A Rose For Everafter.

di Beckss_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Again. ***
Capitolo 3: *** Remember ME. ***
Capitolo 4: *** Photos. ***
Capitolo 5: *** Perchè sei speciale. ***
Capitolo 6: *** Flashback. ***
Capitolo 7: *** The End 1/2 ***
Capitolo 8: *** The End 2/2 ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


A ROSE FOR EVERAFTER.

Prologo.

      Scivolava fra le vie di New York con un’aria apparentemente tranquilla e pacata, nascondendo sotto gli occhiali da sole gli occhi gonfi dal pianto. La Grande Mela la osservava mentre sfilava sui suoi tacchi alti in una calda giornata primaverile,diretta chissà dove; la città la osservava mentre si districava fra un groviglio di persone. Il vestito nero che indossava lungo fino al ginocchio ricadeva delicato sui fianchi e si muoveva leggermente ogni volta che accelerava il passo.
I boccoli ricadevano sulle spalle.

Quella per lei era una data importante, una data che aveva deciso come capostipite di una nuova tradizione, una tradizione spiacevole.
Circa un anno fa per poco non moriva al Funerale di Roy Montgomery. Circa un anno fa si era ripromessa di fare giustizia; poi ci era riuscita. Aveva fatto giustizia per lei, per Roy e per quegli anni di vita persi nella speranza di trovare una verità difficile da scoprire.
Kate Beckett avanzava lentamente verso la lapide del suo secondo padre, passando per il punto dove le avevano sparato. Si fermò un po’ e sentì di nuovo le lacrime bagnarle il viso.
Non aveva mai pianto; aveva voluto essere sempre forte eppure questa volta non c’era riuscita. Dopo un anno di emozioni represse quella mattina Kate aveva pianto, da sola, su una foto e poi era uscita.
Ora le lacrime dovevano ritornare dentro.
Circa un anno fa tutto era cambiato.
Kate Beckett non amava le folle e aveva stabilito che da quel giorno fino alla fine della sua vita due giorni prima dell’anniversario di morte di Roy lei sarebbe andata a renderle omaggio da sola, con tutta l’emozione e l’affetto che solo lei poteva avere.

Avrebbe voluto essere da sola.
Sarebbe dovuta stare da sola.

Ma nella vita a volte, stare in compagnia aiuta. Certe volte servirebbe una spalla su cui piangere; lei la spalla l’aveva mandata via.
Così con una rosa in mano, qualche giorno prima di un anno fa Kate, con una rosa in mano si addentrò in quel settore del cimitero che non avrebbe mai più voluto vedere.


PiccoloSpazioMio:

Buonasera, dopo una piccola assenza ritorno con questa long-fic (anche se mi ero ripromessa di non farne più) che probabilmente sarà più piccola di Cape Cod. Dallo sviluppo ancora incerto la FF è nata dopo una passeggiata per Roma.

Spero che almeno l'inizio vi interessi
Peace Love & Love Panda

Beckss
      

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Capitolo 2
*** Again. ***


Again.

Procedeva a passo spedito, come se fosse una soldatessa.
Procedeva a passo spedito, come a voler buttare indietro tutto il dolore accumulato in quella sua vita piena di sofferenze.

Si bloccò all'istante quando vide un uomo davanti al suo punto di arrivo, davanti alla tomba del suo Capitano; anche se morto lui sarebbe rimasto per sempre Il Capitano.

Con lo sguardo basso andò dietro di lui e non proferì parola.

"Siamo arrivati a questo punto? Non mi saluti neanche più, Detective?"

La sua era ferma, dura, aggressiva; non permetteva repliche. Il Detective, quell'appellativo che  lui aveva sempre usato perprenderla in giro, questa volta era usato come forma di rispetto, come nome fermo e impassibile da darle.
Lei incassò il colpo e le lacrime riaffiorarono.

"Perchè sei qui, Castle?" disse con la voce tremolante.
Lui si girò e la guardò freddo; di tutta risposta lei si voltò, dandogli le spalle e asciugandosi le lacrime che oramai riuscivano copiose dal volto. Mostrarsi così debole davanti ai suoi occhi non era mai stata sua intenzione, ma ultimamente si trovava a fronteggiare con stati d'animo più grandi di lei.

Lo scrittore vide in difficoltà la sua Musa e decise di mettere da parte per un attimo i risentimenti.

Castle si ripetè la domanda fatta qualche minuto prima in mente e la prima risposta che gli balenò in mente fu: "perchè sapevo di incontrarti".
La cambiò e disse:
"Sono qui perchè vengo sempre una volta al mese a trovarlo" parlò con tristezza.
"Fra due giorni ci sarà la commemorazione".
"Si ma non saremmo più io e lui come prima." parlò di getto, lasciando intendere che c'era stata un'amicizia al di fuori del lavoro fatta di confidenze e consigli fra loro due.

