Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
“… my spirit is sleeping somewhere cold…”----
Evanescence
Il locale, quel giorno, era
particolarmente pieno di gente, che si affannava per chiamare l’attenzione
delle cinque giovani cameriere, che correvano da un tavolo all’altro per
soddisfare le richieste dei clienti.
Strawberry si
sedette per qualche istante su una sedia bianca e si passò una mano sulla
fronte sudata. Si chiese ancora una volta perché veniva ancora lì a lavorare,
adesso che erano passati quattro anni dalla sconfitta degli alieni. Aveva ormai
diciannove anni ed era una bella ragazza, alta e snella, dai lunghi capelli
rossi e dai luccicanti occhi color foglie d’autunno. Mark, il suo ragazzo, le
aveva detto spesso di lasciare quel lavoro, era troppo stancante per lei, ma
lei si era limitata a sorridere e aveva detto che voleva continuare a lavorare
per pagarsi da sola l’università e il piccolo appartamento, che divideva con
Lory. Ma, in realtà, lei stessa dubitava che fosse quello il reale motivo, e
magari anche Mark stesso lo aveva capito, e non osava proferire parola. Non, di
fronte, ai suoi occhi così decisi, e, al contempo, tristi.
Erano passati quattro
anni e delle cinque mew mew era rimasto poco quanto niente. Mina era diventata
molto più alta, e si era tagliata i capelli in un pratico caschetto, che le
lasciava due ciocche di capelli, ai lati del viso; Lory aveva messo le lenti a
contatto e si era finalmente sciolta le trecce, che portava da quando aveva
tredici anni; Paddy si era fatta crescere i capelli, che adesso le arrivavano
fino e oltre le spalle, mentre Pam, che in realtà si vedeva molto poco, era
rimasta sempre la solita ragazza elegante e scostante. Ma, in ognuna di loro,
era cambiato anche qualcos’altro, qualcosa che tentavano di celare, ma che
emergeva chiaro in loro. Quella che lo mostrava di meno, era proprio
Strawberry, e lo faceva per amore di Mark, per non farlo soffrire; ma ancora
adesso piangeva da sola, chiusa nella sua stanza, quando era certa che nessuno
la sentisse.
Mina si avvicinò alla
ragazza e chiese: “Che c’è? Batti la fiacca? Guarda che il tuo turno finisce solo
tra un’ora, e, a meno che io mi sbagli, non vedo neanche il tuo amato Cavaliere
Blu… perciò, perché stai seduta qui?”.
Strawberry sospirò,
stancamente, e replicò: “Mi stavo solo riposando un po’, non si può?! Tu lo
facevi sempre…”.
Mina ribatté fieramente:
“Sì, ma quattro anni fa, quando avevo quindici anni, non adesso! Permetti che
anche io ho bisogno di lavorare, ora che me ne sono andata di casa?! Se non
metto da parte del denaro, non potrò mai andare in Francia a studiare danza!”.
Strawberry accennò ad
un sorriso e disse: “Certo che siamo veramente cambiate! Tu che vuoi lavorare
per guadagnare del denaro…”
“E tu…” proseguì Mina,
leggermente rischiarata nell’espressione “… che non aspetti ogni venti secondi,
in posa languida, che arrivi Mark! Anche tu sei cambiata…”.
“Già…” replicò lei
malinconicamente, lo sguardo incollato alla gonna nera della sua uniforme.
Anche lei era cambiata e lo sapeva. Mark glielo aveva detto tante di quelle
volte…“Non sei più tu, piccola. Sei strana, sei diversa, come se non ti
importasse niente di nulla… ne vuoi parlare?”. E allora lei si forzava a
sorridere, per lui, solo per lui, ma poi, a distanza di qualche tempo, era di
nuovo uguale a prima. Un essere di carne fredda, privo di luce, che cercava di
ostentare un chiarore, che non esisteva ormai più.
Mina si era alzata per
andare a prendere un’ordinazione, incitandola ad alzarsi. Lei obbedì, ma il suo
sguardo fu inaspettatamente condotto ad un piccolo porta foto sul bancone di
Kyle. Si avvicinò, come se fosse in trance, e lo guardò attentamente, anche se
lo conosceva a memoria. Toccò la fredda superficie del vetro con le dita, come
ad accarezzarla, e incrociò ancora il suo sguardo umido su quello di carta
lucida della foto. Della foto di quel
ragazzo, della foto di Ryan. Ryan, il suo Art, quel ragazzo dai capelli color
del grano e dagli occhi mare in tempesta, quel ragazzo con quella smorfia
impertinente sul volto, quel gattino grigio dagli occhi chiari, che l’aveva
salvata tante volte.
Si accorse di stare
piangendo, quando la voce di Lory la richiamò alla realtà: ”Strawberry… che
hai?”. Lei si voltò di lato, nascondendo le lacrime dietro le mani, passate ad
asciugarle. Sorrise all’amica e rispose: “Assolutamente niente… vado a prendere
il conto del tavolo 5!”.
Si allontanò velocemente,
diretta in cucina, ma all’ultimo secondo, deviò e andò in bagno, dove si
chiuse, girando più volte la chiave nella toppa.
Sospirò di sollievo a
sentire le voci attutite dalla porta chiusa, e si fissò nello specchio nella
luce fredda del neon. Aveva gli occhi rossi e le occhiaie sotto gli occhi, in
definitiva aveva un aspetto orrendo. Erano settimane, che non dormiva, e
all’università le cose non andavano per il meglio. Non che lo fossero mai
state… era un anno che era fuori corso. Non aveva dato mai neanche un esame.
Si sedette per terra e
si prese la testa fra le mani. Da quanto tempo stava così? Erano più di tre
anni, che stava così male, la ricordava ancora l’ultima sera, in cui era stata
bene.
Era stata l’ultima
sera, che aveva visto lui, Ryan.
E la ricordava ancora,
come se fosse ieri.
Era la sera di Natale e
avevano fatto una festa al locale. Avevano preparato un grande albero di
Natale, decorato con fiocchi rossi e dorati, e con una grande stella d’argento
in cima. Lei si era seduta davanti all’albero e lo aveva guardato per qualche
minuto, rapita, come una bambina, dai giochi di luce delle lampadine colorate.
Allora era capace di
meravigliarsi per ogni cosa bella.
Mina era seduta in
angolo, sorseggiando della cioccolata calda, mentre parlava con Pam dei suoi
ultimi progetti, Lory aiutava Kyle a preparare da mangiare, Paddy giocava a
carte con i suoi fratelli, mentre Mark leggeva una rivista.
Non si era mai trovato
bene con il resto della squadra, eppure a lei non era mai importato, e le era
sembrato più che naturale passare il Natale assieme a loro, dato che i suoi
genitori erano andati a trovare sua nonna in montagna.
All’improvviso, sentii
una mano calda scompigliarle i capelli. Una mano dolce, ma forte.
“Ryan, accidenti a te!
Mi sono appena spazzolata i capelli!” urlò nel tentativo di sistemarli, senza
farsi vedere spettinata e disordinata da Mark.
Ryan sorrise e lei
rimase per un attimo a guardarlo, imbronciata. Poi sorrise e disse: “Credo che
anche te le luci facciano il mio stesso effetto… ai gatti piacciono e io ne
sono affascinata perché ho DNA felino… accade anche a te?”.
Ryan si sedette accanto
a lei e disse: “Sì, non riesco a smettere di guardarle. E’ strano… è come se le
vedessi per la prima volta…”.
“Già…” rispose lei, poi
la voce del ragazzo biondo interruppe i suoi pensieri: “E’ bello essere qui…
con voi, intendo… mi sembra di avere di nuovo una famiglia…”.
Lei si voltò a
guardarlo, stupita. Non era da lui confessare candidamente delle cose del
genere; di solito, tendeva a tenersi tutto dentro e a non parlare mai di sé e
dei propri sentimenti.
Strawberry gli sorrise
e disse: “Sono felice anche io…”.
Si guardarono,
sorridenti per qualche istante, poi Strawberry aveva distolto lo sguardo,
sentendosi strana . Era così, ogni volta che guardava Ryan, il suo sguardo lo
sentiva addosso, come se le potesse leggere sull’anima nuda.
La voce di Kyle gli
aveva raggiunti ed erano andati a mangiare. Dopo, si erano messi a giocare a
carte e ad altri giochi tipicamente natalizi, ma poi, dopo la mezzanotte, Mark
aveva iniziato a fare pressioni per tornare a casa e, dopo un po’, Strawberry
aveva acconsentito. Aveva salutato tutti, facendo nuovamente gli auguri, ma
poi, non trovando Ryan tra loro, aveva detto a Mark di aspettarla fuori e aveva
chiesto a Kyle dove fosse.
Kyle aveva accennato
con il capo alla veranda e lei era uscita fuori. Faceva freddo, molto freddo,
ma a Ryan sembrava non importare. Se ne stava lì, avvolto nel suo cappotto
nero, che portava sopra un maglione grigio ed un paio di jeans, e guardava il
cielo, in silenzio.
Gli si avvicinò e
disse, rabbrividendo: “Non hai freddo? Ti prenderai un raffreddore!”.
Ryan si era voltato e
le aveva sorriso. Lei era inspiegabilmente arrossita… ancora quella sensazione:
la sua anima, che usciva dal suo corpo e si era rendeva troppo visibile a lui.
Si era avvicinata a lui, e si era
messa anche lei a guardare le stelle, accanto a Ryan, le braccia conserte
appoggiate sulla ringhiera della veranda.
Dopo qualche minuto di
completo silenzio, interrotto solo dalle voci degli altri, che provenivano
dall’interno, lei gli aveva chiesto: “A che cosa pensi? Stasera sei stranamente
silenzioso… di solito, sei fin troppo loquace…”.
Ryan non aveva raccolto
la sua battuta ed era rimasto qualche istante, con lo sguardo incatenato alla
bianca superficie della luna. Ma lei aveva aspettato, guardando rapita i suoi
occhi, illuminati dalla luce adamantina dell’astro della sera, e i suoi
capelli, che si muovevano dolcemente nel freddo vento di dicembre. Strawberry
non capiva. Possibile che solo adesso si fosse accorta di quanto Ryan fosse…
insomma, era , era… davvero molto, molto carino…anzi,
adesso che ci pensava meglio, non era solamente carino, era veramente un
bellissimo ragazzo. Eppure lei, ogni volta, che lo aveva guardato, non lo aveva
mai notato, persa com’era nel pensiero di Mark. Lui e Ryan erano totalmente
diversi, l’opposto uno dell’altro, e forse, per questo, era innamorata di Mark,
e, invece, spesso faticava a trattenersi dallo prendere a schiaffi Ryan. Eppure,
avvertiva qualcosa di particolare con Ryan dalla prima volta che l’aveva
incontrato, qualcosa che aveva provato anche con Mark, sebbene molto mitigato…
la sensazione, che lui sarebbe stato importante, importante per la sua vita… e
adesso, si chiedeva se fosse solo perché era stato il direttore de progetto
mew…
Ryan sospirò
leggermente, socchiudendo gli occhi, poi si decise a rispondere: “Non sto
pensando a niente di particolare… tu, piuttosto, non dovresti andare via? Il
tuo cavaliere ti sta aspettando…” e fece segno con il capo ad una piccola
sagoma scura immobile per la strada, poco sotto di loro.
Strawberry si ricordò
solo allora che Mark la stava aspettando e si decise ad allontanarsi dalla
ringhiera, dopo aver salutato Ryan e avergli fatto nuovamente gli auguri.
Non aveva fatto in
tempo a girarsi che aveva sentito la sua voce richiamarla bruscamente indietro.
Si era voltata verso di lui e lo aveva visto appoggiato alla ringhiera. Le
lanciò senza parlare un pacchettino di carta rossa e verde, decorato con una
stampa a fiori, che sembrava molto vecchia.
Strawberry lo guardò
senza parlare, soppesando il pacchetto tra le mani, ma, vedendo che lui non
diceva ancora niente, si decise ad aprirlo. Conteneva un piccolo fermaglio, con
tre fiocchi di neve tempestati di piccoli brillantini. Lei lo tenne tra le mani
per un po’, poi sollevò lo sguardo e disse, gli occhi leggermente stupiti dal
gesto del ragazzo: “Ma Ryan…”.
“Non farti illusioni”
disse lui, voltandosi ancora una volta verso il cielo, sopra di lui “L’ho
trovato per caso e non sapevo che farmene… se vuoi, puoi tenerlo tu, altrimenti
lo getto via…”.
Lei sorrise e disse che
l’avrebbe tenuto lei. Lo ringraziò e gli disse che si sarebbero visti
l’indomani.
E, invece, non si
sarebbero visti mai più.
Ricordava di essersi
allontanata, di essersi fermata tra l’oscurità non dissipata dalla luce della
luna e di essersi voltata ancora verso di lui, per chiedersi ancora che cosa
pensasse, ma poi, aveva scrollato le spalle ed era corsa da Mark.
E mai, come allora, mentre
stava seduta sul freddo pavimento del bagno del caffè, si chiese perché non era
tornata indietro, perché se ne era andata così presto quella sera, perché,
quando Mark non le aveva detto di tornare a casa, lei non aveva risposto di no,
ed era rimasta lì ancora per un po’, per un’ora, per un minuto soltanto…
Sorrise
malinconicamente a sé stessa nello specchio, mentre si ravvivava i capelli con
le dita. Che ne sapeva allora quanto il tempo inganna, quanto sembri
lunghissimo e quanto, invece, alle volte, scorreva troppo velocemente,
portandosi via tutto? La felicità, l’allegria, la speranza, la rabbia, il
rancore, l’indifferenza, l’odio, l’amore… tutto, portava via tutto, sempre e
per sempre, e nulla poteva mai riportare niente indietro… una sola cosa l’aveva
lasciata…
Il dolore… solo quel suo eterno compagno, che non la lasciava
mai, nemmeno per un secondo…
Perché Ryan è morto, perché Ryan non c’è più…
Pensarlo, le fece molto
più male di quello che pensasse, e si accasciò ancora sul lavandino,
ricominciando a piangere. Uscì dalla tasca il fermaglio, che le aveva regalato
Ryan quel giorno, e lo strinse forte tra le mani, fino a farsi quasi male. Lo
portava sempre con sé, da tre anni a quella parte, da quando Ryan era morto, e
non se ne separava mai. Era l’unica cosa che le era rimasta di lui.
Prese nervosamente a
pugni il muro, continuando a piangere. Perché non ce la faceva a voltare
pagina? Perché non riusciva a scordarsi di lui, perché… non erano mai stati
grandi amici, eppure il suo pensiero la tormentava sempre, ogni giorno… non
capiva che cosa le stesse succedendo. Da quando Ryan era morto, aveva
semplicemente smesso di vivere e si era limitata ad esistere per forza di
inerzia, come se non dipendesse da lei. C’erano stati sì, momenti, in cui tutto
sommato, era stata felice, ma li ricordava a fatica ed erano avvolti in una
nebbia vorticosa, che occupava tutta la sua memoria dei suoi ultimi anni. Era
sempre deconcentrata, non riusciva tenere a mente le cose più semplici e non
sapeva perché. Aveva tentato persino di entrare in terapia, ma non aveva
funzionato: appena aveva nominato Ryan, aveva iniziato a sudare freddo, come se
si sentisse in trappola ed era diventata tutta rossa in viso.
Alla domanda dello
psicologo: “Lui era il tuo ragazzo? Un tuo caro amico?”, non era stata in grado
di rispondere.
Che cosa era stato Ryan
per lei? Più di un amico, ne era certa, se non riusciva ancora a dimenticarsi
di lui, ma non ne era mai neanche stata innamorata. Andava bene soffrire per
lui, ricordarlo, piangerlo, quando lo si nominava, ma annullarsi per lui,
perdersi nella quiescenza, di chi non vuole accettare che qualcuno se ne sia
andato per sempre, non era una cosa normale. Non lo era assolutamente.
Strawberry smise di
picchiare i pugni, ormai lividi, sulla parete, e si guardò ancora nello
specchio. Si vergognava, si sentiva in colpa… perché doveva far preoccupare
tutti con quel suo strano atteggiamento? Perché Ryan Shirogane non la lasciava
andare via, non la lasciava scorrere nel suo tempo?
Chiuse gli occhi,
mentre congiungeva le mani al petto. Aprì lievemente le labbra e disse,
sottovoce: “Ryan, io non ti dimenticherò mai, nemmeno quando sarò vecchia… tu
resterai sempre accanto a me, in me, per sempre, dovunque tu adesso sia… non
penso che tu abbia mai creduto in Dio, ma adesso io affido a Lui la tua anima…
e la mia… io ricomincerò a vivere e lo farò per te, Ryan Shirogane… addio
Ryan…” .
Strawberry riaprì
lentamente gli occhi, come per rendersi conto che effettivamente quelle sue
parole, che forse avrebbe dovuto dire da tanto tempo, non avessero fatto
rovesciare il mondo. Sapeva che non sarebbe stata mai più la stessa, ma doveva
ricominciare da capo.Ma, mentre usciva
dal bagno, chiudendosi la porta alle spalle, facendo un gran sorriso a Mark,
che era appena arrivato, si accorse con terrore che nulla dell’angoscia che
provava, sembrava essersene andata via. Niente. Era ancora tutta lì. Non
riusciva a lasciare dietro di sé Ryan Shirogane.
Strawberry era tornata
a casa verso le 20,00, sebbene Mark le avesse chiesto di uscire. Lei aveva
detto che stava poco bene ed era tornata a casa sua, dove adesso passava molto
tempo, invece che nell’appartamento di Lory. A casa sua, c’erano i suoi
genitori, che la facevano sentire come una bambina e lei si crogiolava nel
sentirsi tale; annullava i suoi sentimenti e il suo dolore, quando era con
loro, quando loro le dicevano che cosa fare e che cosa non fare. Particolari
che sembrava non essere più in grado di ponderare da sola.
Gridò un: “Sono
tornata!”, poi si accorse che, nell’ingresso, c’era un paio di scarpe che non
conosceva. Una visita. Poteva scommettere che si trattasse di un amico di suo
padre, con eventuale figlio a seguito, ovviamente promessa nel mondo del
lavoro, e che suo padre cercava di mostrare come un ottimo partito. Chiaro che
suo padre detestava Mark, ed era perfettamente inutile dirgli che lei lo amava
e che voleva stare con lui. Lo era stato, quando aveva voglia di dirlo, e
adesso che non ne aveva più la forza, lo sarebbe stato ugualmente.
Entrò in salotto con un
sospiro e vide sua madre, intenta a chiacchierare con un ragazzo, che lei non
conosceva. Lui aveva i capelli castano scuro e due scintillanti occhi dorati.
Stavano ridendo, seduti sul divano, mentre il padre addentava con un mezzo
sorriso sul volto un pasticcino alla crema di fragole.
“Ciao a tutti!” ripeté
Strawberry per farsi sentire e attirare la loro attenzione.
La madre sollevò lo
sguardo su di lei e replicò: “Ciao tesoro… sei tornata presto stasera… hai
visto chi è venuto a trovarti? Il tuo amico Ghish…”.
“Eh?! Ghish?!” urlò la
ragazza a dir poco, sconvolta.
Il ragazzo si affrettò
a dire: “Ciao gattina… non mi sembra che tu sia molto cambiata…”.
Strawberry non si
trattenne dal dire: “E tu, invece, sei cambiato molto… e le tue orecchie?!”,
poi si ricordò della presenza dei genitori, e disse, ridendo nervosamente:
“Sapete, aveva un bel paio di orecchie a sventola, quando ci siamo conosciuti…
ci siamo conosciuti… all’asilo!”.
“Ma non andavate alle
elementari assieme?!”chiese la madre scettica, mentre Ghish si sbatteva una
mano sulla fronte e si affannava a correggere Strawberry: “Certo, certo, noi
siamo andati alle ELEMENTARI ASSIEME, non ALL’ ASILO, vero?!”.
“Ah sì, che smemorata!”
replicò lei, guardando Ghish “Come ho fatto a dimenticarmene!”.
Forse perché non è mai successo- bofonchiò tra sé e sé.
La madre guardò
alternativamente i due, l’aria imbarazzata di sua figlia e quella quasi
rassegnata del suo amico, e sorrise tra sé e sé, dicendo: “Bè, credo che adesso
tu e Ghish vogliate parlare un po’ da soli di faccende, che certamente io e tuo
padre non dovremmo ascoltare… io e papà andiamo al cinema e torneremo verso le
22,30… ci ha fatto piacere conoscerti Ghish…”.
Il ragazzo, dopo un
grosso sospiro, replicò: “Anche a me, signora Momomiya…”. Anche Strawberry fece
un grosso sorriso alla madre e la salutò.
Il padre della ragazza,
in realtà, non è che avesse tutta questa voglia di uscire, soprattutto
lasciando sola la figlia in casa con un perfetto sconosciuto, che poteva essere
andato pure con lei alle elementari o all’asilo, ma adesso era pur sempre un
ragazzo, e anche abbastanza carino.
Poi, di fronte, allo
sguardo glaciale della moglie, si affannò ad uscire velocemente dalla casa,
anche perché, in fondo, quel ragazzo non gli aveva fatto del tutto una cattiva
impressione, sembrava anzi piuttosto simpatico, a differenza di quel damerino
del fidanzato di Strawberry, sebbene il soprannome “gattina”, affibbiato alla
figlia, non lo convinceva poi tanto.
Non appena i due, si
chiusero la porta alle spalle, Ghish riprese il suo aspetto normale, spiegando:
“Era solo una trasformazione provvisoria… avevo bisogno di parlarti e non
volevo spaventare i tuoi genitori…”.
Strawberry si sedette
nella poltrona, di fronte all’alieno, notando che in fondo, non era per niente
cambiato da quattro anni a quella parte.
“Non che non mi faccia
piacere rivederti, anche se siamo stati comunque nemici” esordì “Ma si può
sapere che ci fai qui? Devi parlarmi di qualcosa di importante? E’ successo
qualcosa?”.
Ghish esordì, con voce
leggermente preoccupata: “Non è successo niente, o almeno spero che non sia
successo niente di preoccupante…” poi bisbigliò un: “…ancora…”.
“Cosa hai detto?!”
chiese Strawberry, ma Ghish scrollò il capo e disse malinconico: “Niente di
importante, micetta… piuttosto, come vanno qui le cose?”.
Strawberry sussultò.
Che cosa poteva dirgli? La sua sola vista le faceva ritornare in mente molti
ricordi del passato, la maggior parte dei quali di Ryan, e, cavolo, quanto
faceva male vedere ancora il passato prendersi il presente, con una violenza e
una forza tale da lasciarla stordita, come se avesse ricevuto un forte colpo
sulla nuca.
Reagendo inconsciamente
a quei ricordi, replicò stizzita: “Che cosa vuoi che ti dica?!”.
Ghish si nascose dietro
le palme delle mani, come a difendersi dalla sua aggressività e disse: “Calmati
gattina! Non sei per niente cambiata… sei sempre la solita violenta e
permalosa!”.
Lei accennò ad un
broncio, che, poi, stemperò in un leggero sorriso. Non era mica colpa sua se
lei era un’anormale e se pensava ancora ad un ragazzo, morto ormai da quasi tre
anni…
“Bè, il Caffè esiste
ancora e io e le altre ci lavoriamo tuttora” iniziò “Per quanto riguarda me,
sono iscritta al primo anno di Pedagogia e divido una casa con Lory… e, nel
caso te lo stia chiedendo, sono ancora fidanzata con Mark…”.
Ghish rispose con
un’espressione indecifrabile e replicò, sorridente: “Guarda, micetta, che non
era questo che volevo sapere… considerando che anch’io adesso sto assieme ad
una persona…”.
Strawberry sobbalzò e,
per poco, non cadde dal divano, mentre gridava: “CHE COSA?! E chi è la
sfortunata?!”.
Ghish continuò,
leggermente rosso in viso: “Bello spirito di patata lessa… comunque, lei si
chiama Blanche ed era una mia amica di infanzia… quando sono partito per la
Terra, ho lasciato un fagottino informe, che mi sembrava non sarebbe sbocciato,
e poi, quando sono tornata, ho ritrovato l’essere più bello e dolce che esista
nell’intero Universo… la amo molto, davvero… sai, ha due occhi azzurri così
profondi, che mi viene voglia di perdermici dentro…”.
Strawberry sorrise,
ricordando anche lei due meravigliosi occhi acquamarina, che non riusciva a
scordare.
Ghish riprese,
leggermente più vivace nella voce da tono canzonatorio: “Sai, mia piccola
fragolina, tra noi non poteva funzionare… tra noi c’era sempre quel bellimbusto
del tuo ragazzo, e le rare volte, che ti scollavi da lui, c’era quell’altro, il
biondino… come è che si chiama?”.
L’improvvisa allusione
a Ryan le fece ancora più male dei ricordi di prima, ma, nonostante il dolore
che le crepava le vene del cuore, si decise a rispondere: “Lui… il biondino,
insomma, Ryan è morto tre anni fa…”.
Ghish la guardò
tristemente, balbettando: “Mi dispiace veramente… nonostante tutto, mi stava
simpatico… com’è successo?”.
Strawberry trasalì,
sbarrando gli occhi, ora di nuovo, umidi di calde lacrime. Già, com’era
successo? Aveva cercato ossessivamente di dimenticare quel giorno, di
rimuoverlo dalla sua mente, ma quello in tutta risposta, la perseguitava, la
tormentava sempre di più.
Non voleva parlarne,
non voleva assolutamente dire a Ghish quello che era successo, e fu tentata da
dirgli di lasciarla in pace, che non aveva voglia di dire niente, ma, per la
prima volta, al contrario, avvertì forte il desiderio di svuotare il suo cuore
e la sua mente, che avvertiva orribilmente pieni di dolore, compresso negli
anfratti di sé stessa dal tempo che per lei non era mai passato.
Il suo sguardo si
eclissò ed iniziò freddamente a raccontare quello che era successo in quelle
ventiquattro ore, che le avevano cambiato la vita, portandole via per sempre
qualcosa della sua anima, che temeva non sarebbe più tornata.
“… ogni
volta che parlo di te, tu fai parte o non parte di me?…”- Antonello Venditti
“Era la mattina di
Natale” esordì, in tono piatto, come se quelle cose non le appartenessero “Ed
io ero sola in casa. I miei erano fuori città, perché erano andati a trovare
mia nonna, che vive in montagna e non voleva rimanere sola a Natale. Io non ci
ero voluta andare perché volevo passare le feste con Mark e così, la sera
precedente, ero andata al Caffè ed avevo passato la serata con le ragazze,
Kyle, Ryan, i fratelli di Paddy e Mark, ovviamente. Ero tornata a casa
piuttosto tardi, erano le 2,00 e mi ero addormentata di botto, ma, poi, verso
le 3,45 avevo avuto un incubo e mi ero svegliata di soprassalto. Non ricordo
ancora niente di quello che sognai, erano immagini molto confuse, ma per
calmarmi, dovetti alzarmi e farmi una camomilla, che tuttavia non fece passare
il mio sudore freddo e il mio tremore per almeno un’altra ora. Il giorno dopo,
avevamo organizzato una gita e, dato che sapevo che Mina mi avrebbe chiamato,
come minimo, alle cinque per intimarmi di svegliarmi, staccai il cellulare e il
telefono di casa per dormire un po’ di più…
“L’indomani, infatti,
mi alzai alle 11,30; dopo aver fatto colazione, accesi il cellulare, trovandovi
tre messaggi in segreteria: uno era dei miei, che mi auguravano Buon Natale;
l’altro era muto, con parecchie voci in sottofondo e poi, ce ne era uno di
Mark. Mi diceva che non aveva molta voglia di stare fuori e mi invitava a casa
sua a pranzo.
“Come un’idiota, inizia
a fantasticare, pensando che forse mi voleva presentare ai suoi genitori e che
allora il nostro sarebbe diventato un fidanzamento serio; allora facevo tutto
quello che lui desiderava e così decisi di passare dal Caffè per avvisare gli
altri che non sarei andata con loro
“Ricordo che indossai
il vestito preferito di Mark: era celeste, con lo scollo rotondo, e con una
stampa di bianchi fiocchi di neve sull’orlo della gonna. Ripensai al fermaglio,
che Ryan mi aveva regalato la sera prima e lo indossai a trattenere parte delle
ciocche che mi cadevano di lato. Sorrisi, ripensando a lui, e mi ripromisi che
avrei passato il Capodanno con lui, Kyle e le ragazze.
“In poco tempo, corsi
alle Caffè e lo vidi inspiegabilmente chiuso. La moto di Ryan e l’auto di Kyle
non c’erano e pensai che se ne fossero andati, anche perché l’appuntamento era
alle 10,30, ma mi venne lo stesso voglia di entrare per lasciare un biglietto,
che magari avrebbero trovato al loro ritorno.
“La vista che trovai,
quando entrai, mi gelò il sangue nelle vene. La stanza principale era avvolta
nell’oscurità, a parte la piccola lucina, che proveniva dalla lampada, che Ryan
teneva sul bancone, e che usava per controllare i conti quando si faceva tardi.
A destra, era seduta Pam, per terra: aveva i capelli disordinati e il viso
pallido, illuminato solo da due chiazze rosse sotto gli occhi. Piangeva. Non
l’avevo mai vista in vita mia piangere e mi fece spavento il suo viso freddo e
bellissimo, funestamente attraversato dalle lacrime.
Appoggiate sulle sue
gambe, il volto affogato nella sua gonna di raso azzurro, c’erano Mina e Paddy.
Non vedevo i loro volti, ma le sentivo piangere. Il pianto di Mina era un
rantolo scomposto, pieno di singhiozzi e pause affannose; quello di Paddy era
un pianto acuto, come la sua risata, ma così distante da quell’armonia di
felicità da sembrarne il suo esatto opposto. Ma quella, che mi sconvolse di
più, era Lory: era seduta su una sedia, di quelle dove Mina si accomodava
sempre, e si dondolava avanti e indietro, tenendo tra i denti un lembo di un
fazzoletto di stoffa.
“Chiesi che cosa fosse
successo, ma nessuno mi rispose. Io, egoisticamente, non volevo sapere nulla.
Lo sapevo, già lo intuivo che qualsiasi cosa fosse successa, mi avrebbe
sconvolto e mi sarei ritrovata come quei pupazzi di stracci abbandonati. Per
molto non mi risposero, poi Pam, l’unica che sembrava leggermente lucida, mi
chiese se avessi tenuto il telefono staccato, durante la notte. Risposi di sì,
senza capire. Lory si riscosse e mi urlò contro che non c’ero mai quando
avevamo bisogno di me, che ero sempre con Mark e che lo avevo fatto soffrire.
Non riuscendo ancora a capire, chiesi di chi stesse parlando e mi urlò contro:
“Ryan… L’hai ucciso, l’hai ucciso tu…”.
“A quel nome,
iniziarono di nuovo a piangere e allora capii che c’entrava Ryan, che gli era
capitato qualcosa. Avanzai verso Pam, iniziando a sentire la testa ghiacciata,
ma fui fermata da Kyle, comparso all’improvviso, dietro di me. Mi voltai verso
di lui: aveva i capelli sciolti, mollemente abbandonati sulle spalle e gli
occhi asciutti. Scrollai le sue spalle e chiesi urlando dove fosse Ryan. Lui mi
disse di sedermi e di stare calma.
“Non volevo ascoltarlo,
volevo sapere immediatamente che cosa fosse successo, ma ugualmente mi sedetti,
sentendo le gambe stranamente di gelatina. Kyle si inginocchiò di fronte a me e
mi poggiò le mani sulle spalle, e mi disse: “Strawberry, ascolta… Lory è
solamente sconvolta e non sa quello che dice… non è assolutamente colpa tua
quello che è successo… lui- lui, insomma Ryan non avrebbe mai fatto nulla, che
potesse anche indirettamente farti male…”.
“Non capivo le sue
parole, non le ascoltavo neppure, ma iniziai a piangere e a scrollare la testa,
ripetendo tra le labbra: “No, no…”. Kyle mi abbracciò e disse: “Stanotte, Ryan
è uscito con la moto, dopo che tu sei andata via. Mi ha detto che aveva voglia
di restare solo e si è avviato verso il porto… sulla strada per arrivare, un
furgone, procedendo nella direzione opposta, lo stava per prendere in pieno e
lui ha svoltato bruscamente per evitarlo; ma così facendo, ha preso male la
curva ed è rovinato giù per la scogliera… la sua moto è esplosa e di lui non
c’è più traccia…”poi bisbigliò, piangendo: “E’ morto, Strawberry…”
“Non capii più niente;
presi a strapparmi il vestito e i capelli, chiamando Ryan a gran voce. Mi
accasciai per terra, piangendo, e presi a gridare forte. Dopo qualche secondo,
caddi per terra incosciente e febbricitante. Feci sogni strani e confusi, e
quando mi risvegliai, era il giorno dopo e accanto a me, c’erano i miei
genitori e Mark. Li sorrisi e dissi che avevo fatto uno strano sogno, dove Ryan
aveva fatto un incidente ed era morto. Mia madre scoppiò a piangere, mio padre
la sostenne tra le braccia, mentre Mark mi abbracciò, dicendo che era tutto
vero, che Ryan era davvero morto, e che lui mi capiva, capiva che ci stessi
male. Lo allontanai bruscamente da me e gli urlai contro: “Tu non capisci! Tu
non puoi capire! Come puoi capire? Tu l’hai sempre detestato, tu non lo
sopportavi! Non dovevi portarmi via la sera di Natale, non dovevi… non lo vedrò
più e sarà solo colpa tua!”. Era la prima volta che mi rivolgevo a lui in
quella maniera…
“Crollai ancora e
svenni di nuovo. Non andai al funerale, rimanendo in stato di shock per una
settimana. Nonostante mi fossi abbastanza ripresa, continuai a stare ancora
molto male e non andai a scuola per parecchio tempo… piangevo ogni minuto,
dormivo e mangiavo molto poco. Per quasi un mese, mi chiusi nella mia camera,
non facendovi entrare nessuno, a parte mia madre, mio padre e Kyle. Non vidi
neanche le altre e nemmeno Mark… non ne sopportavo la vista, credevo che loro
non potessero capire il mio dolore, solo io ritenevo di aver conosciuto Ryan
per quello che era realmente, e cioè non un ragazzo antipatico e viziato, ma
una persona meravigliosa, che sapeva essere molto dolce e premurosa…”.
Strawberry si
interruppe all’improvviso, non avendo più voglia di parlare. In realtà, c’era
ancora molto e troppo da dire di quello che era accaduto dopo, di quanto aveva
continuato a soffrire, tramutando il suo dolore dapprima in rabbia e poi in
silenzio, velato da falsa serenità. Ma adesso sentiva che bastava e non voleva
che Ghish sapesse di più.
Il ragazzo alieno si
decise a parlare e le chiese, malinconico nel volto: “Gli eri molto
affezionata, vero?” .
Strawberry sorrise
mesta e rispose: “A dirla tutta, lo sopportavo a malapena… non mi stava molto simpatico,
lo consideravo un ragazzo spocchioso e viziato, capace solo di comandare a
bacchetta le persone. Poi, seppi che un chimero aveva ucciso i suoi genitori e
le cose cambiarono. Non mi faceva pena, come sarebbe stato naturale, non era
questo… io ammiravo la sua forza, sapendo che nonostante avesse patito delle
cose del genere, era riuscito comunque ad attuare il progetto mew, ma, al
contempo, capii che era fragile anche lui, che non era un mero pezzo di
ghiaccio. Questo mi aiutò ad avvicinarmi a lui, e, quando sconfiggemmo Profondo
Blu, diventammo anche abbastanza amici… ma nulla più di questo…”.
Già, nulla più di questo pensòSarà pure solo questo, eppure non riesco
ancora a dimenticarlo…
Ghish si limitò ad
annuire con il capo e poi disse: “Bene, so che forse questo non è il momento
migliore, ma credo che tu voglia sapere perché sono venuto qui stasera…”.
Strawberry, il cui
sguardo era rimasto basso per qualche secondo, lo riscosse e disse con poca
energia: “Già, l’avevo dimenticato… è successo qualcosa?”.
Ghish annuì e disse:
“Potrebbe non essere nulla, ma dopo quello che Profondo Blu ci ha fatto mi
sento in dovere di controllare… prima di tutto, devi rispondere a qualche mia
domanda…”.
Lei annuì, incuriosita
da quello strano interrogatorio.
Ghish esordì: “Sai, per
caso, se Mark, ossia il Cavaliere Blu ha perso i suoi poteri?”.
Strawberry spalancò gli
occhi e disse: “Come fai a saperlo?”, poi, vedendo l’espressione abbastanza
preoccupata di Ghish, si risolse a continuare in un flebile sussurro: “Gli ha
persi, due anni dopo la sconfitta di Profondo Blu… non sa come sia successo, sa
solo che un giorno, avvertiva un forte potere in sé e il giorno dopo, non ce
l’aveva più… Kyle ha fatto delle indagini, ma non abbiamo scoperto niente… e
allora abbiamo pensato che, dopo la morte di Profondo Blu, i suoi poteri
fossero rimasti a Mark provvisoriamente, per poi sparire dopo qualche tempo…
perché che cosa c’entra adesso Mark? Gli è successo qualcosa?”.
Ghish, pensieroso, non
rispose, poi chiese ancora: “Mark è stato per caso male in questo periodo?
Strane amnesie, perdite di conoscenza o altro?”.
“No, che io sappia,
almeno”
“A parte te e le altre
mew, sai se esistono altre persone con i dna modificati, con l’aggiunta di
materiale genetico degli animali red code?”
Strawberry ci pensò un
attimo, poi rispose: “C’era la sorella di Kyle, che fu scelta come prima mew,
ma, dopo ci fu un rigetto del dna modificato e la procedura fallì… poi ci siamo
solo noi…”
“Nessun’altro, sei
sicura?” disse Ghish, sul cui volto iniziava a spuntare un leggero sollievo.
“Sì… ma aspetta un
attimo” si riprese, correggendosi, mentre Ghish sudava freddo.
Art…
Art era Ryan… Ryan aveva il dna modificato…
Strawberry
riprese, la voce più triste: “Ryan… lui aveva il dna modificato… il mio stesso
dna, quello del gatto iriomote…”.
Ghish imprecò a
mezza voce, poi chiese ancora: “Scusami per questa domanda, ma è per me di
vitale importanza… hanno mai trovato il cadavere di Ryan?”.
Strawberry negò
con il capo, lo sguardo sempre più triste: “No, dicono che il suo corpo si sia
dissolto nell’esplosione della sua motocicletta, e i pochi resti furono portati
via dalla corrente del mare…”.
Ghish annuì
pensosamente, e in modo decisamente preoccupato disse ancora: “Se non mi
ricordo male, la prima volta che vedesti il Cavaliere Blu, lo scambiasti per
Ryan…”.
La ragazza annuì
ancora e rispose, la voce ormai quasi inesistente: “Erano praticamente uguali…
era impossibile non crederli la stessa persona…”.
Ghish assentì, e
poi sospirò vistosamente, dicendo: “Speravo che questo non dovesse mai
accadere… ma ormai credo che ne debba prendere atto…ci sono molte possibilità
che quello che temevo sia realmente successo…”.
Strawberry,
fiaccata psicologicamente dal martellare continuo dei ricordi di Ryan, si
limitò a chiedere stancamente: “Che cosa dovrebbe essere successo?”.
Ghish la guardò
in volto con compassione. Come poteva dirle i suoi sospetti? L’avrebbero
semplicemente uccisa, dopo tutto quello che gli aveva raccontato…
L’alieno la
guardò per qualche istante, poi poggiò la sua mano sulla sua, che era fredda
come il ghiaccio, e disse comprensivo: “Strawberry, non voglio né che tu ti
spaventa, né che tu ti illuda inutilmente, ma ormai credo che sia quasi una
certezza…”.
La ragazza
sbarrò gli occhi e gli chiese di continuare.
Ghish riprese
con un profondo sospiro, parlando molto pacatamente, sebbene Strawberry avvertì
comunque la tensione nella sua voce: ”C’è la possibilità che Profondo Blu sia
ancora vivo e che stia usando il corpo di Ryan…”.
(Risatina cattiva! Ho sospeso
proprio nel momento migliore, spero di avervi in parte tranquillizzato sulla
sorte di Ryan, anche se la faccenda è ancora lunga! Spero che continuerete lo
stesso a seguire la fic! A proposito della sorella di Kyle, che ho nominato,
non so se esiste davvero nel manga o nell’anime, ma questo è un mio personaggio
ed è assolutamente inventato! Comparirà anche lei tra qualche capitolo ed avrà
un ruolo, a suo modo, importante! Grazie a tutti coloro che hanno recensito!)
Strawberry sentì la testa pulsarle, mentre i polmoni smettevano di
raccattare ossigeno dall’aria circostante
Capitolo 3- Sorrow of love
“…Empty spaces fill me up with holes… distant
faces with no place left to go…”- Backstreet Boys Strawberry sentì la testa pulsarle, mentre i polmoni
smettevano di raccattare ossigeno dall’aria circostante. Che significa sta usando il corpo di Ryan? Si chiese, il volto
scarlatto, mentre le vene vibravano sotto la sua pelle.
Staccò
bruscamente la sua mano da quella di Ghish, e chiese, la voce innaturalmente
acuta: “Che significa?! Che significa sta usando il corpo di Ryan?! Ryan è
morto! Morto! Come potrebbe usare il suo corpo?!”.
Ghish
rispose semplicemente: “Se le cose stessero davvero così, mi sembra abbastanza
chiaro che non sta usando un cadavere, che tra l’altro non dovrebbe neanche
esistere, considerando l’incidente terribile in cui è morto Ryan… no,
Strawberry, se e sempre se, le cose stanno così, questo vorrebbe dire che Ryan
è ancora vivo…”.
Ryan è ancora vivo… quelle parole sembrarono
squarciarle la testa, come un fulmine, che attraversa saettante il cielo,
immalinconito dalle nuvole grigie. La sua mente era grigia, la sua anima era
grigia, ma quelle quattro semplici parole illuminarono per qualche istante le
ombre, che si trascinava dietro da tre anni, facendole sparire. Le sembrò di
respirare ancora… Dio, se è solamente un’illusione, fa per favore che non
finisca troppo presto…
“Scusa,
ma continuo a non capire…” mormorò Strawberry, le mani strette freneticamente
attorno al cuscino celeste del divano.
“Cercherò
di essere più chiaro” continuò Ghish “L’ incidente che Ryan ha subito potrebbe
essere, in realtà, un diversivo che Profondo Blu ha utilizzato per far passare
Ryan morto, quando, invece, aveva bisogno di lui, del suo corpo…”.
“Ma
perché, se fosse ancora vivo, dovrebbe aver bisogno proprio di Ryan? Non
sarebbe più logico prendere di nuovo Mark?” chiese, con un filo di voce,
temendo sempre che ad ogni parola la sua bella e calda illusione sparisse.
Ghish
rispose semplicemente: “Se fosse ancora vivo, avrebbe bisogno di una persona
con il dna modificato… sai, si crea una piccola imperfezione genetica, che
rende più facile la sua possessione, e considera che, dopo l’ultimo scontro, è
particolarmente debole…”.
“Sì, ma
poteva prendere me o qualcuna delle altre, perché proprio lui?!”
Ghish
rispose enigmaticamente: “Non l’ha fatto certamente perché Ryan ha il dna
modificato… deve essere stata una bella sorpresa per lui scoprire una cosa del
genere, che l’ha agevolato non poco… lui aveva bisogno proprio di Ryan, e il
motivo è molto più complicato di quello che tu adesso potresti capire… saprai
tutto, te lo giuro, ma adesso dobbiamo prima di tutto scoprire, se la nostra
ipotesi è giusta…”.
“Io ti
aiuterò, stanne certo” disse Strawberry, con decisione.
“Bene,
devi cercare di portarmi il maggior numero possibile di informazioni su Ryan,
il suo dna modificato, e sulle circostanze dell’incidente… poi mi serve anche
qualche informazione su Mark e sul rapporto che lo legava a Profondo Blu… per
il resto, ci penserò io…” concluse Ghish.
Strawberry
acconsentì e poi disse, malinconica: “Ascolta Ghish… vorrei che almeno per il
momento, le altre ragazze non sappiano nulla, non vorrei illuderle
inutilmente…hanno sofferto già troppo”.
Ghish
sorrise e disse: “Sei davvero generosa, gattina mia… non pensi alla tua
sofferenza, se questo sarà solo un buco nell’acqua?”.
Strawberry
negò con il capo. Quanto era bella la difesa che si era costruita per tenere
fuori le sue compagne… in realtà, non voleva che la considerassero ancora una
povera pazza, come era accaduto in passato, quando il suo dolore si era
trasformato in rabbia, la rabbia più cieca che avesse mai provato in vita sua.
E poi, era così meraviglioso essere l’unica a coltivare quella segreta speranza
nel cuore. Se Ryan era ancora vivo, voleva essere lei, e lei sola a salvarlo…
Il
giorno dopo, era domenica, ma Strawberry si alzò presto. Doveva lavorare e, nel
pomeriggio, doveva veder Mark. In circostanze normali, sarebbe stata felice
solo perché doveva vedere le sue amiche e il suo ragazzo, ma stavolta era
diverso. Sapeva che entrambe sarebbero state due occasioni importanti per
raccogliere informazioni, e sperava che quello che Ghish aveva detto fosse
vero. Certo, questo voleva dire che Profondo blu era ancora vivo, e
probabilmente per togliergli Ryan, avrebbe dovuto affrontare un altro combattimento,
ma, al momento, non le importava. Era più dura la sua vita di ogni giorno, che
una battaglia. E poi…
Ryan potrebbe essere ancora vivo… le sembrava di toccare il cielo
con un dito, se ci pensava.
Si
vestì velocemente e corse al locale, dopo aver salutato i genitori e Ghish che
facevano colazione in cucina. Ghish, che aveva ripreso il suo semi aspetto
umano, le strizzò l’occhio e Strawberry sorrise, pensando che fortunatamente la
madre aveva accettato di buon grado la presenza del ragazzo in casa per qualche
giorno, convincendo anche il reticente marito.
Strawberry
arrivò al locale, trovandovi già tutte le ragazze.
“Sempre
in ritardo!” le urlò contro Mina “Non che mi stupisca oramai… meno male che
dovevi essere qui per le otto e mezzo! Lo sai che dobbiamo fare l’inventario!”.
“Ma sì,
ma tanto adesso sono arrivata!” replicò, sorridente Strawberry, suscitando lo
stupore delle altre.
“Da
quando non è così allegra?” mormorò Paddy, mettendosi una ciocca di capelli
biondi dietro l’orecchio.
“Credo
da quando è morto Ryan…” rispose Pam, guardando fisso Strawberry, che stava
prendendo una scopa e una paletta per spazzare per terra.
Lory
riprese tristemente: “Spero che le stia finalmente passando… Strawberry è
quella che è stata peggio di tutte noi… io ero molto innamorata di Ryan, ma poi
il tempo ha guarito le ferite…”.
Lory si
chiuse nelle spalle sottili, e abbassò lo sguardo. Non che stesse dicendo tutta
la verità… lei amava ancora molto Ryan, pensava molto a lui, ma oramai si era
rassegnata all’idea che il ragazzo biondo americano non ci fosse più. Anche lei
era stata male, aveva sofferto molto, e, inutile negarlo, perché convinta che
la colpa della morte di Ryan fosse solo di Strawberry. Era rimasta di quella
convinzione per parecchio tempo e aveva trattato a lungo la ragazza con
freddezza; non che lei l’avesse intuito… era talmente stravolta, da non
accorgersi di quello che accadeva anche ad un palmo dal proprio naso. In modo
semplicistico e innocente, poteva dire e raccontarsi che aveva odiato
Strawberry per tanto tempo perché aveva avuto paura che Ryan fosse innamorato
di lei, di Strawberry, e ciò l’aveva frenata anche nel dichiarargli i suoi
sentimenti, temendo un inevitabile rifiuto. Lo vedeva come lui la guardava,
come lui le sorrideva, come quando lei stesse male, si prodigava per aiutarla…
persino, quando voleva uscire con Mark, lui trovava delle scuse per dare a
tutte la giornata libera. Ma, mentre la ragazza usciva sorridente e correva tra
le braccia del suo adorato Cavaliere Blu, e lei si metteva a fare tutte quelle
cose che al locale nessun’altra si era degnata di fare, Ryan si sedeva su una
sedia, le braccia incrociate sul tavolo e rimaneva a guardare il vuoto per
qualche minuto. Ricordava ancora le sue dita, che si passava lentamente tra i
capelli biondi, e lei che guardava in trance il suo volto dall’espressione
triste e malinconica, i suoi occhi celesti accesi solo dalla infelicità… tante
volte aveva voluto abbracciarlo, riscaldare il suo cuore freddo di ghiaccio,
dirgli che lei c’era e che lui poteva sempre contare su di lei, ma non l’aveva
mai fatto. Si limitava a finire di spolverare e scappava via, salutandolo con
un sorriso, a cui lui rispondeva con un mesto e freddo: “Ciao Lory… ci vediamo
domani…”.
Pensava
che lui odiasse Strawberry e che il suo comportamento fosse dovuto alla
stanchezza e alla preoccupazione per il progetto, ma non era così. Lo aveva
capito quel giorno, origliando con le altre, dietro la porta dello studio di
Kyle… lui si era rivelato, come Art, solo e soltanto a Strawberry, e l’aveva
salvata tantissime volte, senza pretendere nulla in cambio… e poi l’aveva
baciata. Era uno scherzo, aveva detto, per non farsi considerare un grande
eroe… sì come no… uno scherzo, Ryan, uno scherzo… uno scherzo che ti
infiammò le guance, che ti fece bruciare le labbra di febbre di lei, che ti
accese gli occhi di mille luci colorate…
Lory lo
aveva visto, ma non ci voleva credere e non ci prestò attenzione al ricordo di
quella sua meravigliosa espressione per tanto, troppo tempo… perché voleva
essere stata lei l’artefice di quello meraviglioso scherzo, che aveva sciolto
l’imperturbabile Ryan Shirogane, e, invece, si era dovuta accontentare di
baciare le labbra fredde e salate di lui, quando era incosciente e incapace di
rispondere. Ma incapace anche di rifiutare.
Lory
sorrise a sé stessa, mentre ci ripensava, e raccoglieva intanto delle
scartoffie dall’ufficio di Kyle. Era stata davvero una codarda, lo era stato
per tutta la sua vita, anche quel giorno…
Era la
sera di Natale ed erano più o meno le tre. Strawberry era andata via da poco
assieme a Mark ed erano rimasti solo lei, Kyle, Ryan, Mina e Paddy, che era
però crollata, addormentata su un divano, circondata dai suoi fratelli. Mina
chiacchierava allegramente con Kyle del fatto che voleva andare in Francia, non
appena finita la scuola, e Kyle sembrava sinceramente interessato, perché sua
sorella viveva proprio a Parigi e gli aveva raccontato molte cose sull’elegante
capitale francese.
Lory,
che stava sistemando la cucina, si accorse che Ryan non c’era. Non lo vedeva da
una mezz’oretta e si chiese dove fosse. Non aveva ancora avuto l’occasione di
dargli il suo regalo, una sciarpa di lana celeste, come i suoi occhi; si
ricordò che Strawberry, per salutarlo, era uscita in veranda e pensò che
dovesse essere lì.
Passò
davanti allo specchio, che c’era nella grande sala del locale, e guardò il suo
riflesso, chiedendosi se l’abito rosso di velluto non fosse troppo serioso per
i gusti di Ryan.
Aprì la
porta finestra e lo trovò lì, appoggiato alla ringhiera, che guardava il
cielo... era così bello che le fece male al cuore vederlo. Si avvicinò in punta
di piedi a lui, come se avesse paura che sparisse, e tossicchiò per richiamare
la sua attenzione.
Lui non
si voltò e disse: “Ah, Lory…”.
Lei
rimase immobile, la voce che sembrava essersi persa nella strada che conduceva
alle labbra. Aveva scordato tutto quello che le era venuto in mente di dire, e
si sentiva una perfetta idiota. Abbassò lo sguardo, fissando le mattonelle
celesti del pavimento della veranda.
“Che
c’è?” chiese Ryan, sempre voltato di spalle “Devi dirmi qualcosa?”.
La sua
voce era ferma, decisa e cortese, ma era fredda. Lui era freddo. Gelido,
ghiacciato, non trasmetteva niente, alcuna emozione vibrava nelle sue parole
pacate e garbate. Con una fitta, Lory ricordò, quando a tavola, poco prima,
aveva chiamato Strawberry per dirle che si era macchiata la camicia di salsa.
Le aveva solo detto: “Sei un’imbranata!”, ma la sua voce, cielo la sua voce,
era felice, dolce, premurosa, la voce di…
La voce di una persona innamorata…pensò con una punta di angoscia,
poi si riprese, raccontandosi la solita favoletta tranquillizzante che Ryan
odiava Strawberry, che anche lei odiava lui, che non si erano mai potuti
sopportare, che Strawberry era innamorata di Mark…
Si
avvicinò a Ryan, appoggiandosi alla ringhiera, ma non sentendolo parlare, seguì
il suo sguardo e lo vide fisso sul lungo viale, che portava al Caffè. Nella
penombra, creata dalle luci arancione, vedeva solo le sagome di Strawberry e di
Mark, che si stavano allontanando, abbracciati.
Lory
distolse lo sguardo da loro e tornò a fissare Ryan, non sapendo che cosa dire,
commentò: “Certo che Strawberry è davvero molto innamorata di Mark…”.
Ryan
non rispose e, guardandolo, Lory colse una piccola smorfia sul suo bel volto
abbronzato.
Lei
sorrise e chiese, ridendo: “Non ti piace proprio Mark?”.
Ryan
sorrise leggermente, poi, lo sguardo adesso rivolto al cielo, disse: “Non mi
convince, ecco tutto… mi sembra inquietante il fatto che sia sempre così
perfetto e impassibile”, poi, la voce più bassa, aggiunse: “Ma a lei sta bene
così… se lei lo ama, non posso essere altro che contento per lei…”.
Lory
annuì con il capo, mentre ancora l’ansia la riprendeva ad ondate. Non sapeva
come, ma quei LEI, con cui si era rivolto per indicare Strawberry, le avevano
fatto male. Lei… lei, come se ci fosse solo LEI in lui, ma fosse conscio che
non fosse sua. Scosse la testa per quello che stava pensando, e si ricordò
della sua sciarpa.
La
stava per uscire dalla sua tasca, quando la voce di lui disse, pacata e
immensamente triste: “Lei si merita tutto il meglio del mondo…”.
Lory
sussultò e rimase immobile, i capelli scompigliati dal vento, che era iniziato
a soffiare pungente sul suo volto. Il pacchetto con la sciarpa rimase nelle sue
mani, che si affannarono a schiacciarlo nella sua tasca. Sentiva che stava per
piangere, non sapeva perché, ma voleva solo allontanarsi dall’algido ragazzo
americano.
Lui
è innamorato di lei… Ryan ama Strawberry… lui la ama e lei non lo sa… la ama
tanto quanto io amo lui… ripeteva la sua mente, come in un disco
rotto.
“A-
adesso devo andare, devo andare ad aiutare Kyle…” mormorò le labbra, scosse da
un tremore che non riusciva a fermare, mentre leggermente le sue orecchie lo
sentivano dire: “Vado anch’io… voglio farmi un giro, prima di andare a letto…”.
Lei
annuì con il capo e poi corse dentro, mentre lui scendeva pigramente le scale,
che dalla veranda conducevano in giardino.
Scoppiò
a piangere e le lacrime furono sue compagne, fino a quando, dolce e lenitivo, giunse
il sonno a chiuderle gli occhi. Non sapeva che, quando li avrebbe riaperti,
avrebbe trovato ancora le lacrime ad aspettarla.
Lory si
lasciò cadere su una poltrona, mentre quei ricordi le stancavano la mente ed il
respiro. Si volse attorno e vide Strawberry, che parlava, o meglio litigava con
Mina. Le sembrava che stesse bene, sorrideva, come prima, e ci metteva anche
abbastanza energia nel litigio con l’amica. Non aveva quella faccia da tempo,
da troppo tempo, e le fece sinceramente piacere.
Come tante
volte, si chiese come mai proprio la mew rosa fosse stata la persona, che
avesse sofferto di più per la morte del giovane Shirogane. Non aveva mai
dimostrato un grande interesse per il ragazzo biondo ed era stato proprio
questo, che Lory non le aveva perdonato, convincendosi che Ryan quella
maledetta sera era voluto uscire proprio per cercare di non pensare a lei. Si
diceva che avrebbe preferito mille volte che Strawberry avesse corrisposto i
sentimenti, chiari per lei, che Ryan provava nei suoi confronti, piuttosto che
causarne indirettamente la morte. Ma, in realtà, forse neanche quella soluzione
le sarebbe piaciuta tanto, e poi, in fondo, non era certo colpa di Strawberry
non essere innamorata di Ryan, e non era a causa sua che Ryan era morto. Ma aveva
avuto troppo voglia di prendersela con qualcuno per quello che era successo,
che non fosse Dio, il fato, la sorte o qualcosa di altrettanto oscuro, contro
il quale era troppo facile inveire e non trovare alcuna soddisfazione.
Ma,
poi, inspiegabilmente, era stata proprio Strawberry a provare il più forte
dolore per Ryan, un dolore, che l’aveva trasfigurata, come se la tacita
maledizione che Lory le aveva lanciato di soffrire tanto quanto soffriva lei,
non solo si fosse avverata, ma l’avesse colpita anche più fortemente di quanto
avesse fatto con lei.
Si
ricordava quella sera di febbraio, due mesi e mezzo dopo la morte di Ryan. Lei
era al Caffè, assieme alle altre, ad eccezione, ovviamente di Strawberry, che
era a casa sua, sempre barricata nella sua stanza, sempre rifiutandosi di
vedere alcuno. Era seduta su una sedia e contava le mance dei clienti, mentre
Mina cercava di studiare e Paddy stranamente silenziosa, spazzava. Pam era al
lavoro. Regnava un irreale silenzio, rotto solo dai rumori delle stoviglie, che
Kyle stava lavando. Era sempre così, da quando Ryan era morto e non c’era più
neanche Strawberry a litigare con lui, rendendo vivace e frizzante l’atmosfera.
Con nostalgia mista ad invidia, Lory si rese conto che erano loro due la luce
del Caffè Mew Mew.
Ad un
tratto, entrò Mark, tutto trafelato, bagnato dalla testa ai piedi, dato che
fuori pioveva e sembrava non avere l’ombrello.
Lory
gli si avvicinò, mentre cercava di riprendere fiato, e chiese che cosa era
successo.
Lui, il
fiato ancora corto, rispose: “Strawberry… è qui?”.
Lory
negò con il capo e disse: “Io non la vedo dal giorno dopo la morte di Ryan…”.
Mark
assunse un colorito pallido e riprese, sottovoce, come se stesse parlando solo
a sé stesso: “Dove diamine può essere andata?”.
Mina si
avvicinò a loro, e chiese: “Non è a casa sua, scusa?”.
Mark
scosse il capo, e disse: “Sono passato da casa sua, come faccio ogni giorno,
quando torno dagli allenamenti di kendo… di solito, o non vuole vedermi o sua
madre mi dice che sta riposando, ma oggi mi ha detto che non era in casa e che
era uscita per andare in palestra. Mi sono meravigliato di questo e ho deciso
di andare a cercarla… mi sembrava strano che all’improvviso, le fosse venuta
tutta questa voglia di uscire… sono andato in palestra, ma mi hanno detto che
non c’era e che anzi non era iscritta nessuna Strawberry Momomiya… e allora ho
pensato che magari era venuta qui…”.
Paddy
intervenne, dicendo: “Qui, non è passata…”.
Mark si
passò una mano nei capelli bruni bagnati e disse: “Sono preoccupato… dove
diamine può essere?”.
“Ma
dai” replicò Lory, un po’ irritata “Dove credi che sia andata?! Si starà
facendo semplicemente un giro, e tra qualche ora, sarà di nuovo a casa…”.
Mark
guardò seriamente in viso la ragazza e chiese freddamente, gli occhi ridotti a
due fessure: “Da quanto tempo non la vedi?”.
Lory, a
disagio, ribadì che non la vedeva dalla morte di Ryan.
Mark
rispose allora, molto più freddo e chiaramente preoccupato, che in quel caso
non poteva certamente capire.
“Che
cosa non potremmo capire, scusa?!” ribatté Paddy, chiaramente scocciata “Lei è
una nostra amica e sappiamo quanto sta male… anche noi sentiamo molto la
mancanza di Ryan e tu ci dici che non potremmo capire… al massimo, sei tu, che
non puoi capire, visto che tu e Ryan non eravate certo ottimi amici…”.
Mina
diede manforte alla ragazzina bionda e disse: “Scusa, ma ha ragione…”.
“Certo
che ho ragione…” riprese Paddy, battendo il piede a terra.
“Non è
questo quello che Mark vuole dire” s’inserì Kyle, che reggeva tra le mani uno strofinaccio
bagnato “Io e lui abbiamo visto Strawberry in questi ultimi tempi e vi posso
garantire che è distrutta…”.
“Anche
noi lo siamo, cosa credi, Kyle?!” urlò Lory, con un tono, che non le
apparteneva, gli occhi pieni di lacrime.
“Lei lo
è di più!” riprese Mark, fortemente “Lei lo è molto di più di voi! Non mangia,
non parla, non esce… se la vedesse, capireste che potrebbe fare di tutto…”, poi
più sottovoce, aggiunse: “Ha smesso di vivere e credo che, nel profondo, non
voglia neanche più farlo…”.
Le altre
mew tacquero all’improvviso. Non sapevano e nemmeno immaginavano che Strawberry
stava così male. Si erano semplicemente ritirate ognuna nel loro dolore,
credendo che il proprio fosse maggiore di quello di tutte le altre. E adesso,
invece, venivano a sapere che quello di colei che forse ne avrebbe sofferto di
meno, era il più forte e distruttivo tra tutti.
“Dobbiamo
trovarla” disse Paddy, decisa.
“Sì… io
e Lory perlustreremo il quartiere est” iniziò Mark “Mentre tu e Mina andrete ad
ovest… Kyle, sarà meglio che tu rimanga qui, nel caso dovesse passare da qui”.
I
ragazzi uscirono freneticamente dal locale, percorrendo velocemente il vialetto
e dividendosi alla fine di esso.
Lory e
Mark camminarono velocemente, i piedi che affondavano nelle pozzanghere scure.
Lory si sentiva in colpa e voleva assolutamente trovare Strawberry quanto prima
possibile, mentre Mark sembrava che avrebbe avuto un infarto di lì a poco.
Erano
le undici e quarantacinque, quando Mark, esausto, dopo tre ore di ricerche
frenetiche, propose a Lory di entrare in piccolo bar per bere un bicchiere
d’acqua. La ragazza annuì anche se il posto, che recava un’insegna al neon
rossa, con la scritta Hell’s Kitchen, non le ispirava nulla di buono.
Entrati, si trovarono in una saletta fumosa e illuminata da
tenui luci rossastre, che provenivano da dei lumi, posti su dei tavolini
circolari, che ingombravano la stanza.
Si avvicinarono al bancone, mentre Lory si teneva vicina a
Mark per paura dei frequentatori del locale, che la fissavano e mormoravano, in
preda all’ubriacatura, frasi sconnesse e offensive nei suoi confronti. Mark
chiese un bicchiere d’acqua, che gli fu servito in mal modo da un tipo, che
recava sul braccio il tatuaggio di un teschio, dalle cui fauci uscivano delle
fiamme. Lory distolse lo sguardo da lui e si trovò a guardare una figura,
accasciata sul bancone. Sembrava una ragazza, anche abbastanza giovane, il cui
volto era in parte coperto dal collo del cappotto nocciola che indossava, e i
cui capelli erano nascosti in un basco dello stesso colore. Sembrava stesse
dormendo, ed era molto sudata; le labbra violacee che si muovevano appena,
mormorava qualcosa, il cui tono imitava quello di una filastrocca. Lory si
avvicinò, curiosa di sentire che cosa dicesse, e in quel momento, il basco cadde
dalla testa della ragazza, lasciando il posto ad una cascata di capelli rossi,
come il sole al tramonto.
