Meno male che ci sei

di Josie_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The very first time. ***
Capitolo 2: *** Come on! Let's smile! ***
Capitolo 3: *** Let me help you. ***
Capitolo 4: *** That's why you're my best friend! ***
Capitolo 5: *** You just need a hug ***
Capitolo 6: *** Won't you light the way for me? ***
Capitolo 7: *** One million dollar question ***
Capitolo 8: *** This is not the very end ***



Capitolo 1
*** The very first time. ***


Vi siete mai domandati ad un certo punto di un'amicizia come sia cominciato tutto? Non negatelo, ognuno di noi si è posto questa domanda e per quanto ci si sforzi non si riesce a ricordare il momento esatto in cui si ha iniziato a parlare, sorridere e scherzare con una persona. E sapete perché? Semplicemente per il fatto che il nostro cervello non memorizza, giustamente, nessuno che sia degno di ricordo dal primo sguardo. A meno che non subentrino altre circostanze, che possono essere un incontro particolare o una sensazione, che fanno decisamente al caso nostro.
Ora permettetemi di introdurvi i nostri personaggi, i protagonisti di questa storia semplice ma turbolenta, di amicizia e di amore. Due giovani ragazzi con una passione ed un taglio di capelli in comune che senza neanche accorgersene illuminarono pian piano l'uno il mondo dell'altro. 
C'era Alex, un morettino apparentemente tranquillo ma che nascondeva un'indole agitata e paranoica. E c'era Jack, un ragazzetto vispo incapace di stare fermo per più di due minuti. Non si notarono subito quel pomeriggio nella biblioteca dove, insieme ad un'altra decina di alunni, erano stati costretti a trattenersi per punizione. Entrambi colpevoli di un male assolutamente comune: infischiarsi altamente della lezione tenuta dal professore di matematica. Non si notarono, dicevo, perché troppo impegnati a scarabocchiare ognuno sul proprio foglio bianco. Inutile dire che non avessero alcuna intenzione di svolgere i compiti che gli erano stati imposti dal povero professore di turno, ma semplicemente scrivevano e disegnavano qualsiasi cosa passasse loro per la testa. 
Probabilmente son tornata troppo indietro nel tempo, devo ammettere che quel pomeriggio non successe nulla di particolare, ma mi piaceva l'idea di farvi capire quanto sia influente il destino nella nostra vita. Quei due ragazzi erano separati da qualche tavolo e non si degnavano di uno sguardo, eppure da lì a qualche tempo sarebbero diventati inseparabili, sarebbero diventati come fratelli.
Proseguiamo quindi più velocemente e viaggiamo attraverso le stagioni fino a giungere ad un tipico sabato sera autunnale. Il nostro Jack borbottava continuamente tra sè, indignato che dovesse lavorare quando invece tutti i suoi amici si stavano divertendo in giro per locali. Ringraziò il cielo che nessuno fosse venuto nel pub in cui faceva da barista: non avrebbe sopportato una sola volta di più il sarcasmo per nulla divertente dei suoi compagni. Guardò per l'ennesima volta l'orologio appeso alla parete. Era lì da appena mezz'ora e non sopportava più niente di quel posto, come diavolo era possibile? Imprecava a mezza voce mentre asciugava i bicchieri e si domandava perché mai sua madre avesse deciso di insegnargli ad essere responsabile ed autonomo di punto in bianco. Ci avrebbe pensato l'esperienza, no? 
Fu così che non notò la gentile richiesta del ragazzo appena sedutosi di fronte a lui, un po' perchè immerso nei suoi pensieri e un po' perché aveva parlato a bassa voce. Solo quando si schiarì più volte la gola Jack alzò lo sguardo su di lui.
"Ehm...mi fai...una vodka liscia, per favore?"
Aveva l'aria depressa, gli occhi gonfi e rossi e sembrava terribilmente a disagio, quasi in soggezione dalla figura di Jack. 
Jack non poté evitare di alzare un sopracciglio per lo stupore che quella richiesta gli causò.
"Credo proprio di no. Scusa se te lo dico ma non dimostri affatto ventuno anni."
Il ragazzo sbuffò e abbassò il viso a fissare il bancone. 
"Per favore...diremo che è acqua tonica." mormorò debolmente, come se avesse già rinunciato.
Il nostro barista sorrise sempre più divertito dal comportamento insolito del ragazzino e si fece impietosire dal suo sguardo perso nelle sfumature del legno. Gli riempì nemmeno per metà un bicchiere e glielo posizionò davanti.
"Amico, se vuoi un consiglio: canta che ti passa."
Tentò di farlo sorridere, Jack, avendo notato la tristezza che copriva come un velo sottile gli occhi del giovane.
"Vorrai dire bevi che ti passa!" alzò il bicchiere, ammiccò e ne bevve il contenuto in un sol sorso. "Io sono Alex."
I due si strinsero la mano sopra il bancone sorridendosi reciprocamente.
"Jack. E sappi che se ci scoprono e mi licenziano, glielo dirai tu a mia madre."


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NdA:
Premettendo che questa non vuole essere una Jalex come il termine in sè potrebbe suggerire (niente slash, insomma), non ho intenzione di scrivere una FanFic estremamente lunga e articolata, tutt'altro. Nella mia mente sono ben pochi i capitoli definiti e spero che non se ne aggiungano altri.
In attesa di maggiore ispirazione, scrivo per divertimento, e questo è ciò che è nato! 
Un grazie a chiunque leggerà! (:
Sil.

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Capitolo 2
*** Come on! Let's smile! ***


Che la pioggia porti tristezza è un fatto assolutamente soggettivo ed estremamente legato alla volubilità. Lasciate che mi spieghi, prendiamo per esempio i nosti bei due ragazzi, Alex con la mente imprigionata in grigi ricordi e Jack con una vasta gamma cromatica a disposizione. Inizierete a capire, dunque, che il primo era assolutamente riluttante all'idea di dover camminare fino al parco con l'evidente conseguenza di bagnarsi (anche se in minima parte) e prendere freddo, mentre l'altro trovava la situazione quasi esaltante. 
Alex osservava da lontano, al riparo sull'unica panchina coperta da una tettoia, quella figura saltellante dall'altra parte del campo e si domandava se quello sventolamento della mano fosse un saluto rivolto a lui o una strana danza della pioggia. Ma in meno di un secondo Jack si era già scaraventato accanto a lui schizzando fango tutt'intorno più di quanto fosse lecito.
"Ehi!" -lo salutò con un sorriso luminoso- "Tu sei Lex, giusto?"
Il ragazzo lo fissò per un momento intimidito e strinse le gambe a sè inconsciamente, non aveva alcuna intenzione di fare conversazione.
"A...lex. Mi chiamo Alex." rispose enfatizzando la A.
"Oh..." -Jack sembrò deluso- "Peccato. Lex ti faceva sembrare più adulto!" e gli fece l'occhiolino, come se fra di loro ci fosse chissà quale intesa.
Alex non rispose, lasciò che tra di loro calasse un silenzio più rumoroso della pioggia che incontrava il terreno, finché Jack sbuffò rumorosamente e si voltò a fissarlo.
"Che c'è?" si lamentò il più grande notando la sua espressione contrariata.
"Mi intristisci." rispose Jack prontamente.
Alex alzò le spalle e volse lo sguardo altrove.
"Questo è l'effetto che di solito fa la pioggia."
"No, no, ti sbagli. Io adoro la pioggia. Sei tu il problema, trasudi tristezza da tutti i pori!"
"Bè, in ogni caso non sono affari tuoi."  tagliò corto lui. 
Jack ignorò completamente il suo commento e pensò a qualcosa da dire per tirarlo su di morale. Non sapeva perché sentiva il bisogno di vederlo sorridere, in fondo nemmeno lo conosceva, ma era convinto che un sorriso in una giornata di pioggia fosse una delle cose più belle e difficili che si possano realizzare. 
"Sai perché un arancio non va mai a fare la spesa?" -domandò dandogli un colpetto sulla spalla- "Mandarino!"
Iniziò a ridere da solo mentre Alex scuoteva piano la testa confuso. Cosa diamine voleva quello strano tipo da lui? Rimpianse (erroneamente a mio avviso) di aver scelto proprio quel pub la sera precedente. Sospirò cercando le parole adatte per non risultare scontroso e convincerlo ad andarsene.
"Senti, sono venuto qui per stare un po' da solo. Ti dispiacerebbe..."
La sua frase smorzò tutto l'entusiasmo di Jack in un nanosecondo e fu quando notò la delusione negli occhi incredibilmente marroni del ragazzo che si sentì in colpa e in dovere di aggiungere qualcos'altro. Riflettè sul fatto che quel povero ragazzo non gli aveva fatto nulla di male, tentava solo di aiutarlo in un modo tutto suo e doveva quantomeno provare ad apprezzarlo.
"Ascolta, Jack, ammiro il tuo tentativo di farmi ridere, ma in questo momento non sono proprio dell'umore adatto."
"E' proprio perché non sei di buon umore che hai bisogno di ridere."
"Si, ma non è così semplice."
"Dici così ma non ci hai nemmeno provato. Ti sei rassegnato ed è una cosa terribile."
Alex abbassò lo sguardo sulle sue scarpe rovinate incapace di rispondere. Non stava nemmeno prendendo in considerazione l'idea di potersi rialzare per tornare a camminare, era decisamente impossibile.
"Sai, una volta una persona molto saggia mi disse questa frase:«Se vai all'indietro finisci per andare a sbattere.»" 
"E che cazzo vuol dire?"
"Non ne ho idea! Però faceva un bell'effetto!" sghignazzò Jack compiaciuto delle sue stesse stupidate.
"Idiota..." commentò Alex accennando un sorriso.
Probabilmente lui non se ne stava nemmeno accorgendo, ma la presenza di Jack aveva alleggerito quel macigno che aveva sul cuore, ne aveva preso un pezzettino e con la sua risata lo aveva trasformato in mille colori, ben diversi da quel triste e monotono grigio.

