GREY+Pink di Sif (/viewuser.php?uid=48038)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Oh-ho ***
Capitolo 2: *** Che scoperta, Charlie Brown! ***
Capitolo 3: *** Sai tenere un segreto? ***
Capitolo 4: *** A pretty pink dress ***
Capitolo 5: *** Il Trio Delta ***
Capitolo 6: *** In assenza di Gargamella, subentra Lenticchia ***
Capitolo 7: *** La ragazza-merendina ***
Capitolo 8: *** The Autumnal Wedding (part one) ***
Capitolo 9: *** The Autumnal Wedding (part two) ***
Capitolo 10: *** The Autumnal Wedding (part three) ***
Capitolo 11: *** The Autumnal Wedding (final part) ***
Capitolo 1 *** Oh-ho ***
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GREY+Pink
- 1 -
Oh-ho
«Ste’, sei proprio sicura
di voler riempire la chiesa di girasoli, rami di bacche rosse e zucche giganti?
Che dirà il parroco?»
«Tranquilla. Il mio don è
un moderno. Vedrai che gli piaceranno.»
«Ma non puoi fare come le
donne normali e far preparare delle composizioni di roselline bianche e rosa?»
«Tu le faresti preparare?»
«Assolutamente no. Non
sono mica una donna normale, io.»
«E allora per quale motivo
dovrei farlo io, che sono ancora meno normale di te?»
Il motivo era semplice:
Daria era nervosa. In tutta la sua vita non le era mai capitato di rivestire
ruoli ufficialmente importanti. Questa era la prima volta per lei. Una vera
sfida con se stessa, un esame delle sue abilità organizzative, una prova di
forza per testare il suo autocontrollo messo sotto pressione, una gravosa
responsabilità, la presa di posizione del maggior ruolo di potere nell’arco di
un’intera giornata, un’autentica impresa.
Daria era la testimone
della sposa. E non di una sposa qualsiasi, ma della sua migliore amica.
Di conseguenza, tutto
doveva filare liscio come l’olio. Daria non avrebbe permesso a niente e a
nessuno di rovinare i suoi piani di perfezione. Purtroppo per lei, però, le idee
ed i gusti di Stella non le facilitavano il compito. E non solo quelli, a dire
il vero.
«E va bene, allora!»
concesse Daria. «In questo caso, oggi pomeriggio andrò a chiedere conferma
direttamente al prete!»
«Thanks, oh my darling»
rispose
placidamente
Stella.
«Senti, io e Daniel abbiamo pensato di usare delle zucche anche
per i centrotavola del ristorante, magari con degli adorabili...»
Daria trattenne il
respiro.
«Peperoncini rossi da
fissare in cima! Sai, come segno di buon augurio per... beh, hai capito, no?»
concluse Stella strizzandole l’occhio con fare complice. «Che ne pensi?»
Daria non parlò. Se lo
avesse fatto, le sarebbe uscito di bocca un piccolo consiglio su come Stella e
Daniel avrebbero potuto utilizzare i loro adorabili peperoncini rossi e,
decisamente, non era il caso di indispettire la sposa a sei settimane dal lieto
evento.
«A proposito del
ristorante!» continuò Stella, imperterrita. «Studiando l’assegnazione dei posti
a sedere degli invitati, mi sono accorta che il tavolo degli amici è troppo
lontano da quello degli sposi. Quindi ho pensato di metterti a sedere fra i
parenti, che sono più vicini al posto d’onore.»
«Va bene, tanto conosco
quasi tutti i tuoi parenti, ormai» assentì distrattamente Daria frugando nella
borsetta in cerca del numero di telefono dell’ufficio del parroco.
«Ecco, appunto. Il
problema è proprio questo» disse Stella. «Purtroppo non ci sono posti
disponibili fra i miei parenti. Non sono riuscita a ricavarti uno spazietto in
nessun tavolo.»
«Oh» disse Daria con un
pizzico di delusione. «Ste’, non fa niente, dai. Tanto stai pur certa che non me
ne starò seduta al mio posto per più di cinque minuti. Sarò sempre in giro a
chiacchierare con qualcuno e, soprattutto, dovrò stare un po’ dietro ai
camerieri per assicurarmi che non sgarrino su qualche cosa.»
«Io, invece, stavo
pensando di metterti al tavolo dei cugini di Daniel» propose Stella. «E’ proprio
di fianco al nostro, che ne pensi?»
«Ottimo» rispose Daria,
riprendendo la sua ricerca col morale decisamente risollevato. «I cugini di
Daniel hanno più o meno la nostra età, vero?»
«Mm, fammi pensare...»
disse Stella sporgendo le labbra in fuori e rivolgendo lo sguardo al soffitto.
«Più o meno. L’unico che ha l’esatta età di Daniel, però, è il cugino Fabrizio,
che è anche il suo testimone. Magari puoi sederti di fianco a lui».
«Affare fatto!» esclamò
Daria sventolando, trionfante, il biglietto col numero di telefono del don.
«Daria?» chiamò Stella,
osservando l’amica rituffare la mano nella borsetta in cerca del cellulare.
«Dimmi.»
«Sei sicura che non ti
dispiaccia che Tony non ti accompagni al matrimonio?» chiese Stella, un po’
titubante.
Daria interruppe la sua
ricerca e alzò lo sguardo per incontrare gli occhi scuri e ansiosi dell’amica.
“Ci risiamo”, pensò, “ancora con questa storia”.
«Ste’, Tony non è Ricky.»
«Questo lo so. E non sto
dicendo nulla del genere!» si difese Stella. «Io mi stavo solo chiedendo se a
te... va bene così, ecco.»
Daria guardò la sua amica
con tenerezza. Una tenerezza che, entrambe sapevano, Daria riservava a lei e a
lei soltanto.
«Se tu non te ne fossi
accorta, cara la mia piccola Regina dell’Ansia, il giorno del tuo matrimonio
avrò molto a cui pensare. E di certo non starò qui a piangere perché non dovrò
aggiungere alla lista la voce “prendersi cura del fidanzato, ascoltandone tutte
le tipicamente maschili lagne e tenendosi pronte a praticargli la manovra di
Heilmich nel caso gli vada di traverso un pezzetto di torta”» disse Daria con
tono volutamente strascicato ed assumendo un’espressione scocciata.
Stella scoppiò a ridere.
«Pensiamo a cose serie,
piuttosto» continuò Daria. «Quanti minuti sono passati?»
«Giusto!» esclamò Stella
dando uno sguardo all’orologio da polso. «Siamo già quasi a tre minuti!»
«Non ho parole» sbuffò
Daria, di colpo esasperata.
«Okay, allora» disse
Stella ignorando gli sbuffi contrariati dell’amica e prendendo dal ripiano del
lavandino lo stick per il test di gravidanza. «Guardi tu o guardo io?»
«Da’ qua!» abbaiò Daria
strappandole lo stick di mano e piazzandoselo febbrilmente a due centimetri
dalle lenti degli occhiali.
«Allora?» chiese Stella
iniziando ad essere un po’ agitata.
Fino a quel momento aveva
mantenuto una calma innaturale. Forse perché, già dalla sera prima, quando si
era accorta del ritardo durante un calcolo dei giorni per vedere se le sarebbe
toccata la scocciatura di essere indisposta il giorno del proprio matrimonio,
aveva subito attribuito lo sfasamento allo stress per i preparativi. Se fosse
stato per lei, non avrebbe neanche fatto il test.
Daria, ovviamente, non era
stata dello stesso parere. Appena saputo del ritardo, quella mattina, si era
subito fiondata nella prima farmacia aperta per acquistare il test di
gravidanza; poi era corsa a casa di Stella e, senza neanche posare la borsetta o
dire “ciao”, l’aveva trascinata in bagno obbligandola a fare pipì sulla punta
dello stick rivelatore.
Neanche l’attesa era stata
snervante, per Stella. La possibilità di essere incinta le sembrava lontana e
vagamente assurda.
Adesso che l’amica teneva
in mano il suo destino con occhi quasi fuori dalle orbite, però, una punta di
paura mista a qualcos’altro – che lì per lì non riuscì ad identificare – le si
insinuò nel petto.
«Allora?» ripeté un po’
più ad alta voce.
«Oh-ho» rispose Daria.
«Oh-ho? Oh-ho cosa?
Oh-ho, che spreco di soldi è stato acquistare questo test? Oh-ho, mi sono
bagnata le dita con la tua schifosissima pipì? Cosa...?»
«Oh-ho, mi sa che non ci
sarà bisogno di quei peperoncini per i tuoi centrotavola.»
«...»
«Già.»
°°°*°°°
Spazietto autrice:
Ma ciao a tutte!!! Allora,
come va? Spero bene! Come avevo annunciato nell’ultimo capitolo di “Happy New
Year!”, eccomi qui con una nuova storia. Dunque, vi do qualche spiegazione: il
capitolo 1, che avete appena letto, si colloca più o meno due/tre anni dopo la
fine di “HNY!” (ho deciso di non essere troppo fiscale coi tempi... spero, così,
di lasciare più libertà alla vostra fantasia). La one-shot “Disperate cronache
di un giorno non comune” si inserisce, invece, proprio nel mezzo di “GREY+Pink”.
Quindi, prima viene “Happy New Year!”, poi la prima parte (chiamiamola così) di
“GREY+Pink”, poi “Disperate cronache di un giorno non comune” e, per finire, la
seconda parte dei “G+P”. Quindi, fra qualche capitolo aspettatevi l’arrivo del
piccolo Leonardo.
Ed ora, carissime, i
ringraziamenti:
Ultimo
capitolo di “HNY!”:
annarita18
(spero anch’io che tu riesca a trovarlo prestissimo); khika liz (il tuo
amore verso una delle mie storie mi lusinga parecchio); TheRedWriter
(grazie di tutto, carissima; aspetto con ansia l’aggiornamento della tua
storia); MimiMiaotwilight4e (sarò felicissima di trovarti spesso, Mimi
cara!); lady snow (SuperDaniel! ah ah ah XD!!!); YamiHime (ciao
carissima, eccoti il seguito, spero ti piacerà!); romina75 (ci hai
azzeccato su tutti i fronti! brava!!!); Maharet (un’oca e un pollo! sei
un mito!!); BimbaDolce (penso sia uno dei complimenti più belli ed allo
stesso tempo più concentrati che mi siano mai stati rivolti, ti ringrazio
tantissimo!); Marcie (un milione di grazie, carissima!); Anthy (la
tua recensione mi lusinga, ma ancora di più il fatto che tu abbia letto!
grazie!); neviens (grazie mille! concordo anch’io, ovviamente!); x__Koizumi
(e tu, invece, sei una grande! un milione di grazie!); Mgt88 (grazie per
tutti i tuoi bellissimi complimenti! spero ti piacerà anche il seguito!).
One-shot
“Disperate cronache di un giorno non comune”:
Anthy
(allora, carissima? sei a bordo?); neviens (spero di essere riuscita a
chiarirti un po’ le idee... comunque, sì. Le “cronache” della one-shot sono
appunto ispirate al “mio” parto, anche se la storia che ruota intorno a Daria e
Fabrizio, ovviamente, è totalmente di fantasia); Morgana (cara, sono
contenta che ti sia piaciuta anche la one-shot); Marcie (spero che ti
piacerà anche questa storia, carissima!); x__Koizumi (oddio, questo è
davvero troppo per me! adesso mi monterò la testa XD!!! grazie, tesorino!);
MimiMiaotwilight4e (grazie Mimi! sei gentilissima!); Maharet (ah ah
ah XD!!! mi sa che hai molto in comune con Daria, allora! ciao, Cla carissima).
Grazie a tutti quelli che hanno
letto!
A presto!
- Sif -
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Capitolo 2 *** Che scoperta, Charlie Brown! ***
Nuova pagina 1
GREY+Pink
- 2 -
Che scoperta, Charlie Brown!
«Eccomi qua. Ho appena
finito di parlare con la segretaria della tua ginecologa. Ti ho preso
appuntamento per la prossima settimana e mi sono fatta dettare l’elenco degli
esami del sangue che devi fare; a proposito, ti ho preso l’orario per l’accesso
all’ambulatorio per il prelievo. Torno ora dalla farmacia, ho comprato qualche
bicchierino per gli esami delle urine e un paio di confezioni di acido folico
per prevenire la spina bifida. Mi raccomando, queste le devi prendere tutti i
giorni fino alla dodicesima settimana. Non te ne dimenticare! Oh, e ti ho anche
cercato qualche negozio pre-maman per quando ti serviranno dei vestiti adatti a
contenerti la pancia e le tette, eccoti gli indirizzi. Bene. Tu hai chiamato
Daniel?»
«Daria, non sono passati
neanche venti minuti da quando abbiamo fatto il test. Come diavolo hai fatto a
fare tutta ‘sta roba? E come hai fatto ad avere il numero della mia ginecologa?»
«Ho chiamato tua madre.
Allora, l’hai chiamato Daniel?»
«Oh mio Dio! Non le hai
detto niente, vero? Vero?»
«Calmati, certo che non le
ho detto niente! Le ho chiesto il numero facendo finta che servisse a me, okay?
Ma l’hai chiamato Daniel, sì o no?»
«Uffa, no! Non l’ho ancora
chiamato, va bene? Mi serve un po’ di concentrazione!»
«Cerca di concentrarti in
fretta, allora. Intanto si può avere un po’ di caffè?»
«Che succede?», chiese una
terza voce proveniente dalla porta che dava sul salotto.
«Niente!», risposero in
coro le due amiche.
«Cos’hai in mano?»,
insistette Marlon, indicando il test di gravidanza ancora fra le mani della
sorella.
«Una penna», azzardò
Daria, correndo in aiuto dell’amica che fissava lo stick come se si stesse
chiedendo come le era finita in mano una cosa del genere.
«Una penna? Non
sembrerebbe».
Daria, con la pazienza al
limite, si chiese il perché di quell’attacco logorroico da parte del fratello di
Stella quando, solitamente, era già tanto che facesse cenni di saluto con la
testa ogni qualvolta incontrava una faccia conosciuta.
«Okay, è un test di
gravidanza, va bene?», sbottò improvvisamente Stella in tono esasperato.
Marlon non rispose. Era
palesemente troppo sconvolto per parlare. Il fumetto degli X-Men che stava
leggendo fino a qualche minuto prima sfuggì alla presa della sua manona andando
a cadere sul pavimento della cucina e i suoi occhi scuri, come poté notare
Daria, erano diventati stranamente vitrei.
«Marl? Tutto a posto,
tesoro?», gli chiese timidamente Stella con lo sguardo colpevole.
«Di chi è?», riuscì a
chiedere il ragazzo in un sussurro.
«Di chi è il test o di chi
è il bambino?», gli chiese Daria, malignamente. Stella la guardò con sguardo di
rimprovero.
«Il test. Insomma, chi è
che...?». Marlon era sempre più sconvolto.
Daria, divertendosi come
una matta a stuzzicarlo, stava per rispondere con un’altra provocazione, ma
Stella la batté sul tempo.
«Il test è di Daria! Ma,
purtroppo, non è risultato positivo», affermò Stella con tono grave e, poi,
gettandosi ad abbracciare l’amica disse: «Mi dispiace così tanto! So
quanto ci tenevi.»