La donna, che nel frattempo si era girata, rimase colpita da quelle parole: non se lo aspettava.
L'uomo che si era spostato da davanti la tomba per farle spazio, si mise da un lato e poggiò lo sguardo su di lei, osservandola.

Notò gli occhiali da soli poggiati lì per non far vedere gli occhi gonfi dal pianto, notò i suoi capelli che ricadevano leggeri sulle spalle.
Notò che aveva un vestito nero e che non era cosa da lei vestirsi così per andare a lavoro; ne dedusse che l'agente avesse preso delle ferie.
Osservò la lentezza nell'abbassarsi e nel poggiare una rosa rossa vicino gli altri fiori e come inginocchiadosi toccò la foto del suo secondo padre.

Strinse la mascella e i pugni per non far uscire le lacrime e si obbligò, girandosi dall'altro lato, a pensare a qualcosa di allegro.

I minuti trascorsero in silenzio.

Fu lei ad interromperlo.

"Hai...hai da fare oggi?"
Pensò di aver di nuovo rovinato tutto, pensò che non avrebbe neanche dovuto chiederglielo.

"No, Kate. Non ho da fare".
Sorpresa da quella risposta continuò: "Ti va..ti va di pranzare insieme a casa mia?"

Lui, più sorpreso di lei disse un "certo" che illuminò il viso di tutti e due.

Forse non tutto era perduto e forse c'era ancora qualcosa da salvare.
Forse i loro sentimenti si erano solo assopiti e Castle se ne accorse quando per scherzo, porgendole il braccio, lei lo intrecciò con il suo preseguendo a braccetto per la Grande Mela.

Casa di Beckett non distava più di tanto e in quella calda giornata faceva piacere a tutti e due camminare un po', liberandosi la mente.

Lei ancora non lo sapeva, ma lui già lo aveva capito: si stava di nuovo innamorando di lei, superando ogni rancore e ogni dissidio, rivolendo per lei la Musa che le aveva catturato il cuore.
E per questo, per riavere di nuovo indietro questo, era disposto a tutto.

Arrivati davanti al palazzo di Beckett e una volta saliti lei gli disse di fare come se fosse a casa sua e che non c'era bisogno di essere in imbarazzo perchè oramai si conoscevano da quasi cinque anni.

"Quindi...posso cucinare io?"
"Oh bhè, c'è poca roba in dispensa ma se riesci a fare del tuo meglio con ciò che c'è, accomodati!"

Si sfregò le mani e urlando, per farsi sentire da una stanza all'altra disse:

"Vai a farti una doccia, Beckett! Qui ci penso io".

Accogliendo quell'invito Beckett si chiuse in bagno appoggiandosi alla porta.

La Detective era stanca, spossata e usurata dalle emozioni troppo rinchiuse in quella corazza e ora stavano premendo per uscire. Volevano andarsene da lei. Lei voleva essere felice e forse ora ne aveva di nuovo la possibilità.

In passato aveva sbagliata, ma lui ora era nella sua cucina, di nuovo. Di nuovo con lei.
Aveva sbagliato in passato.
Ora voleva rimediare.
Voleva essere felice. Voleva togliersi l'armatura di dosso.

Castle aveva un sorriso ebete stampato in faccia in quel momento, stava dimenticando piano piano la tristezza di quei giorni passati. Di quegli infiniti e interminabili giorni passati.
Si, era vero, si stava di nuovo innamorand di lei.


AngolinoMio*.*

Eccomi con il secondo capitolo.
Mi scuso intanto con voi se ho tardato ma la scuola mi toglie tempo prezioso. DA qui nasce l'idea di aggiornare la domenica o il sabato. Quindi aggiornamento una volta a settimana o sabato o domenica.
Questo è un capitolo un po' di passaggio che spero vi piaccia comunque.
A presto...
Peace,LoveAndHugPanda
B.

Ps: Recensioni e pomodori sempre ben graditi! :D


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Capitolo 3
*** Remember ME. ***


Remember Me.


La detective si finì di tamponare i capelli con l'asciugamano e poi uscì dal bagno sorridente.
Era certa che Castle avesse perlustrato la sua casa ed era certa che aveva visto la sua foto insieme a Montgomery, che era sul comodino, girata verso il muro.

Era certa che si chiedeva il perchè, ma non voleva affrontare il discorso, ancora.

