Dammi Peso

di Marzolina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Collisione Interstellare ***
Capitolo 2: *** Magno Cum Gaudio ***
Capitolo 3: *** Diete, Diluvi ed Altre Disgrazie ***
Capitolo 4: *** Laudato si' mi' Signore, per sora carbonara ***



Capitolo 1
*** Collisione Interstellare ***


Capitolo 1
Collisione interstellare

Salgo. Un silenzio irreale inonda questa piccola stanzetta asettica e sterilizzata. Mi sollevo leggermente sulle punte dei piedi e guardo in alto. "Pensa leggero" mi dico, ma c'è quella pizza avanzata che ho finito oggi per colazione che - da qualche parte nei meandri dello stomaco - mi ricorda con una certa malignità la pesantezza della mia situazione.
Un sospiro eloquentemente carico di rammarico e riapro gli occhi. Io e il dietologo ci fissiamo per un lungo momento: è una lotta atavica, la nostra,che dura da circa tre anni a questa parte, da quando mia madre ha improvvisamente deciso che avere una figlia grassa era la peggior disgrazia che la vita potesse rifilarle.
"Vallo a dire alle madri dell'Africa Nera -penso intanto fra me e me -che se vedono due etti di ciccia in più sui loro marmocchi indicono una festa con tanto di danze, falò e shamano pronto a ringraziare gli déi".
Ma qui, sfortunatamente per me, non siamo in Africa.
-Ah, Spica, Spica. Hai messo su un altro bel chiletto questo mese-
Ed io sono costretta a togliermi l'elmo e a gettare a terra la spada: ancora una volta ha vinto il dietologo.
Mia madre, in ogni caso, a quelle parole emette un singulto oltraggiato e scatta in piedi con tutto un tintinnare di bracciali e orecchini.
-Ma è impossibile!- esclama furente mentre io mi rivesto lentamente, ferita e umiliata come solo i guerrieri che assaggiano l'ennesima bruciante sconfitta possono essere.
-Lei deve fare qualcosa! Cosa deve mangiare in meno? Cosa? Me lo dica!-
Non l'ho mai vista così inviperita - sarà anche colpa di quel Giorgio o Giordano che l'ha mollata senza tanti complimenti qualche giorno fa.
-Signora, mi dispiace - fa intanto il dietologo forse ancora più affranto di lei (eppure ha vinto, diamine! Cos'è quella faccia da martire?) -ma non posso eliminare più niente dal programma alimentare di sua figlia. L'unica soluzione sarebbe quella di farle fare dello sport.-
A quella parola mi si gela il sangue nelle vene e tutto il mio essere si ribella neanche avesse detto "carneficina di gattini" o "falò di libri di Benni".
Mia madre, dal canto suo, mi rivolge uno sguardo da pitone del Borneo davanti a un topino troppo appesantito per scappare.
So esattamente cosa vogliono dire quei due occhi a fessura: "Te l'avevo detto". Sono anni che continua a tormentarmi con la malsana idea di fare "un po' di moto" ma è l'unica questione su cui sono rimasta irremovibile.
Diciamocelo, avanti: le palestre non vogliono gente grassa. E' la dura realtà.
L'inflessibile allenatrice di pallavolo aborrisce la prospettiva di avere tra le sue schiere di gambelungheculisodi la prima cicciottella tutta cosce che passa e l'abbronzata coach di nuoto si inizia a preoccupare della taglia del costume già quando le ti si presenti di fronte infagottata con sciarpa e cappotto. Per non parlare del calcio! Se non sei un fulmine nella corsa in cinque nanosecondi ti ritrovi in panchina oppure a bighellonare tra i pali della porta.
Ma mia madre queste cose non le capisce. Non le vuole capire.
Lei che va in palestra cinque giorni a settimana, lei che ha fatto del tapis roulant la strada della sua vita e del pilates lo scopo ultimo della sua esistenza. Lei che ha più creme antirughe in bagno che effettive rughe in faccia. Lei che si tinge i capelli di rosso e si fa fare i massaggi rassodanti. Lei che affitterebbe un alchimista per farsi fabbricare l'elisir dell'eterna giovinezza. Lei che invece è giù vecchia, ma non lo capisce.
In ogni caso, dopo aver lautamente pagato il mio aguzzino, mia madre afferra il suo cappotto di pelliccia taglia 42 e mi lancia in malo modo il mio giubbottone arancione fosforescente taglia 48.
Uscendo nella sala d'aspetto cerco comunque di darmi un tono, una faccia alla "ehi, non è andata tanto male", ma lo studio medico non è insonorizzato e la sfuriata è stata ampiamente sentita da tutti.
Alcuni mi guardano con curiosità, altri con commiserazione... ma proprio mentre sto per guadagnare (finalmente!) l'uscita, sbattocadoinciampo contro qualcosa di duro e spigoloso e finisco col sedere per terra (quasi mi sarei aspettata di rimbalzare). Qualcuno ridacchia.
Guardo in alto e quello che al momento del fatale impatto mi era sembrata una scrivania o un elemento di arredo di qualche genere, vedo in realtà che è un tizio.
Altissimo, emaciato, con una faccia malata che più che altro sembra la decalcomania di un teschio. Due occhi chiarissimi e sporgenti si puntano nei miei per qualche secondo e rimango sconcertata perché quello che vi leggo non sono altro che sorpresa e ribrezzo.
Non mi aiuta neanche ad alzarmi - ci mancherebbe - gli faccio evidentemente schifo (o paura) e non vuole neanche sfiorarmi con un dito.
Una voce chioccia lo toglie dall'impaccio: "Arturo, vieni. Tocca a noi". E il pazzo rinsecchito si allontana con due poderose falcate chiudendosi la porta dell'ambulatorio alle spalle. Per la prima volta leggo il cartello che vi è appeso sopra:

