Marilena

di Eleanor _ Jude _ Michelle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lacrime di pioggia ***
Capitolo 2: *** La verità ***
Capitolo 3: *** "NO" ***
Capitolo 4: *** Perdonami ***



Capitolo 1
*** Lacrime di pioggia ***


Lacrime di pioggia

LACRIME DI PIOGGIA


Adiòs!”
Marilena uscì di casa sbattendo rumorosamente la porta e stringendo fra le dita i pochi soldi che era riuscta a prendere dal salvadanaio di sua sorella.
Non ne poteva più dei continui litigi dei suoi genitori, di suo padre che tornava ubriaco tutte le sere, sempre con meno soldi, e che si divertiva a sfogarsi su di lei, che ormai era piena di lividi su ogni centimetro di pelle.
Adesso era lì, seduta su una panchina dell'areoporto di Buenos Aires, in attesa del suo volo per Londra..
Aveva solo 16 anni ma ne dimostrava almeno 18, così, insieme ai soldi, aveva “preso in prestito” da sua sorella anche la carta d'identità e il passaporto, sperando che se ne accorgesse solo dopo la sua partanza, o meglio ancora, che non se ne accorgesse per niente.
Nessuno sapeva della sua partenza, tranne la sua migliore amica, Diana, che di sicuro non l'avrebbe tradita spifferando tutto; per il resto era sicura che nessuno avrebbe notato la sua assenza, forse dopo un paio di mesi, ma tanto nessuno si sarebbe sprecato a cercarla.
Immersa nei suoi pensieri, Marilena fu interrotta dalla voce dell'altoparlante che avvisava dell'arrivo del suo aereo.


Fin lì era andato tutto bene, i soldi le erano bastati, il passaporto non aveva destato sospetti e le poltrone dell'aereo erano incredibilmente comode.
Aveva deciso di andare a Londra per poi dirigersi a Liverpool. Diana c'era stata, e diceva che era un posto carino, e poi a dirla tutta era l'unico posto lontano da casa che conosceva almeno un po', grazie alle descrizioni di dell’amica.
Perdendosi nuovamente nei suoi pensieri, Marilena si addormentò..
Dopo ben 18 ore di volo, fatte di mangiare e dormire interrotte da qualche sguardo fuori dal finestrino, arrivò all'areoporto di Londra. Dopodichè prese la metro e, lasciandosi il sole alle spalle, arrivò in una umida e piovosa Liverpool.
Era ora di pranzo ma lei non aveva fame, o meglio, cercava di convincersi di non avere fame, perchè non aveva più soldi nemmeno per comprarsi un panino, allora decise di mettersi subito alla ricerca di un posto in cui dormire e magari anche di un lavoro per pagarsi l'affitto.



Trovò una piccola pensioncina ma abbstanza grande per lei, e il proprietario aveva accettato che la stanza venisse pagata tra un paio di giorni, nella speranza che trovasse un lavoro e trovò anche quello.
Trovò lavoro in una bar, abbastanza frequentato, come cameriera, l'unico ostacolo per lei era la lingua. Non sempre capiva cosa volevano i clienti, e la maggior parte delle volte il proprietario, l'unico che capiva un po' lo spagnolo, finiva per sgridarla e minacciarla di licenziamento.

