto acceso, leggermente rialzata e tremendamente calda.
Il sergente Parker è rimasto immobile, incapace di capire come possa essere accaduta una cosa simile.
È passato davvero tanto tempo da quando ha alzato l’ultima volta le mani su qualcuno.
I due sono increduli, immobili, uno davanti all’altro, senza riuscire a muoversi, a parlare.
-Sam … io … - cerca di dire Greg mentre guarda la mano formicolante con cui ha appena colpito il ragazzo che da tempo ormai è il centro dei suoi pensieri.
Ma le parole si perdono tra i respiri accelerati dei due protagonisti.
Poi il biondo fugge via, nella notte buia e fredda.
Parker è shockato, stranito, terrorizzato …
Eppure, è sicuro di aver visto sulla guancia dell’altro una lacrima, una dolce lacrima calda, una piccola gemma brillante, proprio come quella che adesso riga il suo viso.





Spazio Autrice
Ok, ammetto che questi sono due personaggi terribilmente difficili...
non ci saranno spoiler in futuro ( almeno credo, ma in ogni caso avvertirò!)
è la prima volta che scrivo su flashpoint..
ogni consiglio è utile!

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Capitolo 2
*** Ma Come Ti Sei Ridotto,Sam?! ***


Capitolo 2_Ma Come Ti Sei Ridotto, Sam?!

La notte è gelata,buia, malinconica.
Il cielo, nero e pieno di nuvole,  è squarciato quasi ritmicamente da rapidi e accecanti lampi.
Fa freddo, ma quel freddo bagnato che ti penetra ovunque, fino al midollo.
Ma la casa del ragazzo è troppo familiare, troppo piena di ricordi, per poterci entrare, così decide di sedersi, ancora una volta dietro al bancone di un bar.
-cosa ti porto ragazzo?- la voce seccata
-una birra, grazie – cerca di rispondere il biondo, senza troppa convinzione.
Si tocca la guancia, ancora indolenzita e calda.
“Come ha osato colpirmi? Chi si crede di essere? Non è mica mio padre!”pensa, mentre, con voracità, beve quel nettare così delizioso che lo scalda così a fondo.
La rabbia di poco prima torna a graffiare le pareti della sua mente, cercando di uscire.
I pensieri feroci e rapidi, si mischiano con quella rabbia assassina, alimentata dall’alcool.
“stronzo, bastardo, ma adesso glie la faccio vedere io!” il suo cervello continua a sfornare frasi su frasi mentre, senza accorgersene è arrivato già alla decima birra e l’effetto dell’alcool si fa fortemente sentire.
Forse vorrebbe soltanto trovare u modo per sfogarsi, un modo per scaricare tutta questa ira.
Una bella rissa. Cavolo quanto darebbe in questo momento per una bella rissa.
-Hey ubriacone, perché non te ne torni a casa adesso? – una voce roca alle spalle.
Si dice che la paura sia per gli stupidi, e in questo momento Sam darebbe tutto per essere uno stupido. Ma ancora una volta è troppo orgoglioso per tirarsi indietro.
-cosa vuoi bestione?- risponde quanto più convinto possibile, alzandosi in piedi per mettersi di fronte a quell’uomo che in questo momento sembra più un armadio con le gambe –perché non vai a fare in culo da qualche altra parte?-
-hai la lingua troppo lunga ragazzino- risponde il colosso  afferrando l’altro per il collo della maglietta.
