Come eravamo

di Mina7Z
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 “Come eravamo, amore mio, noi due”. ***
Capitolo 2: *** 2 “Ci sarò sempre per te, soldatino” ***
Capitolo 3: *** 3 “Il tempo non cambierà mai la nostra amicizia”. ***
Capitolo 4: *** 4 “Ti avrei amata con tutto me stesso, Oscar”. ***
Capitolo 5: *** 5 “Non ti dimenticherò mai, Andrè, fratello mio”. ***
Capitolo 6: *** 6 “Qui le cose si complicano, amico mio”. ***
Capitolo 7: *** 7 “Oscar, Oscar… amore” ***
Capitolo 8: *** 8 “Porterai anche me alla pazzia?”. ***
Capitolo 9: *** 9 “Sei in trappola, soldatino”. ***
Capitolo 10: *** 10 Senza più maschere ***
Capitolo 11: *** 11 L’esatta melodia della parola amore ***
Capitolo 12: *** 12 “Bastava leggersi dentro, soldatino” ***
Capitolo 13: *** 13 Proprio come l’amore ***
Capitolo 14: *** 14 “Vi ho amato così tanto ***
Capitolo 15: *** 15 “Sii felice, angelo mio”. ***
Capitolo 16: *** 16 “Prenditi cura di lei” ***
Capitolo 17: *** 17 Addio Andrè ***
Capitolo 18: *** 18 Vivi per lui ***
Capitolo 19: *** 19 Ovunque voi siate ***



Capitolo 1
*** 1 “Come eravamo, amore mio, noi due”. ***


“Come eravamo” 

 “Come eravamo, amore mio, noi due”




 

Testarda.
Testarda e irragionevole.
Caparbia, tenace, coraggiosa. 
Misteriosa e oscura come una notte senza luna. 
Chiara e limpida come le acque trasparenti di un ruscello di montagna.
E bella. Incredibilmente bella. Bella come nessun’altra.
Chiude gli occhi ma  i tratti del volto di lei riempiono la memoria, scuotono i  sensi.
Gli occhi pieni di lei.
La voce squillante che pronuncia il suo nome.
Prezioso come una  gemma rara  il ricordo della sua risata allegra.
Deglutisce quando l’immagine di lei, finalmente sorridente, gli invade le membra.
E’ così chiara questa visione e vorrebbe rinchiuderla nel suo cuore, per ricordarla per sempre.
Vorrebbe piangere, urlare, batterei pugni, imprecare, maledire.
Ma non riesce a muovere neanche un muscolo.
Vorrebbe che Dio gli avesse risparmiato anche questo e si chiede il perché di tanta magnanimità nei suoi confronti. Non merita niente, lui, e non ha diritto di essere ancora lì.
Darebbe la sua vita per riportarla indietro.
Per stringerla a sé, ancora una volta. Per poterle dire che nella vita si ama una volta sola, se si è fortunati, ma che nella disperazione, in due si può trovare  conforto. Si può tentare di vivere. O di sopravvivere.
Vivere.
Morire.
Maledetta testarda.
Testarda. Come nessun’altra.
Non  ci ha voluto neanche provare.
Neanche per lui. Neanche per il suo amore.
Mantiene chiusi gli occhi. Non gli piacerebbe quello che vedrebbe se li riaprisse e preferisce stare lì, con le mani premute sulle pupille. Non lo vedrebbe vedere più questo mondo.
Proprio come lui. Come il suo amico.
Vorrebbe il buio a velare il suo sguardo. Tanto non c’è più nulla che valga la pena di essere visto.
Oggi esiste solo per ricordare.
Ricordare.
Scuote la testa e si morde un labbro. Non ricorda neanche che giorno fosse quando il destino li ha fatti incontrare. Ricorda che era  notte  e che quel giorno di primavera c’era stato il sole.
Ricorda tutto di lei. E ricorda il suo immenso amore per lei. Solo per lei.
“Come eravamo, amore mio, noi due”.
 

 

***
 

Si dirige verso casa barcollando. Non ha bevuto molto e comunque l’abitudine al bere lo ha reso piuttosto resistente all’alcool. Ha un passo incerto, però, e forse è  la stanchezza di 24 ore ininterrotte di servizio che sembra rendergli difficile mantenersi in piedi. E l’oscurità di questa notte senza luna sembra farsi beffa del suo incedere titubante.
Qualcosa sotto i piedi  interrompe il suo cammino e lo fa inciampare.
“Ehi, ma che diavolo! Amico, hai bevuto più di me stanotte, vedo!”.
Cerca di mettere a fuoco la figura malamente sdraiata a terra.
“Ma tu sei un soldato. Accidenti!”.
Osserva la divisa e posa le mani sul volto dell’uomo che riverso per terra è oscurato dai lunghi capelli.
“Sei della Guardia Reale, amico mio. Guarda, guarda, un Ufficiale. Guarda qui le stellette. Quale onore amico mio venire in soccorso di un soldatino di Sua Maestà. Accidenti, proprio a me dovevi capitare? Io volevo solo tornare a casa un po’ sbronzo, ma neanche troppo, e invece chi ti incontro?”
Posa a fatica l’orecchio sul petto dell’uomo.
“Sei fortunato amico, sei ancora vivo. La Regina non perderà il suo soldatino. Fortunata l’austriaca….. fottuta Austriaca, ci porterà alla rovina….”.
Afferra con forza il viso che stringe tra le mani e avvicina il volto al suo su cui inizia a posare lievi schiaffetti.
“E’ troppo buio amico, non vedo niente, non so se sei ferito o solo ubriaco. Mi tocca portarti a casa mia, accidenti a te. Perché non sono passato da un’altra strada stasera? Sarei già nel mio letto, sai, bel damerino”.
A fatica si carica sulle spalle quel corpo inerme e percorre traballando la strada verso casa.
“Facciamo piano damerino, mia madre e mia sorella stanno dormendo e non voglio svegliarle”.
Adagia il corpo sul suo letto e cerca di accendere dei lumi.
“Che onore, un soldatino della Regina nel mio letto. Allora, vediamo cosa ti è successo. Sei ferito?”.
Accosta il lume al volto e per un attimo il cuore ha un sussulto. Un rigagnolo di sangue scorre sul viso diafano e si accorge che c’è una ferita alla testa che continua a sanguinare.
“Accidenti, adesso mi tocca svegliare mia madre e chiamare un medico per te. Non mi sembri messo bene damerino”.
Mentre sta uscendo un gemito attira  la sua attenzione. E’ un lamento a cui seguono dei colpi di tosse. Sembra soffocare. Lui sbottona velocemente la divisa  cercando di consentirgli di riprendere aria. Poi posa le mani sulla camicia bianca che inizia a slacciare sciogliendo i nodi del fiocco e allargando i lembi alle estremità.
Le mani tremano, la fronte si aggrotta.
Posa piano un dito sul viso ancora immobile e percorre con delicatezza la pelle morbida e vellutata. Troppo.
Un dubbio lo assale
“Non può essere….ma chi sei?  Cosa sei?  Non può essere!”.
 

 





Note dell’Autrice:
Gli equilibri si infrangono, il tempo ha ritmi diversi ma ciò che  è scritto non può essere modificato. Due personaggi costruiscono, anzitempo, un rapporto fatto di complicità e intimità.
Come al solito, una storia tutta da costruire….
Tremate, sono tornata....nonostante le dichiarazioni di tregua... Non capirete molto da questo capitolo, o forse si?!

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Capitolo 2
*** 2 “Ci sarò sempre per te, soldatino” ***


 

“Come eravamo”

 “Ci sarò sempre per te, soldatino”

 


Parigi è in festa questa notte d'estate. Sente cantare intorno a sé, vede gente che balla e che brinda alla libertà.
La libertà.
Uno spettro che si porterà via molte vite.
Liberi di cosa, poi? Di morire di fame mentre si vive di sogni?
L’uguaglianza.  Nobili e servi uguali davanti a Dio e agli uomini.
Fraternità. Una promessa di amicizia eterna.
“Ci sarò per sempre, se tu vorrai”.



 

***
 

 

“Cosa ti è successo, chi ti ha ridotto così?”
La osserva dormire nel suo letto. Non ha più ripreso conoscenza da quella sera di due giorni prima, quando l’ha trovata svenuta e sanguinante in un angolo della strada.  Posa i suoi occhi indagatori sul corpo di lei.
“Incredibile, sei una donna, soldatino, e che donna!!
E’ attratto dalla perfezione del suo volto, dal candore di quella pelle che sa essere anche morbida e profumata. Intreccia tra le dita una ciocca di capelli che morbidi ricadono sulle spalle. A coprire il corpo ancora la camicia indossata da lei il giorno in cui l’ha soccorsa.
“Sei una vera bellezza, soldatino, che Dio mi fulmini! Ma la tua Regina lo sa che sei una donna? Quell’Austriaca………cosa sei, un suo giocattolo?. Ti conviene svegliarti, soldatino, altrimenti la nostra Regina con chi giocherà?”.
Posa le dita sulla mano di lei su cui indugia attirato dal desiderio di stringere tra le sue le dita affusolate.
“Ti staranno cercando probabilmente. Non ho detto a nessuno che sei qui. Cosa potevo dire? Avete perso un soldatino biondo più bello di una dea?”.
Ride, e la sua fragorosa risata riempie il silenzio della stanza. E poi sospira, sconsolato. Sa che non potrà nascondere ancora a lungo la presenza di lei nella sua casa e spera che il suo silenzio non le stia nuocendo in alcun modo.
“Il dottore dice che tornerà a visitarti più tardi, che non sei grave. Devi solo svegliarti. Sono ore che deliri, soldatino, e farfugli cose incomprensibili. Ma per il dottore non è un brutto segno, vuol dire che sei ancora tra noi mortali, bellezza!.
“Ah”  La vede scuotersi dal suo torpore mentre una mano si alza tremante e si posa sulla testa.
“Ah…” Apre piano gli occhi, sul viso un’espressione sofferente.
“Ehi, mi vedi? Come ti senti?”
“Male, fa male….la testa….ma dove sono?. Percepisce agitazione nella sua voce.
“Hai una brutta ferita alla testa, ti  ho trovata svenuta in un angolo della strada qui vicino a casa mia..…mia madre e mia sorella si sono prese cura di te… io sono Alain Soisson, soldato della Guardia Metropolitana”.
Lei non risponde, la vede confusa.
“Tranquilla, stai tranquilla…..qui sei al sicuro. Riposa un po’ se vuoi..” 
Si sorprende del tono delicato e rassicurante assunto dalla sua voce.  Le ha fatto persino un sorriso.
La vede assopirsi di nuovo ma come ipnotizzato continua a ripetere ch lui è lì e che può fidarsi di lui. Si alza in piedi preoccupato.
“Accidenti soldatino, non mi hai detto chi sei! Siamo al punto di partenza, direi, se non fosse che ho visto i tuoi meravigliosi occhi celesti”.
Lo dice sottovoce, come  temesse che lei, ripiombata nelle profondità del sonno, potesse ascoltarlo.
Devono passare ancora alcune ore perché possa rivederli quegli occhi.
E lui resta lì, accanto al letto, guardandola come incantato. Vorrebbe sfiorarle le dita, i capelli, il viso, ma non ne ha più il coraggio.
E poi, esausto, si assopisce sulla vecchia poltrona accanto al letto.
E’ quasi l’alba quando la sente lamentarsi di nuovo e subito le si avvicina.
“Andrè….Andrè… non puoi essere tu. no.no….”.
“ Shh, shh….tranquilla…..ci sono io con te, tranquilla!.
Gli sembra sveglia adesso, ha gli occhi aperti.
“Come ti chiami? Se non mi dici il tuo nome non posso avvisare i tuoi parenti….saranno in ansia”.
“Oscar. Oscar François de Jarjayes”.
“Sei un soldato, Oscar?”.
“Si, comando i soldati della Guardia”.
“Però tu sei una..don..donna”. Fa una smorfia. Doveva proprio dirglielo? Accidenti alla sua boccaccia.
“E allora?”.
“Beh, io , niente, allora niente…”. Le sorride e vorrebbe sprofondare. Bell’inizio per fare amicizia. La cosa più idiota nel momento peggiore. Maledetta boccaccia.
Oscar. Un nome da uomo per un corpo di donna. La guarda ammutolito. E  fatica perché le mille domande che si scatenano nel suo cervello non arrivino alla bocca.
“Puoi restare qui tutto il tempo che vorrai Oscar, ma se preferisci che io avvisi qualcuno…..”. Si schiarisce la voce che sente un po’ stridula. Ma questa donna che effetto gli fa?
“Ma cosa ti è accaduto? Sei stata aggredita?”
“In realtà stavo inseguendo il cavaliere nero e qualcuno mi ha colpito alla testa. Non ricordo altro”.
“Caspita…l’eroe dei miserabili di Parigi…fhh…..ruba ai ricchi per dare ai poveri, certo va arrestato subito!”.
Lo fulmina con lo sguardo ma non ha la forza di replicare.
“Beh, non è certo un galantuomo per ridurre una donna così”. Se la cucirebbe quella bocca, se potesse.
“Cioè…volevo dire….un comandante.” E cerca di rimediare con un sorriso rassicurante. Però gli sembra che lei non cerchi più di incenerirlo con gli occhi. E che occhi!
“Ti senti meglio?”.
“Un po’ meglio”.
Torna a sorriderle e si accorge che lei non pare avere fretta di dirgli dove abita. Non ha fretta di andarsene. E un po’ la cosa lo sorprende. Il comandante delle Guardie Reali riposa nel suo letto e non cerca di lasciare la sua umile casa il prima possibile.
Ha chiuso gli occhi ma sa che non sta dormendo. Sente il ritmo irregolare del suo respiro e rimane lì, impalato e muto, ad osservarla.
Finché, dopo un po’, è lei che lo chiama e gli parla.
“Ti chiami Alain, vero?”
“..Si”
“Grazie Alain per avermi aiutata” Gli sorride e lui si sente le guance in fiamme.
“Di niente, ci mancherebbe altro, l’avrei fatto con chiunque ma devo dire che non avrei mai pensato di avere il Comandante delle  Guardie  Reali nel mio letto”.
Non è proprio riuscita a tenerla chiusa quella bocca e il tono che gli è uscito è più che allusivo.  E lei non sa se offendersi, picchiarlo, oppure riderci sopra. Sente di potersi fidare di lui. Sente che è una bella persona, anche se ha dei modi un po’ rozzi e un tono ironico a cui non è abituata.
Lui ride imbarazzato. E gli sembra che anche lei stia sorridendo.
“Cosa devo fare Osca? Dimmi chi devo avvisare. Devo  chiamare Andrè?”
Lei lo guarda stupita. “Andrè?”
“Hai pronunciato quel nome molte volte mentre deliravi. Chi è?”
“E’ il mio attendente”.
“Ah. Lo chiamavi e dicevi strane cose come .. non puoi essere tu….togliti la maschera”.
Lei sospira rumorosamente e scuote la testa
”Questa storia del cavaliere nero mi sta sconvolgendo la vita, forse ho perso lucidità. Io ho anche pensato che il mio attendente possa essere il cavaliere nero”. Lo sguardo perso nel vuoto.
“E tu credi che lui ti farebbe del male? A quanto so il cavaliere nero ti ha quasi fracassato la testa. Crei che ti farebbe del male?”.
Sente i brividi correre lungo la schiena. No, lui non le farebbe mai del male, mai. Si sente così stupida per averlo pensato anche solo per un istante.
“No, non mi farebbe mai del male, noi siamo cresciuti insieme. Lui è un fratello, il mio migliore amico. L’unico amico che abbia mai avuto”.
Le vuole bene, Andrè, ne è certa. Darebbe la vita per lei, sa che non esiterebbe a farlo. Sono corsi così tante volte incontro al pericolo, fianco a fianco, e accanto a lui si è sempre sentita al sicuro. Lo sente vicino al suo cuore. Non la tradirebbe mai, neanche per tentare di aiutare i poveri di Parigi. Non metterebbe mai in pericolo la sua vita.
Alain la guarda senza parlare. E si chiede che aspetto possa avere questo Andrè che pare abbia fatto calare sul bel volto di lei un alone di tristezza. Quest’uomo che vive accanto a lei, che la vede tutti i giorni. E si trova a invidiarlo quest’Andrè e non sa neanche perché. E’ per la vita agiata che condurrà al fianco di lei nella bella casa?  O è forse perché vede  quegli occhi tutti i giorni?
“Sono sicuro che il tuo Andrè non c'entra niente in questa storia e tornata a casa chiarirai tutto, vedrai. Però, se vuoi, in me puoi trovare un buon amico. Cosa ne dici Oscar?”. Di nuovo le guance gli sembrano andare a fuoco.
“Certo, grazie Alain”. La fissa ma non regge il suo sguardo mentre la mano di lei, posata sulla sua scatena il battito impazzito del suo cuore.

