Un Fiocco e due Plettri.

di _Veronica
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Walkin' alone. ***
Capitolo 2: *** It's only a matter of time. ***
Capitolo 3: *** Looking up. ***
Capitolo 4: *** Whatever it is, just can’t stop. ***
Capitolo 5: *** Potential. ***



Capitolo 1
*** Walkin' alone. ***


Capitolo Primo.
Walkin' Alone.

Vi fornisco una semplice idea del nostro personaggio.
Avete presente lo sfigato? Occhiali, con lenti a fondo di bottiglia, stimati dagli storici più o meno sui primi anni del ‘900, corporatura troppo esile o troppo poco, capelli unti, naso colante? Ecco.
Non è così.
Ora immaginatevi il giocatore di football, biondo, alto oltre il metro e ottanta, eccezionalmente idiota, biondo, occhi azzurri un colorito sempre giusto e un’orda di ragazzine urlanti sempre intorno.
Nemmeno lui.
Vi do pochi indizi, pochi ma.. Interessanti.
Il suo armadietto è completamente spoglio nessun adesivo, nessun bigliettino, niente di niente, solo un quaderno rosso per gli appunti, una penna mangiucchiata e una felpa, di quelle col cappuccio.
I suoi occhi sono verdi. Sono due smeraldi che quando ti guardano ti trafiggono l’anima e le sue mani.. Le sue mani affusolate, delicate o rudi a seconda delle occasioni.
Non cura molto il suo look, si mette quello che gli capita sotto tiro, una maglia blu o rossa? Che differenza fanno sono indumenti.
In quanto alla sua fama al suo ultimo anno di liceo? Oh, era molto famoso.
Non era quotato come i giocatori di football e nemmeno sembrava interessargli farne parte, ma era enigmatico. Era questo che attirava le ragazze. Il suo essere schivo verso chiunque, il suo animo celato al mondo riconosciuto solo a se stesso e i suoi modi di fare, questo faceva impazzire le ragazze e di questo ragazzo cercheremo di scoprire la vita.

Il suo nome è Hayden, fa parte di una band chiamata Beyond the Path una fusione tra metal, gothic e rock. Lui stava alla chitarra e alla voce, Tommy alla batteria, Nick al basso, Joe alla seconda chitarra e Matt alle tastiere.
L’estate era appena giunta al termine, i cinque ragazzi avevano appena firmato un contratto con un agente di Manhattan per suonare nei locali più in voga, erano sovraeccitati, sebbene della stessa città Hayden non andava a scuola con Tommy, Matt, Joe e Nick. Gli altri quattro andavano in una scuola privata, poiché benestanti mentre Hayden diceva che la scuola pubblica non gli creava problemi, a parte ogni tanto il polpettone della mensa, ma non era male infondo.
Da quando era in quella scuola nessuno era mai riuscito ad avvicinarlo, o a parlargli, era sempre stato così. Arrivava a scuola, prendeva i suoi libri, faceva lezione e tornava a casa, e nessuno era mai stato a casa sua, e come in ogni scuola ricca di pettegolezzi inventati si vociferava fosse gay.

« Hayden! Hayden! » quella che urlava era Coraline, chiamata Core da tutti, lo preferiva, Coraline la faceva sentire la francesina straniera che era, come si giustificava lei, e sicuramente era anche una delle ragazze più quotate della scuola, era stata con il quoterback della squadra di football ma era finita presto, lei era troppo intelligente per uno stupido come lui che pensava solo al sesso, sicuramente i saggi di Shakespeare di lei non avrebbero gradito.
Si girò tranquillo e vide la stessa scena del venerdì prima, una ragazzina dell’ultimo anno come lui, mora, occhi celesti con delle meravigliose pagliuzze verdi a contornarle le pupille, il fisico snello al punto giusto, un seno di dimensioni poco contenute, e gli occhialetti a lenti rettangolari con la montatura nera, sul naso.
« Ho la direttrice del giornalino scolastico sempre tra i piedi ultimamente, sto diventando famoso? » si appoggiò al proprio armadietto con la spalla, le braccia conserte e la fissò, con un sorrisino non troppo spavaldo ma nemmeno troppo dolce, una giusta via di mezzo.
« No beh.. Mi chiedevo.. Si insomma.. »
« No non sono gay, si i Beyond the Path suoneranno al One Night domani sera e.. basta no per il tuo articolo? » la interruppe.
« Oh.. » Core prese a scrivere sul suo taccuino, poi con un sorrisino malizioso gli chiede « Non credi che dovresti dare una spiegazione alle tue fan? Sono piuttosto giù per questa notizia »
« Senti.. » disse non riuscendo a trattenere una risata. « Solo perché nessuna suscita il mio interesse e non riesce minimamente a farmi voltare il capo quando mi passa davanti non vuol dire che io sia gay.. » disse ancora ridendo e lei storse il naso « e quanto riguarda la dimostrazione.. Beh ho una delle ragazze più carine della scuola davanti e di certo non stiamo parlando di Alexander McQueen o di smalti fucsia! » Core avvampò e lui con una spinta al suo armadietto per chiuderlo prende la sua tracolla da terra e si allontana verso l’aula di musica.

« Allora? »
« Niente, Becky, niente. » la ragazza con i capelli rossi sbuffò alla risposta di Core. « Sembra essere intoccabile. » Becky sbuffò di nuovo e la guardò attraverso i suoi occhi verde scuro.
« Nemmeno un interesse un piccolo dettaglio? »
« Niente ti dico! »
« Oh andiamo Core sei tu l’indiscreta giornalista che è riuscita a far parlare anche Lizzie! »
Lizzie era l’ape regina della scuola, classica bellezza sconvolgente, bionda, occhi blu come il mare, fisico mozzafiato, sempre perfettamente truccata, unghie laccate di blu proprio come i suoi occhi e tre ragazzine, le sue foto copie, più piccole di lei di un anno che le giravano intorno. Lizzie non era poi così buona, odiava chiunque la disturbasse, odiava le ragazzine brutte, o quelle che non si vestivano con stile come diceva lei. E al ballo scolastico dell’anno precedente, era riuscita a cambiare gli esiti di reginetta e re dell’anno, facendo vincere se stessa e il fidanzato, l’ormai famoso quoterback, Josh. E Core, era riuscita a farla parlare, ma l’effetto che voleva sui suoi lettori era far capire quanto fosse falsa, ma la reginetta era riuscita a rivoltare la situazione facendo vedere agli altri che alla fine era sempre stata sincera e che quell’occasione l’aveva fatta pensare. Fandonie questo era chiaro.
« Ma se non ricordi male quella è riuscita a capovolgere tutto raccontando le sue sciocchezze. Non vedo l’ora di andare al college per potermela togliere di torno. »
Becky sbuffò ancora, era la migliore amica di Core, ma era un po’ amica di tutti era solare, dolce, sempre disponibile si faceva chiamare così da tutti sebbene il suo vero nome fosse Rebecca. Non faceva parte del giornalino scolastico, ne delle cheer leader, era solo una ragazzina curiosa, ed estremamente intelligente, aiutava Core con gli articoli quando era in difficoltà ed era da due anni a questa parte l’organizzatrice di ogni evento nella scuola.
« Si ricordo, ma io e te non ci arrendiamo. » Becky fece schioccare la lingua al palato e sparì dietro l’angolo. Core sorrise, mise il taccuino nella borsa e andò nella direzione opposta diretta a matematica.