-non mi sembra che a tua madre sia dispiaciuto questo la notte scorsa – risponde il biondo con un ghigno.
Nel locale c’è un silenzio surreale e tremendamente pericoloso.
Un pugno nello stomaco.
Il sapore del sangue nella bocca sveglia in Sam quell’istinto omicida che l’esercito aveva installato così profondamente in lui.
Si rialza rapido, scaraventandosi con tutta la forza rimastagli contro quell’enorme bestione.
la lotta furiosa dura solo pochi minuti, interrotta da un unico piccolo gemito di Sam dovuto ad un colpo lancinante alla testa e uno identico alla schiena: qualcosa l’ha colpito tremendamente forte, tanto che sente ancora la spina dorsale scricchiolare.
Poi è tutto troppo veloce. Tre o quattro persone lo afferrano, buttandolo violentemente fuori dal locale, sotto la pioggia.
Il contatto con il marciapiede gelido e duro avviene praticamente subito, con uno schiocco secco e assordante.
Dolore. Tanto. Troppo.
Dolore dentro, che logora il cuore e distrugge la mente.
Dolore fuori, che brucia la carne viva e sanguinante.
La luna si intravede appena dietro delle nuvole che sono nere, quasi quanto il suo cuore in questo istante.
Già … il suo cuore … da quanto tempo soffre ormai? Anni?
Sente il corpo pesante, ma vuole alzarsi a tutti i costi.
Poggia il peso sugli avambracci e sulle ginocchia, cercando di tirarsi su.
Il respiro diventa affannato mentre il dolore, che fino ad un attimo fa sembrava essersi placato, torna all’attacco, rendendo tutto più lento e sfiancante.
Riesce a strusciare fino ad un lampione, grazie al quale riesce ad alzarsi in piedi.
Le fitte nei punti colpiti sono sempre più dannatamente atroci e la testa sembra scoppiare.
Se non fosse scappato a quel modo dalla base e da Parker forse a questo punto starebbe bene, magari arrabbiato, ma tutto sommato bene.
La pioggia intanto continua a fargli compagnia, mentre lui, barcollando, cerca di arrivare ad una panchina che intravede in lontananza.
Saranno 2oo metri massimo, eppure sembrano chilometri.
In questo momento vorrebbe solo piangere, ma la stanchezza è davvero troppo forte per poterlo fare.
La strada è completamente deserta, così come il parco e le vie attorno, eppure, qualsiasi direzione guardi, vede tante persone, tanti ragazzi come lui.
All’improvviso i suoi piedi si arrestano e una specie di verso rauco e continuo comincia a salire dalla sua gola fuggendogli dalle labbra.
Quello che ha appena visto lo ha completamente terrorizzato e abbattuto.
Lui era lì.
Il suo migliore amico, suo “fratello per finta”, colui che era morto per un suo errore. Un fottutissimo errore.
Sam i turni di guardi li ha sempre odiati, specialmente poi quando si era sotto allarme e partiva l’ordine “sparate a qualsiasi cosa si muove”.
Nel momento in cui il suo corpo si abbandona sulla panchina le lacrime iniziano a scendere copiose sulle sue guancie.
Trema, per il freddo, per la rabbia, la paura.
Cosa ne sarà adesso, di questo ragazzo? Così orgoglioso di per chiedere aiuto, ma così bisognoso di averlo?
“ma come ti sei ridotto Sam …” è l’ultimo pensiero che il giovane riesce a fare prima di abbandonare per non sa quanto tempo quel corpo che, ormai, non è più il suo.