Entrò in cucina e lo trovò armeggiare con le cipolle e con delle copiose lacrime che si facevano strada sulle sue gote.
Rise nel vedere un uomo così forte piangere.
Si accorse di lei e lui si girò ricambiando il sorriso.

Era calato il silenzio e l'imbarazzo, di nuovo.

Si scambiavano sguardi timidi mentre l'altro non si accorgeva, forse, degli occhi puntati su di lui.

Mangiarono tranquillamente e a fine pasto Castle decise di prendere la parola.

"Becks, non fraintendermi, non che io non voglia stare qui con te, ma perchè sono a casa tua?"
"Io..volevo parlare?"
"Di cosa?"
"Di quello che c'è stato qualche tempo fa."
"Non c'è stato nulla Castle."
"Non direi, vedi ti stai rimettendo sulla difensiva".

Castle oramai la conosceva bene e sapeva tutto di lei. Sapeva che in quel momento avrebbe voluto urlargli in faccia tutto il suo dolore, ma che ancora non era pronta. Sapeva che quello sguardo indifeso che ora gli stava riservando serviva a dire: "Dammi tempo".
Anche stavolta riprese lui la parola.

"Non devi fare le cose di corsa. Io ci sono", le confessò.

Lo guardò riconoscente poi ritornò sorridente.
"Allora, che si fa, Castle?"
"Non saprei.." rispose titubante.

Si avvicinò alla libreria con l'intento di cercare un dvd ma venne attratto da una foto.

"E questa?"
"Questa me l'ha fatta mio padre qualche tempo fa."
"Sarei curioso di vederti da giovane, sai Becks?"

Lo guardò prima con fare minaccioso, poi lo osservò divertita; tirò fuori una scatola di cartone bel rilegata contenenti tanti piccoli album.

"Qui dov'eri?"
"Era il primo giorno di scuola. Avevo quell'orribile acconciatura che mia madre mi aveva voluto per forza fare.." rise al ricordo diventando un po' triste.

Sfogliavano insieme pagine e pagine di ricordi che man mano si rifacevano vividi nella loro mente. Il primo giorno di college, il primo ballo e il primo ragazzo. Tante foto con gli amici.

"Qui? In che occasione l'hai scattata?"
"Questa era la settimana prima che mia madre morisse, eravamo in montagna." disse tristemente.
"Mi dispiace" era seriamente mortificato.
"Non ti preoccupare."

Girò l'ultima pagina e una foto cadde a terra rivolta in giù. Si immaginava fosse un'altra foto con la madre, era pronta, forse, a ricordare il ricordo della sua morte che forse dopo tanti anni aveva iniziato a metabolizzare, con fatica. Affrontare il dramma di sua madre era stata una delle cose più difficili che lei avesse mai fatto e ci stava riuscendo solo con l'aiuto di Castle, prima dell'avvenimento.
I giorni successivi a quel fatto furono giorni pesanti scanditi dalle lancette dell'orologio che quasi sembravano non scorrere avanti.
Si chinò, spostando da un parte i capelli ancora un po' umidi e vide la stessa foto che aveva sul comodino rivolta verso il muro, in modo che non potesse vederla: Lei e Montgomery.

La fece scivolare di nuovo per terra e si alzò di scatto con le lacrime agli occhi, correndo a chiudersi in camera.

Non era pronta per affrontare quella morte.


Angolino Mio *_*

Scusate a tutte per la mia assenza e per non aver aggiornato prima, ma sono dovuta scendere in Sardegna per un problema con un mio amico. Intanto ecco il terzo capitolo un po' più corto degli altri per problemi di tempo!

Spero vi piaccia
Baci
B.

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Capitolo 4
*** Photos. ***


Photos.

Lo scrittore rimase interdetto, cercò di capire se fosse colpa sua, se la causa di quel dolore fosse dovuta a lui che l’aveva spinta a rivangare tutto.
Raccolse la foto per terra e la osservò.
Era così sorridente quella Beckett che quasi poteva dire di non conoscerla una Kate così.
Girò l’istantanea e vide una data risalente al primo giorno di servizio della Detective quando già Montgomery l’aveva presa sotto la sua ala, per proteggerla.
 
Il suo pensiero ricadde ancora sui sensi di colpa, quelli che lo divoravano da oramai tanti mesi. Da quando era successo, poi non si erano più parlati. Quel giorno, quel pranzo, quel suo invito Castle aveva sperato fossero segni di un nuovo inizio e in cuor suo sapeva che era così; si domandava solo se ne valesse la pena.
 