Ci sarò sempre per te” sussurra, mentre la vede uscire da casa sua per tornare a indossare le vesti del soldato. Non le ha chiesto perché una donna così bella viva come un uomo. Non si può spiegare con la ragione ciò che il cuore ha già capito.







Note dell'Autrice: 
Mi sa che vi ho confuso le idee.  In ogni capitolo la storia si sviluppa in  spazi temporali diversi, separatI dalle stelline...
La prima parte di ogni capitolo  è il presente.
L seconda  parte, il passato.
non volevo farvi scervellare.. :) :)

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Capitolo 3
*** 3 “Il tempo non cambierà mai la nostra amicizia”. ***


 

 
“Come eravamo” 


“Il tempo non cambierà mai la nostra amicizia”.

 


 
L’amicizia.
Forse è l’unica cosa che davvero conti nella vita. Quel legame così forte e incomprensibile che unisce due persone simili oppure tanto diverse tra loro.
Quella sensazione di affetto sincero e incondizionato che porta a condividere gioie e dolori, felicità e paure e che  ci consente di non essere mai soli con noi stessi.
Amicizia è il coraggio di dire in faccia la propria opinione, senza curarsi di ferire, perseguendo il bene della persona amica.
Amicizia è guardarsi negli occhi e capire tutto dell’altro, pensieri, paure, emozioni.
E l’amicizia è il sentimento che, per  primo, l’ha resa speciale, le ha aperto gli occhi sulle miserie di questo mondo disperato. Sul bisogno irrefrenabile e ostinato di vivere una vita migliore.
Infila la mano in una tasca e la ritrae custodendo tra le dita il loro pegno di eterna amicizia. Un prezioso orologio da taschino. Il regalo per l’amico ferito. Fissa come rapito i movimenti ritmici delle lancette che scandiscono lo scorrere del tempo.
“Il tempo non cambierà mai la nostra amicizia”.

 

***

 

“Oscar….Oscar…ti ricordi di me?”.
La vede aggirarsi tra i negozi di una strada di Parigi. L’ha riconosciuta subito anche se non indossa la divisa militare ma eleganti  abiti borghesi.
“Ma tu sei Alain…certo che mi ricordo di te, come potrei dimenticarti…!”.. gli sorride e gli tende la mano che lui stringe impacciato”.
Trattiene il respiro mentre la guarda in viso. E’ persino più bella di come la ricordasse e i suoi capelli dorati irradiano luce, illuminati dai caldi raggi del sole Si è ritrovato speso a pensare a lei e a volte è stato sul punto di andare a  cercarla per assicurarsi che stesse bene. O forse solo per rivederla.
Non gli sembra vero di ritrovarsela davanti questo caldo pomeriggio d’estate e la bocca si incurva, suo malgrado, in un sorriso imbarazzato.
E’ lei a rompere il silenzio di quegli attimi in cui lui la fissa rapito e sorridente.
“Come stai Alain?”.
“Io bene..ma tu piuttosto….vedo che ti sei ripresa perfettamente. Ero un po’ in ansia, sai, ho pensato che avrei fatto meglio ad accompagnarti personalmente a casa tua…”.
“Hai fatto più di quello che era necessario Alain, sei stato un ospite perfetto. Credo di doverti la vita”.
“Ma no, non esagerare, te la saresti cavata comunque”.
“Già...forse”. E gli sorride di nuovo.
“Cosa fai qui da sola?”.
“Sono venuta per comprare qualcosa per…per un amico….un regalo…avevo qualche ora libera”.
“Allora ti offro qualcosa da bere, se ti va”.
“Va bene, con piacere”.
 
Lei non è di molte parole e lui si sforza di dire cose intelligenti, ma sa che è abituata a ben altri passatempi. La osserva mentre sorseggia un bicchiere di vino rosso e ogni volta che incontra i suoi occhi, sente il cuore in subbuglio. Ha scrutato ogni millimetro del suo viso nelle notti in cui l’ha vegliata, ma si accorge di non sapere niente di lei, del suo carattere, della sua indole, della sua vita.
E non sa  nulla dei suoi sogni, delle sue paure.
Ma legge nei suoi occhi un alone di tristezza che probabilmente è uno dei tratti della sua personalità, ma che sembra provenire da un dolore che ha occupato tutti i suoi pensieri.
 “Non si è più saputo niente del cavaliere nero, vero? A quanto ne so è sparito nel nulla. Tu c'entri qualcosa?”. La guarda malizioso e appena vede l’espressine di sofferenza sul suo volto capisce di avere toccato un punto dolente.
“Diciamo che l’ho convinto a aiutare i parigini utilizzando modi più leciti”.
“Allora l’hai trovato, sai chi è?”.
“Si”.
“Non mi dire che era proprio  il tuo amico..Andrè..”.
“No..no…non c'entrava niente con il cavaliere nero”. Sospira e scuote la testa.
 “Però è la persona che ci ha rimesso di più in questa storia”.  Le parole le muoiono in gola e abbassa il viso a fissare il bicchiere vuoto che stringe tra le mani.
“….Perchè? Cosa è successo?”.
“Andrè è stato ferito ad un occhio dal cavaliere nero. Gli avevamo teso una trappola ma Andrè ha avuto la peggio” non alza lo sguardo dal bicchiere che adesso giace immobile tra le sue mani.
“Sarebbe stata una ferita senza conseguenze se non avesse voluto disobbedire al dottore e correre a cercare me. Ero stata rapita proprio dal cavaliere nero. E adesso l’occhio è perduto….”. La voce le  trema e lui percepisce chiaramente tuta la sua angoscia.
“Ha rinunciato al suo occhio per me….è colpa mia…tutta colpa mia”.
Chiude gli occhi per trattenere le lacrime ma non può evitare che alcune minuscole gocce ricadano sulle guance.  E lui la guarda attonito. Ma che rapporto c’è tra questa donna è il suo attendente? E’ possibile che un padrone pianga per le disgrazie di un servo?
“Se non fossi stata così testarda, egoista. Avrei fatto di tutto per catturarlo quel ladro. Che pazza!”.
“No, dai, non credo sia colpa tua. Hai fatto solo il tuo dovere”.
“Già. Il mio dovere.. Il dovere prima di tutto. Il dovere sopra tutto. E lui ha rinunciato all’occhio”.
“Ma non l’ha fatto per dovere…l’ha fatto per amicizia nei tuoi confronti, ne sono sicuro”.
“Si, anch’io ne sono sicura, ma mi dispiace così tanto per lui…..!”.
Sospira di nuovo e smette di parlare. Si sente colpevole per quello che gli  è accaduto e ogni volta che vede il suo volto una fitta le squarcia il cuore. E Andrè non dice niente, sorride e scherza sul fatto che comunque gli resta l’altro occhio perché il Signore, nella sua lungimiranza ne ha concessi ben due di occhi agli uomini per tutelare quelli un po’ avventati come lui.  Ride, Andrè, ma non sa che ogni risata è una  piccola ferita nel suo cuore trafitto. Ha solo lui, solo lui. E’ il suo unico punto di riferimento da quando era bambina e il suo dolore attraversa  inevitabilmente anche lei, anche se non glielo fa vedere, anche se con lui non ne parla.
“Io devo andare…vorrei comprare qualcosa  per Andrè… non so bene che cosa...ecco…un orologio da taschino. Andrè non ne ha uno e credo gli piacerebbe. Un orologio per segnare l’immortalità della nostra amicizia, nonostante lo scorrere del tempo, nonostante la vita ci passi davanti e ci spaventi con i suoi imprevisti.
“Spero di rivederti Oscar”.
Vede il volto di lei illuminarsi mentre lo saluta e corre via.  Si, lei sa davvero il significato della parola amicizia. 




Note dell'Autrice: 
 
Spero risulti chiaro che l'orologio di cui Alain parla nella prima parte è quello che lei aveva comprato per Andrè

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Capitolo 4
*** 4 “Ti avrei amata con tutto me stesso, Oscar”. ***


“Come eravamo”
“Ti avrei amata con tutto me stesso, Oscar”.

 

Che diavoleria l’amore.
A volte, ti accorgi che improvvisamente il cuore inizia a battere violentemente nel petto tanto da irradiare il suo vibrare fino alle tempie.
A volte, il respiro si fa affannoso e irregolare e inizi a inalare aria nel tentativo di riportare la consueta regolarità nelle membra.
A volte ti ritrovi a osservare il cielo stellato e a chiederti dove sia lei, cosa stia facendo e con chi. E poi ti sembra di percepire il profumo di lei in un alito di vento che ti scompone le vesti. Di udire la sua voce chiamare il tuo nome in mezzo alla folla. Di scorgere il suo volto in ogni donna che vedi. Di cercare il suo sguardo celeste tra mille altri volti.
A volte ti senti così solo che vorresti piangere, ma poi ti ricordi di essere un uomo e corri a ubriacarti nella prima locanda che trovi nel tentativo di oscurare i suoi occhi affogando nell’alcool.
E ti accorgi che non serve a niente, perché all’alba il pensiero di lei ti assale come e più di prima.
E lei ti porta alla pazzia, tanto da tentare di  saggiarle quelle labbra delicate, per poi rimpiangerne la dolcezza per tutta la vita.
L’amore. Un mistero inesplorabile. Una forza oscura e magnifica che ti divora l’anima e ti infiamma le carni.
L’amore per lei. Che non poteva in alcun modo essere sua.
L’amore per lei che aveva un disperato bisogno di certezze.
L’amore per lei. Che viveva negando a se stessa il diritto di amare.
Lei. Che una sera, in un momento di follia era stata, per un solo istante, sua.
Con gli occhi chiusi sfiora tremando i contorni della sua bocca. E ricorda il sapore di lei custodito in un angolo della  memoria.
“Ti avrei amata con tutto me stesso, Oscar”.
 
 

***

 
Questa volta non si incontrano per caso. E’ lei che lo va a cercare e lo trova all’interno di una locanda. La vede entrare e per un attimo la guarda incredulo, come se davvero non potesse essere lei.
Le va incontro, non vuole che altri la vedano. Lei è il suo piccolo angolo di paradiso da non condividere con nessuno.
“Ciao Alain..ti stavo cercando…ho chiesto alla guardia della caserma e mi ha detto che ti avrei trovato qui”.
E’ senza parole e fatica a risponderle senza balbettare. “Cercavi un compagno per bere un po’? L’hai trovato soldato. Non qui però, andiamo via”.
La porta in un’altra locanda dove nessuno li conosce.
“Come ti va Oscar?”.
“Abbastanza, direi”. Ma il tono non è convincente.
Vorrebbe chiederle perché è lì, perché è venuta a cercare proprio lui ma non ne ha il coraggio. Forse sarà lei a dirglielo, quando lo vorrà.
Le versa del vino mentre osserva il suo volto e cerca di leggervi le risposte alle sue mille domande.  La vede buttare giù interi bicchieri di vino e si chiede se anche la donna soldato non abbia un dolore segreto da annegare.
Non riesce a staccarle gli occhi di dosso e si sforza per non assecondare l’impulso di toccarla. Per assicurarsi che non sia un suo sogno. Che sia veramente lì.
Ed è lui che parla, che scherza, nel tentativo di farla ridere. Perché quando ride si illumina e i suoi occhi risplendono come le stelle nel cielo.
“Non c’è niente di meglio che bere con un amico, vero?” le dice.
“Certo, alla salute…”.
E poi, quando è ormai notte fonda la accompagna per le vie di Parigi. Non ha fretta di tornare nel suo bel castello e lui desidera che questa notte non abbia mai termine.
E alla fine le chiede il motivo della sua serata con lui.
“Avevo solo voglia di bere”.
“Di bere fino a stordirti?”. Vuole provocarla e lei non si tira indietro.
“…Si”.
“Cos’è che devi dimenticare Oscar?”. Le si fa più vicino e lei non si scosta.
“Di essere una donna. Devo dimenticarlo”.
E’ sconvolto da quelle parole. Ha bevuto molto, non è lucida e lui se ne accorge subito.
“Puoi dimenticarlo..ma…ma non puoi smettere di esserlo, non puoi”.
“Io devo farlo, non ho altra scelta”.
“Tu potresti dimenticarlo..ma il resto del mondo non potrà farlo…tu sei una donna Oscar e sei bella,, incredibilmente bella”.
“No, io sono solo un soldato e non sono bella né voglio esserlo”.
Un soldato. Un uomo. E un “migliore amico”. Nient’altro. Non sarebbe stata nient’alto per nessuno. E non avrebbe permesso a nessun’altro di spezzarle nuovamente il cuore.
Le è sempre più vicino e tende le mani verso il suo volto. Con un dito accarezza piano i contorni di una guancia e il corpo ha un fremito. La desidera così tanto che teme di non riuscire più a fermarsi. E’ una strada troppo pericolosa quella che sta percorrendo ma non può più porre rimedio.
Vede gli occhi di lei che lo fissano. Non oppone resistenza alla mano che lui sta facendo correre lungo il collo. Le è sempre più vicino tanto da respirare sulla bocca di lei.
“Sei bella, maledettamente bella. Bella come nessun’altra donna. Sei così bella”.
Continua a ripeterglielo, ancora e ancora, fino a quando lei, inizia a credere che sia vero. E inizia a pensare che un uomo possa davvero desiderarla. Che possa volere il suo corpo di soldato. Che possa essere per un uomo  qualcosa di diverso da un amico.
Le bocche si sfiorano, umide e bollenti, mentre la attira sempre di più contro di sé.
E poi le sfiora, quelle labbra carnose che dopo un attimo che sembra infinito si dischiudono per aprire la strada alla lingua esigente di lui. Le lingue si toccano, le mani di lui posate sulle sue guance morbide. Lei, che sente tremare sotto il suo tocco, che sembra rispondere a quel bacio. Che non scappa, non protesta. Lei che assapora quel gusto che sa di proibito.
“Sei bellissima, sei bellissima”.
E' contro il muro adesso e il corpo di lui la sovrasta e le preme  addosso con la sua urgenza di uomo.
Lui ansima e soffoca gemiti che gli  offuscano le membra. Vorrebbe di più, vorrebbe stringerla più forte, vorrebbe infilare la mano sotto le vesti per stringere tra le dita i suoi seni minuti.
Ma è lei che improvvisamente si stacca dal suo corpo, lasciandolo tremante e  senza fiato.
Lo guarda negli occhi e lui ha già capito.
“Non ci rivedremo più Alain”.
Rimane lì ansimante mentre la vede dileguarsi nella notte come un fantasma. Tutto di lei è donna. Corpo, viso, bocca. I seni nascosti. Tutto di lei lo disorienta e lo scuote nel profondo. E’ più donna lei di tutte le dame preziosamente imbellettate. Ora ne è sicuro. Sa però di dovere convivere con il ricordo del sapore di quella bocca che non potrà più riavere.
 
