La maschera della Morte e la Vendetta

di LuluXI
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rossi come il Sangue (Prologo) ***
Capitolo 2: *** Un segreto svelato ***
Capitolo 3: *** Piatti infranti ***
Capitolo 4: *** Separazioni ***
Capitolo 5: *** Tra morte, shopping e fughe ***
Capitolo 6: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 7: *** Missione Vacanze ***
Capitolo 8: *** Una vecchia conoscenza ***
Capitolo 9: *** Sfide e Meduse ***
Capitolo 10: *** Una vendetta dopo l'altra ***
Capitolo 11: *** Notte di riflessioni ***
Capitolo 12: *** Rivelazioni ***
Capitolo 13: *** Uccido per Dimenticare ***
Capitolo 14: *** Memories ***
Capitolo 15: *** Premonizioni ***
Capitolo 16: *** Oltre l'apparenza ***
Capitolo 17: *** Delusioni? ***
Capitolo 18: *** Ira ***
Capitolo 19: *** Lotta per la sopravvivenza ***
Capitolo 20: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 21: *** Udienze ***
Capitolo 22: *** Compleanno ***
Capitolo 23: *** Sangue ***
Capitolo 24: *** Prigionia ***
Capitolo 25: *** Riunione di famiglia ***
Capitolo 26: *** Convivenza ***
Capitolo 27: *** Ribelli ***
Capitolo 28: *** Sotto attacco ***
Capitolo 29: *** Morte e Vendetta ***



Capitolo 1
*** Rossi come il Sangue (Prologo) ***


NOTE PRE-LETTURA: Signori, prima di iniziare, i miei ringraziamenti a ElenaNJ, che con la sua Roundrobin “Nati sotto una stella”, mi ha messo in testa la pazza idea di fare avere una figlia a Death Mask, e da quella che doveva essere una One-Shot è nata la( ancora più pazza) idea di dare uno sviluppo al tutto.
La storia è dedicata a GioTanner, per il semplice motivo che adora il custode della quarta casa e perché mi ha spinto a mettere in pratica quella che era solo una “vaga idea”. Questo primo capitolo introduttivo è identico a quello postato nella Roundrobin (fatta eccezione per una frase detta da Death riguardo a Saga, cambiata perchè avevo bisogno di inserire la storia in un arco temporale diverso per renderla più plausibile.) Il caro cavaliere del Cancro ha all’incirca 14 anni, un po’ giovane per avere figli ma, d’atra parte, questi Saint sono cresciuti molto in fretta(secondo me), vista la loro posizione.
Inoltre, uno come Death Mask, ce lo vedo anche a 14 anni a tenere certi comportamenti…
Detto questo, vi lascio alla lettura!


“Cavaliere hanno lasciato questo per…”
“Sta zitta, non vedi che mi sto allenando?” rispose Death Mask voltandosi verso l’ancella. “E non mi pare di averti chiamato, sguattera…”
“Lo so, perdonatemi Cavaliere ma hanno lasciato per voi…”
“Mollalo lì ed esci Sara, a meno che tu non voglia diventare parte della tappezzeria” concluse il Saint, indicando con un cenno del capo le pareti della casa, cosparse di teste, mentre sorrideva all’ancella: un sorriso tutt’altro che rassicurante.
 
Fu sufficiente: Sara lasciò a terra il fagotto ed uscì di corsa.
Il Gold Saint non si preoccupò minimamente di controllare cosa c’era dentro quel lenzuolo: continuò con il suo allenamento, impassibile.
Solo quando sentì piangere, si voltò verso la porta, inarcando un sopracciglio.
“E tu che cavolo ci fai qui?” domandò al bambino, facendo un paio di passi verso di lui, con aria seccata. “Forse alla tua mamma non hanno detto che mister pietà è Saga di Gemini e che lui alloggiava alla terza casa e che dalla sua scomparsa nessuno accoglie più marmocchi qui?”
Con pochissima delicatezza afferrò il bimbo per un braccio, sollevandolo da terra: il lenzuolo e un piccolo foglietto, caddero a terra, mentre il bimbo continuava a strillare.
“Ah, una bambina allora, ancora peggio…” affermò sprezzante, chinandosi per osservare il piccolo biglietto.
“Nove mesi di lavoro li ho persi a causa tua: ora arrangiati, maiale!”
 
Death Mask corrugò la fronte, con aria seccata: quella proprio non ci voleva.
Al grande tempio lo sapevano tutti quanto il Gold Saint della quarta casa amasse le avventure di una notte: tutti sapevano che pagava delle prostitute, ma nessuno aveva mai avuto il coraggio di dirgli niente. In fondo i soldi erano suoi, e poteva farne ciò che voleva.
Ma quella bambina era una bella gatta da pelare, eppure Death Mask non si disperò, anzi: scoppiò a ridere, e la sua risata sgualcita, si diffuse per tutto il quarto tempio, mentre il cavaliere riappoggiava sul lenzuolo la bimba.
“Chissà quanti soldi le ho fatto perdere…”, commentò sprezzante, prima di scoppiare nuovamente a ridere: e stranamente, fu la sua risata a zittire la bimba.
“Ah, finalmente taci mocciosa…” commentò Death Mask, stendendosi a terra, tra le numerose teste dei suoi nemici, ricominciando ad ignorare quel piccolo esserino che aveva accanto.
 
“Quale delle tante?”Si domandava Death Mask, mentre ripensava a molte delle sue notte passate sveglio, ubriaco, in compagnia di una donna qualunque.
Si rese conto che non si ricordava bene nessuna di loro.
“In fondo, perché dovrei averle tenute a mente?”Per lui non significavano nulla, se non pur divertimento. Non aveva tempo di pensare seriamente ad una donna lui, cavaliere di Atena: tutto ciò che gli importava era un po’ di svago dopo una dura giornata di allenamenti. Quello e nient’altro aveva senso, perché sapeva perfettamente che affezionarsi a qualcosa o a qualcuno lo avrebbe reso fragile.
E lui non aveva intenzione di rammollirsi.
 
La bambina ricominciò a piangere e costrinse il Cavaliere a voltarsi a guardarla.
“Dannazione, taci, inutile ammasso di carne!”. Quella bambina aveva l’innata capacità di fargli perdere la pazienza in pochissimo tempo: la avrebbe uccisa e avrebbe appeso la sua testa al muro, tra le tante altre teste putrefatte.
Si mise a sedere, con la chiara intenzione di porre fine all’esistenza di quella creatura, che per lui non aveva alcun significato.
Alzò l’indice della mano destra, pronto a colpire. “Seki…”
Death Mask si fermò, rimanendo con la mano ferma a mezz’aria.
La bambina aveva smesso di piangere, non appena aveva alzato il braccio e ora lo fissava con aria incuriosita, con i suoi occhi blu.
“Dannazione!” sbottò il Gold Saint, ricambiando lo sguardo della bambina.
Espanse nuovamente il suo cosmo, pronto a colpire, ma la bambina non sembrava preoccupata: lo fissava, e sorrideva.
 
Sembrava divertita dalla situazione, forse ignara delle intenzioni del padre.
“Stupida mocciosa, non guardarmi con quella faccia!” esclamò Death Mask irato e la bambina, in risposta, scoppiò a ridere.
Il Gold Saint si trovò spiazzato. Era abituato ad urla di terrore, a lacrime, a richieste pietose di aver salva la vita: ovunque andava portava la morte e tutti lo temevano.
E quella mocciosa rideva e lui non poteva farci niente: “Mia figlia ride di me”
Scosse il capo con indignazione, scacciando quell’ammasso di pensieri.
Quella bambina non centrava nulla con lui, era una dei tanti bambini sfortunati, che si erano ritrovati sulla sua strada: sarebbe stata un altro dei suoi trofei.
Eppure, non riusciva a lanciare il Sekishiki Meikaiha; aveva ucciso tanti bambini innocenti e non riusciva ad uccidere quella.
“Perché dannazione, perché!” con un urlo di rabbia, tirò un pugno al pavimento, creando un solco profondo: l’espressione della bambina non cambiò.
 
“Gli occhi”, pensò Death Mask.
Già, quegli occhi blu: erano i suoi, non ci si poteva sbagliare. Erano i suoi stessi occhi quelli che aveva davanti, l’unica cosa che lo tratteneva dall’uccidere quella bambina.
Aveva i capelli rossi, insignificanti capelli rossi e un corpicino esile, fragile, che avrebbe potuto distruggere con una sola mano: quella bambina non aveva niente di suo, a parte gli occhi.
Capelli rossi, come il sangue, come tutto il sangue che lui aveva versato: gli sembrava che gli dei lo stessero prendendo in giro.
La afferrò per un braccio e la sollevò da terra, in malo modo.
“Ebbene mocciosetta, io ti faccio ridere, vediamo se ridi davanti a questo!” esclamò Death Mask , mettendo la bimba faccia a faccia con una delle teste appese alla parete.
Con aria perplessa la bimba guardò prima lui, poi la testa e, senza esitazioni, vi posò sopra una mano.
“E ora che faccio io con questa cosa?”
“Sara!”
Con un urlo Death Mask richiamò la sua ancella.
 
“Mi…mi avete chiamato cavaliere?” domandò la ragazza, affacciandosi nella stanza.
“La vedi questa?” domandò indicando col braccio libero la bimba.
“Si…si la vedo, Cavaliere”
“Perfetto!” esclamò Death Mask con un ghigno, lasciando la bambina tra le braccia dell’ancella. “Voglio che ti prenda cura di lei. Dalle da mangiare, lavala, istruiscila… Crescila, come se fosse tua figlia. E quando ti dirò di farmela vedere, me la farai vedere. Sono stato chiaro?”
“Si..si cavaliere…” rispose balbettando la ragazza, che ora teneva la bimba in braccio.
“Sai che cosa succederà se non farai bene cosa ti ho detto vero?” domandò poi Death Mask osservando la bimba che si stava agitando, impaziente, in braccio a Sara: a quanto pare non si trovava bene.
La ragazza, alla domanda del cavaliere, si limitò ad annuire.
“Perfetto, e ora sparisci” Così la congedò il Gold Saint.
“Come si chiama?”.
La domanda della ragazza lo colse alla sprovvista. “Che ne so io?” pensò il Gold Saint, mentre si voltava per osservare la bimba.
I suoi occhi e quei capelli color del sangue: decisamente figlia sua. E proprio per questo non avrebbe potuto darle un nome banale come Maria, Giulia, Anna o robacce simili.
“Aletto” disse Death Mask, prima di superare l’ancella, per lasciare il quarto tempio.
Il nome di una delle tre erinni, i mostri che rappresentavano la vendetta, sarebbe stato perfetto per sua figlia.
 
Per un istante lui, il grande Death Mask aveva avuto paura di rammollirsi per colpa di quell’esserino. Ma in fondo, quella bambina si era dimostrata alla sua altezza: non aveva paura di lui e della morte che alleggiava in casa sua.
Tale quale al padre.
DeathMask sorrise tra se e se: forse aver risparmiato la mocciosa per creare un piccolo mostro, si sarebbe dimostrato divertente.
O forse quella era solo una scusa dietro la quale nascondersi.
 
 
NOTE:
Eccomi qui di nuovo! La mia prima Fiction con, come protagonista il perfido custode della quarta casa. Diciamo che è stata una sfida per me, perché non cadere in un banale OOC con Death Mask è veramente difficile(secondo me). Quindi, spero di non aver stravolto troppo il personaggio e mi scuso se la mia visione del cavaliere del Cancro non sarà proprio identica a quella di Kurumada.
Ci tengo a spiegare perché ho scelto lui(dopodiché vi lascio alle vostre recensioni).
Non è il mio preferito e anzi, all’inizio mi stava antipatico: ho iniziato a rivalutarlo solo nell’ultimo periodo. Però, in fondo, è un personaggio molto interessante: un Saint di Atena senza scrupoli, che identifica la giustizia con la forza…Ma pur sempre un Gold Saint! E mi è sempre piaciuto pensare che, in fondo (ma molto in fondo), avesse anche lui una parte buona e che quindi, se si fosse ritrovato con un bimbo tra i piedi, avrebbe deciso di prendersene cura, a modo suo.
So di avere altre fic in sospeso, ma un’idea così andava scritta e portata avanti, prima che a qualcuno venisse la stessa idea xD
Nella speranza di poterla aggiornare con regolarità, aspetto le vostre recensioni(se vorrete recensire).
Grazie comunque a chi, semplicemente, legge.

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Capitolo 2
*** Un segreto svelato ***


NOTE PRE-LETTURA:
Ecco un altro capitolo. Sto cercando di rendere il più possibile Death Mask IC, visto che è il protagonista e non vorrei distruggerlo come personaggio. Ringrazio chi legge e chi recensisce e, vi prego, se Death diventa troppo OOC, ditemelo, che non mi offendo! Ne va della buona riuscita della storia. Buona lettura!
 
Da quattro anni ormai, al tempio, vi era un nuovo Sacerdote: l’anniversario del suo arrivo aveva coinciso con l’arrivo di un altro ospite. Si chiamava Aletto la bambina che era giunta, inaspettata come una nevicata in agosto, al grande tempio.
E, ironia della sorte, lei, piccola creatura che simboleggiava la vita, aveva trovato alloggio nella casa che più di tutte sottolineava la morte: la quarta.
Death Mask, dopo averla affidata alle cure di Sara, aveva ignorato la bambina e aveva fatto in modo di non incontrarla. Aveva continuato ad allenarsi, ignorando la sua piccola ospite tanto quanto aveva ignorato il nuovo Sacerdote quando era arrivato.
 
La voce terrena di Atena, per lui, avrebbe potuto essere chiunque: non era importante chi la rappresentava ma come si comportava.
Il vecchio Sacerdote ogni tanto lo rimproverava, definendo i suoi comportamenti “ai limiti della giustizia”, ma bene o male lo lasciava agire indisturbato.
“I tuoi comportamenti sono spesso ai limiti della giustizia Death Mask”.
Sempre la stessa frase, ripetuta in continuazione, come se si fosse inceppato un meccanismo e il sacerdote non riuscisse a dire altro.
Ricordandosi le strigliate, Death Mask proruppe in una delle sue risate sprezzanti.
Con il nuovo Sacerdote la vita d Death Mask aveva preso tutta un’altra piega: agiva indisturbato e nessuno lo rimproverava per i suoi comportamenti. Era libero di fare ciò che voleva e il Sacerdote lo mandava ad uccidere i cosiddetti “soggetti scomodi”. Donne, uomini e bambini: nessuno veniva risparmiato dalla sua furia, diventavano tutti trofei di guerra per lui; tante teste sconfortate, sofferenti o terrorizzate, attaccate alle pareti della sua casa. E per lui non era importante se quell’uomo era malvagio: condivideva le sue idee e quello bastava.
 
“Death Mask”.
Una voce lo costrinse a voltarsi verso l’ingresso, interrompendo quell’insieme di pensieri. Sulla soglia della casa c’era il Gold Saint dell’Ariete: Death Mask lo squadrò da capo a piedi, indispettito.
“Che cosa vuoi Mu? Soldi sai che non ne presto, favori non ne faccio gratis e non mi alleno con dei mocciosi incapaci. Quindi, se sei qui per una di queste ragioni, sparisci alla svelta: la tua presenza in casa mia, per me, è come la presenza di una mosca che ti ronza attorno quando cerchi di dormire”.
“Tranquillo Death Mask, me ne vado subito, ma sappi che il Sacerdote ha chiesto di te.” Detto questo, il Saint dell’Ariete si allontanò dalla quarta casa.
“Quanto mi piacerebbe spaccargli la faccia”pensò Death Mask incavolato. Era un vero peccato, non poter rimettere in riga quei mollaccioni degli altri Gold Saint. Li avrebbe massacrati di botte tutti, o se non tutti, la maggior parte, ma non aveva il potere di andare contro quella regola che prevedeva il rispetto reciproco tra Gold Saint. O, quanto meno, non lo aveva per il momento.
Con un’espressione decisamente seccata, infilò il Gold Cloth, pronto a lasciare il quarto tempio, quando si accorse che il suo elmo era sparito.
“Sara! Vieni qui immediatamente!”
La sua ancella, si precipitò nell’ingresso del tempio: sapeva perfettamente che far attendere Death Mask poteva essere pericoloso, molto pericoloso.
Cercando di non far cadere Aletto, che teneva in braccio, nella furia della corsa, lo raggiunse.
“Eccomi Cavaliere, ditemi cosa posso fare per…”
“Dove cavolo è finito il mio elmo, sguattera?” domandò Death Mask, interrompendola, mentre si voltava verso di lei.
Il suo sguardo ricadde inevitabilmente sulla bambina e sul viso gli si dipinse un’espressione di pura rabbia: Aletto aveva in mano il suo elmo e ci stava giocando.
E rideva.
“Dannata bestiaccia…” sbottò Death Mask, strappando con poca grazia l’elmo dalle mani della bambina, per infilarselo. Priva del suo giocattolo, la bimba iniziò a piangere.
 
Senza dire una parola Death Mask si voltò, pronto ad incamminarsi verso il tredicesimo tempio, quando la voce di Sara lo fermò.
“Cavaliere,  non siate così crudele con la bambina…”.
Quello fu troppo: Death Mask si voltò verso di lei e con due soli rapidi passi colmò le distanze, tra lui e Sara. Senza esitazioni, alzò la mano destra e le tirò uno schiaffo tanto forte da farla barcollare: ora, sul viso della ragazza, si vedeva chiaramente un segno rosso, lasciato dalla mano del cavaliere.
“Quella mocciosa è mia Sara, solo perché te ne occupi non vuol dire che tu hai potere su di lei. Lei è mia e come educarla lo decido io. Un’altra lamentela da parte tua, ti costerà la vita”. Concluse, lasciandosi alle spalle la sua casa e l’aura di morte che vi regnava, interrotta da un solo e semplice suono: la risata di Aletto, divertita dal ceffone che Sara aveva ricevuto.
“Come osa quella sguattera dirmi cosa devo fare?”pensava Death Mask, mentre saliva la grande scalinata del tempio. Cosa ne sapeva lei di come si educavano i figli? Niente, era questa la verità, quindi doveva solo tacere, dato che era addirittura meno abile di lui.
In seguito a quel pensiero, una smorfia si dipinse sul volto del Saint: lui, la Maschera della Morte, che se la cavava coi bambini meglio di un’ancella. Sarebbe stato un buon motivo per sfotterlo, sebbene non ci fosse nessuno abbastanza coraggioso da provare a farlo. Inoltre nessuno sapeva della bambina a parte lui e la sua servitù.
 
Arrivò alle stanze del Sacerdote tranquillo come sempre: probabilmente doveva solo andare a tagliare qualche testa e niente di più.
Quando fece il suo ingresso nelle stanze di Arles, quest’ultimo fece cenno alla sua servitù di uscire, e in breve furono soli.
Death Mask si inginocchiò al centro della grande sala, davanti allo scranno su cui sedeva colui che rappresentava Atena ormai da quattro anni.
“Benvenuto Death Mask, Cavaliere del Cancro”
“Sono qui per servirvi come posso” rispose il Saint con voce neutra, inespressiva. Odiava tutte quelle formalità: l’inchino, il rimanere inginocchiati, le parole cortesi, la testa bassa… lui non abbassava la testa di fronte a niente eppure doveva farlo con quell’uomo.
“Cos’è la giustizia per te, Death Mask del Cancro?”.
Il Gold Saint fece una smorfia: quattro anni prima il Sacerdote gli aveva posto la stessa identica domanda.
“La forza è la vera giustizia. Coloro che sono forti, sono nati per governare e dettare la legge: loro sono coloro che devono mantenere la giustizia nel mondo. I più deboli devono obbedire. Senza forza, la giustizia non esisterebbe. Per questo, coloro che sono deboli ma si ribellano, e per questo intralciano la via della giustizia, devono essere eliminati.” Rispose parlando alla svelta, visibilmente seccato, ma non si lamentò: purtroppo, non gli era concesso.
“Era ciò che volevo sentirmi dire.” Disse il Sacerdote, prima di tacere.
“E allora cosa vuoi?”pensava Death Mask, seccato: odiava perdere tempo, ma non disse nulla.
“Girano voci Death Mask, tra i paggi, voci che parlano di te.”
Death Mask avrebbe voluto urlargli contro, ma si morse un labbro per costringersi a tacere. Tra i paggi giravano da sempre delle voci, ma il sacerdote non vi aveva mai prestato attenzione: e ora lo convocava lì, in cima a quella rampa di scale costituita da  solo –Zeus – sa - quanti  gradini per cosa? Perché aveva sentito delle voci.
“Voci che dicono che hai accolto in casa tua una bambina, lasciata sulla soglia del Quarto Tempio.”
“Merda!”Questo avrebbe voluto urlare il Saint del Cancro, ma rimanendo a testa bassa, non disse nulla. E così il sacerdote era venuto a saperlo, ma che importava? Avrebbe potuto benissimo negare e mettere a tacere le voci.
“All’inizio, ero molto scettico e per questo non ho parlato con nessuno di quanto mi è stato riferito, ma ho provveduto ad accertarmi della veridicità delle voci, per sicurezza. E a quanto pare, erano fondate.”
“Merda, merda e ancora merda!!”ora era davvero nei guai. Non aveva detto nulla al sacerdote perché sapeva che la sua reputazione avrebbe subito una bella bastonata: ma ora la verità era venuta fuori comunque e lui non si era preparato a quell’eventualità.
 
“Comportamento strano il tuo, Death Mask. Ma in fondo, sei un cavaliere di Atena. Un Gold Saint molto particolare, ma pur sempre un Gold Saint: sapevo che prima o poi il lato più nobile di te, avrebbe iniziato a mostrarsi”
“Cavolate”pensava Death Mask. “Tutte Cavolate”. Lui era un cavaliere di Atena, e la Sacra Armatura del Cancro lo aveva scelto, ma questo non faceva di lui una femminuccia piangente come poteva essere il Cavaliere dell’Ariete. Strinse i pugni e, nonostante tutto, rimase in silenzio, anche se non sapeva per quanto tempo sarebbe riuscito ad ignorare gli insulti nascosti tra le parole dette dal Sacerdote.
“Tuttavia tu sei il mio braccio destro Death Mask: tra tutti i cavalieri d’oro sei quello a me più fedele, dato che tra tutti sei quello le cui idee sono più simili alle mie. Per questo, non posso permettere che tu ti conceda distrazioni: la bambina è debole ed inutile, non creerebbe nient’altro che guai. Uccidila”. Concluse il sacerdote, alzandosi in piedi.
Death Mask, non rispose subito. Quell’uomo lo aveva ferito già abbastanza nell’orgoglio con le sue parole: dirgli che aveva tentato di uccidere la bambina e aveva fallito, sarebbe stato come finire di scavarsi la fossa da solo.
Perciò doveva trovare un’altra soluzione per non uccidere sua figlia.
Per una frazione di secondo Death Mask si sentì debole. La sensazione durò un istante, ma fu sufficiente per scatenare in lui moltissimi pensieri.
Lui, il grande Death Mask, disonorato da una mocciosa, da sua figlia. Incapace di ucciderla, e incapace, per questo, di difendere il proprio orgoglio e la propria reputazione.
Se ne avesse avuto la possibilità, avrebbe ammazzato quella sgualdrina che lo aveva cacciato in quel guaio seduta stante, ma non poteva, così come non poteva uccidere quella mocciosa che rideva in faccia alla personificazione della morte.
E fu quella considerazione, a rischiarare i pensieri del Cavaliere.
“La bambina non è debole”.
 
La risposta del Gold Saint stupì non poco Arles, che rimase in silenzio per un po’, come a voler soppesare le parole del suo sottoposto, prima di replicare.
“Ah no, Death Mask?”.
Con un sorriso strafottente il Saint guardò Arles, alzando la testa verso di lui, ignorando bellamente l’etichetta.
“No sommo sacerdote. Come immagino sappia anche lei, i bambini mi temono e fuggono la mia vista: tutti fanno di tutto per tenersi alla larga dalla mia casa, attraversandola solo se costretti. Ma quella mocciosa impertinente adora i miei coinquilini”.
Già, i suoi orribili coinquilini, coloro che più di tutti odiavano il custode della quarta casa: le anime delle persone morte per mano sua .Il Sacerdote stava per replicare, ma il cavaliere lo interruppe ,sfacciatamente, di nuovo.
“Piange se la stacco da una delle teste con cui sta giocando, ride quando mi vede combattere o punire gli idioti che lavorano per me. Ama respirare la morte”.
“Tale quale il padre, si direbbe”replicò pacatamente Arles.
A quell’affermazione, Death Mask ghignò ma non rispose. Dunque sapeva anche quello.
“Che rimanga in vita allora. Ma se verrai meno ai tuoi doveri, la tua bambina farà la stessa fine del Saint del Sagittario, anche se è la figlia di un Gold Saint” concluse il sacerdote, avviandosi ora, verso le sue stanze private.
“Se fosse stata una femminuccia frignante, sarebbe già diventata parte delle pareti della mia casa” replicò Death Mask con decisione, prima di alzarsi, senza nemmeno aspettare che il sacerdote se ne fosse andato, infrangendo l’ennesima regola.
Uscì sbattendosi la porta alle spalle, senza guardarsi indietro, suscitando sguardi perplessi nei paggi.
Ripercorse la scala a ritroso, con calma, prendendo a calci tutto ciò che gli capitava a tiro: dai sassi ai piccoli animali.
Aveva detto al Sacerdote che se la bambina fosse stata debole la avrebbe uccisa, ma non ne era così sicuro. Scuotendo il capo, scacciò quel pensiero.
“Certo che la avresti ammazzata” affermò ad alta voce, cercando di auto convincersi e riuscendoci alla perfezione.
 
Quando rientrò al quarto tempio, il buio era già calato da molto: aveva fatto tappa in un villaggio vicino, ponendo fine ad innumerevoli ed insulse vite, giusto per svagarsi un po’. La sua casa era silenziosa e nemmeno un po’ di vento smuoveva l’aria, che sapeva di sangue e di morte. Senza fretta, appese le teste che aveva portato con se alle pareti, per poi avviarsi verso la sua stanza.
Lungo il corridoio trovò Sara addormentata: sul suo volto vi erano ancora i segni del ceffone. Accanto a lei, in una culla di fortuna, giaceva Aletto, che dormiva sorridente.
Per un istante Death Mask si soffermò a guardarla. Una fossetta era comparsa vicino al lato destro della bocca della bambina: la stessa fossetta che compariva a lui, quando sorrideva, o meglio, ghignava. E si lasciò sfuggire un sorriso inquietante anche in quel momento, guardando la bambina.
 
Aletto, figlia di una prostituta e della Maschera della Morte, nata sotto una stella decisamente sfortunata. Ed era per questo che Death Mask la aveva risparmiata, perché anche lui era nato sotto una stella carica di sfortuna.
Padre e figlia, uniti in uno stesso sfortunato destino: e lui avrebbe fatto di lei il suo terribile braccio destro.
Loro due, insieme, avrebbero fatto tremare di terrore la terra.
 
 
NOTE:
Ed eccomi qua di nuovo, con un aggiornamento lampo!
 
Clamaste: Si, Death è rimasto fregato, ma sicuramente non demorde. Lieta di sapere che la storia ha suscitato il tuo interesse, spero di non averti deluso con questo capitolo.
 
Gio Tanner: Aspetta a ringraziarmi, magari viene fuori un orrore illeggibile, e allora non mi ringrazierai più xD
Spero che il proseguimento della storia sia di tuo gradimento!

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Capitolo 3
*** Piatti infranti ***


Aletto aveva ormai compiuto tre anni. O, almeno, Death Mask la considerava ormai una bambina di tre anni. Non sapeva il giorno della sua nascita e, a dirla tutta, non glie ne importava un’accidenti. Non era uno di quelli che amavano festeggiare il giorno in cui si diventa più vecchi. Il giorno del suo compleanno, per lui, era tale e quale agli altri: un altro passo verso la morte.
Queste erano le sue idee e non pareva intenzionato a cambiarle: in fondo, perché avrebbe dovuto?
Inoltre, lui la morte non la temeva: era la sua compagna di giochi, la sua migliore amica. Non aveva bisogno di niente e di nessuno, aveva lei e quello gli bastava.
Con quei pensieri che gli ronzavano per la testa, Death Mask si avviò verso la cucina: aveva fame. Qui, vi trovò Sara in lacrime.
 
“Che cazzo hai da piangere sguattera?” domandò, volgare come sempre, mentre avanzava nella stanza. Uno scricchiolio accompagnò il suo primo passo nella stanza, e lo costrinse ad abbassare gli occhi: aveva pestato un pezzo di porcellana.
“Yeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!” gridò Aletto, facendo nuovamente il suo ingresso nella sala, lanciando un altro piatto contro una delle pareti.
“Basta, smettila stupida mocciosa!” urlò Sara, in preda ad una crisi di nervi. Afferrò la bambina per un polso, e ricominciò ad urlare. “Ti ho detto di apparecchiare, non di distruggere tutto, sono stata chiara?”
A quell’affermazione il volto di Death Mask si contrasse, in una smorfia schifata.
Sua figlia che svolgeva il compito affidato ad una sguattera? Sua figlia che riordinava, puliva e rassettava? No, neanche per sogno: quella non era una marmocchia qualunque, era sua figlia, un essere urlante e fastidioso, ma pur sempre sua figlia. E sua figlia non era una sguattera.
“Brutta cattiva, lasciami andare! Papà, papà, aiuto!”.
Le grida di Aletto costrinsero Death Mask ad interrompere la sua riflessione.
“Levale le mani di dosso Sara, prima che io ti stacchi un braccio.” E la ragazza, tremante, ubbidì. Non appena fu libera, Aletto corse vicino al tavolo, gettando a terra piatti e bicchieri, ridendo divertita: la strigliata di Sara, non aveva fatto alcun effetto.
 
La ragazza, guardava disperata la bambina e non si accorse di Death Mask che, minaccioso, le si era avvicinato. Con il suo solito tatto, praticamente inesistente, la afferrò per la gola, e la sbatté contro un muro.
“Come hai osato?” domandò Death Mask senza togliersi dal volto quella smorfia schifata, mista ora ad un ghigno di rabbia “Come ti sei permessa di affidare a mia figlia i compiti che spettano a te, sguattera? Lei è mia figlia, è sangue nobile quello che scorre nelle sue vene, lo stesso sangue che scorre in un Gold Saint. Sarà anche un’incredibile seccatura averla tra i piedi, ma tu, in confronto a lei, non sei niente!”
Senza curarsi di Aletto che ghignava divertita dalla situazione, Death Mask teneva forte la presa sul collo della ragazza, abbastanza da farle male, ma non abbastanza per soffocarla.
“C- cavaliere…io…” provò a replicare in un sussurro Sara.
“Taci nullità, non mi pare di averti dato la possibilità di rispondere e considerato che non vali nemmeno un sedicesimo di me, non hai il diritto di parlare!” Death Mask ghignava con lo stesso inquietante ghigno che era dipinto sul volto della bambina, e quel luccichio rosso che aveva negli occhi lo rendeva molto simile alla figlia, in quel momento.
“Tu cosa, sguattera? Volevi affidare a lei i tuoi compiti, così da poterti svagare con qualche altro paggetto insulso quanto te?” la mano destra del Saint, quella libera, scivolò leggera lungo la gamba della ragazza, finendo ben presto sotto la gonna del vestito “Sai benissimo che puoi rivolgerti a me, e vedrai che il paradiso sarà molto più vicino, se passi il tuo tempo nella mia camera da letto piuttosto che dietro una colonna con qualche idiota”.
La ragazza, iniziò a tremare “Cavaliere vi prego…”.
Un sorriso inquietante comparve sul viso di Death Mask: aveva iniziato ad implorarlo, cosa che lui, amava. Paura, odio, terrore: le emozioni che più amava suscitare. Ma a lei avrebbe pensato dopo.
 
All’improvviso, mollò la presa sul collo di Sara, facendola cadere a terra.
“Ho fame, sguattera. Prepara il pranzo, servimelo, e poi sparisci dalla mia vista. Tra due ore, fatti trovare fuori dalla mia stanza: la tua insolenza merita una punizione”.
Sara si rimise in piedi a fatica, senza smettere di tremare “Cavaliere, vi supplico…”
“Se non farai quanto ti ho detto, stai pur certa che finirai in Ade ancor prima che ti spuntino le rughe”.
Quelle furono le sue ultime parole per la ragazza, che si mise subito al lavoro,cercando di non scoppiare a piangere e Death Mask si sedette sulla prima sedia che gli capitò sottomano. Era soddisfatto, molto soddisfatto. La aveva spaventata, e non poco. Le avrebbe inflitto anche una bella punizione, per completare l’umiliazione.
L’ennesimo ghigno comparve sul suo volto, ma scomparve un istante dopo, sostituito da un’espressione contrariata, dovuta al fatto che il Gold Saint si trovava ora, faccia a faccia, con il suo stesso inquietante ghigno: Aletto, si era seduta davanti a lui e lo fissava divertita.
“Tale quale al padre, si direbbe”, questo aveva detto il Sacerdote: e, in fondo, come dargli torto? Quella bambina stava già mostrando la sua innata cattiveria, anche se con piccoli semplici gesti: gli stessi che aveva compiuto lui da bambino. Gesti insignificanti, di poco conto, ma carichi di avvertimenti: erano il segnale di una cattiveria prematura, di quel tarlo, chiamato male, che si era già insinuato nell’essenza del Saint quando ancora era bambino. E ora la stesa storia si stava ripetendo, con la piccola Aletto.
Sara servì il pranzo, e padre e figlia mangiarono, in silenzio. Nessuno dei due disse una parola per tutto il tempo e l’unico rumore che si sentiva nella sala era quello delle posate e dei bicchieri che tintinnavano, oltre ai rutti, decisamente poco fini, di Death Mask.
 
“Aletto, vieni qua”. Un ordine, il suo, che la bambina eseguì senza problemi, dato che aveva finito di mangiare: aggirò il piccolo tavolo e in un attimo fu accanto al padre.
“Non devi mai, mai fare lavori da sguattera, intesi? Sistemare i letti, pulire la casa, apparecchiare, lavare i piatti, o altre cose di questo tipo, sono stato chiaro?”.
In risposta, la bambina si limitò ad annuire.
“Bene. Inoltre, ti proibisco di giocare con le bambole o cavolate simili, hai capito bene?”
“Si, ho capito”.
Il cavaliere non aveva altro da aggiungere a parole. Alzò la mano destra e le tirò un ceffone, dritto in faccia: il colpo, scaraventò a terra la bambina, che rimase immobile, stesa sul pavimento, osservandolo stupita.
“Questo è per avermi chiamato papà: te l’ho detto centinaia di volte, stupida mocciosa, che non devi chiamarmi papà”.
Quelle furono le sue ultime parole per la bambina: si alzò e si diresse verso la porta, a grandi passi, ignorando bellamente il caos che lasciava alle sue spalle.
“Va bene..:” fu la risposta appena sussurrata di Aletto “..papà…” aggiunse con un perfido sorriso, non appena suo padre fu fuori dalla portata delle sue parole.
 
“Cavaliere del Cancro?”
“Che cosa vuoi?” domandò seccato al paggio che lo aveva fermato in corridoio.
“Vengo dalla dodicesima casa: il Cavaliere dei Pesci e il Cavaliere del Capricorno desiderano invitarvi a passare il pomeriggio con loro” disse trafelato il giovane paggio: evidentemente, era spaventato.
“Shura e Aphrodite” pensò Death Mask, e per un po’ rimase in silenzio. Gli unici due con cui, bene o male andava d’accordo. Non è che fossero amici per la pelle, ma si sopportavano abbastanza e ogni tanto passavano un po’ di tempo insieme.
“Dì ai cavalieri che oggi ho altro da fare, ma andrò sicuramente da loro domani”.
“Veramente l’invito è limitato alla giornata di…”
“Te riferisci e basta”. Concluse Death Mask, interrompendolo.
“L’invito è solo per oggi e allora?” Non glie ne fregava niente, a lui, di quelle formalità: se voleva andare in un posto ci andava come e quando gli pareva a lui. E se la sua presenza fosse stata fuori luogo bhe, poco importava.
Passò l’ora seguente a girare, annoiato, per la casa, urlando dietro ora a questo, ora a quel paggio, senza una vera e propria motivazione. Passò un po’ di tempo anche a spiare Aletto, che si era messa a distruggere quei pochi effetti personali che erano proprietà della sua servitù, per poi ridere della servitù stessa, che la avrebbe volentieri fatta fuori ma non poteva torcerle un capello. Nessuno avrebbe toccato la bambina, perché avrebbe rischiato di incappare nell’ira del Saint della quarta casa.
A passo lento, poi, si avviò verso la sua camera, non prima però di aver controllato che la sua Armatura fosse al suo posto.
 
Sara era lì, in piedi, tremante, davanti alla porta: si era morsa talmente tanto un labbro che adesso sanguinava.
“Tira le tende in tutta la stanza, e fallo in fretta” affermò Death Mask con aria annoiata e forse anche seccata.
Sara impallidì ma eseguì l’ordine, in religioso silenzio.
Era ormai da qualche anno che Sara era stata messa al servizio del Gold Saint della quarta casa e sebbene si fosse abituata ai suoi modi decisamente poco gentili e per niente raffinati, alla vista di Death Mask tremava ancora di terrore.
“E’ per questo che non l’ho ancora ammazzata”affermò tra se e se il Saint.
La morte era la fine che spettava a tutti quegli idioti dei suoi servi, che pensavano di poter smettere di temerlo solo perché lo servivano da molto.
Glie ne era capitato più di uno di quegli insolenti, che avevano iniziato a parlargli con tono addirittura confidenziale solo perchè lo servivano da qualche tempo.
E le loro teste erano finite tutte appese al soffitto della sua camera da letto.
 
“Ho…ho…ho f-f-finito cavaliere” balbettò Sara, riportandolo alla realtà.
“Bene” rispose Death Mask, stampandosi in faccia uno dei suoi sorrisi terrificanti “Ora spogliati, e cerca di non urlare troppo, altrimenti ti taglio la lingua”.
Non aggiunse altro, e si richiuse la porta alle spalle, dimenticandosi di tutto ciò che c’era fuori da quella stanza.
 
 
NOTE: Eccomi qui, aggiornamento Lampo! (finchè trovo il tempo per scrivere, non lo perdo e aggiorno ^^)
Mi scuso per il linguaggio un po’ scurrile dell'inizio ma, d’altra parte, io ho sempre visto Death molto scurrile ù.ù
Grazie a chi legge e recensisce! Ovviamente, come sempre, vi prego di avvisarmi se finisco OOC!
PS: Aletto qui ha tre anni, perché, se fosse rimasta piccola bhe…avrebbe potuto dire solo “Gaga,sbrrr, gugu”. Facendola crescere, sono riuscita a farla interagire di più col suo papà.
 
Clamaste: Death ha sicuramente dei pessimi gusti in fatto di arredamento. Ti ringrazio per la recensione, lieta che il capitolo sia piaciuto. Normale che inventi scuse, il caro cavaliere, per salvare la figlia… Mettersi in ginocchio ed implorare il sacerdote, non sarebbe stato un comportamento adatto a lui.
 
Lady Aquaria: Aletto è inquietante si… ma, d’altra parte, è così che la volevo rendere.  Per quanto riguarda Arles… si, meno male che c’è Death(mai avrei pensato di arrivare a dire una cosa così)
 
Gio Tanner: Aletto è Death, versione femminile(nonché bambina). Il suo lato più umano salterà fuori, più avanti ma per ora lei è…così ù.ù Per il momento Death s limita ad inventare scuse, per se stesso e gli altri, per giustificare la presenza della bimba in casa.
Lieta di sapere che non ti sto deludendo, spero che anche questo capitolo sia di tuo gradimento

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Capitolo 4
*** Separazioni ***


 Non è mio figlio la chiave

della mia sopravvivenza

(Genesis – No Son of Mine)
 

 

Death Mask era preoccupato, ma non lo avrebbe mai ammesso. Il Sacerdote lo aveva convocato di nuovo, pregandolo di portare con se Aletto, il che non era un buon segno. Se gli avesse chiesto di ucciderla lì, su due piedi, sarebbe stato un bel problema.
“Non ci riuscirei”. Era una sconcertante verità, quella.
“Certo che ce la farei, cosa mi viene in mente!” borbottò Death Mask, cercando di convincersi, ottenendo però un ben misero risultato.
“Che c’è Death, preoccupato?” domandò Shura inarcando un sopracciglio.

 

“Preoccupato io?” domandò Death Mask, alzando la voce “Tzè, figurati Shura”.
Sentendo le parole del Saint del Cancro, Shura scosse il capo.
“Certo Death, sei solo diversamente tranquillo. Te lo si legge in faccia che c’è qualcosa che non va…”
“Non dire minchiate Shura, e chiudi quella fogna che ti ritrovi per bocca”.
Di tutti i Saint che Arles poteva scegliere come messaggeri, gli aveva mandato il Saint del Capricorno, uno dei pochi che avevano un briciolo di cervello: cosa che lo costringeva ad impegnarsi di più, quando si faceva una conversazione.
“Va bene Death, oggi sei più irascibile del solito: vado a prepararmi per la mia missione, ma ricordati che devi portare da Arles una buona dose di Vendetta. Non chiedermi perché, ma il Sacerdote lo ha ribadito più volte. A presto”
Death Mask lo guardò andar via in silenzio.
“Una buona dose di Vendetta..”A quanto pare il sacerdote non aveva ancora detto a nessuno di Aletto, nonostante la bambina avesse già tre anni.
 Quello, forse, era più preoccupante della bambina in se.
 
“Papà dove andiamo?” domandò la bimba saltando fuori dal suo nascondiglio, una semplice colonna. Death Mask alzò gli occhi al cielo: ormai quella mocciosa lo chiamava papà, e farle cambiare idea era impossibile.
“Non andiamo da nessuna parte, se non la smetti di chiamarmi papà!” rispose acido il Gold Saint, squadrandola da capo a piedi. In risposta, Aletto scoppiò a ridere. “Si prende gioco di me”. Quella situazione era terribilmente frustrante, nonché fastidiosa.
Quella marmocchia gli assomigliava decisamente troppo.
“Sara!” urlò Death Mask, ma non ebbe risposta. Da quando, due giorni prima, si era accanito su di lei, la ragazza era diventata quasi invisibile in casa.
“Sara, ti ho chiamato e preferirei non dover aspettare l’arrivo della prossima Guerra Sacra per vederti!” continuava ad urlare, nervoso come mai prima, mentre Aletto continuava a sghignazzare, mentre giocava con una delle tante teste conficcate nel pavimento.
“S-sono qui cavaliere…ditemi” affermò in un sussurrò Sara, comparendo davanti al cavaliere, rimanendo tuttavia, qualche passo indietro, spaventata.
“Vesti la mocciosa con il suo abito migliore: il Sacerdote vuole vederla” affermò appoggiando la schiena contro una colonna, rimanendo in attesa che Sara eseguisse gli ordini.
“Aletto, muoviti.” Affermò poi, con voce decisa, rivolgendosi alla bambina: un chiaro ordine, il suo, che la piccola eseguì subito.
 
Non ci volle molto, perché fosse pronta e appena ricomparve sulla soglia con indosso un elegante abito blu, il cavaliere del Cancro si mosse, diretto verso la tredicesima casa.
“Se non ti dice di parlare, non dire niente. Appena entrata, inginocchiati e tieni la testa bassa e porta rispetto. Sono stato chiaro?”.
Parlava in fretta, forse troppo, così come troppo velocemente saliva le scale: Aletto non riusciva a stargli dietro. Quando Death Mask se ne accorse, tornò sui suoi passi, la prese in braccio in malo modo e ricominciò a correre su per le scale.
“Nessuno deve vedermi con questa marmocchia”pensò una, due, tre, quattro volte. Continuò a pensarci finchè non arrivò, sano e salvo, fuori dal tredicesimo tempio. Qui, posata a terra Aletto, entrò.
Arles era solo, seduto sul suo scranno.“Benvenuto Death Mask, vedo che hai compreso la mia richiesta”
“Certo, mica sono un’idiota come quel bambinone di Aiolia”pensò Death Mask, mentre si inginocchiava.
“E così è lei…” affermò Arles, senza staccare gli occhi dalla bambina.
“Perché indossate quella stupida maschera signore?” domandò Aletto, saltellando per la sala “Perché la vostra stanza è più grande della mia?”.
Death Mask guardò la figlia sconcertato: stava bellamente ignorando tutto ciò che gli aveva detto, e non poteva nemmeno richiamarla. In quel momento si pentì sul serio di non averla uccisa.
“Direi che la mancanza di rispetto per l’etichetta è una dote di famiglia, Death Mask” commentò sprezzante Arles, mentre Aletto saltellava ovunque.
“Cos’è l’etichetta? È una cosa fragile? No, perché se è fragile allora sicuramente non la rispetto, perché io le cose fragili le rompo…Vero papà?”.
“Taci…” rispose Death Mask in un sibilo. Quella bambina era decisamente troppo pestifera, troppo irrispettosa delle regole, troppo irritante. Si, gli assomigliava decisamente troppo.
“Aletto, puoi uscire ora, devo parlare con tuo padre, in privato” disse il Sacerdote e la bambina, sghignazzando, annuì. “Va bene signore con la maschera buffa. Però prima ti do il mio regalo” e, detto questo, si avvicinò allo scranno, lasciando a terra uno strano fagotto, prima di correre fuori dalla sala.
 
