Il Fiore Scarlatto

di Mangetsu chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The headquarters of the guild of magicians Yasha ***
Capitolo 2: *** Arashi and Yoru ***
Capitolo 3: *** The end of the beginning ***
Capitolo 4: *** The smile of the demon ***
Capitolo 5: *** Loneliness ***
Capitolo 6: *** The beginning of the end ***
Capitolo 7: *** Innocent blood ***
Capitolo 8: *** Freedom, together ***



Capitolo 1
*** The headquarters of the guild of magicians Yasha ***


I Capitolo
 

Aveva camminato per mesi, aveva raccolto informazioni per altrettanto tempo, ne aveva passate di tutti i colori e ora era vicina a quelle enormi mura. Aspettava, sudando freddo, che le guardie la vedessero e aprissero. Era inverno e la strada era ricoperta di neve ancora soffice, ma ora un pallido sole saliva lento nel cielo anche se erano presenti diverse nuvole. Aveva paura, troppa paura. La sua fama era conosciuta ormai in ogni dove,  anche se nessuno l'avrebbe saputa riconoscere. Certo che però non era ugualmente sicuro entrare nella capitale del Regno, dove non sarebbe stato difficile trovare la sua taglia, con tanto di foto. Per questo portava mantello e cappuccio, ma l'avrebbero riconosciuta comunque. Era troppo tardi per tornare indietro, le pesanti porte di legno si aprirono, accompagnate da un cigolante rumore di metallo. Lei stava proseguendo, con passo lento. Una guardia, armata di una spada corta che teneva insicuro nella mano destra, le apparve davanti e le chiese avvicinandosi : « Chi sei? ».
« Sono venuta qui per il mercato », così dicendo mostrò delle stoffe dai colori dei paesi dell'Est che teneva nella borsa.
« C'è un'amica che mi aspetta in piazza ». Se la bevve.
« Passa pure », la guardia abbassò l'arma.
La prima era fatta, con quasi troppa facilità. Aveva appositamente scelto un giorno di mercato per entrare nella città anche se effettivamente era uno dei mesi più freddi, la gente non usciva volentieri e per questo era un evento poco profiquo. Forse era questo il motivo per cui c'erano ancora i controlli. Poco importava, era dentro.
Davanti a lei delle scalinate salivano portando alla strada principale ma, come notò a destra una taverna, si fiondò all'interno.  La portà tintinnò quando, entrando, fece suonare delle piccole campane attaccate a questa. Una ragazza poco più giovane di lei era al bancone, con gli occhi gonfi di pianto e in mano una lettera. Come i loro sguardi si incontrarono, la barista mise via la busta : « Cosa le serve? », chiese quasi sussurrando.
Ora che guardava bene, il legno sotto la mano della giovane era sporco di sangue. Tre candele illuminavano ancora il locale, non si era ancora fatto completamente giorno. Alle pareti erano appese delle pergamene con disegni mai visti, i tavoli erano puliti e ancora ordinati. Ma quella chiazza rossa catturò la sua attenzione.
« Va tutto bene? », chiese in risposta.
« Certo, mi scusi. Cosa le serve? », ripetè la barista, nascondendo con la mano il sangue.
« Vorrei una stanza, per qualche giorno », continuò.
« Mi segua, da questa parte », allungò la mano verso delle scale. « Per cortesia cerchi di fare silenzio, gli altri ospiti dormono ».
Le due si avviarono per il corridoio in salita e arrivarono ad una serie di porte non ben chiuse, una consecutiva all'altra. La sua era la numero 29.
« Mi dia un anticipo...5 monete per favore». Il tintinnio delle monete raggiunse subito la mano della barista. Erano 10. « Fra poche ore vi farò arrivare la colazione », aggiunse, girandosi per scendere.
Finalmente era sola. Si stese su quello che doveva essere stato un letto, o meglio della paglia vecchia e scomoda ricoperta da un lenzuolo ormai consumato. I suoi capelli scuri ricoprivano quella stoffa e i suoi occhi, uno azzurro e uno verde, fissavano il soffito, in legno scuro, e ripensavano a sua sorella. Ayumi, colei che cammina nei sogni. Quella piccola e fragile figura bionda...Si addormentò così, in una posizione scomposta, vestita, con la borsa ancora a tracolla.
Quando si svegliò notò che il sole illuminava la stanza attraverso una piccola finestra che dava verso le mura. Non aveva fatto caso a dove si trovava. Una libreria, enorme, occupava un'intera parete; lo scrittoio era nell'angolo e il letto appoggiato appena alla terza parete. Erano presenti due porte, una per uscire e una per quello che doveva assomigliare a un bagno. Era un po' spoglia come stanza ma aveva tutto il necessario. Si diresse a lavarsi, cercando di impiegare il minor tempo possibile, trovando una bacinella con dell'acqua appena tiepida. Uscita aprì l'altra porta e una volta presa la colazione, rientrando, la consumò in fretta. Doveva andare ora. Dalla borsa estrasse tre tipi di stoffe differenti : avevano tutte dei colori troppo scargianti per piacerle, così le abbandonò in camera e sistemò i libri che aveva con se : aveva tutto. Anche se le sarebbe piaciuto poter dare un'occhiata a qualche pergamena presente nella libreria. Ne prese una, a casaccio, e notò che erano scritte a mano. Non aveva troppo tempo per leggerla, così la inserì nella borsa e uscì, non lasciando altro all'interno della stanza. Scese le scale e arrivata al bancone, avvertì la ragazza del giorno prima di non entrare nella sua stanza, sarebbe tornata entro pochi giorni. Estrasse dalla tasca del mantello un sacchetto e lo lasciò cadere sul legno : alcune monete uscirono. Alcuni clienti lì vicino si voltarono verso le due ragazze. La taverna, in poche ore, si era riempita e non vi era più traccia della quite di prima. Era sparita anche la busta e la chiazza di sangue.
« Sai dirmi in che direzione devo andare per trovare la sede dei Maghi della gilda del Yasha? ».
La barista sembrava intimorita, e non era la sola : « Uscendo da qui, gira a sinistra, poi sempre dritto finchè non trovi un grande edificio...».
« Grazie. Arriverci ». Si udì ancora il suono melodico delle campanelle quando aprì la porta per poi prendere la via indicatale e proseguì per poco più di dieci minuti, passando accanto a piccole case in legno, armerie, fabbri, drogherie di qualsiasi tipo e dimensione...Finché un enorme cancello le si presentò davanti. Le porte erano chiuse con catenacci e non vi era modo di entrare.
« Finalmente sono arrivata », sussurò. Si guardò in giro. C'erano solamente due ragazzi, mano nella mano che camminavano poco lontano da lei. Aspettò, contando fino a trenta, poi scattò con un'impressionante agilità, verso sinistra. Si nascose all'ombra di quelle alte mura; dalla borsa estrasse una mappa. Aveva ucciso per trovarla. Era segnato, in rosso, un passaggio segreto che avrebbe dovuto portarla da lei. Lo studiò, per la centesima volta, con attenzione. Infine alzò lo sguardo, e vide che effettivamente c'erano due sbarre leggermente allentate...Per fortuna il suo fisico asciutto le consentì di passare.
Si ritrovò in un enorme giardino, dov'erano presenti alberi di ogni genere, fiori, colorati e ordinati lungo una strada ricoperta di sassi di ogni dimentsione. Guardò il cielo, era da poco passato mezzodì ma alcune nubi oscuravano momentaneamente il Sole. Un'altro colpo di fortuna. Passando vicino alle mura, appena sfiorandole, riuscì a sfuggire allo sguardo non troppo attento delle guardie. Erano in quattro, pochissime. Andando avanti, si nascose nel retro dell'enorme edificio. Era in pietra, impossibile penetrare non conoscendo dove andare, ma per fortuna aveva quella mappa. Così, spostando pietre e gattonando per strettissime gallerie, riuscì ad entrare. Le poche cose che vide la facero meravigliare : era arrivata nella stanza dei Signori, gli unici due Maghi di quella gilda ad essersi sposati. La piantina era sbagliata, o forse era stato un lavoro recente. Lei doveva trovarsi in una biblioteca! Appena fuori dalla porta udì la voce di alcune guardie, maledicendo se stessa per non aver pensato ad una simile variante. Sapeva che le scale per scendere nei sotterranei erano nella prossima sala, teoricamente. Però avrebbe dovuto combattere, combattere per uccidere, altrimenti avrebbero capito che qualcuno si era infiltrato nella residenza dei Maghi...No, non oggi. Non ora. Non ancora.
Pensò di lasciare perdere, di tornare indietro. Ma le tornò in mente l'immagine di sua sorella, da bambina, tutta sporca di rosso dopo essersi divorata chissà quante fragole, che le sorrideva, felice. Ripensò al Lupo Bianco che avevano curato e adottato, dopo averlo trovato ferito nel bosco, quando ancora era un cucciolo. E poi arrivò quel giorno, quando, dopo aver rivisto quel ragazzo dagli occhi di ghiaccio, un mago diede fuoco alla loro casa e lei perse le tracce di chiunque avesse vissuto con lei. Ma non aveva mai creduto che nessuno di loro fosse morto. Ne Ayumi, ne lui, ne il loro Lupo. Aveva già visto morire i suoi genitori, non avrebbe accettato di perdere nessun altro. Trovò la forza di proseguire. Il suo arco si era rotto qualche notte prima, quindi le era solamente rimansta una katana e tre pugnali. Ma la prima arma sarebbe bastata. Non li avrebbe uccisi, sarebbe solamente scappata, difendendosi, non le importava di essere identificata. Impugnò la lama saldamente e la posizionò davanti a se, contemplandola : era affilata, e il solito colore azzurro sbiadito risplendeva. Un bel respiro...
Attraversò la stanza, voleva andarsene il prima possibile. Inspirò rumorosamente ed espirò. Si fece coraggio e con la mano libera aprì la porta, trovandosi davanti solamente due guardie. Non fecero in tempo a chiedere nulla che lei rinfoderò la sua arma e colpì entrambi gli uomini dietro al collo, facendoli cadere a terra. Le loro armature a contatto con il suolo, fecero un rumore sordo ma troppo forte. Sentì subito i passi di altre tre o quattro persone, venire da una porta che aveva appena notato. Il suo sangue freddo non la stava aiutando. C'erano delle scale che conducevano giù, ma se l'avessero vista avrebbe dovuto combattere. Non sapeva cosa fare. Alla fine, quando qualcuno aprì la porta, armato di lancia e scudo, lei si precipitò giù.
« Non lasciatela scappare! », gridò il primo ed altre cinque guardie entrarono nella stanza. Lei continuò a scendere, correndo con ancora la katana in mano. Vedeva una flebile luce, e proseguì in quella direzione. Corse fino a quando non le mancò il fiato, e allora, udendo ancora i passi dei suoi inseguitori, si fermò e si girò. Se li avesse affrontati lungo quel corridoio sarebbe stata una passeggiata : era stretto e non sarebbero riusciti a mettersi in due davanti a lei, perciò sarebbe stato uno contro uno. Ma non la rassicurava ugualmente. Dopo alcuni attimi di tensione, arrivò la sua prima preda che, sbalordita, abbassò la difesa, urlando : « Il Fiore Scarlatto!!».
Cazzo, hanno già capito chi sono! Girando su se stessa tirò un fendente all'uomo che aveva davanti. Mirò alla gola, sporcando la lama di sangue. La guardia morì all'istante, congelata. La sua katana aveva colpito ancora. La fece roteare tre volte in senso antiorario, ancora sporca di sangue, e un muro spesso diversi metri si sovrappose tra lei e i suoi attuali nemici. Portò la lama alle labbra, leccando il sangue che era rimasto. Poi rinfoderò l'arma. Ora camminava lentamente, scalino per scalino, in quella galleria un po' troppo buia. Arrivò infine ad una grande stanza circolare, in pietra anch'essa. Non c'era nulla, se non una grande gabbia in centro alla stanza e cinque candele, posizionate in punti apparentemente casuali.
 Dietro alle sbarre, vi erano due...amici.