Quel giorno era piuttoeto tranquillo, c'erano stati pochi clienti e lei era stata abbastanza efficiente nel capire le ordinazioni. Era quasi arrivato l'orario di chiusura e Marilena era intenta a strofinare il bancone con uno straccio, quando all'improvviso la porta si spalancò. Entrarono quattro ragazzi ben vestiti che parlavano con un tono di voce decisamente alto; ridevano e scherzavano complimentandosi a vicenda con delle pacche sulle spalle. Il locale, vista l'ora, era completamente vuoto e uno dei ragazzi prendendo posto in uno dei tavoli, urlò alzando una mano verso il bancone.
Quattro birre, grazie!”
Sicuramente il carettere di quel ragazzo non si intonava per niente all'abito nero che ondossava, elegante con giacca, cravatta e camicia bianca; erano vestiti tutti nello stesso modo..
Signorinaa!!”
Il ragazzo urlò di nuovo guardando nella sua direzione. Marilena si affrettò ad andare al tavolo dei quattro e a domandare, semplicemente guardandoli con aria interrogativa, cosa volessero ordinre.
Quattro birre” , disse sempre lo stesso ragazzo.
Ma la sua attanzione venne richiamate da un altro ragazzo, a suo parere il più carino dei quattro.
Salve!”, disse lui.
La stava fissando e lei faceva lo stesso, dopo avergli risposto con un pessimo accento.
Salbe..”
Poi distolse lo sguardo da quei meravigliosi occhi verdi che l'avevano rapita e guardando verso gli altri tre, chiese:
Cuatro.. bira?”
Sì! L'avrò detto minimo cinque volte!”
Quel ragazzo più parlava più diventava antipatico; ma chi si credeva di essere?!
Marilena si diresse verso il bancone per prendere quello che avevano ordinato, per poi tornare subito al tavolo con quattro bicchieri colmi di birra.
Aquì!”, disse sorridendo.
Li distribuì ai quattro, ma quando arrivò all'ultimo, il più carino, e lui la guardò con i suoi occhi verdi, lei si sentì quasi svenire e il bicchiere gli scivolò dalle mani, così che la birra cadde tutta addosso al povero ragazzo.
Lui si alzò di scatto dalla sedia..
Cazzo!”
Era mortificata, non sapeva cosa dire. Iniziò a farfugliare qualcosa di incomprensibile..
Perdòname! Yo no sè lo que estaba piensando..”
Come scusa?!”
Sìgueme.. te ayudarè.. y pèrdoname por favor..!”
poi prese il ragazzo per un braccio e lo trascinò in bagno.
Ehm.... non ti preoccupre faccio da solo. Ragazzi! Una mano!”
Ma di che ti lamenti?! È pure carina!”. Sempre quello antipatico.
Ma cavolo! Non la capisco nemmeno... chissà che mi vuole fare!”
Hahahahah!!”
Ridi, ridi..!”
Marilena non aveva capito un'accidenti di quello che avevano detto, ma non se ne preoccupò molto, il suo unico pensiero era quello di rimediare la sua orribile figura con quel bel ragazzo.
..Sìgueme..”
Arrivarono alla toilette del locale e Marilena cercò di togliere la giacca al ragazzo, per cercare di ripulirla, ma lui continuava a dimenrsi e ad allontanarsi da lei, come se fosse quasi impaurito.
Puede quitarse el abrigo?”
No no... sto apposto.. per questo ci vole un'altra persona.”
Para que pueda limpiarlo..”
Oh merda! Joooohn!”
Sicuramente stava chiamando uno dei suoi amici, ma lei non capiva perchè..
Por qué te gritas?”
A quel punto dalla sala si senti un grido divertito..
Tranquillo Paulie..!”
Il ragazzo la guardava malissimo e a quel punto lei si arrese, si mise le mani tra i capelli e si guardò allo specchio, disperata.
Marìa virgen..!”
Maria... si. Vergine!? Oddio..”
Ok.. haora sòlo.. yo me voy si tu no quieres mi ayuda!”
Marilena uscì dal bagno innervosita seguita da quel ragazzo che saltava con lo sguardo allibito da lei ai suoi amici..
Ma chè le hai fatto?!”
Io?! Lei che ha fatto a me!”
Che ti ha fatto??”
Parlava ma io non capivo! Diceva che me lo voleva " limpiado.." ma che vuol dire? E... poi mi ha detto Maria... Vergine! Ma non sembrava tanto casta e pura!”
Cioè?! Che avete fatto lì dentro?”
Avete!?! Lei che ha fatto li dentro! Mi toccava... ! John dai andiamo via...”
I due continuavano a parlare sotto gli sguardi degli altri amici che intanto si erano messi a mangiare dei salatini, come se stessero vedendo un film;  intanto si sentiva il proprietario del locale che urlava.. stava licenziando Marilena, infatti dopo un po' usci correndo.. si sedette su una panchina poco lontana dal locale e scoppiò a piangere.

A quel punto intervennero anche gli altri due, che smisero di mangiare quando il proprietario li cacciò dal locale, che a quell'ora doveva già essere chiuso.
Hey Paul, ma quella è... la ragazza che ...”
Si la ragazza casta... vai da lei, poverina!”

