Hic et nunc

di Martybet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Reality is overrated ***
Capitolo 2: *** Happily ever after doesn't exist ***
Capitolo 3: *** I was broken, for a long time ***



Capitolo 1
*** Reality is overrated ***


hic et nunc 1
Hic et nunc.







Reality is over-rated.

Sometimes, when it is going badly, 
she wonders if what she believes to be a love of 
the written word 
is really just a fetish for stationary.







Quando Emma aprì la porta della libreria quella mattina di fine gennaio, il signor Marshall come sempre scosse il capo facendole capire che dallo scorso venerdì nulla era cambiato.
Le copie del suo libro erano ancora lì, intatte, poste tra uno scaffale polveroso e soprattutto senza nessuno che le acquistasse.
Emma sospirò rassegnata all’idea di doversi mettere a cercare un lavoro serio, e non un passatempo come lo definiva spesso sua madre. Ovviamente nessuno della sua famiglia aveva letto il romanzo in questione, neppure Micheal, il suo fidanzato, e ciò anche se non voleva darlo a mostrare l’aveva ferita. Nessuno credeva in lei, nemmeno le persone che avrebbero dovuto: sostenerla, amarla, incoraggiarla.
«Mi dispiace Em», disse Tom, non appena vide i suoi occhi farsi man mano più lucidi e rispecchiare immediatamente la sua delusione. Sapeva che era da stupidi mettersi a piangere, ma il pensiero di avere fallito le squarciava il petto,  il pensiero di non aver fatto capire a tutti chi fosse realmente la distruggeva.
Tirò su con il naso fingendo un mezzo sorriso. «Non preoccuparti, faccio un giro. »
Detto ciò, sparì  tra i corridoi della Shipley, iniziando a rovistare tra gli scaffali alla ricerca di un libro che le facesse staccare la spina per un po’, alla ricerca di qualche racconto harmony che la facesse sognare. Man mano che camminava, ripensava alla sua vita, a quanto fosse patetica e vuota, a quante delusioni avesse riscontrato durante i suoi quasi ventotto anni.
Quasi perché mancavano quattro settimane al suo compleanno che avrebbe sicuramente trascorso a casa dei suoi genitori con Micheal, parlando di quanto la sua vita fosse uno sfacelo e una delusione per i suoi genitori.
Sia sua madre che suo padre pensavano che fosse davvero ignobile non seguire le orme della famiglia, ovvero frequentare medicina,  per mettersi a scrivere romanzetti da poche sterline. E sapere che avevano ragione le stava attanagliando l’anima.
Dopo aver letto un paio di trame decise di prendere “Un giorno” di David Nicholls, consigliatole da sua sorella maggiore Mallory qualche settimana prima.
Mallory….
La sorella perfetta.
Già sposata con un marito raccomandabile e ricco, una carriera brillante e la completa adorazione da parte dei loro genitori.
Quante volte si era sentita ripetere la frase: “Magari fossi un po’ di più come tua sorella e non con la testa sempre fra i libri.”
Perché nessuno voleva capirla? Perché?
Sconsolata si avvicinò verso lo scaffale dove era riposto il suo romanzo, fissandolo con un misto di odio e sofferenza.
Il retrogusto del cioccolato, di Emma Mills.
 Cosa c’era che non andava con quello scritto? Perchè la casa editrice lo aveva promosso con entusiasmoe invece nessuno lo voleva leggere?
Tirò su con il naso, quando sentì all’improvviso una presenza dietro di lei, qualcosa le aveva sfiorato il braccio.
« E’ davvero bello, l’ho letto in viaggio poco tempo fa...  dovrebbe comprarlo. »
Emma si voltò paralizzata, un po’ perché le pareva tanto assurdo che qualcuno stesse commentando il suo libro, e un po’ perché la voce di quell’uomo sembrava estremamente attraente. Si, attraente era la parola migliore per definirla.
Alzò gli occhi spaventata e anche leggermente perplessa incontrando due occhi profondi marroni osservarla con attenzione.
« Scusi? »
Il ragazzo, sicuramente su una ventina d’anni, sorrise mostrando la dentatura pressoché perfetta, ed Emma credette di essere in paradiso.  La pelle chiara, il viso marcato da degli zigomi pronunciati, le labbra carnose e le ciglia lunghissime. Non aveva mai visto un uomo più fascinoso.
«Mi è capitato di leggere questo libro qualche settimana fa... E’ davvero bello. »
 Bello? Qualcuno aveva definito il suo libro bello? La ragazza, nonché autrice del libro, dovette aggrapparsi allo scaffale per non ciondolare; sentiva le gambe molli, come se si fosse trovata improvvisamente in un sogno.
«Io.. » , non riusciva a trovare le parole giuste, come se tutti i pensieri coerenti che formulava poi perdessero improvvisamente senso.
« Sono Carter, molto piacere... »  Il ragazzo dalla pelle color nocciola, allungò una mano verso di lei, probabilmente aspettando una risposta. Emma rimase un secondo perplessa, non poteva certo presentarsi come Emma Mills; si sentiva in imbarazzo.
« Em. »  , disse poi semplicemente stringendo quella mano dalle dita lunghe e affusolate, grande, ma soprattutto calda a contatto con la sua. Una serie di brividi le percorsero la schiena, e non erano dovuto alla temperatura invernale di Londra.
L’unico ragazzo sulla terra che aveva definito il suo libro: bello.
Bello.
Quella parola continuava a riecheggiarle nelle orecchie,  come se fosse la più bella del mondo.
«Stavi cercando un libro in particolare? » , chiese lui continuandola ad osservare con attenzione, curiosità.
Come se lei, fosse il libro da leggere.
La verità era che Emma non era per niente interessante, almeno a detta sua. Ragazza anonima, era stato spesso il suo nickname su internet.
Capelli castani,  portati quasi sempre legati, due occhi color castano, ma che lei copriva con una montatura di occhiali. Un fisico asciutto, magro, ma l’assenza di curve era sempre stato il suo tallone di achille. Una misera seconda di reggiseno.
« In verità… no», rispose rendendosi conto di essersi persa a fissare il vuoto.
« Vieni qui spesso? »
« Si, adoro le librerie. Hanno un profumo che mi fa impazzire. »
Lui sembro concordare. « Già, anche se preferisco l’odore dei libri antichi. »
Senza rendersene conto Emma sorrise istintivamente, forse perché aveva trovato qualcuno con cui condividere una passione, senza che quest’ultimo la credesse una perfetta idiota.
Quando aveva confidato a Micheal quel particolare la sua risposta era stata una risata. « Come se i libri profumassero. » , aveva detto.
«Ti va di andare a prendere un caffè qui davanti? Sono ottimi e non ho fatto colazione. »
Era un invito?
Ovvio che lo era, ma perché stava invitando lei? Una ragazza sulla soglia dei trent’anni che non aveva nulla di interessante.
«Io dovrei tornare a casa. »
« Giuro che ti rubo solo dieci minuti. » 
Sorrisero insieme, e dopo di che Emma annuì. « D’accordo. »
Come poteva rifiutare? Probabilmente se ne sarebbe pentita per il resto della sua vita.
Quando passarono davanti al bancone, Tom salutò Emma con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto. « A venerdì. »
« Ciao Tom. »
Le sopracciglia del ragazzo si aggrottarono.  « Sembra conoscerti molto bene. »
«Vengo qui una volta alla settimana, se non di più.»
Il ragazzo annuì, continuando a camminare verso Starbucks. Era così strana quella situazione. Emma aveva accettato di prendere un caffè con un perfetto sconosciuto, uno sconosciuto che chissà perché aveva letto il suo libro. Uno sconosciuto che lo aveva commentato utilizzando l’aggettivo bello. E lei non sembrava pentirsene affatto.
Soprattutto perché era il ragazzo più fascinoso che avesse mai visto.
Soprattutto perché adorava i libri.
Soprattutto perché la guardava con attenzione, non dandola per scontata. Aveva ascoltato con curiosità le poche parole che gli aveva rivolto.
« Ti piace il caffè? », chiese interrompendo i suoi pensieri confusi e contorti.
« Bevo un litro di caffè al giorno, certo che mi piace! ». Emma si pentì subito di aver risposto con tale entusiasmo.
« Ah beh, oltre a due amanti dei libri, siamo anche due caffeinomani a quanto pare. »
La ragazza rise piano, entrando nel bar seguita a ruota da Carter.
« Ehi Em, sei in compagnia oggi! »  Le disse Amanda non appena la vide comparire sulla soglia del locale.
Carter la fissò divertito. « Immagino che tu venga anche qui, molto spesso. »
« Immagini bene.» Arrossì  senza rendersene conto.
Lui annuì dirigendosi verso la cameriera per ordinare.
« Io prendo un caffè espresso  e per te? »
« Un muffin ai mirtilli e un cappuccino. »  Rispose lei sempre mantenendo un sorriso sul suo volto.
Carter da vero gentiluomo la fece accomodare al tavolo che dava di fronte alla vetrata imbiancata.
Londra era completamente ricoperta di un soffice strato di neve e anche se ad Em non piaceva molto il freddo, adorava quel periodo dell’anno.
Adorava la neve.
Forse perché tutte le cose più belle della sua vita erano capitate tra quei fiocchi di acqua ghiacciata.
E forse, anche quell’incontro era destinato ad essere custodito tra di essi.
Rimasero in silenzio ad aspettare che arrivasse Amanda con le loro ordinazioni, Em  guardava fuori dalla vetrata, e Carter guardava lei.
Sentiva il suo sguardo addosso e non poteva che esserne lusingata.
 « Abiti in zona? » ,le chiese poi all’improvviso lui.
« Dieci minuti di treno, e un quarto d’ora di metropolitana. » 
« Wow, deve starti proprio a cuore quella libreria.. »
Già, l’unica libreria che vendeva le copie del suo romanzo.
Vennero interrotti da Amanda che con un sorriso che la sapeva alla lunga diede i caffè e il muffin. Fece l’occhiolino ad Emma e poi se ne tornò dietro al bancone canticchiando.
Quella donna era davvero incredibile.
 « Posso farti una domanda che ti sembrerà al quanto stupida? » ,chiese poi d’un tratto Emma mentre iniziava a spezzettare come al suo solito il muffin.
«Certo, anche se dubito altamente che sia stupida. »   
« Mi racconti perché ti è piaciuto Il Retrogusto del Cioccolato? »
Carter sorseggiò il caffè, e Emma si incantò un secondo a fissare il suo collo, abbronzato ed estremamente sensuale.
E lei era fidanzata.
Scosse la testa cercando di abbassare lo sguardo e aspettando che Carter le rispondesse.
« Beh... solitamente non amo i romanzi d’amore. Forse perché tutte le storie che mi sono capitate di leggere erano banali, scritte da donne senza moralità. Te lo dice uno che ha dovuto leggersi Twilight perché la sorella minore lo ha costretto. »
Emma rise portandosi una mano alla bocca.
 « Comunque, questo libro non è per niente scontato. Finalmente è una storia vera, che parla di personaggi veri, con difetti e quant’altro. Quello secondo me è l’amore vero. L’amore tra un vampiro e un’umana per quanto sia attraente non mi interessa. L’amore deve avere il retrogusto amaro del cioccolato. »
Una soddisfazione notevole iniziò a crescere nel petto della ragazza, soprattutto quando lui le disse che davvero le consigliava di leggerlo.
Quanto era strana e assurda quella situazione da uno a dieci? 
Iniziò a bere il suo cappuccino e all’improvviso capì che c’era qualcosa che non andava visto che Carter aveva iniziato a ridere sguaiatamente.
« Che c’è? »
« Sei sporca di schiuma», disse lui. « Proprio qui. » 
E si avvicinò con un fazzoletto verso il viso di Em, proprio come nella pubblicità. La scena le sembrò che fosse rallentata, perché lei la stava come vivendo in slow motion.
Passò il fazzoletto di carta verso il labbro della ragazza con estrema lentezza e la guardò negli occhi con un mezzo sorriso stampato sulla bocca.
Sguardi, i loro sguardi erano incatenati e le guance di Emma erano sempre più tendenti al violaceo.
«Sei a posto.»
« G.. grazie. »
« Di nulla. »
E si sorrisero timidamente.
Continuarono a mangiare e bere, anche se qualche volta i loro sguardi si univano e Emma sentiva una morsa stringerle lo stomaco.
Cosa le stava succedendo? Perché continuava a guardare quel ragazzo, quando Micheal, il suo fidanzato la aspettava a casa?
«Vieni spesso alla Shipley, tu? » Ora era il suo turno di chiedere.
« Ci sono stato la settimana scorsa e mi è piaciuta... è piccola e accogliente e come avrai notato adoro i libri. »
«Già... ma quindi tu sei... cioè studi qui a Londra? »
Carter rise piano. « Studiare? Non sono uno studente Em... »
Emma sbiancò all’improvviso.
« Quanti anni mi dai? »  Le chiese lui dopo poco, con un tono di voce misto tra la curiosità e il divertimento.
« Ventidue? » 
« Aggiungicene dieci e ci sei quasi.» 
Okay, la stava prendendo in giro. Non era possibile che quel ragazzo fosse più vecchio di lei. Di quattro anni addirittura.
« Tu... tu hai trentadue anni? »
«Mm...mm. »
« Lo sai vero che sembri più giovane? »
Il ragazzo abbassò lo sguardo compiaciuto. « E tu quanti anni hai? »
« Ventotto tra quattro settimane. »
« Anche tu sembri più giovane, comunque. »  Le disse facendola rimanere a bocca aperta.
Spesso le dicevano che dava l’idea di una quarantenne indaffarata, e lui aveva detto che sembrava più giovane?
Doveva esserci per forza  una telecamera nascosta in quel bar, non c’era altra spiegazione logica a tutto ciò.
E si stava mettendo nei pasticci, non solo perché Micheal la stava aspettando a casa, ma perché a lei quel Carter stava iniziando a piacere.
« Io dovrei andare. »
Il ragazzo annuì sorridendo, e quando si alzarono per andare a pagare la superò e la costrinse a riporre il portafoglio nella borsa.
« Così sarai costretta a ricambiare. »  Le diede come spiegazione non abbandonando il sorriso.
Emma ricambiò anche se sapeva dentro di lei che quel ragazzo non l’avrebbe visto mai più.
Sarebbe scomparso in un secondo così come era entrato nella sua vita.
«Grazie mille per il cappuccino e il muffin. Sono stata bene. »
«Grazie a te, Em.»
 