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Capitolo 3
*** Let me help you. ***


Se vi state chiedendo cosa ci faccia Jack Barakat in giro per la scuola durante la pausa pranzo la risposta è molto semplice: sta cercando Alex.
Si erano dati appuntamento quella stessa mattina e il ragazzo non poté evitare un sorriso ripensando all'espressione buffa di Alex quando aveva sentito la richiesta di mangiare con lui per evitare di passare la pausa pranzo con Elly. Avrebbe dovuto spiegargli meglio la sua teoria che vedeva protagoniste le ragazze, un tavolo e le troppe chiacchiere. 
Sbuffò dirigendosi verso l'unico posto della scuola rimasto inesplorato: il cortile sul retro. Se fosse stato un po' più attento avrebbe sentito le grida di quei brutti ceffi già da quella distanza, ma siccome era impegnato a valutare quanto fosse lunga la linea della vita sulla sua mano, si accorse della rissa che era scoppiata solo quando svoltò l'angolo. In un primo momento pensò di girare i tacchi e sparire alla svelta, ma una voce familiare lo pietrificò esattamente dov'era. Alex si teneva in equilibrio tenendo una mano sul ginocchio e l'altra a stringergli la pancia. Doveva aver appena preso un bel pugno, appurò Jack facendosi più vicino. Guardandosi intorno si fece un'idea della situazione: erano tre contro uno. Fantastico. Alex disse qualcosa che riguardava la madre di qualcuno e la stretta conseguenza fu un altro pugno dritto in faccia. 
"Ehi!" -gridò Jack nel momento esatto in cui Alex cadde a terra con un tonfo- "Lasciatelo stare!"
I tre ragazzi si voltarono contemporaneamente verso di lui e il più grande si fece avanti con un sorriso beffardo sul volto.
"E tu che vuoi? Non t'impicciare." ringhiò ad un centimetro dal suo viso.
"Jack, vattene." intervenne subito Alex sputando sangue e risultando così molto più minaccioso di quanto avrebbe voluto.
"Ma, Alex! Loro sono in tre!"
"Non sei tu che ti sei fatto sua sorel..." non fece in tempo a finire la frase che il cavernicolo si era scaraventato su di lui riversandogli una scarica di pugni e calci mal coordinati.
Jack era impietrito. Non sapeva cosa fare. Sentiva il cuore martellargli nel petto e le mani sudargli in modo esagerato. Avrebbe voluto scappare, chiamare aiuto o riuscire a farli smettere in qualche modo. Ma cosa diavolo poteva fare un ragazzo goffo e magro come lui contro uno del genere?
Chiuse gli occhi e corse verso quella montagna che stava scaricando tutta la sua rabbia su un Alex incapace di difendersi e gli tirò un calcio che fece più male a lui che all'altro. 
"Smettila!" riuscì a gridare e in un millesimo di secondo gli altri due gli furono addosso.
Quello che successe in quegli istanti fu tutt'altro che chiaro. Alex faceva persino fatica a respirare e Jack si stava esibendo in una strana lotta rotolandosi avanti e indietro insieme a quei brutti tipi. 
Il più grosso intanto si era rialzato e bastò un cenno per far ritornare al suo fianco gli scagnozzi.
"Non perdete tempo con quello sfigato. E' di lui che dobbiamo occuparci." e sputò su di Alex prima di scoppiare a ridere.
Jack non si diede per vinto e si rialzò pronto per difendere il suo nuovo amico.
"Ho idea che ve ne siate già occupati..." -disse infine un po' incerto- "Insomma, non si regge nemmeno in piedi! Non siete soddisfatti?"
Uno dei due tirapiedi sbadigliò candidamente e diede ragione a Jack aggiungendo un distratto "ho fame". Il 'capo' della banda esaminò Alex sdraiato su un fianco che tossiva a fatica, gli si accovacciò accanto e lo sollevò prendendolo per il colletto della camicia. 
"Tocca ancora mia sorella e sei morto." -gli gridò per poi lasciarlo andare in malo modo e fissare Jack- "E tu la prossima volta fatti i cazzi tuoi che se no fai la stessa fine!"
Finalmente si voltò e con un altro cenno ai compagni si allontanarono ridendo e spintonandosi.
Jack contò fino a dieci cercando di ristabilizzare il respiro e il battito cardiaco, si sedette per terra e fissò Alex incredulo.
"Ma dico! Sei impazzito?!"
Alex aveva gli occhi chiusi e per un istante Jack temette che non avesse nemmeno la forza per parlare.
"Non dovevi intervenire." sussurrò invece.
"Con tutte le ragazze che ci sono, proprio la sorella di quel tipo dovevi farti?"
Sorprendentemente il ragazzo rise. Una risata debole ma sincera che sconvolse completamente il più giovane. Non lo aveva mai visto ridere, come poteva farlo in quella situazione? In quelle condizioni?
"Non so nemmeno chi sia sua sorella!"
Jack sgranò gli occhi. Non capiva.
"Tu sei proprio un coglione! Perché lo stavi provocando, allora? Dio! Non puoi pretendere che ti aiuti in una rissa! Mi hai visto? Appena mi hanno toccato sono volato per terra! Cosa diavolo avevi in testa?"
Alex si mise a sedere cercando di nascondere qualche smorfia -che però non sfuggì allo sguardo attento di Jack- e si pulì la bocca con la manica non più candida della camicia.
"Ho una teoria, Jack." -sorrise- "Al dolore ci si può abituare."
Il ragazzo lo fissò ancora una volta stupito e si trattenne dall'imprecare ad alta voce.
"Non capisci?" -continuò allora Alex- "Esiste un modo per smettere di soffrire!"
Jack scosse la testa. Quel ragazzo doveva essere pazzo. Quello che diceva non aveva alcun senso, probabilmente aveva preso una bella botta cadendo. Ciò che sembrava più strano era il sorriso insanguinato che Alex sfoggiava orgoglioso e il tono trionfante della sua voce. Era convinto della sua teoria e la stava mettendo in pratica.
"Alex..." -sussurrò Jack facendosi più vicino- "tu hai bisogno di aiuto."