Si lasciò convincere dagli amici, e mentre loro aspettavano in macchina, lui raggiunse Marilena che stava sulla panchina con la faccia tra le mani per nascondere gli occhi gonfi, unico segno del suo pianto, dato che le lacrime si confondavano con le fini gocce di pioggia che le accarezzavano delicatamente i capelli, quasi la volessero consolare.
Hey.. scusa per prima, se.. ho pensato male.”
Quella voce.. pensò lei. Era proprio lui, per colpa sua era stata licenziata. Voleva essere arrabbiata con lui, doveva esserlo, ma no, non era arrabbiata; era quasi felice di sentire che qualcuno si fosse preoccupato per lei, soprattutto se quel qualcuno era il ragazzo più bello che avesse mai visto.
Avrebbe voluto voltarsi per godersi ancora la vista del verde dei suoi occhi, ma allo stesso tempo non voleva che lui la vedesse in quello stato; così fece finta di niente e non si mosse minimamente.
Fu allora che sentì le mani del ragazzo sul suo viso; le spostò le mani e con una carezza fece in modo che il suo sguardo si alzasse su di lui..
Hey.. tutto bene?”
Prese un fazzoletto dalla tasca e glie lo porse, ma ormai era completamente zuppo, come loro, che si misero a ridere alla vista del fazzoletto sgocciolante. Poi tornarono seri..
Ti ha licenziata, vero? Mi dispiace è tutta colpa mia.. Senti, se vuoi ti posso riaccompagnare a casa, se non è troppo lontana, ma se non vuoi non importa, insomma sei libera di fare quello che vuoi..”
Marilena lo stava ascoltando attentamente ma con un'espressione completamente persa.
Ah, già.. tu non mi capisci..! Allora facciamo così: iniziamo dal principio. Io mi chiamo P-a-u-l..!
Paul!”
Marilena sorrise, almeno come si chiamava l'aveva capito così poteva smettere di chiamarlo “quel bel ragazzo”; si chiamava Paul: niente di più facile! Ora toccava a lei..
Yo soy Marilena!”
A giudicare dal sorriso sul volto di Paul, anche lui doveva aver capito, così dopo aver ripetuto un paio di volte i loro nomi si misero a ridere.
Senti, si sta facendo tardi! Ti va se ti accompagno a casa? ..Ca-sa..?!”
Paul fece con un gesto delle mani il disegno di una casa, e Marilena capì.
Casa!? Nooo! Tengo que pagar el alquile! Como hago si no tengo trabajo?!”
Si rimise le mani tra i capelli e i suoi occhi azzurri si stavano riempiendo di nuovo di lacrime.
“No! E adesso perchè ricominci a piangere?”
Marilena non capiva, ma non solo non capiva le sue parole, non capiva nemmeno come gli fosse vento in mente di scappare di casa, come avrebbe fatto senza soldi e dove sarebbe finita, forse sotto un ponte, ma soprattutto non riusciva a capire come mai quel ragazzo fosse ancora lì, con lei, che nemmeno conosceva.
Dalla triste e arrabbiata espressione che invadeva il suo volto rigato dalle lacrime Marilena si lasciò andare in un pianto fragoroso, dopotutto era ancora una ragazzina e non era così forte come pensava..
Il ragazzo le sfiorò una spalla, forse per abbracciarla e cercare di farla smettere di piangere, ma al suo tocco lei si alzò velocemente e iniziò a correre, sempre piangendo, verso non so dove.
Mentre lui rimase lì, immobile, stupito e frustrato per quello che era appena successo, lei continuava a correre senza una meta, pensando al brivido che le aveva percorso tutto il corpo quando la mano fredda del ragazzo l’aveva toccata. Forse, pensò, era colpa dei vestiti bagnati..

Eleanor

Note dell'autore:  Anche se la storia è firmata Eleanor (io), parte del merito va a Michelle che mi ha aiutata nei dialoghi e soprattutto mi ha spinta a continuare nei momenti di crisi.. grazie!

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Capitolo 2
*** La verità ***


La verità

LA VERITÀ


Ne era certa: sarebbe morta. E se non fosse morta di fame o freddo, si sarebbe uccisa da sola, tanto ormai non aveva più senso vivere, se quella si poteva chiamare vita.
Erano tre giorni che non mangiava e che per dormire si doveva accontentare di una panchina alla fermata della metro, non aveva più forze, stava male, sicuramente aveva la febbre e come se non bastasse la sua autostima l’aveva abbandonata già da tempo. Una cosa sola riusciva a farla stare meglio: il pensiero di quel ragazzo che aveva conosciuto il giorno del suo licenziamento. Doveva ricordare quel giorno come il più brutto della sua vita dato che da quel giorno aveva cominciato a vivere per strada, ma invece lei lo ricordava volentieri... I suoi occhi verdi e profondi, le sue lunghissime ciglia che facevano da contorno, le sue labbra che ricordavano vagamente un cuore...


Ma è possibile che non riesci a staccarti da quella foto?!”
“Johnnie, stai zitto, sto cercando di pensare a come rintracciarla!”
“Rinuncia, tanto non è per te.. non la capisci nemmeno quando parla! Non avrete mai una storia.”
“Tanto per la cronaca, io non voglio nessouna storia, tantomeno con Marilena..!
Non era molto convinto di questo, non faceva altro che pensare a lei e vedere la sua foto lo metteva di buon umore, ma allo stesso tempo era triste perchè non la poteva vedere di persona.
“Cacchio, ti piace parecchio se sbagli pure il suo nome!”
“Non ho sbagliato nome!” , e con occhi sognanti disse: “Si chiama Marilena...”
Fu interrotto dall’ amico che si avvicinò e gli strappo via di mano la carta d’identità della ragazza.
Guarda che qui c’è scritto Maria Soledad Martinez.” Disse indicando il nome sotto la foto.
E’ impossibile, lei mi ha detto di chiamarsi Marilena, me lo ricordo bene!”
“Le cose sono due: o non hai capito un tubo di quello che ti ha detto o ti ha mentito per un qualche strano motivo”.
I due si sedettero sul tappeto contemplando la foto e cercando di pensare a non si sa cosa poi, dopo nemmeno un minuto, Paul si alzò e senza dire niente prese la giacca e uscì di casa fumando una sigaretta.


