The right one

di remvsg
(/viewuser.php?uid=104267)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I'm not that boy ***
Capitolo 2: *** I'm not that girl ***
Capitolo 3: *** I'm not that boy [reprise] ***



Capitolo 1
*** I'm not that boy ***


un grazie speciale a Madamoissele Jillien e a Madamoiselle Roxe

Sarah Sawyer



 
Era stata felice. Lo era stata veramente.
Non capita a tutti trovare un fidanzato e un collega insieme, soprattutto quando hai bisogno di quest'ultimo con una impellente necessità.
Certo, rischiare la vita al primo appuntamento non era proprio un piano romantico, ma John era anche questo. E a lei John piaceva.
E sapeva anche che John non era una persona, era un pacchetto. Era il suo passato, l' Afghanistan ad interrompere le notti d'amore. Era il suo presente, con improvvise sparizioni nelle fulgide notti londinesi. Era il suo conquilino, e quello è sempre stato il boccone più grosso da buttare giù.
Perché lo sapeva. Perché se aveva un rivale nel cuore di John -e nella mente di John- era lui. Ed era una battaglia persa in partenza.
 
    
"Non capisco"
Provaci John.
"Pensavo che stessimo bene insieme"
Lo pensavo anche io. Lo pensavo davvero.
"Ho fatto qualcosa? ti prego dimmelo"
Ami, e non me, ecco tutto.
"Sarah, io...mi dispiace. Lo so che sono stato preso da altre faccende ultimamente, ma ti prometto che..."
bip bip
un messaggio.
"Scusa, è Sherlock"
E' sempre lui.
    
 
°°°
 
Avrebbe potuto licenziarlo, non lo fece. Neanche accettò le dimissioni di John, cavaliere d'annata diceva lei.
La sua però era una presenza assidua, costante. Una routine fredda, priva di spirito, colma di imbarazzo: un cuore a metà non poteva accettarlo, questo era sopportabile.
Era una presenza fisica, concreta. Lo incrociava in pausa caffè, oppure andando al bagno, alla fine del turno e nei corridoi di quel piccolo studio medico.
John era presente, John era ovunque. Pure nel suo cuore.
Ma sarebbe andato via -lo sapeva-, via a rincorrere quel ragazzo. Quel ragazzo che non era lei.













Abbiate pietà di me gente.
Questo capitolo fa schifo, il prossimo (sì c'è anche un prossimo capitolo e dio volendo anche un terzo, con il permesso di roxe) è migliore. Credo. Spero. Mi auguro vivamente.

Probabilmente a causa del personaggio che ho trattato non mi soddisfa pienamente. Sarah è un personaggio vano e fittizzio. Fittizzio perché serve a dimostrare l'eterosessualità di John. Vano perché tanto tutte noi sappiamo che non è così. Amen. 


Tutta la long è ispirata alla canzone I'm not that girl del celeberrimo musical Wicked ( http://www.youtube.com/watch?v=Ly_9rmOE-L8 )   e partecipa allo Sherlock fest -anche se il promt vero e proprio verrà utilizzato nel prossimo capitolo.

 






 Il titolo della storia mi è venuto in mentre pranzavo :D 
Pensavo di chiamarla come una canzone degl'Abba (indovinate pure, tanto è facile), ma ieri sera mi sono vista "Lasciami entrare", il cui titolo originale è Let the right one in, e con i dovuti accorgimenti l'ho ritrovato adatto.

Importante: penso si capisca, ma si hanno di fronte tre momenti ben diversi. 1) Joh e Sarah stanno assieme, ma c'è un presagio. 2) Sarah lascia John -le parole sono sue, i pensieri di lei- 3) Sarah post sfidanzamento.  Ricordatevi questo schema per il futuro (che tanto il secondo capitolo è pronto, anzi, l'ho scritto per primo).


Eventuali spiegazioni sulla genesi di tutto questo, alla fine.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** I'm not that girl ***





SHERLOCK  HOLMES



La verità era altro. La verità era tutt'altro.
Vedeva nei riflessi dorati di quella chioma bionda tutto quel che non era, e con ciò,  tutto quel che stava perdendo.
 
Sì, John gli aveva promesso che non se ne sarebbe andato tanto presto dal 221b di Baker Street, ma vedeva la verità brillare nei suoi occhi. Lei aveva vinto. 
 
E la vincitrice venne a reclamare il trofeo.
 
 
Se lo aspettava. Se lo aspettava già da tempo.
Ed era pronto in qualche modo.
 
".....capisci? lei ha accettato e quindi noi..."
 
Placa gli ormoni John per una volta, parla come una persona di media intelligenza  può fare.
 
"...domani sarò a cena dai suoi per rendere il tutto ufficiale e quella roba, sai chiedere la mano al padre..."
 