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Capitolo 4
*** That's why you're my best friend! ***


Jack sbuffò rumorosamente. Era da più di mezz'ora che non faceva altro. E l'unica causa di quel turbamento era il suo migliore amico: Rian. Aveva avuto la pessima idea di raccontargli per filo e per segno tutto quello che era successo da quando aveva conosciuto Alex e il risultato fu un pomeriggio di lagne e continui rimproveri.
"Devi smetterla di impicciarti in cose che non ti riguardano, Jack. Quante volte te l'ho detto?"
"Ma ti dico che quel ragazzo ha bisogno di aiuto! Anzi, di un amico!"
Rian si avvicinò lentamente allo stereo nell'angolo della camera dai muri bordeaux e fece partire un cd dei Blink, un po' per distrarsi, un po' per evitare di rispondere a Jack.
"Che male c'è se gli do una mano?" insistette invece il più piccolo.
"C'è che finiresti ferito! Dio, Jack, inverti le parti! Secondo te se tu avessi causato una rissa quel tipo ti avrebbe aiutato?"
"Credo proprio di si, sai? È che-"
"È che tu vedi sempre e solo il buono delle persone, ecco cos'è! Ma devi capire che non sono esattamente perfette come tu te le immagini!"
Ancora una volta Jack sbuffò. Avrebbe voluto gridargli che aveva torto, che se lui fosse stato al posto di Alex avrebbe solo desiderato che qualcuno gli stesse accanto.
Si specchiò per un momento negli occhi dell'amico senza aprire bocca. Doveva scegliere le parole giuste se voleva l'aiuto di Rian.
"Non ti sto chiedendo di venderti un rene, Ri. Ti sto chiedendo per favore di dare una mano a questo ragazzo." rincarò la dose con un tono lamentoso e quasi deluso.
Rian alzò gli occhi al cielo e Jack capì di averlo convinto ancor prima di veder spuntare sul suo viso un sorriso splendente.
"Odio la tua capacità di farmi sentire in colpa!"
Jack saltò verso di lui ridacchiando e lo abbracciò facendolo quasi cadere. Sapeva che prima o poi avrebbe ceduto! Non per niente Rian era il suo migliore amico: non conosceva persona più gentile di lui. Forse era solo un po' troppo riflessivo...
"Ora ti posso raccontare il mio piano!" esclamò pieno di energia, come se tutto il nervoso che si era accumulato durante la discussione si fosse dissolto in un nanosecondo. 
Rassegnato, il ragazzo più grande si gettò sul letto pronto ad assecondare ogni idea che Jack gli avrebbe proposto. Era una forza della natura e niente e nessuno sarebbe riuscito a fermarlo, ormai era partito in quarta.
"Non mi sgridare, però! Prometti!"
"Perché dovrei sgridarti? Cosa diavolo hai-"
"Prometti!"
"Okay, okay! Prometto..."
Jack non smetteva di sorridere e questo aumentava ancora di più le preoccupazioni del povero Rian.
"Quando l'ho riaccompagnato a casa dopo la scuola," -cominciò a raccontare- "mi ha fatto entrare e gli ho medicato le ferite. Sono andato a prendergli una maglia pulita in camera e mi sono 'imbattutto' in un quaderno. Un quaderno davvero molto interessante."
"Oh, Jack!" -si lamentò Rian notando la luce soddisfatta negli occhi dell'amico- "Immagino come ti sei 'imbattuto'!"
"Dai, aspetta!" -rise lui in risposta- "Scrive un sacco di cose! Non capisco se sono poesie o altre robe, fatto sta che scrive in modo esageratamente fantastico!"
"Ed è qui che ti si è accesa la lampadina, giusto?" lo anticipò Rian.
"Esattamente! Amico, sono felice di annunciarti che abbiamo trovato l'autore delle canzoni della nostra band!"
"Ma noi non abbiamo una band."
"Da oggi si!"
Rian cercò di trattenersi dal ridere per non smorzare l'euforia di Jack, ma proprio non ci riuscì.
"Vola basso, Bassam! Ti leggo negli occhi che ci stai credendo troppo!"
"Uffa! Smettila di pensare ogni tanto e fidati di me! Quel ragazzo ha del potenziale e io mi sono rotto di suonare solo cover dei Blink! Ti dico che possiamo farcela."
Non avevano mai preso in considerazione l'idea di formare una band. Insomma, trovarsi di pomeriggio per divertirsi qualche ora non implicava alcuna responsabilità, era...semplice! Se la cosa fosse diventata più seria sarebbero nate la prime liti, gli obblighi e il duro lavoro. Però Rian non poteva negare che l'immagine di lui su un palco davanti a migliaia di persone gli mettesse i brividi. Abbassò lo sguardo ad incontrare quello di Jack che gli suggeriva alzando le sopracciglia di lasciarsi andare, per una volta.
"Dove hai detto che abita questo Alex?" accettò infine scatenando in Jack un moto di euforia a stento trattenuto.

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Capitolo 5
*** You just need a hug ***


La bocca serrata. Lo sguardo fisso fuori dalla finestra. Le orecchie che non ascoltano, il cuore che vorrebbe non battere. Ogni volta era sempre la stessa emozione a dominarlo: l'indifferenza. La mente aveva lasciato il corpo, in modo da rimanere il più intatta possibile e poter osservare indisturbata dall'alto. Da lassù sembrava tutto meno importante, meno reale. Quello schiaffo, poi, non era stato dato a lui, ma al ragazzo che aveva imparato a non reagire. 
"Perché non puoi essere come tuo fratello?" ripeteva quella donna dallo sguardo furioso e le mani tremanti. 
Avrebbe avuto tante cose da dire, lui, a quel punto ma si ostinava a tacere.
"Cosa abbiamo fatto di male io e tuo padre per meritarci un figlio così? Dio, Alexander, perché sei così sbagliato?!" strillava.
Il ragazzo alzò lo sguardo al cielo, dove immaginava di essere. Lì, tra le nuvole, quel dolore opprimente si azzerava perché non era più lui a provarlo, ma poteva gettare tutte le sue angosce al corpo senz'anima del ragazzo colpevole. 
Cercò con tutte le sue forze di tenere qualsiasi pensiero lontano, ma non riuscì ad evitare di domandarsi perché sua madre non potesse semplicemente stringerlo a sé e chiedergli perché fosse tornato da scuola con tutti quei lividi anziché dare per scontato che fosse lui la causa di tutto. Si sarebbe accontentato di poco. Gli bastava uno sguardo, un cenno del capo, una parola...
"Oh, al diavolo! Parlare con te è come parlare col muro! Via! Non ti sopporto più! Sparisci dalla mia vista all'istante!"
Una spinta non troppo leggera accompagnò Alex verso le scale. Le salì velocemente, correndo, desiderando di poter scappare lontano. Spalancò la porta della sua camera e vi si chiuse dentro lasciandosi scivolare fino al pavimento. Si coprì il viso con le mani fredde e lasciò che le lacrime gli riversassero addosso tutte le sue colpe.
 