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Capitolo 2
*** Arashi and Yoru ***


Un ringraziamento a Sacu, cabol e M e l y c h a n! Grazie mille delle recensioni, dei complimenti e dei consigli!

II Capitolo
 

« Arashi! », la ragazza interpellata si girò e il suo sguardo incrociò quello di sua sorella : era in ginocchio e si teneva alle sbarre. Accanto a lei c'era un lupo, bianco, immobile. Entrambi erano ricoperti di sangue. « Vattene subito! » continuò.
Il Fiore Scarlatto si avvicinò alla gabbia, impose le mani davanti a sè facendo cenno ad Ayumi di spostarsi. Le sbarre, lentamente, iniziarono a ghiacciarsi, per poi distruggersi, anche se ci volle un bel po' di tempo. Non appena si udì il rumore di qualche piccola goccia d'acqua cadere a terra, una figura scura si materializzò nella stanza. Nel buio erano visibili solamente due piccoli occhi, rossi. La ragazza non perse tempo :
« Uscite! ». Impugnò per l'ennesima volta la sua katana e si posizionò per l'attacco.
« Così tu saresti la figlia della nostra ex Regina? », sentenziò una voce né maschile, né femminile. « Non che mi importi, ma ora dammi i tuoi occhi! >>, un feroce ringhio echeggiò per la stanza.
« Mai! », rispose Arashi, gridando anch'ella.
Così, tra urla e gemiti, iniziò lo scontro. La ragazza maneggiava la sua arma con grazia, muovendosi con leggerezza. L'avversario, ancora un'ombra, non muovendosi dalla sua posizione, gesticolava con le mani, lanciando raggi argentei verso Arashi, che rispondeva pronta, con la magia e con la forza.
Ayumi, intanto, stava cercando di uscire dalla cella : il passaggio creato da sua sorella maggiore era troppo stretto per permetterle di passare, nonostante fosse di corporatura esile. Stava perdendo molto sangue da una ferita alla gamba sinistra e e riusciva a stento a reggersi in piedi. L'Oscurità propagatasi da quel mostro, celato nell'ombra, arrivò anche a lei, facendola cadere in ginocchio. Si teneva la testa fra le mani, le tempie le pulsavano. Cercò di non urlare, per non distrarre Arashi mentre combatteva. Non voglio essere ancora un peso per Nee-chan.
Un muso peloso uscì dall'ombra, lasciando vedere un enorme figura non ben definita. Un esperimento forse. Di certo non era umano, anche se parlava.
« Lo so che sono un pesante fardello. Dammeli! », continuò l'essere.
Ma non vi fu risposta. La ragazza approfittò del secondo in cui l'avversario era distratto, lacerandogli un fianco. Seguì un urlo di dolore.
Il contrattacco fu veloce. Ma non abbastanza. Arashi, abbassandosi, schivò il fendente diretto al suo volto, infilzando la creatura nel petto. Questa cadde rumorosamente a terra, sanguinante. La ragazza avrebbe dovuto finirlo e completare  ma il tempo era troppo poco. Sapeva già che quella non era altro che una delle centinaia di guardie che avevano rapito i suoi amici. Doveva andarsene. Si diresse verso la gabbia e, non senza difficoltà, frantumò quel che rimaneva delle sbarre.
« Esci Ayumi, lo prendo io », e così dicendo la sorella maggiore alzò delicatamente il lupo e lo tenne in braccio. Si precipitò verso le scale ma, come vide che la ragazza ferita era in ginocchio vicino alla gabbia, si fermò. Cosa posso fare? Dietro al mio ghiaccio ci sono ancora degli uomini. E sono aumentati. Cosa, cosa faccio?!
« Usalo, stupida! », una voce dentro alla sua mente le disse che era l'unica soluzione. Tornò indietro, prese la mano di Arashi e chiuse gli occhi, per poi riaprirne solamente uno. Il destro, quello verde.
Le due ragazze e l'animale si ritrovarono all'aperto, sotto un cielo azzurro. Intorno a loro c'era solamente la natura. Ayumi era a terra, priva di sensi e il lupo non si era ancora mosso. La ragazza più grande era affaticata, ma cosciente. Vedendo che la situazione era più calma cercò di dedicarsi alle ferite della sorella, invano : cadde a terra, distesa, priva di forze.

«  Mamma? Perchè ho un occhio azzurro e uno verde? E perchè Ayumi non può usare la magia? » chiese la bambina un po' spaventata, guardandosi allo specchio dopo aver provato l'ennesimo vestito.
« Lei ha preso da tuo padre, che è un umano », una strana signora porse alla piccola un altro abito.
« Ma lei così non è forte! Tu proteggi papà, vero? » rispose, mentre si cambiava.
« Certo, ma lui è forte, non ha bisogno di me...Questo ti sta veramente bene! ».
« Domani allora indosserò questo! Mamma, posso difendere io la mia sorellina? », sorrideva.

Era solamente un sogno...
Come aprì gli occhi, una luce quasi accecante l'avvolse. Era distesa in un letto, questa volta veramente comodo e confortevole. Sulla parete vicino a lei c'era una finestra che illuminava meravigliosamente la stanza. Un altro letto era vicino al suo, e lì vi era sua sorella, ricoperte di fasce, ma aveva certamente un aspetto migliore di prima. Cercò di alzarsi per raggiungerla ma come posò i piedi a terra, la testa le iniziò a girare. Rimase immobile, con gli occhi chiusi. Lei non aveva ferite, se non qualche piccolo graffio, ma nulla di grave. Pian piano, mentre la sua mente ritrovava l'equilibrio, ripercorse cosa le era successo. Ricordava perfettamente ogni dettaglio, fino a quando non aveva usato quel maledetto occhio. Poi tutto si offuscava. Alzò una mano, andando a toccare una benda che le copriva la parte destra del viso. Chi può conoscere il mio segreto? E dove mi trovo?. Non fece in tempo a finire di pensare che una voce, quasi l'avesse sentita, rispose :
« Ne è passato di tempo ».
La ragazza aprì gli occhi, incurante del malessere di poco prima.
« Yoru! Sei veramente tu?! ».
« Certamente. Non penso di essere cambiato così tanto ».
« S ono passati così tanti anni...grazie mille di tutto, comunque! », la ragazza sorrise.
« E' il minimo dopo essere sparito senza dirvi nulla ma...cosa ci facevi in quel campo con tua sorella e il lupo? ».
« E ' una lunga storia, ma tu perchè sei qui e come ci hai trovato? ».
« Stavo tornando a casa dal mercato », il moro indicò una borsa ancora piena appoggiata al muro. Mille domande alleggiavano in quella stanza, ma ciò che accadde fece ugualmente calare il silenzio.
Yoru, dopo aver finito la frase, si avvicinò lentamente ad Arashi, fissandola con i suoi occhi chiari. Lei rimase immobile, non sapendo cosa fare. Ma non dovette attendere troppo prima che lui la baciasse, con passione, fino a lasciarla senza fiato.
 