“Stronza malefica”, pensò
Daria guardando l’amica con gli occhi ridotti a due fessure.
«Così impari», le sussurrò
Stella in un orecchio.
«Beh, sì. E’ stato un
trauma, ma cercherò di superarlo», disse Daria a voce alta ed incolore
all’indirizzo di Marlon dovendo, suo malgrado, dare corda a Stella.
Dal canto suo, il ragazzo
non aveva variato di molto l’espressione; appariva, anzi, ancora più pallido di
prima. Talmente pallido da aver assunto quasi lo stesso colore della faccia di
Snoopy sulla sua maglietta: bianco.
«Vado di là», disse, dopo
un po’, raccogliendo il fumetto dal pavimento e voltandosi con movenze quasi
meccaniche.
«Mm... Interessante»,
disse Stella guardando, pensierosa, il fratello chiudersi lentamente la porta
alle spalle.
«Cosa?», chiese
bruscamente Daria, sospettando già qualcosa riguardo ai malsani pensieri di
Stella.
«Mio fratello ti viene
dietro», affermò Stella girandosi nella direzione di Daria e aprendosi in un
ghigno diabolico.
«Ste’, non dire
cacchiate».
«Hai visto anche tu la
faccia che ha fatto quando gli ho detto che il test era tuo, no?», insistette
Stella, sempre più divertita. «Era meno sconvolto dalla possibilità che fossi io
quella incinta!»
«Cos’è? Gli ormoni della
gravidanza iniziano a darti le allucinazioni?»
«Temevo quasi di sentire
lo scricchiolio del suo cuore infranto quando ha avuto la conferma che non sei
più vergine!»
«Donna, tu blateri! Non so
di cosa stai parlando!»
«A-Marlon-piace-Da-ria...
A-Marlon-piace-Da-ria...», la canzonò Stella, sempre più ilare.
«Hai finito?», chiese
Daria iniziando a scartare le confezioni della farmacia in tutta calma. «Te ne
potrei far pentire».
«Marlon-ama-Da-ria...
Marlon-ama-Da-ria...», continuò l’altra, imperterrita.
«Come vuoi. Hai mai
sentito parlare di “tamponi rettali”?», le chiese Daria con occhi brillanti di
vendetta.
«Perché? Minacci di
farmene uno?», le chiese Stella ridendo e guardandola con scetticismo.
«No», disse Daria con tono
neutro, aprendo la confezione dell’acido folico per esaminarne il contenuto. «Te
lo farà il medico lunedì prossimo. Auguri, tesoro».
°°°*°°°
Spazietto autrice:
Carissime,
i ringraziamenti:
Marcie - Eccoti il
continuo, carissima! Spero sia di tuo gradimento! Un bacione anche a te!
YamiHime - Addirittura la
recensione dal cellulare! Siamo all'avanguardia, eh! Un bacione, tesoro!
x__Koizumi - Ah ah ah XD!!!
Recensione breve ma intensa, direi! Grazie e alla prossima!
MimiMiaotwilight4e - Ciao
Mimi! Grazie per i complimenti e grazie perché adori Daria! A presto!
Anthy - Ma ciao,
carissima! Lieta, anzi lietissima di trovarti qui! Spero continuerai a
divertirti ;) Un bacione anche a te!
Bene, ringrazio tutti quelli che
hanno aggiunto la storia tra le preferite, seguite, da ricordare, ecc. e chi mi
ha inserito tra gli autori preferiti (temerari!).
Grazie, ovviamente, a tutti quelli che hanno
letto!
A presto!
- Sif -
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Capitolo 3 *** Sai tenere un segreto? ***
Nuova pagina 1
GREY+Pink
- 3 -
Sai tenere un segreto?
«Come ha reagito Daniel?»
Era passato un giorno
intero dalla scoperta dello stato interessante di Stella. Ventiquattro
lunghissime ore nelle quali la testimone di nozze aveva dovuto riesaminare tutto
il suo piano operativo. Una sposa incinta non era cosa da poco, specialmente se
si trovava nel primo trimestre della gravidanza. Nausee, svenimenti e ritenzione
idrica avrebbero potuto complicare le cose.
Tuttavia,
in quella luminosa mattina di settembre, il problema principale, per Daria, era
la reazione del “colpevole”. Uno sposo sotto shock sarebbe stata davvero una
gatta da pelare esageratamente enorme.
«E’ arrivato giusto dieci
minuti dopo che te ne sei andata via», cominciò Stella, voltando lentamente una
pagina della rivista che teneva in grembo. «Era un po’ agitato perché gli avevo
detto di venire immediatamente».
«Come glielo hai detto?»,
le chiese Daria la quale, seduta sul divano, accanto alla futura sposa, era
intenta a buttare giù uno schizzo del tableau sul suo taccuino. Quest’ultimo
sfoggiava in copertina una bella etichetta ovale, sulla quale l’inconfondibile
calligrafia di Stella formava le parole: “lasciate ogni speranza, voi che
entrate”.
«Più che dirglielo,
gliel’ho fatto vedere. Prima che arrivasse ho legato un fiocchetto rosso intorno
al test di gravidanza e, quando poi è arrivato, gliel’ho messo tra le mani senza
dire una parola».
«E cos’ha detto?», chiese
l’indaffarata testimone senza togliere il naso dal suo lavoro di precisione.
«Niente», rispose
tranquillamente Stella.
La testa di Daria scattò
in su come una molla. «Niente? Che cavolo vuol dire “niente”?», chiese nel
medesimo istante in cui rivolgeva un minaccioso sguardo indagatore all’indirizzo
dell’amica.
Stella, come di
consuetudine, non badò alla sua reazione. Anzi, esibendosi in un mezzo sorriso
sghembo – gesto che, entrambe sapevano, Daria avrebbe felicemente usato come
movente per assassinare l’amica in uno scoppio d’isteria – fece capire che, al
solo pensare alla scena in questione, il suo divertimento saliva alle stelle:
«Beh, lui... Lui si è steso sul divano».
«E poi?», cercò di
estorcerle Daria con il tono più autoritario del suo ricco repertorio.
«E’ rimasto lì, con gli
occhi sbarrati che fissavano il soffitto e il test stretto nel pugno».
«Ma avrà pur detto
qualcosa quando si è ripreso, no?»
«A dire la verità, si è
tirato su che era ormai buio e mi ha chiesto come stavo. Io gli ho risposto che
stavo bene, che avevo già fissato appuntamento con la ginecologa e tutto», disse
Stella facendo un orecchio alla pagina della rivista che ritraeva l’immagine di
un bello chignon decorato con verdi foglioline d’edera.
«E lui?», chiese Daria con
estrema impazienza, il taccuino degli orrori ormai abbandonato a se stesso.
«Si è steso di nuovo ed è
rimasto lì fin quando non è arrivata mia madre. Poi, per non destare sospetti,
si è alzato, si è infilato il test nella tasca dei jeans, ha salutato mia madre,
mi ha dato un bacio sulla guancia e se n’è andato», spiegò Stella tutto d’un
fiato.
«Come sarebbe a dire che
se n’è andato?!», esplose Daria più contrariata che mai. «Ma io lo...»
«E’ tornato dopo
mezz’ora», la interruppe Stella con un tenero sorriso che le danzava sulle
labbra e lo sguardo perso nel vuoto a rievocare l’immagine di Daniel. «Ha
suonato al citofono chiedendomi di scendere da lui, per non parlare davanti ai
miei. Quando l’ho raggiunto mi ha abbracciata e baciata...»
«Bleah... Saltala questa
parte, per cortesia».
«Poi ha tirato fuori da
una delle sacche della Ducati una confezione gigante dei miei biscotti preferiti
ed un peluche a forma di scimmietta e, mentre io mi nutrivo per il bene
del bambino...»
«Certo, come no...»
«Abbiamo deciso come
comportarci», concluse Stella ignorando la sarcastica interruzione.
«Cioè?», chiese Daria
riprendendo in mano il suo lavoro, sensibilmente rincuorata dalla positiva
reazione di Daniel.
«Non diremo niente a
nessuno fino al giorno del matrimonio».
«Cosa?!», sbottò Daria,
mandando nuovamente all'aria il taccuino. «Per caso vi siete fumati qualcosa di
strano mentre vi riempivate di biscotti?»
«Che impressione! Ti si
vedono le vene del collo!»
«Ti decidi a fare la
persona seria?», le chiese Daria totalmente esasperata.
«Sono serissima. Nessuno
saprà niente fino al matrimonio», affermò Stella con studiata calma. Sembrava
quasi credibile. Quasi.
«Ma come farai a tenerlo
nascosto a tua madre?», piagnucolò Daria.
«Oh, dai! C’è gente che
partorisce nel bagno di casa senza dire niente a nessuno! Non li leggi i
giornali?»
Daria, con la bocca
spalancata dall’incredulità, rimase una decina di secondi a fissare Stella come
se quest’ultima fosse stata la reincarnazione di Medusa. Infine, si riprese
abbastanza per riuscire a chiederle: «Ma che razza di stupido esempio è?»
«Se dicessi a mia madre
una cosa del genere, sono sicura che cercherebbe di rimandare il matrimonio per
evitarmi lo stress della giornata!», si difese Stella.
«E non avrebbe tutti i
torti, cacchio!»
«E dai, Daria», tentò
Stella con lo sguardo da cerbiatto ferito travolto da un missile vagante. «Lo
sai che non potrò mai farcela se non mi appoggi».
«Cerca, almeno, di evitare
qualsiasi sforzo», si arrese, infine.
«Te lo prometto! Non
preoccuparti»
«E.. Ste’?»
«Sì?»
«Niente giri in moto».
«Okay».
«Niente superalcolici».
«Nessun problema».
«Niente caffè».
«Signorsì».
«Niente sesso».
«Naturalment... Cosa?!»
«Eh eh eh... Vendetta.
Tremenda vendetta».
°°°*°°°
Spazietto autrice:
I meritatissimi ringraziamenti,
tesorucce:
YamiHime -
Ciao adorabilissima! E così sei
riccia, eh? Beh, io no! Ma avrei tanto voluto esserlo, per questo Stella lo è!
Per le età e tutto il resto, dovrei riuscire a soddisfare la tua curiosità nel
corso della storia. Marlon, comunque, è un po' più grande di Stella! Un bacio
anche a te, tesoro! Alla prossima!
Eky_87 - Ciao Eky! Grazie
per la fiducia :D!! Speriamo di non deludere le tue aspettative!! Alla prossima!
Marcie - Ok, hai ragione,
ho messo un po' di casino in mezzo! Però non avermene XD!!! Giuro che, alla
fine, metterò tutto in ordine ;) Un bacione, carissima! Grazie!
MimiMiaotwilight4e - Ciao
Mimi! Sì, come avrai capito è particolarità di Stella non farsi mai prendere dal
panico XD!! Ammetto, però, che anche in questo c'è qualche nota
autobiografica... Alla prossima, carissima! E grazie!
romina75
- Ahahah XD!!! Un incrocio tra Jerry Calà e Panariello!!! Sì, è vero! E'
azzeccatissima! Sono contenta che Marlon ti piaccia! Un bacione e a presto Romy!
Grazie per tutte le recensioni!
x__Koizumi - Ma tesoro!!
Guarda che mi commuovo T___T Che dire? Se fossi qui davanti a me ti abbraccerei
di sicuro! Purtroppo, però, mi devo accontentare di poterti dire GRAZIE! Un
bacio grande!!
Bene, ringrazio tutti quelli che
hanno aggiunto la storia tra le preferite, seguite, da ricordare, ecc. e chi mi
ha inserito tra gli autori preferiti (temerari!).
Grazie, ovviamente, a tutti quelli che hanno
letto!
A presto!
- Sif -
P.S. Per chi volesse contattarmi
su facebook, può cercare "Cristina Sif" (ditemi solo il vostro nick EFP così
capisco chi siete).
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Capitolo 4 *** A pretty pink dress ***
Nuova pagina 1
GREY+Pink
- 4 -
A pretty pink dress
«Che te ne pare?»
Daria era in smoking. Uno smoking da donna in
seta beige, giacca e pantaloni.
«Ti sta benissimo, signorina», rispose
prontamente l’anziana commessa cicciottella che non aveva smesso di ronzarle
intorno da quando aveva sentito le parole “abito da cerimonia”.
Daria, che intimamente pensava che le avrebbe
detto la stessa cosa anche con indosso un sacco nero dell’immondizia, fece finta
di non sentire e, continuando a fissare in modo eloquente Stella, chiese
nuovamente: «Che te ne pare, Ste’?»
«Ti sta benissimo, signorina», le rispose Stella
mordendosi il labbro inferiore per non scoppiarle a ridere in faccia.
“Adesso l’ammazzo”, pensò cupamente Daria
marciando risoluta verso il camerino per levarsi di dosso l’ennesimo abito.
A questo punto, la commessa era davvero offesa.
Con Daria, perché non accettava il suoi pregiatissimi consigli, e con Stella,
perché la sfotteva in continuazione – cosa credeva, che non la vedesse
attraverso lo specchio fare boccacce alle sue spalle?
Daria, dall’interno del camerino, si spogliò e
cercò un attimo di riprendere fiato.
Ma come cavolo aveva fatto Stella a scegliere il
suo vestito con tanta sicurezza? Un vestito da sposa, poi! Ricordava quando
l’aveva vista provarsi il lungo abito bianco con lo strascico. Stella si era
guardata due secondi allo specchio, aveva sorriso e aveva detto: «E’ questo!», e
non aveva più voluto saperne di provarne altri.
E lei, invece, per quanto avesse vagato per
innumerevoli negozi, non era riuscita a trovare nulla che la convincesse
davvero. Possibile che fosse così difficile trovare l’abito giusto?
Si studiò allo specchio del camerino. Pur
possedendo curve femminili ben proporzionate, il suo fisico era piuttosto
magrolino, con la vita sottilissima e le spalle piccole; inutile, quindi,
continuare a provare completi con la giacca che la facevano quasi sparire fra
gli strati di stoffa. Un caschetto alla francesina di lucidi capelli neri le
incorniciava il viso delicato dai grandi occhi scurissimi e, sebbene il taglio
di capelli le desse un’aria sbarazzina, gli occhiali davano al suo aspetto un
certo alone di serietà; basta, quindi, con tutti quei colori smorti che la
facevano sembrare una donnina severa, ci voleva qualcosa di vivace. Aveva appena
ventitre anni, santo Cielo!
«Pst, Daria!», si sentì chiamare dalla voce
sussurrata di Stella dall’altra parte della tendina del camerino. «Prova
questo!»
«Sì, ma perché bisbigli?», volle sapere Daria,
prendendo ciò che l’amica le stava porgendo.
«La commessa, ormai, mi odia!», rispose Stella
ridacchiando. «Sono convinta che, se sapesse che te l’ho scelto io il vestito,
per la prima volta in tutta la sua carriera direbbe ad una potenziale cliente
che l’abito non le sta per niente bene!»
«Hai ragione», concluse Daria con un sorriso.
«Dammi un minuto».
La prima cosa che Daria notò fu il colore: rosa
antico, perfetto con il nero intenso dei suoi capelli. La seconda cosa fu la
stoffa: un sofisticatissimo chanto di seta. La terza, invece...
