Beyond me and you

di Cassie chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Without you ***
Capitolo 2: *** The beginning of the end ***
Capitolo 3: *** Sorrow of love ***
Capitolo 4: *** Truth&Lies ***
Capitolo 5: *** A line between life and death ***
Capitolo 6: *** Ancestral past ***
Capitolo 7: *** Hell&Heaven ***
Capitolo 8: *** Eventually you ***
Capitolo 9: *** You and me... years and years ago... ***
Capitolo 10: *** Killing me softly ***
Capitolo 11: *** Goodbye to the first love ***
Capitolo 12: *** The call of the angel ***
Capitolo 13: *** Prayer of lovers ***
Capitolo 14: *** Eros e thanatos ***
Capitolo 15: *** The power of friends ***
Capitolo 16: *** Bring me to life ***
Capitolo 17: *** Beyond me and you ***
Capitolo 18: *** The end of the circle ***



Capitolo 1
*** Without you ***


Capitolo 1 - Without you 

 

 

 


“… my spirit is sleeping somewhere cold…”---- Evanescence

 

 

Il locale, quel giorno, era particolarmente pieno di gente, che si affannava per chiamare l’attenzione delle cinque giovani cameriere, che correvano da un tavolo all’altro per soddisfare le richieste dei clienti.

Strawberry si sedette per qualche istante su una sedia bianca e si passò una mano sulla fronte sudata. Si chiese ancora una volta perché veniva ancora lì a lavorare, adesso che erano passati quattro anni dalla sconfitta degli alieni. Aveva ormai diciannove anni ed era una bella ragazza, alta e snella, dai lunghi capelli rossi e dai luccicanti occhi color foglie d’autunno. Mark, il suo ragazzo, le aveva detto spesso di lasciare quel lavoro, era troppo stancante per lei, ma lei si era limitata a sorridere e aveva detto che voleva continuare a lavorare per pagarsi da sola l’università e il piccolo appartamento, che divideva con Lory. Ma, in realtà, lei stessa dubitava che fosse quello il reale motivo, e magari anche Mark stesso lo aveva capito, e non osava proferire parola. Non, di fronte, ai suoi occhi così decisi, e, al contempo, tristi.

Erano passati quattro anni e delle cinque mew mew era rimasto poco quanto niente. Mina era diventata molto più alta, e si era tagliata i capelli in un pratico caschetto, che le lasciava due ciocche di capelli, ai lati del viso; Lory aveva messo le lenti a contatto e si era finalmente sciolta le trecce, che portava da quando aveva tredici anni; Paddy si era fatta crescere i capelli, che adesso le arrivavano fino e oltre le spalle, mentre Pam, che in realtà si vedeva molto poco, era rimasta sempre la solita ragazza elegante e scostante. Ma, in ognuna di loro, era cambiato anche qualcos’altro, qualcosa che tentavano di celare, ma che emergeva chiaro in loro. Quella che lo mostrava di meno, era proprio Strawberry, e lo faceva per amore di Mark, per non farlo soffrire; ma ancora adesso piangeva da sola, chiusa nella sua stanza, quando era certa che nessuno la sentisse.

Mina si avvicinò alla ragazza e chiese: “Che c’è? Batti la fiacca? Guarda che il tuo turno finisce solo tra un’ora, e, a meno che io mi sbagli, non vedo neanche il tuo amato Cavaliere Blu… perciò, perché stai seduta qui?”.

Strawberry sospirò, stancamente, e replicò: “Mi stavo solo riposando un po’, non si può?! Tu lo facevi sempre…”.

Mina ribatté fieramente: “Sì, ma quattro anni fa, quando avevo quindici anni, non adesso! Permetti che anche io ho bisogno di lavorare, ora che me ne sono andata di casa?! Se non metto da parte del denaro, non potrò mai andare in Francia a studiare danza!”.

Strawberry accennò ad un sorriso e disse: “Certo che siamo veramente cambiate! Tu che vuoi lavorare per guadagnare del denaro…”

“E tu…” proseguì Mina, leggermente rischiarata nell’espressione “… che non aspetti ogni venti secondi, in posa languida, che arrivi Mark! Anche tu sei cambiata…”.

“Già…” replicò lei malinconicamente, lo sguardo incollato alla gonna nera della sua uniforme. Anche lei era cambiata e lo sapeva. Mark glielo aveva detto tante di quelle volte… “Non sei più tu, piccola. Sei strana, sei diversa, come se non ti importasse niente di nulla… ne vuoi parlare?”. E allora lei si forzava a sorridere, per lui, solo per lui, ma poi, a distanza di qualche tempo, era di nuovo uguale a prima. Un essere di carne fredda, privo di luce, che cercava di ostentare un chiarore, che non esisteva ormai più.

Mina si era alzata per andare a prendere un’ordinazione, incitandola ad alzarsi. Lei obbedì, ma il suo sguardo fu inaspettatamente condotto ad un piccolo porta foto sul bancone di Kyle. Si avvicinò, come se fosse in trance, e lo guardò attentamente, anche se lo conosceva a memoria. Toccò la fredda superficie del vetro con le dita, come ad accarezzarla, e incrociò ancora il suo sguardo umido su quello di carta lucida della foto. Della foto di quel ragazzo, della foto di Ryan. Ryan, il suo Art, quel ragazzo dai capelli color del grano e dagli occhi mare in tempesta, quel ragazzo con quella smorfia impertinente sul volto, quel gattino grigio dagli occhi chiari, che l’aveva salvata tante volte.

Si accorse di stare piangendo, quando la voce di Lory la richiamò alla realtà: ”Strawberry… che hai?”. Lei si voltò di lato, nascondendo le lacrime dietro le mani, passate ad asciugarle. Sorrise all’amica e rispose: “Assolutamente niente… vado a prendere il conto del tavolo 5!”.

Si allontanò velocemente, diretta in cucina, ma all’ultimo secondo, deviò e andò in bagno, dove si chiuse, girando più volte la chiave nella toppa.

Sospirò di sollievo a sentire le voci attutite dalla porta chiusa, e si fissò nello specchio nella luce fredda del neon. Aveva gli occhi rossi e le occhiaie sotto gli occhi, in definitiva aveva un aspetto orrendo. Erano settimane, che non dormiva, e all’università le cose non andavano per il meglio. Non che lo fossero mai state… era un anno che era fuori corso. Non aveva dato mai neanche un esame.

Si sedette per terra e si prese la testa fra le mani. Da quanto tempo stava così? Erano più di tre anni, che stava così male, la ricordava ancora l’ultima sera, in cui era stata bene.

Era stata l’ultima sera, che aveva visto lui, Ryan.

E la ricordava ancora, come se fosse ieri.

Era la sera di Natale e avevano fatto una festa al locale. Avevano preparato un grande albero di Natale, decorato con fiocchi rossi e dorati, e con una grande stella d’argento in cima. Lei si era seduta davanti all’albero e lo aveva guardato per qualche minuto, rapita, come una bambina, dai giochi di luce delle lampadine colorate.

Allora era capace di meravigliarsi per ogni cosa bella.

Mina era seduta in angolo, sorseggiando della cioccolata calda, mentre parlava con Pam dei suoi ultimi progetti, Lory aiutava Kyle a preparare da mangiare, Paddy giocava a carte con i suoi fratelli, mentre Mark leggeva una rivista.

Non si era mai trovato bene con il resto della squadra, eppure a lei non era mai importato, e le era sembrato più che naturale passare il Natale assieme a loro, dato che i suoi genitori erano andati a trovare sua nonna in montagna.

All’improvviso, sentii una mano calda scompigliarle i capelli. Una mano dolce, ma forte.

“Ryan, accidenti a te! Mi sono appena spazzolata i capelli!” urlò nel tentativo di sistemarli, senza farsi vedere spettinata e disordinata da Mark.

Ryan sorrise e lei rimase per un attimo a guardarlo, imbronciata. Poi sorrise e disse: “Credo che anche te le luci facciano il mio stesso effetto… ai gatti piacciono e io ne sono affascinata perché ho DNA felino… accade anche a te?”.

Ryan si sedette accanto a lei e disse: “Sì, non riesco a smettere di guardarle. E’ strano… è come se le vedessi per la prima volta…”.

“Già…” rispose lei, poi la voce del ragazzo biondo interruppe i suoi pensieri: “E’ bello essere qui… con voi, intendo… mi sembra di avere di nuovo una famiglia…”.

Lei si voltò a guardarlo, stupita. Non era da lui confessare candidamente delle cose del genere; di solito, tendeva a tenersi tutto dentro e a non parlare mai di sé e dei propri sentimenti.

Strawberry gli sorrise e disse: “Sono felice anche io…”.

Si guardarono, sorridenti per qualche istante, poi Strawberry aveva distolto lo sguardo, sentendosi strana . Era così, ogni volta che guardava Ryan, il suo sguardo lo sentiva addosso, come se le potesse leggere sull’anima nuda.

La voce di Kyle gli aveva raggiunti ed erano andati a mangiare. Dopo, si erano messi a giocare a carte e ad altri giochi tipicamente natalizi, ma poi, dopo la mezzanotte, Mark aveva iniziato a fare pressioni per tornare a casa e, dopo un po’, Strawberry aveva acconsentito. Aveva salutato tutti, facendo nuovamente gli auguri, ma poi, non trovando Ryan tra loro, aveva detto a Mark di aspettarla fuori e aveva chiesto a Kyle dove fosse.

Kyle aveva accennato con il capo alla veranda e lei era uscita fuori. Faceva freddo, molto freddo, ma a Ryan sembrava non importare. Se ne stava lì, avvolto nel suo cappotto nero, che portava sopra un maglione grigio ed un paio di jeans, e guardava il cielo, in silenzio.

Gli si avvicinò e disse, rabbrividendo: “Non hai freddo? Ti prenderai un raffreddore!”.

Ryan si era voltato e le aveva sorriso. Lei era inspiegabilmente arrossita… ancora quella sensazione: la sua anima, che usciva dal suo corpo e si era rendeva troppo visibile a lui.

Si era avvicinata a lui, e si era messa anche lei a guardare le stelle, accanto a Ryan, le braccia conserte appoggiate sulla ringhiera della veranda.

Dopo qualche minuto di completo silenzio, interrotto solo dalle voci degli altri, che provenivano dall’interno, lei gli aveva chiesto: “A che cosa pensi? Stasera sei stranamente silenzioso… di solito, sei fin troppo loquace…”.

Ryan non aveva raccolto la sua battuta ed era rimasto qualche istante, con lo sguardo incatenato alla bianca superficie della luna. Ma lei aveva aspettato, guardando rapita i suoi occhi, illuminati dalla luce adamantina dell’astro della sera, e i suoi capelli, che si muovevano dolcemente nel freddo vento di dicembre. Strawberry non capiva. Possibile che solo adesso si fosse accorta di quanto Ryan fosse… insomma, era , era… davvero molto, molto carino…anzi, adesso che ci pensava meglio, non era solamente carino, era veramente un bellissimo ragazzo. Eppure lei, ogni volta, che lo aveva guardato, non lo aveva mai notato, persa com’era nel pensiero di Mark. Lui e Ryan erano totalmente diversi, l’opposto uno dell’altro, e forse, per questo, era innamorata di Mark, e, invece, spesso faticava a trattenersi dallo prendere a schiaffi Ryan. Eppure, avvertiva qualcosa di particolare con Ryan dalla prima volta che l’aveva incontrato, qualcosa che aveva provato anche con Mark, sebbene molto mitigato… la sensazione, che lui sarebbe stato importante, importante per la sua vita… e adesso, si chiedeva se fosse solo perché era stato il direttore de progetto mew…

Ryan sospirò leggermente, socchiudendo gli occhi, poi si decise a rispondere: “Non sto pensando a niente di particolare… tu, piuttosto, non dovresti andare via? Il tuo cavaliere ti sta aspettando…” e fece segno con il capo ad una piccola sagoma scura immobile per la strada, poco sotto di loro.

Strawberry si ricordò solo allora che Mark la stava aspettando e si decise ad allontanarsi dalla ringhiera, dopo aver salutato Ryan e avergli fatto nuovamente gli auguri.

Non aveva fatto in tempo a girarsi che aveva sentito la sua voce richiamarla bruscamente indietro. Si era voltata verso di lui e lo aveva visto appoggiato alla ringhiera. Le lanciò senza parlare un pacchettino di carta rossa e verde, decorato con una stampa a fiori, che sembrava molto vecchia.

Strawberry lo guardò senza parlare, soppesando il pacchetto tra le mani, ma, vedendo che lui non diceva ancora niente, si decise ad aprirlo. Conteneva un piccolo fermaglio, con tre fiocchi di neve tempestati di piccoli brillantini. Lei lo tenne tra le mani per un po’, poi sollevò lo sguardo e disse, gli occhi leggermente stupiti dal gesto del ragazzo: “Ma Ryan…”.

“Non farti illusioni” disse lui, voltandosi ancora una volta verso il cielo, sopra di lui “L’ho trovato per caso e non sapevo che farmene… se vuoi, puoi tenerlo tu, altrimenti lo getto via…”.

Lei sorrise e disse che l’avrebbe tenuto lei. Lo ringraziò e gli disse che si sarebbero visti l’indomani.

E, invece, non si sarebbero visti mai più.

Ricordava di essersi allontanata, di essersi fermata tra l’oscurità non dissipata dalla luce della luna e di essersi voltata ancora verso di lui, per chiedersi ancora che cosa pensasse, ma poi, aveva scrollato le spalle ed era corsa da Mark.

E mai, come allora, mentre stava seduta sul freddo pavimento del bagno del caffè, si chiese perché non era tornata indietro, perché se ne era andata così presto quella sera, perché, quando Mark non le aveva detto di tornare a casa, lei non aveva risposto di no, ed era rimasta lì ancora per un po’, per un’ora, per un minuto soltanto…

Sorrise malinconicamente a sé stessa nello specchio, mentre si ravvivava i capelli con le dita. Che ne sapeva allora quanto il tempo inganna, quanto sembri lunghissimo e quanto, invece, alle volte, scorreva troppo velocemente, portandosi via tutto? La felicità, l’allegria, la speranza, la rabbia, il rancore, l’indifferenza, l’odio, l’amore… tutto, portava via tutto, sempre e per sempre, e nulla poteva mai riportare niente indietro… una sola cosa l’aveva lasciata…

Il dolore… solo quel suo eterno compagno, che non la lasciava mai, nemmeno per un secondo…

Perché Ryan è morto, perché Ryan non c’è più…

Pensarlo, le fece molto più male di quello che pensasse, e si accasciò ancora sul lavandino, ricominciando a piangere. Uscì dalla tasca il fermaglio, che le aveva regalato Ryan quel giorno, e lo strinse forte tra le mani, fino a farsi quasi male. Lo portava sempre con sé, da tre anni a quella parte, da quando Ryan era morto, e non se ne separava mai. Era l’unica cosa che le era rimasta di lui.

Prese nervosamente a pugni il muro, continuando a piangere. Perché non ce la faceva a voltare pagina? Perché non riusciva a scordarsi di lui, perché… non erano mai stati grandi amici, eppure il suo pensiero la tormentava sempre, ogni giorno… non capiva che cosa le stesse succedendo. Da quando Ryan era morto, aveva semplicemente smesso di vivere e si era limitata ad esistere per forza di inerzia, come se non dipendesse da lei. C’erano stati sì, momenti, in cui tutto sommato, era stata felice, ma li ricordava a fatica ed erano avvolti in una nebbia vorticosa, che occupava tutta la sua memoria dei suoi ultimi anni. Era sempre deconcentrata, non riusciva tenere a mente le cose più semplici e non sapeva perché. Aveva tentato persino di entrare in terapia, ma non aveva funzionato: appena aveva nominato Ryan, aveva iniziato a sudare freddo, come se si sentisse in trappola ed era diventata tutta rossa in viso.

Alla domanda dello psicologo: “Lui era il tuo ragazzo? Un tuo caro amico?”, non era stata in grado di rispondere.

Che cosa era stato Ryan per lei? Più di un amico, ne era certa, se non riusciva ancora a dimenticarsi di lui, ma non ne era mai neanche stata innamorata. Andava bene soffrire per lui, ricordarlo, piangerlo, quando lo si nominava, ma annullarsi per lui, perdersi nella quiescenza, di chi non vuole accettare che qualcuno se ne sia andato per sempre, non era una cosa normale. Non lo era assolutamente.

Strawberry smise di picchiare i pugni, ormai lividi, sulla parete, e si guardò ancora nello specchio. Si vergognava, si sentiva in colpa… perché doveva far preoccupare tutti con quel suo strano atteggiamento? Perché Ryan Shirogane non la lasciava andare via, non la lasciava scorrere nel suo tempo?

Chiuse gli occhi, mentre congiungeva le mani al petto. Aprì lievemente le labbra e disse, sottovoce: “Ryan, io non ti dimenticherò mai, nemmeno quando sarò vecchia… tu resterai sempre accanto a me, in me, per sempre, dovunque tu adesso sia… non penso che tu abbia mai creduto in Dio, ma adesso io affido a Lui la tua anima… e la mia… io ricomincerò a vivere e lo farò per te, Ryan Shirogane… addio Ryan…” .

Strawberry riaprì lentamente gli occhi, come per rendersi conto che effettivamente quelle sue parole, che forse avrebbe dovuto dire da tanto tempo, non avessero fatto rovesciare il mondo. Sapeva che non sarebbe stata mai più la stessa, ma doveva ricominciare da capo.  Ma, mentre usciva dal bagno, chiudendosi la porta alle spalle, facendo un gran sorriso a Mark, che era appena arrivato, si accorse con terrore che nulla dell’angoscia che provava, sembrava essersene andata via. Niente. Era ancora tutta lì. Non riusciva a lasciare dietro di sé Ryan Shirogane.

 

 

Strawberry era tornata a casa verso le 20,00, sebbene Mark le avesse chiesto di uscire. Lei aveva detto che stava poco bene ed era tornata a casa sua, dove adesso passava molto tempo, invece che nell’appartamento di Lory. A casa sua, c’erano i suoi genitori, che la facevano sentire come una bambina e lei si crogiolava nel sentirsi tale; annullava i suoi sentimenti e il suo dolore, quando era con loro, quando loro le dicevano che cosa fare e che cosa non fare. Particolari che sembrava non essere più in grado di ponderare da sola.

Gridò un: “Sono tornata!”, poi si accorse che, nell’ingresso, c’era un paio di scarpe che non conosceva. Una visita. Poteva scommettere che si trattasse di un amico di suo padre, con eventuale figlio a seguito, ovviamente promessa nel mondo del lavoro, e che suo padre cercava di mostrare come un ottimo partito. Chiaro che suo padre detestava Mark, ed era perfettamente inutile dirgli che lei lo amava e che voleva stare con lui. Lo era stato, quando aveva voglia di dirlo, e adesso che non ne aveva più la forza, lo sarebbe stato ugualmente.

Entrò in salotto con un sospiro e vide sua madre, intenta a chiacchierare con un ragazzo, che lei non conosceva. Lui aveva i capelli castano scuro e due scintillanti occhi dorati. Stavano ridendo, seduti sul divano, mentre il padre addentava con un mezzo sorriso sul volto un pasticcino alla crema di fragole.

“Ciao a tutti!” ripeté Strawberry per farsi sentire e attirare la loro attenzione.

La madre sollevò lo sguardo su di lei e replicò: “Ciao tesoro… sei tornata presto stasera… hai visto chi è venuto a trovarti? Il tuo amico Ghish…”.

“Eh?! Ghish?!” urlò la ragazza a dir poco, sconvolta.

Il ragazzo si affrettò a dire: “Ciao gattina… non mi sembra che tu sia molto cambiata…”.

Strawberry non si trattenne dal dire: “E tu, invece, sei cambiato molto… e le tue orecchie?!”, poi si ricordò della presenza dei genitori, e disse, ridendo nervosamente: “Sapete, aveva un bel paio di orecchie a sventola, quando ci siamo conosciuti… ci siamo conosciuti… all’asilo!”.

“Ma non andavate alle elementari assieme?!”chiese la madre scettica, mentre Ghish si sbatteva una mano sulla fronte e si affannava a correggere Strawberry: “Certo, certo, noi siamo andati alle ELEMENTARI ASSIEME, non ALL’ ASILO, vero?!”.

“Ah sì, che smemorata!” replicò lei, guardando Ghish “Come ho fatto a dimenticarmene!”.

Forse perché non è mai successo- bofonchiò tra sé e sé.

La madre guardò alternativamente i due, l’aria imbarazzata di sua figlia e quella quasi rassegnata del suo amico, e sorrise tra sé e sé, dicendo: “Bè, credo che adesso tu e Ghish vogliate parlare un po’ da soli di faccende, che certamente io e tuo padre non dovremmo ascoltare… io e papà andiamo al cinema e torneremo verso le 22,30… ci ha fatto piacere conoscerti Ghish…”.

Il ragazzo, dopo un grosso sospiro, replicò: “Anche a me, signora Momomiya…”. Anche Strawberry fece un grosso sorriso alla madre e la salutò.

Il padre della ragazza, in realtà, non è che avesse tutta questa voglia di uscire, soprattutto lasciando sola la figlia in casa con un perfetto sconosciuto, che poteva essere andato pure con lei alle elementari o all’asilo, ma adesso era pur sempre un ragazzo, e anche abbastanza carino.

Poi, di fronte, allo sguardo glaciale della moglie, si affannò ad uscire velocemente dalla casa, anche perché, in fondo, quel ragazzo non gli aveva fatto del tutto una cattiva impressione, sembrava anzi piuttosto simpatico, a differenza di quel damerino del fidanzato di Strawberry, sebbene il soprannome “gattina”, affibbiato alla figlia, non lo convinceva poi tanto.

Non appena i due, si chiusero la porta alle spalle, Ghish riprese il suo aspetto normale, spiegando: “Era solo una trasformazione provvisoria… avevo bisogno di parlarti e non volevo spaventare i tuoi genitori…”.

Strawberry si sedette nella poltrona, di fronte all’alieno, notando che in fondo, non era per niente cambiato da quattro anni a quella parte.

“Non che non mi faccia piacere rivederti, anche se siamo stati comunque nemici” esordì “Ma si può sapere che ci fai qui? Devi parlarmi di qualcosa di importante? E’ successo qualcosa?”.

Ghish esordì, con voce leggermente preoccupata: “Non è successo niente, o almeno spero che non sia successo niente di preoccupante…” poi bisbigliò un: “…ancora…”.

“Cosa hai detto?!” chiese Strawberry, ma Ghish scrollò il capo e disse malinconico: “Niente di importante, micetta… piuttosto, come vanno qui le cose?”.

Strawberry sussultò. Che cosa poteva dirgli? La sua sola vista le faceva ritornare in mente molti ricordi del passato, la maggior parte dei quali di Ryan, e, cavolo, quanto faceva male vedere ancora il passato prendersi il presente, con una violenza e una forza tale da lasciarla stordita, come se avesse ricevuto un forte colpo sulla nuca.

Reagendo inconsciamente a quei ricordi, replicò stizzita: “Che cosa vuoi che ti dica?!”.

Ghish si nascose dietro le palme delle mani, come a difendersi dalla sua aggressività e disse: “Calmati gattina! Non sei per niente cambiata… sei sempre la solita violenta e permalosa!”.

Lei accennò ad un broncio, che, poi, stemperò in un leggero sorriso. Non era mica colpa sua se lei era un’anormale e se pensava ancora ad un ragazzo, morto ormai da quasi tre anni…

“Bè, il Caffè esiste ancora e io e le altre ci lavoriamo tuttora” iniziò “Per quanto riguarda me, sono iscritta al primo anno di Pedagogia e divido una casa con Lory… e, nel caso te lo stia chiedendo, sono ancora fidanzata con Mark…”.

Ghish rispose con un’espressione indecifrabile e replicò, sorridente: “Guarda, micetta, che non era questo che volevo sapere… considerando che anch’io adesso sto assieme ad una persona…”.

Strawberry sobbalzò e, per poco, non cadde dal divano, mentre gridava: “CHE COSA?! E chi è la sfortunata?!”.

Ghish continuò, leggermente rosso in viso: “Bello spirito di patata lessa… comunque, lei si chiama Blanche ed era una mia amica di infanzia… quando sono partito per la Terra, ho lasciato un fagottino informe, che mi sembrava non sarebbe sbocciato, e poi, quando sono tornata, ho ritrovato l’essere più bello e dolce che esista nell’intero Universo… la amo molto, davvero… sai, ha due occhi azzurri così profondi, che mi viene voglia di perdermici dentro…”.

Strawberry sorrise, ricordando anche lei due meravigliosi occhi acquamarina, che non riusciva a scordare.

Ghish riprese, leggermente più vivace nella voce da tono canzonatorio: “Sai, mia piccola fragolina, tra noi non poteva funzionare… tra noi c’era sempre quel bellimbusto del tuo ragazzo, e le rare volte, che ti scollavi da lui, c’era quell’altro, il biondino… come è che si chiama?”.

L’improvvisa allusione a Ryan le fece ancora più male dei ricordi di prima, ma, nonostante il dolore che le crepava le vene del cuore, si decise a rispondere: “Lui… il biondino, insomma, Ryan è morto tre anni fa…”.

Ghish la guardò tristemente, balbettando: “Mi dispiace veramente… nonostante tutto, mi stava simpatico… com’è successo?”.

Strawberry trasalì, sbarrando gli occhi, ora di nuovo, umidi di calde lacrime. Già, com’era successo? Aveva cercato ossessivamente di dimenticare quel giorno, di rimuoverlo dalla sua mente, ma quello in tutta risposta, la perseguitava, la tormentava sempre di più.

Non voleva parlarne, non voleva assolutamente dire a Ghish quello che era successo, e fu tentata da dirgli di lasciarla in pace, che non aveva voglia di dire niente, ma, per la prima volta, al contrario, avvertì forte il desiderio di svuotare il suo cuore e la sua mente, che avvertiva orribilmente pieni di dolore, compresso negli anfratti di sé stessa dal tempo che per lei non era mai passato.

Il suo sguardo si eclissò ed iniziò freddamente a raccontare quello che era successo in quelle ventiquattro ore, che le avevano cambiato la vita, portandole via per sempre qualcosa della sua anima, che temeva non sarebbe più tornata.

 

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Capitolo 2
*** The beginning of the end ***


 

 

Capitolo 2 – The beginning of the end  

 

 

“… ogni volta che parlo di te, tu fai parte o non parte di me?…”           - Antonello Venditti

 

“Era la mattina di Natale” esordì, in tono piatto, come se quelle cose non le appartenessero “Ed io ero sola in casa. I miei erano fuori città, perché erano andati a trovare mia nonna, che vive in montagna e non voleva rimanere sola a Natale. Io non ci ero voluta andare perché volevo passare le feste con Mark e così, la sera precedente, ero andata al Caffè ed avevo passato la serata con le ragazze, Kyle, Ryan, i fratelli di Paddy e Mark, ovviamente. Ero tornata a casa piuttosto tardi, erano le 2,00 e mi ero addormentata di botto, ma, poi, verso le 3,45 avevo avuto un incubo e mi ero svegliata di soprassalto. Non ricordo ancora niente di quello che sognai, erano immagini molto confuse, ma per calmarmi, dovetti alzarmi e farmi una camomilla, che tuttavia non fece passare il mio sudore freddo e il mio tremore per almeno un’altra ora. Il giorno dopo, avevamo organizzato una gita e, dato che sapevo che Mina mi avrebbe chiamato, come minimo, alle cinque per intimarmi di svegliarmi, staccai il cellulare e il telefono di casa per dormire un po’ di più…

“L’indomani, infatti, mi alzai alle 11,30; dopo aver fatto colazione, accesi il cellulare, trovandovi tre messaggi in segreteria: uno era dei miei, che mi auguravano Buon Natale; l’altro era muto, con parecchie voci in sottofondo e poi, ce ne era uno di Mark. Mi diceva che non aveva molta voglia di stare fuori e mi invitava a casa sua a pranzo.

“Come un’idiota, inizia a fantasticare, pensando che forse mi voleva presentare ai suoi genitori e che allora il nostro sarebbe diventato un fidanzamento serio; allora facevo tutto quello che lui desiderava e così decisi di passare dal Caffè per avvisare gli altri che non sarei andata con loro

“Ricordo che indossai il vestito preferito di Mark: era celeste, con lo scollo rotondo, e con una stampa di bianchi fiocchi di neve sull’orlo della gonna. Ripensai al fermaglio, che Ryan mi aveva regalato la sera prima e lo indossai a trattenere parte delle ciocche che mi cadevano di lato. Sorrisi, ripensando a lui, e mi ripromisi che avrei passato il Capodanno con lui, Kyle e le ragazze.

“In poco tempo, corsi alle Caffè e lo vidi inspiegabilmente chiuso. La moto di Ryan e l’auto di Kyle non c’erano e pensai che se ne fossero andati, anche perché l’appuntamento era alle 10,30, ma mi venne lo stesso voglia di entrare per lasciare un biglietto, che magari avrebbero trovato al loro ritorno.

“La vista che trovai, quando entrai, mi gelò il sangue nelle vene. La stanza principale era avvolta nell’oscurità, a parte la piccola lucina, che proveniva dalla lampada, che Ryan teneva sul bancone, e che usava per controllare i conti quando si faceva tardi. A destra, era seduta Pam, per terra: aveva i capelli disordinati e il viso pallido, illuminato solo da due chiazze rosse sotto gli occhi. Piangeva. Non l’avevo mai vista in vita mia piangere e mi fece spavento il suo viso freddo e bellissimo, funestamente attraversato dalle lacrime.

Appoggiate sulle sue gambe, il volto affogato nella sua gonna di raso azzurro, c’erano Mina e Paddy. Non vedevo i loro volti, ma le sentivo piangere. Il pianto di Mina era un rantolo scomposto, pieno di singhiozzi e pause affannose; quello di Paddy era un pianto acuto, come la sua risata, ma così distante da quell’armonia di felicità da sembrarne il suo esatto opposto. Ma quella, che mi sconvolse di più, era Lory: era seduta su una sedia, di quelle dove Mina si accomodava sempre, e si dondolava avanti e indietro, tenendo tra i denti un lembo di un fazzoletto di stoffa.

“Chiesi che cosa fosse successo, ma nessuno mi rispose. Io, egoisticamente, non volevo sapere nulla. Lo sapevo, già lo intuivo che qualsiasi cosa fosse successa, mi avrebbe sconvolto e mi sarei ritrovata come quei pupazzi di stracci abbandonati. Per molto non mi risposero, poi Pam, l’unica che sembrava leggermente lucida, mi chiese se avessi tenuto il telefono staccato, durante la notte. Risposi di sì, senza capire. Lory si riscosse e mi urlò contro che non c’ero mai quando avevamo bisogno di me, che ero sempre con Mark e che lo avevo fatto soffrire. Non riuscendo ancora a capire, chiesi di chi stesse parlando e mi urlò contro: “Ryan… L’hai ucciso, l’hai ucciso tu…”.

“A quel nome, iniziarono di nuovo a piangere e allora capii che c’entrava Ryan, che gli era capitato qualcosa. Avanzai verso Pam, iniziando a sentire la testa ghiacciata, ma fui fermata da Kyle, comparso all’improvviso, dietro di me. Mi voltai verso di lui: aveva i capelli sciolti, mollemente abbandonati sulle spalle e gli occhi asciutti. Scrollai le sue spalle e chiesi urlando dove fosse Ryan. Lui mi disse di sedermi e di stare calma.

“Non volevo ascoltarlo, volevo sapere immediatamente che cosa fosse successo, ma ugualmente mi sedetti, sentendo le gambe stranamente di gelatina. Kyle si inginocchiò di fronte a me e mi poggiò le mani sulle spalle, e mi disse: “Strawberry, ascolta… Lory è solamente sconvolta e non sa quello che dice… non è assolutamente colpa tua quello che è successo… lui- lui, insomma Ryan non avrebbe mai fatto nulla, che potesse anche indirettamente farti male…”.

“Non capivo le sue parole, non le ascoltavo neppure, ma iniziai a piangere e a scrollare la testa, ripetendo tra le labbra: “No, no…”. Kyle mi abbracciò e disse: “Stanotte, Ryan è uscito con la moto, dopo che tu sei andata via. Mi ha detto che aveva voglia di restare solo e si è avviato verso il porto… sulla strada per arrivare, un furgone, procedendo nella direzione opposta, lo stava per prendere in pieno e lui ha svoltato bruscamente per evitarlo; ma così facendo, ha preso male la curva ed è rovinato giù per la scogliera… la sua moto è esplosa e di lui non c’è più traccia…”poi bisbigliò, piangendo: “E’ morto, Strawberry…”

“Non capii più niente; presi a strapparmi il vestito e i capelli, chiamando Ryan a gran voce. Mi accasciai per terra, piangendo, e presi a gridare forte. Dopo qualche secondo, caddi per terra incosciente e febbricitante. Feci sogni strani e confusi, e quando mi risvegliai, era il giorno dopo e accanto a me, c’erano i miei genitori e Mark. Li sorrisi e dissi che avevo fatto uno strano sogno, dove Ryan aveva fatto un incidente ed era morto. Mia madre scoppiò a piangere, mio padre la sostenne tra le braccia, mentre Mark mi abbracciò, dicendo che era tutto vero, che Ryan era davvero morto, e che lui mi capiva, capiva che ci stessi male. Lo allontanai bruscamente da me e gli urlai contro: “Tu non capisci! Tu non puoi capire! Come puoi capire? Tu l’hai sempre detestato, tu non lo sopportavi! Non dovevi portarmi via la sera di Natale, non dovevi… non lo vedrò più e sarà solo colpa tua!”. Era la prima volta che mi rivolgevo a lui in quella maniera…

“Crollai ancora e svenni di nuovo. Non andai al funerale, rimanendo in stato di shock per una settimana. Nonostante mi fossi abbastanza ripresa, continuai a stare ancora molto male e non andai a scuola per parecchio tempo… piangevo ogni minuto, dormivo e mangiavo molto poco. Per quasi un mese, mi chiusi nella mia camera, non facendovi entrare nessuno, a parte mia madre, mio padre e Kyle. Non vidi neanche le altre e nemmeno Mark… non ne sopportavo la vista, credevo che loro non potessero capire il mio dolore, solo io ritenevo di aver conosciuto Ryan per quello che era realmente, e cioè non un ragazzo antipatico e viziato, ma una persona meravigliosa, che sapeva essere molto dolce e premurosa…”.

Strawberry si interruppe all’improvviso, non avendo più voglia di parlare. In realtà, c’era ancora molto e troppo da dire di quello che era accaduto dopo, di quanto aveva continuato a soffrire, tramutando il suo dolore dapprima in rabbia e poi in silenzio, velato da falsa serenità. Ma adesso sentiva che bastava e non voleva che Ghish sapesse di più.

Il ragazzo alieno si decise a parlare e le chiese, malinconico nel volto: “Gli eri molto affezionata, vero?” .

Strawberry sorrise mesta e rispose: “A dirla tutta, lo sopportavo a malapena… non mi stava molto simpatico, lo consideravo un ragazzo spocchioso e viziato, capace solo di comandare a bacchetta le persone. Poi, seppi che un chimero aveva ucciso i suoi genitori e le cose cambiarono. Non mi faceva pena, come sarebbe stato naturale, non era questo… io ammiravo la sua forza, sapendo che nonostante avesse patito delle cose del genere, era riuscito comunque ad attuare il progetto mew, ma, al contempo, capii che era fragile anche lui, che non era un mero pezzo di ghiaccio. Questo mi aiutò ad avvicinarmi a lui, e, quando sconfiggemmo Profondo Blu, diventammo anche abbastanza amici… ma nulla più di questo…”.

Già, nulla più di questo pensò Sarà pure solo questo, eppure non riesco ancora a dimenticarlo…

Ghish si limitò ad annuire con il capo e poi disse: “Bene, so che forse questo non è il momento migliore, ma credo che tu voglia sapere perché sono venuto qui stasera…”.

Strawberry, il cui sguardo era rimasto basso per qualche secondo, lo riscosse e disse con poca energia: “Già, l’avevo dimenticato… è successo qualcosa?”.

Ghish annuì e disse: “Potrebbe non essere nulla, ma dopo quello che Profondo Blu ci ha fatto mi sento in dovere di controllare… prima di tutto, devi rispondere a qualche mia domanda…”.

Lei annuì, incuriosita da quello strano interrogatorio.

Ghish esordì: “Sai, per caso, se Mark, ossia il Cavaliere Blu ha perso i suoi poteri?”.

Strawberry spalancò gli occhi e disse: “Come fai a saperlo?”, poi, vedendo l’espressione abbastanza preoccupata di Ghish, si risolse a continuare in un flebile sussurro: “Gli ha persi, due anni dopo la sconfitta di Profondo Blu… non sa come sia successo, sa solo che un giorno, avvertiva un forte potere in sé e il giorno dopo, non ce l’aveva più… Kyle ha fatto delle indagini, ma non abbiamo scoperto niente… e allora abbiamo pensato che, dopo la morte di Profondo Blu, i suoi poteri fossero rimasti a Mark provvisoriamente, per poi sparire dopo qualche tempo… perché che cosa c’entra adesso Mark? Gli è successo qualcosa?”.

Ghish, pensieroso, non rispose, poi chiese ancora: “Mark è stato per caso male in questo periodo? Strane amnesie, perdite di conoscenza o altro?”.

“No, che io sappia, almeno”

“A parte te e le altre mew, sai se esistono altre persone con i dna modificati, con l’aggiunta di materiale genetico degli animali red code?”

Strawberry ci pensò un attimo, poi rispose: “C’era la sorella di Kyle, che fu scelta come prima mew, ma, dopo ci fu un rigetto del dna modificato e la procedura fallì… poi ci siamo solo noi…”

“Nessun’altro, sei sicura?” disse Ghish, sul cui volto iniziava a spuntare un leggero sollievo.

“Sì… ma aspetta un attimo” si riprese, correggendosi, mentre Ghish sudava freddo.

Art… Art era Ryan… Ryan aveva il dna modificato…

Strawberry riprese, la voce più triste: “Ryan… lui aveva il dna modificato… il mio stesso dna, quello del gatto iriomote…”.

Ghish imprecò a mezza voce, poi chiese ancora: “Scusami per questa domanda, ma è per me di vitale importanza… hanno mai trovato il cadavere di Ryan?”.

Strawberry negò con il capo, lo sguardo sempre più triste: “No, dicono che il suo corpo si sia dissolto nell’esplosione della sua motocicletta, e i pochi resti furono portati via dalla corrente del mare…”.

Ghish annuì pensosamente, e in modo decisamente preoccupato disse ancora: “Se non mi ricordo male, la prima volta che vedesti il Cavaliere Blu, lo scambiasti per Ryan…”.

La ragazza annuì ancora e rispose, la voce ormai quasi inesistente: “Erano praticamente uguali… era impossibile non crederli la stessa persona…”.

Ghish assentì, e poi sospirò vistosamente, dicendo: “Speravo che questo non dovesse mai accadere… ma ormai credo che ne debba prendere atto…ci sono molte possibilità che quello che temevo sia realmente successo…”.

Strawberry, fiaccata psicologicamente dal martellare continuo dei ricordi di Ryan, si limitò a chiedere stancamente: “Che cosa dovrebbe essere successo?”.

Ghish la guardò in volto con compassione. Come poteva dirle i suoi sospetti? L’avrebbero semplicemente uccisa, dopo tutto quello che gli aveva raccontato…

L’alieno la guardò per qualche istante, poi poggiò la sua mano sulla sua, che era fredda come il ghiaccio, e disse comprensivo: “Strawberry, non voglio né che tu ti spaventa, né che tu ti illuda inutilmente, ma ormai credo che sia quasi una certezza…”.

La ragazza sbarrò gli occhi e gli chiese di continuare.

Ghish riprese con un profondo sospiro, parlando molto pacatamente, sebbene Strawberry avvertì comunque la tensione nella sua voce: ”C’è la possibilità che Profondo Blu sia ancora vivo e che stia usando il corpo di Ryan…”.

 

(Risatina cattiva! Ho sospeso proprio nel momento migliore, spero di avervi in parte tranquillizzato sulla sorte di Ryan, anche se la faccenda è ancora lunga! Spero che continuerete lo stesso a seguire la fic! A proposito della sorella di Kyle, che ho nominato, non so se esiste davvero nel manga o nell’anime, ma questo è un mio personaggio ed è assolutamente inventato! Comparirà anche lei tra qualche capitolo ed avrà un ruolo, a suo modo, importante! Grazie a tutti coloro che hanno recensito!)

 

 

 

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Capitolo 3
*** Sorrow of love ***


Strawberry sentì la testa pulsarle, mentre i polmoni smettevano di raccattare ossigeno dall’aria circostante

 

Capitolo 3- Sorrow of love

 

“…Empty spaces fill me up with holes… distant faces with no place left to go…”- Backstreet Boys
 Strawberry sentì la testa pulsarle, mentre i polmoni smettevano di raccattare ossigeno dall’aria circostante. Che significa sta usando il corpo di Ryan? Si chiese, il volto scarlatto, mentre le vene vibravano sotto la sua pelle.

Staccò bruscamente la sua mano da quella di Ghish, e chiese, la voce innaturalmente acuta: “Che significa?! Che significa sta usando il corpo di Ryan?! Ryan è morto! Morto! Come potrebbe usare il suo corpo?!”.

Ghish rispose semplicemente: “Se le cose stessero davvero così, mi sembra abbastanza chiaro che non sta usando un cadavere, che tra l’altro non dovrebbe neanche esistere, considerando l’incidente terribile in cui è morto Ryan… no, Strawberry, se e sempre se, le cose stanno così, questo vorrebbe dire che Ryan è ancora vivo…”.

Ryan è ancora vivo… quelle parole sembrarono squarciarle la testa, come un fulmine, che attraversa saettante il cielo, immalinconito dalle nuvole grigie. La sua mente era grigia, la sua anima era grigia, ma quelle quattro semplici parole illuminarono per qualche istante le ombre, che si trascinava dietro da tre anni, facendole sparire. Le sembrò di respirare ancora… Dio, se è solamente un’illusione, fa per favore che non finisca troppo presto…

“Scusa, ma continuo a non capire…” mormorò Strawberry, le mani strette freneticamente attorno al cuscino celeste del divano.

“Cercherò di essere più chiaro” continuò Ghish “L’ incidente che Ryan ha subito potrebbe essere, in realtà, un diversivo che Profondo Blu ha utilizzato per far passare Ryan morto, quando, invece, aveva bisogno di lui, del suo corpo…”.

“Ma perché, se fosse ancora vivo, dovrebbe aver bisogno proprio di Ryan? Non sarebbe più logico prendere di nuovo Mark?” chiese, con un filo di voce, temendo sempre che ad ogni parola la sua bella e calda illusione sparisse.

Ghish rispose semplicemente: “Se fosse ancora vivo, avrebbe bisogno di una persona con il dna modificato… sai, si crea una piccola imperfezione genetica, che rende più facile la sua possessione, e considera che, dopo l’ultimo scontro, è particolarmente debole…”.

“Sì, ma poteva prendere me o qualcuna delle altre, perché proprio lui?!”

Ghish rispose enigmaticamente: “Non l’ha fatto certamente perché Ryan ha il dna modificato… deve essere stata una bella sorpresa per lui scoprire una cosa del genere, che l’ha agevolato non poco… lui aveva bisogno proprio di Ryan, e il motivo è molto più complicato di quello che tu adesso potresti capire… saprai tutto, te lo giuro, ma adesso dobbiamo prima di tutto scoprire, se la nostra ipotesi è giusta…”.

“Io ti aiuterò, stanne certo” disse Strawberry, con decisione.

“Bene, devi cercare di portarmi il maggior numero possibile di informazioni su Ryan, il suo dna modificato, e sulle circostanze dell’incidente… poi mi serve anche qualche informazione su Mark e sul rapporto che lo legava a Profondo Blu… per il resto, ci penserò io…” concluse Ghish.

Strawberry acconsentì e poi disse, malinconica: “Ascolta Ghish… vorrei che almeno per il momento, le altre ragazze non sappiano nulla, non vorrei illuderle inutilmente…hanno sofferto già troppo”.

Ghish sorrise e disse: “Sei davvero generosa, gattina mia… non pensi alla tua sofferenza, se questo sarà solo un buco nell’acqua?”.

Strawberry negò con il capo. Quanto era bella la difesa che si era costruita per tenere fuori le sue compagne… in realtà, non voleva che la considerassero ancora una povera pazza, come era accaduto in passato, quando il suo dolore si era trasformato in rabbia, la rabbia più cieca che avesse mai provato in vita sua. E poi, era così meraviglioso essere l’unica a coltivare quella segreta speranza nel cuore. Se Ryan era ancora vivo, voleva essere lei, e lei sola a salvarlo…

 

 

Il giorno dopo, era domenica, ma Strawberry si alzò presto. Doveva lavorare e, nel pomeriggio, doveva veder Mark. In circostanze normali, sarebbe stata felice solo perché doveva vedere le sue amiche e il suo ragazzo, ma stavolta era diverso. Sapeva che entrambe sarebbero state due occasioni importanti per raccogliere informazioni, e sperava che quello che Ghish aveva detto fosse vero. Certo, questo voleva dire che Profondo blu era ancora vivo, e probabilmente per togliergli Ryan, avrebbe dovuto affrontare un altro combattimento, ma, al momento, non le importava. Era più dura la sua vita di ogni giorno, che una battaglia. E poi…

Ryan potrebbe essere ancora vivo… le sembrava di toccare il cielo con un dito, se ci pensava.

Si vestì velocemente e corse al locale, dopo aver salutato i genitori e Ghish che facevano colazione in cucina. Ghish, che aveva ripreso il suo semi aspetto umano, le strizzò l’occhio e Strawberry sorrise, pensando che fortunatamente la madre aveva accettato di buon grado la presenza del ragazzo in casa per qualche giorno, convincendo anche il reticente marito.

Strawberry arrivò al locale, trovandovi già tutte le ragazze.

“Sempre in ritardo!” le urlò contro Mina “Non che mi stupisca oramai… meno male che dovevi essere qui per le otto e mezzo! Lo sai che dobbiamo fare l’inventario!”.

“Ma sì, ma tanto adesso sono arrivata!” replicò, sorridente Strawberry, suscitando lo stupore delle altre.

“Da quando non è così allegra?” mormorò Paddy, mettendosi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.

“Credo da quando è morto Ryan…” rispose Pam, guardando fisso Strawberry, che stava prendendo una scopa e una paletta per spazzare per terra.

Lory riprese tristemente: “Spero che le stia finalmente passando… Strawberry è quella che è stata peggio di tutte noi… io ero molto innamorata di Ryan, ma poi il tempo ha guarito le ferite…”.

Lory si chiuse nelle spalle sottili, e abbassò lo sguardo. Non che stesse dicendo tutta la verità… lei amava ancora molto Ryan, pensava molto a lui, ma oramai si era rassegnata all’idea che il ragazzo biondo americano non ci fosse più. Anche lei era stata male, aveva sofferto molto, e, inutile negarlo, perché convinta che la colpa della morte di Ryan fosse solo di Strawberry. Era rimasta di quella convinzione per parecchio tempo e aveva trattato a lungo la ragazza con freddezza; non che lei l’avesse intuito… era talmente stravolta, da non accorgersi di quello che accadeva anche ad un palmo dal proprio naso. In modo semplicistico e innocente, poteva dire e raccontarsi che aveva odiato Strawberry per tanto tempo perché aveva avuto paura che Ryan fosse innamorato di lei, di Strawberry, e ciò l’aveva frenata anche nel dichiarargli i suoi sentimenti, temendo un inevitabile rifiuto. Lo vedeva come lui la guardava, come lui le sorrideva, come quando lei stesse male, si prodigava per aiutarla… persino, quando voleva uscire con Mark, lui trovava delle scuse per dare a tutte la giornata libera. Ma, mentre la ragazza usciva sorridente e correva tra le braccia del suo adorato Cavaliere Blu, e lei si metteva a fare tutte quelle cose che al locale nessun’altra si era degnata di fare, Ryan si sedeva su una sedia, le braccia incrociate sul tavolo e rimaneva a guardare il vuoto per qualche minuto. Ricordava ancora le sue dita, che si passava lentamente tra i capelli biondi, e lei che guardava in trance il suo volto dall’espressione triste e malinconica, i suoi occhi celesti accesi solo dalla infelicità… tante volte aveva voluto abbracciarlo, riscaldare il suo cuore freddo di ghiaccio, dirgli che lei c’era e che lui poteva sempre contare su di lei, ma non l’aveva mai fatto. Si limitava a finire di spolverare e scappava via, salutandolo con un sorriso, a cui lui rispondeva con un mesto e freddo: “Ciao Lory… ci vediamo domani…”.

Pensava che lui odiasse Strawberry e che il suo comportamento fosse dovuto alla stanchezza e alla preoccupazione per il progetto, ma non era così. Lo aveva capito quel giorno, origliando con le altre, dietro la porta dello studio di Kyle… lui si era rivelato, come Art, solo e soltanto a Strawberry, e l’aveva salvata tantissime volte, senza pretendere nulla in cambio… e poi l’aveva baciata. Era uno scherzo, aveva detto, per non farsi considerare un grande eroe… sì come no… uno scherzo, Ryan, uno scherzo… uno scherzo che ti infiammò le guance, che ti fece bruciare le labbra di febbre di lei, che ti accese gli occhi di mille luci colorate…

Lory lo aveva visto, ma non ci voleva credere e non ci prestò attenzione al ricordo di quella sua meravigliosa espressione per tanto, troppo tempo… perché voleva essere stata lei l’artefice di quello meraviglioso scherzo, che aveva sciolto l’imperturbabile Ryan Shirogane, e, invece, si era dovuta accontentare di baciare le labbra fredde e salate di lui, quando era incosciente e incapace di rispondere. Ma incapace anche di rifiutare.

Lory sorrise a sé stessa, mentre ci ripensava, e raccoglieva intanto delle scartoffie dall’ufficio di Kyle. Era stata davvero una codarda, lo era stato per tutta la sua vita, anche quel giorno…

Era la sera di Natale ed erano più o meno le tre. Strawberry era andata via da poco assieme a Mark ed erano rimasti solo lei, Kyle, Ryan, Mina e Paddy, che era però crollata, addormentata su un divano, circondata dai suoi fratelli. Mina chiacchierava allegramente con Kyle del fatto che voleva andare in Francia, non appena finita la scuola, e Kyle sembrava sinceramente interessato, perché sua sorella viveva proprio a Parigi e gli aveva raccontato molte cose sull’elegante capitale francese.

Lory, che stava sistemando la cucina, si accorse che Ryan non c’era. Non lo vedeva da una mezz’oretta e si chiese dove fosse. Non aveva ancora avuto l’occasione di dargli il suo regalo, una sciarpa di lana celeste, come i suoi occhi; si ricordò che Strawberry, per salutarlo, era uscita in veranda e pensò che dovesse essere lì.

Passò davanti allo specchio, che c’era nella grande sala del locale, e guardò il suo riflesso, chiedendosi se l’abito rosso di velluto non fosse troppo serioso per i gusti di Ryan.

Aprì la porta finestra e lo trovò lì, appoggiato alla ringhiera, che guardava il cielo... era così bello che le fece male al cuore vederlo. Si avvicinò in punta di piedi a lui, come se avesse paura che sparisse, e tossicchiò per richiamare la sua attenzione.

Lui non si voltò e disse: “Ah, Lory…”.

Lei rimase immobile, la voce che sembrava essersi persa nella strada che conduceva alle labbra. Aveva scordato tutto quello che le era venuto in mente di dire, e si sentiva una perfetta idiota. Abbassò lo sguardo, fissando le mattonelle celesti del pavimento della veranda.

“Che c’è?” chiese Ryan, sempre voltato di spalle “Devi dirmi qualcosa?”.

La sua voce era ferma, decisa e cortese, ma era fredda. Lui era freddo. Gelido, ghiacciato, non trasmetteva niente, alcuna emozione vibrava nelle sue parole pacate e garbate. Con una fitta, Lory ricordò, quando a tavola, poco prima, aveva chiamato Strawberry per dirle che si era macchiata la camicia di salsa. Le aveva solo detto: “Sei un’imbranata!”, ma la sua voce, cielo la sua voce, era felice, dolce, premurosa, la voce di…

La voce di una persona innamorata… pensò con una punta di angoscia, poi si riprese, raccontandosi la solita favoletta tranquillizzante che Ryan odiava Strawberry, che anche lei odiava lui, che non si erano mai potuti sopportare, che Strawberry era innamorata di Mark… 

Si avvicinò a Ryan, appoggiandosi alla ringhiera, ma non sentendolo parlare, seguì il suo sguardo e lo vide fisso sul lungo viale, che portava al Caffè. Nella penombra, creata dalle luci arancione, vedeva solo le sagome di Strawberry e di Mark, che si stavano allontanando, abbracciati.

Lory distolse lo sguardo da loro e tornò a fissare Ryan, non sapendo che cosa dire, commentò: “Certo che Strawberry è davvero molto innamorata di Mark…”.

Ryan non rispose e, guardandolo, Lory colse una piccola smorfia sul suo bel volto abbronzato.

Lei sorrise e chiese, ridendo: “Non ti piace proprio Mark?”.

Ryan sorrise leggermente, poi, lo sguardo adesso rivolto al cielo, disse: “Non mi convince, ecco tutto… mi sembra inquietante il fatto che sia sempre così perfetto e impassibile”, poi, la voce più bassa, aggiunse: “Ma a lei sta bene così… se lei lo ama, non posso essere altro che contento per lei…”.

Lory annuì con il capo, mentre ancora l’ansia la riprendeva ad ondate. Non sapeva come, ma quei LEI, con cui si era rivolto per indicare Strawberry, le avevano fatto male. Lei… lei, come se ci fosse solo LEI in lui, ma fosse conscio che non fosse sua. Scosse la testa per quello che stava pensando, e si ricordò della sua sciarpa.

La stava per uscire dalla sua tasca, quando la voce di lui disse, pacata e immensamente triste: “Lei si merita tutto il meglio del mondo…”.

Lory sussultò e rimase immobile, i capelli scompigliati dal vento, che era iniziato a soffiare pungente sul suo volto. Il pacchetto con la sciarpa rimase nelle sue mani, che si affannarono a schiacciarlo nella sua tasca. Sentiva che stava per piangere, non sapeva perché, ma voleva solo allontanarsi dall’algido ragazzo americano.

Lui è innamorato di lei… Ryan ama Strawberry… lui la ama e lei non lo sa… la ama tanto quanto io amo lui… ripeteva la sua mente, come in un disco rotto.

“A- adesso devo andare, devo andare ad aiutare Kyle…” mormorò le labbra, scosse da un tremore che non riusciva a fermare, mentre leggermente le sue orecchie lo sentivano dire: “Vado anch’io… voglio farmi un giro, prima di andare a letto…”.

Lei annuì con il capo e poi corse dentro, mentre lui scendeva pigramente le scale, che dalla veranda conducevano in giardino.

Scoppiò a piangere e le lacrime furono sue compagne, fino a quando, dolce e lenitivo, giunse il sonno a chiuderle gli occhi. Non sapeva che, quando li avrebbe riaperti, avrebbe trovato ancora le lacrime ad aspettarla.

Lory si lasciò cadere su una poltrona, mentre quei ricordi le stancavano la mente ed il respiro. Si volse attorno e vide Strawberry, che parlava, o meglio litigava con Mina. Le sembrava che stesse bene, sorrideva, come prima, e ci metteva anche abbastanza energia nel litigio con l’amica. Non aveva quella faccia da tempo, da troppo tempo, e le fece sinceramente piacere.

Come tante volte, si chiese come mai proprio la mew rosa fosse stata la persona, che avesse sofferto di più per la morte del giovane Shirogane. Non aveva mai dimostrato un grande interesse per il ragazzo biondo ed era stato proprio questo, che Lory non le aveva perdonato, convincendosi che Ryan quella maledetta sera era voluto uscire proprio per cercare di non pensare a lei. Si diceva che avrebbe preferito mille volte che Strawberry avesse corrisposto i sentimenti, chiari per lei, che Ryan provava nei suoi confronti, piuttosto che causarne indirettamente la morte. Ma, in realtà, forse neanche quella soluzione le sarebbe piaciuta tanto, e poi, in fondo, non era certo colpa di Strawberry non essere innamorata di Ryan, e non era a causa sua che Ryan era morto. Ma aveva avuto troppo voglia di prendersela con qualcuno per quello che era successo, che non fosse Dio, il fato, la sorte o qualcosa di altrettanto oscuro, contro il quale era troppo facile inveire e non trovare alcuna soddisfazione.

Ma, poi, inspiegabilmente, era stata proprio Strawberry a provare il più forte dolore per Ryan, un dolore, che l’aveva trasfigurata, come se la tacita maledizione che Lory le aveva lanciato di soffrire tanto quanto soffriva lei, non solo si fosse avverata, ma l’avesse colpita anche più fortemente di quanto avesse fatto con lei.

Si ricordava quella sera di febbraio, due mesi e mezzo dopo la morte di Ryan. Lei era al Caffè, assieme alle altre, ad eccezione, ovviamente di Strawberry, che era a casa sua, sempre barricata nella sua stanza, sempre rifiutandosi di vedere alcuno. Era seduta su una sedia e contava le mance dei clienti, mentre Mina cercava di studiare e Paddy stranamente silenziosa, spazzava. Pam era al lavoro. Regnava un irreale silenzio, rotto solo dai rumori delle stoviglie, che Kyle stava lavando. Era sempre così, da quando Ryan era morto e non c’era più neanche Strawberry a litigare con lui, rendendo vivace e frizzante l’atmosfera. Con nostalgia mista ad invidia, Lory si rese conto che erano loro due la luce del Caffè Mew Mew.         

Ad un tratto, entrò Mark, tutto trafelato, bagnato dalla testa ai piedi, dato che fuori pioveva e sembrava non avere l’ombrello.

Lory gli si avvicinò, mentre cercava di riprendere fiato, e chiese che cosa era successo.

Lui, il fiato ancora corto, rispose: “Strawberry… è qui?”.

Lory negò con il capo e disse: “Io non la vedo dal giorno dopo la morte di Ryan…”.

Mark assunse un colorito pallido e riprese, sottovoce, come se stesse parlando solo a sé stesso: “Dove diamine può essere andata?”.

Mina si avvicinò a loro, e chiese: “Non è a casa sua, scusa?”.

Mark scosse il capo, e disse: “Sono passato da casa sua, come faccio ogni giorno, quando torno dagli allenamenti di kendo… di solito, o non vuole vedermi o sua madre mi dice che sta riposando, ma oggi mi ha detto che non era in casa e che era uscita per andare in palestra. Mi sono meravigliato di questo e ho deciso di andare a cercarla… mi sembrava strano che all’improvviso, le fosse venuta tutta questa voglia di uscire… sono andato in palestra, ma mi hanno detto che non c’era e che anzi non era iscritta nessuna Strawberry Momomiya… e allora ho pensato che magari era venuta qui…”.

Paddy intervenne, dicendo: “Qui, non è passata…”.

Mark si passò una mano nei capelli bruni bagnati e disse: “Sono preoccupato… dove diamine può essere?”.

“Ma dai” replicò Lory, un po’ irritata “Dove credi che sia andata?! Si starà facendo semplicemente un giro, e tra qualche ora, sarà di nuovo a casa…”.

Mark guardò seriamente in viso la ragazza e chiese freddamente, gli occhi ridotti a due fessure: “Da quanto tempo non la vedi?”.

Lory, a disagio, ribadì che non la vedeva dalla morte di Ryan.

Mark rispose allora, molto più freddo e chiaramente preoccupato, che in quel caso non poteva certamente capire.

“Che cosa non potremmo capire, scusa?!” ribatté Paddy, chiaramente scocciata “Lei è una nostra amica e sappiamo quanto sta male… anche noi sentiamo molto la mancanza di Ryan e tu ci dici che non potremmo capire… al massimo, sei tu, che non puoi capire, visto che tu e Ryan non eravate certo ottimi amici…”.

Mina diede manforte alla ragazzina bionda e disse: “Scusa, ma ha ragione…”.

“Certo che ho ragione…” riprese Paddy, battendo il piede a terra.

“Non è questo quello che Mark vuole dire” s’inserì Kyle, che reggeva tra le mani uno strofinaccio bagnato “Io e lui abbiamo visto Strawberry in questi ultimi tempi e vi posso garantire che è distrutta…”.

“Anche noi lo siamo, cosa credi, Kyle?!” urlò Lory, con un tono, che non le apparteneva, gli occhi pieni di lacrime.

“Lei lo è di più!” riprese Mark, fortemente “Lei lo è molto di più di voi! Non mangia, non parla, non esce… se la vedesse, capireste che potrebbe fare di tutto…”, poi più sottovoce, aggiunse: “Ha smesso di vivere e credo che, nel profondo, non voglia neanche più farlo…”.

Le altre mew tacquero all’improvviso. Non sapevano e nemmeno immaginavano che Strawberry stava così male. Si erano semplicemente ritirate ognuna nel loro dolore, credendo che il proprio fosse maggiore di quello di tutte le altre. E adesso, invece, venivano a sapere che quello di colei che forse ne avrebbe sofferto di meno, era il più forte e distruttivo tra tutti.

“Dobbiamo trovarla” disse Paddy, decisa.

“Sì… io e Lory perlustreremo il quartiere est” iniziò Mark “Mentre tu e Mina andrete ad ovest… Kyle, sarà meglio che tu rimanga qui, nel caso dovesse passare da qui”.

I ragazzi uscirono freneticamente dal locale, percorrendo velocemente il vialetto e dividendosi alla fine di esso.

Lory e Mark camminarono velocemente, i piedi che affondavano nelle pozzanghere scure. Lory si sentiva in colpa e voleva assolutamente trovare Strawberry quanto prima possibile, mentre Mark sembrava che avrebbe avuto un infarto di lì a poco. 

Erano le undici e quarantacinque, quando Mark, esausto, dopo tre ore di ricerche frenetiche, propose a Lory di entrare in piccolo bar per bere un bicchiere d’acqua. La ragazza annuì anche se il posto, che recava un’insegna al neon rossa, con la scritta Hell’s Kitchen, non le ispirava nulla di buono.

Entrati, si trovarono in una saletta fumosa e illuminata da tenui luci rossastre, che provenivano da dei lumi, posti su dei tavolini circolari, che ingombravano la stanza.