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Capitolo 3
*** Umiliato Ma Non Vinto ***


Capitolo3_ Umiliato Ma Non Vinto
-soldato, ti ho detto di sparare! È un ordine dannazione!- la voce del Maggiore tuonava potente al di sopra delle sue spalle
-ma signore, sono solo bambini!- cerca di rispondere il giovane Sam, mentre imbraccia la sua arma, che tutto d’un tratto, è diventata così fottutamente pesante …
Tutto questo è così irreale …
Sam sa bene di essersi addormentato su una panchina appena qualche istante fa, ricorda tutto, sebbene sia così terribilmente annebbiato.
Sa di non poter essere qui, anche perché questo è solo un ricordo, un brutto ricordo. Un pessimo ricordo.
-sai dirmi cosa cazzo aspetti soldato?- di nuovo quella voce.
Cerca di rispondere, ma invece delle sue labbra sono le sue dita a muoversi.
Solo una frazione di secondo prima del rumore assordante che squarcia il cielo e l’anima.
Solo una frazione di secondo prima che il cielo diventi rosso.
Solo una frazione di secondo prima che un ghigno  surreale e lugubre fa rabbrividire il giovane.
Solo una frazione di secondo prima di capire che a ghignare è proprio lui.
Si guarda incredulo e terrorizzato le mani che, con una rapidità incredibile  si riempiono di sangue.
-No, non è vero … non sono qui. Cazzo non sono qui!-  riesce ad urlare prima di chiuder gli occhi.
Stringe gli occhi il più forte possibile, solo per riuscire a fuggire da quel ricordo di merda.
Non sa quanti secondi passano prima di riuscire ad aprire di nuovo quella morsa.
Forse minuti.
O forse neanche li ha chiusi davvero gli occhi.
Paura.
Rabbia.
Disperazione.
Buio.
All’improvviso.
Il vuoto.
 Niente sotto i piedi.
Niente a cui potersi aggrappare. Niente speranze.
E comincia a precipitare. 1oo, 2oo, 3oo metri, un secondo dopo l’altro, il suo corpo continua a divorare  l’aria.
La fine del viaggio.
Una mano lo afferra rapida, appena un attimo prima dell’impatto a terra.
Una voce familiare, come un’ancora di salvezza, lo sostiene pericolosamente in bilico, sull’orlo di un precipizio.
-mamma?- la sua bocca non si muove, ma i suoi pensieri evadono dalla sua mente come spettri che passano oltre un muro.
-mamma sei tu?- l’eco della sua voce si perde lontano, oltre il vuoto, oltre il mondo.
Una sensazione di benessere così intensa da farlo sorridere.
Ma insieme a questa meraviglia, un’altra sensazione si fa largo nel corpo di Braddock, una sensazione che conosce davvero bene: la paura.
La voce che sente adesso non è quella di sua madre. Non è quella di una persona che vorrebbe ascoltare in questo momento.
È una voce cupa, roca, impastata dall’alcool e dalla droga.
È la voce di suo padre.
Lo spazio intorno al corpo del ragazzo torna a muoversi, l’aria riprende a scivolargli tagliente sul corpo, sfregiandolo  come tante schegge di vetro.
-Piangi? Come una bambino?- la voce torna, fredda e distaccata, come un pugno nello stomaco –solo i mocciosi piangono-
 –sei proprio un codardo, Sam!- ritorno ancora. Insistente, atroce.
Dolore. Dolore. Dolore.
Il ragazzo vorrebbe urlare,fuggire, fare una qualsiasi cosa pur di non sentire questa fottuta voce …
Eppure non ci riesce, non riesce a fare più nulla.
Ma all’improvviso la voce cessa di esistere e, con lei anche tutto il resto.
È finita? Sam Braddock è morto?
No,sa di non essere morto, riesce a sentire la pioggia che batte sempre più insistentemente sul suo corpo inerme al di fuori della sua mente, lì, nel mondo reale.
Eppure il nero intorno a lui si fa sempre più scuro, più compatto, fino a creare un muro.
Un muro. Tra lui e la vita.
Ma non andrà giù.
Non si arrenderà di nuovo.
E non piangerà neanche. Perché solo i mocciosi piangono.
All’improvviso un dolore atroce, all’altezza delle costole.
Un colpo orrendo, violento, rabbioso.
-Cosa cazzo succede?- riesce a dire a bassa voce, straziato dal dolore.
Il sapore metallico del sangue inizia a farsi sentire nella gola e poi in bocca.
Un altro colpo, sul ginocchio.
Sam riesce chiaramente a sentire le ossa che si frantumano.
Ma non andrà giù. Non andrà giù. Non andrà giù.
A fatica si rimette in piedi, cerca una via di fuga dal mostro fatto d’oscurità che lo tiene incatenato nella parte nascosta di se stesso.
Un colpo più violento di tutti gli altri alla testa lo fa rantolare giù.
Sente il cuore che cerca ancora di battere, debolmente e tremante.
Il respiro affannato e faticoso. Terribilmente faticoso.
Ma non andrà giù.
Un colpo alla schiena, uno schiocco secco e duro, come due sassi che si scontrano.
Cerca di tenere gli occhi aperti, sa che se dovesse anche solo per errore chiuderli, sarà la fine.
Il sangue cola dalla testa sul viso, le ossa suonano stridenti,sotto il ritmico battere dei colpi.
I respiri sono sempre più brevi, i battiti cardiaci sempre più radi.
Ma non andrà giù. Non andrà giù. Non andrà giù.
Sente delle voci, bisbigli lontani, fruscii irriconoscibili.
Un suono più forte lo costringe a tapparsi le orecchie, sente i timpani scoppiare.
Un fischio e poi un dolore atroce alla schiena.
Qualcosa si sta impossessando delle sue membra, entrandovi di prepotenza,scavando in esse, con una violenza inaudita.
Qualcosa di freddo sta squarciando la sua carne. Qualcosa di freddo vi sta entrando dentro.
Conscia di far agonizzare il ragazzo.
Ma non andrà giù.
Il sangue scende copioso, creando un lago intorno a lui.
All’improvviso i colpi cessano.
E lui resta immobile. Nel suo stesso sangue.
Umiliato.
 Ma non vinto.