“Strawberry!” urlò Lory, sconvolta e spaventata. Mark si
avvicinò a lei e vide la sua fidanzata, chiaramente ubriaca. Turbato, cercò di
farle aprire gli occhi e la ragazza li aprì per qualche istante. Erano occhi
spenti, vuoti e a Lory fecero paura: sembravano le orbite vuote di un teschio.
Strawberry scoppiò a ridere, fissando Lory, una risata
scomposta e senza allegria, che le fece accapponare la pelle. Poi, lei riprese
la sua cantilena, chiudendo di nuovo gli occhi. E, sebbene Mark non fece
commenti, mentre la prendeva in braccio, a Lory parve chiaro sentire: “Non lo
rivedrò più e non glielo dirò mai… Non lo rivedrò più e non glielo dirò mai…”.
Poi le sue labbra si piegarono in un dolce e strano sorriso.
La portarono al Caffè, coprendola a casa, dicendo che restava
a dormire da Lory, e la adagiarono sul letto rimasto nella camera di Ryan. Ebbe
un sonno agitato, e, alle volte, si risvegliava, urlando: “Perché te ne sei
andato?! Perché?! Non dovevi, non dovevi…”. Mark e Lory vegliarono su di lei
tutta la notte. Non seppero mai che cosa avesse preso, fatto sta che stette
male per ore intere.
Al mattino, sembrava essersi calmata, ma in realtà non era così.
Appena sveglia, lo sguardo allucinato, iniziò a dire che Ryan non poteva essere
morto e prese a fare tutta una serie di stupide indagini per capire che cosa
era veramente successo. Diceva di averlo sognato, diceva che lui le aveva detto
che non era morto e che voleva che lei lo andasse a prendere, perché era
prigioniero.
Poi, capii che era morto e disse che voleva sapere di chi era
la colpa di quello che era successo. Continuava a fare indagini, ricerche,
estraniandosi per ore e parlando da sola nel freddo isolamento della sua
stanza. Gli amici e la famiglia, non sapendo più che fare, la guardavano
addolorati sfiorire giorno per giorno.
Un giorno, poi, mentre era al Caffè chiusa nel laboratorio di
Ryan, mentre smanettava al computer, qualcosa cambiò. Mentre cercava un floppy,
sotto lo sguardo rassegnato e preoccupato di Mark, Lory e Kyle, le cadde dalla
tasca un piccolo fermaglio, un fermaglio, che sembrava che le avesse regalato
Ryan, il giorno, in cui era morto. Lei lo raccolse, lo prese tra le mani,
sorridendo e disse: “Questo me lo ha regalato Ryan…”, l’espressione assente
piegata in una dolce e ottusa felicità.
Mark e Lory pensarono che fosse ancora un ricordo fasullo che
si era creata, ma Kyle le si avvicinò e chiese di farglielo vedere. Lei glielo
dette e Kyle, con gli occhi lucidi, disse, stringendo le mani di Strawberry:
“Lo sai, piccola, questo che cos’è? Era il fermaglio che portava spesso la
mamma di Ryan, prima di morire… glielo aveva regalato lui, per Natale, ma poi
sua madre glielo aveva dato, dicendo di tenerlo sempre con sé e di stringerlo
forte, quando stava male o sentiva la sua mancanza. Ryan era un bambino molto
solo e sentiva spesso la mancanza dei suoi genitori, quando non c’erano… quando
morirono, si sedeva dietro la finestra, quando pioveva e lo stringeva tra le
dita, sorridendo…”.
Strawberry, il volto leggermente più sereno di quanto non lo
fosse stato negli ultimi sei mesi, disse: “E lui l’ha dato a me…”.
Kyle, piangendo, disse: “Sì, piccolina… l’ha dato a te e
tramite quell’oggetto ti proteggerà per sempre… l’ha fatto perché ti voleva
molto più bene di quanto immagini…”, poi se la strinse contro e disse,
sottovoce nel suo orecchio: “… non ti devi preoccupare… lui non ti ha lasciato
da sola e non lo farà mai…”.
Strawberry scoppiò a piangere e pianse per ore, poi, al
mattino, distrusse tutto il materiale, che aveva raccolto, e chiese scusa a
tutti per averli fatti preoccupare. Disse di voler ricominciare a vivere, disse
di voler lasciare dietro di sé Ryan Shirogane, ma adesso Lory si chiese se lo
avesse mai davvero fatto.
Cercò con lo sguardo la ragazza attorno alla stanza e la vide
che entrava nel laboratorio di Kyle, dicendo che voleva fare delle pulizie;
fino a qualche tempo prima, Lory l’avrebbe seguita, temendo che facesse qualcosa
di stupido, come aveva fatto in passato, ma adesso non aveva più paura. La
lasciò andare da sola.
Strawberry scese lentamente i gradini del laboratorio, dopo
essersi chiusa la porta dietro di sé. Premette un interruttore, che accese dei
neon nella stanza, che si illuminò appena.
Continuò a scendere le scale, fermandosi di fronte ad un
computer, posto su una scrivania, piena di fogli e di cartelle disordinate.
C’erano ancora delle provette, piene di liquidi strani, residui del progetto
mew mew. Strawberry li analizzò attentamente, fino a trovare una provetta, che
conteneva un liquido celeste chiaro, con sopra attaccata un’etichetta con su
scritto: “Gatto Iriomote”, poi era stato aggiunto con un pennarello indelebile:
“Strawberry Momomiya”, e poi “Ryan Shirogane”. Sorrise stranamente imbarazzata
nel vedere il suo nome e quello di Ryan così vicini, ma poi scrollò il capo e
prese la provetta, mettendosela in tasca.
Non sapeva se bastasse quello a Ghish, ma decise di non
rischiare ed accese il computer di Kyle. Quante ore ci aveva trascorso, facendo
complicati schemi per provare, senza nessun ragionevole dubbio, che Ryan era
ancora vivo… solo adesso si ricordava le facce sofferenti di Kyle, Lory, Mark,
Paddy, Mina e Pam, che la guardavano senza osare però fermarla. Scosse ancora
il capo, cercando di scordare quelle immagini e convincendosi che stavolta era
diverso, stavolta era vero che Ryan poteva essere vivo, o almeno era quello che
diceva Ghish.
Aprì una cartella, che conteneva dei documenti, risalenti a
quattro anni prima: c’erano delle schede, su lei e sulle altre, e poi, datata
più recentemente, ce ne era una su Ryan. La aprì, trovando tutta una serie di
dati su Ryan e su dei test che Kyle doveva aver fatto su di lui, dopo che si
era volontariamente iniettato il dna animale.
Vedendo la sua foto sul computer, le venne da ridere a
rivedere la sua faccia strafottente. Poi, si ricordò che non aveva tempo da
perdere e stampò il documento, che era di due pagine e mezzo.
Mentre la stampante lavorava, prese a mordicchiarsi
nervosamente il dito. Fu allora che la porta si aprì, facendovi entrare Kyle.
“Ciao Strawberry!” disse il ragazzo educatamente “Che stai
facendo?”. Aveva visto il computer acceso e si era decisamente insospettito.
“Una- una ri- ricerca per la scuola” mentì velocemente,
mentre raccattava il suo foglio che cacciò velocemente in tasca “Adesso vado,
devo finire di spazzare il viale…”.
Strawberry spense velocemente il monitor e corse fuori,
mentre Kyle la guardava preoccupato.
Kyle si avvicinò al computer e, dalla lista dei dati recenti,
trovò il documento stampato da Strawberry. Guardò malinconicamente la foto del
suo vecchio amico di infanzia e mormorò tristemente: “Sembra proprio che tu non
ne voglia sapere di lasciarla, Ryan… devi amarla ancora molto, razza di
testone…”.
Capitolo
un po’ strano, visto che è dal punto di vista di Lory, ma volevo far vedere
quale era stata la sua reazione alla morte di Ryan e il suo atteggiamento verso
Strawberry! In fondo, mi ha sempre fatto un po’ pena! Lory, intendo! Comunque,
sono iper mega ultra contentissima che stiate seguendo la mia fic! Voglio
ringraziare specialmente JunJun (grazie tantissimo per i tuoi complimenti,
spero che seguirai la mia fic fino alla fine, anche perché ci sono molte altre
sorprese… eheheheh… risata di compiacimento di me stessa!), Chibi (sono felice
che ti abbia coinvolto tanto, per me è importante saperlo perché così mi sento
incoraggiata a continuare!), Mew Pam (per vedere se la tua ipotesi della
trasformazione in Art sia giusta non ti resta che continuare a leggere! Questa
si chiama TECNICA-PER-TENERTI-INCOLLATO-UN-LETTORE!), Nadia Sakura Kan (questa
fic è nata proprio perché non riuscivo a capire come mai il Cavaliere Blu fosse
il merluzzo e non Ryan!), Jessy (spero di essere riuscita a ripostare il primo
capitolo!), Pfepfer (ho cercato di scrivere più grande che potessi!) e poi
Gaia, Dodochan, Yuki, Super_ fan_ di_Ryan, Ichigo chan, Kashia, Super Gaia,
Tessa, Maron chan ’ 92, sperando di non aver dimenticato nessuno! Grazie anche
a quelli che hanno letto e non hanno recensito! La prossima volta lasciate un
piccolo commento! Il prossimo capitolo arriverà nei prossimi giorni anche
perché non ci sarò nei primi di agosto e quindi non potrò aggiornare! Quindi a
presto! Ciao ciao da Cassie chan! (quest’ultima frase sembrava più una
filastrocca che un saluto!)
Strawberry era corsa fuori, sospirando di sollievo, mentre si cambiava,
dopo aver detto a Mina che lei doveva andare via perch
Capitolo 4 – Truth & Lies
“… and you can easily gamble you life away, second after second,
and day by day…” - Sugababes
Strawberry era corsa fuori, sospirando di sollievo, mentre si
cambiava, dopo aver detto a Mina che lei doveva andare via perché doveva vedere
Mark. Era davvero troppo importante, non ce l’avrebbe fatta un giorno di più ad
aspettare prima di fargli le famose domande, di cui le aveva parlato Ghish.
Solo tramite quelle domande, avrebbe finalmente saputo la verità… se Ryan è ancora vivo, o no…
Odiava mentire a Mark e non dirgli la verità, ma sapeva che lui se
la sarebbe presa molto se avesse saputo una cosa del genere. Non aveva
sopportato Ryan , quando era ancora vivo, figuriamoci sapere che la sua ragazza
pensava ancora a lui, e poi era convinta che fosse vivo, e stava indagando con
un alieno, che poco tempo prima, se la sarebbe volentieri portata sul suo
pianeta.
No, era escluso che potesse dirgli qualcosa… sospirò leggermente,
mentre si sfilava la divisa del bar. Si ricordò di un’altra cosa, che doveva
fare prima di vedere Mark… estrasse dalla borsa il cellulare e compose un
numero, che aveva trovato pochi minuti prima sull’elenco telefonico.
Una voce maschile annoiata rispose, dopo una decina di squilli:
“Centrale di polizia di Tokyo… in che cosa posso esserle utile?”.
Strawberry sospirò, dando inizio all’ennesima commedia:
“Buongiorno, mi chiamo Akane Harukaze e sono al primo anno dell’Accademia di
Polizia… volevo chiederle gentilmente un piacere… ci hanno dato da fare una
ricerca sulle procedure da adottare in caso di incidente stradale e mi hanno
chiesto di compilare per esercitazione un finto verbale… potrei eventualmente
consultarne qualcuno dei vostri per poter capirne meglio la struttura?”.
La voce replicò: “Sa, signorina Harukaze, si tratterebbe di venire
domani perché oggi c’è stato un incidente sull’autostrada nord- occidentale e
non troverebbe nessuno che la possa aiutare… può aspettare fino a domani?”.
“Certamente…” ribatté Strawberry, decisamente sollevata che la sua
idea si fosse rivelata azzeccata. Evidentemente erano abituati a sentire di
quelle richieste.
“Bene, allora venga domani mattina verso le 11, 30 e chieda di me…
il mio nome è Rob Landon…”.
“La ringrazio molto… allora a domani…”. Strawberry chiuse la
conversazione, decisamente soddisfatta. Si mise una gonna longuette di raso
color avana e un maglia con le maniche a tre quarti bianca. Calzò un paio di
stivaletti di pelle nocciola e legò i capelli in una coda con un nastro bianco
di raso. Era perfetta, così come la voleva Mark.
Così, come mi ha
sempre voluta Mark… si riscosse, mentre si guardava allo specchio, cancellando quel
pensiero.
Salutò le amiche e si incamminò verso la stazione, dove aveva
appuntamento con Mark. Il ragazzo moro la stava aspettando e teneva in mano un
grosso mazzo di rose rosse, che porse alla ragazza non appena arrivata con un
bacio.
“E queste per che cosa sono?” chiese Strawberry, leggermente
confusa. Aveva paura di aver dimenticato qualche anniversario, cosa che le
accadeva spesso.
“Per il fatto che esisti e che sei la mia ragazza” replicò Mark,
baciandola ancora, mentre lei sorrideva dolcemente alle sue parole.
“Allora dove si va?” chiese Mark.
“Che ne dici del cinema e poi ci facciamo una pizza?”.
Il ragazzo parve d’accordo, anche se forse intimamente aveva
sperato in un altro programma. Non era il tipo da ammettere o da fare
addirittura richieste esplicite di questo genere, e poi Strawberry era ancora
così dannatamente fragile… dopo la morte di Ryan, lei era semplicemente
diventata un’altra persona, una persona, che sembrava aver perso molta della
sua forza e della sua luce. La ricordava quella ragazzina con i codini, che
sorrideva e arrossiva, quando lui le parlava, che l’aspettava all’uscita dagli
allenamenti, quella ragazza insicura, a cui aveva regalato un campanellino,
dalla quale non si era separata mai… e, con rammarico, si ricordava anche di
un’ adolescente spensierata, che era diventata una paladina della Terra e che
lavorava in un caffè, che sorgeva su una piccola collinetta, e che passava il
suo tempo a litigare con un ragazzo biondo, di origine americana, che la
guardava come se fosse la cosa più bella ed importante del mondo.
Mark scosse la testa, mentre lui e Strawberry facevano la coda per
il cinema. Era inutile pensarci, tanto a quel problema non c’era alcuna
soluzione. Strawberry era diventata una specie di scultura di cristallo
trasparente; era ancora più bella e lo faceva impazzire il fatto di aver
persino paura di toccarla, ma era ormai evidente che la sua fidanzata si sarebbe
autodistrutta, se l’avesse forzata a fare qualcosa che lei non voleva. Qualcosa
che, invece, per lui, sarebbe stata la chiave per aprire l’immenso portone del
Paradiso.
“Cos’hai, Mark?” chiese Strawberry, agitando una mano davanti al
naso di Mark“Sei così pallido!”.
“Nulla” rispose Mark, con un fugace sorriso “Assolutamente nulla”.
Dopo il film, i due ragazzi erano andati in una pizzeria in
centro, che aveva dei tavolini all’aperto, da cui si poteva vedere il panorama
del mare, inargentato dal chiarore della luna piena.
Strawberry stava mangiando un pezzo di crostata, quando si ricordò
del motivo principale, per cui era uscita con Mark. Poggiò nel piatto il
cucchiaio ed esordì, con voce flebile, dato che non sapeva quale sarebbe stata
la reazione del ragazzo: “Ascolta Mark… avrei una cosa da domandarti… si tratta
di semplice curiosità, non fraintendermi, ma era da tempo che volevo
chiedertelo…”.
“Dimmi”.
“Quando dividevi il corpo con Profondo Blu, eri cosciente di te
stesso?” chiese Strawberry, la voce ridotta ad un sussurro, mentre, rimbalzando
tra le pareti della mente, come in un eco, sentiva ripetere la vera domanda a
cui voleva risposta: “Se Ryan è effettivamente controllato da
Profondo Blu, è ancora cosciente di sé? Si ricorderà di me?”.
Mark rimase immobile, come se avesse ricevuto un calcio nello
stomaco. Perché quella domanda, perché chiedergli di quello che stava cercando
di scordare? Alzò lo sguardo su di lei e incrociò le sue grandi iridi color
caffè: la sua espressione era timida, spaventata ed imbarazzata, ma i suoi
occhi no . Erano insopportabilmente seri, carichi di una luce fortissima, che
credeva di non aver mai visto in lei: e capì, capì che di qualsiasi cosa si
trattasse, era troppo importante per lei avere una risposta.
“Nella maggior parte del tempo sì” iniziò Mark “Soprattutto,
quando ero con la mia famiglia, oppure con i miei amici o con te… ero
normalissimo e sentivo solo me stesso in me. C’erano però momenti, in cui non
ricordavo che cosa stessi facendo fino a pochi momenti prima, e che non capivo
come ero arrivato in un determinato posto. Soffrivo di questa specie di
sindrome, da quando ero bambino, anche se nell’ adolescenza, si ripresentava
con molta più frequenza. Feci dei controlli, ma ovviamente non risultò nulla. I
medici parlarono di una sorta di narcolessia, che però non sembrava avere cure,
né un decorso tradizionale, ma che non era nemmeno pericolosa per me, al
massimo molto fastidiosa. Così, alla fine, i miei non hanno più insistito per
fare ulteriori analisi.
“Poi, quando diventai il Cavaliere Blu, accadde qualcosa di
particolare. Sentivo in me il desiderio di proteggerti, e allora sentivo una
forte energia erompere dal mio corpo, ma sapevo, anche se inconsapevolmente,
che quell’energia non mi apparteneva. Credo che io avessi avuto accesso, grazie
al mio desiderio di starti vicino, ai poteri di Profondo Blu e, da allora, non
ho avuto più pace. Dopo i primi tempi, in cui perdevo coscienza,
trasformandomi, riuscii a controllare i miei poteri, ma sempre in parte… poi
iniziai a soffrire di sogni premonitori e visioni, soprattutto su di te…”.
“Davvero?” chiese Strawberry sconvolta “Non me l’hai mai detto…”.
“Sì, sono durate fino alla mia perdita dei poteri due anni fa…
avevo anche sporadicamente accesso ai ricordi di Profondo Blu… vedevo grandi
sale, con tante persone vestite a festa, balli e ricevimenti e poi soprattutto
due alieni, una donna, che non vedevo però mai bene in volto e un altro alieno,
biondo e con gli occhi azzurri…”.
“Il Cavaliere Blu?” chiese Strawberry, mentre si ricordava delle
domande della sera prima di Ghish. Le aveva chiesto: “Se non mi ricordo male,
la prima volta che vedesti il Cavaliere Blu, lo scambiasti per Ryan…”… e se fosse quella strana
somiglianza la causa della necessità di Profondo Blu a prendere proprio Ryan?.
“Già, proprio lui, anche se era vestito in maniera differente”
continuò Mark “Credo che i poteri di Profondo Blu fossero suoi… i ricordi di
Profondo Blu erano colmi di rabbia e di risentimento verso quella persona, lui
lo odiava e non so perché, dato che da quello che ho potuto alle volte
percepire, dal modo con cui si rivolgeva a lui, dovevano essere fratelli…”.
“Fratelli?!” replicò Strawberry “Vuoi dirmi che il Cavaliere Blu
era il fratello di Profondo Blu?!”.
Mark si passò una mano tra i capelli e disse confuso: “Cercherò di
essere più chiaro, anche se non capisco perché ti interessa tanto… non l’ho mai
detto a nessuno, perché non mi sembrava importante conoscere la vita di
Profondo Blu… comunque, credo che in qualche modo Profondo Blu abbia assorbito
i poteri di suo fratello, inglobandogli nel suo corpo… nel momento, in cui sono
stato anch’io controllato da lui, gli ho sottratto quei particolari poteri, nel
modo in cui ti ho spiegato… così facendo, devo avere assunto l’aspetto
dell’antico proprietario di quei poteri, e cioè il fratello di Profondo Blu…
hai capito?”.
Strawberry annuì, mordendosi nervosamente il dito, mentre iniziava
a capire quale era la questione complicata di cui non aveva voluto parlarle
Ghish.
Profondo Blu e il
Cavaliere Blu erano fratelli, e Mark si è trovato in mezzo a questa strana
situazione, e forse si è trovato in mezzo anche Ryan…
Adesso, capiva perché Ghish non aveva voluto dirle niente: da
quello che aveva iniziato a sentire, la cosa doveva essere più strana di quello
che pensasse, anche se non riusciva ancora a capire che cosa c’entrasse Ryan.
Ma era certa che la questione della somiglianza era la strada su cui doveva
insistere.
“Strawberry, che hai?” chiese Mark, sentendo il silenzio
improvviso della sua ragazza.
“Niente” sorrise Strawberry “Sto benissimo, è solo che sono un po’
confusa… e un po’ stanca…”.
“Vuoi andare a casa?” chiese Mark, che si stava già alzando.
Strawberry annuì e i due si alzarono. Mark l’accompagnò a casa e
la baciò a lungo sulla soglia della porta, poi vedendo il suo viso preoccupato,
disse: “Spero di non averti spaventato, dicendoti quelle cose…”.
Strawberry gli sorrise, stringendo le sue braccia attorno al suo
collo: “Ero io che le volevo sapere… e poi non mi sono spaventata, è solo che
mi sono incuriosita… chissà perché Profondo Blu odiava suo fratello e ha
assorbito i suoi poteri…”.
Mark la baciò ancora, dicendo: “Sei una piccola micetta curiosa…”,
poi la lasciò andare.
Strawberry entrò in casa, sospirando. I suoi genitori si erano già
messi a letto, e l’unica luce accesa era quella nella camera degli ospiti. Salì
le scale, dopo essersi tolta le scarpe, e bussò piano alla porta di Ghish.
Aprì la porta e lo trovò seduto alla scrivania, che leggeva un
libro, dall’aria molto antica.
“Già tornata?” chiese Ghish, riponendo il libro in un cassetto.
“Sì, l’esperta investigatrice torna a casa dal suo socio, dopo
un’estenuante giornata di lavoro…” replicò lei ironicamente, sedendosi sul
letto.
“Scommetto che leggevi qualcosa a proposito dei due fratellini
alieni…” iniziò lei, stendendosi pigramente sul letto.
“CHE COSA?!”.
“Già, già, mio caro socio misterioso… hai dimenticato che sono
legata sentimentalmente ad un ragazzo, che divideva la mente e il corpo con
Profondo Blu?”.
Ghish si grattò la testa pensosamente e disse: “Quindi, Mark aveva
accesso ai ricordi di Profondo Blu?”.
Strawberry annuì, sollevandosi, e poi chiese: “Tu la sapevi questa
storia dei fratelli?”.
“Certo che la sapevo… è solo l’inizio di tutta questa maledetta
storia… se troverò conferma anche alla mia ultima teoria, il puzzle sarà
completo…”.
“Il puzzle si completa con Ryan, non è cosi?” chiese lei, lo
sguardo sempre più desideroso di avere risposte.
“Molto probabilmente sì… comunque, credo che chiamerò Blanche per
aiutarci in quel momento… sai, è un’alchimista molto esperta e si dovrà solo
teletrasportare qui…comunque, non preoccuparti di questo, è ancora presto…”.
Strawberry si uscì di tasca la provetta e il materiale, che aveva
raccolto al caffè, spiegando che il giorno dopo, avrebbe raccolto informazioni
alla Centrale, riguardo all’incidente di Ryan e che le risposte di Mark le
avrebbe sapute l’indomani.
Chiuse la porta alle sue spalle e ritornò nella sua stanza. Si
distese sul letto, poggiando un braccio sugli occhi. Cercò di addormentarsi,
ma, niente, il sonno non ne voleva sapere di venire. Vedeva proiettate sul
soffitto della sua camera le immagini di Mark e di Profondo Blu, e poi quelle
del Cavaliere Blu e di…
Ryan… Dio mio, che
cosa c’entra lui con Profondo Blu? Perché dovrebbe volere proprio lui? Il
Cavaliere Blu era uguale a Ryan, pensavo che fosse lui… e se effettivamente
fossero la stessa persona?
“Ma che cosa dico!” si disse ad alta voce, come per scacciare
dalla testa quello strano pensiero. Si accasciò sul cuscino e si addormentò.
La mattina dopo si alzò presto, ricordandosi del suo impegno alla
Centrale di Polizia e, dopo aver velocemente fatto una doccia e aver indossato
una camicia rosa e un paio di pantaloni bianchi, uscì di casa.
Camminò per strada velocemente, ma la sua attenzione fu attirata
da il titolo di un giornale locale, che riportava la seguente notizia: “Spaventoso
incidente stradale sull’autostrada nord occidentale”.
Si avvicinò all’edicola e comprò il
giornale. Era stranamente curiosa per quella notizia, e non sapeva spiegarsi il
motivo.
Quando lesse le prime righe
dell’articolo, ne capii il motivo. Era la stessa autostrada, dove Ryan aveva
avuto l’incidente.
L’articolo diceva che era stato un
incidente pauroso, e secondo gli investigatori, era stato provocato da
un’esplosione violenta, che era avvenuta nei vicini stabilimenti chimici,
abbandonati da molti anni. Si parlava di un prevedibile sopraluogo del
complesso industriale. Per fortuna, non c’erano state vittime, a parte una
donna che era rimasta ferita, di nome Halinor Akasaka.
Halinor Akasaka… mi sembra un nome conosciuto, aspetta l’ho letto
poco tempo fa, ma dove, maledizione?! Un attimo, che cosa ho letto
recentemente? I documenti del progetto mew mew… Kyle… Kyle fa di cognome
Akasaka… Halinor, sua sorella, la prima mew mew… ecco, chi è!
Strawberry non aveva mai creduto alle
coincidenze, e le sembrava troppo strano che, nel giro di tre anni, due persone
che erano state coinvolte nel progetto, avessero avuto un incidente su quella
strada. Certo, poteva anche essere un caso, ma non si sentì di escludere
niente. Si ricordò che, in fin dei conti, stava proprio andando alla centrale
di Polizia e quello era certo il posto migliore, dove indagare anche
sull’incidente di Halinor. Ma, intanto, pensò che fosse il caso di chiamare
Kyle per sapere qualcosa di più e, soprattutto, se Halinor stava bene.
Prese il cellulare e chiamò il Caffè.
Rispose Mina, che dopo mezz’ora di rimproveri sul motivo, per cui si era dovuta
prendere la mezza giornata libera, le passò Kyle.
“Ciao Kyle. Sono Strawberry… ho saputo
di tua sorella, come sta?”.
“Sta bene, per fortuna… mi ha detto che
era ferma perché stava facendo una telefonata e per questo, l’esplosione l’ha
colpita solo di striscio… il vetro del parabrezza si è però rotto e un
frammento le si è conficcato nella gamba… la terranno in ospedale solo per un
paio di giorni, credo…”.
“Sono contenta… vuoi che faccia
qualcosa per lei? Stamattina sono libera verso il tardi…”.
“Se puoi, potresti portarle delle mele…
mi ha chiamato e mi ha detto che non le piace la frutta dell’ospedale… che
razza di ragazza viziata!”.
“Non ti preoccupare” rise Strawberry
“Ci penso io… e poi ho proprio voglia di rivedere Halinor…”.
Dopo chiuse la conversazione,
incamminandosi vero la stazione di Polizia.
Ci arrivò, dopo una trentina di minuti,
e, dopo essere entrata, chiese all’ingresso se ci fosse l’agente Rob Landon. Un
poliziotto le indicò una porta a vetri sulla destra, che la ragazza raggiunse,
chiudendosela alle spalle.
Rob Landon era seduto dietro una
scrivania e stava parlando al telefono; mormorava frasi di scusa, intervallate
da sospiri e da sguardi rivolti al cielo. Poi, si accorse della presenza di
Strawberry e si affrettò a chiudere la conversazione.
L’uomo si alzò dalla sedia e disse,
cerimonioso: “Scommetto che lei è la signorina Harukaze…”.
Strawberry annuì e disse: “Spero di non
disturbarla… l’ho visto molto impegnato…”.
L’agente si passò un fazzoletto sulla
fronte sudata e disse, chiaramente stanco: “A dirla tutta, lo sono… sa per
quell’incidente sull’autostrada nord occidentale… mi ha chiamato il sindaco,
chiedendomi come mai i materiali presenti nel complesso chimico non siano stati
ancora eliminati… maledizione, se qualcuno ci avesse detto di farlo…”.
“Senta, se è così occupato, posso tornare
domani…”.
“No, non si preoccupi… tanto lei non
credo che abbia bisogno del mio aiuto…faccia pure con comodo e consulti lo
schedario lì a destra… l’unica cosa che le raccomando, nel caso dovesse entrare
il maggiore, dica di essere mia nipote per favore, altrimenti mi comincia a
riempire la testa di rimproveri… è solo che anch’io all’ Accademia, avevo
spesso bisogno di essere aiutato e se non fosse stato per i poliziotti di
allora, non sarei diventato quello che ora sono…”.
“La ringrazio davvero molto” replicò
Strawberry. Le cose si stavano mettendo decisamente per il meglio.
“Ora la devo lasciare… mi raccomando
lasci tutto in ordine…”.
L’uomo si richiuse la porta alle
spalle, lasciando Strawberry sola. La ragazza si diresse subito verso lo
schedario, aprendo un primo scomparto, che segnava però gli incidenti di ben
sette anni prima. Ne aprì uno posto più in alto e vi trovò una data più
recente, finchè arrivò agli incidenti avvenuti tre anni prima, e in particolar
modo, nel mese di dicembre.
Tirò fuori una cartella color avorio,
che conteneva un certo numero di fogli spillati tra loro. Si sedette sulla
scrivania e iniziò a scorrere i vari rapporti, finchè trovò quello che le
interessava.
<<Ryan Shirogane, nato a S. Francisco e
deceduto a Tokyo all’età di diciannove anni, a seguito di un incidente
stradale, avvenuto sull’autostrada nord occidentale al chilometro 254…>>.
Il rapporto sembrava uno dei più lunghi
lì presenti, constava di almeno dieci pagine, e perciò decise di farne una
fotocopia. Notò nell’angolo dell’ufficio una macchina fotocopiatrice e iniziò a
copiare i vari fogli, non tralasciando le fotografie e i vari referti della
scientifica.
Non appena terminò, rimise a posto il
rapporto e conservò i fogli fotocopiati nella sua borsa. Poi, si ricordò dell’incidente
di Halinor e decise di controllare. Magari, il rapporto sarebbe stato meno
completo di quello di Ryan, ma tanto valeva che cercasse.
Lo trovò nei primi scomparti dello
schedario e fotocopiò anche quello, dopo che si accorse che effettivamente
anche l’incidente della sorella di Kyle era avvenuto, non solo sulla stessa
autostrada, ma anche alla stessa altezza, il chilometro 254.
Mise anche quei fogli nella borsa e si
decise ad uscire, dopo aver lasciato un biglietto di ringraziamento per l’agente
Landon. Uscì velocemente dalla centrale e, non appena fuori, sospirò di
sollievo, dato che era andato tutto bene.
Una voce la fece sobbalzare: “Ciao
Strawberry!”. Era Mark.
“Cia- ciao Mark” balbettò lei, come se
fosse stata colta in flagranza di un qualche reato.
“Che cosa fai? Non dovresti essere a
lezione? E poi perché sei uscita dalla Centrale della Polizia?” la martellò
lui.
Veramente, mi sono finta una studentessa dell’ Accademia di
Polizia, ho quasi rubato un verbale di un incidente stradale, e sai di chi era
quell’incidente? Sai, Ryan Shirogane, il mio vecchio datore di lavoro, quel
bellissimo ragazzo biondo dagli occhi celesti, quello, per cui sono stata quasi
ricoverata in una clinica psichiatrica, quello che non mi sono mai dimenticata?
Io e il mio amico alieno siamo convinti che sia ancora vivo…
Strawberry scosse il capo emormorò: “Niente di particolare. Ho portato
un portafoglio che avevo trovato…”.
“Capisco” replicò piatto Mark.
“Signorina Harukaze! Signorina
Harukaze! Ha dimenticato il suo cellulare!” la chiamò l’agente Landon.
Strawberry, senza pensarci, si girò e
sorridendogli, prese il cellulare e lo ringraziò ancora. Poi, si ricordò della
presenza di Mark, che le chiese: “Perché ti ha chiamata così?”.
Strawberry arrossì imbarazzata e replicò
velocemente che forse si era sbagliato.
Ma Mark insisté: “Ma, c’è una bella
differenza tra il tuo cognome e Harukaze, non credi?”.
Strawberry, messa alle strette, replicò
stizzita: “E allora?! Che cosa vuoi insinuare?!”.
“Assolutamente niente” rispose Mark
tranquillo, mentre Strawberry iniziava a perdere la pazienza “E’ solo che devi
ammettere che in passato ti sei comportata in maniera strana e, per questo,
sono preoccupato per te…” .
Strawberry si fermò di colpo e urlò
arrabbiata: “Già, la povera Strawberry stava diventando pazza, perché non
riusciva a dimenticare una persona e il suo perfetto fidanzato adesso è
convinto che la malattia mentale non le sia mai passata! Ma chi ti credi di
essere, Mark?! Un dio in terra?! Il difensore della principessa mentalmente
instabile?! Tu devi smetterla, la dovete smettere tutti! Io sto bene e non lo
sono certo per merito vostro!”.
“Che cosa vuoi dire?!” la interruppe
Mark, adesso veramente arrabbiato “Che non ti abbiamo aiutata?!”.
“No, io non ricordo!” riprese Strawberry,
il viso sempre più rosso “Nessuno mi ha capita, nessuno riusciva a
comprendermi, nessuno si è mai preso la briga di venirmi a parlare, a dirmi che
dovevo andare avanti…a parte Kyle, di me non importava niente a nessuno… e, se
proprio lo vuoi sapere, avrei preferito mille volte che fossi morto tu, invece
che Ryan… lui, almeno, non mi avrebbe mai lasciata da sola…”.
Non credeva a quello che aveva detto.
Davvero aveva detto una cosa del genere? La rabbia lasciò il posto per qualche
istante al senso di colpa per il dolore, che aveva inferto a Mark. Lui
soffriva, lo capiva nei suoi occhi scuri, ma, nonostante questo, si era sentita
davvero molto ferita dal suo comportamento e l’astio aveva fatto il resto,
facendole dire cose anche non vere. Certo, sarebbe stata malissimo, se Mark
fosse morto, ma le venne da chiedersi se avrebbe sofferto di meno o di più di
quanto aveva sofferto per la perdita di Ryan.
Non voleva rispondersi a quella
domanda, e perciò voltò le spalle al suo ragazzo, ancora sconvolto, e se ne
andò. Non voleva rispondere a quella domanda, di cui, in fondo, sapeva già la
risposta. Non voleva rispondere… ancora…
Come sono perfida! Certo che gliele sto
facendo passare di tutti i colori al merluzzo! Un po’ mi dispiace, ma in fondo
questa è la MIA storia e posso farlo patire come mi pare e piace!! Ehehehe…
essere così diabolica ha un certo fascino!! Allora, tornando a noi, ringrazio
ovviamente tutti coloro che mi hanno recensito (grazie soprattutto a Nadia
Sakura Kan, la tua recensione mi ha fatto quasi piangere!!), comunque non mi
aspettavo davvero tanti complimenti, per questo ho aspettato tanto per
pubblicarla perché pensavo fosse una mezza schifezza! Quindi un mega ultra
bacione anche a Jessy, Maron chan 92, Pfepfer, (posso chiederti perché hai
scelto questo nick? Mi ha sempre incuriosito!), Strega 91, Tessa e sempre gli
altri che mi posso essere scordata, dato che sono molto celebrolabile! Mi
auguro che questa fic vi stia emozionando tanto quanto ha fatto emozionare me,
mentre la scrivevo!!! Comunque non vi preoccupate per Lory e il merluzzo…
hihihihi… risata crudele di soddisfazione!!! Mi ero ripromessa di essere più
breve stavolta e invece ho scritto di nuovo un mega brodo…quindi a presto! Ah già comunque, prima di
concludere, vorrei aggiungere che io non ci sarò fino al 10 agosto, quindi non
potrò aggiornare, ma quando torno vorrei trovare un sacco di recensioni!!! *_*
occhietti speranzosi, pieni di stelline luminose… vabbè, comunque buone
vacanze! Ciao ciao da Cassie chan! (mi piace troppo sto saluto!)
“…la descrizione di un attimo, le
convinzioni che cambiano e crolla la fortezza del mio debole per te…”---
Tiromancino
Strawberry era seduta su una
fredda sedia di plastica rossa nella camera di Halinor. La ragazza aveva sempre
avuto un rapporto preferenziale con la sorella gemella di Kyle, che era
praticamente identica a lui, a parte due luminosi occhi verde giada. Halinor,
durante il progetto mew, non si era fatta vedere molto spesso; lavorava,
infatti, a Parigi e faceva la stilista per un’importante casa di moda, ma le
rare volte, in cui era tornata in Giappone, aveva sempre passato molto tempo a
parlare con Strawberry, congratulandosi per il fatto che riusciva a portare
avanti uno stile di vita che lei stessa probabilmente non avrebbe sopportato.
Infatti, spesso diceva scherzosamente che ringraziava il Cielo che ci fosse
stato quel rigetto del dna del gatto iriomote, altrimenti al posto di
Strawberry, ci sarebbe stata lei.
Dopo la morte di Ryan, l’aveva
vista più spesso; Halinor, infatti, che era praticamente sempre rimasta accanto
a Kyle per tutta l’infanzia e l’adolescenza, fino alla sua partenza per Parigi,
aveva conosciuto molto bene Ryan e gli era affezionata; inoltre, sapeva anche
bene come Kyle lo considerasse quasi un fratello, e per questa ragione, era
tornata per stare accanto a lui, nel momento della morte del ragazzo biondo.
Poi, dopo tre mesi, era ritornata a Parigi, per ripresentarsi un anno dopo,
dicendo che aveva avuto un importante contratto con la casa di moda di Pam e
che, da quel momento, avrebbe vissuto in Giappone. Strawberry ne era veramente
felice, ma per una cosa o per l’altra, non si erano mai potute vedere, ma
adesso che si sentiva così dannatamente confusa e in colpa, aveva proprio
bisogno di parlare con lei. Con quella, che in cuor suo, aveva sempre
considerato la sorella che non aveva mai avuto…
“Certo che non gli hai detto una
cosa molto bella…” stava dicendo Halinor, addentando una mela rossa, mentre
stava distesa nel letto dell’ospedale, con la gamba fasciata “Capisco che
Aoyama sia rimasto sconvolto… sembra quasi che tu gli abbia detto di essere
innamorata di Shirogane…”.
Strawberry, per poco, non cadeva
dalla sedia, mentre urlava, paonazza: “Che cosa?! Ma non dire sciocchezze,
Halinor! Io sono innamorata di Mark, non di Ryan!”.
Halinor non si scompose
minimamente e continuò a mangiare tranquillamente la sua mela. Poi, sollevando
lo sguardo e vedendo l’espressione contrariata di Strawberry, disse: “Scusa,
mettiti un attimo nei panni di Aoyama… tu rimani più di tre anni in uno stato
psicologicamente instabile a causa della morte di un tuo amico, che, sebbene
sia stata improvvisa, dopo un po’ non avrebbe dovuto più farti male… e poi esci
da una stazione di Polizia, senza che sembra che tu ne abbia una reale
giustificazione, lui cerca di capirla, ma, nonostante lui si sia comportato da
perfetto fidanzato, standoti accanto e non nominandoti neanche Ryan, tu gli
rinfacci che non è stato abbastanza e che pensi addirittura che, se lui fosse
morto, non saresti stata nella stessa maniera, perché Ryan non ti avrebbe mai
lasciata sola… e poi lo vai a dire proprio al tuo Cavaliere Blu… insomma,
capisco la rabbia e il nervosismo, ma tutte queste incapacità di guardare
oggettivamente la realtà, ce le hanno solo le persone innamorate… scusami, ma è
così… e poi, io e te sappiamo che sei innamorata di Mark, ma, dopo tutto quello
che è successo, credi che lui lo pensi ancora?”.
In effetti, adesso che ci pensava,
Strawberry doveva ammettere che messe in quella maniera, le cose sembravano
stare proprio così. Magari Mark era convinto che la sua reazione eccessiva
fosse dovuta al fatto che lei era innamorata di Ryan…
Che assurdità le venne da
pensare Lo sanno tutti che io sono persa di lui, figuriamoci se sono
innamorata di Ryan… io ho soltanto la convinzione che lui sia vivo, e sto solo
cercando di scoprirlo assieme a Ghish, punto e basta.
Ma, sebbene quelle parole nella
mente risuonavano così lapidarie e semplici, sentiva invece, lo stomaco
contratto a quei pensieri.
Halinor interruppe il suo pensare
e disse: “Bè, allora come va all’università?”.
“Bene” mentì lei, mentre era
ancora travolta dalla marea di idee che le stavano balenando in testa, poi si
ricordò del fatto che anche Halinor aveva avuto l’incidente sulla stessa
autostrada di Ryan e allora si affrettò a chiedere come fosse avvenuto.
Halinor le ripeté esattamente le
stesse cose che aveva anche distrattamente letto nel rapporto della polizia, ma
poi aggiunse qualcosa che a Strawberry fece accapponare la pelle.
“Sai, la cosa più strana è stata
che, mentre gemevo stesa per terra, dopo l’onda d’urto dell’esplosione, mi è
sembrato di vedere qualcuno…” disse
Halinor, mordendo un dito nervosamente.
“Qualcuno?! E chi?!” chiese
Strawberry, cercando di fingersi indifferente, mentre il cuore le stava per
uscire dal petto.
“Non so chi fosse, sono certa che
doveva essere un ragazzo abbastanza alto e dal fisico asciutto” continuò Halinor,
leggermente più pallida “Io ero stesa per terra e avevo il sangue, che mi
copriva gli occhi, e che mi impediva di vedere bene, ma ho visto un’ombra
avvicinarsi e stendere un braccio su di me… ma, mentre mi stava per toccare la
spalla, l’ho sentito urlare e dire qualcosa. Poi, è scappato via. Non l’ho
visto in faccia, ma solo di spalle, e mi sembrava che fosse… qualcuno che
conoscevo, o almeno mi ha dato quell’impressione…”.
Strawberry era rimasta immobile,
mentre una domanda le prendeva completamente i sensi.
E se fosse Ryan?
Doveva scoprirlo, saperlo… decise
di andare a casa subito per parlare con Ghish, aveva bisogno di troppe risposte
e tutto quello che poteva fare, l’aveva già portato a termine.
“Scusami Halinor, ma adesso devo
proprio andare… mi dispiace, ma verrò a trovarti domani” disse, alzandosi.
“Ok, non ti preoccupare… a
proposito, puoi dare questo a Kyle?” e si chinò a raccogliere da terra una
rivista. Ma, mentre lo faceva, Strawberry si accorse, dato che portava una
maglietta smanicata, di una piccola macchia rosa che aveva sulla spalla destra,
molto simile a quella che aveva lei e che l’aveva contraddistinta come mew mew.
“E questa che cos’è?” chiese,
indicandola.
“E’ il residuo della mia breve
collaborazione al progetto mew… non se ne mai andata, maledizione” inveì,
mostrandola meglio a Strawberry“Se
Ryan fosse ancora qui, me la pagherebbe cara…”.
Strawberry, la voce ridotta ad un
sussurro, chiese: “Quella persona… quella che hai visto durante l’incidente,
stava per toccarti lì, per caso?”.
Halinor annuì.
Strawberry corse velocemente
fuori, dicendo che aveva delle cose urgenti da fare, mentre nella sua mente,
prendeva forma la frase: “Le coincidenze non esistono”.
Strawberry spalancò violentemente
la porta di casa, mentre neanche si chiedeva se i genitori fossero o meno in
casa. Salì le scale, e si fermò davanti alla camera di Ghish; stava per
bussare, poi si ricordò che, cavolo, quella era casa sua e che lei non aveva il
dovere di bussare nella camera di un ospite, perciò spalancò bruscamente la
porta ed entrò.
“Ghish, se adesso non mi spieghi
immediatamente tutta la storia, ti giuro che ti scortico vivo…” iniziò la
ragazza, poi si accorse che Ghish non era solo nella stanza, ma, seduta accanto
a lui, c’era un’altra persona, che lei non conosceva.
Strawberry arrossì imbarazzata e
abbassò lo sguardo, e balbettò: “Scu- scusami, credevo che…”.
“Non ti preoccupare… e poi credo
che Ghish abbia sempre bisogno di essere minacciato, altrimenti non combina
nulla…” disse la persona, avvicinandosi a lei. Era una bella ragazza, più o
meno della sua stessa età: aveva lunghi capelli castano chiaro, con riflessi
rossicci, e due grandi occhi azzurro cielo. Sembrava un’umana, ma, dopo un po’,
Strawberry si accorse delle lunghe orecchie a punta, nascoste in parte dai
capelli.
La mew rosa si illuminò e disse:
“Ho capito! Tu devi essere Blanche…”.
Blanche annuì e replicò: “Spero di
non aver disturbato… sono arrivata un po’ prima…”.
Strawberry negò con il capo e
indicò se stessa, dicendo: “Scusa, non mi sono presentata, anche se penso che
tu sappia chi sono… mi chiamo Strawberry Momomiya!”.
Blanche sorrise, dicendo che lo
aveva intuito.
“Aspetta… io stavo dicendo
qualcosa…” riprese Strawberry, assumendo un’espressione meditabonda, poi
ripensò a quello che stava urlando e ricominciò: “Ah, già, Ghish, vedi di
spiegarmi bene tutta la storia di Ryan, o non continuerò più l’indagine! Sono
sopravvissuta ad una mega litigata con Mark e adesso voglio sapere tutto
dall’inizio! E poi, questa situazione mi sta decisamente sfuggendo dalle
mani!”.
Ghish, che era rimasto in silenzio
fino a quel momento, sorrise. Lo sapeva che non avrebbe resistito ancora per
molto, era troppo curiosa, accidenti a lei.
Incrociò lo sguardo di Blanche,
che gli sorrise e gli comunicò telepaticamente: “Devi
avere pazienza… deve aver sofferto veramente tanto…”.
Ghish annuì silenziosamente, poi
si alzò e disse: “Ammetto che le cose stanno prendendo una piega imprevista ed
è, per questa ragione, che ho chiamato Blanche prima del previsto… avremo
bisogno del suo aiuto prima di quanto avessi pensato… ma ti ho già spiegato
che, se tutto quello che io e Blanche pensiamo fosse vero, la questione sarebbe
di una complessità tale che tu non potresti neanche immaginare. Non voglio
tenerti all’oscuro, voglio solo che tu non ti faccia illusioni e che non
soffra. Forse, tu pensi che la cosa migliore sia che tutto si riveli vero e che
Ryan sia allora vivo, ma credimi forse quella sarebbe la soluzione peggiore,
almeno per la Terra, per il nostro pianeta e forse per l’intero Universo…”.
Strawberry abbassò lo sguardo. Era
così grave, allora… ma per una volta, non le importava niente di tutto il resto
dell’Universo, voleva solo sapere se Ryan era vivo o morto. Solo questo… la mia vita dipende solo da questo si disse, nonostante quel pensiero le facesse tremendamente paura.
“Capisco le vostre motivazioni,
davvero, ma io ho bisogno di sapere la verità” iniziò Strawberry, poi gli occhi
le si riempirono di lacrime e mormorò: “Voi non lo sapete, ma c’è stato un
periodo qualche tempo fa, in cui ero convinta che Ryan fosse ancora vivo, e
passavo il tempo, facendo delle stupide indagini, cercando di dimostrare a
tutti quello che io avvertivo con tanta chiarezza. Era una sensazione
fortissima, che sentivo nelle mie vene, nel mio sangue, nelle mie viscere,
nella mia gola, e che mi soffocava; avvertivo che Ryan era vivo, e che aveva
bisogno di me, ma io non sapevo come fare a raggiungerlo… poi, mi sono convinta
che fosse solo una trasformazione del mio dolore, ma essa è rimasta sempre
accucciata in un angolo del mio cuore, non andando più via. E’ per colpa sua
che io non riesco più a vivere, da quando Ryan è morto, da quando lui mi ha
lasciato sola… e adesso mi sembra di essere tornata indietro, e ho paura, una
folle paura che stavolta non mi permetterà più di tornare indietro, di tornare
alla mia vita, al mio tempo…”.
Strawberry cadde in ginocchio,
iniziando a piangere forte. Ecco, era esplosa, non ce l’aveva fatta più. Sentiva
le parole di Halinor nella testa, che si sommavano a quelle di Mark, e poi
sempre quella voce dolcissima che la perseguitava…
“L’ho trovato per
caso e non sapevo che farmene… se vuoi, puoi tenerlo tu, altrimenti lo getto
via…”.
Blanche le si avvicinò, chinandosi
su di lei e l’abbracciò, poi sussurrò dolcemente: “Ci dispiace tanto che tu
stia così male, Strawberry, e, se ci fosse stato altro modo, non credo che ti
avremmo coinvolto… ma né io né Ghish sapevamo che Ryan fosse morto e che poteva
essere lui l’obiettivo di Profondo Blu. So che le mie parole adesso ti sembrano
assurde e vuote, ma credimi se si tratta di Ryan, lo tireremo fuori… lo tirerai
fuori, te lo prometto. Ma, dobbiamo essere assolutamente sicuri, capisci? Ti
prometto una cosa: adesso tu e Ghish esaminate il materiale che hai portato,
quello sull’incidente di Ryan, e vedete di scoprire qualcosa, e se avremo
ulteriori prove che la nostra tesi è giusta, stasera ti racconterò tutto. Te lo
prometto”.
Strawberry riemerse e disse solo
un grazie, asciugandosi le lacrime. Poi, si scusò e uscì dalla stanza.
Ghish, rimasto solo con Blanche,
chiese: “Non credi che sia troppo presto? E se poi fosse tutto un buco
nell’acqua?”.
Blanche si sedette accanto a lui e
replicò: “Correremo il rischio… non vedi come sta? Forse tu ottuso come sei,
non ti sei accorto di nulla, ma penso che Strawberry, anche se non lo faccia
vedere e non se ne sia neanche resa conto, sia innamorata…”.
“Lo so che è innamorata…” replicò
stizzito Ghish “E’ fidanzata con quel tipo, Mark…”.
Blanche gli si avvicinò e lo
baciò, dicendo: “Ecco perché ti amo, perché sei uno sciocco… ti posso fare una
domanda? Che cosa faresti se io morissi?”.
“Non lo dire neanche per scherzo!”
disse lui, stringendola a sé “Smetterei di vivere, impazzirei, non mi
rassegnerei mai e ti amerei per sempre…”.
Blanche, sciogliendosi dal suo
abbraccio, lo guardò inarcando un sopracciglio, mentre Ghish alzava gli occhi
al soffitto, dicendo: “Cavolo, credo di aver capito… come se la situazione non
fosse già abbastanza complicata…”.
Strawberry, dopo essersi calmata,
si era seduta in camera sua, alla scrivania, con accanto Ghish. Addentavano dei
biscotti che aveva preparato la madre di Strawberry, immergendoli in un vasetto
di nutella, mentre leggevano i verbali degli incidenti stradali di Halinor e di
Ryan. Sul letto, a gambe incrociate, stava Blanche, che, con accanto una grossa
tazza di caffè, leggeva un grosso volume che Strawberry credeva di non avere
visto prima nelle mani di Ghish. Ogni tanto, ripeteva qualche frase sottovoce e
annuiva pensosamente.
Finiti di leggere i due verbali,
Strawberry uscì una piccola lavagnetta, che appese al muro, e un pennarello
indelebile rosso.
Poi si voltò verso Ghish e disse:
“In entrambi gli incidenti, ci sono cose troppo strane e dato che sono
smemorata e tu sei tardo a capire le cose, le segneremo sulla lavagna, hai
capito?”.
“Pure tu con questa storia… io non
sono ottuso!” urlò Ghish, completamente ignorato sia dall’amica che dalla
fidanzata.
“Bene, primo punto strano è che
entrambi gli incidenti sono avvenuti sulla stessa autostrada e, come se non
bastasse alla stessa altezza, il chilometro 254…” scrisse Strawberry,
aggiungendo: “E poi va bene due incidenti nello stesso posto, ma anche a due
persone coinvolte nel progetto mew, non mi sembra normale…”.
“E fino a qui ci siamo… ma queste
si possono liquidare come coincidenze, ci vuole qualcosa di più…” replicò
Ghish, aprendo il verbale.
“Sono avvenute in tutte e due i
casi due esplosioni: una è quella della motocicletta di Ryan e l’altra è quella
della fabbrica di materiale chimico… ma dalle indagini della polizia, risulta
che nello stabilimento chimico erano rimaste solo dei materiali innocui, che,
se anche mescolati, non avrebbero mai potuto produrre una deflagrazione del genere…”.
“Ma l’esplosione deve essere
avvenuta per forza lì…” l’interruppe Ghish “Halinor aveva appena superato la
fabbrica e si era fermata nella corsia d’emergenza, perché aveva avuto una
telefonata da Pam, ricordi? E lei ha detto che l’esplosione è avvenuta alle sue
spalle e si è logicamente supposto che fosse avvenuta nella fabbrica… e poi ti
ricordo che sono state trovate tracce sull’asfalto di manganato di magnesio… da
dove sarebbero venute allora?”.
“Peccato che le stesse tracce
erano presenti anche sulla moto di Ryan, lo conferma la scientifica” replicò
Strawberry, scrivendo sulla lavagnetta, mentre con una mano reggeva il verbale.
Blanche li interruppe bruscamente,
chiedendo: “Scusatemi, ma mi è venuto un dubbio… Ghish, come si dice nella
nostra lingua l’elemento che ha nominato Strawberry?”.
“Trestral” .
Blanche batté la mano sul
copriletto rosa e disse: “Uno a zero per me! L’indole di Profondo Blu è
parassitaria, nel momento in cui viene privato del suo corpo, vero? E ha
bisogno di un corpo, dato che il suo lo ha perso? Ricordo di aver letto che,
quando è allo stato embrionale, deve rimanere immerso in una soluzione con quel
sale… e lui ha perso il corpo, dopo lo scontro con voi, no? Il suo è rimasto a
Mark…”.
Strawberry prese a battere le
mani, colpita, mentre Ghish chiedeva scettico: “Posso capire nel caso
dell’incidente di Ryan, quando non dovrebbe aver avuto un corpo, ma quando si è
trattato di Halinor, non ne aveva più bisogno…se ha preso Ryan, ora ce l’ha un
corpo…”.
Blanche rispose immediatamente:
“Strawberry ci ha detto che il ragazzo che Halinor ha visto è scappato via,
urlando… se Profondo Blu aveva bisogno di lei per qualche motivo, credi che si
sarebbe avvicinato, per poi non impadronirsi di quello che era venuto a
prendere? Vuol dire che non riesce ancora a controllare bene il corpo di
Ryan…”.
“Ma scusa che poteva volere da
Halinor?” replicò Ghish, che non voleva ancora arrendersi.
Stavolta fu Strawberry a parlare e
disse: “Credo che volesse impadronirsi dei residui dei suoi poteri… Halinor era
la prima mew, ma ci fu un rigetto. Eppure, la macchia rosa che ci
contraddistingue, lei ce l’aveva ancora e questo significa che il dna animale
deve essere ancora in lei. Solo, quando sparisce del tutto, anche la macchia va
via, me l’ha spiegato Kyle… le nostre si sono schiarite, ma ci sono sempre.” .
“E scommetto che il suo scopo è
prendersi i poteri delle mew” continuò Blanche, assorta “Dato che non è in
grado di controllare bene Ryan, va a prendere la mew più debole… e poi non
credo che voglia scoprirsi così presto… evidentemente, non riesce ad unire i
poteri del cavaliere blu, che ha sottratto a Mark per il legame telepatico che
li legava ancora, la sua essenza, il corpo di Ryan… e l’anima di Leon…” .
“Leon?!” chiese Strawberry,
curiosa, poi, vedendo il viso di Blanche, disse in tono di scusa: “Tutto dopo
le indagini…”.
“Diciamo che mi avete convinto…”
replicò Ghish, arrendendosi.
“Nell’incidente ci sono altri
particolari, che non mi convincono” riprese Strawberry “Ryan dovrebbe aver
avuto l’incidente alla stessa altezza di quello di Halinor, che come abbiamo
già detto, si era fermata, poco dopo lo stabilimento chimico perché aveva
ricevuto una chiamata. Ma la scientifica ha trovato tracce di frenata e anche
di sangue, molto prima dello stabilimento, mentre da quello che hanno
ricostruito, Ryan dovrebbe aver avuto l’incidente più avanti, dove c’era una
curva a sinistra, che non avrebbe preso bene, finendo in mare… le tracce sono
chiaramente quelle di una motocicletta e il sangue analizzato, era del gruppo A
positivo, il sangue di Ryan…perché avrebbe dovuto frenare, se non c’era alcun
ostacolo?”.
“Secondo la polizia avrebbe
incontrato un veicolo, che procedeva in direzione opposta e, per evitarlo, Ryan
sarebbe sbandato e finito in mare…”.
“Lo so, ma come mi spieghi il
sangue? Ryan non era ferito, o perlomeno non lo era ancora…”.
“Il veicolo deve averlo toccato di
striscio e deve averlo ferito, non credi?”.
“Poteva anche essere, ma avrebbero
trovato anche delle tracce dei vestiti di Ryan, strappati dal contatto… e poi,
qui dice che il sangue di Ryan era troppo poco denso…”.
“Potrebbe essere sangue sputato,
no?” completò Blanche “Ryan, colpito violentemente da qualcosa, ferma
bruscamente la moto e rimane per qualche attimo immobile. E’ stato colpito
magari allo stomaco, e allora sputa sangue, che, per forza di cose, è diluito
dalla saliva…”.
“Già, è vero!” eruppe Strawberry
“Non fa una piega!”.
“A parte una… se fosse stato
Profondo Blu, non avrebbe mai potuto colpire Ryan, se non aveva un corpo e
nemmeno i poteri di Mark, che allora lui possedeva ancora… come avrebbe fatto,
allora?”contestò Ghish.
Strawberry aprì la bocca per
replicare qualcosa, ma non ne uscì alcun suono. Questo era vero, non avrebbe
potuto mai colpirlo fisicamente, ma allora perché Ryan era ferito?
L’esplosione… c’era anche nell’incidente di Halinor,
possibile che non c’entri niente?
Iniziò a sfogliare di nuovo il
verbale, ma stavolta non riusciva a trovare niente che la potesse aiutare. Si
accasciò miseramente sulla sedia. C’era così vicina, ma adesso ammetteva che
magari tutte quelle congetture così chiare, potevano anche essere semplicemente
accertate coincidenze, le tanto odiate coincidenze.
Stava per arrendersi, quando vide
qualcosa che attirò la sua attenzione. Era una fotografia, fatta dalla
scientifica, che riprendeva un tratto del gard rail, deformato verso l’esterno
per il calore effuso dall’esplosione della motocicletta di Ryan.
Un’ esplosione…
“Un attimo, un attimo” disse,
alzandosi dalla sedia bruscamente. Iniziò a fare una serie di strani disegni
sulla lavagnetta, mentre Ghish e Blanche la guardavano in maniera strana, non
riuscendo a capire che cosa stava facendo.
Dopo qualche minuto, la ragazza si
lasciò andare ad un urlo liberatorio e disse: “Questa foto è impossibile! E’
semplicemente impossibile!”.
“Perché?”.
“Semplicemente perchè è sul lato
sbagliato, quello destro… Ryan avrebbe preso la curva male e sarebbe finito in
mare, ma ovviamente per farlo sarebbe dovuto andare contro la parte sinistra,
quella del lato che dava sul mare, non contro quella destra, che seguiva il
naturale corso della curva, capite? Se ci dovevano essere tracce
dell’esplosione, dovevano essere sul lato sinistro, dove, invece, c’è solo il
varco, che avrebbe aperto la moto di Ryan… da dove doveva venire quella
deformazione? E poi dalla foto, appare troppo recente… doveva essere avvenuta
quella stessa sera…”.
“E come se non bastasse” completò
Strawberry, dopo aver ripreso fiato, per fugare le ultime perplessità sul volto
di Ghish “Se è avvenuta un’esplosione, è avvenuta dopo l’impatto, e non quando
Ryan stava solo frenando…”.
Ghish e Blanche guardarono la
ragazza con un misto di ammirazione e sincero interesse. Era indubbiamente
vero…
“Bene, credo che adesso possiamo
ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente di Ryan…” disse Blanche, e poi
lasciò spiegare Strawberry.
“Ryan esce dal locale e va a fare
un giro con la sua motocicletta, diretto al porto. Arriva poco prima dello
stabilimento chimico, dove si nasconde, secondo me, Profondo Blu, dato che lì è
il luogo ideale per conservare il manganato di magnesio, che il materiale di
cui ha bisogno per continuare la sua esistenza parassitaria… Profondo Blu
provoca un’esplosione, in qualche maniera, forse usando i residui dei suoi
poteri, che deforma il pezzo di gard rail. E ovviamente lo fa, solo dopo
essersi accorto che Ryan ha il dna modificato, come noi mew. Ryan, vedendo
l’esplosione, qualche metro davanti a sé, frena, e molto probabilmente cade
dalla moto. Si fa male e sputa sangue. Profondo Blu riesce a stordirlo,
approfittando dell’imperfezione genetica di Ryan, e lo porta via; intanto,
prende la moto e così vi lascia delle tracce di manganato di magnesio, e la fa
andare a schiantare contro il lato opposto della curva, che si trova più avanti,
simulando un incidente. Trascina Ryan nello stabilimento e lo tiene lì… e, nel
caso non fossi ancora convinto, Ghish,ho appena notato nella foto del gard rail, dei segni di sangue per
terra, che sembrano di trascinamento…”.
Blanche continuò: “Cerca di vincere
le resistenze di Ryan, ma ovviamente non ci riesce subito. Passa un anno e,
sfruttando il debole legame telepatico, che lo lega ancora a Mark, gli toglie i
poteri. Il tempo scorre ancora e cerca sempre di mettere insieme la sua
essenza, i poteri di Mark, il corpo di cui si vuole impadronire e di mettere a
tacere l’anima di Ryan. Un bel giorno, o meglio ieri, si crede pronto e,
vedendo passare Halinor, e anzi fermarsi proprio lì, usa lo stesso trucco
dell’esplosione. Si avvicina a lei e tenta di prenderle quella piccola parte di
poteri, che lei conserva ancora, ma forse Ryan, vedendo Halinor, che riconosce,
si ribella e lo costringe alla fuga…”.
Ghish concluse: “E mi sembra
chiaro che il suo scopo sia quello di appropriarsi dei poteri delle mew,
tramite Ryan… sa che loro non lo attaccheranno mai… e figuriamoci tu,
Strawberry… e poi, come ho già detto, voleva proprio Ryan, perciò…”.
“Bene, mi sa che ci sia una
promessa da mantenere…” disse Strawberry, fingendo un’ innocente indifferenza.
Blanche sorrise e disse: “Una
promessa è una promessa! E poi sei stata molto brava… Ghish credo che debba
cominciare tu…”.
Il ragazzo annuì, rassegnato, e
disse: “Tutto è cominciato, quando sono tornato sul mio pianeta… avevo una
sensazione strana, sentivo che Profondo Blu, non poteva essere morto così
facilmente. Sapevo quanto era potente, quanto male ci aveva fatto, e sapevo che
non si sarebbe fatto sconfiggere così. In fondo, Mark si era liberato, ma lui
non sapevamo che fine avesse fatto.