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Capitolo 3
*** The end of the beginning ***


Grazie ancora a Sacu, Mely chan e cabol per aver recensito il precedente capitolo, e grazie anche a chi passa solamente a leggere (:
 

III Capitolo
 


Arashi in un primo momentò si sentì imbarazzata, al contatto con lui, ma si riprese, ricordando i tempi in cui era un'abitudine per loro stare così vicini. Si staccò da lui a fatica, solamente per riprendere fiato. La porta, precedentemente chiusa da Yoru, venne aperta appena ed entrò nella stanza un lupo, Aki, che andò ad accertare le condizioni della sua padrona.
« E così ce l'hai fatta anche tu », disse la ragazza sussurrando perchè la sua sorellina ancora dormiva. L'animale rispose leccandole la mano e strusciando il muso su di essa.
Il loro salvatore tornò a sedersi e, anche lui parlando sottovoce, riprese il precedente discorso :
« Ti va di raccontarmi cos'è successo? ».
« Va bene. Ma non qui, non vorrei mai che Ayumi si svegliasse. Mi daresti una mano ad alzarmi? », rispose lei con voce tranquilla.
Yoru si avvicinò, cingendole delicatamente la vita, attento a non toccarle i lividi o le ferite. Insieme, in silenzio, seguiti da Aki, si avviarono verso la porta ancora aperta. Si diressero nella stanza accanto, la quale era parecchio spoglia, se non fosse per tre librerie poggiate sulla parete più lontano, poche sedie qui e lì e un ammasso di paglia ricoperto da una coperta pesante. Fu proprio lì che il ragazzo la fece sedere, mettendosi accanto a lei in seguito. Attese in silenzio finchè Arashi non parlò :
« Ti ricordi il giorno in cui mia madre fu uccisa? Io avevo poco più di tre anni, mentre tu già eri cosciente di te, vero? ».
Lui annuì. Riprese :
« Da quel giorno non mi diedi pace. Come è potuto succedere che la Regina immortale, famosa in tutti i regni, venisse uccisa con tanta facilità?! Comunque, non rividi più nessuno, né mia sorella, né Aki, né te. Vi cercai per tutta la capitale, ormai rasa al suolo, ma non trovai alcuna traccia di voi, ero troppo piccola per rendermi conto di cosa era successo. Dopo pochi giorni, non avendo ancora sentito voci umane, ritrovai il corpo dei miei genitori. A fatica, mi ci vollero ore, li seppellii. Per diversi anni sono vissuta nella foresta, dove mi sono fatta parecchi amici. Ma non ho mai smesso di pensare a voi », una lacrima scese dal viso della ragazza.
« Quando poi mi arrivò la voce che tu eri sopravvissuto, abbandonai il bosco e andai di città in città per trovarti. E beh, anche tu sai cosa accadde poi ».
« Sono felice di averti dato un briciolo di speranza, piccola », Yoru le passò una mano fra i capelli, facendola tranquillizzare.
« Passai giusto un anno con te in quel piccolo paese, te lo ricordi? ».
« Come potrei dimenticarlo? ».
« Ma poi, quel giorno attaccarono anche quelle poche casette di montagna. Quei...», la ragazza abbassò la voce, e borbottò appena qualcosa. Riprese poi : « Non ti trovai, e dopo aver sperato in un futuro insieme a te mi ritrovai ancora una volta sola. Passarono altri due anni, in cui mi allenai nell'arte della Katana e mi arruolai nell'esercito, anche se non avevamo uno scopo preciso. Con i continui attacchi, nessuno è riuscito a trovare una persona degna di salire sul trono di mia madre. Io avevo troppa paura, ma alla fine, dopo tre anni di servizio, mi feci avanti, come prova della mia identità, i miei occhi che fino a prima ,in pochi avevano notato », fece una pausa per avvicinarsi ancora di più al ragazzo. L'inverno era ormai alle porte e faceva veramente freddo in quella casetta sperduta. « Per fortuna mi credettero e pochi giorni dopo venni eletta Regina. Ma ciò non durò molto, come il nemico seppe del potere dei miei occhi, mi venne a cercare e rase al suolo altre città. Non potevo sopportare di vedere ancora della gente, il mio popolo, morire per me. Così decisi che avrei fatto da sola, per questo mi diressi verso il nemico, impugnando la mia katana ma, all'ultimo momento, quando non mi reggevo nemmeno più in piedi Ayumi si è buttata in mezzo e, non so come, li ha fermati. Tutti quanti. Io ero impotente, non avevo più forze. Lei venne presa, mentre il Lupo mi portò via, trascinandomi. Battei la testa contro un sasso e persi conoscenza. Mi ritrovai vicino alle sponde di un fiume dove piansi per giorni interi. Pensavo di aver perso anche lei, dopo averla appena ritrovata...Aki, Ayumi, tu, i miei genitori, metà del Regno, tutti erano morti per questi stramaledettissimi occhi. Cercai di cavarmeli più volte ma loro non me lo permettono. Non ho idea di chi mi abbia messo questo sigillo ma non so come toglierlo .
 Mi ritrovarono due pescatori, in fin di vita, e mi portarono dalle loro famiglie. Per loro ero solo una ragazzina abbandonata dalla famiglia, non sapevano di che peccati la mia anima si fosse macchiata...
», pianse ancora, lacrime amare. Ma questa volta c'era Yoru accanto a lei, finalmente.
« Promettimi che non te ne andrai », pregò lei, tra i sighiozzi.
« Te lo prometto, non rimarrai più sola », sorrise lui.
Continuò ad accarezzarle i capelli stringendola a se. Passarono pochi minuti, in questo silenzio interrotto solo da pochi singhiozzi.
Un tuonò cadde appena fuori dalla casa. E dopo questo iniziò lo scroscio della pioggia sul legno. Il ragazzo, stanco, prese Arashi in braccio e la portò nuovamente in camera. Si era addormentata piangendo. Ora non devi più temere, sarò io a proteggerti.
L'appoggiò a letto, portandole le coperte fino al mento. Si diresse nell'altra stanza, sbarrò la porta. Prese la coperta dove si erano seduti poco prima e la portò nell'altra stanza, chiudendo anch'essa con una sbarra di legno. Improvvisò un posto dove dormire, vi si distese e chiuse gli occhi, con il volto rivolto verso la finestra, dove ormai si vedeva solo la notte.

Ayumi fu la prima a svegliarsi ma, costretta dai dolori, non si mosse. Osservò il lupo, acciambellato accanto a lei, la sua sorellona, che dormiva con aria seria e Yoru, che erano anni che non vedeva. Lei lo ricordava come un piccolo vagabondo che girava a palazzo, rincorso dalle guardie che lo incitavano ad uscire.

« Vedo che sei già sveglia », la voce del ragazzo, ancora un po' addormentato.
« Ciao, Yoru », la ragazza sorrise a fatica.
« Non sforzarti. Non oso immaginare cosa tu abbia passato », rispose lui, avvicinandosi.
« Tranquillo. Sono veramente felice di vederti ».
« Anch'io », e con queste ultime parole fece segno alla ragazza di fare silenzio. Impose le mani davanti al corpo di lei, recitando a occhi chiusi una specie di preghiera. Nulla cambiò, apparentemente. Solamente un cerchio azzurrino si sovrappose fra i due.
<< Questo dovrebbe alleviarti un po' i dolori
», continuò.
Ayumi, quasi incredula, alzò un braccio.
« Non mi duole più come prima...Grazie! Ma perché sai usare la magia? ».
« Un segreto. Ma non preoccuparti, le tue ferite guariranno presto. Ora lasciami dare una mano anche al tuo amico », sorrise, rivolgendosi al lupo che ora, sveglio, lo stava guardando. Fece la stessa cosa, oscillando leggermente i polsi. L'animale, dopo pochi minuti in cui rimase fermò, si alzò e corse per tutta la camera. Ormai era quasi mattina, il sole stava già sorgendo.

Arashi però doveva essere davvero stanca, e rimase a dormire finchè il sole non fu alto nel cielo. Yoru preparò il pranzo, a base di carne di cinghiale e pochissima verdura. Le poche colture che crescono con questo freddo non sono di certo le più buone...Portò un vassoio alla malata ancora sotto le coperte, diede qualche fetta di carne cruda all'amico a quattro zampe e si sedette accanto alla ragazza addormentata. Questa si svegliò di soprassalto.