L’hai sempre vista triste e quelle poche volte in cui lei ti aveva mostrato un sorriso vero, quelle poche volte le avevi nel cuore e le custodivi gelosamente a ogni costo.
Sapevi di amarla, si, Richard Castle si era innamorato di nuovo di lei una volta giunti a casa sua; una volta giunti a casa di Beckett lui si era reso conto che il loro rancore, i loro dissapori, stavano portando a qualcosa di più grosso, stavano portando al vero chiarimento.
 
Richard teneva ancora fra le mani quella foto continuando a rigirarla come a voler stampare in mente ogni singolo frammento di inchiostro. Pensò che lei dovesse essere molto gelosa di quel ricordo, così come appunto lui lo era di altri.
 
Si sistemò meglio sul divano e fissò il muro bianco perso, così, nel vuoto e nei suoi pensieri; più tardi sarebbe andato da Beckett a consolarla e a farle da spalla, ma prima voleva lasciarle del tempo.
 
Tempo. Quella parola risuonava nella mente di Castle come l’eco in una caverna: tempo, lui gliene aveva concesso tanto, ma poi si era spazientito.
Scacciò via i momenti che gli ricordavano la sfuriata di qualche mese prima e cercò di focalizzare solo le cose positive.
 
Si chiedeva se fosse giusto ciò che stava facendo, si chiedeva se fosse stato giusto rientrare di nuovo nella sua vita.
Castle si riteneva un uomo maturo, ma con un piccola vena da Peter Pan, estroverso e soprattutto si riteneva un buon alleato. L’aveva sempre sostenuta eppure forse ora, il suo aiuto non serviva più oppure era diventato troppo poco.
 
Si sentiva inutile in quel momento: l’aveva vista alzarsi e andare a piangere da un’altra parte. Pensava forse di bastare, lui da solo a poter attutire il grande dolore che quella donna provava? Certo che no, ma sperava che lei almeno si confidasse, sperava ameno che quel rapporto fatto di confidenze ricominciasse.
 
Una morsa attanagliava lo stomaco di Castle, l’agitazione si era impossessata del suo corpo, la sua mente sapeva che era ora di andare da lei.
 
Erano passati quarantacinque minuti e Castle sperava che lei lo facesse entrare.
 
Bussò un volta e sentì all’interno della stanza un piccolo movimento.
Bussò una seconda e una terza volta.
 
“Beckett se non mi apri, la butto giù questa dannata porta!” urlò Castle tra il serio e il faceto e giurò di averla sentita ridere, o forse sorridere.
 
Un flebile “è aperto” giunse dalla stanza. Lui tirò giù la maniglia ed entrò.
 
Un forte odore di candele pervase le sue narici, ma i suoi occhi non furono altrettanto contenti di entrare in quel nuovo ambiente.
 
La stanza era in penombra, le finestre abbassate e una piccola abat-jour illuminava la stanza. L’aria era densa e quel luogo contribuiva a sciogliere la morsa che si era impadronita dello stomaco dello scrittore.
 
Era sdraiata abbracciando un cucino sul lato sinistro del letto, fissando la libreria davanti a lei.
 
Lo scrittore mescolò la sua vena seria con quella da Peter Pan decidendo di voler sbloccare la situazione.
 
Si tolse le scarpe e si distese sul letto di fianco a lei incrociando le dita e appoggiandosele sullo stomaco. Fissò a differenza sua il soffitto panna.
 
“Beckett te la posso fare  una domanda? Perché panna e non bianco? In effetti bianco fa troppo ospedale mentre il color panna smorza un po’ quella rigidità del colore bianco. Quando c’è sole – c’è sole in questa stanza Becks? – questo posto dovrebbe essere molto luminoso. E comunque, ripeto, ottima scelta il colore panna. Sai, fa bene anche alla meditazione. Veramente ottimo. Brava! Ti chiamerò quando dovrò ridipingere il loft!”. Aveva fatto un monologo e sperava avesse sbloccato la situazione.
 
Senza proferire parola lei si girò e lo guardò con quegli occhioni che lo facevano sciogliere.
Pensò fosse un buon segno.
 
Si sistemò un po’ poi continuò:
 
“L’ultima volta che ho fissato un soffitto bianco è stato quando ho avuto la prima ragazza. Appena ebbe un ritardo pensai che sarei diventato padre di lì a poco… oppure che sarei morto. – fece una pausa ridendo poi ritornò a raccontare – il padre mi venne a cercare a casa e per poco non mi uccise; mi chiusi in camera per otto lunghe ore, poi uscii. La mia camera aveva il soffitto panna.
È l’ultima volta che ho fissato un soffitto: a casa mia fisso le pareti.”
 
Si girò verso Beckett voltando il viso con un’espressione che la fece sorridere.
 
