E così il serpente si innamorò del giglio

di callas d snape
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 3: *** 2° Capitolo ***
Capitolo 4: *** 3° Capitolo ***
Capitolo 5: *** 4° Capitolo ***
Capitolo 6: *** 5° Capitolo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
Mi sveglio di soprassalto. La fronte madida di sudore, il respiro affannoso, le mani che si tendono nervosamente verso la parte sinistra del letto per controllare che tu sia al mio fianco. Ci sei.
Ho avuto un incubo. Ho sognato di vivere in un mondo perfetto, ma nel quale tu non esistevi e ho provato un dolore antico che mi penetrava nel cuore e mi svuotava completamente di ogni momento felice vissuto. Era come se un Dissennatore fosse entrato nei miei sogni e mi avesse strappato via l’anima con le sue bocca putrida piena di morte e disperazione.
Appoggio la nuca alla testiera del letto e ti guardo dormire mentre i battiti del mio cuore si regolarizzano. Nel silenzio della notte sento il tuo respiro riempire la stanza. Ti accarezzo leggermente i capelli che brillano alla luce della luna al tramonto. Questa sembra sorridermi, invidiosa, dalla sua lontana dimora solitaria nel cielo. Invidiosa perché io ho te al mio fianco. Tu che sei un uomo fantastico, un marito dolcissimo e un padre meraviglioso. Eppure non è sempre stato così.
Eravamo giovani e tremendamente orgogliosi: tu troppo testardo per ammettere che stavi facendo le scelte sbagliate, io troppo fiera per accettare il tuo pentimento tardivo. Pensavamo di riuscire a sopravvivere ugualmente,soprattutto io, ma la lontananza stava uccidendo entrambi. Ci siamo fatti male a vicenda per poi capire che io e te siamo come il giorno e la notte: siamo diversi, ma l’uno non può esistere senza l’altra.
Ed anche quando ci siamo riavvicinati sembrava che il destino non volesse vederci felici; ma con la mia mano nella tua siamo andati avanti facendoci scudo del male del mondo col nostro amore.
Siamo cambiati, maturati, ma i nostri sentimenti sono rimasti gli stessi che provavamo da bambini quando mi raccontavi di Hogwarts e di tutto il mondo magico che mi circondava, lasciandomi a bocca aperta, ammaliata dalle tue parole.
Guardo la sveglia sul mio comodino: le cinque sono passate da un po’. Fra meno di un’ora le tenebre si dilegueranno lasciando il posto alla luce tenue dell’alba. Poi tu ti sveglierai, mi saluterai con un dolce sorriso baciandomi teneramente sulle labbra e mi dirai “Ti amo” facendomi arrossire come una ragazzina.
Non ho più sonno ormai. Torno a sdraiarmi al tuo fianco, ripensando al sogno di poco fa. Ti stringo forte a me per paura che tu te ne vada. Sono proprio una ragazzina! Le mie paure, però, non sono infondate e la memoria  porta ancora il segno della nostra sofferenza.
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
Salve a tutti. Spero che il prologo alla storia vi sia piaciuto. Vi prego di non essere troppo brutali nei commenti: è la mia prima ff e sto ancora imparando. Spero di aggiungere presto il prossimo capitolo. C.S.

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Capitolo 2
*** 1° Capitolo ***


1° Capitolo
 
La porta si aprì con un fastidioso cigolio. “Devo ricordare a papà di farla aggiustare.” pensò la ragazza appena arrivata. Lily Evans appoggiò l’enorme baule color cuoio vicino all’armadio a due ante in mogano e si sdraiò sul suo vecchio letto. Era arrivato luglio col suo caldo penetrante e per lei si prospettava un’estate molto noiosa a Privett Drive ora che lui non c’era più. Già… Non avrebbe mai pensato che Severus le sarebbe potuto mancare tanto! Ma dopo quello che era successo ai G.U.F.O. sapeva benissimo che nulla sarebbe tornato come prima tra loro. Sospirò rumorosamente. La porta si spalancò all’improvviso riproducendo quell’orrendo stridio che stava per rompere il delicato equilibrio emotivo della ragazza. “Ah! Sei già tornata!” disse Petunia con un’espressione tra la sorpresa e il disprezzo. “Anche per me è un piacere rivederti, Tunia.” rispose Lily con un mezzo sorriso. “Basta convenevoli, Lily, arriviamo al sodo. Questa sera verrà a cena il mio fantastico fidanzato, Vernon e mamma mi ha obbligato a presentartelo. Quindi inizia a prepararti, si cena alle sette. E mi raccomando: vedi di comportarti come la persona normale che in realtà, però, non sei.” Lily sbuffò:“Sai che fino al compimento dei 17 anni non posso fare magie….” “NON…. PRONUNCIARE…. QUELLA….PAROLA!” replicò Petunia con un espressione disgustata, diventando livida in volto. Era scossa da mille tremiti e il suo respiro si era fatto affannoso; le labbra di Lily si piegarono all’insù in un sorriso triste. “Cavolo Tunia, dopo tutti questi anni non ci hai ancora fatto l’abitudine. Sei proprio un’ottusa!” Gli occhi di Petunia si infiammarono, ma la rossa proseguì senza battere ciglio: “Perché non riesci a capire che tra di noi non ci sono differenze? Io sono un essere umano proprio come te. Quindi, ti prego, smettila di trattarmi come se fossi un mostro, perché non lo sono!” Le labbra della sorella si aprirono tremanti di collera e in un sussurro forzato, rispose: “Dì pure quello che vuoi, ma la mia opinione non cambia! E questa sera non crearmi problemi!” e uscì sbattendo la porta. Lily sprofondò la faccia nel cuscino e represse un grido di rabbia. Quando mai aveva dato noia a Tunia? Eppure da quando frequentava Hogwarts la sorella la trattava come una palla al piede o, peggio, come una matta scappata dal manicomio. E con gli anni la cosa andava peggiorando. Non si sentiva più a casa lì, ma continuava a tornarci ogni volta che era possibile per amore dei suoi genitori. E poi si rincuorava pensando che aveva Sev e lui aveva lei. Ma ora questo non lo poteva più dire.
 
Dopo aver risistemato il suo baule, essersi fatta una doccia e aver indossato un vestito blu cobalto, Lily scese in soggiorno quando mancavano cinque minuti alle sette, si sedette sulla sua poltrona preferita accavallando elegantemente le gambe e si mise ad aspettare Vernon insieme al resto della sua famiglia. Lei non l’aveva mai visto, ma, da quanto aveva appreso dalle lettere che i suoi le avevano inviato, da un paio di mesi il ragazzo frequentava regolarmente la loro casa. I suoi genitori non avevano mai espresso giudizi su di lui via lettera, ma a Lily non importava un granché, anzi, avrebbe preferito qualsiasi cosa invece che quella stupida cena. Anche i suoi occhi tristi…. La mente volò a qualche mese prima, davanti al dormitorio dei Grifondoro. Severus la stava pregando di scusarlo, ma lei gli aveva voltato le spalle e se ne era andata. Si era detta che lo aveva fatto perché ormai erano diventati troppo diversi o perché gliene aveva già perdonate troppe. Ma ora, a mente fredda, sapeva bene che non l’aveva perdonato perché le aveva spezzato il cuore…… Scosse la testa lievemente tornando alla realtà e ripromettendosi di non pensare più a lui (se mai fosse stato possibile!).
In quel momento il campanello risuonò con forza nella stanza. “È arrivato!” squittì felice Petunia. Il signor Evans andò ad aprire la porta e fece il suo ingresso nella sala Vernon Dursley. Lily tentò di evitare una smorfia di disgusto: l’uomo sembrava il figlio brutto della Signora Grassa. Il volto rubicondo assomigliava ad un pentolone per pozioni e un grosso naso pieno di acne completava il ritratto. Era il completo opposto della sorella: magra, secca e con un lungo naso a punta. “È proprio vero che Dio prima li fa e poi li accoppia” pensò Lily. Tunia presentò con riluttanza la sorella al fidanzato che la salutò educatamente, ma alla rossa sembrò che l’avesse guardata dall’alto in basso come se avesse voluto inquadrarla con un solo sguardo. Poi si misero a tavola e iniziarono a cenare. Vernon intratteneva la conversazione interrotto ogni tanto dalla risatina stridula di Petunia. Lily si era completamente estraniata dalla discussione e rifletteva su come impegnare il tempo nei prossimi due mesi finchè una parola dell’ospite la riscossero dal suo stato di trance: “Spinner’s End……” “Scusa cosa hai detto?” chiese subito Lily. Vernon un po’ stupito dall’improvviso intervento della ragazza ripeté l’ultima parte del discorso: “Stavo dicendo che mentre venivo qui sono passato per Spinner’s End e mi stavo dispiacendo del fatto che vicino ad un quartiere così bello come il vostro se ne trovi un altro altrettanto brutto e malfamato, visto la gente che vi abita: tutti ubriaconi e delinquenti, tipi per nulla raccomandabili che non sono altro che un peso per la società!” “Questo non è vero! Tu pensi di dare giudizi su persone che nemmeno conosci, valutandole sulla base della povera vita che purtroppo conducono, spesso non per loro volontà, ma perché costretti dalle avversità, solo perché finora hai condotto un’esistenza invidiabile, sempre coccolato e viziato dai tuoi genitori che ti hanno insegnato a fermarti solo all’apparenza? Se è così, sei un arrogante pallone gonfiato che si crede superiore agli altri, ma in realtà sei l’ultimo degli uomini, il più viscido, arrogante, presuntuoso essere umano che io abbia mai conosciuto!” Lily era esplosa facendo fuoriuscire tutta la frustrazione degli ultimi mesi e lasciando tutti a bocca aperta. Dopo un attimo che parve ad ognuno di loro interminabile, Vernon Dursley, rosso per la vergogna, rispose con tono asciutto: “Senti, ragazzina, io non dico mai niente senza prima avere le prove di ciò che affermo. Mentre venivo qui ho visto un’ambulanza e una volante della polizia parcheggiate davanti ad una delle ultime case di Spinner’s End. Questo come lo giustifichi?” Lily rabbrividì; si alzò di scatto e si precipitò subito in strada senza dire una parola sotto lo sguardo atterrito di tutti. Un campanello le era suonato in testa: ultimamente Severus le aveva detto che le cose tra i suoi stavano andando sempre peggio, ma non si era preoccupata più di tanto. I genitori di Sev erano sempre dietro a litigare violentemente e ormai sia il suo amico che lei ci erano abituati. Ma, se per caso, questa volta il signor Piton avesse oltrepassato il limite? Lily continuava a correre senza pensare alle scarpe che le facevano male né tanto meno che con lui non si parlavano da un mese. Non era importante in quel momento: Sev aveva bisogno di lei.
Finalmente arrivò a Spinner’s End e vide una folla di gente proprio davanti alla casa dell’amico. Chiese a uno spettatore che cose fosse successo. “Sembra che quel beone di Piton sia tornato a casa più ubriaco del solito , abbia picchiato a sangue il figlio e la moglie per salvarlo sia rimasta uccisa. Povera donna, ha finito di soffrire. Dicono che stesse ancora con quel bruto solo per il figlio, per dargli un tetto sulla testa. Chissà che ne sarà di lui ora. Che io sappia non ha altri parenti in vita. ” A Lily non sembrava vero, si sentiva mancare, ma con le poche forze che le erano rimaste, si fece largo tra la folla. In quel momento vide uscire dalla casa una barella coperta da un panno bianco che lasciava intravedere la sagoma di un corpo femminile. Sulla soglia della porta stava un ragazzo dai capelli neri, la carnagione olivastra e gli occhi neri fissi nel vuoto.  Aveva un braccio fasciato, due tagli superficiali sulla faccia e sul collo e una serie indefinita di lividi. Accanto a lui un uomo vecchio con una lunga barba bianca e degli abiti stravaganti color melanzana: Silente. All’improvviso dalla casa uscì il padre di Severus in manette scortato da due poliziotti. Appena vide il figlio, iniziò a dimenarsi e a gridare: Demonio! Non sei mio figlio, sei figlio del diavolo! Sei un mostro proprio come tua madre!” Silente mise un braccio intorno alla spalla del ragazzo per tranquillizzarlo e poi lo portò via da quel luogo. Sev non aveva versato una lacrima, ma Lily aveva visto nei suoi vacui occhi neri la sua profonda disperazione e il suo infinito dolore e pianse per lui.
 
Tornata a casa, Lily spiegò ai suoi genitori a sommi capi cos’era successo ascoltando in silenzio la ramanzina per come si era comportata a cena, poi andò in camera sua a stendersi sul letto. Ma aveva appena chiuso la porta che entrò Petunia, tremante di rabbia, gridando: “Neanche per una sera puoi evitare di fare la pazza! Chissà cos’avrà pensato Vernon! Possibile che non puoi mai farmi un favore! Hai preferito quel pezzente a tua sorella! Sei un’insensibile, un’egoista!” A questo punto, Lily esplose, spinse la sorella contro l’armadio, estrasse la bacchetta e disse a denti stretti: “Io egoista e insensibile? È da quando ho scoperto di essere una strega che mi insulti e mi ferisci. Non ti ho mai dato fastidio né ti ho mai messa in imbarazzo. Non mi sono mai lamentata per come mi tratti. E anche questa sera sarei stata zitta senza mai metterti in imbarazzo. Ma il tuo ‘fantastico fidanzato’ ha esagerato e non potevo più tollerare quelle offese indirette a Severus. E, per quanto riguarda il fatto della mia fuga, me ne sono andata via perché Sev aveva più bisogno di me di quanto ne avessi tu. E smettila di offenderlo: ha sempre avuto una vita difficile e infelice e ora che ha perso entrambi i genitori, hai pensato a cosa farà da solo? E tu ti lamenti per una cena andata male?!” A quel punto Lily abbassò la bacchetta e iniziò a regolare il respiro che fino ad allora era stato affannoso. Petunia ne approfittò per lasciare la stanza spaventata e sconvolta. Lily si sedette per terra e riniziò a piangere. Questa volta Tunia aveva passato il limite sia con lei che con Severus. Ma perché lo continuava a difendere? “Perché lo amo ancora” disse in un sussurro. Era vero da un po’ di tempo il sentimento che provava per Severus si era trasformato da amicizia in amore, ma a lui non l’aveva mai detto dato che anche con se stessa era difficile ammetterlo e ormai era troppo tardi per cambiare le cose visto che non erano neanche più amici. E continuò a piangere per tutta la notte.
 
Quella mattina il cielo londinese minacciava pioggia. Lily si mise un abito nero lungo fino al ginocchio, calze scure e scarpe nere. In testa un cerchietto con un fiocchetto laterale per tenere in ordine i lunghi capelli mossi come fiamme al vento. Si infilò un cappottino leggero, prese l’ombrello e uscì di casa. I suoi le avevano proposto di accompagnarla al funerale, ma lei aveva preferito andarci da sola. Se avessero visto che lei e Severus non si rivolgevano la parola, avrebbero iniziato a fare domande e sarebbe stato troppo complicato spiegare perché non erano più amici. Il vento si era alzato e qualche gocciolina di pioggia iniziava a scendere dal cielo plumbeo. Lily alzò il colletto del suo cappotto senza aprire l’ombrello e accennò a un sorriso malinconico. Quel tempo le ricordava una giornata di un anno e mezzo fa.
 