«Stai scherzando?», sbottò Daria verso la
tendina.
«Provatelo e basta!», le intimò Stella dall’altra
parte del tessuto. Daria pensò che l’amica aveva preventivato una reazione del
genere e che si fosse piazzata appena fuori dal camerino per costringerla in
tutti i modi a provarsi il vestito.
«Accidenti a te!», si arrese Daria iniziando a
vestirsi. «Ringrazia che sei incinta!»
«Forza, niente storie!»
Dopo aver tirato su la zip sul fianco dell’abito,
Daria si guardò nuovamente allo specchio.
La sua sottile figura era fasciata, ora, da un
lungo vestito “a sirena”, stretto fino al ginocchio dove, poi, si allargava per
aprirsi in un piccolo accenno di strascico. Due sottili bretelline le risalivano
le spalle per andarsi ad incrociare all’altezza delle scapole, lasciando
scoperta gran parte – tutta, maledizione! – della schiena. L’abito era talmente
aderente da mettere fortemente in evidenza tutte le sue curve, soprattutto il
seno dove un profondo – abissale! – scollo rotondo lasciava molto poco spazio
alla fantasia.
Osservando il brillio prodotto dai faretti su
quel bellissimo tessuto, Daria pensò che la stoffa la faceva realmente
somigliare ad una sirena.
«Allora, come va?», le chiese la voce di Stella.
«Ste’, è troppo scollato, porca miseria!»
«Fa’ vedere».
Quando Daria uscì riluttante dal camerino, tutte
le teste presenti si voltarono a guardarla. Daria ringraziò mentalmente che il
negozio trattasse solo una clientela femminile.
«Stai una favola», sospirò Stella con un sorriso.
«E’ troppo aderente!»
«Ma dai! Te lo puoi permettere! Se mi mettessi io
una roba del genere, le tette sembrerebbero due palloni pronti a scoppiare e la
gente mi indicherebbe con il dito dicendo: “Guarda, è arrivata la culona!”»
«Lo stai dicendo solo per convincermi», osservò
Daria.
«E sta funzionando?»
«Direi di sì», sospirò Daria sorridendo, suo
malgrado, al proprio riflesso prodotto dallo specchio. «Però mi si vede tutto.
Non posso certo entrare in chiesa mezza nuda!», protestò.
Stella la guardò impassibile e poi si rivolse
alla commessa cicciottella con tono gentile: «Scusi, può aiutarci, per favore?»
La commessa, riluttante – si vede che era ancora
offesa per la storia delle linguacce rivolte alla sua persona –, scomparve sotto
al bancone per poi riemergerne dopo pochi secondi con una stola di seta dello
stesso colore rosa antico dell’abito. Si avvicinò a Daria e, con mano esperta,
gliela assicurò sulle spalle facendole poi un bel fiocco vaporoso alla base
della schiena. Così, vista frontalmente, Daria sembrava indossasse un piccolo
bolerino di seta senza maniche e, dietro, seppur ancora molto in vista per via
del tessuto trasparente, le spalle e la schiena erano fondamentalmente coperte.
«Se metti un bel tacco alto, non ci sarà neanche
bisogno di accorciarlo, signorina», concesse la commessa che, probabilmente
perché le era stata data la possibilità di dimostrare tutto il suo valore sulla
categoria, era tornata disponibile e di buon umore.
Daria annuì senza staccare gli occhi dalla
propria immagine riflessa, così elegante, così diversa. Poi, da dietro la sua
spalla vide far capolino la riccioluta testa di Stella, con il viso tutto
sorridente e lentigginoso.
«Allora, oh my darling?»
«E’ questo», rispose Daria. «Ma per pagarlo dovrò
fare un leasing».
°°°*°°°
Spazietto autrice:
Dedico questo capitolo a
Mirya per due ragioni: 1) come augurio per una pronta "saldatura" delle
ossa; 2) per farmi perdonare di non averla "adeguatamente" ragguagliata in
merito alla pubblicazione di questa storia (rompiballe che sei...).
SONDAGGIO: Come avrete notato, è
stata aggiunta la funzione "rispondi" per quanto riguarda le recensioni. Okay,
la domanda è: preferite che usi codesta funzione, rispondendo subito alle
recensioni man mano che le leggo, oppure volete che continui a lasciarvi le
risposte alla fine dei capitoli?
Nel dubbio, ancora per oggi,
userò il vecchio metodo:
romina75
- A mio parere, bisognerebbe scrivere un’enciclopedia intera sulla questione
“test di gravidanza”, con modalità (da sole, in compagnia, a casa, a lavoro, nel
bagno del bar), tipo di test (segno +, segno -, faccine sorridenti, il
nuovissimo sistema digitale) e reazione del futuro papà (trauma,
pietrificazione, sincope). Io, in realtà, ho fatto il test insieme a mio marito,
a casa, giusto qualche minuto prima di vestirmi per andare a lavoro. Nello
scorso capitolo ho, comunque, riportato l’esatta reazione del maritino; quest’ultimo,
infatti, è rimasto ben quattro ore a letto, immobile, fissando il soffitto
mentre io andavo a lavoro saltellando al ritmo di “trallallero trallallà”. Un
bacio, Romy!
_MimiMiao_
- Ciao carissima! Hai cambiato il nick? Mi fa piacere che il capitolo ti sia
piaciuto :D Alla prossima e grazie per tutto l'appoggio che mi dai! Un bacione!
YamiHime
- Ti ringrazio tantissimo, tesoro... Tuttavia, paragonarmi a Mirya è un
tantinello (enormemente...) eccessivo. Fra me e la Prof., infatti, ci sono
un’infinità di gradini a separarci (con lei in cima, ovviamente), gradini che
rappresentano un elevato numero di autrici di EFP che non hanno proprio nulla da
invidiare a chi scrive per mestiere ;) Non posso comunque nascondere di essere
lusingata e, ebbene sì, anche un po’ compiaciuta dai tuoi sempre meravigliosi
complimenti. Per fb, ho provato a mandarti dei messaggi privati. Ti sono
arrivati?
Marcie - Ahahahah XD!!!
Sadicona! Geniale l'idea dei pannolini! Me la segno da qualche parte (non si sa
mai...). Eh... Daria&Fabrizio o Daria&Marlon? That is the questions! Grazie di
tutto, carissima! Alla prossima e un bacione!
x__Koizumi - Cara, ti
adoro anch'io! Spero di non deluderti mai!!! Un bacione e alla prossima!
Maharet - Ancora con
queste storie delle recensioni e bla bla... Ma non importaaa!!! L'importante è
che ti sia divertita almeno un po' a leggere! Un bacione, tesoro!
Mirya - Ciao Miss
Ossorotto!! Eeeh... Però tu mi fai proprio l'esigente, eh? E va be'! Vorrà dire
che, alla prossima storia (speriamo, insomma...), ti rintraccio in tutti i
luoghi possibili! Ehi, mica me la stai buttando, vero? Mm... Nel dubbio,
cercherò di tenermi alla larga dai piedini del mio Michele (che, d'altra parte,
sono talmente grossi da sembrare due pinne da sub). Un bacione! P.S. A scanso di
equivoci, l'hai letta la mia one-shot "Disperate cronache di un giorno non
comune"?
xmas - Ciao, carissima!
Addirittura "adorato" questo Marlon?? Non pensavo che avrebbe riscosso tanto
successo dal pubblico, sinceramente! Bene, bene... Grazie di tutto! A presto!
Bene, ringrazio tutti quelli che
hanno aggiunto la storia tra le preferite, seguite, da ricordare, ecc. e chi mi
ha inserito tra gli autori preferiti (temerari!).
Grazie, ovviamente, a tutti quelli che hanno
letto!
A presto!
- Sif -
P.S. Per chi volesse contattarmi
su facebook, può cercare "Cristina Sif" (ditemi solo il vostro nick EFP, così
capisco chi siete).
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Capitolo 5 *** Il Trio Delta ***
Nuova pagina 1
GREY+Pink
- 5 -
Il Trio Delta
Daria conosceva solo altre
due persone bizzarre come e più di Marlon: gli amici di Marlon, appunto.
Lei e Stella, varcata
l’uscita del negozio dove era appena stato acquistato il bellissimo abito rosa,
erano in procinto di buttarsi nella mischia del sabato pomeriggio quando,
improvvisamente, sentirono un vocione gioviale sovrastare il brusio della folla
che, pacifica, passeggiava nel centro cittadino.
«Ma guarda chi si vede! La
Miss e la Lady!», tuonò una voce a loro ben conosciuta.
Voltatesi, le ragazze
assistettero alla consueta scena dell’arrivo del Trio Delta: teste che si
giravano, borbottii, gente che si divideva in due ali laterali in pieno stile
“Mosè che apre le acque del Mar Rosso”.
Marlon, riconoscibile
dalla ricciuta testa leggermente china e dalle mani inabissate nelle tasche dei
calzoni, faceva da spartiacque. Un passo dietro di lui, uno alla sua destra ed
uno alla sua sinistra, i due compari.
Carlo, detto Carletto, era
fatto a forma di armadio a doppia anta, di quelli in legno massiccio. Di qualche
centimetro più basso di Marlon, superava di gran lunga la larghezza dell’amico.
Il suo viso, quasi sempre sorridente, era reso luminoso da un paio di magnifici
occhi color pervinca, un perfetto connubio con i boccoli biondi lunghi fino alle
spalle possenti.
Stella lo chiamava “il
bebè gigante”.
Daria lo chiamava “il
grottesco biondo”.
Il carattere aperto e
solare di Carletto contrastava in tutto e per tutto con quello di Pietro. Quest’ultimo,
altissimo e allampanato, era incredibilmente timido; bastava lo sguardo di una
ragazza per fargli assumere un’allarmante tonalità bordeaux. Anche i suoi colori
erano opposti a quelli di Carletto. Pietro, infatti, aveva capelli neri e lisci
tagliati corti, che lasciavano scoperto il viso magro dalla carnagione
olivastra. Gli spessi occhiali dalla montatura rettangolare coprivano gli occhi
scuri e le sopracciglia cespugliose.
Sebbene i tre ragazzi
fossero completamente diversi l’uno dall’altro per aspetto fisico e carattere,
c’era una cosa che li accomunava e che, di conseguenza, li teneva uniti: gli
interessi. Marlon, Carletto e Pietro erano assuefatti da tutto ciò che
riguardava i fumetti, i cartoni animati, i videogiochi ed il mondo
fantascientifico in generale.
Giusto per fare un
esempio, in quel preciso istante Marlon indossava un semplice paio di jeans neri
e una T-shirt grigia di Paperino, Pietro dava il meglio di sé con un logoro paio
di pantaloni di felpa abbinati ad una decisamente sbiadita maglietta blu col
logo rosso di Superman stampato sul petto e Carletto sfoggiava con orgoglio uno
striminzito – striminzito perché indosso a lui, s’intende – coordinato
calzoncini/maglietta bianco con strisce blu laterali e la lettera “N” gialla e
verde che, come notò Daria – non senza orrore –, richiamava la divisa dei
personaggi di quel vecchio cartone animato giapponese che parlava di calcio.
«Ciao!», rispose gaiamente
Stella all’altrettanto gaio saluto di Carletto. «Che bello! Hai la divisa di
Capitan Tsubasa!»
“Eccola lì, l’altra
fissata”, pensò Daria volgendo teatralmente gli occhi al cielo.
«Che fate di bello?», si
informò Carletto rivolgendo un sorrisone ad entrambe.
«Facciamo compere! E
voi?», rispose Stella più entusiasta che mai.
Mentre lo scambio di
convenevoli fra i due ragazzi andava avanti, Daria concluse che, almeno sotto il
profilo caratteriale, Stella e Carletto avrebbero potuto essere tranquillamente
la parte femminile e maschile dello stesso individuo. L’unica differenza stava
nel fatto che Stella, all’occorrenza – e, soprattutto, se si impegnava molto –
sapeva anche fare la persona seria.
Quasi senza accorgersene,
si mise a fissare intensamente Marlon.
“Come fanno ad essere
fratello e sorella?”, si chiese Daria. “Sì, i loro visi sono molto simili, hanno
gli stessi capelli e gli stessi occhi. Anche se, fra i due, solo Marlon ha
ereditato la mole fisica della famiglia paterna, chiunque si accorgerebbe che
sono parenti stretti. Ma sembra quasi che la loro madre si sia trattenuta dal
trasmettere un carattere estroverso al suo primogenito, per poi riversarlo
interamente nella figlia”.
Persa in queste
considerazioni, Daria non fece subito caso all’improvviso silenzio che avvolse
l’intero gruppo, ma notò che le guance di Marlon avevano assunto una tinta più
accesa del solito.
Accortasi della gaffe,
distolse subito lo sguardo dal ragazzo per scambiarne uno veloce con Stella, la
quale ricambiò con un’occhiata penetrante.
Il primo a rompere quell’imbarazzante
bolla di silenzio fu Carletto.
«Allora, ragazze! Che ne
dite se vi offriamo qualcosa da bere?», chiese loro battendo le spesse manone.
«Ci spiace, ma dobbiamo
proprio andare», rispose subito Stella. «Grazie lo stesso». E, così dicendo,
fece il giro del Trio Delta dando baci sulle guance a Carletto e Pietro – che
arrossì istantaneamente – e abbracciando Marlon che, silenzioso come sempre,
ricambiò la stretta sollevando Stella da terra per qualche secondo.
Daria salutò i tre ragazzi
con un “ciao” generico proprio mentre Stella, afferratole un gomito, se la
trascinava dietro in tutta fretta.
«Di’ un po’. Hai
intenzione di farmi diventare figlia unica?», le chiese Stella una volta che
furono lontano da orecchie indiscrete.
«Perché? Che ho fatto?»,
disse Daria sulla difensiva, continuando a camminare tranquillamente.
«Che hai fatto?», disse a
sua volta Stella, accostandosi all’amica. «Se avessi fissato mio fratello ancora
un po’, probabilmente gli avresti consumato la faccia!»
«Non l’ho fatto apposta.
Ero semplicemente sovrappensiero», assicurò Daria in tono innocente.
Stella la fissò per un po’
con sguardo scettico e, infine, le chiese: «Ti piace?»
Daria quasi si strozzò con
la sua stessa saliva.
«Cosa?!», articolò fra un
colpo di tosse e l’altro.
«Hai capito benissimo»,
disse Stella battendole la mano sulla schiena.
«Ma certo che non
mi piace!», affermò Daria riprendendo il controllo del suo respiro. «Prima di
tutto, sempre che tu non te ne sia dimenticata, io sto già insieme a qualcuno!
Te lo ricordi Tony? T-O-N-Y! Il mio ragazzo!»
«Ah, sì...», ammise Stella
guardandosi pigramente le unghie. «Mr. BMW».
«Ti ho già detto mille
volte di non chiamarlo così», disse Daria cercando in tutti i modi di non
perdere il suo tono autoritario scoppiando a ridere.
Lo sapevano tutti: a
Stella non piaceva Tony, non le era mai piaciuto e non le sarebbe piaciuto mai.
Il motivo? Nessuno lo
sapeva. Tranne Stella, ovviamente.