Emma non fece altro che pensare a quell’incontro durante il viaggio di ritorno. Durante la metropolitana, durante i venti minuti di treno.
Mentre passeggiava per il viale che portava a casa sua.
Si sentiva inspiegabilmente inquieta, come se avesse paura a rientrare nel suo appartamento con Mike.
Quando fu davanti alla porta, aspettò qualche secondo prima di tirare fuori le chiavi. Cercò di calmare quella strana sensazione dentro di lei, e non prima di aver preso un lungo respiro, infilò la chiave nella toppa ed entrò.
La voce del suo fidanzato fu la prima cosa che sentì.
« Dove sei stata? »
Il suo tono inquisitorio la fece sbuffare.
« Alla libreria. »
« Ti ho chiamato», continuò lui.
«Ho lasciato il cellulare qui. Hai fame? »
«Si. »
Ovviamente era Emma che si doveva preoccupare del cibo, di ogni cosa a dire il vero. Abitavano insieme da anni ormai, ed erano anni che Micheal non alzava un dito.
La casa era piccola, ma il lavoro non mancava. Soprattutto se si trattava di lavare i suoi vestiti e preoccuparsi del pranzo e della cena.
Quanto avrebbe voluto Emma tornare a casa e trovare il bagno caldo, pronto per lei; la tavola apparecchiata e il letto fatto.
Ma Micheal aveva un lavoro vero. Non stava seduto sulla sua scrivania a scrivere romanzetti d’amore.
Micheal doveva fare i turni al ristorante.
Micheal non la capiva.
Nessuno la capiva a dire il vero, tranne il ragazzo appena conosciuto alla Shipley.
Emma sospirò lentamente appoggiandosi allo scaffale della cucina e passandosi una mano sulla fronte.
Avrebbe voluto scomparire, andarsene in qualche città della Francia o dell’Italia e non tornare mai più.
Abbandonare quella vita che non le apparteneva.
«Em, tua madre prima ha chiamato. Per quanto ancora hai intenzione di evitarla? » 
«Fino a quando imparerà che sono una donna, e che come tale ho bisogno di rispetto. »  Rispose acida, mettendo in forno l’avanzo di lasagne della sera prima.
«Non fare la scontrosa. Vieni qui sul divano.. »
Sciacquò le mani, e si sedette sulle gambe del suo fidanzato continuando a ripensare però, allo strano incontro che aveva fatto quella mattina.
A quel ragazzo dalle ciglia lunghissime, la pelle profumata e gli occhi color del cioccolato.
« Cosa fai oggi pomeriggio? », le chiese carezzandole la schiena e baciandole lentamente il collo.
«Devo andare a casa della signora Donovan. Ha bisogno che qualcuno la aiuti a sistemare la biblioteca del marito. » 
Posò un bacio sulla sua spalla facendola rabbrividire.
«Tu e i tuoi libri... »
« Io e i miei libri, cosa? » Perché continuava ad essere così scontrosa e acida?
«A volte ho paura che tu sia innamorata più di loro che di me. »
E quella frase la fece scattare. « Vado a controllare le lasagne. »
« Em, scherzavo non fare la... »
Ma lei si era già chiusa in cucina.
Una lacrima percorse il viso di Emma quando con rammarico scoprì che aveva bruciato le lasagne. Non riusciva a capire il perché della sua irrequietezza, sapeva solamente che l’incontro di quella mattina l’aveva resa vulnerabile e forse anche leggermente insofferente.
Bello. Così aveva definito il suo libro.
Carter.
Sospirò rassegnata e iniziando a scongelare il pollo, visto che ormai il piatto che aveva infornato era nero e fumante.
 