 

 
 
 
 
 
Nota dell'autrice:

Come spero abbiate capito, lei è appena stata respinta da Fersen ed è in cerca di conferme sul potere della sua femminilità.
E in lui trova un compòice.
Ringrazo come sempre chiunque voglia lasciare un commento. 

 

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Capitolo 5
*** 5 “Non ti dimenticherò mai, Andrè, fratello mio”. ***


 


“Come eravamo”
 
Non ti dimenticherò mai, Andrè, fratello mio”.

 

 
Ci sono cose che si possono fare solo tra uomini.
Come bere fino a ubriacarsi e menare le mani fino a risvegliarsi, all’alba, in un vicolo deserto, con gli occhi pesti e il viso sporco di sangue.
Come andare a donne o a puttane per risvegliare un po’ di quella passione sopita durante le infinite ore di servizio.
E ci sono uomini che puoi chiamare amici perché senti di potere condividere le stesse avventure trovando in loro dei complici.
Ma ci sono amici che puoi chiamare fratelli perché quando li vedi riconosci in loro una parte di te. Ti rivedi nel loro sguardo, condividi i loro sogni e le loro stesse speranze.
Ma sono incontri così rari che quando accade, sono il cuore e la mente a guidarti nel giudizio per riconoscere un amico vero.
Perché quando lo vedi lo riconosci come se  lo stessi aspettando da tutta la vita, come se lo conoscessi da sempre.
E un giorno è arrivato lui.
L’ha guardato e ha capito che quel ragazzo dall’espressione malinconica  ma dagli occhi limpidi e leali aveva qualcosa di speciale, qualcosa che lo rendeva diverso da tutti gli uomini che chiamava amici.
E ritorna a guardare l’orologio che stringe ancora saldamente tra le mani. Le lancette continuano a girare. Ma il  suo mondo, nel frattempo, si è fermato.  
“Non ti dimenticherò mai, Andrè, fratello mio”.

 
***

 

E’ di ronda per le strade deserte di Parigi quando viene assalito da una irrefrenabile voglia di vino. Solo un goccio, pensa, perché la notte sia un po’ meno lunga e fredda.
Si infila  nella prima locanda che trova per la via e si avvicina al bancone con l’intenzione di buttare giù velocemente un paio di bicchieri. Si volta un istante per osservare gli avventori del locale indaffarati a giocare a carte e a bere ma un uomo ricurvo su se stesso attira la sua attenzione. Trattiene gli occhi su di lui finchè improvvisamente l’uomo alza la testa e incrocia il suo sguardo.
Ed è un volto trafitto da una cicatrice netta che percorre verticalmente i contorni dell’occhio quello che Alain si trova dinnanzi.
Aggrotta la fronte mentre le labbra si incurvano donando al viso un’espressione incredula. Si guardano, nessuno dei due abbassa lo sguardo finchè l’uomo ritorna a fissare il bicchiere che tiene tra le mani. Non ha vestiti preziosi, ma il suo atteggiamento composto lo rende differente dagli uomini che lo circondano.
Il dubbio lo assale. La curiosità muove le sue azioni.
“Ehi amico, unisciti  a me, non è divertente bere da soli, non ti pare?”.
L’uomo torna a voltarsi e di nuovo gli occhi si incrociano scrutandosi a vicenda. E gli fa un sorriso cortese.
 “Io mi chiamo Alain, dai, fatti una bevuta con me”.
“Volentieri, io sono Andrè”. E Alain stringe tremando la mano che Andrè gli tende.
Lo fissa con la bocca spalancata  che piano piano assume la forma di un sorriso. Non riesce a crederci. Una coincidenza? Ma quanti uomini con un occhio ferito si chiamano Andrè? Scruta il volto dell’uomo. E’ giovane, ha più o meno la sua stessa età. Ha i tratti regolari e la bocca carnosa. E gli occhi sono verdi come lo smeraldo.
“Sei un soldato della Guardia Metropolitana, vero?”.
Vede curiosità adesso nel suo volto e si accorge che lo sta fissando con più attenzione.
“Si, certo, e tu? Cosa fai nella vita?” .
Ma Andrè non risponde. E scuote leggermente la testa.
“Non ho più un lavoro, l’ho perso pochi giorni fa”.
Non vuole parlare Andrè. E’ evidente. Non vuole raccontargli niente della sua vita. Ma Alain sa molto di più di quello che lui stesso gli racconterebbe. Sa che lavora per lei. Per la donna soldato. Sa che è un amico caro per lei. Ma capisce che deve essere successo qualcosa tra di loro.
Arriccia di nuovo il naso. E poi sorride. Quella donna! Scommette che sia riuscita a fare impazzire anche lui.
E lo sente già un po’ simile a lui. Nonostante le buone maniere, nonostante i suoi modi eleganti.
“Alla tua salute, amico mio”.
 
 

 
 
 
 

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Capitolo 6
*** 6 “Qui le cose si complicano, amico mio”. ***


 

 

“Come eravamo”

“Qui le cose si complicano, amico mio”.

 

 

 


Coincidenze, destino, scherzi della vita.
Oppure è l’ostinata intenzione di lottare per ciò che si desidera, di ribellarsi a tutto ciò che sembra già scritto a muovere le azioni dei più valorosi di noi, quelli che perseguono senza timore il sogno della propria vita.
Nonostante, a volte, tutto sembri perso per sempre. Nonostante quel sogno sembri  sgretolarsi tra le mani come un castello di sabbi.
Ha letto lo stupore negli occhi  celesti di lei e una malinconica sfrontatezza in quelli smeraldo di lui. Ha visto dipinte sui loro volti insofferenza e tensione, ma allo stesso tempo il sollievo per  essersi ritrovati, così diversi ma così simili a ciò che erano sempre stati.  
Non avrebbe mai potuto dividerli quel destino beffardo che aveva già previsto per loro un futuro diverso, fatto di sguardi nascosti, emozioni celate e di una lotta comune per soffocare sentimenti diventati  troppo profondi  o la paura di scoprire in sé ciò che non era permesso provare.
Qualcosa di così grave e doloroso doveva avere messo in pericolo la loro amicizia, ma la forza dei sentimenti avrebbe ricucito, con il tempo, il rapporto.
“Che diavolo avevi combinato, figlio di un falegname!”

 

***

 
 

Va a cercarlo in caserma per chiedergli aiuto. Vuole arruolarsi tra i soldati della Guardia Metropolitana e spera che Alain possa mettere una buona parola per lui.
Gli sembra diverso da quando l’ha visto qualche tempo prima nella taverna. Il viso più disteso, l’espressione più sorridente. Ha occhi grandi  e limpidi, Andrè, che lo guardano con fiducia. E sorride, tanto che il volto sembra illuminarsi quando lui gli dice che lo aiuterà sicuramente ad arruolarsi. E allora il suo sguardo ha un’espressione sollevata e quel pizzico di nervosismo che riconosce nei movimenti veloci delle dita tese sembra placarsi.
Non gli chiede perché sceglie di arruolarsi proprio nella guardia Metropolitana, crede che sia una scelta casuale, dettata dalle necessità economiche.
“La paga fa schifo, amico, ma per lo meno avrai un posto dove dormire e un rancio da mangiare.  I turni sono massacranti, ma con un po’ di ingegno, si riesce a non ammazzarsi di lavoro”.
“Per me andrebbe benissimo Alain, non mi spaventa lavorare duro”.
E dopo pochi giorni Andrè prende servizio nel corpo militare più malfamato di Parigi. Si accorge subito della differenza con la Guardia Reale. i suoi nuovi compagni sembrano avanzi di galera più che soldati dell’esercito francese.
E pensa a lei che tra poco si troverà a comandarli, quegli uomini rozzi,  non sarà facile per loro accettare un comandante donna, non lo faranno  per dovere, ma solo se davvero capissero il suo valore. Ma  lui sembra avere raggiunto il suo scopo e la proteggerà vegliando su di lei come fa da una vita.
Si siede sulla branda e si prende la testa tra le mani. “Cosa penserà quando ti vedrà?. Ti urlerà in faccia di andartene, che non ha bisogno di te e tu non l’hai proprio capito”.
Ma non può vivere senza di lei. Non riesce quasi a respirare da quando lei se n’é andata. Da quando è fuggita in Normandia. Fuggita da lui. Fuggita da Fersen. Fuggita da una realtà che si ostina a non accettare. Donna. Non potrà essere altro che una donna. E non capirlo, non accettarlo, la porterà a una inevitabile sofferenza.
Risente ancora il rumore della stoffa strappata dalla sue mani,  troppo forti perché lei potesse resistere. La sua mente piena del corpo candido di lei, dei meravigliosi seni che, rigonfi, si erano svelati ai suoi occhi stupefatti. E ricorda le lacrime di lei, così disperate da averlo fatto sentire un mostro.
Ma sopra ogni cosa ricorda la dolcezza della sua bocca, la morbidezza di quelle labbra carnose e invitanti che, per un istante, ha potuto saggiare.
E ricorda le frasi che lui le ha detto mentre le lacrime rigavano le guance e le mani tremanti erano strette a pugno lungo i fianchi. “ Ti amo Oscar...ti ho sempre amato”. E' una frase che ripete ossessivamente, che riecheggia da allora nella sua testa, come se averlo confessato a lei gli abbia permesso di urlarlo liberamente anche al suo cuore.
Si è sentito così disperato in quel momento, così inutile, come se tutta la sua vita avesse perso, in un istante, ogni senso. Lei lo stava allontanando dalla sua vita e in un attimo di sconforto aveva deciso di giocarsi il tutto per tutto. Ma aveva sbagliato, ne era certo, perchè lei, dopo quella sera, era più sola di prima.
E sospira mentre intorno a sé i compagni si preparano per il turno di notte.
“Che c’è Andrè, a cosa pensi amico? Hai una faccia…ti dovresti vedere”.
“A niente Alain.. niente”. Gli sorride ma si accorge che all’amico non sfugge niente di lui. Il suo sguardo sembra attraversarlo per leggergli dentro.
“Non mi dire che stai soffrendo per amore, amico mio…hai tutta la faccia di un innamorato respinto. Chi è la tua bella?”.
“Ma che dici Alain, non ho proprio niente e non ho nessun amore che mi fa soffrire”. Lo dice seriamente, come per convincere se stesso, per primo.
“Meglio così allora. L’amore è una brutta bestia, sai. Per un po’ ti sembra di toccare il cielo con un dito e dopo ti ritrovi inevitabilmente a sbronzarti di nascosto in una bettola puzzolente. Fai come me, una donna ogni tanto, ma innamorarsi..no….meglio non pensarci proprio all’amore”.
Più facile a dirlo che a farlo, pensa sorridendo e storcendo il naso. Torna a osservare lo sguardo di Andrè. Vuole  aiutarlo a dimenticare quella donna soldato, qualunque cosa sia accaduta tra di loro.
 
 



Sono in agitazione, i soldati della guardia, perché un nuovo comandante sta arrivando per guidare il loro reggimento. Imprecano e sputano giudizi su una persona che ancora non conoscono.
“Ph..un nobile…sarà il solito damerino incipriato”.
“Già…..e scapperà disgustato nel giro di poche settimane, come hanno fatto tutti gli altri….nessuno vuole comandare un branco di sudicioni come noi….”.
E ridono, di loro, della loro furbizia e delle sorti nefaste che attendono il nuovo venuto.
“Gli renderemo la vita difficile…ph”. Urlano, ridono e sputano e Andrè avverte una fitta allo stomaco pensando a lei con quegli uomini che già la disprezzano senza sapere nulla di lei. Senza conoscere il suo oscuro mistero.
E un mattino, inattesa da tutti, arriva lei. Li sorprende presentandosi all’improvviso un giorno  prima, desiderosa di fare la conoscenza dei nuovi soldati.
Andrè sente le urla dei compagni che di fretta cercano di destarsi dalle brande e sistemare la divisa stropicciata, dopo avere fatto sparire i mazzi di carte che allietano i loro momenti liberi.
Sente i suoi passi, riconosce il ritmo della sua camminata decisa. Sa che lei non ha alcun timore di affrontarli. La conosce troppo bene. Sono altre le cose che la annientano e la terrorizzano.
E poi la vede, nella sua  nuova divisa blu, entrare altera nella lurida camerata.
Vede la tensione negli occhi dei compagni e gli basta guardarli in viso per intendere le mille parole  ingiuriose e volgari che col pensiero  stanno rivolgendo al nuovo arrivato. Li osserva, ma poi non può fare a meno di mettere gli occhi su di lei, sul suo viso. E incrocia i suoi occhi che trova sgranati e increduli mentre lo osservano.
E poi la sorpresa lascia il posto alla collera. La riconosce subito. Le legge l’espressione di rabbia dipinta sul volto che non sembra avere alcuna intenzione di mascherare.
Poi continua il suo percorso nella camerata finchè il suo sguardo incrocia quello di Alain. A differenza di Andrè che la guarda con aria di sfida, l’uomo sembra non aspettare il suo arrivo. Nota la bocca aperta, lo sguardo imbambolato. E la sua proverbiale freddezza inizia a vacillare. Avrebbe potuto gestire Alain, non ricorda molto della sera in cui è andata a cercarlo ma sa che avrebbe potuto tenerlo a bada in qualche modo. Ma non si aspettava certo di trovare Andrè tra quegli uomini.
E Alain scruta curioso i volti del comandante e dell’amico d’infanzia che si evitano, come se l’unione degli sguardi possa bruciare loro l’anima e poi si cercano, come se, in fondo, entrambi capiscano di essere destinati dal fato a ritrovarsi.
“Qui le cose si complicano, amico mio”. E ride, mentre la vede lasciare con passo svelto la camerata, lasciando dietro di sé molti soldati infastiditi e due uomini con il cuore in gola.






 
Note dell’Autrice:
I giochi sono fatti, le carte iniziano a essere scoperte. Ma non tutto di quello che è successo tra i tre protagonisti potrà essere svelato facilmente.
Un ringraziamento a chi continua a leggere  e chi lascia pareri e commenti. 

