Dobby's story

di Elisa Granger
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rovine perdute ***
Capitolo 2: *** Scoperte ***



Capitolo 1
*** Rovine perdute ***


Era appena passata la mezzanotte quando un rumore assordante si diffuse in tutto il vicinato. Qualcosa di grosso era crollato,forse una casa. Poco dopo l’accaduto,era possibile udire il passo di centinaia di persone che uscivano fuori dalle proprie abitazioni per conoscere la causa di tutto quel baccano. Ben presto nell’aria si diffuse un leggero chiacchiericcio. Tutti ammiravano impotenti il triste spettacolo che si poneva davanti ai loro occhi: a terra c’era un cumulo di macerie e polvere,questo era tutto quello che rimaneva di una villa ormai in rovina. Molte erano le leggende che ruotavano intorno a quella villa, ma la più famosa era senz’altro quella che, in un tempo passato, quel posto era stato la sede principale delle forze del male. Molto tempo fa, quel luogo era uno splendore: al centro dell'edificio c’era una meravigliosa fontana circondata da un giardino rigoglioso. Era una bella casa padronale. Gli anziani del posto la chiamavano “la casa maledetta”,nessuno osava pronunciare il suo vero nome. Era facile capire perché, da oltre un secolo, nessuno aveva più osato scalvalcare quel grande cancello ormai arrugginito dal tempo.

<> Helen gli diede una leggera spinta, e l’amico si avviò con enorme riluttanza dentro i resti della villa. <> I due ragazzi si girarono e notarono che Miriam, la custode delle chiavi del cimitero, li stava seguendo. << Eilà,Miriam! Come te la passi? Senti, non scaldarti troppo: il dottore ha detto che non devi fare sforzi.>> scherzò Helen. Miriam avanzò a passo spedito verso di loro, agitando il suo bastone e imprecando a gran voce. <>, Andros non se lo fece ripetere due volte. Una volta giunti a casa di Helen, i due iniziarono a giocare a dama. Dopo un’oretta Andros si alzò, ringraziò l’amica e si congedò. Helen sospirò, era finalmente rimasta sola. Da quando era crollata quella villa aveva cominciato sentire il desiderio di entrarci, non era solo un desiderio: era una missione. Quella villa la chiamava, e lei non poteva fare a meno di rispondere al suo richiamo. Era una sensazione che non aveva mai provato, era un sentimento nuovo, tutto da scoprire. Ne aveva parlato ad Andros, ma lui non l’aveva presa sul serio. Andros non era solamente il suo migliore amico, era un amico, un padre, un fratello, era tutto quello di cui Helen aveva bisogno. La ragazza viveva con sua madre, suo padre era morto molti anni fa andando a pesca. Comunque, nonostante il tempo passato, Helen non si era dimenticata di suo padre: era l’essere umano più stravagante che aveva conosciuto, ma anche il genitore più dolce del mondo. Era grazie a lui se lei credeva ancora nelle favole, se sperava in un mondo migliore, se sognava ogni notte un grosso castello. Si, quel sogno la tormentava e la rendeva nervosa: quando nei suoi sogni compariva quel castello, udiva anche la voce di suo padre che le diceva di continuare a combattere, perché solo in questo modo avrebbe potuto ritrovare la felicità da tempo perduta. Era un sogno strano, ma lei ci si aggrappava ogni volta che poteva perché quel sogno era una certezza, la certezza dell’esistenza si suo padre.

 

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Capitolo 2
*** Scoperte ***


Helen si svegliò nel bel mezzo della notte, si alzò, e decise di uscire di casa. Si chiuse la porta alle spalle e si diresse verso la casa di Andros. Era una serata nuvolosa e piena di vento. Le strade erano buie e silenziose, ma Helen avanzava sicura, guidata dal debole riflesso della luna. Ad un tratto, si accorse di essere arrivata, si guardò intorno e notò che le luci della stanza da letto del suo amico erano accese. Prese un sasso e lo tirò sul vetro, si sedette sopra un muretto, ed aspettò pazientemente. Dopo un po’, Andros si affacciò alla finestra:” Ehi, che ci fai qui a quest’ora?” Helen non rispose. “Non sarà ancora per quella storia della villa,vero?” Silenzio. “Oh,e va bene, mi metto un paio di jeans e scendo”, concluse Andros.  Helen sorrise, raggiante. Infine i due si incamminarono insieme, mano nella mano. Giunsero nei pressi della villa ed entrarono. Non c’era niente, almeno niente di particolarmente interessante. Era solo una casa in rovina,tutto qui. Eppure, talvolta, anche nelle cose più insignificanti si può trovare qualcosa di prezioso, qualcosa che cambierà per sempre la nostra esistenza. Nascosta in un angolo, sotto un cumulo di macerie, c’era una scatola ormai impolverata e segnata dallo scorrere del tempo. Era grande e opaca, con alcuni disegni sui bordi. Helen cominciò ad alzare le pietre che le sbarravano la strada, poi, piano piano, tolse anche le altre. “No,questo è troppo! Cosa hai intenzione di fare? Helen! Sto parlando con te!”. La ragazza non riusciva a dargli ascolto, non poteva lasciar perdere proprio ora. Così, decise di continuare a scavare, senza voltarsi. Tuttavia, il ragazzo non voleva arrendersi: quella, secondo lui, era senz’altro un follia. Si avvicinò senza fare rumore e, con un’aspettata violenza, spinse l’amica a terra. “Forza,andiamo via! Questo posto non mi piace.” Helen si rialzò barcollando e si aggrappò a una parete instabile. In un attimo si abbattè su di lui con molta ferocia. Gli diede un sonoro ceffone e guardandolo negli occhi disse” Tu! Sì,proprio tu! Vai, su, fuggi. Non ho bisogno di amici codardi, non ho bisogno di nessuno. Posso restare tranquillamente da sola, senza di te. E non guardarmi così! Avanti, cosa aspetti?” Rimasta sola, decise di continuare a scavare, ma dopo qualche passo inciampò e andò a sbettere contro qualcosa di incredibilmente duro. Sorpresa, posò lo sguardo al di là delle pietre, e scorse un oggetto misterioso. Si avvicinò e si accorse che vicino a lei c’era una scatola nera. Spinta dalla curiosità, l’aprì.  All’inizio non riuscì a vedere niente, poi  aguzzando la vista notò una piccola agenda blu. Possibile che un baule così grande contenesse un oggetto così piccolo e insignificante? Una luce accecante interruppe bruscamente i suoi pensieri. “Brutte bestiacce,ancora voi!” Una figura incappucciata avanzava verso di lei con un fucile in mano:” Così non si può andare avanti,io devo dormire!” Una piccola voce scacciò l’eco delle sue parole e il pungente suono delle sue imprecazioni:” Miriam sono io, Helen”. La vecchia inorridì il volto e adagiò l’arma su quello che una volta era stato un tappeto di lusso. “ Oh,sei tu! Mi spiace, ma non puoi stare qui, già mi danno tanti problemi quelle dannata cornacchie, non ti ci mettere anche tu.” Stava per aggiungere qualcos’altro, ma uno stormo di gufi planò proprio vicino a lei, facendola indietreggiare. “E’ un segnale,stanno tornando! Avanti,dammi quel diario e facciamola finita.” Miriam era fuori di sé. “Quale diario? Ma che diav…” Dopo un attimo di smarrimento, Helen capì e senza esitazioni afferrò il piccolo,interessante oggetto.  Corse a perdifiato per tutta la vallata e, una volta entrata in casa, si chiuse dentro, sconvolta. Si accomodò su una sedia e, con le mani tremanti, lo aprì.

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