"Dottor Caloncini. Medico Dietologo.
Specializzato in disturbi dell'alimentazione.
Obesità
Obesità adolescenziale
Sovrappeso
Bulimia e Anoressia"

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Capitolo 2
*** Magno Cum Gaudio ***


Capitolo 2
Magno Cum Gaudio

Sudo.
Sudo come non ho mai sudato in vita mia.
Il sole mi sembra sempre più alto e schifosamente luminoso ogni ora che passa. Già, ma che ora è adesso?
Ho perso il conto dei giorni ormai da qualche settimana ora mai. La vista mi si annebbia, le orecchie mi fischiano, i piedi mi formicolano e sento pure delle voci in lontananza.
Sono forse questi i primi segni della pazzia?
Scosto le piante più alte e continuo ad avanzare, stoica, in questa giungla senza fine. Credo che un serpente mi abbia anche morsa, ad un certo punto.
Non ricordo. E' tutto sfocato.
Le voci si fanno più insistenti e vicine.
Fra poco spunterà fuori Sawyer da dietro qualche baobab... oppure un orso polare. Mannaggia a me e alla maratona di Lost.
Spero che abbiano almeno un antidoto, laggiù dove sto andando. O magari non mi servirà nemmeno. Magari mi schianterò in un burrone e la mia vita finirà così. Sola, divorata dai coyote in un crepaccio dell'Africa Nera. Come vorrei un bombolone alla crema adesso. Sarebbe l'ultimo pasto della mia grama esistenza.
Sono quasi sul punto di mollare, è arrivata la mia ora, sono al limite... quando ecco il miracolo.
La vegetazione si fa in un attimo più rada e delle figure umane mi corrono incontro.
Erano le loro, le voci che sentivo. Stanno cantando. Mentre qualcuno mi solleva (devono essere circa dieci, secondo i miei conti, ed anche piuttosto forzuti per tirarmi su così di peso) vedo anche che alcuni stanno danzando intorno ad un falò.
Un tizio con una maschera da pagliaccio in trasferta agita un bastone tintinnante e sbraita parole senza senso indicando un gigantesco calderone.
Perfetto. Cannibali.
Che ironia della sorte, per una come me, finire mangiata. Beh, almeno non rimarranno delusi: devo essere davvero appetitosa.
Mi mettono giù, proprio davanti al pentolone fumante. Qualche parte di me che non è ancora totalmente andata nel panico, nota con un certo stupore che hanno tutti dei sorrisi a dir poco raggianti.
E certo, stanno per assaggiare " Stufato di Ragazzina Sovrappeso": altro che
nouvelle cuisine.
Poi uno di loro, con un gran copricapo tigrato in tinta col perizoma (deve essere il capo, solo i capi si conciano in maniera così ridicola) si rivolge a me con un italiano sorprendentemente fluente.
-Oh divina Spica -
divina? -per noi della tribù dei Seccosecco è un grande onore essere in tua presenza! Orsù popolo, gianugianu!-
-
Gianugianu!- ripetono in coro tutti i presenti e probabilmente vogliono dire qualcosa come "ci inchiniamo a te" perché in men che non si dica mi ritrovo con tutta la tribù letteralmente ai miei piedi neanche fossi Alessandro Magno in viaggio turistico a Babilonia.
-Su su, tiratevi su... non è il caso...- sbiascico intanto io piuttosto imbarazzata.
-Divina Spica - riprende intanto il capo - per millenni abbiamo aspettato l'arrivo della
Florida (seguono mormorii di assenso degli indigeni), ora finalmente possiamo ringraziarti come meriti! Gloria agli déi! Gloria alla Florida!-
- Gloria agli déi! Gloria alla Florida!-
E in men che non si dica appare davanti ai miei occhi un'immensa tavolata con ogni ben di dio. Una montagna di pasta all'amatriciana confina con un bosco di torta al cioccolato, mentre un fiume di cordon bleau scorre attraverso una distesa di paste e pasticcini, gelati e ghiaccioli per finire dritto dritto in un mare di pizze ai quattro formaggi, in cui nuotano barche di bistecche, pesci di patatine fritte e sirene dalle inconfondibili fattezze di polli arrosto...
Ho capito: il loro piano è ingozzarmi e farmi morire d'indigestione. Oh, ma chissene frega: morirò grassa e soddisfatta! Questo è il paradiso!
Sto giusto per distruggere, come il più spietato dei Godzilla, una metropoli di cioccolato al latte, quand'ecco il grido unanime dei locali mi blocca proprio sul più bello.
Giusto il tempo di sollevare gli occhi che mi ritrovo faccia a faccia con un orribile mostro: il corpo sembra quello di un serpente, ma è venti volte più grande e ha una testa umana.
Sono paralizzata dal terrore.
La creatura nel frattempo fa saettare fuori dalle labbra crudeli una lingua rossa e biforcuta. Ehi, dove l'ho già vista quella faccia incavata e quegli zigomi sporgenti?
Ma la bestia non ha intenzione di divorarmi. Non ancora.
-Le sembra il caso, signorina?- dice invece inaspettatamente.
-Prego?- faccio io basita. Perché la chimera adesso ha la voce del mio prof di latino?
-Non durante la mia lezione, un po' di contegno. Se ha tanta voglia di dormire poteva restarsene a casa!-

