Hic et nunc di Martybet (/viewuser.php?uid=105575)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Reality is overrated ***
Capitolo 2: *** Happily ever after doesn't exist ***
Capitolo 3: *** I was broken, for a long time ***
Capitolo 1 *** Reality is overrated ***
hic et nunc 1
Hic et nunc.
Reality is over-rated.
- Sometimes, when it is going badly,
- she wonders if what she believes to be a love of
- the written word
- is really just a fetish for stationary.
- Quando Emma aprì la porta della
libreria quella mattina di fine gennaio, il signor Marshall come sempre scosse
il capo facendole capire che dallo scorso venerdì nulla era cambiato.
- Le copie del suo libro erano ancora
lì, intatte, poste tra uno scaffale polveroso e soprattutto senza nessuno che
le acquistasse.
- Emma sospirò rassegnata all’idea di
doversi mettere a cercare un lavoro serio, e non un passatempo come lo definiva
spesso sua madre. Ovviamente nessuno della sua famiglia aveva letto il romanzo
in questione, neppure Micheal, il suo fidanzato, e ciò anche se non voleva
darlo a mostrare l’aveva ferita. Nessuno credeva in lei, nemmeno le persone che
avrebbero dovuto: sostenerla, amarla, incoraggiarla.
- «Mi dispiace Em», disse Tom, non appena vide i suoi occhi farsi
man mano più lucidi e rispecchiare immediatamente la sua delusione. Sapeva che
era da stupidi mettersi a piangere, ma il pensiero di avere fallito le
squarciava il petto, il pensiero di non aver fatto capire a tutti chi fosse
realmente la distruggeva.
- Tirò su con il naso fingendo un
mezzo sorriso. «Non preoccuparti, faccio un giro. »
- Detto ciò, sparì tra i
corridoi della Shipley, iniziando a rovistare tra gli scaffali alla ricerca di
un libro che le facesse staccare la spina per un po’, alla ricerca di qualche
racconto harmony che la facesse sognare. Man mano che camminava, ripensava alla
sua vita, a quanto fosse patetica e vuota, a quante delusioni avesse
riscontrato durante i suoi quasi ventotto anni.
- Quasi perché mancavano quattro settimane
al suo compleanno che avrebbe sicuramente trascorso a casa dei suoi genitori
con Micheal, parlando di quanto la sua vita fosse uno sfacelo e una delusione
per i suoi genitori.
- Sia sua madre che suo padre
pensavano che fosse davvero ignobile non seguire le orme della famiglia, ovvero
frequentare medicina, per mettersi a scrivere romanzetti da poche
sterline. E sapere che avevano ragione le stava attanagliando l’anima.
- Dopo aver letto un paio di trame
decise di prendere “Un giorno” di David Nicholls, consigliatole da sua sorella
maggiore Mallory qualche settimana prima.
- Mallory….
- La sorella perfetta.
- Già sposata con un marito
raccomandabile e ricco, una carriera brillante e la completa adorazione da
parte dei loro genitori.
- Quante volte si era sentita ripetere
la frase: “Magari fossi un po’ di più come tua sorella e non con la testa
sempre fra i libri.”
- Perché nessuno voleva capirla?
Perché?
- Sconsolata si avvicinò verso lo
scaffale dove era riposto il suo romanzo, fissandolo con un misto di odio e
sofferenza.
- Il
retrogusto del cioccolato, di Emma Mills.
- Cosa c’era che non andava con quello
scritto? Perchè la casa editrice lo aveva promosso con entusiasmoe invece
nessuno lo voleva leggere?
- Tirò su con il naso, quando sentì
all’improvviso una presenza dietro di lei, qualcosa le aveva sfiorato il
braccio.
- « E’ davvero bello, l’ho letto in
viaggio poco tempo fa... dovrebbe comprarlo. »
- Emma si voltò paralizzata, un po’
perché le pareva tanto assurdo che qualcuno stesse commentando il suo libro, e
un po’ perché la voce di quell’uomo sembrava estremamente attraente. Si, attraente
era la parola migliore per definirla.
- Alzò gli occhi spaventata e anche
leggermente perplessa incontrando due occhi profondi marroni osservarla con
attenzione.
- « Scusi? »
- Il ragazzo, sicuramente su una
ventina d’anni, sorrise mostrando la dentatura pressoché perfetta, ed Emma
credette di essere in paradiso. La pelle chiara, il viso marcato da degli
zigomi pronunciati, le labbra carnose e le ciglia lunghissime. Non aveva mai
visto un uomo più fascinoso.
- «Mi è capitato di leggere questo
libro qualche settimana fa... E’ davvero bello. »
- Bello? Qualcuno aveva definito
il suo libro bello? La ragazza, nonché autrice del libro, dovette
aggrapparsi allo scaffale per non ciondolare; sentiva le gambe molli, come se
si fosse trovata improvvisamente in un sogno.
- «Io.. » , non riusciva a trovare le
parole giuste, come se tutti i pensieri coerenti che formulava poi perdessero
improvvisamente senso.
- « Sono Carter, molto piacere... »
Il ragazzo dalla pelle color nocciola, allungò una mano verso di lei,
probabilmente aspettando una risposta. Emma rimase un secondo perplessa, non
poteva certo presentarsi come Emma Mills; si sentiva in imbarazzo.
- « Em. » , disse poi
semplicemente stringendo quella mano dalle dita lunghe e affusolate, grande, ma
soprattutto calda a contatto con la sua. Una serie di brividi le percorsero la
schiena, e non erano dovuto alla temperatura invernale di Londra.
- L’unico ragazzo sulla terra che
aveva definito il suo libro: bello.
- Bello.
- Quella parola continuava a
riecheggiarle nelle orecchie, come se fosse la più bella del mondo.
- «Stavi cercando un libro in
particolare? » , chiese lui continuandola ad osservare con attenzione,
curiosità.
- Come se lei, fosse il libro da
leggere.
- La verità era che Emma non era per
niente interessante, almeno a detta sua. Ragazza anonima, era stato
spesso il suo nickname su internet.
- Capelli castani, portati quasi
sempre legati, due occhi color castano, ma che lei copriva con una montatura di
occhiali. Un fisico asciutto, magro, ma l’assenza di curve era sempre stato il
suo tallone di achille. Una misera seconda di reggiseno.
- « In verità… no», rispose rendendosi conto di essersi persa a fissare il
vuoto.
- « Vieni qui spesso? »
- « Si, adoro le librerie. Hanno un
profumo che mi fa impazzire. »
- Lui sembro concordare. « Già, anche
se preferisco l’odore dei libri antichi. »
- Senza rendersene conto Emma sorrise
istintivamente, forse perché aveva trovato qualcuno con cui condividere una
passione, senza che quest’ultimo la credesse una perfetta idiota.
- Quando aveva confidato a Micheal
quel particolare la sua risposta era stata una risata. « Come se i libri
profumassero. » , aveva detto.
- «Ti va di andare a prendere un caffè
qui davanti? Sono ottimi e non ho fatto colazione. »
- Era un invito?
- Ovvio che lo era, ma perché stava
invitando lei? Una ragazza sulla soglia dei trent’anni che non aveva nulla di
interessante.
- «Io dovrei tornare a casa. »
- « Giuro che ti rubo solo dieci
minuti. »
- Sorrisero insieme, e dopo di che
Emma annuì. « D’accordo. »
- Come poteva rifiutare? Probabilmente
se ne sarebbe pentita per il resto della sua vita.
- Quando passarono davanti al bancone,
Tom salutò Emma con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto. « A
venerdì. »
- « Ciao Tom. »
- Le sopracciglia del ragazzo si
aggrottarono. « Sembra conoscerti molto bene. »
- «Vengo qui una volta alla settimana,
se non di più.»
- Il ragazzo annuì, continuando a camminare
verso Starbucks. Era così strana quella situazione. Emma aveva accettato di
prendere un caffè con un perfetto sconosciuto, uno sconosciuto che chissà
perché aveva letto il suo libro. Uno sconosciuto che lo aveva commentato
utilizzando l’aggettivo bello. E lei non sembrava pentirsene affatto.
- Soprattutto perché era il ragazzo
più fascinoso che avesse mai visto.
- Soprattutto perché adorava i libri.
- Soprattutto perché la guardava con
attenzione, non dandola per scontata. Aveva ascoltato con curiosità le poche
parole che gli aveva rivolto.
- « Ti piace il caffè? », chiese
interrompendo i suoi pensieri confusi e contorti.
- « Bevo un litro di caffè al giorno,
certo che mi piace! ». Emma si pentì subito di aver risposto con tale
entusiasmo.