“Mi chiesi se potesse esistere per
lui un modo per tornare e cercai di informarmi presso la biblioteca della
nostra città. E seppi che un modo effettivamente esisteva e questo modo
affondava le radici nella stessa vita di Profondo Blu, nella sua stessa storia.Noi viviamo molto di più di voi, fino a
milioni di anni dei vostri, non so se te l’abbia mai detto… il nostro tempo è
molto più rapido a scorrere, e milioni di anni dei vostri sono solo qualche
decina dei nostri… perciò la storia di Profondo blu comincia molto tempo fa,
milioni di anni fa…
Finalmente sono
tornata!!! Mi mancava tantissimo il mio computer, ma tutto sommato la vacanza è
andata bene, considerato che eravamo quattordici persone in una casa, e tutte
particolarmente casiniste! Perciò essendo ancora molto scioccata, spero che il
mio capitolo abbia avuto un senso!!! Non so se vi piacerà, considerato che una
specie di capitolo alla C.S.I, ma volevo che si dimostrasse che Ryan era vivo,
senza più alcun dubbio!! Comunque nel caso non vi sia piaciuto, dovrete
solamente aspettare perché nel prossimo capitolo, verrà svelata una GROSSA
parte del mistero… eheheheh… vi do un piccolo indizio… che nome nuovo avete
trovato in questo capitolo? Rileggete e lo saprete!! La risposta nella prossima
puntata!!! E adesso come al solito, vado ai ringraziamenti:
Kashia: spero di riuscire ad aggiungere altri capitoli quanto prima, grazie
per i tuoi complimenti!
Tessa: anche a
me infastidisce il merluzzo, ma purtroppo ne avrai ancora per un po’!! Ma poi
leverà il disturbo!!
Meiko: spero di
continuare sempre con questo ritmo di scrittura, per adesso sono
particolarmente ispirata!!!
Mew Pam: sono contenta di essere riuscita a farti capire i sentimenti di
Strawberry, sinceramente neanche a me come personaggio piace granché, perché
non ho mai capito perché nell’anime abbia dato dei CHIARISSIMI segnali a Ryan e
poi sia rimasta con il merluzzo! Per questo, mi sono molto concentrata su di
lei, per cercare di dare una mia personale spiegazione al suo agire!
Nadia Sakura Kan: muoio dalla voglia di anticiparti qualcosa, ma ti posso dire che
molte delle tue deduzioni sono giuste!! Le tue recensioni mi piacciono sempre
molto, perché sei davvero molto accurata nel dirmi cosa ti è piaciuto e cosa
no! Grazie tantissimo!
KillKenny: Ryan torna presto, sta tranquilla!! Grazie del tuo voto e per la fine
di Mark abbi solo un po’ di pazienza!!!
Strega 91: ma la tua risata è un simbolo di riconoscimento? Comunque, per sapere
dove è finito Ryan, basta che continui a leggere!!
Yuki: i baci dello scorso cap me li
potevo risparmiare, lo so! Ma tanto alla fine MARK DEVE SOFFRIRE!!!
Maron chan 92: l’idea dell’evaporazione del merluzzo non è cattiva, quasi quasi…
Pfepfer: grazie della spiegazione del tuo nick! Per il mio è stata una cosa un
po’ più scema… comunque grazie dei complimenti; in questo capitolo non so se
sono stata all’altezza dell’ ACCURATA che mi hai dato nella scorsa recensione!
Non so se si capisce qualcosa!!!
Jessy: ti confesso che ho provato un sottile piacere nel far dire quella
frase a Strawberry, MUORI MERLUZZO MUORI!!!
Come al solito,
mi sono stata tre anni a concludere!!! Grazie anche a tutti coloro che non
hanno recensito, ma hanno solamente letto!Comunque la prossima volta lasciate
anche un piccolo commento, tanto per sapere altri pareri! Ciao ciao da Cassie
chan!!!!!!!
“C’era un tempo, in cui noi alieni vivevamo sulla Terra
Capitolo 6 –
Ancestral past
“… as my memory rests, but never forget what I
lost…”----Green Day
“C’era un tempo, in cui noi alieni
vivevamo sulla Terra. Amavamo molto questo pianeta azzurro, incantevole e
stupendo, dove la vita era fatta di milioni di colori meravigliosi. Il nostro
era un regno pacifico e sereno, retto da due fratelli: uno lo conosci, il suo
nome era Profondo Blu, ma la maggior parte dei diritti di regnante li aveva suo
fratello maggiore, Leon, che per spiegarti meglio, è l’aspetto che Mark
prendeva durante le sue trasformazioni, il Cavaliere Blu insomma…
“Vivevamo in pace ed armonia, ma
Profondo Blu invidiava molto suo fratello, che era molto amato, ma anche
saggio, per questo iniziò a studiare una strana scienza, di nome ftelogia, che
permetteva di prendere i corpi degli altri e di carpirne le qualità, i poteri,
gli aspetti, e lui, infinitamente più debole di Leon, ambiva a prendere i
poteri del fratello. Ma la ftelogia richiedeva anni e anni di studio, una
grande forza di volontà ed era anche molto pericolosa. Esistevano casi, in cui
il praticante poteva trasformarsi in pura essenza, e perdere definitivamente il
proprio corpo, ma per il momento, non c’era possibilità che Profondo Blu
potesse mettere in pericolo il Re.
“Il tempo passò e il vostro
pianeta, ancora troppo giovane, iniziò ad essere soggetto a tutta una serie di
sconvolgimenti: ogni giorno, c’erano terremoti, maremoti, eruzioni vulcaniche e
cadute di meteoriti. Grazie ai poteri, di cui la nostra razza è dotata,
riuscimmo ad arginare molti danni, e soprattutto, impedimmo che ci fossero
vittime, cosa che forse non sarebbe accaduta nel caso che voi aveste già
abitato la Terra. Intanto il pianeta era invivibile ormai per noi. Il Re decise
che ci saremmo trasferiti su un altro pianeta, in attesa che magari il nostro
si ristabilisse, e diede l’ordine di costruire un’arca, su cui ci saremmo
allontanati dalla Terra. Profondo Blu, ovviamente, non era d’accordo; diceva
che sarebbe stato meglio attuare una serie di interventi magici sulla Terra,
per renderla più stabile, in modo da poterci continuare a vivere, ma Leon si
oppose, non volendo assolutamente rischiare le vite dei suoi sudditi e neanche
cambiare di una virgola il pianeta. L’odio di Profondo Blu crebbe a dismisura,
ma stavolta riuscì a radunare al suo servizio un gruppo, che lo appoggiava e
che meditava vendetta contro il legittimo sovrano.
“L’arca partì e si stabilì su un
piccolo pianeta, quello in cui attualmente viviamo, che era gelido e
inospitale, ma Leon disse che si trattava solo di una soluzione provvisoria; il
popolo si fidava immensamente di lui e accettò di buon grado la soluzione,
adeguandosi a vivere lì. Costruimmo intere città scavate nel ghiaccio, e
riuscimmo anche a rendere la vita migliore, mitigando il clima, dove sorgevano
i più grandi insediamenti. Il tempo passò velocemente e Profondo Blu diventava
sempre più potente e si preparava ad assorbire Leon, anche se esitava ancora.
Voleva conoscere esattamente i limiti della ftelogia, e perciò indugiava,
sebbene incitato dai suoi seguaci.
“Le cose precipitarono, quando la
Terra si stabilizzò e quando comparvero i primi esseri umani. Profondo Blu
propose di ritornare sulla Terra e di riprendersi il pianeta. Ma Leon non
voleva: riteneva che ormai la popolazione si era adattata a quel nuovo pianeta
e non era necessario ritornare sulla Terra, che, tra le altre cose, adesso era
di diritto degli esseri umani. Ebbero una violenta discussione e anche il
popolo per la prima volta, si divise. Molti volevano tornare sulla Terra, ma ce
ne erano altrettanti, che ormai avevano le proprie vite e non volevano nuocere
ai giovani esseri umani. Inoltre, nella vicenda, giocava molto la secolare
fiducia che si aveva nel Re, e nella diffidenza che Profondo Blu istillava
negli animi dei sudditi.
“Ma stavolta Profondo Blu non
lasciò che le cose procedessero a favore di Leon. Lo attirò in una trappola e
lo assorbì, uccidendolo. Era diventato potentissimo e conteneva in sé, oltre a
sé stesso, anche il corpo, l’anima e i poteri di Leon. Ovviamente, divenne il
Re della nostra gente e il suo primo provvedimento fu quello di convincere la
popolazione sulla necessità di tornare sulla Terra. Li credemmo, considerammo
gli esseri umani solo una razza inferiore e la terra il nostro legittimo
pianeta, il luogo dove eravamo nati e che ci apparteneva di diritto. Fu
organizzata una prima spedizione per distruggere gli esseri umani, a cui
parteciparono Profondo Blu e i suoi adepti. Profondo Blu pensava di finire
tutto in capo a pochi giorni, tanto che aveva già dato ordine di ricostruire
l’arca, che ci aveva portato sul nostro pianeta.
“Ma le cose non andarono così…
durante un’esplorazione della foresta pluviale, Profondo Blu scomparve nel
nulla. I suoi seguaci, tra cui c’eravamo anch’io e Pie, confusi e disorientati,
restammo sulla Terra per qualche mese, aspettando che lui tornasse, non sapendo
assolutamente che cosa fare senza di lui. Ma lui non tornò, e pensammo che
fosse morto, magari divorato dalle fiere del pianeta o ucciso a tradimento
dagli esseri umani, anche se voi a quel tempo eravate alla età egiziana e
babilonese, perciò non è che avreste mai potuto fare del male al nostro
Comandante, anche volendo. Forse avevamo bisogno solo di una conferma, di
quanto quell’impresa fosse sbagliata e assurda e perciò ritornammo di corsa sul
nostro pianeta, annunciando che Profondo blu era morto. Demmo vita ad una
democrazia, ricordando chi, con struggente nostalgia, il nostro vero Re Leon,
colui sotto il quale eravamo stati felici e sicuri, chi, con amara voglia di
rivalsa, Profondo Blu, la persona che ci aveva convinto che avevamo il potere
di fare qualsiasi cosa.
“Ma in realtà, Profondo Blu non
era mai morto… aveva solo trovato il limite della ftelogia…
“Non si possono assorbire i
congiunti, i parenti, che hanno sangue, carne e anima troppo simile a quella
del praticante. Si rischia di non riuscire a trovare un equilibrio tra le varie
parti di se stessi e a non imporre mai la propria anima su quella recessiva.
Profondo Blu era caduto in uno stato catatonico, mentre lottava disperatamente
con suo fratello, all’interno di sé stesso; non riusciva a soffocare l’anima di
Leon, che continuava a vivere e a condizionarlo. Passarono migliaia di anni e
la vostra civiltà crebbe, arrivando allo stadio attuale e Profondo Blu continuò
a lottare con Leon, finchè riuscì ad espellere da sé l’anima di Leon, pur
conservandone i poteri. Essa vagò per il pianeta e trovò una persona, in cui si
depositò, continuando ad esistere e a vivere, aspettando il giorno, in cui
avrebbe potuto trovare suo fratello e farla finita…”.
A questo punto Ghish si fermò
incapace di continuare. Ecco, adesso veniva la parte più difficile e
complicata. Strawberry, che fino a quel momento lo aveva ascoltato affascinata,
come se stesse sentendo una fiaba, inarcò un sopracciglio e disse: “Bè, e che è
successo dopo?”.
Blanche venne in aiuto del
fidanzato: “Leon continuò a vivere nel corpo di un bambino biondo, che viveva a
S. Francisco e che si chiamava Ryan Shirogane…”.
Strawberry spalancò gli occhi e
disse semplicemente: “Non è possibile… Ryan, il mio Ryan è Leon?!”.
“Forse messa così la cosa appare
strana, ma si può dire che è così che starebbero le cose…” rispose Blanche
“Ryan ha i suoi ricordi, una sua anima e una sua indipendenza, ma parte di lui
è aliena ed è il nostro vecchio Re, Leon… lui scelse proprio Ryan, perché lui
gli assomigliava come una goccia d’acqua, perché avvertiva una somiglianza
nelle loro anime e perché sentiva che lui avrebbe rincontrato Profondo blu… non
lo fece a caso, lo fece solo per questo…”.
Strawberry rimase immobile per
qualche momento, incapace di pensare. Ryan era un Re alieno, parte di lui era
Leon… chiuse gli occhi, come ad attutire quel colpo, poi pensò ancora che
allora i poteri di Mark erano indirettamente di Ryan…poi, pregò Ghish di continuare.
Lui sospirò e disse: “Era per
questo che non volevo dirtelo… sapevo che ti avrebbe sconvolto… comunque, i
problemi di Profondo Blu erano appena cominciati. Era la condanna della
ftelogia. Chi si macchiava dell’assorbimento del corpo di un fratello, perdeva
il proprio ed era condannato a vivere da parassita nel corpo di un altro. Lui
non si arrese e prese un terrestre, Mark Aoyama, ma, come ben sai, anche con
lui le cose non andavano meglio… occupava il suo inconscio e si imponeva su di
lui solo per pochi preziosi istanti. In uno di essi, ci chiamò sulla Terra per
combattere contro le mew mew… il resto lo sai…”.
“Ma adesso perché vorrebbe di
nuovo Ryan?” lo interruppe Strawberry.
“Per rompere la condanna della
ftelogia” continuò Blanche “Durante le ricerche, abbiamo trovato l’unico modo
che avrebbe lui per riappropriarsi di un corpo… sarebbe occupare il corpo, in
cui si potrebbe incarnare l’anima del fratello, scacciato da sé… ma tale metodo
ci sembrava molto difficile. Profondo Blu doveva trovare l’anima di Leon, che
per quanto ne sapevamo, poteva anche non essere entrata in nessun terrestre,
poi lui era anche troppo debole, dopo lo scontro con voi e i suoi poteri erano
rimasti a Mark… avrebbe dovuto contare sulle imperfezioni genetiche, che
purtroppo per lui nei terrestri, non sono così comuni, mentre, purtroppo per
noi, stavolta Ryan ha… come se non bastasse, dovrebbe di nuovo soggiogare
l’anima di suo fratello, quella di Ryan, insomma, stavolta distruggendola, e
non è una cosa semplice cancellare un’anima. E poi, mentre si sforzi di farlo,
lentamente perderà parte di sé giorno dopo giorno, finchè perderà la ragione e
la sua stessa anima…”.
“Ma così lascerà finalmente Ryan!”
eruppe Strawberry, le lacrime agli occhi.
“Lui perderà la ragione, questo
sì… ciò vuol dire che, se all’inizio vorrà solo prendere i vostri poteri e
diventare più potente, così da distruggere la Terra, allora non sarà più in
grado di ragionare e probabilmente annienterà l’intero Universo… ma non lascerà
mai Ryan, a meno che non sia lui a risvegliarsi, se non si è fatto distruggere,
e lotti contro di lui, all’interno di Profondo Blu stesso, distruggendone lo
spirito…”.
“E come si può fare per
risvegliare Ryan?” chiese Strawberry. Aveva paura, un’immensa paura adesso.
Intuiva che forse aver capito che era molto probabile che Ryan era vivo non
significava che stava per riaverlo indietro, no… stava tutto solamente per
cominciare. Per riprendersi Ryan, doveva lottare con tutte le sue forze…e
stavolta, senza garanzia, che ce l’avrebbe fatta.
“Solo il mondo esterno può
richiamarlo indietro, svegliarlo… i suoi affetti, le persone che lo amano
possono risvegliarlo…” spiegò Blanche “Lui non ha voluto attaccare Halinor,
perciò esiste ancora… però per svegliarlo, lo dovrebbe chiamare la persona più
importante che abbia mai avuto nella sua stessa vita, e, grazie ad una mia
particolare magia, lo dovrebbe chiamare dall’interno, collegandosi con la sua
mente telepaticamente… ed è molto pericoloso, perché la persona che si
collegherà, potrebbe perdersi nell’ inconscio delle sue stesse paure, prima di
raggiungerlo…”.
Strawberry sembrava sempre più
spaventata, mentre diceva: “Lui amava immensamente i suoi genitori, ma li ha
persi… forse Kyle…magari a lui darà retta…”.
Ghish scoppiò esasperato: “O
magari darà retta a te, stupidona! Possibile che tu non l’abbia ancora capito?
Se lui è vivo, perché credi che tu sia la sola che non l’hai scordato e che hai
continuato a vivere, tormentata da lui? E’ lui che ti sta chiamando, che ti sta
dicendo che è vivo, lo sta dicendo solo a te da tre anni… capisci adesso?!”.
Strawberry scoppiò a piangere.
Allora non era solo una povera pazza, una ragazza che non sapeva perché non
riusciva a scordare una persona, era lui che la chiamava…
Ryan, ti giuro che ti verrò a prendere, ti porterò via da
lui, tornerai a casa, tornerai da me…
“Bene, allora che cosa devo fare?”
disse, quasi allegra.
“Quanta fretta!” disse Blanche,
sorridendo “Dobbiamo prima eseguire la prova decisiva… l’ho tenuta per ultima,
perché non volevo spaventarti, né illuderti, e poi perché mi piace troppo
vedere lavorare Ghish”.
Tutte e due scoppiarono a ridere,
mentre il diretto interessato incrociava nervoso le braccia al petto.
Blanche chiese a Strawberry se
avesse una foto di Ryan che la ragazza le porse, dopo averla uscita da un
cassetto. La accarezzò per qualche istante, poi la porse a Blanche, che la pose
al centro di un cerchio di fiori bianchi e azzurri, che aveva uscito da una
borsa di cuoio. Disse di spegnere le luci, e prese una candela azzurra dalla stessa
borsa, che accese. Passò la fiamma sui fiori, che bruciarono, sprigionando un
odore dolciastro e intenso, e creando un cerchio di fuoco attorno alla foto di
Ryan, poi prese la mano di Strawberry, chiedendole di pensare intensamente a
lui e al suo desiderio di riportarlo indietro. Strawberry chiuse gli occhi,
mentre la mente le si riempiva di lui, dei suoi occhi di zaffiro, dei suoi
capelli rifulgenti del sole d’estate, della sua voce calma e dolce…
Blanche la chiamò leggermente,
mentre, di fronte a loro, si erano materializzate due sfere di luce, una rossa
e l’altra azzurra; la ragazza aliena indicò con il dito quell’azzurra e disse:
“Questa è l’anima di Ryan… se fosse completamente umana, dovrebbe essere rossa
e, invece, come vedi, è azzurra… è un’anima aliena, anche se solo in parte… è
l’anima di Leon…la nostra congettura è giusta… adesso, se le due sfere
convergeranno l’una verso l’altra, fino a sovrapporsi, vorrà dire che Ryan è
vivo, altrimenti…”. Blanche non continuò, mentre Strawberry si stringeva
freneticamente le mani, pregando con tutta sé stessa che si avvicinassero.
Ma sembravano così dannatamente
lontane e vorticavano in direzione completamente opposta, e le iniziarono a
scendere dagli occhi cioccolato delle grossi e lucenti lacrime, mentre mormorava:
“Ti prego, ti prego…”.
Chiuse gli occhi, non volendo
vedere più nulla. Dopo un minuto, li riaprì e adesso c’era una sola sfera
violetto.
“E’ vivo…” commentò Blanche,
abbracciandola.
Strawberry riprese a piangere,
mentre si sentiva la persona più felice sulla Terra.
E adesso che cosa succederà???
Siete curiosi vero? A dirla tutta, questo è uno dei capitoli che preferisco
perché finalmente viene svelato il segreto di Profondo Blu e di Leon, suo
fratello, ma le sorprese non terminano qui! Ci sarà un altro personaggio che si
intrometterà tra i primi due!! Per il momento dovrete avere ancora un po’ di
pazienza! Comunque nel caso non vi sia chiaro qualsiasi cosa, dato che alle
volte scrivo, dando per scontate cose che so solo io nella mia mente e che
penso di aver chiarito, fatemi sapere! Comunque non so se esiste la ftelogia
come scienza, io me la sono totalmente inventata! Ancora una volta passo ai
ringraziamenti di rito:
Killkenny:
le tue domande avranno una
risposta nei prossimi capitoli, non ti preoccupare!
Pfepfer:
grazie ancora, lo stile C.S.I.
ha fatto confondere anche me, quando ho scritto questo capitolo, ho dovuto fare
anche io dei disegnini per non perdermi!
Tessa: sono contenta che tu ti sia potuta collegare anche
in vacanza, sinceramente mi sono meravigliata da sola nel fare Strawberry così
intelligente! Peccato che nella realtà non sia così!
Amylee: che
bello un’altra che legge la mia fic! Comunque non ti demoralizzare, non è che
io scriva così bene, a volte mi sembra di scrivere delle schifezze, ma tento
sempre di non buttarmi giù! Non farlo nemmeno tu! Comunque grazie dei tuoi
complimenti! Abbasso Mark e W Ryan!!!
ChibiCia: spero di essere stata
una buona alternativa ai tuoi libri di narrativa! Ti
ringrazio per i tuoi complimenti, ti posso assicurare che cercherò di tenerti
sul filo del rasoio più a lungo possibile! Spero di appassionarti ancora e di
trovarti anche in futuro tra le mie recensioni!
MewPam: sei stata l’unica a
capire che tutto il mistero di Profondo Blu si celava dietro Leon! Bravissima!
In questo capitolo, hai avuto la risposta alla tua domanda! Ancora grazie per i
tuoi complimenti, anche a me questo capitolo piace, anche se ci ho sudato
parecchio per finirlo! Blanche sta simpatica anche a me, soprattutto perché
mette sotto Ghish e non ti nascondo che a me piace parecchio comandare a
bacchetta i ragazzi! Ho cercato di fare quanto prima nell’aggiornare, ma
purtroppo devo sempre aspettare che i miei se ne vadano, altrimenti iniziano a
sbraitare!
Bene, credo di aver finito! Grazie ancora tantissimo a
tutti! Cercherò di aggiornare quanto prima possibile! Ciao ciao da Cassie chan!
“…would you seem lonely, if you were
the only star in the night?…”---Duran Duran
Il locale era stranamente vuoto
quel giorno. Pioveva a dirotto e molta gente aveva preferito rintanarsi in
casa, e quindi le giovani cameriere del Caffè mew mew erano sedute pigramente
sulle sedie, sbuffando ripetutamente. Una sola di loro spolverava allegra i
tavoli, canticchiando, Strawberry Momomiya.
Le ragazze la guardarono
meravigliate, mentre non capivano perché fosse così felice. Tra l’altro, Mark
aveva appena chiamato, dicendo che non poteva uscire con lei, quel giorno, e
lei non aveva fatto una piega.
Accese la radio e iniziò a
canticchiare una hit, in cima alle classifiche, mentre si conteneva da saltare
sul tavolo, cantando: Ryan è vivo.
Lory la chiamò leggermente e
chiese: “Come mai sei così allegra, Strawberry?”. Temeva che fosse, di nuovo,
vittima dei suoi frequenti sbalzi d’umore.
Strawberry si voltò, sorridendo:
“Non ti preoccupare… non sto impazzendo del tutto! O meglio non sono mai stata
pazza!”.
Le altre la guardarono curiose, ma
Strawberry disse soltanto: “Sono non più che felice… mi è semplicemente
accaduta una cosa stupenda, che pensavo non sarebbe mai successa…”.
“Cosa?” chiese Mina.
Strawberry ripose lo straccio, con
cui stava spolverando, e disse, raccogliendo le sue cose, mentre se ne andava:
“Un giorno, forse lo saprete… ma per adesso no…”.
Le altre si guardarono ancora in
volto, e Paddy disse: “Chissà che cosa sarà… magari si sposa con Mark…”.
“Credo che sia qualcosa di molto
importante” disse semplicemente Pam, legandosi i capelli “Le brillano gli
occhi… non aveva quell’espressione da anni…”.
“Credi? Non potrebbe essere
un’altra cosa, che poi si rivelerà essere un’altra sua macchinazione?” chiese
Lory, preoccupata.
“Non penso…” disse Mina “E’
semplicemente troppo felice…”.
Strawberry era tornata velocemente
a casa, correndo sotto la pioggia, che cadeva incessante dal cielo. Era bagnata
fradicia anche perché aveva dimenticato l’ombrello, ma non fu per quella
ragione che corse a perdifiato per le strade bagnate della città. Quel giorno,
sarebbe entrata nella mente di Profondo Blu per riprendersi Ryan, o almeno
svegliarlo. Arrivata davanti alla porta di casa, si era tastata nelle tasche
per trovare le chiavi di casa, ma, al loro posto, vi aveva trovato un piccolo
pacchettino traslucido, ricoperto di una carta argentata, con un fiocco azzurro
cielo di raso.
Non ricordava che cosa contenesse,
per questo lo aprì e vi trovò una cornice, decorata con delle foglie di
cartapesta. Essa conteneva una fotografia dei componenti della squadra mew, al
gran completo: c’erano lei, abbracciata a Mark, Mina, che stava seduta accanto
Pam, Paddy che si sbracciava, salutando la macchina fotografica, il braccio
stretto attorno al collo di Tart, Lory che sorrideva felice, il braccio di
Kyle, attorno alle sue spalle esili. Un po’ più in disparte, c’erano Ghish e
Pie, accanto ad Halinor e a Ryan… sì, adesso ricordava. Aveva preparato quella
cornice, il giorno di Natale, prima di sapere che Ryan era morto, perché voleva
fare un regalo a Ryan, per il fermaglio, che lui le aveva dato. Poi se le era
messo in tasca e se ne era dimenticata. E adesso lo ritrovava.
Che sia un buon segno?
Preferiva non rispondersi e perciò
entrò in casa, dove trovò Blanche e Ghish che stavano seduti in salotto e,
teneramente abbracciati, guardavano la televisione.
“Ciao piccioncini!” salutò lei.
“Ciao gattina…” rispose il ragazzo
distrattamente, baciando la fronte di Blanche, che le disse: “Allora sei
pronta? Sei davvero sicura di volerlo fare? Non so se hai capito quanto
potrebbe essere pericoloso…”.
Strawberry, riponendo la borsa sul
divano, rispose risoluta che lo sapeva, ma che niente le avrebbe fatto cambiare
idea. Voleva salvare Ryan a tutti i costi.
“Bene, non credo che starò tanto a
cercare di convincerti… anch’io avrei fatto la stessa cosa, se si fosse
trattato di lui…” aggiunse Blanche, indicando il fidanzato, che saliva al piano
di sopra “Ma voglio che tu sappia un paio di cose… prima di tutto, sappi che
potresti rimanere incosciente anche per un paio di giorni. A te il tempo
sembrerà volare, ma, invece, scorrerà molto più velocemente. Secondo: non
meravigliarti se vedrai cose strane, a cui non riesci a dare delle spiegazioni.
Tu passerai prima per il tuo inconscio, e incontrerai le personificazioni delle
tue paure, perciò non ti spaventare. Non stupirti, se ti sembrerà di passare
per un vero e proprio tuo inferno…Terzo: la cosa più importante è che tu non
troverai il Ryan che ricordi… troverai molto probabilmente una persona, che ha
perso la cognizione del reale, che è intrappolata nei fantasmi che Profondo Blu
gli fa credere reali, e quindi potrebbe non riconoscerti e anche farti del
male. Abbi pazienza, e lentamente capirà chi sei. Se ti chiama da tutti questi
anni, vuol dire che non ti ha mai veramente scordato. Quando lo avrai
svegliato, spiegagli sommariamente tutto, tranquillizzalo, e dargli qualcosa di
tuo, che lo trattenga collegato a te, qualcosa di importante, che gli ricordi
subito te. Dilli di lottare contro Profondo Blu, distruggendo tutte le sue
immagini che si troverà davanti, mentre noi penseremo a qualcosa per attaccarlo
dall’esterno. Dopo, senza perdere altro tempo, ritorna qui. Focalizza nella tua
mente l’immagine di questo…” e le porse una pietra di lapislazzuli, incastonata
in una spilla tonda “… e ritornerai indietro. Se non riesci a svegliarlo, torna
subito indietro, Strawberry. Non perdere tempo, altrimenti non potrò più
portarti indietro, davvero”.
Strawberry annuì lentamente e
disse: “Tu, invece, mi devi promettere di non parlare di niente né alle
ragazze, né a Mark, né ai miei genitori… dopo che sarò tornata, glielo dirò
io…”.
Ancora nascondeva la verità, ma
stavolta neanche il senso di colpa la appesantiva. Stava per rivedere Ryan e
non stava più nella pelle. E non voleva che nessuno la facesse sentire di
nuovo, una povera illusa.
“Per raggiungerlo, troverai la
chiave in te… in quella particolare dimensione, ogni cosa che desideri e che
temi, prende forma, perciò sii sicura e tranquilla, e lo troverai prima…”
concluse Blanche, poi l’abbracciò e disse: “Adesso, andiamo a prepararci”.
Salirono di sopra nella camera
degli ospiti, dove Ghish aveva preparato tutto. Le tende erano state chiuse e
si era creata un oscurità totale, rotta solo dai fulmini e dai bagliori delle
candele bianche e lucenti, disposte attorno ad una specie di vasca ovale e
allungata, che conteneva un’acqua azzurrina e piena di petali di fiori celesti.
Ghish le fece segno di mettersi
una tunica bianca di lino, con lo scollo a barchetta, che c’era su una sedia,
che la ragazza indossò velocemente, dopo essersi spogliata dei suoi vestiti in
bagno.
Blanche le disegnò una spirale con
una strana sostanza oleosa ocra, sulla fronte, poi le fece segno di stendersi
nella vasca. L’acqua era fredda e Strawberry sentiva che, però, non la bagnava,
anche se i suoi capelli fluttuavano sciolti sul fondo della vasca.
Blanche si sedette per terra e
iniziò a recitare una strana litania, che doveva essere in latino, mentre Ghish
le teneva stretta la mano, visibilmente preoccupato.
Chissà magari è un rito pericoloso anche per lei…
“Delle anime, il destino è uno
solo: salire al cielo e gioire della Pace Eterna di Colui che ci ha creato. Ma
un’anima è ingiustamente prigioniera: recessiva, nel suo corpo; prigioniera,
nella sua carne, l’anima del sovrano giusto giace nella mente di colui che
perse il suo corpo solo per la bramosia del potere. Custode di tutte le anime,
falla passare, falla tornare sulla terra e falle vivere il tempo che è suo,
come di ogni altra anima. Io, Tua serva che Ti invoco, Ti mando a risvegliarla
chi ho scelto, perché bruciante d’amore… solo Tu sai se è degno, e Tu
sottoponilo alle tue prove. Perché le ere sono passate, e con loro, migliaia di
vite sono trascorse, ma le anime non hanno dimenticato. Non possono
dimenticare.”.
Strawberry iniziò a sentire le
membra, che lentamente rilasciavano tutte le tensioni, e si abbandonavano
mollemente nell’acqua. Anche i suoi occhi non riuscivano a rimanere più aperti,
appesantiti dalla luce ondeggiante delle candele e della stanchezza.
Non pensando più a nulla, chiuse
pigramente gli occhi, cadendo in un sonno profondo.
Quando Strawberry riaprì gli
occhi, era sospesa in uno strano spazio vuoto e nero, che sembrava non avere
mai fine. Faceva freddo, un freddo dannato, che le penetrava fin dentro alle
ossa. Per un attimo, ebbe paura, ebbe paura di quel buio, come quando da
bambina, rimaneva sola nella sua cameretta, quando sua madre spegneva la luce,
lasciandola in preda ai mostri della sua infanzia. Si strinse nelle spalle e
iniziò a camminare, senza meta, poi ricordò che cosa era venuta a fare lì… Ryan…lo doveva trovare quanto prima.
Iniziò a correre, anche stavolta
senza direzione, pensando solo: “Fatemi arrivare
da lui, per favore…”.
Vide in fondo una luce grigia e
corse in fretta in quella direzione. La luce era sempre più vicina e ci si
gettò all’interno.
Un fascio di luce la investì e
frastornata, cadde a terra, avvertendo un leggero dolore alla caviglia
sinistra. Riaprì gli occhi e si trovò in una strada, che le sembrava di
conoscere, come se l’avesse vista in un sogno.
Era seduta su un marciapiede, e,
accanto a lei, c’era un negozio illuminato con le vetrine piene di regali di
Natale. Faceva venire caldo quella luce, ma attorno a lei, tutto era grigio e
spento. Anche la gente, che camminava per le strade, aveva il volto allegro, ma
a lei sembrava spenta, vuota, senza vita, fantasmi che aleggiavano in cerca di
qualcosa, che nessuno poteva dare.
Si alzò da terra e iniziò a
camminare, sotto il nevischio sporco, che scendeva dal cielo cupo e nuvoloso.
L’aria era sempre più fredda e sentiva le mani, come se si stessero lentamente
riempiendo di crepe.
Quel posto, quell’atmosfera le
risultava familiare, l’aveva già vista, un giorno, tanto tempo fa.
Dopo un po’, camminando, si fermò
e si guardò attorno. Era chiaro che quel posto le era conosciuto: quel posto
semplicemente non esisteva, era la sua mente che lo stava creando o che lo
stava rivivendo.
Ad un tratto, vide qualcosa che
attirò la sua attenzione: un piccolo vicolo stretto e buio. Quella strada le
dava una sensazione più forte delle altre e decise di provare in quella
direzione.
Svoltò l’angolo della strada,
piena di luce grigia, e si ritrovò nella stradina scarsamente illuminata
dall’insegna rossa di un locale, che si trovava in una specie di seminterrato.
Lesse l’insegna e le vennero i
brividi: “Hell ’s Kitchen”.
Adesso capiva. Quella era stata la
strada, che aveva fatto quella sera, che era andata fuori di testa in quel
locale. Si era ubriacata e si era addormentata sul bancone, e, per poco, aveva
anche evitato di andarsene con un tipo, che aveva appena conosciuto. Poi Mark e
Lory l’avevano trovata per fortuna ed era tornata a casa.
Forse, avrebbe rivissuto quel
momento. A quel pensiero le venne un nodo in gola e ricordò le parole di
Blanche…
Non stupirti, se ti sembrerà di passare per un vero e proprio
tuo inferno…
Respirò a fondo ed entrò nel
locale, dopo aver aperto una pesante porta di metallo. Si guardò attorno e
fumosi ricordi emersero nella sua mente: l’odore di tabacco, le figure spente e
vuote, l’atmosfera che ti faceva sentire che, una volta entrato, non ne saresti
più riuscito ad uscire. Le venne da piangere e chiuse per qualche attimo gli
occhi, come se non volesse vedere più niente. Cadde in ginocchio, mentre le
lacrime le rigavano il volto; si era ripromessa di non tornare più in quel
posto e, invece, adesso era di nuovo lì. Si sentiva soffocare, come la sua
testa stesse per essere risucchiata nel centro della Terra e fu tentata di uscire
e non tornare più. Ma poi…
Ryan… io devo salvare Ryan, non riuscirò più a vivere se non
lo riporto indietro, non vivrò più se non lo riavrò accanto a me…
Respirando profondamente, si
avvicinò al bancone, dove una figura era accasciata. Ancora prima di vederla,
sapeva di chi si trattava. I capelli rossi erano distesi pigramente sulle
spalle e su parte del viso pallido, e sembrava che stesse facendo un sogno
meraviglioso.
Sto facendo un sogno meraviglioso, la ricordo quella
sensazione, pensavo che finalmente non esistevo più…
Si avvicinò a sé stessa e si
accarezzò la testa dolcemente. La sua altra sé stessa si lamentò nel sonno e
disse qualche frase sconnessa, una lacrima argentata, che le scendeva
dall’occhio destro.
Strawberry le si avvicinò ancora,
dopo essersi chinata per essere alla sua altezza, e sussurrò: “So che adesso
hai paura, ma sta tranquilla, non tornerai più qui… questa è stata la prima ed
unica volta, avevi solo bisogno di annegare il dolore in un falso ed immediato
benessere. Non ti sentire in colpa, il tuo dolore era semplicemente troppo
forte e nessuno lo poteva capire…”.
Ad un tratto, sentì dei movimenti
dietro di lei e vide Lory e Mark. Le passarono attraverso, come se lei fosse
invisibile e immateriale, e andarono a soccorrere l’altra sé stessa.
Strawberry disse ad alta voce, per
farsi sentire da quella piccola immagine sfatta e disorientata: “Avrai sempre i
tuoi amici e Mark… loro non ti lasceranno mai sola…”.
Lei scoppiò a ridere, una risata
assurda e senza motivo di gioia all’interno di essa. Le fece male dentro quella
risata, molto più di quello che credesse possibile, sentiva che il cuore le si
spezzava in migliaia di frammenti, che le andavano a tranciare di netto le
arterie.
Poi, la sentì mormorare: “Non lo rivedrò
più e non glielo dirò mai… Non lo rivedrò più e non glielo dirò mai…”.
Strawberry respirò di sollievo, e si avvicinò a lei, che Mark
aveva preso in braccio, e le accarezzò il viso, dicendo: “lo rivedrai, non ti
preoccupare… io te lo riporterò indietro e gli dirai tutto quello che vuoi…”.
Poi le venne in mente…ma che cosa gli volevo dire?
Le labbra della sua altra te stessa si addolcirono in un
sorriso e lei le disse: “Ci sarà altro dolore, non finirà mai il dolore, perché
fa parte della vita, ma anche la gioia può tornare. Io te la farò tornare…”.
Ci fu un lampo abbagliante di luce e Strawberry si coprì gli
occhi, con il braccio destro a schermarli. Sentii, come il pavimento aprirsi in
una voragine, e franare sotto di lei, mentre una voce le riempiva la testa.
Bene, hai
superato la prima prova, quella del passato… ma il passato è facile da
affrontare, basta raccontarsi che è trascorso, che non tornerà più, ma che ne
dici del futuro, angelo dalle ali vermiglie?
Strawberry non capì che cosa voleva dire quella strana voce, mentre
una strana sensazione le prendeva la bocca dello stomaco. Sentiva che stava per
rimettere, e si coprì la bocca con il palmo della mano. Non credeva che un
viaggio compiuto dalla sua mente potesse essere così reale…
Poi, la sensazione passò e si ritrovò ancora in quello spazio
buio, in cui era arrivata, ma stavolta esso era debolmente illuminato da una
strana luce perlacea. Aprì con timore gli occhi, già tremando per ciò che stava
per vedere, e si trovò davanti uno specchio, dalla cornice di legno rosso,
decorata con strani simboli. Guardò distrattamente il suo riflesso, e poi con
più attenzione, notando che la luce che si diffondeva nell’aria, proveniva da
quello che indossava.
Un vestito da sposa.
Distolse lo sguardo dallo specchio e si guardò addosso. Nella
realtà, non aveva alcun vestito da sposa addosso, e, come se non bastasse,
nello specchio, erano proiettate due pesanti porte dello stesso legno scuro
della cornice dello specchio. Sarebbero dovute essere dietro di lei, ma non lo
erano, erano solo nel riflesso.
Ancora le parole di Blanche giunsero, a darle un chiarimento…non meravigliarti se vedrai cose strane,
a cui non riesci a dare delle spiegazioni…
Sì, ma, anche se sapeva che allora
non doveva stupirsi delle strane creazioni della sua mente, adesso che doveva
fare? Prima, era stata guidata dalla sua mente a superare quella fantomatica
prima prova, ma adesso che doveva fare? Il tempo stringeva e non aveva la
minima idea di che cosa doveva fare…
Molto semplice, angelo carminio… scegli una porta…
“Che cosa?!” ripeté la ragazza
confusa. La voce non era la stessa di prima: era una voce femminile, più dolce
e melodica “Ma si può sapere chi sei? Chi mi dice che non mi stai portando
fuori strada? Io devo andare da Ryan!”.
Se vuoi trovare Leon, devi fidarti di me, angelo scarlatto…
La ragazza non se lo fece ripetere
due volte, e indicò con l’indice una delle due porte, quella che sembrava più
vicina a lei.
Cominciamo, allora, lo spettacolo… il futuro del cuore fatuo…
Strawberry vide ancora il fascio
di luce abbagliarla, mentre vagamente intravedeva la porta, che aveva scelto
aprirsi.
Quando riaprì gli occhi, per un
lunghissimo istante, ebbe dei brividi di freddo, che non riusciva a fermare e
che le faceva battere i denti. Ma non c’era alcun motivo per avere freddo e
Strawberry lo capì subito, non appena si guardò attorno.
Era in una sontuosa stanza da
letto, in stile neoclassico; c’era un enorme finestra di fronte a lei, che dava
su delle montagne, coperte di vegetazione smeraldina. Attorno a lei, vide solo
il lusso e l’opulenza: c’era un enorme letto a baldacchino, in fondo alla
stanza, coperto da un telo di seta azzurra con una stampa un po’ più chiara,
mentre più a destra, dopo uno comodino, con un’elegante lampada panciutae dello stesso colore del telo del letto,
c’era una grande specchiera, dove erano appoggiati tutta una serie di boccette
e di bottigliette, dall’aspetto evidentemente molto costoso. Un portagioie
aperto mostrava una quantità spropositata di gioielli, troppo sfavillanti e
originali, da sembrare falsi, ma dall’aspetto e dalla cura dei particolari,
sicuramente veri.
Dietro di lei, c’era la porta
della stanza, mentre, accanto c’era un enorme armadio, che prendeva tutta la
parete, e arrivava fino al soffitto. Un’anta era aperta e faceva vedere molti
vestiti femminili, dai colori più vari e luminosi e dai tessuti molto preziosi.
C’era persino alla sua destra, un divano e due poltrone, sempre decorate in
colori azzurri, con un piccolo tavolino con sopra un vaso di cristallo, colmo
di rose azzurre. Dietro al piccolo salottino, c’era un’enorme libreria.
Strawberry non capiva. Quella
sembrava più la casa di Mina, che una casa, che poteva eventualmente essere la
sua in un lontano futuro. Che cosa cavolo aveva pensato, da concepire una così
straordinaria e ricca fantasia?
Ad un tratto, la porta si spalancò
ed entrò una cameriera, preceduta da una donna, che Strawberry guardò
totalmente rapita. Era una donna sulla trentina, che aveva i capelli rosso
scuro, tagliati corti e in modo molto particolare. Era tremendamente bella ed
elegante, con il tailleur blu pervinca, e la collana di perle bianche, che
splendeva sul suo decolleté.
Ma Strawberry notò subito che la
sua espressione stonava troppo con la sua pelle d’alabastro, perfetta come
quella di una bambola di porcellana. I suoi occhi color cioccolata erano
piegati in un cipiglio severo e insoddisfatto, ma nello stesso tempo, sembrava
infelice, come se tutto il denaro, da cui era ricoperta, la soffocasse, invece
di allietarla.
“Signora, perché non vuole andare
al ricevimento? A suo marito dispiacerà molto…” aveva iniziato la cameriera,
subito sommersa dalle parole, pronunciate con voce stridula e acuta, dalla
donna, che adesso era seduta pigramente sul letto.
“Perché non ne ho voglia… e dica
al signor Aoyama che non mi importa nulla se ciò gli darà fastidio…”.
Il signor Aoyama?! Mark?! Questa donna è la moglie di Mark…
ma allora…
La consapevolezza di chi quella
donna era, la fece barcollare tanto che si sedette sulla poltrona, una mano
affondata nei capelli, rossi come quelli della sé stessa di fronte a lei, ma
certamente molto più lunghi.
“Ma signora… lo sa che suo marito
stasera riceverà un importane riconoscimento per il suo lavoro di ricercatore e
lei non vuole essere presente?” tentò la cameriera in tono mellifluo.
“Non mi importa! Non mi importa!”
eruppe come una bambina la donna “Io sono stanca di andare a queste stupide
feste per fare la pianta ornamentale di mio marito… solo perché io non ho fatto
mai nulla, non è il caso di sventolarmi di fronte ogni giorno il fatto che lui
è una persona migliore di me…basta!”.
“Ma signora…” tentò la cameriera
ancora, ma Strawberry adulta prese ad urlare: “Che cosa vuoi capirne tu?! Va
via! Và via, razza di idiota”.
La cameriera lasciò la stanza da
letto con un piccolo inchino, mentre la donna bellissima che Strawberry aveva
osservato, fino a qualche secondo prima, si era trasformata in un mostro
dell’ira e della rabbia, il volto pieno di chiazze rosse, gli occhi lucidi, i
capelli disordinati sul capo.
Strawberry si avvicinò lentamente
a lei, mormorando: “E’ così tu sei la moglie di Mark… così io sono la moglie di
Mark…”.
La donna parve averla udita e
sollevò lo sguardo, inchiodato fino a poco prima all’elegante tappeto, posto
sotto il letto. La guardò fissa, e, anche se Strawberry sapeva che non poteva
vederla, le sembrò che, invece, stesse proprio fissando lei. Ma poi la donna si
alzò e prese con foga a gettare per terra le boccette, piene di profumi,
infrangendole e ferendosi le dita con le schegge dei vetri.
Strawberry la guardò spaventata,
guardò con paura e dolore quel demone dell’infelicità, che si era accasciata
tra i frammenti, piangendo e urlando, tra i singhiozzi.
Strawberry non riuscì a impedirsi
di piangere a sua volta, mentre si avvicinava alla sua sé stessa, che a
differenza di quell’immagine piccola e disordinata, che aveva visto nel bar,
dove quel giorno si era lasciata andare al suo dolore, non le permise di farlo.
Si alzò e corse fuori, chiudendo
violentemente la porta alle sue spalle.
Strawberry si accasciò piangendo,
mentre raccoglieva un frammento sporco del sangue di quella donna…
Del suo sangue, si
corresse mentalmente, il sangue versato dalla depressione…
Una sorda esclamazione esplose
nella sua mente… che non sia mai così……………….!
La voce rispose: “Destino rifiutato… passiamo, angioletto, a quello
del cuore soverchiato…”.
Di nuovo, la luce la travolse ancora in lacrime, mentre
sentiva nelle orecchie il rumore di un’altra porta che si apriva. Ebbe paura…
se aveva rifiutato il destino della vita con Mark, se quella poteva essere così
terribile nelle sue paure, che altro tremendo destino la aspettava? Quello, in
cui era ancora una patetica fallita e solamente un’infelice?
Stavolta, aprì subito gli occhi, già certa di ciò che avrebbe
trovato davanti a sé.
Era in una strada della città, al tramonto, vicino a casa sua
e cioè nel quartiere residenziale. Sembrava non essere cambiato nulla: c’erano
sempre le stesse villette a schiera gialle e blu, con dei giardini che le
circondavano, carichi di fiori e di alberi non molto alti.
La strada era deserta ed ebbe paura di aver sbagliato…
O magari è solo
un destino, in cui sono semplicemente sola…
Furono delle voci allegre a risvegliarla dalle lacrime, che
stava per versare e che già premevano sotto le sue palpebre.
Con il sole alle sue spalle, avanzava una donna alta e anche
essa molto bella. Più bella di quella che aveva visto prima.
Stavolta, capì subito che era lei. Dovevano essere passati
anche in questo caso una decina di anni, ma lei era praticamente uguale a come
era adesso: gli stessi capelli rosso scuro, gli stessi luminosi occhi color
caffè e la stessa espressione dolce e rilassata.
Strawberry se ne stupì, dopo tanta infelicità, e le corse
incontro. La donna sorrideva, mentre teneva in braccio stretto al petto un
bambino, con i capelli castani e due grandi occhi azzurri.
Mio figlio…commentò
Strawberrynella sua mente, sorridendo
teneramente.
Ma poi guardò meglio e vide che la sua sé stessa teneva
nell’altra mano una busta della spesa e il mignolo, lasciato libero dalle dita
che stringevano la busta, serrato dalla manina di una bambina di più o meno tre
anni, che teneva in braccio un cagnolino bianco con le orecchie a punta.La bimba aveva capelli biondi a boccoli e
luminosi occhi castani, come i suoi.
Mia figlia…pensò
ancora con un sorriso. Ma poi una curiosità le prese lo stomaco…chi
è il padre?
Quasi come se l’avesse sentita, la bimba iniziò a parlare:
“Mamma, quando torna papà?”.
Strawberry sospirò. Ecco, le pareva strano; con chiunque si
era sposata, doveva avere certamente divorziato. Ma, mentre guardava il viso
della sua sé stessa, la vide sorridere.
“Katy, lo sai che papà torna la settimana prossima… te l’ho
detto tante volte ieri… ti manca, vero? Ma, tanto domani non vado a scuola,
quindi starò con te, tesoro…”.
A scuola? Allora, in
questo futuro, ce l’aveva fatta a diventare insegnante di scuola elementare,
come aveva sempre sognato…
Katy annuì e disse: “E a te mamma, manca papà?”.
“Certo, piccola mia… mi manca tanto” commentò con un sospiro,
imitato da Strawberry. Almeno stava con qualcuno che amava, lo vedeva dal suo
volto… ma, se non era Mark, chi era?
“Lo sai, Katy, che papà lavora tanto, vero?” chiese
Strawberry alla bimba.
“Tì…ma perché deve andare sempre in Ameica?”.
America?!
“Perché papà è un po’ americano, tesoro, e lì ha i suoi
affari, che li hanno lasciato i nonni…” sentii dire Strawberry “Lo sei anche tu
lo sai, Katy?”.
“Tì, sono anch’io americana, come papà…” disse gravemente la
bimba, suscitando le risate della madre.
Strawberry, intanto, stava iniziando lentamente a capire. Non
poteva essere un caso… e se lei si fosse sposata con… quel pensiero le sembrava
talmente assurdo, che non riusciva neanche a finirlo… e poi sentiva una stretta
allo stomaco… non-non poteva essere, semplicemente non poteva essere possibile…
Poi sentì uno squillo di un cellulare, proveniente dalla
borsa della sua sé stessa futura.
“Katy, tieni Miky…” disse, porgendo il bambino alla sorella,
mentre usciva dalla borsa il portatile e rispondeva.
“Ryan? Sei tu?” sentii la sua voce dire “Dove sei? Katy sente
tanto la tua mancanza…”.
Un attimo di silenzio, poi…
Un sussurro.
Più forte delle grida di quell’altra sua disperata sé stessa.
“Certo che la sento anch’io,sciocco…ti amo anch’io…”.
Lei aveva appena detto a Ryan che lo amava, aveva detto a
Ryan che lo amava… in quel futuro, lei era la moglie di Ryan e aveva avuto da
lui due meravigliosi bambini…
Quelle parole risuonavano lapidarie nella sua mente e, non
seppe perché, le dettero i brividi. La sua sé stessa futura chiacchierava
tranquilla al telefono e adesso aveva passato il cellulare alla figlia, che
diceva: “Ciao papà! Quando torni a casa?”.
Le vide allontanarsi, mentre iniziava a tremare leggermente,
come se avesse la febbre. Cadde in ginocchio, mentre la visione spariva,
lasciando il posto al vuoto nero di prima. Si guardò le mani scioccamente
bagnate da piccole lacrime, versate, mentre aveva sentito quelle piccole
parole, così dolci, così serenee
tranquille…
La sua sé stessa era felice, e per un attimo la invidiò… lei
era felice con Ryan, lei era innamorata di Ryan…
E io allora? Io
di chi sono innamorata davvero? Se non lo sono di Ryan, perché la mia mente mi
ha mostrato quell’immagine? Perché sono qui?
Prese a singhiozzare forte, sentendosi tremendamente confusa.
Per un attimo, ebbe la forte sensazione di tornare indietro, poi ancora quella
voce interruppe i suoi pensieri.
Hai visto, angelo
scarlatto? L’hai visto il tuo futuro? E’ completamente pieno delle paure… tu
hai paura, messaggero dell’amore…
“Di che cosa avrei paura?” chiese Strawberry, in un sussurro,
il viso affondato nelle mani, coperte di lacrime, che si vergognava di versare,
così, senza motivo e senza possibilità di fermarle.
Il destino del
cuore fatuo ti ha mostrato la paura del tuo presente, angelo vermiglio, di non
realizzarti mai, di vivere una vita vuota, accanto ad un uomo, che potresti
amare, ma che riuscirà a realizzarsi in tutto quello che tu non sarai riuscita
a fare… sei scappata da quella visione, solo dicendoti che potrebbe non andare
così… e così ti ho portata altrove…
“Che cosa significava allora la seconda visione?” chiese,
sollevando il volto ancora rigato dalle lacrime.
Il futuro del
cuore soverchiato… quello dei tuoi desideri e dei tuoi sentimenti, a cui non
hai mai prestato ascolto, che hai ignorato, anche questi per paura… e stavolta
per la più grande paura, che l’uomo, può provare: quella di essere felice, e
quella di amare totalitariamente una persona… questa è la tua più grande paura
e per essa, hai rinunciato a tante cose…
“Cosa significa?! Che sono innamorata di Ryan?!” chiese, ad
alta voce, la risposta che già premeva nelle pieghe del suo cuore.
Questo lo sai
solo tu, angelo cremisi, io non lo so e né potrei dirtelo… se temi quel tuo
futuro, devi solo trovare in te la chiave per non farlo realizzare…
Strawberry abbassò lo sguardo e annuì, mentre il suo cuore le
diceva prepotentemente: Non vuoi
realizzarlo davvero quel futuro? La verità è che il futuro che hai sempre
sognato…
La voce proseguì, dicendo: Hai superato tutte le prove, adesso puoi andare da Ryan…
“Aspetta!” chiese Strawberry, mentre già la luce l’avvolgeva
“Mi puoi dire adesso chi sei?”.
Mi chiamo Elissa
e, tra poco, saprai chi sono… sarà Leon a dirtelo…
La luce avvolse Strawberry, mentre ancora si chiedeva fino a
che punto fosse complicata quella storia. Elissa… chi era, se non un’altra
figura di quel lontano passato, che aveva risucchiato Ryan?
Quando la luce si esaurì e riaprì gli occhi, si ritrovò nel
caffè mew mew. Sembrava tutto uguale a quattro anni prima, le stesse uniformi
colorate delle sue amiche e la sua, la stessa atmosfera allegra, le stesse
risate.
Lory, che aveva ancora i capelli legati nelle solite trecce,
le stava dicendo: “Muoviti Strawberry! Il tavolo 7 aspetta il conto!”.
“Lory…” disse la ragazza, leggermente meravigliata. E se
fosse stato tutto un sogno, e adesso era tornata alla realtà?
“Già, questo è il mio nome… muoviti… lo sai che Ryan si
arrabbierà, se non ti spicci…”.
Il cuore perse un colpo. Balbettò: ” Ryan… Ryan è ancora
vivo…”.
Lory la guardò, come se fosse pazza, e disse: “Certo che è
vivo, perché dovrebbe essere morto?!”.
“Dov’è?” chiese, continuando a non capire.
Lory indicò con il capo il piano di sopra verso il quale
Strawberry si affannò, correndo verso la camera di Ryan.
Salì le scale velocemente, incespicando sugli ultimi gradini,
e, il fiato corto, aprì con forza la porta della camera di Ryan, quella dove
tante volte era entrata senza permesso.
La stanza era perfettamente in ordine, ma di Ryan neanche
l’ombra.
Le lacrime iniziarono a solleticarle gli occhi, mentre il suo
cuore si piegava all’estrema illusione della sua mente. Era così vicina e anche
stavolta era di nuovo tremendamente lontana…
Non hai ancora
capito che la tua mente che ti fa questi scherzi, angelo purpureo?
“Elissa…” mormorò, sollevando gli occhi, come a cercare quel
suo misterioso angelo custode, che si ostinava a chiamarla con quello strano
epiteto.
Cerca il tuo
cuore… è quello che è in collegamento con Leon… anche il tuo cuore è
prigioniero nella tua vita sospesa, ed è qui che è prigioniero… nel tempo dove
hai preteso che la tua vita si fermasse…
Strawberry si guardò freneticamente attorno, fino a che la
sua attenzione fu attirata da una scatoletta di legno laccata, di forma
rettangolare. Era di legno rosso scuro, con un piccolo dosso, sulla sua
superficie esterna.
“E’ questo…” disse, con decisione, poi altrettanto
risolutamente, estrasse dalla tasca il fermaglio di Ryan, la cui superficie
combaciava perfettamente con il dosso dello scrigno, che si aprì con un piccolo
suono metallico.
Bene, angioletto,
finalmente hai aperto il tuo cuore… adesso vai da Ryan… io non posso più
seguirti, altrimenti Profondo Blu si accorgerà di me… addio, angelo scarlatto…
addio Strawberry…
“Addio Elissa…” disse la ragazza, lo sguardo fisso sul
piccolo specchio, contenuto nello scrigno, che le mostrava delle immagini di
prati colmi di fiori gialli e rosa.
La luce l’avvolse ancora e la portò via. Stavolta avvertii
una sensazione strana, come se venisse risucchiata da qualcosa, verso l’alto, e
le venne un vago senso di vertigine.
Quando il viaggio finii, cadde pesantemente a terra, il viso
affondato nel terriccio bagnato, che si era trovata sotto i piedi. Sentiva un
delicato profumo di fiori nell’aria, e vide vagamente qualche petalo
depositarsi tra i suoi capelli.
Sollevò repentinamente lo sguardo, cercando di capire dove
fosse finita, e vide una casa bianca, di aspetto signorile, molto bella e
sontuosa.Un porticato di colonne si
trovava, davanti all’ingresso, e le pareti erano ricoperte di fiori rampicanti,
che avevano l’aria di essere dei gelsomini. Del loro profumo, era impregnata
l’aria, che odorava anche di iodio, per via del mare, che si estendeva
placidamente dietro la casa, che doveva essere a picco su una scogliera.
Non conosceva quel posto, non lo aveva mai visto e,
guardandosi attorno, per l’immenso giardino, che circondava l’abitazione, ebbe
la sensazione di essere nel posto sbagliato. Poi vide lontano, vicino alla
linea descritta dalla costa, lambita dal mare, una città abbastanza grande, con
grattacieli alti.
L’ America… sono
in America… Ryan…
Eccomi di ritorno! Avete sentito la mia
mancanza, vero? Questo capitolo mi è costato particolare fatica, anche perché
sto scrivendo nello stesso tempo un miliardo di cose! Ho dovuto pubblicare una
piccola one shot su Buffy, perché una mia amica mi stava minacciando di morte,
dato che le avevo fatto leggere solo l’inizio! Comunque, questo è un capitolo
abbastanza strano, dato che è sospeso tra due futuri per Strawberry, ma penso
che si sia capito quale io preferisca! Nel prossimo, ci sarà finalmente il
GRANDE incontro! Vi ho fatto penare sette capitoli, ma alla fine ci sono
arrivata! Ed ora i soliti commenti e ringraziamenti:
Strega 91: sono molto orgogliosa di me, visto che sei ancora qui! Scusa
per gli errori di grammatica, ma a volte la foga di scrivere non mi fa
rileggere le cose che scrivo! Mi dispiace per Ghish, ma almeno se non sta con
Strawberry, sta con qualcuno!
Mew Pam: sono contenta che la mia spiegazione ti è piaciuta! Per Leon,
mi sono stata ad esaurire per trovargli un bel ruolo! Comunque, nei prossimi
capitoli si saprà anche qualcos’altro su di lui! Comunque, grazie anche per
aver recensito l’altra mia fic, quella su Buffy! E’ una fic, a cui tengo
particolarmente, perché l’ho scritta in una settimana, un record per me, e poi
perché mi piace davvero tanto! E comunque alla fine, mi sono messa a piangere
da sola, mentre la scrivevo! Quindi sono MOOOOOOOOLTO strana anch’io! Ti
ringrazio tanto, sei una di quelle persone che mi fa sempre piacere trovare
nelle mie recensioni!
Nadia Sakura Kan: avevo sentito molto la tua mancanza sai? Ti ringrazio ancora
una volta per i tuoi commenti, che sono sempre bellissimi e che mi fanno sempre
TANTO piacere! In effetti, uno dei miei più grandi sogni è quello di fare la
scrittrice, ma penso che ci siano molte altre persone più brave di me, quindi
per adesso è un sogno irrealizzabile! Per inventare questa storia, mi sono
esaurita e sono contenta che ti stia piacendo! Spero di sorprenderti
ancora!
Kashia: sono contenta di averti impressionato, e pensa che questo non è
ancora niente… eheheheh… ci sono in programma GROSSISSIME sorprese… mi dispiace
di aver tardato nell’aggiornamento, ma ho avuto da fare!
ChibiCia: ti ringrazio tantissimo per i tuoi complimenti, (ma non avrai esagerato
un po’?) anche perché devo dire che far combaciare la mia storia con quella
dell’anime è stata la cosa più difficile perché spesso avevo paura di aver
capito dell’anime una cosa invece che un’altra! Dato che anche a me com’era la
storia originale non mi è piaciuta granché, un giorno potremmo riscriverla
insieme!
JunJun: che bello, era da tempo che non ti trovavo nelle mie recensioni!
Ancora grazie per i tuoi complimenti, e ti ringrazio anche della tua piccola
critica sullo scorso capitolo! In effetti anch’io avevo pensato che la polizia
avrebbe potuto sospettare qualcosa, però, almeno per come mi sono immaginata io
che fossero andate le cose, ho supposto che la polizia non conosca Profondo Blu
e quindi tutta la faccenda del Testral, quindi non sarebbe arrivata a lui! Poi,
per le tracce di trascinamento magari avrà indagato, ma non arrivando a niente,
le indagini saranno alla fine arrivate ad un punto morto! Comunque, ancora
grazie! Mi sono davvero utili queste osservazioni, così cerco di migliorare!
Starli: grazie! Soprattutto del DANNATAMENTE BELLA, mi ha colpito, sai? Ancora
grazie, spero di incollarti ancora per molto!
Pfepfer: alla fine, tutto si è chiarito, hai visto? Certo, manca ancora un’
ENORME parte di tutta la questione, ma ci arriverò presto! Grazie ancora!
Grazie anche a tutti quelli che hanno solo letto! Ci
vediamo presto! Ciao ciao da Cassie chan!
Si alzò da terra, sfregandosi il viso e il polso dolorante, e solo
allora si accorse di una figura inginocchiata davanti alla
“…love forever, love is free, let ’ s turn forever you and
me…”----Gorillaz
Si alzò da terra, sfregandosi il viso e il polso dolorante, e
solo allora si accorse di una figura inginocchiata davanti alla casa.
Si avvicinò alla figura, lentamente, quasi temesse che si
trattasse ancora di una macchinazione della sua mente, poi vide che non era
Ryan.
Era una bellissima donna, con lunghi capelli biondo chiaro,
che ondeggiavano lisci nel vento, e due grandi occhi azzurro acquamarina. Aveva
un vestito rosa smanicato addosso e un cappello di paglia, con un nastro rosa,
sulla testa. Quella donna le ispirò un gran senso di tranquillità e di
serenità: sembrava così felice e dolce, mentre batteva le mani, chiamando
qualcuno alle spalle di Strawberry. La guardò per qualche istante con un
sorriso, ritemprata dalle tensioni che aveva affrontato fino a quel momento, e
dimenticò un momento che cosa era venuta a fare lì… sembrava una bambina…
Poi, d’un tratto, capì di averla già vista… con quella stessa
espressione, in una fotografia…
Un fulmine le attraversò la mente…nella camera di Ryan, l’ho vista lì… o mio Dio, è sua madre…
In quel momento, seppe di dover girare su sé stessa, ma lo
fece lentamente, con paura. I suoi occhi scorsero un bambino biondo, di un
anno, con due sconfinati oceani turchesi per occhi, che avanzava lentamente,
incerto sulle gambette.
Lo aveva trovato… le ripeteva la sua mente, mentre iniziava a
piangere e a sorridere, come una scema. Cade in ginocchio, sentendo un dolore
bruciante alle ginocchia.
Ma il bruciore maggiore lo sentiva a sinistra del petto… Ryan…
finalmente lo rivedeva, sebbene in quella forma trappola, che gli aveva fatto
prendere Profondo Blu… finalmente sarebbe tornato a casa, sarebbe ritornato da
lei, e finalmente tutto sarebbe finito… quell’incubo, che era diventata la sua
vita… aveva bisogno di lui, mai come in quel momento, lo capiva in tutta la sua
chiarezza… non le importava che questo fosse strano, che doveva averlo
scordato, che si era comportata da pazza, che questo forse voleva dire che lei
era innamorata di lui… niente aveva importanza.
Solo lui, adesso era importante… solo il mio Ryan… pensò con spontaneità.