Era il suo compleanno e le sue amiche le avevano preparato una festicciola ai Tre manici di scopa. Era felice di quella sorpresa, ma allo stesso tempo le dispiaceva perché Sev non sarebbe stato presente. Aveva addotto come scusa una forte emicrania, ma in fondo Lily sapeva che in mezzo a tutti quei Grifondoro non si sarebbe sentito a suo agio. Entrò nel locale e subito alcune ragazze corsero ad abbracciarla gridandole auguri. Poi tra la folla scorse una persona che non si aspettava di vedere, dato che aveva chiesto espressamente che non fosse presente. “Ehi, Evans! Happy birthday! Non sei stata molto carina a non invitarci. Fortunatamente abbiamo incontrato Mary che lo ha fatto al posto tuo.” Il viso compiaciuto di James Potter le si parò davanti e subito al suo fianco comparve il suo fidato, inseparabile amico Sirius Black. Questo le arruffò i capelli e disse: “Buon compleanno rossa!”  Da dietro spuntarono anche Remus Lupin e Peter Minus che le rinnovarono gli auguri ai quali Lily rispose con un lievissimo cenno del capo. James riprese: “ Visto che ci hai invitati all’ultimo momento, non abbiamo un regalo. Ma, in compenso, posso offrirti un appuntamento o, meglio ancora…. un bacio!” e le strizzò l’occhio con fare malandrino. La ragazza fece una smorfia e si allontanò. Da quel momento Potter tentava di starle il più attaccato possibile svicolando dalle altre ragazze che, non meno entusiaste, ripiegavano su Black. In un attimo di tregua Lily appoggiò la fronte a una finestra per trovare sollievo al mal di testa che le era venuto e si mise a guardare la strada innevata. In mezzo alla folla trafelata, scorse un ragazzo tutto vestito di nero con in mano un paio di pacchetti. Se non avesse saputo che si trovava al castello, Lily avrebbe detto di aver visto Severus fuori dalla finestra. Ma non poteva essere: perché sarebbe dovuto venire ad Hogsmade e non alla sua festa?
 
“Quante volte ti devo ripetere che mi dispiace, Lily? Questa sarà la trentesima!” Mary stava tentando di farsi perdonare, ma l’amica lo aveva già fatto, anche se le piaceva vederla sulle spine. Sapeva quanto Mary tenesse a James, quanto la facesse star male il fatto che fosse l’unica ragazza Grifondoro a non essere corteggiata dal ragazzo. Non che Mary fosse brutta (anzi, era una delle ragazze più belle della scuola con i suoi occhi verdi, molto simili a quelli di Lily, e i lunghi capelli biondi come il grano maturo), ma entrambi facevano parte della squadra di Quiddich e lui la considerava soltanto una compagna di squadra. In più Lily era la migliore amica di Mary ed anche la ragazza che piaceva più a Potter.
In quel momento un gufo bussò ai vetri del dormitorio. Lily aprì leggermente un’anta della finestra e l’animale gli allungò la zampa a cui era legato un piccolo pezzo di pergamena. La ragazza lo sfilò delicatamente e il volatile se ne andò. Sul foglietto c’era scritto “Ci vediamo tra 10 minuti nel sottoscala in fondo alla torre dei Grifondoro. Ti aspetto.” Non era firmato, ma la rossa avrebbe riconosciuto quella calligrafia tra mille. Prese il mantello e si accinse a uscire. “Dove vai?” le chiese Mary. Si era completamente dimenticata della discussione che stavano avendo. “Scusa Mary, ma devo vedere una persona. Cerca di coprirmi ti prego. E per quello che è successo oggi, ti avevo già perdonato ventinove tentativi di scuse fa.” E uscì lasciando l’amica tra il felice e l’indignato.
Scese rapidamente le scale e più di una volta rischiò, inciampando, di rompersi l’osso del collo. Arrivata alla fine della gradinata si guardò intorno tentando di scorgere qualcuno o qualcosa nell’oscurità più assoluta. Nella fretta si era dimenticata la bacchetta sul suo letto e non c’era neanche una torcia accesa a quell’ora di notte: erano circa le undici e mezza e il coprifuoco era scattato già da un bel po’. “Lily, sono qui” una voce si fece spazio flebilmente nel buio seguita da una fioca luce di una bacchetta. “Sev!” Lily scorse finalmente il viso dell’amico che le sorrideva. Gli si avvicinò, lui la prese per mano e la guidò verso il “loro” sottoscala dove a volte si incontravano la notte dopo il coprifuoco. Nella tenue luce la ragazza vide che sul pavimento era stata stesa una tovaglietta con sopra un paio di muffin e vicino c’era un piccolo pacchettino. Si voltò verso Severus che un po’ imbarazzato le disse: “Buon compleanno Lily!” “Sev….. non so cosa dire. Grazie!” e gli buttò le braccia al collo facendolo diventare rosso come un pomodoro. “Allora il ragazzo che ho visto oggi eri proprio tu. Perché non sei entrato da madama Rosmerta?” “E farmi massacrare da Potter e compagni? No grazie!” Calò il silenzio ed entrambi si guardarono negli occhi in una maniera nuova, più intensa e profonda che li mise a disagio. Poi Sev accese una piccola candela su uno dei muffin e disse: “Esprimi un desiderio!” Lily chiuse gli occhi, si concentrò e soffiò con più foga del necessario investendo il povero Severus con fumo e zucchero a velo. Tutti e due si misero a ridere e la tensione si attenuò. L’orologio suonò la mezzanotte, ma loro erano ancora lì a ridere e a divertirsi insieme. Avevano mangiato i muffin e Lily aveva aperto il regalo dell’amico: un fermacapelli a forma di giglio. Fuori stava iniziando a piovere. All’improvviso Lily scoppiò a ridere e allo sguardo interrogativo dell’amico rispose: “Ti è rimasta dello zucchero in faccia. Aspetta, ti pulisco io.” Tirò fuori dalla tasca un fazzolettino e si avvicinò alla faccia del ragazzo. I loro occhi si incontrarono, non erano mai stati così vicini. Poi accadde: Lily si avvicinò ancora e le loro labbra si unirono in un bacio delicato e inesperto. Si staccarono dopo pochi secondi. Lily guardava Sev in attesa che dicesse qualcosa visto che era stata lei a fare la prima mossa. Ma l’unica cosa che il ragazzo disse fu: “Ora è meglio andare”. Lily annuì delusa e si diedero la buona notte. Il giorno dopo si comportarono come se non fosse successo niente. Ma Lily non aveva mai dimenticato il suo primo bacio e a volte sentiva ancora il dolce sapore delle labbra di Severus sulle sue.
 
La pioggia aumentò di intensità. Lily sotto il suo ombrello a pallini blu e bianchi stava nascosta dietro un alto faggio che di funerali ne doveva aver visti tanti, ma forse mai uno così solitario. Intorno a una bara senza fiori stavano un ragazzo con in volto più anni di quanti ne avesse in realtà, un vecchio signore dagli occhiali a mezzaluna e una signora di mezz’età che Lily non aveva mai visto prima. Il sacerdote, un ragazzo che non poteva avere più di trent’anni, si trovava in grande imbarazzo e non sapeva cosa dire. Dopo aver biascicato qualche parola,benedì la bara e fece segno ad un paio di uomini di interrarla e di ricoprirla. Poi se ne andò.
Albus Silente prese Severus per un braccio e iniziò a parlare con la donna che era con loro. Lily non riusciva a sentire cosa il preside le stesse dicendo, poi vide Sev allontanarsi dal preside per mettersi sotto l’ombrello della signora.
La ragazza capì che era il momento di andarsene, ma da dietro qualcuna la richiamò. “Lily Evans!” “Buongiorno professor Silente” la rossa si voltò per vedere in faccia il suo interlocutore. “Potevi unirti a noi durante la funzione, ma suppongo che la folla numerosa te lo abbia impedito!” prosegui il preside con un dolce sorriso sulle labbra. Lily abbassò lo sguardo e iniziò a torturarsi una ciocca di capelli: “No… è che….. io e Severus non ci parliamo da settimane.”
“Eppure tieni ancora molto a lui, se no non si spiegherebbe la tua presenza qui oggi.”
“Mmm… forse…. a proposito, cosa gli succederà adesso?”
“Da come la guardavi, direi che la presenza di Mrs Jhons non ti è passata inosservata. È la direttrice di un orfanotrofio qui vicino. Severus vivrà lì per un anno fino al compimento dei suoi diciotto anni. Poi erediterà la casa a Spinner’s End e quel poco che sua madre gli ha lasciato.”
Tra i due cadde un profondo silenzio. Fu di nuovo Silente a parlare: “È ora che tu vada adesso. I tuoi genitori saranno in pensiero e la signora Jhons mi starà cercando per firmare le ultime pratiche per il trasferimento di Severus.”
“Sì, meglio che mi avvii. Arrivederci professore.” Lily se ne stava andando, ma Silente la richiamò ancora una volta: “Signorina Evans! Non so perché voi due abbiate litigato, ma Severus in questo momento ha bisogno di un amico e lei è l’unica che potrebbe aiutarlo a non fare una scelta sbagliata che potreste rimpiangere entrambi.”
La ragazza sapeva che il vecchio mago aveva ragione, ma il suo orgoglio ebbe la meglio su ciò che sentiva nel cuore: “Gli sono venuta incontro fin troppe volte. E poi lui ha altri amici come Avery e Mulciber. Io non gli servo.”
“Forse ha ragione, ma, a meno che non abbiano un mantello dell’invisibilità ciascuno, i cosiddetti ‘amici’ di Severus oggi non c’erano. E lei invece sì, perché? Ci rifletta su! Buone vacanze!” e l’anziano preside si allontanò canticchiando sottovoce.
 Lily rimase un attimo impietrita. La pioggia stava cessando. Chiuse l’ombrello e si allontanò da quel luogo pensando che non era stata una buona idea venire.
Silente intanto aveva raggiunto Severus e Mrs Jhons che si erano avvicinati al parcheggio auto del cimitero. Il ragazzo si era domandato con chi fosse andato a parlare il vecchio mago, ma la posizione in cui lo aveva trascinato quella arpia arrogante per evitare che le sue scarpe si sporcassero ulteriormente, aveva completamente mandato in fumo i suoi tentativi. Era tentato di chiederlo al professore, ma questi con un sorriso che mal si adeguava alla situazione, lo prese da una parte e gli disse: “Guarda!” indicandogli una ragazza che si stava allontanando di corsa. Avrebbe riconosciuto quei capelli rossi tra mille. “Lily” sussurrò. E senza chiedere il permesso si mise all’inseguimento dell’amica lasciando Mrs Jhons in preda a un attacco di nervi.
 
Lily camminava spedita continuando a ripensare alle parole di Silente. Perché il vecchio preside non si faceva gli affari suoi invece di andare in giro spargendo perle di saggezza a destra e a manca? Come se lei non avesse altro a cui pensare! Ma forse era sempre la sua dannata testardaggine a parlare così. Forse lei voleva andare da Severus, dirgli che gli dispiaceva e abbracciarlo facendo tornare tutto come prima. No, niente sarebbe stato più come prima. Lui l’aveva tradita, ferita e gli aveva mentito. Non poteva perdonarlo….. O forse non voleva per il suo orgoglio di Grifondoro? La testa le stava scoppiando. Tirò un calcio ad un sasso che rimbalzò sopra un oggetto in metallo producendo un suono sordo e lungo. Senza accorgersene era arrivata al vecchio parco giochi dove aveva conosciuto Severus, dove aveva scoperto di essere una strega. Si avvicinò alle vecchie altalene. I seggiolini erano bagnati, quindi la ragazza ci salì in piedi iniziando a farsi dondolare lentamente. Non si era accorta che come quel giorno di tanti anni fa, qualcuno la stava osservando nascosto tra i cespugli pensando a quanto fosse bella e a quanto fosse stato stupido a rovinare il loro rapporto. Non si meritava non persona così speciale. Severus stava per andarsene, ma inciampò in una radice sollevata finendo disteso a terra allo scoperto. Lily a quel rumore ebbe un sussulto, poi riconobbe il ragazzo disteso a terra e disse: “Perché mi stavi spiando?”
“Scusa, non volevo. Ho visto che eri al funerale e volevo solo ringraziarti.” Si rialzò da terra con tutto il vestito che aveva noleggiato con Silente per l’occasione sporco di fango. Chissà cosa avrebbero detto quelli del negozio.
La ragazza saltò a terra con eleganza e iniziò ad allontanarsi. “Non era necessario. Condoglianze per la tua perdita.”
“Lily, aspetta!” Il ragazzo ora la teneva per un braccio costringendola a guardarlo negli occhi. “Non so quante volte ho provato a chiederti scusa, ma tu non mi hai ascoltato. Ti prego. Perdonami. Non volevo dire quello che ho detto. Sai che non ti ferirei mai!”
“Non mi interessa! Tu, oltre avermi insultata, mi hai anche mentito. Quando eravamo piccoli mi dicesti che non c’erano differenze tra purosangue e mezzosangue. Eppure oggi tu credi in questa differenza e miri a distruggere chi non ha i genitori maghi. Sei diventato come Avery e gli altri Serpeverde.”
“Se è questo il problema, ti giurò che cambierò. Non frequenterò più Avery e gli altri, smetterò di difendere lo stereotipo della razza pura di maghi. Ma ti prego, Lily, torna ad essere mia amica!” Avevano entrambi le lacrime agli occhi.
La ragazza scosse lentamente la testa: “Proprio non ci arrivi? Non devi cambiare per me, ma perché sai che è la cosa giusta. E tu non sei convinto di cambiare. Perciò non fare promesse che non puoi mantenere e, per favore, non cercarmi più. Addio Severus.” Si divincolò dalla stretta del ragazzo e iniziò a correre verso casa, piangendo. Severus rimase immobile, le lacrime gli uscivano senza che lui riuscisse a fermarle. Aveva cercato di non piangere per la perdita di sua madre: si continuava a ripetere che un uomo non esterna i suoi sentimenti come una donnetta, specie un Serpeverde. Ma quelle parole erano state come una lancia che gli aveva trapassato il cuore e gli aveva tolto il respiro. Sapeva che la sua vita da quel momento sarebbe stata veramente sola e vuota senza Lily, lei che era il suo sole, la sua aria, il suo cuore, l’amore della sua vita.
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
Ecco il primo capitolo di “E così il serpente si innamorò del giglio”. Spero vi sia piaciuto e spero di riuscire a pubblicare il 2° capitolo prima dell’inizio dell’università. Dopo sarò più impegnata e il lavoro procederà più a rilento. Ma non preoccupatevi, non vi abbandonerò! Nel frattempo fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo. Saluti. C.S.
P.s. io sono una frana nei titoli, quindi non darò titoli ai vari capitoli….. per ora. Scusate!