- « Ah beh, oltre a due amanti dei
libri, siamo anche due caffeinomani a quanto pare. »
- La ragazza rise piano, entrando nel
bar seguita a ruota da Carter.
- « Ehi Em, sei in compagnia oggi!
» Le disse Amanda non appena la vide comparire sulla soglia del locale.
- Carter la fissò divertito. «
Immagino che tu venga anche qui, molto spesso. »
- « Immagini bene.» Arrossì
senza rendersene conto.
- Lui annuì dirigendosi verso la
cameriera per ordinare.
- « Io prendo un caffè espresso
e per te? »
- « Un muffin ai mirtilli e un
cappuccino. » Rispose lei sempre mantenendo un sorriso sul suo volto.
- Carter da vero gentiluomo la fece
accomodare al tavolo che dava di fronte alla vetrata imbiancata.
- Londra era completamente ricoperta
di un soffice strato di neve e anche se ad Em non piaceva molto il freddo,
adorava quel periodo dell’anno.
- Adorava la neve.
- Forse perché tutte le cose più belle
della sua vita erano capitate tra quei fiocchi di acqua ghiacciata.
- E forse, anche quell’incontro era
destinato ad essere custodito tra di essi.
- Rimasero in silenzio ad aspettare
che arrivasse Amanda con le loro ordinazioni, Em guardava fuori dalla
vetrata, e Carter guardava lei.
- Sentiva il suo sguardo addosso e non
poteva che esserne lusingata.
- « Abiti in zona? » ,le chiese
poi all’improvviso lui.
- « Dieci minuti di treno, e un quarto
d’ora di metropolitana. »
- « Wow, deve starti proprio a cuore
quella libreria.. »
- Già, l’unica libreria che vendeva le
copie del suo romanzo.
- Vennero interrotti da Amanda che con
un sorriso che la sapeva alla lunga diede i caffè e il muffin. Fece
l’occhiolino ad Emma e poi se ne tornò dietro al bancone canticchiando.
- Quella donna era davvero
incredibile.
- « Posso farti una domanda che
ti sembrerà al quanto stupida? » ,chiese poi d’un tratto Emma mentre iniziava a
spezzettare come al suo solito il muffin.
- «Certo, anche se dubito altamente
che sia stupida. »
- « Mi racconti perché ti è piaciuto Il
Retrogusto del Cioccolato? »
- Carter sorseggiò il caffè, e Emma si
incantò un secondo a fissare il suo collo, abbronzato ed estremamente sensuale.
- E lei era fidanzata.
- Scosse la testa cercando di
abbassare lo sguardo e aspettando che Carter le rispondesse.
- « Beh... solitamente non amo i
romanzi d’amore. Forse perché tutte le storie che mi sono capitate di leggere
erano banali, scritte da donne senza moralità. Te lo dice uno che ha dovuto
leggersi Twilight perché la sorella minore lo ha costretto. »
- Emma rise portandosi una mano alla
bocca.
- « Comunque, questo libro non è
per niente scontato. Finalmente è una storia vera, che parla di personaggi
veri, con difetti e quant’altro. Quello secondo me è l’amore vero. L’amore tra
un vampiro e un’umana per quanto sia attraente non mi interessa. L’amore deve
avere il retrogusto amaro del cioccolato. »
- Una soddisfazione notevole iniziò a
crescere nel petto della ragazza, soprattutto quando lui le disse che davvero
le consigliava di leggerlo.
- Quanto era strana e assurda quella
situazione da uno a dieci?
- Iniziò a bere il suo cappuccino e
all’improvviso capì che c’era qualcosa che non andava visto che Carter aveva
iniziato a ridere sguaiatamente.
- « Che c’è? »
- « Sei sporca di schiuma», disse lui. « Proprio qui. »
- E si avvicinò con un fazzoletto
verso il viso di Em, proprio come nella pubblicità. La scena le sembrò che
fosse rallentata, perché lei la stava come vivendo in slow motion.
- Passò il fazzoletto di carta verso
il labbro della ragazza con estrema lentezza e la guardò negli occhi con un
mezzo sorriso stampato sulla bocca.
- Sguardi, i loro sguardi erano
incatenati e le guance di Emma erano sempre più tendenti al violaceo.
- «Sei a posto.»
- « G.. grazie. »
- « Di nulla. »
- E si sorrisero timidamente.
- Continuarono a mangiare e bere,
anche se qualche volta i loro sguardi si univano e Emma sentiva una morsa stringerle
lo stomaco.
- Cosa le stava succedendo? Perché
continuava a guardare quel ragazzo, quando Micheal, il suo fidanzato la
aspettava a casa?
- «Vieni spesso alla Shipley, tu? »
Ora era il suo turno di chiedere.
- « Ci sono stato la settimana scorsa
e mi è piaciuta... è piccola e accogliente e come avrai notato adoro i libri. »
- «Già... ma quindi tu sei... cioè
studi qui a Londra? »
- Carter rise piano. « Studiare? Non
sono uno studente Em... »
- Emma sbiancò all’improvviso.
- « Quanti anni mi dai? » Le
chiese lui dopo poco, con un tono di voce misto tra la curiosità e il
divertimento.
- « Ventidue? »
- « Aggiungicene dieci e ci sei
quasi.»
- Okay, la stava prendendo in giro.
Non era possibile che quel ragazzo fosse più vecchio di lei. Di quattro anni
addirittura.
- « Tu... tu hai trentadue anni? »
- «Mm...mm. »
- « Lo sai vero che sembri più
giovane? »
- Il ragazzo abbassò lo sguardo
compiaciuto. « E tu quanti anni hai? »
- « Ventotto tra quattro settimane. »
- « Anche tu sembri più giovane,
comunque. » Le disse facendola rimanere a bocca aperta.
- Spesso le dicevano che dava l’idea
di una quarantenne indaffarata, e lui aveva detto che sembrava più giovane?
- Doveva esserci per forza una
telecamera nascosta in quel bar, non c’era altra spiegazione logica a tutto
ciò.
- E si stava mettendo nei pasticci,
non solo perché Micheal la stava aspettando a casa, ma perché a lei quel Carter
stava iniziando a piacere.
- « Io dovrei andare. »
- Il ragazzo annuì sorridendo, e
quando si alzarono per andare a pagare la superò e la costrinse a riporre il
portafoglio nella borsa.
- « Così sarai costretta a ricambiare.
» Le diede come spiegazione non abbandonando il sorriso.
- Emma ricambiò anche se sapeva dentro
di lei che quel ragazzo non l’avrebbe visto mai più.
- Sarebbe scomparso in un secondo così
come era entrato nella sua vita.
- «Grazie mille per il cappuccino e il
muffin. Sono stata bene. »
- «Grazie a te, Em.»
-
- Emma non fece altro che pensare a
quell’incontro durante il viaggio di ritorno. Durante la metropolitana, durante
i venti minuti di treno.
- Mentre passeggiava per il viale che
portava a casa sua.
- Si sentiva inspiegabilmente
inquieta, come se avesse paura a rientrare nel suo appartamento con Mike.
- Quando fu davanti alla porta,
aspettò qualche secondo prima di tirare fuori le chiavi. Cercò di calmare
quella strana sensazione dentro di lei, e non prima di aver preso un lungo
respiro, infilò la chiave nella toppa ed entrò.
- La voce del suo fidanzato fu la
prima cosa che sentì.
- « Dove sei stata? »
- Il suo tono inquisitorio la fece
sbuffare.
- « Alla libreria. »
- « Ti ho chiamato», continuò lui.
- «Ho lasciato il cellulare qui. Hai
fame? »
- «Si. »
- Ovviamente era Emma che si doveva
preoccupare del cibo, di ogni cosa a dire il vero. Abitavano insieme da anni
ormai, ed erano anni che Micheal non alzava un dito.
- La casa era piccola, ma il lavoro
non mancava. Soprattutto se si trattava di lavare i suoi vestiti e preoccuparsi
del pranzo e della cena.
- Quanto avrebbe voluto Emma tornare a
casa e trovare il bagno caldo, pronto per lei; la tavola apparecchiata e il
letto fatto.
- Ma Micheal aveva un lavoro vero. Non
stava seduto sulla sua scrivania a scrivere romanzetti d’amore.
- Micheal doveva fare i turni al
ristorante.
- Micheal non la capiva.
- Nessuno la capiva a dire il vero,
tranne il ragazzo appena conosciuto alla Shipley.
- Emma sospirò lentamente
appoggiandosi allo scaffale della cucina e passandosi una mano sulla fronte.