* * *
 
"Jack, non vorrei sembrare ripetitivo ma sei sicuro che sia questa la via?"
Rian allungò il passo per raggiungere l'amico poco distante che camminava fingendosi sicuro di sè lanciando occhiate a destra e a sinistra furtivamente. 
"Ma si! Abbi fede!" minimizzò lui. Non era completamente sicuro che si trovassero nella strada giusta, forse avrebbero dovuto girare all'incrocio precedente. 
"Almeno mi vuoi dire qual è il piano? Mi hai trascinato qui senza dirmi nulla!"
"Non c'è un piano, Ri. Andiamo lì e gli chiediamo se vuole far parte della band, tutto qui."
Rian si sbattè la mano sulla fronte.
"E' questo che hai in mente? Sul serio?"
Anche Jack si fermò riconoscendo il tono perplesso e dubbioso che aveva utilizzato Rian e lo guardò strizzando gli occhi, come per vederci chiaro.
"Perché cosa c'è che non va?"
"Non credi che se scoprisse che hai letto quel quaderno a sua insaputa si arrabbierebbe? Insomma, mi è parso di capire che è piuttosto personale..."
"Cazzo!" -esclamò Jack scendendo dalle nuvole- "Non ci avevo pensato!"
"Questo succede perché-"
"Chissene frega perché! Siamo fregati! Bisogna trovare una soluzione! Oh, Rian! Come farei senza di te?" sorrise amabilmente.
"Non fare il ruffiano! Torniamocene a casa, piuttosto."
"No, no! Ormai siamo qui. E poi vorrei vedere come sta..."
Rian annuì sorridendo. La bontà di Jack gli scaldava sempre il cuore, era il ragazzo più gentile che avesse mai conosciuto ed era orgoglioso di essergli amico. 
Ripresero quindi a camminare lungo quella via interminabile in religioso silenzio, finché Jack si illuminò.
"Mio Dio! Perché non ci ho pensato prima?"
Si voltò verso Rian esultante, sembrava avesse appena scoperto l'elisir di lunga vita.
"Ha una SG-X! Diavolo, se ha una Gibson scommetto che la sa suonare!"
Jack ottenne subito il consenso del suo migliore amico che si esaltò quasi quanto lui.
"Perfetto! Basterà chiedergli di entrare nella band come chitarrista e poi gli diremo di scrivere i testi!"
Si guardarono un momento in silenzio immaginando entrambi un futuro idilliaco e teoricamente perfetto. Le loro menti volavano veloci negli anni,  si vedevano già a riempire stadi e arene quando ancora, in realtà, non avevano nemmeno un nome per la band. Ah, beata gioventù direbbe qualcuno!
Dopo un'altra mezz'ora passata a girare pressoché intorno, Jack riconobbe la villa con i nanetti nel giardino e un numero esagerato di parabole sul tetto. 
"Ma stanno gridando?" si preoccupò Rian quando ormai erano nel portico.
"Sarà la TV." alzò le spalle e premette il campanello.
Passarono diversi minuti di assoluto silenzio, così tanti che Rian stava già insistendo per andarsene, quando finalmente una donna venne ad aprire.
"Salve!" -salutò allegro Jack con il suo particolare accento strascicato- "Siamo amici di Alex, è in casa?"
La signora, la madre ipotizzarono i ragazzi, li squadrò dalla testa ai piedi un paio di volte, poi parlò con un tono così glaciale da farli indietreggiare.
"Alexander non ha amici." e chiuse la porta senza dar loro possibilità di ribattere.
"Ma che cazzo...?"
Jack guardò stupito Rian in cerca di una possibile spiegazione al comportamento della donna, ma lui gli rimandò indietro lo stesso sguardo sorpreso.
"Oh, bè. Vorrà dire che parleremo con Alex a scuola." sentenziò il ragazzo più grande tornando in strada.
"Ma non voglio aspettare lunedì! Dai, Robert, fermati!"
"Non chiamarmi Robert! E poi non hai sentito sua madre? Non ci vuole far entrare."
"Questo non vuol dire che non possiamo..." rispose prontamente Jack con uno sguardo malizioso alquanto preoccupante.
"Teniamoci fuori dai guai. Ascoltami bene: non entreremo in quella casa senza permesso, okay?"
"Oh, andiamo! So dov'è camera sua! Entriamo dal retro, attraversiamo il salotto, saliamo le scale e la...seconda porta a destra è la sua!"
"E se non è in casa?"
"Ce lo avrebbe detto quella tipa, no?"
"E se non è in camera allora?"
"Se non è in camera siamo degli sfigati!"
"Dai, Jack, è troppo rischioso."
"Oddio, Ri, se non è in camera ce ne andiamo!"
Rian sbuffò consapevole che in quella conversazione Jack avrebbe sempre avuto l'ultima parola, tanto valeva assecondarlo senza troppe discussioni.
"Andiamo, Robert, sei con me?"
"No se mi chiami ancora una volta Robert!"
Jack sghignazzò trotterellando intorno alla casa, gettò qualche occhiata attraverso le finestre e raggiunse in fretta la porta sul retro, seguito a ruota da un Rian indubbiamente preoccupato.
"Okay, amico, ora zitto e mosca!" si raccomandò Jack.
"Dovrei essere io a dirlo a te, idiota!"
Col sorriso sulle labbra il più piccolo aprì la porta, cercò di non pensare al cuore che gli martellava nel petto e si assicurò che non ci fosse anima viva in giro.
"La nostra dolce mammina dev'essere in cucina." -sussurrò voltandosi leggermente- "Andiamo!"
Percorsero in punta di piedi l'atrio accelerando in prossimità della porta della cucina e si ritrovarono in salotto, esattamente come Jack si ricordava. Proseguirono velocemente su per le scale fino alla seconda porta a destra.
"Dio, Jack, ma hai visto quel salotto? Non c'è una sola cosa fuori posto!"
"Che ne so! Saranno dei maniaci della perfezione! Piuttosto che faccio, busso?"
"Mah, vedi tu. Se vuoi possiamo aspettare che qualcuno ci scopra."
Jack gli scoccò un'occhiataccia e bussò piano alla porta.
"Alex? Alex ci sei?" sussurrò avvicinandosi alla serratura.
Niente. 
"Sta arrivando qualcuno! Jack, sta arrivando qualcuno!" -disse Rian a denti stretti in preda all'ansia- "Entra! Apri questa cazzo di porta!"
"Non posso! E' chiusa!"
"Oddio! Arriva qualcuno! Fai qualcosa!"
"Rian, stai zitto!" -Jack riprese a bussare, con un po' più di forza questa volta- "Alex? Sono Jack! Per favore, aprimi!"
Questa volta si sentì un rumore sordo di passi e i due ragazzi si guardarono speranzosi con la paura negli occhi. Per fortuna il rumore di una  chiave nella serratura li tranquillizzò e in pochi secondi si ritrovarono nella stanza di Alex.
"Oh mio Dio, Alex! Perché diavolo ci hai messo tanto?" si lamentò subito Jack tirando un sospiro di sollievo.
Alex aveva gli occhi incatenati in quelli di Jack. Sorrideva sorpreso e stranamente felice di vederlo, incapace di parlare o di chiedergli anche solo il motivo della sua visita. Realizzò che lui riusciva, attraverso un semplice sguardo, a trasmettergli quella tranquillità che solo con Jack provava. Incredibile. 
Jack parlava, parlava e parlava ma lui non lo stava a sentire. Era troppo scosso emotivamente per stare ad ascoltare le sciocchezze di quel ragazzino. Anche se aveva imparato che erano proprio quelle sciocchezze a farlo stare bene, ora era impegnato a capire come fosse possibile che Jack avesse una così forte influenza sul suo stato d'animo.
"Ehi, mi senti?"
Jack gli sventolava davanti al viso la mano come per ristabilire un contatto.
"Sei un po' pallido, sicuro di star bene?"
"Se...se sto bene?"
"Eh, si. Stai bene?"
Jack sembrava preoccupato. Sì, quello sguardo attento era decisamente preoccupato. Ma com'era possibile? Nessuno si era mai curato di Alex, perché Jack avrebbe dovuto?
"Io...no." 
Per la prima volta c'era qualcuno ad ascoltarlo. Per la prima volta c'era qualcuno pronto a capirlo e sostenerlo. Per la prima volta Alex poteva essere sincero.
"No, non sto affatto bene."
Abbassò gli occhi vergognandosi improvvisamente delle lacrime che minacciavano di uscire, e si ritrovò stretto in un abbraccio.
"Alex, ci sono io con te adesso, non sei solo." gli sussurrò dolcemente all'orecchio.
Il ragazzo rimase immobile per qualche secondo, troppo sorpreso per poter reagire, poi si abbandonò tra le braccia gentili di Jack aggrappandosi alla sua felpa.
"Ho...ho davvero bisogno di aiuto?" singhiozzò ricordando le parole di Jack.
"Oh, no. No, Alex, tu non hai bisogno di aiuto, ma semplicemente di un abbraccio." e con queste parole lo strinse di più a sè, dimostrandogli di avere ragione.