Mi sveglio di soprassalto e quasi capitolo giù dalla sedia, tanto è spaventosamente vicina la faccia del professor Sordoni, un omino tarchiatello con degli insipidi baffetti nazisti.
La classe ovviamente è al culmine dell'ilarità, anche perché - noto con orrore - durante la pennichella ho anche abbondantemente sbavato sul quaderno.
-M-mi scusi- balbetto alla fine, affranta.
Quell'Hitler alto due mele o poco più sbuffa sdegnato, borbotta qualcosa sui giovani d'oggi dove andremo a finire eh ai miei tempi però, se ne ritorna in cattedra e infine dichiara gravemente:
-Sono molto addolorato, signorina Bassi, che la mia materia, così profonda e ricca, le resti invece totalmente indifferente-
Lei non lo sa, caro prof, che invece io ho anche appeso una frase in latino proprio sulla porta della mia camera: Magno Cum Gaudio.
Beh, certo... il senso che gli do io non sarebbe proprio quello corretto, ma il pensiero c'è, no?
Seguendo la stessa logica sulla porta del mio dietologo si dovrebbe anche aggiungere qualcosa come: "Magna Cum Prudentia" Una specie di memento mori o vade mecum (giusto per usare ancora un po' di fantalatino)
Ovviamente non lo dico.
-Allora? Cosa hai sognato? Roba da mangiare, scommetto- ride intanto Marika al mio fianco e ridono anche tutte le lentiggini sparse sulle sue guance.
-E invece no- sussurro io di rimando, fingendomi oltraggiata -per tua informazione ero la regina di un popolo esotico che mi considerava una dea-
Stavolta anche Mirko, dalla parte opposta, non può fare a meno di sghignazzare, coprendosi a malapena la bocca con un volant della camicia.
-I 10 comandamenti dovevano essere l'inizio di un menù, allora- maligna anche lui facendomi l'occhiolino.
-A proposito- lo interrompe Marika e io so per certo che la sua sarà LA domanda per eccellenza, quella a cui nessun portatore sano di dieta inefficace vorrebbe mai rispondere.
-Come è andata ieri?-
Appunto.
La guardo e cerco una via di fuga tra i suoi ricci color Carota Nucleare, ma dietro ci trovo solo Mirko che non la smette più di ridere e di scuotere quel centinaio di orecchini che è riuscito miracolosamente a stiparsi sulle orecchie.
-Male - bofonchio alla fine, arrendendomi all'evidenza -Per di più c'era sto tipo che...-
-Tipo? Che tipo? Quale tipo? Che avete fatto? Cosa ti ha detto? Come si chiama? Soprattutto... era figo?-
Io e Marika guardiamo quel cacciatore di partiti a tempo perso che è diventato Mirko da qualche anno a questa parte e lo degnamo solo di un'alzata di sopracciglio piuttosto eloquente.
-No, signora Bennet, era davvero orribile. Mi ha guardato come non si guarda neanche un piccione che ti ha appena cagato in testa. E per di più era anche brutto...-
-Cosa, zé? Tu che hai a che fare con un ragazzo, Bassi? Cielo, questa sì che è una notizia, zé! Oh certo, non contando il pizzarolo della ricreazione, zé. Con lui sì che avete un rapporto amniotico-
Non è neanche il caso di alzare lo sguardo: vocetta irritante come un calcio sulle gengive, malignità che trasuda da ogni "zé" e un disinvolto abuso della lingua italiana.
Non può essere che lei: Carolina Piotta - "Karo" con la k per le altre componenti dello stormo - in tutto il suo ochesco splendore mattutino.
-Ehilà Carolina, è sempre un piacere essere vittima del tuo fulminante sarcasmo- sorride Mirko amabilmente -La prossima volta però, invece di limitarti a sfogliare la Treccani per appiopparci aggettivi a casaccio, prova a dartela in testa, magari anche venti o trenta volte. Vedrai che qualcosa penetra-
Carolina ci squadra tutti e tre con malcelato fastidio, valutando se valga o meno la pena di iniziare una lotta su un terreno per lei così accidentato come la grammatica. Alla fine, avendo probabilmente deciso che la sua sarebbe una sicura sconfitta, si volta sprezzante alzando una nube tossica di profumo Eau de Teladò.
Mirko e Marika, medito intanto io mentre la lezione continua e finalmente il mio interrogatorio sembra essere stato archiviato, qualcosa di amniotico l'hanno condiviso davvero.
I due infatti sono gemelli, evidentemente eterozigoti e con in comune forse solo un preoccupante appetito sessuale nei confronti dell'ignaro Johnny Depp. Ogni volta che li vedo insieme, questo pappagallo bistrato e variopinto e quest'altra creaturina rossiccia e spettinata, mi dico che lassù devono avere seriamente un gran bel senso dell'umorismo, per aver ficcato nello stesso ventre materno due esseri umani così irrimediabilmente diversi.
I miei migliori amici.
Sospiro e faccio finta, almeno per un po', di preoccuparmi della sorte di Cesare dopo le Idi di Marzo solo perché Sordoni ha improvvisamente afferrato il registro e, con quella famigerata crudeltà tipica dei professori sul punto di interrogare, lascia volutamente scorrere secondi di terrore mentre passa l'indice sull'elenco dei nomi.
Grazie al cielo la vittima designata per quest'oggi non sono io ma un "Trofei" pronunciato come una dichiarazione di guerra.
Il malcapitato si alza dalla seconda fila e tutto il gentil sesso della classe (più Mirko) si sloga il collo per sporgersi oltre il banco, mentre quello si avvicina con passo cadenzato alla cattedra.
Francesco Trofei, un metro e ottantacinque di muscoli al punto giusto, ricci castani e occhioni verdi costantemente languidi.
E' anche il protagonista indiscusso di tutti i miei sogni erotici in cui la panna montata ha ben altro scopo oltre a quello di guarnire torte. Dio solo sa quanto vorrei avere un rapporto di qualche genere con lui.
Mi accontenterei anche di uno amniotico. .