*** ***
 
Verso le tre del pomeriggio andò a casa della signora Donovan sperando di porre fine a quella lotta interiore che le attanagliava l’animo.
La vecchia dirimpettaia quando la vide sorrise, contenta che fosse andata lì per aiutarla.
Phillis adorava Emma.
Phillis aveva letto il suo libro.
Emma era semplice, sempre pronta ad aiutare chi fosse in difficoltà, e visto che il marito della signora Donovan era mancato quello stesso anno, spesso era andata a trovarla.
Parlavano di tutti, di libri, di uomini, persino di sesso.
Un pomeriggio mentre stavano prendendo il tè in veranda, quella pazza quanto simpatica donna le chiese come andassero le cose sotto le coperte tra lei e Micheal.
Ragazzo che non le piaceva per nulla per altro e spesso non si era fatta problemi a farglielo notare.
«Emma! » La salutò mentre le circondava le spalle con un braccio facendola entrare.
« Come stai tesoro? »
Em si sforzò di sorridere e apparire serena. «Tutto bene. »
«Mmm... quel faccino non le ma racconta giusta. Vieni, metto su del tè. »
Si spostarono in cucina sedute l’una accanto all’altra, mentre la signora Phillis faceva di tutto per farsi raccontare da Emma cosa non andasse.
Non potendone fare a meno Em, iniziò a raccontarle l’incontro di quel mattino, mentre Phillis la guardava con uno sguardo che la diceva alla lunga.
«Quindi.,. lo rivedrai? » , l e chiese quando finì di parlare.
« Non credo. »
«Perché no? »
«Beh...»
«Diamine hai detto che ha un  bel culo, no? »
« Phillis! Sono fidanzata e lei... »  Emma continuava a sorprendersi di quanto fosse sboccata e senza inibizione quella donna di ottanta e passa anni.
«Io sono vedova e tu dovresti mollare quel cascamorto che ti trovi come fidanzato. »
La ragazza rise forte, iniziando a scuotere la testa. « Allora, dovevamo mettere via dei libri o no? »
La signora Donovan sbuffò. «E io che volevo sapere i dettagli piccanti…. »
I dettagli piccanti però non c’erano. C’erano solo nella testa di Emma che continuava a flagellarsi dandosi un pizzicotto sul braccio ogni qual volta il suo pensiero andasse verso gli occhi e il viso di Carter.
Possibile che un semplice incontro con un ragazzo sconosciuto e che non avrebbe rivisto mai più l’avesse sconvolta così tanto?
«Mi dispiace deluderti Phillis, ma l’unica cosa di piccante che ho fatto oggi è stata il pollo alle erbe.. »
La vecchia le diede un buffetto sulla guancia, e la fece andare verso la biblioteca.
«La mia Emma... devi imparare a lasciarti andare e vivere, tesoro mio. »
«E vivere e lasciarmi andare… implicherebbe lasciare il mio fidanzato? »
Phillis alzò le spalle, facendole l’occhiolino. «Sono sicura che l’incontro di oggi non sia stato casuale... e sono sicura che presto inizierai a vivere la tua vita come si deve. »
Emma espirò dal naso, sedendosi per terra a gambe incrociate e iniziando ad esaminare le pile di libri riposte sul pavimento.
«Come devo dividerli? »
«Scegli tu, io sono stanca.. vado a vedere Friends, ci sono le repliche. » E detto questo se ne andò lasciandola lì, impreparata a dare ascolto ai suoi pensieri.
Per la prima volta dopo molto tempo, una parte piccola di lei ma fastidiosa capì che c’era qualcosa che mancava nella sua vita.
E non era il successo, una carriera, l’amore dei suoi genitori.
Quello che le mancava era un uomo, un uomo che capisse chi fosse per ciò che era. 
Ma la realtà era decisamente sopravvalutata.













Note:

Questa storia è nata  alla Feltrinelli  di via XX settembre. Girovagavo da sola fra gli scaffali alla ricerca di un libro e non so  come nè il perchè, ma ho iniziato ad immedesimarmi in Em.
La trama ha iniziato a formarsi nella mia testa, tanto da sapere già con esattezza il finale.
Mi sono innamorata di questi due personaggi e spero che qualcuno faccia altrettanto.
Ringrazio la mia grande e grossa nonna a cui ho fatto leggere questo primo capitolo. Phillis è ispirata a lei.
E' la mia  prima Long- Originale / Romantica che scrivo e mi piacerebbe davvero avere un vostro parere, bello o brutto che sia.
Gli aggiornamenti avverranno una volta ogni  una / due  settimane.
Bene, credo di aver detto tutto.
Grazie a chi leggerà, se ci sarà qualcuno ovviamente.
Un bacione,
Martina.

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Capitolo 2
*** Happily ever after doesn't exist ***


hoho
 
Hic et nunc.



 


Capitolo 2




HAPPILY EVER AFTER doesn't exist.


Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione.
Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita,
una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo.
Oriana Fallaci.

 
 
 
 
 
 