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Capitolo 3
*** 2° Capitolo ***


2° Capitolo
 
L’estate per i due ragazzi trascorse in maniera differente. All’insegna della tristezza per una e della riflessione per l’altro. Lily stava sempre rinchiusa in camera sua a leggere, studiare o guardare vecchie foto degli anni trascorsi ad Hogwarts nelle quali lui compariva sempre. Mary le scriveva spesso, ma non le aveva detto niente di quello che era successo. L’avrebbe notato da sola una volta a scuola. Così continuava a dirle che stava bene e che si annoiava per non farla preoccupare, ma ogni parola era una bugia che gli lacerava l’anima e la faceva piangere. Aveva perso il conto delle notti passate insonni a soffocare i singhiozzi nel suo cuscino.
 
Anche Severus se ne era stato rinchiuso nella sua nuova stanzetta per quasi un mese e non aveva toccato cibo per quasi una settimana. La signora Jhons pensava che il suo comportamento fosse dovuto alla perdita della madre e cercava in tutti i modi di consolarlo e di farlo mangiare, con scarsi risultati. Dopo tre settimane di isolamento volontario, Severus decise di uscire nel giardino dietro l’istituto: aveva voglia di sgranchirsi le gambe e l’aria fresca forse gli avrebbe schiarito le idee. Era quasi ora di cena e tutti i bambini erano già rientrati. “Meglio” pensò “non  ho proprio voglia di sentire gli schiamazzi di quei bimbetti che…” ma non aveva finito di formulare la frase che andò ad urtare contro qualcosa. O meglio qualcuno. Non tutti erano già andati a cena: seduta su un gradino dell’entrata, stava una bambina dai capelli rossi con due occhi castani gonfi di pianto;  non doveva avere più di sette anni. Quando sentì qualcuno sbatterle contro, alzò di scatto gli occhi lucidi e biascicò una specie di ‘Scusa’ intimorita dall’arrivo di quel nuovo ragazzo tutto vestito di nero con due occhi che sembravano pozzi di petrolio. Severus inarcò leggermente il sopracciglio destro e continuò a camminare come se non fosse successo niente. Non gli erano mai piaciuti particolarmente i mocciosi, specie quelli piagnoni come quella lì… “Ehi! Ti ho chiesto scusa brutto pipistellaccio!” Il ragazzo si voltò basito: la bambina si era alzata in piedi, gli occhi ancora arrossati pieni di furore. “Come mi hai chiamato?” le disse mentre tornava sui suoi passi. “Brutto pipistrellaccio!” gli rispose la bimba con una nota di panico nella voce ora che lui si stava riavvicinando. Quando Severus le fu praticamente di fronte sovrastandola con la sua altezza, quella piccola impudente (così l’aveva ribattezzata) si raggomitolò su se stessa, si prese la nuca tra le mani e disse: “Ti prego non tagliarmi i capelli!” Il mago la guardò accigliato: “E perché mai dovrei volerti tagliare i capelli?” “Perché Susy Lought dice che sono i capelli del diavolo, che il loro colore è quello delle fiamme dell’Inferno! Dice che io sono senz’anima*!” La bambina minacciava di rimettersi a piangere. Severus abbozzò un sorriso triste e le si sedette accanto: solo allora notò che quella mocciosa aveva un paio di ciocche di capelli più corte delle altre. Fece due più due: evidentemente una certa Susy le aveva appena tagliato i capelli e lei era terrorizzata che le potesse ricapitare. “Poverina!”Poverina?! L’aveva pensato veramente? Lui?! Scioccato da quel pensiero, solo allora  il ragazzo si accorse di nutrire dei sentimenti verso quella bimba che non aveva mai provato prima: dispiacere e desiderio di aiutare. Tutto ciò era assurdo: lui non aveva mai aiutato nessuno, aveva sempre pensato solo a se stesso. Era Lily quella che si preoccupava per le persone, quella generosa e disponibile: era un angelo, il suo angelo… e lui l’aveva persa. Guardò di sbieco i capelli della bambina: gli ricordavano quelli di Lily quando era più piccola. Alla fine Severus decise di provare ad essere quello che non era mai stato e che aveva accuratamente evitato di diventare: altruista. Inspirò profondamente e iniziò a parlare, sperando che le parole dette non andassero a peggiorare la situazione: “Sai, i tuoi capelli hanno lo stesso colore di quelli di una persona che conosco: il colore delle fiamme vive al vento. E questa ragazza è la donna  più buona che abbia mai incontrato: gentile, disponibile, amorevole e allo stesso tempo fiera e determinata. Lei riesce a vedere il bello in ogni persona e a farlo notare anche agli altri. È  un angelo caduto dal cielo. Dovresti essere fiera di avere i suoi stessi capelli!” La bambina lo guardò per un momento sbalordita, poi fece una cosa che prese Severus in contropiede: gli buttò le braccia al collo e lo abbracciò forte forte sussurrandogli all’orecchio: “Grazie!”
Il ragazzo era impietrito:  non aveva mai ricevuto un abbraccio da qualcuno se escludeva Lily e sua madre e anche quelli si contavano sulla punta delle dita. Doveva, però, ammettere che gli piaceva quel contatto. Era caldo, puro, unico.  Nella sua semplicità era carico di quella magia che possiedono sia maghi che babbani: l’amore.
Con il passare del tempo Severus iniziò ad affezionarsi sempre più a quella bambina dai capelli rossi che si chiamava Julia. Lei gli aveva raccontato che era in orfanotrofio da due anni, che i suoi genitori erano morti in un incidente d’auto e che le mancavano tanto, anche se sapeva che loro erano sempre al suo fianco e la proteggevano. Il ragazzo si accorse presto di aver giudicato male Julia: non era affatto una piccola impudente piagnona; anzi, era una bimba solare, dolce e coraggiosa. Nonostante avesse già sofferto tanto, amava la vita con tutta se stessa e vedeva sempre il lato positivo delle cose. Per Severus questa gioia e questa energia erano diventate come una medicina, un rimedio per scacciare la tristezza, il pessimismo, l’amarezza e la solitudine. Il suo cuore si era alleggerito dall’inizio delle vacanze e il sorriso di Julia  lo portò a chiedersi se la strada che voleva percorrere fosse quella giusta. Il Signore Oscuro poteva dire tutto ciò che voleva, ma quei mesi in quell’orfanotrofio, avevano fatto capire a Severus che ogni persona, mago o babbano che fosse, era speciale. Non c’era distinzione tra lui e Julia: erano entrambi esseri umani che lottavano per trovare il loro posto nel mondo e non era giusto pensarsi superiore a quella bimba e voler distruggere la sua felicità solo perché lui era nato con delle doti in più. Semmai avrebbe dovuto usare proprio quelle doti per proteggere coloro che non le possedevano.
Severus aveva trovato la sua strada: avrebbe smesso di frequentare Avery, Mulciber e gli altri e avrebbe iniziato a difendere le vittime dei loro attacchi. E forse un giorno, Lily lo avrebbe perdonato e sarebbe tornato tutto come prima. No, non come prima. Non poteva più reprimere i suoi sentimenti: amava la strega e pregava che venisse il giorno in cui finalmente le avrebbe dichiarato il suo amore. Quella notte di un anno fa, quando lei lo aveva baciato, lo aveva colto alla sprovvista e la sua corazza difensiva aveva preso il sopravvento sui suoi sentimenti. Si era detto che quel  bacio per lei era solo un gesto d’amicizia, ma si era subito accorto che il suo atteggiamento era unicamente un modo per evitare di esporsi, di soffrire: non voleva più soffrire. Ma se ne era pentito: come aveva potuto solamente pensare che Lily avrebbe potuto ferirlo. Invece era stato lui, nella sua infinita stupidità, a ferire lei. Non avrebbe ripetuto lo stesso errore né con lei né con chiunque altro gli avrebbe dato fiducia.
All’inizio di settembre Severus lasciò l’istituto diretto alla stazione di King’s Cross per prendere il treno per Hogwarts. Julia era stata stranamente in silenzio per tutto il  tempo dei preparativi del viaggio. Al momento di saluti lo accompagnò fino alla porta e poi gli disse: “ Ci vediamo a Natale?” e gli offrì un piccolo fiorellino. Severus prese il fiore e lo mise in tasca: “Certo!” Si abbracciarono e Julia gli diede un bacio leggero sulla guancia. Poi lui raccolse il baule e salì sulla macchina di Mrs Jhons che si era offerta di accompagnarlo alla stazione.
 
Il binario 9 e tre quartiera affollato come al solito. Lily vide tra la folla qualche sua compagna di classe che salutò con la mano, poi finalmente scorse la testa di Mary e le andò incontro. “Lily! Che bello vederti!” e si abbracciarono. La ragazza non sapeva quanto quel gesto giovasse all’amica.  Caricarono i bauli sul treno e poi cercarono un vagone per loro, ma erano già tutti occupati; così dovettero accontentarsi di dividere la cabina con tre ragazze Corvonero del quarto anno. “Allora, come sono andate le vacanze? E i G.U.F.O.? Io li ho presi tutti, o meglio, quasi tutti: non ho passato Divinazione, ma non me ne importa niente. Anzi sono contenta di poter smettere finalmente con quella materia così inutile!”  L’entusiasmo dell’amica fece sorridere Lily che da molto tempo aveva bisogno di un po’ di allegria nella sua vita. Le due iniziarono a parlare del più e del meno e la rossa iniziò a scaricare la tensione accumulata negli ultimi mesi. Era la prima volta che tornava a scuola più stanca di quando l’aveva lasciata.
 Il treno era appena partito e Mary le stava raccontando della vacanza nella Francia del Nord, quando voltando la testa lo vide passare fuori in corridoio. Il suo cuore perse un battito. Severus si voltò dalla sua parte e lei distolte immediatamente lo sguardo. Infondo, cosa si aspettava? Sapeva benissimo che l’avrebbe incontrato, se non sul treno, sicuramente a scuola e molto probabilmente avrebbero frequentato dei corsi comuni. Si era preparata a questo. E allora perché non riusciva a controllare il suo cuore e perché le sue lacrime minacciavano di uscire di nuovo? Mary aveva assistito impassibile a tutta la scena; prese le mani di Lily che stavano tormentando le pieghe della gonna, tra le sue e le disse: “A giugno non eri in queste condizioni eppure era passato poco tempo dal vostro litigio. È successo qualcos’altro quest’estate tra voi?” La rossa alzò gli occhi dalle gambe al viso dell’amica, due lacrime le uscirono involontariamente e attirarono l’attenzione delle tre Corvonero che iniziarono a sghignazzare. Mary si girò verso di loro, gli occhi smeraldini ridotti a due fessure, dicendo: “Uscite da sole o vi butto fuori io a calci?” Le tre ragazze sbuffarono in coro e uscirono in fila. Soddisfatta del risultato ottenuto, l’amica si girò nuovamente verso Lily, invitandola con lo sguardo a cominciare la storia. La ragazza le raccontò della morte della madre di Severus, del funerale, delle parole del preside, della loro discussione e dell’estate passata a piangere. Mary l’ascoltava in silenzio; poi quando l’amica tacè, disse: “Cavolo! Mi sembrava dalle tue lettere che mi stessi nascondendo qualcosa, ma non mi aspettavo tutto questo!”  e le porse un fazzoletto. Lily si asciugò gli occhi e si soffiò il naso, poi aggiunse: “Il problema è che se non sono riuscita a dimenticarlo in due mesi, di certo non ci riuscirò ora che lo vedrò tutti i giorni!” Mary non sapeva bene cosa dire. Anche lei soffriva per amore per James, ma almeno loro due erano amici, invece Lily e Severus non erano neanche più quello. Lei non aveva mai capito come l’amica potesse essere innamorata di un Serpeverde che, per altro, frequentava Mulciber e Avery, i ragazzi che l’avevano torturata due anni fa nello sgabuzzino delle scope al secondo piano, solo perché era figlia di babbani. Non erano stati espulsi perché le loro famiglie erano molte influenti e perché nessuno era presente e lei non aveva riportato ferite che potessero testimoniare le angherie subite da quei due: quindi nessuno le aveva creduto, eccetto Silente e la McGranitt. Eppure la rossa aveva sempre difeso Piton, dicendo che lui era diverso e che non avrebbe mai fatto male a qualcuno. Avrebbe voluto molto aiutarla, ma non sapeva proprio come. Così si limitò ad abbracciarla e a passarle un altro fazzolettino.
 
Severus continuava a camminare lungo il corridoio. Era quasi arrivato in testa al treno, ma non aveva ancora trovato uno scompartimento tranquillo. Era riuscito a sgattaiolare senza essere visto davanti alla cabina di Mulciber e degli altri Serpeverde. Non che avesse cambiato idea, ma aveva deciso di affrontarli quando sarebbero stati a Hogwarts, nella sala comune della loro Casa, sperando di non essere preso per un traditore e di non essere spellato vivo, ma ne dubitava vivamente. Fu meno fortunato quando si trovò di fronte ai Malandrini. Black, che era affacciato sul corridoio per vedere le facce di quelli del primo anno, gli aveva fatto lo sgambetto facendolo sbatte contro i vetri del treno. “Aaaah, Mocciosus, Mocciosus! In tutti questi anni non hai imparato proprio niente, eh?” gli disse con un sorriso sghembo che fece sospirare un paio di ragazze Tassorosso poco distanti da loro. Dietro le spalle di Black comparve subito il suo amico del cuore, James Potter affiancato da Peter Minus che continuava a sghignazzare, mentre Remus era rimasto seduto a leggere un voluminoso libro dalla copertina scarlatta estraniandosi completamente dalla vicenda. James si avvicinò a Severus che lo fulmino con lo sguardo, e disse: “Sai Piton, durante quest’estate sono molto cambiato….. diciamo maturato. Farò di tutto perché lei se ne accorga e, quando ciò avverrà, sarà mia. Credimi, con te fuori gioco, avvicinarmi a Lily Evans sarà una passeggiata!” Gli diede un paio di schiaffetti sulla guancia e si voltò rientrando nello scompartimento, ma una voce sprezzante lo raggiunse da dietro: “Non cantare vittoria , Potter. Io avrò fatto un errore, ma so per certo che lei tiene ancora a me e non te la lascerò senza lottare. Farò qualsiasi cosa per  riaverla, è una promessa!” James si voltò di scatto e vide Severus lanciargli uno sguardo di sfida che fece venire la pelle d’oca al cercatore dei Grifondoro: non aveva mai visto Piton così deciso e sicuro di sé. Ripreso un po’ del suo autocontrollo e della sua spavalderia, disse: “Che vinca il migliore, allora, ma dubito che tu sia migliore in qualcosa!” e tra le risate richiuse la porta della carrozza.
Severus aveva finalmente trovato uno scompartimento tranquillo, in cui erano seduti solo due Serpeverde del secondo anno di cui ricordava a malapena i visi, figuriamoci i nomi. Con il sottofondo delle loro voci, il ragazzo iniziò a pensare. “Potter maturo, tsk! Sarebbe più facile vedere Pix compiere buone azioni che James Potter diventare un uomo con la testa sulle spalle. Impossibile! Ma non è questo il mio problema più urgente: cosa devo dire ad Avery e company? Per di più anch’io sono un mezzosangue, se mi metto contro di loro, passerei da carnefice a vittima e, conoscendoli, diventerei il loro bersaglio preferito! Non posso, però, cambiare idea ora. Devo farmi coraggio, per Julia, per me stesso, per Lily! E se invece non dicessi niente? Se mi allontanassi da loro in silenzio? No, è da vigliacchi e sicuramente il mio cambiamento non passerebbe inosservato. No, gli devo parlare, ma che dire?”
Severus passò tutto il viaggio a formulare un buon discorso da fare a Mulciber e ad Avery senza neanche pranzare, ma alla fine arrivò ad Hogwarts senza una buona argomentazione per difendersi dai suoi compagni di casa e con una fame che avrebbe potuto vederla da tanto era grande!
 