Il suo intento era di farle capire che si poteva fidare di lei, che lui era rimasto il solito Castle di sempre, il solito vecchio Castle che la faceva svagare e la faceva stare bene.
 
Gli occhi della donna si velarono di lacrime e in quel momento assomigliavano a quelle di un piccolo cerbiatto.
 
Si mosse impercettibilmente e si andò ad accoccolare sul petto di Castle.
 
Forse ora era pronta.

Angolino Mio! Sono tornata a Romaaaaaaaaaaaa! E l'ispirazione torna! Sisisisiiiiii! Non vi libererete mai di me! Ahahahahahahahha. Vado, vi lascio al commento e ai commenti; me li lasciate vero, belle donzelle?? Vi adoro girlss ù.ù E mi raccomando, HUG PANDA! :D



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Capitolo 5
*** Perchè sei speciale. ***


Sproloqui

Capitolo piccolo perchè l'ho scritto di getto dopo alcune mie riflessioni particolari...
Spero vi piaccia comunque, il prossimo capitolo vi chiarirà tutto :D
A quà sotto...



Perchè sei speciale


Beckett si sentiva pronta a fare quel salto nel vuoto che mai avrebbe pensato di poter fare. Si sentiva così spaesata e persa, si sentiva così senza energie, prosciugata da quel nuovo stato, da quella nuova emozione che avrebbe desiderato fermare il tempo e prendere fiato, riuscire ad apprezzare ogni singolo respiro di quell’uomo e poi ripartire.
Seppur di poco, il suo volto si alzava e si abbassava in concomitanza del respiro dell’uomo; si sentiva così bene e così in pace con se stessa.
Non riusciva a capire come un uomo potesse farla ridere e farla sentire bene, non riusciva a capire come mai lui si era preso involontariamente così tanto di lei, donandole altrettante parti di lui. Si erano trovati e lei aveva rinnegato quel sentimento che è quasi scontato per quanto era visibile. E poi lui si era tirato indietro e tu lo avevi fatto indietreggiare del tutto: le cose sembravano essersi rotte definitivamente.
 
Davvero non lo sapevi, perché lui ti facesse stare così bene, ma era così, era così e basta e nella vita non bisogna sempre avere la risposta a tutto; ti aveva conquistata, punto. Non era quello che ti descrivevano tutte, così bambino e così viziato, che pensava solo a possedere una donna, tanto da non far rendere visibile quasi qualche altra parte di lui. Tu l’avevi scoperta.
 
Ora fissavi un punto sul soffitto anche te e ti rendevi conto della differenza fra bianco e panna. Era vero, ottima scelta il color panna.
 
Inspirò, gonfiando il diaframma, poi espirò. Inspirò e poi parlò di nuovo:
 
“Ti sei mai sentito come una piccola foglia trasportata dal vento chissà dove? Vedi Castle, io ora mi sento così. So che da qualche parte sto andando, vado dove mi porta il destino, ma con chi e con quale parte di me stessa? Mi sento in colpa Richard, per tutto il male che vi ho fatto.”
 
L’uomo aggrottò la fronte pensieroso: credeva forse che lei fosse causa di tristezza per lui? Lasciò andare via il pensiero e rimase in silenzio per farla sfogare.
 
“Quando l’ho visto lì in quella bara e prima, lì sdraiato per terra mi sono sentita morire. È come se mi avessero chiuso in faccia la porta di una cella buia e desolata e io urlavo ma nessuno mi sentiva. Nessuno mi sente e io forse sono davvero sola.” Continuò la donna in un sussurro quasi fosse un’idea che non doveva essere detta. In cambio di questo pensiero, assorbito dalla positività dello scrittore ricevette un abbraccio. Era sempre così: lui inghiottiva la sua negatività e lei riceveva amore in cambio.
 
“Non ho più uno scopo, e anche quello di trovare l’assassino di mia madre è uno scopo finto. Senza di lui mi sento vuota.
Ti è mai capitato di sentirti così sperduto e vuoto che l’unica soluzione è doverti aggrappare a qualcuno per poterti far riportare su?”
 
Richard era quasi commosso, quasi le lacrime scendevano sulle sue guancie. Non sapeva perché stesse reagendo così, però stava succedendo.
La strinse ancora di più a se e le disse di si.
 
“Lo sai, Kate, che sei stata te quella forza che mi ha fatto risalire?”
“Tu avevi tutto.”
“Io non avevo nulla. Avevo l’amore di mia figlia non riuscivo a sopportarlo. Dentro ero vuoto, non avevo nulla eppure apparentemente avevo tutto.”
“Perché ti ho salvato Rick?” chiese alzandosi di poco senza interrompere il contatto
“Perché sei speciale. Ma tu, perché mi hai allontanato?”
 