Death Mask, sebbene fosse innervosito dal comportamento della figlia alzò la testa, per osservare ciò che aveva portato al Sacerdote,che nel frattempo lo aveva sollevato da terra.
Death Mask si lasciò sfuggire un ghigno: Arles teneva in mano una bambola di pezza, attorno al collo della quale vi era una corda. Sul petto del pupazzo impiccato, si leggeva chiaramente un nome: Sara.
“Direi che ti assomiglia assai, Death Mask. Tenerla in vita si è rivelata una scelta saggia, a quanto pare. Tuttavia non possiamo lasciare che cresca in questo modo”.
“Non capisco cosa intendete dire, Sacerdote” rispose il Gold Saint: e, in effetti, non capiva. “Non possiamo lasciarla crescere così come?” si domandava il Saint. Ribelle? Pericolosa? Non era forse anche lui così, e veniva apprezzato dal Sacerdote proprio per quel suo carattere irrispettoso?
Un ghigno comparve sul volto di Arles, ma il Saint non poteva vederlo, poiché celato dalla maschera.
“Tu hai molto a cui pensare: ci penseranno Marin e Shaina alla sua educazione. Diventerà un’ottima sacerdotessa, senza che tu debba, per questo, venir meno ai tuoi doveri.”
Glie la avrebbero tolta. La avrebbero affidata alle sacerdotesse e, con una maschera sul viso, sua figlia sarebbe cresciuta combattendo, lontano da lui. Sarebbe uscita dalla sua vita, per sempre.
“Non penso che sarebbero in grado di gestirla: non è una bambina come le altre”.
Se il Sacerdote gli avesse proposto quella soluzione il giorno in cui aveva ritrovato Aletto nell’ingresso della sua casa, Death Mask ne sarebbe stato solo felice. Ma in quel momento separarsi da sua figlia, gli sembrava qualcosa di improponibile.
“Saranno in grado.” Concluse Arles “Puoi andare”.
E, Death Mask, in religioso silenzio uscì.
 
“Non essere sciocco, è meglio così per tutti. Con lei fuori dai piedi tornerai alla tua vita di sempre, libero di fare ciò che vuoi, senza vincoli ne obblighi. Non avrai più quella cosa che gira per casa.”A quello pensava Death Mask, impassibile, mentre si avviava lentamente verso la sua dimora.
Però, in fondo, era sua figlia, ed era compito suo educarla. Quella bambina rappresentava uno dei pochi, se non forse l’unico, atto di bontà che aveva compiuto in tutta la sua vita: portandogliela via, avrebbero cancellato quel fatto.
“Un tempo me ne sarei fregato. Invece ora mi da fastidio: mi sto rammollendo.”
Con la coda dell’occhio scorse Aletto che scalciava e si dimenava, cercando di sfuggire alla presa di due soldati semplici, che la stavano portando via. Mordeva, urlava e sbraitava, come se dalla sua fuga da quelle guardie dipendesse la sua vita.
“Papà!” urlò, quando lo vide, ma lui non si fermò nemmeno un istante.
Non disse nulla, e proseguì per la sua strada: non voleva che scoprissero che era lui il papà della bambina.Mettersi contro la volontà del sacerdote, poi, non avrebbe avuto senso. E, in fondo, che cosa glie ne importava? Ora era libero, senza più nessun vincolo. Sarebbe tornato a disturbare il resto del grande tempio con i suoi modi di fare. Avrebbe portato morte e disperazione nei villaggi nemici del santuario.
Avrebbe ucciso, avrebbe camminato con la morte al suo fianco.
Nella sua vita non c’era spazio per quella bambina, così la lasciò gridare, concedendole di vedere soltanto il mantello bianco che gli svolazzava dietro, mostrando e nascondendo, in alternanza, l’armatura. Si era liberato di un peso e la maggior parte dei suoi problemi sarebbero svaniti con la bambina.
Tornò al quarto tempio con un sorriso soddisfatto sul volto, mettendo a tacer quella voce che, nel profondo del suo cuore, gli diceva che aveva sbagliato a rinunciare a lei senza lottare.
 
 
 
NOTE:
Non c’è molto da dire…forse sono andata un po’ OOC, con Shura, ma in fondo è comparso davvero poco…
Per quanto riguarda Death Mask, forse non è il solito bastardo che tutti conosciamo… però un cuore ce lo avrà anche lui? Un minimo dispiaciuto per aver perso la bambina, penso debba esserlo ù.ù
Grazie a chi legge, a chi ha inserito la storia tra le seguite, e soprattutto a chi recensisce, che mi trasmette la voglia di continuare a scrivere.
 
Calmaste:Sinceramente non avevo pensato a Mercoledì della famiglia Addams… però in effetti Aletto un po’ ci assomiglia! xD Quanto alla povera ancella, bhe… Non penso che la farò morire, ma è ancora tutto da vedere ù.ù
 
GioTanner: Eh, Death è il solito cattivone, perché, sinceramente, non ce lo vedo a passare le giornate in cui non combatte a raccogliere fiori, per poi appendere teste sulle pareti di casa… Si, insomma, un’interpretazione mia della sua vita, sicuramente ed è così descritto poiché io proprio non riesco a vederlo in un altro modo (anche se lui un pochinoinoino si sta sciogliendo grazie ad Aletto). Lieta di sapere che la mia visione del cavaliere nella sfera del privato è condivisa.^^

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Capitolo 5
*** Tra morte, shopping e fughe ***


 Non ho ripensato molto a questo
 

fino a che ha cominciato a succedere tutto in una volta

(Genesis – No Son of Mine)

 
 
“Buon Compleanno Aletto…” borbottò Death Mask mentre si svegliava. La testa gli faceva male, oh si, gli faceva male. Aveva sicuramente bevuto troppo, e forse aveva tirato anche una testata alla porta.
“E chi è Aletto?” domandò una delle due donne con cui aveva passato la serata.
“La tua fidanzata?” chiese ridendo l’altra, mentre entrambe cercavano di trascinarlo nuovamente nel letto. Con un grugnito, degno di un suino, se le scrollò di dosso e si alzò avviandosi verso il suo misero armadio, nel tentativo di recuperare qualcosa da mettersi.
“Un uomo così focoso che già ci lascia? Coraggio, aspetta a rivestirti… Tanto oggi è il tuo giorno libero no?” nervoso, Death Mask si girò a guardarle. Una delle due era bionda, con dei penetranti occhi blu, come quelli di Aletto. L’altra aveva gli occhi verdi, ma in compenso i suoi capelli erano dello stesso strano rosso di quelli di sua figlia.
Sul suo viso comparve una smorfia: c’era qualche divinità, una delle tante, che si divertiva a prendersi gioco di lui.  “Avete cinque minuti per sparire dalla mia vista, altrimenti vi faccio diventare dei soprammobili”.
Detto questo, si avviò verso il bagno, per lavarsi la faccia. “La prossima volta devo bere meno”, una raccomandazione che si faceva sempre, ma che alla fine ignorava: tutte le volte si attaccava alla bottiglia, beveva, e poi passava ad un’altra bottiglia.
Lavatosi la faccia Death Mask si guardò allo specchio, e si accorse subito che le due lo avevano seguito, ridacchiando.
“Stupide”, pensò il Saint, facendo cenno alla bionda di avvicinarsi e quest’ultima non esitò. Non appena fu abbastanza vicina, Death Mask si mosse per afferrarle dolcemente il mento.
Un istante ed era già chinato in avanti, pronto a baciarla, ma non era quella la sua vera intenzione: con uno ghigno malefico stampato in viso, mosse il polso; in un attimo la ragazza si accasciò al suolo, morta. Le aveva spezzato il collo.
L’altra urlò, arretrando terrorizzata, cercando di fuggire, ma non sarebbe andata lontano: lui si muoveva alla velocità della luce, nessuna preda poteva sfuggirgli.
La inseguì e, prima che potesse arrivare alla porta della stanza, la afferrò per il collo, aumentando pian piano la stretta. La ragazza dai capelli rossi guardò terrorizzata il ghigno malefico che si era dipinto sul volto del Saint, scalciando e dimenandosi per cercare di fuggire. La vita la stava abbandonando pian piano.
Quando ebbe esalato l’ultimo respiro, la lasciò cadere a terra, soddisfatto.
 
Morte: non poteva chiedere di meglio per quella giornata. Era il compleanno di Aletto, o meglio, l’anniversario del suo arrivo al santuario: quattro anni. Non che volesse festeggiare, ma era comunque una data che gli era rimasta impressa, così come quella del giorno che le era stata sottratta. Senza badare ai due cadaveri si infilò un paio di boxer e una camicia nera, strausata e piena di buchi. Dopo aver buttato in giro buona parte dei suoi vestiti, recuperò un paio di jeans, usati quanto la camicia e altrettanto rovinati. Senza badare ai corpi, Death Mask uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
 
Passò l’intera mattinata a vagare senza meta, per la quarta casa, avanti e indietro, limitandosi a pensare. Non che fosse triste o depresso perché gli mancava qualcosa, anzi! Il Sacerdote in quel periodo gli aveva affidato un sacco di missioni, e lui non faceva altro che uccidere e appendere teste alle pareti della sua casa.
Aveva ricominciato a vedersi più di frequente con Aphrodite e Shura, gli unici due cavalieri che sopportava, nonché gli unici due che lo sopportavano eppure non poteva dirsi felice.
O meglio, era felice ma gli mancava sempre e comunque qualcosa. Da quando gli avevano sottratto Aletto c’era quella sensazione di vuoto, in lui e nella quarta casa.
“Bhe, avevi qualcuno che torturava quanto te quegli idioti dei tuoi servitori, e ti divertivi anche quando non eri in giro ad ammazzare la gente. E’ questo che ti manca”, si disse, e quella divenne la sua ennesima verità. Gli mancava davvero la bambina? Non glie ne importava, non voleva, non doveva pensarci e non ci avrebbe pensato.
“Death Mask, ti prego! Non posso crederci, sei scandaloso! C’è…sei inguardabile!”
La voce di Aphrodite lo riportò coi piedi per terra.
“Che c’è Aphro? Sembri parecchio sconvolto…” disse Death Mask, guardando il Saint dei Pesci. Ed, in effetti Aphrodite lo stava guardando malissimo.
“Come che c’è? I tuoi vestiti! Sono rovinati, privi di un senso estetico! La tua bellezza viene decisamente cancellata se ti vesti così!”
“Ecco, ci risiamo” pensò Death Mask. Non era la prima volta che il Saint dei Pesci aveva qualcosa da ridire sul suo abbigliamento. Lui e la sua stupida fissazione con la bellezza.
“Ehi Death mi stai ascoltando?” domandò il Gold Saint, che si era messo a giocare nervosamente con una delle sue rose, che gli era appena apparsa in mano.
“No Aphro, sai che non me ne frega niente di vestiti.” Rispose Death Mask squadrandolo.
“Lo so perfettamente Death, ma è ora di rifarti il guardaroba. Quindi muoviti, oggi si va a fare compere.”
E prima che Death Mask potesse replicare, Aphrodite lo aveva già trascinato fuori.
 
*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*
 
Aletto non ne poteva più.
Era piena di lividi e le facevano male le ossa. Odiava quel posto e quelle Sacerdotesse, Marin e Shaina, con le quali doveva allenarsi. Erano poco più grandi di lei, e la trattavano come una stupida.
Marin, delle due, era la più odiosa, perché era la più gentile. E lei non sopportava le persone buone, perché erano deboli. Lei lo sapeva bene, lo diceva sempre suo papà.
Già, il suo papà, che non vedeva da tempo.
Quella mattina aveva sentito il suo cosmo allontanarsi dalla quarta casa: ora che aveva imparato a percepire le presenze grazie al cosmo, cercava sempre di capire dove si trovava suo padre.
Non sapeva come mai, ma ne sentiva il bisogno: forse perché non sapeva dov’era sua madre, altrimenti avrebbe cercato lei.
“Non devi chiamarmi papà”ricordando quelle parole, Aletto si mise a ridere. Glie lo diceva sempre, ma a lei non importava. Lui era la persona più importante, anche se non le voleva bene, anche se la aveva lasciata lì.
“Se vuoi affezionarti a qualcuno, c’è lei: puoi chiamare lei mamma”aveva detto una volta, indicando la sua ancella, Sara. Ma lei non si sentiva molto legata a Sara, perché era debole. Debole e fragile, e non sapeva reagire: era nelle mani di suo padre, che poteva farle ciò che voleva.
Aveva chiesto più e più volte a Shaina di potersi recare alla quarta casa, ma la risposta era stata sempre la stessa.
“Il sacerdote ci ha detto che sei orfana e che si è occupato lui di te ed è ora che tu diventi una sacerdotessa, dato che ne hai le capacità. Se tu uscissi da qui, ti vedrebbero in viso, e il tuo allenamento sarebbe compromesso.”
“E poi, perché proprio la quarta casa?”domandava Marin.
E tutte le volte lei fuggiva nella sua camera e non usciva più fino al giorno dopo. Bugie. Quell’uomo con la maschera raccontava solo bugie.
“Perché là c’è mio padre”aveva detto una volta a Marin e lei aveva annuito.
“Capito…probabilmente è stato ucciso da Death Mask e lì c’è la sua testa…” aveva detto la sacerdotessa, e Shaina aveva annuito. Entrambe si erano dette dispiaciute, e lei se ne era andata arrabbiata.
 
Come potevano non capire? Come potevano non associarla a lui?
“Avete gli stessi occhi”aveva detto Sara una volta, ed era vero. Gli stessi occhi blu, quegli occhi che lei adorava.
Come potevano non capire, Marin e Shaina, che Death Mask era suo padre? Suo padre era il più forte di tutti, il migliore: le teste appese alle pareti erano quelle di alcune povere nullità che si erano messe sul suo cammino e avevano osato sfidarlo.
I deboli andavano eliminati, suo padre lo diceva sempre, anche quando parlava da solo, senza rendersi conto che lei ascoltava.
E aveva ragione: i deboli andavano eliminati.
Ma anche se era vietato per lei lasciare la struttura creata apposta per le sacerdotesse, lei aveva trovato un modo per scappare. Usciva quando le sacerdotesse di guardia avevano già controllato la sua stanza e si recava alla quarta casa ben attenta a non farsi scoprire.
Si concentrò e cercò il cosmo del padre, ma non lo trovò: probabilmente non era ancora rientrato. Silenziosamente sgattaiolò fuori dalla finestra.
Il sole si stava abbassando all’orizzonte: erano le sei e ben presto sarebbe stata servita la cena, ma non le importava. Aveva un ora e le sarebbe bastata.
Così, senza indugi, si mise a correre, verso il quarto tempio.
*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*
 
Il sole era calato da un pezzo quando finalmente Death Mask riuscì a rientrare nella sua dimora. Aveva passato il pomeriggio con Aphrodite, provando e riprovando vestiti, finendo per comprarne un centinaio, tutti ben piegati in una valigia che il Saint dei Pesci si era portato dietro e che aveva lasciato a Death Mask affinchè potesse portare a casa, senza fatica i vestiti.
Non che si fosse divertito, ma in fondo non si era nemmeno trovato male, con Aphrodite, nonostante trovasse la sua passione per la bellezza un po’ troppo maniacale.
Mentre prometteva a se stesso di non lasciarsi più trascinare in un’esperienza del genere senza che ci fosse anche Shura, riportò la valigia in camera e la buttò con poca grazia in un angolo: avrebbe sistemato tutto in un’altra occasione.
L’eccessiva puzza di morte lo costrinse a portar lo sguardo sulle due donne che aveva ucciso quella mattina: erano lì, nello stesso punto in cui le aveva lasciate.
Con un ghigno malefico sul viso staccò loro la testa e buttò i corpi fuori dalla finestra.
Tranquillo come sempre, raggiunse la parete che stava riempiendo con le teste e si accorse di averla completata: decise dunque di cambiare stanza.
Alla fine di un corridoio secondario vi era una stanza vuota, e pensò bene di ricominciare a riappendere le teste proprio da lì.
 
Ma quando aprì la porta si accorse che la puzza di morte era già arrivata in quella stanza.
“Ma che cavolo succede?” si chiede avanzando nella sala. Sulla parete di fondo trovò fissati alla parete con dei chiodi diversi animali.
Cavallette, ragni, lucertole, insetti di vario genere, e qualche serpente, tutti in avanzato stato di decomposizione.
E poi c’era un gallo, su cui Death Mask concentrò la sua attenzione. Aveva il collo spezzato ed era morto da poco: probabilmente era stato appeso nel corso della giornata.
La visione di quegli animali, lo fece infuriare: qualcuno aveva osato metter piede nella sua casa e usare le sue pareti come porta trofei. “Ma chi?” era quella la domanda che lo assillava. Possibile che non si fosse accorto di niente? Che nessuno della servitù si fosse accorto?
Ma d’altra parte, cosa poteva aspettarsi da quella banda di incompetenti? Niente.
Appese le sue teste, come monito per chi aveva appeso gli animali: era stato scoperto e ora doveva fare attenzione, molta attenzione.
 
Fatto ciò, si recò in cucina e lasciò un biglietto, scritto col sangue, in cui avvertiva alla servitù di non cercarlo, dato che aveva molto da fare altrove.
Appena finì di scrivere, tornò nella stanza, sedendosi nell’angolo più buio, quello più vicino alla porta, e lì si sedette.
E attese: avrebbe atteso tutto il tempo necessario, col suo cosmo celato, colui che si divertiva ad usufruire delle pareti della sua casa.
 
NOTE: Eccomi qui, salve a tutti!
Aggiornamento lampo perché ho avuto un attimo di maxi-ispirazione (che probabilmente non tornerà mai più). Grazie come sempre a chi segue, a chi legge e a chi recensisce. In questo capitolo mi sono permessa di mettere in luce anche il punto di vista della situazione da parte della bambina, nonostante il protagonista indiscusso della storia resta il grande Death Mask. Perciò, vi scongiuro, se vado troppo OOCurlatemelo dietro! Ai fini della storia ci sarà più avanti un leggero cambiamento  nel nostro granchietto(si, si rammollirà un poco credo), perché per come svilupperò la storia voglio che si renda conto dell’affetto che sente per la bimba…ma non è ancora il momento. Quindi se qui, sono andata OOC, tell me please! :)
 
Clamaste: Eh si, Arles è proprio un cattivone coi fiocchi. Per descriverlo, semplicemente mi metto a pensare “Come si comporterebbe uno il cui unico obbiettivo è rovinare la vita agli altri?” ed ecco a voi Arles, il Grande Sacerdote! xD. Purtroppo un mio difetto nella stesura dei personaggi è che spesso li descrivo “come li vedo io”, il che spesso non corrisponde all’idea di Kurumada… Lieta di sapere che in questo caso non è andata così^^
 
GioTanner: Eh si, Death Mask sa, ma NEGA ù.ù è fatto così, povero granchio… Ma ci saranno degli sviluppi anche nel suo caratteraccio. Quanto a ciò che succederà ad Aletto ora che è con Shaina bhe…come puoi vedere, non è che la bambina straveda per lei! Presto scoprirai come andrà a finire.

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Capitolo 6
*** Di nuovo insieme ***


 Le cose non sono mai state facili per me
 

la pace interiore e stata dura da trovare
 

e avevo bisogno di un posto per nascondermi
 

un posto mio

(Genesis – No Son of Mine)

 
 
Death Mask dovette aspettare due giorni interi prima di scoprire chi era quel misterioso individuo che si divertiva ad appendere animali alle pareti. Infatti, solo la notte del secondo giorno, la porta della stanza si aprì, lentamente senza produrre alcun suono. Una figura minuta entrò nella sala e venne illuminata solo un istante da un flebile raggio di luna che entrava leggero da un foro nel soffitto. Quel solitario raggio di luna, un nulla in quell’oscurità, illuminò per un secondo i capelli della figura, rossi, come il sangue.
“Aletto!”pensò Death Mask. Come aveva fatto a non pensarci prima? Chi altri al Grande Tempio avrebbe potuto fare una cosa del genere?
Con un sorriso soddisfatto Death Mask uscì dal suo nascondiglio, cercando di fare il minor rumore possibile, per posizionarsi alle spalle di Aletto, che intanto si era avvicinata con passo deciso e sicuro alla parete.
 
Un brivido improvviso però, scosse la bambina, quando si accorse delle due teste appese. Stava per indietreggiare, ma Death Mask le posò una mano sulla spalla destra e una sulla bocca, per non farla gridare.
“Ecco chi era la piccola peste che appendeva animali alle mie pareti…” le sussurrò appena all’orecchio, prima di lasciarla andare.
La bambina lasciò cadere a terra il suo trofeo di quella giornata e si voltò a guardare Death Mask.
“Papà, papà! Sei proprio tu!” esclamò, abbracciandolo come poteva, considerata la differenza di altezza dei due. In seguito a quel gesto Death Mask rimase in silenzio, leggermente contrariato.
“Ti ho detto mille volte di non chiamarmi papà, mocciosa” affermò burbero, senza tuttavia togliersela di dosso. “Bravo Death Mask,ti sei fatto fregare.” Pensava in quel momento. Quella bambina alla fine si era affezionata a lui, ma non solo: anche lui si era affezionato a lei, e la prova consisteva nel semplice fatto che non riusciva o meglio, non voleva, levarsela di dosso.
“No, io non mi sono affezionato proprio a nessuno. Non mi sono rammollito, non sono come gli altri io.”Ricominciò a mentire a se stesso con tutta l’energia che aveva e, con entrambe le mani, si staccò Aletto di dosso.
 
Ciò che vide, lo lasciò perplesso, ma anche sconcertato: Aletto stava piangendo.
“Perché dicono tante bugie papà? Perché tutti dicono che sono orfana e che in questi anni si è occupato di me quel tizio con la maschera? Perché nessuno sa che sei il mio papà?” la bambina lo stava riempiendo di domande a cui lui non voleva rispondere. Parlava in fretta, la bambina, senza fermarsi, tartassandolo con le sue domande.
“Perché non mi hai tenuto con te? Perché mi hai lasciato da quelle signore brutte?Perc…”
“Dannazione, stai un po’ zitta!” esclamò Death Mask interrompendola. “Come faccio a risponderti se continui a parlare, marmocchia?” concluse esasperato, iniziando a fare avanti e indietro per la sala.
“E ora cosa le dico?”si domandava. Come spiegarle che con lei accanto sarebbe apparso debole? Sicuramente non avrebbe capito. Ma che scusa inventarsi affinchè lei capisse e non soffrisse troppo? E poi, perché doveva stare attento a non farla soffrire? La sofferenza non era forse qualcosa di quotidiano, che bisognava affrontare a testa alta? Non erano forse le persone deboli a preoccuparsi della sofferenza?
E poi, cosa gli importava se quella mocciosa soffriva?
Death Mask smise di muoversi e tornò a guardarla: le avrebbe detto la verità e la sua reazione non sarebbe stata un suo problema.
“Nessuno sa che sono tuo padre, perché se lo venissero a sapere finirebbero per andare in giro a dire che mi sono rammollito, e che sono debole, perché i figli sono cose da deboli.” Affermò sprezzante, osservando Aletto, mentre parlava. Negli occhi di sua figlia brillava una strana luce, a cui in quel momento non riusciva a dare un nome. “E non ti ho tenuto con me perché il Sacerdote ha ritenuto più opportuno allontanarti dalla mia casa. Ti basta come spiegazione, mocciosa?”
Le aveva detto la verità, forse non tutta la verità ma d’altronde, la verità intera probabilmente non la aveva raccontata nemmeno a se stesso. Se avesse potuto, avrebbe cercato di tenerla questo ormai non riusciva più a negarlo, ma perché?
“Perché solo io posso far esprimere al meglio il suo potenziale, perché io sono come lei” si, era quella la ragione, Death Mask non riusciva a darsi un’altra spiegazione: avrebbe potuto, forse, ma non voleva.
 
Aletto aveva ancora gli occhi lucidi, ma non piangeva più.
“Ma tu non sei debole! Come fanno a pensarlo? Tu sei il più forte papà!” esclamò la bambina e solo in quel momento Death Mask riuscì ad intuire la natura di quella luce negli occhi della bambina.
“Ammirazione”ecco cos’era. Sua figlia lo ammirava, lo venerava, e per questo la separazione per lei era stata così difficile.
La situazione lo lasciò senza parole, un po’ spiazzato. Per la prima volta nella sua vita aveva incontrato qualcuno che non condannava i suoi comportamenti, ma li venerava, li approvava: aveva trovato qualcuno che lo prendeva come esempio. “Lei vuole essere come me”. Quella consapevolezza fece si che un ghigno soddisfatto gli comparisse sul volto.
“…Però hai ragione. Io sono una bambina, sono debole. Lo dicono anche Shaina e Marin che non sono molto brava a combattere…” Aletto non aveva ancora concluso il suo discorso e, mentre teneva la testa bassa, continuava a parlare “Io sono solo una mocciosa, non merito di rimanere accanto al Saint più forte”.
Sentendo quelle parole Death Mask si infuriò:  si inginocchiò davanti ad Aletto e con una mano la spinse contro la parete.
“Non dire cavolate: pensi che quelle due stupide abbiano ragione? Tu non sei debole, capito? Mia figlia non può essere debole, non deve nemmeno pensarlo.” Esclamò in un sibilo, senza far sparire il suo ghigno dalle labbra. “Vuoi fare felice il papà Aletto?” domandò poi con una voce tutt’altro che rassicurante.
“S…si” fu la risposta della bimba,che aveva iniziato a balbettare.
“Allora sii forte. Sentiti forte, diventa forte! Tu non sei una marmocchia come le altre e questo ne è la prova!” disse il Gold Saint sollevando da terra il gatto morto che Aletto aveva portato come trofeo quella sera “Tu sei mia figlia, mocciosa, sangue del mio sangue, e non importa se gli altri lo sanno o no: se tu sei debole allora sono debole anche io. E tu non vuoi che il papà si senta debole vero?”
“N..no papà” rispose Aletto a bassa voce, strappando l’ennesimo sorriso sghembo a Death Mask.
“Brava bambina, perché lo sai vero cosa fa il papà a chi è debole o lo fa sembrare debole?”.
Alla sua domanda Aletto girò gli occhi verso le due teste appese alla stessa parete contro cui lei appoggiava la schiena.
“Brava Aletto vedo che hai capito. Ora appendi il gatto: visto che sei stata brava, ti lascio questa stanza, è tutta tua. Potrai appendere qui i tuoi trofei.” Detto questo, spostò la mano che posava sul petto della bambina, lasciandola libera. “L’hai detto tu, io sono il più forte tra i Saint: i miei figli possono solo essere alla mia altezza”.
 
E Aletto iniziò il suo lavoro.
Recuperato il gatto, prese uno dei chiodi che teneva nelle tasche e, dopo averlo appoggiato alla parete, iniziò a usare il suo pugno come un martello, per appenderlo, mentre Death Mask la osservava in silenzio. Dagli occhi di sua figlia traspariva una gioia inquietante, mentre eseguiva l’operazione: la bambina era felice, mentre appendeva il suo trofeo,nonostante il chiodo le avesse fatto sanguinare la mano.
“So come si sente”pensò Death Mask ghignando. Era la stessa sensazione che provava lui quando uccideva e poi appendeva grazie al suo cosmo le teste alle pareti, con una tecnica meno faticosa di quella di Aletto: provava una smisurata gioia ed era felice di porre fine a quelle insulse vite.
Attese che la figlia completasse l’opera in silenzio.
“Papà?” lo chiamò infine voltandosi verso di lui che, con un cenno del capo, la invitò a continuare a parlare. “Io non voglio tornare laggiù.” Disse, con voce tremante: stava per rimettersi a piangere “So che devo essere forte ma…ma lì non c’è niente per me. Inoltre stasera sono stata fuori troppo, si saranno accorte della mia assenza e se torno, non mi lasceranno più uscire, mi terranno d’occhio”.
Death Mask ascoltò in silenzio ciò che sua figlia aveva da dire. E in silenzio rimase anche dopo, per un po’, a pensare.
“Devo proprio riportarla indietro?” si stava chiedendo. La parte più giusta di lui, quella che seguiva le regole, quella che aveva fatto si che l’armatura lo scegliesse gli stava dicendo che non poteva trasgredire in quel modo ad un ordine. In fondo, era il destino di tutte i figli dei Saint, per quanto fossero rari, diventare a loro volta Saint o Sacerdotesse. Bastava guardare Aiolos e Aiolia: entrambi avevano lo stesso destino. Tuttavia c’era un’altra parte di lui che gli diceva di tenere la bimba lì.
“Tu sei stata forte fino ad adesso Aletto, rimanendo là nonostante tutto” affermò Death Mask “e anche io mi rendo conto di quanto siano incompetenti”.
Diceva poche parole e poi taceva: vedeva che sua figlia era tesa, ma non gli interessava. La avrebbe tenuta sulle spine ancora un po’.
“Ma devi essere ancora più forte: quindi, non metterti a piangere”.
Sentendo quella frase la bimba annuì e con una manica della maglia si asciugò le lacrime.
“Inoltre, è inutile piagnucolare come una marmocchia qualunque: non mi pare di aver detto che ti avrei riportata indietro. Se vuoi muoverti e andarci da sola sei libera di farlo, io non ti accompagno da nessuna parte”. Concluse il cavaliere, sorridendo soddisfatto.
Era raro che seguisse le regole, lui.
“Ma, in fondo, non sto nemmeno disobbedendo ad un ordine”. Ed era vero. Lui non avrebbe trattenuto Aletto in casa sua e nemmeno avrebbe fatto in modo che lei non diventasse una sacerdotessa, anzi: sarebbe stata sua premura istruirla, se necessario.
Era la bambina che decideva di restare da lui: lui la aveva lasciata alle sacerdotesse, ma se loro non erano state in grado di trattenerla quello non era un problema suo.
 
La bambina, sembrava aver capito, almeno in parte il ragionamento e si lanciò verso di lui, provando ad abbracciarlo. E, con stupore di entrambi, il tentativo ebbe successo. Death Mask, ancora seduto a terra la avvolse con le sue braccia.
“Grazie papà: sei il papà migliore del mondo.” Disse la bambina, appoggiando una testa sulla sua spalla: era stanca, e stava già sbadigliando.
“Aletto?” la chiamò Death Mask.
“Si papà?” disse la bimba a bassa voce.
“Io non ti ho mai abbracciato intesi?”
“Si papà. Ora però voglio dormire”. E, detto questo, chiuse gli occhi.
“Aletto?” la chiamò di nuovo, scuotendola leggermente.
“Si?”
“Non chiamarmi mai più papà”
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 
La mattina dopo Death Mask ricevette visite, fatto raro, ma in quel caso prevedibile.
Infatti alla sua porta si presentarono Marin e Shaina, seguite dal Sacerdote in persona. Appena li vide arrivare, Aletto si nascose dietro una colonna e rimase ad osservare, mentre suo padre andava incontro agli ospiti, con un sorriso sprezzante stampato sul volto.
“Oh, come mai tutte queste visite di prima mattina? E’ il mio compleanno e mi sono dimenticato?” domandò Death Mask, senza smettere di sorridere.
“Una giovane aspirante Sacerdotessa è scappata dal suo alloggio. Abbiamo ragione di credere che si trovi qui.” Affermò Marin, tranquilla e pacata, con un tono che lasciava trasparire rispetto per il Gold Saint.
“Il suo cosmo esce proprio da questa casa” aggiunse Shaina, che sembrava piuttosto seccata.
“Death Mask…” solo questo disse il Sacerdote, in attesa che fosse lui a parlare.
“In effetti, ieri sera è arrivata una bambina…” affermò, con fare vago, senza curarsi delle due sacerdotesse: il suo sguardo era fermo sulla maschera del Sacerdote.
“Ora vedrai”, pensava. Lo avrebbe fregato, oh si.
“…Ma ho pensato bene di ignorarla. A me non interessano i marmocchi, e se ci tiene a stare qui, non è affar mio: l’importante è che non mi disturbi e per il momento non ha interferito con le mie attività.” Quella, la sua conclusione.
 
“La bambina è stata affidata a noi, e deve tornare con noi nella zona costruita appositamente per le sacerdotesse” era Shaina a parlare, veloce e precisa: era chiaro che non voleva perdere tempo.
“Oh, so perfettamente che è stata affidata a voi, ma a quanto pare non siete state molto brave a tenerla con voi” replicò tranquillo Death Mask. “Inoltre, vi sfugge un particolare” affermò poco dopo, prima che uno dei suoi tre interlocutori potesse replicare “io non sto trattenendo la bambina qui. E’ lei che desidera restare.”
“Allora desidero parlare con la bambina” disse il Sacerdote, prendendo la parola, mentre Aletto scivolava, lentamente fuori dal suo nascondiglio, fermandosi dietro il Gold Saint del Cancro.
“Aletto, queste ragazze ti aiuteranno a diventare forte e a combattere…Non ha senso restare qui e…”
“Io non ci voglio andare” lo interruppe la bambina. “Perché non sanno insegnarmi niente! Io voglio imparare solo dal p…”
“Non dire papà, non dire papà, NON DIRE PAPA’!”Pensò Death Mask con tanta intensità da credere che i suoi pensieri potessero essere sentiti anche dagli altri presenti.
“…dal perfetto cavaliere, che altri non è se il Gold Saint del Cancro. Io voglio lui come istruttore e nessun altro. Inoltre, sono troppo bella per coprire il mio viso con una maschera stupida come le vostre.” Affermò Aletto, con decisione, per nulla intimorita dalla figura del Sacerdote. “E se non vi va bene, non importa: voi siete solo un bugiardo che dice bugie su di me, io faccio quello che mi pare”.
“A quattro anni ero anche io così”pensò Death Mask, lasciandosi sfuggire un sorriso, in attesa della risposta del Sacerdote.
“E così sia.” Disse Arles, per poi congedarsi. Il tono della voce, lasciava trasparire la sua irritazione, ma Death Mask, così come Shaina e Marin, non disse niente. Lui aveva vinto la sua battaglia, e quello era più che sufficiente.
 
 
 
 
NOTE: Eccoci qua!
Allroa…forse Death non è molto IC in questo capitolo(soprattutto nella prima parte…) però…Signori, un pochino si sta affezionando anche lui…ho cercato di farlo rimanere il cinico cattivone di sempre però, bhe, potrebbe non risultare proprio lui (spero di non offendere nessuno con questa mia interpretazione del Saint del Cancro).
Detto questo, grazie a tutti coloro che leggono, che sicuramente saranno tanto gentili(lo spero) da dirmi se sono finita troppo OOC^^
 
Gio Tanner: Bhe…Death ci piace proprio perché è crudele & cinico & bastardo & chipiùnehapiùnemetta! xD
Comunque si Marin non è molto sveglia… Ma d’altronde, chi ce lo vede quel mostro di Deathy (che poi non è così mostruoso secondo me), papà?

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Capitolo 7
*** Missione Vacanze ***


Death Mask era preoccupato, ma cercava di non darlo a vedere.
Da quando aveva deciso di andare contro il volere del Sacerdote, tenendo Aletto con se, Arles non aveva mai chiesto di parlare con la bambina.
Eppure quel giorno aveva deciso di incontrarla.
“Sara…” Death Mask chiamò la sua ancella, che si precipitò di corsa da lui.
“Ditemi cavaliere, cosa posso fare per voi?”
“Quanti anni ha Aletto?” domandò a Sara, rimanendo in silenzio in attesa di risposta. Non aveva mai fatto molto caso alle date importanti, ed era un miracolo se si ricordava di avere diciannove anni e non sette o dodici.
“Ho una pessima memoria per le cose inutili”pensò tra se e se, in attesa che Sara compensasse le sue mancanze.
“Cinque e mezzo  Cavaliere…”
“Cinque e mezzo…” ripeté Death Mask, facendo cenno a Sara di lasciarlo solo. Erano già passati più di cinque anni da quando quella marmocchia era piombata nella sua vita.
Con il piede destro iniziò a schiacciare una delle teste conficcate nel pavimento: erano quasi due ore che Aletto era dal Sacerdote.
Sbuffando, si decise ad allontanarsi dall’ingresso, e tornò nella sua stanza: aveva un po’ di teste da appendere, e non perse tempo. Passò un’ora buona ad attaccare teste nei posti più impensabili della casa e, quando ebbe finito, pensò bene di farsi una doccia: non era il sangue a disturbarlo, ma il sudore; era estate inoltrata, ed al grande Tempio il caldo era opprimente.
 
Dopo essersi concesso quell’attimo di pausa, uscì dalla doccia e si infilò i primi pantaloni che riuscì a trovare: quelli neri, praticamente distrutti, che Aphrodite tanto disprezzava.
“Papàààà!” urlò Aletto, entrando in quel momento nella stanza, lanciandoglisi addosso, abbracciandogli le gambe. Death Mask, in tutta risposta, scosse la gamba per staccarsela di dosso.
“Ah, fantastico: senza di te si stava tranquilli, circondati dal silenzio, ora torni e inizi ad urlare…Che cavolo vuoi?” domandò Death Mask con una smorfia: si era preoccupato tanto per quell’incontro tra sua figlia e il Sacerdote e non aveva approfittato della calma che regnava nella sua casa; calma che ormai da cinque anni non c’era quasi mai.
Con un sorriso trionfante, Aletto sventolò in faccia a suo padre due biglietti.
“E questi cosa cavolo sono?” borbottò, senza nemmeno guardarli, tornando all’armadio per trovare una maglietta da mettere.
“I biglietti dell’aereo” rispose Aletto “Andiamo in vacanzaaaaaaaaa!” si mise ad urlare la bambina, correndo per la stanza, ridendo come una pazza.
“Noi non andiamo da nessuna parte, te la scordi la tua vacanza” replicò nervoso Death Mask “E smettila di correre, lo sai che non lo sopporto.”
“Il Sacerdote ha detto che ho bisogno di cambiare aria, e il modo migliore di farlo è andare a vedere nuovi posti! Perciò noi…”
“Perfetto!” la interruppe Death Mask, battendo una volta le mani “Allora tu fai i bagagli, prendi l’aereo e con un bel biglietto di sola andata te ne vai dove preferisci, così io sarò libero di starmene da solo, nel silenzio della mia casa!” esclamò, ghignando. “Ti piace come idea, Aletto?” domandò, per poi tornare a guardare il suo armadio, senza più badare a lei. Ogni tanto gli capitava di pentirsi delle sue scelte: la presenza di Aletto in casa lo aveva privato di molte cose, a partire dalla calma, fino ad arrivare alla libertà di invitare delle donne; con la bambina in giro, gli era diventato molto più difficile, considerato che ogni persona che arrivava in casa sua veniva accolta da una valanga di domande poste dalla bambina, che non sapeva cos’era l’educazione, ne tanto meno la privacy.
“Il Sacerdote ha detto che devi venire con me.” Rispose la bambina, lasciandosi sfuggire un sorriso soddisfatto, molto simile al ghigno del padre. Death Mask si voltò a guardarla, inarcando un sopracciglio “Senti mocciosa, io non ho tempo da perdere con te: non ti porterò in montagna a raccogliere fiori ne tanto meno a fare i castelli di sabbia da qualche parte al mare. Hai capito sgorbietto?”
 
“Death Mask!” una voce, proveniente dal corridoio, lo costrinse a voltarsi verso la porta della sua stanza, che poco dopo venne spalancata da Aphrodite che, con indosso dei jeans chiari e una camicia bianca, sorrise con aria trionfante “Erano anni che aspettavo questo momento!” disse, avvicinandosi a Death Mask.
“Che cavolo vuoi Aphro?” domandò bruscamente il Gold Saint del Cancro, osservando il suo collega appena arrivato.
“Ho saputo che vai in vacanza, per ordine del Sacerdote: sono qui per preparare i tuoi bagagli e quelli della bambina, che viene con te.”
Death Mask, alzò gli occhi al cielo. “Non solo devo andare in vacanza con questa mocciosa, devo pure portarmi dietro dei vestiti scelti da Aphrodite: peggio di così non può andare…”
Non potè fare nulla per fermare Aphrodite: quando si trattava di vestiti e di bellezza, nessuno poteva tenere a freno il Gold Saint dei Pesci.
“Evviva!” si mise ad urlare Aletto, arrampicandosi sul letto di Death Mask, e iniziando a saltarci sopra “Vado in vacanza con p…” per un istante Death Mask temette che sua figlia potesse spifferare la verità ad Aphrodite. “…perfetti vestiti, visto che li sceglie zio Aphro!” concluse, continuando a saltare sul materasso.
“Ah, ora lui è zio Aphro? Fantastico!” commentò sarcastico Death Mask, prima di accorgersi che sua figlia stava saltellando sul suo letto: come se ne rese conto incominciò ad urlare contro di lei “Aletto ti ho detto mille volte di non saltare sul mio letto! Scendi immediatamente, altrimenti ti metto sul soffitto a far compagnia alle teste!”.
Aletto gli fece una linguaccia, ignorando il suo ordine e continuò a saltellare, lasciando andare i biglietti, che iniziarono a volare per la stanza: con un gesto di stizza Death Mask li afferrò e si decise a leggere quale sarebbe stata la sua destinazione.
“Non è possibile…” Ora si che era nei guai. O meglio, non era nei guai, ma quella era veramente una situazione scomoda. In quel posto lo odiavano tutti, ma in fondo come dargli torto? Lui aveva ucciso un sacco di persone, lì. E tornarci, sicuramente, avrebbe fatto incavolare tutti. “Poco importa, li ammazzerò tutti…” si disse, per poi tornare a guardare Aletto che non smetteva più di saltellare. Avrebbe però dovuto fare attenzione che sua figlia non si cacciasse nei guai, cosa che le riusciva benissimo.
 
Sbuffando Death Mask, posò i biglietti sul comodino, e si apprestò a lasciare la stanza: avrebbe lasciato Aphrodite a preparare i bagagli, e sarebbe andato a tagliare qualche testa.
Se il Sacerdote pensava di spaventarlo, si sbagliava di grosso: sicuramente quel viaggio voleva essere una punizione per aver disobbedito ai suoi ordini ed essersi tenuto Aletto. Tuttavia Death Mask non era molto preoccupato: quel viaggio, poteva diventare un’altra occasione per divertirsi un po’ e guadagnare qualche testa. In fondo, anche Aletto avrebbe potuto imparare qualcosa. Con un ghigno sul viso, Death Mask andò a recuperare l’armatura: sarebbe stato divertente tornare nella cittadina dove si era allenato per ricevere il suo Cloth. Avrebbe tagliato altre teste, e seminato ancora terrore in quella cittadina: Cefalù non lo avrebbe mai dimenticato.
 

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“Così lei è il signor… Rossi?” domandò il ragazzo fermo dietro il bancone della reception, osservando il ragazzo che si trovava davanti: alto, con un fisico allenato, i capelli di uno strano blu e gli occhi del medesimo colore.*
“Si, sono io” replicò con aria scocciata Death Mask.
“Il Signor…Sergio Rossi?” domandò titubante il ragazzo.
“Si, sono io ragazzino, qualche problema?” domandò, sempre più scocciato. La sua cosiddetta vacanza, non era iniziata nel migliore dei modi. “Non solo mi hanno spedito qui, con indosso dei vestiti orribili e con quella stupida mocciosa. No, dovevano anche obbligarmi ad usare il mio nome e darmi un cognome falso per “non dare nell’occhio”…Sergio Rossi? Mamma mia che fantasia il Sacerdote!Un cognome migliore no eh?”. Maledisse mentalmente la Voce di Atena in terra e Aphrodite, che lo aveva costretto a partire con quegli stupidi jeans attillati e quella camicia rosa addosso: il Gold Saint dei pesci non avrebbe mai più messo mano tra i suoi vestiti o anche solamente un piede nella sua stanza.
“No signore, è solo che dovrei vedere un documento…” aggiunse il ragazzo, che probabilmente aveva la stessa età del Gold Saint. Con un gesto di stizza Death Mask sbatté sul bancone una carta d’identità, ovviamente falsa, e si girò per cercare Aletto con lo sguardo: sua figlia si era messa a saltellare ovunque, toccando tutto quello che trovava nella reception.
“Perfetto…” disse il ragazzo poco dopo, rendendogli il documento. “Dalla prenotazione risulta che lei soggiornerà qui con voi sua…”
“Sorella, si.” Concluse Death Mask, per lui, rimettendo in tasca il documento falso. Il rumore di qualcosa che andava in frantumi fece voltare il Gold Saint, e il ragazzo della reception si sporse oltre il bancone per osservare la scena.
Una bambina con i capelli rossi aveva appena mandato in mille pezzi un vaso di ceramica.
“Aletto, torna subito qui e non ti muovere!” urlò Death Mask, ignorando gli sguardi sconvolti degli altri clienti dell’albergo: era ormai agosto inoltrato e nell’hotel c’erano un sacco di persone.
“Uff…va bene papà…” borbottò in risposta la bambina, avvicinandosi a lui.
 
“…L’ha chiamata papà?” domandò inarcando un sopracciglio il ragazzo fermo dietro il bancone, evidentemente scettico.
“Fantastico, la mocciosa è già riuscita a crearmi un mucchio di problemi”pensò Death Mask, seguendo con lo sguardo la mano del ragazzo che stava andando a posarsi sulla cornetta del telefono: probabilmente voleva chiamare il direttore. O peggio, i servizi sociali. Senza perdere tempo Death Mask, gli afferrò il polso con violenza.
“Si, mi ha chiamato papà, e allora? Mio padre è fuggito di casa e non ci ha mai preso in considerazione: nemmeno ci pagava gli alimenti. Mia madre è morta di cancro quando Aletto aveva si e no tre anni: mi sono preso cura io di lei sin da bambino, non le sembra normale che mi chiami papà?” domandò in un sibilo, con aria minacciosa.
“…M-mi scusi. Io n…non pensavo che…Mi scusi” rispose il ragazzo, balbettando, per poi allungargli le chiavi della sua stanza. Un sorriso soddisfatto comparve sul volto del Saint: si era inventato una bella scusa, prendendo spunto dal suo passato, e quell’idiota se l’era bevuta. “Shura ha ragione, avrei potuto fare l’attore” pensò Death Mask, prendendo in mano le chiavi: la stanza era la 402.
Un altro ragazzo si avvicinò per prendere i bagagli, ma Death Mask scosse il capo “Per chi mi hai preso babbeo? Non sono una femminuccia piagnucolante, i bagagli me li porto io” replicò il Saint, mettendosi in spalla lo zaino e sollevando con la mano destra la valigia.
“Muoviti”. Solo questo disse ad Aletto, che lo seguì trotterellando su per le scale. Il Gold Saint suscitò molti sguardi curiosi, lungo le scale, ma non se ne preoccupò. Arrivato alla porta della sua stanza la aprì lasciando entrare Aletto che si lanciò letteralmente sul letto, per poi iniziare a correre per la stanza.
Sforzandosi di ignorarla, Death Mask si preparò a svuotare i bagagli: sarebbe stata una lunga settimana.
 