Il telefono continuava a squillare imperterrito e sembrava proprio non volerne sapere di smettere. Emma aprì lentamente un occhio e poi l’altro, accaldata dal corpo di Micheal anchilosato sopra il suo. Provò a spostare il braccio del suo fidanzato e dopo aver fatto una specie di acrobazia, saltò giù dal letto per rispondere a quell’insistente persona che si azzardava a chiamare di venerdì mattina.
«Pronto! »
 La voce di Em era assonnata e innervosita, tanto che non si era neppure fermata a leggere il numero sul display.
«Finalmente ho il piacere di parlare con mia figlia ».
Raggelò all’istante, rimanendo in piedi impalata e pietrificata. Il suo unico pensiero era che avrebbe fatto meglio a rimanere a letto.
«Mamma ».
«Sono quattro settimane che non rispondi alle mie telefonate ragazzina, voglio una spiegazione ».
Ragazzina. Quasi ventotto anni e sua madre la chiamava ancora ragazzina.
«Non avevo voglia di sentirti ».
«E si può  sapere il perché? Perché pensiamo che vivi in un appartamento miserabile, scrivendo idiozie sul tuo computer? Non puoi andare avanti così Emma… »
I pugni di quest’ultima si strinsero in una morsa, cercando di mantenere il controllo.
«Se tu non l’avessi ancora capito…sì, posso farlo. E sai perché mamma? Perché questa è la mia vita. Non la tua. E perché sono maggiorenne e vaccinata da tanto tempo, per cui la tua opinione non mi interessa ». La sua voce divenne rotta e marchiata da un velo di amarezza.
«Ah, quindi non possiamo dirti che per noi stai sbagliando tutto? »
Emma sentì gli occhi farsi più pungenti ed ebbe quasi l’impulso di sbattere in faccia il telefono a sua madre, anche se conoscendola dopo quel gesto sarebbe piombata lì nel giro di qualche quarto d’ora.
«Ti ripeto, chiudiamo il discorso. Non ho voglia di litigare, soprattutto alle sette e mezza del mattino; per cui se volevi dirmi solo quello, arrivederci. » fece per chiudere il telefono quando la voce di sua madre per poco non fece vibrare il cordless.
«Aspetta! »
«Che cosa?»  La sua voce poteva essere paragonata ad un ruggito.
«Io e tuo padre volevamo sapere se allora verrai qui per il tuo compleanno.. Devo anche avvisare Mallory e John ».
«Non credo di… »
«Okay, perfetto! Vedrai che organizzerò tutto come piace a te. Buona giornata Emma » chiuse la chiamata, lasciando la figlia interdetta, triste e arrabbiata.
Tornò di là in camera ma non appena vide la bocca di Micheal semi-aperta e sentì il suo russare pesante, chiuse la porta per poi andarsi a vestire.
Doveva uscire da quella casa, in quel preciso istante.
Indossò un maglione pesante, un paio di Jeans ,gli UGG regalatole dalla sua amica Christina e un cappotto pronto ad affrontare la gelida mattinata londinese.
Sapeva dove andare e sapeva anche che quel giorno, però nessun Carter ci sarebbe stato.
La Shipley era il suo porto sicuro e anche il suo cruccio maggiore, ma era lì che puntualmente ogni venerdì sentiva il bisogno di andare.
Era lì che quella mattina doveva andare.
Chiuse la porta di casa con cautela, facendo molta attenzione a non farla sbattere, se avesse svegliato Mike avrebbe dovuto dargli spiegazioni. Spiegazioni che al momento non voleva dare.
Avvolse il suo collo in una sciarpa beige e si diresse verso la stazione.
Come di routine, durante il tragitto iniziò a scrivere qualche parola sul suo block notes. Scriveva poesie, stati d’animo, storie che nessuno mai avrebbe letto, perché erano solo sue e sempre lo sarebbero rimaste.
 
Ho una netta sensazione di brivido che arriva dento ai posti più caldi,
dove vivono i sentimenti di un ricordo lontano,
tanto da percuotere i viaggi fatti in una storia,
che brucia e allo stesso tempo si raffredda…
per spegnersi,
per sempre.
 
Buttò di getto senza rendersene conto.
Era una poesia che aveva scritto da piccola, a circa sette anni. Quando l’aveva mostrata alla sua maestra, quest’ultima le aveva chiesto dove l’avesse copiata.
Si sentì ferita e non fece leggere più niente di suo, a nessuno.
Tracciò i contorni delle sue parole con le dita, come se bruciassero davvero.
Perché lei si sentiva così, fredda, spenta, senza uno scopo.
Tranne ciò che scriveva, quello si, che bruciava.
Chiuse gli occhi per un secondo che le parve infinito, fino a quando l’altoparlante della metro avvisò di essere arrivati a Covent Garden.
Scese stringendosi nel suo cappotto  infreddolita e tirando su con il naso. Si era presa un bel raffreddore, su questo non c’erano dubbi.
Si affrettò per le scale per scaldarsi, fino a quando come tutti i venerdì non entrò in libreria.
Si sentì, stranamente a casa.
«Sei venuta presto oggi, Em,.. » le disse bonariamente Tom, indicando l’orologio sopra alla sua testa.
Le otto e venti.
«Mia madre mi ha chiamato all’alba... »
Tom le sorrise.
«Ci sono novità? »
«Un ragazzo è venuto pochi minuti fa... lo stesso della settimana scorsa. Ha comprato due copie. Oh... guarda: eccolo! »
Lo stesso ragazzo che non avrebbe rivisto mai più.
Lo stesso ragazzo che in quel momento le stava sorridendo e stava andando verso di lei aprendo la porta della libreria.
«Non dire nulla».
Il vecchio, perplesso annuì, anche se non capendo esattamente ciò che  doveva tacere.
« Cosa ci fai qui? »  Gli chiese Emma ricambiando il sorriso.
«Speravo di incontrarti ».
  Semplice, diretto e il cuore della ragazza perse un battito.
«Hai comprato qualcosa? » 
«Sì,  volevo fare leggere alla mia sorellina e a mia madre il libro di cui abbiamo parlato l’ultima volta » e detto questo, prese dal sacchetto il libro di Emma, Emma Mills, lei.
«Penso proprio che lo leggerò, visto che è una mia omonima »  rispose la ragazza, notando l’occhiata stranita del libraio e il sorriso di Carter.
«Allora ti è piaciuto “Un giorno” di David Nicholls? »
Come poteva ricordare il libro che aveva acquistato sette giorni addietro? Emma non riusciva a capire, come un ragazzo, bello, attraente, fascinoso, riuscisse a ricordare un suo dettaglio così insignificante.
«Ho pianto per quasi due giorni di fila, anche tu l’hai letto? »
Carter annuì sorridendo. «Che ne dici se ci prendiamo un caffè come l’altra volta e ne parliamo? »
Emma sentì il cuore aumentare pericolosamente i suoi battiti, ebbe quasi paura che Carter riuscisse a sentire il rimbombare fastidioso del suo petto.
«Direi che è un ottima idea... »
Tom li salutò e come la volta precedente andarono verso Starbucks, da Amanda. Emma era in imbarazzo, le gote deliziate da un pudico rossore, mentre Carter era sorridente, quasi divertito nel vederla così timida.
Le aprì la porta, facendola andare avanti e lei non poté che rimanere lusingata da tali atteggiamenti. Nessuno, nemmeno Mike agli inizi del loro rapporto si era comportato così nei suoi confronti.
«Ciao Em » la salutò Amanda come sempre, sorridendole con calore. «Di nuovo in compagnia? »
Emma sorrise e annuì seguendo Carter nello stesso tavolo della scorsa settimana. Quella situazione era così assurda.
«Cosa vi porto? »
«Mm… un cupcake al cioccolato e un frappuccino » disse Emma conscia che affogare i dispiaceri in quantità esagerate di calorie non fruttasse alcun beneficio.
«Per me un caffè ».
«Okay, arrivano subito ».
Li lasciò da soli, timidi, imbarazzati e con una gran voglia di scoprirsi.
Em iniziò a tamburellare le dita sul tavolo nervosa, mentre come sempre Carter la osservava corrucciato, cercando di memorizzare il suo viso, i suoi sorrisi.
«Vuoi che me ne vada? » le chiese lui all’improvviso e l’attenzione di Emma fu subito riportata all’ordine. «Andartene? Ma cosa dici? » Più diretta e sincera del previsto.Calma  i bollenti spiriti Emma.
«Scusa ho semplicemente frainteso il tuo silenzio... »
«Questa giornata non si è dimostrata delle migliori, tutto qui. Ma la tua compagnia è ben accetta ».
Un altro sorriso scambiato, uno sguardo fugace che all’interno nascondeva più cose di quante ne avesse mostrate in realtà.
Bastava solo cogliere le sfaccettature nel viso di Emma o di Carter per capire che una strana elettricità aleggiasse nell’aria.
«Allora cosa ne pensi di David Nicholls? » 
Emma storse la bocca.
 «L’ho adorato, decisamente uno dei più bei libri letti ultimamente. Anche se tutta questo sadismo a volte non lo comprendo ».
Carter ragionò un attimo sulla sua risposta. «Sai... io l’ho trovato molto bello proprio per quello. Le storie d’amore non finiscono quasi mai con un felici e contenti ».
«Colgo del cinismo nella tua voce » lo riprese lei.
«Non cinismo, forse realismo. Siamo abituati a troppi film, siamo abituati a leggere storie dove ogni cosa è perfetta, dove non esistono malattie, non esistono persone che muo… »
Vennero interrotti da Amanda con le loro ordinazioni e dopo aver sorseggiato un po’ di frappuccino e caffè espresso, ripresero la conversazione.
«Quello che dici è … giusto, però credo che una persona trovi sfogo proprio nei libri o nei film. La realtà fa schifo, i libri sono una finzione ma... quando mi immergo in quella finzione sto bene. »  Emma non capiva perché continuava a rivelare più parti di lei del previsto, come se in presenza di quel ragazzo dalle ciglia immensamente lunghe, non riuscisse a mentire o a tacere parti di lei.
Si sentiva nuda, senza alcuna barriera, come se la stesse leggendo.
«Capisco cosa intendi...basta non dimenticare mai la realtà e non rifugiarsi perennemente in quella finzione  ».
Em annuì, assolutamente d’accordo, prima di addentare il suo cupcake ipercalorico che le sarebbe costato un’ora di cyclette il giorno successivo insieme a Chris.
Rimasero in silenzio una decina di secondi fino a quando non divenne insostenibile per entrambi.
«Quindi... sono curiosa, di cosa ti occupi tu? »  gli chiese, arrossendo lievemente per aver chiesto qualcosa di così personale.
Dopotutto lui era uno sconosciuto che aveva incrociato per sbaglio in libreria. Niente di più.
E aveva solo definito il suo libro, bello.
Questo, non riusciva a toglierselo dalla mente.
Carter le sorrise prima di rispondere: «Se te lo dico poi dovrò ucciderti ».
Emma alzò gli occhi al cielo. «Prometto di mantenere il segreto, al limite mi taglierai la lingua. »
«Hai mai visto la pubblicità a Times Square della coca cola? »
«Sì, è fantastica ».
«Beh, diciamo che l’ho fatta io ».
La bocca di Emma si spalancò. «Dici sul serio? »
Carter ridacchiò. «Te lo giuro. Lavoro nella JWT come media planner ».
«Wow»  commentò. «Deve essere un lavoro stupendo ».
Lui asserì con il capo. «Non mi lamento. Tu invece di cosa ti occupi? »
Scrivo romanzi da dodici sterline. Uno di questi l’hai letto.  No, di certo non avrebbe risposto così.
«Ho lavorato come assistente in qualche giornale e adesso sto scrivendo qualcosa per conto mio. » disse, rimanendo sul vago.
«Mi dovrai far leggere qualcosa prima o poi. »
Em sorrise. «Prima o poi » e affondò il viso arrossato dentro alla tazza con il frappuccino.
 