Era ora di rispolverare i vecchi fantasmi del, seppur prossimo, passato.

Sproloqui...

...Eccomi! Spero vi sia piaciuto comunque.
Rinnovo le mie scuse per la presenza saltuaria però la scuola è quella che è :'(

Peace Love and Hug Panda
Beckss

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Capitolo 6
*** Flashback. ***


Flashback

Tirava un leggero venticello, il cielo era sgombro, per quanto possibile, da smog e impurità.
A Central Park, in quell'angolo fuori dal mondo che si erano ricavati dal chiasso della città, la luna si vedeva.
Loro erano mano nella mano, incerti del loro futuro, consapevoli però di essere giusti in quel momento.
Quel lieve imbarazzo, come se fosse la prima cotta, aleggiava nei loro discorsi. Erano calmi e imbarazzato. Estratti dalla loro "zona sicura", le loro difese cedevano. Tutte le difese cedono.
Avevano resistito così tanto che il tempo cominciava a non potersi più contare sulla punta delle dita e gli ulltimi avvenimenti erano stati così decisivi e significativi che forse non c'era davvero più tempo da perdere.

Nella vita, lo avevano capito insieme, non bisogna perdere tempo, da un momento all'altro potrebbe succedere qualcosa che cambia tutto.
Trovarsi ad un passo dalla morte li aveva spronati ad inseguire quell'obiettivo unito che avrebbero dovuto raggiungere tanto tempo prima.

E' da questa consapevolezza che erano diventati un noi, dopo che la detective aveva lasciato il dottore.

"Tutto ok?"
"Si, tutto bene."
"Ti fa male qualcosa?"
"No, tutto ok."

La detective pensava in quel momento a quante cose fossero cambiate dall'ultima volta che aveva passeggiato con la madre per Central Park. Si ricodava tutto.

"Prima o poi, Katie camminerai per queste strade con il tuo uomo e ti sentirai sicura e protetta."
"Mamma, mamma, come farò a capire chi è l'uomo giusto?"
"Ti sentirai come mai prima e il tuo sguardo sarà diverso."
"Come faccio a vedere il mio sguardo cambiato, mamma?"
"Ci sarò io a vederti, amore"..

Poi avevano continuato a camminare.

Beckett sapeva che il suo sguardo era diverso e le lacrime che si erano affacciate sul suo volto al ricordo della madre furono ricacciate dentro da un sorriso nato spontaneo al pensiero dell'uomo giusto.

"Perchè ridi?" gli aveva chiesto dolcemente Rick
"Perchè mi è venuta in mente mamma" rispose un po' imbarazzata lei. FOrse si stava scoprendo troppo ai suoi occhi.

Sorridendo bloccò la detective e gli si parò davanti per farle un discorso.

"Sai Kate, sono felice che tu sia con me, qui ora e che tu pensi a tua madre felicemente. Sono felice che non sia più un'ombra cupa sul tuo viso."
Colpita e affondata, ma Kate non capiva e sentendosi chiamata in ballo sul personale, si cominciava a ritrarre.

"Che vuoi dire?"
"Andiamo Kate, cominciava a diventare un'ossessione, sei quasi morta per risolvere l'omicidio di tua madre e ora che l'hai risolto porti con te una ferita quasi mortale."
"Non ti seguo"
"Sono felice che questa storia sia finita, perchè tua madre meritava giustizia e perchè stavi rischiando troppo".
Colpiata e affondata di nuovo.
Beckett ritrasse la mano da quella di Castle.
Era ancora troppo debole per affrontare quel discorso e si sentiva colpita nel vivo. Sapeva che aveva ragione ma non era ancora pronta per ammetterlo.
"Tu non mi conosci così bene. Non sai cosa voglia dire per me vedere chi ha ucciso mia madre dietro le sbarre. Tu non lo puoi capire"
Si girò di spalle.
"Non sto dicendo questo, sto solo dicendo che forse cominciava ad essere troppo pericoloso"
"Perchè? Solo perchè mi sono beccata una pallottola mentre cercavo un lieto fine?"
"Kate! Stavi per morire!"
"Non mi importava! Dovevo trovare la verità e l'ho fatto."
"Non ti importava di chi avresti perso?"
"La persona più cara a me l'ho persa ingiustamente."
"Ci sono tante persone che ti amano e sai bene che lei resterà sempre con te."
"Cosa c'è Castle, vorresti che io sia una bambola come le tue vecchie fiamme?"
"Ma cosa c'entra?"
"Forse sono troppo "avventuriera" per te. Forse non siamo giusti noi. Forse non mi capisci come pensi".
Castle si sforzava di capire, di esserle vicina, ma accusarlo di non capirla non era giusto.
"Forse è ora che fai un o' di chiarezza nel tuo cervello, Kate. Forse dovresti tornare con il dottore, se io sono troppo per te, se io ti capisco troppo."
"Non ti far più vedere in distretto."
"Tranquilla, non ne ho intenzione. Dimmi solo una cosa. E' la fine?"
"E' la fine".
"Bene." sentenziò lui.
Castle era esasperato e ferito; ferito da quelle parole, ferito dagli ultimi avvenimenti e forse in collera con la morte. Era ferito ed esasperato. Ora il primo passo l'avrebbe dovuto fare lei.