Si avvicinarono al bancone, mentre Lory si teneva vicina a Mark per paura dei frequentatori del locale, che la fissavano e mormoravano, in preda all’ubriacatura, frasi sconnesse e offensive nei suoi confronti. Mark chiese un bicchiere d’acqua, che gli fu servito in mal modo da un tipo, che recava sul braccio il tatuaggio di un teschio, dalle cui fauci uscivano delle fiamme. Lory distolse lo sguardo da lui e si trovò a guardare una figura, accasciata sul bancone. Sembrava una ragazza, anche abbastanza giovane, il cui volto era in parte coperto dal collo del cappotto nocciola che indossava, e i cui capelli erano nascosti in un basco dello stesso colore. Sembrava stesse dormendo, ed era molto sudata; le labbra violacee che si muovevano appena, mormorava qualcosa, il cui tono imitava quello di una filastrocca. Lory si avvicinò, curiosa di sentire che cosa dicesse, e in quel momento, il basco cadde dalla testa della ragazza, lasciando il posto ad una cascata di capelli rossi, come il sole al tramonto.

“Strawberry!” urlò Lory, sconvolta e spaventata. Mark si avvicinò a lei e vide la sua fidanzata, chiaramente ubriaca. Turbato, cercò di farle aprire gli occhi e la ragazza li aprì per qualche istante. Erano occhi spenti, vuoti e a Lory fecero paura: sembravano le orbite vuote di un teschio.

Strawberry scoppiò a ridere, fissando Lory, una risata scomposta e senza allegria, che le fece accapponare la pelle. Poi, lei riprese la sua cantilena, chiudendo di nuovo gli occhi. E, sebbene Mark non fece commenti, mentre la prendeva in braccio, a Lory parve chiaro sentire: “Non lo rivedrò più e non glielo dirò mai… Non lo rivedrò più e non glielo dirò mai…”.

Poi le sue labbra si piegarono in un dolce e strano sorriso.

La portarono al Caffè, coprendola a casa, dicendo che restava a dormire da Lory, e la adagiarono sul letto rimasto nella camera di Ryan. Ebbe un sonno agitato, e, alle volte, si risvegliava, urlando: “Perché te ne sei andato?! Perché?! Non dovevi, non dovevi…”. Mark e Lory vegliarono su di lei tutta la notte. Non seppero mai che cosa avesse preso, fatto sta che stette male per ore intere.

Al mattino, sembrava essersi calmata, ma in realtà non era così. Appena sveglia, lo sguardo allucinato, iniziò a dire che Ryan non poteva essere morto e prese a fare tutta una serie di stupide indagini per capire che cosa era veramente successo. Diceva di averlo sognato, diceva che lui le aveva detto che non era morto e che voleva che lei lo andasse a prendere, perché era prigioniero.

Poi, capii che era morto e disse che voleva sapere di chi era la colpa di quello che era successo. Continuava a fare indagini, ricerche, estraniandosi per ore e parlando da sola nel freddo isolamento della sua stanza. Gli amici e la famiglia, non sapendo più che fare, la guardavano addolorati sfiorire giorno per giorno.

Un giorno, poi, mentre era al Caffè chiusa nel laboratorio di Ryan, mentre smanettava al computer, qualcosa cambiò. Mentre cercava un floppy, sotto lo sguardo rassegnato e preoccupato di Mark, Lory e Kyle, le cadde dalla tasca un piccolo fermaglio, un fermaglio, che sembrava che le avesse regalato Ryan, il giorno, in cui era morto. Lei lo raccolse, lo prese tra le mani, sorridendo e disse: “Questo me lo ha regalato Ryan…”, l’espressione assente piegata in una dolce e ottusa felicità.

Mark e Lory pensarono che fosse ancora un ricordo fasullo che si era creata, ma Kyle le si avvicinò e chiese di farglielo vedere. Lei glielo dette e Kyle, con gli occhi lucidi, disse, stringendo le mani di Strawberry: “Lo sai, piccola, questo che cos’è? Era il fermaglio che portava spesso la mamma di Ryan, prima di morire… glielo aveva regalato lui, per Natale, ma poi sua madre glielo aveva dato, dicendo di tenerlo sempre con sé e di stringerlo forte, quando stava male o sentiva la sua mancanza. Ryan era un bambino molto solo e sentiva spesso la mancanza dei suoi genitori, quando non c’erano… quando morirono, si sedeva dietro la finestra, quando pioveva e lo stringeva tra le dita, sorridendo…”.

Strawberry, il volto leggermente più sereno di quanto non lo fosse stato negli ultimi sei mesi, disse: “E lui l’ha dato a me…”.

Kyle, piangendo, disse: “Sì, piccolina… l’ha dato a te e tramite quell’oggetto ti proteggerà per sempre… l’ha fatto perché ti voleva molto più bene di quanto immagini…”, poi se la strinse contro e disse, sottovoce nel suo orecchio: “… non ti devi preoccupare… lui non ti ha lasciato da sola e non lo farà mai…”.

Strawberry scoppiò a piangere e pianse per ore, poi, al mattino, distrusse tutto il materiale, che aveva raccolto, e chiese scusa a tutti per averli fatti preoccupare. Disse di voler ricominciare a vivere, disse di voler lasciare dietro di sé Ryan Shirogane, ma adesso Lory si chiese se lo avesse mai davvero fatto.

Cercò con lo sguardo la ragazza attorno alla stanza e la vide che entrava nel laboratorio di Kyle, dicendo che voleva fare delle pulizie; fino a qualche tempo prima, Lory l’avrebbe seguita, temendo che facesse qualcosa di stupido, come aveva fatto in passato, ma adesso non aveva più paura. La lasciò andare da sola.

Strawberry scese lentamente i gradini del laboratorio, dopo essersi chiusa la porta dietro di sé. Premette un interruttore, che accese dei neon nella stanza, che si illuminò appena.

Continuò a scendere le scale, fermandosi di fronte ad un computer, posto su una scrivania, piena di fogli e di cartelle disordinate. C’erano ancora delle provette, piene di liquidi strani, residui del progetto mew mew. Strawberry li analizzò attentamente, fino a trovare una provetta, che conteneva un liquido celeste chiaro, con sopra attaccata un’etichetta con su scritto: “Gatto Iriomote”, poi era stato aggiunto con un pennarello indelebile: “Strawberry Momomiya”, e poi “Ryan Shirogane”. Sorrise stranamente imbarazzata nel vedere il suo nome e quello di Ryan così vicini, ma poi scrollò il capo e prese la provetta, mettendosela in tasca.

Non sapeva se bastasse quello a Ghish, ma decise di non rischiare ed accese il computer di Kyle. Quante ore ci aveva trascorso, facendo complicati schemi per provare, senza nessun ragionevole dubbio, che Ryan era ancora vivo… solo adesso si ricordava le facce sofferenti di Kyle, Lory, Mark, Paddy, Mina e Pam, che la guardavano senza osare però fermarla. Scosse ancora il capo, cercando di scordare quelle immagini e convincendosi che stavolta era diverso, stavolta era vero che Ryan poteva essere vivo, o almeno era quello che diceva Ghish.

Aprì una cartella, che conteneva dei documenti, risalenti a quattro anni prima: c’erano delle schede, su lei e sulle altre, e poi, datata più recentemente, ce ne era una su Ryan. La aprì, trovando tutta una serie di dati su Ryan e su dei test che Kyle doveva aver fatto su di lui, dopo che si era volontariamente iniettato il dna animale.

Vedendo la sua foto sul computer, le venne da ridere a rivedere la sua faccia strafottente. Poi, si ricordò che non aveva tempo da perdere e stampò il documento, che era di due pagine e mezzo.

Mentre la stampante lavorava, prese a mordicchiarsi nervosamente il dito. Fu allora che la porta si aprì, facendovi entrare Kyle.

“Ciao Strawberry!” disse il ragazzo educatamente “Che stai facendo?”. Aveva visto il computer acceso e si era decisamente insospettito.

“Una- una ri- ricerca per la scuola” mentì velocemente, mentre raccattava il suo foglio che cacciò velocemente in tasca “Adesso vado, devo finire di spazzare il viale…”.

Strawberry spense velocemente il monitor e corse fuori, mentre Kyle la guardava preoccupato.

Kyle si avvicinò al computer e, dalla lista dei dati recenti, trovò il documento stampato da Strawberry. Guardò malinconicamente la foto del suo vecchio amico di infanzia e mormorò tristemente: “Sembra proprio che tu non ne voglia sapere di lasciarla, Ryan… devi amarla ancora molto, razza di testone…”.

 

 

 

Capitolo un po’ strano, visto che è dal punto di vista di Lory, ma volevo far vedere quale era stata la sua reazione alla morte di Ryan e il suo atteggiamento verso Strawberry! In fondo, mi ha sempre fatto un po’ pena! Lory, intendo! Comunque, sono iper mega ultra contentissima che stiate seguendo la mia fic! Voglio ringraziare specialmente JunJun (grazie tantissimo per i tuoi complimenti, spero che seguirai la mia fic fino alla fine, anche perché ci sono molte altre sorprese… eheheheh… risata di compiacimento di me stessa!), Chibi (sono felice che ti abbia coinvolto tanto, per me è importante saperlo perché così mi sento incoraggiata a continuare!), Mew Pam (per vedere se la tua ipotesi della trasformazione in Art sia giusta non ti resta che continuare a leggere! Questa si chiama TECNICA-PER-TENERTI-INCOLLATO-UN-LETTORE!), Nadia Sakura Kan (questa fic è nata proprio perché non riuscivo a capire come mai il Cavaliere Blu fosse il merluzzo e non Ryan!), Jessy (spero di essere riuscita a ripostare il primo capitolo!), Pfepfer (ho cercato di scrivere più grande che potessi!) e poi Gaia, Dodochan, Yuki, Super_ fan_ di_Ryan, Ichigo chan, Kashia, Super Gaia, Tessa, Maron chan ’ 92, sperando di non aver dimenticato nessuno! Grazie anche a quelli che hanno letto e non hanno recensito! La prossima volta lasciate un piccolo commento! Il prossimo capitolo arriverà nei prossimi giorni anche perché non ci sarò nei primi di agosto e quindi non potrò aggiornare! Quindi a presto! Ciao ciao da Cassie chan! (quest’ultima frase sembrava più una filastrocca che un saluto!)

 

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Capitolo 4
*** Truth&Lies ***


Strawberry era corsa fuori, sospirando di sollievo, mentre si cambiava, dopo aver detto a Mina che lei doveva andare via perch

Capitolo 4 – Truth & Lies

 

“… and you can easily gamble you life away, second after second, and day by day…” - Sugababes

 

Strawberry era corsa fuori, sospirando di sollievo, mentre si cambiava, dopo aver detto a Mina che lei doveva andare via perché doveva vedere Mark. Era davvero troppo importante, non ce l’avrebbe fatta un giorno di più ad aspettare prima di fargli le famose domande, di cui le aveva parlato Ghish. Solo tramite quelle domande, avrebbe finalmente saputo la verità… se Ryan è ancora vivo, o no…

Odiava mentire a Mark e non dirgli la verità, ma sapeva che lui se la sarebbe presa molto se avesse saputo una cosa del genere. Non aveva sopportato Ryan , quando era ancora vivo, figuriamoci sapere che la sua ragazza pensava ancora a lui, e poi era convinta che fosse vivo, e stava indagando con un alieno, che poco tempo prima, se la sarebbe volentieri portata sul suo pianeta.

No, era escluso che potesse dirgli qualcosa… sospirò leggermente, mentre si sfilava la divisa del bar. Si ricordò di un’altra cosa, che doveva fare prima di vedere Mark… estrasse dalla borsa il cellulare e compose un numero, che aveva trovato pochi minuti prima sull’elenco telefonico.

Una voce maschile annoiata rispose, dopo una decina di squilli: “Centrale di polizia di Tokyo… in che cosa posso esserle utile?”.

Strawberry sospirò, dando inizio all’ennesima commedia: “Buongiorno, mi chiamo Akane Harukaze e sono al primo anno dell’Accademia di Polizia… volevo chiederle gentilmente un piacere… ci hanno dato da fare una ricerca sulle procedure da adottare in caso di incidente stradale e mi hanno chiesto di compilare per esercitazione un finto verbale… potrei eventualmente consultarne qualcuno dei vostri per poter capirne meglio la struttura?”.

La voce replicò: “Sa, signorina Harukaze, si tratterebbe di venire domani perché oggi c’è stato un incidente sull’autostrada nord- occidentale e non troverebbe nessuno che la possa aiutare… può aspettare fino a domani?”.

“Certamente…” ribatté Strawberry, decisamente sollevata che la sua idea si fosse rivelata azzeccata. Evidentemente erano abituati a sentire di quelle richieste.

“Bene, allora venga domani mattina verso le 11, 30 e chieda di me… il mio nome è Rob Landon…”.

“La ringrazio molto… allora a domani…”. Strawberry chiuse la conversazione, decisamente soddisfatta. Si mise una gonna longuette di raso color avana e un maglia con le maniche a tre quarti bianca. Calzò un paio di stivaletti di pelle nocciola e legò i capelli in una coda con un nastro bianco di raso. Era perfetta, così come la voleva Mark.

Così, come mi ha sempre voluta Mark… si riscosse, mentre si guardava allo specchio, cancellando quel pensiero.

Salutò le amiche e si incamminò verso la stazione, dove aveva appuntamento con Mark. Il ragazzo moro la stava aspettando e teneva in mano un grosso mazzo di rose rosse, che porse alla ragazza non appena arrivata con un bacio.

“E queste per che cosa sono?” chiese Strawberry, leggermente confusa. Aveva paura di aver dimenticato qualche anniversario, cosa che le accadeva spesso.

“Per il fatto che esisti e che sei la mia ragazza” replicò Mark, baciandola ancora, mentre lei sorrideva dolcemente alle sue parole.

“Allora dove si va?” chiese Mark.

“Che ne dici del cinema e poi ci facciamo una pizza?”.

Il ragazzo parve d’accordo, anche se forse intimamente aveva sperato in un altro programma. Non era il tipo da ammettere o da fare addirittura richieste esplicite di questo genere, e poi Strawberry era ancora così dannatamente fragile… dopo la morte di Ryan, lei era semplicemente diventata un’altra persona, una persona, che sembrava aver perso molta della sua forza e della sua luce. La ricordava quella ragazzina con i codini, che sorrideva e arrossiva, quando lui le parlava, che l’aspettava all’uscita dagli allenamenti, quella ragazza insicura, a cui aveva regalato un campanellino, dalla quale non si era separata mai… e, con rammarico, si ricordava anche di un’ adolescente spensierata, che era diventata una paladina della Terra e che lavorava in un caffè, che sorgeva su una piccola collinetta, e che passava il suo tempo a litigare con un ragazzo biondo, di origine americana, che la guardava come se fosse la cosa più bella ed importante del mondo.  

Mark scosse la testa, mentre lui e Strawberry facevano la coda per il cinema. Era inutile pensarci, tanto a quel problema non c’era alcuna soluzione. Strawberry era diventata una specie di scultura di cristallo trasparente; era ancora più bella e lo faceva impazzire il fatto di aver persino paura di toccarla, ma era ormai evidente che la sua fidanzata si sarebbe autodistrutta, se l’avesse forzata a fare qualcosa che lei non voleva. Qualcosa che, invece, per lui, sarebbe stata la chiave per aprire l’immenso portone del Paradiso.

“Cos’hai, Mark?” chiese Strawberry, agitando una mano davanti al naso di Mark  “Sei così pallido!”.

“Nulla” rispose Mark, con un fugace sorriso “Assolutamente nulla”.

 

 

Dopo il film, i due ragazzi erano andati in una pizzeria in centro, che aveva dei tavolini all’aperto, da cui si poteva vedere il panorama del mare, inargentato dal chiarore della luna piena.

Strawberry stava mangiando un pezzo di crostata, quando si ricordò del motivo principale, per cui era uscita con Mark. Poggiò nel piatto il cucchiaio ed esordì, con voce flebile, dato che non sapeva quale sarebbe stata la reazione del ragazzo: “Ascolta Mark… avrei una cosa da domandarti… si tratta di semplice curiosità, non fraintendermi, ma era da tempo che volevo chiedertelo…”.

“Dimmi”.

“Quando dividevi il corpo con Profondo Blu, eri cosciente di te stesso?” chiese Strawberry, la voce ridotta ad un sussurro, mentre, rimbalzando tra le pareti della mente, come in un eco, sentiva ripetere la vera domanda a cui voleva risposta: “Se Ryan è effettivamente controllato da Profondo Blu, è ancora cosciente di sé? Si ricorderà di me?”.

Mark rimase immobile, come se avesse ricevuto un calcio nello stomaco. Perché quella domanda, perché chiedergli di quello che stava cercando di scordare? Alzò lo sguardo su di lei e incrociò le sue grandi iridi color caffè: la sua espressione era timida, spaventata ed imbarazzata, ma i suoi occhi no . Erano insopportabilmente seri, carichi di una luce fortissima, che credeva di non aver mai visto in lei: e capì, capì che di qualsiasi cosa si trattasse, era troppo importante per lei avere una risposta.

“Nella maggior parte del tempo sì” iniziò Mark “Soprattutto, quando ero con la mia famiglia, oppure con i miei amici o con te… ero normalissimo e sentivo solo me stesso in me. C’erano però momenti, in cui non ricordavo che cosa stessi facendo fino a pochi momenti prima, e che non capivo come ero arrivato in un determinato posto. Soffrivo di questa specie di sindrome, da quando ero bambino, anche se nell’ adolescenza, si ripresentava con molta più frequenza. Feci dei controlli, ma ovviamente non risultò nulla. I medici parlarono di una sorta di narcolessia, che però non sembrava avere cure, né un decorso tradizionale, ma che non era nemmeno pericolosa per me, al massimo molto fastidiosa. Così, alla fine, i miei non hanno più insistito per fare ulteriori analisi.

“Poi, quando diventai il Cavaliere Blu, accadde qualcosa di particolare. Sentivo in me il desiderio di proteggerti, e allora sentivo una forte energia erompere dal mio corpo, ma sapevo, anche se inconsapevolmente, che quell’energia non mi apparteneva. Credo che io avessi avuto accesso, grazie al mio desiderio di starti vicino, ai poteri di Profondo Blu e, da allora, non ho avuto più pace. Dopo i primi tempi, in cui perdevo coscienza, trasformandomi, riuscii a controllare i miei poteri, ma sempre in parte… poi iniziai a soffrire di sogni premonitori e visioni, soprattutto su di te…”.

“Davvero?” chiese Strawberry sconvolta “Non me l’hai mai detto…”.

“Sì, sono durate fino alla mia perdita dei poteri due anni fa… avevo anche sporadicamente accesso ai ricordi di Profondo Blu… vedevo grandi sale, con tante persone vestite a festa, balli e ricevimenti e poi soprattutto due alieni, una donna, che non vedevo però mai bene in volto e un altro alieno, biondo e con gli occhi azzurri…”.

“Il Cavaliere Blu?” chiese Strawberry, mentre si ricordava delle domande della sera prima di Ghish. Le aveva chiesto: Se non mi ricordo male, la prima volta che vedesti il Cavaliere Blu, lo scambiasti per Ryan…” e se fosse quella strana somiglianza la causa della necessità di Profondo Blu a prendere proprio Ryan?.

“Già, proprio lui, anche se era vestito in maniera differente” continuò Mark “Credo che i poteri di Profondo Blu fossero suoi… i ricordi di Profondo Blu erano colmi di rabbia e di risentimento verso quella persona, lui lo odiava e non so perché, dato che da quello che ho potuto alle volte percepire, dal modo con cui si rivolgeva a lui, dovevano essere fratelli…”.

“Fratelli?!” replicò Strawberry “Vuoi dirmi che il Cavaliere Blu era il fratello di Profondo Blu?!”.

Mark si passò una mano tra i capelli e disse confuso: “Cercherò di essere più chiaro, anche se non capisco perché ti interessa tanto… non l’ho mai detto a nessuno, perché non mi sembrava importante conoscere la vita di Profondo Blu… comunque, credo che in qualche modo Profondo Blu abbia assorbito i poteri di suo fratello, inglobandogli nel suo corpo… nel momento, in cui sono stato anch’io controllato da lui, gli ho sottratto quei particolari poteri, nel modo in cui ti ho spiegato… così facendo, devo avere assunto l’aspetto dell’antico proprietario di quei poteri, e cioè il fratello di Profondo Blu… hai capito?”.

Strawberry annuì, mordendosi nervosamente il dito, mentre iniziava a capire quale era la questione complicata di cui non aveva voluto parlarle Ghish.

Profondo Blu e il Cavaliere Blu erano fratelli, e Mark si è trovato in mezzo a questa strana situazione, e forse si è trovato in mezzo anche Ryan…

Adesso, capiva perché Ghish non aveva voluto dirle niente: da quello che aveva iniziato a sentire, la cosa doveva essere più strana di quello che pensasse, anche se non riusciva ancora a capire che cosa c’entrasse Ryan. Ma era certa che la questione della somiglianza era la strada su cui doveva insistere.

“Strawberry, che hai?” chiese Mark, sentendo il silenzio improvviso della sua ragazza.

“Niente” sorrise Strawberry “Sto benissimo, è solo che sono un po’ confusa… e un po’ stanca…”.

“Vuoi andare a casa?” chiese Mark, che si stava già alzando.

Strawberry annuì e i due si alzarono. Mark l’accompagnò a casa e la baciò a lungo sulla soglia della porta, poi vedendo il suo viso preoccupato, disse: “Spero di non averti spaventato, dicendoti quelle cose…”.

Strawberry gli sorrise, stringendo le sue braccia attorno al suo collo: “Ero io che le volevo sapere… e poi non mi sono spaventata, è solo che mi sono incuriosita… chissà perché Profondo Blu odiava suo fratello e ha assorbito i suoi poteri…”.

Mark la baciò ancora, dicendo: “Sei una piccola micetta curiosa…”, poi la lasciò andare.

Strawberry entrò in casa, sospirando. I suoi genitori si erano già messi a letto, e l’unica luce accesa era quella nella camera degli ospiti. Salì le scale, dopo essersi tolta le scarpe, e bussò piano alla porta di Ghish.

Aprì la porta e lo trovò seduto alla scrivania, che leggeva un libro, dall’aria molto antica.

“Già tornata?” chiese Ghish, riponendo il libro in un cassetto.

“Sì, l’esperta investigatrice torna a casa dal suo socio, dopo un’estenuante giornata di lavoro…” replicò lei ironicamente, sedendosi sul letto.

“Scommetto che leggevi qualcosa a proposito dei due fratellini alieni…” iniziò lei, stendendosi pigramente sul letto.

“CHE COSA?!”.

“Già, già, mio caro socio misterioso… hai dimenticato che sono legata sentimentalmente ad un ragazzo, che divideva la mente e il corpo con Profondo Blu?”.

Ghish si grattò la testa pensosamente e disse: “Quindi, Mark aveva accesso ai ricordi di Profondo Blu?”.

Strawberry annuì, sollevandosi, e poi chiese: “Tu la sapevi questa storia dei fratelli?”.

“Certo che la sapevo… è solo l’inizio di tutta questa maledetta storia… se troverò conferma anche alla mia ultima teoria, il puzzle sarà completo…”.

“Il puzzle si completa con Ryan, non è cosi?” chiese lei, lo sguardo sempre più desideroso di avere risposte.

“Molto probabilmente sì… comunque, credo che chiamerò Blanche per aiutarci in quel momento… sai, è un’alchimista molto esperta e si dovrà solo teletrasportare qui…comunque, non preoccuparti di questo, è ancora presto…”.

Strawberry si uscì di tasca la provetta e il materiale, che aveva raccolto al caffè, spiegando che il giorno dopo, avrebbe raccolto informazioni alla Centrale, riguardo all’incidente di Ryan e che le risposte di Mark le avrebbe sapute l’indomani.

Chiuse la porta alle sue spalle e ritornò nella sua stanza. Si distese sul letto, poggiando un braccio sugli occhi. Cercò di addormentarsi, ma, niente, il sonno non ne voleva sapere di venire. Vedeva proiettate sul soffitto della sua camera le immagini di Mark e di Profondo Blu, e poi quelle del Cavaliere Blu e di…

Ryan… Dio mio, che cosa c’entra lui con Profondo Blu? Perché dovrebbe volere proprio lui? Il Cavaliere Blu era uguale a Ryan, pensavo che fosse lui… e se effettivamente fossero la stessa persona?

“Ma che cosa dico!” si disse ad alta voce, come per scacciare dalla testa quello strano pensiero. Si accasciò sul cuscino e si addormentò.

La mattina dopo si alzò presto, ricordandosi del suo impegno alla Centrale di Polizia e, dopo aver velocemente fatto una doccia e aver indossato una camicia rosa e un paio di pantaloni bianchi, uscì di casa.

Camminò per strada velocemente, ma la sua attenzione fu attirata da il titolo di un giornale locale, che riportava la seguente notizia: “Spaventoso incidente stradale sull’autostrada nord occidentale”.

Si avvicinò all’edicola e comprò il giornale. Era stranamente curiosa per quella notizia, e non sapeva spiegarsi il motivo.

Quando lesse le prime righe dell’articolo, ne capii il motivo. Era la stessa autostrada, dove Ryan aveva avuto l’incidente.

L’articolo diceva che era stato un incidente pauroso, e secondo gli investigatori, era stato provocato da un’esplosione violenta, che era avvenuta nei vicini stabilimenti chimici, abbandonati da molti anni. Si parlava di un prevedibile sopraluogo del complesso industriale. Per fortuna, non c’erano state vittime, a parte una donna che era rimasta ferita, di nome Halinor Akasaka.

Halinor Akasaka… mi sembra un nome conosciuto, aspetta l’ho letto poco tempo fa, ma dove, maledizione?! Un attimo, che cosa ho letto recentemente? I documenti del progetto mew mew… Kyle… Kyle fa di cognome Akasaka… Halinor, sua sorella, la prima mew mew… ecco, chi è!

Strawberry non aveva mai creduto alle coincidenze, e le sembrava troppo strano che, nel giro di tre anni, due persone che erano state coinvolte nel progetto, avessero avuto un incidente su quella strada. Certo, poteva anche essere un caso, ma non si sentì di escludere niente. Si ricordò che, in fin dei conti, stava proprio andando alla centrale di Polizia e quello era certo il posto migliore, dove indagare anche sull’incidente di Halinor. Ma, intanto, pensò che fosse il caso di chiamare Kyle per sapere qualcosa di più e, soprattutto, se Halinor stava bene.

Prese il cellulare e chiamò il Caffè. Rispose Mina, che dopo mezz’ora di rimproveri sul motivo, per cui si era dovuta prendere la mezza giornata libera, le passò Kyle.

“Ciao Kyle. Sono Strawberry… ho saputo di tua sorella, come sta?”.

“Sta bene, per fortuna… mi ha detto che era ferma perché stava facendo una telefonata e per questo, l’esplosione l’ha colpita solo di striscio… il vetro del parabrezza si è però rotto e un frammento le si è conficcato nella gamba… la terranno in ospedale solo per un paio di giorni, credo…”.

“Sono contenta… vuoi che faccia qualcosa per lei? Stamattina sono libera verso il tardi…”.

“Se puoi, potresti portarle delle mele… mi ha chiamato e mi ha detto che non le piace la frutta dell’ospedale… che razza di ragazza viziata!”.

“Non ti preoccupare” rise Strawberry “Ci penso io… e poi ho proprio voglia di rivedere Halinor…”.

Dopo chiuse la conversazione, incamminandosi vero la stazione di Polizia.

Ci arrivò, dopo una trentina di minuti, e, dopo essere entrata, chiese all’ingresso se ci fosse l’agente Rob Landon. Un poliziotto le indicò una porta a vetri sulla destra, che la ragazza raggiunse, chiudendosela alle spalle.

Rob Landon era seduto dietro una scrivania e stava parlando al telefono; mormorava frasi di scusa, intervallate da sospiri e da sguardi rivolti al cielo. Poi, si accorse della presenza di Strawberry e si affrettò a chiudere la conversazione.

L’uomo si alzò dalla sedia e disse, cerimonioso: “Scommetto che lei è la signorina Harukaze…”.

Strawberry annuì e disse: “Spero di non disturbarla… l’ho visto molto impegnato…”.

L’agente si passò un fazzoletto sulla fronte sudata e disse, chiaramente stanco: “A dirla tutta, lo sono… sa per quell’incidente sull’autostrada nord occidentale… mi ha chiamato il sindaco, chiedendomi come mai i materiali presenti nel complesso chimico non siano stati ancora eliminati… maledizione, se qualcuno ci avesse detto di farlo…”.

“Senta, se è così occupato, posso tornare domani…”.

“No, non si preoccupi… tanto lei non credo che abbia bisogno del mio aiuto…faccia pure con comodo e consulti lo schedario lì a destra… l’unica cosa che le raccomando, nel caso dovesse entrare il maggiore, dica di essere mia nipote per favore, altrimenti mi comincia a riempire la testa di rimproveri… è solo che anch’io all’ Accademia, avevo spesso bisogno di essere aiutato e se non fosse stato per i poliziotti di allora, non sarei diventato quello che ora sono…”.

“La ringrazio davvero molto” replicò Strawberry. Le cose si stavano mettendo decisamente per il meglio.

“Ora la devo lasciare… mi raccomando lasci tutto in ordine…”.

L’uomo si richiuse la porta alle spalle, lasciando Strawberry sola. La ragazza si diresse subito verso lo schedario, aprendo un primo scomparto, che segnava però gli incidenti di ben sette anni prima. Ne aprì uno posto più in alto e vi trovò una data più recente, finchè arrivò agli incidenti avvenuti tre anni prima, e in particolar modo, nel mese di dicembre.

Tirò fuori una cartella color avorio, che conteneva un certo numero di fogli spillati tra loro. Si sedette sulla scrivania e iniziò a scorrere i vari rapporti, finchè trovò quello che le interessava.

<<Ryan Shirogane, nato a S. Francisco e deceduto a Tokyo all’età di diciannove anni, a seguito di un incidente stradale, avvenuto sull’autostrada nord occidentale al chilometro 254…>>.

Il rapporto sembrava uno dei più lunghi lì presenti, constava di almeno dieci pagine, e perciò decise di farne una fotocopia. Notò nell’angolo dell’ufficio una macchina fotocopiatrice e iniziò a copiare i vari fogli, non tralasciando le fotografie e i vari referti della scientifica.

Non appena terminò, rimise a posto il rapporto e conservò i fogli fotocopiati nella sua borsa. Poi, si ricordò dell’incidente di Halinor e decise di controllare. Magari, il rapporto sarebbe stato meno completo di quello di Ryan, ma tanto valeva che cercasse.

Lo trovò nei primi scomparti dello schedario e fotocopiò anche quello, dopo che si accorse che effettivamente anche l’incidente della sorella di Kyle era avvenuto, non solo sulla stessa autostrada, ma anche alla stessa altezza, il chilometro 254.

Mise anche quei fogli nella borsa e si decise ad uscire, dopo aver lasciato un biglietto di ringraziamento per l’agente Landon. Uscì velocemente dalla centrale e, non appena fuori, sospirò di sollievo, dato che era andato tutto bene.

Una voce la fece sobbalzare: “Ciao Strawberry!”. Era Mark.

“Cia- ciao Mark” balbettò lei, come se fosse stata colta in flagranza di un qualche reato.

“Che cosa fai? Non dovresti essere a lezione? E poi perché sei uscita dalla Centrale della Polizia?” la martellò lui.

Veramente, mi sono finta una studentessa dell’ Accademia di Polizia, ho quasi rubato un verbale di un incidente stradale, e sai di chi era quell’incidente? Sai, Ryan Shirogane, il mio vecchio datore di lavoro, quel bellissimo ragazzo biondo dagli occhi celesti, quello, per cui sono stata quasi ricoverata in una clinica psichiatrica, quello che non mi sono mai dimenticata? Io e il mio amico alieno siamo convinti che sia ancora vivo…

Strawberry scosse il capo e mormorò: “Niente di particolare. Ho portato un portafoglio che avevo trovato…”.

“Capisco” replicò piatto Mark.

“Signorina Harukaze! Signorina Harukaze! Ha dimenticato il suo cellulare!” la chiamò l’agente Landon.

Strawberry, senza pensarci, si girò e sorridendogli, prese il cellulare e lo ringraziò ancora. Poi, si ricordò della presenza di Mark, che le chiese: “Perché ti ha chiamata così?”.

Strawberry arrossì imbarazzata e replicò velocemente che forse si era sbagliato.

Ma Mark insisté: “Ma, c’è una bella differenza tra il tuo cognome e Harukaze, non credi?”.

Strawberry, messa alle strette, replicò stizzita: “E allora?! Che cosa vuoi insinuare?!”.

“Assolutamente niente” rispose Mark tranquillo, mentre Strawberry iniziava a perdere la pazienza “E’ solo che devi ammettere che in passato ti sei comportata in maniera strana e, per questo, sono preoccupato per te…” .

Strawberry si fermò di colpo e urlò arrabbiata: “Già, la povera Strawberry stava diventando pazza, perché non riusciva a dimenticare una persona e il suo perfetto fidanzato adesso è convinto che la malattia mentale non le sia mai passata! Ma chi ti credi di essere, Mark?! Un dio in terra?! Il difensore della principessa mentalmente instabile?! Tu devi smetterla, la dovete smettere tutti! Io sto bene e non lo sono certo per merito vostro!”.

“Che cosa vuoi dire?!” la interruppe Mark, adesso veramente arrabbiato “Che non ti abbiamo aiutata?!”.

“No, io non ricordo!” riprese Strawberry, il viso sempre più rosso “Nessuno mi ha capita, nessuno riusciva a comprendermi, nessuno si è mai preso la briga di venirmi a parlare, a dirmi che dovevo andare avanti…a parte Kyle, di me non importava niente a nessuno… e, se proprio lo vuoi sapere, avrei preferito mille volte che fossi morto tu, invece che Ryan… lui, almeno, non mi avrebbe mai lasciata da sola…”.

Non credeva a quello che aveva detto. Davvero aveva detto una cosa del genere? La rabbia lasciò il posto per qualche istante al senso di colpa per il dolore, che aveva inferto a Mark. Lui soffriva, lo capiva nei suoi occhi scuri, ma, nonostante questo, si era sentita davvero molto ferita dal suo comportamento e l’astio aveva fatto il resto, facendole dire cose anche non vere. Certo, sarebbe stata malissimo, se Mark fosse morto, ma le venne da chiedersi se avrebbe sofferto di meno o di più di quanto aveva sofferto per la perdita di Ryan.

Non voleva rispondersi a quella domanda, e perciò voltò le spalle al suo ragazzo, ancora sconvolto, e se ne andò. Non voleva rispondere a quella domanda, di cui, in fondo, sapeva già la risposta. Non voleva rispondere… ancora…

 

Come sono perfida! Certo che gliele sto facendo passare di tutti i colori al merluzzo! Un po’ mi dispiace, ma in fondo questa è la MIA storia e posso farlo patire come mi pare e piace!! Ehehehe… essere così diabolica ha un certo fascino!! Allora, tornando a noi, ringrazio ovviamente tutti coloro che mi hanno recensito (grazie soprattutto a Nadia Sakura Kan, la tua recensione mi ha fatto quasi piangere!!), comunque non mi aspettavo davvero tanti complimenti, per questo ho aspettato tanto per pubblicarla perché pensavo fosse una mezza schifezza! Quindi un mega ultra bacione anche a Jessy, Maron chan 92, Pfepfer, (posso chiederti perché hai scelto questo nick? Mi ha sempre incuriosito!), Strega 91, Tessa e sempre gli altri che mi posso essere scordata, dato che sono molto celebrolabile! Mi auguro che questa fic vi stia emozionando tanto quanto ha fatto emozionare me, mentre la scrivevo!!! Comunque non vi preoccupate per Lory e il merluzzo… hihihihi… risata crudele di soddisfazione!!! Mi ero ripromessa di essere più breve stavolta e invece ho scritto di nuovo un mega brodo…  quindi a presto! Ah già comunque, prima di concludere, vorrei aggiungere che io non ci sarò fino al 10 agosto, quindi non potrò aggiornare, ma quando torno vorrei trovare un sacco di recensioni!!! *_* occhietti speranzosi, pieni di stelline luminose… vabbè, comunque buone vacanze! Ciao ciao da Cassie chan! (mi piace troppo sto saluto!)

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Capitolo 5
*** A line between life and death ***


Capitolo 5 – A line between life and death

Capitolo 5 – A line between life and death

 

 

 “…la descrizione di un attimo, le convinzioni che cambiano e crolla la fortezza del mio debole per te…”--- Tiromancino

 

 

Strawberry era seduta su una fredda sedia di plastica rossa nella camera di Halinor. La ragazza aveva sempre avuto un rapporto preferenziale con la sorella gemella di Kyle, che era praticamente identica a lui, a parte due luminosi occhi verde giada. Halinor, durante il progetto mew, non si era fatta vedere molto spesso; lavorava, infatti, a Parigi e faceva la stilista per un’importante casa di moda, ma le rare volte, in cui era tornata in Giappone, aveva sempre passato molto tempo a parlare con Strawberry, congratulandosi per il fatto che riusciva a portare avanti uno stile di vita che lei stessa probabilmente non avrebbe sopportato. Infatti, spesso diceva scherzosamente che ringraziava il Cielo che ci fosse stato quel rigetto del dna del gatto iriomote, altrimenti al posto di Strawberry, ci sarebbe stata lei.

Dopo la morte di Ryan, l’aveva vista più spesso; Halinor, infatti, che era praticamente sempre rimasta accanto a Kyle per tutta l’infanzia e l’adolescenza, fino alla sua partenza per Parigi, aveva conosciuto molto bene Ryan e gli era affezionata; inoltre, sapeva anche bene come Kyle lo considerasse quasi un fratello, e per questa ragione, era tornata per stare accanto a lui, nel momento della morte del ragazzo biondo. Poi, dopo tre mesi, era ritornata a Parigi, per ripresentarsi un anno dopo, dicendo che aveva avuto un importante contratto con la casa di moda di Pam e che, da quel momento, avrebbe vissuto in Giappone. Strawberry ne era veramente felice, ma per una cosa o per l’altra, non si erano mai potute vedere, ma adesso che si sentiva così dannatamente confusa e in colpa, aveva proprio bisogno di parlare con lei. Con quella, che in cuor suo, aveva sempre considerato la sorella che non aveva mai avuto…

“Certo che non gli hai detto una cosa molto bella…” stava dicendo Halinor, addentando una mela rossa, mentre stava distesa nel letto dell’ospedale, con la gamba fasciata “Capisco che Aoyama sia rimasto sconvolto… sembra quasi che tu gli abbia detto di essere innamorata di Shirogane…”.

Strawberry, per poco, non cadeva dalla sedia, mentre urlava, paonazza: “Che cosa?! Ma non dire sciocchezze, Halinor! Io sono innamorata di Mark, non di Ryan!”.

Halinor non si scompose minimamente e continuò a mangiare tranquillamente la sua mela. Poi, sollevando lo sguardo e vedendo l’espressione contrariata di Strawberry, disse: “Scusa, mettiti un attimo nei panni di Aoyama… tu rimani più di tre anni in uno stato psicologicamente instabile a causa della morte di un tuo amico, che, sebbene sia stata improvvisa, dopo un po’ non avrebbe dovuto più farti male… e poi esci da una stazione di Polizia, senza che sembra che tu ne abbia una reale giustificazione, lui cerca di capirla, ma, nonostante lui si sia comportato da perfetto fidanzato, standoti accanto e non nominandoti neanche Ryan, tu gli rinfacci che non è stato abbastanza e che pensi addirittura che, se lui fosse morto, non saresti stata nella stessa maniera, perché Ryan non ti avrebbe mai lasciata sola… e poi lo vai a dire proprio al tuo Cavaliere Blu… insomma, capisco la rabbia e il nervosismo, ma tutte queste incapacità di guardare oggettivamente la realtà, ce le hanno solo le persone innamorate… scusami, ma è così… e poi, io e te sappiamo che sei innamorata di Mark, ma, dopo tutto quello che è successo, credi che lui lo pensi ancora?”.

In effetti, adesso che ci pensava, Strawberry doveva ammettere che messe in quella maniera, le cose sembravano stare proprio così. Magari Mark era convinto che la sua reazione eccessiva fosse dovuta al fatto che lei era innamorata di Ryan…

Che assurdità le venne da pensare Lo sanno tutti che io sono persa di lui, figuriamoci se sono innamorata di Ryan… io ho soltanto la convinzione che lui sia vivo, e sto solo cercando di scoprirlo assieme a Ghish, punto e basta.

Ma, sebbene quelle parole nella mente risuonavano così lapidarie e semplici, sentiva invece, lo stomaco contratto a quei pensieri.

Halinor interruppe il suo pensare e disse: “Bè, allora come va all’università?”.

“Bene” mentì lei, mentre era ancora travolta dalla marea di idee che le stavano balenando in testa, poi si ricordò del fatto che anche Halinor aveva avuto l’incidente sulla stessa autostrada di Ryan e allora si affrettò a chiedere come fosse avvenuto.

Halinor le ripeté esattamente le stesse cose che aveva anche distrattamente letto nel rapporto della polizia, ma poi aggiunse qualcosa che a Strawberry fece accapponare la pelle.

“Sai, la cosa più strana è stata che, mentre gemevo stesa per terra, dopo l’onda d’urto dell’esplosione, mi è sembrato di vedere qualcuno…” disse Halinor, mordendo un dito nervosamente.

“Qualcuno?! E chi?!” chiese Strawberry, cercando di fingersi indifferente, mentre il cuore le stava per uscire dal petto.

“Non so chi fosse, sono certa che doveva essere un ragazzo abbastanza alto e dal fisico asciutto” continuò Halinor, leggermente più pallida “Io ero stesa per terra e avevo il sangue, che mi copriva gli occhi, e che mi impediva di vedere bene, ma ho visto un’ombra avvicinarsi e stendere un braccio su di me… ma, mentre mi stava per toccare la spalla, l’ho sentito urlare e dire qualcosa. Poi, è scappato via. Non l’ho visto in faccia, ma solo di spalle, e mi sembrava che fosse… qualcuno che conoscevo, o almeno mi ha dato quell’impressione…”.

Strawberry era rimasta immobile, mentre una domanda le prendeva completamente i sensi.

E se fosse Ryan?

Doveva scoprirlo, saperlo… decise di andare a casa subito per parlare con Ghish, aveva bisogno di troppe risposte e tutto quello che poteva fare, l’aveva già portato a termine.

“Scusami Halinor, ma adesso devo proprio andare… mi dispiace, ma verrò a trovarti domani” disse, alzandosi.

“Ok, non ti preoccupare… a proposito, puoi dare questo a Kyle?” e si chinò a raccogliere da terra una rivista. Ma, mentre lo faceva, Strawberry si accorse, dato che portava una maglietta smanicata, di una piccola macchia rosa che aveva sulla spalla destra, molto simile a quella che aveva lei e che l’aveva contraddistinta come mew mew.

“E questa che cos’è?” chiese, indicandola.

“E’ il residuo della mia breve collaborazione al progetto mew… non se ne mai andata, maledizione” inveì, mostrandola meglio a Strawberry  “Se Ryan fosse ancora qui, me la pagherebbe cara…”.

Strawberry, la voce ridotta ad un sussurro, chiese: “Quella persona… quella che hai visto durante l’incidente, stava per toccarti lì, per caso?”.

Halinor annuì.

Strawberry corse velocemente fuori, dicendo che aveva delle cose urgenti da fare, mentre nella sua mente, prendeva forma la frase: “Le coincidenze non esistono”.

 

 

Strawberry spalancò violentemente la porta di casa, mentre neanche si chiedeva se i genitori fossero o meno in casa. Salì le scale, e si fermò davanti alla camera di Ghish; stava per bussare, poi si ricordò che, cavolo, quella era casa sua e che lei non aveva il dovere di bussare nella camera di un ospite, perciò spalancò bruscamente la porta ed entrò.

“Ghish, se adesso non mi spieghi immediatamente tutta la storia, ti giuro che ti scortico vivo…” iniziò la ragazza, poi si accorse che Ghish non era solo nella stanza, ma, seduta accanto a lui, c’era un’altra persona, che lei non conosceva.

Strawberry arrossì imbarazzata e abbassò lo sguardo, e balbettò: “Scu- scusami, credevo che…”.

“Non ti preoccupare… e poi credo che Ghish abbia sempre bisogno di essere minacciato, altrimenti non combina nulla…” disse la persona, avvicinandosi a lei. Era una bella ragazza, più o meno della sua stessa età: aveva lunghi capelli castano chiaro, con riflessi rossicci, e due grandi occhi azzurro cielo. Sembrava un’umana, ma, dopo un po’, Strawberry si accorse delle lunghe orecchie a punta, nascoste in parte dai capelli.

La mew rosa si illuminò e disse: “Ho capito! Tu devi essere Blanche…”.

Blanche annuì e replicò: “Spero di non aver disturbato… sono arrivata un po’ prima…”.

Strawberry negò con il capo e indicò se stessa, dicendo: “Scusa, non mi sono presentata, anche se penso che tu sappia chi sono… mi chiamo Strawberry Momomiya!”.

Blanche sorrise, dicendo che lo aveva intuito.

“Aspetta… io stavo dicendo qualcosa…” riprese Strawberry, assumendo un’espressione meditabonda, poi ripensò a quello che stava urlando e ricominciò: “Ah, già, Ghish, vedi di spiegarmi bene tutta la storia di Ryan, o non continuerò più l’indagine! Sono sopravvissuta ad una mega litigata con Mark e adesso voglio sapere tutto dall’inizio! E poi, questa situazione mi sta decisamente sfuggendo dalle mani!”.

Ghish, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, sorrise. Lo sapeva che non avrebbe resistito ancora per molto, era troppo curiosa, accidenti a lei.

Incrociò lo sguardo di Blanche, che gli sorrise e gli comunicò telepaticamente: “Devi avere pazienza… deve aver sofferto veramente tanto…”.

Ghish annuì silenziosamente, poi si alzò e disse: “Ammetto che le cose stanno prendendo una piega imprevista ed è, per questa ragione, che ho chiamato Blanche prima del previsto… avremo bisogno del suo aiuto prima di quanto avessi pensato… ma ti ho già spiegato che, se tutto quello che io e Blanche pensiamo fosse vero, la questione sarebbe di una complessità tale che tu non potresti neanche immaginare. Non voglio tenerti all’oscuro, voglio solo che tu non ti faccia illusioni e che non soffra. Forse, tu pensi che la cosa migliore sia che tutto si riveli vero e che Ryan sia allora vivo, ma credimi forse quella sarebbe la soluzione peggiore, almeno per la Terra, per il nostro pianeta e forse per l’intero Universo…”.

Strawberry abbassò lo sguardo. Era così grave, allora… ma per una volta, non le importava niente di tutto il resto dell’Universo, voleva solo sapere se Ryan era vivo o morto. Solo questo… la mia vita dipende solo da questo si disse, nonostante quel pensiero le facesse tremendamente paura.

“Capisco le vostre motivazioni, davvero, ma io ho bisogno di sapere la verità” iniziò Strawberry, poi gli occhi le si riempirono di lacrime e mormorò: “Voi non lo sapete, ma c’è stato un periodo qualche tempo fa, in cui ero convinta che Ryan fosse ancora vivo, e passavo il tempo, facendo delle stupide indagini, cercando di dimostrare a tutti quello che io avvertivo con tanta chiarezza. Era una sensazione fortissima, che sentivo nelle mie vene, nel mio sangue, nelle mie viscere, nella mia gola, e che mi soffocava; avvertivo che Ryan era vivo, e che aveva bisogno di me, ma io non sapevo come fare a raggiungerlo… poi, mi sono convinta che fosse solo una trasformazione del mio dolore, ma essa è rimasta sempre accucciata in un angolo del mio cuore, non andando più via. E’ per colpa sua che io non riesco più a vivere, da quando Ryan è morto, da quando lui mi ha lasciato sola… e adesso mi sembra di essere tornata indietro, e ho paura, una folle paura che stavolta non mi permetterà più di tornare indietro, di tornare alla mia vita, al mio tempo…”.

Strawberry cadde in ginocchio, iniziando a piangere forte. Ecco, era esplosa, non ce l’aveva fatta più. Sentiva le parole di Halinor nella testa, che si sommavano a quelle di Mark, e poi sempre quella voce dolcissima che la perseguitava…

“L’ho trovato per caso e non sapevo che farmene… se vuoi, puoi tenerlo tu, altrimenti lo getto via…”.

Blanche le si avvicinò, chinandosi su di lei e l’abbracciò, poi sussurrò dolcemente: “Ci dispiace tanto che tu stia così male, Strawberry, e, se ci fosse stato altro modo, non credo che ti avremmo coinvolto… ma né io né Ghish sapevamo che Ryan fosse morto e che poteva essere lui l’obiettivo di Profondo Blu. So che le mie parole adesso ti sembrano assurde e vuote, ma credimi se si tratta di Ryan, lo tireremo fuori… lo tirerai fuori, te lo prometto. Ma, dobbiamo essere assolutamente sicuri, capisci? Ti prometto una cosa: adesso tu e Ghish esaminate il materiale che hai portato, quello sull’incidente di Ryan, e vedete di scoprire qualcosa, e se avremo ulteriori prove che la nostra tesi è giusta, stasera ti racconterò tutto. Te lo prometto”.

Strawberry riemerse e disse solo un grazie, asciugandosi le lacrime. Poi, si scusò e uscì dalla stanza.

Ghish, rimasto solo con Blanche, chiese: “Non credi che sia troppo presto? E se poi fosse tutto un buco nell’acqua?”.

Blanche si sedette accanto a lui e replicò: “Correremo il rischio… non vedi come sta? Forse tu ottuso come sei, non ti sei accorto di nulla, ma penso che Strawberry, anche se non lo faccia vedere e non se ne sia neanche resa conto, sia innamorata…”.

“Lo so che è innamorata…” replicò stizzito Ghish “E’ fidanzata con quel tipo, Mark…”.

Blanche gli si avvicinò e lo baciò, dicendo: “Ecco perché ti amo, perché sei uno sciocco… ti posso fare una domanda? Che cosa faresti se io morissi?”.

“Non lo dire neanche per scherzo!” disse lui, stringendola a sé “Smetterei di vivere, impazzirei, non mi rassegnerei mai e ti amerei per sempre…”.

Blanche, sciogliendosi dal suo abbraccio, lo guardò inarcando un sopracciglio, mentre Ghish alzava gli occhi al soffitto, dicendo: “Cavolo, credo di aver capito… come se la situazione non fosse già abbastanza complicata…”.

 

 

Strawberry, dopo essersi calmata, si era seduta in camera sua, alla scrivania, con accanto Ghish. Addentavano dei biscotti che aveva preparato la madre di Strawberry, immergendoli in un vasetto di nutella, mentre leggevano i verbali degli incidenti stradali di Halinor e di Ryan. Sul letto, a gambe incrociate, stava Blanche, che, con accanto una grossa tazza di caffè, leggeva un grosso volume che Strawberry credeva di non avere visto prima nelle mani di Ghish. Ogni tanto, ripeteva qualche frase sottovoce e annuiva pensosamente.

Finiti di leggere i due verbali, Strawberry uscì una piccola lavagnetta, che appese al muro, e un pennarello indelebile rosso.

Poi si voltò verso Ghish e disse: “In entrambi gli incidenti, ci sono cose troppo strane e dato che sono smemorata e tu sei tardo a capire le cose, le segneremo sulla lavagna, hai capito?”.

“Pure tu con questa storia… io non sono ottuso!” urlò Ghish, completamente ignorato sia dall’amica che dalla fidanzata.

“Bene, primo punto strano è che entrambi gli incidenti sono avvenuti sulla stessa autostrada e, come se non bastasse alla stessa altezza, il chilometro 254…” scrisse Strawberry, aggiungendo: “E poi va bene due incidenti nello stesso posto, ma anche a due persone coinvolte nel progetto mew, non mi sembra normale…”.

“E fino a qui ci siamo… ma queste si possono liquidare come coincidenze, ci vuole qualcosa di più…” replicò Ghish, aprendo il verbale.

“Sono avvenute in tutte e due i casi due esplosioni: una è quella della motocicletta di Ryan e l’altra è quella della fabbrica di materiale chimico… ma dalle indagini della polizia, risulta che nello stabilimento chimico erano rimaste solo dei materiali innocui, che, se anche mescolati, non avrebbero mai potuto produrre una deflagrazione del genere…”.

“Ma l’esplosione deve essere avvenuta per forza lì…” l’interruppe Ghish “Halinor aveva appena superato la fabbrica e si era fermata nella corsia d’emergenza, perché aveva avuto una telefonata da Pam, ricordi? E lei ha detto che l’esplosione è avvenuta alle sue spalle e si è logicamente supposto che fosse avvenuta nella fabbrica… e poi ti ricordo che sono state trovate tracce sull’asfalto di manganato di magnesio… da dove sarebbero venute allora?”.

“Peccato che le stesse tracce erano presenti anche sulla moto di Ryan, lo conferma la scientifica” replicò Strawberry, scrivendo sulla lavagnetta, mentre con una mano reggeva il verbale.

Blanche li interruppe bruscamente, chiedendo: “Scusatemi, ma mi è venuto un dubbio… Ghish, come si dice nella nostra lingua l’elemento che ha nominato Strawberry?”.

“Trestral” .

Blanche batté la mano sul copriletto rosa e disse: “Uno a zero per me! L’indole di Profondo Blu è parassitaria, nel momento in cui viene privato del suo corpo, vero? E ha bisogno di un corpo, dato che il suo lo ha perso? Ricordo di aver letto che, quando è allo stato embrionale, deve rimanere immerso in una soluzione con quel sale… e lui ha perso il corpo, dopo lo scontro con voi, no? Il suo è rimasto a Mark…”.

Strawberry prese a battere le mani, colpita, mentre Ghish chiedeva scettico: “Posso capire nel caso dell’incidente di Ryan, quando non dovrebbe aver avuto un corpo, ma quando si è trattato di Halinor, non ne aveva più bisogno…se ha preso Ryan, ora ce l’ha un corpo…”.

Blanche rispose immediatamente: “Strawberry ci ha detto che il ragazzo che Halinor ha visto è scappato via, urlando… se Profondo Blu aveva bisogno di lei per qualche motivo, credi che si sarebbe avvicinato, per poi non impadronirsi di quello che era venuto a prendere? Vuol dire che non riesce ancora a controllare bene il corpo di Ryan…”.

“Ma scusa che poteva volere da Halinor?” replicò Ghish, che non voleva ancora arrendersi.

Stavolta fu Strawberry a parlare e disse: “Credo che volesse impadronirsi dei residui dei suoi poteri… Halinor era la prima mew, ma ci fu un rigetto. Eppure, la macchia rosa che ci contraddistingue, lei ce l’aveva ancora e questo significa che il dna animale deve essere ancora in lei. Solo, quando sparisce del tutto, anche la macchia va via, me l’ha spiegato Kyle… le nostre si sono schiarite, ma ci sono sempre.” .

“E scommetto che il suo scopo è prendersi i poteri delle mew” continuò Blanche, assorta “Dato che non è in grado di controllare bene Ryan, va a prendere la mew più debole… e poi non credo che voglia scoprirsi così presto… evidentemente, non riesce ad unire i poteri del cavaliere blu, che ha sottratto a Mark per il legame telepatico che li legava ancora, la sua essenza, il corpo di Ryan… e l’anima di Leon…” .

“Leon?!” chiese Strawberry, curiosa, poi, vedendo il viso di Blanche, disse in tono di scusa: “Tutto dopo le indagini…”.

“Diciamo che mi avete convinto…” replicò Ghish, arrendendosi.

“Nell’incidente ci sono altri particolari, che non mi convincono” riprese Strawberry “Ryan dovrebbe aver avuto l’incidente alla stessa altezza di quello di Halinor, che come abbiamo già detto, si era fermata, poco dopo lo stabilimento chimico perché aveva ricevuto una chiamata. Ma la scientifica ha trovato tracce di frenata e anche di sangue, molto prima dello stabilimento, mentre da quello che hanno ricostruito, Ryan dovrebbe aver avuto l’incidente più avanti, dove c’era una curva a sinistra, che non avrebbe preso bene, finendo in mare… le tracce sono chiaramente quelle di una motocicletta e il sangue analizzato, era del gruppo A positivo, il sangue di Ryan…perché avrebbe dovuto frenare, se non c’era alcun ostacolo?”.

“Secondo la polizia avrebbe incontrato un veicolo, che procedeva in direzione opposta e, per evitarlo, Ryan sarebbe sbandato e finito in mare…”.

“Lo so, ma come mi spieghi il sangue? Ryan non era ferito, o perlomeno non lo era ancora…”.

“Il veicolo deve averlo toccato di striscio e deve averlo ferito, non credi?”.

“Poteva anche essere, ma avrebbero trovato anche delle tracce dei vestiti di Ryan, strappati dal contatto… e poi, qui dice che il sangue di Ryan era troppo poco denso…”.

“Potrebbe essere sangue sputato, no?” completò Blanche “Ryan, colpito violentemente da qualcosa, ferma bruscamente la moto e rimane per qualche attimo immobile. E’ stato colpito magari allo stomaco, e allora sputa sangue, che, per forza di cose, è diluito dalla saliva…”.

“Già, è vero!” eruppe Strawberry “Non fa una piega!”.

“A parte una… se fosse stato Profondo Blu, non avrebbe mai potuto colpire Ryan, se non aveva un corpo e nemmeno i poteri di Mark, che allora lui possedeva ancora… come avrebbe fatto, allora?”contestò Ghish.

Strawberry aprì la bocca per replicare qualcosa, ma non ne uscì alcun suono. Questo era vero, non avrebbe potuto mai colpirlo fisicamente, ma allora perché Ryan era ferito?

L’esplosione… c’era anche nell’incidente di Halinor, possibile che non c’entri niente?

Iniziò a sfogliare di nuovo il verbale, ma stavolta non riusciva a trovare niente che la potesse aiutare. Si accasciò miseramente sulla sedia. C’era così vicina, ma adesso ammetteva che magari tutte quelle congetture così chiare, potevano anche essere semplicemente accertate coincidenze, le tanto odiate coincidenze.

Stava per arrendersi, quando vide qualcosa che attirò la sua attenzione. Era una fotografia, fatta dalla scientifica, che riprendeva un tratto del gard rail, deformato verso l’esterno per il calore effuso dall’esplosione della motocicletta di Ryan.

Un’ esplosione…

“Un attimo, un attimo” disse, alzandosi dalla sedia bruscamente. Iniziò a fare una serie di strani disegni sulla lavagnetta, mentre Ghish e Blanche la guardavano in maniera strana, non riuscendo a capire che cosa stava facendo.

Dopo qualche minuto, la ragazza si lasciò andare ad un urlo liberatorio e disse: “Questa foto è impossibile! E’ semplicemente impossibile!”.

“Perché?”.

“Semplicemente perchè è sul lato sbagliato, quello destro… Ryan avrebbe preso la curva male e sarebbe finito in mare, ma ovviamente per farlo sarebbe dovuto andare contro la parte sinistra, quella del lato che dava sul mare, non contro quella destra, che seguiva il naturale corso della curva, capite? Se ci dovevano essere tracce dell’esplosione, dovevano essere sul lato sinistro, dove, invece, c’è solo il varco, che avrebbe aperto la moto di Ryan… da dove doveva venire quella deformazione? E poi dalla foto, appare troppo recente… doveva essere avvenuta quella stessa sera…”.

“E come se non bastasse” completò Strawberry, dopo aver ripreso fiato, per fugare le ultime perplessità sul volto di Ghish “Se è avvenuta un’esplosione, è avvenuta dopo l’impatto, e non quando Ryan stava solo frenando…”.

Ghish e Blanche guardarono la ragazza con un misto di ammirazione e sincero interesse. Era indubbiamente vero…

“Bene, credo che adesso possiamo ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente di Ryan…” disse Blanche, e poi lasciò spiegare Strawberry.

“Ryan esce dal locale e va a fare un giro con la sua motocicletta, diretto al porto. Arriva poco prima dello stabilimento chimico, dove si nasconde, secondo me, Profondo Blu, dato che lì è il luogo ideale per conservare il manganato di magnesio, che il materiale di cui ha bisogno per continuare la sua esistenza parassitaria… Profondo Blu provoca un’esplosione, in qualche maniera, forse usando i residui dei suoi poteri, che deforma il pezzo di gard rail. E ovviamente lo fa, solo dopo essersi accorto che Ryan ha il dna modificato, come noi mew. Ryan, vedendo l’esplosione, qualche metro davanti a sé, frena, e molto probabilmente cade dalla moto. Si fa male e sputa sangue. Profondo Blu riesce a stordirlo, approfittando dell’imperfezione genetica di Ryan, e lo porta via; intanto, prende la moto e così vi lascia delle tracce di manganato di magnesio, e la fa andare a schiantare contro il lato opposto della curva, che si trova più avanti, simulando un incidente. Trascina Ryan nello stabilimento e lo tiene lì… e, nel caso non fossi ancora convinto, Ghish,  ho appena notato nella foto del gard rail, dei segni di sangue per terra, che sembrano di trascinamento…”.

Blanche continuò: “Cerca di vincere le resistenze di Ryan, ma ovviamente non ci riesce subito. Passa un anno e, sfruttando il debole legame telepatico, che lo lega ancora a Mark, gli toglie i poteri. Il tempo scorre ancora e cerca sempre di mettere insieme la sua essenza, i poteri di Mark, il corpo di cui si vuole impadronire e di mettere a tacere l’anima di Ryan. Un bel giorno, o meglio ieri, si crede pronto e, vedendo passare Halinor, e anzi fermarsi proprio lì, usa lo stesso trucco dell’esplosione. Si avvicina a lei e tenta di prenderle quella piccola parte di poteri, che lei conserva ancora, ma forse Ryan, vedendo Halinor, che riconosce, si ribella e lo costringe alla fuga…”.

Ghish concluse: “E mi sembra chiaro che il suo scopo sia quello di appropriarsi dei poteri delle mew, tramite Ryan… sa che loro non lo attaccheranno mai… e figuriamoci tu, Strawberry… e poi, come ho già detto, voleva proprio Ryan, perciò…”.

“Bene, mi sa che ci sia una promessa da mantenere…” disse Strawberry, fingendo un’ innocente indifferenza.

Blanche sorrise e disse: “Una promessa è una promessa! E poi sei stata molto brava… Ghish credo che debba cominciare tu…”.