- Avrebbe voluto scomparire, andarsene
in qualche città della Francia o dell’Italia e non tornare mai più.
- Abbandonare quella vita che non le
apparteneva.
- «Em, tua madre prima ha chiamato.
Per quanto ancora hai intenzione di evitarla? »
- «Fino a quando imparerà che sono una
donna, e che come tale ho bisogno di rispetto. » Rispose acida, mettendo
in forno l’avanzo di lasagne della sera prima.
- «Non fare la scontrosa. Vieni qui
sul divano.. »
- Sciacquò le mani, e si sedette sulle
gambe del suo fidanzato continuando a ripensare però, allo strano incontro che
aveva fatto quella mattina.
- A quel ragazzo dalle ciglia
lunghissime, la pelle profumata e gli occhi color del cioccolato.
- « Cosa fai oggi pomeriggio? », le
chiese carezzandole la schiena e baciandole lentamente il collo.
- «Devo andare a casa della signora Donovan.
Ha bisogno che qualcuno la aiuti a sistemare la biblioteca del marito. »
- Posò un bacio sulla sua spalla
facendola rabbrividire.
- «Tu e i tuoi libri... »
- « Io e i miei libri, cosa? » Perché
continuava ad essere così scontrosa e acida?
- «A volte ho paura che tu sia
innamorata più di loro che di me. »
- E quella frase la fece scattare. «
Vado a controllare le lasagne. »
- « Em, scherzavo non fare la... »
- Ma lei si era già chiusa in cucina.
- Una lacrima percorse il viso di Emma
quando con rammarico scoprì che aveva bruciato le lasagne. Non riusciva a
capire il perché della sua irrequietezza, sapeva solamente che l’incontro di
quella mattina l’aveva resa vulnerabile e forse anche leggermente insofferente.
- Bello. Così
aveva definito il suo libro.
- Carter.
- Sospirò rassegnata e iniziando a
scongelare il pollo, visto che ormai il piatto che aveva infornato era nero e
fumante.
-
- *** ***
-
- Verso le tre del pomeriggio andò a
casa della signora Donovan sperando di porre fine a quella lotta interiore che
le attanagliava l’animo.
- La vecchia dirimpettaia quando la
vide sorrise, contenta che fosse andata lì per aiutarla.
- Phillis adorava Emma.
- Phillis aveva letto il suo libro.
- Emma era semplice, sempre pronta ad
aiutare chi fosse in difficoltà, e visto che il marito della signora Donovan
era mancato quello stesso anno, spesso era andata a trovarla.
- Parlavano di tutti, di libri, di
uomini, persino di sesso.
- Un pomeriggio mentre stavano
prendendo il tè in veranda, quella pazza quanto simpatica donna le chiese come
andassero le cose sotto le coperte tra lei e Micheal.
- Ragazzo che non le piaceva per nulla
per altro e spesso non si era fatta problemi a farglielo notare.
- «Emma! » La salutò mentre le
circondava le spalle con un braccio facendola entrare.
- « Come stai tesoro? »
- Em si sforzò di sorridere e apparire
serena. «Tutto bene. »
- «Mmm... quel faccino non le ma
racconta giusta. Vieni, metto su del tè. »
- Si spostarono in cucina sedute l’una
accanto all’altra, mentre la signora Phillis faceva di tutto per farsi
raccontare da Emma cosa non andasse.
- Non potendone fare a meno Em, iniziò
a raccontarle l’incontro di quel mattino, mentre Phillis la guardava con uno
sguardo che la diceva alla lunga.
- «Quindi.,. lo rivedrai? » , l e
chiese quando finì di parlare.
- « Non credo. »
- «Perché no? »
- «Beh...»
- «Diamine hai detto che ha un
bel culo, no? »
- « Phillis! Sono fidanzata e lei...
» Emma continuava a sorprendersi di quanto fosse sboccata e senza
inibizione quella donna di ottanta e passa anni.
- «Io sono vedova e tu dovresti
mollare quel cascamorto che ti trovi come fidanzato. »
- La ragazza rise forte, iniziando a
scuotere la testa. « Allora, dovevamo mettere via dei libri o no? »
- La signora Donovan sbuffò. «E io che
volevo sapere i dettagli piccanti…. »
- I dettagli piccanti però non
c’erano. C’erano solo nella testa di Emma che continuava a flagellarsi dandosi
un pizzicotto sul braccio ogni qual volta il suo pensiero andasse verso gli
occhi e il viso di Carter.
- Possibile che un semplice incontro
con un ragazzo sconosciuto e che non avrebbe rivisto mai più l’avesse sconvolta
così tanto?
- «Mi dispiace deluderti Phillis, ma
l’unica cosa di piccante che ho fatto oggi è stata il pollo alle erbe.. »
- La vecchia le diede un buffetto
sulla guancia, e la fece andare verso la biblioteca.
- «La mia Emma... devi imparare a
lasciarti andare e vivere, tesoro mio. »
- «E vivere e lasciarmi andare…
implicherebbe lasciare il mio fidanzato? »
- Phillis alzò le spalle, facendole
l’occhiolino. «Sono sicura che l’incontro di oggi non sia stato casuale... e
sono sicura che presto inizierai a vivere la tua vita come si deve. »
- Emma espirò dal naso, sedendosi per
terra a gambe incrociate e iniziando ad esaminare le pile di libri riposte sul
pavimento.
- «Come devo dividerli? »
- «Scegli tu, io sono stanca.. vado a
vedere Friends, ci sono le repliche. » E detto questo se ne andò lasciandola
lì, impreparata a dare ascolto ai suoi pensieri.
- Per la prima volta dopo molto tempo,
una parte piccola di lei ma fastidiosa capì che c’era qualcosa che mancava
nella sua vita.
- E non era il successo, una carriera,
l’amore dei suoi genitori.
- Quello che le mancava era un uomo,
un uomo che capisse chi fosse per ciò che era.
- Ma la realtà era decisamente sopravvalutata.
Note:
Questa storia è nata alla Feltrinelli di via XX settembre. Girovagavo
da sola fra gli scaffali alla ricerca di un libro e non so come nè il
perchè, ma ho iniziato ad immedesimarmi in Em.
La trama ha iniziato a formarsi nella mia testa, tanto da sapere già con esattezza il finale.
Mi sono innamorata di questi due personaggi e spero che qualcuno faccia altrettanto.
Ringrazio la mia grande e grossa nonna a cui ho fatto leggere questo primo capitolo. Phillis è ispirata a lei.
E' la mia prima Long-
Originale / Romantica che scrivo e mi piacerebbe davvero avere un
vostro parere, bello o brutto che sia.
Gli aggiornamenti avverranno una volta ogni una / due settimane.
Bene, credo di aver detto tutto.
Grazie a chi leggerà, se ci sarà qualcuno ovviamente.
Un bacione,
Martina.
|
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Capitolo 2 *** Happily ever after doesn't exist ***
hoho
-
Hic et nunc.
-
Capitolo 2
HAPPILY EVER AFTER doesn't exist.
- Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione.
- Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una
speranza svanita,
- una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè
dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo.
- Oriana Fallaci.
-
-
-
-
-
-
- Il telefono continuava
a squillare imperterrito e sembrava proprio non volerne sapere di smettere.
Emma aprì lentamente un occhio e poi l’altro, accaldata dal corpo di Micheal
anchilosato sopra il suo. Provò a spostare il braccio del suo fidanzato e dopo aver
fatto una specie di acrobazia, saltò giù dal letto per rispondere a
quell’insistente persona che si azzardava a chiamare di venerdì mattina.
- «Pronto! »
- La voce di Em era assonnata e innervosita,
tanto che non si era neppure fermata a leggere il numero sul display.
- «Finalmente ho il
piacere di parlare con mia figlia ».
- Raggelò
all’istante, rimanendo in piedi impalata e pietrificata. Il suo unico pensiero
era che avrebbe fatto meglio a rimanere a letto.
- «Mamma ».
- «Sono quattro
settimane che non rispondi alle mie telefonate ragazzina, voglio una spiegazione ».
- Ragazzina. Quasi ventotto anni e sua madre la
chiamava ancora ragazzina.
- «Non avevo voglia
di sentirti ».
- «E si può sapere il perché? Perché pensiamo che vivi in
un appartamento miserabile, scrivendo idiozie sul tuo computer? Non puoi andare
avanti così Emma… »
- I pugni di
quest’ultima si strinsero in una morsa, cercando di mantenere il controllo.