La musica per lui era tutto.
Quando suonava la chitarra, per se stesso era nel suo mondo, poteva suonare con tranquillità una scala di note o fare una cover di qualsiasi canzone venisse trasmessa alla radio.
Passava dalle composizioni più melodiche dai dolci suoni alle più rudi “strimpellate” nel cortile di casa.
Era nella sua magia, cantava, non gli interessava di essere preciso, d'altronde era la sua caratteristica che lo stava rendendo famoso, essere impreciso, e anche nella vita era così, Hayden era impreciso.

Una voce roca anticipò gli strascichi delle ciabatte in stoffa.
« Hayden, cazzo. Smettila con quella fottuta chitarra e vieni a mangiare. » lui annuì senza proferir parola e fece finta di niente. Aprì la porta, una donna dalla sconvolgente bellezza smagrita lo stava aspettando alla fine del corridoio, con la sigaretta in bocca e un hamburger in un piatto, la puzza di alcol era ovunque.
La seguì e venne inghiottito dal buio delle luci soffuse.

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Capitolo 2
*** It's only a matter of time. ***


Capitolo II
Only a matter of Time.

 

Avevano appena concluso un grandissimo concerto, dopo la serata al One Night, i Beyond the Path si erano resi conto, più del solito, che il pubblico li amava.
Avevano visto la folla accalcarsi verso di loro. O meglio Hayden aveva visto una folla di ragazzine, che cercavano di essere il più dark possibile lanciargli le magliette, ma lui continuava a cantare ci faceva poco conto. Il sudore sulla fronte, i capelli appiccicaticci alla nuca, quella barbettina incolta, tempo fa aveva pensato di farsi un piercing, al sopracciglio, lo aveva visto in un catalogo di tatuaggi e piercing dal suo tatuatore di fiducia e la cosa lo aveva intrigato.
Si, aveva svariati tatuaggi, sulla schiena aveva la riproduzione della propria chitarra, elettrica nera, era una normalissima Gibson, il manico scuro passava tra le scapole e al fondo dello strumento c’erano i versi di una canzone scritta da lui, fili delle casse intorno al manico andavano a sparire sui fianchi e il body della chitarra era lucente, nero. Era enorme, questo era vero, ma tanto enorme quanto direttamente proporzionale all’amore verso la propria chitarra e la musica stessa.
Su una spalla aveva una croce celtica. Molto elaborata. Poco importava dei pensieri altrui a lui piaceva. Aveva una Y sul collo che nessuno, sapeva cosa stesse a significare poiché non lo aveva svelato a nessuno, nemmeno gli altri componenti della band lo sapevano.
Nick come al solito interruppe i suoi pensieri esordendo con un « Ehi amico, andiamo a farci una birra? »
« Mmh. Non lo so Nick non ne ho molta voglia. » stava cercando di riacchiappare i pensieri che gli stavano sfuggendo via ma troppo tardi, erano spariti.
« Dai Hay! » rise Tommy. « Ho conosciuto due.. » si limitò a fare un movimento di bacino avanti e indietro. Hayden avrebbe capito.
« Dai Hayden non rompere i coglioni. Vieni con noi e stop. » anche se voleva essere amichevole il tono, troppo severo di Joe fece sembrare la propria frase un rimprovero. E Matt si limitò a sorridergli amichevole agitandogli una birra davanti. Hayden sbuffò rumorosamente, si passò una mano nei capelli, e alzatosi le maniche, corte, della maglia tanto da farla sembrare una canotta li guardò.
« E va bene basta che mi offrite da bere! » rise e i suoi amici risero con lui.

Mal di testa, birra, tette, Nick, birra, sigarette, Joe.
Ecco cosa ricordava. Non capiva se avesse partecipato ad un’orgia o avesse semplicemente scopato con una perfetta sconosciuta.
Apre gli occhi e trova al suo fianco una ragazza, capelli neri, curve da urlo, il sedere perfetto e la pelle liscia e candida come la porcellana. Guardandola le tornarono alcuni ricordi alla mente e si sorprese del fatto che quella ragazza le ricordasse qualcuno. Sposta il braccio dal fianco di lei che ancora dormiva e sente un rumore sordo di vetri.
« Birra. » mormora, in effetti erano totalmente circondati da bottiglie di birra. Fa un giro della casetta sorprendendosi di trovare Nick, Joe, Matt e Tommy sdraiati a terra, dormienti, con quattro ragazze diverse sul petto. Soffocò una risata e facendosi largo tra le bottiglie e i posacenere colmi di mozziconi andò nel e piccolo bagnetto rosa in fondo a destra al corridoio appena attraversato.
Si sciacquò le mani, il viso passandosi le mani nei capelli, si guardò nello specchio. Stette li, in quella posizione almeno venti minuti. Gli occhi verdi, due smeraldi, ciuffetti di capelli sugli occhi che finì per tenersi con una mano, la barbetta che lo faceva sembrare più grande di almeno tre o quattro anni, i pettorali scolpiti, gli addominali. Eppure non faceva sport. Si infilò nella doccia benedicendo chissà quale santo che fosse Sabato e non Lunedì.
Dopo essersi fatto una doccia fredda per svegliarsi e farsi passare la sbornia tornò verso la camera dove aveva la sue cose e vestitosi, uscì da quella casa. Non si curò di vedere cognomi o altro. Stava prendendo la chitarra dal furgoncino rosso metallizzato del gruppo quando sentì la voce di Nick ridotta ad un sussurro.
« Dove vai? »
« Secondo te? »
« E dai resta. » il tono sembrava supplichevole. Alcol.
« A fare cosa? » disse infine un po’ stizzito.
« Ce la spassiamo ancora » disse Nick con una risatina.
« Me la spasso a casa! » Hayden, canzonandolo prese la chitarra chiuse il cofano lanciò le chiavi a Nick e si incamminò verso casa.