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Capitolo 3
*** Diete, Diluvi ed Altre Disgrazie ***


Capitolo 3
Diete, diluvi ed altre disgrazie

Essere invitata a pranzo dai gemelli è come risalire in superficie dopo una lunghissima apnea sott'acqua. Non aspettavo altro.
Salgo sull'autobus e già gongolo per tutte le delizie che verranno sottoposte al mio attento, e per altro assolutamente parziale, esame.
La signora Cavillo - che pretende di essere chiamata Gianna - è stata immersa, come Achille da Teti, nel sacro fiume degli chef.
Da quel momento le sue mani, sempre siano lodate, sono state in grado di creare la pizza più celestiale del cosmo, la frittata più tonda del creato, le torte più caloriche dell'iperspazio.
Sto letteralmente sbavando sul mio vicino di posto mentre mi abbandono dolcemente a proibite fantasie gastronomiche.
Fantasie queste che mi risollevano decisamente dall'ennesima cocente delusione dello scorso pomeriggio.
Di nuovo io e lui, il mefitico dietologo, l'aguzzino della cellulite, l'assassino dei doppi menti, il sicario della felicità.
Ero seriamente sull'orlo dell'harakiri, quando ancora una volta la mia nemesi ha pronunciato la sofferta sentenza.

-Tsk tsk- brutto segno.
-Eeeeeh- bruttissimo segno.
-Niente. Tale e quale a prima, Spica. Non hai perso niente questo mese, mi spiace-
Ti spiace? Ti SPIACE? Non ti crede nessuno, bastardo. Non ti credi neanche tu, ammettilo.
Grazie al cielo mia madre non è presente. Aveva un appuntamento con Raimondo, la sua nuova fiamma. Non lo conosco ma so che non mi piacerà.
Di quelli con cui è stata ne ho amato solo uno, e l'ho amato alla follia. L'unico, il primigenio, quello con cui spartisco una considerevole parte di patrimonio genetico, forse la migliore.
-Pesi esattamente &%&2034ò/?^ chili- ogni sillaba di quel numero è come una pugnalata nelle costole, quindi ovviamente qui lo censuro.
-Possiamo contrattare, che dice? Mi fa uno sconticino? Un premio fedeltà?-
E lo stronzo mi ride in faccia. Apprezza la battuta. Ma io dicevo sul serio.

Per consolarmi della cosa quindi, mi sembra più che logico andarmi a strafogare a casa dei miei migliori amici. Me lo merito, cavoli!
Da casa mia fino alla fermata dell'autobus avrò perso come minimo quindici calorie! Potrei svenire da un momento all'altro. Non si vedono le guance incavate da denutrizione? No? NO?
No.
Ah, già, a proposito di denutrizione... Quel tizio. Lo scheletro. Pensavo (o temevo) di rincontrarlo ieri in sala d'aspetto. Invece niente, sparito, scomparso, evaporato, dissolto.
"Forse è precipitato in una crepa del marciapiede e nessuno è stato più in grado di ripescarlo" maligna sghignazzando la mia parte sarcastica.
"O forse semplicemente non ha gli appuntamenti fissati esattamente gli stessi giorni dei tuoi, demente -la rimbecca intanto il mio lato razionale e disfattista -Che dici, non poteva essere una coincidenza quella volta, mh?"