Anche Lily non aveva mangiato niente, nonostante Mary l’avesse pregata in tutte le lingue che esistevano, ma al contrario di Severus lo stomaco le si era chiuso irrimediabilmente. Mentre scendeva dal treno cercò di sfoderare il suo miglior sorriso per evitare di far preoccupare le amiche che le stavano venendo incontro. Fortunatamente non si accorsero di niente e iniziarono a parlare tranquillamente, anche se Mary continuava a lanciarle degli sguardi che erano un misto di compassione, tenerezza e impotenza. A Lily sembravano così evidenti che temeva che le amiche se ne accorgessero e iniziassero a fare domande alle quali non voleva rispondere. Arrivati al castello prese posto al tavolo dei Grifondoro e accanto le si sedettero Mary e Holly Pirce. Voleva solo passare una cena tranquilla, ma il destino sembrava accanirsi contro di lei. Di fronte a lei, infatti, si sedette Potter e il suo gruppo. Il cercatore con un grande sorriso bianco iniziò a parlare: “Ciao Lily, passata una buona estate? Io sì, e noterai con piacere che ho utilizzato il tempo a disposizione per diventare un vero uomo. Ti accorgerai presto dei miei grandi miglioramenti. Ne resterai stupita!” La voce di James Potter le giungeva ovattata, mescolata alla canzoncina che stava intonando il Cappello parlante e si andava ad unire ai consigli di Mary, alle scuse di Severus, alle domande enigmatiche del preside. La testa le girava e le faceva male. Ora si erano aggiunte anche la voce della McGranitt e gli schiamazzi di Sirius Black. Non ce la faceva più, stava impazzendo. Le parole di James si stava facendo sempre più spazio nella sua mente facendole aumentare il dolore alle tempie. Battè forte i pugni sulla tavola e alzò gli occhi gelidi su Potter: “Se non la smetti subito James, giuro che non risponderò delle mie azioni.” Mary la stava guardando un po’ spaventata, ma il suo interlocutore, credendo che fosse uno dei suoi soliti tentativi per allontanarlo, si avvicinò di più e continuò: “Ehi, Lily, sei un po’ acida ‘sta sera, dovresti cercare di rilassarti…” “ADESSO BASTA!” era scattata in piedi senza accorgersene e aveva urlato. Ora tutto taceva e tutti la stavano guardando impietriti: i suoi compagni, i nuovi studenti, gli insegnanti. Si girò verso i Serpeverde per cercare i suoi occhi: Severus la guardava preoccupato. Non riusciva a reggere il suo sguardo. Non ce la faceva più. Si sentì mancare e cadde dalla sedia svenuta sul pavimento.
 
Lily fu svegliata dai raggi del sole che le illuminavano il viso. Aprì gli occhi e si guardò intorno: non era nella sua stanza nella torre dei Grifondoro, era in infermeria. Cercò di ricordarsi cos’era successo la sera precedente (aveva una gran confusione in testa!).  Ricordava James Potter che non la lasciava stare, le voci che le si affollavano in testa, poi qualcuno aveva urlato (era stata lei?) e poi più niente. “Cavolo” pensò “mi sento come se mi fossi ubriacata e ora stessi smaltendo la sbornia da Whisky Incendiario!” dal corridoio le arrivò la voce aspra di Madama Chips: “Solo cinque minuti, signorina! Lei deve riposare e tu devi andare a lezione!” Sentì dei passi avvicinarsi e qualcuno spostare le tende azzurrine: era Mary. “Accidenti, Lily, ci hai fatto prendere un bello spavento! Sei riuscita a traumatizzare quelli del primo anno: ora credono che a Grifondoro si diventi tutti pazzi e quelli di Serpeverde non fanno altro che fomentare  tali dicerie: sei diventata la ragazza più chiacchierata della scuola!” Mary afferrò una sedia e le si sedette vicino. La ragazza si tirò su sistemandosi meglio sul lettino. Poi disse: “Non mi ricordo quasi niente di ieri. Cos’è successo esattamente?” “Beh…ehm…come dire…” l’amica era molto imbarazzata “ hai dato di matto: hai urlato davanti a tutti ‘adesso basta’ e poi sei svenuta. Eravamo tutti preoccupati. Silente ti ha portato in infermeria e Madama Chips ti ha visitato. La sua diagnosi è stata troppo stress, cibo e sonno insufficiente. Lily, ma da quanto non mangi un pasto completo o ti fai una bella dormita?” Mary la vide abbassare la testa con uno sguardo quasi colpevole, poi continuò: “Comunque dopo cena siamo tutti venuti a vedere come stavi. James sembrava molto dispiaciuto, si sentiva quasi colpevole per quello che ti era capitato. Alla fine Madama Chips ci ha cacciato via dicendo che dovevi solo riposare. Quindi per oggi ti salti le lezioni, ti riposi per bene e domani inizi il nuovo anno scolastico. Ora è meglio che vada, alla prima ora abbiamo la McGranitt e non vorrei ricevere una sgridata il primo giorno.” La ragazza si stava allontanando, ma Lily la richiamò dal suo letto: “Mary, quando dici che eravate tutti preoccupati... includi anche lui?” L’amica le accennò un sorriso: “Non dovrei dirtelo visto che devi riposare e lo dovresti dimenticare, ma se ci tieni a saperlo... È stato fino alle due di notte fuori dalla porta dell’infermeria, poi Madama Chips lo ha spedito a letto, minacciandolo di una punizione esemplare. Ho sentito che lei lo raccontava a Lumacorno perché prendesse provvedimenti. Ora, però, riposa. Ci vediamo dopo. Ciao.” e uscì dall’infermeria. Lily tornò a stendersi sul letto e chiuse gli occhi. Mary aveva ragione: doveva dimenticarlo e non ci sarebbe di certo riusciva se continuava a chiedere di lui. Basta; da quel momento non avrebbe più pensato a lui: si sarebbe trovata un ragazzo e avrebbe definitivamente voltato pagina guardando solo al futuro e non più al passato. Chiuse gli occhi e ricadde in un sonno senza sogni.
 
La testa gli faceva male da pazzi e aveva due solchi neri sotto gli occhi. Severus avrebbe dato qualunque cosa per tornare a letto nei sotterranei dei Serpeverde, ma, purtroppo, non poteva neanche permettersi il lusso di estraniarsi dalla lezione: aveva due ore di Pozioni insieme a quelli di Tassorosso. Ad aumentare il suo livello di stress avevano provveduto Avery e gli altri tempestandolo di domande sul perché ieri notte fosse rientrato alle due passate. Si era inventato una scusa su un attacco di vomito da indigestione e i ragazzi non avevano voluto indagare oltre. Non aveva ancora affrontato il discorso sul suo cambiamento interiore anche se sapeva che sarebbe stata solo una questione di tempo prima che se ne accorgessero da soli. E lei? Chissà come stava in quel momento. La nottata passata fuori dall’infermeria gli aveva procurato solo sonno, mal di schiena e la costante sorveglianza di Lumacorno durante tutta la lezione (non aveva apprezzato per niente la sfuriata di Madama Chips!). Fortunatamente il professore non poteva controllare il suo flusso di pensieri e quindi Severus stava passando l’intera lezione a riflettere sui suoi problemi esistenziali invece che a concentrarsi sul suo Distillato della Morte Vivente. Così, mentre prendeva un Fagiolo Soporifero, per errore, invece di tagliuzzarlo, lo schiaccio: il succo gli inondò il tavolo da lavoro. “Che strano…” pensò il ragazzo. Prese un altro fagiolo e questa volta lo tagliò come era scritto sul libro: uscì del succo, ma in quantità minori. Prese una piuma ed annotò la cosa al fianco delle istruzioni. In quel momento Severus si staccò dai suoi problemi e si concentrò totalmente sul compito assegnatoli. “Se ci fossero degli altri ‘errori’, forse potrei individuarli!” pensava e, in effetti, scoprì che se mescolava due volte in senso orario e una in senso orario (invece che tre volte in senso antiorario) otteneva un risultato migliore rispetto ai suoi compagni.
Alla fine della lezione consegnò una fialetta con dentro la sua pozione al professore e  Lumacorno, dopo avergli rivolto per tutta la mattinata occhiate torve, gli rivolse un sorriso compiaciuto mentre osservava il contenuto del flacone in controluce. “Ottimo, signor Piton! Davvero un lavoro ineccepibile! Ha mai pensato ad una carriera come pozionista?” Severus rimase un po’ spiazzato all’affermazione di Lumacorno, ma mentre usciva dall’aula inizio seriamente a pensare al proprio avvenire. Fino a quel momento aveva sempre immaginato un futuro dedito alle Arti Oscure e aveva sognato di diventare il mago più potente di tutti i tempi, padrone degli incantesimi più segreti e delle magie più difficili; ma ora che aveva scelto di abbandonare quella strada ne doveva prendere in considerazione altre. Pozioni era sempre stata la sua materia preferita e, non per essere presuntuoso, era il migliore del suo anno e uno dei più bravi di tutta Hogwarts, ma da lì a diventare un vero pozionista c’era una bella differenza! Ormai era arrivato a Trasfigurazioni, sbirciò dentro l’aula e vide Mulciber che gli faceva segno di sedersi accanto a lui. Severus chiuse gli occhi massaggiandosi le tempie e trasse un profondo respiro: adesso le questioni su cui riflettere e che doveva affrontare erano diventate tre!
 
Il giorno seguente Lily fu dimessa dall’Infermeria e si andò ad unire agli altri Grifondoro per la colazione. Tutte le sue amiche le andarono incontro chiedendole come si sentisse. Ad ognuna di loro rispondeva che stava bene ed era vero: il riposo forzato in infermeria le aveva schiarito le idee e aveva deciso di voltare completamente pagina. Mentre prendeva posto accanto a Mary le si avvicinò James Potter che le porse delle scuse impacciate per il suo comportamento oppressivo della sera scorsa. “Dì pure degli ultimi sei anni!” gli aveva risposto Lily con un sorriso ed entrambi accennarono ad una risatina prima di separarsi. Era la prima volta che loro due parlavano senza che James la invitasse a uscire e lei lo mandasse a quel paese. Era stato uno scambio di battute assai piacevole. “Mi ci potrei quasi abituare…” pensò la ragazza mentre osservava il cercatore dei Grifondoro che si allontanava. Mary la stava guardando di sottecchi e quello che aveva visto non le era piaciuto per niente.
 
 
 
 
*Le tradizioni di molti popoli affermavano che le persone con i capelli rossi fossero cattive, figlie del diavolo e senz’anima.
 
Angolo dell’autrice
Scusate se aggiorno così tardi, ma la mia connessione internet fa le bizze e quindi eccomi qua con una settimana di ritardo sulla mia tabella di marcia. Non son bene quando pubblicherò il 3° capitolo, spero presto, impegni universitari permettendo. Intanto fatemi sapere se questo vi piace. Baci. C.S.

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Capitolo 4
*** 3° Capitolo ***


3° Capitolo
 
Il tiepido sole di settembre stava lasciando velocemente il posto alle grigie nuvole di ottobre e l’umore degli studenti andava adeguandosi ai cambiamenti atmosferici. Lily, dal canto suo, si stava impegnando seriamente nel suo proposito di cambiare drasticamente vita, a cominciare dal proprio aspetto fisico. Aveva, infatti, accorciato la gonna fin sopra al ginocchio e aveva iniziato a truccarsi mettendo in risalto i suo grandi occhi verdi; inoltre aveva ordinato via gufo da “Mondo Mago” una lozione per lisciare i capelli che così le si erano allungati fino a sfiorarle i fianchi. Ma i cambiamenti attuati in campo estetico, erano poca cosa rispetto a quelli che si stavano verificando sul piano interpersonale: la ragazza aveva, infatti, iniziato a frequentare James Potter e il suo gruppo lasciando a bocca aperta tutti gli abitanti del castello, professori inclusi. Lily aveva scoperto con sorpresa che il ragazzo, in effetti, era veramente maturato nel corso dell’estate e trovava rilassante e divertente una chiacchierata con lui dopo una giornata pesante. Anche James riteneva molto piacevoli le conversazioni con Lily e aveva deciso di non assillarla più con le sue proposte di uscire; non che avesse ceduto accontentandosi solo dell’amicizia della ragazza; al contrario, stava aspettando il momento opportuno per farsi nuovamente avanti. “Questa volta è quella buona!” continuava a ripetersi.
La nuova amicizia tra i due giovani Grifondoro aveva portato pace e allegria all’interno della scuola e tutti erano felici e soddisfatti di come stavano andando le cose… Beh, quasi tutti…
 
Mary osservava in disparte l’evolversi della situazione combattuta da due sentimenti contrastanti: da una parte le dispiaceva per l’amica perché sapeva quanto le costasse quel cambiamento anche se non lo dava a vedere; dall’altra la stava odiando con tutta se stessa. Lily sapeva bene quanto lei tenesse a James, quanto ci
stava male per l’indifferenza che il ragazzo le dimostrava. La rossa le aveva sempre promesso che non avrebbe mai civettato col giovane mago (“Vomiterei ancor prima di iniziare il corteggiamento!” aggiungeva sempre con un’espressione schifata). Era possibile che un paio di settimane avessero spazzato via anni di promesse? Era possibile che Lily per dimenticare avrebbe distrutto la loro amicizia senza un minimo di rimpianto? Mary non riusciva a darsi una risposta, ma stava prendendo lentamente le distanze dall’amica per evitare che la rottura tra loro, se ci fosse stata, le facesse troppo male.
 