Si alzò per la seconda volta, e stava già per correre ad
abbracciarlo, poi si ricordò delle parole di Blanche…
Troverai molto
probabilmente una persona, che ha perso la cognizione del reale, che è
intrappolata nei fantasmi che Profondo Blu gli fa credere reali, e quindi
potrebbe anche non riconoscerti o farti anche del male…
Si fermò all’improvviso incerta su che cosa fare,
asciugandosi le lacrime con il palmo della mano. Intanto Ryan era arrivato a
sua madre, che lo aveva preso tra le braccia e condotto in casa.
Strawberry li corse dietro, entrando in casa, poco prima che
la madre di Ryan chiudesse la porta d’ingresso. Si trovò in un enorme sala, su
cui si apriva una scalinata ricoperta di un tappeto blu scuro. Ma stavolta non
si fermò a vedere i quadri della sala, le sue decorazioni, i suoi intarsi nei
mobili, e i decori del tappeto, ma seguì la madre di Ryan, che aveva portato il
figlio in salotto.
Si erano seduti su un divano panna, e la donna dondolava Ryan
sulle gambe, facendolo andare avanti e indietro. Lui rideva di gusto e batteva
le manine sempre più velocemente.
Strawberry si appoggiò allo stipite della porta, chiedendosi
con un sospiro come poteva portarlo via da sua madre, la donna, che aveva amato
di più nella sua vita.
Forse l’unica che
ha amato nella sua vita… si disse, mentre una fitta lancinante le
attraversava lo stomaco.
Guardandosi distrattamente attorno, vide un grande specchio,
che rifletteva buona parte della stanza e vide che c’era qualcosa che non
andava. Si avvicinò e sbarrò gli occhi.
La stanza, nel riflesso, era completamente avvolta dalle
fiamme, che lentamente si avviluppavano attorno ai preziosi mobili antichi e
alle figure di Ryan e di sua madre.
Ecco, come Profondo Blu avrebbe ucciso l’anima di suo
fratello… aveva dato a Ryan quella stupenda illusione, che lentamente lo
avrebbe distrutto, senza che lui se ne accorgesse. Non c’era un attimo da
perdere.
Adesso che aveva trovato Ryan, non lo avrebbe perso di nuovo.
Si affannò e si inginocchiò di fronte a Ryan, ancora in
braccio di sua madre. Lui sembrava non vederla neppure.
“Ryan, ti prego svegliati…” iniziò, le mani fredde sul viso del
suo bellissimo bambino “Ti prego, sono io… sono Strawberry…sono venuta a
prenderti… gli altri sentono tanto la tua mancanza, e credono che non ci sia
più… anche io l’ho creduto, per tanto tempo, ma, in fondo al cuore, sapevo che
stavi bene e che eri solo prigioniero…”.
Niente, il bambino continuava a sorridere, felice
nell’abbraccio di sua madre, sordo alle parole della ragazza.
“Questa donna non è tua madre, è solo un’illusione di
Profondo Blu… Ryan, tua madre non c’è più, e anche tuo padre, ma tu mi hai
detto che noi eravamo la tua famiglia e che eri felice di avere noi… ti prego,
Ryan, ritorna da noi… noi abbiamo bisogno di te…”.
La voce le si spezzò, vedendo gli occhi sempre ottusamente
raggianti di Ryan. Strinse le mani di Ryan nelle sue, appoggiandovi la fronte
sopra e iniziò a piangere, sempre più forte.
“Io ho bisogno di te, Ryan… non ce la faccio più a vivere
senza di te… fin quando c’eri tu, mi piaceva vivere, ogni cosa aveva un senso e
mi convincevo che fosse perché ero così, perché mi piaceva essere gioiosa e
felice… e, invece quando te ne sei andato, ho capito che era per te che ero
così… eri tu che mi davi la forza di andare avanti… non abbiamo mai avuto un
gran rapporto, lo so, eppure sapevo che c’eri e questo mi faceva stare
tranquilla. Sapevo che mi avresti protetta, che non mi avresti mai lasciata da
sola… non so se questo fosse perché sono una mew mew, ma adesso non mi importa.
Un tempo, avrei pensato che tu mi consideravi solo un mezzo, uno strumento per
salvare il mondo e per portare avanti il tuo progetto, ma adesso non mi
importa… sia anche così per tutta la vita, l’importante è che tu ritorni da me,
per favore, Ryan…”.
Rimase a singhiozzare ancora, stringendo le mani di Ryan
nelle sue, inondandole di lacrime, finchè sentii una voce incerta dire: “Straw-
Strawberry…”.
La ragazza, sentendo il suo nome, alzò la testa e incontrò
gli occhi di Ryan, adesso finalmente rivolti verso di lei.
“Ryan…” disse, tra le lacrime, sollevando il capo.
Il bambino ripeté il suo nome, ma, mentre Strawberry si
avvicinava lentamente a lui, la casa fu completamente avvolta dalle fiamme.
Strawberry si chinò a proteggere Ryan dal crollo di una trave del soffitto, ma
inspiegabilmente non si fece niente.
Quando sollevò lo sguardo, vide la trave in fiamme sospesa a
mezz’aria, mentre una voce le diceva nella mente.
Certo che non ti
ci si può lasciare da sola, angioletto… porta fuori Ryan…
Strawberry annuì e prese in braccio Ryan, che tuttavia oppose
resistenza, aggrappandosi alla manica di sua madre.
“Mamma…” diceva, piangendo.
Strawberry lo abbracciò e disse: “Ryan, questa non è la tua
mamma…lei ti guarda dal Cielo e non ti ha mai lasciato solo… scommetto che non
vorrebbe che tu vivessi in un falso ricordo di lei… i tuoi genitori volevano
che tu combattessi, che tu lottassi contro gli alieni e l’hai fatto… ma adesso
ti aspetta un’altra prova, ma tu ce la farai, perché loro ti hanno reso una
persona straordinaria… tu sei determinato, sei la persona più forte e sicura
che conosca, e ce la farai anche stavolta… e poi io non ti lascerò mai solo… te
l’ho promesso che avresti sempre potuto contare sul mio aiuto e sulla mia
amicizia…”.
Ryan, lentamente, lasciò la manica di sua madre, mentre
affondava il viso nel collo di Strawberry. La ragazza corse fuori, evitando i
mobili roventi e le travi che cascavano dal tetto, e aprì la porta, mentre
stringeva Ryan tra le braccia.
Cascò sui gradini, e, rialzandosi immediatamente, si accasciò
per terra di fronte alla casa, una mano sulla testa di Ryan.
Ad un tratto, vide una luce azzurra avvolgere il corpo di
Ryan e lo strinse più forte a sé, temendo di perderlo ancora. Ma quando la luce
si dissolse, la sua guancia era premuta contro il petto del ragazzo.
Lei alzò timorosamente lo sguardo, le braccia ancora strette
attorno alla vita di Ryan, e vide che lui era ritornato il ragazzo, che aveva
lasciato quella sera sulla veranda del caffè, quel ragazzo che le era mancato
immensamente, quel ragazzo con quel profumo che le entrava nell’anima e le
apriva il cuore.
“Strawberry…” disse semplicemente lui, non riuscendo a capire
come mai la ragazza gli era praticamente in braccio.
“Ryan…” mormorò lei, poi gli occhi le si riempirono di
lacrime e lo abbracciò di scatto, dicendo: “ Avevo paura di non farcela, temevo
che non ti saresti più svegliato…”.
Lui chiaramente in imbarazzo, le accarezzò la testa, e disse:
“E invece ce l’ho fatta…”, poi, recuperando la sua solita ironia, aggiunse: “Ci
hai sperato fino all’ultimo di liberarti di me, vero?”.
Solo un mugugno.
Solo un sussurro, soffocato dal suo petto.
Dannatamente serio.
“Non lo dire neanche per scherzo… non so che avrei fatto se
non ti fossi svegliato…”.
Ryan rimase immobile, non sapendo cosa rispondere. Possibile
che Strawberry gli dicesse delle cose del genere? Non che non gli facessero
piacere, tutt’altro, ma si era rassegnato al fatto che la ragazza concepisse
frasi minimamente gentili solo per il suo caro fidanzato.
Strawberry sollevò lentamente lo sguardo, incatenando i suoi
occhi color cioccolato con quelli acquamarina del ragazzo.
Ecco, si diceva Ryan… stava ricominciando tutto esattamente
come sempre, lei lo guardava negli occhi e lui perdeva il controllo di quello
che stava facendo, dicendo o pensando… e inevitabilmente si piegava a quello
che lei voleva, finendo per considerare i suoi desideri anche di sua proprietà…
Ma quella volta non andò così. Guardandola, lesse nei suoi
occhi non più la luminosa gioia di vivere, che lei gli aveva sempre comunicato,
ma un’enorme tristezza, una malinconia profonda, che si alimentava direttamente
nella sua anima.
Lei era cambiata, adesso la sua espressione era troppo simile
alla sua… il volto delle persone che avevano perso qualcuno che amavano molto…
Che ti è
successo, piccola mia? si chiese angosciosamente.
Era più grande, era più bella, ma i suoi tratti portavano le
tracce di tutta la sua vita. E lei non aveva mai mostrato tutto questo, mai,
con quel suo volto da bambina.
Le asciugò le lacrime con le dita e disse: “Adesso, smettila
di piangere… non pensare di assumere un’espressione da bella e tormentata… sembri
solamente un pesce lesso…”.
Strawberry, rendendosi conto delle parole del ragazzo,
assunse un’espressione contrariata, e gli diede un pizzicotto sul braccio,
affondandoci completamente le unghie.
“Ahia, accidenti a te…stavo solamente scherzando, possibile
che tu sia sempre così suscettibile?”.
“E’ possibile che tu debba essere sempre così
stramaledettamente odioso?!” replicò la ragazza, con la fronte alzata e lo
sguardo decisamente indispettito.
I due si guardarono negli occhi per qualche istante, poi
scoppiarono simultaneamente a ridere, entrambi contenti di aver trovato
qualcosa che li mancava da troppo tempo, ossia la presenza dell’altro.
Ryan, soprattutto, fu particolarmente felice di rivedere la
solita luce degli occhi di Strawberry. Distogliendo forzatamente lo sguardo da
lei, lo fissò sulla sua casa in fiamme, il luogo dove aveva passato il periodo
più felice della sua vita.
Senza accorgersene, disse: “E’ la seconda volta che la vedo
bruciare… speravo di non doverlo vedere mai più…e anche stavolta, ci ho
lasciato mia madre…”.
Strawberry aprì la bocca per ribattere, ma lui la interruppe,
lo sguardo ancora incollato alle lingue di fuoco, che colpivano l’abitazione e
parte dei suoi ricordi: “Lo so che questa volta è solo un’immagine della mia
mente, ma comunque mi sento esattamente come allora…”.
Strawberry abbassò lo sguardo, non sapendo che cosa dire. Si
limitò a mormorare un: “Mi dispiace tanto…”.
Lui scosse la testa, dicendo: “Non importa… è da troppo tempo
che sono qui ed è solo per questo che mi fa, di nuovo, male… comunque, adesso
la cosa importante è che tu mi spiega bene che cosa è successo…”.
Lei si sbatté la mano sulla fronte, ricordando che non aveva
così tanto tempo per rimanere lì. Doveva ritornare indietro quanto prima,
altrimenti non ci sarebbe più riuscita.
“Ti devo spiegare molte cose…” iniziò, sebbene voleva
allontanarsi con tutte le sue forze dalla visione di quella casa ardente, che
vedeva sempre riflessa negli occhi tristi di Ryan. Non voleva che stesse male,
e si ritrovò a pensare di voler immediatamente allontanarsi da lì.
Come se qualcuno l’avesse ascoltata, una luce, stavolta calda
e soffusa, li avvolse e si ritrovarono all’interno del Caffè.
Strawberry e Ryan si guardarono senza capire, poi la ragazza
concluse: “Già, in fondo siamo dentro di te, abbiamo solo recuperato un tuo
ricordo…”.
Ryan, che sebbene sapeva di essere prigioniero di Profondo
Blu, non capì le parole di Strawberry, che si sedette su una sedia e iniziò a
raccontare tutto al ragazzo, dell’incidente, della sua morte, dei suoi
sospetti, dell’arrivo di Ghish e di Blanche, della storia di Leon e
dell’imprevista nuova missione, che li attendeva.
Ryan, alle parole di Strawberry, rimase semplicemente
sconvolto, comprendendo che allora lui non era più reale, era solo un’ombra nel
suo stesso corpo, controllato da Profondo Blu. E poi questa storia di Leon… che
significava che parte della sua anima, era questo vecchio sovrano?
Ma furono soprattutto le parole di Strawberry, leggermente
velate di angoscia, che lo misero in allarme: “E quindi io sono venuta a
prenderti…”.
Ryan la interruppe bruscamente, chiedendo: “Quindi neanche tu
sei reale… sei solo un’immagine mentale… dove sei davvero tu?”.
“Io sono a casa mia, ma la mia mente e il mio cuore sono
qui…” .
“Ma scusa, non è pericoloso tutto questo?”.
Lei abbassò lo sguardo, balbettando qualcosa.
“Non saresti mai dovuta venire! E se ti succedesse
qualcosa?!” esplose lui, alzandosi in piedi, mentre Strawberry lo guardava,
sbattendo gli occhi “Se ti succedesse qualcosa, mi spieghi come potrei
perdonarmelo?! Vivrei per sempre nel rimorso…”.
Lei lo fissò freddamente negli occhi e si limitò a dire che
non aveva avuto altra scelta, e che, se non lo avesse fatto, sarebbe stata lei
a non poterselo perdonare.
“E poi ti ricordo che c’è in gioco la sorte della Terra e
dell’intero Universo… l’ho fatto sopratutto per questo…” rispose, lo sguardo
basso ad osservare l’orlo della gonna.
Come era stata dannatamente brava a mentire, ancora una volta
si era erta il suo solito muro di menzogna per proteggersi dalle sue paure e
dai suoi sentimenti… era così difficile dire che lei era venuta lì perché
sentiva la sua mancanza? Perché voleva salvarlo? Perché si era convinta che
fosse stata la sola a non credere mai che lui fosse morto? Era talmente difficile?
Sì che lo era, lo era enormemente aprire bocca, rendersi
fragile e facilmente vulnerabile di fronte a lui, che magari le avrebbe
semplicemente risposto che non era necessario che lo facesse. Avrebbe
semplicemente inarcato un sopracciglio, chiedendole magari di non rifarlo mai
più, perché non voleva averla sulla coscienza.
E poi non era solo questo… dire una cosa del genere, che le
sarebbe parsa assolutamente normale un paio di anni prima, adesso le faceva
solo pensare di confermare implicitamente quello che lei aveva visto…
Il mio matrimonio
con lui… i nostri figli…
Era un futuro meraviglioso e lei non poteva negarlo, ma
adesso la rendeva solamente confusa e le faceva soltanto male, un male
bruciante nello stomaco.
Gli occhi le si velarono appena, ma per orgoglio ricacciò
indietro le lacrime, mentre Ryan le dava le spalle, lo sguardo fisso sul Caffè,
sul ricordo di sé stesso, che in quel momento stava prendendo in giro
Strawberry.
Sorrise, pur essendosi imposto di non farlo, ma poi cancellò
la lieve piega che le sue labbra avevano preso verso l’alto, mentre si rendeva
nuovamente conto della presenza della ragazza, seduta alle sue spalle.
Entrambi sospirano nello stesso momento, mentre nelle loro
menti prendeva forma lo stesso pensiero…
Vorrei tanto che
le cose tra noi fossero più semplici…
Ad un tratto, qualcosa di strano accadde. Ryan avvertì come
qualcosa nel suo petto allargarsi sempre di più, come se fosse un palloncino,
che qualcuno adesso si era messo in testa di gonfiare.
Gli si mozzò il respiro e si portò le mani al petto, mentre
si voltava verso Strawberry, che però vide era nella sua stessa posizione,
accasciata sulla sedia.
“Strawber…” mormorò, prima di sentire che non stava
chiaramente respirando più. In quei pochi secondi, una miriade di immagini
passarono davanti ai suoi occhi, accompagnati da una voce maschile che
ripeteva…
L’amore non è mai
facile… specie l’amore non detto, quello che arde silenzioso nel cuore… ma è
sempre meglio amare e rischiare di perdere, che non amare affatto…
Ryan si accasciò per terra, con Strawberry accanto, mentre le
stesse immagini di un passato lontano milioni di anni passavano davanti alle
loro iridi castane ed azzurre.
Finalmente il grande incontro! Spero di
essere stata all’altezza delle vostre attese, anche se per cominciare a vedere
qualcosa tra Ryan e Strawberry dovrete aspettare ancora un po’! Il prossimo
sarà un capitolo molto particolare e a cui tengo particolarmente, perché
chiarirà molte cose su come si evolverà la storia! Posso dare solo una piccola
anticipazione… è una specie di storia nella storia, e riguarda soprattutto due
personaggi, che ho quasi solamente nominato… bene adesso come al solito passo
ai commenti e ai ringraziamenti:
Mew Pam: grazie ancora dei complimenti, ogni volta mi stupisco quando mi
dici che la storia ti sta prendendo così tanto! Ho cercato di non fare Ryan
troppo cattivo, anche perché così sarebbe stato troppo prevedibile, e poi credo
che Profondo Blu sfrutti molto i punti deboli delle persone, e sa che quello di
Ryan sono i suoi genitori… prova ad indovinare quando capirà che Ryan ha un
altro enorme punto debole? Ops, ho detto più di quello che volevo dire!
Strega 91: davvero il mio stile è migliorato? A me sembra sempre uguale, anche
perché lo scorso capitolo mi è costato particolare fatica! Il futuro con Mark è
quello che mi ha fatto penare di più, perché volevo che si vedesse che i soldi
non fanno la felicità, soprattutto se si sposa una specie di merluzzo rancido
come quello!
JunJun: sei una vera poetessa, lo sai? Mi hanno colpito i tuoi complimenti!
Soprattutto mi colpiscono sempre i tuoi appunti, perché credo che siano davvero
molto importanti per chi, come me, è ancora alle prime armi e vuole
disperatamente migliorare! Comunque, per la faccenda del latino, in effetti la
tua è una giusta osservazione e in effetti è stato un mio errore, ma credo di
potermi riprendere in calcio d’angolo con la frase “… che doveva essere il
latino…”. Non penso che Strawberry lo conosca, quindi forse la sua è una
deduzione che non tiene conto della tua attenta considerazione! Per i vari MAI
POI invece, quello è un mio ENORME errore, dato che spesso scrivo di getto ed
allora mi capita di ripetere quelle espressioni, che sono più del parlato!
Grazie per avermelo fatto notare, ho riletto sto capitolo 30 volte per vedere
se le avevo messe ancora, ma per fortuna non ce ne dovrebbero essere! Grazie
ancora tantissimo! Comunque, non ti sbagliavi per WITCH, anche se lo leggevo
prima ed ora non più!
Hermy 6: che bello che tu abbia letto la mia fic tutta assieme! Ti ringrazio
dei tuoi complimenti, e soprattutto sei stata l’unica che ha notato il fatto
che ripeto spesso la faccenda delle coincidenze! Odio il fatto che condizionino
la vita e che non le si possa controllare né spiegare, e ho trasferito questo
mio odio in Strawberry! Grazie ancora, spero di trovarti ancora!
Jessy: sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto! Spero che
anche questo abbia avuto lo stesso effetto!
Pfepfer: l’incontro è stato abbastanza strano per te? Grazie, e comunque è
vero che spesso le cose me le sogno, prima di scriverle! O almeno le immagino
prima di andare a dormire!
Nadia Sakura Kan: grazie del tuo incoraggiamento, l’ho molto apprezzato, e spero anch’io
che tu possa diventare una brava fumettista! Ti ringrazio come sempre dei tuoi complimenti,
l’ho confusa abbastanza Strawberry, non credi? Ma purtroppo il tuo “Vedremo…” è
giustificato, perché la ragazza è tarda a capire, quindi dovrai aspettare
ancora un po’!
Grazie anche a tutti quelli che leggono
solamente! Ciao ciao da Cassie chan!
Capitolo 9 *** You and me... years and years ago... ***
Il cielo era troppo terso e celeste, tanto da sembrare quasi irreale,
come se quel colore semplicemente non poteva esistere, e
Capitolo
9 - You and I… years and years ago…
“…
and if you knew how I wanted someone to come along and change my life the way
you ’ ve done…”--- Chantal Kreviazuk
Il cielo eratroppo terso e celeste, tanto da
sembrare quasi irreale, come se quel colore semplicemente non poteva esistere,
e fosse nato dalla fantasia di Qualcuno, che sapeva vedere molto più lontano di
quanto nessun’altro potesse fare.
L’erba si muoveva placida,
come un fresco oceano smeraldino, al richiamo della calda brezza primaverile, profumata
dell’odore delle margherite e delle viole, che punteggiavano il prato. Lontano
all’orizzonte, dalla sommità delle foglie degli alberi sempreverdi, che
ombreggiavano mollemente il terreno, si poteva vedere il vero oceano,
increspato dalle onde argentate e dai bagliori dorati del sole.
Su quell’albero, il bambino
sorrise leggermente a quella vista, quel paesaggio gli stava semplicemente
ritemprando l’anima. Dove aveva letto che non c’è miglior cura per l’anima che
i sensi? Che strano non se lo ricordava più… eppure il suo precettore gli aveva
sottolineato il nome dell’autore decine di volte con un pennarello rosso sulla
superficie ambrata del libro antico, che gli aveva regalato suo padre.
Appoggiò le braccia sul
tronco dell’albero, un piede sospeso nel vuoto, gli occhi azzurro chiaro semi
socchiusi. I capelli lunghi e biondi si muovevano dolci nel vento, andando di
tanto in tanto ad illuminare la camicia bianca di lino che portava.
Aveva uno sguardo troppo
serio, quel bambino di sette anni, uno sguardo che faceva paura a molti, che
sapeva leggere dentro senza possibilità di scampo per nessuno. Suo padre aveva
detto: “E’ un’ottima dote per un re…” e lui aveva semplicemente annuito a quel
primo ed unico complimento del suo genitore, mentre sua madre sorrideva e suo
fratello borbottava qualcosa, tirando la gonna di seta rosa di sua madre. Tanto
per cambiare, non voleva che l’attenzione si focalizzasse troppo su suo
fratello maggiore, già ingentilito agli occhi dei genitori dell’appellativo,
pesante come un macigno, di Erede al Trono del Regno della Terra.
Ad un tratto, la sua
attenzione fu attratta da un grande fracasso, proveniente dalle spalle della
collina. Alzò distrattamente lo sguardo e vide una mandria di bufali correre
impazziti.
Tutto assolutamente normale,
pensò il principe, se non fosse per la figura che correva davanti a loro,
sollevando polvere e urlando.
Il bambino distese le
braccia davanti a sé e aspettò che la figura, inseguita dagli animali, passasse
sotto il ramo, allora si chinò leggermente, afferrandola per le braccia e
tirandola in alto.
Si asciugò il sudore dalla
fronte e si risolse a guardare la figura, piegata in due per l’affanno, che
sedeva sul ramo vicino a lui. Era una bambina un po’ più piccola di lui, che
portava un vestitino leggermente strappato sull’orlo di colore giallo e un
cappellino di paglia, calato sicuramente da una mano materna a proteggere la
testolina, ricoperta di capelli ondulati color mogano.
Quando la bambina alzò lo
sguardo, mostrò due grandi occhi color ametista, rilucenti dallo spavento e
dalla gratitudine.
“Grazie” mormorò, ancora
scossa dall’affanno.
Il bambino, che non sapeva
perché aveva perso per qualche istante la capacità di pensare razionalmente di
fronte ai suoi bellissimi occhi, pieni di luce, alzò le spalle e disse: “Niente
di importante… non credi che dovresti stare più attenta? Potevano
calpestarti…”.
La bimba non si scompose e
disse: “Lo so benissimo… ma la mia mamma mi ha detto che l’erba per lo stufato
cresce vicino ai pascoli dei bufali, e perciò la dovevo prendere per forza… non
è mica colpa mia se si sono accorti di me…”.
Il principino sorrise
all’espressione, al contempo, buffa e serissima della bambina, poi,
rendendosene conto, arrossì e distolse lo sguardo forzatamente da lei.
Dopo pochi secondi, udì di
nuovo la voce cristallina di lei: “Come ti chiami?”.
Lui si voltò e mormorò:
“Leon… mi chiamo Leon…”.
Lei sorrise leggermente e
disse, porgendo la mano paffuta: “Io mi chiamo Elissa…”.
Strawberry sgranò gli occhi,
mentre quelle immagini continuavano a scorrerle dentro. Ecco chi era Elissa, la
voce che l’aveva guidata fino a quel momento…era una persona, che aveva fatto
parte del passato di Leon ed indirettamente perciò anche di quello di Ryan. Una
cosa la sconvolse, oltre misura, prima che altre immagini le si accavallassero
sugli occhi: a parte gli occhi viola e ovviamente le orecchie a punta, Elissa
era praticamente uguale a lei.
Leon sorrise, poi, volendo
colpire l’immaginazione di quella bambina, socchiuse gli occhi e disse:
“Elissa, tu sai almeno con chi stai parlando?”.
Lei non capì e ripeté
ingenuamente: “Con Leon… hai detto che ti chiami così, no?”.
Lui, reprimendo le risate,
disse: “Io sono il principe Leon, per tua informazione… sono in questo piccolo
ed insulso villaggio in vacanza… non dovresti trattarmi con più rispetto, non
credi? Considerano anche che ti ho salvato?”.
La sua reazione fu
completamente diversa da quella che Leon si aspettava. Si aspettava una
riverenza, un languido sospiro, o magari una bocca spalancata per la
meraviglia.
Invece Elissa lo spinse giù
per l’albero, mandando Leon a ruzzolare nell’erba, bagnata ancora di rugiada.
Lui sollevò il capo, verso la bambina, che lo guardava con un’espressione
indecifrabile.
“Ma che ti prende, razza di
mocciosa?!” urlò.
Lei non si scompose e scese
dall’albero, con un rapido salto. Poi esaminòil ginocchio sbucciato di Leon, da cui usciva qualche goccia di sangue.
“Non è vero…” disse seria.
“Cosa?!” chiese lui
esasperato, massaggiandosi la spalla sinistra.
“Che sei il principe Leon…
non hai il sangue blu, sei solo un bugiardo!” replicò Elissa decisa, poi si
alzò e si allontanò, mentre Leon la guardava, chiedendosi se si comportava
così, perché era solo una bambina di cinque, sei anni, o se fosse semplicemente
matta. Allora non voleva minimamente sapere che razza di adulta sarebbe
diventata.
Mentre si alzava,
spazzolandosi i pantaloncini, sperò ardentemente di non rincontrarla mai più.
Ma si sa, il destino ama non
esaudire i nostri desideri.
Il palazzo di pietra bianca,
ornato dalle colonne e dai fregi delle varie epoche della loro civiltà,
splendeva niveo nel centro della città, stagliandosi anche contro il plumbeo
colore del cielo. Sembrava che l’azzurro del pianeta fosse evaporato
dall’atmosfera, lasciando quella sola parvenza di non colore.
L’aria era piena dell’odore
di gas, che provenivano dalle viscere della terra e che con il loro seguito di
lava incandescente, erano andati a lambire buona parte delle abitazioni della
periferia della capitale del Regno terrestre. Molta gente correva per le
strade, piangendo, mentre una piccola folla si era radunata davanti al cancello
dorato della Reggia.
Un paio di lucenti occhi
azzurri scrutarono la folla e si rivolsero ad una persona, dietro di loro.
“E così, mio fratello non è
d’accordo con la mia decisione di lasciare il pianeta…” disse Leon, le mani
sotto il mento “Non che mi stupisca… figuriamoci se per una santa volta può
essere d’accordo con me… l’unica cosa che davvero mi preoccupa è che ha
radunato parecchia gente attorno a sé…”.
“Vuole che la disperdiamo,
Vostra Maestà?”.
“No, assolutamente… voglio
sentire che cosa hanno da dire” replicò, voltandosi completamente “Ad accezione
di quella sottospecie di seguaci delle arti magiche di mio fratello, gli altri
sembrano persone normali… voglio sentirne qualcuno…”.
L’uomo lasciò la sala,
mentre Leon tornava a guardare distrattamente il cielo. Quei lunghi anni lo
avevano cambiato molto: era molto più alto, robusto, e i suoi capelli erano
cresciuti molto. Solo i suoi occhi erano gli stessi, anzi se era possibile, gli
si era aggiunta nuova tristezza e fierezza.
Era diventato Re, questo era
vero, ma aveva perso i suoi genitori in una maniera terribile. Uccisi dai suoi
oppositori, che li avevano rapiti, torturati e trucidati, come sicuramente
avrebbe desiderato suo padre, dopo non aver ricevuto da parte sua alcun segnale
di cedimento alle condizioni del riscatto, che gli imponevano di abdicare, a
favore del fratello minore.
E aveva perso anche suo
fratello, catturato dalle arti magiche e dal desiderio di rivalsa. Avrebbe
potuto arrestarlo, bandirlo, condannarlo e distruggerlo in quello stesso
istante, ma non lo faceva. Perché era il solo parente che gli era rimasto,
perchè era tutta la sua famiglia, perché era convinto che, un giorno, sarebbe
cambiato, perché aveva promesso sulla tomba dei suoi genitori di proteggerlo.
L’uomo ritornò nella stanza,
stringendo per il braccio una ragazza leggermente più giovane di Leon, che
appariva leggermente infastidita dalla stretta dell’uomo, che era parecchio più
imponente di lei.
“Lasciala andare, Devon.
Puoi andare adesso…” disse Leon, ancora voltato verso il cielo.
La ragazza, massaggiandosi
il braccio, chiese, la voce non minimamente intimorita:” Perché mi ha fatto
venire qui? Io non ho assolutamente niente da dirle, a parte che la sua
decisione è assolutamente sbagliata… se poi vuole giustiziarmi, faccia pure… i
miei compagni protesteranno abbastanza anche per me…”.
“Mi dica, perché ritiene che
la mia decisione sia sbagliata?” chiese Leon, ancora di spalle.
La ragazza prese fiato e
disse velocemente: “Lei non sa che cosa significa vivere di stenti e riuscire,
dopo anni di sacrifici, a conquistarsi una posizione di minimo benessere… la
mia famiglia è molto umile e i miei genitori sono anziani e malati. Non
vogliono lasciare la loro terra e non voglio neanche io, dopo quanto ci abbiamo
lavorato. Perché se esiste un modo per rimanere qui, non possiamo usarlo,
invece di sradicare tante famiglie dalle loro certezze e dalla loro modesta
sicurezza? Per lei non c’è problema, è il Sovrano e, dovunque andremo, sarà
sempre ricco e amato, ma per noi, che garanzie ci sono?!”.
Leon aveva ascoltato
l’invettiva in silenzio, la voglia di rispondere completamente schiacciata in
lui. Perché si faceva tanti scrupoli? Suo padre aveva ragione: era lui il suo
sovrano ed era a lui che dovevano obbedire. Punto e basta.
Sospirò. Non era mai stato
quel genere di Re.
“Mi dica signorina, lei lo
ama questo pianeta?” chiese sottovoce.
La ragazza, leggermente
interdetta, annuì.
“E allora pensa che la magia
di mio fratello lo renderà come era prima? O lo migliorerà per lei e per la sua
famiglia? La natura è questa: un vulcano che esplode, un terremoto che scuote
la terra, un uragano che spazza via le foreste. E’ la natura, dolcemente giusta
e necessaria, di un pianeta giovane e in formazione, come il nostro. Cos’è la
magia? Sono i poteri che ci ha dato la natura, questo è vero, ma è anche
interferire con essa. Non possiamo usarla per cambiare forzatamente quello che
deve succedere, lo capisce? E poi io amo troppo questo pianeta e questa gente
per lasciare che possa eventualmente accadere qualcosa che li metta in
pericolo. Finché esiste il popolo, esiste anche il regno e non c’è il problema
del pianeta… lo si troverà, o magari un giorno torneremo qui…”.
Sapeva di non averla
convinta, l’aveva sentita mormorare, mentre parlava, e muoversi impaziente di
rispondergli.
“Lei si chiama?” chiese,
solo per educazione, dato che la conversazione si stava protraendo per
abbastanza tempo da rendere necessaria la presentazione.
“Elissa…” rispose lei.
Lui sentì il cuore perdere
un battito. Elissa… doveva aveva sentito quel nome? Era una traccia chiara nei
suoi ricordi, che lasciava una leggera scia di odore d’erba e di viole. Gli
ricorda la sua infanzia quel nome, la sua vita tranquilla, se mai lo era stata,
e poi, con una stretta al cuore, i suoi genitori.
Si voltò rapidamente verso
l’artefice di quel piccolo tuffo nel passato e vide una bella ragazza
abbastanza alta, dai lunghi capelli rosso scuro e dagli occhi indaco.
La ricordava adesso… era
quella strana bambina di tanti anni fa… gli venne da ridere a ricordare quella
sua strana espressione, che era rimasta ancora sulle sue labbra, ben disegnate
e rosse, come le fragole che la primavera regalava copiose all’inizio
dell’estate.
“Certo che lei non ne vuole
saperne di trattarmi come un membro della famiglia reale…” commentò,
sorridendo.
“Non riesco a seguirla…”
disse lei, leggermente stupita.
“Non si ricorda di me,
Elissa?” chiese smarrito, sentendosi al contempo un idiota. Era così compunta e
regale quella ragazza, di fronte a lui. Era come se fosse lei la Regina
all’interno della stanza.
“Dovrei? Le ho detto le mie
origini e, tra le mie conoscenze, non figurano Altezze Reali…” rispose
altezzosa.
Fu, forse allora, che Leon
la guardò bene per la prima volta, trovandola la ragazza più bella che avesse
mai visto, e dire che ne aveva viste di contessine, duchesse, marchesine e
altre dozzine di nobildonne tra le più incantevoli del pianeta. Questa constatazione
ferì il suo orgoglio e allora replicò stizzito: “Vedo che non è per niente
cambiata… credo che sia solo diventata più superba…”.
Elissa arrossì di rabbia e
disse: “Le ho già detto che non capisco di che cosa sta parlando… “.
“Basta! Non ho più intenzione
di perdere tempo con lei! Devon !” urlò nervoso, mentre il suo attendente
invitava poco gentilmente la ragazza ad uscire.
Leon sospirò di sollievo,
mentre chiedeva di vedere qualcun’altro. Ma, mentre di nuovo di spalle,
ascoltava le altre rimostranze, non riusciva a togliersi dalla mente gli occhi
viola, brucianti di rabbia, pieni del fulgore delle piccole lacrime di orgoglio
di Elissa.
Il vento tagliente mozzava
il respiro dei pochi passanti, che camminavano nelle strade scavate nel
ghiaccio della piccola capitale del nuovo Regno della popolazione, che aveva
sempre vissuto sulla Terra. Al centro, il palazzo di ghiaccio del Re era
spazzato dal vento siderale, ma rimaneva erto e immobile, protetto dalla magia
riscaldante del sovrano, che aveva avvolto anche la maggior parte della città,
che, nonostante questo, era però tuttavia sottoposta alla forte corrente
d’aria. Era ormai notte fonda e poche persone camminavano a quell’ora, sotto il
cielo nuvoloso e sgombro di stelle. Era pericoloso uscire a quell’ora, il
sangue ghiacciava nelle vene e molti, caduti in buche o assiderati per le
strade, non tornavano a casa l’indomani, al sorgere del pallido e tiepido
sole.
Una figura coperta da un
pesante mantello azzurro, camminava per le strade, apparentemente incurante del
freddo.
Leon voleva camminare,
voleva vedere se ci fosse in giro qualcuno, che magari era svenuto per strada e
portarlo a palazzo. Il popolo si fidava di lui e sapeva che stava cercando dei
metodi per rendere il pianeta più vivibile, ma adesso era lui che stava
perdendo la speranza. Suo fratello, poi, stava diventando sempre più potente di
quelle strane arti magiche e non perdeva occasione per rimproverargli qualcosa.
Stava iniziando lentamente a
sentirsi stanco di quella vita da sovrano e voleva solo stendersi da qualche
parte, e non svegliarsi più.
Si accorse di una persona
accasciata per terra, davanti alla porta di un locale. Si chinò su di essa e
vide che era un’ anziana donna, le labbra viola e i capelli bianchi pieni di
ghiaccio.
Vide se respirava ancora e,
cogliendo un lieve battito, entrò nell’osteria e chiese dell’acqua calda per
riscaldarla. Un giovane gli venne incontro dall’atmosfera fumosa del retro del
locale e la riconobbe come sua nonna.
Lo ringraziò a lungo,
ovviamente senza sapere che si trattava del suo Re. Leon non si era fatto
riconoscere, e decise di sedersi per qualche minuto per riprendere fiato,
bevendo qualcosa per riscaldarsi.
Il cappuccio ancora calato
sugli occhi, sorseggiava la sua bibita, quando vide qualcuno salire sul
palchetto di fortuna, proprio di fronte a lui.
Una ragazza stupenda,
truccata pesantemente, le labbra innaturalmente rosse, corti capelli neri sul
capo… ma quegli occhi, cavolo i suoi occhi,
come poteva confonderli con qualcun’altra? Gli occhi più belli che avesse mai
visto, che, alle volte, sognava ancora di notte, gli occhi malva di Elissa.
Si erse sulla sedia,
osservandola ballare e muovere ritmicamente dei veli colorati annodati attorno
al suo corpo sinuoso e snello. Gli si strinse il cuore, a vederla così… la sua
Elissa che fine aveva fatto?
Poi…
“Per lei non c’è problema, è il Sovrano e, dovunque andremo,
sarà sempre ricco e amato, ma per noi, che garanzie ci sono?!”
Era colpa sua… adesso sapeva
che cosa significavano le sue parole, e lo seppe ancora meglio, quando la vide
accettare le avances di un tipo enorme, che le si strusciava addosso, mentre
lei guardava altrove con le lacrime che scendevano sul suo volto atteggiato ad
una smorfia provocante e seducente, che non le riusciva bene, non come la sua
espressione dolcemente ingenua di tanti anni prima, o come quella
meravigliosamente altezzosa di solo un anno prima.
Avvertì la rabbia e chissà
cos’altro fargli stringere le mani a pugno, che gli impediva da pensare. Non si
sentiva più il Re adesso, non c’era di meno importante in tutto l’Universo che
essere un monarca.
Fendé la folla accalcata
attorno al palco, salì e prese la ragazza in braccio, dopo aver mollato un
pugno al tipo che ballava scompostamente attorno ad Elissa.
Lei oppose resistenza,
calciando come un’ossessa, ma lui la strinse più forte a sé, e la portò fuori.
“Ma si può sapere chi
diamine sei?!” chiese lei, le lacrime ancora sospese sulle sue ciglia,
rabbrividendo per il freddo.
Lui si tolse semplicemente
il cappuccio ed Elissa sbarrò gli occhi, dicendo: “Lei?!”.
Lui le accarezzò il viso e
disse dolcemente: “Si ricorda di me adesso?”.
Elissa arrossì e sorrise,
annuendo con il capo. Poi, si accasciò sul suo petto, stringendosi intensamente
a lui, il volto affondato nella sua camicia.
Disse solo: “Portami via di
qui, Leon… per favore…”.
Lui la prese in braccio,
mentre lei cadeva nelle nebbie di un sonno agitato e pieno di incubi. E mentre
la stringeva a sé, temendo di perderla ancora, ripensò che era la prima volta,
dopo anni, che qualcuno gli dava del tu. Ed era la sensazione più bella che
avesse mai provato in vita sua.
Era una bella giornata quel
giorno su Nemesi, uno di quei rari giorni, in cui splendeva il sole e quando
l’aria si faceva tiepida ed estremamente dolce. Era bello, in fondo, quel
pianeta, ribattezzato dai nuovi abitanti con quel nome non stupendo. Il
ghiaccio brillava di luce cristallina, prima di sciogliersi e lasciare il posto
ad una sparsa e verdissima vegetazione.
Leon sedeva nella sua
stanza, lo sguardo fisso sulla piccola figura rannicchiata nel suo letto, la
testa leggermente coperta dal lenzuolo bianco e l’aria apparentemente serena.
Lo era davvero? Si chiese
Leon, mentre guardava il volto placido di Elissa. Era la prima volta che
concepiva tanta curiosità su una persona, e che voleva che qualcuno fosse
felice, come lo era lui in quel momento. Tutta la notte aveva fissato il viso
di lei, il sonno, che non veniva o che magari non era mai arrivato, troppo
disturbato dal battito incessante ed intenso del suo cuore.
Che gli succedeva? Si
chiedeva spietatamente.
Doveva andare, lo aspettava
un importante riunione con i suoi ministri, ma inaspettatamente non aveva
fretta, nessuna fretta. Che aspettassero, bastava che la guardasse ancora un
po’.
Perché?
Poi, lei si mosse nel sonno
e fece una smorfia strana, dolce e ilare al tempo stesso, e allora la chiarezza
lo avvolse.
Perché era innamorato di
lei, perdutamente e illogicamente innamorato di lei.
Chissà magari lo era, da
quando l’aveva incontrata da bambino, o forse da qualche giorno, o magari lo
era da tutta la vita. Adesso si ricordava che l’aveva sempre cercata, esaurendo
la sua ricerca nella consapevolezza di non sapere che cosa stava cercando e
neanche di volerlo minimamente sapere.
Perché non esisteva, o almeno
credeva che non esisteva.
E allora aveva pensato che
fosse l’essere felice, l’ascoltare i suoi sudditi, essere un buon figlio,
fratello e Sovrano.
Ma non era così.
Era lei, era lei, che stava
disperatamente cercando, era lei quel sentimento di insoddisfazione, che si era
attaccato alla sua anima, quella mania di fare tutto e dannatamente bene, il
voler essere perfetto sotto tutti i punti di vista…
Si ricordava che, quando
aveva sì e non cinque anni, aveva catturato un giorno in giardino una
bellissima farfalla, che aveva le ali bianche screziate di sfumature violette.
L’aveva chiusa in un barattolo di vetro e l’aveva messa vicino al suo letto.
La osservava per ore,
rapito, vedendola battere furiosamente le ali, per uscire, e chissà come mai,
non gli era mai passato minimamente per la mente, che per lei fosse quasi una
prigione, e che stava vivendo un’esperienza certamente non piacevole. Ma lui si
diceva che la farfalla era sua e che la doveva proteggere perché fuori c’erano
tanti pericoli per lei, e che sarebbe sicuramente morta se non l’avesse tenuta
con sé.
Due giorni dopo, la farfalla
morì e per tutta l’infanzia si chiese se fosse stato perché la vita delle
farfalle durava molto poco, o perché l’aveva tenuta prigioniera.
Non lo seppe mai.
Ma stavolta aveva un’altra
meravigliosa farfalla indaco tra le dita, stavolta di carne, sangue, ossa,
pelle, emozioni, dolore, angosce, collera, gioia, e poi di cuore. Un cuore che
poteva amare ed odiare, rispettare e insultare, stimare e disprezzare. E lui
voleva che lei lo amasse, voleva disperatamente che lei lo facesse.
Lasciò la stanza con un
sorriso sulle labbra, quel sorriso che non gli addolciva il volto da tanto,
troppo, tempo. Appena si sarebbe svegliata, avrebbe chiesto ad Elissa di
sposarlo.
Ma niente di quello che
voleva accadde, stavolta la sua farfalla gli scappò dalle mani, volandosene
via.
Al termine della riunione,
ritornò trafelato in camera sua per parlarle. Spalancò la porta contento, e
subito la sua gioia si seccò sulle sue labbra.
Il letto era vuoto,
perfettamente rifatto, e sul copriletto cremisi, spiccava solo un foglio di
carta bianca.
Lo prese di scatto tra le
mani e ne lesse le poche righe.
La
ringrazio davvero tanto per quello che ha fatto, Maestà. Mi ha dato il coraggio
di fare una cosa che volevo fare da tanto tempo, anche se avevo troppa paura di
fare. Ricomincerò da capo, non deve preoccuparsi per me. Mi dispiace molto per
quello che è accaduto nel nostro primo incontro, o meglio nel secondo. Ero
troppo legata alla mia famiglia e ai miei ricordi che non volevo assolutamente
lasciare, per capire che la sua era, in effetti, la soluzione migliore che lei,
da Re, potesse prendere. Quello che fa per il suo popolo è meraviglioso e credo
davvero che, alla fine, la sua sia stata la soluzione migliore; per questo, non
le porto assolutamente rancore per quello che mi è successo e non deve più
preoccuparsi per me.
So
che magari non le importa molto, ma la verità è che lo ricordo il nostro primo
incontro, ho solo finto di non sapere di che cosa stesse parlando. Le chiedo
scusa per questo, ma lei non poteva sapere che sto cercando di rimuovere buona
parte della mia infanzia dai miei ricordi. E’ il periodo più bello, che abbia
vissuto, ma adesso mi fa male ricordarlo.
Le
chiedo ancora scusa, anche per quello che le feci quel giorno.
La
ringrazio ancora.
AddioElissa
Leon strinse la lettera tra
le mani, per qualche secondo, incapace di pensare. Poi si sedette sul letto e
sospirò.
Si voltò e, guardando fuori
dalla finestra, mormorò: “Addio anche a te, Elissa”.
La strada era piena di
gente, festante ed urlante, che si sbracciava per vedere la carrozza reale, che
attraversava le vie della città. Il sole risplendeva sul ghiaccio, con cui
erano state costruite le abitazioni e il palazzo reale, creando giochi di luce
color dell’arcobaleno; la gente era felice, serena, erano ormai cinque anni,
che viveva su quel pianeta e lentamente vi si era abituata.
Il re, poi, aveva messo a
sua disposizione i suoi poteri e quelli delle persone più dotate del popolo, e
aveva reso Nemesi perfettamente abitabile. Era stata creata una cupola di
energia magica, che circondava il pianeta, e che rendeva l’aria molto più
calda. Certo, non avevano più le torride estati terrestri, ma almeno potevano
vivere serenamente.
Era stato persino possibile
creare delle coltivazioni, e la popolazione riteneva questo un vero e proprio
miracolo. Chiaramente la fedeltà al Re era ai vertici, e tutti si compiacevano
di aver dato fiducia completa a Leon, piuttosto che a suo fratello.
Leon, nella carrozza
scoperta, salutava la folla, mentre accanto a lui, una donna gli mise una mano
piena di anelli, sulla sua.
“Leon, tesoro, quando
torneremo al castello?” chiese, la voce suadente, certa di poter ottenere tutto
quello che voleva.
“Tra poco” rispose lui
velocemente alla fidanzata, guardando attentamente la folla, poi, sospirando,
si rivolse di nuovo a lei “Lo sai che ogni tanto devo farmi vedere dal popolo,
Dalia, o penseranno che sono un Re fantasma”.
La ragazza rise scioccamente
e, scuotendo la testa piena di riccioli neri, disse: “A me sembra che tu stia
cercando qualcuno…”.
Leon, punto sul vivo,
rispose: “Non dire sciocchezze, non sto cercando proprio nessuno…”.
Ad un tratto, la carrozza
inchiodò all’improvviso, frenando. Leon e Dalia capitombolarono in avanti,
mentre la ragazza urlava: “Devon, sei impazzito?! Che diamine fai?!”.
Leon si sporse e, vedendo
una sagoma per terra davanti alla carrozza, fece leva sullo sportello del
cocchio e scese giù.
C’era solo un bambino, che
era per terra e che visibilmente spaventato dalle urla di Dalia, era
praticamente pietrificato.
Lui si avvicinò e,
chinatosi, chiese: “Piccolo, dov’è la tua mamma?”.
Il bambino non rispose, ma,
in compenso, si sentì una voce femminile, che gridava trafelata: “Marik!”.
Leon si girò in direzione
della voce e il cuore gli si gelò in gola.
Era lei, era Elissa… quanto
l’aveva cercata quello stesso giorno nella folla multicolore davanti a lui… e
se ne rendeva conto solo allora, dopo tanto tempo che lo faceva…
Lei corse verso il bambino e
lo abbracciò, dicendo: “Cielo, Marik, non devi scappare via così!”.
Marik protestò debolmente:
“Ma io volevo vedere il Re!”.
Lei sorrise, sollevando lo
sguardo, e fu allora che si accorse di Leon. Arrossì e disse: “Mi dispiace,
Vostra Maestà… è solo un bambino molto curioso…”.
Leon sorrise e disse: “E’ da
tempo che non ci vediamo…”.
Lei sbarrò gli occhi e
disse, stupita dal tono confidenziale del Re: “Sa ho avuto da fare… comunque,
ho trovato un lavoro. Faccio la cameriera a casa di Marik…”.
“Quindi non è tuo figlio?”
disse sollevato Leon.
Lei negò con il capo, poi
sorridendo, disse: “Alle volte, vorrei incontrarla in circostanze normali,
Maestà…”.
Lui, improvvisamente serio,
disse: “Anch’io… ascoltami Elissa, io ho bisogno di parlarti… è una cosa
davvero molto importante per me… potresti seguirmi a palazzo per favore?”.
Lei annuì e, preso in
braccio Marik, salì sulla carrozza, sedendosi accanto a Dalia, visibilmente
seccata.
Il
giorno e la notte… pensava Leon, guardandole
l’una accanto all’altra.
Arrivati a palazzo, Leon
congedò Dalia e condusse in una stanza Elissa.
Le diede le spalle, non
sapendo esattamente che cosa dirle.
Le vere parole, che avrebbe
voluto dire, erano che l’amava, che gli era mancata immensamente, che voleva
che non se ne andasse più via, che non lo lasciasse più da solo.
Si voltò verso di lei, che
lo guardava curiosa, e il batticuore affiorò alle sue corde vocali, facendogli
dire cose completamente diverse.
“Ascoltami, Elissa… io,
insomma, bè… sai, c’è un lavoro qui che si è liberato, ma tanto adesso ne hai
già trovato uno, per cui…” disse imbarazzato, sentendosi un idiota.
La ragazza sorrise e ringraziò
il re, rimanendo anche lei immobile al centro della stanza.
Lui aveva finito di parlare,
e allora perché non si decideva ad andarsene?
Perché lo guardava immobile,
le labbra dischiuse, il cuore che batteva forte nel suo petto?
Chissà… le venne un leggero
capogiro, al pensiero di andarsene, di lasciare quella persona, che era davanti
a lei… di lasciarlo magari a quella ragazza mora, così bella e raffinata, che
gli si era stretta attorno al braccio, con aria possessiva…
Ma che vado a pensare?!
Si chiese risoluta, poi disse, senza nemmeno accorgersi di aver aperto bocca:
“Adesso devo davvero andare… ma se non le dispiace, mi piacerebbe venirla a
trovare uno di questi giorni…”.
Leon si illuminò e disse:
“Mi farebbe tanto piacere… ovviamente, se non è troppo occupata…”.
Elissa sorrise e, per la
prima volta, guardò il giovane Re di fronte a lei con un’espressione nuova.
Era sì il nobile Sovrano
della sua gente, la persona che aveva deciso quel cambiamento di pianeta, che
all’inizio le aveva arrecato tanta sofferenza, ma adesso le sembrava un normale
ragazzo poco più che ventenne, che aveva fatto molto per lei, molto più di
quello che lui effettivamente pensasse. Quel lontano giorno di qualche anno
prima, era stata finalmente in grado di porre una fine alla vita, che si era
scelta di vivere dopo la morte dei suoi genitori, una vita di degrado continuo,
in cui ogni volta che pensava di aver toccato il fondo, scopriva di poter
iniziare a scavare per trovare nuovi abissi. E il cruccio maggiore era stato
che i suoi genitori erano morti nella coerenza delle loro idee, spegnendosi
sulla Terra pochi giorni prima del Grande Esodo. Non volevano lasciare la Terra
e non l’avevano fatto. Lei, invece, così fiera e determinata a parole, aveva
finito per fare tutto quello che si era imposta di non fare mai e poi mai nella
sua esistenza.
Poi, era arrivato il
principe azzurro della sua infanzia a portarla via e farle ricordare quello che
era stata, a darle la forza di ricominciare, di non abbandonarsi,
prematuramente stanca e provata dalla vita.
E adesso era lì di fronte a
lei, ed Elissa si rendeva conto per la prima volta che lui non era il Re, che
si era immaginata sempre, era una persona dolce e meravigliosa e che,
nonostante tutto, si era ricordata di lei.
E poi, sebbene cercasse di
tenere a freno quella parte di sé stessa, era anche… semplicemente troppo
bello… rimase qualche secondo, persa nei riflessi biondi dei suoi capelli, in
quelli acquamarina dei suoi occhi, nelle sfumature di corallo delle sue labbra
sottili, piegate in quel delizioso sorriso, di cui splendeva tutto il suo viso
ambrato.
Scosse la testa,
allontanando quei pensieri dalla sua mente.
Basta, insomma! Lui è il Re e io sono solo una Cameriera… e
poi io non provo niente per lui… è solo gratitudine…
Che fosse gratitudine o no,
fu quel sentimento a farla andare ogni giorno a Palazzo con una nuova scusa per
i successivi sette mesi.
“Perché mi hai fatto
chiamare Leon?” chiese Elissa, mentre guardava il suo Re, seduto sulla veranda,
gli occhi socchiusi ad assaporare i tiepidi raggi del sole.
“Vieni qui per favore… “
disse lui, sollevando lentamente il capo.
Lei, arrossendo, si avvicinò
a lui e rimase immobile, davanti alla portafinestra.
“Siediti vicino a me,
Elissa…”.
Lei si sedette titubante
accanto a lui, il cuore che le batteva talmente forte che aveva paura che lui
potesse sentirlo. Erano mesi che lo vedeva praticamente ogni giorno, che lui
era diventato il suo migliore amico, a cui confidava tutto, dimenticandosi
troppo spesso, come si rammaricava molte volte, che lui era un Re, e che non
aveva molto tempo per lei. Ma lui la invitava sempre a tornare e allora lei,
come spinta da un impulso naturale, puntualmente finiva di lavorare e lo andava
a trovare, intrattenendosi per ore con lui.
Eppure, nonostante quella
complicità e amicizia tra loro, bastava che l’aria che li separava, diventasse
uno strato sottile, troppo sottile e il suo cuore iniziava a battere forte,
come se fosse impazzito. E lei non sapeva darsene una spiegazione, o meglio
quella che aveva e sapeva darsi, era la più terrificante fra tutte.
Leon si uscì dalla tasca un
cofanetto oro, che aprì con un piccolo scatto, rivelando un piccolo anello con
una pietra lucente rossa.
“Lo sai che cos’è
questo?”chiese, mostrandolo ad Elissa.
“Un anello…” rispose lei,
ingenuamente.
“Con Leon… hai detto che ti chiami così, no?”.
Quel ricordo di lei bambina,
lo fece sorridere e martellare il cuore, ma, al contempo, capì ancora una volta
che stava facendo la scelta giusta.
“Questo è l’anello di
fidanzamento che dovrò dare alla donna che sposerò… è forgiato da una goccia
del mio sangue e rappresenta un legame eterno con la persona, a cui sceglierò
di darlo… un legame di sangue, come quelli familiari…”.
“E allora?” chiese Elissa,
confusa. Aveva paura delle sue successive parole e si strinse una mano sul
cuore. Paura della felicità, e paura della delusione.
“Quest’anello è destinato a
Dalia… è la mia fidanzata…” disse lui, abbassando lo sguardo.
Lei, avvertendo il petto
squarciato, ricacciò indietro le lacrime e disse, fingendo una falsa allegria:
“E allora che aspetti a darglielo? Ne sarà felicissima… a proposito, mi sono
ricordata di avere delle cose da fare…”.
Lui sollevò lo sguardo,
finora basso e fisso sui riflessi corallo dell’anello, e fu sconvolto dal volto
della sua Elissa: pallido, gli occhi lucidi, le labbra morse a sangue dai
denti.
“Aspetta…” disse solo. La
afferrò per il polso, costringendola a girarsi, mentre lei stava uscendo.
Lei lo fissò, le lacrime che
le rigavano ormai il volto.
“Perché stai piangendo?”chiese
Leon confuso.
Lei voltò il viso dall’altra
parte e disse tagliente: “Muoviti… me ne devo andare…”.
Lui respirò profondamente,
prendendo ad accarezzare con il pollice la mano di Elissa, la cui pelle fredda
era scossa dai brividi.
“Dovrei dare quest’anello a
Dalia, te l’ho detto… eppure, io da quando ti ho vista entrare, da quando ti
conosco, da quel giorno su quell’albero… io ho sempre desiderato prendere e
stringere la tua mano, infilarci quest’anello e vedere i tuoi occhi, pieni di
quelle farfalle di luce, che mi incantano sempre quando sei felice… quello che
voglio dire è… Elissa, è tutta la vita che sono innamorato di te ed è te e
solamente te che voglio sposare…”.
Elissa non credeva alle sue
orecchie, pensando di aver capito male, ma guardando gli occhi di Leon, capì
che lui aveva detto davvero quelle cose. Le più belle parole che aveva sentito
nella sua vita…
Cielo, ti amo anch’io così tanto, ma chi mi dice che non te
ne pentirai un giorno? Chi mi dice che non mi lascerai da sola?
Rimase in silenzio,
cosciente che qualsiasi parola, che la sua mente era minimamente era in grado
di formulare, era quella sbagliata. Le lacrime scendevano sul suo volto, e non
sapeva più dire se fossero di felicità o di tristezza. Non lo sapeva. E adesso
che aveva capito che la complessità dei suoi sentimenti era spiegata in una
sola parola, che lei era innamorata di Leon, e che lui era innamorato di lei,
niente sembrava essere diventato più facile, anzi…
Leon la guardò a lungo,
accarezzandole ancora la mano, mentre chiedeva ancora insistentemente a Dio che
lei gli dicesse qualcosa, qualsiasi cosa… l’importante era risentire di nuovo
la sua voce, ma, visto che lei non parlava ancora si decise a dire, lasciando
la sua mano: “Elissa, io non voglio farti del male… questo ha a che fare solo
con me, se tu non provi niente per me… noi resteremo amici e io sposerò Dalia…
io devo sposare al più presto qualcuno, perché mio fratello vuole il mio trono,
lo sai, e solo le nozze e poi un erede, mi renderanno più sicuro… io voglio sposare
te, ma non ti posso imporre niente. Ti amo troppo per importi qualcosa che non
vuoi, e per toglierti la tua libertà… io stasera darò la mia festa di
fidanzamento; se ti vedrò, vorrà dire che hai accettato, altrimenti ci vedremo
domani…”.
La guardò in viso,
sollevando il suo capo con la mano. La fissò negli occhi e disse: “Non piangere
più… voglio solo che tu mi prometta che qualsiasi cosa succeda, non mi lascerai
mai da solo…”.
Elissa annuì lentamente,
poi, asciugate le lacrime con il palmo della mano, disse solo: “Non ti potrei
mai lasciare da solo… semplicemente perché poi lo sarei io, senza di te…”.
Poi, sorrise e corse fuori,
chiudendo la porta alle spalle e appoggiandosi ad essa, il viso affondato nelle
palme delle mani, le lacrime che scendevano libere sulle sue labbra.
Si sentiva una stupida e al
contempo, aveva una voglia matta di tornare dentro da lui, ma doveva aspettare
e riflettere bene, in fondo si trattava di cambiare completamente la sua vita.
Corse fuori senza meta e
direzione, il vento freddo che le congelava le lacrime sul viso. Uscì in
cortile e si sedette sul bordo dell’enorme fontana, che c’era al centro del
giardino.
Si mise le mani nei capelli,
sentendo dentro un’enorme battaglia tra il suo cuore e la sua mente.
La sua mente le diceva di
lasciare perdere, che erano troppo diversi, che la vita da Regina non faceva
per lei, che era sempre stata abituata a vivere libera e che le restrizioni
della vita da palazzo non facevano per lei, che lui si sarebbe stancato di lei.
Ma il suo cuore, dannazione…
Sei innamorata persa di lui e lui lo è di te. Che cosa c’è di
sbagliato? Pensi di voler passare tutta la vita a fingere di essere forte,
quando in realtà non lo sei? Non lo sei Elissa, sei debole, e, se non pensi che
sia vero, chiediti al perché sono sette mesi che vieni qui ogni giorno e
risponditi. E poi, la vita da Regina non fa per te? E chi l’ha detto? E poi tu
stai pensando solo se diventare moglie o non di Leon, dì la verità che non ti
importa niente del diventare Regina! Hai solo paura che lui ti lasci e che si
stanchi di te, mentre tu non potresti mai di lui…
Le lacrime iniziarono a
scorrere ancora, ma all’improvviso si accorse di una sagoma lontana, che
avanzava verso di lei.
La vista offuscata, disse
solo: “Leon…”.
Ma non era lui. Era suo
fratello, Profondo Blu.
Possibile che fosse così
simile alla persona, che lei amava, a parte che per i lunghi capelli corvini,
ma al contempo così diverso? Guardare Leon e parlare con lui scaldava il cuore,
guardare Profondo Blu e parlare con lui congelava l’anima.
“Ciao Elissa” disse lui
mellifluo, sedendosi accanto a lei “E’ da tempo che non ci vediamo… l’ultima
volta che ti ho vista, non ti permettevi neanche di chiamare mio fratello,
Leon, lo odiavi e basta…”.
“Le cose cambiano…” rispose
gelida. Non aveva voglia di parlare con lui di niente, figuriamoci di Leon.
“Lo vedo, tesoro mio… un
tempo, ero io il tuo principino preferito… e devo dire che neanche tu mi
dispiacevi tanto…” proseguì, una mano ad accarezzarle una gamba.
Lei si scostò subito e si
alzò immediatamente, la fronte imperlata di sudore freddo. Le faceva paura
quell’uomo dallo sguardo freddamente ceruleo, che tanto aveva ammirato in
passato e che adesso si ritrovava a temere.
Lui la imitò e si mise di
fronte a lei, sorridendo malevolo, attirandola a sé.
“Non così in fretta, piccola
mia” disse, il viso affondato nei suoi capelli ad aspirarne il dolce profumo
“Sono anni che ti voglio rivedere e adesso mi scappi così, io il tuo vecchio
amico… povera, povera Elissa… che cosa ti ha fatto mio fratello?”.
Sorrideva, cercando di
baciarla, mentre lei si ritraeva, cercando di liberarsi della sua morsa.
Riprese a piangere, graffiando con le unghie la mano di Profondo Blu.
Fu in quell’istante che capì
quanto fosse debole, quanto aveva bisogno di Leon, quanto lo amava, quanto la
vera libertà fosse quella di seguire il proprio cuore.
Mentre con forza Profondo
Blu univa le sue labbra a quelle di Elissa, la ragazza udì un rumore alle sue
spalle e vide un garzone di palazzo, che lei conosceva guardarli spaventato e
incerto su che cosa fare.
Fu sufficiente a distrarre
Profondo Blu, che allentò la presa, permettendo ad Elissa di correre via.
Profondo Blu l’avrebbe
ricondotta a sé con la magia, ma era meglio non rischiare. Era troppo vicino a
suo fratello, e non si sentiva ancora pronto ad affrontarlo. Leon sarebbe
sicuramente accorso, se avesse sentito che Elissa era in pericolo.
Sciocco stupido fratello mio…si
disse, ridendo Lei sarà mia prima o poi,
e invece sarà per te solo la rovina… non si deve amare mai nessuno, fratello…
l’amore ti ammazza…
Elissa, intanto, era corsa a
casa sua e si era rifugiata tra le braccia di Lilion, la madre di Marik, che
era diventata una sorta di sua madre adottiva. Piangendo, le raccontò tutto dei
due fratelli e di quello che le avevano fatto provare.
Amore e dolcezza uno,
l’altro paura e rabbia… se sceglieva di diventare la moglie di Leon, avrebbe
dovuto fare il conto con entrambe, vivendo sotto lo stesso tetto di Profondo
Blu, ma se non lo fosse diventata, avrebbe avuto il coraggio di rinunciare per
sempre a quelle calde sensazioni, che il suo re le faceva provare?