 
** * **
 
 
 
«Sei fidanzata? »
Okay, questa domanda era l’ultima cosa che si sarebbe aspettata.
«Direi di si ».
Una ruga di incomprensione si formò sulla fronte di Carter. «Diresti? »
«Beh... siamo insieme da tanti anni ormai. E’ come viaggiare sempre nella stessa direzione, capisci? »
Il ragazzo annuì. «Beh, l’importante è che ti faccia stare bene » .
Già. Stare bene. Lei non stava bene per niente.
«E tu? Qualche donna importante, magari alla casa bianca? »
 Non poté non ridacchiare.
«Al momento, no. Sono stato sposato, ma per un tempo talmente breve che non lo ricordo » .
Sposato. Wow. Pensò Em, sbalordita.
Quell’uomo nascondeva più segreti che altro. Era così enigmatico, così... speciale.
«Non mi avresti mai dato del divorziato, vero? »  continuò accennando di nuovo quel sorriso capace di far perdere il filo logico dei pensieri di Em.
«Beh, pensavo fossi un ragazzo di ventidue anni…Divorziato? Proprio no. »
«Sei davvero singolare, Emma ».
Uh. «Cosa è successo fra di voi? »  sviò lei, cercandp di non pensare alle sue parole.
«Doveva andare a comprare un pacchetto di sigarette e in verità aveva un volo per Los Angeles da prendere ».
«Stai scherzando? »  disse con la voce più alta di un ottava e avvicinandosi di più a Carter; i loro bracci si sfioravano.
«No, ma d’altronde è meglio così. Non ero tagliato per fare il marito ».
«E non l’hai più sentita da allora? »
Scosse la testa. «Mai. »
«Che gran bastarda! »  Subito dopo aver espresso quella frase colorita si coprì la bocca con le mani. «Ecco.. non volevo dire proprio.. »
Il ragazzo rise forte. «Si, puoi dirlo forte, era una gran bastarda. »
Em si rilassò sperando di non aver fatto una brutta figura.  «Okay, beh... la professione la sappiamo, situazione sentimentale anche, io ti ho detto dove vivo, tu? »
«Abito a Notthing Hill, in un appartamento. »
«Sarà stupendo... ho sempre voluto abitare lì, cioè a Notthing Hill. »
Carter ridacchiò. «Beh è abbastanza modesto. »
Emma guardò l’orologio sul suo polso, erano ormai più di sessanta minuti che parlavano ininterrottamente e lei doveva andare a fare la spesa per Mike.
«Dovrei andare…»
«D’accordo ».  Nella voce di Carter era presente una nota di delusione.
Si alzarono per andare a pagare ed Em fu più rapida e dopo aver fatto l’occhiolino ad Amanda, pagò per entrambi.
«Ti restituisco i soldi ».
«No, non esiste ».  rispose Emma, uscendo dalla caffetteria.
«Non esiste che tu debba pagare ».
«Dalle mie parti si divide, la scorsa volta hai pagato tu e ora tocca a me ».
Carter provò ad infilarle i dieci dollari nella borsa ma senza successo, visto che la ragazza fu più svelta a defilarsi.
«Sei proprio impossibile »  disse, sorridendo e fermandosi davanti ad una cabina telefonica.
«Me lo dicono in tanti » rispose lei, ricambiando quel sorriso così sincero.
Non avrebbe voluto andarsene, ma purtroppo aveva degli impegni.
«Beh.. allora venerdì prossimo pago io. Tu, invece scegli il libro di cui parlare ».
E il cuore di Em perse un battito. Le capitava troppe volte in quel periodo. Lui voleva rivederla, voleva parlare di nuovo con lei…
Cosa c’era di sbagliato in tutto quello?
Cosa c’era di sbagliato nell’avere un ragazzo con cui fare colazione?
Niente.
Eppure si sentiva come se stesse tradendo Mike… perché l’attrazione che provava per Carter era innegabile.
Iniziò a giocherellare con le mani agitata, ma poi il desidero di rivederlo ebbe la meglio sui sensi di colpa. «Ci sto ».
«Beh allora a venerdì prossimo ».
Si avvicinò al suo viso e per un momento Em pensò di voltare la guancia per premere le labbra sulla bocca di Carter.
Invece fu un bacio casto sulla guancia, nulla di eccezionale se non fosse per il fatto che le labbra di Carter erano soffici e il suo profumo decisamente invitante.
Sapeva di … pastafrolla e fiori freschi.
Si staccarono, lui sorridente e lei imbarazzata.
«Credo che questo sia l’inizio di un’ottima amicizia » mormorò prima di andarsene, lasciando Em imbambolata a fissargli il fondoschiena.
 