Il week-end passò tranquillo, sebbene Hayden stesso dovette ammettere che quella ragazza non le passava più di mente. E soprattutto ora ricordava molto più di quel sabato mattina. Somigliava a qualcuno ma a chi?

Arrivato a scuola, in leggero ritardo di un paio di minuti come al solito si vide osservare con rispetto dai giocatori di football e vide i visi neri delle ragazze verso di loro.
Che aveva fatto di tanto speciale da rivoltarsi le ragazze contro?
Oh, piccola parentesi, se facevi arrabbiare le ragazze ti meritavi il rispetto del quoterback e i suoi giocatori, se la squadra di football ti rispettava, sicuramente avevi o i superpoteri o avevi fatto qualcosa di veramente fico.

Stranamente Core non le correva incontro urlandogli di realizzare un’intervista con lei del giornalino scolastico e Becky.. Anche lei era come sparita.
Quella scuola sembrava diversa, tutta la settimana quella scuola fu diversa.
Niente giornalino. Niente polpettone alla mensa. Niente di niente. Capire cosa stesse succedendo per tutti era una grande ambizione, dal canto suo Hayden non ci faceva molto caso, entrava a scuola, faceva qualche noiosa lezione di letteratura o matematica e tornava a casa. Così fece per quattro giorni, al quinto, Venerdì all’ora di pranzo fu preso alla sprovvista vedendo che un gruppo di ragazze, molto arrabbiate a vedersi, gli stavano venendo incontro minacciose.
« Dove l’hai messa! » disse una biondina, un po’ brufolosa in vero, puntandogli un dito sul petto.
« Dove ho messo cosa? » disse tranquillo gettando la sigaretta oltre le loro teste.
« Coraline! »
« Ah siete del giornalino. »
« L’hai rapita vero? » chiese un’altra dai capelli color cioccolato e grandi occhiali da vista.
« Io? » scoppiò a ridere fragorosamente suscitando la soggezione delle ragazze. « Sentite se la vostra direttrice non è a scuola, sebbene intervisti sempre me, non è colpa mia. » continuò a ridere superando le ragazze, dirigendosi verso l’entrata della scuola.
« Dopo venerdì sera non l’abbiamo più vista è andata all’Irish Pub, dove c’eri anche tu e lei non è più tornata. » urlò una dalla vocina stridula.
Hayden fece un passo ma cessò di ridere immediatamente.
Irish Pub. Irish Pub. MA CERTO!
« Scusate! » invertì la propria marcia e corse verso il cortile, saltò in sella alla propria vecchia moto da cross e cercò di ritornare a quella casa.
Non si spiegava il perché del suo gesto, ma nella sua testa aveva solo una persona in mente. Coraline.
Che fosse stata lei la stupenda ragazza con cui si era svegliato quel sabato mattina?

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Capitolo 3
*** Looking up. ***


Capitolo III
Looking Up.


Per tutto il tragitto aveva stuzzicato la propria mente cercando di non realizzare in un pensiero ciò di cui aveva forse un po’ paura che altro: essere andato a letto con Coraline.
Pensandoci non era mai stato un tipo che si fregava di chi scopasse una sera e chi un’altra, erano ragazze vogliose che lo facevano ubriacare per poi far di lui ciò che volevano. La cosa non gli dispiaceva, anzi, l’intero mondo sa quanto gli uomini necessitino di questo tipo di rapporti più che di una relazione stabile, ma c’è sempre qualcosa che alla fine li lega alla donna, oggetto in questo caso, interessata.
Per Hayden, se così fosse stato, cioè essersi portato a letto Core non sarebbe stato tanto un trofeo quanto una colpa. Sicuramente la ragazza non era vergine, per stare quasi un otto mesi col quoterback della squadra di football, che è soprannominato l’affamato tra i ragazzi, si dev’essere data da fare, anche se il motivo ufficioso della loro rotture erano diverse idee riguardo il proprio futuro.
Tutti questi pensieri vorticarono nella mente di Hayden che rischiò almeno una decina volte di finire sotto una macchina per riuscire a raggiungere quella casetta.
Core che non si vedeva a scuola, l’Irish pub, il bagno rosa.. Cercava di ricordare ma stare attendo alla strada e pensare a una cosa di quel tipo non era facile, così imboccò la 24esima e arrivò davanti alla villetta annunciandosi con un rombo. Al suo arrivo, purtroppo le finestre vennero stangate e le serrature delle porte di servizio e quella della cucina bloccate.
Scese dalla moto, curioso di capire, desideroso di sapere la verità.
Suonò il campanello al cancelletto prima della casetta ma nessuno rispose. Suonò una seconda volta ma nessuno si degnò di considerarlo. Dopo almeno sette tentativi andati a vuoto tornò alla sua moto nel metterla in moto si accorse di due occhi scintillanti, celesti con pagliuzze verdi, gli occhi di Core!
Corse al cancelletto lasciando che la moto cadesse a terra lo scavalcò e iniziò a bussare alla porta.
« Coraline! Coraline ti prego aprimi! Core! » urlava quasi e dentro di se non sapeva se essere contento di averla riconosciuta o meno, poco importava al momento. Ma di nuovo nessuno gli rispose. « Coraline aprimi! Giuro che sto qua tutta la notte! Fammi un cenno almeno.. Dai Core, cazzo! » aveva battuto un pugno sulla porta in legno massiccio accasciandosi sul tappetino, a sedere, accendendosi una sigaretta, la prima di una lunga serie..
Un paio d’ore, dopo almeno, sente la serratura della porta sbloccarsi e lasciare il raggio di visione tra un’anta e l’altra di pochi centimetri. Una signora, dell’età di sua madre, sicuro, se non con qualche annetto di più, gli scuri capelli raccolti sulla testa sicuramente più per il caldo che altro, puntatogli un dito laccato di rosso contro disse burbera.
« Dovresti andartene da qui ragazzo. »
« Signora per favore, vorrei vedere Coraline. » notò con grande sorpresa che la donna aveva gli occhi identici a quelli di Core, labbra carnose perfette e da quello che intravedeva sembrava avere un fisico altrettanto perfetto.  Un pensiero gli balenò nella mente ma non fece in tempo ad acchiapparlo per esplorarlo in tutta la sua enorme equivocità.
« Come ti chiami, ragazzo? » chiese lei aprendo un po’ più la porta ma senza farlo passare.
« Hayden, signora, Core è sua figlia giusto? »
« Sì. »
« Ecco, mi farebbe entrare per favore, so che è in casa.. » disse continuando a guardare la donna dai suoi occhi simili a smeraldi.
« Non posso.. Hayden » la donna pronunciò il suo nome con estrema esattezza e dando ad esso motivo per essere un nome meraviglioso. « Mi ha chiesto di non far entrare nessuno. »
Hayden si appoggiò alla porta, la signora sibilò un “mi dispiace” e non poté far altro che tornarsene a casa.