«Va bene, va bene», tagliò
corto quest’ultima. «Possiamo andare a casa, adesso? Ho un’improvvisa nausea».
«Ste’!», la rimproverò
Daria. «Sei più dispettosa di una scimmia!»
«Cos’hai capito? Ti
ricordo che sono incinta!», disse Stella ostentando incredulità ed innocenza.
«E guarda caso, il tuo
primo sintomo di nausea da gravidanza arriva proprio quando stiamo parlando di
Tony!»
«Che posso farci? Si vede
che è un tipo che certe cose le stimola!», disse Stella ridendo apertamente.
A questo punto, Daria non
resistette più e scoppiò a ridere a sua volta.
«Andiamo, scimmietta», le
disse, infine, prendendo l’amica a braccetto. «Ti offro un pacchetto di
cracker».
°°°*°°°
Spazietto autrice:
AVVISO:
Nello scorso capitolo vi ho chiesto se avreste preferito che usassi la funzione
“rispondi” per le recensioni in luogo del solito sistema a fine capitolo. Avendo
ricevuto solo due risposte in merito e avendo notato che, almeno per me, il
nuovo sistema è effettivamente molto comodo e pratico, ho deciso che questa sarà
l’ultima volta che rispondo alle recensioni col vecchio metodo. Quindi, a
partire dalle eventuali recensioni che riceverò per il corrente capitolo, userò
il nuovo sistema. Spero che chi avrebbe preferito continuare con il vecchio
procedimento non me ne voglia! In particolare, _MimiMiao_, xmas: scusatemi, mi
auguro che la mia scelta vi vada bene lo stesso!romina75
– Ciao Romy! Sei una grande! Sei riuscita a descrivere in maniera pressoché
chirurgica la mia visione della commessa cicciottella! Grazie per il tuo
costante appoggio! Un bacio anche a te!
_MimiMiao_ - Ok, ammetto
che il tuo vecchio nick mi creava non pochi problemi ogni volta che lo dovevo
riportare qui per le risposte alle recensioni! XD Hai, quindi, tutta la mia
comprensione per averlo cambiato! Come ho già scritto sopra, spero che mi
scuserai per la storia dell’opzione “rispondi”! Un bacio e grazie di tutto!
YamiHime
– Ma ciao, Elena carissima! Ok, a questo punto mi arrendo e non contesto i tuoi
gusti letterari! XD Ti ringrazio comunque immensamente per tutto quello che mi
dai! Un bacione grande, mia piccola tesora. Ci sentiamo presto!
xmas
– Ehilà, carissima! Allora? Ti è piaciuto questo capitolo? Mm... Mi sa che a te
Marlon piace proprio... Hai apprezzato il suo vestiario? A presto e grazie di
tutto! Un bacio!
Marcie
– Ciao, cara! Eh già! Chi dei due sarà il prescelto? Tu che ne pensi? Un bacione
e, come sempre, grazie per il tuo sostegno!
x__Koizumi
– Tesoro, le tue recensioni continuano a lusingarmi! Sei troppo buona! Non posso
fare altro che sperare che il capitolo ti sia piaciuto e ringraziarti (tanto,
tanto, tantissimo!) per tutto il sostegno entusiasta che mi dai! Un bacione!
Mirya
– In via del tutto eccezionale, doppia risposta per te (ma giusto perché il
capitolo ti era dedicato). Quindi, prego per questa storia, prego per la dedica,
prego per tutto. Domandina: che ne pensi realmente di questa storia?
Troppo flaccida? Troppo lenta? Troppo veloce? Troppo noiosa? Troppo
rompicoglioni che non sono altro?
Bene, ringrazio tutti quelli che
hanno aggiunto la storia tra le preferite, seguite, da ricordare, ecc. e chi mi
ha inserito tra gli autori preferiti (temerari!).
Grazie, ovviamente, a tutti quelli che hanno
letto!
A presto!
- Sif -
P.S. Per chi volesse contattarmi
su facebook, può cercare "Cristina Sif" (ditemi solo il vostro nick EFP, così
capisco chi siete).
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Capitolo 6 *** In assenza di Gargamella, subentra Lenticchia ***
Nuova pagina 1
GREY+Pink
- 6 -
In assenza di Gargamella, subentra Lenticchia
Ogni mattina, a partire
dal traumatico trillo della sveglia, c’era un’unica, singola parola che
galleggiava sonnacchiosa nella testa di Daria: “caffè”.
Il rito mattutino era il
seguente: alle sei e trenta in punto giù dalla branda, tre minuti esatti di
doccia tiepida rigorosamente ad occhi chiusi, vestizione (che include la
litigata di rito con i collant smagliati e/o con la camicetta macchiata di
inchiostro), trucco e parrucco, passeggiata veloce fino al bar, scontrino al
volo, caffè d’ordinanza con croissant integrale al miele e poi dritta in
libreria.
Niente di più semplice.
Nulla di più efficace.
Ma, evidentemente, lo
sventurato che le stava passando davanti proprio mentre era in procinto di dare
la solita ordinazione alla ragazza dietro al registratore di cassa, non sapeva
quanto fosse importante e fondamentale non interferire minimamente con quella
studiata routine.
Dopo aver, quindi,
continuato a guardare in cagnesco le spalle di quel povero sciagurato per tutto
il tempo da quest’ultimo impiegato per prendere la propria ordinazione, alla
fine Daria sbottò con tutto il risentimento di cui era capace di prima mattina:
«Grazie per essermi passato davanti!»
A quella esclamazione,
l’accusato si voltò nella sua direzione.
Al primo impatto, Daria
pensò – per quanto la sua mente in astinenza da caffeina potesse pensare – che
costui avesse un’aria familiare.
“Occhi verdi”, registrò
Daria. “Occhi verdi e capelli biondo cenere scolpiti nel gel. Brillantinato,
oltre che maleducato!”
Dimostrava al massimo due
o tre anni più di Daria; indossava un paio di vecchi jeans schizzati di vernice,
una semplice maglietta bianca a mezze maniche e degli scarponcini da lavoro.
“Un imbianchino?”, si
chiese distrattamente continuando a fissare ferocemente il ragazzo che, tra
l’altro, ricambiava lo sguardo con aria sorpresa e vagamente divertita, come se
si fosse appena imbattuto in una piccola e buffa creatura lanosa.
«Non mi sembra di essere
passato davanti a qualcuno», rispose lui con la massima calma riponendo il
proprio portafogli nella tasca posteriore dei jeans. «Sei sicura di non aver
preso un abbaglio, puffetta?»
“Puf... Puf... Puffetta?!”
Daria era talmente sconvolta da fare fatica pure a ripeterlo nella sua mente.
«Un caffè e un croissant
integrale, vero?». Il proprietario del bar, accortosi del principio di
discussione che da un momento all’altro rischiava di scoppiare in qualcosa di
molto peggio, tentò di salvare la situazione mettendo in tutta fretta sul
bancone la colazione che la ragazza ordinava ogni mattina.
Daria, pur continuando a
sentire il forte impulso di spaccare la faccia da schiaffi che quel
brillantino (“brillantinato” più “imbianchino”) si ritrovava, ma volendo
tuttavia evitare di dare ulteriore spettacolo, diede le spalle a quest’ultimo
con un movimento secco e si allontanò ancheggiando meglio che poteva in segno di
spregio verso quel gravissimo ed imperdonabile affronto che le era stato
rivolto.
Una volta arrivata al
bancone – dopo esser inciampata nei propri piedi per ben due volte – Daria sentì
finalmente la voce di quel bellimbusto salutare la cassiera e togliere il
disturbo ma, contrariamente a quanto si sarebbe aspettata, la cosa le gettò
addosso una spiacevole sensazione di disagio.
Solitudine.
“Ma che cavolo vado a
pensare, accidenti a me! L’astinenza gioca davvero brutti scherzi!”, si
rimproverò con l’umore sempre più nero.
«Grazie», disse in tono
sostenuto prima di afferrare la tazzina e vuotarne il contenuto come se, invece
di caffè espresso, si fosse trattato di tequila boom boom.
Dopo aver praticamente
ingoiato il suo croissant – è cosa risaputa che il nervoso fa venire un grande
appetito – si diresse verso la cassa ma, proprio mentre stava per tirare fuori
il suo portamonete dalla borsetta, la ragazza la fermò con un gesto della mano
dicendo: «E’ già pagato».
Daria pensò subito ad un
disguido.
«No, a dire il vero non
avevo ancora fatto lo scontrino quando ho preso il caffè», tentò di spiegarsi.
«Lo so», disse la ragazza
con uno strano luccichio divertito negli occhi. «Voglio dire che la colazione è
già stata pagata da qualcun altro».
«Ma...»
«Dal ragazzo con cui
stavi... parlando poco fa».
-.- -.- -.-
«Ti rendi conto? Puffetta!
A me!»
«Sì, è molto strano,
stangona».
«E come accidenti si è
permesso di passarmi davanti? Cafone che non è altro!»
«Diabolico, oserei dire».
«E per quale cavolo di
motivo ha dovuto pagarmi la colazione? Pensava di farmi un dispetto? Di darmi
uno smacco?»
«Offrirti un caffè al bar?
Che gran maleducato».
«Hai finito di prendermi
per il culo?»
Dopo una passeggiata – una
corsa – all’insegna del rimugino, Daria era finalmente riuscita ad arrivare in
libreria, dove Stella la stava già aspettando per iniziare la giornata di
lavoro.
Purtroppo, però, Daria non
aveva trovato nell’amica l’approvazione di cui, in quel momento, il suo
orgoglioso ego ferito necessitava.
«Più che prenderti per il
culo, tesoro, sto cercando di capire il motivo di tutta questa incazzatura»,
disse Stella iniziando a mettere in ordine alfabetico i libri nella cesta degli
articoli in offerta.
Daria era basita. «Il
motivo? E’ stato maleducato!»
«Quando sei arrivata, lui
era già lì nel bar?», chiese Stella. «Pensaci bene», aggiunse bloccando sul
nascere il precipitoso assenso dell’amica.
Daria, non prima di aver
sbuffato rumorosamente, ci pensò un po’ su. Effettivamente le sembrava di
ricordare qualcuno con indosso una maglietta bianca davanti la vetrina dei
panini, quando era entrata.
“Accidenti!”, pensò
arrossendo lievemente.
«Può darsi», disse
cercando di tenere un tono dignitoso. «Ma cosa c’entra? Io mi sono messa in fila
prima di lui!»
«Probabilmente lui era già
in fila da prima che tu entrassi e si è allontanato solo per scegliersi la
brioche o il panino. Ha mangiato lì o ha portato via l’ordinazione?»
“Stra-accidenti!”. Il
rosso sulle sue guance era sempre più acceso.
«E va bene! Diciamo pure
che, forse, non mi è passato davanti!», concesse a malincuore. «Ma quell’insulto
che ha rivolto alla mia persona?»
«E, secondo te,
puffetta può essere definito un insulto?», chiese Stella guardandola in modo
eloquente. «A me sembra piuttosto carino, invece».
«Carino un corno!»,
esplose Daria battendo un pugno sul bancone del negozio mandando all’aria il
bicchiere delle matite colorate in vendita. «Vorrei vedere se lo avessero...»
«Detto a me?», concluse
Stella per lei. «Daniel mi rivolge continuamente nomignoli simili. Ti sei forse
dimenticata di quando mi chiama “Dorothy” o “Principessa Zucchina”? E ti posso
assicurare che è tutt’altro che offensivo. Anzi, è molto affettuoso».
Daria stava seriamente
tendendo al violaceo, ma dato che non era certo il caso di farsi beccare da
qualche cliente mentre stramazzava al suolo in piena crisi isterica, prese un
lungo respiro nel disperato tentativo di darsi una calmata.
«Immagino che tu abbia una
risposta anche per la questione della colazione offerta», sibilò più contrariata
che mai.
«Non c’è bisogno che ti
dica che è stato un gesto molto gentile da parte sua».
“Ci avrei giurato”, pensò
Daria con tutto il veleno possibile. «Quindi, ricapitolando», iniziò con voce
pericolosamente bassa, «secondo te, io l’ho accusato ingiustamente di essere un
cafone, ho travisato il suo affettuoso modo di esprimersi nei miei confronti e,
dulcis in fundo, ho peccato di crudeltà non dimostrandomi commossa fino
alle lacrime per il suo cavalleresco omaggio».
«Lo sai che è così», disse
tranquillamente Stella scrivendo qualcosa su un rettangolo di cartoncino rosso
attaccato al bordo della cesta.
Daria non replicò,
pensando che fosse meglio evitare di dire parolacce prima delle dieci di
mattina. «Sai una cosa? La gravidanza ti rende diabolicamente saccente», disse
iniziando a raccogliere le matite che aveva fatto saltare in aria poco prima.
«A conti fatti, quindi, tu
sei in stato interessante perenne. Ora capisco molte cose», le disse Stella con
un sorriso.
Se, in quel momento, lo
sguardo di Daria fosse stato munito di laser, Stella avrebbe avuto la testa
decapitata di netto. Poi, però, il suddetto sguardo si soffermò sul particolare
brillio degli occhi dell’amica, sulla lentigginosa pelle del viso resa
splendente dai primi mesi della gravidanza, su quelle labbra sorridenti che
presto avrebbero riempito di baci e pernacchie sul pancino quel cosino che
ancora non riusciva bene a visualizzare. E la rabbia sfumò.
Daria distolse lo sguardo
ed iniziò a fare mente locale sul lavoro che avrebbe dovuto svolgere entro l’ora
di pranzo. «Ti perdono solo perché porti in grembo mio nipote, Lenticchia
dispettosa».
°°°*°°°
Spazietto autrice:
Dedico questo capitolo alla
mitica Jane Austen, in quanto oggi ricorre il 235° anniversario della sua
nascita. A proposito, su fb ho messo in bacheca il link più romantico
dell'Universo (ve lo consiglio vivamente).
Bene, ringrazio tutti quelli che
hanno aggiunto la storia tra le preferite, seguite, da ricordare, ecc. e chi mi
ha inserito tra gli autori preferiti (temerari!).
Grazie, ovviamente, a tutti quelli che hanno
letto!
A presto!
- Sif -
P.S. Per chi volesse contattarmi
su facebook, può cercare "Cristina Sif" (ditemi solo il vostro nick EFP, così
capisco chi siete).
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Capitolo 7 *** La ragazza-merendina ***
Nuova pagina 1
GREY+Pink
- 7 -
La ragazza-merendina
Camilla era carina, dolce
e rossa come l’omonima merendina alle carote.
Pur avendo la stessa età
di Stella – ventiquattro suonatissimi anni –, dimostrava a malapena la maggiore
età. Il suo viso, tanto candido da sembrare quello di una bambola di porcellana,
contrastava fortemente con la bruna profondità dei bellissimi occhi; le labbra
piene e dalla linea squisita erano sempre atteggiate in una sorta di piccolo e
sereno sorrisino, come se dal giorno della loro creazione avessero sempre
evitato di farsi intristire da qualsiasi brutto pensiero; i suoi capelli, rossi
come il fuoco – o, meglio, come le carote – aleggiavano sempre soffici e
profumati attorno al viso, ricadendo sulle spalle e sulla schiena come un
luminoso fiume incendiato dai raggi del sole al tramonto.