 
 
 
 
 
 

 

NOTE:
*Ho preferito usare i colori dell’Anime per descrivere Death Mask, per una preferenza personale…Coi capelli grigi non mi è mai piaciuto >.<
 
 
Eccomi qui! Grazie, innanzi tutto, a chi legge, a chi ha inserito la storia tra le seguite e a chi recensisce: sono proprio le vostre recensioni ad aiutarmi a trovare, in alcuni casi, l’ispirazione.
Ho deciso di spedire Death Mask in “vacanza” in Sicilia proprio perché, se non erro, lui si è allenato lì. Per quanto riguarda la scelta della località, ho scelto un posto che, a grandi linee conosco (ci sono stata un paio di volte in vacanza). Inoltre, forse Aphro è un po’ OOC ma non mi sono soffermata su di lui cercando di dargli uno “spessore” perché in fondo è marginale (però mi piaceva un sacco l’idea di Deathy costretto ad indossare dei vestiti scelti da lui…Ce lo vedete con la camicia ROSA? xD) e ho preferito concentrarmi, in questo capitolo, più sulla parte narrativa.
Da qui in poi potranno comparire più o meno velati riferimenti al passato di Death, ma per ora non mi soffermo a dir nulla.^^
 
 
Lady Aquaria: Ciao!^^ Non preoccuparti per le recensioni, capita…Inoltre, me ne hai appena regalata una Maxi, mettendole tutte insieme, e non posso far altro che ringraziarti. Quindi io cercherò di rispondere un po’ a tutte^^
Cap 3: Sara è vittima, ma avrà un ruolo più importante più avanti nella storia(per ora nulla di definito, è solo un’idea).
Cap 4: Infatti nella mia visione, lui non è quel mostro che dice di essere…non completamente.
Cap 5: Ho cercato di restare il più possibile IC, e se sono riuscita a farti paura non posso che esserne contenta (non perché volevo terrorizzarti, ma perché significa che sto rendendo bene il personaggio..che a me, tra l’altro, ha sempre fatto paura xD). Per quanto riguarda Aletto si, è umana. Lei è un po’ come Death, ha questi modi cattivi, che derivano dall’educazione che le sta impartendo Death, ma in fondo è una bambina… ed è buona.
Cap 6: Bhe…che dire? L’obbiettivo non era commuovere, ma comunque sottolineare il legame tra i due, che anche se non sembra è profondo.
 
Gio Tanner: Io descrivo Death come lo vedo io e questo può essere un’arma a doppio taglio, perché ogni Fan, in fondo, ha una sua visione del personaggio, che può discostarsi dal personaggio con intensità differenti. Il difficile, è rendere il personaggio secondo la tua visione, pur mantenendolo coerente con quello che è in se e per se… Si, insomma, non ce lo vedo Death a raccogliere margherite e dubito che qualcuno possa vederlo davvero così, ma ogni personaggio fa un’impressione diversa a seconda di chi lo osserva. La mia più grande vittoria, è riuscire a mantenere, bene o male, Deathy IC… E se è vero che a te sembra IC, io non posso che essere contenta. Perciò, grazie mille per le continue recensioni, spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo ;)
      

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Capitolo 8
*** Una vecchia conoscenza ***


Death Mask avrebbe voluto andare ad ammazzare un po’ di persone, ma purtroppo non poteva farlo: gli era stato imposto di rimanere in incognito.
“In vacanza con la mocciosa, con dei vestiti orribili, senza poter usare i miei poteri… Ogni giorno si aggiunge qualcosa alla lista nera…”  Pensava mentre se ne stava disteso su uno dei lettini verdi posti in spiaggia, offerti dall’albergo. Si accorgeva chiaramente, osservando i presenti da dietro i suoi nerissimi occhiali da sole, che tutte le persone dello stabilimento e quelle che passavano sulla spiaggia, almeno una volta, si erano girati a guardarlo. Sapeva di essere l’unico, tra i giovani turisti,a possedere un fisico così allenato, il che suscitava gli sguardi di apprezzamento di molte ragazze e gli sguardi d’invidia di molti ragazzi. Tutti gli altri turisti, lo guardavano forse per curiosità, o forse per via dei suoi capelli blu… O, cosa molto più probabile, a suo avviso, per lo stupidissimo costume che indossava.
“Aphro ha decisamente dei gusti orribili… Dico, come fa a dare a ME un costume Hawaiano... Blu con sopra dei fiori bianchi!!!”
Almeno per quella mattina Aletto non si era fatta vedere: le aveva lasciato piena libertà e lei si era allontanata, trotterellando sulla spiaggia. Ogni tanto si degnava di controllare dove si era cacciata, sfruttando il suo cosmo, per poi ignorarla nuovamente.
 
“Ehi tu!” disse un ragazzo, fermandosi accanto a lui insieme ad un suo amico, con un pallone da pallavolo in mano “Ci serve un giocatore per una squadra di pallavolo, ci stai?”
Death Mask rimase in silenzio per un po’, scrutando il giovane davanti a lui: aveva si e no la sua età. Era alto e aveva i capelli di uno strano castano chiaro, che gli arrivavano sino alle spalle, mossi. Aveva qualche rasta e degli strani occhi grigi. Gli sembrava di averlo già visto, ma non riusciva a ricordarsi in quale occasione.
“Non ci penso nemmeno” replicò Death Mask, tornando a guardare il mare.
“Oh, bhe, come vuoi… In fondo si vede che sei uno di quegli sfigati che passano il loro tempo in palestra, ma che poi non sanno fare niente. Ci vediamo sfigato…”
Quello era decisamente troppo: fulmineo Death Mask si mise a sedere e prima che il ragazzo potesse allontanarsi, lo prese per un braccio e lo tirò verso di se. “Chi è che hai chiamato sfigato, piccolo idiota?”
“N..non farci caso, Stefano fa sempre così, non voleva farti arrabbiare.”
“Taci Andrea, non dire cavolate: volevo chiamarlo sfigato e l’ho chiamato sfigato; in fondo è quello che è.” Replicò Stefano, lanciando il pallone al compagno, in modo da avere le mani libere: non appena ricevette il pallone, Andrea pensò bene di allontanarsi, per raggiungere gli altri al campo; probabilmente non voleva cacciarsi nei guai.
“Stefano…ora tutto è chiaro” pensò il Cavaliere, riconoscendo finalmente il ragazzo che aveva davanti: nei primi anni di addestramento era stato suo compagno.
“Accetto la proposta, idiota, ma solo se posso giocare nella squadra avversaria alla tua” concluse Death Mask, lasciando andare il suo polso, per poi alzarsi in piedi.
“Perfetto” disse Stefano, avviandosi verso il campo da gioco, seguito a ruota da un sorridente Death Mask.
 
“E nemmeno mi ha riconosciuto…” pensò il Saint, concedendosi il lusso di ricordare il passato.
Stefano era stato suo compagno di addestramento, soltanto perchè suo padre era il suo maestro, colui che lo aveva allenato per molti anni. Quel ragazzo, così come lui, non era esattamente un esempio da seguire: si credeva il migliore, e si comportava come un bullo. I suoi genitori lo avevano viziato, Death Mask lo sapeva bene, ma non se ne era mai preoccupato.
Stefano, infatti, non aveva mai potuto fare molto contro di lui: aveva partecipato ai suoi allenamenti, ma non era portato per fare il cavaliere e negli scontri finiva sempre con qualche osso rotto.
“Era un perdente, e lo sarà sempre…” pensò Death Mask divertito.
Arrivato al campo, Stefano gli indicò i suoi compagni di squadra, che si presentarono uno ad uno. Death Mask li osservò uno ad uno, prima di tornare a guardare Stefano, che sembrava ignorarlo: si era infatti avvicinato ad una ragazza ferma a bordo campo. Death Mask si concesse un po’ di tempo per osservarla: alta, bionda, con gli occhi chiari, probabilmente verdi e da come si era avvinghiata a Stefano, doveva essere la sua ragazza.
“E tu, invece, come ti chiami?” domandò Andrea gentile, dato che giocava in squadra con lui. Tutti volevano sapere il nome di quello strano ragazzo che si era unito al gruppo, soprattutto le ragazze ferme a bordo campo ad osservare i giocatori.
“Mi chiamo Sergio” rispose Death Mask ad alta voce, in modo che tutti potessero sentirlo “Ma i miei amici mi chiamano Death”. Concluse, togliendosi gli occhiali, lanciandoli ad una delle ragazze ferme a bordo campo.
“Bhe, benvenuto tra noi, Death!” disse uno degli altri ragazzi, dandogli una leggera pacca sulla spalla. In un’altra circostanza il Gold Saint gli avrebbe spaccato il naso a causa di tutta quella confidenza, ma era troppo concentrato ad osservare Stefano: il ragazzo aveva contratto la mascella e stretto i pugni; sul viso, una chiara espressione di rabbia. A quanto pare il Saint non si era sbagliato: quello era proprio lo Stefano che aveva conosciuto da bambino.
“Ben tornato all’inferno Stefano” pensò Death Mask, concedendo al ragazzo uno dei suoi sorrisi sghembi, prima di tornare a guardare la sua ragazza: lo stava osservando curiosa e Death Mask si impresse bene nella mente il suo volto.
“Allora? Iniziamo?” domandò poi agli altri, pronto a giocare: avrebbe vinto, lui vinceva sempre.
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 
“Ora capisco perché ti chiamano Death: perché sei il terrore dei tuoi avversari, come la morte è il terrore degli uomini!” esclamò Andrea entusiasta: la sua squadra, grazie a Death Mask, aveva stravinto. Il Gold Saint si voltò verso Stefano, osservando soddisfatto la sua espressione furente: non aveva mai perso una partita, da quello che gli avevano detto.
“Invece ora sono arrivato io”pensò spostando lo sguardo sulla ragazza di Stefano, che lo guardava con ammirazione: Death Mask sorrise in modo affabile, con un sorriso decisamente falso, sia a lei che a Stefano, prima di tornare a guardare i suoi compagni di squadra, che continuavano a complimentarsi con lui.
“Bella partita” affermò secco Stefano, che si era avvicinato. Death Mask lo ignorò, ed andò verso la ragazza a cui aveva lasciato i suoi occhiali.
“Mangi con noi?” gli chiese uno dei ragazzi
“Verrei, ma ho da fare. Ma se vi serve qualcuno per giocare, domani, non esitate a chiamarmi” rispose con tono affabile, e tutti sorrisero entusiasti.
“Grazie mille bellezza, ci vediamo domani” disse il Saint alla ragazza che aveva tenuto fino a quel momento i suoi occhiali, che lui si sbrigò ad infilare, non prima di averle concesso un occhiolino. Rima di voltarsi, si concesse qualche istante per vederla arrossire, per poi darle le spalle ed avviarsi a grandi passi verso la spiaggia, alla ricerca di Aletto.
Quando fu abbastanza distante per non essere sentito, scoppiò in una delle sue fragorose risate, che fecero accapponare la pelle a tutti i turisti che gli camminavano accanto: gli era bastato sorridere in modo affabile e mostrarsi gentile per diventare parte di quel gruppo; aveva recitato la sua parte di bravo ragazzo, parte che non gli si addiceva per niente.
“Poveri idioti..:”  pensò Death Mask, accorgendosi solo in quel momento della bambina che gli stava correndo incontro.
“Papàààà!” urlò Aletto, fermandosi solo dopo averlo raggiunto, fermandosi, in attesa di una strigliata perché lo aveva chiamato papà.
“Vedo che hai fatto il bagno…” rispose Death Mask, osservando i suoi capelli bagnati “non ti avevo detto di non entrare in acqua? Non sai nuotare!” la rimproverò il Saint.
“Shaina mi ha insegnato a nuotare, durante le prime settimane di addestramento…” rispose la bambina, prendendolo per mano “Andiamo a mangiare? Ho fame!”
“Si andiamo” rispose il Saint, avviandosi verso l’albergo. “Almeno Shaina ha fatto qualcosa di intelligente” pensò, continuando a camminare senza osservare i presenti: fu così che non si accorse che, poco più in là, Stefano lo stava osservando.
 

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Fu per puro caso che Death Mask, quella sera, incontrò Arianna, la ragazza di Stefano. Aletto, dopo cena, aveva insistito per uscire dall’albergo ed andare a fare un giro a Cefalù. Death Mask si era opposto ma la bambina, aveva continuato ad urlare e lui, pur d farla stare zitta, aveva accettato.
Avevano girato un po’ il centro storico, e avevano visto il Duomo da fuori, fino a quando Aletto non si era messa a correre per una delle stradine, per poi fiondarsi in un negozio di cappelli.
“Me ne compri uno? Ti pregotipregotipregoooo!” si era messa ad urlare, saltellando all’interno del piccolo negozietto.
“Si, ma taci!” aveva risposto esasperato Death Mask, voltandosi verso il piccolo bancone, per scusarsi con il proprietario.
“Che bella bambina ti porti dietro, Sergio…” aveva detto la commessa, prima che lui potesse dire qualcosa.
Il Gold Saint la squadrò da capo a piedi, riconoscendola subito: era la ragazza di Stefano.
“Che bambina pestifera semmai…” replicò il cavaliere, con una smorfia “è mia sorella, si chiama Aletto.” Così presentò la bambina, alla quale fece cenno di avvicinarsi “Aletto, vieni qui e saluta, questa è…” Death Mask fu costretto a lasciare a metà la frase, dato che non conosceva il nome della ragazza.
“…Arianna” concluse lei, sorridendogli.
“Sei la fidanzata del mio fratellone?” domandò Aletto, stupendo non poco Death Mask. “Perché mi asseconda?”
A quell’affermazione, la ragazza scoppiò a ridere “No, ma sono una sua amica, e per questo sei libera di scegliere il cappello che più ti piace per portarlo via, senza pagare.”
Sentendo quell’affermazione, Aletto andò ad afferrare senza indugi un cappello blu “Voglio questo…Zio Aphro ha detto che il blu mi dona!”.
“Perfetto, allora puoi prendere quello” concluse Arianna osservando Death Mask che aveva estratto il portafoglio dalla tasca.
“Sergio, lascia stare: il negozio è mio, decido io.”
“Va bene…” affermò dopo qualche attimo di silenzio Death Mask “…ma solo se mi permetti di offrirti la cena uno di questi giorni” aggiunse, con il suo sorriso sghembo, strappando una risata ad Arianna.
“Va bene Sergio…” rispose lei con un sorriso.
“Ci conto eh?” disse lui, uscendo poi dal negozio, con un sorriso soddisfatto: Aletto gli trotterellava accanto, giocando col suo nuovo cappello.
 
“Aletto, posso chiederti una cosa?”
“Si papà!” rispose la bambina.
“Perché non mi hai chiamato papà lì dentro?”
“Perché non mi avresti preso il cappello”.
“Che ti aspettavi?” si chiese Death Mask, osservando la bambina.
“Ho pensato che forse era meglio non dirgli che avevi già una bambina visto che è interessata a te papà…” aggiunse subito dopo.
“E tu come fai a dirlo mocciosa?” domandò Death Mask stupito dal ragionamento della figlia.
“Perché ti guarda come ti guarda Sara!” rispose Aletto, ghignando. “E lei quando dorme ti chiama sempre per nome.”
Un ghigno uguale a quello della bambina comparve sul volto del Saint “A quanto pare quella sguattera si è rivelata utile: Stefano farà meglio a guardarsi le spalle”
 
 
 
 
 
 
NOTE:
Bene, eccoci qui con un altro capitolo. Ho deciso che Deathy doveva giocare a Beach Volley, perché io gioco a pallavolo e quindi… l’ho trovato azzeccato, ecco (inoltre, giocare a calcio in spiaggia, mi sembra più difficile xD). Inoltre, vicino a Cefalù, c’è una spiaggia con la rete da Beach Volley e il campo…Così come esiste il negozietto di cappelli dove entra Aletto (ed esiste un Duomo di Cefalù…si, insomma, gli ho dato un’ambientazione molto reale! xD). Come potete vedere, ho deciso di spedire questi due in vacanza per introdurre un nuovo personaggio che appartiene al passato del nostro Gold Saint… Il rapporto tra i due penso sia chiaro, ma verrà evidenziato ancora di più nei prossimi capitoli. Inoltre, Death trama qualcosa, e a quanto apre Aletto lo intuisce...abbiamo anche un bel riferimento a Sara: la bambina ha visto giusto o no? Eh…avrete le risposte più avanti!
Grazie a tutti coloro che passano di qui, seguono la storia, e anche a chi recensisce.
L’ordine è sempre lo stesso: Se Death è OOC, URLATELO! ;)
 
 
Lady Aquaria: Il comportamento di Aletto nel capitolo precedente e in questo, vuole proprio sottolineare il fatto che, sebbene sia pestifera e anche un po’ cattiva, Aletto è pur sempre una bambina! E come tale si comporta^^ E si, Death le vuole bene…lo nasconde, lo nega, ma è così xD
(Eh…quando Aphro ci mette lo zampino…la camicia rosa lascia il comodino! xD)
 
Clamaste: Non preoccuparti, un ritardo può capitare a tutti! [(se ricapita ti mangio) non è vero sto scherzando ;) ]. Aphro e il guardaroba di Death vanno d’amore e d’accordo… purtroppo però non si può dire che i gusti di Aphro vadano a braccetto con quelli di Death! xD Quando al grande Sacerdote bhe.. in Sicilia c’è il passato di Deathy: quel cattivone del Sacerdote spera di metterlo nei guai, con annessa e connessa la bambina è.è Riuscirà a creare problemi al nostro amato Gold Saint… lo scoprirete presto ù.ù
 
POST SCRIPTUM: Se aggiorno con grandi ritardi mostruosi, vi prego di scusarmi: la scuola mi sta un po’ assillando ultimamenteç_ç

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Capitolo 9
*** Sfide e Meduse ***


Nei giorni seguenti, puntualmente, Death Mask passava le sue giornate a giocare a pallavolo con il gruppo di Stefano e Andrea e puntualmente vinceva.
Aletto, perciò, era libera di passare il suo tempo come preferiva. Da quando era arrivata, aveva passato tutti i giorni da sola, a fare il bagno tra gli altri bambini, ma senza prenderli veramente in considerazione. Una mattina, vedendo che nessuno entrava in acqua, si avvicinò per prima al mare che la aveva sempre attirata. L’unica cosa positiva del suo breve soggiorno presso le sacerdotesse di Atena erano state proprio le lezioni di nuoto di Shaina, che tutti i giorni, dopo gli allenamenti, la accompagnava in una piccola baia vicina al santuario per insegnarle a nuotare.
 
C’erano degli strani pesci, gelatinosi, nell’acqua quel giorno.
“Mamma, cosa sono quelle cose buffe?” domandò un bambino con gli occhiali ad una signora che gli stava accanto “Sono meduse tesoro, meduse…” rispose la donna.
“Meduse”. Aletto assimilò il nome degli strani animali e si tuffò in acqua, nuotando accanto a loro. I loro strani tentacoli la colpivano sulle braccia e sulle gambe, e in alcune circostanze anche sul viso: i tentacoli le provocavano bruciore, che tuttavia riusciva a sopportare; i colpi di Shaina facevano decisamente più male.
Tuttavia la bambina iniziava a sentirsi stranamente stanca, ma non riusciva a collegare quel senso di spossatezza ai colpi ricevuti dai tentacoli delle meduse.
Il suo bagno non durò a lungo: era rimasta vicino a riva e, un uomo la tirò fuori dall’acqua, somministrandole un medicinale per alleviare il dolore, mentre lei continuava a muoversi, nonostante il dolore alle braccia e alle gambe, per allontanarsi da quello sconosciuto.
“Sta tranquilla, sono un medico… Anna, era con qualcuno la bambina?” domandò il medico alla madre del bambino con gli occhiali “No, non c’era nessuno con lei, quando l’ho vista…Sei qui da sola piccolina?” domandò la donna, e Aletto in tutta risposta mosse leggermente un braccio per indicare il campo da beach volley, non molto lontano da lì.
 
 
“Bravo Sergio, anche questa partita è nostra!” urlarono Andrea e gli altri ragazzi, tutti insieme, mentre le ragazze a bordo campo esultavano la loro vittoria. Arianna lo osservava sorridente e Stefano, nemmeno si degnava di parlargli, invidioso com’era del suo successo.
Tuttavia, l’euforia generale non durò a lungo: infatti una donna, con un braccio un bambino con gli occhiali, si avvicinò al gruppo con aria sconvolta.
“C’è…c’è una bambina che ha fatto il bagno con le meduse, si è ustionata.” Disse, balbettando osservando i vari ragazzi presenti al campo. “Mio marito le ha già somministrato un medicinale: è un medico.” Continuò la signora, mentre con una mano accarezzava la testa del bambino, sconvolto probabilmente da ciò che aveva visto. “La bambina non ci ha detto come si chiama, ma ci ha indicato questo campo, quando le abbiamo chiesto se era qui da sola. Ha i capelli rossi e gli occhi blu e…”
Sul viso di Arianna comparve un’espressione sconvolta, e Death Mask, avanzò rapido verso la signora afferrandola per le spalle. “Dov’è?” domandò in un sibilo, per poi lasciarla andare, dopo aver scorto chiaramente un gruppo di turisti curiosi fermi sul bordo della spiaggia: sua figlia doveva trovarsi lì.
Corse rapido sulla spiaggia, fino ad arrivare vicino alla folla.
 
Dovette spingere e far cadere a terra un sacco di persone, prima di riuscire ad intravedere sua figlia.
“Ehi attenzione!”
“Ma che modi!”
“Ma guarda te questo…”
“Levatevi dai piedi o vi ammazzo tutti!” urlò Death Mask, spingendo di lato un altro turista, facendolo volare a terra. “E’ mia sorella quella, levatevi!”
Quando finalmente riuscì ad inginocchiarsi accanto alla bambina, il medico lo scrutò con attenzione “Lei è il padre?” gli chiese, mentre Death Mask sollevava da terra Aletto “Il fratello maggiore” rispose lui, alzandosi in piedi, tenendo stretta a se Aletto.
“Si rende conto di quello che ha fatto? Abbandonarla così!” esclamò lui, facendogli cenno di metterla a terra. “Dove pensa di portarla? Ho chiamato un’ambulanza, saranno qui a momenti.”
“Se lo può scordare che lascio che vada in un ospedale da dei medici incompetenti: la curerò io” rispose acido Death Mask “Inoltre, con tutto il traffico che c’è in questa schifosa cittadina l’ambulanza arriverà come minimo tra un’ora”.
“Mi spiace ma non posso permetterglielo” disse il medico, che si era alzato in piedi a sua volta; al gruppo di turisti si era aggregato anche il gruppo di ragazzi che stava giocando con Death Mask.
“Aletto, vuoi andare in ospedale?” domandò il Saint alla bambina, facendo sobbalzare tutti, quando sentirono il nome.
“No…io voglio stare con te, e nuotare ancora con quei pesci buffi…con…con le…meduse” rispose la bambina, stringendosi a lui e appoggiando la testa sula sua spalla destra “Sono belle…colorate. Belle e pericolose, come…come noi” continuò a parlare la piccolina, prima di tacere.
 
“Visto? Lei non vuole andare in ospedale, e io non la porto” disse Death Mask al medico, che, in tutta risposta, si mise ad urlare.
“Lei è un irresponsabile! La bambina andrà in ospedale, e io chiamo pure i servizi sociali: un’incosciente come lei non può prendersi cura di una bambina!” E, detto questo, prese il suo telefono, e iniziò a comporre un numero.
“Aletto, ce la fai a stare in piedi?” domando in un sussurro alla bambina il Gold Saint, mentre con una mano faceva cenno ad Andrea di avvicinarsi.
La bambina annuì e lui la posò a terra, lasciando che si appoggiasse ad Andrea per rimanere in piedi; si avvicinò poi al medico, strappandogli il telefono di mano.
Con un rapido gesto lo strinse e lo sbriciolò in mille pezzi.
“Provi a telefonare di nuovo ai servizi sociali, e questa sarà la fine che farà la sua testa.”
 
I turisti ammutolirono, e i bambini iniziarono a piangere, tutti insieme: Death Mask aveva assunto un’espressione furiosa,che aveva terrorizzato tutti i presenti. Nessuno osò dirgli nulla quando, dopo aver ripreso Aletto in braccio, si avviò a grandi passi verso l’albergo: aveva lasciato che la rabbia gli permettesse di finire di recitare la parte del bravo ragazzo ed era tornato ad indossare la maschera della morte.
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 
Death Mask aveva passato l’intero pomeriggio ad utilizzare il suo cosmo per alleviare il dolore delle ferite di sua figlia. Mai avrebbe pensato di usare il suo Cosmo per curare delle ferite, e non per procurarle: aveva visto Aiolia, Milo e gli altri Gold Saint sfruttare di tanto in tanto quella loro capacità, ma lui non ci aveva mai provato. E ora Aletto dormiva, tranquilla, nonostante tutto, sopra chissà quante confezioni di ghiaccio.
Death Mask la osservava e taceva; faticava addirittura a pensare.
“Non avrei dovuto lasciarla da sola”.
Si sentiva in colpa, sebbene il suo ego gli stesse dicendo in tutte le lingue del mondo che non era colpa sua, ma di quella mocciosa che aveva deciso di fare il bagno con le meduse.
“Nessuno però le aveva spiegato che erano pericolose…”si disse poi. Ma lui forse non le aveva detto di non fare il bagno? Si, glie lo aveva detto, quindi la colpa era di quella mocciosa che, come al solito, non lo aveva ascoltato.
Quel pensiero lo fece sentire meglio, ma solo per poco: quell’esperienza lo aveva segnato, e non riusciva a negarlo nemmeno a se stesso.
“Ho avuto paura…”Una sconcertante verità quella, ma pur sempre la verità: l’idea di perderla lo aveva terrorizzato, perché quella volta non sarebbe stato come quando il Sacerdote glie la aveva tolta; quella volta aveva rischiato di perderla per sempre.
 
Quando bussarono alla porta della sua stanza, si alzò per andare ad aprire, ed oltre la porta trovò Arianna e Stefano.
“Ciao Sergio…” disse lei, mentre il ragazzo rimase in silenzio.
“Ciao…” rispose lui, apatico.
“Frequentarli mi sta rammollendo: fingendomi una persona docile e per bene, sto iniziando a diventarlo”
“Volevamo sapere come stava tua sorella” continuò Arianna
“Bene, ma ora sta dormendo. Non ho voglia di parlare, rischierei di svegliarla” rispose lui, con voce atona.
“Va bene Sergio: facci sapere se hai bisogno di qualcosa.” Disse Arianna, avviandosi verso le scale “Vieni Stefano.”
“Arrivo cara, vai avanti: devo parlare un attimo con Death.” La ragazza non disse nulla e si allontanò.
“Che cosa vuoi perdente?” domandò Death Mask, scrutando il suo interlocutore da capo a piedi. In tutta risposta, Stefano sorrise.
“Non pensavo saresti tornato a bazzicare da queste parti Death Mask.”
“Nemmeno io, pensa un po’.” Rispose il Saint, scocciato.
“Carina l’idea di spacciare la mocciosa per tua sorella” aggiunse subito dopo, ghignando “Pensavi davvero che me la sarei bevuta?” Domandò, cercando di non ridere.
“Ciò che credi, pensi o fai, è l’ultimo dei miei problemi, idiota. Io non mi relaziono con i perdenti, se non per umiliarli, dovresti saperlo bene.” Replicò il Saint, rendendo visibile il suo cosmo, quanto bastava per tenere in guardia Stefano.
“Ah, davvero? Allora perché ti porti dietro quella mocciosa? Non è forse debole, Death Mask?” chiese e, senza dargli il tempo di replicare, scoppiò a ridere “Ti sei rammollito, Death. O forse, semplicemente, anche tu hai scoperto di avere un cuore” continuava a sghignazzare, e il Gold Saint stava per replicare, quando una terza voce interruppe la conversazione.
“Papà…Dove sei?” Aletto si era svegliata e lo stava cercando.
“Dannazione, ma proprio ora doveva svegliarsi?”
“Ohohoh! Cosa sentono le mie orecchie! Papà?” domandò Stefano, scoppiando ora in una risata fragorosa “Non posso crederci… Il crudele e cinico Death Mask padre, ora le ho viste tutte!” con un ghigno dipinto sul volto, fece un passo verso il Saint “Questo spiega la tua preoccupazione di stamattina.”
“Papà?”
 
Aletto continuava a chiamarlo e Death Mask, infuriato, ruotò leggermente il capo verso il letto “Sta zitta mocciosa, sto parlando.” Disse, per poi tornare a guardare Stefano. “Sono padre, e allora?” domandò, ghignando “Mia figlia potrebbe spezzarti tutte le ossa, se volesse: un fallito come te potrebbe essere spazzato via da chiunque.”
Tra i due scese il silenzio.
“Questo è tutto da vedere Death Mask” disse infine Stefano, facendo un passo avanti “Perché forse io sono stato un perdente, in passato, e tu hai preso l’armatura del Cancro: ma quello con un punto debole sei tu.”
“Tutti hanno un punto debole, idiota” replicò il Gold Saint.
“No, solo quelli che hanno un cuore: e io non ce l’ho.”
“Ne sei sicuro?” domandò Death Mask, inarcando un sopracciglio.
“Non ho punti deboli che tu possa attaccare”
“Questo è tutto da vedere, Stefano” disse Death Mask, ghignando, prima di sbattergli la porta in faccia.
 
 
 
NOTE:
Bene signori, un altro capitolo per voi!
La nostra Aletto ha rischiato grosso con quelle simpatiche medusine, ma prontamente qualcuno l’ha salvata…
Questo capitolo, come la vacanza in generale, è stato ideato per far capire quanto Death sia legato ad Aletto, sebbene neghi.
Ora però Stefano sa… e tra i due, penso si sia capito, non corre buon sangue… Cosa succederà? Lo scoprirete presto!
 
Ringrazio ancora tutti coloro  che seguono la storia, l’hanno inserita tra le preferite o le ricordate, chi semplicemente legge e chi recensisce…(Recensite gente…almeno capisco cosa devo approfondire, cosa devo chiarire e cosa va bene e magari non ne esce uno schifo! Ù.ù). Grazie davvero a tutti.
 
 
Lady Aquaria: Il costume hawaiano, così come la camicia rosa sono stati scelti volutamente per far “sorridere”… sono in contrasto con la natura di Death Mask (si, insomma, penso che non si vestirebbe MAI così) sono scelti apposta. Gli sguardi bhe… insomma sti Saint, con tutti gli allenamenti che fanno, avranno un fisico invidiabile! È.è
Lieta di sapere che Aletto riscuote successo ;) Grazie per la recensione, spero che anche questo capitolo sia di tuo gradimento^^

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Capitolo 10
*** Una vendetta dopo l'altra ***


 A volte sento che dovrei andare
 

 e giocare con il tuono:
 

in qualche modo non voglio restare qui
 

 ad aspettare il miracolo
 

(The Rasmus – In the Shadows)
 

 
 
“Sergio, ma sei proprio sicuro che non ci saranno problemi con Aletto?”
“Sta tranquilla Arianna, ho pagato una delle cameriere dell’albergo per tenerla d’occhio. Tu piuttosto, sicura di non aver problemi con Stefano?”
“No, stai tranquillo, è via per una festa di compleanno di una sua cugina: rientrerà solo sabato in tarda mattinata.”
“E non ti senti minimamente in colpa per quello che stai facendo?”
“No. Lui è un bullo, che sa darsi solo arie. Mi ama, lo so, ma io non riesco a  ricambiarlo. Tu invece, hai un cuore nobile e si vede che sei speciale. Sei dolce e sensibile: sei tu la persona giusta, e appena ritornerà a casa glie lo dirò.”
“Va bene Arianna, a sta sera allora”
“Si, a stasera Sergio”
Con un rapido gesto Death Mask chiuse il cellulare, concedendosi un ghigno soddisfatto: Arianna lo credeva l’uomo perfetto per lei, dolce e nobile, ma lui di nobile, non aveva nemmeno il portamento.
Forse qualcosa di buono c’era in lui, e il suo legame con Aletto pareva sottolinearlo, così come il fatto che era diventato un Gold Saint. Ma in fondo, la sua natura era la stessa dei mostri: lui non era un sogno ma un terribile incubo.
E Arianna, era solo un’ingenua.
Le aveva detto che era originario di Messina e aveva deciso di tornare a casa dopo tanto tempo e che era lì in vacanza ma aveva deciso di comprarsi una casa dove restare con Aletto. Le aveva detto di provare qualcosa per lei e di volerle restare accanto, e lei si era bevuta tutto: il giorno dopo lui avrebbe fatto rientro in Grecia con la bambina e lei sarebbe rimasta lì, da sola.
“Così le spezzerò il cuore…e non mi interessa”. Pensò, affacciandosi sul balcone, per guardare fuori.
Aveva passato tutta la notte in piedi, per assistere Aletto e ora aveva bisogno di dormire: sua figlia era uscita poco dopo l’ora di pranzo con la cameriera e lui poteva dormire; si stese sul letto e cadde in un sonno senza sogni.
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 
Si svegliò verso le quattro, con la sensazione che qualcosa non stava andando per il verso giusto: cercò il cosmo di Aletto e, quando finalmente riuscì ad individuarlo, lo sentì incredibilmente debole. Si alzò di scatto dal letto e corse fuori dalla stanza, lasciando dentro le chiavi. Si mosse alla velocità della luce, senza che nessuno potesse notarlo ed arrivò in breve alla spiaggia: il cosmo di sua figlia era sempre più debole.
Quando la scorse, corse verso di lei: era completamente sommersa dalla sabbia, con un sacchetto sulla testa e i capelli rossi che spuntavano da sotto il sacchetto stesso.
Non appena la raggiunse le tolse il sacchetto dalla testa, ma insieme al sacchetto volarono via anche i capelli rossi: la donna sotterrata non era sua figlia, bensì la cameriera dell’albergo, brutalmente soffocata, a cui qualcuno aveva posato in capo i capelli di sua figlia.
Con un grido di rabbia, Death Mask tirò un calcio alla testa della cameriera senza trattenere la sua forza, sfondandole il cranio: si mise a cercare un cosmo in particolare, e lo individuò in movimento, ad alta velocità, lungo la statale. Probabilmente era in macchina e si stava allontanando, ma era solo.
Tornò a concentrarsi sul cosmo di Aletto, e si voltò a guardare il mare, spalancando gli occhi per lo stupore: il cosmo di sua figlia veniva da lì, ed era sempre più debole.
Riuscì ad intravedere appena una mano spuntare oltre la cresta delle onde: c’era stato un nubifragio, durante la notte, e il vento soffiava ancora forte e per questo il mare era mosso.
 
Senza pensarci due volte Death Mask si lanciò in acqua. La corrente lo sbatteva da una parte e dall’altra, ma lui non si arrese. Più di una volta sfiorò Aletto e le onde glie la portarono nuovamente via: sembrava che il mare intero non volesse rendergliela. Nuotando fino allo stremo delle forze, riuscì ad afferrare Aletto per un braccio e faticosamente la trascinò a riva.
Non appena fu fuori dall’acqua, la bambina iniziò a sputare acqua salata: il battito cardiaco si sentiva appena e il respiro non era regolare, ma stava bene; Death Mask era arrivato appena in tempo.
Esausto si stese sulla sabbia accanto alla figlia, stringendosela al petto: aveva appena ripreso conoscenza, e stava piangendo.
“Papà, papà, ho avuto tanta paura…Quel brutto signore mi ha strappato tutti i capelli e mi ha buttato in acqua. Le onde erano alte! Ho provato a nuotare ma non riuscivo, andavo sempre più giù! Non volevo essere debole, ti prego, perdonami: la prossima volta sarò più forte…”
“Sta zitta” le intimò Death Mask, stringendosela al petto, e lei tacque. Le accarezzo la testa, dove ormai i capelli rossi erano quasi del tutto assenti, tagliati quasi a zero.
Non gli ci volle molto per capire cos’era successo: quel bastardo aveva pedinato sua figlia e al momento opportuno aveva fatto fuori la cameriera, per poi accanirsi contro la bambina.
“Non sei stata debole Aletto.” Cercò di rincuorarla “Sei stata bravissima: sei rimasta in vita affinchè io potessi salvarti. Se tu fossi morta, ecco si, in quel caso saresti stata debole e io non ti avrei mai perdonato per questo…e ora, riposa.”
“E se lui torna?”
“Sta tranquilla, ci sono io: e quel bastardo me la pagherà molto cara.”
 
Con la bambina in braccio Death Mask si alzò in piedi: come il giorno prima, aveva avuto paura di perdere Aletto, ma ancora una volta Atena aveva deciso di salvare quella bambina.
“Allora ogni tanto ci pensi a noi Saint eh?” domandò ironico alla sua Dea, non aspettandosi certo una risposta. Atena aveva preservato la vita di quella mocciosa, di sua figlia, forse perché quella era la prova tangibile che l’appartenenza di Death Mask alla schiera dei Gold Saint non era frutto del caso.
Tornando sui suoi passi Death Mask seguì il cosmo di Stefano, sempre più lontano: di certo non sarebbe rientrato in città fino a quando lui non se ne fosse andato. Accanto al corpo della cameriera, Death Mask trovò un biglietto.
“A quanto pare la tua marmocchia non era così forte come dicevi. Se vuoi trovarla, ti conviene andare nella valle della Morte…sempre che tu sia ancora in grado di arrivarci”.
Con rabbia, Death Mask appallottolò il pezzo di carta: Stefano pensava di non avere punti deboli a cui Death Mask potesse avere accesso, ma si sbagliava di grosso. Era colpa sua se Aletto era quasi morta: Stefano aveva colpito il suo punto debole prima che lui, il Gold Saint del Cancro, potesse fargli lo stesso torto. Ma non era quello il momento di pensarci: quello era il momento della vendetta.
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 
 
Quando la mattina dopo Stefano tornò a casa, sorrideva come mai prima: Death Mask se ne era andato da Cefalù, con la coda tra le gambe, umiliato e sconfitto: lui, che per tanti anni era stato umiliato, era finalmente riuscito a trionfare. Tirò le chiavi di casa fuori dalla tasca destra, mentre nella mano sinistra reggeva la scatoletta che conteneva la cosa più preziosa per lui, in quel momento: l’anello che avrebbe dato ad Arianna chiedendole di sposarlo.
Tuttavia, non appena mise piede in casa, il suo sorriso scomparve, non appena sentì la puzza di morte che vi alleggiava.
 
Senza perdere tempo, corse in camera da letto e lo spettacolo che si presentò ai suoi occhi lo sconvolse non poco.
Arianna, o quanto meno ciò che rimaneva di lei, era riversa sul letto: le dita di mani e piedi le erano state tagliate e appese alla parete, a comporre una macabra scritta Death.
Ma quelle non erano le uniche parti ad essere state mutilate: il corpo di Arianna, era infatti senza testa, sebbene i capelli fossero sparsi per tutta la stanza.
Con passo lento, come se fosse uno zombie, Stefano si avvicinò alla scritta sul muro, sotto la quale vi era attaccata una busta.
Non appena la aprì, due occhi verdi ne scivolarono fuori, ricadendo su un biglietto, lasciato sul cuscino che, con mano tremante, il ragazzo raccolse per leggerlo.
 
“Dovevi sentirla, ieri notte, mentre gridava il mio nome nel buio della stanza: il mio nome, non il tuo, perdente. Le ho lasciato come ultimo ricordo il piacere di una notte passata con me, l’uomo che credeva un angelo sceso dal cielo: e in effetti a letto, ho la forza di un Angelo, che dico, di un Dio! Un po’ mi dispiace, era anche abbastanza carina, ma in fondo volevo vedere se era proprio vero che non avevi punti deboli che io potessi colpire. Già mi immagino la tua faccia… Pensavi davvero che me ne sarei andato senza darti una lezione? Come pensavo, sei solo un povero perdente. Addio pivello, la prossima volta pensaci qualche minuto in più, prima di cercare di ammazzare mia figlia!
 
La Morte”
 
Con un urlò di rabbia, Stefano lanciò via il biglietto, inginocchiandosi accanto al letto: iniziò a piangere, per il dolore e per la rabbia. In quel momento, fece irruzione in camera sua un’intera squadra si polizia. “Vi dichiaro in arresto per le molestie sessuali e per l’assassinio di questa ragazza”.
“Ma io non l’ho uccisa!” esclamò Stefano, furioso “E’ stato Death, è stato quel bastardo!” urlò contro gli uomini della polizia che lo avevano afferrato e ammanettato.
“Eh, lo so amico, la Morte è sicuramente una gran bastarda. Tuttavia, un anonimo questa mattina ci ha inviato le riprese eseguite dalle telecamere di sicurezza installate da lei due giorni fa in casa, dove si vede chiaramente il suo accanirsi contro la giovane. Le consiglio di non parlare, e di aspettare il suo avvocato”
Stefano, sconvolto, non riuscì a replicare: quel bastardo lo aveva incastrato e in chissà quale modo aveva modificato le registrazioni delle telecamere. Si lasciò trascinare via ma con la coda dell’occhio riuscì a scorgere qualcosa posato sul tavolino: una foto di Death Mask in spiaggia, che teneva in braccio una bambina dai cortissimi capelli rossi. Entrambi sembrava lo fissassero, ghignando divertiti.
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 
“Papà?”
“Dimmi Aletto…”
“Quando arriviamo a casa, vero che posso appenderla in camera mia? Mi piace il suo viso.” Disse indicando un sacchetto che il Saint teneva sulle gambe.
“Certo che puoi…” rispose con un ghigno il Saint, prima di tornare a guardare fuori dal finestrino la terraferma che si allontanava sempre più.
“Devo ricordarmi di ringraziare quel bastardo di Arles per la vacanza, quando arriviamo”.
 
 
 
 
 
NOTE:
Bene Signori, anche la vacanza si è conclusa! (la storia no però è.è).
L’immagine della povera Arianna morta forse ricade un po’(tanto) nello Splatter, ma volevo far vedere quanto Death Mask, se incazzato, possa essere crudele… Forse è troppo persino per lui, ma è un padre e gli hanno quasi ammazzato la figlia... un padre come lui io ce lo vedo a reagire così (magari voi no non ci sarebbe nulla di male ù.ù). Stefano voleva sfogare su Aletto tutto il suo odio per Death, ma ha fallito (per un soffio, ma ha fallito) e si è beccato la crudele (a mio parere il termine non rende…) vendetta di Death Mask (era troppo persino per lui? DITEMELO! Ù.ù) Grazie a tutti coloro che leggono, la seguono, la ricordano, la preferiscono e la recensiscono!
 
Gio Tanner: Nha, non sono arrabbiata… Semplicemente, ho sentito la mancanza delle tue recensioni! (sono sempre molto utili per me, per decidere come proseguire nell’opera, sia che siano positive sia che siano negative). Inoltre ti sei spiegata benissimo e “Insomma: quel PUNTO debole è anche una grande forza che, se la si tocca, può far scaturire un ulteriore grandezza d'animo.”  hai colto, più o meno, ciò che volevo trasmettere in quel capitolo e in questo. Noi vediamo un Death sempre cinico, bastardo & tuttelequalitànegativepossibilieimmaginabili… Però se gli tocchi Aletto, SUA figlia, non solo tira giù tutti i santi del paradiso, ma anche tutti gli dei del Pantheon greco! xD Penso che questo capitolo lo abbia chiarito… Lui fa finta di niente ma in fondo Aletto lo ha cambiato: è sempre lui, ma guai a toccargli sua figlia.
 
Lady Aquaria: Death vuole bene ad Aletto, si mette addirittura a curarla… E poi nega, nega sempre, ma in fondo noi lo sappiamo che le vuole bene!*_*
Quanto a Stefano, se ti risulta antipatico, ho raggiunto il mio obbiettivo: un autore deve riuscire a far amare i suoi personaggi (si veda Aletto…ci sto provando a farvela amare! xD), ma nel caso di Stefano voglio che il mio “pubblico”(che parolone inadatto!) non lo sopporti è.è
 
Essence_Infinite: Per prima cosa, grazie per la recensione, e sappi che sono felice che la storia ti piaccia e mi fa anche piacere sapere che, secondo te, Death è caratterizzato bene (sto rendendo una “Mission Impossible” un po’ più “Possible”! xD) Quanto alle poche righe, don’t worry… piuttosto, te prova lo stesso a dare consigli, magari a te sembrano stupidi e a me invece risultano utilissimi! ;)Forse negli ultimi capitoli si, è un po’ OOC ma l’obbiettivo della storia è proprio un’ipotetica visione di come sarebbe diventato Deathy con una marmocchia tra i piedi ;) E se tifi per Death, ancora meglio (in questo capitolo direi che ha ottenuto una vittoria schiacciante!è.è)
 
Clamaste: Al terzo ritardo di mando Aletto e Death a casa è.è (Vana minaccia che non metterò in atto ù.ù). Quanto al loro legame padre-figlia, direi che Death Mask è abbastanza assente e le lascia molta autonomia… quanto all’essere una coppia genitore-figlia, mai dire mai…il finale è ancora tutto da scrivere! È.è
Il capitolo è perfetto. Veramente perfetto
Bhe…grazie infinite per il complimento, non penso di meritarmi un complimento così grande, ma lo apprezzo e spero di non deluderti con i capitoli che seguono ;).

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Capitolo 11
*** Notte di riflessioni ***


“Il signor Stefano Incontrera, 20 anni, è stato trovato morto questa mattina intorno alle 8 nella sua cella: il ragazzo si è stretto attorno al collo il suo lenzuolo, provocandosi una morte per soffocamento. Il ragazzo era accusato dell’uccisione di Arianna de Santis, la sua giovane fidanzata trovata morta e barbaramente mutilata il 30 agosto scorso. Dopo quasi un anno di indagini, restava l’unico indagato, e la testa della ragazza non è ancora stata ritrovata. I famigliari della giovane ora…”
“Papà?”
 