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Capitolo 7
*** 7 “Oscar, Oscar… amore” ***


  

“Come eravamo” 
 
“Oscar, Oscar… amore”
 
 

 

Cammina come un fantasma per le strade deserte di Parigi.
Cammina lentamente senza meta, senza sapere dove andare. Anche la luna sembra avere preferito lasciare i parigini festeggiare da soli la loro prima vittoria contro la tirannia. Passo dopo passo, si allontana dalla chiesa dove  ha lasciato i suoi amici. I commilitoni che conosceva da una vita e loro due.
Vorrebbe correre ma le gambe non lo reggono. Vorrebbe urlare ma l’angoscia gli stringe la gola.  Discende velocemente i gradini che portano alla Senna e afferra un sasso che lancia con tutta la forza che gli rimane in corpo nell’acqua torbida del fiume che scorre impetuoso dentro gli argini.
E poi ne lancia un altro, e un altro ancora, sempre più forte, sempre più veloce. E sente che ad ogni lancio qualcosa dentro di sé va in frantumi per poi liberarsi e librare nell’aria. Come se ogni sasso possa scagliarsi contro quel destino  maledetto che si è preso gioco di tutti. Di lui, di loro. E continua i suoi lanci, mentre i sassi, nell’acqua, formano una piccola bolla che scompare senza lasciare dietro di sé nessuna  traccia del loro passaggio.
Finché si butta stremato sull’erba umida bagnata dalla rugiada. Ansima e chiude gli occhi mentre il respiro si espande  nei polmoni. E quando sopraggiunge la calma, apre gli occhi e vede sopra di sé un cielo stellato. Stelle splendenti come gli occhi di lei. E, per un istante, sente di non essere davvero solo.
“Oscar, Oscar… amore”

 
 

***

 
 
Non la vuole proprio nessuno la donna soldato. Appena si sparge  la voce che il nuovo arrivato è una femmina lo sgomento si diffonde tra i militari.
E le imprecazioni diventano insulti, l’astio prende la forma di ingiuria e offesa al suo corpo di donna.
Andrè passa la prima notte dall’arrivo di lei accompagnato da un fiume di improperi rivolti al Comandante. Non riesce a dormire e nel buio della notte, vede Alain che si gira insofferente nella branda.
“Quella farebbe meglio a tornare a comandare i damerini di Versailles, noi non siamo uomini per lei”.
“Già, ma si vede che voleva uomini più duri..e so io come accontentarla….la farò felice….”.
“Già..niente male come bocconcino….”.
“si……quella femmina va bene a letto…”.
E quando non ne può più, si porta le mani alle orecchie per non sentire più nulla di quelle volgarità che escono balla bocca di quegli uomini. Vorrebbe picchiarli, uno a uno, vorrebbe spaccargli la faccia solo per il fatto di avere osato pensare a lei  con certe oscenità.
E primo fra tutti vorrebbe spaccare la faccia a Fersen, perché in fondo, se lei è tra questi avanzi di galera,  la colpa è soprattutto sua. E non sa se sia meglio pensarla tra le braccia dello svedese o oggetto delle  sconcezze di quelle bestie.
Si gira nel buio e incontra lo sguardo di Alain. Non partecipa alle ingiurie, ma non cerca neanche di placare i loro animi. Ma Alain è il capo di quei soldati e sa di non potere esporsi per  difenderla. Non apertamente. Dovrà vegliare su di lei in modo più riservato. Nota l’insofferenza di Andrè e non può fare a meno di pensare cosa lo leghi realmente ad Oscar. Affetto, amicizia, amore. E un po’ si sente geloso.
Appena può corre da lei, nel suo ufficio, con le gambe tremanti per l’emozione.
“Agli ordini Comandante…certo che il mondo è piccolo, non credi Oscar?”.
Lei alza il viso dalle scartoffie e lo guarda con aria impassibile. Avrebbe desiderato evitare questo incontro.
“Già”.
“Non avrai vita facile qui Oscar, i soldati non ti vogliono. Stai all’erta. Io non posso  essere sicuro che non ti facciano del male”.
“Io non ho paura di loro, non preoccuparti per me”.
“E Andrè? Non ti aspettavi di trovarlo qui, vero?”.
“No.. non sapevo che si fosse arruolato”.
“Cosa è successo tra di voi?”.
“Niente. Non avevo più bisogno del suo aiuto”.
“Ah, allora posso raccontargli della nostra serata romantica?”. Ride ma poi vede il suo sguardo indifferente farsi di fuoco.
“No… non dirgli niente, per favore. Lui non capirebbe”.
“ E cosa c’è da capire?”. Si avvicina a lei che l’ha raggiunto nel centro della stanza.
“Che sei una donna e hai bisogno di un uomo?”.
Cerca di sostenere il suo sguardo ma le tremano le mani. Si morde le labbra mentre il viso di lui si fa più vicino. E lei non arretra, non vuole fargli vedere che è turbata.
“Se non c’è niente tra di voi, perché non dirglielo?” Vuole provocarla e lei rischia di non superare la prova.
“E allora diglielo se ti fa tanto piacere”.
La guarda e sorride. Apprezza la sua capacità di rimanere indifferente anche in quella  situazione ma ha imparto a conoscerla e sa che la sua è una maschera.
A più tardi Comandante, soldato Soisson ai vostri ordini”  si mette sugli attenti e si dirige verso l’uscita.
“Oscar..”.
…..“Si”.
“Sei bellissima”.


 

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Capitolo 8
*** 8 “Porterai anche me alla pazzia?”. ***


 “Come eravamo”  

“Porterai anche me alla pazzia?”

 


Amare una persona fino al punto di rinunciare a tutto. Alla propria vita. Ad un futuro sereno. A una moglie e a dei figli. Persino alla vista. Per lei.
Avrebbe rinunciato a tutto, avrebbe scelto le tenebre per lei, Andrè, per starle accanto, perché  viveva solo per lei. Non c’era nient’altro per cui valesse la pena di alzarsi la mattina o coricarsi la sera. Glielo leggeva sul volto quell’amore che sembrava procurargli più dolore che gioia. E nei suoi occhi chiari vedeva la convinzione che il suo amore, non potesse, un giorno, che essere ricambiato.
Lui, che avrebbe potuto avere qualunque donna avesse voluto.
Lui, una vita dedicata al suo folle  amore per lei.
“Lei ti porta alla follia….lo sai  anche tu Andrè “.

 

***


Sono alcuni giorni che è più taciturno del solito. Da quando è rientrato da qualche ora di permesso non l’ha  più visto neanche tentare un accenno di sorriso.
“Ehi, bel tenebroso, cosa ne dici di fare baldoria stasera? Conosco una rossa che ti porterebbe dritto dritto  in paradiso, Grandier”.
“No, Alain, non questa sera. Mi accontenterei di una bevuta”.
“Mmm… magari meniamo un po’ le mani…giusto per non perdere l’abitudine..”.
“Affare fatto, Alain”.
“Va ben, però la rossa sarà molto dispiaciuta di perdere il suo bel bocconcino stanotte”.
“Stupido….”
“Non è che preferisci le bionde..?”.
Non la sente neanche la risata fragorosa di Alain che non vuole smetterla di prenderlo in giro.
“Ne conosco una di bionda...una favola…mai vista una bellezza simile ….ma non è alla tua portata ragazzo….e forse neanche alla mia…ma se gioco bene le mie carte….”.
Giocare d’astuzia. E’ l’unico modo per avere una come lei. Ma è come giocare con il fuoco perché una così ti fa perdere la ragione.  Ti disorienta. Soprattutto perché non capisci  le sue regole del gioco. Non sai neanche se lei le abbia davvero delle regole.
 

Ma non è con lui che Andrè potrà passare la serata.
Vede un assembramento di soldati vicino alla camerata e capisce subito le loro intenzioni. Respinge l‘impulso di esporsi per difendere l’amico e si fa da parte.
E lo vede mentre lo trascinano fuori e lo gettano bruscamente contro una vetrata. E’ un pestaggio in piena regola e lui è da solo a difendersi. Ma non gli farà male menare un po’ le mani. Almeno, per questa notte, non penserà ai suoi problemi, qualunque siano.
Lo insultano e lo picchiano, uno dopo l’altro e poi tutti insieme, mentre lui si difende come un leone ferito. E trova in sé la forza di reagire, di colpire più uomini che può. E colpisce, affonda, attacca, urla, combatte, affonda, ferisce, si difende, prima di finire  privo di sensi sul pavimento.
Il massacro è compiuto. La prova superata.
“Ti sei guadagnato il loro rispetto, amico” gli sussurra mentre  osserva il suo volto coperto di sangue.
Uno scricchiolio del pavimento. Una presenza nella stanza. E lei osserva la scena con gli occhi sgranati. Immobile. Sembra sostenersi allo stipite della porta per non cadere. Per non vacillare.
La guarda attentamente ma non legge emozione nei suoi occhi di ghiaccio.
“Non ti sposare Oscar…..non ti sposare… ti prego”.
Una supplica. Il motivo di tanta sofferenza.  La conferma di un dubbio.
E lei è ancora lì. Ferma sulle sue posizioni. Ferma sulle sue convinzioni.
“Adesso è tutto chiaro. Credo che vi ami Comandante”. Le si fa più vicino.
 “Questo pazzo ti ama Oscar.." .
"Tu porti alla follia soldatino….lo sai vero?”.
Lo sussurra così vicino alle sue labbra da percepirne il calore.
E la vede mordersele quelle labbra rosee mentre gli occhi non si staccano dal corpo di Andrè.
“Credo che sia meglio che ti occupi tu di lui”.
Le carte sono scoperte ormai. Ma il gioco non finisce. E’ una partita che non ha regole.
“Porterai anche me alla pazzia?”.





Nota dell’autrice:

Capitolo molto breve. Sono i ricordi di Alain legati a momenti particolarmente significativi della loro storia, e per questo molto concisi. Non tutti i sentimenti, quindi, vengono esaminati. Leggete la storia attraverso gli occhi di Alain a cui Oscar appare ancora un mistero.

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Capitolo 9
*** 9 “Sei in trappola, soldatino”. ***



“Come eravamo”
“Sei in trappola, soldatino”.

 

 

Perché quella che indossava Oscar era solo  una maschera.
Modellata per ricoprire il suo volto fino a renderlo imperturbabile, per cancellarne turbamenti, ansie, paure.
Condannata, da una maschera, ad annullare ogni emozione, ogni sentimento, a sembrare fredda, distaccata, distante.
Prigioniera consapevole di una vita che in fondo non le apparteneva.
Ora lo sa.
Sa che il fuoco ardeva dentro di lei, così forte da avvolgere con il suo calore l’anima e infiammare le membra.
Sa che erano i sentimenti a divampare impetuosi nel suo corpo tanto intensamente  da farle male.
E sa che tra tutti,  era proprio l’amore il sentimento più intenso, quello che lei  ha cercato di mascherare, dissimulando abilmente i palpiti del suo cuore.
Perché a dispetto di quella maschera il suo cuore batteva.
Batteva.
 
 

***

 


Un enigma.
Ecco come si può definire Oscar François de jarjayes.
Anzi, più che un enigma, un vero e proprio rompicapo che è impaziente di decifrare, di rivelare.
La fissa imbambolato mentre comanda il plotone, quando cavalca di fronte a lui e non riesce a distogliere  la mente dal pensiero di lei.
Scruta insolente il suo volto quando passa in rassegna la truppa per leggervi le risposte alle sue infinite domande. E più ci pensa, più la guarda, e meno gli sembra di capirci qualcosa in quel mistero di donna.
Solitamente così impenetrabile da pensare che sia il ghiaccio a scorrerle nelle vene.
Così impassibile a ciò che le accade intorno, persino agli  insulti rivolti alla sua persona.  E non la capisce, non riesce.  Cosa la porti pervicacemente a continuare a inseguire i sogni del padre Generale, annullandosi come donna, non gli è per nulla chiaro.
Ma capisce che non deve essere stato affatto facile per lei indossare una identità  che, per natura, non le appartiene.
Cosa pensa? Cosa prova? Ha mai conosciuto la passione?
E l’amore?
E’ mai stato violato il candore del suo corpo?
La vede ridere e il cuore si riempie di gioia. La vede incupirsi e darebbe un mese di paga per intuire i suoi  pensieri. Ma poi sospira e chiude gli occhi e un po’ gli sembra di capirli quei pensieri perché il dolore di lei ferisce anche lui, e il suo sorriso gli scalda il cuore.
E’ questo l’effetto che fa la donna soldato?
E quando non ne può più di questo dolce rompicapo, la affronta, la provoca, la scuote nel profondo. Vuole capire, scoprire, vuole smascherarla, vuole leggerle l’anima e svelarne i misteri.
 



“Sei in trappola, soldatino”.
La incrocia una sera mentre entrambi rientrano nei propri alloggi dopo un turno di guardia. E’ così vicino al suo corpo che basterebbe alzare le mani per toccare i suoi fianchi, il suo ventre.
“Alain, per favore, ti ho già chiesto di non chiamarmi in quel modo”.
“…Perdonami..allora….non succederà più..”.
Promette, Alain, ma il suo tono è così beffardo che entrambi sanno che non ha nessuna intenzione di rispettalo quel patto.  La guarda n viso, tanto intensamente da farle desiderare di abbassare gli  occhi. Ma non vuole mostrare di essere fragile e si costringe a perpetrare  quel duello di sguardi che sa essere troppo pericoloso.
E lui si accorge del suo imbarazzo e pensa che  davvero non abbia esperienza in questioni amorose. Sa che vorrebbe scappare, lo legge nei suoi occhi, lo sente nell’impercettibile fremito del suo corpo, dal lieve tremore delle sue mani.
Ed è attrazione, irresistibile e incontenibile, ciò che prova per lei, per il suo corpo magnifico.
Ma sente anche il cuore accelerare i battiti, farsi padrone dei suoi sensi, occupare le membra, mentre improvvisamente si rende conto che solo le labbra di lei potrebbero salvarlo dal senso di vuoto che si sta impossessando del suo corpo. Dal senso di abbandono che sa di dovere provare quando le loro strade, questa notte, si divideranno.
Le sorride e sul suo volto, la dolcezza dei suoi sentimenti sembra mostrarsi senza alcun timore. E senza più pudore.
Strategie, disegni propositi, si fanno spazio nella sua testa, per poi svanire come le onde del mare che si fanno risacca, abbandonando la battigia.
E poi, impaziente e  inquieto,  gioca il tutto per tutto. Ma è una partita senza regole e lui le infrange tutte.
“Io non ho mai dimenticato la dolcezza delle tue labbra, Oscar. Mai. Ho pensato a te ogni istante da quando ti ho conosciuta e …poi…quel bacio…..Dio...Oscar…tu non sai cosa mi hai fatto…..”.
Alza piano la mano per stringere quella di lei che sente fremere.
“Alain….io…..non avrei dovuto ..quella sera ho commesso un errore. Io non sono così, Alain. E non avrei dovuto lasciarmi andare in quel modo. Ti chiedo solo di dimenticare quello che  è accaduto tra di noi. Io l’ho già fatto”.
E’ decisa, non mostra titubanze e lui la guarda perplesso.
“Vorrei che tu fossi mio amico, Alain.  Ho davvero bisogno della tua amicizia. Ma non desiderare altro quando pensi a me. Ne usciresti sconfitto”.
Distoglie lo sguardo da lui e fissa il pavimento . Gli occhi sembrano socchiusi.
“Come Andrè?”.
Non gli risponde ma il suo silenzio è una conferma che non lascia incertezze. E nei suoi occhi vede un velo di tristezza come se il solo pronunciare quel nome abbia rimescolato in lei sentimenti  troppo dolorosi.
“Sarai mio amico?”.
Storce il naso e poi aggrotta la fronte. Forse è una battaglia che non è davvero possibile vincere.
Forse non è vero che lei non le conosca le regole del gioco. Forse è lei che lo dirige quel gioco. Si rende conto, in quel preciso istante che, se di partita si tratta, non è lui a farne parte.
“Ci sarò sempre per te Oscar, te lo prometto”.
 