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Capitolo 4
*** Questo Dannato Buio ***


Capitolo 4_Questo Dannato Buio
Era davvero da tanto che il sergente Gregory Parker non faceva un po’ di jogging mattutino.
Destino vuole che, proprio stamattina,il sergente non riesca a dormire.
-tanto vale sfruttare il tempo in modo costruttivo- ha detto, prima di uscire nella gelida mattina invernale.
Il temporale della nottata appena trascorsa, ha lasciato i suoi segni evidenti e profondi.
“in questo momento non mi meraviglierei per una chiamata d’emergenza” pensa guardandosi un po’ in giro “la gente impazzisce con questo tempaccio”.
Il cielo è nero, sia per l’imminente temporale che attende impaziente appena sopra la città,sia per l’ora. È presto. Terribilmente presto.
Greg guarda l’orologio, scoprendo con orrore che sono ancora le quattro del mattino.
“qualcuno deve spiegarmi da dove cavolo mi escono queste idee” pensa mentre, sempre correndo, entra in uno squallido parchetto.
Di colpo qualcosa attira la sua attenzione. Un qualcosa di informe, di strano.
Giace a terra immobile. Decide di avvicinarsi. Piano. Con cautela.
Alla poca luce dei lampioni non è facile capire cosa sia quella sagoma immersa nella nebbiolina tipica delle giornate fredde e invernali.
Camminando leggero, cercando di non fare rumore, riesce a scorgere i contorni di un corpo, poi una mano, una gamba.
-mio Dio! Ragazzo? Ragazzo stai bene?!- non sa chi sia, la sagoma ha la faccia appiattita contro la ghiaia gelata – ragazzo? Riesci a sentirmi?- nessuna risposta. La sagoma respirava ancora, piano. Troppo piano.
-mi  chiamo Greg Parker, sai dirmi cosa ti è successo?- si guarda rapidamente intorno.
Sangue. Sangue ovunque.
La sua mente non fa in tempo a realizzare cosa sta facendo.
-911- risponde una voce di donna dall’altra parte del telefono.
-si, sono il sergente Gregory Parker, dell’unità di intervento strategico. Necessito di un’ambulanza al parco tra la settima e la dodicesima-
Non aspetta nessuna risposta, riaggancia. Click. Finito.
Cerca di voltare il corpo, è freddo, ghiacciato.
Riesce a mettere quella sagoma sconosciuta sdraiata sulla schiena, per cercare di farlo respirare meglio.
Ma nel preciso istante in cui la fioca luce del lampione illumina il viso della creatura gli occhi di Parker si spalancano.
Terrore. Orrore. Confusione.
Non riesce a dire una parola.
Le gambe gli tremano, mentre indietreggia sconcertato.
Cade all’indietro, seduto.
-Sam … - i suoni escono confusi dalla sua bocca quasi serrata.
Si avvicina per toccare il viso del giovane, per capire che non è finto, che è li davvero.
Gli solleva delicatamente la testa e la poggia sulle sue gambe.
-Sam … -  sa che non resisterà per molto.
Finalmente i soccorsi  arrivano, dopo 15 interminabili minuti.
I paramedici caricano il corpo indifeso su di una barella, mentre la pioggia, pesante, ritorna a battere.
Il viaggio per arrivare in ospedale sembra non finire più, ma la speranza del sergente non si è ancora spenta, perché lui Sam lo conosce bene, forse meglio di quanto conosce se stesso, sa quanto soffre, quanto ci prova a “comportarsi bene” come un bravo soldato e sa anche quanto abbia paura.
Ma soprattutto sa quanto Sam sia forte, quanto sia coraggioso e quanto sia grande la sua voglia di vivere.