Camilla era, da sempre, la
vicina di casa di Stella, nonché sua compagna di scuola alle elementari. Le due
ragazze erano molto amiche, sebbene avessero, soprattutto dal punto di vista
caratteriale, pochissimi argomenti in comune; di conseguenza, non era raro, per
Daria, incontrare Camilla quando si recava a casa di Stella. A Daria non
dispiaceva per nulla frequentarla; anzi, le stava molto simpatica, poiché
possedeva quelle qualità a lei tanto care: l’indole mite, la capacità di
ragionare e – migliore fra tutte – l’essenzialità della parlantina.
In quel tiepido pomeriggio
di inizio autunno, le tre giovani donne si trovavano chiuse nel bagno della
madre di Stella impegnate a far la ceretta a Daria.
Mancava solo una settimana
al matrimonio.
«Okay, sei pronta?»,
chiese Stella afferrando con decisione un lembo della striscia depilatoria
crudelmente appiccicata alla gamba dell’occhialuta amica.
«Se dicessi di no,
cambierebbe qualcosa?», rispose astiosamente Daria la quale, in precario
equilibrio su di uno sgabello di legno, artigliava senza pietà le candide manine
che Camilla le teneva sulle spalle cercando di tranquillizzarla.
«Al mio tre, allora»,
disse Stella, imperterrita. «Uno...»
Strappp!
«Argh!», urlò Daria
strizzando gli occhi lacrimanti. «Che fine hanno fatto il due e il tre,
disgraziata?!»
«Meglio l’effetto
sorpresa», rispose Stella in tutta calma. «Così non hai il tempo di pensarci
troppo su».
«Ma io ti amm...!»
«Ste’, non sarebbe più
comodo per entrambe andare in camera tua?», chiese tranquillamente Camilla come
se non avesse appena interrotto una minaccia di morte. «Così Daria potrebbe
sdraiarsi sul letto e tu avresti più facilità di manovra».
Dopo aver lanciato una
rapida occhiata a Daria – la quale non si sognò minimamente di ricambiare –,
Stella arrossì, si schiarì la gola e balbettò: «Hai ragione, tesoro. Il fatto è
che... che ci sono Marlon, Carletto e Pietro in casa! E sai come sono apprensivi
gli uomini, no? Se sentissero le urla di Daria, entrerebbero subito in camera mia
per vedere che succede e.. beh... E, dato che lì non c’è la chiave alla porta,
ho pensato che sarebbe stato meglio chiudersi in bagno perché qui, invece, la
chiave c’è!», terminò in uno strano verso asmatico a metà fra un risolino ed un
colpo di tosse.
Daria, coprendosi gli
occhi con una mano in un teatrale gesto di esasperazione, pensò che l’amica, in
quanto a sparare balle credibili, non era per niente abile.
La verità era che Daria
non voleva vedere Marlon. Ovviamente non aveva nulla contro di lui ma, dopo
l’imbarazzante episodio consumato qualche giorno prima, preferiva evitare altre
situazioni compromettenti. Stella era stata perentoria su questo punto: «Se da
parte tua non c’è interesse, cerca di non illuderlo con altri comportamenti
ambigui!». E Daria era ampiamente d’accordo con lei. In più, entrambe erano
decise a tenere la questione assolutamente segreta e, di conseguenza, nessuno
doveva avere il ben che minimo sospetto dell’infatuazione di Marlon.
Pregando silenziosamente
che Camilla non scoppiasse a ridere in faccia a Stella, Daria alzò la testa in
direzione della rossa per poter osservare l’espressione del suo viso.
Incredibilmente,
nonostante la pietosa performance, la ragazza parve credere al delirio di
Stella, poiché abbassò gli occhi verso le piastrelle del pavimento e le sue
guance si imporporarono lievemente, segno che considerava scandalosa anche solo
l’idea che dei ragazzi irrompessero con forza mascolina in una stanza
sorprendendo Daria sdraiata su un letto con addosso nient’altro che una
striminzita canottiera macchiata di caffè ed un paio di mutande blu a pallini
rossi.
“Se l’è bevuta!”, esultò
mentalmente Daria, sorprendendosi per il fatto che una ragazza così intelligente
e sveglia potesse, al contempo, avere reazioni tanto pudiche. Purtroppo, Daria
si accorse troppo tardi che Stella, approfittando della sua distrazione, aveva
appiccicato un’altra striscia depilatoria sulla sua povera gamba ed era già
pronta a strappargliela via con tutta la brutalità possibile.
«No, aspett...!»
Strappp!
«Aaargh!», urlò nuovamente
Daria, facendo tremare il vetro della finestra. «Sadica del cazz...!»
Questa volta, gli insulti
di Daria non furono interrotti da Camilla.
«State scuoiando vivo
qualcuno là dentro?», chiese la profonda voce di Marlon.
Daria e Stella si
scambiarono uno sguardo allarmato, pensando entrambe alla stessa cosa: “La bugia
ha portato iella!”
Camilla, dal canto suo,
dovette pensare che il suo peggior incubo – la virtù di una ragazza innocente
violata per sempre dallo sguardo spudorato di un uomo – si stava per avverare,
perché arrossì ancora di più ed iniziò a fissare la porta come se le potesse
esplodere in faccia da un momento all’altro.
Non ricevendo risposta
alcuna, Marlon – con sommo disappunto di Daria – insistette: «Siete ancora
vive?»
Alla nuova domanda, Daria
e Camilla guardarono Stella, ovviamente ognuna a proprio modo: la prima la
fulminò con un penetrante sguardo significativo che voleva suggerirle “pensaci
tu, il fratello è tuo!”; la seconda posò i dolci e terrorizzati occhi da
cerbiatta ferita sulla sua persona, quasi volesse supplicarla con un “aiuto, sto
per svenire”.
Intimidita e, al contempo,
intenerita dalle amiche, Stella si decise a parlare: «Tutto a posto! Stiamo...
Ci stiamo facendo belle!», glissò onde evitare che, dicendo la piena verità,
Daria la strangolasse alla prima occasione utile.
Silenzio. Dall’altra parte
della porta non si sentiva tirare un fiato.
«E’ svenuto?», sussurrò
Daria fra lo stupore e la speranza.
«Magari è andato via
perché si è ricordato che sta per iniziare la puntata di Beavis and Butthead»,
ipotizzò Stella accostando l’orecchio alla porta.
Camilla era più pallida
che mai.
E poi, improvvisamente, la
suoneria di “Always” dei Bon Jovi esplose nel bagno rimbalzando, acuta,
sulle piastrelle di ceramica.
«Mi hai quasi uccisa»,
ammise Camilla tenendosi una mano premuta sul cuore.
«Coscienza sporca?»,
scherzò Stella continuando a tenere premuto l’orecchio alla porta in cerca di un
cenno di vita da parte del fratello.
Camilla arrossì ancora di
più.
«E’ Tony», annunciò Daria
premendo il tasto di ricezione sulla tastiera del suo rumoroso cellulare proprio
mentre sentiva Stella borbottare: «E figurati se non era lui. “Always”...
Always a rompere i cogl...»
«Ciao! Dimmi!», quasi urlò
Daria al suo fidanzato per poi chiudersi in un misterioso dialogo fatto di
“ah-ha” e “mh-mh” e, ancora, di “certo-certo” e “okay-okay”.
Attaccate alla porta del
bagno, intanto, Stella e Camilla (che, dalla chiamata di Tony, aveva raggiunto
l’amica per lasciare un po’ di privacy a Daria) sondavano ogni minimo rumore
cercando la presenza di Marlon.
Nulla.
Tutto
a un tratto, sentirono un breve e sussurrato scambio di battute dall’altra parte
della porta seguito da un piccolo “toc-toc”.
Le due ragazze si
scambiarono un’occhiata interrogativa e Stella, sentendosi un po’ stupida,
chiese piano: «Chi è?»
Di nuovo niente.
Dopo qualche decina di
secondi, di nuovo il piccolo “toc-toc”.
«Marlon, ti avverto! Non è
divertente!»
Silenzio, solo l’ormai
familiare “toc-toc”.
«Adesso basta!», esplose
Stella girando la chiave nella toppa a spalancando la porta pronta a tirare le
orecchie al dispettoso fratello maggiore.
Purtroppo per lei, però,
non c’era Marlon ad aspettarla. O, meglio, non c’era solo Marlon.
«Dite cheese!»,
disse Carletto da dietro la macchina fotografica digitale.
Fu un secondo e, in un
colpo di flash, Carletto immortalò per sempre l’immagine di Stella con le mani
alzate nell’atto di stringergliele attorno al collo, di Camilla – un tutt’uno di
rossore faccia-capelli – con gli occhi fissi su una grossa figura fuori
dall’obiettivo e, sul fondo, in tutto il suo splendore, di Daria seduta sullo
sgabello in mutande imbarazzanti, canottiera macchiata e pinza per capelli in
testa che con una mano regge il cellulare e con l’altra fa un gestaccio osceno
all’indirizzo del fotoreporter.
«Belle mutande, Miss!», si
complimentò Carletto mentre schivava agilmente lo strangolamento da parte di
Stella. «Questa finisce dritta dritta sul mio desktop».
Marlon, la faccia completamente paonazza, si
stava quasi strozzando a furia di ridere. Pietro, ovviamente, stava seminascosto
dietro le larghe spalle di Carletto per evitare il contatto visivo con le tre
ragazze.
«Questa me la pagate,
scimmioni!», sbraitò Stella rientrando in bagno e sbattendo la porta alle sue
spalle. «Si divertono con poco, i bambocci».
Nessuna delle due amiche rispose. Camilla stava
ancora fissando la porta come ipnotizzata mentre Daria guardava Camilla come se
avesse finalmente capito qualcosa di molto importante.
°°°*°°°
Spazietto autrice:
Auguri a tutte le befanone (me
per prima)!!!
Come sempre, ringrazio tutti
quelli che hanno aggiunto la storia tra le preferite, seguite, da ricordare,
ecc. e chi mi ha inserito tra gli autori preferiti (temerari!).
Grazie, ovviamente, a tutti quelli che hanno
letto!
A presto!
- Sif -
P.S. Per chi volesse contattarmi
su facebook, può cercare "Cristina Sif" (ditemi solo il vostro nick EFP, così
capisco chi siete).
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Capitolo 8 *** The Autumnal Wedding (part one) ***
Nuova pagina 1
GREY+Pink
- 8 -
The Autumnal
Wedding (part one)
Daria era nella cameretta
di Stella. Ed era agitata.
Mancavano ancora diverse
ore al trillo della sveglia, ma la sua mente si rifiutava categoricamente di
andare in standby privandola della possibilità di riposarsi ancora un po’. Di
conseguenza, i suoi occhi stanchi e sveglissimi fissavano ostinatamente il
soffitto dedicando, di tanto in tanto, un fuggevole sguardo all’esercito di
peluche che abitava la stanza.
Ma Daria non era la sola
persona sveglia quella notte. Da dietro la porta, infatti, sentiva il leggero
scalpiccio dei piedini della madre di Stella fare su e giù per il corridoio e,
dall’altra parte della parete, il tonfo sordo dei piedoni nudi di Marlon sul
pavimento della sua stanza.
Daria pensò che, senza
ombra di dubbio, l’unica persona che quella notte ronfava tranquilla ed
indisturbata era Stella. Ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
Dopo un’altra mezz’ora
passata a fissare il soffitto, si decise finalmente ad abbandonare la stanzetta
buia per andare a rifugiarsi in cucina. Quando aprì la porta trovò il corridoio
deserto e silenzioso. Anche Marlon non si sentiva più.
“Forse, alla fine, sono
riusciti a prendere sonno”, pensò. Tuttavia, quando passò davanti la camera da
letto della padrona di casa e vi gettò un’occhiata veloce, vide che il letto
matrimoniale era occupato solo da Stella che, con le lenzuola tirate fin sopra
le orecchie, dormiva della grossa senza una sola preoccupazione al mondo.
“Guardala lì”, pensò Daria
con invidia. “Si sposa fra meno di dieci ore e riesce a dormire come se fosse in
letargo”.
Quando, poco dopo,
raggiunse la cucina, capì dov’era finito il resto della famiglia.
«Ciao, gioia! Prendi una
sedia!», la accolse la madre di Stella come se la stesse già aspettando. Lei e
Marlon erano seduti al piccolo tavolo rotondo posto al centro della cucina, la
madre con una bella tazza di camomilla fumante tra le mani, il figlio con una
vaschetta di gelato – di quelle da mezzo chilo, notò Daria – nella quale
continuava a conficcare senza pietà un grosso cucchiaio per poi traghettarselo
in bocca.
«Anche voi non riuscite a
dormire?», chiese Daria prendendo posto attorno al tavolo.
«Siamo un po’ nervosi»,
rispose la mamma.
Marlon, invece, prima
grugnì e poi si riempì nuovamente la bocca di gelato.
«Mi chiedo come cavolo
faccia Stella a dormire così tranquilla!», si lamentò Daria.
«Oh, lei non si agita per
queste cose», disse la mamma sorridendo e muovendo una manina come per scacciare
una mosca. «Non è preoccupata perché è sicura di quello che sta per fare. Ieri
mi ha detto che questo matrimonio è una conseguenza assolutamente naturale delle
sue scelte di vita».
«Una conseguenza
naturale», ripeté Daria, scettica. «Tipico ragionamento “stelliano”».
«Già», confermò Marlon
senza togliere la minima attenzione alle sue delicate manovre di trivellazione
della vaschetta. «Cioè da pazza incosciente».
Daria lo guardò per
qualche secondo. Erano settimane, ormai, che lo evitava, ma lui non sembrava
essere per nulla cambiato nei suoi atteggiamenti. E non sembrava provare alcun
imbarazzo nonostante lui se la fosse ritrovata improvvisamente davanti, in piena
notte e con indosso solo un paio di calzoncini ed una canottiera. Insomma, era
sempre il solito, vecchio Marlon.
“Possibile che abbiamo
preso un abbaglio così colossale, io e Stella?”
-.- -.- -.-
«Ste’, svegliati! Sono già
le sette», bisbigliò Daria all’orecchio dell’amica.
«Mm... Ancora cinque
minuti», biascicò Stella in risposta.
“Roba da matti”, pensò
Daria lottando contro l’impulso di andare a prendere un bel secchio pieno di
acqua fredda.
«La parrucchiera arriva
fra mezz’ora! E tu devi ancora lavarti e infilarti dentro quella trappola che
chiami guepiere», spiegò abbandonando il tono sussurrato per passare
direttamente agli strilli isterici.
«Uffa», sbuffò Stella
mettendosi seduta.
«Pure!», la sgridò Daria.
«Avanti, muoviti! E fa’ attenzione a non bagnare i capelli!»
«See... see...», disse la
sposa prendendo dall’armadio la biancheria da indossare sotto l’abito.
«Cosa. Diavolo. Sono.
Quelle?», sibilò la testimone di nozze notando un particolare che –
indubbiamente – non aveva previsto sulla sua rigida tabella di marcia.
«Collant. Non lo vedi?»,
rispose Stella, ovvia.