La sera seguente suonò in un altro locale, ma si vedeva perfino durante l’esibizione che la sua mente fosse altrove, cercava qualcuno nella folla, e Nick, Joe, Matt e Tommy non sapevano spiegarsi questo suo comportamento.
I giorni passarono, lui non si avvicinò più a casa di Core da quell’incontro con la madre, e continuò a fare la proprio vita solitaria e ora più inutile che mai.
In cuor suo sperava di poter aver conferma da Core di essere andati a letto insieme, ripensava alle sue curve, ai capelli scuri sparsi sul cuscino come in una composizione fatta apposta ma in realtà del tutto casuale, a quel profumo di pulito che emanava la sua pelle.
Non riusciva a togliersi di mente quel corpo.
Un altro pensiero lo raggiunse. Se quel copro fosse stato della madre di Core?
Avevano lo stesso profilo gli stessi occhi.. E se?
La mente di Hayden era un groviglio senza fine che non riusciva e non poteva essere sbrogliato.
A casa la sua vita era un inferno, sua madre sempre sul divano di casa ubriaca che ogni sera aveva un uomo diverso che le girava intorno, tempo fa gli era capitato di buttarne uno fuori da casa loro a calci e aveva urlato a sua madre di smetterla con quelle stronzate. E lei, dal canto suo, era riuscita solo a dire “Lo faccio per noi Hayden, lo faccio soprattutto per te” inutile dire che il ragazzo si fosse arrabbiato ulteriormente.
E la scuola non andava di certo meglio, ormai le ragazzine del giornale non lo consideravano più accusandolo della sparizione della loro direttrice e si stupì di non aver ancora incrociato Becky in giro, raggiante, per i corridoi, c’era da ammettere che era il sorriso della scuola, la faccenda si stava pian piano dissolvendo, anche per il fatto che Lizzie sorrideva continuamente a Hayden, che un giorno, curioso le diede appuntamento dietro la scuola alle 3 di quel pomeriggio.
« Ciao Hayden. » aveva esordito lei con tono sensuale, si era messa una mini gonna, che di gonna non aveva niente visto che era un pezzo di stoffa adatto a coprirle il culo per metà, un top scollato e degli stivali col tacco alto, era attraente, ma non quel tipo di bellezza che lo attirava.
« Se non avessi parlato Lizzie, ti avrei sicuramente scambiata per una di quelle puttanelle 17enni che per un pompino chiedono 15 dollari per le sigarette e un pezzo di fumo. » disse tranquillo buttando il mozzicone della sigaretta alla sua destra, guardandola di traverso.
« Hayden, per favore, sappiamo entrambi quanto mi desideri, sennò non mi avresti chiamata qui. » Hayden rise, si stupì di quanto fosse caduta in basso per un po’ di notorietà, le si avvicinò, le prese il mento con un paio di dita e disse beffardo.
« Non ti desidero affatto, Lizzie. Voglio solo sapere una cosa, per questo ti ho chiamata qui. »
« Tutta la scuola sa che ti sei scopato Core e sua madre. » lui fece finta di niente e la guardò ridendo.
« Se credi a questi pettegolezzi sei solo una stupida Lizzie. » lei non disse ne fece niente e lo portò verso il muro e prese a baciarlo, lui la staccò da se. « Se permetti io dovrei andarmene. » la lasciò, lì a bocca asciutta e andò via.

Era così davvero?
Così si era fatto Core e sua madre?
Era pressoché terrorizzato. Non capiva non poteva capire.
Stette a rimuginare su quanto accaduto quella notte con i suoi amici  e ciò che era accaduto con Lizzie.
Decise di tornare alla villa rosa, ormai la chiamava così, e chiedere spiegazioni ad entrambe.
« Ti avevo già detto di andartene. » disse la signora scocciata.
« Peccato signora, che girino brutte voci su di me, lei e sua figlia. » disse lui col fiatone per la corsa fatta, sì, aveva lasciato la moto a scuola, da vero idiota. Lei aprì la porta e lui entrò, vide il corridoio dove dormivano gli amici, la sala, la tv, la cucina, ricordava tutto, ricordava che erano arrivati in questa casa e lui si era tuffato a capofitto sul corpo della “sua” ragazza, non sapendo nemmeno chi fosse. Andò verso il bagno e lo vide. Rosa. Lo specchio. La doccia. C’era tutto ma non c’era Core.
« Dov’è Core?! » si voltò e la signora lo guardava beffarda. « Signora dov’è Core? » ora stava gridando, non lo aveva mai ammesso ma un po’ di bene glielo voleva.
« Il mio nome è Annabeth, te lo ricordi Hayden? » un lampo gli fulminò i pensieri. La donna con cui era andato a letto era lei, Annabeth, la madre di Core.
« Non m’importa ricordarmi il suo nome signora voglio sapere dov’è Core. »
« Non so dove sia. » disse sospirando infine. Hayden non si diede pace e corse fuori dalla casa a cercare Core lasciando Annabeth sola.
Dopo ore di ricerca la trovò accampata nella casetta di un parco giochi, era buio no faceva così caldo e aveva il fiatone.
« Core.. » disse piano, la ragazza fece uno scatto e sibilò atroce un “vai via” che lo spaventò più di quanto lo fecero i ladri quando era piccolo. « Core asc.. »
« Che cosa vuoi da me? Mia madre è a casa, vattela a scopare! »
« Ma io non sapevo nemmeno chi fosse, io.. »
« Tu.. Tu.. Tu..! TU MI HAI FATTO DANNARE PER ANNI HAYDEN. » uscì dalla casette gli urlò con quanto fiato aveva in gola a pochi centimetri dal suo viso.
« Ascoltami te ne prego.. » chiese lui in tono di supplica, lei si zittì. « Non sapevo nemmeno che quella fosse casa tua Core, andiamo, sei.. Va beh, i miei amici mi hanno detto che avevano trovato delle belle ragazze.. Sai com’è.. Se sapevo che si trattava di te.. O meglio di tua madre.. » era titubante cosa mai successa tra loro due, continuava ad inciampare tra le sue parole, era parecchio imbarazzato. « Te lo giuro Core.. »  scuote la testa. « Ho una cotta per te da tempo.. Non avrei fatto una cosa del genere.. » scuote di nuovo la testa a prendere a correre verso casa sua. Senza fermarsi, senza nemmeno fermarsi alle suppliche di restare di Core. Non doveva dirglielo, non doveva, e non avrebbe nemmeno voluto fare ciò che involontariamente aveva, però fatto.
Si chiuse in casa ed aspettò il passare dei giorni come la cenere che si forma da una sigaretta, lentamente. 