-tieni duro Sam!- la sua voce è piena, piena di quella sua dannata speranza che non lo abbandona mai.
E  Sam la sente forte questa  speranza, la sente mentre lotta con tutte le sue forze per restare sveglio , per aprire gli occhi, per urlare che ce la fa, che è forte.
Ma il buio lo tira giù, lo sta uccidendo questo dannato buio.
Resta aggrappato alla sottile fune che lo mantiene in vita, cerca nella voce di quell’uomo una via di fuga.
-Sam, devi svegliarti … - la voce delicata e piacevole di poco prima ritorna, leggiadra, una luce delicata e bellissima la trasporta insieme ad un meraviglioso profumo di fiori da campo –Sam, tesoro mio, io credo in te! Fatti coraggio figlio mio, non è finita qui! Sei forte, sento i tuoi sogni, le tue speranze … io sono proprio qui, devi solo crederci!-  sua madre amava la vita, forse quasi quanto la ama Sam …
-mamma … aiutami ti prego … - il respiro diventa sempre più debole, il battito cardiaco quasi inesistente.
- non si può andare più veloci? Dannazione lo stiamo perdendo!- urla Greg, praticamente sul punto di crollare.
Sam vorrebbe alzarsi, abbracciare l’uomo che gli ha salvato la vita, amarlo, restare con lui per sempre.
Ma questo fottuto buio. Questo fottuto male, il suo male peggiore. Se stesso.
Fatti coraggio,figlio mio, non è finita qui …queste parole continuano a risuonare nella mente del giovane, perché lui sa che ci può riuscire, sa quanto sia vero ciò che sua madre ha detto.
Lui vuole farcela. Lo pretende. Dopotutto, la vita glie la deve un’altra possibilità.
Coraggio. Forza. Coraggio.
Deve alzarsi, deve combattere, deve cancellare il buio dalla sua mente, dalla sua vita.
Un passo alla volta.
Svelto, svelto prima che torni il mostro.
-capo, secondo te me li passano come straordinari questi? Tecnicamente io non sono mai uscito da lavoro … - Sam ha la voce spezzata dal dolore, il respiro terribilmente debole e affannato, però sta lottando, con tutte le sue forze, per conservare quel minimo di ottimismo che lo ha aiutato a sopravvivere per tutti questi anni.
- sta zitto Braddock - lo ammonisce Greg sorridendo.
È felice di non averlo perso, è felice di potergli dire tutto. Tutto quello che prova per lui. Tutto. Tutto. Tutto.
-capo … - cerca di dire Sam con la voce spaccata in due dal dolore atroce che prova in parti del corpo che neanche sapeva di avere – mi … dispiace così … tanto … - i respiri sono ridotti a piccoli frammenti d’aria tirati a forza giù nell’esofago.
-ti ho detto di stare zitto, parleremo dopo chiaro? – Greg non vuole perderlo di nuovo, non vuole, adesso che lo ha ritrovato, adesso che lui si fida così tanto, adesso che le loro vite sono legate da un filo infrangibile.
-prima c’è una cosa che devo ..che devo dirti … - la frase cade a terra, incompleta, il dolore si è fatto troppo intenso per continuare a parlare.
Sam sente il buio che lo sta riprendendo di nuovo, che si sta impossessando ancora una volta della sua mente.
Non vuole morire. Non adesso che si sente così felice.
I suoi occhi, però, si sono già velati di bianco e il suo cuore sta rallentando sempre di più. Sempre di più.

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Capitolo 5
*** Non Tutto Ciò Che Nasce Dal Buio Deve Fare Del Male ***