Il ragazzo annuì, rassegnato, e disse: “Tutto è cominciato, quando sono tornato sul mio pianeta… avevo una sensazione strana, sentivo che Profondo Blu, non poteva essere morto così facilmente. Sapevo quanto era potente, quanto male ci aveva fatto, e sapevo che non si sarebbe fatto sconfiggere così. In fondo, Mark si era liberato, ma lui non sapevamo che fine avesse fatto.

“Mi chiesi se potesse esistere per lui un modo per tornare e cercai di informarmi presso la biblioteca della nostra città. E seppi che un modo effettivamente esisteva e questo modo affondava le radici nella stessa vita di Profondo Blu, nella sua stessa storia.  Noi viviamo molto di più di voi, fino a milioni di anni dei vostri, non so se te l’abbia mai detto… il nostro tempo è molto più rapido a scorrere, e milioni di anni dei vostri sono solo qualche decina dei nostri… perciò la storia di Profondo blu comincia molto tempo fa, milioni di anni fa…

 

Finalmente sono tornata!!! Mi mancava tantissimo il mio computer, ma tutto sommato la vacanza è andata bene, considerato che eravamo quattordici persone in una casa, e tutte particolarmente casiniste! Perciò essendo ancora molto scioccata, spero che il mio capitolo abbia avuto un senso!!! Non so se vi piacerà, considerato che una specie di capitolo alla C.S.I, ma volevo che si dimostrasse che Ryan era vivo, senza più alcun dubbio!! Comunque nel caso non vi sia piaciuto, dovrete solamente aspettare perché nel prossimo capitolo, verrà svelata una GROSSA parte del mistero… eheheheh… vi do un piccolo indizio… che nome nuovo avete trovato in questo capitolo? Rileggete e lo saprete!! La risposta nella prossima puntata!!! E adesso come al solito, vado ai ringraziamenti:

Kashia: spero di riuscire ad aggiungere altri capitoli quanto prima, grazie per i tuoi complimenti!

Tessa: anche a me infastidisce il merluzzo, ma purtroppo ne avrai ancora per un po’!! Ma poi leverà il disturbo!!

Meiko: spero di continuare sempre con questo ritmo di scrittura, per adesso sono particolarmente ispirata!!!

Mew Pam: sono contenta di essere riuscita a farti capire i sentimenti di Strawberry, sinceramente neanche a me come personaggio piace granché, perché non ho mai capito perché nell’anime abbia dato dei CHIARISSIMI segnali a Ryan e poi sia rimasta con il merluzzo! Per questo, mi sono molto concentrata su di lei, per cercare di dare una mia personale spiegazione al suo agire!

Nadia Sakura Kan: muoio dalla voglia di anticiparti qualcosa, ma ti posso dire che molte delle tue deduzioni sono giuste!! Le tue recensioni mi piacciono sempre molto, perché sei davvero molto accurata nel dirmi cosa ti è piaciuto e cosa no! Grazie tantissimo!

KillKenny: Ryan torna presto, sta tranquilla!! Grazie del tuo voto e per la fine di Mark abbi solo un po’ di pazienza!!!

Strega 91: ma la tua risata è un simbolo di riconoscimento? Comunque, per sapere dove è finito Ryan, basta che continui a leggere!!

Yuki:  i baci dello scorso cap me li potevo risparmiare, lo so! Ma tanto alla fine MARK DEVE SOFFRIRE!!!

Maron chan 92: l’idea dell’evaporazione del merluzzo non è cattiva, quasi quasi…

Pfepfer: grazie della spiegazione del tuo nick! Per il mio è stata una cosa un po’ più scema… comunque grazie dei complimenti; in questo capitolo non so se sono stata all’altezza dell’ ACCURATA che mi hai dato nella scorsa recensione! Non so se si capisce qualcosa!!!

Jessy: ti confesso che ho provato un sottile piacere nel far dire quella frase a Strawberry, MUORI MERLUZZO MUORI!!!

Come al solito, mi sono stata tre anni a concludere!!! Grazie anche a tutti coloro che non hanno recensito, ma hanno solamente letto!Comunque la prossima volta lasciate anche un piccolo commento, tanto per sapere altri pareri! Ciao ciao da Cassie chan!!!!!!!

 

 

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Capitolo 6
*** Ancestral past ***


“C’era un tempo, in cui noi alieni vivevamo sulla Terra

Capitolo 6 – Ancestral past

 

“… as my memory rests, but never forget what I lost…”----Green Day

 

“C’era un tempo, in cui noi alieni vivevamo sulla Terra. Amavamo molto questo pianeta azzurro, incantevole e stupendo, dove la vita era fatta di milioni di colori meravigliosi. Il nostro era un regno pacifico e sereno, retto da due fratelli: uno lo conosci, il suo nome era Profondo Blu, ma la maggior parte dei diritti di regnante li aveva suo fratello maggiore, Leon, che per spiegarti meglio, è l’aspetto che Mark prendeva durante le sue trasformazioni, il Cavaliere Blu insomma…

“Vivevamo in pace ed armonia, ma Profondo Blu invidiava molto suo fratello, che era molto amato, ma anche saggio, per questo iniziò a studiare una strana scienza, di nome ftelogia, che permetteva di prendere i corpi degli altri e di carpirne le qualità, i poteri, gli aspetti, e lui, infinitamente più debole di Leon, ambiva a prendere i poteri del fratello. Ma la ftelogia richiedeva anni e anni di studio, una grande forza di volontà ed era anche molto pericolosa. Esistevano casi, in cui il praticante poteva trasformarsi in pura essenza, e perdere definitivamente il proprio corpo, ma per il momento, non c’era possibilità che Profondo Blu potesse mettere in pericolo il Re.

“Il tempo passò e il vostro pianeta, ancora troppo giovane, iniziò ad essere soggetto a tutta una serie di sconvolgimenti: ogni giorno, c’erano terremoti, maremoti, eruzioni vulcaniche e cadute di meteoriti. Grazie ai poteri, di cui la nostra razza è dotata, riuscimmo ad arginare molti danni, e soprattutto, impedimmo che ci fossero vittime, cosa che forse non sarebbe accaduta nel caso che voi aveste già abitato la Terra. Intanto il pianeta era invivibile ormai per noi. Il Re decise che ci saremmo trasferiti su un altro pianeta, in attesa che magari il nostro si ristabilisse, e diede l’ordine di costruire un’arca, su cui ci saremmo allontanati dalla Terra. Profondo Blu, ovviamente, non era d’accordo; diceva che sarebbe stato meglio attuare una serie di interventi magici sulla Terra, per renderla più stabile, in modo da poterci continuare a vivere, ma Leon si oppose, non volendo assolutamente rischiare le vite dei suoi sudditi e neanche cambiare di una virgola il pianeta. L’odio di Profondo Blu crebbe a dismisura, ma stavolta riuscì a radunare al suo servizio un gruppo, che lo appoggiava e che meditava vendetta contro il legittimo sovrano.

“L’arca partì e si stabilì su un piccolo pianeta, quello in cui attualmente viviamo, che era gelido e inospitale, ma Leon disse che si trattava solo di una soluzione provvisoria; il popolo si fidava immensamente di lui e accettò di buon grado la soluzione, adeguandosi a vivere lì. Costruimmo intere città scavate nel ghiaccio, e riuscimmo anche a rendere la vita migliore, mitigando il clima, dove sorgevano i più grandi insediamenti. Il tempo passò velocemente e Profondo Blu diventava sempre più potente e si preparava ad assorbire Leon, anche se esitava ancora. Voleva conoscere esattamente i limiti della ftelogia, e perciò indugiava, sebbene incitato dai suoi seguaci.

“Le cose precipitarono, quando la Terra si stabilizzò e quando comparvero i primi esseri umani. Profondo Blu propose di ritornare sulla Terra e di riprendersi il pianeta. Ma Leon non voleva: riteneva che ormai la popolazione si era adattata a quel nuovo pianeta e non era necessario ritornare sulla Terra, che, tra le altre cose, adesso era di diritto degli esseri umani. Ebbero una violenta discussione e anche il popolo per la prima volta, si divise. Molti volevano tornare sulla Terra, ma ce ne erano altrettanti, che ormai avevano le proprie vite e non volevano nuocere ai giovani esseri umani. Inoltre, nella vicenda, giocava molto la secolare fiducia che si aveva nel Re, e nella diffidenza che Profondo Blu istillava negli animi dei sudditi.

“Ma stavolta Profondo Blu non lasciò che le cose procedessero a favore di Leon. Lo attirò in una trappola e lo assorbì, uccidendolo. Era diventato potentissimo e conteneva in sé, oltre a sé stesso, anche il corpo, l’anima e i poteri di Leon. Ovviamente, divenne il Re della nostra gente e il suo primo provvedimento fu quello di convincere la popolazione sulla necessità di tornare sulla Terra. Li credemmo, considerammo gli esseri umani solo una razza inferiore e la terra il nostro legittimo pianeta, il luogo dove eravamo nati e che ci apparteneva di diritto. Fu organizzata una prima spedizione per distruggere gli esseri umani, a cui parteciparono Profondo Blu e i suoi adepti. Profondo Blu pensava di finire tutto in capo a pochi giorni, tanto che aveva già dato ordine di ricostruire l’arca, che ci aveva portato sul nostro pianeta.

“Ma le cose non andarono così… durante un’esplorazione della foresta pluviale, Profondo Blu scomparve nel nulla. I suoi seguaci, tra cui c’eravamo anch’io e Pie, confusi e disorientati, restammo sulla Terra per qualche mese, aspettando che lui tornasse, non sapendo assolutamente che cosa fare senza di lui. Ma lui non tornò, e pensammo che fosse morto, magari divorato dalle fiere del pianeta o ucciso a tradimento dagli esseri umani, anche se voi a quel tempo eravate alla età egiziana e babilonese, perciò non è che avreste mai potuto fare del male al nostro Comandante, anche volendo. Forse avevamo bisogno solo di una conferma, di quanto quell’impresa fosse sbagliata e assurda e perciò ritornammo di corsa sul nostro pianeta, annunciando che Profondo blu era morto. Demmo vita ad una democrazia, ricordando chi, con struggente nostalgia, il nostro vero Re Leon, colui sotto il quale eravamo stati felici e sicuri, chi, con amara voglia di rivalsa, Profondo Blu, la persona che ci aveva convinto che avevamo il potere di fare qualsiasi cosa.

“Ma in realtà, Profondo Blu non era mai morto… aveva solo trovato il limite della ftelogia…

“Non si possono assorbire i congiunti, i parenti, che hanno sangue, carne e anima troppo simile a quella del praticante. Si rischia di non riuscire a trovare un equilibrio tra le varie parti di se stessi e a non imporre mai la propria anima su quella recessiva. Profondo Blu era caduto in uno stato catatonico, mentre lottava disperatamente con suo fratello, all’interno di sé stesso; non riusciva a soffocare l’anima di Leon, che continuava a vivere e a condizionarlo. Passarono migliaia di anni e la vostra civiltà crebbe, arrivando allo stadio attuale e Profondo Blu continuò a lottare con Leon, finchè riuscì ad espellere da sé l’anima di Leon, pur conservandone i poteri. Essa vagò per il pianeta e trovò una persona, in cui si depositò, continuando ad esistere e a vivere, aspettando il giorno, in cui avrebbe potuto trovare suo fratello e farla finita…”.

A questo punto Ghish si fermò incapace di continuare. Ecco, adesso veniva la parte più difficile e complicata. Strawberry, che fino a quel momento lo aveva ascoltato affascinata, come se stesse sentendo una fiaba, inarcò un sopracciglio e disse: “Bè, e che è successo dopo?”.

Blanche venne in aiuto del fidanzato: “Leon continuò a vivere nel corpo di un bambino biondo, che viveva a S. Francisco e che si chiamava Ryan Shirogane…”.

Strawberry spalancò gli occhi e disse semplicemente: “Non è possibile… Ryan, il mio Ryan è Leon?!”.

“Forse messa così la cosa appare strana, ma si può dire che è così che starebbero le cose…” rispose Blanche “Ryan ha i suoi ricordi, una sua anima e una sua indipendenza, ma parte di lui è aliena ed è il nostro vecchio Re, Leon… lui scelse proprio Ryan, perché lui gli assomigliava come una goccia d’acqua, perché avvertiva una somiglianza nelle loro anime e perché sentiva che lui avrebbe rincontrato Profondo blu… non lo fece a caso, lo fece solo per questo…”.

Strawberry rimase immobile per qualche momento, incapace di pensare. Ryan era un Re alieno, parte di lui era Leon… chiuse gli occhi, come ad attutire quel colpo, poi pensò ancora che allora i poteri di Mark erano indirettamente di Ryan…poi, pregò Ghish di continuare.

Lui sospirò e disse: “Era per questo che non volevo dirtelo… sapevo che ti avrebbe sconvolto… comunque, i problemi di Profondo Blu erano appena cominciati. Era la condanna della ftelogia. Chi si macchiava dell’assorbimento del corpo di un fratello, perdeva il proprio ed era condannato a vivere da parassita nel corpo di un altro. Lui non si arrese e prese un terrestre, Mark Aoyama, ma, come ben sai, anche con lui le cose non andavano meglio… occupava il suo inconscio e si imponeva su di lui solo per pochi preziosi istanti. In uno di essi, ci chiamò sulla Terra per combattere contro le mew mew… il resto lo sai…”.

“Ma adesso perché vorrebbe di nuovo Ryan?” lo interruppe Strawberry.

“Per rompere la condanna della ftelogia” continuò Blanche “Durante le ricerche, abbiamo trovato l’unico modo che avrebbe lui per riappropriarsi di un corpo… sarebbe occupare il corpo, in cui si potrebbe incarnare l’anima del fratello, scacciato da sé… ma tale metodo ci sembrava molto difficile. Profondo Blu doveva trovare l’anima di Leon, che per quanto ne sapevamo, poteva anche non essere entrata in nessun terrestre, poi lui era anche troppo debole, dopo lo scontro con voi e i suoi poteri erano rimasti a Mark… avrebbe dovuto contare sulle imperfezioni genetiche, che purtroppo per lui nei terrestri, non sono così comuni, mentre, purtroppo per noi, stavolta Ryan ha… come se non bastasse, dovrebbe di nuovo soggiogare l’anima di suo fratello, quella di Ryan, insomma, stavolta distruggendola, e non è una cosa semplice cancellare un’anima. E poi, mentre si sforzi di farlo, lentamente perderà parte di sé giorno dopo giorno, finchè perderà la ragione e la sua stessa anima…”.

“Ma così lascerà finalmente Ryan!” eruppe Strawberry, le lacrime agli occhi.

“Lui perderà la ragione, questo sì… ciò vuol dire che, se all’inizio vorrà solo prendere i vostri poteri e diventare più potente, così da distruggere la Terra, allora non sarà più in grado di ragionare e probabilmente annienterà l’intero Universo… ma non lascerà mai Ryan, a meno che non sia lui a risvegliarsi, se non si è fatto distruggere, e lotti contro di lui, all’interno di Profondo Blu stesso, distruggendone lo spirito…”.

“E come si può fare per risvegliare Ryan?” chiese Strawberry. Aveva paura, un’immensa paura adesso. Intuiva che forse aver capito che era molto probabile che Ryan era vivo non significava che stava per riaverlo indietro, no… stava tutto solamente per cominciare. Per riprendersi Ryan, doveva lottare con tutte le sue forze…e stavolta, senza garanzia, che ce l’avrebbe fatta.

“Solo il mondo esterno può richiamarlo indietro, svegliarlo… i suoi affetti, le persone che lo amano possono risvegliarlo…” spiegò Blanche “Lui non ha voluto attaccare Halinor, perciò esiste ancora… però per svegliarlo, lo dovrebbe chiamare la persona più importante che abbia mai avuto nella sua stessa vita, e, grazie ad una mia particolare magia, lo dovrebbe chiamare dall’interno, collegandosi con la sua mente telepaticamente… ed è molto pericoloso, perché la persona che si collegherà, potrebbe perdersi nell’ inconscio delle sue stesse paure, prima di raggiungerlo…”.

Strawberry sembrava sempre più spaventata, mentre diceva: “Lui amava immensamente i suoi genitori, ma li ha persi… forse Kyle…magari a lui darà retta…”.

Ghish scoppiò esasperato: “O magari darà retta a te, stupidona! Possibile che tu non l’abbia ancora capito? Se lui è vivo, perché credi che tu sia la sola che non l’hai scordato e che hai continuato a vivere, tormentata da lui? E’ lui che ti sta chiamando, che ti sta dicendo che è vivo, lo sta dicendo solo a te da tre anni… capisci adesso?!”.

Strawberry scoppiò a piangere. Allora non era solo una povera pazza, una ragazza che non sapeva perché non riusciva a scordare una persona, era lui che la chiamava…

Ryan, ti giuro che ti verrò a prendere, ti porterò via da lui, tornerai a casa, tornerai da me…

“Bene, allora che cosa devo fare?” disse, quasi allegra.

“Quanta fretta!” disse Blanche, sorridendo “Dobbiamo prima eseguire la prova decisiva… l’ho tenuta per ultima, perché non volevo spaventarti, né illuderti, e poi perché mi piace troppo vedere lavorare Ghish”.

Tutte e due scoppiarono a ridere, mentre il diretto interessato incrociava nervoso le braccia al petto.

Blanche chiese a Strawberry se avesse una foto di Ryan che la ragazza le porse, dopo averla uscita da un cassetto. La accarezzò per qualche istante, poi la porse a Blanche, che la pose al centro di un cerchio di fiori bianchi e azzurri, che aveva uscito da una borsa di cuoio. Disse di spegnere le luci, e prese una candela azzurra dalla stessa borsa, che accese. Passò la fiamma sui fiori, che bruciarono, sprigionando un odore dolciastro e intenso, e creando un cerchio di fuoco attorno alla foto di Ryan, poi prese la mano di Strawberry, chiedendole di pensare intensamente a lui e al suo desiderio di riportarlo indietro. Strawberry chiuse gli occhi, mentre la mente le si riempiva di lui, dei suoi occhi di zaffiro, dei suoi capelli rifulgenti del sole d’estate, della sua voce calma e dolce…

Blanche la chiamò leggermente, mentre, di fronte a loro, si erano materializzate due sfere di luce, una rossa e l’altra azzurra; la ragazza aliena indicò con il dito quell’azzurra e disse: “Questa è l’anima di Ryan… se fosse completamente umana, dovrebbe essere rossa e, invece, come vedi, è azzurra… è un’anima aliena, anche se solo in parte… è l’anima di Leon…la nostra congettura è giusta… adesso, se le due sfere convergeranno l’una verso l’altra, fino a sovrapporsi, vorrà dire che Ryan è vivo, altrimenti…”. Blanche non continuò, mentre Strawberry si stringeva freneticamente le mani, pregando con tutta sé stessa che si avvicinassero.

Ma sembravano così dannatamente lontane e vorticavano in direzione completamente opposta, e le iniziarono a scendere dagli occhi cioccolato delle grossi e lucenti lacrime, mentre mormorava: “Ti prego, ti prego…”.

Chiuse gli occhi, non volendo vedere più nulla. Dopo un minuto, li riaprì e adesso c’era una sola sfera violetto.

“E’ vivo…” commentò Blanche, abbracciandola.

Strawberry riprese a piangere, mentre si sentiva la persona più felice sulla Terra.

 

E adesso che cosa succederà??? Siete curiosi vero? A dirla tutta, questo è uno dei capitoli che preferisco perché finalmente viene svelato il segreto di Profondo Blu e di Leon, suo fratello, ma le sorprese non terminano qui! Ci sarà un altro personaggio che si intrometterà tra i primi due!! Per il momento dovrete avere ancora un po’ di pazienza! Comunque nel caso non vi sia chiaro qualsiasi cosa, dato che alle volte scrivo, dando per scontate cose che so solo io nella mia mente e che penso di aver chiarito, fatemi sapere! Comunque non so se esiste la ftelogia come scienza, io me la sono totalmente inventata! Ancora una volta passo ai ringraziamenti di rito:

Killkenny: le tue domande avranno una risposta nei prossimi capitoli, non ti preoccupare!

Pfepfer: grazie ancora, lo stile C.S.I. ha fatto confondere anche me, quando ho scritto questo capitolo, ho dovuto fare anche io dei disegnini per non perdermi!

Tessa: sono contenta che tu ti sia potuta collegare anche in vacanza, sinceramente mi sono meravigliata da sola nel fare Strawberry così intelligente! Peccato che nella realtà non sia così!

Amylee: che bello un’altra che legge la mia fic! Comunque non ti demoralizzare, non è che io scriva così bene, a volte mi sembra di scrivere delle schifezze, ma tento sempre di non buttarmi giù! Non farlo nemmeno tu! Comunque grazie dei tuoi complimenti! Abbasso Mark e W Ryan!!!

ChibiCia: spero di essere stata una buona alternativa ai tuoi libri di narrativa! Ti ringrazio per i tuoi complimenti, ti posso assicurare che cercherò di tenerti sul filo del rasoio più a lungo possibile! Spero di appassionarti ancora e di trovarti anche in futuro tra le mie recensioni!

MewPam: sei stata l’unica a capire che tutto il mistero di Profondo Blu si celava dietro Leon! Bravissima! In questo capitolo, hai avuto la risposta alla tua domanda! Ancora grazie per i tuoi complimenti, anche a me questo capitolo piace, anche se ci ho sudato parecchio per finirlo! Blanche sta simpatica anche a me, soprattutto perché mette sotto Ghish e non ti nascondo che a me piace parecchio comandare a bacchetta i ragazzi! Ho cercato di fare quanto prima nell’aggiornare, ma purtroppo devo sempre aspettare che i miei se ne vadano, altrimenti iniziano a sbraitare!

Bene, credo di aver finito! Grazie ancora tantissimo a tutti! Cercherò di aggiornare quanto prima possibile! Ciao ciao da Cassie chan!

 

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Capitolo 7
*** Hell&Heaven ***


Il locale era particolarmente vuoto quel giorno

Capitolo 7 – Hell and heaven

 

“…would you seem lonely, if you were the only star in the night?…”---Duran Duran

 

Il locale era stranamente vuoto quel giorno. Pioveva a dirotto e molta gente aveva preferito rintanarsi in casa, e quindi le giovani cameriere del Caffè mew mew erano sedute pigramente sulle sedie, sbuffando ripetutamente. Una sola di loro spolverava allegra i tavoli, canticchiando, Strawberry Momomiya.

Le ragazze la guardarono meravigliate, mentre non capivano perché fosse così felice. Tra l’altro, Mark aveva appena chiamato, dicendo che non poteva uscire con lei, quel giorno, e lei non aveva fatto una piega.

Accese la radio e iniziò a canticchiare una hit, in cima alle classifiche, mentre si conteneva da saltare sul tavolo, cantando: Ryan è vivo.

Lory la chiamò leggermente e chiese: “Come mai sei così allegra, Strawberry?”. Temeva che fosse, di nuovo, vittima dei suoi frequenti sbalzi d’umore.

Strawberry si voltò, sorridendo: “Non ti preoccupare… non sto impazzendo del tutto! O meglio non sono mai stata pazza!”.

Le altre la guardarono curiose, ma Strawberry disse soltanto: “Sono non più che felice… mi è semplicemente accaduta una cosa stupenda, che pensavo non sarebbe mai successa…”.

“Cosa?” chiese Mina.

Strawberry ripose lo straccio, con cui stava spolverando, e disse, raccogliendo le sue cose, mentre se ne andava: “Un giorno, forse lo saprete… ma per adesso no…”.

Le altre si guardarono ancora in volto, e Paddy disse: “Chissà che cosa sarà… magari si sposa con Mark…”.

“Credo che sia qualcosa di molto importante” disse semplicemente Pam, legandosi i capelli “Le brillano gli occhi… non aveva quell’espressione da anni…”.

“Credi? Non potrebbe essere un’altra cosa, che poi si rivelerà essere un’altra sua macchinazione?” chiese Lory, preoccupata.

“Non penso…” disse Mina “E’ semplicemente troppo felice…”.

 

 

Strawberry era tornata velocemente a casa, correndo sotto la pioggia, che cadeva incessante dal cielo. Era bagnata fradicia anche perché aveva dimenticato l’ombrello, ma non fu per quella ragione che corse a perdifiato per le strade bagnate della città. Quel giorno, sarebbe entrata nella mente di Profondo Blu per riprendersi Ryan, o almeno svegliarlo. Arrivata davanti alla porta di casa, si era tastata nelle tasche per trovare le chiavi di casa, ma, al loro posto, vi aveva trovato un piccolo pacchettino traslucido, ricoperto di una carta argentata, con un fiocco azzurro cielo di raso.

Non ricordava che cosa contenesse, per questo lo aprì e vi trovò una cornice, decorata con delle foglie di cartapesta. Essa conteneva una fotografia dei componenti della squadra mew, al gran completo: c’erano lei, abbracciata a Mark, Mina, che stava seduta accanto Pam, Paddy che si sbracciava, salutando la macchina fotografica, il braccio stretto attorno al collo di Tart, Lory che sorrideva felice, il braccio di Kyle, attorno alle sue spalle esili. Un po’ più in disparte, c’erano Ghish e Pie, accanto ad Halinor e a Ryan… sì, adesso ricordava. Aveva preparato quella cornice, il giorno di Natale, prima di sapere che Ryan era morto, perché voleva fare un regalo a Ryan, per il fermaglio, che lui le aveva dato. Poi se le era messo in tasca e se ne era dimenticata. E adesso lo ritrovava.

Che sia un buon segno?

Preferiva non rispondersi e perciò entrò in casa, dove trovò Blanche e Ghish che stavano seduti in salotto e, teneramente abbracciati, guardavano la televisione.

“Ciao piccioncini!” salutò lei.

“Ciao gattina…” rispose il ragazzo distrattamente, baciando la fronte di Blanche, che le disse: “Allora sei pronta? Sei davvero sicura di volerlo fare? Non so se hai capito quanto potrebbe essere pericoloso…”.

Strawberry, riponendo la borsa sul divano, rispose risoluta che lo sapeva, ma che niente le avrebbe fatto cambiare idea. Voleva salvare Ryan a tutti i costi.

“Bene, non credo che starò tanto a cercare di convincerti… anch’io avrei fatto la stessa cosa, se si fosse trattato di lui…” aggiunse Blanche, indicando il fidanzato, che saliva al piano di sopra “Ma voglio che tu sappia un paio di cose… prima di tutto, sappi che potresti rimanere incosciente anche per un paio di giorni. A te il tempo sembrerà volare, ma, invece, scorrerà molto più velocemente. Secondo: non meravigliarti se vedrai cose strane, a cui non riesci a dare delle spiegazioni. Tu passerai prima per il tuo inconscio, e incontrerai le personificazioni delle tue paure, perciò non ti spaventare. Non stupirti, se ti sembrerà di passare per un vero e proprio tuo inferno…Terzo: la cosa più importante è che tu non troverai il Ryan che ricordi… troverai molto probabilmente una persona, che ha perso la cognizione del reale, che è intrappolata nei fantasmi che Profondo Blu gli fa credere reali, e quindi potrebbe non riconoscerti e anche farti del male. Abbi pazienza, e lentamente capirà chi sei. Se ti chiama da tutti questi anni, vuol dire che non ti ha mai veramente scordato. Quando lo avrai svegliato, spiegagli sommariamente tutto, tranquillizzalo, e dargli qualcosa di tuo, che lo trattenga collegato a te, qualcosa di importante, che gli ricordi subito te. Dilli di lottare contro Profondo Blu, distruggendo tutte le sue immagini che si troverà davanti, mentre noi penseremo a qualcosa per attaccarlo dall’esterno. Dopo, senza perdere altro tempo, ritorna qui. Focalizza nella tua mente l’immagine di questo…” e le porse una pietra di lapislazzuli, incastonata in una spilla tonda “… e ritornerai indietro. Se non riesci a svegliarlo, torna subito indietro, Strawberry. Non perdere tempo, altrimenti non potrò più portarti indietro, davvero”.

Strawberry annuì lentamente e disse: “Tu, invece, mi devi promettere di non parlare di niente né alle ragazze, né a Mark, né ai miei genitori… dopo che sarò tornata, glielo dirò io…”.

Ancora nascondeva la verità, ma stavolta neanche il senso di colpa la appesantiva. Stava per rivedere Ryan e non stava più nella pelle. E non voleva che nessuno la facesse sentire di nuovo, una povera illusa.

“Per raggiungerlo, troverai la chiave in te… in quella particolare dimensione, ogni cosa che desideri e che temi, prende forma, perciò sii sicura e tranquilla, e lo troverai prima…” concluse Blanche, poi l’abbracciò e disse: “Adesso, andiamo a prepararci”.

Salirono di sopra nella camera degli ospiti, dove Ghish aveva preparato tutto. Le tende erano state chiuse e si era creata un oscurità totale, rotta solo dai fulmini e dai bagliori delle candele bianche e lucenti, disposte attorno ad una specie di vasca ovale e allungata, che conteneva un’acqua azzurrina e piena di petali di fiori celesti.

Ghish le fece segno di mettersi una tunica bianca di lino, con lo scollo a barchetta, che c’era su una sedia, che la ragazza indossò velocemente, dopo essersi spogliata dei suoi vestiti in bagno.

Blanche le disegnò una spirale con una strana sostanza oleosa ocra, sulla fronte, poi le fece segno di stendersi nella vasca. L’acqua era fredda e Strawberry sentiva che, però, non la bagnava, anche se i suoi capelli fluttuavano sciolti sul fondo della vasca.

Blanche si sedette per terra e iniziò a recitare una strana litania, che doveva essere in latino, mentre Ghish le teneva stretta la mano, visibilmente preoccupato.

Chissà magari è un rito pericoloso anche per lei…

“Delle anime, il destino è uno solo: salire al cielo e gioire della Pace Eterna di Colui che ci ha creato. Ma un’anima è ingiustamente prigioniera: recessiva, nel suo corpo; prigioniera, nella sua carne, l’anima del sovrano giusto giace nella mente di colui che perse il suo corpo solo per la bramosia del potere. Custode di tutte le anime, falla passare, falla tornare sulla terra e falle vivere il tempo che è suo, come di ogni altra anima. Io, Tua serva che Ti invoco, Ti mando a risvegliarla chi ho scelto, perché bruciante d’amore… solo Tu sai se è degno, e Tu sottoponilo alle tue prove. Perché le ere sono passate, e con loro, migliaia di vite sono trascorse, ma le anime non hanno dimenticato. Non possono dimenticare.”.

Strawberry iniziò a sentire le membra, che lentamente rilasciavano tutte le tensioni, e si abbandonavano mollemente nell’acqua. Anche i suoi occhi non riuscivano a rimanere più aperti, appesantiti dalla luce ondeggiante delle candele e della stanchezza.

Non pensando più a nulla, chiuse pigramente gli occhi, cadendo in un sonno profondo.

 

 

Quando Strawberry riaprì gli occhi, era sospesa in uno strano spazio vuoto e nero, che sembrava non avere mai fine. Faceva freddo, un freddo dannato, che le penetrava fin dentro alle ossa. Per un attimo, ebbe paura, ebbe paura di quel buio, come quando da bambina, rimaneva sola nella sua cameretta, quando sua madre spegneva la luce, lasciandola in preda ai mostri della sua infanzia. Si strinse nelle spalle e iniziò a camminare, senza meta, poi ricordò che cosa era venuta a fare lì… Ryan… lo doveva trovare quanto prima.

Iniziò a correre, anche stavolta senza direzione, pensando solo: “Fatemi arrivare da lui, per favore…”.

Vide in fondo una luce grigia e corse in fretta in quella direzione. La luce era sempre più vicina e ci si gettò all’interno.

Un fascio di luce la investì e frastornata, cadde a terra, avvertendo un leggero dolore alla caviglia sinistra. Riaprì gli occhi e si trovò in una strada, che le sembrava di conoscere, come se l’avesse vista in un sogno.

Era seduta su un marciapiede, e, accanto a lei, c’era un negozio illuminato con le vetrine piene di regali di Natale. Faceva venire caldo quella luce, ma attorno a lei, tutto era grigio e spento. Anche la gente, che camminava per le strade, aveva il volto allegro, ma a lei sembrava spenta, vuota, senza vita, fantasmi che aleggiavano in cerca di qualcosa, che nessuno poteva dare.

Si alzò da terra e iniziò a camminare, sotto il nevischio sporco, che scendeva dal cielo cupo e nuvoloso. L’aria era sempre più fredda e sentiva le mani, come se si stessero lentamente riempiendo di crepe.

Quel posto, quell’atmosfera le risultava familiare, l’aveva già vista, un giorno, tanto tempo fa.

Dopo un po’, camminando, si fermò e si guardò attorno. Era chiaro che quel posto le era conosciuto: quel posto semplicemente non esisteva, era la sua mente che lo stava creando o che lo stava rivivendo. 

Ad un tratto, vide qualcosa che attirò la sua attenzione: un piccolo vicolo stretto e buio. Quella strada le dava una sensazione più forte delle altre e decise di provare in quella direzione.

Svoltò l’angolo della strada, piena di luce grigia, e si ritrovò nella stradina scarsamente illuminata dall’insegna rossa di un locale, che si trovava in una specie di seminterrato.

Lesse l’insegna e le vennero i brividi: “Hell ’s Kitchen”.

Adesso capiva. Quella era stata la strada, che aveva fatto quella sera, che era andata fuori di testa in quel locale. Si era ubriacata e si era addormentata sul bancone, e, per poco, aveva anche evitato di andarsene con un tipo, che aveva appena conosciuto. Poi Mark e Lory l’avevano trovata per fortuna ed era tornata a casa.

Forse, avrebbe rivissuto quel momento. A quel pensiero le venne un nodo in gola e ricordò le parole di Blanche…

Non stupirti, se ti sembrerà di passare per un vero e proprio tuo inferno…

Respirò a fondo ed entrò nel locale, dopo aver aperto una pesante porta di metallo. Si guardò attorno e fumosi ricordi emersero nella sua mente: l’odore di tabacco, le figure spente e vuote, l’atmosfera che ti faceva sentire che, una volta entrato, non ne saresti più riuscito ad uscire. Le venne da piangere e chiuse per qualche attimo gli occhi, come se non volesse vedere più niente. Cadde in ginocchio, mentre le lacrime le rigavano il volto; si era ripromessa di non tornare più in quel posto e, invece, adesso era di nuovo lì. Si sentiva soffocare, come la sua testa stesse per essere risucchiata nel centro della Terra e fu tentata di uscire e non tornare più. Ma poi…

Ryan… io devo salvare Ryan, non riuscirò più a vivere se non lo riporto indietro, non vivrò più se non lo riavrò accanto a me…

Respirando profondamente, si avvicinò al bancone, dove una figura era accasciata. Ancora prima di vederla, sapeva di chi si trattava. I capelli rossi erano distesi pigramente sulle spalle e su parte del viso pallido, e sembrava che stesse facendo un sogno meraviglioso.

Sto facendo un sogno meraviglioso, la ricordo quella sensazione, pensavo che finalmente non esistevo più…

Si avvicinò a sé stessa e si accarezzò la testa dolcemente. La sua altra sé stessa si lamentò nel sonno e disse qualche frase sconnessa, una lacrima argentata, che le scendeva dall’occhio destro.

Strawberry le si avvicinò ancora, dopo essersi chinata per essere alla sua altezza, e sussurrò: “So che adesso hai paura, ma sta tranquilla, non tornerai più qui… questa è stata la prima ed unica volta, avevi solo bisogno di annegare il dolore in un falso ed immediato benessere. Non ti sentire in colpa, il tuo dolore era semplicemente troppo forte e nessuno lo poteva capire…”.

Ad un tratto, sentì dei movimenti dietro di lei e vide Lory e Mark. Le passarono attraverso, come se lei fosse invisibile e immateriale, e andarono a soccorrere l’altra sé stessa.

Strawberry disse ad alta voce, per farsi sentire da quella piccola immagine sfatta e disorientata: “Avrai sempre i tuoi amici e Mark… loro non ti lasceranno mai sola…”.

Lei scoppiò a ridere, una risata assurda e senza motivo di gioia all’interno di essa. Le fece male dentro quella risata, molto più di quello che credesse possibile, sentiva che il cuore le si spezzava in migliaia di frammenti, che le andavano a tranciare di netto le arterie.

Poi, la sentì mormorare: “Non lo rivedrò più e non glielo dirò mai… Non lo rivedrò più e non glielo dirò mai…”.

Strawberry respirò di sollievo, e si avvicinò a lei, che Mark aveva preso in braccio, e le accarezzò il viso, dicendo: “lo rivedrai, non ti preoccupare… io te lo riporterò indietro e gli dirai tutto quello che vuoi…”.

Poi le venne in mente… ma che cosa gli volevo dire?

Le labbra della sua altra te stessa si addolcirono in un sorriso e lei le disse: “Ci sarà altro dolore, non finirà mai il dolore, perché fa parte della vita, ma anche la gioia può tornare. Io te la farò tornare…”.

Ci fu un lampo abbagliante di luce e Strawberry si coprì gli occhi, con il braccio destro a schermarli. Sentii, come il pavimento aprirsi in una voragine, e franare sotto di lei, mentre una voce le riempiva la testa.

Bene, hai superato la prima prova, quella del passato… ma il passato è facile da affrontare, basta raccontarsi che è trascorso, che non tornerà più, ma che ne dici del futuro, angelo dalle ali vermiglie?

Strawberry non capì che cosa voleva dire quella strana voce, mentre una strana sensazione le prendeva la bocca dello stomaco. Sentiva che stava per rimettere, e si coprì la bocca con il palmo della mano. Non credeva che un viaggio compiuto dalla sua mente potesse essere così reale…

Poi, la sensazione passò e si ritrovò ancora in quello spazio buio, in cui era arrivata, ma stavolta esso era debolmente illuminato da una strana luce perlacea. Aprì con timore gli occhi, già tremando per ciò che stava per vedere, e si trovò davanti uno specchio, dalla cornice di legno rosso, decorata con strani simboli. Guardò distrattamente il suo riflesso, e poi con più attenzione, notando che la luce che si diffondeva nell’aria, proveniva da quello che indossava.

Un vestito da sposa.

Distolse lo sguardo dallo specchio e si guardò addosso. Nella realtà, non aveva alcun vestito da sposa addosso, e, come se non bastasse, nello specchio, erano proiettate due pesanti porte dello stesso legno scuro della cornice dello specchio. Sarebbero dovute essere dietro di lei, ma non lo erano, erano solo nel riflesso.

Ancora le parole di Blanche giunsero, a darle un chiarimento… non meravigliarti se vedrai cose strane, a cui non riesci a dare delle spiegazioni…

Sì, ma, anche se sapeva che allora non doveva stupirsi delle strane creazioni della sua mente, adesso che doveva fare? Prima, era stata guidata dalla sua mente a superare quella fantomatica prima prova, ma adesso che doveva fare? Il tempo stringeva e non aveva la minima idea di che cosa doveva fare…

Molto semplice, angelo carminio… scegli una porta…

“Che cosa?!” ripeté la ragazza confusa. La voce non era la stessa di prima: era una voce femminile, più dolce e melodica “Ma si può sapere chi sei? Chi mi dice che non mi stai portando fuori strada? Io devo andare da Ryan!”.

Se vuoi trovare Leon, devi fidarti di me, angelo scarlatto…

La ragazza non se lo fece ripetere due volte, e indicò con l’indice una delle due porte, quella che sembrava più vicina a lei.

Cominciamo, allora, lo spettacolo… il futuro del cuore fatuo…

Strawberry vide ancora il fascio di luce abbagliarla, mentre vagamente intravedeva la porta, che aveva scelto aprirsi.

Quando riaprì gli occhi, per un lunghissimo istante, ebbe dei brividi di freddo, che non riusciva a fermare e che le faceva battere i denti. Ma non c’era alcun motivo per avere freddo e Strawberry lo capì subito, non appena si guardò attorno.

Era in una sontuosa stanza da letto, in stile neoclassico; c’era un enorme finestra di fronte a lei, che dava su delle montagne, coperte di vegetazione smeraldina. Attorno a lei, vide solo il lusso e l’opulenza: c’era un enorme letto a baldacchino, in fondo alla stanza, coperto da un telo di seta azzurra con una stampa un po’ più chiara, mentre più a destra, dopo uno comodino, con un’elegante lampada panciuta  e dello stesso colore del telo del letto, c’era una grande specchiera, dove erano appoggiati tutta una serie di boccette e di bottigliette, dall’aspetto evidentemente molto costoso. Un portagioie aperto mostrava una quantità spropositata di gioielli, troppo sfavillanti e originali, da sembrare falsi, ma dall’aspetto e dalla cura dei particolari, sicuramente veri.

Dietro di lei, c’era la porta della stanza, mentre, accanto c’era un enorme armadio, che prendeva tutta la parete, e arrivava fino al soffitto. Un’anta era aperta e faceva vedere molti vestiti femminili, dai colori più vari e luminosi e dai tessuti molto preziosi. C’era persino alla sua destra, un divano e due poltrone, sempre decorate in colori azzurri, con un piccolo tavolino con sopra un vaso di cristallo, colmo di rose azzurre. Dietro al piccolo salottino, c’era un’enorme libreria.

Strawberry non capiva. Quella sembrava più la casa di Mina, che una casa, che poteva eventualmente essere la sua in un lontano futuro. Che cosa cavolo aveva pensato, da concepire una così straordinaria e ricca fantasia?

Ad un tratto, la porta si spalancò ed entrò una cameriera, preceduta da una donna, che Strawberry guardò totalmente rapita. Era una donna sulla trentina, che aveva i capelli rosso scuro, tagliati corti e in modo molto particolare. Era tremendamente bella ed elegante, con il tailleur blu pervinca, e la collana di perle bianche, che splendeva sul suo decolleté.

Ma Strawberry notò subito che la sua espressione stonava troppo con la sua pelle d’alabastro, perfetta come quella di una bambola di porcellana. I suoi occhi color cioccolata erano piegati in un cipiglio severo e insoddisfatto, ma nello stesso tempo, sembrava infelice, come se tutto il denaro, da cui era ricoperta, la soffocasse, invece di allietarla.

“Signora, perché non vuole andare al ricevimento? A suo marito dispiacerà molto…” aveva iniziato la cameriera, subito sommersa dalle parole, pronunciate con voce stridula e acuta, dalla donna, che adesso era seduta pigramente sul letto.

“Perché non ne ho voglia… e dica al signor Aoyama che non mi importa nulla se ciò gli darà fastidio…”.

Il signor Aoyama?! Mark?! Questa donna è la moglie di Mark… ma allora…

La consapevolezza di chi quella donna era, la fece barcollare tanto che si sedette sulla poltrona, una mano affondata nei capelli, rossi come quelli della sé stessa di fronte a lei, ma certamente molto più lunghi.

“Ma signora… lo sa che suo marito stasera riceverà un importane riconoscimento per il suo lavoro di ricercatore e lei non vuole essere presente?” tentò la cameriera in tono mellifluo. 

“Non mi importa! Non mi importa!” eruppe come una bambina la donna “Io sono stanca di andare a queste stupide feste per fare la pianta ornamentale di mio marito… solo perché io non ho fatto mai nulla, non è il caso di sventolarmi di fronte ogni giorno il fatto che lui è una persona migliore di me…basta!”.

“Ma signora…” tentò la cameriera ancora, ma Strawberry adulta prese ad urlare: “Che cosa vuoi capirne tu?! Va via! Và via, razza di idiota”.

La cameriera lasciò la stanza da letto con un piccolo inchino, mentre la donna bellissima che Strawberry aveva osservato, fino a qualche secondo prima, si era trasformata in un mostro dell’ira e della rabbia, il volto pieno di chiazze rosse, gli occhi lucidi, i capelli disordinati sul capo.

Strawberry si avvicinò lentamente a lei, mormorando: “E’ così tu sei la moglie di Mark… così io sono la moglie di Mark…”.

La donna parve averla udita e sollevò lo sguardo, inchiodato fino a poco prima all’elegante tappeto, posto sotto il letto. La guardò fissa, e, anche se Strawberry sapeva che non poteva vederla, le sembrò che, invece, stesse proprio fissando lei. Ma poi la donna si alzò e prese con foga a gettare per terra le boccette, piene di profumi, infrangendole e ferendosi le dita con le schegge dei vetri.

Strawberry la guardò spaventata, guardò con paura e dolore quel demone dell’infelicità, che si era accasciata tra i frammenti, piangendo e urlando, tra i singhiozzi.

Strawberry non riuscì a impedirsi di piangere a sua volta, mentre si avvicinava alla sua sé stessa, che a differenza di quell’immagine piccola e disordinata, che aveva visto nel bar, dove quel giorno si era lasciata andare al suo dolore, non le permise di farlo.

Si alzò e corse fuori, chiudendo violentemente la porta alle sue spalle.

Strawberry si accasciò piangendo, mentre raccoglieva un frammento sporco del sangue di quella donna…

Del suo sangue, si corresse mentalmente, il sangue versato dalla depressione…

Una sorda esclamazione esplose nella sua mente… che non sia mai così……………….!

La voce rispose: “Destino rifiutato… passiamo, angioletto, a quello del cuore soverchiato…”.

Di nuovo, la luce la travolse ancora in lacrime, mentre sentiva nelle orecchie il rumore di un’altra porta che si apriva. Ebbe paura… se aveva rifiutato il destino della vita con Mark, se quella poteva essere così terribile nelle sue paure, che altro tremendo destino la aspettava? Quello, in cui era ancora una patetica fallita e solamente un’infelice?

Stavolta, aprì subito gli occhi, già certa di ciò che avrebbe trovato davanti a sé.

Era in una strada della città, al tramonto, vicino a casa sua e cioè nel quartiere residenziale. Sembrava non essere cambiato nulla: c’erano sempre le stesse villette a schiera gialle e blu, con dei giardini che le circondavano, carichi di fiori e di alberi non molto alti.

La strada era deserta ed ebbe paura di aver sbagliato…

O magari è solo un destino, in cui sono semplicemente sola…

Furono delle voci allegre a risvegliarla dalle lacrime, che stava per versare e che già premevano sotto le sue palpebre.

Con il sole alle sue spalle, avanzava una donna alta e anche essa molto bella. Più bella di quella che aveva visto prima.

Stavolta, capì subito che era lei. Dovevano essere passati anche in questo caso una decina di anni, ma lei era praticamente uguale a come era adesso: gli stessi capelli rosso scuro, gli stessi luminosi occhi color caffè e la stessa espressione dolce e rilassata.

Strawberry se ne stupì, dopo tanta infelicità, e le corse incontro. La donna sorrideva, mentre teneva in braccio stretto al petto un bambino, con i capelli castani e due grandi occhi azzurri.

Mio figlio… commentò Strawberry  nella sua mente, sorridendo teneramente.

Ma poi guardò meglio e vide che la sua sé stessa teneva nell’altra mano una busta della spesa e il mignolo, lasciato libero dalle dita che stringevano la busta, serrato dalla manina di una bambina di più o meno tre anni, che teneva in braccio un cagnolino bianco con le orecchie a punta.  La bimba aveva capelli biondi a boccoli e luminosi occhi castani, come i suoi.

Mia figlia… pensò ancora con un sorriso. Ma poi una curiosità le prese lo stomaco… chi è il padre?

Quasi come se l’avesse sentita, la bimba iniziò a parlare: “Mamma, quando torna papà?”.

Strawberry sospirò. Ecco, le pareva strano; con chiunque si era sposata, doveva avere certamente divorziato. Ma, mentre guardava il viso della sua sé stessa, la vide sorridere.

“Katy, lo sai che papà torna la settimana prossima… te l’ho detto tante volte ieri… ti manca, vero? Ma, tanto domani non vado a scuola, quindi starò con te, tesoro…”.

A scuola? Allora, in questo futuro, ce l’aveva fatta a diventare insegnante di scuola elementare, come aveva sempre sognato…

Katy annuì e disse: “E a te mamma, manca papà?”.

“Certo, piccola mia… mi manca tanto” commentò con un sospiro, imitato da Strawberry. Almeno stava con qualcuno che amava, lo vedeva dal suo volto… ma, se non era Mark, chi era?

“Lo sai, Katy, che papà lavora tanto, vero?” chiese Strawberry alla bimba.

“Tì…ma perché deve andare sempre in Ameica?”.

 America?!

“Perché papà è un po’ americano, tesoro, e lì ha i suoi affari, che li hanno lasciato i nonni…” sentii dire Strawberry “Lo sei anche tu lo sai, Katy?”.

“Tì, sono anch’io americana, come papà…” disse gravemente la bimba, suscitando le risate della madre.

Strawberry, intanto, stava iniziando lentamente a capire. Non poteva essere un caso… e se lei si fosse sposata con… quel pensiero le sembrava talmente assurdo, che non riusciva neanche a finirlo… e poi sentiva una stretta allo stomaco… non-non poteva essere, semplicemente non poteva essere possibile…

Poi sentì uno squillo di un cellulare, proveniente dalla borsa della sua sé stessa futura.

“Katy, tieni Miky…” disse, porgendo il bambino alla sorella, mentre usciva dalla borsa il portatile e rispondeva.

“Ryan? Sei tu?” sentii la sua voce dire “Dove sei? Katy sente tanto la tua mancanza…”.

Un attimo di silenzio, poi…

Un sussurro.

Più forte delle grida di quell’altra sua disperata sé stessa.

“Certo che la sento anch’io,  sciocco…ti amo anch’io…”.

Lei aveva appena detto a Ryan che lo amava, aveva detto a Ryan che lo amava… in quel futuro, lei era la moglie di Ryan e aveva avuto da lui due meravigliosi bambini…

Quelle parole risuonavano lapidarie nella sua mente e, non seppe perché, le dettero i brividi. La sua sé stessa futura chiacchierava tranquilla al telefono e adesso aveva passato il cellulare alla figlia, che diceva: “Ciao papà! Quando torni a casa?”.

Le vide allontanarsi, mentre iniziava a tremare leggermente, come se avesse la febbre. Cadde in ginocchio, mentre la visione spariva, lasciando il posto al vuoto nero di prima. Si guardò le mani scioccamente bagnate da piccole lacrime, versate, mentre aveva sentito quelle piccole parole, così dolci, così serene  e tranquille…

La sua sé stessa era felice, e per un attimo la invidiò… lei era felice con Ryan, lei era innamorata di Ryan…

E io allora? Io di chi sono innamorata davvero? Se non lo sono di Ryan, perché la mia mente mi ha mostrato quell’immagine? Perché sono qui?

Prese a singhiozzare forte, sentendosi tremendamente confusa. Per un attimo, ebbe la forte sensazione di tornare indietro, poi ancora quella voce interruppe i suoi pensieri.

Hai visto, angelo scarlatto? L’hai visto il tuo futuro? E’ completamente pieno delle paure… tu hai paura, messaggero dell’amore…

“Di che cosa avrei paura?” chiese Strawberry, in un sussurro, il viso affondato nelle mani, coperte di lacrime, che si vergognava di versare, così, senza motivo e senza possibilità di fermarle.

Il destino del cuore fatuo ti ha mostrato la paura del tuo presente, angelo vermiglio, di non realizzarti mai, di vivere una vita vuota, accanto ad un uomo, che potresti amare, ma che riuscirà a realizzarsi in tutto quello che tu non sarai riuscita a fare… sei scappata da quella visione, solo dicendoti che potrebbe non andare così… e così ti ho portata altrove…

“Che cosa significava allora la seconda visione?” chiese, sollevando il volto ancora rigato dalle lacrime.

Il futuro del cuore soverchiato… quello dei tuoi desideri e dei tuoi sentimenti, a cui non hai mai prestato ascolto, che hai ignorato, anche questi per paura… e stavolta per la più grande paura, che l’uomo, può provare: quella di essere felice, e quella di amare totalitariamente una persona… questa è la tua più grande paura e per essa, hai rinunciato a tante cose…

“Cosa significa?! Che sono innamorata di Ryan?!” chiese, ad alta voce, la risposta che già premeva nelle pieghe del suo cuore.

Questo lo sai solo tu, angelo cremisi, io non lo so e né potrei dirtelo… se temi quel tuo futuro, devi solo trovare in te la chiave per non farlo realizzare…

Strawberry abbassò lo sguardo e annuì, mentre il suo cuore le diceva prepotentemente: Non vuoi realizzarlo davvero quel futuro? La verità è che il futuro che hai sempre sognato…

La voce proseguì, dicendo: Hai superato tutte le prove, adesso puoi andare da Ryan…

“Aspetta!” chiese Strawberry, mentre già la luce l’avvolgeva “Mi puoi dire adesso chi sei?”.

Mi chiamo Elissa e, tra poco, saprai chi sono… sarà Leon a dirtelo…

La luce avvolse Strawberry, mentre ancora si chiedeva fino a che punto fosse complicata quella storia. Elissa… chi era, se non un’altra figura di quel lontano passato, che aveva risucchiato Ryan?

Quando la luce si esaurì e riaprì gli occhi, si ritrovò nel caffè mew mew. Sembrava tutto uguale a quattro anni prima, le stesse uniformi colorate delle sue amiche e la sua, la stessa atmosfera allegra, le stesse risate. 

Lory, che aveva ancora i capelli legati nelle solite trecce, le stava dicendo: “Muoviti Strawberry! Il tavolo 7 aspetta il conto!”.

“Lory…” disse la ragazza, leggermente meravigliata. E se fosse stato tutto un sogno, e adesso era tornata alla realtà?

“Già, questo è il mio nome… muoviti… lo sai che Ryan si arrabbierà, se non ti spicci…”.

Il cuore perse un colpo. Balbettò: ” Ryan… Ryan è ancora vivo…”.

Lory la guardò, come se fosse pazza, e disse: “Certo che è vivo, perché dovrebbe essere morto?!”.

“Dov’è?” chiese, continuando a non capire.

Lory indicò con il capo il piano di sopra verso il quale Strawberry si affannò, correndo verso la camera di Ryan.

Salì le scale velocemente, incespicando sugli ultimi gradini, e, il fiato corto, aprì con forza la porta della camera di Ryan, quella dove tante volte era entrata senza permesso.

La stanza era perfettamente in ordine, ma di Ryan neanche l’ombra.

Le lacrime iniziarono a solleticarle gli occhi, mentre il suo cuore si piegava all’estrema illusione della sua mente. Era così vicina e anche stavolta era di nuovo tremendamente lontana…

Non hai ancora capito che la tua mente che ti fa questi scherzi, angelo purpureo?

“Elissa…” mormorò, sollevando gli occhi, come a cercare quel suo misterioso angelo custode, che si ostinava a chiamarla con quello strano epiteto.

Cerca il tuo cuore… è quello che è in collegamento con Leon… anche il tuo cuore è prigioniero nella tua vita sospesa, ed è qui che è prigioniero… nel tempo dove hai preteso che la tua vita si fermasse…

Strawberry si guardò freneticamente attorno, fino a che la sua attenzione fu attirata da una scatoletta di legno laccata, di forma rettangolare. Era di legno rosso scuro, con un piccolo dosso, sulla sua superficie esterna.

“E’ questo…” disse, con decisione, poi altrettanto risolutamente, estrasse dalla tasca il fermaglio di Ryan, la cui superficie combaciava perfettamente con il dosso dello scrigno, che si aprì con un piccolo suono metallico.

Bene, angioletto, finalmente hai aperto il tuo cuore… adesso vai da Ryan… io non posso più seguirti, altrimenti Profondo Blu si accorgerà di me… addio, angelo scarlatto… addio Strawberry…

“Addio Elissa…” disse la ragazza, lo sguardo fisso sul piccolo specchio, contenuto nello scrigno, che le mostrava delle immagini di prati colmi di fiori gialli e rosa.

La luce l’avvolse ancora e la portò via. Stavolta avvertii una sensazione strana, come se venisse risucchiata da qualcosa, verso l’alto, e le venne un vago senso di vertigine.

Quando il viaggio finii, cadde pesantemente a terra, il viso affondato nel terriccio bagnato, che si era trovata sotto i piedi. Sentiva un delicato profumo di fiori nell’aria, e vide vagamente qualche petalo depositarsi tra i suoi capelli.

Sollevò repentinamente lo sguardo, cercando di capire dove fosse finita, e vide una casa bianca, di aspetto signorile, molto bella e sontuosa.  Un porticato di colonne si trovava, davanti all’ingresso, e le pareti erano ricoperte di fiori rampicanti, che avevano l’aria di essere dei gelsomini. Del loro profumo, era impregnata l’aria, che odorava anche di iodio, per via del mare, che si estendeva placidamente dietro la casa, che doveva essere a picco su una scogliera.

Non conosceva quel posto, non lo aveva mai visto e, guardandosi attorno, per l’immenso giardino, che circondava l’abitazione, ebbe la sensazione di essere nel posto sbagliato. Poi vide lontano, vicino alla linea descritta dalla costa, lambita dal mare, una città abbastanza grande, con grattacieli alti.

L’ America… sono in America… Ryan…

 

 

Eccomi di ritorno! Avete sentito la mia mancanza, vero? Questo capitolo mi è costato particolare fatica, anche perché sto scrivendo nello stesso tempo un miliardo di cose! Ho dovuto pubblicare una piccola one shot su Buffy, perché una mia amica mi stava minacciando di morte, dato che le avevo fatto leggere solo l’inizio! Comunque, questo è un capitolo abbastanza strano, dato che è sospeso tra due futuri per Strawberry, ma penso che si sia capito quale io preferisca! Nel prossimo, ci sarà finalmente il GRANDE incontro! Vi ho fatto penare sette capitoli, ma alla fine ci sono arrivata! Ed ora i soliti commenti e ringraziamenti:

Strega 91: sono molto orgogliosa di me, visto che sei ancora qui! Scusa per gli errori di grammatica, ma a volte la foga di scrivere non mi fa rileggere le cose che scrivo! Mi dispiace per Ghish, ma almeno se non sta con Strawberry, sta con qualcuno!

Mew Pam: sono contenta che la mia spiegazione ti è piaciuta! Per Leon, mi sono stata ad esaurire per trovargli un bel ruolo! Comunque, nei prossimi capitoli si saprà anche qualcos’altro su di lui! Comunque, grazie anche per aver recensito l’altra mia fic, quella su Buffy! E’ una fic, a cui tengo particolarmente, perché l’ho scritta in una settimana, un record per me, e poi perché mi piace davvero tanto! E comunque alla fine, mi sono messa a piangere da sola, mentre la scrivevo! Quindi sono MOOOOOOOOLTO strana anch’io! Ti ringrazio tanto, sei una di quelle persone che mi fa sempre piacere trovare nelle mie recensioni!

Nadia Sakura Kan: avevo sentito molto la tua mancanza sai? Ti ringrazio ancora una volta per i tuoi commenti, che sono sempre bellissimi e che mi fanno sempre TANTO piacere! In effetti, uno dei miei più grandi sogni è quello di fare la scrittrice, ma penso che ci siano molte altre persone più brave di me, quindi per adesso è un sogno irrealizzabile! Per inventare questa storia, mi sono esaurita e sono contenta che ti stia piacendo! Spero di sorprenderti ancora!  

Kashia: sono contenta di averti impressionato, e pensa che questo non è ancora niente… eheheheh… ci sono in programma GROSSISSIME sorprese… mi dispiace di aver tardato nell’aggiornamento, ma ho avuto da fare!

ChibiCia: ti ringrazio tantissimo per i tuoi complimenti, (ma non avrai esagerato un po’?) anche perché devo dire che far combaciare la mia storia con quella dell’anime è stata la cosa più difficile perché spesso avevo paura di aver capito dell’anime una cosa invece che un’altra! Dato che anche a me com’era la storia originale non mi è piaciuta granché, un giorno potremmo riscriverla insieme!

JunJun: che bello, era da tempo che non ti trovavo nelle mie recensioni! Ancora grazie per i tuoi complimenti, e ti ringrazio anche della tua piccola critica sullo scorso capitolo! In effetti anch’io avevo pensato che la polizia avrebbe potuto sospettare qualcosa, però, almeno per come mi sono immaginata io che fossero andate le cose, ho supposto che la polizia non conosca Profondo Blu e quindi tutta la faccenda del Testral, quindi non sarebbe arrivata a lui! Poi, per le tracce di trascinamento magari avrà indagato, ma non arrivando a niente, le indagini saranno alla fine arrivate ad un punto morto! Comunque, ancora grazie! Mi sono davvero utili queste osservazioni, così cerco di migliorare!

Starli: grazie! Soprattutto del DANNATAMENTE BELLA, mi ha colpito, sai? Ancora grazie, spero di incollarti ancora per molto!

Pfepfer: alla fine, tutto si è chiarito, hai visto? Certo, manca ancora un’ ENORME parte di tutta la questione, ma ci arriverò presto! Grazie ancora!

Grazie anche a tutti quelli che hanno solo letto! Ci vediamo presto! Ciao ciao da Cassie chan!

 

 

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Capitolo 8
*** Eventually you ***


Si alzò da terra, sfregandosi il viso e il polso dolorante, e solo allora si accorse di una figura inginocchiata davanti alla

Capitolo 8 - Eventually you
 

 

 


“…love forever, love is free, let ’ s turn forever you and me…”----Gorillaz

 

Si alzò da terra, sfregandosi il viso e il polso dolorante, e solo allora si accorse di una figura inginocchiata davanti alla casa.

Si avvicinò alla figura, lentamente, quasi temesse che si trattasse ancora di una macchinazione della sua mente, poi vide che non era Ryan.

Era una bellissima donna, con lunghi capelli biondo chiaro, che ondeggiavano lisci nel vento, e due grandi occhi azzurro acquamarina. Aveva un vestito rosa smanicato addosso e un cappello di paglia, con un nastro rosa, sulla testa. Quella donna le ispirò un gran senso di tranquillità e di serenità: sembrava così felice e dolce, mentre batteva le mani, chiamando qualcuno alle spalle di Strawberry. La guardò per qualche istante con un sorriso, ritemprata dalle tensioni che aveva affrontato fino a quel momento, e dimenticò un momento che cosa era venuta a fare lì… sembrava una bambina…

Poi, d’un tratto, capì di averla già vista… con quella stessa espressione, in una fotografia…

Un fulmine le attraversò la mente…nella camera di Ryan, l’ho vista lì… o mio Dio, è sua madre…

In quel momento, seppe di dover girare su sé stessa, ma lo fece lentamente, con paura. I suoi occhi scorsero un bambino biondo, di un anno, con due sconfinati oceani turchesi per occhi, che avanzava lentamente, incerto sulle gambette.

Lo aveva trovato… le ripeteva la sua mente, mentre iniziava a piangere e a sorridere, come una scema. Cade in ginocchio, sentendo un dolore bruciante alle ginocchia.     