Ovviamente, l’altra persona che stava male per questa nuova amicizia era Severus. Le settimane si stavano susseguendo velocemente e lui non era ancora riuscito a chiarirsi con Avery e Mulciber. Certo, stava sempre per conto suo e tentava di parlare con loro il meno possibile, ma le sporadiche conversazioni che aveva con i suoi ex compagni, vertevano solamente sulla superiorità dei purosangue e sulla giusta lotta che il Signore Oscuro stava conducendo contro babbani, mezzosangue e maghi babbanofili traditori del loro sangue e Severus era ‘costretto’ a concordare; troppo codardo per prendere le parti dei più deboli: non per niente era finito a Serpeverde. Tutte le volte che usciva da tali colloqui, si ritrovava con l’autostima sotto i tacchi e un dolore lancinante al petto. Quando poi incrociava Lily per i corridoi che parlava con Potter e gli dedicava sguardi e sorrisi che una volta erano indirizzati a lui, sentiva che il suo cuore veniva lacerato da mille pugnali e sanguinava copiosamente. L’unica cosa che gli dava un po’ di forza per andare avanti era il fiorellino donatogli da Julia e messo a seccare all’interno del suo libro di Pozioni e una lettera che gli aveva spedito qualche giorno fa. Quando un grosso barbagianni gliel’aveva lasciata cadere tra le mani era rimasto a dir poco stupito: certo aveva detto alla bambina come si chiamava la sua scuola, ma non le aveva certo rivelato la sua ubicazione nè come fare a spedirgli una lettera. Ciò era un’altra prova a favore della sua tesi: negli uffici di posta babbani lavoravano maghi sottocopertura, o al massimo degli elfi domestici. La lettera che Julia gli aveva spedito era breve e scritta in stampatello con una grafia disordinata tipica dei bambini.
Diceva:
“ CARO SEVERUS,
SPERO CHE LA LETTERA TI ARRIVI ANCHE SE NON CONOSCEVO L’INDIRIZZO DELLA TUA SCUOLA. TI SCRIVO PER DIRTI CHE STO BENE E CHE SUSY NON MI PRENDE PIU’ IN GIRO: ANZI, SIAMO DIVENTATE AMICHE, ANCHE SE IL MIO MIGLIORE AMICO RIMANI TU. MI MANCHI. MI ANNOIO SENZA DI TE: L’ISTITUTO MI SEMBRA MOLTO PIU’ TRISTE E BARBOSO SENZA DI TE. SE PUOI RISPONDIMI. UN BACIO E UN ABBRACCIO
                                                       JULIA”
 Il ricordo del sorriso dolce di quella bambina che ormai considerava come una sorella minore, lo rinvigoriva, gli ridonava fiducia e speranza. Si continuava a ripetere che il momento opportuno sarebbe arrivato, prima o poi.
 
Ed infatti questo giunse il primo giorno di ottobre. Severus si stava recando a lezione con Avery, quando il Serpeverde gli rivolse una domanda inaspettata. “Ehi Severus stai bene? Hai una cera! Non che prima avesse un bellissimo incarnato roseo, ma adesso sembri quasi livido! Secondo me è perché non mangi abbastanza e studi troppo. Va bene voler essere il migliore, ma tu non esagererai a stressare così il tuo fisico?”
“Credimi Avery, lo studio è l’ultimo dei miei problemi in questo momento!” gli rispose con un sorriso triste appena accennato. Il compagno a quel punto si fermò di scatto, lo afferrò per il braccio e lo costrinse a voltarsi verso di lui dicendo: “Non dirmi che stai così per quella lurida mezzosangue della Evans?!” A quelle parole Severus si riscosse dal suo stato catatonico, liberò il braccio dalla presa di Avery e gli rispose a denti stretti: “Non ti azzardare mai più a chiamarla così! Lei è acqua purissima mentre tu sei solo feccia! Vuoi sapere perché ultimamente sono strano? Va bene, è  da quando siamo tornati ad Hogwarts che ho da dirti un paio di cose.” Prese l’interlocutore e lo spinse contro il muro abbassando ulteriormente il tono della voce: “Se non lo sapessi quest’estate mia madre è morta e io sono stato spedito in un orfanotrofio babbano dove ho conosciuto una persona fantastica che mi ha fatto capire molte cose. Le distinzioni che tu e gli altri volete vedere tra le persone, non esistono! Colui-che-non-deve-essere-nominato vi sta inculcando idee folli che non sono reali: non c’è differenza tra noi e i babbani! Per questo non voglio più avere niente a che fare con voi, il Signore Oscuro e la sua pazzia! Io non diventerò un Mangiamorte! Mi tiro fuori dal vostro gruppo di fanatici! Addio!” Severus raccolse la borsa che gli era scivolata a terra e iniziò ad allontanarsi, ma a metà strada si voltò e aggiunse: “Ah, un ultima cosa: IO sono fiero di essere un lurido mezzosangue!” e se ne andò lasciando Avary ancora appoggiato alla parete troppo shoccato dal discorso di Piton per muovere un solo muscolo. Ci vollero cinque minuti e il suono della campanella per farlo uscire dallo stato di trance in cui era piombato ed assimilare le parole che aveva appena sentito. Si sistemò la cravatta che si era allentata durante quello scambio acceso di battute, si passò una mano nei capelli come a rimetterli in ordine, poi con un sorriso maligno disse: “Chi l’avrebbe mai detto che proprio tu, Severus, ti saresti tirato indietro! Ma purtroppo per te il nostro gruppo non perdona i traditori, specie se mezzosangue. Presto ti pentirai delle parole che hai detto e pregherai di poter tornare indietro per potertele rimangiare una ad una!”
Una risata gelida e maligna risuonò per i corridoi vuoti del castello.
 
 Non poteva crederci. Non poteva ancora crederci. Lui, Severus Piton, considerato da tutti il ragazzo più vigliacco dell’intera Hogworts, aveva appena scaricato Avery, Mulciber e tutti gli altri Serpeverde e ne era uscito illeso! Non riusciva proprio a realizzare che ci era riuscito: settimane di pianificazioni e angosce e ora era finalmente libero. Sul volto di Severus era comparso l’ombra di un sorriso. Sprizzava gioia da tutti i pori, era a dir poco euforico, tanto che i suoi compagni del corso di Pozioni Avanzate, pensando che a renderlo così fossero i fumi provenienti dai calderoni ribollenti e temendo di impazzire anche loro all’improvviso, avevano iniziato a coprirsi naso e bocca con il colletto della camicia sotto lo sguardo perplesso di Lumacorno. Eppure Severus, che in situazioni normali avrebbe iniziato a lanciare occhiate omicide a destra e a manca, non badava a tutto questo. Non vedeva l’ora di poter parlare con Lily, dirle che era cambiato e che l’amava da sempre, riuscendo finalmente ad allontanarla da Potter. Chissà come avrebbe reagito… L’idea che lei avrebbe potuto benissimo non credergli e scaricarlo per sempre, non lo sfiorò minimamente tanto era elettrizzato per quello che gli era appena successo. Iniziò a scarabocchiare distrattamente la parte interna della copertina del suo libro di Pozioni, cosa che non avrebbe mai osato fare in altre circostanze. Lui adorava i suoi libri e non si sarebbe mai permesso di deturparli con scritte se si escludevano le annotazioni e gli appunti al fianco delle varie ricette: lui non era mica James Potter!
No, lui da oggi era il difensore dei babbani, il protettore degli oppressi… il re di tutti i mezzosangue! Beh, forse re era un po’ esagerato e poi lui era troppo giovane per essere già un re. “Meglio… Principe!” pensò. Fermò la mano con la piuma ben temperata a pochi centimetri dal libro. Voltò rapidamente la pagina, immerse nuovamente la penna nel calamaio e sotto il titolo “Pozioni Avanzate” scrisse con la sua calligrafia sinuosa ed ordinata che era sempre piaciuta tanto alla sua Lily: “Questo libro è di proprietà del Principe Mezzosangue”. Guardò per qualche secondo il suo lavoro e sorrise soddisfatto, prima di tornare a concentrarsi sulla lezione di Lumacorno. In tutta quell’eccitazione, la sua mente, sempre attenta ad ogni minimo particolare, non si era accorta che il banco dove si sedevano di solito Avery e Mulciber era rimasto vuoto.
 
Severus uscì per ultimo dall’aula di pozioni. Lumacorno lo aveva bloccato dopo la lezione per chiedergli spiegazione dello strano atteggiamento che aveva tenuto durante tutta la lezione. Il ragazzo aveva risposto in maniera molto evasiva alle domande che gli venivano poste e dopo pochi minuti fu congedato dal docente per nulla soddisfatto dalla conversazione che aveva appena avuto con il suo studente migliore.
Il ragazzo risalì velocemente le scale che dal sotterraneo lo avrebbe condotto all’ingrasso principale della scuola e da lì, prendendo il grande scalone di fronte al portone massiccio del castello e salendo per sette piani, sarebbe arrivato alla biblioteca dove Madama Pince lo avrebbe squadrato con cipiglio duro, avrebbe borbottato contro di lui sul perché non era a mangiare insieme a tutti gli altri ragazzi e alla fine gli avrebbe consegnato riluttante i “suoi” preziosissimi libri che lui le avrebbe chiesto. Il giovane mago guardò il polso tutto trafelato: le 12 e un quarto. Perfetto! Al momento tutti erano a pranzo e lui avrebbe potuto studiare in tranquillità per un paio d’ore prima di scendere anche lui in Sala Grande e spiluccare qualcosa per poi correre subito a lezione di Rune Antiche. Era arrivato al settimo paino: ancora un paio di corridoi e si sarebbe tuffato in una lettura interessante riguardante i lupi mannari e le altre creature della notte. Doveva ancora riuscire a venire a capo della questione ‘Remus Lupin’: quel ragazzo diceva di essere malato, ma Severus non ci aveva mai creduto e doveva riuscire a dimostrare le sue teorie sulla reale natura del giovane Grifondoro.
Stava per svoltare nell’ultimo corridoio prima della sua amata biblioteca quando un ragazzo corpulento dai capelli biondo cenere che spuntavano dal cappuccio della divisa calato sul suo viso, gli bloccò la strada. “Sapevo che ti avrei trovato qua, Piton.” Era Avery. Severus sentì avvicinarsi dietro di lui almeno altre tre persone. Alle spalle di Avery spuntarono un ragazzo che sembrava un armadio (probabilmente Mulciber) e un ragazzino più piccolo dai capelli neri piuttosto lunghi e lucidi come ossidiana (Regulus Black). La mano di Severus corse all’interno della divisa ed estrasse la bacchetta, ma il giovane Black lo disarmò con una rapidità che avrebbe fatto invidia al fratello Sirius. A quel punto Avery gli si avvicinò pericolosamente e Severus deglutì a vuoto. Si ripromise che se ne fosse uscito vivo si sarebbe allenato di più nella pratica di incantesimi.
Il suo avversario aveva un sorriso beffardo sul volto che si era liberato nel frattempo del cappuccio. Iniziò a parlare a pochi centimetri dal viso del mago che poche ore prima aveva osato metterlo spalle al muro, e non nel senso letterale del termine. “Sai Piton, ho parlato agli altri della tua… ehm… decisione di andartene dal gruppo e dopo una lunga riflessione abbiamo deciso di non accettare le tue dimissioni.” Il tono ora si era fatto duro: “Nessuno lascia il Signore Oscuro, almeno non senza aver pagato per il suo tradimento.” Avery si frugò nelle tasche dei pantaloni ed estrasse da quella di destra un pezzo di carta ben ripiegato. A Severus sembrò… ma non poteva essere… non doveva essere! “La riconosci?” proseguì il Serpeverde sempre più divertito “Era in mezzo ad uno dei tuoi libri. Ti viene in mente qualcosa Piton?” L’interpellato sbiancò paurosamente, ma lui non ci fece caso e continuò: “ Forse se ti leggo qualche frase ti tornerà la memoria. Allora, c’è scritto ‘Caro Severus, spero che la lettera ti arrivi... bla bla bla… il mio migliore amico rimani tu... mi manchi, mi annoio… l’istituto mi sembra molto più noioso senza di te… bla bla bla… un bacio, Julia’. È incredibile come la tua sudicia amichetta babbana sia riuscita a contattarti. Davvero impressionante.” “Non osare avvicinarti a lei, Avery!” Severus aveva ripreso la parola dopo lo shock iniziale. Avery lo guardò divertito: “Dio, come ti sei ridotto Piton! Ma d'altronde non potevo aspettarmi di meglio da un lurido mezzosangue. Facciamo una cosa: noi non tocchiamo né te né la tua nuova amichetta se tu torni da noi: abbiamo bisogno di una mente come la tua. Cosa rispondi?” Per un attimo Severus fu allettato da quella proposta e dalle beghe che si sarebbe risparmiato accettandola, ma poi pensò a Julia che si fidava di lui, a Lily, di cui voleva riconquistare la fiducia, e pensò a se stesso e scandì un chiaro ed irremovibile ‘no’. A quel punto Black gli si avvicinò e gli scagliò un incantesimo per evitare che parlasse oltre. Avery riprese a parlare: “È solo per evitare che tu urli. Non vogliamo attirare troppo l’attenzione. Sai Piton, abbiamo deciso, visto il tuo stato sanguigno, di dividere la tua punizione in due parti… per ora! Iniziamo con le maniere babbane che ti ostini tanto a proteggere!” Detto ciò colpì Severus con un pugno in pieno volto facendolo rovinare a terra. Il sangue gli riempì la bocca. Vide le scarpe di Avery allontanarsi da lui. Tentò di rialzarsi ma un calcio ben piazzato all’altezza della milza gli fece sbattere la faccia nuovamente sul pavimento. Qualcuno dietro di lui lo risollevò e gli bloccò le braccia dietro la schiena. Il ragazzo-armadio che probabilmente era Mulciber, gli assestò un pugno alla bocca dello stomaco facendolo piegare in due, al qual seguì immediatamente un gancio sinistro sferratogli dello stesso Mulciber che gli fratturò lo zigomo. A quel punto gli si avvicinò Black e gli colpì in pieno l’occhio destro facendogli voltare il volto verso sinistra. Con grande piacere, però, Severus notò che il pugno aveva fatto più male al suo assalitore che a lui. Il mago che gli stava tenendo ferme le braccia, notando il suo ghigno divertito per la ‘figuraccia’ di Black, gli afferrò i capelli facendogli piegare la testa all’indietro e disse: “Lo trovi tanto divertente Piton?” Lo buttò a terra e gli colpì le reni violentemente.
Severus avrebbe voluto urlare dal dolore, ma tutte le volte che ci provava i suoni gli morivano i gola. Si maledì per aver dato ripetizioni di Incantesimi a Regulus circa un anno prima. Non riusciva quasi più a muoversi, figuriamoci a reagire! L’unica cosa che poteva fare era stringere i denti, chiudere gli occhi e pregare che finissero presto. E così fece.
 