La voce di Aletto costrinse Death Mask a portare la sua attenzione sulla bambina, appena entrata nella stanza.
“Aletto, che vuoi? E’ la una di notte, sto guardando il telegiornale, vai a dormire.”
A dir la verità non glie ne fregava niente del telegiornale: l’unica notizia interessante era quella della morte di Stefano. Tuttavia, non aveva voglia di fare da balia da mocciosa anche durante la notte.
“Non riesco a dormire” disse la bambina.
“Hai sempre dormito benissimo, quindi non vedo perché tu debba disturbarmi” affermò Death Mask, tornando a stendersi sul divano. “Se vuoi dormire con qualcuno, chiama Sara”.
“Ho paura papà. So che è da deboli avere paura ma non posso farci niente.”
Death Mask squadrò la figlia: aveva ormai si e no sei anni eppure a lui sembrava il giorno prima quello in cui si era svegliato e se l’era ritrovata tra i piedi.
“E di cos’è che avresti paura?”
“Dei morti”
Death Mask rimase allibito e, subito dopo, scoppiò a ridere.
“Aletto, sono sei anni che convivi con i morti, com’è che ora hai paura?”
“Ieri sera ho sognato uno di loro che mi strangolava” rispose la bambina, abbassando lo sguardo. Il Gold Saint le si fece più vicino e le si inginocchiò davanti.
“Aletto, i morti non sono nient’altro che immagini *. Non devi preoccuparti”.
La bambina sorrise, e si voltò, iniziando a correre verso la sua stanza, mentre il padre la seguiva con lo sguardo.
I suoi sono gli occhi di un bambino che temono un diavolo disegnato *.”Pensò tra se e se Death Mask, tornando vicino al divano; spense la televisione e, dopo essersi steso nuovamente, rimase immobile, in silenzio.
Conviveva si da sei anni con quelle teste, ma in fondo era pur sempre una bambina come tutte le altre.
 
Sicuramente aveva qualcosa di speciale, considerato che era figlia di uno dei migliori Saint di Atena, ma era pur sempre una bambina. “Le ho mai fatto mancare qualcosa?” si ritrovò a chiedersi, nel buio della notte.
No, ad Aletto non era mai mancato nulla. Aveva ricevuto un’educazione, aveva avuto i suoi giocattoli, sicuramente inusuali, ma li aveva avuti anche lei. Aveva una casa e un padre che le voleva bene, che le aveva sempre mostrato affetto, in un modo un po’ inusuale, forse, ma che glie lo aveva dimostrato. Aveva ricevuto anche la protezione che un genitore deve dare al proprio figlio.
Death Mask sbuffò: si era sempre sentito legato alla figlia perché pensava di avere molto in comune con lei, ma si sbagliava. Lui non aveva ricevuto protezione, ne affetto, ne tantomeno c’era qualcuno che assecondava i suoi capricci. Era cresciuto solo, circondato da combattimenti e da morte.
“Le mancava una madre” solo quello nella loro vita era una caratteristica comune.
 
“Papà?” Aletto era tornata lì, vicino a lui, e si era inginocchiata di fianco al divano.
“Che cavolo vuoi ancora?” sbottò irritato verso la bambina, che non gli lasciava un attimo di pace.
“Mi racconti una storia triste e piena di morte? Quella che mi ha raccontato Sara era troppo felice…” disse la bambina, e Death Mask lanciò un’occhiata all’orologio: le due di notte erano già passate da venti minuti.
Sbuffando sonoramente Death Mask si alzò e seguì la figlia nella sua camera da letto, piena di animali morti e con qualche testa come decorazioni: sparse per la stanza si riuscivano ad intravedere alcune bambole, impiccate o brutalmente mutilate.
Non appena la bambina si infilò sotto le coperte, Death Mask si sedette sul bordo del letto.
“Mi sto decisamente rammollendo TROPPO. Ora mi metto a raccontare pure le favole, manco fossi quell’idiota del defunto Aiolos che racconta le fiabe al suo fratellino…”.
“Una storia triste papà.”
“Come mi hai chiamato?” domandò il Saint alla bambina con voce scocciata.
“Una storia triste Death, per favore” si corresse Aletto, rintanandosi sotto le coperte.
Death Mask rimase per un po’ in silenzio, pensieroso: non aveva mai raccontato storie e non sapeva da dove partire; poi optò per raccontare l’unica storia che gli venne in mente.
 
“Tanti anni fa, in una giornata afosa di giugno, nacque un bambino. Il suo nome nessuno lo ricorda, forse nemmeno lui. Suo padre non si sapeva chi era: sua madre, una donna povera, una donna come tante, che si era innamorata dell’uomo sbagliato. Fece di tutto per il suo bambino, cercando di racimolare cibo come meglio poteva: poi, in una notte di pioggia, quando il bimbo aveva si e no tre anni, la morte scese su di lei e la portò via”
 
Death Mask si concesse un istante di silenzio per osservare sua figlia, che lo osservava con aria curiosa.
 
“Il bambino rimase solo e lo portarono da un signore, che aveva in casa uno strano scrigno d’oro. Venne picchiato e gli insegnarono a picchiare: gli dissero che era nato per combattere per la giustizia, ma lui aveva un unico pensiero fisso, la morte, che sembrava seguirlo sempre. Si allenò con un ragazzo, chiamato Stefano, che si credeva il migliore e voleva lo scrigno d’oro, ma fu l’orfano a conquistarlo. Non appena lo ottenne lasciò la Sicilia e se ne andò in Grecia, non prima di aver spaccato il naso al suo compagno di addestramento.”
 
“Che fine ha fatto l’orfano?” domandò Aletto, che si era messa a sedere.
“E’ finito a giocare a scacchi con la morte.”
“Dov’è finito lo scrigno d’oro?”
“E’ sempre con lui, così come il suo contenuto.” Concluse Death Mask, alzandosi.
“Papà…?” lo chiamò la bambina, ma lui non si voltò.
“Death?” riprovò a chiamarlo.
“Che vuoi ora?” rispose il Saint, fermandosi.
“Sara non è la mia mamma vero?”
 
Death Mask rimase in silenzio per un po’, per poi voltarsi verso la bambina: ritornò sui suoi passi e si sedette nuovamente al bordo del letto.
“Lei ti ha detto di essere tua madre?” domandò in un sibilo Death Mask “Se Sara ha osato disubbidire a questo mio ordine..:”
“No…”
“E allora perché lo pensi?” domandò irritato. Non amava quell’argomento.
“Perché tutte le volte che la chiamavo mamma, lei mi diceva che non dovevo chiamarla così. Allora pensavo che, visto che anche tu mi dici sempre di non chiamarti papà…”
“No, non è la tua mamma” la interruppe Death Mask, senza staccarle gli occhi di dosso: il suo ragionamento era in un modo o nell’altro, sensato.
“Lo sapevo che…era troppo buona per essere la mia mamma. Però…” la bambina si concesse un istante per riprendere fiato “Lo zio Shura, quando l’altro giorno mi ha spiegato chi è la mamma, mi ha detto che è quella persona che sta sempre con noi, che ci vuole bene e non ci abbandona mai. Ed è Sara questa persona per me…è un pensiero sbagliato papà?” domandò dubbiosa la bimba, osservandolo.
E Death Mask rimase in silenzio, non sapendo cosa dire: perché in un modo o nell’altro Shura e Aphrodite mettevano sempre il loro zampino nelle sue questioni personali? Il fatto che il loro rapporto assomigliasse ad un’amicizia non li autorizzava a farsi sempre gli affari suoi.
“E perché io sarei tuo padre?” domandò infine il Saint, con voce sprezzante, cercando di mantenere un tono distaccato. Non aveva risposto alla domanda della bambina, e nemmeno voleva farlo.
“Perché tu mi vuoi bene e non mi lasci mai.”
 
Era un ragionamento un po’ strano, ma pur sempre un ragionamento… forse fin troppo complicato per una bambina di sei anni. Però, anche lei era cresciuta in fretta, come lui.
“E’ riuscita ad avere anche una madre, nonostante tutto.”  Pensò tra se e se il Saint.
“Papà?” lo chiamò nuovamente Aletto, costringendolo a rinunciare alle sue riflessioni.
“Dimmi…”
“La…la mia mamma vera… la vedrò mai?”
“Tu vorresti vederla?” le domandò Death Mask
“Io…non lo so…lei è stata cattiva…come il papà del bambino della storia.”
“Vorresti fargliela pagare per averti abbandonato?” domandò Death Mask con un ghigno.
“Io…si.” Rispose titubante la bambina, osservandolo da sotto le coperte.
“Allora, quando sarai più grande, ci penseremo” concluse il Saint alzandosi.
Arrivato alla porta, si voltò verso di lei, e la chiamò.
“Aletto…?”
“Si?” domandò lei, sbadigliando.
“Puoi chiamarmi papà, ma solo quando siamo da soli” concluse il Saint, uscendo senza aggiungere altro.
 
Death Mask non andò subito nella sua stanza, ma rimase fuori da quella della figlia, per un po’, in piedi. Si mosse solo quando l’orologio battè le quattro.
Cosa lo legava davvero a sua figlia? Che fosse davvero affetto quello che sentiva? Ormai faceva fatica a negarlo persino a se stesso, sebbene riuscisse a mantenersi freddo e distaccato nella maggior parte dei suoi rapporti con la bambina. In fondo, nonostante tutto, sapeva di essere legato a lei. Scosse il capo cercando di non pensarci.
“Gli affetti sono solo una gran fregatura, soprattutto per un Saint”.
Avrebbe sepolto quel sentimento in fondo al suo cuore, sotterrandolo con morte e distruzione: non poteva permettersi di rammollirsi troppo a causa della bambina.
“Affetto si, ma nessuno deve sapere. E nemmeno io devo saperlo durante il giorno. Il mio affetto non può manifestarsi come la primavera, o PEGGIO come l’affetto che si vedeva tra quel leoncino e suo fratello. No, no, NO! Non se ne parla: solo quando saremo soli, lontano da tutti. Per tutto il resto del tempo, quel sentimento non esisterà. Anzi, che dico? Quel sentimento non esiste proprio, è falso, inesistente, una fantasia della mocciosa!”.
Concluse Death Mask: la sua opera di convincimento non era convincente come in passato ma funzionava ancora egregiamente.
“Oh si, così si ragiona.”.. sussurrò appena, avviandosi verso la sua stanza: arrivato a metà corridoio, trovò Sara rannicchiata contro una colonna che tremava dal freddo.
Con un sonoro sbuffo, osservò il resto del corridoio: non era l’unica a dormire a terra, dato che buona parte della servitù si trovava lì.
Parte delle stanze della servitù erano state bruciate, la settimana prima, da un incendio causato da Aletto che stava, come aveva detto lei “giocando”.
Death Mask sorrise al ricordo, ma subito dopo maledisse mentalmente la bambina per avergli causato quell’inconveniente.
 
Scuotendo il capo, prese delicatamente in braccio Sara e la portò nella sua stanza e, dopo averla adagiata sul suo letto ed averle messo addosso una coperta indossò la sua armatura.
Prima di uscire dalla stanza, rimase a guardarla.
“Perché l’ho portata qui?”si domandò, scuotendo il capo.
Sara era l’unica della servitù che lo rispettava: non che al quarto tempio ci fossero ribellioni quotidiane di paggi e ancelle, ma in corridoio molti vociferavano contro il loro carnefice e molti avrebbero voluto vedere il quarto custode morto. E, proprio per questo, spesso erano molti di loro a finire sotto terra.
Sara era l’unica ancella che era sopravvissuta nei suoi anni di permanenza al grande tempio: il resto della servitù veniva ammazzata e sostituita nel giro di sei mesi, un anno al massimo. Lei però, no. Era l’eccezione che confermava la regola. Non aveva mai detto nulla contro Death Mask, si era sempre mostrata ubbidiente e sottomessa. Lo rispettava, lo temeva, e forse, da quello che Death Mask era riuscito ad intuire, lo venerava anche.
Il che era abbastanza strano: era l’ancella più torturata, quella che sarebbe già dovuta impazzire. Eppure era ancora lì e da quanto diceva Aletto, che passava molto tempo con la ragazza, adorava il suo carnefice.
E quella sua venerazione, probabilmente, la avrebbe tenuta in vita ancora a lungo.
 
Con un ultimo sbuffo, Death Mask diede le spalle al letto.
“Eh, vecchio mio, ti sei ammattito del tutto” concluse, allontanandosi dal Santuario.
 
 
 
 
NOTE:
(*): Queste parti, che ho anche sottolineato, sono prese da “Macbeth”, tragedia di Shakespear.
Il rammollimento di Death Mask continua inesorabile, ma c’è un bellissimo avvertimento “What If?” che mi giustifica almeno un po’… (insieme all’avvertimento OOC).
Tornerà sui suoi passi, o almeno spero di riuscire a farlo tornare cinico e bastardo com’era prima…quantomeno ci proverò!
Grazie a tutti voi che leggete… So che faccio crescere Aletto alla velocità della luce, ma se mi soffermassi su ogni singolo giorno finirei le idee ;)
Vi posto questo capitolo, scusandomi se non ho aggiornato per un po’, ma la pressione della scuola è terribile…
                                                                      
 
 
 
 
GioTanner: Eh… Death Mask se la prende con Arianna… si vendica contro Stefano prendendosela con colei che per il suo nemico è la cosa più importante… Prova del fatto che lui, in realtà non era minimamente interessato ad Arianna… semplicemente, la voleva sfruttare: all’inizio non voleva ucciderla, solo far soffrire i due ma visto che Stefano si è messo contro di lui, si è vendicato in modo più crudele. Forse è un po’ crudo, l’ho pensato anche io mentre scrivevo ma… “OOC” e “What If?” sono lì apposta come avvertimenti! ;)
 
Essence_Infinite: Il loro ritorno al Santuario… non è successo niente di speciale ù.ù Ho spedito avanti il tempo di un (bel) po’… diciamo che io narro solo i momenti degni di nota ^^ Arianna ha avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato… Lieta di sapere che apprezzi la storia e la scrittura^^
 
ShessomaruJunior: Ohhh…un nuovo recensore!*_* Bhe, la vendetta va consumata fredda, ma io Death lo vedo più come uno che agisce subito e si prende ciò che vuole… Per quanto riguarda l’aereo, ammetto di averci pensato dopo (ero troppo presa dal narrare la scena xD)… Bhe, io direi che il Sacerdote gli ha fornito un aereo privato (ce le vedi, ad esempio, le sacerdotesse di Atena a viaggiare con quella maschera su aerei normali senza dare nell’occhio? xD).
 
Lady Aquaria: Ho notato che tu apprezzi molto i capitoli in cui viene sottolineato il rapporto Death – Aletto… quindi spero che anche questo sia di tuo gradimento poiché si concentra proprio su questo. Arianna è una vittima, una delle tante vite che Death Mask falcia nella sua vita (sulle pareti della sua casa vi sono volti anche di alcuni bambini… non dimentichiamo la sua brutalità, anche se io lo descrivo un bravo (?) papà)

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Capitolo 12
*** Rivelazioni ***


Nelle due settimane che seguirono alla conversazione tra Death Mask e Aletto il Saint non ebbe l’occasione di ripensare ai loro ragionamenti; infatti, il Sacerdote lo spedì in missione.
L’organizzazione della casa venne lasciata nelle mani di Sara, così come la cura della bambina. Le riparazioni degli alloggi della servitù vennero completate e tutto tornò alla normalità e quando il Saint fece ritorno a casa, tutto era sotto controllo.
I giorni si susseguirono lenti e noiosi: ormai era estate e al Grande Tempio il caldo si faceva sentire più del solito.
 
“Papà? Papà, sei sveglio?”
“Ora si!” grugnì Death Mask, voltandosi verso la figlia ferma accanto al suo letto.
“Posso andare al mare?”
Death Mask non rispose subito e si limitò a scrutare la figlia per un po’: ormai aveva sette anni ed era diventata più alta e, per fortuna, i suoi capelli erano ricresciuti e, anche se non erano lunghissimi, le arrivavano alle spalle.
“Va bene, ma sappi che se muori annegata io non me ne assumo la responsabilità...”
“Grazie papà…E dopo posso andare all’arena? Shaina e Marin si allenano e vorrei partecipare”
“Va bene, ma non usare il Sekishiki Meikaiha.”
La ragazzina annuì e uscì dalla stanza. “Speriamo davvero che non lo usi” pensò il Saint alzandosi: aveva appena iniziato ad istruire sua figlia sull’uso di quella tecnica, limitandosi a fargliela vedere e a fargliela sentire sulla pelle, spedendola nel mondo dei morti, dove la aveva seguita per tenerla d’occhio e dove lei si era trovata perfettamente a suo agio. E la bambina aveva provato subito ad usare la tecnica, con pessimi risultati: non aveva le basi e per questo Death Mask alla fine si era arreso ed aveva affidato alle Sacerdotesse l’istruzione di sua figlia, sebbene, di tanto in tanto, fosse sua premura controllare il suo operato.
 
Affamato si trascinò in cucina, dove batteva il sole: sbuffando, tirò fuori dal frigo una bottiglia di birra e un pezzo della torta, che era stata cucinata da Sara per Aletto e andò a sedersi in corridoio consumando la sua decisamente poco salutare colazione. Non appena ebbe finito abbandonò la bottiglia a terra e iniziò a vagare per la quarta casa, senza una meta precisa. Distrattamente controllava l’operato della servitù e questo suo vagare senza meta lo portò all’uscita dal quarto tempio, quella che portava alla scalinata per accedere al tempio del Leone. Stava per tornare sui suoi passi quando una figura che scendeva le scale attirò la sua attenzione e non ci mise molto a riconoscere in quella figura Sara.
Si nascose dietro ad una colonna e rimase ad osservarla mentre rientrava nella quarta casa: sembrava turbata e preoccupata. La ragazza non si accorse di lui e, correndo, cercò di attraversare l’ingresso, il più in fretta possibile, ma la sua corsa venne bloccata da Death Mask che la afferrò per un braccio e la sbattè contro la colonna dove era stato nascosto fino ad un istante prima, premendo tutto il suo corpo contro di lei per impedirle di muoversi.
 
“Buon giorno Sara… come mai da queste parti?” domandò, mentre sul suo volto compariva il suo inconfondibile ghigno.
“Cavaliere io…”
“Non mi pare di averti dato il permesso di uscire dalla quarta casa…” la interruppe, senza darle il tempo di spiegare “Perciò ti conviene avere una buona scusa per questa tua presa di iniziativa, se non vuoi passare guai seri.”
“Il Sacerdote mi ha fatto chiamare…” disse Sara in un sussurro e tra i due scese il silenzio.
“Il Sacerdote?Che cosa poteva volere da lei?”
“Ah, bella scusa Sara, per un attimo c’ero quasi cascato… E sentiamo, perché mai ti avrebbe fatto chiamare?” domandò Death Mask, senza mutare espressione: quella storia non gli piaceva, ma non aveva intenzione di farlo capire alla sua ancella.
“Mi  ha ordinato di non dirvelo…”
Death Mask ringhiò e premette la ragazza ancora di più contro la colonna.
“E io ti ORDINO di dirmi che cosa ti ha chiesto il Sacerdote.” Disse in un sibilo, senza accennare a voler mollare la presa “Altrimenti ti assicuro che sarai costretta a tacere per sempre, perché non solo ti strapperò la lingua ma ti farò fuori io personalmente… Quindi ti conviene parlare e parlare ADESSO!” affermò risoluto Death Mask, cercando di tenere a freno il suo cosmo.
 
“Mi…mi ha chiesto di voi e…di…di come vi comportate con la bambina…” iniziò Sara, continuando a balbettare “Voleva sapere se..se vi siete affezionato, se le fate del male e la picchiate, se la trattate bene o…”
“E tu che cosa gli hai risposto, stupida sguattera?” domandò Death Mask sempre più alterato.
“Gli ho risposto che voi la trattate come trattate coloro che entrano nelle vostre grazie… Che la trattate esattamente come trattate il nobile Aphrodite o il nobile Shura…” rispose Sara, prima di mordersi un labbro, fino a farselo sanguinare, e Death Mask sorrise. “Sicuramente riservo un trattamento speciale a quei due, ma non si può dire che io li tratti in modo gentile ed educato.”  Pensò, leggermente più calmo: il Sacerdote stava cercando il suo punto debole e non aveva mai considerato quei due Saint come un possibile punto di appiglio per soggiogare il Saint del Cancro e perciò forse non avrebbe cercato di sfruttare sua figlia. In fondo, ci aveva provato ed aveva fallito e per quanto potesse essere cocciuto il Sacerdote non avrebbe perso altro tempo cercando di attaccare Death Mask su quel fronte visto che la stessa Aletto non sembrava provare simpatia per lui.
 
“E ti ha chiesto altro dopo?” domandò Death Mask, sorridendo soddisfatto.
“Si…m-mi ha c..c…chiesto come vengo trattata io…” proseguì Sara, tremando “Se ricevo un trattamento speciale rispetto agli altri paggi e alle altre ancelle…”
Death Mask si rabbuiò: “Allora è proprio vero che sta cercando un mio punto debole…” pensò il Saint del Cancro, concedendosi una smorfia. Da quando si era tenuto Aletto, Arles non sembrava fidarsi più come prima del Gold Saint della quarta casa. “Sta cercando un modo per incastrarmi…”
“E io gli ho detto che no…non ricevo trattamenti speciali sebbene…” i pensieri di Death Mask vennero interrotti da Sara che aveva ricominciato a parlare “…voi mi trattiate in modo differente rispetto al resto della servitù…Perché io mi occupo di dirigere tutto e se sbaglio ricevo punizioni più esemplari rispetto alle altre e…” la giovane ancella si concesse la possibilità di riprendere fiato, abbassando lo sguardo per fissare il suolo “E mi ha chiesto se volevo essere trasferita all’ottava casa, ma io ho risposto di no... Se quanto ho detto vi ha arrecato danno o disturbo, vi prego di perdonarmi io non…”
Death Mask la interruppe, posandole una mano sulla bocca, per poi costringerla a guardarlo negli occhi.
“Oh no, ciò che hai detto al Sacerdote è stato perfetto.” Disse Death Mask, sporgendosi ancora di più in avanti, andando a posare le sue labbra vicino all’orecchio dell’ancella “Ma la prossima volta che il Sacerdote ti convoca, avvisami prima di andare…altrimenti il Sommo Arles sarà l’ultima persona con cui parlerai…” concluse il Saint, staccandosi dalla colonna, lasciandola libera di muoversi.
Non le lasciò nemmeno il tempo di replicare: in un istante le aveva già voltato le spalle. Espandendo il suo Death Mask fu avvolto da un lampo di luce e si recò nella valle della morte: aveva bisogno di riflettere da solo.
 
Rimase a lungo a riflettere, mentre seduto su una roccia fissava le anime andare incontro al loro destino. Alla fine il Sacerdote aveva perso la sua fiducia in lui, ma la cosa non lo preoccupava minimamente: ad Arles non conveniva mettersi contro di lui, perché se c’era qualcuno che sapeva molte cose sul suo contro, quello era proprio Death Mask.
Istintivamente il suo pensiero passò dal Sacerdote ad Aletto. La bambina non andava a genio ad Arles, tanto quanto ad Aletto non andava a genio Arles. Tuttavia, dopo la vacanza Arles non aveva più mostrato interesse per la bambina quindi Death Mask ritenne inutile preoccuparsi eccessivamente per Aletto: sua figlia stava crescendo in fretta ed ogni giorno che passava, anche grazie a Shaina, diventava più forte.
Il suo problema in quel momento era Sara, quell’ancella che lo serviva fedelmente da molto tempo: Arles era arrivato fino a lei e visto che era l’unica che era sopravvissuta all’istinto omicida del Gold Saint, aveva sospettato che lei potesse essere il suo punto debole e così le aveva proposto un trasferimento, che la stessa Sara aveva rifiutato.
“Che idiozia pensare che una banale ragazzina possa essere il mio punto debole… Semmai IO sono il suo punto debole: come dice Aletto, basta vedere come mi guarda…”
Forte di quelle convinzioni Death Mask lasciò la valle della Morte.
 
La prima cosa che fece fu andare a controllare Aletto, che dormiva già. L’orologio battè la mezzanotte mentre Death Mask si avviava verso la sua stanza, quando una luce proveniente dall’ala adibita per la servitù lo fece fermare. “Possibile che uno di quegli idioti sia ancora sveglio? Ecco perché lavorano poco: non dormono!”
Silenziosamente Death Mask percorse i pochi metri che lo separavano da quella stanza e si accorse che quella luce non proveniva da una stanza qualsiasi, bensì da quella di Sara.
Silenziosamente si avvicinò alla porta e guardò dentro: la ragazza indossava una camicia da notte vecchia e sgualcita che un tempo probabilmente era stata bianca. Purtroppo per lei però, Death Mask non aiutava la sua servitù a rimediarsi dei vestiti decenti perciò la ragazza doveva accontentarsi di quel vecchio indumento decisamente troppo piccolo per lei, ma che doveva bastarle.
 
“Atena, ti prego, ascolta la mia preghiera…” sussurrò Sara, ma Death Mask riuscì a sentirla comunque. “Ti prego Atena fa che i miei gesti siano sempre conformi al suo volere, fa che io non debba mai più disobbedire ai suoi ordini, fai in modo che io possa essere una sua serva fedele.”
Senza accorgersene Death Mask era scivolato all’interno della stanza, proteso in avanti, in ascolto.
“Fai in modo che io possa sempre servire lui e nessun altro tuo Cavaliere. Fa in modo che lui possa portare giustizia e uccidere chi cerca di distruggere la perfezione e la purezza del mondo che tu desideri. Fa in modo che Death Mask possa continuare a combattere per te…”
“Aletto aveva ragione” pensò Death Mask sorridendo: Sara lo adorava, lo venerava, arrivava addirittura a pregare Atena affinchè lui potesse agire indisturbato “Mi vede come un redentore del mondo… Lei la pensa come me, pensa che la forza sia la vera giustizia e che io non possa far altro se non adempire al mio compito di Saint. Io, con la mia forza devo purificare il mondo da chi è debole e tenta di opporsi al volere divino: lei COMPRENDE! Si, lei sa che i deboli, se ribelli, devono essere eliminati affinchè regni la giustizia”
Quella consapevolezza lasciò Death Mask leggermente perplesso: lei, una stupida sguattera, era arrivata a comprendere ciò che nessuno dei Gold Saint aveva capito. Lei aveva compreso i suoi ideali lei, che non era nient’altro che una persona debole destinata ad obbedire o a soccombere.
“…e fai in modo che il mio amore per lui possa sempre proteggerlo.”
Death Mask trattenne a stento una risata: lei lo amava così come un fedele fanatico ama il suo Dio. Tutto il potere che aveva su di lei lo faceva sentire bene, lo faceva sentire forte.
Con un rapido gesto chiuse la porta annunciando così la sua presenza.
 
 
 
 
 
 
 
NOTE: Si, vi ho fatto aspettare un po’ per questo capitolo, lo so… E vi chiedo scusa… E nel frattempo vi ringrazio perché non sarei arrivata al 12esimo capitolo senza voi che leggete, seguite, ricordate, preferite e recensite. Un ringraziamento speciale a Gio Tanner, per il semplice fatto che mi ha messo la pulce nell’orecchio per scrivere. L’idea all’inizio era quella di arrivare al massimo a 10-11 capitoli, parlando di un evento in ogni capitolo e facendo crescere Aletto molto più in fretta rispetto a quanto cresca adesso (l’idea era: ogni capitolo passa un anno). Invece sono già al 12esimo capitolo e ne avrò ancora per un po’… Non so quanto ma ancora per un po’. Quindi grazie a tutti, perché sapere di essere in qualche modo apprezzati o anche solo ricordati è una cosa bellissima e invoglia sempre più a scrivere. Spero che questo capitolo e la storia in generale siano di vostro gradimento e vi piacciano tanto quanto piace  a me scriverla: fino a poco tempo fa non avrei mai pensato di poter scrivere qualcosa di così lungo su Death Mask, con così tanta passione. Quindi grazie a tutti.
 
E passiamo alle note serie: come avrete notato tutti Sara sta assumendo un ruolo sempre più importante. Lei era nata come semplice comparsa ma, pian piano, ha iniziato a farsi spazio nella storia (della serie “Quando i tuoi personaggi ti sfuggono di mano” xD)… Ed ha iniziato a piacermi sempre di più descriverla e farla agire e spero che voi possiate apprezzarla nella sua Mary-Sueaggine. Amatela ù.ù
In questo capitolo torna a fare la sua comparsa Arles: era stato tranquillo e nel suo brodo fin troppo a lungo così l’ho fatto tornare in azione. Forse vi ho lasciato un po’ sulle spine alla fine ma… pazienza. Mi aspetto, ancora una volta, uova, pomodori & Co. se vado OOC e magari una bella torta (da mangiare, non in faccia) se invece avete apprezzato.
Ogni recensione, positiva o negativa che sia, è sempre gradita… Rispondo alle recensioni e smetto di parlare a vanvera.



 Gio Tanner: Si, Death Mask sta lentamente diventando “normale”, diciamo così. E’ ancora da vedere quanto lo diventerà. Se Sara ti stava simpatica dall’inizio, allora forse questo capitolo in cui lei compare più del solito sarai riuscita ad apprezzarlo (lo spero vivamente). Quanto ad Aletto è una bambina e in alcuni casi il suo comportamento infantile esce più di una volta. Tuttavia, cresce a contatto con Death Mask e quindi non può che crescere un po’ più in fretta e con delle idee forse un po’ “strane”
 
Essence_infinite: Il Macbeth” è ricco di riflessioni sulla vita e sulla morte e quella parte mi sembrava calzasse a pennello con la situazione così ho preso spunto. Il cambiamento di Death Mask è lento ma inevitabile: anche un cuore di pietra come lui non può non volere bene a sua figlia! Per quanto riguarda la madre di Aletto, è ancora presto… Diciamo che questa è una sottospecie di anticipazione ;)
Quanto a Sara… bhe, ecco il capitolo! E poi ci sarà il prossimo… E lì vedrai se si trova una compagna o no è.è

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Capitolo 13
*** Uccido per Dimenticare ***


E’ febbre,

bruciante calore.

Passione che è quasi furore
 

per me non è amore.

(Adriano Celentano – Lago Rosso)



 
Sara sobbalzò e si voltò verso la porta, riconoscendo Death Mask.
“C…cavaliere, se mi avete chiamato e non ho risposto, vi prego di perdonarmi” disse, alzandosi in piedi “Stavo pregando Atena e…”
“Shhh” disse Death Mask, avanzando verso di lei “Non ti ho chiamato, ma ti ho sentito pregare Atena…” disse, concedendosi una pausa, mentre parlava “…per me.” concluse poi e la ragazza strabuzzò gli occhi, arrossendo.
“Si cavaliere e spero che le cosa non vi disturbi..” disse, facendo un passo indietro, mentre il Saint del Cancro avanzava sempre più verso di lei.
“Oh no, non mi disturba affatto…” replicò lui apparentemente calmo, forse fin troppo calmo e lei indietreggiò ancora, andando a sbattere contro il letto: barcollò un istante, ma riuscì a rimanere in piedi, mentre lui si avvicinava sempre più, con un sorriso sghembo sul viso.
Sara rimase in silenzio, non sapendo cosa dire: si limitò a fissare il suo cavaliere che si avvicinava sempre più, probabilmente vergognandosi per quello che lui aveva scoperto.
 
“Che c’è Sara, hai paura?” domandò Death Mask, cercando di non ridere.
“N-no cavaliere…” rispose lei, distogliendo gli occhi dai suoi
“Si che hai paura…Te lo leggo negli occhi. Paura e venerazione si mischiano nei tuoi sguardi… E non riesci mai a sostenere il mio sguardo…Perché temi che io possa non gradire… Perché sai che tutto in me è morte”
“Non mentirmi Sara…” disse lui, che ormai la aveva raggiunta, mentre si chinava in avanti, andando a sfiorare l’orecchio sinistro con le labbra “…non puoi mentirmi, e lo sai” parole sussurrate le sue. Lui non si mosse ulteriormente, e lei nemmeno, ma il Gold Saint poteva sentirla tremare appena, terrorizzata.
“Tranquilla, non voglio farti del male” sussurrò nuovamente, mentre con la mano sinistra andava a cingerle la vita, tirandola a se e con la mano destra le accarezzava i capelli.
Sara, poiché costretta, appoggiò la testa contro il suo petto e rimase immobile, in attesa della morte. Non le sembrava possibile un tal cambiamento nel Saint della quarta casa, così cinico e crudele, così solitario e inflessibile. Lei era sicura che ci fosse altro sotto quella maschera di Morte che si portava appresso, perché era riuscita a scorgere la sua umanità nei semplici ma profondi gesti che faceva nei confronti di sua figlia. Sara se lo ricordava bene, il giorno in cui la bambina era arrivata al santuario, insieme a quelle poche parole che lui le aveva detto “Crescila come se fosse tua”. E, sebbene fosse testimone di un lato buono di Death Mask, un lato che pochi avevano visto, non le sembrava possibile che il cavaliere di aprisse a simili gesti con lei.
Se lo avesse visto in faccia, sicuramente avrebbe pensato ancora di più che in quel suo strano comportamento c’era qualcosa di sospetto, visto che Death Mask sorrideva, con un sorriso inquietante, osservando, con uno sguardo che brillava di una luce di sfida, un punto ben preciso della parete della stanza di fronte a lui.
 
Indietreggiò un poco, leggermente e lasciò scivolare la mano destra dai suoi capelli al suo viso, sollevandole leggermente il mento in modo che lei fosse costretta a fissarlo negli occhi.
“Ora vedrai…”pensava.
“Avrei dovuto farlo prima…” disse in un sussurro e Sara lo guardò perplessa: stava per domandargli a cosa si riferiva, quando lui, di scatto, si chinò per baciarla. La ragazza rimase spiazzata ma non si ritrasse, nemmeno quando lui la adagiò sul letto, liberandola di quella veste troppo vecchia che gli era solo d’impiccio. Lei cedete subito e, in un certo senso, cedette anche lui.
 
 

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Quando qualche ora dopo lasciò la stanza, aveva il viso corrucciato e sembrava tutt’altro che tranquillo, ma nessuno potè vederlo, perché tutti in quella casa dormivano.
“Perdonami se puoi…” sussurrò appoggiandosi con la schiena alla porta che aveva appena richiuso. Mai avrebbe pensato di poter pronunciare quelle parole: con un rapido gesto del capo scacciò dalla sua mente quei pensieri. Il gallo, con il suo canto, annunciò l’arrivo dell’alba e il Gold Saint del Cancro andò a recuperare la sua armatura.
 

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“Come mai desideravi vedermi?” domandò il Grande Sacerdote a Death Mask che quella mattina, non appena il sole si era alzato nel cielo, aveva chiesto un’udienza.
“Mi serve una nuova ancella, svelta e capace, che diriga la casa” aveva risposto in fretta Death Mask, con tono seccato, mentre teneva gli occhi fissi sul pavimento delle stanze del Sacerdote.
“E perché mai? Non hai forse Sara?”
“E’ morta” rispose il Saint senza lasciar trasparire la benché minima emozione. Arles rimase sbigottito e per un po’ non disse niente.
“…morta?” domandò perplesso e il suo tono di voce fece sorridere per un istante il Gold Saint del cancro.
“Beccati questa Arles, uno a zero per me!” pensò amaramente.
“Si…l’ho uccisa io” rispose Death Mask con il tono più tranquillo che possedeva, senza tuttavia alzare lo sguardo dal suolo, grato, per la prima volta in vita sua, alle regole dell’etichetta che gli imponevano un simile comportamento.
“Ah…capisco…E perché mai?” domandò Arles, sporgendosi in avanti, visibilmente stupito da quella notizia.
“Perché tu…”
“Lo sapete Sacerdote, perché…”
“…volevi usarla per…”
“…non amo avere intorno degli idioti per…”
“… arrivare a me, bastardo!”
“…troppo tempo.”
 
Dopo aver risposto, tacque: avrebbe voluto dire molte cose ad Arles, troppe cose e tutte lo avrebbero messo in una posizione tutt’altro che comoda.
Per prima cosa avrebbe voluto dirgli di scegliersi meglio gli infiltrati, perché il suo uomo non era stato molto bravo ad occultare la telecamera che aveva messo nella camera di Sara e non era nemmeno stato bravo a recuperarla: era stato colto in flagrante e punito.
“Si, lo so, ma pensavo che lei fosse diversa…” replicò Arles e se non avesse avuto la maschera indosso Death Mask avrebbe potuto vedere la sua smorfia di disappunto.
“Dovreste averlo capito Sacerdote, come la penso: i deboli per me non sono niente, senza alcuna eccezione.” Rispose con decisione e Arles lo congedò.
 
Avrebbe anche voluto dirgli che era un idiota se pensava di poterlo incastrare così facilmente. E avrebbe voluto sputargli addosso tutto il suo odio, fare sua la testa di quell’uomo subdolo e appenderla come trofeo sopra il suo letto.
Ma non esternò i suoi pensieri e non fece nulla: si limitò a ritornare alla quarta casa.
 
Per il resto della giornata rimase steso sul suo letto a fissare il soffitto: le immagini della sera prima si sovrapponevano le une alle atre, e non gli davano pace. Aveva sempre dimenticato le donne che aveva portato a letto, scordandosi ogni notte, ma quella appena passata e il volto della sua ancella, per quanto potesse apparirgli strano, li ricordava perfettamente.
Come ricordava perfettamente la sua morte.
Istintivamente sollevò le braccia, in modo che le sue mani entrassero nel suo campo visivo. Con quelle mani aveva ucciso molte persone e sterminato interi villaggi e molte volte le aveva ricoperte di sangue; e con quelle stesse mani la sera prima aveva strangolato Sara.
Lei era lì, sotto di lui, che  non aveva nemmeno avuto il coraggio di guardarla in faccia mentre la uccideva: aveva stretto le mani attorno al suo collo sottile e aveva affondato la testa nei suoi capelli. La aveva sentita tremare, ma Sara non aveva nemmeno provato ad opporre resistenza. Lui, da parte sua, non aveva sentito niente mentre la privava della vita.
 
Il peggio era arrivato dopo, quando aveva deciso di guardare in volto quel cadavere e ciò che aveva visto lo aveva sconvolto.
Sara aveva un’espressione serena in volto: non sembrava aver rimpianti.
E lui aveva pianto. Lui, che aveva sempre fatto di tutto per essere forte, aveva affondato il viso nel cuscino e aveva pianto per quella ragazzina che lui stesso aveva ucciso.
“Idiota, perché Piangi? Lei non è niente, solo un granello di polvere nello scorrere nel tempo. E’ debole, è inutile, non devi piangere, idiota!” aveva pensato, tutto il tempo, ma quel pensiero non era riuscito a calmarlo; non era riuscito a mentire a se stesso.
 
“Ho pianto per lei…o per me?” si domandava in quel momento, steso sul letto. “Ho pianto per entrambi.” Quella, la sua conclusione.
Aveva pianto per lei, perché in fondo non aveva fatto nulla per meritarsi quella fine: semplicemente si era innamorata del suo carnefice, della persona sbagliata. E aveva pianto per se stesso, perché era stato costretto ad uccidere una delle poche persone che avevano compreso il suo ideale, una di quelle poche persone che erano riuscite ad accettarlo per ciò che era.
 
“…e fai in modo che il mio amore per lui possa sempre proteggerlo.” Quelle parole per Death Mask erano come pugnali: mai si era sentito così abbattuto in vita sua e mai aveva pensato di poter arrivare a sentirsi così triste.
Era stato l’amore la causa della morte di Sara: quell’amore che lei sperava proteggesse il Saint a cui era devota, paradossalmente, si era rivoltato contro entrambi perché Arles aveva messo gli occhi su quella ragazza.
 
“Se fosse rimasta viva…”già, se fosse rimasta viva, cosa sarebbe successo? A quella domanda Death Mask aveva già una risposta: Arles la avrebbe sfruttata per riportarlo ad abbassare la testa. Lui non si era mai sottomesso al volere del Sacerdote, semplicemente aveva deciso di collaborare, ma da quando Aletto era arrivata lui aveva cambiato comportamento.
“La avrebbe rinchiusa e torturata, facendole molto più male di quanto glie ne facevo io, così che io pur di salvarla, mi sottomettessi al suo volere...”
 
“..Ma io poi, avrei fatto qualcosa per salvarla?”
Si, lo avrebbe fatto, e lo sapeva, ormai non riusciva più a negarlo. Sara era stata per molti anni il suo punto fisso nonché una delle poche persone che lo avevano accettato senza protestare. Era una delle poche che aveva sempre fatto di tutto pur di essergli utile e da quando era arrivata Aletto i due alla fine avevano finito per passare sempre più tempo a contatto.
 
“…e io mi sono rammollito.”
Quella era la verità, la vera conclusione del tutto: si era affezionato alla figlia, ma anche alla sua ancella più fedele. Lui non sapeva cos’era l’amore, ma non aveva mai provato un sentimento più forte di quello: solo il suo affetto per Aletto arrivava a quel livello.
Ma, alla fine, l’istinto di sopravvivenza o forse solamente il suo orgoglio, avevano avuto la meglio: aveva messo a tacere quella voce e per salvaguardare la sua libertà d’azione aveva ucciso colei che rappresentava una minaccia.
 
In silenzio si alzò ed uscì dalla stanza ed andò a seppellire il corpo, per poi fare la cosa più utile, l’unica che  poteva dargli sollievo.
Dimenticare.
Dimenticò quel sentimento, cancellò l’affetto provato, seppellendolo sotto rabbia e crudeltà e tornò ad essere la maschera di Morte che era sempre stato. Nascose tutti quei sentimenti che portavano alla debolezza dietro la sua impassibile maschera. Ma sotto quella maschera ora c’era dell’altro e negarlo, diventava sempre più difficile.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE: Ok… Odiatemi. So che mi odiate, non dite di no.
Scrivere questo capitolo è stato per me…come dire…
Sono molto contenta di questo capitolo, soprattutto di come l’ho strutturato. Non so quanto possa valere qualitativamente ma mi è piaciuto molto scriverlo (come mi sta piacendo scrivere questa storia, in generale). Ma allo stesso tempo mi dispiaceva, perché ho messo la parola “FINE” all’esistenza di un mio personaggio. Sara è morta. L’idea iniziale era quella di farle fare la “comparsa” e farle avere un ruolo molto importante per Aletto e lasciare che Death le fosse indifferente… E invece no. Alla fine ho cambiato. All’inizio pensavo di farla sopravvivere fino alla fine ma no, non è andata così. E un po’ mi dispiace per lei… era così buona, innocua… Perciò voi che la avete amata quanto e più di me, odiatemi xD. In fondo Arles è il cattivo della situazione… Death non si è fatto fregare. Ha vinto questa battaglia, ma l’ha anche persa. Lascia l’amaro in bocca (a me personalmente) questo capitolo… ma a me è piaciuto davvero tanto scriverlo, e spero piaccia almeno un decimo di quanto è piaciuto a me, a voi che leggete.
Grazie a chi preferisce, segue, ricorda, recensisce (da ora inizierò a rispondere con l’apposita funzione, mi viene più semplice ;D ) o semplicemente legge.
 
PS: Ad un certo punto mi è sembrato di aver ficcato Death in un vaso di miele… ma spero mi perdonerete… Per me lui è molto umano. (OOC! OOC! OOC!!!!! xD )
Inoltre Mi è venuto il fortissimo dubbio che Sara potesse essere una Mary-Sue… in fondo ne aveva tutte le potenzialità…
Forse l’ho uccisa per impedirle di diventarlo ù.ù (il tutto inconsciamente).

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Capitolo 14
*** Memories ***


Hai detto di essere il re,

ma hai mentito tra i denti
 

Per questo fotti i tuoi sentimenti,

 invece di essere incoronato

 tu verrai incappucciato

(Eminem – Not Afraid)

 
 
“Papà? Papà tu non vieni?” domandò Aletto, tornando sui suoi passi: il Saint del Cancro era fermo lì, nell’ingresso, sotto i nuvoloni carichi di pioggia e fissava il resto del Santuario.
“No Aletto, oggi no… Vai pure.” Disse Death Mask, lanciandole una veloce occhiata, mentre sua figlia si allontanava saltellando. Stava andando in spiaggia, a vedere la mareggiata: la seguì con lo sguardo, sorridendo un istante nel vedere che, finalmente, i suoi capelli rossi erano ricresciuti del tutto. Aveva ormai sette anni ,sua figlia, e diventava sempre più grande e i suoi allenamenti con le Sacerdotesse diventavano sempre più seri. Sua figlia si rifiutava di indossare la maschera, ma non disprezzava la possibilità di allenarsi tutti i giorni, ad ogni ora. Lui le insegnava a combattere poco, molto di rado. Voleva insegnarle il Sekishiki Meikaiha, ma era ancora presto, troppo presto: per prima cosa sua figlia doveva imparare a subire quel colpo e stava diventando sempre più resistente, il che era solo un bene.
Non appena Aletto scomparve dal suo campo visivo, Death Mask ritornò nella sua casa; percorse i corridoi che ormai conosceva a memoria e, una volta arrivato nelle sue stanze private, uscì da una porta di servizio poco usata.
 
Si ritrovò sul lato destro della casa stessa e imboccò un viale sterrato, ormai pieno di erbacce, muovendosi rapido tra gli strapiombi di roccia, tenendo il suo cosmo ben celato. Dopo venti minuti di cammino raggiunse la sua meta e la pioggia iniziò a cadere.
Death Mask aveva raggiunto un angolo remoto del santuario, dove il terreno terminava con uno strapiombo, che dava sulla spiaggia.
Lì, c’era ciò che cercava, la nuda terra, con sopra una statuetta di Atena e una semplice lapide, con inciso sopra una data di morte e un nome: Sara.
La aveva seppellita lì, sei mesi prima, dopo averla strappata alla vita, la sua ancella più fedele e nessuno, a parte Aletto, lo sapeva.
Inespressivo, Death Mask rimase sotto la pioggia, ad osservare la lapide: ricordava ancora il giorno in cui la aveva uccisa e come poi aveva rincorso la sua anima nella Valle della Morte.
 