Le porte della metro si aprirono e quello che vide bastò a farle tornare il sorriso. Era lui, l’immagine che persisteva nella sua mente era reale, l’unico che avrebbe potuto farla stare meglio.
Nonostante il suo forte desiderio di perdersi nei suoi occhi, cercava di fare finta di nulla e di non farsi notare, ma a suo malgrado, la vide:
“Hey! Marilena!!!”
Sentì la sua voce in lontananza nonostante fosse abbastanza vicino, lo vide cominciare a correre verso di lei con un espressione preoccupata. Era sempre più vicino, contava i secondi che li separavano ma ad un certo punto la vista le si annebbiò e da lì in poi fu tutto buio.


Le faceva male la testa.. Si guardò intorno, si sentiva disorientata e non sapeva dove era, la poca luce della luna che entrava dalla finestra le fece capire che era notte e che non era più alla stazione della metro.
Si alzò a sedere sul letto, un letto morbido con una calda coperta, e accostò la testa verso la porta; sentiva delle voci sconosciute, tranne una. Non riusciva a percepire le parole, che comunque non avrebbe capito, ma era certa che si trattasse di Paul. Ad un certo punto sentì delle urla e la porta che sbatteva, poi dei passi che si dirigevano verso la stanza in cui si trovava. La porta si aprì e nel buio riconobbe la figura del ragazzo, il suo principe azzurro (così aveva cominciato a chiamarlo) che si avvicinava a lei.
“Ehm... Come ti senti?”
“ … Dònde estoy..?”
“ A Ca-sa...”
“ Casa..? Yo no tengo una casa..”
“ Casa mia.. capisci? Tu capire?”
Fece il disegno di una casa con la mano e poi si indicò così che Marilena potesse capire.
Marilena provò ad alzarsi  ma subito dopo perse l’equilibrio a causa della sua tesata che cominciava a girare e cercò un appoggio al corpo di Paul.
“ Hey! Piano..!”
Lui la prese tra le braccia e la appoggiò a se per poi rimetterla sdraiata sul letto.Le appoggiò le labbra alla fronte per sentirle la temperatura ma si soffermò più del dovuto e Marilena cominciò a tremare nonostante la febbre le fosse scesa. Quando staccò le labbra dalla sua pelle accennando a un bacio, i loro sguardi si incrociarono. Marilena sentiva il suo respiro farsi sempre più veloce e irregolare e quello del ragazzo che le stava di fronte, a pochi centimetri dal suo viso, accarezzarle dolcemente la pelle. Si perse nei suoi occhi fino a quando non senti una leggera pressione sulle labbra e realizzò che la stava baciando. Quel bacio durò pochi secondi ma quei pochi secondi le sembrarono un’infinità. Sentiva ancora il suo sapore sulle labbra, era intenta a catturarne ogni singola sfumattura mentre lui si dimenava dopo essersi alzato velocemente dal letto, non la guardava nemmeno e lei cercava di capire almeno una parte delle sue veloci e confuse parole.
“Odio che idiota, sono un perfetto idiota perchè cavolo ho fatto una cosa del genere, Paul cosa diavolo ti è preso! La conosci da solo 2 giorni! Stupido, stupido sei un emerito cretino! Ma che cavolo... ora cosa penserà di me!?”
Non capiva una parola  ma non le importava, stava lì sdraiata sul letto sfiorandosi le labbra con la lingua per ricercare il sapore del bacio di Paul. Lui se ne accorse e si fermò improvvisamente fissandola negli occhi. Lei lo guardò per un attimo senza sapere che fare, poi si alzò come ipnotizzata e si ritrovò davanti a quel viso angelico, lui le strinse le braccia calde e la baciò di nuovo con passione.


Si stavano guardando da più di un’ora, abbracciandosi, senza nemmeno parlare, fino a quando non vennero interrotti da un ragazzo alto, con i capelli neri e gli occhi chiari.
“Hey Paul, dobbiamo andare...! Ma.. chi è la ragazza!?”
Paul si alzò e la prese per mano portandola verso il ragazzo..
Brian ti presento.... ti presento... Marilena credo..”
Poi si diresse velocemente verso una stanza e uscì con in mano il suo zaino. Vi estrasse il borsello, prese la carta d’identità, come se fosse sua, e mentre lei lo guardava stupita, si catapultò su di lui per cercare di riprendersi le sue cose.
Dònde lo has tomado? Esa es mi mochila!”
Probabilmente Paul si accorse dell’errore quando gli strappò lo zaino di mano e lo guardò arrabbiata.
Porquè estaba aquì?”
Paul la stava guardando senza capire una parola, e a quel punto intervanne il ragazzo di capelli neri che li stava guardando quasi divertito:
“Chiede perchè il suo zaino ce l’avevi tu..”
“Io l’ho trovato qui, John dice che gli l’ha dato il proprietario del bar quando l’ha licenziata”
Il ragazzo si girò verso di lei e tradusse quello che aveva appena detto l’amico. Finalmente qualcuno che parlava la sua lingua!, pensò.
Capì tutto e si voltò verso Paul per fargli vedere che non era più arrabbiata, con un’espressione così tenera e ingenua da sembrare quasi una bambina che guarda i genitori dopo aver rotto qualcosa.
Paul la guardò dolce e le accarezzò una guancia con la mano. Marilena si appoggiò delicatamente sul palmo e si rifugiò tra le sue dital, sentendo il ruvido dei calli sui polpastrelli. Poi Paul scosse la testa come per risvegliarsi e guardando verso il ragazzo, che li fissava sempre più stupito, disse:
“Brian, chiedile perchè mi ha detto di chiamersi Marilena e invece sulla carta d’identità c’è scritto un altro nome..!”
Il ragazzo tradusse e dopo aver discusso per un po’ con Marilena si rivolse di nuovo all’amico.
“Dice che quella non è sua, l’ha presa a sua sorella, per venire qui. Lei viveva a Buenos Aires ed è scappata di casa”
“Quindi!? No, spiegami: i documenti sono tutti falsi? E allora lei chi sarebbe??”
“Si chiama Marilena Martinez, ha 16 anni e ora come ora il suo punto di riferimento e la sua unica ragione di vita sembreresti essere tu..!”.
Marilena guardò Paul in attesa di una sua reazione, infatti lui passava da lei all’amico con un’espressione vuota, quasi inumana, niente a che vedere con l’espressione dolce che l’aveva fatta innamorare; ad un certo punto si fermò e con lo sguardo perso nel vuoto si lasciò cadere sul divano, confuso e incredulo.