 

 
Nota dell’autrice:
Come sapete, la storia nasce day by day e stavolta mi ero davvero incartata. Ringrazio per l’ispirazione di questo capitolo tutte voi che leggete e lasciate commenti alla mia storia folle, ma in particolare Ladymarcella e Serelalla le cui recensioni  mi hanno fatto riflettere molto.

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Capitolo 10
*** 10 Senza più maschere ***


Come eravamo”
Senza più maschere
 

 



Quante forme può assumere l’amore?
Passione, desiderio, possessione, tormento. E talvolta ossessione.

Di un viso impresso nella mente. Di un corpo che desideri toccare. Delle sue labbra, dolci e morbide dalle quali vorresti saziare il tuo bisogno d’amore.E passi la notte girandoti nel letto, mentre chi ti è accanto condivide le tue medesime pene.  Ma sai che non puoi dire niente al tuo amico che queste pene le prova, forse, da una vita intera, mentre il  profumo di lei ti tormenta e ti lascia inquieto e ansimante.
 E poi ridi di te, della tua follia, della tua ossessione. Perché non ti era mia capitato prima che arrivasse lei di renderti ridicolo, di lottare per amore. Di lottare contro il tuo amore.
E ricorda quella volta, l’unica volta, quando l’amore ha assunto la forma di una rabbia cieca e incontrollabile, quando si è scagliato contro di lei  dimenticando le promesse di amicizia.

Aveva toccato il fondo, ma quel momento in poi era iniziata la sua rinascita.
E tutto si era fatto incredibilmente chiaro.
 

 
 

***

 




L’aveva stimata come comandante, aveva urlato ai quattro venti che Jarjayes  era il miglior comandante che avevano avuto e che mai avrebbero sperato di avere. Aveva fatto spallucce  alle risate di scherno rivolte dai compagni che non capivano il motivo di tanta devozione.  L’aveva ammirata per forza, coraggio intelligenza  e capacità militare, tanto da scoprirsi curioso di imparare da lei, di migliorarsi come soldato, di affinare le sue tecniche di combattimento.
Ma ora sente il sangue ghiacciarsi nelle vene di fronte a Lasalle in manette, portato via come un criminale solo perché ha venduto il proprio fucile per sfamare la famiglia. L’ha vista alla finestra del suo ufficio osservare immobile i militari portare via il suo compagno.
E colmo di rabbia,  ma ancora incredulo, percorre le scale correndo per andare da lei e chiedere spiegazioni a quell’ingiustizia.
Entra senza bussare nel suo ufficio e la trova seduta allo scrittorio. Alza lentamente la testa per osservarlo e nei suoi occhi legge solo un lieve fastidio per quell’incursione improvvisa.
“Che diavolo fai qui Alain?”.
“Hai denunciato tu Lasalle? Lo sai che sarà deferito al tribunale miliare? Lo sai la pena prevista per chi vende un fucile di Sua Maestà, Oscar…lo sai?”.
“Certo che lo so…ma io… non ….”.
“Come hai potuto farlo….noi ci fidavamo di te…che idioti….”. Le urla in faccia e lei sembra non volere neanche difendersi dalle accuse.
“Pensala come vuoi, se non credi alle mie parole”. E lui la fissa  negli occhi e rimane colpito dall’ostinata freddezza del suo sguardo. Impassibile a tutto, anche alle accuse più infamanti, rimane a guardarlo con un’espressione distaccata, distante.
E la rabbia di lui monta sempre di più e arriva a livelli che non avrebbe mai pensato di raggiungere. Afferra il colletto costringendola a sollevarsi e a guardarlo in viso tanto vicino da sentire il calore del suo fiato sul suo volto,  mentre si ostina a mantenere quel tono pacato che suona per lui come una confessione.
 “Perché l’hai fatto….”.
“Io non ho fatto niente…”. E non riesce più a controllarla quella rabbia che sente rompere gli argini come un fiume in piena, mentre nella mente ripete ossessivamente parole di fuoco. La colpisce con tutta la forza che ha e  poi fissa  incredulo la macchia rossa, rimasta sul viso di lei come una fiammata lasciata dal suo passaggio.
Senza darle il tempo di parlare strattonandola bruscamente  la trascina fuori, lungo i gradini del grande scalone, fino a buttarla per terra, in mezzo al cortile deserto.
Neanche la pioggia che cade fitta riesce a farlo tornare in sé.
E lei capisce che non le rimane che combattere per convincerlo della sua buona fede. Perché forse davvero, l’amicizia in cui aveva sperato, non esiste.
Allora si difende dagli assalti di lui che si fanno sempre più decisi, sempre più precisi e pericolosi. E poi attacca, con tutta la forza che ha. Gli legge astio negli occhi scuri ma non può fare  a meno di pensare se, in fondo, non voglia solo punirla per il suo rifiuto.
Vale  così poco la parola di lei per questi soldati?
Finchè un colpo sferrato da lei rompe la spada di Alain che continua però a combattere come un leone in gabbia. Vuole batterla Alain, vuole umiliarla, e affonda le sue armi con forza e precisione. E non vuole ascoltare quella voce, che nasce dalla parte più profonda di sé, che gli urla che lo sta facendo solo per gelosia. Perché non è lei che sta colpendo, ma l’ossessione per quel corpo aggraziato, il desiderio delle sue labbra morbide. E colpisce di nuovo, e ancora più forte, facendole infine  perdere l’equilibrio.
Ansimando, la guarda fremere stremata sotto la pioggia.
Ed è uno sguardo fiero, quello che le legge negli occhi. Non è la resa. Lei non si arrenderà mai.
E improvvisamente vorrebbe solo correre da lei e abbracciarla, accarezzarla. Consolarla. Vorrebbe stringerla per poi attirare a sé il suo capo e infilare le dita nei capelli bagnati che le si sono appiccicati sul viso.
 “Hai vinto Alain”.
“No…..non ho vinto….” Solleva la giacca dell’uniforme per mostrare un taglio lasciato dalla spada di lei nella carne del suo fianco.
“Avete vinto Comandante…ma promettetemi che interverrete per liberare Lasalle”.
Le volta le spalle e se ne va, lasciandola per terra sulla terra bagnata. Non avrebbe resistito un istante in più e l’avrebbe stretta tra le braccia. Si nasconde da lei. Si nasconde dai suoi sentimenti.
Ma poi si gira, un solo istante, per tornare a guardare Oscar.

Andrè è di fronte a lei  nel piazzale ormai vuoto e la pioggia scorre incessante sui loro corpi fradici. La aiuta a sollevarsi e poi lentamente la attira a sé. Sono così vicini adesso da annullare qualunque inutile distanza.
Le sfiora piano il viso con le mani, forse nell’assurdo tentativo di asciugare le sue  lacrime, prima che la pioggia le faccia scorrere via. E lei abbandona lentamente la testa sulla spalla di lui. Le mani posate sul petto del’uomo.
Gli si affida, senza più difese. Senza più maschere. Sembra avere trovato un rifugio sicuro tra le sue braccia che sicure la stanno cingendo. Davvero solo lui conosce pienamente  l’essenza della donna soldato.
 

 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 11
*** 11 L’esatta melodia della parola amore ***


 

"Come eravamo”
L’esatta melodia della parola amore 

 

 
E un giorno  l‘ha capito.
Che ci sono amori di una notte che ti accendono il corpo, ti infiammano le carni e bruciano l’anima. Amori che divori tanto voracemente da perdere la ragione nelle viscere calde di una donna qualunque, per poi risvegliarti più leggero, mentre sai di potere affrontare la vita con la consueta goliardia.
Ci sono amori che non ti chiedono niente di più di ciò che puoi dare, che si accontentano di un incontro furtivo, di un sorriso beffardo e dell’aria da mascalzone che ti porti dietro da una vita.
Ma ci sono amori che ti entrano nel sangue, come minuscole particelle che diffondendosi velocemente invadono meticolosamente ogni singola parte del tuo essere, fino a invadere ogni pensiero ogni azione. E non importa che sia ricambiato, questo amore, perché vive e si riproduce in ostinata autonomia, crogiolandosi nella propria disperazione e godendo dei pochi attimi di gioia.
Amore.
Lo sente così forte questo amore, nonostante tutto. Nonostante non abbia mai pensato di averne diritto. Nonostante lei, adesso, sia lontana.
E il senso di vergogna e di pudore provato per questo sentimento sbagliato sembra più acuto che mai.
Perché ci sono amori così complicati, controversi e rinnegati, che solo un atto di altruismo può aiutare. Districare i nodi di un amore osteggiato, folle, impossibile per consentire di aprire gli occhi guardarsi dentro e iniziare finalmente a vivere.
Vivere. Si morde un labbro e scuote la testa mentre sente nel petto una fitta acuta e tagliente come una lama.
Un amore disperato quello di Oscar verso Andrè. Perché non pensava di averne diritto. Perché non pensava che fosse permesso amare alla figlia del Generale.

 

 

***



“Ti ha dato di volta il cervello Alain? Come diavolo hai potuto scagliarti in quel modo contro di lei? Io credevo che tu l’avessi capita Oscar, che la stimassi. Cosa ti è saltato in mente? Come hai potuto credere che avesse denunciato lei Lasalle?
Non hai capito niente….niente….che idiota sono stato a fidarmi di te!”.
Sogghigna nervosamente Alain perché Andrè non si immagina neanche quanto siano vere le sue parole. Fidarsi di lui. E’ stato come fidarsi di Giuda, di uno che ti tradisce sotto il naso, senza remore e rimpianti.  Di uno che ti fa la paternale e poi tradisce ogni promessa di amicizia.
E adesso non era solo Andrè a essere stato tradito. Certo, nei suoi confronti a ben pensarci si sentiva doppiamente in colpa perché oltre ad averne tradito la fiducia, aveva tradito anche l’amicizia. Tante belle parole sull’amore libero e possibilmente frivolo per poi finire irrimediabilmente ossessionato dalla stessa donna. Esattamente come lui.
E adesso non sa neanche cosa rispondergli mentre lo sta affrontando a muso duro.
“Cosa c’è tra di voi?”. La domanda arriva come una doccia ghiacciata. Per entrambi.
“Siamo cresciuti insieme, siamo amici. Lei è la mia famiglia”. Il tono è incerto e perde il velo di rabbia che la rivestiva.
“Bugiardo. Tu sei innamorato di lei. E’ talmente evidente! Ce l’hai scritto in faccia Andrè. Quello che non mi è chiaro è cosa sia successo tra di voi”.   Gli sembra ancora di vedere il viso di Oscar illuminarsi quando parlava di Andrè e di quanto fosse affezionata a lui. Ma poi, tempo dopo, l‘ha vista cambiata, come se il pensiero di lui le provocasse una incomprensibile sofferenza. E poi la sorpresa di trovarlo tra i soldati della Guardai.
E quell’abbraccio.
Li vede ancora nel piazzale delle armi, così vicini così uniti da sembrare una cosa sola.  Lei, così distaccata da tutto, si è adagiata al suo petto e lì è rimasta a dispetto del mondo circostante.
Distoglie lo sguardo, Andrè, da quello scuro dell’amico mentre il rumore della stoffa strappata della camicia di Oscar gli riempie le orecchie.
“Non è successo niente, Alain. Sai, a volte crescere complica le cose. Finchè ridi e scherzi va tutto bene. Ma poi ti ritrovi un giorno a combattere contro i mulini a vento e ti accorgi che non puoi che perdere.
 
 
Vuole capirci di più  Alain, cerca conferme si suoi dubbi, alle sue sensazioni. E riprende a osservarla ossessivamente ma questa volta non vuole solo vederli, quegli occhi celesti. Questa volta vuole leggerli, decifrarli, vuole svelarne i segreti, comprenderne le emozioni. E li vede illuminarsi quando il suo sguardo incontra Andrè, per poi rifuggire velocemente e tornare a vestirsi di ghiaccio.
E l’enigma torna a perseguitarlo con le sue mille maschere.
Crede però che, una ad una, un giorno cadranno dal suo volto, per mostrare al suo cuore insicuro l’esatta melodia della parola amore. (1)





Note dell'Autrice 
 
(1). Libero riferimento a "L'esatta meldoia dell'aria" Richard Harvell, l'ho letto da poco e lo adoro, mi ha letteralmente incantato.

Comunque,  è una storia difficile da scrivere perchè è fatta di sentimenti e sensazioni, pochi fatti e quindi temo possa risultare noiosa... ecessivamente introspettiva....ma va beh...
Quindi grazie a chi resiste a leggere questo "mattoncino". :)
 

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Capitolo 12
*** 12 “Bastava leggersi dentro, soldatino” ***



 
 “Come eravamo”
“Bastava leggersi dentro, soldatino”
 

 

 
 


Silenzio.
Solo silenzio, nella città che non dorme mai.
Un silenzio surreale e inquietante nella Parigi che sembra piangere di nascosto le sue vittime.
L’alba è ancora lontana e la luna cerca inutilmente di rubare lo spazio ad una nuvola nera.  Nessuna voce a infrangere il silenzio della notte. Nessun passo a spezzare l’incantesimo che avvolge la città.
Sarà la quiete prima della tempesta? Un brivido gli corre lungo la schiena. Cosa attende Parigi domani? Urla, sangue, esplosioni, barricate, la disperazione negli occhi di alcuni. Una gioia incontenibile dipinta sul volto del popolo. Troppo vive in lui le immagini del giorno appena trascorso.
Si alza da terra con fatica ma le ginocchia stentano a reggerlo in piedi. Non sopporta più quel silenzio irreale che inghiotte la città fantasma.
E si chiede quale sia la ragione del suo assurdo bisogno di cercare il rumore nel silenzio e poi di inseguire il silenzio nel rumore.
Del suo ostinato desiderio di trovare le risposte a domande mai poste, a rinegoziare senza diritti  le regole del gioco.
Perché un giorno, i silenzi di Oscar hanno avuto in lui  l’effetto di una valanga, che con il suo incedere roboante si è portata via ogni  traccia di pudore.
“Bastava leggersi dentro, soldatino. Era così che doveva andare”.