«Lo so benissimo cosa
sono! Quello che intendo dire è: che fine hai fatto fare alle costosissime ed
adattissime calze autoreggenti che abbiamo comprato un paio di settimane fa?»,
chiese Daria iniziando a perdere la pazienza.
«Aaah... quelle!», cercò
di fare la finta tonta. «Sono scomode! Preferisco queste! Sono bianche, no?»
«Ma queste sono calze a
rete! Non puoi andare all’altare con indosso delle calze a rete, Ste’!», sbraitò
Daria continuando a guardare la calze incriminate come se si fosse trattato di
un vibratore fucsia.
«Le indosserò sotto
il vestito, Daria. Nessuno le noterà! A parte Daniel, ovviamente...», spiegò con
un piccolo ghigno.
«Ma... Ma...»
«Non hai detto che è
tardi? Vado a lavarmi», disse Stella rifugiandosi in bagno prima che l’amica si
potesse riprendere dallo shock.
Fortunatamente, Stella
riuscì a lavarsi e ad indossare la biancheria – per miracolo, dato che la
gravidanza stava iniziando a gonfiarle il seno – giusto in tempo per l’arrivo
della parrucchiera.
Così, mentre la madre di
Stella non faceva che piangere continuando a snocciolare parole sconclusionate
sulla sua troppo bella e troppo giovane bambina che si stava per sposare
abbandonandola per sempre, la futura sposa veniva adeguatamente pettinata e
truccata. Per ultimo, la parrucchiera l’aiutò ad indossare l’abito e le assicurò
il lungo velo tra i capelli.
«Ti sei unita al circo?»,
commentò allegramente Marlon passando, senza fermarsi, davanti la porta della
stanza.
«Sei solo invidioso perché
io posso truccarmi liberamente e tu, invece, puoi farlo solo di nascosto!», gli
urlò dietro Stella senza scomporsi troppo. «Voi siete pronte?»
«Io sì», rispose Daria
indossando le scarpe.
«Io no», rispose la mamma
mentre la parrucchiera cercava di arginare i danni che le lacrime stavano
provocando al trucco.
«Ma', smettila di
frignare», la consolò la figlia. «Io e Daniel andremo ad abitare a soli dieci
minuti di auto da qui. E poi c’è Marlon!»
«Sì, ma tuo fratello non è
capace di farmi la manicure».
«Non lo escluderei»,
ridacchiò Stella guardando con la coda dell’occhio una figura grossa e scura
acquattata nel corridoio.
Ma, prima che Marlon
potesse replicare, Daria puntò un dito smaltato di rosa contro di lui e sbraitò:
«Che cos’hai addosso?»
Marlon parve un po’
spiazzato, poi abbassò lo sguardo e si analizzò cercando di capire cos’avesse di
sbagliato il suo abbigliamento. Indossava un bel vestito grigio gessato, una
semplice camicia bianca e una... una...
«Fila subito a toglierti
quella roba!», urlò Daria senza ritegno.
«Perché?», chiese Marlon
senza comprendere ancora la ragione di tutta quell’agitazione.
«Marlon,» iniziò la
ragazza in tono perentorio, «potessi schiattare oggi, ti giuro che non
accompagnerai tua sorella all’altare con addosso la cravatta di Homer Simpson in
mutande!»
«Ah», capì finalmente il
ragazzo. «Mi era sembrata un’idea carina».
Daria gli voltò le spalle
senza neanche rispondere.
La madre di Stella, troppo
occupata a ridere della scena, aveva finalmente smesso di piangere.
-.- -.- -.-
«Okay, ci siamo tutti?
Marlon, chiudi tu la porta a chiave? Ste’, tieniti bene al corrimano mentre
scendi le scale! Carletto, piantala di ingozzarti di salatini e inizia a
scendere di sotto! Oddio, dove ho messo gli anelli? Ah, eccoli! Possiamo
andare».
Dopo un apocalittico
servizio fotografico, dove tutti volevano fare foto insieme alla sposa mentre
quest’ultima continuava a chiedere ai fotografi com’era vestito lo sposo –
essendo passati prima da lui – l’ora della verità era finalmente giunta.
La sposa, la mamma, la
testimone ed il fratello si recarono rumorosamente in chiesa con l’auto di
quest’ultimo. Appena arrivati a destinazione, Daria schizzò fuori
dall’abitacolo, dribblò gli amici ed i parenti in attesa sul sagrato della
chiesa e corse dentro per controllare che tutto fosse pronto e che lo sposo
fosse già arrivato e posizionato davanti all’altare con il bouquet della sposa
fra le mani.
“Giuro che se l’ha
dimenticato nel frigorifero è la volta buona che lo strangolo”. Purtroppo per
lei, però, entrata in chiesa dovette far fronte ad un problema ben più grosso.
«Dov’è Daniel?», chiese
con un filo di voce a nessuno in particolare fissando la chiesa – deserta, ad
accezione del parroco e delle grosse zucche decorative – con sguardo vacuo ed
incredulo.
Un grande applauso
proveniente dall’esterno la fece riprendere dalla sorpresa. Cercando di non
slogarsi una caviglia, si girò bruscamente e uscì nuovamente alla luce del
tiepido sole di ottobre.
Lo sposo ed il di lui
testimone di nozze si presentarono a bordo della Ducati (adeguatamente
infiocchettata).
Daria, tirando un sospiro
di sollievo, gli corse incontro sperando che a Daniel non venisse la malsana
idea di cercare un contatto – visivo e non – con Stella prima che quest’ultima
uscisse dall’auto di Marlon. Fortunatamente, riuscì a raggiungerlo ancora prima
che avesse il tempo di togliersi il casco. "Con il Jolly Roger! Al proprio
matrimonio!".
«Sei in ritardo!», lo
aggredì con voce affannata.
«Oh, ciao Daria! Come sei
carina!», le disse lui togliendosi il casco e sfoderando uno dei suoi migliori
sorrisi.
«Non usare queste tecniche
di abbindolamento con me, signorino!», disse Daria facendo finta di non aver
ceduto davanti a quegli occhioni tranquilli e felici. “A quanto pare, pure lui è
uno stelliano”. «Piuttosto, dov’è il bouquet? Se te lo sei dimenticato a casa
ti...»
«E’ al sicuro con mia
madre, non preoccuparti. Guarda», le indicò con un cenno una signora
elegantemente vestita con in mano il prezioso mazzo di fiori.
«Bene. Dentro, allora.
Veloce», disse Daria segretamente rincuorata.
In tutta quella
discussione, Daria non aveva fatto caso al testimone dello sposo. Il cugino
Fabrizio, appunto. Troppo occupata a far scendere dall’auto Stella senza che si
rovinasse il vestito, continuò a non farci caso. Arrivata, poi, di gran carriera
davanti all’altare per adempiere ai suoi doveri di testimone della sposa, fu
troppo distratta da quest’ultima che attraversava con aria sognante la navata
della chiesa al braccio di Marlon – con una cravatta degna di questo nome
attorno al collo, finalmente – per girarsi in direzione dello sposo e di
Fabrizio.
Fu solo quando Stella
arrivò dinanzi a Daniel che Daria ebbe occasione di girarsi in quella direzione.
Fabrizio la stava
osservando già da un po’ e, di conseguenza, quando Daria incrociò i suoi occhi,
lui fu lesto a muovere le labbra formando un muto saluto.
“Ciao, puffetta”.
°°°*°°°
Spazietto autrice:
Avendo
astutamente azzeccato l'identità del brillantino, questo capitolo è
dedicato a Chiara Fallsofarc con l’augurio di ricevere presto una “Daria” per
gli eventi di settembre.
Come sempre, ringrazio tutti
quelli che hanno aggiunto la storia tra le preferite, seguite, da ricordare,
ecc. e chi mi ha inserito tra gli autori preferiti (temerari!).
Grazie, ovviamente, a tutti quelli che hanno
letto!
A presto!
- Sif -
P.S. Per chi volesse contattarmi
su facebook, può cercare "Cristina Sif" (ditemi solo il vostro nick EFP, così
capisco chi siete).
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Capitolo 9 *** The Autumnal Wedding (part two) ***
Nuova pagina 1
GREY+Pink
- 9 -
The Autumnal
Wedding (part two)
«Daniel e Stella sono sposi nel Signore!»
All’annuncio del parroco, un applauso scrosciante
si levò nella luminosa chiesa e Daria poté finalmente tirare un sospiro di
sollievo.
Un’altra fase della giornata era filata liscia
come l’olio. Infatti, nonostante i sorrisini compiaciuti che la sposa continuava
ad esibire in luogo delle ben più consone lacrimucce commosse d’ordinanza e
nonostante lo sposo non la smettesse di fare il buffone con il proprio testimone
scambiandosi ripetute espressioni da “che vuoi farci? ormai è troppo tardi per
tornare indietro”, la cerimonia si era conclusa senza intoppi.
Doveva ammettere, però, che la celebrazione era
volata via in fretta, per lei. Soprattutto perché aveva passato tutto il tempo a
pensare a quell’insolente ragazzo dagli occhi verde-cupo (come accidenti aveva
fatto a non notare che erano solo di qualche sfumatura più chiari di quelli di
Daniel? ecco perché aveva un’aria tanto familiare quando l’aveva incontrato al
bar!) e a quanto, a volte, il Mondo fosse realmente piccolo come molti
sostengono.
Solo dopo la benedizione finale del don, Daria si
accorse che non aveva sentito una singola parola di tutta la predica e che,
troppo presa dai propri pensieri, si era anche dimenticata di assumere
un’espressione abbastanza commossa (sempre d’ordinanza) al momento dello scambio
delle promesse di matrimonio.
“Questo qui mi fa un effetto troppo negativo, per
i miei gusti”, pensò cupamente guardando di soppiatto in direzione del colpevole
che, giusto in quel momento, si stava recando al tavolino posto a lato del
pulpito per mettere la propria firma accanto a quella degli sposi.
-.- -.- -.-
Dopo circa un centinaio di scatti, il fotografo
diede finalmente il suo consenso per lasciare la chiesa. Ma, come tutte le cose,
era troppo bello per essere vero.
«Aspettate! Ho dimenticato quella con i
testimoni!», decretò il fotografo con spietatezza. «Perfetto così! Adesso
un’altra senza che la sposa faccia le corna al testimone. Okay, gli sposi
possono andare. Ora il testimone dia un bel bacio alla testimone e poi siamo a
posto».
Daria si pietrificò sul posto. Fabrizio scoppiò a
ridere e, con orrore della ragazza, disse: «Okay» e l’abbracciò.
«Che diavolo credi di fare?», si riscosse Daria
all’ultimo momento.
«Ti bacio, mi sembra ovvio», rispose lui senza
abbandonare quell’espressione così odiosamente divertita.
Fortunatamente, il fotografo aveva assistito –
anche con un certo interesse, il pettegolo – allo scambio di battute dei due
ragazzi. «Scusate!», disse alzando una mano, «pensavo foste fidanzati! Rimanete
abbracciati, comunque». Il sollievo di Daria era, evidentemente, destinato a
durare poco.
Fabrizio, continuando a ridacchiare come un
bambino, le tolse allora un braccio di dosso e ne portò la mano nella tasca dei
calzoni. L’altro braccio rimase invece attorno alla vita della ragazza.
Daria iniziò a pregare (il luogo glielo
concedeva) che quel momento imbarazzante finisse il prima possibile e, sempre
pregando, cercò di scacciare dalla mente l’idea che quell’abbraccio fosse tutt’altro
che spiacevole.
Finalmente il fotografo si decise a premere il
dito sul dannato bottone della macchina fotografica e Daria fu libera di correre
fuori dalla chiesa urlando agli invitati di non mirare assolutamente alla faccia
degli sposi e di astenersi a lanciare loro il riso “a pioggia”.
-.- -.- -.-
Incredibile. Si erano tutti dimenticati di lei!
Della testimone della sposa!
Una volta terminato di fare le foto con parenti e
amici davanti la chiesa, tutti erano filati ai rispettivi mezzi di trasporto
ansiosi di poter finalmente placare l’appetito. E Daria era stata troppo
impegnata a “caricare” Stella in macchina impedendole di rovinarsi il vestito
per poter accorgersi di quell’importante fenomeno.
Solo quando l’auto partì – con Marlon alla guida,
la madre al suo fianco e gli sposi sui sedili posteriori – Daria realizzò che
anche tutte le altre vetture non c’erano più.
E lei, come una cretina, non aveva pensato di
prendere accordi preventivi con qualcuno per avere un passaggio fino al
ristorante!
“Che imbecille!”, pensò frugando febbrilmente
nella borsetta in cerca del cellulare. “Ho perso tempo a pensare ad una miriade
di cose inutili e poi mi perdo per una scemenza del genere”.
«Serve un passaggio?»
“Oh, no! Oh, Dio Ti prego! Non farmi questo!
Davanti ad un luogo di preghiera, poi!»
Lentamente – sperando, forse, si trattasse di
un’allucinazione dovuta alla fatica per tutti quei preparativi che se ne sarebbe
andata appena fosse passato quel momento di stress – Daria si voltò.
Fabrizio – il brillantino – se ne stava in
piedi, leggermente poggiato alla Ducati, con le gambe incrociate e due caschi
fra le mani. La stava guardando con quei vispi occhi verde-cupo e sembrava
stesse aspettando proprio lei.
«Grazie, ma non penso che...», tentò Daria
decidendo che quel piccolo tuffo al cuore era dovuto al fatto che lui, parlando
all’improvviso, l’avesse un po’ spaventata.
«Non mi sembra, comunque, che tu abbia molta
scelta», disse Fabrizio abbracciando con lo sguardo lo spazio vuoto attorno a
loro.
«Non posso salire su una moto con questo
vestito».
Daria non aveva neanche finito di pronunciare la
parola “vestito” che lui iniziò a scrutarla, sondandola con attenzione a partire
dalla punta delle scarpe col tacco fino alle spalle velate di seta. Sembrava, in
effetti, che lui non aspettasse altro.
“Una scusa per guardarmi”, considerò Daria per
poi pentirsi immediatamente di quel pensiero fuori luogo.
«Basta tirare un po’ su il vestito», concluse il
ragazzo alla fine del suo accurato esame.
«Che cosa?!», sbottò Daria strabuzzando gli occhi
ed iniziando ad arrossire.
A quella reazione, lui sorrise e disse: «Non ti
ho mica detto di spogliarti, pudica pulzella. Devi solo tirare un po’ su tutta
quella stoffa che ti porti dietro e metterti a cavalcioni qua sopra».
Daria era sempre più scandalizzata.
Tirare un po’ su? A cavalcioni qua sopra?
Era maliziosa lei, oppure era lui che faceva il
furbo?
«Se non ti decidi in fretta, raggiungeremo gli
altri giusto in tempo per il taglio della torta», le fece notare lui dando
un’occhiata all’orologio che portava al polso destro.
Era vero, purtroppo. Si stava facendo tardi e lei
sarebbe dovuta arrivare prima di tutti per assicurarsi che ogni cosa fosse
pronta per l’arrivo degli invitati. Non aveva scelta.
«Porca miseria», sbuffò infilando con stizza la
borsetta in una delle sacche della moto, «non ho neanche una giacca da mettere».