- «Se tu non
l’avessi ancora capito…sì, posso farlo. E sai perché mamma? Perché questa è la mia vita. Non la tua. E perché sono maggiorenne e vaccinata da tanto tempo, per cui
la tua opinione non mi interessa ». La sua voce divenne rotta e marchiata da un
velo di amarezza.
- «Ah, quindi non
possiamo dirti che per noi stai sbagliando tutto?
»
- Emma sentì gli
occhi farsi più pungenti ed ebbe quasi l’impulso di sbattere in faccia il
telefono a sua madre, anche se conoscendola dopo quel gesto sarebbe piombata lì
nel giro di qualche quarto d’ora.
- «Ti ripeto,
chiudiamo il discorso. Non ho voglia di litigare, soprattutto alle sette e
mezza del mattino; per cui se volevi dirmi solo quello, arrivederci. » fece per
chiudere il telefono quando la voce di sua madre per poco non fece vibrare il
cordless.
- «Aspetta! »
- «Che cosa?» La sua voce poteva essere paragonata ad un
ruggito.
- «Io e tuo padre
volevamo sapere se allora verrai qui per il tuo compleanno.. Devo anche avvisare
Mallory e John ».
- «Non credo di… »
- «Okay, perfetto!
Vedrai che organizzerò tutto come piace a te. Buona giornata Emma » chiuse la
chiamata, lasciando la figlia interdetta, triste e arrabbiata.
- Tornò di là in
camera ma non appena vide la bocca di Micheal semi-aperta e sentì il suo
russare pesante, chiuse la porta per poi andarsi a vestire.
- Doveva uscire da
quella casa, in quel preciso istante.
- Indossò un
maglione pesante, un paio di Jeans ,gli UGG regalatole dalla sua amica Christina
e un cappotto pronto ad affrontare la gelida mattinata londinese.
- Sapeva dove
andare e sapeva anche che quel giorno, però nessun Carter ci sarebbe stato.
- La Shipley era il
suo porto sicuro e anche il suo cruccio maggiore, ma era lì che puntualmente
ogni venerdì sentiva il bisogno di andare.
- Era lì che quella
mattina doveva andare.
- Chiuse la porta
di casa con cautela, facendo molta attenzione a non farla sbattere, se avesse
svegliato Mike avrebbe dovuto dargli spiegazioni. Spiegazioni che al momento
non voleva dare.
- Avvolse il suo
collo in una sciarpa beige e si diresse verso la stazione.
- Come di routine,
durante il tragitto iniziò a scrivere qualche parola sul suo block notes.
Scriveva poesie, stati d’animo, storie che nessuno mai avrebbe letto, perché
erano solo sue e sempre lo sarebbero rimaste.
-
- Ho
una netta sensazione di brivido che arriva dento ai posti più caldi,
- dove
vivono i sentimenti di un ricordo lontano,
- tanto
da percuotere i viaggi fatti in una storia,
- che
brucia e allo stesso tempo si raffredda…
- per
spegnersi,
- per
sempre.
-
- Buttò di getto
senza rendersene conto.
- Era una poesia
che aveva scritto da piccola, a circa sette anni. Quando l’aveva mostrata alla
sua maestra, quest’ultima le aveva chiesto dove l’avesse copiata.
- Si sentì ferita e
non fece leggere più niente di suo, a nessuno.
- Tracciò i
contorni delle sue parole con le dita, come se bruciassero davvero.
- Perché lei si
sentiva così, fredda, spenta, senza uno scopo.
- Tranne ciò che
scriveva, quello si, che bruciava.
- Chiuse gli occhi
per un secondo che le parve infinito, fino a quando l’altoparlante della metro
avvisò di essere arrivati a Covent Garden.
- Scese
stringendosi nel suo cappotto
infreddolita e tirando su con il naso. Si era presa un bel raffreddore,
su questo non c’erano dubbi.
- Si affrettò per
le scale per scaldarsi, fino a quando come tutti i venerdì non entrò in
libreria.
- Si sentì, stranamente
a casa.
- «Sei venuta
presto oggi, Em,.. » le disse bonariamente Tom, indicando l’orologio sopra alla
sua testa.
- Le otto e venti.
- «Mia madre mi ha
chiamato all’alba... »
- Tom le sorrise.
- «Ci sono novità?
»
- «Un ragazzo è
venuto pochi minuti fa... lo stesso della settimana scorsa. Ha comprato due
copie. Oh... guarda: eccolo! »
- Lo stesso ragazzo
che non avrebbe rivisto mai più.
- Lo stesso ragazzo
che in quel momento le stava sorridendo e stava andando verso di lei aprendo la
porta della libreria.
- «Non dire nulla».
- Il vecchio,
perplesso annuì, anche se non capendo esattamente ciò che doveva tacere.
- « Cosa ci fai qui?
» Gli chiese Emma ricambiando il
sorriso.
- «Speravo di
incontrarti ».
- Semplice, diretto e il cuore della ragazza
perse un battito.
- «Hai comprato
qualcosa? »
- «Sì, volevo fare leggere alla mia sorellina e a
mia madre il libro di cui abbiamo parlato l’ultima volta » e detto questo,
prese dal sacchetto il libro di Emma, Emma Mills, lei.
- «Penso proprio
che lo leggerò, visto che è una mia omonima »
rispose la ragazza, notando l’occhiata stranita del libraio e il sorriso
di Carter.
- «Allora ti è
piaciuto “Un giorno” di David Nicholls? »
- Come poteva
ricordare il libro che aveva acquistato sette giorni addietro? Emma non
riusciva a capire, come un ragazzo, bello, attraente, fascinoso, riuscisse a
ricordare un suo dettaglio così insignificante.
- «Ho pianto per
quasi due giorni di fila, anche tu l’hai letto? »
- Carter annuì
sorridendo. «Che ne dici se ci prendiamo un caffè come l’altra volta e ne
parliamo? »
- Emma sentì il
cuore aumentare pericolosamente i suoi battiti, ebbe quasi paura che Carter
riuscisse a sentire il rimbombare fastidioso del suo petto.
- «Direi che è un
ottima idea... »
- Tom li salutò e
come la volta precedente andarono verso Starbucks, da Amanda. Emma era in
imbarazzo, le gote deliziate da un pudico rossore, mentre Carter era
sorridente, quasi divertito nel vederla così timida.
- Le aprì la porta,
facendola andare avanti e lei non poté che rimanere lusingata da tali
atteggiamenti. Nessuno, nemmeno Mike agli inizi del loro rapporto si era
comportato così nei suoi confronti.
- «Ciao Em » la
salutò Amanda come sempre, sorridendole con calore. «Di nuovo in compagnia? »
- Emma sorrise e
annuì seguendo Carter nello stesso tavolo della scorsa settimana. Quella
situazione era così assurda.
- «Cosa vi porto? »
- «Mm… un cupcake
al cioccolato e un frappuccino » disse Emma conscia che affogare i dispiaceri
in quantità esagerate di calorie non fruttasse alcun beneficio.
- «Per me un caffè
».
- «Okay, arrivano
subito ».
- Li lasciò da
soli, timidi, imbarazzati e con una gran voglia di scoprirsi.
- Em iniziò a
tamburellare le dita sul tavolo nervosa, mentre come sempre Carter la osservava
corrucciato, cercando di memorizzare il suo viso, i suoi sorrisi.
- «Vuoi che me ne
vada? » le chiese lui all’improvviso e l’attenzione di Emma fu subito riportata
all’ordine. «Andartene? Ma cosa dici? » Più diretta e sincera del previsto.Calma
i bollenti spiriti Emma.
- «Scusa ho
semplicemente frainteso il tuo silenzio... »
- «Questa giornata
non si è dimostrata delle migliori, tutto qui. Ma la tua compagnia è ben
accetta ».
- Un altro sorriso
scambiato, uno sguardo fugace che all’interno nascondeva più cose di quante ne
avesse mostrate in realtà.
- Bastava solo
cogliere le sfaccettature nel viso di Emma o di Carter per capire che una
strana elettricità aleggiasse nell’aria.
- «Allora cosa ne
pensi di David Nicholls? »
- Emma storse la
bocca.
- «L’ho adorato, decisamente uno dei più bei
libri letti ultimamente. Anche se tutta questo sadismo a volte non lo comprendo
».
- Carter ragionò un
attimo sulla sua risposta. «Sai... io l’ho trovato molto bello proprio per
quello. Le storie d’amore non finiscono quasi mai con un felici e contenti ».
- «Colgo del
cinismo nella tua voce » lo riprese lei.