 

 

***
 

 

Lo guarda un istante e ritrae velocemente gli occhi mentre con passo veloce cerca di allontanarsi da lui. La conosce troppo bene per sapere che quanto più è di indifferenza la maschera che indossa, tanto più divampa in lei un incendio di emozioni.
Allunga il passo e la raggiunge dentro la rimessa dei cavalli. Lei si volta e lo guarda. Per un istante.
“Oscar….volevo parlarti”.
“Ti ascolto”
"Io volevo scusarmi per la mia reazione dell’altro giorno. E’ stata eccessiva, esagerata…ma ho perso la testa….non avrei dovuto”.
“Non ti preoccupare, non è accaduto nulla”. Ma è ancora di ghiaccio l’espressione della sua maschera. La osserva ipnotizzato mentre percorre con lo sguardo i contorni delle labbra, per poi ritornare a divorare il celeste dei suoi occhi.
“Non è vero che non è successo niente, ho promesso di esserti amico e ho infranto il mio impegno. Ti giuro che non accadrà più, Oscar, mai più. Se avrai bisogno di me, io ci sarò, sempre. Volevo solo che tu lo sapessi”.
E’ inquieta, non sa se fidarsi e la maschera inizia a sgretolarsi. Gioca nervosamente con le dita e cerca di sfuggire al suo sguardo.
Vorrebbe urlargli di no, che non lo perdona, che ha capito che la sua era solo una ripicca per non avere ricambiato i suoi approcci, ma le grida le muoiono dentro, soffocate da quel ghiaccio che non se ne vuole andare.
“Dì qualcosa, ti prego, sto impazzendo. Io non sono come lui, non riesco a tenermi tutto dentro, non riesco a soffrire in silenzio. Io non assecondo le tue paure. Combatto per quello che voglio. E ora devo dirtelo quello che penso, quello che provo”.
Ha alzato il tono della voce e sta lentamente perdendo il controllo.
“Non parlare di lui…non ne hai alcun diritto.  Non sei degno di pronunciarlo il suo nome. Lui c’è sempre stato nella  mia vita… Non sai niente di lui e non sai niente di me”.
Ecco, la maschera è volata via, infranta dal tono irritato di lei e disciolta nell’aria fredda della stalla.
“Non riesci nemmeno a dirlo il suo nome? Andrè ti ama.. ti ama e tu ti rifugi nel tuo cuore ricoperto di ghiaccio e congeli ogni traccia di sentimento. Ma sei così abituata a farlo che non te ne accorgi neanche”.
“Sei impazzito Alain”
“Cosa provi per lui….devo saperlo”.
“Non sono affari tuoi, non ti intromettere mai più nella mia vita..”. Urla adesso Oscar, gli grida in faccia tutto il suo rancore.
“Tu credi di sapere tutto, di avere capito cose che noi stessi non sappiamo, ma non c’è niente da capire…niente. Io non voglio amare, l’amore fa solo soffrire inutilmente ..!”.
Urla, ma le lacrime iniziano a scorrere velocemente  lungo il suo viso.
Alain si ferma ad osservarle, quelle lacrime che sgorgano dagli occhi celesti, rapito dal loro discendere regolare fino a raggiungere nel medesimo istante l’ovale perfetto del suo viso, per poi disperdersi nel buio della notte.
Solleva incerto le mani e le posa sul suo viso gelato facendosi più vicino a lei.
Lei non arretra, inaspettatamente, e lui asseconda lo sconsiderato bisogno di attirarla a sé, di darle calore.  E la sua voce si fa dolce e rassicurane mentre accosta il  viso al suo che sente tremare.
“Non è vero che non vuoi o non puoi  amare e se qualcuno ti ha convinto del contrario si sbagliava. Devi solo lasciarti andare all’amore..Oscar…non c’è niente nella vita che conti di più, credimi! Darei la vita per avere il tuo amore, ma se ti leggi dentro, scoprirai che nel tuo cuore c’è già un nome. Un nome che non vuoi pronunciare”.
Glielo ripete più volte finché lei inaspettatamente gli si abbandona contro, come svuotata, mentre sente i battiti del cuore di Alain rimbombarle nelle orecchie.
“Lui ti aspetterà, soldatino, ma tu non metterci  troppo”.

 

 

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Capitolo 13
*** 13 Proprio come l’amore ***



 
“Come eravamo”

Proprio come l’amore


 

 
Un passo dopo l’altro, riprende a camminare velocemente lunga la strada di Parigi. Senza meta.
Non sa dove andare e ripercorre inconsapevole le vie conosciute da una vita intera.
Allunga sempre di più il passo come se la sua corsa potesse lasciare dietro di sé ogni dolore.
Cammina veloce per superare le urla della folla inferocita che ancora echeggiano vibranti nelle orecchie. La voce del popolo. Un popolo che ha fame, che si trova unito a combattere chi priva del futuro i suoi figli. Chi li condanna a morire di fame.
Il popolo. Un fiume in piena incontenibile che spazzerà via i tiranni. Senza preoccuparsi di risparmiare chi, tra le sue vittime, condivide i suoi stessi ideali.
Erano incappati anche loro, un giorno, nelle fauci ingorde di questo popolo disperato ma la morte li aveva voluti risparmiare.
La vita contro la morte. Quella vita che non aveva ancora fatto il suo corso lasciando loro un’altra possibilità.
Perché, a volte, è la morte che ti apre gli occhi e fa capire,  nell’istante più tragico della tua esistenza, che la tua anima non è sola nell’universo perché ne esiste una nata con lo scopo di condividere la tua esistenza, prendendoti per mano e accompagnandoti con  assoluto e infinito amore nel tuo lungo  viaggio verso la luce.
 

 

***

 

“Li hanno quasi ammazzati… Andrè e il Comandante….. sono stati aggrediti dalla folla inferocita. Li hanno assaliti mentre viaggiavano nella carrozza dei Jarjayes!”.
Lasalle grida concitato in mezzo ai soldati che si preparano per il turno del mattino.
“….Cosa?”. La domanda gli muore in gola. Lo stomaco contratto da una notizia che gli sta dilaniando le viscere.
“…Come stanno? …Sono feriti?”.
“ Si, il Colonello D’Aguillie dice che se la sono vista brutta. Li volevano impiccare e ci sono quasi riusciti. Andrè ha ferite su tutto il corpo e il Comandane è ferita ad un braccio alla testa. Ma sembra che se la caveranno con qualche giorno di riposo”.
Ma non le sente neanche le parole di Lasalle, Alain, nelle cui orecchie risuona senza sosta la parola impiccare.
“Sono stati pazzi ad uscire con la carrozza dei Jarjayes. Parigi è troppo pericolosa di questi tempi e i nobili rischiano la pelle ogni giorno”.
“Già…” Non riesce a dire altro. E le viscere non sembrano concedere tregua alla sua sofferenza.
E pensa che deve correre da lei, vuole guardare il suo viso e sapere che nonostante tutto sta bene. Gli basta chiedere a D’Aguille il permesso di portare un messaggio di auguri da parte dei soldati della Guardia ed è  già in dorso al suo cavallo che incita a briglie sciolte.


Arriva a palazzo Jarjayes molto presto e viene fatto accomodare in salotto in attesa di Oscar.
“Siete Alain, vero? Credo di avervi visto con mio nipote”. Nanny accoglie con aria severa il soldato.
“Certo, come sta Andrè?”.
“Se la caverà, come sempre, grazie al Signore. Questa volta è lui che ha rischiato di più. A me non lo dicono, ma credo che siano salvi per miracolo. Ah.. i miei ragazzi…quante preoccupazioni …mi faranno morire di crepacuore prima del tempo. E quel buono a nulla non ha ancora capito come difenderla la mia bambina”.
Sorride, Alain di fronte a quella bizzarra signora, ma poi gli sembra che un’espressione contrita si addica maggiormente alla situazione.
“Ehi….”. Si alza in piedi  quando vede Oscar entrare  nel salotto.  Ha la testa fasciata e un braccio bendato.
“Come state Comandante? I soldati vi augurano una pronta guarigione”.
“Portaci qualcosa da mangiare Nanny, per favore. Beh….diciamo che sono molto…ammaccata….ma poteva andare peggio”.
Lo guarda e sorride. “ E non ci credo che i soldati mi augurano di guarire in fretta, sarebbero contenti se rimanessi inferma per un anno intero”.
“Ma dai. Non essere ingiusta….non è vero. Lo sai che ti adorano… mai quanto me però…”.
La osserva sistemarsi su una sedia. Il viso a tradire  il dolore provato.
“Mio Dio…soldatino…mi hai fatto morire di spavento. Sarei impazzito se ti fosse successo qualcosa di grave. E Andrè?”.
“L’hanno quasi impiccato…se non fosse arrivato il conte di Fersen, lui……lui….”.
La vede respirare a fatica. E torna a sentire quella morsa allo stomaco mentre guarda il suo viso tumefatto.
“Non ho mai pensato che gli potesse accadere qualcosa…l’ho sempre visto così forte…. così valoroso”. La vede incupirsi.
“ Questa notte, per la prima volta nella mia vita, ho dovuto affrontare la possibilità di perderlo per sempre. Di solito ero io a essere ferita e lui a temere per la mia vita…..l’ho visto trascinare via dalla folla, ho visto un odio senza confini negli occhi di quella gente. Ma lui non è nobile….non lo è…e ha quasi pagato con la vita il suo affetto per me…”.
Parla come un fiume in piena, Oscar, come se parlasse a se stessa, e Alain ascolta esterrefatto.
“Se solo non fossi stata ferita, sarei andata io stessa a salvarlo….. Andrè”.
 Pronuncia il suo nome con un tono dolce, abbassando la voce e scandendo piano ogni sillaba.  E poi sospira faticando a riprendere il controllo di sé
“..Io ho passato la notte a vegliarlo….e poi mi sono addormentata sula poltrona della sua camera…”.
“Dovevo rischiare la forca per vederti a palazzo, Alain?”. Si girano verso la porta e lo vedono entrare zoppicando. I suoi occhi posati sul volto di Oscar.
“Amico..hai più bende di una mummia egiziana….. sei impressionante… “.
“Idiota…”.
“ Come ti senti?”.
“Più o meno come se avessi dormito in un sarcofago….ma non mi posso lamentare dopo tutto!".
Lei solleva la brocca fumante e riempie ad Andrè la tazza di cioccolata.
Ridono fragorosamente, Andrè e Alain, mentre Oscar sorride con gli occhi bassi, con lo sguardo posato sul vapore bianco che vede salire dalla tazza di cioccolata stretta  tra le mani.
E’ bollente. E brucia. E’ dolce e inebriante. E può infiammare le membra.
Proprio come l’amore.
 
 

 


 

Note dell’autrice: 

Come sempre, ringrazio di cuore chi scrive e chi lascia un parere. Se voi non ci foste, probabilmente non mi cimenterei nella scrittura di queste mie storie.  
Alain ripercorre in una sola notte, quella del 14 luglio,  il suo  rapporto con Oscar e Andrè. Il suo è un racconto sofferto e malinconico dei momenti più importanti vissuti con loro e del rapporto particolare, e irreale, che  la lega ad Oscar.
In un certo senso è come se lui fosse la coscienza di lei, come se la aiutasse nel suo viaggio verso una nuova consapevolezza di sé. Quindi il mio viaggio continua, anche se con capitoli un po’ corti…però almeno non vi faccio mai attendere troppo un aggiornamento. 

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Capitolo 14
*** 14 “Vi ho amato così tanto ***


 

“Come eravamo”

“Vi ho amato così tanto…..così tanto.”


 

 
Quanto coraggio è necessario per affrontare gli scherzi della vita.
Quegli avvenimenti tanto ineluttabili  quanto inaspettati che ti spingono sull’orlo di un baratro nel quale è difficile non cadere.
C’è chi decide di gettarsi, in quel vuoto, per troppa fragilità, per  l’incapacità di affrontare la vergogna, il dolore, ponendo fine a tutte le sofferenze procurate dalla vita.
Come la sua Diane.
C’è chi rimane paralizzato, immobile, fermo, con gli occhi chiusi e le orecchie tappate, per non vedere, non sentire, non provare più niente. Come se bastasse rimuoverlo un pensiero per farlo svanire per sempre.
Come Oscar.
Diane e Oscar.
Due modi opposti, il loro,  in fondo, per affrontare un dolore, ma così simili, le due donne, per l’incapacità che le accomunava di accettare che la vita spesso si accanisce, ti travolge, infierisce, ma solo con l’aiuto di chi di ama davvero la lotta col destino  torna ad essere possibile.
Alza gli occhi verso il cielo. E sceglie due stelle, le più belle e luminose.
“Vi ho amato così tanto…..così tanto.”



 

***

 

Non li vede da un po’. Da quando il suo lutto  privato, l’ha portato  a cercare un rifugio lontano. Da quando Diane, quella piccola luce splendente e preziosa  che illuminava la sua vita, si è spenta in una fredda mattina d’inverno. E’ un dolore così intenso quello che ha provato che adesso gli sembra di potere vivere ogni altra cosa con un doveroso distacco.
Ha pensato molto a Oscar nelle settimane in cui è stato lontano dalla caserma. Alla sua mancanza di coraggio nell’affrontare i suoi sentimenti e aprirsi all’amore. Al suo ostinato bisogno di preservare l’ordine delle cose perché tutto attorno a sé resti immobile, fermo. Mentre il mondo, intorno a lei inesorabilmente cambia.
E ha pensato al suo amico, per il quale lei è indispensabile come l’aria. Ma è uno strano paragone quello che fa, perchè a lui invece sembra che quando le è accanto, il fiato venga meno e il respiro si faccia affannoso.
Quando lo vede, cerca sul suo volto un segno che qualcosa sia cambiato, ma non vi legge alcuna novità positiva. E si convince che ciò che si agita dentro di sé sia solo un generoso e disinteressato dispiacere.
Presto si accorge che, nonostante tutto sembri immobile, quell’assurdo destino che si fa beffa di tutti ha rimescolato di nuovo le carte.
La osserva da giorni e gli sembra che qualcosa di profondo e oscuro abbia occupato i suoi pensieri.
La vede distratta, assente, più taciturna del solito e non sa come interpretare il cambiamento. Ed è pallida, dimagrita, sempre più eterea.
Sono state poche le occasioni per parlarsi, ultimamente, e, in fondo, si era ripromesso di non intromettersi più in questa storia.
 
 


L’ha invitato a bere questa sera. Nella solita taverna dove nessuno li conosce.
“Come stai Alain? Va un po’ meglio?”.
“..Si. mi ha fatto bene tornare tra i miei compagni, Oscar. Stavo rischiando di impazzire. Diane è un pensiero che non mi abbandona mai”.
Abbassa gli occhi e scuote le testa bionda. “Povera piccola …che destino crudele”.
“Non ha saputo affrontare la vita Oscar e forse ha fatto la scelta più facile”.
“Tu pensi?”. La vede rabbuiarsi.
“Ci vuole più coraggio per vivere Oscar, che per morire. Lei si è arresa, ha semplicemente scelto di non lottare, di non provarci neanche. Ma non la biasimo, era poco più che una bambina e non sapeva nulla della vita”.
La vede fissare il liquido rosso che riempie il bicchiere ma si accorge che non lo vede neanche quel vino.
“E tu, Oscar?”.
La sente trasalire. E poi butta giù con un sorso l’ennesimo bicchiere.
“Cosa…”.
“Ti è accaduto qualcosa che ti turba e ti preoccupa. Non me ne vuoi parlare?”.
“Non è accaduto niente…non ti devi preoccupare”
“Bugiarda… e scommetto che Andrè non sa niente…”.
“Ero venuta qui per bere, non per farmi interrogare da te”.
“Io voglio ubriacarmi fino a dimenticare mia sorella, tu perché  devi bere? Cosa devi dimenticare questa volta?”. Insiste, Alain, e lei inizia a essere insofferente.
“Sei dimagrita molto e sei eccessivamente pallida e questo non mi piace”.
Le afferra  una mano che lei ha appoggiato mollemente sul tavolo.
“Ma tu scotti…”.
“Smettila, non ti sopporto più…..non ti intromettere…devo andare .”.  In un istante è già in piedi e con aria traballante si dirige verso l’uscita.
Fugge, è chiaro. E lui la insegue in preda all’ansia.
La raggiunge fuori e la afferra per un braccio, arrestando il suo cammino.
“Cosa mi nascondi…dimmelo”. Il tono di voce tradisce emozione mentre la guarda negli occhi.
“ ……..Niente…niente..non ti nascondo niente”. Ma la rabbia lascia il posto alla disperazione. Deve tossire, non resiste più e allora lui avrà  altre domande da farle a cui  la mancanza di ossigeno nei suoi polmoni non le consentirà di rispondere.
E quando non ne può più si divincola dalla stretta che le sta comprimendo le braccia e si gira di spalle, lasciando che la tosse si impadronisca di lei. Permettendo al flusso di sangue rosso di salirle in gola.
Lo sente. Il sapore dolce del suo sangue che si disperde nella bocca. Tossisce e vacilla pregando che i sintomi gli siano sconosciuti. E poi, piano piano sente la tosse calmarsi e il bruciore che la divora ad ogni respiro, attenuarsi.
“O...Oscar….”. Alain si accorge di avere trattenuto il fiato per tutto il tempo.
“Mio Dio….tu…hai….”. Non riesce neanche a dirlo.  Sente solo  il suo corpo possente scosso da tremiti. E di nuovo quella morsa allo stomaco che sembra non lasciargli più tregua.
Lei lo fissa, in silenzio.
“Non dirgli niente…ti prego, ti scongiuro, Alain ..non dirlgi niente…”.
“…Perché non vuoi dirglielo? Lui dovrebbe saperlo..”.
“Gli darei un dolore troppo grande. Non posso fargli questo”.  
“Ti puoi curare….devi farlo…devi farlo… ti porterà via da qui”. Sta urlando Alain ma la voce trema sempre di più.
“Non è così facile..”.
“Ci vuole più coraggio per vivere Oscar...per vivere… non dimenticarlo ti prego, non arrenderti, non fare come lei”.
“Promettimelo Alain”.
“……Si……maledizione .. si ..Oscar”.
Alza lo sguardo verso le stelle.
“Alain…c’è  qualcosa dopo….secondo te….?”.
“….Io non lo so..lo spero Oscar….lo spero tanto……”. E non riesce più a trattenere le lacrime.
 