Ma il bruciore maggiore lo sentiva a sinistra del petto… Ryan… finalmente lo rivedeva, sebbene in quella forma trappola, che gli aveva fatto prendere Profondo Blu… finalmente sarebbe tornato a casa, sarebbe ritornato da lei, e finalmente tutto sarebbe finito… quell’incubo, che era diventata la sua vita… aveva bisogno di lui, mai come in quel momento, lo capiva in tutta la sua chiarezza… non le importava che questo fosse strano, che doveva averlo scordato, che si era comportata da pazza, che questo forse voleva dire che lei era innamorata di lui… niente aveva importanza.

Solo lui, adesso era importante…  solo il mio Ryan… pensò con spontaneità.

Si alzò per la seconda volta, e stava già per correre ad abbracciarlo, poi si ricordò delle parole di Blanche…

Troverai molto probabilmente una persona, che ha perso la cognizione del reale, che è intrappolata nei fantasmi che Profondo Blu gli fa credere reali, e quindi potrebbe anche non riconoscerti o farti anche del male…

Si fermò all’improvviso incerta su che cosa fare, asciugandosi le lacrime con il palmo della mano. Intanto Ryan era arrivato a sua madre, che lo aveva preso tra le braccia e condotto in casa.

Strawberry li corse dietro, entrando in casa, poco prima che la madre di Ryan chiudesse la porta d’ingresso. Si trovò in un enorme sala, su cui si apriva una scalinata ricoperta di un tappeto blu scuro. Ma stavolta non si fermò a vedere i quadri della sala, le sue decorazioni, i suoi intarsi nei mobili, e i decori del tappeto, ma seguì la madre di Ryan, che aveva portato il figlio in salotto.

Si erano seduti su un divano panna, e la donna dondolava Ryan sulle gambe, facendolo andare avanti e indietro. Lui rideva di gusto e batteva le manine sempre più velocemente.

Strawberry si appoggiò allo stipite della porta, chiedendosi con un sospiro come poteva portarlo via da sua madre, la donna, che aveva amato di più nella sua vita.     

Forse l’unica che ha amato nella sua vita… si disse, mentre una fitta lancinante le attraversava lo stomaco.

Guardandosi distrattamente attorno, vide un grande specchio, che rifletteva buona parte della stanza e vide che c’era qualcosa che non andava. Si avvicinò e sbarrò gli occhi.

La stanza, nel riflesso, era completamente avvolta dalle fiamme, che lentamente si avviluppavano attorno ai preziosi mobili antichi e alle figure di Ryan e di sua madre.

Ecco, come Profondo Blu avrebbe ucciso l’anima di suo fratello… aveva dato a Ryan quella stupenda illusione, che lentamente lo avrebbe distrutto, senza che lui se ne accorgesse. Non c’era un attimo da perdere.

Adesso che aveva trovato Ryan, non lo avrebbe perso di nuovo.

Si affannò e si inginocchiò di fronte a Ryan, ancora in braccio di sua madre. Lui sembrava non vederla neppure.

“Ryan, ti prego svegliati…” iniziò, le mani fredde sul viso del suo bellissimo bambino “Ti prego, sono io… sono Strawberry…sono venuta a prenderti… gli altri sentono tanto la tua mancanza, e credono che non ci sia più… anche io l’ho creduto, per tanto tempo, ma, in fondo al cuore, sapevo che stavi bene e che eri solo prigioniero…”.

Niente, il bambino continuava a sorridere, felice nell’abbraccio di sua madre, sordo alle parole della ragazza.

“Questa donna non è tua madre, è solo un’illusione di Profondo Blu… Ryan, tua madre non c’è più, e anche tuo padre, ma tu mi hai detto che noi eravamo la tua famiglia e che eri felice di avere noi… ti prego, Ryan, ritorna da noi… noi abbiamo bisogno di te…”.

La voce le si spezzò, vedendo gli occhi sempre ottusamente raggianti di Ryan. Strinse le mani di Ryan nelle sue, appoggiandovi la fronte sopra e iniziò a piangere, sempre più forte.

“Io ho bisogno di te, Ryan… non ce la faccio più a vivere senza di te… fin quando c’eri tu, mi piaceva vivere, ogni cosa aveva un senso e mi convincevo che fosse perché ero così, perché mi piaceva essere gioiosa e felice… e, invece quando te ne sei andato, ho capito che era per te che ero così… eri tu che mi davi la forza di andare avanti… non abbiamo mai avuto un gran rapporto, lo so, eppure sapevo che c’eri e questo mi faceva stare tranquilla. Sapevo che mi avresti protetta, che non mi avresti mai lasciata da sola… non so se questo fosse perché sono una mew mew, ma adesso non mi importa. Un tempo, avrei pensato che tu mi consideravi solo un mezzo, uno strumento per salvare il mondo e per portare avanti il tuo progetto, ma adesso non mi importa… sia anche così per tutta la vita, l’importante è che tu ritorni da me, per favore, Ryan…”.

Rimase a singhiozzare ancora, stringendo le mani di Ryan nelle sue, inondandole di lacrime, finchè sentii una voce incerta dire: “Straw- Strawberry…”.

La ragazza, sentendo il suo nome, alzò la testa e incontrò gli occhi di Ryan, adesso finalmente rivolti verso di lei.

“Ryan…” disse, tra le lacrime, sollevando il capo.

Il bambino ripeté il suo nome, ma, mentre Strawberry si avvicinava lentamente a lui, la casa fu completamente avvolta dalle fiamme. Strawberry si chinò a proteggere Ryan dal crollo di una trave del soffitto, ma inspiegabilmente non si fece niente.

Quando sollevò lo sguardo, vide la trave in fiamme sospesa a mezz’aria, mentre una voce le diceva nella mente.

Certo che non ti ci si può lasciare da sola, angioletto… porta fuori Ryan…

Strawberry annuì e prese in braccio Ryan, che tuttavia oppose resistenza, aggrappandosi alla manica di sua madre.

“Mamma…” diceva, piangendo.

Strawberry lo abbracciò e disse: “Ryan, questa non è la tua mamma…lei ti guarda dal Cielo e non ti ha mai lasciato solo… scommetto che non vorrebbe che tu vivessi in un falso ricordo di lei… i tuoi genitori volevano che tu combattessi, che tu lottassi contro gli alieni e l’hai fatto… ma adesso ti aspetta un’altra prova, ma tu ce la farai, perché loro ti hanno reso una persona straordinaria… tu sei determinato, sei la persona più forte e sicura che conosca, e ce la farai anche stavolta… e poi io non ti lascerò mai solo… te l’ho promesso che avresti sempre potuto contare sul mio aiuto e sulla mia amicizia…”.

Ryan, lentamente, lasciò la manica di sua madre, mentre affondava il viso nel collo di Strawberry. La ragazza corse fuori, evitando i mobili roventi e le travi che cascavano dal tetto, e aprì la porta, mentre stringeva Ryan tra le braccia.

Cascò sui gradini, e, rialzandosi immediatamente, si accasciò per terra di fronte alla casa, una mano sulla testa di Ryan.

Ad un tratto, vide una luce azzurra avvolgere il corpo di Ryan e lo strinse più forte a sé, temendo di perderlo ancora. Ma quando la luce si dissolse, la sua guancia era premuta contro il petto del ragazzo.

Lei alzò timorosamente lo sguardo, le braccia ancora strette attorno alla vita di Ryan, e vide che lui era ritornato il ragazzo, che aveva lasciato quella sera sulla veranda del caffè, quel ragazzo che le era mancato immensamente, quel ragazzo con quel profumo che le entrava nell’anima e le apriva il cuore.

“Strawberry…” disse semplicemente lui, non riuscendo a capire come mai la ragazza gli era praticamente in braccio.

“Ryan…” mormorò lei, poi gli occhi le si riempirono di lacrime e lo abbracciò di scatto, dicendo: “ Avevo paura di non farcela, temevo che non ti saresti più svegliato…”.

Lui chiaramente in imbarazzo, le accarezzò la testa, e disse: “E invece ce l’ho fatta…”, poi, recuperando la sua solita ironia, aggiunse: “Ci hai sperato fino all’ultimo di liberarti di me, vero?”.

Solo un mugugno.

Solo un sussurro, soffocato dal suo petto.

Dannatamente serio.

“Non lo dire neanche per scherzo… non so che avrei fatto se non ti fossi svegliato…”.

Ryan rimase immobile, non sapendo cosa rispondere. Possibile che Strawberry gli dicesse delle cose del genere? Non che non gli facessero piacere, tutt’altro, ma si era rassegnato al fatto che la ragazza concepisse frasi minimamente gentili solo per il suo caro fidanzato.

Strawberry sollevò lentamente lo sguardo, incatenando i suoi occhi color cioccolato con quelli acquamarina del ragazzo.

Ecco, si diceva Ryan… stava ricominciando tutto esattamente come sempre, lei lo guardava negli occhi e lui perdeva il controllo di quello che stava facendo, dicendo o pensando… e inevitabilmente si piegava a quello che lei voleva, finendo per considerare i suoi desideri anche di sua proprietà…

Ma quella volta non andò così. Guardandola, lesse nei suoi occhi non più la luminosa gioia di vivere, che lei gli aveva sempre comunicato, ma un’enorme tristezza, una malinconia profonda, che si alimentava direttamente nella sua anima.

Lei era cambiata, adesso la sua espressione era troppo simile alla sua… il volto delle persone che avevano perso qualcuno che amavano molto…

Che ti è successo, piccola mia? si chiese angosciosamente.

Era più grande, era più bella, ma i suoi tratti portavano le tracce di tutta la sua vita. E lei non aveva mai mostrato tutto questo, mai, con quel suo volto da bambina.

Le asciugò le lacrime con le dita e disse: “Adesso, smettila di piangere… non pensare di assumere un’espressione da bella e tormentata… sembri solamente un pesce lesso…”.

Strawberry, rendendosi conto delle parole del ragazzo, assunse un’espressione contrariata, e gli diede un pizzicotto sul braccio, affondandoci completamente le unghie.

“Ahia, accidenti a te…stavo solamente scherzando, possibile che tu sia sempre così suscettibile?”.

“E’ possibile che tu debba essere sempre così stramaledettamente odioso?!” replicò la ragazza, con la fronte alzata e lo sguardo decisamente indispettito. 

I due si guardarono negli occhi per qualche istante, poi scoppiarono simultaneamente a ridere, entrambi contenti di aver trovato qualcosa che li mancava da troppo tempo, ossia la presenza dell’altro.

Ryan, soprattutto, fu particolarmente felice di rivedere la solita luce degli occhi di Strawberry. Distogliendo forzatamente lo sguardo da lei, lo fissò sulla sua casa in fiamme, il luogo dove aveva passato il periodo più felice della sua vita.

Senza accorgersene, disse: “E’ la seconda volta che la vedo bruciare… speravo di non doverlo vedere mai più…e anche stavolta, ci ho lasciato mia madre…”.

Strawberry aprì la bocca per ribattere, ma lui la interruppe, lo sguardo ancora incollato alle lingue di fuoco, che colpivano l’abitazione e parte dei suoi ricordi: “Lo so che questa volta è solo un’immagine della mia mente, ma comunque mi sento esattamente come allora…”.

Strawberry abbassò lo sguardo, non sapendo che cosa dire. Si limitò a mormorare un: “Mi dispiace tanto…”.

Lui scosse la testa, dicendo: “Non importa… è da troppo tempo che sono qui ed è solo per questo che mi fa, di nuovo, male… comunque, adesso la cosa importante è che tu mi spiega bene che cosa è successo…”.

Lei si sbatté la mano sulla fronte, ricordando che non aveva così tanto tempo per rimanere lì. Doveva ritornare indietro quanto prima, altrimenti non ci sarebbe più riuscita.

“Ti devo spiegare molte cose…” iniziò, sebbene voleva allontanarsi con tutte le sue forze dalla visione di quella casa ardente, che vedeva sempre riflessa negli occhi tristi di Ryan. Non voleva che stesse male, e si ritrovò a pensare di voler immediatamente allontanarsi da lì.

Come se qualcuno l’avesse ascoltata, una luce, stavolta calda e soffusa, li avvolse e si ritrovarono all’interno del Caffè.

Strawberry e Ryan si guardarono senza capire, poi la ragazza concluse: “Già, in fondo siamo dentro di te, abbiamo solo recuperato un tuo ricordo…”.

Ryan, che sebbene sapeva di essere prigioniero di Profondo Blu, non capì le parole di Strawberry, che si sedette su una sedia e iniziò a raccontare tutto al ragazzo, dell’incidente, della sua morte, dei suoi sospetti, dell’arrivo di Ghish e di Blanche, della storia di Leon e dell’imprevista nuova missione, che li attendeva.

Ryan, alle parole di Strawberry, rimase semplicemente sconvolto, comprendendo che allora lui non era più reale, era solo un’ombra nel suo stesso corpo, controllato da Profondo Blu. E poi questa storia di Leon… che significava che parte della sua anima, era questo vecchio sovrano?

Ma furono soprattutto le parole di Strawberry, leggermente velate di angoscia, che lo misero in allarme: “E quindi io sono venuta a prenderti…”.

Ryan la interruppe bruscamente, chiedendo: “Quindi neanche tu sei reale… sei solo un’immagine mentale… dove sei davvero tu?”.

“Io sono a casa mia, ma la mia mente e il mio cuore sono qui…” .

“Ma scusa, non è pericoloso tutto questo?”.

Lei abbassò lo sguardo, balbettando qualcosa.

“Non saresti mai dovuta venire! E se ti succedesse qualcosa?!” esplose lui, alzandosi in piedi, mentre Strawberry lo guardava, sbattendo gli occhi “Se ti succedesse qualcosa, mi spieghi come potrei perdonarmelo?! Vivrei per sempre nel rimorso…”.

Lei lo fissò freddamente negli occhi e si limitò a dire che non aveva avuto altra scelta, e che, se non lo avesse fatto, sarebbe stata lei a non poterselo perdonare.

“E poi ti ricordo che c’è in gioco la sorte della Terra e dell’intero Universo… l’ho fatto sopratutto per questo…” rispose, lo sguardo basso ad osservare l’orlo della gonna.

Come era stata dannatamente brava a mentire, ancora una volta si era erta il suo solito muro di menzogna per proteggersi dalle sue paure e dai suoi sentimenti… era così difficile dire che lei era venuta lì perché sentiva la sua mancanza? Perché voleva salvarlo? Perché si era convinta che fosse stata la sola a non credere mai che lui fosse morto? Era talmente difficile?

Sì che lo era, lo era enormemente aprire bocca, rendersi fragile e facilmente vulnerabile di fronte a lui, che magari le avrebbe semplicemente risposto che non era necessario che lo facesse. Avrebbe semplicemente inarcato un sopracciglio, chiedendole magari di non rifarlo mai più, perché non voleva averla sulla coscienza.

E poi non era solo questo… dire una cosa del genere, che le sarebbe parsa assolutamente normale un paio di anni prima, adesso le faceva solo pensare di confermare implicitamente quello che lei aveva visto…

Il mio matrimonio con lui… i nostri figli…

Era un futuro meraviglioso e lei non poteva negarlo, ma adesso la rendeva solamente confusa e le faceva soltanto male, un male bruciante nello stomaco.

Gli occhi le si velarono appena, ma per orgoglio ricacciò indietro le lacrime, mentre Ryan le dava le spalle, lo sguardo fisso sul Caffè, sul ricordo di sé stesso, che in quel momento stava prendendo in giro Strawberry.

Sorrise, pur essendosi imposto di non farlo, ma poi cancellò la lieve piega che le sue labbra avevano preso verso l’alto, mentre si rendeva nuovamente conto della presenza della ragazza, seduta alle sue spalle.

Entrambi sospirano nello stesso momento, mentre nelle loro menti prendeva forma lo stesso pensiero…

Vorrei tanto che le cose tra noi fossero più semplici…

Ad un tratto, qualcosa di strano accadde. Ryan avvertì come qualcosa nel suo petto allargarsi sempre di più, come se fosse un palloncino, che qualcuno adesso si era messo in testa di gonfiare.

Gli si mozzò il respiro e si portò le mani al petto, mentre si voltava verso Strawberry, che però vide era nella sua stessa posizione, accasciata sulla sedia.

“Strawber…” mormorò, prima di sentire che non stava chiaramente respirando più. In quei pochi secondi, una miriade di immagini passarono davanti ai suoi occhi, accompagnati da una voce maschile che ripeteva…

L’amore non è mai facile… specie l’amore non detto, quello che arde silenzioso nel cuore… ma è sempre meglio amare e rischiare di perdere, che non amare affatto…

Ryan si accasciò per terra, con Strawberry accanto, mentre le stesse immagini di un passato lontano milioni di anni passavano davanti alle loro iridi castane ed azzurre.

 

 

Finalmente il grande incontro! Spero di essere stata all’altezza delle vostre attese, anche se per cominciare a vedere qualcosa tra Ryan e Strawberry dovrete aspettare ancora un po’! Il prossimo sarà un capitolo molto particolare e a cui tengo particolarmente, perché chiarirà molte cose su come si evolverà la storia! Posso dare solo una piccola anticipazione… è una specie di storia nella storia, e riguarda soprattutto due personaggi, che ho quasi solamente nominato… bene adesso come al solito passo ai commenti e ai ringraziamenti:

Mew Pam: grazie ancora dei complimenti, ogni volta mi stupisco quando mi dici che la storia ti sta prendendo così tanto! Ho cercato di non fare Ryan troppo cattivo, anche perché così sarebbe stato troppo prevedibile, e poi credo che Profondo Blu sfrutti molto i punti deboli delle persone, e sa che quello di Ryan sono i suoi genitori… prova ad indovinare quando capirà che Ryan ha un altro enorme punto debole? Ops, ho detto più di quello che volevo dire!

Strega 91: davvero il mio stile è migliorato? A me sembra sempre uguale, anche perché lo scorso capitolo mi è costato particolare fatica! Il futuro con Mark è quello che mi ha fatto penare di più, perché volevo che si vedesse che i soldi non fanno la felicità, soprattutto se si sposa una specie di merluzzo rancido come quello!

JunJun: sei una vera poetessa, lo sai? Mi hanno colpito i tuoi complimenti! Soprattutto mi colpiscono sempre i tuoi appunti, perché credo che siano davvero molto importanti per chi, come me, è ancora alle prime armi e vuole disperatamente migliorare! Comunque, per la faccenda del latino, in effetti la tua è una giusta osservazione e in effetti è stato un mio errore, ma credo di potermi riprendere in calcio d’angolo con la frase “… che doveva essere il latino…”. Non penso che Strawberry lo conosca, quindi forse la sua è una deduzione che non tiene conto della tua attenta considerazione! Per i vari MAI POI invece, quello è un mio ENORME errore, dato che spesso scrivo di getto ed allora mi capita di ripetere quelle espressioni, che sono più del parlato! Grazie per avermelo fatto notare, ho riletto sto capitolo 30 volte per vedere se le avevo messe ancora, ma per fortuna non ce ne dovrebbero essere! Grazie ancora tantissimo! Comunque, non ti sbagliavi per WITCH, anche se lo leggevo prima ed ora non più!

Hermy 6: che bello che tu abbia letto la mia fic tutta assieme! Ti ringrazio dei tuoi complimenti, e soprattutto sei stata l’unica che ha notato il fatto che ripeto spesso la faccenda delle coincidenze! Odio il fatto che condizionino la vita e che non le si possa controllare né spiegare, e ho trasferito questo mio odio in Strawberry! Grazie ancora, spero di trovarti ancora!

Jessy: sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto! Spero che anche questo abbia avuto lo stesso effetto!

Pfepfer: l’incontro è stato abbastanza strano per te? Grazie, e comunque è vero che spesso le cose me le sogno, prima di scriverle! O almeno le immagino prima di andare a dormire!

Nadia Sakura Kan: grazie del tuo incoraggiamento, l’ho molto apprezzato, e spero anch’io che tu possa diventare una brava fumettista! Ti ringrazio come sempre dei tuoi complimenti, l’ho confusa abbastanza Strawberry, non credi? Ma purtroppo il tuo “Vedremo…” è giustificato, perché la ragazza è tarda a capire, quindi dovrai aspettare ancora un po’!

Grazie anche a tutti quelli che leggono solamente! Ciao ciao da Cassie chan!

 

  

 

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Capitolo 9
*** You and me... years and years ago... ***


Il cielo era troppo terso e celeste, tanto da sembrare quasi irreale, come se quel colore semplicemente non poteva esistere, e

Capitolo 9 - You and I… years and years ago…

 

“… and if you knew how I wanted someone to come along and change my life the way you ’ ve done…”--- Chantal Kreviazuk

 

 

Il cielo era troppo terso e celeste, tanto da sembrare quasi irreale, come se quel colore semplicemente non poteva esistere, e fosse nato dalla fantasia di Qualcuno, che sapeva vedere molto più lontano di quanto nessun’altro potesse fare.

L’erba si muoveva placida, come un fresco oceano smeraldino, al richiamo della calda brezza primaverile, profumata dell’odore delle margherite e delle viole, che punteggiavano il prato. Lontano all’orizzonte, dalla sommità delle foglie degli alberi sempreverdi, che ombreggiavano mollemente il terreno, si poteva vedere il vero oceano, increspato dalle onde argentate e dai bagliori dorati del sole.

Su quell’albero, il bambino sorrise leggermente a quella vista, quel paesaggio gli stava semplicemente ritemprando l’anima. Dove aveva letto che non c’è miglior cura per l’anima che i sensi? Che strano non se lo ricordava più… eppure il suo precettore gli aveva sottolineato il nome dell’autore decine di volte con un pennarello rosso sulla superficie ambrata del libro antico, che gli aveva regalato suo padre.

Appoggiò le braccia sul tronco dell’albero, un piede sospeso nel vuoto, gli occhi azzurro chiaro semi socchiusi. I capelli lunghi e biondi si muovevano dolci nel vento, andando di tanto in tanto ad illuminare la camicia bianca di lino che portava.

Aveva uno sguardo troppo serio, quel bambino di sette anni, uno sguardo che faceva paura a molti, che sapeva leggere dentro senza possibilità di scampo per nessuno. Suo padre aveva detto: “E’ un’ottima dote per un re…” e lui aveva semplicemente annuito a quel primo ed unico complimento del suo genitore, mentre sua madre sorrideva e suo fratello borbottava qualcosa, tirando la gonna di seta rosa di sua madre. Tanto per cambiare, non voleva che l’attenzione si focalizzasse troppo su suo fratello maggiore, già ingentilito agli occhi dei genitori dell’appellativo, pesante come un macigno, di Erede al Trono del Regno della Terra.

Ad un tratto, la sua attenzione fu attratta da un grande fracasso, proveniente dalle spalle della collina. Alzò distrattamente lo sguardo e vide una mandria di bufali correre impazziti.

Tutto assolutamente normale, pensò il principe, se non fosse per la figura che correva davanti a loro, sollevando polvere e urlando.

Il bambino distese le braccia davanti a sé e aspettò che la figura, inseguita dagli animali, passasse sotto il ramo, allora si chinò leggermente, afferrandola per le braccia e tirandola in alto.

Si asciugò il sudore dalla fronte e si risolse a guardare la figura, piegata in due per l’affanno, che sedeva sul ramo vicino a lui. Era una bambina un po’ più piccola di lui, che portava un vestitino leggermente strappato sull’orlo di colore giallo e un cappellino di paglia, calato sicuramente da una mano materna a proteggere la testolina, ricoperta di capelli ondulati color mogano.

Quando la bambina alzò lo sguardo, mostrò due grandi occhi color ametista, rilucenti dallo spavento e dalla gratitudine.

“Grazie” mormorò, ancora scossa dall’affanno.

Il bambino, che non sapeva perché aveva perso per qualche istante la capacità di pensare razionalmente di fronte ai suoi bellissimi occhi, pieni di luce, alzò le spalle e disse: “Niente di importante… non credi che dovresti stare più attenta? Potevano calpestarti…”.

La bimba non si scompose e disse: “Lo so benissimo… ma la mia mamma mi ha detto che l’erba per lo stufato cresce vicino ai pascoli dei bufali, e perciò la dovevo prendere per forza… non è mica colpa mia se si sono accorti di me…”.

Il principino sorrise all’espressione, al contempo, buffa e serissima della bambina, poi, rendendosene conto, arrossì e distolse lo sguardo forzatamente da lei.

Dopo pochi secondi, udì di nuovo la voce cristallina di lei: “Come ti chiami?”.

Lui si voltò e mormorò: “Leon… mi chiamo Leon…”.

Lei sorrise leggermente e disse, porgendo la mano paffuta: “Io mi chiamo Elissa…”.

 

Strawberry sgranò gli occhi, mentre quelle immagini continuavano a scorrerle dentro. Ecco chi era Elissa, la voce che l’aveva guidata fino a quel momento…era una persona, che aveva fatto parte del passato di Leon ed indirettamente perciò anche di quello di Ryan. Una cosa la sconvolse, oltre misura, prima che altre immagini le si accavallassero sugli occhi: a parte gli occhi viola e ovviamente le orecchie a punta, Elissa era praticamente uguale a lei.

 

Leon sorrise, poi, volendo colpire l’immaginazione di quella bambina, socchiuse gli occhi e disse: “Elissa, tu sai almeno con chi stai parlando?”.

Lei non capì e ripeté ingenuamente: “Con Leon… hai detto che ti chiami così, no?”.

Lui, reprimendo le risate, disse: “Io sono il principe Leon, per tua informazione… sono in questo piccolo ed insulso villaggio in vacanza… non dovresti trattarmi con più rispetto, non credi? Considerano anche che ti ho salvato?”.

La sua reazione fu completamente diversa da quella che Leon si aspettava. Si aspettava una riverenza, un languido sospiro, o magari una bocca spalancata per la meraviglia.

Invece Elissa lo spinse giù per l’albero, mandando Leon a ruzzolare nell’erba, bagnata ancora di rugiada. Lui sollevò il capo, verso la bambina, che lo guardava con un’espressione indecifrabile.

“Ma che ti prende, razza di mocciosa?!” urlò.

Lei non si scompose e scese dall’albero, con un rapido salto. Poi esaminò  il ginocchio sbucciato di Leon, da cui usciva qualche goccia di sangue.

“Non è vero…” disse seria.

“Cosa?!” chiese lui esasperato, massaggiandosi la spalla sinistra.

“Che sei il principe Leon… non hai il sangue blu, sei solo un bugiardo!” replicò Elissa decisa, poi si alzò e si allontanò, mentre Leon la guardava, chiedendosi se si comportava così, perché era solo una bambina di cinque, sei anni, o se fosse semplicemente matta. Allora non voleva minimamente sapere che razza di adulta sarebbe diventata.

Mentre si alzava, spazzolandosi i pantaloncini, sperò ardentemente di non rincontrarla mai più.

Ma si sa, il destino ama non esaudire i nostri desideri.

 

Il palazzo di pietra bianca, ornato dalle colonne e dai fregi delle varie epoche della loro civiltà, splendeva niveo nel centro della città, stagliandosi anche contro il plumbeo colore del cielo. Sembrava che l’azzurro del pianeta fosse evaporato dall’atmosfera, lasciando quella sola parvenza di non colore.

L’aria era piena dell’odore di gas, che provenivano dalle viscere della terra e che con il loro seguito di lava incandescente, erano andati a lambire buona parte delle abitazioni della periferia della capitale del Regno terrestre. Molta gente correva per le strade, piangendo, mentre una piccola folla si era radunata davanti al cancello dorato della Reggia.

Un paio di lucenti occhi azzurri scrutarono la folla e si rivolsero ad una persona, dietro di loro.

“E così, mio fratello non è d’accordo con la mia decisione di lasciare il pianeta…” disse Leon, le mani sotto il mento “Non che mi stupisca… figuriamoci se per una santa volta può essere d’accordo con me… l’unica cosa che davvero mi preoccupa è che ha radunato parecchia gente attorno a sé…”.

“Vuole che la disperdiamo, Vostra Maestà?”.

“No, assolutamente… voglio sentire che cosa hanno da dire” replicò, voltandosi completamente “Ad accezione di quella sottospecie di seguaci delle arti magiche di mio fratello, gli altri sembrano persone normali… voglio sentirne qualcuno…”.

L’uomo lasciò la sala, mentre Leon tornava a guardare distrattamente il cielo. Quei lunghi anni lo avevano cambiato molto: era molto più alto, robusto, e i suoi capelli erano cresciuti molto. Solo i suoi occhi erano gli stessi, anzi se era possibile, gli si era aggiunta nuova tristezza e fierezza.

Era diventato Re, questo era vero, ma aveva perso i suoi genitori in una maniera terribile. Uccisi dai suoi oppositori, che li avevano rapiti, torturati e trucidati, come sicuramente avrebbe desiderato suo padre, dopo non aver ricevuto da parte sua alcun segnale di cedimento alle condizioni del riscatto, che gli imponevano di abdicare, a favore del fratello minore.

E aveva perso anche suo fratello, catturato dalle arti magiche e dal desiderio di rivalsa. Avrebbe potuto arrestarlo, bandirlo, condannarlo e distruggerlo in quello stesso istante, ma non lo faceva. Perché era il solo parente che gli era rimasto, perchè era tutta la sua famiglia, perché era convinto che, un giorno, sarebbe cambiato, perché aveva promesso sulla tomba dei suoi genitori di proteggerlo.

L’uomo ritornò nella stanza, stringendo per il braccio una ragazza leggermente più giovane di Leon, che appariva leggermente infastidita dalla stretta dell’uomo, che era parecchio più imponente di lei.

“Lasciala andare, Devon. Puoi andare adesso…” disse Leon, ancora voltato verso il cielo.

La ragazza, massaggiandosi il braccio, chiese, la voce non minimamente intimorita:” Perché mi ha fatto venire qui? Io non ho assolutamente niente da dirle, a parte che la sua decisione è assolutamente sbagliata… se poi vuole giustiziarmi, faccia pure… i miei compagni protesteranno abbastanza anche per me…”.

“Mi dica, perché ritiene che la mia decisione sia sbagliata?” chiese Leon, ancora di spalle.

La ragazza prese fiato e disse velocemente: “Lei non sa che cosa significa vivere di stenti e riuscire, dopo anni di sacrifici, a conquistarsi una posizione di minimo benessere… la mia famiglia è molto umile e i miei genitori sono anziani e malati. Non vogliono lasciare la loro terra e non voglio neanche io, dopo quanto ci abbiamo lavorato. Perché se esiste un modo per rimanere qui, non possiamo usarlo, invece di sradicare tante famiglie dalle loro certezze e dalla loro modesta sicurezza? Per lei non c’è problema, è il Sovrano e, dovunque andremo, sarà sempre ricco e amato, ma per noi, che garanzie ci sono?!”.

Leon aveva ascoltato l’invettiva in silenzio, la voglia di rispondere completamente schiacciata in lui. Perché si faceva tanti scrupoli? Suo padre aveva ragione: era lui il suo sovrano ed era a lui che dovevano obbedire. Punto e basta.

Sospirò. Non era mai stato quel genere di Re.

“Mi dica signorina, lei lo ama questo pianeta?” chiese sottovoce.

La ragazza, leggermente interdetta, annuì.

“E allora pensa che la magia di mio fratello lo renderà come era prima? O lo migliorerà per lei e per la sua famiglia? La natura è questa: un vulcano che esplode, un terremoto che scuote la terra, un uragano che spazza via le foreste. E’ la natura, dolcemente giusta e necessaria, di un pianeta giovane e in formazione, come il nostro. Cos’è la magia? Sono i poteri che ci ha dato la natura, questo è vero, ma è anche interferire con essa. Non possiamo usarla per cambiare forzatamente quello che deve succedere, lo capisce? E poi io amo troppo questo pianeta e questa gente per lasciare che possa eventualmente accadere qualcosa che li metta in pericolo. Finché esiste il popolo, esiste anche il regno e non c’è il problema del pianeta… lo si troverà, o magari un giorno torneremo qui…”.

Sapeva di non averla convinta, l’aveva sentita mormorare, mentre parlava, e muoversi impaziente di rispondergli.

“Lei si chiama?” chiese, solo per educazione, dato che la conversazione si stava protraendo per abbastanza tempo da rendere necessaria la presentazione.

“Elissa…” rispose lei.

Lui sentì il cuore perdere un battito. Elissa… doveva aveva sentito quel nome? Era una traccia chiara nei suoi ricordi, che lasciava una leggera scia di odore d’erba e di viole. Gli ricorda la sua infanzia quel nome, la sua vita tranquilla, se mai lo era stata, e poi, con una stretta al cuore, i suoi genitori. 

Si voltò rapidamente verso l’artefice di quel piccolo tuffo nel passato e vide una bella ragazza abbastanza alta, dai lunghi capelli rosso scuro e dagli occhi indaco.

La ricordava adesso… era quella strana bambina di tanti anni fa… gli venne da ridere a ricordare quella sua strana espressione, che era rimasta ancora sulle sue labbra, ben disegnate e rosse, come le fragole che la primavera regalava copiose all’inizio dell’estate.

“Certo che lei non ne vuole saperne di trattarmi come un membro della famiglia reale…” commentò, sorridendo. 

“Non riesco a seguirla…” disse lei, leggermente stupita.

“Non si ricorda di me, Elissa?” chiese smarrito, sentendosi al contempo un idiota. Era così compunta e regale quella ragazza, di fronte a lui. Era come se fosse lei la Regina all’interno della stanza.

“Dovrei? Le ho detto le mie origini e, tra le mie conoscenze, non figurano Altezze Reali…” rispose altezzosa.

Fu, forse allora, che Leon la guardò bene per la prima volta, trovandola la ragazza più bella che avesse mai visto, e dire che ne aveva viste di contessine, duchesse, marchesine e altre dozzine di nobildonne tra le più incantevoli del pianeta. Questa constatazione ferì il suo orgoglio e allora replicò stizzito: “Vedo che non è per niente cambiata… credo che sia solo diventata più superba…”.

Elissa arrossì di rabbia e disse: “Le ho già detto che non capisco di che cosa sta parlando… “.

“Basta! Non ho più intenzione di perdere tempo con lei! Devon !” urlò nervoso, mentre il suo attendente invitava poco gentilmente la ragazza ad uscire.

Leon sospirò di sollievo, mentre chiedeva di vedere qualcun’altro. Ma, mentre di nuovo di spalle, ascoltava le altre rimostranze, non riusciva a togliersi dalla mente gli occhi viola, brucianti di rabbia, pieni del fulgore delle piccole lacrime di orgoglio di Elissa.

 

Il vento tagliente mozzava il respiro dei pochi passanti, che camminavano nelle strade scavate nel ghiaccio della piccola capitale del nuovo Regno della popolazione, che aveva sempre vissuto sulla Terra. Al centro, il palazzo di ghiaccio del Re era spazzato dal vento siderale, ma rimaneva erto e immobile, protetto dalla magia riscaldante del sovrano, che aveva avvolto anche la maggior parte della città, che, nonostante questo, era però tuttavia sottoposta alla forte corrente d’aria. Era ormai notte fonda e poche persone camminavano a quell’ora, sotto il cielo nuvoloso e sgombro di stelle. Era pericoloso uscire a quell’ora, il sangue ghiacciava nelle vene e molti, caduti in buche o assiderati per le strade, non tornavano a casa l’indomani, al sorgere del pallido e tiepido sole. 

Una figura coperta da un pesante mantello azzurro, camminava per le strade, apparentemente incurante del freddo.

Leon voleva camminare, voleva vedere se ci fosse in giro qualcuno, che magari era svenuto per strada e portarlo a palazzo. Il popolo si fidava di lui e sapeva che stava cercando dei metodi per rendere il pianeta più vivibile, ma adesso era lui che stava perdendo la speranza. Suo fratello, poi, stava diventando sempre più potente di quelle strane arti magiche e non perdeva occasione per rimproverargli qualcosa.

Stava iniziando lentamente a sentirsi stanco di quella vita da sovrano e voleva solo stendersi da qualche parte, e non svegliarsi più.

Si accorse di una persona accasciata per terra, davanti alla porta di un locale. Si chinò su di essa e vide che era un’ anziana donna, le labbra viola e i capelli bianchi pieni di ghiaccio.

Vide se respirava ancora e, cogliendo un lieve battito, entrò nell’osteria e chiese dell’acqua calda per riscaldarla. Un giovane gli venne incontro dall’atmosfera fumosa del retro del locale e la riconobbe come sua nonna.

Lo ringraziò a lungo, ovviamente senza sapere che si trattava del suo Re. Leon non si era fatto riconoscere, e decise di sedersi per qualche minuto per riprendere fiato, bevendo qualcosa per riscaldarsi.

Il cappuccio ancora calato sugli occhi, sorseggiava la sua bibita, quando vide qualcuno salire sul palchetto di fortuna, proprio di fronte a lui.

Una ragazza stupenda, truccata pesantemente, le labbra innaturalmente rosse, corti capelli neri sul capo… ma quegli occhi, cavolo i suoi occhi, come poteva confonderli con qualcun’altra? Gli occhi più belli che avesse mai visto, che, alle volte, sognava ancora di notte, gli occhi malva di Elissa.

Si erse sulla sedia, osservandola ballare e muovere ritmicamente dei veli colorati annodati attorno al suo corpo sinuoso e snello. Gli si strinse il cuore, a vederla così… la sua Elissa che fine aveva fatto?

Poi…       

“Per lei non c’è problema, è il Sovrano e, dovunque andremo, sarà sempre ricco e amato, ma per noi, che garanzie ci sono?!”

Era colpa sua… adesso sapeva che cosa significavano le sue parole, e lo seppe ancora meglio, quando la vide accettare le avances di un tipo enorme, che le si strusciava addosso, mentre lei guardava altrove con le lacrime che scendevano sul suo volto atteggiato ad una smorfia provocante e seducente, che non le riusciva bene, non come la sua espressione dolcemente ingenua di tanti anni prima, o come quella meravigliosamente altezzosa di solo un anno prima.

Avvertì la rabbia e chissà cos’altro fargli stringere le mani a pugno, che gli impediva da pensare. Non si sentiva più il Re adesso, non c’era di meno importante in tutto l’Universo che essere un monarca.

Fendé la folla accalcata attorno al palco, salì e prese la ragazza in braccio, dopo aver mollato un pugno al tipo che ballava scompostamente attorno ad Elissa.

Lei oppose resistenza, calciando come un’ossessa, ma lui la strinse più forte a sé, e la portò fuori.

“Ma si può sapere chi diamine sei?!” chiese lei, le lacrime ancora sospese sulle sue ciglia, rabbrividendo per il freddo.

Lui si tolse semplicemente il cappuccio ed Elissa sbarrò gli occhi, dicendo: “Lei?!”.

Lui le accarezzò il viso e disse dolcemente: “Si ricorda di me adesso?”.

Elissa arrossì e sorrise, annuendo con il capo. Poi, si accasciò sul suo petto, stringendosi intensamente a lui, il volto affondato nella sua camicia.

Disse solo: “Portami via di qui, Leon… per favore…”.

Lui la prese in braccio, mentre lei cadeva nelle nebbie di un sonno agitato e pieno di incubi. E mentre la stringeva a sé, temendo di perderla ancora, ripensò che era la prima volta, dopo anni, che qualcuno gli dava del tu. Ed era la sensazione più bella che avesse mai provato in vita sua.

 

 

Era una bella giornata quel giorno su Nemesi, uno di quei rari giorni, in cui splendeva il sole e quando l’aria si faceva tiepida ed estremamente dolce. Era bello, in fondo, quel pianeta, ribattezzato dai nuovi abitanti con quel nome non stupendo. Il ghiaccio brillava di luce cristallina, prima di sciogliersi e lasciare il posto ad una sparsa e verdissima vegetazione.

Leon sedeva nella sua stanza, lo sguardo fisso sulla piccola figura rannicchiata nel suo letto, la testa leggermente coperta dal lenzuolo bianco e l’aria apparentemente serena.

Lo era davvero? Si chiese Leon, mentre guardava il volto placido di Elissa. Era la prima volta che concepiva tanta curiosità su una persona, e che voleva che qualcuno fosse felice, come lo era lui in quel momento. Tutta la notte aveva fissato il viso di lei, il sonno, che non veniva o che magari non era mai arrivato, troppo disturbato dal battito incessante ed intenso del suo cuore.

Che gli succedeva? Si chiedeva spietatamente.

Doveva andare, lo aspettava un importante riunione con i suoi ministri, ma inaspettatamente non aveva fretta, nessuna fretta. Che aspettassero, bastava che la guardasse ancora un po’.

Perché?

Poi, lei si mosse nel sonno e fece una smorfia strana, dolce e ilare al tempo stesso, e allora la chiarezza lo avvolse.

Perché era innamorato di lei, perdutamente e illogicamente innamorato di lei.

Chissà magari lo era, da quando l’aveva incontrata da bambino, o forse da qualche giorno, o magari lo era da tutta la vita. Adesso si ricordava che l’aveva sempre cercata, esaurendo la sua ricerca nella consapevolezza di non sapere che cosa stava cercando e neanche di volerlo minimamente sapere.

Perché non esisteva, o almeno credeva che non esisteva.

E allora aveva pensato che fosse l’essere felice, l’ascoltare i suoi sudditi, essere un buon figlio, fratello e Sovrano.

Ma non era così.

Era lei, era lei, che stava disperatamente cercando, era lei quel sentimento di insoddisfazione, che si era attaccato alla sua anima, quella mania di fare tutto e dannatamente bene, il voler essere perfetto sotto tutti i punti di vista…

Si ricordava che, quando aveva sì e non cinque anni, aveva catturato un giorno in giardino una bellissima farfalla, che aveva le ali bianche screziate di sfumature violette. L’aveva chiusa in un barattolo di vetro e l’aveva messa vicino al suo letto.

La osservava per ore, rapito, vedendola battere furiosamente le ali, per uscire, e chissà come mai, non gli era mai passato minimamente per la mente, che per lei fosse quasi una prigione, e che stava vivendo un’esperienza certamente non piacevole. Ma lui si diceva che la farfalla era sua e che la doveva proteggere perché fuori c’erano tanti pericoli per lei, e che sarebbe sicuramente morta se non l’avesse tenuta con sé.

Due giorni dopo, la farfalla morì e per tutta l’infanzia si chiese se fosse stato perché la vita delle farfalle durava molto poco, o perché l’aveva tenuta prigioniera.

Non lo seppe mai.

Ma stavolta aveva un’altra meravigliosa farfalla indaco tra le dita, stavolta di carne, sangue, ossa, pelle, emozioni, dolore, angosce, collera, gioia, e poi di cuore. Un cuore che poteva amare ed odiare, rispettare e insultare, stimare e disprezzare. E lui voleva che lei lo amasse, voleva disperatamente che lei lo facesse.

Lasciò la stanza con un sorriso sulle labbra, quel sorriso che non gli addolciva il volto da tanto, troppo, tempo. Appena si sarebbe svegliata, avrebbe chiesto ad Elissa di sposarlo.

Ma niente di quello che voleva accadde, stavolta la sua farfalla gli scappò dalle mani, volandosene via.

Al termine della riunione, ritornò trafelato in camera sua per parlarle. Spalancò la porta contento, e subito la sua gioia si seccò sulle sue labbra.

Il letto era vuoto, perfettamente rifatto, e sul copriletto cremisi, spiccava solo un foglio di carta bianca.

Lo prese di scatto tra le mani e ne lesse le poche righe.

La ringrazio davvero tanto per quello che ha fatto, Maestà. Mi ha dato il coraggio di fare una cosa che volevo fare da tanto tempo, anche se avevo troppa paura di fare. Ricomincerò da capo, non deve preoccuparsi per me. Mi dispiace molto per quello che è accaduto nel nostro primo incontro, o meglio nel secondo. Ero troppo legata alla mia famiglia e ai miei ricordi che non volevo assolutamente lasciare, per capire che la sua era, in effetti, la soluzione migliore che lei, da Re, potesse prendere. Quello che fa per il suo popolo è meraviglioso e credo davvero che, alla fine, la sua sia stata la soluzione migliore; per questo, non le porto assolutamente rancore per quello che mi è successo e non deve più preoccuparsi per me.

So che magari non le importa molto, ma la verità è che lo ricordo il nostro primo incontro, ho solo finto di non sapere di che cosa stesse parlando. Le chiedo scusa per questo, ma lei non poteva sapere che sto cercando di rimuovere buona parte della mia infanzia dai miei ricordi. E’ il periodo più bello, che abbia vissuto, ma adesso mi fa male ricordarlo.

Le chiedo ancora scusa, anche per quello che le feci quel giorno.

La ringrazio ancora.

Addio                                                                                                                                               Elissa

Leon strinse la lettera tra le mani, per qualche secondo, incapace di pensare. Poi si sedette sul letto e sospirò.

Si voltò e, guardando fuori dalla finestra, mormorò: “Addio anche a te, Elissa”.

 

 

La strada era piena di gente, festante ed urlante, che si sbracciava per vedere la carrozza reale, che attraversava le vie della città. Il sole risplendeva sul ghiaccio, con cui erano state costruite le abitazioni e il palazzo reale, creando giochi di luce color dell’arcobaleno; la gente era felice, serena, erano ormai cinque anni, che viveva su quel pianeta e lentamente vi si era abituata.

Il re, poi, aveva messo a sua disposizione i suoi poteri e quelli delle persone più dotate del popolo, e aveva reso Nemesi perfettamente abitabile. Era stata creata una cupola di energia magica, che circondava il pianeta, e che rendeva l’aria molto più calda. Certo, non avevano più le torride estati terrestri, ma almeno potevano vivere serenamente.

Era stato persino possibile creare delle coltivazioni, e la popolazione riteneva questo un vero e proprio miracolo. Chiaramente la fedeltà al Re era ai vertici, e tutti si compiacevano di aver dato fiducia completa a Leon, piuttosto che a suo fratello.

Leon, nella carrozza scoperta, salutava la folla, mentre accanto a lui, una donna gli mise una mano piena di anelli, sulla sua.

“Leon, tesoro, quando torneremo al castello?” chiese, la voce suadente, certa di poter ottenere tutto quello che voleva.

“Tra poco” rispose lui velocemente alla fidanzata, guardando attentamente la folla, poi, sospirando, si rivolse di nuovo a lei “Lo sai che ogni tanto devo farmi vedere dal popolo, Dalia, o penseranno che sono un Re fantasma”.

La ragazza rise scioccamente e, scuotendo la testa piena di riccioli neri, disse: “A me sembra che tu stia cercando qualcuno…”.

Leon, punto sul vivo, rispose: “Non dire sciocchezze, non sto cercando proprio nessuno…”.

Ad un tratto, la carrozza inchiodò all’improvviso, frenando. Leon e Dalia capitombolarono in avanti, mentre la ragazza urlava: “Devon, sei impazzito?! Che diamine fai?!”.

Leon si sporse e, vedendo una sagoma per terra davanti alla carrozza, fece leva sullo sportello del cocchio e scese giù.

C’era solo un bambino, che era per terra e che visibilmente spaventato dalle urla di Dalia, era praticamente pietrificato.

Lui si avvicinò e, chinatosi, chiese: “Piccolo, dov’è la tua mamma?”.

Il bambino non rispose, ma, in compenso, si sentì una voce femminile, che gridava trafelata: “Marik!”.

Leon si girò in direzione della voce e il cuore gli si gelò in gola.

Era lei, era Elissa… quanto l’aveva cercata quello stesso giorno nella folla multicolore davanti a lui… e se ne rendeva conto solo allora, dopo tanto tempo che lo faceva…

Lei corse verso il bambino e lo abbracciò, dicendo: “Cielo, Marik, non devi scappare via così!”.

Marik protestò debolmente: “Ma io volevo vedere il Re!”.

Lei sorrise, sollevando lo sguardo, e fu allora che si accorse di Leon. Arrossì e disse: “Mi dispiace, Vostra Maestà… è solo un bambino molto curioso…”.

Leon sorrise e disse: “E’ da tempo che non ci vediamo…”.

Lei sbarrò gli occhi e disse, stupita dal tono confidenziale del Re: “Sa ho avuto da fare… comunque, ho trovato un lavoro. Faccio la cameriera a casa di Marik…”.

“Quindi non è tuo figlio?” disse sollevato Leon.

Lei negò con il capo, poi sorridendo, disse: “Alle volte, vorrei incontrarla in circostanze normali, Maestà…”.

Lui, improvvisamente serio, disse: “Anch’io… ascoltami Elissa, io ho bisogno di parlarti… è una cosa davvero molto importante per me… potresti seguirmi a palazzo per favore?”.

Lei annuì e, preso in braccio Marik, salì sulla carrozza, sedendosi accanto a Dalia, visibilmente seccata.

Il giorno e la notte… pensava Leon, guardandole l’una accanto all’altra.

Arrivati a palazzo, Leon congedò Dalia e condusse in una stanza Elissa.

Le diede le spalle, non sapendo esattamente che cosa dirle.

Le vere parole, che avrebbe voluto dire, erano che l’amava, che gli era mancata immensamente, che voleva che non se ne andasse più via, che non lo lasciasse più da solo.

Si voltò verso di lei, che lo guardava curiosa, e il batticuore affiorò alle sue corde vocali, facendogli dire cose completamente diverse.

“Ascoltami, Elissa… io, insomma, bè… sai, c’è un lavoro qui che si è liberato, ma tanto adesso ne hai già trovato uno, per cui…” disse imbarazzato, sentendosi un idiota.

La ragazza sorrise e ringraziò il re, rimanendo anche lei immobile al centro della stanza.

Lui aveva finito di parlare, e allora perché non si decideva ad andarsene?

Perché lo guardava immobile, le labbra dischiuse, il cuore che batteva forte nel suo petto?

Chissà… le venne un leggero capogiro, al pensiero di andarsene, di lasciare quella persona, che era davanti a lei… di lasciarlo magari a quella ragazza mora, così bella e raffinata, che gli si era stretta attorno al braccio, con aria possessiva…

Ma che vado a pensare?! Si chiese risoluta, poi disse, senza nemmeno accorgersi di aver aperto bocca: “Adesso devo davvero andare… ma se non le dispiace, mi piacerebbe venirla a trovare uno di questi giorni…”.

Leon si illuminò e disse: “Mi farebbe tanto piacere… ovviamente, se non è troppo occupata…”.

Elissa sorrise e, per la prima volta, guardò il giovane Re di fronte a lei con un’espressione nuova.

Era sì il nobile Sovrano della sua gente, la persona che aveva deciso quel cambiamento di pianeta, che all’inizio le aveva arrecato tanta sofferenza, ma adesso le sembrava un normale ragazzo poco più che ventenne, che aveva fatto molto per lei, molto più di quello che lui effettivamente pensasse. Quel lontano giorno di qualche anno prima, era stata finalmente in grado di porre una fine alla vita, che si era scelta di vivere dopo la morte dei suoi genitori, una vita di degrado continuo, in cui ogni volta che pensava di aver toccato il fondo, scopriva di poter iniziare a scavare per trovare nuovi abissi. E il cruccio maggiore era stato che i suoi genitori erano morti nella coerenza delle loro idee, spegnendosi sulla Terra pochi giorni prima del Grande Esodo. Non volevano lasciare la Terra e non l’avevano fatto. Lei, invece, così fiera e determinata a parole, aveva finito per fare tutto quello che si era imposta di non fare mai e poi mai nella sua esistenza. 

Poi, era arrivato il principe azzurro della sua infanzia a portarla via e farle ricordare quello che era stata, a darle la forza di ricominciare, di non abbandonarsi, prematuramente stanca e provata dalla vita.

E adesso era lì di fronte a lei, ed Elissa si rendeva conto per la prima volta che lui non era il Re, che si era immaginata sempre, era una persona dolce e meravigliosa e che, nonostante tutto, si era ricordata di lei.

E poi, sebbene cercasse di tenere a freno quella parte di sé stessa, era anche… semplicemente troppo bello… rimase qualche secondo, persa nei riflessi biondi dei suoi capelli, in quelli acquamarina dei suoi occhi, nelle sfumature di corallo delle sue labbra sottili, piegate in quel delizioso sorriso, di cui splendeva tutto il suo viso ambrato.

Scosse la testa, allontanando quei pensieri dalla sua mente.

Basta, insomma! Lui è il Re e io sono solo una Cameriera… e poi io non provo niente per lui… è solo gratitudine…

Che fosse gratitudine o no, fu quel sentimento a farla andare ogni giorno a Palazzo con una nuova scusa per i successivi sette mesi.

 

 

“Perché mi hai fatto chiamare Leon?” chiese Elissa, mentre guardava il suo Re, seduto sulla veranda, gli occhi socchiusi ad assaporare i tiepidi raggi del sole.

“Vieni qui per favore… “ disse lui, sollevando lentamente il capo.

Lei, arrossendo, si avvicinò a lui e rimase immobile, davanti alla portafinestra.

“Siediti vicino a me, Elissa…”.

Lei si sedette titubante accanto a lui, il cuore che le batteva talmente forte che aveva paura che lui potesse sentirlo. Erano mesi che lo vedeva praticamente ogni giorno, che lui era diventato il suo migliore amico, a cui confidava tutto, dimenticandosi troppo spesso, come si rammaricava molte volte, che lui era un Re, e che non aveva molto tempo per lei. Ma lui la invitava sempre a tornare e allora lei, come spinta da un impulso naturale, puntualmente finiva di lavorare e lo andava a trovare, intrattenendosi per ore con lui. 

Eppure, nonostante quella complicità e amicizia tra loro, bastava che l’aria che li separava, diventasse uno strato sottile, troppo sottile e il suo cuore iniziava a battere forte, come se fosse impazzito. E lei non sapeva darsene una spiegazione, o meglio quella che aveva e sapeva darsi, era la più terrificante fra tutte.

Leon si uscì dalla tasca un cofanetto oro, che aprì con un piccolo scatto, rivelando un piccolo anello con una pietra lucente rossa.

“Lo sai che cos’è questo?”chiese, mostrandolo ad Elissa.

“Un anello…” rispose lei, ingenuamente.

“Con Leon… hai detto che ti chiami così, no?”.

Quel ricordo di lei bambina, lo fece sorridere e martellare il cuore, ma, al contempo, capì ancora una volta che stava facendo la scelta giusta.

“Questo è l’anello di fidanzamento che dovrò dare alla donna che sposerò… è forgiato da una goccia del mio sangue e rappresenta un legame eterno con la persona, a cui sceglierò di darlo… un legame di sangue, come quelli familiari…”.

“E allora?” chiese Elissa, confusa. Aveva paura delle sue successive parole e si strinse una mano sul cuore. Paura della felicità, e paura della delusione.

“Quest’anello è destinato a Dalia… è la mia fidanzata…” disse lui, abbassando lo sguardo.

Lei, avvertendo il petto squarciato, ricacciò indietro le lacrime e disse, fingendo una falsa allegria: “E allora che aspetti a darglielo? Ne sarà felicissima… a proposito, mi sono ricordata di avere delle cose da fare…”.

Lui sollevò lo sguardo, finora basso e fisso sui riflessi corallo dell’anello, e fu sconvolto dal volto della sua Elissa: pallido, gli occhi lucidi, le labbra morse a sangue dai denti.

“Aspetta…” disse solo. La afferrò per il polso, costringendola a girarsi, mentre lei stava uscendo.

Lei lo fissò, le lacrime che le rigavano ormai il volto.

“Perché stai piangendo?”chiese Leon confuso.

Lei voltò il viso dall’altra parte e disse tagliente: “Muoviti… me ne devo andare…”.

Lui respirò profondamente, prendendo ad accarezzare con il pollice la mano di Elissa, la cui pelle fredda era scossa dai brividi.

“Dovrei dare quest’anello a Dalia, te l’ho detto… eppure, io da quando ti ho vista entrare, da quando ti conosco, da quel giorno su quell’albero… io ho sempre desiderato prendere e stringere la tua mano, infilarci quest’anello e vedere i tuoi occhi, pieni di quelle farfalle di luce, che mi incantano sempre quando sei felice… quello che voglio dire è… Elissa, è tutta la vita che sono innamorato di te ed è te e solamente te che voglio sposare…”.

Elissa non credeva alle sue orecchie, pensando di aver capito male, ma guardando gli occhi di Leon, capì che lui aveva detto davvero quelle cose. Le più belle parole che aveva sentito nella sua vita…

Cielo, ti amo anch’io così tanto, ma chi mi dice che non te ne pentirai un giorno? Chi mi dice che non mi lascerai da sola?

Rimase in silenzio, cosciente che qualsiasi parola, che la sua mente era minimamente era in grado di formulare, era quella sbagliata. Le lacrime scendevano sul suo volto, e non sapeva più dire se fossero di felicità o di tristezza. Non lo sapeva. E adesso che aveva capito che la complessità dei suoi sentimenti era spiegata in una sola parola, che lei era innamorata di Leon, e che lui era innamorato di lei, niente sembrava essere diventato più facile, anzi…

Leon la guardò a lungo, accarezzandole ancora la mano, mentre chiedeva ancora insistentemente a Dio che lei gli dicesse qualcosa, qualsiasi cosa… l’importante era risentire di nuovo la sua voce, ma, visto che lei non parlava ancora si decise a dire, lasciando la sua mano: “Elissa, io non voglio farti del male… questo ha a che fare solo con me, se tu non provi niente per me… noi resteremo amici e io sposerò Dalia… io devo sposare al più presto qualcuno, perché mio fratello vuole il mio trono, lo sai, e solo le nozze e poi un erede, mi renderanno più sicuro… io voglio sposare te, ma non ti posso imporre niente. Ti amo troppo per importi qualcosa che non vuoi, e per toglierti la tua libertà… io stasera darò la mia festa di fidanzamento; se ti vedrò, vorrà dire che hai accettato, altrimenti ci vedremo domani…”.

La guardò in viso, sollevando il suo capo con la mano. La fissò negli occhi e disse: “Non piangere più… voglio solo che tu mi prometta che qualsiasi cosa succeda, non mi lascerai mai da solo…”.

Elissa annuì lentamente, poi, asciugate le lacrime con il palmo della mano, disse solo: “Non ti potrei mai lasciare da solo… semplicemente perché poi lo sarei io, senza di te…”.

Poi, sorrise e corse fuori, chiudendo la porta alle spalle e appoggiandosi ad essa, il viso affondato nelle palme delle mani, le lacrime che scendevano libere sulle sue labbra.

Si sentiva una stupida e al contempo, aveva una voglia matta di tornare dentro da lui, ma doveva aspettare e riflettere bene, in fondo si trattava di cambiare completamente la sua vita.

Corse fuori senza meta e direzione, il vento freddo che le congelava le lacrime sul viso. Uscì in cortile e si sedette sul bordo dell’enorme fontana, che c’era al centro del giardino.

Si mise le mani nei capelli, sentendo dentro un’enorme battaglia tra il suo cuore e la sua mente.

La sua mente le diceva di lasciare perdere, che erano troppo diversi, che la vita da Regina non faceva per lei, che era sempre stata abituata a vivere libera e che le restrizioni della vita da palazzo non facevano per lei, che lui si sarebbe stancato di lei.

Ma il suo cuore, dannazione…

Sei innamorata persa di lui e lui lo è di te. Che cosa c’è di sbagliato? Pensi di voler passare tutta la vita a fingere di essere forte, quando in realtà non lo sei? Non lo sei Elissa, sei debole, e, se non pensi che sia vero, chiediti al perché sono sette mesi che vieni qui ogni giorno e risponditi. E poi, la vita da Regina non fa per te? E chi l’ha detto? E poi tu stai pensando solo se diventare moglie o non di Leon, dì la verità che non ti importa niente del diventare Regina! Hai solo paura che lui ti lasci e che si stanchi di te, mentre tu non potresti mai di lui… 

Le lacrime iniziarono a scorrere ancora, ma all’improvviso si accorse di una sagoma lontana, che avanzava verso di lei.

La vista offuscata, disse solo: “Leon…”.

Ma non era lui. Era suo fratello, Profondo Blu.

Possibile che fosse così simile alla persona, che lei amava, a parte che per i lunghi capelli corvini, ma al contempo così diverso? Guardare Leon e parlare con lui scaldava il cuore, guardare Profondo Blu e parlare con lui congelava l’anima.

“Ciao Elissa” disse lui mellifluo, sedendosi accanto a lei “E’ da tempo che non ci vediamo… l’ultima volta che ti ho vista, non ti permettevi neanche di chiamare mio fratello, Leon, lo odiavi e basta…”. 

“Le cose cambiano…” rispose gelida. Non aveva voglia di parlare con lui di niente, figuriamoci di Leon.

“Lo vedo, tesoro mio… un tempo, ero io il tuo principino preferito… e devo dire che neanche tu mi dispiacevi tanto…” proseguì, una mano ad accarezzarle una gamba.

Lei si scostò subito e si alzò immediatamente, la fronte imperlata di sudore freddo. Le faceva paura quell’uomo dallo sguardo freddamente ceruleo, che tanto aveva ammirato in passato e che adesso si ritrovava a temere.

Lui la imitò e si mise di fronte a lei, sorridendo malevolo, attirandola a sé.

“Non così in fretta, piccola mia” disse, il viso affondato nei suoi capelli ad aspirarne il dolce profumo “Sono anni che ti voglio rivedere e adesso mi scappi così, io il tuo vecchio amico… povera, povera Elissa… che cosa ti ha fatto mio fratello?”.

Sorrideva, cercando di baciarla, mentre lei si ritraeva, cercando di liberarsi della sua morsa. Riprese a piangere, graffiando con le unghie la mano di Profondo Blu.

Fu in quell’istante che capì quanto fosse debole, quanto aveva bisogno di Leon, quanto lo amava, quanto la vera libertà fosse quella di seguire il proprio cuore.

Mentre con forza Profondo Blu univa le sue labbra a quelle di Elissa, la ragazza udì un rumore alle sue spalle e vide un garzone di palazzo, che lei conosceva guardarli spaventato e incerto su che cosa fare.

Fu sufficiente a distrarre Profondo Blu, che allentò la presa, permettendo ad Elissa di correre via.

Profondo Blu l’avrebbe ricondotta a sé con la magia, ma era meglio non rischiare. Era troppo vicino a suo fratello, e non si sentiva ancora pronto ad affrontarlo. Leon sarebbe sicuramente accorso, se avesse sentito che Elissa era in pericolo.

Sciocco stupido fratello mio… si disse, ridendo Lei sarà mia prima o poi, e invece sarà per te solo la rovina… non si deve amare mai nessuno, fratello… l’amore ti ammazza…

Elissa, intanto, era corsa a casa sua e si era rifugiata tra le braccia di Lilion, la madre di Marik, che era diventata una sorta di sua madre adottiva. Piangendo, le raccontò tutto dei due fratelli e di quello che le avevano fatto provare.