"Effettivamente"
"E poi perché ci stai ancora pensando a quello?"
"Già, perché?"
Questo dialogo interiore mi inizia seriamente ad inquietare.
La verità è che ci sto ancora rimuginando su perché quel tipo mi ha davvero fatto paura - oltre che orrore. Non ho mai visto un individuo così irrimediabilmente perso in se stesso, così convinto della propria disfatta. Era come guardare in faccia la negazione personificata della vita.
Ma forse sono solo io che oggi ho il ciclo e quindi sono particolarmente sensibile alle seghe mentali random.
Per quanto ne so poteva benissimo trattarsi di un vampiro, diciassettenne da un po', che con mossa studiata aveva fatto finta di finirmi addosso per valutare la mia consistenza e la possibilità di avermi come portata principale al prossimo sabba.
Certo non qualcuno destinato a me dalla cieca mano del fato o roba simile! Questa cosa delle coincidenze mistiche, per cui un giorno vieni investita da uno strafigo pazzesco e il giorno dopo esci in pigiama per buttare la spazzatura e scopri che è stato tuo vicino di pianerottolo per sette anni, non esiste!
Ad un tratto la mia tasca inizia a squillare e quando ne estraggo quell'aggeggio paleolitico dalle fattezze di un grosso telecomando nero che ancora mi ostino, caparbia e orgogliosa, a chiamare "cellulare", sono quasi sorpresa che mi stia chiamando Marika e non quel tipo (il cui nome adesso come adesso mi sfugge e che comunque non avrebbe motivo di avere il mio numero dato che, forse non mi è ancora entrato in zucca, non lo conosco e ho intravisto solo una volta).
-Pronto?- rispondo alla fine.
-Pronto, Spica, ci sei?- ha la voce stanca, Marika, il che non è mai buon segno.
-Cos'è successo?- le chiedo subito io perché so per certo che è successo qualcosa.
-Niente di grave, non preoccuparti, è solo che a Betta si sono rotte le acque quindi... -
Betta, Elisabetta, è la sorella maggiore dei gemelli. Una di quelle classiche persone che dopo il matrimonio non si sono preoccupate di comprare anche un televisore nuovo e quindi si sono viste drasticamente limitate ad una sola le possibili attività da fare per ammazzare il tempo dopo cena.
In stato di perenne gravidanza.
Secondo i miei calcoli questo dovrebbe essere il sesto pargolo che sforna ad intervalli regolari di un anno ciascuno.
Non so davvero se ammirarla per la costanza o compatirla per l'incoscienza.
-Sta bene?-
-Sì sì, siamo tutti qui in sala d'aspetto. E' un maschietto, un altro. Lo chiamerà Mattia, credo-
-Congratulazioni-
-Grazie, senti... mi dispiace oggi dovevi venire e...-
-Ci mancherebbe! Sarà per un'altra volta-
-Certo e, Spica-
-Sì?-
-E' una mia impressione o sei un po' giù di morale oggi?-
-E' una tua impressione- e riattacco.