 
Non seppe mai per quanto tempo fu pestato a sangue dai suoi compagni di Casa: erano passati 10, forse 15 minuti. Dopo un po’ divenne quasi insensibile al dolore che gli attanagliava pancia, schiena e volto. In bocca non sentiva altro sapore che quello del sangue mescolato alla sua saliva. All’improvviso sentì la voce di Avery dire: “Basta così.” I calci e i pugni cessarono immediatamente. All’interno della visuale di Severus, ridotta per il dolore ad entrambi gli occhi ormai gonfi, ricomparvero le scarpe di Avery. Il loro proprietario riprese a parlare: “Mi sembra inutile dirti che nessuno deve sapere cosa è successo veramente. Altrimenti la tua Julia farà una brutta fine prima del previsto… Ci si vede schifoso mezzosangue!” Detto ciò Avery si avvicinò al ragazzo moribondo e gli sputò sulla faccia gonfia ed insanguinata. Poi se ne andò seguito dagli altri compagni.
Finalmente la pace. Severus rimase qualche minuto immobile poi cercò di alzarsi senza successo. Sul pavimento non c’era traccia del suo sangue. Probabilmente i Serpeverde avevano fatto un incantesimo prima di iniziare il pestaggio: Avery si era rivelato più organizzato e furbo di quanto Severus avrebbe mai pensato. Il ragazzo riuscì a strisciare fino all’anta di una porta e vi si appoggiò contro ritornando a respirare normalmente. Una lacrima silenziosa sfuggì al suo controllo: non voleva piangere, non per loro. Non avrebbe dato loro questa soddisfazione. All’improvviso la porta si aprì facendolo ritornare disteso per terra. A testa in giù vide una ragazza guardarlo dall’alto in basso con due occhi verdi carichi di sorpresa e compassione allo stesso tempo.
 
Mary stava salendo in silenzio le ultime due rampe che la separavano dal settimo piano del castello. Era da quella mattina che si sentiva poco bene, aveva crampi allo stomaco e un sapore sgradevole in bocca. Non aveva proprio voglia di mangiare e tantomeno di trovarsi in mezzo a una folla di ragazzi urlanti che le avrebbero fatto venire sicuramente mal di testa. Aveva bisogno di pace e silenzio e aveva pensato che non c’era posto migliore della biblioteca, specie all’ora di pranzo. Stava quasi per svoltare l’angolo che l’avrebbe portata nella sua oasi di tranquillità, quando sentì dei passi alle sue spalle. Si voltò per vedere chi era l’altra persona che aveva bisogno di solitudine come lei: avrebbe riconosciuto quei capelli biondo cenere tra mille, Avery. Il cuore iniziò ad aumentare i battiti e la paura di qualche anno prima si fece di nuovo sentire come se non se ne fosse mai andata. Mary si schiacciò contro la porta del bagno delle ragazze: tremava copiosamente e il respiro era diventato affannoso. Presto ad Avery si affiancarono altri tre ragazzi tra cui Mulciber. Si stavano avvicinando al suo nascondiglio. Mary non si era mai trovata da sola con Avery e gli altri Serpeverde da quel giorno nel ripostiglio del secondo piano. Non riusciva proprio ad affrontarlo da sola. Impaurita entrò nel bagno appena in tempo per non essere vista dagli altri ragazzi. Si chiuse nel cubicolo più lontano dalla porta. Era in preda alle convulsioni: sapeva bene che Avery e gli altri non erano lì per studiare e lei era troppo spaventata per correre in aiuto della prossima vittima di quei bastardi. Altro che Grifondoro: era solo una vigliacca!
Dopo quelle che a lei parvero ore, dall’esterno le giunse ovattata la voce di Avery: il loro bersaglio era dunque arrivato. Mary non ce la faceva più: l’ansia e il suo malessere mattutino presero il sopravvento. Si chinò sul water e vomitò tutto quello che aveva in corpo, anche l’anima. Passarono circa 10 minuti prima che la voce di Avery tornò a risuonare nel bagno vuoto: la tortura di quel poveraccio era finita. La ragazza uscì dal suo nascondiglio e sentì distintamente i passi di un piccolo drappello allontanarsi. Si avvicinò cautamente alla porta che si affacciava sul corridoio. Posò tremante la mano sulla maniglia, prese un respiro profondo ed aprì l’anta della porta. Un corpo maschile coperto di lividi e sangue gli cadde disteso ai piedi e la fissava con occhi vacui.
Mary era a dir poco sorpresa: quella persona che era stata appena pestata a sangue era Severus Piton. Come mai un Serpeverde come Piton era stato malmenato dai suoi compagni di Casa? Che il mondo fosse impazzito tutto di colpo? Dopo un primo shock iniziale, Mary si chinò sul suo coetaneo e gli chiese: “Cosa ti hanno fatto? Ce la fai ad alzarti?” Sapeva di aver formulato una domanda stupida, ma non sapeva bene neanche lei cosa fare, come comportarsi. Severus non le aveva risposto, ma le aveva indicato la gola. Allora la strega capì: Avery aveva tolto la voce al ragazzo per evitare che urlasse come aveva fatto con lei. Estrasse la bacchetta da sotto il mantello ed eseguì il contro-incantesimo. Severus finalmente libero di parlare biascicò un lieve ‘Grazie’. Mary rinfoderò la bacchetta e allungò la mano verso il mago per aiutarlo a rialzarsi. Stranamente Piton non rifiutò l’aiuto della Grifondoro che gli stava dicendo: “Dovresti dirlo a Silente così finalmente quelle carogne saranno sbattuti fuori da qui!” A quelle parole Severus si riscosse, si liberò dalla presa di Mary e si appoggiò traballante alla porta. “No! Nessuno deve sapere la verità o ci andranno di mezzo persone che non hanno colpe!” riuscì ad articolare la frase a fatica. La ragazza lo guardava confusa, poi rispose: “Va bene, ma dobbiamo andare in infermeria. Ci inventeremo qualcosa da dire a Madama Chips. Sei conciato veramente male!” Tentò di riavvicinarsi al mago, ma quello la allontanò malamente e disse: “Non ho bisogno di te! Se davvero volevi aiutarmi dovevi arrivare prima!” Colpita ed affondata. Mary abbassò la testa colpevole. Severus sapeva di averla ferita, ma non aveva altra scelta: non voleva coinvolgere nessun altro in quella storia. Tentò di allontanarsi, ma la caviglia, che doveva essere rotta, non resse sotto il peso del suo corpo. Stava per ricadere a terra quando due braccia gli evitarono un altro paio di lividi.
Mary stava pregando di riuscire a reggere il peso del suo coetaneo: non avrebbe mai pensato che Severus fosse così pesante. Facendo uno sforzo,  riuscì a voltare la testa verso colui che stava sorreggendo e gli disse: “Senti, mi dispiace di non essere intervenuta. Però ora sono qui e non intendo lasciarti solo. Ho intenzione di aiutarti, ma tu devi fidarti di me!” Negli occhi della giovane strega Severus vide determinazione, ma anche dolcezza. Quegli occhi erano troppo simili a quelli della sua Lily, ma che gli ispiravano una fiducia mai provata verso nessuno prima di allora (ovviamente erano escluse Lily e Julia). Abbassò gli occhi e mormorò un debole ‘Va bene’. Mary soddisfatta del suo risultato, si sistemò meglio il braccio destro del suo nuovo amico (forse era un po’ prematuro chiamarlo così), intorno alle sue spalle mentre il suo braccio sinistro era stretto alla vita del giovane mago. Questo, prima di iniziare il faticoso percorso verso l’infermeria, con la poca forza che gli era rimasta, afferrò il colletto della camicia della sua soccorritrice (forse era un po’ presto per definirla amica), gli avvicinò il volto all’orecchio e le disse: “Non dire niente a Lily”. Una supplica. Mary lo guardò carica di comprensione: lui l’amava veramente come lei era innamorata di James. Non solo l’amore li univa, ma anche il dolore che si portavano dentro, due sentimenti inscindibili tra loro. La strega annuì gravemente mormorando un flebile ‘Te lo prometto’ ed iniziarono ad arrancare fino all’infermeria.
 
No, Mary non avrebbe detto niente a Lily, anche perché non ce ne sarebbe stato bisogno. Dietro l’angolo, in una piccola rientranza del muro, la rossa aveva assistito a quell’ultimo scambio di battute tra Severus e Mary, ma era arrivata alla conclusione sbagliata.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
Salve a tutti! Scusate per il ritardo, ma da una parte non ho più avuto un attimo libero con l’inizio dell’università, dall’altra ho avuto il blocco dello scrittore e non riuscivo a continuare la storia. È stato abbastanza snervante! Quindi recensitemi tanto perché ne ho un grande bisogno. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e prometto che nel prossimo capitolo le cose per Severus andranno un po’ meglio. Ci vediamo al prossimo capitolo. Baci. C.S. 

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Capitolo 5
*** 4° Capitolo ***


Capitolo 4
Portare il corpo di Severus Piton dal settimo piano all’infermeria fu l’impresa più ardua che Mary avesse mai affrontato: perché nonostante sembrasse magro, il mago pesava comunque almeno 15 kili in più della strega. In più Severus, essendo conciato molto male, si appoggiava a peso morto sulla sua soccorritrice che più di una volta fu sul punto di ruzzolare giù per le scale.
 
Ci impiegarono circa mezz’ora ad arrivare in infermeria. Quando Madama Chips li vidi arrancare nell’atrio del suo “regno” uno ridotto peggio dell’altra, ebbe quasi un infarto prima di liberare Mary dal peso di Severus; quest’ultima, appena fu alleggerita dal corpo del compagno, si lasciò cadere sfinita sulla prima sedia che trovò.
Dopo averla lasciata riposare per qualche minuto mentre lei si occupava di Piton, alla fine Madama Chips iniziò l’interrogatorio. L’infermiera cominciò a tartassarla sul perché il suo compagno era ridotto così male. Mary maledì mentalmente Piton, che aveva avuto la brillante idea di perdere i sensi proprio in quel momento lasciandola in balia dell’anziana medi-maga che stava diventando sempre più blu, visto che tra una domanda e l’altra non prendeva nemmeno un respiro! Fortunatamente la Grifondoro non si lasciò impressionare: le spiegò che Severus era caduto dalle scale del settimo piano per almeno due rampe e che lei, mentre andava in biblioteca, lo aveva trovato e soccorso. La bugia che lei e il ragazzo steso due letti più avanti avevano arrangiato durante il loro faticoso tragitto sembrò convincere abbastanza la sua interlocutrice, che, dopo averla squadrata da capo a piedi, la mandò a riposare.
 
Mary entrò nella Sala Comune della torre Grifondoro pochi minuti dopo. La saletta era semi deserta, ma le poche persone che erano presenti la guardarono con una faccia meravigliata. Salì nel suo dormitorio e si chiuse nel bagno per darsi una rinfrescata. Guardandosi nello specchio, si fece paura da sola: aveva i capelli tutti in disordine, i vestiti sgualciti e con qualche macchia di sangue e una faccia stanca e stravolta. Aprì il getto d’acqua per riempire la vasca da bagno, si svestì e vi si immerse, sperando che il bagnoschiuma al cocco lavasse via tutto quello che era successo.
Uscì solo quando il freddo dell’acqua divenne insopportabile. Si accoccolò dentro il suo morbido accappatoio di spugna verde e iniziò a tamponare i lunghi capelli con un asciugamano bianco. Tornò nella camera per prendere la biancheria intima. Non si aspettava di trova qualcuno che l’attendeva.
Si accorse della presenza di Lily solo quando questa la salutò facendola sobbalzare. Il tono della voce era freddo e prometteva tempesta.
“Cavolo, Lils, mi hai fatto spaventare!” Il tono baldanzoso di Mary non riuscì a smorzare la tensione.
“Dove sei stata? C’era lezione questo pomeriggio. E non sei neanche venuta a pranzo!” La rossa aveva saltato i preamboli ed era subito arrivata alla questione che le premeva di più. Mary rimase un attimo spiazzata, ma riprese subito la sua fermezza: “Non avevo proprio voglia di stare un’ora chiusa in classe a sentire Ruf che parla di qualche guerra tra maghi e giganti o roba simile. Sono rimasta qui a riposarmi e…”
“Smettila di raccontar balle!” Entrambe le ragazze rimasero stupite dall’intraprendenza di Lily che riprese subito la parola: “Pensi che io sia stupida? Vi ho visti, tu e Severus, abbracciati nei corridoi del settimo piano! E io che mi preoccupavo che la mia amicizia con James ti ferisse. Da quanto va avanti questa storia?” Mary non credeva alle sue orecchie: Lily non solo li aveva visti, ma aveva frainteso totalmente il suo ‘abbraccio’ con Severus e cercò di spiegarglielo: “Cosa stai dicendo? Hai frainteso! Io e Severus non stiamo insieme!”
“Basta! Sono stanca di sentire tutte queste bugie! Non mi interessa con chi te la fai, non più ormai... Noi due abbiamo chiuso!”
Dicendo così, la rossa si alzò dal letto e si diresse verso l’uscita della camera, ma prima di varcarla aggiunse senza voltarsi : “Tanto perché tu lo sappia, ho deciso di dare una possibilità a James. Sabato prossimo andiamo ad Hogsmade insieme!” ed uscì. Mary continuò a guardare quella porta chiusa per quelle che le sembrarono ore senza accorgersi che l’asciugamano dei capelli era caduto a terra insieme ad un numero imprecisato di lacrime salate.
 