« Buongiorno », l'accolse lui.

Passarono due giorni, in cui gli amici, ormai riuniti, pensarono solamente a riposarsi. Anche il tempo era dalla loro parte, il sole brillava in cielo e riscaldava un po' l'ambiente. In più permetteva di andare a caccia, e questo significava cibo quasi assicurato. Questo non durò che per poco più di due tramonti, quando, una sera, Arashi si ricordò della pergamena che aveva nella borsa, ancora miracolosamente intatta.

Quando la estrasse era sola in camera. Pura casualità. Le sue mani toccarono, oltre alla carta, qualcosa di freddo. Si ricordò di quell'amuleto, lo aveva portato sempre con se da quando aveva perso i genitori, ma non ricordava dove lo avesse preso. Tirò fuori anche quello ma come i suoi occhi lo videro, il buio si impossessò di lei.

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Capitolo 4
*** The smile of the demon ***


Grazie mille a nihil no kami, che ha letto e recensito tutti i capitoli, paziente degli errori da me commessi, e a Sacu, che continua a seguire la mia storia. Grazie!
Buona lettura anche a voi, che semplicemente passate di qui.


IV Capitolo


Arashi si ritrovò in una stanza : era mal illuminata da tre candele, disposte su altrettanti tavoli scuri. Non vi erano finestre, solamente tre porte e una scritta su ognuna di esse. "Verità", "Menzogna", "Ignoranza". La situazione era assai complicata e, oltre a quelle tre, non vi erano altre vie di uscita. La ragazza si mosse appena, nervosa, non sapendo dove andare. Il suo corpo pesava sin troppo, e solo azzardare un passo le costò una fatica immensa. Un ronzio, fastidioso e molto basso, le martellava in testa. Durò troppo poco per riflettere. Pian piano, questo rumore rallentò, diventando quasi una cantilena, facendo capire solo alcune parole.

Vai da quella parte...ti aiuto.

Riuscì a capire solamente questo e, mentre ragionava su cosa fare, il suo corpo, da solo, si mosse. Si stava dirigendo verso la Verità, troppo debole per resistere a ciò che era dentro di lei. Lottò, con le poche forze che le erano rimaste, ma invano. La porta si aprì, come se il vento l'avesse fatta spalancare ma, al suo interno, non vi era nulla : vuoto assouto. Entrò, contro la sua volontà.

Tu sei l'essere immortale, perchè sprechi tempo con degli stupidi umani? Cosa ti spinge a restare con loro, stolta?!

Una voce, lontana. Arashi si sentiva oppressa e non aveva ancora ripreso il controllo di sé stessa. Le gambe le dolevano, bruciavano dentro. La porta, solo allora, si richiuse, ma questa volta un'ombra sparì insieme alla poca luce.

Sei l'essere che farà tornare noi, la razza superiore, sei tu la prescelta. Annienta tutto ciò che ti si presenta davanti. Questa è la tua missione, non perdere altro tempo. A cosa possono servirti quei ragazzini?


« Fatti vedere vigliacco! », la ragazza cadde in ginocchio, una forza estranea la stava trattenendo : la gravità si faceva più pesante.

Non usare questo tono con me, che sono tuo padre! Stupida ragazzina!

Quelle parole erano menzogna. Suo padre era quell'uomo dalla barba lunga, scura, che la faceva giocare tenendola in braccio. Era quello suo padre.

« Tu menti! ».

No, sei tu che non sai accettare la realtà.


«Tu menti! ».

Diciannove anni fa, quando io stesso ti ho creata, sei stata mandata da noi sul questa terra con uno scopo, ti abbiamo manovrato fino ad ora. Sai com'è morta tua madre? L'hai uccisa tu, con i tuoi occhi. Lei non era immortale, era solamente nipote di una ninfa, quindi poteva usare la magia! Vi ha preso in giro e tu l'hai punita!

Una risata, malvagia e spregevole, echeggiò nella stanza. Arashi era attonita, non poteva credere ad una simile versione dei fatti. Non poteva essere colpa sua. Lei amava la Regina e il Re, amava tutti quanti a palazzo e amava i cittadini della capitale. Ancora in ginocchio, si mise a piangere, senza contenersi. Continuava a ripetere sempre la stessa frase, non aveva altre parole in testa : tu menti!
La disperazione sormontò qualunque altra cosa. Non c'era nemmeno più paura. Anche se Arashi si ripeteva che non era vero, sentiva che era quella la verità. Sentiva che era tutto sbagliato, lei era dalla parte sbagliata.
Improvvisamente, una luce chiara proveniente da sinistra illuminò quella che si rivelò una grande stanza. Un essere, dalle vaghe sembianze umane, scese un'alta scalinata. Sopra questa, un semplice trono, nero lucido, e nient'altro. Il pavimento era anch'esso scuro, come tutte le pareti della stanza.
Intanto che l'essere si avvicinava, prendeva sembianze di un demone dagli occhi gialli e dalle lunghe corna sporgenti. La ragazza, ancora piangente, era immobile, in ginocchio, sconvolta. I capelli rossi le coprivano il viso, lasciandole appena visibile quel mostro dinnanzi a lei.

Io sono tuo padre, il tuo creatore. Mi devi la vita, sgualdrina!

Quel demone le si avvicinò, prendendola per le spalle con le sue mani dalle dita affusolate e iniziò a scuoterla, avanti e indietro. La guardava, con uno sguardo infuriato, quegli occhi le penetravano dentro...

La scena sfocò, fino a tornare nella piccola casa di legno, dove Yoru la stava disperatamente chiamando, tenendola. Passarono solamente pochi secondi e la ragazza riuscì a riprendersi.

« Cosa volevi fare, pazza?! », le urlò il ragazzo da una distanza molto ravvicinata. Vedendo che era tornata in se e non aveva più quel'espressione disperata, l'abbracciò, stringendola a sé.
« Io non volevo...non so cos'è successo...», si difese lei, mormorando, aggrappata a lui.
« Quella pergamena fa dissolvere i sigilli ed è proprio quello che è successo al tuo ciondolo! », spiegò lui, ora lasciandola e sedendosi a terra, a gambe incrociate. Il suo volto era teso, ma non la stava guardando con cattiveria, tutt'altro.
Vicino al letto c'era una figura molto magra, con i capelli sciolti, spettinati e uno sguado ansioso : sua sorella, che non riuscendo ancora a stare in piedi da sola era costretta a tenersi a quella struttura. Il lupo era accanto ad Ayumi e teneva le orecchie basse, silenzioso, quasi comprendesse realmente la situazione. Dalla finestra entrava poca luce, il sole stava già tramontando e l'erba, all'esterno, si colorava di un arancione tenue, come anche le pareti di quella stanza. Arashi si distese sul pavimento freddo, quasi sollevata che quel Demone non l'avesse portata con sé. Mormorò una frase di scuse, dicendo che non sapeva la reale natura di quell'oggetto.

« Arashi, senti, quello è un amuleto che può controllare le persone e finché è sigillato chi in questione non lo sa...Perchè possiedi un oggetto del genere? E' pericoloso anche per te... », continuò il ragazzo. Non vi fù risposta. Lei si era addormentata, lì a terra, in quei pochi attimi.
«Dovevi essere veramente esausta per crollare così...», finalmente anche Yuro si stava rilassando e, presa in braccio, portò Arashi fino al letto, adagiandola lì.
« Torna pure a dormire anche tu, se non stai ferma quelle ferite non si rimargineranno più », continuò, rivolta ad Ayumi, che seguì il consiglio. Anche il bruno, dopo essersi accertato che tutto fosse apposto, si sedette sul giaciglio improvvisato : non era più un ragazzino, ormai aveva più di 20 anni ma finalmente le aveva ritrovate. La barba non troppo corta, incolta, ne era la prova. Il giovane, a quella luce così fioca, esaminò mentalmente il suo corpo, era da tempo che non concedeva un po' di tempo a se stesso e, anche se non era il momento più opportuno, desiderava farlo. Gli occhi, blu profondo, erano rimasti quelli di sempre e anche il colore dei capelli non era cambiato, anche se ora li portava più lunghi. I lineamenti erano più duri e le braccia possenti, era cresciuto in salute, per fortuna. Yoru alzò lo sguardo, rivolto alle ragazze : anche loro erano cambiate, Arashi, anche se più piccola di lui di tre anni, era già quasi una donna. La sua chioma rossa era lunga fino alle spalle e un semplice ciuffo le copriva un occhio. Era molto dimagrita da quando l'aveva vista l'ultima volta, ma dovette ammettere a se stesso che le piaceva più di prima. Era sempre stata gentile e seria, lui era innamorato perso proprio di questo suo contrasto; da questo si chiese come avesse fatto senza di lei per tutti quegli anni. Per quando riguardava Ayumi, pensò voltano appena lo sguardo, non si sarebbe mai detto che quelle due fossero gemelle : lei era più piccola, il seno appena accennato, le ossa quasi visibili e gli occhi, chiari e grandi; sembrava ancora una ragazzina. Al contrario della sorella però, quando era piccola almeno, era molto vivace e allegra.