La sala era così luminosa da
fare male agli occhi, le tante candele che si riflettevano sui cristalli dei
lampadari e sui marmi, con cui era stata costruita la stanza più grande e
importante del palazzo. Gli invitati, vestiti elegantemente, erano tutti
intenti a parlare, interrogandosi su chi avrebbe scelto il Re come sua
legittima sposa. Non c’era nessuno tra loro che non avesse una parente, nella
rosa delle venti ragazze, scelte come probabili consorti del Re. Anche Profondo
Blu era in un angolo della sala, godendosi lo spettacolo, anche se per i suoi
piani non era proficuo che Leon si sposasse, rafforzando il suo potere con una
donna, che poteva dargli degli eredi al trono. Ma, in fondo, non gli importava,
gli era sempre rimasta l’ultima carta da giocare… poteva sempre assorbire suo
fratello e i suoi poteri.
Sorrise compiaciuto,
ripensando anche ad Elissa. Non la vedeva in sala, quindi aveva rifiutato la
proposta di Leon. Il giorno dopo, sarebbe andato a cercarla e l’avrebbe
convinta a diventare la sua amante. O con le buone, o con le cattive…
Ad un tratto, l’attenzione
degli invitati fu catturata dal repentino spegnersi di tutte le luci, ad
eccezione di alcune candele rosa, che baluginavano tra le dita delle ragazze,
che si erano disposte in fila, aspettando l’arrivo di Leon, che stava scendendo
in quel momento la scalinata.
Come si aspettava, Elissa
non era venuta. Sospirò a lungo, sentendo il cuore spezzarsi in mille
frammenti. Che cosa si aspettava?
Lei non sarebbe mai venuta,
non lo amava e non lo avrebbe mai amato, per lei era sempre stato il re viziato
e autoritario, che le aveva donato quella vita, che lei non aveva mai voluto,
ma che adesso difendeva con tutte le sue forze.
Continuò a scendere
pigramente le scale, gettando distrattamente un’ occhiata alle ragazze, tra cui
spiccava per bellezza e fastosità Dalia, ricoperta di un vestito verde, pieno
di merletti e trine.
Davvero lei sarebbe
diventata la sua Regina? Non ci riusciva nemmeno a pensare, senza sentire gli
occhi pizzicare e il cuore stringersi in una morsa glaciale.
Fu tentato di tornare
indietro, ma poi ripensò al fatto che, se non poteva sposare Elissa, una
ragazza valeva l’altra. Era estremamente cinico il suo atteggiamento, ma non
gli interessava. Per una volta, voleva disperatamente essere cattivo, crudele
ed egoista. Lui amava Elissa ed era solo lei, che voleva sposare. E invece
adesso stava per scegliere una ragazza, che a malapena sopportava e che sarebbe
stata la compagna della sua vita.
Scese fino alla fine le
scale, fermandosi davanti alla prima ragazza, che aveva due grandi occhi verdi
e capelli rossi ed ondulati sul capo. Quasi, sarebbe stato meglio sposare una
perfetta sconosciuta, che Dalia, ma poi sospirò e spense la candela, che
portava, facendo capire che non l’aveva scelta.
Continuò a passare tra le
varie ragazze, finchè arrivò alla penultima della fila, Dalia, e si apprestò a
porgerle l’anello, che l’avrebbe designata per sempre sua moglie. Dalia lo
guardava rapita, tendendo già la mano sottile, e Leon le stava infilando già
l’anello, quando sentii un leggero sospiro accanto a lui, proveniente dalla
ragazza accanto a Dalia.
Si voltò adirato verso di
lei. Poteva anche non fingere che le dispiacesse che avesse scelto Dalia, tanto
lui lo sapeva che la metà di loro era stata solo mandata a fare tappezzeria, o
perché costretta dalla propria famiglia.
Il suo cuore si fermò,
quando vide che era Elissa. Rimase immobile, fissandola a lungo; mai come
allora, gli era sembrata così bella, illuminata dai riflessi dorati della
fiamma della candela, che portava, avvolta in un vestito celeste, molto simile
ad un peplo, i capelli leggermente raccolti ai lati da alcuni fiori bianchi,
che le lasciavano tuttavia delle ciocche, che le cadevano sulle spalle nude.
Era rossa in viso, ma gli
sorrise dolcemente, mentre si sentiva il cuore incandescente. Era nella stessa
stanza di Profondo Blu, che in quel momento strinse violentemente i pugni, ma
non aveva mai provato una sensazione tanto lontana dalla paura.
Leon lasciò bruscamente
Dalia, che lo guardò adirata, e si diresse verso Elissa, guardandola negli
occhi indaco.
“Che ci fai qui?” chiese
stupidamente.
Lei spense la candela e la
poggiò per terra. Poi si sollevò ancora, attirando con le mani il viso di Leon
vicino al suo, incurante delle decine di persone che li stavano guardando.
“Sono qui perché ti amo”
disse lei, le labbra che sfioravano quelle del ragazzo “E voglio diventare tua
moglie…”.
Leon la strinse a sé e la
baciò, mormorando sulle sue labbra: “E pensare che credevo che fossi solamente
un’illusione…”.
Elissa rise dolcemente, per
poi unirsi a lui in quel bacio profondo, che avrebbe suggellato per sempre
l’unione delle loro anime, molto più che l’anello scarlatto, che splendeva
ancora nella mano di Leon.
Vi è piaciuto questo nuovo capitoletto? Spero davvero di sì, anche
se non sono apparsi né Ryan e nemmeno Strawberry, ma solamente Elissa e Leon,
che poi indirettamente ricordano molto Ryan e Strawberry, no? Anche se questo
capitolo, vi sarà sembrato inutile ai fini della mia storia, in realtà è molto
importante per capire che cosa succederà dopo, perché questa storia vecchia di
mille anni condizionerà molto i sentimenti e il comportamento di Ryan e
Strawberry! Sto dicendo troppo, accidenti a me! Comunque sono sicura che il
prossimo capitolo vi piacerà, perché finalmente succede qualcosa tra i due… ho
bisogno ancora di rifinirlo, ma lo pubblicherò presto! I soliti messaggi:
Azzurrina: che bel nickname hai! È sempre bello trovare
qualcuno di nuovo che legge la mia fic! Grazie del tuo applauso, e ti ringrazio
soprattutto di aver notato le mie difficoltà spesso nel reggere una storia del
genere, che devo dirla tutta, è abbastanza complicata, sia per me che la scrivo
che per voi che la leggete! Grazie della tua fiducia e spero che ti piaccia
fino alla fine!
Aya chan: che bello, un’altra lettrice nuova! Grazie della tua ammirazione,
spero di meritarla in pieno! In effetti, è veramente molto difficile capire
quella fessa di Strawberry, durante l’anime mi sarò arrabbiata almeno venti
volte con lei, gettando cose contro il televisore! Nella mia storia, ho cercato
di renderla più intelligente e soprattutto di far capire che in realtà è
solamente molto insicura e che questo l’ha fatta convincere di amare il pesce
lesso! Spero anch’io che nella seconda serie, anche se piccola, Strawberry
capisca di amare Ryan, anche perché in caso contrario, ritiro la mia tesi
sull’insicurezza! E’ solo scema! Spero di risentirti presto!
Nadia Sakura Kan: come ti ho detto sempre, le tue
recensioni mi fanno sempre molto piacere! Come sempre, mi hai molto elogiato e
di questo ti ringrazio! Ho cercato di non affrettare troppo le cose, proprio
perché penso che se sono davvero innamorati, ma non l’abbiano capito prima, non
possano capirlo subito! La frase della fine è mia, mi è venuta naturale, anche
se ho pochissima esperienza in campo sentimentale! Comunque, alla fine si sono
sentiti male, perché era Leon che si metteva in contatto con loro, ti riferivi
a questo quando mi hai detto di non fare scherzi? Comunque spero che questo
capitolo ti sia piaciuto! Grazie ancora!
Strega 91: davvero hai capito che cosa succederà? Spero
che almeno la storia di Leon&Elissa ti abbia sorpreso un po’! comunque, mi
auguro che la tua deduzione sia sbagliata, in maniera da sorprenderti fino alla
fine! In caso contrario, sei davvero una veggente! A presto!
Miyu: grazie tantissimo, sono contenta che ti sia piaciuta la storia e
che ti piaccia come scrivo, soprattutto ti ringrazio per avermi detto che è una
storia diversa! Era proprio quello che volevo, e spero di esserci riuscita!
Hermy 6: hai visto che ancora una volta sei nei miei ringraziamenti? Grazie
per i tuoi complimenti, sei davvero molto carina, anche se non credo di
meritarmi il geniale che mi hai dato!
Mew Pam: ho cercato di fare quanto prima ad aggiornare, ma ho avuto qualche
problema! Purtroppo per la loro dichiarazione ci vuole ancora parecchio, ma già
dal prossimo capitolo accadrà qualcosa, che scommetto che ti piacerà molto, o
almeno spero! Intanto mi auguro che questa storia nella storia ti sia piaciuta,
anche se credo di sì, perché da quello che ho capito dalle tue recensioni sei
una persona molto romantica! Un bacione!
Pfepfer: grazie come sempre dei tuoi complimenti! Sei quasi sempre la prima
a recensire!
Bene, allora ci vediamo presto! A proposito, dato che sono
particolarmente legata a questo capitolo, voglio dedicarlo a mia sorella, con
cui litigo un giorno sì e l’altro no, ma a cui in fondo voglio bene! Ieri ha
festeggiato nove mesi con il suo ragazzo, e spero che stiano ancora assieme per
molto, esattamente come Elissa e Leon! Ciao ciao da Cassie chan!
Strawberry riprese all’improvviso i sensi, mentre Ryan era invece ancora
chinato per terra, le mani tra i capelli
Capitolo 10 - Killing me softly
“… it might not be the right time, I might not be the right one,
but there’s something about us I want to say, ‘cause there’s something between
us anyway…”---- Daft Punk
Strawberry riprese all’improvviso i sensi, mentre Ryan era
invece ancora chinato per terra, le mani tra i capelli. Corse verso di lui e
chiese: “Ryan, stai bene?”.
Lui non rispose, mentre altre immagini si accavallavano in
lui, immagini che stavolta Strawberry non vedeva.
Era stato lo spirito di Elissa ad impedire che la ragazza
vedesse oltre, pensava che lei fosse già abbastanza spaventata di suo per veder
ciò che era successo dopo. Per vedere la sua morte il giorno del suo matrimonio
con Leon, quando Profondo Blu era entrato nella sua stanza, e l’aveva accoltellata
alle sue spalle, uccidendola.
Lui l’aveva uccisa perché lei lo aveva rifiutato, o per
ferire a morte suo fratello? Non lo sapeva e adesso non valeva neanche la pena
saperlo; sapeva solamente che cosa era successo e che Profondo Blu aveva anche
ucciso il figlio di Leon, che portava in grembo.
Era rimasta accanto a Leon, per tutto il resto della sua
vita, ripromettendosi di proteggerlo sempre. Ma poco dopo anche Leon era morto,
ucciso anche lui da Profondo Blu. Lui l’aveva attirato in una trappola,
dicendogli che aveva trovato un modo per riportare in vita lei, e Leon si era
ancora fidato di suo fratello, che invece l’aveva assorbito, non lasciando ad
Elissa neanche il conforto di poter ritrovare l’anima dell’uomo che amava.
Poi, lo aveva trovato in Ryan Shirogane, e aveva deciso di
proteggere lui, la cui anima era in parte quella di Leon. Ma anche con lui, le
cose erano andate nello stesso modo, ancora Profondo Blu, che insidiava l’anima
di Leon.
Si era quasi arresa, decidendo di lasciare definitivamente
Leon, poi aveva visto quella ragazza tanto simile a lei, tanto piena delle sue
stesse paure, tanto innamorata di Ryan, come lo era stata lei di Leon.
L’aveva aiutata, sapendo che i sentimenti sono così forti da
poter scrollare persino il cielo, figuriamoci gli esseri umani e loro alieni,
così debolmente fragili e stupidi. I sentimenti di Strawberry erano fortissimi,
ma la ragazza non lo capiva ancora e, così facendo, avrebbe corso il rischio di
non salvare mai Ryan e l’anima di Leon. Perché lei era l’unica che potesse
farlo, era la sola che aveva la minima possibilità di liberare sia Ryan che
Leon.
Ma adesso che ce l’aveva fatta, adesso che stava diventando
più ferma e consapevole, non voleva che stesse ancora male, vedendo che cosa
era successo a lei. Sapeva che Leon stava ancora facendo vedere quelle immagini
a Ryan, e che era giusto che lui conoscesse la verità. Se lei aveva voluto
proteggere Strawberry, era consapevole che quello era il modo di Leon per
proteggere Ryan.
Stupido, sei
ancora convinto che io sia morta per colpa tua… e non vuoi che Ryan perda
Strawberry allo stesso modo…
Ryan si sollevò a stento, ancora fiaccato da ciò che aveva
visto. Il volto pallido e violaceo di quella ragazza, così simile a Strawberry,
lo aveva scosso più di quanto credesse possibile. Tentava di ripetersi che
quella ragazza morta era Elissa, e non Strawberry, ma con gli occhi chiusi, lei
era uguale alla ragazza, che adesso aveva di fronte, e che lo guardava con gli
occhi lucidi.
La mia piccola
Strawberry…
“Strawberry…” disse, il volto bagnato dalle lacrime della
ragazza.
Lei si asciugò le lacrime e chiese: “Hai visto anche tu
quelle immagini? Era Leon…”.
“…ed Elissa…” completò lui.
Ad un tratto, sentii una voce dentro di lui…
Ryan… so che
adesso mi odi per quello che ti ho fatto vedere, ma era necessario che io lo
facessi… adesso voglio portarti nel mio più bel ricordo, e voglio che ci sia
anche Strawberry…
“Leon… ma cos…?” fece solo in tempo a dire, mentre una luce
li avvolse entrambi.
Si ritrovarono nella sala di tanti anni prima, dove Leon
aveva scelto Elissa, con la stessa gente elegante, le stesse luci, gli stessi
colori brillanti.
C’era anche Profondo Blu in un angolo, davanti al quale
Strawberry si aggrappò al braccio di Ryan, e persino Elissa e Leon, che
ballavano felici al centro della sala.
“Certo che non mi abituerò mai a questi spostamenti mentali…”
disse, ridendo Ryan, voltandosi verso Strawberry. La risata gli si fermò sulle
labbra, mentre guardava la ragazza vestita come Elissa, a parte che il suo vestito
era rosa.
Era veramente stupenda e il cuore fece parecchie capriole
dentro il suo petto, come quello di Strawberry, di fronte al suo completo
bianco e azzurro, come quello di Leon. Per un attimo, Strawberry sorrise,
ricordando che tanti anni prima, si era trovata in una situazione simile,
quando avevano dato quella festa al caffè, ma adesso era diverso, adesso lei e
Ryan erano soli. Soli, in un mondo che non esisteva più, un mondo lontano mille
anni e milioni di chilometri.
Un mondo, dal quale nessuno potrebbe portarmi via... un
mondo, dove finalmente lui è di nuovo con me…
Strawberry scosse ancora il capo, possibile che non riuscisse
a pensare a nient’altro?
“Vieni… andiamo fuori…” disse lui, prendendola per mano.
Lei divenne scarlatta, mentre seguiva Ryan sulla piccola
veranda, da dove si godeva un meraviglioso panorama. Le stelle erano così
vicine e tre lune splendevano nel cielo, illuminando la città di ghiaccio, che
brillava come se fosse di diamante. Lei sorrise, la mano ancora stretta in quella
di Ryan, che dal braccio, le stava riscaldando tutto il corpo.
Cercando di recuperare il controllo di sé stessa, Strawberry
chiese: “Perché siamo qui?”.
Ryan, che la guardava con un’espressione strana, rispose:
“Leon vuole farmi rivivere questo suo ricordo… e vuole che ci sia tu con me…”.
“Perché?” chiese, con un sospiro, intrecciando le dita
attorno a quelle di Ryan.
Lui si avvicinò e disse solamente, la voce ridotta ad un
sussurro: “Lui è dentro di me e sa quello che voglio io… è per questo che…”.
Furono interrotti da una voce maschile, che gridava il nome
di Strawberry. Riempiva tutta l’aria quella voce e l’incanto si ruppe
bruscamente, anche con la comparsa di una colonna di luce dorata accanto a
loro.
“E’ Ghish … devo tornare indietro…” disse lei tristemente,
staccando la sua mano da quella di Ryan.
“Vai allora… altrimenti resterai per sempre qui…” rispose
lui, con malinconia, mentre la sua mano da bruciante ritornava di nuovo fredda.
“Hai capito che cosa devi fare?”
“Devo lottare con Profondo Blu…”
Strawberry sentiva che stava per cominciare a piangere al
pensiero di lasciarlo di nuovo, perciò si voltò dicendo: “Ti ho ridato il
fermaglio di tua madre… dovrebbe farti rimanere cosciente…”.
“Come fai a sapere che era di mia madre?” chiese lui,
aggrappandosi a qualsiasi cosa potesse trattenerla un altro po’ lì con lui,
anche se era possibile che in questo modo non sarebbe più potuta tornare
indietro.
Lei non rispose, mentre già entrava nel fascio di luce, che
la stava risucchiando via.
Lui mormorò solo tra sé e sé: “Già, hai ragione… meglio
tenere le distanze…”.
Si voltò, rientrando nella sala, quando sentii le dita di
lei, chiudersi sul suo polso.
Aveva fatto forza per rimanere a terra e non farsi trascinare
via dal fascio di luce di Ghish. Prima di andarsene, doveva assolutamente dire
a Ryan che cosa lei aveva provato in quei lunghi anni, e che non era
assolutamente venuta per il resto del mondo, ma solo per lui. Per quello che ne
sapeva, il giorno dopo, poteva morire o perderlo ancora, e stavolta per sempre,
e quella frase sarebbe stata solo una delle tante altre che non gli aveva mai
detto.
Lui si girò verso di lei, con espressione interrogativa, non
riuscendo a capire che cosa volesse. Aveva capito l’antifona, non doveva
avvicinarsi troppo, voleva forse esaltare il concetto?
“Ascolta Ryan…” iniziò rossa in viso “Io, io … prima di
andare via… devo dirti una cosa importante…per me almeno è una cosa importante…
io, insomma, sai… tutti questi anni…questi anni, che tu non ci sei stato…”.
Ryan sorrise, capendo che cosa voleva dire. Non era mai stata
brava a dirgli cose troppo gentili, o che toccassero troppo il suo cuore, ma
solo per quella volta la tolse d’impaccio, che invece la maggior parte delle
volte adorava vedere dipinto sul suo viso.
Le mise un dito sulle labbra e disse dolcemente: “Ho capito…
non ti devi preoccupare… adesso vai…”.
Lei sollevò lo sguardo, interrogandosi se effettivamente
avesse capito quello che lei voleva dire. Poi, vinta dalla sua dolcezza,
appoggiò la fronte sulla sua spalla e disse, senza accorgersene: “Ryan…
promettimi che tornerai…per favore, promettimelo…”.
Lui, spiazzato, sorrise, stringendole la vita con un braccio:
“Te lo prometto...”. Poi le passò una mano tra i capelli, sfiorandoli con le
sue dita affusolate. Lei rabbrividì, eppure si lasciò andare al suo contatto,
incapace di fermarlo. Come poteva fare, se sentiva il cuore pieno di spilli?
Sollevò lo sguardo, rincontrando quello ceruleo di Ryan, che
la guardava sorridendo. Lui si abbassò leggermente alla sua altezza, piegando
le ginocchia e fissandola direttamente negli occhi, dicendole: “Non ti
preoccupare… te lo giuro su mia madre e su mio padre che ritornerò…”.
Lei annuì, lo sguardo di Ryan, che sentiva come se le stesse
guardando dentro la testa.
Lui ritornò in piedi, ma i loro sguardi non si separarono.
Entrambi erano incapaci di farlo, mentre la voce di Ghish continuava a riempire
l’aria. Quella che stava venendo a mancare tra loro due, troppo vicini.
Ryan continuò a giocherellare piano con una piccola ciocca di
capelli di lei, sfuggita dalla sua acconciatura elaborata, mentre Strawberry
chiuse piano gli occhi, brividi lunghissimi che percorrevano la sua schiena.
Non era capace di fermarlo, non ci riusciva, pensava a Mark, a Profondo blu ed
al fatto che poteva rimanere lì bloccata per sempre, non ritornare più alla
vita reale, ma non le interessava. Un’eternità, bloccata lì con Ryan, vestita
da principessa, in un palazzo che splendeva come diamante… chissà perché non
poteva immaginare niente di più bello… lentamente la mano di Ryan prese ad
accarezzarle il viso, dolcemente, come se non avesse nessuna fretta, come se il
tempo non esistesse più. Percorse piano le linee del suo volto, mentre lei
rimaneva con gli occhi chiusi, la carezza di Ryan che era più reale di ogni cosa
mai vista e conosciuta. Era come sotto incantesimo, come sotto una magia
potentissima che le faceva perdere il controllo e tutta sé stessa, tutto ciò
che era e che sapeva. Un grande calore l’avvolse, mentre, cosciente di essere
scarlatta, rimaneva ancora con gli occhi chiusi e le labbra dischiuse.
Strawberry non si accorse neanche della mano di Ryan sul suo
viso, che l’attirava a sé, e poi delle sue braccia che lo cingevano attorno al
collo. Non si accorse nemmeno delle braccia di Ryan, strette adesso attorno
alla sua vita, dei loro corpi che trovavano il calore dell’altro sotto la
sottile barriera dei vestiti, del fatto che fosse in punta di piedi e che ormai
era all’altezza di Ryan. Ormai era vicinissima al suo viso, quello che tante
volte l’aveva perseguitata nei suoi più bei sogni e nei suoi più orribili
incubi. Si rese conto però delle sue labbra che toccavano leggermente quelle di
Ryan, della melodia meravigliosa che sentiva nelle orecchie, del cuore che le
batteva da matti.
Ecco, che cos’altro le era mancato di Ryan… le sue labbra… si
erano baciati solo tre volte, due delle quali erano entrambi due gatti, eppure
di quei baci aveva un ricordo dilaniante nel suo cuore.
I baci di Mark erano carezze di un padre preoccupato, sulla
fronte della figlia, che aveva la febbre.
Dolci, delicati, ma lei non ci sentiva il sentimento che lui
ci metteva.
La lasciavano indifferente.
I baci di Ryan erano lapilli incandescenti, che correvano per
le vene, erano il cuore che esplode, il viso che si infiamma, la mente che non
riesce più pensare, erano le loro anime, che si sovrapponevano, danzando oltre
il cielo e la terra.
Morbidi, teneri, ma anche pieni di una calda emozione, che
frastornava Strawberry.
La massacravano dentro.
Si staccò dal suo abbraccio e corse via, nel fascio di luce,
lasciandolo immobile davanti alla portafinestra della sala. Lo salutò dall’alto
con il palmo aperto, mormorando: “Avrei dovuto ucciderti, Ryan… non l’ho
fatto…e così sei stato tu ad uccidere me…” .
Eccomi tornata! Ho aggiornato di mattina perché è stato
l’unico momento libero di questo periodo! Bene, siamo arrivati al grande
momento! Spero davvero che vi sia piaciuto e che sia stato all’altezza delle
vostre aspettative,in fin dei conti vi
ho fatto penare per dieci capitoli! Non so quando arriverà il prossimo
aggiornamento, dato che in questo periodo sono sempre molto occupata, ma anche
quello sarà un capitolo molto importante! Soprattutto per coloro che odiano
profondamente il merluzzo! Eheheheh… immaginate cosa ha concepito la mia mente
contorta e perfida! Ora, come sempre, i ringraziamenti di rito:
Miyu: grazie tantissimo, sono contenta che la
storia ti stia piacendo, spero che sia così fino alla fine, anche perché ci
sono ancora parecchie sorprese in serbo! Comunque, anche se non credo di essere
molto brava a scrivere, credo che non smetterò mai di farlo, perché ormai fa
parte della mai vita! Anzi, al momento, sto scrivendo trecento cose assieme e
il mio cruccio è riuscire a finirle! A presto!
Azzurrina: davvero la storia di Elissa e Leon ti è
sembrata una fiaba? Che bel complimento! Anch’io vorrei vivere una storia del
genere, considerando però che i ragazzi che conosco sono quasi tutti fermi
all’età delle caverne, dovrò aspettare ancora un po’! Grazie ancora! Una bacio!
Nadia Sakura Kan: lo scorso capitolo è stato
particolarmente lungo perché non volevo spezzare la storia di Elissa&Leon,
in maniera che si potesse seguire totalmente! Spero che questo non abbia creato
problemi! Grazie ancora dei tuoi complimenti, mi fai sempre tanto piacere! Mi è
piaciuto molto scrivere la storia di Elissa&Leon perché volevo che si
capisse quanto sono affezionata a questi due personaggi, anche se sono solo di
mia invenzione! Il nome Elissa l’ho trovato leggendo per l’ennesima volta
l’Eneide, e ho trovato che era una specie di secondo nome della regina Didone!
Grazie ancora tantissimo, sembri una persona molto sensibile perché riesci a
vivere tutte le emozioni che cerco di comunicare, ed è una cosa molto bella! A
presto!
Hermy 6:grazie davvero tanto, ma non avrai
esagerato al darmi addirittura del genio? Sono contenta che ti sia piaciuto il
parallelismo (Parallelismo… come sto colta oggi!) delle storie di
Elissa&Leon, sei davvero molto gentile e carina, i tuoi commenti mi fanno
sempre sorridere! A prestissimo!
Pfepfer:grazie molte anche a te! E’ bello pensare
che le mie parole ti abbiano dato l’impressione di un libro, spero che questo
sia successo anche in questo capitolo, considerando che l’ho scritto e
riscritto almeno trenta volte, perché ogni volta c’era qualcosa che non
andava!Un mega bacio!
Mew Pam: sono contenta che lo scorso capitolo ti
sia piaciuto, quindi credo di aver toccato la tua vena sognatrice! Sei sempre
super carina con le mie storie, e di questo ti ringrazio tanto!
Bene, credo di aver finito! Come sempre, ringrazio anche
quelli che hanno solo letto! Adesso vado, perché dato che ho finalmente un po’
di tempo libero, devo cercare di lavorare al seguito di questa storia! (Oh no,
direte voi!), ma tanto fin quando lo finisco, ci vorrà ancora qualche
millennio! Ciao ciao da Cassie chan!
Quando Strawberry si risvegliò, era, di nuovo, distesa nella vasca, dove
si era addormentata, che adesso era però vuota del li
Capitolo 11 – Goodbye to the first love
“… in this world of purchase, I’m going to buy back memories to
awaken some old qualities…”--- Collective Soul
Quando Strawberry si risvegliò, era, di nuovo, distesa nella
vasca, dove si era addormentata, che adesso era però vuota del liquido celeste,
che conteneva, quando l’aveva lasciata.
La sua stanza era piena di persone, almeno questo fu quello
che le sembrò appena riaprì gli occhi. C’erano Blanche e Ghish ovviamente, il
quale aveva l’espressione stanca e il fiato corto; poi, c’erano le ragazze, che
la guardavano con curiosità e preoccupazione, e Kyle, che, invece, la fissava
con un’espressione speranzosa. Più in là, c’erano Mark, Halinor, Pie e Tart.
Non appena riaprì gli occhi, Blanche la abbracciò, mormorando:
“Razza di testona, te l’avevo detto di tornare presto…”.
Lei, che sentiva un magone sullo stomaco, che le impediva di
parlare normalmente, sussurrò: “Perché quanto sono stata via?”.
“Dieci giorni…” rispose Pam, con un sorriso disteso e
sollevato.
“Si può sapere perché ci hai impiegato tanto a tornare, dopo
che sono venuto a chiamarti, rischiando anche molto della mia salute mentale?”
eruppe Ghish, la mano appoggiata sul petto.
Strawberry risentii sulle labbra il calore di quelle di Ryan,
e arrossì, voltando il capo dall’altra parte, mormorando: “Stavo spiegando a
Ryan le ultime cose…”.
“Quindi l’hai trovato?!” chiese Lory, il volto rosso e gli
occhi pieni di scintille luminose.
Strawberry sorrise e annuì, non potendo sapere che il suo
viso aveva assunto involontariamente un’espressione troppo dolce e sognante,
cosa che invece percepirono Blanche, Mark e Pam.
“Come sta?” chiese Kyle, gli occhi lucidi, mentre Paddy
abbracciava senza ritegno Tart e Mina saltellava sul posto, come una bambina.
“Sta - sta bene…”
“Era prigioniero, non è così?” chiese Blanche, che continuava
a guardarla preoccupata.
Lei annuì, ma non aggiunse altro. Chissà perché non aveva la
forza di raccontare niente di quello, che era successo, fosse il suo viaggio
tra le sue paure, la condizione di Ryan o la storia di Elissa e Leon.
E anche e
soprattutto, quello che è successo tra me e Ryan…
Blanche capì che doveva essere successo qualcosa di molto
importante nella mente della ragazza, il cui sguardo si era fatto molto più
sereno rispetto a quando l’aveva conosciuta, ma sembrava molto disorientata e
confusa. A tratti, appariva addirittura sconvolta e ciò le apparve chiaro
quando il suo ragazzo chiese con semplicità che cosa avesse visto, cercando
evidentemente di sapere qualcosa di più che li potesse aiutare.
Strawberry arrossì ancora, come se si trovasse nuda al centro
di quella stanza, piena di persone. Era soprattutto lo sguardo severo di Mark a
metterla in soggezione… adesso ricordava con chiarezza l’ultima volta che si
erano visti, la furiosa litigata che avevano avuto e si sentiva tremendamente
in colpa. La rabbia era ormai sbollita e aveva lasciato una spiacevole
sensazione di imbarazzo di fronte al fidanzato, accresciuta anche dal fatto che
nella sua mente, era scolpito a fuoco il ricordo del bacio con Ryan.
Come mi è saltato
in mente di dirgli quelle cose? Come mi è saltato in mente di baciare Ryan?
…la più grande
paura, che l’uomo, può provare: quella di essere felice, e quella di amare
totalitariamente una persona… questa è la tua più grande paura e per essa, hai
rinunciato a tante cose…
La voce di Elissa squarciò di nuovo la sua mente, anche se
stavolta solo nella forma di un ricordo, e le fece ricordare di nuovo, i due
futuri, sebbene distorti dalla sue paure, che aveva visto.
“Perché non ne ho voglia… e dica al signor Aoyama che non mi
importa nulla se ciò gli darà fastidio…”.
“Certo che la sento anch’io, sciocco…ti amo anch’io…”.
Le lacrime iniziarono a scorrerle lungo il viso a quei
ricordi, alla sofferenza, che aveva provato, alla gioia breve e fugace, alla
nostalgia di Ryan, che già la prendeva.
Gli altri, ad eccezione di Blanche, la guardarono, senza
capire, mentre la ragazza aliena faceva segno a tutti di uscire, lasciando sola
Strawberry.
“Grazie…” mormorò Strawberry a Blanche “Non volevo trattarli
male, ma io non…”.
“Lo so, sta tranquilla…” l’interruppe Blanche “Anch’io ho
fatto una volta un viaggio mentale… lo ricordo come se fosse ieri… vidi cose
che mi porto ancora dentro… e nemmeno Ghish ha mai saputo che cosa ho visto in
quell’occasione… erano cose che riguardavano anche lui, e sapevo che
l’avrebbero fatto soffrire… spettava solo a me trovarne un senso…”
Strawberry non rispose, ma si alzò dalla vasca e raggiunse a
stento il suo letto, su cui si distese, il braccio piegato sugli occhi.
Avvertiva continui capogiri e mille dolori articolari.
“La tua mente sta rendendo reale il dolore che hai provato
lì…” le spiegò Blanche “Compariranno molte ferite, che potresti aver ricevuto
lì…”.
Strawberry, iniziò infatti ad avvertire dei dolori alla
caviglia, al polso, mentre le si apriva un taglio sulla mano e sulla fronte.
Mentre Blanche gliele medicava, la ragazza disse,
sussurrando: “Perché è venuto Ghish a prendermi? Avevo finito il mio tempo?”.
“Sì, l’acqua della vasca si era esaurita…era un mezzo magico
per tenerti ancorata qui… il tuo corpo l’aveva assorbita interamente…
sospettavo che ci avresti messo molto a tornare, ma comunque un altro minuto
sarebbe stato fatale per te” .
Sarebbe stato
fatale sotto tutti i punti di vista… pensò Strawberry, mordendosi il labbro Sarebbe stato mortale, anche solo un altro
minuto passato tra le braccia di Ryan…
“A proposito, volevo dirti che adesso tu sei praticamente in
perenne contatto telepatico con Ryan… ti basterebbe, se lo volessi, chiudere
gli occhi e lo raggiungeresti, di nuovo…di volta in volta, sarà sempre più
semplice, ma comunque devi stare sempre molto attenta… se Profondo blu ti
avvertisse dentro di sé, potrebbe ucciderti senza tanti complimenti… quindi, se
hai necessità di parlare con Ryan, non rimanere più di un quarto d’ora,
massimo…”.
Posso vedere Ryan
in qualsiasi momento… e potrei parlargli anche adesso…
“Quando sono arrivati Pie e Tart?” chiese, cercando di
cambiare discorso e pensieri.
“Due giorni fa… vogliono aiutarci…anche se tardi rispetto a
noi, hanno avvertito anche loro la presenza di Profondo Blu e hanno pensato di
venire a controllare… poi Tart è innamorato da anni di Paddy, perciò puoi ben
capire che è stata un’occasione ideale…”.
Strawberry sorrise, e abbassò lo sguardo, ripensando alla
scena che si era trovata davanti al suo risveglio. Gli occhi lucidi di Paddy e
il braccio di Tart attorno alla sua vita; entrambi erano molto cresciuti e
quella che era stata una semplice simpatia tra loro, solo quattro anni prima, adesso
si stava trasformando in un sentimento ben chiaro e distinto. Era certa che
anche Paddy lo provasse, ma che non se ne rendesse ancora conto. Chissà perché
alle volte, è così difficile ammettere i propri sentimenti…
Blanche la lasciò sola, dicendole che se aveva bisogno, lei
era nella stanza accanto. Strawberry chiuse gli occhi, cercando di dormire, ma
non ci riusciva. Migliaia di pensieri, come neri pipistrelli, volavano nella
sua testa.
Si chiese se anche lei era cresciuta in quegli anni e si
dette una secca risposta negativa. Non era per niente cambiata, forse un po’
nell’aspetto esteriore, ma per il resto, era la stessa ragazzina di quattro
anni fa. Certamente la morte di Ryan, o presunta tale, l’aveva resa una persona
diversa, segnata da una sofferenza inimmaginabile, che ancora adesso non
riusciva a spiegare bene e che liquidava nella fraseRyan era ancora vivo e
chiamava me, per questo soffrivo tanto. Ma, per il resto, era rimasta esattamente uguale a prima. Non
sapeva che fare della propria vita, frequentava l’università, come se fosse
ancora il liceo, cioè come un’ imposizione dei suoi genitori, e poi stava
ancora con Mark. Si chiese forse per la prima volta e senza ombra di terrore
nei suoi pensieri, se fosse davvero ancora innamorata di Mark. Fino a qualche
anno prima, non ci avrebbe nemmeno pensato: lui era il ragazzo ideale,
stupendo, dolce ed era innamorato di lei. Come se non bastasse, lui poi, era
diventato per lei il Cavaliere Blu e questo l’aveva colmata di ulteriore amore
nei suoi confronti, un amore cieco, sordo e purissimo, che avvertiva in ogni
fibra del suo corpo.
Poi, lentamente, qualcosa era cambiato.
Non sapeva quando questo fosse accaduto, ma un giorno si era
resa conto di quanto la vicinanza del ragazzo non le provocava più quella
continua e piacevole sensazione di capogiro, ma solo un calore leggero dalle
parti dello stomaco.
E si era detta…sto crescendo ed è finita la fase dell’amore
che ti fa svenire… mi sto semplicemente abituando a stare con lui, il mio
sentimento sta maturando e si sta stabilizzando…
Passava ancora il tempo, e si rendeva conto che ormai stava
con lui per qualcosa che si poteva definire…
Sicurezza… perché lui le
dava tranquillità, perché le impediva di perdere fiducia, perché teneva molto
al ragazzo, ed era bello affidarsi completamente a lui… la proteggeva e le si
sentiva una principessa, colmata di mille attenzioni, che poteva benissimo
continuare a vivere nell’aurea solitudine del suo castello, in cima alla
collina, tanto c’era sempre lui a portarle i messaggi filtrati dal mondo
esterno. Per questo, aveva bisogno di lui… ne aveva disperatamente bisogno per
continuare a vivere e a crogiolarsi nella pallida illusione di vita che si era
costruita. Una vita perfetta, dove era una ragazza felice, che aveva due
genitori disponibili, un gruppo di amiche leali e spigliate, un meraviglioso
fidanzato, un bel lavoro, un mondo dove era stata una paladina della pace, e
dove sarebbe diventata una donna affermata e realizzata.
Tutto si era incrinato il giorno della morte di Ryan.
Era stato allora che aveva capito che la sua vita non era
perfetta, e che non lo sarebbe mai stata. Aveva capito che la felicità non
esisteva e che, al massimo, se ne poteva ricostruire una fragile parvenza,
evitando esclusivamente le infelicità. Nella sua vita, fino ad allora, le aveva
sempre evitate, ma adesso era accaduta una cosa, a cui non c’era rimedio. La
morte di una persona cara. E, d’improvviso, le andava stretta la sua vita
perfetta, il suo ragazzo perfetto, e che la voleva tale… era stato allora che
aveva iniziato a pensare sempre meno a Mark, a considerarlo solo come qualcosa
che si portava dietro con fatica e che la teneva inchiodata a terra.
Era stato allora che aveva smesso di amarlo.
Quella consapevolezza le fece male, molto male, e nel sonno,
i suoi occhi lasciarono cadere delle lacrime sulle guance brucianti per la
febbre, che le era salita.
Possibile che fosse tutto così semplice?
E Ryan?
Aver capito di non amare più da tempo Aoyama, non le fece
risolvere la sua angoscia. Questo voleva dire che era innamorata di Ryan
Shirogane, il bel ragazzo americano, che aveva baciato, quanto, un’ora prima,
il giorno prima o un anno fa?
Non si seppe rispondere, pensava che era troppo presto, e si
addormentò, ripromettendosi di parlare con Mark, appena si fosse svegliata.
“Mi hai chiamato, Strawberry?” chiese Mark, guardando la
ragazza dai capelli rosso scuro e dagli occhi color cioccolato, che stava
adagiata su qualche cuscino ed era avvolta in una calda vestaglia rosa.
Strawberry annuì, lo sguardo triste sulla coperta, e gli fece
segno di sedersi.
Mark la guardò interessato, studiando il suo viso pallido e i
riflessi dei suoi capelli, accorgendosi per la prima volta che erano anche un
po’ biondi, un bel biondo caldo, che riluceva della piccola luce ambrata della
lampada del comodino.
Mai come allora, la desiderava a tal punto da avere il cuore
a pezzi, ma mai come allora era semplicemente irraggiungibile.
Perché?
Le ricordava ancora le sue parole di qualche giorno prima…
…e, se proprio lo vuoi sapere, avrei preferito mille volte
che fossi morto tu, invece che Ryan… lui, almeno, non mi avrebbe mai lasciata
da sola…
Gli aveva spezzato il cuore e mai
come allora aveva odiato a morte Ryan Shirogane, dovunque egli fosse. Sentire
una cosa del genere dalle labbra della sua Strawberry lo aveva sconvolto, ma
dopo qualche tempo, le cacciò dalla sua mente, con una facile etichetta:
Strawberry era nervosa, era stanca ed era stato lui ad indisporla.
Punto.
Poi solo qualche giorno prima,
quella ragazza aliena era piombata a casa sua, dicendo che Shirogane era ancora
vivo, e che Strawberry era andata a prenderlo.
All’inizio, non aveva capito bene
tutto, la storia di Profondo Blu, quella di Shirogane e quella della strenua
ricerca di Strawberry per dimostrare la verità, che lei aveva ritenuto reale,
forse dallo stesso momento in cui le era giunta la notizia della morte del
ragazzo. Lui era rimasto praticamente sconvolto, ma poi Kyle gli aveva detto
che Blanche gli aveva spiegato che molto probabilmente la particolare
situazione psicologica di Strawberry, in quegli anni, era stata dovuta proprio
al fatto che Ryan era ancora vivo e che chiamava Strawberry, proprio per essere
liberato.
Ma questo non lo aveva aiutato.
Perché Shirogane
continuava a chiamare lei, e non qualcun altro?
Lo aveva sempre saputo che
Shirogane aveva avuto una predilezione particolare per Strawberry, lui se ne
era sempre accorto e per questo lui e l’americano non avevano mai avuto un
grande rapporto. Ma negli anni questa cosa non l’aveva preoccupato. Strawberry
amava lui, e, sebbene alle volte sembrava troppo interessata alle sorti di
Shirogane, Mark aveva capito che le attenzioni del ragazzo erano a senso unico.
Dubitava persino che Strawberry se ne fosse accorta.
Ma ora era diverso, era tutto
diverso.
Pensare che la sua ragazza, la
stessa, che si era consumata di dolore, dopo la morte di Shirogane, la stessa,
che gli aveva detto, gli occhi lucidi, che avrebbe preferito la sua morte a
quella di Shirogane, ora dopo quelle parole, era incosciente, e vagava tra la
sua anima e quella di Shirogane stesso, persa in un viaggio dal quale poteva
anche non tornare, gli fece malissimo.
Perché lo stava facendo?
Lo voleva salvare. E questo ci
entrava pure. Ma a costo della sua vita? E poi perché non gli aveva detto
niente? Né a lui, e nemmeno alle ragazze?
Erano passati i giorni e una delle
sue più grandi paure si era, infine, realizzata. Appena aveva aperto gli occhi,
lei era già mortalmente diversa: più serena e felice, e lo era diventata ancora
di più, quando si era ritrovata a dire che Shirogane era vivo. Aveva lo sguardo
dolce, il sorriso tenero, come qualcuno che ricorda con affetto.
E poi adesso gli voleva parlare.
Di cosa, poi, quando oramai ho capito tutto?
La sua mente gli diceva questo, ma
il suo cuore continuava a sperare. Ostinato e colorato di illusione, come era
sempre stato il suo amore per lei.
“Dimmi Strawberry…” ripeté,
accarezzandole il viso. A quel gesto, gli occhi della ragazza si velarono e si
chiusero forte, come a non vedere quello che accadeva, dentro e fuori di sé.
Strawberry riaprì gli occhi e
mormorò: “Ascoltami Mark… io- io non so da dove iniziare, ma credo di doverti
questo, più di ogni altra cosa al mondo…io devo essere sincera con te, te lo
devo e mi dispiace tanto di non esserlo stata per tutto questo tempo…”.
“Non riesco a capire…”.
“Tu sei stato il mio primo amore”
disse lei, asciugandosi gli occhi “Sei stata la persona più importante della
mia vita, e questo non soltanto perché sei diventato per me il Cavaliere Blu, perché
mi hai difeso e mi hai aiutato…
“Tu mi sei stato accanto anche nei
momenti più difficili, anche in questi ultimi anni, quando non ero certamente
la persona più semplice da aiutare… per questo, ti voglio chiedere scusa per
quello che ti ho detto. Io voglio molto bene a Ryan e sono molto affezionata a
lui, ma non credo che sarei stata meglio se fossi morto tu… sarebbe successa la
stessa identica cosa”.
Mark respirò di sollievo alle
parole della ragazza. Allora era solo questo che voleva dirgli? E dire che si
era fatto un sacco di paranoie per nulla… si era già avvicinato a lei per
baciarla e per mormorare sulle sue labbra che la perdonava, che andava tutto
bene e che non gli importava più niente di quello che gli aveva detto, quando
lei lo guardò seriamente in viso e, gli occhi ancora tremendamente pieni di
lacrime, riprese: “Ma, nonostante questo, nonostante che sia una cosa orribile
da fare e da dire, adesso io sento di dover portare a termine quello che
avverto con tanta chiarezza dentro di me… forse me ne pentirò ogni giorno,
Mark, perché tu sei una persona stupenda e meravigliosa, ma sarebbe egoista
continuare in questa maniera solo per paura di perderti e per paura di non
farcela da sola…
“Mark, quello che sto cercando di
dirti è che io credo… io credo di non essere più innamorata di te…”.
Mark aveva sentito, come un enorme
fragore d’acqua nelle orecchie, come se all’improvviso, non vedesse e non
sentisse più niente… quelle parole così semplici e chiare, gli erano
semplicemente sembrate troppo incredibili, come una condanna a morte che un
imputato innocente sente e crede un orribile e macabro scherzo.
Come poteva fargli questo, dopo
tutto quello che aveva fatto per lei?
Non rispose nulla, ma si sporse su
di lei, e gli occhi annebbiati, come la sua mente, la strinse violentemente per
il polso, dicendo: “Dimmi la verità, almeno! Dilla almeno, che ti sei
innamorata di Shirogane! Dillo che è per lui che mi stai lasciando! Che cosa è
successo quando l’hai incontrato?!”.
Strawberry deglutì, mentre sentiva
le dita di Mark premere forte sul polso sottile, ancora indolenzito per la
febbre e il viaggio, che aveva dovuto affrontare.
“Non è successo niente” mentì,
senza sentirsi in colpa. Stava lasciando Mark, perché non era più innamorata di
lui e Ryan non c’entrava assolutamente niente. Almeno credeva.
“Sei una bugiarda!” le urlò
contro, e poi, tenendola ancora per il polso, le schiaffeggiò violentemente il
volto, con tutta la forza che aveva. Strawberry, che era in ginocchio sul
letto, perse l’equilibrio e cadde dal letto, urtando il viso contro il
pavimento. Sentì un dolore cieco e penetrante nelle narici, oltre che sullo
zigomo, e il sapore dolciastro del sangue in bocca.
Si rialzò a fatica, la mano
premuta sulla guancia, non sapendo né che fare e nemmeno che cosa pensare. Era
quello davvero Mark, il ragazzo da quell’aria oltremodo stravolta, che aveva di
fronte? Aveva paura, paura di lui e non voleva che le si avvicinasse di nuovo,
che le facesse ancora del male.
Una preghiera affiorò alla sua
mente…
Ryan, ti prego
aiutami…
Aveva dimenticato che adesso erano
legati da un rapporto telepatico, e se ne rese conto solo quando comparve al
centro della stanza un’enorme sfera di luce dorata, crepitante di elettricità,
che fece uscire da sé una specie di ologramma: un immagine evanescente e
luccicante di Art, che si scagliò su Mark, graffiandolo e mordendolo.
Strawberry osservava la scena
impietrita, mentre Mark, urlando, cercava di togliersi il gatto di dosso, anche
se quello non si spostava di un millimetro. Alle urla, accorsero Ghish e
Blanche, che intervennero, pur non avendo capito molto, a separare il micio dal
ragazzo. Art si leccò il muso e si allontanò da Mark, rimasto accasciato per
terra, il volto pieno di ferite e di graffi, che grondavano sangue e che Blanche
stava esaminando.
“Sta attenta Strawberry!” esclamò
Ghish che aveva erroneamente pensato che le ferite di Strawberry fossero state
provocate anche loro dalla furia del misterioso gattino.
Ma Art si avvicinò a Strawberry e
le leccò la mano destra, miagolando: “Sono
solo un’immagine… Ryan ha inconsciamente avvertito che eri in pericolo e mi ha
mandato a te… adesso devo tornare da lui…”.
Strawberry annuì, e al suo cenno,
comparve nuovamente la sfera dorata che assorbì di nuovo Art .
Gli altri avevano osservato la
scena in silenzio, senza capire che cosa il gatto avesse detto a Strawberry, ma
intanto, la ragazza si era sollevata in piedi, e aveva mormorato: “Mark,
vattene immediatamente dalla mia camera…”, poi, vedendo che non si muoveva e
che anzi la guardava sconvolto, gridò: “Vattene immediatamente! Esci fuori da
casa mia e dalla mia vita! Non voglio vederti mai più, hai capito?!”.
Mark, non appena l’aveva vista
sollevare lo sguardo, era stato preso da una nuova ondata di angoscia, mentre
finalmente ritornava in sé. Aveva sentito la rabbia cieca e sorda giungere alle
sue mani e fargli colpire Strawberry, la persona che amava di più al mondo, che
avrebbe dovuto proteggere e che, invece, aveva ridotto in quello stato. Fu il
sangue di lei, grondante sulle sue labbra a colorarle di un acceso rosso
corallo, a fargli venire le lacrime agli occhi.
“Strawberry, ti prego… perdonami…
io- io non so che cosa mi è preso…”.
“Vattene subito! Tra noi è tutto
finito e quindi non c’è motivo per cui tu rimanga qui… ”.
Blanche e Ghish guardavano la
scena in silenzio, iniziando finalmente a capire che cosa doveva essere
successo tra i due. Dovevano aver litigato e si stavano lasciando. Ma, se
Blanche aveva intuito anche il ruolo del gatto apparso poco prima e il motivo
delle ferite sul volto di Strawberry, a Ghish non passò neanche per
l’anticamera del cervello, che potesse essere stato Mark a picchiarla. Non gli
stava particolarmente simpatico, ma non lo credeva capace di una cosa del
genere.
“Ti prego, Strawberry… io non
posso vivere senza di te…” ripeté Mark, le lacrime agli occhi, aggrappato alle
sue spalle.
Lei si ritrasse spaventata e disse
freddamente: “Tu non sei più nemmeno il Cavaliere Blu, e quindi non abbiamo
bisogno che tu ci aiuti contro Profondo Blu… ce la caveremo da soli…”.
Mark, il cuore in una morsa,
d’improvviso preso da una ventata d’orgoglio, disse, separandosi da lei,
sebbene a malincuore: “Va bene, ho capito… spero che tu sia felice con
Shirogane…”.
Strawberry non si dette la pena di
rispondere, mentre lo vedeva uscire dalla stanza, che pensasse quello che
voleva, che lei era innamorata di Ryan e che lo lasciava per lui.
Appena vide la porta chiusa,
sentii una forte ondata di sollievo e cadde in ginocchio, mentre il dolore e la
sofferenza, non solo fisiche, affioravano al suo volto, scavandone le labbra e
lasciandoci un leggero tremolio, che si risolse in un pianto disperato, subito
soffocato dalle braccia affettuose di Blanche, che sopraggiunse a stringerla
forte.
“E’ tutto finito… non ti
preoccupare…”. Sussurrava lei.
“Non ci posso credere” ripeteva
Strawberry, tra i singhiozzi.
Dopo un po’, si mise a letto e si
addormentò, sotto le lenzuola, dopo che Blanche e Ghish ebbero vegliato su di
lei, finchè non giunse sulle sue palpebre il tanto desiderato sonno.
Indovinate come mai questo capitolo mi piace tanto? Finalmente il
merluzzo ha avuto quello che si meritava! Lo so, forse sono stata un po’ troppo
violenta, ma mi sono resa conto che le persone troppo perfette, sono quelle che
reagiscono peggio alle situazioni, perché sono abituate a reprimere la rabbia!
Come sono saggia! Dovrei fare la psicologa! Bene, dopo tanto tempo, sono
riuscita ad aggiornare! Quando ho visto che il sito era in manutenzione, mi è
venuto un attacco di panico! Ma adesso finalmente sono tornata per essere il
vostro onnipresente incubo! Non so quando arriverà il prossimo capitolo, perché
sono molto occupata, ma cercherò di fare prima possibile! I soliti
ringraziamenti:
Aya chan: una delle
tue domande ha trovato risposta! Il merluzzo è finalmente K.O., e non lo vedrai
per un bel po’! Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, grazie
dei tuoi complimenti! Per quanto riguarda Lory, ho in serbo anche per lei
qualcosa, ma dato che mi sta un po’ simpatica, non sarò così crudele, come con
il merluzzo! Lui doveva proprio SPARIRE! A presto!
Kashia: era da tempo
che non ci sentivamo! Come sempre, sei stata molto carina, ti ringrazio
soprattutto per aver paragonato la mia storia ad una favola! E’ un bellissimo
complimento, perché ci speravo che facesse un effetto simile! Grazie tanto!
Mew Pam: come sempre,
sono contentissima di ritrovarti nelle recensioni! Mi piace che ti sia
affezionata alla mia fic! Grazie sempre dei tuoi complimenti, anche io volevo
che Strawberry rimanesse con Ryan, ma purtroppo se la facevo rimanere lì non
andava più avanti la storia, e soprattutto non lasciava il maledetto merluzzo!
Per Elissa, mi è costato molto farle fare quella brutta fine, ma, come hai ben
capito, Profondo Blu non l’avrebbe fatta vivere tranquilla, dopo quello che gli
aveva fatto! Ma l’importante è che il bacio ti sia piaciuto, perché ci ho messo
tutta me stessa! Volevo essere al posto di Strawberry, pure io!!!!! Un mega
bacione!
Miyu: ho cercato di pubblicare
appena possibile, ma purtroppo sono sempre molto occupata! Ti prometto che
cercherò di velocizzare i tempi per i prossimi capitoli! Sono contenta che lo
scorso capitolo ti sia piaciuto, e anche che ti sia commossa! Un baciotto! (non
so da dove mi è uscito ‘sto baciotto!)
Nadia Sakura Kan: come sempre,
anche se rischio di essere ripetitiva, devo complimentarmi con te per la
qualità delle tue recensioni! Sto facendo la parte di un editore! Questo
perché, a parte i tuoi complimenti, mi piace che tu ripercorra il mio capitolo,
passo passo, e mi dica quello che hai provato! Credo che questa sia una cosa
importante, perché è un grande traguardo vedere che quello che volevo
comunicare è arrivato a chi stava leggendo! Grazie davvero tanto! Ciao ciao!
(mi sono accorta che hai usato il mio saluto!)
Hermy 6: come sempre,
da quando mi recensisci, hai vinto il titolo della recensione più pazza! Quando
ho visto la tua recensione, mi sono spaventata, poi, leggendo, le parole mi
sono sembrate familiari ed allora ho capito! Meno male che non te l’hanno
tagliata, perché è stata una cosa fortissima! Mi sono piaciuti anche i tuoi
complimenti e i tuoi commenti, da quello che mi scrivi ormai ti immagino sempre
come un piccolo folletto saltellante, tipo Mirmo, l’hai mai visto? Sono sempre
contentissima di metterti nei miei ringraziamenti, quindi continua a
recensirmi! Un mega bacione!
Pfepfer: sono felice
che la scena del bacio ti sia piaciuta e soprattutto che fosse quello che ci
voleva! Che carina la catena BELLA, BELLA, BELLA! A presto!
Bene, adesso vi saluto, perché devo approfittare che i miei non ci sono
per andarmi a rivedere Elisa di Rivombrosa! Mi sono innamorata follemente di
Christian Grey! Bè, lasciamo perdere che altrimenti non me ne vado più! Ciao
ciao da Cassie chan!
Erano passate tre settimane, dal giorno, in cui Strawberry era tornata
da quel viaggio, che le era costata tanta sofferenza, m
Capitolo 12 – The
call of the angel
“… I cannot find a way to describe
it, it’s there, inside, all I do is hide…”--- Avril Lavigne
Erano passate tre settimane, dal
giorno, in cui Strawberry era tornata da quel viaggio, che le era costata tanta
sofferenza, ma che le aveva fatto riportare indietro la persona, a cui aveva
pensato di più in quegli anni. In quelle settimane, la ragazza si era
trasferita nuovamente nel suo appartamento, lasciando la casa dei genitori e
riprendendo gradualmente le forze lì. Anche se assistita, mattina e sera da
Blanche, Ghish e Lory, Strawberry impiegò molto tempo a ritornare sé stessa.
Aveva febbri molto alte nelle ore più disparate del giorno, e le ferite
stentavano a guarire completamente, senza alcuna spiegazione logica.
A Lory, Blanche aveva spiegato che
erano le naturali conseguenze di un viaggio mentale, che debilitava molto e
lasciava tracce fisiche, che scomparivano solo dopo qualche tempo, quando anche
le tracce psicologiche di quell’esperienza si andavano riassorbendo. Poi,
l’ulteriore sofferenza arrecata dagli ultimi eventi, vissuti con Mark, l’aveva
prostrata ancora di più.
In quei giorni, nessuno pensò
molto a Ryan e a Profondo Blu, e alla battaglia, che ormai si stagliava cupa e
minacciosa all’orizzonte, mentre un via vai continuo raggiungeva la casa di
Strawberry e di Lory, per vedere come stava la coraggiosa ragazza dai capelli
rossi. Tutti si sentivano intimamente in colpa per quello, che poi si era
rivelato vero, e cioè che Ryan era ancora vivo e che Strawberry aveva sempre
creduto fermamente. Si erano molto meravigliati di fronte alla complicata
spiegazione di Blanche su quello che era accaduto, sulle indagini di Strawberry
e soprattutto, sulla strana vicenda di Leon e di suo fratello, confusione che
si era ulteriormente intensificata di fronte alle poche parole, pronunciate da
Strawberry su quello che le era accaduto.
Lei non rivelò mai tutto quello
che le era successo, se non a Blanche, ma già il sentire i pochi particolari
della condizione, in cui Ryan si trovava, e sulla storia di Leon ed Elissa,
fecero a tutti uno strano effetto.
Possibile che nessuno avesse
capito, a parte Strawberry, che Ryan era ancora vivo?
E poi furono soprattutto i quattro
alieni, che si erano stabiliti nelle varie case dei loro amici terrestri, a
dimostrare interesse per le parole di Strawberry: lei li aveva ridato una parte
della loro storia, che era andata completamente perduta e cioè l’immagine di
Elissa, l’unica persona che Leon aveva mai amato e l’unica, per la quale poi
era stato sconfitto da suo fratello.
Intanto, Strawberry non aveva
rivisto né Mark e nemmeno Ryan.
Il primo non si era semplicemente
presentato più a casa sua, e anche gli altri le avevano detto che non si era
fatto vedere nemmeno al caffè, una sola volta aveva chiamato Kyle per sapere se
avevano bisogno di lui e come stesse Strawberry. Poi, non si era fatto più
sentire. Non che Strawberry se ne meravigliasse, anzi ne era certa, ma adesso
che lui si era allontanato, non sapeva come mai, ma la dolcezza dei giorni passati
insieme, quelli che erano stati felici, la riprendeva spesso ad ondate. Certo,
non lo amava più, ma dopo tanti anni, era normale che avesse un po’ di
nostalgia di lui, subito sostituita dalla rabbia feroce per quello che le aveva
fatto l’ultima volta che si erano visti.
Per quanto riguardava Ryan, anche
nel suo caso, le cose erano molto più complesse di quello che si potesse
pensare. Molte volte, mentre stava per addormentarsi, era entrata in minimo
collegamento telepatico con lui. Non sapeva come ci riusciva, ma era
sufficiente che pensasse intensamente a lui, che desiderasse vederlo e che
fosse semiaddormentata, e vedeva di fronte agli occhi un lungo corridoio buio,
illuminato tenuemente solo dalle luci di alcune piccole fiaccole. Lei camminava
lentamente, temendo quello che stava per vedere, poi scorgeva una parete
d’acqua, su cui si specchiava la sua immagine riflessa.
Oltre quella parete,
apparentemente così sottile, c’era Ryan. Mentre era lì, lei iniziava ad
avvertire le sensazioni, che Ryan stava provando, ogni volta diverse. A volte,
era triste, alle volte depresso, alle volte, ancora, stanco. Poi, lo
intravedeva al di là delle increspature argentee dell’acqua che cadeva… certe
volte, si era perso in un ricordo, altre lottava, nelle sembianze di Leon,
contro Profondo Blu. Lei rimaneva con la mano appoggiata sul petto, incapace di
varcare quella soglia e di andare da lui, anche quando lui non stava
combattendo, o quando sembrava in difficoltà, anche se difficilmente Profondo
blu aveva per molto la meglio su di lui. Aveva troppa paura che lui le leggesse
dentro, come faceva sempre, e stavolta riuscisse a vedere tutto quello che gli
teneva nascosto… le sue visioni, i loro figli, la loro felicità… il fatto che
non amava più Mark, che lo aveva lasciato, che lui l’aveva picchiata… ma quello
che temeva maggiormente che lui potesse vedere erano i suoi pensieri di quei
giorni, colmi della sua presenza e dei ricordi di quei lontani anni, passati
insieme, o anche del loro bacio.
Non aveva smesso un attimo di
pensare a lui, a volte, sentendosi confusa, ma spesso accettandoli come una
normale conseguenza di quello che le era accaduto. Ma, nonostante le
disposizioni estremamente impersonali e razionali, su cui forgiava e lasciava
crescere i suoi pensieri, niente le impediva di porsi all’infinito quella
domanda… ma mi sono innamorata di Ryan?
Ed era esattamente allora che si
svegliava bruscamente, e che interrompeva il contatto con la mente di Ryan.
Tornava indietro e si convinceva che non era vero, avvertendo sempre quella
cieca paura ed angoscia, di cui quel giorno, le aveva dato spiegazione Elissa,
ma che adesso stranamente non riconosceva più come tale.
La paura di
essere felice.
Riprendeva a vivere normalmente,
concentrandosi su altri particolari, ma neanche allora la sua mente la lasciava
in pace.
Esauritisi i sensi di colpa e la
nostalgia verso Mark, e soffocato sotto strati di paura, il suo strano
sentimento verso Ryan, altri pensieri si aggiungevano nella sua mente, portati
dai suoi sogni, un mondo che ingenuamente pensava integro dalle insidie e dalle
difficoltà del giorno.
Erano ormai giorni, che faceva
sempre lo stesso sogno.
Era in una stanza bianca, piena di
fiori celesti, ed era davanti ad una finestra, la mano sottile appoggiata sul
vetro freddo. Sentiva di stare piangendo. Sollevava lo sguardo e vedeva nel
riflesso, oltre lei, l’immagine di Profondo Blu. Lui le sorrideva malevolo e
lei si voltava, chiedendogli che cosa volesse.
Lui la prendeva per un polso e le
sussurrava: “Ma tu guarda che bella coincidenza! Non ci posso credere!”.
Lei cercava di divincolarsi, ma la
sua stretta era semplicemente troppo forte. Iniziava a gridare, ma le labbra di
Profondo blu sulle sue le serravano le urla in gola.
“Lasciami stare!” gridava, quando
lui smetteva di baciarla, e poi cercava disperatamente di chiamare
telepaticamente Ryan, come aveva fatto quella volta con Mark, solo che quella
volta aveva avuto molta meno paura di adesso.
Lui le sorrideva ancora,
stringendole i polsi, con una mano sola, e le diceva: “E’ inutile che chiami
Leon, piccola mia… lo sai che lui non c’è più… lui è morto ed è morto per te…
per proteggerti… razza di stupido, eppure lo sapeva che l’amore ti rende deboli
e ti uccide… ha rifatto lo stesso errore di tanti anni fa, anche se il suo
corpo era diverso… anche l’essere umano era esattamente come lui…”.
Iniziava ad urlare, piangendo:
“Che cosa hai fatto a Ryan?”.
Lui rideva e la stringeva. E
rispondeva solo: “Dovrei ringraziarli però… tutti e due… se mio fratello non
avesse scelto quell’umano, non ti avrei ritrovato, Elissa…”.
“Io non sono Elissa!” urlava, le
lacrime che le solcavano il viso.
Prima di svegliarsi, udiva ancora
la sua voce dirle beffardo: “E’ vero che non sei lei, ma le somigli in modo
impressionante… con una sola differenza… Elissa, non è mai stata mia, tu invece
lo sarai per tutta la vita…”.
Tutti i membri del progetto mew,
ad eccezione ovviamente di Ryan, e anche i loro amici alieni, erano riuniti
all’interno della camera da letto di Strawberry, che ancora era distesa. Aveva
recuperato molte delle forze perdute e anche il suo viso non mostrava molte
ferite, ma era ancora molto debole e pallida. E poi solo pochi minuti prima,
aveva fatto di nuovo quell’orribile incubo.