Mai sottovalutare ciò che una femmina può fare ad un uomo, mai. Sherlock, prendi nota per la prossima volta.
 
"...e allora? non dici niete? sei stato tu a dirmi se ti piace tanto sposatela..."
 
Hai perso davvero un'ottima occasione per rimanere in silenzio Mr.Holmes.
 
"....certo, prima andremo a convivere, non siamo nell'Ottocento, ma intanto prepareremo le nozze e tutte quelle cose che piacciono alle donne...a proposito, vuoi che ti trovi un altro coinquilino?"
 
Tu sì che capisci tutto subito John Watson, paladino delle bione nubili di tutta Londra.
 
"Sherlock, ma mi stai ascoltando?"
 
"Ma certo John. Congratulazioni John. Adesso, se permetti, mi preparo per andare all'obitorio. "
 
 Ottima idea far conservare appositamenti due cadaveri per festeggiare l' occasione.
 
°°°
 
La presenza di John in quella casa si percepiva per pochi, essenziali, dettagli.
 
Il profumo ad esempio. Di cuoio e sabbia. Un profumo marrone che prendeva con forza e amore posto nella stanza principale. Non era roba proveniente da prodotti chimici o da uno dei tanti regali che la signorina Morstan gli faceva per renderlo più invidiabile alle sue amiche, era l'odore di John. E già quella notte aveva perso l'intensità della sua fragranza, sparsa qua e là tra il divano e la tappezzeria. 
 
E poi c'era quel bisogno di tè che chiama a rapporto ogni inglese di sana e monarchica costituzione. Nessuna tazza aspettava Sherlock Holmes sul tavolo graffiato della cucina. Mancava John Watson per preparargliela.



 
  La vita è sostanzialmente incoerente 
e la prevedibilità dei fatti
una illusoria consolazione





   visto che devo fare più annotazioni del solito, andrò per punti:

1) La genesi di questo capitolo è piuttosto controversa. Inizialmente avevo scritto la parte finale e quella centrale pensandole per un'altra fic -tuttora orfana di quei pezzi che potrebbe diventare una mystrade, madama musa permettendo, nella mia cameretta a Londra. Tornata in Italia, ascoltando il cd di Wicked mi è venuto in mente una possibile mini long triangolo. Da lì è nato il pezzo iniziale, che riprende molto il promt dello Sherlock fest "She who's winsome, she wins him / Gold hair with a gentle curl / That's the girl he chose / And Heaven knows / I'm not that girl". 
Non avevo ancora chiarito però tutti i terini del triangolo. Adesso è diventato un quadrato con tanto di permesso ufficiale.  Per saperne di più, dovrete aspettare ancora un po'.

2) Profumo marrone, sì. E' una licenza poetica, anzi, sinestetica, che vi posso tranquillamente spiegare: io ho perso l'olfatto. Le mie sinapsi naso/cervello non funzionano più da qualche anno. Grazie all'aiuto di una mia amica, perfettamente sana, ma anche lei sinestetica (ovvero associa ad un elemento percepito con un senso, caratteristiche di un altro) sono riuscita a sopperire alla mancanza dell'olfatto grazie alle sfumature di colore. E' una cosa particolare e per niente facile da spiegare, fatto sta che per me John profuma di marrone -terra di siena bruciata per esseri pignoli-.

3) La citazione finale è presa da Castelli di rabbia di Alessandro Baricco (uno dei pochi autori italiani che valga la pena di leggere). E' una mia personale riflessione, ma anche di Sherlock se volete. E' un modo scoraggiato per dire "Ma porca madosca!?! Perché creare la coppia più bella di sempre con un equilibrio talmente perfetto da unire in maniera intima un genio e un  "normale", ma anche un "bambino" ed un uomo, per poi separarli?!?!?". La vita gli ha fatti incontrare, la vita gli divide. 


------------------------------------------------------------appuntamento al prossimo episodio (dopo Venezia però, prima non ce la farò mai, anche se sono brevi)---------------

 
rem#

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** I'm not that boy [reprise] ***


Con vergognoso ritardo, a tre giorni dal compleanno della donna che firmandosi come la protagonista del capitolo mi ha fatto sudare freddo, dedico questo ultimo capitolo proprio a lei (a caval donato non si guarda in bocca).