Eleanor

Note dell'autore: come nel capitolo precedente, ringrazio Michelle per gli aiuti che mi ha dato e sottolineo il fatto che la  protagonista, Marilena, dovrebbe parlare spagnolo, ma dato che io non so lo spagnolo ho usato un semplice traduttore e probabilmente la maggior parte delle frasi non avrà senso. Mi scuso e auguro buona lettura a tutti! 

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Capitolo 3
*** "NO" ***


"NO"

“NO”


Probabilmente non sarebbe dovuta scappare in quel modo, ma che ci poteva fare?! Dopotutto Paul era l’unica persona che contava nella sua vita, anche se lo conosceva appena, lo amava. Glie lo aveva detto e anche bene, era una delle poche frasi che conosceva nella sua lingua e lui l’aveva capita sicuramente, ma ha preferito stare zitto con lo sguardo fisso nel nulla, anzi no, non è rimasto zitto, no.. ha fatto di peggio, ha scelto di dire la parola più struggente che potesse scegliere in quel momento: No.
No.. sapeva cosa voleva dire, il “no” è uguale in tutte le lignue, il “no” spezza il cuore, il SUO “No” avrebbe finito per spezzarle la vita intera.

Era uscita da un paio d’ore da casa di Paul ma si ricordava tutto perfettamente..
La sua testa che oscillava da lei a Brian, poi il suo sguardo vuoto, il suo “No” al “Ti amo” che gli aveva rivolto, le lacrime che iniziavano a scenderle sul volto, il mondo che le cadeva addosso, la fredda maniglia della porta, il rumore della serratura che sbatteva dietro di lei, le numerose scale che a fatica aveva sceso, gli amici di Paul che ridevano davanti al portone, la strada infinita, la panchina del parco..
Questa la sequenza di immagini che si ripetevano ininterrottamente dentro la sua testa.
Era tornata alla panchina dove aveva parlato per la prima volta con Paul, dove scoprì quale fosse il suo nome, dove lui l’aveva consolata... Sembrava così sincero invece l’aveva solo ingannata, aveva giocato con il suo cuore come un pallone da calcio con cui i bambini smettono di giocare dopo averlo bucato.
Quella panchina sarebbe stata la sua casa, almeno finchè non avesse trovato il coraggio...