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Capitolo 4
*** Whatever it is, just can’t stop. ***


Capitolo IV
Whatever it is, just can't stop. 


So, you think you know how this story goes 
are you ready for this? 
Sit down, are you ready for this? 
Shut up, are you ready for this? 
Stand up, are you ready for this? 


Erano passate diverse settimane dall’incontro di Hayden e Core.
Erano anche diverse settimane che la routine del ragazzo si riducesse ad un semplice rapporto tra casa e scuola.
I suoi migliori amici e compagni della band avevano deciso di chiedere ai loro agenti del tempo per comporre, sebbene non fosse vero, proseguire senza il loro amico o lasciarlo a se stesso non era un’azione così nobile.
Tommy era passato diverse volte a casa sua, aveva cercato di parlargli e farlo parlare, ma tutto ciò si rivelò inutile, si trovarono a provare ogni santo giorno. Visto poi che Hayden sembrava stare meglio o almeno, era meno attento ai suoi problemi iniziarono ad arrivare anche Joe e Matt a casa sua. Col fatto che la madre aveva trovato lavoro ad una tavola calda, grazie al figlio, Hayden era sempre in casa da solo. Tempo per pensare, come diceva lui.
Di tutti quanti, Nick era l’unico che provava astio nell’andare con gli altri a provare. Non che fosse schizzinoso, o altro ma c’era stata un’incomprensione tra lui e la madre del loro vocalist. Perciò aveva sempre paura di trovarsi sempre quell’ostacolo davanti: parlarne con Hayden. Avuta però notizia che la madre era sempre fuori fino al tardo pomeriggio acconsentì ad andare, avrebbe trovato una scusa per andarsene prima o non andare ogni tanto.
Col fatto che la madre di Hayden era sempre ubriaca probabilmente non si sarebbe ricordata quel “particolare” ma di certo era inutile rischiare.
« Nick finalmente ci degni della tua presenza? Pensavo di dover trovare un nuovo tastierista. » disse Hayden quando Nick si presentò alle prove.
« Non è necessario, sono qui! » rispose Nick cercando di sembrare il solito sbruffone, ma evidentemente stare in quella casa gli procurava solo agitazione ed ansia.

 
                                                                                                         ***

Passarono così i giorni, i mesi ed Hayden iniziò a non pensare a Core, sebbene non volesse uscire con nessun’altra ragazza dal loro ultimo incontro, al parco, i Beyond the Path ricominciarono a suonare nei locali a godersi le fan impazzite e mentre le stagioni si susseguivano arrivò Natale.
Natale a New York  era qualcosa di meraviglioso, le strade si illuminavano, le persone sembravano più felici e nessuno aveva voglia di caricarsi addosso ulteriori problemi, sembrava che perfino i ladri fossero andati in ferie. Le vacanze di Natale erano pressoché sacre.
Un pomeriggio Nick passò a casa di Hayden per prendere gli spartiti, su cui doveva lavorare, lasciati lì la sera prima.
Purtroppo non aveva contato il fatto che gli orari della tavola calda non erano gli stessi sempre per tutte le cameriere e infatti entrò in casa come se non ci fosse nessuno, dopo pochi secondi una voce femminile calda, priva di parole strascicate per via dell’alcol, echeggia nel corridoio.
« Hayden tesoro sei tu? » Nick si maledisse per la sua stupidaggine e si stupì del fatto che la madre del suo amico fosse sobria e di come la casa continuasse a puzzare di alcol. Scosse la testa, incredulo, prese un respiro e con voce tremolante rispose semplicemente.
« Sono Nick. » dopo pochi secondi sentì qualcosa di metallico cadere a terra, probabilmente un mestolo, probabilmente Susan, la madre di Hayden si era spaventata. Probabilmente era stato proprio Nick a farlo.
Poco dopo raggiunge la cucina con gli spartiti in mano e li mostrò alla donna come per farla stare tranquilla e farle capire che non aveva cattive intenzioni.
« Ecco.. Faresti bene ad andartene adesso, Nick.. » sussurrò Susan, non guardandolo negli occhi, concentrandosi di più sui fogli. Nick si avvicinò leggermente a lei e sorrise.
« Ho un po’ sete, potrei avere un po’ d’acqua? » il ragazzo aveva completamente ignorato la richiesta di Susan, si stava avvicinando troppo pericolosamente e quando lei gli passò con mano tremolante il bicchiere con l’acqua lui la prese repentinamente dai polsi facendo si che il bicchiere si rompesse in mille piccoli pezzetti sul pavimento.  Susan provò ad urlare ma tutta la voce che aveva le si soffocava in gola, come se ci fosse stata dell’ovatta. Nick con sguardo famelico e con la testa contro la sua l’aveva già issata sul piano della cucina, in pochi minuti l’aveva quasi spogliata del tutto.
Susan era una donna di corporatura media ed esile, il corpo non più perfetto, come un tempo, perché trascurato dalla “bella vita”, ma era rimasta una donna affascinante, con gli occhi verdi e i capelli biondissimi, labbra fini, ma non troppo e il naso con una minuscola gobbetta che Hayden definiva deliziosa da quando era piccolo mentre lei la odiava.
Invece Nick era un ragazzo ben piantato, un quoterback, se si potesse paragonare a qualche figura del liceo, muscoloso, forte e braccia enormi, gli sarebbe bastato un braccio per intrappolarla, ma in qualche modo provava una sorta di perversione nel vedere quegli occhi verdi spalancarsi in continuazione e quel corpo esile divincolarsi sotto il suo peso.
Tutto questo non era la prima volta che succedeva e non sarebbe stata nemmeno l’ultima, Nick arrivava, la violentava ed andava via, aveva minacciato Susan in quanto figlio di un colonnello di polizia, in quanto se lei fosse andata alla polizia a denunciarlo nessuno le avrebbe creduto.
Poco dopo l’accaduto, fece  in tempo a vestirsi e a correre verso le pentole, poiché di lì a poco il figlio sarebbe tornato a casa, sbuffò e si trovò a dover preparare tutta la cena una seconda volta, si era stappata una bottiglia di vino per la frustrazione, si era dovuta struccare e ritruccare per nascondere gli occhi gonfi dalle lacrime e quando Hayden varcò la porta di casa Susan stava raccogliendo i pezzi del bicchiere caduto a terra.
Ma non disse niente al figlio.
Non disse niente come era ormai solita fare quasi ogni giorno da circa due anni.
Era stufa di quella situazione, ma continuava a non dire niente.