Erano quasi le otto quando, Mary entrò in infermeria. Aveva appena lasciato la Sala Grande: aveva mangiato il minimo indispensabile per evitare che Alice iniziasse a farle la morale.
Madama Chips era ancora a tavola quando lei se ne era andata e sembrava averne ancora per un po’.
“Meglio” pensò “Avrò più tempo per parlare da sola con lui senza interruzioni.”
Mary si fermò a pochi passi dall’ultimo letto in fondo alla grande stanza. Due occhi neri indecifrabili la fissarono interrogativi.
“Non avrai pensato che non sarei tornata per chiedere spiegazioni!”
Severus alzò leggermente il labbro in un sorriso tirato: “Ci speravo.” Mary un po’ titubante si sedette ai piedi del letto: notò subito che alla destra del suo interlocutore, appoggiato su un tavolinetto, c’era il vassoio della cena, intatto. Sorrise tristemente: dopotutto, non era l’unica con un gran nodo allo stomaco!
“Allora, che vuoi sapere?” disse il Serpeverde dopo essersi sistemato meglio sui cuscini non senza fatica.
“E me lo chiedi anche?!” lo sguardo della ragazza lo paralizzò per un attimo: quanto era simile a quello della sua Lily! “Mi hanno pestato perché non ho più intenzione di essere come loro… e perché ho rivelato di essere un mezzosangue.”
“Perché.” Non era una domanda, era un ordine: a Severus la Grifondoro stava sempre più sui nervi.
“Quest’estate ho avuto il tempo di riflettere e ho capito che stavo facendo la scelta sbagliata. Soddisfatta?”
“Per ora…” rispose Mary. Il ragazzo si trattenne da mandarla all’inferno, ma doveva ammettere che aveva una bella faccia tosta. “E devo dedurre che non devo dire a Lily nemmeno questo, vero?” La domanda lo riscosse dai sui pensieri, ma rispose con un vigoroso ‘sì’.
“Beh, di questo non devi preoccuparti. Oggi ci ha visto su al settimo piano e ha creduto che ci stessimo abbracciando. Ergo, ora pensa che stiamo insieme e ha rotto con me!”
“Cosa?!” Severus aveva urlato. Come poteva Lily solo pensare che lui l’avrebbe tradita? Era shoccato, soprattutto perché la scenata tra lei e Mary assomigliava molto a quella di una ragazza gelosa. No, non poteva sperare in tanto. O forse sì?
Fu riscosso dai suoi pensieri vedendo lo sguardo della sua interlocutrice: triste, piene di lacrime. Doveva voler molto bene alla sua “dea”. Fece un respiro profondo e riprese: “Non preoccuparti, Lily è una ragazza che si infuoca facilmente e altrettanto alla svelta si calma. Dagli qualche giorno e le passerà, fidati.”
Mary era sbalordita, mai avrebbe pensato di essere consolata da Severus Piton. Asciugò una lacrima che era sfuggita al suo ferreo controllo e rispose con un debole ‘Grazie’.
“Cosa ci fa qui signorina?! Dovresti già essere nella tua Sala Comune!” La voce di Madama Chips tuonò per tutta l’infermeria. “Esci ora, il paziente deve riposare e anche tu! Potrai tornare domani.”
“Va bene, me ne vado. A domani Severus!” Mary sorrise divertita: lo sguardo del ragazzo l’avrebbe incenerita se ne avesse avuto la possibilità; sicuramente aveva sperato di non rivederla tanto presto. Mentre usciva ripensò a tutto quello che era successo durante la giornata. Non riusciva ad inquadrare bene Severus: un momento prima era pungente e l’attimo dopo tentava di consolarla. “Sei proprio strano Piton! Ma non mi scoraggio, riuscirò a capirti! E, chi lo sa, col tempo potremmo anche diventare amici!”
 
Nei giorni seguenti, Mary andava a trovare Severus appena aveva un momento libero. Alle sue amiche continuava a dire che andava o in biblioteca o in Sala Comune e che voleva rimanere sola. E questa non era proprio una bugia: tutte le volte che incontrava lo sguardo duro di Lily le si bloccava il respiro in gola. Per non parlare di quando incontrava James: allora voleva sprofondare al centro della Terra e doveva andarsene alla svelta per evitare che qualcuno la vedesse piangere. Stranamente una delle poche cose che la facevano andare avanti erano le parole che le aveva rivolto Severus. A lui non aveva detto che Lily sarebbe uscita con James: lo avrebbe distrutto e lui aveva bisogno di riposo e tranquillità per riprendersi completamente.
 
Da parte sua, Severus, all’inizio, aveva cercato di tenere la giovane strega lontana da lui, ma col passare dei giorni aveva iniziato a trovare le sue visite quasi piacevoli. Aveva scoperto che Mary, nonostante fosse una Grifondoro, era simpatica, determinata, forte e allo stesso tempo fragile. Portava dentro di sé ferite profonde tanto quante le sue: padre violento, sua madre aveva divorziato quando lei aveva cinque anni e aveva allevato lei sua sorella minore da sola. Poi si era risposata quando aveva dieci anni. Il suo  patrigno adorava sua sorella, mentre lei era la pecora nera della famiglia. Le cose erano peggiorate quando aveva scoperto di essere una strega. Il suo patrigno aveva iniziato a trattarla come una pazza e l’aveva spedita a vivere con la nonna materna, col beneplacito di sua madre e sua sorella, per evitare che ‘contagiasse’ la famiglia.
Quando la strega gli aveva raccontato tutto questo, Severus aveva sentito di non essere più solo in quel mare di sofferenze che chiamava vita. Così si era per la prima volta aperto con qualcuno e le aveva raccontato la sua storia. E man mano che continuava col racconto vedeva la sua confidente farsi sempre più triste, fino a scoppiare in un pianto disperato e tra le lacrime dire: “Mi dispiace!” Quella ragazza era incredibile: aveva avuto una vita difficilissima e nonostante tutto, riusciva ancora a piangere per le disgrazie altrui. Allora, stupendosi da solo, le aveva preso le mani tra le sue: erano rimasti così senza dire una parola per quelle che sembrarono ore cercando di trasmettersi con quel contatto la forza per andare avanti, finchè Madama Chips non l’aveva scacciata in malo modo dicendole che la campanella era già suonata da un pezzo.
 
Era passata una settimana dal pestaggio e Severus ormai si era completamente ristabilito. Mary aveva tentato in tutti i modi di convincerlo a dire la verità a Silente, ma il ragazzo era irremovibile. Aveva deciso che avrebbe iniziato a dormire in Sala Comune per evitare di avere sorprese notturne e avrebbe fatto un incantesimo di protezione intorno al divano. La strega non era del tutto convinta del piano escogitato dal Serpeverde, ma non poteva fare niente per aiutarlo o fargli cambiare idea.
Quel sabato di fine ottobre il sole riscaldava l’aria rendendola così tiepida che i ragazzi, che si stavano preparando per andare ad Hogsmade, erano indecisi se portare il cappotto o meno.
Severus guardava fuori dalla finestra dell’infermeria: quel giorno lo avrebbero dimesso. Aveva un po’ di paura per il ritorno tra i suoi “compagni”, ma non lo avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura. Non avrebbe voluto affrontare quel rientro da solo, ma non aveva scelta: Lily non lo voleva più vedere, Mary sarebbe andata ad Hogsmade e lui non aveva nessun’altro amico. Pazienza, ce l’avrebbe fatta contando solo su se stesso come aveva sempre fatto.
Rimase non poco sorpreso quando vide varcare la soglia dell’infermeria Mary, vestita con la solita divisa scolastica.
“Pensavo saresti andata ad Hogsmade.” Severus non riuscì a nascondere una punta di sollievo nella voce tanto da strappare un sorriso dal viso tirato della strega. Il ragazzo non l’aveva mai vista così.
“C’è qualcosa che non va?” chiese.
“No, sono solo stanca.” Rispose Mary, ma la bugia non riuscì a convincere neanche lei. Lo sguardo accigliato di Severus la stava facendo crollare: non voleva raccontargli di James e Lily, voleva tenersi quel dolore solo per sé. Poi, però, pensò che nel giro di una giorno la sarebbe venuto a sapere ugualmente e sarebbe stato peggio: era meglio che glielo dicesse lei.
Prese un bel respiro e disse tutto d’un fiato: “OggiJameseLilyesconoinsieme!”
“Cosa? Non ho capito niente. Ripeti più lentamente.” rispose il Serpeverde.
“Oggi James e Lily escono insieme.” Mary chiuse istintivamente gli occhi e si morse le labbra aspettando che si scatenasse la tempesta. Ma non successe niente.
Riaprì lentamente gli occhi e li puntò sul suo interlocutore: Severus era immobile, la bocca socchiusa, gli occhi vuoti e spenti.
“Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per lei. E non è servito a niente…” Una lacrima si affacciò sugli occhi scuri del ragazzo. L’asciugò velocemente e poi si voltò verso la sua compagna: “Vattene ora!”
Mary se ne andò in silenzio: non avrebbe voluto farlo, non avrebbe voluto lasciarlo solo; ma, prima di tutto, voleva, doveva rispettare la volontà di Severus. Si diresse verso la Sala Grande sperando che quella mattina le tornasse l’appetito.
 
All’improvviso vide una cascata di capelli rossi tra i numerosi ragazzi all’ingresso: Lily. Si mise a correre per raggiungerla: al diavolo le promesse fatte! Lei doveva sapere prima che fosse troppo tardi, sempre che non lo fosse già. Iniziò a chiamarla: “Lily!”
La rossa si voltò per vedere chi la stesse chiamando: rimase molto sorpresa nello scoprire che era Mary. Si girò incrociando le braccia aspettando che la sua ex migliore amica la raggiungesse. Poi con tono sprezzante disse: “ Che vuoi? Non ho più niente da dirti!”
“Ma io sì! Vieni con me,  devo parlarti in privato.” La bionda guardò implorante l’amica e aspettò un suo cenno: questa iniziò a mordersi l’interno delle guance soppesando le opzioni che aveva. Prese un lungo respiro e mormorò un flebile ‘fai presto’. Mary non aspettava altro prese la rossa per un braccio e iniziò a trascinarla verso un luogo al riparo da orecchie indiscrete. Forse, dopotutto, era ancora in tempo…
 
Severus era fermo a fissare fuori dalla finestra. Non si era mosso di un millimetro dopo la notizia che gli aveva dato Mary.
Come poteva Lily fargli questo? Avevano passato anni a prendere in giro James Potter e adesso non solo gli era diventata amica, ma usciva anche con lui, il che equivaleva a dire che era la sua ragazza.
D’altra parte non poteva neanche biasimarla: lui non aveva mai trovato il coraggio per invitarla ad uscire; da quando aveva conosciuto Avery e gli altri, aveva iniziato a mentirle e a non proteggerla. L’aveva messa in secondo piano preferendole la compagnia dei Serpeverde, le Arti Oscure. E alla fine l’aveva insultata, offesa, ferita. Aveva cercato di rimediare, aveva fatto del suo meglio, ma aveva fallito: aveva perso Lily per sempre.
“Bene, direi che ormai sei guarito. Puoi tornare alla tua Sala Comune.” La voce di Madama Chips lo riscosse dai suoi pensieri. Si girò leggermente verso di lei e scosse lievemente la testa in segno di assenso.
Appena l’anziana medi-maga se ne fu andata, il ragazzo tornò a guardare fuori dalla finestra. Un drappello di ragazzi diretti a Hogsmade attirò la sua attenzione: sapeva che tra loro c’era anche Lily… con l’odiato James Potter.
Madama Chips aveva detto che ora sarebbe tornato alla sua vita di sempre, ma in cuor suo sapeva che niente sarebbe stato più come prima: ora non aveva più uno scopo per cui lottare, per cui vivere.
 
 




N.d.a.
Scusate il ritardo, ma l'università è un vero inferno!!! Comunque ho quasi finito gli esami così potrò dedicarmi di più a questa storia.
Volevo descrivere l'appuntamento già in questo capitolo, ma poi sarebbe diventato troppo lungo. Vosì dovrete aspettare il prossimo. Sorry!!!:P
Baci. C.S.

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Capitolo 6
*** 5° Capitolo ***


Capitolo 5
 
Lily camminava spedita. Non sentiva il rumore delle foglie secche che si accartocciavano sotto la suola dei suoi stivaletti, né il vento leggero che fischiava nelle sue orecchie, né tanto meno la voce di James che da più di quindici minuti continuava a ciarlare sulla sua ultima impresa di Quidditch.
Tutto per la rossa era niente di più che un fastidioso brusio di sottofondo. La sua mente era occupata solo da una cosa: la discussione che aveva avuto pochi minuti fa con Mary.
 
15 Minuti prima…
“Mi vuoi dire cosa vuoi o no?” chiese Lily per l’ennesima volta rivolta più che altro alla schiena della sua ex-amica intenta ad insonorizzare la stanza in cui l’aveva trascinata. Era davvero stufa di aspettare e molto curiosa per tutta quella segretezza. La notizia doveva essere molto importante, motivo in più per essere ancora più impaziente.
Mary si girò verso la sua interlocutrice e preso un respiro profondo incominciò: “Voglio spiegarti esattamente cosa è successo tra me e Severus.”
A quelle parole Lily sbiancò: “Mi sembrava di averti già detto che non voglio sapere niente di te e di lui!” e tentò di uscire dall’aula, ma venne bloccata dalle braccia della bionda e costretta a sedere su di un banco.
“Invece tu DEVI sapere!” continuò Mary senza togliere le mani dalle spalle dell’amica per evitare che scappasse. “Quando tu mi hai vista in compagnia di Severus, sei subito saltata alle conclusioni sbagliate. Io non stavo abbracciando Piton, lo stavo sorreggendo. Era appena stato pestato a sangue dai suoi compagni.”
Lily la guardava stralunata: “Stai scherzando, vero? Tu credi veramente che io crederò a questa balla?! Perché Avery e gli altri avrebbero dovuto picchiare un loro compagno Serpeverde e, per di più, futuro mangiamorte?!” Quella parola la fece rabbrividire soprattutto perché era accostata al nome di Severus.
“Li ha mollati.” Un silenzio innaturale cadde tra le due. Poi Mary proseguì: “Per quanto ne so, quest’estate Severus ha riflettuto parecchio sul suo futuro, sui pro e i contro che avrebbe portato la sua scelta e ha capito che non ne valeva la pena. Comunque se non mi credi puoi benissimo chiedere a lui: è ricoverato in infermeria da una settimana.”
Lily divenne ancora più pallida: “No, è in infermeria perché è caduto dalle scale!”
“Questa è la scusa che ci siamo inventati: lui non vuole che nessuno sappia la verità, nemmeno i professori. Dice che ci andrà di mezzo gente innocente e non vuole che ciò accada, ma non vuole dirmi di chi si tratta. Non voleva neanche che ne parlassi con te!” Mary si interruppe per vedere bene la rossa negli occhi: vide preoccupazione, stupore e, così le parve, anche senso di colpa.
Sospirò sonoramente. Poi riprese: “Senti, io non pretendo che tu ora molli tutto e ti precipiti da lui dicendogli che lo ami. So quanto male ti ha fatto; ma in questi giorni ho avuto la fortuna di conoscere quel ragazzo del quale mi hai sempre parlato bene, che hai sempre difeso, il ragazzo di cui ti sei innamorata. E ora capisco il perché: Severus è davvero speciale e diverso dagli altri, ma come tutti, ha commesso degli errori, specie con te. Ti prego, non sbagliare anche tu con lui. Perdonalo e, per una volta, cercate di essere veramente felici entrambi!”
Lily non sapeva come rispondere: avrebbe voluto subito precipitarsi in Infermeria per parlare con il ragazzo, ma il suo dannato orgoglio glielo impediva. Così riuscì solo a dire: “Devo andare, James mi starà aspettando.” E uscì dalla stanza, lasciando Mary da sola cosciente del fatto che aveva perso la sua ultima battaglia.
 