Amore e dolcezza uno, l’altro paura e rabbia… se sceglieva di diventare la moglie di Leon, avrebbe dovuto fare il conto con entrambe, vivendo sotto lo stesso tetto di Profondo Blu, ma se non lo fosse diventata, avrebbe avuto il coraggio di rinunciare per sempre a quelle calde sensazioni, che il suo re le faceva provare?

 

La sala era così luminosa da fare male agli occhi, le tante candele che si riflettevano sui cristalli dei lampadari e sui marmi, con cui era stata costruita la stanza più grande e importante del palazzo. Gli invitati, vestiti elegantemente, erano tutti intenti a parlare, interrogandosi su chi avrebbe scelto il Re come sua legittima sposa. Non c’era nessuno tra loro che non avesse una parente, nella rosa delle venti ragazze, scelte come probabili consorti del Re. Anche Profondo Blu era in un angolo della sala, godendosi lo spettacolo, anche se per i suoi piani non era proficuo che Leon si sposasse, rafforzando il suo potere con una donna, che poteva dargli degli eredi al trono. Ma, in fondo, non gli importava, gli era sempre rimasta l’ultima carta da giocare… poteva sempre assorbire suo fratello e i suoi poteri.

Sorrise compiaciuto, ripensando anche ad Elissa. Non la vedeva in sala, quindi aveva rifiutato la proposta di Leon. Il giorno dopo, sarebbe andato a cercarla e l’avrebbe convinta a diventare la sua amante. O con le buone, o con le cattive…

Ad un tratto, l’attenzione degli invitati fu catturata dal repentino spegnersi di tutte le luci, ad eccezione di alcune candele rosa, che baluginavano tra le dita delle ragazze, che si erano disposte in fila, aspettando l’arrivo di Leon, che stava scendendo in quel momento la scalinata.

Come si aspettava, Elissa non era venuta. Sospirò a lungo, sentendo il cuore spezzarsi in mille frammenti. Che cosa si aspettava?

Lei non sarebbe mai venuta, non lo amava e non lo avrebbe mai amato, per lei era sempre stato il re viziato e autoritario, che le aveva donato quella vita, che lei non aveva mai voluto, ma che adesso difendeva con tutte le sue forze.

Continuò a scendere pigramente le scale, gettando distrattamente un’ occhiata alle ragazze, tra cui spiccava per bellezza e fastosità Dalia, ricoperta di un vestito verde, pieno di merletti e trine.

Davvero lei sarebbe diventata la sua Regina? Non ci riusciva nemmeno a pensare, senza sentire gli occhi pizzicare e il cuore stringersi in una morsa glaciale.

Fu tentato di tornare indietro, ma poi ripensò al fatto che, se non poteva sposare Elissa, una ragazza valeva l’altra. Era estremamente cinico il suo atteggiamento, ma non gli interessava. Per una volta, voleva disperatamente essere cattivo, crudele ed egoista. Lui amava Elissa ed era solo lei, che voleva sposare. E invece adesso stava per scegliere una ragazza, che a malapena sopportava e che sarebbe stata la compagna della sua vita. 

Scese fino alla fine le scale, fermandosi davanti alla prima ragazza, che aveva due grandi occhi verdi e capelli rossi ed ondulati sul capo. Quasi, sarebbe stato meglio sposare una perfetta sconosciuta, che Dalia, ma poi sospirò e spense la candela, che portava, facendo capire che non l’aveva scelta. 

Continuò a passare tra le varie ragazze, finchè arrivò alla penultima della fila, Dalia, e si apprestò a porgerle l’anello, che l’avrebbe designata per sempre sua moglie. Dalia lo guardava rapita, tendendo già la mano sottile, e Leon le stava infilando già l’anello, quando sentii un leggero sospiro accanto a lui, proveniente dalla ragazza accanto a Dalia.

Si voltò adirato verso di lei. Poteva anche non fingere che le dispiacesse che avesse scelto Dalia, tanto lui lo sapeva che la metà di loro era stata solo mandata a fare tappezzeria, o perché costretta dalla propria famiglia.

Il suo cuore si fermò, quando vide che era Elissa. Rimase immobile, fissandola a lungo; mai come allora, gli era sembrata così bella, illuminata dai riflessi dorati della fiamma della candela, che portava, avvolta in un vestito celeste, molto simile ad un peplo, i capelli leggermente raccolti ai lati da alcuni fiori bianchi, che le lasciavano tuttavia delle ciocche, che le cadevano sulle spalle nude.

Era rossa in viso, ma gli sorrise dolcemente, mentre si sentiva il cuore incandescente. Era nella stessa stanza di Profondo Blu, che in quel momento strinse violentemente i pugni, ma non aveva mai provato una sensazione tanto lontana dalla paura. 

Leon lasciò bruscamente Dalia, che lo guardò adirata, e si diresse verso Elissa, guardandola negli occhi indaco.

“Che ci fai qui?” chiese stupidamente.

Lei spense la candela e la poggiò per terra. Poi si sollevò ancora, attirando con le mani il viso di Leon vicino al suo, incurante delle decine di persone che li stavano guardando.

“Sono qui perché ti amo” disse lei, le labbra che sfioravano quelle del ragazzo “E voglio diventare tua moglie…”.

Leon la strinse a sé e la baciò, mormorando sulle sue labbra: “E pensare che credevo che fossi solamente un’illusione…”.

Elissa rise dolcemente, per poi unirsi a lui in quel bacio profondo, che avrebbe suggellato per sempre l’unione delle loro anime, molto più che l’anello scarlatto, che splendeva ancora nella mano di Leon.  

 

 

Vi è piaciuto questo nuovo capitoletto? Spero davvero di sì, anche se non sono apparsi né Ryan e nemmeno Strawberry, ma solamente Elissa e Leon, che poi indirettamente ricordano molto Ryan e Strawberry, no? Anche se questo capitolo, vi sarà sembrato inutile ai fini della mia storia, in realtà è molto importante per capire che cosa succederà dopo, perché questa storia vecchia di mille anni condizionerà molto i sentimenti e il comportamento di Ryan e Strawberry! Sto dicendo troppo, accidenti a me! Comunque sono sicura che il prossimo capitolo vi piacerà, perché finalmente succede qualcosa tra i due… ho bisogno ancora di rifinirlo, ma lo pubblicherò presto! I soliti messaggi:

Azzurrina: che bel nickname hai! È sempre bello trovare qualcuno di nuovo che legge la mia fic! Grazie del tuo applauso, e ti ringrazio soprattutto di aver notato le mie difficoltà spesso nel reggere una storia del genere, che devo dirla tutta, è abbastanza complicata, sia per me che la scrivo che per voi che la leggete! Grazie della tua fiducia e spero che ti piaccia fino alla fine!

Aya chan: che bello, un’altra lettrice nuova! Grazie della tua ammirazione, spero di meritarla in pieno! In effetti, è veramente molto difficile capire quella fessa di Strawberry, durante l’anime mi sarò arrabbiata almeno venti volte con lei, gettando cose contro il televisore! Nella mia storia, ho cercato di renderla più intelligente e soprattutto di far capire che in realtà è solamente molto insicura e che questo l’ha fatta convincere di amare il pesce lesso! Spero anch’io che nella seconda serie, anche se piccola, Strawberry capisca di amare Ryan, anche perché in caso contrario, ritiro la mia tesi sull’insicurezza! E’ solo scema! Spero di risentirti presto!

Nadia Sakura Kan: come ti ho detto sempre, le tue recensioni mi fanno sempre molto piacere! Come sempre, mi hai molto elogiato e di questo ti ringrazio! Ho cercato di non affrettare troppo le cose, proprio perché penso che se sono davvero innamorati, ma non l’abbiano capito prima, non possano capirlo subito! La frase della fine è mia, mi è venuta naturale, anche se ho pochissima esperienza in campo sentimentale! Comunque, alla fine si sono sentiti male, perché era Leon che si metteva in contatto con loro, ti riferivi a questo quando mi hai detto di non fare scherzi? Comunque spero che questo capitolo ti sia piaciuto! Grazie ancora!

Strega 91: davvero hai capito che cosa succederà? Spero che almeno la storia di Leon&Elissa ti abbia sorpreso un po’! comunque, mi auguro che la tua deduzione sia sbagliata, in maniera da sorprenderti fino alla fine! In caso contrario, sei davvero una veggente! A presto!

Miyu: grazie tantissimo, sono contenta che ti sia piaciuta la storia e che ti piaccia come scrivo, soprattutto ti ringrazio per avermi detto che è una storia diversa! Era proprio quello che volevo, e spero di esserci riuscita!

Hermy 6: hai visto che ancora una volta sei nei miei ringraziamenti? Grazie per i tuoi complimenti, sei davvero molto carina, anche se non credo di meritarmi il geniale che mi hai dato!

Mew Pam: ho cercato di fare quanto prima ad aggiornare, ma ho avuto qualche problema! Purtroppo per la loro dichiarazione ci vuole ancora parecchio, ma già dal prossimo capitolo accadrà qualcosa, che scommetto che ti piacerà molto, o almeno spero! Intanto mi auguro che questa storia nella storia ti sia piaciuta, anche se credo di sì, perché da quello che ho capito dalle tue recensioni sei una persona molto romantica! Un bacione!

Pfepfer: grazie come sempre dei tuoi complimenti! Sei quasi sempre la prima a recensire!

Bene, allora ci vediamo presto! A proposito, dato che sono particolarmente legata a questo capitolo, voglio dedicarlo a mia sorella, con cui litigo un giorno sì e l’altro no, ma a cui in fondo voglio bene! Ieri ha festeggiato nove mesi con il suo ragazzo, e spero che stiano ancora assieme per molto, esattamente come Elissa e Leon! Ciao ciao da Cassie chan!

 

 

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Capitolo 10
*** Killing me softly ***


Strawberry riprese all’improvviso i sensi, mentre Ryan era invece ancora chinato per terra, le mani tra i capelli

Capitolo 10 - Killing me softly

 

 

“… it might not be the right time, I might not be the right one, but there’s something about us I want to say, ‘cause there’s something between us anyway…”---- Daft Punk

 

 

Strawberry riprese all’improvviso i sensi, mentre Ryan era invece ancora chinato per terra, le mani tra i capelli. Corse verso di lui e chiese: “Ryan, stai bene?”.

Lui non rispose, mentre altre immagini si accavallavano in lui, immagini che stavolta Strawberry non vedeva.

Era stato lo spirito di Elissa ad impedire che la ragazza vedesse oltre, pensava che lei fosse già abbastanza spaventata di suo per veder ciò che era successo dopo. Per vedere la sua morte il giorno del suo matrimonio con Leon, quando Profondo Blu era entrato nella sua stanza, e l’aveva accoltellata alle sue spalle, uccidendola.

Lui l’aveva uccisa perché lei lo aveva rifiutato, o per ferire a morte suo fratello? Non lo sapeva e adesso non valeva neanche la pena saperlo; sapeva solamente che cosa era successo e che Profondo Blu aveva anche ucciso il figlio di Leon, che portava in grembo.

Era rimasta accanto a Leon, per tutto il resto della sua vita, ripromettendosi di proteggerlo sempre. Ma poco dopo anche Leon era morto, ucciso anche lui da Profondo Blu. Lui l’aveva attirato in una trappola, dicendogli che aveva trovato un modo per riportare in vita lei, e Leon si era ancora fidato di suo fratello, che invece l’aveva assorbito, non lasciando ad Elissa neanche il conforto di poter ritrovare l’anima dell’uomo che amava.

Poi, lo aveva trovato in Ryan Shirogane, e aveva deciso di proteggere lui, la cui anima era in parte quella di Leon. Ma anche con lui, le cose erano andate nello stesso modo, ancora Profondo Blu, che insidiava l’anima di Leon.

Si era quasi arresa, decidendo di lasciare definitivamente Leon, poi aveva visto quella ragazza tanto simile a lei, tanto piena delle sue stesse paure, tanto innamorata di Ryan, come lo era stata lei di Leon.

L’aveva aiutata, sapendo che i sentimenti sono così forti da poter scrollare persino il cielo, figuriamoci gli esseri umani e loro alieni, così debolmente fragili e stupidi. I sentimenti di Strawberry erano fortissimi, ma la ragazza non lo capiva ancora e, così facendo, avrebbe corso il rischio di non salvare mai Ryan e l’anima di Leon. Perché lei era l’unica che potesse farlo, era la sola che aveva la minima possibilità di liberare sia Ryan che Leon.

Ma adesso che ce l’aveva fatta, adesso che stava diventando più ferma e consapevole, non voleva che stesse ancora male, vedendo che cosa era successo a lei. Sapeva che Leon stava ancora facendo vedere quelle immagini a Ryan, e che era giusto che lui conoscesse la verità. Se lei aveva voluto proteggere Strawberry, era consapevole che quello era il modo di Leon per proteggere Ryan.

Stupido, sei ancora convinto che io sia morta per colpa tua… e non vuoi che Ryan perda Strawberry allo stesso modo…

Ryan si sollevò a stento, ancora fiaccato da ciò che aveva visto. Il volto pallido e violaceo di quella ragazza, così simile a Strawberry, lo aveva scosso più di quanto credesse possibile. Tentava di ripetersi che quella ragazza morta era Elissa, e non Strawberry, ma con gli occhi chiusi, lei era uguale alla ragazza, che adesso aveva di fronte, e che lo guardava con gli occhi lucidi.

La mia piccola Strawberry…

“Strawberry…” disse, il volto bagnato dalle lacrime della ragazza.

Lei si asciugò le lacrime e chiese: “Hai visto anche tu quelle immagini? Era Leon…”.

“…ed Elissa…” completò lui.

Ad un tratto, sentii una voce dentro di lui…

Ryan… so che adesso mi odi per quello che ti ho fatto vedere, ma era necessario che io lo facessi… adesso voglio portarti nel mio più bel ricordo, e voglio che ci sia anche Strawberry…

“Leon… ma cos…?” fece solo in tempo a dire, mentre una luce li avvolse entrambi.

Si ritrovarono nella sala di tanti anni prima, dove Leon aveva scelto Elissa, con la stessa gente elegante, le stesse luci, gli stessi colori brillanti.

C’era anche Profondo Blu in un angolo, davanti al quale Strawberry si aggrappò al braccio di Ryan, e persino Elissa e Leon, che ballavano felici al centro della sala.

“Certo che non mi abituerò mai a questi spostamenti mentali…” disse, ridendo Ryan, voltandosi verso Strawberry. La risata gli si fermò sulle labbra, mentre guardava la ragazza vestita come Elissa, a parte che il suo vestito era rosa.

Era veramente stupenda e il cuore fece parecchie capriole dentro il suo petto, come quello di Strawberry, di fronte al suo completo bianco e azzurro, come quello di Leon. Per un attimo, Strawberry sorrise, ricordando che tanti anni prima, si era trovata in una situazione simile, quando avevano dato quella festa al caffè, ma adesso era diverso, adesso lei e Ryan erano soli. Soli, in un mondo che non esisteva più, un mondo lontano mille anni e milioni di chilometri.

Un mondo, dal quale nessuno potrebbe portarmi via... un mondo, dove finalmente lui è di nuovo con me…

Strawberry scosse ancora il capo, possibile che non riuscisse a pensare a nient’altro?

“Vieni… andiamo fuori…” disse lui, prendendola per mano.

Lei divenne scarlatta, mentre seguiva Ryan sulla piccola veranda, da dove si godeva un meraviglioso panorama. Le stelle erano così vicine e tre lune splendevano nel cielo, illuminando la città di ghiaccio, che brillava come se fosse di diamante. Lei sorrise, la mano ancora stretta in quella di Ryan, che dal braccio, le stava riscaldando tutto il corpo.

Cercando di recuperare il controllo di sé stessa, Strawberry chiese: “Perché siamo qui?”.

Ryan, che la guardava con un’espressione strana, rispose: “Leon vuole farmi rivivere questo suo ricordo… e vuole che ci sia tu con me…”.

“Perché?” chiese, con un sospiro, intrecciando le dita attorno a quelle di Ryan.

Lui si avvicinò e disse solamente, la voce ridotta ad un sussurro: “Lui è dentro di me e sa quello che voglio io… è per questo che…”.

Furono interrotti da una voce maschile, che gridava il nome di Strawberry. Riempiva tutta l’aria quella voce e l’incanto si ruppe bruscamente, anche con la comparsa di una colonna di luce dorata accanto a loro.

“E’ Ghish … devo tornare indietro…” disse lei tristemente, staccando la sua mano da quella di Ryan.

“Vai allora… altrimenti resterai per sempre qui…” rispose lui, con malinconia, mentre la sua mano da bruciante ritornava di nuovo fredda.

“Hai capito che cosa devi fare?”

“Devo lottare con Profondo Blu…”

Strawberry sentiva che stava per cominciare a piangere al pensiero di lasciarlo di nuovo, perciò si voltò dicendo: “Ti ho ridato il fermaglio di tua madre… dovrebbe farti rimanere cosciente…”.

“Come fai a sapere che era di mia madre?” chiese lui, aggrappandosi a qualsiasi cosa potesse trattenerla un altro po’ lì con lui, anche se era possibile che in questo modo non sarebbe più potuta tornare indietro.

Lei non rispose, mentre già entrava nel fascio di luce, che la stava risucchiando via.

Lui mormorò solo tra sé e sé: “Già, hai ragione… meglio tenere le distanze…”.

Si voltò, rientrando nella sala, quando sentii le dita di lei, chiudersi sul suo polso.

Aveva fatto forza per rimanere a terra e non farsi trascinare via dal fascio di luce di Ghish. Prima di andarsene, doveva assolutamente dire a Ryan che cosa lei aveva provato in quei lunghi anni, e che non era assolutamente venuta per il resto del mondo, ma solo per lui. Per quello che ne sapeva, il giorno dopo, poteva morire o perderlo ancora, e stavolta per sempre, e quella frase sarebbe stata solo una delle tante altre che non gli aveva mai detto.

Lui si girò verso di lei, con espressione interrogativa, non riuscendo a capire che cosa volesse. Aveva capito l’antifona, non doveva avvicinarsi troppo, voleva forse esaltare il concetto?

“Ascolta Ryan…” iniziò rossa in viso “Io, io … prima di andare via… devo dirti una cosa importante…per me almeno è una cosa importante… io, insomma, sai… tutti questi anni…questi anni, che tu non ci sei stato…”.

Ryan sorrise, capendo che cosa voleva dire. Non era mai stata brava a dirgli cose troppo gentili, o che toccassero troppo il suo cuore, ma solo per quella volta la tolse d’impaccio, che invece la maggior parte delle volte adorava vedere dipinto sul suo viso.

Le mise un dito sulle labbra e disse dolcemente: “Ho capito… non ti devi preoccupare… adesso vai…”.

Lei sollevò lo sguardo, interrogandosi se effettivamente avesse capito quello che lei voleva dire. Poi, vinta dalla sua dolcezza, appoggiò la fronte sulla sua spalla e disse, senza accorgersene: “Ryan… promettimi che tornerai…per favore, promettimelo…”.

Lui, spiazzato, sorrise, stringendole la vita con un braccio: “Te lo prometto...”. Poi le passò una mano tra i capelli, sfiorandoli con le sue dita affusolate. Lei rabbrividì, eppure si lasciò andare al suo contatto, incapace di fermarlo. Come poteva fare, se sentiva il cuore pieno di spilli?

Sollevò lo sguardo, rincontrando quello ceruleo di Ryan, che la guardava sorridendo. Lui si abbassò leggermente alla sua altezza, piegando le ginocchia e fissandola direttamente negli occhi, dicendole: “Non ti preoccupare… te lo giuro su mia madre e su mio padre che ritornerò…”.

Lei annuì, lo sguardo di Ryan, che sentiva come se le stesse guardando dentro la testa.

Lui ritornò in piedi, ma i loro sguardi non si separarono. Entrambi erano incapaci di farlo, mentre la voce di Ghish continuava a riempire l’aria. Quella che stava venendo a mancare tra loro due, troppo vicini.

Ryan continuò a giocherellare piano con una piccola ciocca di capelli di lei, sfuggita dalla sua acconciatura elaborata, mentre Strawberry chiuse piano gli occhi, brividi lunghissimi che percorrevano la sua schiena. Non era capace di fermarlo, non ci riusciva, pensava a Mark, a Profondo blu ed al fatto che poteva rimanere lì bloccata per sempre, non ritornare più alla vita reale, ma non le interessava. Un’eternità, bloccata lì con Ryan, vestita da principessa, in un palazzo che splendeva come diamante… chissà perché non poteva immaginare niente di più bello… lentamente la mano di Ryan prese ad accarezzarle il viso, dolcemente, come se non avesse nessuna fretta, come se il tempo non esistesse più. Percorse piano le linee del suo volto, mentre lei rimaneva con gli occhi chiusi, la carezza di Ryan che era più reale di ogni cosa mai vista e conosciuta. Era come sotto incantesimo, come sotto una magia potentissima che le faceva perdere il controllo e tutta sé stessa, tutto ciò che era e che sapeva. Un grande calore l’avvolse, mentre, cosciente di essere scarlatta, rimaneva ancora con gli occhi chiusi e le labbra dischiuse. 

Strawberry non si accorse neanche della mano di Ryan sul suo viso, che l’attirava a sé, e poi delle sue braccia che lo cingevano attorno al collo. Non si accorse nemmeno delle braccia di Ryan, strette adesso attorno alla sua vita, dei loro corpi che trovavano il calore dell’altro sotto la sottile barriera dei vestiti, del fatto che fosse in punta di piedi e che ormai era all’altezza di Ryan. Ormai era vicinissima al suo viso, quello che tante volte l’aveva perseguitata nei suoi più bei sogni e nei suoi più orribili incubi. Si rese conto però delle sue labbra che toccavano leggermente quelle di Ryan, della melodia meravigliosa che sentiva nelle orecchie, del cuore che le batteva da matti.

Ecco, che cos’altro le era mancato di Ryan… le sue labbra… si erano baciati solo tre volte, due delle quali erano entrambi due gatti, eppure di quei baci aveva un ricordo dilaniante nel suo cuore.

I baci di Mark erano carezze di un padre preoccupato, sulla fronte della figlia, che aveva la febbre.

Dolci, delicati, ma lei non ci sentiva il sentimento che lui ci metteva.

La lasciavano indifferente.

I baci di Ryan erano lapilli incandescenti, che correvano per le vene, erano il cuore che esplode, il viso che si infiamma, la mente che non riesce più pensare, erano le loro anime, che si sovrapponevano, danzando oltre il cielo e la terra.

Morbidi, teneri, ma anche pieni di una calda emozione, che frastornava Strawberry.

La massacravano dentro.

Si staccò dal suo abbraccio e corse via, nel fascio di luce, lasciandolo immobile davanti alla portafinestra della sala. Lo salutò dall’alto con il palmo aperto, mormorando: “Avrei dovuto ucciderti, Ryan… non l’ho fatto…e così sei stato tu ad uccidere me…” .

 

 

 

Eccomi tornata! Ho aggiornato di mattina perché è stato l’unico momento libero di questo periodo! Bene, siamo arrivati al grande momento! Spero davvero che vi sia piaciuto e che sia stato all’altezza delle vostre aspettative, in fin dei conti vi ho fatto penare per dieci capitoli! Non so quando arriverà il prossimo aggiornamento, dato che in questo periodo sono sempre molto occupata, ma anche quello sarà un capitolo molto importante! Soprattutto per coloro che odiano profondamente il merluzzo! Eheheheh… immaginate cosa ha concepito la mia mente contorta e perfida! Ora, come sempre, i ringraziamenti di rito:

Miyu: grazie tantissimo, sono contenta che la storia ti stia piacendo, spero che sia così fino alla fine, anche perché ci sono ancora parecchie sorprese in serbo! Comunque, anche se non credo di essere molto brava a scrivere, credo che non smetterò mai di farlo, perché ormai fa parte della mai vita! Anzi, al momento, sto scrivendo trecento cose assieme e il mio cruccio è riuscire a finirle! A presto!

Azzurrina: davvero la storia di Elissa e Leon ti è sembrata una fiaba? Che bel complimento! Anch’io vorrei vivere una storia del genere, considerando però che i ragazzi che conosco sono quasi tutti fermi all’età delle caverne, dovrò aspettare ancora un po’! Grazie ancora! Una bacio!

Nadia Sakura Kan: lo scorso capitolo è stato particolarmente lungo perché non volevo spezzare la storia di Elissa&Leon, in maniera che si potesse seguire totalmente! Spero che questo non abbia creato problemi! Grazie ancora dei tuoi complimenti, mi fai sempre tanto piacere! Mi è piaciuto molto scrivere la storia di Elissa&Leon perché volevo che si capisse quanto sono affezionata a questi due personaggi, anche se sono solo di mia invenzione! Il nome Elissa l’ho trovato leggendo per l’ennesima volta l’Eneide, e ho trovato che era una specie di secondo nome della regina Didone! Grazie ancora tantissimo, sembri una persona molto sensibile perché riesci a vivere tutte le emozioni che cerco di comunicare, ed è una cosa molto bella! A presto!

Hermy 6:grazie davvero tanto, ma non avrai esagerato al darmi addirittura del genio? Sono contenta che ti sia piaciuto il parallelismo (Parallelismo… come sto colta oggi!) delle storie di Elissa&Leon, sei davvero molto gentile e carina, i tuoi commenti mi fanno sempre sorridere! A prestissimo!

Pfepfer:grazie molte anche a te! E’ bello pensare che le mie parole ti abbiano dato l’impressione di un libro, spero che questo sia successo anche in questo capitolo, considerando che l’ho scritto e riscritto almeno trenta volte, perché ogni volta c’era qualcosa che non andava!Un mega bacio!

Mew Pam: sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, quindi credo di aver toccato la tua vena sognatrice! Sei sempre super carina con le mie storie, e di questo ti ringrazio tanto!

Bene, credo di aver finito! Come sempre, ringrazio anche quelli che hanno solo letto! Adesso vado, perché dato che ho finalmente un po’ di tempo libero, devo cercare di lavorare al seguito di questa storia! (Oh no, direte voi!), ma tanto fin quando lo finisco, ci vorrà ancora qualche millennio! Ciao ciao da Cassie chan!

 

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Capitolo 11
*** Goodbye to the first love ***


Quando Strawberry si risvegliò, era, di nuovo, distesa nella vasca, dove si era addormentata, che adesso era però vuota del li

Capitolo 11 – Goodbye to the first love

 

“… in this world of purchase, I’m going to buy back memories to awaken some old qualities…”--- Collective Soul

 

 

Quando Strawberry si risvegliò, era, di nuovo, distesa nella vasca, dove si era addormentata, che adesso era però vuota del liquido celeste, che conteneva, quando l’aveva lasciata.

La sua stanza era piena di persone, almeno questo fu quello che le sembrò appena riaprì gli occhi. C’erano Blanche e Ghish ovviamente, il quale aveva l’espressione stanca e il fiato corto; poi, c’erano le ragazze, che la guardavano con curiosità e preoccupazione, e Kyle, che, invece, la fissava con un’espressione speranzosa. Più in là, c’erano Mark, Halinor, Pie e Tart.

Non appena riaprì gli occhi, Blanche la abbracciò, mormorando: “Razza di testona, te l’avevo detto di tornare presto…”.

Lei, che sentiva un magone sullo stomaco, che le impediva di parlare normalmente, sussurrò: “Perché quanto sono stata via?”.

“Dieci giorni…” rispose Pam, con un sorriso disteso e sollevato.

“Si può sapere perché ci hai impiegato tanto a tornare, dopo che sono venuto a chiamarti, rischiando anche molto della mia salute mentale?” eruppe Ghish, la mano appoggiata sul petto.

Strawberry risentii sulle labbra il calore di quelle di Ryan, e arrossì, voltando il capo dall’altra parte, mormorando: “Stavo spiegando a Ryan le ultime cose…”.

“Quindi l’hai trovato?!” chiese Lory, il volto rosso e gli occhi pieni di scintille luminose.

Strawberry sorrise e annuì, non potendo sapere che il suo viso aveva assunto involontariamente un’espressione troppo dolce e sognante, cosa che invece percepirono Blanche, Mark e Pam.

“Come sta?” chiese Kyle, gli occhi lucidi, mentre Paddy abbracciava senza ritegno Tart e Mina saltellava sul posto, come una bambina.

“Sta - sta bene…”

“Era prigioniero, non è così?” chiese Blanche, che continuava a guardarla preoccupata.

Lei annuì, ma non aggiunse altro. Chissà perché non aveva la forza di raccontare niente di quello, che era successo, fosse il suo viaggio tra le sue paure, la condizione di Ryan o la storia di Elissa e Leon.

E anche e soprattutto, quello che è successo tra me e Ryan…

Blanche capì che doveva essere successo qualcosa di molto importante nella mente della ragazza, il cui sguardo si era fatto molto più sereno rispetto a quando l’aveva conosciuta, ma sembrava molto disorientata e confusa. A tratti, appariva addirittura sconvolta e ciò le apparve chiaro quando il suo ragazzo chiese con semplicità che cosa avesse visto, cercando evidentemente di sapere qualcosa di più che li potesse aiutare.

Strawberry arrossì ancora, come se si trovasse nuda al centro di quella stanza, piena di persone. Era soprattutto lo sguardo severo di Mark a metterla in soggezione… adesso ricordava con chiarezza l’ultima volta che si erano visti, la furiosa litigata che avevano avuto e si sentiva tremendamente in colpa. La rabbia era ormai sbollita e aveva lasciato una spiacevole sensazione di imbarazzo di fronte al fidanzato, accresciuta anche dal fatto che nella sua mente, era scolpito a fuoco il ricordo del bacio con Ryan.

Come mi è saltato in mente di dirgli quelle cose? Come mi è saltato in mente di baciare Ryan?

…la più grande paura, che l’uomo, può provare: quella di essere felice, e quella di amare totalitariamente una persona… questa è la tua più grande paura e per essa, hai rinunciato a tante cose…

La voce di Elissa squarciò di nuovo la sua mente, anche se stavolta solo nella forma di un ricordo, e le fece ricordare di nuovo, i due futuri, sebbene distorti dalla sue paure, che aveva visto.

“Perché non ne ho voglia… e dica al signor Aoyama che non mi importa nulla se ciò gli darà fastidio…”.

“Certo che la sento anch’io, sciocco…  ti amo anch’io…”.

Le lacrime iniziarono a scorrerle lungo il viso a quei ricordi, alla sofferenza, che aveva provato, alla gioia breve e fugace, alla nostalgia di Ryan, che già la prendeva.

Gli altri, ad eccezione di Blanche, la guardarono, senza capire, mentre la ragazza aliena faceva segno a tutti di uscire, lasciando sola Strawberry.

“Grazie…” mormorò Strawberry a Blanche “Non volevo trattarli male, ma io non…”.

“Lo so, sta tranquilla…” l’interruppe Blanche “Anch’io ho fatto una volta un viaggio mentale… lo ricordo come se fosse ieri… vidi cose che mi porto ancora dentro… e nemmeno Ghish ha mai saputo che cosa ho visto in quell’occasione… erano cose che riguardavano anche lui, e sapevo che l’avrebbero fatto soffrire… spettava solo a me trovarne un senso…”

Strawberry non rispose, ma si alzò dalla vasca e raggiunse a stento il suo letto, su cui si distese, il braccio piegato sugli occhi. Avvertiva continui capogiri e mille dolori articolari.

“La tua mente sta rendendo reale il dolore che hai provato lì…” le spiegò Blanche “Compariranno molte ferite, che potresti aver ricevuto lì…”.

Strawberry, iniziò infatti ad avvertire dei dolori alla caviglia, al polso, mentre le si apriva un taglio sulla mano e sulla fronte.

Mentre Blanche gliele medicava, la ragazza disse, sussurrando: “Perché è venuto Ghish a prendermi? Avevo finito il mio tempo?”.

“Sì, l’acqua della vasca si era esaurita…era un mezzo magico per tenerti ancorata qui… il tuo corpo l’aveva assorbita interamente… sospettavo che ci avresti messo molto a tornare, ma comunque un altro minuto sarebbe stato fatale per te” .

Sarebbe stato fatale sotto tutti i punti di vista… pensò Strawberry, mordendosi il labbro Sarebbe stato mortale, anche solo un altro minuto passato tra le braccia di Ryan…

“A proposito, volevo dirti che adesso tu sei praticamente in perenne contatto telepatico con Ryan… ti basterebbe, se lo volessi, chiudere gli occhi e lo raggiungeresti, di nuovo…di volta in volta, sarà sempre più semplice, ma comunque devi stare sempre molto attenta… se Profondo blu ti avvertisse dentro di sé, potrebbe ucciderti senza tanti complimenti… quindi, se hai necessità di parlare con Ryan, non rimanere più di un quarto d’ora, massimo…”.

Posso vedere Ryan in qualsiasi momento… e potrei parlargli anche adesso…

“Quando sono arrivati Pie e Tart?” chiese, cercando di cambiare discorso e pensieri.

“Due giorni fa… vogliono aiutarci…anche se tardi rispetto a noi, hanno avvertito anche loro la presenza di Profondo Blu e hanno pensato di venire a controllare… poi Tart è innamorato da anni di Paddy, perciò puoi ben capire che è stata un’occasione ideale…”.

Strawberry sorrise, e abbassò lo sguardo, ripensando alla scena che si era trovata davanti al suo risveglio. Gli occhi lucidi di Paddy e il braccio di Tart attorno alla sua vita; entrambi erano molto cresciuti e quella che era stata una semplice simpatia tra loro, solo quattro anni prima, adesso si stava trasformando in un sentimento ben chiaro e distinto. Era certa che anche Paddy lo provasse, ma che non se ne rendesse ancora conto. Chissà perché alle volte, è così difficile ammettere i propri sentimenti…

Blanche la lasciò sola, dicendole che se aveva bisogno, lei era nella stanza accanto. Strawberry chiuse gli occhi, cercando di dormire, ma non ci riusciva. Migliaia di pensieri, come neri pipistrelli, volavano nella sua testa.

Si chiese se anche lei era cresciuta in quegli anni e si dette una secca risposta negativa. Non era per niente cambiata, forse un po’ nell’aspetto esteriore, ma per il resto, era la stessa ragazzina di quattro anni fa. Certamente la morte di Ryan, o presunta tale, l’aveva resa una persona diversa, segnata da una sofferenza inimmaginabile, che ancora adesso non riusciva a spiegare bene e che liquidava nella frase Ryan era ancora vivo e chiamava me, per questo soffrivo tanto. Ma, per il resto, era rimasta esattamente uguale a prima. Non sapeva che fare della propria vita, frequentava l’università, come se fosse ancora il liceo, cioè come un’ imposizione dei suoi genitori, e poi stava ancora con Mark. Si chiese forse per la prima volta e senza ombra di terrore nei suoi pensieri, se fosse davvero ancora innamorata di Mark. Fino a qualche anno prima, non ci avrebbe nemmeno pensato: lui era il ragazzo ideale, stupendo, dolce ed era innamorato di lei. Come se non bastasse, lui poi, era diventato per lei il Cavaliere Blu e questo l’aveva colmata di ulteriore amore nei suoi confronti, un amore cieco, sordo e purissimo, che avvertiva in ogni fibra del suo corpo. 

Poi, lentamente, qualcosa era cambiato.

Non sapeva quando questo fosse accaduto, ma un giorno si era resa conto di quanto la vicinanza del ragazzo non le provocava più quella continua e piacevole sensazione di capogiro, ma solo un calore leggero dalle parti dello stomaco.

E si era detta… sto crescendo ed è finita la fase dell’amore che ti fa svenire… mi sto semplicemente abituando a stare con lui, il mio sentimento sta maturando e si sta stabilizzando…

Passava ancora il tempo, e si rendeva conto che ormai stava con lui per qualcosa che si poteva definire…

Sicurezza… perché lui le dava tranquillità, perché le impediva di perdere fiducia, perché teneva molto al ragazzo, ed era bello affidarsi completamente a lui… la proteggeva e le si sentiva una principessa, colmata di mille attenzioni, che poteva benissimo continuare a vivere nell’aurea solitudine del suo castello, in cima alla collina, tanto c’era sempre lui a portarle i messaggi filtrati dal mondo esterno. Per questo, aveva bisogno di lui… ne aveva disperatamente bisogno per continuare a vivere e a crogiolarsi nella pallida illusione di vita che si era costruita. Una vita perfetta, dove era una ragazza felice, che aveva due genitori disponibili, un gruppo di amiche leali e spigliate, un meraviglioso fidanzato, un bel lavoro, un mondo dove era stata una paladina della pace, e dove sarebbe diventata una donna affermata e realizzata.

Tutto si era incrinato il giorno della morte di Ryan.

Era stato allora che aveva capito che la sua vita non era perfetta, e che non lo sarebbe mai stata. Aveva capito che la felicità non esisteva e che, al massimo, se ne poteva ricostruire una fragile parvenza, evitando esclusivamente le infelicità. Nella sua vita, fino ad allora, le aveva sempre evitate, ma adesso era accaduta una cosa, a cui non c’era rimedio. La morte di una persona cara. E, d’improvviso, le andava stretta la sua vita perfetta, il suo ragazzo perfetto, e che la voleva tale… era stato allora che aveva iniziato a pensare sempre meno a Mark, a considerarlo solo come qualcosa che si portava dietro con fatica e che la teneva inchiodata a terra.

Era stato allora che aveva smesso di amarlo.

Quella consapevolezza le fece male, molto male, e nel sonno, i suoi occhi lasciarono cadere delle lacrime sulle guance brucianti per la febbre, che le era salita.

Possibile che fosse tutto così semplice?

E Ryan?

Aver capito di non amare più da tempo Aoyama, non le fece risolvere la sua angoscia. Questo voleva dire che era innamorata di Ryan Shirogane, il bel ragazzo americano, che aveva baciato, quanto, un’ora prima, il giorno prima o un anno fa?

Non si seppe rispondere, pensava che era troppo presto, e si addormentò, ripromettendosi di parlare con Mark, appena si fosse svegliata.

 

 

“Mi hai chiamato, Strawberry?” chiese Mark, guardando la ragazza dai capelli rosso scuro e dagli occhi color cioccolato, che stava adagiata su qualche cuscino ed era avvolta in una calda vestaglia rosa.

Strawberry annuì, lo sguardo triste sulla coperta, e gli fece segno di sedersi.

Mark la guardò interessato, studiando il suo viso pallido e i riflessi dei suoi capelli, accorgendosi per la prima volta che erano anche un po’ biondi, un bel biondo caldo, che riluceva della piccola luce ambrata della lampada del comodino.

Mai come allora, la desiderava a tal punto da avere il cuore a pezzi, ma mai come allora era semplicemente irraggiungibile.

Perché?

Le ricordava ancora le sue parole di qualche giorno prima…

…e, se proprio lo vuoi sapere, avrei preferito mille volte che fossi morto tu, invece che Ryan… lui, almeno, non mi avrebbe mai lasciata da sola…

Gli aveva spezzato il cuore e mai come allora aveva odiato a morte Ryan Shirogane, dovunque egli fosse. Sentire una cosa del genere dalle labbra della sua Strawberry lo aveva sconvolto, ma dopo qualche tempo, le cacciò dalla sua mente, con una facile etichetta: Strawberry era nervosa, era stanca ed era stato lui ad indisporla.

Punto.

Poi solo qualche giorno prima, quella ragazza aliena era piombata a casa sua, dicendo che Shirogane era ancora vivo, e che Strawberry era andata a prenderlo.

All’inizio, non aveva capito bene tutto, la storia di Profondo Blu, quella di Shirogane e quella della strenua ricerca di Strawberry per dimostrare la verità, che lei aveva ritenuto reale, forse dallo stesso momento in cui le era giunta la notizia della morte del ragazzo. Lui era rimasto praticamente sconvolto, ma poi Kyle gli aveva detto che Blanche gli aveva spiegato che molto probabilmente la particolare situazione psicologica di Strawberry, in quegli anni, era stata dovuta proprio al fatto che Ryan era ancora vivo e che chiamava Strawberry, proprio per essere liberato.

Ma questo non lo aveva aiutato.

Perché Shirogane continuava a chiamare lei, e non qualcun altro?

Lo aveva sempre saputo che Shirogane aveva avuto una predilezione particolare per Strawberry, lui se ne era sempre accorto e per questo lui e l’americano non avevano mai avuto un grande rapporto. Ma negli anni questa cosa non l’aveva preoccupato. Strawberry amava lui, e, sebbene alle volte sembrava troppo interessata alle sorti di Shirogane, Mark aveva capito che le attenzioni del ragazzo erano a senso unico. Dubitava persino che Strawberry se ne fosse accorta.

Ma ora era diverso, era tutto diverso.

Pensare che la sua ragazza, la stessa, che si era consumata di dolore, dopo la morte di Shirogane, la stessa, che gli aveva detto, gli occhi lucidi, che avrebbe preferito la sua morte a quella di Shirogane, ora dopo quelle parole, era incosciente, e vagava tra la sua anima e quella di Shirogane stesso, persa in un viaggio dal quale poteva anche non tornare, gli fece malissimo.

Perché lo stava facendo?

Lo voleva salvare. E questo ci entrava pure. Ma a costo della sua vita? E poi perché non gli aveva detto niente? Né a lui, e nemmeno alle ragazze?

Erano passati i giorni e una delle sue più grandi paure si era, infine, realizzata. Appena aveva aperto gli occhi, lei era già mortalmente diversa: più serena e felice, e lo era diventata ancora di più, quando si era ritrovata a dire che Shirogane era vivo. Aveva lo sguardo dolce, il sorriso tenero, come qualcuno che ricorda con affetto.

E poi adesso gli voleva parlare.

Di cosa, poi, quando oramai ho capito tutto?

La sua mente gli diceva questo, ma il suo cuore continuava a sperare. Ostinato e colorato di illusione, come era sempre stato il suo amore per lei.

“Dimmi Strawberry…” ripeté, accarezzandole il viso. A quel gesto, gli occhi della ragazza si velarono e si chiusero forte, come a non vedere quello che accadeva, dentro e fuori di sé.

Strawberry riaprì gli occhi e mormorò: “Ascoltami Mark… io- io non so da dove iniziare, ma credo di doverti questo, più di ogni altra cosa al mondo…io devo essere sincera con te, te lo devo e mi dispiace tanto di non esserlo stata per tutto questo tempo…”.

“Non riesco a capire…”.

“Tu sei stato il mio primo amore” disse lei, asciugandosi gli occhi “Sei stata la persona più importante della mia vita, e questo non soltanto perché sei diventato per me il Cavaliere Blu, perché mi hai difeso e mi hai aiutato…

“Tu mi sei stato accanto anche nei momenti più difficili, anche in questi ultimi anni, quando non ero certamente la persona più semplice da aiutare… per questo, ti voglio chiedere scusa per quello che ti ho detto. Io voglio molto bene a Ryan e sono molto affezionata a lui, ma non credo che sarei stata meglio se fossi morto tu… sarebbe successa la stessa identica cosa”.

Mark respirò di sollievo alle parole della ragazza. Allora era solo questo che voleva dirgli? E dire che si era fatto un sacco di paranoie per nulla… si era già avvicinato a lei per baciarla e per mormorare sulle sue labbra che la perdonava, che andava tutto bene e che non gli importava più niente di quello che gli aveva detto, quando lei lo guardò seriamente in viso e, gli occhi ancora tremendamente pieni di lacrime, riprese: “Ma, nonostante questo, nonostante che sia una cosa orribile da fare e da dire, adesso io sento di dover portare a termine quello che avverto con tanta chiarezza dentro di me… forse me ne pentirò ogni giorno, Mark, perché tu sei una persona stupenda e meravigliosa, ma sarebbe egoista continuare in questa maniera solo per paura di perderti e per paura di non farcela da sola…

“Mark, quello che sto cercando di dirti è che io credo… io credo di non essere più innamorata di te…”.

Mark aveva sentito, come un enorme fragore d’acqua nelle orecchie, come se all’improvviso, non vedesse e non sentisse più niente… quelle parole così semplici e chiare, gli erano semplicemente sembrate troppo incredibili, come una condanna a morte che un imputato innocente sente e crede un orribile e macabro scherzo.

Come poteva fargli questo, dopo tutto quello che aveva fatto per lei?

Non rispose nulla, ma si sporse su di lei, e gli occhi annebbiati, come la sua mente, la strinse violentemente per il polso, dicendo: “Dimmi la verità, almeno! Dilla almeno, che ti sei innamorata di Shirogane! Dillo che è per lui che mi stai lasciando! Che cosa è successo quando l’hai incontrato?!”.

Strawberry deglutì, mentre sentiva le dita di Mark premere forte sul polso sottile, ancora indolenzito per la febbre e il viaggio, che aveva dovuto affrontare.

“Non è successo niente” mentì, senza sentirsi in colpa. Stava lasciando Mark, perché non era più innamorata di lui e Ryan non c’entrava assolutamente niente. Almeno credeva.

“Sei una bugiarda!” le urlò contro, e poi, tenendola ancora per il polso, le schiaffeggiò violentemente il volto, con tutta la forza che aveva. Strawberry, che era in ginocchio sul letto, perse l’equilibrio e cadde dal letto, urtando il viso contro il pavimento. Sentì un dolore cieco e penetrante nelle narici, oltre che sullo zigomo, e il sapore dolciastro del sangue in bocca.

Si rialzò a fatica, la mano premuta sulla guancia, non sapendo né che fare e nemmeno che cosa pensare. Era quello davvero Mark, il ragazzo da quell’aria oltremodo stravolta, che aveva di fronte? Aveva paura, paura di lui e non voleva che le si avvicinasse di nuovo, che le facesse ancora del male.

Una preghiera affiorò alla sua mente…

Ryan, ti prego aiutami…

Aveva dimenticato che adesso erano legati da un rapporto telepatico, e se ne rese conto solo quando comparve al centro della stanza un’enorme sfera di luce dorata, crepitante di elettricità, che fece uscire da sé una specie di ologramma: un immagine evanescente e luccicante di Art, che si scagliò su Mark, graffiandolo e mordendolo.

Strawberry osservava la scena impietrita, mentre Mark, urlando, cercava di togliersi il gatto di dosso, anche se quello non si spostava di un millimetro. Alle urla, accorsero Ghish e Blanche, che intervennero, pur non avendo capito molto, a separare il micio dal ragazzo. Art si leccò il muso e si allontanò da Mark, rimasto accasciato per terra, il volto pieno di ferite e di graffi, che grondavano sangue e che Blanche stava esaminando.

“Sta attenta Strawberry!” esclamò Ghish che aveva erroneamente pensato che le ferite di Strawberry fossero state provocate anche loro dalla furia del misterioso gattino.

Ma Art si avvicinò a Strawberry e le leccò la mano destra, miagolando: “Sono solo un’immagine… Ryan ha inconsciamente avvertito che eri in pericolo e mi ha mandato a te… adesso devo tornare da lui…”.

Strawberry annuì, e al suo cenno, comparve nuovamente la sfera dorata che assorbì di nuovo Art .

Gli altri avevano osservato la scena in silenzio, senza capire che cosa il gatto avesse detto a Strawberry, ma intanto, la ragazza si era sollevata in piedi, e aveva mormorato: “Mark, vattene immediatamente dalla mia camera…”, poi, vedendo che non si muoveva e che anzi la guardava sconvolto, gridò: “Vattene immediatamente! Esci fuori da casa mia e dalla mia vita! Non voglio vederti mai più, hai capito?!”.

Mark, non appena l’aveva vista sollevare lo sguardo, era stato preso da una nuova ondata di angoscia, mentre finalmente ritornava in sé. Aveva sentito la rabbia cieca e sorda giungere alle sue mani e fargli colpire Strawberry, la persona che amava di più al mondo, che avrebbe dovuto proteggere e che, invece, aveva ridotto in quello stato. Fu il sangue di lei, grondante sulle sue labbra a colorarle di un acceso rosso corallo, a fargli venire le lacrime agli occhi.

“Strawberry, ti prego… perdonami… io- io non so che cosa mi è preso…”.

“Vattene subito! Tra noi è tutto finito e quindi non c’è motivo per cui tu rimanga qui… ”.

Blanche e Ghish guardavano la scena in silenzio, iniziando finalmente a capire che cosa doveva essere successo tra i due. Dovevano aver litigato e si stavano lasciando. Ma, se Blanche aveva intuito anche il ruolo del gatto apparso poco prima e il motivo delle ferite sul volto di Strawberry, a Ghish non passò neanche per l’anticamera del cervello, che potesse essere stato Mark a picchiarla. Non gli stava particolarmente simpatico, ma non lo credeva capace di una cosa del genere.

“Ti prego, Strawberry… io non posso vivere senza di te…” ripeté Mark, le lacrime agli occhi, aggrappato alle sue spalle.

Lei si ritrasse spaventata e disse freddamente: “Tu non sei più nemmeno il Cavaliere Blu, e quindi non abbiamo bisogno che tu ci aiuti contro Profondo Blu… ce la caveremo da soli…”.

Mark, il cuore in una morsa, d’improvviso preso da una ventata d’orgoglio, disse, separandosi da lei, sebbene a malincuore: “Va bene, ho capito… spero che tu sia felice con Shirogane…”.

Strawberry non si dette la pena di rispondere, mentre lo vedeva uscire dalla stanza, che pensasse quello che voleva, che lei era innamorata di Ryan e che lo lasciava per lui.

Appena vide la porta chiusa, sentii una forte ondata di sollievo e cadde in ginocchio, mentre il dolore e la sofferenza, non solo fisiche, affioravano al suo volto, scavandone le labbra e lasciandoci un leggero tremolio, che si risolse in un pianto disperato, subito soffocato dalle braccia affettuose di Blanche, che sopraggiunse a stringerla forte.

“E’ tutto finito… non ti preoccupare…”. Sussurrava lei.

“Non ci posso credere” ripeteva Strawberry, tra i singhiozzi.

Dopo un po’, si mise a letto e si addormentò, sotto le lenzuola, dopo che Blanche e Ghish ebbero vegliato su di lei, finchè non giunse sulle sue palpebre il tanto desiderato sonno.

 

 

Indovinate come mai questo capitolo mi piace tanto? Finalmente il merluzzo ha avuto quello che si meritava! Lo so, forse sono stata un po’ troppo violenta, ma mi sono resa conto che le persone troppo perfette, sono quelle che reagiscono peggio alle situazioni, perché sono abituate a reprimere la rabbia! Come sono saggia! Dovrei fare la psicologa! Bene, dopo tanto tempo, sono riuscita ad aggiornare! Quando ho visto che il sito era in manutenzione, mi è venuto un attacco di panico! Ma adesso finalmente sono tornata per essere il vostro onnipresente incubo! Non so quando arriverà il prossimo capitolo, perché sono molto occupata, ma cercherò di fare prima possibile! I soliti ringraziamenti:

Aya chan: una delle tue domande ha trovato risposta! Il merluzzo è finalmente K.O., e non lo vedrai per un bel po’! Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, grazie dei tuoi complimenti! Per quanto riguarda Lory, ho in serbo anche per lei qualcosa, ma dato che mi sta un po’ simpatica, non sarò così crudele, come con il merluzzo! Lui doveva proprio SPARIRE! A presto!

Kashia: era da tempo che non ci sentivamo! Come sempre, sei stata molto carina, ti ringrazio soprattutto per aver paragonato la mia storia ad una favola! E’ un bellissimo complimento, perché ci speravo che facesse un effetto simile! Grazie tanto!

Mew Pam: come sempre, sono contentissima di ritrovarti nelle recensioni! Mi piace che ti sia affezionata alla mia fic! Grazie sempre dei tuoi complimenti, anche io volevo che Strawberry rimanesse con Ryan, ma purtroppo se la facevo rimanere lì non andava più avanti la storia, e soprattutto non lasciava il maledetto merluzzo! Per Elissa, mi è costato molto farle fare quella brutta fine, ma, come hai ben capito, Profondo Blu non l’avrebbe fatta vivere tranquilla, dopo quello che gli aveva fatto! Ma l’importante è che il bacio ti sia piaciuto, perché ci ho messo tutta me stessa! Volevo essere al posto di Strawberry, pure io!!!!! Un mega bacione!

Miyu: ho cercato di pubblicare appena possibile, ma purtroppo sono sempre molto occupata! Ti prometto che cercherò di velocizzare i tempi per i prossimi capitoli! Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, e anche che ti sia commossa! Un baciotto! (non so da dove mi è uscito ‘sto baciotto!)

Nadia Sakura Kan: come sempre, anche se rischio di essere ripetitiva, devo complimentarmi con te per la qualità delle tue recensioni! Sto facendo la parte di un editore! Questo perché, a parte i tuoi complimenti, mi piace che tu ripercorra il mio capitolo, passo passo, e mi dica quello che hai provato! Credo che questa sia una cosa importante, perché è un grande traguardo vedere che quello che volevo comunicare è arrivato a chi stava leggendo! Grazie davvero tanto! Ciao ciao! (mi sono accorta che hai usato il mio saluto!)

Hermy 6: come sempre, da quando mi recensisci, hai vinto il titolo della recensione più pazza! Quando ho visto la tua recensione, mi sono spaventata, poi, leggendo, le parole mi sono sembrate familiari ed allora ho capito! Meno male che non te l’hanno tagliata, perché è stata una cosa fortissima! Mi sono piaciuti anche i tuoi complimenti e i tuoi commenti, da quello che mi scrivi ormai ti immagino sempre come un piccolo folletto saltellante, tipo Mirmo, l’hai mai visto? Sono sempre contentissima di metterti nei miei ringraziamenti, quindi continua a recensirmi! Un mega bacione!

Pfepfer: sono felice che la scena del bacio ti sia piaciuta e soprattutto che fosse quello che ci voleva! Che carina la catena BELLA, BELLA, BELLA! A presto!

Bene, adesso vi saluto, perché devo approfittare che i miei non ci sono per andarmi a rivedere Elisa di Rivombrosa! Mi sono innamorata follemente di Christian Grey! Bè, lasciamo perdere che altrimenti non me ne vado più! Ciao ciao da Cassie chan!

 

 

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Capitolo 12
*** The call of the angel ***


Erano passate tre settimane, dal giorno, in cui Strawberry era tornata da quel viaggio, che le era costata tanta sofferenza, m

Capitolo 12 – The call of the angel

 

 

“… I cannot find a way to describe it, it’s there, inside, all I do is hide…”--- Avril Lavigne

 

Erano passate tre settimane, dal giorno, in cui Strawberry era tornata da quel viaggio, che le era costata tanta sofferenza, ma che le aveva fatto riportare indietro la persona, a cui aveva pensato di più in quegli anni. In quelle settimane, la ragazza si era trasferita nuovamente nel suo appartamento, lasciando la casa dei genitori e riprendendo gradualmente le forze lì. Anche se assistita, mattina e sera da Blanche, Ghish e Lory, Strawberry impiegò molto tempo a ritornare sé stessa. Aveva febbri molto alte nelle ore più disparate del giorno, e le ferite stentavano a guarire completamente, senza alcuna spiegazione logica.

A Lory, Blanche aveva spiegato che erano le naturali conseguenze di un viaggio mentale, che debilitava molto e lasciava tracce fisiche, che scomparivano solo dopo qualche tempo, quando anche le tracce psicologiche di quell’esperienza si andavano riassorbendo. Poi, l’ulteriore sofferenza arrecata dagli ultimi eventi, vissuti con Mark, l’aveva prostrata ancora di più.

In quei giorni, nessuno pensò molto a Ryan e a Profondo Blu, e alla battaglia, che ormai si stagliava cupa e minacciosa all’orizzonte, mentre un via vai continuo raggiungeva la casa di Strawberry e di Lory, per vedere come stava la coraggiosa ragazza dai capelli rossi. Tutti si sentivano intimamente in colpa per quello, che poi si era rivelato vero, e cioè che Ryan era ancora vivo e che Strawberry aveva sempre creduto fermamente. Si erano molto meravigliati di fronte alla complicata spiegazione di Blanche su quello che era accaduto, sulle indagini di Strawberry e soprattutto, sulla strana vicenda di Leon e di suo fratello, confusione che si era ulteriormente intensificata di fronte alle poche parole, pronunciate da Strawberry su quello che le era accaduto.

Lei non rivelò mai tutto quello che le era successo, se non a Blanche, ma già il sentire i pochi particolari della condizione, in cui Ryan si trovava, e sulla storia di Leon ed Elissa, fecero a tutti uno strano effetto.

Possibile che nessuno avesse capito, a parte Strawberry, che Ryan era ancora vivo?

E poi furono soprattutto i quattro alieni, che si erano stabiliti nelle varie case dei loro amici terrestri, a dimostrare interesse per le parole di Strawberry: lei li aveva ridato una parte della loro storia, che era andata completamente perduta e cioè l’immagine di Elissa, l’unica persona che Leon aveva mai amato e l’unica, per la quale poi era stato sconfitto da suo fratello.

Intanto, Strawberry non aveva rivisto né Mark e nemmeno Ryan.

Il primo non si era semplicemente presentato più a casa sua, e anche gli altri le avevano detto che non si era fatto vedere nemmeno al caffè, una sola volta aveva chiamato Kyle per sapere se avevano bisogno di lui e come stesse Strawberry. Poi, non si era fatto più sentire. Non che Strawberry se ne meravigliasse, anzi ne era certa, ma adesso che lui si era allontanato, non sapeva come mai, ma la dolcezza dei giorni passati insieme, quelli che erano stati felici, la riprendeva spesso ad ondate. Certo, non lo amava più, ma dopo tanti anni, era normale che avesse un po’ di nostalgia di lui, subito sostituita dalla rabbia feroce per quello che le aveva fatto l’ultima volta che si erano visti.

Per quanto riguardava Ryan, anche nel suo caso, le cose erano molto più complesse di quello che si potesse pensare. Molte volte, mentre stava per addormentarsi, era entrata in minimo collegamento telepatico con lui. Non sapeva come ci riusciva, ma era sufficiente che pensasse intensamente a lui, che desiderasse vederlo e che fosse semiaddormentata, e vedeva di fronte agli occhi un lungo corridoio buio, illuminato tenuemente solo dalle luci di alcune piccole fiaccole. Lei camminava lentamente, temendo quello che stava per vedere, poi scorgeva una parete d’acqua, su cui si specchiava la sua immagine riflessa.

Oltre quella parete, apparentemente così sottile, c’era Ryan. Mentre era lì, lei iniziava ad avvertire le sensazioni, che Ryan stava provando, ogni volta diverse. A volte, era triste, alle volte depresso, alle volte, ancora, stanco. Poi, lo intravedeva al di là delle increspature argentee dell’acqua che cadeva… certe volte, si era perso in un ricordo, altre lottava, nelle sembianze di Leon, contro Profondo Blu. Lei rimaneva con la mano appoggiata sul petto, incapace di varcare quella soglia e di andare da lui, anche quando lui non stava combattendo, o quando sembrava in difficoltà, anche se difficilmente Profondo blu aveva per molto la meglio su di lui. Aveva troppa paura che lui le leggesse dentro, come faceva sempre, e stavolta riuscisse a vedere tutto quello che gli teneva nascosto… le sue visioni, i loro figli, la loro felicità… il fatto che non amava più Mark, che lo aveva lasciato, che lui l’aveva picchiata… ma quello che temeva maggiormente che lui potesse vedere erano i suoi pensieri di quei giorni, colmi della sua presenza e dei ricordi di quei lontani anni, passati insieme, o anche del loro bacio.

Non aveva smesso un attimo di pensare a lui, a volte, sentendosi confusa, ma spesso accettandoli come una normale conseguenza di quello che le era accaduto. Ma, nonostante le disposizioni estremamente impersonali e razionali, su cui forgiava e lasciava crescere i suoi pensieri, niente le impediva di porsi all’infinito quella domanda… ma mi sono innamorata di Ryan?

Ed era esattamente allora che si svegliava bruscamente, e che interrompeva il contatto con la mente di Ryan. Tornava indietro e si convinceva che non era vero, avvertendo sempre quella cieca paura ed angoscia, di cui quel giorno, le aveva dato spiegazione Elissa, ma che adesso stranamente non riconosceva più come tale.

La paura di essere felice. 

Riprendeva a vivere normalmente, concentrandosi su altri particolari, ma neanche allora la sua mente la lasciava in pace.

Esauritisi i sensi di colpa e la nostalgia verso Mark, e soffocato sotto strati di paura, il suo strano sentimento verso Ryan, altri pensieri si aggiungevano nella sua mente, portati dai suoi sogni, un mondo che ingenuamente pensava integro dalle insidie e dalle difficoltà del giorno. 

Erano ormai giorni, che faceva sempre lo stesso sogno.

Era in una stanza bianca, piena di fiori celesti, ed era davanti ad una finestra, la mano sottile appoggiata sul vetro freddo. Sentiva di stare piangendo. Sollevava lo sguardo e vedeva nel riflesso, oltre lei, l’immagine di Profondo Blu. Lui le sorrideva malevolo e lei si voltava, chiedendogli che cosa volesse.

Lui la prendeva per un polso e le sussurrava: “Ma tu guarda che bella coincidenza! Non ci posso credere!”.

Lei cercava di divincolarsi, ma la sua stretta era semplicemente troppo forte. Iniziava a gridare, ma le labbra di Profondo blu sulle sue le serravano le urla in gola.

“Lasciami stare!” gridava, quando lui smetteva di baciarla, e poi cercava disperatamente di chiamare telepaticamente Ryan, come aveva fatto quella volta con Mark, solo che quella volta aveva avuto molta meno paura di adesso.

Lui le sorrideva ancora, stringendole i polsi, con una mano sola, e le diceva: “E’ inutile che chiami Leon, piccola mia… lo sai che lui non c’è più… lui è morto ed è morto per te… per proteggerti… razza di stupido, eppure lo sapeva che l’amore ti rende deboli e ti uccide… ha rifatto lo stesso errore di tanti anni fa, anche se il suo corpo era diverso… anche l’essere umano era esattamente come lui…”.

Iniziava ad urlare, piangendo: “Che cosa hai fatto a Ryan?”.

Lui rideva e la stringeva. E rispondeva solo: “Dovrei ringraziarli però… tutti e due… se mio fratello non avesse scelto quell’umano, non ti avrei ritrovato, Elissa…”.

“Io non sono Elissa!” urlava, le lacrime che le solcavano il viso.

Prima di svegliarsi, udiva ancora la sua voce dirle beffardo: “E’ vero che non sei lei, ma le somigli in modo impressionante… con una sola differenza… Elissa, non è mai stata mia, tu invece lo sarai per tutta la vita…”.