Sono un idiota, sono un idiota, sono un idiota..”
“Dai, Paul.. se ci pensi bene era troppo piccola per te, forse hai fatto bene a lascirla andare”
Andava avanti così da più di un’ora, lui che sbatteva la testa sul muro continuando a dire di essere stato un idiota, e i suoi amici che cercavano in qualunque modo di farlo smettere. Avevano provato con qualsiasi cosa, prima gli hanno detto di andare a cercarla, poi di chiamare la polizia, poi di lasciarla stare e dimenticarsela, cercavano di convincerlo che aveva fatto bene, poi che aveva sbagliato e proponevano modi per rimediare allo sbaglio, ma qualunque cosa dicessero per lui non andava bene.
Sinceramente non li ascoltava nemmeno, pensava solo al pianto di Marilena che aveva sentito quando era uscita sbattendo la porta. Lui si era alzato e correndo verso la porta aveva afferrato la maniglia per aprirla e rincorrerla ma poi, sentendo il suo pianto, si era bloccato, aveva pensato che era ancora una bambina e che stare insieme non sarebbe stato un bene per nessuno dei due, ma si sbagliava. Il problema è che lo capiva solo adesso, adesso che forse sarebbe stato troppo tardi per rincontrarla..
Paul, finiscila! Vai a cercarla se per te è così importante, in fondo l’età non conta!”
“John! Basta! Non la rivedrò mai più, capisci! Ho fatto un errore irreparabile, le ho spezzato il cuore! “
“Beh, potevi anche pensarci prima invece di autolesionarti per una settimana! Magari potevi anche cercare di tornare da lei.”
John aveva ragione, non lo voleva ammettere ma era così, e come se non bastasse ci si mise pure Ringo:
“ Ma cavolo, Paul! Vai da lei!! Non lasciartela scappare.. vedrai che lei non ti respingerà, fagli capire quello che pensi veramente.”
Non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che John e Ringo si misero a discutere su come avrebbe fatto a riconquistarla.
“Si, la fai facile tu.. Non si capiscono nemmeno! Ci vorrebbe almeno un traduttore.”
“ No, John, non c’è bisogno del traduttore... bastano i gesti”
“Si.. e magari si porta dietro un blocco per fare dei disegnini..! Ma fammi il piacere, Ringo!”
“Io caro Jhonny..... gesti come: abbracci e baci! Ma cavolo apri quel cervellino!”
“Il mio cervello è molto più aperto del tuo... Non può presentarsi dal nulla e baciarla, ti ricordo che l’ha quasi buttata fuori di casa..”
“ Ma lo ha fatto involontariamente!!!”
“Senti, stai zitto..”
“No, zitto ci stai tu..”
I due iniziarono a litigare prendendo come spunto argomenti a caso e dimenticandosi completamente del povero Paul che li guardava infuriato.
“ Zittiiiiii!...”
A quel punto i due litiganti si fermarono, storditi dal tono della sua e si girarono all’unisono per guardarlo.
“.... Smettetela di litigare!  Non ho chiesto il vostro aiuto! Posso fare benissimo da solo! “
Paul era stufo dei litigi di quei due, come se non avesse già abbastanza problemi per conto suo. Prese la giacca e si fiondò sulla porta accendendosi una sigaretta. Appena aprì la porta per uscire, sbattè contro la figura di George.
Cazzo, George... Ti vuoi togliere dai piedi?!”
“Hey! Fai più paino Paul... e comunque la tua ragazza l’hanno ripresa a lavorare nel locale...”
Paul si girò un istante verso l’amico, con gli occhi che avevano ripreso a brillare nella speranza di poter rincontrare Marilena, e poi cominciò a correre giù per le scale, inciampando a quasi ogni scalino per poi dirigersi velocemente verso il locale dove l’aveva incontrata per la prima volta.


Da tre giorni aveva ricominciato a lavorare nella birreria di Maxwell, quella in cui aveva cominciato a lavorare quando era arrivata a Liverpool. Gli aveva riofferto il lavoro dicendo che non trovava nessuno disposto a pulire il locale dopo la chiusura, ma in realtà sapeva che gli aveva solamente fatto pena. Una ragazza, una bambina, che vive per la strada senza mangiare e che l’unica cosa che la tiene in vita è il suo scarso coraggio e la paura del suicidio; si, perchè aveva pensato anche a quello, tanto ormai non aveva più niente da perdere ma quando fu sul punto di farla finita le forze le vennero meno e abbandonò l’idea. Maxwell era stato la sua salvezza.
Ora era lì ad aspettare che l’ultimo cliente finisse la sua birra e se ne andasse, era intenta a fissare le lancette dell’orologio quando venne distratta da una voce familiare che le parve urlasse il suo nome.
“Marilena!!!! Marilenaaaaaa!”
Non capì subito di chi si trattasse, le sembrava la voce di Paul ma non aveva senso che fosse tornato da lei, quindi si mise l’animo in pace e tornò a guardare il suo orologio, ma di nuovo...
Marilena!!”
Questa volta non ebbe più dubbi, era Paul. Lo vide entrare di corsa dalla porta dirigendosi verso di lei, ma poi si fermò esattamente in mezzo alla sala fissandola negli occhi, sembrava quasi impaurito..
Cosa voleva da lei, perchè era tornato proprio quando le cose cominciavano ad andare meglio? Lui era l’origine di tutti i suoi guai, non lo voleva riveder mai più, ma molto probabilmente il suo cuore non era d’accordo con lei dato che iniziò a bettere sempre più veloce, sembrava che volesse uscirle dal petto per andare dal suo amore, ma lei fece di tutto per reprimerlo e per nascondere il suo respiro che si faceva sempre più irregolare.
Non aveva il coraggio di parlare, si aspettava che lo facesse Paul ma anche lui non pronunciava una parola. Rimasero a  fissarsi per dieci buoni minuti, fino a che uno dei due non ruppe il ghiaccio:
“ Marilena... mi dispiace.”
“Paul..”
Marilena iniziò a piangere disorientata e forse anche un po’ arrabbiata; come osava ripresentarsi dopo che l’aveva trattata in quel modo..
“ Marilena tu non mi capirai.. ma io ti devo dire una cosa...”
“ Adiòs!”
Non lo fece nemmeno finire di parlare, si voltò e lo urtò con la spalla tentando di andarsene. Lui però pronto le afferrò un braccio e la tirò verso di se, dicendole la cosa che meno si aspettava...
“ Marilena! Te quiero.”
A quella parole si fermò e guardò Paul dritto negli occhi, forse per capire se diceva sul serio o la stava solo prendendo ingiro un’altra volta..
“Marilena.. perdoname..”
“Porquè tu has dicho.. No..?”
Pronunciò queste parole con un’esagerata delicatezza e quasi non si sentirono. Lui la stava guardando, senza darle la minima risposta, forse non ha capitò, pensò, però adesso ha detto che mi ama.. Forse era vero, forse no, ma lei era sicura che senza il suo principe non poteva vivere, ormai faceva parte di lei. I suoi pensieri la travolgevano, mentre si perdeva negli occhi di Paul a pochi centimetri dai suoi, quando improvvisamente lui la avvicinò ancora di più a se e la baciò.
Le si fermò il respiro, un po’ per l’emozione, un po’ per il cuore che le batteva a più non posso, un po’ per la foga di Paul, che dal semplice sfiorarle le labbra era passato ad esplorare ogni angolo della sua bocca in una strana danza passionale.