 


 

 
Note dell’Autrce:
Capitolo difficilissimo per il tema che tocca.Malattia e morte, così caro alla Ikeda. 

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Capitolo 15
*** 15 “Sii felice, angelo mio”. ***


“Come eravamo”
“Sii felice, angelo mio”.

 

E poi un giorno finalmente si sono amati.
Il meraviglioso angelo biondo vestito da valchiria e il giovane uomo, bello, coraggioso e impavido che viveva solo per lei.
Hanno spogliato i loro cuori dalla tristezza, dai molti segreti, dai dolori che da troppo tempo segnavano le loro vite e li hanno vestiti di amore, di passione, di tenerezza infinita. Un amore autentico, il loro, limpido e profondo come solo pochi eletti hanno la fortuna di potere conoscere. Un dono del Signore per chi, puro di cuore, consegna la propria vita nelle mani di un’anima gemella.
Erano destinati ad amarsi, nati per percorrere insieme il viaggio della vita, l’uno accanto all’altra, e finalmente lei aveva capito che solo l’amore per lui avrebbe potuto salvarla. Non dalla malattia, forse, ma da se stessa. Dai retaggi culturali che ancora le riempivano la testa, dal timore di non essere il figlio perfetto del generale, dalla paura di non essere all’altezza.
Accanto ad Andrè, l’angelo biondo era rinato e si era vestito di puro e infinito amore.

 

***

 
Gli è bastato uno sguardo per capirlo. Camminano fianco a fianco e vicini percorrono i gradini dello scalone che porta alle camerate dei soldati della guardia.
In loro una forza diversa, una sintonia perfetta. Volti finalmente sorridenti, occhi  celesti che cercano  la complicità dello sguardo smeraldo del compagno.
Lo riconosce subito l‘amore e il suo cuore batte forte perché di quel sentimento lui vuole gioire. Perché la loro felicità, in fondo, è anche un po’ la sua.
Perché lei non sarà più sola e tra le braccia di Andrè sceglierà la vita.
Perché lui guarderà il mondo con gli occhi chiari di Oscar.
E sorride, Alain, mentre insieme si siedono attorno ad un tavolo per discutere il loro ruolo nella battaglia per la libertà.
Gli si riempie il cuore quando la sente dire che lei è la donna di Andrè Grandier e lo seguirà ovunque vorrà. Insieme combatteranno per un futuro migliore, dove ricchi e poveri avranno gli stessi diritti, dove nobili e servi potranno  amarsi liberamente di fronte a Dio e  agli uomini.
Quel nome. Quanto era stato difficile riconoscerlo dentro di sé e poi pronunciarlo, prima piano, dolcemente,  e poi sempre più forte, fino a gridarlo al suo cuore, fino a non poterne più fare a meno.  La guarda e la tenerezza che prova per la donna soldato lo fa vibrare.
Era così che doveva andare e gli sembra che in quel momento davvero tutto sia possibile, che il futuro possa essere felice, per loro, per lui.
“Congratulazioni amico ….”.
Sorride ad Andrè, mentre gli posa una mano su una spalla “.
“Tu la meriti una donna così, davvero”.
Lei è accanto al suo uomo e si illumina in un sorriso. Alain non l’ha mai vista così bella.  Gli occhi azzurri, tanto chiari da sembrare trasparenti, sembrano guardare la vita con una speranza nuova, ritrovata.  Il suo sorriso è dolce, le labbra piene e morbide.
Per un istante li immagina mentre si amano, mentre offre ad Andrè il suo corpo candido e perfetto e un brivido gli percorre la schiena. E pura estati quella che hanno provato, ne è sicuro, perché lei, che ti appartenga o no, ti porta alla follia. Lei ti riempie corpo e anima. Lei ti accende i sensi e ti infiamma le membra.
E poi tende la mano anche a lei e stringe tra la sua le dita affusolate.
“Sono contento, Andrè vive solo per te, lo sai”.
Lei abbassa lo sguardo imbarazzata ma subito dopo incontra gli occhi dolci di Andrè.
Ma poi la attira a sé, contro il suo corpo e la avvolge in un abbraccio. Pochi secondi per sentire ancora il suo calore, il profumo dei suoi capelli.
“L’hai pronunciato quel nome, soldatino, finalmente, lascia che si prenda cura di te, promettimelo”. Lo sussurra al suo orecchio, il viso immerso tra i capelli di lei.
Un ultimo messaggio, solo per lei.
“Vi auguro ogni gioia, siate felici ragazzi”.
“Grazie Alain”.
“Ah l’amore….un giorno la troverò anch’io una bionda bella come il Comandante, Andrè…”.
“E magari metterai la testa a posto..”.
“Già..”
Ride Alain, ma sa che ci sono sentimenti, emozioni, sensazioni che capitano una sola vita  nella vita. E forse non importa davvero che sia ricambiato quell’amore, perché, ciò che conta è sentire, nel fondo del proprio cuore, puro e sincero amore.
 
Camminano di fronte a lui, Oscar e Andrè. Insieme inseguono un futuro che ancora non conoscono.
“Sii felice, angelo mio”.
 

 
 
 

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Capitolo 16
*** 16 “Prenditi cura di lei” ***



“Come eravamo”
“Prenditi cura di lei”
 

 
Esiste una sottile linea di demarcazione tra il bene e il male, tra la luce e l’ombra, tra la felicità e la disperazione. Tra le speranze di una vita felice e gli abissi del dolore.
Ora lo sa.
Sa che l’amore può infondere quella dolce sensazione di onnipotenza, quella convinzione di essere invincibili, intoccabili, di potere passare indenni attraverso le fauci di una rivoluzione.
Sa che basta un attimo, un solo istante, perché ci si trovi inesorabilmente a superarla, quella linea, spinti dal destino che muove le nostre vite come pedine su una scacchiera misteriosa. E non ci sono regole del gioco da apprendere, non ci sono trucchi e mosse vincenti.
Siamo solo pedine in un gioco più grande di noi, chiamato vita.
E lui l’ha visto, quel preciso istante, in cui tutto è precipitato e un passo dopo l’altro si sono diretti irrimediabilmente verso la fine di quel gioco.
 

 

***

 

E’ la battaglia per la libertà.
E’ la prima prova che affrontano e la osserva combattere ammirato.
E l’angelo biondo torna a indossare le vesti della dea della guerra.
Perché è  passione ciò che sente bruciare nelle sue vene, è il fuoco della battaglia che vede ardere negli occhi celesti.
Mentre li guida, li conduce indomita verso una battaglia che per nascita non le appartiene, ma che per amore ha deciso di condividere.
Parigi brucia, Parigi è a ferro e fuoco. I soldati ribelli si uniscono al popolo.
“Rimani vicino a lui, per favore, non ci vede quasi più e io non vorrei che si trovasse in difficoltà, Alain”.
“Certo Oscar, sta tranquilla. Oscar..siete sicuri…di volere combattere…..non state bene…forse sarebbe meglio lasciare Parigi e pensare a rimettervi, pensare un po’ anche a voi..”.
“Abbiamo deciso di lottare per costruire insieme un paese diverso, più giusto…..”.
“Oscar, non hai niente da dimostrare….i tuoi soldati sanno chi sei veramente e quanto tu sia vicina al popolo. Stai con uno di noi, in fondo, nonostante tu sia nobile”
“Io rinuncio a tutto, Alain, non sono più nobile, sono la donna di un figlio del popolo”.
Arrossisce, Oscar, e abbassa lo sguardo. “E voglio unirmi al popolo, voglio lottare per un mondo migliore dove io e Andrè avremo gli stessi diritti.  ”.
La guarda rapito mentre lei cerca  tra  la gente lo sguardo di Andrè.
“Eccolo qui il nostro Grandier”.
“Oscar…vieni ”. La pende per mano e la porta con sé in disparte da tutti.
Sa che non dovrebbe guardare ma non riesce a distogliere lo sguardo da quell’immagine. E‘ solo amore quello che vedono i suoi occhi. Puro e infinito amore.
Sono così vicini che i loro visi si toccano, le labbra si sfiorano. Le mani a racchiudere il contorno del viso di lei in una lieve carezza. E dopo le tocca, quelle labbra, le bacia lievemente per poi spingersi in profondità, a dispetto di tutto. C’è ancora tempo per l’amore durante la rivoluzione.
Lei è felice, gli sorride e lo stringe forte. Sembra aggrapparsi al suo uomo, le mani infilate tra i capelli scuri mentre lui  torna a cercare la sua bocca.  Si baciano ancora e poi si soffermano a guardarsi negli occhi mentre i baci lasciano il posto alle parole. E sa ciò che si stanno sussurrando, riconosce le parole d’amore pronunciate dalle loro bocche, scritte sui loro visi. E’ solo amore. Solo amore.
 
 
 


Poi, in un attimo,  tutto precipita.
Un raggio di sole, uno sparo. Un lamento.  Un grido.
Il terrore negli occhi di Oscar. Per un istante, che sembra infinito, resta immobile, incredula.  Non può accadere a loro. Non può.
“….Andrè….no…..no..”.  Riprende a fatica il controllo di sé. Barcolla. Gli si getta addosso, sostiene il suo corpo che si adagia per terra. E’ senza fiato, non riesce a respirare. Non può più urlare.
“Andrè… Andrè. amore”. Le mani sulla testa che pulsa troppo forte, che sembra esplodere. Gli occhi fissi sulla ferita che  gli  ha squarciato il petto.
“Signore….. no….ti supplico.” E la preoccupazione diventa disperazione.
La voce trema “Andrè , resisti, ti portiamo da un medico…resisti amore…..“.
Alain è impietrito, gli occhi sbarrati a guardare l’amico.
“Alain.,,,ti prego aiutami.,,dobbiamo trovare un dottore..”. Lo guarda con occhi imploranti e a fatica trattiene le lacrime.
“:Ma certo…. Carichiamolo sul mio cavallo e cerchiamo aiuto”.


E attraversano l’inferno con la disperazione nel cuore.
“Alain….. promettimi di prenderti cura di lei …”. Lo dice con un filo di voce, Andrè, mente sul cavallo è adagiato al corpo dell’amico.
“ Non dire così….ti rimetterai presto”. 
“…..Promettimelo….”.
“…Si, te lo prometto, amico”.
Non c’è più tempo per gli scherzi, per i giochi, per le risate in caserma. Per dissimulare un amore impossibile.
E’ la vita che prende il sopravvento e li conduce verso l’abisso.
Vivere.
Morire.
E’ solo una linea da oltrepassare, in fondo. 








Nota dell’autrice:

Ho sempre creduto che fossero stati due pazzi a partecipare alla rivoluzione, a combattere. Avrebbero fatto meglio a lasciare Parigi e vivere la loro vita lontano da tutto. Sarebbero stati felici e mi veniva una rabbia a pensare che invece era finita così tragicamente. Poi però ho capito che Oscar combatteva soprattutto per affermare la dignità di essere umano del suo uomo, in un’epoca dove i nobili erano tutto e i poveri niente. Lo voleva uguale a lei Andrè, voleva che avesse pari dignità, pari rispetto. E’ per lui che ha combattuto e questo rende più accettabile la tragica fine dell'anime. 

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Capitolo 17
*** 17 Addio Andrè ***



“Come eravamo”
Addio Andrè

 



Non ci sono più parole.
Non ci sono più lacrime.
Non più respiri e non più sospiri. Non più incertezze, non più paure.
Non c’è più l’amico. Non c’è più l’amore.
Non c’è più il sole. Non c’è più la luna.
“E’ tutto finito, Alain, tutto”.
Aveva davanti agli occhi la sua disperazione. Non aveva compreso però che in quelle parole, nei suoi  lunghi silenzi, ci fosse già la sua decisione.
Annientata, stremata, svuotata, voleva vincerla lei quell’ultima partita sulla scacchiera della vita. E proprio  la vita, a volte, cede il passo, lasciando che ciascuno decida di riappropriarsi delle regole e finire anzitempo la partita.
E’ ancora buio ma la città, lentamente, si risveglia. Le prime luci, le prime voci che riempiono il silenzio della notte. Ma è un giorno che non vuole vedere, un sole che non può sorgere.
Qual è il significato della parola addio?
 