Okay, è ufficiale. Sono perseguitata dalla sfortuna.
Appena metto piede giù dal pullman ecco che attacca il diluvio universale, con tanto di raffiche uraganiche e tuoni in sottofondo. Non mi sorprenderei se quel cumulo nembo grosso e minaccioso sopra di me fosse in realtà la nuvola di Fantozzi.
Di tornare a casa comunque non se ne parla nemmeno. E' già ora di pranzo e so perfettamente che le uniche cose edibili che riuscirei a reperire, in quel malinconico deserto di speranze infrante che è il nostro frigo, sarebbero a malapena uno yogurt magro e una mela sgonfia. (*)
Meno male che ho trovato dove ripararmi. Ed è un caso che si tratti di una pasticceria così come è sempre un caso che adesso stia addentando, come una iena che spolpa una carcassa, una brioche fumante al cioccolato.
Un caso, vi dico, un caso.
Resto quindi qui seduta tranquilla come un pascià, a spupazzarmi pastarelle varie ragionando nel frattempo di questioni esistenziali (ma oggi che ci sarà per cena?), quand'ecco l'irreparabile.
Il tempo di alzare lo sguardo e vedo che c'è un tizio, seduto sul marciapiede proprio di fronte alla vetrina della pasticceria.
Non è girato verso di me, mi dà le spalle e fissa invece - così almeno pare - il flusso ininterrotto di macchine che sfrecciano sulla strada bagnata sollevando cascate di fanghiglia ad ogni pozzanghera.
Fin qui tutto normale, ma la cosa inizia seriamente ad inquietarmi quando mi accorgo che il tipo in questione non ha neanche l'ombrello.
Se ne sta semplicemente lì, seduto in mezzo all'ira divina fatta nubifragio, senza nemmeno preoccuparsi degli schizzi che arrivano dai veicoli in corsa e che, sicuramente, contribuiscono a peggiorare ancora di più la sua, già penosa, situazione di parziale annegamento da pioggia.
Anche un altro cliente del negozio, un signore di mezza età grassoccio, quasi calvo e con ridicoli baffoni a manubrio (gli mancherebbe solo una lente d'ingrandimento e poi potrebbe comodamente farsi passare per Hercule Poirot) nota lo strano individuo e domanda al ragazzo del bancone:
-Ma che fa quello?-
Il tempo di formulare la domanda che "quello" è già scattato in piedi, come messo in allarme dall'eccessiva attenzione rivoltagli in quei pochi minuti, e si mette ad attraversare la strada.
"Attraversare".
No, non mi sembra il termine corretto; perché quando qualcuno attraversa, appunto, una strada, ciò implica un certo spirito di prudenza nell'attante stesso, una qualche sana e genuina voglia di non farsi investire e/o morire.
No, decisamente non lo userei per descrivere la situazione, visto che il tizio si sta letteralmente gettando a testa bassa in mezzo al traffico. Un suicidio pedonale.
Ed è il caos.
Si riversa, infatti, su di lui un coro angelico di clacson, qualcuno inchioda, qualcun'altro sterza proprio cinque secondi prima di spalmarlo definitivamente sull'asfalto, un passante grida.
E' morto, lo so. Già vedo gli organi interni bene in fila sulla strada.
Poi d'improvviso la figura tondeggiante di una ragazzina sovrappeso gli è miracolosamente alle spalle, lo strattona per il giubbotto completamente zuppo e se lo trascina dietro mentre entrambi cadono - non si sa come, ma sani e salvi - al sicuro sul marciapiede.
Ah già, l'ho fatto io.
Qualcuno applaude.
Ma come diavolo mi è venuto in mente? Chi cavolo si è impossessato del mio corpo mentre mi buttavo fuori dal locale per lanciarmi su quel pazzo incosciente?
-Potevi ammazzarti, disgraziato!- gli urlo quindi contro (mi ha pure fatto spiaccicare il cigno alla crema per terra, il criminale).
A questo punto mi viene da fare una riflessione, perché ci sono volte in cui le apparenze ingannano. Una persona che magari all'inizio avresti detto burbera, antipatica, profonda come una pozzanghera poi si rivela, invece, amabile e piena di buone qualità.
No, non è una di quelle volte.
-Ah, è per evitare questo che adesso cerchi di farmi fuori tentando di spappolarmi, grassona?- è una voce rauca, sibilante e chiaramente sarcastica quella che sento provenire da sotto di me. In effetti gli sono piombata sopra.
Abbasso lo sguardo e mi ritrovo faccia a faccia con quello. Il ragazzo della sala d'aspetto. Lo zombie, il cadavere, l'anoressico.
-Ti pregherei di alzarti, sempre se ne sei in grado da una posizione orizzontale. Magari chiamiamo una gru, che dici? Mi sto iniziando a sentire il pancreas in gola, e non è bello-
Non trovo neanche le parole per rispondere. La mia lingua biforcuta è in stato di shock per lo sdegno e l'umiliazione.
So solo che non voglio restare un attimo di più con un solo centimetro di ciccia a contatto con questa creatura diabolica. Cinque nanosecondi e già sono in piedi, fradicia, acciaccata e incazzata nera.
Si tira su anche lui, con quelle gambette scheletriche da gru moribonda, si controlla i jeans e il giaccone e poi mi rivolge uno sguardo, anzi quello sguardo di ribrezzo e schifo stavolta potenziato.
C'è solo una cosa da fare, è inutile ricordarmi la buona educazione o il contegno.
Lo faccio perché ho fame, perché sono stanca, perché mi fa male tutto, perché sono zuppa, perché mi viene da piangere e, fondamentalmente, perché ho appena salvato la vita a uno che non farà altro se non andare a rimpolpare le già sovraffollate fila di quella tristemente famosa categoria detta "stronzi".
-VAFFANCULO!- gli urlo in faccia e me ne vado.
Che giornata di merda.