Mary Morstan



Innocentemente, sì. Non sapeva a chi stava aprendo il cuore.
Di un universo piccolo, in una realtà quasi inesistente, lei aveva sbilanciato ogni equilibrio.
Lo capì presto.
Il cuore di John era un luogo affollato, ma nella sua generosità c'era spazio per tutti. Decise di sposarlo quando percepì nei suoi occhi blu che a lei era riservato un posto d'onore.
Ma non era una sciocca, non era una ingenua. Il giorno del matrimonio si presentò come una bambina che aveva ottenuto quel che voleva ad un prezzo altissimo, che però le riguardava solo in parte. Vedeva nel suo sposo l'amore incondizionato e la sua grande ingenuità, quella dell'uomo che non si accorge di quanto perfetto sia già il suo mondo solo perché radicato in un desiderio quasi pre imposto, quello della normalità. 
Un incantesimo buono destinato a spezzarsi per una entità oscura, che segna e squarcia. E no, quell'ombra non aveva glaciali iridi grigie.
 
 





"Mary, così non può andare avanti"
John, ti prego
"Guardami, parlami, dimmi qualcosa. Qualunque cosa"
Cosa? che il dolore ci sta uccidendo? Che questa non è la vita che volevo?
"Forse noi dovremmo...dovremmo solo...riavvicinarci, ritrovarci Mary, Io..."
Non     mi    toccare.
"Io ti amo, ma questi non siamo noi. Non possiamo esserlo..."
Questa è solo la versione triste di noi.
 
 
 
 
°°°

Sapeva di non essere la persona di cui aveva bisogno.
Quando ne venne a conoscenza, dette per scontato il suo ritorno a Baker street. Sì, perché scindere due magneti perfetti non è mai una condizione definitiva, radicale, continueranno a muoversi, continueranno a cercarsi e ritrovarsi. Oltre le regole della consuetudine, perché la geometria del Destino balla su altro pentagramma.
 
Custiva ancora quei sogni, la famiglia che dovevano essere, nella casa che insieme stavano pagando, con l'amore che gli aveva sempre caratterizzati. Perché li avevano espressi insieme, e gelosamente lei li tratteneva a terra, alla ricerca di un luogo dove farli sbocciare di nuovo, ma stava girando a vuoto. Non aveva più senso continuare.
Il proprio posto nel mondo non si vince, non è una lotteria la vita. E da quando aveva incontrato John Watson, in fondo sapeva già che il suo era il 221b di Baker Street.
 
E la terra del poteva essere si fece sempre più stretta, lasciando spazo alla vita, che sì, fa schifo ed è ingiusta e fa male, ma è anche tremendamente bella e speciale, imprevedibile nei suoi miracoli reali. E se lui adesso non ha bisogno di lei per ritrovare la grazia di vivere, lei avrebbe fatto a meno di lui.



La realtà ha una coerenza, illogica, ma effettiva.





 

Che parto questo capitolo. Stupida io che pensavo davvero che la signora Watson si facesse domare e di riuscire a finirlo per il 14. Male Rem, molto male!

Mancano 10 minuti alle due di notte, ma tenterò di scrivere delle note decenti lo stesso.


1)Ma come Rem, avevi la possibilità di uccidere la Morstan e non lo hai fatto? Davvero. Stento a crederci pure io. Eppure tutto questo ha un senso. Mi sono introdotta  imbucata in quel meraviglioso mondo che Roxe ci ha descritto in una delle sue chilometriche note, dove ha ipotizzato che nel nostro tempo Doyle non aveva bisogno di uccidere Mary per sbarazzarsi di quest'ultima e far tornare John a casa, e quindi, predisponendo solo una momentanea separazione, neanche di inventarsi l'innominata seconda moglie.

Nel canone il Dottore stesso è poco chiaro, riferendo solo di un lutto importante, senza specificare. In questo capitolo ho voluto che si riferisse ad un ipotetico figlio deceduto molto piccolo.

 

2) partendo dal sopracitato lutto, per la parte centrale mi sono ispirata a The Rabbit Hole, film che tratta proprio di una famiglia che si sta sgretolando a causa della perdita del primogenito. L'interpretazione di Nicole Kidman è una delle poche cose buone della pellicola, quindi ho sovrapposto un po' le due donne. "Questa è solo la versione triste di noi" è una citazione letterale.

3)Con la frase finale, sempre tratta dal signor Baricco, voglio esprimere quanto sia stata impossibile, perfino per l'autore, separare questi due -non John e Mary, per carità, John e Sherlock ovviamente-. La vita gli ha fatti incontrare. La vita gli ha fatti allontanare in più modi (morte, matrimonio). La vita gli rimette insieme. C'è una logica assurda in tutto questo, ma logica è in quanto John era libero quando Sherlock è resuscitato. Che caso, eh?


E se questo capitolo vi ha messo in testa qualche dubbio sulla mia filofofia riguardante la coppia Mary/John, qui sotto troverete la risposta

immagine tratta da Love Actually dove potete "ammirare il caro Martin come l'ha fatto mamma

un bacio a Marty e Noe che pur non conoscendo il fandom mi hanno supportata nella genesi della long





r#

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=802352