Dopo aver parlato col Sacerdote, dopo averla seppellita ed aver riflettuto a lungo sui suoi sentimenti, era tornato nella valle della morte, tra le anime delle sue vittime, che vagavano laggiù, prima di finire nell’Ade. La aveva cercata tra le fila dei morti, senza una vera ragione ed era riuscito a trovarla. La sua figura stonava tra quelle delle altre anime, tristi e tormentate dal terrore di ciò che  li aspettava, perché lei sorrideva. Sorrideva, come quando la aveva uccisa e sembrava che quel sorriso fosse immutabile. La aveva seguita fino all’orlo dell’abisso e, istintivamente, aveva provato a fermarla: aveva allungato una mano, ma aveva afferrato solo il vuoto, l’aria. Non poteva portarla indietro, lo sapeva, e non lo voleva nemmeno, perché un suo ritorno alla vita gli avrebbe causato solo guai. Però la parte più umana e sconvolta di lui, che ancora non aveva messo a tacere, si era fatta strada al di là della maschera impassibile che il Gold Saint aveva indossato, aveva compiuto quel gesto, nella vana speranza di veder avvenire il miracolo.
Ma il miracolo non era avvenuto: Sara si era voltata, giusto un istante, mentre si lasciava scivolare leggera nella voragine. Il suo sorriso era svanito, nell’istante in cui lo aveva visto lì, come se sono sull’orlo di quel precipizio fosse arrivata la consapevolezza della fine. O forse era triste perché lui indugiava ancora e la cercava anche dopo la morte. Death Mask non sapeva a cosa aveva pensato, poteva solo immaginarlo.
 
Scosse violentemente il capo, scacciando i ricordi: si era imposto di dimenticare, di smettere di soffrire. “Devo dimenticarla, lei era solo un granello di polvere. Io ho me stesso e Aletto e tanto basta”.
La pioggia primaverile aveva già smesso di cadere, ma il vento continuava a soffiare sulla scogliera, con suoni sinistri che ricordavano le grida dei morti. Ma Death Mask non aveva paura: lui era sicuro, tranquillo, perfettamente a suo agio. Sopprimeva il dolore sotto la rabbia e osservava la tomba, inespressivo. Una statua di Atena alla destra della lapide, un cofanetto per  metà sotterrato nel mezzo e un mazzo di rose rosse e bianche sulla sinistra.
Le rose Death Mask le aveva chieste ad Aphrodite, dicendogli che Aletto ne desiderava per se, e le aveva poste sulla tomba: sarebbero rimaste lì, in eterno, sempre fresche e immutate. Il cofanetto sotterrato, invece, il Gold Saint lo aveva riposto lì su richiesta di sua figlia.
Aletto gli aveva detto che Sara le aveva raccontato che era usanza nel suo paese, sotterrare con i morti un cofanetto, contenente delle lettere per il defunto, affinchè lui potesse portarsi un ricordo dei suoi cari nella morte.
E in quel cofanetto, in effetti, c’erano due lettere: una di Aletto e una di Death Mask.
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 
La mareggiata non era forte come Aletto si aspettava, ma poteva bastare per ammazzare il tempo, visto che non si allenava. Le piaceva guardare le onde infrangersi con potenza contro la spiaggia e contro gli scogli.
Le onde le piacevano perché erano forti: erano in grado di distruggere le rocce.
 
“Le rocce sembrano indistruttibili ma le onde, con pazienza, ogni volta che si scontrano con loro le distruggono, pian piano, un pezzo alla volta. La loro forza sta nella pazienza con cui agiscono e tale devi essere tu: devi essere un’onda.”
 
Questo le aveva detto una volta Marin, per convincerla a pazientare, anche se non riusciva a vincere nei combattimenti con le altre aspiranti sacerdotesse, o se non riusciva a lanciare un colpo potente.
All’inizio pensava che stesse mentendo, riguardo alle onde, ma quando anche Zio Aphro le aveva detto la stessa cosa, aveva iniziato ad essere più paziente e ad ammirare le onde.
Lei ammirava solo le onde e il suo papà.
Istintivamente, alzò la testa, verso la montagna alle sue spalle: lì era sepolta Sara, quella che per tanto tempo aveva considerato una mamma.
 
“Perché l’hai uccisa papà?”
“Perché era debole e stava per mettere in pericolo sia me che te” aveva risposto Death Mask, seccato e lei aveva capito che centrava qualcosa quel signore bugiardo che indossava la maschera, dal quale suo padre si era recato quella mattina.
Allora gli aveva spiegato la storia del cofanetto e lui, anche se riluttante, aveva accettato.
 
“Spero che tu l’abbia letta, la mia lettera, mamma…” disse Aletto, stringendosi le ginocchia al petto. “Perché eri debole, si, non eri forte, e nemmeno potente. Ma eri buona. E il papà ti voleva bene. Io ti volevo bene.”
Aletto, tornò a guardare il mare, che ormai lambiva quasi tutta la spiaggia: era andata spesso lì, con il papà, durante l’estate, prima che Sara morisse, poi lui non c’era tornato più. Andava solo alla tomba, e guardava tutto dall’alto della scogliera.
Sbuffando, si alzò in piedi e si accorse di un pesciolino, portato a riva dalla corrente che poi lo aveva abbandonato lì: sarebbe morto in fretta.
Si chinò a raccoglierlo, infilando una mano nella sabbia, raccogliendo il pesciolino e con quell’animale in mano, si avviò verso una roccia.
Iniziò a sbatterlo sulla pietra, una, due volte, e i suoi movimenti convulsi cessarono: era morto.
“Così non soffri più” aveva concluso la bambina, e lo aveva lasciato lì, in un buco nella sabbia.
Avrebbe potuto rigettarlo in mare e permettergli di vivere ancora: ma era un pesciolino piccolo, debole e insignificante: sicuramente un pesce più grosso lo avrebbe mangiato. Era meglio porre fine alle sue sofferenze sin da subito.
 
“Sei ancora qui?” le domandò Death Mask, che nel frattempo la aveva raggiunta: non era sceso fino alla spiaggia ma era rimasto poco più in alto.
“Stavo per rientrare, papà…”
“Allora andiamo su, così ti fai un bagno caldo che sei tutta bagnata e se poi ti ammali inizi a frignare e non ti fermo più.” Disse, dandole le spalle ed iniziando ad avviarsi verso la quarta casa; lei lo seguì di corsa.
“Io non frigno! Sono grande adesso” esclamò lei, mentre lo rincorreva “E poi anche tu sei bagnato!”
“Si, ma io non piagnucolo, marmocchia..” replicò lui, lasciando che sua figlia gli si affiancasse.
Procedettero in silenzio per un bel po’ e quando la quarta casa apparve in lontananza, Aletto si rimise a correre, per arrivare prima.
 
“Papà?” lo chiamò ad un certo punto, fermandosi.
“Che vuoi?” domandò Death Mask, sbuffando.
“Ti voglio bene” disse lei, prima di correre via, senza dargli il tempo di replicare.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE: Ok, qui Death Mask si comporta ancora come il Saint “triste e depresso” che pensa solo alla morte di Sara… Però è rimasto segnato, compatiamolo! Tornerà ad essere quello di sempre, diamogli tempo ù.ù
Mi sono concessa la possibilità di lasciare un po’ più di spazio ad Aletto, in questo capitolo. Speso mi concentro sui pensieri di Death Mask, ed Aletto risulta essere semplicemente colei che lo porta a riflettere. Tuttavia, così come Aletto influenza Death Mask, lei è a sua volta influenzata da lui,e mi sembrava giusto sottolinearlo, in modo da mostrare anche come sta crescendo, quali sono i suoi pensieri e i suoi sentimenti.
E’ una bambina complessa, forse fin troppo per apparire reale… Ma posso appellarmi al fatto che ha un padre come Death Mask (e quindi, o cresci in fretta o muori) e al fatto che il Kuru ci mostra adolescenti con i corpi da ventenni (e quindi qualche licenza me la posso prendere, anche se forse ne sto prendendo fin troppe…)
Grazie ancora a tutti voi che leggete, a voi che recensite, seguite, preferite e ricordate. Fate sentire la vostra voce, anche se avete suggerimenti o possibili idee… tutto può essere utile per rendere questa storia ancora più bella!

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Capitolo 15
*** Premonizioni ***


 Altri giorni sprecati, nella mia disgrazia
 

bloccato di nuovo nella mia testa,
 

è come se  avessi la sensazione che
 

non lascerò mai questo posto:
 

non c'è via di fuga

(Linkin Park – Given Up)

 
 
I giorni di Death Mask si susseguivano uguali da ormai molto tempo. Da quando aveva ucciso Sara, passava la mattinata nella valle della morte, il pomeriggio con Aletto e la notte a uccidere. Ogni giorno la stesso routine, che non sembrava intenzionato a cambiare. Era diventato il suo punto fisso di cui aveva inconsciamente bisogno. Quel punto fermo che era sempre stata Sara, ora era quello stile di vita.
“Devi smetterla. Non otterrai nulla facendo così…”
Era una frase che si ripeteva in continuazione ma non riusciva a tirarsi fuori da quella situazione. La valle della morte era tornato ad essere quel luogo di conforto che era stato nella sua infanzia, un luogo in cui rifugiarsi per cercare di dimenticare. Il viso di Sara, col passare dei giorni, sbiadiva sempre più e i ricordi diventavano vaghi, segno che il tempo passava e lo aiutava a dimenticare, come sempre aveva desiderato.
Eppure rimaneva lì, tra le anime delle sue vittime, in stato catatonico.
 
Una mattina però, qualcosa cambiò.
Una delle tante anime erranti che vagabondavano per la valle, gli si avvicinò, mentre lui era seduto su una roccia e osservava quella desolazione. Quando la vide arrivare Death Mask rimase sbigottito trovandosi a faccia a faccia con Stefano.
“De..Death Mask…” l’anima di quello che era stato il suo compagno di allenamenti biascicò il suo nome: si vedeva che faticava a parlare.
“Pensavo ti fossi buttato nella voragine tempo fa… Che cazzo vuoi?” domandò il Saint, poco incline a conversare con quell’anima.
“Tiiii…aaa…aspettttavo…so..so-no…felice…”
Death Mask lo squadrò inarcando un sopracciglio: era insolito che le anime parlassero e non gli era mai capitato. Per di più, si aspettava di tutto da un anima, tranne di sentirsi dire che era felice.
“E te sei rimasto qui solo per dirmi questo?” domandò perplesso.
“Morto…tuuuu… tradimento… perdere… ar-arma-armatura… presto” Stefano continuava a parlare, ora biascicando le parole, ora spezzando la frase.
“Tutti muoiono idiota. Io non ho paura della mia migliore amica” replicò il Saint, sorridendo: se quello spirito pensava di spaventarlo, si sbagliava di grosso.
“Veeeedrai.” Replicò Stefano, sorridendo “E… ora... ba-mbin… bambina… pericolo.” Aggiunse, senza smettere di sorridere beffardo. “Peerderla… Sa-sac-sacerdote…”
 
Al sentire quelle parole Death Mask lo squadrò da capo a piedi “Tu menti” sibilò, alzandosi in piedi.
“Anime… veeedono… futuro…” concluse Stefano, sempre più divertito dalla situazione.
Con un urlo di rabbia, Death Mask gli tirò un pugno, che fendette l’aria: dove prima c’era Stefano, dopo il suo gesto, non vi fu più nulla.
“Dannazione!” sibilò Death Mask, concentrandosi: nessuno poteva batterlo e il Sacerdote non poteva toccare sua figlia; espanse il suo cosmo e tornò alla quarta casa.
 
La prima cosa che fece fu cercare Aletto, ma non riuscì a trovarla e la sua servitù, ormai ridotta a due ancelle e tre paggi, era pressoché invisibile in casa. Mentre camminava per il corridoio però, intravide una veste alla sua destra e si lanciò in quella direzione: un’ancella , con in mano un’anfora stava uscendo per andare a prendere l’acqua.
La afferrò per un braccio e la sbattè contro una colonna, togliendole il fiato: l’anfora le scivolò di mano e cadde al suolo, andando in frantumi.
“Dov’è Aletto?” domandò quasi ringhiando all’ancella che lo osservava terrorizzata.
“è…è uscita prima. Non so dove sia andata”. Rispose lei, tremando.
Sbuffando Death Mask la lanciò di lato ed espanse il suo cosmo cercando quello di sua figlia e lo trovò nelle stanze del Sacerdote.
“No…non può aver detto la verità…” senza perder tempo, Death Mask si avviò fuori dalla sua casa, dirigendosi verso le stanze del grande Sacerdote.
 
“Mi spiace Cavaliere, ma non posso farla passare” disse una delle due guardie che presidiavano l’ingresso alle stanze del Sacerdote.
Death Mask lo avrebbe volentieri ammazzato. Oh si, gli avrebbe volentieri tagliato la testa.
“A chi sta dando udienza?” domandò con voce il più possibile indifferente.
“Sono entrati una ragazza e il Cavaliere dello Scorpione.” Rispose e Death Mask contrasse la mascella irritato.
“Milo… Per quale motivo lei e Milo?”
Death Mask spinse di lato le due guardie, deciso ad entrare, ma queste gli si misero davanti di nuovo.
“Mi dispiace Cavaliere ma non potete entrare, conoscete la prassi: se volete un’udienza con il Grande Sacerdote dovrete aspettare che questo concluda l’udienza che si sta tenendo ora” disse una delle due guardie.
Con un ghigno  sul volto, Death Mask si mosse rapido e in un istante entrambe le guardie caddero a terra, come delle marionette a cui erano state recise i fili: le loro anime erano già nella Valle della Morte.
Senza ulteriori indugi Death Mask si avvicinò alla porta e la spalancò.
 

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(Due ore prima – Ottava casa)
 
Aletto quella mattina, non si allenava.Così, per ammazzare il tempo, aveva deciso di andare a vedere cosa combinavano quei bambini all’ottava casa. Al Santuario venivano da sempre accolti i bambini abbandonati o quelli che avevano perso i genitori. Per molto tempo erano stati Saga e Aiolos ad occuparsene ma da quando il Gold Saint del Sagittario e il Gold Saint dei Gemelli erano spariti, il giovane Gold Saint dello Scorpione, con l’aiuto sporadico del fratello del traditore, Aiolia, si era fatto carico dell’educazione dei bambini. Aveva lasciato loro parte degli alloggi della servitù e vivevano nell’ottava casa, con le ancelle che li crescevano come figli e con Milo che li proteggeva.
 
I bambini e le ancelle la conoscevano, perché spesso Sara, quando suo padre era in missione e lei era più piccola e non si allenava ancora, la aveva portata lì. Non aveva dei veri e propri amici, ma delle conoscenze e questo le permetteva di recarsi all’ottava casa indisturbata; il Saint dello Scorpione, lei, non lo aveva mai visto.
Quel giorno, spinta dalla noia, si era recata all’ottava casa e aveva trovato lì alcuni dei bambini che conosceva e altri bambini nuovi. Lei, che aveva sette anni, non era la più grande, ma non era nemmeno una delle più piccole.
Si era portata dietro il suo cappello, che suo padre le aveva comprato quando erano andati i vacanza in Sicilia che per lei era una delle cose più importanti, anche se ormai era sgualcito. Era un regalo di suo padre e lo zio Aphro le aveva insegnato che bisognava conservare sempre i regali delle persone importanti. Lei aveva conservato poche cose: una rosa bianca, regalo dello zio, un bracciale che era stato di Sara, un anellino legato ad una catenina, che aveva da sempre e il cappello.
Ma il più prezioso era quel cappello così semplice eppur così speciale: “Il primo vero regalo del papà…”
 
Aveva deciso di portarlo con se, quel giorno, perché il suo papà da quando Sara era morta si faceva vedere sempre meno, e lei ne sentiva la mancanza.
E per colpa di quel cappello, la situazione era degenerata.
Un bambino di nove anni, il più grande della combriccola, aveva detto che quel cappello doveva essere la sua corona e glie lo aveva strappato.
“Ridammelo, ti conviene!” aveva detto, sibilando, la bambina, ma quello aveva scosso il capo.
“No, è mio adesso. Tu sei solo una marmocchia, non puoi tenerlo.”
E lei si era arrabbiata, e non poco.
Sotto gli sguardi sbigottiti delle due ancelle presenti aveva afferrato per i capelli il bimbo e, dopo averlo tirato in avanti gli aveva mollato una ginocchiata nello stomaco; quello si era piegato in avanti e il cappello gli era scivolato dal capo. Lei lo aveva raccolto e, con un pugno ben assestato, gli aveva spaccato il naso.
“Così impari a toccare il mio cappello!” aveva detto, mentre il bambino si accasciava al suolo. Aveva poi ricominciato a prenderlo a calci, mentre lui rimaneva steso a terra, malconcio. Voleva usare il Sekishiki Meikaiha ma suo padre le aveva proibito di usare quella tecnica, perché ancora non la padroneggiava. Avrebbe voluto mostrargli il suo cosmo e colpirlo con un colpo bello come il Thunder Claw di Shaina, ma non ne era in grado: stando a ciò che dicevano lei e Marin, il suo cosmo non era fatto per quel genere di attacchi. Così si era limitata a riempirlo di calci, fino a quando una mano non la aveva trascinata via.
Lei si era voltata, pronta a dare la stessa lezione a chi aveva osato fermarla, ma non appena vide il volto di colui che la aveva afferrata ogni sua volontà venne annullata: colui che le teneva un braccio non era un semplice paggio, ma il cavaliere dello Scorpione. Brillava nella sua armatura dorata, e la fissava con quegli occhi azzurri, intensi come quelli di suo padre.
 
“E tu chi sei?”
“Non sono affari tuoi!” aveva esclamato la bambina, cercando di divincolarsi.
“E’ una bambina che alloggia alla quarta casa… non sappiamo molto di lei, ma un tempo veniva qui con un’ancella. Si chiama Aletto.” Disse una delle ancelle della casa e Milo tornò a guardare la bambina.
“Aletto, perché stavi picchiando Mark?”
“Mi aveva rubato il cappello.” Rispose lei, senza smettere di agitarsi.
“E non ti hanno insegnato che non si usa  la violenza?”
“Lui è debole, meritava di essere schiacciato!” rispose lei “Inoltre tu sei un cavaliere, anche tu usi la forza, perché dovrei ascoltarti?”
“Non è un ragionamento stupido…” aveva pensato Milo, trascinandosela dietro.
“Io combatto solo per Atena altrimenti non uso la forza, e non dovresti usarla neanche tu.”
“Io faccio quello che voglio” aveva risposto Aletto, borbottando, leggermente intimorita da quella figura.
Milo aveva capito che la cosa migliore era portarla dal Sacerdote: quella bambina, se era vero che risiedeva alla quarta casa, avrebbe potuto diventare come Death Mask, se non peggio. Forse era il caso di educarla in un altro modo, ma lui non poteva tenerla con gli altri bambini senza il permesso del Sacerdote: era la prassi.
“Ora andiamo dal Grande Sacerdote e parleremo con lui, provando a risolvere la questione” Le aveva detto, sorridendole, nonostante non avesse lasciato la presa sul suo polso.
“Io con quello non ci parlo: dice solo bugie”.
Milo non aveva replicato e si era limitato a proseguire.
“Chissà questa bambina, da dove salta fuori…”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE: Bene signori, eccomi qui: nonostante sia un periodo di crisi (tra scuola e mancanza di ispirazione) sono riuscita a sfornare per voi questo capitolo!
Abbiamo il ritorno di un personaggio a noi noto, quell’odioso di Stefano, che anche da anima perseguita Death (ma d’altra parte, tutte le anime di quelli che lui fa fuori non hanno pace… e anche se Death non l’ha ammazzato se Stefano è morto è anche colpa sua ù.ù).
L’incontro con quest’anima lo risveglia un pochino da quello status di torpore e depressione in cui era finito… L’idea del fatto che Stefano veda il futuro è una sottospecie di omaggio a Dante, che nella sua Divina Commedia fa si che le anime dei dannati che se ne stanno all’inferno non possano conoscere il presente, ma il futuro si… Così gli annuncia la morte (mannaggia a Sirio…) e qualcosa circa la figlia…
Che noi scopriamo essersi cacciata nei guai con Milo!
Ecco che appare lo Scorpione (non potevo non farlo saltar fuori *_* lo amo troppo) che mi auguro di non stravolgere troppo… Aletto gli tiene testa ma, alla fine, si ritrova da Arles… che succederà? Stando a ciò che dice Stefano, nulla di buono ma… io non dico niente! È.è
Ora finisco questo sproloquio, ringraziando ancora una volta chi legge, chi recensisce, chi segue la storia, chi la preferisce e chi la ricorda.
Fatevi sentire popolo di EFP! Mi piacerebbe vedere qualche recensioncina qua e là… giusto per rendermi conto se la storia piace o meno, in modo che io possa adattarmi, in qualche modo, alle esigenze del mio pubblico (chiamiamolo così) ;)

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Capitolo 16
*** Oltre l'apparenza ***


 



Io sbandai,mi spaesai, mi strappai, mi dannai
 

Mi straziai, mi angosciai, soffocai, lacrimai.
 

Terra mia, cuore mio, malattia dell’addio.
 

E’ la tua terra, è morte che vive in me.
 

Caldo mio, che incontrò, l’aria che, lo gelò!

(Notre Dame de Paris, “Condannati”: Riccardo Cocciante)  



 
“…la cosa che mi stupisce di più, tuttavia, è l’esistenza di questa bambina. Le ancelle mi hanno detto che non era la prima volta che si recava all’ottava casa, tuttavia io è la prima volta che la vedo… Voi sapreste dirmi da dove viene, Sacerdote?”
“E’ vero quello che dice Milo?” Domandò il Sacerdote ad Aletto dopo aver ascoltato la spiegazione di Milo circa l’accaduto: la bambina differenza del Gold Saint stava in piedi.
“Impertinente come il padre…” pensò Arles, vedendo che la ragazza non si atteneva al protocollo, senza rispondere, per il momento, alla domanda di Milo.
“Si. Quel moccioso mi aveva rubato il cappello: se l’è meritato.”
“Non possiamo continuare così Aletto…” affermò Arles e sorrise, sotto la maschera. “E’ necessario che tu…”
Non riuscì a concludere la frase, dato che venne interrotto dallo spalancarsi della porta della sala.
Con la luce del sole che brillava alle sue spalle e illuminava la sua armatura, facendola scintillare, Death Mask fece il suo ingresso nella sala. Se non avesse avuto stampata in viso un’espressione tutt’altro che rassicurante, sarebbe potuto apparire come un angelo. E, nonostante tutto, proprio così appariva ad Aletto: un angelo della morte. La bambina gli sorrise raggiante, senza tuttavia dirgli niente.
“Perdonate l’interruzione Sacerdote” affermò, per nulla turbato, andando ad affiancarsi ad Aletto, rimanendo in piedi, stupendo non poco Milo “…ma la bambina è sotto la mia protezione, quindi è giusto che io sappia perché è stata convocata.”
 
“Bene Milo… Sono sicuro che Death Mask sarà felice di spiegarti da dove viene la bambina.” Affermò Arles, posando entrambe le braccia sul suo scranno, rimanendo ad osservare i due Gold Saint.
“La ragazza è allieva delle Sacerdotesse: alloggia nella mia casa e, mio malgrado, anche io devo occuparmi della sua istruzione.” Disse il Saint del Cancro, senza staccare gli occhi dal Sacerdote, guardingo.
“Perché non porta la maschera?” domandò Milo, senza lasciargli il tempo di rispondere “… a quanto pare non è stata educata a dovere, se non porta la maschera e se si permette di assalire ragazzini che non aspirano a diventare Saint e non ne hanno la capacità, ma che sono dei semplici ospiti del Santuario…” concluse Milo, che ora si era alzato in piedi per poter osservare il suo collega negli occhi.
“Le maschere mi fanno schifo: e quel moccioso si è meritato la lezione.” disse Aletto, parlando prima del padre.
“Brava bambina…” pensò Death Mask lasciandosi sfuggire un ghigno.
“A quanto pare le Sacerdotesse non hanno molto polso, Milo…” rispose il Saint senza smettere di ghignare “…e io mi limito ad insegnarle a combattere: le regole delle donne non mi interessano”.
“Comunque sia la bambina non può andare in giro a picchiare altri bambini: oggi ne ha quasi ucciso uno. Quindi, anche se non te ne frega niente, lei è sotto la tua responsabilità: tienila d’occhio, Death Mask, prima che si cacci nei guai”
“Tu mi stai dicendo cosa devo fare?” domandò il Saint del Cancro al compagno, inarcando un sopracciglio “Spero tu stia scherzando Milo… Io non prendo ordini da te.”
“Milo ha ragione, è ora che tua figlia venga rimessa in riga: visto che tu ti rifiuti di educarla come si deve, lo farà lui. Da oggi sei sollevato dal tuo incarico, e la bambina si trasferirà all’ottava casa. E non ammetto repliche, non questa volta Death Mask.” Disse il Sacerdote, alzandosi dal suo scranno “…e affinchè ti serva da lezione, non potrai vederla, fino a nuovo ordine” E, detto questo, Arles si ritirò, congedandoli.
 
Tra i due Saint scese il silenzio e Death Mask si sentiva come se gli avessero appena fatto una doccia fredda.
“Brutto bastardo… non solo me la toglie, ma rivela la sua identità a Milo…E io nemmeno potrò vederla!” era furioso e gli si leggeva in faccia: la mascella era contratta in un’espressione di pura rabbia e stava stringendo i pugni così tanto da far sbiancare le nocche.
Milo, invece, sembrava parecchio stupito e osservava ora Death Mask, ora la bambina che era rimasta immobile ad osservare il Saint del Cancro senza parlare.
“Death Mask…” si decise infine a parlare “…non sapevo avessi una figlia.” Stava per aggiungere altro, ma Death Mask lo interruppe.
“Infatti non era necessario che tu lo sapessi.” Replicò, voltandosi leggermente verso di lui. “E cerca di non farti sfuggire dalla fogna che ti ritrovi per bocca questa informazione: altrimenti ti assicuro che sarai uno Scorpione morto.”
“Dannazione…quel bastardo mi ha fregato…” continuava a pensare Death Mask, irato.
“Papà…” lo chiamò Aletto, che gli si era avvicinata “… non devo andare via davvero, vero?” domandò a bassa voce. In tutta risposta Death Mask le tirò un ceffone, che la scaraventò a terra.
“Taci stupida mocciosa!” gli urlò contro. “Quante volte ti ho detto di far attenzione a ciò che fai? Quante volte eh, Aletto?” domandò, noncurante delle occhiate di Milo “Ma tu devi fare sempre di testa tua, vero? Non ti avevo forse vietato di andare dagli altri bambini? Non ti avevo forse detto che sarebbe stato poco prudente? Ma tu non mi ascolti mai vero?” continuò lui, osservando sua figlia, che teneva la testa bassa.
“Quante volte…quante volte ti ho detto di stare attenta, perché il Sacerdote ci teneva d’occhio? Quante? Perché non mi hai ascoltato? Perché hai dovuto fare di testa tua, come faccio sempre io? Perché gli hai servito su un piatto d’argento la possibilità di togliermi l’autonomia che avevo sempre avuto? Perché devi assomigliarmi così tanto Aletto?” Death Mask era arrabbiato con lei, ma anche con se stesso. Non era riuscito a tenerla lontana dalle oscure trame di Arles e non era riuscito a difendere la sua indipendenza e il suo potere.
“E ora invece devi andare via, e io non posso fare niente. Ora sono cavoli tuoi Aletto…E NON METTERTI A FRIGNARE!” aggiunse, urlando, soprattutto alla fine della frase, vedendo che la figlia piangeva.
 
“Le lacrime sono segno di debolezza: non sei degna di essere mia figlia se sei debole” concluse, dandole le spalle, avviandosi verso l’uscita. Avrebbe voluto abbracciarla e consolarla, dirle di farsi forza…dirle che avrebbero superato anche quella, nonostante tutto. Avrebbe voluto essere buono con lei e questa cosa lo mandava in bestia, per due motivi.
Per prima cosa perché significava che si era definitivamente rammollito e per seconda perché non poteva: finchè Milo era lì non poteva concedersi nemmeno per un istante simili debolezze, doveva rimanere la crudele maschera della morte. Si era pentito di averle urlato dietro e di averla picchiata un attimo dopo averlo fatto, ma non era intenzionato a tornare sui suoi passi, ne tantomeno a pensarci troppo. Doveva educarla e quello era l’unico modo che conosceva.
Una mano sulla sua spalla, tuttavia, lo costrinse a fermarsi e a voltarsi.
 “Che cazzo vuoi Milo?” domandò scontroso, levandosi in malo modo la sua mano di dosso.
“Senti Death Mask… lo so che non andiamo d’accordo… te non vai d’accordo con nessuno…” aggiunse, con una smorfia, facendo un passo indietro. “Ma si vede che ci tieni alla bambina, anche se fai finta di niente. Non voglio sapere nulla di lei, della sua vita e di ciò che vi lega: voglio solo che tu sappia che, se vuoi, puoi venire a trovarla.” Aggiunse il Saint dello Scorpione, sorridendogli “Io non dirò nulla al Sacerdote” e, detto questo, si avviò verso Aletto che nel frattempo si era messa a sedere e le porse la mano per aiutarla ad alzarsi, sorridendogli gentile.
“Non ti farò del male Aletto… E non ti obbligherò ad allenarti: cercherò solo di spiegarti un po’ di regole che ti conviene seguire per non far arrabbiare l’uomo con la maschera che, da quanto ho capito, non ti piace”.
 
“Ma come fa?” si domandò Death Mask spiazzato, mentre osservava Milo, accanto alla figlia.. “Come fa a capire cosa ci passa per la testa?”. Lui aveva sempre pensato di essere un libro illeggibile, un ottimo attore. Nessuno prima di allora era riuscito a vedere oltre la sua maschera fatta di odio, rabbia e morte: lui era sempre riuscito ad apparire come un mostro senza cuore anche a se stesso. Poi tutto era degenerato con l’arrivo della bambina, e aveva scoperto di non essere così crudele come credeva: tuttavia, per comodità e per diletto aveva mantenuto quel ruolo, e nessuno si era accorto di nulla. Solo Aphrodite e Shura, che lo conoscevano da più tempo, sapevano qualcosa di più di lui.
Eppure Milo ci era riuscito: aveva visto oltre la maschera e non solo oltre la sua. Aveva visto anche il lato tenero di sua figlia, era riuscito ad intuirne il pensiero circa il Sacerdote. Quanto poteva aver parlato con sua figlia? Qualche minuto forse, eppure aveva già capito che Aletto odiava Arles e che lui le voleva bene.
Rimase a guardare il Saint che, con parole che lui non aveva sentito, era riuscito a far ridere Aletto, che ora lo seguiva, fiduciosa: non aveva mai dato così tanta fiducia a qualcuno così in fretta.
“Milo, tu riesci a vedere oltre le apparenze, è proprio vero quello che si dice su di te...”
 
Il Saint dello Scorpione lo superò, avviandosi verso la sua casa seguito da Aletto, che rivolse al padre un timido sorriso, mentre con la manica della veste si asciugava le ultime lacrime: voleva essere forte e Death Mask lo intuiva. Le sorrise di rimando, annuendo e lei sorrise ancora di più, consapevole del fatto che il padre aveva capito.
 
“Milo?”
“Dimmi Death Mask…” rispose lui, fermandosi sulla porta.
“Grazie”
“Non pensare che questo cambi le cose tra di noi. Se anche non avessi avuto il tuo permesso, sarei venuto a trovarla comunque.” Concluse.
Milo, in tutta risposta, sorrise “Figurati Death Mask: anche se sei sempre così scontroso, sei comunque un mio compagno d’arme ed è un piacere per me poterti aiutare” e, detto questo, sparì all’esterno, seguito da Aletto.
E Death Mask lasciò le stanze del Sacerdote a sua volta, dopo di loro, sicuro che Milo avesse intuito ciò che lui davvero voleva dirgli ma non avrebbe mai ammesso di aver pensato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE: Si… Aletto se ne va all’ottava casa, con Milo, che qui sembra quasi un Gary-Stu (a me personalmente) ù.ù. A me ha sempre dato l’idea di uno che vede al di là delle apparenze (si insomma, guardate lo scontro con Hyoga!!!)… Ma magari sono io che lo vedo così e lo venero troppo… Pazienza ù.ù
Comunque, come avrete notato, ora Arles ne ha approfittato per separare (di nuovo) padre e figlia. Finirà come quando l’ha mandata dalle Sacerdotesse? Eh, vedremo…
Non dico nulla di più, questo capitolo parla da se… Semplicemente,ancora una volta, ringrazio tutti voi che mi seguite, leggete e recensite. Grazie veramente di cuore a tutti.
Colgo l’occasione per dirvi che, legata a questa fiction ce n’è anche un’altra: si tratta di Stand By Me, (che potete trovare qui -> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=882152&i=1 ) una raccolta di Drabble, che racconta alcuni “Missing Moments” di questa storia. Fate un salto anche di là se vi va e magari lasciate qualche recensione ^^. Ci sono tante cose di Sara e Death Mask (e non solo) che non sapete… se vi va di scoprirle, ora sapete dove trovarle!^^

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Capitolo 17
*** Delusioni? ***


 Quando dico o faccio qualcosa,

lo faccio, non me ne frega niente

(Eminem- Not Afraid)



 
“Aletto, quando hai intenzione di iniziare ad impegnarti?” domandò Milo appoggiandosi con la schiena alla parete dell’arena. Era passato un mese da quando il Sacerdote gli aveva affidato la bambina ma lei, sebbene avesse iniziato ad essere educata con gli altri bambini e con lui, ogni volta che provava a farla allenare si rifiutava di collaborare. Nemmeno quando aveva chiesto a Shaina e Marin di assistere agli allenamenti il comportamento della bambina era cambiato. Inoltre, stando a quanto gli avevano detto le Sacerdotesse, aveva un cosmo particolare e non era portata per dei combattimenti comuni; il suo cosmo aveva qualcosa di oscuro che non erano ancora riusciti a comprendere.
Quella mattina le cose andavano peggio del solito. Aveva provato ad utilizzare un metodo più diretto incisivo, ma non era  riuscito ad ottenere niente.
Aveva attaccato la bambina, cercando di non farle troppo male, ma lei non aveva reagito: non sembrava nemmeno sofferente, nonostante i lividi.
 
Aletto ora lo fissava in silenzio e non rispondeva.
“Milo?”
Il Saint dello Scorpione si voltò verso Camus che lo chiamava.
“Arrivo…” rispose, voltandosi nuovamente verso Aletto “andiamo, torniamo all’ottava casa, ti lascio la giornata libera: io devo andare dal Sacerdote”.
La bambina si limitò ad annuire e iniziò a salire la scalinata; quando passò accanto a Camus quest’ultimo si limitò a lanciarle un’occhiata, prima di voltarsi, sicuro di venir seguito, a sua volta, da Milo.
Il Saint dello Scorpione indugiò solo un istante nell’arena, con lo sguardo rivolto verso uno spuntone di roccia posto poco più in alto: aveva percepito, per un istante, una presenza non ostile ma, non vedendo nessuno, lasciò perdere e si avviò verso le stanze del Sacerdote.
“Pensi che mi lascerà venire?” domandò Milo al cavaliere dell’Acquario, affiancandolo.
“Non lo so” rispose Camus, impassibile “I miei allievi ormai hanno quasi concluso l’addestramento e comunque non potrai farti vedere. Inoltre devi badare alla bambina, non penso ti permetterà di seguirmi in Siberia…ma non si sa mai”.
 
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 
Aletto rimase nell’ottava casa, con quelle poche ancelle che si affaccendavano per eseguire le loro mansioni quotidiane. Molte erano andate coi bambini nella piccola spiaggia vicina al Santuario a giocare. Era appena arrivata la primavera ma quell’anno faceva stranamente più caldo del solito. Dato che nessuna delle ancelle la prendeva in considerazione, decise di avviarsi sulla terrazza posta sul retro della casa: era piccola e da lì si riusciva ad intravedere l’arena. La bambina si sedette sotto il sole abbracciandosi le ginocchia e rimase a fissare il Santuario. Aveva il corpo pieno di lividi, ma non ci faceva caso. Da quando aveva incominciato a camminare e non appena era diventata forte abbastanza suo padre e le Sacerdotesse le avevano insegnato ad usare il cosmo. Tuttavia lei aveva sempre avuto dei blocchi: se all’inizio sembrava andare tutto bene, poi all’improvviso non riusciva più a combattere, soprattutto se cercava di usare le tecniche del padre.
 
Sognava di diventare forte come lui, ma le sembrava irraggiungibile: forte, sicuro e determinato otteneva sempre quello che voleva, anche a costo di calpestare gli altri. Solo nell’ultimo periodo lo aveva visto più abbattuto, forse a causa della morte di Sara. Lei aveva sentito un grande vuoto quando lei se ne era andata ma aveva finto di aver superato presto la perdita, forse per poter così aiutare il padre a fare lo stesso.
“Era debole…” e per questo era morta: suo padre glie lo aveva spiegato.
Sara, forse era meno debole di altri, ma sicuramente non era forte. Per questo motivo aveva messo nei guai suo padre ed era stata eliminata.
 
Un’ombra oscurò la luce e Aletto si ritrovò all’ombra.
Istintivamente scattò in piedi e alzò gli occhi per fissare il tetto: lì, in piedi, c’era suo padre che oscurava il Sole.
“Ciao Aletto…” disse con il suo solito ghigno. La bambina stava per rispondergli quando un piccolo fuoco fatuo la distrasse: questo stava volteggiando accanto a lei ma ad un segnale di suo padre si avvicinò a lui e scomparve.
Aletto rimase in silenzio, ammirando con quanta maestria suo padre controllava quelle deboli anime, fino a quando lui non saltò giù dal tetto atterrando esattamente davanti a lei.
“Papà…” disse lei facendo un passo avanti, nel tentativo di abbracciarlo: era passato un mese dall’ultima volta che lo aveva visto e, anche se aveva fatto finta di niente, le era mancato.
Un sonoro ceffone la fece indietreggiare e con la schiena andò a sbattere contro la balaustra della terrazza. Osservò con un misto di stupore e terrore suo padre: da come la stava guardando, non sembrava contento; doveva aver fatto qualcosa di sbagliato.
 
Death Mask si concesse solo un istante per osservare sua figlia: non la vedeva da un mese eppure gli sembrava incredibilmente cresciuta.
“Così non va bene Aletto…” disse, avanzando verso di lei: la afferrò per il colletto della maglia e la sollevò da terra, quanto bastava per guardarla negli occhi.
“Pensavi che non mi sarei accorto dei tuoi comportamenti?” domandò tenendo il viso a poca distanza dal suo. Non attese una risposta, e continuò a parlare.
“Oggi ti ho visto nell’arena, con Milo: non hai mosso un muscolo. E’ da un mese che non ti alleni in modo serio.”
“Allora mi guardava…” pensò Aletto, finalmente sicura del fatto che suo padre non aveva smesso di volerle bene, ma nel contempo preoccupata: sapeva che per lei mostrarsi debole era vietato.
 
“PENSI  CHE IO SIA CONTENTO DI COME TU TI STIA COMPORTANDO?” le domandò urlando, costringendola ad abbassare la testa, con aria colpevole.
“PENSI CHE IO POSSA DIRMI SODDISFATTO O FIERO DI TE?” continuò ad urlare, per nulla scosso dall’espressione della figlia.
“M-mi dispiace papà…” balbettò lei in risposta, tenendo gli occhi bassi e lui la lasciò andare, facendo una smorfia.
“Sono molto deluso Aletto. Se stare qui con gli altri mocciosi a non far nulla ti diverte, ti lascerò sotto la protezione di Milo. Non mi servono ulteriori seccature, ne ho già abbastanza: io i deboli non li considero minimamente.” Disse voltandole le spalle: sembrava intenzionato ad andarsene.
“Reagisci! Fammi vedere il tuo orgoglio e la tua forza!”pensava, nel frattempo, ma non fece in tempo a riflettere su qualcosa d’altro, perché sua figlia lo aveva afferrato per un braccio.
“N-no… papà ti prego…Io non voglio stare qui non…”
Lui si voltò rapidamente e, con il braccio libero, le tirò un’altro ceffone.
“INVECE DI IMPLORARE, DIMOSTRA QUANTO VALI!”
 
Aletto rialzò la testa, con un’espressione completamente diversa in viso. Lasciava trasparire solo determinazione e una freddezza quasi disumana.
“Bene…così ti voglio…”
“Cosa ci fate voi qui?”
Death Mask si voltò verso l’interno della casa dello Scorpione: sulla porta che permetteva di raggiungere quel balcone era appena giunta un’ancella che teneva tra le braccia un cesto di pane.
“Non credo siano affari tuoi” disse Death Mask con il suo sorriso strafottente, afferrando un pezzo di pane addentandolo.
“Non avete il permesso di entrare qui.” Rispose l’ancella, per nulla intimorita “Nessuno può accedere a queste stanze private senza il permesso del nobile Milo”.
“Stupida…” pensò Death Mask: la avrebbe uccisa volentieri, per non dover sentire la sua fastidiosa voce, ma aveva già troppi problemi e mettersi contro Milo non gli avrebbe procurato alcun vantaggio.
“Forse tu non sai chi ha davanti.” Disse Death Mask , indicando l’armatura d’oro “Questa non ti dice niente? O forse sei cieca e non vedi chi hai davanti, sguattera?”.
“Non ha importanza chi siete Cavaliere: anche voi dovete sottostare alle regole del Santuario. Quindi andatevene e smettetela di disturbare la Signorina, altrimenti dovrò fare rapporto al Sacerdote”.
 
Death Mask si trattenne a stento dallo scoppiare a ridere e non riuscì a trattenere un ghigno soddisfatto.
“Oh, tremo solo all’idea che tu, piccolo essere inutile, possa andare dal Sacerdote. Non vedi il terrore sul mio viso?” domandò ironico, scoppiando, infine, in una fragorosa risata, decisamente inquietante. “Pensi che io possa temere le minacce di chi va ha nascondersi dietro al Sacerdote?” domandò, chinandosi leggermente in avanti. “Voi, insulsi esseri deboli, non siete nulla per me. Meriteresti di morire qui ed ora per la tua insolenza e per la tua debolezza, ma è il tuo giorno fortunato: mi limiterò a prendere ciò che mi appartiene e me ne andrò.”
Così dicendo tornò in posizione eretta e, afferrando per un braccio Aletto, la strinse a sé e lei lo lasciò fare.
“Non avete il diritto di portarla via pertanto vi consiglio di fermarvi altrimenti…”
“Ahahahah!”
 
Death Mask continuò a riderle in faccia, senza alcun ritegno, con la sua risata sgualcita “Altrimenti cosa? Tu non puoi fare niente: vai a piangere dal tuo adorato Cavaliere dello Scorpione: io non ho tempo da perdere.”
E prima che l’ancella potesse replicare una luce abbagliante la costrinse a schermarsi il viso: quando riuscì a vedere di nuovo Death Mask ed Aletto erano spariti nel nulla.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE:
Bene, eccoci qui! Dopo un mese di osservazioni, Death Mask torna all’attacco e si riprende sua figlia. Arles resterà a guardare? Quale sarà la sua prossima mossa?
Eh… vedrete ù.ù Ho lasciato correre questo mese di passaggio, perché altrimenti la narrazione sarebbe diventata terribilmente lunga, ma dovevo necessariamente soffermarmi negli accenni al cosmo di Aletto: fino ad ora non la abbiamo mai vista combattere quindi quali siano le sue effettive capacità non è chiaro.. .E non solo ai lettori, ma anche ai suoi maestri (spero si capisca ù.ù).
Questo perché per lei ho in mente un potere un po’ speciale (forse terribilmente da Mary-Sue, ma è presto per dirlo). Milo, per ora, ha fatto da contorno e, Ahimè, sarà così anche più avanti ç_ç. In ogni caso, dove c’è Milo, può non esserci Camus? Nel prossimo capitolo avrà un ruolo abbastanza importante il nostro Camus ma… non dico altro ù.ù
 
Grazie ancora a tutti voi che leggete. Vi ricordo che se volete qualche momento inedito potete andare a leggere “Stand By Me”. ^^

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Capitolo 18
*** Ira ***


 Io che mi rivoltai, ribellai, rifiutai,
 

mi inchinai, mi umiliai, mi piegai, mi spezzai.
 

Mondo che mi umiliò, mi piegò, mi spezzò, condannò.

(Notre Dame de Paris, “Condannati”: Riccardo Cocciante) 

 
“Le ricerche hanno avuto  esito negativo dunque, Milo?”
“Si Sacerdote…” rispose il Sain dello Scorpione, inginocchiato nel tredicesimo Tempio davanti ad Arles. “Tuttavia, a mio avviso, non dobbiamo preoccuparci.
“E per quale motivo, Cavaliere?” domandò Arles, senza scomporsi.
“… perché la mia ancella ha detto che è stato un cavaliere d’oro a rapire la bambina e, stando a come l’ha descritto, ritengo che il Saint in questione sia Death Mask del Cancro.” Rispose, per poi riprendere fiato.
“Pertanto ritengo improbabile che Death Mask, padre della bambina, abbia pensato di rapirla: probabilmente la avrà presa con se per starle accanto.”
A quest’ultima affermazione il Grande Sacerdote dovette far appello a tutte le sue forze per non scoppiare a ridere.
“E’ di Death Mask che stiamo parlando Milo, non certo di te.”
“Ma anche lui deve avere un cuore dietro quella maschera.”
“Tuttavia Death Mask non era nella sua casa quest’oggi quando mi sono premurato di andare ad informarlo della scomparsa della figlia. Mi sono permesso di cercare il suo cosmo e non l’ho trovato: questo mi fa pensare che si sia recato in un luogo in cui solo lui può accedere insieme a Aletto.”
 