 
                                                                                                          ***

Ci fu poi un giorno, un giorno freddo di Febbraio, dopo mesi che Hayden non pensava a Core, uno di quei giorni terribilmente freddi da perdere uso di mani e piedi anche se fossero sotto mille coperte.
Hayden stava andando a fare la spesa per conto di sua madre, non sapendo cosa stesse accadendo a casa sua, continuava a rimuginare sul fatto che lui e la madre avessero quasi litigato per andare a comprare qualche verdura e una zuppa, lei voleva andare per forza e lui per galanteria alla fine aveva preso il giubbotto ed era uscito; Hayden non era tipo da spesa e nemmeno da cucina ma era felice di fare qualcosa per la madre che era tornata in se.
Girando per gli scaffali non sapendo dove andare per una zuppa fermò una ragazza per chiedere indicazioni, « il corridoio in fondo a destra. » aveva risposto glacialmente lei. “Certo! Il corridoio in fondo a destra, che cosa banale” di era detto lui mentre cercava i familiari barattoli verdi.
Uscito dal supermercato col sacchetto in una mano e la sigaretta dall’altra e preso da una vena di masochismo decise di passare ai giardini dove Core era accampata tempo fa.  Non c’era traccia di lei, era troppo freddo, ma non poté resistere allo stare nella casetta dove era lei quando gli aveva urlato quelle parole, pensando e finita la sigaretta lanciando il mozzicone lontano.
Stette lì diverse ore fino a quando non vide avvicinarsi una figura femminile di sbieco sembrava tanto Coraline, ma si sbagliava guardando meglio era la madre, decide di non rispondere allo sguardo suadente della madre, salta giù dalla casina e va a passi veloci verso casa propria.
Non aveva voglia di parlare con la madre della ragazza che amava, con cui era andato anche a letto.
Scacciò il pensiero e si diresse a casa.
Fu accolto da risa femminili, una era quella familiarissima della madre che non sentiva da tempo, l’altra era familiare si ma non collegava di chi fosse, varcata la soglia e andato verso il soggiorno gli cadde la busta dalle mani e fissò davanti a se.
Le risa cessarono e furono sostituiti da dolci sorrisi.
« Sai.. Ho visto Becky due giorni fa.. Sta bene.. Ha solo cambiato scuola.. »  disse la prima voce, non della madre.
« Hay! Tesoro avrai freddo! » disse Susan apprensiva, così con la scusa di andare a prendere un maglione per il figlio sparì dalla stanza.

I due si guardarono per un tempo infinito, Hayden non sapeva se essere arrabbiato con lei e lei non sapeva cosa fare.
« Coraline.. » sussurrò guardandola di sbieco. Aveva la vista offuscata e i sensi amplificati quasi.
« Sai.. » prese un respiro lei, poi continuo a stare in silenzio.
« Ho smesso di cercarti per il semplice motivo che non sapevo dove cercarti e se avessi voluto vedermi. » disse Hayden con tono schivo, gli occhi bassi seduto davanti a lei mentre si guardava le mani e si torturava il labbro inferiore.
« Posso capirti..  » disse lei semplicemente. Lui invece, si rese conto di quanto fosse banale come scusa la propria.  
« Ok non è vera solo una parola di quello che ti ho appena detto, Coraline..  » Hayden prese un respiro e iniziò a parlare. « Avevo paura. Tutto qua.. Quella sera dopo averti confessato I miei sentimenti nei tuoi confronti sono impazzito, mi sono ripetuto di non parlarti mai più semplicemente per il fatto che non sapevo nemmeno come prendere quel mio stato d’animo. Non ho mai provato nulla di simile perché nessuna ragazza con cui sono stato è come te. Non.. Non volevo che succedesse ciò che è successo con tua madre ma.. »
« Non eri cosciente. » disse lei stizzita, quella era ancora una ferita aperta per lei e non sapeva mai come prenderla ed affrontare l’argomento con chiunque. « A casa non ci torno più da un bel po’ sai? Sto con mio padre ora.. »
« Sa ciò che è successo? » chiese preoccupato, lui.
« Ti interessa solo della tua fama? Ti interessa solo di te stesso? » Coraline stava iniziando ad arrabbiarsi, le si erano arrossate le guance, che non erano più tondine come prima. La guardò, era dimagrita in maniera paurosa e gli occhi verdi che erano sempre vispi adesso erano cupi come non mai. La interruppe mettendole una mano sulla bocca e cercando di essere più delicato possibile non riuscì a trattenere la domanda.
« Cosa caspita ti è successo Core? Cosa hai fatto? » lei fu colta alla sprovvista e a prima impatto non disse nulla poi scosse la testa.
« Non voglio parlartene ora. Non.. Sto ancora male ecco. » Tagliò corto lei senza dire altro. Hayden dal canto suo non sapeva che pensare, non sapeva nemmeno come comportarsi quasi e aveva paura che alla minima parola sbagliata avesse reagito in quel modo, ma non fu così. Per tutta la sera parlarono.
Parlarono e basta, della scuola, di loro stessi, più Hayden che lei, ma in cuor suo sapevano entrambi di potersi sfogare con l’una con l’altro.
Purtroppo era arrivato il momento di salutarsi.
« Ti prego Core.. Rimani qui. Rimani con me.. » la supplicò, sussurrando lui.
« Solo questa notte. » disse lei abbozzando un sorriso. Lui la strinse a se ma lei si scostò dalla presa, non dissero niente, non dissero altro oltre a quello che avevano già detto.