Aveva ancora paura. Di incontrare
Profondo blu. Non di combattere contro di lui. Aveva paura che lui la
riconoscesse e che vedesse la somiglianza tra lei ed Elissa. Lui la voleva. E,
non sapeva come, ma era sicura che, nel caso in cui se ne fosse accorto,
avrebbe ucciso Ryan. Per questo, di fronte alle parole dei suoi amici, che
stavano decidendo che cosa fare per fermare Profondo blu, rimaneva in silenzio
e guardava pensosamente il bordo giallo della sua coperta.
Ad un tratto, la voce di Pie la
riscosse dai suoi pensieri: “Credo che la persona che può aiutarci di più in
questa situazione, sia l’unica che non sta ascoltando…”.
Strawberry, chiaramente anni luce
lontana da lì, sollevò lo sguardo e li vide tutti intenti a fissarla.
“Scusatemi, ma non stavo seguendo…
dicevate?” mormorò imbarazzata, con un sorriso.
“Dicevamo…” riprese Tart,
pazientemente “… che tu sei l’unica che hai potuto vedere l’anima di Profondo
Blu… magari hai visto qualcosa che potrebbe aiutarci…”.
Strawberry si irrigidì e si serrò
nelle spalle sottili.
Certo che ho
visto qualcosa che potrebbe aiutarci pensò, con un
brivido Profondo blu ha desiderato per
tutta la vita una donna, che è la mia esatta copia…
Scosse il capo e rispose: “Io sono
stata nell’anima di Ryan, o al massimo, in qualcosa dell’anima di Leon… tutto
quello che ho potuto vedere di Profondo Blu, erano le immagini dei ricordi di
Leon e non c’era assolutamente niente di particolare…”.
“Certo che è un bel problema…”
bofonchiò Kyle, mentre giocherellava con una biro “Come facciamo a salvare
Ryan, se non sappiamo minimamente come sconfiggere Profondo Blu?!”.
Gli altri annuirono mestamente,
mentre Lory chiedeva: “Scusami Blanche, ma perché, quando Strawberry è andata
da Ryan, le hai fatto dire che lui doveva eliminare tutte le immagini di
Profondo Blu?”.
“Profondo blu vive nel corpo di
Ryan, giusto? Lui, in questo momento, occupa una zona d’ombra dell’anima di
Ryan, che poi è quella di Leon… tutte le immagini che Ryan si troverà davanti,
sono i ricordi, che Leon ha di suo fratello… distruggendoli, piano piano,
potrebbe trovare il vero Profondo blu, che risiede in quelle immagini”.
“Ma così facendo non distruggerà
anche i ricordi di Leon?” chiese Ghish che, fino a quel momento, era rimasto in
silenzio ascoltando la spiegazione della fidanzata.
“Ovviamente c’è questa
possibilità…” continuò Pie “Ma considera che l’anima di Leon, dovrebbe aver
smesso di esistere su questa terra da molto tempo… non credo che possiamo
sacrificare l’anima di Ryan per proteggere quella di Leon e i suoi ricordi…”.
“Tra le altre cose” intervenne
Paddy ingenuamente, sorridendo a Tart “Non credo che a Leon dispiaccia poi
tanto perdere i ricordi di suo fratello…”.
“Ricapitolando…” riprese Pam, gli
occhi cerulei fissi su Strawberry, che guardava ancora il copriletto “Profondo
Blu vuole i nostri poteri e userà Ryan… non esiste nessuna maniera per liberare
Ryan da lui?”.
Blanche disse: “Adesso che
Strawberry l’ha risvegliato, Ryan ha recuperato l’essenza di sé, ma solo
Profondo Blu può decidere di abbandonare il suo corpo, e non credo che esista
una maniera per costringerlo a farlo… Profondo blu dovrebbe semplicemente
morire in Ryan per lasciarlo…e questo
potrebbe provocarlo solamente Ryan dall’interno di lui, ucciderlo nella maniera
che vi ho spiegato. L’unica cosa che quindi possiamo fare dall’esterno è
cercare di dare forza a Ryan, rendendolo sempre più forte e autocosciente … più
il suo spirito diventa forte e più quello di Profondo Blu si indebolisce…
probabilmente fino a distruggersi…e solo le persone che ama, possono farlo
tornare completamente in sé… altrimenti….”.
“Che cosa stavi dicendo?!” chiese
curiosa Mina, che ci stava capendo poco quanto niente di quella assurda
vicenda.
“Altrimenti…” riprese Ghish “Ci
sarebbe una stupida cosa, su cui Blanche si è fissat…”.
Blanche lo interruppe bruscamente:
“Non mi sono assolutamente fissata! Comunque si tratta di una specie di
leggenda, che fu scritta nel giorno della nascita di Leon… i vecchi del nostro
popolo la cantano come una filastrocca e solo poco tempo fa, ho saputo che fu
pronunciata in quell’occasione…”
“E che cosa dice?!” chiese
Halinor, curiosa.
I quattro alieni sorrisero, forse
memori di ricordi infantili, poi la voce di Blanche iniziò a scandire
lentamente una litania, composta di parole di una lingua sconosciuta, ma che
stranamente giungeva ai loro cuori perfettamente comprensibile.
Ombra e luce,
son figlie dello
stesso duce
le due anime del
mondo
infelice e
giocondo
invocano la gente
cortese e
impertinente
con loro giocano,
e il loro avorio
mostrano,
e poi dell’ebano
brillano
quando il potere
amano.
Una è vittima
sacrificale,
e l’altra
sacerdote rituale,
la carne
scompare,
vapore si trova a
diventare,
e, incosciente,
ad attraversare
anni da
illuminare.
I bambini di
carne vivono,
poi piangono
poi giocano
e poi amano.
Pure loro l’ombra
e la luce.
Ma poi l’amore si
traduce
Nell’angelo
scarlatto.
Lui impazzisce
per un ratto
Ma solo battendo
le sue ali
Si separeranno le
due anime carnali,
dopo che
dell’ucciso e dell’uccisore
al sangue avrà
reso onore.
Quando Blanche smise di cantare,
gli altri aprirono di nuovo gli occhi, ma la loro attenzione fu subito attirata
da Strawberry, che era immobile, gli occhi spalancati e le labbra dischiuse,
pallida in volto.
“Che cosa c’è Strawberry?!” chiese
Kyle, preoccupato, avvicinandosi a lei.
La ragazza non rispose, mentre
mormorava qualcosa tra le labbra, poi guardò Blanche e sussurrò: “Lei mi ha
chiamato così… mi ha chiamato così per tutto il tempo, Blanche…”.
Gli altri guardarono
alternativamente la ragazza aliena, che annuiva pensosamente, e poi quella
umana, che la guardava in silenzio.
“Lo so, Strawberry” mormorò lei
“Per questo, volevo dirtelo… considera che è solo una cantilena…”.
“Volete spiegarci che cosa
significa questa situazione?!” chiese Ghish, leggermente spazientito dal
comportamento sibillino della sua fidanzata.
Blanche sorrise e disse: “E’ una
cosa che riguarda Strawberry e io non posso parlarvene se lei non vuole…”.
Tutti guardarono ancora
Strawberry, curiosi di sapere che cosa significavano quelle parole, ma la
ragazza disse solamente: “Scusatemi, ma non me la sento ancora di parlarne…”.
“E poi considerando che è solo una
leggenda per il mio caro fidanzato, non vedo in che cosa ci possa interessare
questa leggenda, no?” disse, quasi allegra, Blanche, sorridendo ironica a
Ghish.
“Già, questa è solo una stupida
leggenda e potete perciò anche tenervi i vostri segreti!” disse il ragazzo,
incrociando le braccia “L’unico piano veramente valido che abbiamo è quello di
rendere Ryan molto più cosciente di quanto non lo sia adesso…”.
Tutti, sebbene ancora incuriositi
dalla strana espressione di Strawberry, annuirono. Dopo qualche attimo di
silenzio, Halinor ruppe il silenzio: “Scusate, ma se dobbiamo solo rendere Ryan
più cosciente, non credete che basti che lui ci veda tutti assieme?”.
“Credo che sia l’unica cosa che
possiamo fare… allo stadio attuale, possiamo solo cercare di rendere Ryan più
forte di Profondo blu…” commentò piattamente Pam.
“E considerando anche che Profondo
Blu mira ad impossessarsi dei vostri poteri, riunendoci tutti in un posto,
creeremo per lui un’occasione più che ghiotta…” completò Kyle.
“Potremmo organizzare una festa al
Caffè… sarebbe una buona scusa per riunirci, senza destare molti sospetti in
lui…” rifletté Mina, subito attratta dalla possibilità di fare un grande
ricevimento sul genere di quelli, che si tenevano quasi quotidianamente a casa
sua.
Tutti concordarono sul fatto che
fosse una buona idea, poi Blanche guardò Strawberry e disse: “Devi avvisare
Ryan… solo se lo saprà, sarà più pronto e coglierà l’attimo di smarrimento di
Profondo Blu per distruggerlo…”.
Strawberry sollevò lo sguardo
stupita e la guardò, come se non capisse. Poi, vedendo l’espressione seria
dell’amica, disse: “Ok… gliene parlerò stasera…”.
“Non sarebbe possibile che qualcun
altro vada con Strawberry?” mormorò Lory, rossa in viso. Anche lei voleva
rivedere Ryan e le faceva male che l’unica che potesse farlo, fosse Strawberry.
“No, è già abbastanza pericoloso
con lei, figuriamoci con un’altra persona…” disse Blanche, decisa.
Lory accusò il colpo e tacque.
Bene, non ci posso credere! Sono arrivata indenne al
dodicesimo capitolo! Sono commossa di me stessa! In questo capitolo, in
effetti, non è successo granché! La potrei chiamare la calma prima della
tempesta! Soprattutto la filastrocca può chiarire molte cose! Comunque,
spiegherò anche quella, dato che mi sono resa conto che alla fine della storia
non ne ho fatto capire tutto il senso! Non so quando arriverà il prossimo
capitolo, perché sono parecchio occupata, ma vi posso anticipare che FINALMENTE
Strawberry comprenderà una cosa molto importante, che dovrebbe aver capito da
anni, ma che non le era ancora arrivata! Come sempre, passo ai ringraziamenti e
ai messaggini vari:
Nadia Sakura Kan: stavolta, hai dato il meglio di
te nella recensione! Era davvero accurata! Comunque, come sempre, ti ringrazio
di tutti i complimenti, soprattutto perché ero preoccupata che nella storia si
vedesse che odio Mark, ma ho cercato di essere quanto più imparziale possibile,
e di inquadrarlo specie come un ragazzo che viene lasciato dalla persona che
ama di più al mondo. Dato che conosco bene la sensazione, mi sono immedesimata
in lui e allora alla fine ho provato anch’io compassione per lui (ma sarò
normale?!)! Per il resto, si è capito che Strawberry è innamorata di Ryan, ma,
se rileggi il capitolo, ti accorgerai che lei non ha mai ammesso direttamente
di amare Ryan! Ne ha avuto il sospetto, ma non ne ha ancora la certezza
assoluta, per questo, quando ha parlato con Mark, ha parlato solo di quanto
invece quello che provasse per lui fosse in realtà finito da tempo! Non so se
sono stata molto chiara, a volte io stessa faccio confusione! Comunque, hai
capito bene perché lei lo abbia lasciato e come sia arrivata a questa difficile
conclusione! Per Mark, gli ho fatto avere quella reazione perché, come ho
detto, non credo che esistano le persone perfette, e una persona del genere,
che reprime così tanto i propri sentimenti negativi, alla fine scoppia!
Comunque, arriverà anche lui alla tua saggia conclusione, un po’ ci arriverà
qui, in questa fic, e un po’ lo vedrai. se riesco a finire e a pubblicare il
seguito di questa stessa fic! Per Blanche, sta tranquilla, secondo te lancio
un’esca così ghiotta, senza motivo? Eheheheh… come sono malvagia! Stavolta, ti
ho fatto concorrenza e ti ho scritto un’immensa risposta! A prestissimo! A
proposito, anche mille grazie per la tua recensione di REMEMBER! Mi è piaciuta
tanto!
Hermy 6: sei sempre la più pazza nelle tue
recensioni! L’ho detto e lo ripeto! Hai visto che ho mantenuto la promessa più
importante di questa stessa fic: mandare a quel paese il merluzzo rancido! A
prestissimo!
Pfepfer: comincio questa risposta, dicendoti subito
che per il personaggio di Mark mi sono ispirata proprio ad un mio amico, che,
come dici tu, sembra perfetto, ma poi quando perde le staffe, sarebbe capace
persino di picchiarti a sangue, e per questo ho cercato di mettere in
Strawberry quello che avevo provato io, quando ero stata vittima di uno dei
suoi distruttivi scatti emotivi! Mi spaventai davvero molto! Per quanto
riguarda il merluzzo, ti anticipo che ricomparirà solo alla fine, con una
sorpresa! Grazie anche per la recensione a REMEMBER, mi hanno colpito i tuoi
complimenti, ma non avrai esagerato un po’?
Miyu: non ti preoccupare di ripetere sempre le
stesse cose, soprattutto se queste a me piacciono tanto! Sono contenta che lo
scorso capitolo ti sia piaciuto! Grazie anche per la recensione a REMEMBER,
anche io l’avrei voluta come inizio per questa, ma l’ispirazione mi è venuta
troppo tardi!
Kashia: grazie dei tuoi complimenti, sei stata
davvero molto generosa con me, specie nella tua recensione di REMEMBER! Anche
se era breve, mi è rimasta impressa! Per la tua domanda, non posso ancora darti
una risposta, sinceramente perché non lo so! Molte cose che avevo previsto per
questa stessa fic, alla fine, le sto deviando sul suo seguito (sempre se riesco
a finirlo!), quindi credo proprio che la risposta alla tua domanda sia sì, ma
non sono sicura se sarà in questa fic o dopo nel seguito!
Aya chan: sono contentissima che la fic ti stia
coinvolgendo così tanto! Grazie tantissimo! Sinceramente non credo di avere un
segreto, cerco solo di mettere qualcosa di mio, qualcosa che ho provato nei
personaggi! Ma non credo che sia un grande segreto! Grazie anche del tuo
appunto sulle mie spesso lunghissime frasi! In effetti, me ne sono accorta
anch’io e sto cercando di rimediare! Grazie molte!
Dato che probabilmente non avrò altra occasione per farlo,
voglio ringraziare qui anche coloro che hanno recensito REMEMBER, sperando che
leggano anche questa e che lascino qualche commentuccio, sono sempre avara di
recensioni! Un mega grazie ed un enorme baciozzo a Ryashiro, Mew Pam, Anna (la
tua recensione mi ha fatto quasi piangere! Mi sono sentita davvero appagata di
me stessa, ed è una cosa che non mi succede quasi mai, dato che generalmente
non mi piace molto quello che scrivo!). Ringrazio anche li wei, nonostante
tutta la polemica che c’è stata sulle nostre due fic! Spero davvero che si sia
risolto tutto! Bene, credo di aver finito! Ciao ciao da Cassie chan
“… I hope life treats you kind, and I hope you I
have all you dreamed of, and I wish to you joy and happiness, but above all
this I wish you love…”---Whitney Houston
Strawberry aveva oltrepassato la
barriera d’acqua, con gli occhi chiusi, e tutto di un colpo, per impedirsi di
pensare ancora e magari di tornare indietro. In fondo, doveva solo dire a Ryan
che cosa avevano deciso, e poi tornare indietro. Doveva essere distaccata, fredda
e decisa.
Sospirò a lungo, chiedendosi
perché si diceva quelle cose, se non ci credeva nemmeno lei a pensarle. Tutto
quello che pulsava nelle sue vene, lo sentiva pronto ad uscire dalle sue
labbra, appena avrebbe rincontrato di nuovo gli occhi azzurri di Ryan… i suoi
strani sentimenti, il suo sogno e la faccenda dell’angelo scarlatto. Sarebbe
uscito tutto fuori da solo e non sarebbe riuscita a fermarsi in nessun caso,
neppure se l’avesse voluto. E poi… se mi bacerà di
nuovo, lo saprò fermare?
Scosse la testa e varcò decisa la
soglia d’acqua. Avvertì solo per qualche istante la sensazione di essere
bagnata, ma poi si stupì di essere completamente asciutta. Si guardò attorno e
si accorse di essere nella stanza di Ryan al Caffè, la finestra spalancata da cui
entrava la luce rossiccia del sole che tramontava.
Lui era disteso sul letto, un
braccio piegato sugli occhi e sembrava che stesse dormendo molto profondamente.
Sorrise tra sé e sé, mentre si avvicinava lentamente, come se temesse di
svegliarlo, anche se era venuta proprio per quella ragione. Alla fine, si
sedette sul letto accanto a lui, e lo fissò a lungo.
I suoi capelli splendevano dorati
e sembrava più che mai un angelo caduto per sbaglio sulla Terra, uno sbaglio
clamoroso e privo di senso, di cui forse Dio stesso si era immediatamente
pentito. Arrossii a quei pensieri, adesso capiva quanto le era mancato il suo
viso in quei pochi giorni, in cui non lo aveva visto. Come aveva fatto a stare
tre anni senza vederlo, senza parlargli, senza… baciarlo…
. Scosse il capo, cancellando quel pensiero
evanescente e insicuro, che la sua mente le aveva suggerito, e continuò a
guardarlo. Sembrava un bambino ed era totalmente diverso da quello che si
mostrava, quando era sveglio. Quando i suoi oceani d’occhi erano aperti, le
dava una sensazione di sicurezza profonda e piccoli brividi, derivati dalla
perdita di controllo, che solo lui era in grado di darle; ma adesso che
dormiva, le faceva tenerezza e le allargava il cuore delle dimensioni di tutto
l’universo, come se contenesse tutto quello che esisteva e quello che doveva
ancora nascere. Si sentiva tremendamente ridicola a pensare a quelle cose,
plasmate sui suoi primi sentimenti di quel genere, ma non poteva impedirsi di
sentire quel fiume in piena scorrere nel suo sangue, mescolarsi ad esso e
diventare più necessario e vitale del sangue stesso.
Senza nemmeno accorgersene, dopo
che lui spostò nel sonno il braccio, piegato adesso sotto il cuscino, prese ad
accarezzargli lentamente i capelli, mormorando: “Ryan, svegliati… sono io,
Strawberry…”.
Ryan sentì una voce nella sua
mente e cercò faticosamente di aprire gli occhi. Era tremendamente stanco e
assonnato, dopo tutti gli scontri che aveva avuto di recente con Profondo Blu.
E poi c’erano tutte quelle immagini, che alle volte il suo inconscio ricreava e
che li faceva rivivere. I suoi ricordi, la sua vita… non sapeva più quante
volte aveva rivisto sua madre sorridere, piegata a raccogliere le conchiglie
sulla sabbia dorata, suo padre porgergli un libro di archeologia, dicendogli: “E’ molto complicato, ma credo che tu lo riuscirai a
capire, Ryan…”, oppure Kyle dirgli che il progetto
mew mew era ormai pronto per essere portato a termine.
I momenti più belli della sua
vita…e poi quante volte aveva visto
Strawberry? Più di tutti gli altri ricordi messi assieme, lo sapeva con
certezza. L’aveva vista con quel prendisole glicine, quel giorno che erano
andati al mare, corrergli incontro, dicendo: “Che
schifo, ho appena visto un’alga enorme!”, oppure con
la divisa da cameriera dirgli arrabbiata: “Non sei un grande eroe, sei solo
un grande bugiardo!”… o ancora baciare Mark, aggrottare le sopracciglia di fronte
ai rimproveri di Mina, scherzare con Paddy, abbracciare Lory, parlare con Pam,
sorridere a Kyle, litigare con lui… ogni respiro di lei, ogni gesto di lei,
ogni luce dei suoi capelli rossi, ogni sguardo dei suoi occhi, era in lui.
Possibile che ricordasse così tanto di lei?
E adesso che sentiva la sua voce nella testa, non si
meravigliò più di tanto. Tanto era il desiderio di vederla, che aveva creato
inconsapevolmente un altro ricordo… tipico… e patetico…
“Smettila… non mi scocciare…” mormorò nel sonno, senza aprire
gli occhi, convinto che la sua voce l’avrebbe lasciato in pace. Ma invece udì
la stessa voce piegarsi in un accento irritato e seccato, e dire: “Ti vuoi
svegliare?! Ti devo parlare… e quanto prima lo faccio, tanto prima ti lascerò
dormire!”.
Non si ricordava che Strawberry gli avesse mai detto niente
del genere, e allora si decise ad aprire gli occhi. L’immagine che aveva di
fronte a sé, era di lei presente… niente codini ciondolanti sul suo capo, o
vestiti da ragazzina, ma una giovane donna con i capelli lisci e sciolti, e un
paio di jeans stretti e un top giallo, decorato sugli orli da delle pailletes.
Si riscosse all’istante, guardandola come se fosse una
visione, poi, rendendosi conto, della sua espressione che non doveva essere
molto intelligente, in quel momento, voltò il capo e disse: “Che vuoi?!”.
Strawberry assunse un’espressione decisamente offesa, che
stava per far scoppiare a ridere Ryan, e disse ironicamente: “Se sua Maestà
vuole ascoltarmi, avrei da comunicarle le ultime decisioni, prese dai suoi
umili sudditi…”.
Quell’attimo fu troppo particolare per loro due.
Inconsapevolmente, Strawberry aveva trattato Ryan, come Elissa aveva trattato
Leon decine di migliaia di anni prima; questo fu come una tempesta nei loro
cuori, il ritrovarsi a calzare a pennello quegli ancestrali ruoli, ma, al
contempo, fece sopraggiungere le solite paure, che li tormentavano: Ryan rivide
nella testa la scena, che Leon gli aveva mostrato, la morte di Elissa, mentre
Strawberry rivide il suo sogno, le mani di Profondo Blu e le sue labbra.
Entrambi si ritrassero a disagio e persi nei loro pensieri.
Il primo a rompere il silenzio, fu Ryan che chiese, stavolta più gentilmente
che cosa la ragazza fosse venuta a dirgli con tanta urgenza.
Strawberry gli spiegò il loro piano, dicendogli ciò che
Blanche gli aveva detto di dirgli, che era necessario ricreare tramite
l’acquisizione di maggiore coscienza, il rapporto tra l’anima di Ryan,
momentaneamente libera dal giogo di Profondo Blu, e il suo corpo, controllato
da lui.
“Ma io sono cosciente di me stesso… scusami, ma non riesco a
capire…” replicò Ryan, che parlava, senza nemmeno capire che cosa stesse
dicendo. Quanto erano vuote le sue parole, nel confronto con quelle sensazioni,
che pulsavano ardendo sotto la sua pelle. Era bella Strawberry in quel momento,
Dio quanto era bella, come se non l’avesse mai vista, come se non esistesse
donna più incantevole nell’intero Universo.
Gli faceva paura quella strana sensazione, sperava, lo aveva
sperato con tutto sé stesso che i suoi anormali sentimenti verso di lei si
fossero dissolti, ma non era così.
Dannazione che non era così…
Credeva di aver capito, credeva di aver accettato che lei non
sarebbe stata mai sua, che lei era innamorata di Mark, credeva, o meglio,
sperava di aver finalmente capito e di essersi rassegnato. Ma adesso si rendeva
conto che non era mai stato così.
Neanche in un solo istante di quella sua prigionia, aveva
smesso di amarla.
Quando era rimasto chiuso nell’aurea illusione della sua
infanzia, con sua madre e suo padre, non aveva mai smesso di pensare a lei.
Inconsciamente forse, senza accorgersene, senza far prendere forma determinata a
quel muto senso d’insoddisfazione, ma lo aveva fatto. Aveva sempre pensato a
lei, e l’aveva chiamata, perché voleva rivederla, perché voleva averla ancora
vicina a sé, per risentire il suo profumo di vaniglia e fragola.
E pensare che quella sera, l’ultima che aveva vissuto da
persona libera, sul terrazzo del Caffè mew mew, quando le aveva regalato quel
fermaglio, l’unica cosa che gli restava di sua madre, si era ripromesso di
scordarla e di lasciarla perdere. Era impossibile che lei provasse qualcosa di diverso
da quella strana complicità che li univa. Amava Mark e questo a lui doveva
stare bene, perché Mark poteva renderla felice, non come lui, che con quel
carattere impossibile che si ritrovava, l’avrebbe fatta solamente soffrire. Da
quel giorno, basta paranoie inutili, basta angoscia al pensiero di vederla.
Basta dolore.
La sua vita ne era già satura.
E allora se ne era andato dal Caffè, a farsi un giro con la
moto, deciso ad imboscarsi in un bar o in un pub, pronto a riprendere le sue
solite abitudini, tipiche del periodo prima di conoscere lei. Farsi qualche
bicchiere, adocchiare la tipica ragazza da fisico mozzafiato e da testa piena
del vuoto cosmico, e dopo averla rintontita con complimenti stereotipati e
adattati alla situazione presente, andarsene con lei. Destinazione: la solita
squallida camera d’albergo.
Ma quella sera non era andata così. Aveva avuto quel
maledetto incidente ed era morto per tutti, tranne che per sé stesso. E per
lei.
E adesso, quasi benediva Profondo Blu, per avergli fatto
avere quell’incidente quella sera… come sarebbe finita? Poteva facilmente
immaginarlo. Il giorno dopo avrebbe avuto un terribile mal di testa da sbornia,
avrebbe mandato gentilmente al diavolo la poveretta di turno, e, conoscendosi,
non avendo provato alcuna soddisfazione, avrebbe poi scacciato anche lei. E
stavolta era certo che, se l’avesse fatto, l’avrebbe ferita talmente tanto da
perderla per sempre.
E invece non era successo. Lei ora era lì ed era solamente
per lui. Ancora, acuta, venne fuori la solita ben conosciuta voglia di
baciarla, ma stavolta si trattenne. La scorsa volta, aveva già sbagliato e non
avrebbe fatto di nuovo lo stesso errore. Lei stava con Mark e non aveva il
diritto di mancare così sfacciatamente al rispetto enorme, che aveva per lei e
per i suoi sentimenti.Era così felice
di rivederla, che gli bastava averla accanto a sé.
Niente gli stretti abbracci, niente i baci caldi, e le
sensazioni evanescentemente roventi, che provava con le altre.
Bastava che respirassero la stessa aria, bastava che gli
permettesse di sfiorare la stessa polvere, che lei calpestava .
Ritornò a guardarla, dopo quel sfarfallio di sentimenti,
ricordi e pensieri, mentre lei si mordeva il labbro e diceva: “Non so
spiegartelo… non ci ho capito neanche io tanto… so solo che potrai sconfiggere
Profondo Blu, solo se diventerai molto più cosciente di te stesso… e per farlo,
dovrai rivedere gli altri. Blanche mi ha spiegato che si dovrà creare un forte
attrito, tra ciò che il tuo corpo vorrà fare, spinto dalla volontà di Profondo
Blu, e quello che proverà la tua anima. Tanto più questo attrito sarà forte,
tanto più la tua anima se ne rafforzerà e riuscirà a riprendersi il tuo corpo,
scacciando Profondo Blu…”.
Ryan annuì, poi fissò lo sguardo sul sole arancione, che
scendeva rovente, sotto l’orizzonte.
Un solo soffio dalle sue labbra e disse: “Mi dispiace di
averti coinvolto in questa storia…”.
Strawberry, che era rimasta in silenzio da quando aveva
finito di parlare, sobbalzò, mentre Ryan rimaneva con il volto rivolto al sole.
Era veramente bello, maledizione, e si ritrovò a desiderare con tutta sé stessa
che lui la baciasse ancora. Scosse la testa decisa, e disse, in un sussurro:
“Non dire sciocchezze… te l’ho già detto… sono io che voglio riportarti
indietro… forse lo faccio più per me stessa che per te…”.
Ryan si voltò verso di lei e disse, il volto aggrottato in
una leggera smorfia: “E che cosa ne pensa Mark, di questo improvviso tuo
interessamento a me?”.
Strawberry sussultò ancora e voltò lo sguardo dall’altra
parte, incapace di guardarlo negli occhi. Se l’avesse fatto, sarebbe scoppiata
a piangere, lo sentiva. Perché sentiva, all’improvviso, tutta la sua angoscia e
la sua paura per quello che le era successo in quei giorni, riprenderla tutta
contemporaneamente.
“Dovrei
ringraziarli però… tutti e due… se mio fratello non avesse scelto quell’umano,
non ti avrei ritrovato, Elissa…”.
Ma che ne dici
del futuro, angelo dalle ali vermiglie?
“Dimmi la verità,
almeno! Dilla almeno, che ti sei innamorata di Shirogane! Dillo che è per lui
che mi stai lasciando! Che cosa è successo quando l’hai incontrato?!”.
“Non ti preoccupare… te lo giuro su mia madre e su mio padre
che ritornerò…”.
Profondo Blu,
Elissa, Mark… e poi tu Ryan… siete tutti qui nella mia testa… quanto potrò
sopportarlo?
Le venne da piangere e, senza
accorgersene, alcune lacrime le velarono gli occhi. Le asciugò bruscamente,
attirando l’attenzione di Ryan.
“Che hai? Perché stai piangendo?”
chiese, preoccupato, e temendo di averla ferita in qualche modo.
La verità minore, quella che forse
faceva meno male, le uscì dalle labbra: “Io e Mark ci siamo lasciati…”.
Ryan capì allora il motivo per cui
lei stava male, e si avvicinò a lei. Era felice, in fondo, era inutile negarlo,
sebbene si sentisse un verme a gioire della sua infelicità. Ma non poteva
impedirselo. Forse, allora…
magari un giorno…
Sospirò. Niente forse, niente di niente… l’hai capito o no che
la devi lasciare stare?!
Le passò un braccio sulle spalle e
l’attirò a sé. Lei rimase un attimo immobile e attonita, poi sentì il calore
del suo petto riscaldarla sempre di più, e allora si sciolse tra le sue
braccia.
Si rese conto solo allora di
quello che poteva essere considerato il solo ed unico limite dell’uomo… il
tempo… era lui, che lo piegava, che lo prostrava, che dava ai ricordi felici
l’aspetto di terribili sconfitte… era lui, che le diceva che quell’attimo con
Ryan, prima o dopo, sarebbe finito, l’avrebbe lasciata ancora al freddo della
sua anima. Solo con lui, era sicura e certa che niente e nessuno le avrebbe
potuto fare del male, neanche Profondo Blu se fosse comparso in quello stesso
momento, avrebbe potuto toccarla con un solo dito. Era assurdo, ma non poteva
impedirselo.
“Lo so che stai male per me,
Strawberry…” disse Ryan, a bassa voce, mentre le accarezzava la spalla.
Lei aprì la bocca per replicare
qualcosa, ma lui la interruppe: “Tra me e te, si è venuto a creare un rapporto
telepatico, me l’hai detto tu, no? Ed io ora sento il tuo dolore bruciare le
mie ossa, peggio che si trattasse della mia sofferenza… e sento che è per colpa
mia… non voglio sapere che cosa ti faccia male, ma sappi che, essendone io la
causa, voglio che se puoi, tu vada avanti, senza pensare a me ed eliminando la
tua sofferenza… sei una persona solare e raggiante, la tristezza non è fatta
per te…”.
Strawberry rimase immobile,
ascoltando le sue parole. Ecco, sapeva ancora tutto quello che le accadeva
dentro, fosse un rapporto telepatico o altro. Ancora questo le fece paura e si
allontanò da lui, alzandosi in piedi e dicendo che doveva tornare indietro.
Lui si alzò con lei e disse di
saperlo, ma di volerle mostrare prima una cosa, che forse non l’avrebbe tirata
molto su di morale, ma che era una delle cose più belle che avesse visto in
vita sua.
“Ma Ryan…” disse lei, cercando di
accampare delle scuse, per poter tornare indietro quanto prima possibile.
“Niente Ma Ryan…!
Spicciati!”. Le prese la mano e le disse di chiudere gli occhi. Sparirono nel
solito lampo di luce argentata e, quando la ragazza aprì gli occhi, era su una
spiaggia al calare della notte. La luce era una falce argentea nel cielo, che
sembrava il sorriso di un bambino, mentre le stelle le facevano una delicata
corona luminosa, come delle bimbe curiose e civettuole, che giocano ad attirare
maggiormente l’attenzione dell’unico maschietto presente tra di loro. Il mare
lambiva cristallino la spiaggia, trasportando di volta in volta piccoli parti
di sabbia scura, come a tenere un monito della terra e del suo costante
abbraccio. Lontano, scintillavano le luci meno radiose e sfavillanti della loro
città, di quei colori accesi, che oscuravano quelli delle luci naturali.
“Dove siamo?” chiese Strawberry a
Ryan, che era dietro di lei.
“Siamo in un mio ricordo di circa
dieci anni fa… io posso andare avanti e indietro per i miei ricordi, e in
parte, anche in quelli di Leon, e posso materializzare cose di cui serbo anche
un minimo ricordo... lo sai no?!”.
Strawberry arrossì. Sembrava quasi
che sapesse delle volte che lo aveva spiato da dietro quella parete d’acqua,
senza avere il coraggio di raggiungerlo, e lo aveva visto perso nei suoi
ricordi. Scosse la testa e replicò stizzita: “E come farei a saperlo, scusa?!”.
Ryan sospirò e disse: “Lasciamo
perdere… comunque, in questo ricordo, i miei erano appena morti e io e Kyle
eravamo appena tornati a Tokyo. Non avevo molta voglia di restare con gli
altri, e allora venivo qui, mi arrampicavo su quegli alberi e rimanevo ore ed
ore a pensare…”. Indicò degli alberi di pino e una figura scura sopra di essi.
“Era stupido, ma mi illudevo che, guardando quell’acqua scura, avrei avuto
l’illusione di avere i miei accanto a me… l’oceano è lo stesso di casa mia e mi
dicevo che magari come il mare unisce due terre, magari avrebbe potuto riunirmi
a mia madre e mio padre… cosa che a ripensarci, suona penosa… non so perché te
lo sto qui a dire…”.
Strawberry gli mise la mano sul
braccio e disse: “Vai avanti… io voglio sapere tutto quello che ti riguarda e
tutto del tuo dolore… voglio capirlo…davvero…e poi non è anche il mio,
adesso?”.
Lui la guardò fisso negli occhi
per qualche secondo, stupito. Poi, di fronte alla sua espressione decisa ed
incoraggiante, continuò, fissando i pini marittimi: “Quella sera, ero qui e
stavo pregando… per i miei genitori… pregavo Dio di riportarmeli indietro, che
aveva sbagliato a prenderli, che non era arrivato il loro momento, che dovevano
stare ancora con me… non avevo risposta e allora mi ricordo di aver sussurrato
che allora non avevo più alcuna speranza nella mia vita e che non c’era ragione
che rimanessi vivo, se non potevo più vederli…non c’era motivo per continuare
ad esistere… fu allora che vidi… questo…”.
Strawberry guardò davanti a sé e
vide un gran numero di luci, piccole e chiarissime, spuntate da chissà dove,
che splendevano a piccoli grappoli nell’aria. Erano lucciole, e volteggiavano
dolcemente, attorno alle onde, agli alberi e sembravano tante piccole stelle,
cadute dal firmamento, e che cercavano il loro cielo.
Strawberry sgranò gli occhi e
disse: “Ryan, ma è meraviglioso!”.
Lui sorrise e disse: “Lo pensai
anch’io e fu allora che capii che nonostante tutto, c’era sempre questo mondo
da salvare e da amare, e che era per lui che dovevo vivere…”.
Strawberry prese a girare su sé
stessa, le braccia aperte, che andavano a sfiorare quelle piccole luci, che
scappavano di fronte a lei, che le guardava come se fossero tante stelle
cadenti, pronte ad esaudire tutti i suoi desideri. Le venne da ridere, e pensò Che questa storia finisca bene, che Ryan possa
tornare indietro, che la mia famiglia stia bene, che i miei amici siano sempre
felici… poi si fermò e guardò Ryan, che le
sorrideva, dicendo: “Sei una bambina!”, ma lo disse dolcemente, delicatamente,
come se fosse la cosa più bella che la sua mente avesse mai pensato.
Vi prego, se
potete esaudire i miei desideri, fate che lui non mi lasci mai sola e che io
non possa sentire ed avere null’altro che lui, che dorme e che sorride nel
sonno… fate che io possa vederlo felice, che possa godere ogni giorno della sua
presenza e che possa perdermi ogni giorno di più in lui e nei suoi occhi…
perché non ho niente che mi emozioni tanto quanto fa lui, con il suo solo
ricordo… e poi… che io possa dargli forza… sempre e per sempre… perché lo amo…
Strawberry sussultò. Che cosa
aveva pensato?! Amarlo. Lei voleva amare Ryan? Si fermò bruscamente, mentre
quelle parole le illuminavano il volto di un’espressione strana, che Ryan colse
immediatamente. Sembrava, allo stesso tempo, serena ed impaurita.
“Che hai, adesso?!” le chiese,
avvicinandosi a lei, che si ritrasse e gli diede le spalle.
“Niente, assolutamente niente”
replicò, senza voltarsi, poi balbettò: “Devo- devo tornare indietro… gli altri
mi-mi stanno aspettando…”.
Lui la prese per un polso, costringendola
a girarsi e ritrovando, di nuovo, i suoi occhi velati di lacrime. Adesso il suo
volto era diverso: appariva colpevolmente sereno e calmo.
“Tu non te ne vai di qui, finchè
non mi avrai detto che cosa ti è preso! Eri così felice fino a cinque secondi
fa!”.
Lei evitò di guardarlo negli occhi
e si girò da un lato, mentre adesso le sembrava così maledettamente chiaro
tutta la motivazione che le aveva fatto fare quelle cose, che la facevano stare
così male. Adesso sapeva perché aveva lasciato Mark, perché aveva fatto quel
viaggio, perché era lì, perché non lo aveva mai dimenticato…
Era tutto così maledettamente
semplice…
Perché lo amo…
perché sono sempre stata innamorata di lui, perché non ho mai smesso di
esserlo, anche mentre stavo con Mark e mentre lui era morto… Dio, sono
innamorata di lui…
Poi lo fissò negli occhi e,
lentamente, ritornarono tutte le memorie del passato, tutti i suoi ricordi,
tutto quello che era accaduto, da quando lo aveva conosciuto. I suoi scherzi, i
loro battibecchi, i loro litigi, le loro risate… e, per la prima volta, non le
dettero conforto, non le dettero gioia, rammarico o rimpianto, non le fecero
provare nostalgia. Perché stavolta non li guardava una ragazzina immatura,
fidanzata con il più bel ragazzo della sua scuola, e che amava detestare il suo
datore di lavoro. Stavolta li guardava scorrere in lei una giovane donna, che
portava in sé segni di un immenso dolore, una donna spaventata e terrorizzata,
stanca di soffrire, stanca di stare male. Infine, stavolta li guardava una
donna innamorata, innamorata disperatamente di un suo caro amico. E l’amore
stravolge ogni cosa, confonde le cose chiare e mostra quelle nascoste. Non poté
evitarselo.
Ryan non mi amerà
mai…
Lui la considerava un’amica,
l’aveva sempre vista come una bambina e l’aveva sempre considerata tale. Niente
avrebbe potuto cambiare tutto questo. Niente. Ora che l’aveva capito, ora che
sapeva di essere innamorata di Ryan Shirogane, sapeva con la stessa ed identica
certezza che niente avrebbe potuto cambiare quello che lui provava per lei.
Semplicissimo affetto, purissima tenerezza e altrettanto, normalissima
amicizia.
Le venne da piangere ancora più
forte di prima e stavolta non riusciva e nemmeno provava a trattenersi.
Lui la guardava incapace di capire
che cosa le stesse accadendo, mentre lei si liberava dalla sua stretta,
dicendo: “Devo tornare indietro adesso… lasciami andare, Ryan, ti prego…
lasciami andare…”.
Sperava che bastasse, sperava che
fosse sufficiente, ma colui che aveva davanti non era Mark, non era il
remissivo e condiscendente ragazzo, che era stato il suo fidanzato fino ad un
mese prima, quello, a cui poteva raccontare una bugia, recitandola in maniera
abbastanza verosimile e dovendo soffrire dopo solo di un piccolo senso di
colpa.
Quello era Ryan Shirogane, il
ragazzo che aveva perso i suoi genitori e che aveva sempre avuto paura in tutta
la sua vita di perdere ancora qualcuno, quello che era stato il suo datore di
lavoro, la persona a cui non era mai stata capace di dire una bugia o di nascondere
una verità. Era anche il ragazzo, che adesso aveva capito di amare, quel
ragazzo dannatamente impulsivo e testardo, che sapeva renderla tremendamente
fragile e dannatamente forte, l’unica persona di fronte alla quale lei era
debole, indifesa, ma che poteva darle coraggio, come nessun’altro.
“Strawberry, io non ti lascio
andare, se prima non mi dici che cosa ti è successo!” ripeteva Ryan, tenendola
per le spalle e scuotendola leggermente“Ti ho detto che non volevo sapere che
cosa ti facesse soffrire, e continuo a non volerlo. Ma ora sento che tu non
vuoi nemmeno essere felice… si può sapere che cosa ti è successo? Tu non sei
più la ragazza, che io…”.
Ryan si fermò, rendendosi conto
che stava per dire La ragazza, che
io amo… ma si era fermato appena in tempo. Lei lo guardò
confusa, e, intanto, le parole di Elissa ancora la raggiungevano.
La più grande
paura, che l’uomo, può provare: quella di essere felice, e quella di amare
totalitariamente una persona…
Io ho paura di amare
Ryan e di essere felice con lui?
Strawberry ancora non rispondeva e
fu allora che Ryan le disse: “Perché non riesci più ad essere quella che io ho
sempre conosciuto?”.
Lei spalancò gli occhi e riprese a
piangere, mentre gettava le braccia al collo del ragazzo. Non riusciva neanche
a parlare, ogni parola che era maledettamente inutile e stupida. Voleva solo
che lui la stringesse, che non la lasciasse sola. Che lo facesse anche per
amicizia, perché era per lui come una sorellina minore, bastava che non smettesse.
Aveva talmente bisogno di lui, che ogni suo gesto, fosse il più semplice di
questo mondo, era capace di permetterle di stare almeno un po’ meglio, tanto da
sopravvivere ancora un po’.
Lui, sorpreso dal suo gesto, la
strinse a sé forte, mentre a lei mancava quasi il respiro. Le sussurrò in un
orecchio: “Passerà presto, vedrai… scusami per quello che ti ho detto, è solo
che mi fa impazzire il fatto che tu possa stare male…”.
Strawberry smise di piangere, ma
fu proprio allora che l’aria iniziò bruscamente a farsi più fredda, ghiacciata.
Un forte vento si sollevò e anche la sabbia prese a sollevarsi in alti turbini.
Le lucciole volarono tutte via, mentre lo stesso meraviglioso paesaggio attorno
a loro iniziava a perdere definizione. Strawberry si strinse a Ryan, che
cercava di proteggerla dal vento sempre più forte.
“Che cosa succede? Credevo che
potessi controllare totalmente questa dimensione…” disse lei, cercando di
respirare meno possibile, la sabbia che entrava persino nei suoi polmoni.
“Certo che posso…dannazione… sta
tornando di nuovo…”.
Ad un tratto, di fronte a loro e
all’enorme spazio bianco, che adesso aveva preso il posto del ricordo di Ryan,
comparve un enorme alone luminoso, di colore viola scuro. Si allargò molto,
fino a diventare la sagoma di una persona.
Di quella
persona… rabbrividì Strawberry,
stringendosi a Ryan, che intanto aveva assunto le sembianze di Leon.
Profondo Blu comparve di fronte a
loro, esattamente come Strawberry lo vedeva ogni notte: la stessa espressione
di sfida, lo stesso sguardo carico di odio, la stessa smorfia sicura sul volto.
“Ciao fratellino…” disse con la
solita voce melliflua, alla quale Strawberry sentì un brivido correrle lungo la
schiena. Nascose per quanto poteva il suo viso nella camicia di Ryan, mentre
pregava con tutto il cuore che lui non la guardasse in faccia.
“Che cosa vuoi ancora?!” replicò
Ryan – Leon, che teneva in mano una lunga spada d’argento e con l’altra
stringeva la vita di Strawberry.
“Scusami tanto, fratellino…”
riprese lui, avvicinandosi “Sai, mi annoiavo tanto… e avevo tanta voglia di
vederti… e di ucciderti…ma vedo che hai visite… chi è la signorina? Un altro
dei tuoi patetici ricordi? E pensare che eri tu che mi hai insegnato, che non
bisogna vivere nel passato…”.
Ryan spinse delicatamente
Strawberry, dietro di sé, poi disse: “Lei non c’entra niente… non provare a
toccarla…”.
“Mi fai ridere fratellino…perché
proteggere un ricordo? Ben presto li perderai tutti, e con loro, li perderà
anche il terrestre… assieme alla tua anima…ma se ci tieni tanto a quel ricordo,
forse è meglio che lo guardi anch’io, che ne dici, fratello?”.
Tese una mano davanti a sé, da cui
comparve un’aura violacea, che raggiunse Strawberry, sollevandola dal suolo.
La ragazza prese a gridare, mentre
Profondo Blu rideva sguaiatamente: “Capisco, non è un ricordo… è qualcuno, che
è venuto a trovarti, vero?”. Leon afferrò Strawberry per la vita, tirandola
giù. Finirono entrambi a terra, Leon che proteggeva il corpo di Strawberry, che
aveva sbattuto la testa, ma che era ancora cosciente e che tremava
visibilmente.
Le sussurrò: “Devi andare
via…adesso…”.
Lei si sollevò a malapena, poi
disse: “Ryan, sei sicuro di farcela? Io- io non ce la faccio a lasciarti qui da
solo…”.
Lui le si avvicinò e,
inaspettatamente, la baciò con passione sulle labbra, la mano sul suo viso
freddo. Lei rimase immobile e non ebbe nemmeno il tempo di ritirarsi da lui, o
di rispondere al suo bacio.
Lui tese ancora la mano di fronte
a sé, che si illuminò di un’aura azzurra. Alle sue spalle, comparve la solita
parete d’acqua, che la ragazza guardò senza capire, ancora scioccata dal bacio
di Ryan.
Lui la spinse violentemente verso
la parete d’acqua, che Strawberry attraversò senza accorgersene e senza
riuscire a fermarsi.
L’ultima cosa che vide fu il
sorriso sulle labbra di Leon, e l’ultima cosa che sentì fu la sua voce dire:
“Scusami ancora… avevo promesso di non baciarti più… ma tu lo sai che non so
mantenere le promesse… e se adesso fossi rimasta qui, forse non avrei potuto
più continuare ad infrangerla…”.
Quello che non vide fu
l’espressione di trionfo sul volto di Profondo Blu, e quello che non udì furono
le sue parole: “Bravo fratello…e così sei riuscito a ritrovare la nostra
Elissa…”.
Quando Strawberry ritornò
cosciente, era già notte fonda. Si tirò su a malapena dal letto, dove era
distesa, cercando di guardare al meglio la sua camera, avvolta interamente
dall’oscurità, dileguata solo in parte da una lama sottile di luce proveniente
da sotto la porta. Si tirò a sedere, mentre avvertiva un forte giramento di
testa; ancora una volta, la sua mente aveva reso reale il dolore fisico patito
lì e ancora una volta, le si era aperto un taglio abbastanza profondo sul capo.
Si toccò la ferita e ne ritrasse
la mano, completamente coperta di sangue. Si alzò e corse immediatamente in
bagno, dove imbevve un garza di disinfettante e la passò sull’escoriazione
ancora aperta e sanguinante.
Fu solo quando guardò il proprio
riflesso nello specchio e scorse sulle sue labbra un velo di porpora, che non
ricordava di aver mai posseduto almeno da mesi o da anni a quella parte, si
ricordò che cosa era successo.
Profondo Blu…e Ryan…
Lui l’aveva baciata di nuovo.
Perché? Si sedette sul orlo della vasca da bagno e rimase con lo sguardo fisso
sulle mattonelle azzurre, mentre sentiva ancora un rivolo di sangue caldo
scenderle lungo la guancia. Strinse forte la garza, che teneva ancora in mano,
mentre un pensiero dettato ancora dalle sue residue paure, le sconquassava la
testa.
Lui mi considera
solo una bambolina, solo un giocattolo da baciare quando ne ha voglia…
Quella nuova forma dei suoi
pensieri era troppo verosimile per non dargli credito.
In fondo le raccontava la sua mente Ryan è
così…così…
Come era Ryan? E’ semplicemente lui, una persona troppo speciale e
particolare per riuscire a descriverla con un solo aggettivo… è il ragazzo, di
cui sono innamorata…
E la sua mente le raccontava anche
che un ragazzo del genere, così maledettamente bello, sicuro di sé, e anche
dolce, quando voleva esserlo, non poteva certamente essere interessato ad una
persona come lei. Una ragazza instabile e immatura, che magari considerava solo
come un enorme scocciatura, quando poteva avere tutte le ragazze che voleva,
accendendo solo per un istante i suoi immensi occhi azzurri.
Quella consapevolezza le fece
male, molto più di quanto credesse, tanto che si accasciò a terra in ginocchio,
seppure incapace di versare una lacrima, la mano premuta sul petto e il respiro
convulso. L’amore faceva davvero molto male, soprattutto quello vero, e ancora
di più quello celato nel cuore da tanto, troppo tempo. E faceva talmente male,
che nemmeno mille e mille lacrime potevano esserne uno sfogo, anche solo
apparente.
Si sollevò a fatica, gettando la
garza nel cestino dei rifiuti, e ritornò in camera sua, dove si distese nel
letto, gli occhi che le pizzicavano per la stanchezza, il sonno e per quel
qualcosa di così nuovo in lei, ma di già così inaudita e poderosa forza.
Doveva solo aver pazienza. Lo
avrebbe salvato, avrebbe sconfitto Profondo Blu e poi tutto sarebbe finalmente
finito.
Non l’avrebbe rivisto più. Mai
più.
E mentre si raccontava quella
storiella tranquillizzante, il sonno piombò su sui occhi inermi, facendoli
chiudere e cadere in sogni agitati e confusi, popolati da chiome di capelli
nero intenso e color miele, che si intrecciavano attorno alle sue membra.
E’ valsa la pena aspettare, eh? Dopo tredici
capitoli, finalmente hanno ammesso che sono innamorati! Ce ne vorranno altri
tredici perchè si mettano assieme? Non vi preoccupate, a questa domanda c’è una
decisa risposta negativa! Ormai manca poco alla fine! Chissà se sentirete la
mancanza della mia fic! A me mancherà moltissimo perchè è stata quella che mi
ha fatto penare di più, ma ho molte altre storie in cantiere! Non vi libererete
facilmente di me, e già che ci sono inizio a fare pubblicità: tra poco, nel
miglior sito di fanfic del mondo, saranno disponibili nuove fanfic dell’autrice
esordiente Cassie chan, soggetto poco raccomandabile, ma le cui storie sono
rari momenti di lucidità in mezzo alla pazzia, quindi leggetele, altrimenti
rischia di impazzire del tutto… tra poco, pubblicherà una fic sulla serie
Gundam Wing di nome IF I ONLY KNEW…, se odiate Heero, vi consigliamo di
leggerla, se invece vi è piaciuta BEYOND ME AND YOU, tra poco sarà disponibile
il suo seguito… per la serie, questa non si leva mai davanti alle scatole!
Scusatemi per la pazzia improvvisa, ma oggi è stata una giornataccia e sono
leggermente assai scioccata… non so quando arriverà il prossimo capitolo, che
sarà MOOOOOLTO importante, accadranno cose che certamente non vi aspettate!!!
Comunque, prima che impazzisca del tutto, passo ai soliti ringraziamenti:
Hermy 6: la mia
pazzerella preferita(Ma non è che ti offendi se ti chiamo così?)!Come al
solito, la tua recensione mi è piaciuta tanto, perchè sei sempre molto onesta e
diretta! A quanto sembra, Strawberry non ti sta molto simpatica, vero? Sta
tranquilla, nemmeno a me, ma per non far diventare questa fic una OOC, dovevo
lasciarle un po’ della sua fessaggine! Poi, se cerco di essere comprensiva, mi
dico: “Bè, è stata più di quattro anni con il merluzzo, sono stati compagni di
scemenza… quindi forse sente un po’ la sua mancanza…”, ma come vedi in questo
capitolo l’ho nominato solo di striscio! La filastrocca l’ho inventata io,
mentre ero in un momento di follia pura, esattamente come questo, dopo che mia
cugina per tutto il pomeriggio mi aveva cantato una di quelle canzoncine
rintronanti che insegnano all’asilo, mentre badavo a lei, quindi l’ispirazione
è stata abbastanza semplice, anche se l’ho dovuta rivedere quattro - cinque
volte! Ci rivediamo prestissimo!
Aya chan: sono iper
mega contentissima che tu abbia intuito il significato della mia filastrocca! Sinceramente
ero un po’ spaventata che non si capisse, ma mi conforta sapere che tu invece l’hai
capita! Brava! Come hai potuto constatare, il bacio ci è scappato! Eheheheh…
comunque, per la tua fic, ti consiglio vivamente di pubblicarla! Primo perchè
Card Captor Sakura è una delle mie serie preferite, e quindi sarei una delle
tue fan più accanite, secondo perchè io avevo una paura folle di pubblicare la
mia fic, e invece mi è andata bene! Anzi più che bene, se persone come te si
sono appassionate alla mia fic! Quindi pubblicala, soprattutto se te la senti
dentro, così tanto da raccontarla spesso! Hai visto, ho recuperato un po’ di
sanità mentale per te! Per Elissa, avrai risposta nei prossimi capitoli,
comunque anche lei sarà molto importante per risolvere ‘sta situazione! Baciottini!
Nadia Sakura Kan: haloa,
anche a te! Sei praticamente nelle prime posizioni della mia hit di FEDELISSIMI, alla fine della fic riceverai
un cesto di frutta tropicale, per la tua pazienza! Hai commentato ogni
capitolo!Coraggio, ormai ne mancano pochi! Comunque, ritornando a noi e
cercando di recuperare un po’ della mia sanità mentale, come hai visto,
finalmente Strawberry si è chiarita con sé stessa! Adesso è senza ombra di
dubbio innamorata di Ryan! Mark si è rassegnato, sta tranquilla! Per Profondo
Blu e il sogno di Strawberry, il prossimo chappy sarà chiarificatore di
parecchie cose! Anche su Blanche e Ghish! Ci rivediamo prestissimissimo!
Pfepfer: davvero ti
sei rosicchiata tutte le dita? Sopravvivrai fino alla fine? Poverina, comunque
ti assicuro che a scrivere ‘sta fic a me è venuta l’ulcera, perché ogni volta
che trovavo una soluzione per una cosa, mi crollava tutto dall’altra parte! Non
sembra, ma è stato difficile! Grazie dei tuoi complimenti, sei sempre
carinissima! Come affezionata lettrice, riceverai un regalo enorme! A
prestissimo!
Bene, adesso prima di stramazzare al suolo, mi
ritiro, dato che devo essere abbastanza viva per vedere Antonio Cupo alias
Christian Grey tonight! Ciao ciao da Cassie chan!
La stanza principale del caffè mew mew era stata ornata con mille ricami
e festoni d’argento e di colore azzurro intenso, che
Capitolo 14 –
Eros e thanatos
“…another hero, another mindless crime, behind the curtain, in thepantomine…”---The Queen
La stanza principale del caffè mew
mew era stata ornata con mille ricami e festoni d’argento e di colore azzurro
intenso, che si stendevano placidi e lucenti tra le colonne bianche. I tavolini
erano spariti dalla circolazione, mentre la sala era stata allestita come
un’immensa sala da ballo, alla cui destra c’era un palco dove si esibiva un
trio di archi e una cantante abbastanza famosa, ingaggiata da Pam.
Sebbene fosse abbastanza presto,
la sala era piena di persone, vestite in modo elegante, accorse all’annuncio di
quella festa che si sarebbe tenuta per celebrare i cinque anni d’attività del
locale più alla moda della città. In realtà, si trattava di una scusa,
inventata per attirare Profondo Blu, che certamente non avrebbe tardato ad
arrivare nel luogo, dove erano riunite le mew mew, di cui voleva assolutamente
i poteri. Blanche aveva detto che, secondo lei, Profondo Blu era ancora abbastanza
in sé per concepire un piano del genere, ma non si poteva tardare più di tanto
perché, di lì a molto poco, avrebbe perso completamente la cognizione di sé
stesso. Le ragazze, assieme ai quattro alieni, avevano elaborato quel piano,
avendo anche premura di assicurare in caso d’arrivo del loro nemico, un’uscita
di sicurezza per la gente intervenuta alla festa, mentre Mina si era
soprattutto incaricata di rendere quella festa una delle più raffinate, che si
potessero minimamente concepire.
Ma adesso nessuno di loro si stava
realmente godendo la festa, appartati come erano in un angolo attenti ad ogni
minimo movimento.
Strawberry, che indossava un lungo
abito verde smeraldo di raso con una sola spallina, sospirò, seduta su una
sedia. Aveva paura, questo non poteva negarlo, perché tra poco, forse avrebbe
rivisto Profondo Blu e sapeva con estrema certezza che lui l’avrebbe certamente
riconosciuta, avrebbe certamente visto quanto assomigliava ad Elissa. Aveva
programmato che, al minimo segnale di disordine, si sarebbe trasformata in Mew
Berry, sperando di non farsi vedere nel suo vero aspetto da Profondo Blu.
Ma poi anche un’altra cosa la
terrorizzava. Avrebbe rivisto Ryan, stavolta in carne ed ossa. Se quello che
aveva visto fino a quel momento, era stata una semplice immagine mentale ed era
stata capace di sconvolgerla tanto, il vero Ryan le avrebbe fatto anche più
male? Intanto, si teneva stretta la sua spilla tra le mani, pregando
contemporaneamente che quel momento arrivasse quanto prima o quanto più tardi
possibile.
Anche gli altri erano decisamente
agitati. Mina, che portava un corto abito bianco, ornato di pailletes, se ne
stava seduta sull’orlo della sedia, sobbalzando ad ogni minimo rumore; Lory,
che aveva una camicia bianca piena di sbuffi e una gonna corta nera, andava
avanti ed indietro, sebbene in cuor suo, sperava che Ryan o Profondo blu, o chi
diamine fosse, arrivasse quanto prima, perché voleva disperatamente rivedere il
ragazzo biondo, che non aveva mai dimenticato; Paddy, che portava un kimono
turchese con decori argentati, stringeva convulsamente la mano di Tart, che dal
canto suo, continuava a voltarsi verso il fratello Pie, appollaiato su una
scalinata, vestito elegantemente come Ghish che stava seduto accanto a lui, il
capo appoggiato sulle mani, mentre Blanche parlava sommessamente, splendida nel
suo vestito dorato, con spalline incrociate sulla schiena, con Halinor e Pam,
entrambe vestite di abiti leggermente diversi, ma sempre di raso viola. Solo
Kyle andava avanti e indietro tra gli invitati, preoccupandosi che tutto
procedesse per il meglio.
Ad un tratto, Strawberry apparve
ai suoi amici, come spiritata; tutti le si avvicinarono preoccupati, mentre la
ragazza divenuta pallidissima, disse solo: “Sta arrivando… lo sento, sento la
sua rabbia… e sento Ryan…”.
Strawberry non aveva neanche
terminato di parlare che la vetrata che costituiva il tetto del palazzo si
infranse in mille minuscoli frammenti, che presero a cadere sugli invitati, che
urlarono terrorizzati. Gli alieni si alzarono in piedi, stendendo le braccia di
fronte a sé, che si illuminarono di quattro aure, una verde, quella di Pie, una
gialla, quella di Tart, una rossa, quella di Ghish, e una bianca, quella di
Blanche. I frammenti si fermarono a mezz’aria, mentre Kyle trascinava fuori le
persone, rimaste attonite di fronte allo spettacolo.
Le mew si disposero in fila dietro
agli alieni, mentre Halinor rimase leggermente più indietro. Certamente, se
avesse colpito lei, non avrebbe avuto molte occasioni di cavarsela, dato che i
suoi poteri praticamente non esistevano.
Un alone viola scuro scese dal
tetto, illuminando a giorno l’intera sala e i volti spaventati delle cinque
ragazze e dei loro amici. Esso scese per tutta la stanza e si fermò al centro
della sala, proprio di fronte ai ragazzi, che si erano messi in posizione di
difesa. Iniziò a diventare sempre meno luminoso e più nitido, finchè comparve
la ben nota sagoma di Profondo Blu, che sorrideva malevolo.
Per chi non ci aveva ancora voluto
credere, ogni dubbio venne infine fugato. Profondo Blu era ancora vivo, e stava
usando il corpo di Ryan Shirogane.
I quattro alieni si ritrassero
leggermente intimoriti dalla presenza del loro vecchio capo, ma fu Blanche a
porsi coraggiosamente di fronte a lui, dicendo: “Bene, allora vedo che le mie
congetture non erano affatto sbagliate… sapevo che non potevi essere morto così
facilmente… anche se l’ultima volta che ti ho visto, avevi ancora un corpo
tutto tuo…”.
Profondo Blu scoppiò a ridere e
disse, ancora sorridente, una risata che gelava il sangue nelle vene: “Brava
piccola mia! Sei sempre stata una ragazza intelligente… per questo, ti avevo
scelta tra i miei seguaci. E pensare che ti accusarono di essere solo una
raccomandata… e invece, proprio il fatto che sei mia nipote, ti rende quella che
sei… hai poteri che quelli della nostra razza, neanche si sognano…”.
“Sei sua nipote?!” urlarono tutti,
guardando la ragazza meravigliati.
Blanche sorrise e guardò
Strawberry: “Ti ricordi che ti ho detto una volta di aver fatto un viaggio
mentale? Scoprii che la mia vera madre era la sorella di Profondo Blu e di
Leon, Lenaris. Nacque da una relazione illegittima del Re e fu abbandonata…
nessuno seppe mai niente di lei, ad eccezione di Profondo Blu stesso… quando mi
presentai a lui, mi disse che avvertiva un grado di parentela tra me e lui, e
allora fece delle indagini, scoprendo che ero sua nipote, anche se io glielo
avevo già detto, ma lui ovviamente non si era fidato di me e aveva indagato per
conto suo. Io lo seppi prima di lui per via di quel viaggio e seppi anche che
mia madre era morta nel darmi alla luce. Lui decise di insegnarmi tutto quello
che sapeva e molto di più, come per esempio, la ftelogia, che però mi rifiutai
di praticare. Dopo che uccise Leon, scappai da lui, dopo aver capito che razza
di persona era… lui- lui me lo confessò candidamente, come se fosse una cosa di
cui vantarsi… adesso capisci? Come credi che potessi sapere tante cose sulla
famiglia reale? O avere dei poteri del genere? O sapere con assoluta certezza
che era stato lui ad uccidere Leon, quando non furono mai trovate prove a suo
carico?”.
“Perché non me l’hai mai detto?”
disse Ghish, colpito.
“Quando ci rivedemmo, volevo solo
che tu mi considerassi, che tu capissi quanto ero innamorata di te…” disse lei
con semplicità “Se avessi saputo che ero la nipote della persona che più odiavi
al mondo, non mi avresti nemmeno guardata in faccia…”.
Il ragazzo le si avvicinò e la
strinse, dicendo che non gli importava di chi fosse figlia, tanto niente
sarebbe mai cambiato tra loro due.
Profondo
Blu prese a battere le mani e disse, sinceramente divertito: “Che bella e
romantica scenetta! Nipotina mia, e pensare che credevo di averti insegnato
tutto quello che sapevo… e invece, hai dimenticato che cosa è veramente
importante nella vita… il potere… e anche per un tipo del genere… Ghish…
andiamo, mi aspettavo di meglio da te… forse anche tuo zio Leon non sarebbe stato
contento di questo… eppure, lo sai meglio di me quanto io e lui siamo diversi…”
L’attenzione
sopita di tutti si risvegliò bruscamente e Strawberry si fece ancora più
piccola, dietro le spalle di Pie, che era davanti a lei.