 

 

Tutti i membri del progetto mew, ad eccezione ovviamente di Ryan, e anche i loro amici alieni, erano riuniti all’interno della camera da letto di Strawberry, che ancora era distesa. Aveva recuperato molte delle forze perdute e anche il suo viso non mostrava molte ferite, ma era ancora molto debole e pallida. E poi solo pochi minuti prima, aveva fatto di nuovo quell’orribile incubo.

Aveva ancora paura. Di incontrare Profondo blu. Non di combattere contro di lui. Aveva paura che lui la riconoscesse e che vedesse la somiglianza tra lei ed Elissa. Lui la voleva. E, non sapeva come, ma era sicura che, nel caso in cui se ne fosse accorto, avrebbe ucciso Ryan. Per questo, di fronte alle parole dei suoi amici, che stavano decidendo che cosa fare per fermare Profondo blu, rimaneva in silenzio e guardava pensosamente il bordo giallo della sua coperta.

Ad un tratto, la voce di Pie la riscosse dai suoi pensieri: “Credo che la persona che può aiutarci di più in questa situazione, sia l’unica che non sta ascoltando…”.

Strawberry, chiaramente anni luce lontana da lì, sollevò lo sguardo e li vide tutti intenti a fissarla.

“Scusatemi, ma non stavo seguendo… dicevate?” mormorò imbarazzata, con un sorriso.

“Dicevamo…” riprese Tart, pazientemente “… che tu sei l’unica che hai potuto vedere l’anima di Profondo Blu… magari hai visto qualcosa che potrebbe aiutarci…”.

Strawberry si irrigidì e si serrò nelle spalle sottili.

Certo che ho visto qualcosa che potrebbe aiutarci pensò, con un brivido Profondo blu ha desiderato per tutta la vita una donna, che è la mia esatta copia…

Scosse il capo e rispose: “Io sono stata nell’anima di Ryan, o al massimo, in qualcosa dell’anima di Leon… tutto quello che ho potuto vedere di Profondo Blu, erano le immagini dei ricordi di Leon e non c’era assolutamente niente di particolare…”.

“Certo che è un bel problema…” bofonchiò Kyle, mentre giocherellava con una biro “Come facciamo a salvare Ryan, se non sappiamo minimamente come sconfiggere Profondo Blu?!”.

Gli altri annuirono mestamente, mentre Lory chiedeva: “Scusami Blanche, ma perché, quando Strawberry è andata da Ryan, le hai fatto dire che lui doveva eliminare tutte le immagini di Profondo Blu?”.

“Profondo blu vive nel corpo di Ryan, giusto? Lui, in questo momento, occupa una zona d’ombra dell’anima di Ryan, che poi è quella di Leon… tutte le immagini che Ryan si troverà davanti, sono i ricordi, che Leon ha di suo fratello… distruggendoli, piano piano, potrebbe trovare il vero Profondo blu, che risiede in quelle immagini”.

“Ma così facendo non distruggerà anche i ricordi di Leon?” chiese Ghish che, fino a quel momento, era rimasto in silenzio ascoltando la spiegazione della fidanzata.

“Ovviamente c’è questa possibilità…” continuò Pie “Ma considera che l’anima di Leon, dovrebbe aver smesso di esistere su questa terra da molto tempo… non credo che possiamo sacrificare l’anima di Ryan per proteggere quella di Leon e i suoi ricordi…”.

“Tra le altre cose” intervenne Paddy ingenuamente, sorridendo a Tart “Non credo che a Leon dispiaccia poi tanto perdere i ricordi di suo fratello…”.

“Ricapitolando…” riprese Pam, gli occhi cerulei fissi su Strawberry, che guardava ancora il copriletto “Profondo Blu vuole i nostri poteri e userà Ryan… non esiste nessuna maniera per liberare Ryan da lui?”.

Blanche disse: “Adesso che Strawberry l’ha risvegliato, Ryan ha recuperato l’essenza di sé, ma solo Profondo Blu può decidere di abbandonare il suo corpo, e non credo che esista una maniera per costringerlo a farlo… Profondo blu dovrebbe semplicemente morire in Ryan per lasciarlo…  e questo potrebbe provocarlo solamente Ryan dall’interno di lui, ucciderlo nella maniera che vi ho spiegato. L’unica cosa che quindi possiamo fare dall’esterno è cercare di dare forza a Ryan, rendendolo sempre più forte e autocosciente … più il suo spirito diventa forte e più quello di Profondo Blu si indebolisce… probabilmente fino a distruggersi…e solo le persone che ama, possono farlo tornare completamente in sé… altrimenti….”.

“Altrimenti, niente, Blanche…” l’interruppe Ghish.

“Che cosa stavi dicendo?!” chiese curiosa Mina, che ci stava capendo poco quanto niente di quella assurda vicenda.

“Altrimenti…” riprese Ghish “Ci sarebbe una stupida cosa, su cui Blanche si è fissat…”.

Blanche lo interruppe bruscamente: “Non mi sono assolutamente fissata! Comunque si tratta di una specie di leggenda, che fu scritta nel giorno della nascita di Leon… i vecchi del nostro popolo la cantano come una filastrocca e solo poco tempo fa, ho saputo che fu pronunciata in quell’occasione…”

“E che cosa dice?!” chiese Halinor, curiosa.

I quattro alieni sorrisero, forse memori di ricordi infantili, poi la voce di Blanche iniziò a scandire lentamente una litania, composta di parole di una lingua sconosciuta, ma che stranamente giungeva ai loro cuori perfettamente comprensibile.

Ombra e luce,

son figlie dello stesso duce

le due anime del mondo

infelice e giocondo

invocano la gente

cortese e impertinente

con loro giocano,

e il loro avorio mostrano,

e poi dell’ebano brillano

quando il potere amano.

Una è vittima sacrificale,

e l’altra sacerdote rituale,

la carne scompare,

vapore si trova a diventare,

e, incosciente, ad attraversare

anni da illuminare.

I bambini di carne vivono,

poi piangono

poi giocano

e poi amano.

Pure loro l’ombra e la luce.

Ma poi l’amore si traduce

Nell’angelo scarlatto.

Lui impazzisce per un ratto

Ma solo battendo le sue ali

Si separeranno le due anime carnali,

dopo che dell’ucciso e dell’uccisore

al sangue avrà reso onore.

Quando Blanche smise di cantare, gli altri aprirono di nuovo gli occhi, ma la loro attenzione fu subito attirata da Strawberry, che era immobile, gli occhi spalancati e le labbra dischiuse, pallida in volto.

“Che cosa c’è Strawberry?!” chiese Kyle, preoccupato, avvicinandosi a lei.

La ragazza non rispose, mentre mormorava qualcosa tra le labbra, poi guardò Blanche e sussurrò: “Lei mi ha chiamato così… mi ha chiamato così per tutto il tempo, Blanche…”.

Gli altri guardarono alternativamente la ragazza aliena, che annuiva pensosamente, e poi quella umana, che la guardava in silenzio.

“Lo so, Strawberry” mormorò lei “Per questo, volevo dirtelo… considera che è solo una cantilena…”.

“Volete spiegarci che cosa significa questa situazione?!” chiese Ghish, leggermente spazientito dal comportamento sibillino della sua fidanzata.

Blanche sorrise e disse: “E’ una cosa che riguarda Strawberry e io non posso parlarvene se lei non vuole…”.

Tutti guardarono ancora Strawberry, curiosi di sapere che cosa significavano quelle parole, ma la ragazza disse solamente: “Scusatemi, ma non me la sento ancora di parlarne…”.

“E poi considerando che è solo una leggenda per il mio caro fidanzato, non vedo in che cosa ci possa interessare questa leggenda, no?” disse, quasi allegra, Blanche, sorridendo ironica a Ghish.

“Già, questa è solo una stupida leggenda e potete perciò anche tenervi i vostri segreti!” disse il ragazzo, incrociando le braccia “L’unico piano veramente valido che abbiamo è quello di rendere Ryan molto più cosciente di quanto non lo sia adesso…”.

Tutti, sebbene ancora incuriositi dalla strana espressione di Strawberry, annuirono. Dopo qualche attimo di silenzio, Halinor ruppe il silenzio: “Scusate, ma se dobbiamo solo rendere Ryan più cosciente, non credete che basti che lui ci veda tutti assieme?”.

“Credo che sia l’unica cosa che possiamo fare… allo stadio attuale, possiamo solo cercare di rendere Ryan più forte di Profondo blu…” commentò piattamente Pam.

“E considerando anche che Profondo Blu mira ad impossessarsi dei vostri poteri, riunendoci tutti in un posto, creeremo per lui un’occasione più che ghiotta…” completò Kyle.

“Potremmo organizzare una festa al Caffè… sarebbe una buona scusa per riunirci, senza destare molti sospetti in lui…” rifletté Mina, subito attratta dalla possibilità di fare un grande ricevimento sul genere di quelli, che si tenevano quasi quotidianamente a casa sua.

Tutti concordarono sul fatto che fosse una buona idea, poi Blanche guardò Strawberry e disse: “Devi avvisare Ryan… solo se lo saprà, sarà più pronto e coglierà l’attimo di smarrimento di Profondo Blu per distruggerlo…”.

Strawberry sollevò lo sguardo stupita e la guardò, come se non capisse. Poi, vedendo l’espressione seria dell’amica, disse: “Ok… gliene parlerò stasera…”.

“Non sarebbe possibile che qualcun altro vada con Strawberry?” mormorò Lory, rossa in viso. Anche lei voleva rivedere Ryan e le faceva male che l’unica che potesse farlo, fosse Strawberry.

“No, è già abbastanza pericoloso con lei, figuriamoci con un’altra persona…” disse Blanche, decisa.

Lory accusò il colpo e tacque.

 

 

 

Bene, non ci posso credere! Sono arrivata indenne al dodicesimo capitolo! Sono commossa di me stessa! In questo capitolo, in effetti, non è successo granché! La potrei chiamare la calma prima della tempesta! Soprattutto la filastrocca può chiarire molte cose! Comunque, spiegherò anche quella, dato che mi sono resa conto che alla fine della storia non ne ho fatto capire tutto il senso! Non so quando arriverà il prossimo capitolo, perché sono parecchio occupata, ma vi posso anticipare che FINALMENTE Strawberry comprenderà una cosa molto importante, che dovrebbe aver capito da anni, ma che non le era ancora arrivata! Come sempre, passo ai ringraziamenti e ai messaggini vari:

Nadia Sakura Kan: stavolta, hai dato il meglio di te nella recensione! Era davvero accurata! Comunque, come sempre, ti ringrazio di tutti i complimenti, soprattutto perché ero preoccupata che nella storia si vedesse che odio Mark, ma ho cercato di essere quanto più imparziale possibile, e di inquadrarlo specie come un ragazzo che viene lasciato dalla persona che ama di più al mondo. Dato che conosco bene la sensazione, mi sono immedesimata in lui e allora alla fine ho provato anch’io compassione per lui (ma sarò normale?!)! Per il resto, si è capito che Strawberry è innamorata di Ryan, ma, se rileggi il capitolo, ti accorgerai che lei non ha mai ammesso direttamente di amare Ryan! Ne ha avuto il sospetto, ma non ne ha ancora la certezza assoluta, per questo, quando ha parlato con Mark, ha parlato solo di quanto invece quello che provasse per lui fosse in realtà finito da tempo! Non so se sono stata molto chiara, a volte io stessa faccio confusione! Comunque, hai capito bene perché lei lo abbia lasciato e come sia arrivata a questa difficile conclusione! Per Mark, gli ho fatto avere quella reazione perché, come ho detto, non credo che esistano le persone perfette, e una persona del genere, che reprime così tanto i propri sentimenti negativi, alla fine scoppia! Comunque, arriverà anche lui alla tua saggia conclusione, un po’ ci arriverà qui, in questa fic, e un po’ lo vedrai. se riesco a finire e a pubblicare il seguito di questa stessa fic! Per Blanche, sta tranquilla, secondo te lancio un’esca così ghiotta, senza motivo? Eheheheh… come sono malvagia! Stavolta, ti ho fatto concorrenza e ti ho scritto un’immensa risposta! A prestissimo! A proposito, anche mille grazie per la tua recensione di REMEMBER! Mi è piaciuta tanto!

Hermy 6: sei sempre la più pazza nelle tue recensioni! L’ho detto e lo ripeto! Hai visto che ho mantenuto la promessa più importante di questa stessa fic: mandare a quel paese il merluzzo rancido! A prestissimo!

Pfepfer: comincio questa risposta, dicendoti subito che per il personaggio di Mark mi sono ispirata proprio ad un mio amico, che, come dici tu, sembra perfetto, ma poi quando perde le staffe, sarebbe capace persino di picchiarti a sangue, e per questo ho cercato di mettere in Strawberry quello che avevo provato io, quando ero stata vittima di uno dei suoi distruttivi scatti emotivi! Mi spaventai davvero molto! Per quanto riguarda il merluzzo, ti anticipo che ricomparirà solo alla fine, con una sorpresa! Grazie anche per la recensione a REMEMBER, mi hanno colpito i tuoi complimenti, ma non avrai esagerato un po’?

Miyu: non ti preoccupare di ripetere sempre le stesse cose, soprattutto se queste a me piacciono tanto! Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto! Grazie anche per la recensione a REMEMBER, anche io l’avrei voluta come inizio per questa, ma l’ispirazione mi è venuta troppo tardi!

Kashia: grazie dei tuoi complimenti, sei stata davvero molto generosa con me, specie nella tua recensione di REMEMBER! Anche se era breve, mi è rimasta impressa! Per la tua domanda, non posso ancora darti una risposta, sinceramente perché non lo so! Molte cose che avevo previsto per questa stessa fic, alla fine, le sto deviando sul suo seguito (sempre se riesco a finirlo!), quindi credo proprio che la risposta alla tua domanda sia sì, ma non sono sicura se sarà in questa fic o dopo nel seguito!

Aya chan: sono contentissima che la fic ti stia coinvolgendo così tanto! Grazie tantissimo! Sinceramente non credo di avere un segreto, cerco solo di mettere qualcosa di mio, qualcosa che ho provato nei personaggi! Ma non credo che sia un grande segreto! Grazie anche del tuo appunto sulle mie spesso lunghissime frasi! In effetti, me ne sono accorta anch’io e sto cercando di rimediare! Grazie molte!

Dato che probabilmente non avrò altra occasione per farlo, voglio ringraziare qui anche coloro che hanno recensito REMEMBER, sperando che leggano anche questa e che lascino qualche commentuccio, sono sempre avara di recensioni! Un mega grazie ed un enorme baciozzo a Ryashiro, Mew Pam, Anna (la tua recensione mi ha fatto quasi piangere! Mi sono sentita davvero appagata di me stessa, ed è una cosa che non mi succede quasi mai, dato che generalmente non mi piace molto quello che scrivo!). Ringrazio anche li wei, nonostante tutta la polemica che c’è stata sulle nostre due fic! Spero davvero che si sia risolto tutto! Bene, credo di aver finito! Ciao ciao da Cassie chan

 

 

  

  

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Capitolo 13
*** Prayer of lovers ***


Capitolo 13 – Prayer of lovers

Capitolo 13 – Prayer of lovers

 

 

“… I hope life treats you kind, and I hope you I have all you dreamed of, and I wish to you joy and happiness, but above all this I wish you love…”---Whitney Houston

 

Strawberry aveva oltrepassato la barriera d’acqua, con gli occhi chiusi, e tutto di un colpo, per impedirsi di pensare ancora e magari di tornare indietro. In fondo, doveva solo dire a Ryan che cosa avevano deciso, e poi tornare indietro. Doveva essere distaccata, fredda e decisa.

Sospirò a lungo, chiedendosi perché si diceva quelle cose, se non ci credeva nemmeno lei a pensarle. Tutto quello che pulsava nelle sue vene, lo sentiva pronto ad uscire dalle sue labbra, appena avrebbe rincontrato di nuovo gli occhi azzurri di Ryan… i suoi strani sentimenti, il suo sogno e la faccenda dell’angelo scarlatto. Sarebbe uscito tutto fuori da solo e non sarebbe riuscita a fermarsi in nessun caso, neppure se l’avesse voluto. E poi… se mi bacerà di nuovo, lo saprò fermare?

Scosse la testa e varcò decisa la soglia d’acqua. Avvertì solo per qualche istante la sensazione di essere bagnata, ma poi si stupì di essere completamente asciutta. Si guardò attorno e si accorse di essere nella stanza di Ryan al Caffè, la finestra spalancata da cui entrava la luce rossiccia del sole che tramontava.

Lui era disteso sul letto, un braccio piegato sugli occhi e sembrava che stesse dormendo molto profondamente. Sorrise tra sé e sé, mentre si avvicinava lentamente, come se temesse di svegliarlo, anche se era venuta proprio per quella ragione. Alla fine, si sedette sul letto accanto a lui, e lo fissò a lungo.

I suoi capelli splendevano dorati e sembrava più che mai un angelo caduto per sbaglio sulla Terra, uno sbaglio clamoroso e privo di senso, di cui forse Dio stesso si era immediatamente pentito. Arrossii a quei pensieri, adesso capiva quanto le era mancato il suo viso in quei pochi giorni, in cui non lo aveva visto. Come aveva fatto a stare tre anni senza vederlo, senza parlargli, senza… baciarlo… . Scosse il capo, cancellando quel pensiero evanescente e insicuro, che la sua mente le aveva suggerito, e continuò a guardarlo. Sembrava un bambino ed era totalmente diverso da quello che si mostrava, quando era sveglio. Quando i suoi oceani d’occhi erano aperti, le dava una sensazione di sicurezza profonda e piccoli brividi, derivati dalla perdita di controllo, che solo lui era in grado di darle; ma adesso che dormiva, le faceva tenerezza e le allargava il cuore delle dimensioni di tutto l’universo, come se contenesse tutto quello che esisteva e quello che doveva ancora nascere. Si sentiva tremendamente ridicola a pensare a quelle cose, plasmate sui suoi primi sentimenti di quel genere, ma non poteva impedirsi di sentire quel fiume in piena scorrere nel suo sangue, mescolarsi ad esso e diventare più necessario e vitale del sangue stesso.

Senza nemmeno accorgersene, dopo che lui spostò nel sonno il braccio, piegato adesso sotto il cuscino, prese ad accarezzargli lentamente i capelli, mormorando: “Ryan, svegliati… sono io, Strawberry…”.

Ryan sentì una voce nella sua mente e cercò faticosamente di aprire gli occhi. Era tremendamente stanco e assonnato, dopo tutti gli scontri che aveva avuto di recente con Profondo Blu. E poi c’erano tutte quelle immagini, che alle volte il suo inconscio ricreava e che li faceva rivivere. I suoi ricordi, la sua vita… non sapeva più quante volte aveva rivisto sua madre sorridere, piegata a raccogliere le conchiglie sulla sabbia dorata, suo padre porgergli un libro di archeologia, dicendogli: “E’ molto complicato, ma credo che tu lo riuscirai a capire, Ryan…”, oppure Kyle dirgli che il progetto mew mew era ormai pronto per essere portato a termine.

I momenti più belli della sua vita…  e poi quante volte aveva visto Strawberry? Più di tutti gli altri ricordi messi assieme, lo sapeva con certezza. L’aveva vista con quel prendisole glicine, quel giorno che erano andati al mare, corrergli incontro, dicendo: “Che schifo, ho appena visto un’alga enorme!”, oppure con la divisa da cameriera dirgli arrabbiata: “Non sei un grande eroe, sei solo un grande bugiardo!”… o ancora baciare Mark, aggrottare le sopracciglia di fronte ai rimproveri di Mina, scherzare con Paddy, abbracciare Lory, parlare con Pam, sorridere a Kyle, litigare con lui… ogni respiro di lei, ogni gesto di lei, ogni luce dei suoi capelli rossi, ogni sguardo dei suoi occhi, era in lui. Possibile che ricordasse così tanto di lei?

E adesso che sentiva la sua voce nella testa, non si meravigliò più di tanto. Tanto era il desiderio di vederla, che aveva creato inconsapevolmente un altro ricordo… tipico… e patetico…

“Smettila… non mi scocciare…” mormorò nel sonno, senza aprire gli occhi, convinto che la sua voce l’avrebbe lasciato in pace. Ma invece udì la stessa voce piegarsi in un accento irritato e seccato, e dire: “Ti vuoi svegliare?! Ti devo parlare… e quanto prima lo faccio, tanto prima ti lascerò dormire!”.

Non si ricordava che Strawberry gli avesse mai detto niente del genere, e allora si decise ad aprire gli occhi. L’immagine che aveva di fronte a sé, era di lei presente… niente codini ciondolanti sul suo capo, o vestiti da ragazzina, ma una giovane donna con i capelli lisci e sciolti, e un paio di jeans stretti e un top giallo, decorato sugli orli da delle pailletes.

Si riscosse all’istante, guardandola come se fosse una visione, poi, rendendosi conto, della sua espressione che non doveva essere molto intelligente, in quel momento, voltò il capo e disse: “Che vuoi?!”.

Strawberry assunse un’espressione decisamente offesa, che stava per far scoppiare a ridere Ryan, e disse ironicamente: “Se sua Maestà vuole ascoltarmi, avrei da comunicarle le ultime decisioni, prese dai suoi umili sudditi…”.

Quell’attimo fu troppo particolare per loro due. Inconsapevolmente, Strawberry aveva trattato Ryan, come Elissa aveva trattato Leon decine di migliaia di anni prima; questo fu come una tempesta nei loro cuori, il ritrovarsi a calzare a pennello quegli ancestrali ruoli, ma, al contempo, fece sopraggiungere le solite paure, che li tormentavano: Ryan rivide nella testa la scena, che Leon gli aveva mostrato, la morte di Elissa, mentre Strawberry rivide il suo sogno, le mani di Profondo Blu e le sue labbra.

Entrambi si ritrassero a disagio e persi nei loro pensieri. Il primo a rompere il silenzio, fu Ryan che chiese, stavolta più gentilmente che cosa la ragazza fosse venuta a dirgli con tanta urgenza.

Strawberry gli spiegò il loro piano, dicendogli ciò che Blanche gli aveva detto di dirgli, che era necessario ricreare tramite l’acquisizione di maggiore coscienza, il rapporto tra l’anima di Ryan, momentaneamente libera dal giogo di Profondo Blu, e il suo corpo, controllato da lui.

“Ma io sono cosciente di me stesso… scusami, ma non riesco a capire…” replicò Ryan, che parlava, senza nemmeno capire che cosa stesse dicendo. Quanto erano vuote le sue parole, nel confronto con quelle sensazioni, che pulsavano ardendo sotto la sua pelle. Era bella Strawberry in quel momento, Dio quanto era bella, come se non l’avesse mai vista, come se non esistesse donna più incantevole nell’intero Universo.

Gli faceva paura quella strana sensazione, sperava, lo aveva sperato con tutto sé stesso che i suoi anormali sentimenti verso di lei si fossero dissolti, ma non era così.

Dannazione che non era così…

Credeva di aver capito, credeva di aver accettato che lei non sarebbe stata mai sua, che lei era innamorata di Mark, credeva, o meglio, sperava di aver finalmente capito e di essersi rassegnato. Ma adesso si rendeva conto che non era mai stato così.

Neanche in un solo istante di quella sua prigionia, aveva smesso di amarla.

Quando era rimasto chiuso nell’aurea illusione della sua infanzia, con sua madre e suo padre, non aveva mai smesso di pensare a lei. Inconsciamente forse, senza accorgersene, senza far prendere forma determinata a quel muto senso d’insoddisfazione, ma lo aveva fatto. Aveva sempre pensato a lei, e l’aveva chiamata, perché voleva rivederla, perché voleva averla ancora vicina a sé, per risentire il suo profumo di vaniglia e fragola.

E pensare che quella sera, l’ultima che aveva vissuto da persona libera, sul terrazzo del Caffè mew mew, quando le aveva regalato quel fermaglio, l’unica cosa che gli restava di sua madre, si era ripromesso di scordarla e di lasciarla perdere. Era impossibile che lei provasse qualcosa di diverso da quella strana complicità che li univa. Amava Mark e questo a lui doveva stare bene, perché Mark poteva renderla felice, non come lui, che con quel carattere impossibile che si ritrovava, l’avrebbe fatta solamente soffrire. Da quel giorno, basta paranoie inutili, basta angoscia al pensiero di vederla.

Basta dolore.

La sua vita ne era già satura.

E allora se ne era andato dal Caffè, a farsi un giro con la moto, deciso ad imboscarsi in un bar o in un pub, pronto a riprendere le sue solite abitudini, tipiche del periodo prima di conoscere lei. Farsi qualche bicchiere, adocchiare la tipica ragazza da fisico mozzafiato e da testa piena del vuoto cosmico, e dopo averla rintontita con complimenti stereotipati e adattati alla situazione presente, andarsene con lei. Destinazione: la solita squallida camera d’albergo.

Ma quella sera non era andata così. Aveva avuto quel maledetto incidente ed era morto per tutti, tranne che per sé stesso. E per lei. 

E adesso, quasi benediva Profondo Blu, per avergli fatto avere quell’incidente quella sera… come sarebbe finita? Poteva facilmente immaginarlo. Il giorno dopo avrebbe avuto un terribile mal di testa da sbornia, avrebbe mandato gentilmente al diavolo la poveretta di turno, e, conoscendosi, non avendo provato alcuna soddisfazione, avrebbe poi scacciato anche lei. E stavolta era certo che, se l’avesse fatto, l’avrebbe ferita talmente tanto da perderla per sempre.

E invece non era successo. Lei ora era lì ed era solamente per lui. Ancora, acuta, venne fuori la solita ben conosciuta voglia di baciarla, ma stavolta si trattenne. La scorsa volta, aveva già sbagliato e non avrebbe fatto di nuovo lo stesso errore. Lei stava con Mark e non aveva il diritto di mancare così sfacciatamente al rispetto enorme, che aveva per lei e per i suoi sentimenti.  Era così felice di rivederla, che gli bastava averla accanto a sé.

Niente gli stretti abbracci, niente i baci caldi, e le sensazioni evanescentemente roventi, che provava con le altre.

Bastava che respirassero la stessa aria, bastava che gli permettesse di sfiorare la stessa polvere, che lei calpestava .

Ritornò a guardarla, dopo quel sfarfallio di sentimenti, ricordi e pensieri, mentre lei si mordeva il labbro e diceva: “Non so spiegartelo… non ci ho capito neanche io tanto… so solo che potrai sconfiggere Profondo Blu, solo se diventerai molto più cosciente di te stesso… e per farlo, dovrai rivedere gli altri. Blanche mi ha spiegato che si dovrà creare un forte attrito, tra ciò che il tuo corpo vorrà fare, spinto dalla volontà di Profondo Blu, e quello che proverà la tua anima. Tanto più questo attrito sarà forte, tanto più la tua anima se ne rafforzerà e riuscirà a riprendersi il tuo corpo, scacciando Profondo Blu…”.

Ryan annuì, poi fissò lo sguardo sul sole arancione, che scendeva rovente, sotto l’orizzonte.

Un solo soffio dalle sue labbra e disse: “Mi dispiace di averti coinvolto in questa storia…”.

Strawberry, che era rimasta in silenzio da quando aveva finito di parlare, sobbalzò, mentre Ryan rimaneva con il volto rivolto al sole. Era veramente bello, maledizione, e si ritrovò a desiderare con tutta sé stessa che lui la baciasse ancora. Scosse la testa decisa, e disse, in un sussurro: “Non dire sciocchezze… te l’ho già detto… sono io che voglio riportarti indietro… forse lo faccio più per me stessa che per te…”.

Ryan si voltò verso di lei e disse, il volto aggrottato in una leggera smorfia: “E che cosa ne pensa Mark, di questo improvviso tuo interessamento a me?”.

Strawberry sussultò ancora e voltò lo sguardo dall’altra parte, incapace di guardarlo negli occhi. Se l’avesse fatto, sarebbe scoppiata a piangere, lo sentiva. Perché sentiva, all’improvviso, tutta la sua angoscia e la sua paura per quello che le era successo in quei giorni, riprenderla tutta contemporaneamente. 

“Dovrei ringraziarli però… tutti e due… se mio fratello non avesse scelto quell’umano, non ti avrei ritrovato, Elissa…”.

Ma che ne dici del futuro, angelo dalle ali vermiglie?

“Dimmi la verità, almeno! Dilla almeno, che ti sei innamorata di Shirogane! Dillo che è per lui che mi stai lasciando! Che cosa è successo quando l’hai incontrato?!”.

“Non ti preoccupare… te lo giuro su mia madre e su mio padre che ritornerò…”.

Profondo Blu, Elissa, Mark… e poi tu Ryan… siete tutti qui nella mia testa… quanto potrò sopportarlo?

Le venne da piangere e, senza accorgersene, alcune lacrime le velarono gli occhi. Le asciugò bruscamente, attirando l’attenzione di Ryan.

“Che hai? Perché stai piangendo?” chiese, preoccupato, e temendo di averla ferita in qualche modo.

La verità minore, quella che forse faceva meno male, le uscì dalle labbra: “Io e Mark ci siamo lasciati…”.

Ryan capì allora il motivo per cui lei stava male, e si avvicinò a lei. Era felice, in fondo, era inutile negarlo, sebbene si sentisse un verme a gioire della sua infelicità. Ma non poteva impedirselo. Forse, allora… magari un giorno…

Sospirò. Niente forse, niente di niente… l’hai capito o no che la devi lasciare stare?!

Le passò un braccio sulle spalle e l’attirò a sé. Lei rimase un attimo immobile e attonita, poi sentì il calore del suo petto riscaldarla sempre di più, e allora si sciolse tra le sue braccia.

Si rese conto solo allora di quello che poteva essere considerato il solo ed unico limite dell’uomo… il tempo… era lui, che lo piegava, che lo prostrava, che dava ai ricordi felici l’aspetto di terribili sconfitte… era lui, che le diceva che quell’attimo con Ryan, prima o dopo, sarebbe finito, l’avrebbe lasciata ancora al freddo della sua anima. Solo con lui, era sicura e certa che niente e nessuno le avrebbe potuto fare del male, neanche Profondo Blu se fosse comparso in quello stesso momento, avrebbe potuto toccarla con un solo dito. Era assurdo, ma non poteva impedirselo.

“Lo so che stai male per me, Strawberry…” disse Ryan, a bassa voce, mentre le accarezzava la spalla.

Lei aprì la bocca per replicare qualcosa, ma lui la interruppe: “Tra me e te, si è venuto a creare un rapporto telepatico, me l’hai detto tu, no? Ed io ora sento il tuo dolore bruciare le mie ossa, peggio che si trattasse della mia sofferenza… e sento che è per colpa mia… non voglio sapere che cosa ti faccia male, ma sappi che, essendone io la causa, voglio che se puoi, tu vada avanti, senza pensare a me ed eliminando la tua sofferenza… sei una persona solare e raggiante, la tristezza non è fatta per te…”.

Strawberry rimase immobile, ascoltando le sue parole. Ecco, sapeva ancora tutto quello che le accadeva dentro, fosse un rapporto telepatico o altro. Ancora questo le fece paura e si allontanò da lui, alzandosi in piedi e dicendo che doveva tornare indietro.

Lui si alzò con lei e disse di saperlo, ma di volerle mostrare prima una cosa, che forse non l’avrebbe tirata molto su di morale, ma che era una delle cose più belle che avesse visto in vita sua.

“Ma Ryan…” disse lei, cercando di accampare delle scuse, per poter tornare indietro quanto prima possibile.

“Niente Ma Ryan…! Spicciati!”. Le prese la mano e le disse di chiudere gli occhi. Sparirono nel solito lampo di luce argentata e, quando la ragazza aprì gli occhi, era su una spiaggia al calare della notte. La luce era una falce argentea nel cielo, che sembrava il sorriso di un bambino, mentre le stelle le facevano una delicata corona luminosa, come delle bimbe curiose e civettuole, che giocano ad attirare maggiormente l’attenzione dell’unico maschietto presente tra di loro. Il mare lambiva cristallino la spiaggia, trasportando di volta in volta piccoli parti di sabbia scura, come a tenere un monito della terra e del suo costante abbraccio. Lontano, scintillavano le luci meno radiose e sfavillanti della loro città, di quei colori accesi, che oscuravano quelli delle luci naturali.

“Dove siamo?” chiese Strawberry a Ryan, che era dietro di lei.

“Siamo in un mio ricordo di circa dieci anni fa… io posso andare avanti e indietro per i miei ricordi, e in parte, anche in quelli di Leon, e posso materializzare cose di cui serbo anche un minimo ricordo... lo sai no?!”.

Strawberry arrossì. Sembrava quasi che sapesse delle volte che lo aveva spiato da dietro quella parete d’acqua, senza avere il coraggio di raggiungerlo, e lo aveva visto perso nei suoi ricordi. Scosse la testa e replicò stizzita: “E come farei a saperlo, scusa?!”.

Ryan sospirò e disse: “Lasciamo perdere… comunque, in questo ricordo, i miei erano appena morti e io e Kyle eravamo appena tornati a Tokyo. Non avevo molta voglia di restare con gli altri, e allora venivo qui, mi arrampicavo su quegli alberi e rimanevo ore ed ore a pensare…”. Indicò degli alberi di pino e una figura scura sopra di essi. “Era stupido, ma mi illudevo che, guardando quell’acqua scura, avrei avuto l’illusione di avere i miei accanto a me… l’oceano è lo stesso di casa mia e mi dicevo che magari come il mare unisce due terre, magari avrebbe potuto riunirmi a mia madre e mio padre… cosa che a ripensarci, suona penosa… non so perché te lo sto qui a dire…”.

Strawberry gli mise la mano sul braccio e disse: “Vai avanti… io voglio sapere tutto quello che ti riguarda e tutto del tuo dolore… voglio capirlo…davvero…e poi non è anche il mio, adesso?”.

Lui la guardò fisso negli occhi per qualche secondo, stupito. Poi, di fronte alla sua espressione decisa ed incoraggiante, continuò, fissando i pini marittimi: “Quella sera, ero qui e stavo pregando… per i miei genitori… pregavo Dio di riportarmeli indietro, che aveva sbagliato a prenderli, che non era arrivato il loro momento, che dovevano stare ancora con me… non avevo risposta e allora mi ricordo di aver sussurrato che allora non avevo più alcuna speranza nella mia vita e che non c’era ragione che rimanessi vivo, se non potevo più vederli…non c’era motivo per continuare ad esistere… fu allora che vidi… questo…”.

Strawberry guardò davanti a sé e vide un gran numero di luci, piccole e chiarissime, spuntate da chissà dove, che splendevano a piccoli grappoli nell’aria. Erano lucciole, e volteggiavano dolcemente, attorno alle onde, agli alberi e sembravano tante piccole stelle, cadute dal firmamento, e che cercavano il loro cielo.

Strawberry sgranò gli occhi e disse: “Ryan, ma è meraviglioso!”.

Lui sorrise e disse: “Lo pensai anch’io e fu allora che capii che nonostante tutto, c’era sempre questo mondo da salvare e da amare, e che era per lui che dovevo vivere…”.

Strawberry prese a girare su sé stessa, le braccia aperte, che andavano a sfiorare quelle piccole luci, che scappavano di fronte a lei, che le guardava come se fossero tante stelle cadenti, pronte ad esaudire tutti i suoi desideri. Le venne da ridere, e pensò Che questa storia finisca bene, che Ryan possa tornare indietro, che la mia famiglia stia bene, che i miei amici siano sempre felici… poi si fermò e guardò Ryan, che le sorrideva, dicendo: “Sei una bambina!”, ma lo disse dolcemente, delicatamente, come se fosse la cosa più bella che la sua mente avesse mai pensato.

Vi prego, se potete esaudire i miei desideri, fate che lui non mi lasci mai sola e che io non possa sentire ed avere null’altro che lui, che dorme e che sorride nel sonno… fate che io possa vederlo felice, che possa godere ogni giorno della sua presenza e che possa perdermi ogni giorno di più in lui e nei suoi occhi… perché non ho niente che mi emozioni tanto quanto fa lui, con il suo solo ricordo… e poi… che io possa dargli forza… sempre e per sempre… perché lo amo…

Strawberry sussultò. Che cosa aveva pensato?! Amarlo. Lei voleva amare Ryan? Si fermò bruscamente, mentre quelle parole le illuminavano il volto di un’espressione strana, che Ryan colse immediatamente. Sembrava, allo stesso tempo, serena ed impaurita.

“Che hai, adesso?!” le chiese, avvicinandosi a lei, che si ritrasse e gli diede le spalle.

“Niente, assolutamente niente” replicò, senza voltarsi, poi balbettò: “Devo- devo tornare indietro… gli altri mi-mi stanno aspettando…”.

Lui la prese per un polso, costringendola a girarsi e ritrovando, di nuovo, i suoi occhi velati di lacrime. Adesso il suo volto era diverso: appariva colpevolmente sereno e calmo.

“Tu non te ne vai di qui, finchè non mi avrai detto che cosa ti è preso! Eri così felice fino a cinque secondi fa!”.

Lei evitò di guardarlo negli occhi e si girò da un lato, mentre adesso le sembrava così maledettamente chiaro tutta la motivazione che le aveva fatto fare quelle cose, che la facevano stare così male. Adesso sapeva perché aveva lasciato Mark, perché aveva fatto quel viaggio, perché era lì, perché non lo aveva mai dimenticato…

Era tutto così maledettamente semplice…

Perché lo amo… perché sono sempre stata innamorata di lui, perché non ho mai smesso di esserlo, anche mentre stavo con Mark e mentre lui era morto… Dio, sono innamorata di lui…

Poi lo fissò negli occhi e, lentamente, ritornarono tutte le memorie del passato, tutti i suoi ricordi, tutto quello che era accaduto, da quando lo aveva conosciuto. I suoi scherzi, i loro battibecchi, i loro litigi, le loro risate… e, per la prima volta, non le dettero conforto, non le dettero gioia, rammarico o rimpianto, non le fecero provare nostalgia. Perché stavolta non li guardava una ragazzina immatura, fidanzata con il più bel ragazzo della sua scuola, e che amava detestare il suo datore di lavoro. Stavolta li guardava scorrere in lei una giovane donna, che portava in sé segni di un immenso dolore, una donna spaventata e terrorizzata, stanca di soffrire, stanca di stare male. Infine, stavolta li guardava una donna innamorata, innamorata disperatamente di un suo caro amico. E l’amore stravolge ogni cosa, confonde le cose chiare e mostra quelle nascoste. Non poté evitarselo.

Ryan non mi amerà mai…

Lui la considerava un’amica, l’aveva sempre vista come una bambina e l’aveva sempre considerata tale. Niente avrebbe potuto cambiare tutto questo. Niente. Ora che l’aveva capito, ora che sapeva di essere innamorata di Ryan Shirogane, sapeva con la stessa ed identica certezza che niente avrebbe potuto cambiare quello che lui provava per lei. Semplicissimo affetto, purissima tenerezza e altrettanto, normalissima amicizia.

Le venne da piangere ancora più forte di prima e stavolta non riusciva e nemmeno provava a trattenersi.

Lui la guardava incapace di capire che cosa le stesse accadendo, mentre lei si liberava dalla sua stretta, dicendo: “Devo tornare indietro adesso… lasciami andare, Ryan, ti prego… lasciami andare…”.

Sperava che bastasse, sperava che fosse sufficiente, ma colui che aveva davanti non era Mark, non era il remissivo e condiscendente ragazzo, che era stato il suo fidanzato fino ad un mese prima, quello, a cui poteva raccontare una bugia, recitandola in maniera abbastanza verosimile e dovendo soffrire dopo solo di un piccolo senso di colpa.

Quello era Ryan Shirogane, il ragazzo che aveva perso i suoi genitori e che aveva sempre avuto paura in tutta la sua vita di perdere ancora qualcuno, quello che era stato il suo datore di lavoro, la persona a cui non era mai stata capace di dire una bugia o di nascondere una verità. Era anche il ragazzo, che adesso aveva capito di amare, quel ragazzo dannatamente impulsivo e testardo, che sapeva renderla tremendamente fragile e dannatamente forte, l’unica persona di fronte alla quale lei era debole, indifesa, ma che poteva darle coraggio, come nessun’altro.

“Strawberry, io non ti lascio andare, se prima non mi dici che cosa ti è successo!” ripeteva Ryan, tenendola per le spalle e scuotendola leggermente“Ti ho detto che non volevo sapere che cosa ti facesse soffrire, e continuo a non volerlo. Ma ora sento che tu non vuoi nemmeno essere felice… si può sapere che cosa ti è successo? Tu non sei più la ragazza, che io…”.

Ryan si fermò, rendendosi conto che stava per dire La ragazza, che io amo… ma si era fermato appena in tempo. Lei lo guardò confusa, e, intanto, le parole di Elissa ancora la raggiungevano.

La più grande paura, che l’uomo, può provare: quella di essere felice, e quella di amare totalitariamente una persona…

Io ho paura di amare Ryan e di essere felice con lui?

Strawberry ancora non rispondeva e fu allora che Ryan le disse: “Perché non riesci più ad essere quella che io ho sempre conosciuto?”.

Lei spalancò gli occhi e riprese a piangere, mentre gettava le braccia al collo del ragazzo. Non riusciva neanche a parlare, ogni parola che era maledettamente inutile e stupida. Voleva solo che lui la stringesse, che non la lasciasse sola. Che lo facesse anche per amicizia, perché era per lui come una sorellina minore, bastava che non smettesse. Aveva talmente bisogno di lui, che ogni suo gesto, fosse il più semplice di questo mondo, era capace di permetterle di stare almeno un po’ meglio, tanto da sopravvivere ancora un po’.

Lui, sorpreso dal suo gesto, la strinse a sé forte, mentre a lei mancava quasi il respiro. Le sussurrò in un orecchio: “Passerà presto, vedrai… scusami per quello che ti ho detto, è solo che mi fa impazzire il fatto che tu possa stare male…”.

Strawberry smise di piangere, ma fu proprio allora che l’aria iniziò bruscamente a farsi più fredda, ghiacciata. Un forte vento si sollevò e anche la sabbia prese a sollevarsi in alti turbini. Le lucciole volarono tutte via, mentre lo stesso meraviglioso paesaggio attorno a loro iniziava a perdere definizione. Strawberry si strinse a Ryan, che cercava di proteggerla dal vento sempre più forte.

“Che cosa succede? Credevo che potessi controllare totalmente questa dimensione…” disse lei, cercando di respirare meno possibile, la sabbia che entrava persino nei suoi polmoni.

“Certo che posso…dannazione… sta tornando di nuovo…”.

Ad un tratto, di fronte a loro e all’enorme spazio bianco, che adesso aveva preso il posto del ricordo di Ryan, comparve un enorme alone luminoso, di colore viola scuro. Si allargò molto, fino a diventare la sagoma di una persona.

Di quella persona… rabbrividì Strawberry, stringendosi a Ryan, che intanto aveva assunto le sembianze di Leon.

Profondo Blu comparve di fronte a loro, esattamente come Strawberry lo vedeva ogni notte: la stessa espressione di sfida, lo stesso sguardo carico di odio, la stessa smorfia sicura sul volto.

“Ciao fratellino…” disse con la solita voce melliflua, alla quale Strawberry sentì un brivido correrle lungo la schiena. Nascose per quanto poteva il suo viso nella camicia di Ryan, mentre pregava con tutto il cuore che lui non la guardasse in faccia.

“Che cosa vuoi ancora?!” replicò Ryan – Leon, che teneva in mano una lunga spada d’argento e con l’altra stringeva la vita di Strawberry.

“Scusami tanto, fratellino…” riprese lui, avvicinandosi “Sai, mi annoiavo tanto… e avevo tanta voglia di vederti… e di ucciderti…ma vedo che hai visite… chi è la signorina? Un altro dei tuoi patetici ricordi? E pensare che eri tu che mi hai insegnato, che non bisogna vivere nel passato…”.

Ryan spinse delicatamente Strawberry, dietro di sé, poi disse: “Lei non c’entra niente… non provare a toccarla…”.

“Mi fai ridere fratellino…perché proteggere un ricordo? Ben presto li perderai tutti, e con loro, li perderà anche il terrestre… assieme alla tua anima…ma se ci tieni tanto a quel ricordo, forse è meglio che lo guardi anch’io, che ne dici, fratello?”.

Tese una mano davanti a sé, da cui comparve un’aura violacea, che raggiunse Strawberry, sollevandola dal suolo.

La ragazza prese a gridare, mentre Profondo Blu rideva sguaiatamente: “Capisco, non è un ricordo… è qualcuno, che è venuto a trovarti, vero?”. Leon afferrò Strawberry per la vita, tirandola giù. Finirono entrambi a terra, Leon che proteggeva il corpo di Strawberry, che aveva sbattuto la testa, ma che era ancora cosciente e che tremava visibilmente.

Le sussurrò: “Devi andare via…adesso…”.

Lei si sollevò a malapena, poi disse: “Ryan, sei sicuro di farcela? Io- io non ce la faccio a lasciarti qui da solo…”.

Lui le si avvicinò e, inaspettatamente, la baciò con passione sulle labbra, la mano sul suo viso freddo. Lei rimase immobile e non ebbe nemmeno il tempo di ritirarsi da lui, o di rispondere al suo bacio.

Lui tese ancora la mano di fronte a sé, che si illuminò di un’aura azzurra. Alle sue spalle, comparve la solita parete d’acqua, che la ragazza guardò senza capire, ancora scioccata dal bacio di Ryan.

Lui la spinse violentemente verso la parete d’acqua, che Strawberry attraversò senza accorgersene e senza riuscire a fermarsi.

L’ultima cosa che vide fu il sorriso sulle labbra di Leon, e l’ultima cosa che sentì fu la sua voce dire: “Scusami ancora… avevo promesso di non baciarti più… ma tu lo sai che non so mantenere le promesse… e se adesso fossi rimasta qui, forse non avrei potuto più continuare ad infrangerla…”.

Quello che non vide fu l’espressione di trionfo sul volto di Profondo Blu, e quello che non udì furono le sue parole: “Bravo fratello…e così sei riuscito a ritrovare la nostra Elissa…”.

 

 

Quando Strawberry ritornò cosciente, era già notte fonda. Si tirò su a malapena dal letto, dove era distesa, cercando di guardare al meglio la sua camera, avvolta interamente dall’oscurità, dileguata solo in parte da una lama sottile di luce proveniente da sotto la porta. Si tirò a sedere, mentre avvertiva un forte giramento di testa; ancora una volta, la sua mente aveva reso reale il dolore fisico patito lì e ancora una volta, le si era aperto un taglio abbastanza profondo sul capo.

Si toccò la ferita e ne ritrasse la mano, completamente coperta di sangue. Si alzò e corse immediatamente in bagno, dove imbevve un garza di disinfettante e la passò sull’escoriazione ancora aperta e sanguinante.

Fu solo quando guardò il proprio riflesso nello specchio e scorse sulle sue labbra un velo di porpora, che non ricordava di aver mai posseduto almeno da mesi o da anni a quella parte, si ricordò che cosa era successo.

Profondo Blu… e Ryan…

Lui l’aveva baciata di nuovo. Perché? Si sedette sul orlo della vasca da bagno e rimase con lo sguardo fisso sulle mattonelle azzurre, mentre sentiva ancora un rivolo di sangue caldo scenderle lungo la guancia. Strinse forte la garza, che teneva ancora in mano, mentre un pensiero dettato ancora dalle sue residue paure, le sconquassava la testa.

Lui mi considera solo una bambolina, solo un giocattolo da baciare quando ne ha voglia…

Quella nuova forma dei suoi pensieri era troppo verosimile per non dargli credito.

In fondo le raccontava la sua mente Ryan è così…così…

Come era Ryan? E’ semplicemente lui, una persona troppo speciale e particolare per riuscire a descriverla con un solo aggettivo… è il ragazzo, di cui sono innamorata…

E la sua mente le raccontava anche che un ragazzo del genere, così maledettamente bello, sicuro di sé, e anche dolce, quando voleva esserlo, non poteva certamente essere interessato ad una persona come lei. Una ragazza instabile e immatura, che magari considerava solo come un enorme scocciatura, quando poteva avere tutte le ragazze che voleva, accendendo solo per un istante i suoi immensi occhi azzurri.

Quella consapevolezza le fece male, molto più di quanto credesse, tanto che si accasciò a terra in ginocchio, seppure incapace di versare una lacrima, la mano premuta sul petto e il respiro convulso. L’amore faceva davvero molto male, soprattutto quello vero, e ancora di più quello celato nel cuore da tanto, troppo tempo. E faceva talmente male, che nemmeno mille e mille lacrime potevano esserne uno sfogo, anche solo apparente.

Si sollevò a fatica, gettando la garza nel cestino dei rifiuti, e ritornò in camera sua, dove si distese nel letto, gli occhi che le pizzicavano per la stanchezza, il sonno e per quel qualcosa di così nuovo in lei, ma di già così inaudita e poderosa forza.

Doveva solo aver pazienza. Lo avrebbe salvato, avrebbe sconfitto Profondo Blu e poi tutto sarebbe finalmente finito.

Non l’avrebbe rivisto più. Mai più.

E mentre si raccontava quella storiella tranquillizzante, il sonno piombò su sui occhi inermi, facendoli chiudere e cadere in sogni agitati e confusi, popolati da chiome di capelli nero intenso e color miele, che si intrecciavano attorno alle sue membra.  

 

 

E’ valsa la pena aspettare, eh? Dopo tredici capitoli, finalmente hanno ammesso che sono innamorati! Ce ne vorranno altri tredici perchè si mettano assieme? Non vi preoccupate, a questa domanda c’è una decisa risposta negativa! Ormai manca poco alla fine! Chissà se sentirete la mancanza della mia fic! A me mancherà moltissimo perchè è stata quella che mi ha fatto penare di più, ma ho molte altre storie in cantiere! Non vi libererete facilmente di me, e già che ci sono inizio a fare pubblicità: tra poco, nel miglior sito di fanfic del mondo, saranno disponibili nuove fanfic dell’autrice esordiente Cassie chan, soggetto poco raccomandabile, ma le cui storie sono rari momenti di lucidità in mezzo alla pazzia, quindi leggetele, altrimenti rischia di impazzire del tutto… tra poco, pubblicherà una fic sulla serie Gundam Wing di nome IF I ONLY KNEW…, se odiate Heero, vi consigliamo di leggerla, se invece vi è piaciuta BEYOND ME AND YOU, tra poco sarà disponibile il suo seguito… per la serie, questa non si leva mai davanti alle scatole! Scusatemi per la pazzia improvvisa, ma oggi è stata una giornataccia e sono leggermente assai scioccata… non so quando arriverà il prossimo capitolo, che sarà MOOOOOLTO importante, accadranno cose che certamente non vi aspettate!!! Comunque, prima che impazzisca del tutto, passo ai soliti ringraziamenti:

Hermy 6: la mia pazzerella preferita(Ma non è che ti offendi se ti chiamo così?)!Come al solito, la tua recensione mi è piaciuta tanto, perchè sei sempre molto onesta e diretta! A quanto sembra, Strawberry non ti sta molto simpatica, vero? Sta tranquilla, nemmeno a me, ma per non far diventare questa fic una OOC, dovevo lasciarle un po’ della sua fessaggine! Poi, se cerco di essere comprensiva, mi dico: “Bè, è stata più di quattro anni con il merluzzo, sono stati compagni di scemenza… quindi forse sente un po’ la sua mancanza…”, ma come vedi in questo capitolo l’ho nominato solo di striscio! La filastrocca l’ho inventata io, mentre ero in un momento di follia pura, esattamente come questo, dopo che mia cugina per tutto il pomeriggio mi aveva cantato una di quelle canzoncine rintronanti che insegnano all’asilo, mentre badavo a lei, quindi l’ispirazione è stata abbastanza semplice, anche se l’ho dovuta rivedere quattro - cinque volte! Ci rivediamo prestissimo!

Aya chan: sono iper mega contentissima che tu abbia intuito il significato della mia filastrocca! Sinceramente ero un po’ spaventata che non si capisse, ma mi conforta sapere che tu invece l’hai capita! Brava! Come hai potuto constatare, il bacio ci è scappato! Eheheheh… comunque, per la tua fic, ti consiglio vivamente di pubblicarla! Primo perchè Card Captor Sakura è una delle mie serie preferite, e quindi sarei una delle tue fan più accanite, secondo perchè io avevo una paura folle di pubblicare la mia fic, e invece mi è andata bene! Anzi più che bene, se persone come te si sono appassionate alla mia fic! Quindi pubblicala, soprattutto se te la senti dentro, così tanto da raccontarla spesso! Hai visto, ho recuperato un po’ di sanità mentale per te! Per Elissa, avrai risposta nei prossimi capitoli, comunque anche lei sarà molto importante per risolvere ‘sta situazione! Baciottini!

Nadia Sakura Kan: haloa, anche a te! Sei praticamente nelle prime posizioni della mia hit di FEDELISSIMI, alla fine della fic riceverai un cesto di frutta tropicale, per la tua pazienza! Hai commentato ogni capitolo!Coraggio, ormai ne mancano pochi! Comunque, ritornando a noi e cercando di recuperare un po’ della mia sanità mentale, come hai visto, finalmente Strawberry si è chiarita con sé stessa! Adesso è senza ombra di dubbio innamorata di Ryan! Mark si è rassegnato, sta tranquilla! Per Profondo Blu e il sogno di Strawberry, il prossimo chappy sarà chiarificatore di parecchie cose! Anche su Blanche e Ghish! Ci rivediamo prestissimissimo!

Pfepfer: davvero ti sei rosicchiata tutte le dita? Sopravvivrai fino alla fine? Poverina, comunque ti assicuro che a scrivere ‘sta fic a me è venuta l’ulcera, perché ogni volta che trovavo una soluzione per una cosa, mi crollava tutto dall’altra parte! Non sembra, ma è stato difficile! Grazie dei tuoi complimenti, sei sempre carinissima! Come affezionata lettrice, riceverai un regalo enorme! A prestissimo!

Bene, adesso prima di stramazzare al suolo, mi ritiro, dato che devo essere abbastanza viva per vedere Antonio Cupo alias Christian Grey tonight! Ciao ciao da Cassie chan!

 

 

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Capitolo 14
*** Eros e thanatos ***


La stanza principale del caffè mew mew era stata ornata con mille ricami e festoni d’argento e di colore azzurro intenso, che

Capitolo 14 – Eros e thanatos

 

“…another hero, another mindless crime, behind the curtain, in the pantomine…”---The Queen 

 

La stanza principale del caffè mew mew era stata ornata con mille ricami e festoni d’argento e di colore azzurro intenso, che si stendevano placidi e lucenti tra le colonne bianche. I tavolini erano spariti dalla circolazione, mentre la sala era stata allestita come un’immensa sala da ballo, alla cui destra c’era un palco dove si esibiva un trio di archi e una cantante abbastanza famosa, ingaggiata da Pam.

Sebbene fosse abbastanza presto, la sala era piena di persone, vestite in modo elegante, accorse all’annuncio di quella festa che si sarebbe tenuta per celebrare i cinque anni d’attività del locale più alla moda della città. In realtà, si trattava di una scusa, inventata per attirare Profondo Blu, che certamente non avrebbe tardato ad arrivare nel luogo, dove erano riunite le mew mew, di cui voleva assolutamente i poteri. Blanche aveva detto che, secondo lei, Profondo Blu era ancora abbastanza in sé per concepire un piano del genere, ma non si poteva tardare più di tanto perché, di lì a molto poco, avrebbe perso completamente la cognizione di sé stesso. Le ragazze, assieme ai quattro alieni, avevano elaborato quel piano, avendo anche premura di assicurare in caso d’arrivo del loro nemico, un’uscita di sicurezza per la gente intervenuta alla festa, mentre Mina si era soprattutto incaricata di rendere quella festa una delle più raffinate, che si potessero minimamente concepire.

Ma adesso nessuno di loro si stava realmente godendo la festa, appartati come erano in un angolo attenti ad ogni minimo movimento.

Strawberry, che indossava un lungo abito verde smeraldo di raso con una sola spallina, sospirò, seduta su una sedia. Aveva paura, questo non poteva negarlo, perché tra poco, forse avrebbe rivisto Profondo Blu e sapeva con estrema certezza che lui l’avrebbe certamente riconosciuta, avrebbe certamente visto quanto assomigliava ad Elissa. Aveva programmato che, al minimo segnale di disordine, si sarebbe trasformata in Mew Berry, sperando di non farsi vedere nel suo vero aspetto da Profondo Blu.

Ma poi anche un’altra cosa la terrorizzava. Avrebbe rivisto Ryan, stavolta in carne ed ossa. Se quello che aveva visto fino a quel momento, era stata una semplice immagine mentale ed era stata capace di sconvolgerla tanto, il vero Ryan le avrebbe fatto anche più male? Intanto, si teneva stretta la sua spilla tra le mani, pregando contemporaneamente che quel momento arrivasse quanto prima o quanto più tardi possibile.

Anche gli altri erano decisamente agitati. Mina, che portava un corto abito bianco, ornato di pailletes, se ne stava seduta sull’orlo della sedia, sobbalzando ad ogni minimo rumore; Lory, che aveva una camicia bianca piena di sbuffi e una gonna corta nera, andava avanti ed indietro, sebbene in cuor suo, sperava che Ryan o Profondo blu, o chi diamine fosse, arrivasse quanto prima, perché voleva disperatamente rivedere il ragazzo biondo, che non aveva mai dimenticato; Paddy, che portava un kimono turchese con decori argentati, stringeva convulsamente la mano di Tart, che dal canto suo, continuava a voltarsi verso il fratello Pie, appollaiato su una scalinata, vestito elegantemente come Ghish che stava seduto accanto a lui, il capo appoggiato sulle mani, mentre Blanche parlava sommessamente, splendida nel suo vestito dorato, con spalline incrociate sulla schiena, con Halinor e Pam, entrambe vestite di abiti leggermente diversi, ma sempre di raso viola. Solo Kyle andava avanti e indietro tra gli invitati, preoccupandosi che tutto procedesse per il meglio.

Ad un tratto, Strawberry apparve ai suoi amici, come spiritata; tutti le si avvicinarono preoccupati, mentre la ragazza divenuta pallidissima, disse solo: “Sta arrivando… lo sento, sento la sua rabbia… e sento Ryan…”.

Strawberry non aveva neanche terminato di parlare che la vetrata che costituiva il tetto del palazzo si infranse in mille minuscoli frammenti, che presero a cadere sugli invitati, che urlarono terrorizzati. Gli alieni si alzarono in piedi, stendendo le braccia di fronte a sé, che si illuminarono di quattro aure, una verde, quella di Pie, una gialla, quella di Tart, una rossa, quella di Ghish, e una bianca, quella di Blanche. I frammenti si fermarono a mezz’aria, mentre Kyle trascinava fuori le persone, rimaste attonite di fronte allo spettacolo.

Le mew si disposero in fila dietro agli alieni, mentre Halinor rimase leggermente più indietro. Certamente, se avesse colpito lei, non avrebbe avuto molte occasioni di cavarsela, dato che i suoi poteri praticamente non esistevano.

Un alone viola scuro scese dal tetto, illuminando a giorno l’intera sala e i volti spaventati delle cinque ragazze e dei loro amici. Esso scese per tutta la stanza e si fermò al centro della sala, proprio di fronte ai ragazzi, che si erano messi in posizione di difesa. Iniziò a diventare sempre meno luminoso e più nitido, finchè comparve la ben nota sagoma di Profondo Blu, che sorrideva malevolo.

Per chi non ci aveva ancora voluto credere, ogni dubbio venne infine fugato. Profondo Blu era ancora vivo, e stava usando il corpo di Ryan Shirogane.

I quattro alieni si ritrassero leggermente intimoriti dalla presenza del loro vecchio capo, ma fu Blanche a porsi coraggiosamente di fronte a lui, dicendo: “Bene, allora vedo che le mie congetture non erano affatto sbagliate… sapevo che non potevi essere morto così facilmente… anche se l’ultima volta che ti ho visto, avevi ancora un corpo tutto tuo…”.

Profondo Blu scoppiò a ridere e disse, ancora sorridente, una risata che gelava il sangue nelle vene: “Brava piccola mia! Sei sempre stata una ragazza intelligente… per questo, ti avevo scelta tra i miei seguaci. E pensare che ti accusarono di essere solo una raccomandata… e invece, proprio il fatto che sei mia nipote, ti rende quella che sei… hai poteri che quelli della nostra razza, neanche si sognano…”.

“Sei sua nipote?!” urlarono tutti, guardando la ragazza meravigliati.

Blanche sorrise e guardò Strawberry: “Ti ricordi che ti ho detto una volta di aver fatto un viaggio mentale? Scoprii che la mia vera madre era la sorella di Profondo Blu e di Leon, Lenaris. Nacque da una relazione illegittima del Re e fu abbandonata… nessuno seppe mai niente di lei, ad eccezione di Profondo Blu stesso… quando mi presentai a lui, mi disse che avvertiva un grado di parentela tra me e lui, e allora fece delle indagini, scoprendo che ero sua nipote, anche se io glielo avevo già detto, ma lui ovviamente non si era fidato di me e aveva indagato per conto suo. Io lo seppi prima di lui per via di quel viaggio e seppi anche che mia madre era morta nel darmi alla luce. Lui decise di insegnarmi tutto quello che sapeva e molto di più, come per esempio, la ftelogia, che però mi rifiutai di praticare. Dopo che uccise Leon, scappai da lui, dopo aver capito che razza di persona era… lui- lui me lo confessò candidamente, come se fosse una cosa di cui vantarsi… adesso capisci? Come credi che potessi sapere tante cose sulla famiglia reale? O avere dei poteri del genere? O sapere con assoluta certezza che era stato lui ad uccidere Leon, quando non furono mai trovate prove a suo carico?”.

“Perché non me l’hai mai detto?” disse Ghish, colpito.

“Quando ci rivedemmo, volevo solo che tu mi considerassi, che tu capissi quanto ero innamorata di te…” disse lei con semplicità “Se avessi saputo che ero la nipote della persona che più odiavi al mondo, non mi avresti nemmeno guardata in faccia…”.

Il ragazzo le si avvicinò e la strinse, dicendo che non gli importava di chi fosse figlia, tanto niente sarebbe mai cambiato tra loro due.