«Sì che ce l’hai», disse Fabrizio, ovvio,
porgendole la propria giacca grigia.
Daria si prese un attimo di tempo. Prima di
tutto, doveva assolutamente togliersi dalla testa l’idea che quell’arrogante
stesse incredibilmente bene con indosso quella camicia nera. E poi doveva
decidere se rifiutare o meno quell’offerta. Se la giacca l’avesse presa lei, lui
sarebbe congelato con solo una camicia addosso a coprirlo. Non che la cosa le
importasse – ovviamente – ma non aveva intenzione di avercelo sulla
coscienza nel caso si fosse buscato qualche raffreddore.
Fabrizio, con le braccia ancora tese, iniziò ad
assumere un’espressione leggermente spazientita, cosicché Daria decise di agire
d’istinto ed infilarsi la giacca.
Era profumata, accidenti. Di un profumo talmente
buono che dovette trattenersi dal tirare su il bavero ed affondare il naso in
quella delizia.
“Rassicurante”.
Ecco che ricominciava coi pensieri deleteri. La
sua mente doveva finirla di giocarle ripetutamente quei brutti scherzi.
Fabrizio, intanto, si era messo il casco di
Daniel sull’elaborato ciuffo biondo scolpito nel gel ed era balzato in sella
alla Ducati infiocchettata.
Più contrariata che mai – da che cosa, neanche
lei lo sapeva con esattezza – Daria infilò con ferocia un paio di bottoni nelle
rispettive asole (“ci manca solo che gliela perdo per strada”), si calcò il
casco sulla testa (“meno male che, almeno, non mi ha dato quello col Jolly Roger”)
e, maledicendo il vestito e chi glielo aveva scelto, iniziò a raccogliere la
gonna scoprendo a mano a mano le gambe. L’abito era davvero molto attillato,
tanto da doverlo arrotolare ben oltre le ginocchia per riuscire a salire su
quello stramaledettissimo sellino. La giacca, ormai, le copriva le cosce molto
più di quanto non facesse il vestito.
Fortunatamente, non c’era nessuno nei paraggi.
Beh... nessuno all’infuori, ovviamente, di...
«Una tartaruga zoppa ci avrebbe messo la metà del
tempo», osservò amabilmente Fabrizio porgendole una mano per aiutarla a salire.
“Ma quanto sei stronzo, tu?”, pensò Daria
dicendo: «Grazie». Poi afferrò la mano che lui le porgeva.
Era grande, callosa ed incredibilmente calda.
Un’autentica mano da lavoratore.
“Rassicurante”.
«Tieniti bene. Non ho voglia di fermarmi alla
prima svolta per raccattarti da terra».
«Simpatico», rispose Daria con un tono che diceva
tutt’altro. «Piuttosto, conosci la strada per arrivare a destinazione?»
«Sì, non preoccuparti», rispose mettendo
finalmente in modo.
“Rassicurante”.
Prima di partire, però, lui portò indietro le
mani afferrando quelle della ragazza (che lei, per tenersi, aveva arpionato alla
sua camicia, all’altezza dei fianchi), le tirò lentamente in avanti in modo da
far aderire Daria alla sua schiena – calda, calda, caldissima! – e, poi, se le
incrociò sull’addome. Infine, partì.
“Rassicurante”.
Ma che cosa
le stava succedendo?
°°°*°°°
Spazietto autrice:
Scusate il ritardo! Avevo (ho) la
testa un po' altrove.
Come sempre, ringrazio tutti
quelli che hanno aggiunto la storia tra le preferite, seguite, da ricordare,
ecc. e chi mi ha inserito tra gli autori preferiti (temerari!).
Grazie, ovviamente, a tutti quelli che hanno
letto!
A presto!
- Sif -
P.S. Per chi volesse contattarmi
su facebook, può cercare "Cristina Sif" (ditemi solo il vostro nick EFP, così
capisco chi siete).
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Capitolo 10 *** The Autumnal Wedding (part three) ***
Nuova pagina 1
GREY+Pink
- 10 -
The Autumnal
Wedding (part three)
«Puoi aprire gli occhi,
adesso, piccola Cuor di Leone».
Daria ubbidì. Prima aprì
un occhio e, poi, accertatasi che non c’era più il pericolo di sfracellarsi
sull’asfalto, aprì anche l’altro.
“Grazie al Cielo!”, pensò
facendo scorrere lo sguardo sul basso edificio giallo circondato dal verde.
“Siamo arrivati! Sono ancora viva!”
In realtà, Fabrizio non
aveva guidato a velocità elevata, ma per Daria era stata comunque un’esperienza
a dir poco traumatica. Tuttavia, si sarebbe tagliata la lingua piuttosto che
confessare – a lui, poi! – le sue paure ed ammettere che era stata la sua
“prima volta” a bordo di un veicolo a due ruote.
«Vuoi che ti porti dentro
in braccio?», le chiese lui alludendo, beffardo, al fatto che la ragazza lo
stesse ancora stritolando a sé. «Però, poi, non ti potrai lamentare se i
camerieri ci accoglieranno battendo le mani e augurandoci di avere figli
maschi».
A quell’affermazione,
Daria si ritrasse subito come scottata e, atteggiando il viso all’espressione
più risentita che riuscì a racimolare, scese rapidamente dalla Ducati – non
senza aggrapparsi nuovamente al suo co-testimone per evitare di finire ruzzoloni
sul prato –, si coprì le gambe e si tolse il casco restituendolo al
legittimo proprietario.
Fabrizio tolse a propria
volta il casco col Jolly Roger, stupendo Daria per il fatto che i suoi biondi
capelli imbrillantinati non avessero subito il ben che minimo danno.
Improvvisamente, il
pensiero le corse ai suoi di capelli, già temendo il peggio per colpa di
quello stupido casco che era stata costretta ad indossare. Si lanciò, quindi,
sulla sacca della moto e vi frugò dentro in cerca della borsetta. Una volta
trovata, la aprì con un gesto secco e ne trasse un grazioso specchietto rotondo
dalla cornice blu elettrico.
Per fortuna, i suoi
capelli erano abbastanza corti da non aver avuto bisogno di essere acconciati e,
di conseguenza, bastò riavviarli brevemente con una mano per farli tornare quasi
del tutto a posto.
«Stai bene, non c’è
bisogno di toccarli ancora», le disse Fabrizio sporgendosi leggermente dalla
moto su cui era rimasto seduto ed allungando una mano per riavviarle gentilmente
una piccola ciocca di capelli lisci e corvini dietro l’orecchio.
Daria non ebbe neanche il
tempo di arrossire – di indignazione, per carità! – per quel fuggevole
contatto, poiché lui ritrasse subito la mano e, sceso agilmente dalla Ducati,
prese ad infilare i caschi nella sacca, come se niente fosse. In compenso, però,
ebbe modo di saltare in aria dallo spavento, dal momento che la piccola e
sovraccarica Mini di Carletto aveva appena fatto la sua trionfale e rumorosa
entrata in scena a suon di clacson e sgommate.
«Ehilà, Miss!», le urlò
sporgendo il testone biondo ed il braccio gigante già privo della giacca fuori
dal minuscolo finestrino. «Siamo i primi? Allora, a che ora si mangia? C’ho una
fame boia!»
Daria, per tutta risposta,
gli lanciò uno sguardo talmente carico di rimprovero che Pietro, seduto accanto
a Carletto sul sedile del passeggero, perse un po’ del suo naturale colorito
olivastro e fissò il cruscotto davanti a sé in modo da essere sicuro di non
incrociare le scure e severe iridi della ragazza neanche per sbaglio. Dal canto
suo, invece, il ragazzone biondo, assolutamente impermeabile agli sguardi
assassini dell’amica, la guardò con quei begli occhi color pervinca (resi ancor
più luminosi dalla bella giornata) e, al top dell’innocenza, disse: «Hai
freddo?»
In un primo momento, lei
non capì. Poi le arrivò alle orecchie un’irritante risatina soffocata e, come
attraversata da una scossa elettrica, fece scattare improvvisamente le mani e si
tolse la giacca grigia di Fabrizio il più in fretta possibile. Non perse neanche
tempo a restituirgliela: la poggiò di traverso sul sellino della moto e fuggì
via, verso i suoi improrogabili impegni organizzativi, il più lontano possibile
da quel sommesso risolino.
-.- -.- -.-
Tutto stava procedendo nel
migliore dei modi.
Si era assicurata che la
disposizione dei tavoli fosse esatta, aveva personalmente accolto gli ospiti man
mano che gli stessi arrivavano all’agriturismo, aveva minacciato per bene i
camerieri in modo che tutti i commensali avessero sempre il bicchiere ben pieno
e, con immensa soddisfazione, aveva dispensato occhiate malvagie a tutti coloro
che non avevano accolto con convincente enfasi l’arrivo degli sposi.
Sì, tutto stava procedendo
nel migliore dei modi. Ad eccezione di un piccolo ma fondamentale punto, un
minuscolo tassello nero in un mare di perfetto e luccicante biancore, un
pensiero fisso che la portava ad un’inadeguata predisposizione d’animo: era
distratta.
Il fatto era che quella
stupida camicia nera, in coordinato con la cravatta anch’essa nera ed ancora più
stupida, faceva un contrasto a dir poco pericoloso con il biondo-scuro di quell’impertinente
bellimbusto. Specialmente perché il bellimbusto in questione aveva avuto la
malsana idea di restare senza giacca e di rimboccarsi le maniche della camicia
in modo da rimanere ad avambracci scoperti. E, porca loca, che avambracci!
“Tony!”, si ripeteva Daria
come un mantra. “Pensa a Tony! Pensa al tuo fighissimo fidanzato!”
Tutto inutile.
Se si sforzava di pensare
ai folti capelli scuri di Tony, le parevano quasi insulsi al confronto di quelli
biondo-scuro con riflessi dorati di Fabrizio. Se imponeva alla sua mente di
richiamare le immagini della robusta ed imponente figura del proprio uomo, una
snella eppur solida corporatura a cavallo di una Ducati le risvegliava
sensazioni totalmente fuori luogo. E che dire degli occhi? Si sentì quasi
ridicola mentre cercava di auto-convincersi del fatto che gli occhi scuri del
suo fidanzato fossero più belli ed espressivi di quelli del cugino di Daniel.
Fabrizio le era
indubbiamente antipatico, non lo sopportava minimamente. Però, nonostante tutto
l’acredine, Daria non poteva certo negare che fosse un ragazzo molto carino.
“See... Carino! Evviva gli
eufemismi!”
Ma, in fin dei conti, non
era tutta colpa di Daria. Anzi, nonostante i loro posti fossero proprio uno
accanto all’altro, lei non era rimasta seduta al tavolo se non per pochissimi
minuti all’inizio del pranzo, girovagando continuamente fra amici e parenti con
la scusa di scambiare quattro chiacchiere.
No, lei non aveva certo
alcuna colpa.
Era lui – lui! –
che non faceva altro che richiamare la sua attenzione. Si sentiva sempre
osservata, non appena gli voltava le spalle. Un paio di volte l’aveva
addirittura beccato in flagranza di reato.
«Daria, gioia, non hai
ancora mangiato nulla! Perché non ti siedi qualche minuto a riprendere fiato?»
Eccola lì la domanda da un
milione di dollari. E chi, se non la genitrice di Stella, avrebbe potuto
formulargliela con tono così alto ed apprensivo da risultare ben udibile fin
dentro la stalla dei pony situata a cinquanta metri dalla porta d’ingresso?
Non appena finito di
pronunciare l’ultima parola, infatti, un silenzio di tomba cadde su tutta la
sala (camerieri compresi) e Daria, più rossa di una fragola matura a causa delle
decine e decine di paia di occhi puntati sulla sua persona, non ebbe altra
scelta che raggiungere il più in fretta possibile il suo tavolo e sedersi con
rassegnazione sulla sedia accanto a quella del Brillantino. Ciliegina sulla
torta, il tavolo era stato abbandonato da tutti i cugini di Daniel, desiderosi
di sgranchirsi le gambe raggiungendo i propri parenti. Tutti i cugini ad
eccezione, ovviamente, di...
«Sì, gioia, mangia
qualcosa, su! Non vorrai svenire qui davanti a tutti?», si sentì sussurrare ad
un orecchio.
Tuttavia, nonostante i
mille brividi che la scossero da capo a piede – di rabbia, ovviamente! –,
riuscì ad usare una voce mielosa e misuratamente strascicata mentre, girandosi a
guardarlo dritto negli occhi, rispondeva: «Oh, caro. Al mondo esistono
moltissime cause di svenimento, oltre alla fame, sai? Vuoi provarne qualcuna?»
Fabrizio, sul momento, si
dimostrò sufficientemente stupito da quella pronta risposta da zittirsi qualche
secondo, continuando a scrutarle il viso come in cerca di qualche altra sorpresa
non ancora venuta allo scoperto. Ma, passato il momento di contemplativo
silenzio, il ragazzo riguadagnò quel suo sorrisetto impertinente e, atteggiando
il viso ad un’espressione maliziosa, le sussurrò: «Oh, sì, gioia. Ci sono
proprio tanti e tanti modi per procurare uno svenimento. Ed altrettanti per
procurare grida, se è per questo».
Daria arrossì. Senza se e
senza ma. Arrossì dall’attaccatura dei capelli alla dolce curva del decolleté. E
sentì caldo. Molto, moltissimo caldo. Talmente caldo da dimenticarsi persino di
giustificare a se stessa quei sintomi con le solite false ed ipocrite
puntualizzazioni.
E quel che è peggio fu che
non cercò minimamente di nasconderlo, come se si fosse già rassegnata all’idea
che lui sapesse esattamente quale reazione le avrebbe scatenato quella banale
frase dalle sfumatura sconce.
Come se lui sapesse in
qualche modo controllarla.
E poi lui continuava a
guardarla con quegli occhi verdi resi ancor più brillanti dalle sue stesse
affermazioni, punzecchiandola con lo sguardo sfacciato e con le labbra
divertite, invitandola tacitamente a proseguire quel giochino che la metteva
tanto in imbarazzo.
«Ehilà, ragazzi!»
Daria saltò letteralmente
in aria. Fra la sedia ed il suo sedere ci furono, come minimo, quattro dita di
distanza mentre Stella le poggiava la mano sulla spalla. Ma, nonostante il
principio di sincope, non mancò di notare che il suo interlocutore la superò
nettamente, staccandosi dalla propria sedia di almeno quindici centimetri.
“Quindi non eri poi così
sicuro di te come, invece, hai voluto farmi intendere”, pensò Daria, trionfante.
Daniel, sopraggiunto
insieme alla neo-moglie, spostò lo sguardo dalla faccia di Daria a quella di
Fabrizio e viceversa per un paio di volte; infine, disse: «Fabri, vecchio
filibustiere, non starai per caso importunando una ragazza già impegnata, vero?»
A quella frase, Daria poté
assistere ad un nuovo mutamento di espressione del Brillantino. Gli occhi del
ragazzo, infatti, si posarono nuovamente su di lei, ma questa volta non avevano
nessuna luce divertita o maliziosa: erano semplicemente sorpresi.
«Che c’è?», lo attaccò
Daria, infastidita da quella reazione. «Ti stupisce tanto il fatto che io abbia
un ragazzo?»