Eleanor e Michelle

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Capitolo 4
*** Perdonami ***


PERDONAMI

PERDONAMI


Erano passate due settimane da quando aveva ritrovato il suo principe, passavano tutto il tempo insieme. All’inizio bastavano i loro sguardi, i loro baci, poi Paul aveva iniziato a insegnarle un po’ l’inglese, ed era brava! Adesso si capivano e così lei aveva potuto raccontargli la sua storia e il perchè fosse scappata di casa e quando gli stava raccontando del tentato suicidio si vedevano i suoi occhi lucidi che stavano per scoppiare a piangere. Lui invece non le aveva detto molto, anzi nulla.

Ora era lì sul divano, con gli occhi di Paul puntati addoso, la accarezzava con lo sguardo sfiorandole con una mano ogni centimetro di pelle libera. Si stava avvicinando, sempre di più fino a che non sentì il suo respiro sul collo. Sentì le sue mani calde salirle sulla schiena fino al reggiseno, mentre le sue labbra le divoravano il collo e il petto.
Non era la prima volta, l’avevano già fatto ed era stato meraviglioso, per lei ovviamente era statà una novità ma lui la faceva sentire sempre a suo agio.
“ Marilena senti.. io,io ..”
Paul si fermò improvvisamente quando sentì la porta sbattere.
Paul, sei un idiota! Come lo spieghi questo?!”
John era furioso, e urlando sbattè il giornale in faccia a Paul, indicando la foto sulla copertina..
“ Ma cosa! John! Calmati!”
“No che non mi calmo, lo sai che ci sono fotografi pronti a farci foto ovunque, e tu ti fai immortalare mentre baci una sedicenne?!”
“ Cosaa! Oddio... John adesso!? Non mi rendevo conto...”
Marilena non capiva era disorientata dal loro comportamento...
“ Paul ma cosa succede!? Cos’è questa storia dei fotografi!?
“Già, Paul.. cos’è questa storia?!”
“ Beh.. io veramente.. Marilena ascoltami attentamente, quello che ti sto per dire non deve influire per niente nel nostro rapporto ti prego.”
“Paul, ma cosa stai dicendo..?”
Era sempre più confusa e preoccupata per l’espressione che aveva invaso il volto di Paul.
“ Io... io non sono l’uomo che ti aspettavi, non sono il ragazzo normale, che può uscire con chi vuole ed avere un rapporto normale.. io sono diverso Marilena, io sono famoso, è per questo che siamo finiti in prima pagina.”  
Non capisco, Paul...”
Invece aveva capito, ma non voleva ammetterlo. all’inizio aveva pensato: forte, è famoso!, ma ora si sentiva di nuovo tradita e presa ingiro da quello che pensava potesse essere l’uomo della sua vita.
“ Marilena... Marilena! Ti prego prova a capire la situazione in qui ero messo... te l’avrei detto!”
No, non me l’avresti detto, non hai fatto altro che mentirmi tutto questo tempo, da quando mi conosci non hai fatto che mentirmi!”
Non sapeva che fare, avrebbe voluto andarsene ma qualcosa la tratteneva, forse sperava che Paul dicesse qualcosa che potesse farle cambiare idea.. ma non fu così. Anzi, fu John a parlare.
Se non vuoi complicazioni è meglio che tu te ne vada.”
“ Si John, hai ragione meglio che me ne vada!”
Aprì la porta rumorosamente per uscire, ma la forte mano di Paul la trattenne per un braccio; si guardarono per un istante, poi la lasciò e lei comiciò a correre piangendo...
Un boato acuto fece tramutare quella situazione di agitazione in un momento di silenzio... come se Paul fosse ad un tratto diventato sordo. Non sentiva nulla, soltanto il battito affannoso del suo cuore e le urla provenienti dalla strada. Venne colpito dalla spallata di John che si precipitò fuori correndo verso il corpo inerte di Marilena. Paul venne risvegliato dal tocco di una mano sulla spalla, era Ringo che non faceva altro che chiedergli se stesse bene, ma lui non rispondeva e sentendo la voce di John urlare il nome di Marilena , si girò di scatto e si catapultò vicino a lei tenendole la povera mano ancora un po’ calda.
“ Marilena ti prego, ti prego non mi lasciare! Marilena io ti amo, perdonami...perdonami!”
Paul urlava disperato, prese il piccolo corpo di Marilena e lo strinse a se baciandolo. Le lacrime gli scendevano graffiandogli il viso, fino a quando una mano lo spostò dicendogli che la dovevano portare via. Lui gaurdò John, impaurito, e il suo amico lo convinse a restare a casa, dicendo che ci avrebbe pensato lui.
“ John vado io con lei!”
“ No... Paul stai a casa, sei troppo sconvolto, ti chiamo quando saprò qualcosa.”
Paul annuì senza togliere lo sguardo dal corpo immobile di Marilena che veniva portato via.