Mentre Yoru continuava le sue considerazioni, quasi avendo recuperato il buonumore osservando quelle due figure, si addormentò anche lui, crollando letteralmente. Il lupo che fino a quel momento era rimasto immobile, ullulò.

La luce della stanza, pian piano, si affievolì fino a scomparire. Era calata la notte.


Buio, freddo.
Lei si impietrì. La folata di vento che arrivò la fece voltare, guardando in faccia quella figura. Eccolo.
Vieni con me, ti aiuto io. Il sorriso del Demone era visibile anche nell'Oscurità.

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Capitolo 5
*** Loneliness ***


Grazie mille a Sacu e cabol che continuano a seguirmi, a BellaCullenita, a C18 e a Homicidal Maniac per aver recensito diversi capitoli e aver aggiunto la storia fra le seguite. Grazie anche a _elelued_ per aver fatto altrettanto.
Mi scuso infinitamente per lo spaventoso ritardo. Scusate davvero.


V Capitolo
 

Era freddo e molto umido.
L'odore di aria chiusa era davvero pesante, quasi soffocante. Arashi non sapeva dove si trovasse, non ricordava nulla se non il sorriso del Demone, di Suo Padre. Mosse appena un braccio, involontariamente, ma il suo movimento fu limitato: diverse catene le cingevano la vita e altre le tenevano legati mani e piedi. Fu allora che recuperò la coscienza di sé e sentì le ferite poco profonde che le ricoprivano il corpo, bruciando. Il buio era opprimente e la sua ansia continuò a crescere: un nodo alla gola la faceva respirare faticosamente, ormai ansimando. Non si sentiva nessun rumore se non le catene che vibravano appena, mosse dal suo corpo che si contraeva ispirando ed espirando.
 Cosa aveva mai fatto lei, per meritarsi ciò? Cercò di liberarsi senza metterci troppa forza, invano. Ancora nessun rumore, anche se la vista pian piano si stava abbituando all'oscurità e riusciva appena a scorgere una porta troppo lontano per lei. Fu allora che si lasciò c adere, sedendosi. Le braccia erano rivolte in alto, tenute da quei vincoli metallici. Una goccia salata le attraverò la pallida guancia, per poi cadere a terra, sul freddo e sporco pavimeno. Non poteva usare la magia, era troppo debole. Era tutto previsto da chi la teneva lì.

Intorno a lei non c'era nulla se non le pareti che la chiudevano in una morsa da cui non sarebbe stata capace di sottrarsi. In quel momento, mentre piangeva silenziosamente, le venne in mente Yoru e quei suoi modi un po' impacciati, la sua dolcezza e il sapore delle sue labbra, morbide e fresche. Lui le aveva promesso che non sarebbe più stata sola e lei si era illusa, aveva creduto a quelle vane parole. Era solamente colpa sua, non si sarebbe dovuta lasciar coinvolgere da simili emozioni. Aveva imparato sulla sua pelle cosa ciò comportava. Non aveva paura. La morte era l'ultima delle sue preoccupazioni in quel momento.
Passò del tempo, indefinito, la luce non cambiava ma il suo stomaco, già abbituato a digiuni ma indebolito dalla stanchezza, reclamava un pasto.  Cercò di trattenersi, per non rischiare, ma la fame ebbe il sopravvento e si abbandonò anche a quel bisogno.

I minuti, le ore, i giorni, diventarono tutti uguali: oscurità. Qualcuno, mentre era svenuta per non aver mangiato, le aveva messo davanti una ciotola di zuppa, del pane e un bicchiere di latte. Doveva vivere con questo. Il suo corpo ormai era irriconoscibile: il volto sciupato, massacrato, i polsi e le caviglie perennemente insanguinati dalle strette catene e, in particolare, lo sguardo, assente.

Preferisco morire che continuare con questa tortura. Cosa vuoi da me?

Arashi provò a ripete l'ultima frase ma il suonò che uscì fu più simile ad un grugnito. Abbassò lo sguardo e chiuse gli occhi. Era così che doveva finire? Il Fiore Scarlatto sarebbe morto per mano di un ignoto?
Una luce acceccò la ragazza che, guardando appena, spalancò la bocca e la vita tornò nel suo sguardo.



« Ho permesso che accadesse ancora! E' tutta colpa mia...», Yoru si contorceva le mani, camminando a passi lunghi e ben distesi per la stanza, avanti e indietro. Aki era inquieto e seguiva con lo sguardo il ragazzo, standosene rintanato in un angolo. Era l'alba e Arashi non era nel suo letto mentre la finestra era spalancata.
Ayumi cercò di mantenere il controllo: lei era ancora distesa, la ferita riportata sulla gamba era peggiorata e non era sicura di riuscire a stare in piedi. Non per questo però era poco attiva:
« Dove può averla portata? Tu lo sai, no? ».
« Si, so benissimo dov'è lei. Ma non posso raggiungerla. E' questo il problema...».
« Spiegati meglio ».
« L'ha portata in un'altra dimensione. Un posto dove solo chi conosce la magia giusta può arrivare. Quindi...», Yoru si guardava in giro: erano ordinati sopra ad una libreria diversi libri, la maggior parte di incantesimi.
« Ho trovato. Dammi una mano...», esordì lui, prendendo tre grandi tomi e dandoli ad Ayumi, « cerca qualcosa che centri con un'altro mondo o con i demoni », concluse, prendendo anch'esso dei volumi e sfogliandoli velocemente.
La ragazza non perse tempo, iniziò a leggere: anche se era impossibilitata a letto finalmente poteva aiutare sua sorella, ricambiando il favore che lei le aveva fatto.
Passò un'intera giornata e i due non cedettero: cercarono e consultarono quasi tutti i libri che vi erano. Era quasi il tramonto quando Ayumi parlò, interrompendo il silenzio che persisteva da ore:
« Ho trovato! ». Il lupo, che fino a poco prima dormiva, tese le orecchie e osservò attentamente i due.
Yori, alzandosi faticosamente, raggiunse la ragazza, guardando attento ciò che era scritto.

« Proprio qui », indicò con l'indice, « parla della formula per andare in quel mondo...», non fece in tempo a finire la frase che il giovane aveva già preso possesso del libro e stava leggendo attentamente.
Effettivamente sembrava autentico ma era possibile che una magia così potente fosse semplicemente trascritta in un libro? Dopotutto lo aveva comprato lui stesso, ma non l'aveva mai notata fino ad ora. Comunque non aveva nulla fa perdere. Cercò di concentrasi. Lui sapeva usare la magia perchè l'aveva studiata per diversi anni, non aveva avuto la stessa fortuna di Arashi, purtroppo.
Posò il tomo a terra e si sedette, a gambe incrociate. Iniziò la cantilena, gesticolando appena. Ayumi non aveva mai visto qualcosa del genere: quando la sua sorellona faceva fiorire un germoglio o guariva l'ala di un passerotto, lo faceva come se fosse normale, senza parlare o cantare. Rimase in silenzio comunque.



« Figlia mia. Come stai? », una voce conosciuta, un ghigno familiare.
Arashi, per quanto debole fosse, voltò lo sguardo dalla parte opposta alla luce. Gli occhi le bruciavano e di certo quella non era l'incontro che avrebbe preferito fare.

« Su, non fare l'offesa. La tua vita è nelle mie mani, dopotutto », soghignò il Demone.
La ragazza trovò la forza di sputare a terra. Rimase ferma, con gli occhi quasi chiusi. Il loro colore, in questo modo, non era distinguibile. La luce le continuava a bruciare la vista.

« Attenta a quello che fai », la minacciò, con tono più serio, quasi seccato. « Sono qui per chiederti se vuoi collaborare con noi oppure preferisci marcire in questa stanza ».
Non vi fu alcuna risposta. Persisteva quell'ostinato silenzio. Non avrebbe ceduto. Non ora, dopo tutto quello che aveva passato.

« Mi stai veramente facendo arrabbiare, stupida bambina! Ti lascerò qui ancora per qualche giorno, ma sappi che tornerò, non la passerai liscia », e così dicendo chiuse dietro di se la porta.
Arashi era sfinita, avvilita e soprattutto ancora sola.

 Cosa sto facendo? Cosa aspetto, qualcuno che mi salvi?

Per l'ennesima volta cercò il suo autocontrollo, che pian piano stava scomparendo nel fondo del suo cuore. Spalancò gli occhi, invocando la loro forza, trattenne il respiro e tirò. Le catene vibrarono rumorosamente, fino a spezzarsi. Ce l'aveva fatta, anche se era troppo debole per fare qualunque altra cosa. Svenne, senza essersi goduta quell'attimo di libertà, crollando a terra.



« Forse...», mormorò Yoru, «Dove sono? Che cos'è questo posto? ».
Davanti a lui un'immensa foresta di grandi alberi dalle immense chiome. Il sole era pallido e la strada mal illuminata. All'orizzonte era visibile un grande edificio doveil ragazzo si diresse, speranzoso.

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Capitolo 6
*** The beginning of the end ***


Ringrazio Sacu per aver recensito il capitolo precedente e monicamonicamonica per aver inserito la storia tra le ricordate. Mi scuso ancora per il ritardo, ma in questo periodo non ho molto tempo per scrivere. Spero inoltre di non aver creato troppa confusione con questi continui cambi di scena.
Buona lettura.