Profondo Blu prese a battere le mani e disse, sinceramente divertito: “Che bella e romantica scenetta! Nipotina mia, e pensare che credevo di averti insegnato tutto quello che sapevo… e invece, hai dimenticato che cosa è veramente importante nella vita… il potere… e anche per un tipo del genere… Ghish… andiamo, mi aspettavo di meglio da te… forse anche tuo zio Leon non sarebbe stato contento di questo… eppure, lo sai meglio di me quanto io e lui siamo diversi…”

L’attenzione sopita di tutti si risvegliò bruscamente e Strawberry si fece ancora più piccola, dietro le spalle di Pie, che era davanti a lei.

“Già, zio… Leon…” disse Blanche, parlando come a sé stessa “Lo sai o no che lui non è solamente lui? Che in quel corpo vive anche l’anima di un terrestre, l’anima di Ryan Shirogane? Non credi che potremmo cercare di risvegliarlo? Non pensi che, se lui si svegliasse del tutto, tu dovresti semplicemente lasciare il suo corpo?”

Gli altri non capirono a che gioco stesse giocando Blanche, ma la lasciarono fare, fidandosi di lei, anche perché solo la sera prima, Blanche aveva detto che quella storia non la convinceva affatto, aveva detto che non sapeva convincersi che Profondo Blu adesso volesse solo i poteri delle mew. E aveva detto che se lui fosse effettivamente venuto, non sapeva spiegarsi che rischiasse tanto a venire nella tana dei migliori amici di Ryan, che potevano benissimo risvegliarlo, solo per i poteri delle mew, che in fondo, in confronto ai suoi e a quelli del fratello, erano ben poca cosa.  

“Brava Blanche” disse ancora Profondo Blu, sorridendo e avvicinandosi alla nipote, che fu stretta alla vita dal fidanzato che cercava di proteggerla “Si vede che sei mia nipote e anche di quell’incapace di mio fratello… non te la sei bevuta la storiella dei poteri delle mew…”. Sospirò languidamente e riprese mellifluo: “Sapevo che se ti avessero coinvolta, molto probabilmente avresti capito le mie intenzioni, ma ho deciso di tentare ugualmente… e lo sai perché, piccola? Perché sapevo che non avresti mai potuto capire tutto quello che mi è successo e nemmeno quello che ho intenzione di fare… e tutto perché conosco troppo bene una persona… e so che non avrebbe parlato…”.

Stese la mano davanti a sé, al cui cenno tutti si ritrovarono a terra, spinti da una forte folata di energia. Rimasero in piedi solo due persone: Blanche e… Strawberry.

La ragazza tremava dalla testa ai piedi, mentre Blanche la guardava senza capire.

“Perché, lei? Perché, Strawberry?” chiese, voltandosi verso Profondo Blu.

“Lo vedi tesoro? Lo vedi che non sai tutto?” disse lui, scoppiando a ridere e avvicinandosi lentamente a Strawberry “La conosco bene… come l’hai chiamata? Ah già, Strawberry… lo sapevo che non te l’avrebbe detto, ne avrebbe avuto troppa paura…”.

Si avvicinò ancora a lei e le sfiorò una guancia con un dito, al quale Strawberry chiuse repentinamente gli occhi.

Blanche si illuminò e disse: “Lei… tu volevi lei… perché?”.

Profondo Blu rise ancora e disse: “Non ti ha mai detto di assomigliare come una goccia d’acqua a tua zia? Non ti hai mai detto che è la copia di Elissa? Della mia Elissa…”.

“Non capisco…” disse Blanche, anche per prendere tempo.

Profondo Blu si voltò verso di lei, mentre piegava sulla schiena un braccio di Strawberry, che aveva iniziato a piangere e l’attirava a sé, ponendola di fronte a Blanche stessa.

“Non posso negare che all’inizio le mie intenzioni erano quelle di prendere i poteri delle mew, tesoro…” iniziò a spiegare “Non perché ne avessi bisogno, ma solo perché volevo rintracciarle e, dopo aver tolto loro ogni possibilità di difesa, ucciderle, vendicarmi per quello che mi avevano fatto passare. Immagina che bello che fu, quando scoprii che la persona, in cui si era rifugiato mio fratello, era anche un loro amico. Tutto mi sembrava in discesa. Ma le resistenze del terrestre erano molte, troppe. Era più forte di quello che pensassi. E allora ebbi tempo. Molto tempo per pensare. E pensai che se mio fratello, aveva scelto quel terrestre, ci doveva essere un motivo, doveva aver avvertito una somiglianza tra loro. All’inizio, come certamente avrai pensato anche tu, ho pensato che l’avesse scelto perché sapeva che, in qualità di figlio del creatore del progetto mew, avrebbe certamente rivisto me. Ma poi mi convinsi che non era così. Tu lo sai meglio di me che razza di persona sia tuo zio Leon… non ha mai amato la vendetta, figuriamoci quella su un fratello. No, Blanche, il motivo era un altro… mio fratello ha avuto a cuore nella sua vita una sola persona, per la quale è anche morto, e quella persona era, purtroppo per lui, la stessa che anche io volevo disperatamente e che lui mi aveva portato via… tua zia, Elissa… se aveva scelto Ryan Shirogane, era perché sapeva che lui l’avrebbe rincontrata sotto un’altra forma… ed eccola qui, l’altra forma… Strawberry Momomiya…

“Io ho ucciso Elissa, e l’ho fatto perché lei non mi amava e perché non l’avrebbe mai fatto… ma sapevo altrettanto bene che il terrestre non era ancora riuscito a fare sua Elissa, o meglio Strawberry, altrimenti che ci avrebbe fatto a quell’ora su quella strada, con il cuore colmo di insopportabile tristezza? Mio fratello è stato bene, solo quando stava con Elissa e per lei era lo stesso. Ma da soli erano deboli. Lei era venuta dalla mia parte, lui non riusciva a gestire il Regno. E la stessa cosa è stata con loro due. Shirogane voleva andare a sbronzarsi, e lei perdeva tempo con una persona di cui non era minimente innamorata. Capisci adesso? Volevo riavere finalmente quello che Leon mi aveva tolto… la mia Elissa…”.

Strawberry cercò di liberarsi dalla sua stretta. A Blanche si strinse il cuore nel vederla, sembrava un cucciolo preso al lazo, si guardava attorno smarrita, cercando disperatamente di liberarsi, ma la stretta di Profondo Blu era troppo forte.

Profondo Blu continuò più allegro, come se fosse divertito dalla sofferenza della ragazza: “Poi lei, questa piccola sciocca me ne ha dato la conferma solo ieri, quando è venuta a trovare Leon o Ryan, o come diamine si chiama… e poi mio fratello l’ha persino baciata, e lui avrebbe baciato in quella maniera solo lei, solo Elissa…”.

“Ma lei non è Elissa!” urlò Blanche “Lei non è Elissa, zio! Elissa è morta!”.

All’istante, la ragazza si ritrovò per terra, abbattuta da un potente scarica d’energia di Profondo Blu che l’aveva colpita allo stomaco.

“Blanche!” urlò Ghish, cercando di strisciare verso di lei, dato che una magia di Profondo Blu teneva lui e gli altri inchiodati al terreno.

“Certo che è lei!” riprese Profondo Blu, in tono stravolto “E’ lei e adesso sarà mia per sempre!”.

Blanche, purtroppo, iniziò a capire. Profondo Blu stava iniziando ad impazzire. Certo, razionalmente, aveva desiderato per tutta la vita Elissa, ma adesso non si accorgeva che, a parte una superficiale somiglianza, Strawberry non era Elissa.

Intanto, lui, ridendo, l’aveva attirata a sé, voltandole violentemente il viso, bagnato di lacrime.

“Avanti, dimostrami piccola, che sei Elissa…” diceva, cercando le sue labbra, mentre lei prendeva a pugni il suo petto. Mentre cercava velocemente di sottrarsi a lui, cercò di pensare con calma a come cavarsela, ma le sue mani le sentiva addosso, pronte a farle anche qualcosa di peggio della morte. Perché non si era trasformata subito, dannazione?! Perché, la sera prima, si era lasciata baciare da Ryan? Lui non avrebbe mai capito niente, se…

Un attimo… Ryan… lui è dentro di Profondo Blu… devo risvegliarlo…

Smise di dibattersi e guardò Profondo Blu negli occhi. Lui parve assumere un’espressione più pacata e disse: “Va molto meglio così Elissa… non mi piace prendere le donne, quando si muovono troppo…”.

Lei sospirò per darsi coraggio, poi iniziò a parlare velocemente, la voce leggermente più alta, le lacrime che le cadevano sulle labbra, mentre le braccia di Profondo Blu la stringevano ancora più forte: “Ryan, so che sei lì dentro… ti prego, Ryan, sono io, sono Strawberry… ti supplico, ritorna in te… tu mi hai promesso, tu mi hai fatto una promessa… mi hai detto che saresti tornato, che saresti tornato da me… Ryan, ti prego svegliati…”.

Mentre ripeteva queste parole, Profondo Blu assunse un’espressione stralunata e furente, e si illuminò di un’ ira difficilmente esprimibile a parole. Prese la ragazza per il collo e la sollevò in aria, mentre Strawberry si sentiva lentamente mancare l’aria, mentre cercava di ripetere ancora: “Ryan, ti prego… sono io, Ryan…”.

“Ho capito, che cosa vuoi fare! L’ho capito! Tu devi dimenticare mio fratello, l’hai capito, altrimenti ti ucciderò, come ho fatto con lei, come ho fatto con Elissa!” ripeteva in tono lamentoso. Poi, la schiaffeggiò violentemente e Strawberry finì dall’altra parte della stanza, dopo aver battuto il braccio contro il muro, che prese a sanguinare.

Fu solo un istante, ma evidentemente l’avere per il momento ammesso che Strawberry ed Elissa non erano la stessa persona, che una l’aveva uccisa e che l’altra era di fronte a lui, fece un tragico effetto sui nervi di Profondo Blu. Iniziò ad urlare, mentre la stanza si riempiva del crepitio di mille lampi neri e viola, che scoppiettavano attorno al suo corpo, circondato da un’aura sempre viola. Un enorme raggio di luce colpì l’intera stanza, che si ricoprì di uno strato di ghiaccio nero, che andò a coprire il gioioso rosa e il lucente bianco del Caffè mew mew; comparvero delle alte colonne di ghiaccio sempre nero, a cui erano legati gli amici di Strawberry, ad eccezione di Blanche, che era ancora al suo posto, ma incapace di muoversi da lì, perché i suoi piedi erano letteralmente incollati al suolo, da una magia di Profondo Blu. Strawberry si sollevò da terra e riprese a chiamare a gran voce Ryan, finchè i capelli di Profondo Blu iniziarono a tingersi d’oro e i suoi occhi diventarono più sereni, mentre lui si dibatteva, accasciato a terra, con le mani nei capelli.

“Ryan!” urlò Strawberry, correndo verso di lui. Il ragazzo sollevò il volto, che era diventato di nuovo quello di Ryan Shirogane, e disse in un sussurro: “Straw- Strawberry…”.

Lei si inginocchiò di fronte a lui e mormorò tra le lacrime: “Ryan, puoi farcela… ti prego, lotta con lui… tu devi tornare da noi… li vedi gli altri? Sono tutti tuoi amici e ti amano tutti… torna da noi…”.

Ryan annuì lentamente, poi i suoi occhi si eclissarono, mentre udiva la voce di Profondo Blu nel cervello…

Perché lei non dice che ti ama? Ha detto gli altri, ha detto che loro ti amano, ma a te questo importa? No, che non ti importa… perché lei ha escluso volutamente sé stessa, e sai perché? Perché non è innamorata di te, idiota!  E perché non lo è mai stata, né mai lo sarà! Capisci adesso?!

“Ryan, che ti succede?!” disse Strawberry, passandogli un dito sulla guancia, mentre lui chiudeva gli occhi.

“Va via…” disse lui, gli occhi coperti dai capelli.

“Che cosa?”.

“Vattene, lui sta tornando… non ce la faccio, non riesco a fermarlo…”.

“Ryan, che cosa stai dicendo?! Tu devi farcela… ti prego Ryan…”.

Lui, l’espressione assolutamente vuota, disse solo, prima di ritornare ad essere Profondo Blu: “Non ci riesco… non c’è la scintilla …  lei può volare e mi lascerà sempre qui da solo…”.

Profondo Blu si sollevò e guardò Strawberry con profondo disgusto, poi disse lucidamente: “Mi hai deluso, piccola mia, molto… e purtroppo mi hai costretto a fare una cosa che non volevo fare… nonostante tutto, non volevo arrivare a questo, è molto e troppo rischioso per me… ma mi hai costretto, Elissa… sempre la solita adorabile testarda… ma stavolta mio fratello non è forte come allora… è molto debole e lo è per merito tuo, amore mio…”.

Lei non capì, ma poi Profondo Blu si avvicinò a Blanche e le praticò un profondo taglio sul braccio, raccogliendo poi delle gocce di sangue, che discesero dalla ferita, commentando senza allegria: “Il sangue dell’ucciso e dell’uccisore... capiti proprio nel momento giusto, nipote mia…”.

Strawberry lo vide avvicinarsi nuovamente a lei, sorridendo malignamente e dicendo: “Aspettami un secondo, tesoro… sono subito da te, devo solo eliminare un fratello… ci vorrà poco…”.

Strawberry si gelò su sé stessa, mentre delle parole dette da quella stessa fredda voce, le ritornavano in mente…

E’ inutile che chiami Leon, piccola mia… lo sai che lui non c’è più…

Ucciderà Ryan… non so come, ma lo farà…

Si alzò velocemente in piedi, mentre lui, gli occhi diventati due fessure, recitava delle strane formule in una lingua incomprensibile per lei. La goccia di sangue di Blanche galleggiava a mezz’aria, e splendeva come un pezzo di corallo. Strawberry corse verso di lui, inciampando nel liscio pavimento di ghiaccio, per poi rialzarsi subito. Lo afferrò per la vita, piangendo e dicendo: “Portami dove vuoi, ma ti prego lascialo stare! Non fargli del male!”.

Ma lui, che sembrava in trance, sembrò non ascoltarla, mentre la sua aura d’energia la scagliava lontano.

Ad un tratto, la goccia venne assorbita dal petto di Profondo Blu, che iniziò a gridare, mentre ancora nuovi fulmini neri splendevano attorno a lui, andando alle volte a colpire anche gli amici di Strawberry, che, per fortuna, adesso liberi, cercavano di ripararsi, come potevano.

La terra iniziò a tremare vistosamente, mentre pezzi di muro e calcinacci cadevano dal soffitto, impregnando la sala in una densa nebbia e rendendola satura di polvere giallastra, che mozzava il respiro. Profondo blu continuava a gridare, mentre gli altri si erano messi in un angolo, dopo che Blanche ebbe trascinato via Strawberry, che adesso piangeva senza ritegno.

“Blanche, si può sapere perché ha preso il tuo sangue?” chiese Ghish, che cercava di ripararsi dal crollo dei vari materiali di costruzione.

“Il mio sangue è lo stesso di Leon… ed è anche il suo… non so a che cosa gli servi, ma credo che… insomma, sta cercando di distruggere l’anima di Leon…” commentò la ragazza.

Dopo qualche minuto, Profondo Blu smise di urlare e iniziò a ridere forte, dicendo: “Hai visto Elissa? Hai visto? Ce l’ho fatta… è stato difficile, ma ce l’ho fatta!”.

Davanti a lui splendeva una sfera, che sembrava di cristallo di colore azzurro, che vorticava luminosa attorno a Profondo Blu. Strawberry, Ghish e Blanche avevano già visto quella sfera d’energia, perciò sapevano con certezza di che cosa si trattasse, e per questo, tutti e tre rimasero immobili, mentre gli altri chiedevano di che cosa si trattasse.

“E’ l’anima di Ryan…” disse piattamente Strawberry, mentre Profondo Blu faceva un segno alla sfera, che iniziò ad avvicinarsi a lui. Strawberry avrebbe per sempre ricordato quel momento, come il peggiore della sua vita, e anni ed anni dopo, lo avrebbe raccontato ai suoi figli, descrivendo con poche parole quella orribile sensazione di quell’attimo, che era stato minuscolo, ma che per lei era durato un’intera vita mortale. Aveva visto Profondo Blu prendere tra le mani la sfera, premere le dita lunghe e affusolate sulle sue estremità, e ridere di gusto a vedere la cascata di frammenti di cristallo crollare luminosa per terra. Strawberry rimase immobile, mentre al seguito della distruzione dell’anima di Ryan, si era levato un spostamento d’aria. Fu un solo attimo, ma sentii nelle sue orecchie mille parole…

Sei più pesante di quello che pensassi… la sua voce ironica e le sue braccia attorno alla sua vita…

Non voglio che tu mi consideri un grande eroe… la sua voce decisa e il dolore, che avvertiva nelle pieghe delle sue parole…

Hai ragione, ti chiedo scusa… la sua voce in colpa e le sue spalle, a celare tutto quello, che riposava placidamente fremente in lui…

Sei una persona solare e raggiante, la tristezza non è fatta per te… la sua voce dolce, come il mare che culla la sabbia e che lascia riposare tra le sue onde…

Non ti preoccupare… te lo giuro su mia madre e su mio padre che ritornerò… la sua voce persuasiva, come al solito, e le sue labbra a bruciare incandescenti sulle sue…

Non si accorse nemmeno di essersi alzata, il sudore che le inzuppava la schiena nuda, mentre non aveva nemmeno la forza di pensare: “Ti prego, non un’ altra volta…”. Sentiva le voci dei suoi amici nelle orecchie, velate anche loro di pianto e di frustrazione, ma quella di Ryan era troppo assordante e piena di echi nella sua mente. Si avvicinò a Profondo Blu, che la guardò compiaciuto, e le disse qualcosa, che lei non si sforzò nemmeno di capire, e si inginocchiò, raccogliendo tra le mani i frammenti dell’anima di Ryan.

Il volto stravolto, cercò di rimetterli insieme, ma quelli si sminuzzarono in una polvere ancora più sottile, che le andò a cadere sulle ginocchia sanguinanti. Gli occhi asciutti, cercò di rimetterli insieme per quanto poteva, mentre sentiva le mani di Profondo Blu afferrarla e tirarla su.

Non riusciva più a vedere bene, era tutto offuscato… stava piangendo? Non se ne accorgeva  e non si rendeva conto di tutto quello che accadde da quel momento in avanti.

Blanche si alzò e corse a prenderla per trascinarla via, ma anche stavolta Profondo Blu la scagliò lontana con una forte folata d’energia. Anche gli altri alieni cercarono di riprendere Strawberry e anche le mew, gli occhi e le guance arrossate di pianto, l’espressione stravolta, scagliarono potenti fasci di luce, dettati dall’odio e dal dolore, contro Profondo Blu, che li respinse, come se niente fosse.

Libero da ostacoli, disse soddisfatto: “Hai visto Elissa? Finalmente lui non è più tra me e te… sei contenta?!”.

Strawberry né rispose, né fece segno di volersi liberare dalla sua morsa, e si fece passivamente baciare da lui, gli occhi vuoti. Ma fu Profondo Blu ad allontanarsi bruscamente da lei, urlando di dolore e staccandosi da lei, che rimase ferma dove era prima.

“Che diamine succede?!” chiese sgomento, la voce ancora rotta dal dolore. Lei… lei… il suo corpo era incandescente, sembrava che nelle sue vene scorresse lava. Non era possibile che un essere umano o anche un alieno raggiungesse una temperatura simile.

Ma questo era solo l’inizio. La terra prese a tremare più forte di prima, mentre un’aura bianco rosata circondava la ragazza, i cui capelli avevano preso ad ondeggiare sinuosamente, stranamente molto più lunghi. Il ghiaccio nero che circondava la struttura si sciolse all’istante, mentre i vecchi colori del caffè ritornavano vivaci e splendenti.

Gli occhi della ragazza si tingevano ogni tanto di sfumature violacee, e adesso era veramente molto simile ad Elissa. Profondo Blu cercò di avvicinarsi a lei, ancora, ma fu sbalzato all’indietro, mentre Strawberry si ritrovò vestita con il lungo peplo rosa, che aveva indossato nella visione di Ryan, i capelli legati con dei fiorellini bianchi. C’era una sola differenza: sulla schiena, erano comparse due grandi ali rosate, che sembrano quelle di un angelo…

“L’angelo scarlatto dell’amore…” commentarono Blanche e Ghish, stupiti.

 

 

Finalmente la matassa si è sciolta! Avete compreso qual’era l’intenzione di Profondo Blu? Il titolo del capitolo, per coloro che non l’avessero capito, è in greco e significa AMORE E MORTE, e sono, secondo i greci, le due leggi che regolano l’Universo! Mi sembrava particolarmente azzeccato per questo capitolo, e quindi l’ho messo! Comunque, so che adesso starete per linciarmi, ma non vi preoccupate la fic non è ancora finita! Passo ai ringraziamenti soliti:

Hermy 6: come sempre, ti ringrazio tanto! Qualcosina l’ho fatta succedere, ma non forse nel senso che ti aspettavi tu! Purtroppo, questo periodo è un po’ incasinato, quindi non ho avuto tempo di aggiornare, ma adesso hai visto com’è andata! Ci sentiamo prestissimo!

Nadia Sakura Kan: anche a me dispiace, ma siamo alla fine, o almeno manca poco, un paio di capitoli credo! Comunque, la mia presenza continuerà a tormentarti, stai tranquilla! Ho già in programma una nuova fic su Tokyo mew mew; se riesco ad andare avanti, dovrei pubblicarla tra poco, e ti voglio assolutamente come lettrice! Come sempre, la tua recensione è stata meravigliosa, sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto così tanto! Per Ghish e Blanche, come hai letto, se è più o meno chiarito che cosa è successo! Ma anche per loro ci sarà un’ultima sorpresa finale, che poi sarà la chiave del seguito! So che ti sto tenendo sulle spine, quindi non ti dico più niente! Un bacione!

Pfepfer: che bello, è stato uno dei tuoi capitoli preferiti? In effetti, ero un po’ dubbiosa, credevo che Strawberry avesse capito troppo tardi di amare Ryan, ma tu mi hai rincuorata! Grazie come sempre, spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo!

Mew Pam: non ti devi assolutamente preoccupare, l’avevo capito che eri molto impegnata, e quindi non mi sono mica offesa se non ho trovato le tue recensioni! E poi hai riparato con l’ultima! Come ho già chiarito, anche a me Strawberry nella serie sta antipatica, ma sono contenta che ti stia piacendo come l’ho resa io! per la filastrocca, si sta iniziando a chiarire tutto adesso, comunque, alla fine metterò una specie di parafrasi perchè rileggendola, mi sono resa conto che anch’io mi ero quasi scordata che cosa volevano dire alcune cose! Comunque, mi dispiace di aver aggiornato tardi, ma sono stata sommersa anch’io dai compiti, quindi ti capisco benissimo! Un mega baciozzo!

Jessy: era da tempo che non ci sentivamo! Sono iper mega ultra felice che tu voglia leggere il seguito di questa fic! spero di trovarti spesso nelle mie recensioni!

Aya Chan: come vedi, questo capitolo ha dato risposta a molte tue domande! Blanche non ha parlato dei suoi viaggi, perchè aver scoperto di essere la nipote di Profondo Blu non le faceva piacere e non voleva che nessuno lo sapesse, soprattutto Ghish! Per Strawberry, credo che invece abbia taciuto su Elissa perchè aveva paura e soprattutto perchè voleva cercare di rimuovere quella sensazione dalla mente; credo che, parlandone, avrebbe pensato di stare peggio e poi alla fine non c’era una grande soluzione al problema; anche se ne avesse parlato con Blanche, non è che lei potesse farle una plastica facciale per renderla meno simile ad Elissa! Credo che Strawberry abbia pensato queste cose! Per i capitoli, di solito, non ci impiego un tempo fisso, perchè ci sono alcuni che mi prendono ed altri no, ci sono per esempio certi che mi “costruisco” nella mente in ogni momento libero, prima di scriverli, tipo mentre sono in macchina, o ascolto il prof di turno, e allora sono facilissimi poi da scrivere, a ed altri che li ho solo sfiorati come raccordo tra una parte e l’altra, ed allora mi devo inventare di sana pianta, quando sono al computer! Questi sono i più difficili e ci impiego di più! Aggiorna presto la tua bellissima fic!

Bene, un bacione anche a coloro che leggono solamente! Ciao ciao da Cassie chan!

 

 

 

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Capitolo 15
*** The power of friends ***


Profondo Blu guardò Strawberry visibilmente spaventato dal nuovo volto assunto dalla ragazza

Capitolo 15 – The power of friends

 

 

“…noi… angeli di creta che non volano, anime di carta che si incendiano, cuori come foglie che poi cadono…”--- Alessandro Safina

 

 

Profondo Blu guardò Strawberry visibilmente spaventato dal nuovo volto assunto dalla ragazza. Dove aveva già sentito di una cosa simile? Per un attimo, gli venne in mente sua madre che cantava una filastrocca, mentre lo dondolava su un’altalena, nel giardino della vecchia Reggia terrestre, gli alberi che stormivano al vento caldo e suo padre, che insegnava a suo fratello a tirare con l’arco. Per un solo secondo, avvertì una fitta al cuore… Rabbia? Risentimento? Dolore? Nostalgia? Ecco, nostalgia… della sua famiglia, di sua madre, di suo padre e di suo fratello… che adesso non esisteva più…

“Che mi stai facendo?!” urlò alla ragazza, che lo guardò serenamente vuota “La mia mente, il mio cuore… basta!”.

Profondo Blu riprese ad urlare, le mani affondare nei capelli, mentre ancora della sua energia si riempiva la stanza, che stavolta però fu fermata sul nascere da un’altra energia, quella di Strawberry. 

Lei non aveva mosso un passo, né sollevato un braccio, ma solo chiuso gli occhi e l’energia oscura di Profondo Blu ristagnò sulle pareti e si dissolse, rischiarata da quella della ragazza.

Lei aprì gli occhi e sussurrò delle parole calme e tranquille, con una voce leggermente più roca e profonda: “Mi dispiace, non posso aiutarti… la tua anima non appartiene da tempo a me, e alla mia forza… tu non puoi più esistere, perché non c’è posto per te in questo mondo… quello non è il tuo corpo, questa non è la tua vita, questo non è il tuo tempo, e nemmeno il tuo luogo… l’ordine è stato sconvolto e il solo modo per farlo tornare tale è che tu sparisca…”.

Profondo Blu non capì che cosa Strawberry stesse dicendo, ma si limitò a scagliarle contro una potente folata di energia nera, che la ragazza non schivò e che le andò ad aprire un profondo taglio sulla guancia destra, che prese a sanguinare copiosamente.

“Strawberry!” la chiamò Lory per sapere se stesse bene, ma lei non rispose nemmeno. Stese le braccia di fronte a sé, chiudendo gli occhi, e poi le aprì, descrivendo la forma di un semi cerchio di luce colorata ed iridescente, che iniziò ad avanzare come un’onda del mare, per poi infrangersi sul corpo di Profondo blu, che cadde per terra in preda al dolore, il volto pieno di sangue e lo stomaco pesto.

“Elissa perché mi stai facendo questo?” urlò, la voce rotta da lacrime folli.

Strawberry riaprì gli occhi e disse calma: “Io non sono Elissa e non sono più nemmeno Strawberry… tu hai fatto loro talmente tanto male che il loro spirito si è turbato enormemente. E allora io sono intervenuta… e adesso ti devo punire in questa forma… tu hai distrutto un’anima ed è un crimine gravissimo, che nessun mortale può permettersi di fare, rimanendo impunito, e purtroppo per te hai distrutto anche l’anima di una persona, che era enormemente amata da quelle due donne… da Elissa e da Strawberry…”.

Lory, mentre si massaggiava la spalla destra contusa, sgranò gli occhi. Era come aveva sempre pensato allora… Strawberry è innamorata di Ryan… un enorme vuoto le si aprì nel cuore, e lentamente alcune lacrime le scesero dagli occhi, finchè sentii una mano calda sulla spalla. Era Pie.

“Non piangere… era il loro destino, era il loro destino innamorarsi l’uno dell’altra…” le disse dolcemente, con un tono che non gli apparteneva.

Lory annuì e, per la prima volta, si sentii leggermente sollevata a quel pensiero, che loro due si amassero… perché adesso si rendeva conto che i sentimenti di Strawberry erano sempre stati immensamente più forti dei suoi. Lei non era riuscita a vivere senza Ryan, cosa che, invece, lei aveva tranquillamente continuato a fare. E poi lui aveva chiamato Strawberry per anni, e non lei, e il motivo era abbastanza semplice: Strawberry era l’unica ad avere il cuore aperto per sentire la sua voce. Non provava più angoscia o sofferenza. Niente di tutto quello. Solo dolore. Dolore perché, nonostante quello che avevano passato, adesso Ryan non c’era davvero più. Appoggiò la testa sulla spalla di Pie, che arrossì, dicendo: “Spero che, qualsiasi delle vostre leggende sia questa, riesca a portarle indietro Ryan… non vivrebbe senza di lui…”.

“Ce la farà” disse decisa Blanche, tra i cori di assenso degli altri, che si stringevano l’uno all’altro, ormai incapaci di combattere, ma solo di sperare.

“Che cosa vuoi dire?!” disse Profondo Blu, adesso vistosamente spaventato.

“Quello che ho detto… tu devi sparire…”.

Profondo Blu indietreggiò terrorizzato, mentre balbettava: “Non puoi… lo sai o no che questo è il corpo del terrestre… il corpo di Shirogane?”.

La ragazza chiuse forte gli occhi, una ventata di dolore, che le raggiungeva lo stomaco, poi, riaprendoli, disse: “E’ solo e soltanto carne… lui non c’è più… e quindi non mi importa niente di quel corpo…”.

Una strana ira raggiunse le sue mani, che si aprirono, scagliando una potente sfera di energia addosso a lui. Stavolta copiose lacrime bagnavano il suo viso, e i suoi occhi erano tornati color cioccolato, prive delle sfumature violacee. Era tornata solo Strawberry.

“Tu me l’hai portato via!” urlava scossa dal dolore, mentre continuava a scagliare fasci di luce contro Profondo Blu “E adesso lo seguirai!”.

“Dannazione!” imprecò a bassa voce Blanche.

“Che c’è?!”chiese preoccupato Ghish, che era convinto che stesse andando tutto per il meglio.

“Il dolore di Strawberry è troppo forte e non riesce più a controllare il potere dell’angelo scarlatto” spiegò lei “Secondo le nostre leggende, l’angelo scarlatto è uno dei guardiani delle Forze Ancestrali del Mondo e interviene quando i sentimenti d’amore delle persone sono stati distrutti da interventi di Forze Negative, che li hanno vilmente calpestati… assume il controllo di quelle persone, che non avevano mezzi per riportare indietro i loro cari, e porta avanti la sua giusta azione di ripristinare l’equilibrio… ma adesso il cuore di Strawberry ha perso quella serenità, che l’angelo scarlatto le aveva dato… lei, al ricordo di Ryan, ha provato ancora dolore e rabbia verso Profondo Blu… la rabbia è un sentimento negativo e adesso l’angelo scarlatto non è più con lei… adesso è sola…”.

Infatti i raggi d’energia si erano fatti sempre meno potenti, e adesso erano solo rosa, il colore della mew. Le ali erano scomparse e, nello stesso tempo, era ritornato anche il vestito verde, che indossava prima. Piangeva a dirotto e urlava, ma Profondo Blu, sebbene pieno di ferite, si era già risollevato, ridendo e schivando i colpi della ragazza: “Per un attimo, mi hai fatto paura, Elissa… credevo che stessi proprio per uccidermi…”.

Le lanciò contro un colpo nero, che la raggiunse al petto, scagliandola all’indietro. Profondo Blu riprese a colpirla violentemente, mentre lei non cercava nemmeno di ripararsi dai colpi, pensando tra le lacrime che finalmente stava tutto per finire. Sperava solo che la morte fosse solo un grande buco nero, in cui si cessava semplicemente di esistere, perché qualsiasi cielo o inferno le avessero dato non le avrebbe mai fatto dimenticare Ryan, che adesso non poteva nemmeno sperare di rincontrare nell’aldilà.

“Che cosa possiamo fare?!” chiese sgomenta Paddy.

“Dobbiamo farle recuperare fiducia nell’amore” disse Blanche, sollevando leggermente il braccio dolorante “Lei adesso si è autonomamente convinta che i sentimenti che lei prova non riusciranno a farle riportare indietro Ryan… non è mai stata sicura di quello che provava, e anche se amava Ryan da anni, la paura di quello che poteva succedere, se le cose non fossero andate bene, o anche se fossero andate stupendamente, non le ha fatto ammettere mai i suoi sentimenti fino in fondo, sebbene lei stessa si rendesse conto che erano troppo forti per una persona, che voleva considerare l’altro solo un amico…quello che non sa, è che i poteri dell’angelo scarlatto sono, a dir poco, illimitati e forse, e dico forse, potrebbe anche riuscire a riportare Ryan in vita… ma non ci riuscirà mai se continuerà a pensare che i suoi sentimenti sono assolutamente inutili e di poco conto, e che solo la vendetta le darà un po’ di pace…”.

Tutti rimasero in silenzio, poi Halinor disse, cercando di trattenere una smorfia di dolore per aver appoggiato il ginocchio ferito a terra: “Scusami, voi riuscireste a trattenere Profondo blu per almeno qualche minuto?”.

Ghish annuì, dicendo: “Se si tratta di pochi minuti e se uniamo le nostre forze, credo di sì…”.

Halinor sorrise e disse: “E allora è abbastanza semplice che cosa dobbiamo fare…” e spiegò quale era il suo piano, che gli altri accolsero bene.

Mentre Profondo Blu continuava a colpire Strawberry, che ormai sembrava completamente priva di forze e che era ricoperta di sangue sul vestito verde strappato, Blanche si parò davanti a suo zio e disse, sorridendo ironicamente: “Credo che si tratti di una caratteristica di famiglia, ma non mi piace rimanere in disparte troppo a lungo… mio zio non me l’avrebbe mai perdonato… bè, entrambi i miei zii…”. Profondo si fermò e scoppiò a ridere, mentre diceva: “Già, nipote mia… è proprio una caratteristica di famiglia… comunque se vuoi, sarò subito da te, il tempo di sistemare una questione…” e fece segno di voler colpire ancora Strawberry.

“Non così in fretta…” intervenne Ghish che era comparso alla destra di Blanche “Le questioni sono da sistemare in ordine di tempo, e mi sa tanto che la nostra è aperta da molto più tempo di quella con Strawberry… mi sbaglio forse?”.

Profondo blu rise ancora e disse: “Hai ragione… hai davvero ragione, ma è anche maleducato far perdere tempo ad una persona, che ha molto da fare…”, poi replicò con aria molto più minacciosa: “… perciò vedete di levarvi di mezzo… nonostante tutto, non mi piace far fuori quella della mia stessa razza…”.

Accanto ai due alieni, spuntarono anche Pie e Tart; il piccolo alieno, ormai alto quanto il fratello, disse, con aria allegramente seria: “Peccato che in passato tu non ti sia fatto scrupolo di uccidere quelli della nostra stessa razza… o Leon era forse un terrestre?”.

“Basta, smettetela!” urlò Profondo Blu, che era stato indebolito dal seppur breve contatto con la forza positiva di Strawberry e adesso sentiva un fastidioso vuoto dentro, all’altezza del petto ogni volta che ricordava che cosa aveva fatto a suo fratello.

“Senza contare che oramai nessuno tra la nostra gente ti considera più parte della nostra razza, dopo quello che hai fatto a Leon… lo sai no, che Ghish e Blanche hanno rivelato tutto del tuo omicidio, che credevi restasse impunito?” continuò Pie, con le braccia incrociate al petto.

“Bastardi!” urlò ancora Profondo Blu, mentre cominciava a scagliare fulmini contro di loro, che, unendo le loro forze, crearono un cupola di protezione.

Intanto, le mew, Halinor e Kyle erano corsi da Strawberry, che giaceva per terra, apparentemente svenuta. Kyle la tirò su, chiamandola per nome, mentre la ragazza apriva pigramente gli occhi.

“Ragazze… Kyle…” sussurrò.

“Come stai?” chiese preoccupata Halinor.

Strawberry non rispose e si levò faticosamente seduta. Poi, gli occhi ancora dolorosamente pieni di lacrime, disse, la voce appena udibile: “Non c’è più bisogno che combattiate… lui è troppo forte… e poi…”.

E poi Ryan non c’è più adesso, e adesso non c’è veramente più… come se non fosse mai esistito…

Mentre pensava quelle cose, scoppiò in lacrime, dicendo disperata: “Perché non mi avete lasciato morire in pace? Lo volete capire o no che io senza di lui, non ce la farò a vivere?!”.

Ad un tratto, sentii forte bruciare la guancia. Mina le aveva appena dato uno schiaffo forte sulla guancia, mentre lei la guardava confusa.

“La vuoi smettere di credere sempre di essere un’eroina tragica che nessuno può capire?!” disse furiosa, il volto stravolto dalla rabbia “Il tuo dolore è giustificabile, comprensibile, normale! E’ vero… tu hai appena perso una persona che amavi, ed è normale che tu stia male, che tu soffra, che ti senta morire. Ma è anche vero che il dolore è qualcosa di angoscioso, che ti spezza dentro, che non ti lascia possibilità di spiccare il volo, che non ti lascia vivere, se ti lasci andare passivamente a lui. E’ innaturale per l’uomo cercarlo, se può evitarlo; e tu, invece, anche quando c’è la possibilità di poter raggiungere la felicità, preferisci vigliaccamente abbandonarti a lui!”.

Strawberry rimase immobile, la mano sulla guancia rossa, poi sussurrò, ancora spaventata dalla reazione di Mina: “Ma adesso non c’è più speranza… lui distruggerà la Terra… tutto quello che conosciamo sparirà per sempre… io- io sono troppo debole per affrontarlo…”.

“Non è così…” disse deciso Kyle “Tu sei stata l’unica che gli hai tenuto testa e che sei stata in grado di metterlo in difficoltà, e potresti riuscirci ancora, se solamente volessi… non c’è niente che tu non possa fare se vuoi… hai salvato la Terra, l’ultima volta, e anche allora tutto sembrava impossibile… anche allora hai dovuto lottare contro una persona che amavi, eppure ce l’hai fatta, eppure sei ancora qui… in quegli anni, hai fatto tanti sacrifici per essere quello, che ti eri trovata ad essere, e ce l’hai fatta. E ce la puoi fare anche stavolta…”.

“Ma stavolta è diverso!” disse, la lacrime che le solcavano di nuovo il viso “Stavolta è diverso! Qualsiasi cosa che io faccia non potrà mai far tornare indietro Ryan! Voi non sapete quello, che io ho passato, e nemmeno quello che io provo…”.

“E’ vero” intervenne Paddy, prendendo le mani di Strawberry tra le sue “Noi non lo sappiamo… nessuno può sapere quello che tu hai passato, e solo e semplicemente perché tu non hai mai voluto renderci parte di quel dolore, che sentivi… nessuno di noi l’ha fatto… quando Ryan è morto, ci siamo chiusi nei nostri piccoli spazi e ci siamo disinteressati degli altri. E soprattutto di te. Era facile, era comodo credere che tu fossi depressa, che tu fossi pazza, mentre tu sentivi che Ryan era vivo… noi non ti abbiamo ascoltato… ma adesso, quando tutto questo finirà, io voglio avere la possibilità di parlare con te, di capire quello che provi, di ascoltarti, di fare mio il tuo dolore… ti prego, dammi questa possibilità…”.

“I tuoi sentimenti non li capirò mai, e su questo non c’è dubbio” disse Pam con un sorriso “Non li ho mai capiti, dal primo giorno che ti conosco… ti vedevo con Mark e pensavo che tu fossi innamorata di lui. Ti vedevo abbracciarlo, stringerlo, sospirarlo, baciarlo, e poi ti vedevo arrossire davanti a Ryan, preoccuparti per lui, cercarlo ogni volta che venivi al Caffè… e non capivo, e, mattina e sera mi dicevo che non eri molto normale… poi, dopo la morte di Ryan, ho capito. Ho capito che sei una persona talmente pura e forte che riesci ad amare e ad odiare con una forza inaudita, che non credo di poter mai possedere. E’ stato allora che ho capito che eri innamorata di Ryan, l’ho capito da quella stessa forza. Può darsi che non la riesca a capire perché non la possiedo, ma intanto la vedo, non riesco ad ignorarla…”.

Strawberry disse, con una leggera serenità sul volto: “Davvero pensate che io possa farcela? Che io possa riportare in vita Ryan?”.

Lory le sorrise e disse semplicemente: “Ricordi, quando Ryan morì? Ricordi che ti dissi? Ti dissi che era colpa tua, che eri stata tu ad ucciderlo… mi dispiace per quelle parole e te ne chiedo scusa, ma intanto continuo ad essere convinta di quello che ho detto. Secondo me, tu sei la sola ed unica persona, che possa decidere della vita di Ryan… eri così importante per lui che avrebbe fatto tutto pur di proteggerti, e, se allora lui è riuscito a fare anche cose apparentemente impossibili, come risvegliarsi dal sonno, impostogli da Profondo Blu, solo per te, che non ti eri resa ancora conto di amarlo, adesso che tu lo ami, farà di tutto per tornare da te…”.

“E poi…” replicò Halinor, strizzandole l’occhio “Blanche ha detto che non c’è nulla che l’angelo scarlatto non possa fare…”.

Strawberry sorrise, distesa per la prima volta, mentre lacrime di gioia le velavano gli occhi. Disse solamente: “Grazie, vi ringrazio davvero tanto… se non fosse stato per voi, io… vi prometto che ce la farò…”.

Tutti annuirono, mentre Halinor disse: “Bene, e adesso va a riprenderti il tuo principe dagli occhi azzurri…”.

Strawberry annuì e si alzò in piedi, mentre nello stesso istante, le resistenze degli alieni venivano completamente vinte da Profondo Blu. Strawberry corse verso di loro e, resasi conto che stavano discretamente bene, li ingiunse di mettersi al riparo, assieme agli altri. Le sorrisero e corsero via, mentre lei rivolgeva il suo sguardo verso Profondo Blu.

“Bene…” disse, ridendo lui “Vedo che sei tornata… non mi divertivo tanto con loro, tu sei molto più coinvolgente, Elissa…”.

“Non mi chiamo Elissa… mi chiamo Strawberry…” disse lei tranquillamente, mentre un forte vento si alzava nella stanza.

 

Vi sono mancata vero? Queste settimane non mi sono potuta collegare perchè avevo una sacco di cose da fare, ma finalmente ce l’ho fatta! Sono mortissima di sonno, ma sto cercando di trascinarmi nello scrivere; in questo periodo, sono pienissima di idee e di cose da scrivere, ma non ho mai tempo, quindi sono un pochino esaurita! Che dire di questo chappy? Che ho cercato di far parlare tutti i personaggi che ho messo in questa storia per dare un punto di vita diverso sulla vicenda! Anche perchè Strawberry aveva come sempre bisogno di svegliarsi, quindi… bene, ormai manca pochissimo alla fine! Sigh, sono quasi commossa! Per il seguito, ci sto lavorando, ma è soprattutto una parte di questo chappy che è il collegamento con l’altro! Avete capito? Eheheheheh, come mi piace tenervi sulle spine!

Jessy: sei stata la prima a commentare! Ormai come ho detto manca pochissimo alla fine, quindi ben presto saprai come ho risolto le cose! Spero che seguirai anche il seguito di questa fic! Un mega bacio!

Hermy 6: ciao pazzissima! Mi sei mancata tanto in questo periodo! Sinceramente sono leggermente terrorizzata dalla tua minaccia di omicidio, ma non ti preoccupare per Ryan! Ti pare che gli faccio combinare tutti sti macelli per 15 capitoli, e poi lo lascio morto? Grazie sempre die tuoi complimenti, sei carinissima, mi è piaciuta molto la tua recensione di Remember, ci tenevo particolarmente che tu la leggessi! Mi scuso per il ritardo nell’aggiornare, cercherò di essere più veloce la prossima volta!

Mew Pam: sono contenta che tu abbia recensito così presto, stavolta invece sono stata io a  ritardare enormemente l’aggiornamento, scusa! Sono contentissima che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, e soprattutto che tu l’abbia trovato uno dei più belli! Ho dovuto riprendere tutte le fila della storia e non è stato facile! La scena in cui Profondo Blu distrugge l’anima di Ryan mi è costata molta fatica, perchè ero nervosa la pensiero che quello rompesse le scatole per l’ennesima volta, ma sta tranquilla: dopo la delusione dell’anime per noi fan di Ryan, non voglio che succeda lo stesso nella mia fic! Quindi non ti preoccupare! Un iper baciozzo!

Nadia Sakura Kan: ciao fedelissima! Mi scuso anche io per l’enorme ritardo, ma sono contenta di aver trovato la tua recensione! Sono contentissima dei tuoi complimenti, come sempre hai ripercorso tutto il capitolo in modo molto acurato, facendomi sentire orgogliosa di me stessa! Grazie moltissimo! Per la questione di Blanche, mi sono ispirata a tutte quelle soap, dove alla fine uno si alza in piedi e dice: “Quello non è tuo padre, è tuo fratello!” o cose simili! Ci voleva un colpo di scena del genere, no? E poi in effetti mi era sembrato strano, mentre lo scrivevo, che Blanche sapesse tutte queste cose, doveva avere una motivazione tutta questa sua conoscenza di fatti che non dovrebbe sapere! Sono contenta che anche la fine ti sia piaciuta, e per la faccenda dell’angelo scarlatto hai avuto qualche chiarimento in questo chappy, ma la faccenda si complica ancora di più, anche se non esattamente ora… ehehehehee… anche per Blanche e Ghish, dovrai aspettare ancora pochettino! Un abbraccio!

Kashia: mi dispiace di non aver aggiornato prima, carissima! Ma sono stata super impegnata! Spero che con questo chappy un po’ della tua ansia sia passata! Baciotti!

Aya chan: ultima, ma non ultima la mia cara Aya! Ho appena salvato la seconda parte della tua storia, e adesso mi accingo a leggerla, quindi tra poco troverai la mia recensione! Mi scuso anche lì per il mio ritardo, e quindi per farmi perdonare, lancio un enorme avvertimento: LEGGETE TUTTI LA STORIA DI AYA CHAN, “Colei che scioglie gli eserciti”, E’ BELLISSIMA!!!!!; a tutte le tue domande, troverai parte risposta nei prossimi capitoli, e parte del seguito, quindi spero tanto che mi seguirai ancora! Come io sicuramente seguirò la tua storia! Mi è capitato spesso di scrivere un capitolo faticoso, specie se non ero molto ispirata, oppure se lo ero troppo, cioè avevo tante di quelle idee che metterle in ordine era un po’ difficile; in quei casi, cerco di concentrarmi e di scegliere la soluzione che sento essere la migliore! Se poi vedo che non va, non mi faccio scrupoli, cancello tutto e ricomincio! E’ sempre meglio una pagina bianca! Per quello che riguarda Blanche, credo che non si sia fatta viva prima con Ryan, semplicemente perchè pensava che l’anima di Leon non si fosse incarnata in nessun essere umano. Infatti, se ben ricordi, ho scritto nel capitolo 6:

 

…abbiamo trovato l’unico modo che avrebbe lui per riappropriarsi di un corpo… sarebbe occupare il corpo, in cui si potrebbe incarnare l’anima del fratello, scacciato da sé… ma tale metodo ci sembrava molto difficile. Profondo Blu doveva trovare l’anima di Leon, che per quanto ne sapevamo, poteva anche non essere entrata in nessun terrestre, poi lui era anche troppo debole, dopo lo scontro con voi e i suoi poteri erano rimasti a Mark… avrebbe dovuto contare sulle imperfezioni genetiche, che purtroppo per lui nei terrestri, non sono così comuni, mentre, purtroppo per noi, stavolta Ryan ha…

C, mi fanno tantissimo piacere, queste tue precisazioni perchè mi permettono di capire che cosa ho fatto o meno capire! Quindi continua pure! Ciao Ayuccia!

Adesso credo che andrò a dormire, dato che sto cascando dal sonno! Mi sta venendo l’idea di scrivere un capitolo in più di questa fic rispetto a quelli che avevo programmato… mumble, mumble, sareste d’accordo? Fatemi sapere! Ciao ciao da Cassie chan!

 

 

 

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Capitolo 16
*** Bring me to life ***


La terra riprese a tremare, mentre la solita aura rosa e bianca la riavvolse, i capelli che ondeggiavano

 

 

Capitolo 16 – Bring me to life

 

 

“… tutto muore ma tu, sei la cosa più cara che ho…”--- Vasco Rossi

 

 

La terra riprese a tremare, mentre la solita aura rosa e bianca la riavvolse, i capelli che ondeggiavano. Riassunse di nuovo l’aspetto che aveva precedentemente, ma stavolta accadde qualcosa di diverso. All’improvviso delle scintille colorate presero a splendere e a vorticare attorno a lei, che guardò confusa in un angolo della sala. I suoi amici tendevano le mani verso di lei, chi appoggiato al muro, chi si reggeva a stento, chi si stringeva a qualche altro, ma gli occhi di tutti erano sicuri che lei ce l’avrebbe fatta, e determinati a darle il loro contributo.

Lei, gli occhi chiusi, strinse al petto le scintille del loro potere, che le entrarono nel corpo stesso. Pose la mano destra aperta su quel punto, mentre portava l’indice e il medio della mano sinistra sull’altra mano. Le dita si illuminarono di una luce biancastra, poi quando le allontanò, le fece muovere attorno al suo corpo, descrivendo dei cerchi di luce. Fili di luce si avvolsero attorno al suo corpo, lasciando il posto ad un nuovo abbigliamento. Le ali erano scomparse, mentre adesso la ragazza indossava un corpetto, che l’avvolgeva come un body, di color bianco splendente, da cui si dipartiva un gonnellino, formato da due lastre di tessuto che divergevano, ai lati dei suoi fianchi, sul modello delle armature greche. Ai piedi, portava alti stivali, che le arrivavano fino alle ginocchia, sempre bianchi, ma bordati d’oro, mentre le braccia erano coperte fino al gomito da guanti candidi. Sulle spalle scendeva un lungo mantello bianco, che arrivava fino a terra, retto da un coprispalle rigido. I capelli cadevano leggermente mossi e sciolti, fermati da una fascia di velluto sempre bianco, mentre i suoi occhi continuavano ad alternare toni castani e viola. Nelle mani stringeva una spada con l’impugnatura di madreperla, e la lama di puro diamante.

Si scagliò su Profondo blu e iniziarono a combattere ferocemente, entrambi spinti da due forze molto forti, ma opposte. L’odio spingeva e guidava l’alieno, il rancore verso la donna che aveva davanti, e che gli aveva ormai ampiamente dimostrato di essere ancora innamorata del suo tanto odiato fratello. Era cambiato il tempo, ed era cambiata anche lei, lo avvertiva a sprazzi nella sua lucida follia, ma intanto lei, che ora si chiamava Strawberry Momomiya, amava sempre Leon, che ora si chiamava Ryan Shirogane. La terrestre agiva ed era spinta dall’amore, che provava per Ryan, dal suo forte desiderio di riportarlo in vita e da quello di salvare e proteggere i suoi amici e la sua famiglia. Non voleva più essere la persona, che era stata fino a quel momento, la ragazza scappata per anni di fronte ai suoi sentimenti, quella che non era mai stata in grado di fare chiarezza in sé. Erano stati i suoi sentimenti confusi a far soffrire Mark, gli stessi a far stare male i suoi amici, e anche Ryan. E non poteva perdonarselo.

Ai fendenti di spada, si susseguivano i colpi di energia nera e bianca, come le loro spade, mentre le poche persone presenti in sala assistevano allo scontro, chi pregando, chi chiudendo bruscamente gli occhi, e chi osservando a bocca aperta le ferite scarlatte sul corpo di tutti e due. All’improvviso, Strawberry, spinta da un impeto di rabbia, scagliò la sua spada contro il nemico, che ovviamente la schivò facilmente, scartando di lato. Rise sguaitamente e disse: “Che cosa c’è Elissa? Ti stai innervosendo per caso?”. Ma lei sorrise e profondo blu vide un colpo, che ormai lo stava raggiungendo dall’altro lato. Non poteva evitarlo, e allora fece l’unica cosa che gli sembrò normale fare: lasciò il corpo di Ryan, che riassunse le sue sembianze e ne uscì fuori sottoforma di una pesante nube nera.

Strawberry sorrise, era andata esattamente come si aspettava e come sperava. Fece un cenno a Ghish che recuperò il corpo esanime di Ryan, e lo portò via.

La voce di Profondo Blu la raggiunse, mentre diceva: “Che cosa hai intenzione di fare, Elissa? Adesso che l’anima di mio fratello non esiste più, non ho necessariamente bisogno del corpo di Ryan? Potrei prendere anche il tuo…”. 

E pensò che, in effetti, quella era una magnifica idea e si diresse proprio verso di lei. La ragazza non si spostò di un millimetro, ma quando erano ormai vicinissimi, tese la mano, da cui ne uscì un filo di luce, che si annodò attorno all’essenza di Profondo Blu, che iniziò ad urlare.

Passarono alcuni minuti, in cui la terra prese a tremare molto forte, e in cui Strawberry erse una difesa attorno a sé stessa e ai suoi amici. Poi lentamente il silenzio riavvolse il Caffè mew mew. Gli amici di Strawberry riaprirono gli occhi e videro Strawberry, che si avvicinava a loro, tenendo un fagottino tra le braccia.

Non capirono, finchè Strawberry disse: “Questo è Profondo Blu… ho purificato la sua anima e cancellato ogni ricordo della sua vita… adesso è un normalissimo bambino della vostra razza… non avrei mai potuto distruggerlo… è un crimine distruggere un’anima, ve l’ho già detto, invece così avrà un’altra possibilità… quella di vivere una vita, in cui sia amato e in cui possa amare…”. Strawberry ebbe un capogiro e fu sorretta da Kyle, che le sussurrò: “Sei stata fantastica… adesso è tutto finito… riposati…”.

“Non è ancora finita” replicò lei, che era ferita in vari punti e che ormai si reggeva a stento in piedi. Porse il bambino a Blanche, che scostò la copertina che l’avvolgeva e vide un bellissimo neonato, completamente diverso dalla persona malvagia e senza scrupoli che aveva avuto davanti fino ad allora. Il piccolo sorrideva felice, gli occhi azzurri illuminati da una calda luce di speranza.

“Lo crescerò io” disse con decisione a Strawberry “Lo crescerò come se fosse mio figlio… in fondo, è pur sempre mio parente… lo chiamerò Kivar, come mio padre…”. Ghish la strinse forte, baciandola, mentre Kivar tendeva le manine ai suoi nuovi genitori.

Intanto, Strawberry che barcollava e che stava per svenire, si portò al centro della stanza. Si fermò nell’esatto punto, dove era caduta l’anima di Ryan, di cui erano rimasti pochi frammenti. Tutti le si avvicinarono, Blanche, portando in braccio Kivar, mentre Ghish e Pie trasportavano il corpo di Ryan, freddo e ferito, gli occhi chiusi sul vuoto. Lo deposero accanto a Strawberry, e la ragazza si chinò per terra, stringendo con affetto tra le sue la mano di Ryan. Era freddissima, ghiacciata e pallida, ma Strawberry la strinse a lungo nelle sue, finchè sembrò tornare ad essere quella di una persona viva. Poi si abbassò e baciò le labbra fredde e morte di Ryan, sussurrando tra le sue: “Ti ho fatto una promessa e la manterrò… e tu l’hai fatta a me… aspetta ancora un po’, amore mio…”.

Si staccò da lui e descrisse con l’indice destro un cerchio per terra, lasciando una scia di fili di luce. Il cerchio si depositò per terra e prese a splendere forte, mentre apparivano due linee di luce al suo interno, che sembravano le lancette di un orologio. Ad un cenno di Strawberry, iniziarono a girare rapidamente in senso antiorario, mentre apparivano vorticosi frammenti azzurri dell’anima di Ryan, che velocemente si andarono a riunire gli uni agli altri, ricreando la sfera di cristallo blu. Tutti iniziarono a festeggiare e a saltellare, mentre Blanche intuiva che aveva semplicemente mandato indietro il tempo, in quella porzione di spazio. Strawberry fece in tempo a ricongiungere l’anima al corpo di Ryan, prima che il suo aspetto di angelo scarlatto si esaurisse del tutto, assieme ai poteri dei suoi amici, che tornarono a loro in piccole e colorate scintille. Recuperato il suo aspetto, mormorò un: “Grazie anche a te, Elissa”, poi si avvicinò a Ryan, il cui colorito era tornato del solito caldo colore ambrato.

Ghish ne tastò il polso e sentii che batteva. Furono le ultime parole che Strawberry udì, prima di svenire e di cadere esausta tra le braccia di Kyle.

 

 

Sigh, sob, mi sono commossa da sola! La mia fic sta finendo, come farò senza di voi? Basta con i piagnistei, tanto ho l’impressione che non vi lascerò in pace molto presto! Che posso dire ancora, a parte che adesso manca davvero pochissimo? In questo capitolo, ho anticipato una cosa importante del seguito, ma non credo che riuscirete a capire quale! Eheheheh, io la perfidia abbiamo lo stesso Dna! Bene, un saluto mega velocissimo a Hermy 6 (ciao stellina!), Mew Pam (non sei affatto ripetitiva! Mi piacciono tantissimo le tue recensioni!), Jessy (grazie della fiducia, cercherò di scrivere un bel capitolo in più!), Nadia Sakura Kan (non ti preoccupare, sistema il computer e io intanto aspetterò i tuoi commenti!), Strawberry (sono contenta che, nonostante tu sia della parte opposta della “Barricata Ryan - Mark”, abbia comunque letto la mia fic e ti sia piaciuta, la vediamo in modo diverso, ma in fondo il mondo è bello perchè è vario, no?), Pfepfer ( grazie tantissimo dei tuoi complimenti, li accetto sempre volentieri, perdona tu i miei errori, dato che non ho nemmeno io il tempo di leggere il chap!), Black pill (che bello una nuova lettrice! Grazie dei complimenti, e scusami! Lo scorso capitolo, mi sono dimenticata di metterti nei ringraziamenti!). scusatemi la brevità delle risposte, ma sono proprio di corsa oggi! A presto, ciao ciao da Cassie chan!

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Capitolo 17
*** Beyond me and you ***


“Avanti

Capitolo 17 - Beyond me and you

 

“… vieni con me, ti porterò, sopra i deserti che ho scoperto con te… vieni con me, ti condurrò per quegli abissi dove mi perderei…”--- Giorgia

 

“Avanti!”. Ghish udì quella voce cristallina, provenire dall’interno della camera d’ospedale, dove Strawberry era stata ricoverata, e sorrise tra sé e sé. Almeno nella voce, sembrava essere tornata la ragazza, che aveva conosciuto qualche anno prima.

L’alieno, camuffato ovviamente da terrestre, aprì la porta e vide Strawberry adagiata nel letto dalle coperte bianche, sorridente, sebbene coperta di molte bende, che mangiava una minestrina.

“Ciao Ghish!” salutò affettuosamente “Come sta Blanche? E tu?”.

Il ragazzo si sedette su una sedia bianca, che avvicinò al letto della ragazza, che per fortuna aveva una camera singola, cosa che gli permise di recuperare il suo solito aspetto.

“Bene” rispose “Blanche è stata dimessa ieri dall’ospedale… e io ho solo una slogatura alla caviglia, guarirà in pochi giorni… certo, se potessi dormire, starei anche meglio, ma dato che Kivar piange tutta la notte… non potevi trasformarlo in un cagnolino, o in un silenzioso criceto?!”.

Strawberry scoppiò a ridere e disse: “Non mi ricordo molto bene che cosa ho fatto in quei momenti… ricordo molto poco, davvero… ma se me l’avessi detto, magari avrei fatto un tentativo…”:

“Tu come stai?” le chiese Ghish, guardandola, ma accorgendosi che almeno nell’aspetto, sebbene dolorante, appariva tranquilla e rilassata.

“Sto bene” rispose la ragazza “Solo qualche fastidio, di notte, quando dormo, e assumo posizioni scorrette… ma a parte quello, tutto bene…”.

Ghish annuì, poi rivolse lo sguardo fuori dalla finestra, il cielo azzurro che illuminava la terra. Quel colore gli sarebbe mancato, quando sarebbe tornato a casa… era rarissimo che sul suo pianeta il cielo avesse quella tonalità. Ma, in fondo, non gli importava. Avrebbe fatto una fotografia e se la sarebbe portata via, appendendola sul caminetto della sua nuova casa, quella che avrebbe diviso con Blanche e con Kivar. Aveva già un figlio… e, in memoria di questo e di quello che suo figlio era stato fino a soli quindici giorni prima, niente più guerre e battaglie per cieli azzurri che poi nessuno poteva più guardare.

“E allora sei andata da lui?” chiese Ghish, interrompendo il silenzio “Lo sai che è a soli tre piani da te?”.

Si aspettava che Strawberry sobbalzasse o cambiasse bruscamente discorso, ma lei non fece niente di tutto questo, limitandosi a sorridere impercettibilmente e a posare il cucchiaio nella scodella.

“Lo so, ma non ne riesco a trovare il coraggio…” disse sottovoce “E’ strano, ma dopo tutto quello che è successo, è la sola cosa di cui ho ancora paura… vederlo lì e sentirmi debole, fragile…”.

Ghish poggiò una mano sulla sua e disse tranquillamente: “Hai paura che lui non contraccambi i tuoi sentimenti?”.

Strawberry non rispose, ma spostò lo sguardo su un vaso di rose gialle, che era sul comodino accanto a lei, e che le aveva portato Halinor. Poi sospirò e disse: “Magari fosse così facile… non so nemmeno io di che cosa ho ancora paura… forse temo che le cose non saranno mai più come prima…”.

Ghish rise leggermente e disse, la voce divertita: “Sta tranquilla che non lo saranno più… su questo, ci puoi giurare… ma perché dovrebbero essere peggiori? Potrebbe anche andare tutto meglio di prima… non hai mai pensato per un attimo con ottimismo? E se lui fosse innamorato di te? Non ti ricordi che cosa ci disse Profondo Blu? Che Ryan ti amava e che anzi proprio il fatto che foste divisi, aveva fatto sì che lui fosse diventato molto più debole e fragile…”.