“Probabile.” Disse Arles, alzandosi in piedi “Tuttavia non ho tempo da perdere per cercare quella ragazzina: la ricerca si conclude qui.”
Quell’affermazione fece sobbalzare Milo che, istintivamente, alzò la testa per osservare il Grande Sacerdote.
“Che c’è Milo?” domandò quest’ultimo, e il Saint dello Scorpione riabbassò lo sguardo.
“Come può colui che è voce della grande Atena parlare così?”
“Nulla Sacerdote. Dunque posso considerarmi congedato?”
“Si Milo. E se vedi Death Mask digli di recarsi al mio cospetto il prima possibile”.
“Sarà fatto Sacerdote.”
Così dicendo Milo prese congedo e tornò all’ottava casa. Il cielo era sereno e pieno di stelle anche se in lontananza si intravedeva qualche nuvola passeggera. Ripercorrendo la scalinata al contrario gli tornarono alla mente gli avvenimenti di quel pomeriggio quando, di ritorno dall’udienza con il Sacerdote, era stato fermato dalla sua ancella, giunta di corsa per informarlo del presunto rapimento di Aletto. Così insieme ad alcuni soldati semplici aveva iniziato la ricerca. Si era recato subito alla quarta casa per avvisare Death Mask e, non avendolo trovato ed avendo sentito la descrizione fatta dall’ancella era sicuro che non fosse necessaria nessuna ricerca. Tuttavia, per precauzione aveva continuato fino alla sera, quando era andato a far rapporto.
 
Rientrato nella sua casa la trovò silenziosa e a passo lento si diresse verso la sua stanza, non prima di esser passato a controllare la stanza comune dei bambini, che dormivano tutti. Poi andò a controllare la piccola stanza che una volta era stata uno sgabuzzino, stanza che Aletto aveva deciso di usare per dormire, dato che non voleva stare con gli altri. Aprì leggermente la porta e la vide lì stesa nel letto che dormiva profondamente: aveva le mani fasciate e quella visione fece corrugare la fronte al Saint.
“Che c’è Milo?”
La voce di Death Mask gli fece rialzare il capo: il Gold Saint si era nascosto appena dietro la porta che lui aveva aperto. Facendo un passo indietro, lo lasciò passare, mentre gli rispondeva.
“Oggi non aveva le mani fasciate.”
Death Mask accennò un mezzo sorriso e si richiuse la porta alle spalle. “L’ho fatta allenare un po’: ti assicuro che oltre ad avere le mani fasciate ora ha anche qualche livido che questa mattina non aveva.”
 
Milo lo osservò mentre si appoggiava alla porta dietro la quale dormiva la figlia. Rimasero entrambi in silenzio per un po’, Milo in piedi, con le braccia lungo i fianchi, Death Mask con le braccia incrociate, appoggiato alla porta.
“Ebbene Milo, ti sei innamorato di me a tal punto che non riesci a staccarmi gli occhi di dosso?” domandò ironico Death Mask, spezzando il silenzio.
“Tsk” fu la replica di Milo che chiuse un istante gli occhi abbassando leggermente il capo, muovendolo verso sinistra, prima di tornare immobile a fissare il Saint del Cancro “Sei un bravo attore Death Mask”.
“Me lo dicono in tanti” replicò lui con uno dei suoi sorrisi sghembi sul viso. “Ma come mai me lo dici proprio tu?”
“Perché tu le vuoi bene Death Mask, anche se fai finta di niente. Io osservo sempre con attenzione chi mi sta davanti…”
“…Prima di torturarlo con il tuo pungiglione” concluse per lui il Saint del Cancro, staccandosi con un colpo di reni dalla porta. “Ma sappi che io non ho intenzione di finire come uno scolapasta.”
Detto questo, si mosse per superarlo e Milo non provò a fermarlo.
“Death Mask?” lo chiamò voltandosi quando il compagno d’arme uscì dal suo campo visivo.
 
“Che cazzo vuoi ancora Milo?” domandò quest’ultimo irritato, voltandosi a sua volta.
“Forse non desideri mostrare a me il tuo lato umano, ma nasconderlo non lo farà sparire.”
Death Mask, in tutta risposta, sogghignò. “Io non ce l’ho un lato umano Milo: io sono la maschera della morte. Questo e nient’altro.”
“Lo nasconde persino a se stesso”.
“Il Sacerdote mi ha pregato di dirti che desidera vederti il prima possibile.” Disse, iniziando ad allontanarsi.
“Bene” replicò Death Mask, muovendosi a sua volta, ma nella direzione opposta.
“Ma quando la finirà quello Scorpione con i suoi discorsi sui sentimenti e sul lato umano? Se voleva fare l’uomo illuminato poteva mettersi a meditare con Shaka, invece di rompere l’anima a me.”
Pensava mentre avanzava verso le stanze del Grande Sacerdote, circondato solo dal silenzio della notte.
“Devo smetterla di rimanere a parlare con lui: da quando ha scoperto che Aletto è mia figlia pensa che io sia diventato il buon samaritano e se continua così convincerà anche me.”
 
Arrivato al tredicesimo tempio si avvicinò al grande portone ma venne bloccato da due guardie.
“Mi dispiace Cavaliere” disse una delle due “Ma il Sacerdote sta dormendo: non può darvi udienza”.
“Certo che sta dormendo: è notte ormai. Ma lui ha detto a Milo che voleva vedermi il prima possibile no? Io mi limiterò ad eseguire gli ordini.”
“Senti soldatino dei miei stivali, ti consiglio di andare dal Grande Sacerdote a dirgli che Death Mask del Cancro su sua richiesta si è recato fino a qui per parlargli. E ti consiglio di farlo in fretta, altrimenti non potrai fare più niente per il resto dei tuoi giorni.”
“Mi dispiace cavaliere, ma le regole sono regole” provò a replicare quello “Inoltre…”
“Senti io non ho tempo da perdere brutto idiota” disse  Death Mask afferrandolo per un braccio e sbattendolo contro il Grande portone che permetteva l’accesso alle stanze del Sacerdote. “Il Sacerdote mi ha mandato a chiamare dicendomi di raggiungerlo il prima possibile: sai che significa questo?” gli domandò, avvicinando poi, lentamente, il viso al suo, andando a parlargli direttamente nell’orecchio “Significa che è una questione urgente…” sussurrò appena. “QUINDI TI CONSIGLIO VIVAMENTE DI MUOVERE IL DERETANO ED ANDARE DAL SACERDOTE!”  concluse urlandogli direttamente nell’orecchio.
 
In quel momento l’altra guardia ebbe la stupida idea di provare a fermarlo cercando di conficcargli la sua lancia nella schiena, ottenendo scarsi risultati.
Death Mask, incavolato si girò verso di lui, fissandolo con odio.
“Sekishiki Meikaiha!” urlò, facendo cadere il corpo ormai svuotato della guardia a terra.
Il suo compagno si staccò velocemente dalla porta per aprirla ed attraversarla, con un’espressione di puro terrore stampata sul viso.
E Death Mask scoppiò a ridere, senza ritegno, rischiando di svegliare mezzo Santuario, tanto rideva forte.
“Stupidi esseri insulsi.” Sussurrò appena, piegato in due dal ridere “Deboli ed insignificanti, sono come gli insetti: piccoli, deboli ed inutili. E così facilmente suggestionabili.”
Rimase lì, all’esterno, cercando di smettere di ridere, in attesa.
“C-cavaliere… il Sacerdote può ricevervi” disse la guardia uscendo dopo parecchi minuti dal grande portone, per poi sparire lontano da Death Mask
“Bene Saga… Vediamo che mi dirai ora in veste di grande Sacerdote… Quale ramanzina hai preparato per me?”
 
 
Entrò a testa alta, con aria fin troppo seria e concentrata: il Sacerdote era lì, in piedi, e lo attendeva.
Quasi a volersi beffare di lui ancora di più Death Mask fece un profondo inchino, ma non si inginocchio davanti a lui: rimase lì, in piedi, osservandolo con la sua espressione strafottente sul viso.
“Milo mi ha informato del fatto che volevate vedermi il prima possibile.”
“E’ la una di notte, Death Mask”. Rispose Arles, seccato.
“Non ho potuto far più in fretta e non potevo certo farvi aspettare: poteva trattarsi di una missione di vitale importanza”. Rispose, senza smettere di sorridere. Arles, in tutta risposta, scese quei pochi gradini che facevano si che il suo scranno fosse più rialzato, arrivando davanti a Death Mask.
“La mia pazienza ha un limite, Death Mask” disse e al Gold Saint non sfuggì il fatto che il Sacerdote era irato.
“Bhe, già che ci sono, lo farò arrabbiare ancora un po’: diciamo che questo è per ripicca per tutto quello che mi ha fatto”
“Non mi sembra di aver fatto nulla per spazientirvi Sacerdote. Ho sempre eseguito gli ordini, mi sono attenuto alle vostre scelte.” Disse, sorridendo. “Inoltre, entrambi abbiamo la stessa visione del mondo, siamo due alleati perfetti che vanno perfettamente d’accordo.” Proseguì, senza mutare espressione “Dunque non riesco a capire cosa possa avervi turbato. Perciò…”
 
"LA TUA INSOLENZA HA SUPERATO I LIMITI DELLA MIA SOPPORTAZIONE!” Urlò Arles, interrompendolo e Death Mask si lasciò sfuggire un ghigno soddisfatto: aveva sentito chiaramente l’esplosione del cosmo del Sacerdote, ma questo non lo porto a tacere.
“Un tale scatto d’ira non si addice al Grande Sacerdote di Atena… Stai perdendo colpi Saga.”
Quello in tutta risposta gli diede le spalle.
Poi, all’improvviso si girò e lo colpì, cogliendolo alla sprovvista, e lo scaraventò dall’altra parte della sala, mandandolo a sbattere contro una delle pareti.
“Fai attenzione a come parli Death Mask” disse avanzando verso di lui “Non ti conviene metterti contro di me” disse, fermandosi poi, in attesa che il Gold Saint si rimettesse in piedi.
“Ti avevo convocato per parlare di tua figlia: la ragazza non si impegna nel combattere e nell’apprendere. Pe…”
“Solo perché non apprezza l’insegnante: con me combatte.” Disse, interrompendolo mentre si rimetteva in piedi: ormai il danno era stato fatto, e lui non aveva intenzione di piegarsi al volere di Arles.
“Ah davvero?”
“Si. E’ forte: semplicemente bisogna ricordarle quali sono le sue motivazioni in modo costante.”
 
“Ed essere forte come me è la sua motivazione” pensò Death Mask, osservando il Sacerdote. L’obbiettivo di Aletto era quello di diventare forte, di non essere una debole.
“Se è così forte dovrà dimostrarlo.”
“Osservatela mentre combatte con me.” Disse Death Mask, ma il Sacerdote scosse il capo in segno di diniego.
“No. Il tempo dei combattimenti per esercitarsi è finito. Ho già dato disposizioni per metterla alla prova. In caso di fallimento per lei ci sarà la morte.” Concluse Arles dandogli le spalle e avviandosi verso le sue stanze.
“Bastardo”
“Puoi andare Death Mask, il nostro colloquio è finito.”
Ma il Saint del Cancro non si mosse di un passo: con i pugni stretti e con la furia dipinta sul viso osservava Arles.
“Se ti sembra una decisione ingiusta, allora significa che per te Aletto non è all’altezza della prova. Se ti sembra troppo crudele allora ti sei indebolito.” Disse, voltandosi solo un istante, a guardarlo.
“Sarà tua figlia a scontare le pene che spetterebbero a te vista la tua insolenza: tu mi servi vivo. Ma questo non penso ti interessi” concluse, sorridendo sotto la maschera “In fondo per te lei non è altro che una macchina da guerra no?”
 
Con quell’ultima frase Arles lasciò la sala e Death Mask in tutta risposta, tirò un pugno ad una colonna, facendola crollare. Furioso lascio la sala poco dopo e spettò al soldato semplice rimasto di guardia il doloroso compito di fare da capro espiatorio per la furia del Saint.
 
 
 
 
 
 
 
NOTE:
Ok, Signori, scherzavo… per ora Camus rimane in disparte (avevo questo capitolo nella mia testa e NON LO AVEVO SCRITTO!). Chiedo venia… mancava un passaggio, altrimenti.
Vi stavate chiedendo come avrebbe reagito Arles…
Bhe…dire che si è incavolato è un eufemismo ù.ù
Forse non è molto da Arles ma morivo dalla voglia di fargli perdere del tutto le staffe xD (Inoltre, Death mask si fa anche un bel volo dall’altra parte della sala ù.ù). Ora, io non so se effettivamente Death sa anche che Arles è Saga, oltre a sapere tutto ciò che è successo nella notte degli inganni… Mi sono presa la licenza poetica di far finta che sia così.
Se vi state chiedendo quale sarà la misteriosa prova di Aletto bhe… dovrete aspettare ancora un capitolo! xD
Grazie a tutti voi che passate di qui, come sempre!

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Capitolo 19
*** Lotta per la sopravvivenza ***



 



“Fa freddo” piagnucolò Aletto arrancando nella neve.
“Se ti fermerai, avrai ancora più freddo” disse Camus, gelido, mentre avanzava poco più avanti di lei.
Era ormai l’inizio della primavera ma in Siberia la neve continuava a cadere fitta ed arrivava fino alla vita di Aletto, che avanzava a fatica in quella distesa bianca.
Entrambi erano arrivati in Siberia quella mattina, su ordine del Sacerdote: Camus sarebbe dovuto partire con Milo ma Arles aveva preso altre decisioni e l’Acquario, senza obiettare, aveva eseguito.
Non era un tipo che contestava gli ordini, lui.
 
Aletto faceva sempre più fatica a camminare e iniziava a perdere sensibilità dalle mani: il villaggio che avevano lasciato da qualche ora non si vedeva più alle loro spalle e nulla si vedeva all’orizzonte, solo un mare bianco fatto di neve e ghiaccio. E lei indossava un cappotto, si, ma che non era adatto ai climi gelidi della Siberia, per quanto pesante.
Era stata buttata giù dal letto, nel cuore della notte e se Milo non le avesse lasciato quel cappotto, troppo grande per lei, probabilmente sarebbe arrivata in Siberia in pigiama.
 
Immersa nei suoi pensieri non si accorse che Camus si era fermato e gli andò addosso.
“Sai perché sei qui?” le domandò, senza guardarla, osservando l’orizzonte.
“Perché l’ha ordinato il tizio con la maschera.” Disse lei, con una smorfia.
“Ma non so cosa devo fare…” borbotto subito dopo, stringendosi addosso il cappotto, nella speranza di scaldarsi un po’ di più.
Camus si voltò a guardarla: tremava, avvolta in quel cappotto troppo grande e troppo leggero e le porse dei guanti. Era impassibile, come sempre: non si sarebbe scomposto nemmeno in quella situazione: gli avevano insegnato ad essere freddo e impassibile in battaglia.
 
“Eppure questa non è una battaglia…”
Scacciò quel pensiero e tornò a guardare la bambina che si era infilata i guanti e lo fissava con aria interrogativa con i suoi grandi occhi blu.
“Dove ho già visto gli occhi di questo blu? Non sono come quelli di Milo…”
Fece un passo indietro e con voce fredda, tagliante e sottile, come una lama di ghiaccio, espresse la decisione del Sacerdote.
“Devi sopravvivere”
Detto questo scomparve, avvolto  in un lampo di luce e Aletto ebbe la certezza che se ne era andato via, alla velocità della luce, chissà dove.
E sapeva anche che nessuno sarebbe tornato a prenderla.
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 
Death Mask era andato a sfogare la sua furia lontano dal Santuario e poi era rientrato a mattina inoltrata e aveva deciso di recarsi all’ottava casa, una volta calmo, per poter parlare con Aletto. Doveva spronarla a combattere in modo serio e a non arrendersi, altrimenti sarebbe morta.
“Bastardo…bastardo, bastardo!”
Aveva erroneamente pensato che Arles avesse deciso di lasciare in pace sua figlia, ma non era stato così: pur di soggiogare lui il Sacerdote aveva preso di mira lei.
“Per ottenere ciò che vuole quell’uomo è disposto ad usare qualsiasi mezzo a sua disposizione”pensò con una smorfia. Un tempo aveva ammirato Saga di Gemini per la sua scalata al potere così determinata e congeniata e per questo, oltre che per i suoi ideali, aveva pensato bene di appoggiarlo mantenendo una certa libertà.
Ma quella libertà lo aveva messo nei guai.
 
Superando ancelle e paggi, ignorando i richiami, entrò nella parte dell’ottava casa che era privata, messa a disposizione per il Saint dello Scorpione. La visitò tutta ma non trovò sua figlia.
“Possibile che lui la abbia già portata via?”
“Death Mask!” esclamò Milo facendo la sua comparsa nel grande Salone dove il Saint del Cancro si era fermato, indeciso sul da farsi. “Che ci fai qui?”
“Allora era a causa sua che le ancelle correvano qua e là spaventate.” Disse una seconda voce, mentre Camus faceva il suo ingresso nel salone, alle spalle di Milo.
“Dov’è?” domandò, andando subito al sodo.
Camus inarcò un sopracciglio, non capendo la domanda, mentre Milo fece un passo verso di lui e rispose.
“Aletto non è più qui.”
“Lo vedo che non è più qui!” esclamò Death Mask indignato, cercando di mantenere la calma. “Ma non ti ho chiesto dove non è, ma dov’è”! disse avanzando a sua volta verso il Saint dello Scorpione.
“Immagino che il Sacerdote ti abbia spiegato che doveva superare una prova.” Disse, con un’espressione tutt’altro che rassicurante.
 
“Perché fa quella faccia?” pensò Death Mask, contraendo il viso in una smorfia carica di rabbia: stava perdendo la pazienza. “Che cosa cazzo gli ha fatto il Sacerdote?”
“Lo so perfettamente e io voglio sapere dov’è. Quale parte della domanda non ti è chiara, Milo?”
“La bambina è in Siberia.” Si intromise Camus parlando con il suo tono abituale. “L’ho portata io questa notte”.
“Tu l’hai portata DOVE?” domandò Death Mask, dimenticandosi tutti i suoi buoni propositi che prevedevano calma e imperturbabilità. Si voltò verso il Saint dell’Acquario, ignorando completamente Milo.
“In Siberia” ripetè Camus, impassibile. “Come il Sacerdote mi aveva ordinato fare.”
“Siberia…” Il Saint del Cancro pensò al clima gelido di quel luogo e si concesse un istante per osservare Milo che, a differenza di Camus, aveva un’espressione afflitta.
“E che cosa dovrebbe fare la bambina in Siberia?”
“Dovrebbe sopravvivere al gelo, da sola, in mezzo ad una distesa di neve.”
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 
Aletto aveva ormai rinunciato all’idea di raggiungere il villaggio. Aveva continuato a camminare anche dopo la scomparsa di Camus, nella speranza di raggiungere quel piccolo centro abitato. Ma la neve era ovunque: bianca, gelida, insensibile e tutta uguale. Aveva vagato a lungo per quella landa desolata, spinta dall’istinto di sopravvivenza e dalla speranza ma alla fine aveva capito che il suo pellegrinaggio la avrebbe portata solo alla morte.
“Devo sopravvivere, devo essere forte: io non posso essere debole. Io sono la figlia del più forte tra i Gold Saint, non posso arrendermi”
 
Spinta dal desiderio di compiacere il padre con la sua forza e dall’idea di dover essere forte aveva camminato a lungo, finchè il freddo non la aveva fermata. Provò a fare un passo ma ricadde a bocconi nella bianca neve, che iniziò a coprirla.
“Non posso fermarmi: ho promesso a papà che sarei stata forte. Non posso lasciare che il freddo mi fermi altrimenti lui non mi amerà più e mi lascerà sola. Devo farlo per il papà, che ha sempre creduto in me.”
A questo pensava la bambina, in ginocchio nella neve, che si stava lasciando sommergere anche dai fiocchi bianchi che cadevano dal cielo.
La sua mente ormai andava al viso di suo padre. Avrebbe sofferto, lo sapeva.
 
Anche se non le aveva mai detto che le voleva bene, che la amava, lei aveva imparato a leggere l’affetto che nascondeva nei modi, nei gesti, negli sguardi.
Suo padre era un uomo che dimostrava l’affetto con pochi gesti e con poche parole.
Ogni volta che la spronava ad essere forte, lo faceva perché le voleva bene e voleva che lei diventasse grande senza dover esser sottomessa a persone come quell’orribile uomo con la maschera che si faceva chiamare Sacerdote.
 
Per un attimo si concesse di sperare di veder comparire da un momento all’altro suo padre che veniva a salvarla, come quando era quasi annegata. Ma non si illuse a lungo: sapeva che lui non sarebbe mai arrivato fino a lì. Forse non sapeva niente o forse l’uomo con la maschera gli aveva impedito di raggiungerla. Forse lo aveva ucciso.
E quel pensiero la fece piangere: iniziò ad immaginare suo padre disteso a terra in una pozza di sangue come tutte le persone che lui stesso aveva ucciso. E accanto a lui quell’uomo con indosso la sua orribile maschera giocava con la sua testa fiero di averlo ucciso mentre lui cercava disperatamente di andare a salvarla.
 
Fu il dolore provocato dalle lacrime ghiacciate sul suo viso a costringerla a riaprire gli occhi. La neve ormai la stava ricoprendo e ben presto sarebbe morta.
“No…”
Non poteva finire così. Ripensò agli insegnamenti di Shaina e Marin, alla pazienza di Milo e alla determinazione di suo padre.
“…Non usarla Aletto, intesi?”
Era una delle raccomandazioni più frequenti e in quel momento le tornò in mente, come un’illuminazione. Era la sua ultima speranza ed era estremamente pericolosa: ma non poteva rimanere lì, inerme, a morire, senza almeno provare a sfuggire alla morte.
 
A fatica alzò il braccio destro, puntando un dito verso di se.
Ciò che disse subito dopo fu un sussurro pieno di determinazione e speranza, che non sentì nessuno: solo la neve fu testimone del disperato tentativo di quella bambina. E proprio la neve brillò, illuminata da un nuovo sole.
Poi ricoprì ogni cosa.
 
 
 
 
 
NOTE:
Il capitolo tanto atteso è arrivato (Contenti? xD).
Ora, Camus compare davvero poco, lo so (non odiatemi please ç_ç)… Però ha un ruolo fondamentale, ecchecavolo! È lui che porta Aletto in Siberia, che la abbandona al suo destino.
Non che io consideri Camus crudele e senza cuore, è che mi serviva un posto dove spedire la bambina… E quale posto è meglio della Siberia? (C’era l’isola della Death Queen, quella dove Ikki prende l’armatura ma mi piaceva di più l’idea di far comparire Camus. Ù.ù).
Volontariamente ho cambiato la scena due volte, con lo schema Siberia-Santuario-Siberia, per permettervi di vedere le reazioni dei differenti personaggi. Non sono esattamente contemporanee, ma molto vicine tra loro nel tempo.
Ora, se vi state chiedendo che cosa ne sarà di Aletto bhe.. .vi toccherà aspettare il prossimo capitolo! (come sono cattiva ù.ù). E, inoltre, immagino che vi stiate chiedendo come reagirà Death mask alla notizia che Aletto è in Siberia (si, ho interrotto la scena nel momento peggiore possibile! xD)
Grazie a tutti voi che leggete, recensite, seguite, ricordate e preferite: grazie mille, davvero.
Vi avviso che non aggiornerò più fino a gennaio. Devo partire e torno(appunto) a gennaio: di conseguenza per il prossimo capitolo dovrete aspettare un po’ ù.ù
Spero che pazienterete ù.ù
Perciò, auguro un buon Natale a tutti, e visto che a Natale siamo tutti più buoni… siate buoni e lasciate una bella recensione (non per forza verde eh?) cliccando il tastino blu lassù =)

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Capitolo 20
*** Ritrovarsi ***



 


‘Tis not alone my inky cloak, good mother,
Nor customary suits of solemn black
Nor windy suspiration of forced breath,
No, nor the fruitful river in the eye,
Nor the deject haviour of the visage,
Togethe  with all forms, modes, shows of gried
That can denote me truly; these ineed “seem”,
For they are actions that a man might play;
But I have that within which passeth show;
These but the trappings and the suits of woe

(Shakespear – Hamlet)

 
 
Dopo quell’affermazione Death Mask si scagliò contro Camus, sbattendolo contro una colonna, schiacciandolo con il suo corpo contro il marmo.
“Perciò tu avresti lascito MIA FIGLIA A MORIRE CONGELATA IN MEZZO ALLA TUNDRA SIBERIANA?” urlò, in preda all’ira. “TU L’HAI LASCIATA LA’ DA SOLA NEL NULLA, IN PASTO AL GELO?”
Aveva fatto esplodere istintivamente il cosmo, tanto era furioso.
Camus, che fino a quel momento non era riuscito a capire per quale motivo Death Mask si interessasse così tanto a quella bambina orfana,all’improvviso comprese. Bastarono quelle due parole, “mia figlia”, per chiarire tutto.
E, a faccia a faccia con Death Mask, poteva vedere i suoi occhi blu specchiarsi nei suoi: ed erano dello stesso blu di quelli della bambina.
“Perché mai il Sacerdote avrebbe dovuto fare una cosa del genere alla figlia di un Saint?”
 
Camus non poteva saperlo ma anche Milo si stava chiedendo la stessa cosa, da quando il compagno gli aveva spiegato gli ordini del Sacerdote.
“Bhe Camus, sappi che non lascerò correre!” urlò Death Mask e si preparò a sferrargli un pugno direttamente in viso ma il suo braccio di fermò a mezz’aria.
“Ora basta Death Mask, non costringermi ad usare lo Scarlet Needle: Camus ha solo eseguito gli ordini.” Disse Milo, che lo aveva immobilizzato con uno dei suoi colpi.
Ghignando Death Mask, provò a girare lentamente il capo, quanto bastava per vederlo.
“Certo, lui ha eseguito gli ordini, proprio come fai tu: due burattini che si fanno comandare a bacchetta.”
“Diamond Dust!” urlò Camus, colpendo in pieno il Gold Saint del Cancro, che venne scaraventato dall’altra parte della sala.
“Mi dispiace Death Mask, ma non intendo farmi insultare da te” disse l’Acquario, composto come sempre. “Se avessi saputo cosa ti legava a quella bambina, avrei chiesto al Sacerdote di sottoporla ad una prova meno ardua.”
 
 
“Non fare l’uomo pio e misericordioso con me, ghiacciolo dei miei stivali!” urlò Death Mask in risposta, rimettendosi in piedi. “Parli di mia figlia come se fosse una marmocchia indifesa, ma non lo è. E tornerà indietro, altrimenti tu finirai in Ade insieme a lei!”
Ormai urlava senza trattenersi, furioso: diede le spalle ad entrambi e a grandi falcate si avviò verso l’uscita.
“E che nessuno di voi due idioti si azzardi a passare per la mia casa, perché sarà l’ultima cosa che fa. Non voglio vedere delle stupide marionette come voi, che pur di atterrarmi mi attaccano in due. Solo i deboli non combattono singolarmente, perché consci della loro inferiorità nella tecnica e nella forza. Voi siete solo delle formiche e se incrocerete ancora i miei passi verrete CALPESTATI!”
E marcando l’ultima parola con la voce, sbattè la porta, chiudendosela alle spalle.
 
Sebbene dolorante a causa dell’attacco subito, avanzò a passo fiero verso la casa della Bilancia ma, non appena ci arrivò, cambiò strada: in quello stato preferiva non dover avere a che fare con i suoi colleghi. Perciò decise di allontanarsi dal grande Tempio.
Aveva detto a Camus che sua figlia sarebbe sopravvissuta ma non era poi così sicuro: era pur sempre una bambina, per quanto testarda e determinata.
“Se lei dovesse morire…”
Non voleva pensarci. Se Aletto fosse morta non se lo sarebbe mai perdonato. Era stato lui con il suo comportamento che, oltre ad aver fatto crescere la figlia a sua immagine e somiglianza, la aveva messa nei guai.
Il suo errare senza meta lo portò sulla scogliera dove aveva seppellito Sara: la lapide era ancora lì ma ora, oltre alle rose di Aphrodite, sulla nuda terra era cresciuta anche dell’erba che in parte andava a coprire il cofanetto che conteneva le lettere.
Istintivamente ripensò a lei: era da parecchi mesi che non andava a visitare la sua tomba. Se ne era tenuto lontano, per dimenticare, per non ricadere in quello stato di profonda tristezza e insoddisfazione.
 
La visione di quella tomba lo fece arrabbiare ancora di più: con la sua determinazione a fare ciò che voleva stava perdendo tutte le persone a lui care. Ma l’idea di rinunciare alla sua libertà gli pareva improponibile.
Non voleva diventare come gli altri Cavalieri, costretti ad obbedire al Sacerdote senza obbiettare: non gli sarebbe sembrato giusto, considerato che lui sapeva che in realtà quell’uomo non era stato scelto dalla Dea Atena ma aveva usurpato il potere al vecchio Sacerdote.
Già, la dea Atena.
“Dove sei adesso? Sei con lei? La stai proteggendo?”
Death Mask non era così sicuro che la sua dea fosse morta nella notte degli inganni: Shura aveva eseguito gli ordini si, ma non era tornato con la bambina. Aiolos era stato ritrovato morto ma la sua armatura e la dea erano sparite. Una bambina salvata per miracolo, che ora stava crescendo: quella era la sua dea.
 
“Se mi stai ascoltando…” disse, osservando il mare, illuminato dal sole. “Se mi stai ascoltando, Atena, ti prego, salva mia figlia. Lei non merita la morte ora.”.
Strinse i pugni: era arrivato addirittura a pregare, come i deboli che sperano di esser salvati dagli dei e non fanno nulla per cambiare la situazione.
“Death Mask”
Si voltò di scatto, sentendo una voce, ma non vide nessuno: probabilmente il vento, insidiatosi tra le rocce, aveva imitato la voce dei morti. Tornò a guardare la tomba e accanto ad essa vide un’ombra, che prima non aveva notato.
Era l’ombra di Sara, ma un attimo dopo era sparita, così come era arrivata, forse una semplice illusione ottica. Al suo posto, danzava un piccolo fuoco fatuo.
“E tu che  ci fai qui? Ti sei perso?” domandò ironico il Gold Saint al fuocherello che danzava accanto alla lapide. “Tranquillo, ti rispedisco io nella Valle della Morte”.
E stava per rimandarlo indietro davvero, quando il fuoco scomparve, lasciando Death Mask perplesso.
“Mha…” disse, dando le spalle alla tomba, con la chiara intenzione di andarsene. Non si voltò ma si ritrovò davanti il fuoco fatuo che, danzando, scomparve un’altra volta.
 
“Ma che cavolo volete da me!” esclamò indignato, contraendo la mascella. Sua figlia era in Siberia, probabilmente ad un passo dalla morte e lui non solo non poteva aiutarla ma era anche costretto ad occuparsi di quelle stupide anime.
Il fuoco fatuo comparve di nuovo, per poi scomparire.
“E va bene, ora mi sono stufato!” urlò ed alzando un dito si teletrasportò nella valle della morte, intenzionato a vedere cosa stava succedendo. Non appena vi mise piede il fuoco fatuo gli volteggiò attorno e iniziò a muoversi lungo quella distesa desolata, fermandosi di tanto in tanto, come a volersi accertare che il Gold Saint gli stesse dietro. “Ma che cavolo vuole? Sara era già precipitata nella voragine, perché dovrebbe volere qualcosa da me?”
Poi ciò che vide lo sconvolse a tal punto che, dimenticandosi del fuoco fatuo, iniziò a correre.
 
Aletto giaceva riversa a terra, con indosso un cappotto ancora bagnato a causa della neve e non si muoveva.
Non appena la raggiunse si gettò a terra e la prese tra le braccia e la sentì completamente ghiacciata: fredda tanto quanto la Diamond Dust di Camus.
Subito espanse il suo cosmo dorato, avvolgendola e stringendosela al petto nel tentativo di riscaldarla: lui era cresciuto sotto il caldo sole della Sicilia e il suo cosmo era ben diverso da quello di Camus e, sebbene fosse carico di morte, sperava che il suo calore potesse riscaldare almeno un po’ sua figlia.
Con lo sguardo, cercò quel fuoco fatuo che lo aveva portato fino a lì ma non lo vide: così come era arrivato, era sparito.
 
“P-papà…” biascicò Aletto che lentamente stava riprendendo conoscenza.
“Fa-faceva f…f-reddo” balbettò, con voce spezzata e Death Mask si accorse solo in quel momento che sua figlia stava piangendo.
“Quel brutto signore con la maschera mi ha mandato al freddo. E l’altro signore mi ha lasciato lì dicendo che dovevo sopravvivere. Ma io non vedevo niente, era tutto bianco e non sapevo dove andare.”
Death Mask la strinse ancora di più al petto, accarezzandole i capelli.
“Va tutto bene Aletto, stai tranquilla… è tutto passato.” Cercò di rassicurarla.
“Non sapevo cosa fare: sapevo che dovevo essere forte, altrimenti tu non mi avresti più voluto bene e io sarei morta…” la bambina non sembrava voler smettere di piangere.
“Così ho usato il Sekishiki Meikaiha, anche se mi avevi detto di non farlo. Lo usato, sperando di riuscire a scappare, ma quando sono arrivata qui, non riuscivo più ad uscire…ero troppo stanca…” disse, affondando la testa nel suo petto. “Mi dispiace, non la userò più e…”
“Shhh…zitta adesso, riposa” disse Death Mask, alzandole leggermente il mento, per guardarla negli occhi.
“Sei stata bravissima: hai resistito al freddo della Siberia. Sei stata molto forte Aletto, e sei riuscita ad usare il Sekishiki Meikaiha. Il tuo papà è fiero di te” disse, stringendosela nuovamente al petto. “Io sono fiero di te…” disse, lasciando che qualche lacrima di gioia gli solcasse il viso.
 
Lui, per la prima volta dopo la morte di Sara, stava di nuovo piangendo.
Lasciò che quelle lacrime di sollievo scorressero sul suo viso. Furono poche, ma cariche di sentimento.
“Aletto?” la chiamò e lei alzò leggermente la testa.
“Io non ti lascerò mai più, te lo prometto. Qualsiasi cosa succeda nessuno ti porterà via da me.”
“Grazie papà” disse lei abbracciandolo. “Ti voglio bene”
“Ti voglio bene anche io piccola, e ora riposa.” Disse con tono autoritario e Aletto non mosse nessuna obbiezione.
Aspettò di saperla addormentata, per poi sollevarla da terra e riportarla a casa.
“Grazie Sara”pensò mentre lasciava la valle della morte, senza accorgersi che un piccolo fuoco fatuo danzava ancora vicino a lui, mentre se ne andava.
 
 
 
NOTE: Eccomi qui!
Buon 2012 a tutti! Io lo inizio con questo capitolo.
Che dire? Tutto è bene quel che finisce bene no? Death Mask ha rischiato di azzuffarsi con Camus ma le cose si sono risolte in modo… “pacifico” ù.ù
Ora, Sara a quanto pare è ricomparsa (ve lo avevo detto che avrebbe avuto ancora un ruolo). E’ solo un’illusione di Death Mask? O era un’illusione la sua caduta in quella Voragine? Bhe, io non vi dico niente, lo scoprirete leggendo ù.ù.
Grazie a tutti voi che seguite, leggete e recensite! Spero mi seguirete ancora durante quest’anno nuovo!
Di là, in Stand by Me, abbiamo un’altra Drabble dedicata al “viaggio” di Aletto in Siberia (neanche a farlo apposta, le pubblico insieme.) Se volete leggerla, sapete dove trovarla.
PS: U ringraziamento speciale a Shakespear: nelle sue tragedie, trovo spesso ispirazione per Death

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Capitolo 21
*** Udienze ***



 



Milo aveva raccolto tutte le cose di Aletto e le aveva chiuse in una borsa: sapeva che Death Mask sarebbe passato a prenderle dato che quella mattina aveva visto Aletto salire le scale, diretta dal Sacerdote.
“In qualche modo è riuscita a sopravvivere” pensava, ma ancora non riusciva a capacitarsi del perché il Sacerdote si fosse accanito così tanto su quella bambina.
“Rimani spesso così imbambolato, Milo?” domandò Death Mask, avvicinandosi a lui.
“Solo se devo pensare”.
“Ah, allora capita raramente!”
Milo decise di non replicare, e gli allungò la borsa. “Qui ci sono le cose di tua figlia.”
L’altro prese la borsa, senza ringraziare.
“Camus non dirà niente.” Aggiunse il Saint dello Scorpione, mentre il suo collega lo guardava storto. “Non gli importa di diffondere questa notizia”.
“Mr. Ghiacciolo deve solo provare ad infangare il mio nome e vede dove si ritrova…” borbottò Death Mask, appoggiandosi ad una colonna.
“Hai intenzione di rimanere qui?”
“Volevo raggiungere Aletto ma non mi è concesso assistere all’udienza.”
“E da quando tu segui le regole?” domandò Milo appoggiandosi alla colonna posta di fronte a quella contro la quale si era appoggiato il Saint del Cancro e quest’ultimo, con un sorriso sbieco, gli rilanciò la borsa.
“Tieni al sicuro queste cose, finchè non torno” e, detto questo, si avviò verso le stanze del Sacerdote, lasciandosi alle spalle un Saint dello Scorpione per niente stupito ma molto divertito.
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 
“Il Sacerdote può ricevervi.”
“Era ora!” borbottò Aletto in risposta alla guardia, facendo il suo ingresso nelle stanze del Sacerdote: aveva atteso tutta la mattina per un’udienza e finalmente era il suo turno. Mentre lei entrava, Camus lasciava la sala.
I due si lanciarono giusto un’occhiata ma non si dissero nulla; ognuno proseguì per la sua strada.
“Bene chi è che ha bisogno di me ora?” domandò Arles, che aveva avuto più di un’udienza quella mattina, ma si zittì all’improvviso riconoscendo la bambina.
“Salve” disse Aletto, senza troppa allegria, salutandolo con un cenno del capo, come si potrebbe fare con un proprio amico.
Il Sacerdote contrasse la mascella, ma la bambina non poteva saperlo.
“A quanto pare sei tornata dalla Siberia…”
“Già…” disse lei, come se la cosa fosse poco importante. Rimase lì, in piedi, a fissarlo, con aria di sfida.
“Sei davanti a colui che fa le veci di Atena sulla terra: dovresti mostrare rispetto e inginocchiarti…”
“Sai che me ne frega a me di chi sei tu…” rispose lei, con noncuranza, alzando le spalle “Io non mi inginocchio davanti a nessuno, tantomeno davanti a te, che nascondi la tua faccia dietro ad una maschera. Non dovresti aver paura del tuo volto…” proseguì, tranquilla “anche se probabilmente è davvero orribile.”
Arles strinse convulsamente i braccioli del suo seggio, cercando di mantenere la calma: quella ragazzina era esattamente come suo padre, non rispettava né lui né il suo ruolo.
“La tua insolenza potrebbe essere punita…lo sai questo?”
“Si, e la prossima volta dove mi mandi? Al polo Sud, visto che a Nord ci sono già stata?”
 
Death Mask, che si era intrufolato nella Sala mentre la figlia faceva il suo ingresso, nascosto nell’ombra fece fatica a non scoppiare a ridere. Aletto si stava dimostrando fatta della sua stessa pasta e lui non poteva fare a meno di esser compiaciuto e, allo stesso tempo, divertito.
“Sei tutta tuo padre, mocciosa.”
Per un istante il Cavaliere del Cancro pensò di essersi tradito da solo, esternando i suoi pensieri.
Invece non era stato lui a parlare, bensì Arles.
“Che dire Sacerdote? Due a zero per me!”
“E questo per me è un grande onore” rispose Aletto, sogghignando, esattamente come avrebbe fatto suo padre al suo posto.
Arles, spazientito, rimase in silenzio per un po’: la ragazzina stava mettendo a dura prova la sua pazienza.
“Senti, io non ho tempo da perdere…cosa vuoi?”
“Nulla, volevo farle sapere che sono sopravvissuta.”
“Allora sei congedata: torna pure da tuo padre, e digli che devo vederlo.”
 
“Sono qui.” Disse lui, uscendo dall’ombra. Avanzò a passo fiero, fermandosi solo una volta raggiunta la figlia, che gli sorrise raggiante.
“Non avevi il permesso di assistere all’udienza.”
“Volevo vedere se era necessario aggiornare la lista…”
“La lista?” domandò perplesso Arles, inarcando un sopracciglio, cosa che Death Mask non potè vedere. Tuttavia, la domanda del Sacerdote fu sufficiente a farlo ghignare, divertito.
“Si, la lista di valide ragioni per cui potrei spaccarti la faccia.” Disse ad alta voce, con tono sicuro e deciso.
La reazione di Arles non si fece attendere: elevò il suo cosmo, in segno di minaccia.
Aletto, percependo il cosmo ostile, si sentì scossa da un brivido di paura, ma non si mosse: non poteva sapere che, nonostante tutto, anche la schiena del padre era stata percossa da un brivido.
“Sarebbe un’interessante guerra dei mille giorni, Saga… Ma non conviene né a me, né a te.”
Il Sacerdote ebbe probabilmente lo stesso pensiero.
“Siete congedati, entrambi. E vi consiglio vivamente di non indugiare oltre in questa sala: ho esaurito la mia pazienza.”
“Sacerdote…” disse Death Mask, accennando un inchino e avviandosi verso l’esterno, seguito dalla figlia continuando a sorridere, sfacciato come sempre.
 
Non appena furono entrambi fuori dalla portata dell’orecchio del Sacerdote, si scambiarono un’occhiata e Aletto scoppiò a ridere: Death Mask si trattenne, ma non potè far a meno di sorridere.
Ripercorsero la grande scalinata a ritroso e, quando finalmente Aletto smise di ridere, Death Mask prese la parola.
“Sei stata brava Aletto…”
“Grazie…” disse lei, saltellando allegra, leggermente rossa in viso.
“Però dovremo fare molta attenzione Aletto… lo sai vero?”
La bambina si limitò ad annuire e tra i due scese il silenzio.
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 
“Cosa voleva il Sacerdote?”
“Voleva sapere come mai la bambina è sopravvissuta.”
“E tu cosa gli hai detto?”
Camus guardò Milo di traverso, prima di rispondere.
“Gli ho detto che, probabilmente, era abbastanza forte per sopravvivere. Che altro avrei dovuto dirgli?”
Il Saint dello Scorpione corrugò la fronte.
“Mhmmm… E lui che ha detto?”
“Niente, mi ha congedato.”
“…Ma?” domandò Milo sporgendosi in avanti, sicuro che l’Acquario gli stesse nascondendo qualcosa.
“Ma sembrava parecchio arrabbiato.” Concluse Camus, tornando a guardare  fuori dall’ottava casa, il resto del Santuario.
Il Saint dello Scorpione si lasciò sfuggire un sorriso.
“Immagino. Non sembra che Aletto gli stia simpatica.” Disse, tornando poi serio, guardando a sua volta fuori. “Anche se non capisco come mai sia stato così duro con lei…”
“Me lo sono chiesto anche io, Milo.” Disse Camus, senza dare alcuna inflessione particolare alla voce “Ma non ho trovato una risposta a questa domanda.”
 
“Pensi che lo abbia fatto per punire Death Mask?”
“Death Mask non è una persona che si affeziona agli altri: non penso lo abbia fatto per questo.”
“Death Mask tiene a quella bambina Camus, anche se fa finta di niente…” rispose il Gold Saint, voltandosi verso di lui. “In ogni caso, non mi capacito di questo accanimento da parte del Sacerdote su una bambina…”
Camus non replicò e i due rimasero in silenzio per un po’.
“Immagino che lo abbia notato anche tu…” disse ad un certo punto Camus, tornando a guardare il Saint dello Scorpione.
“Cosa?” domandò Milo, ricambiando lo sguardo del Saint dell’Acquario.
“Che la bambina assomiglia molto a Death Mask…” rispose quello, strappando un sorriso allo Scorpione.
“Si… forse non molto fisicamente, ma caratterialmente si.”
“Già…” disse Camus, composto come suo solito “L’ho incrociata mentre venivo qui: aveva un’udienza anche lei” disse, per poi tacere, riprendendo fiato “Camminava sicura e decisa, impassibile. Aveva dipinta sul viso un’espressione fin troppo crudele per una bambina…”
“E’ lo stesso ghigno di Death Mask” disse Milo, con un mezzo sorriso “Stesso sorriso sbieco e stesso sguardo.”
“In Siberia…” disse Camus, riprendendo la parola. “Prima di andarmene mi sono soffermato sui suoi occhi. Sapevo di averli già visti, ma solo dopo ho capito che erano gli stessi occhi di Death Mask.” Detto questo, scosse il capo. “E’ difficile credere che uno come lui possa essere padre, eppure quegli occhi sono la prova.”
“Eh si…” replicò Milo, socchiudendo per un attimo i suoi, di occhi “Sono di un colore particolare”.
“Un po’ come i tuoi…”
 
Dopo quell’affermazione dell’Acquario, Milo si voltò a guardarlo.
“Ca…”
“MILO! Dove diavolo sei! Ti consiglio di muoverti e riportarmi ciò che è mio!”
L’urlo di Death Mask non permise a Milo di completare la frase: scuotendo il capo rassegnato, sollevò da terra la borsa che conteneva gli effetti personali di Aletto e, con passo deciso, si avviò verso l’ingresso dell’ottavo tempio, seguito a debita distanza, da Camus.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE:
Si, lo so che una bella guerra dei mille giorni poteva essere un’idea originale… Però in fondo a quei due conviene essere “alleati” (metto le virgolette perché qui non è che lo sono poi così tanto ù.ù).
Abbiamo visto la reazione di Arles, forse fin troppo tranquilla, o forse no.
Mi sono soffermata di proposito anche sulle reazioni che il gesto del Sacerdote ha suscitato nei Gold coinvolti (alias Milo & Camus), non solo  perché li amo tantissimo (e purtroppo ahimè penso di non saperli rendere bene ç_ç) ma anche perché credo che un minimo di sospetto debba venire almeno a qualcuno lì al Santuario!
Grazie, ancora una volta, a tutti voi che con pazienza e buona volontà seguite la mia storia.
Il prossimo capitolo sarà, in un certo senso, un punto di svolta.
Sta per succedere qualcosa, ma è presto per anticiparlo è.è
Aggiorno adesso perché ormai, per me, sono finite le vacanze: questa cosa mi abbatte molto, anche perché il tempo libero andrà scomparendo (sigh ç_ç).