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N.d.A

Salve! (: 
Allora, ci tenevo a precisare che io non ho la più pallida idea di come sia la madre di Alex! xD Voglio dire, per quanto ne so potrebbe essere la donna più dolce e gentile del pianeta, ma questa è una fiction quindi nulla, e dico NULLA, si rifà alla realtà. (A parte il profondo amore tra Alex e Jack v.v ma questo si sa)
Detto questo, passo e chiudo! Grazie a chi ha letto (e recensito), legge (e recensisce)o leggerà (e recensirà)! (:
Adieu

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Capitolo 6
*** Won't you light the way for me? ***


Se Alex ne avesse avuto la forza si sarebbe odiato in quel momento. Come aveva potuto scoppiare a piangere in quel modo? Era tutta colpa di Jack che si mostrava così terribilmente comprensivo e preoccupato che non aveva resistito. Si allontanò tirando su col naso ma Jack non lo lasciò andare. Lo teneva stretto per il gomito, come per sorreggerlo. Solo dopo essersi asciugato gli occhi, Alex vide che l'amico non era venuto da solo. Guardò imbarazzato il ragazzo appoggiato alla porta, poi spostò velocemente lo sguardo su Jack domandandogli tacitamente chi fosse.
"Oh..." -esclamò lui come se si fosse ricordato di Rian solo in quel momento- "Alex, lui è Rian, un mio grande amico."
"Piacere di conoscerti, finalmente." commentò abbandonando il sostegno sicuro della porta per stringergli la mano.
Inutile dire che Alex si domandò il perché di quel ''finalmente'', ma è altrettanto inutile dire che se lo tenne per sè. 
"Ascolta, 'Lex." -intervenne presto Jack che saltellava da un piede all'altro per l'eccitazione- "Siamo venuti qui con uno scopo preciso!"
Guardò in giro per la stanza finché non trovò la famosa Gibson verde brillante nello stesso angolo dove l'aveva vista per la prima volta.
"Voglio che suoni per noi! Ora!"
E con quest'ultima affermazione si sedette con poca cura sul letto del ragazzo, pronto ad assistere alla sua esibizione. Ma Alex non si mosse. Spostava lo sguardo da Jack alla chitarra, come se non avesse capito cosa li collegasse.
"Vuoi che suoni la chitarra?"
"Esattamente."
"E...perché?"
"Non te lo voglio dire, ti emozioneresti!" 
Il sorriso che illuminò il viso di Jack era delizioso, assolutamente irresistibile. Eppure Alex, dopo aver osservato la porta mordendosi il labbro, trovò la forza per rifiutare.
"Non credo sia il caso..." rispose incerto.
"Eddai! Te lo leggo negli occhi che muori dalla voglia di suonare, fammi felice!" 
"Jack, se non vuole non puoi obbligarlo." intervenne serafico Rian che in risposta ricevette un'occhiata ammonitrice di Jack.
"Una canzoncina veloce veloce!" lo pregò quest'ultimo.
Impaziente, Jack si alzò a prendere la chitarra, la attaccò all'amplificatore e la porse ad Alex che, anche se sembrava contrariato, la prese tra le mani. 
"D'accordo..." si arrese alla fine.
Non capiva perché Jack ci tenesse tanto e si stupì anche di come alla fine tutti facessero come voleva lui. Sempre.
Jack lo guardava con i suoi occhi luminosi carico di aspettativa, facendogli un'occhiolino di incoraggiamento quando cominciò con qualche accordo. Nè Rian nè Jack conoscevano quella canzone e rimasero piacevolmente sorpresi dal suo modo di suonare leggero e sicuro. Ma il bello fu quando inaspettatamente iniziò a cantare. Ciò che colpiva di più non era la voce in sè, anche se indubbiamente bella, ma i sentimenti che trasparivano sinceri. Alex con gli occhi chiusi, la chitarra in mano e la camicia svolazzante stava cantando le sue emozioni, stava mettendo tutto sè stesso in quelle parole, in quella musica.
Jack e Rian si scambiarono uno sguardo sbalorditi. Soprattutto Jack era sorpreso perché aveva riconosciuto il testo. Lo aveva letto nel quaderno di Alex il giorno precedente. Si sentiva strano: la voce di Alex lo stava lentamente trasportando in un vortice senza fine, un vortice così buio e freddo da farlo rabbrividire. Era assurda ma allo stesso tempo fantastica la disperazione che Alex non riusciva a trattenere mentre suonava, era così forte da arrivare facilmente a un Jack impegnato a calmare il battito cardiaco.
Rian dal canto suo non resistette un secondo di più seduto su quel letto, scattò in piedi e andò verso la scrivania per poter tenere il tempo con le mani. Erano perfetti insieme, suonavano con una tale armonia che sembrava avessero provato quella canzone migliaia di volte. 
«Won't you light the way for me?» Alex cantò quella frase guardando intensamente Jack negli occhi, come se gli stesse realmente ponendo quella domanda. Purtroppo esattamente un secondo dopo qualcuno bussò così forte da far smettere i due ragazzi all'istante.
"Alexander! Quante volte ti ho detto di non fare casino? Smettila immediatamente!" la voce aspra della madre di Alex oltrepassò la porta furiosamente. 
Rian guardava Jack. Jack guardava Alex. Alex guardava le sue scarpe.
"Ehm...scusate." borbottò dopo qualche secondo di assoluto silenzio.
Si levò la chitarra e spense l'amplificatore per poi voltarsi verso Rian.
"Ehi, sei veramente bravo. Mi hai stupito, sul serio." si complimentò spostandosi i capelli dagli occhi.
"Te lo credo!" -si intromise Jack saltando tra i due- "È un batterista! Il migliore che io conosca!"
"L'unico che tu conosca." lo corresse Rian che ricevette in risposta un'altra occhiataccia.
"Dicevo, è un batterista e io un chitarrista! E tu, Dio mio Alex, tu sei un cantante nato!"
L'euforia di Jack aveva confuso Alex impedendogli di cogliere il nocciolo della questione. Per fortuna Rian lo notò e sospirando gli venne in soccorso spingendo via il più piccolo che rischiò quasi di cadere a terra.
"Quello che vuole dire Jack è che stiamo formando una band e tu saresti perfetto come vocalist."
"E cos'ho detto io, scusa? La domanda era implicita!"
"Oh, Jack! Devi sempre lamentarti? Glielo abbiamo chiesto, era questa la prima parte del piano, no?"
"Che piano?" domandò Alex discretamente. Iniziava a sentirsi tagliato fuori dal discorso e non ci stava più capendo nulla. Gli avevano chiesto di entrare in una band come cantante? Lui? Assolutamente impossibile.
"Niente, niente! -rispose in fretta Jack dando, pensando di non essere visto, una gomitata a Rian- "Piuttosto, sei d'accordo, vero?"
Alex si fermò a pensare un momento. Entrare in una band con quei ragazzi sarebbe significato passare con loro interi pomeriggi, stare lontano da casa, ma soprattutto sarebbe significato cantare, cantare e cantare. Ah, sembrava tutto così allettante! Se solo l'eco dei passi di sua madre non lo stesse tormentando!
"Ehm...non credo che..."
"No!" -lo interruppe prontamente Jack- "Non te la caverai con un 'no, grazie' ragazzo mio! Hai idea di come canti? Cavolo sei sbalordente!"
"Sbalorditivo, magari." rise Rian.
"Vabbè! Mi hai sbalordito, Alex. Il senso è questo. E sono sincero! Ti prego, devi far parte di questa dannata band! Qual è il problema?"
"Oh, no, nessun problema. Cioè...io penso che...non voglio che..."
Jack alzò un sopracciglio sentendo il discorso completamente illogico di Alex.
"Sei un po' confuso." -commentò Rian- "Pensaci un po' su e poi ci darai una risposta, okay?"
"Ma io vi ho già dato una risposta."
"No, dai, Alex!" -piagnucolò Jack- "Abbiamo bisogno di te!"
A quelle parole il cuore di Alex accelerò incontrollato. Era inconcepibile pensare che qualcuno avesse bisogno di lui. Eppure a guardarlo Jack sembrava sincero mentre lo supplicava con quegli occhi sognanti. Come poteva deluderlo?
"E va bene." cedette per la seconda volta al suo volere.
Avrebbe aggiunto anche che aveva accettato principalmente perché amava suonare, ma Jack non gli diede il tempo materiale per farlo: si lanciò verso di lui stritolandolo in un abbraccio improvviso al quale anche Rian si unì poco dopo.
"Lo sapevo che avresti accettato! Lo sapevo! Grazie!" continuava a ripetere Jack.
"Suppongo che debba essere io a ringraziare voi, quindi..."
"Oh, prego, prego! Rian, ho qualcosa da fare stasera?"
"Uhm...si, è venerdì. Devi lavorare al bar."
"Giusto, giusto. Allora vediamoci domani. Si, domani a casa di Rian subito dopo pranzo!" decise Jack per tutti, e i due ragazzi non poterono fare altro che annuire.
"Possiamo andare, Ri. Oddio sono troppo felice!"
"Jack, calmati! Stai facendo troppo casino! Se continui così sua madre ci scoprirà!"
Il ragazzo si portò velocemente le mani a tapparsi la bocca biascicando delle scuse sommesse.
"Mia madre non sa che siete qui?" domandò accigliato Alex.
"Ehm...no, direi di no." -ammise Rian- "Ti raccontiamo cos'è successo domani, ora è meglio se andiamo."
"D'accordo, vi aiuto ad uscire."
Alex andò in corridoio e si affacciò dal balcone interno che dava sul salotto per controllare la situazione. Di sua madre nemmeno l'ombra. Si voltò verso i suoi amici alzando il pollice.
"Via libera!"