  VI Capitolo

Chapter Soundtrack: Carry me over

  

Erano passati diversi giorni da quando Yoru era arrivato in quel luogo strano: per circa una settimana camminò seguendo un sentiero nella forestra ma poi, a sua sorpresa, raggiunse un villaggio. Qui la gente passeggiava tranquilla, sotto il pallido sole, scherzava e mangiava, senza preoccupazioni. Il grande edificio, la meta del giovane ragazzo, era sempre visibile ma più si avvicinava e più quello sembrava essere lontano. Il piccolo paesello era composto da diverse abitazioni ma la struttura che dominava era un tempio, enorme. La scritta nera su di esso era in una lingua sconosciuta ma alcuni caratteri ricordavano vagamente quelli che Yoru conosceva. Yasha. Non riuscì a comprendere altro. Al ragazzo quella parola non era nuova ma non ricordava molto e, come se non bastasse la confusione che aveva in testa, anche la stanchezza fisica iniziava a farsi sentire. Il ragazzo allora non perse tempo e raggiunse una casa, verso la fine del villaggio. Bussò e aprì una bambina, sui sette anni.
« C-chi sei? » , chiese tenendo la porta socchiusa, quasi arrampicandosi su di essa.
« Sono un forestiero. C'è la mamma, piccola? », Yoru sorrise, allontanadosi per far capire le sue intenzioni.
L'uscio venne chiuso ma poco dopo comparve una donna, ben piazzata, dai lunghi capelli biondi. Lo sguardo era minaccioso ma, pulendosi le mani sul grembiule giallo ocra che indossava, chiese: « Cosa ti serve? ».
« Vorrei chiederle se posso fermarmi a casa sua per questa notte, ho attraversato la foresta e devo essermi perso. Non conosco il posto...Posso pagarla però », non voleva veramente fare del male a nessuno.
« Entra. Se ti becco a rubare o fare del male a qualcuno te la vedrai con mio figlio maggiore, che sia chiaro », fu la risposta, burbara.
« Grazie mille, signora ».
Il seguito fu pieno di convenevoli, presentazioni per lo più. Yoru non parlò affatto del perché fosse lì e non chiese come dei semplici umani potessero vivere in quel luogo. Dormì nella stalla, fra la paglia, ma al caldo respiro dei tre buoi e il cavallo. Gli venne il dubbio che quel viaggio fosse inutile, che avesse quasi esaurito il suo potere magico per niente, che fosse semplicemente finito chissà dove. Quel pensierò lo assillò per tutta la notte, facendolo dormire appena. Ogni suo pensiero era rivolto alla sua Arashi che, dopo tutto quel tempo, era ancora in pericolo, per l'ennesima volta. E lui? Non era riuscito a proteggerla. Che fallimento.


Era calata la notte. Arashi, seduta sulle sue gambe, rimuginava, senza seguire per troppo tempo lo stesso filo di pensieri. La luce era completamente assente e ormai gli occhi non vedevano nulla, piangevano solamente. Ora era senza catene ma era chiusa lì dentro. Poteva usare ancora il suo potere ma così facendo sarebbe quasi sicuramente andata verso la morte, mentre lei sperava, sperava ancora che  qualcuno sarebbe andato a salvarla, qualcuno come Yoru, lo aveva promesso. Proprio mentre la ragazza ripensava a lui, la porta si aprì. Gridò, la luce la stava accecando.


Yoru riprese il cammino. Non gli piaceva la gente del posto, non più. Aveva sentito delle strane voci la sera precedente, che parlavano di lui: il forestiero dalle cattive intenzioni. Senza perdere tempo, quindi, all'alba, si rimise in marcia verso il grande palazzo. Passando accanto al tempio si sentì osservato, anche se non c'era nessuno per la strada; affrettò il passo. Allontanandosi dal centro abitato non trovò nessuno se non una ragazza, esile, con una mano fasciata e una lettera. Stava piangendo sola, seduta sulle radici di un grande albero. Come il ragazzo fece per avvicinarsi, lei scappò, proseguendo in direzione del tempio. Lui, sconsolato, tornò sui suoi passi: non aveva tempo da perdere. Il bosco si fece presto fitto e muoversi risultava difficoltoso: il fatto che nessuno gli assicurava che Arashi fosse viva lo turbava a tal punto da occupare tutti i suoi pensieri. Erano stati insieme per poco dopo tutto quel tempo ma ora sentiva di volerla accanto a sé. Mentre rimuginava, corse per diversi minuti, animato da una strana sensazione.


La porta si richiuse presto. Arashi tirò un sospiro di sollievo: era suo padre, niente di nuovo.
«  Non ho più tempo », dichiarò il demone.
« Ti sei divertito abbastanza? », rispose in tono lei.
« O vieni con noi o muori, qui e subito », continuò lui.
La ragazza si trovò spiazzata: non pensava che l'avrebbero uccisa. Non così presto almeno. Le venne un nodo alla gola: non le faceva paura la morte ma chi avrebbe protetto la sua sorellina e Aki se lei non ci fosse stata? E poi non avrebbe potuto rivedere Yoru...Scoppiò a piangere, silenziosamente. Erano tutte scuse.
Il demone, dal canto suo, si sistemò a terra: i suoi occhi erano visibili al buio ma non aveva più quel ghigno crudele stampato in faccia. Sembrava, per qualche secondo, che stesse cercando di capirla. Durò troppo poco: l'essere oscurò si alzò: « Muoviti a decidere », ringhiò.
« Cosa mi farete se accetto? », sussurrò la ragazza.
« Vedo che inizia a ragionare. Abbiamo bisogno del tuo potere. I tuoi occhi, quelli di tua madre, hanno qualcosa che noi non abbiamo ancora capito. In più ti faremo arruolare come, beh, soldato. I dettagli gli avrai più avanti, dopo che ti avrò presentato all'intero Consiglio », spiegò.
« Io...», esitò lei.
« Dillo », il solito sorriso tornò sul volto del demone..
« Accetto, ora fammi uscire. Voglio mangiare qualcosa di decente », disse infine Arashi, sputando a terra. Non avrebbe mai tradito Yoru e Ayumi, una volta ripresa sarebbe potuta scappare senza troppi problemi. Almeno secondo lei.
Il demone la prese di forza per un braccio e la portò fuori: la luce le diede ancora problemi agli occhi che praticamente teneva chiusi e anche le gambe non la reggevano: si tenne al muro. Riuscirono però ad arrivare ad una stanza poco lontano, dove, una volta aperta la porta, era visibile un grande armadio e un letto.
« Questa sarà la tua stanza. Vado a farti preparare un qualcosa, tu cambiati e lavati. Non vorrai presentarti così spero. Domani, all'alba, verrai con me al Consiglio », impartì il demone. Arashi non disse nulla, si limitò ad annuire appena, in segno di assenso.
In tutta fretta il padre la lasciò lì, uscendo e chiudendo la porta a chiave. Come se potesse bastare, pensò la ragazza. Ora, però, poteva stare tranquilla per un po': si distese a letto, di traverso, per stendere bene la schiena, che le doleva. Pian piano gli occhi si abituarono alla luce fioca della stanza e le fu possibile notare più dettagli. La stanza era completamente in legno, chiaro, l'armadio invece era più scuro e aveva un'anta aperta. Vi erano diversi vestiti, femminili per lo più, molto eleganti e pomposi. Doveva diventare un soldato o una dama di compagnia?
Vi era una sola lanterna, ad olio, appesa al soffitto, in centro stanza. Una piccola porta era presente nella parete a destra del letto: quello che doveva essere il bagno forse. La ragazza si alzò, reggendosi sempre alla parete. Raggiunse la piccola entrata e vi trovò oltre una piccola stanza dove erano presenti tre bacinelle: una molto grande, per fare il bagno evidentemente, un'altra più piccola vuota e la terza, uguale alla seconda, piena d'acqua. Sulla parete più buia vide due teli, piuttosto lunghi. Si svestì e velocemente si lavò, stringendo i denti: l'acqua gelida le passava sopra tutte le ferite che continuavano a bruciare. Sciacquò anche i capelli, facendoli spendere di quel bellissimo colore. Uscendo poi, avvolta da uno dei teli enormi, si diresse all'armadio, gocciolante. Scelse un vestito da uomo, elegante. Si asciugò bene e lo provò ma indossandolo si rivelò troppo grande per lei. Dovette, alla fine, mettere uno di quei vestiti troppo femminili: era nero e azzurro, molto carino e relativamente semplice: ingombrante certo, ma fra tutti sembrava quello più confortevole. Cercò di rimanere sveglia, in attesa di un pasto, ma la stanchezza la travolse e finì per addormentarsi, vestita.

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Capitolo 7
*** Innocent blood ***


Grazie a Sacu e Melychan per aver recensito il precedente capitolo. Grazie anche ai lettori silenziosi, spero che la storia piaccia anche a chi non lascia un commento.
Avverto che questo è il penultimo capitolo, quindi al prossimo aggiornamento la storia sarà finita. Aggiungo inoltre che ho preferito aggiungere due canzoni per il semplice fatto che le situazioni presenti sono differenti e ho preferito distinguerle.
Buona lettura!