Si occuparono l’uno dell’altra in un più totale silenzio che esprimeva più i loro stati d’animo di mille parole.
Quando Hayden si alzò in piena notte non riuscendo a dormire prese la chitarra e suonò.
Al suono di quella dolce melodia Core sorrise, forse nel sonno, forse no, ma quel che era certo era che non aveva mai smesso di provare qualcosa per lui.

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Capitolo 5
*** Potential. ***


Capitolo V
Potential.



Le dita intrecciate, le une nelle altre, i respiri leggermente alterati, quasi affannosi, i corpi inarcati l’uno contro l’altro per l’eccitazione o il semplice desiderio di aversi, gli occhi torbidi di Hayden incontrarono quelli spenti di Core, con dei semplici gesti della mano quella ragazza aveva il potere di risvegliare in lui quell’euforia che provava un dodicenne davanti ad una playstation nuova di zecca e quell’eccitazione irrefrenabile che un giovane sposino provava alla vista della sua bella sposa, in bianco, sul letto della Crociera che avrebbero fatto come viaggio di nozze, carica di desiderio nel corpo. Le stesse due sensazioni, stupende assieme Hayden le stava provando, ma anche Core sembrava un tempo esitante ma l’attimo dopo decisa. La luce della notte filtrava dalla finestra di camera del ragazzo, sotto la quale era posizionato il letto. Hayden seduto sul letto con la schiena muscolosa verso il vetro della finetra, Core sopra di lui, sinuosa ed ancora stupenda sebbene fosse troppo magra, illuminata dalla fioca luce che la Luna sembrava riservare solo per loro, tutto taceva, l’unica cosa che si sentiva erano i sospiri di entrambi, parole sconnesse ed ansimi, sì stavano facendo l’amore. Sembrava un concetto così grande per entrambi, come se fossero sempre stati destinati ad amarsi, come se quello fosse l’unico modo per esprimersi, senza fraintendimenti.. Senza paure.
Le mani di entrambi erano strette assieme, in una dolce morsa, la bocca di Hayden sul collo di Core, i capelli corvini di lei sulla spalla muscolosa di lui, si muovevano sinuosi nella notte, tacita, come la Luna che li osservava. Più Hayden spingeva in lei, più sentiva di volerla. Ancora ed ancora. Non aveva ancora mai fatto l’amore con Coraline, ma sapeva che sarebbe stato qualcosa di stupendo, perché l’amava. Sì amava solo lei. Amava come i suoi capelli un giorno fossero completamente lisci e l’altro scompigliati o ondulati, amava il fatto che lei odiasse i rumorini di prima mattina, le mille domande che lui le faceva e le posate che tintinnavano sul fondo della tazza piena di latte e cereali, amava farle perdere la pazienza perché il suo broncio era l’ottava meraviglia del mondo ed amava come lei non riuscisse ad essere arrabbiata con lui, perché… Lo amava. Adesso tutte quelle sensazioni si rivedevano in quel dolcissimo rapporto, in quel modo in cui il corpo di Core si spingesse al suo per eccitazione e piacere e come Hayden cercasse in tutti i modi di compiacerla come più le era possibile.
«Non andare via Core… Non andartene…» questo le ripeteva Hayden ma lei era così, arrivava nel cuore della notte, nel più totale silenzio e dormiva assieme a lui e la mattina presto scappava via, come un cucciolo di cerbiatto che si avvicina troppo al cacciatore ed ogni mattina lasciava Hayden col dubbio di aver sognato o meno quella bellissima creatura. Ma quella notte fu diversa, quella notte lei volle fare l’amore, lei volle restare e lei volle vedere lo sguardo attonito di Hayden alla sua richiesta. Lui l’amava perdutamente e sapeva che fare l’amore con lei avrebbe sancito il suo amore, ma al tempo stesso non sapeva amare. Lui era una combinazione di luce ed ombra che non potevano convivere assieme. Aveva paura a mostrarsi ed a mostrare il suo vero io, ma alla fine aveva ceduto, Core l’aveva stregato ed ora erano lì, sul letto di Hayden e fare l’amore. Lui arrivò, fu immediato, lei gridò, senza rendersene conto e sprofondò con la testa nell’incavo tra la spalla ed il collo di Hayden e rimase immobile, lui la strinse, senza lasciarla andare, per paura di perderla.

«Non me ne andrò questa volta. Sono venuta per restare. Ma sarà difficile, Hayden, amore mio, sarà troppo difficile…» questo furono le parole di Core nella notte, sussurrate all’orecchio di Hayden. Era abbracciata alla sua schiena e lui si ricordò immediatamente quando cercò di stringerla ma lei non fece altro che chiedergli, senza troppe parole, di non farlo. Adesso erano un tutt’uno, nuovamente, erano insieme e nessuno li avrebbe potuti separare, o forse si.
«Non m’importa quanto possa essere difficile rimanerti accanto, non m’importa neanche quanto dovrò faticare per farti rimanere con me, ma non mi tirerò indietro, te lo prometto.» sussurrò lui, voltando leggermente la testa e mostrando alla ragazza i lineamenti così perfetti, da chiedersi se non fosse stato Michelangelo a scolpire quel viso.
«Ti prego di non promettere… Mi sono state fatte troppe promesse non mantenute nella vita… Non voglio cascarci nuovamente.» sussurrò Core di rimando sull’orlo delle lacrime, voleva dirgli perché era smagrita così tanto, perché fosse così fuggitiva, perché non gli raccontava niente di lei, ma non poteva, portava un fardello troppo grande per essere raccontato e quello non era il momento per dirlo ad Hayden.
«Dormi piccola.» sentenziò lui, accarezzandole la testa e rivolgendole un sorriso pieno d’amore.
Avrebbero un giorno potuto essere una coppia come tutte le altre? Questo tormentava Coraline, questa domanda era il suo segreto, la rivolgeva solo a se stessa in casi disperati e quello era uno dei tanti.