Fabrizio non rispose, ma continuò a guardarla
ancora per qualche istante facendo sì che un silenzio imbarazzato piombasse su
tutto il quartetto.
Fu Stella a prendere in mano la situazione. A
modo suo, ovviamente.
La
sposa, infatti, prese una grande boccata d'aria e, approfittando di un momento
di relativa tranquillità dalle chiacchiere degli invitati, urlò a tutta la sala:
«Abbiamo una bella notizia da darvi! Io e Daniel siamo incinti!»
Tra la fine dell'annuncio di Stella ed il "tonf"
che fece la testona di Marlon sbattendo sul tavolo non passarono che un paio di
secondi.
°°°*°°°
Spazietto autrice:
CHIEDO UMILMENTE SCUSA PER IL
RITARDO MOSTRUOSO!!! (lo scrivo anche maiuscolo, così imparo)
Come sempre, ringrazio tutti
quelli che hanno aggiunto la storia tra le preferite, seguite, da ricordare,
ecc. e chi mi ha inserito tra gli autori preferiti (temerari!).
Grazie, ovviamente, a tutti quelli che hanno
letto!
A presto!
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P.S. Per chi volesse contattarmi
su facebook, può cercare "Cristina Sif" (ditemi solo il vostro nick EFP, così
capisco chi siete).
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Capitolo 11 *** The Autumnal Wedding (final part) ***
Nuova pagina 1
Capitolo dedicato alla neo
sposina più zuccherofilatosa che ci sia. Con tanti auguri, tesora adorata. E che
il potere del dispensatore sia con te.
GREY+Pink
- 11 -
The Autumnal
Wedding (final part)
«Bella festa, eh?»
Dopo la rivelazione di
Stella, era scoppiato il finimondo.
Tutti gli amici degli
sposi e i parenti di Daniel – eccezion fatta per Camilla, troppo presa a far
vento a Marlon con un tovagliolo, e per Fabrizio, troppo pensieroso per esultare
– erano esplosi in urla di giubilo ed in applausi scroscianti iniziando a
proporre un brindisi dietro l’altro; i parenti di Stella erano rimasti tutti a
bocca aperta, sgolandosi a furia di urletti di gioia ed eccitazione.
La mamma di Stella,
invece, era corsa a gettarsi tra le braccia della figlia.
«Perché non me lo hai
detto? Stronza!», l’avevano sentita squittire mentre inzuppava di lacrime il
vestito bianco. «Non hai un po’ di riguardo per la tua povera vecchia madre,
figlia degenere?!»
E Marlon... Beh, Marlon
era stato accompagnato – trascinato, per essere precisi – fuori dal
locale da Carletto e Pietro per fargli prendere una boccata d’aria. Era talmente
pallido da sembrare una medusa con la parrucca e, dal modo in cui era
accasciato, inerme, addosso ai due compari, sembrava avesse anche perso i sensi,
ma Daria era pronta a giurare di averlo sentito borbottare un “dopo facciamo i
conti” all’indirizzo di Daniel, quando erano passati accanto al loro gruppetto.
Quando, poi, la fiera
della follia era scemata, tutti gli invitati si erano buttati in pista a ritmo
di musica, con gli sposi che ballavano appolipati al centro della mischia.
Daria se l’era squagliata
non appena le prime tre note della prima canzone erano state suonate. Non aveva
voglia di essere invitata da uno dei cugini minorenni di Stella, né tantomeno da
uno degli zii ultrasessantenni di Daniel. Sperare di cavarsi dall’impiccio degli
inviti ballando con un componente del Trio Delta, d’altronde, era fuori
discussione; Pietro avrebbe rischiato un ictus cerebrale se gli fosse stato
proposto di ballare con una ragazza, Carletto stava già ballando – pogando
sarebbe il termine appropriato – in solitaria (manco si fosse trovato ad un
concerto dei Sex Pistols) e Marlon giaceva su una sedia in stato d’abbandono,
riavendosi solo a tratti per elargire sguardi assassini a Daniel e occhiate
apprensive a Stella. Anche aggregarsi a Camilla era impossibile; la ragazza,
infatti, fasciata in un delizioso vestitino di seta rosa pallido che le lasciava
scoperte le braccia e buona parte delle belle gambe, era perennemente seguita a
distanza da un manipolo di allupati con la bava alla bocca che facevano a turno
per ballare con lei.
E poi Daria non sapeva
ballare. In vita sua aveva avuto ben poche occasioni per provarci e, ogni volta,
era stato un imbarazzante disastro. Si era quindi decisa a rifugiarsi ad un
tavolino appartato, senza altra compagnia di un bel bicchiere di moscato fresco
e la soddisfazione per come si era svolta la giornata.
Purtroppo, in questo
idillio di tranquillità, non aveva fatto i conti con gli eventuali intrusi.
Fabrizio l’aveva raggiunta
poco dopo, occupando una delle sedie vuote accanto a lei e voltandosi a guardare
a propria volta gli invitati che facevano festa.
«Sì», aveva risposto Daria
continuando a sorseggiare il liquido ambrato, «talmente bella da chiedermi il
perché non sei lì a ballare insieme ad una delle cugine di Stella da bei boccoli
bruni invece di stare qui» “a rompere le balle”, terminò mentalmente.
A quelle parole, Fabrizio
posò lo sguardo su un gruppetto di graziose ragazze che ballavano tutte insieme
su un lato della sala. Erano talmente ricciolute, carine e bassine da sembrare
giovani ragazze Hobbit alla festa di compleanno di Bilbo Baggins.
«Che poetessa!», disse,
poco dopo, girandosi a guardarla.
«Insomma, che vuoi?». Il
tono di Daria non sembrava arrabbiato né spazientito, ma il leggero tremito
della mano che stringeva il bicchiere tradiva un certo nervosismo.
«Perché non balli?», le
chiese Fabrizio continuando a guardarla, al massimo della tranquillità.
«Perché non sono capace»,
rispose altrettanto tranquillamente Daria senza distogliere lo sguardo dalla
mischia degli invitati.
«Davvero?», insistette lui
sorridendo appena.
“Che infame! Mi sta
prendendo in giro!”, considerò in silenzio, accorgendosi troppo tardi degli
spostamenti di lui. Quando alzò lo sguardo, Fabrizio le si era già parato
davanti con la mano tesa.
«Allora, vieni?»
«Venire dove?»
«A ballare, ovviamente».
«Stai scherzando?», gli
chiese abbandonando il suo bicchiere sul tavolino ed abbozzando un sorrisetto.
«No», le rispose lui,
serissimo.
«Non ci penso neanche»,
concluse Daria incrociando cocciutamente le braccia al petto.
Lui la guardò qualche
istante, probabilmente pensando al da farsi. E, poi, evidentemente, dovette
prendere una decisione.
«Dai, forza!», le disse
afferrandole una mano e strattonandola leggermente, ma con decisione, per farla
alzare.
«Ma come cavolo ti
permetti!», protestò Daria cercando di puntare i piedi come fanno gli asini. «Ti
ho detto che non so ballare! E poi, brutto presuntuoso, cosa ti fa pensare che,
anche sapendolo fare, ballerei con te?»
Lui non diede neanche
segno di averla sentita.
«Andiamo, poche storie»,
disse continuando a tirarsela dietro, approfittando bellamente della sua
superiore forza fisica.
Daria non protestò oltre.
Non aveva voglia di dare spettacolo davanti a tutta quella gente. Ma giurò al
suo orgoglio che, presto o tardi, quel brillantino da strapazzo avrebbe pagato
cara tutta la sua prepotenza.
E così, suo malgrado, si
fece trascinare via dalla sua piccola oasi di silenzio e tranquillità per essere
catapultata in mezzo al micidiale casino della musica ed ai fumi dell’alcol
consumato.
Ma, proprio mentre pensava
che Fabrizio l’avrebbe portata al centro della pista per esporla al pubblico
imbarazzo, Daria si ritrovò a scendere le scale che portavano al giardino del
locale.
L’aria fresca della sera
ottobrina le investì piacevolmente il viso, dopo aver passato tutto il
pomeriggio al chiuso. Il piccolo parco era completamente deserto e solo le luci
delle finestre dell’agriturismo lo rischiaravano quel tanto da poter vedere dove
mettere i piedi. La musica suonata all’interno arrivava dolce e ovattata alle
sue orecchie.
«Hai freddo?», si sentì
chiedere all’improvviso.
«No», rispose, titubante,
«ma che ci facciamo qui?»
«Te l’ho detto. Balliamo»,
rispose ovvio.
Daria non sapeva che
pensare. Possibile che lei gli piacesse? Ma perché quell’insistenza? Lui la
prendeva in giro ad ogni occasione! Certo, anche lei non si lasciava mai
sfuggire l’occasione di battibeccare con lui, eppure doveva ammettere che, pur
detestandolo, in un certo senso l’affascinava. Però lei gli aveva detto
che era fidanzata! Che cavolo di assurda e confusa situazione!
«Sì, ma... Perché?», si
lasciò sfuggire non senza una sfumatura di confusione nella voce.
Lui non rispose, ma le
afferrò entrambe le mani portandosele, con esasperante lentezza, sulle spalle e,
poi, le poggiò le proprie – calde, calde, sempre dannatamente caldissime! –
sulla vita.
Sapeva di buono, Fabrizio.
Di sapone, di abiti puliti e di una leggera nota di profumo da uomo, dopobarba
forse. Una mistura davvero troppo pericolosa per i sensi di Daria che, fra le
altre cose, era particolarmente sensibile alla questione dell’igiene personale
maschile.
«Io non so ballare», si
ritrovò a ripetere con voce e sguardo che rasentavano la supplica. «Non farmi
fare la figura della scema».
Lui fece un piccolo
sorriso, un piccolo sorriso sghembo che lo fece assomigliare ancor più al
cugino.
“Maledetto”, pensò
rabbiosamente Daria, notando quanto gli brillassero gli occhi nonostante si
trovassero nella penombra, “Sfacciato! Se pensi di affascinarmi in questo modo
subdolo, ti sbagli di grosso!”
«Stai andando benissimo. E
poi, non preoccuparti! Anche se dovessi ballare come una bertuccia ubriaca, io
non ci farei caso perché sarei troppo concentrato a guardati dentro la
scollatura del vestito», disse, pur non avendo mai staccato i propri occhi da
quelli di lei.
«Che simpatica
idiozia...».
E fu così che, fra un
insulto verbale ed uno mentale, Daria ballò. O, meglio, si fece goffamente
oscillare sperando di non inciampare nella stoffa del proprio abito o di pestare
i piedi a Fabrizio.
Se la cavò piuttosto bene,
ad essere sinceri. Il problema, tuttavia, sorse dopo che la concentrazione di
fare i passi giusti al momento giusto si attenuò.
Più si rilassava, infatti,
più le venivano in mente diverse scene del film “Dirty Dancing”, specialmente
quelle dove Patrick Swayze – figo da far paura – dimena i fianchi contro
Jennifer Grey facendola arrapare di brutto.
“Sono idiota anch’io”,
pensò, non resistendo alla tentazione di sorridere.
«Perché ridi?», le chiese
Fabrizio, insospettito.
«Stavo solo pensando ad
una cosa», gli rispose sorridendo sempre di più.
«So già che farò la figura
del pazzo con le manie di persecuzione, ma... Stavi pensando a qualcosa che mi
riguarda?»
Adesso Daria rideva
apertamente, non potendo resistere all’espressione curiosa ed un po’ insicura di
Fabrizio.
«Donna crudele, tu mi stai
prendendo in giro!», sbottò ad un tratto lui ostentando una faccia oltraggiata.
«Forse», sghignazzò Daria.
«Comunque, non lo saprai mai!»
Poi lui riprese a
sorridere di nuovo.
«Sai che non ti avevo mai
vista ridere?»
E Daria smise di farlo.
Era vero. Non ci aveva
pensato. Aveva abbassato la guardia e si era fatta vedere... vedere... in
quelle condizioni!
«Che ti prende?», le
chiese Fabrizio, sentendola irrigidirsi sotto le sue mani.
«Niente. Sarà meglio
rientrare, adesso» gli rispose, cercando di staccarsi da lui.
Ma Fabrizio glielo impedì
afferrandola saldamente per le spalle.
“Da film”, pensò
cinicamente lei.
«Aspetta! Non puoi
piantarmi così!», protestò, stupito. «Se ho detto qualcosa che non va...»
«Allora è vero che sei un
pazzo con le manie di persecuzione!», lo interruppe cercando di sviare il
discorso buttandola sul ridere, ben sapendo che la figura della pazza se la
stava interamente beccando lei.
Lui, comunque, non ci
cascò.
«Cos’ho detto di
sbagliato?»
«Assolutamente nulla»,
rispose lei tentando di rimediare alla figura da psicopatica che aveva appena
fatto. «Però, adesso, devo proprio rientrare. Scommetto che Carletto, a quest’ora,
avrà già buttato giù come birilli almeno metà degli invitati».
Lui continuò a non
cascarci e le scrutò il viso, le mani sempre sulle fragili spalle velate di
seta.
Passò qualche attimo di
studiato silenzio, dove Daria pensò seriamente che, se lui avesse continuato a
guardarla e toccarla in quel modo – con quella stramaledettissima camicia nera
addosso, poi! –, presto sarebbe vergognosamente arrossita come una
quattordicenne al suo primo appuntamento. E arrossire in presenza di Fabrizio
non era decisamente una cosa intelligente da fare. Soprattutto perché lui era
stato capace di farle abbassare la guardia in quel modo indecente e nel giro di
pochissimi minuti.
«Davvero sei già
fidanzata?»
Questa volta, la domanda
la agitò sul serio. E, suo malgrado, le sue gote arrossirono un po’.
«Sì», rispose, sincera,
sentendosi le gambe infiacchire.
“Non fare la stupida,
dannazione!”, si ammonì.
Ancora sguardi e ancora
silenzi, al termine dei quali Fabrizio fece la mossa più stupida, avventata e
suicida che avrebbe potuto attuare in un momento come quello: la baciò.
O, meglio, cercò di
farlo.
Ebbene sì! Totalmente a
tradimento, e assolutamente sprezzante del pericolo, lui fece una leggera
pressione sulle spalle della ragazza tirandosela indecentemente vicino. Ma,
purtroppo per lui, i suoi piani diabolici fecero miseramente cilecca dal momento
che, a pochi centimetri dalla meta – ovvero le labbra di lei –, una lancinante
fitta di dolore lo colse ad altezza inguine, proprio dove Daria gli aveva appena
dato una leggerissima ginocchiata. E, badate bene, leggerissima giusto
perché l’abito che indossava si rivelò troppo stretto per poter caricare un
colpo appena più potente.
«Porca tr...», boccheggiò
lo sventurato Fabrizio prima di cadere in ginocchio ai piedi di Daria con le
mani in mezzo alle gambe.
«Sei un po’ pallido»,
disse lei, spietata, in tono glacialmente calmo e strascicato. «Fossi in te, mi
riguarderei di più, in futuro».
E poi rientrò, piantandolo
lì, sul prato, preda della sua stessa passione.
Già. Quel giorno era
andato tutto decisamente per il meglio.
-.- -.- -.-
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