Strawberry annuì pensosamente, poi disse pacatamente: “Non mi importa se lui mi ama, per la prima volta non mi interessa che i miei sentimenti siano corrisposti o meno… lui, Ryan, ha sempre saputo leggere dentro di me e so che, quando lo vedrò, finirò per raccontargli tutto, finirò per dirgli che lo amo… ma non ho paura che lui non mi ricambi, ho paura che lui non voglia vedermi più, che magari l’idea che una persona, che considera come una sorella, sia innamorata di lui, gli faccia ribrezzo e allora decida di non vedermi più… e poi adesso il progetto mew è definitivamente finito… lui potrebbe benissimo decidere di tornare in America, e allora non potrei fare niente per trattenerlo qui…”.

“Ryan non è una persona del genere, IO sono una persona del genere…” rise Ghish, sottolineando la parola “io” “Quando seppi che Blanche era innamorata di me, me ne scappai sulla Terra e mi invaghii di te… e lo sai perché lo feci? Perché ero già perso di lei, e avevo paura di confessare i miei sentimenti. Ryan ti vuole molto bene, che sia amore o no, non ti lascerà mai sola, ma se anche lo facesse, sarebbe solo perché è stracotto di te, e non vuole ammetterlo neppure a sé stesso… ma poi tornerà da te…”.

Strawberry sorrise visibilmente rincuorata e abbracciò Ghish, che arrossì. Che bella sensazione pensò Ghish, mentre stringeva Strawberry. L’attrazione che aveva provato per lei si era completamente esaurita, ma aveva lasciato il posto a quella calda sensazione di affetto, di protezione verso una persona alla quale era molto legato. E gli piaceva molto.

La lasciò andare, poi si alzò, dicendo: “Adesso, devo andare a casa, altrimenti Blanche inizia ad urlare… le ho promesso che le avrei comprato qualcosa dal supermercato… le donne incinte possono dire che hanno le voglie, ma lei che scusa ha?! Mi raccomando… va da lui… scommetto che sono giorni che ti sta aspettando…”.

Strawberry lo salutò, poi disse: “Certo che la paternità ti ha fatto bene, sei diventato più saggio!”.

“Che vuoi farci?! Quando vivi con signorina IO SONO UNA PRINCIPESSA ILLEGITTIMA, CHE SA VITA, MORTE E MIRACOLI DI MEZZO UNIVERSO, E CHE NON NE FARA’ MAI PAROLA CON IL SUO FIDANZATO INCAPACE, ti devi attrezzare!”.

Strawberry rise, mentre Ghish chiudeva la porta.

 

 

Le luci dell’ospedale erano completamente spente, ad eccezione di pochi e deboli neon, che illuminavano fiaccamente le varie corsie, che in alcuni casi erano vuote, in altre erano occupate dal febbrile viavai di medici ed infermieri. Anche qualche malato sostava nelle corsie, perlopiù le persone, che non riuscivano a riposare, mentre una figura si muoveva sinuosa tra loro. Strawberry, che indossava un pigiama di raso bianco, camminava lentamente nelle corsie, i piedi coperti da piccole ciabatte, ma nonostante tutto, gelidi. Salì lentamente le scale, fino al reparto Traumatologia, dove era ricoverato Ryan.

Non sapeva che le stesse prendendo, dato che aveva avuto per tutta la giornata la possibilità di andare da Ryan, ma non l’aveva fatto. Poi, dopo che Ghish se ne era andato, era stata continuamente assalita dal desiderio di rivederlo, ma si era detta che l’avrebbe fatto l’indomani, raccontandosi che magari stava riposando, che le faceva male un po’ la gamba per salire le scale, o che forse lui aveva delle visite. Ma poi l’insonnia le aveva lasciato gli occhi aperti, e si era alzata come una sonnambula per andare da lui. E stavolta nemmeno la sua mente la faceva fermare, dicendole che sicuramente Ryan stava dormendo. Entrò nel reparto, respirando di sollievo per il fatto che non c’era alcun medico in giro, che molto probabilmente l’avrebbe spedita direttamente a letto. Scorse con lo sguardo i vari numeri sulle porte, fino a trovare quello che le interessava, il 525. Sotto, c’era un piccolo cartellino plastificato con la scritta “Degenti: Ryan Shirogane_ Kasumi Kanagawa”. Una leggera fitta le colpì lo stomaco, torcendolo molto forte. Allora divideva la stanza con una ragazza… Che bello… adesso sono pure gelosa…

Entrò nella stanza, socchiudendo leggermente la porta, mentre avanzava nella stanza, dopo essersi sfilata le ciabatte e averle lasciate davanti alla porta. La camera era scura e solo parzialmente rischiarata dalla luce della luna, che entrava dalla finestra aperta, dato che era una calda sera di luglio inoltrato. Due letti erano coperti da delle tendine accostate, e pensò che fossero quello di Ryan e dell’altra paziente. Scostò la tendina del primo letto e vide una vecchietta, che riposava russando piano. Sorrise tra sé e sé, alla sua crisi di gelosia di prima, mentre la vecchietta mormorava qualcosa nel sonno. Richiuse la tenda e si avvicinò all’altro letto, che era più vicino alla finestra e le cui tende erano leggermente mosse dal vento estivo. Il cuore le batteva da matti, mentre lentamente apriva la tenda.

Rimase immobile per qualche istante, mentre vedeva nel letto, sotto le lenzuola, Ryan, il suo Ryan. Era la seconda volta che lo trovava addormentato, e per la seconda volta le sembrò un angelo. I suoi capelli biondi erano in parte coperti da una garza, che gli circondava la fronte, mentre i suoi occhi meravigliosi erano chiusi in un placido sonno.

Si avvicinò lentamente, mentre pensava con gioia infinita “Stavolta lui è vero… stavolta è davvero lui, non è solo un’immagine mentale…”.

Si inginocchiò per terra, e prese una mano di Ryan tra le sue, come aveva fatto l’ultima volta nei panni dell’angelo scarlatto, solo che stavolta la sua mano era calda, non gelida. Stavolta lui era vivo, e lei era lei, non l’angelo scarlatto, era lei, Strawberry. Avvicinò le sue labbra alla mano di Ryan, che baciò lentamente, mentre tante piccole lacrime inondavano la mano del ragazzo, gli occhi chiusi ed incapaci di fermarle.

Ad un tratto, quella stessa mano si mosse leggermente ad accarezzarle il viso, mentre Strawberry sobbalzava.

Ryan era sveglio e la guardava sorridendo dolcemente, anche se nella sua espressione c’era anche un po’ di sofferenza, causata dalle sue ferite. Lei spalancò gli occhi, mentre lui le diceva: “Ciao gattina… non ti fai vedere per giorni e poi vieni anche fuori dall’orario delle visite?”.

Lei sorrise, gli occhi ancora pieni di lacrime, e rimase immobile, fissandolo, la mano posata su quella che Ryan le teneva ancora sul viso. Non riusciva a parlare, nessuna delle parole, che si era detta di dire, quando l’avrebbe rivisto, le venivano in aiuto, mentre sapeva solo piangere e sorridere alla vista della persona che più amava al mondo.

D’altro canto, anche Ryan sentiva il cuore impazzirgli nel petto, più di quanto non avesse fatto in quei giorni, quando ogni volta che sentiva la porta aprirsi, sperava che all’uscio apparisse lei, che ora gli era davanti, una meravigliosa visione, a cui non sapeva se credere perché gli sembrava troppo bella ed assurda. Lei era bella ed era anche assurda; più bella di quanto non lo fosse mai stata in tutta la sua vita e dubitava che lei avrebbe mai potuto esserlo di più; assurda perché era lì di notte, perché gli stringeva la mano, e poi… per quel suo sguardo… così strano quel suo sguardo, che ancora non sapeva essere uguale ed identico al suo, lo sguardo di chi ritrova la persona che ama, dopo aver rischiato di perderla per sempre. Gli sembrava quasi di non esistere più, come se lei sola fosse vera. Lei che adesso sembrava assurdamente bella. Bella di quell’assurda felicità. Ma il solito demone, che abitava in lui, riprese possesso di tutto il suo essere. Quando si erano incontrati quelle poche volte, poco tempo prima, lui aveva sempre avuto paura, paura di morire, paura di perderla, paura che le accadesse qualcosa, paura che lei non lo amasse mai… e quelle paure lo avevano fatto aprire, avevano rotto la diga, che metteva un argine tra lui e i suoi sentimenti. Adesso che era tutto finito, il suo vecchio sé stesso era di nuovo lì, la sua solita ironia di difesa, la sua impertinenza erano tornate a riprendersi il loro ruolo.

Non si accorse di stare dicendo: “E allora, ragazzina, che cosa c’è?! Hai fatto un brutto sogno?!”.

Strawberry, un po’ stupita dalla sua voce, scosse il capo. Non se la ricordava più così la sua voce… se la ricordava diversa… più… dolce… quella stessa voce le aveva fatto scordare che cosa era venuta a fare lì. Doveva parlargli… già, parlargli… di quello che provava per lui. Ma, se fino a venti secondi prima, tutto le era parso perfetto, ora invece tutto le sembrava sbagliato, il posto, il momento, lei, lui… si ritrasse a disagio, spostando la sua mano da quella di Ryan, mentre pensava con imbarazzo che magari lui già sapeva tutto, che forse le altre gli avevano raccontato tutto della faccenda dell’angelo scarlatto, dei suoi sentimenti, e lui ne aveva riso, imbarazzato. Con una residua traccia d’orgoglio, disse: “Devo parlarti…”.

E adesso che cosa mi invento?

Ryan inarcò un sopracciglio, ritrovandosi a dire: “Adesso?! Spero che non sia niente di importante…”.

Eccolo là, voler dire una cosa e dirne un’altra… voleva dire “… non sia niente di grave” e aveva detto “importante”, come se non gli interessasse niente di lei.

Esattamente quello che capì lei, che, soffocando le lacrime, il volto basso, si ritrovò a chiedere qualcosa che le passava per la mente, ma a cui non aveva dato la massima priorità in quel momento.

“Tu, quel giorno… quando stavamo lottando contro Profondo Blu… ritornasti per qualche istante te stesso, poi mi dicesti di non farcela…” disse lei in un sussurro, le lacrime incagliate nelle ciglia.

“E allora?” chiese lui con finta indifferenza, quando invece ricordava molto bene quello che era successo.

“Mi-mi dicesti delle parole strane che non capii…” balbettò lei “Mi dicesti che non c’era scintilla… e che una persona poteva volare e lasciarti da solo…”.

Ryan sussultò. Allora quelle parole senza senso non le aveva solo pensate, le aveva anche dette… dannazione… la paura che lei capisse che stava parlando di lei e di lui, lo fece reagire istintivamente. 

Si sollevò lentamente: “Era solo questo che volevi sapere?! Di che stessi parlando?! Che cosa vuoi che ti venga a dire?! Non ricordo più niente di quello che è successo… e poi non vedo che cosa ti possa importare di me e di quello che dico…”.

Strawberry accusò lentamente il colpo, le lacrime che ormai scendevano libere sulle sue guance. Bastavano poche e stupide parole, un tono di voce diverso, e lui la faceva piangere. Possibile che fosse sempre così cretina? Perché diamine le era saltato in mente di venire lì?! Ringraziò che almeno le era venuto in mente di fare quella stupidaggine di notte, almeno lui non avrebbe visto le sue lacrime.

Si alzò da terra, senza guardarlo negli occhi, mormorando: “Hai ragione, sono una stupida… scusami, non sono affari miei…” e si voltò per andarsene.

Lui le strinse un polso, facendola fermare bruscamente.

“Perché me l’hai chiesto?” chiese Ryan.

“Non ha importanza…”.

Lui alzò leggermente la voce, stringendo il suo polso più forte: “Vuoi dirmi perché me l’hai chiesto?!”.

“Ti ho detto che non ha importanza! E lasciami, mi fai male!”.

Lui, per tutta risposta, le strinse più forte il polso e disse: “No, che non ti lascio! E poi non ti rendi conto del male che tu fai a me?! Mi vuoi dire perché mi hai fatto questa maledetta domanda?!”.

Lei non rispose, ma, liberandosi della sua stretta, scappò via, correndo fuori. Chiuse la porta dietro di sé, appoggiandosi contro di essa, piangendo a dirotto, i singhiozzi che adesso morivano nelle pareti del freddo ospedale. Stava per tornare in camera sua, quando sentii la porta dietro di lei aprirsi. Priva del suo sostegno, stava per cadere all’indietro, ma qualcosa la fermò…

“Pensavi che non potessi camminare, non è vero?” sentii la voce di Ryan dirle, mentre le sue mani la sostenevano per le spalle.

Lei si staccò bruscamente e, di fronte a lui, gli urlò: “Ma mi vuoi lasciare in pace una buona volta?!”.

Lui, con la stessa espressione, le urlò contro: “No, fino a quando non mi avrai detto che cosa ti ha spinto a farmi quella domanda!”.

“Si può sapere che cosa ti importa di che cosa ti chiedo o che cosa penso?! A te di me non è mai importato nulla, no?! E allora continuati a comportare così per piacere!” replicò lei arrabbiata, mentre una piccola folla di malati insonni e dottori furiosi si radunavano attorno a loro, intimandoli di fare silenzio, completamente ignorati dai due.

Lui sospirò profondamente, cercando di controllarsi. Ma le sue parole gli risuonarono nel cervello, facendolo innervosire. Come cavolo poteva pensare una cosa del genere? Che non glielo aveva fatto capire in tutte le maniere, che era esattamente il contrario?

Iniziò ad urlare, adesso veramente furioso: “E chi ti ha messo in testa questa bella idea, il tuo bel ex fidanzato geloso?! Chi ti ha detto che non mi è mai importato niente di te?! Sarei qui in piedi nel cuore della notte, con una gamba fratturata, se non mi importasse niente di te?! Ti avrei baciata cinque volte, se non mi importasse niente di te?! Certo che sei veramente ottusa, quando ti ci metti! E’ da quel maledetto giorno, in cui ti ho incontrato che non faccio che pensare a te, mattina, giorno e sera, che non desidero baciarti ogni dannato momento in cui ti incontro, che non voglio altro che stare sempre con te, vicino a te… ma tu no, figuriamoci, se capisci qualcosa! Ti convinci autonomamente che non me ne freghi niente di te, solo perché ogni dannatissima volta che mi dici qualcosa, mi spezzi il cuore, solo perché ogni volta che ti guardavo, ti vedevo con le guance rosse per Mark e allora ti prendevo in giro! Che dovevo fare?! Il masochista?! Starti appresso, mentre ti sbaciucchiavi con Mark? E tutto questo, solo perché ho avuto la maledetta idea di andarmi ad innamorare proprio di te!”.

Aveva parlato tutto di un fiato, mentre un silenzio di tomba scendeva sulle sue parole. Strawberry era rimasta in silenzio, incapace di credere a quello che lui le aveva appena detto.

Si avvicinò a lui e disse: “Che cosa hai detto?! Ripetilo un’altra volta…”.

Ryan replicò arrogante: “Che c’è?! Ti vuoi fare una bella risata?!”.

Lei, seriamente, prese la sua mano, intrecciando le sue dita attorno alle sue e disse: “Ti prego… solo un’altra volta…”.

Lui la guardò negli occhi e disse: “E’ dal primo giorno che ti conosco che… insomma, che io…ti amo…”.

Lei riprese a piangere, scoppiando a ridere, e disse: “Sei uno stupido!”. Poi gli gettò le braccia al collo, le lacrime che scendevano lungo il suo collo.

“Perché sarei uno stupido?”.

Lei si staccò da lui e disse dolcemente: “Ecco perché…”, prima di baciarlo teneramente sulle labbra. Lui, rimasto immobile, non riusciva a capire che cosa le fosse preso, anche se adesso si sentiva sollevare fino alla vetta più alta del paradiso.

I residui del legame telepatico che lo legavano ancora a Strawberry, gli fecero sentire i suoi pensieri…

Ecco perché… perché è tutta la vita che sono innamorata di te, anche prima di conoscere Mark, anche prima di conoscere te… forse anche prima di esistere, io lo ero già … non c’è stato un solo momento della mia vita che non lo sono stata, e tu sei stato sempre in tutto quello che ho fatto e che non ho fatto, che ho pensato e che non ho pensato, che ho voluto e che non ho voluto… perché ti amo da morire e ti amerò per sempre… e perché quello che abbiamo, è sempre andato oltre… anche oltre me e te…

 

 

Sigh, sob, mi sono commossa da sola! Ma sarò cretina? Avrò qualche problema? Bene, questo doveva essere l’ultimo capitolo della mia fic, ma ne ho scritto un altro, anche perchè avevo lasciato parecchie cose in sospeso! Sicuramente starete dicendo… MA STA FIC NON FINISCE MAI?! MALEDETTO A ME, CHE HO COMINCIATO A LEGGERLA!! E invece no! Vi perseguiterò per sempre! Uahahahahahahhah!!!!!!!!! (Specie di risata perfida e maligna!) Comunque, mi mancherà proprio taaaantissimo questa fic, quasi quasi la cancello, e la ripubblico da capo… non, scherzo, scherzo, non riuscirei a reggere di nuovo allo stress psicologico di questa storia! A proposito, considerando la mia innata perfidia,  e considerando anche che sono indecisa tra due seguiti molto diversi tra loro, lancio un concorso: SCEGLI QUALE SEGUITO VUOI A QUESTA FIC! DALLE VOSTRE IDEE, CASSIE SI ISPIRERA’ PER SCEGLIERE (finalmente!) QUALE DEI SUOI 2 SEGUITI VA MEGLIO! Sono proprio una rompiscatole, mi scuso ancora per il mio enooooooorme ritardo, ma sono molto impegnata! Sto scrivendo una nuova fic, che pubblicherò presto! Già che sto, faccio pubblicità… è su Slam Dunk e si chiama “Latte&Menta”, mi raccomando leggetela! Comunque, prima che mi perda in chiacchiere, passo ai ringraziamenti soliti:

Black pill:  la mia ultima lettrice e la prima a recensire! Hai visto cosa è successo? Eheheheh… che scrivo una storia su quei due e ti lascio a bocca asciutta? Spero che questa storia ti sia piaciuta, soprattutto per questo chappy, non è che mi convinca molto! Un bacione!

Hermy 6: la mia piccola stellina! Come sempre, grazie millissimo (superlativo di mille, che non esiste, vabbè, lascia perdere!)…  avevi intuito come sarebbe finita? Davvero? Me delusa! E io che volevo fare una sorpresa! Comunque, metti a frutto le tue doti per il Grande Concorso: INDOVINA IL SEGUITO! O mio Dio, sto proprio fusa! A proposito, sto leggendo la tua fic, purtroppo non riesco mai a recensire, ma è veramente meravigliosa! Continua presto! Sono iper curiosa! Un bacio!

Mew Pam: la mia Pammina! Ma come sto cretina oggi! Grazie dei tuoi complimenti, sono sempre ben accetti! Che cosa hai capito per il seguito? Che se vai a vedere l’ho messo e me ne sono dimenticata? (ne sono perfettamente capace!); questo, il 17, è il penultimo capitolo! Comunque, Strawberry dovrebbe avere diciannove anni, mentre Ryan ventidue o giù di lui! A prestissimo! Un mega baciozzo!

Pfepfer: neanche io voglio che questa fic finisca!!!! Me tapina! Sono contenta che il chappy ti sia piaciuto, e anche qui dico che sto seguendo sempre la tua fic, ma non riesco mai a recensire! Scusa!!! Per il seguito, sempre se mi risolvo il dubbio amletico, dovrebbe arrivare presto! Un mega abbraccio!

Isiliya: che bellissimo nick che hai! Mi piace tanto! Quasi quasi te lo rubo per qualche mia storia… scherzo, scherzo! Mi raccomando, leggi anche altre mie storie! Avrai notato che mi faccio sempre pubblicità? Un mega bacione!

Aya chan: la mia piccola Ayuccia! Sono anch’io mega triste che questa fic stia finendo, anche se come ho già detto, per me è stato un stress ENORME! Ma, a parte il fatto che sono piena di nuove idee per nuove fic, c’è sempre la tua meravigliosa ed iper bella fic, che continuerò a leggere e recensire, ovviamente!(sei parecchio in ritardo, lo sai?!!!), se vedi nelle tue recensioni, finalmente sono riuscita a recensirti l’ultimo tuo chappy, e sei stata la prima a cui ho detto della mia nuova fic, che pubblicherò presto, sperando che ti piaccia! Lo so, lo so, l’idea di Kivar e di Blanche che se ne prende cura, è stata un colpo di genio!(oggi, oltre che cretina, sto anche modesta!)… le notizie che mi hai dato sulla seconda serie del manga mi hanno lasciato di stucco! COME, QUELLA FESSA SI SPOSA CON IL MERLUZZO?!!! MA E’ PROPRIO IMBECILLE?!!! Speriamo che almeno Berry sia più intelligente di lei… vabbè che, se si mette con Ryan, deve esserlo per forza! Un mega baciottino Ayuccia!

Kashia: grazie tantissimo della tua recensione! Mi ha fatto veramente piacere sapere che non consideri i miei personaggi, o perlomeno i personaggi dell’anime, riveduti e corretti da me, non banali! Ho sempre paura invece che lo siano! Come ho già detto, sono già piena di idee per nuove fic, quindi non credo che ti libererai presto di me! Scherzo! Un abbraccio!

Nadia Sakura Kan: come sempre i tuoi commenti mi hanno fatto molto piacere! Mi sono quasi commossa! Ti voglio ringraziare… il giorno, in cui ho letto la tua recensione, stavo particolarmente depressa, perchè ero paranoica su un paio di cose che non mi riuscivano, poi ho letto la tua recensione e mi sono sentita meglio! Grazie tantissimissimo! Ti ringrazio soprattutto per il tuo commento al “mio” Profondo Blu, è stato il personaggio più difficile, nell’anime non era tutto sto granché, era piatto, o meglio non si diceva moltissimo su di lui! Quindi, me lo sono dovuto inventare tutto di sana pianta! Per gli altri personaggi, considerando le paranoie di Strawberry, dovevo cercare assolutamente di fargli più svegli, altrimenti altro che diciotto chappy, ne veniva fuori un’ Iliade! Sono davvero contenta che tutto ti sia piaciuto, spero che leggerai altre mie storie! Un bacione!

Discopupa: ti ho lasciata per ultima, perchè volevo avere più tempo e spazio per scriverti una risposta, ammesso e non concesso che tu stia leggendo questo capitolo, visto che mi hai detto che la mia fic non ti è piaciuta molto! Non mi sono affatto offesa, come ho chiarito tante volte, mi piace che nelle mie recensioni ci siano sia complimenti che critiche! Se voglio diventare una scrittrice, devo accettare questo ed altro! La tua recensione mi ha molto colpito come era normale che accadesse, sono conscia che il mio stile non è questo granché, spesso mi ripeto, oppure mi soffermo su alcuni particolari per troppo tempo! Anche se questa è stata la prima fic, che ho pubblicato, non è la prima storia che scrivo, credo di aver passato i tre quarti della mia esistenza a scrivere, quindi so perfettamente di non essere una scrittrice da Premio Strega, o roba simile! Ti ringrazio per avermi consigliato di farmi aiutare da qualcuno più grande di me, ci ho pensato tante volte, ma almeno per il momento, e cioè fin quando continuerò a studiare, devo rinviare! Intanto, tento di scrivere storie del genere, cercando di trasmettere qualcosa ad altre persone come te, che si trovano a leggere quello che io scrivo! Ammiro il tipo di professione che fai, soprattutto perchè le prime storie che io abbia mai scritto erano favolette per i miei cuginetti più piccoli! Una cosa però mi sento di smentirla nella tua recensione: magari il mio stile non è eccellente, la mia trama è un bel po’ incasinata, ma quello che ho scritto è sempre venuto da dentro di me, forse non l’ho fatto capire, ma è stato così, e se questo è riuscito a capirlo, anche una sola persona, vuol dire che il mio obiettivo è stato raggiunto! Comunque, spero che tu legga altre delle mie storie, in maniera da avere una visione più completa di me e soprattutto per darmi altri consigli! A presto!

Non ci credo di aver finito, lo spazio dei ringraziamenti di questo chappy era davvero immenso! Un mega bacio anche a tutti coloro che fin qui hanno soltanto letto e non recensito, siete ancora in tempo per lasciare un commento, il prossimo chappy sarà l’ultimo! Ciao ciao da Cassie chan!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** The end of the circle ***


Capitolo 18- The end of the circle

 

Capitolo 18- The end of the circle

 

“… I know that life won’t break me, when I come to call, she won’t forsake me, I’m loving angels instead…”--- Robbie Williams

 

Epilogo

 

La mattinata si preannunciava calma e tranquilla, dolcemente piena di sole e teneramente pervasa dal vento caldo dell’estate. Un’atmosfera vivace e frizzante aveva preso tutti gli abitanti della città, che camminavano per le strade, respirando a pieni polmoni la prospettiva del riposo dell’estate, che ormai era molto vicina. Gruppi di bambini correvano e giocavano nel parco, rincorrendosi con pistole caricate con acqua gelata. Un piccolo, che stava disperatamente evitando un altro, che gli stava lanciando contro dei palloncini pieni d’acqua, sollevò un braccio e salutò una persona, che veniva in direzione opposta e che sembrava molto affaccendata.

“Buongiorno maestra!” disse, la voce alta e cristallina, che distrasse per un attimo il suo compagno di giochi.

La donna sorrise e agitò la mano aperta, mentre i capelli rosso scuro le cadevano sulle spalle esili e lasciate scoperte dal top bianco, che indossava.

Riprese a correre, arrivando davanti ad una casetta di colore giallo ed azzurro, davanti alla quale l’attendeva una donna sulla cinquantina, che teneva in braccio una bimba di un anno con i capelli biondi e gli occhi castani.

“Insomma Strawberry!” le urlò contro, mentre la bambina si agitava per correre incontro alla donna “Ti avevo detto di non fare tardi! Io e tuo padre dobbiamo andare a trovare tua nonna, lo sai che si sente molto sola in questo periodo!”.

Strawberry riprese fiato e disse, il fiato corto: “Scusami mamma… ma la riunione di chiusura dell’anno scolastico è finita più tardi del previsto…”.

Si avvicinò, prendendo la bambina tra le braccia, che prese a sorridere e a battere le manine paffute in segno di contentezza. Lei le diede un bacio sulla fronte e sorrise, dicendo: “Ciao Katy! Ti è mancata la mamma?”.

La bimba sorrise e annuì, di nascosto, cercando di non farsi vedere dalla nonna, che alzò gli occhi al cielo e disse sconsolata: “E’ chiaro che le sei mancata! La vizi enormemente quella bambina! Per non parlare di tuo marito!”.

Strawberry sorrise alla madre e annuì, poi si ricordò che andava decisamente di fretta e mise Katy nel passeggino, dopo aver raccolto una borsa di paglia azzurra, che la madre le porse.

“Ci vediamo stasera, mamma!” disse lei, salutandola, mentre ripercorreva il vialetto all’incontrario. La signora Momomiya rimase un attimo ad osservarla, mentre si allontanava, poi sorrise tra sé e sé. Quante ne aveva passate sua figlia in quegli ultimi anni lo aveva scoperto solo di recente, quando lei, un giorno di cinque anni prima, era tornata a casa, dopo quel suo misterioso ricovero in ospedale. Non aveva mai capito che cosa le fosse successo, ma fu allora che lei, seduta sul divano della cucina, aveva raccontato tutto a lei e a suo padre del suo passato di mew mew e della sua lotta contro gli alieni. La signora Momomiya aveva tremato nel sentire il racconto delle difficoltà e dei pericoli, che Strawberry aveva affrontato, ma al contempo, aveva finalmente capito molti dei tanti segreti della figlia. Le chiese come mai le avesse detto tutto solo adesso, quando ormai il pericolo era passato, e Strawberry aveva detto che lo avrebbe capito di lì a poco. Poi aveva sorriso ed era corsa in camera sua. Il giorno dopo, era tornata all’università e, dopo tre mesi, aveva tenuto tre esami. I primi di tutta una serie, che l’avevano portata finalmente alla laurea e ad insegnare in una piccola scuola elementare in periferia. Alle volte, la guardava quella sua bellissima figlia e sorrideva nel vederla così felice. Ed era inutile che il padre di Strawberry cercasse sempre di minimizzare tutto, lei lo sapeva che era tutto merito di suo genero, il marito di Strawberry e il padre di Katy, la sua adorabile nipote. Era stato per lui che Strawberry aveva ripreso a vivere ed era ritornata la stupenda persona che era.

Ritornò in casa e trovò sul mobile vicino alla porta un post it, su cui c’era scritto un piccolo messaggio con la scrittura di suo marito per Strawberry… Riferisci a tuo marito che la partita dell’ NBA è terminata 120-118 per noi…

La signora Momomiya sorrise ancora, mentre si chiedeva perché il marito si ostinasse ancora a non chiamare per nome il loro genero, quando si vedeva lontano un miglio che gli era molto affezionato. Scrollò le spalle e ritornò in cucina.

Intanto, Strawberry camminava tranquillamente per strada, salutando di tanto in tanto qualcuno dei suoi alunni, che le capitava di incrociare. In realtà, era abbastanza tardi, e sapeva che si sarebbero arrabbiati con lei, ma si autoimpose che era una giornata troppo bella per agitarsi, e poi non poteva certo mettersi a correre con il passeggino di Katy.

In campo a pochi minuti, arrivò in una vicina spiaggia, dove si trovavano un discreto numero di persone in costume da bagno, che prendevano il sole o che giocavano tra le onde argentate. Si tolse i sandali bianchi e prese a camminare sulla sabbia dorata, che era abbastanza calda, ma piacevole. Si diresse verso un gruppo di palme sulla spiaggia, vicino alle quali c’era un discreto gruppo di persone. Sospirò, preparandosi all’ennesima ramanzina, ma poi si rassicurò. Almeno suo marito non c’era e quindi non ci sarebbe stata la sua voce ironica ad unirsi al coro di rimproveri…

La sua voce ironica e affascinante…

Sorrise, avvicinandosi alle palme, salutando ad alta voce un ragazzo, che era intento ad accendere un barbecue.

“Ciao Kyle!” disse amabilmente.

Kyle si sollevò, pulendosi, senza accorgersene le tracce di grasso sulla camicia avana, imprecando a mezza voce quando se ne rese conto. Poi le sorrise e la salutò: “Ciao Strawberry! Sei fortunata, Mina è appena andata a prendere delle bibite… si è appena accorta che mancavano…”.

Strawberry sospirò e disse: “Sta pur certo che mi rimprovererà comunque per qualcos’altro… e Pam, non è venuta?”.

Kyle annuì sconsolato, e disse: “Riprese del film in Canada… mi ha detto che finivano oggi, e che se ci riusciva, ci avrebbe raggiunto oggi pomeriggio… è duro essere il marito di una famosa star di Hollywood…”.

Lei sorrise comprensiva, per poi velarsi leggermente, quando Kyle le chiese: “Ma per te non credo che sia molto diverso, no?”.

“Esattamente la stessa cosa, ma lui almeno torna nei finesettimana… Pam è molto più impegnata di lui…”

“Ma neanche lui è potuto venire, vero?”.

Strawberry sorrise e disse in tono cerimonioso, scuotendo la mano ripetutamente: “Riunione del consiglio d’amministrazione, o non so che altro… avrà detto sicuramente qualcos’altro, ma lo sai che, quando inizia a parlare del gruppo, raramente lo seguo fino alle fine…”.

Kyle rise, mentre una voce bassa e profonda interrompeva le loro risate.

“Ho detto Riunione sulle nuove strategie di marketing… non ho detto proprio niente di difficile…”.

Strawberry sgranò gli occhi, sorpresa, mentre il suo sguardo si posava sulla figura, che le era comparsa di fronte.

“Non dovevi tornare solo sabato?” chiese lei, sorridendo leggermente.

“Certo che dovevo tornare solo sabato, ma dato che Davis è ansioso di fare il direttore al posto mio, gli ho lasciato le briglie dell’azienda per questa settimana…” .

Strawberry scoppiò a ridere, avvicinandosi al marito, che le sorrise affettuosamente. Poi lo baciò dolcemente sulle labbra e sussurrò: “Mi sei mancato tanto…”.

Ryan sorrise a sua volta e disse: “Anche tu… anche se a dirla tutta, mi è mancata di più un’altra ragazza…”.

Strawberry si incupì, poi si rasserenò, staccandosi dall’abbraccio di Ryan, dicendo: “Bè, purtroppo so che con lei non potrò mai competere…”.

Ryan la attirò di nuovo a sé con impeto, e la baciò, sussurrando sulle sue labbra: “Vada per un pareggio…”. Strawberry rispose al suo bacio, stringendolo a sua volta, mentre Kyle si eclissava elegantemente. Era sempre così, quando quei due si rivedevano dopo qualche giorno… baci ed effusioni a non finire, che terminavano solo in occasione del solito battibecco, che sicuramente avrebbero avuto di lì a poco per qualche futile motivo. Eppure, non erano certo novelli sposi, ma erano convolati a nozze due anni prima, appena Strawberry aveva finito l’università, e l’anno dopo, era nata la loro piccola Kathrine, chiamata così dal nome della madre di Ryan. Il ragazzo adesso lavorava in America, dove gestiva il gruppo fondato dal suo nonno materno, che era passato a lui, e viveva a Los Angeles dal lunedì al giovedì, mentre nel finesettimana tornava in Giappone da sua moglie e da sua figlia.

Ryan si avvicinò al passeggino di Kathrine, che lo accolse con una serie di gridolini di gioia. Lui sorrise e si abbassò all’altezza della piccola, a cui tese un dito, che la piccola strinse nel suo pugnetto.

“Ciao Katy… stai bene piccola?” le sorrise. Katy sgranò i grandi occhi castani, gli occhi di Strawberry, e sorrise, spalancando la bocca sdentata.

Ryan la prese in braccio, e si avvicinò di nuovo a Strawberry, che gli sorrise teneramente. Tutto si sarebbe aspettato, tranne che Ryan fosse un padre dolce e attento, come si era dimostrato.

Bè, se devo proprio dirla tutta… erano tante cose, che non mi immaginavo e che poi sono successe…

Prima di tutto, lei e Ryan… si erano sposati e avevano avuto una figlia… ancora adesso, quando ci pensava alle volte, le sembrava incredibile…  ma, nonostante questo, era felice, perché era innamorata di Ryan esattamente come quel giorno, che si era alzata dal suo letto d’ospedale ed era andata da lui. Da allora, era stato tutto miracolosamente in discesa per lei, l’università, il lavoro, il matrimonio e Katy. I suoi genitori, soprattutto suo padre, avevano fatto una serie infinita di storie, quando aveva annunciato di voler sposare Ryan Shirogane. Dicevano che non lo conoscevano, insistevano che lui sarebbe sempre stato diviso tra lei e l’America, dove lavorava, e poi sostenevano che era troppo presto, che ventuno anni erano troppo pochi per sposarsi, anche se lei e Ryan stavano assieme da tre anni.  Sua madre le diceva: “Pensaci su, Strawberry… sei stata di più con Aoyama, eppure tu e lui vi siete lasciati… stai con Shirogane da poco, e se poi i tuoi sentimenti cambiassero?”. Lei sapeva che non era possibile, semplicemente perché lo amava troppo. E poi perché sapeva che i loro sentimenti erano indirettamente anche quelli di Elissa e Leon. Il loro amore non era mai stato piegato né dal tempo, né dallo spazio, e questo doveva accadere anche a lei e a Ryan. Perciò, aveva sposato Ryan, nonostante tutto, prima in un piccolo paesino della California, poi, dopo qualche mese, aveva celebrato il rito religioso nella sua città. E adesso era contentissima di come erano andate le cose, perché sebbene Ryan, non era con lei dalla mattina e sera, era il miglior marito e padre del mondo. E poi, considerando i loro caratteri facilmente infiammabili, un po’ di distanza, forse li avrebbe anche fatto bene.  

Tipo in quel preciso momento, la stava rimproverando perché non aveva ancora cambiato il pannolino di Katy.

Lei, come al solito, esplose: “E non lo può cambiare il papà per una volta tanto?”.

Lui rispose, come al solito, con la sua voce ironica, incrociando le braccia: “Veramente, il papà ha sempre messo in chiaro che avrebbe fatto di tutto per la sua bambina, tranne che cambiare il pannolino, prerogativa assoluta di sua madre…”.

Come era ovvio, Strawberry rispose a tono, come Ryan, mentre Kyle, sentendo le loro voci, capì che la fase fru-fru e smack-smack era finita, e che quindi poteva riavvicinarsi tranquillamente.

In quello stesso momento, trafelata, arrivò anche Mina, che era finalmente tornata dal bar. Era anche lei cambiata molto, i capelli adesso cresciuti le davano un’aria molto più matura, sebbene tra le sue amiche fosse l’unica a non essere ancora sposata. Viveva a Parigi e faceva l’insegnante di danza classica in una rinomata scuola di arti sceniche; lì, aveva incontrato un ragazzo spagnolo della sua stessa età, Pedro, con cui conviveva e che adesso la stava sostenendo, mentre lei si sventolava un fazzoletto davanti al viso. Certe arie da aristocratica decaduta non le avrebbe mai perse.

“Mamma che caldo!” borbottò, poi, notando finalmente Ryan e Strawberry, mormorò: “Bene, allora signora Shirogane… finalmente si è degnata di arrivare… in ritardo, come al solito!”.

Strawberry, che stava borbottando all’ennesima battuta di Ryan, disse semplicemente di sì, evitando di rispondere altro. Lei e Mina erano rimaste esattamente, come quando erano adolescenti, due persone, che si volevano molto bene, ma troppo orgogliose e diverse di carattere per ammetterlo fino in fondo. E poi adesso non si vedevano più di tanto, avevano due vite completamente diverse, e Strawberry, a volte, si era chiesta se lei fosse davvero felice. Ma quando le vide lanciare un rapido e dolcissimo sguardo a Pedro, capì che lo doveva essere veramente molto con lui, anche se non si erano ancora fidanzati ufficialmente.

Dopo qualche minuto, arrivarono altri due componenti, questa volta indiretti, della ex squadra mew mew: Halinor e Mark. Loro due erano stati la sorpresa più grossa degli ultimi anni. Mentre per altre unioni maturate tra i membri della squadra, come quella di Ryan e Strawberry, o di Kyle e Pam, si era potuto giustificare abbastanza facilmente che delle persone che avevano avuto delle esperienze di vita così particolari, non potevano trovare tra loro delle affinità molto più intense di quelle che si potevano maturare con altre persone, il caso di Halinor e Mark era totalmente diverso.

Mark, dopo l’episodio di Strawberry, era completamente sparito dalla circolazione, non facendosi vedere nemmeno per sapere come procedeva la questione di Profondo Blu. Sapeva di non potere essere nemmeno d’aiuto alla squadra, e inoltre si vergognava profondamente per quello che aveva fatto a Strawberry. Lui l’amava con tutto sé stesso, eppure aveva avuto la forza e il coraggio di picchiarla, lui che aveva giurato di proteggerla. Si era immerso totalmente negli studi, fino a riuscire persino ad ottenere una borsa di studio per Berlino, e aveva deciso di partire per la Germania, dove avrebbe studiato in un centro all’avanguardia nella ricerca di forme alternative d’energia per uno sviluppo eco-compatibile. Eppure, qualcosa lo tratteneva, ancora la residua speranza che magari le cose con Strawberry si sarebbero potute risolvere, e allora aveva deciso di andarla a trovare per l’ultima volta, aspettandosi da quel colloquio tutte le risposte sulla sua vita e sui suoi sentimenti, che non voleva ancora darsi. Era andato al caffè mew mew, e lo aveva trovato semi distrutto, avanzando tra pezzi di calcinacci e mobili rotti, e lì vi aveva trovato solo Kyle e Pam, che sembrano strani e molto stanchi. Aveva chiesto loro che cosa fosse successo, e loro gli avevano raccontato tutto, tutto quello che aveva fatto Strawberry per Ryan, la stessa cosa che, tanto tempo prima, aveva fatto per lui. Ma stavolta era stata semplicemente straordinaria, riuscendo a sconfiggere definitivamente Profondo blu, nemmeno uccidendolo, ma purificandolo e rendendolo una persona nuova con una nuova vita davanti. E tutto per Ryan, tutto per salvargli la vita. Kyle gli aveva messo una mano sulla spalla e gli aveva detto che sapeva che lui era un bravo ragazzo, e che non aveva mai voluto fare del male a Strawberry, ma adesso la sua vera forza sarebbe stata nel lasciarla e nel continuare a vivere senza di lei. Aveva annuito ed era corso via. In Germania.

Lì, stranamente dopo qualche mese di ricerca e di solitudine pressoché totale, il passato era tornato a prenderlo di peso nella figura di Halinor Akasaka. Lei, dopo la fine dell’ultima guerra, aveva deciso di accettare un impiego nella città mitteleuropea in una prestigiosa casa di moda. Si erano incontrati per caso in un giorno di dicembre nel centro di Berlino, lei che passeggiava alla ricerca di regali da spedire alla sua famiglia, e lui che cercava un conforto qualsiasi alla pena che sentiva nel cuore. Era stata lei il conforto, di cui aveva bisogno. L’aveva portato in posti stranissimi, dove mai aveva pensato di mettere piede, lo aveva fatto divertire come non gli accadeva da tempo, facendogli fare tutte quelle sciocchezze che fanno tanto bene, quando si sta male. E poi lo aveva definitivamente colpito in quella notte così strana, dicendogli che capiva quanto doveva essere stato male, e che non lo giudicava male per quello che aveva fatto. Gli aveva detto che aveva commesso un sbaglio, ma che nella vita era importante non ripetere gli errori già fatti, no non sbagliare in assoluto. Le aveva soffocato quelle parole sulle labbra, chiudendole nelle sue, e l’aveva stretta a sé, cosciente per la prima volta di stare bene.

Le cose si erano complicate, esattamente nove mesi dopo, quando era nato il frutto di quel momento di inebriante estasi di effimera felicità. Chiyo, una bella bambina con due grandi occhi verdi e l’espressione dolce e malinconica di suo padre. Anche allora l’aveva conosciuta per caso, sua figlia, un giorno caldo di aprile, in cui aveva incontrato di nuovo Halinor per strada, e l’aveva vista con quella bambina in braccio. Non la rivedeva da quella famosa sera, non aveva pensato di telefonarla e nemmeno a lei era passato per la mente, convinta com’era che quello che era accaduto tra loro, era stato un puro e semplice atto di amicizia, inquinato da qualche bicchiere di più e da una profonda tristezza nel cuore. Quella sera, però, aveva lasciato un profondo segno, che aveva le fattezze di una vivace bambina di un anno, che sorrise felice a quell’uomo, dallo sguardo confuso, che le venne incontro.

Quel giorno, litigò furiosamente con Halinor. Non capiva perché non gli avesse detto niente di questo, e lei gli aveva risposto semplicemente che non erano fatti suoi.

“Vuoi dirmi forse che non è mia figlia?!” le aveva urlato contro Mark in quel vicolo, dove l’aveva trascinata, mentre Chiyo piangeva silenziosamente tra le braccia della madre. 

“Vuoi dirmi forse che non sei ancora innamorato di Strawberry?!Che non torneresti con me, solo per dovere nei confronti di Chiyo?!” replicò lei, con il suo stesso tono di voce. Poi, si era voltata ed era andata via, lasciando Mark nel vicolo, che non sapeva nemmeno che dire e neanche che pensare. Dopo qualche giorno, si era messo alla ricerca di Halinor, e aveva scoperto che lei si era trasferita di nuovo in Giappone, assieme a Chiyo.

Ritornò anche lui a Tokyo, e la trovò che viveva a casa di Kyle e Pam, che si erano sposati nel frattempo, ma che non avevano ancora avuto figli. Adesso capiva quelle loro strane espressioni, l’ultimo giorno che li aveva visti… aveva chiesto di Halinor, e Kyle aveva sbarrato gli occhi, capendo che il padre di Chiyo altri non era che lo stesso Mark. Aveva indicato la camera di Halinor, e Mark vi era entrato silenziosamente, mentre la vedeva china sulla culletta di Chiyo, che le cantava una filastrocca. Aveva sorriso e l’aveva abbracciata di spalle. Lei era trasalita, poi si era abbandonata al suo abbraccio. Forse, quello era stato l’unico momento della sua vita, in cui aveva amato Halinor. Poi, tutto quello che c’era stato dopo, era stato simile all’affetto tra due adolescenti e alla stima di due genitori non sposati, che convivevano colmando d’attenzioni la loro unica figlia, che cresceva lentamente, cullata dal loro amore. Doveva ammettere che, senza Halinor e Chiyo, mai la sua anima sarebbe guarita giorno dopo giorno. Ma niente di più. Non amore, per quello non c’era più spazio nel suo cuore, per sempre della sua piccola Strawberry.

Lo capì ancora di più quel giorno, quando arrivò su quella spiaggia, dove veniva a pensare, quando aveva delle forti crisi d’amnesia, a causa di Profondo Blu. Vide da lontano il brillare dei capelli rossi di Strawberry, e un brivido nel cuore lo fece tremare di freddo. Halinor, accanto a lui, gli chiese se si sentisse bene, e lui le sorrise, annuendo. Prese in braccio Chiyo, e si avvicinò a loro, mentre l’anima gli diventava delle dimensioni di una nocciola, mentre osservava di sottecchi Strawberry, che bisticciava con Ryan, che stava cambiando il pannolino di Kathrine.

E pensare che stavolta non posso nemmeno farti una scenata… è fin troppo chiaro che cosa provi per lui, piccola mia…

Si sedettero attorno al fuoco, mentre Chiyo e Kathrine, che avevano solo un anno di differenza, giocavano pensosamente nel box. Un frastuono richiamò la loro attenzione, parzialmente assorbita dai ricordi del passato. Un gruppetto di persone si avvicinava a grandi passi, facendo particolare chiasso. Non era certo difficile capire di chi si trattasse…

Paddy e Tart arrivarono tutti trafelati, uno reggendo in braccio un maschietto e l’altra una bambina, entrambi della stessa età di Kathrine. Inutile dire che anche loro due si erano sposati, e avevano appena avuto quella coppia di scatenati gemelli, Grace e Nick, che avevano preso tutto il carattere dei loro genitori.

“Scusate il ritardo!” si scusò Paddy, deponendo Grace tra le braccia di Kyle, mentre si asciugava la fronte. Era praticamente la stessa, a parte i capelli biondi, cresciuti molto, e l’espressione più matura.

Anche Tart non era molto cambiato, a parte che si era irrobustito ed era diventato molto più alto, ed ora perennemente nel suo aspetto umano. Lasciò Nick nel box assieme a Chiyo e a Kathrine, che sorrise all’arrivo del compagno di giochi.

Anche per loro, le cose si erano evolute bruscamente, anche se nel loro caso, era tutto decisamente più intuibile. Dopo la fine dello scontro con Profondo Blu, lui aveva deciso di tornare sul suo pianeta, convinto com’era, che non c’era assolutamente motivo di rimanere lì. La sera prima di partire, aveva confessato a Paddy i suoi sentimenti, e lei era rimasta attonita, abituata a considerarlo un semplice amico. Aveva semplicemente balbettato di essere già fidanzata,con quel ragazzo cinese, che anni prima, era venuto a trovarla e che era stato scelto da suo padre. Lui aveva annuito, dicendo che voleva semplicemente farglielo sapere e la mattina dopo era salito sulla sua astronave, assieme a Ghish, Blanche, Pie e Kivar. La nave stava decollando, quando aveva sentito una voce urlare il suo nome; si era affacciato dal finestrino e aveva visto Paddy sbracciarsi per richiamare la loro attenzione. Non riuscendo a capire che cosa volesse, scese dalla nave, pregando il fratello di aspettare un po’.

Blanche gli aveva detto enigmaticamente: “Ci vediamo presto, Tart…”.

Lui aveva inarcato le sopracciglia, mentre lei diceva a Ghish: “Certo, che siete tutti uguali voi fratelli…”.

Sceso, Paddy gli era venuta incontro, urlandogli che non poteva partire, che non poteva farlo, che lei sarebbe andata con lui. Lo aveva abbracciato, e piangendogli sul collo, gli aveva detto di amarlo. Lui, raggiante, l’aveva scostata da sé solo il tempo di baciarla sulle labbra.

Come era ovvio, lui era rimasto sulla Terra, assumendo la falsa identità di Taruto Mitsuki, provetto impiegato in una banca. E anche nel loro caso, si erano sposati, quando Paddy aveva compiuto diciotto anni. Certo, molti avevano criticato l’atteggiamento di Paddy, che si era sposata giovanissima, molto di più di quanto non lo fosse Strawberry, quando aveva sposato Ryan. Ma Paddy, come al solito, non ascoltò nessuno e addirittura lei e Tart si sposarono in segreto, facendo sapere tutto solo a nozze avvenute. Ovviamente, il padre della ragazza non era stato d’accordo con questa decisione, ma ricordando che anche la madre di Paddy, aveva la stessa età della figlia nel giorno delle nozze, alla fine aveva accettato. Un anno prima, pochi mesi dalla nascita di Kathrine Shirogane, erano nati anche Grace e Nick Mitsuki.

“Io ho fame!” eruppe Paddy, mentre ogni tanto gettava un occhio sui figli, che giocavano assieme a Kathrine e a Chiyo.

“Veramente anch’io…” disse, sorridendo Strawberry, stretta dal braccio di Ryan sulle sue spalle “Mancano solo i nostri amichetti alieni… capisco le distanze, ma potrebbero spicciarsi un po’ prima…”.

“In realtà, anch’io sono alieno, eppure non sono mica arrivato in ritardo…” commentò Tart, fingendosi indignato.

“Sai che non ci avevo mai pensato?” disse Halinor, mentre Mark parlava con Kyle, lontano dalla compagna “I vostri figli non sono per metà alieni?”.

Paddy sorrise e disse: “Sì, ma, vivendo sulla Terra, dovrebbero aver perso i loro poteri… sembra che i bambini piccoli li traggono dalla forza del loro pianeta, e imparano a farlo nel loro primo anno di vita… se non acquisiscono tale capacità entro questo periodo, la perdono per sempre… e Tart ha preferito non insegnargliela…”.

“Perché?” chiese Ryan “Potrebbe essere utile in futuro, no?”.

“Io oramai ho deciso di essere un terrestre a tutti gli effetti e voglio che anche i miei figli lo siano perciò il problema non si pone… non credo che ritornerò più sul mio pianeta d’origine…” spiegò Tart, alle cui parole corrispose un bacio della giovane moglie.           

Ad un tratto, una sfera di luce comparve dal nulla, allargandosi progressivamente. I bambini si misero a piangere, subito calmati dalle madri, mentre un gruppo di figure compariva dalla luce, spentasi all’improvviso.

All’interno della luce, erano comparsi due belle donne, una con i capelli castani e due grandi occhi azzurri, che portava una lunga e aderente tunica bianca, decorata con dei ricami dorati, e un’altra, con i capelli lunghi ed ondulati, che indossava anche lei una lunga tunica rosa e che reggeva in braccio un piccolo di pochi anni. Accanto a loro, c’erano due uomini, uno abbastanza alto, l’espressione austera, che teneva un braccio attorno alla vita della donna con il bebè, e un altro un po’ più basso, il viso atteggiato in una perenne smorfia ironica, che teneva per mano un bel bambino di quattro anni, che si nascondeva dietro la sua gamba sinistra.

“Lory! Blanche! ” disse Strawberry, alzandosi da terra e correndo incontro alle due amiche, che le sorrisero affettuosamente. Si abbracciarono, essendo praticamente quattro anni, nel caso di Blanche, e due anni, in quello di Lory, che non si vedevano.

“Ciao Strawberry!” disse Blanche, abbracciandola “Come stai?”

“Benissimo… e voi?”

“Noi tutto bene” rispose Lory, sorridente, mentre il bambino tra le sue braccia si sbracciava per essere lasciato libero dalla stretta della madre.

Lory lo mollò tra le braccia di Pie, dicendo: “Forza, Delet… va da papà adesso…”.

Il caso di Lory e Pie era stato il più singolare tra le coppie, che si erano formate in quegli anni. Pie era partito quel giorno di quattro anni prima, e tra lui e Lory non c’era assolutamente niente. Erano amici e c’era un grado di complicità tra loro difficilmente esprimibile a parole, ma Lory era ancora abbastanza innamorata di Ryan e Pie provava per la ragazza nulla di più che semplice stima. Il tempo era passato e Lory aveva dimenticato completamente Ryan, ma intanto non riusciva a trovare nessuno che l’amasse e che stesse con lei. Allora, si era buttata a capofitto nel suo lavoro, e non ci aveva pensato più. Tre anni prima, Pie era tornato per un breve periodo sulla Terra per venire a trovare Tart e per fare delle ricerche sulla struttura del pianeta, ma, quando era tornato, per una strana combinazione molti dei suoi amici non c’erano. Strawberry e Ryan erano in America, Mina era già a Parigi, Halinor e Mark erano in Germania, Kyle e Pam erano in Canada per le riprese del film di lei. A Tokyo, c’erano solo Paddy e Tart, che avevano una casa minuscola per loro due, figuriamoci per un ospite, e Lory. Inevitabilmente, Tart aveva chiesto a Lory di ospitare il fratello per un certo periodo di tempo, e lei aveva accettato. Sebbene, infatti, non lo confessasse, si sentiva sempre tremendamente sola, da quando Strawberry si era fidanzata con Ryan, e il loro appartamento era spesso vuoto. E poi Pie le stava simpatico e poi, stranamente, solo allora si era accorta che non era nemmeno male come ragazzo. Lo aveva ospitato per un po’ e durante quel periodo, lei e l’alieno erano diventati molto amici, confidandosi tutto quello che li passava per la testa, e che non avevano mai avuto il coraggio di dire a nessun’altro. Poi, Pie era stato richiamato sul suo pianeta, e Lory aveva accettato con molta più tristezza di quello che si aspettava la notizia, e la notte prima della partenza, era scoppiata a piangere in camera sua, attirando l’attenzione di Pie, che era venuto per sapere che cosa le prendesse. Lei gli aveva confessato tutto e lui aveva detto che anche lui non voleva andarsene, ma che doveva tornare sul suo pianeta, lo amava troppo per lasciarlo. Lory aveva capito di amarlo, quando si era chiesta nella mente “Lo ami più di quanto potresti amare me?”. Si era ritratta a quel pensiero, e lo aveva lasciato partire, per passare i successivi mesi a pensare sempre a lui. Poi, un giorno, all’improvviso, era successo qualcosa di terribile, ma che, per fortuna, si era risolto per il meglio: Lory era stata investita da un auto pirata e lasciata agonizzante sull’asfalto per qualche ora, prima che un bel ragazzo alto dai lineamenti severi e particolari la venisse ad aiutare da molto lontano. Pie, sebbene fosse sul suo pianeta, aveva sentito che Lory era in pericolo ed era corso da lei, per poi vegliare il suo sonno per qualche giorno, rendendosi conto che non voleva che lei stesse male, che lei soffrisse, perché voleva prendersi cura di lei per sempre. Glielo disse, quando si svegliò, e lei rispose che voleva solamente stare con lui per tutta la sua vita. Non si dissero “Ti amo”, forse perché troppo semplice, o perché troppo difficile per i loro cuori, non abituati ad esternare troppo i loro sentimenti, ma lo dimostrarono ampiamente, partendo assieme per Nemesi, sposandosi e avendo Delet. Le amiche di Lory seppero tutto solo quando lei se ne era già andata, quando trovarono una sua lettera, che diceva che aveva solo fatto, quello che il suo cuore le diceva di fare, e che non le aveva avvertite per paura che la trattenessero. 

Su quel lontano pianeta, all’inizio, Lory era stata un po’ triste, ma poi aveva trovato l’amicizia di Blanche, che l’aveva aiutata ad ambientarsi e che adesso era la sua migliore amica, oltre che sua cognata. Anche Blanche e Ghish si erano uniti in matrimonio, e lei era stata eletta Presidentessa di Nemesi, a causa del suo rapporto di parentela, reso pubblico durante la sua assenza, con Leon e con Profondo blu, i due Re del pianeta. Insieme crescevano Kivar, che mai come allora si mostrava come un bambino assolutamente normale, non come il mostro che era stato.

Strawberry gettò uno sguardo curioso a Kivar. Non se lo ricordava più, e adesso doveva ammettere che le faceva un po’ impressione pensare che lui era null’altro che Profondo Blu, in un altro corpo, creato da lei stessa dal sangue di Blanche. Ma poi quella prima sensazione passò, lasciando il posto ad un’altra, di tenerezza. Quello non era Profondo Blu, era Kivar, un’altra persona, un bambino bellissimo e timido, che poteva anche assomigliare molto a Profondo Blu, ma che era un’altra persona, forgiata dal fuoco dell’ amore, non dell’odio.

Si avvicinò a lui, e si chinò alla sua altezza, dicendo: “Ciao Kivar! Tu non ti ricordi di me, ma io sono una grande amica della tua mamma e del tuo papà… vuoi conoscere qualche amichetto nuovo come me?”.

Il bimbo prima si ritrasse, poi spalancò gli occhi, che si rivelarono non uguali a quelli di Profondo Blu, ma molto più scuri, di un bel blu penetrante. Assunse un’espressione di familiarità e disse stentatamente: “Mi-mi ricordo di te… non tanto, ma mi ricordo di te…”.

Nessuno ascoltò bene le sue parole, e anche se l’avessero fatto, non ci avrebbero trovato niente di male o di strano. 

Strawberry lo prese per mano e lo condusse vicino al box, dove c’erano Kathrine, Chiyo, Grace, Nick e Delet, che giocavano tranquillamente, non sapendo che cosa gli aveva portati a restare lì nello stesso spazio. Sofferenza, dolore, guerra, odio, rabbia, ma anche amicizia, speranza, coraggio, forza e soprattutto amore. I bimbi fissarono lo sguardo sullo sconosciuto, che li fissò sospettoso.

Poi Kathrine sia alzò goffamente sulle gambette tozze e paffute, lasciate in vista dal suo vestitino rosa, e tese le manine a Kivar, sorridendo. Il piccolo, dopo un attimo di smarrimento, sorrise e prese tra le sue le mani della piccola, che scoppiò a ridere. Strawberry sorrise, appoggiandosi a Ryan, che la abbracciò. I loro pensieri furono gli stessi, di speranza e di fiducia.

Il cerchio finalmente si è chiuso…

Ma il cerchio è una figura ben strana… nessuno ci ha mai trovato un inizio o una fine…

Fine 

 

Approfitto di uno dei rarissimi momenti di sanità mentale del mio computer per pubblicare finalmente l’ultimo atteso chappy di questa fic! Mi dispiace tanto di aver dovuto ritardarne così tanto la pubblicazione, ma purtroppo il maledetto pc dà i numeri un giorno sì, e un giorno anche, quindi devo cercare di cogliere la palla al balzo! Sono quasi commossa del fatto che questa fic sia finita, considerando che è stata la mia prima fic e considerando anche che è andata molto bene! Tante persone l’hanno letta, e l’hanno commentata, e io davvero non me l’aspettavo! Ero invece convinta di doverla cancellare, dopo due o tre capitoli! Vorrei ringraziare tutti coloro che l’hanno anche solo letta, o quelli che hanno espresso un parere negativo, perché mi hanno anche loro aiutato a capire che cosa andava fatto per migliorare quello che scrivevo! Mi avete aiutato davvero tanto, soprattutto a capire che voglio davvero diventare una scrittrice, perché è la cosa che mi riesce ad emozionare di più! Spero davvero di riuscire a scrivere il seguito di questa fic, che mi ha dato davvero tantissimo! Se lo vorrete leggere, sarò davvero contenta, altrimenti non importa, sarò davvero contenta in ogni caso!

Dato che sono una persona logorroica, adesso si parte con la mega pagina di ringraziamenti!

Un mega grazie alla mia cara Nadiottina, la lettrice più analitica che abbia mai avuto, quella delle recensioni lunghissime e particolareggiate, che ho riletto un sacco di volte! Grazie anche per sopportare i miei frequenti scleri! Spero che ci continueremo sempre a sentire!

Un enorme grazie a JunJun per le sue osservazioni e le sue piccole critiche, per avermi fatto rendere conto di quante cose sbaglio, o che ignoro, e di cui non mi ero minimamente accorta! Ti eleggo mia correttrice di bozze ufficiale!

Un grandissimo grazie a Ayachan per essere sempre stata così dolce e carina con me, per avermi fatto sentire una scrittrice quasi seria, e per avermi chiesto tanti consigli! La tua fic è proprio bella, mi è dispiaciuto sentire che non sei stata bene, spero che adesso sia tutto passato!

Un iper grazie a Kashia, per le sue recensioni così limpide e precise!

Un enorme ringraziamento ad Hermy6, alla mia stellina ed alla sua pazzia! Il tuo entusiasmo mi ha fatto sempre sorridere, e leggere le tue recensioni era la cosa che mi ha tirato sempre su di morale, quando ero giù! Mi raccomando, continua a leggere le mie fic, altrimenti come farò senza di te?!,

Un grandissimo abbraccio a Pfepfer, alla tua puntualità nel commentare, e soprattutto alla tua ultra bellissima CHANGE ME, che prima o poi, riuscirò a commentare, e che tutto l’universo occidentale (ma anche quello orientale!), dovrebbe leggere!

Un megabacio a MewPam per esserti sempre fatta trasportare da quello che ho scritto, e per tutte le volte che ti sei emozionata e quasi commossa!

Dato che però ho ribadito ed ampiamente dimostrato di essere logorroica, lo dimostro anche nell’ultimo capitolo, no?

Un mega enormissimo grazie a Miyu, 619 (non ti preoccupare, già il fatto che tu mi abbia fatto sapere che cosa ne pensi, è una bella cosa, anche se non hai letto la mia fic, sei stata molto onesta, ed è una cosa rara!), AllisonCam, Sikky, Isilya, Discopupa (la tua critica mi ha fatto capire davvero molte cose!), Blackpill, Jessy, Strawberry(anche se ti piace la coppia Mark-Strawberry!), Azzurrina, Strega91,ChibiCia, Starli, Amylee, Tessa, Killkenny, Meiko, Yuki, Maronchan92, Chibi, Gaia, Dodochan, SuperfandiRyan, SuperGaia, Ichigochan!

Mi sono rivista tutte le recensioni, quindi è impossibile che abbia dimenticato qualcuno! Mi sto commuovendo di nuovo, sigh, non voglio finire di scrivere! Comunque, spero davvero di riuscire a scrivere quanto prima il seguito, che si chiamerà BREAKING UNIVERSE’S LAWS! Per il totoscommesse, ha vinto Nadia Sakura Kan, che si è avvicinata moltissimo alla trama del seguito!

Bene, adesso mi devo staccare dal computer, altrimenti non lo lascio più!

Grazie tantissimissimo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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