Il sorriso sul volto di Parker si spegne all’istante vedendo sul monitor quella linea verde che si appiattisce.
Diventa piatta la bastarda.
Senza vita. Senza fine.
La paura comincia a farsi largo, tutto il mondo si muove a rallentatore.
I paramedici non possono rianimarlo. Manca il tempo.
Sempre il tempo. Tempo. Non c’è mai quando serve.
La barella corre rapida attraverso  il corridoio d’accesso all’ospedale.
Parker non sente più  niente.
Vuoto. Ecco come si sente. Semplicemente vuoto.
Un ragazzo sta morendo e lui, ancora una volta è l’artefice della sua morte.
La corsa lungo il corridoio non finisce mai, sembra più lunga del viaggio in ambulanza.
Corrono. Corrono le gambe, ma troppo lente.
Una porta gli si chiude davanti.
-solo il personale addetto può entrare, la prego di accomodarsi fuori, signore- una voce gentile dietro le sue spalle.
-la prego, c’è una persona molto importante per me li dentro, per favore mi faccia entrare! – le sue parole sono deboli, distanti, molto più lontane di quanto qualcuno possa immaginare.
- signore, mi dispiace ma sono le regole- la voce si fa più insistente – deve accomodarsi nella sala d’aspetto, sono sicura che andrà tutto bene, suo figlio è in ottime mani –
“figlio. Pensa che sia mio figlio.”
Figlio. Questa la parola che risuona nella mente del sergente mentre, arreso, si siede in una malconcia sediolina della sala d’attesa.
Intanto, oltre la porta del reparto di rianimazione un ragazzo sta lottando per la sua vita.
Angeli. Questo quello che riesce a vedere Sam nei minuscoli istanti, sempre più brevi e radi, in cui apre gli occhi.
Angeli vestiti di verde.
Angeli vestiti d’azzurro.
Meravigliosi angeli in camice bianco.
“vi prego, aiutatemi.” Continua a pensare, pregando, sperando con tutte le forze, di salvarsi in qualche modo.
Il dolore rende tutto così dannatamente reale. Così vivido eppure così sfocato.
Paura.
Paura folle.
Sente le lacrime che stanno per ricominciare a scendergli lungo le guance .
Non sa se anche il suo corpo sta per piangere, ma sicuramente la sua anima si.
Ma non vuole farlo. Non vuole piangere.
solo i mocciosi piangono.
solo i mocciosi piangono.
solo i mocciosi piangono.
solo i mocciosi piangono.
C’è una luce, una luce azzurra, incantevole.
Non sa se seguirla, non sa se arrendersi, se far cessare tutto.
Perché anche per lui, che di voglia di vivere ne ha da regalare, arriva un punto in cui lottare è davvero impossibile.
Il dolore, lo sconforto, la paura lo incitano ad andare verso la luce.
“andiamo Sammy, poi sarà tutto finito, lo so! Vai nella luce, puoi farcela puoi farcela! Coraggio!” sente questa voce nella sua testa, la sua stessa voce, che lo incoraggia, lo incita, gli indica la strada buona, quella facile.
Si avvicina piano alla luce, cercando di cogliere cosa vi sia dopo di essa.
Fa un profondo respiro e comincia a correre nella direzione opposta.
Le cose facili non gli sono mai piaciute.
Cerca invano  di scappare, cadendo più volte, cadendo e rialzandosi.
Sentendo le ossa cedere sotto il peso della paura e del dolore.
Non deve finire.
Non deve finire.
Non deve finire.
Chi l’avrebbe mai detto? Il buio, che fino a qualche minuto prima rappresentava tutto il male che Sam ha dentro, ora rappresenta la sua unica via di salvezza.
Per scappare alla luce.
Per scappare alla morte.
Buffo. Davvero buffo.
Riderebbe se non fosse per il dolore lancinante in qualsiasi parte del corpo.
Eppure sa che non si fermerà.
Niente lo fermerà dalla sua rivalsa.
Mai arrendersi.
Non andrà giù.
Un salto, un salto altissimo.
Una mano, incredibilmente forte, si aggrappa al nulla più assoluto.
Ora è qui, appeso a una speranza invisibile e sa che deve darsi una mossa, perché è solo questione di tempo prima che torni la luce.
Prima che …
Raccoglie le sue ultime forze e si tira su.
Su.
Su.
Su.
Sempre più su, sempre più in alto e più lontano.
- coraggio piccolo mio! Coraggio Sam. La mamma ti ama. Ti ama – queste parole lo sollevano, come un forte vento.
- ora del decesso?- una voce estranea lo stava ributtando nella luce che, rapidamente, diventa sempre più accecante
- sei e quarantasette – queste parole gli fanno perdere la presa.
Ma la voce di sua madre torna a risollevarlo.
No. Dannazione, non è ancora finita.
Una scalata lunga, dolorosa, sfiancante.
Ma ora è dentro.
È di nuovo a casa.
- dottore! – un’infermiera richiama l’attenzione di tutti – dottore, il ragazzo è vivo! –
- è incredibile- tutti guardano sconcertati il giovane Sam.
E’ proprio vero.
Non tutto quello che nasce  nella luce fa parte del bene.
Non tutto ciò che nasce Dal buio deve fare del male.