* * *

(*) citazione dal libro "Cuore di ciccia" di Susanna Tamaro

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Capitolo 4
*** Laudato si' mi' Signore, per sora carbonara ***


Capitolo 4
Laudato si' mi' Signore, per sora carbonara

Ciao Dio,
Lo so, è un po' che non ci sentiamo ma sai, siamo stati entrambi impegnati in questi ultimi tempi... Tu con l'Universo io con la mia dieta. Che stress.
In ogni caso, semmai ti fossi scordato di me, sono sempre io, Spica, presente? Quella col nome da corpo celeste e la faccia da luna piena.
E' vero, è vero: ti ho invocato troppe volte piuttosto inutilmente durante quest'ultimo periodo, soprattutto quando avevo mangiato tutte quelle mini-pizze ai wurstel e pretendevo che grazie a te la bilancia avesse segnato due chili in meno.
Ce l'hai con me? Spero vivamente di no perché, nonostante tu mi abbia deliberatamente ignorata esponendomi al pubblico ludibrio della sala d'aspetto, ho davvero
davvero bisogno di un miracolo.
No, non ti preoccupare, non devi guarire nessuno, lo so che ste cose dopo un po' annoiano. Quello che ti chiedo, invece, è molto più divertente: hai presente quella volta che avevi svalvolato per la questione dell'Egitto e dei primogeniti?
Eh, cari bei vecchi tempi vendicativi...Splendido. Quello. Non è che ti andrebbe di fare un remake? Non una cosa così in grande, intendiamoci, non voglio strafare. Magari solo qualche cavalletta o ragnetto (non so cos'hai sotto mano al momento), anche una bella epidemia di peste andrebbe alla grande...
Ecco, perfetto, scaglia tutto su tale Arturo (il cognome non lo so ma scommetto che hai già capito di chi sto parlando) e, mi raccomando,
daje giù de bbrutto eh!

Tua, piùomenosifaperdire devota
Spica

PS Se ci scappasse anche una colite per il mio dietologo non sarebbe male.