- «Non cinismo,
forse realismo. Siamo abituati a troppi film, siamo abituati a leggere storie
dove ogni cosa è perfetta, dove non esistono malattie, non esistono persone che
muo… »
- Vennero
interrotti da Amanda con le loro ordinazioni e dopo aver sorseggiato un po’ di
frappuccino e caffè espresso, ripresero la conversazione.
- «Quello che dici
è … giusto, però credo che una persona trovi sfogo proprio nei libri o nei film.
La realtà fa schifo, i libri sono una finzione ma... quando mi immergo in
quella finzione sto bene. » Emma non
capiva perché continuava a rivelare più parti di lei del previsto, come se in
presenza di quel ragazzo dalle ciglia immensamente lunghe, non riuscisse a
mentire o a tacere parti di lei.
- Si sentiva nuda,
senza alcuna barriera, come se la stesse leggendo.
- «Capisco cosa
intendi...basta non dimenticare mai la realtà e non rifugiarsi perennemente in
quella finzione ».
- Em annuì,
assolutamente d’accordo, prima di addentare il suo cupcake ipercalorico che le
sarebbe costato un’ora di cyclette il giorno successivo insieme a Chris.
- Rimasero in
silenzio una decina di secondi fino a quando non divenne insostenibile per
entrambi.
- «Quindi... sono
curiosa, di cosa ti occupi tu? » gli chiese,
arrossendo lievemente per aver chiesto qualcosa di così personale.
- Dopotutto lui era
uno sconosciuto che aveva incrociato per sbaglio in libreria. Niente di più.
- E aveva solo
definito il suo libro, bello.
- Questo, non
riusciva a toglierselo dalla mente.
- Carter le sorrise
prima di rispondere: «Se te lo dico poi dovrò ucciderti ».
- Emma alzò gli
occhi al cielo. «Prometto di mantenere il segreto, al limite mi taglierai la lingua.
»
- «Hai mai visto la
pubblicità a Times Square della coca cola? »
- «Sì, è fantastica
».
- «Beh, diciamo che
l’ho fatta io ».
- La bocca di Emma
si spalancò. «Dici sul serio? »
- Carter ridacchiò.
«Te lo giuro. Lavoro nella JWT come media planner ».
- «Wow» commentò. «Deve essere un lavoro stupendo ».
- Lui asserì con il
capo. «Non mi lamento. Tu invece di cosa ti occupi? »
- Scrivo romanzi da dodici sterline. Uno
di questi l’hai letto. No, di certo non avrebbe risposto così.
- «Ho lavorato come
assistente in qualche giornale e adesso sto scrivendo qualcosa per conto mio. »
disse, rimanendo sul vago.
- «Mi dovrai far
leggere qualcosa prima o poi. »
- Em sorrise.
«Prima o poi » e affondò il viso arrossato dentro alla tazza con il
frappuccino.
-
-
- ** * **
-
-
-
- «Sei fidanzata? »
- Okay, questa
domanda era l’ultima cosa che si sarebbe aspettata.
- «Direi di si ».
- Una ruga di
incomprensione si formò sulla fronte di Carter. «Diresti? »
- «Beh... siamo
insieme da tanti anni ormai. E’ come viaggiare sempre nella stessa direzione,
capisci? »
- Il ragazzo annuì.
«Beh, l’importante è che ti faccia stare bene » .
- Già. Stare bene. Lei non stava bene per niente.
- «E tu? Qualche
donna importante, magari alla casa bianca? »
- Non poté non ridacchiare.
- «Al momento, no.
Sono stato sposato, ma per un tempo talmente breve che non lo ricordo » .
- Sposato. Wow. Pensò Em, sbalordita.
- Quell’uomo
nascondeva più segreti che altro. Era così enigmatico, così... speciale.
- «Non mi avresti
mai dato del divorziato, vero? » continuò
accennando di nuovo quel sorriso capace di far perdere il filo logico dei
pensieri di Em.
- «Beh, pensavo
fossi un ragazzo di ventidue anni…Divorziato? Proprio no. »
- «Sei davvero singolare, Emma ».
- Uh. «Cosa è
successo fra di voi? » sviò lei,
cercandp di non pensare alle sue parole.
- «Doveva andare a
comprare un pacchetto di sigarette e in verità aveva un volo per Los Angeles da
prendere ».
- «Stai scherzando?
» disse con la voce più alta di un
ottava e avvicinandosi di più a Carter; i loro bracci si sfioravano.
- «No, ma
d’altronde è meglio così. Non ero tagliato per fare il marito ».
- «E non l’hai più
sentita da allora? »
- Scosse la testa.
«Mai. »
- «Che gran
bastarda! » Subito dopo aver espresso
quella frase colorita si coprì la bocca con le mani. «Ecco.. non volevo dire
proprio.. »
- Il ragazzo rise
forte. «Si, puoi dirlo forte, era una gran bastarda. »
- Em si rilassò
sperando di non aver fatto una brutta figura.
«Okay, beh... la professione la sappiamo, situazione sentimentale anche,
io ti ho detto dove vivo, tu? »
- «Abito a Notthing
Hill, in un appartamento. »
- «Sarà stupendo...
ho sempre voluto abitare lì, cioè a Notthing Hill. »
- Carter ridacchiò.
«Beh è abbastanza modesto. »
- Emma guardò l’orologio
sul suo polso, erano ormai più di sessanta minuti che parlavano
ininterrottamente e lei doveva andare a fare la spesa per Mike.
- «Dovrei andare…»
- «D’accordo ». Nella voce di Carter era presente una nota di
delusione.
- Si alzarono per
andare a pagare ed Em fu più rapida e dopo aver fatto l’occhiolino ad Amanda,
pagò per entrambi.
- «Ti restituisco i
soldi ».
- «No, non esiste ». rispose Emma, uscendo dalla caffetteria.
- «Non esiste che
tu debba pagare ».
- «Dalle mie parti
si divide, la scorsa volta hai pagato tu e ora tocca a me ».
- Carter provò ad
infilarle i dieci dollari nella borsa ma senza successo, visto che la ragazza
fu più svelta a defilarsi.
- «Sei proprio
impossibile » disse, sorridendo e
fermandosi davanti ad una cabina telefonica.
- «Me lo dicono in
tanti » rispose lei, ricambiando quel sorriso così sincero.
- Non avrebbe
voluto andarsene, ma purtroppo aveva degli impegni.
- «Beh.. allora
venerdì prossimo pago io. Tu, invece scegli il libro di cui parlare ».
- E il cuore di Em
perse un battito. Le capitava troppe volte in quel periodo. Lui voleva
rivederla, voleva parlare di nuovo con lei…
- Cosa c’era di
sbagliato in tutto quello?
- Cosa c’era di
sbagliato nell’avere un ragazzo con cui fare colazione?
- Niente.
- Eppure si sentiva
come se stesse tradendo Mike… perché l’attrazione che provava per Carter era
innegabile.
- Iniziò a giocherellare
con le mani agitata, ma poi il desidero di rivederlo ebbe la meglio sui sensi
di colpa. «Ci sto ».
- «Beh allora a
venerdì prossimo ».
- Si avvicinò al
suo viso e per un momento Em pensò di voltare la guancia per premere le labbra
sulla bocca di Carter.
- Invece fu un
bacio casto sulla guancia, nulla di eccezionale se non fosse per il fatto che
le labbra di Carter erano soffici e il suo profumo decisamente invitante.
- Sapeva di …
pastafrolla e fiori freschi.
- Si staccarono,
lui sorridente e lei imbarazzata.
- «Credo che questo
sia l’inizio di un’ottima amicizia » mormorò prima di andarsene, lasciando Em
imbambolata a fissargli il fondoschiena.
-
-
- ** * **
-
-
- La giornata passò
lenta, Em andò a fare la spesa continuando a ripensare all’incontro di quella
mattina... in verità fu un pensiero praticamente fisso che non la abbandonò
neppure quando si ritrovò nel letto
insieme a Micheal.
- Non vedeva l’ora
che la settimana passasse per poter tornare seduta in quel tavolo da Starbucks
con a fianco uno degli uomini più belli che avesse mai visto.
- Carter era... tutto ciò che aveva sempre cercato in un
uomo.
- Gli occhi scuri e
ipnotici, una carnagione leggermente abbronzata, i capelli castani, un viso
regolare e le labbra più belle che avesse mai visto.
- Sembravano così soffici, così invitanti.. No, decisamente non poteva permettersi il lusso di
pensare ad un altro uomo mentre si trovava sotto le coperte con il suo
fidanzato.
- «Emmie… che fai?