La testa di Lily stava ripercorrendo mentalmente tutto il discorso avuto con Mary e si stava maledicendo silenziosamente. Quanto era stata stupida! L’amica aveva rotto una promessa per aiutarla nonostante avessero litigato e lei le sbatteva in faccia che il ragazzo dei suoi sogni stava per uscire con un’altra! Se fosse stata sola si sarebbe scagliata contro il primo albero che avesse trovato e lo avrebbe preso a testate!
Stava ancora rimuginando sull’accaduto quando una voce la riportò alla realtà: “Una falce per i tuoi pensieri, mia bella strega.”
Solo allora la grifondoro si ricordò della presenza di James e per la vergogna la sua faccia assunse una tinta molto simile a quella dei suoi capelli. Il moro sorrise divertito: “Su Lils, non è un problema. D’altronde, in parte, è anche colpa mia: non mi ricordavo che a te non piace il Quiddich. Sono abituato con Mary a parlarne sempre e lei è una grande: non solo mi capisce, ma ribatte alle mie affermazioni e mi ascolta anche quando è stanca o è impegnata. Riesce sempre a trovare del tempo per starmi a sentire. È veramente fantastica! Oh! Scusami Lily. È sgarbato che parli di un’altra ragazza in tua presenza. Ma non ti devi preoccupare: noi siamo solo amici!”
“Figurati James, è tutto a posto.” Lily lo guardava divertita: aveva visto nei suoi occhi uno scintillio che, ne era certa, il ragazzo non avesse mai avuto né quando parlava di lei né di qualche altra ragazza. E con quella frase, ‘siamo solo amici’, sembrava quasi volesse convincere più se stesso che lei.
 
Erano ormai arrivati a Hogsmade, ma prima di entrare nel caratteristico paesino, James si parò di fronte alla ragazza e le disse sorridendole: “Ok, Evans, dimmi che cosa vuoi fare. Solo per oggi eseguirò ogni tuo ordine: sarò il tuo piccolo elfo domestico personale!”
Lily sorrise a sua volta divertita: “Bene allora prima devo passare da Mondo Mago, poi una veloce visita all’Emporio di Scherzi di Zonko e infine ci chiuderemo dentro a Mielandia. Tutto chiaro?”
“Sì, padroncina!” rispose serio il moro, facendo ridere la rossa di fronte a lui.
 
La mattinata scivolò via in un baleno all’insegna del divertimento e della spensieratezza. Lily accantonò i pensieri riguardanti Severus e si godette la compagnia ristoratrice di James. Il ragazzo, dal canto suo, si comporto come un vero e proprio cavaliere: assecondò la sua dama in ogni suo capriccio e l’aiutò nell’acquisto di alcuni regali. E, naturalmente, i suoi sforzi non rimasero inappagati: infatti la rossa gli concesse come premio per i suoi ‘servigi’ una visita al negozio di articoli per il Quiddich che aveva appena aperto in paese.
Quando finalmente uscirono dall’ultima bottega con le mani pieni di pacchetti, l’orologio del paese stava per battere mezzogiorno.
“Perché non andiamo a mangiare qualcosa da Madama Rosmerta? O almeno a prendere una burrobirra: ho una sete!”
Lily si trovò pienamente d’accordo con l’affermazione di James: non aveva molto appetito, ma tutti quei dolci di Mielandia le avevano fatto seccare la gola. E in più, le borse cominciavano a pesarle e a stancarla.
Si avviarono così verso la locanda, ma appena misero un piede dentro ai “Tre manici di scopa” capirono che non era stata una buona idea: il locale era talmente pieno di gente che era impossibile aprirsi un varco verso il bancone. Di sedersi a un tavolo poi, non se ne parlava neanche!
“Beh, direi che dovremo cambiare pub.” Disse James volgendo leggermente la faccia verso Lily “Che ne dici di andare da Madama Piediburro?”
La ragazza si voltò sconvolta verso il suo interlocutore: “Ma quello è il bar delle coppiette!”
“O lì o alla Testa di Porco. Ma ti avviso: Aberforth non è noto per la sua pulizia e i suoi clienti sono tutt’altro che raccomandabili!” le rispose il moro.
Lily ponderò bene la sua decisione: non aveva proprio voglia di andare in un locale sudicio e pieno di brutti ceffi, ma neanche in uno pieno di fidanzatini intenti a sbaciucchiarsi. Alla fine optò per il male minore: “Ok, vada per Madama Piediburro.”
 
Il bar era ancora peggio di quello che immaginava: tutto rosa, pieno di pizzi e merletti e impregnato di un odore talmente dolce da far venire la nausea; ma almeno non era molto affollato.
I due si accomodarono in un angolo, l’uno di fronte all’altra, lontano da sguardi indiscreti e ordinarono due burrobirre che arrivarono nel giro di qualche minuto insieme a un vassoio di biscotti a forma di cuore offerti dalla casa.
Lily iniziò a sorseggiare la bevanda lentamente lanciando occhiate circospette tutt’intorno: quel posto la metteva a disagio.
Fu James a rompere il silenzio che era piombato tra loro: “Sai, oggi ho passato una giornata veramente piacevole. Non credevo che alla fine ti avrei convinto ad uscire con me.” e così dicendo si allungò per prendere la mano della ragazza abbandonata rilassata sul tavolo vicino al vassoio.
Lily non la ritrasse, si limitò a guardarla incuriosita e preoccupata allo stesso tempo: non le piaceva la piega che stavano prendendo le cose.
“Ma, sai una cosa?” continuò James passandosi una mano tra i capelli senza distogliere lo sguardo dalla rossa “Ne è valsa la pena aspettare!” E iniziò a sporgersi verso la ragazza nel tentativo di baciarla.
A Lily sembrava di vivere la scena a rallentatore. Era bloccata dallo stupore e dalla paura mentre vedeva le labbra di James Potter farsi sempre più vicine alle sue.
La sua mente lavorava veloce facendole passare davanti agli occhi immagini di ciò che avrebbe comportato il bacio che stava per ricevere. Sicuramente sarebbe stata felice con James, ma non sarebbe mai stato vero amore. O forse, col tempo sarebbe riuscita ad amarlo? È vero, James la faceva sentire bene, ma quel sentimento sarebbe mai diventato qualcosa di più?
 E Mary? Era disposta a perdere la sua migliore amica per un ragazzo? Per assicurarsi il futuro sereno che aveva sempre sognato, era disposta a rubarlo ad un’altra persona?
 E James? Non era più tanto sicura che il ragazzo fosse veramente innamorato di lei. Sì, sicuramente era attratto da lei, ma, anche il suo, era veramente l’amore con la A maiuscola?
Lily era molto confusa e le distanze fra lei e il moro si erano ormai ridotte al minimo. Poi, all’improvviso, tra tutte quelle domande comparve il chiaro ricordo di una notte di gennaio di due anni prima, due labbra calde e avvolgenti e due occhi neri come una notte dicembrina senza stelle.
E la ragazza capì che non erano quelle le labbra che avrebbe voluto sentire premere contro le sue.           
Così posò delicatamente le dita della mano ancora libera sulla bocca di James spingendogli delicatamente la testa indietro e allo sguardo interrogativo del giovane sussurrò un flebile ‘Mi dispiace’.
“Scusami James, ma non sei tu il ragazzo che vorrei baciare.” continuò la rossa mentre il ragazzo tornava a sedersi normalmente con una faccia stupita e quasi offesa. “Tu sei una persona fantastica, mi fai ridere e so che non faresti mai niente per ferirmi, ma io non ti amo.”
“Wow! Beh, questo non me lo aspettavo proprio!” disse il moro togliendosi gli occhiali e iniziandosi a massaggiare gli occhi con la mano sinistra. L’imbarazzo era talmente grande che lo si poteva quasi vedere, seduto lì al tavolo con loro, le gambe accavallate, le braccia conserte e un’espressione divertita e compiaciuta stampata sul volto.
Dopo un minuto di silenzio che a entrambi parve un’eternità, fu di nuovo Lily a prendere la parola anche se ancora molto imbarazzata: “E poi… Sinceramente James non penso che tu sia veramente innamorato di me.”
Il ragazzo la guardò stralunato: “Certo che ti amo! Mi sei sempre piaciuta dal primo momento che ti ho vista!”
“Davvero? E allora dimmi cos’è che ti piace tanto di me!” continuò la rossa decisa a far aprire gli occhi al giovane cercatore.
James rimase un attimo sbalordito, non si aspettava davvero una domanda del genere. “Ecco… ehm… tu… sei molto bella e… ehm… intelligente e spiritosa e…”
“Ma sapresti dirmi qual è il mio colore preferito? Quali cibi adoro? Cosa mi fa arrabbiare? Cosa, invece, mi rende felice? Cosa mi fa piangere?”
“A dir la verità… no.” Disse James diventando tutto rosso ed abbassando notevolmente il tono della voce. “Ma abbiamo tutto il tempo per conoscerci meglio” provò a continuare il moro nel tentativo di salvare la situazione.
“Toglimi una curiosità James, a quelle domande che ti ho posto sapresti rispondere se si parlasse di Mary?” azzardò Lily.
“Ma ora che cosa centra?” provò a replicare il ragazzo, ma lo sguardo della sua interlocutrice non ammetteva repliche. Sospirò sonoramente e riprese a parlare: “Dunque, Mary adora il blu acquamarina perché era il colore del peluche che le regalò sua madre appena nata. Mangia di tutto, ma non rinuncerebbe mai al gelato alla crema e alle api frizzole di Mielandia. Si arrabbia per ogni ingiustizia e tutte le volte che non riceve un buon passaggio a Quiddich. Ama la musica, specie le vecchie ballate anglosassoni: le ascolta sempre prima di addormentarsi e la rende felice il sorriso di sua nonna. Invece la fanno piangere le parole sprezzanti di sua sorella e lo sguardo vuoto di sua madre.” Quelle ultime parole fecero incupire lo sguardo del grifondoro, che però si riprese subito per chiedere: “Ora mi dici questo cosa centra col nostro discorso?”
Lily sorrise dolcemente: “Sai, anch’io so così tante cose di una persona: è la persona che amo.”
“Stai cercando di dirmi che sarei innamorato non di te, ma di Mary? Sei uscita fuori di testa?! Io e Mary siamo solo amici!” ribattè stizzito James.
“Oh, andiamo Potter! Sai più cose tu di lei di quante ne sappia io, e io sono la sua migliore amica!” Lily vide il cercatore grifondoro abbassare la testa pensieroso e titubante. “Ascolta, forse mi sto sbagliando sui tuoi sentimenti, ma perché non ti prendi un po’ di tempo per pensarci sopra e provi a dare a questa storia una possibilità? Ora scusami, ma devo andare.” E così dicendo si alzò dalla sedia. Allo sguardo stralunato ed inquisitorio di James, rispose semplicemente: “Devo vedere una persona. Ho aspettato fin troppo tempo!”
E uscì di fretta dal locale lasciando il ragazzo in preda a mille pensieri ed elucubrazioni.
 
Correva Lily, con un sorriso in volto e la gioia nel cuore. Correva come mai prima di allora. Non voleva perdere nemmeno un altro momento lontano da Severus.
Lo amava. Lo amava come mai aveva amato e non poteva più stare senza di lui.
Al diavolo le differenze tra le case, i pettegolezzi che li avrebbero circondati, la passione di Severus per le Arti Oscure che stava ormai lasciandolo libero. Al diavolo il suo stramaledetto orgoglio che l’aveva bloccata per mesi.
Mary aveva ragione: era il momento che loro due fossero finalmente felici. Sapeva che la vita non sarebbe stata facile, ma non le importava: se non poteva essere felice con Severus, allora non avrebbe voluto esserla mai.
Era così presa dai suoi pensieri che non si accorse di andare a sbattere contro qualcosa che le ostruiva il passaggio e cadde a terra lunga distesa.
“Ouch!” Lily si massaggiò dolorante la spalla destra ed alzò la testa per vedere cosa l’avesse fatta cadere. O meglio chi.
Di fronte a lei si ergeva un ragazzo grande quanto un armadio e un’espressione corrucciata in volto. Al suo fianco stava un altro ragazzo, suo coetaneo, dai capelli biondo cenere e un sorriso maligno che illuminava il suo viso smunto e appuntito.
“Bene, bene. Guarda chi abbiamo qui, Mulciber: la piccola mezzosangue Evans.”
Avery si piegò sulle ginocchia, raccolse la bacchetta di Lily che era scivolata ai suoi piedi e iniziò a parlare, fissando il bastoncino come se non ne avesse mai visto uno prima: “Sai Evans tu mi hai fatto un torto. Mi hai portato via un futuro seguace per il Signore Oscuro, sicuramente il più dotato del suo anno e uno dei più scaltri tra i Serpeverde. E tu me lo hai sottratto con le tue moine e le tue parole velenose e…”
“Ma senti questo: il bue che da del cornuto all’asino! Mi fai proprio ridere Avery. Io sarei quella che avrebbe avvelenato la mente di Severus?! Tu sei pazzo!!! Ma che altro potevo aspettarmi da un futuro mangiamorte?” Lily sputò fuori tutta la sua rabbia verso quei due individui che erano quasi riusciti a portarle via l’amore della sua vita, che erano quasi riusciti a farlo precipitare in quel mondo di tenebra e dolore nel quale loro erano già immersi. E nessuno sarebbe riuscito a risollevarli.
Finalmente, a quelle parole, il ragazzo si decise ad osservare la sua interlocutrice che nel frattempo si era tirata su a sedere. Il sorriso gli sparì dal volto e una smorfia dura di ribrezzo prese il suo posto.
Avery si rimise in piedi e, consegnandogli la bacchetta di Lily, bisbigliò a Mulciber qualcosa che alla strega sembrò qualcosa del genere: “Guarda che non venga nessuno!” Il bestione si allontanò in fretta in direzione del villaggio e presto sparì alla vista dietro una cura stretta.
Poi Avery estrasse la sua bacchetta e dopo aver eseguito un incantesimo incollante e un muffliato sulla sua “preda”, continuò il suo discorso: “Come stavo dicendo, tu mi hai portato via una cosa, lurida sanguesporco e ora devi pagare!”
Lily nascose la paura che stava iniziando a crescere dentro di lei mentre la bacchetta del nemico si alzava fino all’altezza dei suoi occhi: non avrebbe mai dato la soddisfazione a quel viscido verme di vederla piagata dal terrore, supplice ai suoi piedi.
“CRUC…AAAHHH!”
L’incantesimo di Avery fu bloccato da un lampo rosso che  gli aveva colpito la mano facendogli cadere la bacchetta, mentre un taglio piuttosto profondo iniziava ad aprirsi sul dorso della sua mano.
Il ragazzo si voltò per vedere chi aveva osato colpirlo: una smorfia di disgusto misto a paura si dipinse sul suo viso, mentre Lily si apriva in un dolce sorriso sollevato.
 
 
 
 
 
 
 
 
N.d.a
Finalmente, sono tornata! So che molti di voi mi stanno maledicendo in turco per il mio ritardo spaventoso, ma non è stata colpa mia!
Dopo gli esami di fine marzo ero decisa ad aggiornare la storia, ma mi sono ammalata e poi la connessione a internet a iniziato a fare le bizze: un inferno!
Comunque spero che il capitolo appaghi l’attesa: è stato difficile scriverlo specie la parte tra Lily e James.
Ora vi lascio e, se volete un aggiornamento più rapido, recensite moooooltooooo! 
Baci, C.S.

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