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N.d.A
La canzone che canta Alex è "Light the Way" (una delle canzoni più belle in assoluto degli ATL a mio parere), vi consiglio di leggere il testo! ;) 

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Capitolo 7
*** One million dollar question ***


La panchina del parco era sempre la stessa, quella che ormai Alex e Jack reputavano di loro proprietà. Andavano lì ogni giorno per pranzo (i tavoli della mensa della scuola non erano adatti ai loro voleri a quanto pare) e passavano la loro ora di libertà parlando di qualsiasi cosa, spesso e volentieri delle prove con la band del giorno precedente. Ma quel pomeriggio Jack aveva in mente qualcosa di diverso. Aveva notato lo sguardo perso nel vuoto dell'amico e i monosillabi che si limitava a pronunciare iniziavano a preoccuparlo. Perciò decise di fare lui il primo passo e domandargli cos'avesse di strano quel giorno. 
"Niente, Jack, sto bene..."
"Amico, ti vorrei proprio credere ma non sei stato abbastanza convincente. So che puoi fare di meglio ma vorrei ricordarti che ti puoi fidare di me."
Alex annuì come per dire che non era quello il problema. La realtà era un'altra, solo che Jack nella sua semplicità non riusciva a guardare oltre. "Tu sei la prima persona che mi è stata amica, non voglio che le cose tra noi cambino."
Jack non capiva proprio in che modo la loro amicizia sarebbe potuta cambiare e Alex, anche se aveva notato la sua confusione, non esplicò i propri pensieri. 
"Senti, parlare con qualcuno aiuta sempre,rimpicciolisce i problemi..."
"E' che... Non vorrei che poi tu mi trattassi come se ti facessi pena o mi parlassi perché ti sentiresti obbligato. Non lo sopporterei."
"E io non lo farei! Starò con te perché vorrò farlo e basta! E poi ti vorrei far notare che ora abbiamo una band in comune, mica ti lascio andare così! Su, sputa il rospo!" 
Sembrava tutto così semplice a sentire parlare Jack! Le sue parole erano talmente leggere da poter sembrare reali. E fu proprio per quello, probabilmente, che Alex decise di confidarsi con lui. Stava instaurando un rapporto di fiducia unico e con quello sguardo al cielo pregò di non doversene pentire.
"Allora...È tutto cominciato quando... Bè non è mai cominciato, è così da sempre. I miei genitori mi odiano. Mia madre mi odia. È semplicemente così. La nostra è una di quelle famiglie che devono essere sempre perfette, hai presente? Ed è effettivamente perfetta agli occhi di tutti, ma non ai miei. Per mia madre l'unica cosa che conta è il giudizio degli altri e impiega ogni minuto della sua vita affinchè questo giudizio sia positivo. Vedi, io non sono come mio fratello. Lui fa sempre quello che gli dicono, gli va bene così, ma io fin da piccolo mi sono ribellato a tutto ciò che non ritenevo giusto o che non volevo fare. A volte lo facevo perché volevo attirare l'attenzione, capisci? Io...io volevo solo che mi abbracciasse...che mi dicesse di volermi bene... Se facevo quello che voleva lei non mi degnava di uno sguardo, se facevo il contrario, mi sgridava...mi parlava, insomma mi considerava. Col passare degli anni però non si limitò più a dirmi: «Basta, Alexander! Vai in camera tua!»ma cominciò a rimproverarmi di essere il suo sbaglio più grande o di starle rovinando la vita. Perché il figlio perfetto di una famiglia perfetta suona il pianoforte, non la chitarra; impara a recitare poesie, non a cantarle; ascolta Beethoven, non i New Found Glory..." -fece una pausa alzando gli occhi lucidi su Jack - "Il figlio perfetto è mio fratello, non io." 
Jack lo guardava senza dire niente, con la bocca socchiusa per lo stupore. Era terribile quello che gli stava raccontando, come poteva anche solo minimamente essere vero? Non che stesse pensando che Alex fosse un bugiardo, ci mancherebbe, ma per Jack era inconcepibile che una madre potesse comportarsi realmente in quel modo con il proprio figlio.
"Hai idea di cosa voglia dire tornare ogni giorno a casa, non essere nemmeno guardati per errore e le uniche parole spese per te da tua madre sono: «perché sei così sbagliato»? Ma cosa c'è di così sbagliato in me, Jack? Io voglio solo essere amato da lei per quello che sono, non voglio che mi sorrida solo quando sarò diventato l'ombra del vero Alex..."
La voce tremante del ragazzo scatenò in Jack il bisogno di abbracciarlo, stringerlo forte e dirgli che ai suoi occhi lui era perfetto così. Eppure allungò solo una mano a prendere la sua. Il ragazzo, incoraggiato da quel gesto, ignorò le lacrime e continuò a parlare.
"Me l'ha ripetuto così tante volte che ho finito per crederci, Jack. Sono io quello che non si adatterà mai al corretto stile di vita della famiglia. È tutta colpa mia."
"Oh Alex..." -sussurrò Jack incapace di tacere un secondo di più- "Non hai nessuna colpa, cosa dici? Se tua madre vuole vivere una realtà che non le appartiene non è certo colpa tua! E soprattutto tu non sei costretto a viverla a tua volta! Capisco quanto tu senta il bisogno di essere amato per quello che sei, ma vuoi sapere una cosa? Dimostrale che il vero Alex è infinitamente migliore di quello che ha in mente lei. Dimostrale che anche tu sei un figlio perfetto e che è colpa sua se non se ne è accorta prima. Posso giurarti, Alex, che non c'è assolutamente nulla di sbagliato in te, devi credermi."
Alex non sembrava molto convinto di quelle parole anche se sentirle pronunciare dall'amico lo avevano rincuorato come nulla prima d'allora.
"E...come faccio?" domandò con un tono quasi disperato. E fu in quel momento che Jack gli sorrise illuminandosi, come se la risposta fosse più trasparente dell'acqua.
"Non è così difficile come credi. Dimmi, qual è l'unica cosa che ti fa stare veramente bene?"
"L-la musica...cantare." rispose lui incerto e sussultò appena quando Jack balzò in piedi simulando il suono delle slot machine quando si fa tris.
"Din din din! Risposta esatta! E ora la domanda da un milione di dollari! Mi raccomando, risponda correttamente e tutti quei soldi saranno suoi!" -disse Jack teatralmente fingendosi il conduttore di qualche quiz televisivo- "Cosa stanno facendo quei tre geniacci di Jack, Rian e Alex?"
Il ragazzo più grande sorrise, era diventato così facile farlo da quando aveva conosciuto Jack!
"Quei tre geniacci, come li ha chiamati lei, hanno messo su una band!"
"E -segua il filo dei miei pensieri, avanti- perché?"
"Per..stare bene?" rispose intonando l'affermazione come fosse una domanda e Jack alzò il pollice.
"Complimenti! Lei ha appena vinto un milione di dollari in gettoni d'oro!"
I due amici risero insieme godendo di quel momento tanto semplice e idillico da far dimenticare ad Alex il motivo di quelle lacrime che ancora gli bagnavano le guance.
"Adesso te la faccio io una domanda da un milioni di dollari!" -sorrise Alex alzandosi a sua volta per prendere il ruolo da conduttore davanti alla panchina- "Cos'è quell'altra cosa che fa stare bene Alex?"
Jack finse di pensarci per qualche istante, poi scosse lentamente la testa.
"Non credo di poter rispondere, sa? Siamo in fascia protetta! Dico solo che quello che ho in mente io fa rima con riga!"
Alex non riuscì a trattenere una risata e gli rifilò una spinta.
"Idiota! È qualcosa di più serio!"
"Oh bè, è seria anche la mia risposta!"
"Ma non è quella, in ogni caso! Mi riferivo a te..."
Jack si alzò apparentemente deluso.
"Questo significa che non ho vinto il milione di dollari?"
"Eh no, mi spiace. Ma se vuoi possiamo condividere il mio!"
"Troppo gentile!"
Inaspettatamente Alex si lanciò verso Jack e lo abbracciò più forte che potè.
"Grazie Jack Bassam Barakat per avermi restituito il sorriso."
"Grazie a te Alexander William Gaskarth, per avermelo regalato."