Non dormi? »
- Emma si voltò
verso Micheal dall’altra parte del letto, assonnato e con i capelli arruffati.
- «Stavo pensando ».
- «A cosa? »
- All’uomo che mi piacerebbe avere nel
mio letto, in questo momento.
- «Che tra tre
settimane siamo invitati a casa di mia madre, per il mio compleanno » mentì
spudoratamente, facendo scorrere le lenzuola sopra il suo viso.
- Aveva la terribile
abitudine di iniziare a sbattere le ciglia velocemente quando mentiva.
- «Siamo sempre
andati a casa dei tuoi per il tuo compleanno » rispose semplicemente, avvicinandosi
e premendo le labbra sulla sua fronte.
- «Ho ventotto
anni, Mike… e non ho combinato ancora niente nella mia vita».
- Niente,
tranne quel libro.
- «Sei tu che non
vuoi combinare nulla, sei tu quella che si ostina a passare i pomeriggi
rintanata a scrivere o in cantina a
riempire le tele di colore... Potresti trovare un lavoro serio ».
- «Pensi che non ce
la farò mai a pubblicare qualcosa di importante, eh? » gli chiese con il magone in gola.
- «Sinceramente?
No. Non è il tuo destino, Em. Potresti provare a lavorare come segretaria,
saresti perfetta. Ordinata, mansueta, sempre pronta ad aiutare gli altri ».
- Una lacrima cadde
dal viso di Emma.
- «Ora dormiamo.
Domani mattina mi devo svegliare presto ».
- Mike si voltò
dall’altra parte, mentre lei iniziò a piangere in silenzio, rannicchiandosi e
cercando di trattenere i singhiozzi che le animavano il petto.
- Verso le cinque
del mattino, ancora agitata e scossa andò in cantina, tirando giù una tela
dallo scaffale.
- Doveva sfogarsi
in qualche modo, e al momento quella era l’unica soluzione.
- Raccolse i
capelli in una piccola coda, per poi intingere il pennello nel colore blu e con
rabbia lo iniziò a passare sulla tela
bianca.
- Quando tornò al
piano di sopra, Micheal era già andato al lavoro.
-
Note:
Penso che ormai siate tutte a conoscenza del mio periodo "no" della scrittura, se non è così lo ribadisco.
Ho passato quest'ultimo mese senza
scrivere una riga e mi dispiace davvero per questo enorme ritardo,
spero che non accada mai più.
Per quanto riguarda questo capitolo, ho da dire due cose.
La prima è che la poesia
scritta da Emma sul treno l'ho davvero scritta io, mostrata alla mia
maestra e sono stata trattata come l'ultima dei copioni e non è
nemmeno tutta questa meraviglia.
La seconda è che la Christina amica di Emma, esiste davvero. La potete trovare all'indirizzo Crys_Pattinson87 , e leggere le sue bellissime storie. Il personaggio ovviamente sarà ispirato a lei.♥
Prometto di essere più
veloce con il prossimo aggiornamento, comunque troverete in questi
giorni gli spoiler o nel mio blog Qui ed Ora. oppure sul mio profilo facebook Martybet Efp
Ringrazio le 22 splendide persone
che hanno recensito il primo capitolo e le 60 che hanno aggiunto Hic et
Nunc tra le preferite e seguite: http://media.tumblr.com/tumblr_lreq0pnly21qc3rnv.gif
Un bacione,
Martina :*
|
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Capitolo 3 *** I was broken, for a long time ***
lol
Hic et nunc.
I was broken
for a long time.
Capitolo 3
- Nello spogliatoio della
palestra della Virgin, Emma fissava le sue gambe e il suo lato B con un misto
di disgusto e rassegnazione. Non avrebbe dovuto indossare quegli shorts,
decisamente troppo corti per i suoi gusti.
- Christina dall’altro
canto, sembrava completamente a suo agio in quel completo, benché avesse una
taglia superiore a quella dell’amica.
- Em sospirò lentamente, per
poi prendere l’asciugamano e dirigersi verso la zona fitness della palestra.
- Le due ragazze raggiunsero
il tapis roulant e iniziarono a correre come ogni mattina del mercoledì.
- «Per cui, quando mi
deciderai a dirmi cosa ti passa per la testa? » chiese, aumentando la velocità
e guardando Emma con un sopracciglio alzato.
- «Cosa intendi? » Le sue dita si strinsero maggiormente intorno
al manubrio.
- «E’ tutta la mattina che
sei strana e non hai aperto bocca. Inoltre sei stata più di un’ora a fissare il
tuo posteriore » .
- La ragazza iniziò a
scuotere la testa ritmicamente, come per scacciare via un brutto pensiero.
- Di solito era brava a
nascondere i suoi sentimenti, ciò che provava dentro difficilmente veniva
compreso dal mondo, invece quella mattina era diversa.
- Si sentiva diversa.
- Doveva raccontare alla sua
migliore amica di Carter? Doveva dirle che aveva passato una notte intera a
piangere per colpa del suo fidanzato e dei suoi genitori troppo insistenti?
- Iniziò ad annaspare alla
ricerca d’aria.
- «Ho incontrato una
persona… »
- «Una persona? Che genere
di persona? »
- «Un uomo » .
- La bocca di Christina si
trasformò in una piccola “o” di stupore e guardò Emma con fare malizioso.
- «Non ti facevo quel genere
di persona, ma hai tutto il mio appoggio » .
- Em le diede uno spintone
che per poco non la fece cadere e allargò le pupille a vista d’occhio. «Non ci
sono andata a letto! »
- «Peccato» .
- Lo sapeva che avrebbe
fatto meglio a tacere, ma aveva bisogno di un consiglio, aveva un disperato
bisogno che qualcuno le dicesse cosa fare.
- «Quindi?»
- «Ha comprato “Il
retrogusto del cioccolato” senza conoscermi. L’ho incontrato alla Shipley e mi
ha suggerito di leggerlo, il mio libro »
prese fiato. «Sono andata con lui a fare colazione, e abbiamo parlato.
Parlato come non mi capitava da tempo » .
- Christina la fissò con un
sopracciglio alzato. «E… com’è? »
- «Com’è chi? »
- «Mia zia ».
- Emma la fissò come se
fosse pazza.
- «Il ragazzo chiacchierone»
.
- «E’… » rallentò la velocità del tapis roulant per
evitare di avere un attacco cardiaco. «E’ bello » .
- Chris iniziò a ridere
sguaiatamente e a farsi aria con una mano. «Bello? Una persona normale non va
in trance per un’ora perché ha incontrato una ragazzo… bello » .
- Effettivamente non aveva
tutti i torti. Emma non aveva incontrato un ragazzo solo bello, Emma aveva
incontrato qualcuno con cui parlare, con cui sentiva di potersi aprire.
- «Non è solo quello, Chris.
Ho litigato con mia madre e Mike crede che io possa diventare solo una
segretaria nella vita. Il ragazzo bello non c’entra poi così tanto » .
- Le ragazze scesero dal
tapis roulant insieme, asciugandosi la fronte con l’asciugamano lasciato sul
manico.
- «Stasera usciamo e non
accetterò una risposta negativa. Hai ventisette anni, non cinquanta » la riprese l’amica, dandole un piccolo
puffetto sulla spalla.
- «Devo… »
- «Preparare la cena per
Mike? Em, dai! Ci divertiamo! »
- Emma rimase un secondo
interdetta, da un lato voleva uscire con Christina e dall’altro c’era il senso
del dovere a chiamarla.
- «D’accordo, ma niente di
frenetico » .
- «C’è un mio amico che ha
un pub vicino alla Soho House, è carino» .
- «In memoria dei vecchi
tempi » rispose sorridendole e alzando
gli occhi in gloria per un istante.
- «Già »
- Un tempo, quando Micheal
ancora non lavorava, la sera uscivano spesso insieme, si divertivano.
- Emma non sentiva il peso
degli anni, dietro di sé, si sentiva libera di fare ciò che voleva.
- Adesso le cose erano
cambiate, in modo spaventoso.
- Andarono verso gli
attrezzi per gli addominali e iniziarono ad allenarsi. Christina non faceva
altro che parlare di ciò che avrebbero fatto la sera, mentre Emma la fissava
con un senso di nostalgia senza ascoltarla realmente.
- Quando sarebbe tornata a
respirare?
- Quando avrebbe iniziato di
nuovo?
-
- ** * **
-
-
- Tornò a casa dopo pranzo,
non si aspettava di trovare il suo fidanzato seduto in salotto a sorseggiare
una tazza di tè con Terence, un suo collega.