VII Capitolo

Chapter Soundtrack: Remember When

 

Il pasto venne portato alla ragazza a notte fonda, quando lei ancora dormiva. Fu un servo, dalla pelle tendente al bianco, a svegliarla per poi scappare oltre alla porta della stanza, ancora prima che aprisse gli occhi. Arashi, ancora con lo sguardo spento, vide il pasto portatole: un'abbondante reazione di carne contornata da qualche strana erba, dai colori tendenti al blu e al verde. C'era, inoltre, una bevanda rossa delimitata da uno spesso bicchiere, del medesimo colore e una frutto verde, dall'aspetto invitante. La ragazza, senza pensarci troppo, mangiò tutto, iniziando dal piatto principale. Alla fine del pasto, quando il vassoio in cui poco prima giaceva il tutto, fu vuoto, la giovane si sentì finalmente sazia. La fame, poco prima, le attanagliava lo stomaco mentre ora riposava tranquillo. Non doveva essere passata la sesta ora dopo il tramonto così decise, semplicemente, di sistemare la stanza e poi tornare a riposare. Le ferite le dolevano ancora e avrebbe voluto recuperare un altro po' di sonno. Dopo aver messo in ordine gli abiti tirati fuori in precedenza, aver lavato i suoi vecchi vestiti, o quel che ne rimaneva, si coricò nuovamente, codesta volta in una posizione più consona.


Fu solamente un'ora prima dell'alba, quando mancava poco perché il sole sorgesse, che Arashi si destò, finalmente più riposata. Notò che non mancava molto all'inizio del giorno e così si sistemò il vestito, pettinò i capelli corvini con le dita, lasciandoli ricadere sulle spalle, liberi, e si lavò il viso, per svegliarsi del tutto. Esaminò poi le ferite di cui portava ancora i segni: le gambe erano piene di lividi, alcuni ormai chiari, altri fatti da poco. Anche le braccia non erano in condizioni migliori ma almeno il vestito che indossava le ricopriva interamente. Il viso, oltre a due o tre graffi e una brutta sbucciatura all'altezza della fronte, non era ridotto troppo male. Il busto, invece, lo aveva completamente fasciato, appunto per evitare di vedere le ferite riportate. Si sistemò ancora una volta, con cura, l'abito indossato e aspettò, paziente, che qualcuno venisse a chiamarla.

Per fortuna ciò accadde poco dopo: qualcuno busso alla porta e, senza attendere risposta, l'aprì, mostrando la sua figura. Era il demone in persona: sorrise non appena notò le condizioni di sua figlia, elegante e contenuta. Si avvicinò con passo lento, sicuro, e osserò attentamente ogni minimo dettaglio: la ragazza aveva uno sguardo spento, inespressivo ma la sua figura sembrava in ordine. Poco male. La fece alzare, porgendole la mano, e reggendo il suo leggiadro peso, per poi condurla all'esterno.


 Chapter Soundtrack: Am I Not Human?

 

La notte era fitta e pesante, le nuvole coprivano la fioca luce lunare e la foresta assomigliava ad un bosco vivo, mosso dalla sua stessa forza. Yoru camminava con la testa china, stanco e sconsolato, disperato, solo. Erano passani troppi giorni, forse Arashi già non esisteva più. Mentre proseguiva con passo trascinato, per l'ennesima volta, gli venne in mente lei, i suoi spendidi occhi, le sue labbra, candide e morbide. Avrebbe fatto di tutto per tornare ai tempi in cui loro stavano insieme, vicini, abbracciati. Le sue braccia attorno al corpo di lei, il profumo dei suoi capelli, sempre in disordine, ma morbidi e setosi, la tristezza, onnipresente, nelle sue iridi, multicolore. Il ragazzo tiene le mani affondate nelle tasche mentre alcune calde lacrime gli rigano le guance, scendendo lentamente. Il suo cammino procede così, ripetitivo. Un temporale, precedeuto da un tuono assordante, arrivò a peggiorare la situazione: una violenta pioggia scese dal cielo, da quelle scure nubi minacciose. Il giovane fu costretto a ripararsi alle radici di un albero, ai lati del sentiero. La terra, bagnata già in precedenza, era ormai fango e per questo Yoru si costrinse a restare in piedi, per non sporcarsi ulteriormente. La schiena appoggiata alla corteccia lignea e lo sguardo perso nel vuoto, in tutta quell'acqua. L'unica cosa che le sue iridi poco attente non videro, furono alcuni movimenti, veloci, provenire dalla sua destra: un essere umano. Man mano che si avvicinava, la presente ombra, andava a schiarirsi, mostrando una figura femminile. Il ragazzo non se ne accorse, il viso volto verso la rocca dove, probabilmente, Arashi si trovava. Il movimento fu rapido, improvviso ma il giovane non si fece sorprendere troppo. Davanti a lui la ragazza che pochi giorni prima aveva notato all'estremo del villaggio: gli occhi, prima non umani, ora erano vivi, vogliosi di qualcosa. Le mani, tese in avanti come una bestia, andavano a socchiudersi, mostrando delle unghie più similari ad artigli. Le ginocchia piegate, i capelli arruffati e sporchi di sangue, i vestiti stracciati. Nulla di umano in quel mostro. Ecco cos'era, un mostro. E pensare che pochi giorni prima era una semplice ragazza, stanca, piangente, timida. Yoru ebbe paura di quella visione, evocando immeditamente un globo di luce grande quanto una noce per osservare la scena davanti a sé.
Quel che rimaneva delle spoglie della ragazza si fiondarono su di lui, ghignanti, e, prendendolo per il collo, lo fece cadere, lei sopra e lui sotto, soffocante. La forza del nemico era smisurata, di certo non appartenente a una donzella. Il giovane mago la respinse, pronunciando due semplici parole, una folata di vento la scaraventò pochi metri più in là. Non aveva mai ucciso, mai, e non voleva certo farlo quel giorno. Cercò quindi nella sua memoria una magia che poteva, almeno momentaneamente, fermare quell'essere privo di ragione.
Mentre pensava ciò, la ragazza si rialzò e si avventò ancora su di lui, ferendolo al volto e al costato con un pugnale tirato fuori dal sotto la gonna ormai a pezzi. Le ferite non erano profonde ma iniziarono subito a bruciare: il giovane non era certamente abituato ad essere ferito e presto gli mancò il respiro vedendo il sangue uscire, non troppo abbondante. Ma si fece forza e pronunciò altre parole poco comprensibili, evocando dei lacci di luce, luminosissimi. Questi, mentre l'essere cerca di sferrare un nuovo attacco, lo incatenano, girando attorno al suo busto e legando mani, piedi, braccia e gambe. Le urla strazianti di questo sono acute, insopportabili, e presto Yoru si trova costretto a scappare, speranzoso che la sua magia, anche se di basso livello, gli desse un vantaggio. Iniziò a correre, più velocemente che potè, la mano destra ful fianco sanguinante e la guancia ricoperta del medesimo liquido scarlatto.
Quella non era un'altra dimensione, era una parte remota del loro mondo, questa era affermabile per il semplice motivo che, solo nella loro terra era possibile che un demone prendesse il controllo di una persona, consumandola giorno dopo giorno. Il Fiore Scarlatto, quella ragazza misteriosa, questo era il suo compito primario: dare la caccia a questi esseri, forti, troppo per un semplice essere umano.
Yoru, frastornato e intontito per il sangue che continuava a perdere, cadde a terra dopo pochi passi, privo di sensi mentre una chiazza rossa si formava, lenta, sotto di lui, macchiando il terreno fangoso e i suoi abiti, tutt'altro che puliti.

Arashi, scortata da suo padre, percorse corridoi su corridoi, tutti uguali: i medesimi tappeti, il colore delle pareti sbiadito, la mancanza di finestre e le scale, sempre in discesa, la luminosità scarsa, qua e la causata da alcune lanterne. Rimase in silenzio, non volle verbiare nessuna parola con quel demone che invece sorrideva spavaldo: aveva ottenuto ciò che voleva. La loro camminata, decisa, si interrupe alla vista di una porta, enorme, lignea e scura. Un odore di umido era presente intorno a loro, quando il demone disse:
« Siamo arrivati »

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Capitolo 8
*** Freedom, together ***


Ci tenevo ad aggiornare e quindi concludere questa storia prima della fine di quest'anno. Quindi eccomi qui, dopo neanche una settimana.
Ringrazio Sacu e Homicidal Maniac per le recensioni ricevute, tutti coloro che mi hanno seguito e chi ha recensito i precedenti capitoli. Grazie!
Nello svolgimento della storia mi sono trovata costretta a tagliare delle parti, in modo da arrivare a questo punto. Mi scuso se alcuni dettagli sono rimaste in sospeso o non sono state spiegate come avrebbero dovuto essere.
Nell'immagine so bene che il colore degli occhi è esagerato, ma, come se non bastasse l'effetto bianco e nero, volevo rendere l'idea di quelle iridi insolite.