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Capitolo 6
*** Le Fondamenta Della Loro Vita Insieme ***


Ospedali. A Sam gli ospedali hanno sempre fatto profondamente schifo.
ma la visione che ha aprendo debolmente gli occhi, oltre alle meravigliose tette enormi dell’infermiera, è il suo volto.
Del suo sergente.
Dell’uomo che ama.
-bentornato tra i vivi Braddock!- la voce di Greg è dolce, uno dei suoi sorrisi speciali gli illumina il volto.
- grazie capo- risponde il giovane, ancora tutto indolenzito.
Il sorriso di Greg è contagioso. Lo è sempre stato. E Sam non può fare a meno di sorridere a sua volta, perché adesso è lì, con lui.
-capo- il biondo si schiarisce la voce prima di parlare –mi dispiace per essere scappato in quel modo e … mi dispiace di averti deluso … - gli occhi lucidi, quegli occhi da cucciolo che hanno sempre avuto la potenza di far intenerire persino Ed.
- Sam, guardami!-  la voce ferma ma calma –non mi hai deluso, chiaro?!- con una mano afferra delicatamente il mento del ragazzo, voltandolo in modo da avere il suo viso a pochi centimetri da quello dell’altro.
- capo, prima, nell’ambulanza … - sussurra il più giovane dei due, temendo profondamente che questo sia solo un altro sogno – c’è una cosa che devo dirti, una cosa davvero importante. -
Sam si sente avvampare.
-sono tutto orecchi – la voce del sergente è così lieve, delicata.
Non vuole rompere l’alchimia che si sta creando in questo momento tra i due. Non vuole spezzare la magia.
-io … - il ragazzo abbassa gli occhi allontanandosi dall’amico, incapace di guardalo.
Fissa il pavimento ora.
“Sam, ma cosa diavolo stai facendo?! Avanti diglielo!” il cervello del cecchino non la smette di sfornare frasi di incoraggiamento.
“è il tuo momento!” continua. Insistente. Martellante. Snervante.
-non so come dirlo, quindi … - sospira –lo dirò come mi viene, e ti prego … prima di scappare via disgustato, aspetta che abbia finito. Promettimelo.- per una frazione di secondo ha la brillante idea di guardare Parker negli occhi.
E ovviamente questo rende il tutto ancora più impossibile.
-ok. Sam, te lo prometto ma ti prego dimmelo perché mi stai facendo preoccupare!- l’uomo è impaziente, inizia a spaventarsi.
- ok, ok. – Sam prende un profondo respiro poi alza lo sguardo dalla macchia di caffè che stava fissando fino ad un secondo prima.
Guarda il sergente negli occhi.
-Gregory Parker … - la voce decisa – io – chiude gli occhi e si lascia andare. Lascia andare tutto quello che ha dentro.
Ogni dolore.
Ogni gioia.
Ogni paura.
Ogni speranza.
-io ti amo. -  il silenzio costringe il ragazzo ad aprire gli occhi e guardare l’altro.
Una risata. Una forte risata.
Greg Parker sta ridendo.
Sam si sente uno stupido. Un idiota. Idiota. Idiota.
-la cosa mi rende così ridicolo ai tuoi occhi, capo? – gli occhi lucidi, di nuovo.
- oh, no! No,no! – riesce a dire Parker tra una risata e l’altra.- non rido per te- dice calmandosi e prendendo fiato.
- devi sapere che – uno scatto felino lo porta a pochi millimetri dal compagno di squadra, le loro bocche sono di nuovo tremendamente vicine, quasi si sfiorano – che anche io ti amo Sam Braddock -
Una frazione di secondo.
Un bacio. Un bacio delicato, che piano diventa qualcosa di intenso.
Racchiude tutto quello che c’è stato in questi anni.
E soprattutto racchiude tutto quello che non c’è stato.