- «Ehi, Em! Vieni qui,
guarda chi è venuto a trovarci » .
- Emma non sopportava
Terence, lo trovava rozzo e antipatico, per lo più ricordava la sera dell’anno
precedente quando ubriaco aveva cercato di baciarla.
- Fece il suo ingresso in
sala, cercando di sorridere e non dare a vedere quanto le desse fastidio
trovare quell’uomo seduto sul suo divano.
- «Ciao Terence, come stai?
»
- «Tutto bene, Emma. Tu? »
- «Bene » rispose come fosse
una battuta programmata e ripetuta troppe volte durante quelle ultime due
settimane.
- Stampò un bacio a fior di
labbra a Mike dopodiché si andò a sedere vicino a lui.
- Fece per prendere una
rivista posata sul tavolino, ma il braccio di Terence la bloccò ed entrambi gli
uomini la guardarono fissa negli occhi.
- Qualcosa non andava.
- «Dobbiamo parlarti» disse
Micheal, ed un sorrisetto andò a formarsi sugli angoli della sua bocca. Cosa
poteva essere di così importante?
- «Abbiamo una proposta per
te » continuò Terence, come se si
fossero studiati le parti, per ripeterle più tardi quando sarebbe arrivata.
- «Se si tratta di una cosa
a tre, mi dispiace. Non sono il tipo » finì con una risatina, ma nessuno dei
due si mise a ridere, ma continuarono a guardarla con attenzione.
- Non aveva idea che cosa
stesse succedendo, o che cosa quei due avessero in mente. Di una cosa era
certa; non poteva essere nulla di buono.
- «Mike mi ha detto che ti
serve un lavoro. Nelle nostra catena di ristoranti, ci serve qualcuno che si
occupi… della sala. Saresti perfetta » .
- Forse non aveva capito
bene, forse era impazzita e delle parole senza senso erano giunte alle sue
orecchie. Le stavano proponendo un lavoro?
- La sua vita non era già di
per sé abbastanza patetica, dovevano mettersi in mezzo anche quegli stupidi
ristoranti.
- «Io…non credo che… » annaspò alla ricerca delle parole giuste, ma
il suo fidanzato la mise a tacere prima che potesse finire la frase.
- «Ho già accettato per te,
penso che ti faccia bene staccare un po’. E’ un’opportunità… »
- Stentava a credere che
stesse facendo sul serio, era arrivata a questi livelli? Pensavano davvero
tutti che fosse solamente una stupida fallita?
- Gli occhi iniziarono a
pizzicare senza che se ne rendesse conto, e i pugni delle mani si serrarono
ritmicamente… tanto che le unghie infilzarono nella carne a tal punto da farle
male.
- «Sì, è davvero
un’opportunità, Em. Lavoreresti solamente da mezzogiorno alle quattro… e magari
qualche giorno la sera. La paga non è molta, ma con la crisi di questo periodo…
»
- Cercò di mantenere la voce
ferma. «Cosa dovrei fare esattamente? »
- «Ecco... gestiresti la
sala ».
- Il che significava una
sola cosa..
- «Dovrei fare la cameriera?
»
- «Non vederla così » .
- Si alzò dal divano, con le
fiamme negli occhi e la voglia di buttare fuori a calci sia Micheal che
Terence.
- «E come dovrei vederla?
» rispose ridendo amareggiata.
- «Come un’opportunità… »
- «Oh, grandioso! Perfetto!
» sbottò, digrignando i denti. «Non vedo
l’ora di iniziare, ora se volete scusarmi ».
- Ormai la sua voce era più
alta di due ottave, e se fosse rimasta in quella stanza un minuto di più, probabilmente
sarebbe finita con rompere tutti i vasi presenti.
- Aprì la porta delle scale
per la cantina, per poi chiudersi dentro, lottando contro le lacrime che le si
erano agglomerate ai lati degli occhi.
- Non c’era nessuna ragione
per piangere, non ne valeva la pena.
- Prese da uno scaffale un
suo vecchio libro, Oscar e la dama in rosa. Si sedette per terra e si rifugiò
nell’unico luogo in grado di farla stare meglio. Quello dove poteva essere chi
voleva, quando voleva.
- I libri erano sempre stati
i suoi migliori amici.
-
-
-
- Quando salì in macchina di
Christina, l’amica la guardò con uno sguardo compiaciuto. Emma aveva indossato
un vestito blu scuro, che metteva in risalto il suo corpo snello.
- La moda era un lusso che
si concedeva ogni tanto, le piaceva vestirsi bene… anche se spesso non si
sentiva a suo agio con il suo corpo, come la gran parte del popolo femminile.
- «Brutta stronza che non
sei altro! Sei più figa di me, non vale! »
- Emma rise di gusto e alzò
un sopracciglio. «Non pensi che sia esagerato? »
- «Assolutamente no. Come
mai così eleganti? »
- Christina mise in moto ed
Emma cominciò a torturarsi le unghie con i denti. Fece un lungo sospiro prima
di risponderle.
- «Ricordi Terence? »
- «Mh, il tipo che ti ha
infilato la lingua in bocca? »
- «Esatto. Oggi pomeriggio
lui e Mike mi hanno proposto un lavoro come cameriera ai “G&Ms”» .
- «Stai scherzando? » Gli occhi di Christina si spalancarono, e per
un momento fu indecisa se mettersi a ridere o ad urlare.
- «Ho la faccia di una che
scherza?» .
- «Sei troppo buona Emma, io
avrei già mandato a fanculo tutti. Micheal per primo » .
- Uno sbuffo fu la sua
risposta.
- «E quindi cosa hai
intenzione di fare? »
- «Adesso? Divertirmi e
possibilmente ubriacarmi. Per il lavoro, si vedrà» .
-
-
- «Un altro giro per favore»
dissero al barista.
- «Em, credo di essermi
innamorata…»
- Emma portò la bocca al
bicchiere di birra e ingoiò avidamente. «Lo dici tutte le volte che incontri un
bell’uomo» .
- «No, è diverso questa
volta. Guarda a destra, dietro il tipo con il cappello alla Chris Martin» .
- La ragazza si voltò
lentamente e trovò un ragazzo alto, con i capelli biondi fissare Christina
nello stesso momento.
- Non era male, in effetti.
- Rimase a guardarli ancora
per qualche istante, lui continuava a muovere le sopracciglia in modo al quanto
bizzarro, mentre la sua amica bagnava ripetutamente le labbra con la lingua.
- «Se volete vi lascio un
po’ di privacy » borbottò, dandole un
piccolo spintone sul braccio.
- «Non è l’uomo più bello
che tu abbia mai visto? »
- «Robert Pattinson, che
fine ha fatto? »
- «Robert è la mia anima
gemella, il punto è che lui non lo sa ancora. Questo bel biondino potrebbe
essere il prossimo a godere delle mie grazie» .
- «Spero che sia l’alcool a
farti parlare, tesoro» .
- Risero nello stesso
momento, brindando con i boccali stracolmi di birra.
- Qualche minuto più tardi,
Christina lasciò il bancone, dopo essersi scusata con Emma, e andò a puntare la
sua preda da più vicino.
- La ragazza, rimasta sola
con i suoi pensieri, continuò a bere a sorsi la birra e a godersi la musica che
stavano suonando.
- Marcus Foster, era
probabilmente il nome dell’artista. Non lo ricordava con esattezza, tanto più
con l’alcool in circolazione.
- Cominciò a pensare alla
proposta del pomeriggio. Come sarebbe stato lavorare ai G&Ms. Forse Mike,
dopotutto non aveva tutti i torti, forse quel lavoro avrebbe portato un po’ di
serenità nella sua vita.
- Già, forse…
- Tutti quei forse, non le
andavano più bene. Aveva un disperato
bisogno di certezze, un disperato bisogno che qualcuno si fermasse a capirla.
- Cercò di focalizzare la
sua attenzione sulle parole della canzone, per non tornare nel suo girone infernale fatto di preoccupazioni.
-
-
- I was lonely,
- I was tired,
- Now I'm bound.
-
- My head is off the ground.
- For a long time, I was so weary,
- Tired of sound
- I hear before.
-
-
-
-
- «Adoro questa canzone… »
- All’inizio non riconobbe
la sua voce.
- «E’ la seconda volta in
una settimana che ci incontriamo casualmente, abbiamo raggiunto un record, mh?
»
- Emma alzò gli occhi
sorpresa e anche un po’ brilla.
- Possibile che Carter fosse
lì, in quel momento?
- Sì, era possibile.