 

 

***


 

E’ ormai buio quando entra nella chiesa.
Lo accoglie un silenzio irreale, assurdo, che inghiotte e annulla le grida disperate che fino a poche ore prima avevano accompagnato il pianto dei sopravvissuti.
Cerca il suo volto tra le figure scure che giacciono accanto ai corpi dei propri cari. Donne, uomini, ragazzini, uniti da un sogno di libertà e dal medesimo tragico destino.
Percorre  incerto la navata della chiesa fino a quando la vede e le gambe improvvisamente sembrano cedere.
E’seduta per terra, la schiena appoggiata alla parete della chiesa. Una mano  ferma sul viso sembra volere soffocare un urlo. L’altra stringe la mano immobile di Andrè.
Sospira e chiude gli occhi, Alain. Sente ancora le sue preghiere disperate rivolte al Signore, gettata accanto al capezzale del suo uomo morente. Le ultime parole d’amore, i progetti per una vita insieme, felici e lontani dall’inferno di Parigi, per un matrimonio benedetto dal cielo.
E poi, quando tutto è precipitato, le suppliche di non lasciarla sola, di non arrendersi, di non morire.
Ma non aveva proprio potuto  mantenerla quella promessa, Andrè.
Se ne era andato con il sorriso sulle labbra e l’immagine della donna che aveva amato più di ogni altra cosa al mondo che gli stringeva forte la mano e gli parlava d’amore.
Una fitta alo stomaco gli contrae le viscere. Gli occhi inumiditi dalle lacrime che si fanno piano strada lungo il viso senza che possa fermarne lo scorrere.
E poi ricorda il tremore che scuoteva il suo corpo quando lui l’ha presa tra le braccia per cercare di calmarla mentre lei non smetteva di urlare, di piangere, di disperarsi, quando ha capito che Andrè non sarebbe più stato con lei.
Si avvicina a Oscar ma lei non lo guarda. Non distoglie gli occhi dal corpo di Andrè composto  in una bara di legno.
“…Oscar….”.
Resta immobile. Nota solo l’impercettibile battito delle ciglia trasparenti  nell’istante in cui gli occhi si chiudono. Non sente neanche il suo respiro.
“….Oscar….”. La chiama di nuovo, ma pensa che non saprebbe cosa dirle se lei gli rispondesse. Quali parole usare per lenire un dolore così grande? Che la vita continua? Che Andrè avrebbe voluto vederla felice?
Si siede accanto a lei, tanto vicino  da sentire il calore del suo corpo.
L’aria è così calda da essere quasi irrespirabile.
Lei non si scuote, non sa nemmeno se si sia accorta di lui. Vuole starle accanto, ma un po’ si sente un intruso. E allora rimane lì in silenzio, con la testa tra le mani.
E lo guarda, il suo amico, beffato dal destino nel giorno più bello. La vuole mantenere quella promessa  e si prenderà cura di lei, in ogni modo. Anche se lei non vorrà. Anche se lei non dovesse riprendersi mai più.
Sa che tra un po’ di tempo dovrà portarla via di lì e si chiede come farà a lasciare quella mano.
“.. Oscar…so che è difficile ma non ci è più permesso stare qui, tra poco dobbiamo uscire dalla chiesa. Tornerai domani da Andrè”.
Non sembra averlo sentito. E le rimane di nuovo accanto, in silenzio.
“Oscar…..devono chiudere la chiesa………”.
“….Va bene Alain, ancora un minuto e arrivo, inizia ad andare”.
La sua voce lo fa sussultare e gli fa battere il cuore. Lei si mette in piedi e lui lentamente si allontana. Vuole lasciarli soli. Sa che deve farlo.
Si volta verso di lei e la vede in ginocchio accanto ad Andrè. Gli parla. Gli sorride. Gli accarezza i capelli. Ma non piange, non piange mai.

Lo sta lasciando andare.
Gli sta dicendo addio.
Solo addio.
 

 
 
Note dell’Autrice:
Ero solo una bambina delle elementari quando vidi per la prima volta Lady Oscar e la tragica fine dei due protagonisti mi colpì tanto da farmi piangere. Ma erano molte le cose che non avevo potuto caprie a quell’età.  Molti anni più tardi ho compreso che l’uccisione di Oscar davanti alla Bastiglia no nera affatto il destino crudele che si abbatteva di nuovo contro la mia amata eroina, bensì la sua precisa scelta di morire per raggiungere Andrè. Un concetto certo complesso, quello del suicidio e comunque abituale per la Ikeda, che io ho pensato di condividere in questa storia. 

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Capitolo 18
*** 18 Vivi per lui ***


“Come eravamo
“Vivi per lui”

 

Sensi di colpa. Segreti. Bugie.
Parole non dette. Accadimenti non confessati.
Il suo amore per Andrè che voleva  essere sincero, leale e trasparente.
Fino alla fine. Oltre la fine.
Un dolore che toglie la ragione.
E una promessa, ingannevole, per lui.
“Dovevi vivere per Andrè, solo per lui”.
 

***

 
La aspetta fuori dalla chiesa e dopo poco la vede uscire. Lo guarda e poi si lascia cadere stremata sui gradini della chiesa. La raggiunge e le si siede accanto.
Si schiarisce la voce, nervosamente, e cerca nella testa qualcosa di appropriato da dirle. Ma poi si arrende perché sa che con lei è sempre stato sincero, non ha mai nascosto i suoi sentimenti e le sue opinioni.
Perchè non ce la fa più e vuole infrangerlo quel silenzio che suona assordante nel buio della sera, per riempirlo con parole che possano donarle un po’ di pace.
 “….Io.vorrei solo trovare le parole…giuste ..Oscar. ma proprio non so cosa dirti…perché so che quando un dolore é così grande…..tutto  ciò che si dice è profondamente inutile…e senza senso”.
Incontra il suo sguardo e rimane colpito dall’espressione che vi legge. Lo guarda, ma gli sembra di essere trasparente, che gli occhi lucidi di lei passino attraverso il suo corpo senza vederlo.
“Cosa posso fare per te Oscar?”.
 “….Niente Alain, non puoi fare niente. Io passerò la notte qui. Non ti devi preoccupare per me”.
“Non ti farà bene stare qui, devi riposare un po’”.
“Io non ho altri posti dove andare….e non ho voglia di riposare”.
“….Oscar ..”.
“…..Tutto ciò che avevo è in questa chiesa, Alain, non ho più niente…niente…”. Sente la voce di lei rotta dal pianto.
“E’ finito tutto Alain, tutto. E’ finita la sua vita e anche la mia”.
“:…..Non dire così, ti prego, la tua vita non è finita……non è vero che  non hai niente al di fuori di questa chiesa, ci sono persone che ti  vogliono bene, c’è la nonna di Andrè, la tua famiglia….”.
“Non tornerò mai più in quella casa….non senza Andrè…”.
“E allora andremo via….ti porterò via di qui, penserò io a te, Oscar”.
Alza il viso e lo guarda stupita. Ma non parla.
“Ci sono io Oscar, ci sarò sempre per te….”.
“….Non mi rimane molto,…. Alain,.la mia salute…. non sarebbe facile starmi accanto”.
“.. Non dirlo….non dirlo..non lo voglio neanche  sentire….tu  guarirai,  mi prenderò cura io di te….non devi neanche pensarlo…”.
“. ..Non combattere per una causa persa, Alain, ti faresti solo del male…. non ne vale la pena”. Lo dice con un filo di voce e lui resta impietrito di fronte alla sua resa.
“Sei solo una codarda…del resto è più facile arrendersi subito  che combattere la tua battaglia….”. inizia ad alzare il tono della voce.
“Andrè ti avrebbe detto di continuare a lottare, anche senza di lui….non puoi pensare di arrenderti adesso”.
La vede sollevarsi dai gradini e porsi dinnanzi a lui.
“Non dirmi cosa avrebbe detto Andrè, tu non sei lui, non lo sarai mai….”.
Gli sta urlando queste parole con foga. Le mani strette a pugno vicino al viso.
“Andrè non sapeva della mia malattia…io non gli ho detto niente...gliel’ho nascosto….come gli ho tenuto nascoste altre cose….”.
Si morde un labbro mentre i pugni chiusi iniziano a tremare.
“….Non gli ho detto niente di noi …non ha mai saputo niente…non sa che ci eravamo già conosciuti…. Non sa che ho baciato te prima di lui….”.
“….Oscar…no….”
“….Non gliel’ho mai detto…non volevo che soffrisse….”.
Si alza in piedi e con un passo veloce la raggiunge.
“Oscar no.. non c’era nulla da dire….non è stato importante…”
E poi solleva le braccia sul suo corpo, la avvolge in un abbraccio e il cuore  di lei che batte impazzito contro il suo petto gli toglie il respiro.
“...Non è accaduto nulla di importante...non c’era niente da confessare…davvero..”.
“Io gli ho mentito…”. I singhiozzi iniziano ad scuotere il suo corpo.
“..Tu gli hai detto di amarlo, solo questo conta….e poi Andrè avrebbe capito che sono stato solo un minuscolo  tassello nella  tua vita per giungere a lui…solo questo”. Sente le lacrime di lei che finalmente scorrono senza più remore.
“Non devi vivere per me Oscar….devi farlo per lui….per Andrè….”
“….E’ difficile Alain”.
“Lo so….ma ci penseremo domani….stanotte piangi Oscar…piangi…”.
La tiene stretta. Le accarezza i capelli, ne respira il profumo. Sente le sue lacrime bagnargli il collo.
“…Oscar…ci sarò sempre per te, come amico, non sei sola”.
“Si,  Alain, si”
Promette a se stesso, in quell’istante, che non l’avrebbe chiamata mai più soldatino.
 
 

 
 
 
 

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Capitolo 19
*** 19 Ovunque voi siate ***


“Come eravamo”
“Ovunque voi siate”

 

 

Il rumore della zappa che smuove la terra brulla sollevando piccole zolle marroni che ricadono disordinate sul terreno si confonde con il fragore delle onde  quando si infrangono violente sulla spiaggia.
La getta per terra, sfinito, e si asciuga il sudore passandosi un braccio sulla fronte bagnata.
Lo avvolge una leggera brezza che soffiando inaspettata per alcuni istanti riesce ad attenuare l’afa di luglio e a scompigliargli i capelli ribelli.
 “Papa…papà…la mamma ha detto che possiamo stare qui con te in attesa che sia pronto il pranzo”.
“Bravi i miei piccolini, venite qua con me…mi sto riposando un po’”. Sorride e accarezza i capelli chiari dei  due bambini.
“Oggi è festa papa, non devi lavorare troppo..”.
“Si, dopo ci porti in paese, vero?”.
“Ma certo…dopo si va tutti insieme a festeggiare”.
“Cosa si festeggia esattamente? La vittoria?”.
“Non è proprio così Sophie. Si festeggia l’anniversario della presa della Bastiglia, la prima vittoria del popolo francese nei confronti della monarchia”.
“Nei confronti di cosa?”. La bimba ha un’espressione perplessa.
“Del Re e della Regina che governavano  la Francia fino a cinque anni fa. Ma tu sei piccola Sophie e non puoi capire…”dice con aria supponente il piccolo.
“Papà.. Robert mi tratta sempre male…sgridalo” si lamenta la bimba stringendosi alle gambe del padre.
“E tu sei piccola e frigni sempre!” controbatte irritato Robert facendo poi la linguaccia alla sorellina.
“…Papà…”.
“Voi due, non incominciate a litigare come al solito. Tua sorella è piccola Robert, è  normale che certe cose non le sappia”.
Borbotta e fa la voce grossa, Alain, ma l’allegria che quei bambini con le loro risate e i frequenti piagnistei sono in grado di donargli è impareggiabile. Nelle giornate buie, nelle notti insonni, basta pensare a loro, al visino innocente e accattivante di Sopie, al suo sorriso dolcissimo e  a Robert, il suo piccolo uomo che si sente già così grande, perché possa trovare sollievo e consolazione.
Perché possa convivere con i fantasmi di un passato che a volte ritorna, con una tale forza da farlo sprofondare in un baratro lasciandolo senza fiato.
“Forza…andate dalla mamma e ditele che io arrivo subito” li sprona sorridendo e poi li vede correre via verso casa, solcando l’erba verde con falcate leggere e sicure.
Essere padre. Il compito più meraviglioso e impegnativo che un uomo possa avere la fortuna di assumersi. Sorride imbarazzato. Avrebbe voluto condividere questa gioia con le persone che hanno contato di più nella sua vita.
Sua madre, Diane. La sua dolcissima sorellina.
Andrè. E Oscar.
La sua Oscar.
“Il mo soldatino.”
 
Ci sono anime che percorrono fianco a fianco il viaggio della vita.
Procedono vicine.
Si sostengono. Tentennano.
Si perdono e si ritrovano, inesorabilmente attratte da quel sentimento, immenso e magnifico che muove il sole e le altre stelle.
L’amore.
Anime che neanche la morte può separare.
“ Siate  felici…ovunque voi siate”.
 

***

 
Non sente più niente, Alain, non riesce  neanche a udire il suono della sua voce mentre grida concitato per richiamare l’attenzione dei soccorsi. Un dottore, gli altri soldati, disperatamente invocati per portarla via da quel maledetto piazzale.
Urla, grida, invoca il suo nome, mentre con passi incerti le si fa vicino. Le gambe tremanti. Nel petto, un cuore che sembra volere esplodere pulsando impazzito fino a divorare le membra.
La raggiunge e solleva piano il suo corpo, prendendo il capo tra le mani.
“No…..Oscar..no……”.
Guarda terrorizzato i rivoli di sangue così visibili sul suo viso e le macchie rosse che si stanno facendo strada lungo il corpo, intaccando il rigore della sua uniforme blu.
“….Resisti….ti porto via da qui…”.
Gli occhi di lei spalancati  a fissare il cielo terso di Parigi.
Attorno a loro, rumori e grida sembrano essersi placati. La solleva stringendola tra le braccia e più velocemente che può percorre la distanza che li separa da una strada sicura, dove poterla posare e prestarle soccorso. Cammina incerto con lei abbandonata tra le sue braccia e si stupisce nel sentire quanto poco sembri pesare quel corpo ferito.
E sa che è tardi per fare pace con chi, lassù, decide del destino degli uomini, ma invoca comunque il suo nome che ripete come una cantilena disperata che echeggia nella testa.
Chiede pietà per la donna soldato. Per il suo malinconico angelo biondo.
Chiede di non portarla via. Chiede una  nuova possibilità per lei.
Perché lei è bella, incredibilmente bella. E’ leale, coraggiosa. E adesso così maledettamente indifesa.
La adagia su un giaciglio approntato dal dottore, piano, deponendo con delicatezza il suo capo. Accarezza lievemente  il viso con il dorso delle dita che non cessano di tremare.
Le stringe la mano. Non vuole lasciarla  neanche un istante perché sente ancora la vita pulsare nel suo corpo. E’ vicino al suo viso quando vede  riaprirsi gli  occhi celesti.
Ma non è lui che guardano, quegli occhi,  il viso ancora una volta rivolto al cielo.
“….Oscar…Oscar.”. Pronuncia piano il suo nome in un richiamo che assomiglia a una supplica mentre sente la sua voce spezzata dal pianto. Combatte per trattenere le lacrime e inizia a deglutire mentre il cuore ancora impazzito non accenna a rallentare la sua corsa.
“…Andrè…”. Come un soffio, ancora un’ invocazione al suo amore lontano.
“. Io sto per ….”. Chiude  piano gli occhi.
“..Addio…”.
La mano che Alain stringe ancora perde forza. E’ paralizzato. Trattiene il fiato  ma il nodo alla gola che gli taglia il respiro sembra volerlo soffocare. A fatica pronuncia il suo nome. Trema mentre su quel corpo cerca un alito di vita, il respiro nei polmoni.
“Oscar….”.
La scuote lievemente.
“Oscar…”.
Non riesce a staccare gli occhi da lei.
“....Oscar….mio Dio…no….no…”. vorrebbe urlarlo al cielo il suo nome ma la voce  sembra prigioniera della sua disperazione.
“….Io… ti amo…soldatino…ti amerò per sempre”. Sa che è una confessione che lei non può più  sentire.
“ Siate  felici…ovunque voi siate”.
Una  speranza. Una preghiera.
 


 
Fine
 

 



Note dell’Autrice:
Eccoci giunti ad un nuovo capolinea. E’ la fine di una storia molto sofferta che personalmente ho  sentito molto. Non ho una predilezione particolare per Alain, ma è come se abbia trasferito a lui il mio amore per Oscar e la malinconia che la storia mi mette. Malinconia??  Fin troppa, direte, non se ne può più  E io non posso che ripetere.. “lo..so..lo so..avete ragione .chiedo nuovamente venia”.
Amor che muove il sole e le altre stelle? Alain cita Dante, ma non è come Andrè. Credo non se ne sia neanche accorto.
Grazie a chi ha seguito e recensito. Davvero.

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