Dio, ovviamente, non si è fatto sentire. Lo capisco, cioè, non è che neanch'io rimanga così spesso in contatto. Anzi, di solito chiamo Lui per chiedere qualcosa solo dopo che molti altri, tra cui mia madre e Babbo Natale, mi hanno dato buca.
Quindi sì, devo ammettere che un pochino me lo aspettavo.
Quello che invece non mi aspettavo assolutamente è stata una cosa successa oggi, ai limiti della fantascienza oserei asserire, e che soprattutto riguarda (quasi) interamente Francesco Trofei.
Forse è un segno.
No, okay, time out. Partiamo dall'inizio perché l'argomento è delicato e io devo ancora fare luce su questa figura di passaggio (ma che bel passaggio) che mi avete sentito nominare solo di sfuggita.
Francesco Trofei. Francesco CorpoDaFavola Trofei, soprannominato dalle fans (sì, perché lui ha pure delle fans, con tanto di gruppo su facebook) "San Francesco" per la sua innata propensione a mandare le donne direttamente in paradiso.
(Quest'ultimo aneddoto io e Marika lo abbiamo dovuto verificare per vie indirette, ovvero origliando i discorsi di Karo & co. nei bagni delle femmine e non ci è apparso nemmeno troppo strano che proprio lo stormo fosse portatore di tali notizie. San Francesco, dopotutto, è anche il protettore degli animali.)
Patito di ogni genere di sport, dallo sci di fondo al volano, e ovviamente eccelso in ognuno, tuttavia non è stato ancora in grado di mostrare all'umanità tutta il suo fervente lato intellettuale; cioè, in parole povere, per ora sembra solo un idiota multi-tasking con un corpo creato apposta per il diletto femminile.
Leggenda narra, inoltre, che il nostro Adone, alla tenera età di quindici anni appena, sia stato trovato a praticare fiki fiki selvaggio con tre professoresse, una bidella e quattro maturande contemporaneamente, mentre con un braccio sollevava pesi e con l'altro si pettinava la folta chioma.
Leggenda narra e Spica non crede, a dirla tutta, ma - come si sa - il fascino di certi miti sta proprio nella portata delle cazzate che raccontano, quindi tant'è.
Bene. A questo punto, cari lettori, vi starete sicuramente interrogando sui reconditi motivi che hanno spinto la sottoscritta a riportare proprio a voi, che come assunto ve ne sareste anche potuti fregare, la biografia di cotanto figliuolo.
Ebbene la risposta la troverete in quei risicati dieci minuti che l'istituzione scolastica si diverte ancora a chiamare scherzosamente "ricreazione".
Mentre metà delle ragazze si era unita alla fila per il bagno, metà dei ragazzi a quella per l'estasi mistica e mentre io me ne stavo tranquilla ad addentare il mio opulento panino al salame, Francesco OmmioddioMaSonoVeriQuegliAddominali Trofei mi si para davanti in tutto il suo olimpico splendore e mi fa, con quella voce vagamente spermatozoica:
-Ho bisogno di parlarti. Da me alle 4?-

-E tu cosa hai risposto?!- quasi grida Mirko appena finisco il mio più o meno dettagliato resoconto.
-Che domande!- interviene Marika scandalizzata -Sarà svenuta prima di esalare quel "Lo voglio" incastrato tra salame e arrapamento!-
Le rifilo una gomitata e quella barcolla continuando a sghignazzare.
-Gli ho detto di sì, mi sembra ovvio. Anche se mi è sembrato a dir poco surreale che avesse deciso di eleggere me come primo esemplare del genere umano a cui rivolgere la parola...-
-A me sembra surreale che parli e basta. Pensavo facesse solo da complemento di arredo.- maligna intanto Marika -Ora non mi verrete a dire che sa anche leggere perché giuro sul divino Johnny che non ci crederò!-
-La tua è tutta invidia perché Spica ha un quasi-appuntamento col sex simbol della scuola e a te non si fila neanche quel nerd monomaniaco di Piercasimiro Strapazzo- la rimbecca il fratello.
-Innanzitutto Piercasimiro aveva rinunciato a me solo perché, e cito testualmente, gli sembravo "troppo bella e troppo impossibile - (sghignazzo di Mirko in sottofondo) -e in secondo luogo, fammi un po' tu la lista di tutti i tuoi fantomatici fidanzati, caro il mio Broke Back Sfigato!-
Segue un lungo minuto di silenzio in cui tutti e tre meditiamo tristemente sulla nostra condizione di zitellaggine perenne che si protrae, inutile negarlo, ormai da diciassette anni a questa parte.
-Mi chiedo cosa possa volere da me...- mormoro infine io afflitta.
-Oh tesoro, qualunque cosa voglia da te, c'è solo una cosa da fare prima di andare a casa sua-
Io e Marika fissiamo Mirko con un misto di scetticismo e raccapriccio.
-Ovvero sia?-
-Scegliere cosa indossare, è ovvio!-

Ehi, Dio, avevamo detto miracolo, non ecatombe!

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