 
** * **
 
 
La giornata passò lenta, Em andò a fare la spesa continuando a ripensare all’incontro di quella mattina... in verità fu un pensiero praticamente fisso che non la abbandonò neppure quando si ritrovò  nel letto insieme a Micheal.
Non vedeva l’ora che la settimana passasse per poter tornare seduta in quel tavolo da Starbucks con a fianco uno degli uomini più belli che avesse mai visto.
Carter era...  tutto ciò che aveva sempre cercato in un uomo.
Gli occhi scuri e ipnotici, una carnagione leggermente abbronzata, i capelli castani, un viso regolare e le labbra più belle che avesse mai visto.
Sembravano così soffici, così invitanti.. No, decisamente non poteva permettersi il lusso di pensare ad un altro uomo mentre si trovava sotto le coperte con il suo fidanzato.
«Emmie… che fai? Non dormi? » 
Emma si voltò verso Micheal dall’altra parte del letto, assonnato e con i capelli arruffati.
«Stavo pensando ».
«A cosa? »
All’uomo che mi piacerebbe avere nel mio letto, in questo momento.
«Che tra tre settimane siamo invitati a casa di mia madre, per il mio compleanno » mentì spudoratamente, facendo scorrere le lenzuola sopra il suo viso.
Aveva la terribile abitudine di iniziare a sbattere le ciglia velocemente quando mentiva.
«Siamo sempre andati a casa dei tuoi per il tuo compleanno » rispose semplicemente, avvicinandosi e premendo le labbra sulla sua fronte.
«Ho ventotto anni, Mike… e non ho combinato ancora niente nella mia vita».
  Niente, tranne quel libro.
«Sei tu che non vuoi combinare nulla, sei tu quella che si ostina a passare i pomeriggi rintanata a  scrivere o in cantina a riempire le tele di colore... Potresti trovare un lavoro serio ».
«Pensi che non ce la farò mai a pubblicare qualcosa di importante, eh? »  gli chiese con il magone in gola.
«Sinceramente? No. Non è il tuo destino, Em. Potresti provare a lavorare come segretaria, saresti perfetta. Ordinata, mansueta, sempre pronta ad aiutare gli altri ».
Una lacrima cadde dal viso di Emma.
«Ora dormiamo. Domani mattina mi devo svegliare presto ». 
Mike si voltò dall’altra parte, mentre lei iniziò a piangere in silenzio, rannicchiandosi e cercando di trattenere i singhiozzi che le animavano il petto.
Verso le cinque del mattino, ancora agitata e scossa andò in cantina, tirando giù una tela dallo scaffale.
Doveva sfogarsi in qualche modo, e al momento quella era l’unica soluzione.
Raccolse i capelli in una piccola coda, per poi intingere il pennello nel colore blu e con rabbia  lo iniziò a passare sulla tela bianca.
Quando tornò al piano di sopra, Micheal era già andato al lavoro.
 

Note:

Penso che ormai siate tutte a conoscenza del mio periodo "no" della scrittura, se non è così lo ribadisco.
Ho passato quest'ultimo mese senza scrivere una riga e mi dispiace davvero per questo enorme ritardo, spero che non accada mai più.
Per quanto riguarda questo capitolo, ho da dire due cose.
La prima è che la poesia scritta da Emma sul treno l'ho davvero scritta io, mostrata alla mia maestra e sono stata trattata come l'ultima dei copioni e non è nemmeno tutta questa meraviglia.
La seconda è che la Christina amica di Emma, esiste davvero. La potete trovare all'indirizzo Crys_Pattinson87 , e leggere le sue bellissime storie. Il personaggio ovviamente sarà ispirato a lei.
Prometto di essere più veloce con il prossimo aggiornamento, comunque troverete in questi giorni gli spoiler o nel mio blog Qui ed Ora. oppure sul mio profilo facebook Martybet Efp
Ringrazio le 22 splendide persone che hanno recensito il primo capitolo e le 60 che hanno aggiunto Hic et Nunc tra le preferite e seguite:  http://media.tumblr.com/tumblr_lreq0pnly21qc3rnv.gif
 
Un bacione,
Martina :*

 

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Capitolo 3
*** I was broken, for a long time ***


lol
Hic et nunc.
I was broken


for a long time.

Capitolo 3


Nello spogliatoio della palestra della Virgin, Emma fissava le sue gambe e il suo lato B con un misto di disgusto e rassegnazione. Non avrebbe dovuto indossare quegli shorts, decisamente troppo corti per i suoi gusti.
Christina dall’altro canto, sembrava completamente a suo agio in quel completo, benché avesse una taglia superiore a quella dell’amica.
Em sospirò lentamente, per poi prendere l’asciugamano e dirigersi verso la zona fitness della palestra.
Le due ragazze raggiunsero il tapis roulant e iniziarono a correre come ogni mattina del mercoledì.
«Per cui, quando mi deciderai a dirmi cosa ti passa per la testa? » chiese, aumentando la velocità e guardando Emma con un sopracciglio alzato.
«Cosa intendi? »  Le sue dita si strinsero maggiormente intorno al manubrio.
«E’ tutta la mattina che sei strana e non hai aperto bocca. Inoltre sei stata più di un’ora a fissare il tuo posteriore » .
La ragazza iniziò a scuotere la testa ritmicamente, come per scacciare via un brutto pensiero.
Di solito era brava a nascondere i suoi sentimenti, ciò che provava dentro difficilmente veniva compreso dal mondo, invece quella mattina era diversa.
Si sentiva diversa.
Doveva raccontare alla sua migliore amica di Carter? Doveva dirle che aveva passato una notte intera a piangere per colpa del suo fidanzato e dei suoi genitori troppo insistenti?
Iniziò ad annaspare alla ricerca d’aria.
«Ho incontrato una persona… »
«Una persona? Che genere di persona? »
«Un uomo » .
La bocca di Christina si trasformò in una piccola “o” di stupore e guardò Emma con fare malizioso.
«Non ti facevo quel genere di persona, ma hai tutto il mio appoggio » .
Em le diede uno spintone che per poco non la fece cadere e allargò le pupille a vista d’occhio. «Non ci sono andata a letto! »
«Peccato» .
Lo sapeva che avrebbe fatto meglio a tacere, ma aveva bisogno di un consiglio, aveva un disperato bisogno che qualcuno le dicesse cosa fare.
«Quindi?»
«Ha comprato “Il retrogusto del cioccolato” senza conoscermi. L’ho incontrato alla Shipley e mi ha suggerito di leggerlo, il mio libro »  prese fiato. «Sono andata con lui a fare colazione, e abbiamo parlato. Parlato come non mi capitava da tempo » .
Christina la fissò con un sopracciglio alzato. «E… com’è? »
«Com’è chi? »
«Mia zia ».
Emma la fissò come se fosse pazza.
«Il ragazzo chiacchierone» .
«E’… »  rallentò la velocità del tapis roulant per evitare di avere un attacco cardiaco. «E’ bello » .
Chris iniziò a ridere sguaiatamente e a farsi aria con una mano. «Bello? Una persona normale non va in trance per un’ora perché ha incontrato una ragazzo… bello » .
Effettivamente non aveva tutti i torti. Emma non aveva incontrato un ragazzo solo bello, Emma aveva incontrato qualcuno con cui parlare, con cui sentiva di potersi aprire.
«Non è solo quello, Chris. Ho litigato con mia madre e Mike crede che io possa diventare solo una segretaria nella vita. Il ragazzo bello non c’entra poi così tanto » .
Le ragazze scesero dal tapis roulant insieme, asciugandosi la fronte con l’asciugamano lasciato sul manico.
«Stasera usciamo e non accetterò una risposta negativa. Hai ventisette anni, non cinquanta »  la riprese l’amica, dandole un piccolo puffetto sulla spalla.
«Devo… »
«Preparare la cena per Mike? Em, dai! Ci divertiamo! »
Emma rimase un secondo interdetta, da un lato voleva uscire con Christina e dall’altro c’era il senso del dovere a chiamarla.
«D’accordo, ma niente di frenetico » .
«C’è un mio amico che ha un pub vicino alla Soho House, è carino» .
«In memoria dei vecchi tempi »  rispose sorridendole e alzando gli occhi in gloria per un istante.
«Già »
Un tempo, quando Micheal ancora non lavorava, la sera uscivano spesso insieme, si divertivano.
Emma non sentiva il peso degli anni, dietro di sé, si sentiva libera di fare ciò che voleva.
Adesso le cose erano cambiate, in modo spaventoso.
Andarono verso gli attrezzi per gli addominali e iniziarono ad allenarsi. Christina non faceva altro che parlare di ciò che avrebbero fatto la sera, mentre Emma la fissava con un senso di nostalgia senza ascoltarla realmente.
Quando sarebbe tornata a respirare?
Quando avrebbe iniziato di nuovo?
 