Si congedò dandole un ultimo bacio sulla guancia e dicendole che le voleva bene. Lui ci sarebbe sempre stato per lei, ma lei doveva capire cosa fosse giusto per se stessa.

La lasciò da sola su una panchina, la loro panchina, accarezzata dalla brezza.
Sola con i suoi pensieri e i suoi rimorsi, forse con lo spirito di sua madre vicino.
Lui ci sarebbe sempre stato.




Ho fatto chiarezza nelle vostre menti? Ecco il litigio.
Scusate il ritardo ma è stata una settimana terribile.
Vi ringrazio di seguire sempre le mie storie e rinnovo i miei complimenti al fandom, perchè siete dolcissime e bravissime.
Spero vi piaccia.
Al prossimo.
Ah..permettetemi di scrivere solo un'ultima cosa.

Dedicato con tutto il mio cuore a P. perchè sei andata via troppo presto.
E a W. perchè sei la persona più forte che conosca. Ti voglio bene.

 

Spero sia vostro gradimento.
Hug Panda and Peace&Love
Becks

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Capitolo 7
*** The End 1/2 ***


The End Part One

Dicono che le scelte migliori si facciano di notte, fra le coperte, con gli occhi aperti intenti a fissare il soffitto, a pensare ai propri problemi a cercare di risolverli.
La soluzione al problema invece era avvenuta di giorno.

I momenti che seguirono quelle confidenze, quei chiarimenti furono unici. La consapevolezza di essere un "noi" si raggiunge solo quando si è pronti: lei evidentemente lo era.

Richard Castle era riuscito a penetrare facilmente nella sua corazza; c'era riuscito subito. L'aveva colpita con il suo modo di fare da bambino eppure così maturo. Lui sapeva capirla, sapeva prenderla. Con lui Beckett non cadeva mai, con lui quella insistente paura di cadere non c'era.
Riusciva ad essere semplicemente Castle, con un sorriso od una battuta e stava di nuovo bene.

Beckett l'aveva fatto crescere.
Era riuscito a farlo diventare una persona migliore.

Quel pomeriggio lui le chiese per quale motivo avessero litigato.

"Perchè Kate?"
"Avevo paura"
"Di cosa, Kate? Di cosa hai sempre avuto paura?"
"Di non essere abbastanza"
La guardò negli occhi
"Di non riuscire a farti felice. Di avere troppi problemi da farti spingere a cambiare idea."

Non le rispose, Castle in quel momento non aveva parole. Cominciò solo a sfiorarle delicatamente la mano e la schiena, con movimenti regolari delle dita.

Su e giù. Pian piano sentì i muscoli della detective rilassarsi finalmente. Le spalle cadevano giù morbide e i muscoli non erano più rigidi.

"Sappi che per me non è cambiato nulla".

Ed era vero. La amava e avrebbe continuato a farlo sempre.
Richard Castle, l'uomo passionale, era riuscito a penetrare quel muro e si era innamorato del tesoro trovato.
La amava per quello che era, poco gliene importava se non era una Barbie come le sue ex mogli.

Si assopirono entrambi poco dopo, cullati da una dolce traqnuillità.

Al suo risveglio Kate avrebbe dovuto affrontare una grande prova.


Sproloqui

Capitoli corti e me ne scuso. Porto avanti la storia perchè è giusto sia così ma fino a qunado la scuola non mi avrà mollato un po' farò una one-shot a settimana o poco più.
Il prossimo capitolo chiuderà la storia.
Ci sarà parecchio zucchero xD

Spero vi piaccia,
grazie dela fedeltà
Vi amo girls!
Beckss

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Capitolo 8
*** The End 2/2 ***


The End. A rose For Everafter.