- Il ragazzo era in piedi di
fronte a lei, gli occhi leggermente lucidi, i capelli arruffati e un sorriso
stampato sulle labbra.
- Non era così ubriaca da
avere visioni, no?
- «Ciao» continuò lui,
accomodandosi dove qualche minuto prima c’era la sua amica.
- «Ciao,cosa… cosa ci fai
qui? »
- Carter ridacchiò. «Sono
qui con un mio amico, per parlare di lavoro. Ma al momento è molto impegnato
con una biondina, di tua conoscenza. Stava parlando con te, no? »
- «Uhm, sì. Si chiama Christina,
è la mia migliore amica » continuò
perplessa.
- «Piccolo il mondo… »
- Tante piccole coincidenze
l’avevano portata due volte a questo uomo bellissimo e apparentemente dotato di
un sorriso capace di uccidere.
- «Non riesco a crederci. E’
assurdo » .
- «Sei molto bella, stasera.
Il blu ti dona » mormorò il ragazzo, avvicinandosi con la sedia a quella di
Emma.
- «Oh, ehm…grazie, anche tu
non sei… anche tu stai bene» .
- Il cervello era partito,
non capiva più niente.
- Probabilmente era
l’alcool, probabilmente era Carter, probabilmente erano tutti e due. Le sue
guance si imporporarono di un pudico rossore che cercò coprire con le mani.
- Quando era con lui si
sentiva sempre priva di barriere, come se quegli occhi così profondi
riuscissero a leggerla.
- «Posso offrirti qualcosa
da bere? »
- Bere? Forse era il caso
smettere. Scosse la testa, mimando una specie di sorriso e gli mostrò il
bicchiere di birra ancora mezzo pieno.
- Carter invece, ne ordinò
un’altra e la costrinse a brindare.
- «Ai nuovi amici» disse
lei.
- Si guardarono fisso, come
era solito fare durante un brindisi. Erano sguardi imbarazzati, ma anche felici
di essersi ritrovati. Come se non avessero fatto altro che aspettare quel
momento.
- Dopo alcuni minuti di
silenzio, fu Emma ad aprire bocca.
- «Quindi, il tuo amico
com’è? »
- «Mh, Alex adora le belle
donne, ma è una persona posto. Mi fido ciecamente » prese un sorso di birra, e
fu uno strazio per Emma non concentrarsi sulla sua giugulare. «E… Christina,
giusto? Mi sembra molto… vivace» .
- Sorrisero entrambi.
- «E’ vero, alcuni
potrebbero definirla pazza. E’ innamorata di un attore da tre anni, e ancora
non si dà per vinta. E’ sincera e simpatica. A volte invidio la sua sicurezza,
io non sono mai stata così » .
- «Ad ognuno le sue qualità,
giusto? »
- Annuì non molto sicura ciò
che intendesse.
- «Per cui, direi che
l’accoppiata non potrebbe essere delle migliori» concluse lui, cercando
qualcosa dalla giacca. «Vado fuori a fumare una sigaretta, mi accompagni? »
- Emma guardò in direzione
di Christina, stava bellamente parlando con Alex, per cui non si sarebbe
nemmeno accorta della sua assenza.
- Per scendere dalla sedia,
afferrò la mano di Carter e per un secondo il suo cuore aumentò notevolmente i
battiti.
- In quel momento non
esisteva altro che quel ragazzo per lei. Giusto, sbagliato, non lo sapeva.
- In quel momento non
pensava ai suoi problemi, né tantomeno al suo ragazzo.
- Sorrise a Carter, perché
tutto il resto, non importava.
-
- «Vuoi? »
- «No, grazie. Ho smesso
qualche anno fa» .
- Emma aveva iniziato a
fumare come la maggior parte degli adolescenti al liceo. Era un vizio che aveva portato avanti fino
alla fine dell’università, e che poi si era costretta a perdere.
- Una cosa che odiava, era
dipendere da qualcuno o qualcosa.
- I vizi, non le erano mai
piaciuti.
- Vedere Carter fumare però,
era un altro paio di maniche. Quel
ragazzo sarebbe stato perfetto anche con un costume da zucca per Halloween.
- «Hai freddo? » chiese lui, guardandola con un sopracciglio
alzato.
- Non si era resa conto di
aver iniziato a tremare, era troppo presa dai suoi pensieri. «Uhm, un po’» .
- Un secondo dopo, indossava
il cappotto del ragazzo.
- «Fa tanto cliché, ma mi
dispiacerebbe se ti prendessi un raffreddore»
spiegò, infilando le mani nelle tasche e aspirando dalla bocca il fumo.
- «G… grazie, non dovevi» .
- Quello che non aveva messo
in programma era il suo profumo. Quello che emanava la sua giacca. Era dolce,
ma non troppo. Sapeva di uomo.
- Non poteva desiderare di
meglio.
- «Quindi, cosa hai fatto
oggi? »
- «Uh, io… sono andata in
palestra e poi a casa, tu? » rispose, mordendosi leggermente il labbro
inferiore e sedendosi su una panchina vicino a lui.
- «Ho lavorato, e poi sono
andato a vedere lo spettacolo di mia sorella a scuola» terminò, con un piccolo
accenno di sorriso. «Si è dimenticata le battute ed è corsa via. E’ stato
esilarante» .
- Emma si unì alla risata di
Carter. «Poverina! Anche a me è successo. Quanti anni ha? »
- «Otto a marzo. E’ una
piccola peste» .
- «Sembri molto…
affezionato» constatò la ragazza.
- «Sì. E’ stata una sorpresa
per tutti. Quando è nata ero già maggiorenne e vaccinato e non credevo che i
miei… beh, hai capito » .
- «Dev’essere bello avere un
fratello maggiore, qualcuno che si occupi di te » rispose Emma, pensando alle litigate con
Mallory durante la sua adolescenza.
- Quando per caso la sorella
le ruppe il naso e sua madre diede la colpa a lei, non fu per niente un bel
momento.
- «Così… fai palestra» glissò sull’argomento.
- «Mi piace correre » rispose semplicemente, guardandosi attorno.
La strada si era improvvisamente svuotata, e parte la musica ovattata
proveniente dal locale, c’era uno strano silenzio.
- «Sei una donna
estremamente interessante, lo sai? »
- Emma non riuscì a non ridere. «Io? Interessante? Penso che il
freddo non ti faccia bene… »
- Carter alzò gli occhi al
cielo, e dopo aver gettato la sigaretta per terra, si sedette accanto a lei.
- «Se lo dico, vuol dire che
lo penso» .
- «Beh, anche tu sei
interessante. Mi piace stare in tua compagnia» . Sicuramente era l’alcool a
farla parlare. Lei non avrebbe mai azzardato così tanto.
- Il ragazzo fece per
rispondere, ma Christina uscì in fretta e furia dalla “Greek House”.
- «Dobbiamo andare, Em. E’
codice rosso, viola, blu. Insomma, sbrigati» .
- Neanche il tempo di aprire
la bocca, che la sua amica si era già diretta verso la macchina.
- Emma si alzò, voltandosi
lentamente verso Carter.
- Gli diede la sua giacca,
ringraziandolo e rimase un secondo interdetta. Come avrebbe dovuto salutarlo?
Con un bacio sulla guancia?
- «’Notte Em» mormorò lui.
- Forse c’era un altro modo…
più originale.
- «’Notte Dodger» .
- «Dodger? »
- «Vediamo se lo sai» ammiccò lei, sorridendo.
- Carter scosse la testa
divertito, e fece spallucce. «Oliver Twist? »
- «Ecco di cosa parleremo venerdì» .
- NOTE:
- *fa ciao ciao con la manina*
- Non so che dire, probabilmente è
più di un mese che non mi faccio vedere su EFP, e non so dare
nemmeno io una spiegazione. Odiavo tutto ciò che scrivevo e
alcuni momenti sono stata davvero tentata di cancellare tutte le mie
storie.
- Ho aspettato pazientemente , e con gran fortuna
l'ispirazione mi è venuta a trovare in questi giorni. Ho
lavorato al capitolo per qualche ora, e questo è il risultato :)
- Uh, e a proposito di Carter. Inizialmente lo
avevo immaginato simile a Jim Sturgess, ma dopo aver visto Jamie in
Once Upon A Time, non ho potuto non innamorarmi di lui. Penso che sia
perfetto per Carter :)
- Ecco, la foto: QUI
- Prima di natale posterò un capitolo di DPAC, e
un altro di Hic et Nunc. Grazie a tutti di cuore, e spero che il
capitolo vi sia piaciuto xxxx
- Martina
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