Le bocche dei due rimangono attaccate, come cucite insieme per un periodo non calcolabile, perché in questo momento, loro, sono fuori dal mondo ,fuori dal tempo, sono nel loro universo felice. Insieme.
Si scambiano speranze, sogni, emozioni, sentimenti, parole.
Quando si staccano il ragazzo sorride.
-questo vuol dire che non sono nei guai,capo?- un sorriso beffardo, come di sfida.
- oh, si che lo sei – risponde l’altro passando il chiavistello alla porta.
Il letto è abbastanza grande per entrambi.
Sam si è già liberato dei vari aghi. Sa che domani sentirà molto dolore ovunque, ma non gli importa.
È nel suo mondo felice adesso.
Greg sale, delicatamente sul corpo del giovane, sentendo già un desiderio frenetico di impossessarsi del suo corpo, di farlo diventare parte di se.
Sam sfila famelico la maglietta dell’uomo, impregnata del suo odore così maschile.
Greg raggiunge rapido il laccio dei pantaloni del ragazzo.
-questo completo da ospedale ti dona,Sammy – dice, il respiro affannato mentre sfila quella stoffa azzurra dalle gambe perfette del suo ragazzo insieme ai boxer.
Sam, con un unico gesto rapido si toglie la maglietta bianca.
Poi traccia con le dita la linea degli addominali dell’altro, toccando ogni lembo di pelle.
Per renderlo suo.
Suo e di nessun altro.
Non  importa cos’è stato
Non importa cosa sarà.
Loro si appartengono adesso.
Scendendo giù. Giù fino ai pantaloni grigi.
La tuta grigiastra non resta ancora molto a protezione del sergente ed, insieme ad essa, cadono a terra anche i boxer di quest’ultimo.
I vestiti si mischiano, come i loro corpi.
Il più anziano blocca con le mani  i polsi dell’altro, mentre avvicina la bocca ad uno dei capezzoli così delicati.
Poi inizia a baciargli il collo, baci secchi e rapidi.
-ti amo Sam Braddock – ripete Gregory, in preda ad uno spasmo.
- anche io ti amo Greg Parker – risponde il biondino con il fiatone
Greg sente le mani le braccia immobilizzate del ragazzo muoversi, freneticamente, a ritmo del loro ansimare.
Capisce al volo.
Inizia a muoversi delicatamente dentro di lui, godendo dei gemiti del compagno.
Sam sente finalmente, che tutto il dolore di questi anni sta scomparendo, sostituito da questa sensazione meravigliosa di essere un tutt’uno con la persona che ama.
Entrambi sentono che stanno raggiungendo il limite.
Un altro bacio e un altro ancora.
Baci appassionati, baci pieni d’amore.
amore che, se fosse acqua, starebbe allagando la stanza.
I due vengono insieme, quasi all’unisono.
Greg si sdraia al fianco del suo tanto ardito amore.
Lo coccola.
Lo accarezza.
Lo possiede.
Sam si lascia toccare, docile, come un cucciolo che ha bisogno d’affetto.
Sente il naso pizzicargli e la vista annebbiarsi.
Una lacrima gli scende sul viso, seguita da tante altre.
-Sam! – Greg lo guarda preoccupato – ti ho fatto male? Mi .. mi dispiace! – anche Parker sta per piangere
- no … no … sono … sono felice. Tutto qui. Erano anni che aspettavo questo.-  Greg lo stringe a se più forte che può, per non perderlo. Mai più.
e così restano, a godersi beati questi attimi perfetti.
Le fondamenta della loro vita insieme.
 
 
FINE.
 
No. Non sono i mocciosi che piangono. Chi ha il coraggio di piangere si può definire solo un eroe.
 
Spazio Autrice
Grazie per aver seguito questa FanFic , grazie per tutti i messaggi e gli sms dei lettori. Grazie mille, è stato emozionante.
Grazie per aver aiutato Greg a salvare la vita del suo ragazzo.
Grazie per aver aiutato Sam a crescere.
Magari un giorno continuerò

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