Lo guardava respirare e tutto questo le metteva già calma.
il suo viso, lo sentiva, si abbassava quando il suo torace espirava.
ERa tutto immobile, come se il tempo si fosse fermato.
In quei giorni di lutto le era rimasto vicino e fra di loro le distanze erano diminuite, di molto.
L'abbracciava stretta e lei per la seconda volta in tutta la sua vita si sentì protetta come non mai.
La prima era stata fra le braccia di sua madre: forse Castle le sarbbe piaciuto, forse gli avrebbe voluto bene.

In tutta quella calma una sorta di consapevolezza la colse all'improvviso. Forse era giunto il momento.
Posizionò fra le braccia di Castle un cuscino e con una sempre maggiore agitazione si diresse verso il bagno.
Aprì l'acqua calda e si posizionò sotto il getto caldo della doccia.
Si strofinò gli occhi e respirò a fondo sperando che quel senso di disagio sparisse, ma non fu così.
E sentì qualcosa bagnarle gli occhi e non era acqua.
Riusciva a piangere finalmente.
Finalmente avrebbe potuto mettere fine a quella tortura chiamata solitudine.
Le emozioni stavano espugnando la roccaforte della durezza.
E il vincitore era già acclamato dalla folla.
Si attaccò al muro e pianse come non aveva mai fatto.
Pianse per la madre.
Pianse per tutta la tristezza accumulata.
Pianse perchè stava quasi perdendo Castle.
Pianse perchè poi non lo aveva mai perso ed era sempre stato lì.
Pianse e si sfogò, poi capì ch era arrivato il momento per un'altra cosa.

Un'ora dopo era fuori dal bagno. Si era lisciata i capelli, aveva dedicato un po' di tempo per se.

Trovò la colazione a tavola e un foglietto.

"Ti lascio un po' di tempo per te. Ci vediamo lì".

E questa sorta di telepatia diede l'impulso finale a Beckett.
Lui era l'uomo giusto.
Avevano litigato, scherzato, si amavano e si odiavano, ma lui era quello giusto.

Verso le dieci Beckett si diresse verso quel posto che aveva sempre rapresentato infelicità per Beckett.
Il cimitero era gremito di persone: un funerale. Più in là un'anziana signora rendeva omaggio a suo figlio.

Un genitore non dovrebbe mai sepellire il proprio figlio mai.
Crudele il destino certe volte.

Aveva una rosa in mano, una rosa finta, di plastica, ben fatta.

Arrivò davanti alla tomba e lo vide già lì, ad aspettarla.

Si chinò Beckett e accarezzò la foto spostando i fiori che comprivano il luogo.
Non aveva avuto ilc oraggio di presentarsi l'altro ieri alla cerimonia commemorativa, non era ancora il momento.

E gli parlò, fissando la foto, sussurrandogli cose che non avrebbe mai avuto modo di dire.

"Ti sarò sempre grata per ciò che mi hai dato. Per la forza, per il coraggio, per la spinta decis ache mi hai dato per uscire fuori dal tunnel. Per avermi dato la carica giusta. E per esserci sempre. Per essere sempre lì. Grazie perchè sei vivo, in realtà. Sarai sempre nel distretto.
Grazie per le volte che mi hai coperto, quando andavo in cerca di prove per il caso di mia madre.
Grazie per aver fatto rimanere Castle al distretto.
Grazie perchè sei stato speciale nella mia vita e perchè sei stato come un padre.
Grazie Roy, per avermi protetto.
Ti voglio bene."

Le lacrime scendevano copiose dal volto della detective e un abbraccio possente pervenne da dietro di lei. Si strinse e pianse, finalmente buttando fuori tutto il suo dolore.

Girandosi si chinò di nuovo e lasciò di nuovo una rosa, incastrnadola bene nel vaso.

"Perchè finta?"
"Affinchè sia per sempre".

Roy sarebbe rimasto per sempre nei loro cuori.

Sproloqui.

Cari lettori,
mi rendo conto che questa FF possa essere stata diversa dalle altre, magari anche un po' più pallosa. Mi scuso prima di tutto per i ritardi, ma veramente la scuola mi sta uccidendo.
Dopodichè vorrei fare dei ringraziamenti e delle dediche (..che si fanno a inizio libro ma io, è uguale, li faccio alla fine).

Ringrazio tutte quelle che in ogni caso, malgrado i ritardi, hanno seguito la storia.
Grazie a chi mi dimostra sempre affetto.

In seguito dedico la storia a tre persona.
A Federica e Stefania (alias Angol e Beside_real) perchè sono due ragazze STUPENDE.
E poi lo dedico a P. e a W, che è una ragazza stupenda e fortissima. Vorrei avere un briciolo della sua forza.

A presto con delle One shot.
Un abbraccio
Becka.

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