“Già,
zio… Leon…” disse Blanche, parlando come a sé stessa “Lo sai o no che lui non è
solamente lui? Che in quel corpo vive anche l’anima di un terrestre, l’anima di
Ryan Shirogane? Non credi che potremmo cercare di risvegliarlo? Non pensi che,
se lui si svegliasse del tutto, tu dovresti semplicemente lasciare il suo
corpo?”
Gli
altri non capirono a che gioco stesse giocando Blanche, ma la lasciarono fare,
fidandosi di lei, anche perché solo la sera prima, Blanche aveva detto che
quella storia non la convinceva affatto, aveva detto che non sapeva convincersi
che Profondo Blu adesso volesse solo i poteri delle mew. E aveva detto che se
lui fosse effettivamente venuto, non sapeva spiegarsi che rischiasse tanto a
venire nella tana dei migliori amici di Ryan, che potevano benissimo
risvegliarlo, solo per i poteri delle mew, che in fondo, in confronto ai suoi e
a quelli del fratello, erano ben poca cosa.
“Brava
Blanche” disse ancora Profondo Blu, sorridendo e avvicinandosi alla nipote, che
fu stretta alla vita dal fidanzato che cercava di proteggerla “Si vede che sei
mia nipote e anche di quell’incapace di mio fratello… non te la sei bevuta la
storiella dei poteri delle mew…”. Sospirò languidamente e riprese mellifluo:
“Sapevo che se ti avessero coinvolta, molto probabilmente avresti capito le mie
intenzioni, ma ho deciso di tentare ugualmente… e lo sai perché, piccola?
Perché sapevo che non avresti mai potuto capire tutto quello che mi è successo
e nemmeno quello che ho intenzione di fare… e tutto perché conosco troppo bene
una persona… e so che non avrebbe parlato…”.
Stese
la mano davanti a sé, al cui cenno tutti si ritrovarono a terra, spinti da una
forte folata di energia. Rimasero in piedi solo due persone: Blanche e…
Strawberry.
La
ragazza tremava dalla testa ai piedi, mentre Blanche la guardava senza capire.
“Perché,
lei? Perché, Strawberry?” chiese, voltandosi verso Profondo Blu.
“Lo
vedi tesoro? Lo vedi che non sai tutto?” disse lui, scoppiando a ridere e
avvicinandosi lentamente a Strawberry “La conosco bene… come l’hai chiamata? Ah
già, Strawberry… lo sapevo che non te l’avrebbe detto, ne avrebbe avuto troppa
paura…”.
Si
avvicinò ancora a lei e le sfiorò una guancia con un dito, al quale Strawberry
chiuse repentinamente gli occhi.
Blanche
si illuminò e disse: “Lei… tu volevi lei… perché?”.
Profondo
Blu rise ancora e disse: “Non ti ha mai detto di assomigliare come una goccia
d’acqua a tua zia? Non ti hai mai detto che è la copia di Elissa? Della mia
Elissa…”.
“Non
capisco…” disse Blanche, anche per prendere tempo.
Profondo
Blu si voltò verso di lei, mentre piegava sulla schiena un braccio di
Strawberry, che aveva iniziato a piangere e l’attirava a sé, ponendola di fronte
a Blanche stessa.
“Non
posso negare che all’inizio le mie intenzioni erano quelle di prendere i poteri
delle mew, tesoro…” iniziò a spiegare “Non perché ne avessi bisogno, ma solo
perché volevo rintracciarle e, dopo aver tolto loro ogni possibilità di difesa,
ucciderle, vendicarmi per quello che mi avevano fatto passare. Immagina che
bello che fu, quando scoprii che la persona, in cui si era rifugiato mio
fratello, era anche un loro amico. Tutto mi sembrava in discesa. Ma le
resistenze del terrestre erano molte, troppe. Era più forte di quello che
pensassi. E allora ebbi tempo. Molto tempo per pensare. E pensai che se mio
fratello, aveva scelto quel terrestre, ci doveva essere un motivo, doveva aver
avvertito una somiglianza tra loro. All’inizio, come certamente avrai pensato
anche tu, ho pensato che l’avesse scelto perché sapeva che, in qualità di
figlio del creatore del progetto mew, avrebbe certamente rivisto me. Ma poi mi
convinsi che non era così. Tu lo sai meglio di me che razza di persona sia tuo
zio Leon… non ha mai amato la vendetta, figuriamoci quella su un fratello. No,
Blanche, il motivo era un altro… mio fratello ha avuto a cuore nella sua vita
una sola persona, per la quale è anche morto, e quella persona era, purtroppo
per lui, la stessa che anche io volevo disperatamente e che lui mi aveva
portato via… tua zia, Elissa… se aveva scelto Ryan Shirogane, era perché sapeva
che lui l’avrebbe rincontrata sotto un’altra forma… ed eccola qui, l’altra
forma… Strawberry Momomiya…
“Io
ho ucciso Elissa, e l’ho fatto perché lei non mi amava e perché non l’avrebbe
mai fatto… ma sapevo altrettanto bene che il terrestre non era ancora riuscito
a fare sua Elissa, o meglio Strawberry, altrimenti che ci avrebbe fatto a
quell’ora su quella strada, con il cuore colmo di insopportabile tristezza? Mio
fratello è stato bene, solo quando stava con Elissa e per lei era lo stesso. Ma
da soli erano deboli. Lei era venuta dalla mia parte, lui non riusciva a
gestire il Regno. E la stessa cosa è stata con loro due. Shirogane voleva
andare a sbronzarsi, e lei perdeva tempo con una persona di cui non era
minimente innamorata. Capisci adesso? Volevo riavere finalmente quello che Leon
mi aveva tolto… la mia Elissa…”.
Strawberry
cercò di liberarsi dalla sua stretta. A Blanche si strinse il cuore nel
vederla, sembrava un cucciolo preso al lazo, si guardava attorno smarrita,
cercando disperatamente di liberarsi, ma la stretta di Profondo Blu era troppo
forte.
Profondo
Blu continuò più allegro, come se fosse divertito dalla sofferenza della
ragazza: “Poi lei, questa piccola sciocca me ne ha dato la conferma solo ieri,
quando è venuta a trovare Leon o Ryan, o come diamine si chiama… e poi mio
fratello l’ha persino baciata, e lui avrebbe baciato in quella maniera solo
lei, solo Elissa…”.
“Ma
lei non è Elissa!” urlò Blanche “Lei non è Elissa, zio! Elissa è morta!”.
All’istante,
la ragazza si ritrovò per terra, abbattuta da un potente scarica d’energia di
Profondo Blu che l’aveva colpita allo stomaco.
“Blanche!”
urlò Ghish, cercando di strisciare verso di lei, dato che una magia di Profondo
Blu teneva lui e gli altri inchiodati al terreno.
“Certo
che è lei!” riprese Profondo Blu, in tono stravolto “E’ lei e adesso sarà mia
per sempre!”.
Blanche,
purtroppo, iniziò a capire. Profondo Blu stava iniziando ad impazzire. Certo,
razionalmente, aveva desiderato per tutta la vita Elissa, ma adesso non si
accorgeva che, a parte una superficiale somiglianza, Strawberry non era Elissa.
Intanto,
lui, ridendo, l’aveva attirata a sé, voltandole violentemente il viso, bagnato
di lacrime.
“Avanti,
dimostrami piccola, che sei Elissa…” diceva, cercando le sue labbra, mentre lei
prendeva a pugni il suo petto. Mentre cercava velocemente di sottrarsi a lui,
cercò di pensare con calma a come cavarsela, ma le sue mani le sentiva addosso,
pronte a farle anche qualcosa di peggio della morte. Perché non si era
trasformata subito, dannazione?! Perché, la sera prima, si era lasciata baciare
da Ryan? Lui non avrebbe mai capito niente, se…
Un
attimo… Ryan… lui è dentro di Profondo Blu… devo risvegliarlo…
Smise
di dibattersi e guardò Profondo Blu negli occhi. Lui parve assumere
un’espressione più pacata e disse: “Va molto meglio così Elissa… non mi piace
prendere le donne, quando si muovono troppo…”.
Lei
sospirò per darsi coraggio, poi iniziò a parlare velocemente, la voce
leggermente più alta, le lacrime che le cadevano sulle labbra, mentre le
braccia di Profondo Blu la stringevano ancora più forte: “Ryan, so che sei lì
dentro… ti prego, Ryan, sono io, sono Strawberry… ti supplico, ritorna in te…
tu mi hai promesso, tu mi hai fatto una promessa… mi hai detto che saresti
tornato, che saresti tornato da me… Ryan, ti prego svegliati…”.
Mentre
ripeteva queste parole, Profondo Blu assunse un’espressione stralunata e
furente, e si illuminò di un’ ira difficilmente esprimibile a parole. Prese la
ragazza per il collo e la sollevò in aria, mentre Strawberry si sentiva
lentamente mancare l’aria, mentre cercava di ripetere ancora: “Ryan, ti prego…
sono io, Ryan…”.
“Ho
capito, che cosa vuoi fare! L’ho capito! Tu devi dimenticare mio fratello,
l’hai capito, altrimenti ti ucciderò, come ho fatto con lei, come ho fatto con
Elissa!” ripeteva in tono lamentoso. Poi, la schiaffeggiò violentemente e
Strawberry finì dall’altra parte della stanza, dopo aver battuto il braccio
contro il muro, che prese a sanguinare.
Fu
solo un istante, ma evidentemente l’avere per il momento ammesso che Strawberry
ed Elissa non erano la stessa persona, che una l’aveva uccisa e che l’altra era
di fronte a lui, fece un tragico effetto sui nervi di Profondo Blu. Iniziò ad
urlare, mentre la stanza si riempiva del crepitio di mille lampi neri e viola,
che scoppiettavano attorno al suo corpo, circondato da un’aura sempre viola. Un
enorme raggio di luce colpì l’intera stanza, che si ricoprì di uno strato di
ghiaccio nero, che andò a coprire il gioioso rosa e il lucente bianco del Caffè
mew mew; comparvero delle alte colonne di ghiaccio sempre nero, a cui erano
legati gli amici di Strawberry, ad eccezione di Blanche, che era ancora al suo
posto, ma incapace di muoversi da lì, perché i suoi piedi erano letteralmente
incollati al suolo, da una magia di Profondo Blu. Strawberry si sollevò da
terra e riprese a chiamare a gran voce Ryan, finchè i capelli di Profondo Blu
iniziarono a tingersi d’oro e i suoi occhi diventarono più sereni, mentre lui
si dibatteva, accasciato a terra, con le mani nei capelli.
“Ryan!”
urlò Strawberry, correndo verso di lui. Il ragazzo sollevò il volto, che era
diventato di nuovo quello di Ryan Shirogane, e disse in un sussurro: “Straw-
Strawberry…”.
Lei
si inginocchiò di fronte a lui e mormorò tra le lacrime: “Ryan, puoi farcela…
ti prego, lotta con lui… tu devi tornare da noi… li vedi gli altri? Sono tutti
tuoi amici e ti amano tutti… torna da noi…”.
Ryan
annuì lentamente, poi i suoi occhi si eclissarono, mentre udiva la voce di
Profondo Blu nel cervello…
Perché lei non dice che ti ama? Ha detto gli altri, ha detto che loro ti
amano, ma a te questo importa? No, che non ti importa… perché lei ha escluso volutamente
sé stessa, e sai perché? Perché non è innamorata di te, idiota!E perché non lo è mai stata, né mai lo
sarà! Capisci adesso?!
“Ryan,
che ti succede?!” disse Strawberry, passandogli un dito sulla guancia, mentre
lui chiudeva gli occhi.
“Va
via…” disse lui, gli occhi coperti dai capelli.
“Che
cosa?”.
“Vattene,
lui sta tornando… non ce la faccio, non riesco a fermarlo…”.
“Ryan,
che cosa stai dicendo?! Tu devi farcela… ti prego Ryan…”.
Lui,
l’espressione assolutamente vuota, disse solo, prima di ritornare ad essere
Profondo Blu: “Non ci riesco… non c’è la scintilla …lei può volare e mi lascerà sempre qui da solo…”.
Profondo
Blu si sollevò e guardò Strawberry con profondo disgusto, poi disse
lucidamente: “Mi hai deluso, piccola mia, molto… e purtroppo mi hai costretto a
fare una cosa che non volevo fare… nonostante tutto, non volevo arrivare a
questo, è molto e troppo rischioso per me… ma mi hai costretto, Elissa… sempre
la solita adorabile testarda… ma stavolta mio fratello non è forte come allora…
è molto debole e lo è per merito tuo, amore mio…”.
Lei
non capì, ma poi Profondo Blu si avvicinò a Blanche e le praticò un profondo
taglio sul braccio, raccogliendo poi delle gocce di sangue, che discesero dalla
ferita, commentando senza allegria: “Il sangue dell’ucciso e dell’uccisore...
capiti proprio nel momento giusto, nipote mia…”.
Strawberry
lo vide avvicinarsi nuovamente a lei, sorridendo malignamente e dicendo:
“Aspettami un secondo, tesoro… sono subito da te, devo solo eliminare un
fratello… ci vorrà poco…”.
Strawberry
si gelò su sé stessa, mentre delle parole dette da quella stessa fredda voce,
le ritornavano in mente…
E’ inutile che
chiami Leon, piccola mia… lo sai che lui non c’è più…
Ucciderà Ryan… non so
come, ma lo farà…
Si alzò velocemente in piedi, mentre lui, gli occhi
diventati due fessure, recitava delle strane formule in una lingua
incomprensibile per lei. La goccia di sangue di Blanche galleggiava a
mezz’aria, e splendeva come un pezzo di corallo. Strawberry corse verso di lui,
inciampando nel liscio pavimento di ghiaccio, per poi rialzarsi subito. Lo
afferrò per la vita, piangendo e dicendo: “Portami dove vuoi, ma ti prego
lascialo stare! Non fargli del male!”.
Ma lui, che sembrava in trance, sembrò non
ascoltarla, mentre la sua aura d’energia la scagliava lontano.
Ad un tratto, la goccia venne assorbita dal petto
di Profondo Blu, che iniziò a gridare, mentre ancora nuovi fulmini neri
splendevano attorno a lui, andando alle volte a colpire anche gli amici di
Strawberry, che, per fortuna, adesso liberi, cercavano di ripararsi, come
potevano.
La terra iniziò a tremare vistosamente, mentre
pezzi di muro e calcinacci cadevano dal soffitto, impregnando la sala in una
densa nebbia e rendendola satura di polvere giallastra, che mozzava il respiro.
Profondo blu continuava a gridare, mentre gli altri si erano messi in un
angolo, dopo che Blanche ebbe trascinato via Strawberry, che adesso piangeva
senza ritegno.
“Blanche, si può sapere perché ha preso il tuo
sangue?” chiese Ghish, che cercava di ripararsi dal crollo dei vari materiali
di costruzione.
“Il mio sangue è lo stesso di Leon… ed è anche il
suo… non so a che cosa gli servi, ma credo che… insomma, sta cercando di
distruggere l’anima di Leon…” commentò la ragazza.
Dopo qualche minuto, Profondo Blu smise di urlare e
iniziò a ridere forte, dicendo: “Hai visto Elissa? Hai visto? Ce l’ho fatta… è
stato difficile, ma ce l’ho fatta!”.
Davanti a lui splendeva una sfera, che sembrava di
cristallo di colore azzurro, che vorticava luminosa attorno a Profondo Blu.
Strawberry, Ghish e Blanche avevano già visto quella sfera d’energia, perciò
sapevano con certezza di che cosa si trattasse, e per questo, tutti e tre
rimasero immobili, mentre gli altri chiedevano di che cosa si trattasse.
“E’ l’anima di Ryan…” disse piattamente Strawberry,
mentre Profondo Blu faceva un segno alla sfera, che iniziò ad avvicinarsi a
lui. Strawberry avrebbe per sempre ricordato quel momento, come il peggiore
della sua vita, e anni ed anni dopo, lo avrebbe raccontato ai suoi figli, descrivendo
con poche parole quella orribile sensazione di quell’attimo, che era stato
minuscolo, ma che per lei era durato un’intera vita mortale. Aveva visto
Profondo Blu prendere tra le mani la sfera, premere le dita lunghe e affusolate
sulle sue estremità, e ridere di gusto a vedere la cascata di frammenti di
cristallo crollare luminosa per terra. Strawberry rimase immobile, mentre al
seguito della distruzione dell’anima di Ryan, si era levato un spostamento
d’aria. Fu un solo attimo, ma sentii nelle sue orecchie mille parole…
Sei più pesante di
quello che pensassi… la sua voce ironica e le sue braccia attorno
alla sua vita…
Non voglio che tu mi
consideri un grande eroe… la sua voce decisa e il
dolore, che avvertiva nelle pieghe delle sue parole…
Hai ragione, ti chiedo scusa… la sua voce in colpa e le sue spalle, a celare
tutto quello, che riposava placidamente fremente in lui…
Sei una persona solare e raggiante, la tristezza
non è fatta per te… la sua voce dolce, come il mare che culla la sabbia e che lascia
riposare tra le sue onde…
Non ti preoccupare… te lo giuro su mia madre e su mio padre
che ritornerò… la sua voce persuasiva, come al solito, e le sue labbra a
bruciare incandescenti sulle sue…
Non si accorse nemmeno di essersi alzata, il sudore che le
inzuppava la schiena nuda, mentre non aveva nemmeno la forza di pensare: “Ti
prego, non un’ altra volta…”. Sentiva le voci dei suoi amici nelle
orecchie, velate anche loro di pianto e di frustrazione, ma quella di Ryan era
troppo assordante e piena di echi nella sua mente. Si avvicinò a Profondo Blu,
che la guardò compiaciuto, e le disse qualcosa, che lei non si sforzò nemmeno
di capire, e si inginocchiò, raccogliendo tra le mani i frammenti dell’anima di
Ryan.
Il volto stravolto, cercò di rimetterli insieme, ma quelli si
sminuzzarono in una polvere ancora più sottile, che le andò a cadere sulle
ginocchia sanguinanti. Gli occhi asciutti, cercò di rimetterli insieme per
quanto poteva, mentre sentiva le mani di Profondo Blu afferrarla e tirarla su.
Non riusciva più a vedere bene, era tutto offuscato… stava
piangendo? Non se ne accorgevae non si
rendeva conto di tutto quello che accadde da quel momento in avanti.
Blanche si alzò e corse a prenderla per trascinarla via, ma
anche stavolta Profondo Blu la scagliò lontana con una forte folata d’energia.
Anche gli altri alieni cercarono di riprendere Strawberry e anche le mew, gli
occhi e le guance arrossate di pianto, l’espressione stravolta, scagliarono
potenti fasci di luce, dettati dall’odio e dal dolore, contro Profondo Blu, che
li respinse, come se niente fosse.
Libero da ostacoli, disse soddisfatto:
“Hai visto Elissa? Finalmente lui non è più tra me e te… sei contenta?!”.
Strawberry né rispose, né fece segno di
volersi liberare dalla sua morsa, e si fece passivamente baciare da lui, gli
occhi vuoti. Ma fu Profondo Blu ad allontanarsi bruscamente da lei, urlando di
dolore e staccandosi da lei, che rimase ferma dove era prima.
“Che diamine succede?!” chiese sgomento,
la voce ancora rotta dal dolore. Lei… lei… il suo corpo era incandescente,
sembrava che nelle sue vene scorresse lava. Non era possibile che un essere
umano o anche un alieno raggiungesse una temperatura simile.
Ma questo era solo l’inizio. La terra
prese a tremare più forte di prima, mentre un’aura bianco rosata circondava la
ragazza, i cui capelli avevano preso ad ondeggiare sinuosamente, stranamente
molto più lunghi. Il ghiaccio nero che circondava la struttura si sciolse
all’istante, mentre i vecchi colori del caffè ritornavano vivaci e splendenti.
Gli occhi della ragazza si tingevano ogni
tanto di sfumature violacee, e adesso era veramente molto simile ad Elissa.
Profondo Blu cercò di avvicinarsi a lei, ancora, ma fu sbalzato all’indietro,
mentre Strawberry si ritrovò vestita con il lungo peplo rosa, che aveva
indossato nella visione di Ryan, i capelli legati con dei fiorellini bianchi.
C’era una sola differenza: sulla schiena, erano comparse due grandi ali rosate,
che sembrano quelle di un angelo…
“L’angelo scarlatto dell’amore…”
commentarono Blanche e Ghish, stupiti.
Finalmente la matassa si è sciolta! Avete compreso
qual’era l’intenzione di Profondo Blu? Il titolo del capitolo, per coloro che
non l’avessero capito, è in greco e significa AMORE E MORTE, e sono, secondo i
greci, le due leggi che regolano l’Universo! Mi sembrava particolarmente
azzeccato per questo capitolo, e quindi l’ho messo! Comunque, so che adesso
starete per linciarmi, ma non vi preoccupate la fic non è ancora finita! Passo
ai ringraziamenti soliti:
Hermy 6: come sempre, ti ringrazio tanto! Qualcosina l’ho fatta
succedere, ma non forse nel senso che ti aspettavi tu! Purtroppo, questo
periodo è un po’ incasinato, quindi non ho avuto tempo di aggiornare, ma adesso
hai visto com’è andata! Ci sentiamo prestissimo!
Nadia Sakura Kan: anche a me dispiace, ma siamo alla
fine, o almeno manca poco, un paio di capitoli credo! Comunque, la mia presenza
continuerà a tormentarti, stai tranquilla! Ho già in programma una nuova fic su
Tokyo mew mew; se riesco ad andare avanti, dovrei pubblicarla tra poco, e ti
voglio assolutamente come lettrice! Come sempre, la tua recensione è stata
meravigliosa, sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto così tanto!
Per Ghish e Blanche, come hai letto, se è più o meno chiarito che cosa è successo!
Ma anche per loro ci sarà un’ultima sorpresa finale, che poi sarà la chiave del
seguito! So che ti sto tenendo sulle spine, quindi non ti dico più niente! Un
bacione!
Pfepfer: che bello, è stato uno dei tuoi capitoli preferiti? In
effetti, ero un po’ dubbiosa, credevo che Strawberry avesse capito troppo tardi
di amare Ryan, ma tu mi hai rincuorata! Grazie come sempre, spero che ti sia
piaciuto anche questo capitolo!
Mew Pam: non ti devi assolutamente preoccupare, l’avevo capito
che eri molto impegnata, e quindi non mi sono mica offesa se non ho trovato le
tue recensioni! E poi hai riparato con l’ultima! Come ho già chiarito, anche a
me Strawberry nella serie sta antipatica, ma sono contenta che ti stia piacendo
come l’ho resa io! per la filastrocca, si sta iniziando a chiarire tutto
adesso, comunque, alla fine metterò una specie di parafrasi perchè
rileggendola, mi sono resa conto che anch’io mi ero quasi scordata che cosa
volevano dire alcune cose! Comunque, mi dispiace di aver aggiornato tardi, ma sono
stata sommersa anch’io dai compiti, quindi ti capisco benissimo! Un mega
baciozzo!
Jessy: era da tempo che non ci sentivamo! Sono iper mega ultra felice
che tu voglia leggere il seguito di questa fic! spero di trovarti spesso nelle
mie recensioni!
Aya Chan: come vedi, questo capitolo ha dato risposta a molte tue
domande! Blanche non ha parlato dei suoi viaggi, perchè aver scoperto di essere
la nipote di Profondo Blu non le faceva piacere e non voleva che nessuno lo
sapesse, soprattutto Ghish! Per Strawberry, credo che invece abbia taciuto su
Elissa perchè aveva paura e soprattutto perchè voleva cercare di rimuovere
quella sensazione dalla mente; credo che, parlandone, avrebbe pensato di stare
peggio e poi alla fine non c’era una grande soluzione al problema; anche se ne
avesse parlato con Blanche, non è che lei potesse farle una plastica facciale
per renderla meno simile ad Elissa! Credo che Strawberry abbia pensato queste
cose! Per i capitoli, di solito, non ci impiego un tempo fisso, perchè ci sono alcuni
che mi prendono ed altri no, ci sono per esempio certi che mi “costruisco”
nella mente in ogni momento libero, prima di scriverli, tipo mentre sono in
macchina, o ascolto il prof di turno, e allora sono facilissimi poi da
scrivere, a ed altri che li ho solo sfiorati come raccordo tra una parte e l’altra,
ed allora mi devo inventare di sana pianta, quando sono al computer! Questi sono
i più difficili e ci impiego di più! Aggiorna presto la tua bellissima fic!
Bene, un bacione anche a coloro che leggono solamente! Ciao
ciao da Cassie chan!
Profondo Blu guardò Strawberry visibilmente spaventato dal nuovo volto
assunto dalla ragazza
Capitolo 15 –
The power of friends
“…noi… angeli di creta che non volano, anime
di carta che si incendiano, cuori come foglie che poi cadono…”--- Alessandro
Safina
Profondo Blu guardò Strawberry
visibilmente spaventato dal nuovo volto assunto dalla ragazza. Dove aveva già
sentito di una cosa simile? Per un attimo, gli venne in mente sua madre che
cantava una filastrocca, mentre lo dondolava su un’altalena, nel giardino della
vecchia Reggia terrestre, gli alberi che stormivano al vento caldo e suo padre,
che insegnava a suo fratello a tirare con l’arco. Per un solo secondo, avvertì
una fitta al cuore… Rabbia? Risentimento? Dolore? Nostalgia? Ecco, nostalgia…
della sua famiglia, di sua madre, di suo padre e di suo fratello… che adesso
non esisteva più…
“Che mi stai facendo?!” urlò alla
ragazza, che lo guardò serenamente vuota “La mia mente, il mio cuore… basta!”.
Profondo Blu riprese ad urlare, le mani
affondare nei capelli, mentre ancora della sua energia si riempiva la stanza,
che stavolta però fu fermata sul nascere da un’altra energia, quella di
Strawberry.
Lei non aveva mosso un passo, né
sollevato un braccio, ma solo chiuso gli occhi e l’energia oscura di Profondo
Blu ristagnò sulle pareti e si dissolse, rischiarata da quella della ragazza.
Lei aprì gli occhi e sussurrò delle
parole calme e tranquille, con una voce leggermente più roca e profonda: “Mi
dispiace, non posso aiutarti… la tua anima non appartiene da tempo a me, e alla
mia forza… tu non puoi più esistere, perché non c’è posto per te in questo
mondo… quello non è il tuo corpo, questa non è la tua vita, questo non è il tuo
tempo, e nemmeno il tuo luogo… l’ordine è stato sconvolto e il solo modo per
farlo tornare tale è che tu sparisca…”.
Profondo Blu non capì che cosa Strawberry
stesse dicendo, ma si limitò a scagliarle contro una potente folata di energia
nera, che la ragazza non schivò e che le andò ad aprire un profondo taglio
sulla guancia destra, che prese a sanguinare copiosamente.
“Strawberry!” la chiamò Lory per sapere
se stesse bene, ma lei non rispose nemmeno. Stese le braccia di fronte a sé,
chiudendo gli occhi, e poi le aprì, descrivendo la forma di un semi cerchio di
luce colorata ed iridescente, che iniziò ad avanzare come un’onda del mare, per
poi infrangersi sul corpo di Profondo blu, che cadde per terra in preda al
dolore, il volto pieno di sangue e lo stomaco pesto.
“Elissa perché mi stai facendo questo?”
urlò, la voce rotta da lacrime folli.
Strawberry riaprì gli occhi e disse
calma: “Io non sono Elissa e non sono più nemmeno Strawberry… tu hai fatto loro
talmente tanto male che il loro spirito si è turbato enormemente. E allora io
sono intervenuta… e adesso ti devo punire in questa forma… tu hai distrutto
un’anima ed è un crimine gravissimo, che nessun mortale può permettersi di
fare, rimanendo impunito, e purtroppo per te hai distrutto anche l’anima di una
persona, che era enormemente amata da quelle due donne… da Elissa e da
Strawberry…”.
Lory, mentre si massaggiava la spalla
destra contusa, sgranò gli occhi. Era come aveva sempre pensato allora… Strawberry
è innamorata di Ryan… un enorme vuoto le si aprì nel cuore, e lentamente
alcune lacrime le scesero dagli occhi, finchè sentii una mano calda sulla
spalla. Era Pie.
“Non piangere… era il loro destino, era
il loro destino innamorarsi l’uno dell’altra…” le disse dolcemente, con un tono
che non gli apparteneva.
Lory annuì e, per la prima volta, si
sentii leggermente sollevata a quel pensiero, che loro due si amassero… perché
adesso si rendeva conto che i sentimenti di Strawberry erano sempre stati
immensamente più forti dei suoi. Lei non era riuscita a vivere senza Ryan, cosa
che, invece, lei aveva tranquillamente continuato a fare. E poi lui aveva
chiamato Strawberry per anni, e non lei, e il motivo era abbastanza semplice: Strawberry
era l’unica ad avere il cuore aperto per sentire la sua voce. Non provava più
angoscia o sofferenza. Niente di tutto quello. Solo dolore. Dolore perché,
nonostante quello che avevano passato, adesso Ryan non c’era davvero più.
Appoggiò la testa sulla spalla di Pie, che arrossì, dicendo: “Spero che,
qualsiasi delle vostre leggende sia questa, riesca a portarle indietro Ryan…
non vivrebbe senza di lui…”.
“Ce la farà” disse decisa Blanche, tra i
cori di assenso degli altri, che si stringevano l’uno all’altro, ormai incapaci
di combattere, ma solo di sperare.
“Che cosa vuoi dire?!” disse Profondo
Blu, adesso vistosamente spaventato.
“Quello che ho detto… tu devi sparire…”.
Profondo Blu indietreggiò terrorizzato,
mentre balbettava: “Non puoi… lo sai o no che questo è il corpo del terrestre…
il corpo di Shirogane?”.
La ragazza chiuse forte gli occhi, una
ventata di dolore, che le raggiungeva lo stomaco, poi, riaprendoli, disse: “E’
solo e soltanto carne… lui non c’è più… e quindi non mi importa niente di quel
corpo…”.
Una strana ira raggiunse le sue mani, che
si aprirono, scagliando una potente sfera di energia addosso a lui. Stavolta
copiose lacrime bagnavano il suo viso, e i suoi occhi erano tornati color
cioccolato, prive delle sfumature violacee. Era tornata solo Strawberry.
“Tu me l’hai portato via!” urlava scossa
dal dolore, mentre continuava a scagliare fasci di luce contro Profondo Blu “E
adesso lo seguirai!”.
“Dannazione!” imprecò a bassa voce
Blanche.
“Che c’è?!”chiese preoccupato Ghish, che
era convinto che stesse andando tutto per il meglio.
“Il dolore di Strawberry è troppo forte e
non riesce più a controllare il potere dell’angelo scarlatto” spiegò lei
“Secondo le nostre leggende, l’angelo scarlatto è uno dei guardiani delle Forze
Ancestrali del Mondo e interviene quando i sentimenti d’amore delle persone
sono stati distrutti da interventi di Forze Negative, che li hanno vilmente
calpestati… assume il controllo di quelle persone, che non avevano mezzi per
riportare indietro i loro cari, e porta avanti la sua giusta azione di
ripristinare l’equilibrio… ma adesso il cuore di Strawberry ha perso quella
serenità, che l’angelo scarlatto le aveva dato… lei, al ricordo di Ryan, ha
provato ancora dolore e rabbia verso Profondo Blu… la rabbia è un sentimento
negativo e adesso l’angelo scarlatto non è più con lei… adesso è sola…”.
Infatti i raggi d’energia si erano fatti
sempre meno potenti, e adesso erano solo rosa, il colore della mew. Le ali
erano scomparse e, nello stesso tempo, era ritornato anche il vestito verde,
che indossava prima. Piangeva a dirotto e urlava, ma Profondo Blu, sebbene
pieno di ferite, si era già risollevato, ridendo e schivando i colpi della
ragazza: “Per un attimo, mi hai fatto paura, Elissa… credevo che stessi proprio
per uccidermi…”.
Le lanciò contro un colpo nero, che la
raggiunse al petto, scagliandola all’indietro. Profondo Blu riprese a colpirla
violentemente, mentre lei non cercava nemmeno di ripararsi dai colpi, pensando
tra le lacrime che finalmente stava tutto per finire. Sperava solo che la morte
fosse solo un grande buco nero, in cui si cessava semplicemente di esistere,
perché qualsiasi cielo o inferno le avessero dato non le avrebbe mai fatto
dimenticare Ryan, che adesso non poteva nemmeno sperare di rincontrare nell’aldilà.
“Che cosa possiamo fare?!” chiese
sgomenta Paddy.
“Dobbiamo farle recuperare fiducia
nell’amore” disse Blanche, sollevando leggermente il braccio dolorante “Lei
adesso si è autonomamente convinta che i sentimenti che lei prova non
riusciranno a farle riportare indietro Ryan… non è mai stata sicura di quello
che provava, e anche se amava Ryan da anni, la paura di quello che poteva
succedere, se le cose non fossero andate bene, o anche se fossero andate
stupendamente, non le ha fatto ammettere mai i suoi sentimenti fino in fondo,
sebbene lei stessa si rendesse conto che erano troppo forti per una persona,
che voleva considerare l’altro solo un amico…quello che non sa, è che i poteri
dell’angelo scarlatto sono, a dir poco, illimitati e forse, e dico forse,
potrebbe anche riuscire a riportare Ryan in vita… ma non ci riuscirà mai se
continuerà a pensare che i suoi sentimenti sono assolutamente inutili e di poco
conto, e che solo la vendetta le darà un po’ di pace…”.
Tutti rimasero in silenzio, poi Halinor
disse, cercando di trattenere una smorfia di dolore per aver appoggiato il
ginocchio ferito a terra: “Scusami, voi riuscireste a trattenere Profondo blu
per almeno qualche minuto?”.
Ghish annuì, dicendo: “Se si tratta di
pochi minuti e se uniamo le nostre forze, credo di sì…”.
Halinor sorrise e disse: “E allora è
abbastanza semplice che cosa dobbiamo fare…” e spiegò quale era il suo piano,
che gli altri accolsero bene.
Mentre Profondo Blu continuava a colpire
Strawberry, che ormai sembrava completamente priva di forze e che era ricoperta
di sangue sul vestito verde strappato, Blanche si parò davanti a suo zio e
disse, sorridendo ironicamente: “Credo che si tratti di una caratteristica di
famiglia, ma non mi piace rimanere in disparte troppo a lungo… mio zio non me
l’avrebbe mai perdonato… bè, entrambi i miei zii…”. Profondo si fermò e scoppiò
a ridere, mentre diceva: “Già, nipote mia… è proprio una caratteristica di
famiglia… comunque se vuoi, sarò subito da te, il tempo di sistemare una
questione…” e fece segno di voler colpire ancora Strawberry.
“Non così in fretta…” intervenne Ghish
che era comparso alla destra di Blanche “Le questioni sono da sistemare in
ordine di tempo, e mi sa tanto che la nostra è aperta da molto più tempo di
quella con Strawberry… mi sbaglio forse?”.
Profondo blu rise ancora e disse: “Hai
ragione… hai davvero ragione, ma è anche maleducato far perdere tempo ad una
persona, che ha molto da fare…”, poi replicò con aria molto più minacciosa: “…
perciò vedete di levarvi di mezzo… nonostante tutto, non mi piace far fuori
quella della mia stessa razza…”.
Accanto ai due alieni, spuntarono anche
Pie e Tart; il piccolo alieno, ormai alto quanto il fratello, disse, con aria
allegramente seria: “Peccato che in passato tu non ti sia fatto scrupolo di
uccidere quelli della nostra stessa razza… o Leon era forse un terrestre?”.
“Basta, smettetela!” urlò Profondo Blu,
che era stato indebolito dal seppur breve contatto con la forza positiva di
Strawberry e adesso sentiva un fastidioso vuoto dentro, all’altezza del petto
ogni volta che ricordava che cosa aveva fatto a suo fratello.
“Senza contare che oramai nessuno tra la
nostra gente ti considera più parte della nostra razza, dopo quello che hai
fatto a Leon… lo sai no, che Ghish e Blanche hanno rivelato tutto del tuo
omicidio, che credevi restasse impunito?” continuò Pie, con le braccia
incrociate al petto.
“Bastardi!” urlò ancora Profondo Blu,
mentre cominciava a scagliare fulmini contro di loro, che, unendo le loro
forze, crearono un cupola di protezione.
Intanto, le mew, Halinor e Kyle erano
corsi da Strawberry, che giaceva per terra, apparentemente svenuta. Kyle la
tirò su, chiamandola per nome, mentre la ragazza apriva pigramente gli occhi.
“Ragazze… Kyle…” sussurrò.
“Come stai?” chiese preoccupata Halinor.
Strawberry non rispose e si levò
faticosamente seduta. Poi, gli occhi ancora dolorosamente pieni di lacrime,
disse, la voce appena udibile: “Non c’è più bisogno che combattiate… lui è
troppo forte… e poi…”.
E poi Ryan non c’è più adesso, e
adesso non c’è veramente più… come se non fosse mai esistito…
Mentre pensava quelle cose, scoppiò in
lacrime, dicendo disperata: “Perché non mi avete lasciato morire in pace? Lo
volete capire o no che io senza di lui, non ce la farò a vivere?!”.
Ad un tratto, sentii forte bruciare la
guancia. Mina le aveva appena dato uno schiaffo forte sulla guancia, mentre lei
la guardava confusa.
“La vuoi smettere di credere sempre di
essere un’eroina tragica che nessuno può capire?!” disse furiosa, il volto
stravolto dalla rabbia “Il tuo dolore è giustificabile, comprensibile, normale!
E’ vero… tu hai appena perso una persona che amavi, ed è normale che tu stia
male, che tu soffra, che ti senta morire. Ma è anche vero che il dolore è
qualcosa di angoscioso, che ti spezza dentro, che non ti lascia possibilità di
spiccare il volo, che non ti lascia vivere, se ti lasci andare passivamente a
lui. E’ innaturale per l’uomo cercarlo, se può evitarlo; e tu, invece, anche
quando c’è la possibilità di poter raggiungere la felicità, preferisci
vigliaccamente abbandonarti a lui!”.
Strawberry rimase immobile, la mano sulla
guancia rossa, poi sussurrò, ancora spaventata dalla reazione di Mina: “Ma
adesso non c’è più speranza… lui distruggerà la Terra… tutto quello che
conosciamo sparirà per sempre… io- io sono troppo debole per affrontarlo…”.
“Non è così…” disse deciso Kyle “Tu sei
stata l’unica che gli hai tenuto testa e che sei stata in grado di metterlo in
difficoltà, e potresti riuscirci ancora, se solamente volessi… non c’è niente
che tu non possa fare se vuoi… hai salvato la Terra, l’ultima volta, e anche
allora tutto sembrava impossibile… anche allora hai dovuto lottare contro una
persona che amavi, eppure ce l’hai fatta, eppure sei ancora qui… in quegli
anni, hai fatto tanti sacrifici per essere quello, che ti eri trovata ad
essere, e ce l’hai fatta. E ce la puoi fare anche stavolta…”.
“Ma stavolta è diverso!” disse, la
lacrime che le solcavano di nuovo il viso “Stavolta è diverso! Qualsiasi cosa
che io faccia non potrà mai far tornare indietro Ryan! Voi non sapete quello,
che io ho passato, e nemmeno quello che io provo…”.
“E’ vero” intervenne Paddy, prendendo le
mani di Strawberry tra le sue “Noi non lo sappiamo… nessuno può sapere quello
che tu hai passato, e solo e semplicemente perché tu non hai mai voluto
renderci parte di quel dolore, che sentivi… nessuno di noi l’ha fatto… quando
Ryan è morto, ci siamo chiusi nei nostri piccoli spazi e ci siamo
disinteressati degli altri. E soprattutto di te. Era facile, era comodo credere
che tu fossi depressa, che tu fossi pazza, mentre tu sentivi che Ryan era vivo…
noi non ti abbiamo ascoltato… ma adesso, quando tutto questo finirà, io voglio
avere la possibilità di parlare con te, di capire quello che provi, di
ascoltarti, di fare mio il tuo dolore… ti prego, dammi questa possibilità…”.
“I tuoi sentimenti non li capirò mai, e
su questo non c’è dubbio” disse Pam con un sorriso “Non li ho mai capiti, dal
primo giorno che ti conosco… ti vedevo con Mark e pensavo che tu fossi
innamorata di lui. Ti vedevo abbracciarlo, stringerlo, sospirarlo, baciarlo, e
poi ti vedevo arrossire davanti a Ryan, preoccuparti per lui, cercarlo ogni
volta che venivi al Caffè… e non capivo, e, mattina e sera mi dicevo che non
eri molto normale… poi, dopo la morte di Ryan, ho capito. Ho capito che sei una
persona talmente pura e forte che riesci ad amare e ad odiare con una forza
inaudita, che non credo di poter mai possedere. E’ stato allora che ho capito
che eri innamorata di Ryan, l’ho capito da quella stessa forza. Può darsi che
non la riesca a capire perché non la possiedo, ma intanto la vedo, non riesco
ad ignorarla…”.
Strawberry disse, con una leggera
serenità sul volto: “Davvero pensate che io possa farcela? Che io possa
riportare in vita Ryan?”.
Lory le sorrise e disse semplicemente:
“Ricordi, quando Ryan morì? Ricordi che ti dissi? Ti dissi che era colpa tua,
che eri stata tu ad ucciderlo… mi dispiace per quelle parole e te ne chiedo
scusa, ma intanto continuo ad essere convinta di quello che ho detto. Secondo
me, tu sei la sola ed unica persona, che possa decidere della vita di Ryan… eri
così importante per lui che avrebbe fatto tutto pur di proteggerti, e, se
allora lui è riuscito a fare anche cose apparentemente impossibili, come
risvegliarsi dal sonno, impostogli da Profondo Blu, solo per te, che non ti eri
resa ancora conto di amarlo, adesso che tu lo ami, farà di tutto per tornare da
te…”.
“E poi…” replicò Halinor, strizzandole
l’occhio “Blanche ha detto che non c’è nulla che l’angelo scarlatto non possa
fare…”.
Strawberry sorrise, distesa per la prima
volta, mentre lacrime di gioia le velavano gli occhi. Disse solamente: “Grazie,
vi ringrazio davvero tanto… se non fosse stato per voi, io… vi prometto che ce
la farò…”.
Tutti annuirono, mentre Halinor disse:
“Bene, e adesso va a riprenderti il tuo principe dagli occhi azzurri…”.
Strawberry annuì e si alzò in piedi,
mentre nello stesso istante, le resistenze degli alieni venivano completamente
vinte da Profondo Blu. Strawberry corse verso di loro e, resasi conto che
stavano discretamente bene, li ingiunse di mettersi al riparo, assieme agli
altri. Le sorrisero e corsero via, mentre lei rivolgeva il suo sguardo verso
Profondo Blu.
“Bene…” disse, ridendo lui “Vedo che sei
tornata… non mi divertivo tanto con loro, tu sei molto più coinvolgente,
Elissa…”.
“Non mi chiamo Elissa… mi
chiamo Strawberry…” disse lei tranquillamente, mentre un forte vento si alzava
nella stanza.
Vi sono mancata vero? Queste settimane non mi sono potuta
collegare perchè avevo una sacco di cose da fare, ma finalmente ce l’ho fatta!
Sono mortissima di sonno, ma sto cercando di trascinarmi nello scrivere; in
questo periodo, sono pienissima di idee e di cose da scrivere, ma non ho mai
tempo, quindi sono un pochino esaurita! Che dire di questo chappy? Che ho
cercato di far parlare tutti i personaggi che ho messo in questa storia per
dare un punto di vita diverso sulla vicenda! Anche perchè Strawberry aveva come
sempre bisogno di svegliarsi, quindi… bene, ormai manca pochissimo alla fine!
Sigh, sono quasi commossa! Per il seguito, ci sto lavorando, ma è soprattutto
una parte di questo chappy che è il collegamento con l’altro! Avete capito?
Eheheheheh, come mi piace tenervi sulle spine!
Jessy: sei stata la prima a commentare! Ormai come ho detto manca pochissimo
alla fine, quindi ben presto saprai come ho risolto le cose! Spero che seguirai
anche il seguito di questa fic! Un mega bacio!
Hermy 6: ciao pazzissima! Mi sei mancata tanto in questo periodo!
Sinceramente sono leggermente terrorizzata dalla tua minaccia di omicidio, ma
non ti preoccupare per Ryan! Ti pare che gli faccio combinare tutti sti macelli
per 15 capitoli, e poi lo lascio morto? Grazie sempre die tuoi complimenti, sei
carinissima, mi è piaciuta molto la tua recensione di Remember, ci tenevo
particolarmente che tu la leggessi! Mi scuso per il ritardo nell’aggiornare,
cercherò di essere più veloce la prossima volta!
Mew Pam: sono contenta che tu abbia recensito così presto, stavolta
invece sono stata io aritardare
enormemente l’aggiornamento, scusa! Sono contentissima che lo scorso capitolo
ti sia piaciuto, e soprattutto che tu l’abbia trovato uno dei più belli! Ho
dovuto riprendere tutte le fila della storia e non è stato facile! La scena in
cui Profondo Blu distrugge l’anima di Ryan mi è costata molta fatica, perchè
ero nervosa la pensiero che quello rompesse le scatole per l’ennesima volta, ma
sta tranquilla: dopo la delusione dell’anime per noi fan di Ryan, non voglio
che succeda lo stesso nella mia fic! Quindi non ti preoccupare! Un iper
baciozzo!
Nadia Sakura Kan: ciao fedelissima! Mi scuso anche io per l’enorme ritardo, ma
sono contenta di aver trovato la tua recensione! Sono contentissima dei tuoi
complimenti, come sempre hai ripercorso tutto il capitolo in modo molto
acurato, facendomi sentire orgogliosa di me stessa! Grazie moltissimo! Per la
questione di Blanche, mi sono ispirata a tutte quelle soap, dove alla fine uno
si alza in piedi e dice: “Quello non è tuo padre, è tuo fratello!” o cose
simili! Ci voleva un colpo di scena del genere, no? E poi in effetti mi era
sembrato strano, mentre lo scrivevo, che Blanche sapesse tutte queste cose,
doveva avere una motivazione tutta questa sua conoscenza di fatti che non
dovrebbe sapere! Sono contenta che anche la fine ti sia piaciuta, e per la
faccenda dell’angelo scarlatto hai avuto qualche chiarimento in questo chappy,
ma la faccenda si complica ancora di più, anche se non esattamente ora…
ehehehehee… anche per Blanche e Ghish, dovrai aspettare ancora pochettino! Un
abbraccio!
Kashia: mi dispiace di non aver aggiornato prima, carissima! Ma sono
stata super impegnata! Spero che con questo chappy un po’ della tua ansia sia
passata! Baciotti!
Aya chan: ultima, ma non ultima la mia cara Aya! Ho appena salvato la
seconda parte della tua storia, e adesso mi accingo a leggerla, quindi tra poco
troverai la mia recensione! Mi scuso anche lì per il mio ritardo, e quindi per
farmi perdonare, lancio un enorme avvertimento:LEGGETE TUTTI LA STORIA DI AYA CHAN, “Colei che scioglie gli
eserciti”, E’ BELLISSIMA!!!!!; a tutte le tue
domande, troverai parte risposta nei prossimi capitoli, e parte del seguito,
quindi spero tanto che mi seguirai ancora! Come io sicuramente seguirò la tua
storia! Mi è capitato spesso di scrivere un capitolo faticoso, specie se non
ero molto ispirata, oppure se lo ero troppo, cioè avevo tante di quelle idee
che metterle in ordine era un po’ difficile; in quei casi, cerco di
concentrarmi e di scegliere la soluzione che sento essere la migliore! Se poi
vedo che non va, non mi faccio scrupoli, cancello tutto e ricomincio! E’ sempre
meglio una pagina bianca! Per quello che riguarda Blanche, credo che non si sia
fatta viva prima con Ryan, semplicemente perchè pensava che l’anima di Leon non
si fosse incarnata in nessun essere umano. Infatti, se ben ricordi, ho scritto
nel capitolo 6:
…abbiamo trovato l’unico modo che avrebbe lui per
riappropriarsi di un corpo… sarebbe occupare il corpo, in cui si potrebbe
incarnare l’anima del fratello, scacciato da sé… ma tale metodo ci sembrava
molto difficile. Profondo Blu doveva trovare l’anima di Leon, che per quanto ne
sapevamo, poteva anche non essere entrata in nessun terrestre, poi lui era
anche troppo debole, dopo lo scontro con voi e i suoi poteri erano rimasti a
Mark… avrebbe dovuto contare sulle imperfezioni genetiche, che purtroppo per
lui nei terrestri, non sono così comuni, mentre, purtroppo per noi, stavolta Ryan
ha…
C, mi fanno tantissimo piacere, queste tue
precisazioni perchè mi permettono di capire che cosa ho fatto o meno capire! Quindi
continua pure! Ciao Ayuccia!
Adesso credo che andrò a dormire, dato che sto cascando dal sonno! Mi sta
venendo l’idea di scrivere un capitolo in più di questa fic rispetto a quelli
che avevo programmato… mumble, mumble, sareste d’accordo? Fatemi sapere! Ciao ciao
da Cassie chan!
La terra riprese a tremare, mentre la solita aura rosa e bianca la
riavvolse, i capelli che ondeggiavano
Capitolo 16 – Bring
me to life
“… tutto muore ma tu, sei la cosa più cara che
ho…”--- Vasco Rossi
La terra riprese a tremare, mentre la
solita aura rosa e bianca la riavvolse, i capelli che ondeggiavano. Riassunse
di nuovo l’aspetto che aveva precedentemente, ma stavolta accadde qualcosa di
diverso. All’improvviso delle scintille colorate presero a splendere e a
vorticare attorno a lei, che guardò confusa in un angolo della sala. I suoi
amici tendevano le mani verso di lei, chi appoggiato al muro, chi si reggeva a
stento, chi si stringeva a qualche altro, ma gli occhi di tutti erano sicuri
che lei ce l’avrebbe fatta, e determinati a darle il loro contributo.
Lei, gli occhi chiusi, strinse al petto
le scintille del loro potere, che le entrarono nel corpo stesso. Pose la mano
destra aperta su quel punto, mentre portava l’indice e il medio della mano
sinistra sull’altra mano. Le dita si illuminarono di una luce biancastra, poi
quando le allontanò, le fece muovere attorno al suo corpo, descrivendo dei cerchi
di luce. Fili di luce si avvolsero attorno al suo corpo, lasciando il posto ad
un nuovo abbigliamento. Le ali erano scomparse, mentre adesso la ragazza
indossava un corpetto, che l’avvolgeva come un body, di color bianco
splendente, da cui si dipartiva un gonnellino, formato da due lastre di tessuto
che divergevano, ai lati dei suoi fianchi, sul modello delle armature greche.
Ai piedi, portava alti stivali, che le arrivavano fino alle ginocchia, sempre
bianchi, ma bordati d’oro, mentre le braccia erano coperte fino al gomito da
guanti candidi. Sulle spalle scendeva un lungo mantello bianco, che arrivava
fino a terra, retto da un coprispalle rigido. I capelli cadevano leggermente
mossi e sciolti, fermati da una fascia di velluto sempre bianco, mentre i suoi
occhi continuavano ad alternare toni castani e viola. Nelle mani stringeva una
spada con l’impugnatura di madreperla, e la lama di puro diamante.
Si scagliò su Profondo blu e iniziarono a
combattere ferocemente, entrambi spinti da due forze molto forti, ma opposte.
L’odio spingeva e guidava l’alieno, il rancore verso la donna che aveva
davanti, e che gli aveva ormai ampiamente dimostrato di essere ancora
innamorata del suo tanto odiato fratello. Era cambiato il tempo, ed era
cambiata anche lei, lo avvertiva a sprazzi nella sua lucida follia, ma intanto
lei, che ora si chiamava Strawberry Momomiya, amava sempre Leon, che ora si
chiamava Ryan Shirogane. La terrestre agiva ed era spinta dall’amore, che
provava per Ryan, dal suo forte desiderio di riportarlo in vita e da quello di
salvare e proteggere i suoi amici e la sua famiglia. Non voleva più essere la
persona, che era stata fino a quel momento, la ragazza scappata per anni di
fronte ai suoi sentimenti, quella che non era mai stata in grado di fare chiarezza
in sé. Erano stati i suoi sentimenti confusi a far soffrire Mark, gli stessi a
far stare male i suoi amici, e anche Ryan. E non poteva perdonarselo.
Ai fendenti di spada, si susseguivano i
colpi di energia nera e bianca, come le loro spade, mentre le poche persone
presenti in sala assistevano allo scontro, chi pregando, chi chiudendo
bruscamente gli occhi, e chi osservando a bocca aperta le ferite scarlatte sul
corpo di tutti e due. All’improvviso, Strawberry, spinta da un impeto di
rabbia, scagliò la sua spada contro il nemico, che ovviamente la schivò
facilmente, scartando di lato. Rise sguaitamente e disse: “Che cosa c’è Elissa?
Ti stai innervosendo per caso?”. Ma lei sorrise e profondo blu vide un colpo,
che ormai lo stava raggiungendo dall’altro lato. Non poteva evitarlo, e allora
fece l’unica cosa che gli sembrò normale fare: lasciò il corpo di Ryan, che
riassunse le sue sembianze e ne uscì fuori sottoforma di una pesante nube nera.
Strawberry sorrise, era andata
esattamente come si aspettava e come sperava. Fece un cenno a Ghish che
recuperò il corpo esanime di Ryan, e lo portò via.
La voce di Profondo Blu la raggiunse,
mentre diceva: “Che cosa hai intenzione di fare, Elissa? Adesso che l’anima di
mio fratello non esiste più, non ho necessariamente bisogno del corpo di Ryan?
Potrei prendere anche il tuo…”.
E pensò che, in effetti, quella era una
magnifica idea e si diresse proprio verso di lei. La ragazza non si spostò di
un millimetro, ma quando erano ormai vicinissimi, tese la mano, da cui ne uscì
un filo di luce, che si annodò attorno all’essenza di Profondo Blu, che iniziò
ad urlare.
Passarono alcuni minuti, in cui la terra
prese a tremare molto forte, e in cui Strawberry erse una difesa attorno a sé
stessa e ai suoi amici. Poi lentamente il silenzio riavvolse il Caffè mew mew.
Gli amici di Strawberry riaprirono gli occhi e videro Strawberry, che si
avvicinava a loro, tenendo un fagottino tra le braccia.
Non capirono, finchè Strawberry disse:
“Questo è Profondo Blu… ho purificato la sua anima e cancellato ogni ricordo
della sua vita… adesso è un normalissimo bambino della vostra razza… non avrei
mai potuto distruggerlo… è un crimine distruggere un’anima, ve l’ho già detto,
invece così avrà un’altra possibilità… quella di vivere una vita, in cui sia
amato e in cui possa amare…”. Strawberry ebbe un capogiro e fu sorretta da
Kyle, che le sussurrò: “Sei stata fantastica… adesso è tutto finito…
riposati…”.
“Non è ancora finita” replicò lei, che
era ferita in vari punti e che ormai si reggeva a stento in piedi. Porse il
bambino a Blanche, che scostò la copertina che l’avvolgeva e vide un bellissimo
neonato, completamente diverso dalla persona malvagia e senza scrupoli che
aveva avuto davanti fino ad allora. Il piccolo sorrideva felice, gli occhi
azzurri illuminati da una calda luce di speranza.
“Lo crescerò io” disse con decisione a
Strawberry “Lo crescerò come se fosse mio figlio… in fondo, è pur sempre mio
parente… lo chiamerò Kivar, come mio padre…”. Ghish la strinse forte,
baciandola, mentre Kivar tendeva le manine ai suoi nuovi genitori.
Intanto, Strawberry che barcollava e che
stava per svenire, si portò al centro della stanza. Si fermò nell’esatto punto,
dove era caduta l’anima di Ryan, di cui erano rimasti pochi frammenti. Tutti le
si avvicinarono, Blanche, portando in braccio Kivar, mentre Ghish e Pie
trasportavano il corpo di Ryan, freddo e ferito, gli occhi chiusi sul vuoto. Lo
deposero accanto a Strawberry, e la ragazza si chinò per terra, stringendo con
affetto tra le sue la mano di Ryan. Era freddissima, ghiacciata e pallida, ma
Strawberry la strinse a lungo nelle sue, finchè sembrò tornare ad essere quella
di una persona viva. Poi si abbassò e baciò le labbra fredde e morte di Ryan,
sussurrando tra le sue: “Ti ho fatto una promessa e la manterrò… e tu l’hai
fatta a me… aspetta ancora un po’, amore mio…”.
Si staccò da lui e descrisse con l’indice
destro un cerchio per terra, lasciando una scia di fili di luce. Il cerchio si
depositò per terra e prese a splendere forte, mentre apparivano due linee di
luce al suo interno, che sembravano le lancette di un orologio. Ad un cenno di
Strawberry, iniziarono a girare rapidamente in senso antiorario, mentre
apparivano vorticosi frammenti azzurri dell’anima di Ryan, che velocemente si
andarono a riunire gli uni agli altri, ricreando la sfera di cristallo blu.
Tutti iniziarono a festeggiare e a saltellare, mentre Blanche intuiva che aveva
semplicemente mandato indietro il tempo, in quella porzione di spazio.
Strawberry fece in tempo a ricongiungere l’anima al corpo di Ryan, prima che il
suo aspetto di angelo scarlatto si esaurisse del tutto, assieme ai poteri dei
suoi amici, che tornarono a loro in piccole e colorate scintille. Recuperato il
suo aspetto, mormorò un: “Grazie anche a te, Elissa”, poi si avvicinò a Ryan,
il cui colorito era tornato del solito caldo colore ambrato.
Ghish ne tastò il polso e sentii che
batteva. Furono le ultime parole che Strawberry udì, prima di svenire e di
cadere esausta tra le braccia di Kyle.
Sigh, sob,
mi sono commossa da sola! La mia fic sta finendo, come farò senza di voi? Basta
con i piagnistei, tanto ho l’impressione che non vi lascerò in pace molto
presto! Che posso dire ancora, a parte che adesso manca davvero pochissimo? In
questo capitolo, ho anticipato una cosa importante del seguito, ma non credo
che riuscirete a capire quale! Eheheheh, io la perfidia abbiamo lo stesso Dna!
Bene, un saluto mega velocissimo a Hermy 6 (ciao stellina!), Mew Pam (non sei
affatto ripetitiva! Mi piacciono tantissimo le tue recensioni!), Jessy (grazie
della fiducia, cercherò di scrivere un bel capitolo in più!), Nadia Sakura Kan
(non ti preoccupare, sistema il computer e io intanto aspetterò i tuoi
commenti!), Strawberry (sono contenta che, nonostante tu sia della parte
opposta della “Barricata Ryan - Mark”, abbia comunque letto la mia fic e ti sia
piaciuta, la vediamo in modo diverso, ma in fondo il mondo è bello perchè è
vario, no?), Pfepfer ( grazie tantissimo dei tuoi complimenti, li accetto
sempre volentieri, perdona tu i miei errori, dato che non ho nemmeno io il
tempo di leggere il chap!), Black pill (che bello una nuova lettrice! Grazie
dei complimenti, e scusami! Lo scorso capitolo, mi sono dimenticata di metterti
nei ringraziamenti!). scusatemi la brevità delle risposte, ma sono proprio di
corsa oggi! A presto, ciao ciao da Cassie chan!
“… vieni con me, ti porterò, sopra i deserti
che ho scoperto con te… vieni con me, ti condurrò per quegli abissi dove mi
perderei…”--- Giorgia
“Avanti!”. Ghish udì quella voce
cristallina, provenire dall’interno della camera d’ospedale, dove Strawberry
era stata ricoverata, e sorrise tra sé e sé. Almeno nella voce, sembrava essere
tornata la ragazza, che aveva conosciuto qualche anno prima.
L’alieno, camuffato ovviamente da
terrestre, aprì la porta e vide Strawberry adagiata nel letto dalle coperte
bianche, sorridente, sebbene coperta di molte bende, che mangiava una
minestrina.
“Ciao Ghish!” salutò affettuosamente
“Come sta Blanche? E tu?”.
Il ragazzo si sedette su una sedia
bianca, che avvicinò al letto della ragazza, che per fortuna aveva una camera
singola, cosa che gli permise di recuperare il suo solito aspetto.
“Bene” rispose “Blanche è stata dimessa
ieri dall’ospedale… e io ho solo una slogatura alla caviglia, guarirà in pochi
giorni… certo, se potessi dormire, starei anche meglio, ma dato che Kivar
piange tutta la notte… non potevi trasformarlo in un cagnolino, o in un
silenzioso criceto?!”.
Strawberry scoppiò a ridere e disse: “Non
mi ricordo molto bene che cosa ho fatto in quei momenti… ricordo molto poco,
davvero… ma se me l’avessi detto, magari avrei fatto un tentativo…”:
“Tu come stai?” le chiese Ghish,
guardandola, ma accorgendosi che almeno nell’aspetto, sebbene dolorante,
appariva tranquilla e rilassata.
“Sto bene” rispose la ragazza “Solo
qualche fastidio, di notte, quando dormo, e assumo posizioni scorrette… ma a
parte quello, tutto bene…”.
Ghish annuì, poi rivolse lo sguardo fuori
dalla finestra, il cielo azzurro che illuminava la terra. Quel colore gli
sarebbe mancato, quando sarebbe tornato a casa… era rarissimo che sul suo
pianeta il cielo avesse quella tonalità. Ma, in fondo, non gli importava.
Avrebbe fatto una fotografia e se la sarebbe portata via, appendendola sul
caminetto della sua nuova casa, quella che avrebbe diviso con Blanche e con
Kivar. Aveva già un figlio… e, in memoria di questo e di quello che suo figlio
era stato fino a soli quindici giorni prima, niente più guerre e battaglie per
cieli azzurri che poi nessuno poteva più guardare.
“E allora sei andata da lui?” chiese
Ghish, interrompendo il silenzio “Lo sai che è a soli tre piani da te?”.
Si aspettava che Strawberry sobbalzasse o
cambiasse bruscamente discorso, ma lei non fece niente di tutto questo,
limitandosi a sorridere impercettibilmente e a posare il cucchiaio nella
scodella.
“Lo so, ma non ne riesco a trovare il
coraggio…” disse sottovoce “E’ strano, ma dopo tutto quello che è successo, è
la sola cosa di cui ho ancora paura… vederlo lì e sentirmi debole, fragile…”.
Ghish poggiò una mano sulla sua e disse
tranquillamente: “Hai paura che lui non contraccambi i tuoi sentimenti?”.
Strawberry non rispose, ma spostò lo
sguardo su un vaso di rose gialle, che era sul comodino accanto a lei, e che le
aveva portato Halinor. Poi sospirò e disse: “Magari fosse così facile… non so
nemmeno io di che cosa ho ancora paura… forse temo che le cose non saranno mai
più come prima…”.
Ghish rise leggermente e disse, la voce
divertita: “Sta tranquilla che non lo saranno più… su questo, ci puoi giurare…
ma perché dovrebbero essere peggiori? Potrebbe anche andare tutto meglio di
prima… non hai mai pensato per un attimo con ottimismo? E se lui fosse
innamorato di te? Non ti ricordi che cosa ci disse Profondo Blu? Che Ryan ti
amava e che anzi proprio il fatto che foste divisi, aveva fatto sì che lui
fosse diventato molto più debole e fragile…”.
Strawberry annuì pensosamente, poi disse
pacatamente: “Non mi importa se lui mi ama, per la prima volta non mi interessa
che i miei sentimenti siano corrisposti o meno… lui, Ryan, ha sempre saputo
leggere dentro di me e so che, quando lo vedrò, finirò per raccontargli tutto,
finirò per dirgli che lo amo… ma non ho paura che lui non mi ricambi, ho paura
che lui non voglia vedermi più, che magari l’idea che una persona, che
considera come una sorella, sia innamorata di lui, gli faccia ribrezzo e allora
decida di non vedermi più… e poi adesso il progetto mew è definitivamente
finito… lui potrebbe benissimo decidere di tornare in America, e allora non
potrei fare niente per trattenerlo qui…”.