Buona lettura e buon anno nuovo!

 

VIII Capitolo

Chapter Soundtrack: Heart Of Courage


Era inverno. Stava nevicando, in quel momento.

« Mostraci il tuo potere, Fiore Scarlatto », tuonò l'essere centrale, nascosto dalla penombra di quella stanza scura, la voce roca e bassa. Arashi era entrata prima del padre, lo sguardo rivolto verso l'alto, cercando di mantenere i nervi saldi: doveva andarsene prima che la intrappolassero con dei vincoli magici, ma non vedeva nulla che le potesse tornare utile. Il demone la seguì, affiancandola subito, il solito ghigno stampato sul volto. L'assemblea davanti a loro era formata da una decina di demoni in tutto, seduti comodamente su alcune sedie sontuose poste su un rialzamento: la stanza infatti era divisa in due, la parte bassa con un semplice pavimento in legno, e quella più in alto, come delle tribune. L'essere centrale aveva fattezze caprine, ma il volto era sfigurato, la pelle, oltre ad essere pelosa, era bruciata, qui e là, lasciando solamente delle macchie scure e dall'aspetto ruvido. Era tutt'altro che un bello spettacolo. Il vero problema era che nessuno dei presenti, oltre alla ragazza, aveva fattezze minimamente umane e il loro odore, forte, assomigliava fin troppo a quello della morte.
Il piano della giovane donna era semplicemente usare la sua magia per uscire da quella scomoda situazione. Avrebbe potuto agire tranquillamente, dopottutto quegli esseri volevano essere sicuro di parlare con la discendente degli occhi eterocromici e non bastavano quelle iridi, una azzurra e l'altra verde, a dimostrarlo. Poteva essere solamente un caso. La situazione, quindi, si stava rivelando a suo favore: le bastava ricordare come teletrasportarsi, lo aveva già fatto molte volte, salvando Aki e sua sorella, per esempio. Non le sarebbe risultato molto difficile.
Rimase immobile per qualche secondo, concentrando il suo potere magico sulla vista. Le bastò un attimo e sarebbe stata fuori. Sarebbe. Come infatti cercò di uscire da quel luogo, si ritrovò a terra, attonita. Non aveva sbagliato magia, era stata veloce, anche più del solito.

Cosa non aveva funzionato?

Il Fiore Scarlatto era ancora seduta, le mani appoggiate a terra per sorreggerla, quando si udì un urlo: « Maledetta strega! », ghignò il demone nero, avventandosi contro la figlia, un'espressione orrenda in volto. Ma la furia del mostro fu placata da un bastone che picchiò a terra, deciso: un sol colpo.
La capra, o quel che assomigliava a questo animale, si materializzò accanto alla ragazza, non ancora tornata in sé. Senza proferire parole, la prese per un braccio e la trascinò via, sotto lo sguardo attento degli altri demoni. Un altro membro del Consiglio volò giù dalla sua posizione: una essere scheletrico, vestito di una semplice tunica verde spento. Prese il padre della ragazza e lo portò via, seguendo la capra.
Gli altri demoni non mossero un dito. Rimasero tutti fermi nel silenzio di quell'enorme stanza.
Arashi non parla nemmeno, non si dimena, non reagì. Perse la sua katana, sua sorella e il suo lupo, perse l'unica persona che l'amava per quello che era. Perse tutto quello che le era più caro, smarrì la libertà, dopo aver esaurito gli assi nella manica. Era stata sconfitta, perché aveva sottovalutato chi la teneva in catene. Aveva perso, questa volta definitivamente. Sapeva che se era stato un problema per lei, figurarsi per Yoru, che, per quanto sia un mago, non è nemmeno paragonabile a lei. In quel momento, quindi, pregò che avesse abbandonato l'idea di cercarla, che non fosse mai partito.

Ma non fu così. Yoru si trovava poco distante da lei.
Chiuso in una cella, incatenato al muro, uno scheletro, quasi.
La ragazza fu trascinata nella stessa prigione, stessa stanza: in un primo momento non lo vide, teneva gli occhi chiusi infatti, per evitare di vedere qualunque cosa intorno a lei. Suo padre fu portato più avanti e presto le luce nel corridoio di pietra si spense.
Il silenzio regnò per pochi secondi. Un colpo di tosse lo interruppe e costrinse Arashi ad aprire gli occhi. L'oscurità le impediva di vedere la presenza accanto a sé, per questo si avvicinò, cercando di scorgere meglio i dettagli di quel volto martoriato dalle frustate.
« Arashi?...», chiese quella figura, sentendo il tocco leggero e delicato della mano sul volto. Non pensava davvero fosse lei, semplicemente lo chiedeva più a sé stesso che alla ragazza lì davanti. Ma la risposta fu immediata e ne conseguì un abbraccio: « Yoru! », disse infatti una voce familiare.
I due, lui incatenato e lei libera, ma ormai senza la voglia di lottare, rimasero a parlare per lungo tempo, nell'oscurità. Yoru raccontò di essere svenuto a terra dopo un incontro con un demone e di essersi risvegliato in quella cella. Ogni giorno, quando il sole dovrebbe essere alto nel cielo, un uomo gli porta del cibo e gli arrivano una decina di frustate, senza motivo. Semplicemente per divertirsi con lui, a quanto pareva. La ragazza, mentre lui parlava, rimase in silenzio e le sue guance pallide vennero rigate da lacrime amare. Alla fine del racconto, Arashi iniziò a parlare, cercando di spiegargli cosa è accaduto a lei, mentre non erano insieme. Chiese notizie della sorella e del suo amato lupo, era veramente preoccupata per loro: Ayumi, per quanto fosse sempre stata una persona di animo forte, non avrebbe sopportato la sua perdita e quella dell'amico, dopo quella dei genitori. Sapeva che Aki le avrebbe fatto compagnia, ma aveva paura che non bastasse. Questo, almeno in parte, le fece tornare la voglia di combattere. Ma non sarebbe mai andata via senza il suo amato, non lo avrebbe lasciato solo ancora una volta. Continuò quindi a raccontare di ciò che le è accaduto, facendo riferimento al padre, al Consiglio di quegli stupidi demoni, chiamati Yasha. Si sfogò, pianse ancora, confortata solamente dalle calde parole del giovane, ancora appeso.
Alla fine del racconto, entrambi erano stanchi e spossati e, senza volerlo, si addormentarono.
A destarli fu il chiasso provocato dalla serratura della prigione. Un uomo, come aveva detto Yoru, portò loro del cibo e se ne andò in silenzio, a quanto pareva, senza frustate. Alla luce della torcia che questo lasciò appesa al muro, di fronte alla cella, Arashi guardò il volto sfigurato del ragazzo: gli occhi erano cerchiati da pesanti occhiaie e rossi di pianto, il sinistro era chiuso dalla palpebra segnata da una frustata violenta che gli attraversava la guancia; il labbro inferiore era spaccato in più punti, anche se non sanguinava più. I capelli erano arruffati e sporchi, i polsi e le caviglie, attanagliati dalle pesanti catene, erano rossi e gonfi, spesso sanguinanti. La voce però non lasciava intendere tutto questo dolore e chissà con quanto sforzo riusciva a tenere un tono fermo.
Il cibo, intanto, era arrivato ed entrambi erano affamati. La maga, però, vide l'altro in difficoltà: evidentemente, fino a quel giorno, era venuto qualcuno ad imboccarlo, perché di certo lui, le braccia appese, non poteva mangiare quel brodo da solo. Così, senza pensarci troppo, prese il cucchiaio di legno e, dopo essersi avvicinata carponi, si sedette di fronte a lui e lo aiutò a mangiare. Per un attimo Yoru fu contrario ma pensandoci un attimo non vi c'era altra scelta. Imbarazzato, fece scendere giù per la gola quella brodaglia che non sapeva di niente.

La situazione non cambiò per diverso tempo: Arashi non venne legata o incatenata, forse perché i demoni la invitavano ad uscire e a farsi sotto un'altra volta, ma lei non accettò mai quella sfida. Sapeva che il nemico che aveva davanti era troppo grande per lei. Ora, almeno, poteva stare vicino a chi amava, perché avrebbe dovuto andarsene?
Per la libertà.
Ignorò il suo subconscio, andando avanti. Passarono i mesi, Yoru non venne più frustato e presto le ferite si cicatrizzarono. O almeno non sanguinavano più. Dopo quasi un centinaio di giorni il ragazzo riuscì anche a riaprire l'occhio sinistro, che per fortuna non era stato danneggiato risultò solamente arrossato.

Quando la luce del corridoio si aprì, qualche giorno dopo, il giovane sussurrò alla ragazza: « So come uscire di qui. Non falliremo e usciremo di qui sani e salvi, fidati di me ».
Detto questo, chiuse gli occhi, e sotto lo sguardo attento del Fiore Scarlatto, le manette si aprirono, cadendo a terra sonoramente. Yoru si massaggiò i polsi, sorridente, ora negli occhi segnati dalle mille fatiche subite ardeva la speranza. Cercò di alzarsi e, incerto, prese per mano Arashi, che fece altrettanto. Insieme, attesero il momento giusto.

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