**   *  **
 
 
Tornò a casa dopo pranzo, non si aspettava di trovare il suo fidanzato seduto in salotto a sorseggiare una tazza di tè con Terence, un suo collega.
«Ehi, Em! Vieni qui, guarda chi è venuto a trovarci » .
Emma non sopportava Terence, lo trovava rozzo e antipatico, per lo più ricordava la sera dell’anno precedente quando ubriaco aveva cercato di baciarla.
Fece il suo ingresso in sala, cercando di sorridere e non dare a vedere quanto le desse fastidio trovare quell’uomo seduto sul suo divano.
«Ciao Terence, come stai? »
«Tutto bene, Emma. Tu? »
«Bene » rispose come fosse una battuta programmata e ripetuta troppe volte durante quelle ultime due settimane.
Stampò un bacio a fior di labbra a Mike dopodiché si andò a sedere vicino a lui.
Fece per prendere una rivista posata sul tavolino, ma il braccio di Terence la bloccò ed entrambi gli uomini la guardarono fissa negli occhi.
Qualcosa non andava.
«Dobbiamo parlarti» disse Micheal, ed un sorrisetto andò a formarsi sugli angoli della sua bocca. Cosa poteva essere di così importante?
«Abbiamo una proposta per te »  continuò Terence, come se si fossero studiati le parti, per ripeterle più tardi quando sarebbe arrivata. 
«Se si tratta di una cosa a tre, mi dispiace. Non sono il tipo » finì con una risatina, ma nessuno dei due si mise a ridere, ma continuarono a guardarla con attenzione.
Non aveva idea che cosa stesse succedendo, o che cosa quei due avessero in mente. Di una cosa era certa;  non poteva essere nulla di buono.
«Mike mi ha detto che ti serve un lavoro. Nelle nostra catena di ristoranti, ci serve qualcuno che si occupi… della sala. Saresti perfetta » .
Forse non aveva capito bene, forse era impazzita e delle parole senza senso erano giunte alle sue orecchie. Le stavano proponendo un lavoro?
La sua vita non era già di per sé abbastanza patetica, dovevano mettersi in mezzo anche quegli stupidi ristoranti.
«Io…non credo che… »  annaspò alla ricerca delle parole giuste, ma il suo fidanzato la mise a tacere prima che potesse finire la frase.
«Ho già accettato per te, penso che ti faccia bene staccare un po’. E’ un’opportunità… »
Stentava a credere che stesse facendo sul serio, era arrivata a questi livelli? Pensavano davvero tutti che fosse solamente una stupida fallita?
Gli occhi iniziarono a pizzicare senza che se ne rendesse conto, e i pugni delle mani si serrarono ritmicamente… tanto che le unghie infilzarono nella carne a tal punto da farle male.
«Sì, è davvero un’opportunità, Em. Lavoreresti solamente da mezzogiorno alle quattro… e magari qualche giorno la sera. La paga non è molta, ma con la crisi di questo periodo… »
Cercò di mantenere la voce ferma. «Cosa dovrei fare esattamente? »
«Ecco... gestiresti la sala ».
Il che significava una sola cosa..
«Dovrei fare la cameriera? »
«Non vederla così » .
Si alzò dal divano, con le fiamme negli occhi e la voglia di buttare fuori a calci sia Micheal che Terence.
«E come dovrei vederla? »  rispose ridendo amareggiata.
«Come un’opportunità… »
«Oh, grandioso! Perfetto! »  sbottò, digrignando i denti. «Non vedo l’ora di iniziare, ora se volete scusarmi ».
Ormai la sua voce era più alta di due ottave, e se fosse rimasta in quella stanza un minuto di più, probabilmente sarebbe finita con rompere tutti i vasi presenti.
Aprì la porta delle scale per la cantina, per poi chiudersi dentro, lottando contro le lacrime che le si erano agglomerate ai lati degli occhi.
Non c’era nessuna ragione per piangere, non ne valeva la pena.
Prese da uno scaffale un suo vecchio libro, Oscar e la dama in rosa. Si sedette per terra e si rifugiò nell’unico luogo in grado di farla stare meglio. Quello dove poteva essere chi voleva, quando voleva.
I libri erano sempre stati i suoi migliori amici.
 
 
 
Quando salì in macchina di Christina, l’amica la guardò con uno sguardo compiaciuto. Emma aveva indossato un vestito blu scuro, che metteva in risalto il suo corpo snello.
La moda era un lusso che si concedeva ogni tanto, le piaceva vestirsi bene… anche se spesso non si sentiva a suo agio con il suo corpo, come la gran parte del popolo femminile.
«Brutta stronza che non sei altro! Sei più figa di me, non vale! »
Emma rise di gusto e alzò un sopracciglio. «Non pensi che sia esagerato? »
«Assolutamente no. Come mai così eleganti? »
Christina mise in moto ed Emma cominciò a torturarsi le unghie con i denti. Fece un lungo sospiro prima di risponderle.
«Ricordi Terence? »
«Mh, il tipo che ti ha infilato la lingua in bocca? »
«Esatto. Oggi pomeriggio lui e Mike mi hanno proposto un lavoro come cameriera ai “G&Ms”» .
«Stai scherzando? »  Gli occhi di Christina si spalancarono, e per un momento fu indecisa se mettersi a ridere o ad urlare.
«Ho la faccia di una che scherza?» .
«Sei troppo buona Emma, io avrei già mandato a fanculo tutti. Micheal per primo » .
Uno sbuffo fu la sua risposta.
«E quindi cosa hai intenzione di fare? »
«Adesso? Divertirmi e possibilmente ubriacarmi. Per il lavoro, si vedrà» .
 
 
«Un altro giro per favore» dissero al barista.
«Em, credo di essermi innamorata…»
Emma portò la bocca al bicchiere di birra e ingoiò avidamente. «Lo dici tutte le volte che incontri un bell’uomo» .
«No, è diverso questa volta. Guarda a destra, dietro il tipo con il cappello alla Chris Martin» .
La ragazza si voltò lentamente e trovò un ragazzo alto, con i capelli biondi fissare Christina nello stesso momento.
Non era male, in effetti.
Rimase a guardarli ancora per qualche istante, lui continuava a muovere le sopracciglia in modo al quanto bizzarro, mentre la sua amica bagnava ripetutamente le labbra con la lingua.
«Se volete vi lascio un po’ di privacy »  borbottò, dandole un piccolo spintone sul braccio.
«Non è l’uomo più bello che tu abbia mai visto? »
«Robert Pattinson, che fine ha fatto? »
«Robert è la mia anima gemella, il punto è che lui non lo sa ancora. Questo bel biondino potrebbe essere il prossimo a godere delle mie grazie» .
«Spero che sia l’alcool a farti parlare, tesoro» .
Risero nello stesso momento, brindando con i boccali stracolmi di birra.
Qualche minuto più tardi, Christina lasciò il bancone, dopo essersi scusata con Emma, e andò a puntare la sua preda da più vicino.
La ragazza, rimasta sola con i suoi pensieri, continuò a bere a sorsi la birra e a godersi la musica che stavano suonando.
Marcus Foster, era probabilmente il nome dell’artista. Non lo ricordava con esattezza, tanto più con l’alcool in circolazione.
Cominciò a pensare alla proposta del pomeriggio. Come sarebbe stato lavorare ai G&Ms. Forse Mike, dopotutto non aveva tutti i torti, forse quel lavoro avrebbe portato un po’ di serenità nella sua vita.
Già, forse…
Tutti quei forse, non le andavano più bene.  Aveva un disperato bisogno di certezze, un disperato bisogno che qualcuno si fermasse a capirla.
Cercò di focalizzare la sua attenzione sulle parole della canzone, per non tornare nel suo  girone infernale fatto di preoccupazioni.
 
 
I was lonely, 
I was tired, 
Now I'm bound. 
 
My head is off the ground. 
For a long time, I was so weary,
Tired of sound
I hear before.
 