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Capitolo 22
*** Compleanno ***


 Ho guardato, ho aspettato
Nell' ombra per il mio tempo
Ho cercato, ho vissuto
Per il domani, tutta la mia vita
(
The Rasmus – In The Shadows)

 
 
Non seguirono altri  attentati alla vita di Aletto, da parte del Sacerdote: lei e Death Mask vennero lasciati in pace, grazie anche al fatto che il Gold Saint iniziò ad essere un po’ più rispettoso delle regole.
Conscio di aver tirato un po’ troppo la corda con Arles, cercò di combinare meno danni nei mesi seguenti: si limitò ad eseguire le missioni e a prendersi cura di Aletto.
Ogni tanto infrangeva qualche regola, ma Arles non si accanì più contro di lui.
 
Quella mattina Death Mask era intento a guardare l’arena dall’alto, mentre sua figlia si allenava con le Sacerdotesse: ormai l’autunno era alle porte e il giorno dopo avrebbero festeggiato il Compleanno di Aletto o meglio, il giorno del suo arrivo al Santuario.
“Che cosa guardi Death Mask?” domandò Aphrodite, che lo aveva raggiunto, affiancandolo. Il Saint del Cancro non ebbe bisogno di dargli una risposta: Aphrodite seguì il suo sguardo e riuscì ad intravedere la bambina.
“Si fa ogni giorno più bella…”
“…e pericolosa”.
“Umpf…” sbuffò il Saint dei Pesci “Non riesci proprio a pensare ad altro eh?”
“Non mi serve pensare ad altro.” Replicò Death Mask, senza staccare gli occhi dalla figlia. “Che me ne frega se è bella: non finirà mai nel mio letto. Non mi servirebbe a niente se fosse bella.” Disse, guardando il compagno d’arme. “Invece è determinata, ed è anche sveglia: questo la rende forte Aphrodite.”
 
“E rende te fiero di lei…” disse Shura, affiancandosi ai due.
“Cos’è questa storia? Non mi pare di aver organizzato una riunione” rispose infastidito Death Mask, vedendo che anche il Saint del Capricorno li aveva raggiunti.
“Suvvia Death, tu te la prendi troppo” replicò Shura, posandogli una mano sulla spalla, che con un gesto di stizza Death Mask si scrollò di dosso.
“Dimmi che cosa vuoi Shura, altrimenti levati dalle palle…” disse, voltandosi verso Aphrodite “E lo stesso vale per te.”
“Domani facciamo una festa” rispose quest’ultimo, con determinazione e non appena Death Mask afferrò il concetto si voltò a guardarlo un’altra volta: sul suo viso si potevano leggere non solo stupore, ma anche indignazione.
“Non se ne parla Aphrodite. Io non faccio queste cose, sono inutili. Aletto non festeggerà il suo compleanno,”
“La bambina è già stata avvisata del fatto che domani sera dovrà venire al dodicesimo tempio. E’ già tutto organizzato Death Mask.”
“Non me ne frega niente Aphrodite: mia figlia non festeggerà il suo compleanno. Cosa di questa affermazione non ti è chiaro?”
Il Saint dei Pesci, sorrise, dandogli poi le spalle, avviandosi verso la sua casa. “Io prendo ordini solo da Arles, non certo da te. Aletto compie otto anni e dal bocciolo che era sta diventando una bellissima rosa: io intendo festeggiare e tu non puoi impedirmelo.”
 
“Le impedirò di venire.” Minacciò Death Mask, senza tuttavia seguirlo.
“Ti consiglio di non farlo!” replicò il Saint dei Pesci, sparendo.
Shura, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, prese la parola.
“Pensaci Death Mask. In fondo non le farebbe male, e non lo farebbe nemmeno a te.”
“So io cosa è meglio per me Shura” replicò nervoso Death Mask.
“Forse… il mio è solo un consiglio: pensaci. Inoltre…” si guardò alle spalle, come a volersi assicurare che Aphrodite se ne fosse davvero andato. “Non penso che Aphrodite permetterà a qualcuno di mandare a monte il suo piano: era da molto tempo che non aveva modo di fare una cosa così…”
“…Frivola?” domandò Death Mask, con un ghigno.
“Non volevo dire quello, ma penso tu abbia capito.” Concluse Shura, avviandosi verso la sua casa. “Ci vediamo domani sera Death”.
Il Saint del Cancro non rispose: non aveva voglia di festeggiare quello stupido giorno. Il suo declino da Saint forte e impassibile a Saint rammollito era iniziato il giorno dell’arrivo di Aletto al tempio e l’ultima cosa che gli serviva era ricordarsi del suo cambiamento.
Ma alla fine non poté opporsi alla determinazione di Aphrodite.
 
*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*
 
Aletto aveva passato la giornata nell’arena, come sempre, ma era rientrata prima e, dopo una doccia veloce, era corsa subito verso il dodicesimo tempio.
“Aletto!” urlò una voce dietro di lei, che la costrinse a fermarsi mentre stava per salire i gradini che portavano al nono tempio.
“Dove vai così di fretta?” le domandò Milo, salendo quei pochi gradini che la separavano da lui.
“Alla dodicesima casa… mi stanno aspettando”.
“Allora non ti tratterrò troppo a lungo” disse lui, porgendole un libro “Volevo darti questo”.
La ragazzina lo guardò stupita, non capendo e Milo accennò un sorriso.
“Lo cercavo, e l’ho trovato qualche giorno fa nello stanzino dove dormivi quando stavi qui…” disse lui, lasciandoglielo in mano “Immagino ti sia piaciuto, così ho deciso di lasciartelo…” disse, sporgendosi in avanti, andando a sussurrarle, poi, nell’orecchio “Consideralo un regalo di compleanno da parte mia.” Concluse, per poi fare due passi indietro, senza smettere di sorridere, divertito dall’espressione sempre più stupita della bambina.
“Co…come fai a sapere…”
“Segreto” disse Milo, facendole un occhiolino “E ora vai, ti stanno aspettando no?” e, detto questo, sparì, lasciandola lì sulla scala, con in mano una copia de “I racconti del Terrore”* di Edgar Allan Poe.
 
“Posso passare?”
Domandò Aletto a Camus che era fermo davanti all’ingresso della sua casa.
“Si, puoi passare… Solo se mi dici chi ti ha dato quel libro.”
“Me lo ha dato Milo…”
Il Saint dell’Acquario, impassibile, si avvicinò a lei, chinandosi fino ad avere il viso all’altezza del suo. “Sai da dove viene quel libro?”
Lei, in risposta, scosse il capo.
“Viene dalla mia biblioteca.” Rispose freddo il Gold Saint, senza muoversi “Lo avevo prestato a Milo. Ma se ne sarà dimenticato, come sempre.”
Senza avere il coraggio di replicare Aletto, lo allungò verso di lui “S-scusa…” balbettò, abbassando lo sguardo, intimorita dal fare di Camus che, in tutta risposta le prese i polsi, e la costrinse ad abbassare le braccia.
“Non importa. Tienilo.” Concluse,  dandole poi le spalle, sparendo nel buio dell’undicesima casa. Aletto rimase nell’ingresso parecchi minuti, prima di trovare la determinazione necessaria per proseguire.
 
Quando finalmente raggiunse il dodicesimo tempio Aphrodite, Shura e suo padre la stavano aspettando. Subito le consegnarono un pacchetto e lei lo aprì: all’interno vi era uno strano bracciale in ferro, cosparso di pietre nere, che si chiudeva con la testa di un serpente.
Non si era aspettata un regalo da suo padre, ma comunque ci rimase male quando scoprì che, effettivamente, non si era sbagliata: infatti quel bracciale era un regalo di Shura e Aphrodite.
Suo padre, inoltre, rimase tutta la sera in disparte, nascosto nell’ombra, limitandosi ad osservare la scena: solo quando la stanchezza della bambina venne fuori lasciò le ombre per ricongiungersi agli altri Saint e portare la figlia alla quarta casa.
La tenne in spalla, e non parlarono per tutto il tragitto; una volta giunti a destinazione, la lasciò a terra e lei si avviò, mezza addormentata verso la sua stanza.
“Aletto?” la richiamò lui e lei si voltò.
“Si papà?”
“Hai mangiato?” **
“Si papà…” rispose lei, non capendo il perché di quella domanda, mentre lui annuiva tra se e se.
 
“Aletto ti ricordi quando ti chiesi se volevi conoscere tua madre per fargliela pagare?”
“Si…”
“Hai cambiato idea?”
Lei scosse il capo e lui si avvicinò a lei, con una luce tutt’altro che rassicurante negli occhi.
“Sono fiero di te Aletto.”
Lei, un po’ intontita per il sonno, e molto stupita abbassò il capo e lui le passo una mano tra i capelli e, con l’altra, le tolse il libro dalle mani, aprendolo.
“Siediti” le disse, e lei non se lo fece ripetere due volte. Quando anche lui ebbe fatto lo stesso, le prese una mano e le posò un dito sul bordo di una pagina e, con un rapido movimento glie ne fece percorrere l’intera lunghezza.
Sul dito della bambina comparve una striscia di sangue.
Il taglio bruciava ma Aletto non emise un lamento: era abituata a ferite ben più gravi e dolorose.
 
Dopo aver estratto una boccetta dalla tasca dei pantaloni, Death Mask lasciò cadere diverse gocce all’interno. Ripeté l’operazione con ogni dito della figlia, finché non ottenne tutto il sangue che gli serviva: non era molto ma lui sembrava soddisfatto.
Per tutto il tempo che richiese l’esecuzione di quel gesto, nessuno dei due fiatò.
“Puoi andare” le disse, infine, rendendole il libro.
“Grazie papà” rispose lei. Non aveva capito il perché del suo gesto ma non se ne preoccupò: era troppo stanca. Inoltre suo padre non lasciava mai nulla al caso: quell’operazione nascondeva sicuramente un fine.
Non appena Aletto si fu allontanata, Death Mask, con la boccetta in mano, si avviò verso la sua stanza. Qui aprì l’armadio, dove conservava diverse fiale contenenti il sangue della figlia: lo aveva raccolto un po’ alla volta, un po’ ogni giorno, a volte tagliandole i polsi, a volte spaccandole addirittura il naso.
Con un ghigno soddisfatto tornò a letto.
“Manca poco ormai…” Pensò soddisfatto. Di lì a qualche giorno avrebbe scoperto chi era la donna che lo aveva incastrato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE:
* E’ un libro che io trovo bellissimo…. È un insieme di racconti del terrore ma, se vi piace il genere, dovete leggerlo! Volevo far si che lei si ritrovasse con un libro tra le mani, ma non sapevo cosa potevo scegliere per lei, così ho optato per questo. Un libro che non si legge ad otto anni, ma che penso renda l’idea della passione che Aletto ha per il macabro, come Death Mask… Si, insomma, la vediamo ancora bambina che appende gli animali alle pareti: penso che dopo aver vissuto 8 anni con Death Mask niente possa davvero farti venire i brividi! xD
** Death Mask chiede ad Aletto se ha mangiato. Stando ad uno studio fatto di recente è la domanda che sottolinea di più il legame tra due persone. Non è la domanda “stai bene?” o “come stai?” quella che sottolinea che siamo veramente preoccupati per la salute di qualcuno… quella domanda è “Hai mangiato?” Ho voluto utilizzarla per mettere in evidenza come Death Mask, che cerca di apparire come uno a cui importa poco della figlia, in realtà ci tenga molto.
 
Bene, siamo arrivati ad una svolta! Death Mask vuole trovare la madre di Aletto e fargliela pagare… quale modo migliore delle analisi del DNA? Lui, il sangue, lo ha già raccolto, poco alla volta, questa piccola “operazione” è stata solo una fase finale… Riuscirà a scoprire chi è la madre di Aletto? (visto che lui nemmeno si ricorda la sua faccia? xD)
Mi scuso per eventuali ORRORI di morfo-sintassi e grammatica ma ammetto  di non aver riletto questo capitolo tante volte quanto faccio generalmente. (perciò mi assumo la responsabilità di eventuali errori non corretti pronta a ricevere le bacchettate)

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Capitolo 23
*** Sangue ***


  
 

Cosa credi,
l
o sto facendo
per me stesso.
Io sarò quello che
ho deciso di essere,
senza dubbio.
(Eminem – Not Afraid)

 



 
“Mi dispiace signore non posso fare niente.”
“Come prego?”
“Non posso fare niente: se la bambina è stata adottata non posso…”
“Oh, ma la bambina non è stata adottata!” replicò Death Mask, cercando di sfoggiare il suo miglior sorriso.
“Allora le cose sono diverse…” disse l’infermiera, prendendo le sacche che il Saint le porgeva.
“Come ha fatto a conservare così a lungo il sangue?” domandò perplessa, vedendo che il liquido era conservato in ottimo stato.
“Questi non sono affari suoi” rispose acido Death Mask: non poteva certo spiegarle che lui era un Saint e che gli era bastato intrufolarsi di nascosto in un ospedale alla velocità della luce per rubare i contenitori necessari per conservare il sangue.
“Se non fosse stato per il ghiaccio che ho fatto creare a Camus con una scusa a quest’ora sarei dovuto venire con Aletto…”
Pensò Death Mask mentre l’infermiera compilava i moduli.
 
“Motivo per cui vuole che il sangue sia esaminato?”
“Voglio vedere se è davvero mia figlia” rispose lui tranquillo, senza smettere di sorridere.
“Allora mi serve anche il consenso da parte della madre…”
“Se sapessi chi è non sarei qui a perdere tempo…”
“La madre è morta due settimane fa.” Mentì, sporgendosi in avanti verso di lei, da sopra il banco dietro la quale si trovava. “Incidente d’auto, brutta storia. E io ora voglio sapere se mi tradiva.” Rispose ghignando.
“Mi serve un documento…”
“Che rottura…”
Infastidito Death Mask le consegnò la sua carta di identità, abilmente falsificata: potevano usarla solo in caso di emergenza, ma il Sacerdote non  avrebbe scoperto mai ciò che stava facendo, perciò non c’erano problemi.
“Quanti anni ha la bambina?” domandò perplessa la ragazza, osservando la data di nascita segnata sulla carta di identità.
 
“Otto” rispose lui, riprendendosi il documento e infilandoselo nella tasca dei jeans: l’infermiera era visibilmente perplessa. Fece qualche calcolo a mente e,a giudicare dall’espressione, era davvero scioccata.
“Si, sono diventato padre a 14 anni…”
Sentendo che il ragazzo dava conferma, l’infermiera sbiancò e, allungò una mano verso il telefono, pronta a premere un tasto, ma lui la prese per un polso, tirandola a se.
“Ora ascoltami bene signorina… Non so da quanto tempo lavori qui, ne quanti anni hai… Ma se vuoi vivere ancora a lungo ti consiglio di eseguire tutti i fottutissimi esami e controlli che ti servono per dirmi chi sono i genitori della bambina nel minor tempo possibile. Altrimenti non arriverai a domani.”
Detto questo lasciò la presa, ghignando soddisfatto.
“E ti consiglio di non chiamare né i servizi sociali, né la polizia, né qualcun altro. Fai ciò che devi  altrimenti pagherai le conseguenze per la tua insubordinazione.”
 
La ragazza non se lo fece ripetere due volte e sparì lungo il corridoio, mentre lui si lasciava cadere su una delle sedie in sala d’aspetto. Si era mosso di notte in modo da non destare sospetti al Santuario e per incontrare meno persone possibili in ospedale.
L’attesa, tuttavia, fu snervante; così, stufo di rimanere immobile, decise di andare a fare un giro all’esterno.
Non appena mise piede fuori dall’edificio la sua attenzione fu attirata da un gruppo di infermieri che stavano parlando.
“Il turno è andato bene… Spero che vada altrettanto bene il tuo.”
“Non sono abituata a fare i turni di notte, ma sono sicura che andrà tutto bene Federico. Ci vediamo.”
Sbuffando annoiato, Death Mask stava per allontanarsi quando l’ultima infermiera che aveva parlato, si voltò verso di lui e, a passo deciso si avviò in quella direzione.
 
Lui rimase immobile, stupito, senza sapere cosa fare.
Poi, quando lei lo superò, limitandosi a sussurrare un semplice “Buonasera” lui parve risvegliarsi da quello stato di torpore: fulmineo, come solo un Saint poteva essere, si girò.
La afferrò per un polso e, in un attimo, la aveva sbattuta, non molto delicatamente, contro una parete, in un vicolo poco illuminato, non molto distante dall’ospedale.
E la tenne ferma lì, contro la parete, parecchi minuti, come a volersi assicurare di essere sveglio, senza fiatare.
“Mi lasci andare!” urlò la ragazza, dimenandosi.
“Non è la sua voce…”pensò, ma non mollò la presa.
“Non voglio farti del male.” Disse, senza alcuna inflessione nella voce: era una frase priva di senso, quella, per lui; aveva sempre fatto del male e sentir  uscire quella parola dalla sua bocca lo stupiva.
“Allora mi lasci!” urlò lei, continuando a dimenarsi.
“Sara, SMETTILA!” urlò lui, spazientito, aumentando la stretta sulle sue braccia, strappandole un grido di dolore.
“Io non mi chiamo Sara…”
“Non penserai di poter prendere per il culo me, vero?” domandò acido, senza allentare la presa.
 
“Ma io non sono Sara, si sta sbagliando…”
“Lei è morta, l’ho uccisa io… L’ho seppellita io… eppure è qui.”
“Ti ho detto di non prendermi per il culo.” Ripetè lui spazientito. “Stessa altezza, stessi occhi, stesso viso.” Sorrise, divertito, in un certo senso sollevato. “E hai una voglia color del caffè sul lato sinistro del collo.” Concluse, sicuro.
E la ragazza che aveva di fronte si lasciò abbassare il colletto del cappotto, scoprendo il collo: non presentava imperfezioni.
“Mi dispiace, vi siete confuso…”
Quell’affermazione fu come una secchiata d’acqua gelata per il Saint del Cancro, che diminuì la presa, ma comunque non la lasciò andare.
“In fondo che mi aspettavo? E’ morta, e nessuno torna dalla morte…”
La lasciò andare, facendo un passo indietro.
 
“Penso mi abbiate confuso con mia sorella gemella…” rispose la ragazza, allungando una mano verso di lui. “Non la vedo da anni. Io comunque sono Serena… Siete un… un amico di mia sorella?” domandò titubante.
Death Mask non rispose ma rialzò la testa, per osservarla.
“Che idiota… avrei potuto pensarci io. In fondo lei me lo aveva detto…” pensò lui, afferrando la mano di Serena: solo in quel momento si ricordava che, una volta, Sara gli aveva detto di avere una sorella, a cui scriveva.
E lui, stufo delle continue lettere, le aveva impedito di scriverle.
“Io sono Death Mask” disse, aumentando la presa sulla mano della ragazza, quando quest’ultima spalancò gli occhi, terrorizzata.
Lui, si concesse un ghigno, soddisfatto.
“Vedo che il mio nome non ti è nuovo.”
Lei provò a divincolarsi, ma ogni tentativo fu vano.
 
“Ti parlava di me, nelle sue lettere?” domandò, curioso come poche altre volte era stato, senza mollare la presa e lei annuì.
“Bene Serena...” disse, senza lasciare la presa. “Ora tu vieni con me…” e, detto questo, alla velocità della luce, tornò al Santuario.
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 
“ALETTO! Alzati subito!” urlò, entrando nella camera della figlia che, barcollando, scese dal letto.
“Cosa c’è?” domandò sbadigliando.
“Tienila qui finchè non torno. Non deve andare da nessuna parte, legala se necessario. Sono stato chiaro?” domandò alla bambina, lanciando Serena sul letto della figlia che, con un ghigno inquietante stampato in viso, annuì.
“Sarà fatto!” rispose e il Saint, soddisfatto, tornò in fretta in ospedale.
 

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Si sedette nuovamente nella sala d’attesa, con un sorriso soddisfatto sul volto.
“Se ha le capacità della sorella, finalmente avrò qualcuno in grado di governare la casa senza combinare disastri.”
Quello, il suo unico pensiero. Sapeva che aveva portato Serena al Santuario perché gli ricordava Sara e, avendola accanto, poteva illudersi di non averla uccisa, ma non lo avrebbe ammesso mai.
Serena sarebbe stato il suo placebo finchè lui lo avesse voluto.
Se si fosse opposta, la avrebbe uccisa, senza troppi problemi: in fondo era una persona debole come tante; se fosse diventata inutile o, peggio, ribelle, la avrebbe eliminata senza rimorsi.
 
Quando finalmente l’infermiera tornò dietro al bancone, lui si alzò ed andò a recuperare i moduli.
“Questi sono i risultati.” Disse l’infermiera, visibilmente sollevata: non vedeva l’ora di mandar via quello strano individuo. “Purtroppo nel nostro archivio vi è solo la mappa genetica della madre: quella del padre è introvabile.”
“Certo che è introvabile… Nessuno conosce il mio codice genetico”.
Con un ghigno Death Mask prese i documenti, pronto ad andarsene; fuori già albeggiava.
 
“Polizia, mani in alto, tutti!” esclamò un agente, entrando, seguito da un drappello di uomini.
“E’ lui! Ha rapito la mia ragazza!” urlò un infermiere, entrando dopo gli agenti, puntando un dito proprio contro Death Mask.
“L’ho visto, ha preso un vicolo laterale e l’ha portata chissà dove, per poi tornare qui!”. Nel ragazzo che urlava il Saint riconobbe l’infermiere che aveva parlato con Serena all’esterno dell’ospedale.
“Merda… nella foga non mi sono accorto che un idiota mi aveva visto…”
“Alzi le mani.” Gli intimò l’agente e Death Mask valutò la situazione: era in inferiorità numerica e senza armatura e un proiettile piantato nello stomaco, non gli avrebbe di certo fatto bene.
“Mi conviene collaborare…”  pensò, lanciando un’ultima occhiata al documento che teneva in mano.
“Christine De Broglie”lesse il nome e alzò le braccia, stringendo i fogli, mentre gli agenti continuavano a puntargli contro le pistole.
Si, gli conveniva collaborare.
“…o, quantomeno, fare finta.”
 
“Sekishiki Meikaiha” sussurrò appena e venne avvolto in un lampo di luce abbagliante, che costrinse tutti i presenti a coprirsi gli occhi.
Non appena la luce sparì, tutti riportarono lo sguardo sul punto dove fino a poco prima di trovava Death Mask, ma di lui non vi era più nemmeno l’ombra.
 
 
 
 
 
 
 
NOTE:
Ok, per fare degli esami del sangue ci vuole molto tempo (non so esattamente quanto, visto che non li faccio da un po’ e non me ne sono mai preoccupata di informarmi), ma era il modo più semplice per far si che Death Mask avesse le informazioni sulla madre di Aletto in fretta.
Quindi, non basterà certo una nottata per avere dei risultati delle analisi ma mi prendo questa licenza… Perdonatemi, non potevo farlo aspettare dei giorni il nostro Saint!
Abbiamo visto comparire Serena, la gemella di Sara… Ora, perché una sorella gemella? A che serve far comparire un altro OC? Lo capirete più avanti… non vi dico niente, solo che Death Mask non diventerà dolce come il miele. (così non vi preoccupate troppo ù.ù). Serena ha il suo perché, anche se non sembra… Inoltre ora abbiamo il nome della mamma di Aletto (per ora, solo il nome), Christine, che fa la sua apparizione anche di là, in “Stand By Me”…. E io non vorrei essere nei suoi panni ù.ù
Grazie ancora a tutti voi che seguite con pazienza.

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Capitolo 24
*** Prigionia ***



“Non ci voglio rimanere qui, fammi passare!”
“No” rispose Aletto, con semplicità, lasciandosi sfuggire un sorriso. “E non costringermi a legarti”.
Serena rabbrividì davanti a quel sorriso inquietante, e fece un passo indietro.
“Che cosa volete da me?”
“Oh nulla di particolare…” disse Death Mask, che era comparso sulla soglia, con dei fogli in mano “… non per ora, almeno”.
Serena fece un altro passo indietro, ancora più spaventata dall’espressione del Saint.
Sara le aveva parlato di quell’uomo, nelle sue lettere. Lo aveva descritto come un uomo crudele, all’inizio, ma nelle ultime lettere Serena aveva capito che la sorella lo adorava. Poi, non le aveva più scritto, perché le era stato vietato.
 
Lei però, non riusciva a credere alle parole della sorella: c’era qualcosa di inquietante in quel ragazzo e in quella bambina. Ma su una cosa doveva dare ragione alla sorella: Death Mask aveva fascino. Un fascino strano, dettato forse da quell’aria da cattivo ragazzo e dal fisico impeccabile.
“Ti abituerai alla vita qui…” disse lui, riportandola alla realtà. “Ma sappi che la prossima volta che mi fissi come un’ebete, ti cavo gli occhi”.
A quell’affermazione lei non ne potè più e si lasciò cadere sul letto.
“Aletto, vai a fare colazione e vai nell’arena ad allenarti.”
“Quando andiamo dalla mamma?” domandò la bambina saltellando qua e là per la stanza.
“Domani”.
Soddisfatta dalla risposta, la bambina uscì e Death Mask, rimasto solo con Serena, prese una sedia e le si sedette davanti. Dato che aveva posizionato la sedia al contrario, con lo schienale rivolto verso il letto, si mise a cavalcioni, appoggiando sullo schienale stesso le braccia. “Allora, che te ne pare della mia casa, Serena?”
 
“Ci…ci sono…t-te..”
“Teste ovunque si.” Concluse il Saint per lei, sorridendo beffardo. “Chissà perché si concentrano tutti solo su questo.” Aggiunse, con aria annoiata.
Lei non rispose, si limitò a fissarlo, spaventata.
“Senti io non voglio farti del male e se farai la brava vivremo in maniera pacifica. Se ti ho portato qui è solo perché ho bisogno di una brava governante che organizzi la casa. Tua sorella era portata…” proseguì lui, non ricevendo risposta. “… Cerca di essere alla sua altezza.”
“Lei che fine ha fatto?” trovò infine il coraggio di domandare al Saint.
“E’ morta” rispose lui, senza modificare il tono della voce.
“…” Serena aprì la bocca ma dalle sue labbra non uscì alcun suono. Non voleva piangere, non davanti a lui, ma non riuscì a trattenersi.
Il Gold Saint la lasciò sfogare un po’, prima di prendere la parola.
“L’ho fatta fuori io”.
Lei alzò di scatto la testa, con gli occhi sbarrati.
“E se mi creerai problemi farai la stessa fine. Perciò ti consiglio di non uscire da qui. Non conosci il posto, visto che ci sei stata solo una volta. Inoltre, se ti beccano in giro, ti portano direttamente dal Sacerdote… Se ti trova, ti scambia per tua sorella e come minimo taglia la testa anche a te.”
 
Serena non aveva la forza per replicare. Rimase lì, in silenzio, a fissarsi i piedi, per dei minuti che le parvero lunghi come ore. Poi Death Mask si alzò e si avvicinò alla porta.
“Se vuoi ti porto alla tomba.”
Quelle parole bastarono a scuoterla: non poteva restare lì, inerme. Doveva muoversi, continuare a vivere, anche per Sara. Così si alzò e seguì Death Mask, in silenzio, senza smettere di tremare.
 
Mentre percorreva quel sentiero poco usato alle spalle del Saint, si ritrovò a pensare all’ultimo giorno in cui aveva visto sua sorella gemella.
Era andata al Santuario anche lei, insieme a sua madre, ad assistere alla cerimonia che rendeva ufficialmente Sara un’ancella di quel luogo. La sua famiglia forniva paggi e ancelle per i Saint da generazioni: era sempre il primo figlio, o la prima figlia ad avere quel ruolo. In caso di morte prematura erano gli eventuali fratelli a prendere il posto del defunto, se il cavaliere a cui era affidata l’ancella, lo richiedeva.
Serena sapeva di non potersi sottrarre a quella realtà, ma non per questo la accettava. Si era trasferita dal paesino in cui viveva ad Atene per avere una vita migliore: aveva studiato medicina ed era riuscita a diventare un’infermiera. E solo la settimana prima aveva traslocato per andare a vivere insieme a Federico.
A quel pensiero trattenne a stento le lacrime: tutti i suoi sogni e i suoi progetti per il futuro si erano infranti in mille pezzi nell’istante in cui Death Mask la aveva portata via.
 
Il Saint del Cancro la sentì singhiozzare a bassa voce, ma non ci fece caso: lui si era attenuto alle regole del Santuario. Aveva bisogno di un’ancella e si era preso una sostituita con lo stesso sangue di Sara: non era nei suoi piani ma non era intenzionato a cambiare idea.
Istintivamente tornò a pensare al giorno in cui Sara era diventata ufficialmente un’ancella. Aveva da poco compiuto tredici anni, lui, ed era estate. Sara aveva un anno in meno di lui ed insieme a molte alte ancelle si era inginocchiata davanti al Sacerdote, che aveva dato la sua benedizione e le aveva affidate ai relativi Saint.
Alla cerimonia potevano assistere i parenti intimi di quelle ancelle e di quei paggi che non erano orfani, ma lui non riusciva a ricordare né la madre di Sara né tantomeno Serena; non aveva fatto caso a loro quel giorno.
 
“Siamo arrivati” disse infine, indicandole con un cenno del capo la lapide, ormai circondata da dell’erba verde: le rose di Aphrodite erano ancora lì, fresche, come se fossero appena state poste.
A lungo nessuno dei due parlò: entrambi si limitarono ad osservare la tomba, pensierosi. Serena non poteva vederlo, ma accanto alla lapide,un piccolo fuoco fatuo, continuava a danzare.
 
“Chi l’ha seppellita?” trovò infine il coraggio di domandare Serena e come pronunciò quelle parole il fuoco fatuo si spostò dalla lapide, allontanandosi leggermente, per poi sparire.
“Io.” Rispose Death Mask, rimanendo comunque qualche passo più indietro rispetto alla ragazza.
A quell’affermazione seguì, nuovamente il silenzio.
“Posso rimanere qui da sola?” domandò infine Serena, voltandosi verso il Saint che in tutta risposta, la afferrò per un braccio. “No”. Disse, per poi trascinarla lungo il sentiero da cui erano arrivati, lontano da lì.
 *~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*
Aletto non riusciva a concentrarsi, e Marin la lasciò tornare alla quarta casa prima del solito.
La bambina, sebbene fosse dispiaciuta, non obbiettò.
Era agitata, e si vedeva.
“Domani conoscerò la mamma… chissà com’è…”si domandava, mentre rientrava a casa, saltellando allegra lungo la grande scalinata.
 
“Ciao Sara!” esclamò ad un certo punto la bimba, vedendo apparire un fuoco fatuo accanto a lei: tuttavia, non si fermò, ma continuò ad avanzare, seguita a breve distanza dalla fiammella.
“Sai, domani andrò a trovare la mia mamma…” disse Aletto, continuando a parlare con il fuoco fatuo, che la seguiva da vicino. “…Ma sarà sicuramente più brutta di te, e pure antipatica.” Concluse, alzando le spalle.
 
Ormai quelle conversazioni, se così si potevano chiamare, andavano avanti da molto tempo, precisamente da quando Aletto era stata mandata in Siberia. Da allora, ogni giorno, ad orari imprecisi, il fuoco riappariva e la seguiva, per poi sparire all’improvviso.
Ad Aletto piaceva credere che quella fosse Sara: sapeva che la sua  anima era finita all’inferno, eppure lei non dubitava che quella fosse davvero lei.
In fondo perché un’anima qualunque avrebbe dovuto aiutarla o seguirla ogni giorno?
Stando a quanto le aveva raccontato suo padre i fuochi fatui rappresentavano le anime ancora disperse.
“Ma tu come hai fatto ha sfuggire alla bocca dell’inferno? Papà ha detto che ti ha visto cadere!” domandava quasi ogni giorno al fuoco fatuo la bambina, senza ricevere risposta.
 
“Comunque non arrabbiarti, se vado a trovare la mamma… vengo sempre a trovare anche te” proseguì Aletto, controllando che la fiammella non fosse sparita. “E sai, è arrivata tua sorella al Tempio… Se sopravvive ancora un po’, forse, potrà aiutarmi a renderti un po’ più loquace!” concluse Aletto, lasciandosi sfuggire un ghigno malefico che non prometteva nulla di buono.
A quell’affermazione seguì un tremolio nella fiammella, che un istante dopo scomparve.
“Vedrai mamma… prima o poi riuscirò ad averti nuovamente accanto”
 
 
 
 
 
NOTE:
Non so se Serena assomiglia a Sara… Io quest’ultima la vedo più combattiva (forse perché ha convissuto tanto con Death Mask e ormai si era abituata ai suoi modi.); Serena è più frignona… (in my opinion).
Qui abbiamo un capitolo dedicato all’ambientazione di Serena e una sottospecie di spiegazione circa il perché e il percome Sara era stata affidata a Death Mask. Si fa riferimento alla cerimonia in cui Sara è diventata ufficialmente un’ancella (che potete trovare nella prima Drabble della raccolta “Stand by Me”, se siete interessati.).
Ma, cosa più importante a mio parere in questo capitolo è Aletto: cosa sta tramando quella bambina? E, soprattutto perché parla con quella fiammella? (che poi… è davvero Sara?).
Inoltre penso si possa notare la confusione che c’è in Aletto: legata a Sara che per lei è stata una mamma, la definisce così ma, allo stesso tempo, dà l’appellativo di mamma anche a Christine. (ha una storia così travagliata questa bambina ç_ç)
Mi scuso tantissimo se ci metto tanto ad aggiornare…perdono!ç_ç

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Capitolo 25
*** Riunione di famiglia ***


 
 

Mi odino pure,
purchè mi temano
(Cicerone)

 
“Pronta Aletto?” domandò Death Mask fermo davanti al cancello della villetta, e la bambina annuì.
“Allora sai cosa devi fare.”
Aletto annuì nuovamente ed andò a nascondersi tra i cespugli, accanto alla porta: lui rimase in contemplazione di quella piccola costruzione, posta alla periferia di Atene.
“Christine De Broglie” era l’unico nome che compariva sul citofono, anche se Death Mask aveva visto più di una persona muoversi nella villa, dietro le tende che coprivano le finestre: ma quel dettaglio, semplicemente, rendeva il tutto più divertente. Senza indugiare oltre suonò il campanello: era ora di pranzo, ma non se ne preoccupò.
“Si?” domandò una voce maschile al citofono.
“Oh si, le cose si fanno decisamente più interessanti…”
“Cercavo Christine De Broglie… sono un vecchio amico, volevo farle una sorpresa.” Mentì, in attesa di risposta.
“Oh, certo, vi apro, entrate pure.”
 
Il “clack” che seguì quelle parole annunciò che il cancello, che poco prima Aletto aveva scavalcato, era aperto. Con un ghigno di pura soddisfazione dipinto in volto, il Gold Saint superò quell’ostacolo e a grandi falcate attraversò il giardino: arrivò alla porta nell’esatto istante in cui un ragazzo dai capelli neri e gli occhi verdi, apriva la porta.
“Prego entrate pure: io sono Antonio, il marito di Christine…”
“Si è anche sposata quella sgualdrina…”
“Oh no, sono solo di passaggio, non disturbatevi: fate uscire un attimo Christine, così che io possa salutarla e poi me ne andrò.”
 
Antonio si lasciò convincere e dopo aver chiamato la moglie, rientrò in casa non appena lei comparve sulla soglia.
Gli occhi marroni di Christine si spalancarono per lo stupore, quando riconobbe l’uomo che c’era sulla porta: provò a dire qualcosa, ma non riuscì a parlare, e il Gold Saint si concesse un istante per osservarla.
Nemmeno ora che la aveva davanti, riusciva a ricordarsela: nulla di lei gli era familiare. Tuttavia era sicuro che fosse la madre di Aletto: la tradivano i suoi capelli, rossi come le fiamme dell’inferno, rossi come il sangue.
“Buonjour Christine” disse Death Mask, appoggiandosi allo stipite della porta, con tranquillità. “E’ da parecchio che non ci vediamo… circa nove anni, se non sbaglio.”
Lei non rispose; era immobile, come una statua, paralizzata dallo stupore o, forse, dalla paura: a differenza di Death Mask, lei sembrava ricordare fin troppo bene.
 
“Non sei contenta di vedermi?” domandò ironico lui, senza staccarsi dalla porta, e lei rimase lì ad osservarlo un istante, prima di recuperare l’uso della parola.
“Che cosa vuoi?” domandò infine, con voce decisa “Come vedi, ora sono sposata, quindi non ho tempo per i tuoi giochetti.”
 
“Oh, ma io non sono qui per giocare…” disse lui staccandosi, con un colpo di reni, dallo stipite della porta. “Sono qui perché hai lasciato un conto in sospeso per ben nove anni…”
“Non so di cosa stai parlando…”
A quelle parole, Aletto saltò fuori dal suo nascondiglio, affiancandosi al padre, sulla porta.
“Sto parlando di lei.” Disse Death Mask, indicandola con un cenno del capo. “Era curiosa…”
Christine rimase ad osservare sua figlia con gli occhi sbarrati; ma il suo stupore durò un istante, e poi lei si ricompose.
 
“Mi spiace, non so di cosa parli.”
“Non fare l’ingenua con me Christine, non ci provare: mi sono occupato di lei per nove anni, mentre per te è stata solo un problema di nove mesi.” Disse lui, sottolineando con il volume della voce la parola “problema”.
“Tutto bene?” domandò Antonio, ricomparendo sulla porta.
“Si caro, se ne stavano andando…” disse Christine, con la chiara intenzione di chiudere la porta. “Stavano cercando una mia omonima”.
“Quante persone con lo stesso nome francese potrebbero esserci ad Atene?”
 
La domanda bloccò Christine sulla porta, che riportò lo sguardo su chi la aveva posta: Aletto.
Osservando la reazione stupita della donna, Death Mask faticò a non scoppiare a ridere.
“Tua figlia è molto sveglia Christine…”
Sentendo quelle parole Antonio spalancò gli occhi stupito.
“Christine, cos’è questa storia?”
“Rien, rien…” disse lei scuotendo il capo “Je ne sai pas qui est cette petite fille”.
“Christine tu me dois expliquer…”
“Je ne sais rien, RIEN! Tu a compris?” domandò lei, urlando, al marito “Buona giornata” aggiunse poi in direzione di Death Mask, provando a sbattere la porta che venne tuttavia bloccata da un piede del Saint.
 
“Forse questi vi spiegheranno come stanno le cose” disse Death Mask, porgendo i documenti ad Antonio che, ignorando le proteste della moglie, si mise a leggere i moduli, che ben presto gli caddero di mano e davanti alla sua espressione contrariata, Christine scoppiò a piangere.
“Non la volevo… è legata al mio passato e… tu le sais… je detestes mon passé!”
“Perché non me ne hai parlato?”domandò lui, con espressione corrucciata.
“Perché probabilmente pensava che io non la avrei tenuta” si intromise Death Mask, ghignando, vedendo il viso sconvolto di Christine.
“Me l’ha lasciata tra i piedi, sparendo nel nulla… e diciamo che la cosa non mi è andata a genio.”
 
“Immagino siate qui per un sostegno economico…” disse Antonio, mentre Christine continuava a singhiozzare. “Vi prometto che faremo il possibile... come si chiama?”
“Mi chiamo Aletto” rispose la bambina, prendendo la parola, lasciando a bocca aperta il ragazzo.
“A…aletto?”
“E’ un nome orribile!” sbottò all’improvviso Christine, indignata “Come hai potuto chiamare mia figlia così?”
“Orribile sarai tu!” esclamò Aletto, in protesta “Tu, che mi hai abbandonato… se non ci fosse stato il papà, a quest’ora sarei morta!”
 
“Oh, mais oui, ton père… Ce monstre ci!” esclamò Christine, indignata “ Quest’uomo violento.”
“Christine, smettila…”
“Smetterla Antonio, smetterla?” domandò lei, indicando le mani della bambina “Guardale! Fasciate, sicuramente piene di tagli e lividi! Era violento a quattordici anni, sicuramente lo è ancora adesso.”
“Su questo non sbagli” disse Death Mask, rimanendo immobile, per nulla infastidito dagli insulti che gli venivano rivolti.
“Senta” disse infine Antonio, sempre più seccato. “Se la bambina per lei è un problema, possiamo prendercene cura noi. Se è qui per dei soldi, glie li daremo. Altrimenti, non so che dirle: se ne vada”.
“Oh, ma io non sono qui per nessuno di questi motivi…” disse Death Mask ghignando. “Aletto…” disse, facendo un cenno alla bambina, e arretrando di un passo, come a volerle lasciare campo libero.
 
“Posso parlare?” domandò Aletto, tenendo le braccia incrociate al petto.
“Mais oui bambina mia, dimmi pure…” disse Christine de Broglie, sorridendole amorevole, provando a farle una carezza.
“Per Atena, quanto è falsa!” pensò Death Mask, concedendosi una smorfia “E’ quasi più bugiarda di Arles. Prima fa finta di non sapere nulla, poi quando ammette che è sua figlia, la tratta come se le volesse bene”.
“Io non sono la tua bambina.” Rispose Aletto, arrabbiata, schivando con aria schifata la carezza. “Tu mi hai abbandonato, mi avresti lasciato morire e se non ci fosse stato il papà in questi anni, non sarei sopravvissuta!”
Stava urlando, e la indicava con un dito, con tono accusatorio. “Il mostro non è lui, ma sei tu!”
Death Mask la lasciò sfogare, e nemmeno Antonio disse nulla: Christine la guardava esterrefatta.
“Avevi paura vero?” domandò Aletto, con una smorfia “Paura di ciò che ti sarebbe successo se avessi detto a qualcuno di me… non è vero?”
“Tu non sai niente di me…”
“Si, invece, lo so. Non eri sposata e sapevi che avrebbero parlato male di te: io ho imparato molte cose sai?” ribattè Aletto “E sono sicura che è andata così: avevi paura”.
“Si…più o meno è andata così, se proprio ci tieni a saperlo. Ma non è con me che dovresti prendertela” ribattè Christine “Ma con lui: è tutta colpa tua se tu sei nata nel momento sbagliato da due persone che non ti volevano.”
“Il papà mi voleva.”
 
Dopo quella frase, tra di loro scese il silenzio, che venne rotto poco dopo dalla risata di Christine.
“Ah, davvero? Allora perché non si è assicurato di darti una famiglia?”
“Ma lui mi ha dato una famiglia: avevo anche una mamma, molto più buona di te.” Continuò Aletto, tenendo la testa alta in segno di sfida. “E mi ha anche insegnato tante cose, il mio papà… sai quel’è la più importante, mamma?” domandò infine Aletto.
“No, non lo so, sentiamo un pò…”
A quell’affermazione Aletto si concesse un ghigno crudele.
“Eliminare  deboli. E tu rientri nella categoria.”
 
Nonostante avesse davanti una bambina, vedendo quell’espressione crudele dipinta sul volto di Aletto, Christine indietreggiò di un passo, terrorizzata; furono i suoi gesti a far sfuggire un ghigno soddisfatto a Death Mask.
“Voi siete un pazzo!” esclamò subito dopo Antonio “Che cosa avete insegnato a questa bambina? Io ora chiamo la polizia!”
“Sekishiki Meikaiha!” urlò in quel momento Aletto, scagliando il suo colpo contro Christine, che un attimo dopo cadde a terra, con gli occhi sbarrati, inerme, morta: il suo spirito era già lontano da lì.
 
Davanti a quella scena Death Mask sorrise soddisfatto, e Antonio tacque, spalancando la bocca in un’espressione che conteneva insieme paura, rabbia e dolore.
“Ch…chi diavolo siete voi due?”
“Oh, chi siamo non ha importanza” disse Death Mask avanzando verso di lui, che continuava ad indietreggiare; senza troppi indugi, scavalcò il corpo di Christine, seguendolo in casa. “La cosa che ti dovrebbe preoccupare ora è un’altra: noi non possiamo lasciare testimoni”.
Antonio si mise a correre, nel disperato tentativo di raggiungere il piano superiore, ma dopo aver salito due scalini cadde a terra, come sua moglie aveva fatto poco prima di lui, privo di vita: il Sekishiki Meikaiha di Death Mask lo aveva raggiunto.
 
“Hai visto sgualdrina dei miei stivali? Pensavi di poterti fare una vita dopo avermi lasciato nei guai senza pagarne le conseguenze, ma ti sbagliavi…”
Senza troppa fretta, tornò nell’ingresso dove trovò a terra, fuori dalla porta, Aletto.
“Aletto?” provò a chiamarla, ma non ricevette risposta.
Sbuffando, la sollevò da terra, prendendola in braccio. “Dannazione, non ha ancora imparato a controllare bene la tecnica! Ma quanto ci mette ad imparare a dosare la forza questa mocciosa?” si domandava mentre faceva ritorno al Santuario, con la bambina tra le braccia.
 