“Ryan non è una persona del genere, IO
sono una persona del genere…” rise Ghish, sottolineando la parola “io” “Quando
seppi che Blanche era innamorata di me, me ne scappai sulla Terra e mi invaghii
di te… e lo sai perché lo feci? Perché ero già perso di lei, e avevo paura di
confessare i miei sentimenti. Ryan ti vuole molto bene, che sia amore o no, non
ti lascerà mai sola, ma se anche lo facesse, sarebbe solo perché è stracotto di
te, e non vuole ammetterlo neppure a sé stesso… ma poi tornerà da te…”.
Strawberry sorrise visibilmente rincuorata
e abbracciò Ghish, che arrossì. Che bella sensazione pensò Ghish, mentre
stringeva Strawberry. L’attrazione che aveva provato per lei si era
completamente esaurita, ma aveva lasciato il posto a quella calda sensazione di
affetto, di protezione verso una persona alla quale era molto legato. E gli
piaceva molto.
La lasciò andare, poi si alzò, dicendo:
“Adesso, devo andare a casa, altrimenti Blanche inizia ad urlare… le ho
promesso che le avrei comprato qualcosa dal supermercato… le donne incinte
possono dire che hanno le voglie, ma lei che scusa ha?! Mi raccomando… va da
lui… scommetto che sono giorni che ti sta aspettando…”.
Strawberry lo salutò, poi disse: “Certo
che la paternità ti ha fatto bene, sei diventato più saggio!”.
“Che vuoi farci?! Quando vivi con
signorina IO SONO UNA PRINCIPESSA ILLEGITTIMA, CHE SA VITA, MORTE E MIRACOLI DI
MEZZO UNIVERSO, E CHE NON NE FARA’ MAI PAROLA CON IL SUO FIDANZATO INCAPACE, ti
devi attrezzare!”.
Strawberry rise, mentre Ghish chiudeva la
porta.
Le luci dell’ospedale erano completamente
spente, ad eccezione di pochi e deboli neon, che illuminavano fiaccamente le
varie corsie, che in alcuni casi erano vuote, in altre erano occupate dal
febbrile viavai di medici ed infermieri. Anche qualche malato sostava nelle
corsie, perlopiù le persone, che non riuscivano a riposare, mentre una figura
si muoveva sinuosa tra loro. Strawberry, che indossava un pigiama di raso
bianco, camminava lentamente nelle corsie, i piedi coperti da piccole ciabatte,
ma nonostante tutto, gelidi. Salì lentamente le scale, fino al reparto
Traumatologia, dove era ricoverato Ryan.
Non sapeva che le stesse prendendo, dato
che aveva avuto per tutta la giornata la possibilità di andare da Ryan, ma non
l’aveva fatto. Poi, dopo che Ghish se ne era andato, era stata continuamente
assalita dal desiderio di rivederlo, ma si era detta che l’avrebbe fatto
l’indomani, raccontandosi che magari stava riposando, che le faceva male un po’
la gamba per salire le scale, o che forse lui aveva delle visite. Ma poi
l’insonnia le aveva lasciato gli occhi aperti, e si era alzata come una
sonnambula per andare da lui. E stavolta nemmeno la sua mente la faceva
fermare, dicendole che sicuramente Ryan stava dormendo. Entrò nel reparto,
respirando di sollievo per il fatto che non c’era alcun medico in giro, che
molto probabilmente l’avrebbe spedita direttamente a letto. Scorse con lo
sguardo i vari numeri sulle porte, fino a trovare quello che le interessava, il
525. Sotto, c’era un piccolo cartellino plastificato con la scritta “Degenti:
Ryan Shirogane_ Kasumi Kanagawa”. Una leggera fitta le colpì lo stomaco,
torcendolo molto forte. Allora divideva la stanza con una ragazza… Che
bello… adesso sono pure gelosa…
Entrò nella stanza, socchiudendo
leggermente la porta, mentre avanzava nella stanza, dopo essersi sfilata le
ciabatte e averle lasciate davanti alla porta. La camera era scura e solo
parzialmente rischiarata dalla luce della luna, che entrava dalla finestra
aperta, dato che era una calda sera di luglio inoltrato. Due letti erano
coperti da delle tendine accostate, e pensò che fossero quello di Ryan e
dell’altra paziente. Scostò la tendina del primo letto e vide una vecchietta,
che riposava russando piano. Sorrise tra sé e sé, alla sua crisi di gelosia di
prima, mentre la vecchietta mormorava qualcosa nel sonno. Richiuse la tenda e
si avvicinò all’altro letto, che era più vicino alla finestra e le cui tende
erano leggermente mosse dal vento estivo. Il cuore le batteva da matti, mentre
lentamente apriva la tenda.
Rimase immobile per qualche istante,
mentre vedeva nel letto, sotto le lenzuola, Ryan, il suo Ryan. Era la seconda
volta che lo trovava addormentato, e per la seconda volta le sembrò un angelo.
I suoi capelli biondi erano in parte coperti da una garza, che gli circondava la
fronte, mentre i suoi occhi meravigliosi erano chiusi in un placido sonno.
Si avvicinò lentamente, mentre pensava
con gioia infinita “Stavolta lui è vero… stavolta è davvero lui, non è solo
un’immagine mentale…”.
Si inginocchiò per terra, e prese una
mano di Ryan tra le sue, come aveva fatto l’ultima volta nei panni dell’angelo
scarlatto, solo che stavolta la sua mano era calda, non gelida. Stavolta lui
era vivo, e lei era lei, non l’angelo scarlatto, era lei, Strawberry. Avvicinò
le sue labbra alla mano di Ryan, che baciò lentamente, mentre tante piccole
lacrime inondavano la mano del ragazzo, gli occhi chiusi ed incapaci di
fermarle.
Ad un tratto, quella stessa mano si mosse
leggermente ad accarezzarle il viso, mentre Strawberry sobbalzava.
Ryan era sveglio e la guardava sorridendo
dolcemente, anche se nella sua espressione c’era anche un po’ di sofferenza,
causata dalle sue ferite. Lei spalancò gli occhi, mentre lui le diceva: “Ciao
gattina… non ti fai vedere per giorni e poi vieni anche fuori dall’orario delle
visite?”.
Lei sorrise, gli occhi ancora pieni di
lacrime, e rimase immobile, fissandolo, la mano posata su quella che Ryan le
teneva ancora sul viso. Non riusciva a parlare, nessuna delle parole, che si
era detta di dire, quando l’avrebbe rivisto, le venivano in aiuto, mentre
sapeva solo piangere e sorridere alla vista della persona che più amava al
mondo.
D’altro canto, anche Ryan sentiva il
cuore impazzirgli nel petto, più di quanto non avesse fatto in quei giorni,
quando ogni volta che sentiva la porta aprirsi, sperava che all’uscio apparisse
lei, che ora gli era davanti, una meravigliosa visione, a cui non sapeva se
credere perché gli sembrava troppo bella ed assurda. Lei era bella ed era anche
assurda; più bella di quanto non lo fosse mai stata in tutta la sua vita e
dubitava che lei avrebbe mai potuto esserlo di più; assurda perché era lì di
notte, perché gli stringeva la mano, e poi… per quel suo sguardo… così strano
quel suo sguardo, che ancora non sapeva essere uguale ed identico al suo, lo sguardo
di chi ritrova la persona che ama, dopo aver rischiato di perderla per sempre.
Gli sembrava quasi di non esistere più, come se lei sola fosse vera. Lei che
adesso sembrava assurdamente bella. Bella di quell’assurda felicità. Ma il
solito demone, che abitava in lui, riprese possesso di tutto il suo essere.
Quando si erano incontrati quelle poche volte, poco tempo prima, lui aveva
sempre avuto paura, paura di morire, paura di perderla, paura che le accadesse
qualcosa, paura che lei non lo amasse mai… e quelle paure lo avevano fatto
aprire, avevano rotto la diga, che metteva un argine tra lui e i suoi
sentimenti. Adesso che era tutto finito, il suo vecchio sé stesso era di nuovo
lì, la sua solita ironia di difesa, la sua impertinenza erano tornate a riprendersi
il loro ruolo.
Non si accorse di stare dicendo: “E
allora, ragazzina, che cosa c’è?! Hai fatto un brutto sogno?!”.
Strawberry, un po’ stupita dalla sua
voce, scosse il capo. Non se la ricordava più così la sua voce… se la ricordava
diversa… più… dolce… quella stessa voce le aveva fatto scordare che cosa era
venuta a fare lì. Doveva parlargli… già, parlargli… di quello che provava per
lui. Ma, se fino a venti secondi prima, tutto le era parso perfetto, ora invece
tutto le sembrava sbagliato, il posto, il momento, lei, lui… si ritrasse a
disagio, spostando la sua mano da quella di Ryan, mentre pensava con imbarazzo
che magari lui già sapeva tutto, che forse le altre gli avevano raccontato
tutto della faccenda dell’angelo scarlatto, dei suoi sentimenti, e lui ne aveva
riso, imbarazzato. Con una residua traccia d’orgoglio, disse: “Devo parlarti…”.
E adesso che cosa mi invento?
Ryan inarcò un sopracciglio, ritrovandosi
a dire: “Adesso?! Spero che non sia niente di importante…”.
Eccolo là, voler dire una cosa e dirne
un’altra… voleva dire “… non sia niente di grave” e aveva detto “importante”,
come se non gli interessasse niente di lei.
Esattamente quello che capì lei, che,
soffocando le lacrime, il volto basso, si ritrovò a chiedere qualcosa che le
passava per la mente, ma a cui non aveva dato la massima priorità in quel
momento.
“Tu, quel giorno… quando stavamo lottando
contro Profondo Blu… ritornasti per qualche istante te stesso, poi mi dicesti
di non farcela…” disse lei in un sussurro, le lacrime incagliate nelle ciglia.
“E allora?” chiese lui con finta
indifferenza, quando invece ricordava molto bene quello che era successo.
“Mi-mi dicesti delle parole strane che
non capii…” balbettò lei “Mi dicesti che non c’era scintilla… e che una persona
poteva volare e lasciarti da solo…”.
Ryan sussultò. Allora quelle parole senza
senso non le aveva solo pensate, le aveva anche dette… dannazione… la paura che
lei capisse che stava parlando di lei e di lui, lo fece reagire
istintivamente.
Si sollevò lentamente: “Era solo questo
che volevi sapere?! Di che stessi parlando?! Che cosa vuoi che ti venga a
dire?! Non ricordo più niente di quello che è successo… e poi non vedo che cosa
ti possa importare di me e di quello che dico…”.
Strawberry accusò lentamente il colpo, le
lacrime che ormai scendevano libere sulle sue guance. Bastavano poche e stupide
parole, un tono di voce diverso, e lui la faceva piangere. Possibile che fosse
sempre così cretina? Perché diamine le era saltato in mente di venire lì?!
Ringraziò che almeno le era venuto in mente di fare quella stupidaggine di
notte, almeno lui non avrebbe visto le sue lacrime.
Si alzò da terra, senza guardarlo negli
occhi, mormorando: “Hai ragione, sono una stupida… scusami, non sono affari
miei…” e si voltò per andarsene.
Lui le strinse un polso, facendola
fermare bruscamente.
“Perché me l’hai chiesto?” chiese Ryan.
“Non ha importanza…”.
Lui alzò leggermente la voce, stringendo
il suo polso più forte: “Vuoi dirmi perché me l’hai chiesto?!”.
“Ti ho detto che non ha importanza! E
lasciami, mi fai male!”.
Lui, per tutta risposta, le strinse più
forte il polso e disse: “No, che non ti lascio! E poi non ti rendi conto del
male che tu fai a me?! Mi vuoi dire perché mi hai fatto questa maledetta
domanda?!”.
Lei non rispose, ma, liberandosi della
sua stretta, scappò via, correndo fuori. Chiuse la porta dietro di sé,
appoggiandosi contro di essa, piangendo a dirotto, i singhiozzi che adesso
morivano nelle pareti del freddo ospedale. Stava per tornare in camera sua,
quando sentii la porta dietro di lei aprirsi. Priva del suo sostegno, stava per
cadere all’indietro, ma qualcosa la fermò…
“Pensavi che non potessi camminare, non è
vero?” sentii la voce di Ryan dirle, mentre le sue mani la sostenevano per le
spalle.
Lei si staccò bruscamente e, di fronte a
lui, gli urlò: “Ma mi vuoi lasciare in pace una buona volta?!”.
Lui, con la stessa espressione, le urlò
contro: “No, fino a quando non mi avrai detto che cosa ti ha spinto a farmi
quella domanda!”.
“Si può sapere che cosa ti importa di che
cosa ti chiedo o che cosa penso?! A te di me non è mai importato nulla, no?! E
allora continuati a comportare così per piacere!” replicò lei arrabbiata,
mentre una piccola folla di malati insonni e dottori furiosi si radunavano
attorno a loro, intimandoli di fare silenzio, completamente ignorati dai due.
Lui sospirò profondamente, cercando di
controllarsi. Ma le sue parole gli risuonarono nel cervello, facendolo
innervosire. Come cavolo poteva pensare una cosa del genere? Che non glielo
aveva fatto capire in tutte le maniere, che era esattamente il contrario?
Iniziò ad urlare, adesso veramente
furioso: “E chi ti ha messo in testa questa bella idea, il tuo bel ex fidanzato
geloso?! Chi ti ha detto che non mi è mai importato niente di te?! Sarei qui in
piedi nel cuore della notte, con una gamba fratturata, se non mi importasse
niente di te?! Ti avrei baciata cinque volte, se non mi importasse niente di
te?! Certo che sei veramente ottusa, quando ti ci metti! E’ da quel maledetto
giorno, in cui ti ho incontrato che non faccio che pensare a te, mattina,
giorno e sera, che non desidero baciarti ogni dannato momento in cui ti
incontro, che non voglio altro che stare sempre con te, vicino a te… ma tu no,
figuriamoci, se capisci qualcosa! Ti convinci autonomamente che non me ne
freghi niente di te, solo perché ogni dannatissima volta che mi dici qualcosa,
mi spezzi il cuore, solo perché ogni volta che ti guardavo, ti vedevo con le
guance rosse per Mark e allora ti prendevo in giro! Che dovevo fare?! Il
masochista?! Starti appresso, mentre ti sbaciucchiavi con Mark? E tutto questo,
solo perché ho avuto la maledetta idea di andarmi ad innamorare proprio di
te!”.
Aveva parlato tutto di un fiato, mentre
un silenzio di tomba scendeva sulle sue parole. Strawberry era rimasta in
silenzio, incapace di credere a quello che lui le aveva appena detto.
Si avvicinò a lui e disse: “Che cosa hai
detto?! Ripetilo un’altra volta…”.
Ryan replicò arrogante: “Che c’è?! Ti
vuoi fare una bella risata?!”.
Lei, seriamente, prese la sua mano,
intrecciando le sue dita attorno alle sue e disse: “Ti prego… solo un’altra
volta…”.
Lui la guardò negli occhi e disse: “E’
dal primo giorno che ti conosco che… insomma, che io…ti amo…”.
Lei riprese a piangere, scoppiando a
ridere, e disse: “Sei uno stupido!”. Poi gli gettò le braccia al collo, le
lacrime che scendevano lungo il suo collo.
“Perché sarei uno stupido?”.
Lei si staccò da lui e disse dolcemente:
“Ecco perché…”, prima di baciarlo teneramente sulle labbra. Lui, rimasto
immobile, non riusciva a capire che cosa le fosse preso, anche se adesso si
sentiva sollevare fino alla vetta più alta del paradiso.
I residui del legame telepatico che lo
legavano ancora a Strawberry, gli fecero sentire i suoi pensieri…
Ecco perché… perché è tutta la
vita che sono innamorata di te, anche prima di conoscere Mark, anche prima di
conoscere te… forse anche prima di esistere, io lo ero già …non c’è stato
un solo momento della mia vita che non lo sono stata, e tu sei stato sempre in
tutto quello che ho fatto e che non ho fatto, che ho pensato e che non ho
pensato, che ho voluto e che non ho voluto… perché ti amo da morire e ti amerò
per sempre… e perché quello che abbiamo, è sempre andato oltre… anche oltre me
e te…
Sigh, sob,
mi sono commossa da sola! Ma sarò cretina? Avrò qualche problema? Bene, questo
doveva essere l’ultimo capitolo della mia fic, ma ne ho scritto un altro, anche
perchè avevo lasciato parecchie cose in sospeso! Sicuramente starete dicendo…
MA STA FIC NON FINISCE MAI?! MALEDETTO A ME, CHE HO COMINCIATO A LEGGERLA!! E
invece no! Vi perseguiterò per sempre! Uahahahahahahhah!!!!!!!!! (Specie di
risata perfida e maligna!) Comunque, mi mancherà proprio taaaantissimo questa
fic, quasi quasi la cancello, e la ripubblico da capo… non, scherzo, scherzo,
non riuscirei a reggere di nuovo allo stress psicologico di questa storia! A
proposito, considerando la mia innata perfidia,e considerando anche che sono indecisa tra due seguiti molto
diversi tra loro, lancio un concorso: SCEGLI QUALE SEGUITO VUOI A QUESTA FIC!
DALLE VOSTRE IDEE, CASSIE SI ISPIRERA’ PER SCEGLIERE (finalmente!) QUALE DEI
SUOI 2 SEGUITI VA MEGLIO! Sono proprio una rompiscatole, mi scuso ancora per il
mio enooooooorme ritardo, ma sono molto impegnata! Sto scrivendo una nuova fic,
che pubblicherò presto! Già che sto, faccio pubblicità… è su Slam Dunk e si
chiama “Latte&Menta”, mi raccomando leggetela! Comunque, prima che mi perda
in chiacchiere, passo ai ringraziamenti soliti:
Black pill:
la
mia ultima lettrice e la prima a recensire! Hai visto cosa è successo?
Eheheheh… che scrivo una storia su quei due e ti lascio a bocca asciutta? Spero
che questa storia ti sia piaciuta, soprattutto per questo chappy, non è che mi
convinca molto! Un bacione!
Hermy 6: la mia piccola stellina! Come sempre, grazie millissimo
(superlativo di mille, che non esiste, vabbè, lascia perdere!)…avevi intuito come sarebbe finita? Davvero?
Me delusa! E io che volevo fare una sorpresa! Comunque, metti a frutto le tue
doti per il Grande Concorso: INDOVINA IL SEGUITO! O mio Dio, sto proprio fusa!
A proposito, sto leggendo la tua fic, purtroppo non riesco mai a recensire, ma
è veramente meravigliosa! Continua presto! Sono iper curiosa! Un bacio!
Mew Pam: la mia Pammina! Ma come sto cretina oggi! Grazie dei tuoi
complimenti, sono sempre ben accetti! Che cosa hai capito per il seguito? Che
se vai a vedere l’ho messo e me ne sono dimenticata? (ne sono perfettamente
capace!); questo, il 17, è il penultimo capitolo! Comunque, Strawberry dovrebbe
avere diciannove anni, mentre Ryan ventidue o giù di lui! A prestissimo! Un
mega baciozzo!
Pfepfer: neanche io voglio che questa fic finisca!!!! Me tapina! Sono
contenta che il chappy ti sia piaciuto, e anche qui dico che sto seguendo
sempre la tua fic, ma non riesco mai a recensire! Scusa!!! Per il seguito,
sempre se mi risolvo il dubbio amletico, dovrebbe arrivare presto! Un mega
abbraccio!
Isiliya: che bellissimo nick che hai! Mi piace tanto! Quasi quasi te lo
rubo per qualche mia storia… scherzo, scherzo! Mi raccomando, leggi anche altre
mie storie! Avrai notato che mi faccio sempre pubblicità? Un mega bacione!
Aya chan: la mia piccola Ayuccia! Sono anch’io mega triste che questa fic
stia finendo, anche se come ho già detto, per me è stato un stress ENORME! Ma,
a parte il fatto che sono piena di nuove idee per nuove fic, c’è sempre la tua
meravigliosa ed iper bella fic, che continuerò a leggere e recensire,
ovviamente!(sei parecchio in ritardo, lo sai?!!!), se vedi nelle tue
recensioni, finalmente sono riuscita a recensirti l’ultimo tuo chappy, e sei
stata la prima a cui ho detto della mia nuova fic, che pubblicherò presto,
sperando che ti piaccia! Lo so, lo so, l’idea di Kivar e di Blanche che se ne
prende cura, è stata un colpo di genio!(oggi, oltre che cretina, sto anche
modesta!)… le notizie che mi hai dato sulla seconda serie del manga mi hanno
lasciato di stucco! COME, QUELLA FESSA SI SPOSA CON IL MERLUZZO?!!! MA E’
PROPRIO IMBECILLE?!!! Speriamo che almeno Berry sia più intelligente di lei…
vabbè che, se si mette con Ryan, deve esserlo per forza! Un mega baciottino
Ayuccia!
Kashia: grazie tantissimo della tua recensione! Mi ha fatto veramente
piacere sapere che non consideri i miei personaggi, o perlomeno i personaggi
dell’anime, riveduti e corretti da me, non banali! Ho sempre paura invece che
lo siano! Come ho già detto, sono già piena di idee per nuove fic, quindi non
credo che ti libererai presto di me! Scherzo! Un abbraccio!
Nadia Sakura Kan: come sempre i tuoi commenti mi hanno fatto molto piacere! Mi
sono quasi commossa! Ti voglio ringraziare… il giorno, in cui ho letto la tua
recensione, stavo particolarmente depressa, perchè ero paranoica su un paio di
cose che non mi riuscivano, poi ho letto la tua recensione e mi sono sentita
meglio! Grazie tantissimissimo! Ti ringrazio soprattutto per il tuo commento al
“mio” Profondo Blu, è stato il personaggio più difficile, nell’anime non era
tutto sto granché, era piatto, o meglio non si diceva moltissimo su di lui!
Quindi, me lo sono dovuto inventare tutto di sana pianta! Per gli altri personaggi,
considerando le paranoie di Strawberry, dovevo cercare assolutamente di fargli
più svegli, altrimenti altro che diciotto chappy, ne veniva fuori un’ Iliade!
Sono davvero contenta che tutto ti sia piaciuto, spero che leggerai altre mie
storie! Un bacione!
Discopupa: ti ho lasciata per ultima, perchè volevo avere più tempo e
spazio per scriverti una risposta, ammesso e non concesso che tu stia leggendo
questo capitolo, visto che mi hai detto che la mia fic non ti è piaciuta molto!
Non mi sono affatto offesa, come ho chiarito tante volte, mi piace che nelle
mie recensioni ci siano sia complimenti che critiche! Se voglio diventare una
scrittrice, devo accettare questo ed altro! La tua recensione mi ha molto
colpito come era normale che accadesse, sono conscia che il mio stile non è
questo granché, spesso mi ripeto, oppure mi soffermo su alcuni particolari per
troppo tempo! Anche se questa è stata la prima fic, che ho pubblicato, non è la
prima storia che scrivo, credo di aver passato i tre quarti della mia esistenza
a scrivere, quindi so perfettamente di non essere una scrittrice da Premio
Strega, o roba simile! Ti ringrazio per avermi consigliato di farmi aiutare da
qualcuno più grande di me, ci ho pensato tante volte, ma almeno per il momento,
e cioè fin quando continuerò a studiare, devo rinviare! Intanto, tento di
scrivere storie del genere, cercando di trasmettere qualcosa ad altre persone
come te, che si trovano a leggere quello che io scrivo! Ammiro il tipo di
professione che fai, soprattutto perchè le prime storie che io abbia mai
scritto erano favolette per i miei cuginetti più piccoli! Una cosa però mi
sento di smentirla nella tua recensione: magari il mio stile non è eccellente,
la mia trama è un bel po’ incasinata, ma quello che ho scritto è sempre venuto
da dentro di me, forse non l’ho fatto capire, ma è stato così, e se questo è
riuscito a capirlo, anche una sola persona, vuol dire che il mio obiettivo è
stato raggiunto! Comunque, spero che tu legga altre delle mie storie, in
maniera da avere una visione più completa di me e soprattutto per darmi altri
consigli! A presto!
Non ci credo di aver finito, lo spazio dei ringraziamenti di
questo chappy era davvero immenso! Un mega bacio anche a tutti coloro che fin
qui hanno soltanto letto e non recensito, siete ancora in tempo per lasciare un
commento, il prossimo chappy sarà l’ultimo! Ciao ciao da Cassie chan!
“… I know that life won’t break me, when I
come to call, she won’t forsake me, I’m loving angels instead…”--- Robbie Williams
Epilogo
La mattinata si
preannunciava calma e tranquilla, dolcemente piena di sole e teneramente
pervasa dal vento caldo dell’estate. Un’atmosfera vivace e frizzante aveva
preso tutti gli abitanti della città, che camminavano per le strade, respirando
a pieni polmoni la prospettiva del riposo dell’estate, che ormai era molto
vicina. Gruppi di bambini correvano e giocavano nel parco, rincorrendosi con
pistole caricate con acqua gelata. Un piccolo, che stava disperatamente
evitando un altro, che gli stava lanciando contro dei palloncini pieni d’acqua,
sollevò un braccio e salutò una persona, che veniva in direzione opposta e che
sembrava molto affaccendata.
“Buongiorno
maestra!” disse, la voce alta e cristallina, che distrasse per un attimo il suo
compagno di giochi.
La donna sorrise e
agitò la mano aperta, mentre i capelli rosso scuro le cadevano sulle spalle
esili e lasciate scoperte dal top bianco, che indossava.
Riprese a correre,
arrivando davanti ad una casetta di colore giallo ed azzurro, davanti alla
quale l’attendeva una donna sulla cinquantina, che teneva in braccio una bimba
di un anno con i capelli biondi e gli occhi castani.
“Insomma
Strawberry!” le urlò contro, mentre la bambina si agitava per correre incontro
alla donna “Ti avevo detto di non fare tardi! Io e tuo padre dobbiamo andare a
trovare tua nonna, lo sai che si sente molto sola in questo periodo!”.
Strawberry riprese
fiato e disse, il fiato corto: “Scusami mamma… ma la riunione di chiusura
dell’anno scolastico è finita più tardi del previsto…”.
Si avvicinò,
prendendo la bambina tra le braccia, che prese a sorridere e a battere le
manine paffute in segno di contentezza. Lei le diede un bacio sulla fronte e
sorrise, dicendo: “Ciao Katy! Ti è mancata la mamma?”.
La bimba sorrise e
annuì, di nascosto, cercando di non farsi vedere dalla nonna, che alzò gli
occhi al cielo e disse sconsolata: “E’ chiaro che le sei mancata! La vizi
enormemente quella bambina! Per non parlare di tuo marito!”.
Strawberry sorrise
alla madre e annuì, poi si ricordò che andava decisamente di fretta e mise Katy
nel passeggino, dopo aver raccolto una borsa di paglia azzurra, che la madre le
porse.
“Ci vediamo
stasera, mamma!” disse lei, salutandola, mentre ripercorreva il vialetto
all’incontrario. La signora Momomiya rimase un attimo ad osservarla, mentre si
allontanava, poi sorrise tra sé e sé. Quante ne aveva passate sua figlia in
quegli ultimi anni lo aveva scoperto solo di recente, quando lei, un giorno di
cinque anni prima, era tornata a casa, dopo quel suo misterioso ricovero in
ospedale. Non aveva mai capito che cosa le fosse successo, ma fu allora che lei,
seduta sul divano della cucina, aveva raccontato tutto a lei e a suo padre del
suo passato di mew mew e della sua lotta contro gli alieni. La signora Momomiya
aveva tremato nel sentire il racconto delle difficoltà e dei pericoli, che
Strawberry aveva affrontato, ma al contempo, aveva finalmente capito molti dei
tanti segreti della figlia. Le chiese come mai le avesse detto tutto solo
adesso, quando ormai il pericolo era passato, e Strawberry aveva detto che lo
avrebbe capito di lì a poco. Poi aveva sorriso ed era corsa in camera sua. Il
giorno dopo, era tornata all’università e, dopo tre mesi, aveva tenuto tre
esami. I primi di tutta una serie, che l’avevano portata finalmente alla laurea
e ad insegnare in una piccola scuola elementare in periferia. Alle volte, la
guardava quella sua bellissima figlia e sorrideva nel vederla così felice. Ed
era inutile che il padre di Strawberry cercasse sempre di minimizzare tutto,
lei lo sapeva che era tutto merito di suo genero, il marito di Strawberry e il
padre di Katy, la sua adorabile nipote. Era stato per lui che Strawberry aveva
ripreso a vivere ed era ritornata la stupenda persona che era.
Ritornò in casa e
trovò sul mobile vicino alla porta un post it, su cui c’era scritto un piccolo
messaggio con la scrittura di suo marito per Strawberry… Riferisci a tuo marito
che la partita dell’ NBA è terminata 120-118 per noi…
La signora Momomiya
sorrise ancora, mentre si chiedeva perché il marito si ostinasse ancora a non
chiamare per nome il loro genero, quando si vedeva lontano un miglio che gli
era molto affezionato. Scrollò le spalle e ritornò in cucina.
Intanto, Strawberry
camminava tranquillamente per strada, salutando di tanto in tanto qualcuno dei
suoi alunni, che le capitava di incrociare. In realtà, era abbastanza tardi, e
sapeva che si sarebbero arrabbiati con lei, ma si autoimpose che era una
giornata troppo bella per agitarsi, e poi non poteva certo mettersi a correre
con il passeggino di Katy.
In campo a pochi
minuti, arrivò in una vicina spiaggia, dove si trovavano un discreto numero di
persone in costume da bagno, che prendevano il sole o che giocavano tra le onde
argentate. Si tolse i sandali bianchi e prese a camminare sulla sabbia dorata,
che era abbastanza calda, ma piacevole. Si diresse verso un gruppo di palme
sulla spiaggia, vicino alle quali c’era un discreto gruppo di persone. Sospirò,
preparandosi all’ennesima ramanzina, ma poi si rassicurò. Almeno suo marito non
c’era e quindi non ci sarebbe stata la sua voce ironica ad unirsi al coro di
rimproveri…
La sua voce
ironica e affascinante…
Sorrise,
avvicinandosi alle palme, salutando ad alta voce un ragazzo, che era intento ad
accendere un barbecue.
“Ciao Kyle!” disse
amabilmente.
Kyle si sollevò,
pulendosi, senza accorgersene le tracce di grasso sulla camicia avana,
imprecando a mezza voce quando se ne rese conto. Poi le sorrise e la salutò:
“Ciao Strawberry! Sei fortunata, Mina è appena andata a prendere delle bibite…
si è appena accorta che mancavano…”.
Strawberry sospirò
e disse: “Sta pur certo che mi rimprovererà comunque per qualcos’altro… e Pam,
non è venuta?”.
Kyle annuì
sconsolato, e disse: “Riprese del film in Canada… mi ha detto che finivano
oggi, e che se ci riusciva, ci avrebbe raggiunto oggi pomeriggio… è duro essere
il marito di una famosa star di Hollywood…”.
Lei sorrise
comprensiva, per poi velarsi leggermente, quando Kyle le chiese: “Ma per te non
credo che sia molto diverso, no?”.
“Esattamente la
stessa cosa, ma lui almeno torna nei finesettimana… Pam è molto più impegnata
di lui…”
“Ma neanche lui è
potuto venire, vero?”.
Strawberry sorrise
e disse in tono cerimonioso, scuotendo la mano ripetutamente: “Riunione del
consiglio d’amministrazione, o non so che altro… avrà detto sicuramente
qualcos’altro, ma lo sai che, quando inizia a parlare del gruppo, raramente lo
seguo fino alle fine…”.
Kyle rise, mentre
una voce bassa e profonda interrompeva le loro risate.
“Ho detto Riunione
sulle nuove strategie di marketing… non ho detto proprio niente di difficile…”.
Strawberry sgranò
gli occhi, sorpresa, mentre il suo sguardo si posava sulla figura, che le era
comparsa di fronte.
“Non dovevi tornare
solo sabato?” chiese lei, sorridendo leggermente.
“Certo che dovevo
tornare solo sabato, ma dato che Davis è ansioso di fare il direttore al posto
mio, gli ho lasciato le briglie dell’azienda per questa settimana…” .
Strawberry scoppiò
a ridere, avvicinandosi al marito, che le sorrise affettuosamente. Poi lo baciò
dolcemente sulle labbra e sussurrò: “Mi sei mancato tanto…”.
Ryan sorrise a sua
volta e disse: “Anche tu… anche se a dirla tutta, mi è mancata di più un’altra
ragazza…”.
Strawberry si
incupì, poi si rasserenò, staccandosi dall’abbraccio di Ryan, dicendo: “Bè,
purtroppo so che con lei non potrò mai competere…”.
Ryan la attirò di
nuovo a sé con impeto, e la baciò, sussurrando sulle sue labbra: “Vada per un
pareggio…”. Strawberry rispose al suo bacio, stringendolo a sua volta, mentre
Kyle si eclissava elegantemente. Era sempre così, quando quei due si rivedevano
dopo qualche giorno… baci ed effusioni a non finire, che terminavano solo in
occasione del solito battibecco, che sicuramente avrebbero avuto di lì a poco
per qualche futile motivo. Eppure, non erano certo novelli sposi, ma erano
convolati a nozze due anni prima, appena Strawberry aveva finito l’università,
e l’anno dopo, era nata la loro piccola Kathrine, chiamata così dal nome della
madre di Ryan. Il ragazzo adesso lavorava in America, dove gestiva il gruppo
fondato dal suo nonno materno, che era passato a lui, e viveva a Los Angeles
dal lunedì al giovedì, mentre nel finesettimana tornava in Giappone da sua
moglie e da sua figlia.
Ryan si avvicinò al
passeggino di Kathrine, che lo accolse con una serie di gridolini di gioia. Lui
sorrise e si abbassò all’altezza della piccola, a cui tese un dito, che la
piccola strinse nel suo pugnetto.
“Ciao Katy… stai
bene piccola?” le sorrise. Katy sgranò i grandi occhi castani, gli occhi di
Strawberry, e sorrise, spalancando la bocca sdentata.
Ryan la prese in
braccio, e si avvicinò di nuovo a Strawberry, che gli sorrise teneramente.
Tutto si sarebbe aspettato, tranne che Ryan fosse un padre dolce e attento,
come si era dimostrato.
Bè, se devo
proprio dirla tutta… erano tante cose, che non mi immaginavo e che poi sono
successe…
Prima di tutto, lei
e Ryan… si erano sposati e avevano avuto una figlia… ancora adesso, quando ci
pensava alle volte, le sembrava incredibile…ma, nonostante questo, era felice, perché era innamorata di Ryan
esattamente come quel giorno, che si era alzata dal suo letto d’ospedale ed era
andata da lui. Da allora, era stato tutto miracolosamente in discesa per lei,
l’università, il lavoro, il matrimonio e Katy. I suoi genitori, soprattutto suo
padre, avevano fatto una serie infinita di storie, quando aveva annunciato di
voler sposare Ryan Shirogane. Dicevano che non lo conoscevano, insistevano che
lui sarebbe sempre stato diviso tra lei e l’America, dove lavorava, e poi
sostenevano che era troppo presto, che ventuno anni erano troppo pochi per
sposarsi, anche se lei e Ryan stavano assieme da tre anni.Sua madre le diceva: “Pensaci su,
Strawberry… sei stata di più con Aoyama, eppure tu e lui vi siete lasciati…
stai con Shirogane da poco, e se poi i tuoi sentimenti cambiassero?”. Lei
sapeva che non era possibile, semplicemente perché lo amava troppo. E poi
perché sapeva che i loro sentimenti erano indirettamente anche quelli di Elissa
e Leon. Il loro amore non era mai stato piegato né dal tempo, né dallo spazio,
e questo doveva accadere anche a lei e a Ryan. Perciò, aveva sposato Ryan, nonostante
tutto, prima in un piccolo paesino della California, poi, dopo qualche mese,
aveva celebrato il rito religioso nella sua città. E adesso era contentissima
di come erano andate le cose, perché sebbene Ryan, non era con lei dalla
mattina e sera, era il miglior marito e padre del mondo. E poi, considerando i
loro caratteri facilmente infiammabili, un po’ di distanza, forse li avrebbe
anche fatto bene.
Tipo in quel
preciso momento, la stava rimproverando perché non aveva ancora cambiato il
pannolino di Katy.
Lei, come al
solito, esplose: “E non lo può cambiare il papà per una volta tanto?”.
Lui rispose, come
al solito, con la sua voce ironica, incrociando le braccia: “Veramente, il papà
ha sempre messo in chiaro che avrebbe fatto di tutto per la sua bambina, tranne
che cambiare il pannolino, prerogativa assoluta di sua madre…”.
Come era ovvio,
Strawberry rispose a tono, come Ryan, mentre Kyle, sentendo le loro voci, capì
che la fase fru-fru e smack-smack era finita, e che quindi poteva riavvicinarsi
tranquillamente.
In quello stesso
momento, trafelata, arrivò anche Mina, che era finalmente tornata dal bar. Era
anche lei cambiata molto, i capelli adesso cresciuti le davano un’aria molto
più matura, sebbene tra le sue amiche fosse l’unica a non essere ancora
sposata. Viveva a Parigi e faceva l’insegnante di danza classica in una
rinomata scuola di arti sceniche; lì, aveva incontrato un ragazzo spagnolo
della sua stessa età, Pedro, con cui conviveva e che adesso la stava
sostenendo, mentre lei si sventolava un fazzoletto davanti al viso. Certe arie
da aristocratica decaduta non le avrebbe mai perse.
“Mamma che caldo!”
borbottò, poi, notando finalmente Ryan e Strawberry, mormorò: “Bene, allora
signora Shirogane… finalmente si è degnata di arrivare… in ritardo, come al
solito!”.
Strawberry, che
stava borbottando all’ennesima battuta di Ryan, disse semplicemente di sì,
evitando di rispondere altro. Lei e Mina erano rimaste esattamente, come quando
erano adolescenti, due persone, che si volevano molto bene, ma troppo
orgogliose e diverse di carattere per ammetterlo fino in fondo. E poi adesso
non si vedevano più di tanto, avevano due vite completamente diverse, e
Strawberry, a volte, si era chiesta se lei fosse davvero felice. Ma quando le
vide lanciare un rapido e dolcissimo sguardo a Pedro, capì che lo doveva essere
veramente molto con lui, anche se non si erano ancora fidanzati ufficialmente.
Dopo qualche
minuto, arrivarono altri due componenti, questa volta indiretti, della ex
squadra mew mew: Halinor e Mark. Loro due erano stati la sorpresa più grossa
degli ultimi anni. Mentre per altre unioni maturate tra i membri della squadra,
come quella di Ryan e Strawberry, o di Kyle e Pam, si era potuto giustificare
abbastanza facilmente che delle persone che avevano avuto delle esperienze di
vita così particolari, non potevano trovare tra loro delle affinità molto più
intense di quelle che si potevano maturare con altre persone, il caso di
Halinor e Mark era totalmente diverso.
Mark, dopo
l’episodio di Strawberry, era completamente sparito dalla circolazione, non
facendosi vedere nemmeno per sapere come procedeva la questione di Profondo
Blu. Sapeva di non potere essere nemmeno d’aiuto alla squadra, e inoltre si
vergognava profondamente per quello che aveva fatto a Strawberry. Lui l’amava
con tutto sé stesso, eppure aveva avuto la forza e il coraggio di picchiarla,
lui che aveva giurato di proteggerla. Si era immerso totalmente negli studi,
fino a riuscire persino ad ottenere una borsa di studio per Berlino, e aveva deciso
di partire per la Germania, dove avrebbe studiato in un centro all’avanguardia
nella ricerca di forme alternative d’energia per uno sviluppo eco-compatibile.
Eppure, qualcosa lo tratteneva, ancora la residua speranza che magari le cose
con Strawberry si sarebbero potute risolvere, e allora aveva deciso di andarla
a trovare per l’ultima volta, aspettandosi da quel colloquio tutte le risposte
sulla sua vita e sui suoi sentimenti, che non voleva ancora darsi. Era andato
al caffè mew mew, e lo aveva trovato semi distrutto, avanzando tra pezzi di
calcinacci e mobili rotti, e lì vi aveva trovato solo Kyle e Pam, che sembrano
strani e molto stanchi. Aveva chiesto loro che cosa fosse successo, e loro gli
avevano raccontato tutto, tutto quello che aveva fatto Strawberry per Ryan, la
stessa cosa che, tanto tempo prima, aveva fatto per lui. Ma stavolta era stata
semplicemente straordinaria, riuscendo a sconfiggere definitivamente Profondo
blu, nemmeno uccidendolo, ma purificandolo e rendendolo una persona nuova con una
nuova vita davanti. E tutto per Ryan, tutto per salvargli la vita. Kyle gli
aveva messo una mano sulla spalla e gli aveva detto che sapeva che lui era un
bravo ragazzo, e che non aveva mai voluto fare del male a Strawberry, ma adesso
la sua vera forza sarebbe stata nel lasciarla e nel continuare a vivere senza
di lei. Aveva annuito ed era corso via. In Germania.
Lì, stranamente
dopo qualche mese di ricerca e di solitudine pressoché totale, il passato era
tornato a prenderlo di peso nella figura di Halinor Akasaka. Lei, dopo la fine
dell’ultima guerra, aveva deciso di accettare un impiego nella città
mitteleuropea in una prestigiosa casa di moda. Si erano incontrati per caso in
un giorno di dicembre nel centro di Berlino, lei che passeggiava alla ricerca di
regali da spedire alla sua famiglia, e lui che cercava un conforto qualsiasi
alla pena che sentiva nel cuore. Era stata lei il conforto, di cui aveva
bisogno. L’aveva portato in posti stranissimi, dove mai aveva pensato di
mettere piede, lo aveva fatto divertire come non gli accadeva da tempo,
facendogli fare tutte quelle sciocchezze che fanno tanto bene, quando si sta
male. E poi lo aveva definitivamente colpito in quella notte così strana,
dicendogli che capiva quanto doveva essere stato male, e che non lo giudicava
male per quello che aveva fatto. Gli aveva detto che aveva commesso un sbaglio,
ma che nella vita era importante non ripetere gli errori già fatti, no non
sbagliare in assoluto. Le aveva soffocato quelle parole sulle labbra,
chiudendole nelle sue, e l’aveva stretta a sé, cosciente per la prima volta di
stare bene.
Le cose si erano
complicate, esattamente nove mesi dopo, quando era nato il frutto di quel
momento di inebriante estasi di effimera felicità. Chiyo, una bella bambina con
due grandi occhi verdi e l’espressione dolce e malinconica di suo padre. Anche
allora l’aveva conosciuta per caso, sua figlia, un giorno caldo di aprile, in
cui aveva incontrato di nuovo Halinor per strada, e l’aveva vista con quella
bambina in braccio. Non la rivedeva da quella famosa sera, non aveva pensato di
telefonarla e nemmeno a lei era passato per la mente, convinta com’era che
quello che era accaduto tra loro, era stato un puro e semplice atto di
amicizia, inquinato da qualche bicchiere di più e da una profonda tristezza nel
cuore. Quella sera, però, aveva lasciato un profondo segno, che aveva le
fattezze di una vivace bambina di un anno, che sorrise felice a quell’uomo,
dallo sguardo confuso, che le venne incontro.
Quel giorno, litigò
furiosamente con Halinor. Non capiva perché non gli avesse detto niente di
questo, e lei gli aveva risposto semplicemente che non erano fatti suoi.
“Vuoi dirmi forse
che non è mia figlia?!” le aveva urlato contro Mark in quel vicolo, dove
l’aveva trascinata, mentre Chiyo piangeva silenziosamente tra le braccia della
madre.
“Vuoi dirmi forse
che non sei ancora innamorato di Strawberry?!Che non torneresti con me, solo
per dovere nei confronti di Chiyo?!” replicò lei, con il suo stesso tono di
voce. Poi, si era voltata ed era andata via, lasciando Mark nel vicolo, che non
sapeva nemmeno che dire e neanche che pensare. Dopo qualche giorno, si era
messo alla ricerca di Halinor, e aveva scoperto che lei si era trasferita di
nuovo in Giappone, assieme a Chiyo.
Ritornò anche lui a
Tokyo, e la trovò che viveva a casa di Kyle e Pam, che si erano sposati nel
frattempo, ma che non avevano ancora avuto figli. Adesso capiva quelle loro
strane espressioni, l’ultimo giorno che li aveva visti… aveva chiesto di
Halinor, e Kyle aveva sbarrato gli occhi, capendo che il padre di Chiyo altri
non era che lo stesso Mark. Aveva indicato la camera di Halinor, e Mark vi era
entrato silenziosamente, mentre la vedeva china sulla culletta di Chiyo, che le
cantava una filastrocca. Aveva sorriso e l’aveva abbracciata di spalle. Lei era
trasalita, poi si era abbandonata al suo abbraccio. Forse, quello era stato
l’unico momento della sua vita, in cui aveva amato Halinor. Poi, tutto quello
che c’era stato dopo, era stato simile all’affetto tra due adolescenti e alla
stima di due genitori non sposati, che convivevano colmando d’attenzioni la
loro unica figlia, che cresceva lentamente, cullata dal loro amore. Doveva
ammettere che, senza Halinor e Chiyo, mai la sua anima sarebbe guarita giorno
dopo giorno. Ma niente di più. Non amore, per quello non c’era più spazio nel
suo cuore, per sempre della sua piccola Strawberry.
Lo capì ancora di
più quel giorno, quando arrivò su quella spiaggia, dove veniva a pensare,
quando aveva delle forti crisi d’amnesia, a causa di Profondo Blu. Vide da
lontano il brillare dei capelli rossi di Strawberry, e un brivido nel cuore lo
fece tremare di freddo. Halinor, accanto a lui, gli chiese se si sentisse bene,
e lui le sorrise, annuendo. Prese in braccio Chiyo, e si avvicinò a loro, mentre
l’anima gli diventava delle dimensioni di una nocciola, mentre osservava di
sottecchi Strawberry, che bisticciava con Ryan, che stava cambiando il
pannolino di Kathrine.
E pensare che
stavolta non posso nemmeno farti una scenata… è fin troppo chiaro che cosa
provi per lui, piccola mia…
Si sedettero
attorno al fuoco, mentre Chiyo e Kathrine, che avevano solo un anno di
differenza, giocavano pensosamente nel box. Un frastuono richiamò la loro
attenzione, parzialmente assorbita dai ricordi del passato. Un gruppetto di
persone si avvicinava a grandi passi, facendo particolare chiasso. Non era
certo difficile capire di chi si trattasse…
Paddy e Tart
arrivarono tutti trafelati, uno reggendo in braccio un maschietto e l’altra una
bambina, entrambi della stessa età di Kathrine. Inutile dire che anche loro due
si erano sposati, e avevano appena avuto quella coppia di scatenati gemelli,
Grace e Nick, che avevano preso tutto il carattere dei loro genitori.
“Scusate il
ritardo!” si scusò Paddy, deponendo Grace tra le braccia di Kyle, mentre si
asciugava la fronte. Era praticamente la stessa, a parte i capelli biondi,
cresciuti molto, e l’espressione più matura.
Anche Tart non era
molto cambiato, a parte che si era irrobustito ed era diventato molto più alto,
ed ora perennemente nel suo aspetto umano. Lasciò Nick nel box assieme a Chiyo
e a Kathrine, che sorrise all’arrivo del compagno di giochi.
Anche per loro, le
cose si erano evolute bruscamente, anche se nel loro caso, era tutto
decisamente più intuibile. Dopo la fine dello scontro con Profondo Blu, lui
aveva deciso di tornare sul suo pianeta, convinto com’era, che non c’era
assolutamente motivo di rimanere lì. La sera prima di partire, aveva confessato
a Paddy i suoi sentimenti, e lei era rimasta attonita, abituata a considerarlo
un semplice amico. Aveva semplicemente balbettato di essere già fidanzata,con
quel ragazzo cinese, che anni prima, era venuto a trovarla e che era stato
scelto da suo padre. Lui aveva annuito, dicendo che voleva semplicemente
farglielo sapere e la mattina dopo era salito sulla sua astronave, assieme a
Ghish, Blanche, Pie e Kivar. La nave stava decollando, quando aveva sentito una
voce urlare il suo nome; si era affacciato dal finestrino e aveva visto Paddy
sbracciarsi per richiamare la loro attenzione. Non riuscendo a capire che cosa
volesse, scese dalla nave, pregando il fratello di aspettare un po’.
Blanche gli aveva
detto enigmaticamente: “Ci vediamo presto, Tart…”.
Lui aveva inarcato
le sopracciglia, mentre lei diceva a Ghish: “Certo, che siete tutti uguali voi
fratelli…”.
Sceso, Paddy gli
era venuta incontro, urlandogli che non poteva partire, che non poteva farlo,
che lei sarebbe andata con lui. Lo aveva abbracciato, e piangendogli sul collo,
gli aveva detto di amarlo. Lui, raggiante, l’aveva scostata da sé solo il tempo
di baciarla sulle labbra.
Come era ovvio, lui
era rimasto sulla Terra, assumendo la falsa identità di Taruto Mitsuki,
provetto impiegato in una banca. E anche nel loro caso, si erano sposati,
quando Paddy aveva compiuto diciotto anni. Certo, molti avevano criticato
l’atteggiamento di Paddy, che si era sposata giovanissima, molto di più di
quanto non lo fosse Strawberry, quando aveva sposato Ryan. Ma Paddy, come al
solito, non ascoltò nessuno e addirittura lei e Tart si sposarono in segreto,
facendo sapere tutto solo a nozze avvenute. Ovviamente, il padre della ragazza
non era stato d’accordo con questa decisione, ma ricordando che anche la madre
di Paddy, aveva la stessa età della figlia nel giorno delle nozze, alla fine aveva
accettato. Un anno prima, pochi mesi dalla nascita di Kathrine Shirogane, erano
nati anche Grace e Nick Mitsuki.
“Io ho fame!”
eruppe Paddy, mentre ogni tanto gettava un occhio sui figli, che giocavano
assieme a Kathrine e a Chiyo.
“Veramente anch’io…”
disse, sorridendo Strawberry, stretta dal braccio di Ryan sulle sue spalle
“Mancano solo i nostri amichetti alieni… capisco le distanze, ma potrebbero
spicciarsi un po’ prima…”.
“In realtà, anch’io
sono alieno, eppure non sono mica arrivato in ritardo…” commentò Tart,
fingendosi indignato.
“Sai che non ci
avevo mai pensato?” disse Halinor, mentre Mark parlava con Kyle, lontano dalla
compagna “I vostri figli non sono per metà alieni?”.
Paddy sorrise e
disse: “Sì, ma, vivendo sulla Terra, dovrebbero aver perso i loro poteri…
sembra che i bambini piccoli li traggono dalla forza del loro pianeta, e
imparano a farlo nel loro primo anno di vita… se non acquisiscono tale capacità
entro questo periodo, la perdono per sempre… e Tart ha preferito non
insegnargliela…”.
“Perché?” chiese
Ryan “Potrebbe essere utile in futuro, no?”.
“Io oramai ho
deciso di essere un terrestre a tutti gli effetti e voglio che anche i miei
figli lo siano perciò il problema non si pone… non credo che ritornerò più sul
mio pianeta d’origine…” spiegò Tart, alle cui parole corrispose un bacio della
giovane moglie.
Ad un tratto, una
sfera di luce comparve dal nulla, allargandosi progressivamente. I bambini si
misero a piangere, subito calmati dalle madri, mentre un gruppo di figure compariva
dalla luce, spentasi all’improvviso.
All’interno della
luce, erano comparsi due belle donne, una con i capelli castani e due grandi
occhi azzurri, che portava una lunga e aderente tunica bianca, decorata con dei
ricami dorati, e un’altra, con i capelli lunghi ed ondulati, che indossava
anche lei una lunga tunica rosa e che reggeva in braccio un piccolo di pochi
anni. Accanto a loro, c’erano due uomini, uno abbastanza alto, l’espressione
austera, che teneva un braccio attorno alla vita della donna con il bebè, e un
altro un po’ più basso, il viso atteggiato in una perenne smorfia ironica, che
teneva per mano un bel bambino di quattro anni, che si nascondeva dietro la sua
gamba sinistra.
“Lory! Blanche! ”
disse Strawberry, alzandosi da terra e correndo incontro alle due amiche, che
le sorrisero affettuosamente. Si abbracciarono, essendo praticamente quattro
anni, nel caso di Blanche, e due anni, in quello di Lory, che non si vedevano.
“Ciao Strawberry!”
disse Blanche, abbracciandola “Come stai?”
“Benissimo… e voi?”
“Noi tutto bene”
rispose Lory, sorridente, mentre il bambino tra le sue braccia si sbracciava
per essere lasciato libero dalla stretta della madre.
Lory lo mollò tra
le braccia di Pie, dicendo: “Forza, Delet… va da papà adesso…”.
Il caso di Lory e
Pie era stato il più singolare tra le coppie, che si erano formate in quegli
anni. Pie era partito quel giorno di quattro anni prima, e tra lui e Lory non
c’era assolutamente niente. Erano amici e c’era un grado di complicità tra loro
difficilmente esprimibile a parole, ma Lory era ancora abbastanza innamorata di
Ryan e Pie provava per la ragazza nulla di più che semplice stima. Il tempo era
passato e Lory aveva dimenticato completamente Ryan, ma intanto non riusciva a
trovare nessuno che l’amasse e che stesse con lei. Allora, si era buttata a
capofitto nel suo lavoro, e non ci aveva pensato più. Tre anni prima, Pie era
tornato per un breve periodo sulla Terra per venire a trovare Tart e per fare
delle ricerche sulla struttura del pianeta, ma, quando era tornato, per una
strana combinazione molti dei suoi amici non c’erano. Strawberry e Ryan erano
in America, Mina era già a Parigi, Halinor e Mark erano in Germania, Kyle e Pam
erano in Canada per le riprese del film di lei. A Tokyo, c’erano solo Paddy e
Tart, che avevano una casa minuscola per loro due, figuriamoci per un ospite, e
Lory. Inevitabilmente, Tart aveva chiesto a Lory di ospitare il fratello per un
certo periodo di tempo, e lei aveva accettato. Sebbene, infatti, non lo
confessasse, si sentiva sempre tremendamente sola, da quando Strawberry si era
fidanzata con Ryan, e il loro appartamento era spesso vuoto. E poi Pie le stava
simpatico e poi, stranamente, solo allora si era accorta che non era nemmeno
male come ragazzo. Lo aveva ospitato per un po’ e durante quel periodo, lei e
l’alieno erano diventati molto amici, confidandosi tutto quello che li passava
per la testa, e che non avevano mai avuto il coraggio di dire a nessun’altro.
Poi, Pie era stato richiamato sul suo pianeta, e Lory aveva accettato con molta
più tristezza di quello che si aspettava la notizia, e la notte prima della
partenza, era scoppiata a piangere in camera sua, attirando l’attenzione di
Pie, che era venuto per sapere che cosa le prendesse. Lei gli aveva confessato
tutto e lui aveva detto che anche lui non voleva andarsene, ma che doveva
tornare sul suo pianeta, lo amava troppo per lasciarlo. Lory aveva capito di
amarlo, quando si era chiesta nella mente “Lo ami più di quanto potresti
amare me?”. Si era ritratta a quel pensiero, e lo aveva lasciato partire,
per passare i successivi mesi a pensare sempre a lui. Poi, un giorno,
all’improvviso, era successo qualcosa di terribile, ma che, per fortuna, si era
risolto per il meglio: Lory era stata investita da un auto pirata e lasciata
agonizzante sull’asfalto per qualche ora, prima che un bel ragazzo alto dai
lineamenti severi e particolari la venisse ad aiutare da molto lontano. Pie,
sebbene fosse sul suo pianeta, aveva sentito che Lory era in pericolo ed era
corso da lei, per poi vegliare il suo sonno per qualche giorno, rendendosi
conto che non voleva che lei stesse male, che lei soffrisse, perché voleva
prendersi cura di lei per sempre. Glielo disse, quando si svegliò, e lei
rispose che voleva solamente stare con lui per tutta la sua vita. Non si
dissero “Ti amo”, forse perché troppo semplice, o perché troppo difficile per i
loro cuori, non abituati ad esternare troppo i loro sentimenti, ma lo
dimostrarono ampiamente, partendo assieme per Nemesi, sposandosi e avendo
Delet. Le amiche di Lory seppero tutto solo quando lei se ne era già andata,
quando trovarono una sua lettera, che diceva che aveva solo fatto, quello che
il suo cuore le diceva di fare, e che non le aveva avvertite per paura che la
trattenessero.
Su quel lontano pianeta,
all’inizio, Lory era stata un po’ triste, ma poi aveva trovato l’amicizia di
Blanche, che l’aveva aiutata ad ambientarsi e che adesso era la sua migliore
amica, oltre che sua cognata. Anche Blanche e Ghish si erano uniti in
matrimonio, e lei era stata eletta Presidentessa di Nemesi, a causa del suo
rapporto di parentela, reso pubblico durante la sua assenza, con Leon e con
Profondo blu, i due Re del pianeta. Insieme crescevano Kivar, che mai come
allora si mostrava come un bambino assolutamente normale, non come il mostro
che era stato.
Strawberry gettò
uno sguardo curioso a Kivar. Non se lo ricordava più, e adesso doveva ammettere
che le faceva un po’ impressione pensare che lui era null’altro che Profondo
Blu, in un altro corpo, creato da lei stessa dal sangue di Blanche. Ma poi
quella prima sensazione passò, lasciando il posto ad un’altra, di tenerezza.
Quello non era Profondo Blu, era Kivar, un’altra persona, un bambino bellissimo
e timido, che poteva anche assomigliare molto a Profondo Blu, ma che era
un’altra persona, forgiata dal fuoco dell’ amore, non dell’odio.
Si avvicinò a lui,
e si chinò alla sua altezza, dicendo: “Ciao Kivar! Tu non ti ricordi di me, ma
io sono una grande amica della tua mamma e del tuo papà… vuoi conoscere qualche
amichetto nuovo come me?”.
Il bimbo prima si
ritrasse, poi spalancò gli occhi, che si rivelarono non uguali a quelli di
Profondo Blu, ma molto più scuri, di un bel blu penetrante. Assunse
un’espressione di familiarità e disse stentatamente: “Mi-mi ricordo di te… non
tanto, ma mi ricordo di te…”.
Nessuno ascoltò
bene le sue parole, e anche se l’avessero fatto, non ci avrebbero trovato
niente di male o di strano.
Strawberry lo prese
per mano e lo condusse vicino al box, dove c’erano Kathrine, Chiyo, Grace, Nick
e Delet, che giocavano tranquillamente, non sapendo che cosa gli aveva portati
a restare lì nello stesso spazio. Sofferenza, dolore, guerra, odio, rabbia, ma
anche amicizia, speranza, coraggio, forza e soprattutto amore. I bimbi
fissarono lo sguardo sullo sconosciuto, che li fissò sospettoso.
Poi Kathrine sia
alzò goffamente sulle gambette tozze e paffute, lasciate in vista dal suo
vestitino rosa, e tese le manine a Kivar, sorridendo. Il piccolo, dopo un
attimo di smarrimento, sorrise e prese tra le sue le mani della piccola, che
scoppiò a ridere. Strawberry sorrise, appoggiandosi a Ryan, che la abbracciò. I
loro pensieri furono gli stessi, di speranza e di fiducia.
Il cerchio
finalmente si è chiuso…
Ma il cerchio è una
figura ben strana… nessuno ci ha mai trovato un inizio o una fine…
Fine
Approfitto di uno dei rarissimi momenti di sanità mentale del mio
computer per pubblicare finalmente l’ultimo atteso chappy di questa fic! Mi
dispiace tanto di aver dovuto ritardarne così tanto la pubblicazione, ma purtroppo
il maledetto pc dà i numeri un giorno sì, e un giorno anche, quindi devo
cercare di cogliere la palla al balzo! Sono quasi commossa del fatto che questa
fic sia finita, considerando che è stata la mia prima fic e considerando anche
che è andata molto bene! Tante persone l’hanno letta, e l’hanno commentata, e
io davvero non me l’aspettavo! Ero invece convinta di doverla cancellare, dopo
due o tre capitoli! Vorrei ringraziare tutti coloro che l’hanno anche solo
letta, o quelli che hanno espresso un parere negativo, perché mi hanno anche
loro aiutato a capire che cosa andava fatto per migliorare quello che scrivevo!
Mi avete aiutato davvero tanto, soprattutto a capire che voglio davvero
diventare una scrittrice, perché è la cosa che mi riesce ad emozionare di più!
Spero davvero di riuscire a scrivere il seguito di questa fic, che mi ha dato
davvero tantissimo! Se lo vorrete leggere, sarò davvero contenta, altrimenti
non importa, sarò davvero contenta in ogni caso!
Dato che sono una persona logorroica, adesso si parte con la
mega pagina di ringraziamenti!
Un mega grazie alla mia cara Nadiottina, la lettrice più
analitica che abbia mai avuto, quella delle recensioni lunghissime e
particolareggiate, che ho riletto un sacco di volte! Grazie anche per sopportare
i miei frequenti scleri! Spero che ci continueremo sempre a sentire!
Un enorme grazie a JunJun per le sue osservazioni e le
sue piccole critiche, per avermi fatto rendere conto di quante cose sbaglio, o
che ignoro, e di cui non mi ero minimamente accorta! Ti eleggo mia correttrice
di bozze ufficiale!
Un grandissimo grazie a Ayachan per essere sempre stata
così dolce e carina con me, per avermi fatto sentire una scrittrice quasi
seria, e per avermi chiesto tanti consigli! La tua fic è proprio bella, mi è dispiaciuto
sentire che non sei stata bene, spero che adesso sia tutto passato!
Un iper grazie a Kashia, per le sue recensioni così
limpide e precise!
Un enorme ringraziamento ad Hermy6, alla mia stellinaed
alla sua pazzia! Il tuo entusiasmo mi ha fatto sempre sorridere, e leggere le
tue recensioni era la cosa che mi ha tirato sempre su di morale, quando ero
giù! Mi raccomando, continua a leggere le mie fic, altrimenti come farò senza
di te?!,
Un grandissimo abbraccio a Pfepfer, alla tua puntualità
nel commentare, e soprattutto alla tua ultra bellissima CHANGE ME, che prima o
poi, riuscirò a commentare, e che tutto l’universo occidentale (ma anche quello
orientale!), dovrebbe leggere!
Un megabacio a MewPam per esserti sempre fatta
trasportare da quello che ho scritto, e per tutte le volte che ti sei
emozionata e quasi commossa!
Dato che però ho ribadito ed ampiamente dimostrato di essere
logorroica, lo dimostro anche nell’ultimo capitolo, no?
Un mega enormissimo grazie a Miyu, 619 (non ti
preoccupare, già il fatto che tu mi abbia fatto sapere che cosa ne pensi, è una
bella cosa, anche se non hai letto la mia fic, sei stata molto onesta, ed è una
cosa rara!), AllisonCam, Sikky, Isilya, Discopupa (la tua critica
mi ha fatto capire davvero molte cose!), Blackpill, Jessy, Strawberry(anche
se ti piace la coppia Mark-Strawberry!), Azzurrina,Strega91,ChibiCia,
Starli, Amylee, Tessa, Killkenny, Meiko, Yuki, Maronchan92, Chibi, Gaia,
Dodochan, SuperfandiRyan, SuperGaia, Ichigochan!
Mi sono rivista tutte le recensioni, quindi è impossibile
che abbia dimenticato qualcuno! Mi sto commuovendo di nuovo, sigh, non voglio
finire di scrivere! Comunque, spero davvero di riuscire a scrivere quanto prima
il seguito, che si chiamerà BREAKING UNIVERSE’S LAWS! Per il totoscommesse, ha
vinto Nadia Sakura Kan, che si è avvicinata moltissimo alla trama del seguito!
Bene, adesso mi devo staccare dal computer, altrimenti non
lo lascio più!