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Capitolo 8
*** This is not the very end ***


 
Erano passati più di due mesi da quando Jack, Rian e Alex avevano messo in piedi la band eppure ancora non avevano trovato un nome. O meglio, ognuno la chiamava a modo suo. Jack si limitava a chiamarla "La Band"; Rian, invece, insisteva con "No Name" e Alex aveva unito i due nomi in "La No Name Band". La faccenda era effettivamente ridicola, ma nessuno dei tre se ne preoccupava. La loro priorità era fare musica, un nome è solo un nome. 
In ogni caso, quel venerdì pomeriggio Alex e Jack avevano intenzione di incontrarsi al parco, Rian era ammalato -poverino- e non avrebbero suonato, ma vedersi per loro era inevitabile. Dovete sapere, miei cari lettori, che in questi due mesetti i nostri protagonisti erano diventati a dir poco inseparabili. Immaginateveli come un sorriso e un paio d'occhi; scegliete voi chi sia cosa, non è rilevante, l'importante è che capiate quanto sia inutile un sorriso senza uno sguardo a coglierlo e come allo stesso modo siano inutili degli occhi che non possono deliziarsi con un sorriso. Immaginateveli, dunque, incollati ogni giorno, come se non potessero più fare a meno l'uno della presenza dell'altro. E così era, effettivamente. 
Ma torniamo a noi. Torniamo ad Alex che stava guardando per l'ennesima volta il cellulare aspettando un qualche segno di vita da parte dell'amico che stava tardando da più di tre quarti d'ora ormai. E torniamo a Jack che correva a perdifiato lungo la via principale fino a quella diamine di panchina che non gli era mai sembrata così lontana dal centro città. Stringeva in mano un frullato e stava attento a non rovescirselo addosso mentre salutava con la mano un Alex decisamente sorpreso.
"Oh mio dio, Jack! Che diavolo...? Che figata, amico! Stai benissimo!"
Jack aveva un sorriso largo tutto il viso e sfoggiava il suo nuovissimo ciuffo biondo come una ragazza col suo anello di fidanzamento.
"Scusa se ho fatto tardi, ma mi era venuta quest'idea e allora sono andato subito dal parrucchiere! Ti ho portato un frullato per farmi perdonare!"
Gli porse con entrambe le mani il bicchiere di carta e Alex si stupì di sentire quanto fosse leggero.
"Ma è praticamente vuoto!"
"Correre fa venire sete!" -si giustificò Jack ridacchiando- "Però te ne ho lasciato un po'. Visto come sono gentile?"
"Troppo! Comunque, da dove cavolo l'hai presa l'idea di farti il ciuffo biondo?"
"L'ho sognato! Il biondo in realtà eri tu, ma quando mi sono svegliato ho sentito dal profondo del cuore il desiderio di esserlo anch'io, perciò...!"
"Sono sicuro che ero più figo io!"
"Ma tu non avresti mai il coraggio di tingerti i capelli, il che fa di te tutto fuorché un figo!"
"Soltanto perché poi mia madre non mi farebbe più entrare in casa! Ma vedrai, un giorno quando ce ne andremo da qui mi farò biondo, amaranto, aubergine, leopardato e persino fosforescente!"
"Oddio una tinta fosforescente non so quanto possa andare bene. Voglio dire, non sarà radioattiva o robe del genere?"
"Ti fai troppi problemi, Jack." ovviò Alex alzando le spalle e gettando il frullato già finito nel cestino lì accanto.
"Mio fratello mi ha detto una cosa." cambiò totalmente argomento lui facendosi stranamente più serio e prendendo posto sulla loro panchina.
"Ha detto che potremmo suonare in qualche locale, cominciare nei piccoli pub in città tanto per farci conoscere in giro..."
Jack imponeva a sè stesso di mostrarsi indifferente all'idea di suonare dal vivo davanti a delle persone, ma la verità era che stava morendo dalla voglia di farlo. Solo che conosceva Alex. E conosceva sua madre, che se avesse saputo che suo figlio andava in giro per locali a suonare quella musica assolutamente indecente lo avrebbe chiuso in casa fino ai quarant'anni. Sapeva perfettamente quanto Alex soffrisse per quella situazione, lo aveva stretto spesso tra le braccia mentre piangeva e singhiozzava il suo dolore. 
E comprovando la sua tesi Alex non rispose. Guardava alto nel cielo come se con il suo sguardo potesse squarciare l'anima celeste e andare oltre, in un universo parallelo dove tutto andava secondo i suoi desideri. Quello che non poteva vedere Jack, però, era che Alex stava sì guardando sè stesso, ma non in un altro universo. Guardava il suo io che non gli apparteneva, quello che odiava con tutto il cuore, che avrebbe tanto voluto uccidere. Era l'Alex succube delle pressioni di una madre egocentrica, l'Alex che non aveva il coraggio di assecondare le idee di Jack, l'Alex che lo trascinava ancora, nelle notti più buie, in un baratro senza fine. 
"Alex..?" -lo chiamò Jack preoccupato per quel silenzio così lungo- "Capisco che sei preoccupato, ma se vogliamo andare fino in fondo prima o poi dovrai affrontarla..."
"Lo so, Jackie. Ti chiedo solo un po' di tempo. Un po' di tempo e saprò dirgli addio."
Jack intuì che Alex non stesse parlando più di sua madre. Quello che il ragazzo intendeva dire era più che altro in senso metaforico. Avrebbe detto addio a quel maledetto Alex che gli stava rovinando la vita ogni giorno sempre di più e per farlo avrebbe avuto bisogno di Jack, Rian, della loro musica, ma anche di tempo. Non era così semplice.
"Tutto il tempo che vuoi, 'Lex. Che ne dici, andiamo a trovare quello sfigato malato?" cambiò argomento Jack ancora una volta alla velocità della luce.
"Chi, Rian? Ma vorrà riposare immagino."
"E noi lo lasceremo riposare! Voglio giocare con il suo nuovo Halo!"
Jack rise e lasciò la panchina impugnando un fucile fantasma. Iniziò a correre come un pazzo, nascondendosi tra alberi e saltando siepi e cespugli. Si voltò facendo segno ad Alex di raggiungerlo mentre camminava all'indietro verso l'uscita laterale del parco. Lui sorrideva guardando il suo amico-soldato che passo dopo passo si allontanava. E fu proprio perché lo guardava fisso che non si accorse subito di quell'altro ragazzo che sopraggiungeva dalla strada a tutta velocità su uno skateboard.
"Jack! Attento!" gli gridò. Ma lo fece troppo tardi perché in quell'esatto istante Jack mise piede sul marciapiede e venne travolto dal ragazzo. 
Era successo tutto talmente in fretta che Jack non riuscì nemmeno a capire come diavolo fosse finito a guardare le nuvole da un momento all'altro. Gli faceva male dappertutto, ma riuscì a mettersi seduto relativamente in fretta.
"Oddio, stai bene?" Alex gli fu subito accanto e si inginocchiò accanto a lui.
"Cazzo, no! Alex stai ridendo? Vaffanculo, non ridere! Mi sono fatto male!"
Il ragazzo più grande non resistette più e scoppiò a ridergli in faccia.
"Scusa, ma è più forte di me!"