                                                                                                       ***

Gli occhi di Susan si inondarono di calde lacrime. Il suo volto era contrito dal dolore, ma arrabbiato per la propria impotenza, non poteva fare niente, non poteva ribellarsi, non poteva raccontare niente a suo figlio e tanto meno poteva confidarsi con Coraline che sembrava essere l’unica amica che le era rimasta nel mondo, e forse era veramente così. Lei sapeva, era l’unica a conoscenza degli abusi che ormai subiva da anni, era riuscita a camuffare così bene i postumi di quei distruttivi e logoranti rapporti che Hayden non se ne era mai accorto o se lo aveva fatto non aveva proferito parola; ma era sicura che il figlio non sapesse nulla per il semplice fatto che se lo avesse saputo avrebbe ucciso Nick a costo di andare in galera. Gli altri ragazzi della band lo sapevano? Forse. Non sapeva darsi altra risposta e mentre era arpionata alla schiena del ragazzo che ormai stava abusando di lei da troppo tempo, aveva lo sguardo perso nel vuoto. Gli occhi pieni di lacrime, i grugniti di lui che godeva per qualcosa per cui lei piangeva. Le richieste di andarsene le ignorava e le minacce di dirlo a qualcuno non andavano a segno, Susan era disperata e Coraline quando Hayden non c’era, o dormiva, nel cuore della notte, le chiedeva come stava, cosa provava e se voleva denunciare gli abusi, ma la risposta era sempre la stessa: “Hayden non deve sapere, Hayden deve vivere felice e nemmeno tu dovevi sapere, nemmeno tu dovevi avere la vita rovinata, Coraline, nemmeno tu…” Ed il tutto finiva in lacrime. Le due donne si consolavano e poi facevano finta che tutto andasse bene ed entrambe sapevano che Hayden non doveva essere a conoscenza di quel fatto.
Entrambe sapevano che Hayden avrebbe trovato Nick in capo al mondo, anche, per ucciderlo.
Entrambe sapevano che Hayden doveva vivere felice.

«Nick ti prego…» la voce stremata di Susan aveva preso una piega di rabbia, una piccola sfumatura. «Nick vattene. Vattene da casa mia.» rabbia pura si stava scatenando in quella donna dai capelli biondi, spettinati, gli occhi pieni di lacrime e lo sguardo vuoto.
«Zitta!» aveva ruggito lui senza curarsi del tono di lei continuando a spingere, tenendole una gamba e piegato sul suo collo per morderglielo, senza dolcezza.
«Nick, vattene.» disse lei con ancora più rabbia. «Non te lo ripeto più. VATTENE!» aveva urlato infine, in lacrime serrando i pugni sulla pelle tonica del ragazzo e colpendolo ripetute volte. Il momento fu completamente ribaltato, lui venne, sì, dentro di lei, ma la pestò, la ricoprì di colpi per quelle parole e se ne andò, lasciandola sul pavimento, stremata, nuda e nera di lividi. Gli occhi gonfi per le lacrime potevano solo che essere ancora più pieni di esse, che sgorgavano senza difficoltà sul pavimento. Quando si raccolse  dal piastrellato per potersi ricomporre ed attendere il figlio sorridente, fu troppo tardi. Un rumore secco nella serratura, i suoi occhi si spalancarono. Dalla sua bocca uscì un urlo soffocato, le mani a prendere la camicetta che non avrebbe coperto niente, il trucco colato sulle guance. La porta che si apriva, Hayden passò da un sorriso felice tenendo la mano di Coraline ad un urlo di rabbia seguito da un lancio sul pavimento per prendere la madre, Coraline in lacrime senza aver potuto dire niente, sulla soglia, gli occhi spalancati; era questo che le faceva Nick, era questo che quel bastardo combinava a quella povera donna?
La voce di Hayden era così fredda da sembrare surreale, la madre in lacrime, tra le braccia del figlio che singhiozzava ripetendo “Non dovevi, non dovevi…”, Coraline a tenere la mano della donna che fino a poco prima era fiacca sul pavimento. La situazione precipitò da un momento all’altro. La situazione sfuggì di mano ad Hayden che iniziò ad urlare nel bel mezzo dell’isolato il nome di Nick. Tutto stava andando a rotoli. Tutto era buio.

                                                                                                      ***

Quel ragazzo l’aveva combinata grossa. Aveva abusato di sua madre. Aveva stuprato sua madre, aveva cercato di non dirgli niente, aveva trovato eccitante l’idea di rovinare sua madre. Ora stava ad Hayden rovinare lui. Aveva ordinato a Coraline e alla madre di non preoccuparsi per lui sarebbe stato bene. Entrambe impotenti l’avevano lasciato andare come una piuma al vento ed ora in sella alla sua moto era sotto casa di Nick ad urlare. Inveire contro di lui e chiedergli di uscire. Nick sapeva che non sarebbe dovuto uscire, sapeva che Hayden l’avrebbe ucciso ma uscì comunque.

«Ora ti ammazzo.» aveva detto Hayden.
«Scopare con tua madre è stato magnifico, soprattutto picchiarla.» aveva ruggito Nick.

Hayden stava continuando a picchiare il corpo inerme di Nick, non era morto, ma comunque era svenuto, erano entrambi ricoperti di sangue. Hayden di quello di Nick ed il secondo del proprio. Hayden non era soddisfatto. Aveva preso la moto e lo aveva lasciato lì. Era tornato a casa, aveva aspettato, aveva detto alla madre che avrebbe avuto la sua vendetta, aveva detto alla fidanzata che non l’avrebbe abbandonata. Si sedette sul letto ed aspettò.  Aspettò il momento per colpire, aspettò il momento in cui la polizia sarebbe andato a prenderlo, aspettò l’avvocato di sua madre, aspettò Coraline, come faceva ogni notte e quando facevano l’amore lui era rude, era aggressivo, ma lei lo sapeva e non diceva niente.
Hayden aspettava.
Aspettava che il tempo lenisse le ferite e che la sua mano uccidesse Nick.

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