 
 
 
«Adoro questa canzone… »
All’inizio non riconobbe la sua voce.
«E’ la seconda volta in una settimana che ci incontriamo casualmente, abbiamo raggiunto un record, mh? »
Emma alzò gli occhi sorpresa e anche un po’ brilla.
Possibile che Carter fosse lì, in quel momento?
Sì, era possibile.
Il ragazzo era in piedi di fronte a lei, gli occhi leggermente lucidi, i capelli arruffati e un sorriso stampato sulle labbra.
Non era così ubriaca da avere visioni, no?
«Ciao» continuò lui, accomodandosi dove qualche minuto prima c’era la sua amica.
«Ciao,cosa… cosa ci fai qui? »
Carter ridacchiò. «Sono qui con un mio amico, per parlare di lavoro. Ma al momento è molto impegnato con una biondina, di tua conoscenza. Stava parlando con te, no? »
«Uhm, sì. Si chiama Christina, è la mia migliore amica »  continuò perplessa.
«Piccolo il mondo… »
Tante piccole coincidenze l’avevano portata due volte a questo uomo bellissimo e apparentemente dotato di un sorriso capace di uccidere.
«Non riesco a crederci. E’ assurdo » .
«Sei molto bella, stasera. Il blu ti dona » mormorò il ragazzo, avvicinandosi con la sedia a quella di Emma.
«Oh, ehm…grazie, anche tu non sei… anche tu stai bene» .
Il cervello era partito, non capiva più niente.
Probabilmente era l’alcool, probabilmente era Carter, probabilmente erano tutti e due. Le sue guance si imporporarono di un pudico rossore che cercò coprire con le mani.
Quando era con lui si sentiva sempre priva di barriere, come se quegli occhi così profondi riuscissero a leggerla.
«Posso offrirti qualcosa da bere? »
Bere? Forse era il caso smettere. Scosse la testa, mimando una specie di sorriso e gli mostrò il bicchiere di birra ancora mezzo pieno.
Carter invece, ne ordinò un’altra e la costrinse a brindare.
«Ai nuovi amici» disse lei.
Si guardarono fisso, come era solito fare durante un brindisi. Erano sguardi imbarazzati, ma anche felici di essersi ritrovati. Come se non avessero fatto altro che aspettare quel momento.
Dopo alcuni minuti di silenzio, fu Emma ad aprire bocca.
«Quindi, il tuo amico com’è? »
«Mh, Alex adora le belle donne, ma è una persona posto. Mi fido ciecamente » prese un sorso di birra, e fu uno strazio per Emma non concentrarsi sulla sua giugulare. «E… Christina, giusto? Mi sembra molto… vivace» .
Sorrisero entrambi.
«E’ vero, alcuni potrebbero definirla pazza. E’ innamorata di un attore da tre anni, e ancora non si dà per vinta. E’ sincera e simpatica. A volte invidio la sua sicurezza, io non sono mai stata così » .
«Ad ognuno le sue qualità, giusto? »
Annuì non molto sicura ciò che intendesse.
«Per cui, direi che l’accoppiata non potrebbe essere delle migliori» concluse lui, cercando qualcosa dalla giacca. «Vado fuori a fumare una sigaretta, mi accompagni? »
Emma guardò in direzione di Christina, stava bellamente parlando con Alex, per cui non si sarebbe nemmeno accorta della sua assenza.
Per scendere dalla sedia, afferrò la mano di Carter e per un secondo il suo cuore aumentò notevolmente i battiti.
In quel momento non esisteva altro che quel ragazzo per lei. Giusto, sbagliato, non lo sapeva.
In quel momento non pensava ai suoi problemi, né tantomeno al suo ragazzo.
Sorrise a Carter, perché tutto il resto, non importava.
 
«Vuoi? »
«No, grazie. Ho smesso qualche anno fa» .
Emma aveva iniziato a fumare come la maggior parte degli adolescenti al liceo.  Era un vizio che aveva portato avanti fino alla fine dell’università, e che poi si era costretta a perdere.
Una cosa che odiava, era dipendere da qualcuno o qualcosa.
I vizi, non le erano mai piaciuti.
Vedere Carter fumare però, era  un altro paio di maniche. Quel ragazzo sarebbe stato perfetto anche con un costume da zucca per Halloween.
«Hai freddo? »  chiese lui, guardandola con un sopracciglio alzato.
Non si era resa conto di aver iniziato a tremare, era troppo presa dai suoi pensieri. «Uhm, un po’» .
Un secondo dopo, indossava il cappotto del ragazzo.
«Fa tanto cliché, ma mi dispiacerebbe se ti prendessi un raffreddore»  spiegò, infilando le mani nelle tasche e aspirando dalla bocca il fumo.
«G… grazie, non dovevi» .
Quello che non aveva messo in programma era il suo profumo. Quello che emanava la sua giacca. Era dolce, ma non troppo. Sapeva di uomo.
Non poteva desiderare di meglio.
«Quindi, cosa hai fatto oggi? »
«Uh, io… sono andata in palestra e poi a casa, tu? » rispose, mordendosi leggermente il labbro inferiore e sedendosi su una panchina vicino a lui.
«Ho lavorato, e poi sono andato a vedere lo spettacolo di mia sorella a scuola» terminò, con un piccolo accenno di sorriso. «Si è dimenticata le battute ed è corsa via. E’ stato esilarante» .
Emma si unì alla risata di Carter. «Poverina! Anche a me è successo. Quanti anni ha? »
«Otto a marzo. E’ una piccola peste» .
«Sembri molto… affezionato»  constatò la ragazza.
«Sì. E’ stata una sorpresa per tutti. Quando è nata ero già maggiorenne e vaccinato e non credevo che i miei… beh, hai capito » .
«Dev’essere bello avere un fratello maggiore, qualcuno che si occupi di te »  rispose Emma, pensando alle litigate con Mallory durante la sua adolescenza.
Quando per caso la sorella le ruppe il naso e sua madre diede la colpa a lei, non fu per niente un bel momento.
«Così… fai palestra»  glissò sull’argomento.
«Mi piace correre »  rispose semplicemente, guardandosi attorno. La strada si era improvvisamente svuotata, e parte la musica ovattata proveniente dal locale, c’era uno strano silenzio.
«Sei una donna estremamente interessante, lo sai? »
Emma non riuscì a  non ridere. «Io? Interessante? Penso che il freddo non ti faccia bene… »
Carter alzò gli occhi al cielo, e dopo aver gettato la sigaretta per terra, si sedette accanto a lei.
«Se lo dico, vuol dire che lo penso» .
«Beh, anche tu sei interessante. Mi piace stare in tua compagnia» . Sicuramente era l’alcool a farla parlare. Lei non avrebbe mai azzardato così tanto.
Il ragazzo fece per rispondere, ma Christina uscì in fretta e furia dalla “Greek House”.
«Dobbiamo andare, Em. E’ codice rosso, viola, blu. Insomma, sbrigati» .
Neanche il tempo di aprire la bocca, che la sua amica si era già diretta verso la macchina.
Emma si alzò, voltandosi lentamente verso Carter.
Gli diede la sua giacca, ringraziandolo e rimase un secondo interdetta. Come avrebbe dovuto salutarlo? Con un bacio sulla guancia?
«’Notte Em» mormorò lui.
Forse c’era un altro modo… più originale.
«’Notte Dodger» .
«Dodger? »
«Vediamo se lo sai»  ammiccò lei, sorridendo.
Carter scosse la testa divertito, e fece spallucce. «Oliver Twist? »
«Ecco di cosa parleremo venerdì» .

 

NOTE:
*fa ciao ciao con la manina*
Non so che dire, probabilmente  è più di un mese che non mi faccio vedere su EFP, e non so dare nemmeno io una spiegazione. Odiavo tutto ciò che scrivevo e alcuni momenti sono stata davvero tentata di cancellare tutte le mie storie.
Ho aspettato pazientemente , e con gran fortuna l'ispirazione mi è venuta a trovare in questi giorni. Ho lavorato al capitolo per qualche ora, e questo è il risultato :)
Uh, e a proposito di Carter.  Inizialmente lo avevo immaginato simile a Jim Sturgess, ma dopo aver visto Jamie in Once Upon A Time, non ho potuto non innamorarmi di lui. Penso che sia perfetto per Carter :)
Ecco, la foto:  QUI
Prima di natale posterò un capitolo di DPAC, e un altro di Hic et Nunc. Grazie a tutti di cuore, e spero che il capitolo vi sia piaciuto xxxx
Martina

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