"Ehi!" -intervenne il ragazzo dello skateboard- "Perdonami! Non ti ho visto, sei sbucato dal nulla!"
"E ci credo, stava camminando all'indietro!" rispose Alex sghignazzando, mentre Jack si sforzava di non mettersi a piangere. Si era fatto veramente male! 
"Alex, porca troia, ascoltami! Ti dico che mi sono fatto male!" 
Sentendo la voce instabile di Jack, Alex si decise a dargli retta e seguì il suo sguardo preoccupato fino alla mano destra.
"Oh, cazzo." -commentò molto poco finemente il ragazzo dello skate- "Sbaglio o il tuo mignolo non è in una posizione...naturale?"
"Giuro che se è rotto e me lo devono ingessare ti uccido!" lo minacciò Jack più spaventato che arrabbiato.
"Stà zitto, Jack! Mica è colpa sua se un coglione esce dal parco camminando all'indietro!"
"E' rotto...è rotto..." -ripeteva Jack cercando di non pensare al male- "Non potrò più suonare, Alex!"
"Ma smettila, esagerato! Non ti amputeranno una mano! Ti steccheranno il mignolo e basta, in un mese sarai come nuovo."
"Non potrò suonare per un mese, allora! Come faremo con la band? Non possiamo stare fermi per un mese, dovevo convincerti a suonare nei pub!" 
Jack stringeva la maglia di Alex con la mano intatta e strillava in preda al panico frasi sconnesse fino a sembrare un pazzo delirante. 
Alex lo ignorò momentaneamente e si informò sullo stato di saluto dell'altro ragazzo che fortunatamente era uscito indenne da quello scontro.
"Avete una band? Scusate se vi sembro sfacciato, ma se...Jack non può suonare e avete bisogno di provare, potrei...uhm...sostituirlo...Che cosa suona?" domandò timidamente il ragazzetto rivolgendosi ad Alex che prontamente rispose con un sorriso.
"Guarda, conoscendolo non penso che voglia che tu lo sostituisca."
"Ehilà? Mi vedete? Perché cazzo parlate di me come se non ci fossi? Ho un mignolo rotto, non sono sordo! E Alex ha ragione! Chi diavolo sei TU per pretendere di sostituirmi nella MIA band?"
"Ehi, volevo solo dare una mano...mi era sembrato di capire che avete bisogno di provare costantemente e siccome so suonare il basso e la chitarra pensavo di poter essere d'aiuto." si giustificò mortificato il giovane che non sapeva più che pesci pigliare.
"Hai già fatto troppi danni, grazie."
"Jack, smettila di essere scortese!"
"Cazzo, Alex, mi ha rotto il mignolo!"
"E' stato un incidente! Su, non legartela al dito!" ridacchiò Alex che si beccò inevitabilmente uno sguardo assassino da parte dell'amico.
"No, ma aspetta un attimo." -si illuminò il cantante un secondo dopo- "Hai detto che sai suonare il basso?"
"Sì...esatto."
"Jack! Hai sentito? Oddio, questo è destino! Come ti chiami?" si esaltò immediatamente Alex.
"Zachary...Zack."
"Chi cazzo se ne frega di come si chiama?! Sto morendo dal dolore, io!"
"Adesso ti porto in ospedale, Jack, un momento!"
Alex prese il cellulare e si fece scrivere da Zack il proprio numero con la promessa che gli avrebbe scritto il prima possibile.
Aiutò Jack ad alzarsi e si voltò un'ultima volta verso Zack prima di andare.
"Fidati, questo qui è proprio un ragazzo insolito. Anche se nelle circostanze in cui l'hai conosciuto tu può sembrare una bugia, posso garantirti che ha veramente un cuore d'oro. Sono sicuro che il destino lo faccia incontrare con le persone che hanno più bisogno di sorridere o di una ragione per vivere e non sopravvivere. Zack, se pensi di aver bisogno di lui -e anche della musica, la nostra musica-, c'è un posto libero da bassista nella nostra band." gli fece l'occhiolino facendogli credere di aver capito cose di lui che nessun altro aveva notato, e si avviò verso la macchina sostenendo il ragazzo più piccolo.
"Alex...hai detto delle cose bellissime. Le pensi davvero?"
"E' esattamente quello che ho pensato quando ti ho conosciuto. Con la piccola differenza che mi stavi sulle palle."
"Oh, bè, credo di stare sulle palle pure a 'sto Zack."
"Meglio! Spero che sia un bravo bassista."
"Per me è un brocco."
"Lo dici solo perché ti ha rotto un mignolo."
"Smettila di ridere!"
Alex lo ignorò bellamente e continuò a sogghignare.
"Potremmo essere una vera band, ci pensi? Jack, Rian, Alex e Zack. Ti giuro che mi suona quasi familiare."
"Solo a te. A me suona deprimente, come quella canzone degli New Found Glory, com'è che fa? «And it feels like I'm at an all time low, slightly bruised and broken from our head on collision»" canticchiò Jack più che altro per distrarsi dal male allucinante.
"«Slightly bruised and broken»! È proprio la tua canzone!" rise a sua volta Alex alludendo al povero mignolo caduto in battaglia.
"Amico, facciamo pena." -commentò Jack scuotendo piano la testa- "Un cantante che ride da solo, un batterista che non sa nemmeno riconoscere la destra dalla sinistra, un chitarrista col mignolo rotto e un bassista appena reclutato che sicuramente fa schifo. Wow. Non è che siamo noi 'sto famoso «All time Low»?"
"Puoi dirlo forte, Jack! Ma io sono fiero di far parte del livello più basso!"
"Oh bè, effettivamente anch'io!"
Si guardarono un momento e si sorrisero l'un l'altro fieri della piega che aveva preso la situazione. Avevano la certezza che sarebbero stati insieme, dovunque e comunque. Si volevano bene e questo era tutto ciò che contava.


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N.d.A
Ebbene, siamo giunti all'ultimo capitolo. Mi sono divertita particolarmente a scriverlo, ho un'immagine di Zack pazzesca! Un misto tra terrorizzato/preoccupato/timido/speranzoso che me lo fa amare! Ahahah! Povero Jack, in ogni caso, che ha dovuto pagare a sue spese l'entrata nella band del nostro caro bassista! xD Ma non mi dilungo, sembra che mi sto recensendo da sola! xD
Lo so che può sembrare che non ci sia un finale in questa FF, ma è voluto. Nel senso che, come dice anche il titolo, questa non è la fine. Semplicemente il resto è storia: gli ATL diventano sempre più bravi e famosi e niente, saranno quel che sono ora. Sarebbe stato noioso e inutile scrivere oltre. Per quanto riguarda Alex e sua madre, bé, è sottinteso che trovino un equilibrio. Anche qui, non mi sono dilungata a descrivere tutti i passaggi della sua vita che se no sarebbe stato veramente troppo. 
In conclusione, vi lascio così, con un finale un po' aperto e un po' guidato sperando che vi sia piaciuta! Grazie a chiunque abbia letto e recensito, mi ha fatto davvero piacere leggere i vostri commenti! 
A presto!

P.s.
Io la traduzione di quella diamine di canzone l'ho intesa così, con All Time Low che sta per 'livello più basso', se non vi va bene v'attaccate. È la mia FF #js (Oddio, sembro molto scazzata ma giuro che non lo sono. Peace&Love. Vi amo tutti! xD) Okay, me ne vado sul serio. Adieu!

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