Sorrideva soddisfatto, come faceva sempre dopo una strage: le anime di quelle sue vittime sarebbero rimaste intrappolate nella sua casa e non avrebbero avuto pace, come quelle di tutte le altre persone che aveva ucciso e di cui aveva appeso le teste ai muri. Christine De Broglie gli aveva lasciato quella mocciosa tra i piedi: quella bambina che lo aveva rammollito e disturbato per ben nove anni.
Si concesse la possibilità di lanciare uno sguardo al viso di sua figlia: nonostante fosse svenuta, sorrideva, segno che era felice.
“E’ stata la sua prima uccisione…”
Il Gold Saint del Cancro se ne rese conto solo in quel momento: sua figlia aveva ucciso per la prima volta una persona, e quella era sua madre.
“E come inizio, è molto promettente”
 
 
 
 
 
 
NOTE:
Ok, Christine potevo farla sopravvivere un po’ di più… ma avrebbe creato troppi problemi. Una morte rapida e indolore, nel giro di un capitolo mi andava decisamente molto più a genio. (magari invece a voi non piace). Inoltre, mi sembra abbastanza chiaro che tipo di donna era… Non una molto simpatica (ma d’altra parte, per tenere testa ad uno come Death mica potevo creare una donnina paurosa…).
Ho deciso che doveva essere francese perché mi piaceva l’idea di farla parlare proprio in francese quando era nervosa/preoccupata/incavolata.
Ringraziamento speciale alla mia prof di francese: occhi marroni, capelli rossi che si chiama Christine e che quando si arrabbia con suo marito (il mio professore di storia) lo insulta in francese! Non ho molto altro da aggiungere se non che, ancora una volta, Death ha fatto fuori un innocente (povero Antonio… lui che aveva fatto di male?ç_ç).
Grazie, davvero, grazie mille a voi che continuate a seguire: scusate se vi ho fatto aspettare tanto per questo capitolo!

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Capitolo 26
*** Convivenza ***


 
 



Present fear are less
than horrible imaginings
(Shakespear – Macbeth)

 
 

 
Aletto si era ripresa dopo l’uccisione e con stupore aveva visto la testa di sua madre spuntare accanto alla porta della sua stanza.
“Alla buonora Aletto…” disse Death Mask, che stava aprendo la finestra “Hai dormito parecchio. Ti facevo più resistente.”
“Pensavo di poterlo controllare…” borbottò lei in risposta “Scusa papà.”
“Questa volta sei perdonata…” rispose lui, avviandosi verso la porta “Solo perché l’hai uccisa senza troppe lamentele. E ora vestiti, Shaina ti sta aspettando.”
 
“Papà?”
“Che cazzo vuoi ancora?”
“Perché c’è la sua testa vicino alla mia porta?”
Ghignando Death Mask si girò verso di lei:
“Le anime di coloro che uccidiamo non hanno pace, Aletto: vagano per l’eternità, senza poter trovare la quiete dopo la morte.” Rispose senza smettere di ghignare. “Le loro teste rimangono sulle pareti della nostra casa, perché è qui dentro che loro continuano a vagare”.
“Quindi anche l’anima della mamma è qui?”
A quella domanda il Saint le diede le spalle.
“No” rispose secco. “L’anima di Sara è precipitata all’inferno”.
“Non è vero: io l’ho vista girare vicino alla sua tomba.”
 
“Ti sarai sbagliata.”
“Non è vero!” disse lei, balzando in piedi. “L’hai vista anche tu quando mi hai salvato.”
“Aletto non dire bugie…”
“Ma…”
“TI HO DETTO DI SMETTERLA!” disse lui, urlando, voltandosi verso di lei. “E’ caduta in quella voragine Aletto, non tornerà indietro. Non serve a niente aggrapparsi a sogni infantili che la vedono ancora a vagare per questa casa: farlo è solo segno di debolezza.”
Non aggiunse altro e rimase lì a guardarla. La bambina, nel frattempo, aveva iniziato a tremare e si mordeva convulsamente il labbro.
“Lei è ancora qui, sei tu che menti…” sussurrò appena, per poi urlare.
“Se non bisogna nascondersi dietro a false illusioni, perché hai portato qui Serena?” domandò, ma non attese risposta: mentre piangeva senza riuscire a controllarsi corse fuori dalla stanza, diretta all’arena.
 
Death Mask rimase lì sulla porta, fissando il volto sfigurato dal terrore di Christine. Sua figlia vedeva troppe cose di lui: in fondo era vero, aveva portato lì Serena solo per illudersi.
Ed era vero che nemmeno Sara era crollata in quella voragine, probabilmente se l’era sognato: aveva visto lui stesso, più di una volta, quello spirito vagare per la quarta casa.
“Smettila… Da quando le parole di quella marmocchia valgono qualcosa? E’ inutile rimanere qui a pensare alla morte: che importanza ha se il suo spirito ha pace o meno?”. Cercava di convincersi che non gli importava della pace dell’anima di Sara, anche se era vero l’esatto contrario: aveva sperato di poterle dare la pace nella morte, ma non c’era riuscito.
Ma aveva promesso a se stesso di non pensarci e così fu: ripose quei pensieri in un angolo della sua mente ed uscì dalla stanza.

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

Aletto decise di non tornare a casa per il pranzo, ed andò a rifugiarsi nel bosco: qui, seppur con fatica, riuscì a catturare due scoiattoli, che legò ad un albero. Erano scoiattoli grandi uguali e che si assomigliavano molto. Poi, presa una pietra, iniziò a colpirne uno che, dopo non molto, smise di dimenarsi e rimase immobile, morto.
L’altro squittiva, terrorizzato, cercando invano di liberarsi dalla corda, ma Aletto la aveva legata in modo che non potesse liberarsi.
Così si concentrò e, dopo essersi assicurata di essere sola, lanciò il Sekishiki Meikaiha sul secondo scoiattolo.
 
Era già da qualche settimana che faceva quell’esercizio, ma non aveva mai ottenuto dei risultati, eppure non era intenzionata ad arrendersi.
Sapeva di avere più probabilità di successo in quel suo esercizio che in un normale combattimento: lei non era fatta per combattere con una spada sacra come suo zio Shura, con le rose come suo zio Aphrodite, congelando le cose come faceva Camus o iniettando veleno nel nemico come faceva Milo e lo sapeva; lei era fatta per la morte e, in un certo senso, per la vita.
 
Il secondo scoiattolo cadde al suolo, e lei vide chiaramente la sua anima allontanarsi verso la valle della morte. Si concentrò sempre di più, espandendo il suo cosmo e chiuse gli occhi; quando li riaprì si accorse che un piccolo fuoco fatuo era arrivato fino a lei e volteggiava a mezz’aria.
Con enorme sforzo Aletto si concentrò su quel piccolo spiritello e cercò di guidarlo verso il corpo del secondo scoiattolo e non appena lo toccò, la fiammella scomparve.
Trattenendo il fiato, la bambina attese per un tempo che le parve interminabile: poi, all’improvviso, lo scoiattolo riaprì gli occhi e ricominciò a muoversi davanti a lei.
Ma quel miracolo durò poco: il tempo di un paio di leggeri movimenti e lo scoiattolo ricadde a terra, morto.
Con un urlo di rabbia Aletto gettò tra la vegetazione i due cadaveri, mentre l’anima del primo scoiattolo, brutalmente ucciso, che per un istante si era legata al corpo intatto del secondo, tornava nella valle della morte.

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

Non aveva mai litigato con sua figlia, non in modo così serio, ma non ci pensò ed ignorò il posto vuoto lasciato da sua figlia a pranzo, fino a quando la sedia non venne occupata da Serena.
Con sguardo torvo la fissò  mentre si sedeva, ma non disse nulla.
“Perché l’hai seppellita?”
Nessuna risposta.
“Si, insomma visto come è…arredata la casa mi chiedevo come mai le avessi concesso un trattamento come quello.”
Death Mask non rispose e continuò a mangiare, fissando il suo piatto di pasta, con la mascella contratta: era nervoso ma Serena non sembrava essersene accorta.
“Lei amava il mare. Diceva sempre che…”
“Hai intenzione di andare avanti ancora per molto?”domandò infine il Saint, seccato.
“Scusa…” disse lei, abbassando il capo “Volevo capire…”
“Non c’è niente da capire” rispose lui, sbattendo la posata sul tavolo che traballò pericolosamente a causa del colpo. “Quindi taci. L’ho seppellita perché non era un mio nemico, ma una mia serva, quindi il suo posto non era sulle pareti. La sua tomba è vicina al mare perché parlava sempre del blu dell’oceano e perché era l’unico posto in cui poteva essere seppellita. E ora che hai le tue risposte, taci.”
 
Concluse, tornando a mangiare, e lei fece lo stesso.
Per un po’ non parlarono, poi lei trovò il coraggio di riprendere la parola.
“Non penso che un ambiente come questo vada bene per i bambini: si, insomma tutte quelle teste… alla bambina non fanno bene.”
Quella fu l’ultima goccia: Death Mask scattò in piedi e in breve fu dall’altra parte del tavolo. Afferrò Serena per i capelli e la sbattè contro la parete, mozzandole il fiato.
“Ora ascoltami bene: qui comando io ed educo MIA FIGLIA come dico IO!”
Lei ascoltava, terrorizzata, incapace di ribattere.
“Tu non hai voce in capitolo, devi solo stare in silenzio ed ubbidire. Al prossimo errore, stai pur certa che finirai sulle pareti. Sono stato chiaro?”
Lei, tremante, annuì e quando lui le mollò la presa sui capelli, si lasciò scivolare lungo la parete fino al pavimento, stremata.
 
“Ti p…rego… non farmi del male” trovò infine il coraggio di balbettare. “n-non r…ri-ricapiterà, giu..ro”.
Con un ghigno lui la guardò dall’altro in basso. “Lo spero per te. Ma fai attenzione a ciò che pensi che io possa farti: ricorda chei timori reali sono ben poca cosa rispetto alle più orrende fantasie.* Perciò non fantasticare troppo.”
Così dicendo le diede le spalle ed uscì dalla cucina.

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

Serena non si fece vedere a cena ma, in compenso, Aletto rientrò a casa.
Era abbattuta e Death Mask se ne accorse ma, non conoscendone la causa, non disse nulla.
“Papà?”
Lui non rispose al suo richiamo, e continuò a mangiare, in attesa.
“Papà lo so che ho sbagliato questa mattina ma…” disse titubante “vorrei chiederti una cosa…”
“Dimmi…”
“Non uccidere Serena.”
Death Mask non rispose subito ma alzò lo sguardo per osservare sua figlia, che non lo stava guardando: osservava il piatto e con il cucchiaio girava la minestra; non aveva toccato cibo.
“Perché me lo chiedi?” domandò lui, inarcando un sopracciglio.
“Perché mi serve per quando sarò più forte.”
 
Lui continuò a guardarla, senza capire.
“E a cosa ti servirebbe?”
“Non te lo posso dire…” rispose lei, trovando infine il coraggio di guardarlo. “Perché non so se ce la farò…”
“Allora la ucciderò dopo cena”
“No!” esclamò lei, scattando in piedi: il movimento brusco fece oscillare il tavolo e il piatto cadde al suolo, andando in pezzi.
“Se ti arrendi ancora prima di cominciare, non riuscirai mai. Devi essere sicura, Aletto. Solo i deboli sono insicuri.”
“Ce la farò!” disse lei, continuando a guardare negli occhi il padre “Ma tu non ucciderla.”
Lui si alzò a sua volta da tavola, senza staccarle gli occhi di dosso.
“Non la ucciderò, a meno di non essere costretto. Ma tu non avere più esitazioni.”
“Non succederà, perché noi non siamo deboli.”
“E’ così che voglio sentirti parlare.”
 
 
 
NOTE:
(*) Tratta dal Macbeth di Shakespear: traduzione della frase presente in apertura del capitolo.
 
Si, lo so, vi ho fato aspettare un po’ per questo capitolo, ma non ho avuto il tempo materiale per aggiornare la storia. Questo capitolo è dedicato soprattutto alla convivenza tra Death Serena e Aletto, ma da narratrice onnisciente, vi consiglio di focalizzarvi bene sulla bambina.
In questo capitolo viene ribadito, come in altri capitoli, che Aletto non è molto forte in combattimento (infatti, ogni volta che si allenava in modo serio, riportava parecchie ferite o, addirittura, perdeva conoscenza.). Qual è dunque, il suo vero potere? Un accenno è fatto in questo capitolo, ma per ora non aggiungo altro.
Grazie ancora a tutti voi che seguite ancora questa stoira: per eventuali chiarimenti, non esitate a chiedere.

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Capitolo 27
*** Ribelli ***



 Sono io la morte e porto corona,
io Son di tutti voi signora e padrona
e così sono crudele, così forte sono e dura
che non mi fermeranno le tue mura...
(Branduardi – Ballo in Fa diesis minore)

 

 

Serena rimase a lavorare a casa di Death Mask come domestica e non creò più problemi: era come un fantasma, e nessuno badava a lei. Un giorno però, mentre puliva una stanza, si ritrovò accanto un piccolo fuoco che volteggiava nell’aria: lo sfiorò appena e questo, tremando, le lanciò una scarica elettrica.
Serena urlò.
“Non dovresti toccarli.”Death Mask, accorso dopo l’urlo, la fissava a braccia conserte, appoggiato allo stipite della porta “Non sono molti quelli che possono vantare un cosmo in grado di tenere a bada questi spiriti.”
Serena non disse nulla: da quando lui la aveva picchiata, nonostante fosse passato più di un anno, in sua presenza, non riusciva mai a fiatare; a testa bassa, lasciò la stanza.
 
“Non vali neanche un unghia di tua sorella”pensava Death Mask, ogni giorno. Sara aveva sempre avuto paura di lui ma, in un certo senso, lo aveva sempre affrontato con coraggio, andando incontro al suo destino, ogni volta, qualunque esso fosse. Serena, invece, ogni volta che lo vedeva scappava sempre.
“N-nobile Death Mask?” la voce del paggio lo fece girare e dovette sforzarsi di non scoppiare a ridere quando si sentì definire “nobile”.
“Che cosa vuoi?”“Il Sacerdote desidera vedervi.”
Sbuffando Death Mask lasciò la quarta casa. Nell’ultimo periodo erano successe troppe cose per i suoi gusti: si vociferava di Bronze Saint ribelli e di una rivolta e Arles non era contento.
Probabilmente quei mocciosi erano dalla parte della ragione e per questo erano un ostacolo ai piani del Sacerdote.

 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 

“Aletto sei proprio tu?”
La voce di Aphrodite risuonò nel bosco e la bambina si affrettò a nascondere i due conigli con cui si stava esercitando.
“Zio Aphrodite?”Il Gold Saint sentendosi chiamare così sorrise, lanciando lontano una rosa e aprendo le braccia per abbracciare la bambina che aveva ormai nove anni.
“Dove sei stato?”
“In missione…”
“Vai dal Sacerdote?”
Lui annuì, e sciolse l’abbraccio.“Te cosa facevi?”
“Mi allenavo.”
La risposta sembrò soddisfarlo e il Gold Saint si congedò per raggiungere il tredicesimo tempio.
Aveva visto chiaramente i corpi dei due conigli, nascosti nell’erba alta, ma aveva fatto finta di niente: non sapeva cosa stava combinando Aletto, ma non aveva tempo di pensarci.
Prima di sparire fuori dal bosco si concesse un istante per osservarla: diventava sempre più bella di giorno in giorno, quella bambina.
 “Sacerdote, sono venuto a fare rapporto.” Disse Aphrodite, facendo il suo ingresso nelle sue stanze private mentre Death Mask, con espressione corrucciata, usciva.
“Parla Aphrodite: cosa mi dici della tua missione?”
“Dedalus della costellazione di Cefeo è stato ucciso”

 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 

Era pronto a partire, eppure non era molto entusiasta di quella missione. Il Sacerdote aveva deciso di inviarlo a Goro-Ho dal Vecchio Maestro, per ucciderlo e un po’ gli dispiaceva per quel vecchietto.

Non che gli stesse simpatico; tuttavia si ricordava di averlo visto, in passato, quando era solo un bambino.
Lui non aveva mai rispettato nessuno, eppure quell’anziano così taciturno gli incuteva un certo timore e Death Mask, ancora bambino, si era ritrovato ad ammirarlo.
Così minuto e vecchio sembrava terribilmente fragile invece era in grado di farsi rispettare: doveva nascondere una forza incredibile.
“Inutile crucciarsi troppo”pensò mentre indossava l’armatura d’oro. “E’ un ordine del Sacerdote ed è mio compito eseguire. Inoltre, perché dovrei aver paura di un vecchio? Probabilmente a quest’ora non riuscirà nemmeno a muoversi.”
 
“Dove vai papà?” domandò Aletto facendo capolino nella stanza.

“In missione”
“Anche tu?”
“E’ così che funziona qui Aletto, dovresti saperlo.”
“Papà?”
“Che cosa vuoi ancora?”
“Sta per succedere qualcosa di brutto?”
Death Mask alzò lo sguardo su di lei: era semi nascosta dietro alla porta e lo osservava.

“Inizia una guerra, Aletto: ci sono dei Cavalieri che si ribellano al Grande Sacerdote.”
“Come noi?”
La domanda lo spiazzò; lentamente scosse il capo.
“No, non come noi.”
“Perché non combattiamo con loro?” domandò lei, mentre lui raggiungeva la porta “Lui è un bugiardo, ci ha sempre trattato male: non dovremmo ucciderlo?”
Death Mask non rispose, e si avviò verso l’ingresso: non la salutò e non rispose alla sua domanda.
“Papà perché non combattiamo con loro?” Aletto lo inseguì, continuando a fare la stessa domanda fino a quando lui non fu fuori dalla quarta casa; solo allora si fermò.
Ripetè la domanda più e più volte, ma suo padre non parlò: si stava domandando se, in fondo, non gli sarebbe stato utile ribellarsi una volta per tutte.

 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*


“Uh uh uh… Vecchio Maestro, mi fa piacere rivederla dopo tanto tempo…”
“Sei tu, Death Mask?” rispose l’anziano maestro, senza muoversi “Tsk! Il Sacerdote ha mandato un assassino persino da me, significa che ha molta fretta…”
“Maestro, non vorrei usare il mio colpo su di lei, ma questo è un ordine diretto del Sacerdote. Io, Death Mask, devo toglierle la vita…” disse, alzando un pugno, pronto a colpire “Io, il Gold Saint della costellazione del Cancro!”
 Il suo colpo venne bloccato da un ragazzo e Death Mask, dopo aver sentito la sua presentazione, non ebbe esitazioni. “Ammazzerò anche lui!”
“Non ci posso credere!” l’urlo di Shyriu riecheggiò per tuta la valle. “Ha fermato il mio calcio con un solo dito.”
“Tu sei come la rana in un pozzo che non sa nulla del grande oceano…Prima di morire capirai il vero potere terrificante dei Gold Saint!”
Lo lanciò senza troppa difficoltà nella cascata, ignorando le urla preoccupate della ragazzina: la sua voce gli ricordò quella di Serena, ma si impose di non pensarci.
“Un fagiano, se non canta, non viene ucciso. E’ il tuo destino morire così, per aver ficcato il naso nei fatti altrui.” Disse, osservando la cascata, prima di voltarsi verso il Maestro.
“Dunque, chi devo davvero uccidere è lei! Maestro, anzi… Uno dei dodici Gold Saint… Il Saint della costellazione della Bilancia!”

Avrebbe voluto aggiungere altro, ma un ricordo improvviso lo costrinse a tacere per un istante: Sara era della bilancia. Digrignando i denti, si impose di non pensare, e tornò a concentrarsi sull’altro Gold Saint.
“Maestro, l’ordine diretto del Sacerdote è di sconfiggerla perché per ben tredici anni ha dimostrato la sua disobbedienza nei confronti del Santuario… Lei è pronto a morire?”
“Quell’ordine non vale niente perché proprio il Grande Sacerdote è un rivoltoso che ha cercato di uccidere la dea Atena, ottenendo il potere  sul Santuario.”
Death Mask si sforzò per non ridergli in faccia.
“E quindi?”
“Oh!” il Saint della Bilancia, parve stupito. “Pensavo che tutti i Gold Saint obbedissero al Sacerdote ignari delle malefatte da lui commesse…Ma ora scopro che c’è chi, come te, lo serve essendo cosciente della malvagità di quell’uomo.”
“La definizione del bene e del male, come provano gli avvenimenti della storia, cambiano a seconda dell’epoca” replicò Death Mask “Per esempio, quando si pensava che il nazismo fosse giusto… Oppure quando si pensava fosse giustificata l’invasione militare giapponese… Mi capisce maestro? Anche se ora le azioni del Sacerdote sono considerate malvagie, magari in futuro saranno considerate giuste.”
 
“Possibile che non capisca?” si domandava Death Mask, osservandolo. Lui accettava da sempre quella realtà delle cose, nonostante avesse iniziato a disapprovare le azioni del Sacerdote, quando si era messo contro di lui e sua figlia. Non approvava quelle sue azioni, ma quella era una realtà storica: nel corso dei secoli qualcuno avrebbe potuto vedere in quei gesti, degli atti di bontà.“Che idiota! La vera giustizia non cambia mai, in qualsiasi epoca ci si trovi!”
“Non ha senso discutere ulteriormente! Deve morire!”
Nuovamente Death Mask sferrò un attacco: non voleva stare a sentire le prediche di quel vecchio Gold Saint. Era sempre stato sicuro delle sue idee e non avrebbe permesso ad un vecchio decrepito di fargli la predica.
Eppure, quando stava per colpire, il Bronze Saint del Dragone spuntò fuori dalla cascata.
Una colonna d’acqua lo investì in pieno.
 “Idiota! Hai fatto venire la voglia di combattere sul serio a un Gold Saint come me! Ormai non ho scelta: ora vedrai la vera forza del Cancro…”
Non si sarebbe lasciato mettere i bastoni tra le ruote da un moccioso: era troppo orgoglioso per permettere che ciò accadesse.
 
 
 
 
 

NOTE: *parte la musichetta di Profondo Rosso*
Bene, eccoci qui con un altro capitolo: scusatemi se vi sto facendo aspettare ma, come avrete notato, ormai siamo arrivati al punto di contatto con l’opera originale e presto questa mia fic vedrà la sua fine e io sto cercando di ritardarla il più possibile. Sono già all’opera con un possibile seguito, ma il tutto procede molto lentamente perché purtroppo il tempo manca. Tornando a noi, come avrete letto tutti, i Bronze si sono già fatti vivi, il maestro di Shun è già stato ucciso da Aphrodite e Death è stato mandato a Goro-Ho.
La parte finale del capitolo, infatti, riprende i dialoghi del manga, con l’aggiunta qua e là di qualcosa di mio pugno. Questa volta non ho molto da dire, posso solo ringraziare nuovamente tutti voi che seguite e augurarvi Buona Pasqua, per chi la festeggia, visto che non aggiornerò più per un po’ ;)
Grazie, veramente, a tutti
 

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Capitolo 28
*** Sotto attacco ***


Sono io la morte e porto corona,
io son di tutti voi signora e padrona
e davanti alla mia falce il capo tu dovrai chinare
e dell 'oscura morte al passo andare.
(Branduardi – Ballo in Fa diesis minore)

 
 
Death Mask, nervoso come mai prima, continuava a camminare avanti e indietro nelle sue stanze private. Solo il giorno prima era stato costretto a ritirarsi dalla battaglia a causa dell’intervento del Gold Saint dell’Ariete, che poi aveva ripreso il suo posto all’interno del Primo Tempio.
Di ritorno dalla missione, parlando con Shura ed Aphrodite, aveva scoperto che molto probabilmente i Bronze Saint sarebbero arrivati al Santuario in giornata.
 
“Papà?”
Rimase silenzioso a quel richiamo.
“Papà che cosa sta succedendo? Perché non c’è nessuno nell’arena?”
“Perché stiamo aspettando un attacco, Aletto.”
“Un attacco?”
La voce di Serena lo fece voltare verso di lei: rimase ad osservarla a lungo e si concesse un istante per ripensare a Sara. “Si, un attacco: e vi consiglio di rimanere nascoste per un bel po’: se quei due idioti che ci sono alla prima e alla seconda casa fanno passare quei mocciosi, arriveranno fino a qui. Ed io non ho intenzione di stare qui a parare il fondoschiena a voi, sono stato chiaro?”
 
“Io voglio combattere!”
A quell’affermazione della bambina, Serena spalancò gli occhi e dovette appoggiarsi alla porta per non cadere.
“Non se ne parla” rispose lui con voce decisa “Te rimani qui con Serena.”
“Ma…”
“NIENTE MA! E’ un ordine!”
“Ma io sono forte…”
“NON MI INTERESSA!”
L’espressione afflitta di Aletto fu come una pugnalata.
“Perché papà? Non sono abbastanza forte?” domandò Aletto piangendo.
“Come faccio a spiegarle che probabilmente non lo è?” Si domandava, osservandola mentre piangeva. Non aveva paura dei Bronze Saint, eppure c’era qualcosa che gli diceva di stare in guardia: ricordava bene le parole dell’anima di Stefano.
Gli aveva parlato di tradimento, perdita dell’armatura e di morte, ma tutto ciò non lo preoccupava più di tanto: era stata l’ultima parte della profezia a sconvolgerlo, perché Stefano gli aveva detto che avrebbe perso la bambina.
 
“Serena vai nella stanza di Aletto: è la più lontana dal campo di battaglia. Resta lì finché il pericolo non è passato.”
“E la bambina?”
“Vai. Lei arriverà.”
“Ma…”
“FAI QUELLO CHE TI HO DETTO E BASTA!”
L’urlo del Saint la convinse e la ragazza corse via.
“Aletto, vieni qui…” disse Death Mask, una volta rimato solo, inginocchiandosi. La bambina, seppur titubante, si avvicinò e quando gli fu accanto il Saint spalancò le braccia, stringendola in un abbraccio.
“Aletto, promettimi che, qualsiasi cosa succeda, non interverrai nella battaglia.”
“Papà io…”
“Promettimelo Aletto…”
“Promesso.”
Per un po’ nessuno dei due disse niente.
“Perché non vuoi che io combatta papà?”
“Non voglio che tu ti faccia del male” disse Death Mask, scostandosi quanto bastava per guardarla negli occhi. Aletto lo fissava stupita: suo padre non si era mai comportato così.
“Papà?”
“Dimmi Aletto…”
“Ho paura…” disse, affondando il viso nella sua spalla “Non voglio che ti facciano del male!” urlò, mentre piangeva.
“Shhh” disse lui, accarezzandole i capelli “Sono forte Aletto: non mi succederà niente.” Provò a rassicurarla: nonostante la voce ferma, il suo viso tradiva la sua inquietudine.
 
“Promettimi che non morirai papà…”
“Certo che non morirò…”.
“O, quantomeno, ci proverò”
Rimasero abbracciati in silenzio: solo i singhiozzi di Aletto risuonavano nell’aria.
Poi Death Mask sentì chiaramente due cosmi, di cui uno conosciuto, che si avvicinavano alla sua casa. Affondò il viso nei capelli di sua figlia, come a volerne assaporare l’odore e poi sciolse l’abbraccio.
“Stanno arrivando: vai da Serena.” Disse, nuovamente impassibile, alzandosi in piedi.
“Papà io…”
“Muoviti Aletto: corri!” non aggiunse altro e lasciò la stanza; la bambina fece lo stesso e imboccò il corridoio, in direzione opposta.
A testa alta e con passo fiero Death Mask si avviò verso il suo Tempio: aveva gli occhi lucidi e una lacrima, pronta a cadere, sul bordo dell’occhio. Si impose di non pensare a sua figlia e con un rapido gesto scacciò la lacrima.
Sarebbe stato la Maschera della Morte ancora una volta: forse, davanti ad un nemico, sarebbe stato più facile anche per lui, mentire a se stesso.
“Metti da parte la tua famiglia Death Mask: ora devi combattere.”
 
“E’ un volto! Un volto umano!”
E mentre Seiya urlava Death Mask, con un ghigno stampato sul volto, fece la sua apparizione.
“Uh uh uh uh! Vi siete spaventati ragazzini?”
E mentre il Gold Saint del Cancro si preparava ad affrontare il nemico, un fuoco fatuo danzava vicino ad una colonna, come un silenzioso spettatore.
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 
Aletto continuava a camminare avanti e indietro per la stanza, nervosa.
Aveva sentito chiaramente due cosmi, oltre a quello di suo padre: poi, uno, aveva proseguito la sua scalata.
Poi anche l’altro era scomparso, per poi ricomparire, e sparire nuovamente insieme con quello di suo padre.
“Perché è andato nella Valle della morte?”
“Come faremo a capire quando è passato il peggio?” domandò in un sussurro Serena, visibilmente preoccupata. “Si, insomma, come faremo a capire qual è il momento adatto per uscire? E se poi ci troviamo davanti uno di loro?”
“Ma quanto parla?” pensò Aletto, sbuffando sonoramente “O sta sempre zitta o parla troppo: ma una via di mezzo no?”
“Io non voglio morire. Non voglio, non mi merito una fine così… Io…”
“Vuoi stare un po’ zitta?”
Sentendo la protesta della bambina, Serena trasalì e si rannicchiò in un angolo, stringendosi le gambe al petto.
“Scusami, è solo che…”
 
“Non ci troveranno: saranno troppo preoccupati ad andare a cercare il Sacerdote e non si fermeranno… Sempre che riescano a passare.” Disse la bambina, appoggiandosi alla parete. “E comunque stai zitta: se per puro caso decidessero di passare di qui prima di proseguire sentirebbero senza alcun dubbio le tue urla.”
Serena annuì appena e si strinse ancora di più le gambe.
“Tu non hai paura?”
“No” rispose con decisione, guardandola solo un istante, prima di tornare ad osservare la porta. “Non per me almeno”
 
Dalla porta, all’improvviso fece il suo ingresso un piccolo fuoco fatuo, che si avvicinò ad Aletto.
“Mamma!” urlò la bambina, scordandosi completamente di quanto aveva detto a Serena. Il piccolo fuocherello le si avvicinò e, dopo averla sfiorata, sparì.
Riapparve un attimo dopo, per poi scomparire ancora, e riapparire di nuovo.
“Cosa c’è?” domandò preoccupata Aletto , tenendo il palmo della mano destra aperto per accogliere il fuocherello. “E’ successo qualcosa a papà?”
In tutta risposta, il fuoco fatuo scomparve di nuovo, impiegando più tempo a ricomparire.
“Portami da lui mamma…”
 
Serena che aveva osservato la scena in silenzio, prese la parola.
“Spero che quel bastardo muoia.”
Aletto si voltò verso di lei e la fulminò con lo sguardo.
“Augurati che non succeda.” Rispose determinata e Serena si rannicchiò ancora di più contro la parete, perdendo quel briciolo di coraggio che aveva appena riacquistato.
Quando il fuoco fatuo scomparve di nuovo, Aletto alzò l’indice della mano destra, puntandoselo addosso.”
“Papà, perdonami…”
“Sekishiki Meikaiha!”
 
 
 
 
 
NOTE: Si, è passato un secolo dall’ultimo aggiornamento >.< Scusatemi tantissimo.
Come avrete notato, Seiya & Co. sono arrivati al Santuario e Death è sceso in campo: siamo ormai all’epilogo. Il prossimo capitolo sarà l’ultimo, vi preparo già da ora. Probabilmente è anche per questo che ogni volta che mi dicevo “Ok, ora aggiorno”, poi rileggevo il capitolo un’altra volta e mi dicevo “no, la prossima volta”, perché, effettivamente, un po’ mi dispiace che il prossimo capitolo sia l’ultimo. Tuttavia, mi frulla già in testa un seguito che metterò giù non appena avrò un po’ di tempo e sufficiente ispirazione. Per il resto, godetevi questi ultimi due capitoli. Ancora una volta, grazie a tutti voi che continuate a seguire la storia =)

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Capitolo 29
*** Morte e Vendetta ***



 

There would have been a time for such a word.
Tomorrow, and tomorrow, and tomorrow,
Creeps in this petty pace from day to day,
To the last syllable of recorded time;
And all our yesterday have lighted fools
The way to dusty death. Out, out, brief candle!
Life’s but a walking shadow, a poor player
That struts and frets his hour upon the stage
And then is heard no more. It is a tale
Told by an idiot, full of sound and fury,
Signifying nothing.
(Shakespear- Macbeth)

 
 
 
“Alzati Shiryu! Anche tu cadrai nello Yomotsu Hirasaka come gli altri morti!”
Death Mask ghignava beffardo, osservando l’avversario: era stato costretto a lasciar passare un Bronze Saint ma, in compenso, ne stava fermando un altro.
“Tsk! Sembra che essendo stato colpito dal Meikaiha per ben due volte, tu non abbia più neanche la forza per alzarti. Bene, ti trascinerò io! Ogni mio passo è come una pietra miliare verso la tua morte!”
Lo stava per lanciare nella voragine, quando una voce lo distrasse.
“Shryu…Dio ti prego, proteggi Shiryu”.
“Mmm, ancora? Da dove viene questa preghiera? Quant’è fastidiosa!”
Avrebbe estirpato il problema alla radice, individuando la ragazzina che pregava. Quelle parole sussurrate lo irritavano, molto più di quel Bronze Saint.
“Atena, ti prego, ascolta la mia preghiera… Ti prego Atena fa che i miei gesti siano sempre conformi al suo volere, fa che non debba mai più disobbedire ai suoi ordini, fai in modo che io possa essere una serva fedele.”
Death Mask iniziò a cercare la ragazza, sempre più irritato: nella sua testa, le sue parole si confondevano con la preghiera di Sara che lui era riuscito a sentire la sera della sua morte.
“Fai in modo che io possa sempre servire lui e nessun altro Cavaliere. Fa in modo che lui possa portare giustizia e uccidere chi cerca di distruggere la perfezione e la purezza del mondo che tu desideri. Fa in modo che Death Mask possa continuare a combattere per te. E fa in modo che il mio amore per lui possa sempre proteggerlo”
“Proviene da Goro-Ho! E’ questa ragazzina che mi sta irritando? Sparisci, ragazzina!”
Così come aveva fatto con Shiryu quando si era recato a Goro-Ho su ordine del Sacerdote, lanciò la ragazza nel fiume: probabilmente, se avesse saputo ciò che lo attendeva, ci avrebbe pensato due volte, prima di lasciarla cadere.

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Quando Aletto comparve nella Valle della morte, il fuoco fatuo la condusse verso lo Yomotsu Hirasaka e quando riuscì a vedere l’armatura di suo padre, si nascose dietro una roccia, osservando la scena: molte anime si erano aggrappate al suo corpo.
“Death Mask, capisci quanto sia grave il tuo peccato?”.
Aletto riusciva a sentire una voce, ma non vedeva nessun altro: da dietro al suo nascondiglio, si sporse leggermente e riuscì a vedere una mano, attaccata al bordo del cratere.
“Non hai paura del profondo rancore che provano questi morti?”
“Uh uh uh, te l’ho detto no? Il grande numero di anime erranti è la prova della mia forza! Perché dovrei avere paura di questi cadaveri?” urlò Death Mask, scagliando lontano molte anime “Cosa pensi possano fare? Se non riescono a morire, allora li getterò io nel mondo dei morti!”
E così fece: molte anime volarono nella voragine, mentre il Gold Saint prendeva a calci la mano del suo avversario, nel tentativo di farlo cadere.
“Mamma perché mi hai portato qui?” sussurrò appena Aletto al fuoco fatuo che aveva accanto, senza smettere di osservare la scena. “Non sta succedendo ni…” la frase le morì in gola, quando un gambale del’armatura d’oro, si staccò dal polpaccio di suo padre.
 
Per la prima volta in vita sua, Death Mask iniziò ad avere paura.
La sua armatura, pezzo dopo pezzo, gli si era rivoltata contro ed ora si trovava senza difese, davanti al suo avversario.
“Morto…tuuuu… tradimento… perdere… ar-arma-armatura… presto”
Ciò che aveva detto Stefano si stava avverando: l’armatura non lo difendeva più.
“Che anche il Vecchio maestro avesse ragione?”
Stava per dire qualcosa a Shiryu, ma ciò che vide alle spalle del Bronze Saint lo fece ammutolire: da dietro una roccia era spuntata Aletto, pronta ad intervenire.
“No…no, NO! Dannazione Aletto va via!VIA!”
La bambina parve esitare, ed indietreggiò di un passo.
“Ma papà tu…”
“Ha abbandonato la sua armatura, non vedi?” domandò telepaticamente alla figlia “Posso ancora batterlo, tu nasconditi.”
“Ma se muori?”
“Non morirò Aletto. E comunque non voglio che tu muoia.”
“Ma…”
“NIENTE MA!”
 
“Idiota, hai rifiutato l’unica occasione che avevi per sconfiggermi!” urlò Death Mask al bronze Saint che aveva davanti “Riguardo alla forza del cosmo, quella di un Gold Saint è nettamente superiore alla tua…”
Aletto si nascose nuovamente dietro alla roccia ed un fuoco fatuo continuò a roteare accanto a lei.
“Sara…” pensò Death Mask, senza prestare troppa attenzione a quanto diceva Shiryu.
“Se la profezia di Stefano si è rivelata esatta fino ad adesso, ho scarse probabilità di farcela… Ma no, non mi arrenderò: io non sono un debole e anche se mia figlia mi ha rammollito, le ho promesso che avrei fatto di tutto per non morire, e così sarà!”
“Shyriu, lacererò la tua anima! Questo è il mio ultimo colpo! SEKISHIKI MEIKAIHA!”
“ROZAN SHORYUHA!”
Aletto avrebbe voluto urlare, ma non ne trovò la forza.
 
Death Mask, ormai pieno di ferite, precipitò nello Yomotsu Hirasaka, per un periodo che gli parve un’eternità.
“Dovevo pur morire prima o poi. Doveva pur venire il tempo per parole come questa. Domani, poi domani, poi domani, strisciano a brevi passi, giorno a giorno, fino all’ultima sillaba del tempo a noi prescritto, e tutti i nostri ieri hanno mostrato agli sciocchi la via verso la morte polverosa. Basta, breve candela! La vita è solo un’ombra che cammina, un attore miserabile che s’affanna e si gloria sopra il palco per la sua ora, poi sparisce per sempre il ricordo. E’ un racconto narrato da un idiota, tutto frastuono e furia, che non vuol dire niente!” (*)
“Aletto…”
“PAPA’!”
“Ti voglio bene”
“PAPA’!!!!”
 
Aletto appoggiò la testa alla nuda roccia e pianse, in silenzio: le ultime parole, gli ultimi pensieri di suo padre erano stati per lei. Lui, sempre così impassibile e crudele, che mai le aveva mostrato così tanto apertamente il suo affetto, nel momento della morte aveva pensato a lei.
Urlò con tutto il fiato che aveva in gola, mentre l’anima di Shiryu si ricongiungeva col suo corpo.
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

“Sono contento per te Shyriu, del fatto che hai ripreso la vista…”
“Grazie Shun… Nella prossima casa, quella del Leone, Seiya dovrebbe aver già cominciato a combattere…Andiamo Shun!”
I due Bronze Saint lasciarono la casa del Cancro e Aletto li osservò andar via nascosta dietro una colonna: i suoi occhi blu erano fissi sul Saint del Dragone.
“Te lo prometto papà…” sussurrò appena “Se sopravvivranno a questa battaglia, sarò io a vendicarti.”
 
Ritornò verso la sua stanza, guardandosi attorno: tutte le teste erano scomparse; di suo padre non restava nessuna testimonianza.
“Mamma…” chiamò Aletto, mentre il fuoco fatuo iniziava ad allontanarsi “Aspetta ancora un poco… non andare via anche tu.”
La fiammella rimase sospesa a mezz’aria poi, lentamente, ricominciò a seguirla.
Quando Aletto aprì la porta della sua stanza, trovò Serena che sorrideva, seduta sul letto: accanto alla finestra, brillava l’armatura del Cancro.
“Ha avuto quello che si meritava.” Disse Serena, senza staccare gli occhi dall’armatura.
“Non dire così!” urlò Aletto, arrabbiata, stringendo i pugni.
“E’ la verità. Era un mostro ed ha avuto la fine che si meritava.”
“TU NON LO CONOSCEVI!” replicò lei, sbattendo la porta alle sue spalle.
“”Povera piccola…” disse Serena: sul suo volto Aletto leggeva la compassione “Era tuo padre, forse, ma era un mostro… Vedrai che poi andrà meglio” proseguì, alzandosi dal letto. “Ma non preoccuparti! Se vuoi, puoi venire via con me: avrai una casa e dei genitori che ti amano…” le tese una mano, sorridendo. “L’unica realtà che hai conosciuto era quella della crudeltà di tuo padre: ora c’è un nuovo mondo che ti aspetta.”
“Non mi interessa il mondo.” Replicò lei, con una smorfia, senza darle il tempo di aggiungere altro. “Io NON VOGLIO un padre una madre: io li avevo già!”.
 
Si spostò dalla porta, scoprendo una testa dai lunghi capelli rossi, l’unica rimasta appesa alle pareti; istintivamente, Serena arretrò a quella vista.
“La vedi quella testa Serena?”
La ragazza annuì.
“Sai perché è ancora lì?”
La ragazza scosse il capo.
“Perché l’ho uccisa io.”
Serena sbiancò e si guardo attorno, alla ricerca di una via di fuga: l’armatura d’oro impediva di passare dalla finestra e Aletto sostava davanti alla porta.
“Tu…tu hai insultato mio padre…” disse la ragazzina, stringendo ancora i pugni, irata, mentre lacrime di dolore e di rabbia le rigavano il viso. “Hai osato insultare colui che è morto per salvarci! Hai insultato l’unica persona che mi voleva bene!” stava urlando e la sua voce rimbombava, all’interno della quarta casa,ormai deserta.
Serena strabuzzò gli occhi, scorgendo il ghigno sul volto di Aletto, lo stesso che aveva sempre visto sul volto di Death Mask.
“Sai, mio padre voleva ucciderti, ma gli ho chiesto io di non farlo…”
 
Serena arretrò ancora di più e finì contro la parete.
“…così, adesso, anche se non posso riportare indietro lui…” lentamente, sollevò la mano destra, puntando l’indice contro Serena.
“Almeno riavrò la mia mamma. E poi mi allenerò, per diventare più forte e quando sarà il momento, lo vendicherò…”
“C-che cosa vuoi fare?” balbettò in risposta Serena.
“L’ammasso stellare del Cancro, il Presepe, in Cina si chiama Sekishiki.” Rispose parlando piano Aletto. “La parola Sekishiki significa fuoco fatuo, allo stesso tempo indica anche la voragine attraverso la quale le anime dei morti salgono dalla terra verso il cielo…”
Suo padre glie lo aveva spiegato molto tempo prima.
“Serena… attraverserai il Sekishiki e arriverai all’altro mondo! SEKISHIKI MEIKAIHA!”
Serena avrebbe voluto urlare per il terrore, ma l’urlo le morì in gola, così come nella valle della morte si era fermato nella gola di Aletto: si accasciò a terra, morta.
 
Senza perdere tempo Aletto si inginocchiò accanto al corpo ormai privo di vita e, con leggeri movimenti delle mani, attirò fino a se il fuoco fatuo che la aveva seguita fino a lì.
“Coraggio mamma… Coraggio…” sussurrò appena, lasciando che la fiammella sparisse, una volta a contatto con il corpo.
Per qualche istante che per Aletto durò un’eternità, non successe nulla: poi la ragazza aprì gli occhi.
In silenzio si mise a sedere, con aria stupita, spaesata; istintivamente si portò una mano al collo. Rimase a lungo a fissare l’armatura d’oro e Aletto trattenne il fiato.
“A…Aletto?” domandò con un filo di voce la ragazza quando posò lo sguardo su di lei “Sei…sei cresciuta così tanto…”
“Mamma!” urlò Aletto, scoppiando nuovamente a piangere e Sara la accolse tra le sue braccia.
“Ora che ho riportato indietro la mamma, troverò il modo per vendicarti… e poi, te lo prometto papà, riporterò tra i vivi anche te.”
Quelli furono gli ultimi pensieri di Aletto mentre la vista le si annebbiava: quella tecnica aveva richiesto molta della sua energia.
Con le lacrime che ancora le rigavano il viso, e una promessa sulle labbra, svenne.
 
 
 
 
NOTE: (*) La frase è la stessa che compare, in inglese, in apertura. Mi sembrava la più adatta del Macbeth di Shakespear per concludere questa fic. Anche in questo capitolo alcune frasi sono riprese direttamente dal manga, incastrate nel capitolo insieme a dialoghi di mia invenzione, nel tentativo di rendere comunque la lettura scorrevole.
 
Che dire…Sono imperdonabile, lo so, vi ho fatto aspettare un sacco. Ma il tempo è venuto a mancare. Così finisce la nostra storia: io generalmente sono per il lieto fine, ma una vicenda così non poteva finire con una grande festa, a mio parere. Death Mask muore, così come gli era stato predetto: si, mi sono concessa la sviolinata di una dimostrazione d’affetto verso la bambina nel momento della morte ma il mio lato sentimentale non poteva tollerarne l’assenza; mi scuso, pertanto, se a qualcuno è apparsa inadatta al personaggio e al contesto.
Con questo capitolo si svela anche il mistero dell’oscuro potere di Aletto: degna figlia di suo padre, cos’altro poteva fare se non giocare con le vite altrui? Una consolazione alla fine c’è, amara si, ma c’è: Sara ritorna dalla morte, non lascia sola quella bambina.
Si, se ci fosse stato anche Death Mask, avremmo tirato tutti fuori i fazzoletti e avremmo pianto di gioia, ma è andata così.
Eppure, Aletto promette vendetta: per questo non finisce qui. Non so ancora dirvi quando ma un seguito ci sarà: vi basterà controllare tra le mie storie se per caso ne compare una nuova. (non ho ancora deciso il titolo, perciò se qualcuno vuole essere avvisato quando il seguito verrà pubblicato,perché è sbadato e rischia d non accorgersene (come capita spessissimo a me, quando il seguito di una fanfic mi interessa) mi mandi un messaggio privato e io mi scriverò il nome e avviserò a tempo debito (= ).
Detto questo, ringrazio tutti voi che avete seguito la storia fino alla fine: era iniziata per gioco ed è diventata una delle mie storie a cui tengo di più e vedere che comunque ha avuto un discreto successo mi rende ancora più felice.
Alla prossima, e ancora grazie a tutti.

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