C’era una gran confusione, i medici correvano da una parte all’altra della sala e come se non bastasse la presenza di John aveva attirato all’ospedale alcuni fotografi. Era nella sala principale, stava aspettando Paul che doveva arrivare da un momento all’altro. I medici avevano detto che il battito si stava facendo più regolare e che probabilmente si sarebbe ripresa, ma John a questo non credeva; lui aveva visto come era ridotto il fragile corpo di Marilena, l’aveva vista  respirare affannosamente, però non poteva dire a Paul quello che lui pensava accadesse, allora lasciò perdere, sperando che si sbagliasse.
Paul arrivò in preda al panico, voleva assolutamente vedere Marilena ma John lo fermò.
Non puoi entrare, non può entrare nessuno..”
Lo accompagnò davanti alla stanza di Marilena e aspettarono lì delle ore, finchè i medici non li rimandarono a casa.
Paul sempre più preoccupato rimase fuori dall’ospedale tutta la notte in attesa di qualche notizia e lo stesso la notte successiva, ma non accadeva mai niente di nuovo, non poteva entrare e i medici dicevano sempre le stesse cose. Alla fine i suoi amici l’avevano convinto a ritornare a casa, nonostante si opponesse con tutte le sue forze, ma doveva almeno dormire, così abbandonò l’idea di accamparsi fuori dall’ospedale e si convinse a tornare.
Passò più di una setttimana e ancora non c’era nessuna novità, ma Paul continuava a ripetere che ce l’avrebbe fatta, che appena si sarebbe svegliata l’avrebbe portata al mare e che si sarebbero divertiti un mondo.


Erano davanti alla porta della stanza di Marilena, come di consueto, erano lì tutti i giorni da tredici giorni, Paul li aveva contati, e tutti i giorni era sempre la stessa storia: i medici dicevano che si sarebbe ripresa però non facevano entrare nessuno e Paul stava diventando matto.
Quel giorno però fu diverso da tutti gli altri... ad un certo punto la porta si aprì e il medico che vi uscì si diresse piano vero di loro.
Mi dispiace.” , disse.
Paul era senza parole, non voleva capire, aveva una faccia stravola.
“ Cosa!? Cosa è successo!”
“Abbiamo fatto di tutto, ma non l’abbiamo potuta salvare... nemmeno il bambino.”
“Sta scherzando... bambino, che bambino!?”

Le lacrime iniziarono a scendere incoscientemente bruciandogli gli occhi. La vide per l’ultima volta da uno spiraglio della porta della sua stanza, mentre John lo stava portando via cercando di tranquillizzarlo, ma sapeva che non ci sarebbe riuscito in alcun modo.
“ No! Non è possibile! Marilena! Marilena, amore mio... noo! John ti prego lasciami, lasciami andare..!”
John continuava a camminare, non rispondeva per paura che anche lui potesse iniziare a piangere, peggiorando ancora di più la situazione; cercava solamente di trattenere Paul in qualche modo e di nascondere il suo dolore ai flash dei fotografi che avevano circondato l’ospedale.
“ John! Ti prego lasciami! Lasciami andare da lei, ti prego!”
John lo lasciò, non ce la faceva a vederlo così, pensò che rivederla un’ultima volta e dirle addio lo avrebbe fatto stare meglio... forse.
Paul corse verso la stanza di Marilena non appena senti la mano di John allentarsi appena.
Era immobile su quel letto, sembrava un angelo, anzi probabilmente lo era davvero...
Non scorderò mai il tuo sorriso, il luccichio dei tuoi occhi, i tuoi modi di fare, che rivedrò in ogni cosa che mi circonda. Amore se ti avessi detto la verità ora saremo stati felici io, te e il nostro bambino... Ti amo e ti amerò per sempre. Per me non è un “addio” , ma uno “ciao”, resterai sempre nel mio cuore. Te quiero.”
I medici entrarono e lo tirarono via dal corpo senza vita; lui, disperato, stava piangendo a dirotto e non voleva lasciare la mano fredda della sua Marilena. Soffocò un ultima frase e poi scomparve dietro la porta trascinato dai medici...
“Marilena  perdonami..”

Michelle e Eleanor

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